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LUCIANO CATALIOTO – ELISA COSTA – FERDINANDO ZAMBLERA
A cura di
LUCIANO CATALIOTO
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In copertina: Veduta di Messina (Min. anon. del XVI sec. dal Rhegina di Angelo
Callimaco, Roma, Bibl. Naz.)
ISBN: 978-88-95880-74-7
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PREFAZIONE
–I–
Luciano Catalioto
Nel saggio Messina nei mille anni del Medioevo, con cui si apre
la miscellanea, le vicende del centro dello Stretto si snodano lungo i
secoli che la tradizionale periodizzazione assegna all’arco medievale,
dalla caduta dell’impero romano d’Occidente alla fine del Quattro-
cento. Una prospettiva di lunga durata, pertanto, che nelle intenzioni
è scevra da preconcette cesure o sintesi improprie, ma che inevitabil-
mente tiene conto di tratti peculiari, che i diversi dominatori dell’isola
hanno impresso tanto nelle logiche politiche quanto nel sostrato so-
ciale e negli schemi mentali. Quell’humus culturale di antica sedimen-
tazione, fortemente permeato di forme classiche e sperimentazioni re-
ligiose, venne nei secoli rivitalizzato ed arricchito da innesti di culture
diverse, che la fluidità demica del territorio peloritano consentì di re-
gistrare con particolare continuità, sebbene raramente appaiano suf-
ficientemente documentate. Per l’età barbarica (476-535) si può ipo-
tizzare un periodo di stasi, con il ristagno delle attività economiche
ed una forte recessione demica, una fase oscura che la rarefazione
delle testimonianze non aiuta a chiarire. Ma non meno occasionali e
frammentarie sono pure le fonti documentarie e gli avanzi che si pos-
sono registrare in riferimento al periodo bizantino (535-843) ed
all’età degli emiri (843-1060), se si escludono alcuni resoconti d’Ol-
tremare e vari passi di cronache musulmane, perlopiù trasposti dalla
nostra appassionata letteratura storica di fine Ottocento. La vicenda
propriamente medievale di Messina, in un certo senso, ha inizio con
l’arrivo degli Altavilla (1061), giacché solo con il progressivo inqua-
dramento entro gli schemi della società feudale e della Chiesa romana
la Sicilia sarebbe rientrata nell’alveo politico e culturale dell’Europa
cattolica. Le vicende si articolano nella successiva età sveva (1194-
1266) e durante la breve parentesi angioina (1266-1282), dove com-
plesse dinamiche sociali produssero a Messina il consolidamento
del ceto mediano e generarono particolari fenomeni di osmosi cultu-
rale. E infine lungo i due secoli del dominio aragonese (1282-1479),
quando all’immagine di una città florida sotto il profilo urbanistico
e demico corrispose, ai vertici amministrativi ed economici, il progres-
sivo consolidamento del cosiddetto patriziato urbano ed un com-
plessivo processo di rafforzamento strutturale della società messinese.
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PREFAZIONE
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PREFAZIONE
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LUCIANO CATALIOTO
1
E. PISPISA, Stratificazione sociale e potere politico a Messina nel Medioevo, in ID.,
Medioevo meridionale. Studi e ricerche, Messina 1994, p. 378.
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C.D. GALLO, Gli Annali della città di Messina. Nuova edizione con correzioni, note
ed appendici del Sac. A. Vayola, 2 vol., Messina 1877 (1a ed.: 1758), I, p. 17; P. PIERI,
La storia di Messina nello sviluppo della sua vita comunale, Messina 1939, p. 5.
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Luciano Catalioto
nel 535, epoca di cui sopravvivono anche tracce rare e assai frammen-
tarie dell’attività artistica e monumentale3.
Tuttavia, la realtà medievale di Messina è, nel complesso, carat-
terizzata da alcuni tratti distintivi che si possono leggere come strut-
ture di lunga durata, cioè come concetti e dinamiche che, per usare
un’espressione braudeliana, il tempo stenta a logorare e che, pertanto,
esercitarono nei secoli di mezzo un’azione costante e determinante
nelle vicende politiche, economiche e sociali. La felice posizione geo-
grafica e la particolare conformazione fisica del porto, ad esempio; il
collegamento serrato e quasi sempre ininterrotto con le piazze com-
merciali della Calabria costiera e con le sue terre, che produsse la rea-
lizzazione nell’area dello Stretto di una sorta di economia integrata;
la genesi, infine, e la lenta affermazione di un’élite urbana dotata di
tratti distintivi propri, frutto di una gestazione cui non erano state
estranee sollecitazioni esterne e il condizionamento di dinamiche
sociali particolari, talvolta caotiche. Sicché, da un certo punto di
vista, la storia medievale di Messina dovrebbe avere inizio il 10 ot-
tobre 1060, quando cioè la conquista normanna avrebbe «reinserito
l’isola nel milieu politico e culturale dell’Europa cristiana»4 e nel mo-
mento in cui prendeva avvio la costituzione di una società, presto forte
di 20-25.000 componenti, nel cui ambito sarebbe sorta e si sarebbe
espressa un’élite sempre più definita e consapevole. Eppure, per me-
glio comprendere la complessiva vicenda di un’area di cui per molti
aspetti, siano stati essi di natura economica come di ordine strategico-
militare, è risaltata la centralità, occorre risalire indietro nel tempo, pur
nella desolante rarefazione delle testimonianze.
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MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
5
PROCOPIO DI CESAREA, Bellum Gothicum, trad. it.: La Guerra gotica, Milano 2005,
ad indicem e gli studi di S. LA ROCCA, Le incursioni vandaliche in Sicilia, Girgenti 1917;
F. GIUNTA, Genserico e la Sicilia, Palermo 1958.
6
F. GIUNTA, Sicilia barbarica, Vicenza 1962, pp. 47-81.
7
A parte un sarcofago di probabile fattura bizantina, conservato presso il Museo re-
gionale di Messina insieme ad alcuni frammenti lapidei e marmorei.
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Luciano Catalioto
8
A. GUILLOU, La Sicilia bizantina; un rilancio delle ricerche attuali, in «Archivio
Storico Siracusano», n.s. IV (1975-76), pp. 45 sgg.
9
P. ORSI, Messana, la necropoli romana di S.Placido, in «Mal», Roma 1916, pp. 81
sgg.
10
A. IOLI GIGANTE, Messina, Roma-Bari, 1980, pp. 8 sgg.
11
MARCO TULLIO CICERONE, Verrine, II, IV, 1-3.
12
PLINIO IL VECCHIO, Naturalis Historia, III, 88.
13
PROCOPIO DI CESAREA, Bellum Gothicum, cit., I, 8.
14
Ivi, VII, 27.
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MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
avere ragione della difesa della città, organizzata dal comandante bi-
zantino Domnenziolo, e si limitò a saccheggiare il territorio peloritano
prima di essere ricacciato definitivamente oltre lo Stretto dalle nuove
schiere di oplites sopraggiunte da Costantinopoli15.
