Il periodo arcaico
Nei villaggi fortificati, ma senza particolare assetto urbanistico, è già riconoscibile il caratteristico
mégaron rettangolare. Nell'Età del Bronzo (III-II millennio a. C.), mentre a Creta fioriva la grande
civiltà minoica, nelle isole dell'Egeo si sviluppava la civiltà cicladica e nella Grecia continentale
quella elladica. Il complesso archeologico più noto della civiltà cicladica è quello di Filacopi
nell'isola di Milo, con tre cittadelle successive. La Grecia (Arne nell'isola di Gla in Beozia; Asine
presso Epidauro; Midea presso Argo; Pilo nella Messenia; la stessa Acropoli di Atene), ha i suoi
monumenti più significativi nei grandi palazzi fortificati di Micene “ricca di oro”, e di Tirinto
“murata”.
Dalla metà del sec. VII l'arte della Grecia, concluso il suo periodo di formazione, presentò uno
sviluppo razionale e organico in tutte le sue manifestazioni (solo la pittura è quasi tutta perduta).
Il periodo classico
L'architettura dei numerosi templi della Magna Grecia e delle colonie asiatiche è vicina a quella
della madrepatria, anche se non mancano eccezioni (Olympiéion di Agrigento, con le pareti esterne
della grande cella sorrette da telamoni). Tra le sculture architettoniche, le metope del tempio E di
Selinunte (Palermo, Museo Archeologico) si avvicinano nella loro intensità espressiva all'arte di
Olimpia (foto a destra).
Il periodo ellenistico
Il periodo classico dell'arte greca, dalla metà del sec. V alla morte di Alessandro Magno (323 a. C.),
ebbe il suo inizio, e anche il suo maggior splendore, nell'età di Pericle, in cui si raggiunse un
felicissimo e uniforme equilibrio in tutto il mondo greco (i templi di Agrigento e Siracusa non si
discostano dai canoni della madrepatria). L'Acropoli di Atene, nella nuova sistemazione periclea,
accolse i monumenti più significativi dell'arte classica, dal Partenone dorico – anche se ingentilito
dal lungo fregio continuo – di Ictino, l'architetto più famoso del tempo, ai propilei di Mnesicle (in
cui l'ordine dorico si unisce a quello ionico), all'Eretteo di Filocle e al tempietto di Atena Nike di
Callicrate, di pieno stile ionico . Tutti i più importanti santuari del mondo greco si arricchirono di
templi dorici e quindi anche ionici e corinzi (i tre ordini furono impiegati insieme da Ictino nel
tempio di Figalia), di tesori, di monumenti votivi, in un primo tempo ancora non coordinati tra loro,
secondo un concetto che fu abbandonato del tutto solo in età ellenistica. Più rapidamente si
regolarizzarono le città, che si impostarono su criteri urbanistici basati su assi ortogonali secondo il
sistema detto ippodameo dal nome di Ippodamo da Mileto, autore della nuova sistemazione della
città del Pireo, che Temistocle aveva congiunto ad Atene con le “lunghe mura” in un unico sistema
difensivo. Le opere di fortificazione, in grossi blocchi perfettamente squadrati, difendevano e
abbellivano le città (bastioni di Messene , fortezza di Eleutere in Beozia). L'Agorá, centro politico e,
in un secondo tempo, soprattutto commerciale, assunse aspetto monumentale con la costruzione di
templi, di portici (stoai), di fontane monumentali, di altri monumenti pubblici (presso l'Agorá di
Atene, della fine del sec. V, è anche il Theséion dedicato a Efesto, il tempio dorico meglio
conservato). L'architettura teatrale ha importanti esempi nel sec. IV nel teatro di Dioniso ad Atene
(il primo impianto è ancora del sec. VI a. C.), in quelli di Delfi e Megalopoli e nel teatro di
Epidauro, dall'acustica ancor oggi perfetta, creato da Policleto il Giovane insieme alla thólos,
edificio circolare corinzio riccamente ornato, che completa la sistemazione di quel santuario, il cui
tempio di Asclepio, pure del sec. IV a. C., fu opera di Teodoto. Sale di riunione di nuova forma che
