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2 La Grecia

2.1. L’esordio dell’arte ESPANSIONI VERSO L’ESAME DI STATO ONLINE


in Grecia e la ceramica
arcaica ARTE IERI OGGI per raggiungere il Bene LEZIONI DELL’AUTORE
8 Con le ali verso la e il Vero • La scultura greca
2.2. La città e il tempio vittoria. Il mito della 12 Da Prassitele ad classica
2.3. Le prime grandi Nike fra arte, cinema e Aristotele: l’arte come AUDIOSINTESI
statue greche scarpe da ginnastica mimesis del possibile • L’arte greca
2.4. La prima età 9 Dagli eroi mitici ai FONTI E TESTIMONIANZE
mitici supereroi: bello è PER L’ARTE TEST DI AUTOVALUTAZIONE
classica
ancora uguale a buono 13 Da Omero all’Epigrafe
2.5. Mirone e Policleto
OLTRE L’IMMAGINE di Glaucìade: il concetto
2.6. Fidia, Ictino e greco di “bella morte”
1O Il concetto di bello
l’architettura tra V e IV 14 Pausania: l’Acropoli
nella Grecia dell’età
secolo a.C. di Atene
arcaica, tra natura e
2.7. Il IV secolo: idea IL RACCONTO DELL’ARTE
Prassitele, Scopas e 11 Da Mirone e 15 Il vasaio di Acarne
Lisippo Policleto a Platone: il di Valerio Massimo
2.8. L’Ellenismo Bello come strumento Manfredi

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LA STORIA
E L’ARTE

  LA GRECIA DAL MEDIOEVO ELLENICO ALL’ETÀ incontro a una lenta ma costante ripre- ventarono Stati sovrani, pur mantenen-
ARCAICA sa economica, cui seguì un progressivo do rapporti amichevoli e relazioni com-
Per convenzione si riconduce l’inizio aumento della popolazione e quindi un’e- merciali privilegiate con la madrepatria;
dell’arte greca al tramonto della civiltà spansione dei centri abitati. Città come esse conservarono, infatti, lingua, culti
micenea, intorno al 1200 a.C., quando Corinto, Megara, Calcide, Eretria, Focea e costumi ellenici. I Greci sintetizzarono
si inaugurò un nuovo percorso artisti- e Mileto fondarono nuovi insediamenti questo sen­so di appartenenza ad una pa-
co, quello dell’arte greca, che si snoda (detti colonie), in Sicilia e lungo le coste tria cul­turale senza confini con il termine
per dodici secoli e che gli storici dell’ar- dell’Italia meridionale, della Francia e Megàle Hellàs, oggi italianizzato in Ma-
te hanno suddiviso in quattro periodi: della Spagna meridionale, del Mar Nero gna Grecia (dal latino ‘Grande Grecia’).
Periodo geometrico (1200-700 a.C.), e della Cirenaica (l’attuale Libia orienta-
Nel VII secolo a.C. il Medioevo ellenico
Periodo arcaico (700-480 a.C.), Perio- le). Tra le più importanti città di nuova
si concluse e iniziò la cosiddetta età ar-
do classico (480-323 a.C.) e Periodo fondazione possiamo, per esempio, ri-
caica (dal greco archè, ‘principio’, da cui
ellenistico (323-30 a.C.). cordare Taranto in Puglia o Agrigento e
deriva l’aggettivo archàios, ‘antico’), la
Siracusa [fig. 2.1] in Sicilia.
Il Periodo geometrico è quello della na- quale durò fino ai primi anni del V seco-
scita e della formazione della civiltà figu- Questo processo di colonizzazione
rativa greca. Durante l’Arcaismo si defi- durò sino al VI secolo a.C. e fu alimen- LE PAROLE
niscono i grandi temi della figurazione tato da un grande flusso migratorio. Le
ellenico
greca e compare in Grecia la statuaria colonie greche, sin dalla loro fondazione, Sinonimo di “greco”. I Greci si definirono infatti
monumentale. L’età classica costituisce rivendicarono l’autonomia politica e di- Elleni e chiamarono la loro patria Ellade.

la fase di massimo splendore della pro-


duzione artistica greca e si caratterizza
per una costante ricerca di bellezza,
perfezione e armonia delle forme. L’età
ellenistica, infine, vede l’affermazione
dell’arte greca in tutto il Mediterraneo e
la sua contaminazione con temi figura-
tivi e schemi compositivi di altre civiltà,
inclusa la romana.

Durante il lungo periodo seguito alla fine


della civiltà micenea, che gli storici han-
no chiamato Medioevo ellenico, la civiltà
e l’economia regredirono. Si interruppero
anche i commerci marittimi, il cui con-
trollo passò dai popoli dell’Egeo ai Fenici,
si impoverirono i manufatti e scompar-
ve persino la scrittura. Fu solo a partire
dall’VIII secolo a.C. che la Grecia andò

2.1
Veduta aerea del teatro greco. Siracusa, Parco
archeologico della Neapolis.

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lo a.C. In questo periodo, la storia della
Grecia fu molto travagliata. Basti ricor-
dare che verso la metà del VI secolo a.C.
ebbe inizio un conflitto fra le città greche
e i Persiani che impegnò le due parti per
circa un cinquantennio. Guidati prima
dal re Ciro e poi dal nipote di questi, Da-
rio, i Persiani intrapresero una campa-
gna espansionistica che li portò, in breve
tempo, a conquistare l’Asia Minore e a 2.2
sottomettere le città greche della costa. Efebo biondo, 490-480 a.C.
Marmo, altezza 24,5 cm. Atene,
Museo dell’Acropoli.
  L’ETÀ CLASSICA
2.3
Verso la metà del VI secolo a.C., le pòleis Alessandro Magno da giovane,
greche subirono l’aggressivo tentativo di IV sec. a.C. Marmo. Atene,
Museo dell’Acropoli.
espansione dell’Impero persiano. Le
battaglie che impegnarono le due parti
autorevoli di una biblioteca e quelli uti- potenti: Sparta e Atene. Il conflitto che ne
furono anzitutto uno scontro di civiltà:
lizzati nelle scuole. Oggi l’arte greca del seguì, la Guerra del Peloponneso, im-
da un lato un impero vasto e composito
V e IV secolo a.C. si definisce classica pegnò le due città e i loro alleati dal 431
tenuto insieme dal potere assoluto di un
perché ha saputo sviluppare caratte- a.C. Il permanere del teatro di guerra per
re, dall’altro le pòleis greche, tradizional-
ristiche di eccellenza e superiorità for- circa ventisette anni comportò il progres-
mente molto gelose della propria autono-
male e ha saputo raggiungere, e mante- sivo declino delle pòleis, fino a quando,
mia e libertà. Fu nel 480 a.C. che l’eserci-
nere, un supremo e unico equilibrio tra nella metà del IV secolo a.C., il re della
to persiano, con la Battaglia di Salamina,
bello naturale e bello ideale; classica, Macedonia Filippo II conquistò l’intera
subì la prima, pesantissima sconfitta:
ancora, perché fu concepita per stimo- Grecia, abolì l’istituzione delle città-Stato
l’anno successivo sarebbe stato messo in
lare il pubblico all’esercizio della virtù. e pose fine agli ideali democratici.
fuga dall’esercito greco. Questa data ha
dunque un significato simbolico molto Nel contesto della prima classicità, e Alla morte di Filippo II, nel 337 a.C., fu
importante per la storia della Grecia. Il più esattamente fra il 480 e il 450 a.C., il figlio Alessandro [fig. 2.3], non anco-
480, inoltre, è l’anno in cui fu realizzato l’arte assunse dei caratteri distintivi a ra ventenne, a diventare il padrone della
il secondo frontone del Tempio di Athena cui gli studiosi si riferiscono parlando Grecia. Dotato di ampia cultura, di raffi-
Aphaia a Egina, quello in cui scompar- di Stile severo. È bene quindi chiarire nata educazione e di virtù militari del tut-
ve il sorriso arcaico dai volti delle statue. che lo Stile severo non è qualcosa a sé to eccezionali, che gli fecero guadagnare
Non è un caso, insomma, che gli storici rispetto all’arte classica ma solo un suo l’appellativo di “Magno”, cioè “il Grande”,
abbiano scelto proprio il 480 a.C. per aspetto particolare. L’origine del termine egli creò in pochi anni un impero va-
segnare il passaggio dall’età arcaica è legata all’espressione apparentemente stissimo, unificando tutte le più antiche
all’età classica, che si concluse, sem- seria, malinconica e concentrata che ca- civiltà: Grecia, Mesopotamia, Fenicia,
pre per convenzione, nel 323 a.C. Persia, Egitto. Alessandro concretizzò la
ratterizzava le figure scolpite di questo
sua azione politica soprattutto attraverso
Anche l’arte che si sviluppò in que- periodo [fig. 2.2]. Tale definizione risale
un’opera di colonizzazione, che non si
sti due secoli (V e IV sec. a.C.) è detta all’epoca romana: furono difatti alcuni
risolse in una semplice occupazione mi-
classica. Quella dell’arte classica è, letterati latini, come Cicerone, Quinti-
litare ma comportò l’imposizione di una
tuttavia, una realtà piuttosto comples- liano e Plinio il Vecchio, a suggerirla in-
vera e propria egemonia politico-cultura-
sa: sarà bene, allora, distinguere tra direttamente, qualificando le opere del
le, nota come ellenizzazione.
una prima classicità (V sec. a.C.) e primo V secolo a.C. con gli aggettivi ri-
una seconda classicità (IV sec. a.C.). gidus, austerus, durus, poi liberamente Il periodo della storia greca compreso fra
La parola “classico” deriva dall’aggetti- tradotti con l’italiano ‘severo’. la fine della Guerra del Peloponneso e la
vo latino classicus, a sua volta derivato morte di Alessandro Magno (323 a.C.)
dal vocabolo classis, usato a Roma per   LA GRECIA DELLA SECONDA CLASSICITÀ comprende in buona sostanza quasi l’in-
indicare le classi sociali dei contribuenti Durante la gloriosa stagione delle guer- tero IV secolo a.C., e viene indicato come
che godevano del diritto di cittadinanza. re persiane, le città greche superarono seconda classicità o tarda classicità.
Classicus era infatti il cittadino romano le antiche rivalità e crearono un fronte In un mutato clima culturale, i valori in
influente e, come tale, dotato di un certo unito contro il comune nemico. Dopo cui la società greca aveva creduto tenace-
prestigio. Con il significato di ‘importan- la vittoria, però, la loro coesione venne mente fino a un secolo prima e che aveva
te’, ‘scelto’, in epoca imperiale il termine rapidamente meno ed esplose nella di- strenuamente difeso dal pericolo dell’ag-
fu usato anche per indicare i testi più chiarata inimicizia fra le due pòleis più gressione straniera, crollarono; vennero

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meno la fiducia nel dominio della ragione dell’immenso territorio che aveva uni- forte nelle città durante l’età classica.
e la fede nella benevolenza divina. ficato. Dalle ceneri del suo impero, a Ogni artista si espresse più per sé stes-
partire dalla fine del IV secolo a.C. nac- so che a nome di una comunità e preferì
Anche l’arte iniziò a trasformarsi e a ma-
quero i cosiddetti Regni ellenistici, i parlare a gruppi definiti o a committenti
nifestare nuove inquietudini, ricercan-
più importanti dei quali furono l’Egitto, privilegiati piuttosto che a tutto il popolo.
do soggetti d’ispirazione originali, velan-
governato dai discendenti di Tolomeo I, Si concludeva, in fondo, un processo già
dosi di malinconia, fino a esplodere in
e quello di Pergamo, fondato da Attalo I, iniziato nel IV secolo: se Policleto aveva
composizioni drammatiche. Con il pas-
che divenne uno dei più importanti cen- celebrato la grandezza dell’uomo greco e
sare del tempo gli artisti diedero spazio
tri di elaborazione e irradiazione della Fidia aveva magnificato la civiltà di Atene,
all’intera gamma dei sentimenti: rabbia,
cultura ellenistica nel Mediterraneo. Lisippo aveva scelto di essere lo scultore
furore, angoscia, disperazione, orgoglio,
personale di Alessandro Magno. L’arte
languore amoroso, passione. Gli scultori Per indicare il periodo della storia cultu-
non s’interrogarono più sul senso della rale dei Greci compreso fra la morte di divenne dunque elitaria, rinunciò al suo
vita e sulla natura dell’uomo con l’obiet- Alessandro Magno (323 a.C.) e la conqui- tradizionale ruolo pedagogico, abbando-
tivo di interpretare alti ideali; al contra- sta dell’Egitto da parte dei Romani (30 nò molti dei valori etici che fino ad allora
rio, essi ripiegarono verso dimensioni più a.C.) la critica ha coniato il termine Elle- l’avevano costituita e perse il suo distinti-
intimistiche, dedicando maggiore atten- nismo. Le date scelte, e tuttora utilizzate vo carattere di universalità. In altre paro-
zione alla realtà quotidiana. dalla maggior parte degli storici per co- le, se le opere d’arte classiche erano state
modità di studio, sono ovviamente con- concepite come “utili”, in quanto espres-
L’esaltazione dell’eroismo fu abbando- sione di verità, tutta l’arte ellenistica fu
venzionali. Si usa dividere questo lungo
nata a vantaggio della rappresentazio- prodotta come fine a sé stessa.
periodo in un primo Ellenismo (323-
ne dell’uomo comune e il repertorio
230 a.C.), segnato dall’affermazione del- La vita culturale iniziò a ruotare intorno
di soggetti iconografici si modificò di
lo stile di Lisippo, un medio Ellenismo alle corti, frequentate dai grandi pitto-
conseguenza. Al culto di Zeus, Era, Po-
(230-170 a.C.) caratterizzato da un dina- ri, scultori e architetti, dai filosofi, dagli
seidone, Atena si preferì quello degli dèi
mico e accentuato espressionismo, e un scienziati, dai poeti e dai letterati, per-
legati a miti di tipo sentimentale:
tardo Ellenismo (170-30 a.C.), durante dendo quel carattere “libero” che l’ave-
Afrodite, dea dell’amore e della fecondi-
il quale si recuperarono più strette rela- va caratterizzata all’interno delle pòleis,
tà; Apollo, dio delle arti e dell’ispirazione
zioni con l’arte del periodo classico (feno- ormai private dell’antico prestigio e di
poetica; Dioniso, dio del vino, dell’eb-
meno chiamato “classicismo neoattico” o adeguati mezzi economici. Atene per-
brezza e dunque dello stordimento; Er-
anche “neoatticismo”) e si diffusero ma-
mes, ispiratore dei sogni degli uomini. se la sua egemonia e si rinchiuse nella
nifestazioni di accentuato realismo.
Tali divinità persero il proprio carattere contemplazione del suo glorioso passa-
eroico e furono prescelte per la loro in- Il carattere più marcato dell’Ellenismo fu to, trasformandosi in una sorta di città-
clinazione a sentimenti e atteggiamenti la sua internazionalità, accompagnata museo. I centri della cultura artistica si
più vicini alla natura umana. Se nell’o- dal fenomeno dell’eclettismo, ossia dal- spostarono a Pergamo [fig. 2.4], Antiochia
pera di Fidia e Policleto l’uomo era stato la pacifica convivenza di espressioni cul- e Alessandria, le capitali dei regni nei
divinizzato, dal IV secolo a.C. fu la di- turali di provenienza diversa. Emerse an- quali si era frazionato l’impero. Anche
vinità a umanizzarsi. Il culto di Afrodi- che una forma di individualismo nuova Rodi, città marinara tra le più importanti
te, in particolare, favorì l’interesse degli per il mondo greco, cioè venne meno quel del Mediterraneo, conobbe un periodo di
artisti per il nudo femminile. La nuova senso della collettività che era stato così splendida fioritura artistica.
esaltazione delle forme morbide e del-
la delicata struttura fisica della donna
arrivò persino a condizionare, in parte,
i tradizionali canoni estetici del nudo
maschile. L’arte iniziò a rappresentare
anche i bambini, soggetto fino ad allora
pressoché ignorato dalla classicità.

  LA GRECIA DAL III AL I SECOLO A.C.


La morte colpì Alessandro Magno a soli
33 anni, nel 323 a.C. Seguì un periodo
di grande disordine per la spartizione

2.4
Modellino ricostruttivo dell’Acropoli di Pergamo. Berlino,
Staatliche Museen.

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2.1
L’esordio dell’arte
in Grecia e la ceramica
arcaica
2.1.1 al 750 a.C., che presenta una scena di compianto LE PAROLE
funebre con figure a silhouette. compianto funebre
La pittura vascolare dal   IL CRATERE FUNERARIO DEL DIPYLON
Il compianto funebre è un ve-
ro e proprio soggetto artistico,
XIII all’VIII secolo a.C. Il cratere era un grande vaso a forma di bicchiere,
rappresentato già in tem-
pi molto antichi. Il compian-
to (“piangere con”, “piangere
dalla bocca molto larga, usato durante i banchet- insieme”) indica il momento
  IL PERIODO GEOMETRICO
ti per mescolare l’acqua con il vino. Era tuttavia in cui parenti e amici si riu-
Durante il Medioevo ellenico, la Grecia tornò a niscono intorno alla salma
utilizzato anche a scopi funerari, interrato nelle ed esprimono collettivamen-
un’economia di sussistenza, la cultura decadde te il proprio dolore. In arte,
tombe degli uomini assieme alle offerte. Il Cratere
e l’atti­vità artistica si concentrò quasi esclusiva- chi partecipa al compianto è
funerario del Dipylon proviene da una necropoli in genere rappresentato con
mente sulla produzione di piccoli oggetti, in par- atteggiamenti molto teatra-
di Atene e si chiama così perché fu scoperto pres-
ticolare di ceramiche dipinte. li. Nell’antica Grecia, il com-
so la cosiddetta “Doppia Porta” (dis, ‘due volte’, e pianto era detto pròthesis.
In un primo momento, fra il XIII e il IX secolo pyle, ‘porta’). Questo vaso è considerato uno dei silhouette
a.C., vasi, anfore e altri tipi di suppellettili furono più alti capolavori del tardo Periodo geometrico. Figura realizza-
ta attraver-
decorati con motivi unicamente geometrici [fig. Le sue decorazioni rigorose e razionali, dove i mo- so un contor-
no riempito
2.5] ed è per questo che la stagione artistica di tivi geo­metrici si intrec­
ciano a uomini e cavalli uniformemen-
questi secoli è chiamata Periodo geometrico. stilizzati, non hanno infatti precedenti nell’arte te di colore
scuro, normal-
Tra il IX e l’VIII secolo a.C. la decorazione pit- cretese e micenea e sono la creazione originale di mente il nero,
torica si estese all’intera superficie dei vasi, che uno spirito artistico nuovo e pienamente evoluto. che viene po-
sta contro uno
furono ricoperti da motivi fittissimi, in un gioco sfondo chiaro contrastante.
serrato e quasi matematico di linee, scacchi e fre- Ne è un esempio questo
Guerriero da un frammento
gi, al quale si aggiungevano minute figure molto del Maestro del Dipylon con-
servato al Museo del Louvre.
stilizzate. Possiamo citare come esempio il Cra-
tere funerario del Dipylon [fig. 2.6], risalente

2.5
Oinochòe a decorazione
geometrica, 800 a.C. ca.
Ceramica dipinta. Parigi, Musée
du Louvre.

GUIDA ALLO STUDIO


2.6 1 In che cosa consiste
Maestro del Dipylon, Cratere la produzione artistica
funerario del Dipylon, 750 a.C. del Medioevo ellenico?
Ceramica dipinta, altezza 1,23 2 Quali sono gli elementi
m. Atene, Museo Archeologico decorativi del Cratere
Nazionale. funerario del Dipylon?

