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PREMESSA -------------------------------------- 9 Accorri accorri accorri, uom, a la strada!, I ------ 51
Oimè d’Amor, che m’è duce sì reo, IV ------------- 52
La mia malinconia è tanta e tale, X ---------------- 53
LA NASCITA DELLE LINGUE NEO- Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso, XXII ---- 53
LATINE ------------------------------------------- 11 Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, XXVI ---- 54
Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l giorno, LI--------- 55
Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito?, XLVII 55
LE ORIGINI DELLA LETTERATURA S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, LXVI------------ 56
ITALIANA ED EUROPEA ------------------- 12 Tre cose solamente, LXXXVII ---------------------- 57
In taberna quando sumus----------------------------- 14 Dante Alighier, Cecco, ‘l tu’ serv’e amico, CI ---- 58
Si puer cum puellula ---------------------------------- 15 Dante Alighier, s’i’ so’ begolardo, CII ------------- 59
Chume, chume, geselle min! ------------------------- 16
Dulcissime ---------------------------------------------- 16
Ich was ein chint so wolgetan------------------------ 17 IL DOLCE STIL NOVO (1274-94) -------- 60
Vinum dulce gloriosum ------------------------------- 19 Guido Guinizelli (1235ca.-1276), Al cor gentil
Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.) ------------- 20 rempaira sempre amore, 1274 ----------------------- 60
Andrea Cappellano (1150-1220) -------------------- 21
Paolo di Tarso (4 d.C.-67 d.C.) ---------------------- 23 GUIDO CAVALCANTI (1258-1300) ------ 63
Walther von der Vogelweide (1170-1230) -------- 24 Voi che per li occhi mi passaste ‘l core ------------ 63
Chrétien de Troyes (1135ca.-1190) ----------------- 27 I’ vegno il giorno a te infinite volte ----------------- 64
Cielo d’Alcamo, sec. XIII ---------------------------- 28 In un boschetto trova’ pasturella -------------------- 65
Perch’i’ no spero di tornar giammai --------------- 66
LE MAGGIORI CORRENTI DEL
DUECENTO ------------------------------------- 30 DANTE ALIGHIERI (1265-1321) ---------- 68
La Vita nova, 1292-93 -------------------------------- 68
LA LETTERATURA RELIGIOSA --------- 30 Donne ch’avete intelletto d’amore, XIX ----------- 68
Francesco d’Assisi (1182-1226), Laudes Tanto gentile e tanto onesta pare, XXVI ---------- 71
creaturarum, 1224 ------------------------------------- 31 Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io----------------- 72
Tommaso da Celano (1190ca.-1260), Dies irae -- 33 Il Convivio, 1304-07----------------------------------- 72
Tommaso d’Aquino (1225-1274), Pange, lingua, Il De vulgari eloquentia, 1303-05 ------------------- 73
1264 ------------------------------------------------------ 35 Il De monarchia, 1313-18 ---------------------------- 73
La Divina commedia, 1306-21----------------------- 74
Commento per la prima volta si chiuse in una stanza con una sua
1. L’amore incomincia quanto prima e sicuramente coetanea e fece per la prima volta le sue acrobazie
prima dei 18 anni, data iniziale secondo le acute ri- sessuali. O era un fienile? O era nel bosco, in prima-
flessioni di Andrea Cappellano, De amore, II, 44 vedera? Ah, la memoria!
(1185). Puer è il ragazzo, iuvenis è il giovane. È bene 3. Un componimento così delizioso, musicato e sen-
non perdere tempo. suale non ha alcun corrispettivo nella letteratura ita-
2. Lo spettatore, ormai attempato, vorrebbe vedere, liana del tempo e successiva, del tutto permeata dalla
ma si accontenta di immaginare la scena e di ascolta- poesia religiosa. Qualcosa cambia soltanto nel sec.
re con gusto il cantante e la musica. E ricorda quando XV.
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Er nam den chocher unde den bogen Poi prese l’arco e la faretra,
bene venabatur cacciava molto bene!
der selbe hete mich betrogen Mi ha ingannato,
ludus compleatur. il gioco è finito.
Hoy et oe Hoy et oe
Maledicantur thylie Maledetti siano i tigli,
iuxta viam posite. posti lungo la via!
Amen. Amen
Commento
1. L’oggetto dell’odio e dell’amore è Lesbia, una ra-
gazza che fa sempre di testa sua e che si concede a
chi vuole: non è proprietà di nessuno. Catullo la vor-
rebbe tutta per sé.
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Riassunto. Una ragazza racconta la sua avventura 2. La lirica appartiene al genere diffusissimo delle pa-
amorosa. Aveva un appuntamento con il suo amico in storelle, che si concedono senza alcuna remora so-
mezza campagna. Lei va, lui le aveva già preparato ciale o religiosa. Si può confrontare con Ich was ein
un letto di fiori. Quindi si baciano e si dedicano ad chint so wolgetan (Ero una bambina innocente), più
intense attività sessuali. Chi passa di là vede ancora sopra, e con Guido Cavalcanti, In un boschetto trova’
l’erba calpestata. Ma è pudica: nessuno lo deve sape- pasturella (In un boschetto trovai una pastorella), più
re, neanche noi, perché si vergognerebbe. E nessuno sotto. Conviene però fare anche altri confronti: con le
saprà mai come lui l’ha amata, lo sapranno soltanto regole dell’amor cortese di Andrea Cappellano (De
loro due e un uccellino, che manterrà il segreto. amore, II, 44), con Dante (Tanto gentile e tanto one-
sta pare), con Cecco Angiolieri (Becchin’amor! –
Commento Che vuo’, falso tradito?, XLVII; Tre cose solamente
1. Una garbata lirica d’amore, che presenta l’amore m’ènno in grado, LXXXVII) e con Petrarca, che vede
fisico senza remore: i due ragazzi si sono dati appun- Laura nuda e accaldata in una pozza d’acqua, ma non
tamento in mezzo campagna per consumare. Niente le salta addosso, preferisce fare collegamenti mitolo-
schermaglie, niente promesse di matrimonio, niente gici nella sua testa (Nel dolce tempo della giovinezza,
chiacchiere, ma soltanto baci e abbracci e un’intensa XXIII; Chiare, fresche et dolci acque, CXXVI). Un
attività fisica. La ragazza confessa che si vergogne- altro confronto possibile è con l’amore mistico di Ja-
rebbe, se qualcuno lo venisse a sapere. Ha ragione… copone da Todi (O Segnor, per cortesia), che si augu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 25
ra l’autodistruzione perché con i suoi peccati ha mes-
so in croce Gesù, il suo Signore. Poi si può saltare a
Boccaccio (le novelle erotiche del Decameron, 1348-
51), Masuccio Salernitano (Novellino, 1476), Ariosto
(Angelica e Medoro), Tasso (Erminia tra i pastori, Il
giardino della maga Armida), Paolo Giorza (1832-
1914, La bella Gigogin, 1858), un tripudio erotico-
politico-militare, e quindi ai brani musicali contem-
poranei (Marie Laforêt, 1939-2019, La vendemmia
dell’amore, 1963; Alberto Testa-Eros Sciorilli, Sono
una donna, non sono una santa, 1971). Non è cattiva
idea dare uno sguardo anche alla pittura e alla scultu-
ra italiana e soprattutto straniera, che ama i boschi, i
fiumi, i mari, dove le ragazze hanno l’abitudine di gi-
rar nude, di farsi rapire e di farsi violentare.
3. Nella letteratura italiana un testo simile a Under
der linden (Sotto il tiglio) si trova soltanto in tempi
recentissimi: Alberto Testa-Eros Sciorilli, Sono una
donna, non sono una santa, 1971:
28. «Sazzo che m’ami, [e] àmoti di core paladino. 28. Lei «Lo so che mi ami, e io ti amo di cuore, lealmente.
Lèvati suso e vatene, tornaci a lo matino. Ora alzati e vattene, torna qui domattina.
Se ciò che dico fàcemi, di bon cor t’amo e fino. Se fai per me ciò che dico, ti amerò di buon cuore
Quisso t’[ad]imprometto sanza faglia: e lealmente. Qui te lo prometto senza errori:
te’ la mia fede che m’hai in tua baglia». eccoti la mia parola, mi hai in tuo potere».
29. «Per zo che dici, càrama, neiente non mi movo. 29. Lui «Per ciò che dici, o mia cara, non mi muovo
Intanti pren[n]i e scànnami: tolli esto cortel novo. affatto. Piuttosto prendi e scannami, prendi questo coltello
Esto fatto far pòtesi intanti scalfi un uovo. nuovo. Questa cosa si può fare prima di cuocere un uovo.
Arcompli mi’ talento, [a]mica bella, Esaudisci il mio desiderio, o amica bella,
ché l’arma co lo core mi si ‘nfella». poiché l’anima e il cuore mi si intristiscono».
30. «Ben sazzo, l’arma dòleti, com’omo ch’ave arsura. 30. Lei «Lo so bene, l’anima ti duole come un uomo che
Esto fatto non pòtesi per null’altra misura: ha sete. Questa cosa non si può realizzare in nessun altro
se non ha’ le Vangel[ï]e, che mo ti dico ‘Jura’, modo: se non hai il Vangelo affinché io dica “Giura!”,
avere me non puoi in tua podesta; non puoi avermi in tuo potere;
intanti pren[n]i e tagliami la testa». piuttosto prendimi e tagliami la testa».
31. «Le Vangel[ï]e, càrama? ch’io le porto in seno: 31. Lui «Il Vangelo, o mia cara? Io lo porto in tasca:
a lo mostero présile (non ci era lo patrino). l’ho rubato in chiesa (il prete non c’era).
Sovr’esto libro júroti mai non ti vegno meno. Su questo libro ti giuro di non tradirti mai.
Arcompli mi’ talento in caritate, Esaudisci il mio desiderio, per favore (=dàmmela!),
ché l’arma me ne sta in sut[t]ilitate». poiché l’anima mia si sta consumando».
32. «Meo sire, poi juràstimi, eo tut[t]a quanta incenno. 32. Lei «O mio signore, poiché hai giurato, io son tutta un
Sono a la tua presenz[ï]a, da voi non mi difenno. Mi offro a te, non mi difendo più da voi. fuoco.
S’eo minespreso àjoti, merzé, a voi m’arenno. Se ti ho disprezzato, [ti chiedo] perdono, mi arrendo a voi.
A lo letto ne gimo a la bon’ora, Andiamo subito a letto,
ché chissa cosa n’è data in ventura». poiché questa cosa ci è stata data dalla sorte».
Riassunto. Il pretendente corteggia con insistenza una congiungano nel rapporto sessuale”. L’amore di cui il
ragazza, facendole numerosi complimenti: è una rosa contrasto parla è l’amore fisico e soltanto l’amore fi-
profumata del giardino, è la più bella donna che ha sico. Ma i due sono contenti.
incontrato, si è subito innamorato di lei. Ma precisa: 4. Il contrasto va confrontata con Ich was ein chint so
vuole pascolare nel suo giardino (=la vagina) e con- wolgetan (Ero una bambina innocente), più sopra, e
sumare fisicamente il rapporto. Lei oppone una resi- poi con i sonetti a botta e risposta di Cecco Angiolie-
stenza sempre più debole: deve andarsene, i suoi pa- ri, come “Becchina, amor!”, più sotto.
renti lo possono malmenare, non l’ha mai data a nes- 5. Il maiuto (23) è una stoffa di lusso per persone di
suno, anche se nobile e ricco, e lui è uno spiantato, basso ceto.
deve chiedere la sua mano ai suoi genitori. Addirittu- 6. “Devo congiungermi insieme a te per peccare”: di-
ra lo minaccia di andare in convento e di suicidarsi: versa era la visione della donna di Giacomo da Lenti-
non vuole concedersi a lui. Alla fine è disposta a dar- ni, Io m’aggio posto in core a Dio servire (1250ca.),
gliela e si accontenta di un giuramento di fedeltà sui Guido Guinizelli, Al cor gentil rempaira sempre
Vangeli. Quindi si scatena e rivela la sua vera natura: Amore (1274), Dante Alighieri, Tanto gentile e tanto
andiamo subito a letto, è il nostro destino! onesta pare (1295ca.), nei quali la donna porta
l’uomo a Dio. E poi ci sono i sonetti irriverenti di
Commento Cecco Angiolieri e Dante Alighieri, Divina comme-
1. La poesia è un contrasto, cioè un componimento a dia, If V, Paolo e Francesca, lussuriosi.
botta e risposta, costituito da 32 strofette di cinque 7. La donna non cede subito, è volgare farlo, e vuole
versi ciascuna. Nelle strofette si alternano lui e lei. Il un po’ di scenografia e il pretendente gliela offre. Poi
linguaggio usato lo colloca in Sicilia. Sull’autore ci lei rivela di essere una ninfomane (un essere immagi-
sono scarse notizie. nario, mai esistito): vuole consumare subito.
2. “Poniamo che s’ajúnga il nostro amore” (“Fac- 8. Il pretendente è disposto anche a possederla da
ciamo in modo che il nostro amore si unisca!”) signi- morta (25). È necrofilo.
fica: “Facciamo in modo che i nostri due corpi si
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 29
Le maggiori correnti del Duecento maggioranza della popolazione. Sarebbe meglio fare
pure la storia dei testi religiosi e popolari, anch’essi
Le maggiori correnti letterarie del Duecento sono: appartengono alla storia, alla cultura e alla società.
a) la Scuola siciliana (1230ca.-1260ca.); ------------------------------I☺I-----------------------------
b) la Scuola toscana (1260ca.-1280ca.);
c) la corrente comico-realistica (1260ca.-1310ca.);
d) il Dolce stil novo (1274-1294). La letteratura religiosa
Per tutto il secolo poi ha una diffusione capillare la I maggiori esponenti della letteratura religiosa sono
letteratura religiosa, che usa spesso il latino. Il termi- Francesco d’Assisi (1182-1226), Tommaso da Celano
ne religioso è soltanto indicativo perché è inadeguato. (1190ca.-1260), Tommaso d’Aquino (1225-1274) e
La letteratura religiosa è quasi tutta la letteratura esi- Jacopone da Todi (1236ca.-1306).
stente e gli autori sono per lo più ecclesiastici o, in
alternativa, sono laici che hanno intrapreso la ben re- Francesco d’Assisi (1182-1226) è figlio di un ricco
munerata carriera ecclesiastica ma che in cuore sono mercante, conduce una vita dissipata, quindi ha una
rimasti laici o quasi. Il più importante e il più famoso crisi religiosa che lo porta a convertirsi. Fonda l’ordi-
è Francesco Petrarca (1304-1374) del secolo succes- ne dei frati minori, i cui ideali sono l’umiltà, la pover-
sivo. tà, la castità e una totale fiducia nella Provvidenza di-
Le storie della letteratura vogliono fare letteratura al- vina. Francesco propone questi valori in una società
ta, letteraria, quella prodotta dai letterati per i lettera- dilaniata dai contrasti politici tra fazioni rivali e dalle
ti, che usa l’italiano o il latino, non importa. Ma essa polemiche religiose, che impegnano le sette eretiche
è soltanto una parte minima dei testi prodotti nel cor- contro la corruzione della Curia romana. Egli vuole
so del tempo. A questa scelta si aggiunge pure la dif- riformare la Chiesa restando dentro la Chiesa, perciò
fidenza laica verso ciò che ha anche soltanto una par- chiede ed ottiene il riconoscimento della Regola pri-
venza di religioso e un laicismo che si trasforma subi- ma verbalmente da papa Innocenzo III nel 1209, poi
to in sano e violento anticlericalismo. Così sono e- ufficialmente da papa Onorio III nei 1223. Muore nel
marginate la letteratura religiosa e la letteratura popo- 1226.
lare, che invece sono diffusissime e coinvolgono la
1. Michelangelo Buonarroti, La creazione del Sole, della donne già sposate. E le dee non erano da meno: cercavano
Luna e delle piante, 1511. Dalla creazione del Cielo (il So- un amante con cui spassarsela per bene. Afrodite, moglie
le, la Luna, le stelle) Dio passa alla creazione delle piante (non si sa perché) di Vulcano, lavoratore e stakanovista,
sulla Terra. L’Olimpo cristiano è enorme e si può oppor- dava il buon esempio. Ma le ninfe si addormentavano già
tunamente confrontare con quello pagano, che invece è ben nude nei boschi, così non perdevano tempo a spogliarsi.
misero. Le divinità pagane avevano un’unica passione o I miti greci sono ereditati dalla società europea che riparte
un unico passatempo: dedicarsi alle attività sessuali e poi dopo l’anno 1000 e le storie più sporche (per pari oppor-
interferire nelle questioni umane. Infilavano il pene (so- tunità anche quelle della Bibbia) diventano tópoi artistici
prattutto Giove) anche in vagine non consenzienti e in per secoli e secoli, fino ai nostri giorni.
II 2.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, Che tu sia lodato, o mio Signore, con tutte le creature,
spetialmente messor lo frate sole, specialmente [per averci dato] messer fratello Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui. che è luce del giorno, e tu c’illumini per mezzo di lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, Esso è bello e irraggia grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione. di te, o Altissimo, è il simbolo.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella luna e le
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. in cielo le hai create lucenti, preziose e belle. stelle:
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello vento,
et nubilo et sereno et onne tempo, il cielo nuvoloso e sereno e ogni tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento. per mezzo del quale sostieni la vita delle tue creature.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. che è molto utile, umile, preziosa e casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello fuoco,
per lo quale ennallumini la nocte, per mezzo del quale tu illumini la notte:
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte. esso è bello, gioioso, gagliardo e forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, Che tu sia lodato, o mio Signore, per nostra sorella
la quale ne sustenta et governa, madre terra, che ci nutre e ci governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. e produce diversi frutti, fiori colorati ed erba.
III 3.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano Che tu sia lodato, o mio Signore, per coloro
per lo tuo amore, che perdonano per tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione. e sopportano malattie e sofferenze.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, Beati coloro che le sopporteranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano incoronati. che da te, o Altissimo, saranno accolti in paradiso.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corpo- Che tu sia lodato, o mio Signore,
rale, per nostra sorella morte del corpo,
da la quale nullu homo vivente pò skappare: dalla quale nessun uomo vivente può fuggire:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; guai a coloro che morranno in peccato mortale;
beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, beati quelli che troverà nella tua santissima volontà,
ka la morte secunda no ‘l farrà male. perché la morte dell’anima non farà loro alcun male.
IV 4.
Laudate et benedicete mi’ Signore Lodate e benedite il mio Signore,
et ringratiate et serviateli cum grande humilitate. e ringraziatelo e riveritelo con grande umiltà.
Riassunto. 1) Francesco si rivolge a Dio, altissimo e che non morranno in peccato mortale ma in grazia di
onnipotente. 2) E lo loda perché ci ha dato tutte le Dio e che eviteranno la seconda morte, quella
creature. Lo loda perché ci ha dato il sole, che ci illu- dell’anima. 4) Infine invita a lodare, riverire e servire
mina. Perché ci ha dato la luna e le stelle, che brillano Dio con grande umiltà.
in cielo e sono preziose e belle. Perché ci ha dato il
vento, il cielo nuvoloso e sereno, con cui nutre le sue Commento
creature. Perché ci ha dato l’acqua, che è utile, e il 1. Francesco scrive le due Regole, il Cantico di Frate
fuoco, che illumina la notte. E perché ci ha dato la ter- Sole (o Laudes creaturarum) e il Testamento. Il canti-
ra, che ci nutre con i suoi frutti ed è piena di fiori. 3) co, scritto forse nel 1224, riprende due salmi della
Poi loda coloro che perdonano e che sopportano le Bibbia (Salmo 148; Daniele III, 52-90), che invitano
sofferenze e le malattie con pazienza, e che saranno le creature a lodare Dio. Esso presenta una difficoltà
premiati con il paradiso. Loda la morte (sottinteso, del di interpretazione: il significato da dare alla preposi-
corpo), che nessuno può evitare. Sono beati coloro zione per dei vv. 10, 12, 15, 17 ecc. Per può significa-
Quid sum miser tunc dicturus? Che cosa io, infelice, allora dirò?
quem patronum rogaturus, quale avvocato chiamerò,
cum vix justus sit securus? quando a stento il giusto sarà sicuro?
Amen. Amen.
Commento
1. Il Dies irae è una delle sequenze (=testi poetici che
si adattano al canto) più note del latino medioevale, e
ancor oggi è inserita nella liturgia dei defunti. Esso
mostra quanto la spiritualità medioevale sentisse in
termini drammatici il problema della salvezza eterna e
il problema del rapporto dell’uomo con Dio, suo crea-
tore.
2. Il testo è scritto in latino, la lingua ufficiale della
Chiesa (e della cultura del tempo). Se si esclude la va-
sta produzione di Jacopone da Todi, la letteratura re-
ligiosa in lingua italiana non presenta testi di uguale
intensità e valore sino agli Inni sacri di Alessandro
Manzoni (1785-1873). 1. Little boy (=piccolo ragazzo), lanciato sulla città di Hiro-
3. La vita umana è vista come un cammino verso il shima (Giappone), 06-08-1945. 120.000 morti al momento
ricongiungimento con Dio nell’altra vita. La vita ter- e 60.000 in seguito. Ctiminali gli scienziati, criminali i po-
rena quindi è vista e vissuta costantemente in funzio- litici, criminali i piloti.
ne della vita ultraterrena. Il Giudizio Universale, a cui
tutta l’umanità sarà sottoposta, è uno dei motivi più
diffusi nell’immaginario collettivo medioevale. D’al- che non si usa più e mai parlata. Grammatica e sintas-
tra parte l’uomo medioevale, che non conosceva né si aiutano.
l’igiene né la medicina né il controllo della natalità né ------------------------------I☺I-----------------------------
un’alimentazione sufficiente, viveva in costante con-
tatto con la morte nella vita quotidiana. Il frate domenicano Tommaso d’Aquino (1225-
4. Il giusto teme di finire nel fuoco eterno. Per evitare 1274) è considerato l’autore dell’inno Pange, lingua.
ciò, non si rivolge alla Madonna, il cui culto si stava Il teologo si dedica alle questioni dottrinarie e filoso-
diffondendo e consolidando, ma ancora a Gesù. Inve- fiche, alla diffusione delle sue tesi e alla costruzione
ce nella Divina commedia (Pd XXXIII, 1-54; 1317- di un sistema di pensiero che la Chiesa farà proprio
21) Bernardo e tutti i santi si rivolgono alla Madonna. nei decenni successivi. Si impegna però anche a scri-
5. Il latino del testo è facile. Per chi studia latino può vere inni sacri che permettano di esprimere coralmen-
essere un’occasione per dimostrare le proprie capacità te la fede. La fede non ha solamente una dimensione
di traduttore. Il contatto con il testo è il miglior modo razionale e filosofica, ma ha anche una dimensione
per imparare una lingua, soprattutto una lingua antica, più semplice e immediata, che si esprime nel canto.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 34
Tommaso d’Aquino (1225-1274), Pange, Canta, o mia lingua
lingua, 1264
Commento
1. Il testo è fedele ai Vangeli, presenta le verità della sono attive soltanto in relazione a nemici esterni (e
fede, ma mostra anche una divinità vicina agli uomini. non sempre).
L’inno è incentrato sul dogma dell’eucarestia: il pane ------------------------------I☺I-----------------------------
e il vino si trasformano veramente nel corpo e nel
sangue di Gesù. Poi la comunione in chiesa e l’agàpe,
il pranzo privato, consolidano i rapporti sociali.
2. La conclusione è comprensibile: la centralità di
Dio, uno e trino, serve a contenere i contrasti e le ten-
sioni tra gli uomini. Mentre si loda la Santissima Tri-
nità, non si ha tempo per litigare. La storia però inse-
gna che l’unità e la compattezza di un gruppo sociale
Fac me tecum pie flere, Fa’ che io pianga con te, o pia,
Crucifìxo condolére e che io soffra insieme con il crocifisso,
donec ego vìxero. finché io vivrò.
Fac me cruce custodìri O Cristo, fa’ che io sia custodito dalla croce,
morte Christi praemunìri, che io sia protetto dalla tua morte,
confovéri grátia. che sia favorito dalla grazia.
Amen. Amen.
Commento
1. La passione e morte di Cristo è vista con gli occhi la morte di Cristo in croce vista con gli occhi della
della Madonna o, meglio, tutta la sequenza insiste sul Madonna, ma punta maggiormente sul dramma della
dolore della Madonna, che vede il Figlio straziato dal- Madonna che diventa una madre qualsiasi, che perde
le ferite, che muore sulla croce. Nella sequenza però il figlio. E insiste sul dolore e sull’angoscia che la es-
compare anche il fedele, che chiede di soffrire insie- sa soffre da sola e sul rapporto drammatico tra la Ma-
me con la Vergine e con il Figlio. Alla fine chiede alla dre ed il Figlio, che è condotto a morire sulla croce.
Madonna di difenderlo nel giorno del giudizio univer- Non c’è la figura del credente. C’è però lo spettatore,
sale, ma si rivolge anche al Figlio, affinché attraverso che partecipa emotivamente al dramma dei protagoni-
sua Madre lo accolga nella gloria del paradiso. sti.
2. La sequenza va confrontata con la visione della fi- 4. Il testo è scritto in un latino semplice, chiaro e
gura femminile che le correnti laiche stavano propo- comprensibile. È costituito da terzine i cui primi due
nendo. Giacomo da Lentini (1210ca.-1260ca.), il versi sono in rima. Vuole presentare le sofferenze del-
maggiore esponente della Scuola siciliana, dice che la Madonna o, meglio, della Madre di Cristo. Non
vuole andare in paradiso, ma vuole andarci con la sua vuole attardarsi a questioni dottrinali. La religiosità
donna, non per commettere peccato, ma per vederla proposta è quella che il popolo può capire e la più
nella gloria del cielo. adeguata a un inno che si canta coralmente in chiesa.
3. Alla fine del Duecento Jacopone da Todi (1236 5. Ad esso si possono confrontare la Vergine di Dante
ca.-1306) in una lauda propone ancora la passione e (Pd, XXXIII) e di Petrarca (Canzoniere, CCCLXVI).
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 37
O Segnor, per cortesia O mio Signore, per cortesia
Enfin del mondo a la finita Fino alla fine del mondo (=fino alla morte)
sì mme duri questa vita mi sia data questa vita,
e poi, a la scivirita, e poi alla partenza [per l’al di là]
dura morte me sse dìa. mi sia data una dura morte.
Signor meo, non n’è vendetta O mio Signore, non è vendetta (=punizione ingiusta o
tutta la pena ch’e’ aio ditta, tutta la pena che ho detto, eccessiva)
ché me creasti en tua diletta perché tu mi hai creato con [un atto d’] amore
et eo t’ho morto a villania. ed io ti ho ucciso con l’ingratitudine.
CRISTO Mamma col core afflitto, CRISTO O mamma, con il cuore afflitto
entro ‘n le man’ te metto tra le mani ti metto
de Ioanni, meo eletto; di Giovanni, il mio prediletto:
sia to figlio appellato. sia chiamato tuo figlio.
VERGINE Figlio, l’alma t’è ‘scita, VERGINE O figlio, l’anima ti è uscita [dal corpo],
figlio de la smarrita, figlio della smarrita,
figlio de la sparita, figlio della sperduta,
figlio attossecato! figlio avvelenato!
Amor è un desio che ven da core L’amore è un desiderio che proviene dal cuore,
per abbondanza di gran piacimento; quando esso prova un grandissimo piacere;
e li occhi in prima generan l’amore in un primo momento gli occhi generano l’amore,
e lo core li dà nutricamento. in un secondo momento il cuore lo nutre.
Ben è alcuna fiata om amatore È ben vero che tlvolta qualcuno s’innamora
senza vedere so ‘namoramento, senza vedere la donna di cui è innamorato;
ma quell’amor che stringe con furore ma quell’amore che ti prende con furore
da la vista de li occhi ha nascimento: nasce soltanto dalla visioe degli occhi:
Riassunto. L’amore – dice il poeta – è un desiderio normale, praticato dalla maggioranza delle persone.
che proviene dal cuore che prova grandissimo piacere. L’amore passa da una visione aristocratica ed esclusi-
In un primo momento l’amore è generato dagli occhi, vistica ad una visione più vicina alla vita quotidiana.
in un secondo momento è nutrito dal cuore. Talvolta 2. L’amore è fisico, e provocato dalla bellezza fisica
qualcuno si innamora senza vedere la donna amata. della donna. La donna è caratterizzata fisicamente,
Ma quell’amore che sconvolge senza freni nasce sol- non in altro modo. Essa si presenta nella forma di una
tanto attraverso gli occhi, poiché soltanto essi mostra- bellezza stilizzata e stereotipata: è bionda, ha i capelli
no al cuore gli aspetti belli e brutti di ogni cosa. Poi il lunghi, si trucca. Non ha alcuna identità psicologica.
cuore si rappresenta l’immagine che riceve, e prova 3. Giacomo da Lentini è considerato l’inventore del
piacere per questo desiderio. E questo è l’amore che sonetto, un breve componimento di 14 versi di ende-
regna tra la gente. casillabi (cioè di 11 sillabe), organizzati in due quar-
tine seguite da due terzine, variamente rimati tra loro.
Commento ---I☺I---
1. Il poeta polemizza con la concezione provenzale
dell’amore cantata da Jaufré Rudel, l’amore di terra
lontana, per una donna lontana, mai vista. E propone
una concezione che si basa sulla concretezza: egli ve-
de la donna; la visione entra per gli occhi e giunge fi-
no al cuore; il cuore batte forte e prova piacere a rap-
presentarsi l’immagine della donna. Questo è l’amore
Chi vide mai così begli ochi in viso, Chi ha mai visto occhi così belli da vedere
né sì amorosi fare li sembianti, né occhi che rendano le sembianze così belle
né boca con cotanto dolce riso? né bocca che abbia un sorriso così dolce?
Commento
1. Il poeta prova un sentimento di ebbrezza estatica
davanti alla sua donna. L’intensità di questa emozione
è resa ripetendo più volte la parola viso (anafora). I
versi riescono a riprodurre efficacemente questa estasi
terrena e laica. Essa va confrontata con l’estasi misti-
ca di Jacopone da Todi (O Segnor, per cortesia) o di
Dante (Pd XXXIII, 97-145).
2. Il sonetto si propone di usare il maggior numero di
volte la parola-chiave viso: ben 10. Il poeta vuole di-
mostrare la sua abilità in questa sfida difficile. Anche
Dante, con le rime petrose, si cimenta in questo gene-
re letterario. Si allena per scrivere la Divina comme-
dia.
3. In questo sonetto, ma anche negli altri, il poeta po-
lemizza con un’altra concezione dell’amore prove-
niente dalla Francia, quella di Andrea Cappellano, che
vive alla corte del re di Francia. Nel De amore (I, 1)
(più sopra) afferma che l’amore è pena e tormento,
che la natura ha voluto infliggere all’uomo. Tuttavia
l’uomo e la donna si innamorano e cercano baci e ab-
bracci e anche esercizi fisici: “È facile vedere che 1. Diego Velázquez, Incoronazione della Vergine, 1645.
l’amore sia una passione (=un forte turbamento che si ---I☺I---
subisce): prima che l’amore diventi stabile per cia-
scuna delle due parti, l’angoscia non è maggiore, poi-
ché sempre uno dei due amanti teme che l’amore [che
lo domina] non raggiunga l’effetto desiderato (=la
conquista dell’altro) e teme di usare invano le sue
energie”. Questa concezione si diffonde in Europa al-
la fine del sec. XII.
Io m’aggio posto in core a Dio servire, Io mi sono proposto in cuore di servire Dio,
com’io potesse gire in paradiso, per poter andare in paradiso,
al santo loco ch’aggio audito dire, nel santo luogo, dove (ho sentito dire),
u’ si manten sollazzo, gioco e riso. c’è sempre divertimento, gioco e risate.
Sanza mia donna non vi voria gire, Senza la mia donna non vi vorrei andare,
quella c’ha blonda testa e claro viso, quella che ha i capelli biondi e il viso luminoso,
ché sanza lei non poteria gaudere, perché senza di lei non potrei essere felice,
estando da la mia donna diviso. restando separato dalla mia donna.
Commento
1. Il poeta trova il modo per rendere compatibili l’a-
more per la sua donna e la salvezza ultraterrena. Tra-
dizionalmente la donna era considerata la tentatrice,
che conduceva l’uomo alla dannazione eterna (nella
Bibbia essa, istigata dal serpente, tenta l’uomo con la
mela, e porta il genere umano a una vita di fatiche e di
sofferenze). Ora essa diventa l’intermediaria tra
l’uomo e Dio: se l’uomo si salva, si salva per merito
della donna, che è una creatura celeste. Incomincia
così l’opera di recupero della figura femminile. Con-
temporaneamente sorge e si diffonde il culto della
Madonna, la Madre di Dio, alla quale il fedele si ri-
volge di preferenza per piegare la volontà del Figlio e
ottenere la grazia.
2. Con il tempo usi e costumi cambiano e la società
francese ed europea vuole un amore fisico e edonisti-
co, giustificato dalla bellezza dei corpi femminili.
Riassunto. Il poeta vede la sua donna innamorata e si 2. La cultura laica deve fare i conti con la Chiesa, che
rallegra. Ricorda quando la baciava e le accarezzava i da secoli ha il completo dominio della cultura tradi-
seni. La donna lo rimprovera: non è buona usanza zionale. Essa perciò deve trovare il suo spazio pren-
partire e lasciare la propria donna. Egli allora la rac- dendo e reinterpretando un motivo del campo avver-
comanda a Dio, mentre lei sospira e piange, perché sario: la figura della donna. Per la Chiesa la donna era
non vuol lasciarlo partire. Ma egli non va tanto lonta- sia Eva, la tentatrice, che induceva l’uomo al peccato,
no da dimenticarla. E, quando al ritorno la rivede, sia la Vergine Maria, che accettava di diventare Ma-
cessa di soffrire e si rallegra di gioia. dre di Dio, per salvare l’umanità intera. Per la nuova
cultura la donna è colei con cui si va insieme in para-
Commento diso o colei che si ammira in paradiso. Una volta sot-
1. Il poeta svolge il tema della partenza. La sua donna tratto all’ambito della cultura ecclesiastica, questo
lo ama e la partenza gli è dura. Ricorda quando l’ab- tema può conoscere numerose variazioni all’interno
bracciava e le accarezzava i seni. Ora lei piange, per- della successiva produzione letteraria in campo laico.
ché non vuole che parta. Egli la raccomanda a Dio. ------------------------------I☺I-----------------------------
Ma non va tanto lontano da dimenticarla. E, quando
ritorna, il suo cuore cessa di soffrire e si rallegra.
Tutt’or ch’eo dirò “gioi”, gioiva cosa, Ogni volta che dirò “gioia”, [cioè] cosa gioiosa,
intenderete che di voi favello, intenderete che parlo di voi (=la donna del poeta),
che gioia sete di beltá gioiosa che siete gioia piena di gioiosa bellezza
de gioia di piacer gioioso e bello; e gioia (=fonte) di piacere gioioso e bello;
e gioia in cui gioioso avenir posa, E gioia in cui riposa un gioioso avvenire; gioia
gioi d’adornezze e gioi di cor asnello; che nasce dal bel portamento e dal corpo snello;
gioia in cui viso è gioi tant’amorosa gioia, in cui il viso è gioia tanto piena d’amore,
ched è gioiosa gioi mirare in ello. che è gioia gioiosa fissare gli occhi in esso.
Per ch’eo, gioiosa gioi, sì disioso Perciò io, o mia gioia gioiosa, mi ritrovo
di voi mi trovo, che mai gioi non sento così desideroso di voi, che mai gioia non sento
se ‘n vostra gioi il meo cor non riposo. se nella vostra gioia non ripongo in pace il mio cuore.
Riassunto. Il poeta vuole parlare della sua donna co- che risulta per un certo verso povera, perché il poeta
me della gioia che è fonte di gioia e di piacere per lui. deve preoccuparsi di usare il numero più elevato pos-
Egli prova gioia nel guardare il suo aspetto gioioso e sibile di volte la parola gioia. Egli ha due possibilità:
il suo corpo snello. Prova gioia nel pensare a lei e o articola il complimento e la lode o sacrifica l’arti-
nell’ammirarla. Egli potrà provare gioia e trovare pa- colazione della lode per usare una volta in più la paro-
ce soltanto se il suo cuore potrà riposare in lei. Il rias- la chiave. Il climax riesce a controbilanciare adegua-
sunto, che riferisce semplicemente la trama o il con- tamente l’anafora. Il sonetto va perciò valutato come
tenuto, è inadeguato: per il poeta ciò che conta è la espressione di abilità, non da altri punti di vista. Da
capacità di usare il maggior numero possibile di volte altri punti di vista esso potrebbe perdere il suo fascino
la parola gioia e la capacità di rendere il sentimento di e il suo impatto sul lettore.
estasi amorosa che egli prova davanti alla sua donna, 2. Guittone si riallaccia alla poesia provenzale del
la sua gioia. trobar clus (fine sec. XII), che era la poesia chiusa,
difficile e per pochi eletti. Egli però abbandona i pro-
Commento positi provenzali di una poesia enigmatica, per dare
1. Il poeta ripropone l’estasi mistica che Giacomo da prova di bravura e di estrema perizia retorica. Il sonet-
Lentini (1210ca.-1260ca.) provava davanti al volto to però è anche tutto pervaso da un profondo senti-
della sua donna nel sonetto Lo viso mi fa andare ale- mento di gioia, alla cui origine sta la donna, la sua
gramente. Il poeta siciliano ripeteva all’infinito la pa- bellezza e il piacere che essa riesce a dare e a far pro-
rola viso. Guittone invece ripete la parola gioia o vare al poeta con il suo bell’aspetto fisico e con il fa-
l’aggettivo derivato ben 25 volte in soli 14 versi. La scino che emana.
figura retorica adoperata è la ripetizione (o anafora), 2.1. Negli stessi decenni di Guittone Jacopone da To-
accompagnata però da una gradazione ascendente (o di (1236ca.-1306) scrive la laude drammatica Donna
climax ascendente). de paradiso, nella quale usa l’anafora ed il climax.
1.1. L’anafora ed il climax estatico nascondono l’area Egli canta però l’amore mistico o, meglio, il dolore
in cui si sviluppa il sonetto: si tratta semplicemente di della Madonna davanti al Figlio crocifisso. La parola
una lode che il poeta rivolge alla sua donna, una lode più volte ripetuta è figlio. E la Madonna è presentata
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 48
come una madre comune, che perde il figlio. Il coin- e gli animi, l’aspetto angelicato, l’invito a sospirare.
volgimento non è sognante ed estatico, è violento, an- 2.3. Dopo Guittone Petrarca (1304-1374) si cimenta
goscioso e drammatico. nel riprodurre questa ascesi mistica mediante anafora
2.2. Sempre negli stessi anni Dante (1265-1321) af- e climax. Nel sonetto Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese
fronta il motivo della lode e dell’effetto, che la donna e l’anno (LXI) parla del suo innamoramento per Lau-
provoca nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare ra, la donna dei suoi pensieri. Egli benedice tutto ciò
la donna mia, che ha un livello artistico senz’altro più che riguarda il suo incontro con la donna (l’anno, il
elevato. Il poeta ha scelto di costruire il sonetto sul mese, il giorno e l’ora in cui l’ha incontrata ed anche
saluto che riceve dalla sua donna, sull’effetto che essa le pene d’amore), quindi conclude dicendo che pensa
fa su chi incontra (gli occhi non hanno il coraggio di soltanto a lei e che nel suo cuore non c’è posto per
guardarla) e sull’effetto che la donna ha sull’animo di nessun’altra.
chi saluta. Egli sceglie un ritmo lento, che sottolinea 2.4. I diversi poeti quindi costituiscono delle varianti
la dolcezza che la donna infonde negli animi di chi la sullo stesso motivo letterario. Ciò si può presentare
ammira. E sceglie anche una struttura più complessa, anche a proposito di molti altri motivi: la donna, il do-
le vie della città, il saluto atteso, l’effetto sugli occhi lore, la sera, i valori, l’attesa, la felicità ecc.
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La corrente comico-realistica sorge in Toscana nella Accorri accorri accorri, uomo, qui sulla strada!
seconda metà del Duecento e si conclude agli inizi del
Trecento. Si chiama così, perché tratta argomenti bas- [Cecco ai passanti:]
si, che riguardano la vita quotidiana, popolari. Fa rife- C: Accorri, accorri, accorri, uomo, sulla strada!
rimento alla teoria dei generi e degli stili: trage- [Un passante si ferma.]
dia/alto, commedia/medio, elegia/basso. In ogni caso P: Che hai, figlio di puttana? – C: Io son derubato!
le poesie dimostrano grandi capacità letterarie. I poeti P: Chi t’ha derubato? – C: Una che par che rada
più importanti sono il fiorentino Rustico Filippi (1230 come un rasoio, tanto mi ha ripulito!
ca.-1300ca.) e il senese Cecco Angiolieri (1260ca.-
1312ca.). Però anche Guido Guinizelli e Guido Ca- P: Perché non le hai dato un colpo di spada?
valcanti si cimentano in questo genere letterario. Lo C: Io lo darei invece a me – P: Ma sei impazzito?
stesso Dante scambia tre velenosi sonetti con il co- C: So che non me lo ridà, così mi pare che faccia.
gnato Forese Donati, che ricambia. P: Neanche t’avesse accecato, o sciagurato!
La mia malinconia è tanta e tale, La mia malinconia (=umor nero) è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli ‘l sapesse che io non dubito che, se lo sapesse
un che mi fosse nemico mortale, uno, che mi fosse nemico mortale,
che di me di pietade non piangesse. piangerebbe su di me per la compassione.
Quella, per cu’ m’avven, poco ne cale; La donna, che amo, poco si cura di me:
che mi potrebbe, sed ella volesse, ella, se lo volesse, mi potrebbe
guarir ‘n un punto di tutto ‘l mie male, guarire in un momento da tutti i miei mali;
sed ella pur: “I’ t’odio” mi dicesse. basterebbe che mi dicesse soltanto: “Io ti odio!”.
ch’ella non cura s’i’ ho gioi’ o pene, che ella non si preoccupa se sono felice o infelice,
men ch’una paglia che le va tra’ piei: meno di una paglia che le va tra i piedi.
mal grado n’abbi Amor, ch’a le’ mi diène Maledetto sia il dio Amore, che mi diede a lei!
Riassunto. Il poeta è tanto triste, che anche un suo sonetto si pone: esso è il risultato di una straordinaria
nemico mortale avrebbe pietà di lui: la donna che ama abilità retorica.
non s’interessa di lui. Potrebbe guarirlo da ogni male 2. Nel sonetto la donna e il poeta sono sullo stesso
anche soltanto dicendogli che lo odia. Invece gli ri- piano: si amano, litigano, non si amano più, esprimo-
sponde che non gli vuol né male né bene, e che vada a no i loro desideri e i loro umori. Alla fine del sonetto
farsi i fatti suoi. Non si preoccupa se egli è felice o questo realismo letterario fa il verso ai coevi poeti-
infelice, meno di una paglia che le vada tra i piedi. letterati, e si trasforma in ironica e beffarda personifi-
Così il poeta se la prende con il dio Amore che lo ha cazione del dio Amore, contro cui Cecco se la prende.
fatto innamorare. 3. Il sonetto sviluppa il motivo contrario di Bec-
chin’amor!, dove la donna è arrabbiata per essere sta-
Commento ta tradita dal poeta. Qui invece il poeta si lamenta
1. Il poeta si lamenta perché Becchina non lo vuole perché si sente ignorato dalla donna che ama.
più. Si accontenterebbe che la donna gli dicesse anche 4. Conviene confrontare Cecco, che dialoga e litiga
che lo odia. Gli dice invece che vada a farsi gli affari con la sua donna, con Dante, che loda e si sottomette
suoi. Così Cecco impreca contro il dio Amore che lo a Beatrice, con Petrarca, che fa girare la sua donna
ha fatto innamorare. Il sonetto riesce a comunicare intorno a se stesso.
con immediatezza e spontaneità la tristezza e la soli- 7. Malinconia o melancolia ha significato forte: umor
tudine del poeta, che si sente respinto dalla donna che nero, malumore. Proviene dal taedium latino e antici-
ama. Il riferimento al dio Amore però indica il livello pa lo spleen dei poeti inglesi e poi dei “poeti maledet-
letterario – non di pura cronaca realistica – in cui il ti” francesi dell’Ottocento. Charles Baudelaire scrive
---I☺I--- il sonetto Spleen (I fiori del male, 1857).
---I☺I---
Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso,
XXII Becchina mia! – Cecco, non te lo confermo
Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso. Becchina mia! – Cecco, non te lo confermo.
Ed i’son tu’. – E cotesto disdico. Ed io son tuo. – Lo nego più che mai.
I’ sarò altrui. – Non vi dò un fico. Io sarò di un’altra. – Non m’importa un fico secco.
Torto mi fai. – E tu mi manda ‘l messo. Mi fai torto. – E tu mandami il messo [del tribunale]
(=denunciami).
Sì, maccherella. – Ell’avrà ‘l capo fesso.
Chi gliele fenderae? – Ciò ti dico. Sì, [ti mando] una mezzana. – Le romperò la testa.
Se’ così niffa? – Sì, contra ‘l nimico. Chi gliela romperà? – Te lo dico io.
Non tocc’a me. – Anzi, pur tu se’ desso. Sei così disgustata? – Sì, con il nemico.
Non sono io. – Anzi, sei proprio lui.
E tu t’ascondi. – E tu va’ col malanno.
Tu non vorresti. – Perché non vorrìa? E tu ti nascondi. – E tu prenditi un accidente.
Ché se’ pietosa. – Non di te, uguanno! Tu non vorresti. – Perché non vorrei?
Perché sei pietosa. – Non con te, mai!
Riassunto. Il poeta esprime tutto il suo amore per conta è l’atmosfera: egli corteggia la donna, ma la
Becchina, che ha tradito con un’altra donna (in realtà donna lo respinge irritata. Più che corteggiarla, Cecco
la vuol prendere in giro), ma la donna non ci vuol sen- la vuole prendere in giro (si sente il suo senso di supe-
tire e lo respinge con rabbia. riorità, mentre va all’attacco della donna, che in gene-
re è sulla difensiva), perciò lei risponde irritata e in
Commento malo modo (Non afferra però qualcosa per tirarglielo
1. Il riassunto è impossibile, perché il sonetto si gioca addosso). Questa atmosfera si ripete in altri sonetti.
sulle botte e risposte dei due interlocutori. Quel che ---I☺I---
---I☺I---
Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, Anima mia, cuore del mio corpo, amore
XXVI
Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, O anima mia, cuore del mio corpo, amore,
alquanto di merzé e pietà ti prenda un po’ di compassione e di pietà ti prenda
di me, che vivo ‘n cotanto dolore, di me, che vivo in tanto grande dolore,
che ‘n ora ‘n ora par che ‘l cuor mi fenda che di ora in ora par che il cuore mi si fenda
per la gran pena, ch’i’ ho, del tremore per la gran pena, che io ho, del tremore
ched i’ non t’abbi anzi che porti benda; che io non ti abbia, anzi che porti benda;
sed i’ ne muoio, non ti sarà onore: ma, se io ne muoio, non ti farà onore:
se vorra’ puo’, non potra’ far l’ammenda. se vorrai puoi, non potrai fare l’ammenda.
Avvegna ch’i’ non sia degno trovare Benché io non sia degno di trovare
in te merzé, pietà né cortesia, in te compassione né pietà né cortesia,
nïente men lassarò di pregare: non per questo io cesserò di pregare:
però ch’Amor comand’e vol che sia perché il dio Amore comanda e vuole che sia
licita cosa di poter amare sempre lecito poter amare quella donna,
in quella donna, che ‘l su’ cor disìa. che il suo cuore desidera.
1Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
Riassunto. Il poeta si rivolge alla donna, di cui è
innamorato, la chiama anima sua, e le chiede di avere l’amore dell’anima mia;
un po’ di pietà verso di lui, che vive con il cuore l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
2Mi alzerò e farò il giro della città
spezzato dal dolore. Non sarà un onore per lei, se lui
muore, perché se volesse lo potrebbe accontentare, né per le strade e per le piazze;
potrà fare ammenda dei suoi continui rifiuti. Anche se voglio cercare l’amore dell’anima mia.
egli non è degno di trovare in lei né compassione né L’ho cercato, ma non l’ho trovato.
3Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in
pietà né cortesia, non per questo cesserà di pregare,
perché il dio Amore vuole e comanda che sia lecito città:
amare quella donna a cui si dà il proprio cuore. «Avete visto l’amore dell’anima mia?».
4Da poco le avevo oltrepassate,
Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l giorno Maledetta sia l’ora e il momento e il giorno
e la semana e ‘l mese e tutto l’anno e la settimana e il mese e tutto l’anno
che la mia donna mi fece uno ‘nganno, che la mia donna mi fece un inganno,
il qual m’ha tolt’al cor ogni soggiorno con cui ha tolto al mio cuore ogni tranquillità
ed hal sì ‘nvolto tutto ‘ntorno intorno e lo ha così avvolto tutto intorno intorno
d’empiezza, d’ira, di noia e d’affanno di empietà, d’ira, di noia (=seccature) e d’affanno
che, per mio bene o per mi’ minor danno, che, per il mio bene o per il mio minor danno,
vorrêlo ‘nanzi ‘n un ardente forno. lo vorrei al più presto in un forno ardente.
Però che megli’è mal che mal e peggio, Perché è meglio il male che il male e peggio,
avvegna l’un e l’altro buon non sia: anche se né l’uno né l’altro siano buoni,
ma, per aver men pena, il male cheggio. ma, per aver meno pena, chiedo il male.
E questo dico per l’anima mia; E dico questo per salvare la mia anima,
ché, se non fosse ch’i’ temo la peggio, perché, se non fosse che io temo il peggio,
i’ medesimo già morto m’avria. io medesimo mi sarei già ucciso.
Riassunto. Cecco maledice l’attimo, l’ora, il giorno, la né l’uno né l’altro sono buoni. Fa questo ragiona-
settimana, il merse e l’anno in cui la sua donna lo ha mento e la scelta del male minore, perché vuole
ingannato, cioè lo ha fatto innamorare, e gli ha tolto al salvare la sua anima, altrimenti si sarebbe già dato la
suo cuore la pace e lo ha avvolto di empietà, d’ira, di morte con le sue stesse mani.
tristezza e di affanni, tanto che, per il suo bene o 2. Il poeta soffre ancora pene d’amore a causa della
come minore dei mali, egli lo vorrebbe mettere al più sua donna, che lo ha fatto innamorare. E tira in ballo
presto in un forno acceso. Perché è preferibile il male la religione: tra le pene d’amore e le penne d’amore e
al male e peggio, anche se né l’uno né l’altro sono peggio, cioè la dannazione eterna, sceglie le pene
buoni, ma per soffrire di meno chiede il male. Dice d’amore, che sono il male minore. Altrimenti, se
questo per salvare la sua anima, perché, se egli non potesse sfuggire alla dannazione eterna, egli si sa-
temesse il peggio (=la dannazione all’inferno), si rebbe già dato la morte con le sue stesse mani.
sarebbe già ucciso con le sue stesse mani. 3. Il sonetto è pieno delle atmosfere notturne di ter-
rore per la dannazione eterna con cui Jacopo Passa-
Commento vanti (1302ca.-1357), di poco posteriore, condiva le
1. Cecco maledice il momento, l’ora, il giorno e sue prediche nello Specchio di vera penitenza (1354).
l’anno in cui la sua donna lo ha ingannato, cioè lo ha 4. Ed ha un’altra imitazione successiva: Francesco Pe-
fatto innamorare. Ora ha il cuore spezzato e sofferente trarca, Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno (Can-
per le pene d’amore. E filosofeggia: tra il male che zoniere, LI). Le sue soluzioni stilistiche, i suoi versi e
soffre e il male che soffre e peggio, egli sceglie il il contenuto dei suoi sonetti sono quelli di un grande
male semplice semplice, come male minore, anche se letterato.
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Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito?, Becchina, amore! – Che vuoi, bugiardo tradito-
re?
XLVII
Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito? Becchina, amore! – Che vuoi, bugiardo traditore?
Che mi perdoni. – Tu non ne se’ degno. Che mi perdoni. – Tu non ne sei degno.
Merzé, per Deo! – Tu vien’ molto gecchito. Pietà, in nome di Dio! – Tu vieni molto umile.
E verrò sempre. – Che sarammi pegno? E verrò sempre. – Che cosa mi dai come pegno?
La buona fé. – Tu ne se’ mal fornito. La mia buona fede. – Tu ne hai molto poca.
No inver’ di te. – Non calmar, ch’i’ ne vegno. Non verso di te. – Non ingannarmi, ne ho la prova.
In che fallai? – Tu sa’ ch’i’ l’abbo udito. Dove ho sbagliato? – Tu sai che lo so.
Dimmel’, amor. – Va’, che ti vegn’un segno! Dimmelo, amore. – Va’, che ti venga un accidente!
Vuo’ pur ch’i’ muoia? – Anzi mi par mill’anni. Vuoi che io muoia? – Me lo auguro da mille anni!
Tu non di’ ben. – Tu m’insegnerai. Tu non lo dici sul serio. – Ah, parli seriamente tu!
Ed i’ morrò. – Omè che tu m’inganni! Io morirò. – Magari fosse vero!
Riassunto. Il riassunto è impossibile, perché il sonetto che lascia indeterminato e che trasfigura in termini
si sviluppa sul dialogo tra Cecco e Becchina, non sul letterari (Pg XXX, 22-145). Per il resto è fedelissimo
contenuto. Cecco ha tradito Becchina con un’altra alla moglie, Gemma Donati, che non nomina mai e
donna. Becchina è venuta a saperlo ed è arrabbiatis- che lo accompagna pazientemente nell’esilio.
sima. Il poeta se la gode a provocarla. La donna reagi- 3. Il nome della donna, Becchina, è consapevolmente
sce augurandogli un accidente e mandandolo via. Ma antiletterario come tutto il resto. Esso è il diminutivo
tutto ciò non è sufficiente, perché Cecco ha il control- popolare di Domenica. Forse contiene anche una certa
lo della situazione. Alla fine sulla battuta di Cecco la irriverenza verso la Domenica, il giorno del Dominus,
donna si prende una mezza vittoria: farà penare il cioè del Signore.
poeta. 4. Il sonetto è costruito come un contrasto, cioè un
componimento a botta e risposta tra un uomo e una
Commento donna. La spontaneità delle battute è soltanto appa-
1. Il poeta dialoga e litiga con la sua donna: Becchina rente: il poeta è riuscito con grande abilità a tenere la
non è lontana, spirituale, passiva e irraggiungibile sua battuta e la risposta di Becchina nello stesso ver-
come le altre donne della tradizione letteraria. Ri- so, per tutto i 14 versi del sonetto.
sponde, riempiendo le parole dei suoi sentimenti e, in 5. Il lettore può confrontare la vivace figura di Bec-
questo caso, del suo risentimento verso Cecco, che china con le donne finora incontrate e con quelle che
l’ha tradita con un’altra donna. incontrerà.
2. Il poeta è contento di averla fatta arrabbiare, e finge 6. La difficoltà di fare un riassunto che sintetizzasse il
di chiederle perdono. Egli però se la gode. Becchina contenuto – il sonetto invece è costruito sul dialogo
invece è proprio arrabbiata. Né il dialogo né, tanto tra Cecco e Becchina – mostra l’elaborazione e l’in-
meno, il tradimento hanno grande spazio nella lettera- ventiva letteraria che gli sta dietro.
tura italiana. Dante ha un momento di crisi morale ---I☺I---
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S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, LXVI Se io fossi fuoco, brucerei il mondo
s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, se io fossi papa, allora sarei giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei; perché metterei nei guai tutti i cristiani,
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? se io fossi imperatore, farei volentieri questo:
A tutti mozzarei lo capo a tondo. a tutti taglierei il capo con un colpo di scure.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; Se io fossi morte, andrei da mio padre,
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: se io fossi vita, fuggirei da lui,
similemente farìa da mi’ madre. la stessa cosa farei con mia madre.
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, Se io fossi Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre: prenderei per me le donne giovani e belle,
e vecchie e laide lasserei altrui. e le vecchie e sporche lascerei a voi!
Tre cose solamente m’ènno in grado, Tre cose solamente mi son gradite,
le quali posso non ben ben fornire, di cui non mi posso ben rimpinzare,
cioè la donna, la taverna e ‘l dado: cioè la donna, l’osteria e il gioco d’azzardo:
queste mi fanno ‘l cuor lieto sentire. soltanto esse mi riempiono il cuore di gioia.
E dico: «Dato li sia d’una lancia!», E dico: “Che si prenda un colpo di lancia!”;
ciò a mi’ padre, che·mmi tien sì magro, lo auguro a mio padre, che mi tiene così a corto,
che tornare’ senza logro di Francia. che tornerei senza dimagrire dalla Francia.
Ché fora a tôrli un dinar[o] più agro, Togliergli un soldo di tasca, la mattina di Pasqua,
la man di Pasqua che·ssi dà la mancia, quando si fa l’elemosina, sarebbe più difficile
che far pigliar la gru ad un bozzagro. che far pigliare una gru a una piccola poiana.
Riassunto. Il poeta dice di gradire soltanto tre cose: la 4. L’odio per il padre e, in genere, per i genitori è un
donna, la vita scioperata all’osteria e il gioco d’az- motivo letterario come la celebrazione della bellezza
zardo. Ma non può averle quanto vorrebbe, perché il femminile, la misantropia, la misoginia, il cuore gen-
suo borsellino non gliele permette. Perciò se la prende tile, la donna angelicata ecc. Tutto ciò fa parte del-
con suo padre, che non allarga i cordoni della borsa: l’immaginario sociale, letterario e collettivo, che ca-
lo tiene così a corto di denaro, che egli ritornerebbe ratterizza ogni epoca. In vecchiaia Giovanni Boccac-
dalla Francia senza dimagrire ulteriormente. Suo pa- cio scrive il Corbaccio (1354-55 o 1365-66), un vio-
dre è talmente avaro, che scucirgli qualche moneta la lentissimo pamphlet contro le donne, che aveva amato
mattina di Pasqua, quando si fa l’elemosina, sarebbe per tutta la vita ma che non lo avevano ricambiato con
più difficile che far prendere una grossa gru a una altrettanta disponibilità.
piccola poiana. 5. In seguito saranno presi da malinconia o da umor
nero o dal taedium vitae o dal semplice tedio: France-
Commento sco Petrarca (la sua accidia o insoddisfazione esisten-
1. Il poeta ha le idee chiare su quel che vuole dalla vi- ziale corrisponde al taedium vitae), Leopardi (Canto
ta: donne, vita scioperata all’osteria e gioco d’az- notturno di un pastore errante dell’Asia, 1829-30),
zardo, perché soltanto esse lo rendono lieto. Egli però Charles Baudelaire (Spleen, 1857), Umberto Saba
si lamenta che le può usare soltanto raramente, perché (Malinconia, 1923-24).
suo padre non gli passa denaro. Perciò egli, preso 6. Ai sonetti di Angiolieri vanno confrontati i sonetti,
dall’esasperazione, gli àugura di farsi ammazzare. In- spesso simili, di Francesco Petrarca, Canzoniere,
fine precisa l’avarizia del padre: a) egli, Cecco, torne- 1373-74: due mondi diversi, estroverso e rivolto verso
rebbe di Francia senza dimagrire ulteriormente; b) il l’osteria il primo, introverso e rivolto verso il cielo il
padre non allarga i cordoni della borsa nemmeno la secondo.
mattina di Pasqua, quando si dà in elemosina qualche ---I☺I---
moneta di poco valore.
2. L’amore cantato dal poeta è un amore fisico, ses-
suale. Non è l’amore verso la bellezza fisica della
donna, cantato dalla Scuola siciliana; né l’amore ver-
so la donna-angelo, cantato dal Dolce stil novo.
3. Nella poesia il poeta si appropria e rielabora motivi
di trasgressione sociale che appartenevano già alla
cultura tradizionale e che perciò sono motivi in primo
luogo letterari e soltanto in secondo luogo realistici.
Dante Alighier, Cecco, ‘l tu’ serv’e amico, O Dante Alighieri, Cecco, il tuo servo e amico,
si raccomand’a te com’a segnore; si raccomanda a te come al suo signore;
e sì ti prego per lo dio d’Amore, e ti prego così in nome del dio dell’Amore,
il qual è stat’un tu’ signor antico, il quale è stato un tuo antico signore,
che mi perdoni s’ispiacer ti dico, che tu mi perdoni se ti dico qualcosa di spiacevole,
ché mi dà sicurtà ‘l tu’ gentil cuore; perché mi dà sicurezza il tuo cuore gentile.
quel ch’i’ ti dico, è di questo tenore: Quel che io ti dico è di questo tenore:
ch’al tu’ sonetto in parte contraddico. che in parte contraddico al tuo sonetto.
Ch’al meo parer ne l’una muta dice A mio parere nella prima terzina [il sonetto] dice
che non intendi su’ sottil parlare, che non intendi il parlare sottile
a que’ che vide la tua Beatrice; di colui che vide la tua Beatrice;
e puoi hai detto a le tue donne care e poi hai detto alle tue care donne
che tu lo ‘ntendi: adunque, contraddice che tu lo capisci: dunque, contraddice
a se medesmo questo tu’ trovare. a se medesimo questo tuo sonetto.
Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo, O Dante Alighieri, se io parlo a vanvera,
tu mi tien bene la lancia a le reni; tu mi tieni la lancia sulla schiena (=tu mi tieni dietro);
s’eo desno con l’altrui, e tu vi ceni; se io desino con altri, tu vi ceni;
s’eo mordo il grasso, e tu ne suggi il lardo; se io mordo il grasso, tu succhi il lardo;
s’eo cimo il panno, e tu vi freghi il cardo; se io cimo il panno, tu vi freghi il cardo (=il pettine);
s’eo so’ discorso, e tu poco t’affreni; se io parlo senza tregua, tu poco ti freni;
s’eo gentileggio, e tu messer t’avveni; se io faccio il gentiluomo, tu vuoi fare il signore;
s’eo so’ fatto romano, e tu lombardo. se io scrocco a Roma, tu scrocchi in Lombardia.
Sì che, laudato Deo, rimproverare Così che, che Dio sia lodato!, ben poco
poco pò l’uno l’altro di noi due: può rimproverare l’uno all’altro di noi due:
sventura o poco senno cel fa fare. la sventura o il poco senno ce lo fa fare.
Osservazioni
1. Anche in questo caso, come nei precedenti, si ri-
spetta lo stesso schema nel presentare una corrente: a)
il luogo in cui sorge; b) il tempo in cui si sviluppa; c)
gli autori più importanti, la loro vita (se è importante);
d) la loro opera; ed e) la loro poetica. Eventualmente
anche il loro pubblico ed ogni altra informazione che
possa essere considerata importante e caratterizzante.
Ad esempio i poeti precedenti da cui la corrente pren-
de idee e motivi, i poeti successivi che influenza, lo
specifico pubblico a cui essa si rivolge.
2. Si è dato uno spazio particolarmente ampio a Cecco
Angiolieri, perché è un letterato forbito che vuole fare
l’anti-letterato e perché in tutta la letteratura italiana
ci sono rarissimi esempi di anti-letteratura. I critici in
genere non lo apprezzano e lo mettono da parte, pre- 1. Annibale Carracci, Il mangiafagioli, 1584-85.
ferendogli Dante, Boccaccio e Petrarca. La stessa -----------------------------I☺I-----------------------------
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Il Dolce stil novo (1274-94) che conduce l’uomo a Dio.
Questa corrente ha una chiara marcatura sociale: i
Il Dolce stil novo sorge a Bologna con Guido Guini- protagonisti risentono delle trasformazioni politiche
zelli (1235ca.-1276), che nel 1274 scrive la canzone- ed economiche che caratterizzano il loro tempo; e
manifesto Al cor gentil rempaira sempre amore. Da fanno parte della nuova classe emergente, la borghe-
Bologna si diffonde in Toscana, in particolare a Fi- sia cittadina, che si è affermata o si sta affermando
renze, nel decennio successivo, per esaurirsi poco do- contro la nobiltà tradizionale. Perciò essi propongono
po. I maggiori poeti sono Guido Guinizelli, Dante un nuovo concetto di nobiltà, basato non più sul san-
Alighieri (1265-1321), Guido Cavalcanti (1255- gue ma sui meriti personali. Dante Alighieri, che ap-
1300), Lapo Gianni (1260ca.-1328), Cino da Pistoia partiene alla piccola nobiltà, è costretto a iscriversi
(1270-1336) e Gianni Alfani. formalmente ad un’arte per poter partecipare alla vita
I temi che esso canta sono tre: 1) amore e cuore genti- politica, dopo il successo della borghesia conseguito
le si identificano; 2) la nobiltà non è nobiltà di sangue con gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella
che si eredita, è gentilezza (o nobiltà) d’animo che si (1294).
conquista con il proprio ingegno; 3) la donna è un an- Il nome alla corrente è dato soltanto molti decenni
gelo venuto dal cielo per portare l’uomo a Dio. dopo, verso il 1314, da Dante, quando nel purgatorio
Lo Stil novo prosegue l’opera di recupero della don- polemizza garbatamente con Bonagiunta Orbicciani,
na, iniziata dalla Scuola siciliana (alla quale si riallac- uno dei maggiori esponenti della Scuola toscana (Pg
cia anche per altri motivi): essa non è più la tentatrice, XXIV, 49-63). In quella circostanza però il poeta im-
che porta l’uomo alla dannazione eterna; è anzi colei broglia Bonagiunta, i critici e noi…
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V. Splende ‘n la ‘ntelligenzia del cielo 5. Dio creatore risplende nell’intelligenza che muove
Deo criator più che ‘n nostr’occhi ‘l sole: il cielo più che il sole risplenda ai nostri occhi:
ella intende suo fattor oltra ‘l cielo, essa intende il suo creatore, oltre al suo cielo,
e ‘l ciel volgiando, a Lui obedir tole; e prende a ubbidirgli, facendo girare il cielo,
e con’ segue, al primero, e consegue subito un felice risultato
del giusto Deo beato compimento, conforme alla giustizia divina.
così dar dovria, al vero, Allo stesso modo la donna, che splende negli occhi
la bella donna, poi che ‘n gli occhi splende del suo gentile amante, dovrebbe veramente
del suo gentil, talento infondere in costui il desiderio
che mai di lei obedir non si disprende. di non cessare mai d’ubbidirle.
VI. Donna, Deo mi dirà: “Che presomisti?”, 6. O donna, Dio mi dirà, quando la mia anima sarà
siando l’alma mia a lui davanti. davanti a lui: “Quale presunzione hai avuto?
«Lo ciel passasti e ‘nfin a Me venisti Hai oltrepassato il cielo e sei giunto sino a me
e desti in vano amor Me per semblanti: e mi hai paragonato a un amore che dura poco;
ch’a Me conven le laude invece a me e alla Regina del cielo
e a la reina del regname degno, spetta la lode,
per cui cessa onne fraude». perciò lascia ogni bene apparente!”
Dir Li porò: “Tenne d’angel sembianza Io gli potrò dire: “La mia donna aveva l’aspetto
che fosse del Tuo regno; di un angelo venuto dal tuo regno:
non me fu fallo, s’in lei posi amanza”. non commisi peccato, se riposi in lei il mio amore”.
Riassunto per strofa. 1. L’amore – dice il poeta – tro- a un angelo disceso dal suo regno, perciò non commi-
va sempre dimora nel cuore gentile come l’uccello si peccato, se riposi in lei il mio amore.
trova rifugio nel bosco: la natura ha fatto sorgere con-
temporaneamente amore e cuore gentile. Riassunto sintetico. Il poeta afferma che l’amore e il
2. Il fuoco dell’amore si accende nel cuore gentile cuore gentile sono la stessa cosa. E fa numerosi
come la virtù attiva si accende nella pietra preziosa. esempi tratti dalla natura (1-3). Quindi critica l’uomo
Dal cielo discende in essa la virtù attiva soltanto dopo che si vanta per la sua nobiltà di sangue. Ed afferma
che il sole l’ha purificata. Allo stesso modo il cuore che la gentilezza è gentilezza d’animo, non di sangue,
prima è reso puro e gentile dalla natura, poi è fatto in- e che essa non può mai prescindere dai meriti perso-
namorare dalla donna. nali (4-5). Infine immagina di esser giunto davanti a
3. L’amore dimora nel cuore gentile per lo stesso mo- Dio e che Dio lo rimproveri per aver cantato un amore
tivo per cui il fuoco risplende in cima alla torcia: que- destinato a durare poco. Gli risponderà che la sua
sta è la sua natura. donna sembrava un angelo disceso dal cielo, perciò
4. Il sole colpisce il fango tutto il giorno, ma il fango non ha commesso peccato se ha riposto in lei il suo
resta senza valore. L’uomo superbo dice: “Io son no- amore (6).
bile per nascita”. Io paragono lui al fango, perché la
nobiltà non può prescindere dai meriti personali. Commento
5. Dio illumina le intelligenze angeliche, che muovo- 1. Il testo non è sempre chiaro, le tesi che caratteriz-
no i cieli. Esse gli ubbidiscono e perciò portano a zano il movimento sono però espresse più volte con
termine felicemente i loro compiti. Allo stesso modo chiarezza e con determinazione. La prima tesi (amore
la donna illumina il suo amante, e infonde in lui il de- e cuore gentile si identificano) è trattata nelle prime
siderio di ubbidirle sempre. tre strofe. La seconda (la nobiltà non è di sangue né si
6. O donna, Dio mi dirà, quando giungerò davanti a eredita, è di spirito e si conquista con i propri meriti) è
Lui: “Come hai osato paragonare l’amore verso una trattata nelle successive due strofe. La terza tesi (la
donna all’amore che devi a me e alla Regina del cie- donna è un angelo disceso dal cielo per portare
lo?”. Io Gli potrò dire che la mia donna assomigliava l’uomo a Dio) è trattata nell’ultima strofa.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 61
2. L’autore vuole contrapporsi con forza e con deci- concettuale (secondo riassunto). Si può fare un rias-
sione alla cultura aristocratica tradizionale, perciò sunto aderente al testo o si può fare un riassunto che
contrappone una nuova forma di nobiltà, quella per- porti alla luce il filo conduttore del testo. Le possibili-
sonale e spirituale, contro quella antica, che è nobiltà tà sono molteplici. Ben inteso, si possono fare rias-
di famiglia, di sangue e di titoli. Dietro a questa pro- sunti più lunghi o meno lunghi. E si possono fare rias-
posta culturale sta anche la consapevolezza di appar- sunti in funzione dello scopo o dell’utente a cui sono
tenere ad una classe diversa – la borghesia –, che è in destinati.
ascesa, deve affermarsi ed ha bisogno di una sua spe-
cifica cultura per farlo. La lotta di classe insomma av-
viene sia sul piano economico sia sul piano ideologi-
co-culturale.
3. L’ultima tesi (la donna è un angelo disceso dal cie-
lo), per quanto espressa in una sola strofa, è partico-
larmente suggestiva. Almeno in questa strofa il poeta
si pone su un piano ben superiore a quello espresso da
Giacomo da Lentini, che vuole andare in paradiso con
la sua donna.
4. Per spiegare il suo pensiero, il poeta ricorre più vol-
te ad immagini naturalistiche. L’intera canzone però
condensa una vasta cultura scientifica, filosofica,
astronomica e religiosa, che Bonagiunta Orbicciani
criticava aspramente. Il Dolce stil novo si apre al sa-
pere, alla filosofia e alla scienza o, meglio, alla filoso-
fia della natura.
5. Nobiltà di sangue vuol dire che il capostipite di una
famiglia si è distinto in qualche impresa civile o mili-
tare (e che è stato ripagato con il titolo) o che ha ac-
quistato il titolo dal papa o dall’imperatore, che così
rimpinguavano le loro finanze. I titoli poi andavano
dal più basso (conte) al più alto (re).
Osservazioni
1. Anche con il Dolce stil novo si è seguito lo schema
di esposizione usato per le altre correnti: a) il luogo di
nascita; b) la durata; c) gli autori; d) i motivi poetici.
Ogni punto è stato trattato a seconda della sua impor-
tanza. Ad esempio nel punto b) si è data particolare
importanza a Guido Guinizelli, non tanto perché è il
caposcuola, quanto perché nella canzone-manifesto ha
proposto le tesi che caratterizzano la scuola; e a Dante
Alighieri, perché è il poeta più grande del gruppo. Di
quest’ultimo si dà anche estesamente la vita e l’opera,
perché ha un’importanza ben più grande: la produzio-
ne stilnovistica è soltanto una parte – quella giovanile
– della sua vasta produzione artistica. Lo schema
quindi è stato “aggiustato” sull’argomento che doveva
esporre.
2. Anche il Dolce stil novo, come le altre correnti o
scuole poetiche, ha una specifica matrice sociale: gli
stilnovisti hanno alle spalle la borghesia cittadina, che
ha il potere economico e che deve acquistare spazio
politico e prestigio sociale a spese delle forze tradi-
zionali, la nobiltà e la chiesa. In genere le classi
emergenti non riescono mai ad imporsi completamen-
te sulle classi tradizionali: si giunge ad ampi com-
promessi, alla coesistenza, a parziali alleanze o a par- 1. Albert Stevens, Il nuovo nastro azzurro, 1894.
ziali fusioni. 2. Jan Gossart, detto Mabuse, Ritratto di Hendrik III, conte
3. I due riassunti mostrano che non c’è un unico modo di Nassau-Breda (Paesi Bassi), 1516ca.
per riassumere un testo: si può riassumere strofa per -----------------------------I☺I-----------------------------
strofa (primo riassunto) o si può fare un riassunto
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 62
Guido Cavalcanti (1258-1300) novo, ma ha anche una formazione filosofica che lo fa
considerare ateo, materialista ed eretico. Per lo stesso
La vita. Guido Cavalcanti, figlio di Cavalcante de’ motivo suo padre è messo tra gli eretici (If X). Nel
Cavalcanti, nasce a Firenze nel 1258 in una nobile 1300 i priori di Firenze, tra cui Dante Alighieri, sono
famiglia guelfa di parte bianca. Nel 1260 Cavalcante, costretti a mandarlo in esilio con i capi delle fazioni
padre del poeta, è mandato in esilio in seguito alla bianca e nera, perché turbolento. Cavalcanti si reca a
sconfitta di Montaperti. Ma sei anni dopo può ritorna- Sarzana (tra La Spezia e Marina di Carrara), dove
re a Firenze dopo la sconfitta di Manfredi di Svevia e contrae la malaria. Tuttavia, per le sue cattive condi-
dei ghibellini a Benevento (1266). Per superare i con- zioni di salute, la condanna è revocata. Ritorna a Fi-
flitti tra guelfi e ghibellini, le due fazioni decidono la renze, dove muore poco dopo.
strategia dei matrimoni. Nel 1267 a Guido è promessa
in sposa Beatrice, figlia di Farinata degli Uberti, capo Le opere. Cavalcanti scrive 49 opere, tra cui 36 sonet-
della fazione ghibellina. Dal matrimonio nascono i ti, 11 ballate, 2 canzoni. Egli s’inserisce nella corrente
figli Tancia e Andrea. stilnovistica, ma tratta anche altri motivi. Dante gli
Nel 1280 Guido è tra i firmatari della pace tra guelfi e dedica il sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io,
ghibellini e quattro anni dopo siede nel Consiglio ge- a cui Guido risponde con il sonetto S’io fosse quelli
nerale al Comune di Firenze con Brunetto Latini e che d’amor fu degno. A Dante dedica anche il sonetto
Dino Compagni. I contrasti tra le due fazioni non si I’ vegno il giorno a te infinite volte in cui gli rimpro-
placcano. È uno dei maggiori esponenti del Dolce stil vera la vita dissoluta che conduce.
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Voi che per li occhi mi passaste ‘l core O voi, che con gli occhi mi trapassaste il cuore
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core O voi, che con gli occhi mi trapassaste il cuore
e destaste la mente che dormia, e risvegliaste la mia mente che dormiva,
guardate a l’angosciosa vita mia, guardate la mia angosciosa vita,
che sospirando la distrugge Amore. che Amore distrugge a forza di sospiri.
E’ vèn tagliando di sì gran valore, E ferisce con una forza così grande,
che’ deboletti spiriti van via: che gli spiriti vitali indeboliti fuggon via:
riman figura sol en segnoria rimane soltanto l’apparenza esterna,
e voce alquanta, che parla dolore. e una voce flebile, che si lamenta.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto Questa potenza d’amore, che mi ha distrutto,
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: si mosse veloce dai vostri occhi gentili:
un dardo mi gittò dentro dal fianco. una freccia mi scagliò dentro il fianco.
Sì giunse ritto ‘l colpo al primo tratto, Il colpo giunse dritto al primo tiro, così
che l’anima tremando si riscosse che l’anima tremando si riscosse,
veggendo morto ‘l cor nel lato manco. vedendo il cuore morto nel lato mancino.
Riassunto. Il poeta si rivolge alla sua donna, le dice cuore), dalle regole dell’amor cortese di Andrea Cap-
che è entrata attraverso i suoi occhi fino al cuore, e lo pellano (l’amore è pena), infine dal Dolce stil novo
ha sconquassato. L’amore che prova gli ha indebolito (l’amore scoppia subito, appena l’ha vista). Ci sono
gli spiriti vitali, e del suo corpo sono rimaste soltanto pure i sospiri, che non esprimono letizia come in Dan-
l’apparenza esterna e una voce flebile. La freccia te (Tanto gentile e tanto onesta pare), ma sofferenza,
amorosa è partita velocemente dai suoi occhi gentili e una sofferenza tanto profonda, che distrugge il corpo.
gli è penetrata in profondità dentro il fianco. Il colpo Nel sonetto c’è il raddoppiamento degli occhi: gli oc-
fece centro al primo tiro e l’anima fu presa da tremiti chi belli della donna sono entrati per gli occhi del
e si riscosse, vedendo che il cuore nel fianco sinistro poeta e sono giunti sino al cuore, che hanno sconvol-
era morto. to.
3. “Parla dolore”: il verbo è usato in modo transitivo.
Commento 4. Il sonetto ha rima normale: ABBA ABBA CDE
1. Cavalcanti non descrive l’aspetto della sua donna, CDE.
ma gli effetti sconvolgenti che ha avuto su di lui, sulla ---I☺I---
sua mente e sul suo cuore.
2. Il poeta prende dalla scuola siciliana (l’immagine
della donna che attraverso gli occhi giunge sino al
Or non ardisco per la vil tua vita Ora per la tua vita volgare non oso
far mostramento che tuo dir mi piaccia, mostrarti che i tuoi versi mi piacciano,
né in guisa vegno a te che tu mi veggi. né vengo da te in modo che tu mi veda.
Commento
1. Dante si dà alle gozzoviglie, e l’amico Guido lo
rimprovera. Gli ricorda l’amicizia passata, l’animo
gentile, che ora si è involgarito, il disprezzo per la
moltitudine volgare e per le persone fastidiose, l’af-
fetto che l’amico gli ha dimostrato. Adesso Guido non
ha più il coraggio di dire che i suoi versi gli piacciono
e va da lui senza farsi vedere. Spera che il presente
sonetto allontani dall’amico lo spirito malefico che lo
opprime e che lo ha reso volgare.
2. Il sonetto di Cavalcanti va letto tenendo presente il
sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io e il sonet-
to irriverente Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo,
di Cecco Angiolieri. L’immagine di Dante acquista
una dimensione più concreta e vicina al lettore. Il so-
netto sull’uomo volgare di Cavalcanti fa da contrap-
punto al sonetto di Dante sulla donna angelicata che
cammina per le vie di Firenze.
3. Il sonetto ha rima normale: ABBA ABBA CDE “Ti do un bacio, e poi…” “E poi…?”
CDE.
1. Karl Schweninger, Bacco salva Arianna, abbandonata
da Teseo, 1875. Arianna era stata sedotta e abbandonata
dall’eroe greco, ma trova presto un suo secondo consola-
tore nel dio Bacco, che la invita a spiluccare l’uva con lui.
Con la mano sinistra il dio esprime chiaramente le sue pro-
fonde intenzioni… Lo spettatore vorrebbe essere al suo po-
sto.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 64
In un boschetto trova’ pasturella In un boschetto trovai una pastorella
Po’ che mi disse di sua condizione Dopo che mi disse della sua condizione
e per lo bosco augelli audìo cantare, e poiché sentivo gli uccelli cantare nel bosco,
fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione dissi fra me e me: “Ora è tempo
di questa pasturella gio’ pigliare». di prendere piacere con questa pastorella!”.
Merzé le chiesi sol che di basciare Le chiesi soltanto la grazia di baciarla
ed abracciar, – se le fosse ‘n volere. e abbracciarla, se lei fosse d’accordo.
Per man mi prese, d’amorosa voglia, Mi prese per mano, con desiderio amoroso,
e disse che donato m’avea ‘l core; e disse che mi aveva donato il suo cuore;
menòmmi sott’ una freschetta foglia, mi portò sotto un fresco cespuglio,
là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore; dove vidi fiori di ogni colore;
e tanto vi sentìo gioia e dolzore, e vi provai tanta gioia e dolcezza,
che ‘l die d’amore – mi parea vedere. che mi sembrava di vedere il dio Amore.
Riassunto. Il poeta in un boschetto incontra una pasto- che è sola e che, quando l’uccello canta, desidera ave-
rella bellissima (1). Era bionda, aveva i capelli ricci e re un amante, e tutti gli uccelli cantavano. Allora egli
conduceva le pecore al pascolo con una piccola verga. chiede con educazione se la può abbracciare e bacia-
Era scalza e bagnata di rugiada. E cantava come se re. Lei lo prende per mano e lo porta subito dietro a
fosse innamorata (2). Egli la saluta e le chiede se ave- un cespuglio, dove consumano. Qui egli prova tanta
va un amante. Lei risponde che se ne andava da sola dolcezza, da pensare di vedere il dio Amore. Non si sa
per il bosco e che, quando l’uccello canta, desidera se lei abbia goduto, ma si può pensare di sì, visto il
avere un amante (3). Dopo la sua risposta e poiché gli suo spirito d’iniziativa…
uccelli cantavano nel bosco, il poeta dice tra sé e sé 2. Il poeta fornisce una descrizione accurata dell’a-
che può prendere piacere con la ragazza. E le chiede spetto fisico e del lavoro della ragazza. È bellissima,
di poterla baciare e abbracciare, se è d’accordo (4). La bionda, ricciuta, scalza e accudisce le pecore. Ma gli
pastorella lo prende per mano, dice che gli ha donato animali sono tranquilli e lei si prende una pausa
il suo cuore e lo porta sotto un bel cespuglio, dove d’amore o di sesso. Tuttavia si preoccupa anche del
c’erano fiori pieni di colori. Egli provò tanta dolcezza, contesto, della scenografia: il bosco è bello, lei è bel-
che credette di vedere il dio Amore (5). la, il cespuglio è bello, ci sono poi molti fiori pieni di
colori. E la ragazza è come lui o gli uomini la deside-
Commento rano: senza remore, senza problemi, disponibile per
1. Guido Cavalcanti, un guelfo bianco molto rissoso, una frullata. Per fare prima prende l’iniziativa: gli do-
scrive questa ballata che si inserisce nel genere pro- na il cuore e intende il corpo.
venzale della pastorella. Il poeta o il protagonista in- 3. Lo stilnovismo è lontano (il motivo della pastorella
contra una pastorella nel bosco, è tutta sola, la corteg- è provenzale). L’amore non è spirituale, è fisico e sol-
gia, la ragazza si rifiuta, ma alla fine cede e si conce- tanto fisico, e senza patemi d’animo o richiesta di ma-
de. La sua ballata è più semplice: incontra la ragazza, trimonio. Una frullata, e via!
che canta. Egli le chiede se ha un amante. Lei precisa ---I☺I---
Perch’i’ no spero di tornar giammai, Perché io non spero di tornare mai più,
ballatetta, in Toscana (=a Firenze), o mia piccola ballata, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana, va’ tu, leggera e piana,
dritt’ a la donna mia, diritta alla donna mia,
che per sua cortesia che per sua cortesia
ti farà molto onore. ti farà molto onore.
Tu senti, o mia piccola ballata, che la morte Tu senti, o mia piccola ballata, che la morte
mi stringe sì, che vita m’abandona; mi sta alle spalle così, che la vita mi abbandona;
e senti come ‘l cor si sbatte forte e senti come il mio cuore batte forte
per quel che ciascun spirito ragiona. a causa di ciò che ogni mio spirito vitale dice.
Tanto è distrutta già la mia persona, Tanto è già distrutta la mia persona,
ch’ i’ non posso soffrire: che io non posso soffrire [di più]:
se tu mi vuoi servire, se tu mi vuoi servire,
mena l’anima teco conduci la mia anima con te
(molto di ciò ti preco) (ti prego molto di farlo!)
quando uscirà del core (=morirò). quando uscirà dal cuore (=corpo).
Deh, ballatetta, a la tu’ amistate Deh, o mia piccola ballata, alla tua amicizia
quest’anima che trema raccomando: raccomando la mia anima che trema:
menala teco, nella sua pietate, conducila con te, nella sua pietà,
a quella bella donna a cu’ ti mando. a quella bella donna a cui ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando, Deh, o mia piccola ballata, dille sospirando,
quando le se’ presente: quando sarai alla sua presenza:
“Questa vostra servente “Questa vostra serva
vien per istar con vui, viene per restare con voi
partita da colui ed è partita da colui
che fu servo d’Amore”. che fu vostro servo d’Amore!”
Madonna è disiata in sommo cielo: Madonna è desiderata nel cielo più alto (=l’Empireo):
or voi di sua virtù farvi savere. ora voglio farvi sapere della sua virtù.
Dico, qual vuol gentil donna parere Dico che qualunque donna voglia apparire gentile,
vada con lei, che quando va per via, vada con lei, che, quando cammina per strada,
gitta nei cor villani Amore un gelo, il dio Amore getta nei cuori incolti un gelo,
per che onne lor pensero agghiaccia e pere; per cui ogni loro pensiero si ghiaccio e muore;
e qual soffrisse di starla a vedere invece chi sopportasse di starla a guardare
diverria nobil cosa, o si morria. diventerebbe nobile o morirebbe.
E quando trova alcun che degno sia E, quando lei trova qualcuno che sia degno
di veder lei, quei prova sua vertute, di vederla, quello mette alla prova il suo valore,
ché li avvien, ciò che li dona, in salute, poiché tutto ciò che lei gli dona diventa beatitudine
e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia. e lo rende così umile che dimentica ogni offesa.
Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato Dio le ha fornito anche una grazia maggiore,
che non pò mal finir chi l’ha parlato. che chi le ha parlato non può finire dannato.
Dice di lei Amor: “Cosa mortale Amore dice di lei: “Come può una creatura
come esser pò sì adorna e sì pura?” terrena essere così bella e pura?”.
Poi la reguarda, e fra se stesso giura Poi la osserva e tra sé e sé giura
che Dio ne ‘ntenda di far cosa nova. che Dio intende fare di lei qualcosa di straordinario.
Color di perle ha quasi, in forma quale Ha quasi il colore delle perle, nella forma (= misura)
convene a donna aver, non for misura: che a una donna conviene avere, non fuor di misura:
ella è quanto de ben pò far natura; essa è quanto di bello la natura può fare;
per essemplo di lei bieltà si prova. sull’esempio di lei si misura la bellezza.