danno sempre miglior struttura architettonica agli spazi interni sono, nel sec. V a. C., il Telesterio di
Eleusi, opera di Ictino, il Bouleuterion dell'Agorá di Atene e, nel sec. IV a. C., la grande aula
colonnata del Thersilion di Megalopoli. Notevole anche l'architettura funeraria, illustrata soprattutto
dalle tombe reali di Macedonia, con sale a volta e ricca decorazione, da quelle principesche
dell'Asia Minore (mausoleo di Alicarnasso, monumento delle Nereidi di Xanto) e dai vari tipi di
monumenti della necropoli di Cirene. Assai più modesta, invece, l'edilizia privata, nota soprattutto
dagli scavi di Olinto (distrutta nel 348 a. C.), con case molto regolari caratterizzate da un cortile
interno con un portico (pastás) su uno dei lati;
Architettura Romana
L’anfiteatro Flavio
Appellativo assunto nel Medioevo dall'Anfiteatro Flavio, dovuto forse alla vicinanza del colosso di
Nerone (statua di bronzo dorato alta 30 m, raffigurante Nerone, che la fece erigere dopo l'incendio
di Roma) e comunque appropriato alla vastità della mole. Fu iniziato da Vespasiano nel 75 d. C. e
inaugurato da Tito nell'80 con giochi che durarono 100 giorni. Costruito con nucleo cementizio,
travertino, mattoni, tufo e marmo, ha pianta ellittica con cavea di m 188´156 e arena di m 76´46;
possiede corridoi e ambienti sotterranei che erano riservati ai gladiatori, alle fiere, ai servizi.
L'architettura esterna di travertino, alta m 57, è costituita da 4 piani sovrapposti, 3 ad arcate (80 per
ciascun piano) e il quarto ad attico con finestre rettangolari sormontate da mensole; queste
servivano d'appoggio ai travi che sostenevano il velario destinato a proteggere il pubblico dal sole.
Il C. poteva contenere, in 4 serie di gradinate, ca. 50.000 spettatori.
Cenni storici
Realizzando una perfetta corrispondenza tra struttura e funzionalità, il f. rappresentava il vero
centro cittadino, dove ferveva la vita degli affari, si amministrava la giustizia, si compivano gli atti
più importanti dell'amministrazione cittadina, si presenziava ai riti religiosi e si discutevano i
problemi della res publica dando corpo e concretezza alla vita sociale della città. In origine il f. era
soltanto un punto di ritrovo sulle grandi vie di comunicazione per i cittadini, che vivevano dispersi
in casolari senza un centro urbano: qui si radunavano a tenere mercato, a celebrare riti, a trattare gli
interessi locali; attorno a esso sorsero spesso zone fittamente popolate, primo nucleo di future città,
dove è possibile cogliere l'autentica funzione del f., rimasta inalterata fino a quando le libertà
cittadine costituirono la base della vita romana. E proprio dal f. si deve ricercare l'origine di molti
comuni romani: a misura che Roma espandeva il suo dominio sulla penisola, assegnava a cittadini e
a soci porzioni di territorio, in cui sorsero centri per lo svolgimento della vita sociale, riconosciuti
giuridicamente come f. o conciliabula. Furono tali, p. es., Mutina (Modena), Parma, Dertona, ecc.;
altre volte il f. prendeva il nome dal suo fondatore: Forum Cornelii (Imola), Forum Sempronii
(Fossombrone), Forum Livii (Forlì), ecc. Essi furono i centri da cui ramificò l'imponente opera di
latinizzazione. Dopo la guerra sociale furono trasformati in municipia. Tanto nei piccoli come nei
maggiori centri il f. rimase nella pienezza delle sue funzioni come luogo d'incontri e teatro di tutte
le manifestazioni socio-economiche e politico amministrative. Anzi, i centri maggiori fecero a gara
per avere un f. degno della loro nuova importanza. In processo di tempo a Roma e nei centri
principali le attività meramente economiche furono allontanate dal f. e relegate in piazze minori, e
si ebbero un f. oleario, un f. del pesce, un f. boario, un f. vinario, ecc. Dove era possibile, il f.