Sebbene la pacificazione e il ritorno nell’alveo della romanitas
comportasse per l’isola la costituzione di una nuova stratificazione so-
ciale, una notevole autonomia giuridica e un incremento delle attività
agricole (soprattutto granarie) e commerciali, Messina era destinata
a svolgere un ruolo primario di presidio militare fortificato, per via
della propria posizione cruciale a guardia dei due mari e per la con-
genita carenza di un adeguato retroterra terriero che favorisse l’im-
pianto di strutture produttive e il consolidamento di gruppi mercantili
all’interno della società urbana. Questa, infatti, ancora per qualche se-
colo sarebbe stata fortemente plasmata dalla preponderanza entro le
mura di militari e burocrati greci che avevano il controllo del porto
e, sebbene sia ancora prematuro parlare di classe, sicuramente com-
posero una compagine largamente incidente sull’assetto della società
urbana. L’amministrazione politica della Sicilia venne demandata
ad un pretore, direttamente dipendente dal questore costantinopoli-
tano; la gestione finanziaria fu affidata al comes italicae patrimonii
residente a Costantinopoli; il comando militare venne esercitato da un
dux che svolgeva anche le funzioni di giudice; nelle maggiori città,
tra cui già Plinio aveva contemplato Messina, amministravano la
cosa pubblica in maniera non sempre limpida funzionari imperiali di
medio e piccolo spessore16. In ogni caso, la posizione dello scalo mes-
sinese, proiettato insieme a quello aretuseo verso l’Oriente e punto di
transito obbligato nelle rotte commerciali che univano le due parti del
Mediterraneo, favorì sicuramente la sopravvivenza di un’attività
commerciale stabile, che assicurava alla società urbana un certo di-
namismo economico, demografico e culturale17.
15
GIUNTA, Sicilia barbarica, cit., pp. 14 sgg.
16
A. HOLM, Storia della Sicilia nell’antichità, Torino 1896 (rist. an.: Bologna 1965),
pp. 529 sgg.
17
Ancora lo storico di Cesarea suggerisce, indirettamente, tale immagine della vita
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Luciano Catalioto
civica messinese, attraverso la descrizione del rigoglio umano nel centro di Siracusa
dopo la conquista bizantina (PROCOPIO DI CESAREA, Bellum Gothicum, cit., pp. 7 sgg.).
18
GUILLOU, La Sicilia bizantina, cit., pp. 51 e 72 sgg. e Gregorii I papae Registrum
epistolarum, ed. P. EWALD – L.M. HARTMANN, in Monumenta Germaniae Historica, Epi-
stolae, 1887-1891 (libri I-VII) e 1892-1899 (libri VIII-XV), nuova ed.: München 1978,
I, p. 64.
19
Ivi, II, 51.
20
HOLM, Storia della Sicilia, cit., p. 531 e Gregorii I papae Registrum, cit., ad in-
dicem.
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MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
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Un quadro chiaro e documentato del fenomeno monastico nel Mezzogiorno bizan-
tino è in A. CILENTO, Potere e monachesimo. Ceti dirigenti e mondo monastico nella
Calabria Bizantina (secolo IX-XI), Firenze 2000, corredato da una ricca bibliografia. Si
veda, inoltre, L. CATALIOTO, Il Vescovato di Lipari-Patti in età normanna (1088-1194).
Politica, economia, società in una sede monastico-episcopale della Sicilia, Messina
2007, capp. I e II.
22
È una tesi, d’altra parte, a suo tempo sostenuta da D.G. LANCIA DI BROLO (Storia
della chiesa in Sicilia nei dieci primi secoli del cristianesimo, vol. II, Palermo 1884, p.
21) e sostanzialmente confermata da L.T. WHITE JR., Latin Monasticism in Norman Si-
cily, Cambridge, Mass., 1938 (trad. it.: Il monachesimo latino nella Sicilia normanna,
Catania 1984, da cui si cita), pp. 44 sgg. e da M. SCADUTO, Il monachesimo basiliano
nella Sicilia medievale: rinascita e decadenza, sec. 11.-14., Roma 1982 (rist. an. dell’ed.
del 1947, con aggiunte e correzioni), p. XVIII, che peraltro rileva come l’apporto con-
siderevole di questi rifugiati orientali in Sicilia sia provato innanzi tutto dalla tradizione
manoscritta del Nuovo Testamento e si esprimesse pure nel settore giuridico e, natural-
mente, nella liturgia e nelle arti.
23
A questo riguardo è significativo il fatto che papa Martino I, nel 653, venisse de-
tenuto per un anno a Messina prima di essere inviato a Bisanzio per essere giustiziato
(S. BORSARI, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell’Italia meridionale prenor-
manne, Napoli 1963, ad indicem).
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24
Sull’avvicinamento della Chiesa di Roma ai Franchi, formalizzato nel 755, e sugli
effetti dell’iconoclasmo nell’isola, si vedano WHITE, Il monachesimo latino, cit., p. 48
e SCADUTO, Il monachesimo basiliano, cit., pp. XXV e XXVII sg.
25
J.S. ASSEMANI, Italicae historiae scriptores, de rebus Neapolitanis et Siculis ab
anno 500 ad annum 1200, vol. III, Romae 1751, III, p. 475.
26
BORSARI, Il monachesimo bizantino, cit., pp. 18 sgg.; CATALIOTO, Il Vescovato di
Lipari-Patti, cit., pp. 2 sg; SCADUTO, Il monachesimo basiliano, cit.
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MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
27
Riportati in G. COZZA-LUZI, La cronaca siculo-saracena di Cambridge con doppio
testo greco scoperto in codici contemporanei delle biblioteche vaticana e parigina con
accompagnamento del testo arabico per Bartolomeo Lagumina, Palermo 1890, pp. 24
e 99.
28
M. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia, ed. con note di C.A. NALLINO, 3 voll.,
Catania 1986 (rist. an. dell’ediz. del 1933), vol. I, pp. 420 sgg.
29
GIOVANNI DIACONO, Chronicon Episcoporum, in Rerum Italicarum scriptores, vol.
I, col. 314.
30
IBN AL-ATIR, Histoire de l’Afrique et de la Sicile, in M. AMARI, Biblioteca arabo-
sicula, 2 voll., Torino-Roma 1880, vol. II, p. 188.
31
Non pare tuttavia che al-Fadl abbia sparso molto sangue (AMARI, Storia dei Mu-
sulmani, cit., vol. I, p. 448).
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32
Il cronista arabo Al-Bayan (in AMARI, Biblioteca, cit., II, p. 362) parla della “tre-
menda battaglia” che costò la vita a migliaia di bizantini (forse 5.000 o 7.000) e della pre-
cipitosa fuga di cristiani dalle terre vicine, soprattutto da Reggio.
33
Cronica di Cambridge, in R. GREGORIO, Rerum Arabicarum, quae ad Historiam
Siculam spectant, ampla collectio, Panormi 1790, p. 43.
34
Si veda il ms. di Ibn al-Abbar in M.J. MÜLLER, Beiträge zur Geschichte des we-
stlichen Araber, München 1866-1878, pp. 274 sgg.
35
AMARI, Storia dei Musulmani, cit., vol. I, pp. 569 sgg.
36
Ivi, vol. II, pp. 303-13.
37
AMARI, Biblioteca, cit., vol. I, pp. 125 e 216.