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ANALISI D’OPERA

L’Anfora funeraria
del Dipylon
PRESENTAZIONE diventava un monumento alla memoria omaggio alla salma della persona ama-
Con il nome di Maestro del Dipylon si della defunta. È questo, certamente, il ta, piangendo insieme. Su un catafal-
è soliti indicare un vasaio e ceramista caso dell’Anfora funeraria del Dipylon, co è deposto il corpo di una donna,
greco attivo ad Atene fra il 760 e il 735 che fu commissionata da una famiglia vestita con un lungo abito: il cadave­re
a.C., dunque verso la fine del Periodo molto importante; né, altrimenti, si è presentato sdraiato su un fianco, in
geometrico, di cui non sappiamo nulla, potrebbero spiegare le sue esagerate modo da offrirsi integralmente alla vi-
neppure il nome. A lui si deve quel fon- dimensioni. Il vaso, infatti, è talmen- sta dell’osservatore. Ai due lati si trova-
damentale processo crea­tivo che portò te alto (oltre un metro e mezzo) che il no quattordici figure maschili in piedi,
a inglobare la figura umana nell’ambito vasaio dovette plasmare e cuocere se- in basso ne riconosciamo altre quattro,
nella decorazione geometrica. Gli stu- paratamente le sue varie parti, per poi due uomini seduti e due donne ingi-
diosi hanno attribui­ to alla sua mano riunirle in un secondo momento. nocchiate, tutti mostrati nell’atto ri-
o alla sua bottega almeno 50 opere e tuale di strapparsi i capelli o battersi
soprattutto alcuni dei più grandi vasi DESCRIZIONE la testa per la disperazione. Accanto al
funerari prodotti per la Necropoli del La struttura dell’anfora segue un preci- catafalco una figura più piccola, forse
Dipylon, alla quale egli deve il suo so schema proporzionale, con l’altezza un bambino (ma rappresentato come
nome convenzionale. Tra questi capo- doppia rispetto alla larghezza e il collo un adulto in miniatura), tocca con la
lavori, spiccano il Cratere funerario del pari alla metà dell’altezza del corpo. mano destra il letto, nell’ultimo salu-
Dipylon [fig. 2.6 p. 55] e l’Anfora fune- Il vaso è ornato da 65 fasce d’altez- to alla defunta che supponiamo essere
raria del Dipylon [fig. 2.8], datata al za differente: più ampie quelle poste sua madre. Tutte le figure hanno teste
760-750 a.C. L’anfora era un vaso con in prossimità del collo e delle anse (le globulari apparentemente calve, con
il collo allungato e due anse, usata appendici curve usate come manico), una protuberanza al posto del mento. Il
come contenitore per liquidi. Utilizzata più sottili quelle vicine alla bocca e al
anche a scopo funerario, era destinata piede. Le decorazioni alternano motivi
alle tombe delle donne. L’anfora fune- decorativi complessi a semplici figure LE PAROLE

raria era deposta nel sepolcro piena di geometriche. Sul collo, due fasce ospi- catafalco
cibo e altri doni; i parenti della defunta tano file di cervi e capre al pascolo. Impalcatura, generalmente di legno, ricoperta di
stoffe, sulla quale si pone il cadavere o la bara du-
erano infatti convinti che tali attenzio- Nel riquadro all’altezza delle anse è raf­ rante la cerimonia funebre.
ni potessero risultare gradite alla sua gurata la scena principale [fig. 2.7],
fi­
anima, ormai costretta a vivere nell’A- che richiama la destinazione del vaso:
de, il regno dell’oltretomba. Talvolta la si tratta di un compianto funebre
2.7
funzione del vaso era solo commemora- (pròthe­sis, in greco), cerimonia duran-
Maestro del Dipylon, Anfora
tiva, perché l’anfora segnava la tomba e te la quale amici e pa­renti rendevano funeraria del Dipylon, particolare.

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2.8
Maestro del Dipylon, Anfora
funeraria del Dipylon, 760-
750 a.C. Ceramica dipinta,
altezza 1,55 m. Atene, Museo
Archeologico Nazionale.

lenzuolo funebre a scacchi, destinato a


coprire il cadavere della nobildonna, è
rappresentato in verticale sopra di lei,
come se fosse una tenda tesa, e il bordo
inferiore di questo telo segue la linea
del corpo in modo da non nasconderlo.
Tra un dolente e l’altro sono infine pre-
senti alcuni piccoli motivi decorativi,
come colonnine di “M” sovrapposte, che
legano le figure umane alla complessa
trama astratta che le circonda.

ANALISI CRITICA
L’elaborazione, in chiave geometrica,
che il Maestro del Dipylon propose del
corpo umano è sicuramente raffinata
e interessante. Le sue figure, infatti,
presentano un profilo molto particola-
re detto “a clessidra”, perché busto e
bacino sono presentati come triangoli
congiunti per il vertice. Ad esempio, la
salma ha il petto mostrato frontalmen-
te e ridotto a un semplice triangolo,
dal quale partono le linee secche delle
braccia. Triangolari sono anche i busti
delle altre figure, che proseguono que-
sto motivo geometrico con il gesto di
portare le mani al capo.
È evidente che l’artista concepì e rea­
lizzò tutta la scena trattandola come
un fregio ornamentale. Essa non ha
infatti il compito di narrare ma vuole
solo de­corare ed essere funzionale alla
sua destinazione funebre. I corpi non
hanno quindi né volume né peso, non
si sovrappongono, non agiscono in uno
spazio e sono tutti posti sullo stesso
piano. I dolenti che si trovano a fianco
del letto funebre, in realtà, dovrebbe-
ro circondarlo; le figure sotto il feretro
dovrebbero invece trovarsi di fronte ad
esso. Questa particolare rappresenta-
zione, solo in apparenza rozza o gros-
solana, riesce però a far sì che nulla
risulti nascosto o implicito.

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alla battaglia che marciano al suono di un flau-
2.1.2 to [fig. 2.10]. La scena ha anche un importante
La ceramica nell’età valore documentario, perché è l’unica illustra-

arcaica zione giunta fino a noi di una falange oplitica.


Osserviamo che lo schieramento a ranghi serrati
dei soldati avanza portando lo scudo a sinistra,
  LA CERAMICA CORINZIA
proteggendo così quella parte del proprio corpo
LE PAROLE A partire dal VII secolo a.C., durante l’età ar-
e il compagno vicino. In questo caso il pittore,
ceramografia caica, i contatti sempre più frequenti con l’Egit-
per mostrare le insegne degli scudi, ha scelto di
Arte del decorare gli ogget- to, la Fenicia, la Siria e la Mesopotamia influen-
ti in ceramica con pitture. diradare i guerrieri solo nella parte destra della
Dal greco kèramos, ‘argilla’, e zarono fortemente lo sviluppo della ceramografia
scena, mentre a sinistra (dove gli scudi possono
graphìa, ‘scrittura’. greca. Fu soprattutto nella città greca di Corinto,
vedersi soltanto dall’interno) i fanti sono più fit-
già nota in tutto il Mediterraneo per i suoi pre-
tamente sovrapposti: la ricerca di movimento si
gevoli prodotti artigianali, che iniziò a diffondersi
fonde, insomma, con una più consapevole rap-
un nuovo stile decorativo vascolare. La cerami-
presentazione dello spazio.
ca corinzia, infatti, nonostante sia ancora mol-
to schematica, lascia ampio spazio alla rappre-   L’ANFORA DI ACHILLE E AIACE
sentazione dell’uomo e degli animali, con una Nel VI secolo a.C., la produzione ceramica di
predilezione per i soggetti di carattere militare, Corinto entrò in crisi a vantaggio dell’Attica, la
come navi da guerra, soldati e cavalieri. regione greca con capitale Atene, che conobbe
un momento di grande fervore produttivo. Gli ar-
  L’ OLPE CHIGI
tisti ateniesi presero infatti le distanze dallo stile
Fra i numerosi esempi ricordiamo, in particola-
decorativo delle origini e iniziarono a produrre
re, la cosiddetta Olpe Chigi [fig. 2.9], realizzata
una pittura caratterizzata da scene a carattere
a Corinto negli anni 640-630 a.C. ma ritrovata
narrativo abilmente composte. Si distinse, in
in una tomba scavata presso Veio, in Toscana.
questo contesto, il pittore Exechias. Attivo fra
L’olpe era un vaso che ricorda le moderne broc-
il 550 e il 525 a.C. e grandemente apprezzato, in
che, dal corpo leggermente espanso e il collo ci-
2.9 Grecia come in Etruria, è oggi considerato il più
Olpe Chigi, 640-630 a.C. Da Veio. lindrico, usato per attingere e versare liquidi. Per
Ceramica dipinta, altezza 26,2
grande dei pittori vascolari greci di età arcaica.
le sue numerose scene figurate, l’Olpe Chigi è
cm. Roma, Museo Nazionale di
Villa Giulia. considerato un vero capolavoro dello stile vasco- Exechias trattò con grande origi­nalità i temi mi-
2.10 lare corinzio. Il registro superiore ospita Schiere tologici tradizionali, selezionando singole scene
Olpe Chigi, particolare. di opliti (fanti armati di scudo e lancia) pronti che fissò in immagini cariche di tensione o dram-

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maticità. L’Anfora di Achille e Aiace [fig. 2.11],   LA KYLIX DI ACHILLE E PATROCLO
da lui firmata («Exechias mi fece e mi dipinse»),
ONLINE
Agli inizi del V secolo a.C., e dunque alla fine
presenta la bellissima scena dei due mitici eroi dell’età arcaica, emerse la figura del pittore So- APPROFONDIMENTI
omerici che giocano a dadi, in una breve pausa • Le tipologie dei vasi greci
sia, autore della bellissima Kylix di Achille e
della battaglia in corso. I due uomini, curvi sul Patroclo [fig. 2.12]. La kylix era una coppa da
gioco, sono raffigurati di profilo, con le vesti e i portata, caratterizzata da un piede piuttosto alto
capelli minutamente decorati, e portano le lan- e dalla bocca molto larga. Sosia vi dipinse una
ce appoggiate alle spalle. La stilizzazione delle scena in cui Achille cura il braccio ferito di Pa-
figure e la permanenza di alcuni arcaismi, come troclo, che, seduto sul proprio ­scudo, mostra la
l’occhio frontale, rendono la scena grandiosa e gamba destra di scorcio, ossia piegata e ri­volta
solenne; tuttavia, la composizione perfettamente verso lo spettatore. Le figure sono ancora chiuse 2.12
equilibrata e l’atteg- Sosia, Kylix di Achille e Patroclo,
nella semplice linea di contorno: eppure, il dise- 500 a.C. ca., particolare.
giamento disinvolto gno raffinatissimo e la perfezione dei modi rie- Ceramica a figure rosse, altezza
10 cm, diametro della bocca 32
dei due guerrieri scono a suggerire efficaci effetti plastici. I volti, cm. Berlino, Antikensammlung
riescono a calare dipinti di profilo, per la prima volta non hanno presso gli Staatliche Museen.
il mito nel quoti- gli occhi rappresentati frontalmente. È
diano. ammirevole il tentativo di rende-
re il sentimento di premuroso
affetto che legava i due eroi:
d’al­tro canto, il soggetto è
una pura invenzione di
Sosia, giacché non ci è
stato tramandato dalla
mitologia.

GUIDA ALLO STUDIO

1 Qual è la scena
2.11 principale dipinta sull’Olpe
Exechias, Anfora di Achille Chigi?
e Aiace, 550-525 a.C. 2 Che cosa rappresenta
Ceramica dipinta a figure l’Anfora di Achille e Aiace?
nere, altezza 61 cm. 3 Quali sono le novità
Roma, Museo Etrusco- formali presentate dalla
Gregoriano. Kylix di Achille e Patroclo?

QUESTIONI TECNICHE E ARTISTICHE

La ceramografia terracotta. I particolari della decorazione


erano poi realizzati a pennello,
“a figure nere” uti­lizzando il nero e altri colori. La tecnica
e “a figure rosse” a figure rosse era più raffinata di quella
a figure nere e consentiva di ottenere
La tecnica della ceramografia detta a figure immagini più dettagliate e maggiori
nere [fig. 2.13] è così chiamata perché le effetti chiaroscurali; era però anche molto
decorazioni, dipinte di nero, risaltano sul più complessa e richiedeva tempi di
fondo rossiccio della terracotta. Nelle scene realizzazione più lunghi: i prodotti finiti
(più o meno complesse) rappresentate risultavano quindi più costosi degli altri. Fu
sui vasi, i contorni e i particolari delle per questo motivo che la ceramica a figure
figure, come le linee della muscolatura, si nere non tramontò con l’affermazione di
ottenevano raschiando via il colore con una quella a figure rosse e che i vasi dipinti
punta metallica per far emergere il fondo con questo sistema decorativo più antico
rosso; il disegno veniva poi arricchito con circolarono fino al II secolo a.C.
tocchi di bianco e di rosso. Il più importante centro di produzione della
La cosiddetta ceramica a figure rosse ceramica a figure rosse fu Atene, dove,
si diffuse alla fine del VI secolo a.C. Era nel cosiddetto quartiere Ceramico (così
2.13
ottenuta dipingendo di nero il fondo chiamato per le tante botteghe di ceramisti),
Ergotimos e Kleitias, Vaso François, 570-560 a.C.
del vaso e lasciando visibile, nelle numerosi laboratori lavoravano per Ceramica a figure nere, altezza 66 cm. Firenze, Museo
figure principali, il colore rossiccio della soddisfare le richieste del mercato estero. Archeologico.

2_1_L’esordio dell’arte in Grecia e la ceramica arcaica 59

Nifosi_Arte_svelata1_P2_01.indd 59 19/01/21 15:30


2.2
La città e il tempio

pòlis si identificò con la comunità degli uomi-


2.2.1 ni liberi, i cittadini, che possedevano il potere
La nascita della pòlis decisionale e godevano dei diritti civili e politi-
ci. Tale cambiamento delle condizioni politiche
  LE PRIME CITTÀ GRECHE comportò alcune importanti trasformazioni ur-
Secondo la testimonianza dello storico greco banistiche [fig. 2.14]: l’Acropoli, prima sede del
Tucidide (V sec. a.C.), le prime città greche, governo, si trasformò nel centro religioso della
fondate tra l’XI e il X secolo a.C., sorsero in pòlis e ospitò i templi dedicati alle divinità più
località interne ed elevate, in modo da risultare
facilmente difendibili dalle incursioni dei pirati.
Si trattava di piccole cittadelle arroccate, dif-
ficili da raggiungere, sviluppatesi secondo un
disegno piuttosto confuso. Sulla sommità di
una collina cinta da mura (in seguito denomi-
nata Acròpoli), sorgeva un grande edificio a più
vani, dove probabilmente abitava il capo della
comunità. Intorno si distribuivano le altre case,
piuttosto piccole e addossate le une alle altre;
in un labirinto di stradine strette e disordinate,
esse seguivano la pendenza e le accidentalità
del terreno. L’agglomerato urbano era comple-
tato da un edificio adibito al culto e da nume-
rosi magazzini dove si conservavano i prodotti
agricoli.

  LE PÒLEIS
La ripresa economica e culturale dell’VIII secolo
a.C. determinò in Grecia la nascita della pòlis
(pl. pòleis), una comunità che si autogoverna-
va, formata da un centro abitato e dalla regione
circostante, dove sorgevano i villaggi agricoli. 3
Quando, prima dell’VIII secolo a.C., il governo 8 4
della città greca era affidato a un re, la pòlis era
7
solo la rocca, cioè la ‘città alta’ (Acropoli), dove 2

si trovava la residenza del sovrano e dove sorge-


vano gli edifici pubblici più importanti. Dall’VIII
secolo a.C. in poi, la monarchia fu abolita e la
6 5

2.14
Ricostruzione della pòlis di Atene [disegno di P. Connolly].
1. Acropoli; 2. Agorà; 3. Asty; 4. Stoà meridionale; 5. Stoà di Zeus;
6. Stoà reale; 7. Stoà di Hermes; 8. Stoà Pecile.