principale sorgeva all'incrocio fra il cardo maximus e il decumanus maximus; nelle città preromane
invece sorgeva in posti diversi; nelle città marittime, vicino al porto. Vitruvio dà le norme per la
costruzione di un f.: la grandezza doveva essere proporzionata al numero degli abitanti; la sua forma
era rettangolare con la lunghezza di un terzo superiore alla larghezza. Dove il f. serviva anche per
gli spettacoli, fra il colonnato erano installate gradinate per gli spettatori. In Italia sono noti tra gli
altri i f. di Ostia, Pompei, Velleia (Emilia), Terracina; fuori d'Italia gli scavi archeologici ne hanno
portato alla luce numerosi, come quelli di Timgad in Algeria, di Leptis Magna nella Tripolitania e
di Cuicul nella Numidia, assieme ad altri minori in Asia Minore e in Grecia.
Il foro di Roma
Particolarmente importante ed esemplare rimase sempre il f. di Roma. In origine era solo una
piazza, dove convenivano per il mercato gli abitanti sparsi sui vicini colli. La sua sistemazione
risale già all'età regia; il luogo divenne presto il centro della vita religiosa e politica della città, e fu
circondato di monumenti: sul lato N sorgevano la basilica Emilia, il sacello di Venere Cloacina, il
tempio di Giano, il Volcanal sul posto dove fu poi rinvenuto il celebre Lapis Niger, la curia, il
comizio; a W, alle pendici del Palatino, il carcere Tulliano, il tempio della Concordia, il portico
degli Dei Consenti, il tempio di Saturno; a S, la basilica Giulia, il tempio dei Castori, la fonte di
Giuturna; a E il tempio di Vesta, la casa delle Vestali, la Regia. Cesare, Augusto e poi vari
imperatori apportarono modifiche ed eressero nuovi edifici: sorse ai piedi del Campidoglio il
tempio dedicato a Vespasiano e sulla via Velia l'arco a Tito, la statua equestre di Domiziano, il
colossale tempio a Venere e a Roma voluto da Adriano, la Porticus Margaritaria, il tempio di
Antonino e Faustina, l'arco di Settimio Severo, opposto a quello di Tito, la basilica di Costantino,
iniziata da Massenzio. Da E a W il f. era attraversato dalla via Sacra; chiudeva la piazza la tribuna
dei Rostri. Oltre il limite merid. si estendevano i palazzi imperiali. Taverne e portici si aprivano in
vari punti e statue e colonne onorarie completavano tanta dovizia di monumenti. Sulla fine del
periodo repubblicano il f. era ormai insufficiente e Cesare fece costruire dietro la curia una grande
piazza con portici e botteghe su due lati e il tempio a Venere Genitrice, protettrice della casa Giulia,
sul lato W. Augusto ne volle uno nuovo verso il Quirinale e lo separò dai quartieri popolari con un
muro, continuato sulle direzioni laterali da absidi, in cui trovavano posto in nicchie riccamente
ornate statue di eroi romani e due portici; addossato al muro sorse il tempio a Marte Ultore. Tiberio
costruì poi a lato del tempio due archi in onore di Druso e Germanico. Un nuovo f. fu costruito da
Vespasiano poco distante da quello di Augusto: era una vasta piazza con portici dedicata alla Pace e
arricchita da numerose opere artistiche. Fra i due sorse più tardi il F. Transitorio, lungo e stretto e
simile più a un passaggio che a un vero f., abbellito però da un tempio a Minerva. Grandioso fu
invece il F. di Traiano: i due portici laterali avevano di fronte due emicicli e al centro sorgeva la
statua equestre di Traiano; sul lato W sorgeva la basilica con due absidi ai lati, oltre la quale si
ergeva la colonna celebrativa delle vittorie sui Daci, posta tra le due biblioteche, latina e greca. Il
complesso era chiuso dalla grande mole del tempio di Traiano. Dietro l'emiciclo N un grande
edificio a due piani ospitava granai e taverne. Suo autore fu probabilmente Apollodoro di Damasco.