De li occhi suoi, come ch’ella li mova, Dai suoi occhi, a seconda di come li muova,
escono spirti d’amore infiammati, escono spiriti infiammati d’amore,
che feron li occhi a qual che allor la guati, che feriscono gli occhi a chiunque allora la guardi
e passan sì che ‘l cor ciascun retrova: e passano così, che ciascuno di essi ritrova il cuore:
voi le vedete Amor pinto nel viso, voi le vedete il dio Amore dipinto nel viso,
là ‘ve non pote alcun mirarla fiso. là dove nessuno può fissarla con lo sguardo.
Riassunto per stanza. 1. Il poeta si rivolge alle donne 2. Nella canzone Guinizelli coinvolge la sua donna, se
che hanno una conoscenza profonda dell’amore, per- stesso e Dio. Cavalcanti coinvolge la sua donna, se
ché egli vuole parlare della sua donna. Il dio Amore stesso e la ballata. Rispetto agli altri autori Dante
lo ispira a scrivere. Egli però vuole cantare la sua coinvolge un numero maggiore di personaggi: Beatri-
donna in modo leggero. ce, le donne di animo gentile, donne e uomini di ani-
2. Un angelo si lamenta con Dio, perché in cielo man- mo volgare, se stesso, il dio Amore, Dio e i santi, la
ca Beatrice. Dio gli risponde che resterà sulla Terra canzone. La differenza più significativa è la presenza
quanto lui vorrà e che laggiù c’è qualcuno che teme di del dio Amore.
perderla e che grazie a lei potrà disprezzare l’inferno. 3. Dante ripete due volte che grazie a Beatrice eviterà
3. Quindi il poeta tesse le lodi di Beatrice. La sua la dannazione eterna (stanza prima e terza). E in If V
donna è desiderata nell’Empireo, dove si trova la sede con l’episodio di Francesca e Paolo riprende il motivo
dei beati. Quando passa per strada, il dio amore rag- stilnovistico che il cuor gentile non può respingere chi
gela i pensieri delle persone villane (=incolte), mentre lo ama: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”
chi la sta a guardare diventerebbe di animo gentile o (“L’Amore, che costringe chi è amato a riamare”).
morirebbe. E chi le parla non può finire dannato. 4. Il poeta introduce un elemento estraneo alla tradi-
4. Il poeta descrive poi il suo aspetto fisico: ha la pelle zione cristiana: il dio Amore, che fa innamorare sca-
candida che assomiglia alle perle, ma il suo candore è gliando le sue frecce amorose (stanza quarta). Anche
nella giusta misura. Dai suoi occhi escono spiriti Petrarca seguirà questa strada; il dio Amore è da per
d’amore che colpiscono nel cuore chi la guarda. tutto ed anzi lo perseguita, ma egli è contento (Solo e
5. Nel congedo il poeta invita la canzone a parlare di pensoso; Chiare, fresche e dolci acque). Anzi egli
Beatrice a molte donne, di chiedere la strada che la non si salverà con le sue forze, ma perché Laura, ve-
porta da Beatrice, di evitare la gente volgare, di mo- dendo la sua tomba, sparge una lacrima, che gli farà
strarsi soltanto a donne e a uomini di animo gentile, ottenere la salvezza eterna.
che la condurranno da Beatrice per la strada più bre- 5. Conviene notare il rapporto positivo tra poeta, don-
ve. Con la donna troverà anche il dio Amore. E il poe- na e salvezza eterna nella Scuola siciliana come nel
ta la prega di raccomandarlo a lui. Dolce stil novo: la donna ha l’aspetto di un angelo
venuto dal cielo e porta l’innamorato a Dio, alla sal-
Commento vezza eterna. In seguito Petrarca vive il rapporto in
1. Il poeta riprende e rielabora i consueti motivi stil- modo drammatico e conflittuale: la donna è e rappre-
novistici della canzone-manifesto Al cor gentil rem- senta i beni e i valori terreni; egli cerca di liberarsi del
paira sempre amore di Guido Guinizelli: a) amore e suo pensiero, ma invano; e chiede perciò aiuto a Dio
cuore gentile si identificano; b) la nobiltà non è nobil- che lo liberi del suo “indegno amore”. È il “dissidio
tà di sangue che si eredita, è gentilezza (o nobiltà) interiore”. Peraltro è il poeta che introduce questa
d’animo che si conquista con il proprio ingegno; c) la frattura tra terra e cielo, che non ha alcun motivo di
donna è un angelo venuto dal cielo per portare l’uomo essere. La donna è stata creata da Dio, da una costola
a Dio. Ma si riallaccia anche alla Scuola siciliana: la di Adamo, per essere la compagna di Adamo, dunque
donna e una creatura concreta, terrena, capace però di è cosa buona. Anche se ha preso gli ordini minori, la
portare l’uomo in cielo. Riprende anche motivi della causa del conflitto non è Laura, ma le altre donne che
ballata di Guido Cavalcanti: nel congedo i due poeti incontrava e con cui faceva esercizi sessuali.
invitano la canzone ad andare a parlare della propria 6. In Pg XXIV, 43-63, Dante incontra Bonagiunta
donna alle altre donne, per dire che è in fin di vita Orbicciani, che si lamenta perché è stata abbandonata
(Cavalcanti), ma non a tutte, bensì soltanto a quelle di la poesia tradizionale, quella di Guittone d’Arezzo e
animo nobile (Dante). In seguito anche Petrarca in sua, e perché le poesie stilnovistiche sono fatte “per
Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno invita la can- forsa di scritura”, cioè sono piene di cultura e quindi
zone ad andare tra la gente a predicare la pace. incomprensibili alla gente comune. In quell’occasione
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 70
Dante dimentica le tesi stilnovistiche sulla gentilezza tendenziosa. Dante non era ispirato dal dio Amore,
d’animo e si presenta come lo scrittore sacro, ispirato ma dalla sua classe sociale, la piccola nobiltà cittadi-
dal dio Amore: “Io son uno che, quando l’Amore na, legata alla borghesia. Ma, quando scrive il Purga-
m’ispira, annoto, e nel modo, che mi detta nell’animo, torio, i tempi sono cambiati ed egli si trova in esilio e
trascrivo in versi” (vv. 52-54). La definizione di Dol- senza una classe sociale alle spalle.
ce stil novo, data oltre 20 anni dopo, è sicuramente ---I☺I---
---I☺I---
Tanto gentile e tanto onesta appare
Tanto gentile e tanto onesta pare, XXVI
Tanto gentile e tanto onesta appare
Tanto gentile e tanto onesta pare la mia donna quand’ella saluta qualcuno,
la donna mia quand’ella altrui saluta, che ogni lingua diviene tremando muta
ch’ogne lingua deven tremando muta, e gli occhi non hanno il coraggio di guardare.
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella se ne va, sentendosi lodare,
Ella si va, sentendosi laudare, benignamente vestita di umiltà,
benignamente d’umiltà vestuta; e pare che sia una creatura venuta
e par che sia una cosa venuta dal cielo in terra a mostrare un miracolo (=lei stessa).
da cielo in terra a miracol mostrare.
Si mostra così piacevole a chi la guarda,
Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà attraverso gli occhi una dolcezza al cuore,
che dà per li occhi una dolcezza al core, che la può intendere soltanto chi la prova:
che ‘ntender no la può chi non la prova:
E pare che dal suo volto si muova
e par che de la sua labbia si mova uno spirito soave, pieno d’amore,
un spirito soave pien d’amore, che va dicendo all’anima: “Sospira!”.
che va dicendo a l’anima: “Sospira!”.
4. Il poeta vive una doppia vita spirituale e affettiva:
Riassunto. La donna del poeta appare tanto gentile quella con l’ideale (Beatrice e il mondo dell’imma-
quando saluta qualcuno, che non si ha il coraggio di ginario che essa rappresenta) e quella con la realtà
risponderle né di guardarla. Ella si sente lodata, ma (Gemma Donati, giudiziosa e pratica, che lo accom-
non insuperbisce: sembra una creatura discesa dal cie- pagna nell’esilio senza mai lamentarsi e che costitui-
lo. E a chi la guarda dà, attraverso gli occhi, una tale sce il mondo concreto della vita quotidiana).
dolcezza al cuore, che la può intendere soltanto chi la 5. Beatrice, ulteriormente idealizzata (diviene il sim-
prova. E pare che dal suo volto si muova uno spirito bolo della fede e della teologia), guida il poeta nella
soave, pieno d’amore, che invita l’anima a sospirare. parte finale della Divina commedia: dal paradiso ter-
restre, che si trova in cima alla montagna del purgato-
Commento rio, sino alla conclusione del viaggio in paradiso, che
1. Il poeta incontra la sua donna non più nel cortile avviene con la visione mistica di Dio. Anche qui la
del castello, secondo i moduli della poesia cortese, ma moglie è assente.
per le vie della città, dove si sono spostate la vita eco- 6. L’amore dello stilnovismo è ben diverso da quello
nomica e la vita culturale. E, come gli altri spettatori, di Masuccio Salernitano, Novellino 1476), completa-
è affascinato dalla sua bellezza e dal suo comporta- mente rivolto al sesso e sulla soddisfazione dei propri
mento. Essa pare un angelo disceso dal cielo, per stu- desideri sessuali. Quest’amore fisico era praticato da
pire gli uomini. Egli è tanto affascinato da rimanere, nobili, preti, frati, suore, cittadini privati. E le donne
come tutti i presenti, senza la forza di parlare. si concedevano senza difficoltà ed erano affamate dii
2. Onesta significa onesta (come oggi), cioè che ha sesso.
buoni costumi morali. Ad esempio ragazza onesta, in ---I☺I---
contrapposizione a ragazza disonesta, cioè ragazza di
facili costumi. Le Rime sono i componimenti che il poeta non ha in-
3. Inseriti in un contesto diverso, ci sono motivi sici- serito nella Vita nova. Uno di essi è dedicato all’a-
liani: l’amore che entra attraverso gli occhi e giunge mico Guido Cavalcanti.
fino al cuore. Ora però l’amore non è più provocato
dalla bellezza fisica della donna ma dalla bellezza spi-
rituale: la donna perde la sua dimensione fisica per
essere trasformata in angelo, che appartiene soltanto
al regno dei cieli.
sì che fortuna od altro tempo rio così che la tempesta o altro cattivo tempo
non ci potesse dare impedimento, non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento, anzi, vivendo sempre d’accordo, crescesse
di stare insieme crescesse ‘l disio. il desiderio di stare insieme.
Era ‘l giorno ch’al sol si scoloraro Era Venerdì Santo, il giorno in cui il sole si offuscò
per la pietà del suo Factore i rai, per la compassione verso il suo creatore,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai, quando io fui catturato (io non stavo in guardia),
ché i be’ vostr’occhi, Donna, mi legaro. perché, o donna, fui incatenato dai vostri begli occhi.
Tempo non mi parea da far riparo Non mi sembrava il tempo di dovermi riparare
contra colpi d’Amor; però n’andai contro gli assalti del dio Amore; perciò me ne andai
secur, senza sospetto: onde i mei guai sicuro, senza sospetti, così nel comune dolore
nel comune dolor s’incominciaro. [per la morte di Cristo] incominciarono i miei guai.
Trovommi Amor del tutto disarmato, Il dio Amore mi trovò completamente disarmato,
et aperta la via per gli occhi al core, e aperta la strada che va dagli occhi al cuore,
che di lagrime son fatti uscio et varco. che sono divenuti uscio e varco per le lacrime.
Però, al mio parer, non li fu honore Perciò, secondo me, non gli fece onore
ferir me de saetta in quello stato, colpirmi con la freccia [mentre ero] in quello stato;
a voi armata non mostrar pur l’arco. e non mostrare a voi armata nemmeno l’arco.
Riassunto. Petrarca va in chiesa il Venerdì Santo. Qui per gli amici guelfi); fa uscire da una crisi religiosa
vede Laura e se ne innamora. Questo amore è però a l’amico Boccaccio; ottiene come pagamento il terreno
senso unico, perché non è corrisposto. Il poeta perciò sui colli Euganei, dove si fa costruire la villa.
rimprovera il dio Amore che non ha fatto innamorare
Laura di lui.
Commento
1. Il sonetto è intessuto di citazioni letterarie, e ri-
manda a “gli occhi vedono e generan l’amore” con
cui Giacomo da Lentini aveva caratterizzato la Scuola
siciliana. Al tempo però citare significava rendere
omaggio al personaggio citato.
2. Il poeta fa coincidere la nascita del suo amore con
la morte di Gesù Cristo; e i suoi pianti e lamenti per
questo amore si confondono con quelli dei fedeli nel
venerdì santo. Qualcuno ha giustamente considerato
irriverente questo confronto. Il poeta però è interessa-
to unicamente a costruire un sonetto letterariamente
accurato; ed è completamente insensibile al carattere
irriverente di questo paragone. Un altro paragone irri-
verente si trova in Movesi ‘l vecchierel (XVI).
3. Il dissidio interiore e le continue oscillazioni tra
sacro e profano, cielo e terra, costituiscono il motivo 1. Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, 1594-95.
conduttore di tutto il Canzoniere. Il dissidio però è Tre piani: angelo, Giuseppe e Maria, quindi sfondo con
soltanto poetico, perché nella vita quotidiana il poeta fuga all’infinito in alto a dx.
ha sempre dimostrato un grande senso pratico: fa pa- ---I☺I---
gare bene i suoi servizi e il prestigio che con la sua
presenza dà alle varie corti; si fa ospitare indifferen-
temente da guelfi e ghibellini (con grande scandalo
così, lasso, talor vo cerchand’io, Allo stesso modo, ahimè, talvolta io cerco,
donna, quanto è possibile, in altrui o donna, quant’è possibile, nel viso d’un’altra donna
la disïata vostra forma vera. il vostro desiderato e vero volto.
Commento
1. Il poeta fa un paragone la cui prima parte è lunga
ben 11 versi, la seconda soltanto 3: l’elaborazione let-
teraria del testo è fuori di ogni ragionevole dubbio.
2. Egli si paragona ad un vecchietto che è mosso da
un grande desiderio, se (e poiché) è disposto ad ab-
bandonare casa e famiglia, nonostante l’età avanzata.
3. Egli paragona il volto di Laura al volto di Cristo,
cioè mescola profano e sacro; il paragone però suona
irriverente verso la religione e anche sproporzionato,
ma egli non ci fa caso.
4. Il sonetto ha un ritmo estremamente lento ed è co-
stituito da una sola e lunghissima proposizione. Ed è
letteratura, solamente letteratura
5. Il poeta, anziché andare alla ricerca concreta di
Laura, si limita a cercare nelle altre donne il volto di
Laura. Insomma più che di Laura egli è innamorato
dell’amore per Laura, e prova piacere ed interesse
soltanto nell’esaminare esasperatamente le manifesta-
zioni di questo amore dentro di lui, non ad avere con-
cretamente, davanti agli occhi, la figura di Laura.
6. L’opera riprende il continuo dialogo con se stesso
che sant’Agostino (354-430) fa nelle sue Confessioni.
7. Al “vecchierel” di Petrarca va confrontato il peg- 1. Michelangelo Buonarroti, Giudizio universale, cappella
Sistina, 1535-40. Conviene confrontare il Dio cristiano con
giore degli uomini che siano mai vissuti: Giovanni
Giove romano e Zeus greco, anche con gli dei di altre reli-
Boccaccio, Decameron, Ser Ciappelletto (I, 1).
gioni. E chi è curioso può seguire l’evoluzione del Dio cri-
---I☺I--- stiano dalla Genesi ad oggi.
---I☺I---
[…] […]
Spirto doglioso errante (mi rimembra) Fui uno spirito dolente, che vagava (mi ricordo)
per spelunche deserte et pellegrine, per spelonche deserte come un pellegrino,
piansi molt’anni il mio sfrenato ardire: e piansi per molti anni la mia sfrenata audacia.
et anchor poi trovai di quel mal fine, Poi conobbi la fine di quel male
et ritornai ne le terrene membra, 145 145. e ritornai nel mio corpo terreno,
credo per più dolore ivi sentire. credo per sentire con esso più dolore.
I’ seguì’ tanto avanti il mio desire Io seguii tanto avanti il mio desiderio
ch’un dì cacciando sì com’io solea che un giorno m’incamminai (come di solito facevo)
mi mossi; e quella fera bella et cruda per incontrarla; e quella fiera, bella e crudele,
in una fonte ignuda 150 150. se ne stava tutta nuda in una fonte d’acqua,
si stava, quando ‘l sol più forte ardea. quando il sole ardeva più forte.
Io, perché d’altra vista non m’appago, Io, che non m’accontento di alcun’altra vista,
stetti a mirarla: ond’ella ebbe vergogna; stetti a mirarla, perciò ella provò vergogna.
et per farne vendetta, o per celarse, E, per vendicarsi o per nascondersi,
l’acqua nel viso co le man’ mi sparse. 155 155. con le mani mi spruzzò l’acqua sul viso.
Vero dirò (forse e’ parrà menzogna) Dirò la verità (forse essa sembrerà una menzogna):
ch’i’ sentì’ trarmi de la propria imago, io sentii di perdere il mio aspetto umano
et in un cervo solitario et vago e mi trasformai in un cervo solitario e bello
di selva in selva ratto mi trasformo: che corre veloce di selva in selva,
et anchor de’ miei can’ fuggo lo stormo. 160 160. per fuggire allo stuolo dei miei cani.
Canzon, i’ non fu’ mai quel nuvol d’oro O canzone, io non fui mai quella nuvola d’oro
che poi discese in pretïosa pioggia, che poi discese sotto forma di pioggia preziosa,
sì che ‘l foco di Giove in parte spense; così che spense in parte il fuoco di Giove;
ma fui ben fiamma ch’un bel guardo accense, ma fui ben la fiamma che un bello sguardo accese,
et fui l’uccel che più per l’aere poggia, 165 165. e fui l’uccello che più vola per l’aria,
alzando lei che ne’ miei detti honoro: innalzando lei che onoro nelle mie poesie.
né per nova figura il primo alloro Né seppi lasciare il primo alloro per il nuovo aspetto,
seppi lassar, ché pur la sua dolce ombra perché basta soltanto la sua dolce ombra
ogni men bel piacer del cor mi sgombra. per sgombrarmi dal cuore ogni piacere meno bello.
Riassunto. Il poeta ricorda che da giovane frequentò stava tutta nuda in una pozza d’acqua, poiché il sole
posti isolati e grotte solitarie, e che pianse per molti bruciava forte. Egli si fermò a guardarla. La donna,
anni la sua sfrenata audacia, l’amore per Laura. Un presa da vergogna, con le mani gli spruzzò acqua sul
giorno cercò la donna lungo il fiume Sorga, come era viso, per impedirgli di vedere. Egli allora si sentì tra-
solito fare. La vide che se ne stava tutta nuda in una sformato in un cervo, inseguito (come Atteone) dalla
pozza d’acqua a causa della calura. Egli si fermò per torma dei suoi cani. E poi commenta: egli non fu mai
ammirarla, lei provò vergogna e, per vendicarsi o per la nuvola che poi si trasformò in pioggia d’oro, come
nascondere il suo corpo, con le mani lo spruzzò d’ac- fece Giove, per calmare in parte il fuoco della passio-
qua sul viso. Egli si sentì trasformare in un cervo, che ne amorosa. Egli fu invece la fiamma, accesa da uno
correva veloce per fuggire i suoi cani che lo insegui- sguardo della sua donna, fu l’uccello, che passò il
vano. Nel congedo si rivolge alla canzone e le dice tempo a volare per cantarla nelle sue poesie. Né di-
che egli non fu mai la pioggia d’oro con cui Giove menticò l’alloro poetico perché l’aveva vista nuda:
spense in parte la sua passione amorosa; fu invece una bastava l’ombra della sua donna per cacciargli dal
fiamma, accesa dallo sguardo di Laura, e fu l’uccello cuore ogni desiderio indegno.
che passa il tempo in volo, per innalzare lei con le sue 2. Il lettore, se pensa che almeno una volta Petrarca si
poesie. Né seppe abbandonare l’alloro poetico per ac- comporti umanamente e faccia il guardone o ne ap-
quisire il nuovo aspetto, perché basta soltanto l’ombra profitti per saltarle addosso, è subito deluso. Il poeta
di Laura, per liberare il suo cuore da ogni piacere di- va subito a immagini letterarie: Atteone trasformato
sonesto (o turpe o vergognoso o ignobile). in cervo e inseguito dai suoi cani, perché aveva sbir-
ciato Artemide nuda; Giove che si trasforma in piog-
Commento gia d’oro per possedere Danae, che il padre aveva ri-
1. La poesia di Petrarca vive del passato e dei ricordi chiuso in una torre. E a questi riferimenti mitologici
del passato. In questa canzone egli va indietro nel seguono due paragoni: egli è la fiamma di fuoco, ac-
tempo e ricorda che da giovane si rifugiava nei boschi cesa dallo sguardo di Laura, è l’uccello che vola, per
a piangere le sue inclinazioni amorose. Un giorno, cantare Laura. A parte i riferimenti mitologici, Petrar-
com’era solito fare, cercò Laura. La trovò che se ne ca guardone rimanda alla pittura, al tópos di Susanna
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 80
nuda al bagno, concupita e importunata da due vec-
chioni (Daniele, 13). O a Betsabea che fa il bagno nu-
da in pubblico, per farsi adocchiare da re Davide, farsi
invitare nella reggia e farsi frullare (2Sam 11-12). Il re
ci casca. Ad ogni modo un Petrarca guardone, vero o
falso che sia, fornisce un’idea diversa del poeta.
3. Petrarca distingue l’amore puro e ideale per Laura,
e l’amore sensuale e fisico che pratica con diverse
donne, pur essendo un chierico. Ha due figli naturali,
Giovanni (1337) e Francesca (1343), che nascono du-
rante il suo soggiorno ad Avignone, alla corte papale.
2009
2007
2010
2011
2012
Solo et pensoso i più deserti campi Solo e pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti, misuro con passi tardi e lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti e rivolgo gli occhi (pronti a fuggire)
ove vestigio human l’arena stampi. dove il suolo mostri un’orma umana.
Altro schermo non trovo che mi scampi Non trovo altro riparo che impedisca alla gente
dal manifesto accorger de le genti, di vedere chiaramente [quanto io sia innamorato],
perché negli atti d’alegrezza spenti perché nei miei atti privi di allegria
di fuor si legge com’io dentro avampi: di fuori si vede quanto io dentro bruci di passione:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge così che io credo ormai che i monti, le pianure,
et fiumi et selve sappian di che tempre i fiumi e i boschi sappiano come sia
sia la mia vita, ch’è celata altrui. la mia vita, che è nascosta agli altri.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge Ma non so cercare vie così aspre né così selvagge,
cercar non so ch’Amor non venga sempre che il dio Amore non venga sempre
ragionando con meco, et io co·llui. a discutere con me… ed io con lui!
Commento
1. Anche qui Petrarca pensa che la gente si preoccupi
che egli è innamorato. Questo è però ciò che egli pen-
sa; da parte sua non si preoccupa affatto di sapere se
la gente è innamorata o meno. In altre parole il poeta
fa girare il mondo – compresa Laura – intorno a se
stesso e intorno al fatto che egli è innamorato.
2. Da una parte sembra che egli voglia fuggire dal dio
Amore, dall’altra dice che egli gli risponde. Ciò vuol
dire che prova piacere a parlare con lui. Il suo atteg-
giamento è quindi contraddittorio, ma proprio questa
contraddizione sta alla base dell’ispirazione poetica di
tutto il Canzoniere: faccio una cosa e ne vorrei fare
un’altra.
3. Il poeta non si accontenta di dire che la gente, se lo
incontrasse, vedrebbe subito quanto egli è innamora-
to. Giunge ad affermare anche che tutta la natura co-
nosce questa sua passione amorosa (e questo fatto è
ancora più incredibile del primo). Ma egli ritiene che
tutto il mondo giri intorno a lui, al suo amore e al suo 1. Ninfa dei boschi, 2007. Dal 1849 la fotografia ha intro-
dissidio interiore. dotto una nuova dimensione all’arte e alla bellezza. Ma i
4. In questo sonetto non è citata Laura, ma il dio motivi sono rimasti gli stessi della pittura: il nudo femmini-
Amore: l’amore esiste soltanto dentro l’animo del le. Meglio così per tutti. L’ideale greco della kalokagathìa
poeta, che in proposito strumentalizza anche Laura. (il bello e il buono coincidono) è ancora sentito come at-
La donna esiste in quanto egli la pensa e la ricorda. tuale. Il lettore e la lettrice possono anche considerare il
Non ha un’esistenza propria. tópos del nudo nell’arte (pittura e scultura) e confrontare i
5. Il sonetto va confrontato almeno con Walther von nudi fotografici di ieri e di oggi con i nudi dell’arte tradi-
der Vogelweide (1170-1230), Ich saz ûf eime steine zionale. Un’avvertenza: non si devono confondere le foto-
grafie con la realtà. Quelle ragazze non esistono, perché le
(Su una pietra sedevo), più sopra. Petrarca è proiettato
fotografie mentono grazie al sensore che migliora i colori e
su se stesso, il poeta tirolese invece è proiettato sul
l’incarnato, grazie all’illuminazione adeguata e grazie alle
mondo sociale. Tuttavia il Canzoniere resta un testo capacità del fotografo di costruire l’immagine.
privato, da non rendere pubblico. E in privato ognuno ---I☺I---
pensa e fa ciò che vuole.
Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno Benedetto sia il giorno, il mese, l’anno,
e la stagione e’l tempo e l’ora e ‘l punto la stagione, il tempo, l’ora, il momento,
e’l bel paese e’l loco ov’io fui giunto il bel paese e il luogo dove io fui raggiunto
da’duo begli occhi che legato m’ànno; dai due begli occhi [di Laura], che mi legarono;
E benedetto il primo dolce affanno e benedetto sia il mio primo dolce affanno,
ch’ì ebbi ad esser con Amor congiunto, che io ebbi congiungendomi con il dio Amore;
e l’arco e le saette ond’ì fui punto, l’arco, le frecce che mi colpirono,
e le piaghe che’nfin al cor mi vanno. e le ferite che giunsero fino al cuore.
Riassunto. Il poeta benedice tutto ciò che riguarda il 7. L’amore di Petrarca per Laura è quindi un amore
suo incontro con Laura (l’anno, il mese, il giorno e letterario, che si compiace di essere tale, che si preoc-
l’ora in cui l’ha incontrata), quindi conclude dicendo cupa di essere intessuto di citazioni letterarie (Scuola
che pensa soltanto a lei e che nel suo cuore non c’è siciliana, Dolce stil novo, Bibbia ecc.), che è soddi-
posto per nessun’altra. sfatto di rispecchiarsi in se stesso. Angiolieri voleva
fare anti-letteratura, Petrarca vuole fare iper-lettera-
Commento tura: la realtà è trasformata in un’abile, raffinata e
1. Il poeta esalta il momento in cui ha visto e si è in- preziosa (ri)elaborazione letteraria.
namorato di Laura. L’esaltazione mistica cede ora il
posto all’esaltazione amorosa profana. I precedenti
letterari di questa esaltazione davanti alla figura fem-
minile si possono rintracciare in Lo viso mi fa andare
alegramente di Giacomo da Lentini o in Gioiosamen-
te canto di Guido delle Colonne, ambedue della Scuo-
la siciliana.
2. Questo amore è fatto nello stesso tempo di gioia e
di affanni. Anche qui Petrarca recupera la tradizione
letteraria: la concezione drammatica dell’amore come
tormento di Andrea, cappellano del re di Francia (se-
conda metà del sec. XII).
3. L’amore continua ad essere psicologico ed interio-
re, sacro e profano: il poeta esamina se stesso e le sue
reazioni psicologiche davanti al fatto di essere inna-
morato.
4. Il poeta ricorre alla figura retorica dell’anafora (o
ripetizione) (“Che sia benedetto...”), per esprimere in
modo letterariamente efficace, quasi tangibile, la sua
estasi.
5. “Nel suo cuore non c’è posto per nessun’altra”: nel
suo letto però c’è posto per altre donne.
6. Anche in questo sonetto il poeta parla con se stes-
so: in nessun componimento dialoga con Laura, no-
nostante che la letteratura tradizionale fornisse nume-
rosi esempi in proposito, dal contrasto di Cielo d’Al-
camo (prima metà del Duecento) a “Becchin’amor!”,
a Oimè d’Amor o a Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l 1. Anonimo ebanista italiano, Cristo flagellato alla colon-
giorno di Cecco Angiolieri (1260ca.-1312ca.). na, Museo del Prado, Madrid, 1550sd. Torsione del busto.
---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 83
Padre del ciel, dopo i perduti giorni, LXXII O Padre del cielo, dopo i giorni di perdizione
Padre del ciel, dopo i perduti giorni, O Padre del cielo, dopo i giorni di perdizione,
dopo le notti vaneggiando spese dopo le notti consumate in pensieri vani
con quel fero desir che al cor s’accese con quel crudele desiderio che si accese al cuore,
mirando gli atti per mio mal si adorni; guardando gli atti [di Laura] per mio male così belli,
piacciati omai, co’l tuo lume, ch’io torni ti piaccia ormai con la tua grazia che io ritorni
ad altra vita et a più belle imprese; a un’altra vita e a più belle imprese,
sì ch’avendo le reti indarno tese così che il mio crudele avversario (=il demonio),
il mio duro adversario se ne scorni. avendo teso invano le reti, rimanga scornato.
Or volge, signor mio, l’undecimo anno Ora, o mio signore, sta passando l’undicesimo anno
ch’i’fui sommesso al dispietato giogo, da quando io fui sottoposto allo spietato giogo (=
che sopra i più soggetti è più feroce. l’amore per Laura), che è più crudele sui più deboli.
Miserere del mio non degno affanno; Abbi pietà del mio indegno affanno;
reduci i pensier vaghi a miglior luogo; ricondùci i miei i pensieri erranti verso il cielo;
rammenta lor com’oggi fosti in croce. ricorda loro come oggi tu fosti crocefisso.
Commento
1. Petrarca conduce da 11 anni questa vita oscillante
fra la terra ed il cielo, fra amor sacro e amor profano.
A quanto pare la situazione non è completamente
spiacevole, se egli insiste nel rimanervi irretito. E,
comunque, non intende impegnarsi seriamente ad
uscirne: chiede a Dio di ricondurre i suoi pensieri er-
ranti verso il cielo, ma da parte sua non dimostra mol-
ta buona volontà a dimenticare la terra.
2. Il poeta ripiega sempre su se stesso. Si tratta però di
un atteggiamento letterario, che non ha alcun riscon-
tro nella sua vita pratica, dove egli coglie onori e de-
naro. Ma anche così testimonia le tensioni reali esi-
stenti nella cultura del tempo.
3. Al di là delle scelte letterarie, Petrarca e, con lui, il
Canzoniere, testimonia la frattura dell’universo di va-
lori medioevale: Chiesa ed Impero, vita terrena in
funzione della vita ultraterrena, salvezza dell’anima e
dannazione eterna, cultura religiosa e cultura laica.
Boccaccio, di solo dieci anni più giovane, appartiene
già ad una cultura che si è aperta ai valori terreni e li
ricerca. Essa non si sente affatto in colpa per aver ab-
bandonato i valori ultraterreni tradizionali.
---I☺I---
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi I capelli biondi [di Laura] erano sparsi all’aria,
che ‘n mille dolci nodi gli avolgea, che li faceva ondeggiare in mille dolci nodi,
e ‘l vago lume oltra misura ardea e oltre ogni misura ardeva la luce
di quei begli occhi ch’or ne son sģ scarsi; di quei begli occhi, che ora sono meno luminosi;
Non era l’andar suo cosa mortale Il suo camminare non era da essere mortale,
ma d’angelica forma, e le parole era quello di un angelo, e le sue parole
sonavan altro che pur voce umana; suonavano oltre la voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole uno spirito celeste, un sole vivente fu ciò che io vidi;
fu quel ch’i’ vidi, e se non fosse or tale, e, anche se ora essa non fosse più così,
piaga per allentar d’arco non sana. la ferita amorosa non guarisce per l’arco allentato
(=perché non è più bella come un tempo).
Commento
1. Il poeta gioca sul termine l’aura (=l’aria e Laura):
l’attenzione, quasi esasperata, verso le possibilità
espressive date dalle parole è una caratteristica co-
stante del Canzoniere. Il gioco di parole costruito su
l’aura e l’iperbole un sole vivo anticipano il concetti-
smo della poesia barocca (prima metà del Seicento).
2. Come altrove, egli riprende motivi stilnovistici da
Guinizelli (la donna-angelo) e da Dante (la donna-
angelo, il modo di camminare sovrumano). Le imma-
gini però risultano rozze e approssimative rispetto al
sonetto dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare.
3. Il poeta ricorre anche a un calibrato anacoluto
(“Io... che meraviglia c’è, se...”), per mantenersi al
centro dell’attenzione e per esprimere il sopraggiun-
gere improvviso ed inevitabile dell’amore per Laura.
4. L’amore per Laura è un amore della memoria: il 1. Pierre-Auguste Renoir, Ragazza che si pettina, 1894. Il
poeta ricorda il suo amore giovanile e ribadisce che è pittore entra nell’intimità della casa e spoglia o guarda i
ancora innamorato. La duplicità temporale (il passato seni a tutte le ragazze che incontra.
ed il presente) lo spinge a riconoscere e a sottolineare ---I☺I---
che ora Laura è meno bella di allora, perché ormai in-
vecchiata. Altrove, citando l’Ecclesiaste, aveva con-
cluso che “ciò che piace al mondo dura poco” (I).
5. A questo sonetto di Petrarca si deve confrontare il
sonetto di Giambattista Marino (1569-1625), Donna
che si pettina (Rime, 1602), più sotto.
I. Chiare, fresche et dolci acque, 1. O chiare, fresche e dolci acque (=fiume Sorga)
ove le belle membra (nelle quali immerse il bel corpo
pose colei che sola a me par donna; la sola che a me par donna),
gentil ramo ove piacque o ramo gentile (al quale
(con sospir mi rimembra) – mi ricordo e sospiro –
a lei di fare al bel fianco colonna; ella appoggiò il bel fianco),
erba e fior che la gonna o erba e fiori (che la bella veste
leggiadra ricoverse ricoprì con l’angelico seno),
co l’angelico seno; o aria sacra e serena
aere sacro, sereno, (dove Amore mi aprì il cuore
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse: mostrandomi i suoi begli occhi),
date udienza insieme ascoltate insieme
a le dolenti mie parole estreme. le mie ultime e dolenti parole.
VI. Se tu avessi ornamenti quant’ hai voglia, 6. O canzone, se tu fossi bella come vorresti,
poresti arditamente potresti avere il coraggio
uscir del bosco e gir in fra la gente. di uscire dal bosco e andare tra la gente.
Riassunto per strofa. 1. O dolci acque del fiume – di- ai fiori. Alla fine personifica anche la canzone, che il
ce il poeta –, o ramo gentile, o erba e fiori, o aria se- poeta invita ad andare tra la gente. Il lettore non deve
rena [dove Laura è vissuta], ascoltate le mie ultime preoccuparsi del contenuto, piuttosto semplice, ma
parole. 2. Se dovrò morire piangendo, spero di essere delle immagini che il poeta cerca di evocare. Quel che
sepolto in mezzo a voi, che per me siete il luogo più conta sono soltanto le immagini letterarie: il poeta ha
sicuro e tranquillo. 3. Forse in futuro ella tornerà qui e perciò saccheggiato la letteratura prima di lui.
mi cercherà e, vedendomi morto e sepolto, implorerà 4. Petrarca descrive un locus amoenus e vi immerge
il cielo ed otterrà per me la grazia divina. 4. Ricordo Laura, l’unica che a lui par donna, cioè domina, si-
con dolcezza quando sopra di lei e intorno a lei cade- gnora e padrona. La scenografia è coinvolgente e
vano fiori, che sembravan dire: “Qui regna il dio straordinaria. Il locus amoenus è un tópos letterario di
Amore”. 5. Quante volte io, stupito, dissi che era nata grande successo. Il primo è il paradiso terrestre che si
in paradiso! La sua bellezza mi faceva dimenticare a trova nella Genesi (3, 22), un altro è ancora il paradi-
tal punto la realtà, che io mi chiedevo com’ero giunto so terrestre in cima alla montagna del purgatorio nella
lì, perché pensavo di essere in cielo. Perciò non riesco Divina commedia (Pg XXVII-XXXIII), un terzo è la
a vivere altrove. 6. O canzone, se tu fossi bella come villa immersa nella natura in cui si ritrovano i dieci
vorresti, lasceresti questo luogo per andare tra la gen- giovani del Decameron di Boccaccio.
te [a parlare di Laura]. 5. Anche qui tutta la realtà, compresa Laura, gira in-
torno al poeta, che vive dei ricordi del passato, ma che
Commento immagina anche di essere morto nel futuro. Per la
1. Il riassunto, che si limita ad eliminare gli aggettivi prima ed ultima volta si preoccupa di quel che prova
e le proposizioni dipendenti superflui, mostra chiara- Laura: alla vista della sua tomba la donna verserà
mente quanto (poco) il poeta sia interessato al conte- qualche lacrima, che sarà sufficiente per fare andare il
nuto, e quanto (molto) sia interessato alla forma lette- poeta in cielo.
raria in cui il contenuto è espresso. Ciò vale per tutta 6. Questo testo, come tutti i precedenti, mostra quanto
la sua produzione letteraria. la poesia di Petrarca sia intessuta di citazioni letterarie
2. La canzone riprende e rielabora immagini e motivi precedenti, di riflessioni e di sentenze tratte dalla Bib-
della tradizione letteraria siciliana e stilnovistica, a cui bia, dagli stoici, dai Padri della Chiesa, da sant’A-
si aggiunge il mai sopito dissidio interiore tra terra e gostino. Essa è e vuole essere una poesia in cui la di-
cielo. “L’angelico seno” è la piega del vestito o il se- mensione letteraria (fusa con l’egocentrismo del poe-
no (al singolare): la donna-angelo “ricopre erbe e fiori ta) si impone completamente sui contenuti. Il riassun-
con la veste e con il bel seno (o con il bel corpo)”. Se to più sopra lo dimostra.
fa il bagno, si deve spogliare, immergere nel fiume e 7. La canzone si può commentare con un’opera d’arte
poi asciugare. Per asciugarsi, si distende per terra posteriore di un secolo: Sandro Botticelli, Nascita di
sull’erba e sui fiori, perché non ha portato un asciu- Venere, 1482-85, m 1,72x2,78. La dea è a grandezza
gamano. Ad ogni modo il poeta fa riferimento alla naturale.
donna angelicata del Dolce stil novo, in particolare ---I☺I---
alle statue, che riempiono le chiese e che sono a seno
nudo. Gli angeli sono asessuati o ermafroditi ed han-
no un aspetto effeminato.
3. Il testo è, come di consueto, assai ricercato e assai
elaborato sul piano letterario. Agli inizi si rivolge a
parlare alle acque del fiume Sorga, al ramo, all’erba e
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 87
Italia mia, ben che ‘l sperar sia indarno, O Italia mia, benché la speranza sia vana
CXXVIII
I. Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno 1. O Italia mia, benché le mie parole non possano
a le piaghe mortali guarire le tue piaghe mortali,
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio, che così numerose vedo sul tuo bel corpo,
piacemi almen che ‘ miei sospir’ sian quali desidero almeno che i miei sospiri siano
spera ‘l Tevero et l’Arno, come li spera il Tevere, l’Arno ed il Po,
e ‘l Po, dove doglioso et grave or seggio. dove ora, addolorato e pensoso, io mi trovo.
Rettor del cielo, io cheggio O Dio del cielo, io ti chiedo che la compassione,
che la pietà che Ti condusse in terra che ti fece venire sulla terra, ti faccia ora
Ti volga al Tuo dilecto almo paese. guardare il tuo amato paese.
Vedi, Segnor cortese, Vedi, o Signore cortese, come futili motivi
di che lievi cagion’ che crudel guerra; siano causa di guerre crudeli!
e i cor’, che ‘ndura et serra Apri, o Padre, intenerisci e sciogli i cuori,
Marte superbo et fero, che ora Marte (=il dio della guerra),
apri Tu, Padre, e ‘ntenerisci et snoda; superbo e feroce, ha indurito e richiuso.
ivi fa che ‘l Tuo vero, Fa’ che qui la tua verità, anche se io valgo poco,
qual io mi sia, per la mia lingua s’oda. sia detta dalla mia bocca.
II. Voi cui Fortuna à posto in mano il freno 2. O voi, che dalla sorte avete avuto il governo
de le belle contrade, delle nostre belle contrade, per le quali
di che nulla pietà par che vi stringa, non mostrate di avere alcuna compassione,
che fan qui tante pellegrine spade? che cosa fanno qui tante armi straniere? Pensate
perché ‘l verde terreno davvero che la nostra terra verdeggiante si tinga
del barbarico sangue si depinga? del sangue dei barbari? Vi fa piacere sbagliare!
Vano error vi lusinga: Vedete poco e vi sembra di vedere molto,
poco vedete, et parvi veder molto, poiché cercate l’amore e la fedeltà
ché ‘n cor venale amor cercate o fede. in cuori che si vendono.
Qual più gente possede, Perciò chi ha più mercenari è anche colui
colui è più da’ suoi nemici avolto. che ha più nemici intorno.
O diluvio raccolto Questo diluvio è stato raccolto
di che deserti strani in paesi selvaggi e spaventosi,
per inondar i nostri dolci campi! per inondare i nostri campi fertili!
Se da le proprie mani Se prepariamo con le nostre mani
questo n’avene, or chi fia che ne scampi? la nostra rovina, chi ci potrà salvare?
III. Ben provide Natura al nostro stato, 3. La Natura si preoccupò della nostra sicurezza,
quando de l’Alpi schermo quando pose le Alpi come barriera
pose fra noi et la tedesca rabbia; tra noi e la rabbia tedesca.
ma ‘l desir cieco, e ‘ncontr’al suo ben fermo, Ma il desiderio cieco, ostinato
s’è poi tanto ingegnato, contro il proprio bene, si è poi tanto impegnato,
ch’al corpo sano à procurato scabbia. che ha procurato la scabbia al corpo sano dell’Italia.
Or dentro ad una gabbia Ora dentro ad una stessa gabbia si trovano
fiere selvagge et mansüete gregge belve feroci e greggi mansuete,
s’annidan sì che sempre il miglior geme: così che il migliore geme sempre.
et è questo del seme, E, per nostro maggior dolore,
per più dolor, del popol senza legge, queste belve discendono dal popolo senza legge,
al qual, come si legge, al quale, come dice la storia,
Mario aperse sì ‘l fianco, Caio Mario inflisse una tale sconfitta,
che memoria de l’opra ancho non langue, che è ancor vivo il ricordo dell’impresa,
quando assetato et stanco quando l’esercito romano, assetato e stanco,
non più bevve del fiume acqua che sangue. trovò nel fiume più sangue che acqua.
IV. Cesare taccio che per ogni piaggia 4. Non parlo di Giulio Cesare, che su ogni pianura
fece l’erbe sanguigne fece l’erba rossa con il sangue delle loro vene,
di lor vene, ove ‘l nostro ferro mise. nelle quali intinse le nostre spade.
Or par, non so per che stelle maligne, Ora sembra, non so per quale influsso maligno
V. Né v’accorgete anchor per tante prove 5. Non vi siete ancora accorti, neanche dopo tante
del bavarico inganno prove, dell’inganno dei mercenari tedeschi,
ch’alzando il dito colla morte scherza? i quali, alzando un dito [in segno di resa],
Peggio è lo strazio, al mio parer, che ‘l danno; si prendono gioco della morte?
ma ‘l vostro sangue piove La beffa è, secondo me, peggiore del danno.
Il vostro sangue però è versato largamente:
più largamente, ch’altr’ira vi sferza.
siete spinti gli uni verso gli altri da ben altro odio!
Da la matina a terza Riflettete un momento sulla vostra situazione,
di voi pensate, et vederete come e capirete che non può avere caro alcuno colui
tien caro altrui che tien sé così vile. che ritiene se stesso così vile, da vendersi per denaro.
Latin sangue gentile, O nobile stirpe latina, allontana da te il peso dannoso
sgombra da te queste dannose some; di questi mercenari, e non trasformare in idolo
non far idolo un nome la loro vuota fama, che non ha riscontro nella realtà!
vano senza soggetto: È colpa nostra, non della natura,
ché ‘l furor de lassú, gente ritrosa, se il furore settentrionale,
vincerne d’intellecto, restio a ogni incivilimento,
peccato è nostro, et non natural cosa. ci supera nelle capacità intellettuali.
VI. Non è questo ‘l terren ch’i’ toccai pria? 6. Non è questa la terra ove nacqui?
Non è questo il mio nido Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sì dolcemente? ove fui nutrito così dolcemente?
Non è questa la patria in ch’io mi fido, Non è questa la patria in cui ho riposto
la mia fiducia, la madre benigna e pietosa,
madre benigna et pia,
che ricopre ambedue i miei genitori?
che copre l’un et l’altro mio parente?
In nome di Dio, o principi, questo pensiero
Perdio, questo la mente penetri qualche volta nella vostra mente,
talor vi mova, et con pietà guardate e, pieni di compassione, guardate le lacrime
le lagrime del popol doloroso, del popolo sofferente, il quale, dopo Dio,
che sol da voi riposo soltanto da voi può sperare protezione.
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate E, purché mostriate qualche segno
segno alcun di pietate, di compassione, il coraggio [militare]
vertú contra furore contro la furia [straniera] impugnerà le armi,
prenderà l’arme, et fia ‘l combatter corto: e il combattimento sarà breve,
ché l’antiquo valore perché l’antico valore non è ancora
ne gli italici cor’ non è anchor morto. scomparso dai cuori degli italiani.
VII. Signor’, mirate come ‘l tempo vola, 7. O signori, considerate come il tempo vola,
et sì come la vita come la vita se ne va, e come la morte ci sovrasta.
fugge, et la morte n’è sovra le spalle. Voi ora siete qui su questa terra,
Voi siete or qui; pensate a la partita: ma pensate alla partenza da questa vita,
ché l’alma ignuda et sola quando l’anima, senza corpo e da sola,
deve giungere a quell’incerto passaggio.
conven ch’arrive a quel dubbioso calle.
Attraversando questa valle terrena,
Al passar questa valle deponete giù l’odio e lo sdegno,
piacciavi porre giù l’odio et lo sdegno, che sono venti contrari alla vita serena.
vènti contrari a la vita serena; E quel tempo, che ora consumate ad angustiare
et quel che ‘n altrui pena
Riassunto per strofa. 1. O Italia mia – dice il poeta –, angustiare gli altri, per imprese più degne. Così vivete
anche se le mie parole non ti possono guarire, parlo felici sulla terra, e vi preparate la salvezza del cielo.
ugualmente come ti piacerebbe sentirmi parlare. O 8. O canzone, esponi con prudenza i tuoi argomenti:
Dio, volgi lo sguardo al tuo amato paese, sciogli i devi andare tra gente abituata all’adulazione, non alla
cuori induriti, e fa’ che la tua verità esca dalla mia verità. Poche persone ti ascolteranno. Chiedi la loro
bocca. protezione, ne hai bisogno, perché vai a predicare la
2. O signori, che governate l’Italia, perché ci sono qui pace.
tanti soldati stranieri? Pensate forse che costoro si
ammazzino per voi? Vi illudete! Essi sono venuti per Riassunto per strofa ma più breve. 1. Il poeta si rivol-
distruggere i nostri campi, e noi, chiamandoli, ci ge ai signori d’Italia e chiede perché hanno invitato
stiamo distruggendo con le nostre mani. soldati stranieri.
3. La Natura ha innalzato le Alpi, per separarci dai 2. Essi sono venuti qui non per ammazzarsi tra loro,
tedeschi. Voi invece li avete chiamati qui, ed ora lupi ma per depredare il nostro paese. E continua:
feroci e pecore mansuete vivono insieme, e chi ci ri- 3. la natura ha innalzato le Alpi per dividerci dai tede-
mette è sempre il migliore. Eppure questi soldati di- schi, ed ora lupi feroci e pecore mansuete vivono in-
scendono da quelli che sono stati così duramente sieme, e chi ci rimette è sempre il popolo italiano.
sconfitti da Caio Mario, che dell’impresa è ancor vivo Eppure essi sono i discendenti di quei popoli che sono
il ricordo. stati così duramente sconfitti da Caio Mario
4. Non parlo poi di Giulio Cesare, che li sconfisse più 4. e da Giulio Cesare. Perciò si chiede perché i signori
volte. Ora, se abbiamo perso la protezione del cielo, è d’Italia vogliono far guerra ai loro vicini.
per colpa vostra! Le vostre ambizioni stanno rovinan- 5. I soldati stranieri fingono di combattere e si pren-
do l’Italia. Perché importunate il vicino? Perché cer- dono gioco dei loro datori di lavoro. Non possono es-
cate soldati stranieri? Perché provate piacere a veder sere fedeli a nessuno coloro che si mettono in vendita
spargere il sangue? Io parlo per dire la verità, non per per poco prezzo. La loro fama militare è del tutto in-
odio verso qualcuno. fondata.
5. Non vedete che questi soldati, arrendendosi, evita- 6. Quindi il poeta fa due riflessioni. a) L’Italia è la
no lo scontro, e si prendono gioco di voi? Riflettete terra dove egli è nato, perciò invita i signori ad avere
un po’: come può avere caro qualcuno chi ritiene di compassione del popolo italiano e a fargli prendere le
valere tanto poco, da vendersi? O nobile sangue lati- armi contro gli stranieri invasori.
no, non ammirare la loro fama, che è immeritata. E, se 7. b) E poi il tempo vola, e si avvicina la morte: nel
ci superano, la colpa è nostra, non della Natura. poco tempo che ci rimane è meglio pensare alla sal-
6. Non è l’Italia la terra dove sono nato e cresciuto e vezza ultraterrena che a farsi guerra.
dove sono sepolti i miei genitori? O signori, abbiate 8. Infine il poeta invita la canzone ad andare tra la
compassione del nostro popolo, che soffre. Bastereb- gente a predicare la pace.
be un po’ di compassione a fargli prendere le armi e a
fargli cacciare gli stranieri. Il coraggio dei romani non Commento
è ancora scomparso dal suo cuore. 1. La canzone è l’atteggiamento più politico che Pe-
7. O signori, il tempo vola e la morte si avvicina: trarca riesce ad esprimere in tutta la sua vita. In realtà
quando arriva, bisogna lasciare tutto. Perciò, mentre egli non è interessato alla politica ed è lontano dalle
vivete, lasciate ogni odio, che impedisce di vivere se- beghe politiche tra fazioni o tra città e città o tra Sta-
renamente. E dedicate il tempo, che ora perdete ad terello e Staterello che caratterizzano l’Italia del Due-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 90
cento e poi del Trecento. Proiettato com’è nel mondo ve ospite di chiunque lo inviti, paghi i suoi servizi e
dei classici, nella repubblica ideale che lo fa incontra- gli permetta di dedicarsi ai suoi amati autori latini. In
re con i grandi dell’antichità, egli non capisce né può cambio egli dà lustro con la sua presenza e svolge in-
capire come si possa perdere tempo in conflitti conti- carichi diplomatici. Giustamente gli umanisti si ricol-
nui, inutili ed estenuanti. La guerra o le piccole guerre legano a lui: hanno gli stessi valori, gli stessi interessi,
dei signori non sono i suoi valori. Egli ne ha altri. I la stessa cultura e la stessa mentalità.
suoi valori non sono effimeri, né contingenti, perciò 3. Qui Petrarca si chiede perché i signori d’Italia han-
guarda con fatica e con poco interesse ai signori che no invitato milizie straniere per combattere per essi.
sono incapaci di uscire da un momento storico soffo- Nel Cinquecento Ariosto si chiede meravigliato come
cante e senza alternative, per attingere a quella vita sia possibile che nel 1494 Ludovico il Moro, signore
fuori del tempo che unisce i grandi del passato, del di Milano, abbia potuto chiamare in Italia il re di
presente e del futuro. Francia contro il re di Napoli: le conseguenze, disa-
2. Petrarca è radicalmente diverso da Dante, che nella strose per tutti, di lì a poco si fanno vedere. Con due
Divina commedia (1306-21) esprime le sue idee poli- secoli di anticipo il poeta invita i signori d’Italia a non
tiche, sociali, religiose, scientifiche, che dedica i canti commettere errori e a cacciare fuori d’Italia gli stra-
VI delle tre cantiche ai problemi politici, che si sca- nieri! Il potere politico, ignorante e beota, non lo
glia duramente contro i principi locali, contro i papi, ascolta nel presente né nel futuro. Contemporanea-
contro gli imperatori, quasi contro Dio, contro i fio- mente ad Ariosto Machiavelli nel Principe (1512-13)
rentini (Pg VI), che hanno dimenticato il loro ruolo, la si affanna a convincere Lorenzino de’ Medici a impu-
loro missione, il loro ambito, che hanno dimenticato gnare una bandiera e a mettersi a capo del popolo ita-
l’Italia e la funzione delle due grandi istituzioni, il pa- liano per cacciare i barbari fuori d’Italia... Insomma la
pato e l’impero. Che vede la conflittualità persistente valutazione che Petrarca dà sulla classe politica italia-
tra i signorotti locali (If XXVII). Non si può dire chi, na del suo tempo non è quella di uno sprovveduto in-
tra i due poeti, ha più ragione (o più torto), poiché tellettuale, che è apolitico e rinchiuso nella sua gret-
hanno valori diversi e vivono in due dimensioni di- tezza e nel suo egoismo. È quella di un intellettuale
verse. Dante è attaccato alla sua Firenze. Petrarca è un che non può capacitarsi che si possa vivere a livelli
personaggio che ha vita, interessi internazionali, e vi- così bassi, così contingenti, così banali.
Passa la nave mia colma d’oblio La mia nave (=la mia vita) piena d’oblio passa
per aspro mare, a mezza notte il verno, per un mare aspro, a mezza notte, d’inverno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo fra gli scogli di Scilla e di Cariddi; e alla guida
siede ‘l signore, anzi ‘l nimico mio. siede il signore, anzi il nemico mio (=il dio Amore).
A ciascun remo un penser pronto et rio A ciascun remo siede un pensiero sfrenato e reo,
che la tempesta e ‘l fin par ch’abbi a scherno; che pare non curarsi della tempesta né della salvezza;
la vela rompe un vento humido eterno la vela è battuta da un vento umido, continuo,
di sospir’, di speranze, et di desio. fatto di sospiri, di speranze e di desideri [vani].
Riassunto. Il poeta paragona la sua vita a una nave, 4. La presenza massiccia, qui come altrove, della re-
che con il mare in tempesta e in una notte d’inverno torica anche in questo sonetto che sembrerebbe più
attraversa uno stretto pericoloso. Al timone siede il sincero di altri pone il problema se il Canzoniere sia
dio Amore, che è il suo signore, ma anche il suo ne- sincero o sia una semplice finzione letteraria. Una ri-
mico. Ai remi stanno pensieri sfrenati e colpevoli. E sposta potrebbe essere questa: il poeta ritiene che sol-
la vela è spinta dal vento irresponsabile delle passio- tanto l’uso estesissimo della retorica sia capace di
ni. Non ci sono più gli occhi di Laura a guidarlo. È esprimere adeguatamente i suoi sentimenti. La retori-
scomparsa fra le onde la scienza e l’arte di navigare, ca è quindi l’abito letterario con cui egli vuole e deve
tanto che ormai egli dispera di raggiungere il porto necessariamente rivestire e travestire i suoi pensieri
(=la salvezza, la sicurezza, la tranquillità, anche la ed i suoi sentimenti. E noi siamo costretti a rispettare
salvezza dell’anima). questa sua concezione della retorica e tenerla presente
quando leggiamo il Canzoniere.5. A questo sonetto si
Commento può confrontare Umberto Saba, Ulisse (Mediterranee,
1. Il sonetto potrebbe risalire al 1343, quando il poeta 1946), un breve componimento in cui il poeta propo-
attraversa una profonda crisi spirituale: gli nasce ne di sé l’immagine di un Ulisse sempre pronto al pe-
Francesca, la seconda figlia naturale, e il fratello ricolo e che non vuole invecchiare.
Gherardo si fa monaco, nonostante che egli fosse
contrario. Laura poi è lontana da lui, perché egli si
reca a Napoli.
2. Il sonetto è fatto con la consueta abilità letteraria e
con il consueto uso di figure retoriche: il paragone tra
la nave e la vita, l’accumulo di situazioni negative nei
primi 11 versi, la lentezza dei versi che con la loro
gravità accentuano il carattere drammatico della si-
tuazione, l’uso di termini pregnanti già indicati nel
sonetto iniziale (lacrimar, sdegni, error, ignorantia,
desperar), l’antitesi (signore-nemico), i consueti due
termini congiunti (“Scilla et Caribdi”, “pronto e rio”,
“bagna et rallenta”, “la ragion et l’arte”).
3. L’oblio è la dimenticanza: il poeta ha dimenticato i
suoi valori e i suoi doveri. Era anche chierico, ma ha
due figli. L’attività sessuale aguzza l’ingegno.
4. Il poeta si ascolta, ascolta i suoi versi lenti e im-
pregnati di lacrime del sonetto. E li ascolta: suonano
bene e sono convincenti. E li gusta. Dopo gli esibi-
zionisti e i guardoni ci sono gli origlioni, coloro che 1. Madeleine von Foerster, Acherontia atropos (il nome
provano piacere a origliare, anche ad ascoltare il tur- della farfalla sui rami dell’alberello), 2012.
piloquio. ---I☺I---
La vita fugge, et non s’arresta una hora, La vita fugge e non si ferma un momento
et la morte vien dietro a gran giornate, e la morte le vien dietro a grandi passi;
et le cose presenti et le passate e le cose presenti e le passate
mi tormentano, e anche le future;
mi dànno guerra, et le future anchora;
e il ricordo e l’attesa mi angosciano
e ‘l rimembrare et l’aspettar m’accora, da una parte e dall’altra, così che in verità,
or quinci or quindi, sì che ‘n veritate, se non avessi pietà di me stesso,
se non ch’i’ ò di me stesso pietate, sarei già fuori di questi pensieri (=mi sarei suicidato).
i’ sarei già di questi penser’ fòra.
Mi torna in mente se il mio cuore infelice ebbe mai
Tornami avanti, s’alcun dolce mai qualche dolcezza; e poi, dall’altra parte (=al futuro),
ebbe ‘l cor tristo; et poi da l’altra parte vedo i venti scatenati contro la mia navigazione:
veggio al mio navigar turbati i vènti;
vedo tempesta nel porto (=alla morte), è ormai stanco
veggio fortuna in porto, et stanco omai il timoniere, sono rotti l’albero e le sàrtie, e spenti
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, i begli occhi (=di Laura), che solevo ammirare.
e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
Riassunto. Il poeta vede la vita passare in gran fretta e marce forzate. Sulle meridiane medioevali era scritto
la morte avvicinarsi. Il presente ed il passato lo tor- tempus fugit o tempus semper fugit.
mentano ed ugualmente il futuro, tanto che egli, se 5. Il verso finale è riservato abilmente a Laura, che è
non avesse pietà di se stesso, si sarebbe già suicidato. in cima a tutti i pensieri del poeta. Il sonetto sembra
Il passato non gli ha dato gioie, il futuro si presenta più sincero di altri proprio perché l’ars dicendi è me-
minaccioso. Vede la sua vecchiaia sconvolta ancora no visibile, e perciò più efficace. Ed anche perché,
dalle passioni, egli è ormai stanco e gli occhi di Laura diversamente dal solito, gli aggettivi adoperati sono
si sono spenti. pochissimi.
Commento
1. Il sonetto sembra avere un contenuto maggiore di
altri (il riassunto è più lungo della media). In realtà il
poeta dimostra di aver raggiunto un controllo ancora
più raffinato del linguaggio, che ora controbilancia
con il contenuto. Le figure retoriche sono numerose,
ma non si avvertono, in tal modo il contenuto acqui-
sta più spazio e appare in primo piano.
2. Il sonetto è pieno di figure retoriche: antitesi (fug-
ge/s’arresta, vita/morte, cose presenti/passate, ri-
membrar/aspettar, or quinci/or quindi ecc.); litote
(Non s’arresta); ripetizioni (il secondo verso ripete il
concetto espresso nel primo); metafore (i lumi, cioè
gli occhi di Laura) ecc. Ricompare la metafora della
vita come di una nave e, di conseguenza, del vivere
come di un navigare, e della morte come del porto.
Addirittura il poeta medita una cosa reale come il sui-
cidio. Si tratta, come di consueto, di un atteggiamento
letterario.
3. I motivi del sonetto sono i consueti della poesia pe-
trarchesca: il passato angoscioso, il ricordo del passa-
to, il presente doloroso; il futuro incerto e sconvolto
dalle passioni; l’amore per Laura che non conosce
momenti di debolezza; la vita che passa, che è come
una nave, che si dirige verso il porto della morte. 1. Fernando Botero, Autoritratto, 1959.
4. Il poeta recupera il motivo classico della vita o del ---I☺I---
tempo che fugge. “A gran giornate” è un calco di ma-
gnis itineribus, espressione militare che significa a
Tu che vedi i miei mali indegni et empi, Tu, che vedi i miei mali indegni ed empi,
Re del cielo invisibile immortale, o Re del cielo, invisibile e immortale,
soccorri a l’alma disvïata et frale, soccorri la mia anima deviata e fragile,
e ‘l suo defecto di tua gratia adempi: e colma i suoi difetti con la tua grazia:
A quel poco di viver che m’avanza La tua mano si degni di essere sollecita
et al morir, degni esser tua man presta: a quel poco di vita che [ancora] mi resta:
tu sai ben che ‘n altrui non ò speranza. tu sai bene che non ho speranza in nessun altro.
Riassunto. Il poeta rimpiange la sua vita passata, per- paese, sui suoi incubi notturni; e la ragazza vi svolge
ché ha amato qualcosa di mortale e non si è alzato in una funzione importante ma secondaria.
volo verso il cielo, pur avendone le capacità. Perciò si
rivolge a Dio e gli chiede di soccorrere la sua anima,
attratta dai beni terreni e fragile. In tal modo, se visse
lottando contro le tentazioni, possa morire in pace e
salvando l’anima. E, se la vita terrena fu mal spesa,
almeno la morte sia onorevole.
Commento
1. Il sonetto sembra avere un contenuto maggiore di
altri, perché fa un uso misurato di aggettivi. Ma una
lettura un po’ attenta mostra il lavoro letterario alle
spalle: “mali indegni et empi”, “a l’alma disvïata et
frale”, “in guerra et in tempesta”, “in pace et in por-
to” e le diverse e facili contrapposizioni.
2. Il sonetto va confrontato con la canzone di Guido
Guinizelli Al cor gentil rempaira sempre amore. Nel-
la strofa finale il poeta immagina di essere davanti a
Dio che gli rimprovera di aver amato un essere terre-
no ed effimero, la sua donna, e non Lui e la Regina
del Cielo. Ed egli risponde che la sua donna aveva
l’aspetto di un angelo disceso dal cielo, perciò non
commise peccato, se l’ha amata. La donna stilnovisti-
ca porta l’uomo a Dio, la donna di Petrarca lo porta
invece al dissidio interiore (la terra e i beni terreni o il
cielo) e al peccato. La salvezza può venire soltanto
dalla grazia divina.
3. Al sonetto vanno confrontati Giacomo Leopardi, A
Silvia (1828), la ragazzina che non conoscerà né la
giovinezza né l’amore, “german di giovinezza”, e Le
ricordanze (1829), che ricordano un’altra ragazza,
Nerina. Il poeta immagina un futuro felice, ma il de- “Non te la do, neanche se mi paghi!”
stino è di diverso avviso. Silvia e Nerina muoiono, ed
egli vede davanti a sé soltanto la sconfitta della mor- 1. Vittorio Corcos, La bambola meravigliosa, 1899.
te. Le differenze sono minime: A Silvia è incentrato ---I☺I---
sulla figura di Silvia. Le ricordanze invece sono in-
centrate sui ricordi del poeta, sulla sua infelice vita in
I. Vergine bella, che di sol vestita, 1. O Vergine bella [che splendente come il sole
coronata di stelle, al sommo Sole e coronata di stelle, piacesti al sommo Sole (=Dio)
piacesti sì, che ‘n te Sua luce ascose, a tal punto, che racchiuse in te la sua luce],
amor mi spinge a dir di te parole: l’amore mi spinge a parlare di te:
ma non so ‘ncominciar senza tu’ aita, ma non so iniziare senza il tuo aiuto e quello
et di Colui ch’amando in te si pose. di Colui che per amore s’incarnò nel tuo ventre.
Invoco lei che ben sempre rispose, Invoco colei che sempre rispose
chi la chiamò con fede: a chi la chiamò con fiducia;
Vergine, s’a mercede o Vergine, se mai a pietà
miseria extrema de l’humane cose ti mosse la misera condizione
già mai ti volse, al mio prego t’inchina, della vita umana, ascolta la mia preghiera,
soccorri a la mia guerra, soccorri ai miei affanni,
bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina. benché io sia fango e tu regina del cielo.
II. Vergine saggia, et del bel numero una 2. O Vergine saggia, che fai parte del bel numero
de le beate vergini prudenti, delle beate vergini prudenti,
anzi la prima, et con più chiara lampa; anzi sei la prima, e con luce più luminosa;
o saldo scudo de l’afflicte genti o forte scudo delle genti afflitte
contra colpi di Morte et di Fortuna, contro i colpi della Morte e della Fortuna,
sotto ‘l qual si trïumpha, non pur scampa; sotto il quale non solo ci si salva, ma si trionfa;
o refrigerio al cieco ardor ch’avampa o refrigerio al cieco desiderio che brucia
qui fra i mortali sciocchi: qui tra gli sciocchi mortali;
Vergine, que’ belli occhi o Vergine, quei begli occhi
che vider tristi la spietata stampa che videro sofferenti l’impronta crudele delle ferite
ne’ dolci membri del tuo caro figlio, sul corpo del tuo amato figlio,
volgi al mio dubbio stato, volgi al mio incerto stato, che smarrito
che sconsigliato a te vèn per consiglio. viene a te per aver consiglio.
III. Vergine pura, d’ogni parte intera, 3. O Vergine pura, immacolata in ogni tua parte,
del tuo parto gentil figliola et madre, figlia e madre del tuo nobile parto,
ch’allumi questa vita, et l’altra adorni, che illumini questa vita e abbellisci l’altra,
per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre, per mezzo di te e del sommo Padre, tuo figlio,
o fenestra del ciel lucente altera, o finestra del cielo luminosa e superba,
venne a salvarne in su li extremi giorni; venne a salvarci negli ultimi giorni del mondo;
et fra tutt’i terreni altri soggiorni e fra tutte le altre donne
sola tu fosti electa, tu sola fosti prescelta,
Vergine benedetta, o Vergine benedetta,
che ‘l pianto d’Eva in allegrezza torni, che tramuti in allegria il pianto d’Eva.
fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno, Rendimi, poiché tu puoi, degno della sua grazia,
senza fine o beata, o infinitamente beata,
già coronata nel superno regno. già coronata in paradiso.
IV. Vergine santa d’ogni gratia piena, 4. O Vergine santa, piena di ogni grazia,
che per vera et altissima humiltate che grazie alla tua sincera e nobilissima umiltà
salisti al ciel onde miei preghi ascolti, salisti al cielo, da dove ascolti le mie preghiere,
tu partoristi il fonte di pietate, tu partoristi la fonte di pietà
et di giustitia il sol, che rasserena e il sole di giustizia, che rasserena
il secol pien d’errori oscuri et folti; il secolo pieno d’errori, oscuri e numerosi;
tre dolci et cari nomi ài in te raccolti, tre dolci e cari nomi unisci in te,
madre, figliuola et sposa: madre, figlia e sposa;
Vergina glorïosa, o Vergine gloriosa,
donna del Re che nostri lacci à sciolti signora del Re che ha sciolto i nostri vincoli
et fatto ‘l mondo libero et felice, e fatto il mondo libero e felice,
ne le cui sante piaghe ti prego, o vera beatrice, di appagare
prego ch’appaghe il cor, vera beatrice. il mio cuore nelle sue (= di Cristo) sante ferite.
VII. Vergine, quante lagrime ò già sparte, 7. O Vergine, quante lacrime ho già versato invano,
quante lusinghe et quanti preghi indarno, quante lodi e quante preghiere, solamente
pur per mia pena et per mio grave danno! per accrescere la mia pena e il mio grave tormento!
Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno, Da quando io nacqui sulla riva dell’Arno,
cercando or questa et or quel’altra parte, percorrendo ora questa, ora quell’altro paese,
non è stata mia vita altro ch’affanno. la mia vita non è stata altro che affanno.
Mortal bellezza, atti et parole m’ànno Bellezza, atti e parole mortali mi hanno
tutta ingombrata l’alma. ingombrato l’animo completamente.
Vergine sacra et alma, O Vergine sacra e vivificante, non tardare,
non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno. poiché io forse sono alla fine della mia vita.
I dì miei più correnti che saetta I giorni se ne sono andati più velocemente
fra miserie et peccati che una freccia, tra miserie e peccati,
sonsen’ andati, et sol Morte n’aspetta. e mi aspetta soltanto la Morte.
VIII. Vergine, tale è terra, et posto à in doglia 8. O Vergine, una donna terrena pose
lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne il mio cuore nel dolore e in vita lo tenne nel pianto
et de mille miei mali un non sapea: e non sapeva affatto dei miei mille affanni:
et per saperlo, pur quel che n’avenne e, se lo avesse saputo, sarebbe accaduto
fôra avenuto, ch’ogni altra sua voglia quel che poi è avvenuto, perché ogni suo desiderio
era a me morte, et a lei fama rea. era per me mortale, per lei d’infamia.
Or tu donna del ciel, tu nostra dea Ora tu, che sei signora del cielo, tu nostra dea
(se dir lice, e convensi), (se è lecito e conveniente parlare così),
Vergine d’alti sensi, o Vergine di doti eccelse, tu vedi
tu vedi il tutto; e quel che non potea tutto; e quel che [Laura] non poteva
far altri, è nulla a la tua gran vertute, fare, [cioè] porre fine al mio dolore [terreno],
por fine al mio dolore; è nulla per le tue grandi capacità,
ch’a te honore, et a me fia salute. e per te sarà motivo d’onore, per me di salvezza.
XI. Il dì s’appressa, et non pòte esser lunge, 11. Il giorno si avvicina e non può essere lontano,
sì corre il tempo et vola, perché il tempo corre e vola,
Vergine unica et sola, o Vergine unica e sola, ora il rimorso,
e ‘l cor or coscïentia or morte punge. ora il pensiero della morte tormentano il mio cuore.
Raccomandami al tuo figliuol, verace Raccomandami a tuo figlio, vero
homo et verace Dio, uomo e vero Dio,
ch’accolga ‘l mïo spirto ultimo in pace. affinché accolga il mio spirito nella pace del cielo.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Il poeta ha dimenticato i beni terreni e ha c) Dies irae (Il giorno dell’ira divina). La sequenza
cambiato i suoi desideri, così si rivolge alla Vergine e propone una religiosità del tutto diversa. Dio è “rex
la prega di intercedere a suo favore presso suo Figlio, tremendae majestatis” (“Re di tremenda maestà”) e
in modo che egli possa salvare l’anima. un giudice terribile, che non lascerà niente d’impu-
nito.
Commento d) La predica di Jacopo Passavanti, Il cavaliere che
1. La canzone va confrontata con: rinnegò Dio (1354). Un cavaliere dissipa le sue ric-
a) Canzoniere, I: Voi ch’ascoltate in rime sparse il chezze e diventa povero. Stanco della sua vita mise-
suono: il poeta si rivolge alla Madonna, per avere la rabile, vuole ritornare ricco. Così accetta il consiglio
grazia, in modo da salvare l’anima e salire in cielo. del suo fattore e una notte si reca nel bosco per fare
b) Preghiera alla Vergine di san Bernardo, affinché un patto con il diavolo. Rinnega Dio, ma non ha il co-
interceda a favore di Dante e gli faccia avere la visio- raggio di rinnegare la Madonna e si pente di quel che
ne mistica di Dio (Pd XXXIII, 1-39): 137 versi lun- stava facendo. Si reca in una chiesetta, dove c’è la
ghi (e interminabili) di Petrarca contro 39 versi densi statua della Madonna e chiede perdono. Le sue lacri-
di Dante. Il santo lo fa alla presenza di tutti i beati del me di pentimento spingono la Madonna a chiedere a
paradiso. Petrarca invece è in un rapporto solidario suo Figlio di perdonarlo. E suo figlio lo perdona. La
con la Vergine, a cui chiede di intervenire in suo aiu- devozione alla Madonna ha anche un sèguito positi-
to e fargli avere la salvezza eterna. Dante vuole cono- vo: un cavaliere che assiste per caso alla scena decide
scere le verità di fede, tornarsene a casa e raccontare di restituirgli le ricchezze che aveva comprato da lui e
il suo viaggio oltremondano. Petrarca non ha alcuna in più di dargli sua figlia in moglie. Indubbiamente
di queste pretese. Vuole scrivere un testo lunghissimo tutti i salmi finiscono in gloria. E le coincidenze sono
in cui esamina se stesso e la sua vita e che intesse di del tutto fortuite.
infiniti riferimenti letterari. e) Ed anche i canti di chiesa dedicati alla Madonna, in
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 97
latino come in italiano, nel capitolo Inni e canti della monte, che a bell’agio si può ammirare da ogni parte,
Chiesa cattolica (1950-70), più sotto. mi è stato quasi sempre negli occhi. […]
2. L’aggettivazione esasperata e retorica della canzo- Partimmo da casa il giorno stabilito e a sera eravamo
ne petrarchesca non ha spazio nella canzone dedicata giunti a Malaucena, alle falde del monte, verso set-
alla Madonna di Francesco Saverio D’Aria (1889- tentrione. Qui ci fermammo un giorno ed oggi, final-
1976), Dell’aurora tu sorgi più bella (1959). mente, con un servo ciascuno abbiamo cominciato la
3. C’è un abisso tra il testo lunghissimo e il riassunto salita, e con molta fatica. La mole del monte è sasso-
cortissimo: appena quattro righe. Il poeta si ripete ad sa e assai scoscesa e quasi inaccessibile, ma ben disse
oltranza: ancora la vita peccaminosa e l’errore giova- il poeta che “l’ostinata fatica vince ogni cosa [Virgi-
nile, ancora l’amore terreno verso una donna destina- lio, Georg. I, 145-146.]”.
ta a trasformarsi in polvere. Ma ora, vicino alla mor- Il giorno lungo, l’aria mite, l’entusiasmo, il vigore,
te, ha cambiato pensieri e desideri, o almeno lo dice. l’agilità del corpo e tutto il resto favorivano la nostra
Così si rivolge alla Vergine e la implora di intercede- salita; ci ostacolava soltanto la natura del luogo. In
re presso suo Figlio, in modo che egli possa salvarsi. una valletta del monte incontrammo un vecchio pa-
4. Neanche in questo drammatico frangente egli rie- store che tentò in mille modi di dissuaderci dal salire,
sce a dimenticare la letteratura: compare la Medusa raccontandoci che anche lui, cinquant’anni prima,
(strofa IX), un mostro della mitologia greca, che pie- preso dal nostro stesso entusiasmo giovanile, era sali-
trifica chi la guarda. Egli è stato pietrificato dagli oc- to sulla vetta, ma che non ne aveva riportato che de-
chi e dalla bellezza di Laura. lusione e fatica, il corpo e le vesti lacerati dai sassi e
5. Ogni strofa ripete due volte la parola “Vergine”, il dai pruni, e che non aveva mai sentito dire che altri,
congedo una volta. Oltre a una aggettivazione esaspe- prima o dopo di lui, avesse ripetuto il tentativo. Ma,
rata, la canzone presenta numerose invocazioni alla mentre ci gridava queste cose, a noi – così sono i gio-
Vergine: due per strofa. vani, sordi ad ogni consiglio – il desiderio cresceva
6. “ Corre il tempo et vola” e “Vergine unica et sola” per il divieto. Allora il vecchio, accorgendosi dell’i-
(strofa XI): due versi e due verbi/aggettivi coordinati. nutilità dei suoi sforzi, si inoltrò un bel po’ tra le roc-
Ma l’intera canzone, come l’intera produzione poeti- ce, ci mostrò con il dito un sentiero tutto erto e ci die-
ca, è piena di queste soluzioni retoriche. de molti avvertimenti, ripetendoceli alle spalle, men-
---I☺I--- tre noi ci allontanavamo. Lasciammo presso di lui le
vesti e gli oggetti che ci potevano intralciare. Tutti
Le Familiares: La salita a monte Ventoso, soli ci accingiamo a salire e ci incamminiamo con
1336 passo spedito. Ma, come spesso avviene, a un grosso
sforzo segue rapidamente la stanchezza, così facem-
Petrarca scrive all’amico Dionigi da Borgo San Se- mo una sosta su una rupe non lontana. Ci rimettiamo
polcro, che gli aveva regalato una copia delle Con- in marcia, avanziamo di nuovo, ma più lentamente. Io
fessioni di sant’Agostino, una lettera – la più famosa soprattutto, che mi arrampicavo per la montagna con
della raccolta – sulla sua salita sul monte Ventoso passo più faticoso. Invece mio fratello, per una scor-
con il fratello Gherardo. La lettera, scritta in latino, ciatoia lungo il crinale del monte, saliva sempre più
porta la data 26 aprile 1336, che coincide con il Ve- in alto. Io, più fiacco, scendevo giù, e a lui che mi ri-
nerdì Santo, giorno di pentimento, che precede la Pa- chiamava e mi indicava il cammino più diritto, ri-
squa di Redenzione. Per Petrarca la salita diventa spondevo che speravo di trovare un sentiero più age-
l’occasione per delineare la propria vita spirituale. E vole dall’altra parte del monte e che non mi dispiace-
la conquista della cima diventa la metafora della va di fare una strada più lunga, ma più piana. Preten-
conquista della salvezza o almeno dei suoi sforzi in devo così di scusare la mia pigrizia e, mentre i miei
quella direzione. Il fratello Gherardo sale in modo compagni erano già in alto, io vagavo tra le valli,
sicuro, invece egli incontra continue difficoltà e cer- senza scorgere da nessuna parte un sentiero più dolce.
ca una strada più agevole che lo porti in cima al La via invece cresceva e l’inutile fatica mi stancava.
monte. Ma non la trova. Infine, giunto in cima alla Mi annoiai e mi pentii di questo girovagare, e decisi
vetta, legge ad alta voce un brano delle Confessioni di puntare direttamente verso l’alto. E, quando, stan-
scelto a caso, che sembra riferirsi proprio alla sua co e ansimante, riuscii a raggiungere mio fratello, che
condizione. si era intanto rinfrancato con un lungo riposo, per un
po’ di strada procedemmo insieme. Avevamo appena
A Dionigi da Borgo San Sepolcro, dell’ordine di san- lasciato quel colle che già io, dimentico del primo er-
t’Agostino, professore della sacra pagina (Bibbia). rabondare, sono di nuovo trascinato verso il basso e,
mentre attraverso la vallata, vado di nuovo alla ricer-
Oggi, spinto dal solo desiderio di vedere un luogo ce- ca di un sentiero più agevole, ma ricado subito in
lebre per la sua altezza, sono salito sul più alto monte gravi difficoltà. Volevo rimandare la fatica della sali-
di questa regione, chiamato giustamente Ventoso. Da ta, ma la natura non si piega alla volontà umana, né
molti anni mi ero proposto questa gita. Come sai, per può accadere che qualcosa di corporeo raggiunga
quel destino che regola le vicende degli uomini, ho l’altezza scendendo verso il basso. Insomma, in poco
abitato in questi luoghi fin dall’infanzia e questo tempo, tra le risa di mio fratello e con mio avvilimen-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 98
to, ciò mi accadde tre volte o più. Deluso, sedevo Mentre ammiravo questo spettacolo in ogni suo
spesso in qualche valletta e lì, trascorrendo rapida- aspetto ed ora pensavo a cose terrene ed ora, come
mente dalle cose corporee alle incorporee, mi impo- avevo fatto con il corpo, levavo più in alto l’anima,
nevo riflessioni di questo genere: “Ciò che hai tante credetti giusto dare uno sguardo alle Confessioni di
volte provato oggi salendo questo monte, si ripeterà, Agostino, dono del tuo affetto, libro che in memoria
per te e per tanti altri che vogliono accostarsi alla dell’autore e di chi me l’ha donato io porto sempre
beatitudine. Se gli uomini non se ne rendono conto con me: libretto di piccola mole ma d’infinita dolcez-
tanto facilmente, ciò è dovuto al fatto che i moti del za. Lo apro per leggere quello che mi cadesse sott’oc-
corpo sono visibili, mentre quelli dell’animo sono in- chio: quale pagina poteva capitarmi che non fosse pia
visibili e nascosti. La vita che noi chiamiamo beata è e devota? Era il decimo libro. Mio fratello, che aspet-
posta in alto e, come dicono, stretta è la strada che vi tava di udire dalla mia bocca una parola di Agostino,
conduce [Mt VII, 14]. Inoltre vi si frappongono molti era attentissimo. Lo chiamo con Dio e testimonio che,
colli, e di virtù in virtù dobbiamo procedere per nobili dove dapprima gettai lo sguardo, lessi: “Gli uomini
gradi. Sulla cima è la fine di tutto, è quel termine ver- vanno a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti
so il quale si dirige il nostro pellegrinaggio. […] del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità
C’è una cima più alta di tutte, che i montanari chia- dell’oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi”
mano il “Figliuolo”. Non so dirti per quale motivo. Se [Agostino, Conf. X, 8, 15]. Mi stupii, lo ammetto.
non forse per ironia, come talora si fa, perché sembra Pregai mio fratello, che desiderava udire altro, di non
il padre di tutti i monti vicini. Sulla sua cima c’è un disturbarmi e chiusi il libro. Ero sdegnato con me
piccolo pianoro e qui, stanchi, riposammo. E dal stesso per l’ammirazione che ancora provavo verso
momento che tu hai ascoltato gli affannosi pensieri cose terrene quando già da tempo, dagli stessi filosofi
che mi sono saliti nel cuore mentre salivo, ascolta, pagani, avrei dovuto imparare che niente è da ammi-
padre mio, anche il resto e spendi, ti prego, una sola rare tranne l’anima, di fronte alla cui grandezza non
delle tue ore a leggere la mia avventura di un solo c’è nulla di più grande.
giorno. Soddisfatto oramai, e persino sazio della vista di quel
Dapprima, colpito da quell’aria insolitamente leggera monte, rivolsi gli occhi della mente in me stesso e da
e da quello spettacolo grandioso, rimasi come istupi- allora nessuno mi udì parlare per tutta la discesa.
dito. […] Ma ecco entrare in me un nuovo pensiero Quelle parole tormentavano il mio silenzio. Non po-
che dai luoghi mi portò ai tempi. «Oggi – mi dicevo – tevo certamente pensare che tutto fosse accaduto per
si compie il decimo anno da quando, lasciando gli caso. Sapevo anzi che quanto avevo letto era stato
studi giovanili, hai abbandonato Bologna. Dio im- scritto per me, non per altri.
mortale, eterna Saggezza, quanti e quali sono stati nel
frattempo i cambiamenti della tua vita! Così tanti che Riassunto. Petrarca in una lettera racconta all’amico
non ne parlo. Del resto non sono ancora così sicuro in Dionigi de’ Roberti, frate agostiniano, la sua salita a
porto da rievocare le trascorse tempeste. Verrà forse monte Ventoso con il fratello Gherardo. Partono di
un giorno in cui potrò enumerarle nell’ordine stesso buon mattino. Strada facendo incontrano un pastore
in cui sono avvenute. Vi premetterò le parole di Ago- che li dissuade dal continuare, perché non c’è niente
stino: “Voglio ricordare le mie passate turpitudini, le da vedere. Ma essi non lo ascoltano e continuano la
carnali corruzioni dell’anima mia, non perché le ami, salita. Gli lasciano però i bagagli che possono ostaco-
ma per amare te, Dio mio” [Agostino, Conf. II, 1, 1]. lare la salita. Il fratello procede dritto, egli invece
Troppi sono ancora gli interessi che mi producono tende a girovagare alla ricerca di una strada più age-
incertezza ed impaccio. Ciò che ero solito amare, non vole, che non c’è. Infine si rassegna a procedere per
amo più; mento: lo amo, ma meno; ecco, ho mentito la strada irta e sassosa in salita. Il poeta allora si met-
di nuovo: lo amo, ma con più vergogna, con più tri- te a riflettere: la salita al monte è una metafora della
stezza; finalmente ho detto la verità. È proprio così: sua vita spirituale. È attratto dai beni terreni, cerca di
amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei disfarsene, ma non vi riesce. Deve fare uno sforzo
odiare; amo tuttavia, ma contro voglia, nella costri- maggiore. Ma almeno sa che quella è la direzione
zione, nel pianto, nella sofferenza. In me faccio triste giusta. Giunti in cima, apre le Confessioni di Agosti-
esperienza di quel verso di un famosissimo poeta: “Ti no regalategli da Dionigi. Il passo che legge dice che
odierò, se posso; se no, t’amerò contro voglia” [Ovi- gli uomini hanno girato il mondo ed hanno dimenti-
dio, Amori III, 11, 35]. Non sono ancora passati tre cato la cosa più vicina e importante: l’anima. Il passo
anni da quanto quella volontà malvagia e perversa riguardava certamente lui. Poi scendono in silenzio,
che tutto mi possedeva e che regnava incontrastata mentre il poeta continua a riflettere sul passo di Ago-
nel mio spirito cominciò a provarne un’altra, ribelle e stino.
contraria; e tra l’una e l’altra da un pezzo, nel campo
dei miei pensieri, s’intreccia una battaglia ancor oggi Commento
durissima e incerta per il possesso di quel doppio 1. Dionigi de’ Roberti da Borgo San Sepolcro, frate
uomo che è in me». […] agostiniano, fu professore di teologia e di filosofia a
Parigi, dove il poeta lo conobbe forse nel 1333.
1. Michelangelo Buonarroti, Creazione di Adamo, 1511. ma. Poi Adamo recupera il tempo perduto e si dedica agli
Adamo ha il pene rattrappito, perché Eva non era ancora esercizi sessuali con Eva. Un buon esempio per tutta l’u-
stata creata. Dio si dà una mossa per crearla quanto pri- manità. Dio controllava che non sbagliasse entrata.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 128
Masuccio Salernitano (1410ca.- ideologico e culturale: la Chiesa usa le prediche, Ma-
succio le novelle.