60 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 60 18/01/21 15:03


importanti. Allo svolgimento delle assemblee
popolari fu invece destinata l’agorà (pl. agorài), 2.2.2
piazza pubblica e sede del mercato, che si apri- Dal mègaron al tempio
va nel nucleo urbano vero e proprio, l’àsty. In
epoca arcaica, essa fu solitamente occupata da   I PRIMI TEMPLI
GUIDA ALLO STUDIO
diversi edifici; in seguito si preferì liberare l’area La storia del tempio greco racconta dell’im-
1 Che cos’erano le pòleis
centrale da statue e costruzioni per circondarla e quali erano le loro parti pegno incessante e progressivo con cui questa
di portici, il più importante dei quali era chia- principali? civiltà migliorò e perfezionò una delle più an-
2 Qual è la differenza fra
mato stoà [fig. 2.15]. acropoli e agorà? tiche tipologie architettoniche, inseguendo co-
stantemente l’ideale supremo della perfezione e
dell’armonia. Sappiamo che durante il Medioevo
2.15
Ricostruzione della Stoà Dipinta
ellenico i riti religiosi si celebrarono all’aperto,
di Atene (disegno di P. Connolly). all’interno di recinti che delimitavano un’area
sacra dedicata alla divinità. Intorno al VII seco-
lo a.C., invece, si stabilì di collocare la statua
sacra all’interno di un ambiente chiuso, mentre
l’altare destinato ai riti collettivi fu lasciato di
fronte all’entrata.

Di questi primi templi, costruiti in legno e mat-


toni crudi (dunque con materiali facilmente
deperibili), non ci è rimasta alcuna testimo-
nianza diretta. Certi modellini votivi di terra-
cotta [fig. 2.16] ci hanno comunque permesso
LE PAROLE di ricostruir­ ne la forma. Essi erano piuttosto
stoà simili al mègaron miceneo [fig. 1.78 p. 39], cioè
Nella città greca, la stoà (pl. si presentavano come semplici sale rettangolari
stoài) è un portico di uso
pubblico di forma rettangola- precedute da un portico e coperte da un tetto
re allungata, con uno dei lati a due spioventi. Presentavano una sola porta
maggiori costituito da un co-
lonnato che si affacciava su di accesso ed erano illuminate da una finestra
una piazza o una via. posta in alto sulla facciata.
1 colonnato
Lunga serie di colonne, po-   IL NÀOS
ste alla stessa distanza, che
sostengono una trabeazio- In una fase successiva, il tempio fu interamen-
ne continua (nell’architettu-
ra greca) o una sequenza di te circondato da un colonnato che racchiudeva al
archi (nell’architettura tardo- suo interno anche il portico d’ingresso. Fu così
romana e cristiana).
che, in età arcaica, si sviluppò la tipologia più

2.16
Modellino di tempio rinvenuto
presso l’Heràion di Argo, 725-
700 a.C. Terracotta dipinta,
altezza 28 cm. Atene, Museo
Archeologico Nazionale.

2_2_La città e il tempio 61

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 61 18/01/21 15:03


diffusa di tempio greco [fig. 2.17]. L’edificio sorge – è chiamata stilòbate. Il nucleo dell’intero edifi-
sopra un alto basamento di pietra, normalmente cio è rappresentato dalla cella, o nàos, a pianta
a tre livelli, detto crepidòma, la cui superficie su- rettangolare, generalmente coperta e spesso divi-
periore – ossia il piano su cui poggia il colonnato sa in tre navate da due colonnati [fig. 2.18]. Il nàos

2.17 Tetto di embrici e coppi


Ricostruzione assonometrica Capriate 14 15

di un generico tempio greco


[disegno di D. Spedaliere]. Statua della divinità 8

Nàos 7

Acrotèrio 13

Timpano 12

Frontone
11

10
Trabeazione

9
Colonna
5 Peristìlio

6
Prònaos

4 Perìstasi (colonnato)

3 Stilòbate

2 Crepidòma
1 Rampa o scalinata

Crepidòma

Opistòdomos
Perìstasi
Tempio Tempio Tempio Tempio
in àntis pròstilo in àntis pròstilo

Nàos
Tempio Tempio
Peristìlio in àntis pròstilo
Tempio perìptero
Crepidòma
Tempio perìptero
Crepidòma Tempio Tempio
Tempio Tempio
Nàos doppiamente anfipròstilo
Nàos doppiamente anfipròstilo in àntis
Prònaos 2.18 in àntis Stilòbate
Stilòbate Tempio perìptero
Pianta di un generico tempio Crepidòma Opistòdomos
greco. Tempio Tempio
Opistòdomos anfipròstilo
Nàos Prònaos
doppiamente Tempio a thòlos Tempio dìptero
in àntis
2.19 Prònaos Stilòbate Tempio a thòlos Tempio dìptero
Pianta delle principali
tipologie di templi greci. Opistòdomos

Prònaos Tempio a thòlos Tempio dìptero

62 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 62 18/01/21 15:03


era accessibile e i fedeli potevano visitarlo ma non peristasi, il cui compito è solo quello di decorare i
era un luogo di culto pubblico. Esso, infatti, si prospetti del nàos; il tempio pseudodiptero, in-
presentava come uno spazio piuttosto angusto ed vece, è dotato di una peristasi vera e di una falsa:
era quasi interamente occupato dalla statua della presenta, cioè, un solo colonnato e corrispondenti
divinità. Il nàos è preceduto da un portico anti- semicolonne sulle pareti della cella.
stante, il pronao (o prònaos, letteralmente, ‘posto
Il tempio è classificabile anche in base al numero
davanti al nàos’), e presenta sul retro anche un
di colonne che presenta sul prospetto principale:
secondo portico, detto opistodomo (o anche opi- è detto tetràstilo con quattro colonne, esàstilo
stòdomos, letteralmente ‘posto dietro alla stan- con sei, octàstilo con otto e decàstilo con dieci.
za’), sul quale di norma non si apre un ingresso. I templi più comuni sono quelli esastili. In epoca GUIDA ALLO STUDIO
L’opistodomo, dunque, non ha alcuna funzione classica, dopo il V secolo a.C., si stabilì che il 1 Come si è passati dal
apparente: nasce dall’esigenza di ottenere un pro- rapporto fra le colonne frontali e quelle laterali mègaron al tempio greco?
spetto posteriore uguale alla facciata anteriore del 2 Quali sono i principali
doveva essere del doppio più una. componenti del tempio?
tempio, giacché l’edificio era visibile da ogni lato.

  LA PERISTASI
Il nàos è generalmente circondato da un colonna- LE PAROLE
to (peristasi) formato da una successione di co-
grappa, graffatura argano
lonne poste a intervalli regolari. In questo caso, il Elemento metallico di soste- Macchina che può esercita-
tempio è detto periptero; se le peristasi sono due, gno, di varia forma e dimen- re sforzi verticali oppure oriz-
sione, utilizzato per rinforzare zontali, usata per sollevare
l’edificio è chiamato diptero [fig. 2.19]. Il tempio o tenere uniti due o più ele- carichi o per trascinarli.
pseudoperiptero ha semicolonne applicate alle menti di una costruzione in
legno o in muratura. Un suo
pareti della cella ed è dunque dotato di una falsa sinonimo è “graffatura”.

QUESTIONI TECNICHE E ARTISTICHE

La costruzione nome di rocchi. Di ogni singolo rocchio,


considerata la posizione che questo aveva
di un tempio nell’antica nella colonna, si tracciava la circonferenza
Grecia nel banco di calcare o di marmo della
cava, quindi lo si estraeva scavando in
La costruzione di un tempio greco, che trincea sino all’altezza voluta. Per fissare
pure non era un edificio particolarmente fra loro i rocchi si praticavano due fori
grande, se confrontato per esempio con rettangolari al centro delle facce che
i templi egizi e mesopotamici, richiedeva dovevano sovrapporsi e combaciare; in
ugualmente un’organizzazione di essi erano inseriti tasselli di legno duro e
cantiere straordinaria. I Greci, infatti, non perni che saldavano i blocchi, mantenuti
utilizzavano malte o leganti e tutti gli poi stabili dal loro stesso peso. Solo
elementi del tempio erano assemblati a quando tutta la colonna era montata gli
incastro e assicurati con tiranti e grappe scalpellini vi ricavavano le scanalature.
metalliche di vario genere [fig. 2.20]. I Al contrario delle colonne, gli architravi
pezzi, tagliati e sagomati al millimetro per erano monolitici. Tale vincolo di
eliminare gli spazi delle giunzioni, erano natura statica condizionava non
sollevati con l’argano e accostati l’uno poco le lunghezze degli interassi che
all’altro con l’aiuto di leve; quindi venivano necessariamente dovevano essere
legati fra loro da graffature di ferro o di contenute: in tal senso, è utile notare come
bronzo, mentre le giunzioni erano sigillate la scelta di certi rapporti proporzionali che
colandovi del metallo fuso. Con questi governano l’architettura greca non possa
accorgimenti tecnici, i Greci rendevano le che risultare legata a questa semplice
loro costruzioni resistenti ai terremoti e alle soluzione strutturale trilitica (a piedritti e
ingiurie del tempo. architravi), adottata per i templi più arcaici
Le colonne, date le dimensioni, non erano e mai più abbandonata dai Greci, in forza 2.20
Ricostruzione di un particolare della struttura
monolitiche ma ottenute incastrando uno del legame con la tradizione e in nome di architettonica del Partenone di Atene [disegno di M.
sull’altro pezzi diversi, che prendevano il una precisa scelta di natura estetica. Lambert, 1877].

2_2_La città e il tempio 63

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 63 18/01/21 15:03


mento della colonna e serve a raccordarla con la
2.2.3 parte superiore della costruzione. Esso è compo-
Le parti del tempio sto da un echino, posto immediatamente sulla
sommità del fusto, e un abaco, un elemento di
  LE PARTI DELLA COLONNA forma molto più semplice su cui si appoggia fi-
La colonna greca, di norma, è formata da tre sicamente la struttura sovrastante dell’edificio,
parti: base, fusto e capitello. La base è compo- cioè la membratura architettonica orizzontale
sta, a sua volta, da tre elementi circolari: due a detta trabeazione. Quest’ultima a sua volta è
forma di grosso disco a profilo convesso semi- divisa in tre parti, che sono denominate, parten-
circolare, detti tori, e una modanatura concava, do dal basso, architrave, fregio e cornice. 2.22
Esempio di acroterio,
detta scozia, nella successione toro-scozia-toro. ricostruzione.
  IL TETTO
Il fusto è il corpo della colonna ed è scanalato,
cioè decorato da profondi solchi verticali detti La trabeazione del tempio sosteneva la copertu- LE PAROLE

scanalature, che hanno la funzione, attraverso ra a capanna, ottenuta con una serie di capriate base
il gioco delle ombre, di far percepire anche da triangolari poste in parallelo fra di loro e poggiate Nel lessico architettonico, i
termini “base” e “basamen-
lontano la forma cilindroide della struttura. Il fu- sui lati lunghi dell’edificio [fig. 2.17 p. 62]; su di esse to” vengono spesso identifi-
sto, inoltre, è rastremato verso l’alto, a differen- si stendevano un tavolato per lato e il manto di cati ma in realtà indicano
due elementi differenti. La
za di quello cretese e miceneo che si rastremava copertura, realizzato con embrici e coppi di terra- base è la parte inferiore del-
cotta. Sui lati corti del tempio, la trabeazione e le la colonna greco-romana
verso il basso: il diametro di base, in altre parole, sulla quale poggia il fusto.
falde (cioè le due superfici inclinate della coper- Il basamento, invece, è una
è maggiore di quello dell’estremità superiore. A piattaforma che sostiene un
tura) realizzavano uno spazio triangolare, detto
un terzo della sua altezza, il fusto presenta an- edificio. Nel tempio greco si
frontone. Questo era chiuso da una superficie identifica con il crepidòma.
che un leggerissimo rigonfiamento, detto entasi,
muraria triangolare, detta timpano, e ornato capriata
adottato per eliminare l’illusione ottica che, a di- Struttura lignea portante dei
con sculture in marmo, spesso leggermente stuc-
stanza, fa apparire più stretta la parte centrale tetti. Presenta una forma
cate, dipinte e integrate con inserti metallici per triangolare ed è costituita da
della colonna. Il capitello, infine, è il corona- due travi inclinate (“puntoni”)
accentuarne l’effetto naturalistico. Nel linguag- appoggiate alle estremità e
gio architettonico corrente, i termini “frontone” e collegate da una trave oriz-
zontale (“catena”), la quale
“timpano” tendono a identificarsi. Ai vertici del forma la base del triangolo.
frontone erano collocati gli acroteri (dal greco Talvolta un’ulteriore trave
verticale, chiamata “mona-
akrotèrion, ‘sommità’), statue [fig. 2.22] in terra- co”, ha una funzione di rin-
forzo e collega il centro della
cotta o in marmo alle quali era attribuita la fun- catena con il vertice dei due
zione simbolica di allontanare il male dall’edificio. puntoni o con altre travi in-
clinate dette “saettoni”.
Dei pochi templi greci sopravvissuti a terremoti,
guerre e distruzioni si conservano, in genere, solo
parti della peristasi e frammenti di trabeazione.
Talvolta sono rimasti in piedi anche i frontoni e
i timpani, raramente le pareti della cella, mai il
embrice e coppo
tetto. Le decorazioni scultoree hanno perso la loro Il manto di copertura degli
collocazione originaria e sono conservate (nel mi- edifici era costituito da tego-
le in laterizio, la cui forma po-
gliore dei casi) nei musei di tutto il mondo. I secoli teva essere o piana o curva.
hanno cancellato anche i colori (rosso, giallo, blu) In particolare, era (ed è anco-
ra oggi) chiamata embrice un
con i quali questi edifici erano vivacemente dipin- tipo di tegola a forma di la-
stra trapezoidale dagli orli ri-
ti, con l’intento di evidenziare profili architettonici alzati; il coppo ha una forma
e modanature: una tradizione piuttosto antica ri- semicilindrica. Le coperture
possono realizzarsi con i soli
salente alla civiltà minoica [fig. 2.21]. coppi collocati a file parallele
alterne, concave e convesse
(a), con i soli embrici (b) op-
GUIDA ALLO STUDIO pure con embrici e coppi al-
ternati (c).
1 Quali sono le parti della colonna greca?
2 Quali sono le parti della trabeazione? a.
3 Com’è costituita la copertura del tempio?

b.

c.
2.21
Ricostruzione di alcuni elementi e della policromia del Tempio di
Athena Aphaia a Egina [china acquerellata di A. Blouet e A. Poirot].

64 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 64 18/01/21 15:03


che occupano lo spazio fra i triglifi. Nei templi
2.2.4 più arcaici erano di terracotta dipinta; in segui-
ONLINE
I tre ordini to, come il resto del tempio, furono realizzate in I SITI UNESCO
• I Templi greci di Paestum
dell’architettura greca pietra o in marmo e di norma decorate a basso-
rilievo. A causa dell’alternanza con i triglifi, le
e Agrigento

La sagoma e le decorazioni delle colonne e della decorazioni delle metope dovevano privilegiare
trabeazione sono in genere sufficienti a far ri- temi che potessero narrarsi per singoli episodi,
conoscere quello che viene definito lo “stile” del contenuti nello spazio ristretto di un quadrato.
tempio, il cosiddetto ordine architettonico. Affinché le scene risultassero visibili da lonta-
L’ordine è infatti costituito, prima di tutto, dal no, le metope potevano accogliere poche figure
tipo di colonna e dalla sovrastruttura (la trabe- ed erano prive di sfondo.
azione) del colonnato di un tempio. I Greci ne
Le “forme doriche” hanno subìto nel tempo una
elaborarono tre, dorico, ionico e corinzio, con dif-
certa evoluzione; la colonna dorica arcaica,
ferenti caratteristiche formali.
per esempio, appare molto più tozza di quella 2.23

classica ed è più rastremata, come a forma di Capitello dorico, 500 a.C. ca.
  DORICO Paestum (Salerno), Tempio di
L’ordine dorico [fig. 2.24], il più antico, si diffuse bottiglia. La colonna dorica del V secolo a.C., Athena.

nel Peloponneso e nell’Italia ellenizzata. Presenta invece, ha un fusto quasi cilindrico. Anche il 2.24

una colonna priva di base che si appoggia di- profilo dell’echino è cambiato nel tempo: infatti, Schema dell’ordine dorico.

rettamente sullo stilòbate. Il fusto è decorato da


venti scanalature semicilindriche a spigolo vivo
(ossia accostate l’una all’altra). L’echino del ca-
pitello [fig. 2.23] ha la forma, approssimativa, di
un catino; l’abaco invece è un parallelepipedo a
base quadrata, piuttosto basso.