Basiliche Cristiane
Basilica civile
Nei suoi elementi essenziali, si definisce come un ambiente coperto, a pianta rettangolare, suddiviso
in più navate da colonnati o da pilastri, con l'ingresso generalmente su uno dei lati lunghi. Il
problema dell'origine di tale edificio (se sia cioè un organismo peculiare romano o derivi da
prototipi orientali) non è stato ancora risolto. Le prime b. di cui si abbia notizia sorsero a Roma in
età repubblicana con funzioni di centro degli affari (Porcia, 184 a. C.; Fulvia Emilia, 179 a. C.;
Sempronia, 169 a. C.), ma, oltre alla presenza di una grandissima b. a Pompei del 150-130 a. C.
(quindi in un periodo ancora di influenza greca), si considera anche l'esistenza, nota dalle fonti, di
un portico colonnato coperto ad Atene (la stoá basíleios, sede di tribunale, da cui deriverebbe il
nome) e di una sala ipostila a Delo (rettangolare, a cinque navate, con ingresso sul lato lungo) molto
simile alle sale ipostile egizie (in cui la navata centrale, come nelle b., era più alta delle laterali). Si
è anche ipotizzato che il nome derivi dai portici delle città ellenistiche, che avrebbero influito in
ambiente italico attraverso le colonie greche. La testimonianza di Vitruvio ci permette di stabilire
che già fin dagli inizi dell'impero la b. svolgeva anche alcune funzioni giudiziarie e amministrative.
Architettonicamente lo sdoppiamento di funzioni venne risolto con l'aggiunta di uno o due vani
absidati sui lati brevi, nei quali aveva sede il tribunal. Sempre in età augustea la b. trovò la sua
sistemazione urbanistica definitiva come uno degli edifici principali del foro, verso il quale si
rivolgeva il lato lungo con l'ingresso. La massima realizzazione di questo tipo si ebbe con la b.
Ulpia (sec. II d. C.) nel Foro Traiano, opera di Apollodoro di Damasco, con due ampie absidi e
cinque navate. L'ultima grande b. forense, la b. di Massenzio (inizi sec. IV), rappresenta invece, con
le sue dimensioni enormi e con le navate laterali risolte in possenti arcate susseguentisi, un
momento di transizione fra le tradizionali forme monumentali romane e l'elaborazione della nuova
architettura bizantina.
Basilica cristiana
La pianta basilicale (o longitudinale) si presenta rettangolare, a tre o cinque navate, con quella
centrale più alta, copertura “a capanna”, ingresso su un lato breve, in corrispondenza dell'abside
sull'altro. Anche per la b. cristiana il problema dell'origine è controverso: accettata fino al secolo
scorso l'ipotesi di L. B. Alberti che la faceva derivare da un tipo di aula basilicale esistente in alcune
case private romane, si è cercata una relazione sia con edifici sacri e profani, sia con la b. forense
(vista nella sua funzione di luogo di ritrovo), sia con le sale per le udienze nei palazzi degli
imperatori romani. In ogni caso non si hanno documenti sull'esistenza di b. adibite al nuovo culto in
epoca anteriore a Costantino (sec. IV) e inoltre una precisa codificazione della liturgia si ha solo
con il Concilio di Nicea (325). Nella b. cristiana si ha una netta divisione fra l'area riservata al culto
(il presbiterium, cioè l'abside con l'altare, il ciborio, il coro) e l'area riservata ai fedeli (il quadratum
populi, cioè le navate), divisione spesso accentuata dall'iconostasi (fila di colonne con architrave e
arco trionfale) e dal diverso livello del pavimento. A Roma le prime b. (sec. IV e V) furono quelle
di S. Maria Maggiore, S. Sabina, S. Giovanni in Laterano. Come le b. pubbliche anche le b.
cristiane furono soggette a numerose varianti, come l'edificio a navata unica e transetto (S.