1476)
La poetica. L’economia arretrata, i conseguenti con-
La vita. Tommaso Guardati, detto Masuccio Saler- flitti tra monarchia e nobili, tra nobili ed ecclesiastici,
nitano (Salerno, 1410ca.-Salerno, 1476) è imbevuto tra monarchia e Chiesa romana permettono di capire
di cultura religiosa ed è una figura solitaria dell’Uma- meglio i suoi attacchi polemici e le sue ossessioni.
nesimo napoletano, poiché non è un letterato di pro- Tuttavia nelle novelle egli fa sentire la sua formazio-
fessione. Lavora come funzionario alla corte di Al- ne sia religiosa sia teatrale. D’altra parte la Chiesa
fonso d’Aragona a Napoli, dal 1463 entra al servizio aveva il monopolio della cultura e del teatro che era
del principe di Salerno Roberto Sanseverino. Ha cin- nato con le sacre rappresentazioni… In una società
que figli, tre dei quali prendono gli ordini religiosi. povera i premi in palio sono pochi: un po’ di ricchez-
za e un po’ di sesso, rappresentato dal corpo di una
L’opera. Masuccio Salernitano scrive il Novellino, donna, che appaiono ossessivamente e in modo ripeti-
una raccolta di 50 novelle che dissacrano il mondo tivo da una novella all’altra. L’amore poi è povero, è
ecclesiastico e celebrano la nobiltà. La stesura è len- soltanto fisico, è soltanto sesso: il maschio possiede e
tissima, inizia nei primi anni Cinquanta e termina nei usa la femmina per soddisfare i suoi appetiti sessuali
primi anni Settanta. Subito dopo la morte il mano- che culminano nell’orgasmo. L’amore sessuale non
scritto è bruciato dall’inquisitore. La prima edizione s’innalza mai al livello letterario, emotivo, sentimen-
critica dell’opera è curata dal patriota napoletano tale, ideale, come proponevano la Scuola siciliana
Domenico Settembrini, che si propone di recuperare (1230-60) e il Dolce stil novo fiorentino (1275-95),
la letteratura meridionale del passato. Masuccio divi- che avevano inventato la donna-angelo, che porta
de le novelle in dieci gruppi, introdotti da un Prologo, l’uomo a Dio. E oltre al sesso con c’è altro, non ci
che trattano uno specifico argomento. Alla fine sono altri valori. Il sesso che travolge il lettore non è
dell’opera pone un Parlamento, insomma una Post- quindi una ricerca del piacere che soddisfa e realizzi i
fazione. A sua volta ogni novella ha l’Argomento, personaggi. È la fuga in un mondo turpe e degradato,
cioè il riassunto in 5-6 righe, il nome dell’autore a cui è un auto-stordimento, per protestare contro il mondo
è dedicata, l’esordio, che è una specie di premessa, la reale in cui si vive.
Narrazione, cioè il testo della novella, infine il com- Basta confrontare le cinque novelle erotiche di Ma-
mento finale intitolato Masuccio e fatto dallo stesso succio con le sei novelle erotiche di Boccaccio e si
autore. Ogni decade di novelle tratta poi lo stesso ar- coglie la diversa prospettiva dei due autori. Boccac-
gomento. Lo scrittore cerca in qualche modo di ripe- cio apprezza l’ironia, la battuta di spirito, l’amore
tere l’organizzazione del Decameron di Boccaccio: sentimentale, l’amore romantico, l’amore tragico. A
per allontanarsi dalla peste, 10 giovani si ritirano in tutto questo lo scrittore salernitano contrappone la ri-
una villa fuori di Firenze e si raccontano una novella cerca continua e ossessiva di amplessi, ricercati dai
al giorno per 10 giorni con argomento indicato dal re nobili cavalieri e da tutte le donne, presentate come
o dalla regina. L’ultima novella della giornata e alcu- voraci vagine affamate di membri maschili. Il popolo
ne giornate hanno argomento libero. In tal modo i due invece è sessualmente anoressico (gli uomini) o ter-
autori salvano unità e varietà, ed evitano la noia e la reno di caccia per nobili e clero (le donne) o altri es-
ripetizione. I due mondi, quello di Boccaccio e quello seri mostruosi affamati di sesso (i nani). Lo scrittore
di Masuccio, sono però molto diversi, perciò i risulta- propone insomma, e consapevolmente, un’estetica del
ti sono completamente diversi. Anche gli scopi sono brutto, un’estetica pre-barocca, incentrata sulla cele-
diversi: Boccaccio vuole serenamente divertire, anche brazione dell’osceno, del deforme e di una umanità
quando racconta novelle licenziose. Masuccio non degradata.
dimentica mai lo scopo pubblicitario e politico delle L’opera è molto apprezzata dalla nobiltà del tempo,
sue novelle: la difesa della classe nobiliare contro il ma è osteggiata dalle autorità ecclesiastiche ed è pre-
clero e i vari ordini frateschi, che insidiano le donne e sto dimenticata, poiché propone un mondo deforme e
la ricchezza alla nobiltà. Il popolo per lui è semplice grottesco che si contrappone sia al mondo ideale e al-
carne da macello, che si fa imbrogliare dai frati, e le la nobiltà di Boccaccio, sia ai valori classicheggianti
sue donne sono territorio di caccia per i nobili lombi. dell’Umanesimo, sia perché è ferocemente anticleri-
Il disprezzo per il clero non gli impedisce di piazzare cale. Masuccio, blasfemo e pornografico, è riscoperto
i suoi figli e le sue figlie proprio nella gerarchia ec- secoli dopo soltanto da Domenico Settembrini (1813-
clesiastica, che permetteva una vita agiata. L’even- 1876), un patriota napoletano, che ripubblica il No-
tuale contraddizione passa però in secondo piano se si vellino nel 1874. Il Salernitano però subisce la con-
tiene presente che egli si schiera con i principi napo- danna moralistica dei critici di ispirazione crociana,
letani contro l’esosa fiscalità del sovrano, che ne deve che proponevano un’estetica del bello. E la sua “cat-
domare le due rivolte. Firenze era ricca e produceva tiva fama” permane anche dopo le edizioni critiche di
ricchezza, da cui tutti attingevano. il Regno di Napoli Alfredo Mauro (1940) e di Giorgio Petrocchi (1957)
no. Di qui la lotta di tutte le parti sociali per strappare e, a parte qualche rara eccezione, anche con la critica
ricchezza alle altre. La lotta avviene anche sul piano successiva.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 129
Commento niversità. Era bello e leggiadro e sentiva il fuoco
1. Masuccio mostra un aspetto della cultura meridio- dell’amore. Si innamora di Caterina, moglie di Rode-
nale ben diverso da quello normalmente conosciuto, rigo d’Angiaja, un notabile della città. Le scrive una
prima la Scuola siciliana e poi l’Umanesimo napole- lettera, che fa portare da un chierichetto. La donna è
tano. Vale la pena di leggerlo proprio per questo mo- lusingata, ma gli risponde che suo marito la vuole tut-
tivo. È uno scrittore anomalo, che non cerca classici ta per lui. Egli diventa invece importuno e la segue
greci e latini da pubblicare, e che porta la cultura in ovunque. Caterina pensa di avvisare il marito prima
ambiti originali, del tutto sconosciuti. Conviene con- che altri lo avvisino. Il marito le dice di farlo venire
frontarlo con il Decameron (1349-51) di Giovanni di notte, al resto avrebbe pensato lui. Diego entra, una
Boccaccio, a cui si ispira, e anche con lo Specchio di serva lo conduce in una stanza buia. Qui il marito e
vera penitenza (1354) di Jacopo Passavanti, scrittore un servo lo strangolano. Il marito si pente subito
di prediche, che scopre le atmosfere notturne. La cosa dell’omicidio (teme il re e il convento). Con il servo
curiosa è che il suo moralismo (ma filonobiliare) su- lo porta in convento e lo mette a sedere in una stanza
pera di gran lunga quello del frate domenicano. su una sedia (è la latrina del convento). Quindi ritorna
2. La corte napoletana peraltro offre anche un’altra e a palazzo. Un giovane frate va nella stessa stanza per
ben diversa visione dell’Umanesimo: quello di Lo- sgravarsi di corpo. Riconosce Diego seduto e si mette
renzo Valla (1407-1457), di Giovanni Pontano (1422- ad aspettare. Tra i due non correva buon sangue. Ma
1503) e di Iacopo Sannazaro (1455-1530), tre gran- Diego non si muove. Allora il frate, pensando che lo
dissimi umanisti. Valla, un professionista della cultu- voglia prendere in giro, afferra una pietra e lo colpi-
ra, fa la spola tra Napoli e Roma e dimostra che la do- sce sul capo. Diego cade. Egli pensa di averlo ucciso
nazione di Costantino è un falso del sec. VII (1440). e, temendo d’essere incolpato a causa della loro ini-
Pontano e Sannazaro scrivono splendide opere in la- micizia, lo prende e lo trascina davanti alla porta del
tino. palazzo di Roderigo, poiché sapeva che il frate ne
3. Masuccio può essere confrontato proficuamente corteggiava la moglie. Non contento, va dal padre
con Jacopo Passavanti per diversi motivi: Passavanti guardiano e gli chiede di poter andare a Medina con
proietta l’uomo sull’al di là dove i peccati sono du- una cavalla a prendere le elemosine che aveva raccol-
ramente puniti; Guardati lascia interamente l’uomo to. Il padre lo loda e gli dà il permesso. Roderigo pas-
sulla terra, un infermo non meno peggiore. I due au- sa la notte in bianco, finché decide di mandare un
tori puntano sull’orrido, su atmosfere cupe e maligne servo ad ascoltare se i frati hanno scoperto il morto. Il
in cui i personaggi sono immersi. Per il frate la ric- servo esce e trova subito il cadavere. Ritorna dal pa-
chezza è un dis-valore e fa perdere l’anima. Per drone, che non si arrabbia affatto. Manda il servo a
Guardati è una dei due valori, l’altro è l’amore fisico prendere uno stallone, sul quale legano il morto, gli
con una donna. Per il frate la cultura fa andare all’in- mettono una lancia in mano e lo portano davanti al
ferno (Serlo e lo scolaro dannato), per il Salernitano convento. In quel momento dal convento esce il frate
è un valore, ma lontanissimo e non si accorge che con la cavalla. Sentendo l’odore della femmina, lo
grazie ad essa i frati predicatori riescono a tessere con stallone cerca di montarla. Il frate le spinge gli spero-
successo i loro imbrogli. Peraltro egli è più vicino a ni nei fianchi, la cavalla si mette a correre, inseguita
Passavanti (1354) che a Boccaccio (1349-51). Ma dallo stallone. Il frate chiede aiuto. Ormai è primo
Guardati non riesce mai a staccarsi dal suo mondo tra mattino, la gente guarda dalla finestra, vede i due frati
Napoli e Salerno e da una visione grossolanamente che si inseguono e ride. Alla fine i due sono fermati
materialistica della realtà. Il passato pesa sulle sue ad una porta della città. Gli abitanti volevano sapere
idee. Non capisce che l’uomo e la donna hanno biso- che cosa era successo. Il morto è sepolto, il vivo è
gno di sogni e di illusioni per vivere. Lo dirà poi Ugo portato in convento, poi sarebbe stato portato in car-
Foscolo, un altro materialista, in un romanzo (1798). cere con l’accusa di omicidio. Il podestà lo avrebbe
In quegli stessi anni Firenze, Roma e Venezia cono- giudicato e impiccato. Intanto era giunto il sovrano, il
scono i fulgori dell’Umanesimo e poi del Rinasci- quale, sentendo la storia, da una parte ride, dall’altra
mento. E la lingua ufficiale è il latino. è dispiaciuto di aver perso un frate così stimato. Ma
4. Il sesso di Masuccio non è liberatorio, è ossessivo, la giustizia doveva seguire il suo corso. Allora Rode-
è l’unica evasione dalla realtà per tutti, nobili, preti, rigo, per evitare che il frate fosse ingiustamente im-
frati, uomini comuni. E donne. Ben diverso è il sesso piccato ed essendo in buoni rapporti con il sovrano,
nella visione goliardica o di Walther von der Vogel- decide di confessare in pubblico quanto era successo.
weide, più sopra, a cui va confrontato. Però è disposto a raccontare la storia soltanto se il so-
---I☺I--- vrano perdona preventivamente colui che ha giusta-
mente ucciso il frate. Il sovrano concede il perdono e
Maestro Diego, la cavalla e lo stallone, I, il nobile racconta la storia. Il frate insidiava e impor-
1 tunava sua moglie, così egli ha pensato di farlo venire
di notte e di strangolarlo. Poi l’aveva portato in con-
Riassunto. A Salamanca viveva un frate minore con- vento, ma se l’era ritrovato davanti alla porta il matti-
ventuale di nome Diego de Revalo. Era esperto in san no dopo. Allora l’aveva messo sullo stallone e ripor-
Tommaso come in Duns Scoto. Teneva lezione all’u- tato al convento. Il re aveva già sentito qualche voce
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 130
sull’intraprendenza di Diego verso le donne. Perciò fa 5. Il re di Spagna svolge la funzione di deus ex ma-
venire il frate guardiano, il frate incriminato e gli altri china della tragedia antica: incanala la novella verso
confratelli, che ascoltano il racconto di Roderigo e la soluzione che accontenta tutte le parti. È chiaro poi
confermano il comportamento riprovevole di Diego. che le decisioni di un re non si possono discutere e
Così il sovrano fa liberare il frate, ingiustamente ac- sono sempre giuste…
cusato, e oltre al perdono loda il cavaliere per quanto 6. Masuccio non dimentica mai lo scopo pubblicitario
ha fatto. e politico delle sue novelle: la difesa della classe no-
biliare contro il clero e i vari ordini frateschi, che in-
Commento sidiano le donne e la ricchezza alla nobiltà. Il popolo
1. Il punto forte del racconto è la cavalcata infernale per lui è semplice carne da macello, che si fa imbro-
che avviene sul far dell’alba. Il punto debole è che gliare dai frati, e le sue donne sono territorio di caccia
non si spreca uno stallone così, per scopi poi non per i nobili lombi. Il disprezzo per il clero non gli im-
molto chiari. Che dovevano dire o fare i frati davanti pedisce di piazzare i suoi figli e le sue figlie proprio
al morto legato allo stallone? Sicuramente non si era nella gerarchia ecclesiastica. L’eventuale contraddi-
legato da solo… Comunque sia, la storia è movimen- zione passa però in secondo piano se si tiene presente
tata e piena di colpi di scena. Arriva anche il sovrano, che egli si schiera con i principi napoletani contro
senza farsi annunciare, che serve come (e diventa il) l’esosa fiscalità del sovrano, che ne deve domare le
deus ex machina, che risolve la situazione, con soddi- due rivolte.
sfazione di tutte le parti in causa. La morale della fa- 7. La novella va paragonata alle novelle di Boccaccio
vola – c’è anche una morale! –, espressa dal sovrano, incentrate sui giovani (Andreuccio da Perugia, Na-
è che non si va a pascolare impunemente l’erba altrui stagio degli Onesti, Federigo degli Alberighi) e sul-
e che il nobile ha fatto bene a strangolare il frate. Il l’erotismo (Masetto da Lamporecchio, Re Agilulfo e
sovrano dà un perdono preventivo e oltre al perdono il palafreniere, Madonna Filippa). La conclusione è
loda il cavaliere che si è fatto giustizia da solo. I frati immediata: i due mondi sono lontanissimi. Un con-
del convento davano però il loro consenso: Diego de fronto efficace è anche con un altro scrittore del terro-
Revalo esagerava nell’essere intraprendente verso le re: Jacopo Passavanti, che spaventa i fedeli per por-
donne. E non capiva che doveva restare a pascolare le tarli a vivere in grazia di Dio.
sue popolane e non insidiare mogli di nobili. 8. La novella iniziale dà un’idea soddisfacente del
2. I personaggi sono poveri di tratti. I frati o i preten- Novellino. È un mondo degradato, che pensa unica-
denti sono giovani, belli e innamorati. Tutto qui. Le mente al sesso e alle soddisfazioni sessuali. Ma le
donne sono belle o bellissime e concupibili o normal- novelle successive aggravano (se così si può dire)
mente vogliose di rapporti sessuali. E, almeno in que- questo degrado: compaiono le donne dalla vagina ar-
sto caso, sono oneste soltanto per timore delle conse- dente, sempre affamate di sesso, i mariti anoressici e
guenze. Normalmente non si preoccupavano neanche tanti nani dal pene sovradimensionato, che esistono
di esserlo: farsi possedere era il loro unico ideale di unicamente per soddisfare le voglie femminili.
vita. Avevano una particolare predilezione per i nani 9. Una degli aspetti che più colpiscono di questa co-
a causa della fama che essi avevano di avere un pene me delle altre novelle è la sua costruzione teatrale:
sovra-dimensionato. Concedersi a un altro nobile si non è scritta per essere letta, è scritta per essere rap-
poteva anche capire, ma concedersi a un frate no: i presentata. L’autore pensa e scrive in termini di rap-
frati avevano già la loro pastura tra le popolane che presentazione teatrale ed è sempre attento all’am-
andavano in chiesa. Quindi risultano del tutto giusti- biente in cui l’azione si svolge. In questa fa compari-
ficate l’irritazione e la reazione del nobile. re in scena anche gli spettatori: la gente che si sveglia
3. Non deve sfuggire il modo sbrigativo di farsi giu- all’alba e assiste alla cavalcata infernale. Seicento
stizia: il frate è scocciato che Diego de Revalo resti anni prima della comparsa del cinema… Un esempio
troppo a lungo a sgravarsi le budella e gli tira un sas- può essere istruttivo: Il mondo perduto – Jurassic
so. Non si accorge della testa a penzoloni del morto Park (1995) di Michael Crichton (1942-2008) non è
(era stato strangolato) e lo porta davanti alla porta di un romanzo da leggere, è già la sceneggiatura &
casa del potenziale assassino. Nessuno poi nota il col- montaggio di un film, che poi si farà (1997).
lo spezzato del frate o, almeno, l’effetto dello stran- 10. La novella della cavalcata infernale sul far del-
golamento. Il collo doveva ritornare al suo posto, per l’alba dà inizio alla letteratura nera, alle atmosfere
la sceneggiata successiva. piene di paura, ai morti viventi, agli zombie, al rac-
4. Lo strangolamento del frate non dà luogo ad alcuna conto e al romanzo gotico o del terrore, che esplode-
catena di vendette. Tutte le parti riconoscono che fra’ ranno nell’Ottocento. Le penne più illustri sono lo
Diego de Revalo meritava di essere punito per aver statunitense Edgard Allan Poe (1809-1849), lo statu-
corteggiato una donna, una donna sposata, e sposata nitense Howard Phillips Lovercraft (1890-1937) e lo
a un nobile. Il nobile insomma ha per tutti il diritto di statunitense Stephen King (1947). La produzione ita-
strangolare l’invasore, l’intruso. Oggi la legge italia- liana ed europea è insignificante. E l’Italia vive di
na punisce il padrone di casa o il gioielliere che spara cultura americana e inglese importata. Basta scorrere
al ladro per legittima difesa e/o per difendere la sua gli autori delle varie collane della “Mondadori”.
proprietà! Paese che vai, diritto che trovi. ---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 131
Un frate domenicano, madonna Barbara e madre, la quale le dice che è stata ingannata. Adirato,
il quinto evangelista, I, 2 il duca manda soldati per tutta la regione ad ammaz-
zare frati. Infine dà la figlia in moglie a un piccolo
Riassunto. In Germania viveva un ricco signore, il barone. Egli e la moglie terminano amareggiati i loro
duca di Lanzhueta, che aveva un’unica figlia, molto giorni.
bella, di nome Barbara. La ragazza si fissa di fare vo-
to di castità e nulla le può far cambiare idea, tanto che Commento
alla fine i genitori si rassegnano. Essa pregava e face- 1. Per entrare nel mondo dello scrittore napoletano
va digiuni tanto che la sua fama si diffuse in tutta la bisogna tener presente che nel Basso Medio Evo la
Germania e poi anche in Italia. Così, per vederla, ini- Chiesa attirava i giovani di tutte le classi sociali, for-
ziano i pellegrinaggi, non sempre ispirati da buone niva loro cultura, chiedeva loro soltanto di esserle fe-
intenzioni. Un frate domenicano, bravo predicatore, deli. In cambio concedeva prestigio, denaro e la mas-
girava il paese con false reliquie e faceva spessissimo sima libertà sessuale. I giovani, soprattutto delle clas-
miracoli. La sua fama giunge alle orecchie della ra- si più povere, trovavano quindi nella Chiesa una ec-
gazza, che lo vuole vedere per chiedergli consiglio e cezionale occasione per abbandonare la loro povertà,
lo invita. Il frate era giovane e robusto e, quando vide per avere cultura, prestigio, denaro, cibo in abbon-
la ragazza, se ne innamora. Fa fatica a controllare i danza, soddisfazioni sessuali con maschi come con
suoi desideri, ma loda la scelta di Barbara di restare femmine. Soltanto la Chiesa garantiva una vita eco-
vergine. Anzi persuade la famiglia a costruire un mo- nomica soddisfacente. E gli ordini religiosi hanno
nastero per la figlia e le altre donne che volevano vi- uno sviluppo esponenziale: francescani e domenicani
vere come lei. In breve il monastero è costruito. È ecc., che sottraggono ricchezza alla classe nobiliare.
dedicato a santa Caterina da Siena. In poco tempo si Di qui gli attriti fra mobilità (o Stati) e Chiesa di Ro-
riempie di giovani figlie dei nobili della regione. Egli ma. Francesco Petrarca, il maggior poeta del Trecen-
le convince che il modo migliore di lottare contro il to, prende gli ordini minori per convenienza e per la
maligno è quello di confessarsi. Così diventa il loro sua parrocchia di Santa Giustina (Padova) passa sol-
padre spirituale. A questo punto mette in atto la se- tanto per intascare le decime. Ha due figli con due
conda parte del piano. Una sera prende il messale di donne sconosciute. Nessuno gli rimprovera questa vi-
Barbara e vi infila un biglietto scritto a lettere d’oro: ta. Soltanto il concilio di Trento (1545-63) pone ordi-
“Tu concepirai il quinto evangelista e rimarrai vergi- ne alla vita sessuale dei parroci: in giro per la canoni-
ne”. Poi lo rimette al suo posto. Quando lo prende e ca potevano andare soltanto donne che avevano com-
legge la frase, la ragazza si preoccupa non poco e va piuto 40 anni, che erano un vero orrore.
a chiedergli consiglio. Il frate dice che non deve cre- 2. Lo scrittore racconta una storia dolente: anziché
dere a quelle tentazioni del maligno. Lei se ne va con- pensare al matrimonio, la ragazza si intestardisce a
tenta. Allora egli dà al suo chierichetto altri santini voler restare vergine e a passare la vita tra preghiere e
simili da lanciare nella stanza della ragazza. Essa al- digiuni. E poi arriva un giovane e santo frate e si fa
lora ritorna dal frate, il quale risponde che potevano ingannare. Una vergogna per la famiglia. Anche i no-
provenire da Dio come no. Ma doveva restare nella bili risultano creduloni: una vergogna doppia
decisione precedente. Sarebbe venuto però nella sua 3. Ovviamente la costruzione del monastero è troppo
cella a celebrare una messa. Il giorno dopo va. Per rapida. Ma quel che conta è la storia, non le difficoltà
tutta la messa il chierichetto continua a lanciare san- tecniche o i punti inverosimili della trama, che non
tini. Alla fine la donna chiede come potrà obbedire a interessano al lettore. Il lettore si può porre anche
Dio se non conosce uomo. Quindi pensa che il frate, un’altra domanda: valeva la pena di fare tutta quella
uomo buono e pio, sia la persona giusta. Egli rispon- fatica per conquistare la ragazza? Non era troppa?
de che ha fatto voto di castità, ma, per non permettere Non conveniva pensare a un altro modo per conqui-
che le carni della ragazza siano contaminate da altre starla, ad esempio rapirla e violentarla? O, addirittura,
mani, è disposto a sacrificarsi. Si sarebbero preparati non era meglio lasciar perdere? O semplicemente an-
pregando fino a sera. Giunta l’ora, entra nella cella dare in un bordello o, al limite, consolarsi con un al-
della ragazza. Ma non ha fretta, anche se il desiderio tro frate? Molto spesso neanche i grandi romanzieri
lo prende. La vuole prima vedere nuda. Mette due di massa si pongono queste semplici domande.
torce ai lati e le dice di spogliarsi. È bellissima. Per 4. La formazione teatrale di Masuccio si vede nella
poco egli non sviene dall’emozione. Quindi inizia a scena in cui fa spogliare Barbara tra due fiaccole. I
baciarla. La possiede per tutta la notte tante volte movimenti delle fiamme creano e ricreano ombre
quanti i doni dello Spirito Santo. Barbara ci prende sensuali sul corpo della donna e sulle pareti della
gusto, anche se lo faceva per obbedienza. Alla fine stanza, e aumentano a dismisura l’effetto erotico.
rimane incinta. Il frate allora si preoccupa. Le dice 5. Si può confrontare il meccanismo di questa novella
che sarebbe andato dal Santo Padre e sarebbe ritorna- con il meccanismo ben più elaborato di Andreuccio
to a prenderla con i cardinali. La ragazza gli crede. Il da Perugia (II, 5), che ha per deuteragonista una pro-
frate ritorna in Italia e si perde in Toscana, dove con- stituta siciliana. La novella è ambientata nei quartieri
tinua a imbrogliare chiunque incontrava. Poiché i di Napoli. Il meccanismo della novella di Boccaccio è
cardinali non arrivano, Barbara confessa tutto alla più scorrevole e credibile.
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6. Un confronto si può fare anche tra il voto di castità te è d’accordo. Aggiunge che avrebbe portato un suo
di Lucia Mondella (Promessi sposi) e quello di Bar- confratello, che si sarebbe fatta la serva. Agatha rife-
bara. I due contesti sono radicalmente diversi. I con- risce tutto alla serva, che è contenta della notizia. Il
fronti si possono allargare ad altri personaggi del ro- giorno dopo il marito deve uscire di casa. Agatha si
manzo e dei racconti. Possono riguardare le figure finge ammalata e manda la serva a chiamare il frate.
degli ecclesiastici nel Novellino e nei Promessi sposi, Come d’accordo, il frate viene con il confratello.
ad esempio la figura di don Abbondio, di fra Galdino Giunto a casa della donna, dice che le reliquie fanno
(quello delle noci), di fra’ Cristoforo, del padre pro- più effetto se precedute dalla confessione. Così nella
vinciale, di Federigo Borromeo ecc. Un altro confron- stanza rimangono le due donne e i due frati. Per cac-
to può riguardare i nobili di Manzoni e i nobili di Ma- ciarla meglio, fra’ Nicolò si toglie le mutande e le
succio. È possibile tirare fuori anche un terzo inco- getta in capo al letto. Era già arrivato alla terza lepre,
modo: fra’ Timoteo, il cinico frate della Mandragola quando sente arrivare maestro Ruggero. Si risistema
(1518), che pensa a fare i suoi interessi e gli interessi in fretta e furia, fa entrare i servi, ma dimentica le
del convento, e che non resiste alla tentazione di sa- brache. Il marito non è contento di vedere i frati.
pere come la storia andrà a finire. I confronti servono Agatha gli dice che l’avevano guarita con le reliquie
per vedere come un argomento, un tema, una figura di san Griffone. Allora il marito, credulone, ringrazia
sono visti in modi diversi e magari contrapposti da Dio, san Griffone ed anche il frate. Andandosene, il
scrittori diversi e di società diverse. Per derubare la frate si accorge che il suo cane sbatte ora di qua, ora
Chiesa e gli ordini religiosi prima la Rivoluzione di là. Gli viene in mente che ha dimenticato le brache.
francese (1789), poi Napoleone (1805) sciolgono i Il compagno lo rassicura: le avrebbe trovate la serva,
monasteri e ne incamerano i beni. Erano arrivati i che poi le avrebbe nascoste. Fra’ Nicolò si augura che
predoni e i bottegai, nati dalle idee e dalla penna cau- non ne seguisse uno scandalo. L’altro aggiunge che i
stica degli illuministi, che dicevano che tutti gli uo- frati domenicani vanno in giro a cacciare senza mu-
mini erano uguali e che anche la borghesia aveva il tande. Poi si confidano: fra’ Nicolò era alla terza
diritto, come nobili e clero, di arraffare. starna, l’altro al secondo chiodo. Invece maestro Rug-
---I☺I--- gero si accorge delle brache, le riconosce del frate e
chiede spiegazione. La donna risponde prontamente
Fra’ Nicolò da Narni e le brache di san che il frate aveva lasciato da lei la reliquia, per pro-
Griffone, I, 3 lungarne l’effetto benefico. Aveva chiesto lei di la-
sciargliela. Il marito si rasserena. Le crede o finge di
Riassunto. Tempo addietro a Catania viveva Ruggero crederle. Conoscendo il marito, Agatha pensa bene di
Campisciano, dottore in medicina. Da vecchio prende togliergli ogni sospetto mandando la serva al conven-
moglie. Si chiamava Agatha. Era molto bella. E di- to. Doveva dire di tornare a prendersi la reliquia. La
viene geloso anche degli amici. Le impone di guar- serva corre e trova subito fra’ Nicolò. Il frate va dal
darsi sia dai laici sia dai religiosi, anche se egli era padre guardiano, racconta la storia e chiede aiuto. Il
tesoriere dei frati minori. Un giorno in città viene un padre guardiano si rabbuia, gli chiede perché non è
frate, ipocrita e imbroglione come tutti gli altri, ma stato più attento. Facendo così portava discredito
giovane e bello. Si chiamava fra’ Nicolò da Narni. sull’ordine e poi toccava a lui aggiustare gli errori.
Aveva studiato a Perugia, era bravo predicatore ed Poi chiama a raccolta i frati e dice del miracolo fatto
era stato compagno di san Bernardino. Un giorno, da san Griffone. Li mette in ordine per due, poi in
mentre predica, la vede e comincia a fissarla. La don- processione, preceduti dalla croce, vanno alla casa del
na lo guarda, gli pare bello, e pensa di andare a con- loro tesoriere. A Ruggero il padre guardiano dice che
fessarsi da lui. Finita la predica, gli si fa incontro. i frati portavano di nascosto le loro reliquie a casa di
Lui, per nascondere il suo desiderio di possederla, di- chi ne aveva bisogno e poi di nascosto le riportavano
ce che non poteva confessarla. Ma poiché è la moglie al convento, per non far venir meno la fede nei mira-
del loro procuratore, l’avrebbe fatto. Alla fine della coli, se non avevano fatto effetto. Ma ora, davanti al
confessione la donna chiede al frate se c’è un modo miracolo, aveva pensato bene di venire a riprenderle
per eliminare la gelosia del marito. Magari con im- con una grande processione pubblica. Il marito, ve-
piastri d’erbe. Il frate è contento: si vede aperta la dendo davanti a sé tutto il capitolo dei frati, pensa che
porta di casa. Ma risponde che la causa di tutto era la mai essi avrebbero coperto un’azione poco pulita. Si
bellezza della donna e un uomo saggio doveva essere persuade delle parole del padre guardiano, prende per
per forza geloso. Lei chiede l’assoluzione. Il frate le mano lui e il predicatore e li porta in camera della
risponde che non poteva dargliela senza l’aiuto di lei. moglie. Il padre guardiano bacia le brache, le fa ba-
La donna, sicura che il frate fosse gallo e non cappo- ciare al marito, alla moglie e a tutti i presenti, quindi
ne, dice che voleva concedergli il suo amore. Il frate le depone nel tabernacolo che aveva portato con sé.
risponde che insieme avrebbero gustato la loro giovi- Poi, cantando il Veni Creator Spiritus, se ne ritorna in
nezza. Lei dice che ogni mese ha un momento di de- processione al convento tra due ali di folla. Qui le de-
bolezza ed ha bisogno del medico. Un giorno in cui il pone in chiesa sull’altar maggiore. Dovunque andas-
marito è assente si finge ammalata, così il frate pote- se, maestro Ruggero parla del miracolo che aveva fat-
va andare da lei con la reliquia di san Griffone. Il fra- to guarire la moglie e aumenta la devozione popolare
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verso l’ordine francescano. Mentre egli incrementa la no e cerca un passaggio su una nave. Fra’ Girolamo
fama del convento, fra’ Nicolò e l’altro frate conti- con alcuni suoi compagni prende invece una barca di
nuano la caccia. Citando il medico arabo Avicenna, la Amantea. Sulla barca fingono di non conoscersi, co-
donna dice con saggezza che un rimedio saltuario me fanno gli imbroglioni nelle fiere. Una tempesta
giova, ma un rimedio continuo guarisce. E il rimedio però manda tutti su una spiaggia vicino a Sorrento. Il
del santo frate l’avrebbe fatta guarire. brutto tempo li avrebbe trattenuti per qualche giorno
in quei luoghi. Perciò fra’ Girolamo pensa di mettere
Commento subito alla prova la falsa reliquia del cavaliere. In-
1. Lo scrittore descrive uomini e donne, nobili e reli- forma del suo piano frate Mariano, chiede al vescovo
giosi, tutti affamati di sesso e sempre a caccia di pre- di poter fare una predica il giorno dopo che era do-
de. I frati di tutti gli ordini insidiano anche le tasche menica. Durante la predica avrebbe mostrato una re-
dei nobili e del popolo. Lo scrittore dileggia la credu- liquia. Il vescovo fa diffondere la notizia per il conta-
lità del pubblico, il culto dei miracoli e delle reliquie. do. Il frate fa una lunga predica preparatoria: sicura-
La polemica contro le reliquie si trova ampiamente mente per volontà divina erano finiti sulle loro spiag-
anche nel Decameron di Boccaccio e in altri scrittori. ge. Come premio della loro devozione Dio aveva vo-
2. In greco “tà agathà” significa “le cose buone”, luto che mostrasse loro una reliquia miracolosa: il
Agatha quindi è “la bona”. Gli scrittori stanno sempre braccio e la mano destra di san Luca. Essi avrebbero
attenti ai nomi e ai suoni dei nomi. Alberto Pincherle ottenuto indulgenze, se facevano offerte alla reliquia
non avrebbe mai avuto successo, neanche se scriveva secondo le loro capacità. Poi bacia la cassetta e mo-
un Decameron bis. Ma, divenuto Alberto Moravia stra il santo braccio ai presenti. Dal fondo della chie-
(prende il cognome della madre), entra nel paradiso sa fra’ Mariano, fattosi domenicano, si mette a urlare
degli scrittori laici ed è adorato e santificato. La stes- che la reliquia era falsa ed egli un bugiardo. Il vesco-
sa cosa vale per Italo Svevo, che all’anagrafe non si vo e gli altri prelati gli dicono di tacere. Invece egli
chiamava così. Molti scrittori professionisti si firma- urla ancora più forte. A questo punto fra’ Girolamo
no con uno pseudonimo, che addirittura possono chiede silenzio, si rivolge a Dio e gli chiede di fare un
cambiare a seconda del genere di romanzi che scrivo- miracolo. Allora fra Mariano comincia ad urlare e a
no. contorcersi, diviene balbuziente e poi muto del tutto,
3. La novella può essere confrontata con la novella di fino a cadere a terra morto. Il popolo inizia a mormo-
Boccaccio in cui compaiono le brache: La badessa e rare di stupore. Il frate allora lo fa deporre davanti
le brache del prete (IX, 2). La badessa per errore si all’altar maggiore. L’avrebbe resuscitato e gli avreb-
mette in testa le brache del prete con cui stava forni- be ridato la parola, affinché la sua anima non finisse
cando. Una novizia, colta in fragrante con il suo ra- all’inferno. Con un coltellino gratta in un bicchiere
gazzo, glielo fa notare. La badessa smette di rimpro- pieno d’acqua un po’ d’unghia della mano del santo,
verarla e se ne ritorna dall’amante. Il tempo dell’a- fa bere l’acqua al morto che subito si rialza e si rimet-
more è prezioso e non va sprecato. La giovinezza è te a parlare e a invocare Gesù. Fra’ Girolamo fa poi
bella, ma “si fugge tuttavia”, fugge via rapidamente, mettere la cassetta sull’altare in modo che la gente
parola di Lorenzo de’ Medici. passasse e lasciasse l’elemosina. Alcune donne dona-
---I☺I--- no i gioielli che hanno addosso. Per tutta la giornata
la reliquia rimane esposta. A sera il frate fa raccoglie-
Fra’ Girolamo da Spoleto e il braccio di re tutto e con gli altri frati se ne va. Fa anche certifi-
san Luca, I, 4 care i miracoli che la reliquia ha fatto. Il giorno dopo
i frati partono per la Calabria, dove con i loro imbro-
Riassunto. Al tempo di Giacomo di Borbone (1415) a gli raccolgono molto altro denaro. Fanno la stessa co-
Napoli giunge fra’ Girolamo da Spoleto, un abile sa in altre città d’Italia e all’estero, tanto che diven-
predicatore, che acquista ben presto una vasta fama. gono ricchissimi. Infine ritornano a Spoleto. Qui fra’
Un giorno ad Aversa in un convento di frati predica- Girolamo con la mediazione di un cardinale compera
tori gli è mostrato il corpo, ancora intatto, di un nobi- un vescovado, non per simonia, come si faceva un
le cavaliere. Egli immagina subito come far denari tempo, ma per procura, come si diceva al presente. E
con qualche reliquia del morto. Così poi si sarebbe con fra’ Mariano vive nell’abbondanza e nell’ozio per
dato alla bella vita e forse avrebbe anche comperato il resto della vita.
qualche carica ecclesiastica. Molti religiosi vivevano
imbrogliando i creduloni: vendevano assoluzioni in Commento
cambio di denaro e si riempivano le budella di quat- 1. Nel Medio Evo esiste la libertà di pensiero e di pa-
trini, anche se la regola dell’ordine lo vietava. Fra’ rola. Le porno-novelle di Masuccio lo dimostrano.
Girolamo corrompe il sacrestano del convento ed ot- Neanche l’onnipotenza della Chiesa cattolica riesce
tiene il braccio e la mano del cavaliere. Poi ritorna a ad imporre un pensiero unico. Tommaso d’Aquino è
Napoli. Ritrova il suo compagno fra’ Mariano da Sa- accusato di eresia dal concilio di Parigi (1274), poi
vona, abile artista quanto lui, e insieme vanno in Ca- diventa il maggiore teologo della Chiesa. Oggi un
labria, una provincia abitata da gente ignorante. Per Novellino o la stessa Divina commedia manderebbero
prudenza fra’ Mariano si traveste da frate domenica- all’ergastolo per l’eternità i loro autori. Dante mette
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all’inferno i sodomiti, cioè i culatoni (If XV). Essi dice che, non appena il marito fosse uscito di casa, si
sono tutti ecclesiastici e grandi letterati. Invece mette sarebbe concessa a lui. Anche un altro vicino di casa
in paradiso, nel cielo degli spiriti amanti, Cunizza da si innamora della ragazza. Si chiama Marco, fa il sar-
Romano (un paese presso Treviso), che era una nin- to ed è giovane e bello. Corteggia con garbo e intelli-
fomane, e Raab, che era una prostituta democratica, genza la ragazza che a un certo punto gli promette di
che si vendeva ad amici e a nemici, e che era pure sua spontanea volontà che si sarebbe concessa a lui.
una traditrice, perché consegna i suoi concittadini agli Alcuni giorni dopo il marito della donna deve partire
ebrei, che li sterminano (Pd IX). per Palermo. Marco incontra Massimilla ad una festa
2. Per lo scrittore i religiosi di tutti gli ordini usano la e ne è molto contento. I due si divertono. Alla fine
religione per fare i loro interessi economici e per sod- della festa le chiede di mantenere la promessa. La ra-
disfare i loro istinti sessuali, che dovrebbero control- gazza gli dice di seguirla con discrezione. Il marito
lare. Così il mondo risulta vuoto, squallido e senza della donna aveva una casetta dove lavorava o ripo-
ideali. I nobili dovrebbero riempirlo con i loro ideali, neva gli attrezzi. Massimilla pensa che sia un luogo
ma anch’essi risultano di poco conto. Con le critiche discreto per passare tutta la notte insieme. Sapendo
ai religiosi Masuccio tocca sul vivo una classe socia- che il marito è partito, il prete va a casa della donna e,
le, che allora era potentissima. Oggi non provoche- non trovandola, va a vedere se era nella casetta del
rebbe le stesse reazioni, perché il clero ha perso sia marito. Appena arrivato, si mette a bussare, pensando
importanza sia prestigio. Lo scrittore potrebbe allora che sia sola. Il sarto invece ha appena iniziato a ba-
parlare dei politici? È pericoloso. I politici italiani ri- ciarla. Egli le ricorda la promessa, ma la donna non
tengono calunniose e offensive anche le vignette sati- gli vuole aprire. Allora egli passa alle minacce. La
riche. Essi fanno intervenire subito l’accusa di vili- donna, sapendo che il prete non sentiva ragione, dice
pendio. Invece incassare tangenti fino al 15% (insom- al sarto di nascondersi in soffitta e di tirare su la sca-
ma più del pizzo della mafia) per loro è naturale, è il la. Avrebbe risolto il problema in poco tempo. Marco
loro status symbol. Bettino Craxi (1934-2000), segre- accetta, anche perché non aveva il cuore di leone. La
tario del PSI, inventa il socialismo delle tangenti. E, donna fa entrare il prete, che senza ritegno si mette
scoperto, scappa in Tunisia per evitare la galera. Gli subito a baciarla e a nitrire come un cavallo. Sapendo
altri partiti prendono esempio da lui. di essere guardata dal sarto, la donna cerca di difen-
3. La novella può essere confrontata con la novella di dersi, ma debolmente. Il prete però vuole concludere
Boccaccio in cui compaiono reliquie: Frate Cipolla e grida che vuole mettere il Papa a Roma. E la scara-
(VI, 10). Il frate vuole mostrare la penna dell’angelo venta sul letto. Marco soffre a vedere la scena, ma
Gabriele e poi per uno scherzo che subisce mostra i non ha più paura, perché le battute di spirito sono il
carboni di san Lorenzo… Un errore voluto dal cielo, suo pane quotidiano. Perciò pensa che a Roma il Papa
perché di lì a poco era la festa di san Lorenzo, marti- non poteva andare senza un accompagnamento di
rizzato sui carboni accesi! Le due prediche preparato- musica. E, tirata fuori la piva dalla cintura, si mette a
rie sono simili. Oggi i laici deridono la creduloneria suonare una entrata in porto, facendo con i piedi un
del popolino medioevale. E dimenticano che i laici gran rumore. Il prete, pensando che sia il marito o i
sono assidui frequentatori di cartomanti, maghi e im- parenti della donna, prende le sue cose e si dà precipi-
broglioni di ogni tipo. Gli economisti di fama che nel tosamente alla fuga per la porta rimasta aperta. Marco
1929 giocavano in borsa a New York non erano di- scende con più coraggio di quanto era salito e trova la
versi da Pinocchio che si era fatto convincere di se- Massimilla che si stava sbellicando dalle risate. Ri-
minare le sue monete nel Campo dei Miracoli, perché prende il bacio interrotto, aggiungendo che, se il Papa
si sarebbero moltiplicate senza che lui dovesse lavo- non poteva entrare in Roma senza musica, il Turco
rare e far fatica… non può entrare senza balli a Costantinopoli.
4. Il lettore, se ha voglia, può confrontare il clero dei
Promessi sposi con il clero descritto da Masuccio. E Commento
chiedersi chi ha ragione… 1. Lo scrittore è anticlericale e filonobiliare. Ma, al di
---I☺I--- là di queste scelte, non ci sono in nessuna classe so-
ciale figure idealizzate. La sua visione del mondo e
La Massimilla è concupita da un prete e della cultura è troppo limitata. E le sue storie oscene
da un sarto, ai quali si era promessa, I, 5 sono troppo povere e troppo ripetitive. Il sesso non è
mai liberatorio né è l’esplosione degli istinti vitali. È
Riassunto. In passato, quando la città era ricca, vicino soltanto la droga più efficace per ubriacarsi e dimen-
ad Amalfi viveva un prete, don Battimo, che era gio- ticare una realtà economica e sociale del tutto insod-
vane e bello e si era dato al servizio delle donne più disfacente, che porta la nobiltà a ribellarsi due volte
che a quello di Dio, tanto che a molti compaesani contro la monarchia napoletana.
aveva posto in capo la corona con le corna. Una sua 2. La novella di Massimilla, bella, sposata, ma dispo-
vicina di casa, Massimilla, moglie di un falegname, nibile con i vicini di casa, può essere confrontata con
era orgogliosa della sua bellezza, ma proprio per que- la Mandragola (1518) di Niccolò Machiavelli. L’o-
sto non si era mai degnata di guardarlo. Allora egli nestissima Lucrezia, moglie di Nicia, un avvocato
iniziò a importunarla, tanto che alla fine la donna gli fiorentino, è ingannata e persuasa o costretta a conce-
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dersi a Callimaco, un bello e ricco trentenne, che si è nima, è stata realizzata nel 1566 dallo scultore fiam-
innamorato di lei e della sua bellezza (in altre parole, mingo Jean de Boulogne, italianizzato in Giambolo-
la vuole semplicemente possedere), e lascia Parigi, gna, è una delle attrazioni artistiche della città ed è lì
per realizzare il suo proposito. Lo scrittore, che non da 450 anni. I laici bacchettoni ridevano quando il
era del tutto privo di cervello, alla fine scopre che tut- papa fece coprire gli enormi membri maschili dipinti
ti sono contenti (Nicia ha un figlio, Callimaco ha da Michelangiolo Buonarroti a casa sua, nella cappel-
un’amante, Sostrata ha un nipotino, fra’ Timoteo un la Sistina. Nel 2016 Facebook aveva censurato la foto
po’ di denaro). Ma che il prezzo da pagare è troppo della bambina vietnamita che corre nuda in seguito a
elevato: lo scardinamento dei valori che stanno alla un attacco americano al napalm, scattata dal fotografo
base della società. E tutto per frullare una donna spo- Nick Ut nel 1972 e divenuta un’icona dei crimini sta-
sata, che era bella e onesta, e che – parola del marito tunitensi in Vietnam, ed è costretto a cambiare idea in
– aveva pure i piedi freddi. Ne valeva la pena? Gli seguito alle proteste ricevute.
errori si scoprono sempre dopo. Oltre a ciò Lucrezia, 2. Dovrebbe essere chiaro che ogni società e ogni cul-
sentendosi raggirata da marito, madre, confessore, tura sono chiuse in se stesse e che storicamente non
scopre il potere della vagina sugli uomini, impara a fanno i conti con le altre società, fino all’avvento di
usarlo e ne approfitta per dominarli. Internet e della globalizzazione (1990-2000). E che i
3. La battuta finale fa parte della cultura del tempo. Si valori di ogni società sono conflittuali in modo irri-
trova anche nella Mandragola (1518) di Niccolò Ma- mediabile con quelli delle altre società e civiltà. La
chiavelli: “Io so che la Pasquina entrerà in Arezzo” Chiesa cattolica e la pittura italiana ed europea non
(IV, 8). La Pasquina è il pene, Arezzo è la vagina. La hanno paura del nudo. La cultura araba invece vieta
battuta oscena ha alle spalle una macchina da guerra sia il nudo, sia la figura vestita e privilegia gli arabe-
prima romana e poi medioevale, l’ariete, usato per schi. La soluzione dei conflitti può essere la censura
sfondare le porte delle città assediate. del cosiddetto politically correct e l’eliminazione
4. Ovviamente la novella e l’opera si possono con- preventiva di tutto ciò che potrebbe offendere qualche
frontare con i personaggi nobili del Decameron ed fascia sociale (l’ipotesi è considerata da Ray Bradbu-
anche con i giovani nobili (i servi non fanno testo) di ry in Fahrenheit 451, 1953), ma può essere anche una
Romeo e Giulietta (1597) di William Shakespeare. semplicissima e banalissima avvertenza, hic sunt leo-
Per chi osa, anche con i personaggi veneziani di nes (“Qui ci sono i leoni”), da mettere ai margini del-
Bilόra (1530). Venezia era il Meridione del nord, i la propria cultura, quando ci si allontana. Insomma,
canali una fogna all’aria aperta, perciò i veneziani se vai a vedere, se metti il naso fuori della porta o
vanno in villa nel retroterra, lungo la Brenta. O di della finestra o della tua cultura, la responsabilità è
Stephen King (1947). tua, perché puoi trovare cose per te offensive e scan-
dalose. In India si lasciano andare le mucche per le
Osservazioni strade, nel resto del mondo no. La censura – dovrebbe
1. Dopo aver incontrato Masuccio il lettore può ri- risultare subito chiarissimo – eliminerebbe dalla cir-
scontrare più che mai l’enorme varietà di prospettive colazione quasi tutta la produzione pittorica e buona
culturali finora incontrate e arricchite da quelle che parte della scultura antica, greca e romana, e moder-
seguiranno. Noterà il loro radicale e inconciliabile na, italiana e europea. Un costo e uno spreco insoste-
contrasto. E dovrà riflettere sui rapporti tra cultura e nibile. Peraltro chi parla di politically correct lo in-
amore, cultura e sesso, letteratura e amore, letteratura tende sempre a senso unico: gli italiani (o gli europei)
e sesso, letteratura-amore-sesso-passione-morale pub- devono rispettare i valori degli extra-UE venuti in Ita-
blica-e-privata. Si divertirà anche con un nuovo ar- lia, ma gli extra-UE non hanno questo obbligo nei
gomento: la pornografia. E si chiederà in che cosa nostri confronti, anzi hanno il diritto di imporre le lo-
consiste la pornografia… In un corpo nudo di donna ro idee e i loro valori. Dietro al politically correct,
(ma ce ne sono tanti nelle chiese!) o di uomo (ugual- proposto a tempo pieno e con arroganza dagli “in-
mente ce ne sono tanti nelle chiese, piselli compresi, telllettuali” di Sinistra, sta un odio cieco, malevolo e
e nelle piazze italiane, piselloni compresi!) o negli radicale verso i valori della tradizione occidentale, in
occhi impuri di chi guarda. Paolo di Tarso o, se si particolare italiana, e della Chiesa cattolica. Ma il lo-
preferisce, san Paolo scrisse che “omnia munda mun- ro odio è pari alla loro ignoranza del passato.
dis” (“Tutto è puro per i puri!”) (Lettera a Tito, I, 15). ------------------------------I☺I-----------------------------
Il comune di Londra costringe gli organizzatori della
mostra a ritirare i manifesti con una Venere nuda
(1529) di Lucas Cranach il Vecchio dalla metropoli-
tana di Londra (2008). Facebook censura la statua di
Nettuno a Bologna (2017), l’accusa è “per contenuti
sessualmente espliciti”. Da parte sua Google censura
L’origine del mondo (1866) di Gustave Courbet
(2016) per gli stessi motivi: una mano con il pollice
in giù esprime il suo giudizio sul quadro incriminato.
La fontana di Nettuno, che si trova nella piazza omo-
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UMANESIMO E RINASCIMENTO prima della caduta di Costantinopoli in mano ai turchi
(1453). A Roma sono portate alla luce e studiate sta-
(1390-1530) tue romane o d’influsso greco, che provocano una ri-
presa originale della statuaria antica. Il latino diventa
Tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento in la lingua ufficiale degli umanisti; e l’eloquenza di-
Italia inizia un ampio processo di rinnovamento, che venta il fine ultimo della cultura e della pedagogia
investe tutta la cultura. Esso ha le sue radici in quegli umanistiche.
intellettuali che ammirano il mondo latino e che per-
ciò cercano sistematicamente codici antichi, li raccol- 2. Una nuova visione dell’uomo e dei suoi rapporti
gono, li copiano e li diffondono. A inaugurare questa con la natura e con Dio. L’uomo, come nel mondo
pratica è Francesco Petrarca (1304-1374), seguito da antico, diventa il centro di attenzione sia per la lette-
Giovanni Boccaccio (1313-1375). In ambito letterario ratura sia per le altre arti. Ed è celebrato per le sue
questa rinascenza prende il nome di Umanesimo; in capacità intellettuali e civili, grazie alle quali può co-
ambito artistico prende il nome di Rinascimento. struire la città ideale qui sulla terra ed essere l’artefice
L’Umanesimo si conclude alla fine del Quattrocento; del suo destino. Gli studia humanitatis, cioè lo studio
il Rinascimento invece prosegue fin oltre il 1530. della letteratura e soprattutto degli autori classici, ol-
Le città più importanti in cui questo rinnovamento si trepassano i limiti dell’erudizione e della conoscenza
sviluppa sono Firenze, Roma, Venezia, Milano e Na- fine a se stessa, come pure del semplice godimento
poli, ma anche altri centri come Urbino, Ferrara e estetico. E diventano gli strumenti e il modello di un
Modena. Gli umanisti della prima metà del secolo so- processo di educazione totale dell’uomo, il cui fine
no Coluccio Salutati (1331-1406), Giannozzo Manetti non è tanto quello di fornire abilità specialistiche,
(1369-1459), Leonardo Bruni (1370-1444), Poggio quanto quello di formare un uomo equilibrato, capace
Bracciolini (1380-1459), Leon Battista Alberti (1404 di confrontarsi con se stesso, ed aperto al mondo
-1472) e Lorenzo Valla (1405-1457). esterno e alla vita sociale con gli altri. Le humanae
Gli umanisti della seconda metà del secolo sono Gio- litterae, cioè la letteratura, la parola scritta ed il di-
vanni Pontano (1422-1503), Luigi Pulci (1432-1484), scorso eloquente, parlano dell’uomo nella sua totalità;
Matteo Maria Boiardo (1441-1494), Lorenzo de’ Me- e tendono a mettere in luce e a celebrare la nobiltà
dici (1449-1494), Agnolo Poliziano (1454-1494), Ja- dell’uomo, che è stato messo da Dio al centro dell’u-
copo Sannazaro (1455-1530) e Giovanni Pico della niverso, e la sua eccellenza, sia intellettuale sia prati-
Mirandola (1463-1494). ca. La vita terrena non è più in funzione della vita ul-
Il Rinascimento delle arti si sviluppa per tutto il Quat- traterrena. Essa acquista una sua totale autonomia,
trocento, e raggiunge il suo massimo sviluppo alla fi- anche se il fine della vita continua ad essere la sal-
ne del Quattrocento e nel primo trentennio del Cin- vezza dell’anima. L’uomo però non ha fretta di anda-
quecento. Esso coinvolge tutte le arti: la pittura, la re in paradiso: ritiene di dover prima esprimere le ca-
scultura, l’architettura, l’urbanistica. Gli artisti più pacità che Dio ha messo in lui. Perciò gli umanisti
importanti sono Filippo Brunelleschi (1377-1476), danno grande importanza alla pedagogia, che serve a
Lorenzo Ghiberti (1378-1455), Donatello (1386- educare e a potenziare le capacità intellettuali e mora-
1466), Leon Battista Alberti (1404-1472), Piero della li dell’individuo, e propongono una formazione inter-
Francesca (1410ca.-1492), Sandro Botticelli (1445- disciplinare. Allo stesso modo acquista una totale au-
1510), Leonardo da Vinci (1452-1519), Michelangio- tonomia la natura, che è riscoperta e studiata non in
lo Buonarroti (1475-1564) e Raffaello Sanzio (1483- quanto simbolo della divinità, come succedeva nel
1520). Medio Evo, ma come espressione di bellezza e di per-
Molti artisti, come Brunelleschi, Alberti, Leonardo e fezione e come luogo in cui l’uomo attua la sua vita
Michelangiolo, danno contributi significativi in due o terrena.
più discipline. La maggior parte di essi opera a Roma,
alla corte di papi mecenati e umanisti, e a Firenze alla 3. La nascita della filologia. Gli umanisti si avvicina-
corte della famiglia de’ Medici. no in modo nuovo anche ai testi antichi. Vogliono
I temi dell’Umanesimo e del primo Rinascimento eliminare gli errori dei copisti ed anche le interpola-
spesso coincidono. Essi sono: zioni introdotte nel Medio Evo. Essi vogliono leggere
i testi come sono usciti dalle mani dei loro autori (o
1. La riscoperta della letteratura e dell’arte antica. almeno il più possibile secondo la loro stesura origi-
La lingua e la letteratura latina erano sufficientemente nale) e nel preciso senso che i loro autori davano ad
conosciute anche nel Medio Evo. Ora però la cono- essi. La filologia, le cui basi sono poste da Valla, Er-
scenza della cultura classica migliora sia in termini molao Barbaro (1453-1493) e Poliziano, serve per ri-
qualitativi sia in termini quantitativi grazie alla sco- pristinare i testi che si sono corrotti nel corso del
perta di nuovi manoscritti. Si diffonde anche la cono- tempo. Applicando la filologia Valla mostra che la
scenza della lingua e della cultura greca con l’arrivo così detta Donazione di Costantino, con cui la Chiesa
in Italia di numerosi intellettuali greci in occasione rivendicava il potere su Roma e sui territori limitrofi,
del concilio di Ferrara (1439-1442), che doveva riuni- è un falso, che risale al VII sec. circa, perché usa il
ficare la Chiesa romana e quella bizantina, e poco latino che si parlava in tale periodo. Oltre a ciò i testi
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vengono storicizzati: sono letti ed interpretati dal dominio dell’uomo sulla natura e di continuare in tal
punto di vista della cultura e dell’ambiente in cui so- modo l’opera di Dio. La magia diviene una scienza
no stati composti, non in base alle aspettative del let- operativa, capace di modificare la realtà; ed è con-
tore. Il mondo classico quindi non è più visto come trapposta alla fisica insegnata nelle università, che è
precursore del mondo cristiano e completato dalla ri- capace soltanto di descrivere la realtà.
velazione; è visto in modo autonomo, dal suo punto 6. La stampa. Un aiuto straordinario alla diffusione
di vista. Anzi un po’ alla volta si diffonde una valuta- delle idee e delle opere degli umanisti proviene dalla
zione negativa dei secoli precedenti: il Medio Evo di- stampa a caratteri mobili, inventata in Germania da
venta l’età di mezzo che separa il presente dalla gran- Johann Gutenberg (1394/99-1468) verso il 1445 (i
dezza del mondo antico. testi apparsi prima dell’anno 1500 si chiamano incu-
naboli). In tal modo la diffusione dei libri aumenta
4. La riscoperta della natura e l’elaborazione della per quantità e migliora per qualità. Diminuiscono gli
prospettiva. La natura acquisisce una sua autonomia e errori: ogni edizione è più corretta delle precedenti.
una sua dignità. Non è più il simbolo della divinità o Diminuiscono notevolmente anche i costi tipografici
una fonte di tentazioni per l’uomo. Essa è colta per la e i prezzi di vendita, perciò nuove classi sociali si
sua bellezza e per il suo splendore. Alcuni autori la possono aprire alla cultura. Nasce l’editio princeps,
considerano come il luogo in cui si esprime la poten- cioè l’edizione di un testo approntata con criteri filo-
za creatrice di Dio. Essa quindi è studiata in modo logici e derivata dal confronto dei migliori manoscrit-
nuovo: non più con la logica, di origine aristotelica, ti di un testo, al fine di emendare errori e interpola-
ma con la matematica, di cui Platone (427-347 a.C.) zioni e ripristinare il testo com’era uscito dalle mani
aveva indicato le capacità conoscitive. Gli Elementi del suo autore. L’Italia, con l’Olanda, diventa il paese
di Euclide appaiono in traduzione nel 1475. Insomma che ha il maggior numero di stamperie. A Venezia, il
non è più l’uomo che si proietta verso Dio; è Dio che centro più importante, opera Aldo Manuzio (1450-
si manifesta all’uomo sulla terra e attraverso lo 1515), che introduce un formato più maneggevole per
splendore della natura. La riscoperta della natura e i libri (l’in-8°, cioè cm 20-28 di altezza), e caratteri in
della realtà avviene anche in ambito artistico con tondo e in corsivo, la cui eleganza decreta il successo
l’elaborazione della prospettiva: lo spazio della pittu- della stampa italiana nel resto dell’Europa.
ra non è più uno spazio schematico, idealizzato, gros- ------------------------------I☺I-----------------------------
solanamente empirico, costruito in funzione della fi-
gura umana. È uno spazio autonomo, che il pittore Giannozzo Manetti (1396-1459), La dignità
conosce, apprezza e ricostruisce con cura grazie e l’eccellenza dell’uomo, I-IV, 1452-53
all’uso della geometria. Nasce così la prospettiva,
cioè la visione geometrica dello spazio, che permette I piaceri del corpo
all’artista di vedere lo spazio, le cose, le figure, non I dottori della nostra fede confermano che il corpo
esteriormente ed approssimativamente, ma dal loro umano, che, come dicemmo più sopra, è stato fatto
interno, a partire dalla loro struttura, e nella loro con- con il fango della terra da Dio onnipotente, fu forma-
creta corporeità. Lo spazio diventa tridimensionale e to in modo che fosse in parte mortale, se quel primo
caratterizzato dal punto di vista prescelto dall’osser- parente (=Adamo) avesse peccato, come sappiamo
vatore; ugualmente diventano tridimensionali i corpi che fece, e che in parte potesse divenire immortale, se
che in esso appaiono. L’uomo e le cose stabiliscono non avesse peccato. [...] Perciò ogni debolezza del
un nuovo rapporto con lo spazio in cui vivono: prima corpo, e le malattie e gli altri incomodi sopra indicati,
lo spazio era povero e in funzione delle figure e della non furono contratti da natura, ma dalla macchia del
storia raccontata; ora diventa l’ambito in cui le cose e peccato. Perciò i malanni che si ritiene che attualmen-
le figure inseriscono la loro concretezza e la loro esi- te l’uomo abbia, non si devono attribuire alla natura,
stenza. ma piuttosto al peccato originale, come sopra si disse.
Conviene quindi che cessino del tutto i lamenti e i
5. La magia. L’Umanesimo non si sviluppa nelle uni- pianti degli scrittori profani e sacri, innalzati per loda-
versità, dominate dalla logica e dalle dottrine aristote- re la morte e i suoi vantaggi, e innalzati per lodare gli
liche. I motivi sono molteplici: gli umanisti predili- altri malanni, poiché tutto ciò non è derivato affatto
gono gli incarichi politico-amministrativi; ritengono da Dio né dalla natura, ma dal peccato. [...]
che la cultura sia incompatibile con un incarico sti- E, anche se noi concedessimo questo e altro, tuttavia,
pendiato, e soprattutto sentono la forte attrazione del- se non fossimo troppo inclini a lamentarci e troppo
le corti. Ciò non vuole dire che l’Umanesimo sia osti- ingrati, ostinati e delicati, dovremmo riconoscere e
le o indifferente alla scienza, poiché propone un’idea dichiarare che in questa nostra vita quotidiana posse-
di natura e di scienza assai diversa da quella professa- diamo un numero molto più grande di piaceri che di
ta nelle università. Esso si riallaccia alle correnti pla- molestie. Non c’è alcun atto umano (ed è una cosa
toniche e neoplatoniche, e dà grande importanza alla mirabile, basta che ne consideriamo con cura e atten-
magia, all’astrologia, all’alchimia. La natura è vista zione la natura), dal quale l’uomo non tragga almeno
come un grande organismo, retto da forze spirituali e un piacere non trascurabile. In tal modo attraverso i
provvisto di anima. La magia permette di realizzare il vari sensi esterni, come la vista, l’udito, l’odorato, il
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 138
gusto, il tatto, l’uomo gode sempre di piaceri così cato, non da Dio né dalla natura. E, se non fossimo
grandi e intensi, che alcuni appaiono a volte super- troppo inclini a lamentarci, dovremmo riconoscere e
flui, eccessivi o troppi. Sarebbe difficile o, meglio, dichiarare che in questa vita proviamo un numero ben
impossibile dire quali godimenti l’uomo ottenga dalla maggiore di piaceri che di molestie. I nostri sensi (la
visione chiara e aperta dei bei corpi, dall’ascolto di vista, l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto) ci fanno
suoni, di sinfonie e armonie varie, dal profumo dei provare piaceri così grandi e intensi, che alcuni ap-
fiori e di simili cose odorose, dalla degustazione di paiono superflui o eccessivi o troppi. È impossibile
cibi dolci e soavi, e infine dal toccare cose molto dire quali e quanti godimenti possiamo provare con i
molli. E che cosa diremo degli altri sensi interni? Non nostri sensi. Oltre ad essi abbiamo i sensi interni, ad
possiamo dichiarare a sufficienza con le parole quale esempio quello che i filosofi chiamano senso comune,
diletto porti con sé quel senso che i filosofi chiamano che determina la differenza tra le cose sensibili, la
comune nel determinare le differenze tra le cose sen- rappresentazione mentale delle sostanze e degli acci-
sibili; o quale piacere ci dia la molteplice rappresen- denti, poi l’atto di giudicare, di ricordare, e infine di
tazione mentale delle diverse sostanze e accidenti, o comprendere. Ed anche i sensi interni ci danno un
l’atto di giudicare, di ricordare, e infine di compren- grandissimo piacere, quando li usiamo. Perciò gli
dere, quando ci dedichiamo a rappresentarci mental- uomini, se si dedicassero ai piaceri dei sensi esterni e
mente, comporre, giudicare, ricordare e intendere le dei sensi interni, non avrebbero più motivo per la-
cose già apprese mediante qualche senso particolare. mentarsi. Per di più la natura ha fornito numerosi
Perciò gli uomini, se nella vita gustassero quei piaceri mezzi per combattere il freddo, il caldo, la fatica, i
e quei diletti, piuttosto che angustiarsi per le molestie dolori e le malattie. E questi rimedi sono piacevoli e
e gli affanni, dovrebbero rallegrarsi e consolarsi inve- sicuri, non sono affatto amari o molesti come i far-
ce di piangere e di lamentarsi, soprattutto perché la maci che assumiamo contro le malattie. Tra le varie
natura ha fornito con grande abbondanza numerosi percezioni quella che dà maggior diletto è il gusto,
rimedi contro il freddo, il caldo, la fatica, i dolori, le che ci spinge a mangiare e a mantenerci in vitò. Ma il
malattie. E questi rimedi sono sicuri antidoti per quei piacere più forte e violento è quello che uomo e don-
malanni, e non aspri, molesti o amari, come spesso na provano nel compiere l’atto sessuale. E ciò è com-
accade con i farmaci, ma piuttosto molli, graditi, dol- prensibile: la natura si è preoccupata anche della con-
ci, piacevoli, tanto che, quando mangiamo e beviamo, tinuazione della specie. Di conseguenza tutte le ar-
godiamo in modo mirabile nel soddisfare la fame e la gomentazioni che celebrano la morte e le angustie
sete. E ugualmente proviamo diletto, quando ci ri- della vita appaiono superficiali e inconsistenti. Per
scaldiamo, ci rinfreschiamo e ci riposiamo. Tuttavia scoprirlo, basta esaminare i problemi con un po’ di
le percezioni del gusto per un certo verso appaiono attenzione.
molto più dilettose di tutte le altre percezioni tattili,
escluse quelle attinenti al sesso. E la natura, che è Commento
guida sommamente solerte ed abile e senza dubbio 1. Con intelligenza e abilità Manetti porta il discorso
unica, non ha fatto ciò a caso, ma (come dicono i filo- sul campo avversario e propone argomentazioni che
sofi) per motivi chiari e cause evidenti, in modo che gli avversari, coloro che cantano la morte e le malat-
si traesse un godimento di gran lunga maggiore nel tie, non possono respingere. E parte dalla creazione
nell’atto sessuale che non nel mangiare e nel bere, dell’uomo da parte di Dio. L’uomo era mortale e po-
poiché essa intendeva innanzitutto conservare la spe- teva divenire immortale. A causa del peccato è dive-
cie piuttosto che gli individui. E la specie si conserva nuto mortale e ha conosciuto la morte e le malattie.
con l’unione del maschio e della femmina, l’indi- Perciò la colpa della morte è da imputare all’uomo e
viduo invece con l’assorbimento del cibo che (per dir al peccato originale, non a Dio né alla natura. Il corpo
così) recupera ciò che si perde. In tal modo tutte le è quindi buono e come tale va visto. Egli a questo
opinioni e le sentenze sulla fragilità, il freddo, il cal- punto parla dei sensi (la vista, l’udito, il tatto ecc.),
do, la fatica, la fame, la sete, i cattivi odori, i cattivi che ci danno grandissimi piaceri, talvolta anche su-
sapori, visioni, contatti, mancanze, veglie, sogni, cibi, perflui o eccessivi. Ma oltre ai sensi esterni abbiamo
bevande e simili malanni umani, insomma tutte que- anche i sensi interni (il senso comune, la rappresenta-
ste argomentazioni appariranno frivole, vane, incon- zione mentale, la memoria ecc.), che ci danno ulterio-
sistenti a quanti considereranno con un po’ di dili- ri piaceri. Oltre a ciò la natura ci dà moltissimi mezzi
genza e di attenzione la natura delle cose. per combattere i disagi della vita, malattie comprese.
Il piacere più grande è legato al gusto: mangiamo e
Riassunto. I dottori della Chiesa confermano che il così continuiamo a vivere. Il piacere più intenso e
corpo umano fu creato da Dio in parte mortale (se violento è però legato all’atto sessuale, che permette
Adamo peccava) e in parte immortale (se Adamo non all’uomo di riprodursi. E anche qui la natura ha spin-
peccava). Perciò la fragilità del corpo umano e le ma- to nella direzione di salvaguardare la vita umana nel
lattie derivano dal peccato originale, non dalla natura. tempo. E conclude affermando che le argomentazioni
Perciò deve cessare l’elogio della morte e delle di- a favore della morte e delle sofferenze, addotte dagli
sgrazie fatto da scrittori sacri come di scrittori profa- avversari, sono superficiali e fatte con poca attenzio-
ni. La debolezza del corpo deriva dall’uomo, dal pec- ne.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 139
2. Quel che colpisce del discorso di Manetti è il lim- somma egli argomenta con sovrabbondanza di cultu-
pido impianto argomentativo e l’uso di argomenta- ra. Il popolino invece si limita a una semplice frullata.
zioni teologiche che spiazzano gli avversari. In tal A questo proposito si presenta un paradosso o altri-
modo l’autore dimostra di aver bene assimilato gli menti la storia è maligna e maliziosa. Anche l’amore
insegnamenti della retorica classica, greca e latina. di Francesca e Paolo era pervaso di cultura (“Galeotto
3. Il corpo umano è al centro del discorso. C’è il cor- fu il libro e chi lo scrisse”, If V), mentre le frullate
po umano visto nella prospettiva teologica (Dio ha delle novelle erotiche come della novelletta delle pa-
creato l’uomo dal fango, l’uomo ha peccato e ha per- pere di Boccaccio, più vicino all’Umanesimo, sono
so l’immortalità), ma c’è anche il corpo umano con- istintuali, semplici e banali soddisfazioni fisiche.
creto, reale, empirico, quale noi lo vediamo. È forma- L’importante è accontentarsi.
to dai sensi esterni (la vista ecc.) e dai sensi interni (il ------------------------------I☺I-----------------------------
senso comune ecc.). Sia gli uni sia gli altri ci forni-
scono un numero elevatissimo di piaceri. Oltre a ciò Giovanni Pico della Mirandola (1463-
la naturaci ha dato le capacità e i mezzi per lottare 1494), La dignità dell’uomo, 1485-86, 1496
contro i disagi della vita, e i farmaci per lottare contro
le malattie e i dolori. Il piacere quindi domina la no- Già Dio, sommo padre ed architetto del mondo, ave-
stra vita. E ciò è comprensibile: grazie al piacere più va costruito, secondo le leggi della sua segreta e mi-
intenso, legato al gusto, noi sopravviviamo come in- steriosa sapienza, questo universo che noi vediamo,
dividui. E grazie all’altro piacere, ancora più intenso dimora e tempio della sua divinità, aveva abbellito
e violento, legato all’atto riproduttivo, compiuto da con le intelligenze angeliche la regione che è sopra il
maschio e femmina, noi facciamo sopravvivere e cielo (=l’empireo, sede di Dio, degli angeli e dei bea-
continuare a vivere la specie umana nel tempo. ti), aveva dato anima eterna ai corpi celesti, aveva
4. Conviene confrontare il testo di Manetti con i testi popolato con ogni specie di animali le parti putre-
medioevali in proposito più significativi: le Laudes scenti e fermentanti del mondo inferiore. Ma, com-
creaturarum di Francesco d’Assisi (1225-26), il fio- piuta la sua opera, l’Artefice sentiva il desiderio che
retto Della perfetta letizia di fine Duecento, Segnor, ci fosse qualcuno che comprendesse il motivo, amas-
per cortesia di Jacopone da Todi (1236ca.-1306), che se la bellezza e ammirasse la grandiosità di un’opera
canta l’autodistruzione mistica, le prediche terroriz- tanto meravigliosa. Perciò, quando ormai tutto l’uni-
zanti (1357) di Jacopo Passavanti. Vale però la pena verso era stato portato a termine (come testimoniano
di ricordare che Manetti è un laico e che andrebbe più Mosè nella Bibbia e Platone nel Timeo), pensò di
correttamente confrontato con la produzione laica del creare l’uomo. Però negli archetipi (=modelli origina-
Due-Trecento più che con la produzione religiosa. In- ri e ideali delle cose, presenti in Lui) non c’era nulla
somma i laici dovrebbero essere confrontati con i lai- da prendere come modello per una nuova stirpe, nei
ci, i religiosi con i religiosi. Una volta individuato il tesori nulla da attribuire come dote personale al nuo-
comportamento metodologicamente corretto, possia- vo figlio e in nessuna parte del mondo una sede parti-
mo rettificare le nostre osservazioni. In altre parole colare per questo contemplatore dell’universo. Ogni
non soltanto Dante, Jacopone da Todi e Jacopo Pas- spazio era già pieno: tutto era già stato distribuito tra
savanti, ma anche Boccaccio e Petrarca appartengono gli ordini delle varie creature, quelle elevate, quelle
al Medio Evo. Normalmente lo si dimentica e si met- medie, quelle basse. Non sarebbe stato degno del-
tono Boccaccio e Petrarca fuori del loro tempo e della l’Onnipotenza del Padre rinunciare al suo progetto, al
loro società. Oltre all’area religiosa o laica, un’altra termine della creazione, quasi per esaurimento, né
variabile è importante: il pubblico nobile, intellettuale della sua Sapienza esitare in una cosa necessaria per
e borghese di Manetti, il pubblico popolare analfabeta mancanza di idee, né del suo benefico Amore che la
di Passavanti. Per la cronaca anche i medioevali ap- creatura destinata a lodare la generosità divina fosse
prezzavano i piaceri del sesso, sia secondo natura sia costretta a rammaricarsene per quello che lo riguarda
contro natura, come sottolinea Dante in If V e XV. personalmente. Alla fine l’ottimo Artefice stabilì che
Petrarca era un ecclesiastico e lo apprezzava secondo a colui, al quale non si poteva dare nulla di proprio
natura. Ha frullato diverse donne. Boccaccio voleva (=le caratteristiche che fossero sue e di nessuna altra
frullare, ci prova con una vedova, ma lei lo respinge creatura), fosse comune tutto quello che di particolare
ed egli scrive un pamphlet fortemente misogino. La era stato attribuito alle altre creature. E così accolse
costruzione delle cattedrali trasformava le stesse in un l’uomo come opera di natura non definita (=l’uomo,
gran bordello. Per secoli. Gli operai e le fedeli si essendo libero, può decidere della propria sorte, nel
amavano con furore, le une sugli altri, come suggeri- bene e nel male, mentre le altre creature hanno già un
va il Vangelo (“Amatevi gli uni gli altri, come io ho comportamento determinato dalla natura stessa), lo
amato voi!”), ma è prevedibile anche in altro modo. pose nel cuore dell’universo e così gli parlò: «O
5. La differenza tra i piaceri delineati da Manetti e Adamo, non ti ho dato né una sede determinata, né un
quelli praticati dal popolino è però enorme: lo scritto- aspetto tuo particolare, né alcuna prerogativa (=ca-
re individua metodicamente le fonti di piacere, i pia- pacità) a te solo peculiare, perché quella sede, quel-
ceri (legati ai sensi esterni e ai sensi interni) e la loro l’aspetto, quella prerogativa che tu desidererai, tu te
funzione in relazione all’individuo e alla specie. In- le conquisti e le mantenga secondo la tua volontà e il
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tuo giudizio. La natura degli altri esseri, stabilita una Riassunto. Dio aveva creato l’universo e l’aveva po-
volta per sempre, è costretta entro leggi da me fissate polato con creature elevate, medie e basse, che ave-
in precedenza. Tu invece, da nessun angusto limite vano caratteristiche specifiche e il loro spazio dove
costretto, determinerai da te la tua natura secondo la vivere. Ma la creazione gli sembrava incompleta:
tua libera volontà, nel cui potere ti ho posto. Ti ho mancava qualcuno che apprezzasse la sua opera. Pen-
messo al centro del mondo perché di lì, guardandoti sò di creare l’uomo, ma ormai aveva distribuito tutto
intorno, tu possa vedere più agevolmente tutto quello e non aveva più niente di specifico da dargli. Allora
che nel mondo esiste. Non ti ho fatto né celeste né decise di dargli tutte le caratteristiche degli altri esseri
terreno, né mortale né immortale, perché tu, come se e tutti i luoghi delle altre specie. Poi creò Adamo e
di te stesso fossi il libero e sovrano creatore, ti plasmi subito gli disse che non gli aveva dato né una sede né
(=modelli te stesso) da te secondo la forma che prefe- capacità specifiche. Così egli poteva conquistarsi
risci. Tu potrai degenerare abbassandoti sino agli es- quelle caratteristiche che voleva e mantenerle secon-
seri inferiori che sono i bruti (=creature prive di ra- do la sua volontà e il suo giudizio. Lo ha messo al
gione e dominate dall’istinto), oppure, seguendo l’im- centro del mondo in modo che egli potesse vedere più
pulso del tuo animo, rigenerarti elevandoti agli spiriti facilmente tutto ciò che nel mondo esisteva. E poteva
maggiori che sono divini». abbassarsi al livello degli animali bruti, senza ragio-
O somma liberalità di Dio padre, o somma e mirabile ne, e ugualmente innalzarsi al livello delle intelligen-
fortuna dell’uomo, al quale è concesso di avere ciò ze divine, puri spiriti. L’uomo è quindi come un ca-
che desidera e di essere ciò che vuole. I bruti, non ap- maleonte che può diventare quel che vuole. L’anima
pena nascono, recano dal seno materno ciò che per razionale gli permette di diventare animale celeste.
sempre avranno. Gli spiriti superiori (=gli angeli) o L’anima intellettuale gli permette di diventare angelo
già dall’inizio o poco dopo furono quello che saranno e figlio di Dio. Ma, se non è contento della sorte di
per l’eternità. Invece nell’uomo, al momento della nessuna creatura, potrà raccogliersi in se stesso e
nascita, Dio pose i semi di ogni specie e i germi di unirsi con il suo spirito a Dio. Perciò, se siamo nati
ogni vita: a seconda di come ciascuno li coltiverà, nella condizione di essere ciò che vogliamo, è nostro
questi si svilupperanno e produrranno in lui i loro dovere avere cura di questa nostra capacità, svilup-
frutti. E se saranno vegetali sarà pianta; se sensibili, parla e farla fruttare nella nostra vita.
sarà bruto; se razionali, diventerà animale celeste; se
intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio. Ma se, non Commento
contento della sorte di nessuna creatura, si raccoglierà 1. Anche Pico della Mirandola fonda le sue analisi e
nel centro della sua unità, fatto uno spirito solo con le sue argomentazioni partendo dalla Bibbia, come
Dio, nella solitaria caligine del Padre colui che fu po- aveva fatto Manetti. Ed erano passati 33 anni (1453-
sto sopra tutte le cose starà sopra tutte le cose. Chi 86). D’altra parte le argomentazioni a carattere reli-
non ammirerà questo nostro camaleonte? Chi dunque gioso erano comprensibili: la cultura ecclesiastica
non ammirerà l’uomo? Che non a torto nell’antico e pervadeva intimamente la società e molti intellettuali
nel nuovo Testamento è chiamato ora con il nome di erano chierici che non facevano propriamente una vi-
ogni essere di carne, ora con quello di ogni creatura, ta da chierico, come Petrarca insegnava e come Dante
poiché foggia, plasma e trasforma la sua persona se- o Lutero condannava (1517).
condo l’aspetto di ogni genere, il suo ingegno secon- 2. Le argomentazioni degli umanisti, di Manetti come
do quello di ogni creatura. Perciò il persiano Evante, di Pico della Mirandola come degli altri, sono curio-
là dove spiega la teologia caldea, dice che l’uomo se. Per i medioevali, Dante compreso, Dio era in cielo
non ha una propria immagine nativa, ma molte estra- e da lassù non si muoveva. E l’uomo doveva compie-
nee ed avventizie. Di qui il detto caldeo, che l’uomo è re l’itinerarium verso di Lui. Per gli umanisti Dio
animale di natura varia, multiforme e cangiante. Ma a scende sulla terra e si incarna nell’uomo, che acquista
che scopo ricordare tutto ciò? Perché comprendiamo, fiducia in sé e nelle sue capacità e che dimostra di sa-
dal momento che siamo nati nella condizione di esse- per usare la scintilla di intelligenza e il libero arbitrio
re ciò che vogliamo, che è nostro dovere avere cura (o libertà di scelta), che lo rende partecipe all’essenza
specialmente di questo: che non si dica di noi che es- divina. E, se Dio è in sé non contraddittorio e neces-
sendo in onore non ci siamo accorti di essere diventa- sariamente soddisfatto di quel che fa, anche l’uomo
ti simili a bruti e a stolte giumente, ma di noi si ripe- deve provare uguali sentimenti divini, e diventare fa-
tano piuttosto le parole del profeta Asaph: “siete idii e ber, creatore, faber suae fortunae, costruttore del suo
tutti figli del cielo”. Tanto che, abusando dall’indul- destino.
gentissima liberalità del Padre, non ci rendiamo noci- 3. Vale la pena di insistere su questo punto: per il
va invece che salutare la libera scelta che egli ci con- mondo antico (mesopotamici, egizi, ebrei, greci, lati-
cesse. Ci afferri l’animo una santa ambizione di non ni, romani, cartaginesi, arabi ecc.) vita religiosa e vita
contentarci delle cose mediocri, ma di anelare alle più politica si compenetravano e si completavano. Per gli
alte e di sforzarci con ogni vigore di raggiungerle, dal umanisti succedeva la stessa cosa. La situazione
momento che, volendo, è possibile». cambia parzialmente quando Karl Marx (1818-1883)
e i suoi seguaci si sono inventati che la religione è
l’oppio dei popoli. E quando in Italia, la patria del
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Cristianesimo, qualche bello spirito si è messo a gri- stanca dorme ai tuoi piedi. Bravo! bravo!
dare “Libera Chiesa in libero Stato!” (1860). Tradu- gli occhietti languidi chiude e nasconde
cendo lo slogan: la religione, i preti e i credenti devo- Lucio, e il sopore sul roseo viso si è diffuso.
no andare fuori dalle palle e dallo Stato, cioè fuori Vieni, o venticello, e placido accarezza il mio
della società: possono parlare soltanto i laici, i cre- figlioletto. Non odo forse un fruscio
denti sono cittadini di serie B, che si devono tenere la di fronde? Sì, ecco, il venticello viene lieve
pratica religiosa nel loro ambito privato o, ancor me- lieve. O grazioso fanciullo, o dolce
glio, mettersela in culo. Il fallimento della lotta alla bambino, o figlio mio unico, dormi;
religione in URSS e la frammentazione dell’URSS ti accarezza il venticello con il suo soffio,
(1989-91) dovrebbero far riflettere. Ma chi si è riem- ti accarezza la mamma nel suo seno.
pito la testa di slogan fumosi e, per sicurezza, si è
messo il triplo paraocchi non può capire e nemmeno La mamma canticchia (traduzione poetica)
vedere i diritti altrui o i valori altrui o il libero scorre-
re della storia. Magari non sarebbe una brutta idea Dormi, mio bene, figlio unico, dormi!
quella di parlare di cose che si conoscono e che si ca- Chiudi, piccino, gli occhi, posa il viso
piscono e lasciar perdere i discorsi sulla religione, su sul cuscino. Ecco il sonno che ti dice:
cui si è preventivamente sicuri che si tratta di super- “Non celi ancora, non chiudi gli occhietti?”
stizione: basta cercare argomentazioni adatte o ad Vedi Luscula stanca, la cagnetta,
hoc, per “dimostrarlo”. dorme ai tuoi piedi. Gli occhi languidetti
4. Per una visione complessa ma sintetica della Chie- – va bene così! – Lucio nasconde e chiude,
sa cattolica si veda Il tópos della Chiesa cattolica: sul roseo viso già il sopore si effonde.
http://www.letteratura- Vieni, su, venticello, ed accarezza
italia- lieve il piccino mio. Fruscian le fronde?
na.com/pdf/letteratura%20italiana/13%2050%20topoi%20della% Si alza così soave il vento! Bimbo
20letteratura%20italiana.pdf mio bello, mio tesoro, mio unico bene,
------------------------------I☺I----------------------------- dormi! Ti culla il vento con il suo soffio.
Dormi! Ti culla mamma stretto al seno.
Giovanni Pontano (1422-1503) ---I☺I---
Le tombe
Ma poi ch’i’ ebbi pien di fiori un lembo, Ma dopo che io ebbi riempito un lembo della veste,
vidi le rose e non pur d’un colore: vidi le rose e non soltanto di un colore:
io colsi allor per empir tutto el grembo, io allora corsi per riempire tutto il grembo,
perch’era sì soave il loro odore perché il loro profumo era così soave,
che tutto mi senti’ destar el core che mi sentii risvegliare tutto il cuore
di dolce voglia e d’un piacer divino. da un dolce desiderio e da un piacere divino.
I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino... Io mi trovai, o fanciulle, un bel mattino...
I’ posi mente: quelle rose allora Io le osservai: non vi potrei mai dire
mai non vi potre’ dir quant’eran belle; quanto erano belle allora quelle rose:
quale scoppiava della boccia ancora; una stava per sbocciare, altre erano un po’
qual’eron un po’ passe e qual novelle. appassite, altre appena fiorite.
Amor mi disse allor: «Va’, co’ di quelle Il dio Amore allora mi disse: “Va’, cogli di quelle
che più vedi fiorite in sullo spino». che più vedi fiorire sul loro gambo spinoso”.
I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino... Io mi trovai, o fanciulle, un bel mattino...
Quando la rosa ogni suo’ foglia spande, Quando la rosa ha aperto tutti i suoi petali,
quando è più bella, quando è più gradita, quando è più bella, quando è più gradita,
allora è buona a metter in ghirlande, allora è il momento per metterla nelle ghirlande,
prima che la sua bellezza sia fuggita: prima che la sua bellezza possa fuggir via.
sicché fanciulle, mentre è più fiorita, Così, o fanciulle, mentre è più fiorita,
cogliàn la bella rosa del giardino. dobbiamo cogliere la bella rosa del giardino.
I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino… Io mi trovai, o fanciulle, un bel mattino…
Commento
1. Il poeta crea un mondo incantato abitato da leggia-
dre fanciulle, che vivono in un giardino e colgono le
rose.
Questa soma, che vien drieto 5. Questo peso, che vien dietro
sopra l’asino, è Sileno: sopra l’asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto, è vecchio, ubriaco e contento,
già di carne e d’anni pieno; ed è ormai pieno di carne (=grasso) e di anni.
se non può star ritto, almeno Se non può star dritto, almeno
ride e gode tuttavia. ride e gode continuamente.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Ciascun apra ben gli orecchi, 7. Ciascuno apra bene le orecchie (=mi ascolti bene),
di doman nessun si paschi; nessuno si pascoli di speranze future.
oggi siam, giovani e vecchi, Oggi devono essere, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi; tutti contenti, femmine e maschi.
ogni tristo pensier caschi: Ogni pensiero triste dev’essere allontanato.
facciam festa tuttavia. Facciamo festa continuamente.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Riassunto. Il riassunto della ballata è impossibile. O mo deve ancora venire. Firenze e i suoi umanisti ri-
meglio esso è già sintetizzato nella ripresa: “La gio- creano il mondo antico e i suoi valori. Il mondo gre-
vinezza è bella, ma fugge via. È meglio coglierla nel co, non il mondo romano. Il Destino domina impla-
presente, perché il futuro è incerto”. Tutto il resto del cabile e minaccioso la sorte degli uomini. eppure se
contenuto è accessorio, ha valore soltanto come ulte- nel 1494 l’Italia è invasa, la colpa non è di un essere
riore e coinvolgente ripetizione e dimostrazione della divino, ma del granduca di Milano, che vuole vendi-
ripresa, che altrimenti risulterebbe una semplice ed carsi del re di Napoli e invita il re di Francia in Italia.
astratta enunciazione. Oltre alla ripresa e al resto del- Quell’invito costa ali italiani 370 di oppressione stra-
la canzone (Bacco, Arianna, le ninfe ed i satiri), che niera (1495-1870).
la illustra, la canzone è costituita dal senso di malin- 5. Il motivo cantato proviene da Quinto Orazio Flac-
conia e di disperazione che i versi riescono ad emana- co (65 a.C.-8 a.C.):
re e ad infondere nel lettore (o nell’ascoltatore). Il
Dum loquimur fugerit invida
contenuto vero della ballata è proprio questo senso
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
disperato di malinconia. La ripetizione della ripresa
(Odi, 1, 11, 8).
lo rende ossessivo ed esasperato: diventa un ango-
scioso (e non liberatorio) invito a godere finché c’è
Mentre parliamo, il tempo fugge,
tempo, prima del diluvio imminente. Questo è un ef-
perché vuole il nostro male!
fetto inconsueto della figura retorica dell’anafora (o
Perciò cogli l’attimo e non riporre
ripetizione).
alcuna speranza nel futuro.
