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Cronologia e trasmissione
della letteratura greca
Magno e che vede, parallelamente al- nore determina una fondamentale di-
l’ascesa di Atene come principale stinzione cronologica. Dobbiamo distin-
centro politico e culturale del mon- guere:
do ellenico, l’affermazione del dialet- a) Età ellenistico-alessandrina, che va
to attico come lingua letteraria e cul- dalla morte di Alessandro al 30 a.C.
turale. In tale anno l’Egitto diviene provin-
cia romana e Alessandria perde il
Nel passaggio dal periodo ar- ruolo di capitale culturale dell’ecu-
Trasformazione
del pubblico caico a quello attico, il feno- mene greco, dopo che, per circa tre
meno letterario tende a fis- secoli, era stata punto di aggregazio-
sarsi nella forma del testo scritto e a dis- ne per i letterati e gli intellettuali,
costarsi dalle modalità della comunica- fervente centro di ricerca scientifi-
zione orale, che erano state determinan- ca, di attività accademiche e di pro-
ti, ad esempio, nella nascita dei poemi duzione libraria;
omerici e della poesia melica. Rimane b) Età romana (o imperiale), che va
tuttavia molto forte, in entrambi i perio- dal 30 a.C. al 529 d.C. Questo perio-
di, il rapporto fra letteratura e vita socia- do è caratterizzato dal fatto che Ro-
le. Sono le circostanze in cui la comuni- ma, oltre ad essere la capitale politi-
tà s’incontra e si aggrega – i banchetti, le ca dell’impero e ad aver creato un
solennità civili e religiose – a scandire le organico sistema di amministrazione
occasioni per la diffusione delle opere in tutte le province, è anche il princi-
letterarie. Diffusione che in alcuni casi, pale punto di riferimento per gli in-
come in quello delle performances de- tellettuali, dalle origini più disparate,
gli aedi e delle rappresentazioni del tea- che hanno adottato il greco come lo-
tro dionisiaco, giunge ad un pieno coin- ro lingua.A Roma si parla, si scrive e
volgimento delle classi popolari. Questo s’insegna in greco, proprio come, in
rapporto organico fra i generi letterari e precedenza, era accaduto ad Alessan-
la vita della polis s’interrompe in età el- dria d’Egitto e nelle altre capitali elle-
lenistica, quando la cultura letteraria as- nistiche.
sume veste libresca e ha una circolazio-
ne limitata all’elite dei dotti e delle per-
I DIALETTI GRECI E I DIALETTI LETTERARI
sone colte; nel contempo la produzione
scientifica, che in età ellenistica gode di La presenza di popolazioni
Il miceneo
una diffusione più ampia rispetto a quel- indoeuropee, nell’area della
la letteraria, trae alimento dalla crescen- Grecia continentale, nonché sulle coste
te richiesta, avvertita anche dai ceti me- e sulle isole del Mediterraneo orientale,
di delle grandi città, di un sapere tecnico risale almeno alla fine del terzo millen-
e di conoscenze praticamente utilizzabi- nio a.C. Ma solo per il periodo compre-
li. Ma anche questo tipo di produzione è so fra il XVI secolo e il XIII secolo a.C.
concepito per la fruizione individuale; disponiamo di una documentazione
raggiunge un pubblico disperso ed ete- adeguata per poter dire qualcosa di pre-
rogeneo, che non coincide più con una ciso sulle lingue parlate in questi terri-
compatta comunità cittadina. tori. La decifrazione della scrittura linea-
re B (cfr. p. 11) ha permesso di avere in-
Nel corso dell’età ellenistica, formazioni sul dialetto miceneo, un dia-
L’età
alessandrina la rapida espansione di Ro- letto paleogreco parlato dagli Achei,
e l’età romana ma e la sua affermazione co- che occuparono il Peloponneso, con-
me potenza indiscussa in tut- quistarono Creta e fondarono colonie
ta l’area del Mediterraneo e dell’Asia Mi- sulle coste dell’Asia Minore. Questo dia-
letto, formatosi dall’incontro delle po- non solo nella scelta delle strutture e
polazioni achee con quelle già stanziate dei temi ma anche in quella della lin-
nell’area greca, apparteneva alla fami- gua, dall’autore o dagli autori che per
glia delle lingue indoeuropee e presen- primi li hanno coltivati: chi, a distanza
tava elementi morfologici, nonché sin- di tempo, si è proposto di scrivere se-
gole voci, destinati a sopravvivere nei condo i canoni di un genere già affer-
dialetti delineatisi durante il Medioevo mato, ha ritenuto di dover seguire l’au-
Ellenico. Si pensi al destino di parole tore modello sotto ogni aspetto norma-
micenee come wanax («signore»; cfr. gr. tivo, condividendone anche il dialetto.
a[nax), damos («popolo»; cfr. gr. dh`mo"), Per ragioni puramente letterarie, ovve-
basileus («funzionario»; cfr. gr. basileuv", ro per collocarsi nel solco di una tradi-
«re»). Probabilmente sapremmo molto zione ormai consacrata, scrittori e poeti
di più sul miceneo se, su questa lingua, hanno talvolta scelto di utilizzare idio-
non disponessimo soltanto di una docu- mi diversi da quelli parlati nella loro re-
mentazione limitata a testi di carattere gione di provenienza. In particolare no-
amministrativo e contabile. Ma ciò che tiamo che:
conosciamo basta a farci affermare un 1. Lo ionico, dato il prestigio di Omero
rapporto di continuità fra la lingua degli e di Esiodo, si è imposto nella poe-
Achei e quella dei popoli che successi- sia epica ed è stato adottato anche
vamente hanno occupato il territorio dagli elegiaci dell’età arcaica. La lin-
ellenico. gua omerica, in cui gli elementi ioni-
ci prevalgono su un antico fondo
Una lingua comune a tutti i eolico, non è però mai stata una lin-
I dialetti
Greci si è formata solo nel gua parlata, ma una lingua formula-
periodo attico ed ellenistico, dapprima re, creata artificialmente dagli aedi
grazie al prestigio dell’Atene di Pericle e sulla base degli idiomi diffusi nelle
poi grazie alle conquiste di Alessandro colonie ioniche dell’Asia Minore.
Magno. Fino al V sec. la realtà linguistica Più vicino al parlato è lo ionico usa-
dell’Ellade appare profondamente diver- to dai primi prosatori e dallo storico
sificata. Più che di un’unica lingua pos- Erodoto (V sec. a.C.).
siamo parlare di vari dialetti,parlati in di- 2. L’attico, le cui strutture grammatica-
stinte aree geografiche e differenziati so- li sono molto simili a quelle dello io-
prattutto sul piano fonetico e morfologi- nico, si è imposto come lingua lette-
co. Essi sono così raggruppabili: raria fra il V e il IV sec. a.C. È stato
a) dialetti ionico-attici (Attica, Eubea, utilizzato dai poeti tragici (Eschilo,
Ionia); Sofocle, Euripide), dai poeti comici
b) dialetti eolici meridionali (Arcadia, (Aristofane, Menandro), dagli storici
Cipro, Panfilia); (Tucidide, Senofonte), dagli oratori
c) dialetti eolici settentrionali (Tessa- (Lisia, Isocrate, Demostene) e dai fi-
glia, Beozia, Eolide); losofi (i sofisti, Platone). Data la
d) dialetti dorici occidentali (Epiro, grande tradizione letteraria che si è
Acarnania, Etolia, Acaia, Focide, Lo- ad esso legata, è divenuto il princi-
cride, Elide); pale punto di riferimento nello stu-
e) dialetti dorici meridionali (Pelopon- dio linguistico del greco antico.
neso, Cicladi, Doride, Creta, Cirene). 3. Il dorico è stato il dialetto della poe-
Quattro di questi dialetti hanno assunto sia melica corale (Simonide, Pinda-
dignità letteraria, ovvero lo ionico, l’atti- ro, Bacchilide) e ricompare in forma
co, il dorico, l’eolico. I generi letterari sistematica nelle parti liriche della
sono stati profondamente improntati, tragedia attica.
Quadro storico
L’età micenea
Durante l’età del bronzo, nella seconda metà del III millennio a.C., la Gre-
La prima
espressione di cia fu abitata dal mitico popolo dei Pelasgi, di cui si sono perse le tracce
civiltà greca nella successiva evoluzione storica. È soltanto al temine dell’elladico me-
dio (1950-1580), che sono chiaramente visibili gli effetti della presenza del
popolo indoeuropeo degli Achei. Dalla vita e dalle gesta di questo popolo hanno avuto
origine le leggende che, trasmesse nell’arco di secoli dalla recitazione degli aedi, hanno
infine trovato sistemazione scritta nei poemi omerici.Anche per questo, ma non per que-
sto soltanto, la civiltà micenea, cui gli Achei hanno dato vita, può essere assunta come
prima manifestazione significativa della civiltà greca e come indispensabile punto di rife-
rimento per lo studio della stessa storia letteraria. La lingua, la cultura, le istituzioni e l’ar-
te dell’età micenea non sono mai del tutto scomparse dalla storia della Grecia classica ed
ellenistica; qualcosa di esse si è perpetrato, nonostante il solco prodottosi dopo l’invasio-
ne dorica, nei quattro secoli del cosiddetto Medioevo ellenico, che fu un’età di gestazio-
ne e trasformazioni profonde.
I poemi omerici, nel parlarci di Micene «ricca d’oro», di Tirinto «ben mu-
Lo sviluppo
culturale e rata», di Creta «dalle cento città», ci portano quasi all’estremo limite della
l’espansione civiltà micenea, al momento in cui essa, appropriatasi di numerosi ele-
menti della civiltà minoica, era in grado di tentare una politica di grande
potenza, paragonabile a quella che nel Mediterraneo orientale mettevano in atto l’Egitto
e gli Hittiti.Tuttavia il processo di acculturazione di questo popolo di pastori e guerrieri
fu piuttosto lungo. Furono necessari diversi secoli perché gli Achei, spostatisi verso sud-
ovest dall’area carpatico-balcanica o dalla regione del Mar Nero, assimilassero la cultura
delle popolazioni indigene e fossero in grado di affrontare il mare, da loro denominato,
significativamente, con la parola qavlassa, estranea alle lingue indoeuropee ma nota alle
popolazioni pregreche. Con la conquista di Creta, sottomessa dagli Achei attorno al
1450 a.C., comincia la fase di espansione della Grecia micenea. L’espansione avviene sia
verso occidente, raggiungendo la Sicilia e la Puglia meridionale, sia verso oriente: gli
Achei s’insediano nelle Cicladi meridionali, a Rodi, sulle coste dell’Asia minore. L’episo-
dio più noto delle loro spedizioni di conquista è la guerra di Troia, ricordo mitizzato di
una comune impresa dei principi achei, guidati dal re di Micene, contro la fiorente e ric-
ca città che controllava lo stretto dei Dardanelli.Tale evento, databile attorno al 1250,
precede di poco più di mezzo secolo il crollo miceneo, avvenuto nella prima metà del
secolo XII a.C.