Simpliciano a Milano, sec. IV). Il transetto, che compare alla fine del sec. IV, definisce la cosiddetta
pianta a “croce latina” e produce, all'incontro con le navate longitudinali e il presbiterio, o una
grande volta a crociera o una cupola o una torre. Un'altra variante è quella ravennate a tre navate,
con influenze orientali (S. Giovanni Evangelista, 425-450; S. Apollinare in Classe, 549) mentre
articolate con numerose absidi e navate (fino a nove, come a Cartagine, a Tipasa, a Damus el-
Harita) sono le b. africane, considerate uno dei modelli delle moschee. § Canonicamente, le b. si
suddividono in maggiori, o patriarcali, e minori. Delle prime – sei in tutto – quattro si trovano a
Roma, e precisamente le b. urbane di S. Salvatore sul Celio (S. Giovanni in Laterano, chiesa
cattedrale di Roma) e di S. Maria Maggiore e quelle extraurbane di S. Pietro e di S. Paolo: in esse
l'altare maggiore è riservato al papa e tra le loro prerogative è la “porta santa”, aperta negli anni
santi; le altre due b. maggiori sono S. Francesco e S. Maria degli Angeli in Assisi. B. minori sono
attualmente diverse chiese di Roma. § Il diritto canonico riconosce il titolo di b. alla chiesa che
soddisfi alle condizioni di antichità e valore artistico o religioso; clero adeguato al servizio liturgico;
rendite sufficienti; sacre reliquie e suppellettili cospicue; precedente solenne consacrazione. Alla b.
competono i privilegi del gonfalone pontificio, del tintinnabolo (asta con all'estremità superiore una
campanella) e della cappa magna per i canonici.
Templi
Architettura: Forma originaria del t. sumero fu la stessa della casa dell'uomo: una cella minuscola,
che si ergeva sopra una vasta piattaforma, costruita con muri molto spessi, muniti di finestrelle. Più
tardi la cella del dio (o santuario) fu notevolmente ampliata e attorno alla piattaforma si aggiunsero
cortili e sagrestie. Poi la piattaforma divenne il primo gradino di una piramide amputata;
l'evoluzione si compì in età neosumera (III dinastia di Ur), quando il santuario fu affiancato da due
stanze, arricchito di un pronao, da un naos e da un opistodomo. Contemporanea a questi t. sorse la
ziqqurat, a forma di montagna e portante sulla terrazza la “sala dell'attesa” del Dio: di stretto
significato religioso, la ziqqurat era figura della montagna, che sale verso il cielo avvicinando gli
uomini a Dio. T. e ziqqurat sumeri furono comuni anche ai Babilonesi, agli Elamiti, agli Assiri e ai
neo-Babilonesi. In Egitto il primo t. del periodo protodinastico era in legno, delimitato da un vasto
spazio recintato e con l'entrata recante alle due estremità un'asta. Avvicinandosi al t. s'incontrava
uno steccato e al di là di questo si accedeva alla cappella fatta di graticcio. Quando al legno si
sostituì il marmo, l'ingresso fu formato da un mastodontico pilone sormontato dalle aste (da 4 a 10).