La trabeazione dell’ordine dorico presenta un


architrave liscio e un fregio diviso da un’alter-
nanza di triglifi e metope. I triglifi sono tavole
di pietra rettangolari, decorate da quattro sca-
nalature verticali: due di esse, la seconda e la
terza, sono intere, mentre la prima e la quarta
sono larghe solo la metà. In tal modo, conside-
rando le due semiscanalature come una sola, se
ne possono contare in tutto tre, giustificando il
nome. Le metope, invece, sono lastre quadrate

gronda
frontone

(sima)

timpano
cornice
(gèison)
metopa
trabeazione

fregio
triglìfo

architrave
(epistìlio)
capitello

abaco
echino
fusto
scanalato
a spigoli
vivi
stilòbate

crepidòma
o stereòbate

2_2_La città e il tempio 65

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 65 18/01/21 15:03


in età arcaica esso appariva piuttosto espanso e dispari di colonne nei prospetti (è infatti un
rigonfio (e, d’altro canto, si chiama “echino” an- tempio ennàstilo, con nove colonne sui fronti),
che lo scheletro del riccio di mare, la cui forma un prònaos con tre colonne in àntis e, all’in-
è assimilabile a quella di un cuscino), mentre terno del nàos, un solo colonnato centrale, in
a partire dal tardo arcaismo iniziò a subire un parte conservato. Tale colonnato interno è a
processo di riduzione e rettificazione, diventan- doppio ordine di colonne, con quelle superiori
do più simile a una tazza. più sottili e più basse di quelle inferiori. Invece
dell’opistòdomos, nella parte posteriore, si tro-
  IL TEMPIO DI HERA A PAESTUM vava l’àdyton, un ambiente chiuso cui si acce-
Nel sito archeologico di Poseidonia, in Campa- deva dal nàos. Questa stanza, presente anche
nia, denominata dai Romani Paestum, si trova in altri templi greci in Italia, conservava, pro-
un importante tempio dorico arcaico: il Tem- babilmente, il tesoro del tempio. La presenza
pio di Hera, detto anche Basilica [figg. 2.25- dell’àdyton, il prospetto ennastilo (che obbli-
26]. Edificato intorno al 530 a.C., oggi manca gava a creare due accessi laterali al nàos) e il
dei muri della cella, dei frontoni e, ovviamen- colonnato unico interno conferiscono al tempio
te, della copertura. Le colonne della peristasi un carattere tipicamente arcaico: tali soluzioni
presentano un’entasi molto accentuata e una sarebbero state decisamente abbandonate in
marcata rastremazione; l’echino del capitello età classica.
è schiacciato ed espanso e l’abaco piuttosto
largo. A differenza di altri edifici della stessa   IONICO
epoca, il Tempio di Hera presenta un numero L’ordine ionico [fig. 2.27], quasi contempora-

20 m 10 0

2.25
Pianta del Tempio di Hera (Basilica) a Paestum (Salerno).
2.26
Tempio di Hera (Basilica), 530 a.C. Paestum (Salerno).
2.27
Schema dell’ordine ionico.

gronda
(sima)
frontone

timpano

cornice
(gèison)
trabeazione

fregio

architrave
a tre fasce
(tènie)
capitello

abaco
echino
a volute
voluta
fusto
scanalato
a spigoli
smussati
spèira

tròchilo
toro
plinto

66 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 66 18/01/21 15:03


neo del dorico, si affermò soprattutto in Asia riva la denominazione –, fu elaborato nel V
Minore e nelle isole egee. La colonna ionica secolo a.C., diffondendosi a partire dal secolo
presenta una base; il fusto è decorato da ven- successivo. Il corinzio non ebbe grande fortu-
tiquattro scanalature dagli spigoli smussati, il na presso i Greci, che lo consideravano troppo
capitello [fig. 2.28] ha un echino decorato da ricco e preferivano utilizzarlo negli interni con
ovoli (ornamenti simili a mezze uova) e da due funzione decorativa. Al contrario, fu molto ap-
grandi volute, un motivo architettonico a spi- prezzato dai Romani che ne fecero largo uso. Il
rale. L’abaco è piuttosto sottile e ha un pro- corinzio condivide con l’ordine ionico la base,
filo curvilineo. La trabeazione ha l’architrave il fusto della colonna e la trabeazione; i due
tripartito, ossia diviso da tre fasce orizzontali
ordini differiscono, in sostanza, soprattutto
leggermente aggettanti l’una sull’altra; il fre-
per il capitello [fig. 2.29]. Questo, infatti, ha
gio, continuo e inizialmente liscio, fu in segui-
un echino a forma di campana rovesciata, dal-
to decorato a bassorilievi. Per la decorazione
la decorazione complessa; in basso, presenta
dei fregi ionici, gli scultori disponevano di uno
due corone di foglie stilizzate di acànto, dalle
spazio lungo e ininterrotto, congeniale all’idea
quali emergono caulicoli, motivi costituiti da
del percorso, e quindi adatto a scene di cortei
e di processioni. steli e viticci avvolti a tortiglioni, ripresi dalle
volute che sorreggono l’abaco nei quattro an-
  CORINZIO goli sporgenti. Altre due volute decorative, co-
L’ordine corinzio [fig. 2.30], originario, sem- ronate da un fiore, riempiono il vuoto lasciato
bra, della città di Corinto – da cui infatti de- sugli assi.

LE PAROLE

acanto
Pianta perenne assai comune
nel Mediterraneo, a grandi fo-
glie con lobi spinosi. Usata
anticamente nelle steli fune-
bri, fu in seguito adottata
nelle decorazioni di capitelli,
cornici e altre membrature
architettoniche.

2.28 2.29
Capitello ionico, VII sec. a.C. Capitello corinzio, IV sec. a.C. Dal
Dall’Artemision di Efeso. Londra, Tempio di Esculapio a Epidauro.
British Museum. Epidauro, Museo.
2.30
Schema dell’ordine corinzio.

abaco

volute
capitello

foglie
d’acanto

toro
spèira

tròchilo

plinto

2_2_La città e il tempio 67

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 67 18/01/21 15:03


Dei templi ionici sono rimaste solo poche te-
stimonianze; non si ha che il ricordo, infatti, dei 2.2.5
grandi monumenti come l’Artemision di Efeso Le norme
[figg. 2.31-32], dedicato ad Artemide (VII sec. a.C.),
e l’Heràion di Samo, dedicato alla dea Era (VI
proporzionali
sec. a.C.). Gli esempi ancora esistenti riguarda- In un tempio greco il concetto di ordine ar-
GUIDA ALLO STUDIO
no più che altro piccoli edifici, spesso ricostrui­ti chitettonico non si esaurisce nella descrizio-
1 Che cos’è l’ordine
nei musei, come i cosiddetti “Tesori”, tempietti architettonico?
ne del capitello o del fregio. L’ordine è, prima
destinati a contenere le offerte dei santuari. Nel 2 Quali sono le di tutto, un insieme di regole matematiche
caratteristiche del dorico?
caso particolare del Tesoro dei Sifni di Delfi [fig. 3 Quali sono le e geometriche con le quali si può costruire
2.33], del VI secolo a.C., le colonne della facciata caratteristiche dello ionico? un edificio perfettamente controllato nei rap-
4 Quali sono le
sono sostituite da due cariatidi. caratteristiche del corinzio? porti proporzionali delle sue parti, sia tra di
loro sia rispetto al tutto. Come indica lo stes-
so nome, esso ha il compito di dare “ordine”
2.31
all’architettura. Secondo i Greci, infatti, la vera
Ricostruzione dell’Artemision
di Efeso, VII sec. a.C., veduta bellezza di un edificio o di una scultura dipen-
prospettica. deva soprattutto dai rapporti, dalle misure e
2.32 dall’accordo fra le singole parti. In altre parole,
Ricostruzione dell’Artemision di era soprattutto mediante la proporzione, cioè
Efeso, VII sec. a.C., pianta.
calcolando i rapporti di un edificio attraverso
funzioni aritmetiche, che si poteva realizzare
un’architettura armoniosa.

  IL MODULO
L’unità di misura dell’architettura greca era il
diametro di base del fusto di una colonna, che co-
stituiva il modulo. La misura del modulo consen-
tiva di calcolare tutte le dimensioni degli elementi
del tempio. Così, per esempio, la colonna dorica
arcaica era alta 4 moduli, mentre l’altezza delle
colonne ionica e corinzia variava da 8 a 10 mo-
duli. Ciò spiega perché la colonna ionica appare
più snella di quella dorica: a parità di base, essa è
infatti più alta [fig. 2.34]. In età classica i rapporti
erano di 1:6 per il dorico, di 1:8 per lo ionico e di
1:10 per il corinzio. Precisi rapporti matematici le-
2.33 gati al modulo, o a suoi sottomultipli, regolavano
Ricostruzione del Tesoro dei Sifni, anche l’altezza della trabeazione rispetto a quel-
VI sec. a.C. Delfi, Santuario di la delle colonne (che negli edifici classici era un
Apollo.
terzo, 1:3) e la misura degli interassi, ossia la di-
stanza tra gli assi verticali (pari alla metà, 1:2); e
2.34
Ordine dorico, ionico e corinzio a
ancora la profondità del portico, la larghezza della
confronto. cella, l’altezza del frontone e ogni altra misura.

GUIDA ALLO STUDIO

1 Che cos’è il modulo?


2 Quali erano i rapporti proporzionali degli ordini
architettonici greci?

LE PAROLE

cariatide
Nell’architettura greca talvolta venivano utilizzate delle scul-
ture in sostituzione delle colonne o dei pilastri, per sostene-
re mensole o architravi. Tali sculture, generalmente di donna,
sono chiamate cariatidi, dal greco kariàtis, ‘donna di Carie’,
città del Peloponneso. Il corrispondente maschile della cariati-
de è detto telamòne (dal latino telamo) o atlante.

68 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_02.indd 68 18/01/21 15:03


2.3
Le prime grandi
statue greche
2.3.1 2.3.2
La grande statuaria I koùroi
in Grecia   I KOÙROI

2.35   LO STILE DEDALICO


Tra la fine del VII secolo a.C. e l’inizio del VI,
Dama di Auxerre, VII sec. a.C. fiorì in Grecia la produzione delle grandi statue
Durante il Medioevo ellenico, nel mondo greco
Calcare, altezza 75 cm. Parigi, a tutto tondo. Lo stile dedalico in un certo sen-
Musée du Louvre. non si produssero statue, perlomeno statue in
so preparò l’avvento di queste sculture monu-
pietra e di grandi dimensioni. La scultura fece
mentali, che già a un primo sguardo mostrano
la sua comparsa solo in età arcaica, a partire
un’evidente derivazione dalla statuaria egizia. I
dalla metà del VII secolo a.C. e in particolare a
soggetti raffigurati sono sostanzialmente due:
Creta, che a quell’epoca, ricordiamolo, era elle-
giovani uomini, detti koùroi (singolare koùros,
nizzata. Lo stile più antico della statuaria greca
in greco ‘ragazzo’), e giovani donne, dette kòrai
(680-610 a.C.) è infatti chiamato “dedalico”, dal
(singolare kòre, in greco ‘ragazza’), sempre raffi-
nome del mitico scultore cretese Dedalo, leggen-
gurati in posizione eretta. L’età ideale di questi
dario architetto del labirinto di Cnosso. Proviene
giovani è compresa tra i 17 e i 19 anni. Le sta-
dall’isola, per esempio, una piccola statua votiva
tue più antiche risultano molto alte, più di 3 m
in calcare, la cosiddetta Dama di Auxerre [fig.
(ma sappiamo che a volte raggiungevano anche i
2.35], uno dei più antichi esemplari di statuaria
10 m); con il passare del tempo, tuttavia, le loro
greca a noi noti. La figura, in posizione eretta, è
dimensioni si ridussero. In effetti, quasi tutti i
mostrata nell’atto di pregare: ha le gambe rigide
e unite, il braccio sinistro teso lungo il fianco e koùroi e le kòrai giunti fino a noi sono a grandez-
la mano destra al petto, in segno di devozione. za naturale o poco più.
Il volto è triangolare con la fronte molto bassa La figura maschile è sempre completamente
e i capelli sono raccolti in trecce stilizzate, con nuda, perché del maschio si volle celebrare la
un effetto che ricorda le pesanti acconciature di bellezza; quella femminile, al contrario, è rigo-
tipo egizio. L’abito che indossa – ornato da motivi rosamente vestita, giacché della donna si preferì
geo­metrici – è lungo sino ai piedi, stretto in vita evidenziare il ruolo di moglie e madre.
da un’alta cintura e completato da un piccolo
mantello che avvolge le spalle.   IL SORRISO ARCAICO
I volti dei koùroi e delle kòrai sono sempre se-
In questa scultura è evidente il progressivo ab-
gnati da un delicato ed enigmatico sorriso, che la
bandono dello stile geometrico, tipico del Medio-
critica ha battezzato come sorriso arcaico. Tra-
evo ellenico, e una conseguente volontà di acco-
dizionalmente, tale sorriso è stato interpretato
stamento alle forme e alle proporzioni reali della
come indice di composta e imperturbabile sere-
figura umana.
nità, quasi una manifestazione di eroica superio-
LE PAROLE
rità, che questi giovani ostentavano di fronte ai
grandezza naturale fatti transitori della vita. È probabile, invece, che
GUIDA ALLO STUDIO Una immagine dipinta o
scolpita è detta a grandezza il “sorriso arcaico” sia una semplice convenzione
1 Cos’è lo stile dedalico? naturale quando le sue di- stilistica, adottata forse nel tentativo di conferire
2 Come si presenta la Dama mensioni sono assimilabili a
di Auxerre? quelle reali. ai volti un senso di maggiore rilievo, con un sem-

2_3_Le prime grandi statue greche 69

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 69 18/01/21 15:08


plice espediente tecnico che consiste nel tirare 2.36
verso l’alto gli angoli della bocca. Koùros di Capo Soùnion, 600
a.C. ca. Marmo, altezza 3,40
m. Atene, Museo Archeologico
  LA POSIZIONE DEI KOÙROI Nazionale.

La rappresentazione dei koùroi e delle kòrai se- 2.37


guiva alcune regole stilistiche abbastanza rigo- Statua di Montuemhat, 650 a.C.
Granito grigio, altezza 1,37 m. Il
rose. I koùroi, per esempio, erano rigidi con la Cairo, Museo Egizio.
testa eretta, le braccia stese lungo i fianchi con i
pugni chiusi, la gamba sinistra avanzata, come
ad accennare un passo, ma con entrambi i piedi
ben appoggiati al suolo. Erano concepiti per es-
sere visti di fronte.

  L’IDENTITÀ DEI KOÙROI


Non sappiamo esattamente quali soggetti corri-
spondessero a queste generiche immagini di ra-
gazzi. Secondo alcuni studiosi si tratta di raffi-
gurazioni di Apollo, dio protettore della poesia
e della musica, simbolo della forza giovanile, il
cui culto fu molto diffuso nel mondo greco. Dif-
ficile però ammettere che tutti i koùroi, peraltro
molto simili fra loro, fossero immagini apollinee:
nel solo Santuario di Apollo dello Ptoi­on, in Beo-
zia, ne sono stati ritrovati circa 120. Molti erano
probabilmente statue votive, offerte alla divini-
tà come ringraziamento per un favore ricevuto,
e dunque potrebbero rappresentare gli offerenti,
ossia uomini mortali. Altri koùroi, almeno così
è stato ipotizzato sulla base di alcune iscrizioni,
sarebbero invece immagini idealizzate di defunti
e dunque sculture destinate a celebrare uomini
molto ricchi e importanti oppure guerrieri o a­tleti.
Ne deduciamo che in Grecia fu elaborato un tipo
scultoreo unico, con il quale si rappresentarono
indifferentemente uomini, eroi e divinità.

  SCULTURA GRECA ED EGIZIA


Il Koùros di Capo Soùnion [fig. 2.36] è uno de-
gli esempi più antichi di koùros greco: la statua
ripropone le proporzioni e la posa tipica delle
sculture egizie [fig. 2.37], presentando una rigi-
dezza estrema delle linee e una posizione salda-
mente statica. L’assoluta frontalità, l’accentuato
schematismo, la larghezza delle spalle rispetto
alla vita, la testa eretta, la posizione delle brac-
cia, la gamba sinistra in posizione avanzata e
persino la forma dei piedi sembrerebbero sanci-
re un rapporto di stretta derivazione dalle statue
egizie. Nonostante tutte queste evidenti analogie
stilistiche, la scultura greca si distanzia profon-
damente da quella egizia per almeno un paio di
aspetti. I koùroi, prima di tutto, non sono sempre
divinità né sovrani ma spesso uomini comuni.
Inoltre, gli Egizi non si facevano mai rappresen-
tare completamente nudi: il corpo privo di vestiti
era legato all’idea di povertà e solo gli schiavi e

70 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 70 18/01/21 15:08


i servi più umili venivano ritratti così. Il farao- cropoli di Atene, nella cosiddetta colmata persia- LE PAROLE
ne era, in effetti, mostrato seminudo ma quanto na. La sua figura, in origine, era policroma, con stante
bastava a mettere in evidenza l’armonia del suo occhi di pasta vitrea, avorio e osso. Che sta in piedi, fermo ed
eretto.
corpo considerato divino. I koùroi ostentano in-
Il cosiddetto Cavaliere Rampin [fig. 2.39], pri- colmata persiana
vece una nudità integrale che in tutto il mondo
ma statua equestre della storia a noi pervenuta, Nel 480-479 a.C l’Acropo-
antico è sempre stata l’eccezione, non la regola: li di Atene fu distrutta dai
è invece la raffigurazione di un atleta, poiché il Persiani. Quando gli Ateniesi
ma l’arte greca voleva celebrare la bellezza, più
giovane mostra il capo cinto di una corona di fo- rientrarono vittoriosi nel-
che il potere: dunque il corpo, emblema di bel- la propria città seppelliro-
glie. Quest’opera è il frammento di un probabi- no i resti degli antichi edifici
lezza per eccellenza, non poteva essere coperto. sacri e delle statue mutila-
le gruppo scultoreo composto da due cavalieri, te in una fossa, detta appun-
  CAPOLAVORI ATENIESI forse i figli di Pisistrato (il tiranno illuminato di to “colmata persiana”, al fine
di allargare la piattaforma
Non proprio tutte le sculture arcaiche rispetta- Atene) vincitori dei Giochi Pìtici, i giochi dedicati dell’Acropoli per la sua suc-
ad Apollo Pizio che si tenevano nel Santuario di cessiva ricostruzione.
rono il rigido schematismo dei koùroi stanti. Ad
esempio, il Moscòphoros [fig. 2.38], cioè ‘portato- Delfi ogni 4 anni. La testa del cavaliere fu ritrova- 2.39
re di vitello’, rappresenta un fedele che reca sulle ta sull’Acropoli di Atene nel 1877; acquistata da Maestro del Cavaliere Rampin,
spalle un vitello da sacrificare ad Atena, reggen- un certo Rampin, un diplomatico francese che gli Cavaliere Rampin, 550 a.C. ca.
Marmo, altezza 1,105 m. Corpo,
dolo per le zampe con le braccia portate al petto. diede il nome, finì poi al Louvre. Dieci anni dopo con calco in gesso della testa,
furono ritrovate nella colmata persiana anche al- ad Atene, Museo dell’Acropoli;
Questa scultura fu ritrovata nel 1863 presso l’A- testa originale a Parigi, Musée
tre parti della scultura, oggi conservate ad Ate- du Louvre.
ne. Benché presenti molti caratteri tipici
dei koùroi, questo capolavoro è per altri
versi davvero straordinario. Ad esempio,
la sua vitalità, la naturalezza della sua
posizione e anche la definizione della sua
anatomia appaiono del tutto nuove, con-
siderando le altre sculture del VI secolo. La
statua era un tempo colorata e presenta an-
cora tracce di vernice rossa e nera.