Quadro storico
naturali (siccità, carestie), a discordie sociali interne, nate dal risentimento delle comuni-
tà contadine ridotte dal fiscalismo statale agli estremi limiti di sussistenza, oppure ad
un’aggressione venuta dall’esterno, da parte di un popolo straniero più forte. Non i Dori,
che giunsero in Grecia per spostamenti interni, muovendo dall’area balcanica, ma i “po-
poli del mare”, che in quegli stessi anni avevano fatto cadere il regno degli Hittiti ed era-
no giunti a minacciare l’Egitto di Ramesses III, potrebbero aver determinato una crisi ir-
reversibile. Delle tavolette ritrovate a Pilo (Peloponneso) danno molta credibilità a que-
sta ipotesi, poiché parlano di un maggior impegno nell’opera di difesa e di vigilanza, in vi-
sta di un pericolo che sarebbe dovuto venire dal mare.
Il Medioevo ellenico
Per analogia con il millennio intercorrente fra la caduta dell’Impero ro-
L’invasione mano d’Occidente e gli inizi dell’età moderna, si definisce Medioevo elle-
dorica
nico il periodo, compreso fra il XII e il IX secolo a.C., durante il quale la
Grecia, decaduta dai livelli di civiltà dell’età micenea, attraversa una lunga
fase di assestamento e di apparente regresso. L’evento perturbatore di questo periodo è
l’invasione dei Dori (XI secolo), penetrati in Grecia dalle regioni settentrionali (Epiro,
Quadro storico
verso sud, essi si lasciarono alle spal-
le l’Attica, chiusa dalla catena del Ci-
terone, e andarono a stanziarsi nel
Peloponneso; di qui passarono ad
occupare le Cicladi e arrivarono infi-
ne ad occupare Creta e Rodi. L’inva-
sione dei Dori fu la causa di una se-
rie di migrazioni e di spostamenti
che riguardarono tutti i popoli della
Grecia, costretti dalla pressione de-
gli invasori a cercare terre coltivabi-
li. Le coste dell’Asia Minore furono
allora interessate da un nuovo feno-
meno migratorio, dopo la colonizza-
Quadro storico
L’influenza dorica fu inoltre decisiva nel determinare il definitivo passag-
La formazione
dell’olimpo gio dei popoli greci ad una religione nazionale, che anteponeva il culto
greco delle potenze celesti della tradizione indoeuropea a quella delle forze ge-
neratrici della terra. Con il tempo però – e anche di questo i poemi omeri-
ci forniscono una fondamentale testimonianza – l’olimpo greco smarrì l’originario colle-
gamento con i fenomeni naturali e gli dèi divennero l’immagine ingigantita delle facoltà
e delle passioni della natura umana.
L’età arcaica
Alla fine del Medioevo ellenico, il mondo greco conosce una fase di straor-
Ripresa
demografica dinario dinamismo, che costituisce il precedente immediato dell’età classi-
ed economica ca. Denominiamo questo periodo, compreso fra l’VIII e il VI secolo, come
età arcaica. Esso è in primo luogo caratterizzato da una crescita demografi-
ca, conseguente ad una maggior produzione agricola e ad una tecnica più scaltrita nella
conservazione delle derrate alimentari, attestata ad esempio dalla diffusione di un nuovo
tipo di granaio. La conseguenza più vistosa di questa rinascita economica è la ripresa su
vasta scala delle attività mercantili. Ed è da ciò che traggono impulso i due fenomeni po-
litici e culturali di maggior rilievo dell’età arcaica: l’affermazione della polis e la seconda
colonizzazione.
La polis che si costituisce in età arcaica, e che continuerà fino all’età elle-
Caratteri nistica ad essere la cellula fondamentale della civiltà greca, è una realtà
della polis
molto più complessa delle antiche città-stato micenee. Queste erano sol-
tanto centri amministrativi e luoghi di difesa: proteggevano ed esercitava-
no un controllo su un territorio ma inibivano al loro interno le trasformazioni della strut-
tura sociale. Le poleis sono invece il risultato di difficili equilibri fra forze sociali differen-
ziate, risentono d’interessi economici che si modificano nel tempo e che danno luogo a
mutevoli assetti politici. Della polis non fanno parte soltanto gli aristocratici, i proprietari
terrieri, che in un primo momento ne detengono il controllo politico, ma anche gli arti-
giani e i ceti mercantili, che si arricchiscono attraverso il commercio e sono in grado
d’investire i loro capitali nell’acquisto di terre. Con il tempo, i ceti emergenti rompono il
sistema di potere oligarchico e gentilizio imposto dall’aristocrazia, aspirano con successo
a partecipare al governo della città e ad assumerne la difesa. Le lotte intestine, i frequenti
mutamenti di regime che interessano le poleis dell’età arcaica sono appunto espressione
di un dinamismo sociale sempre aperto, che porta a cercare mediazioni e compromessi.
Nel periodo iniziale dell’affermazione della polis, è facile incontrare, nella Grecia conti-
nentale e nelle colonie, figure di tiranni e di legislatori.A costoro è affidato il compito di
scrivere costituzioni nelle quali tutte le classi sociali si possano rispecchiare, oppure di
tutelare i ceti emergenti nei confronti dell’antica aristocrazia. Solo alla fine dell’età arcai-
ca il mondo delle poleis raggiunge una relativa stabilità istituzionale, affidandosi perma-
nentemente al governo illuminato di un tiranno, come accade in varie città della Sicilia,
oppure riconoscendosi in uno dei due principali modelli costituzionali, quello oligarchi-
co di Sparta e quello democratico di Atene. In ogni caso l’affermazione della polis porta
con sé il concetto dell’autogoverno dei cittadini liberi, del loro coinvolgimento nelle
scelte di politica estera e nella difesa del territorio, nonché il riconoscimento di un rap-
porto di complementarità fra l’aggregato urbano e il territorio circostante: il territorio
produce non solo sostentamento per tutta la popolazione, ma anche ricchezza ecceden-
te, che rende possibili gli investimenti, la crescita dell’artigianato e dell’esportazione; al
Quadro storico
possibilità di commercio.Anche dal punto
di vista architettonico la polis ha un aspet-
to ben definito, che ne rivela la genesi e gli
obiettivi. Ne sono parte caratterizzante l’a-
cropoli fortificata, dove si trovano i templi
delle divinità protettrici, e l’agorà, dove si
svolge il mercato e dove si raduna l’assem-
blea.
L’incremento demografico e
La seconda le tensioni interne alle po-
colonizzazione
leis favorirono un massiccio
fenomeno di colonizzazio-
ne. Chi non disponeva di risorse sufficienti
nella madrepatria o chi riteneva di non po- Acropoli di Atene.
tersi in essa affermare tentava di fare fortu-
na altrove, trasferendosi assieme ad altri concittadini in un territorio da colonizzare. Il
gruppo era guidato da un ecista, che provvedeva a spartire le terre secondo criteri di
equità, in modo che tutti i colonizzatori, almeno inizialmente, disponessero delle stesse
possibilità di successo. Pur essendo formalmente libere, le colonie mantennero spesso
rapporti privilegiati con la madrepatria ed ebbero con essa intensi scambi commerciali,
favoriti dall’affermarsi dell’economia monetaria, nonché dai progressi dell’arte nautica e
dalla maggior celerità garantita dalla diffusione di navi a vela. Le conseguenze macrosco-
piche di questo fenomeno furono un’ulteriore crescita della ricchezza e l’intensificazio-
ne dei rapporti con popoli stranieri. Ad avvantaggiarsene non erano soltanto le attività
mercantili, ma anche la circolazione delle idee, perché il contatto con altre genti costitui-
va uno stimolo importante per l’attività creatrice e per la ricerca scientifica. Non è certa-
mente un caso se i primi filosofi greci, i primi prosatori, i primi poeti lirici compaiono
nelle colonie greche dell’Asia minore, in territori ove continui erano gli scambi fra la cul-
tura ellenica e quella dei popoli orientali.
Al termine dell’età arcaica, la Grecia ha già raggiunto quelli che, fino all’età
Il sentimento
e le istituzioni ellenistica, rimarranno i suoi confini etnici, geografici e culturali.Al di so-
panelleniche pra dei particolarismi delle poleis, di una miriade di motivi di tensione e
d’inconciliabili interessi, sono già ben delineati potenti fattori di unità cul-
turale: culti religiosi che, pur essendo legati alle tradizioni delle singole poleis, fanno rife-
rimento a divinità, quelle olimpiche, riconosciute da tutti gli Elleni; istituzioni politiche
fondate sulla partecipazione, sul consenso e sulla condivisione delle responsabilità; senso
Quadro storico
di appartenenza ad una superiore civiltà, nettamente distinta dalla rozzezza delle genti
barbare che vivono oltre i confini del mondo greco. Molto hanno giovato al costituirsi di
un sentimento nazionale greco le istituzioni panelleniche che si affermano fra l’VIII e il
VII secolo. Le Olimpiadi, che si tennero ogni quattro anni, a partire dal 776, sono l’esem-
pio più noto di come le città greche sapessero mettere periodicamente da parte le loro
rivalità per incontrarsi culturalmente, assistendo non solo alle gare sportive ma anche al-
le esibizioni poetiche ed oratorie che costituivano uno dei motivi di richiamo dei giochi.
Alla solidarietà panellenica concorrevano altresì altre feste religiose, in cui un santuario o
una città divenivano punto di richiamo per l’intera Grecia (giochi nemei, giochi istmici,
giochi pitici); ed in misura ancor maggiore vi contribuivano, dato il loro carattere di le-
ghe politiche permanenti, le associazioni religiose di Stati limitrofi (anfizionie), che s’im-
pegnavano nella difesa di un santuario e curavano affari di comune interesse.
Una volta dimostrato che gli Achei conoscevano la scrittura, rimane tutta-
Uso limitato via il dubbio sull’esatto ruolo a essa attribuito nella società dell’epoca. Gli
della scrittura
archivi delle roccaforti achee, Pilo in particolare, hanno restituito solo do-
cumenti di natura amministrativa e contabile, che dovevano essere redat-
ti da scribi professionisti alle dipendenze degli amministratori dei vari wanakes (cfr. l’o-
merico a[nax, «signore»). Nulla è stato trovato che autorizzi a pensare all’esistenza di una
letteratura scritta, dal che si dedurrebbe che la scrittura rivestì nel mondo acheo un ruo-
lo assai limitato e fu riservata a usi contabili. La conservazione, l’attualizzazione e la tra-
smissione del patrimonio della cultura tradizionale doveva essere affidato interamente
all’oralità.
numerose varianti locali in ragione anche delle differenze dialettali.Ad ogni modo, quel
che più conta è che dopo più di tre secoli la Grecia rientrava in possesso di uno stru-
mento indispensabile allo sviluppo della civiltà. Ma la nuova scrittura era destinata an-
ch’essa a svolgere una funzione marginale e puramente amministrativa, come nell’età
achea?
La «coppa di Nestore»
Alla domanda possiamo rispondere senz’altro negativamente, grazie a un
Descrizione documento straordinario che costituisce una delle testimonianze più anti-
e testo
che della scrittura e della letteratura greca; si tratta della cosiddetta “coppa
di Nestore”, uno skuvfo" rodio tardogeometrico rinvenuto nel 1954 in una
necropoli di Ischia (l’antica Pitecusa) e su cui è incisa, con andamento da destra a sini-
stra, la seguente iscrizione metrica in alfabeto euboico:
Tecnicamente diamo il nome di aurale a una civiltà che conosce l’uso del-
Civiltà aurale la scrittura e l’applica nelle fasi di produzione e trasmissione del testo, ma
non in quella della sua diffusione e circolazione, affidate ancora al canale
voce-udito. La matrice orale-aurale della cultura greca farà avvertire ancora
per lungo tempo il suo influsso.Ancora alla fine del V secolo, in piena età classica, ci è da-
to incontrare infatti un personaggio come Socrate che sempre rifiutò di dare veste scrit-
ta ai suoi insegnamenti, mentre il suo grande discepolo, Platone, in diversi passaggi della
sua opera esprime perplessità verso un mezzo come la scrittura, accusata, di fronte al di-
scorso orale, di non sapersi difendere con efficacia. La parola scritta per Platone è dun-
que muta e priva di vita, mentre solo la parola parlata può esprimere la verità nella sua ef-
ficace interezza.