Si entrava quindi in un grande cortile con colonnati ai lati e stanze per il faraone. Fra lo steccato e la
cappella si allineavano diverse sale e una serie di colonne; si accedeva poi al pronao, alla sala
ipostila, ad altri vestiboli folti di colonne e finalmente si giungeva al santuario, una piccola stanza
nella quale erano conservati la barca sacra e il tabernacolo in legno, dove si conservava il simulacro
del dio. Lo spazio attorno ai vestiboli era destinato al culto degli dei paredri e associati, ai
magazzini, ecc. In Grecia il tempio deriva dal mégaron* miceneo con l'aggiunta dellaperistasi, cioè
del colonnato che lo circonda, e viene formandosi architettonicamente nel sec. VII a. C. assumendo
forme canoniche nel VI e nel V. I santuari più antichi sono costituiti da una sala rettangolare
preceduta da un portico a due colonne e divisa talora in due navate da due o più colonne assiali per
facilitarne la copertura; il colonnato centrale è presente ancora nella “basilica” di Paestum, con
fronte enneastila, della metà del sec. VI o posteriore. La peristasi esterna (già l'antico mégaron di
Termo è incluso, nel sec. VIII a. C., in un colonnato semiellissoidale) si sviluppa nella prima metà
del sec. VII a. C.: l'Hekatonpedon II di Samo (660-650 a. C. ca.), con peristilio di 6´18 colonne,
contiene già le premesse del successivo sviluppo architettonico del t. greco, nella forma allungata
della cella propria dei templi più antichi (in seguito sarà divisa in pronao, che precede la cella, in
naos, cella vera e propria, e opistodomo, ambiente posteriore) e nella mancanza del suo colonnato
centrale, mentre la copertura poggia su pilastri addossati alle pareti, primo accenno alla divisione in
3 navate (quella centrale maggiore con il simulacro della divinità) frequente in seguito. Tra il sec.
VII a. C. e l'inizio del VI si attuano il passaggio dalla struttura lignea a quella lapidea e la
formazione degli ordini dorico e ionico. T. dorici sono diffusi soprattutto in Grecia (tra i più antichi
quelli di Era ad Argo e ad Olimpia e quello di Corfù, del 585 a. C. ca., il primo tutto in pietra) e
nell'Occidente greco, dove sono anzi più numerosi e spesso più grandi (Paestum, Siracusa,
Agrigento, Selinunte) e con ricca decorazione scultorea in pietra (in precedenza i templi erano
ornati soprattutto da terrecotte dipinte). Grandi t. ionici, con peristasi a più file di colonne, si hanno
invece a Efeso e Samo. Regolarizzato nella pianta, studiato nelle proporzioni anche per quanto
riguarda le deviazioni ottiche, ornato di sculture marmoree nelle metope e nei frontoni, il t. dorico
raggiunge la sua maggior perfezione nella prima metà del sec. V a. C. (Egina, Olimpia) per
culminare nel Partenone, iniziato nel 447 a. C. L'ordine ionico, usato nella seconda metà del sec. V
anche ad Atene per templi di forme particolari (tempietto anfiprostilo di Atena Nike; Eretteo),
troverà invece realizzazioni imponenti nel sec. IV a. C. nel t. di Atena Poliade a Priene e nelle
colossali ricostruzioni ellenistiche dei t. di Efeso, Samo, Mileto. In età ellenistica il t. greco non è
però più il monumento principale della città, anche se gli architetti cercano di trovare varianti alle
soluzioni canoniche (v. Ermogene) e si estende l'uso di t. a pianta circolare e dell'ordine corinzio. I
t. etrusco-italici, di cui restano in genere solo le fondazioni e la ricca decorazione fittile (Pirgi, Veio,
Falerii, Orvieto, ecc.), sono caratterizzati da un podio con scalinata anteriore e da una maggiore
larghezza rispetto alla lunghezza; molto profondo è infatti il pronao con due o più file di colonne,
dietro il quale si sviluppa una larga cella talora tripartita. L'elevato era generalmente di legno e
materiali fragili. In Roma i t. più antichi sono di tipo etrusco (Tempio Capitolino), ma dal sec. III o
II a. C. assumono, sotto l'influenza ellenistica, forme esterne greche (l'ordine di gran lunga preferito
è quello corinzio), pur conservando l'alto podio, il pronao largamente aperto, la prevalenza della
facciata (il tempio romano è spesso addossato contro uno sfondo). Numerosi sono anche i t.