– 10 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
38
Si veda IBN AL-ATIR, Histoire de l’Afrique, cit., pp. 188 e 475.
39
Per la descrizione di Yaqut si veda AMARI, Storia dei Musulmani, cit., vol. II, p.
496.
40
Cfr. Cronica di Cambridge, cit., pp. 49 sgg.
41
AMARI, Storia dei Musulmani, cit., vol. II, pp. 301 sgg.
42
Ivi, p. 311.
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43
Cronica di Cambridge, cit., pp. 46 e 78.
44
AMARI, Biblioteca, cit., vol. II, p. 268 e ID., Storia dei Musulmani, cit., vol. II, pp.
367 e 369.
45
GREGORIO, Rerum arabicarum, cit., p. 19.
46
AMATO DI MONTECASSINO, Storia de’ Normanni volgarizzata in antico francese –
Ystoire de li Normant –, a cura di V. DE BARTHOLOMAEIS, Fonti per la Storia d’Italia pub-
blicate dall’Istituto Storico Italiano, Roma 1935; GOFFREDO MALATERRA, De rebus gestis
Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, a cura di E.
PONTIERI, in RIS, I-V, 1, Bologna 1927.
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47
AMARI, Storia dei Musulmani, cit., vol. II, pp. 453 sgg.
48
AMATO DI MONTECASSINO, Storia de’ Normanni, cit., vol. V, cap. XIX.
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Luciano Catalioto
49
AMARI, Storia dei Musulmani, cit., vol. III, pp. 58-63 sgg.
50
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie, a cura di G.B. SIRAGUSA,
Fonti per la Storia d’Italia pubblicate dall’Istituto Storico Italiano, Roma 1897, p. 144.
51
Sulle vicende di Messina in età normanna si vedano, in particolare: S. TRAMON-
TANA, Messina normanna, in «Nuovi annali della Facoltà di Magistero dell’Università di
Messina», 1, 1983, pp. 629-40; PISPISA, Aspetti della storia di Messina, cit., pp. 221-38;
ID., Messina medievale. Uno sguardo d’insieme, in ID., Medioevo Fridericiano, cit., pp.
195-220; ID., Messina medievale, Galatina 1996.
52
Ovvero, caposaldo necessario per il controllo dell’isola: GOFFREDO MALATERRA,
De rebus gestis, cit., vol. III, p. 77.
53
Ivi, p. 78.
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54
UGO FALCANDO, La Historia, cit., pp. 184 sg.; Epistola ad Petrum Panormitane
Ecclesie Thesaurarium de calamitate Sicilie, in S. TRAMONTANA, Lettera a un tesoriere
di Palermo sulla conquista sveva di Sicilia, Palermo 1988, pp. 122-43.
55
GOFFREDO MALATERRA, De rebus gestis, cit., III, p. 77; PETRUS DE EBULO, Liber
ad honorem Augusti sive de rebus Siculis. Eine Bilderchronik der Stauferzeit aus der
Burgerbibliothek Bern, a cura di T. KÖLZER e M. STÄHLI, Sigmaringen 1994, tav. XXVI.
56
Secondo la descrizione di Ibn Giubayr, in AMARI, Biblioteca, cit., vol. I, pp. 144 sgg.
57
GOFFREDO MALATERRA, De rebus gestis, cit., vol. III, p. 77.
58
G. DI STEFANO, Monumenti della Sicilia normanna, Palermo 1979, pp. 56 sgg.
Dopo la consacrazione della cattedrale di Santa Maria, l’antico duomo decadde progres-
sivamente sino al suo radicale restauro ad opera dell’arcivescovo Pietro Bellorado nel
1506, risanato solo in parte nel 1333 grazie alle cento onze testate dall’arcivescovo Gui-
dotto de Abbiate pro tecto operiendo de plumbo. Si vedano al riguardo GALLO, Gli an-
nali, cit., vol. II, pp. 10 e 247; I diplomi della Cattedrale di Messina raccolti da Antonino
Amico pubblicati da un codice della Biblioteca Comunale di Palermo ed illustrati, a
cura di R. STARRABBA, Palermo 1888, p. 256; E. PISPISA, La cattedrale di S. Maria e la
città di Messina nel Medioevo, in ID., Medioevo fridericiano, cit., p. 267.
59
L.R. MÉNAGER, Les actes latins de S. Maria di Messina: 1103-1250, Palermo 1963,
pp. 116 e 135.
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60
PISPISA, Aspetti della storia di Messina, cit., pp. 222 sgg.
61
G. ROMANO, Messina nel Vespro siciliano e nelle relazioni siculo-angioine de’ se-
coli XIII e XIV fino all’anno 1372, in «Atti della Regia Accademia Peloritana», XV,
1899-1900, pp. 227 sgg.
62
E. PISPISA, Messina nel Trecento, Messina, Intilla, 1980; ID., Il regno di Manfredi.
Proposte di interpretazione, Messina 1991; ID., Coscienza familiare ed egemonia ur-
bana. Milites, meliores e populares a Messina fra XII e XIV secolo, in ID., Medioevo
Fridericiano, cit., pp. 239-50.
63
Significativo il fatto che GOFFREDO MALATERRA (De rebus gestis, cit., vol. V, tomo
I, p. 29) sostenesse come il centro peloritano «a messe vocabulum trahens, Messana vo-
cata est».
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MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
64
PISPISA, Stratificazione sociale e potere politico, cit., pp. 377-96. Si veda, inoltre,
R. SABATINO LOPEZ, Storia delle colonie genovesi nel Mediterraneo, Bologna 1938, pp.
163 sgg.
65
D. ABULAFIA, Le due Italie: relazioni economiche fra il Regno normanno di Sicilia
e i Comuni settentrionali, Napoli 1991 (1a ed.: Cambridge 1977); PISPISA, Messina nel
Trecento, cit., ad indicem; D. CICCARELLI, Il tabulario di S. Maria di Malfinò (1093-
1337), 2 voll., Messina 1986-1987, vol. I, passim.
66
S. CUSA, I diplomi greci e arabi di Sicilia pubblicati nel testo originale, tradotti
ed illustrati, vol. I, Palermo 1868, p. 359.
67
PISPISA, Messina nel Trecento, cit., pp. 137 e 295 sgg.; J.L.A. HUILLARD-BRÉHOL-
LES, Historia diplomatica Friderici secundi, vol. I, tomo 1, Parigi 1852, pp. 64-7.
68
Annali Genovesi di Caffaro e de’suoi continuatori, dal MXCIX al MCCXCIII, vol.
I, a cura di L.T. BELGRANO, Roma 1890, p. 24; Annales Pisani di Bernardo Maragone,
in «MGH», XIX, p. 259; G. CASAPOLLO, Insediamenti pisani in Sicilia (ricerche su do-
cumenti inediti del sec. XIII), in «Helikon», XI-XII, 1971-72, pp. 524-43.
69
G.B. SIRAGUSA, Il regno di Guglielmo I in Sicilia, Palermo 1929, pp. 377 sgg.; E. PON-
TIERI, Ricerche sulla crisi della monarchia siciliana nel secolo XIII, Napoli 1950, p. 255.