Per assistere alla nascita di una società della lettura, oltre che della scrittu-
Tarda
affermazione ra, in senso moderno, caratterizzata quindi da un mercato librario, dalla dif-
del libro fusione di biblioteche private e pubbliche, dall’abitudine a un rapporto in-
Psicodinamica dell’oralità
Se ora restringiamo il nostro campo di attenzione al “Medioevo ellenico”,
Un diverso
modo di fruire culla della tradizione epica e periodo caratterizzato, come si è detto, da
del testo una oralità di tipo primario, possiamo cercare di individuare i fattori prin-
cipali che distinguono quel tipo di cultura dalla nostra, così da familiariz-
zarci, per quanto è possibile, con gli usi e le dinamiche che condizionarono per secoli il
modo stesso di concepire la letteratura, oltre che di produrla e di fruirne: usi e dinamiche
che, in buona misura, continuarono a caratterizzare la ricezione del testo per tutta l’età
arcaica, anche quando l’oralità primaria lasciò il campo all’auralità.
Walter J. Ong ha sintetizzato in modo estremamente efficace i caratteri generali di quella
che egli stesso ha definito «psicodinamica delle culture orali primarie», sottolineando in
particolare alcuni aspetti.
Conclusione
Ovviamente un discorso appropriato ed esauriente sul rapporto tra oralità
Un mondo
vicino e scrittura richiederebbe spazi e approfondimenti ben maggiori di quanto
e lontano abbiamo fin qui offerto e di quanto consenta la natura di questa introdu-
zione. Ci basta avere prospettato un quadro generale della questione, per
consentire allo studente di accostarsi ai testi compresi in questo primo volume dell’anto-
logia con lo spirito giusto, dopo essere stato messo in guardia contro facili quanto inevi-
tabili anacronismi: per quanto vicini ci possano apparire gli antichi Greci per sensibilità,
tematiche e via dicendo, la loro civiltà, non bisogna dimenticarlo, è al tempo stesso lonta-
na e diversa dalla nostra; educare una matura coscienza della diversità è del resto, da sem-
pre, uno degli scopi fondamentali degli studi classici.
Per approfondire
D. Diringer, L’alfabeto nella storia della civiltà [1953], Firenze s.d.
E.A. Havelock, Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone [1963], Bari 1973
J. Goody, L’addomesticamento del pensiero selvaggio, Milano 1981
W.J. Ong, Oralità e scrittura [1982], Bologna 1986
G.R. Cardona, Culture dell’oralità e culture della scrittura, in La letteratura italiana, a cura di A. Asor
Rosa, II, Torino 1983
Cavalieri,
fregio del lato
nord del
Partenone.
L’epica
L’epica
I generi letterari
Il fatto che tutti questi poemi, proprio come l’Iliade e l’Odissea, abbiano
Un genere come protagonisti dèi ed eroi ha contribuito a diffondere l’idea che “epi-
poliedrico
co” ed “eroico” siano sostanzialmente sinonimi. Così invece non è, tanto
che già nel mondo greco arcaico possiamo distinguere fra un’epica pro-
priamente “eroica” (è il caso di Iliade e Odissea), un’epica “cosmologica” (ad es. la Teo-
gonia di Esiodo), un’epica “didascalica” (è il caso delle Opere e giorni, sempre di Esio-
do, che in età ellenistica avrà continuatori in Arato di Soli e Nicandro di Colofone), un’e-
pica “filosofica” (ad es. il poema Sulla natura di Parmenide di Elea e le Purificazioni di
Empedocle di Agrigento).
Gli argomenti
Per quanto concerne l’epica greca di età arcaica, benché le sole opere su-
I “cicli” perstiti siano di fatto l’Iliade e l’Odissea di Omero, la Teogonia e le Ope-
arcaici
re e giorni di Esiodo, le fonti antiche ci hanno conservato notizie relative
a un patrimonio tradizionale assai più vasto, che tendeva ad aggregarsi in
saghe ben definite (chiamate anche “cicli”) a cui vari poeti, di alcuni dei quali ci è stato
tramandato almeno il nome, hanno dato nel tempo il proprio personale contributo.
Possiamo così distinguere:
18 L’EPICA
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I generi letterari
Edipodia
sche di Mitilene (VII / VI sec. a.C.)
Tebaide attribuito a Omero o ad Antimaco di
Teo (VI sec. ? a.C.)
Epigoni attribuito ad Antimaco di Teo (VI sec. ?
a.C.)
Spedizione
di Anfiarao attribuito a Omero
3. poemi su Argo: Foronide
Danaide
4. poemi su Eracle: Eraclea attribuito a Pisandro di Rodi (VII / VI
sec. a.C.)
Presa di Ecalia attribuito a Creofilo di Samo (VIII / VII
sec. a.C.)
L’esecuzione epica
Le testimonianze antiche ci consentono di distinguere tra due principali
Aedi e forme di esecuzione dell’epos, che per semplificare possiamo chiamare
rapsodi
aedica e rapsodica. La prima, esemplificata dalla performance di Demò-
doco nell’Odissea (VIII 62-78), consiste in un canto a solo con accom-
pagnamento di fovrmigx («cetra»). La seconda, esemplificata nell’operetta anonima giunta-
ci sotto il titolo Omero ed Esiodo, la loro stirpe, la loro gara, consiste invece in un re-
citativo senza accompagnamento ed è caratterizzata dal fatto che il rapsodo doveva “in-
tessere” la sua esecuzione assieme a quella di altri sfidanti nell’ambito di una competi-
zione (cfr. più avanti la scheda L’esecuzione epica). Da altre fonti, come i frammenti di
Senofane o il dialogo platonico Ione, apprendiamo che si diffuse (forse già nel VI secolo
a.C.) l’uso che nelle competizioni il rapsodo accompagnasse i brani epici con un breve
commento esplicativo, trasformandosi così in una sorta di “filologo” ante-litteram.
L’EPICA 19
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inalterata. L’epos dovette tuttavia andare incontro a una profonda evoluzione allorché,
diffondendosi la prassi agonale, il pubblico del cantore, in origine limitato alle classi no-
biliari, andò ampliandosi coinvolgendo settori più ampi della società, chiamati così a
confrontarsi con i tradizionali paradigmi etici della tradizione eroica.
Funzioni dell’epos
Luigi Enrico Rossi ha distinto, nell’ambito dei rapporti fra tradizione epica e pubblico,
quattro “funzioni” fondamentali dell’epos:
1. referenziale: in quanto genere narrativo, l’epica si relaziona inevitabilmente con una
realtà “esterna”, che sarà ora il mondo degli dèi, ora il mondo degli eroi;
2. conativa, dal verbo latino conor, «tentare di (persuadere)»: è particolarmente forte
nell’epica, che per statuto ha il compito di offrire modelli di comportamento, e dun-
que deve assumersi un compito educativo imprescindibile;
3. metalinguistica: nella misura in cui il poeta pone a oggetto del proprio canto se stes-
so e il proprio “fare poesia”, come nel caso di Demòdoco, il cantore dell’Odissea, ve-
ro alter ego di Omero;
4. poetica: in quanto l’epica utilizza uno specifico codice formale contraddistinto da
una lingua altamente formalizzata e da una misura metrica definita.
L’esametro epico
L’esametro epico può essere definito come un esametro dattilico catalettico, la cui strut-
tura fondamentale è la seguente:
– —, – —, – —, – —, – —, – ×
˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘
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Vale per l’esametro epico il principio caratteristico della metrica ionica, per cui ritmi-
I generi letterari
camente due sillabe brevi vengono considerate equivalenti a una sillaba lunga; non è il
caso di approfondire in questa sede se sia più corretto parlare di alternanza fra dattilo
(– ) e spondeo (– –) oppure fra dattilo trisillabico e dattilo bisillabico; sta di fatto
˘˘
che la sostituzione tende ad essere evitata nel quinto metro (se bisillabico, l’esametro è
detto spondaico o spondiaco).
– —, – —, – ⏐a ⏐b , – —, – —, – ×
˘˘ ˘˘ ˘ ˘ ˘˘ ˘˘
2. la semiternaria, dopo il secondo tempo forte (a), e la semisettenaria, dopo il quar-
to tempo forte (b), sovente accoppiate nel medesimo verso:
– —, – ⏐ a —, – —, – ⏐ b —, – —, – ×
˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘
Infine la più diffusa dieresi, ovvero la posizione metrica in cui tendenzialmente cade la
fine di parola nell’intervallo fra due metri, è la cosiddetta dieresi bucolica, fra quarto
e quinto metro:
– —, – —, – —, – —, ⏐ – —, – ×
˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘
Per approfondire
Ch.R. Beye, Letteratura e pubblico nella Grecia antica [1975], Bari 1979
C.M. Bowra, La poesia eroica [1952], Firenze 1979
B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Bari 1984
E.A. Havelock, Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone [1963], Bari 1973
E.A. Havelock, J.P. Hershbell (a cura di), Arte e comunicazione nel mondo antico, Bari 1981
O. Longo, Tecniche della comunicazione nella Grecia arcaica, Napoli 1981
W.J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola [1982], Bologna 1986
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1 Omero
LA VITA
LE OPERE
A Omero nell’antichità veniva attribuito, pur tra molte perplessità, un corpus considere-
vole di opere, ovvero, oltre all’Iliade e all’Odissea, altri poemi epici come la Tebaide, gli
Epigoni, i Canti di Cipro; gli Inni omerici (una raccolta di 33 inni in onore di diverse di-
vinità); il poemetto eroicomico Batracomiomachia (Battaglia delle rane e dei topi); il
poemetto satirico Margite; infine epigrammi e poesie d’occasione (nella biografia attri-
buita a Erodoto vengono citate con il titolo collettivo di Paivgnia, Scherzi, Divertimenti).
In realtà, già presso gli antichi fu presto messa in dubbio l’attribuzione di tutte queste
opere a Omero, alla cui paternità si ridussero alla fine solo i due poemi maggiori giunti
fino a noi, Iliade e Odissea.
1. In mancanza di dati certi la tradizione antica ha sviluppato sul personaggio di Omero una ricca aneddo-
tica che ci è stata tramandata dalle biografie, attribuite falsamente a Erodoto e a Plutarco, nonché dalle no-
tizie raccolte da retori, filologi, storici e semplici compilatori di epoche diverse come Dione di Prusa (I-II
sec. d.C.), Pausania (II sec. d.C.), Esichio di Mileto (VI sec. d.C.), Giovanni Tzetze (XII sec. d.C.), Eustazio di
Tessalonica (XII sec. d.C.). 2. Si contendevano l’onore di aver dato i natali al poeta almeno sette città:
Smirne, Chio, Colofone, Pilo,Argo e perfino Itaca e Atene; non mancano neppure tradizioni che facevano
di Omero uno scriba egizio! 3. Erodoto calcolava che Omero l’avesse preceduto di quattrocento anni, il
che lo collocherebbe nel IX secolo a.C.; altri ipotizzavano che fosse nato attorno all’anno 1000 a.C. o addi-
rittura che fosse contemporaneo alla guerra di Troia, caduta, secondo i calcoli di Eratostene, nel 1184 a.C.