circolari, dedicati a particolari divinità come Vesta. In età imperiale i t. romani presentano forme
monumentali variate e particolarmente complesse, soprattutto nelle province orientali (Baalbek,
Palmira). Nella Cina antica l'adorazione del dio e i sacrifici si compivano su di una piattaforma
elevata in terra battuta. Più tardi l'unica terrazza si accompagnò ad altre, il pavimento venne
lastricato e furono costruite scale di accesso, balaustrate e l'altare. L'altare ebbe poi un apposito
edificio, con facciata a lato largo e tetti diversi, che diventarono ondulati dopo il 1500 a. C. Il
buddhismo, penetrato in Cina nei sec. I-II d. C., adattò il t. cinese alle sue esigenze: ripetendo in
esso i moduli del t. indiano, accentuò la tendenza verticale (forma di torre), mentre la struttura della
facciata rimase ligia ai canoni cinesi. In Giappone i primi t. ebbero la forma della casa dell'uomo:
un t. modesto, piuttosto un'edicola, in cui conservare gli oggetti simbolici. Il buddhismo, introdotto
dalla Cina verso il 500 d. C., diede alla pagoda la forma cinese, con alcune modifiche ispirate ai
gusti giapponesi. In India i primi t. copiarono la capanna indigena; scavati nelle grotte, i t.
obbedirono a due tipologie: il caitya, vero luogo di culto, formato da una sala rettangolare con
abside, portale a forma di ferro di cavallo e volta a botte, il vihara, piuttosto un luogo di soggiorno e
di riunione dei monaci, nel quale, vicino alla sala rettangolare, si aprivano le celle. Nella religione
induista il t. prese poi la forma di un'edicola culminante a forma di torre, formata da terrazze
piramidali, o delimitata da verticali incurvate, o con i due stili mescolati. In ulteriori sviluppi il t.
indiano prese sempre più l'aspetto di una vera chiesa. Nei Paesi attorno all'India (Champa,
Cambogia, Birmania, Siam e Giava) alcuni t. ripetono i motivi di quello indiano; in altri è più
pronunciato l'apporto delle varie culture nazionali. Presso gli antichi Ebrei, costituita l'unità
nazionale, fu eretto un t. a Gerusalemme: aveva forma rettangolare con ingresso a est; era lungo 35
m, largo 10. Al suo interno era diviso in tre sezioni: vestibolo (lungo 5 m), luogo santo (lungo 20
m), luogo santissimo (lungo 10 m). Maya, Aztechi e Inca, come pure altre grandi popolazioni
amerindie, praticavano il culto di astri e pianeti e i loro t. sorsero quindi sopra le alte montagne
(Inca) o sopra gigantesche piramidi mozze. Nel cristianesimo primitivo non si può parlare di t., ma
solo di domus ecclesiae, luoghi di culto, di riunione per i fedeli e scuola per i catecumeni. Durante
le persecuzioni i cristiani si rifugiarono nelle catacombe, in cui si trovano fatture semplici ma gentili
di una vasta simbolistica cristiana. Dopo l'Editto di Costantino (313), vari t. pagani con alcune
modifiche furono trasformati in t. cristiani. I primi t. cristiani furono a forma di croce e volti a
oriente; in seguito assunsero le più diverse forme architettoniche. Nei t. orientali rimase invece il
richiamo simbolico alla croce. In Francia e in altri Paesi dell'Europa centr. si sviluppò il gotico, che
eliminò le masse murarie senza significato costruttivo. Il Rinascimento operò all'inizio del sec. XV
un ritorno al classicismo antico e al protocristiano con un accentuato interesse per le costruzioni a
sistema accentrato. Il razionalismo del sec. XVIII richiamò a una revisione semplificatrice, ma a un
suo completo successo si oppose un ritorno all'antico, ristudiato con spirito archeologico e
riproposto come modello insuperabile. In ambito moderno, mentre prevale la tendenza a far
scomparire buona parte del repertorio tradizionale, nell'architettura religiosa il movimento non è
così iconoclastico. In genere si sente l'influenza del nuovo gusto, soprattutto nella semplificazione
degli schemi, ma senza un'alta ispirazione creatrice.