Commento
Sia la versione di Orazio, sia le versioni successive
1. Lorenzo de’ Medici invita a cogliere la giovinezza,
hanno una nota di angoscia: dicono di afferrare
poiché non si può riporre alcuna speranza nel futuro.
l’attimo prima che sfugga, perché esso non ritorna più
Il poeta sembra presagire le nubi che si stanno adden-
e si resta a mani vuote. Il poeta latino ribadisce il sen-
sando sull’Italia, che di lì a poco (1494) sarà invasa
so con il resto del verso: “e non aver la minima spe-
dagli eserciti stranieri. Il fatto paradossale e assurdo è
ranza nel futuro”. Insomma il piacere non è una sod-
che sono gli stessi italiani (gli Sforza di Milano) a
disfazione, non è liberatorio. Va vissuto e rubato
chiamare in Italia gli stranieri contro altri italiani (il
quanto prima, altrimenti lo si perde per sempre.
regno di Napoli).
6. La canzone, che pure invita alla gioia e all’amore,
2. Il tema della giovinezza è collegato a quello
è attraversata da una profonda vena di tristezza: sem-
dell’amore e a quello della felicità. Lorenzo si appro-
bra che inviti a godere, perché domani non è più pos-
pria di un motivo stilnovistico: soltanto chi ha il cuo-
sibile farlo e non si può prevedere né dominare ciò
re insensibile può resistere all’amore.
che ci aspetta. Il futuro incombe minaccioso sulla vita
3. Bacco è il dio del vino e dell’ebbrezza. Arianna
dell’uomo. Con Lorenzo quindi finisce la fiducia ot-
aiuta Teseo a uccidere il Minotauro. Poi segue Teseo
timistica che gli umanisti avevano nelle capacità
che la abbandona sull’isola di Nasso. Qui si unisce a
umane di costruire e di dominare il futuro. Il tema del
Bacco. Le menadi seguivano Bacco e si ubriacavano
destino o, meglio, della fortuna è affrontato di lì a po-
di danze, musica e vino.
co da Ludovico Ariosto (1474-1533) nell’Orlando
4. L’atmosfera della canzone è pagana. Il Cristianesi-
furioso (1503-32), che parla del carattere imprevedi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 148
bile e paradossale della vita umana, e da Niccolò Ma- è nota e così resta. Nella seconda ballata l’avverbio
chiavelli (1469-1527) nel Principe (1512-13), che ri- jadis è un’aggiunta posteriore, ma ormai fa parte del
fiuta ogni fatalismo e invita all’azione virile ed ir- titolo ufficiale, e resta. Potrebbe essere considerato
ruenta contro tutti gli ostacoli che si frappongono alla una ripetizione inutile.
volontà del principe. La ballata degli impiccati è stata tradotta liberamente
------------------------------I☺I----------------------------- da Fabrizio De André, che assume un altro punto di
vista: in Villon gli impiccati chiedono perdono ai vivi
François Villon (1413-dopo 1463) ha una vita assai per i loro crimini, nel poeta genovese gli impiccati
movimentata che lo porta più volte in galera e a una accusano la società di averli giustiziati e di non aver
condanna a morte che evita grazie ai protettori. Dopo avuto pietà per loro. Peraltro al tempo del cantautore
il 1463 fa perdere le sue tracce. Data la vita spericola- non si giustiziavano più delinquenti.
ta, che lasciava tracce negli archivi dei tribunali, è
probabile che sia morto poco dopo. Le sue opere sono Qui si esce dalla letteratura italiana per mostrare che
pubblicate nel 1489 ed hanno un grandissimo succes- cosa succedeva e come si vedeva la morte e la bellez-
so. Se ne fanno moltissime edizioni. Può essere con- za femminile in una cultura vicina.
siderato l’antesignano dei “poeti maledetti” dell’Ot- Chi vuole fare un salto di secoli va a vedere la produ-
tocento: Charles Baudelaire e i suoi seguaci. zione di Giacomo Leopardi (1798-1837), che canta
Scrive il poema giovanile Le lais e Il testamento, che pure la giovinezza, la bellezza e l’amore. È anche fi-
s’inseriscono nei filoni culturali e poetici del tempo. losofo e incontra il taedium vitae, cioè la noia.
Le sue poesie più famose sono la Ballata degli impic-
cati e la Ballata delle donne del tempo che fu.
Il titolo della prima ballata non è dell’autore, quindi 1. Andrea Mantegna (1431-1506), Parnaso, 1497. In alto
dovrebbe essere il primo verso. Tanto più che il poeta Marte e Venere, in basso a sx Vulcano, sotto di lui Apollo,
voleva riservare la sorpresa di scoprire chi erano i a dx Mercurio con l’ippogrifo, e al centro le nove muse
protagonisti della ballata. Ma ormai con questo titolo che danzano.
Frères humains qui apres nous vivez Fratelli umani che dopo noi vivete,
n’ayez les cuers contre nous endurciz, non abbiate il cuore contro noi indurito,
car, se pitié de nous pauvres avez, perché, se pietà di noi miseri avete,
Dieu en aura plus tost de vous merciz. Iddio vi darà una ricompensa maggiore.
Vous nous voyez cy attachez cinq, six. Qui ci vedete appesi, cinque, sei,
Quant de la chair, que trop avons nourrie, e la carne, che abbiamo troppo nutrito,
elle est pieça devoree et pourrie, ormai è divorata [dai vermi] e imputridita,
et nous les os, devenons cendre et pouldre. e noi ossa diventiamo cenere e polvere.
De nostre mal personne ne s’en rie: Del nostro male nessuno ci derida,
mais priez Dieu que tous nous veuille absouldre! ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Se frères vous clamons, pas n’en devez Se vi chiamiamo fratelli, non dovete
avoir desdain, quoy que fusmes occiz aver disdegno, benché siamo impiccati
par justice. toutesfois, vous savez dalla giustizia. Tuttavia voi sapete
que tous hommes n’ont pas le sens rassiz; che gli uomini non hanno troppo senno.
excusez nous, puis que sommes transis, Poiché siamo trapassati, per noi chiedete perdono
envers le filz de la Vierge Marie, al Figlio della Vergine Maria:
que sa grâce ne soit pour nous tarie, che la sua grazia non sia per noi scarsa
nous préservant de l’infernale fouldre. e ci salvi dal fuoco dell’inferno.
Nous sommes mors, ame ne nous harie; Noi siamo morti, nessuno ci disprezzi,
mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre! ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Prince Jhesus, qui sur tous a maistrie, O principe Gesù, che su tutti hai dominio,
garde qu’enfer n’ait de nous seigneurie: fa’ che l’inferno non abbia su di noi signoria:
a luy n’avons que faire ne que souldre. con lui non abbiamo niente a che vedere.
Hommes, icy n’a point de mocquerie; Uomini, qui non c’è posto per lo scherno;
mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre. ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Riassunto. Il poeta si rivolge al suo signore e alla fine 2. Taide è citata da Dante come prostituta e adulatri-
anche alla Vergine del cielo, e chiede di dire dove so- ce (If XVIII, 127-136): si poteva considerare con in-
no Flora, la bella romana, Arcipiada, Taide, Eco, dulgenza come una donna di liberi costumi, con un
Eloisa, Berta dai grandi piedi, Eremburgis, Giovanna senso forte dell’altruismo e di dedizione al prossimo.
d’Arco, bruciata a Rouen, e altre donne (per un totale Berta dai piedi grandi è considerata bella: ogni epoca
di undici). E ogni volta risponde con un’altra doman- ha il suo concetto di bellezza, su cui non conviene di-
da: ma dove sono le nevi dell’anno passato? (La ri- scutere, perché è arbitrario. Giovanna d’Arco (1412-
sposta è implicita: esse si sono sciolte ed ora non ci 1431) è citata per ultima ed è la donna “più recente”:
sono più. Così anche queste donne sono scomparse e 30 anni prima. Il presente dunque è tristissimo…
non ci sono più.) Questa e soltanto questa è la rispo- 3. Il poeta si rivolge al suo signore, a cui pone una
sta per il presente come per il futuro, che egli potrà domanda che interessava lui e tutti gli uomini: dove
avere da lui. sono le donne più belle del passato. E dà ogni volta,
alla fine di ogni strofa di ottave, la stessa risposta, che
Commento è un’altra domanda: ma dove sono le nevi dell’anno
1. Le donne citate sono di diverso tipo: leggendarie passato? La risposta è immediata: le nevi dell’anno
(Flora, Taide, la regina senza nome che assassinò Bu- passato si sono sciolte e sono scomparse. Così le
ridano, Bianca, Beatrice, Alice), mitologiche (la ninfa donne e la loro bellezza. Ma “d’antan” significa sia
Eco), storiche (Eloisa, Berta, Eremburgis, Giovanna “anno passato”, sia un tempo indeterminato del pas-
d’Arco). Arcipiada è erroneamente un uomo: Alci- sato: “le donne del tempo che fu”. Curiosamente la
biade (Atene, 450 a.C.-Frigia, 404 a.C.), un politico canzone non sviluppa l’idea che, se le nevi si sono
ateniese su cui al tempo si avevano vaghe notizie. La sciolte, poi sono nuovamente cadute e quindi si sono
dodicesima donna è la Vergine Maria, che si contrap- nuovamente sciolte. Insomma le donne scomparse
pone alle altre donne, poiché ha una vita e una bellez- sono state sostituite da nuove donne, più fresche e più
za immortale. Ciò che conta però non è il numero del appetibili. Altrimenti il mondo sarebbe divenuto pre-
le donne, ma la loro fama di essere bellissime. La da dei sodomiti.
grafia è quella del francese di oggi.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 152
4. Lo scrittore è abile: la domanda che pone costringe
l’interlocutore a stare maggiormente attento alla bal-
lata. L’effetto sullo spettatore è poi potenziato dal
canto e dalla musica.
5. Il poeta tratta in modo originale il tema classico del
tempo che fugge e divora tutto, anche la bellezza
femminile. Tempus fugit, il tempo fugge, risale alla
cultura romana. Nel Medio Evo era scritto sotto le
meridiane insieme con espressioni equivalenti, spesso
con propensione al macabro:
Nella prima metà del secolo compaiono alcune opere Si può leggere la Bilóra (1530), una sua opera, in dia-
significative: Il cortegiano (1528) di Baldassar Casti- letto pavano del Cinquecento e in versione italiana:
glione (1478-1529) e il Galateo (1555) di monsignor
Giovanni della Casa (1503-1556), che indicano il cor- http://www.letteratura-
retto modo di comportarsi all’uomo di corte al servi- italia-
zio del signore. Le numerose corti italiane diventano na.com/pdf/letteratura%20italiana/06%20BEOLCO%20Bilora%2
il luogo privilegiato in cui la cultura si produce e si 0in%20italiano.pdf
consuma. ------------------------------I☺I-----------------------------
La riflessione sulla lingua continua con le Prose della
volgar lingua (1525) del cardinale Pietro Bembo
(1470-1547). Il fiorentino continua ad essere la lingua
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 154
Ludovico Ariosto (1474-1533) più valoroso dei paladini, è emotivamente fragile:
impazzisce perché una donna – Angelica – lo ha re-
La vita. Ludovico Ariosto nasce nel 1474 a Reggio spinto. E, mentre è in preda alla pazzia, incontra la
Emilia da una famiglia nobile. Nel 1489 il padre lo donna senza riconoscerla; e con un pugno le ammaz-
avvia agli studi giuridici nell’Università di Ferrara, za il cavallo. Astolfo, il più saggio dei guerrieri cri-
anche se il figlio preferisce quelli letterari. Dopo cin- stiani, va sulla luna a recuperare il senno di Orlando,
que anni improduttivi, è costretto a lasciargli seguire perché soltanto se ritorna assennato il paladino può
le sue inclinazioni. Nel 1500 il padre muore, e Ario- riprendere a combattere e portare alla vittoria l’eser-
sto è costretto a mantenere la madre e i numerosi fra- cito cristiano che sta subendo numerose sconfitte...
telli. Nel 1503 entra al servizio del cardinale Ippolito Ariosto non condanna gli uomini, li giudica con in-
d’Este, per il quale svolge numerose missioni diplo- dulgenza, perché essi sono tutti ugualmente dominati
matiche. Nello stesso anno prende gli ordini minori da forze irrazionali: chi perde il senno per le opere
per ottenere un beneficio e forse inizia a comporre d’arte, chi per conquistare la fama, chi per arricchirsi
l’Orlando furioso. Nel 1513 conosce Alessandra Be- con i commerci, chi per ingraziarsi con adulazioni i
nucci, che sposa segretamente nel 1527, per non ri- potenti. Insomma tutto il senno degli uomini è finito
nunciare al beneficio ecclesiastico di cui godeva. Lo sulla luna, anche se essi pensano di averlo. La follia
stesso anno si reca a Roma, con la speranza di ottene- non risparmia nessuna classe sociale, né i potenti, né
re dal nuovo papa, Leone X (Giovanni de’ Medici) un gli intellettuali, né i filosofi, né lo stesso poeta.
incarico presso la corte pontificia. Ma senza risultati. Questa visione disincantata della vita spiega la strut-
Nel 1516 fa stampare a Venezia l’Orlando furioso, in tura del poema: un susseguirsi di avventure, in cui i
40 canti. L’opera ha successo, e il poeta appronta nel personaggi si incontrano, si lasciano e si incontrano
1521 un’edizione in cui elimina le voci dialettali, per nuovamente, all’infinito. Il disincanto porta alla com-
avvicinarsi ai grandi modelli del Trecento fiorentino: prensione indulgente dei comportamenti degli uomi-
Dante, Petrarca, Boccaccio. Nel 1517 il cardinale de- ni, che l’autore però denuncia senza mezzi termini.
ve recarsi a Buda, in Ungheria, dove è stato nominato
vescovo. Ariosto si rifiuta di seguirlo, ed è licenziato. L’Orlando furioso, 1532
L’anno dopo però passa al servizio del fratello Alfon-
so d’Este. Tra il 1522 e il 1525 svolge l’incarico di L’Orlando furioso (1503-16, 1521 e 1532) è l’opera a
governatore della Garfagnana, una zona dell’Appen- cui il poeta dedica tutta la vita e che contiene in modo
nino tosco-emiliano infestata dalla malaria e dai bri- più articolato la sua visione della vita umana, degli
ganti. Riesce a migliorare la situazione ricorrendo più uomini e della corte. Esso si inserisce nella letteratura
all’astuzia che alla forza. Al ritorno a Ferrara è nomi- epico-cavalleresca, che nel Quattrocento aveva dato il
nato “savio” del comune: partecipa attivamente alle Morgante maggiore di Luigi Pulci (1432-1484) e
delibere comunali, ma può dedicarsi anche quasi to- l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo
talmente all’attività poetica, considerata ugualmente (1441-1494). Di quest’ultimo, iniziato nel 1469 e in-
utile alla politica estense. Tra il 1508 e il 1528/29 terrotto nel 1471 al canto XIX, vorrebbe anzi essere
scrive cinque commedie, che rientravano negli obbli- una semplice aggiunta. I risultati vanno però ben oltre
ghi imposti al letterato di allietare la corte nelle gran- il mondo poetico e immaginario di Boiardo. Il poema
di occasioni. Nel 1532 è pronta l’edizione definitiva contiene la visione che Ariosto ha della vita, una vi-
dell’Orlando furioso, in 46 canti. Muore nel 1533. sione che risente anche dell’incertezza dei tempi che
era seguita alla rottura dell’equilibrio politico italiano
Le opere. Ariosto scrive alcune satire, cinque com- dopo la morte di Lorenzo de’ Medici (1492) e alle
medie di ispirazione classica e il poema cavalleresco successive invasioni straniere. Il poeta non ha più la
l’Orlando furioso, la sua opera maggiore. fiducia umanistica, secondo cui l’uomo è artefice del
suo destino; non ha nemmeno la fiducia di Niccolò
La poetica. Per Ariosto la vita umana è dominata dal Machiavelli (1469-1527) nelle capacità umane (o al-
caso, dalle circostanze, dall’imprevisto, dal paradosso meno nella virtù del principe) di contrastare la fortu-
e dalle contraddizioni; e, se ciò non bastasse, dalla na. Non pensa però neanche a rifugiarsi nell’“utile
pazzia umana. Franchi e mori si fanno la guerra, an- particulare (=personale)”, come propone pessimisti-
ziché cercare di convivere in pace. Ma tutti i maggio- camente Francesco Guicciardini (1483-1540).
ri guerrieri delle due parti sono pronti a dimenticare La trama aggrega i “destini incrociati” dei personaggi
la patria e la fede, per inseguire Angelica, che con la intorno a tre grandi temi: a) la guerra tra cristiani e
sua bellezza li affascina e che li respinge. A sua volta saraceni sotto le mura di Parigi; b) la pazzia di Orlan-
Angelica, che è regina del Catai, potrebbe scegliere do, quando scopre che Angelica, di cui è innamorato,
chi vuole; ma preferisce farsi desiderare, farsi inse- gli ha preferito un oscuro fante, Medoro; ed infine c)
guire e rifiutarsi. Alla fine, dimenticando i suoi dove- il motivo encomiastico del matrimonio tra Bradaman-
ri di regina per i suoi desideri di donna, sceglie un te cristiana e Ruggiero che si converte, da cui sarebbe
oscuro fante, Medoro, che trova ferito e che guarisce, discesa la casa d’Este.
perché soltanto su di lui può riversare il suo amore: ---I☺I---
soltanto così riesce a trovare la felicità. Orlando, il
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 155
Argomento e dedica, I, 1-4 sembra un’isola, per quanto precaria, che fornisca un
po’ di sicurezza in un mondo dominato dalle forze
1. Io canto le donne, i cavalieri, le battaglie, gli amo- irrazionali della pazzia e della violenza. Uno spettro
ri, le azioni cortesi, le imprese audaci, che si fecero al si aggira per il mondo... Qualche anno prima Erasmo
tempo in cui i Mori attraversarono lo stretto di Gibil- da Rotterdam (1467-1536) scrive L’elogio della paz-
terra, e in Francia fecero molti danni, seguendo l’ira e zia (1509), in cui celebra platonicamente lo spirito
la furia giovanile del loro re Agramante, che si vantò creatore della pazzia, che spezza i vincoli della tradi-
di vendicare la morte del padre Troiano sopra re Car- zione e della ragione; e critica sia la stoltezza, cioè il
lo, imperatore romano. conformismo e la mancanza di spirito critico, sia la
sapienza, cioè la ragione sicura e presuntuosa di sé
2. Nello stesso tempo su Orlando dirò cose che non degli stoici e la ragione intollerante dei teologi.
sono mai state dette prima, né in prosa né in versi: per 2. Fin dalle prime ottave sono presenti i protagonisti
amore egli perse il senno e divenne matto, eppure del poema. Essi sono sia quelli immaginari – Orlan-
prima era stimato un uomo molto saggio. [Le dirò], se do, Angelica, Rinaldo... –, sia quelli reali – gli ascol-
la mia donna (che mi ha reso pazzo quasi quanto Or- tatori, la casa d’Este, i cortigiani –. Ma la divisione
lando e che di ora in ora mi consuma il poco ingegno tra gli uni e gli altri, tra “realtà” e “finzione”, è co-
che ho) me ne lascerà quel tanto che basti a terminare stantemente impercettibile, perché per il poeta tra il
quanto ho promesso. reale e l’immaginario non c’è contrapposizione: la
“finzione” è la rete concettuale con cui il lettore può
3. O generosa discendenza di Ercole, o splendore ed cogliere ed interpretare la realtà. Senza tale rete egli
ornamento del nostro secolo, vi piaccia, o Ippolito si trova disarmato ed impotente. Chi accusa Ariosto
d’Este, gradire ciò che vuole e che soltanto può darvi di parlare di inesistenti cavalli che volano usa un con-
il vostro umile servitore. Posso pagare il mio debito cetto estremamente rozzo e materiale di realtà, che lo
con voi soltanto in parte, con le parole e con gli scrit- scrittore non può condividere: quale potrebbe essere
ti. Né mi si può accusare che io vi dia poco, perché vi per esempio il corrispondente empirico e materiale
do tutto quello che vi posso dare. dell’ironia ariostesca?
3. L’ironia del poeta serve a rendere meno amara la
4. Fra i più grandi eroi che io mi preparo a nominare sconfitta della ragione umanistica secondo cui l’uomo
con lode, voi sentirete ricordare quel Ruggiero che fu è artefice del suo destino. E quale difesa si poteva in-
capostipite di voi e dei vostri antenati. Vi farò ascol- nalzare contro le forze irrazionali e gli eserciti stra-
tare il suo grande valore e le sue famose imprese, se nieri che stavano trasformando l’Italia in un campo di
voi mi ascoltate e se i vostri grandi impegni lasciano battaglia ed in una terra di conquista? Ariosto rispon-
un po’ di spazio, così che i miei versi trovino posto de con l’ironia, Machiavelli proponendo l’intelli-
tra loro. genza, la scienza politica e la virtù del principe,
Guicciardini invitando pessimisticamente e scettica-
Riassunto. Il poeta vuole cantare le donne, i cavalieri, mente a rifugiarsi nell’”utile particulare”. Ma nessuna
le battaglie, gli amori, le azioni cortesi e le imprese di queste risposte risulta capace di modificare la si-
audaci, che si fecero, quando i Mori si scontrarono tuazione.
con Carlo Magno sotto le mura di Parigi. Nello stesso ---I☺I---
tempo canta le imprese di Orlando, impazzito per
amore, se glielo permetterà la sua donna, che gli con- La fuga di Angelica, I, 33-49
suma quel poco cervello che ha. Quindi dedica il
poema a Ippolito d’Este, suo protettore: egli lo ripaga Carlo Magno promette Angelica al guerriero cristia-
con quello che gli può dare. Tra gli eroi canterà anche no che più si farà onore sul campo di battaglia. La
Ruggiero, da cui discenderà poi la casa d’Este. donna non apprezza di essere trattata come un ogget-
to da regalo, e fugge via.
Commento
1. Ariosto con la sua ironia investe sia la trama, sia i 33. Angelica fugge tra selve spaventose e oscure, per
personaggi, sia tutti gli ascoltatori (il cardinale Ippoli- luoghi disabitati, solitari e selvaggi. Il fruscio del fo-
to d’Este, la propria compagna Alessandra Benucci, gliame di cerri, olmi e faggi, che sentiva, le aveva fat-
la casa d’Este), sia se stesso. Il tono però è voluta- to provare improvvise paure e l’aveva spinta a cerca-
mente leggero e non gli fa ignorare né nascondere re di qua e di là sentieri insoliti, perché ogni ombra
quegli aspetti drammatici della realtà che impongono che vedeva sia sui monti sia nelle valli le faceva te-
la loro presenza contro i propri desideri, e che né mere di avere Rinaldo alle spalle.
l’ironia, né la volontà, né l’intelligenza riescono a rin-
tuzzare, a piegare o a mascherare. Ciò vale in partico- 34. Come una piccola daina o capriola, che tra le
lare per la follia, sia nelle sue forme inoffensive, sia fronde del boschetto in cui è nata vede la madre az-
nelle sue forme più pericolose. E l’uomo è circondato zannata alla gola dal leopardo, che poi le apre il fian-
dalla pazzia, compie azioni sconsiderate e trova la co o il petto, di selva in selva fugge lontana dal nemi-
pazzia anche dentro di sé. La corte e soltanto la corte co crudele, e trema di paura e di sospetto; ad ogni ce-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 156
spuglio che sfiora crede di essere in bocca alla fiera sicura si riposa, non è avvicinata né da alcun gregge
immonda. né da alcun pastore; l’aria dolce e l’alba piena di ru-
giada, l’acqua, la terra si inchinano alla sua bellezza: i
35. Quel dì, tutta la notte e metà del giorno dopo essa giovani belli e le donne innamorate amano adornarsi
continuò la fuga, e non sapeva dov’era: alla fine si mettendola sul seno o tra i capelli.
trovò in un bel bosco, mosso lievemente dalla brezza;
due ruscelli trasparenti mormorano lì vicino, e fanno 43. Ma non appena è rimossa dal gambo materno e
sempre crescere erbe tenere e novelle; il loro scorrere dalla sua radice, essa perde tutto ciò che aveva dagli
lento, interrotto da piccoli sassi, produceva una musi- uomini e dal cielo: favore, grazia, bellezza. La vergi-
ca dolce. ne, che ad alcuno lascia cogliere il fiore, che deve
avere più caro dei begli occhi e della vita, nel cuore
36. Pensando di essere qui sicura e lontana mille mi- di tutti gli altri innamorati perde il pregio che aveva
glia da Rinaldo, decide di riposare un po’, stanca per innanzi.
il cammino e per l’arsura estiva. Scende in mezzo a
fiori, e lascia il cavallo andare a pascolare senza bri- 44. Sia vile per gli altri e sia amata soltanto da colui
glia; esso vaga intorno alle acque limpide, che aveva- al quale fece così largo dono di sé. Ah, o Fortuna
no le rive ricoperte di erba fresca. crudele, o Fortuna ingrata! gli altri trionfano ed io
muoio d’inedia. Dunque, può essere che non mi piac-
37. Non lontano vede un bel cespuglio di biancospino cia più? Dunque io posso lasciare la mia propria vita?
fiorito e di rose rosse, che si specchia nelle onde, Ah, è meglio che vengano meno i miei giorni, è me-
chiuso dal sole in mezzo a querce alte e frondose; glio che io non viva più, se non debbo amare lei!”
tanto vuoto nel centro, da concedere un fresco riparo
fra le ombre più nascoste; e le foglie sono tanto in- 45. Se qualcuno mi domanda chi sia costui, che versa
trecciate con i rami, che non vi entra il sole e neppure tante lacrime sopra il ruscello, io dirò che è il re di
uno sguardo umano. Circassia, il povero Sacripante, travagliato dall’amo-
re; io dirò ancora che la prima e la sola causa della
38. Dentro ad esso fanno un giaciglio le tenere erbet- sua pena era quella di essere innamorato, uno dei tan-
te, che invitano a riposare chi si avvicina. La bella ti innamorati di costei: e lei lo riconobbe subito.
donna vi entra dentro, si distende e si addormenta.
Ma non restò così a lungo, perché crede di sentire un 46. Per amore di lei era venuto dall’estremo Oriente,
calpestìo. Si alza in silenzio, e vede che un cavaliere là dove sorge il sole, quando in India seppe, con suo
armato era giunto in riva al fiume. grande dolore, che essa aveva seguito Orlando in Oc-
cidente; poi in Francia seppe che Carlo Magno l’ave-
39. Non comprende se egli è un amico oppure un ne- va sequestrata, per darla a chi dei due guerrieri (=Or-
mico; il timore e la speranza le scuotono il cuore lando e Rinaldo) quel giorno avesse maggiormente
dubbioso; e aspetta l’evolversi della situazione, trat- aiutato i Gigli d’oro di Francia contro i Mori.
tenendosi anche di respirare. Il cavaliere scende in
riva al fiume, per riposare il capo sopra un braccio, e 47. Era stato sul campo di battaglia e aveva sentito
si sprofonda a tal punto nei suoi pensieri, che sembra parlare di quella sconfitta crudele che l’imperatore
cambiato in una pietra insensibile. Carlo aveva subito: cercò una traccia della bella An-
gelica, ma non ne aveva ancora ritrovata alcuna. Que-
40. O Signore (=Ippolito), il cavaliere, addolorato, sta è dunque la triste e crudele storia che lo fa penare
rimase pensieroso più di un’ora a capo basso; poi, d’amore, che lo affligge e lo fa lamentare e dire paro-
con un suono afflitto ed angosciato, cominciò a la- le che per la compassione potrebbero fermare il sole.
mentarsi così soavemente, che per la compassione
avrebbe spezzato anche un sasso, avrebbe reso man- 48. Mentre Sacripante si affligge e si addolora e tra-
sueta una tigre; piangeva sospirando, tanto che le sforma i suoi occhi in una tiepida fontana e dice que-
guance parevano ruscelli e il petto un vulcano. ste e molte altre parole, che non mi pare opportuno
raccontare, il suo destino avventuroso vuole che
41. “O pensiero – egli diceva – che mi agghiacci e mi giungano alle orecchie di Angelica; e così gli succede
ardi il cuore e provochi il dolore che sempre lo rode e in un’ora, in un momento quello che in mille anni o
lo lima, che cosa debbo fare, dal momento che sono mai gli poteva succedere.
giunto tardi e qualcun altro è andato, prima di me, a
cogliere il frutto? Io ho avuto appena parole e sguar- 49. La bella donna con molta attenzione ascolta il
di, e un altro ha avuto la ricca spoglia. Se non me ne pianto, le parole, [e osserva] il modo (=il comporta-
tocca né frutto, né fiore, perché per lei mi voglio af- mento) di colui che non cessa di amarla; né questa è
fliggere il cuore? la prima volta che lo sente lamentarsi; ma, dura e
fredda come una colonna, non si abbassa ad averne
42. La verginella è simile alla rosa, che in un bel pietà; come colei che ha tutto il mondo a sdegno e
giardino sopra il nativo gambo spinoso, mentre sola e non le pare che alcuno sia degno di lei.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 157
La donna cerca di approfittare dell’insperato incon- come lo stesso Ariosto sottolinea con forza – non gli
tro: esce dal cespuglio e chiede aiuto. Sacripante è poteva capitare in mille anni: incontra da solo, in un
ben disposto ad aiutarla. Cerca però di cogliere l’oc- bosco, la donna che ama, la quale gli chiede pure aiu-
casione favorevole per violentarla. Il suo proposito è to. È il colpo di fortuna (egli cerca di approfittarne e
però vanificato dall’arrivo di un cavaliere (è Brada- si prepara a violentare la donna), che però è immedia-
mante) che lo sbalza da cavallo e poi prosegue per la tamente seguito da un colpo di sfortuna (i suoi propo-
sua strada. Dopo la brutta figura il guerriero pagano siti di violenza sono resi vani dall’arrivo di Brada-
non ha più il coraggio di riprendere lo stupro interrot- mante, che lo sbalza da cavallo e gli fa fare brutta fi-
to... gura davanti ad Angelica).
4. Sacripante e la sua superficialità affettiva sono
Commento l’immagine costante che in tutto il poema Ariosto dà
1. Ariosto racconta una storia favolosa, che avviene dell’uomo. Agli occhi del pagano, ma anche di tutti
in luoghi lontani, e verosimile, perché i protagonisti gli altri guerrieri che inseguono Angelica, la donna è
hanno la stessa psicologia, la stessa mentalità, le stes- soltanto una preda da concupire e da possedere.
se debolezze e le stesse reazioni degli ascoltatori. Gli D’altra parte la donna accetta il gioco, e cerca di ap-
uomini – reali o immaginari che siano – sono sempre profittare di Sacripante. In ambito femminile il com-
gli stessi e si comportano sempre allo stesso modo. Il portamento equivalente a quello maschile è espresso
velo della finzione oltre tutto è costantemente strap- dalla maga Alcina, che non perde tempo in preamboli
pato dall’ironia e dalle intrusioni che lo scrittore fa e sistematicamente abusa degli uomini di cui si inna-
nel corso del racconto. Tanto vale allora divertirsi, mora. La normalità e la ragionevolezza sono invece
essere indulgenti e accettare gli uomini come sono: i espresse da Bradamante, la donna guerriera e mono-
moralisti non servono a nulla, perché non cambiano gama, tenace e paziente, che insegue il suo bel Rug-
nulla. Fra’ Gerolamo Savonarola è travolto dalle for- giero per tutto il poema e alla fine lo sposa.
ze che fustiga e muore bruciato vivo sul rogo (1498). 5. Per quanto riguarda la dialettica tra i sessi Ariosto
2. Angelica è una delle figure centrali del poema: è però riserva nel corso del poema infinite altre sorpre-
bella, bionda, figlia del re del Catai, fa innamorare di se, come la storia boccaccesca raccontata da un oste
sé tutti i guerrieri, sia cristiani sia pagani, ma non si al guerriero pagano Rodomonte (XXVIII, 1-74): tra-
concede a nessuno, poiché preferisce farsi desiderare diti dalle loro mogli, il re longobardo Astolfo e l’ami-
da tutti. Per essa tutti i guerrieri sono disposti a di- co romano Giocondo Latini vanno in giro per il mon-
menticare la patria, la guerra, l’onore, e ad inseguirla. do alla ricerca di una donna fedele; ma non la trova-
Non si preoccupa delle responsabilità legate al fatto no; e alla fine decidono di ritornare a casa dalle loro
di essere l’erede al trono; si lascia invece trascinare mogli e di non preoccuparsi più dei loro tradimenti.
dai suoi desideri femminili, per dedicarsi all’eterno 6. La riscoperta della donna e della bellezza femmini-
gioco dell’amore, che lega l’uomo e la donna. Essa le, iniziata dopo il Mille con la Scuola siciliana, con-
rifiuta l’amore di Orlando, il più forte paladino tinua con il Dolce stil novo alla fine del Duecento,
dell’esercito cristiano; tale rifiuto provoca la pazzia con Petrarca e Boccaccio nel Trecento, quindi con gli
del paladino. Fugge, senza pensarci e senza preoccu- umanisti nel Quattrocento. Qui Ariosto la svolge con
parsi, in mezzo alla foresta, perché sa di poter domi- le nuove e splendide immagini espresse dalle parole
nare sempre gli avvenimenti con la sua femminilità. che mette in bocca a Sacripante: la donna è come una
La vita le riserva però un destino paradossale: si in- rosa, che mostra la sua bellezza sopra il suo stelo; tut-
namora non del guerriero forte e virile, ma di uno ti la ammirano e tutti si innamorano di lei, finché non
sconosciuto fante, che essa trova ferito e che non fa si dona al suo unico innamorato.
niente per farla innamorare. Eppure con questo oscu- ---I☺I---
ro fante si sente felice e realizzata: egli non chiede e
non può chiedere nulla, perché è ferito a morte; è lei Il castello del mago Atlante, IV, 15-40
che può dare, che può concedersi, che può rendersi
utile, che può riportare alla vita e che può donare Bradamante vuole liberare Ruggiero, che ama e che
amore affettivo (ed anche fisico). Nessun guerriero è prigioniero del mago Atlante. Suona il corno, con
aveva capito né poteva capire la sua psicologia o, al- cui si sfidava il mago, e il mago esce dal castello per
trimenti, il suo punto debole. lo scontro. Monta l’ippogrifo, il cavallo alato. La
3. Sacripante è uno dei tanti guerrieri innamorati di donna si prepara a sconfiggerlo con l’inganno…
Angelica. Per essa ha lasciato il suo regno ed è venu-
to in Francia. Ha un’unica ossessione: amare per pri- 15. Il mago non impiegò molto tempo ad uscire dal
mo la donna. E, credendo che qualcun altro sia arriva- castello, non appena sentì il suono del corno e la voce
to per primo, si affligge (ma poi si chiede perché si di Bradamante. Il cavallo alato per l’aria lo porta con-
deve affliggere), medita il suicidio (che però non ha tro costei, che sembra un uomo feroce. La donna
alcuna intenzione di attuare), si augura di morire e si all’inizio si fa coraggio, poiché vede che colui poco
chiede se non l’ama più. Il guerriero pagano è un po’ le può nuocere: non porta lancia, né spada, né mazza,
patetico e un po’ troppo riflessivo: agire non è il suo che possa forare o rompere la sua corazza.
forte. Di lì a poco gli succede un’ occasione che –
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 158
16. Nella mano sinistra aveva soltanto lo scudo, tutto cavallo alato accelera il volo e con larghe ruote scen-
coperto con un drappo rosso; nella destra aveva un de a terra.
libro, leggendo il quale faceva nascere grandi prodigi,
perché talvolta la lancia sembrava correre, e a più di 24. Il mago lascia appeso alla sella lo scudo, che ave-
un guerriero aveva fatto batter le ciglia di meraviglia, va già riposto nella coperta, e a piedi si avvicina alla
talvolta sembravano ferire la mazza o la spada; inve- donna, che lo attende, proprio come il lupo nascosto
ce egli era lontano e non aveva toccato alcuno. nella macchia fa con il capriolo. Senza perder altro
tempo essa si alza di scatto quando l’ha vicino, e lo
17. Il destriero invece non è finto, ma è vero; è nato afferra ben strettamente.
da una giumenta e da un grifone: come il padre aveva
le piume e le ali, i piedi anteriori, il capo e il becco; in 25. Quel misero aveva lasciato per terra il libro magi-
tutte le altre membra assomigliava alla madre, e si co con cui combatteva chi lo sfidava a duello; e si av-
chiamava Ippogrifo. Questi animali nascono nei vicinava con una catena, che era solito portare per
Monti Rifei, che sorgono molto più in là dei mari questo uso, perché credeva di legare costei, come per
ghiacciati, e sono rari. l’addietro era abituato a legare gli altri. La donna
l’aveva già rovesciato a terra, e, se il mago non si di-
18. Il mago lo tirò nel castello sui Pirenei con la forza fese, io lo scuso senza difficoltà, perché c’era troppa
dell’incantesimo; e, dopo che l’ebbe, non si dedicò ad differenza tra un vecchio debole e lei tanto forte.
altro, e con impegno e con fatica operò tanto, che in
un mese riuscì a mettergli la sella e la briglia; così 26. Pensando di tagliargli la testa, alza in fretta la
che in terra, in aria ed in ogni luogo lo fa volteggiare mano vittoriosa; ma, quando guarda il viso, arresta il
senza difficoltà. colpo, quasi rifiutando una così bassa vendetta. Un
venerabile vecchio dal viso triste vede essere colui
19. Del mago ogni altra cosa era finzione, perché fa- che ha messo alle strette.
ceva comparire rosso il giallo; ma con la donna non
vi riuscì, perché grazie all’anello incantato essa non 27. Dal viso rugoso e dai capelli bianchi mostra di
poteva essere ingannata. Più colpi tuttavia essa sferra avere settant’anni o poco meno. “Tòglimi la vita, o
al vento, ed ora qui ora lì spinge il cavallo; e si dibat- giovane, in nome di Dio” diceva il vecchio adirato ed
te e si travaglia tutta, come era stata istruita di fare indispettito; ma la donna aveva il cuore così restìo a
dalla maga Melissa prima di giungere al castello. prendergliela, come quello aveva desiderio di lasciar-
la.
20. Dopo essersi impegnata per un po’ di tempo sopra
il destriero, decide di combattere anche a piedi, per 28. Bradamante volle sapere chi fosse il negromante e
poter portare meglio ad effetto il piano che la cauta per quale scopo avesse costruito la rocca in quel luo-
maga le aveva suggerito. Il mago si prepara a fare go selvaggio e per quale motivo recasse oltraggio a
l’ultimo incantesimo, perché non sa né crede che vi tutto il mondo. “Né per maligna intenzione, ahimè”
possa essere difesa dalle sue arti: scopre lo scudo, e disse piangendo il vecchio incantatore, “feci la bella
certamente presume di farla cadere con la sua luce rocca in cima alla rupe, né per avidità di denaro sono
abbagliante. un rapinatore;
21. Poteva scoprirlo fin dal primo momento, senza 29. ma, per allontanare un gentile cavaliere dalla
scontrarsi con i cavalieri; ma gli piaceva vedere sfer- morte, mi mosse amore, perché, come il cielo mi mo-
rare da loro qualche bel colpo di lancia o di spada: stra, in breve tempo, fattosi cristiano, deve morire a
come si vede che talvolta all’astuto gatto piace scher- tradimento. Il sole tra questo polo ed il polo australe
zare con il topo e, quando questo piacere gli viene a non vede un giovane così bello e così prestante: si
noia, gli dà un morso e lo fa morire. chiama Ruggiero.
22. Dico che il mago al gatto e gli altri al topo asso- 30. Io l’ho nutrito da piccolino; io sono Atlante. Il de-
migliavano nelle battaglie precedenti, ma non succes- siderio di onore ed il suo crudele destino lo hanno
se più così, quando la donna si fece avanti. Essa stava condotto in Francia dietro al re Agramante; ed io, che
attenta e fissa su ciò che era opportuno, affinché il lo amai sempre più che un figlio, cerco di allontanar-
mago non prendesse alcun vantaggio; e, come vide lo dalla Francia e dal pericolo. Ho costruito la bella
che scopriva lo scudo, chiuse gli occhi e si lasciò ca- rocca soltanto per tenervi Ruggiero al sicuro.
dere a terra.
31. Io lo catturai come oggi speravo di fare con te: vi
23. Non che lo splendore del lucido metallo le potes- ho condotto poi donne e cavalieri, come tu vedrai, af-
se nuocere, come succedeva agli altri cavalieri; ma finché, non potendo uscire, avendo compagnia meno
fece così, affinché il vano incantatore scendesse da gli rincresca. Purché non mi chiedano di uscire di las-
cavallo e venisse vicino a lei: nessuna parte del suo sù, mi prendo cura di ogni loro soddisfazione; e quan-
piano fallì, poiché, non appena essa cade per terra, il ta se ne può avere da ogni parte del mondo, tutta è
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 159
racchiusa in quella rocca: suoni, canti, vestiti, vivan- perbe stanze, in mezzo alla campagna: molti di loro
de, tutto ciò che il cuore umano può desiderare, può furono profondamente addolorati, perché riacquistan-
chiedere la bocca. do la libertà persero una vita davvero piacevole.
32. Io avevo ben seminato e stavo raccogliendo i ri- Appena liberato, Ruggiero prova il desiderio di salire
sultati, ma sei giunto tu a rovinarmi tutto. Deh, se non sul cavallo alato. All’improvviso esso prende il volo e
hai il cuore meno bello del viso, non ostacolare il mio porta via il guerriero. Questo è un nuovo inganno
onesto proposito! Prendi lo scudo (io te lo dono) e escogitato dal mago Atlante per sottrarre Ruggiero al
questo destriero che va così veloce per l’aria; e non suo destino. L’animale lo porta in un’isola meravi-
impicciarti oltre del castello; o prendi uno o due ami- gliosa, dove abita la maga Alcina. Il paladino di-
ci e lascia gli altri; o prendili pure tutti. scende sull’isola, lega l’animale ad un cespuglio e si
rinfresca ad un ruscello. Il destriero si spaventa e
33. Di più non ti chiedo se non che tu mi lasci il mio strappa alcune foglie all’albero, che incomincia a
Ruggiero. E, se proprio me lo vuoi togliere, ti prego, lamentarsi. Rivela di essere Astolfo, cugino di Orlan-
prima che tu lo riconduca in Francia, di sciogliere do e di Rinaldo, quindi narra la sua storia: Alcina si
quest’anima afflitta dalla sua scorza ormai putrida e era innamorata di lui, ma ben presto si era stancata e
rancida!” Risponde la donna: “Io voglio porre in li- l’aveva trasformato in albero, come aveva fatto con
bertà proprio lui; tu, se vuoi, gracchia e ciancia. tutti gli altri suoi amanti. Astolfo mette in guardia
Ruggiero dalle arti della maga, ma Ruggiero non lo
34. E non offrirmi di dare lo scudo in dono, né quel ascolta: dimentica Bradamante e i suoi doveri, si la-
destriero, perché essi sono miei, non più tuoi. E, se scia affascinare dalla bellezza di Alcina (che incarna
anche tu avessi il potere di prenderli e di darli, non mi la lussuria) e si abbandona ai piaceri e ai divertimen-
sembrerebbe che lo scambio convenisse. Tu dici che ti, finché la maga Melissa (simbolo della ragione) su
tieni Ruggiero nel castello per evitargli il nefasto in- sollecitazione di Bradamante non lo libera dagli in-
flusso delle stelle. cantesimi della sorella viziosa.
35. Ma, o tu non puoi conoscere o, pur conoscendolo, Riassunto. Bradamante suonò il corno, per sfidare il
non puoi schivargli ciò che il cielo ha prescritto per mago Atlante. Il mago uscì poco dopo sull’ippogrifo,
lui, perché, se non vedi il tuo male, che è così vicino, il cavallo alato. Non aveva armi, nella mano sinistra
ancor peggio puoi prevedere il male altrui, che deve aveva soltanto lo scudo, tutto coperto con un drappo
ancora giungere. rosso. Nella destra aveva un libro, leggendo il quale
faceva correre la lancia, la mazza o la spada. Invece
36. Non pregare che io ti uccida, le tue preghiere sa- egli era lontano. Bradamante combatté a cavallo, poi
rebbero vane; e, se proprio vuoi la morte, anche se scese a piedi, per attuare meglio il suo inganno. Dopo
tutto il mondo te la negasse, dalle proprie mani la può qualche altro colpo il mago decise di scoprire lo scu-
sempre avere l’animo forte. Ma, prima che io separi do, che abbagliava gli avversari. La donna finse di
la tua anima dal corpo, apri le porte a tutti i tuoi pri- cadere a terra abbagliata. Il mago scese a terra con il
gionieri”. Così dice la donna, ed intanto spinge il ma- cavallo e si preparò a legarla. Quando l’ebbe vicino,
go verso la rocca. Atlante se ne andava legato con la lei si alzò di scatto e lo afferrò saldamente. Pensò di
sua catena e, dietro di lui, veniva la donna, che era tagliargli la testa ma, vedendolo in viso (era un vec-
ancora diffidente, benché all’apparenza paresse tutto chio segnato dagli anni), cambiò idea e gli chiede chi
sottomesso. era e perché aveva imprigionato Ruggiero. Il mago
risponse che lo aveva imprigionato per salvarlo dal
37. Egli è soltanto pochi passi dietro di lei, quando suo destino: fattosi cristiano, sarebbe stato ucciso a
ritrovano l’apertura e i ripidi scalini, con cui si sale tradimento. Per lui, che amava come un nipotino,
intorno alla rupe, finché giungono alla porta del ca- aveva costruito il castello dove con altre donne e ca-
stello. Sulla soglia Atlante toglie un sasso, scolpito valieri viveva felicemente. Ma lei aveva fatto fallire il
con strani caratteri e con strani segni. Sotto si trovano suo piano. Quindi le chiede di lasciargli Ruggiero e di
dei vasi, che sono chiamati “pentole”, che fumano prendersi tutto il resto. La donna lo sbeffeggia: vuole
sempre e che dentro hanno un fuoco nascosto. liberare proprio Ruggiero e non gli prometta di dargli
lo scudo o il destriero, perché sono già suoi. Aggiun-
38. L’incantatore le spezza; e ad un tratto il colle ri- ge che non poteva prevedere il destino lontano di
mane deserto, inospitale e selvaggio. Non vi appare Ruggiero, se non era riuscito a prevedere il destino
muro né torre da nessuna parte, come se il castello vicino suo. Quindi si rifiutò di ucciderlo, perché, se
non vi fosse mai stato. Allora il mago si liberò della voleva, poteva farlo con le sue mani. Poi salirono al
donna, come fa il tordo con la rete del cacciatore; castello, il mago davanti, la donna, diffidente, dietro.
contemporaneamente scomparve il castello e fu ri- Il mago tolse un sasso, l’incanto si spezzò e il castel-
messo in libertà il folto gruppo dei prigionieri. lo scomparve. Le dame e i cavalieri si ritrovano libe-
ri in mezzo alla campagna. Molti di essi però avreb-
39. Le donne e i cavalieri si trovarono fuori delle su- bero preferito continuare a vivere la vita piacevole …
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 160
Commento “farfallino” del poema, bello, desiderato e concupito
1. Il mago Atlante è un vecchio che ha riversato tutto da tutte le donne. E lei ha deciso di portarlo ad ogni
il suo affetto su Ruggiero, che ama come un figlio. costo all’altare, costi quel che costi. Lei non ama il
Per il paladino egli stravede: lo considera il più bel saggio Astolfo, preferisce l’uomo più bello, grazioso,
giovane che vive tra l’uno e l’altro polo. Per sottrarre irresponsabile e leggero del poema... Dunque, nean-
Ruggiero al destino di morte che lo attendeva, se si che lei è perfetta! O forse Ruggiero è il male minore
fosse sposato, egli costruisce un primo e poi un se- tra un Orlando, che è fortissimo ma psicologicamente
condo castello incantato, dove lo tiene prigioniero. fragile, e un Astolfo che è noiosamente saggio e dedi-
Per rendergli la vita più gradita e per alleviargli il pe- to a fare azioni sagge? L’imperfezione e la pazzia per
so della mancata libertà, imprigiona con lui anche al- Ariosto sono quindi l’accompagnamento costante del-
tre donne e cavalieri. Egli pensa di catturare il nuovo la vita umana. Ed anche voler essere troppo saggi è
sfidante, come aveva fatto con tutti i guerrieri prece- una pazzia.
denti. Ma non vuole ricorrere subito alle sue arti ma- 4. Con l’episodio del mago Atlante il poeta continua
giche. Prima vuole tirare qualche bel colpo di lancia e la sua riflessione sul destino: il mago non si rassegna
di spada. L’abitudine a vincere però lo rende impru- alla sorte di Ruggiero e combatte per sottrarlo alla
dente: scende da cavallo e si avvicina al guerriero ca- morte. Bradamante però, giudiziosamente e con un
duto, convinto d’averlo tramortito con lo scudo. Ma ragionamento impeccabile, gli fa notare che egli non
si sbaglia, ed è reso inoffensivo e legato con la sua può prevedere il destino lontano di Ruggiero, quando
stessa catena. Egli è stizzito per essere stato sconfitto: non è riuscito a prevedere il suo destino vicino. I ten-
aveva escogitato un piano così perfetto per sottrarre tativi del mago non hanno successo, ma alla fine del
Ruggiero al suo destino, ed ora giunge Bradamante a poema Ruggiero è salvo.
rovinargli tutto! Egli però non si dà per vinto; e osti- 5. Con ironia, indulgenza, ma anche disincantato pes-
natamente prima con le parole, poi con l’inganno cer- simismo il poeta mostra gli uomini così come sono:
ca di rendere vana la vittoria della donna. Alla fine molte dame e cavalieri avrebbero preferito rimanere
riesce a spingere Ruggiero a salire sull’ippogrifo, che nel castello, dove vivevano in mezzo agli agi e alle
fa andare nell’isola della maga Alcina, a 3.000 miglia soddisfazioni, e rinunciare alla libertà. L’ironia e
di distanza. La maga pratica a tempo pieno la lussu- l’indulgenza sono anche l’ultima spiaggia del poeta di
ria. Qui almeno il suo protetto per qualche tempo non fronte alla realtà del suo tempo: la situazione politica
avrebbe corso rischi... era dominata dalle forze irrazionali della violenza e
2. Bradamante si prepara accuratamente allo scontro della guerra; e la vita di corte era caratterizzata dal
con il mago: non vuole lasciare niente al caso o al- servilismo, dall’adulazione e dall’inganno.
l’improvvisazione. Inoltre si è procurata la protezione 6. L’episodio è pieno di colpi di scena, che ne rendo-
e i consigli della maga Logistilla, simbolo della ra- no più coinvolgente l’ascolto. La cosa più importante
gione, sorella della maga Alcina e della maga Melis- è però la tesi che sta dietro alle ottave: gli imprevisti
sa. La donna si era dimostrata abile guerriera già nel- sono la norma, le precauzioni si rivelano inutili, e ciò
lo scontro con Sacripante, davanti agli occhi di Ange- che si è dimostrato utile in una circostanza può rive-
lica; ora si dimostra anche astuta, logica e con la lin- larsi dannoso in un’altra. Sacripante ha un colpo di
gua tagliente: il mago non può promettere di dare ciò fortuna, è solo con Angelica in mezzo alla foresta, si
che non è più suo; e, se vuole la morte, può darsela prepara a violentarla, ma è sbalzato da cavallo e non
con le sue mani. La donna mostra di professare una ha più il coraggio di riprendere lo stupro interrotto. Il
concezione pragmatica della violenza: se serve si usa, mago Atlante ama vedere qualche bel colpo di spada:
altrimenti non si usa. Sta tagliando il collo al mago; una piccola debolezza senile. È abituato a vincere e
ma, quando vede che è un vecchio, si ferma; e, spinta diventa imprudente. Bradamante lo imprigiona. Più
da una curiosità tipicamente femminile, chiede perché avanti (canto XXIII) Orlando paga a caro prezzo la
ha costruito il castello e sfida i guerrieri. Mentre agi- sua conoscenza dell’arabo, che in molte altre occa-
sce, dimentica i dubbi che hanno preceduto l’azione, sioni gli aveva salvato la vita. L’Orlando furioso si
e si dimostra totalmente efficiente e funzionale. rivela un trattato politico molto più complesso e mol-
3. Bradamante è il personaggio più positivo del poe- to più raffinato del Principe di Machiavelli.
ma. È la donna guerriera, che sa affrontare e vincere 7. Ariosto è in contatto con Machiavelli, di cui medita
fatti naturali e sovrannaturali. È forte, coraggiosa, ed applica il pensiero negli anni difficili in cui è go-
astuta, intelligente, logica, prudente, capace di ironia vernatore in Garfagnana (1522-25). Al di là delle
e di sarcasmo. È anche femminilmente curiosa e giu- forme letterarie (poema da una parte, trattato politico
stamente insicura e titubante davanti a circostanze di dall’altra), i due autori affrontano gli stessi problemi
cui non ha il completo controllo, nonostante le sue e sono accomunati da un pessimismo di fondo verso
precauzioni e il suo coraggio. È capace di abbinare la realtà e verso gli uomini, anche se nel poeta è ad-
forza, intelligenza, astuzia, dialettica, a seconda delle dolcito dall’ironia e dall’indulgenza, nell’uomo poli-
circostanze. La prima volta che compare nel poema, tico dalla fiducia nella virtù e nell’impeto con cui il
disarciona Sacripante, che sta pensando di violentare principe deve affrontare e superare gli ostacoli per il
Angelica. E, comunque, anche lei ha le sue “debolez- bene comune.
ze” e le sue “follie”: è innamorata di Ruggiero, il ---I☺I---
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Ruggiero nell’Isola della maga Alcina e la re, spaventato da qualcosa che dentro al bosco gli fa-
storia di Astolfo, VI, 19-47 ceva paura. E scuote tanto violentemente il mirto, a
cui è legato, che strappa numerose fronde. Scuote il
mirto e strappa le foglie, ma non riesce a slegarsi da
Il mago non si rassegna ad essere sconfitto da Bra- esso.
damante, perciò spinge Ruggiero a salire sull’ippo-
grifo, il suo cavallo alato, che lo porta lontano 27. Come talvolta un ceppo, che abbia l’interno rado
nell’isola della maga Alcina, che saprà come tratte- e vuoto, e che sia messo a bruciare, dopo che il calore
nerlo con il suo corpo e le sue arti femminile. ha consumato l’aria umida che contiene, risuona
all’interno, e con strepito bolle tanto, che l’umore in-
19. Dopo che l’ippogrifo ha percorso una grande di- fuocato trova la via per uscire; così mormora, stride e
stanza in linea retta e senza mai piegarsi, con larghe si lamenta quel mirto offeso, e alla fine spezza la cor-
ruote, ormai stanco di correre, incomincia a calarsi teccia.
sopra un’isola [...].
28. Con il suono mesto e flebile uscì un discorso
20. Non vide paese né più bello né più felice dal cielo sciolto e chiaro, che dice: “Se tu sei cortese e pietoso
dove aveva volato; né, se avesse cercato in tutto il come dimostri dal bell’aspetto, leva questo animale
mondo, avrebbe visto un paese più ameno di questo, dal mio alloro. La mia sventura mi flagella abbastan-
dove, dopo aver fatto un largo giro, l’uccello discese za, e non c’è bisogno che un’altra pena, un altro dolo-
portando con sé Ruggiero: c’erano pianure coltivate e re venga a tormentarmi da fuori”.
colli delicati, acque limpide, rive ombreggiate e prati
molli. 29. Al primo suono di quella voce Ruggiero volge il
viso e si alza subito. E, poiché si accorge che usciva
21. Boschi meravigliosi di soavi allori, di palme e di dall’alloro, resta stupefatto più di quanto non sia mai
mirti profumati, cedri ed aranci che avevano frutti in- stato. Subito corre a levare il destriero, e con le guan-
trecciati in varie forme e tutte belle, facevano riparo ce rosse dalla vergogna dice: “Chiunque tu sia, o spi-
alla calura estiva con le loro spesse chiome. Tra quei rito umano, o dea dei boschi, perdonami!
rami con voli sicuri se ne andavano cantando gli usi-
gnoli. 30. Il non aver saputo che sotto le ruvide scorze si na-
scondeva uno spirito umano mi ha spinto a danneg-
22. Tra le rose rosse ed i gigli bianchi, che l’aria tie- giare le tue fronde e a ingiuriare il mirto in cui vivi.
pida conserva sempre freschi, si vedevano sicuri lepri Ma non trattenerti, per questo, di dirmi chi sei tu, che
e conigli. I cervi, con la fronte alta e superba, pasco- con la voce e con l’anima razionale vivi dentro un
lavano o ruminavano, senza temere d’essere uccisi o corpo orrido ed irto. Ti auguro che il cielo tenga la
catturati. Saltano i daini ed i capri snelli ed agili, che grandine sempre lontana da te!
sono in gran numero in quei luoghi campestri.
31. E, se ora o mai potrò riparare questa offesa con
23. Quando l’ippogrifo è così vicino a terra, che il qualche beneficio, ti prometto, in nome di quella
salto è meno pericoloso, Ruggiero in fretta si lancia donna (=Bradamante) che tiene la miglior parte di
dalla sella, e si ritrova sul manto erboso. Tuttavia ser- me, che io farò, con le parole e con le azioni, che tu
ra le redini in mano, perché non vuole che il destriero abbia un buon motivo per lodarti di me”. Come Rug-
riprenda il volo. Poi lo lega in riva al mare ad un mir- giero smette di parlare, il mirto trema dalla cima al
to, che sorge tra un alloro ed un pino. piede del tronco.
24. Pone lo scudo lì vicino, dove sorgeva una fontana 32. Poi si mette a sudare sulla corteccia, come tronco
circondata da cedri e da palme feconde. Si toglie appena trascinato fuori del bosco, che sente venire la
l’elmo dalla fronte e i guanti di ferro dalle mani. Ed forza del fuoco, poiché ogni riparo è risultato inutile.
ora verso il mare, ora verso il monte volge la faccia E comincia: “La tua cortesia mi spinge a scoprirti nel-
all’aria fresca e ristoratrice, che con un lieto mormo- lo stesso tempo chi io ero prima e chi mi abbia tramu-
rio fa tremolare le alte cime dei faggi e degli abeti. tato in mirto su questa spiaggia amara.
25. Bagna le labbra asciutte nell’onda chiara e fresca, 33. Il mio nome fu Astolfo. Ero paladino di Francia
e con la mano agita l’acqua, affinché dalle vene gli assai temuto in guerra. Ero cugino di Orlando e di
esca il calore che gli ha acceso la corazza che indos- Rinaldo, la cui fama non ha limiti, ed avrei ereditato
sava. Né c’è da meravigliarsi se essa gli dà noia, per- il trono inglese dopo mio padre Ottone. Fui bello e
ché non aveva fatto una sfilata in un torneo, ma, sen- leggiadro, tanto che feci innamorare di me più di
za mai fermarsi e con le armi addosso, aveva fatto di qualche donna. E alla fine offesi me soltanto.
corsa tremila miglia.
34. Io ritornavo dalle Isole Lontane, che l’Oceano
26. Mentre si ristora con l’acqua, il destriero, che bagna da Levante al mare delle Indie, dove Rinaldo e
aveva lasciato all’ombra tra le frasche, cerca di fuggi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 162
alcuni altri cavalieri erano stati richiusi con me in un coprì di nuvole il cielo ed il mare. Non so che cosa
carcere oscuro e profondo e da cui fummo liberati poi gli successe. Alcina venne a confortarmi, e tutto
dalle supreme forze del cavaliere di Brava (=Orlan- quel giorno e la notte successiva mi tenne sopra quel
do), e venivo verso Ponente, seguendo il litorale sab- mostro.
bioso, che è spazzato dai venti settentrionali.
43. Finché venimmo a questa isola bella [...].
35. E come ci trasse la nostra strada e il nostro duro e
traditore destino, una mattina giungemmo sopra una 46. [...] La maga Alcina mi teneva in grande delizia, e
bella spiaggia, dove un castello della potente maga ardeva tutta quanta del mio amore; né si accese una
Alcina sorge sul mare. Noi la trovammo che era usci- fiamma più piccola nel mio cuore, alla vista di lei,
ta dal castello e che stava sulla riva del mare tutta so- così bella e cortese.
la. Senza reti e senza ami essa trascinava sulla spiag-
gia tutti i pesci che voleva. 47. Io mi godevo le sue membra delicate: mi sembra-
va che in essa si fosse raccolto tutto il bene che è di-
36. I delfini vi correvano veloci; il grosso tonno vi viso in più parti fra gli uomini, a chi ne tocca in misu-
veniva a bocca aperta; i capidogli con i vecchi pesci ra maggiore, a chi in misura minore e a chi niente del
marini vengono turbati dal loro pigro sonno. Muli, tutto. Non mi ricordavo né della Francia né di
salpe, salmoni e coracini nuotano a schiere più in nient’altro. Stavo sempre a contemplare quel volto:
fretta che possono; pistici, fisiteri, orche e balene ogni mio pensiero, ogni mio proposito finiva in lei, né
escono dal mare con le loro schiene mostruose. si allontanava da lei”.
37. Vediamo una balena, la più grande che si fosse Astolfo è felice dell’amore che la maga prova per lui.
mai vista per i mari: undici passi e più mostra le sue Questo amore però finisce con la stessa rapidità con
spalle fuori delle onde salate. Tutti insieme cadiamo cui era incominciato: dopo tre mesi la maga si stanca
nello stesso errore, perché era ferma e perché non si di lui e lo trasforma in mirto. Così il paladino non
era mai mossa: credemmo che essa fosse un’isoletta, può andare in giro a sparlare di lei; e lei arricchisce il
così distanti tra loro erano testa e coda. suo giardino.
38. La maga Alcina faceva uscire i pesci dall’acqua Riassunto. Dopo un lungo volo con l’ippogrifo Rug-
con semplici parole e con puri incantesimi. Ella era giero discende su un’isola meravigliosa. Scende da
nata con la fata Morgana, non so dire se contempora- cavallo, lega l’animale a un cespuglio e si rinfresca il
neamente, o prima, o dopo. La maga Alcina mi guar- volto accaldato con l’acqua di un ruscello lì vicino.
dò, e subito le piacque il mio aspetto, come mostrò Ma il cavallo si imbizzarrisce e il cespuglio si mette a
subito. E pensò di separarmi dai compagni con l’astu- parlare. Lo prega di slegare le briglie del cavallo dal
zia e con l’ingegno. E il piano le riuscì. suo fusto, perché lo feriscono. Ruggiero lo fa. Poi il
cespuglio racconta la sua storia. È Astolfo, uno dei
39. Ci venne incontro con il viso lieto e con modi paladini di Carlo Magno. La maga Alcina lo vede, se
graziosi e riverenti, e disse: “O cavalieri, se vi fa pia- ne innamora, lo separa dai suoi compagni, quindi lo
cere di restare oggi con me, vi farò vedere, mentre porta nella sua isola. Qui gli dichiara il suo amore.
pesco, specie differenti di tutti i pesci: quello che ha Astolfo è felice e a sua volta si sente innamorato. E
le scaglie, quello che è molle, quello che ha il pelo. folleggia con la donna. Lei si dedicava sempre a lui e
Essi saranno più numerosi delle stelle che sono nel lui a lei. Pensava che l’amore fosse eterno, ma dopo
cielo. tre mesi lei si stanca di lui e lo trasforma in cespuglio,
con cui adorna il suo giardino, come aveva fatto con
40. E, se volete vedere una sirena, che con il suo dol- tutti gli amanti precedenti. Così abbellisce il giardino
ce canto accheta il mare, passiamo da questa all’altra e lui non va in giro a sparlare di lei.
spiaggia, dove a quest’ora è sempre solita tornare”. E
ci mostrò quella balena grandissima, che, come dissi, Commento
pareva un’isoletta. Io, che fui sempre avventato nelle 1. Astolfo è il più saggio, il più razionale e il più re-
decisioni (e me ne rincresce), salii sopra quel pesce. sponsabile dei paladini... Orlando, il più forte dei pa-
ladini, diventa pazzo soltanto perché una donna lo ha
41. Rinaldo mi accennava, come Dudone, di non an- respinto. Ruggiero non ha né tempo, né voglia, né ca-
dare; ma non servì a niente. La maga Alcina, con il pacità per preoccuparsi di se stesso: ci pensa il mago
viso sorridente, lascia gli altri due e sale dietro di me. Atlante o Bradamante e, comunque, è sempre gradito
La balena, pronta a partire, se ne andò a nuoto per le e desiderato per la sua bellezza, e, finché non si spo-
onde salate. Mi pentii subito della mia sciocchezza, sa, può stare sicuro. Anche Astolfo però ha le sue de-
ma ormai mi trovavo troppo lontano dalla spiaggia. bolezze: si vanta perché ha fatto innamorare più di
qualche donna di sé (non dice però come abbia fatto).
42. Rinaldo si cacciò nell’acqua a nuoto per aiutarmi E non si dimostra troppo rapido di mente, perché non
e quasi annegò, perché si alzò un vento furioso, che capisce l’intenzione che la maga ha su di lui. Rinaldo
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 163
almeno cerca di sottrarlo alle grinfie della donna. Poi scenza e di valutazione della realtà del suo tempo. La
però, dopo i primi momenti di timore, è contento dei ragione si dimostrava incapace di interpretare e ancor
propositi e della disponibilità amorosa della maga. più di dominare gli avvenimenti politici che dramma-
Non ha molte pretese per essere contento: basta che ticamente si susseguivano. Occorreva una rete con-
una donna s’innamori di lui (o almeno lo dica). Non cettuale più vasta, occorreva la rete del mondo
si accorge nemmeno di essere un uomo-oggetto: la dell’immaginazione, da lanciare sulla realtà. Lo stru-
donna lo usa (e lui è contento), si stanca e lo butta. O, mento era all’altezza della situazione: erano più in-
meglio, poiché non vuole sprecare niente dei suoi credibili i fatti che accadevano nella realtà o i fatti
amanti, lo trasforma in mirto per il suo giardino. È immaginati nel poema? Era più incredibile l’inva-
vero però che non se la prende troppo della sua sven- sione dell’Italia oppure un cavallo che vola o un dia-
tura di essere stato trasformato in mirto: il ricordo dei logo tra un uomo e un mirto?
piacevoli momenti passati con la maga ha il soprav- ---I☺I---
vento. E, fedele alla sua saggezza, dà a Ruggiero
buoni consigli che il paladino non ascolta. In seguito La maga Alcina, VII, 9-19
riacquista le sembianze umane e va sulla luna per ri-
prendere il senno di Orlando. Qui scopre che non Ruggiero incontra la maga Alcina nel suo castello. E
aveva tutto il suo senno, come credeva... non può credere che sia malvagia, come gli ha detto
2. La maga Alcina rappresenta la donna lussuriosa, Astolfo, trasformato in mirto, perché è bellissima.
che ha e che pratica una concezione sensuale dell’a-
more. Essa ha le idee chiare su ciò che vuole dalla vi- 9. La bella Alcina venne un pezzo avanti, verso Rug-
ta: soddisfazioni fisiche procurate da una processione giero fuori delle prime porte, e lo accolse con un
interminabile di amanti, che licenzia e trasforma in aspetto signorile, in mezzo alla bella e onorata corte.
alberi, non appena la stancano. In tal modo, giudizio- Da tutti gli altri tanto onore e tante riverenze furono
samente, unisce il dilettevole – gli amanti – all’utile – fatte al forte guerriero, che non potrebbero far più, se
il possesso di un bel giardino –: gli amanti, una volta Dio fosse sceso tra loro dal cielo più alto.
usati, vengono trasformati in piante e vanno ad arric-
chire il vasto giardino dell’isola... La donna però in 10. Il bel palazzo era eccellente non tanto perché vin-
tal modo ottiene anche un altro risultato: evita che es- ceva ogni altro palazzo per ricchezza, quanto perché
si, per il fatto di essere stati licenziati, si vendichino e aveva la più piacevole gente che fosse al mondo e di
sparlino di lei. Il proprio buon nome va sempre dife- più gentilezza. Poco era differente l’un dall’altro per
so... età fiorita e per bellezza: soltanto Alcina era la più
3. Davanti ad Astolfo le reazioni della maga sono ve- bella di tutti, così come il sole è più bello d’ogni stel-
locissime: lo vede, se ne innamora subito, escogita e la.
attua il piano di isolarlo dai suoi compagni e di rapir- 11. Di persona era tanto ben formata, quanto di me-
lo, quindi dichiara il suo amore. Dopo tre mesi, men- glio i bravi pittori sanno immaginare. Ha la bionda
tre il paladino è ancora “innamorato”, lei è già stanca chioma lunga e annodata: l’oro non risplende né ab-
e lo trasforma in un bel cespuglio. La donna è indub- baglia di più. Sulle guance delicate si spargeva un co-
biamente lussuriosa, ma Astolfo ha l’innamoramento lore misto di rose e di ligustri. e di terso avorio aveva
facile e di poche pretese, poiché cerca soltanto la la fronte lieta, che completava il volto in una giusta
soddisfazione dei sensi. proporzione.
4. La maga Alcina si inserisce nella galleria di perso-
naggi femminili creati dal poeta: Angelica, l’ideale 12. Sotto i due neri e sottilissimi archi delle sopracci-
concreto di femminilità; Bradamante, la donna astuta glia aveva due occhi neri, anzi due chiari soli, pietosi
e guerriera; la maga Alcina, la donna lussuriosa e a riguardare, a muovere parchi. Intorno ad essi pare
sensuale. Il poema presenta però numerosi altri per- che l’Amore scherzi e voli, e che da lì tutta la faretra
sonaggi femminili, ognuno dei quali si distingue e si scarichi e che visibilmente rubi i cuori. Da qui il naso
caratterizza rispetto a tutti gli altri. scende in mezzo al viso, che l’invidia non trova
5. Con la figura di Alcina Ariosto rovescia la figura neanche un punto da migliorare.
sociale della donna, che in genere è sempre passiva.
Con la figura di Astolfo riversa la sua ironia sulla fi- 13. Sotto il naso sta, quasi fra due vallette, la bocca
gura maschile: il paladino è l’uomo più saggio del sparsa di nativo cinabro. Qui due filze sono di perle
poema, ma senza opporre alcuna resistenza perde la elette, che un bello e dolce labbro chiude ed apre. Da
testa per la prima donna che incontra e che si dice qui escono le cortesi parolette da render molle ogni
“innamorata” di lui. Egli prima subisce l’amore, poi cuor rozzo e scabro. Qui si forma quel soave sorriso,
subisce la trasformazione in mirto. Nell’ipotesi mi- che apre a sua posta il paradiso in terra.
gliore quindi gli uomini sono passivi e succubi delle
donne... 14. Bianca neve è il bel collo, e il petto è latte; il collo
6. I poemi tradizionali erano opere d’evasione oppure è tondo, il petto colmo e largo. Due pomi acerbi, e
che celebravano il lettore-committente. Ariosto riesce pure fatti d’avorio, vanno e vengono come onda al
a trasformare la sua opera in uno strumento di cono- primo margine (=sulla spiaggia), quando una brezza
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 164
piacevole combatte il mare (=i suoi seni oscillano). Angelica e l’eremita, VIII, 47-50
Argo con i suoi cento occhi non potrebbe vedere le
altre parti. Ben si può giudicare che corrisponde a Angelica in una delle sue numerose disavventure fini-
quel che appare di fuori quel che si nasconde. sce nelle mani di un eremita, che la consola con pa-
role belle e devote e intanto le accarezza i seni e le
15. Le braccia mostrano la loro giusta misura; e la guance rigate di lacrime. Poi cerca di andare oltre…
candida mano spesso si vede lunghetta alquanto e di
larghezza angusta, dove né nodo appare né vena ec- 47. L’eremita comincia a confortarla con alcuni ra-
cede. Alla fine si vede il breve, asciutto e rotondetto gionamenti belli e devoti. E, mentre parla, pone le
piede della persona augusta. Gli angelici sembianti mani audaci ora per il seno, ora per le gote bagnate di
nati in cielo non si possono celare sotto alcun velo. lacrime. Poi più sicuro cerca di abbracciarla, ella sde-
gnosetta lo percuote con una mano sul petto e lo re-
16. In ogni parte del suo corpo aveva teso un laccio spinge, e si tinge tutta di onesto rossore.
(=una trappola), che parli, sorrida, canti o muova un
passo. Non c’è da meravigliarsi se Ruggiero è cattu- 48. Egli, che aveva una tasca a lato, la aprì e ne trasse
rato, poiché la trova tanto ben disposta verso di lui. un’ampolla di liquore; e negli occhi possenti, onde
Quel che di lei aveva già sentito dire dal mirto sfavilla la più rovente fiaccola ch’abbia Amore,
(=Astolfo), che è perfida e malvagia, poco gli giova, spruzzò di quel leggermente una stilla, che ebbe la
perché non gli sembra che l’inganno o il tradimento capacità di farla dormire. Giace supina sulla sabbia a
possano stare con un così soave sorriso. tutte le voglie del vecchio rapace.
Riassunto. La maga Alcina viene incontro a Ruggiero 49. Egli l’abbraccia e la tocca a piacere, ma ella dor-
e lo accoglie con un volto gentile. La corte della don- me e non può difendersi. Ora le bacia il bel petto, ora
na lo riceve con onore e riverenze. La maga era la più la bocca. E nessuno lo vede in quel luogo selvaggio e
bella di tutti i presenti. Aveva un corpo ben formato, solitario. Ma nell’incontro il suo destriero (=il pene)
le guance color di rosa, la fronte color dell’avorio. trabocca, perché il corpo infermo non risponde al suo
Aveva occhi che lanciavano frecce. Aveva la bocca desiderio. Non era più adatto, perché aveva troppi
rossa, due file di denti che sembravano perle e un sor- anni; e potrà fare peggio, quanto più lo costringi.
riso luminoso. Il petto era colmo e largo. I seni erano
acerbi e oscillanti. Si può pensare che quel che teneva 50. Tenta tutte le vie, tutti i modi, ma quel pigro roz-
nascosto sotto le vesti fosse bello come quello che si zone (=il pene) non per questo salta. Invano gli scuo-
vedeva. Ogni parte del suo corpo era un laccio amo- te il freno e lo tormenta. Non riesce a fargli tenere al-
roso. Non c’è da meravigliarsi se Ruggiero è cattura- ta la testa. Alla fine si addormenta presso la donna e
to. Non gli serve a niente sapere che era perfida e un’altra nuova sciagura ancora lo assalta: la Fortuna
malvagia, come aveva detto Astolfo, perché ritiene non comincia mai per poco, quando piglia a scherno e
impensabile che l’inganno e il tradimento possano a gioco un mortale.
stare con un sorriso così soave.
Commento
1. Ruggiero incontra la maga Alcina nel suo palazzo
e circondata dalla sua corte. La donna è bellissima e
non potrebbe essere più bella. Ogni parte del suo cor-
po è attraente e si trasforma in una trappola amorosa.
Il guerriero sa da Astolfo che è perfida e malvagia,
ma poco gli giova, perché non gli sembra che l’ingan-
no o il tradimento possano stare con un sorriso così
soave.
2. Le bellezze della maga nascoste sotto le vesti sono
appena accennate. Sono ampiamente descritte invece
quelle di Olimpia, che era stata offerta come cibo
all’orca (XI, 67-71), più sotto.
3. La maga Alcina era una ninfomane, sempre affa-
mata di sesso, come le donne dell’excursus di Astol-
fo, re dei longobardi, e Giocondo (XXVIII, 1-74). Ma 1. Pieter Paul Rubens, Angelica e l'eremita, 1626-28.
le ninfomani esistono soltanto nei romanzi o nei
poemi come questo e sono una semplice proiezione Riassunto. L’eremita cerca di confortare Angelica e
dei desideri maschili. le palpeggia i seni e le guance bagnate di lacrime. Poi
---I☺I--- cerca di abbracciarla, ma lei lo respinge. Lui allora la
addormenta con una goccia di liquore. Lei è distesa
sulla sabbia, nelle sue mani. Lui l’abbraccia e la tocca
Commento
1. Lo scrittore nota che la donna con le mani cercava
di coprire come poteva il suo corpo nudo, ma invano.
Sottolineando il suo pudore, Ariosto accende ancor
più i desideri degli ascoltatori di frullare la ragazza.
2. Il canto potrebbe essere intitolato: La bella, la be-
stia e l’eroe. La diade (senza l’eroe) o la triade (con
l’eroe) diventano un tópos letterario e, nel secolo
scorso, anche cinematografico. I contrasti sono sia sul
piano fisico, sia sul piano di mondo interiore dei tre
protagonisti. L’orca è la furia cieca, la furia distrutti-
va, che pretende vittime in nome della sua forza. De-
ve soddisfare la sua fame.
3. Ruggiero cerca di togliersi le armi in fretta e furia,
perché Angelica è nuda ed egli vuole cogliere l’oc-
casione per violentarla. Ma nella fretta si ingarbuglia
con le sue mani, spreca tempo, e Angelica scompare
grazie all’anello magico. Così l’occasione sfuma. Era
durata soltanto pochi secondi e il ritardo, seppur mi-
nimo, impedisce di cogliere il colpo di fortuna.
4. Il poeta tronca il canto all’improvviso, perché la
storia ormai è divenuta troppo lunga e potrebbe di-
ventare anche noiosa. Lo farà anche con la storia del-
la pazzia di Orlando (XXIII, 136). Possiamo anche
non credergli e pensare che abbia voluto interrompere
il canto sul più bello: i suoi lettori e i suoi ascoltatori
immaginavano già lo stupro della bella Angelica. Ma,
rimandando lo stupro e poi non realizzandolo, evita
che la vergogna ricada sugli eroi positivi del suo
poema.
5. Anche un’altra donna subisce la sorte di Angelica.
È legata al sasso, per essere sacrificata, ma è salvata
Commento
1. Angelica ha finalmente trovato l’amore: un oscuro
fante ferito, che con la sua vicinanza e le sue cure fa
guarire. E paradossalmente si è innamorata di Medo-
ro, perché egli non ha fatto niente per conquistarla,
ma è riuscito a suscitare in lei l’istinto materno di
protezione: finalmente qualcuno non desiderava il
suo corpo ed anzi aveva bisogno delle sue cure. Nel
rapporto deve essere anche attiva, perché lui è in via
di guarigione e non può usare completamente il suo
corpo. E si siede su di lui, come Fiordispina si era se-
duta su Ricciardetto (XXV, 67-70).
2. L’episodio di Angelica che si innamora di Medoro
mostra uno dei tanti paradossi della vita, che Ariosto
riproduce con cura e con partecipazione. Angelica,
erede al trono del Catai, è amata da tutti i più forti
guerrieri, cristiani e pagani, e può scegliere tra loro.
Essi però amano il suo corpo che il suo destino di fu-
tura regina. Lei invece sceglie un oscuro fante, affe-
zionato al suo sovrano, che è mezzo morto e che non
aveva mai conosciuto l’amore con una donna.
3. Dopo che si è innamorata, Angelica si scatena nelle
attività sessuali con l’amato Medoro e recupera il
tempo perduto: una donna davvero saggia. Pensa però
di regolarizzare subito il suo rapporto amoroso e si
unisce in matrimonio: una donna un po’ tradizionale
o, in alternativa, che conosce l’importanza delle ce- 1. Jacques Blanchard, Angelica e Medoro, 1630ca. La
rimonie. donna barocca ha un grande culo ed è cellulitica. I pittori
4. Angelica prende l’iniziativa, lo spoglia e si impala scoprono il culo femminile e lo offrono agli spettatori.
sull’amato. Medoro era in convalescenza e non si ca- 2. Nudo femminile che si volta, 2012.
pisce bene quanto fosse capace di intendere e di vole- ---I☺I---
re. E tuttavia nessuno immagina che la donna lo abbia
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 170
non posso ricompensarvi d’altro, che di lodarvi con-
La pazzia d’Orlando, XXIII, 102-136 tinuamente;
109. e di pregare ogni signore amante, cavalieri e
Orlando si era trovato a un bivio e aveva scelto la damigelle e ogni persona (paesana o viandante), che
strada che gli sembrava più promettente. E invece… la sua volontà o la Fortuna conduca qui, che alle erbe,
alle ombre, all’antro, al ruscello, alle piante dica: o
102. Guardandosi intorno, Orlando vide incisi molti benigno, abbiate il sole, la luna e il coro delle ninfe
arbusti sulla riva ombreggiata. Non appena vi fermò e che provvedano che nessun pastore conduca mai qui
vi fissò gli occhi, fu certo che [le incisioni] erano sta- da voi il suo gregge”.
te fatte dalla sua donna. Questo era uno di quei luo-
ghi, già descritti, dove spesso la bella donna, regina 110. Erano scritte in arabo, che il conte capiva bene
del Catai, veniva con Medoro dalla casa, lì vicina, del come il latino. Fra le molte lingue che conosceva, il
pastore. paladino conosceva benissimo quella lingua, [la cui
conoscenza] gli evitò più volte danni ed offese, quan-
103. Egli vede [i nomi di] Angelica e Medoro legati do si trovò tra i saraceni. Ma non deve vantarsi, per-
insieme con cento nodi. Quante sono le lettere, tanti ché ora ne riceve un danno, che gli fa scontare tutti i
sono i chiodi, con i quali il dio Amore gli trafigge e vantaggi precedenti.
gli ferisce il cuore. Con il pensiero cerca in mille mo-
di di non credere quel che, a suo dispetto, crede: si 111. Quell’infelice lesse le incisioni tre, quattro volte,
sforza di credere che è stata un’altra Angelica a scri- sei volte, cercando sempre (ma invano!) che non vi
vere il proprio nome sulla corteccia di quegli alberi. fosse scritto quel che vi era scritto, e sempre le vede-
va più chiare e comprensibili, ed ogni volta nel mez-
104. Poi dice: “Conosco anch’io questi caratteri: ne zo del petto afflitto sentiva il cuore agghiacciarsi con
ho visti e letti di simili tante volte! Ella si immagina la sua mano fredda. Alla fine rimase con gli occhi e
questo Medoro: forse ha dato a me questo sopranno- con la mente fissati nel sasso, non diverso dal sasso.
me!”. Con tali opinioni, lontane dal vero, cercando di
ingannare se stesso, Orlando, scontento, si ferma nel- 112. Allora fu sul punto di uscire di senno e si lasciò
la (=si aggrappa alla) speranza che riuscì a procurare andare completamente in preda al dolore. Credete a
a se stesso. me, che l’ho provato: questo è il dolore che supera
tutti gli altri! Il mento gli era caduto sopra il petto, la
105. Ma egli accende sempre più e sempre più rinno- fronte era senza baldanza ed abbassata; né poté dare
va il sospetto maligno, quanto più cerca di spegnerlo. voce ai lamenti né lacrime al pianto, perché il dolore
Come l’incauto uccellino, che si ritrova impigliato lo riempì tutto.
nella rete e nel vischio, quanto più batte le ali e quan-
to più prova a liberarsi, tanto più s’impiglia. Orlando 113. L’angoscia violentissima rimase dentro di lui,
giunge dove la montagna s’incurva come un arco so- perché voleva uscire tutta troppo in fretta. Così ve-
pra una fonte limpida. diamo l’acqua restare nel vaso, che ha il ventre largo
e la bocca stretta, perché, nel rovesciarlo sul suo so-
106. Le edere e le viti avevano adornato l’entrata di stegno, l’acqua, che vorrebbe uscire, si affretta a tal
quel luogo con i loro rami contorti. Qui i due amanti punto e si intrica a tal punto nella stretta apertura, che
felici solevano rimanere abbracciati durante la calura esce fuori con fatica, a goccia a goccia.
del giorno. Vi avevano scritto i loro nomi dentro ed
intorno più che in qualsiasi altro luogo circostante, 114. Poi ritorna un po’ in sé e pensa come possa esse-
ora con il carbone, ora con il gesso, ora con la punta re che la cosa non sia vera: forse qualcuno vuole in-
dei coltelli. fangare così il nome della sua donna, e crede, brama
e spera [che sia così]; o forse [questo qualcuno] lo
107. Il conte mestamente discese qui a piedi e vide vuole gravare dell’insopportabile peso della gelosia,
sull’entrata della grotta numerose parole, incise con tanto da farlo morire; o forse costui (chiunque sia sta-
la propria mano da Medoro, che sembravano scritte to) ha imitato molto bene la mano di lei.
proprio allora. Del gran piacere che aveva provato
nella grotta aveva tradotto in versi questa sentenza, 115. Con una speranza così piccola e così debole ri-
affinché fosse letta nella sua lingua, io penso, Nella sveglia e rinfranca un po’ il suo spirito, quindi sprona
nostra il senso era questo: il suo Brigliadoro, mentre il sole cede il posto alla lu-
na. Non va molto lontano, prima di vedere fumo usci-
108. “O liete piante, verdi erbe, limpide acque, re dalle aperture più alte dei tetti, e sente i cani ab-
spelonca oscura e gradita per l’ombra fresca, dove la baiare e gli armenti muggire. Giunge ad una casa di
bella Angelica, figlia di Galafrone, da molti amata campagna e prende alloggio.
invano, spesso nelle mie braccia giacque nuda. Delle
comodità che qui mi avete dato io, povero Medoro, 116. Smonta da cavallo con l’animo abbattuto e lascia
Brigliadoro ad un abile garzone, affinché ne abbia cu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 171
ra. Un altro garzone gli toglie le armi, un altro gli le- si alza con minor rapidità che il villano, che stava per
va gli sproni d’oro, un altro gli va a lustrare l’arma- chiudere gli occhi e veda una serpe nell’erba accanto
tura. Questa era la casa, nella quale Medoro rimase a lui.
(=si fermò) per guarire dalla ferita e nella quale ebbe
la grande fortuna [di fare innamorare Angelica]. Or- 124. E all’improvviso cominciò a odiare a tal punto
lando si corica e non domanda di cenare, essendo sa- quel letto, quella casa, quel pastore, che, senza aspet-
zio di dolore e non di altre vivande. tare [il sorgere del]la luna o l’albore che precede il
nuovo giorno, prese le armi ed il cavallo, ed uscì fuo-
117. Quanto più cerca di ritrovare la quiete, tanto più ri [della casa per andare] nel bosco tra le fronde più
ritrova dolore e pena, perché vede ogni parete, ogni fitte. Quando poi fu sicuro di essere solo, con le grida
uscio, ogni finestra ricoperti di quelle odiate scritte. e con le urla aprì le porte al dolore.