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La questione omerica
In età alessandrina, l’età che vide nascere e fiorire gli studi critici sui poe-
I dissensi
degli mi omerici, la loro attribuzione a un unico poeta fu messa in dubbio da
alessandrini pochi critici, chiamati pertanto separatisti (cwrivzonte"), contro l’opinione
predominante degli unitari come Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Sa-
motracia (III-II sec. a.C.). Gli unitari, per giustificare le cospicue differenze fra i due poe-
mi, che pure furono avvertite e segnalate, avanzarono spiegazioni diverse e talvolta, alme-
no in apparenza, fantasiose: come quella riportata nel trattato Sul sublime di autore ano-
nimo (pseudo-Longino, II sec. d.C.?), che attribuisce l’Iliade alla giovinezza del poeta e
l’Odissea alla vecchiaia.
4. Di questo complesso capitolo di storia della cultura, e non solo classica, europea, dà un chiaro reso-
conto Giuseppe Broccia nel volume La questione omerica, Firenze 1979. Per quanto concerne l’intera
problematica dell’epos omerico, non limitata alla sola “questione”, riteniamo utile segnalare la recente
voluminosa sistemazione offerta da A New Companion to Homer, edited by Jan Morris and Barry Po-
well, Leiden-New York-Köln 1997. 5. Preceduti da uno scritto (che aprì la strada alla futura ricerca) del-
l’abate F. Hédelin d’Aubignac, apparso postumo nel 1715, e dalle speculazioni del filosofo napoletano
G.B.Vico (il terzo libro della Scienza nuova seconda del 1730 ha come titolo: «Discoverta del vero Ome-
ro»). 6. Secondo Platone, Ipparco 228b, Ipparco, figlio di Pisistrato, avrebbe introdotto in Atene i canti
di Omero e imposto ai rapsodi di recitarli alle Panatenee, cominciando l’uno dove l’altro aveva finito.
Diogene Laerzio I 57 e il lessico di Suida, s.v. uJpobolhv, attribuiscono l’iniziativa a Solone. Sulla redazione
voluta da Pisistrato, cfr. Anthologia Palatina XI 442; Cicerone, De oratore III 34.137.
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tro con Nausicaa e il racconto delle avventure precedenti fatto direttamente dal re di
Itaca alla corte di Alcinoo (Cìconi, Lotofagi, Ciclope);
– un novsto" meno antico relativo alle peripezie narrate dal poeta (Eolo, i Lestrigoni, Cir-
ce, le Sirene, Scilla e Cariddi, l’isola di Helios);
– il poema della tivs i" (vendetta) di Odisseo dopo il ritorno a Itaca, a danno dei preten-
denti, culminata nella mnhsthrofoniva (uccisione dei pretendenti);
– la Telemachia, che, nella sua forma originaria e autonoma, avrebbe avuto inizio con
l’assemblea di Itaca e termine con la partenza di Telemaco da Sparta e che successi-
vamente sarebbe stata collegata dal compilatore al novsto" di Odisseo mediante la
composizione di canti di raccordo (il canto I e la parte iniziale del canto V con il se-
condo concilio degli dèi).
A cominciare dal Wolff fino a tutto il secolo scorso ed oltre, la tendenza analitica domina
il campo degli studi omerici, attraverso i molteplici tentativi tesi a individuare le parti
giudicate più antiche e le aggiunte operate dai successivi rielaboratori o “redattori”, so-
prattutto in relazione all’Iliade.
Tra la fine del secolo scorso e i primi decenni del nostro secolo gli studi di
Il contributo Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff (1841-1931) segnarono una svolta in
di Wilamowitz
queste ricerche, perché rappresentarono il tentativo organico di ricostrui-
re la storia dell’epos, dalla fase preomerica e da quella di Omero a quella
successiva poi confluita nel testo iliadico tramandato. Il risultato fu di spiegare da una
parte la molteplicità che indubbiamente esiste nel poema, e dall’altra l’unità, di cui ogni
lettore ha il senso preciso e che è avvertita come il frutto di una eccezionale maestria
compositiva. Nel quadro tracciato dal filologo tedesco, Omero interviene nel momento
intermedio della storia del testo, creando un grosso poema epico intorno al motivo del-
l’ira, della vendetta e della morte di Achille7. Questo poema sarebbe nato dalla rielabora-
zione di canti isolati eolici e delle più lunghe rapsodie ioniche, oltre che da composizioni
di Omero stesso, come il canto proemiale, le scene divine dei canti XIII, XIV, XV, i canti
XXI e XXII e il canto XXIII nella parte relativa ai funerali di Patroclo.
Dalla ricostruzione della storia dell’epos iliadico fatta dal Wilamowitz in due studi, rispet-
tivamente del 1884 e del 1916, emerge un cantore di straordinario vigore immaginativo
e di sommo talento compositivo, collocato nel centro della storia del testo tramandato.
Lo stesso filologo, che, dopo le ricerche del 1884, esaminò nuovamente il testo dell’O-
dissea in uno studio del 1927, sulle orme del Kirchhoff, giudicò invece il redattore del
testo tramandato del poema di Ulisse un compilatore, non molto dotato, di tre poemi
minori di età precedenti.
7. Nella ricostruzione del Wilamowitz, il poema si concludeva con la morte dell’eroe tessalico, che riela-
boratori di età successiva avrebbero sostituito con l’incontro di Priamo e di Achille e la restituzione del
cadavere di Ettore, in consonanza con lo spirito di tempi più sensibili a ragioni di umanità e lontani ormai
dall’antico duro codice eroico.
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L’alfabetizzazione di Omero
Il problema omerico non può dirsi risolto neppure con la scoperta della
Un problema
ancora formularità e convenzionalità dello stile epico e della presenza incisiva
irrisolto della tradizione aedica orale anche nei poemi omerici. Gli studiosi conti-
nuano infatti a restare in sensibile disaccordo nel valutare il ruolo da attri-
buire, rispettivamente, all’improvvisazione sulla base della tradizione e alla composizione
8. Gli scritti del Parry, a cominciare dallo studio parigino sull’epiteto tradizionale in Omero (L’épithète
traditionelle dans Homère, Paris 1928), sono stati raccolti nel 1971, con saggio introduttivo del figlio
Adam (The Making of Homeric Verse: the Collected Papers of Milman Parry, Oxford 1971).
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meditata entro un articolato piano complessivo, realizzata anche con l’aiuto della scrittu-
ra, attestata in Grecia già dalla fine del IX secolo.
Stratificazioni epiche
Secondo la cronologia stabilita da Eratostene di Cirene (III sec. a.C.), la
Fondamenti
storici guerra di Troia sarebbe stata combattuta fra il 1194 e il 1184 a.C. Oggi l’ar-
dell’Iliade cheologia ci consente di dare un fondamento storico alla vicenda e d’ipo-
tizzare, per la guerra che ha ispirato i poemi omerici, una data precedente
di circa mezzo secolo quella trasmessa dagli antichi. Gli scavi iniziati da Schliemann, a
partire dal 1870, sulla collina di Hissarlik, nell’odierna Turchia nord-occidentale, hanno
permesso di individuare un sito su cui, in epoche diverse, si sono succedute diverse fasi
urbane; il livello VIIa potrebbe identificare la Troia omerica, distrutta da un incendio nella
seconda metà del XIII sec. a.C.Troia VIIa era stata ricostruita sul sito di una città più gran-
de e più ricca (Troia VI), devastata da un terremoto verso il 1270. In ogni caso la docu-
mentazione dello Schliemann e di altri successivi archeologi rimanda all’ultima fase della
civiltà micenea. Circa un secolo dopo la “discesa dei Dori” avrebbe spazzato via la civiltà
di Agamennone e di Menelao, di Diomede e di Nestore, di Odisseo e di Achille.Al crollo
degli Achei seguì quella fase oscura della storia greca spesso denominata “Medioevo elle-
nico”, in cui vennero gettate le basi per la successiva età arcaica e classica.
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La trama dell’Iliade
L’Iliade è il poema dell’ira di Achille (mh'ni" A
∆ cilh'o"); gli editori alessandrini, dando all’o-
pera la sua forma definitiva, ne divisero i materiali in ventiquattro libri (convenzional-
mente numerati con le lettere maiuscole dell’alfabeto greco, per cui A = Iliade I, B =
Iliade II, G = Iliade III, e via dicendo), per un totale di 15.698 esametri. L’azione princi-
pale del poema occupa un “tempo reale” di circa 50 giorni.
LIBRO I. Agamennone rifiuta il riscatto offerto Troiani costringendo gli Achei a implorare il ri-
da Crise, sacerdote di Apollo, per liberare la fi- torno dell’eroe. – LIBRO II. Riuniti in assemblea,
glia; il dio punisce gli Achei scatenando una gli Achei decidono il da farsi; per mettere alla
pestilenza; Achille e Agamennone hanno un prova l’esercito, Agamennone finge di annun-
violento diverbio in seno all’assemblea degli ciare il ritorno in patria; Era e Atena interven-
Achei,in seguito al quale Achille,offeso,decide gono per fermare gli Achei in fuga, e Odisseo
di ritirarsi dal conflitto;Tetide, madre di Achil- punisce il vile Tersite; viene passato in rasse-
le, intercede presso Zeus perchè favorisca i gna l’intero esercito acheo («catalogo delle na-
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vi»); i Troiani rispondono schierandosi a loro parte achea; Ettore sfonda le porte del muro. –
volta per la battaglia. – LIBRO III. Inizia lo scon- LIBRO XIII. Idomeneo, incitato da Poseidone,
tro; affrontato da Menelao, Paride Alessandro compie prodigi di valore e l’assalto troiano vie-
fugge ed è rimproverato da Ettore; è imposta ne fermato; la lotta divampa confusa presso le
una tregua ai combattimenti per dare luogo a navi.– LIBRO XIV. Era inganna Zeus distogliendo-
un duello fra i due;Alessandro ha ancora una lo dal campo di battaglia;Poseidone interviene
volta la peggio,ma è salvato da Afrodite.– LIBRO rintuzzando l’attacco troiano; lo stesso Ettore
IV. Rotta la tregua,riprendono i combattimenti; viene ferito. – LIBRO XV. Zeus, scoperto l’ingan-
Menelao, ferito, è curato da Macaone; dopo no,intima a Poseidone di abbandonare la lotta;
una nuova rassegna dell’esercito acheo la bat- Apollo guarisce Ettore e guida il nuovo assalto
taglia riprende furiosa. – LIBRO V. Atena allonta- troiano; solo Aiace e Teucro reggono all’urto,
na Ares, alleato dei Troiani, e incita alla lotta mentre gli Achei arretrano. – LIBRO XVI. Ettore è
Diomede, che compie gesta memorabili, feren- sul punto di dare alle fiamme le navi achee; Pa-
do persino Afrodite e lo stesso Ares, ricompar- troclo scende in battaglia con le armi di Achil-
so sul campo di battaglia. – LIBRO VI. Si scontra- le per guidare il contrattacco acheo; i Troiani
no Glauco e Diomede che però si scoprono le- sono respinti fino alle mura,ma Apollo ed Etto-
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stato troppo audace (XXII 99-110). Sono questi tipici esempi di quella che gli antropolo-
gi definiscono “civiltà della vergogna”: in essa ogni azione si muove fra l’aspirazione ad
un pubblico riconoscimento (timhv, «onore») e il timore di una pubblica censura, che feri-
rebbe in modo irrimediabile il «sentimento dell’onore» (aijdwv"). Se le moderne società oc-
cidentali possono essere definite “civiltà della colpa”, perché in esse le leggi dello Stato
puniscono determinate trasgressioni, mentre ciò che non è oggetto di sanzione giuridica
è lasciato alla scelta individuale, nel mondo degli eroi iliadici la comunità esercita un con-
trollo costante: la coscienza che nessuna azione incoerente con i valori riconosciuti dal
gruppo potrebbe sfuggire ad una severa condanna, domina i pensieri dell’eroe e ne de-
termina tutto il comportamento.