70
R. MOROZZO DELLA ROCCA – A. LOMBARDO, Documenti del commercio veneziano
nei secoli XI-XIII, 2 voll., Torino 1940, ad indicem.
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Luciano Catalioto
71
CICCARELLI, Il tabulario, cit., pp. 37-39.
72
IDRISI, Il libro di Ruggero, tradotto e annotato da U. RIZZITANO, Palermo 1966,
pp. 41 sgg.
73
UGO FALCANDO, La Historia, cit., pp. 138, 144, 147 sgg. e 155. Si veda, inoltre,
AMARI, Biblioteca, cit., vol. I, pp. 144 sgg.
74
PISPISA, Aspetti della storia di Messina, cit., p. 227.
75
M. ALIBRANDI, Messinesi in Levante nel Medioevo, in «Archivio Storico Sici-
liano», III s., XXI-XXII, 1971, pp. 97-110.
76
Capitoli e privilegi di Messina, a cura di C. GIARDINA, Palermo 1937, docc. V, IX
e XI, pp. 15 sg., 25 sg. e 32-34.
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77
PIERI, La storia di Messina, cit., p. 32; STARRABBA, I diplomi della Cattedrale,
cit., docc. I-III, VIII, XIV e XV, pp. 1-4, 11 sgg., 20 sgg. e 21-23; CATALIOTO, Il vescovato
di Lipari-Patti, cit., ad indicem.
78
Si vedano, soprattutto, SCADUTO, Il monachesimo basiliano, cit.; C.A. GARUFI,
Per la storia dei monasteri di Sicilia nel tempo normanno, in «Archivio Storico Sici-
liano», VI, 1940.
79
WHITE, Il monachesimo latino, cit.
80
PISPISA, Aspetti della storia di Messina, cit., p. 237.
81
A.R. LEVI, Riccardo Cuor di Leone e la sua dimora in Messina, in «Atti della R.
Accademia Peloritana», XV, 1899-1900, pp. 297-311; E. ROTA, Il soggiorno di Riccardo
Cuor di Leone in Messina e la sua alleanza con re Tancredi, in «Archivio Storico per la
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Gli anni a cavallo tra XII e XIII secolo sono segnati dal passaggio
della corona del Regnum Siciliae dagli Altavilla agli Hohenstaufen, un
avvicendamento la cui drammaticità emerge emblematicamente nella
Epistola ad Petrum e che a Messina, teatro in quegli anni di avvenimenti
tumultuosi, avrebbe avuto esiti molto significativi e duraturi all’interno
della struttura demica e avrebbe inciso profondamente sulle trasforma-
zioni della società e dei suoi orientamenti politici82. Dopo la radicale de-
capitazione della classe dirigente di etnia greca, prodotta dall’azione di
Riccardo Cuor di Leone, si generò infatti un processo di “latinizzazione
del potere” che stravolse nell’immediato l’assetto della macchina bu-
rocratica e la composizione dei suoi quadri, ma i cui effetti più marcati
si sarebbero mostrati nel rafforzamento di un nuovo ceto di maiores ci-
vium, composto da uomini di cultura e di denaro, dal quale furono tenuti
lontani gli aristocratici e consistenti gruppi di mercatores.
Tuttavia, come opportunamente rilevato da Enrico Pispisa83, le
esperienze maturate dalla Città del Faro durante l’età sveva risentirono
della sostanziale differenziazione degli atteggiamenti assunti di volta
in volta dagli Hohenstaufen (Enrico VI, Federico II, Corrado IV e
Manfredi), sebbene non venisse mai meno in seno alla società mes-
sinese la volontà di perpetrare orientamenti tracciati nei precedenti de-
cenni e consolidare conquiste acquisite sino all’epoca di Guglielmo
il Buono, quali la costituzione di un solido ceto amministrativo e la
proiezione commerciale del proprio porto nel Mediterraneo e verso
Levante. D’altra parte, che Messina, clavis Siciliae della cronaca
malaterriana, in età sveva continuasse a gravitare più verso la Calabria
e i mercati mediterranei e orientali, piuttosto che nell’entroterra sici-
Sicilia orientale», III, 1906, pp. 276-83. Un quadro complessivo irrinunciabile è tracciato
da S. TRAMONTANA, La monarchia normanna e sveva, Torino 1986.
82
Epistola ad Petrum, cit.; TRAMONTANA, La monarchia, cit., pp. 212 sgg.
83
PISPISA, Messina in età sveva, in ID., Medioevo meridionale, cit., pp. 397-411; ID.,
Messina e Catania. Relazioni e rapporti con il mondo mediterraneo e l’Europa conti-
nentale nelle età normanna e sveva, in ivi, pp. 323-75.
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84
SABA MALASPINA, Rerum sicularum historia: 1250-1285, in Cronisti e scrittori
sincroni napoletani, a cura di G. DEL RE, vol. II, Napoli 1868, p. 341.
85
I Registri della Cancelleria Angioina, ricostruiti da R. FILANGIERI con la collabo-
razione degli archivisti napoletani, VIII (1271-1272), Napoli 1957, p. 135 (d’ora innanzi:
R.A. seguito dal numero del volume e della pagina).
86
PISPISA, Messina in età sveva, cit., p. 399.
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Luciano Catalioto
87
Capitoli e privilegi di Messina, cit., pp. 21-30; I Privilegi di Messina e di Trapani
(1160-1355) con un’appendice sui consolati trapanesi nel sec. XV, a cura di C. TRAS-
SELLI, Messina 1992 (1a ed.: Palermo 1949), pp. 28 sgg.
88
Gli effetti dell’azione fridericiana sul nuovo assetto della società messinese sono
estesamente esaminati da TRAMONTANA, La monarchia, cit., pp. 244-57.
89
PIERI, La storia di Messina, cit., p. 78.
– 22 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
90
PISPISA, Il regno di Manfredi, cit., p. 402.
91
Sull’azione di Pietro Ruffo si veda PONTIERI, Ricerche sulla crisi, cit., pp. 5-128.
92
NICCOLÒ DI JAMSILLA, Historia, in Rerum Italicarum scriptores, vol. VIII, col.
579; si veda anche E. PISPISA, Nicolò di Jamsilla. Un intellettuale alla corte di Manfredi,
Soveria Mannelli 1984.
93
S. TRAMONTANA, La Sicilia dall’insediamento normanno al Vespro (1061-1282),
in AA.VV., Storia della Sicilia, 10 voll., Napoli 1980, vol. III, p. 279.
– 23 –
Luciano Catalioto
94
Cfr. E. PISPISA, Il problema storico del Vespro, in «Archivio Storico Messinese»,
XXXVIII, 1980, pp. 57-82; E. DUPRÉ THESEIDER, Alcuni aspetti della questione del Vespro,
Messina 1954 e L. GENUARDI, Il comune nel Medioevo in Sicilia: contributo alla storia del
diritto amministrativo, Palermo 1921, pp. 120 sgg.
95
Si veda G. LIPARI, Per una storia della cultura letteraria a Messina dagli Svevi
alla rivolta antispagnola del 1674-78, in «Archivio Storico Messinese», XL, 1982, pp.
68-79.
96
PISPISA, Messina in età sveva, cit., pp. 404 e 409 sgg.