Vuole chiedere [chi le ha fatte], ma poi tiene le labbra
chiuse, perché teme che diventi troppo nitida, troppo 125. Non cessa mai di piangere, non cessa mai di gri-
chiara la cosa (=la verità), che invece cerca di avvol- dare; né la notte né il giorno gli dà mai pace. Fugge le
gere di nebbia, affinché gli faccia meno male. città ed i paesi, e dorme nella foresta sul duro terreno
a cielo scoperto. Si meraviglia d’avere in testa una
118. Gli serve poco ingannare se stesso, perché, senza fontana così abbondante d’acqua e di poter sospirare
esserne richiesto, c’è chi parla. Il pastore, che lo vede così tanto, e spesso dice a se stesso queste parole nel
così oppresso dalla tristezza e che vorrebbe levarglie- pianto:
la, cominciò incautamente a raccontargli la storia dei
due amanti. Egli la conosceva e la raccontava spesso 126. “Queste non son lacrime che verso dagli occhi
a chi voleva ascoltarla e per molti fu un piacere ascol- con una vena così abbondante. Non bastano le lacri-
tarla. me al dolore: esse sono terminate, quando il dolore si
era sfogato soltanto in parte. [...]
119. Egli, pregato dalla bella Angelica, aveva portato
nella sua casa Medoro, che era gravemente ferito. El- 128. Non sono, non sono io quel che sembro dal viso.
la curò la ferita e in pochi giorni la guarì. Ma Amore Quel che era Orlando è morto ed è sotterrato. La sua
ferì lei nel cuore con una ferita maggiore di quella donna ingratissima l’ha ucciso, così l’ha mal ridotto,
che aveva curato e con una piccola scintilla l’accese non restando a lui fedele. Io sono lo spirito suo, da lui
tanto e con un fuoco tanto grande, che ne bruciava diviso, che vaga e si tormenta in questo inferno, af-
tutta e più non trovava quiete. finché con la sua ombra (l’unica cosa che rimane di
lui) sia l’esempio a chi spera in Amore!”.
120. E, senza alcun riguardo per il fatto di essere la
figlia del più grande re d’Oriente, costretta da un 129. Il conte errò tutta la notte per il bosco e, allo
amore così intenso, si ridusse a diventare la moglie di spuntare del giorno, ritornò per caso a quella fonte
un modesto fante. Alla fine la storia si concluse con il dove Medoro incise il nome suo e di Angelica. La vi-
pastore che fa portare davanti a tutti il bracciale pieno sta di quell’offesa scritta sulla pietra lo accese a tal
di gemme, che Angelica gli diede partendo, come ri- punto, che in lui non rimase nient’altro che odio, rab-
compensa della buona ospitalità. bia, ira e furore. Non ebbe altro indugio ed estrasse la
spada.
121. Questa conclusione fu la scure che con un colpo
gli levò la testa dal collo, dopo che Amore, da mani- 130. Tagliò la scritta e il sasso, e fece volare fino al
goldo, si era saziato delle innumerevoli altre battiture. cielo le schegge più piccole. Infelice quella grotta ed
Orlando cercò di nascondere il dolore, ma esso era ogni tronco, sui quali si leggono i nomi di Angelica e
troppo grande ed egli malamente lo poteva nasconde- di Medoro! Quel giorno restarono così [malridotti],
re. Alla fine, voglia o non voglia, esso deve sgorgare che non diedero più ombra né refrigerio al pastore né
attraverso le lacrime ed i sospiri dalla bocca e dagli alle pecore. E quella notte, così chiara e serena, fu
occhi. poco sicura da tale furia!
122. Dopo che poté togliere il freno al suo dolore 131. Orlando non cessò di gettare rami, ceppi, tronchi
(perché restò solo e non doveva trattenersi per la pre- sassi e zolle nelle belle onde, finché dalla superficie
senza di altri), dagli occhi sulle guance sparse un al fondo le turbò a tal punto, che non furono mai più
fiume di lacrime sul petto. Sospirava e si lamentava e chiare né limpide. Alla fine stanco e sudato, perché la
si rivoltava continuamente per il letto, che sentiva più forza vinta non risponde allo sdegno, al grave odio,
duro di un sasso e più pungente di un’ortica. all’ardente ira, egli cade sul prato e sospira verso il
cielo.
123. In tanto aspro travaglio gli viene in mente che
nello stesso letto, in cui giace, l’ingrata donna doveva 132. Afflitto e stanco alla fine cade sull’erba, fissa gli
essersi venuta a porre con il suo drudo più volte. Non occhi al cielo e non parla. Resta senza cibo e senza
diversamente ora prova ribrezzo per quelle piume, né dormire, mentre il sole tre volte sorge e tre volte tra-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 172
monta. Il dolore acerbo non smise di aumentare, e al- per tutta la notte in preda a un dolore incontrollabile.
la fine lo condusse fuori di senno. Il quarto giorno, Sul far dell’alba incrociò proprio la fonte in cui An-
spinto dalla pazzia, si stracciò di dosso le maglie e le gelica e Medoro si rinfrescavano dalla calura. Con la
piastre dell’armatura. spada tagliò la scritta e il sasso su cui Medoro aveva
inciso il suo nome e quello di Angelica. E si mise a
133. L’elmo rimane qui, lo scudo rimane lì, più lon- tirare fendenti in tutte le direzioni, scaraventando ra-
tano c’è l’armatura e ancor più lontano l’usbergo mi, ceppi, tronchi, sassi e zolle nella fonte, che da
(=maglia di ferro o a piastre). Insomma, in poche pa- quel momento non fu mai più limpida. Si strappò di
role, tutte le sue armi erano disperse per il bosco. Poi dosso le armi e i vestiti e fu preso da tale rabbia e da
si strappò i vestiti e mostrò nudo il ventre peloso, tut- tale furia, che ebbe i sensi offuscati. Poi impazzì.
to il petto e le spalle, e cominciò la gran follia, così Sradicò numerosi pini e molti altri alberi come se fos-
terribile, che nessuno sentirà mai parlare di una follia sero finocchi, sambuchi e finocchietti. Sentendo il
maggiore di questa. rumore, i pastori andarono a vedere, ma a questo pun-
to Ariosto interrompe il racconto per non annoiare il
134. Fu preso da tale rabbia e da tale furia, che ebbe i lettore a causa della sua lunghezza.
sensi offuscati. Non si ricordò d’impugnare la spada,
perché (io penso) avrebbe fatto cose meravigliose. Commento
Ma la sua forza smisurata non aveva bisogno né di 1. Orlando è il più forte ed il più valoroso dei paladi-
quella, né di scure, né di bipenne. Qui fece alcune ni. Tuttavia sul piano psicologico ha un punto debole:
delle sue imprese più grandi, perché sradicò un alto non è capace di sopportare di essere respinto, perciò
pino al primo tentativo. impazzisce. Egli si innamora di Angelica, ma non le
chiede se lei è d’accordo. Dà per scontato che lo deb-
135. E, dopo il primo, sradicò molti altri pini come se ba essere... Così impazzisce quando scopre che la
fossero finocchi, sambuchi e finocchietti, e fece la donna è innamorata di un altro. Per di più di un fante
stessa cosa con querce, vecchi olmi, faggi, orni, elci e sconosciuto, di nome Medoro (un nome ben poco
abeti. Quel che un uccellatore, che prepara il campo, eroico). Egli, come tutti gli altri guerrieri, non aveva
fa dei giunchi, delle stoppie e delle ortiche, per poter capito la psicologia della donna: Angelica non vuole
stendere le reti, Orlando faceva delle querce e di altre essere considerata un semplice oggetto sessuale, da
piante antiche. usare e da abusare, vuole amare attivamente lei.
1.1. Orlando impazzisce, ma dopo una lunga serie di
136. I pastori, che hanno sentito il gran rumore, la- colpi che il caso gli infligge: a) il bivio lo porta ad
sciano il gregge sparso per la foresta, chi da una par- uno di quei luoghi, dove Angelica e Medoro venivano
te, chi da un’altra, e tutti di corsa vengono a vedere dalla casa lì vicina del pastore (103); b) giunge alla
qual è la causa. Ma ormai sono giunto a quel limite, fonte limpida, dove i due amanti avevano scritto i lo-
se io supero il quale, vi potrei annoiare con questa ro nomi (106), anche in arabo (110); c) giunge alla
storia. Io la voglio piuttosto rimandare, che infastidir- locanda in cui Angelica aveva portato Medoro ferito,
vi a causa della sua lunghezza. l’aveva fatto guarire e se n’era innamorata (116); d)
riceve la stanza, piena di incisioni, in cui Angelica e
Riassunto. Orlando si trovò a un bivio, scelse la stra- Medoro avevano folleggiato (117); e) il pastore, ve-
da che gli sembrava migliore. Poco dopo vide gli al- dendolo triste e volendolo rincuorare, gli racconta la
beri incisi con scritte che riconosce: sono di Angelica, storia d’amore di Angelica e Medoro (non sempre le
la donna che ama. Vide i nomi di Angelica e Medoro buone intenzioni sortiscono l’effetto desiderato)
intrecciati. Pensò che la donna lo avesse soprannomi- (118); infine f) gli mostra il bracciale con cui Angeli-
nato così. Poco dopo in una grotta vide scritte in ara- ca aveva pagato e strapagato il conto: era il bracciale
bo e in altre lingue, che egli conosceva, sempre con i che Orlando aveva regalato alla donna... (120); g) ri-
nomi di Angelica e Medoro. Egli volle illudersi che torna, per dormire, nella stanza in cui i due innamora-
non fosse così come gli appariva. Immaginò che ti avevano festeggiato il loro amore (122); h) incapa-
qualcuno volesse infangare il nome di lei. Ma si rat- ce di addormentarsi, abbandona la locanda, vaga per
tristò sempre più e fu preso da un’angoscia violentis- tutta la notte e sfortunatamente giunge alla fonte pie-
sima. Poco dopo giunse a una locanda e si fermò per na di incisioni (129). Quest’ultima batosta lo fa im-
la notte. Vedendolo triste, l’oste gli raccontò la storia pazzire definitivamente. Questi otto violentissimi col-
di Angelica e Medoro, pensando di confortarlo. An- pi fanno impazzire il guerriero, poiché lo colpiscono
gelica aveva trovato Medoro ferito, l’aveva curato e nell’animo, cioè dove era più sensibile. Essi non
in pochi giorni guarito e se n’era innamorata. E senza avrebbero nemmeno scalfito gli altri guerrieri... Il
nessun riguardo di essere la figlia del re del Catai si poeta rende credibile e verosimile la pazzia: otto col-
concesse a lui, un oscuro fante. Orlando si ritirò nella pi di sfortuna su un animo sensibile.
sua stanza per dare sfogo al suo dolore, ma vide il let- 1.2. Ariosto riprende la problematica della fortuna, e
to in cui i due giovani si erano amati e le scritte sulle in questo canto, che è fondamentale per l’economia
pareti. Allora lasciò la stanza e andò a cavallo nel bo- del poema, la affronta in questi termini: ora il caso è
sco, continuando a piangere disperatamente. Vagò favorevole, e tutto va bene; ora è sfavorevole, e allora
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 173
l’uomo è travolto. Qui Orlando è colpito da una lunga questa caduta poco elegante e poco femminile esce
serie di batoste. L’autore però arricchisce la riflessio- definitivamente di scena, cioè dal poema.
ne notando che la stessa capacità – la conoscenza del- 3. Medoro è fortunatissimo: ottiene la donna che i
le lingue – dà risultati diversi in circostanze diverse: migliori guerrieri, sia pagani sia cristiani, invano ave-
tra gli infedeli aveva salvato la vita al paladino; ora vano cercato di conquistare o, almeno, di possedere.
invece lo fa impazzire. Insomma gli strumenti che ci E, ironia della sorte, la ottiene senza corteggiarla,
hanno salvato possono trasformarsi – senza che noi senza affaticarsi, senza far niente. Prima di scoprire il
ce ne accorgiamo e senza che noi possiamo evitarlo – sesso femminile il giovane fante aveva per la testa
negli strumenti della nostra rovina: non ci si può fida- l’amico Cloridano e soprattutto il loro re Dardinello.
re nemmeno degli strumenti che in passato ci aveva- Insomma preferiva la compagnia dei suoi giovani
no aiutato. Non basta, perché dal poema emerge che amici, un po’ più anziani di lui. La sua storia è assur-
un altro personaggio – Ruggiero come Astolfo – non da come la sua conclusione (XVIII, 165-192-XIX, 1-
avrebbe affatto sentito questi colpi, avrebbe detto che 42): Dardinello cade in battaglia. Cloridano pensa di
le donne sono tutte leggere e inaffidabili, come con- recuperarne il corpo con una spedizione notturna. Es-
cludono Astolfo, re dei longobardi, e l’amico Gio- si recuperano il corpo del loro giovane sovrano, ma
condo (XXVIII, 1-74, più sotto), e che non vale la sono scoperti. Cloridano pensa subito a mettersi in
pena di prendersela. Se una ti pianta, ne cerchi un’al- salvo (non vale la pena di morire per un morto), Me-
tra. doro cerca di recuperare ugualmente il corpo di Dar-
1.3. Machiavelli rifiuta questa tesi che l’uomo sia nel- dinello, ma è raggiunto dai nemici. Cloridano si ac-
le mani della fortuna, favorevole o avversa che sia. corge che è rimasto indietro, ritorna sui suoi passi e lo
Ritiene che l’uomo possa controllare la metà (o qua- vede circondato dai nemici. Usa l’arco e li colpisce a
si) delle sue azioni; ed invoca la virtù – ma soltanto morte. Quando lo vede cadere, esce dal cespuglio che
quella del principe – quale unica forza capace di con- lo proteggeva e si scaglia contro i nemici che lo ucci-
trastare il caso avverso. E fa l’esempio del fiume in dono. Medoro è mortalmente ferito, ma di lì a poco è
piena, che rompe gli argini: non avrebbe provocato portato in salvo da Angelica, che sopraggiunge e che
danni se si fossero rafforzati gli argini quando era in lo porta alla locanda del pastore, dove lo cura. La sto-
secca. Però anche lui riconosce la necessità che le ria di Medoro è una delle numerose storie paradossali
azioni umane siano in sintonia con le circostanze in del poema e della vita umana. Per il poeta quindi il
cui si inseriscono. In Ariosto c’è però un’eccezione al destino è incontrollabile e riserva sorprese paradossa-
potere o allo strapotere del caso: Bradamante insegue li. Negli stessi anni Machiavelli si sforzava di dimo-
per tutto il poema Ruggiero, che la ama (o almeno di- strare con il ragionamento che l’uomo riesce a con-
ce di amarla) ma che non fa niente per restare con lei; trollare il destino avverso, a condizione che prenda le
ed alla fine il suo impegno e la sua ostinazione hanno sue precauzioni quando la sorte è favorevole.
successo, perché riesce a portarlo all’altare. 3. Per il poeta il paladino più forte è paradossalmente
2. Angelica non voleva super-eroi al suo fianco, non anche quello più debole, che perde la ragione. Il mo-
voleva essere un oggetto sessuale da concupire e da tivo della sconfitta è semplice: Orlando è forza e ra-
usare, anche se cercava costantemente di civettare e gione, ma non ha l’ironia che lo difenda dalla realtà:
di essere corteggiata. Voleva amare lei e dedicarsi a egli ama un’unica donna e vuole l’amore soltanto di
qualcuno che avesse bisogno di lei e che la apprez- lei. Ruggiero invece con le donne non impazzisce: si
zasse non come oggetto sessuale, non come bambola lascia amare – tutte le donne, che incontra, si innamo-
bellissima al servizio del desiderio e della volontà al- rano di lui e della sua bellezza – e si lascia pure usare
trui, ma come donna capace di amare e di donare atti- come oggetto sessuale; ma si stanca presto e se ne va.
vamente amore. Soltanto così si sarebbe sentita rea- Astolfo si vanta delle sue conquiste erotiche (o me-
lizzata. Tuttavia scopre lentamente e per caso che glio sono le donne che lo conquistano, non è lui che
questa è la sua via. È lei a iniziare Medoro all’amore. le conquista), e considera le donne sostanzialmente
Medoro è ferito a morte, non può corteggiarla, non intercambiabili, basta che si buttino tra le sue braccia.
può fare niente. Lei lo guarisce, se ne innamora e di- 4. Le donne invece sono piene di buon senso e più
venta sessualmente attiva: le circostanze glielo im- equilibrata dei personaggi maschili. Bradamante fon-
pongono... Così – paradosso dei paradossi – la princi- de la sua forza con la sua decisione e la razionalità
pessa del Catai si innamora e sposa un oscuro fante, delle sue scelte; e insegue con determinazione e senza
che non fa niente per conquistarla e che non ha niente tregua l’oggetto dei suoi desideri, che alla fine cade
da offrirle. E, per seguire l’amore, per realizzare i nelle sue mani. Essa è giudiziosa, mentre l’uomo che
suoi desideri di donna, lei dimentica i suoi doveri di ella ama è superficiale e irresponsabile (tanto tutto gli
erede al trono e respinge tutti i più forti guerrieri, sia va bene e il mago Atlante lo protegge). Essa è il per-
pagani sia cristiani, della terra. In seguito Orlando la sonaggio ideale, l’essere umano più perfetto del poe-
incontra (c’è anche Medoro), non la riconosce, con ma, è tutto ciò che è rimasto della fiducia umanistica
un pugno le uccide il cavallo e se lo carica sulle spal- nelle capacità dell’uomo di costruire il proprio desti-
le (il cavallo non voleva portare lui, allora egli porta no. Il poeta crede in lei più che a tutti gli altri perso-
il cavallo). Lei cade per terra a gambe levate. Con naggi, e la delinea umanamente anche in preda ai
dubbi e al timore della sconfitta. La maga Alcina in-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 174
vece passa dalla fame insaziabile di uomini a un in- con più nodi di quelli con cui noi legammo stretti i
namoramento romantico e sentimentale, che si mani- colli, i fianchi, le braccia, le gambe e i petti.
festa quando si vede respinta e lasciata con indiffe- 70. La cosa stava tacita fra noi, così che il piacere du-
renza da Ruggiero. Soltanto così da maga diventa rò per qualche mese. Ma ci fu chi poi se ne accorse,
donna, capace di soffrire per amore. tanto che con mio danno il re lo venne a sapere. Voi,
5. Orlando fa parte della lunghissima galleria di per- che mi liberaste da quei suoi [gendarmi], che nella
sonaggi maschili, che si incontrano nel poema. Altri piazza avevano acceso le fiamme per bruciarmi, oggi
sono Sacripante, che viene dall’Oriente per Angelica, potete comprendere il resto. Ma Dio sa bene con qua-
di cui è innamorato; Ruggiero, che tutte le donne de- le dolore io rimango”.
siderano e che suscita anche simpatie maschili nel
mago Atlante, che lo vede come un figlio da proteg- Riassunto. Ricciardetto aiuta una ninfa che, per ripa-
gere; il saggio, ma non troppo Astolfo, che si vanta di garlo, soddisfa il suo desiderio di essere tramutato in
aver fatto innamorare più di qualche donna; il fortu- maschio. Fiordispina, la sua amica, non ci crede, lo
nato Medoro, che senza far niente fa innamorare di sé guarda, lo tocca e poi vuol fare una prova e si conce-
Angelica, la donna che tutti desiderano; il vecchio de. I due iniziano le attività sessuali con grande pas-
mago Atlante, che prova sentimenti paterni verso sione e non si fermano più. Frullano per qualche me-
Ruggiero; il forte paladino Rinaldo, soltanto del quale se con grandissima soddisfazione reciproca. Poi la
Angelica ha paura. In genere i personaggi maschili cosa si viene a sapere. Giunge alle orecchie del re,
non fanno una bella figura: anche il cervello del poeta che condanna il giovane ad esser bruciato vivo per
è “limato” dalla sua donna. stregoneria. L’intervento di Ruggiero lo toglie dai
6. La pazzia d’Orlando è collocata nel canto XXIII, guai. Poi il giovane racconta al salvatore tutta la sto-
cioè proprio a metà del poema (che ha 46 canti). Essa ria, con il compiacimento di un maschio che racconta
costituisce quindi il punto più alto e il punto di pas- ad un altro maschio le sue prodezze amorose.
saggio tra la prima e la seconda metà dell’opera. E si
presenta come la forza che sovrasta tutte le azioni Commento
umane e la spada di Dàmocle che pende, irraggiungi- 1. L’episodio mette in scena due giovani che si incon-
bile, minacciosa e dall’alto, su tutti gli uomini. Anche trano per caso: Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo,
in Dante il canto L – il canto di Marco Lombardo (Pg Ricciardetto lo ripaga raccontandogli la sua storia.
XVI) – è il canto di passaggio tra la prima e la secon- Aveva aiutato una ninfa che lo ripaga realizzando un
da metà della Divina commedia. suo desiderio lo trasforma in maschio. Fiordispina,
---I☺I--- la ragazza che egli amava non ci crede e vuole fare
una prova. Poi ci crede. I due frullano come matti per
Ricciardetto e Fiordispina, XXV, 67-70 alcuni mesi, ma poi il sovrano lo viene a sapere e so-
no guai.
Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo. Il giovane poi 2. Ricciardetto amava Fiordispina, ma come donna
gli racconta perché stava per essere bruciato vivo. non poteva frullarla. Non era e non voleva essere le-
sbica. Quando gli si offre l’occasione, cambia sesso e
67. Così la donna (=Fiordispina), doppo che ha tocca- come maschio la può cavalcare come si deve. La
to e visto quello di cui aveva avuto tanto desiderio soddisfazione è così grande, che i due giovani si frul-
(=che Ricciardetto fosse un maschio e la frullasse), lano con accanimento per diversi mesi. Ma non ave-
agli occhi, al tatto, a se stessa non crede. Pensa anco- vano previsto che… Che cosa si fa per una donna che
ra di dormire e di sognare. Perciò servì una buona si ama (o che si vuol frullare).
prova per convincerla, che sentiva quello che le pare-
va di sentire (=si concede sessualmente a lui). “Fa’, o
Dio (ella disse), se questi son sogni, che io dorma per
sempre e mai più mi risvegli”.
51. Una, senza abusare delle nostre energie, ma quan- 59. La fanciulla si stringe nelle spalle e risponde che
do il bisogno naturale inviti, ci goderemo in festa e in fu troppo lento a venire. Il Greco piange e sospira, e
piacere, e non avremo mai contese né liti. Né credo intanto finge: “Mi vuoi” dice, “lasciar morire così?
che ella si debba dolere: anche se ogni altra avesse Con le tue braccia almeno cingimi i fianchi e lasciami
due mariti, più che ad un solo, a due sarebbe fedele; sfogare tanto desiderio: prima che tu parta, ogni mo-
né forse si udirebbero tante lamentele.” mento che io sto con te mi fa morire contento.”
52. Il giovane romano parve rimanere molto contento 60. La fanciulla, impietosita, rispondendo: “Credi”
di quello che il re aveva detto. Dunque ben fermi in diceva, “che non lo desidero meno di te. Ma non pen-
tale proposito, cercarono tra le molte montagne e in so che sia né il luogo né il tempo qui, dove tanti occhi
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ci guardano.” Il Greco soggiungeva: “Sono certo che, 68. Quanto uno replica, tanto l’altro ribatte, che si
se tu mi ami un terzo di quel che io ti amo, tu troverai mettono a litigare. Dalle battute passano alle parole
almeno in questa notte il modo per poterci godere un offensive, perché ad ambedue rincresce di essere pre-
poco insieme.” so in giro. Chiamano Fiammetta (che non era lontana
e che temeva che l’inganno fosse scoperto), per farle
61. “Come potrò” gli diceva la fanciulla, “se di notte dire l’uno in faccia all’altro quello che, negando am-
giaccio sempre in mezzo a loro due e con me ora bedue, parevano mentire.
l’uno ora l’altro si trastulla e sempre a uno di loro mi
trovo in braccio?” “Questo per te non sarà una diffi- 69. “Dimmi” le disse il re con lo sguardo feroce, “e
coltà” soggiunse il Greco, “perché ben ti saprai to- non aver paura né di me né di costui. Chi fu per tutta
gliere da questo impaccio e uscire di mezzo loro, pur- la notte quel gagliardo, che ti godette senza dividerti
ché tu lo voglia. E devi volerlo, se t’importa qualcosa con altri?” Ambedue aspettavano la risposta, creden-
di me.” do ognuno di provare che l’altro era bugiardo. Fiam-
metta si gettò ai loro piedi: vedendosi scoperta, teme-
62. Ella pensa alquanto, poi gli dice di venire quando va di essere punita con la morte.
potrà credere che ognuno dorma; e pianamente come
convenga fare, e lo informa dell’andare e del tornare. 70. Domandò loro perdono, perché, spinta dall’amore
Il Greco, come ella gli aveva indicato, quando sente (che aveva portato a un giovinetto) e vinta dalla com-
dormire tutta la torma (=padroni e servi), viene passione verso un cuore tormentato (che aveva molto
all’uscio e lo spinge, e quello gli cede. Entra pian pia- sofferto per lei), quella notte era caduta in quell’er-
no e va a tentoni con il piede. rore. E raccontò tutto, senza mentire, come si com-
portò in mezzo a loro, sperando che ambedue credet-
63. Fa lunghi passi, e si appoggia sempre sul piede di tero che, ad amarla, fosse il compagno.
dietro. Pare che muova l’altro come se temesse di ur-
tare oggetti di vetro. Non pare che debba calpestare il 71. Il re e Giocondo si guardarono in viso, confusi
terreno, ma le uova. E tiene la mano davanti a sé con per la meraviglia e lo stupore; e furono dell’avviso di
lo stesso proposito. Va brancolando finché non trova non aver mai udito che altri due fossero stati inganna-
il letto: e là dove gli altri avevano le piante dei piedi, ti in quel modo. Poi scoppiarono insieme in tali risate,
si cacciò silenziosamente con il capo in avanti. che con la bocca aperta e gli occhi chiusi, potendo
appena respirare, si lasciarono cadere indietro sopra il
64. Fra l’una e l’altra gamba di Fiammetta, che gia- letto.
ceva supina, venne diritto. Quando le fu a pari, la ab-
bracciò stretta e si tenne sopra di lei fin quasi all’alba. 72. Dopo che ebbero riso tanto, che sentivano dolere
Cavalcò forte e non andò a staffetta, perché non do- il petto e piangere gli occhi, dissero tra loro: “Come
vette mai mutare bestia. Questa pare a lui che trotti potremmo fare la guardia a nostra moglie, in modo
così bene, che non ne vuole scendere per tutta notte. che non ci raggiri, se non serve tenere costei tra noi
due, e così stretta, che tocca l’uno e l’altro? Neanche
65. Sia Giocondo sia il re avevano sentito il calpestio se avesse occhi più che capelli, il marito potrebbe
che aveva scosso il letto per tutta la notte; e sia l’uno evitare di essere tradito.
sia l’altro, ingannati dallo stesso errore, avevano cre-
duto che fosse il compagno. Dopo che ebbe fornito il 73. Abbiamo provate mille donne, e tutte belle. Fra
suo camino, il Greco se ne tornò com’era venuto. Il tante non ne abbiamo finora trovato alcuna che ci ab-
sole lanciò i suoi raggi dall’orizzonte (=giunse l’al- bia opposto resistenza (=abbia rifiutato di conceder-
ba). Fiammetta si alzò e fece entrare i paggi. si). Se proviamo le altre, sarebbero simili a queste.
Ma costei può bastare come ultima prova. Dunque
66. Il re, motteggiando, disse al compagno: “Fratello, possiamo credere che le nostre non siano più ingan-
devi aver fatto molto cammino; ed è ben tempo che ti natrici o meno caste delle altre. Ma, se esse sono co-
riposi, quando sei stato a cavallo tutta notte.” Gio- me tutte le altre, è meglio che ce ne torniamo a casa
condo rispose a lui di rimando e disse: “Tu dici quel- per godercele.”
lo che dovrei dire io. A te tocca riposare e buon pro ti
faccia, che per tutta la notte hai cavalcato a caccia.” 74. Dopo questa conclusione, fecero chiamare dalla
stessa Fiammetta il suo amante e in presenza di molti
67. “Anch’io” soggiunse il re, “senza alcun fallo gliela diedero per moglie, dandole una dote sufficien-
avrei lasciato il mio cane correre un tratto, se tu mi te. Poi montarono a cavallo, volsero a levante il loro
avessi prestato un po’ il cavallo, tanto da fare il mio sentiero, che era a ponente, e se ne tornarono dalle
bisogno.” Giocondo replicò: “Io sono tuo vassallo e loro mogli, per le quali non si pigliarono mai più af-
con me puoi fare e rompere ogni patto. Non era ne- fanno.»
cessario usare tali parole, mi potevi ben dire: lasciala
stare.” Riassunto. Astolfo, re dei longobardi, si ritiene il più
bell’uomo del mondo. Chiede conferma all’amico
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 180
Fausto Landini, che però gli dice che suo fratello ma delle sue parole vuole raccontare un ingegnoso
Giocondo è più bello. Incuriosito, il re invita Giocon- esempio di tradimento femminile. Rodomonte gradi-
do alla regia. Giocondo non voleva abbandonare la sce la proposta e si prepara ad ascoltare.
moglie, di cui era innamoratissimo, ma cede alle ri- 2. Nella novella, uno dei tanti excursus che arricchi-
chieste del sovrano. La moglie era disperatissima per scono il poema, il protagonista è Astolfo, il sanguina-
la sua partenza: al ritorno l’avrebbe trovata morta. E, rio re dei longobardi, che ha ben altre cose per la testa
affinché la ricordasse, gli dona una crocetta ricca di che le armi e la guerra. Si preoccupa della sua bellez-
gemme e di sante reliquie. Giocondo parte con i servi. za e passa il tempo a confrontarsi con gli altri uomini.
Si accorge però che ha dimenticato la crocetta e torna I re suoi vicini non lo interessano affatto: egli è più
indietro per prenderla. L’aveva lasciata sotto il cusci- ricco di loro e il confronto finisce lì. Si preoccupa in-
no del letto. Ormai è notte, è buio, entra in camera vece di essere lodato per la sua bellezza e vuole an-
silenziosamente, apre la tenda e scopre la moglie ab- che sapere se è il più bello di tutti. E di questa vanità,
bracciata con un bel garzone della servitù. In silenzio tutta femminile, si compiace e vive felice. Quando
se ne va, tristissimo. Il sovrano lo accoglie con genti- chiede all’amico Fausto Latini se c’è qualcuno più
lezza e con molti onori, tanto più che non può temere bello di lui, questi gli dice che suo fratello senz’altro
in lui un concorrente. Un giorno Giocondo vede una lo supera. Il re allora vuole conoscere il fratello di
fessura di luce nella sua stanza. Avvicina l’occhio e Fausto e manda Fausto a prenderlo a Roma.
vede la regina posseduta da un orribile nano che le sta 3. Al fratello di Fausto dispiace lasciare la moglie,
sopra. Il giorno successivo anche, per tutta la setti- che ama follemente. Se avesse letto il canto di Nino
mana. Un giorno la regina è triste: il nano si rifiuta di Visconti sarebbe stato più avveduto. Questi si lamen-
venire perché stava giocando a carte e perdeva un ta perché la moglie lo ha dimenticato e si è risposata.
soldo. Giocondo si consola: non era il solo ad essere E commenta con amarezza: ciò dimostra quanto
tradito, anche il re lo era. Almeno la sua donna lo l’amore di una donna diminuisce, se non è ravvivato
aveva tradito con un bel garzone! Ritorna bello come dagli occhi e dal tatto (Pg VIII, 73-78).
prima. Il re e tutta la corte si meravigliano del cam- 4. Fausto Latini si preoccupa dello stato del fratello,
biamento. Il re poi vuole conoscerne i motivi. Gio- ma si preoccupa ancor più di quel che dirà il sovrano
condo allora lo porta a vedere la moglie che si fa vedendo il fratello in quello stato. Egli non vuole ap-
montare dal nano. Il re si arrabbia. Ma poi decide di parire bugiardo. Il sovrano invece reagisce in modo
partire con Giocondo per cornificare gli altri mariti. completamente diverso. Accoglie cordialmente il fra-
Partono e girano tutta l’Europa. Ora compravano le tello di Fausto, che in quello stato non è un concor-
prestazioni delle donne, ora erano pagati per le loro rente che possa insidiare la sua bellezza. E, quando
prestazioni. A un certo punto si stancano di questa guarisce, i due diventano amici. Avevano un argo-
vita, che poteva divenire pericolosa. E allora da un mento che li legava: parlare della loro bellezza e con-
oste si prendono la figlia ancora giovanissima, e se la frontarsi con gli altri.
dividono senza gelosia. Di notte essa dorme tra loro. 5. La guarigione del fratello di Fausto ha del miraco-
Un giorno si fermano in una osteria. Qui la ragazza loso: vede che la regina tradisce il sovrano con un
incontra il suo primo amante, che la vuole frullare. nano bruttissimo, il quale per di più non la ritiene più
Egli insiste, dice di amarla. Alla fine lei cede, ma de- importante dei pochi denari che ha perso al gioco. La
ve frullarla tra i suoi due amanti. Il mattino dopo sia sua reazione è duplice: tra i cornuti non ci sono sol-
Astolfo sia Giocondo sono arrabbiati l’uno con tanto io, con me c’è anche il sovrano, che è potentis-
l’altro, che non aveva permesso neanche una cavalca- simo; la mia donna mi ha almeno tradito con un gar-
ta. Stanno litigando di brutto, quando pensano di zone molto più bello di questo schifosissimo mostri-
chiedere alla ragazza con chi dei due aveva passato la ciattolo di cui la regina sembra innamorata. Egli ha
notte. Sentendosi scoperta, la ragazza chiede perdono una visione pacata e filosofica della vita: sa vedere gli
e risponde che si è fatta frullare dal suo amante. I due aspetti positivi anche nelle situazioni più avverse...
scoppiano in una grande risata. La perdonano ed anzi 6. Astolfo e l’amico piantano il regno e il fratello per
le danno un po’ di dote per sposarsi. E se ne ritornano andare in giro per il mondo a vendicarsi per il tradi-
dalle loro mogli. Le donne sono fatte così, non sanno mento delle loro mogli. Sono giovani, sono belli, non
rinunciare al sesso. E le loro mogli sono come tutte le hanno concorrenti in fatto di bellezza. Ma, se la loro
altre. Inutile prendersela. Così se ne ritornano a pa- bellezza non basta, hanno anche la borsa piena di de-
lazzo felici e contenti con l’intenzione di godersele. naro. Passano a tappeto tutta l’Europa, ma incontrano
sempre donne disponibilissime. Ora pagano, ora sono
Commento pagati per le loro prestazioni. Alla fine si stancano di
1. Rodomonte, uno dei più forti guerrieri pagani, è andare a caccia e pensano ad una donna giovane e
furioso e preso dallo sconforto, perché Doralice, di inesperta, da godersi insieme. La ragazza aveva avuto
cui è innamorato, lo ha tradito. Cerca solidarietà pres- precoci interessi sessuali e, quando ritorna l’antico
so gli avventori dell’osteria in cui si è fermato. Quin- amore che vuole soltanto abusare di lei, inventa quel-
di chiede se credono fedeli le loro mogli. Si sente ri- la ingegnosa soluzione per non respingerlo: farsi
spondere da un coro di sì. L’oste allora corre ai ripari amare mentre dorme stretta fra il re e l’amico. Ma è
e afferma che tutte le donne sono infedeli. A confer- scoperta e si scusa. Anche in questo caso la reazione
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è inattesa: il re e l’amico scoppiano in una risata da (1302ca.-1357), che nelle sue prediche mette in guar-
rompersi le mascelle. E si arrendono all’evidenza: dia gli uomini dalla “vagina dentata” delle donne.
nessuna donna sarà mai fedele ad un solo uomo. Per- 11. Vale la pena di confrontare l’episodio di Astolfo e
ciò è inutile prendersela se le loro mogli li hanno tra- Giocondo con a) la notte d’amore della regina Gine-
diti. È meglio ritornare a casa, godersele e non pen- vra e Lancillotto di Chrétien de Troyes (l’amore co-
sarci più. me piacere fisico); b) le novelle erotiche del Decame-
7. La conclusione di Astolfo e dell’amico è che nes- ron (l’amore ha molteplici aspetti, è fisico, è puro
suna donna sarà mai fedele ad un solo uomo. Essi pe- sesso, è anche sentimento e matrimonio); c) le novel-
rò pongono la questione in modo interessato. Non le pornografiche e dissacratorie del Novellino di Ma-
prendono in considerazione l’altra possibilità: nessun succio Salernitano (l’amore è soddisfazione sessuale
uomo sarà mai fedele ad una donna sola. Né si chie- per tutte le classi sociali e anche per le donne)); d)
dono mai: le corna fanno male a me quando le ricevo; l’episodio dantesco di Francesca e Paolo (If V) (l’a-
che facciano male anche a mia moglie quando gliele more è fatto di sesso e di cultura). E continuate voi.
faccio? La seconda possibilità è la conclusione di chi 12. Dietro al racconto che toglie dallo sconforto Ro-
assume il punto di vista delle donne: è inutile che pre- domonte ci sono molteplici questioni. Le più impor-
tenda fedeltà da mio marito, perché nessun uomo... tanti sono due: a) Il desiderio di cercare un nuovo
Peraltro non si deve esagerare neanche con l’imma- compagno o una nuova compagna è legato a un istin-
ginazione: la vita quotidiana dei signori d’Este come to naturale che spinge ad avere figli in cambio del
dei lavoratori di oggi era così pesante, che non resta- piacere sessuale, a prescindere con chi. b) La volontà
va molto tempo, molta voglia e molta energia per di- maschile di avere l’assoluta certezza (tradizional-
vertirsi. Né c’era il fortunato che piantava o avrebbe mente impossibile) di essere lui il padre (la madre
piantato il regno e, provvisto di denaro, se ne andava dovrebbe sapere se lo è o non lo è) è legata al fatto
in giro a caccia! E poi, come in tutte le cose, c’è chi che l’uomo vuole lasciare il suo patrimonio ai suoi
se la prende di più, chi di meno e chi niente affatto. discendenti, al suo sangue, non al sangue altrui. Le
Anzi con la moglie (o con il marito) va a caccia di al- nuove tecniche di fecondazione hanno però stravolto
tre coppie... tutte le certezze e tutte le incertezze del pensiero tra-
8. Dietro la novella dell’oste c’è un sapido paradosso: dizionale.
le donne devono rimanere fedeli, gli uomini no, pos-
sono mettere le corna alle loro mogli. Però, se essi
hanno rapporti con donne diverse dalle loro mogli,
vuol dire che o trovano donne non sposate o trovano
donne sposate. In questo secondo caso la conseguen-
ze è immediata: l’uomo che conquista la donna mette
le corna al marito e il marito se le trova addosso. In-
somma un marito che tradisce la moglie con un’altra
moglie significa che egli mette le corna a sua moglie
e all’altro marito; e che lei mette le corna a suo mari-
to e all’altra moglie. Gli uomini vorrebbero mettere le
corna ma non riceverle, vorrebbero che le loro mogli
fossero fedeli e le altre no. E negano alle loro mogli il
diritto o la possibilità di comportarsi allo stesso mo-
do.
9. Ma ce n’è anche un altro: Astolfo e l’amico non
dividerebbero le loro mogli con un altro uomo, ma
dividono la ragazza tra loro due. Il che di fatto è la
stessa cosa. Ma in teoria è una cosa assolutamente di-
versa (come sono sottili e intelligenti gli uomini!):
una cosa è la moglie, la propria moglie (che deve re-
stare fedele), un’altra è questa ragazza, che essi si di-
vidono amorevolmente e senza litigare proprio perché
la considerano ambedue una donna di piacere, da usa-
re per il loro piacere.
10. Il poeta esaspera in senso boccaccesco la tesi stil-
novistica che Dante mette in bocca a Francesca:
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona...” (“L’amore, 1. Dame Twiggy Lawson, alias Lesley Hornby (1949),
che costringe chi è amato a ricambiare l’amore...”)(If. 1963ca. Twiggy (=ramoscello) è una modella britannica,
V, 103). Dietro Ariosto però c’è anche il lungo filone che lancia la moda delle minigonne e del corpo magrissi-
religioso della cultura misogina. L’autore più impor- mo.
tante è il predicatore domenicano Jacopo Passavanti
1. Resta ora da vedere quali debbano essere i modi e i Riassunto. Machiavelli si chiede come il principe si
comportamenti di un principe verso i sudditi (=in deve comportare in pubblico e in privato. E si richia-
pubblico) e i collaboratori (=in privato). E, poiché io ma alla “realtà effettuale”, cioè alla realtà dei fatti.
so che molti hanno scritto su questo argomento, temo, Egli vuole parlare di quel che effettivamente succede
se lo tratto anch’io, di essere ritenuto presuntuoso, e non di quello che dovrebbe succedere. Non intende
perché, affrontando la materia, mi allontano comple- parlare di repubbliche ideali, che non sono mai esisti-
tamente dalle posizioni altrui. Ma, poiché il mio pro- te; vuole fare un discorso utile. Quindi introduce una
posito è quello di scrivere cosa utile a chi la com- serie di valori opposti, una virtù e il vizio corrispon-
prende, mi è parso più conveniente andare dietro alla dente: liberale-taccagno, pietoso-crudele, coraggioso-
realtà effettuale (=la realtà dei fatti) in discussione, vigliacco, credente-miscredente. E conclude che sa-
che a ciò che si immagina su di essi. E molti si sono rebbe molto lodevole se il principe avesse tutte le
immaginati repubbliche e principati che non si sono qualità ritenute positive. Ma, poiché ciò è difficilis-
mai visti né riconosciuti esistenti nella realtà. E c’è simo o impossibile, perché le condizioni umane non
tanta differenza tra come si vive da come si dovrebbe lo permettono, allora deve evitare i vizi che gli fareb-
vivere, che colui che lascia quello che si fa per quello bero perdere lo Stato e, se non vi riesce, può abban-
che si dovrebbe fare, impara a rovinarsi, piuttosto che donarsi ai vizi che non glielo farebbero perdere. Il
a preservarsi. Un uomo che in ogni occasione voglia principe, se vuole mantenere il potere, deve perciò
comportarsi bene, va inevitabilmente incontro alla comportarsi in modo tale da non perdere lo Stato.
rovina in mezzo a tanti che si comportano non bene
(=male). Perciò è necessario che un principe, che vo- Commento
glia conservare il potere, impari a comportarsi non 1. Il testo contiene l’espressione pregnante “realtà ef-
bene (=male) e a usare questa sua capacità quando fettuale”, cioè la realtà effettiva, la realtà dei fatti,
serve. che distingue recisamente i fatti dalle cose che sui fat-
2. Pertanto, lasciando da parte le cose che su un prin- ti si sono immaginate. Come applicazione di questo
cipe sono state immaginate e discutendo di quelle che concetto segue, subito dopo, il riscontro che c’è una
sono vere, dico che tutti gli uomini (quando si parla frattura tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che invece si
di essi, e soprattutto di principi, che sono posti più in fa; e il consiglio che si deve agire tenendo presente
alto) sono giudicati per alcune di queste qualità, che ciò che gli altri fanno, non ciò che dovrebbero fare.
recano loro o biasimo o lode. Così qualcuno è ritenu- Se si agisce in base a come si dovrebbe agire, si causa
to generoso, qualcuno misero (=taccagno) (usando un inevitabilmente la propria rovina. Perciò il principe
termine toscano, perché avaro nella nostra lingua è deve imparare ad essere anche “non buono”, e deve
colui che cerca di arricchirsi anche con la rapina, in- saper usare questa sua capacità, se è necessario, cioè
vece misero è colui che risparmia eccessivamente); se le circostanze lo richiedono.
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1.1. L’autore si allontana subito dalla realtà effettuale l’autore non dice mai se il principe “tiene famiglia”,
che declama: parla di un principe italiano, del Quat- ma sembra di no, perché va a insidiare le donne al-
trocento, che sta conquistando e consolidando il pote- trui, cosa che lo scrittore invita a non fare. Il principe
re nel suo Staterello regionale e dimentica che al suo è un altro Callimaco, che pensa alle donne e le vuole
tempo i principi europei avevano risolto questo pro- possedere, e non pensa a fare gli interessi comuni. E
blema (la Spagna, ultima arrivata, è riunificata nel in effetti il principe è un trentenne, che non ama go-
1492) e dovevano preoccuparsi di governare lo Stato, vernare, invece ama i colpi di mano che provocano
come Botero (Della ragion di Stato, 1589) ben capi- ammirazione e ama giocare alla guerra.
sce. I lettori critici non hanno mai notato l’errore. 1.6. Deve risultare chiaro che il principe è un eroe so-
1.2. La scelta della “realtà effettuale” va incontro an- litario, che ha deciso di farsi strada nella vita. Non ha
che a un altro errore di falso empirismo, che si può amici, è uscito molto probabilmente dal volgo e ha
esprimere con un esempio: vedo un adulto che dà de- deciso di conquistare il potere. Non ha un gruppo di
naro a un ragazzo. Ho informazioni sufficienti per collaboratori alle spalle. L’esempio più calzante è
capire che cosa succede? La risposta è no: potrebbe Cesare Borgia, che aveva conquistato uno Staterello
essere un padre che dà denaro al figlio; o il datore di nell’Italia centrale (Principe, XVII). Ma in un mo-
lavoro che paga il dipendente; o un adulto che paga le mento di necessità era ammalato e il suo castello di
prestazioni sessuali del ragazzo. Quando valuta il carte era crollato.
comportamento dei principi e li propone come esem- 1.7. Lo scrittore offre ciò che può, ma non si rende
pi, l’autore pensa sempre di avere informazioni suffi- conto del presupposto sbagliato, da cui parte: pensare
cienti sull’esempio proposto. Tuttavia è facile vedere che la casa de’ Medici abbia bisogno dei suoi consigli
che non le ha. L’economia di oggi dice che il mercato e della sua esperienza di guardone politico! Ma no,
non è mai trasparente. Inoltre non sa che lo Stato non ne ha bisogno: ha l’esperienza accumulata da se-
emana le leggi e che il principe le può usare a suo uso coli, un’esperienza diretta e non “guardata”, perché
e consumo. Non occorre che ammazzi o faccia am- era una famiglia di mercanti. Più sotto commette un
mazzare gli avversari politici. Al tempo di Dante a errore ancora più grave: consiglia al principe di ucci-
Firenze e in Italia si confiscavano i beni della parte dere gli avversari, ma in un modo giustificato, che
avversa e la si mandava in esilio. tutti possano condividere. Ma no!, non si danno que-
1.3. Ma l’errore più insidioso a cui va incontro la sti consigli criminali a un proprio superiore, tranne
scelta della “realtà effettuale” è un altro: l’autore ha nel caso in cui non siano esplicitamente richiesti! A
visto i principi agire. E, per il fatto di aver visto, pen- parte il fatto che il consiglio era sbagliato: gli avver-
sa di aver capito tutto e di essere capace di compor- sari e i maligni non si sarebbero mai convinti, avreb-
tarsi come loro. Se bastasse guardare il maestro di bero sempre pensato che avesse ucciso per i suoi inte-
bottega, per imparare un’arte, allora le scuole e gli ressi personali. O santa ingenuità di uno che si consi-
apprendistati sarebbero superflui. E invece si deve dera esperto di uomini e di politica!
fare esperienza diretta, apprendistato, sotto il control- 2. La discussione su essere e dover essere continua
lo del magister. Lo scrittore non ha mai fatto espe- quindi in questo modo: nell’opinione di tutti ci sono
rienza diretta di quello che vuole insegnare al princi- comportamenti valutati come buoni e comportamenti
pe. Ha visto la realtà effettuale soltanto per il buco valutati come cattivi. A questo punto sono presentati
della serratura. Inutile notare che i suoi lettori e am- binomi di comportamenti, che indicano una virtù e il
miratori non si sono mai accorti di questa sua svista. vizio contrapposto. Il ragionamento prosegue così:
Non basta vedere una partita a scacchi, per imparare a sarebbe opportuno che il principe avesse soltanto vir-
muovere i pezzi e vincere la partita… I suoi estimato- tù ed evitasse i vizi. Ciò però non sempre le circo-
ri hanno esperienza politica meno di lui, sono studiosi stanze lo permettono. Il principe perciò deve accetta-
e si eccitano a sentire i suoi discorsi contro la Chiesa, re di essere biasimato, ma deve evitare quelle virtù
che anch’essi odiano. apparenti, che gli farebbero perdere lo Stato e appli-
1.4. Una tesi paradossale: se il principe è costretto a care quei vizi apparenti che gli permettono di conser-
comportarsi male, la colpa non è sua, ma degli uomi- varlo. Machiavelli come i suoi critici non si accorge
ni che nella realtà si comportano sempre male… Ma- che il ragionamento è “scivoloso” e porta il principe,
chiavelli non sa quel che dice. L’autore poi dà per soprattutto se messo alle strette, a prendersi “libertà”
scontato che, comportandosi male, il principe rag- sempre più criminali verso gli avversari.
giunga i suoi scopi. Si esclude che il principe debba 3. Machiavelli usa termini come virtù, vizio, che de-
comportarsi con intelligenza. sume dal mondo romano, di cui però la Chiesa si era
1.5. Machiavelli non si accorge del paradosso in cui è appropriata e a cui aveva modificato il significato.
caduto senza accorgersene. Se gli uomini sono cattivi Essi rimandano alla morale dell’uomo comune del
e cercano di fregarti, perché il principe fa eccezione? presente come del passato e agli storici antichi: i tito-
Non è forse un uomo? E invece come mai e perché letti in latino mostrano quanto egli sia legato al passa-
egli è “diverso” e si preoccupa del bene altrui, del to. I lettori critici di Machiavelli invece li riferiscono
“bene comune”, del bene dello Stato? O anche lui è alla Chiesa cattolica, contenti che lo scrittore abbia
spinto dall’egoismo e dagli interessi personali? Egli affermato che qualche virtù è dannosa e qualche vizio
non fa nessuna domanda né dà alcuna risposta. Inoltre è utile. L’errore di interpretazione è gravissimo e por-
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ta a fraintendere il testo. Il fraintendimento nasconde (XVII, 3). Machiavelli non ci aveva fatto caso. Si de-
anche l’odio dei laici verso la Chiesa e, ancora, il loro ve poi tener presente che egli sta parlando non a un
moralismo spicciolo, che loda i principi immorali principe in generale, ma a Lorenzino, un principe del-
(nessun problema, vanno contro la morale dei preti!) la famiglia de’ Medici, che ha una molteplice espe-
e che condanna gli ecclesiastici immorali. Guicciar- rienza di vita alle spalle e una ricchezza del tutto con-
dini, che definisce scellerati i preti, fa testo per tutti. siderevole. Una grandissima presunzione.
3.1. L’uso del binomio virtù-vizio porta lo scrittore ad 5. Machiavelli parla di essere e di dover essere, e si
affrontare i problemi politici in termini morali. Egli inventa una morale (e dei valori) che il principe può e
non si accorge che ad esempio non uccidere è in pri- anzi deve infrangere, se gli fa(nno) perdere il potere e
mo luogo una legge dello Stato. E che quindi il prin- lo Stato. Questa morale è la morale dell’uomo comu-
cipe, che uccide, non va contro le leggi della morale o ne e non della Chiesa, come normalmente si tende a
i comandamenti della Chiesa, ma contro le leggi dire. Perciò, quando si dice, con una sintesi sicura-
emanate dallo Stato e che servono alla collettività. Né mente eccessiva, che egli ha separato la (scienza) po-
si accorge che i comandamenti “morali” della Chiesa, litica dalla morale, si deve intendere dalla morale
risalenti all’Antico testamento, sono regole che poi lo comune, non dalla morale della Chiesa, che non esiste
Stato (dalla città-stato della Mesopotamia e poi della o è altra cosa. La “morale” della Chiesa indica regole
Grecia) ha trasformato in leggi. Roma emana le leggi di convivenza civile (non rubare, non desiderare la
scritte (diritto pubblico e privato) nel 551-550 a.C. e roba degli altri, non desiderare la donna degli altri),
le espone in pubblico: le leggi delle dodici tavole, ben indica regole sociali o leggi, per quanto semplici. I
più complesse dei dieci comandamenti. In conclusio- comandamenti sono stati concepiti per una società
ne il principe infrange leggi dello Stato e con questa molto semplice, che viveva sulla pastorizia e sul-
infrazione deve fare i conti, non con i comandamenti l’allevamento, aveva una forte classe sacerdotale e
della Chiesa, che può ignorare. Ma né l’autore né i non aveva alcuna struttura statale. Ci sono elementi
suoi estimatori se ne accorgono. che coincidono tra morale comune e “morale” della
3.2. Ancora, né l’autore né i suoi ammiratori si ac- Chiesa, ma sono concepiti in un contesto diverso. Ad
corgono che lo Stato emana le leggi, che il principe esempio il cittadino romano fa le elemosine e aiuta i
ha la legge dalla sua parte e la può usare contro gli poveri, per un senso di solidarietà verso i miseri. An-
avversari senza uccidere e senza inviare sicari: ogni che il cristiano fa questo, ma per amor di Dio: l’a-
Stato ha leggi che vietano la sedizione. I sediziosi zione è la stessa, ma le motivazioni sono completa-
perciò si possono incarcerare, quindi processare e mente diverse. La morale comune e i comandamenti
condannare legalmente all’esilio (nolto praticato nelle della Chiesa dicono di non uccidere, Machiavelli in-
società antiche), al carcere, a morte. Non occorre farli vece dice che il principe deve uccidere, se è necessa-
assassinare da sicari. La storia di Firenze era un rio. La morale comune e quella della Chiesa dice an-
esempio sotto gli occhi: il colpo di Stato contro Lo- cora di non rubare e di non desiderare la donna
renzo de’ Medici (1478), punito con estrema violen- d’altri, e Machiavelli su questi due punti concorda
za. Ma neanche dopo 10 anni di “esperienza” di pienamente e non immagina eccezioni. Dal contesto
guardone Machiavelli ha capito che il principe ha la poi risulta che il principe è un uomo comune, assurto
legge dalla sua parte. D’altra parte non ha esperienza alla maestà del principato (in modo ereditario o anche
della vita normale, delle leggi civili e penali. in modo scellerato), ma senza esperienza alle spalle
4. In conclusione Machiavelli vuole valutare virtù e (che invece normalmente i principi effettuali, di vec-
vizi non con un criterio morale, ma con un criterio chia data, hanno) e con le remore morali dell’essere e
politico: quale che sia l’opinione positiva o negativa del dover essere, che caratterizzano l’uomo comune e
su un certo comportamento, il principe deve evitare di cui non è ancora riuscito a liberarsi.
quelle virtù che gli farebbero perdere lo Stato e appli- 5.1. Conviene riflettere su un punto del Principe, mai
care quei vizi che glielo fanno mantenere. Egli pro- messo a fuoco: la distinzione di essere e dover essere
pone una concezione strumentale delle azioni: una e il consiglio conseguente dato al principe di dimenti-
virtù va evitata, se fa perdere lo Stato; un vizio va ap- care il dover essere, se ciò lo danneggia. L’autore non
plicato, se lo fa mantenere. L’azione non ha più un si accorge (come non si sono accorti i suoi lettori cri-
valore in sé, ma acquista un valore positivo o negati- tici) che l’orizzonte delle analisi e delle proposte è
vo nella misura in cui è capace di raggiungere il fine ancora morale o moralistico: la morale non scompare,
prefissato. E, nel caso del principe, il fine supremo, perché egli suggerisce al principe di infrangerla,
per il quale secondo l’autore tutto va sacrificato, è la quando lo danneggia. Machiavelli resta schiavo della
difesa e il consolidamento dello Stato. morale comune o della morale che egli attribuisce al-
4.1. La dimensione fin troppo umana del principe ap- la Chiesa. E l’uso di questa “tenaglia” per interpretare
pare quando l’autore gli consiglia di non insidiare le la realtà dimostra i suoi limiti concettuali. Ben altra
ricchezze e le donne dei sudditi (cap. XVII). Un prin- cosa è Botero, che istruisce il principe prescindendo
cipe effettuale ha la sua classe sociale, il suo giro di dalla morale e vedendo le cose dal punto di vista del
donne (se ne vuole più d’una) e ha le sue fonti di ric- principe e non dal punto di vista proprio, della Chiesa
chezza, che eventualmente cerca di aumentare facen- o dei sudditi. Eppure c’era un facilissimo e immedia-
do guerra ai nemici, come lo stesso autore indica to precedente storico anti-moralistico: Dante se la
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prende con gli ignavi, che vissero senza infamia e 7. Il Principe conclude lo straordinario rapporto che
senza lode (If III). A suo avviso dovevano fare qual- si era stabilito nel Quattrocento tra intellettuali italia-
cosa che li ricordasse presso i posteri, sia qualcosa di ni e principi: i primi fornivano gli ideali che i secondi
nobile (e andare in paradiso) sia qualcosa di turpe e di attuavano. E prelude al nuovo e deludente rapporto in
infame (e finire all’inferno). cui gli intellettuali diventano cortigiani adulatori ed
5.2. I lettori critici di Machiavelli dei secoli successi- esecutori più o meno esperti di una volontà e di valori
vi hanno capito che ha separato la politica dalla mora- provenienti da altri, e a loro estranei. Ma a loro non
le della Chiesa e hanno preso per oro colato quel che dispiace di consigliare al principe azioni criminali.
il segretario fiorentino dice di se stesso. Ma no, si de- Eppure l’operetta ha un limite di fondo, che la rende
ve controllare. Nella Divina commedia spesso Dante fragile: la pretesa dello scrittore di avere qualcosa da
dice una cosa e ne fa un’altra, parla dei limiti della insegnare al principe, alla casa de’ Medici, che aveva
ragione (Pg III) e poi elabora la teoria del corpo um- esperienza di potere da lunga durata.
bratile (Pg XXV). I laici hanno proiettato sulla Chie- ---I☺I---
sa la loro modestissima esperienza di vita. Non hanno
neanche letto il trattato Della ragion di Stato (1589) Cap. XVI: La liberalità e la parsimonia
di Giovanni Botero, per capire qual era la posizione
ufficiosa o ufficiale della Chiesa in fatto di regimen 1. Rifacendomi dunque alle prime qualità descritte
principum. Né si sono accorti che il binomio virtù- più sopra, dico che sarebbe bene essere ritenuto libe-
vizio (di ascendenza romana) va bene nella cultura rale. Non di meno, la liberalità (=lo spendere denaro),
dell’uomo comune, perché considerare l’assassinio usata in modo tale che tu sia tenuto [in gran conside-
un vizio è piuttosto incongruo. razione], ti offende (=danneggia); perché, se tu la pra-
5.3. Machiavelli promette mari e monti, suggerisce tichi in modo virtuoso, come la si deve praticare, essa
consigli per governare bene e poi dà consigli generici non sarà conosciuta, così non eviterai l’infamia del
e perciò inutili. Alla fin fine dice che il principe deve suo contrario. Perciò, se si vuole mantenere il nome
ignorare quelle virtù che gli fanno perdere lo Stato e di liberale fra gli uomini, è necessario non lasciare
praticare quei vizi che glielo fanno mantenere. E que- indietro alcuna qualità di sontuosità (=bisogna spen-
sta sarebbe la (sua) realtà effettuale e i suoi consigli. dere moltissimo). Un principe di tale fama consumerà
Nel cap. XVII si espone un po’ di più e dice che il sempre in simili opere tutte le sue ricchezze; e alla
principe ha tutto l’interesse ad essere liberale, ma che fine, se vorrà mantenere il nome di liberale, sarà co-
rischia di consumare tutte le sue ricchezze e quindi di stretto a gravare sul popolo in modo pesantissimo,
diventare esoso con i sudditi. Insomma non se lo può dovrà essere esoso nelle imposte e fare tutte quelle
permettere e non se lo permette. Deve perciò accetta- cose che si possono fare per avere denari. Ciò comin-
re di essere considerato risparmioso, cioè taccagno. cerà a renderlo odioso agli occhi dei sudditi e a farlo
L’autore non si accorge che il principe poteva trovare stimare poco da ciascuno. E diventerà povero. In tal
aiuto nelle tasse fatte pagare alla stessa popolazione. modo con questa sua liberalità offende i molti e pre-
5.4. Ben altra cosa è la realtà effettuale di Botero, che mia i pochi, perciò sente ogni più piccolo disagio ed è
indica quali devono essere le qualità del principe: de- in pericolo ad ogni più piccolo pericolo. Quando se
ve risparmiare e deve essere religioso, genuinamente ne accorge e se ne vuole ritrarre, incorre subito nel-
religioso, perché la menzogna non può durare a lungo l’infamia di misero (=tirchio, avaro, taccagno), cioè
e perché con la religione tiene i sudditi uniti e obbe- di colui che vuole risparmiare eccessivamente.
diente. L’ex gesuita però va oltre: a) il principe deve 2. Pertanto un principe che non possa usare questa
spendere le sue ricchezze per non pesare sulle spalle virtù (=buon nome) di liberale senza suo danno, in
dei sudditi (ad esempio se vuole finanziare una guer- modo che sia ampiamente conosciuta, se è prudente,
ra); e b) deve sostenere i sudditi in difficoltà, ma an- non si deve curare del nome di misero, cioè di tacca-
che quelli che non riescono a educare i figli, deve pu- gno (o tirchio). Con il tempo sarà ritenuto sempre più
re incentivare l’agricoltura e la manifattura per arric- liberale, poiché farà vedere che con la sua parsimonia
chire se stesso, il suo Stato e i sudditi. Ben altra cosa le sue entrate gli bastano, può difendersi da chi gli
era l’esperienza culturale e politica che l’ex gesuita muove guerra, può fare imprese senza gravare sulla
aveva alle spalle. popolazione. Così egli viene ad usare liberalità verso
6. Fin d’ora conviene indicare la differenza abissale tutti quelli a cui non toglie, che sono infiniti, e spilor-
tra Machiavelli e Botero: Machiavelli è il cortigiano ceria verso tutti coloro a cui non dà, che sono pochi.
che dal suo punto di vista dà consigli al principe, che Nei nostri tempi noi non abbiamo veduto fare grandi
ha un altro punto di vista sulle cose. Invece Botero è cose se non a quelli che sono stati ritenuti miseri, cioè
il docente che insegna al principe come comportarsi e taccagni. Invece abbiamo visto gli altri essere spenti.
si mette costantemente dal punto di vista del principe. Papa Giulio II, come si fu servito del nome di liberale
Botero non deve chiedere lavoro né favori al princi- per giungere al papato (=ha comperato la sua elezione
pe: lo costringe a venire a mangiare alla sua greppia. I con il denaro), non pensò poi a mantenere tale nome,
principi vengono e sono contenti. E il re di Spagna per poter fare guerra. L’attuale re di Francia ha fatto
Filippo II lo ripaga con una pensione. tante guerre senza porre un dazio straordinario ai suoi
sudditi, soltanto perché ha applicato costantemente la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 192
parsimonia alle spese superflue. Il re di Spagna pre- nuovo ha convenienza ad esserlo. E conclude: il prin-
sente, se fosse ritenuto liberale, non avrebbe fatto né cipe può essere liberale in guerra, con le ricchezze dei
vinto tante imprese. nemici. Sia lui sia il suo esercito si dividono il bottino
3. Pertanto, un principe deve stimare poco di incorre- conquistato. Soltanto in questo caso non perde ed an-
re nel nome di taccagno, per non dover poi derubare i zi acquista reputazione, poiché spende ricchezza al-
sudditi, per potersi difendere, per non diventare pove- trui e non dei sudditi.
ro e disprezzato, per non essere costretto a diventare Commento
rapace. Questo è uno di quei vizi che lo fanno regna- 1. Machiavelli non considera l’ipotesi di spendere
re. Se qualcuno dicesse che Giulio Cesare, il generale una quantità limitata di ricchezze e dimostrarsi ragio-
romano, con la liberalità pervenne al potere e molti nevolmente liberale (o generoso). Eppure il mondo
altri, che sono stati e che sono ritenuti liberali, sono antico sosteneva che in medio stat virtus: né troppo
giunti ai gradi supremi dello Stato, rispondo: o tu sei spendaccioni, né troppo tirchi. E non vede alcun ef-
un principe ormai al potere o tu sei in via di acqui- fetto della sua liberalità: chi ci guadagna appare sol-
starlo. Nel primo caso questa liberalità è dannosa; nel tanto uno scroccone, che dimentica subito il dono ri-
secondo è ben necessario essere ritenuto liberale. Ce- cevuto. Né coglie un altro aspetto del problema: verso
sare era uno di quelli che voleva pervenire al princi- chi essere liberali, quando e perché, per ottenere qua-
pato di Roma. Ma, una volta giunto al potere, se fosse le risultato. Egli dimentica di guardare la realtà effet-
sopravvissuto e non si fosse temperato da quelle spe- tuale, a cui tanto si richiama. Ad esempio al suo tem-
se, avrebbe distrutto quel potere. Se qualcuno repli- po (anche prima e anche dopo) le case regnanti finan-
casse che molti principi sono stati ritenuti liberalissi- ziavano gli artisti e in cambio avevano l’opera d’arte:
mi, perciò con gli eserciti hanno fatto grandi cose, ri- dalla produzione letteraria alla produzione pittorica
spondo: o il principe spende del suo e dei suoi sudditi ecc. In Francia, a Parigi, operava la manifattura reale,
o di quello d’altri. Nel primo caso deve essere parsi- che produceva arazzi e otteneva in cambio denaro e
monioso; nell’altro non deve lasciare indietro alcuna prestigio. Insomma in questo caso la liberalità non era
manifestazione di liberalità. Quel principe che va con a fondo perduto, era utile, le opera d’arte celebravano
gli eserciti, che si nutre di prede, di saccheggi e di ta- il committente e ne facevano gli interessi. Dal capito-
glie (=balzelli, imposte), maneggia la ricchezza di lo risulta che l’autore non ha mai fatto esperienza di-
altri. Questa liberalità gli è necessaria; altrimenti non retta di liberalità e non ha capito bene o non ha visto
sarebbe seguito dai soldati. Di quello che non è tuo né bene la realtà effettuale che aveva sotto gli occhi.
dei tuoi sudditi, si può essere più largo donatore. Si 1.1. Nel mondo greco e romano esisteva la figura
comportarono così Ciro, Cesare e Alessandro. Spen- dell’εὐεργέτης, il benefattore, che sentiva suo dovere
dere la ricchezza di altri non ti toglie reputazione, ma fare opere di pubblica utilità. In cambio aveva l’ap-
te ne aggiunge. Solamente spendere il tuo è quello poggio e la simpatia dei beneficati. Poi arriva la
che ti nuoce. E non c’è cosa che consumi se stessa χάρις, la grazia o, meglio, la carità cristiana, che dice
quanto la liberalità. Mentre tu la pratichi, perdi la ca- di fare le stesse cose, ma in nome di Dio.
pacità di usarla. Così diventi povero e disprezzato 2. Ben altra cosa è la trattazione dell’argomento da
oppure, per fuggire la povertà, diventi rapace e odio- parte di Botero, che passa la vita in mezzo ai grandi,
so. E tra tutte le cose di cui un principe si deve guar- senza provare alcuna soggezione verso di loro (Della
dare, è quella di essere disprezzato e odiato. La libe- ragion di Stato, II: La temperanza). Egli suggerisce al
ralità lo conduce all’una e l’altra cosa. Pertanto è più principe di essere temperante, cioè parsimonioso, ma
saggio tenersi il nome di taccagno, che genera indica chiaramente verso chi deve essere liberale,
un’infamia senza odio, che, per volere il nome di li- quando e perché lo deve essere: deve spendere il suo
berale, essere costretto a incorrere nel nome di rapa- denaro a favore del popolo indigente, perché ciò gli
ce, che partorisce un’infamia accompagnata da odio. dà buon nome, e deve spendere in particolare quando
il popolo è colpito da calamità, così la sua buona fa-
Riassunto. Per Machiavelli sarebbe bello se il princi- ma cresce ancor di più. Insomma il principe spende,
pe potesse permettersi di essere liberale, ma non se lo ma non a fondo perduto: ha il suo tornaconto.
può permettere, perché, una volta consumate tutte le 3. La stupidità o l’incapacità di Machiavelli di vedere
sue ricchezze, dovrebbe pesare sui sudditi con le tas- la realtà effettuale è colossale: non capisce quello che
se. Se è liberale, fa gli interessi di pochi. Se impone ha sotto gli occhi da decenni, cioè le spese enormi
tasse, perché essere liberali è dispendioso, danneggia della Chiesa che assolda i migliori artisti sul mercato
molti. Per di più, quando cessa di essere liberale, in- per costruire e abbellire Roma e i palazzi del clero. Il
corre subito nell’infamia di misero, cioè di taccagno. papa, i cardinali non sono dementi né spreconi. Fanno
La conclusione perciò è che, se il principe non può investimenti oculati, per il presente come per il futu-
essere liberale, non si deve preoccupare di essere ro. Uno di questi è la cappella Sistina, un altro sono i
considerato taccagno. Con il tempo acquisterà una musei vaticani, che attirano milioni di visitatori, ieri
fama diversa, quella di praticare la parsimonia, per- come oggi. Filippo II di Spagna si fa costruire l’E-
ché si fa bastare le sue entrate e non pesa sulla popo- scorial poco fuori di Madrid e chiama pittori da tutta
lazione. Quindi lo scrittore precisa: il principe conso- Europa, che lo celebrino. Ma l’intelligenza di Ma-
lidato non è costretto ad essere liberale; il principe chiavelli e dei laici suoi ammiratori è assai limitata.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 193
Cap. XVII: La crudeltà e la pietà; se è meglio le, poiché gli uomini sono tristi, è infranto ogni volta
essere amati o temuti, oppure il contrario che contrasta con il proprio interesse, mentre il timore
è tenuto ben saldo dalla paura della pena, che non ab-
1. Passando poi a considerare le altre qualità sopra bandona mai.
elencate, dico che ogni principe deve desiderare di 3. Tuttavia il principe deve farsi temere in modo che,
essere ritenuto pietoso e non crudele. Deve tuttavia se non acquista l’amore [dei sudditi], almeno fugga
avere l’accortezza di non usare male questa pietà. Ce- l’odio, perché si possono ben conciliare il fatto di es-
sare Borgia era ritenuto crudele; e tuttavia quella sua sere temuto ed il fatto di essere non odiato. Ciò av-
crudeltà era servita a riordinare la Romagna, a unirla, verrà sempre, quando il principe si astenga dalla roba
a pacificarla e a renderla leale [verso il governo]. E, dei suoi cittadini e dei suoi sudditi, e dalle loro don-
se si considera bene ciò (=il risultato), si concluderà ne. E, se proprio deve uccidere qualcuno, deve farlo
che egli è stato molto più pietoso del popolo fiorenti- quando ci sia una giustificazione conveniente e una
no, il quale, per evitare il nome di crudele, lasciò che causa manifesta. Ma, soprattutto, deve astenersi dalla
la lotta tra le fazioni distruggesse Pistoia [1501]. Per- roba altrui, perché gli uomini dimenticano più facil-
tanto un principe non deve curarsi dell’infamia di mente la morte del padre piuttosto che la perdita del
crudele, per mantenere i suoi sudditi uniti e leali. In patrimonio. E poi i motivi per togliere la roba non
tal modo con pochissimi atti di crudeltà sarà più pie- mancano mai; e sempre colui, che incomincia a vive-
toso di coloro i quali, per troppa pietà, lasciano avve- re di rapina, trova motivo per appropriarsi della roba
nire i disordini, dai quali sorgono uccisioni e rapine. altrui. Al contrario i motivi per uccidere sono più rari,
Queste ultime di solito offendono l’intera cittadinan- e vengono meno più presto [cioè non appena lo Stato
za, mentre le esecuzioni che provengono dal principe è consolidato].
offendono soltanto i singoli cittadini. E, fra tutti i 4. Ma quando il principe è con l’esercito, e comanda
principi, il principe nuovo non può evitare il nome di migliaia di soldati, allora è necessario soprattutto non
crudele, perché gli Stati nuovi sono pieni di pericoli. preoccuparsi del nome di crudele, perché senza que-
Virgilio pone queste parole in bocca a Didone [Enei- sto nome non si tenne mai un esercito unito né pronto
de, I, 563-564]: ad alcuna impresa. Tra le mirabili azioni di Annibale
si annovera questa: pur avendo un esercito grossissi-
“Le necessità politiche e la novità del mio regno mo, composto da infinite razze di uomini, condotto a
mi spingono a [fare] tali cose, e a vigilare con cura combattere in terre straniere, non vi scoppiasse mai
su tutto il mio territorio”. alcun contrasto, né tra i soldati, né contro il generale,
sia nella cattiva sia nella buona sorte. Ciò dipese sol-
E tuttavia il principe dev’essere cauto nel credere tanto dalla sua inumana crudeltà, la quale, insieme
[all’esistenza di pericoli] e nell’agire, né deve farsi con le sue infinite capacità militari, lo rese sempre
paura da se stesso. Deve saper conciliare prudenza e venerabile agli occhi dei suoi soldati. E senza di essa
umanità, affinché la troppa confidenza [in sé] non lo le altre capacità militari non sarebbero riuscite ad ot-
renda imprudente, e la troppa diffidenza [negli altri] tenere quel risultato. Gli storici poco avveduti [come
non lo renda intollerabile. Tito Livio] da una parte ammirano la compattezza
2. Da ciò nasce una questione: se è meglio che il dell’esercito, dall’altra condannano la principale cau-
principe sia amato piuttosto che temuto, oppure il sa di essa.
contrario. La risposta è questa: sarebbe opportuno che
il principe sia amato e contemporaneamente temuto; Riassunto. Per Machiavelli il principe dovrebbe esse-
ma, poiché è difficile mettere insieme amore e timo- re contemporaneamente amato e temuto, cioè rispet-
re, è molto più sicuro per il principe essere temuto tato; ma, poiché è molto difficile anche per il principe
che amato, quando fosse assente uno dei due. Perché, farsi contemporaneamente amare e rispettare-temere,
degli uomini si può dire in generale questo: che sono è meglio che si faccia temere-rispettare, perché sol-
ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori tanto così avrà i suoi sudditi dalla sua parte nella
dei pericoli, desiderosi di guadagno. E, mentre fai lo- buona come nella cattiva sorte. Il principe però non
ro del bene, sono tutti tuoi, ti offrono il sangue, la ro- deve farsi odiare; e si fa odiare quando insidia le ric-
ba, la vita, i figli (come dissi più sopra), quando il bi- chezze e le donne dei sudditi. L’autore commenta
sogno [che tu hai di loro] è lontano; ma, quando esso pessimisticamente e realisticamente che si dimentica
si avvicina, essi si rifiutano e si ribellano. E il princi- più facilmente la morte del padre, ucciso, che la per-
pe, che si è fondato sulla loro parola, trovandosi sen- dita del proprio patrimonio.
za altra difesa [nel momento del pericolo], va incon-
tro alla rovina. Perché le amicizie, che si acquistano Commento
dando benefici e non con la propria grandezza e no- 1. Il segretario fiorentino parla male dei sudditi, che
biltà d’animo, si comperano, ma non si hanno effetti- sono sleali e ingrati, e bene del principe, che sarebbe
vamente, e al momento del bisogno non si possono generoso e altruista. Il principe invece può essere tut-
spendere. E gli uomini si preoccupano meno di of- te queste cose che egli rimprovera ai sudditi… Oltre a
fendere uno che si fa amare che uno che si fa temere, ciò non è detto che le cose stiano così; anzi, se si
perché l’amore si fonda su un vincolo morale, il qua- ascolta Ariosto (a cui è confiscato un terreno), i prin-
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cipi sfruttano i loro dipendenti e sono ben poco gene- più, che sia meglio usare le leggi dello Stato e non
rosi. Egli tuttavia è giustificato: il manuale che sta l’omicidio spicciolo per risolvere i problemi. Guic-
scrivendo deve andare in mano a un principe, perciò è ciardini commenta dicendo che, se ammazzi un ne-
opportuno parlar bene di loro. E soltanto il principe, mico, quello fa nascere molti altri nemici, come la te-
come dice subito dopo (cap. XVIII), può venir meno sta tagliata dell’idra, e perciò non conviene uccidere.
alla parola data, ma, nobilmente, non lo fa per sé, 4. Il principe di Machiavelli è ancora il principe ita-
bensì per il bene superiore dello Stato (se vogliamo liano del Tre-Quattrocento, che ha un piccolo Stato,
credere allo scrittore). I sudditi invece lo fanno sol- che ha consiglieri e segretari umanistici, che è litigio-
tanto per i loro ristretti interessi egoistici. so e ama far la guerra, e che è circondato da artisti.
2. Nel cap. XV l’autore indica uno dei capisaldi del Anzi egli stesso è un artista, e, com’è suo compito,
suo pensiero: la “realtà effettuale”, la “realtà dei fat- crea uno Stato che è un’opera d’arte. L’autore non
ti”. In questo capitolo indica il secondo: la concezio- vede ancora che nel Cinquecento il principe illumina-
ne pessimistica dell’uomo. Le due cose sono in con- to e umanista, il principe mecenate circondato dagli
traddizione: se si inizia con la “realtà effettuale”, non artisti e abbastanza vicino ai sudditi – come poteva
si può continuare con una concezione pessimistica essere Lorenzo de’ Medici – è ormai definitivamente
degli uomini. Bisogna prendere gli uomini come ef- tramontato. Ci sono monarchi assoluti, lontani, a capo
fettivamente sono e non condannare come sono. Oltre di grandi eserciti e di grandi burocrazie, che cercano
a ciò il giudizio pessimistico su di loro incorre in non la costruzione o il mantenimento dello Stato
un’altra contraddizione: è un giudizio moralistico. I (nessuno glielo insidia), ma l’allargamento e il conso-
due caposaldi vanno quindi letti separatamente o fan- lidamento dello Stato al fine di ottenere altro potere,
no crollare l’approccio dell’autore alla realtà. Ben di- altra fama, altra gloria, altra ricchezza. Gli orizzonti
verso l’approccio di Botero: cita il comportamento umanistici e ideali del segretario fiorentino sono
dei principi come dei sudditi, dà una “valutazione” completamente ignorati, a favore dei brutali rapporti
descrittiva e disincantata, mai morale, tanto meno di potere che lega il monarca ai suoi sudditi e ogni
moralistica. E cerca di indicare al principe come monarca agli altri monarchi.
comportarsi nelle varie situazioni. La sua concezione 4.1. L’autore scrive quindi facendo riferimento sol-
degli uomini è terra terra, e ignora anche l’esistenza tanto alla situazione italiana, che lo interessa (e su cui
dell’anima e di una vita oltre la morte: gli uomini si è informato), che aveva bisogno di una maggiore uni-
fanno comandare dalle donne, che li ricattano con il tà per fermare le invasioni degli eserciti stranieri e per
potere magnetico della vagina. Sulle donne Machia- cessare di essere terra di conquista e di sfruttamento.
velli aveva detto soltanto che il principe doveva aste- Da questa situazione non si allontana mai.
nersi dall’insidiare le donne dei suoi sudditi, che non 5. Machiavelli distingue tra il comportamento che il
avrebbero apprezzato né dimenticato. principe deve tenere nella vita politica normale e
2.1. In questa visione pessimistica degli uomini man- quello che deve tenere quando è a capo dell’esercito.
cano le donne. Nella realtà effettuale dell’autore non In questo caso dev’essere sempre crudele, perché sol-
ci sono le donne. Eppure nella realtà esse esistono ed tanto così può tenere uniti i soldati. Il principe si deve
egli anzi ne appezzava i favori. Ma esse non esistono dedicare alla guerra, per ottenere fama, gloria e ric-
nella vita politica, restano a casa a fare e ad accudire i chezza, e per ampliare lo Stato.
bambini. Tutte casa, bambini e letto. Eppure egli è un 6. L’autore conclude il capitoletto affermando che si
pensatore corretto e va dove lo porta il ragionamento. dimentica più facilmente l’uccisione del proprio pa-
Nella Mandragola i maschi (Callimaco, Nicia, Ligu- dre, che la perdita del proprio patrimonio. Il cinismo
rio, fra’ Timoteo) usano la ragione fraudolenta con- della battuta è fuori luogo. Egli non vede la realtà ef-
tro l’onesta Lucrezia. Ma la donna li prede in contro- fettuale: il patrimonio garantiva la sopravvivenza del-
piede e li piega ai suoi desideri. Essi stupidamente la famiglia: senza patrimonio la famiglia scompariva
non se ne accorgono nemmeno. Usa il potere magico subito. Ed esisteva la famiglia, non esisteva l’indivi-
e onnipossente della vagina. Essi pensano davvero duo. L’individuo era soltanto un ramoscello transeun-
con il loro membro e più in là non vanno. te della famiglia. Per di più la mortalità infantile era
3. Machiavelli continua a proporre una concezione altissima. Perciò tutti i componenti della famiglia
strumentale della violenza e, in genere, delle azioni: erano sacrificabili, ma non il patrimonio. Anche il
la violenza, se serve, si usa; se non serve, non si usa. padre, la persona più esperta della famiglia, era sacri-
In se stessa essa non ha alcun valore; lo acquista nella ficabile. Il suo posto era preso immediatamente dal
misura in cui riesce o non riesce a raggiungere il fine primogenito. Il dovere di tutti era difendere, consoli-
prefissato. In questo capitoletto il ragionamento è ar- dare e aumentare il patrimonio, cioè le possibilità di
ricchito con un’altra precisazione: è meglio uccidere sopravvivenza della famiglia. E invece egli immagina
pochi individui e subito, piuttosto che lasciare che la gli uomini cinicamente legati al patrimonio.
situazione degeneri. Se degenera, le violenze e le di- 7. Domanda: Lorenzino de’ Medici avrebbe o non
struzioni aumentano e il conflitto si allarga nello spa- avrebbe condiviso questa sua visione pessimistica
zio e si allunga nel tempo. All’autore non vengono in dell’uomo? Al lettore l’ardua sentenza.
mente altre soluzioni, ad esempio che sia meglio pre- 8. Machaivelli sarebbe stato ben lieto di leggere la
venire che curare, come dicono i medici. E, ancora di vita di Alessandro Magno e i suoi numerosi crimini
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contro parenti, amici e avversari per il bene dello Sta- giuramenti affermò una cosa, che poi non mantenes-
to: https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Magno se. E tuttavia sempre i suoi inganni ebbero successo,
---I☺I--- perché conosceva bene questa parte della natura
umana. Un principe dunque non deve necessariamen-
Cap. XVIII: In che modo la parola data debba te avere di fatto tutte le qualità sopra indicate, ma de-
essere mantenuta dai principi ve apparire (=mostrare) di averle. Dirò di più: se le ha
e se le osserva sempre, esse sono dannose; se appare
1. Ciascuno intende quanto sia lodevole un principe (=mostra) di averle, sono utili. Egli deve apparire
che mantenga la parola data e che viva con integrità e (=mostrarsi) pietoso, leale, umano, sincero, religioso;
non con astuzia. Tuttavia si vede per esperienze re- e deve avere queste qualità. Tuttavia, quando bisogna
centi che hanno fatto grandi cose quei principi che non averle (=sono controproducenti), deve anche es-
hanno tenuto poco conto della parola data e che han- sere capace di saperle mutare nel loro contrario. E bi-
no saputo con l’astuzia aggirare i cervelli degli uomi- sogna capire che un principe, soprattutto un principe
ni; e che alla fine hanno superato coloro che si sono nuovo, non può osservare tutte quelle cose per le qua-
fondati sulla lealtà. li gli uomini sono ritenuti buoni, perché spesso, per
2. Dovete dunque sapere che ci sono due modi di mantenere lo Stato, è necessitato ad operare contro la
combattere: l’uno con le leggi, l’altro con la forza. Il parola data, contro la carità, contro l’umanità, contro
primo è proprio dell’uomo, il secondo è delle bestie. la religione. Perciò bisogna che egli abbia un animo
Ma, perché il primo molte volte non basta, conviene disposto a cambiare, secondo che i venti della fortuna
ricorrere al secondo. Pertanto un principe deve sapere e i mutamenti delle cose gli impongono. E, come dis-
usare bene la bestia (=la forza) e l’uomo (=le leggi). si più sopra, non deve allontanarsi dal bene, se può
Questo principio è stato insegnato ai principi in modo farlo; ma deve sapere entrare nel male, se è costretto
coperto (=allusivo, simbolico) dagli antichi scrittori, i dalla necessità.
quali scrivono che Achille e molti altri principi anti- 5. Pertanto un principe deve avere gran cura che non
chi furono allevati dal centauro Chirone, affinché li gli esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle
ammaestrasse alla sua scuola. Ciò vuol dire avere cinque qualità sopra indicate; e appaia, a vederlo e a
come precettore un essere mezzo bestia e mezzo uo- udirlo, tutto pietà, tutto lealtà, tutto sincerità, tutto
mo, perché un principe deve saper usare l’una e l’al- umanità, tutto religione. E non c’è cosa più necessaria
tra natura e perché l’una senza l’altra non può durare. che apparire (=mostrare) di avere quest’ultima quali-
3. Un principe dunque, essendo necessitato a saper tà. Gli uomini in generale giudicano più in base a ciò
usare bene la bestia, deve prendere come modello la che vedono (=l’apparenza) che non in base a ciò che
volpe ed il leone, perché il leone non sa difendersi dai toccano (=la realtà effettiva): tutti vedono l’aspetto
lacci (=trappole, inganni), la volpe non sa difendersi esteriore delle cose, ma pochi intendono ciò che vi sta
dai lupi (=forza, violenza). Bisogna dunque essere dietro (=la realtà effettiva). Pertanto un principe deve
volpe per conoscere i lacci ed essere leone per inti- preoccuparsi unicamente di vincere e di mantenere lo
morire i lupi. Coloro che praticano soltanto il leone Stato: i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli e
non si intendono di politica. Pertanto un signore pru- lodati da tutti, perché il volgo va sempre trascinato
dente non può né deve mantenere la parola data, con l’apparenza e non con la realtà effettiva, e nel
quando il mantenerla è controproducente e quando mondo c’è soltanto volgo, ed i pochi non avranno se-
sono scomparse le cause che la fecero promettere. Se guito né ascolto, quando i molti hanno dove appog-
gli uomini fossero tutti buoni, questo precetto non sa- giarsi (=i risultati ed i successi ottenuti dal principe,
rebbe buono; ma, perché essi sono tristi (=malvagi) e comunque essi siano stati ottenuti). Un principe dei
non la manterrebbero a te, tu pure non devi mantener- nostri tempi (=Ferdinando il Cattolico, re di Spagna),
la a loro. Né mai ad un principe mancarono i motivi che non è bene nominare, non predica mai altro che
legittimi per giustificare questa inosservanza. Di ciò pace e lealtà, e dell’una e dell’altra è inimicissimo; e
si potrebbero dare infiniti esempi moderni e mostrare l’una e l’altra, se le avesse osservate, gli avrebbero
quante paci, quante promesse sono state nulle e vane più volte fatto perdere la reputazione o lo Stato.
perché i principi non hanno rispettato la parola data.