La trama dell’Odissea
È il poema delle peregrinazioni di Odisseo durante il decennale viaggio di ritorno (nov-
sto") a Itaca dopo la caduta di Troia; anche in questo caso gli editori alessandrini, dando
all’opera la sua forma definitiva, la suddivisero in ventiquattro canti (convenzionalmente
numerati con le lettere minuscole dell’alfabeto greco, per cui a = Odissea I, b = Odissea
II, g = Odissea 3, e via dicendo), per un totale di 12.310 esametri.
LIBRO I. Nell’asseblea degli dèi Atena intercede lui una tempesta che lo fa naufragare sulla
per Odisseo, da tempo ospite forzato della terra dei Feaci. – LIBRO VI. Nausicaa, figlia del
dea Calipso sull’isola di Ogigia; Zeus dà il suo re dei Feaci Alcinoo, raccoglie il naufrago of-
assenso alla partenza dell’eroe, nonostante frendogli cibo e vesti, quindi lo conduce in
l’opposizione di Poseidone; Atena, sotto sem- città. – LIBRO VII. Odisseo, che non rivela il pro-
bianze umane, scende a Itaca ed esorta Tele- prio nome, è accolto nel palazzo di Alcinoo e
maco a mettersi in viaggio per raccogliere partecipa al banchetto con i dignitari feaci. –
notizie del padre. – LIBRO II. Telemaco annun- LIBRO VIII. In onore dell’ospite si eseguono
cia il suo desiderio di partire, e ha un violen- canti e danze e si celebrano gare atletiche; il
to scontro con i pretendenti della madre Pe- cantore Demodoco narra la caduta di Troia
nelope; con l’aiuto di Atena, il viaggio viene suscitando il pianto di Odisseo. – LIBRO IX.
preparato in segreto. – LIBRO III. Telemaco Odisseo rivela la propria identità e comincia
giunge a Pilo alla corte di Nestore che gli nar- il racconto delle proprie avventure presso i
ra la morte di Agamennone. – LIBRO IV. Telema- Cìconi, i mangiatori di loto, e nell’isola del ci-
co giunge a Sparta dove conosce Elena e Me- clope Polifemo. – LIBRO X. Odisseo narra l’ap-
nelao, che gli narra le sue peripezie e gli rife- prodo all’isola di Eolo e il tradimento dei
risce quel che sa circa la sorte di Odisseo; in- compagni che aprono l’otre dei venti quando
tanto, a Itaca, i pretendenti tramano contro la ormai la nave è in vista di Itaca, provocando
vita di Telemaco. – LIBRO V. L’assemblea degli una tempesta; i Lestrigoni fanno strage dei
dèi invia Ermes presso Calipso ingiungendole compagni di Odisseo, che con i superstiti ap-
di lasciar partire Odisseo; l’eroe salpa su di proda all’isola di Circe, dove trascorrerà un
una zattera, ma Poseidone suscita contro di anno in compagnia della maga. – LIBRO XI.
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Odisseo narra l’evocazione dei morti nella denti e dei servitori infedeli; batte al pugilato
terra dei Cimmerii; colloquio con l’indovino l’impudente mendicante Iro. – LIBRO XIX. Euri-
Tiresia, con la madre Anticlea e con i vecchi clea, incaricata di lavare il forestiero, ricono-
compagni d’arme,Agamennone,Achille e Aia- sce Odisseo da una vecchia cicatrice; un so-
ce. – LIBRO XII. Odisseo narra le avventure del- gno ispira a Penelope l’idea della gara dell’ar-
le Sirene, di Scilla e Cariddi, delle mandrie del co. – LIBRO XX. Durante la notte si fanno i pre-
Sole; perduti tutti i compagni, giunge a Ogigia parativi per la giornata decisiva; i servi fedeli
presso Calipso: qui termina il racconto dell’e- a Odisseo si radunano a palazzo mentre i pre-
roe. – LIBRO XIII. Condotto a Itaca dai Feaci, tendenti consumano il loro ultimo pasto. – LI-
Odisseo è accolto da Atena e insieme con lei BRO XXI. Sfidati a tendere l’arco di Odisseo, i
pianifica la vendetta contro i pretendenti. – pretendenti falliscono uno dopo l’altro; alla fi-
LIBRO XIV. Accolto dal fedele Eumeo, guardia- ne vi riesce il mendicante, che rivela la sua
no dei maiali, Odisseo nasconde la propria vera identità. – LIBRO XXII. Odisseo,Telemaco e
identità e racconta falsi episodi della sua vita. i servitori fedeli fanno strage dei pretendenti;
– LIBRO XV. Mentre Eumeo narra all’ospite le le serve infedeli sono punite con la morte; la
vicende occorse a Itaca negli ultimi anni, Te- sala del palazzo è purificata dopo la strage. –
La figura di Odisseo
Fin dal proemio, l’Odissea si presenta come il poema che ha per oggetto
L’eroe le azioni di un poluvtropon a[nqrwpon, di un «uomo dall’ingegno multifor-
multiforme
me». Non le gesta di valore di una guerra luttuosa, come era accaduto nel-
l’Iliade, sono ora argomento di canto, ma l’avventurosa vicenda di un eroe
dalle innumerevoli risorse, grande per il suo agire ed il suo patire, che sa in ogni circo-
stanza essere uguale e diverso da se stesso. Odisseo ha ancora la tempra eroica dei perso-
naggi iliadici; ma mentre costoro la propongono in modo uniforme, senza mai perdere i
loro connotati di maestà e di forza, Odisseo è un eroe che sa vivere anche la vita degli uo-
mini oscuri: può capitargli di perdere le cose più care, di doversi nascondere nell’anoni-
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mato, di essere umiliato e di non essere riconosciuto. La forza spirituale del suo h\qo" («ca-
rattere») è indistruttibile, ma è avvolta in un gioco di luci e di ombre, deve occultarsi pri-
ma di potersi potentemente affermare. In certi momenti solo Atena, la dea che propizia e
protegge ogni fase del ritorno di Odisseo ad Itaca, tiene fermo il suo sguardo sulla gran-
dezza dell’eroe che le è caro; nel frattempo, in patria, molti lo hanno dimenticato e Tele-
maco e Penelope vivono nell’angoscia di averlo perduto.
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Grecia arcaica e classica, ma anche nella Roma del III sec. a.C., che, nella traduzione del-
l’Odissea di Livio Andronico, vi riconobbe una parte importante del proprio patrimonio
etico-religioso.
La tecnica epica
Già in precedenza si è accennato alla dizione epica come elemento carat-
La dizione terizzante l’epos di Iliade e Odissea. Con il termine “dizione”, contrappo-
sto a “stile”, si vuole marcare la distinzione fra testi la cui tessitura forma-
le privilegia ciò che è tradizionale e “tipico”, rispetto a ciò che è invece
individuale e “originale”. Per quanto poi riguarda in particolare la dizione epica omeri-
ca, va aggiunta anche una componente di natura strettamente linguistica: i due poemi ci
appaiono infatti composti in una lingua d’arte che nessun gruppo umano ha mai parla-
to, ma che è stata elaborata e si è evoluta mescolando elementi di origine micenea e al-
tri propri dei dialetti ionico ed eolico, insieme ad altro ancora, il tutto in un rapporto di
organica connessione con l’unità metrico-ritmica dell’esametro dattilico. Oggi è ben
chiaro come la domanda se sia nato prima l’esametro o la dizione epica sia priva di sen-
so: l’epos ha elaborato l’esametro e la sua particolare dizione come un’unità organica e
inscindibile.
nomi propri
Phlhiavdew A ∆ cilh'o" (del Pelide Achille) – 2° emistichio
∆ cilleuv" (Achille dai piedi veloci) – clausola
povda" wjku;" A
a[nax ajndrw'n A∆ gamevmnwn (Agamennone re di guerrieri) – 2° emistichio
ejuk ∆ caioiv (gli Achei dai robusti schinieri) – 2° emistichio
> nhvmide" A
eJkhbovlou A∆ povllwno" (di Apollo arciere) – 2° emistichio
qea; glaukw'pi" A ∆ qhvnh (la dea Atena dagli occhi lucenti) – 2° emistichio
nomi comuni
polufloivsboio qalavssh" (del mare dai mille rumori) – 2° emistichio
e[pea pteroventa (le parole alate) – prima parte del 2° emistichio
nhi÷ melaivnh/ (alla nave nera) – clausola
aJlo;" ajtrugevtoio (del mare infecondo) – clausola
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dati in nostro possesso circa le modalità della redazione finale dei due poemi per consen-
tirci di utilizzare categorie narratologiche che inevitabilmente presuppongono un testo
pianificato e organizzato da un autore in senso squisitamente moderno.
La lingua
Qui di seguito offriamo un riassunto schematico dei caratteri fonetici e morfologici più
significativi che s’incontrano comunemente nei due poemi9:
fonetica: a>h
metatesi quantitativa (ad es. newv" / nhov")
apocope (ad es. kat, par per katav, parav)
distrazione (dievktasi"): recupero artificiale di una vocale dopo la contra-
zione per salvare la prosodia (ad es. aujtiovwsan per aujtiw`san)
morfologia: I declinazione: gen. sing. masch. in -ao / -ew; gen. plur. in -avwn / -
evwn; dat. plur. in -h/s i / -h/";
II declinazione: gen. sing. in -ou / -oio; dat. plur. in -oisi(n) / -oi"
III declinazione: dat. plur. in -essi(n) / -si(n); occasionale desinen-
za strumentale -fi (caratteristica micenea)
pronomi personali: a[mme" per hJmei'", u[mme" per uJmei'"
enclitica min = aujtovn / aujthvn
valore pronominale dell’articolo
verbi: aumento sillabico e temporale non obbligatori
raddoppiamento presente in forme aoristiche
preverbio spesso separato dal verbo in tmesi
mancata distinzione fra coniugazione tematica e
atematica
desinenza -mi nel congiuntivo
desinenza -sqa nel presente
desinenza atematica -si nella 3a pers. sing. dei ver-
bi tematici
desinenza -atai e -ato nella 3a pers. plur. media
per -ntai e -nto
infiniti in -men, -menai
particella modale ke(n) = a[n
congiunzione aij = eij
9. Una comoda introduzione alla lingua omerica è G. Devoto-A. Nocentini, La lingua omerica e il dia-
letto miceneo, Firenze 1975.