97
P. SANTUCCI, La produzione figurativa in Sicilia dalla fine del XII secolo alla metà
del XIV, in AA.VV., Storia della Sicilia, cit., vol. V, pp. 143 sgg.
– 24 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
98
PISPISA, Messina in età sveva, cit., p. 201.
99
F. CALASSO, La legislazione statutaria nell’Italia meridionale. Le basi storiche. Le
libertà cittadine dalla fondazione del regno all’epoca degli statuti, Roma 1929 (rist. an.:
Roma 1971), pp. 175 sgg.
– 25 –
Luciano Catalioto
100
Una visione complessiva della vicenda siciliana in età angioina è in L. CATALIOTO,
Terre, baroni e città in Sicilia nell’età di Carlo I d’Angiò, Messina 1995. Si vedano,
inoltre, G. FASOLI, Tre secoli di vita cittadina catanese, in «Archivio Storico per la Sicilia
orientale», s. 4, VII, 1954, p. 128; S. TRAMONTANA, Gli anni del Vespro. L’immaginario,
la cronaca, la storia, Bari 1989, pp. 32 sgg.
101
F. MARTINO, «Messana nobilis Siciliae caput». Istituzioni municipali e gestione
del potere in un emporio del Mediterraneo, in AA.VV., Messina. Il ritorno della memoria,
Palermo 1994, p. 346.
102
G. DEL GIUDICE, Codice Diplomatico del Regno di Carlo I e II d’Angiò (1265-
1309), 3 voll., Napoli 1863-1902, vol. I, p. 147 e R. TRIFONE, La Legislazione angioina.
Edizione critica, Napoli 1921, p. 60, n. XLVII.
103
L. CADIER, Essai sur l’administration du royaume de Sicile sous Charles Ier et
Charles II d’Anjou, Paris 1891 (trad. it.: L’amministrazione della Sicilia angioina, a cura
di F. GIUNTA, Palermo 1974), pp. 46 sgg.; C. MINIERI-RICCIO, Saggio di codice diploma-
tico formato sulle antiche scritture dell’Archivio di Stato di Napoli, 2 voll., Napoli 1878-
1883, I, p. 128.
– 26 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
104
R.A. VIII, p. 96; X, p. 60; XIV, p. 60.
105
TRAMONTANA, Gli anni del Vespro, cit., p. 17.
106
R.A. II, p. 93.
107
Ivi, pp. 149 e 163.
108
R.A. VI, p. 151; VIII, p. 149.
109
R.A. IX, p. 287 e I Privilegi di Messina e di Trapani, cit., p. 36.
110
R.A. VI, p. 318.
111
R.A. VIII, pp. 136 e 264; X, p. 66.
– 27 –
Luciano Catalioto
ben più alto rispetto a quello imposto alle altre sedi siciliane (7 galee
di fronte a 4 per Palermo con Termini, 1 sola per Catania con Augusta,
e così via)112. L’attività dei cantieri messinesi si intensificò, sia per ga-
rantire all’Angioino un serrato collegamento con le coste africane e
i centri tirrenici, sia per fornire le imbarcazioni necessarie alla difesa
delle rotte nel settore orientale del Mediterraneo, mentre Messina bru-
licava di ogni sorta di visitatores non sempre graditi, ma testimoni co-
munque di un dinamismo commerciale diffuso presso tutti gli strati
della società113.
Fra il Duecento e il Trecento, quindi, le dinamiche sociali produs-
sero a Messina il consolidamento del ceto mediano e la promozione
di una casta di burgenses-giuristi professionalmente legati ai meliores
e ad essi vicini culturalmente114. Grazie agli ampi margini di autonomia
concessi da Carlo d’Angiò alle comunità urbane del Regnum Siciliae,
a Messina si andò costituendo una potente e inconsueta élite locale,
cioè un’oligarchia urbana guidata da intraprendenti mercanti-burocrati
legati a famiglie rapidamente arricchitesi attraverso i commerci e la ge-
stione in gabella di molti uffici, che era adesso protesa alla conquista
del cingolo militare perché fosse sanzionato anche il prestigio sociale.
Ma, nel lungo termine, la fortuna della compagine mediana sarebbe di-
pesa in larga misura dal ruolo esclusivo di detentori della cultura dei
suoi esponenti e l’esercizio dell’attività giuridica si mostrò sicura via
di ascesa sociale soprattutto a Messina, in questo senso il centro più
prestigioso del regno dopo Napoli, presso la cui scuola, «l’unica sede
frequentata dai siciliani dal 1224 al 1282»115, si erano sicuramente for-
112
R.A. XIII, p. 105. Nel luglio 1274 lo stratigoto peloritano era impegnato nell’ar-
mamento di tre galeoni e due galee per vigilare la zona del Faro (R.A. XI, p. 236).
113
Nel corso del 1271 l’Angioino ordinava ai suoi ufficiali provinciali «ne ambaxia-
tores civitatis Messane molestentur pro homicidiis clandestinis, propter multitudinem
advenarum, qui a diversis mundis partibus in eandem civitatem, quasi in centro positam,
confluunt» R.A. VIII, 135.
114
Sulla politica urbana di Carlo d’Angiò e, in particolare, sull’esempio messinese,
si veda CATALIOTO, Terre, baroni e città, cit., pp. 179-249.
115
A. ROMANO, “Legum doctores” e cultura giuridica nella Sicilia aragonese, Mi-
lano 1984, pp. 9, 28 e 46.
– 28 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
116
R.A. I, pp. 55, 58; VI, pp. 4, 119, 330, 331; X, p. 231; XIII, p. 139; GALLO, Gli
annali, cit., vol. II, pp. 94, 98, 100, 110, 113. Cfr. anche G. DEL GIUDICE, Bartolomeo
da Neocastro, Francesco Longobardo, Rinaldo de Limogiis giudici in Messina, in «Ar-
chivio Storico per le Province Napoletane», 12, 1887, p. 273.
117
R.A. XIX, p. 63.
118
R.A. II, p. 30; III, p. 62; V, pp. 92, 119 e 120; VI, pp. 171, 193 e 213; VIII, pp.
64, 66, 67, 70; X, p. 93; XI, p. 132; XIII, pp. 16, 30, 131 e 193; XIII, p. 72; XV, p. 44;
XV, p. 26; XVIII, p. 3.
– 29 –
Luciano Catalioto
119
R.A. II, pp. 136, 226; IV, pp. 99, 111, 153, 173; V, pp. 73, 89, 200, 233; VI, pp.
85, 116, 166, 192, 255, 328; VII, pp. 12, 22, 99, 197, 234; X, p. 17; XIII, pp. 59, 72; XIV,
pp. 20, 36, 39, 71, 111, 115; XV, p. 20; XVI, p. 146; XIX, pp. 21, 117, 223; XX, pp. 222,
249, 265; XXI, pp. 14, 24, 171, 180, 226, 240, 258, 263, 271, 275, 279, 281, 282, 284,
291, 292, 294, 295, 296, 299, 303, 313; XXII, pp. 89, 93, 115, 127,157, 158, 164, 169;
XXIII, pp. 126, 265, 298, 303; XXIV, pp. 29, 106; XXV, pp. 17, 80, 105, 189.