E quello che ha saputo usare meglio la volpe, ha otte- Riassunto. Per Machiavelli sarebbe lodevole che il
nuto migliori risultati. Ma è necessario sapere ben na- principe mantenga la parola data, ma di recente si so-
scondere questa natura ed essere gran simulatore e no visti principi ottenere grandi risultati perché non
dissimulatore. Sono tanto semplici (=stupidi, ingenui) l’hanno mantenuta e hanno ingannato. A questo pun-
gli uomini, e tanto obbediscono alle necessità del to l’autore fa un paragone: il principe deve essere
momento, che colui che inganna troverà sempre qual- astuto come la volpe (che vede gli inganni, ma non sa
cuno che si lascerà ingannare. difendersi dai lupi) e forte come il leone (che non ve-
4. Fra gli esempi recenti voglio citare questo. Papa de gli inganni ma sa difendersi dai lupi). E conclude:
Alessandro VI non fece mai altro, non pensò mai ad un principe prudente non può né deve mantenere la
altro che ad ingannare gli uomini; e sempre trovò parola data, se il mantenerla lo danneggia e se sono
qualcuno da poterlo fare. Nessuno mai ebbe maggior scomparse le cause che gliel’hanno fatta dare. Quindi
forza persuasiva di lui e nessuno mai con i più grandi suggerisce al principe di apparire tutto pietà, tutto
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lealtà, tutto sincerità, tutto umanità, tutto religione, zione qualsiasi, “buona” o “cattiva” che sia. Inoltre
poiché gli uomini credono all’apparenza e non rie- nella “realtà effettuale” (ma l’autore non lo sa) esiste
scono ad andare oltre le apparenze. E infine fa esempi anche la revisione dei trattati: si ridiscutono i termini
tratti dal presente, che confermano la sua analisi. degli accordi, quando la situazione è divenuta troppo
diversa da quella che aveva spinto a firmarli. Esistono
Commento gli ambasciatori per questo scopo.
1. La tesi di Machiavelli è semplice (o semplicistica) 1.2. L’autore non sa che di propria iniziativa non si
e ormai prevedibile: la parola data si mantiene se danno consigli ai superiori, tanto meno consigli cri-
conviene mantenerla; non si mantiene se è dannoso minali a un principe. Si danno soltanto se esplicita-
mantenerla. Il principe “prudente non può né deve mente richiesti e in gran segreto. E poi immagina che
mantenere la parola data, quando il mantenerla è con- un principe abbia bisogno dei suoi consigli desunti
troproducente e quando sono scomparse le cause che dalla lettura degli storici antichi, dalla sua esperienza
la fecero promettere”. Sarebbe bello – commenta appena decennale, da qualche viaggio all’estero e dal-
l’autore – poterla mantenere; ma nel mondo reale in la sua attività di guardone politico… Un illuso o un
cui si vive se tu la mantieni al tuo avversario, quello demente.
non la mantiene a te, e tu sei rovinato: è meglio pre- 2. Il capitoletto presenta due capisaldi del pensiero di
venirlo. Anche Guicciardini dà importanza alla simu- Machiavelli: a) la “realtà effettuale”, cioè la realtà
lazione e alla dissimulazione. Botero invece è contra- dei fatti (già incontrata nel cap. XV), che deve sosti-
rio: se la virtù non è effettiva, o prima o poi si scopre tuirsi a tutte le teorizzazioni astratte; e b) il pessimi-
l’inganno, con conseguenze negative. Ovviamente si smo circa l’uomo e la natura umana. L’unica speran-
tratta di un lapsus o di una semplificazione di Ma- za per imporsi e per dominare questa realtà negativa è
chiavelli, che parla di “parola data” e non di “trattati la virtù del principe, che lotta con ogni mezzo per co-
firmati dalle due parti”: pensa di essere in una taverna struire e consolidare lo Stato. Non si capisce perché il
e di prendere accordi verbali con vicini di casa, sigla- principe debba “sacrificarsi” per il bene dello Stato o
ti da una stretta di mano. L’autore non considera la dei sudditi. È più ragionevole pensare che lo faccia
possibilità che il principe avversario si comporti allo per interesse personale. Sembrerebbe poi che nello
stesso modo verso il principe di cui è consigliere, e Stato sia il principe sia l’uomo comune trovino il luo-
quindi una volta è danneggiato un principe, un’altra go e i modi per condurre una vita degnamente umana.
l’altro principe… Dire che tu non la mantieni a lui L’autore però non si spinge ad affrontare questa pro-
perché lui non l’avrebbe mantenuta a te è una giusti- blematica, poiché è preso dai problemi relativi alla
ficazione grezza, empirica, fragilissima, furbastra e costruzione preliminare e al mantenimento dello stes-
capziosa, che resta al livello dei fatti e non sale al li- so Stato.
vello della teoria. Di solito si cerca o si costruisce il 3.1. L’autore non si è accorto che attribuisce al prin-
casus belli e si preferisce intavolare lunghissime trat- cipe una morale “più alta”, che fa o farebbe gli inte-
tative di pace. E, comunque sia, Machiavelli non sa ressi dello Stato, dei sudditi e, si suppone, anche suoi.
che i patti sottoscritti dagli ambasciatori si possono Egli non riesce ad uscire dall’orizzonte dell’essere e
ufficialmente denunciare o sciogliere (è la stessa co- del dover essere. Non riesce a immedesimarsi nel
sa). Né immagina che, se un principe non mantiene punto di vista del principe né a liberarsi dei pre-
una volta la parola data, la controparte non si farà im- giudizi o dei pre-supposti della sua analisi politica
brogliare una seconda volta… della realtà sociale. Morale e immorale sono fratelli
1.1. Lo scrittore non si rende conto che è prudente gemelli. Il loro opposto è soltanto ciò che è a-morale,
considerare anche le conseguenze delle azioni o delle fuori della morale, che non si preoccupa minimamen-
scelte e non limitarsi a cercare un piccolo vantaggio te della morale, né di rispettarla, né di andarle contro.
nel presente e magari precludersi un grosso vantaggio 3.2. “Per mantenere lo Stato” significa qui banalmen-
nel futuro. La sua vita testimonia contro di lui: im- te “per restare al potere”. Gli orizzonti del principe e
piega cinque anni a entrare nelle simpatie dei Medici di Machiavelli si sono assai ristretti. La morale “supe-
e, quando sono ricacciati, i suoi ex amici non ne vo- riore” del principe è andata a spasso. Ma anche qui
gliono più sapere di lui. Un traditore si prende la fa- egli parla soltanto della realtà italiana: i Medici sono
ma di traditore e se la tiene cucita addosso. Il principe stati cacciati e poi sono ritornati. Nelle grandi monar-
si pone a un altro livello, ma i problemi arrivano lo chie del tempo il sovrano non conquistava più il pote-
stesso: chi non mantiene la parola, spinge l’avver- re con le armi e non rischiava mai il trono.
sario o a precederlo o a non mantenerla o a dedicarsi 3. Il testo mostra anche come l’autore si avvicina ai
a tempo pieno all’inganno. Sono gli effetti collaterali testi antichi, che interpreta in modo allegorico; e co-
che l’autore non ha la malizia o l’intelligenza di pre- me si avvicini in modo per noi antistorico e anacroni-
vedere e di disinnescare. Qui non si vuol dire che il stico al passato, per trarne insegnamenti validi per il
principe debba essere onestissimo e mantenere sem- presente. Sotto questa metodologia c’è la convinzione
pre la parola data. Si vuol dire una cosa più modesta: che esista una realtà immutabile ed astorica e una
l’analisi di Machiavelli è troppo semplice, perciò è scienza ugualmente astorica e perenne, capace di in-
pericolosa e imprudente, perché non considera gli ef- terpretare le azioni umane in tutti i tempi. Peraltro
fetti collaterali, indesiderati, di un’azione, di un’a- questo comportamento, indubbiamente più raffinato e
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 197
più critico, non è certamente troppo diverso da quello camento dell’autore alla realtà effettuale impedisce di
espresso dai primi crociati, che in Terra Santa pensa- capirlo. La realtà “vera” va ben al di là della realtà
vano di incontrare gli uccisori di Cristo o i loro diretti dei fatti. Basti pensare al mondo delle idee di Platone
discendenti. Ed erano passati 1.000 anni. Il tempo di (la realtà vera è costituita dalle idee, di cui le cose so-
Machiavelli è ancora il tempo ciclico delle stagioni, è no una semplice realizzazione materiale, una copia) e
ancora il tempo agricolo, che caratterizza la società al rapporto tra geometria e realtà presso i greci (la
europea fino a tempi recentissimi (1950). Il suo ap- geometria euclidea si può costruire a partire da postu-
proccio al passato non è diverso da quello proposto lati, non serve studiare o misurare la realtà).
da Dante nel Convivio (1304-07) con i quattro sensi 7. La “realtà effettuale” impedisce all’autore di vola-
delle scritture. Eppure il Medio Evo con questo ap- re, di passare dalla realtà dell’esperienza a una realtà
proccio aveva prodotto idee davvero significative e ben più concreta, quella della teoria. In questo come
originali. Insomma si può anche esser anti-storici, nei capitoli precedenti l’autore vive di fatterelli e/o di
quel che conta sono soltanto i risultati. esempi e non riesce mai a passare dagli esempi alla
4. Il principe di Machiavelli ha certamente qualche teoria. Anzi il suo approccio ai problemi gli impedi-
debolezza umana; tuttavia è un uomo diverso dagli sce di fare questo passaggio o anche questo salto. I
altri uomini, poiché, nonostante gli strumenti abietti mesopotamici avevano esempi di somme, sottrazioni
che usa, si propone di realizzare un preciso ideale, ecc., perché non avevano ancora scoperto l’addizione.
addirittura il bene comune: la costruzione dello Stato. Gli egizi misuravano ogni anno le terre alluvionate
Soltanto tale realizzazione giustifica l’impiego immo- dal Nilo, non scoprirono mai la geometria. I greci in-
rale o, meglio, amorale di qualsiasi mezzo. Uno Stato vece scoprirono la geometria e con essa dominarono
in pace e funzionante è sicuramente utile al principe e l’esperienza. L’autore è soltanto il guardone della
alla popolazione. Tuttavia l’autore non giustifica ra- realtà e della vita politica dei principi, e non riesce
zionalmente perché il principe si debba darsi tanto da mai ad immedesimarsi nel (punto di vista del) princi-
fare per creare lo Stato. Il motivo effettivo emerge (o pe e nella creatività del principe per affrontare i pro-
sembra emergere) soltanto alla fine dell’opera, quan- blemi di gestione del potere.
do egli invita la casa de’ Medici a mettersi a capo di ---I☺I---
un movimento di liberazione nazionale che cacci gli
stranieri dall’Italia e costruisca (forse) uno Stato na- Cap. XXV: Quanto può la fortuna nelle azioni
zionale. Fino a questo momento però non si capisce umane e in che modo possa essere
perché il principe debba attuare uno scopo così altrui- affrontata
stico; sarebbe più ragionevole pensare che voglia co-
struire lo Stato per il suo interesse personale e per po- 1. Non ignoro (=riconosco) che molti sono stati e so-
ter sfruttare adeguatamente i sudditi. E ciò era quanto no dell’opinione che le cose del mondo siano gover-
si poteva normalmente riscontrare nell’Italia del tem- nate dalla fortuna o da Dio in modo tale, che gli uo-
po. mini con la loro prudenza non possano modificarle, e
5. Machiavelli non riflette adeguatamente sulla fama, che anzi non vi abbiano alcun rimedio. Perciò essi
cioè sul buon nome che al principe conviene avere. E potrebbero giudicare che non ci si debba impegnare a
gli esempi che riporta non gli aprono la mente. Non fondo per [modificare] la realtà, ma che ci si debba
ha capito che i principi come i papi cercano di avere lasciar governare dalla sorte. Questa opinione è stata
buona fama tra i sudditi o i cittadini, e cercano poi professata soprattutto ai nostri tempi, a causa dei
anche di curarla e consolidarla. Così poi, quando grandi mutamenti della situazione politica che si sono
commettono qualcosa che va contro la loro buona visti e che si vedono ogni giorno, fuori di ogni capa-
fama, gli altri (principi, sudditi ecc.) sono stupiti, an- cità umana di prevederli. Pensando a ciò, io talvolta
che traumatizzati, ma ben presto ritornano a pensare mi sono in qualche modo inclinato verso questa opi-
bene come in precedenza. La considerano un caso, un nione.
errore, un’eccezione, un consiglio sbagliato. La stessa 2. Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia
cosa succede se qualcuno ha una cattiva fama incolla- negato, giudico che possa esser vero che la fortuna
ta addosso. Fa una fatica di Sisifo a togliersela di dos- sia arbitra della metà delle nostre azioni e che lasci
so. Ben inteso, ci può essere anche chi cerca di avere governare a noi l’altra metà, o quasi. E paragono
una cattiva fama, e la cura, se essa fa i suoi interessi. quella ad uno di quei fiumi rovinosi, che, quando si
È istruttiva una novella di Luigi Pirandello, La paten- adirano (=si ingrossano e rompono gli argini), allaga-
te. Chiàrchiaro, il protagonista, vuole incrementare la no la pianura, sradicano gli alberi e distruggono gli
sua fama di iettatore e si veste da iettatore. Pensava di edifici, levano da questa parte terreno e lo pongono
usare questa fama per garantirsi lo stipendio. Gengis dall’altra. Ciascuno fugge davanti ad essi, ognuno ce-
Kahn si faceva precedere dalla fama di essere sangui- de al loro impeto, senza potervi in alcun modo resi-
nario, così spingeva i nemici ad arrendersi senza stere. E, benché siano fatti così (=per natura violenti),
combattere. nulla impedisce che gli uomini, quando i tempi sono
6. La guerra o la vita o le relazioni sociali si fanno tranquilli, possano prender provvedimenti con ripari e
anche nel mondo immaginario, nel mondo dei simbo- con argini, in modo che essi, quando crescono, sfo-
li, e non soltanto con gli eserciti e le armi. Ma l’attac-
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ghino [la furia delle loro acque] per un canale o non 7. Papa Giulio II procedette impetuosamente in ogni
avrebbero un impeto così sfrenato e così dannoso. sua cosa; e trovò i tempi e le cose conformi a questo
3. In modo simile si comporta la fortuna, la quale di- suo modo di procedere a tal punto, che ottenne sem-
mostra la sua potenza dove non c’è alcuna virtù pre buoni risultati. Considerate la prima impresa che
(=forza) impegnata [consapevolmente] a resisterle; e fece a Bologna [1506], quando era ancora vivo mes-
rivolge il suo impeto proprio lì dove essa sa che non ser Giovanni Bentivogli (=il signore della città). I ve-
sono stati costruiti gli argini ed i ripari per contenerla. neziani non approvavano l’impresa e nemmeno l’ap-
E, se voi considerate l’Italia, vedrete che essa è una provava il re di Spagna. Con la Francia egli era in
campagna senza argini e senz’alcun riparo; perché, se trattative. E tuttavia con la sua ferocia (=determina-
essa fosse difesa da un’adeguata virtù (=forza milita- zione) e con il suo impeto prese parte personalmente
re), come la Germania, la Spagna e la Francia, questa a quell’impresa. Questa sua mossa fece stare incerti e
piena (=le invasioni straniere) non avrebbe provocato fermi (=li aveva colti di sorpresa) sia gli spagnoli sia i
i grandi mutamenti che ci sono stati oppure non sa- veneziani; questi per paura, quelli per il desiderio che
rebbe nemmeno avvenuta. E voglio che basti aver avevano di rioccupare il regno di Napoli. Inoltre egli
detto questo per quanto riguarda l[a possibilità di] si tirò pure dietro il re di Francia, il quale, vedendolo
opporsi alla fortuna in generale. in azione e desiderando farselo amico per abbattere i
4. Ma, restringendomi ai casi particolari, dico che og- veneziani, giudicò di non potergli negare il suo aiuto
gi si vede un principe ottenere buoni risultati e doma- senza offenderlo in modo esplicito. Perciò Giulio II
ni rovinare senza avergli visto mutare natura o qualità con la sua azione impetuosa ottenne un risultato che
alcuna. Io credo che ciò dipenda in primo luogo dalle nessun altro pontefice con tutta la sua umana pruden-
cause che si sono lungamente discusse più sopra, cioè za avrebbe mai ottenuto; perché egli, se aspettava di
che quel principe, che si affida completamente alla partire da Roma con gli accordi fatti e con le cose or-
fortuna, va in rovina, non appena essa varia. Credo dinate, come qualunque altro pontefice avrebbe fatto,
inoltre che ottenga buoni risultati quel [principe] che non avrebbe mai ottenuto quei risultati: il re di Fran-
adatta il suo modo di procedere alle caratteristiche dei cia avrebbe avuto mille scuse e gli altri [gli] avrebbe-
tempi e che similmente non ottenga buoni risultati ro messo mille paure. Io voglio lasciar stare le altre
quello che non adatta il suo modo di procedere ai sue imprese, che sono state tutte simili a questa. La
tempi. brevità della sua vita non gli ha fatto provare il con-
5. Perché si vede che gli uomini – nelle azioni che li trario, perché, se fossero giunti tempi che richiedesse-
conducono al fine che si sono prefissi, cioè gloria e ro di procedere con cautela, avrebbe conosciuto la sua
ricchezze – procedono in modi diversi: l’uno con cau- rovina. Né mai avrebbe deviato da quei modi [di pro-
tela, l’altro con impeto; l’uno con violenza, l’altro cedere] ai quali la natura lo inclinava.
con arte; l’uno con pazienza, l’altro con impazienza. 8. Concludo dunque che gli uomini, poiché la fortuna
E ciascuno vi (=alla gloria ed alle ricchezze) può per- cambia e poiché essi restano attaccati ostinatamente
venire con questi diversi modi [di procedere]. Si ve- ai loro modi [di procedere], ottengono buoni risultati,
dono poi due individui cauti, uno [dei quali] raggiun- finché concordano con la fortuna (=le circostanze);
ge il suo scopo, l’altro no. E similmente si vedono ot- non li ottengono più, quando non concordano più con
tenere ugualmente buoni risultati due [individui] che essa. Io giudico bene questo: è meglio essere impe-
hanno applicato princìpi diversi, essendo l’uno cauto, tuosi che cauti, perché la fortuna è donna ed è neces-
l’altro impetuoso. Ciò dipende semplicemente dalle sario, volendola sottomettere alla propria volontà,
caratteristiche dei tempi, che si adattano o che non si batterla e spingerla. E si vede che essa si lascia vince-
adattano al [modo di] procedere degli interessati. Da re più facilmente da questi che non da coloro che
qui nasce ciò che ho detto, [cioè] che due, operando procedono con la fredda ragione. Perciò sempre, co-
in modo uguale, raggiungono uno il fine, l’altro no. me donna, è amica dei giovani, i quali sono meno
6. Da questo ancora dipende il variare della fortuna cauti e più feroci (=risoluti, decisi) [degli uomini ma-
umana, perché un [principe], se governa con cautela e turi e perciò più cauti e meno arditi] e con più audacia
con pazienza e se i tempi e le cose girano in modo la comandano.
che il suo governo sia buono, allora ottiene buoni ri-
sultati; ma, se i tempi e le cose mutano, egli rovina, Riassunto. Contro coloro che ritengono il futuro im-
perché non muta il suo modo di procedere. Né si tro- prevedibile e incontrollabile Machiavelli afferma che
va un uomo così prudente, che si sappia adattare a la fortuna controlla la metà delle azioni umane o poco
questi mutamenti; sia perché non possiamo deviare da più. E fa l’esempio del fiume che rompe gli argini e
quella direzione verso la quale la nostra natura ci in- allaga i campi. L’inondazione non sarebbe avvenuta o
clina, sia anche perché, avendo sempre camminato sarebbe stata meno dannosa, se si fossero presi prov-
per una certa strada, non riusciamo a persuaderci ad vedimenti e rinforzato gli argini, quando il fiume era
abbandonarla. Perciò l’uomo cauto, quando è giunto in secca. Quindi allarga la riflessione: due individui
il tempo di usare l’impeto, non lo sa fare, perciò rovi- ottengono il successo, pur operando in modo opposto;
na; invece, se mutasse natura in relazione [al mutare] un individuo ha sempre vinto operano in un certo
dei tempi e delle cose, manterrebbe la fortuna. modo e all’improvviso va incontro alla sconfitta.
L’autore dice che ciò dipende dal fatto che l’interven-
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to era adatto o non era adatto alla situazione da gesti- un’altra variabile: la virtù, l’impeto, il coraggio, l’au-
re. E conclude con un’osservazione sul carattere: noi dacia, la passione, la decisione, la determinazione.
ci abituiamo ad agire in un certo modo, che ci ha Essi certamente esulano dall’ambito della ragione,
condotto al successo; ma, quando la situazione non che in genere non si contrappongono alla ragione e
richiede più quel modo di intervento, andiamo incon- che possono intervenire positivamente, quando la ra-
tro all’insuccesso. In ogni caso per l’autore il modo gione ha esaurito le sue risorse e i suoi mezzi di in-
d’intervenire più efficace è il colpo di mano, l’azione tervento. L’autore punta proprio su questi interventi
imprevista e imprevedibile, che porta alla vittoria e irrazionali, quando la ragione (propria ed altrui, cioè
che mette gli avversari davanti al fatto compiuto. La degli avversari) entra in stallo. E, come di consueto, a
fortuna perciò è amica dei giovani, che sono audaci, sostegno della sua tesi porta come prova la “realtà ef-
che non hanno nulla da perdere e tutto da guadagnare. fettuale” di un fatto concreto preciso: la presa di Bo-
logna ad opera del papa Giulio II, che con il suo
Commento comportamento deciso e imprevedibile sorprende gli
1. Il tema della fortuna è uno dei motivi più impor- avversari e li mette davanti al fatto compiuto. L’au-
tanti del Principe ed è un motivo che l’autore eredita tore però si dimentica di citare i casi in cui l’impeto
dagli umanisti italiani del Quattrocento. La fortuna ha ha fallito…
una lunga storia. È la Necessità dei greci, che pensa- 3. L’esempio del fiume che tracima è realistico: al
no alle tre vecchie – Cloto, Làchesi, Àtropo – che suo tempo e ancora per secoli i fiumi tracimavano per
nell’Averno filano, tessono e interrompono la vita una pioggia abbondante, allagavano le terre circostan-
umana e il cui potere è superiore alla volontà degli ti e le impaludavano. I lavori di sistemazione erano
dei. È la dea Fortuna (o il Fato, cioè il destino, la sor- troppo costosi e fatti con strumenti inadeguati. Le
te, le circostanze favorevoli o avverse) dei romani, classi politiche avevano poi altro a cui pensare: l’arte
che è cieca e che, indifferentemente, ora è favorevole, e letteratura, la guerra, l’allargamento del loro State-
ora avversa agli uomini. È la Provvidenza cristiana, rello. Nel commento l’autore dimostra tutta la sua in-
che per Dante è la ministra di Dio ed esegue la volon- genuità e inesperienza. Dice che, quando le cose van-
tà imperscrutabile di Dio (ciò però non gli impedisce no bene, si devono prendere provvedimenti per quan-
di prendersela con lei, quando è sfavorevole) (If VII, do andranno male. Ma i provvedimenti costano, per-
XV ecc.). È la Fortuna degli umanisti del Quattro- ciò si rimandano i lavori, ci si dimentica del problema
cento, che la ritenevano interamente controllabile, e si spera che le cose continueranno ad andar bene…
quando affermavano che “ognuno è artefice del suo E poi ci sono continue spese, che impediscono di ri-
destino”. È il caso imprevedibile, incontrollabile, as- versare denaro su una gestione prudente e lungimi-
surdo e paradossale, che domina le vicende dell’Or- rante dei corsi d’acqua e del territorio. Nei limiti poi
lando furioso, che fa impazzire Orlando, perché re- in cui si possono prendere precauzioni. Le ultime di-
spinto da Angelica; che fa innamorare Angelica di un sastrose alluvioni in Italia sono: Adige (1882), Po
oscuro fante; e che fa intersecare a più riprese i desti- (1951), Arno (1966). E altre minori.
ni incrociati dei protagonisti del poema. La trama del 4. Il testo svolge alcune interessanti riflessioni sulle
poema di Ariosto mostra una ben maggiore articola- abitudini: ognuno di noi si abitua ad operare in un
zione del problema della fortuna, come di altri pro- certo modo, cioè in quel modo verso cui si sente più
blemi, e una ben maggiore aderenza alla realtà dei predisposto e che gli ha procurato successo e soddi-
fatti. sfazioni. Ciò però può essere pericoloso: le cose con-
2. Machiavelli non ha più la fiducia umanistica, se- tinueranno ad andarci bene soltanto se continueranno
condo cui l’uomo può controllare interamente il suo a presentarsi circostanze che richiedano quello speci-
destino. Rifiuta però il fatalismo deterministico, che fico modo di affrontarle; altrimenti ci aspetta la rovi-
toglierebbe all’uomo qualsiasi merito e qualsiasi re- na. D’altra parte – nota giustamente l’autore – ognu-
sponsabilità per ciò che fa. E inserisce le azioni uma- no ha un carattere specifico che lo spinge a compor-
ne all’interno delle circostanze, ora favorevoli ora tarsi in un certo modo; e oltre tutto non si può cam-
sfavorevoli, in cui avvengono. Nel primo caso le cose biare facilmente un modo di operare che ormai è di-
vanno bene; nel secondo vanno male. Egli è convinto venuto la nostra natura. Anche in questo caso l’autore
che la fortuna controlli la metà delle azioni umane respinge l’ottimismo umanistico, che attribuiva
(primo caso) e che lasci agli uomini il controllo all’uomo la capacità di imporre la sua volontà al de-
dell’altra metà (o quasi) (secondo caso). La sua idea, stino. Egli mostra che la questione è molto più com-
per contrastare le circostanze sfavorevoli, è questa: plessa del previsto, e che resta sempre un notevole
quando le cose vanno bene e le circostanze sono fa- margine di rischio e di incertezza circa la riuscita del-
vorevoli, l’uomo deve prendere provvedimenti per le nostre azioni. Il futuro non è più completamente
quando le cose vanno male e le circostanze sono sfa- prevedibile né trasparente.
vorevoli. Con la prudenza e la prevenzione non è det- 5. Guicciardini invece ritiene che la Fortuna condi-
to che l’uomo riesca a piegare la fortuna secondo le zioni interamente le azioni umane, perché l’uomo non
sue intenzioni; ma almeno ci prova, così non può può prevedere né controllare tutti i casi possibili. E
rimproverarsi di non aver tentato. Oltre alla prudenza spesso la conoscenza dei particolari è determinante.
e alle precauzioni l’uomo però può fare intervenire Machiavelli ha fatto dieci anni di esperienza politica,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 200
Guicciardini ha fatto il mediatore e l’ambasciatore tra Cap. XXVI: Esortazione a conquistare l’Italia
i potenti per tutta la vita. Dovrebbe essere più atten- e a ripristinarne la libertà dagli stranieri
dibile Guicciardini, ma non è detto: l’autore non era
un uomo d’azione, ma di mediazione, perché doveva 1. Tenendo dunque presenti tutte le cose precedente-
mediare tra le due parti e dedicarsi a trattative logo- mente discusse e riflettendo dentro di me se in questo
ranti (come egli stesso sottolinea). momento la situazione italiana è favorevole all’af-
6. La parte finale del capitoletto, in cui si afferma che fermarsi di un nuovo principe e se le circostanze pos-
la fortuna è donna ed è amica dei giovani, risente più sono permettere ad un uomo cauto e valoroso di in-
della passionalità che caratterizza la conclusione trodurre nuovi ordinamenti politici, che facciano ono-
dell’opera, che della prudenza e della riflessione dei re a lui e giovino a tutti gli italiani, mi sembra che ci
capitoli precedenti. Ciò è comprensibile: Machiavelli siano tanti elementi capaci di aiutare un principe
ha bisogno non più di dimostrare e di trasmettere gli nuovo, che non ricordo che ci sia stato un altro mo-
insegnamenti di una scienza; deve incitare all’azione. mento più adatto di questo. E, come io dissi, se per
E la ragione preferisce la riflessione teorica all’ir- vedere il valore di Mosè era necessario che il popolo
ruenza e ai pericoli dell’azione. ebraico fosse schiavo in Egitto; se per conoscere la
7. Anche in questo capitolo l’autore pensa di dire grandezza d’animo di Ciro era necessario che i per-
qualcosa di nuovo, mai detto in precedenza. Glielo siani fossero oppressi dai medi; se per conoscere le
concediamo senza difficoltà… Peccato che di lì a po-
grandi capacità di Teseo era necessario che gli atenie-
co tiri fuori il nostro “libero arbitrio”, che non è affat-
si fossero disorientati ed incerti; così ora, per cono-
to pertinente e che è una teoria importante della Chie-
scere il valore di un personaggio italiano, era necessa-
sa. Non gli passa neanche per la mente che di certi
rio che l’Italia si riducesse nella situazione in cui è al
argomenti non conviene parlare o se ne parla soltanto
presente, cioè era necessario che fosse più schiava
in privato o in segreto. E i segreti non si rivelano, al-
degli ebrei, più serva dei persiani, più disorientata ed
trimenti perdono tutto il loro valore e il loro potere. incerta degli ateniesi; era necessario che fosse senza
Anche in questo caso parla più dell’Italia che dei capo, in preda al caos, sconfitta, saccheggiata, lacera-
grandi Stati europei: i Medici sono cacciati e poi ri- ta, percorsa da eserciti nemici e che avesse subito
tornano a Firenze, diversi principi sono andati al po- ogni specie di distruzione.
tere con la violenza e poi hanno cercato di consolida- 2. E, benché finora si sia potuto vedere qualche indi-
re il loro potere. La vita del suo principe è molto in- zio in qualcuno (=in Cesare Borgia, detto il Valenti-
certa e nelle mani della fortuna, del caso o delle pro- no), da far pensare che fosse stato mandato da Dio a
prie capacità personali. Basta una malattia e Cesare salvare l’Italia, tuttavia si è visto in seguito che nel
Borgia perde tutto ciò che aveva acquistato. Ma que- momento decisivo delle sue imprese questo perso-
sta non era la situazione degli altri regnanti d’Europa.
naggio è stato abbandonato dalla fortuna. Perciò
8. Il discorso sulla fortuna è bello ed affascinante, e
l’Italia, come se fosse rimasta senza vita, aspetta chi
capace di colpire il lettore. È pure scritto in un lin-
le sani le ferite, ponga fine ai saccheggi che hanno
guaggio secco, raziocinante e aggressivo, che colpi-
devastato la Lombardia e ai tributi che devono pagare
sce nel cuore e nella mente. È insomma un buon pez-
il Regno di Napoli e la Toscana, e la guarisca da
zo di arte oratoria. Una predica laica. Ma i problemi
quelle piaghe che ormai da tempo sono aperte. Si ve-
non si affrontano così, serve ben altra esperienza e
de come essa prega Dio affinché Egli le mandi qual-
ben altra cultura. Machiavelli non è del mestiere, non
cuno che la liberi dalle atrocità e dalle violenze com-
è un politico, ha soltanto visto uomini politici agire
messe da potenze straniere. Si vede pure che essa è
ed ha pensato di aver capito tutto. Un semplice illu-
tutta pronta a seguire una bandiera, purché ci sia
sione. Così il suo principe qui è abbandonato alla for-
qualcuno che la innalzi e si faccia seguire. Né al pre-
tuna, alla sua virtus ai colpi di mano e a se stesso. Ed
sente si vede nessun altro, in cui l’Italia possa spera-
è destinato inevitabilmente ad affogare. Serviva un re, se non il Vostro (=di Lorenzo de’ Medici) illustre
ben altro approccio ai problemi e si doveva lasciar casato, il quale con la sua fortuna ed il suo valore,
perdere la fortuna… Il principe si vuol rovinare con
avendo il favore di Dio e della Chiesa, alla quale ha
le sue mani, se si affida a essa. L’approccio corretto è
dato ora un papa (=Giovanni de’ Medici, divenuto
quello di Botero: il principe è istruito, ha studiato per
papa nel 1513 con il nome di Leone X), possa guidare
governare, sa in anticipo che cosa succederà e inter-
e attuare la liberazione dallo straniero. Ciò non sarà
verrà a ragion veduta. Non è mai abbandonato a se
molto difficile, se avrete davanti a voi, come modello,
stesso, ha i suoi collaboratori. E farà tutto, tranne che
le azioni e la vita dei soprannominati [Mosè, Ciro e
abbandonarsi ai colpi di mano e sperare che la fortu-
Teseo]. E, benché quegli uomini siano rari e straordi-
na, il caso, la sorte siano con lui.
nari, tuttavia furono uomini, e ciascuno di loro ebbe
---I☺I--- un’occasione meno favorevole di questa occasione
presente; e la loro impresa non fu più giusta di questa,
né più facile, né Dio fu più favorevole a loro che a
voi. Qui sta la giustizia più grande: “È giusta la guer-
ra per chi è necessaria, e le armi sono sante dove non
c’è alcuna speranza se non nelle armi” [T. LIVIO, Ab
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 201
urbe condita, IX, 1]. Il popolo italiano è dispostissi- che da secoli si era cristallizzata in piccoli Stati e in
mo [a prendere le armi contro gli stranieri]; e, dove Stati regionali, sempre in lotta tra loro fino alla pace
c’è grandissima disponibilità, non può essere grande di Lodi (1454), perché nel resto dell’Europa ci sono,
difficoltà [a farsi seguire], purché la casa de’ Medici e da tempo, gli Stati nazionali, che fondano la loro
prenda come modelli coloro che io ho proposto. Oltre potenza su un territorio vasto, su una popolazione
a questo, qui si vedono avvenimenti straordinari, sen- numerosa, su una burocrazia efficiente e su un eserci-
za precedenti, mandati da Dio: il mare si è aperto; una to stabile e ben armato.
nuvola vi ha mostrato il cammino; la roccia ha fatto 1.1. L’ultimo capitolo mostra quanto il libretto sia
scorrere acqua; qui è piovuto la manna; tutto contri- condizionato dalla dedica del Principe a un esponente
buisce alla vostra grandezza [e al vostro successo]. di casa de’ Medici. La proposta di unificare l’Italia è
Voi dovete fare il resto. Dio non vuole fare ogni cosa, il piatto prelibato finale che l’autore offre al suo futu-
per non toglierci il libero arbitrio e parte di quella ro (lo spera) datore di lavoro. Lorenzino poteva farsi
gloria che tocca a noi. […] abbagliare e ringalluzzire per la proposta, e pensare di
5. Non si deve dunque lasciar passare questa occasio- realizzarla. E invece non ci penserà nemmeno. Ma
ne, affinché l’Italia, dopo tanto tempo, veda un suo darà ugualmente un posto di lavoro allo scrittore.
salvatore. Né posso esprimere con quale amore egli 1.2. “Qui si vedono avvenimenti straordinari, senza
sarebbe ricevuto in tutte quelle provincie che hanno precedenti, mandati da Dio”: il testo va interpretato
patito per queste alluvioni (=invasioni) esterne; con nei termini indicati dallo stesso Machiavelli in Di-
che sete di vendetta (=giustizia), con che ostinata fe- scorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, 11. I mira-
de, con che pietà, con che lacrime. Quali porte reste- coli non avvengono, sono soltanto fole inventate per
rebbero chiuse davanti a lui? Quali popolazioni gli il popolo che servono per mantenere il popolo com-
negherebbero l’obbedienza? Quale Italiano gli neghe- patto. Una interpretazione assai ingenua. L’ex gesuita
rebbe l’ossequio? A ognuno puzza questo barbaro Botero non scomoda i miracoli (è pericolosissimo,
dominio. Pigli dunque l’illustre casa vostra questo perché, se lo scopre, la gente si sente raggirata!), pen-
compito con quell’animo e con quella speranza con sa che la Chiesa svolga egregiamente il compito di
cui si intraprendono le imprese giuste, affinché sotto tenere il popolo compatto e ubbidiente al principe. È
la sua bandiera questa patria sia nobilitata, e sotto i curioso un uomo che non crede ai miracoli e che se li
suoi auspici si verifichi quel detto di Petrarca [Can- inventa perché gli servono… E che un ex-gesuita non
zoniere, CXXVIII, 93-97]: pensi minimamente ad essi: se li gestisce la Chiesa,
perché essi sono di sua competenza.
Virtù (=valore militare) contro la furia dei barbari] 1.3. Dio, salvatore, speranza son termini religiosi.
prenderà le armi, e il combattimento sarà breve, Nello scrittore però la Chiesa non ha scopi autonomi,
perché l’antico valore [dei romani] è soltanto un instrumentum regni. Un’interpretazione
nel cuore degli italiani non è ancor morto! davvero semplicistica e povera della Chiesa, che si
proponeva di predicare il Vangelo, la buona novella,
Riassunto. Machiavelli conclude il trattato invitando a tutte le creature, a tutti gli uomini della terra (Mc
Lorenzino de’ Medici a liberare l’Italia dagli stranie- 16, 9-20). Che finanziava gli artisti ad maiorem Dei
ri: la situazione è favorevole, può contare sull’aiuto gloriam e che aveva il dominio incontrastato sulle co-
del papa (è della famiglia de’ Medici) e sull’aiuto di scienze dei fedeli.
Dio, come dimostrano i fatti prodigiosi che si sono 2. L’ultimo capitolo però prosegue e conclude anche
visti. E sarà sicuramente seguito dal popolo italiano, altre indicazioni e altre riflessioni, che attraversano
che aspetta soltanto che un principe impugni la ban- l’opera: la virtù, l’impeto, l’irruenza passionale e ir-
diera della liberazione nazionale. I barbari non sono razionale hanno la meglio sulla riflessione, sulla ra-
audaci come sembra e si arrendono subito. E l’antico gione e sulla preparazione meticolosa. La ragione può
valore militare dei romani non è ancora morto nel dare i suoi contributi migliori soltanto nel prendere
cuore degli italiani. precauzioni per il tempo in cui la fortuna favorevole
vien meno. Tutto ciò non deve portare ad accusare
Commento Machiavelli di fare scelte irrazionali, perché talvolta
1. L’ultimo capitolo fornisce gli elementi per inter- una situazione in stallo si può sbloccare soltanto con
pretare correttamente il breve trattato: l’autore auspi- un’azione irrazionale – cioè si può “forzare” –; poi
ca l’avvento di un principe, che nel caso specifico è perché l’irrazionalità e la passionalità non si sostitui-
un esponente della casa de’ Medici, che cacci gli scono alla ragione, ma intervengono quando la ragio-
eserciti stranieri fuori d’Italia e restituisca la libertà ne si trova in stallo e ha mostrato i limiti del suo in-
agli italiani. La liberazione nazionale viene dall’alto, tervento; e infine perché l’intervento passionale e ir-
non dal popolo. Il popolo deve soltanto seguire la razionale introduce nella realtà una variabile di cui la
bandiera innalzata dal principe. Machiavelli ha anco- ragione (degli avversari, ma anche nostra) fa fatica a
ra una visione ristretta e municipale della politica: il prevedere le conseguenze.
principe può fare tutto da sé, perché il suo Stato non 2.1. Comunque sia, tutto è legato al principe, alle sue
supera i confini regionali e la vita politica è estrema- capacità personali e alla buona o cattiva fortuna che
mente semplice. Ciò però succede soltanto in Italia, incontrerà.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 202
3. Le considerazioni appena fatte devono però tenere di cui parla Tommaso d’Aquino nel De regno ad re-
conto di alcune altre idee di Machiavelli: la forza gem Cypri (o De regimine principum) (1266). Il com-
dell’abitudine che si impossessa delle azioni del prin- pito supremo del rex era quello di preoccuparsi ad ol-
cipe, sia nel caso in cui il principe usi la ragione, ed tranza del bonum commune, cioè della difesa e della
abbia successo, perché le circostanze richiedono sicurezza dello Stato, della pace e dell’ordine sociale.
azioni razionali; sia nel caso in cui il principe usi In nome del bene comune poteva essere sacrificata
l’impeto passionale, l’audacia e la determinazione, ed anche la vita del singolo individuo.
abbia ancora successo, perché le circostanze richie- 6. Conviene confrontare Machiavelli, Guicciardini e
dono un tale tipo di intervento. La forza dell’abitudi- Botero, che sono contemporanei, per i temi comuni
ne per il principe diventa un suicidio politico, quando che affrontano e per le soluzioni che propongono: i
intervengono circostanze che egli con la sua mentalità sudditi, lo Stato, il principe, le virtù del principe, la
ed il suo comportamento – vuoi razionali vuoi pas- pace e la guerra, l’infrazione della morale comune e/o
sionali – non è abituato ad affrontare e non ha l’espe- ecclesiastica, la Fortuna, la Chiesa.
rienza specifica con cui affrontarle. 7. Alla fine della lettura del Principe si ha l’im-
4. Machiavelli si preoccupa in primo luogo che l’Ita- pressione che l’autore abbia visto la realtà per il buco
lia sia liberata dalla presenza straniera; a questo pro- della serratura o anche al di là del buco, ma che non
posito ritiene che la casa de’ Medici abbia le maggio- abbia mai parlato con l’esperienza di chi è stato pro-
ri possibilità di successo. A questo punto però l’au- tagonista diretto, attivo, in prima persona dei fatti. E
tore si ferma: non dice che cosa succederà in Italia c’è una radicale differenza tra essere protagonisti e
una volta che gli stranieri siano stati cacciati. La casa immaginare di essere protagonisti (e pensare che ba-
de’ Medici dovrà forse continuare l’opera di unifica- sti guardare per capire). La realtà effettuale si è presa
zione nazionale oppure si dovrà fermare, contenta dei una vacanza a tempo indeterminato. Né lo scrittore né
risultati ottenuti? E, se dovrà continuare, come si do- i suoi estimatori se ne sono accorti. Basta leggere Bo-
vranno comportare gli altri Stati della penisola: la tero e questa impressione si rafforza e alla fine tra-
Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa e il Re- volge e distrugge il segretario fiorentino e pure i suoi
gno di Napoli? Dovranno farsi conquistare in nome incapaci e ignoranti ammiratori.
dell’unità italiana o potranno resistere e reagire? E, al 8. Spassoso e delirante: Machiavelli tira in ballo la
di là della presenza degli eserciti stranieri, questo era religione e i miracoli (anche se fasulli). Botero non
il problema che pesava, ormai da alcuni secoli, sulla parla né di Dio né di miracoli né di dogmi di fede al
penisola. L’autore vuole dimenticare che le potenze principe, gli propone un contratto commerciale reci-
straniere erano in Italia dal 1494, cioè da quando Lu- procamente vantaggioso.
dovico il Moro, signore del ducato di Milano, aveva
invitato in Italia Carlo VIII, re di Francia, contro il
regno di Napoli; e il sovrano francese era giunto fino
a Napoli senza colpo ferire. Soltanto a questo punto
gli Stati italiani si coalizzano contro il sovrano fran-
cese, che è momentaneamente fermato. Essi però so-
no immediatamente presi dal loro individualismo e
dalle loro conflittualità tradizionale, così le potenze
straniere invadono la penisola e vi restano fino
all’unità d’Italia (1859-70).
5. Le posizioni di Machiavelli – ma il discorso vale
per ogni autore – acquistano spessore politico e teori-
co se confrontate (ad esempio) con la visione che
Dante ha dello Stato (l’impero deve garantire pace e
giustizia agli uomini) o con la visione che ne ha
Thomas Hobbes (1588-1679) nel Seicento (lo Stato
deve avere tutto il potere politico nelle sue mani, cioè
deve essere assoluto, perché soltanto così riesce a im-
porre la pace nella società dilaniata dai conflitti tra le
opposte fazioni). Da questo confronto emerge più
chiaramente quanto, al di là delle parole, l’autore sia
rimasto legato al passato e quanto sia andato oltre.
5.1. Machiavelli ha avuto forti estimatori tra i pensa-
tori laici che dal Risorgimento in poi lo hanno voluto
contrapporre all’oscurantismo della Chiesa cattolica.
In realtà, se si va a vedere più attentamente e senza
pregiudizi il pensiero politico medioevale, si scopre
con sorpresa che il principe di Machiavelli è molto 1. Otto Dix, La famiglia del pittore Adalbert Trillhaase,
simile – troppo simile – al rex, al monarca assoluto, 1923.
Amiam, ché ‘l Sol si muore e poi rinasce: 6. Amiamo, perché il Sole muore e poi rinasce.
a noi sua breve luce A noi egli nasconde la sua
s’asconde, e ‘l sonno eterna notte adduce. breve luce ed il sonno ci porta una notte eterna.
Ohimè! dal dì che pria 2. Ohimè!, dal giorno in cui respirai per la prima
trassi l’aure vitali e i lumi apersi volta le arie vitali e apersi gli occhi in questo mondo
in questa luce a me non mai serena, che per me non è mai stato sereno, io fui
fui de l’ingiusta e ria un giocatolo e un bersaglio di quella [dea] ingiusta
trastullo e segno, e di sua man soffersi e malvagia, e dalla sua mano soffersi ferite
piaghe che lunga età risalda a pena. che il passare degli anni rimargina appena.
Sàssel la gloriosa alma sirena, Lo sa Partenope, la gloriosa Sirena, genitrice
appresso il cui sepolcro ebbi la cuna: [di Napoli], presso il cui sepolcro io nacqui:
così avuto v’avessi o tomba o fossa così, avessi io potuto avere lì la mia tomba
a la prima percossa! o una semplice fossa al primo colpo [avverso
Me dal sen de la madre empia fortuna della Fortuna]! L’ingiusta Fortuna mi strappò
pargoletto divelse. Ah! di quei baci, ancor bambino dal seno di mia madre. Ah!,
ch’ella bagnò di lagrime dolenti, sospirando io mi ricordo di quei baci che ella bagnò
con sospir mi rimembra e degli ardenti con lacrime di dolore e [mi ricordo] delle preghiere
preghi che se ‘n portár l’aure fugaci: ardenti che il vento fugace portò via:
ch’io non dovea giunger più volto a volto io non dovevo congiungere mai più il mio viso
fra quelle braccia accolto al suo viso, accolto fra le sue braccia con abbracci
con nodi così stretti e sì tenaci. così stretti e tenaci. Ahimè!, e seguii con passi incerti,
Lasso! e seguii con mal sicure piante, come Ascanio o Camilla, mio padre costretto
qual Ascanio o Camilla, il padre errante. a peregrinare [di corte in corte].
15. [Come la rosa], il verde fiore [della giovinezza] se 1. Francesco Hayez, Rinaldo e Armida, 1812-13.
ne va con il trascorrere dei giorni della nostra vita
mortale. E, se anche aprile (=la giovinezza) fa ritorno, Quando la maga si allontana, essi si avvicinano a
essa (=la rosa e la giovinezza) non rifiorisce né rin- Rinaldo e gli mettono davanti lo scudo incantato. Ve-
verdisce mai più. Cogliamo la rosa nel bel mattino di dendo il suo aspetto effeminato, Rinaldo si vergogna
questo giorno, che ben presto perde il suo fulgore della sua passione per Armida e decide immediata-
[perché volge alla sera]. Cogliamo la rosa dell’amore mente di abbandonare la donna e di seguire i due
ed amiamo ora, quando si può amare ed essere riama- guerrieri. Armida però se ne accorge prima del pre-
ti.” visto.
---I☺I---
16. [Poi] tacque. Ed il coro degli uccelli all’unisono,
quasi per approvare, riprende subito il canto. Le co-
lombe raddoppiano i loro baci ed ogni animale ripen- Armida abbandonata da Rinaldo, XVI, 35-
sa nuovamente all’amore. Pare che la dura quercia ed 44, 47-60
il casto alloro e tutta la grande e frondosa famiglia
degli alberi; pare che la terra e l’acqua formino ed 35. [...] Intanto Armida vide giacere morto il feroce
esalino dolcissimi sentimenti e sospiri d’amore. custode della porta regale [del giardino]. Prima so-
spettò, poi si accorse che il suo caro Rinaldo si prepa-
17. I due amici (=Carlo e Ubaldo) vanno [per il sen- rava ad andarsene. E lo vide (ahi vista crudele!) in
tiero] in mezzo ad una melodia così tenera, in mezzo fuga e di fretta volgere le spalle alla dolce dimora.
ad una bellezza così affascinante ed attraente; e, con
forza e costanza, resistono alle lusinghe del piacere. 36. Voleva gridare: “O crudele, dove lasci me sola?”,
Ecco, tra fronde e fronde, il loro sguardo penetra in ma il dolore le impedì di parlare, così che la parola
avanti e vede (o gli pare di vedere), ecco infine vede flebile tornò indietro più amara a riecheggiare sul
con certezza l’amante e l’amata (=Rinaldo e Armida): cuore. O misera! Una forza e un sapere, maggiore dei
egli è in grembo alla donna, ella è in grembo all’er- suoi, ora le rubano i suoi diletti. Ella lo comprende e
betta. invano cerca di trattenerlo, invano cerca di usare le
sue arti.
18. Ella ha la veste aperta sul petto e sparge al vento
estivo i capelli disciolti. Ha un’espressione languida e 37. Tutte le empie formule magiche mai pronunciate
tenera e, brillando, le sue stille di sudore fanno più con bocca immonda da una maga della Tessaglia; ciò
acceso il suo volto infiammato: come un raggio [bril- che può arrestare il moto dei corpi celesti e trar fuori
la] nell’onda, [così] un sorriso tremulo ed eccitante le le ombre dalla profonda prigione [degli inferi]: ella
scintilla negli occhi umidi. China il capo su di lui, ed sapeva bene tutto questo, eppure non può ottenere
egli le posa il capo nel grembo morbido e solleva il nemmeno che l’inferno risponda alle sue parole. La-
volto verso quello di lei. scia gli incantesimi e vuole provare se la bellezza af-
fascinante e supplichevole sia una magia migliore.
19. E, pascolando avidamente in lei i suoi occhi fa-
melici, si consuma e si strugge. Ella si inchina, e 38. Corre, e non si cura dell’onore e della dignità.
spesso ora beve dagli occhi, ora succhia dalle labbra i Ah! Dove sono ora i suoi trionfi e i suoi vanti? Prima
dolci baci. A quel punto egli si sente sospirare così d’ora soltanto con un cenno ella volge e rivolse il re-
profondamente, che pensa: “Ora la mia anima fugge gno d’Amore in tutta la sua grandezza. Ed ebbe così
e, pellegrina, si trasferisce dentro di lei”. I due guer- il disprezzo [verso gli amanti] pari all’orgoglio, per-
rieri guardano dal loro nascondiglio gli atti d’amore ché amò essere amata ma odiò gli amanti. Gradì sol-
[dei due innamorati]. tanto se stessa e, oltre a sé, gradì negli altri soltanto
qualche effetto prodotto dai suoi begli occhi.
b) per Machiavelli essa significa impegno per costrui- 2. Agnolo Bronzino, Venere, Cupido, la Follia e il Tempo
re uno Stato solido, in pace e militarmente sicuro; o Allegoria della concupiscenza, 1540-45, m 1,46x1,16.
c) per Tasso essa significa sottomettersi al potere e ai
valori costituiti e persuadere il lettore della bontà di L’opera di Bronzino è costruita su diversi piani o su un
questi valori; multi-piano o sul piano dilatato dei personaggi: Venere,
d) per Galilei essa significa rinnovamento della cultu- Cupido, il Piacere carnale, l’Inganno, il Tempo e lo
ra, apertura della scienza alla società, discussione e sfondo invisibile. Essa ha un complesso significato sim-
dimostrazioni; bolico, che si sovrappone alle immagini. I personaggi
e) per Marino essa significa volontà estrema di anda- sono numerosi. Venere con il pomo d’oro “Alla più
re incontro alle esigenze dei committenti, che pagano. bella”, datole da Paride, sfila una freccia al figlio. Cupi-
2. Conviene anche andare a rivedere come la cultura do bacia la madre, le strizza un capezzolo e le ruba il
era concepita da Dante, Petrarca, Boccaccio e gli diadema. Il putto con i campanelli alla caviglia, che cor-
umanisti del Quattrocento. Nel Settecento, nell’Ot- re verso Venere e Cupido, è il Piacere carnale, che si
tocento e nel Novecento ci saranno altre concezioni, ferisce ai piedi con le spine. In alto a dx il Tempo con
più o meno simili a quelle qui indicate. Dovrebbe ri- le ali e la clessidra scopre la scena. Accanto al putto del
sultato subito che la cultura non è al di sopra delle Piacere carnale s’intravede l’Inganno: ha le mani inver-
parti. Essa si presta ed è piegata a tante funzioni, tite (nella dx stringe un aculeo di scorpione, nella sx un
completamente diverse e legate a una classe sociale favo di miele), il corpo di serpente e le zampe da leone.
piuttosto che a un’altra. D’altra parte la Scuola sici- In alto a sx due figure grottesche, la Disperazione e la
liana era certamente filonobiliare, come il Dolce stil Follia (o la Malattia). In basso a dx due maschere, che
novo era filoborghese. Il Decameron è filonobiliare e indicano doppiezza. Infine in basso a sx due colombe,
anticlericale come il De falso credita et ementita simbolo della dea.
Constantini donatione (1440) di Valla è anticlericale. L’opera mostra le conseguenze indesiderate del piacere
La cultura insomma è uno dei tanti ambiti in cui si e invita a non farsi traviare. In poco spazio ci sono sette
manifesta la lotta per affermare il proprio ceto o la figure, due maschere e due colombe. I movimenti dei
propria classe contro le altre. Ciò permette di capire corpi sono molteplici e si manifestano nello spazio tri-
perché la Chiesa cattolica abbia dato sempre grandis- dimensionale. La muscolatura trasmette forza, il corpo
sima importanza al fatto di avere sotto il suo controllo della donna trasmette bellezza, desiderio e sensualità,
gli intellettuali (e, attraverso di loro, la cultura), che minacciati dal tempo. Il simbolismo e l’invito a non ab-
essa ripagava con pensioni, incarichi e lasciandoli li- bandonarsi al piacere passano in secondo piano.
beri (una concessione da poco) di manifestare tutte le Venere in ginocchio ha l’altezza di una donna normale:
tendenze sessuali che volevano. In genere gli intellet- m 1,65.
tuali non vedevano l’ora di asservirsi. ------------------------------I☺I-----------------------------
Per la sua donna, che avea spiegate le Per la sua donna, che aveva sciolto i suoi capel-
sue chiome al sole li al sole
32. Ma sovr’ogni augellin vago e gentile 32. Ma sopra ogni uccellino bello e gentile
che più spieghi leggiadro il canto e ‘l volo che canta e vola con leggiadria in cielo,
versa il suo spirto tremulo e sottile l’usignolo, la sirena dei boschi,
la sirena de’ boschi, il rossignuolo, effonde il suo spirito tremante ed acuto;
e tempra in guisa il peregrino stile e modula in modo tale il suo canto,
che par maestro del’ alato stuolo. che pare il maestro di tutti gli uccelli.
In mille fogge il suo cantar distingue Esso trasforma il suo canto in mille modi,
e trasforma una lingua in mille lingue. trasforma il suo canto in mille suoni.
33. Udir musico mostro, o meraviglia, 33. Che meraviglia ascoltare questo prodigio
che s’ode sì, ma si discerne apena, musicale, che si ode, sì, ma si sente appena
come or tronca la voce, or la ripiglia, come ora tronca il canto, ora lo riprende,
or la ferma, or la torce, or scema, or piena, ora lo ferma, ora lo piega, ora lo abbassa, ora
or la mormora grave, or l’assottiglia, lo innalza, ora privilegia i suoni gravi, ora
or fa di dolci groppi ampia catena, quelli acuti, ora fa di dolci note una lunga catena,
e sempre, o se la sparge o se l’accoglie, e sempre, sia che dispieghi sia che raccolga la voce,
con egual melodia la lega e scioglie. con uguale abilità la lega e la scioglie.
34. O che vezzose, o che pietose rime 34. O che graziose, o che pietose rime
lascivetto cantor compone e detta. il sensuale cantore compone e cinguetta.
Pria flebilmente il suo lamento esprime, Prima esprime il suo lamento in modo flebile,
poi rompe in un sospir la canzonetta. poi rompe la canzonetta in un sospiro.
In tante mute or languido, or sublime In tanti modi ora languido, ora sublime
varia stil, pause affrena e fughe affretta, varia stile, frena pause e affretta fughe,
ch’imita insieme e ‘nsieme in lui s’ammira ed imita insieme e insieme in lui s’ammirano
cetra flauto liuto organo e lira. cetra, flauto, liuto, organo e lira.
35. Fa de la gola lusinghiera e dolce 35. Talvolta fa della gola (piena di lusinghe
talor ben lunga articolata scala. e dolce) una scala ben lunga e articolata.
Quinci quell’armonia che l’aura molce, Quindi manda verso l’alto quel canto
ondeggiando per gradi, in alto essala, che rallegra l’aria, ondeggiando per gradi,
e, poich’alquanto si sostiene e folce, e, poiché si sostiene e regge per molto tempo,
precipitosa a piombo alfin si cala. infine si cala e precipita a piombo.
Alzando a piena gorga indi lo scoppio, Quindi, alzando i gorgheggi a piena gola,
forma di trilli un contrapunto doppio. forma un doppio contrappunto di trilli.
36. Par ch’abbia entro le fauci e in ogni fibra 36. Pare che egli abbia nella gola e in ogni fibra
rapida rota o turbine veloce. una ruota rapida o un turbine veloce.
Sembra la lingua, che si volge e vibra, Sembra la lingua, che si muove e si mette a vibrare,
spada di schermidor destro e feroce. sembra la spada di uno spadaccino abile e deciso.
Se piega e ‘ncrespa o se sospende e libra Se piega e se increspa oppure se interrompe
in riposati numeri la voce, e tiene sospesa la voce in ritmi tranquilli,
spirto il dirai del ciel che ‘n tanti modi lo dirai spirito del cielo, che in tanti modi snoda
figurato e trapunto il canto snodi. il suo canto così vario e pieno di note.
37. Chi crederà che forze accoglier possa 37. Chi crederà che un’anima così piccola
animetta sì picciola cotante? possa contenere forze così grandi?
e celar tra le vene e dentro l’ossa Che un atomo canterino possa nascondere
tanta dolcezza un atomo sonante? tanta dolcezza dentro le vene e le ossa?
O ch’altro sia che da liev’aura mossa Che sia, mosso da un alito di vento, un canto
una voce pennuta, un suon volante? con le penne, un suono che vola? O che sia
e vestito di penne un vivo fiato, un respiro vivo, vestito di penne,
una piuma canora, un canto alato? una piuma che canta, un canto che vola?
Giova, o amico, ne l’anima profonda Giova, o amico, nel profondo del proprio animo
meditare le dubbie sorti umane, meditare l’incerto destino degli uomini,
piangere il tempo, ed oscurar di vane [giova] rimpiangere il tempo [che passa] e riempire
melancolìe la dea Terra feconda? di inutili malinconie la dea Terra che è piena di vita?
Bevere giova con aperta gola È utile bere con la gola ben aperta
ai ruscelli de ‘l canto, e coglier rose, ai ruscelli della poesia, e cogliere le rose
e mordere ciascun soave frutto. e gustare ogni frutto soave.
Riassunto. Il poeta si rivolge all’amico Giovanni Gorgia di Leontini (485/475 a.C.-375 a.C.), Encomio
Marradi e gli dice che non serve passare il tempo a di Elena. Il sofista difende Elena: si è fatta convince-
meditare sull’incerto destino umano, né piangere il re da Paride a lasciare il marito Menelao, perché non
tempo che passa, né riempire la terra con noiose ma- poteva resistere alle parole persuasive del corteggia-
linconie. Vi è la poesia, che canta la bellezza, l’amo- tore. Perciò va scusata. La difesa è buona, pure credi-
re, l’avventura, le grandi imprese, la natura, i grandi bile. Ma è preferibile pensare che il marito non fosse
personaggi. La Parola è capace di trasformare la real- esperto né prodigo nelle attività sessuali, a cui prefe-
tà. La gioia del poeta è nella pura Bellezza dell’arte; e riva le attività guerriere. E che la donna, stanca di
il Verso è tutto. ammuffire, stanca di essere ignorata, si cercasse un
amante abile di parole e abile in azione. In effetti non
Commento volle più tornare da Menelao. Come dice san Paolo
1. Il poeta propone una concezione della poesia e, più (1Cor 7, 1-16, in particolare 7, 3-6), il marito ha il di-
in generale, della cultura che afferma la superiorità ritto di chiedere e ottenere dalla moglie. Ugualmente
dell’immaginazione poetica, capace di trasformare la la moglie ha il diritto di chiedere e ottenere dal mari-
realtà, rispetto alla misera realtà della vita quotidiana. to:
Questa tesi poetica è formulata esplicitamente negli
ultimi versi, nei quali è presente pure l’estetismo e il 3Il marito compia il suo dovere verso la moglie (=la
culto della bellezza dell’autore. monti con amore); ugualmente anche la moglie verso il
2. Una dimostrazione è in un’altra opera di D’An- marito (=gli chieda di montarla con amore).
nunzio, La pioggia nel pineto (1902): il poeta e una 4La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il
evanescente figura di donna sono sorpresi dalla piog- marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro
gia in un bosco. Egli invita la donna ad ascoltare i del proprio corpo, ma lo è la moglie.
rumori delle gocce d’acqua sulla vegetazione, il canto 5Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e
delle cicale, che si affievolisce e scompare, il canto temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera (=la
delle rane, che diventa sempre più intenso. E, mentre pausa serve a ricaricare il corpo), e poi ritornate a stare
la natura del bosco si appropria della loro vita e dei insieme (=alle attività sessuali), perché satana non vi
loro corpi, egli invita la donna a lasciarsi andare alle tenti nei momenti di passione.
sensazioni, e alla favola dell’amore, che prima aveva
illuso lui e che ora illude lei. Oggi con un linguaggio demenziale, idiota e sciagu-
3. I due protagonisti, la donna ed il poeta, sono eva- rato si direbbe “pari opportunità”.
nescenti ed immateriali, puri centri di sensazioni, co- (cfr. anche https://www.biblistica.it/?page_id=2643).
me ne La sera fiesolana (1899), sempre di D’annun- ------------------------------I☺I-----------------------------
zio. La ragione è completamente assente e il poeta si
abbandona (e invita la donna ad abbandonarsi) alle
sensazioni della natura, che entrano ed avvolgono la
coscienza. In tal modo l’uomo perde la sua umanità
ed entra a far parte della vita primordiale della natura.
4. Chi vuol volare (e farsi impallinare) può leggere
Chiome d’argento fine, irte, ed attorte Capelli d’argento fine, irti ed attorcigliati
senz’arte intorno ad un bel viso d’oro; senz’arte, intorno a un bel viso d’oro;
fronte crespa, u’ mirando, io mi scoloro, fronte rugosa, guardando la quale io impallidisco,
dove spunta i suoi strali Amore e Morte; dove spezza le sue frecce amore e morte;
occhi di perle vaghi, luci torte occhi color di perla, strabici, incapaci di vedere
da ogni obbietto disuguale a loro; anche oggetti in linea obliqua [rispetto allo sguardo];
ciglie di neve; e quelle, ond’io m’accoro, ciglia di neve, dita e mani dolcemente grosse
dita e man dolcemente grosse e corte; e tozze, per le quali io trasalisco;
labra di latte; bocca ampia celeste; labbra bianche come il latte, bocca ampia, celeste,
denti d’ebeno, rari e pellegrini; denti neri come l’ebano, radi e oscillanti;
inaudita, ineffabile armonia; inaudita ed inesprimibile armonia;
costumi alteri e gravi; a voi, divini costumi superbi e pesanti; a voi, o divini
servi d’Amor, palese fo che queste servi del dio Amore, dico chiaramente che queste
son le bellezze de la donna mia. sono le bellezze della donna mia.
Commento
1. Berni usa il linguaggio petrarchesco, ma lo usa in
modo sfasato, in tal modo ottiene risultati parodistici:
i capelli dorati diventano ora viso d’oro, i primi sono
belli, ma il secondo è sconvolgente! E infatti il poeta,
fissando il viso della sua donna, impallidisce: tradi-
zionalmente si impallidiva per la bellezza del viso;
ora si impallidisce dall’orrore...
2. Anche Berni, come Cecco Angiolieri e poi i poeti
del Seicento, prende in giro la poesia ufficiale, inse-
rendosi in quella tradizione anti-letteraria a cui hanno
dato alcuni contributi anche Guido Cavalcanti e lo
stesso Dante. Del petrarchismo si criticano la mono-
tonia, l’irrealtà della donna cantata e gli eccessi. E se
ne fa la parodia (il termine deriva dal greco e signifi- 1. Michelangelo Buonarroti, Sibilla delfica (=di Delfi,
ca strada vicina). GR), 1536-41. Accanto agli oracoli il mondo greco antico
------------------------------I☺I----------------------------- aveva le Sibille, che avevano le stesse capacità divinatorie.
Per prevedere il futuro gli etruschi si affidavano allo stu-
dio del fegato della vittima; i romani al volo degli uccelli.
E immaginavano una fortuna bona e una fortuna adversa.
Commento
1. Narducci polemizza con il petrarchismo, che can-
tava una donna bellissima e inesistente; e, con mag-
giore aderenza alla realtà, canta i pidocchi di cui la
sua donna è ricca. Anzi in essi si sono trasformati gli
Amorini, per farlo capitolare... L’ultima terzina con-
tiene l’invenzione ingegnosa: il triplice uso del termi-
ne preda. Ma tutto il sonetto è pieno di sferzante in-
ventiva.
2. “Sembrano fiere d’avorio (=bianche) in un bosco
d’oro (=giallo o, meglio, biondo)”.
3. Si possono confrontare le arguzie del Barocco con
la poetica incentrata sul soggetto, lo stesso poeta, di
Petrarca. I poeti del sec. XVII scrivono per il pubbli-
co, per la fama, la gloria e il denaro. Scrivere diventa
una professione: le corti richiedono un poeta o uno
scrittore cesareo (=di corte) che le intrattenga. Meta-
stasio da Napoli-Roma si sposta a Vienna; Goldoni
scappa da Venezia ormai moribonda e si rifugia a Pa-
rigi. In genere gli artisti sono attatti dalle corti
e3uropee, dalla famiglia Tiepolo che si sposta a Ma-
drid a El Greco, che si sposta pure a Madrid.
Nell’Alto Medio Evo succedeva la stessa cosa.
Riassunto. Il poeta descrive la zanzara con numerose 5. Le zanzare non sono tutte uguali. Ci sono quelle
metafore: “Rumore vivente, tromba che vaga,”. Poi la che pungono e quelle che portano la malaria. I fiumi
manda a pungere la donna che ama e da cui non è tracimavano e formavano le paludi, luoghi ideali per
riamato. Se la punge, si può vantare di aver punto una la zanzara anofele. Dante Alighieri (1254-1321) muo-
donna che il dio Amore non riuscì mai a colpire con re di malaria.
le sue fecce né far sofrire.
Commento
1. Materdona descrive la zanzara con perifrasi e me-
tafore. Poi si lamenta che lo disturba mentre dorme.
Ma non c’è bisogno: sta sveglio perché la donna che
ama lo ignora. E allora invita la zanzara ad andare da
lei e a pungerla, così si potrà vantare, perché il dio
Amore con le sue frecce non è mai riuscito a colpirla.
2. Il poeta vuole dimostrare il suo virtuosismo: non
cita mai la zanzara, le dedica tutto il sonetto, ma la
inserisce in un contesto amoroso. L’insetto lo ha pun-
to e lo tiene sveglio, ma non ce n’era bisogno: già
non dorme perché la donna che ama lo ignora. Perciò
la invita ad andare da lei e a pungerla: non vi è riusci-
to nemmeno il dio Amore.
3. In tal modo Materdona tratta secondo la poetica
secentesca della meraviglia un motivo tradizionale,
petrarchesco: le sofferenze provocate dalla donna che
si ama, che è crudele e lo respinge.
4. Alcune figure rettoriche: “A chi le do? Uno è focoso, l’altro è ricco!”
Animato rumor, tromba vagante: perifrasi e iperboli 1. Cornelis van Haarlem, La scelta tra giovane povero e
tromba vagante: metafora; il pungiglione assomiglia vecchio ricco, 1610sd. Nell’Europa settentrionale l’arte
a una tromba che vaga per l’aria scende nelle strade e dipinge quadri realistici. Qui la ra-
aspri e noiosi: endiadi petrarchesca. gazza è indecisa su quale amante o marito le convenga
errante: termine petrarchesco scegliere: il giovane focoso o il ricco uomo maturo? Ha
Vattene a chi non ama, a chi mi sprezza Vattene: messo in mostra la sua merce: le tette e il suo corpo. Co-
chiasmo, ab-ba. munque sia, è curata e veste in modo elegante. L’Italia non
arma gli aghi: prepara il pungiglione; metafora e conoscerà mai questo tipo di pittura.
iperbole ------------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Il verso finale è una acutezza e vuol dire che i la-
menti del poeta non hanno mai fine: si spostano sem-
pre più in là.
2. Il sonetto, fondato sulla “poetica della meraviglia”,
mostra l’abilità e il virtuosismo del poeta nello svi-
luppare con metafore continue due temi paralleli: la
pulce, che è piccola e nera; e i seni, su cui si muove la
pulce, che sono candidi e grandi: Picciola macchia...
in sen d’argento (vv. 1-2), Lieve d’ebeno... fra nevosi
sentier (vv. 5-6), volatil neo d’almo candore (v. 9),
che si esprime anche nei continui contrasti di colore:
macchia/argento, sol/ombra, ebeno/nevosi, neo/can-
dore. Una serie di aggettivi metaforici esprime la
mobilità dell’animaletto: instabil, volatil, non fermo.
Alcune metafore iperboliche ne descrivono il corpo:
ombra palpabile e pungente (v. 4), antipodo nero (v.
7), volatil neo (v. 9), atomo d’amore (v. 11). Alcuni
richiami interni sono: brieve e lieve (vv. 4 e 5), anti-
podo e mondo (vv. 7 e 8), indivisibil e atomo (vv. 10
e 11), ma anche lungo e languore (v. 13).
2.1. La terzina finale contiene una metafora gramma-
ticale: prolisso (=lungo), periodi (=espressioni la-
mentose), punto (=conclusione), non fermo (=non
concluso, mobile, che si sposta sempre più avanti).
“Non isdegnate” (“non rifiutatevi”) è una raffinata
litote, a cui il poeta ricorre per rendere più elevato (e
comico) il testo e il momento del saluto finale.
3. L’ideale secentesco di bellezza femminile è costi-
tuito dalle donne pantagrueliche e sensuali del pittore
fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640), che si
forma in Italia (1600-08) e che ritorna ad Anversa,
dove apre una bottega, che ha un grande influsso sul-
la pittura europea successiva.
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Commento
1. La canzonetta unisce grazia classicheggiante e me-
tafore blandamente barocche: le labbra rosse della
donna del poeta che sono paragonate alla natura con
limpide immagini. La leggerezza delle immagini e la
musicalità dei versi sono ottenute anche sostituendo
l’endecasillabo con versi più brevi.
2. L’iperbole barocca è trasformata in grazia musica-
le: né terra, né mare, né cielo sanno fare un sorriso
bello come quello della sua donna.
3. L’immagine della donna, proposta da Chiabrera,
continua a trasformare e ad arricchire l’immagine e le
funzioni della figura femminile, che erano state can-
tate dall’intera tradizione letteraria, dalla Scuola sici-
liana ai poeti comico-realistici, dal Dolce stil novo a
Petrarca e ai petrarchisti, dall’Umanesimo al Manieri-
smo, dal Barocco al classicismo del Seicento (e poi
all’Arcadia del Settecento).
4. La donna è bella, ma non sappiamo com’è. Non ha
alcun aspetto particolare, ha soltanto un sorriso e due
labbra rosse. Tutto è trasformato in musica e in musi-
calità, e la donna scompare. Conviene confrontarla
con le altre donne incontrate e che si incontreranno.
5. L’abilità del poeta è straordinaria: la lingua italiana
è poverissima di parole brevi.
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che più l’usato impero 10. perché le tue labbra non hanno
quei labbri in me non hanno; più su di me il potere di un tempo,
quegli occhi più non sanno né i tuoi occhi conoscono più la via
la via di questo cor. per giungere al mio cuore.
Quel, che or m’alletta, o spiace. 11. Ciò che ora mi rende lieto o triste,
se lieto o mesto or sono, se ora sono lieto o triste,
già non è più tuo dono, non è più merito tuo,
già colpa tua non è: non è più colpa tua:
Riassunto. Il poeta è stato lasciato dalla sua donna, 2. La canzonetta svolge un motivo divenuto un tópos
che gli ha preferito un altro. Egli però ha superato il letterario: il poeta è abbandonato dalla sua donna. Il
momento dell’abbandono, e riesce a parlare di lei contenuto è esilissimo e anche banale, ma i versi mu-
senza emozionarsi e a notare in lei aspetti che prima sicali riescono a farlo lievitare. Le strofe potevano
gli sembravano belli ma che non lo erano. Alla fine procedere all’indefinito. Tuttavia ognuna di esse rie-
conclude dicendo che la donna ha perso un innamora- sce a interessare l’ascoltatore. La strofa migliore è
to fedele, mentre egli può trovare facilmente un’altra giustamente quella conclusiva (come il Barocco ave-
donna ingannatrice come lei. va insegnato), pregevole per l’osservazione psicolo-
gica. Ad ogni modo il linguaggio di tutta la canzonet-
Commento ta riesce a rinnovare il contenuto e i “fatti” descritti.
1. La libertà, con La partenza (1746), è una delle 3. La canzonetta è assai musicale, e procede sino alla
canzonette più famose del poeta. Essa sintetizza la fine con grazia e leggerezza, senza mai annoiare. Il
poetica metastasiana ma anche il gusto estetico della poeta descrive un abbandono tranquillo e senza
prima metà del Settecento, prima della diffusione del- drammi: la poetica arcadica, ma anche quella illumi-
le idee e dei principi artistici dell’Illuminismo. nistica, non va mai oltre il sentimentalismo.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 293
La partenza, 1746 La partenza
13. Pensa qual dolce strale, 13. Pensa che dolce ferita,
cara, mi lasci in seno: o cara, mi lasci nel cuore;
pensa che amò Fileno (=lo stesso poeta) pensa che Fileno (=lo stesso poeta) amò
senza sperar mercé: senza sperare alcuna ricompensa.
Riassunto. Nice (=la vincitrice) parte. Il poeta è addo- alla perdizione eterna. A parte la Vergine Maria. Il
lorato. Vuole seguirla almeno con il pensiero. Poi ri- Dolce stil novo poi fa della donna la donna-angelo,
corda i tempi felici, quando erano insieme. Adesso la discesa sulla terra per portare l’uomo a Dio. Metasta-
donna riceverà i complimenti ed i pianti da altri in- sio, come altri poeti del Settecento, la trasforma
namorati. Egli ha il cuore ancora ferito dall’amore per nell’ingannatrice, che tradisce l’uomo. E comunque –
lei. E si chiede, a più riprese, se la donna si ricorderà almeno sulle scene teatrali – sorge una articolata dia-
ancora di lui. lettica tra i sessi: l’uomo non è più onnipotente, e la
donna ha una volontà, che fa pesare sull’uomo. Può
Commento scegliere ed abbandonare il suo amante. Può farlo
1. Il motivo tradizionale della canzonetta è anche qui soffrire.
assai esile. Il nome della donna, Nice, significa vitto- 4. La partenza va confrontata con Giacomino Puglie-
ria o, meglio, la vincitrice. Essa insomma vince il se, La dolce cera piagente (prima metà sec. XIII).
poeta e tutti gli altri amanti che la corteggiano. Da L’amante deve partire per le crociate e la donna non è
parte sua il poeta si è soprannominato Fileno (dal contenta.
greco antico φιλεῖν, amare), l’amante o l’innamorato. 5. Ogni società ha i suoi valori, sia pubblici sia priva-
2. La canzonetta, che è musicata dallo stesso poeta, ti, e ha il suo modo specifico di esprimerli. Oltre a ciò
poi da Angelo Maiorana e, per le prime due strofe, ogni classe sociale li vive in modi diversi o rifiuta
anche da Ludwig van Beethoven, trasforma tutto in con forza i valori altrui.
grazia e sentimento. Il dramma non è consono alla
cultura del Settecento. Il finale di strofa ricorda Lo-
1. Jules Joseph Lefebvre, Odalisca che riposa, 1874ca. Il
renzo de’ Medici, Quant’è bella giovinezza (1492).
3. La Scuola siciliana (1230-1260ca.) inizia l’opera di pittore vuol fare concorrenza alla fotografia, nata da poco
e in b/n. Rispetta poi scrupolosamente la prospettiva, sorta
recupero della figura femminile, che la Chiesa pre-
a metà del sec. XV. E riprende il nudo femminile disteso,
sentava come la tentatrice, colei che portava l’uomo
che era divenuto un tópos dal sec. XV.
Il Giorno
Certo fu d’uopo che dal prisco seggio 145 Certamente fu opportuno che un Regno (=la Spagna)
uscisse un regno, e con ardite vele uscisse dagli antichi confini e con ardite vele
fra straniere procelle e novi mostri (=le caravelle di C. Colombo) fra tempeste mai viste,
e teme e rischi ed inumane fami fenomeni sconosciuti, timori, rischi e fame
superasse i confin, per lunga etade superasse le colonne d’Ercole,
invïolati ancora; e ben fu dritto 150 che erano rimaste sempre inviolate; e fu ben giusto
se Cortes e Pizzarro umano sangue se Cortés e Pizarro non considerassero
non istimâr quel ch’oltre l’oceàno sangue umano quello che scorreva
scorrea le umane membra, onde tonando nelle membra oltre Oceano;
e fulminando, alfin spietatamente perciò essi, sparando e uccidendo,
balzaron giù da’ loro aviti troni 155 alla fine spietatamente sbalzarono
Re Messicani e generosi Incassi; dai loro antichi troni sovrani messicani
poiché nuove così venner delizie, e incaici; così, o gemma tra gli eroi,
o gemma degli eroi, al tuo palato! nuove delizie giunsero al tuo palato.
Cessi ‘l Cielo però, che in quel momento Non permetta il Cielo però che,
che la scelta bevanda a sorbir prendi, 160 mentre sorseggi la bevanda prescelta,
servo indiscreto a te improvviso annunzi un servo senza discernimento ti annunci
il villano sartor che, non ben pago all’improvviso il sarto villano, il quale,
d’aver teco diviso i ricchi drappi, non soddisfatto di avere diviso con te
oso sia ancor con pòlizza infinita le ricche stoffe, osi chiedere di essere pagato,
a te chieder mercede. Ahimè, che fatto 165 presentandoti un conto interminabile.
quel salutar licore agro e indigesto Ohimè!, perché allora, resa acida
tra le viscere tue, te allor farebbe e indigesta nelle tue viscere, quella bevanda salutare
e in casa e fuori e nel teatro e al corso (=il caffè) in casa, fuori, a teatro e per strada
ruttar plebeiamente il giorno intero! ti farebbe ruttare plebeamente per tutto il giorno.
Ma non attenda già ch’altri lo annunzi, 170 Ma non attenda che qualcuno lo annunci,
gradito ognor, benché improvviso, il dolce essendo sempre gradito anche se giunge
mastro che i piedi tuoi, come a lui pare, all’improvviso, il dolce maestro,
guida e corregge. Egli all’entrar si fermi che guida e corregge i tuoi passi come a lui pare.
ritto sul limitare: indi elevando All’entrata della camera egli si fermi dritto
ambe le spalle, qual testudo il collo 175 sulla porta; quindi, alzando ambedue le spalle,
contragga alquanto; e ad un medesmo tempo come una tartaruga contragga un po’ il collo;
inchini ‘l mento, e con l’estrema falda contemporaneamente inchini il mento
del piumato cappello il labbro tocchi. e tocchi il labbro con l’estrema falda
Non meno di costui, facile al letto del cappello piumato.
del mio Signor t’accosta, o tu che addestri 180 Non meno facilmente di costui, accòstati
a modular con la flessibil voce al letto del mio Signore tu, che insegni
teneri canti, e tu che mostri altrui a modulare teneri canti con la voce flessibile,
come vibrar con maestrevol arco e tu, che insegni a far vibrare con l’archetto
sul cavo legno armonïose fila. le corde sul violino.
Né la squisita a terminar corona 185 A completare la squisita corona intorno
dintorno al letto tuo, manchi, o Signore, al tuo letto, non manchi, o Signore,
il Precettor del tenero idioma il precettore del tenero idioma
che da la Senna, de le Grazie madre, che dalla Senna (=da Parigi), madre delle Grazie,
or ora a sparger di celeste ambrosia venne or ora a cospargere di celestiale
venne all’Italia nauseata i labbri. 190 ambrosia le labbra dell’Italia nauseata.
Forse vero non è; ma un giorno è fama, Forse non è vero; ma è fama che un giorno
che fûr gli uomini eguali; e ignoti nomi gli uomini furono tutti uguali; e che ignoti furono
fûr plebe, e nobiltade. Al cibo, al bere, i nomi di Plebe e di Nobiltà. A mangiare,
all’accoppiarsi d’ambo i sessi, al sonno a bere, ad accoppiarsi, a dormire
un istinto medesmo, un’egual forza uno stesso istinto, una stessa forza
sospingeva gli umani: e niun consiglio spingeva gli esseri umani: nessuna
niuna scelta d’obbietti o lochi o tempi decisione, nessuna scelta di oggetti, di luoghi
era lor conceduta. A un rivo stesso, o di tempi era loro concessa. Allo stesso rivo,
a un medesimo frutto, a una stess’ombra allo stesso frutto, alla stessa ombra
convenivano insieme i primi padri andavano insieme gli antenati
del tuo sangue, o signore, e i primi padri del tuo sangue, o Signore, e gli antenati
de la plebe spregiata. I medesm’antri del volgo spregevole. Le stesse spelonche,
il medesimo suolo offrieno loro lo stesso suolo offrivano loro
il riposo, e l’albergo; e a le lor membra il riposo e il riparo. Una sola preoccupazione
i medesmi animai le irsute vesti. era comune a tutti, fuggire il dolore;
Sol’ una cura a tutti era comune ed ai cuori umani era ancora
di sfuggire il dolore, e ignota cosa sconosciuto il desiderio.
era il desire agli uman petti ancora. L’aspetto uniforme degli uomini dispiacque
L’uniforme degli uomini sembianza agli dei celesti: a rendere più varia la Terra
spiacque a’ celesti: e a variar la terra fu spedito il dio Piacere.
fu spedito il Piacer. Quale già i numi Come un tempo gli dei scendevano sui campi
d’Ilio sui campi, tal l’amico genio, di battaglia di Troia, così il Genio amico,
lieve lieve per l’aere labendo scivolando lievemente nell’aria, si avvicina
s’avvicina a la terra; e questa ride alla Terra; e questa sorride con un sorriso c
di riso ancor non conosciuto. Ei move, he prima non aveva mai conosciuto.
e l’aura estiva del cadente rivo, Egli si muove; l’aria estiva dal ruscello
e dei clivi odorosi a lui blandisce scrosciante e dai colli profumati gli accarezza
le vaghe membra, e lentamente sdrucciola le belle membra e scivola lievemente sul tondeggiare
sul tondeggiar dei muscoli gentile. gentile dei muscoli. Intorno a lui si aggirano
Gli s’aggiran d’intorno i Vezzi e i Giochi, i Vezzi e i Giochi: e, come ambrosia, le lusinghe
e come ambrosia, le lusinghe scorrongli gli scorrono dalle labbra color di fragola:
da le fraghe del labbro: e da le luci dagli occhi socchiusi, languidi e umidi
socchiuse, languidette, umide fuori fuoriescono scintille di tremulo fulgore,
di tremulo fulgore escon scintille per le quali arde l’aria che egli varca
ond’arde l’aere che scendendo ei varca. scendendo sulla Terra.
Alfin sul dorso tuo sentisti, o Terra, Infine, o Terra, sul tuo dorso sentisti stamparsi
sua prim’orma stamparsi; e tosto un lento per la prima volta la sua orma; e subito
tremere soavissimo si sparse un tremito lento e dolcissimo si sparse
di cosa in cosa; e ognor crescendo, tutte di cosa in cosa; e, crescendo sempre più,
di natura le viscere commosse: sconvolse tutte le viscere della natura:
come nell’arsa state il tuono s’ode come nell’estate riarsa si ode il tuono,
che di lontano mormorando viene; che vien mormorando di lontano
e col profondo suon di monte in monte e che con il suo suono profondo riecheggia
sorge; e la valle, e la foresta intorno di monte in monte; e la valle e la foresta
mugon del fragoroso alto rimbombo, risuonano per il suo fragoroso rimbombo,
finché poi cade la feconda pioggia finché poi cade la pioggia, la quale ravviva,
che gli uomini e le fere e i fiori e l’erbe riconforta, rende allegri e belli gli uomini,
ravviva riconforta allegra e abbella. gli animali, i fiori e le erbe.
Oh beati tra gli altri, oh cari al cielo Oh come furono beati fra gli altri, oh come furono
viventi a cui con miglior man Titano cari al Cielo quei viventi (=gli aristocratici),
formò gli organi illustri, e meglio tese, ai quali il titano Promèteo formò gli organi
e di fluido agilissimo inondolli! illustri con più felice arte, li tese meglio
Voi l’ignoto solletico sentiste e li inondò con sangue scorrevolissimo!
del celeste motore. In voi ben tosto Voi sentiste l’ignota sollecitazione del motore
le voglie fermentâr, nacque il desio. celeste (=il Piacere); in voi ben presto sorsero
le voglie, nacque il desiderio.
Riassunto. Forse non è vero, ma è fama che un giorno lità del passo contrastano con le espressioni dure con
gli uomini fossero tutti uguali: bevevano allo stesso cui è descritta la sorte infelice del popolo, destinato a
ruscello, si nutrivano degli stessi frutti e si rifugiava- servire ai nobili quei beni che produce con il suo su-
no nella stessa grotta, e, spinti dagli stessi bisogni, dore. Parini però non va oltre questa condanna, per
non conoscevano la possibilità di scegliere. Avevano dire al popolo di ribellarsi, di far valere i suoi “diritti”
una sola preoccupazione, fuggire il dolore. Stanchi di evangelici o politici. E neanche per dare al popolo gli
questa vita monotona, gli dei inviarono sulla Terra il strumenti, come l’istruzione e un minimo di cultura,
dio Piacere. La Terra fu sconvolta fin nelle sue visce- che lo facciano uscire dalla sua condizione di impo-
re all’arrivo del dio. A questo punto l’umanità si divi- tenza nei confronti dell’aristocrazia. Egli insomma
se in due parti. I progenitori del giovin signore, a cui vorrebbe fare le riforme, ma senza cambiare nulla: la
gli dei avevano dato gli organi più sensibili, percepi- nobiltà deve recuperare il suo antico ruolo sociale di
rono le differenze, e impararono a distinguere il buo- garante dell’ordine e dovrebbe evitare i comporta-
no dal cattivo, il bello dal brutto, il vino dall’acqua, e menti antipopolari più odiosi; il popolo dovrebbe es-
si impadronirono del buono e del bello. I progenitori sere trattato con più umanità e dovrebbe continuare a
della plebe invece a causa dei loro organi meno sen- fare i lavori e la vita di sempre. L’autore non parla
sibili non furono capaci di cogliere le differenze, e nemmeno di una più equa distribuzione delle ricchez-
come animali continuarono a vivere la vita di prima. ze sociali e dei prodotti del lavoro, e preferisce rifu-
Perciò è giusto che essi abbiano ricevuto in dono la giarsi in un severo quanto inutile moralismo. Per di
laboriosità e rechino sulla mensa altrui i beni che più, ignaro ed ostile alla scienza economica, non si
hanno prodotto. accorge che il risparmio e i minori consumi dei nobi-
li, che propone, si trasformano in un aumento di di-
Commento soccupazione per il popolo, se non cambia la tipolo-
1. L’episodio fonde cultura classica e grazia arcadica gia dei beni prodotti e se, contemporaneamente, non
e neoclassica, sensismo illuministico e, ancora, culto sorgono altre figure di consumatori.
classicheggiante della bellezza. La grazia e la sensua-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 310
2. Parini immagina una favola, piena di grazia e di
sensualità, in cui i nobili giustificano le differenze so-
ciali: esse sono state volute dagli dei e dalla Natura,
poiché la nobiltà ha organi più sensibili, capaci di co-
gliere le differenze e di apprezzare il meglio. La ple-
be invece ha organi rozzi, che le impediscono di di-
stinguere e di scegliere. Le differenze tra le due classi
non hanno quindi un’origine sociale, ma sono state
stabilite dalla natura e dagli dei fin dalla notte dei
tempi. Perciò è inutile sia voler cambiare le cose, sia
voler dare il buono alla plebe.