34 L’EPICA
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La metrica
L’opera attribuita a Omero rientra per intero (con la sola eccezione del
L’esametro Margite) nell’ambito della tradizione epica, di cui utilizza i temi, le forme, il
linguaggio e il metro, che è l’esametro epico (e[po"). Di esso abbiamo già
trattato in modo specifico nella parte introduttiva all’epica (cfr. pp. 20-21);
ne riportiamo qui lo schema per comodità:
– —– —– —– —– –×
˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘ ˘˘
◗ ORIENTAMENTI BIBLIOGRAFICI
TRADUZIONI ED EDIZIONI COMMENTATE:
Omero, Iliade, trad. di Rosa Calzecchi Onesti,Torino 1950
Omero, Iliade, trad. di Maria Grazia Ciani,Venezia 1990
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Omero 35
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Iliade
1 L’ira di Achille
Iliade I 1-246
Dopo aver individuato nell'«ira di Achille» l'oggetto della propria narrazione, il poeta espone i fatti
che hanno indotto l'eroe a ritirarsi dalla guerra contro i Troiani. Agamennone aveva rifiutato di re-
stituire Criseide, che gli era toccata in schiava come bottino di guerra, al padre Crise, sacerdote
di Apollo, benché il vecchio avesse offerto un enorme riscatto.
Apollo, ascoltando i lamenti del suo sacerdote, aveva punito tutti gli Achei con una terribile pe-
stilenza. Appresa dall'indovino Calcante la causa dell'epidemia, Agamennone, nel corso di un'ani-
mata assemblea, aveva consentito a restituire la sua schiava, purché Achille, che lo aveva invita-
1. Peleo, re di Ftia, in Tessaglia, e signore dei Mirmi- motracia (II sec. a.C.), si tratta della promessa fatta a
doni, unitosi alla dea marina Teti (o Tetide) aveva ge- Teti (I 524 ss.) di favorire i Troiani contro gli Achei
nerato Achille; Peleo è protagonista di diverse saghe per riscattare l’onore di Achille; per altri il passo, ri-
eroiche, fra cui la spedizione degli Argonauti alla mandando al proemio dei Canti di Cipro, alludereb-
conquista del vello d’oro. 2. Ade, figlio di Crono e be alla decisione di Zeus di alleggerire la Terra dal
fratello di Zeus e Posidone, quando i tre si divisero il peso insopportabile dell’umanità troppo
cosmo, ebbe il dominio del regno sotterraneo, dimo- numerosa. 4. Un verso interamente formulare, for-
ra dei morti. 3. Secondo il filologo Aristarco di Sa- mato dall’unione di due formule nome-epiteto fra
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to a compiere quell'atto, gli desse in cambio Briseide, la schiava più cara al Pelide, anch'essa as-
segnata a suo tempo come riconoscimento di valore assieme al bottino. Ne era nato uno scontro
violentissimo, perché entrambi gli eroi si erano sentiti feriti nell'onore.
Achille, costretto a sottostare al capo riconosciuto della spedizione pur sentendosi più forte di
lui, era stato ad un passo dall'ucciderlo. L'intervento di Atene lo aveva distolto dal farlo, ma la
sua collera era esplosa violenta, ispirandogli l'irrevocabile decisione di non combattere più per
gli Achei.
le più comuni. 5. Apollo; l’entrata in scena del dio bi di contenuto tradizionale, ma mentre il primo di-
assolve una triplice funzione: ideologica (rimandare ce esplicitamente che il sacerdote reggeva le inse-
al piano divino le ragioni ultime dell’agire umano), gne del dio ejn cersivn, nel secondo esse appaiono in-
espressiva (nobilitare l’evento conferendogli una di- vece avvolte ajna; skhvptrw/. 7. Il discorso di Crise
mensione ultraterrena), strutturale (sovrapporre la (vv. 17-21) è strutturato in modo accorto; il messag-
“collera”del dio all’“ira”dell’uomo). 6. Un caso in- gio implicito risulta essere che gli Achei, la cui vitto-
teressante di “imprecisione” scaturita dalla tecnica ria sui Troiani dipende dal volere degli dèi, debbono
dell’accumulo formulare: i versi sono infatti entram- stare bene attenti a non scatenarne la collera.
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8. La replica di Agamennone (vv. 26-32) è un picco- nota sovente momenti di tensione e di imminente
lo capolavoro di simmetria: si apre con una se- pericolo o minaccia (cfr. I 327, 350; IX 182; XXIII
quenza trimembre in cui si prospetta un minaccio- 59). Un altro semantema tradizionale è al v. seguen-
so futuro al povero Crise; segue l’affermazione re- te ajpavneuqe kiwvn, l’appartarsi per pregare presso la
cisa e brutale non la libererò che costituisce la ve- riva del mare (cfr.Telemaco in Odissea II 260), pro-
ra risposta alla richiesta del sacerdote; poi un’altra babilmente una forma rituale per favorire il contat-
sequenza trimembre, che questa volta prospetta to con il divino. 10. La preghiera di Crise ha ca-
con spietato cinismo il miserevole futuro della rattere fortemente tradizionale; prima vengono
sventurata Criseide; infine un verso conclusivo in elencati i titoli del dio, quindi è reclamato generica-
cui, in modo nuovamente brutale e reciso, il sacer- mente il suo favore e il suo aiuto, quindi viene
dote viene scacciato dal campo. Importante è fra avanzata la specifica richiesta. Nota come il rappor-
gli altri il verso 28: Agamennone mostra di avere to tra sacerdote (che pure con il divino ha un rap-
colto il peso che nel suo discorso Crise assegna porto privilegiato rispetto agli altri uomini) e dio si
agli dèi, ma di avere scelto deliberatamente di non configuri come una pura e semplice forma di mu-
tenerne conto. 9. Il nesso tematico tipico (o se- tuo scambio; Crise non fa parola dell’offesa subita e
mantema) para; qi'na polufloivsboio qalavssh" con- non invoca Apollo perché vendichi un torto, ma
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avanza la sua richiesta in virtù del credito di rico- Rodi. 13. Nel testo Danaoiv, propriamente «di-
noscenza maturato nei confronti del dio attraverso scendenti di Danao», leggendario re figlio di Zeus
sacrifici e atti rituali. 11. Crisa e Cilla sono due che dall’Egitto sarebbe giunto ad Argo con le sue
città della Troade meridionale (la prima, in partico- cinquanta figlie in cerca di rifugio e protezione
lare, è la patria del sacerdote stesso), mentre Tene- contro il fratello Egitto; è uno degli appellativi con
do è un’isola prossima alle coste nord-occidentali cui Omero designa gli Achei. 14. In risposta alla
della regione. 12. Secondo il grammatico alessan- preghiera di Crise si realizza ora l’epifania di Apol-
drino Aristarco l’epiteto di Apollo deriverebbe dalla lo, il dio-arciere signore della malattia, capace di
località di Sminte, in Troade; i più ritengono invece manifestarsi come guaritore (Asclepio, il dio-medi-
che derivi dal termine misio smivnqo", «topo», in rela- co, è suo figlio) ma anche come sterminato-
zione a un’arcaica raffigurazione teriomorfa del re. 15. ejnnh'mar: si tratta di un intervallo conven-
dio, oppure a una sua funzione di difensore dei rac- zionale. 16. In Omero l’azione umana è sempre
colti contro i topi; sappiamo che un tempio dedica- vista come determinata dall’intersecarsi di due pia-
to ad Apollo Sminteo sorgeva ad Amassito, località ni distinti ma cooperanti, ovvero la motivazione in-
presso Crisa, mentre feste dette Smivnqeia in onore terna che nasce dal soggetto e l’“ispirazione” ester-
di Apollo e Dioniso si celebravano annualmente a na che proviene dagli dèi.
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17. Secondo Aristarco il termine mavnti" indicherebbe volte nell’Iliade come nell’Odissea. 19. Calcante
l’indovino in generale, mentre iJereuv" e ojneiropovlv o" appartiene a una terza categoria di mavntei", è infatti
due distinte categorie di indovini: il primo è colui detto oijwnopovlo", in quanto trae i suoi vaticini dal-
che legge il futuro attraverso i sacrifici, il secondo l’osservazione del volo degli uccelli. 20. Allusio-
attraverso l’interpretazione dei sogni. 18. È un ne forse all’episodio di Aulide (il porto della Beozia
verso interamente formulare, che ricorre diverse in cui si era radunata la flotta achea in procinto di
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salpare per Troia), quando Calcante interpretò il giungere a Troia. 21. frevne" mevlainai: in termini
prodigio del serpente che aveva divorato nove uc- anatomici si tratta del diaframma, «nero» perché ir-
celli affermando che, dopo nove anni di guerra, nel rorato di sangue che in Omero ha normalmente
decimo gli Achei avrebbero preso la città nemica; quel colore; è considerato sede delle passioni (co-
oppure alle peregrinazioni della flotta stessa, se- raggio, ira, amore), che lo “avvolgono” dall’esterno
condo quanto narravano i Canti di Cipro, prima di (cfr. il preverbio ajmfiv).
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22. Il discorso di Agamennone (vv. 106-120) si svi- Agamennone, che per placarla sarà costretto a sa-
luppa in tre momenti disposti a climax: prima (cfr. crificare la figlia Ifigenia), di cui non c’è traccia
nota 20) il re se la prende direttamente con Calcan- esplicita in Omero. 24. Clitennestra è figlia di
te, «profeta di mali»; poi istituisce un offensivo para- Tindaro e Leda, sorella di Elena e moglie di Aga-
gone fra Criseide e la moglie Clitennestra; infine re- mennone; secondo il mito vendicherà la morte di
clama dagli Achei un dono che compensi la perdita Ifigenia uccidendo a tradimento il marito appena
della ragazza. 23. Agamennone si riferisce proba- rientrato in patria dopo la conclusione della guerra
bilmente alla profezia di Aulide; più problematico è (cfr. Eschilo, Agamennone). 25. Un sintetico ca-
un possibile riferimento alla vicenda di Ifigenia (la talogo delle virtù femminili, che comprendono: a.
flotta è bloccata ad Aulide dal maltempo, Calcante bellezza fisica (devma" ... fuhvn); b. indole, carattere
rivela che la causa è la collera di Artemide offesa da (frevna"), naturalmente compiacente, sottomesso e
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fedele; c. utilità domestica (e[rga), cioè capacità la- beni – gli eroi non mostrano scrupoli a trasformarsi
vorative e amministrative. 26. Il gevra" è la parte all’occorrenza in pirati e in razziatori – che tra l’al-
di bottino che spetta a ciascun guerriero in ragione tro hanno un forte valore sociale in quanto esprimo-
del rango sociale e del valore personale; per le di- no agli occhi della collettività la timhv, il prestigio e
spute che la distribuzione poteva causare cfr. vv. 163 dunque il rango del singolo; è chiaro del resto che
ss.; Agamennone, come comandante supremo della qui è in gioco la timhv di Agamennone, ben più del
spedizione, ha diritto alla prima scelta. 27. L’epite- suo particolare attaccamento a una donna. 28. Al-
to inziale filokteanwvtate può apparire insultante, lusione alle devastazioni e ai saccheggi operati dal-
ma forse meno di quanto sembri a noi moderni: la l’esercito durante i nove anni di guerra, narrati nei
società omerica è in generale fortemente «avida» di Canti di Cipro (cfr. Ciclo epico).