GUIDA ALLO STUDIO

1 Che cosa sono i koùroi e che cosa


rappresentano?
2 Qual è la tipica posizione del koùros?
3 Che cos’è il sorriso arcaico?
4 Quali sono le principali analogie fra scultura
egizia e scultura greca arcaica?
5 Quali sono le differenze essenziali?

2.38
Moscòphoros, 560
a.C. Marmo dell’Imetto,
altezza 1,62 m. Atene,
Museo dell’Acropoli.

2_3_Le prime grandi statue greche 71

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 71 18/01/21 15:08


ANALISI D’OPERA

Cleobi e Bitone

PRESENTAZIONE “sorriso arcaico” rimanda all’espres- Questi ragazzi non erano faraoni ma eroi
Tra il 1893 e il 1894 furono ritrovate nel sione serena dei faraoni. I capelli, se- ed erano passati alla storia per la loro
Santuario di Delfi, e più esattamente condo la moda del tempo, sono petti- forza fisica straordinaria. Non dobbiamo
nei pressi del Tesoro degli Ateniesi, due nati a grosse trecce e ricadono dietro poi dimenticare che i due koùroi erano
koùroi arcaici quasi identici, alti più di e davanti alle spalle, simmetricamente. stati destinati al Santuario di Delfi, dove
2 m, attribuiti allo scultore Polimede Le braccia, stese lungo i fianchi con i si tenevano le Pìtiche, le competizioni
di Argo e identificati come Cleobi e pugni chiusi, sono corte e leggermente sportive più importanti in Grecia dopo le
Bitone [fig. 2.41] grazie ad alcune iscri- flesse mentre le gambe ostentano co- Olimpiadi. È quindi ovvio che le sculture
zioni sulle basi. In una delle scritte in- sce toniche e polpacci robusti. Come di Cleobi e Bitone sono essenzialmente
fatti si legge: «[Pol]i­medes l’argivo mi sempre, entrambi i koùroi presentano l’espressione di un idea­le insieme ago-
ha fatto», mentre in un’altra, molto la gamba sinistra avanzata. Lo scultore nistico ed estetico. I gemelli non sareb-
frammentaria, sono state riconosciute ha rinunciato alla rappresentazione de- bero diventati eroi se non fossero stati
alcune delle lettere che compongono il gli addominali e ne ha indicato la forma sportivi. E poiché in Grecia gli atleti usa-
nome di Bitone. La data più probabile soltanto con una linea incisa; anche le vano allenarsi e gareggiare senza vestiti,
della loro esecuzione è il 585 a.C. ginocchia sono risolte con profondi sol- Polimede non poté che raffigurare i suoi
Secondo la mitologia greca, i fratelli chi circolari che indicano le rotule. koùroi nudi, come i grandi campioni che
Cleobi e Bitone erano i figli di Cidippe, È evidente la ricerca di corrispondenze era solito ammirare negli stadi.
una sacerdotessa di Era della città di simmetriche, rispetto a un asse verti-
Argo. Non essendo disponibili i buoi cale e a diverse direttrici orizzontali [fig.
del carro che doveva portare la madre 2.40]. La curva dei pettorali richiama
al tempio, e per consentire alla donna per esempio quella superiore delle cla-
di arrivare ugualmente a destinazione, vicole; allo stesso modo, la linea addo-
i due fratelli si sottoposero a una fatica minale è ripresa in senso inverso dal
estrema, trainando essi stessi il veicolo solco dell’inguine.
per circa 8 km. La madre, commossa
da tanta filiale devozione, pregò la dea ANALISI CRITICA
di premiare i figli. Era allora concesse Le due sculture di Polimede sembrano
loro un sonno eterno, che li preservò ricercare una via intermedia fra la rap-
all’invecchiamento e dalla morte. presentazione naturalistica di un corpo
umano, colto nel pieno del suo svilup-
DESCRIZIONE po, e la stilizzazione delle singole parti
Polimede scolpì i due koùroi immagi- anatomiche. Certamente, all’inizio del VI
nando per essi una visione rigorosa- secolo a.C. mancavano agli scultori greci
mente frontale, anche se poi completò sia l’abilità tecnica sia, forse, anche l’in-
le statue in ogni loro parte. I gemelli, teresse a riprodurre fedelmente il fisico
completamente nudi, presentano un di un uomo. L’influenza della statuaria
fisico possente. Le teste sono piutto- egizia era ancora molto forte e spingeva a
sto grandi rispetto al resto del corpo. rappresentare alcuni muscoli per mezzo
I volti, squadrati, schiacciati e dotati di semplici moduli decorativi. Tuttavia,
di grandi orecchie, presentano fronte Cleobi e Bitone ci appaiono comunque
bassa e arcate sopraccigliari pronun- dotati di un corpo pronto all’azione e ri-
ciate. Gli occhi a mandorla, spalancati cordano due atleti che attendono il via
e fissi in un punto all’infinito, richia- per iniziare una corsa, cosa che non si
mano con evidenza la statuaria egizia, riscontra mai in una qualunque delle
così come, d’altro canto, l’immancabile immagini dei faraoni egizi. Non a caso.

72 2_ La Grecia

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ONLINE
ANALISI GRAFICHE
• Cleobi e Bitone

2.41
Polimede di Argo, Cleobi e
Bitone, 585 a.C. ca. Marmo
pario, altezza 2,16 m. Delfi,
Museo Archeologico.

2.40
Polimede di Argo, Cleobi e
Bitone, particolare. Elaborazione
grafica.

2_3_Le prime grandi statue greche 73

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 73 18/01/21 15:08


2.3.3
Le kòrai
  IMMAGINI FEMMINILI
Le kòrai sono il corrispondente femminile dei
koùroi e rappresentano giovani donne che han-
no appena superato la fase della fanciullezza. Gli
abiti più comuni, fra quelli indossati dalle kòrai,
sono il chitone (una lunga tunica che lascia sco-
perti solo i piedi) abbinato a un semplice mantel-
lo (l’himàtion) oppure il peplo (un’altra tipica ve-
ste femminile dell’antica Grecia). Anch’esse sono
raffigurate secondo regole artistiche ben precise.
Sono erette, in posizione rigida, con i piedi uni-
ti (a differenza dei koùroi che avevano la gamba
sinistra avanzata), il braccio destro lungo il fian-
co e il sinistro piegato o sul petto oppure verso
l’osservatore. In genere, nella mano sinistra tene-
vano un piccolo oggetto o un frutto. Molte kòrai
raffigurano infatti delle portatrici di offerte e sono
sculture votive; altre, invece, rappresentano delle
divinità. Tuttavia, non è sempre facile riconosce-
re l’identità di queste misteriose signore arcaiche.

  LA KÒRE DI SAMO


È il caso della celebre Kòre di Samo [fig. 2.42],
scolpita intorno al 600 a.C. e oggi conservata al
Louvre. La statua proviene infatti dal Santua-
rio di Hera, nell’isola di Samo (nel Mar Egeo) e
doveva trovarsi assieme a un’altra kòre gemel-
la (scoperta recentemente dagli archeologi) su
LE PAROLE di un grande basamento. Il capolavoro, pur-
chitone troppo acefalo (cioè privo della testa), presenta
Abito fem- la posa consueta delle kòrai: le gambe dritte
minile gre-
co indossato con i piedi uniti, il braccio destro teso lungo il
dalle don- fianco a reggere un lembo del corto mantello;
ne in alterna-
tiva al peplo. la mano sinistra, andata perduta, era raccolta
Era una sor-
ta di tunica al petto in atto di preghiera. Indossa un chi-
di stoffa leg- tone fittamente increspato di sottili piegoline
gera, lunga o
corta, di soli- verticali, appena svasato alla base, che lascia
to accompa- fuoriuscire le dita dei piedi. La parte inferiore
gnata da un
mantello a del corpo assume così la forma di un cilindro
sua volta lun-
go (himàtion) sul quale s’innesta il busto, coperto dal man-
o corto (clàmide). tello squadrato.
peplo
Abito femmi- Nonostante i molti studi che le sono stati dedi-
nile dell’antica cati, l’opera presenta ancora qualche problema
Grecia indos-
sato normal- d’interpretazione. Secondo alcuni autori, infatti,
mente dalle si tratterebbe di una scultura votiva donata al
donne prima
del 500 a.C. santuario da un fedele, in segno di ringrazia-
Era formato
da un grande mento (in questo caso avrebbe avuto nella mano
panno di la- sinistra una melagrana, attributo di Era nonché
na fissato al
fianco da una simbolo di abbondanza e prosperità); altri non
cintura e sul- escludono, invece, che sia un simulacro della
le spalle da
grandi spille. stessa dea.

74 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 74 18/01/21 15:08


  L’ARTEMIDE DELL’ACROPOLI
Una delle più belle kòrai di età arcaica è l’Ar-
temide dell’Acropoli [fig. 2.44], ritrovata nella
colmata persiana dell’Acropoli di Atene. Que-
sta severa figura femminile appare abbigliata
con una veste lunga fino ai piedi, legata da una
cintura, con una mantellina a coprire il busto.
La veste, così lineare e severa, è stata frettolo-
samente identificata come un peplo dalla totali-
tà degli studiosi. Per questo motivo, la scultura
fu inizialmente battezzata Kòre col peplo, nome
con il quale era conosciuta fino a pochi anni fa.
La statua era un tempo tutta dipinta [fig. 2.43]
e mostra ancora le deboli tracce dei suoi colo-
ri originali. Nel 2004, accurate analisi chimico-
fisiche hanno consentito di ricostruire il disegno
originale della veste, decorato con figure di ani-
mali selvatici, e spinto gli studiosi a identificare
questa kòre con Artemide, dea della caccia. La
dea portava sul capo una corona di metallo ra-
diata, cioè a raggiera: sulla capigliatura ci sono
ancora i resti delle piccole verghe di bronzo. Al
collo aveva probabilmente una collana. Due fori
sulle spalle indicherebbero la presenza di spille
metalliche che ornavano la mantellina. Anche i
lobi delle orecchie sono forati, per l’applicazione
di due orecchini. La mano del braccio destro ab-
bassato stringeva qualcosa di metallico, come ci
indica la presenza di un foro di trapano che reca
tracce di ossidazione. Trattandosi di una Arte-
mide, è legittimo pensare a una freccia. Così,
l’avambraccio sinistro proteso teneva probabil-
mente un arco.

GUIDA ALLO STUDIO

1 Che cosa sono le


kòrai e che cosa
rappresentano?
2 Qual è la tipica posizione
della kòre?

2.42
Kòre di Samo, 570 a.C. Marmo,
altezza 1,92 m. Parigi, Musée du
Louvre.
2.43
Ricostruzione della policromia
originaria dell’Artemide
dell’Acropoli.
2.44
Maestro del Cavaliere Rampin,
Artemide dell’Acropoli (già Kòre
col peplo), 540-535 a.C. Marmo,
altezza 1,20m. Atene, Museo
dell’Acropoli.

2_3_Le prime grandi statue greche 75

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 75 18/01/21 15:08


mi decorativi posti dai frontoni richiese l’im-
2.3.4 pegno di alcune generazioni di artisti. Gli scul-
Le decorazioni tori del primo arcaismo affrontarono la difficoltà

arcaiche dei templi facendo semplicemente digradare le dimensioni


dei personaggi in funzione dello spazio a loro di-
LE PAROLE
  LE PRIME DECORAZIONI sposizione, senza curarsi di rispettare la coeren-
digradare Il tempio greco, pur nella sua sostanziale sem- za proporzionale dell’insieme. In questo modo, la
Diminuire progressivamente.
plicità, appariva tutt’altro che spoglio. Era, infat- figura centrale era sempre più grande, mentre le
coerenza proporzionale
ti, vivacemente colorato e presentava una ricca altre risultavano progressivamente più piccole.
In un’opera artistica, si par-
la di coerenza proporzionale decorazione scultorea: le statue a tutto tondo
quando diverse figure pre- Il Tempio di Artemide a Corfù [fig. 2.46], risa-
sentano le corrette propor- del tetto (gli acroteri) e della cella, i bassorilievi
lente all’incirca al 600 a.C., è il primo giunto sino
zioni, una rispetto all’altra, delle metope doriche o del fregio continuo ionico
oppure quando una singola a noi con decorazioni in pietra. Il suo frontone
figura mostra proporzioni ri- e soprattutto le grandi sculture che ornavano i
conducibili a quelle reali. A principale è dominato al centro dall’immagine
due frontoni.
volte la coerenza proporzio- della gòrgone Medusa [fig. 2.45], un terribile mo-
nale viene deliberatamente
ignorata, per esempio quando Come si può facilmente intuire, lo spazio trian- stro femminile dagli occhi fiammeggianti, i denti
le proporzioni dei personaggi golare del frontone mal si prestava ad accogliere lunghissimi, il capo anguicrinito (cioè con ser-
seguono criteri gerarchici (co-
me nell’arte egizia). scene figurate e difatti la risoluzione dei proble- penti al posto dei capelli), capace di tramutare

2.45
Frontone orientale del Tempio di
Artemide a Corfù, 600-590 a.C.,
altezza 3,15 m. Corfù, Museo
Archeologico.
2.46
Ricostruzione della facciata
del Tempo di Artemide
a Corfù, 600-590 a.C.

76 2_ La Grecia

Nifosi_Arte_svelata1_P2_03.indd 76 18/01/21 15:08


in pietra chiunque incrociasse il suo sguardo. La tazione di mostri semiumani dal corpo di pesce
figura mitologica, alta quasi 3 m, è qui rappre- o di serpente, le cui spire ben si adattavano alle
sentata frontalmente, secondo un tipico schema porzioni laterali dello spazio triangolare.
arcaico, con le ginocchia piegate nella cosiddetta
“corsa inginocchiata”, una posizione convenzio-   I FRONTONI DI EGINA
nale utilizzata dagli artisti greci del VII e VI seco- Il Tempio di Athena Aphaia nell’isola di Egina,
lo a.C. per rappresentare una figura umana colta costruito tra il 500 e il 480 a.C., fu il primo ad
nell’atto del correre. accogliere temi unitari nei suoi frontoni e a raf-
La Medusa è affiancata dai figli e da due leoni figurare i personaggi in modo da riempire anche
accovacciati, mentre alle estremità del frontone gli angoli, senza per questo alterare le propor-
compaiono due scene che non hanno riferimen- zioni delle figure. Il frontone occidentale [fig.
to con il suo mito: Zeus che colpisce un gigante 2.48], più antico (500-490 a.C.), ricorda gli eventi
e l’Uccisione di Priamo, re di Troia. Gli angoli, cantati dall’Iliade di Omero e raffigura gli Achei
infine, erano occupati da due piccole figure supi- guidati da Aiace contro il re troiano Priamo. Il
ne. Nel frontone orientale [fig. 2.47] dell’antico frontone orientale (490-480 a.C.), più recente,
Tempio di Athena ad Atene (560-550 a.C.), narra la mitica impresa condotta da Eracle e dal
invece, il problema fu risolto con la rappresen- principe Telamone contro Laomedonte. In en-

2.47
Frontone orientale del Tempio di
Athena ad Atene, 560-550 a.C.,
altezza 70,5 cm. Atene, Museo
dell’Acropoli.
2.48
Ricostruzione del frontone
occidentale del Tempio di Athena
Aphaia a Egina [tavola da A.
Blouet e P.F. Trezel, L’Expédition
scientifique de Morée, 1831].

2_3_Le prime grandi statue greche 77

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trambi i frontoni, nello spazio centrale, è raffigu- re il sorriso arcaico, reso stilisticamente “inutile” LE PAROLE
rata Atena in posizione eretta, armata di lancia e dalla nuova resa plastica dei volti [fig. 2.51]. Pro- scala unica
di scudo, arbitro del destino dei combattenti. In- prio questo abbandono del sorriso arcaico segna, La rappresentazione in scala
stabilisce un preciso rapporto
torno alla sua figura, isolata nella propria divini- per convenzione, il passaggio dall’arcaismo alla tra la dimensione di una figu-
tà, infuriano diversi momenti delle battaglie. Le successiva età classica. ra rappresentata e la dimen-
sione reale di quella stessa
sculture, tutte realizzate in scala unica, a gran- figura. In una scena, si par-
dezza naturale e vivacemente colorate, si relazio- la di scala unica quando tutte
le figure presentano la mede-
navano fra di loro in un quadro tendenzialmente sima scala di rappresentazio-
GUIDA ALLO STUDIO ne rispetto alla realtà.
unitario, perché il tema scelto, quello della guer-
ra, consentiva l’adozione di molte posizioni nelle 1 Quali erano i principali problemi presentati dalla
decorazione dei frontoni?
quali raffigurare i personaggi (in piedi, inginoc- 2 Come avevano affrontato questi problemi gli scultori del
chiate, sdraiate), che permettevano di sfruttare primo arcaismo?
3 Quale soluzione offre il Tempio di Athena Aphaia al
bene lo spazio a disposizione [figg. 2.49-50]. problema della decorazione frontonale?
4 Quali sono i soggetti rappresentati dalle sculture dei due
Nelle statue del frontone orientale del Tempio di frontoni?
5 Perché le sculture del Tempio di Athena Aphaia segnano la
Athena Aphaia, forse per la prima volta, scompa- fine dell’età arcaica?

2.49
Arciere inginocchiato (Paride), dal
frontone occidentale del Tempio
di Athena Aphaia a Egina, 500-
490 a.C. Marmo pario, altezza
1,04 m. Monaco di Baviera,
Glyptothek.
2.50
Ricostruzione della policromia
dell’Arciere inginocchiato
(Paride), dal frontone occidentale
del Tempio di Athena Aphaia a
Egina.

2.51
Guerriero morente, dal frontone
orientale del Tempio di Athena
Aphaia a Egina, 490-480 a.C.
Marmo pario, altezza 64 cm.
Monaco di Baviera, Glyptothek.