Gotico
Romanico
Cenni storici: la rinascita delle città
Il fenomeno più imponente della cultura r. fu la rinascita delle città: essa si espresse sia
nell'utilizzazione e nella rivitalizzazione di preesistenti strutture romane (specialmente in Italia), sia
nella fondazione di centri urbani ex novo, che elaborarono lo schema del castrum romano o sorsero
dall'ampliamento del monastero o del castello feudale (specialmente in Francia). Nella maggior
parte dei casi la nuova struttura della città fu determinata da ragioni di difesa: in epoca r. si
elaborarono le forme sia della città cinta di mura, sia della fortificazione isolata, il castello (è ai
Normanni, in Francia e Inghilterra, che si deve la prima elaborazione del dongione o mastio), anche
se i maggiori sviluppi si ebbero in periodo gotico. La definitiva maturazione delle nuove strutture di
difesa si ebbe durante il periodo delle crociate, specialmente in Palestina, negli anni del regno di
Gerusalemme (1100-87). Fondamentale per gli sviluppi dell'architettura r. fu il contributo degli
ordini monastici (benedettini, cluniacensi). L'ambizione di ritrovare una dignità architettonica pari a
quella dell'antichità e la volontà di rispondere funzionalmente alle molteplici esigenze della vita
monastica guidarono l'elaborazione della struttura abbaziale, che alla chiesa affianca gli ambienti
dedicati alla preghiera e alla vita quotidiana: il chiostro, la sala capitolare, la biblioteca, le celle o i
dormitori, gli ambienti di servizio. Furono inoltre gli ordini monastici (soprattutto i cluniacensi) a
promuovere pellegrinaggi, da Santiago di Compostella a Roma, con la relativa diffusione, lungo le
strade di pellegrinaggio, di una tipica struttura chiesastica, con organizzazione absidale ad
ambulacro con cappelle radiali. Ma è ancora l'ambito cittadino che ci offre la forma principe
dell'architettura romanica, la chiesa o cattedrale: affacciata in genere sulla piazza, centro della vita
economica e sociale della città, essa stessa struttura dalle funzioni polivalenti, religiose non meno
che civili (come luogo di assemblea cittadina e persino di difesa: il caso di chiese-fortezza è
frequente), la chiesa r., robusta, di salde proporzioni e di volumi compatti, presenta una nuova,
plastica articolazione dello spazio. A pianta basilicale, a tre o cinque navate, a forma cruciforme,
con transetto e soluzione absidale più o meno complessa, essa trova i suoi punti caratteristici
nell'uso coerente dell'arco a tutto sesto, della copertura a volta, a crociera o a botte (prevalente ma
non esclusivo: l'eventuale copertura a tetto non contraddice il carattere r. dell'edificio), nell'attento
studio dello scarico dei pesi sui robusti pilastri, sugli archi trasversali, sui muri in funzione di
contrafforte. I primi grandi organismi con copertura a volta videro la luce pressoché
contemporaneamente, agli inizi del sec. XI, in Lombardia e nell'area continentale di influenza
normanna: di qui lo stile r. si diffuse, in articolazioni estremamente ricche e dense di apporti locali,
in tutta Europa: l'attività dei Normanni si estese dalla Normandia vera e propria alla Francia, ai
Paesi nordici, all'Inghilterra, fino in Terra Santa, e viceversa quella delle maestranze lombarde,
come i Maestri Comacini o i Maestri Antelami, attive in quasi tutta Europa, riportò anche in patria
esperienze diverse dalla Normandia, dalla Provenza, dalla Catalogna.