120
R.A. XIV, p. 36; XXII, p. 123. In un atto del 1278, ma che si riferisce a certi beni
occupati illecitamente nel corso dei primi anni Settanta da Nicolò e Matteo de Riso, è
menzionato Bartolomeo Rogadeo come ex titolare di un patrimonio feudale (R.A. XXI,
p. 260).
– 30 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
locali che, formati nell’ultima età sveva, ottennero dal sovrano an-
gioino la licentia exercendi advocationis121. Il già noto Guido delle
Colonne, ad esempio, judex Messanae nel 1266, nel comprensorio pe-
loritano avrebbe esercitato l’avvocatura all’inizio del 1270 prima di
entrare a far parte della corte stratigoziale nel 1272, e percorsi ana-
loghi seguirono le carriere dei giudici Simone de Burgundo, Francesco
Longobardo e Bartolomeo da Neocastro122.
In strettissima relazione con le pratiche commerciali della città si
svolse l’attività dei notarii, i cui atti rivestono un’enorme importanza
per un’obiettiva e attendibile ricostruzione della società, rappresen-
tando il termometro dei livelli di sviluppo economico dei ceti produt-
tivi e chiarendo i termini del singolare rapporto notaio-mercante in-
staurato nella sede messinese. La sua attività si svolgeva talvolta nella
pubblica piazza, come stipulatore di transazioni private123, oppure, con
121
CATALIOTO, Terre, baroni e città, cit., pp. 122 sgg.
122
R.A. I, p. 58 e VI, p. 330; GALLO, Gli annali, cit., pp. 105, 110 e 191. Nella con-
duzione della vita urbana siciliana emersero diversi altri cittadini peloritani, quali Or-
lando de Amicis, Natale Ansalone iunior, Pietro, Rinaldo e Ruggero Bonifacio, Bernardo
Coppola, Pietro Francisci, Costantino de Gramatico, Giovanni Guercio, Bartolomeo e
Pasquale de Marino, Ruggero Mastrangelo, Baldovino Mussone, Pulcherio Pisano, Fran-
cesco e Riccardo de Pulcaro, Giacomo Saladino, Bartolomeo Salimpipi, Giordano de
Saraceno, Nicolò Tallavia. Si veda R.A. II, p. 90; III, p. 258; V, p. 89; VI, pp. 42, 192,
202, 254, 255; VII, pp. 22, 209, 226; VIII, p. 167; X, pp. 23, 53, 60; XIV, pp. 36, 71; XV,
p. 25; XIX, p. 200; XX, pp. 226, 256; XXI, pp. 172, 179, 191, 275, 281, 300, 311, 327;
XXII, pp. 123, 127, 169; XXIII, p. 292; XXIV, pp. 29, 155; XXV, pp. 17, 189; GALLO,
Gli annali, cit., vol. II, p. 113. Figlio dell’omonimo messinese, Natale Ansalone fu zec-
chiere nella Città dello Stretto fra il 1278 ed il 1279, insieme al concittadino Baldo de
Riso, al palermitano Giacomo Sasso ed allo scalense Orso d’Afflitto, succedendo al pa-
lermitano Nicolò de Ebdemonia e ai peloritani Rinaldo de Bonito e Matteo de Riso (R.A.
XXI, pp. 271, 292, 294, 295 e XXIII, p. 303). Di notevole interesse è un documento che
contiene l’ordine di battere novi denarii diretto agli zecchieri di Messina il 23 giugno
1279: in esso compaiono dettagliate istruzioni sulla tenuta dei nuovi carlini ed è possibile
trarre un’utile tabella di cambio che ci consenta di rapportarne il valore a quello dei mar-
chi veneti e migliaresi, delle sterline d’argento, dei tornesi di Angiò, di Clarenza, di Poi-
tiers, provenzali e toscani (R.A. XXI, p. 18 e, in francese, p. 226).
123
«Fino a tutto il secolo decimoquarto i notai usavano stipulare all’aperto. In genere
si preferiva la piazza maggiore, dove si teneva il mercato e dove si davano abitualmente
convegno i commercianti» (A. LEONE, Il notaio nella società del Quattrocento meridio-
nale, Salerno 1979, p. 8).
– 31 –
Luciano Catalioto
124
A questo riguardo si veda TRIFONE, La legislazione, cit., p. IL.
125
R.A. II, 86; VI, p. 327; VIII, pp. 68, 71, 74; IX, p. 42.
126
Bartolomeo de Marino, insediato il 20 febbraio 1270 come notaio regio presso la
corte stratigoziale di Messina, cinque anni dopo avrebbe svolto le stesse mansioni presso
il giustiziere di Terra di Lavoro e Contea di Molise (R.A. III, p. 258; XII, p. 61); Pasquale
de Marino nel 1270 era notaio in sicla Messane e nel 1276 avrebbe ottenuto un feudo
nella Piana di Milazzo (R.A. VI, p. 254 e XIII, p. 38). E poi ancora i cives Messane Gu-
glielmo de Assinchio, Costantino di Cumia, Stefano di Messina, Giovanni de Nicoloso,
Stefano de Tacca (R.A. I, p. 43; V, p. 255; VI, pp. 169, 170, 327; VII, p. 211; VIII, pp.
64, 75, 135; XIII, p. 20; XV, p. 50; XIX, p. 175).
– 32 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
127
R.A. V, p. 141.
128
ROMANO, “Legum doctores”, cit., p. 45.
129
Pellegrino de Maraldo fu iudex Messane, vicesecreto, maestro procuratore e por-
tolano (R.A. VIII, p. 73; X, p. 23); della famiglia de Bello, la cui attività venne svolta
quasi esclusivamente nell’ambito della città di Messina, Bellonio fu actorum notarius
(R.A. IV, p. 109; VII, pp. 22 e 192; XII, pp. 16, 202), Aliprando e Donadeo notarii campi
Messanae (R.A. IV, p. 164), e, attestando l’esercizio di un vero e proprio monopolio,
Giovannino fu notarii buczetti (R.A. VII, p. 211 e VIII, p. 66) e successivamente appal-
tava la carica di secretus Siciliae (R.A. IX, p. 42).
– 33 –
Luciano Catalioto
130
R.A. V, pp. 102, 106, 132.
131
Si veda PISPISA, Messina medievale. Uno sguardo, cit., p. 204 e ID., Messina nel
Trecento, cit., passim.
132
Ivi, p. 28.
– 34 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
133
Utile al riguardo GENUARDI, Il comune, cit., pp. 186 e 200 sgg., il quale osserva
come in quasi tutte le città siciliane, durante il regno aragonese, fosse attivo l’ufficio
della acatapania, retto dagli acatapani o maestri di piazza che derivavano dai giurati
preposti ai mercati nell’età di Federico II.
134
MARTINO, «Messana nobilis Siciliae caput», cit., p. 347. Il testo relativo alle leggi
suntuarie emanate per Messina il 16 giugno 1272 è integralmente riportato in R.A. VIII,
p. 185 e IX, p. 290; l’applicazione di uno statuto suntuario super moderandis dotibus et
cohercendo mulierum ornata venne confermata, dietro richiesta di alcuni cittadini mes-
sinesi presentatisi alla curia in qualità di ambaxatores e syndaci, allo stratigoto del centro
peloritano il 30 aprile 1273 (R.A. X, p. 63). Si veda, inoltre, G. DEL GIUDICE, Una legge
suntuaria inedita del 1290, Napoli 1887, p. 162.