3. Preso dal fascino del dio Piacere, che scende sulla
Terra con grazia e sensualità, Parini dimentica una
volta tanto di fare la consueta e pesante ironia anti-
aristocratica. E tuttavia continua a non capire che i
nobili con i loro vizi o desideri creano posti di lavoro
per la plebaglia, che passa il tempo a fare figli, nuovi
servi a basso prezzo. Dentro di sé il poeta è dissocia-
to: proviene dal popolo, che non difende, e si schiera
con i nobili, che vorrebbe riportare nel passato, a
comportamenti probi e virtuosi, mai esistiti.
4. I rivoluzionari francesi affermavano che tutti gli
uomini sono uguali, ma in un senso specifico: il terzo
Stato era uguale al clero e alla nobiltà, certamente
non era uguale al popolo minuto, alla canaille. La lo- 1. Jean-Baptiste Regnault, Tre Grazie, 1799, m 2,04x1,53.
ro trinità era libertà, fraternità, uguaglianza. Gli stori- Le Grazie sono a grandezza naturale, m 1,65ca.
ci non si sono mai accorti di questa sottigliezza. Non
spiegarono mai perché gli uomini sarebbero tutti
uguali: la realtà ci mostra il contrario. Ma l’afferma- “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di mino-
zione serviva per giustificare le loro pretese e la loro rità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è
uguaglianza con gli altri due Stati e pretendere di va- l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la gui-
lere politicamente e socialmente di più. Ogni classe da di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità,
ha il diritto di difendere i suoi interessi. Ma le giusti- se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza,
ficazioni addotte dai pensatori illuministi sono stru- ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso
mentali e perciò fragili. In più sono copiate con poco del proprio intelletto senza essere guidati da un altro.
discernimento e in modo approssimativo dalla Chiesa Sapere aude!, Abbi il coraggio di servirti della tua propria
cattolica. La Chiesa e soltanto la Chiesa riesce a fon- intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo”.
dare teoricamente e giuridicamente l’uguaglianza tra
gli uomini: tutti gli uomini sono uguali in quanto figli La risposta è auto-promozionale e interessata, e di-
di Dio. L’uguaglianza è a monte, alle origini, ed è mentica che gli illuministi difendevano gli interessi
ereditata. A valle le cose possono andare in modo della loro classe sociale, la borghesia, e usavano le
molto diverso (e così è), ma questo è un altro proble- armi di cui disponevano. Tuttavia nel sec. XVIII si
ma. A valle ci sono enormi differenze sociali, era in- respira in Francia e in Europa un’aria culturale e poli-
teressi di tutti ridurre, per evitare conflitti sociali. Il tica ben diversa dal secolo precedente: lo sviluppo
sovrano francese rifiuta le riforme richieste dagli il- delle scienze è straordinario e a fine secolo nasce l’e-
luministi, scoppia la rivoluzione francese (1789), che conomia politica. Per altro l’uomo o gli uomini esi-
porta con sé 22 anni di guerre e distruzioni in tutta stono come concetti, perché nella realtà esiste “que-
Europa. st’uomo qui” o “quello lì”. Esso è soltanto francese.
5. È opportuno confrontare le posizioni caute e filo- 6. Parini resta sempre estraneo ai cambiamenti e alle
nobiliari di Parini con quelle del filosofo francese nuove idee. Preferiva rifugiarsi in un passato mitico e
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) (Discorso sull’o- inesistente. Di più non poteva fare e non ha fatto.
rigine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomi- 7. Qualche anno dopo in Italia scoppia la polemica
ni, 1750; Contratto sociale, 1762); con quelle dell’e- fra sostenitori degli antichi e sostenitori dei moderni.
conomista inglese Adam Smith (1723-1790) (Ricerca Giovanni Berchet (Milano, 1783-Torino, 1851) scrive
sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, una lunghissima Lettera semiseria di Grisostomo al
1776); e con quelle, piene di fiducia e di ottimismo suo figliolo (1816), nella quale si schiera con i mo-
nella ragione, del filosofo prussiano Immanuel Kant derni e propone un Romanticismo impegnato e pro-
(1724-1804) (Risposta alla domanda: che cos’è l’Il- gressista.
luminismo?, 1784). La risposta di Kant è sintetica, ma 8. Le tre Grazie sono sempre fonte di ispirazione.
non è detto che sia corretta: ---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 311
Mezzogiorno: Pèra colui che primo osò la Mezzogiorno: “Perisca colui che per primo osò
mano alzare la mano”
5. Alla fine del secolo la sensibilità preromantica tro- 5. Il Romanticismo europeo presenta spesso aspetti
va un terreno fertile soprattutto in Germania, che di- assai contrastanti e contraddittori, e non è possibile
venta il centro di irradiazione in tutta Europa delle condensarlo in poche e chiare tesi. Ad esempio esso
idee romantiche. Nel 1797 a Berlino esce la rivista può rivolgersi al Medio Evo per restaurare il passato,
“Athenäum” (1798-1800), che raccoglie il “Gruppo ma può rivolgersi al passato per scoprire quella cultu-
di Jena”. Essa presenta il manifesto del Romantici- ra popolare che era sempre stata ignorata o disprezza-
smo tedesco, diffonde le idee romantiche e costituisce ta dalla cultura dominante; può essere individualista e
il punto di riferimento obbligato sull’arte e sulla lette- aristocratico, ma può essere anche democratico e at-
ratura del primo Ottocento. Sulla rivista, edita dai fra- tento ai problemi sociali. Può incitare al suicidio e
telli August Wilhelm (1767-1845) e Friedrich von all’autodistruzione ma anche alla lotta per liberare la
Schlegel, scrivono i poeti Novalis (1772-1801) e propria o l’altrui patria. In molti autori – da Schiller a
Ludwig Tiek (1773-1853) e i filosofi Johann Gottlieb Goethe a Foscolo – esso è mescolato con valori e
Fichte (1762-1814) e Friedrich Wilhelm Schelling ideali neoclassici o classicheggianti.
(1775-1854). Questi ultimi due, con Georg Wilhelm
Friedrich Hegel (1770-1831), sono anche i maggiori
esponenti dell’Idealismo classico tedesco.
Commento
Vale la pena di confrontare con questo romanzo un
romanzo patriotico e romantico successivo: Ippolito
Nievo (1831-1861), Le confessioni di un italiano
(1859, pubblicato postumo). Lo scrittore e garibaldi-
no muore nel naufragio del vapore “Ercole“, che lo
riportava a Napoli da Palermo, dove era tornato per
riordinare i documenti della campagna garibaldina.
Ne Il cimitero di Praga (2010) Umberto Eco lo fa
morire per mano di Simone Simonini, falsario e as-
sassino prezzolato, che su commissione del sovrano
piemontese vuole far scomparire le carte che mostra-
no il coinvolgimento di Casa Savoia con la spedizio-
ne garibaldina dei Mille. Per andare sul sicuro, Simo-
nini fa affondare il vapore.
---I☺I---
Le Odi
quel dì che insana empiea quel giorno in cui, impazzita [dal dolore],
il sacro Ida di gemiti, riempiva di gemiti il monte Ida a lei sacro;
e col crine tergea, e con i capelli asciugava
e bagnava di lacrime e bagnava di lacrime
il sanguinoso petto il petto sanguinante
al ciprio (=di Cipro) giovinetto (=Adone). al giovane Adone, che amava.
Riassunto per strofa. 1. Il poeta invita le Grazie a 18. Ma ben presto piansero, perché nelle feste in suo
preparare i balsami e le bende profumate che esse onore a Efeso la dea si presentò con le vergini a lei
porgevano a Venere, quando si punse con una spina, devote ancor più bella!
2. mentre, impazzita dal dolore, piangeva sul corpo
insanguinato di Adone, che amava. Riassunto breve. Il poeta invita le Grazie a preparare
3. Ora gli Amorini piangono Luigia Pallavicini, la più per Luigia Pallavicini i balsami e le bende profumate
bella delle donne liguri. E per lei portano in voto fiori che avevano preparato per Venere quando si era pun-
sull’altare di Apollo. ta con una spina e piangeva Adone ferito. Ora gli
4. La danza la chiamava, mentre la brezza portava un Amorini piangono Luigia e portano fiori sull’altare di
insolito profumo, quando i capelli in disordine im- Apollo. Nelle feste notturne la donna danzava affa-
pacciavano i suoi movimenti. scinando i presenti, mentre i capelli in disordine im-
5. Come lei, anche Pallade Atena con la mano bagna- pacciavano i suoi movimenti. Come lei, anche Palla-
ta tratteneva i capelli fuori dell’acqua. de Atena con una mano tratteneva i capelli fuori
6. Parole melodiose uscivano dalle sue labbra; e dai dell’acqua. Dagli occhi sorridenti di Luigia traspari-
suoi occhi sorridenti trasparivano sue delusioni amo- vano amori, delusioni, pianti e speranze per il futuro.
rose, i suoi pianti e le sue speranze future. A questo punto il poeta rivolge all’amica un rimpro-
7. Il poeta invita l’amica a dire perché ha rivolto il vero implicito chiedendole perché si è dedicata non
suo corpo femminile ad occupazioni maschili e per- alle Muse, ma a un’occupazione maschile come anda-
ché si è dedicata non alle Muse, ma ai giochi perico- re a cavallo. E poi immagina la caduta: il destriero
losi di Marte. sente che la mano che tiene le briglie è incerta e si
8. Poi si rappresenta la caduta: invano i venti cercano lancia a un folle galoppo, quindi entra in acqua. Allo-
di fermare il destriero, che il morso irrita ancora di ra dal profondo del mare interviene il dio Nettuno,
più. che risospinge il destriero sulla spiaggia. Ma l’ani-
9. L’animale agita la testa superba, schizza la schiu- male s’impenna e disarciona la donna, che cade pe-
ma e sporca le sue vesti, le briglie e il seno. santemente al suolo. A questo punto il poeta augura
10. Il destriero è tutto sudato e si mette a correre. Le la morte all’uomo che per primo osò affidare il corpo
grotte marine risuonano del suo scalpitìo, che solleva femminile a un corsiero selvaggio e con un consiglio
polvere e sassi. maldestro aprì alla bellezza un nuovo pericolo. Ma è
11. Poi si lancia nel mare e ormai nuota nell’acqua fiducioso e ricorda che un giorno le cerve, spaventate
fino alla pancia. Le onde, affamate di preda, dimenti- dai lupi, rovesciarono il cocchio di Artemide, che
cano che dalle loro nacque la dea Venere. cadde lungo le pendici dell’Etna. In seguito la dea
12. A questo punto il dio Nettuno lascia la sua dimora andò al banchetto degli dei con il volto coperto. Le
nelle acque profonde del mare e respinge sulla riva il altre dee dell’Olimpo, piene d’invidia, gioivano di
destriero impazzito. soddisfazione. Ma ben presto piansero, perché nelle
13. L’animale scalpitando indietreggia, ma si alza feste in suo onore a Efeso la dea si presentò con le
sulle zampe posteriori, scuote la sella e fa ca- dere la vergini a lei devote ancor più bella.
donna svenuta sulla sabbia pietrosa.
14. Allora il poeta augura la morte a quell’uomo inci- Commento
vile che per primo osò affidare il corpo femminile a 1. In azzurro i termini che appartengono al mondo
un corsiero selvaggio e con un consiglio maldestro classico.
aprì alla bellezza un nuovo pericolo. 2. Luigia Pallavicini monta un cavallo focoso, anche
15. Se non lo avesse fatto, ora egli non vedrebbe il se non sa cavalcare. Il cavallo si mette al galoppo sul-
suo volto pallido e i suoi occhi che sperano di riavere la spiaggia, schizzando acqua e sassi. E si fa stupida-
la bellezza di prima. mente disarcionare e ferire. Su questo fatto insignifi-
16. Un giorno le cerve tiravano il cocchio di Artemi- cante di vita quotidiana il poeta scrive un’ode che si
de, ma, spaventate dalle fiere, fecero precipitare la preoccupa dell’amica ma che tocca molti altri pro-
dea lungo le pendici dell’Etna. blemi, tra cui quello, il più importante, della bellezza
17. Le empie [dee] che abitavano l’Olimpo gioivano rasserenatrice, l’unico rimedio al vaneggiare degli
d’invidia, perché ai banchetti Artemide nascondeva il uomini. Disturba il cielo, il mare e gli inferi con pa-
volto con un velo. ragoni che fanno uscire il fatterello dalla sua banalità.
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Infine le augura che anche lei come Artemide ritorni 4. L’incidente della caduta non è rimosso, ma è con-
più bella di prima. tornato di mitologia classica, che lo trasforma. Per
3. Lo scrittore interviene direttamene nell’ode: chiede Foscolo il mondo classico non è finzione, l’ode ne fa
alla donna perché si è dedicata ad attività maschili, sentire la concretezza anche al lettore di oggi. Nel
come andare a cavallo, e non si è limitata a praticare sec. XVIII è riportata alla luce la città di Pompei,
le attività delle Muse (danza, poesia, musica, canto). sommersa da ceneri e lapilli, che condiziona forte-
E descrive la donna come alla disperata ricerca mente l’arte e l’immaginario collettivo dell’epoca.
dell’amore.
Fiorir sul caro viso Sul tuo caro viso vedo tornare
veggo la rosa; tornano il color roseo; ritornano
i grandi occhi al sorriso 15 a sorridere i grandi occhi seducenti;
insidïando; e vegliano e a causa tua madri preoccupate [per i figli]
per te in novelli pianti e amanti gelose stanno in veglia,
trepide madri, e sospettose amanti. versando sempre nuove lacrime.
Ebbi (=Foscolo) in quel mar la culla, 85 Io (=Ugo Foscolo) nacqui in quel mare,
ivi era ignudo spirito dove vagava, ormai anima priva di corpo,
di Faon la fanciulla, la fanciulla (=Saffo) che amava Faone;
e se il notturno zeffiro e, quando lo zeffiro notturno
blando su i flutti spira, spira dolcemente sui flutti del mare,
suonano i liti un lamentar di lira. 90 i lidi risuonano al lamento della sua lira.
Ond’io, pien del nativo Perciò io, ripieno dello spirito poetico
aër sacro, su l’itala del suolo natale, trasporto
grave cetra derivo per te la poesia greca
per te le corde eolie (=di Eolo), nella severa tradizione italiana,
e avrai, divina, i voti 95 così, o divina, fra i miei inni avrai le offerte
fra gl’inni miei delle insubri (=lombarde) nipoti. votive (=l’ammirazione) delle future donne lombarde.
Forse perché della fatal quïete (=il riposo eterno) Forse perché sei l’immagine della morte
tu sei l’immago a me sì cara, vieni, tu, o Sera, scendi su di me così gradita!
o sera! e quando ti corteggian liete Sia quando ti accompagnano lietamente
le nubi estive e i zeffiri sereni, le nuvole estive e i venti sereni (=d’estate),
e quando dal nevoso aere inquiete sia quando dall’aria nevosa porti sulla terra
tenebre, e lunghe, all’universo meni, notti inquiete e lunghe (=d’inverno),
sempre scendi invocata, e le secrete sempre scendi [da me] invocata,
vie del mio cor soavemente tieni. ed occupi le vie più nascoste del mio cuore.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Mi fai vagare con i miei pensieri
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge sul cammino che porta al nulla eterno; e intanto
questo reo tempo, e van con lui le torme questo tempo reo fugge e con lui ne vanno le infinite
delle cure, onde meco egli si strugge; preoccupazioni per le quali esso si consuma con me;
e mentre io guardo la tua pace, dorme e, mentre io guardo la tua pace, si acquieta
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. quello spirito combattivo che mi ruggisce dentro.
Riassunto. Forse perché è l’immagine della morte, la le sue reminiscenze classiche: l’idea del tempo che
sera scende sul poeta sempre gradita, sia d’estate sia fugge; e l’idea del tempo malvagio verso l’uomo.
d’inverno. Con i pensieri lo fa andare al nulla eterno, 3. Il motivo della sera è un tópos letterario: con sen-
che accompagna la morte. E intanto si consuma que- sibilità profondamente diversa lo trattano Dante in If
sto tempo malvagio e con esso si consumano le II, 1-3, Pg VIII, 1-6, Giacomo Leopardi ne Il sabato
preoccupazioni. E, mentre egli guarda la pace della del villaggio (1829), Giovanni Pascoli ne La mia se-
sera, dorme quello spirito sconvolto dalle passioni, ra, Gabriele D’Annunzio ne La sera fiesolana, Salva-
che ha dentro di lui. tore Quasimodo in Ed è subito sera. La sera più in-
tensa e struggente è quella di Dante: “Era già l’ora
Commento che volge il desio Ai navicanti...” (Pg VIII, 1-6).
1. Per Foscolo la sera diventa romanticamente l’im-
magine della morte (la fatal quiete, il nulla eterno), Nel sonetto A Zacinto il poeta rivolge il pensiero alla
che scende sempre su di lui gradita e invocata, perché sua isola natia, nella quale non potrà più tornare. La
acquieta gli affanni e le passioni che lo hanno scon- sua patria reale lo porta subito a pensare alla sua pa-
volto durante il giorno. tria ideale: la Grecia, i suoi eroi ed i suoi miti (Venere
2. Il poeta esprime le sue idee atee e materialistiche e e la bellezza, Omero e la poesia, Ulisse e l’eroe per-
seguitato dal destino avverso).
Né più mai toccherò le sacre sponde Io non toccherò mai più le tue sacre sponde,
ove il mio corpo fanciulletto giacque, dove trascorsi la mia fanciullezza,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde o Zacinto mia!, che ti specchi nelle onde
del greco mar da cui vergine nacque del mar Egeo, dalle quali nacque la vergine
Venere, e fea quelle isole feconde Venere, che rendeva quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque con il suo primo sorriso, perciò non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde il tuo cielo sereno e i tuoi boschi
l’inclito verso di colui che l’acque la grande poesia di Omero, che cantò
Tu non altro che il canto avrai del figlio, Tu avrai soltanto il canto di questo tuo figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse o mia terra natale; a me il destino ha prescritto
il fato illacrimata sepoltura. una sepoltura senza lacrime [in terra straniera].
Riassunto. Il poeta si rivolge a Zacinto, l’isola in cui 3. Foscolo propone una interpretazione romantica di
è nato, lamentandosi di non poter più ritornare sulle Ulisse (egli, e non il guerriero Achille o il saggio Ne-
sue spiagge, davanti alle quali nacque Venere e che store o i sovrani Agamennone e Menelao, diventa il
furono cantate da Omero, lo stesso che cantò le pere- simbolo del mondo antico). L’eroe greco è “bello di
grinazioni e il ritorno in patria di Ulisse. Egli potrà fama e di sventura” – insomma più è sventurato, più è
dare solamente il suo canto alla sua isola, poiché il romantico –, perché soltanto dopo lunghe peripezie
destino lo farà morire in terra straniera. riesce a tornare nella sua “petrosa Itaca”. Il poeta è
ancora più sventurato e quindi ancora più romantico
Commento (e perciò superiore ad Ulisse), perché rispetto all’eroe
1. Il sonetto parla dell’autore nei primi due versi e greco egli è destinato a non ritornare più in patria e a
negli ultimi tre; negli altri parla delle tre figure più morire in terra straniera.
significative del mondo classico: Venere, simbolo 4. Ulisse è una figura che ritorna a più riprese nella
dell’amore ma anche della bellezza, Omero, simbolo cultura italiana ed occidentale.
della poesia, quindi Ulisse, simbolo dell’eroe. A di- a) Omero gli dedica l’intera Odissea e lo presenta
stanza di 2.500 anni la cultura greca è sentita come astuto o, meglio, “dall’ingegno multiforme”. L’eroe
contemporanea. Il poeta, in modo piuttosto esplicito, greco con l’inganno del cavallo fa cadere la città di
si paragona ad Ulisse (ambedue sono eroi romantici; Troia; provoca l’ira di Nettuno, a cui ha accecato il
l’unica differenza, che poi va a vantaggio del poeta, è figlio Polifemo; sfida mille pericoli, spinto dalla cu-
che Ulisse riesce a ritornare in patria, egli no); ed an- riosità; e infine torna nel suo piccolo regno di Itaca,
che ad Omero, il poeta per antonomasia, che ha can- dove Penelope, la moglie fedele, lo aspetta e dove
tato la sua isola (e i viaggi di Ulisse). Nel sonetto è deve sconfiggere la protervia dei nobili, divenuti ar-
presente un motivo estraneo alla cultura classica: è roganti per la sua lunga assenza.
l’ideale romantico di patria, che proviene dalla Rivo- b) Dante gli dedica un intero canto (If XXVI), lo pu-
luzione francese. I greci erano estremamente litigiosi, nisce come fraudolento ma lo esalta come simbolo
individualisti e campanilisti: la loro città era superiore del mondo antico, che ricerca con tutte le sue forze il
a tutte le altre della Grecia. L’unica cosa che li univa sapere e la sapienza: “Fatti non foste a viver come
era l’odio verso i bàrbaroi, i balbuzienti, gli stranieri. bruti – dice l’Ulisse dantesco ai suoi compagni di
2. Agli inizi dell’Ottocento scoppia una violentissima mille avventure –, Ma a seguir virtute e canoscenza”.
polemica tra i classicisti, che si richiamavano alla pe- In nome della conoscenza Ulisse non ritorna a casa,
rennità della cultura classica, ed i romantici, che pro- dal figlio mai visto, dal padre e dalla moglie fedele, e
ponevano una cultura impegnata ed attuale. Giovanni punta la nave verso lo stretto di Gibilterra, per visita-
Berchet (1783-1851) nella Lettera semiseria di Gri- re il “mondo sanza gente”. Dopo cinque mesi di na-
sostomo al suo figliolo (1816) polemizza con i soste- vigazione vede una montagna altissima, da cui sorge
nitori della cultura classica e sostiene la tesi che i veri un turbine che affonda la nave.
classici sono i romantici: Omero ha usato la mitolo- c) Il terzo Ulisse è l’Ulisse romantico e perciò neces-
gia, che apparteneva al suo tempo e alla sua cultura, sariamente sventurato di Foscolo: più è colpito dalle
per parlare dei problemi a lui contemporanei; i ro- sventure, più è fortunato, perché più diventa famoso.
mantici, proprio come aveva fatto Omero, prendono d) Giovanni Pascoli nei Poemi conviviali (Il sonno di
la mitologia del loro tempo e non quella di altri tem- Odisseo) (1904) dà un’interpretazione decadente del-
pi, per parlare dei problemi contemporanei. l’eroe omerico: sta tornando a casa con i suoi compa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 330
gni, è giunto in prossimità della sua isola, quando si sua patria è quindi più nel passato che nel presente.
addormenta. I compagni aprono gli otri, dove erano Manzoni invece dimentica il passato, dimentica la
racchiusi i venti sfavorevoli, che allontanano la nave cultura greca e latina, e propone un ideale di patria
dal porto. Svegliandosi, Ulisse vede in lontananza radicato nella storia e da attuare nelle sue varie di-
una terra, ma non sa se si è avvicinato alla sua isola mensioni culturali e civili nel presente e nel futuro. In
da cui ora i venti lo allontanano o se è un’altra isola: Marzo 1821 (1821, 1848) egli ne dà questa sintetica
il sonno gli ha impedito di essere pronto all’appunta- definizione: “una d’arme, di lingua, d’altare, Di me-
mento che il destino gli aveva preparato. morie, di sangue, di cor”. Foscolo usa un linguaggio
e) Gabriele D’Annunzio dà un’altra interpretazione neoclassico e attento al passato; Manzoni invece pone
decadente dell’eroe greco: il poeta lo vede alla guida le basi per l’italiano moderno. Ancora, troppo sem-
della sua nave, e chiede di prenderlo con lui. Ulisse lo plice e troppo alfieriana è la valutazione che Foscolo
guarda per un attimo, e da quel momento egli si sente dà di Napoleone, prima liberatore e poi despota; ben
superiore a tutti i suoi compagni (Laudi del cielo, del più complessa è invece la valutazione che Manzoni
mare, della terra e degli eroi. Maia, IV. L’incontro ne dà nell’ode Cinque maggio (1821): Napoleone è
con Ulisse, 1903). l’uomo inviato da Dio, per diffondere tra i popoli gli
f) Nel romanzo Ulysses (1922) lo scrittore dublinese ideali di patria e di libertà e per indirizzare la storia
James Joyce (1882-1941) racchiude in un’intera gior- verso la realizzazione ottocentesca di tali ideali. Que-
nata le poco eroiche peripezie del suo Ulisse, un mo- sta interpretazione è legata alla sua conversione reli-
desto impiegato del mondo contemporaneo, che trova giosa. Dietro alla rivoluzione francese e a Napoleone
anche il tempo di tradire la moglie. c’è ben altro: la volontà di dominare l’Europa.
g) Nel breve componimento intitolato Ulisse (Medi-
terranee, 1946) Umberto Saba propone di sé l’imma- Nel sonetto In morte del fratello Giovanni Foscolo
gine di un Ulisse sempre pronto al pericolo e che non presenta il dramma del fratello suicida per debiti di
vuole invecchiare. gioco e il dolore di sua madre, che ha un figlio morto
4. La patria di Foscolo è l’Italia del suo tempo, anco- e un altro lontano. Anche l’altro fratello, Costantino
ra divisa; ma in misura maggiore è la patria ideale co- Angelo, muore suicida.
stituita dal mondo classico greco (e non latino). La
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In morte del fratello Giovanni, 1802-03 In occasione della morte di mio fratello Gio-
vanni
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo Un giorno, se io non fuggirò sempre
di gente in gente, me vedrai seduto da un popolo all’altro, mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo sulla tua pietra tombale, o fratello mio,
il fior de’ tuoi gentil anni caduto. per piangere la tua giovinezza recisa.
La Madre or sol suo dì tardo traendo Nostra madre, trascinando ora da sola i suoi anni,
parla di me col tuo cenere muto, parla di me [lontano] con le tue spoglie mute,
ma io deluse a voi le palme tendo ma io tendo a voi le mie mani senza potervi
e sol da lunge i miei tetti saluto. abbracciare; e, se da lontano saluto la mia patria,
Sento gli avversi numi, e le secrete sento il destino avverso e gli affanni segreti
cure che al viver tuo furon tempesta, che sconvolsero la tua vita, e prego
e prego anch’io nel tuo porto quiete. anch’io di trovare la pace come te nella morte.
Questo di tanta speme oggi mi resta! Questa di tante speranze è l’unica che mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete O genti straniere, consegnate almeno il mio corpo,
allora al petto della madre mesta. quando morirò, al petto di mia madre addolorata.
A egregie cose il forte animo accendono 151. Le tombe dei grandi uomini, o Pindemonte,
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella spingono l’animo forte a compiere grandi imprese;
e santa fanno al peregrin la terra e fanno per il viandante bella e sacra la terra
che le ricetta. Io quando il monumento che le accoglie. Io, quando vidi la tomba
vidi ove posa il corpo di quel grande 155 155. di quel grande (=N. Machiavelli),
che, temprando lo scettro a’ regnatori, che, rafforzando il potere ai regnanti, toglie ad esso
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela gli ornamenti esteriori e svela alle genti
di che lagrime grondi e di che sangue; di quante lacrime e di quanto sangue esso grondi;
e l’arca di colui che nuovo olimpo e quando vidi il sepolcro di colui(=M. Buonarroti),
alzò in Roma a’ Celesti1; e di chi vide 160 160. che costruì un nuovo Olimpo in Roma agli dei;
sotto l’etereo padiglion rotarsi e quando vidi il sepolcro di colui (=G. Galilei),
più Mondi, e il Sole irradiarli immoto, che vide sotto la volta celeste più mondi ruotare
onde all’Anglo che tanta ala vi stese e il Sole, immobile, illuminarli (perciò egli sgombrò
sgombrò primo le vie del firmamento: per primo le vie del cielo all’inglese (=I. Newton),
te beata, gridai, per le felici 165 che le dominò con la sua intelligenza);
aure pregne di vita, e pe’ lavacri 165. gridai che tu sei beata (=felice, fortunata),
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino! per le felici arie piene di vita e per i corsi d’acqua
Lieta dell’aer tuo veste la Luna che dai suoi colli a te versa l’Appennino!
di luce limpidissima i tuoi colli Lieta della tua aria, la luna riveste
per vendemmia festanti, e le convalli 170 con una luce limpidissima le tue colline,
popolate di case e d’oliveti 170. in festa per la vendemmia; e le vallate,
mille di fiori al ciel mandano incensi: piene di case e di oliveti, mandano al cielo
e tu prima, Firenze, udivi il carme mille profumi di fiori. E tu per prima, o Firenze,
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco, udivi il poema (=la Divina commedia), che alleviò
e tu i cari parenti e l’idïoma 175 l’ira al ghibellino fuggiasco (=D. Alighieri);
dèsti a quel dolce di Calliope labbro, 175. e tu desti i cari genitori e la lingua
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma a quel dolce poeta (=F. Petrarca), che, adornandolo
con un velo candidissimo, poneva in grembo
1
Michelangelo Buonarroti dipinse la cappella Sistina
(1508-12).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 334
d’un velo candidissimo adornando, a Venere celeste l’Amore [sacro], che era stato nudo
rendea nel grembo a Venere Celeste; in Grecia e nudo in Roma (=l’amore profano).
ma più beata che in un tempio accolte 180 180. Ma tu sei ancor più beata, perché in un tempio
serbi l’Itale glorie, uniche forse (=Santa Croce) conservi raccolte le glorie italiche,
da che le mal vietate Alpi e l’alterna le uniche forse [rimaste] da quando le Alpi mal difese
onnipotenza delle umane sorti, e l’alterno destino umano ti tolsero
armi e sostanze t’invadeano, ed are la forza militare, la ricchezza, la religione,
e patria, e, tranne la memoria, tutto. 185 185. la patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi E, quando una luminosa speranza di gloria appaia
intelletti rifulga ed all’Italia, agli animi forti e all’Italia, da qui (=dalle tombe di
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi Santa Croce) noi prenderemo ispirazione
venne spesso Vittorio ad ispirarsi, e buoni auspici. E a questi sepolcri venne
irato a’ patrii Numi; errava muto 190 spesso Vittorio Alfieri ad ispirarsi.
ove Arno è più deserto, i campi e il cielo 190. Adirato contro gli dei della patria, camminava
desîoso mirando; e poi che nullo silenzioso dove il fiume Arno è meno frequentato,
vivente aspetto gli molcea la cura, guardando affranto il paesaggio e il cielo;
qui posava l’austero; e avea sul volto e, poiché niente di ciò che vedeva gli addolciva
il pallor della morte e la speranza. 195 il dolore, qui (=a Santa Croce) si fermava l’austero;
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa e aveva sul volto il pallore della morte e la speranza.
fremono amor di patria. Ah sì! da quella 195. Con questi grandi ora egli abita per sempre,
religïosa pace un Nume parla1: e le sue ossa fremono ancora amore per la patria.
e nutrìa contro a’ Persi in Maratona Ah, sì, da quella pace religiosa dei sepolcri parla
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, 200 un nume: egli nutriva contro i persiani a Maratona
la virtù greca e l’ira. Il navigante 200. (dove Atene consacrò le tombe ai suoi valorosi
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea, soldati) il valore e la furia dei greci. Il navigante,
vedea per l’ampia oscurità scintille che percorse quel mare sotto l’Eubèa, vedeva
balenar d’elmi e di cozzanti brandi, nell’oscurità della notte balenare scintille di elmi
fumar le pire igneo vapor, corrusche 205 e di spade cozzanti tra loro, vedeva le cataste di legna
d’armi ferree vedea larve guerriere 205. emettere nuvole di fumo, vedeva fantasmi di
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni guerrieri, scintillanti d’armi, cercare lo scontro;
silenzi si spandea lungo ne’ campi e nell’orrore del silenzio notturno si spandevano
di falangi un tumulto e un suon di tube nei campi il rumore dei reparti, il suono delle trombe,
e un incalzar di cavalli accorrenti 210 210. l’incalzare dei cavalli all’attacco,
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, che calpestavano i soldati caduti, il pianto,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. gli inni di vittoria e il canto delle Parche.
Felice te che il regno ampio de’ venti, Felice te, o Pindemonte, che nei tuoi anni
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi! 215. giovanili correvi l’ampio regno dei venti
E se il piloto ti drizzò l’antenna 215 (=il mare)! E, se il pilota diresse la nave oltre
Oltre l’isole Egée, d’antichi fatti le isole del mar Egèo, certamente udisti risuonare
Certo udisti suonar dell’Ellesponto di antichi fatti le spiagge dell’Ellesponto
I liti, e la marea mugghiar portando e certamente udisti la marea mugghiare,
Alle prode Retèe l’armi d’Achille 220. portando sulle spiagge del promontorio Retèo
Sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi 220 le armi di Achille sopra le ossa di Aiace: ai generosi
Giusta di glorie dispensiera è morte: la morte è una giusta dispensatrice di gloria.
Né senno astuto, né favor di regi Né l’astuzia, né il favore di Agamennone poterono
All’Itaco le spoglie ardue serbava, conservare ad Ulisse le armi difficili da meritare,
Chè alla poppa raminga le ritolse 225. poiché alla sua nave errabonda le ritolse l’onda
L’onda incitata dagl’inferni Dei. 225 marina incitata dagli dei dell’Oltretomba. E me, che
E me che i tempi ed il desio d’onore la situazione politica e il desiderio di mantenermi
Fan per diversa gente ir fuggitivo, onorato fanno andare in fuga tra popoli stranieri,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse me le Muse, che ispirano il pensiero umano,
Del mortale pensiero animatrici. 230. chiamino ad evocare gli eroi.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando 230 Le pimplèe (=le Muse) siedono custodi dei sepolcri
Il tempo con sue fredde ale vi spazza e, quando il tempo con la sua forza distruttrice
Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
1
Il collegamento tra la chiesa di Santa Croce e Maratona è
dato dall’amore per la patria.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 335
Di lor canto i deserti, e l’armonia ne spazza via anche le rovine, allietano
Vince di mille secoli il silenzio. con i loro canti quei luoghi ormai deserti, e l’armonia
Ed oggi nella Tròade inseminata 235 [di quei canti] vince il silenzio di mille secoli.
Eterno splende a’ peregrini un loco 235. Ed oggi nella Troade (=Asia Minore) incolta
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo per sempre risplende ai viandanti un luogo eterno
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, per merito della ninfa alla quale fu sposo Giove,
Onde fur Troja e Assàraco e i cinquanta ed a Giove diede un figlio, Dàrdano, dal quale
Talami e il regno della Giulia gente. 240 discesero Troia, Assàraco, i cinquanta
Però che quando Elettra udì la Parca 240. figli di Priamo e il regno della gente Giulia
Che lei dalle vitali aure del giorno (=l’impero romano). E, quando Elettra udì la Parca,
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove che la chiamava dalla vitale aria del giorno
Mandò il voto supremo: “E se diceva, ai cori dei Campi Elisi, a Giove espresse
A te fur care le mie chiome e il viso 245 il suo ultimo desiderio: “Se” diceva,
E le dolci vigilie, e non mi assente 245. “a te furono care le mie chiome e il mio viso
Premio miglior la volontà de’ fati, e le dolci veglie e non mi concede
La morta amica almen guarda dal cielo un premio migliore la volontà del destino,
Onde d’Elettra tua resti la fama. guarda almeno dal cielo la morta amica,
Così orando moriva. E ne gemea 250 affinché resti la fama della tua Elettra”.
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando 250. Con questa preghiera moriva. Per la sua morte
Piovea dai crini ambrosia su la Ninfa Giove piangeva; e, muovendo il capo immortale,
E fe’ sacro quel corpo e la sua tomba. faceva piovere dai suoi capelli ambrosia sulla ninfa,
Ivi posò Erittonio: e dorme il giusto e fece sacro quel corpo e la sua tomba.
Cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne 255 In quella tomba fu posto Erittònio, e dorme la cenere
Sciogliean le chiome, indarno, ahi! deprecando 255. del giusto Ilo. Ivi le troiane si scioglievano
Da’ lor mariti l’imminente fato; i capelli, ahi invano!, cercando di allontanare
Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto con preghiere dai loro mariti la morte incombente.
Le fea parlar di Troja il dì mortale, Ivi venne Cassandra, quando il dio (=Apollo) in petto
Venne; e all’ombre cantò carme amoroso, 260 le faceva vaticinare il giorno mortale di Troia;
E guidava i nepoti, e l’amoroso e alle tombe degli avi cantò un carme pieno d’affetto;
Apprendeva lamento a’ giovinetti. 260. e guidava i nipoti e insegnava l’amoroso
E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo, lamento ai giovinetti. E diceva sospirando:
Ove al Tidide e di Laerte al figlio “Oh, se mai da Argo, dove pascerete
Pascerete i cavalli, a voi permetta 265 265. i cavalli di Diomede o del figlio di Laèrte
Ritorno il cielo, invan la patria vostra (=Ulisse), a voi permetta il Cielo di tornare,
Cercherete! le mura, opra di Febo, invano cercherete la vostra patria! Le mura,
Sotto le lor reliquie fumeranno; opera di Apollo, fumeranno sotto le loro macerie.
Ma i Penati di Troja avranno stanza Ma gli dei tutelari di Troia avranno dimora
In queste tombe; chè de’ Numi è dono 270 270. in queste tombe, perché è dono degli dei
Servar nelle miserie altero nome. conservare nell’infelicità il nome superbo.
E voi palme e cipressi che le nuore E voi, o palme e cipressi, che le nuore di Priamo
Piantan di Priamo, e crescerete ahi! presto pianteranno [intorno a queste tombe], crescerete
Di vedovili lagrime innaffiati. ahi presto! Innaffiàti di lacrime vedovili,
Proteggete i miei padri: e chi la scure 275 275. proteggéte i miei antenati: e chi terrà lontana
Asterrà pio dalle devote frondi la scure da questi alberi piantati per devozione,
Men si dorrà di consanguinei lutti avrà meno a dolersi per lutti familiari
E santamente toccherà l’altare, e santamente potrà accostarsi all’altare.
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete Proteggéte i miei antenati! Un giorno vedrete
Mendico un cieco errar sotto le vostre 280 280. mendìco un cieco (=Omero) errare sotto
Antichissime ombre, e brancolando le vostre antichissime ombre e a tentoni penetrare
Penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne, nei sepolcri e abbracciare le urne
E interrogarle. Gemeranno gli antri e interrogarle. Gemeranno i sepolcri
Secreti, e tutta narrerà la tomba sotterranei e tutta la tomba narrerà
Ilio raso due volte e due risorto 285 285. [la fine] di Troia due volte distrutta
Splendidamente su le mute vie e due volte ricostruita splendidamente sulle vie
Per far più bello l’ultimo trofeo silenziose, per far più bella l’ultima vittoria
Ai fatati Pelìdi. Il sacro vate, ai discendenti di Pelèo (=ai Greci). Il sacro poeta,
Placando quelle afflitte alme col canto, placando quelle anime afflitte con il suo canto,
I prenci argivi eternerà per quante 290 290. renderà eterni i condottieri greci per tutte
Riassunto. (vv. 1-50) Il sonno della morte – dice il ve, che la amava, chiedendogli l’immortalità della fa-
poeta – non è meno duro perché confortato dalle la- ma, se non poteva avere quella del corpo. In quel
crime dei propri cari. Quando il Sole non risplenderà luogo essa fu sepolta con tutta la sua discendenza.
più per noi, l’unica ricompensa dei giorni passati sarà Sulla sua tomba venivano le donne troiane, per allon-
soltanto una inutile lapide, che distingue le nostre os- tanare, ma inutilmente, dai loro mariti la morte vici-
sa dalle infinite ossa disseminate in terra e in mare na. Veniva anche Cassandra, quando era ispirata dal
dalla morte. È ben vero: anche la Speranza ha abban- dio Apollo, e cantava un canto d’amore ai nipoti: “Se
donato le tombe. Ma il mortale non dovrà privarsi essi fossero tornati dalla prigionia, avrebbero cercato
dell’illusione di essere ricordato dopo la morte. Egli invano la loro patria; di essa sarebbero rimaste soltan-
vive ancora, se può destare il ricordo nella mente dei to le tombe. Un giorno tra quelle tombe sarebbe ve-
suoi cari. È divina questa corrispondenza di amorosi nuto un cieco (=Omero) ad interrogare le urne. Esse
affetti e spesso per lei si vive con l’amico morto e avrebbero raccontato la fine di Troia per mano dei
l’amico morto con vive noi, se la terra pietosa, acco- principi greci. Il sacro poeta avrebbe placato quelle
gliendolo nel suo grembo materno, difenderà i resti anime ed eternato il nome dei principi greci per tutta
dalle ingiurie del tempo e dal piede profanatore del la terra. E Ettore avrebbe avuto lacrime di compianto
volgo. E una lapide conserverà il suo nome e un albe- dovunque sia sacro il sangue versato per la patria e
ro amico consolerà le ceneri con un’ombra deliziosa. finché il Sole risplenderà sulle sciagure dell’umani-
Soltanto chi non lascia eredità d’affetti non gioirà tà”.
della morte. E il suo spirito vagherà negli inferi o cer-
cherà protezione chiedendo perdono a Dio, ma lasce- I personaggi
rà la sua tomba alle ortiche di una terra abbandonata, Mondo greco e troiano
dove nessuna donna potrà pregare né il viandante po- Apollo è chiamato anche Febo, il sole, colui che
trà udire il sospiro che la Natura manda a noi dalla splende, che illumina.
tomba. Achille è il più forte guerriero dell’esercito greco. È
[...] invulnerabile, tranne in un punto: il calcagno. E qui è
(vv. 151-195) Le tombe dei grandi spingono l’animo colpito con una freccia da Paride, principe troiano.
forte a compiere grandi imprese. Il poeta, quando vi- Agamennone, re di Argo e di Micene, e fratello mag-
de nella chiesa di Santa Croce le tombe di Niccolò giore di Menelao. È capo assoluto dell’esercito greco.
Machiavelli, di Michelangelo Buonarroti e di Galileo È indicato anche con il patronimico: Atride, figlio di
Galilei, gridò che Firenze era fortunata per il suo cli- Atreo.
ma e per i suoi fiumi; e perché per prima sentiva la Aiace è un valoroso guerriero greco. È indicato anche
Divina commedia e conosceva la poesia di Francesco con il patronimico: Tidide, cioè figlio di Tideo.
Petrarca. Era però ancora più fortunata perché in Aiace Telamonio è un valoroso guerriero greco. È
quella chiesa conservava le uniche glorie che forse indicato anche con il patronimico: Telamonio, figlio
erano rimaste all’Italia. E, quando gli italiani vorran- di Telamone. Odisseo da Agamennone e Menelao si
no riconquistare la libertà, da qui trarranno l’augurio fa assegnare le armi di Achille, che invece spettavano
di vittoria. A quei sepolcri venne spesso Vittorio Al- a lui. La dea Athena lo fa impazzire, egli fa una stra-
fieri ad ispirarsi; e ora con quei grandi riposa per ge di pecore, credendo di uccidere gli Atridi, poi per
sempre. Dalla pace di Santa Croce parla lo stesso dio la vergogna si uccide.
protettore della patria che a Maratona aveva ispirato i Alterna onnipotenza (L’) delle umane sorti: il poeta
greci a combattere con furia contro i persiani invaso- pensa che la storia umana sia un succedersi di gran-
ri. Il marinaio, che di notte passa davanti alla pianura dezza e declino.
di Maratona, assiste ancora allo scontro tra i fantasmi Andromaca è moglie di Ettore, il capo dell’esercito
dei soldati greci e quelli dei soldati persiani. troiano.
È fortunato l’amico Ippolito Pindemonte, che nella Argo è una città della Grecia governata da Agamen-
sua giovinezza percorreva il mar Egeo. Egli certa- none.
mente udì narrare che la marea portò le armi di Achil- Assàraco diventa re della Dardania (Troade) quando
le sulla tomba di Aiace, dopo averle tolte ad Ulisse, il fratello maggiore Ilo decide di governare la nuova
che non le meritava: la morte dispensa giustamente la città, Ilio o Troia.
gloria. Il poeta quindi invita le Muse a chiamarlo ad Atridi (Gli) è un patronimico, indica Agamennone e
evocare gli eroi. Oggi nella Troade (=Asia Minore, Menelao, figli di Atreo.
Turchia), non più coltivata, risplende un luogo caro Calliope è la musa della poesia epica e il suo nome
ad Elettra. Prima di morire, la ninfa si rivolse a Gio- significa “dalla bella voce”.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 337
Cassandra è figlia di Priamo e profetessa del dio segue. Il rapimento è la causa della guerra di Troia.
Apollo. Per punirla, Apollo fa sì che le sue profezie Uccide Achille, colpendolo con una freccia nel calca-
non siano credute. gno, unico punto in cui era vulnerabile.
Cori dell’Eliso o Campi Elisi sono l’Oltretomba gre- Pelìdi (I) sono i figli di Pelèo, qui indica i greci. Peli-
co e troiano. de è il patronimico di Achille, il più forte guerriero
Dàrdano è figlio di Giove e di Elettra e capostipite greco.
dei troiani. Penati (I) sono gli dei protettori della casa.
Diomede è un valoroso guerriero greco. È indicato Pimplèe (Le) sono le Muse. Pimplea era una città
anche con il patronimico: Tidide, figlio di Tideo. della Grecia situata vicino al monte Olimpo, sede de-
Elena è moglie di Menelao, re di Sparta, è rapita da gli dei.
Paride, principe troiano, a cui la dea Venere l’aveva Priamo è re di Troia durante l’assedio della città da
donata per ricevere la mela “Alla più bella” lanciata parte dei greci. È padre di 50 figli.
dalla dea Discordia a un banchetto nuziale degli dei. Prode Retèe indicano il promontorio Retèo, che si
Elettra è amata da Giove, a cui dà il figlio Dàrdano, trova nella Troade, dove sorgeva Troia, e dove è se-
che diventa il capostipite dei troiani. polto Aiace Telamonio.
Erittònio è figlio di Dardano, re di Troia, e diventa a Tidide è patronimico, indica il figlio di Tideo, cioè
sua volta re della città. Aiace, un valoroso guerriero greco.
Ettore è figlio di Priamo ed è il capo dell’esercito Troade (La) è una regione dell’Asia Minore (=Tur-
troiano. È ucciso da Achille. chia), bagnata dal mar Egeo.
Eubèa (L’) è una lunga penisola che si trova ad est di Troia o Ilio è la città dell’Asia minore (=Turchia),
Atene. che i greci vogliono distruggere.
Febo è un altro nome del dio Apollo. Indica il sole, Venere Celeste indica l’amore spirituale. Si contrap-
colui che splende, che illumina. pone alla Venere Terrestre, che indica l’amore sen-
Giulia gente (La) è la gens a cui appartiene Caio suale per i beni terreni.
Giulio Cesare, considerato il fondatore dell’impero
romano. Mondo italiano e contemporaneo
Ilio o Troia è la città dell’Asia minore che i greci vo- Alfieri Vittorio (1749-1803) è l’unico scrittore di
gliono distruggere. tragedie italiano.
Ilo è il primo re di Ilio o Troia. Alighieri Dante (1265-1321) è guelfo bianco e so-
Laerziade è patronimico: figlio di Laerte, cioè Odis- stenitore dell’imperatore come i ghibellini. Scrive la
seo. Vita nova, il Convivio, il De vulgari eloquentia, il De
Maratona (Nella pianura di) i greci sconfissero i per- Monarchia e la Divina commedia (1306-21). Foscolo
siani invasori (490 a.C.). pensa che il poeta abbia iniziato a scrivere il poema
Menelao è re di Sparta, fratello minore di Agamen- prima di essere mandato in esilio.
none e marito di Elena. È indicato anche con il patro- Buonarroti Michelangelo (1475-1564) è uno dei più
nimico: Atride, figlio di Atreo. grandi pittori del Rinascimento. Dipinge la cappella
Muse (Le) sono le protettrici delle arti. Erano nove Sistina (1508-12).
ed erano guidate dal dio Apollo. Chiesa di Santa Croce (1294-1442) a Firenze è in
Odisseo è re d’Itaca, famoso per la sua astuzia. Con stile gotico ed è una delle più grandi chiese france-
l’inganno sottrae ad Aiace le armi di Achille, che gli scane. Vi sono seppelliti i grandi italiani, tra cui lo
spettavano. Suo è l’inganno del cavallo di Troia, per stesso Foscolo (1871).
entrare in città. L’inganno riesce, i soldati greci esco- Galilei Galileo (1564-1642) è fisico e matematico.
no di notte dal ventre del cavallo e aprono le porte Perfeziona il cannocchiale, che rivolge verso il cielo,
della città all’esercito greco, che aveva finto di parti- scoprendo le montagne della Luna, le fasi di Venere,
re. Così Troia è distrutta. È indicato anche con il pa- gli anelli di Saturno, i pianeti Medicei e un cielo pie-
tronimico: Laerziade, figlio di Laerte. Il suo avventu- no di stelle (Padova, 1609).
roso ritorno ad Itaca è narrato nell’Odissea. Ghibellin fuggiasco (Il) è Dante Alighieri (1265-
Olimpio (L’) è Giove, che con gli altri dei abitava il 1321). In realtà è un guelfo bianco ed è schierato con
monte Olimpo, nella Grecia settentrionale. l’imperatore come i ghibellini. Fuggiasco perché è
Omero (sec. XII) è il maggiore poeta greco e di tutti mandato in esilio (1301) ed è costretto a vagare nel-
i tempi. Scrisse l’Iliade e l’Odissea usando materiale l’Italia settentrionale.
già esistente. Molte città si contendono la nascita. Machiavelli Niccolò (1469-1527) è scrittore e secon-
Parche (latino) o Moire (greco) sono le tre divinità, do segretario della repubblica fiorentina (1498-1512).
superiori a tutti gli dei, che decidono il destino uma- Foscolo come altri fraintende il Principe (1512-13),
no. La prima fila, la seconda tesse la trama, la terza pensa che l’autore lo abbia scritto per denunciare la
recide il filo della vita. violenza del potere.
Paride è figlio di Priamo e fratello di Ettore, capo Newton Isaac (1642-1727) è un matematico, fisico,
dell’esercito troiano. Rapisce Elena, moglie di Mene- filosofo e astronomo inglese. Scrive i Philosophiae
lao, re di Sparta, con cui la dea Venere l’aveva cor- Naturalis Principia Mathematica (1689), con cui risi-
rotto per avere la mela “Alla più bella”. La donna lo stema sul piano teorico le scoperte astronomiche ini-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 338
ziate con Niccolò Copernico nel 1543 e poi con Gali-
leo Galilei nel 1609.
Petrarca Francesco (1304-1374) è chierico, poeta e
ambasciatore. Scrive il Canzoniere, che è imitato per
secoli.
Pindemonte Ippolito (1753-1828) è amico di Fosco-
lo. Scrive il poemetto I cimiteri (1807), che non pub-
blica quando sa che Foscolo sta dando alle stampe il
carme De’ Sepolcri.
Commento
1. Il carme è dedicato all’amico e poeta Ippolito Pin-
demonte (1753-1828), autore del poemetto I cimiteri
(1807), che non pubblica, quando sa che Foscolo sta
dando alle stampe il carme De’ Sepolcri (1807).
2. Gli elementi portanti del carme sono: a) il senti-
mento romantico-aristocratico della vita; b) la centra-
lità della cultura classica greca; c) la funzione civile
ed immortalatrice della poesia, che supera il silenzio
dei secoli e che attribuisce la fama e la gloria; d) la
centralità dell’ideale romantico-rivoluzionario di pa-
tria, che è proiettato sulla cultura greca; e) la funzione
incitatrice e civile delle tombe dei grandi; f) un pes-
simismo fatalistico, che celebra la guerra (e mette in
secondo piano le arti), anche se è portatrice di morte e
di distruzioni. Il carme sembra mettere in secondo
piano la bellezza rasserenatrice cantata dalla cultura 1. Antonio Canova, Le tre Grazie, Victoria and Albert Mu-
neoclassica e proporre l’immagine e l’ideale di una seum, Londra, 1814-17. Canova fece più copie dell’opera.
società guerriera, in sintonia con la società europea
posteriore alla Rivoluzione francese, che conosce una
militarizzazione diffusa dal 1793 al 1815. A questa cultura fosse storica, sia quella degli antichi in rela-
visione “militaristica” della società e della storia non zione al loro tempo, sia quella dei moderni, in rela-
è forse estranea la professione militare del poeta. zione al loro tempo. E che si dovesse fare cultura in
2. Conviene confrontare a questa visione individuali- relazione al proprio tempo e per il proprio tempo. Il
stica, bellicistica, passatistica ed aristocratica della Romanticismo si propone proprio questo e produce
società e della patria di Foscolo quella ben più artico- molte canzoni che inneggiano alla liberazione dell’I-
lata di Manzoni (Marzo 1821): talia. Comunque sia, il Romanticismo ispira i patrioti
che lottano per l’unità dell’Italia fino al suo conse-
una d’arme, di lingua, d’altare, guimento con la presa di Roma (1848-70). Ma il peso
di memorie, di sangue, di cor (vv. 31-32). del passato continua a farsi sentire: Giosuè Carducci
(1835-1907) vuole riprendere la metrica latina e i va-
Foscolo è totalmente proiettato verso la storia e la lori romani per tutta la sua vita.
cultura del passato. Manzoni invece si preoccupa di 4. Nel 1807 Foscolo si comporta come i primi crocia-
dare il suo contributo teorico e pratico, per attuare ti che giungono in Palestina. Egli sente come con-
l’unità d’Italia nel presente: la patria è liberata non temporanea la cultura di Omero (sec. VII a.C.), che
dagli eroi romantici, nel cui animo vibra il dio protet- era morto da tre secoli rispetto alla Grecia classica del
tore della patria; ma dai patrioti, che nel segreto tra-
sec. V a.C. (quindi era un autore del passato) e che
mano e preparano le armi, e che poi mettono in atto la
loro strategia razionale e democratica. cantava la guerra di Troia (1225ca. a.C.), un avveni-
3. Conviene confrontare la visione foscoliana della mento del lontanissimo passato. I primi crociati pen-
cultura con quella proposta appena 10 anni dopo da savano di incontrare gli uccisori di Gesù o almeno i
Giovanni Berchet nella Lettera semiseria di Griso- loro immediati discendenti. Ed erano passati mille
stomo al suo figliolo (1816), intervenendo nella po- anni. Essi avevano una migliore sensibilità storica…
lemica della superiorità degli antichi o dei moderni. 5. Nel 1868 Heinrich Schliemann (1822-1890), un
Foscolo pensava che la cultura classica fosse eterna e commerciante tedesco che si era arricchito, inizia gli
che perciò fosse valida anche per il presente. In lui scavi in Anatolia che lo portano a scoprire la città di
l’Illuminismo era venuto e passato invano. E del Cri- Troia.
stianesimo non si era mai occupato: la chiesa di Santa ------------------------------I☺I-----------------------------
Croce, dove erano sepolti i grandi italiani, era soltan-
to un tempio pagano. Berchet invece pensava che la
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Giacomo Leopardi (1798-1837) Operette morali (1824), di vario contenuto filosofico;
poi i Grandi idilli (1828-30); i Paralipomeni della
batracomiomachia di Omero (1832-34), un poemetto
La vita. Giacomo Leopardi nasce a Recanati nel 1798 fortemente polemico ed amaro, che deride i desideri, i
da una famiglia nobile ma economicamente decaduta. sogni e i tentativi politici degli italiani; infine La gi-
Si forma sulla ricchissima e un po’ antiquata bibliote- nestra o il fiore del deserto (1837), il suo testamento
ca paterna. Impara il latino, il greco e un po’ di ebrai- spirituale. I Piccoli e i Grandi idilli sono riordinati e
co. Lo studio “matto e disperatissimo” gli rovina però pubblicati nei Canti (1831).
la salute, già malferma. Nel 1817 stringe amicizia con
Pietro Giordani, uno dei maggiori letterati del tempo, La poetica. I temi della poesia di Leopardi sono:
che gli suggerisce di raccogliere le sue riflessioni nel- a) il paesaggio e la natura; b) la giovinezza e l’amore;
lo Zibaldone (1817-32). Lo stesso anno si innamora c) il senso della vita umana e del dolore; d) la solitu-
di Geltrude Cassi, una cugina del padre: l’esperienza, dine; e) la felicità; f) i ricordi del passato e le speran-
tutta interiore, lo sconvolge. Nel 1819 cerca di fuggi- ze nel futuro; g) la noia; h) il pessimismo; i) il “natio
re dall’atmosfera soffocante di Recanati. La fuga è borgo selvaggio”.
scoperta e impedita dal padre. Tra il 1818 e il 1821 I diversi motivi sono spesso compresenti, sono co-
scrive i Piccoli idilli. Nel 1822 ottiene il permesso di stantemente ripresi e riesaminati, e sono continua-
andare a Roma. La città lo delude. L’anno dopo ritor- mente collegati tra loro. Essi si inseriscono in una vi-
na a Recanati. Intanto la sua fama di poeta si diffon- sione atea e materialistica della vita, che nega Dio e
de. Nel 1824 scrive la maggior parte delle Operette la Provvidenza divina, ma che ironizza anche la fede
morali. Nel 1825 parte per Bologna e poi per Milano. laica nelle “magnifiche sorti e progressive”, procla-
Qui l’editore Stella gli garantisce un mensile per mate dal pensiero illuministico. Tale visione materia-
l’edizione delle opere di Cicerone. Ritorna poi a Re- listica diventa la base filosofica, costantemente pre-
canati, fermandosi a Bologna, dove inizia una rela- sente, con cui il poeta affronta e valuta la condizione
zione con la contessa Teresa Carniani Malvezzi. La umana e il rapporto dell’uomo con la natura e con gli
donna lo ammira, ma non lo corrisponde. Il poeta al- altri uomini.
lora rompe ogni rapporto. Nel 1827 riparte per Firen- Il tema della Natura conosce questa evoluzione: la
ze, dove era stato invitato da Giovan Pietro Viesseux Natura si presenta nella sua estrema bellezza e fa
che dirigeva l’ “Antologia” (1821-33), una rivista su all’uomo promesse di felicità, che poi non mantiene.
posizioni moderato-liberali. Qui conosce Gino Cap- Essa inizialmente è sentita come una madre benigna
poni, Niccolò Tommaseo, Giuseppe Montani, Pietro verso i suoi figli, poi diventa una matrigna, indiffe-
Colletta e gli altri collaboratori della rivista. Conosce rente alla sorte delle sue creature. Il tema del paesag-
anche Alessandro Manzoni, che non lo colpisce. gio diventa anche la partecipe ed affettuosa descri-
L’ambiente fiorentino non lo respinge, ma per la di- zione del “natio borgo selvaggio”, le cui vie sono
versità di idee non riesce ad inserirsi. Si sposta così a percorse dai coetanei del poeta, che vivono spensiera-
Pisa. Tra il 1828 e il 1830 scrive i Grandi idilli. Nel tamente il tempo della giovinezza e dell’amore.
1828 torna a Recanati. Nel 1829 Colletta a nome de- Il tema della felicità si interseca con il tema del dolo-
gli amici toscani gli propone un assegno mensile, che re: la Natura dà all’uomo tante speranze, promette
gli avrebbe permesso di lavorare in piena libertà. Il l’amore, il piacere e la gioia; ma essa poi non le rea-
poeta accetta e ritorna a Firenze. Qui nel 1831 pub- lizza. E la felicità allora consiste nelle speranze e nel-
blica i Canti. Ha una relazione amorosa con Fanny la gioia dell’attesa oppure nel breve momento di pau-
Targioni Tozzetti, che si conclude con una delusione. sa tra un dolore ed un altro. La felicità quindi non si
Si lega con una profonda amicizia ad Antonio Ranie- presenta come qualcosa di concreto, di tangibile, che
ri, un esule napoletano. Nel 1832 inizia il poemetto si vive. È soltanto attesa di qualcosa che dovrà avve-
satirico Paralipomeni della batracomiomachia di nire (e che poi non avviene) oppure è assenza, assen-
Omero. Nel 1833 la delusione amorosa e le condizio- za di dolore. Eppure l’uomo fa presto a dimenticare il
ni di salute sempre più difficili spingono il poeta a dolore, non appena esso sia passato, e a ritornare a
lasciare Firenze e a recarsi a Napoli con Ranieri. Qui vivere come se niente fosse successo.
l’editore Starita prepara l’edizione delle sue opere. Il tema del dolore si interseca con quello del senso
Nel 1835 appare il primo volume, che contiene i Can- della vita umana. La Natura sparge dolori a larga ma-
ti. Esso è sequestrato dalla polizia borbonica. L’anno no, perciò l’uomo soffre e la vita umana è sofferenza
dopo è bloccato il secondo volume, quello più “temi- (è il pessimismo storico). La sofferenza però coinvol-
bile” delle Operette morali. Nel 1837 alle falde del ge anche tutti gli esseri viventi (è il pessimismo co-
Vesuvio, dove si era ritirato per fuggire il colera che smico). La vita umana si conclude con la morte,
aveva colpito la città, Leopardi scrive La ginestra o il quell’abisso orrido e tremendo in cui l’uomo precipita
fiore del deserto, il suo testamento poetico e intellet- e, precipitando, dimentica tutti i suoi ricordi.
tuale. Muore nel 1837. Il tema dell’individuo, dei suoi dolori, delle sue spe-
ranze deluse, è collegato con il tema della solitudine,
Le opere. Leopardi scrive lo Zibaldone (1817-32), della giovinezza e dell’amore, dei ricordi, del senso
una raccolta quasi quotidiana di appunti e di rifles- della condizione umana. L’uomo nasce nel dolore,
sioni su problemi vari; i Piccoli idilli (1819-21); le
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 340
deve essere consolato dai genitori fin dal momento con la luna (Alla luna, Canto notturno di un pastore
della nascita, è destinato a sottrarsi all’affetto dei suoi errante dell’Asia) o si sporge dalla finestra, attratto
cari e a precipitare nell’abisso della morte, nel quale dal canto di Silvia (A Silvia) o va a passeggiare da so-
dimentica tutto. L’uomo non riesce ad individuare il lo in mezzo ai campi, mentre la gioventù del borgo
senso della vita, il senso della morte, il senso del do- esce di casa e per le vie si spande, e ammira ed è
lore che tocca ogni uomo ma anche ogni essere vi- ammirata, e in cuore si rallegra (Il passero solitario).
vente, il senso dell’universo, in cui si trova a vivere. E intorno al tema dell’amore è il tema della giovinez-
Per di più è preso da una malattia dello spirito: il te- za e di una natura, che è ad un tempo splendida e ma-
dio, la noia, che lo assale nei pochi momenti in cui è trigna. Che promette felicità ma che non dà felicità: la
libero dal dolore. felicità è soltanto l’attesa o la pausa tra due dolori.
Leopardi è sì un poeta che ha una visione dolorosa e E quindi la poesia diventa rifugio, canto delle proprie
pessimistica della vita umana. Il suo pessimismo però speranze e delle proprie illusioni e scoperta delle de-
non è un atteggiamento pregiudiziale e rinunciatario, lusioni che la natura e la vita riservano agli uomini.
bensì la conclusione a cui giunge la riflessione filoso- Diventa riflessione sull’esistenza, sul suo significato
fica, cioè che la vita umana è dolore, anche se l’uomo filosofico, riflessione sul dolore umano. Insomma di-
cerca di evitare il dolore e di raggiungere la felicità. Il venta consolazione, proprio come la filosofia era stata
poeta respinge il dolore e la morte, è attaccato alle consolazione per A. Torquato Severino Boezio (480
speranze ed alla vita, anche se realisticamente vede ca.-526) in attesa della condanna a morte (De conso-
che le speranze sono costantemente deluse. Il suo latione philosophiae).
pessimismo è insomma un inno alla vita, all’amore, “Se la vita è sventura, perché da noi si dura?”, si
alla giovinezza. Non è passivo, remissivo, rinunciata- chiede il poeta sconsolato. Il fatto è che la morte è
rio. È anzi combattivo ad oltranza: la morte è la nega- molto peggiore, è un abisso orrido, tremendo, caden-
zione dell’uomo. E si conclude con l’invito agli uo- do nel quale l’uomo dimentica tutto, egli risponde a
mini di essere tra loro solidali, nella lotta contro le se stesso. L’uomo è quindi costretto a vivere. E,
sofferenze che una Natura ostile o indifferente distri- quando preso dalla disperazione augura a se stesso la
buisce. morte, cambia immediatamente idea non appena la
morte gli si avvicina sotto forma di un temporale con
I Canti, 1831 fulmini e tuoni minacciosi. Per lui Vivere necesse est.
I Canti (1831, 1847) presentano nell’ordine e nella I classici e i loro seguaci moderni (Goethe, Foscolo,
forma quasi definitivi i Piccoli e i Grandi idilli, che poi Nietzsche, D’Annunzio) invece pensavano che
erano già stati pubblicati. L’ordine cronologico di navigare necesse est.
stesura non è sempre rispettato. L’opera costituisce Ma non serve prendersela con il destino, perché in
l’unica raccolta di poesie dell’autore. Di seguito i te- parte il destino è in noi, anche se meno della metà
sti sono messi in ordine cronologico. delle nostre azioni secondo Machiavelli è in nostro
Il tema dominante dei canti è senz’altro l’amore, che potere. Il poeta ha scelto la via della contemplazione,
è fratello di giovinezza. In proposito l’esperienza del e ne paga il prezzo. Come del resto deve fare anche
poeta è negativa e deludente: le donne che incontra o chi ha scelto la via opposta.
che avvicina non lo ricambiano, ed egli accetta molto
male questo rifiuto. I punti estremi di questa parabola L’infinito, 1819
sono il primo innamoramento a 18 anni che lo scon-
volge radicalmente (Il primo amore) e la delusione Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
provata davanti alla scoperta che l’uomo idealizza la e questa siepe, che da tanta parte
donna e l’amore, ma poi la donna soltanto raramente dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
è all’altezza della situazione (Il tramonto della luna). Ma sedendo e mirando, interminati
Tra i due estremi è lo stesso comportamento: il poeta spazi di là da quella, e sovrumani
preferisce riflettere e contemplare la realtà piuttosto silenzi, e profondissima quïete
che buttarsi in essa con foga e con audacia come io nel pensier mi fingo, ove per poco
qualche anno prima aveva fatto sia Foscolo sia il suo il cor non si spaura. E come il vento
personaggio, Jacopo Ortis (1798), e come aveva pro- odo stormir tra queste piante, io quello
posto la corrente tedesca dello Sturm und Drang infinito silenzio a questa voce
(Tempesta ed impeto) alla fine del Settecento. vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
La formazione illuministica e classica (apollinea, non e le morte stagioni, e la presente
dionisiaca) ha sempre la meglio sulla sua volontà di e viva, e il suon di lei. Così tra questa
agire. Per il poeta “In principio era la Parola”, come immensità s’annega il pensier mio:
diceva il Vangelo di Giovanni; non era l’Azione (Im e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Anfang war die Macht, In principio era l’azione),
come proclamava in quegli stessi anni J. Wolfgang L’infinito
Goethe (1749-1832).
Egli va sul colle ad immaginare l’infinito spaziale e Sempre caro mi fu questo colle solitario
temporale oltre la siepe (L’infinito) o parla di notte e questa siepe, che impedisce alla vista di vedere
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 341
gran parte dell’orizzonte più lontano. Alla luna, 1820
Ma, standomene seduto e guardando,
io m’immagino nel pensiero spazi sterminati, silenzi O graziosa luna, io mi rammento
sovrumani e una quiete profondissima oltre la siepe. che, or volge l’anno, sovra questo colle
Perciò per poco il mio cuore non si sgomenta. io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E, quando odo il vento stormire tra questi alberi, e tu pendevi allor su quella selva
io paragono quel silenzio infinito a questo rumore. siccome or fai, che tutta la rischiari.
E mi viene in mente l’eternità, le stagioni passate, Ma nebuloso e tremulo dal pianto
la stagione presente e viva, e il rumore che fa. che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Così in questa [duplice] immensità il mio pensiero il tuo volto apparia, che travagliosa
si annega; e mi è dolce naufragare in questo mare era la mia vita: ed è, né cangia stile,
[di pensieri e di sensazioni]. o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza e il noverar l’etate
Commento del mio dolore. Oh come grato occorre
1. Leopardi riscopre l’idillio greco, cioè il piccolo nel tempo giovanil, quando ancor lungo
quadretto paesaggistico. Lo vede però con una sensi- la speme e breve ha la memoria il corso,
bilità individualistico-romantica: egli si abbandona e il rimembrar delle passate cose,
si perde nelle dolcissime sensazioni che prova non ancor che triste e che l’affanno duri!
guardando oltre la siepe, ma immaginandosi silenzi
sovrumani ed una quiete profondissima al di là di es- Alla luna
sa. La razionalità classicheggiante contempera ogni
esteriore ed eccessiva manifestazione di passionalità O graziosa luna, io mi ricordo
romantica. Il poeta si trova in equilibrio interiore e che, un anno fa, io venivo spesso sopra
con la natura. questo colle pieno d’angoscia a guardati:
2. Il poeta ha un duplice rapporto con la natura: da e tu allora stavi sospesa su quella selva,
una parte la natura procura indicibili emozioni con la proprio come fai ora, che la rischiari tutta.
sua bellezza; dall’altra promette gioia e felicità, che Ma il tuo volto appariva ai miei occhi incerto
poi non mantiene. La scoperta dell’infelicità come e tremulo a causa del pianto che spuntava
condizione permanente dell’uomo avviene però sol- dalle ciglia, perché la mia vita
tanto in seguito. era travagliata: e lo è, né è destinata
3. Il poeta non vuol vedere quel che è oltre la siepe. a cambiare, o mia diletta luna. Eppure mi giova
Potrebbe farlo: dovrebbe soltanto sporgersi e guarda- ricordare e ripensare al tempo
re. Non lo fa e non lo vuole fare. Preferisce immagi- del mio dolore. Oh!, com’è gradito
narlo: ciò è molto più emozionante e coinvolgente. In durante la giovinezza (quando la speranza ha
questo senso la poesia di Leopardi è poesia del pen- un cammino lungo da percorrere e la memoria
siero e dell’immaginazione, poesia della riflessione e ne ha fatto uno breve) ricordare gli avvenimenti
poesia del ricordo. Il poeta si volta indietro, e vede passati, anche se tristi e anche se l’affanno rimane!
l’abisso delle morte stagioni, che paragona alla sta-
gione presente e ai suoni vivi che essa gli fa sentire. Commento
Ed egli naufraga piacevolmente in questa immensità 1. Il poeta è angosciato, perciò si rivolge alla natura:
spaziale e temporale. la luna, che è divinamente lontana e sopra la condi-
4. Conviene confrontare l’idillio di Leopardi con Ale- zione umana, lo può ascoltare e confortare. La natura
xandros (1895) di Giovanni Pascoli in un’altra tem- sembra bellezza, la condizione umana sembra dolore.
perie culturale: Alessandro Magno ha conquistato tut- Eppure anche i ricordi dolorosi diventano piacevoli,
to il mondo ed è arrivato sulle rive dell’Oceano in- quando si è giovani e la memoria ha poche cose da
diano, ma non è felice. Era più bello il momento della ricordare, ed il futuro si presenta pieno di possibilità e
partenza, quando immaginava il futuro. Ora davanti a illuminato dalla speranza. Il poeta fonde i fatti con la
sé ha soltanto la luna, ma essa è irraggiungibile. La riflessione sui fatti, con la memoria del passato e la
realtà si è dimostrata deludente. Le montagne erano proiezione della vita nel futuro.
più imponenti prima che fossero varcate. Aveva fatto 2. Nell’idillio il dolore riguarda soltanto l’uomo e la
la scelta giusta sua madre, che era rimasta nella reg- sua vita di relazione con gli altri uomini. È dolore fi-
gia a sognare, e ascoltava e capiva il linguaggio delle sico e morale. La natura svolge il ruolo di consolatri-
querce. ce. Il poeta però poco dopo scopre che la natura non è
---I☺I--- benevola nei confronti dell’uomo: è bellissima e
promette gioia e felicità, ma poi non mantiene le
promesse, ed è fonte di ulteriori dolori per l’uomo.
---I☺I---
Dolce e chiara è la notte e senza vento, La notte è dolce e chiara e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti e la luna riposa quieta sopra i tetti e in mezzo
posa la luna, e di lontan rivela ai giardini, e in lontananza rivela nel cielo
serena ogni montagna. O donna mia, sereno ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi già tace ogni via del paese (=Recanati), e la luce
rara traluce la notturna lampa: notturna traluce fioca da qualche finestra.
tu dormi, che t’accolse agevol sonno Tu dormi, poiché il sonno ti accolse agevolmente
nelle tue chete stanze; e non ti morde (=ti addormentasti facilmente) nelle tue quiete stanze;
cura nessuna; e già non sai né pensi non ti tormenta nessuna preoccupazione; e già non sai
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto. né immagini quale ferita [amorosa] mi apristi
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno in mezzo al petto. Tu dormi. Io mi affaccio a salutare
appare in vista, a salutar m’affaccio, questo cielo, che così benigno appare a chi lo guarda,
e l’antica natura onnipossente, e l’antica natura onnipossente, che mi fece
che mi fece all’affanno. A te la speme nascere per farmi soffrire. “A te nego la speranza”
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro – mi disse –, “anche la speranza; e i tuoi occhi
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. non brillino d’altro se non di pianto”.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli Questo giorno fu solenne. Ora tu prendi riposo
prendi riposo; e forse ti rimembra dagli svaghi; e forse ti ricordi
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti in sogno a quanti oggi piacesti e quanti piacquero
piacquero a te: non io, non già ch’io speri, a te. Io [certamente] non ritorno nei tuoi pensieri,
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo non già che io vi speri. Intanto io chiedo
quanto a viver mi resti, e qui per terra quanto mi resti da vivere, e qui per terra mi getto
mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi e grido e fremo. Oh, giorni orrendi
in così verde etate! ahi, per la via in questa età così verde (=la giovinezza)!
odo non lunge il solitario canto Ahi, per la via odo non lontano il canto solitario
dell’artigian, che riede a tarda notte, dell’artigiano, che ritorna a tarda notte,
dopo i sollazzi, al suo povero ostello; dopo i divertimenti, alla sua povera dimora.
e fieramente mi si stringe il core, E per l’angoscia mi si stringe il cuore
a pensar come tutto al mondo passa, al pensiero che tutto al mondo passa e quasi
e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito non lascia traccia. Ecco è fuggito il giorno festivo,
il dì festivo, ed al festivo il giorno e al festivo succede il giorno normale, e il tempo
volgar succede, e se ne porta il tempo porta via ogni vicenda che riguarda l’uomo.
ogni umano accidente. Or dov’è il suono Ora dov’è il suono (=il rumore ella civiltà)
di que’ popoli antichi? or dov’è il grido di quei popoli antichi? Ora dov’è il grido dei nostri
de’ nostri avi famosi, e il grande impero avi famosi e il grande impero di quella Roma
di quella roma, e l’armi, e il fragorio e le armi e la fama delle imprese militari,
che n’andò per la terra e l’oceano? che si diffuse per tutta la terra e per tutti i mari?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa Tutto è pace e silenzio, e tutto riposa
il mondo, e più di lor non si ragiona. il mondo, e più non si parla di loro.
Nella mia prima età, quando s’aspetta Nella mia fanciullezza, quando si aspetta con infinito
bramosamente il dì festivo, or poscia desiderio il giorno festivo, a quest’ora, dopo
ch’egli era spento, io doloroso, in veglia, che era terminato, io pieno d’angoscia, in veglia,
premea le piume; ed alla tarda notte premevo le piume [del cuscino, incapace di prender
un canto che s’udia per li sentieri sonno]. E a tarda notte un canto, che si udiva
lontanando morire a poco a poco, allontanarsi per i sentieri e poi morire a poco a poco,
già similmente mi stringeva il core. stringeva in modo simile il mio cuore.
Riassunto. La notte è serena e senza vento, la luna il- giovane, si lascia andare alla disperazione. Per la via
lumina il paesaggio e, in lontananza, le montagne. Il ode il canto dell’artigiano che a tarda notte, dopo i
paese è silenzioso e la luce di qualche rara lampada divertimenti, ritorna a casa. Egli invece prova un’in-
brilla fiocca tra le imposte. La donna, di cui il poeta è finita angoscia a pensare che al mondo tutto passa
innamorato, si è addormentata facilmente. Non sa né senza lasciar traccia. È passato il giorno festivo ed è
immagina quanto lo ha turbato. Mentre ella dorme, giunto il giorno feriale. Le grandi imprese di Roma,
egli si affaccia a guardare il cielo e la natura, che lo di cui si parlava per terra e per mare, ora sono com-
ha messo al mondo per farlo soffrire. Lei dorme dopo pletamente dimenticate. Quand’era fanciullo, alla fine
una giornata di festa. In sogno ricorda a quanti piac- del giorno festivo, se ne stava a letto, incapace di dor-
que e quanti le piacquero. Tra questi ultimi certamen- mire: un canto, che si perdeva in lontananza e poi
te non è il poeta. Egli non ha speranza. E, anche se moriva, gli riempiva il cuore con un’uguale angoscia.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 343
Commento scia, le sue speranze e le sue illusioni e le sue delu-
1. L’idillio mescola temi consueti: l’amore infelice e sioni. Altrove è lo strumento della riflessione filoso-
non corrisposto, la giovinezza e l’infelicità di cui il fica sulla vita (Canto notturno di un pastore errante
destino è responsabile. Il tema dell’amore angosciato dell’Asia).
e disperato è però mescolato con la riflessione: il tem- 4. Il tema della sera, della festa si trova anche in altri
po passa inesorabile. La fama degli antichi romani idilli, da Il sabato del villaggio a Il passero solitario.
non è più nemmeno un fioco ricordo, proprio come è Questi idilli propongono anche il tema del paese, il
ormai dimenticato il giorno festivo, appena terminato, natio borgo selvaggio, che sorge tra il mare e i monti,
con tutti gli avvenimenti gioiosi che lo hanno riempi- come emerge dall’idillio A Silvia.
to. Tutto diventa ricordo, memoria, ma poi sfugge an- 5. La compostezza classica è turbata ad un certo mo-
che alla memoria. Il poeta continua a vivere in quel- mento dall’onnipotenza dell’amore: “e qui per terra
l’angoscia che lo accompagnava anche da fanciullo. Mi getto, e grido, e fremo”. L’atteggiamento con-
2. L’idillio è costruito sulla riflessione e sull’azione sueto del poeta è quello di contemplare e di riflettere
di ricordare gli avvenimenti. Il pensiero della donna sulla realtà. Ciò emerge fin dall’idillio L’infinito: egli
porta però il poeta prima a riflettere sulla sua vita, poi va sul colle, si siede dietro la siepe e immagina “spazi
ad allargare la sua riflessione al tempo, al passato: le sterminati, silenzi sovrumani ed una quiete profondis-
imprese degli antichi romani sono silenzio proprio sima oltre la siepe”. In questo caso l’amore è così in-
come quel giorno festivo. Il destino è lo stesso. Il te- tenso ed irruento, che lo spinge a un comportamento
ma del tempo e del passato, anzi dell’infinito spaziale scomposto: il diaframma della riflessione filosofica e
e temporale, si trova già nell’idillio L’infinito. poetica, che filtra il mondo esterno che vuole entrare
3. Il poeta, deluso, si affaccia al balcone della sua ca- nel suo animo, viene violentemente abbattuto, ed egli
sa ed ammira la natura onnipossente. Altrove inter- è sconvolto dalle emozioni e dall’angoscia.
rompeva il lavoro sulle sue sudate carte, si affacciava 6. L’amore come pena ed angoscia, presente anche
al balcone e ascoltava il canto di Silvia (A Silvia). Il nella canzone Il primo amore, può essere sincero. Ma
canto che si disperde nella notte rimanda anche al non è questo il problema. Quel che conta è che esso
canto dell’erbivendolo, che riprende il suo cammino ha una lunga tradizione letteraria e risale addirittura
quando il temporale è passato (La quiete dopo la agli inizi della letteratura, con Andrea Cappellano
tempesta) e all’Ultimo canto di Saffo. Il canto è la (sec. XIII). Ed è ripreso ed esasperato con mille in-
poesia, lo strumento che permette all’uomo di metter- venzioni da Petrarca nel Canzoniere. Il poeta ricorre
si in contatto e di descrivere la natura, ma anche di alla letteratura precedente, per esprimere i suoi sen-
esprimere i suoi sentimenti, le sue pene, la sua ango- timenti, le sue emozioni e le sue angosce.
II. Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella 2. È bello il tuo manto, o cielo divino, e bella
sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta sei tu, o terra bagnata dalla pioggia. Ahi, di questa
infinita beltà parte nessuna infinita bellezza i numi e l’empia sorte
alla misera saffo i numi e l’empia non fecero parte alcuna alla misera Saffo.
sorte non fenno. A’ tuoi superbi regni O natura, io, sottomessa alle tue leggi
vile, o natura, e grave ospite addetta, superbe come un’ospite vile e sgradita
e dispregiata amante, alle vezzose e come un’amante disprezzata, invano
tue forme il core e le pupille invano rivolgo supplichevole il cuore e le pupille
supplichevole intendo. A me non ride alle tue forme eleganti. A me non sorride
l’aprico margo, e dall’eterea porta la campagna soleggiata né la luce del primo
il mattutino albor; me non il canto mattino [che scende] dalla porta del cielo.
de’ colorati augelli, e non de’ faggi Non mi saluta il canto degli uccelli colorati,
il murmure saluta: e dove all’ombra né il mormorio dei faggi. Ed il ruscello, dove
degl’inchinati salici dispiega all’ombra dei salici piangenti fa scorrere
candido rivo il puro seno, al mio le sue limpide acque, ritrae sdegnoso
lubrico piè le flessuose linfe le sue acque correnti davanti al mio piede
disdegnando sottragge, incerto e, fuggendo, preme contro
e preme in fuga l’odorate spiagge. le rive ricoperte di fiori profumati.
III. Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso 3. Quale errore mai, quale colpa così vergognosa
macchiommi anzi il natale, onde sì torvo mi macchiò prima di nascere, per il quale il cielo
il ciel mi fosse e di fortuna il volto? e il volto della fortuna mi fossero così ostili?
In che peccai bambina, allor che ignara In che cosa peccai da bambina, quando la vita ignora
di misfatto è la vita, onde poi scemo il misfatto, per il quale poi il ferrigno mio stame
di giovanezza, e disfiorato, al fuso (=l’oscuro filo della mia vita), privo di giovinezza
dell’indomita Parca si volvesse e di bellezza, si avvolgesse al fuso della Parca
il ferrigno mio stame? Incaute voci inflessibile? [Accusando gli dei], il tuo labbro
spande il tuo labbro: i destinati eventi pronuncia parole incaute: un disegno misterioso
move arcano consiglio. Arcano è tutto, governa gli eventi prestabiliti. Tutto è misterioso,
fuor che il nostro dolor. Negletta prole fuorché il nostro dolore. Nascemmo per piangere
nascemmo al pianto, e la ragione in grembo come figli abbandonati, e il motivo [di ciò] si trova
de’ celesti si posa. Oh cure, oh speme in grembo agli dei celesti. Oh desideri, oh speranze
de’ più verd’anni! Alle sembianze il Padre, dei miei anni più verdi! Alla bellezza esteriore,
Alle amene sembianze eterno regno alla sola bellezza esteriore il padre Giove concesse
diè nelle genti; e per virili imprese, di regnare per sempre tra le genti. E nemmeno
per dotta lira o canto, per le imprese più valorose, per l’abilità
virtù non luce in disadorno ammanto. nella lira o per la dolcezza del canto
la virtù risplende in un corpo deforme.
Riassunto per strofa. 1. Saffo si rivolge alla notte, al- 2. Il poeta si identifica nella poetessa: anche a lui il
la luna che sta tramontano e al pianeta Venere: la loro destino negò la giovinezza e la bellezza. Sono gli
vista non dà più gioia al suo cuore. Una nuova gioia stessi motivi di altri idilli, ad esempio A Silvia.
la rallegra: vagare per le valli profonde, guardare le 3.1. Nella prima strofa Saffo sposta la sua attenzione
pecore fuggire spaventate e ascoltare il gorgoglio del e il suo amore dal cielo (la notte, la luna, l’astro di
fiume, quando il soffio del vento passa sui campi on- Venere) al paesaggio, alla terra. Il cielo però è luce,
deggianti e quando il fulmine e il tuono di Giove ed è simbolo della speranza. La terra invece è buio, è
squarciano l’aria tenebrosa. morte, è simbolo dell’oltretomba. La donna insomma
2. Il cielo e la terra risplendono di bellezza. Ma di ripiega sulla morte. Il paesaggio naturale è un pae-
quella bellezza essa non ha avuto nessuna parte: la saggio sconvolto dal vento, dai tuoni e dai fulmini.
natura la ebbe come un’ospite sgradita; e il cielo non Ed essa ora ama vagare in questo paesaggio orrido,
ebbe mai un sorriso per lei. Il canto degli uccelli non per balze e valli profonde. Ama veder le pecore spa-
l’ha mai salutata; invece l’acqua del ruscello fuggiva ventate e sentir il gorgogliare delle acque del fiume.
davanti ai suoi piedi. Lo spirito apollineo, legato alla luce e al cielo, cede il
3. Perciò Saffo si chiede quale colpa la macchiò pri- posto allo spirito dionisiaco, sconvolto dalle passioni.
ma di nascere, che rese il cielo e la terra a lei così 3.2. Nella seconda strofa la donna osserva la bellezza
ostili. Quale colpa ha commesso, per essere stata pri- del cielo e della terra, e si lamenta che di tale bellezza
vata della giovinezza e della bellezza. Ma i disegni lei non ebbe nulla. Essa ha ricevuto dal destino una
degli dei sono misteriosi e incomprensibili. Tutto è sorte ingrata: gli uccelli non cantano per lei, il cielo
incomprensibile, tranne il dolore: lei è nata per soffri- non le sorride di primo mattino, anzi l’acqua del fiu-
re, e il motivo della sofferenza è noto soltanto agli me si ritrae davanti ai suoi piedi.
dei. Le speranze giovanili sono state deluse: soltanto 3.3. Nella terza strofa perciò essa si chiede quale col-
la bellezza fisica è apprezzata dagli uomini. Né le pa l’ha macchiata prima di nascere, che ha provocato
grandi imprese né l’abilità nel canto possono far di- l’ostilità del cielo verso di lei. Quale colpa ha com-
menticare un corpo deforme. messa da bambina, per essere privata della giovinezza
4. Così la donna morirà. La sua anima, priva del cor- e della bellezza. Ma i piani degli dei son misteriosi e
po, scenderà nel regno dei morti, dove pagherà incomprensibili. Resta soltanto la realtà del dolore.
l’errore del destino. Ma vuole augurare la felicità a Lei è nata per soffrire. La spiegazione del dolore si
Faone, che ha tanto amato, se è mai possibile essere trova nel grembo della divinità. Soltanto la bellezza
felici sulla terra. Giove non le ha dato alcuna felicità. fisica è apprezzata, non la bellezza che si trova dentro
Le illusioni giovanili sono scomparse. I giorni felici l’animo.
fuggono per primi e lasciano il posto alla malattia, 3.4. Nella quarta strofa la donna è consapevole del
alla vecchiaia e alla morte. Ora le resta soltanto la destino che la aspetta e che anzi ha deciso: morirà. La
morte, e la morte avrà il suo ingegno poetico. sua anima scenderà tra i morti, priva del suo corpo.