78 2_ La Grecia

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ESPANSIONI ARTE
VERSO L’ESAME DI STATO IERI OGGI

8. Con le ali verso la vittoria.


Il mito della Nike fra arte, cinema
e scarpe da ginnastica
La Vittoria arriva sempre insieme ad un
paio d’ali... [fig. 2.150]. E infatti la Nike
2.148
(che si pronuncia come si legge e che i
Nike di Delo, 550 a.C. ca. Marmo
Romani chiamarono Vittoria) è la dea pario, altezza 90 cm. Atene,
Museo Archeologico Nazionale.
alata che porta la vittoria: un soggetto
antichissimo e molto ricorrente nella
storia dell’arte già dalla Grecia arcaica
[figg. 2.147-148 e 2.151]. È l’immagine di un
momento felice, un momento da ricor­
dare. Per questo ha avuto una grandis­
sima fortuna come soggetto artistico –
con poche varianti – in tutta la storia
dell’arte occidentale: nella scultura,
nella pittura vascolare, sulle monete,
nei bassorilievi.
La rapidità in volo la caratterizza già
dalle prime raffigurazioni di età arcai­
ca: il cosiddetto “schema della corsa 2.147 
in ginocchio” [fig. 2.148] vuole esprime­ Nike si appresta a compiere
una libagione su un altare, 490
re l’azione, lo scatto in avanti proprio a.C., particolare di una lèkythos.
della velocità. Un tratto che accom­ Cambridge (Usa), Harvard Art
Museums. 2.149 
pagnerà sempre la Nike, fino all’età Umberto Boccioni, Forme uniche
contemporanea, rappresentata in aria della continuità nello spazio, 1913,
visione laterale. Bronzo, altezza
o sospesa in assetto precario, quasi 1,12 m. Milano, CIMAC.
sull’orlo del volo che sta per spiccare.

2.150  2.152 
La campionessa francese di fioretto femminile, Ysaora 2.151  Friedrich Drake, La dea Vittoria, 2.153 
Thibus, esulta per la sua vittoria nella Coppa del Mondo di Nike di Peonio, V sec. a.C. Marmo. 1873, particolare della Colonna della Carmelo Mendola, Nike. Giardini Naxos
Algeri, gennaio 2017. Olimpia, Museo Archeologico. Vittoria. Bronzo. Berlino. (Messina).

130 2_ La Grecia

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La leggereza è resa dalle lunghe vesti
svolazzanti che rendono il corpo della
stessa consistenza dell’aria e tradu­
cono i vorticosi movimenti del vento,
gonfiandosi come vele o avvolgendosi al
corpo femminile [figg. 2.151-153].
Velocità e senso del movimento, nel
rapporto fra il corpo e lo spazio, sono
il cuore della riflessione artistica del
Futurismo, movimento artistico e cul­
turale sviluppatosi in Italia all’inizio del
XX secolo. In Forme uniche della con-
tinuità nello spazio [fig. 2.149], dell’ar­
tista Umberto Boccioni (1882-1916),
un uomo sfida il vento camminandogli
contro, avvolto in un abito svolazzante;
il poeta Filippo Marinetti (1876-1944)
nel suo Manifesto del Futurismo (1909)
“urla” che un’automobile ruggente è
più bella della Vittoria di Samotracia...
confermando così un dialogo costante
con l’icona della velocità per eccellenza.
Anche nel mondo del cinema velocità,
leggerezza e senso di libertà conti­ 2.154 
nuano a essere associati alla Nike, un Audrey Hepburn nel film
corpo femminile che si libra nell’aria con Cenerentola a Parigi (1957) di
Stanley Donen.
le braccia spalancate [figg. 2.154-155]. E la
2.155 
dea della Vittoria non poteva non col­ Kate Winslet e Leonardo DiCaprio
pire, ovviamente, l’immaginario sporti­ nel film Titanic (1997) di James
Cameron.
vo contemporaneo. Un giorno del 1969,
una giovane studentessa d’arte dell’uni­
versità di Portland, per 35 dollari, dise­
gna per una società che produce scar­
pe da ginnastica un “baffo” (lo swoosh
[fig. 2.156]) per catturare la più celebre
Nike, quella di Samotracia [fig. 2.136 p.
125], in un semplicissimo logo. Su quel
“baffo”, che ricalca il profilo dell’ala del­
la Nike, uno dei marchi oggi più noti al
mondo ha fondato i suoi valori di velo­
cità, passione, libertà, assenza di limi­
ti, segnando la propria “vittoria” (anche
linguistica, visto che ormai in tutto il
mondo ha prevalso la pronuncia ameri­
2.156 
cana che tutti conosciamo). Logo del marchio sportivo Nike.

Espansioni verso l’Esame di Stato 131

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ESPANSIONI ARTE
VERSO L’ESAME DI STATO IERI OGGI

9. Dagli eroi mitici ai mitici supereroi: e in particolare i fumetti dei supereroi


[figg. 2.157-159], che di recente hanno ri­
bello è ancora uguale a buono trovato, come genere, grande successo
soprattutto grazie ai videogiochi e a un
I volti degli atleti e degli eroi, nelle scul­ se non si è anche equilibrati, intelligen­
certo cinema (anche di animazione), che
ture e nei dipinti dell’antica Grecia, pre­ ti e razionali. Questa corrispondenza,
sentano un’espressione pacata, medi­ elaborata nel mondo classico, tra bello trae dalle strisce gli spunti per sceneg­
tativa, un po’ sospesa. In essi cogliamo e buono, può essere letta in modo ambi­ giare film fantasy e di fantascienza. I
una precisa corrispondenza fra equi­ valente: se ciò che è bello è anche buono supereroi, comparsi a partire dagli anni
librio esteriore ed equilibrio interiore: ne consegue, infatti, che ciò che è buo­ Trenta del XX secolo, sono uomini su­
anzi, il primo parrebbe risultare come no dev’essere necessariamente bello. periori o superuomini (sorta di semidei),
un riflesso del secondo. Passioni ed Ora, sebbene l’esperienza ci insegni che alcuni dotati di straordinari poteri fisici
emozioni sono assolutamente control­ tale affermazione, nella vita reale, non e straordinaria intelligenza, altri di equi­
late, questi campioni, questi guerrieri corrisponde obbligatoriamente al vero, paggiamenti dalle sofisticatissime tec­
sono del tutto padroni di sé. È come se resta il fatto che nell’immaginario collet­ nologie, che con coraggio, spirito di sa­
il risultato estetico corrispondesse alla tivo l’eroe, per definizione, è bello. E, di crificio e abnegazione, assoluto sprezzo
piena espressione di un valore morale. conseguenza, il “cattivo” è anche brutto. del pericolo, combattono il male in tutte
Policleto, il grande scultore greco del La bellezza fisica dell’eroe rende le sue forme. I supereroi sono dunque
V secolo a.C., affermò che «il buono si manifeste le sue virtù morali; allo
l’incarnazione contemporanea dei mitici
raggiunge poco a poco attraverso molti stesso modo, la mostruosità dell’an­
eroi greci e come questi si presentano,
numeri». Siccome si riferiva alla bellezza tagonista negativo visualizza la sua
di norma, eccezionalmente belli, dotati
ideale, ottenuta attraverso le proporzio­ turpitudine. Tutta la cultura occiden­
di fisici poderosi e armoniosi (perché
ni, ma utilizzando il termine “buono”, tale, visiva e letteraria, è rimasta pro­
è chiaro che per lui la bellezza si iden­ fondamente debitrice della particolare di origine divina o extraterrestre o per­
tificava con la bontà. Bellezza e bontà, concezione greca della bellezza. Sono ché sottoposti a misteriose sperimen­
insomma, nella cultura classica proce­ innumerevoli gli esempi che potrebbe­ tazioni o semplicemente perché forgiati
dono insieme. È la kalokagathìa, uno ro essere portati a sostegno di tale ri­ da intensivi allenamenti). Infatti, come
dei concetti alla base del pensiero elleni­ flessione. Consideriamo solo il mondo Achille, Ettore, Patroclo, Ercole, sono
co che coinvolge etica ed estetica: un dei fumetti, un genere letterario molto dotati di una bellezza atletica o eroica,
po’ come dire che a poco vale essere belli popolare che affianca immagini al testo, capace di esprimere forza e potenza.

2.157  2.158  2.159 


Superman. Capitan America. Batman.

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ESPANSIONI OLTRE
VERSO L’ESAME DI STATO L’IMMAGINE

10. Il concetto di bello nella Grecia (immobili e apparentemente immutabili)


opposero alla transitorietà del divenire
dell’età arcaica, tra natura e idea il fermo-immagine della loro perfezione.
Nella figura del koùros [fig. 2.161], per L’arte greca fu insomma segnata dalla
2.160 
tutta l’età arcaica, i tratti dell’umano tensione tra due poli opposti: da una
Aristodico, 500 a.C.
e quelli del divino si confusero l’uno ca. Marmo, altezza parte l’apparenza delle cose e dall’al­
1,95 m. Atene, Museo tra la loro essenza, o idea. Così, la “per­
nell’altro. E, tuttavia, nei vigorosi corpi Archeologico Nazionale.
di quei giovani eroi gli artisti greci volle­ fezione ideale” dell’arte classica nacque
ro definire la plastica armonia del fisico dall’assoluta volontà di coniugare idea e
atletico in maniera ben più naturali­ apparenza, assoluto e relativo, essenziali­
stica di quanto era accaduto nel mon­ tà e transitorietà.
do egizio, dove assai poco si concedeva Vi è poi un secondo aspetto dell’estetica
alle esigenze della vista, subordinata greca arcaica che merita di essere eviden­
a canoni stabiliti in maniera del tutto ziato: la piena identità del “bello” con il
astratta. Un traguardo importante di “vero” e con il “buono”, già presente nelle
tale ricerca greca si raggiunse nella figu­ immagini dei koùroi. Narra Esiodo che le
ra di Aristodico [fig. 2.160], un giovane Muse cantavano: chi è bello è caro, chi
aristocratico, raffigurato in una statua non è bello non è caro. E l’oracolo di Delfi
intorno al 500 a.C. Pur appartenendo sentenziò: il più giusto è il più bello, ri­
ancora al tipo dei koùroi arcaici, di cui spondendo a chi gli chiedeva cos’è la bel­
condivide sostanzialmente impostazio­ lezza. Anche Omero, d’altro canto, aveva
ne e posa, esso presenta un modellato affermato questo ideale della cosiddetta
già sicuro nella raffigurazione di un gio- kalokagathìa, ossia l’identificazione di
vane corpo nudo, vibrante di energia, ‘bellezza e bontà’, dai termini greci kalòs,
dall’anatomia consapevole, dai trapassi ‘bello’, e agathòs, ‘buono’. Kalòs può es­
chiaroscurali credibili. I dettagli, a parte sere inteso come “ciò che suscita ammi­
qualche schematismo relativo alla ca­ razione” perché, nell’equilibrio delle sue
pigliatura e ai peli del pube, mostrano virtù, l’eroe greco “non manca di nulla”
una volontà di verosimiglianza esplicita. e si trasfigura in un’icona
Anche le braccia appaiono lievemen- di integrità. E proprio in
te protese in avanti, ed è una novità aspirò a “imitare” la natura è tuttavia ine­ tale senso di compiutezza
davvero importante, poiché per millenni satta, o quanto meno incompleta. Il natu­ è insito l’ideale greco del­
gli artisti non avevano mai staccato le ralismo greco, difatti, fu sempre control­ la bellezza.
braccia dai fianchi, né osato abbando­ lato da una volontà di tipo razionale
nare la tradizionale posizione rigida. che, almeno fino al III secolo a.C., gli im­
È, insomma, assai evidente che le ricer­ pedì di tradursi in una qualche forma di
che artistiche condotte dai Greci nell’ar­ marcato realismo. Secondo i Greci, la na­
co di almeno duecento anni furono fi­ tura era solo il punto di partenza: essendo
nalizzate proprio alla conquista di tale imperfetta, essa doveva essere corretta e
naturalismo, nel tentativo di istituire un idealizzata, alla luce di concetti superiori
nuovo rapporto tra l’arte e la realtà e squisitamente razionali. Si potrebbe af­
che l’arte stessa intende rappresentare, fermare, certo semplificando molto il pro­
secondo un principio noto come mimesi blema, che l’artista greco creò le proprie
(che si può pronunciare sia mìmesi, alla immagini, sin dall’età arcaica, cercando
greca, sia mimèsi, alla latina), o imita­ di tener presenti due mondi ben distinti:
zione. In questo, ribadiamolo, la cultura quello mutevole e immediatamente perce­
greca si distaccò nettamente da tutta la pibile dai sensi, ovvero il mondo vero in
tradizione artistica orientale e mediterra­ cui viviamo, e quello dei princìpi eterni 2.161 
nea, che invece puntò sempre alla stiliz­ che governano la realtà sensibile: invisi­ Apollo Milani, 540-530
zazione delle immagini. bili ma che possiamo intuire grazie all’in­ a.C. Marmo, altezza
1,39 m. Firenze, Museo
La semplice affermazione che l’arte greca telligenza. E infatti, per secoli, i koùroi Archeologico.

Espansioni verso l’Esame di Stato 133

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ESPANSIONI OLTRE
VERSO L’ESAME DI STATO L’IMMAGINE

11. Da Mirone e Policleto a Platone: i cavalli di cui facciamo esperienza sensi­


bile (che vediamo correre, che tocchiamo
il Bello come strumento per raggiungere sul muso, ecc.) per Platone non sono al­
il Bene e il Vero tro che la copia imperfetta di un modello
ideale (perfetto) di cavallo che vive nell’I­
Furono diversi gli scultori greci che, tra si trova insito in Natura; ma il bello na­ peruranio.
la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C., turale non è bello in sé, giacché imperfet­ Potrebbe dunque sorgere una domanda
produssero prototipi di figure d’atleta to. La bellezza assoluta risiede altrove e legittima: questo mondo perfetto è ac­
destinate a grande fortuna. Tra questi, compito dell’artista è quello di ricrearla. cessibile all’uomo? Sembrerebbe di sì. In
Naukydes [fig. 2.81 p. 94 e fig. 2.162], uno dei Questa concezione estetica risentiva che maniera? Platone rispose: attraverso
più valenti discepoli di Policleto, e Dedalo profondamente della posizione di alcu­
da Sicione, autore di diverse statue di at­ ni importanti filosofi greci di quel perio­
leti tra cui, forse, l’originale bronzeo di un do. Primo fra tutti, l’ateniese Platone
Apoxyòmenos, ossia di un atleta che si (428/427-348/347 a.C.). Nel periodo
sta pulendo. Il modello di questa scultura maturo del suo pensiero, egli introdus­
venne probabilmente elaborato nella bot­ se un modo di guardare la realtà che
tega di Policleto nella seconda metà del V avrebbe rivoluzionato e caratterizzato
secolo a.C. e fu destinato a grande fortu­ la tradizione filosofica futura. Il filosofo
na. Lo dimostrano alcune rarissime copie ateniese riteneva che ciò che appare ai
o varianti in bronzo di età antica, tra cui nostri sensi non corrisponde all’essenza
l’Apoxyòmenos di Efeso, oggi a Vienna, intima della realtà. Per questo distinse
e l’Apoxyòmenos di Lussino [fig. 2.163], il mondo sensibile dal mondo delle Idee.
magnificamente conservato e databile al Le Idee (dal greco èidos, ‘forma’, ‘idea’)
I secolo a.C. La statua è stata rinvenuta sono entità puramente intelligibili, eter­
presso le coste della Croazia nel 1996 ed ne e immutabili che si trovano al di là del
è oggi conservata a Lussinpiccolo, nell’i­ mondo concreto, in una regione sovrace­
sola di Lussino. leste detta Iperuranio. Platone concepì
Il giovane atleta, dalla poderosa musco­ l’esistenza di Idee per qualunque cosa,
latura, è ritratto nell’atto di pulirsi una comprese le specie naturali, indipenden­
coscia, imbrattata di olio, polvere e su­ ti rispetto agli oggetti sensibili. Il mondo
dore, con un raschietto di metallo, det­ sensibile o corporeo, ossia il livello di
to strìgile (oggi perduto), dopo una gara realtà nel quale gli uomini vivono, sog­
o l’allenamento. Oppure sta pulendo lo getto a corruzione e a mutamento, è la
strumento dalla mistura che ha appena riproduzione materiale della realtà au­
tolto dalla propria pelle. Il corpo è pon­ tentica, quella dell’Iperuranio, che invece
derato, con il peso sostenuto dalla gam­ è puramente intelligibile e dunque com­
ba destra, ma il leggero sbilanciamento prensibile solamente attraverso il pensie­
del busto verso la parte dell’arto scarico ro. Secondo Platone (vedi il dialogo pla­
e l’inclinazione della testa verso il basso tonico intitolato Timeo), un Demiurgo
conferiscono alla sua posa una partico­ fu l’artefice divino che plasmò il mondo
lare, elastica scioltezza. Non è facile sta­ materiale, prendendo a modello le Idee
bilire se questo modello di Apoxyòmenos dell’Iperuranio. Quindi, ad esempio, tutti
sia un’invenzione originale di Dedalo o
piuttosto la sua personale rielaborazione
2.162 
di una precedente idea di Policleto. Ma Discoforo, copia romana in marmo da un originale di
poco importa. Esso comunque testimo­ Naukydes, variante di un modello di Policleto del 460
a.C. Altezza 118 cm. Roma, Musei Capitolini, Centrale
nia di quanto sia stata profondamente Montemartini.
radicata, nella Grecia del V secolo a.C., 2.163 
una certa idea di bellezza, basata es­ Apoxyòmenos di Lussino, copia o variante in bronzo di un
senzialmente sul naturalismo idealiz- originale del tardo V sec. attribuito a Dedalo da Sicione.
I sec. a.C. Altezza 1,92 m. Lussinpiccolo (Croazia), Museo
zato. Il Bello, per i Greci, è qualcosa che dell’Apoxyòmenos.