135
Cfr. E. PISPISA, Il baronaggio siciliano nel Trecento: uno sguardo d’insieme, in
ID., Medioevo meridionale, cit., pp. 243-61; S. TRAMONTANA, Michele da Piazza e il po-
tere baronale in Sicilia, Messina-Firenze 1963; E. MAZZARESE FARDELLA, L’aristocrazia
siciliana nel secolo XIV e i suoi rapporti con le città demaniali: alla ricerca del potere,
in Aristocrazia cittadina e ceti popolari nel tardo Medioevo in Italia e in Germania, a
cura di R. ELZE – G. FASOLI, Bologna 1984, pp. 177-93.
– 35 –
Luciano Catalioto
136
Si vedano le osservazioni di Federico Martino a proposito della composizione
degli iudices a Messina tra il Vespro ed i primi anni del Trecento, dove risulta che quattro
famiglie attingono la militia tramite l’esercizio di cariche amministrative: MARTINO,
«Messana nobilis Siciliae caput», cit., p. 355.
137
CICCARELLI, Il tabulario, cit., vol. I, n. 106, pp. 232-35; vol. II, n. 180, pp. 152-
58; n. 192, pp. 191-93; n. 197, pp. 209-14; n. 221, pp. 292-96; n. 222, pp. 296-300; n.
231, pp. 325-30; nn. 254-55, pp. 406-13.
138
Ivi, pp. 120 sgg.
– 36 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
139
CATALIOTO, Terre, baroni e città, cit., cap. II. e passim.
140
CICCARELLI, Il tabulario, cit., vol. II, nn. 233 e 244, pp. 335-40 e 374-78.
141
Ivi, vol. II, nn. 146, 154, 191,193-96, 201, 202, 206-8, 210, 212, 213, 215, 225,
227, 228, pp. 43-46, 76-79, 188-91, 194-208, 223-28, 237-51, 254-57, 260-67, 272-75,
307-9, 312-19.
142
PISPISA, Messina nel Trecento, cit., pp. 5 sgg.
143
CICCARELLI, Il tabulario, cit., vol. I, n. 110, pp. 242-46; vol. II, n. 173, pp. 132-
4; n. 176, pp. 140-42; n. 184, pp. 165-68; n. 187, pp. 174-77; n. 204, pp. 231-34; n. 249,
pp. 393-96.
144
Ivi, n. 145, pp. 40-43.
– 37 –
Luciano Catalioto
145
È il caso, tra gli altri, di Bartolomeo Peregrino: CICCARELLI, Il tabulario, cit., vol.
I, n. 186, pp. 172-74 e n. 219, pp. 287-88.
146
Ivi, n. 203, pp. 229-31.
147
Ivi, n. 141, pp. 28-32.
148
Ivi, vol. I, nn. 116 sgg., 117, 121, 124-126, 128, 132, pp. 260-63, 264-69, 279-81,
289-304, 308-11, 324-27; II, nn. 137, 144, 147, 149, 163, 170, 172,188, 217, 247 e 248,
pp. 17-20, 37-40, 47-50, 56-61, 105-10, 120-23, 127-31, 178-82, 278-82, 386-93.
149
E. PISPISA, Economia e società a Messina nell’età di Federico III, in ID., Medioevo
fridericiano, cit., pp. 251-64. M.G. MILITI – C.M. RUGOLO, Per una storia del patriziato
cittadino in Messina (problemi e ricerche sul secolo XV), in «Archivio Storico Messi-
nese», XXIII-XXV, 1972-1974, p. 119.
150
Si veda C. SALVO, Una realtà urbana nella Sicilia medievale. La società messi-
nese dal Vespro ai Martini, Roma 1997, passim.
– 38 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
151
S.R. EPSTEIN, An Island for itself. Economic development and social change in
late medieval Sicily, Cambridge 1992, pp. 250 sgg. (trad. it.: Potere e mercati in Sicilia.
Secoli XIII-XVI, Torino 1996, da cui si cita).
152
PISPISA, Messina medievale. Uno sguardo, cit. p. 204.
153
ID., Messina nel Trecento, cit., pp. 5-37 e passim; ID., Stratificazione sociale, cit.,
pp. 388 sgg.; TRAMONTANA, Michele da Piazza, cit., pp. 256 sgg.; C. TRASSELLI, Note per
la storia dei banchi in Sicilia nel XIV secolo, Palermo 1958, pp. 63 sgg.
– 39 –
Luciano Catalioto
154
Un quadro esaustivo delle vicende politiche, economiche e sociali dell’isola fra
il Trecento e il Quattrocento è offerto, tra gli altri, da F. GIUNTA, La Sicilia angioino-ara-
gonese, Vicenza 1961; ID., Aragonesi e catalani nel Mediterraneo, vol. I, Palermo 1953;
V. D’ALESSANDRO, Politica e società nella Sicilia aragonese, Palermo 1963; I. PERI, La
Sicilia dopo il Vespro. Uomini, città e campagne (1282/1376), Roma-Bari 1982; ID., Re-
staurazione e pacifico stato in Sicilia (1377-1501), Roma-Bari 1988; H. BRESC, Un
monde méditerranéen. Economie et société en Sicile 1300-1450, Palermo 1986; P. COR-
RAO, Governare un regno, Napoli 1991; S. FODALE, Scisma ecclesiastico e potere regio
in Sicilia, I, Il duca di Montblanc e l’episcopato tra Roma e Avignone (1392-1396), Pa-
lermo 1979; ID., Il clero siciliano tra ribellione e fedeltà ai Martini (1392-1398), Pa-
lermo 1983.
155
Sull’età martiniana in Sicilia si vedano: R. MOSCATI, Per una storia della Sicilia
nell’età dei Martini, Messina 1954; PIERI, La storia di Messina, cit., A. BOSCOLO, La po-
litica italiana di Martino il Vecchio re d’Aragona, Padova 1962.
156
V. LA MANTIA, Antiche consuetudini delle città di Sicilia, Prefazione di A. RO-
MANO, Messina 1993, pp. 1-55.
– 40 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
157
Capitoli e privilegi di Messina, cit., p. 147.
158
E. PISPISA, Messina e i Martini, in ID., Medioevo meridionale, cit., p. 416; il do-
cumento è pubblicato alle pp. 429-35.
159
Capitoli e privilegi di Messina, cit., p. 147.
160
R. CESSI, Venezia e i regni di Napoli e Sicilia nell’ultimo trentennio del sec. XIV,
in «Archivio Storico per la Sicilia orientale», 8, 1911, pp. 321 sgg.
– 41 –
Luciano Catalioto
161
Esemplare, al riguardo, il fallimento delle ambascerie condotte dai messinesi Ja-
copo Castello e Tutio Umano nel corso del 1399: Capitoli e privilegi di Messina, cit., pp.
153 sgg. e MOSCATI, Per una storia, cit., pp. 95 sgg.