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29. Il discorso di Achille (vv. 149-171) è un uni- sto da Agamennone ai vv. 140 ss. 31. Ecco espli-
cum nell’epica omerica: «Achille pensa e parla co- citato il rapporto ajrethv - timhv - gevra" che sta alla
me nessun altro personaggio omerico, soprattutto base del codice eroico: il guerriero è chiamato a
in virtù della sua visione assolutamente unica di ciò esercitare fino in fondo la sua ajrethv per ottenere
che realmente significa la guerra e di ciò che real- timhv, prestigio – e dunque autorità – agli occhi del-
mente spinge gli uomini a combattere» (G.S. la comunità; il gevra", al di là del valore intrinseco,
Kirk). 30. Achille allude al viaggio a Crisa propo- deve offrire “visibilità sociale” alla timhv frutto dell’aj-
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185 aujto;" ijw;n klisivhnde to; so;n gevra" o[fr∆ eju÷ eijdh'/"
o{sson fevrterov" eijmi sevqen, stugevh/ de; kai; a[llo"
i\son ejmoi; favsqai kai; oJmoiwqhvmenai a[nthn.
’W" favto: Phlei?wni d∆ a[co" gevnet∆, ejn dev oiJ h\tor
sthvqessin lasivoisi diavndica mermhvrixen,
190 h] o{ ge favsganon ojxu; ejrussavmeno" para; mhrou'
tou;" me;n ajnasthvseien, o} d∆ ∆Atrei?dhn ejnarivzoi,
h\e covlon pauvseien ejrhtuvseiev te qumovn.
h|o" o} tau'q∆ w{rmaine kata; frevna kai; kata; qumovn,
e{lketo d∆ ejk koleoi'o mevga xivfo", h\lqe d∆ ∆Aqhvnh
195 oujranovqen: pro; ga;r h|ke qea; leukwvleno" ”Hrh
a[mfw oJmw'" qumw'/ filevousav te khdomevnh te:
sth' d∆ o[piqen, xanqh'" de; kovmh" e{le Phlei?wna
oi[w/ fainomevnh: tw'n d∆ a[llwn ou[ ti" oJra'to:
qavmbhsen d∆ ∆Acileuv", meta; d∆ ejtravpet∆, aujtivka d∆ e[gnw
sembleari (per le quali cfr. l’Analisi del testo di ad Agamennone, ed esordisce dicendo: «Alla tua fol-
p. 50, LA PRASSI ASSEMBLEARE). 34. L’“equazione” è lia io mi opporrò per primo, figlio di Atreo, come è
questa:Apollo sta ad Agamennone come Agamenno- lecito in assemblea, mio signore: e dunque non adi-
ne sta ad Achille; è un altro espediente retorico del rarti» (IX 32-33; trad. Ciani). 35. Il lessico delle
capo per ribadire la propria autorità sui subordina- emozioni è in Omero tanto articolato quanto sfug-
ti. Le parole conclusive di Agamennone violano pa- gente; in questi versi osserviamo ricorrere i termini
lesemente la consuetudine assembleare consolidata h\tor e qumov", mentre in precedenza abbiamo incon-
che offre a chiunque la possibilità di prendere la trato frevne"; gli ultimi due appaiono sostanzialmen-
parola e di sostenere la propria opinione, anche te equivalenti, indicando la sede dell’emozione e
contro quella del re; in un episodio successivo, in- del sentimento; il primo sembra invece legato alle
fatti, Diomede prende la parola proprio per opporsi facoltà decisionali. Il conflitto interiore di Achille è
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alla tua tenda a portartela via, il tuo premio, così che tu impari
quanto sono più forte di te, e così anche ogni altro
tema di parlare di fronte a me, di dichiararsi mio pari34».
Così disse, e il dolore colpì il figlio di Peleo: il suo cuore
nel petto villoso si divideva tra due diversi pensieri:
o sfilare dalla coscia la spada acuta
e fare alzare gli altri e uccidere il figlio di Atreo,
o calmare la collera e trattenere il suo cuore 35.
Così pensava l’eroe nel cuore e nell’anima,
e traeva dal fodero la grande spada, ma giunse Atena
dal cielo: l’aveva mandata Era, la dea dalle candide braccia,
che amava ugualmente ed aveva a cuore ambedue.
Si fermò in piedi dietro il figlio di Peleo e lo prese
per i biondi capelli, visibile a lui soltanto; degli altri nessuno
la vide. Si stupì Achille, si volse e riconobbe
subito Pallade Atena – le splendevano gli occhi terribilmente 36 –
e rivolgendosi a lei le disse queste parole alate 37:
«Perché sei venuta qui, figlia di Zeus signore dell’egida 38?
Per vedere la violenza dell’Atride Agamennone?
Ma io ti dico, e penso che sarà in questo modo:
con la sua superbia presto distruggerà se medesimo».
A lui rispose Atena, la dea dagli occhi splendenti:
«Sono venuta a fermare la tua furia, se vorrai darmi ascolto;
giungo dal cielo, mi manda Era, la dea dalle candide braccia,
che ama ugualmente ed ha a cuore ambedue 39.
Orsù, smetti la lite, non sguainare la spada,
contentati d’umiliarlo a parole, dicendogli quel che deve essere,
e come ti dico, così sarà: verrà un giorno
che ti offriranno splendidi doni, tre volte tanto,
in cambio di questa violenza: trattieniti e dammi retta».
E a lei così disse in risposta il veloce Achille:
«Devo obbedire, dea, alla vostra parola,
per quanto sia irato nel cuore: sarà questo il meglio.
Chi obbedisce agli dèi, gli dèi molto lo ascoltano».
Disse e fermò sull’elsa d’argento la mano pesante,
e di nuovo ripose la grande spada nel fodero,
obbedendo alla parola d’Atena: lei tornò sull’Olimpo
nelle case di Zeus, signore dell’egida, con gli altri dèi.
raffigurato esso pure come un agone assembleare un relitto di un arcaico culto teriomorfo, come nel
fra i sostenitori di due opposte proposte; l’h\tor è caso Apollo-topo (cfr. nota 12). 37. e[pea pteroven-
l’arbitro cui è demandata la decisione finale. 36. ta: formula assai frequente, interpretata in modi di-
Lo splendore sovrumano e terribile dello sguardo è versi: le parole sono «alate» perché volano veloci,
genericamente un attributo della divinità, ma ricor- come gli uccelli, oppure perché colpiscono nel se-
diamo che l’epiteto specifico di Atena è glaukw'pi" gno, come le frecce. 38. aijgiovcoio: l’egida (aijgiv")
(cfr. v. 206), e comunque lo si interpreti («dagli oc- era uno scudo che la tradizione descriveva ricoper-
chi cerulei» o «dagli occhi di civetta») esso rimanda to dalla pelle della capra (ai[x) Amaltea, che con il
a un potere legato in modo particolare allo sguar- suo latte aveva nutrito Zeus bambino; brandendolo
do. Il confronto con l’epiteto di Era bow'pi" («dagli Zeus scatenava il tuono e il lampo, gettando il terro-
occhi di giovenca») ha indotto alcuni a pensare ad re fra i suoi nemici. 39. I vv. 208-209 sono uguali
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ai vv. 195-196; la ripetizione di intere sequenze di ha creato perplessità già presso i critici antichi; nul-
versi è una caratteristica propria della dizione for- la infatti, nei poemi, accredita l’immagine di un Aga-
mulare epica. 40. La sequenza di epiteti offensivi mennone alcolizzato, svergognato e codardo (que-
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sto significano, rispettivamente, «faccia di cane» e ta nell’Iliade, che la considera l’occasione in cui
«cuor di cervo»). 41. La tattica dell’«agguato», ri- «soprattutto si manifesta il valore degli uomini»
servata ad aristocratici, è particolarmente apprezza- (XIII 277).
Che del resto in gioco sia un contrasto onore da Troia, faccia di cane!», vv. 157-
insanabile tra valore e potere, lo si rileva 159), Agamennone sminuendo il “valo-
da come la narrazione, prima ancora che re”come estraneo al merito individuale
esploda il contrasto fra gli eroi, tenda a («se sei fortissimo, questo un dio te l’ha
connotare negativamente Agamennone, dato», v. 178) e addirittura rovesciandolo
reo in particolare di avere empiamente nel suo opposto («fuggi, se il tuo cuore ti
offeso due sacerdoti, positivamente inve- spinge a questo», v. 173).
ce Achille, la cui azione è inoltre ispirata L’azione di Agamennone è guidata insom-
dagli dèi. ma dalla volontà precisa di affermare il
Quando poi si arriva allo scontro verba- “potere” a scapito del “valore”, e nello
le, ciascuno attacca l’avversario proprio scontro con Achille vede un modo per ri-
sul piano dei principi che li caratterizza- affermare la propria autorità («...così che
no.Achille rinfacciando al potere di agire tu impari / quanto sono più forte di te, e
unicamente per interesse personale («te così anche ogni altro / tema di parlare di
abbiamo seguito, / spudorato, per il tuo fronte a me, di dichiararsi mio pari», vv.
piacere, perché tu e Menelao / riceveste 185-187).
▲
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2 Tersite, l’anti-eroe
Iliade II 211-277
Convocata l’assemblea dei soldati, Agamennone, per mettere alla prova la volontà combattiva del-
le truppe, ricorre allo strano espediente di ricordare i lunghi travagli sofferti, invitando l’esercito a
lasciare la piana di Troia e a veleggiare verso la patria. Il discorso provoca la fuga precipitosa verso
le navi dei soldati, smaniosi di tornare alle loro case. Per intervento divino Odisseo, valendosi dello
1. Tersite è nome parlante, derivando dalla radice di la parola nell’assemblea sembra caratterizzarlo co-
qevrso", forma eolica della voce ionica qavrso", qui me un guerriero di una certa dignità; in più, al v. 231
nell’accezione di «avventatezza» piuttosto che di «ar- egli stesso vanta le proprie imprese militari, ricor-
dire». L’epiteto ajmetroephv" non compare altrove in dando la cattura di un dignitario troiano. Kirk con-
Omero, e indica chi «non sa misurare le parole».Ter- clude che, verosimilmente, la mancanza di luogo
site è l’unico personaggio di cui Omero non forni- d’origine e patronimico dipende sostanzialmente
sce né il luogo di provenienza né il patronimico; tut- dal giudizio morale negativo del poeta sul personag-
tavia alcuni dettagli farebbero pensare non a un sol- gio. 2. L’uso di ai[scisto" per indicare pessime
dato qualunque dell’anonima «moltitudine» dell’e- qualità fisiche piuttosto che morali è eccezionale; ri-
sercito acheo: il fatto stesso che egli possa prendere corda che in Omero aspetto (ei\do") e valore (ajrethv)
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VERIFICA T1
1. Quali sono state le teorie più significative privo di abilità diplomatica. Quali passi del
che i filologi del XIX e del XX secolo hanno T 1 potresti citare a sostegno di queste af-
formulato a proposito della questione ome- fermazioni?
rica? 5. Perché sia Agamennone che Achille reagi-
2. Quali sono gli elementi tipici della dizione scono con il massimo sdegno all’idea di do-
epica? Sapresti individuarne degli esempi ver restituire le loro schiave di guerra?
nel T 1? 6. La fierezza di Achille non vacilla neppure di
3. Dopo aver riletto il proemio dell’Iliade (I 1- fronte all’apparizione della divinità. Cita,
8), spiega perché in esso sono anticipati la nel testo greco, l’espressione con cui l’e-
trama e vari altri aspetti del poema. roe accoglie Atena.