134 2_ La Grecia

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l’anima. Ogni uomo è dotato di anima, re per il Bello: l’Amore (in greco èros) quanto la sua opera rimanga comunque
principio immortale e incorporeo del­ spinge infatti l’anima verso ciò che è imperfetta. L’artista, dunque, si allonta­
la vita, costretta a vivere nell’involucro bello, e la bellezza trascina, a sua volta, na molto più dell’artigiano dalla verità.
materiale e mortale del corpo, concepito verso il regno delle Idee, che poi è quello E se già è difficile cogliere la verità par­
come sua prigione e zavorra. Come il fi­ della verità, dell’armonia, della misura tendo dalla realtà, ancor di più è arduo
losofo spiega nei suoi dialoghi Simposio e della proporzione. Inoltre, il filosofo pervenire al Vero partendo dall’imitazio­
e Fedro, opere cardine della cosiddetta identifica tre gradi di bellezza: quella ne della realtà.
“teoria dell’anima di Platone”, l’anima di un singolo corpo; la bellezza corpo­ È bene considerare che, nel formulare
aspira all’Idea del Bene anche nel rea in generale; infine la bellezza in sé, questo giudizio, Platone era mosso da
corso della vita terrena, grazie all’amo- la quale è perfetta, eterna e immutabi­ intenti prettamente filosofici, e non
le. Essa ha un’esistenza autonoma e ri­ estetici; non escludiamo, infatti, che egli
splende ovunque, senza essere vincolata apprezzasse, come noi, la bellezza di un’o­
a un qualche oggetto sensibile. pera d’arte. Per il filosofo, il contenuto
Per questo, l’uomo deve imparare ad al­ prevaleva sempre sulla sua manifestazio­
lontanarsi, per gradi successivi, dall’ap­ ne e dunque, secondo lui, l’arte non era
parenza ingannatrice del mondo reale, il uno strumento educativo adeguato alla
quale è solo la copia sbiadita della per­ creazione dello “Stato” perfetto. La sua
fezione: egli deve prima riconoscere che condanna dell’arte non è, insomma, così
un corpo è bello, e, attraverso questo, assoluta. E, d’altro canto, egli fece espli­
concepire la bellezza della corporeità in cito riferimento all’arte puramente mime­
genere; in terzo luogo egli deve cogliere, tica e parve concentrarsi soprattutto sul
progressivamente, la bellezza dell’anima, lavoro dei pittori, che attraverso l’uso del­
delle istituzioni, delle leggi, delle scienze, lo scorcio, ossia della prospettiva, non ri­
per giungere, infine, alla contemplazio­ spettavano l’esattezza oggettiva delle bel­
ne del Bello in sé, approdando così alla le forme. Invece gli scultori greci, almeno
Verità e al Sommo Bene. sino al III secolo a.C., rifuggirono dalla
L’arte greca, e da questa buona parte visione soggettiva delle cose e, soprattut­
dell’arte occidentale sviluppatasi in ol­ to, non riprodussero mai fedelmente gli
tre 2500 anni, ha fatto della celebrazio­ elementi naturali, non così come appa­
ne della bellezza il suo fine prioritario. rivano ai loro occhi. Al contrario, essi li
Eppure, per quanto possa oggi a noi idealizzarono, rendendo perfetto ciò che
apparire paradossale, Platone (nel li­ in natura perfetto non è. “Idealizzare”
bro X della sua Repubblica) pronunciò vuol dire, appunto, rappresentare una fi­
un’esplicita condanna dell’arte del gura in modo da avvicinarla a un tipo di
proprio tempo. Egli, infatti, non collegò perfezione ideale. Il Discobolo di Mirone,
la tematica della bellezza in sé a quella il Doriforo di Policleto, il Discoforo di
prettamente artistica. Secondo il filoso­ Naucide non ripropongono le immagini
fo, l’arte, e in particolare quella figurati­ di veri atleti, con una loro identità, nomi,
va, è il frutto di un processo di semplice caratteri, storie personali, difetti: tali ope­
imitazione del mondo sensibile, il qua­ re, grazie all’applicazione di un kanon e
le costituisce il gradino più basso della alle loro forme statiche, rimandano ad
realtà. Essa è copia di una copia. Ne una sola Idea di atleta, perfetto e, in
consegue che l’ammirazione per l’arte, quanto tale, emblematica espressione di
dal punto di vista conoscitivo, porta ad bellezza. Per questo, le sculture greche
allontanarsi dalla realtà vera delle cose, sono più prossime al mondo delle Idee
ossia dal mondo delle Idee. Egli propose platoniche eterne che non al mondo reale
questo esempio: un pittore che dipinge in cui agivano i veri atleti, che per tali sta­
un letto restituisce solo la parvenza del tue fecero solo da modelli di riferimento e
letto medesimo; un artigiano che lo fab­ che vissero la propria vita nella fatica, nel
brica cerca quanto meno di riprodurre dolore e nel sudore, e infine invecchiando
l’Idea di letto attraverso la materia, per e morendo come tutti.

Espansioni verso l’Esame di Stato 135

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ESPANSIONI OLTRE
VERSO L’ESAME DI STATO L’IMMAGINE

scrive eventi che potrebbero o possono


12. Da Prassitele ad Aristotele: verificarsi. Se Platone aveva condanna­
l’arte come mimesis del possibile to la poesia e, soprattutto, la tragedia
e la commedia, in quanto capaci solo
Verso il 360 a.C., fu commissionato a Nella sua Poetica, composta tra il 334 di esprimere emozioni che procurano
Prassitele, da una città dell’Asia Minore, e il 330 a.C., egli poi svincolò l’arte da danno alla parte razionale dell’anima,
l’Apollo Sauròktonos [fig. 2.164], ossia ogni considerazione pedagogica o etico- secondo Aristotele, al contrario, esse
‘che uccide la lucertola’. In quest’opera il politica. Sviluppò una teoria del Bello permettono una purificazione (catar­
dio, rappresentato come un adolescente, riconoscendolo tanto in Natura quanto si, dal verbo greco kathàiro, ‘purificare’)
è intento a uccidere il piccolo rettile che nell’arte (anche se egli faceva specifica­ dell’animo umano. Lo spettatore, assi­
si arrampica sul tronco di un albero, tra­ mente riferimento alle arti letterarie), stendo alla rappresentazione di passio­
figgendolo con una freccia. Apollo era il proponendo una definizione di bellezza ni vissute da altri, le prova in modo più
dio che liberava gli uomini dalle malattie; adattabile a entrambi i contesti. puro (giacché non le vive in prima per­
a lui i Greci si rivolgevano per allontanare Ogni cosa, secondo Aristotele, sia na­ sona) oppure arriva a liberarsene. Ciò
epidemie e contagi. La lucertola potrebbe turale sia artificiale, può essere bella se si può dire anche a proposito delle arti
essere la rappresentazione simboli- realizza il fine che le è proprio: portare figurative.
ca del male da debellare, e alluderebbe a compimento una forma. Nel caso
all’uccisione del serpente Pitone da par­ degli oggetti naturali (piante, anima­
te del dio. Questo il probabile significato li, uomini), questa forma è intrinseca
dell’opera. Notiamo che, pur avendo la all’oggetto stesso; nel caso delle ope­
gamba destra tesa, Apollo è fortemente re letterarie (e, per estensione, delle
sbilanciato a sinistra, dalla parte scarica, opere d’arte), essa è data dal poeta (o
tanto da doversi appoggiare con il gomito dall’artista). Possiamo dedurne che la
al tronco. È palese quanto l’inclinazio­ bellezza della rappresentazione artisti­
ne del corpo, accompagnata da quella ca è data dalla sua capacità di rappre­
dell’albero, superi la tradizionale ponde­ sentare qualcosa; e poiché mira prima
razione classica. Ma è un’altra la novità di tutto a produrre qualcosa di “bello”,
più dirompente che quest’opera propone: perseguendo uno scopo liberamen­
Prassitele, evitando di ricorrere a una te scelto dall’autore, le lettere e l’arte
gestualità accademica, studia gli atteg­ possono essere sottratte all’ingerenza
giamenti del dio trasformando il soggetto della pedagogia. Ne consegue che arte
religioso in una gustosa scena quoti- e poesia, per Aristotele, possono anche
diana. Con lo sguardo un po’ sadico di essere concepite come mimesi o imita­
adolescente crudele, e un corpo acerbo in zione, e che in tal caso non sarebbero
cui si fondono le forme della bellezza ma­ negative. Il poeta e, dunque, l’artista
schile e femminile, Apollo sta giocando, sono creativi, al pari della Natura; la
come non avrebbe mai fatto una divini­ loro attività non si limita a riprodurre
tà celebrata dalla statuaria del V secolo passivamente l’aspetto esteriore del­
a.C. L’arte greca stava insomma subendo la realtà. Essi ricreano la realtà, se-
un’importante trasformazione. condo la dimensione del possibile
In quegli stessi anni, il filosofo greco e del verosimile. Verosimile non vuol
Aristotele (384-322 a.C.), allievo di dire “fasullo”: indica ciò che potrebbe
Platone, formulò dei pensieri sull’arte veramente accadere in particolari con­
assai diversi, anzi quasi opposti rispet­ dizioni. A differenza dello storico, che
to a quelli elaborati dal suo maestro e racconta di fatti realmente accaduti, il
che all’opera di Prassitele, così come a poeta (e, per estensione, l’artista) de­
quella di Lisippo, appaiono molto più
affini. Già nel libro II del suo trattato
2.164 
sulla Fisica Aristotele aveva affermato Prassitele, Apollo Sauròktonos,
che «alcune cose che la natura non sa copia antica da un originale del
360 a.C. Marmo. Roma, Musei
fare l’arte le fa, altre invece le imita». Vaticani.

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ESPANSIONI FONTI E TESTIMONIANZE
VERSO L’ESAME DI STATO PER L’ARTE

13. Da Omero all’Epigrafe di Glaucìade: avvizzimenti, il rammollimento che l’età


reca ai mortali. È la legge del genere
il concetto greco di “bella morte” umano: si nasce, si cresce, si diven-
ta efebo, giovane uomo, uomo “fatto”,
Nell’antica Grecia, le tombe dei giovani non solo non è avversata ma addirittura
e poi, poco a poco, contrariamente a
caduti in battaglia erano spesso deco­ viene auspicata, giacché garantisce al
quanto accade agli dèi, ci si indebolisce,
rate con epigrafi, ossia iscrizioni sepol­ defunto la vera immortalità, che non è
deteriora, degrada, si diventa un vec-
crali commemorative del defunto, incise data dalla sopravvivenza dell’anima ma
chio stanco che sragiona e che presto
nel bronzo o nel marmo, non di rado in dal permanere del ricordo nella mente
morirà; ed è come se non avesse vis-
versi. Vi leggiamo talvolta la protesta e nel cuore dei posteri. E solo chi muo­
suto. Ma se uno muore al momento di
dei congiunti per una morte considera­ re bene, valorosamente, da eroe, merita
dimostrare chi è nel fiore della sua giovi-
ta ingiusta. Assai più spesso, però, tali una tale forma di immortalità. Lo spie­
nezza, la sua esistenza sfuggirà all’usura
iscrizioni avevano un carattere mar­ ga, magistralmente, lo storico francese
del tempo, alla mortalità ordinaria. [...]
catamente commemorativo (in questo Jean-Pierre Vernant (1914-2007), gran­
Come posso allora trovare il modo per
caso vengono dette, più propriamente, de esperto di mitologia greca:
attingere almeno un poco di quella sta-
“epitaffi”) e il loro scopo era, anche, di
Come c’è un onore eroico che non è l’o- bilità dell’esistenza che attribuisco agli
natura consolatoria. La scomparsa pre­
nore ordinario, c’è una morte eroica in dèi? Questa stabilità consiste nel fatto
matura del giovane eroe, infatti, indica­
battaglia che non è una morte ordinaria. che il mio nome, la mia esistenza sin-
va che una divinità aveva mostrato nei
Perché? Perché il giovane uomo nel fio- golare, quel che ho fatto, quel che sono
suoi confronti una maggiore predilezio­
re degli anni e della bellezza che cada stato, resteranno inscritti per sempre
ne, al punto di scegliere di sottrarlo alle
in battaglia non vedrà sul suo corpo gli nella memoria degli uomini in due modi.
ingiurie del tempo e della vecchiaia. È
ciò che esprime, per esempio, una ste­
le innalzata in Attica, tra la fine del V
e l’inizio del IV secolo, sulla tomba del
giovane Glaucìade:

I prodi li predilige Ares, li ama la lode, e la


gioventù non li consegna agli insulti della
vecchiaia. Uno di essi fu Glaucìade, che
difendendo la patria dai nemici giunse al
talamo di Persefone che tutti accoglie.

Ares, dio della guerra, predilige i prodi,


ossia i guerrieri più valorosi. Per que­
sto, egli impedisce loro di invecchia­
re, quindi di cadere in una condizione
vissuta come un insulto. Glaucìade,
che difese la patria dai nemici, fu pre­
miato con la morte e fu consegnato
a Persefone, moglie di Ade, dio degli
Inferi, che nel proprio talamo (nella
casa signorile greca, la sala dove si in­
trattiene la padrona) tutti accoglie.
La morte così concepita, nella cultura
e nella mentalità greca sin dalle origini
di questa civiltà, è comunemente chia­
mata “bella morte” o “morte eroica”, e

2.165 
Stele funeraria dell’ateniese Demokleides, IV sec. a.C.,
particolare. Atene, Museo Archeologico Nazionale.

Espansioni verso l’Esame di Stato 137

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ESPANSIONI FONTI E TESTIMONIANZE
VERSO L’ESAME DI STATO PER L’ARTE

In primo luogo i poeti nei loro canti ce- ta con simili parole di elogio, e quindi vita: una tranquilla, lunga e anonima
lebreranno quello che i Greci chiamano non sarebbe stato ricordato, certa­ da buon marito e buon padre di fami­
kléos àphthiton, una gloria cantata, impe- mente non in tale modo. Così parla glia (condizione cui sceglie di anda­
ritura [...]. Quindi, la memoria funebre: Ulisse ad Achille, dopo averlo incon­ re incontro proprio Ulisse, l’uomo del
una tomba sarà costruita con una stele trato nell’Ade: ritorno a casa, colui che combatte la
su cui il nome [...] e poche parole, tal- morte per riabbracciare la moglie ama­
volta un verso o due, saranno incisi. Di te, Achille, / nessun eroe, né prima, ta) e l’altra sacrificata alla battaglia che
né poi più felice: / prima da vivo t’onora- si conclude proprio con la kalòs thàna-
La morte, in altre parole, può essere vamo come gli dèi / noi Argivi, e ades- tos, la “bella morte”, l’impresa distinti­
vinta solo con la morte stessa. so tu signoreggi tra i morti, / quaggiù; va prima del nulla, prima dell’Ade, ma
Consideriamo Achille, protagonista perciò d’esser morto non t’affliggere, che consegna l’eroe all’immortalità. Nel
dell’Iliade di Omero ed eroe greco per Achille. (Odissea XI vv. 482-486) regno dei morti, dov’è disceso, Achille
antonomasia: se fosse morto di vec­ cessa di esistere; in quello dei vivi, che
chiaia, malato e decrepito nel suo let­ Proprio la vicenda di Achille esprime il a lui si susseguono generazione dopo
to, non sarebbe stato cantato dal poe­ dilemma tutto greco tra due forme di generazione, vivrà per sempre.

siddetto Minotauro, che fosse un uomo


14. Pausania: l’Acropoli di Atene oppure una bestia, come è considera-
to nella tradizione prevalente: infatti,
Pausania, detto anche “il Periegeta”, è tempio della Nike senz’ali2. Di qui si vede
anche ai nostri giorni è capitato che
stato un geografo e uno scrittore greco bene il mare e proprio da qui, secondo
le donne mettessero al mondo mostri
antico vissuto nel II secolo d.C. di cui la tradizione, Egeo3 si gettò, e trovò la
non si sa molto, se non pochi accen­ morte [...]; e ad Atene, in sua memoria,
ni della sua vita riscontrabili nella sua sorge un heròon4, chiamato appunto di 1. Senofonte (430-355 a.C.) è stato uno storico
opera (la sua morte viene posta attor­ Egeo. [...] greco. Di lui ci sono pervenute tutte le
opere complete, considerate una delle fonti
no al 180). È autore della Guida della All’ingresso vero e proprio dell’acropo- principali per la conoscenza della cultura
Grecia, una fonte di informazioni im­ li sorgono l’Ermes chiamato propileo e greca. In particolare, egli ci ha tramandato
portantissima per gli studiosi di oggi, notizie di Socrate, del quale fu discepolo.
le Cariti che dicono scolpisse Socrate5
I suoi figli, Diodoro e Grillo, furono
in cui viene descritto quanto di notevo­ figlio di Sofronisco: a costui la Pizia6 die- importanti militari ateniesi.
le, da un punto di vista socio-religioso de testimonianza d’essere il più saggio 2. Si riferisce al Tempietto di Athena Nike.
e artistico, si trovava in Grecia durante 3. Egeo, re mitico di Atene, fu padre di Teseo.
degli uomini, titolo che essa non aveva Secondo il mito, disse al figlio, prima che
l’età degli Antonini. In ognuno dei dieci dato neanche ad Anacarsi7, che pur l’a- questi partisse alla volta di Creta per
libri di cui l’opera (rimasta incompiu­ vrebbe voluto e proprio per questo era uccidere il Minotauro, di issare al suo
ta) si compone, l’autore descrive una ritorno delle vele bianche, se fosse riuscito
venuto a Delfi8. [...] a sconfiggere il mostro. Teseo si dimenticò
diversa regione della Grecia antica.
Conosco anche, per diretta visione, altri di farlo ed Egeo, quando vide le vele nere
Nel brano che segue, tratto dal libro I avvicinarsi ad Atene, si uccise gettandosi
monumenti dell’acropoli di Atene: il fan-
sull’Attica, Pausania si sofferma sull’A­ in mare, convinto che il figlio fosse morto.
ciullo in bronzo che ha in mano l’asper- Quel mare prese il nome di Mar Egeo.
cropoli di Atene [fig. 2.166]. 4. Santuario monumentale eretto per un
gitoio, opera di Licio figlio di Mirone, e il
eroe.
L’acropoli ha un solo accesso: non ne Perseo di Mirone, raffigurato dopo che 5. Socrate (470-399 a.C.), figlio dello scultore
offre altri, essendo tutta scoscesa e ha compiuto l’impresa contro Medusa. Sofronisco (che gli trasmise il mestiere),
C’è poi un santuario di Artemide Brau- fu un filosofo greco, uno dei principali
circondata da un solido muro. I propi- esponenti della tradizione filosofica
lei hanno un tetto di marmo bianco e ronia; la statua della divinità è opera di occidentale.
ancora ai miei tempi eccellevano per Prassitele. [...] 6. Sacerdotessa del Santuario di Apollo a
Delfi.
l’armonia e la grandiosità dei blocchi di C’è poi una statua di Atena che batte 7. Sapiente tracio, contemporaneo di Socrate.
marmo. Non saprei dire con sicurezza Marsia poiché aveva raccolto il flauto, 8. Dove si trova il Santuario di Apollo. Alla
se le statue dei cavalieri rappresentino mentre la dea voleva che fosse getta- Pizia i Greci si rivolgevano per chiedere
consigli o farsi predire il futuro. I vaticini
i figli di Senofonte1, o altri; certo, sono to via. Oltre quanto ho già detto, c’è la della Pizia erano tuttavia spesso oscuri e
molto belle. Alla destra dei propilei c’è il famosa battaglia di Teseo contro il co- difficili da decifrare.