162
PISPISA, Stratificazione sociale, cit., p. 394. Si veda, per un’indagine più estesa,
ID., Messina nel Trecento, cit., pp. 335-40.
– 42 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
163
M.G. MILITI, Vicende urbane e uso dello spazio a Messina nel secolo XV, in
«Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina», I, 1983, p 67.
164
E. PISPISA, Ceti sociali professioni e mestieri a Messina nel Quattrocento, in ID.,
Medioevo meridionale, cit., p. 440.
165
Si veda a questo proposito C.M. RUGOLO, Ceti sociali e lotta per il potere a Mes-
sina nel secolo XV. Il processo a Giovanni Mallono, Messina 1990 e C. TRASSELLI, La
«Questione sociale» in Sicilia e la rivolta di Messina del 1464, Palermo 1955.
– 43 –
Luciano Catalioto
166
PISPISA, Ceti sociali, cit., pp. 443 sgg.
167
S. TRAMONTANA, Antonello e la sua città, Palermo 1991. Preziose indicazioni
sono contenute in un recente intervento non ancora edito dello storico messinese, dal ti-
tolo Antonello da Messina: i luoghi, il lavoro, la mentalità, in occasione di una giornata
di studio su “Antonello da Messina e l’attività di Cesare Brandi in Sicilia” svoltasi a
Messina il 26 settembre 2006 nell’ambito del “Progetto Città di Antonello” promosso
dall’Università degli Studi di Messina. Si veda, inoltre, E. PISPISA, Il messinese Anto-
nello, in ID., Medioevo meridionale, cit., pp. 315-20.
168
La crescita di una forte sensibilità religiosa della città nei confronti del culto della
Madonna ed i serrati rapporti tra il Duomo e tutte le forze politiche e sociali di Messina
sono temi documentati da STARRABBA, I diplomi della Cattadrale, cit., passim ed ampia-
mente illustrati da PISPISA, La cattedrale di S. Maria, cit., pp. 265-84.
169
Per la cortesia con la quale mi ha fornito a questo riguardo suggerimenti ed utili
informazioni ringrazio Salvatore Tramontana, che nelle pagine seguenti si intende im-
plicitamente citato.
– 44 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
170
Queste le parole di Alfonso il Magnanimo in un documento del 1440: si veda
TRAMONTANA, Antonello da Messina: i luoghi, cit., ad indicem.
171
MARTINO, «Messana nobilis Siciliae caput», cit., p. 363.
172
PISPISA, La cattedrale di S.Maria, cit., pp. 265-84.
– 45 –
Luciano Catalioto
173
Si veda PISPISA, Messina nel Trecento, cit., passim.
174
Suggestivi i versi del cronista fiorentino: «Deh com’egli è gran pietate / Delle
donne di Messina / Veggendole scapigliate / Portando pietra e calcina. / Iddio gli dea
briga e travaglia / A chi Messina vuol guastare». MATTEO VILLANI, Cronica. Con la con-
tinuazione di Filippo Villani, a cura di G. PORTA, 2 voll., Fondazione “Pietro Bembo”,
Parma 1995, II, p. 141.
175
BARTOLOMEO DA NEOCASTRO, Historia Sicula (aa. 1250-1293), a cura di G. PA-
LADINO, Bologna 1921-1922, (RIS, XIII, III), pp. 67 sgg. e passim.
176
Si vedano: G. PITRÈ, Studi di leggende popolari in Sicilia e Nuova raccolta di leg-
gende siciliane, in «Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane», vol. XXII, Torino
1904, ad indicem; B. CROCE, Storie e leggende napoletane, Bari 1976; R.M. RUGGIERI,
La Fata Morgana in Italia: un personaggio e un miraggio, in «Cultura neolatina»,
XXXI, 1971, pp, 118 sgg.; G. CAVARRA, La leggenda di Colapesce, Messina 1995.
– 46 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
177
Si veda G. LA CORTE CAILLER, Orefici e argentieri in Sicilia nel secolo XV (da do-
cumenti inediti), in Le arti decorative del Quattrocento in Sicilia, a cura di G. CANTELLA,
Roma 1981, pp. 134 sgg.
178
PISPISA, Ceti sociali, cit., pp. 445 sgg.; C. TRASSELLI, I messinesi tra Quattro e
Cinquecento, in «Annali della Facoltà di Economia e Commercio di Messina», X, 1972,
passim; ID., Messina dal Quattrocento al Seicento, in E. PISPISA – C. TRASSELLI, Messina
nei secoli d’oro. Storia di una città dal Trecento al Seicento, Messina 1988, pp. 415-45.
179
Si veda G. FERRAÙ, La vicenda culturale, in La cultura in Sicilia nel Quattrocento,
Roma 1982, pp. 17-36.
– 47 –
Luciano Catalioto
180
E. PISPISA, “Regnum Siciliae”. La polemica sulla intitolazione, Palermo 1988,
passim.
181
A. ROMANO, Società e cultura giuridica nella Sicilia del Quattrocento, in Istitu-
zioni, diritto e società in Sicilia, a cura di A. ROMANO, Messina 1988, pp. 7 sgg.
182
M.G. MILITI, Artisti, committenza e aggregazione sociale a Messina alla fine del
Medioevo, in «Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina», II,
1983, pp. 560 e 559 sgg.; MILITI – RUGOLO, Per una storia, cit., p. 123; C. TRASSELLI,
Sulla economia siciliana del Quattrocento, in «Archivio Storico Messinese», s. 3a,
XXXIII, 1982, p. 28; TRAMONTANA, Antonello, cit., pp. 59-75; PISPISA, Messina nel Tre-
cento, cit., pp. 310 sgg.
183
L. SORRENTI, Il patrimonio fondiario in Sicilia, Milano 1984, p. 153.
– 48 –
MESSINA NEI MILLE ANNI DEL MEDIOEVO
184
PISPISA, Ceti sociali, cit., pp. 449 sgg.
185
Ivi, p. 451.
– 49 –
Luciano Catalioto
186
Come segnalato da PISPISA (Economia e società a Messina, cit., p. 251), il Fondo
Messina nell’archivio della Casa Ducale Medinaceli di Siviglia e le 952 pergamene che
compongono il tabulario di Santa Maria di Malfinò (CICCARELLI, Il tabulario, cit.) co-
stituiscono una fonte fondamentale per ricostruire le vicende patrimoniali di molti enti
ecclesiastici messinesi, ma anche per far luce sulla gestione politica e sugli eventi eco-
nomici e culturali della società urbana, dal momento che offre uno spaccato dove risal-
tano le azioni e gli orientamenti di molti esponenti dei ceti emergenti messinesi tra
Duecento e Trecento. Per un disegno della complessiva traiettoria medievale di Messina:
PISPISA, Messina medievale, cit. e ID., Messina nel Trecento, cit. Hanno affrontato tema-
tiche economiche e socio-istituzionali EPSTEIN, Potere e mercati in Sicilia, cit. (special-
mente pp. 246 sgg.) e MARTINO, «Messana Nobilis Siciliae Caput», cit., passim.
187
PISPISA, Messina medievale. Uno sguardo, cit., p. 210.
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