4. Secondo Gian Battista Vico, Agamennone 7. Attraverso quale immagine Achille fa senti-
non ha nessuna delle qualità del buon poli- re il carattere irreversibile della sua deci-
tico: è egocentrico, imprudente e del tutto sione di ritirarsi dalla guerra?
coincidono solo fino a un certo punto;Achille è in- chi oscillano fra «appuntito» e «annerito» (dal fuoco,
fatti l’eroe più bello e più forte di tutti, ma per come un vaso mal cotto). 5. Il pronome è stato ri-
esempio in Nireo (v. 673) la bellezza non si accom- ferito da alcuni ad Agamennone, e il senso del brano
pagna affatto alla prodezza. 3. L’aggettivo folkov" sarebbe il seguente: l’esercito ce l’aveva a morte
è un hapax; giacché la descrizione sembra muovere con Agamennone, ma nessuno aveva il coraggio di
dal basso verso l’alto, il significato più probabile esprimere ad alta voce le proprie rimostranze, salvo
non è quello riportato dalla traduzione, bensì «dalle Tersite, raffigurato dunque come una sorta di “eroe
gambe storte» (Liddell-Scott-Jones; Cerri), oppure popolare”; l’interpretazione più diffusa riferisce in-
«che strascica i piedi» (Lobeck, Kirk). 4. Per il va- vece il pronome a Tersite, facendo dunque di lui
lore di foxov", di ignota etimologia, i grammatici anti- l’oggetto del sordo rancore dell’esercito.
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6. Non è ben chiaro a quali «mali» faccia qui riferi- ta la vivezza delle immagini e il respiro del movi-
mento Tersite; forse alla pestilenza che ha di recente mento sintattico, cui contribuisce un uso sapiente
colpito l’esercito, o più in generale ai disagi legati al- dell’enjambement) e accorto nel contenuto, in par-
la forzata permanenza a Troia, per combattere una ticolare allorquando riprende temi già sviluppati
guerra di cui solo Agamennone godrà i frutti. 7. Il nella contesa fra Achille e Agamennone, come quel-
discorso di Tersite appare elaborato nella forma (no- lo dell’avidità del capo, avvezzo a godersi i frutti del-
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le fatiche altrui; Willcock osserva opportunamente testa. 9. L’esposizione dei genitali è particolar-
come gli argomenti di Tersite appaiano come «una mente infamante per un eroe, e l’infamia è enfatiz-
parodia di quelli di Achille nel libro I». 8. «Offen- zata dal linguaggio sempre castigatissimo di Omero
dere i re» è già di per sé una colpa, specialmente se riguardo a queste parti anatomiche (tanto che nel
a farlo è un individuo oi\o" cioè solo, isolato, senza repertorio ricchissimo di traumi e ferite descritte
alcun seguito tra le fila dell’esercito, che anzi lo de- dal poeta, ricorrono in una sola occasione).
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10. La descrizione degli effetti delle percosse e del- che per le offensive parole pronunciate da Tersite,
le reazioni di Tersite è particolarmente vivida e ric- non certo per la punizione subita dal personaggio,
ca di dettagli assieme realistici e grotteschi, che de- che anzi suscita il riso; notiamo come il riso – uma-
finiscono il ritratto di questo personaggio, negazio- no e divino – di norma nell’Iliade accompagni
ne e rovesciamento di ogni ideale eroico di qualche “brutta figura” toccata a questo o a quel
Omero. 11. Gli Achei sono evidentemente «afflit- personaggio, costituendo la sanzione sociale tipica
ti» sia per il recente sconvolgimento dell’esercito di una «civiltà della vergogna».
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Mentre si vanno facendo i preparativi per il duello fra Menelao e Paride, con lo scopo di porre fine
così alla lunga guerra, Elena, oggetto della contesa e premio destinato al vincitore, è presa dalla
nostalgia del primo marito. Assieme a due ancelle si reca allora alle porte Scee, da cui era possibi-
le contemplare il campo di battaglia.
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1. Iride, la messaggera degli dèi, sotto sembianze too è padre dell’eroe Polidamante, consigliere e
umane si è recata a Troia per annunciare a Elena compagno di Ettore;Timete è personaggio altrimen-
l’imminente duello fra Paride e Menelao. 2. Natu- ti ignoto. 6. Lampo, Clitio e Icetaone sono figli di
ralmente il «primo marito» di Elena è Menelao, re di Laomedonte, fratelli quindi di Priamo. 7. Ucalegon-
Sparta, e i suoi genitori sono Leda e Tindaro (anche te e Antenore sono fratelli, figli di Esuete;Antenore è
se Elena è in realtà figlia di Zeus). 3. Il verso fu padre di Agenore e di altri guerrieri che combatto-
espunto da Aristarco come tarda interpolazione di no a Troia; secondo una leggenda dopo la caduta di
origine ateniese: Etra figlia di Pitteo, re di Trezene, è Troia sarebbe giunto in Italia dove avrebbe fondato
infatti la madre di Teseo; secondo una leggenda, la città di Padova. Sconosciuto è invece Ucalegonte,
quando Teseo rapì Elena ancora bambina, i fratelli di curioso nome parlante che vale «Trascurato», «Negli-
lei, Castore e Polluce (i Dioscuri) intervennero per gente», piuttosto strano per un consigliere! 8. La
liberarla e, per punire il gesto di Teseo, ne rapirono tradizionale comparazione con la divinità serve qui
la madre, assegnandola alla sorella come schia- a enfatizzare la bellezza di Elena, causa della guerra
va. 4. Le porte Scee, che costituiscono uno dei e perciò «terribile», per le sue conseguenze e come
principali accessi alla città, sono la porta principale manifestazione del soprannaturale, il cui contatto
di Troia in direzione del campo di battaglia. 5. Pan- improprio può contaminare l’uomo.
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forze più potenti di lei, ora presa da no- concorde ed univoca. E particolarmente
stalgia per l’antico marito, i genitori, la pa- in questo passo si rivela la suggestiva am-
tria lontana, come in questo passo dove biguità della figura di Elena: ai principi
subisce l’influenza di Iride, altrove impe- troiani, intenti a contemplare dalla torre
riosamente spinta da Afrodite a conforta- delle porte Scee la piana di Troia dove so-
re nel talamo Paride, appena sottratto dal- no schierate le forze in conflitto, la donna
la dea alla furia omicida di Menelao. Ma i appare come un prodigio di bellezza, che
personaggi omerici, sappiamo, non sento- potrebbe far ritenere giustificabili gli infi-
no l’angoscia della scelta, la tensione che niti dolori per lei sopportati. Sull’ammira-
provoca la libertà del giudizio: nei loro zione s’impone però il sentimento di ran-
impulsi, spesso discordi, sentono di asse- core e il desiderio che la responsabile di
condare la volontà divina non sempre tanti lutti si allontani dalla città.
VERIFICA T 2-3
La tregua d’armi stabilita per consentire il duello fra Menelao e Paride Alessandro è stata infranta da
Pandaro che, su istigazione di Atena, ha colpito con una freccia Menelao, ferendolo superficialmen-
te. Dopo avere passato nuovamente in rassegna l’esercito acheo, Agamennone dà il segnale dell’at-
tacco generale.
Come contro la riva echeggiante il flutto del mare
si scaglia senza sosta sotto l’impulso di Zefiro;
prima si gonfia nel mare, ma ecco
frangendosi contro la terra urla roco, e intorno alle punte
s’alza in volute, sputa la schiuma del mare;
così allora senza sosta movevano le file dei Danai
ininterrotte a battaglia; dava loro ordini ognuno
dei capi, ma gli altri andavano muti – non avresti creduto
che tanta folla seguisse e avesse voce nel petto –
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1. Il silenzio degli Achei contrasta in apparenza con strage; si tratta in ogni caso di manifestazioni dello
il rumoreggiare dei flutti, nota predominante nella “spirito” della guerra solo parzialmente personificate
precedente similitudine; in realtà, l’impressione so- in Omero. 5. Notevole la struttura chiastica dei
nora è legata al rumore martellante, cadenzato e in- versi 450-451, per cui «gemiti» sta a «grida gioiose»
cessante della marcia d’attacco. Il silenzio invece in- come «uccisori» a «uccisi». 6. La similitudine (vv.
tende marcare la disciplina e quindi la concordia di 452-455) riprende un’immagine familiare ai Greci,
intenti finalmente raggiunta dagli Achei. 2. Teucri quella cioè del torrente invernale, che in seguito alle
(ma nel testo originale Trw'e") è l’altro nome con cui piogge abbondanti, invade all’improvviso e con vio-
in Omero vengono designati i Troiani, in quanto figli lenza il letto prosciugato durante la torrida
di Teucro, figlio di Scamandro e primo re della Troa- estate. 7. Figlio di Nestore, Antiloco non è perso-
de. 3. La voce onomatopeica del testo greco, aj- naggio di particolare rilievo nell’Iliade, ma proprio a
lalhtov", richiama ajlalalaiv, il più comune fra le gri- lui spetta l’onore della prima uccisione di un nemi-
da di guerra diffuse ancora presso i Greci delle età co narrata nel poema. 8. Personaggio altrimenti
più tarde. 4. Benché strettamente collegati con ignoto; colpisce la presenza del patronimico, non
Ares, Terrore, Disfatta e Lotta sembrano intervenire frequente, e il nome del padre, che sembra connesso
nella battaglia senza sostenere una parte piuttosto con le qaluvs ia, offerte rituali di primizie del raccol-
che l’altra, ma seminando indiscriminatamente la to. 9. Popolazione dell’Eubea.
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10. «Bramoso... di strappargli le armi» si tratta di un in persona»; in realtà più che la verosimiglianza qui
tema tipico (o semantema) assai ricorrente; le armi, il poeta sembra avere di mira l’enfasi patetica della
oltre ad avere un valore intrinseco, rappresentava- scena. L’Ida è il massiccio montuoso che chiude a
no, come trofeo di guerra, un segno tangibile (timhv) sud la Troade, raggiungendo quasi i 1800 metri; dalle
del valore (ajrethv) del guerriero. 11. Figlio di Ante- sue pendici nascevano molti fiumi che bagnavano la
nore, per il quale cfr.T 3, nota 7. 12. Nel testo gre- regione, fra i quali il Simoenta e lo Scamandro, il fiu-
co leggiamo qumov" come sinonimo di yuchv («vita», me di Troia. 14. Anche questa “espansione” (vv.
«soffio vitale»). Sulla variabilità del lessico “psicologi- 482-486) ha una funzione sostanzialmente patetica;
co” omerico cfr. T 1, nota 35. 13. Secondo uno nota come la similitudine appaia strettamente corre-
scolio, l’“espansione” del testo dedicata a Simoesio lata al soggetto: Simoesio cade «come un pioppo /
(vv. 473-479) avrebbe come scopo «rendere più cre- cresciuto nell’umido prato di grande palude», dopo
dibile la vicenda, come se il poeta vi avesse assistito essere nato «del Simoenta alla riva».
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