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perfino più straordinari di questo. [...] stirpe dei Butadi12 e inoltre – l’edificio quindi dedicate altre due statue, quella
Ci sono poi altre statue, fra cui una di infatti è composto di due ambienti di- di Pericle, figlio di Santippo, e la statua
Eracle; come narra la leggenda, strozza stinti – all’interno c’è un pozzo in cui si di Atena chiamata Lemnia dalla patria
i serpenti. C’è un’Atena che balza dalla trova acqua di mare. Questo, però, non dei dedicanti, la più degna d’esser vista
testa di Zeus, e un toro dedicato dal è un fatto tanto straordinario, perché si tra le opere di Fidia.
consiglio dell’Areopago, qualunque fos- riscontra anche in altri centri dell’entro-
se il motivo dell’offerta, su cui volendo si terra, come per esempio ad Afrodisia
potrebbe variamente congetturare. [...] in Caria13; questo pozzo, tuttavia, pre-
9. Sesto re mitico di Atene.
Entrando nel tempio che chiamano senta un particolare degno di essere 10. Mitico eroe greco, sacerdote di Poseidone
Partenone, si vedrà che tutto ciò che registrato: il rumore delle onde quan- e Atena, sposò una nipote di Eretteo e
è raffigurato sul cosiddetto frontone fa do soffia il vento del sud. E nella roccia divenne capostipite di una importante
famiglia sacerdotale ateniese.
riferimento alla nascita di Atena, men- c’è una forma di tridente. Si dice che 11. Nella mitologia greca, Efesto (Vulcano per
tre nella parte posteriore è rappresen- si tratti delle testimonianze prodotte da i Romani) fu dio del fuoco, delle fucine,
dell’ingegneria, della scultura e della
tata la contesa tra Atena e Posidone Posidone per il possesso della regione.
metallurgia.
per il possesso della regione: la statua [...] 12. Discendenti di Bute, fratello gemello di
della dea è in avorio ed oro. [...] Oltre Oltre ai monumenti che ho già passato Eretteo e uno degli Argonauti, i 50 eroi
che sotto la guida di Giasone si recarono
il tempio c’è un Apollo di bronzo, statua in rassegna, gli Ateniesi ne hanno eretti nelle ostili terre della Colchide alla
che dicono opera di Fidia: quest’Apollo due con le decime dei bottini di guer- riconquista del vello d’oro.
lo chiamano Parnopios, poiché, essen- ra: una statua in bronzo di Atena, col 13. Cittadina in Asia Minore.
14. I Persiani sconfitti a Maratona nel 490
do l’Attica infestata dalle locuste, il dio bottino preso ai Medi14 sbarcati a Ma- a.C.
promise agli abitanti di allontanarle dalla ratona, opera di Fidia – la lotta dei La- 15. Toreuta (artista che lavora i metalli,
incidendoli, sbalzandoli, cesellandoli)
regione. [...] piti e dei Centauri, sullo scudo, e tutto
greco, celebre soprattutto per i suoi
C’è poi un edificio chiamato Eretteo: il resto della decorazione dicono siano vasi d’argento e d’oro. Avrebbe eseguito
davanti all’ingresso c’è l’altare di Zeus stati cesellati da Mys15, con cui collabo- lo scudo cesellato della grande statua
bronzea fidiaca di Athena Pròmachos
Hypatos, su cui non sacrificano mai rò come autore del disegno, in questa sull’Acropoli, eseguita intorno al 450 a.C.
esseri animati, ma usano deporre fo- e nelle altre opere, Parrasio16 figlio di 16. Pittore greco, attivo principalmente ad
cacce, senza farvi neanche libagioni di Evenore; la punta della lancia e il pen- Atene tra il 450 e il 385 a.C.
vino. All’interno ci sono degli altari: uno nacchio dell’elmo di questa Atena sono
di Posidone su cui sacrificano ad Eret- già visibili per chi si avvicina navigando
teo9 secondo un oracolo; uno dell’eroe dal Sunio –; c’è poi un carro di bron-
Bute10, un terzo di Efesto11; sulle pare- zo, decima proveniente da una vittoria 2.166 
ti ci sono pitture che rappresentano la sui Beoti e sui Calcidesi di Eubea. Sono L’Acropoli con il Partenone, Atene.

Espansioni verso l’Esame di Stato 139

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ESPANSIONI IL RACCONTO
VERSO L’ESAME DI STATO DELL’ARTE

15. Il vasaio di Acarne [da V.M. Manfredi, I cento cavalieri, Mondadori, Milano
2002]

di Valerio Massimo Manfredi


Valerio Massimo Manfredi (1943) è un archeologo, stato tratto l’omonimo film, L’armata perduta (2007) e
scrittore, giornalista e conduttore televisivo. Ha la trilogia Il mio nome è nessuno (2012-14) su Ulisse. Ha
partecipato a numerose campagne di scavo. Tuttavia, il suo curato anche soggetti e sceneggiature per il cinema e la
successo è legato alla vasta produzione di romanzi storici, televisione. Il brano che segue è tratto da I cento cavalieri
tradotti in tutto il mondo (con circa 15 milioni di copie e vede protagonista il famoso vasaio Eufronios, artista
vendute) e ambientati nel mondo antico e soprattutto greco del V secolo a.C., cui un misterioso committente
nell’antica Roma. Ricordiamo la trilogia Aléxandros (1998) ordina, dietro lauto compenso, l’esecuzione di un
su Alessandro Magno, L’ultima legione (2002), da cui è grandissimo vaso.

Mi chiamo Eufronio1 e la mia è una fa­ miei discorsi. Il lavoro è impegnativo, ma da fascia: più lunga della prima, e che
miglia di vasai da almeno cinque gene­ chi te le dà, al giorno d’oggi, dieci mine andrà a occupare anche tutta la parte
razioni. In casa conservo una collezio­ per un vaso? posteriore del vaso. Una scelta che mi
ne completa di esemplari che riflettono [...] sbilancia la composizione... non so per­
l’evoluzione di stile e di tecnica che si è Ecco qua, dunque, la prima fascia è ché quell’uomo mi ha chiesto di proce­
verificata nella nostra arte per un arco una semplice decorazione sul collo, un dere in questo modo, d’altra parte è lui
di più di cento anni. particolare in cui il mio committente che paga e io lego l’asino dove vuole il
[...] mi ha lasciato completamente libero. padrone.
Ed ecco qua il mio capolavoro: il più «Mettici quello che vuoi.» Mi ha detto. E [...]
grande vaso dipinto che sia mai stato io ho scelto un giro di ovuli e palmette Ed ecco qua il mio capolavoro: la ter­
realizzato: è alto come un uomo e lar­ sormontate da una sequenza di onde za fascia è terminata, distesa su due
go tanto che nessuno che io conosca ha marine stilizzate, quello che noi del me­ facce: nella prima si vede il gruppetto,
braccia così lunghe da poterlo cingere. stiere chiamiamo kỳma3. Dopo di che entrato in casa, che attinge con le cop­
Per ora è solo un disegno: da un lato il viene il tema della prima fascia deco­ pe al vaso ora appoggiato su un piedi­
progetto del vaso nudo con la sua forma rata, che gira esattamente alla spalla stallo: è nero ma tutto decorato con un
e le sue dimensioni, dall’altro lo sviluppo del vaso. serto di spighe d’oro, una meraviglia.
in orizzontale delle figure. Il tema? Una [...] Uno dei personaggi ha il volto coper­
specie di cerimonia, un rito, si direbbe, Il momento più delicato nell’arte di un to dal mantello, ma gli pende dal collo
celebrato all’interno di mura domesti­ pittore ceramista quale io sono è pro­ una specie di medaglione con l’imma­
che, non di un tempio o di un santua­ prio questo: quando le figure sono trac­ gine di una spiga di grano: un simbolo
rio. È stato il committente a ordinarmi ciate sulla superficie ma non c’è ancora che già adorna il misterioso vaso e che
questo soggetto e, a dire la verità, si è il fondo che le confina e quasi restitui­ fa pensare ai misteri della dea Demetra
spinto fin troppo in là nel darmi sugge­ sce loro le proporzioni. Bisogna imma­ a Eleusi.
rimenti. Praticamente la composizione e ginare il lavoro finito, la sequenza delle Nella faccia posteriore del vaso c’è una
la posizione delle figure la voleva definire scene, la campitura delle superfici, l’e­ scena di orgia con danzatrici nude che
lui, voleva che facessi lo schizzo sotto i quilibrio fra pieni e vuoti. Sono questi
suoi occhi e quasi guidare la mia mano. rapporti e queste proporzioni che ren­
Stavo per dirgli: «Già che ci sei, perché dono insuperabile l’arte dei ceramisti
non te lo fai da te, il vaso?». Ma, devo ateniesi. Certo che il tempo passa in
ammettere, l’uomo è stato così convin­ fretta quando si lavora con passione, si
1. Eufronios (o Eufronio o Euphronios),
cente da farsi perdonare l’eccesso di in­ sente già lo squillo di tromba del pri­ ceramista e ceramografo realmente esistito
tromissione. Convincente nel senso che mo turno di guardia sulle torri delle in Grecia e attivo ad Atene tra il 520 e il
mi ha offerto una somma enorme pur­ mura. Fra poco si udrà il passo caden­ 470 a.C., tra i primi a utilizzare la tecnica
a figure rosse. È ritenuto uno dei più
ché io mi impegnassi a realizzarlo così zato delle pattuglie di arcieri sciti che autorevoli maestri della ceramografia greca
come me lo ha chiesto nei minimi par­ perlustrano le strade guidati dai nostri tardoarcaica.
ticolari. Diciamo, senza discutere. Dieci ufficiali... già... 2. Antiche monete greche.
3. Decorazione a fascia continua che si
mine2 sono un sacco di soldi, e io mi [...] sviluppa per tutta la circonferenza del
sono affrettato a cambiare il tenore dei Ed ecco che procediamo con la secon­ vaso.

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2.167 
ballano al ritmo di nacchere e tambu­
La firma di Eufronios su una kylix attica a
relli, suonatori di aulòs4, giovani e fan­ figure rosse, 500-490 ca. a.C. Da Vulci.
ciulle che si accoppiano in tutti i modi Parigi, Musèe du Louvre.

che la fantasia può suggerire, inclusi


2.168-169 
quelli che praticano le prostitute nei Incoronazione di ceramisti al lavoro,
bordelli. Tutti sono nudi in questa ul­ hydria attica a figure rosse del Pittore di
Leningrado, 470-460 a.C., particolare e
tima scena, chi in piedi, chi disteso sui intero. Vicenza, Palazzo Leoni Montanari,
letti triclinari, molti incoronati di spi­ Collezione Intesa Sanpaolo.

ghe e tutti a volto scoperto. Solo il per­


sonaggio con il pendente al collo è vela­
to dalla clamide5 e gli occhi sono l’unica
parte visibile del suo volto.
Che Zeus mi fulmini se capisco di che
si tratta. So soltanto che ci deve essere
sotto qualcosa di grosso: questa pittura
rappresenta un evento ben preciso, ne
sono certo. Il motivo ornamentale in­
feriore che separa il corpo centrale del
vaso dal suo piede l’ho realizzato con
un serto6 di spighe, tanto per stare in
argomento, motivo che non stona per
nulla con quello superiore, anzi, crea
una specie di piacevole contrasto.
La fornace è pronta, alla temperatura
giusta, quella della brace di bianco­
spino, l’ingubbiatura7 è stesa; ora ha
il colore grigio scuro dell’argilla cruda
depurata, ma basterà una mezz’ora
perché acquisti il suo colore e perché
venga assorbita diventando un tutt’uno
con la superficie sottostante rendendo­ sequenza formidabile, un movimento
4. Antico strumento musicale a canna,
si così indelebile nei secoli e nei millen­ ritmico, una composizione potente ed costituito da un tubo di legno, d’osso o di
ni a venire. equilibrata; e l’ultima luce della sera avorio; talvolta presentava la forma a due
[...] gli conferisce una doratura meraviglio­ tubi divergenti e veniva chiamato diaulòs o
doppio aulòs.
Il tempo è scaduto. Apro la fornace ed sa, magici riflessi. C’è giusto il tempo 5. Corto mantello che veniva fermato con una
eccolo, il miracolo... lo sapevo che sa­ per lasciarlo raffreddare e potermelo fibbia sul petto o sulle spalle.
rebbe stato una meraviglia, lo sapevo... contemplare con comodo: è una mia 6. Sinonimo di ghirlanda.
7. Rivestimento della superficie dei vasi
Perfetto, nero e liscio, lucido e unifor­ creatura e sta per lasciarmi forse per ottenuto attraverso un sottile strato di
me in ogni sua parte, e le figure! Una sempre. finissima argilla diluita.

Espansioni verso l’Esame di Stato 141

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ESPANSIONI LABORATORIO
VERSO L’ESAME DI STATO DELLE COMPETENZE

ARTE IERI OGGI 8 COMPETENZE INTERDISCIPLINARI


La Nike non è l’unica opera greca che ha ispirato i loghi di alcune grandi imprese contemporanee. Cercane altre. Ti suggeriamo la testa
di Medusa. Fai una ricerca su questo personaggio mitologico e spiega come la sua immagine è stata trasformata dai designer di oggi.

ARTE IERI OGGI 9 COMPETENZE INTERDISCIPLINARI


Scrivi un elaborato in cui rifletti sul tema del culto del corpo, proprio della nostra età contemporanea, continuamente amplificato dai
media, dai social, dalla pubblicità, dal cinema. Proponi degli esempi che conosci e che ti sembrano significativi.

OLTRE L’IMMAGINE 10 COMPETENZE INTERDISCIPLINARI


Approfondisci il tema della bellezza nell’antica Grecia. Poi rifletti: quanto è prossimo il senso greco del bello alla nostra attuale
concezione di bellezza? E in cosa differisce?

OLTRE L’IMMAGINE 11 COMPETENZE INTERDISCIPLINARI


Cerca su Internet e seleziona alcune fotografie di atleti reali, che per la bellezza dei loro corpi ti sembrano già emblematici dell’“Idea”
stessa di bellezza. Mettili a confronto con alcuni capolavori della statuaria classica. Costruisci un percorso interdisciplinare spiegando,
alla luce delle teorie platoniche, il processo di idealizzazione che caratterizzò l’arte greca del V secolo a.C.

OLTRE L’IMMAGINE 12 COMPETENZE INTERDISCIPLINARI


Scrivi un testo in cui metti a confronto la concezione dell’arte elaborata da Platone con quella sviluppata da Aristotele. Prova ad
estendere l’applicazione di tali concetti non solamente all’arte dell’antica Grecia ma a quella dei secoli successivi, che tu conosci, e
perfino a quella dei nostri giorni. Poi rifletti: cos’è l’arte secondo te? Ti senti più vicino alla posizione di Platone o a quella di Aristotele?

FONTI E TESTIMONIANZE PER L’ARTE 13 COMPETENZE STORICO-CRITICHE


L’idea greca della morte risulta assai diversa da quella cristiana e così il pensiero stesso dell’immortalità. È tuttavia possibile cogliere
anche qualche analogia? Ti risulta che in un certo momento della nostra storia una simile concezione della morte e della tomba siano
tornate in auge? E qual è, a tuo avviso, il nostro punto di vista contemporaneo? Scrivi un testo in cui argomenti questo tema.

FONTI E TESTIMONIANZE PER L’ARTE 14 COMPETENZE STORICO-CRITICHE


Fai una ricerca su Internet per verificare quali opere citate da Pausania sono arrivate sino a noi, in originale o in copia.

IL RACCONTO DELL’ARTE 15 COMPETENZE ARGOMENTATIVE


Gli antichi vasi greci, oggi esposti nei musei, erano un tempo oggetti di consumo, eleganti, preziosi ma pur sempre utili ad una qualche
funzione. Quale attenzione è rivolta, oggi, dal design contemporaneo all’oggetto di consumo? E quando lo fa, si tratta di arte? Quanto è
diverso il rapporto arte/oggetto dei nostri giorni da quello riscontrabile nell’arte del passato? Scrivi un testo argomentativo in cui esprimi
il tuo pensiero.

DAL PASSATO AL PRESENTE PER LA PROVA SCRITTA


La preziosa civiltà che i Greci crearono a partire dal 1200 a.C. è
il seme da cui è nata l’attuale cultura europea occidentale. Nel
corso dei millenni, la concezione della bellezza si è certamente
evoluta arricchendosi di molte, nuove componenti. Ma possiamo
affermare che, in fondo, la nostra idea di bellezza è ancora quella
elaborata dagli antichi Greci? Sai proporre degli esempi facendo
riferimento ai molti campi della nostra cultura? Partendo dalla
traccia proposta e confrontando le due figure, scrivi un testo in cui
sviluppi l’argomento esprimendo le tue considerazioni personali.

1
Satiro danzante, III-II sec. a.C. Mazara del
Vallo, Trapani. Chiesa di Sant’Egidio, Museo
del Satiro.
2
James Whiteside, primo ballerino
dell’American Ballet Theatre, 2014 [foto di
NYC Dance Project].

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