Qui espierà la colpa. Il suo amore per Faone è stato
Commento inutile ed è rimasto insoddisfatto. Ma ha la forza di
1. Secondo la leggenda Saffo (sec. VII-VI a.C.) si in- augurare ogni felicità all’amato, se un uomo può mai
namora di Faone, un barcaiolo, che la respinge a cau- essere felice qui sulla terra. Il suo destino è stato di
sa del suo aspetto. A nulla valgono la sua abilità nel vivere senza alcuna gioia. Ed ora, passata la giovi-
canto e il suo ingegno poetico. Perciò si uccide lan- nezza, arriva minacciosa la malattia, la vecchiaia, la
ciandosi giù dalla ruppe di Leucàde. morte. Di tanta gloria sperata e di tante illusioni non
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resta nulla, soltanto l’oblio nella morte. E il regno dei non può modificare il destino di un suo figlio, che era
morti, la notte senza luce del regno dei morti, la riva destinato a morire.
silenziosa del fiume Acheronte avranno il suo inge- 7. Moriremo. Tra poco la donna metterà in atto il sui-
gno poetico. cidio che ha meditato, e si getterà dalla rupe. Essa si
4. L’idillio dà grande spazio alla natura, ma accanto lamenta con il destino infelice, che non le ha permes-
alla natura serena presente in altri idilli è anche una so di coronare il suo sogno d’amore. Per coronarlo
natura insolita, intensamente romantica: la natura or- aveva bisogno di un bel corpo, non di un bel canto e
rida, tumultuosa e sconvolta da forze scatenate e irra- di un grande ingegno poetico. Ed ora, passata la gio-
zionali. Anche altrove, ne La quiete dopo la tempesta, vinezza senza la bellezza e senza l’amore (“e te, ger-
il poeta presenta una natura serena che si manifestava man di giovanezza, amore” de Il passero solitario),
nella sua consueta bellezza e una natura sconvolta da vede davanti a sé soltanto la malattia, la vecchiaia e la
forze che l’uomo non poteva controllare e da cui era gelida morte. La donna ripete convinzioni comuni del
terrorizzato. Ma ormai la natura si è ricomposta: mondo antico: vecchiaia vuol dire malattia (“Senectus
“Passata è la tempesta...”. Il pensiero però va al mo- ipsa morbus” dice Cicerone) o vita ingrata (“Muor
mento in cui il temporale, i tuoni e i fulmini, erano giovane colui che al cielo è caro”). Il poeta aveva im-
così violenti che avevano spaventato anche l’uomo precato e deprecato la vecchiaia fin dall’idillio Alla
che aveva meditato il suicidio. In questo idillio per luna (1820): “Oh come grato occorre Nel tempo gio-
altro l’attenzione del poeta è rivolta a fare del tempo- vanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la
rale il simbolo del dolore, che intride la vita umana, e memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose,
ad elaborare la definizione di felicità come di sempli- Ancor che triste, e che l’affanno duri!”. I temi (giovi-
ce pausa tra due dolori. nezza, bellezza, amore, morte, rifiuto, solitudine,
5. Il poeta ricostruisce precisamente la psicologia e il emarginazione, illusioni, speranze, delusioni) sono gli
dramma della donna: vuole l’amore, ma l’amore non stessi e si intersecano.
è corrisposto. E la colpa è di lei, che non può dare 8. La canzone è composta da quattro strofe di endeca-
all’amato quella bellezza che deve caratterizzare ogni sillabi. L’unica eccezione è il verso 17 di ogni strofa,
donna. La natura è stata avara nei suoi confronti. Per- che è un settenario, che rima con il verso successivo,
ciò si sente maltrattata e umiliata: il destino la puni- l’ultimo verso della strofa. L’endecasillabo permette
sce per una colpa che non ha commesso. E si lamenta un discorso e un flusso di pensieri di più ampio respi-
degli dei: i loro piani sono incomprensibili, soltanto il ro e più vario nei ritmi. Ma nel suo interno ha due ca-
dolore è una cosa certa. ratteristiche che lo arricchiscono ulteriormente: pe-
6. L’uomo è nato per soffrire. E la spiegazione del riodo estremamente lunghi; e la frattura del verso
dolore umano è in grembo a Giove. La donna ripete provocata dall’enjambement. La frattura e la lunghez-
un verso di Omero, divenuto proverbiale: il destino za dei periodi riescono a rendere tangibile l’angoscia
umano è inconoscibile e soprattutto incomprensibile. della donna, che riflette sulla bellezza che non ha ri-
Per altro nel mondo greco nemmeno l’onnipotente cevuto, sul destino infelice, sull’amore insoddisfatto,
Giove può sottrarsi alla volontà delle Parche, che fi- sulla morte imminente e sul regno dei morti che la
lano la vita umana, tessono la tela e tagliano il filo: aspetta.
Riassunto. 1. Il poeta si rivolge a Silvia e le chiede se 3. L’idillio unifica diversi motivi: l’amore, la giovi-
ricorda ancora quand’era in vita e si preparava a var- nezza, le speranze, la felicità; ed anche il dolore,
care la soglia della giovinezza. l’infelicità, la delusione, la morte, la Natura madre e
2. Il suo canto risuonava per le vie illuminate dal so- matrigna. Essi saranno ripresi e sviluppati negli idilli
le, mentre era occupata nei lavori femminili e imma- successivi.
ginava un futuro felice. Era maggio, e lei trascorreva 4. Il tema della giovinezza e dell’amore ha numerosi
così le giornate. precedenti letterari: a) la canzone I’ mi trovai, fan-
3. Il poeta interrompeva i suoi studi faticosi e porgeva ciulle, un bel mattino di Agnolo Poliziano (1454-
l’orecchio per sentire la sua voce. Nessuna lingua 1494); b) la Canzona di Bacco e Arianna (1490) di
mortale può dire quel che egli provava nel cuore. Lorenzo de’ Medici (1449-1492); c) la “favola bo-
4. Com’erano fiduciosi allora nel futuro! Quando schereccia” Aminta (1573) e l’episodio del pappagal-
pensa a tali speranze, egli torna a lamentarsi della sua lo filosofo che invita a cogliere il fiore della giovi-
sventura. E, angosciato, si chiede perché la natura fa nezza nella Gerusalemme liberata (XVI, 9-19) di
tante promesse, che poi non mantiene, e perché in- Torquato Tasso (1544-1595).
ganna in quel modo i suoi figli. 5. Leopardi non vede nella morte la possibilità di una
5. Prima che giungesse l’inverno, Silvia, colpita dalla “corrispondenza d’amorosi sensi” e nelle tombe dei
malattia, moriva e non conosceva la giovinezza né grandi uno stimolo a compiere grandiose imprese,
l’amore. come invece faceva Foscolo. Per lui la morte è la to-
6. Poco dopo moriva anche la speranza del poeta: il tale e irreparabile negazione della vita. Insomma è
destino gli ha negato anche la giovinezza. Di tutte le meglio non morire, è meglio vivere, anche se la vita è
speranze che ha riposto nel futuro non è rimasto nul- dolore. Ci sono però la speranza (verso il futuro) e i
la. E la morte di Silvia come la caduta delle speranze ricordi (verso il passato), che allietano la vita.
mostrano che il futuro gli riserva soltanto la morte e
una tomba spoglia.
Commento
1. Leopardi canta la giovinezza, la bellezza e le spe-
ranze nel futuro di Silvia. Scopre però con angoscia
che la natura fa promesse di felicità, che poi non
mantiene. Così Silvia muore ancor prima di conosce-
re la giovinezza e l’amore. Ed il poeta scopre che an-
che il suo destino è segnato dal dolore: non ha potuto
vivere la sua giovinezza e la morte della ragazza indi-
ca la caduta di ogni speranza e un futuro di morte.
2. L’idillio è incentrato sulla memoria: il poeta ricor-
da Silvia, la sua bellezza, i suoi canti, l’interruzione
dei suoi studi per ascoltare la ragazza, le speranze che
ambedue riponevano nel futuro. Egli dialoga con se
stesso e con la sua memoria, come aveva fatto ne
L’infinito e Alla luna. Il dialogo è angoscioso, ma
“Me la dai?” “E tu che cosa mi dai?”
nello stesso tempo è anche temperato dalla riflessio-
ne: il poeta non abbandona mai un equilibrio e un 1. Carel de Moor (1655-1738), Uomo che cerca di abbrac-
controllo classico sui suoi sentimenti, sia di gioia sia ciare una donna, 1730ca.
di dolore. ---I☺I---
III. Tu solingo augellin, venuto a sera 3. Tu, o uccellino solitario, giunto alla fine
del viver che daranno a te le stelle, della vita che il destino ti concederà,
certo del tuo costume certamente non ti addolorerai per il tuo modo
non ti dorrai; che di natura è frutto di vivere, perché ogni vostro comportamento
ogni nostra vaghezza. è prodotto dalla natura.
A me, se di vecchiezza A me, se non otterrò
la detestata soglia di evitare l’odiosa soglia
evitar non impetro, della vecchiaia (=se non morirò giovane)
quando muti questi occhi all’altrui core, (quando questi miei occhi non diranno più nulla
e lor fia voto il mondo, e il dì futuro al cuore altrui, e ad essi il mondo apparirà vuoto
del dì presente più noioso e tetro, e il futuro sarà più noioso e angoscioso del presente),
Riassunto per strofa. 1. Dall’antico campanile il pas- 4. Il poeta descrive affascinato e con tenerezza il “na-
sero solitario canta verso la campagna fino sera, e la tio borgo selvaggio” e il paesaggio che circonda il
dolcezza del suo canto si diffonde per tutta la valle. È suo paese anche negli idilli La quiete dopo la tempe-
primavera: gli altri uccelli volano insieme nel cielo, e sta e Il sabato del villaggio. Le sue descrizioni sono
festeggiano il più bel tempo dell’anno e della vita. Il antitetiche alla ricerca dell’orrido, di paesaggi cupi ed
passero invece vive in disparte e guarda: non cerca invernali, e delle notti illuminate dalla luna del Ro-
compagni né soddisfazioni, contento di passare il suo manticismo inglese. Sono antitetiche anche a quelle
tempo a cantare. 2. La vita del poeta assomiglia alla di Foscolo e alle interpretazioni eroiche del Romanti-
vita del passero: non si preoccupa (e non sa perché) cismo, che proiettano sulla natura passioni sconvol-
né dei divertimenti né dell’amore, il compagno inse- genti ed impetuose. Leopardi ha un rapporto di con-
parabile della giovinezza. E passa la sua giovinezza templazione con la natura, non la sovraccarica con i
come se fosse uno straniero nel luogo in cui è nato. suoi sentimenti: si abbandona ad essa e alle dolcissi-
Nel suo paese è consuetudine festeggiare il giorno me sensazioni che gli fa provare.
prefestivo: i giovani si riversano nelle strade, vestiti a
festa; ammirano e si fanno ammirare; e sono felici. Il
poeta invece si rifugia da solo tra i campi e rimanda
al futuro il momento dei piaceri e del gioco. Intanto il
sole, tramontando, sembra dire che la giovinezza è
destinata a passare. 3. L’uccellino però, giunto alla
fine della vita, non proverà dolore per la sua vita soli-
taria, perché questa è la sua natura. Il poeta, se non
riuscirà ad evitare la vecchiaia, morendo giovane, che
cosa penserà della sua scelta? Si pentirà, e sconsolato
si volgerà indietro.
Commento
1. Il poeta continua ad essere affascinato dal paesag-
gio, tanto che paragona la sua vita solitaria a quella di
un uccellino. La gioia è nel paesaggio, nel sole che
tramonta e che sembra salutare la giovinezza che se
ne va, nella gioventù del paese, tutta vestita a festa,
che cerca l’amore. La tristezza è soltanto dentro di
lui, che non frequenta i coetanei, non cerca l’amore,
cerca la solitudine e rimanda al futuro il momento del
contatto e del rapporto con gli altri. Anche qui la ri-
flessione e la memoria hanno grande spazio: il poeta
immagina di essere giunto alla fine della sua esisten-
za e di trarre le conclusioni: il passero sarà contento,
perché ha seguito la sua natura solitaria; egli non lo
sarà, e spesso, ma sconsolato, si volgerà indietro. “O mia Doralice, ho perso la testa!”
2. L’idillio contiene la stessa parte riflessiva e gli
stessi motivi (la giovinezza, l’amore, il dolore, la soli- 1. Louis Henri de Rudder, Don Chisciotte nel suo studio,
tudine, la bellezza intensissima della natura) presenti 1837.
nei Piccoli e nei Grandi idilli precedenti. In genere il ---I☺I---
poeta struttura l’idillio in due parti: la prima è descrit-
tiva; la seconda è riflessiva.
3. Il poeta mantiene lo stesso atteggiamento già
espresso negli idilli L’infinito e Alla luna: non si getta
nella vita; ha un contatto riflessivo e memoriale con
la vita. In questo caso egli addirittura immagina di
essere ormai vecchio e di rivolgere il suo pensiero
verso il passato, per esprimere la sua insoddisfazione
verso le scelte che sta facendo.
I. Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea 1. O vaghe (=belle e desiderate) stelle dell’Orsa,
tornare ancor per uso a contemplarvi io non credevo di ritornare ancora a contemplarvi
sul paterno giardino scintillanti, scintillanti sopra il giardino paterno
e ragionar con voi dalle finestre e a ragionare con voi dalle finestre
di questo albergo ove abitai fanciullo, di questa dimora in cui abitai da fanciullo
e delle gioie mie vidi la fine. e in cui vidi la fine delle mie gioie.
Quante immagini un tempo, e quante fole Un tempo quante immagini e quante fantasie
creommi nel pensier l’aspetto vostro mi creò nel pensiero l’aspetto vostro
e delle luci a voi compagne! allora e delle stelle a voi compagne! quando, in silenzio,
che, tacito, seduto in verde zolla, seduto sul prato erboso, io solevo passare
delle sere io solea passar gran parte gran parte delle sere guardando il cielo
mirando il cielo, ed ascoltando il canto e ascoltando il canto della rana
della rana rimota alla campagna! lontana nella campagna!
E la lucciola errava appo le siepi E la lucciola errava presso le siepi
e in su l’aiuole, susurrando al vento e sulle aiole, mentre sussurravano al vento
i viali odorati, ed i cipressi i viali [di alberi] odorosi ed i cipressi là
là nella selva; e sotto al patrio tetto nella selva; e sotto il tetto paterno risuonavano
sonavan voci alterne, e le tranquille le voci dei dialoghi e le tranquille faccende
opre de’ servi. E che pensieri immensi, dei servi. E che progetti immensi, che dolci
che dolci sogni mi spirò la vista sogni mi ispirò la vista di quel lontano
di quel lontano mar, quei monti azzurri, mare, quei monti azzurri, che da qui riesco
che di qua scopro, e che varcare un giorno a vedere e che io pensavo di varcare
io mi pensava, arcani mondi, arcana un giorno, immaginando per la mia vita
felicità fingendo al viver mio! arcani mondi e un’arcana felicità!
Ignaro del mio fato, e quante volte Ignaro del mio destino, quante volte avrei
questa mia vita dolorosa e nuda cambiato volentieri con la morte questa mia vita
volentier con la morte avrei cangiato. dolorosa e infelice.
II. Né mi diceva il cor che l’età verde 2. Né il cuore mi prediceva che sarei stato
sarei dannato a consumare in questo condannato a consumare la mia giovinezza
natio borgo selvaggio, intra una gente in questo natio borgo selvaggio, tra gente zotica
zotica, vil; cui nomi strani, e spesso e vile; per la quale la cultura e la conoscenza
argomento di riso e di trastullo, sono nomi strani e spesso argomento
son dottrina e saper; che m’odia e fugge, di riso e di trastullo; che mi odia e mi fugge,
per invidia non già, che non mi tiene non per invidia, perché non mi tiene maggiore
maggior di sé, ma perché tale estima di sé, ma perché pensa che io mi ritenga tale
ch’io mi tenga in cor mio, sebben di fuori nel mio cuore, sebbene di fuori
a persona giammai non ne fo segno. io non ne faccio mai segno a persona.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, Qui passo gli anni, abbandonato, nascosto,
senz’amor, senza vita; ed aspro a forza senza amore, senza vita; e per forza
tra lo stuol de’ malevoli divengo: divento aspro tra lo stuolo dei malevoli:
qui di pietà mi spoglio e di virtudi, qui mi spoglio di pietà e di virtù e per il gregge
e sprezzator degli uomini mi rendo, (=i compaesani) che ho appresso mi metto
per la greggia ch’ho appresso: e intanto vola a disprezzare tutti gli uomini.
il caro tempo giovanil; più caro E intanto vola il caro tempo giovanile;
che la fama e l’allor, più che la pura più caro che la fama e l’alloro (=la gloria),
luce del giorno, e lo spirar: ti perdo più che la pura luce del giorno e il respiro.
senza un diletto, inutilmente, in questo Ti perdo senza un diletto, inutilmente,
soggiorno disumano, intra gli affanni, in questo soggiorno disumano, tra gli affanni,
o dell’arida vita unico fiore. o unico fiore della mia arida vita.
VI. Chi rimembrar vi può senza sospiri, 6. Chi vi può ricordare senza sospiri, o primo
o primo entrar di giovinezza, o giorni incontro con la giovinezza, o giorni belli,
vezzosi, inenarrabili, allor quando inenarrabili, quando le donzelle sorridono
al rapito mortal primieramente per la prima volta al giovane estasiato.
sorridon le donzelle; a gara intorno A gara intorno a lui ogni cosa sorride;
ogni cosa sorride; invidia tace, e l’invidia tace: essa non è ancora sorta oppure
non desta ancora ovver benigna; e quasi è benigna. E il mondo gli porge quasi la mano
(inusitata maraviglia!) il mondo per aiutarlo (una meraviglia veramente insolita!),
la destra soccorrevole gli porge, scusa i suoi errori, festeggia il suo nuovo arrivo
scusa gli errori suoi, festeggia il novo nella vita (=l’entrata nella giovinezza) e, inchinandosi
suo venir nella vita, ed inchinando [davanti a lui], mostra (=finge) di accoglierlo
mostra che per signor l’accolga e chiami? come [se fosse il suo] signore e di chiamarlo così?
Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo O giorni fugaci! si sono dileguati con la rapidità
son dileguati. E qual mortale ignaro di un lampo. E quale uomo può ignorare
di sventura esser può, se a lui già scorsa la sventura, se per lui è già passata quella bella
quella vaga stagion, se il suo buon tempo, stagione, se [è finito] il suo tempo migliore, se la gio-
se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta? vinezza, ahi la giovinezza, è spenta?
VII. O Nerina! e di te forse non odo 7. O Nerina! forse non odo questi luoghi
questi luoghi parlar? caduta forse parlare di te? forse tu sei caduta dal mio pensiero?
dal mio pensier sei tu? Dove sei gita, Dove sei andata, perché qui di te trovo soltanto
che qui sola di te la ricordanza il ricordo, o dolcezza mia? Questa terra,
trovo, dolcezza mia? Più non ti vede dove sei nata, non ti vede più: quella finestra,
questa terra natal: quella finestra, dalla quale eri solita parlarmi e sulla quale [ora]
ond’eri usata favellarmi, ed onde il raggio delle stelle si riflette mestamente, è deserta.
mesto riluce delle stelle il raggio, Dove sei, perché [ora] non odo più la tua voce
è deserta. Ove sei, che più non odo sonora, come [avveniva] un tempo, quando il suono
la tua voce sonar, siccome un giorno, anche lontano delle tue labbra, che mi giungeva,
quando soleva ogni lontano accento era capace di farmi impallidire? Era un altro tempo.
del labbro tuo, ch’a me giungesse, il volto O mio dolce amore, i tuoi giorni appartengono
scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi al passato. Tu sei morta. Oggi tocca ad altri
furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri vivere sulla terra ed abitare questi colli odorosi.
il passar per la terra oggi è sortito, Tu se morta ancor giovane e la tua vita fu
e l’abitar questi odorati colli. come un sogno. Andavi danzando [verso la vita];
Ma rapida passasti; e come un sogno la gioia ti risplendeva sulla fronte, negli occhi
fu la tua vita. Iva danzando; in fronte ti risplendeva quella fiducia e quella speranza
la gioia ti splendea, splendea negli occhi nel futuro, quella luce della giovinezza,
quel confidente immaginar, quel lume quando il destino li spegneva, e giacevi [morta].
di gioventù, quando spegneali il fato, Ahi Nerina! In cuore sento ancora l’antico amore.
e giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna Se talvolta mi reco a qualche festa, se mi reco
l’antico amor. Se a feste anco talvolta, a qualche festa in campagna, dentro di me io dico:
se a radunanze io movo, infra me stesso “O Nerina, per le feste in campagna, per le feste
dico: o Nerina, a radunanze, a feste tu non ti prepari più, tu non vai più.
tu non ti acconci più, tu più non movi.
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VIII. Se torna maggio, e ramoscelli e suoni 8. Se ritorna maggio e gli amanti portano
van gli amanti recando alle fanciulle, ramoscelli e canti alle fanciulle,
dico: Nerina mia, per te non torna io dico: “O Nerina mia, per te la primavera
primavera giammai, non torna amore. non tornerà mai più, non tornerà l’amore”.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita In ogni giorno sereno, ad ogni luogo fiorito
piaggia ch’io miro, ogni goder ch’io sento, che io guardo, per ogni godimento che io sento,
dico: Nerina or più non gode; i campi, dico: “Nerina ora non gode più;
l’aria non mira. Ahi tu passasti, eterno non guarda più i campi, né l’aria”. Ahi tu sei morta,
sospiro mio: passasti: e fia compagna o mio eterno sospiro. Tu sei morta! Ed il ricordo
d’ogni mio vago immaginar, di tutti acerbo [di te] sarà compagno delle mie speranze
i miei teneri sensi, i tristi e cari nel futuro, di tutti i miei teneri sensi,
moti del cor, la rimembranza acerba. di tutti i tristi e cari sentimenti del mio cuore.
Riassunto per strofa. 7. Così il poeta ripensa a Nerina. Si chiede dov’è ora.
1. Leopardi si rivolge alle stelle dell’Orsa Maggiore, Ricorda quando parlavano insieme. E ricorda anche il
che non pensava di rivedere mai più dalla casa pater- tumulto di sentimenti che la sua voce, soltanto la sua
na dove ha trascorso la sua giovinezza. Da fanciullo voce, provocava nel suo petto. Ma ora è morta. Ad
passava il tempo fantasticando: guardava il cielo e altri tocca di vivere sulla terra. Ed è morta che era an-
ascoltava i rumori della campagna e i suoni della casa cora giovane. La sua vita è stata come un sogno. Il
paterna. Faceva progetti per il futuro e immaginava poeta è ancora innamorato di lei. E, quando si reca ad
una felicità straordinaria. Ma il destino voleva diver- una festa, sente con angoscia la sua assenza. Per lei
samente. non ci sarà più una nuova primavera, non ci sarà più
2. Egli non immaginava che doveva passare la sua l’amore. Nerina è morta. E il ricordo amaro della sua
giovinezza tra gente volgare, che disprezzava lui, la morte lo accompagnerà nel presente come nel futuro.
cultura e la conoscenza. Qui, nel suo paese, doveva
trascorrere la sua giovinezza in solitudine, senza Commento
amore e senza vita, in mezzo ad una mandria di be- 1. Le ricordanze ripetono l’idillio A Silvia: il poeta
stie, che lo spingevano a disprezzare tutti gli uomini. immagina un futuro felice, ma il destino è di diverso
E intanto vola, e vola inutilmente, il tempo della sua avviso. Silvia e Nerina muoiono, ed egli vede davanti
giovinezza. a sé soltanto la sconfitta della morte. Le differenze
3. Il suono dell’orologio gli fa ricordare le notti pas- sono minime: A Silvia è incentrato sulla figura di Sil-
sate in bianco. Ma tutto ciò che vede o sente gli fa ri- via. Le ricordanze invece sono incentrate sui ricordi
cordare il passato. Ed il passato è dolce, anche se è del poeta, sulla sua infelice vita nel paese, sui suoi
stato infelice. Egli pensa alla casa paterna, agli affre- incubi notturni; e la ragazza vi svolge una funzione
schi sulle pareti, ai suoi giochi infantili, quando la vi- importante ma secondaria. Compare soltanto nell’ul-
ta si mostrava piena di dolcezza. L’adolescente è ine- tima strofa. Le ricordanze per altro sono più lunghe e
sperto e sogna con trepidante attesa la vita futura. più angosciate degli altri idilli. Per capire corretta-
Non sa che lo aspetta la delusione più cocente. mente il testo e per non accusare il poeta di essere
4. Le speranze nel futuro si sono dimostrate inganne- troppo lamentoso, si deve però ricordare un dato de-
voli. Eppure il poeta le ricorda sempre con un deside- mografico: la società tradizionale agricola non cono-
rio struggente, anche se il tempo è passato. L’infeli- sceva la medicina ed era immersa costantemente nella
cità è la regola per tutti gli uomini. Si può sperare sol- morte. La morte era la compagna non desiderata di
tanto nella morte. Eppure, quando sarà in procinto di ogni giorno della vita umana. La mortalità infantile
morire, egli si ricorderà proprio delle speranze e dei era elevatissima, ma la mortalità nelle altre fasce
sentimenti che hanno caratterizzato la sua giovinezza. d’età non era da meno. E l’altro compagno della vita
E proverà un immenso dispiacere di esser vissuto inu- quotidiana era il dolore. L’alimentazione era spesso
tilmente. insufficiente, le case non avevano i servizi igienici e
5. Già nella prima giovinezza ha invocato la morte e non erano riscaldate d’inverno. L’unica chiazza di lu-
ha meditato il suicidio, sedendo sulla fontana della ce era la giovinezza: non si andava a scuola, si anda-
casa paterna. Le sue acque potevano porre fine alle va subito a lavorare. Gli unici giorni belli della setti-
vane speranze e al dolore che lo schiacciava. La ma- mana erano il sabato e la domenica, perché liberi dal
lattia minò la sua giovinezza e lo spinse, di notte, a lavoro e perché permettevano di andare in piazza a
scrivere canti infelici. sfoggiare il vestito nuovo e a incontrare gli amici. Si
6. Ma nessuno può ricordare la giovinezza senza so- pensava subito a corteggiare o a farsi corteggiare,
spirare. Le ragazze sorridono al giovane, che ne è quindi ci si sposava e si mettevano al mondo i figli.
estasiato. Il mondo sembra tutto suo. Ma questi giorni Non si perdeva tempo in riflessioni filosofiche, che
passano in un baleno. E, dopo quei giorni della gio- anche 60 anni dopo per D’Annunzio erano del tutto
vinezza, nessun uomo può più sottrarsi alle sventure inutili. La vita era vissuta attimo per attimo, con
della vita. gioia. La morte poteva arrivare prima dei 30 anni. La
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vita era implacabile con i poveri come con i ricchi. Il chezza: le parole e i versi scompaiono, resta il dram-
poeta muore a 39 anni: una vita relativamente lunga. ma e l’angoscia del poeta, che potrebbe essere il
La medicina diventa efficace soltanto dopo il 1950, dramma e l’angoscia di ciascun lettore. Il linguaggio
quando compaiono gli antibiotici. L’Italia di Leopardi poetico è costantemente teso. L’unico abbassamento
resta tale e quale fino al boom economico (1958-63). di tono è l’espressione dolcezza mia (strofa sesta).
Oggi quell’Italia non esiste più, ed è pure difficile 6. Ha grande spazio l’innamoramento giovanile: l’a-
farsi un’idea della società agricola tradizionale. dolescente si abbandona interamente all’amore, pensa
2. Come di consueto, il poeta trasforma tutto in avve- che costituisca la felicità della vita. Non sa che cosa
nimenti interiori, in sensazioni, in emozioni, in do- lo aspetta in futuro.
lore, in angoscia, in speranze deluse. Al limite nel 7. Qui lo scolorarsi in viso è l’effetto dell’innamo-
piacere del dolore, nel piacere di ricordare il passato ramento; nel Canto notturno di un pastore errante
anche se il passato è triste ed anche se l’angoscia non dell’Asia è invece l’indicazione della morte. Il più
lo vuole lasciare. È lo stesso atteggiamento passivo, famoso scolorarsi in viso è però quello di Francesco
contemplativo, meditativo, intimistico dei primi idilli, Berni (1497/98-1535) davanti alla sua donna: Chiome
L’infinito e Alla luna. Per altro ognuno sceglie la sua d’argento fine irte e attorte senz’arte. Ma il poeta
vita, ma poi non ha alcun diritto di lamentarsi. Egli ha cinquecentesco è fortunato: non sarebbe l’unico a
deciso di mettere in primo piano i suoi dolori e le sue scolorarsi in viso davanti alle bellezze della sua don-
angosce. Niente da dire. Ha fatto una scelta precisa e na!
coerente. Altri, come Alessandro Manzoni (1785- 8. Le reminiscenze foscoliane sono numerose. Pro-
1873), ha ritenuto di non dover perdere tempo con le vengono da tutte le opere: Sonetti, De’ sepolcri, le
proprie fisime personali, di costruire una lingua per i Grazie. Nel sonetto In morte del fratello Giovanni
contemporanei e per i posteri, di giudicare gli intellet- egli scrive: “Questa (=la morte) di tanta speme oggi
tuali italiani venduti e voltagabbana, di dire agli ita- mi resta”, che Leopardi trascrive (strofa quarta).
liani cose antipatiche come questa: se volete la libertà D’altra parte il poeta aveva bisogno di punti di rife-
dall’oppressione straniera, dovete conquistarvela con rimento, per uscire dalla sua poesia come meditazio-
il vostro sangue. Dio vi dà una mano dopo che voi ne e passare ad una poesia dominata dalla passione
avete iniziato a darvi da fare. Perciò preparate l’in- insoddisfatta e dalla presenza della morte. Alcune in-
surrezione, affilate nell’ombra le spade e combattete. dicazioni: il fiore di giovinezza, il tempo e le preoc-
O liberate l’Italia o vi fate ammazzare. cupazioni, le ore danzanti.
3. Il poeta ha un sentimento ambiguo o ancipite verso 9. Peraltro accanto e intessuto a Foscolo c’è la pro-
i suoi compaesani. Da una parte vorrebbe essere co- blematica e la terminologia poetica del Canzoniere di
me loro, e vivere serenamente e felicemente la giovi- Petrarca, anche se non esasperata né provvista di vita
nezza e l’amore. Ciò emerge soprattutto negli idilli Il propria. Petrarca è presente anche altrove, nel vec-
sabato del villaggio e Il passero solitario. Dall’altra chierel del Canto notturno di un pastore errante
sente l’incomprensione e il reciproco disprezzo. Essi dell’Asia, che rimanda al sonetto Movesi ‘l vecchierel
non possono capire il valore della sua cultura e del canuto e bianco (Canzoniere, III).
sapere; e possono soltanto deridere il suo aspetto fisi-
co. Egli è nobile, ricco e brutto. Forse avranno prova-
to un senso di soddisfazione e di rivincita: noi siamo
poveri, ma il conte ha messo al modo un figlio pre-
suntuoso e gobbo. Che vive da solo, va a passeggiare
nei campi da solo, va sul monte Tabor da solo. E si
mette dietro la siepe. Da solo. Che cosa fa? La realtà
– ciò che succede – si può vedere sia con gli occhi di
Leopardi sia con gli occhi degli abitanti (giovani e
adulti) di Recanati.
4. La canzone è autobiografica più che gli altri com-
ponimenti del poeta. O anche è radicata più delle altre
nella vita e nei problemi quotidiani del poeta: l’an-
dare e il venire da Recanati, la vita insoddisfacente
nel paese, l’incompatibilità e l’impossibilità di giun-
gere a un dialogo con i suoi compaesani. Eppure so-
pra tutti questi motivi contingenti e autobiografici si
impone il fascino del paesaggio, il tema e il mito del- 1. Édouard Debat-Ponsan, Il riposo dei pastori, 1893. L’e-
la bellezza – quella della donna come quella del pae- conomia italiana è agricola fino al 1960-70. La produzio-
saggio e della natura –, della giovinezza, dell’amore. ne aumenta con la comparsa dei trattori (al posto degli
E poi le speranze e le delusioni. La vita è implacabile animali da tiro) e con l’uso di concimi chimici e pesticidi.
per lui come per i suoi compaesani. L’economia si trasforma: passa dall’autoconsumo e dal
5. Il linguaggio sembra quasi una prosa. Ma le imma- baratto a una economia di mercato.
gini e le parole colpiscono il lettore con la loro sec- ---I☺I---
II. Poi quando intorno è spenta ogni altra face, 2. Poi, quando ovunque sono spente le luci
e tutto l’altro tace, e tutto il paese tace,
odi il martel picchiare, odi la sega si ode il martello picchiare,
del legnaiuol, che veglia si ode la sega del falegname,
nella chiusa bottega alla lucerna, che è ancora sveglio con la lucerna accesa
e s’affretta, e s’adopra nella bottega chiusa, e si dà da fare
di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. per terminare il lavoro prima dell’alba.
III. Questo di sette è il più gradito giorno, 3. Il sabato dei sette è il giorno più gradito,
pien di speme e di gioia: perché porta speranze e gioia.
diman tristezza e noia Domani le ore porteranno tristezza e noia [perché
recheran l’ore, ed al travaglio usato le speranze non si sono realizzate], e ciascuno
ciascuno in suo pensier farà ritorno. con il pensiero farà ritorno al lavoro consueto.
Commento
1. L’idillio ha una struttura estremamente ordinata: a)
la descrizione del sabato in paese e la gioia che esso
porta a tutti; b) il contrasto tra le gioie e le speranze
del sabato e la tristezza e la noia della domenica; c) il
paragone della giovinezza e della maturità con il sa-
bato e la domenica; infine d) l’invito a godere il pre-
sente, perché la felicità non giunge con la maturità
della vita, ma è il presente stesso, è la giovinezza, è
l’attesa della maturità. Perciò il garzoncello non deve
avere nessuna fretta di crescere: la maturità porta sol-
tanto delusioni e prelude alla vecchiaia e alla morte.
2. Anche in questo idillio il poeta si sofferma a de-
scrivere con grande partecipazione la natura: il sole
che tramonta, l’aria che imbruna, il cielo che diventa
d’un azzurro cupo, il sorgere della luna nuova, il si- 1. Jean-Honoré Fragonard, Giovane ragazza che gioca con
lenzio notturno. E quindi l’ambiente paesano: la fan- il suo cagnolino, 1665-72. Nelle corti d’Europa la vita era
ciulla che ritorna dai campi, la vecchietta che fila e raffinata e molto allegra, e i pittori la ritraevano.
che ricorda i bei tempi della sua giovinezza, i fanciul- 2. Antonio Canova, Ebe, la coppiera degli dei, 1796.
li che giocano, il contadino che ritorna a casa stanco
ma felice, il falegname che vuole finire il lavoro pri-
ma dell’alba. 5. A quest’altra argomentazione segue l’argomenta-
3. Dopo la parte descrittiva c’è la parte riflessiva, che zione finale: o fanciullo, godi la tua giovinezza, godi
presenta la vita in termini sereni. I toni pessimistici l’attesa della maturità, non avere fretta di raggiungere
sono completamente assenti. Il sabato è più bello del- la maturità, perché soltanto adesso puoi essere felice,
la domenica perché porta speranze e gioia; la dome- perché soltanto nell’attesa consiste la felicità. La ma-
nica invece sarà una delusione, perché porta tristezza turità sarà una delusione, perché non ti darà la felicità
e noia. Il poeta ha costruito l’idillio in modo ordinato che speravi e perché preannunzia la tristezza della
e consequenziale; ed ora presenta un’argomentazione vecchiaia.
quasi matematica, per dimostrare le sue idee. 6. Il poeta si proietta verso il paese, come fa anche ne
4. A questo punto il poeta arricchisce e allarga il testo Il passero solitario, e guarda con tenerezza la ragaz-
introducendo una identità-corrispondenza tra sabato- za, la vecchietta, i ragazzi, il contadino, poi dialoga
domenica da una parte, giovinezza-maturità dall’al- con il ragazzino che ha fretta di crescere. Una sera
tra: la giovinezza corrisponde al sabato, quindi la ma- diversa è quella di Dante in Pg VIII, 1-6; quella di
turità corrisponde alla domenica. E l’argomentazione Foscolo nel sonetto Alla sera; quella di Pascoli intito-
diventa questa: come il sabato, anche la giovinezza è lata La mia sera; quella di D’Annunzio intitolata La
gioiosa; come la domenica, anche la maturità è triste. sera fiesolana.
I. Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, 1. Che fai tu, o luna in cielo? dimmi che fai,
silenziosa luna? o silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai, Sorgi alla sera e vai, contemplando
contemplando i deserti; indi ti posi. le steppe deserte; quindi tramonti.
Ancor non sei tu paga Tu non sei ancora sazia
di riandare i sempiterni calli? di ripercorrere sempre le stesse vie?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Non ti sei ancora annoiata,
di mirar queste valli? ancora sei desiderosa
Somiglia alla tua vita di guardar queste valli?
la vita del pastore. Assomiglia alla tua vita la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore Si alza all’alba; conduce il gregge
move la greggia oltre pel campo, e vede per la pianura;
greggi, fontane ed erbe; vede greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera: poi, stanco, si riposa alla sera:
altro mai non ispera. non spera mai nient’altro.
Dimmi, o luna: a che vale Dimmi, o luna, a che vale
al pastor la sua vita, al pastore la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende a che vale la vostra vita a voi?
questo vagar mio breve, dimmi: dove tende
il tuo corso immortale? questo mio breve cammino,
dove tende il tuo corso immortale?
II. Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo, 2. Un vecchierello bianco, infermo,
con gravissimo fascio in su le spalle, mezzo vestito e mezzo scalzo,
per montagna e per valle, con un pesantissimo fardello sulle spalle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, per montagne e per valli, per strade
al vento, alla tempesta, e quando avvampa sassose, per sabbioni profondi
l’ora, e quando poi gela, e per macchie di pruni,
corre via, corre, anela, sotto il vento, sotto la pioggia,
varca torrenti e stagni, quando la stagione è rovente
cade, risorge, e più e più s’affretta, e quando poi gela, corre via, corre,
senza posa o ristoro, ansima, oltrepassa torrenti e stagni,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva senza riposo o senza ristoro, lacero,
colà dove la via insanguinato; finché arriva là
e dove il tanto affaticar fu vòlto: dove fu rivolta la sua gran fatica:
abisso orrido, immenso, abisso orribile, immenso (=la morte),
ov’ei precipitando, il tutto obblia. dove egli, precipitando,
Vergine luna, tale dimentica tutto.
è la vita mortale. O vergine luna, questa
è la vita umana.
III. Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento. 3. Nasce l’uomo a fatica (=il travaglio del parto),
Prova pena e tormento ed è rischio di morte la sua nascita.
per prima cosa; e in sul principio stesso Prova pene e tormenti
la madre e il genitore come prima cosa; e fin dall’inizio
il prende a consolar dell’esser nato. la madre e il padre
Poi che crescendo viene, prendono a consolarlo di essere nato.
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre Via via che cresce, l’uno e l’altro
con atti e con parole genitore lo sostengono,
studiasi fargli core, e senza sosta con atti e con parole
e consolarlo dell’umano stato: cercano di fargli coraggio
altro ufficio più grato e di consolarlo della condizione umana:
non si fa da parenti alla lor prole. nessun altro compito più gradito
Ma perché dare al sole, è svolto dai genitori per la loro prole.
perché reggere in vita Ma perché dare alla luce,
chi poi di quella consolar convenga? perché mantenere in vita chi poi
si deve consolare di esser vivo?
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 363
Se la vita è sventura, Se la vita è una continua sventura,
perché da noi si dura? perché noi la sopportiamo?
Intatta luna, tale O intatta luna, questa
è lo stato mortale. è la condizione umana.
Ma tu mortal non sei, Ma tu non sei mortale, e forse poco
e forse del mio dir poco ti cale. t’importano le mie parole.
IV. Pur tu, solinga, eterna peregrina, 4. Tu, o solitaria, eterna pellegrina,
che sì pensosa sei, tu forse intendi che sei così pensosa, tu forse comprendi
questo viver terreno, che cosa siano questa vita sulla terra,
il patir nostro, il sospirar, che sia; i nostri patimenti, i nostri sospiri;
che sia questo morir, questo supremo tu forse comprendi che cosa sia
scolorar del sembiante, questo estremo scolorirsi delle sembianze,
e perir della terra, e venir meno questo andarsene dalla terra
ad ogni usata, amante compagnia. e questo venir meno ad ogni solita
E tu certo comprendi ed affettuosa compagnia.
il perché delle cose, e vedi il frutto E tu certamente comprendi il perché delle cose,
del mattin, della sera, e vedi il frutto (=lo scopo) del mattino,
del tacito, infinito andar del tempo. della sera, del silenzioso ed infinito
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore procedere del tempo.
rida la primavera, Tu sai, tu sai certamente, a quale suo
a chi giovi l’ardore, e che procacci dolce amore sorrida la primavera,
il verno co’ suoi ghiacci. a chi giovi la calura estiva
Mille cose sai tu, mille discopri, e che cosa procuri l’inverno con il suo freddo.
che son celate al semplice pastore. Mille cose tu sai, mille cose tu scopri,
Spesso quand’io ti miro che sono nascoste al semplice pastore.
star così muta in sul deserto piano, Spesso, quando io ti guardo stare
che, in suo giro lontano, al ciel confina; così muta sulla pianura deserta,
ovver con la mia greggia che nel lontano orizzonte confina
seguirmi viaggiando a mano a mano; con il cielo, oppure quando ti vedo seguirmi
e quando miro in cielo arder le stelle; con il gregge e accompagnarmi passo dopo passo,
dico fra me pensando: e quando guardo in cielo arder le stelle;
A che tante facelle? dico, pensando fra me e me:
che fa l’aria infinita, e quel profondo a quale scopo ci sono tante luci?
infinito seren? che vuol dir questa che fa l’aria infinita? che significa
solitudine immensa? ed io che sono? questa immensa solitudine? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza Così ragiono dentro di me:
smisurata e superba, e non so indovinare nessun uso (=utilità),
e dell’innumerabile famiglia; nessun frutto (=scopo) della stanza (=l’universo)
poi di tanto adoprar, di tanti moti smisurata e superba e della grande
d’ogni celeste, ogni terrena cosa, famiglia degli esseri viventi, delle continue
girando senza posa, trasformazioni della materia, di tanti movimenti
per tornar sempre là donde son mosse; di corpi celesti e di corpi terresti, che girano
uso alcuno, alcun frutto si son mossi senza riposo per tornare sempre là
indovinar non so. Ma tu per certo, donde (=dalla materia informe e senza vita). Ma tu
giovinetta immortal, conosci il tutto. certamente, o giovinetta immortale, conosci tutto.
Questo io conosco e sento, Io invece conosco e sento questo,
che degli eterni giri, che forse qualcun altro avrà qualche bene
che dell’esser mio frale, o qualche soddisfazione dalle eterne
qualche bene o contento orbite percorse dagli astri
avrà fors’altri; a me la vita è male. e dalla mia fragilità; per me la vita è male.
V. O greggia mia che posi, oh te beata, 5. O mio gregge che riposi, oh te beato,
che la miseria tua, credo, non sai! perché non sai (io credo) la tua infelicità!
Quanta invidia ti porto! Quanto io ti invidio!
Non sol perché d’affanno Non soltanto perché vai quasi libero
quasi libera vai; dagli affanni, perché ogni stento,
ch’ogni stento, ogni danno, ogni danno, ogni più grande timore
Riassunto. 1. Il pastore si rivolge alla luna e le chiede trasformazioni della materia. Ma essa certamente co-
che cosa fa in cielo: sorge alla sera, contempla le nosce tutto. Il pastore invece può dire soltanto questo:
steppe deserte, quindi tramonta. La sua vita assomi- forse qualcuno trae vantaggio dal movimento degli
glia a quella della luna: si alza all’alba, conduce il astri e dalla sua fragilità. Per lui invece la vita è un
gregge al pascolo, quindi, alla sera, ritorna; non ha male. 5. Il gregge invece non conosce la propria infe-
altra speranza. Che senso ha quindi la vita della luna? licità; ed egli lo invidia. Non soffre e, se soffre, di-
e che senso ha la sua vita? 2. Un vecchietto incanutito mentica subito gli affanni. Non prova tedio. Riposa
affronta mille difficoltà, senza mai fermarsi, finché contento la maggior parte dell’anno. Il pastore invece
giunge là dove fu rivolta la sua grande fatica: l’abisso si annoia. Eppure non desidera nulla e, per ora, non
orrendo della morte, precipitando nel quale dimentica ha motivo di lamentarsi. Non sa se il gregge è felice;
tutto. 3. L’uomo nasce nel dolore e prova tormenti egli lo è poco. Ma non si lamenta solo di questo. Se il
per prima cosa. I genitori passano il tempo a conso- gregge potesse parlare, gli chiederebbe: perché ogni
larlo di essere nato. Ma allora perché mettere al mon- animale se sta in ozio si sente soddisfatto, mentre egli
do chi poi dev’essere consolato di essere vivo? Se la è assalito dalla noia? 6. O forse, se avesse le ali per
vita è una sventura, perché la sopportiamo? Questa è volare sopra le nuvole, sarebbe più felice. O forse si
la condizione umana. 4. La luna forse comprende il sbaglia: dovunque, in un covile come in una culla, è
senso della vita umana. Forse comprende perché l’uo- funesto per chi nasce il giorno della nascita.
mo viene meno alla consueta compagnia (=muore).
Forse vede il senso delle cose, il motivo per cui il Commento
tempo trascorre. Forse sa perché ci sono le stagioni. 1. Anche qui il poeta parla alla luna, ma fa un discor-
Spesso, quando la guarda, si chiede: a quale scopo ci so molto più vasto, che comprende il tema del dolore
sono tante stelle? che cosa significa questa solitudi- umano e universale, il tema del senso dell’universo e
ne? ed egli chi è? Ma non sa trovar nessuno scopo della vita umana, il rifiuto della morte e l’attacca-
all’universo, né agli esseri viventi, né alle continue mento ad oltranza alla vita. Tuttavia, per capire il te-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 365
sto e per non accusare il poeta di uno smodato pessi-
mismo occorre tener presente che, fino alla scoperta
degli antibiotici (1929) la mortalità in tutte le classi
sociali era elevatissima e che il dolore e la morte era
la norma e non l’eccezione.
2. Nel 1609 Galileo Galilei (1564-1642) aveva visto
la luna in termini completamente diversi usando il
cannocchiale che aveva costruito con le sue mani su
vaghe notizie provenienti dall’Olanda…
3. La visione del mondo proviene dalle concezioni
atee e materialistiche formulate dall’Illuminismo
francese, che porta alle estreme conseguenze il mec-
canicismo e l’empirismo della scienza moderna. Il
poeta però si preoccupa più della condizione umana e
del dolore che accomuna tutti gli esseri viventi nel
loro rapporto con la natura, piuttosto che delle pole-
miche contro le religioni positive e contro gli effetti
negativi della vita sociale. Rousseau era un riformato- 1. La Luna, 2004.
re sociale e un rivoluzionario; Leopardi è un filosofo
ed un poeta, con una scarsissima fiducia verso tutte le 8. Le domande che il poeta-pastore rivolge alla luna
ideologie, laiche e religiose, che promettono di fare restano senza risposte, perché l’autore professa una
uscire l’uomo dalla sua condizione umana di dolore, e visione atea e materialistica della vita, che lascia
di fargli raggiungere la felicità, costantemente insi- aperti e senza risposta problemi come il senso del do-
diata dalla sofferenza. lore, il senso della vita umana, il senso dell’universo.
4. E come filosofo egli si chiede, qui come altrove, Nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824)
perché l’uomo continua a voler vivere, se la vita è l’autore propone questa risposta: la nascita e la morte
sventura, se non può avere la felicità e se non può sono necessarie affinché il ciclo della natura continui;
evitare il dolore. Ma la ragione umana non è capace altrimenti, se si toglie la morte (e quindi il dolore e la
di rispondere a queste domande. Forse la luna cono- distruzione), si toglie anche la nascita; ed il ciclo si
sce le risposte, ma non le dice al pastore. interrompe. Negli stessi anni Foscolo è sulle stesse
5. La morte non è affatto desiderata, neanche se la vi- posizioni, ma respinge le conclusioni materialistiche
ta è dolore: essa è vista come un abisso orrido e tre- in nome della religione della bellezza e di altri miti,
mendo, nel quale l’uomo dimentica tutto, e quindi si coscientemente accettati; Manzoni invece propone
annichilisce. Per il poeta vivere significa acquisire ed risposte legate alla sua fede religiosa, ma è preso da
essere un patrimonio di ricordi, che con la morte si dubbi vedendo nella storia l’assurdità o l’inesplica-
disperdono. Vivere però significa anche avere una bilità del male.
“solita ed affettuosa compagnia di affetti”, che si in- 9. Nei versi finali il poeta si preoccupa non più sol-
terrompono drammaticamente con la morte. Egli è tanto della condizione umana, ma anche della condi-
quindi legato ad oltranza alla vita, anche se la vita è zione di ogni essere vivente: forse, se egli vedesse
costantemente dolore. dall’alto la vita degli uomini e la vita degli animali,
6. Nell’idillio compare anche il tema del tedio, la noia vedrebbe che il giorno della nascita è un giorno fune-
che colpisce il pastore quando guarda le pecore. Gli sto per tutti gli esseri viventi. Il pessimismo del poeta
animali invece passano il tempo tranquillamente, sot- da pessimismo storico (la vita umana è dolore) diven-
to l’ombra delle piante, al riparo dalla calura, e sem- ta pessimismo cosmico (la vita di tutti gli esseri vi-
brano immuni dalla noia. Sembrano anche capaci di venti è dolore). Resta inalterato però il valore della
dimenticare subito il dolore, appena è passato. Il tae- vita, alla quale il poeta resta ad oltranza legato.
dium vitae è un motivo già presente nella poesia ro- 10. Contro i mali che la natura riserva all’uomo il
mana. Il poeta però lo trasforma in una domanda filo- poeta nella sua ultima opera La ginestra o il fiore del
sofica sulla condizione umana. deserto è scettico sulle magnifiche sorti e progressi-
7. I pastori e la vita pastorale, costantemente idealiz- ve, di cui parla l’Illuminismo e che sarebbero garanti-
zati, sono un filo conduttore della letteratura italiana: te dalla ragione e dalla scienza, e invita gli uomini al-
dall’Umanesimo del Quattrocento, all’episodio di la solidarietà.
Erminia fra i pastori della Gerusalemme liberata di 11. Le riflessioni e il pessimismo di Leopardi saranno
Torquato Tasso, ai pastori dell’Arcadia. Anche Ga- riproposti 50 anni dopo da Giovanni Verga (1840-
briele D’Annunzio canta i suoi pastori. Leopardi tra- 1922) nel racconto Fantasticheria (1878-79) e poi nei
sforma l’elogio tradizionale della vita pastorale, nella Malavoglia (1881). È l’ideale dell’ostrica: essa, se si
quale il poeta intendeva evadere, in un momento di allontana dallo scoglio, a cui è attaccata, si perde nel
riflessione filosofia e poetica sull’uomo, sul dolore vasto mare e con sé perde anche i suoi familiari. Ma è
che attraversa la vita umana e sulla morte che costi- anche la stranissima scoperta che i ragazzini vivono
tuisce il male supremo. felici e ignorano tutte le previsioni nefaste e il pessi-
mismo assoluto dello scrittore di Catania.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 366
Il tramonto della luna, 1836-37 Il tramonto della luna
Riassunto per strofa. 1. Come in una notte solitaria la spinge a meditare, il sole ad agire.
luna tramonta nell’orizzonte più lontano dietro le 3. Il paragone giovinezza-sabato, maturità-domenica
montagne e la notte diventa buia, de Il sabato del villaggio è sostituito dal paragone lu-
2. così la giovinezza si dilegua e abbandona la vita na-sole, giovinezza-vecchiaia. Il paragone però è in-
umana. Scompaiono le speranze della fanciullezza e completo: la luna tramonta con la sua tenue luce e
le illusioni che pure davano gioia. E la vita rimane contemporaneamente il sole sorge con i suoi raggi in-
vuota. Il viandante non riesce a trovare un senso al fuocati. Invece nel corso della vita umana la giovi-
suo cammino: egli si sente estraneo alla condizione nezza, cioè la luna, con la sua modesta felicità non ha
umana ed essa risulta estranea a lui. come seguito il sole, cioè una luce e una felicità più
3. La vita umana apparve troppo felice agli dei: nella grande. Subentra la scomparsa delle speranze, la fine
giovinezza ogni gioia è frutto di mille dolori. Né fu- delle illusioni, insomma il vuoto o, meglio, la vec-
rono contenti che la vita di ogni essere si concludesse chiaia, con il suo pieno di insoddisfazioni, di acciac-
con la morte. Perciò essi vollero che metà della vita chi e di miseria. E la notte, che conclude il giorno, ha
fosse più terribile della morte. E inventarono la vec- come corrispettivo la sepoltura, che conclude la vita
chiaia con il suo séguito di desideri insoddisfatti, di umana. La strofa finale ripropone la strofa finale
speranze deluse e di acciacchi sempre più dolorosi. dell’idillio A Silvia: la morte della ragazza indica che
4. Ma, quando la luna tramonta ad occidente, il sole si nel futuro per lui c’è soltanto la fredda morte e una
prepara a sorgere ad oriente e inonderà la terra di luce tomba ignuda.
e di calore. Invece, quando la giovinezza tramonta, 4. Il tramonto della luna è quindi il simbolo e la con-
non sorge un’altra luce. E la vita umana rimane vuota statazione che con la giovinezza tramontano le spe-
sino alla fine. E la notte, che pone fine ad essa, ha ranze e le illusioni. Arriva subito la vecchiaia, con il
come segno distintivo la sepoltura. suo carico di sofferenza. Sorprendentemente è assente
la maturità: con la fine della giovinezza cessano i mo-
Commento ti del cuore, cessano le speranze. L’animo umano si
1. L’idillio ripropone temi consueti: la luna, la giovi- svuota. Resta soltanto il corpo, condannato ad una
nezza, la felicità come breve frutto del dolore, la vita sempre più visibile decadenza. La vecchiaia non è
come dolore, la vecchiaia con il suo séguito di ac- nemmeno allietata dall’esperienza accumulata, dal
ciacchi e di sofferenze, la morte che è terribile e che bagaglio dei ricordi piacevoli o dolorosi che siano.
conclude la vita. Manca soltanto il tema dei ricordi e 5. Come manca il tema della maturità, così manca an-
della maturità. che quello della bellezza e dell’amore, che pure sono
2. La luna compare fin dai Piccoli idilli, e sovrasta il (o erano) compagni di giovinezza. Il poeta ormai si
paesaggio con la sua luce fredda e nitida (Alla luna). sente interamente al di là di quel segnale che divide la
È anche l’interlocutrice silenziosa dei problemi filo- vita umana in due parti: prima e seconda metà, giovi-
sofici del poeta (Canto notturno di un pastore errante nezza e vecchiaia. Ha passato il mezzo del cammino
dell’Asia). Compare anche ne La sera del dì di festa e della sua vita. Il riferimento a Dante (If. I) è indubbio,
domina ancora il paesaggio (“Dolce e chiara è la not- ma non è polemico: il cammino che Dante sta intra-
te senza vento E queta sovra i tetti e in mezzo agli or- prendendo è lungo, difficile, ma è voluto dal cielo, è
ti Posa la luna, e di lontan rivela Serena ogni monta- facilitato dalle guide e ha una conclusione che soddi-
gna...”). E ne L’ultimo canto di Saffo (“Placida notte, sfa il poeta oltre ogni desiderio umano. Il cammino di
e verecondo raggio Della cadente luna...”). La scelta Leopardi ha soltanto una dimensione terrena: la gio-
della luna e non del sole caratterizza quindi la poesia vinezza che porta speranze e gioia, è seguita imme-
di Leopardi. La luna è tranquilla e notturna. Il sole è diatamente dalla vecchiaia, con il suo bagaglio di sof-
infuocato e illumina nitidamente il giorno. La luna ferenze, con il vuoto interiore, con la sua incapacità
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 368
di dare e di ricevere affetto. Quest’ultimo motivo è vecchiaia. Anzi per lui è il completamento, il massi-
presente fin dagli inizi della sua poesia (Alla luna). mo dispiegarsi della giovinezza e dell’esistenza uma-
6. L’uomo come viator (viandante, pellegrino, pas- na: “Il sole incombe dal cielo; e qui, sulla terra, il let-
seggero) è già presente nella canzone Alla sua donna to del torrente è reso asciutto. Il mio giorno non è
(v. 18), ne La quiete dopo la tempesta (“passeggier”, dunque passato (=la mia vita è giunta allo zenit, al
v. 24) e ne La ginestra o il fiore del deserto (“peregri- culmine, ed ora devo affrontare l’altra metà); L’ora
no”, v. 20, 276; “passeggero”, v. 13). Ma c’è anche più bella mi aspetta dall’altra parte del muretto,
“l’erbaiuol [che] rinnova Di sentiero in sentiero Il Quando il sole scende verso un tiepido e pallido tra-
grido giornaliero” (La quiete dopo la tempesta, vv. monto”.
15-18). Essa riprende l’immagine religiosa dell’uomo 10. La strofa finale rielabora con la specifica sensibi-
che è pellegrino su questa terra, in questa valle di la- lità di Leopardi un tema presente già in Torquato
crime, prima di salire al cielo. Il viandante però non Tasso (1544-1593). “Amiamo, perché il Sole muore e
compie un viaggio di sua spontanea volontà. Lo subi- poi rinasce. A noi egli nasconde la sua breve luce ed
sce. Il viaggio non lo porta a vivere una realtà supe- il sonno ci porta una notte eterna” (Aminta, atto III, O
riore, più complessa, ma è esso stesso dolore e si bella età dell’oro, congedo). Il poeta napoletano ave-
conclude con il peggiore dei mali, la morte. Il viaggio va tradotto alla lettera tre versi di Valerio Catullo
e il viandante di Leopardi vanno confrontati con i (Carmina, V, 4-6).
simboli di due grandi culture: Ulisse che nell’Odissea 11. I rimandi o il confronto con Tasso si possono an-
ritarda il ritorno a casa, spinto dal suo desiderio di sa- che estendere ad altri motivi. Nella Gerusalemme li-
pere e di fare esperienza degli uomini; Dante che berata (XVI, 15) il poeta invita a cogliere la rosa del-
compie concretamente con il corpo nell’al di là quel- la giovinezza, prima che appassisca: “[Come la rosa],
l’itinerarium mentis in Deum, che i mistici medioeva- il verde fiore [della giovinezza] se ne va con il tra-
li compievano soltanto con la mente. scorrere dei giorni della nostra vita mortale. E, se an-
7. Nella canzone però è anche un riferimento al sole che aprile (=la giovinezza) fa ritorno, essa (= la rosa e
che nel Cantico delle creature come in tutte le reli- la giovinezza) non rifiorisce né rinverdisce mai più.
gioni è il simbolo della divinità. Il poeta però rifiuta Cogliamo la rosa nel bel mattino di questo giorno,
qualsiasi riferimento ultraterreno. Gli dei sono il de- che ben presto perde il suo fulgore [perché volge alla
stino, la condizione umana, non sono mai realtà ultra- sera]. Cogliamo la rosa dell’amore ed amiamo ora,
terrene. E la vita umana si deve accontentare della quando si può amare ed essere riamati”. Ma esso ha
giovinezza con la sua tenue felicità, rappresentata tre fonti di ispirazione e di valori che gli riempiono e
dalla luna. La felicità completa forse c’è, forse è la che danno senso alla sua vita: i piaceri sensuali di una
giovinezza congiunta con la bellezza e con l’amore. vita secondo natura, la ricerca della fama e della glo-
Ma egli non l’ha provata. E la maturità e la vecchiaia ria ed anche della ricchezza di una vita secondo so-
sono ugualmente infelici: la prima, quando c’è, fa co- cietà, la pratica dei valori morali di una vita secondo
noscere la fine delle speranze e delle illusioni; la se- religione. Quanto a numero di valori non era messo
conda fa conoscere l’inizio di quelle sofferenze che si male; ma finiva in crisi ogni volta che cercava di ren-
concludono soltanto alla fine della vita con la morte. derli compatibili.
Eppure la morte non è invocata, è soltanto la consta- 12. Un altro riferimento si può fare ai versi iniziali
tazione che la vita è giovinezza (ma non per il poeta) del Giorno (1763) di Giuseppe Parini: “Sorge il Mat-
senza séguito di felicità, è dolore e morte. tino in compagnia dell’alba, Innanzi al Sol che di poi
8. Il riferimento e il confronto con il Cantico delle grande appare sull’estremo orizzonte...”, e poi si pas-
creature si può estendere anche altrove: Francesco sa al contadino che si alza dal letto, lascia a casa la
accetta da Dio il bello come il cattivo tempo, le ma- moglie e i figli e va a lavorare con il bue.
lattie come le sofferenze, compresa la morte. Dio è
buono e ama le sue creature e, se c’è il dolore, vuol
dire che anche la sofferenza ha un senso. La vita in
ogni caso ha un senso: la salvezza eterna. Leopardi
non riesce a trovare nessun senso alla vita né al dolo-
re. Non ha senso l’universo, la vita umana si conclude
con l’abisso orrendo che è la morte, e tutti gli esseri
viventi sono nati per soffrire, come aveva detto più
estesamente nel Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia. Ne Il tramonto della luna non c’è nemme-
no quella in qualche modo comprensione e giustifica-
zione della sofferenza, insita nella condizione umana,
che era stata individuata dalla riflessione filosofica
nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824).
9. Eugenio Montale, che quanto a pessimismo non
era secondo a nessuno, in Gloria del disteso mezzo-
giorno (1925) canta invece con gioia l’arrivo della 1. Marilyn Monroe (1926-1962), 1949.
1. Madre de’ Santi, immagine 1. [Tu, o Chiesa terrena,] Madre dei battezzati;
della città superna; fatta ad immagine della città celeste;
del Sangue incorruttibile che conservi per l’eternità
conservatrice eterna; il sangue incorruttibile [di Cristo];
tu che, da tanti secoli, tu che, da tanti secoli, soffri [le persecuzioni],
soffri, combatti e preghi, combatti [per la fede] e preghi
che le tue tende spieghi [per i vivi e per i morti];
dall’uno all’altro mar; che ti estendi su tutta la terra;
2. Campo di quei che sperano; 2. [tu che sei] il campo di coloro che sperano
Chiesa del Dio vivente; [nella resurrezione della carne e nella vita eterna];
dov’eri mai? qual angolo tu, o Chiesa del Dio che vive in te;
ti raccogliea nascente, dov’eri mai? quale luogo riposto ti accoglieva
quando il tuo Re, dai perfidi agli inizi, quando il tuo Re, condotto dai carnefici
tratto a morir sul colle a morire sul colle (=il Golgota), imporporò
imporporò le zolle con il suo sangue la terra
del suo sublime altar? del suo sublime sacrificio?
1. Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, 1. Dagli antichi palazzi pieni di muschio, dalle piazze
dai boschi, dall’arse fucine stridenti, in rovina, dai boschi, dalle officine riarse
dai solchi bagnati di servo sudor, e rumorose, dai campi bagnati di sudore [di un
un volgo disperso repente si desta; popolo] asservito, una plebaglia divisa rapidamente
intende l’orecchio, solleva la testa si sveglia, tende l’orecchio, solleva il capo,
percosso da novo crescente romor. colpita da una nuova e sempre più diffusa notizia.
2. Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, 2. Dagli sguardi dubbiosi, dai visi timorosi –
qual raggio di sole da nuvoli folti, come un raggio di sole in mezzo a nuvole spesse –
traluce de’ padri la fiera virtù: traluce il superbo valore degli antichi romani:
ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto negli sguardi, nei visi, confuso ed incerto,
si mesce e discorda lo spregio sofferto si mescola e contrasta il disprezzo sofferto
col misero orgoglio d’un tempo che fu. con il misero orgoglio di un tempo ormai passato.
4. Ansanti li vede, quai trepide fere, 4. Li vede ansanti – come fiere impaurite –,
irsuti per tema le fulve criniere, con le lunghe chiome rossicce rese irte dalla paura,
le note latebre del covo cercar; cercare la familiare oscurità del nascondiglio;
e quivi, deposta l’usata minaccia, e qui, lasciato il consueto atteggiamento minaccioso,
le donne superbe, con pallida faccia, le donne superbe, con il viso pallido,
i figli pensosi pensose guatar. guardare pensierose i figli pensierosi.
5. E sopra i fuggenti, con avido brando, 5. E sopra i fuggitivi, con la spada assetata di sangue
quai cani disciolti, correndo, frugando, – come cani lasciati liberi – correndo, frugando,
da ritta, da manca, guerrieri venir: da destra, da sinistra vengono i guerrieri nemici: [la
li vede, e rapito d’ignoto contento, plebaglia divisa] li vede e, rapita da una contentezza
con l’agile speme precorre l’evento, sconosciuta, con agile speranza anticipa l’evento
e sogna la fine del duro servir. e sogna la fine della sua dura servitù.
6. Udite! Quei forti che tengono il campo, 6. Udite! Quei forti guerrieri che tengono il campo
che ai vostri tiranni precludon lo scampo, [di battaglia], che precludono le vie di fuga ai vostri
son giunti da lunge, per aspri sentier: tiranni, son giunti da lontano, per sentieri difficili:
sospeser le gioie dei prandi festosi, sospesero le gioie di banchetti festosi,
assursero in fretta dai blandi riposi, sorsero in fretta da ozii piacevoli,
chiamati repente da squillo guerrier. chiamati repentinamente dalla tromba di guerra.
7. Lasciar nelle sale del tetto natio 7. Essi lasciarono nelle sale della dimora nativa
le donne accorate, tornanti all’addio, le donne accorate, che ripetevano l’addio,
a preghi e consigli che il pianto troncò: le preghiere, i consigli, che il pianto interruppe:
han carca la fronte de’ pesti cimieri, hanno la fronte carica degli elmi ammaccati,
han poste le selle sui bruni corsieri, hanno posto le selle sui loro bruni cavalli,
volaron sul ponte che cupo sonò. volarono sul ponte levatoio, che risuonò cupamente.
10. E il premio sperato, promesso a quei forti, 10. E il premio sperato, promesso a quei valorosi,
sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, sarebbe, o illusi!, mutare la sorte, porre fine
d’un volgo straniero por fine al dolor? al dolore di una plebe straniera?
Tornate alle vostre superbe ruine, Ritornate alle vostre superbe rovine,
all’opere imbelli dell’arse officine, alle opere servili delle officine riarse dal fuoco,
ai solchi bagnati di servo sudor. ai solchi bagnati da sudore servile.
11. Il forte si mesce col vinto nemico, 11. Il vincitore si mescola con il nemico vinto,
col novo signore rimane l’antico; con il nuovo signore rimane l’antico;
l’un popolo e l’altro sul collo vi sta. un popolo e l’altro vi stanno sul collo.
Dividono i servi, dividon gli armenti; Dividono i servi, dividono gli armenti;
si posano insieme sui campi cruenti si insediano insieme sui campi insanguinati
d’un volgo disperso che nome non ha. di una plebaglia divisa, che non ha neppure il nome.
Riassunto. 1. Dagli antichi palazzi in rovina e dai 2. La tragedia ha una dimensione religiosa e politica.
campi bagnati di sudore servile un volgo disperso al- a) Essa affronta il problema del male e del dolore nel-
za la testa, colpito da una inattesa notizia. 2. Nei suoi la vita umana e nella storia: Adelchi e la sorella Er-
occhi dubbiosi traspare il coraggio degli antichi ro- mengarda appartengono al popolo degli oppressori
mani; e l’umiliazione presente contrasta con il misero eppure essi stessi sentono il peso dell’ingiustizia e
orgoglio per la grandezza del passato. 3. Si raduna e dell’oppressione. Adelchi muore in difesa del suo po-
si disperde, e guarda con speranza i crudeli oppressori polo. Ermengarda è ripudiata da Carlo, che essa ama-
che fuggono davanti ai nemici. 4. Vede i superbi va, e costretta a ritirarsi in convento: soltanto la morte
guerrieri cercare i nascondigli del loro covo; e vede le sembra l’unica via d’uscita ad una vita di dolore. Car-
loro donne pallide guardare i figli. 5. Vede i vincitori lo accorre in aiuto della Chiesa, minacciata dai lon-
inseguire gli sconfitti; e spera che siano giunti per gobardi; ma non è immune dalla violenza: ripudia la
porre fine alla loro servitù. 6. Ma i vincitori sono moglie per un’altra donna. Per lo scrittore resta irri-
giunti da lontano, hanno interrotto la vita festosa per solto il problema ed il mistero del male nella storia.
impugnare le armi. 7. Hanno lasciato le loro donne e i b) Essa è anche il dramma di tre popoli: i longobardi
loro castelli. 8. Hanno affrontato marce forzate e notti opprimono gli italici; ma sentono a loro volta l’ama-
gelide, pensando sempre alle loro dimore e ai collo- rezza della sconfitta. Gli italici sperano che i franchi
qui d’amore. 9. Hanno sopportato la fame e rischiato vincitori siano venuti a liberarli dall’oppressione lon-
la vita in battaglia. 10. E il premio sperato, promesso gobarda. Ma la speranza dura poco: essi devono ora
a quei forti, sarebbe quello di liberare un volgo stra- subire anche l’oppressione dei nuovi vincitori, che si
niero dall’oppressione? Gli italici si illudono, e pos- alleano con gli antichi signori. I franchi scendono in
sono tornare alle loro attività servili. 11. Il vincitore si Italia per difendere la Chiesa, e sconfiggono i longo-
mescola con il nemico vinto. Con il nuovo signore bardi. Essi però non hanno affrontato i pericoli per
rimane anche l’antico: due oppressori ora pesano sul- niente: dividono i servi e gli armenti dei longobardi
le spalle di un volgo che non ha nemmeno il nome. sconfitti. Così gli italici hanno un nuovo oppressore.
3. Il poeta interviene direttamente nel coro, con du-
Commento rezza e sarcasmo, nei confronti degli italici: “Udite!
1. Il coro si può dividere in due parti: a) nella prima Quei prodi che tengono il campo...”. Essi sono degli
gli italici vedono i longobardi in fuga davanti ai fran- illusi, se sperano che i franchi siano venuti a liberarli
chi, e sperano che i franchi siano venuti a liberarli dall’oppressione longobarda. Egli fonde riflessione
dalla servitù; b) nella seconda il poeta interviene con storica e ragionamento politico: i franchi non possono
una argomentazione: i franchi non hanno lasciato le avere affrontato tanti rischi per liberare un volgo di-
loro dimore né hanno affrontato mille pericoli per ve- sperso; essi, realisticamente, li hanno affrontato in vi-
nire a liberare un volgo straniero. Gli italici possono sta del bottino che potevano conquistare. Altre argo-
perciò abbandonare la speranza di vedere finita la lo- mentazioni si trovano in Marzo 1821 (1821, 1848):
ro servitù: vincitori e vinti si uniscono e l’oppressione gli oppressori hanno tradito le promesse di libertà che
diventa ancora più grave. La conclusione, implicita, è avevano fatto quando Napoleone li opprimeva; Dio
perciò la seguente: gli italici, se vogliono la libertà, non può permettere che un popolo sia oppresso da un
non devono contare su aiuti stranieri; devono lottare altro. Ma gli oppressi devono conquistare la loro li-
con le proprie forze. bertà con le armi e il proprio sangue.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 379
4. Il poeta collega queste antiche vicende con la si- occasione dei moti piemontesi del 1821. Il poeta im-
tuazione politica presente: gli italiani sono oppressi magina che i patrioti piemontesi si uniscano ai patrio-
dall’impero asburgico; ad essi indica la via per riac- ti lombardi per cacciare gli oppressori – l’impero as-
quistare la libertà: non sperare nell’aiuto di altri po- burgico – dall’Italia. Ciò succede effettivamente 27
poli, ma impugnare le armi e combattere. Questa tesi anni dopo, nel 1848, quando scoppia la prima (e sfor-
è ribadita con forza anche in Marzo 1821. tunata) guerra d’indipendenza: l’esercito di Carlo Al-
5. La fede del poeta non è imbelle, è combattiva; e berto accorre in aiuto dei milanesi insorti e insieme
non intende porgere l’altra guancia. I rapporti del cacciano il nemico. Il motivo politico però si fonde
poeta con la Chiesa non sono mai stati facili. La sua con quello religioso: Dio non vuole che ci siano po-
fede non gli impedisce di ritenere positiva la fine del poli oppressi e si schiera con questi contro gli oppres-
potere temporale della Chiesa (per questo motivo ac- sori. E tuttavia gli italiani, se vogliono la libertà, non
cetta la cittadinanza onoraria di Roma); né gli impe- devono aspettarla né da Dio né da altri popoli: se la
disce di pensare che Roma è l’unica capitale che devono conquistare con le loro forze e con il loro
l’Italia unificata può aspirare di avere. sangue. Nell’ode quindi motivazioni religiose e moti-
vazioni patriotiche si fondono intimamente.
Marzo 1821 (1821, pubblicata nel 1848) è scritta in ---I☺I---
---I☺I---
Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e
soldato della indipendenza germanica morto sul soldato della indipendenza germanica morto sul
campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre 1813 nome
MDCCCXIII nome caro a tutti i popoli che combat- caro a tutti i popoli che combattono per difendere o
tono per difendere o per riconquistare una patria per riconquistare una patria
2. L’han giurato: altri forti a quel giuro 2. Lo hanno giurato: altri [uomini] forti rispondevano
rispondean da fraterne contrade, a quel giuramento da contrade fraterne,
affilando nell’ombra le spade preparando di nascosto le armi, che ora innalzate
che or levate scintillano al sol. scintillano al sole. Ormai le [mani] destre hanno
già le destre hanno strette le destre; stretto le [mani] destre; ormai le sacre parole
già le sacre parole son porte; [del giuramento] sono state scambiate:
o compagni sul letto di morte, o saremo compagni sul letto di morte
o fratelli su libero suol. o saremo fratelli sul suolo libero.
3. Chi potrà della gemina Dora, 3. Chi potrà della doppia Bora (=Riparea e Baltea),
della Bormida al Tanaro sposa, della Bormida che confluisce nel Tanaro,
del Ticino e dell’Orba selvosa del Ticino e dell’Orba boscosa
scerner l’onde confuse nel Po; distinguere le onde che si son mescolate nel Po;
chi stornargli del rapido Mella chi potrà sottrargli (=al Po) i mille torrenti
e dell’Oglio le miste correnti, del rapido Mella e dell’Oglio,
chi ritorgliergli i mille torrenti chi potrà ritogliergli i mille torrenti
che la foce dell’Adda versò, che il fiume Adda riversò;
4. quello ancora una gente risorta 4. quello ancora potrà dividere una gente
potrà scindere in volghi spregiati, risorta in plebaglie disprezzate,
e a ritroso degli anni e dei fati, e, andando contro il corso del tempo e del destino,
risospingerla ai prischi dolor; potrà risospingerla nei dolori antichi (=sotto
9. Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia 9. Sì, quel Dio che nel mar Rosso fece precipitare
chiuse il rio che inseguiva Israele, il [faraone] malvagio che inseguiva il popolo
quel che in pugno alla maschia Giaele d’Israele, quel Dio che nel pugno della forte Giaele
pose il maglio ed il colpo guidò; pose il martello e guidò il colpo [mortale];
quel che è padre di tutte le genti, quel Dio che è padre di tutte le genti;
che non disse al Germano giammai: che non disse mai al tedesco: “Va’,
va’, raccogli ove arato non hai; raccogli dove non hai arato,
spiega l’ugne; l’Italia ti do. allunga le unghie, ti do l’Italia”.
10. Cara Italia! dovunque il dolente 10. O cara Italia! Dovunque uscì il doloroso
grido uscì del tuo lungo servaggio; grido della tua lunga servitù;
dove ancor dell’umano lignaggio dove non è perduta ogni speranza
ogni speme deserta non è: di [acquistare] dignità umana;
dove già libertade è fiorita, dove già la libertà è stata ottenuta,
dove ancor nel segreto matura, dove ancora [la libertà] matura in segreto,
dove ha lacrime un’alta sventura, dove si piange un’altra sventura,
non c’è cor che non batta per te. non c’è cuore che non batta per te.
12. Oggi, o forti, sui volti baleni 12. Oggi, o valorosi, sui vostri volti risplenda
il furor delle menti segrete: l’intensità e la determinazione dei vostri pensieri
per l’Italia si pugna, vincete! segreti: per l’Italia si combatte, vincete!,
il suo fato sui brandi vi sta. il suo destino sta sulla punta delle vostre armi.
O risorta per voi la vedremo O, grazie a voi, la vedremo risorta partecipare
al convito dei popoli assisa, al consesso dei popoli, o resterà
o più serva, più vil, più derisa [ancor] più serva, più vile, più derisa,
sotto l’orrida verga starà. sotto il giogo vergognoso dello straniero.
13. Oh giornate del nostro riscatto! 13. O giornate del nostro riscatto [dall’oppressione]!
Oh dolente per sempre colui o dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d’altrui, che da lontano, dal labbro di un altro,
come un uomo straniero, le udrà! come un uomo straniero le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno, Che, narrandole un giorno ai suoi figli,
dovrà dir sospirando: «io non c’era»; dovrà dire sospirando: “Io non c’ero”;
che la santa vittrice bandiera che quel giorno [della nostra liberazione]
salutata quel dì non avrà. non avrà salutato la nostra bandiera vittoriosa.
5. Dall’Alpi alle Piramidi, 5. Dalle Alpi alle piramidi (=Egitto), dal Manzanarre
dal Manzanarre al Reno, (=Spagna) al Reno (=Germania), il fulmine
di quel securo il fulmine (=l’effetto pratico dell’azione) di quell’uomo sicuro
tenea dietro al baleno; [di sé e fiducioso nella sorte] teneva dietro al lampo
scoppiò da Scilla al Tanai, (=l’ideazione dei piani militari); scoppiò dalla Sicilia
dall’uno all’altro mar. al Don (=Russia), dall’uno all’altro mare.
1
Manzoni però ha appena dato un giudizio terreno assai
positivo sui successi militari di Napoleone. Poteva ricorda-
re anche il Codice napoleonico (1804), tuttora vigente in
Francia, e altre leggi civili, ma non era necessario. La do-
manda gli serve per cambiare punto di vista e dare su Na-
poleone un giudizio ultraterreno.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 384
7. La procellosa e trepida 7. La gioia tempestosa e trepidante
gioia d’un gran disegno, di un sogno ambizioso,
l’ansia d’un cor che indocile l’ansia di un cuore che, insofferente [di ricevere
serve, pensando al regno; ordini], esegue [gli ordini altrui], pensando a
e il giunge, e tiene un premio [conseguire per sé i]l potere; e lo raggiunge, e ottiene
ch’era follia sperar; una ricompensa che era follia sperare;
11. Come sul capo al naufrago 11. Come l’onda si abbatte e pesa
l’onda s’avvolve e pesa, sul capo del naufrago –
l’onda su cui del misero, l’onda sulla quale soltanto poco prima
alta pur dianzi e tesa, lo sguardo del misero
scorrea la vista a scernere scorreva alto e proteso a discernere
prode remote invan; invano approdi lontani –;
15. Ahi! forse a tanto strazio 15. Ahi! forse a ricordi tanto strazianti
cadde lo spirto anelo, cadde lo spirito [ancora] desideroso [di quella vita],
e disperò; ma valida e si disperò; ma, a soccorrerlo,
18. Tu dalle stanche ceneri 18. Tu, o Fede, dalle ceneri ormai stanche
sperdi ogni ria parola: allontana ogni parola oltraggiosa:
il Dio che atterra e suscita, il Dio che atterra ed innalza,
che affanna e che consola, che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice sul letto solitario (=abbandonato dagli uomini)
accanto a lui posò. si posò accanto a lui.
Riassunto. Tutta la terra è stupita e silenziosa alla no- 2. Egli dà un giudizio durissimo sugli intellettuali,
tizia della morte di Napoleone. Manzoni, che non lo che hanno celebrato Napoleone quando era vincitore
ha adulato quand’era potente né l’ha oltraggiato e l’hanno oltraggiato quando fu sconfitto. La stessa
quando rimase sconfitto (come avevano fatto gli altri condanna si trova anche nei Promessi sposi.
intellettuali), esprime ora il suo giudizio, che è del 3. Manzoni immagina che Napoleone alla fine della
tutto positivo. Il genio militare di Napoleone si di- vita sia stato toccato dalla fede: come era successo a
spiegò in tutta Europa. Fu vera gloria? Il poeta sem- lui e come succederà all’Innominato. La fede manzo-
bra lasciare ai posteri il compito di dare il difficile niana però non è soffocante né totalitaria né integrali-
giudizio (in realtà lo ha già dato e lo completerà alla sta né apologetica. Essa tiene presente anche altri
fine dell’ode). Napoleone dominò due secoli e con le punti di vista – quello politico, economico, sociale
sue armate diffuse gli ideali della rivoluzione france- ecc. –, che cerca di inquadrare in una visione più va-
se (fraternità, uguaglianza e libertà, e patria). Questo sta, organica ed onnicomprensiva dell’uomo e della
è stato il compito che la Provvidenza, di cui era stru- storia.
mento, gli ha fatto svolgere. Dopo la gloria militare 4. Manzoni quindi dà di Napoleone un duplice giudi-
sui campi di battaglia, egli si sentì oppresso dai ricor- zio: terreno (Napoleone raggiunse la più grande glo-
di nella piccola isola di Sant’Elena, e fu preso dalla ria terrena e, strumento della Provvidenza divina, dif-
disperazione. A questo punto però su di lui discese la fuse gli ideali della Rivoluzione francese – e del Van-
Fede, che lo avviò per i sentieri della speranza, ai gelo –, oltre che l’ideale di patria), ma anche ultrater-
campi eterni, dove non ha alcun valore la gloria mili- reno (Dio volle stampare in Napoleone il simbolo più
tare che ha conquistato sulla terra (questo è il giudizio grande della sua potenza creatrice; in cielo la sua glo-
complessivo del poeta). E, mentre gli uomini mostra- ria militare non ha alcun valore). Il giudizio politico e
no di averlo già dimenticato, Dio viene al suo capez- quello religioso si fondono nella conversione spiritua-
zale, per fargli la veglia funebre. le che coinvolge anche Napoleone (e che aveva già
toccato il poeta).
Commento 5. È condivisibile il giudizio di Manzoni su Napoleo-
1. Manzoni usa versi facili e orecchiabili, perché sol- ne? Il giudizio è indubbiamente articolato, ma resta il
tanto in essi poteva incanalare la sua fretta di espri- giudizio di un credente appena convertito. Napoleone
mere il suo giudizio su Napoleone: l’ode è scritta in ha effettivamente dominato due secoli, come il poeta
soli tre giorni, un tempo brevissimo rispetto ai tempi dice. E la sua grandezza si sente ancora oggi: le sue
lunghi a cui è solito. Si lamenta per primo delle im- vittorie militari furono davvero fulgide e le sue rifor-
perfezioni metriche e stilistiche. In effetti sul piano me (il Codice napoleonico e, al limite, anche lo scio-
artistico l’ode non è paragonabile ad opere coeve co- glimento degli ordini religiosi) furono davvero oppor-
me il coro dell’atto III dell’Adelchi o Marzo 1821. tune ed efficaci. Ma non si devono dimenticare (come
si fa nella partita doppia) i costi, da segnare in rosso.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 386
Ad esempio l’Europa è travolta da 18 anni di guerre Ed essi fanno sentire la loro voce. La storia degli Stati
napoleoniche (e da 26 anni di guerre rivoluzionarie), tradizionali, che aggregavano più popoli, si conclude.
che hanno fatto circa tre milioni di morti, 15.000 a Scoppiano le insurrezioni nazionali o nazionalistiche.
Marengo in mezza giornata (1797), 9.000 tra morti, Nel 1821-29 la prima: la Grecia contro il dominio
feriti e prigionieri francesi, e 25-27.000 morti e feriti turco. Nel 1876 l’ultima: i bulgari contro il dominio
e oltre 12.000 prigionieri dell’armata austro-russa ad turco. Oggi si continua su questa linea: i contrasti sto-
Austerlitz (1805), circa 520.000 nella campagna di rici tra fiamminghi e valloni; il crollo della Jugoslavia
Russia in quattro mesi (24.07-12.12.1812), 447.000 a e le guerre tra etnie, la scissione della Cecoslovac-
Waterloo (1815) in tre giorni. Magari i soldati erano chia, i contrasti in Kosovo, il tentativo della Catalo-
contenti di questa vita: non si annoiavano, si identifi- gna di separarsi da Madrid.
cavano nelle vittorie del loro generale, provavano for- 7. Era stato più prudente Dante che in Pd VI fa dire
ti emozioni, potevano ammazzare (ed essere ammaz- all’imperatore Giustiniano che il simbolo dell’Impero
zati), anche rubare e stuprare: ottimi passatempi per era stato portato da Roma a Costantinopoli contro il
una vita degna d’essere vissuta. Certamente non am- volere del cielo. Così almeno dava agli uomini (e al
miravano Napoleone i 100.000 o più cattolici della loro libero arbitrio o libertà di scelta) la colpa degli
Vandea incatenati ed affogati (1793-94) e neanche gli errori commessi. E che in molti canti sostiene la tesi
spagnoli o i tedeschi o gli austriaci o i russi schiaccia- che i disegni di Dio sono imperscrutabili. E se ne lava
ti militarmente e oppressi politicamente. In diversi le mani.
paesi del Lazio sulle case c’è un cippo commemora- ---I☺I---
tivo: i locali preferirono bruciare vivi con le loro ca-
panne, piuttosto che arrendersi ai soldati francesi. Se I promessi sposi, 1840-42
questo è il prezzo che si è disposti a pagare o almeno Con I promessi sposi (1821-23, 1824-27, 1840-42)
che Manzoni è disposto a pagare, allora Napoleone è Manzoni riprende la formula del romanzo storico,
un inviato del cielo e della Divina Provvidenza. Ep- che aveva avuto un grande successo con i romanzi
pure non si deve dimenticare che nel 1792 i rivolu- avventurosi e popolari dell’inglese Walther Scott
zionari scelgono la via della guerra per far vincere la (1771-1832). Tale tipo di romanzo è costituito da due
rivoluzione, e attaccano gli Stati confinanti. E tirano parti: a) una parte storica, effettivamente avvenuta,
fuori una giustificazione di successo, che è chiara- che fa da sfondo; e b) una parte inventata, ma vero-
mente pretestuosa: vogliono esportare la rivoluzione simile – cioè che poteva effettivamente essere acca-
o la democrazia, anche se nessuno aveva loro chiesto duta –, che si inserisce sullo sfondo storico. La parte
di farlo. Gli Stati invasi non condividono né apprez- storica è costituita dalla Lombardia del Seicento
zano tale giustificazione. Con il senno di poi si può (1630-32), dominata dal malgoverno spagnolo. La
anche notare che tale pretesto è stato usato dall’URSS parte inventata è la trama del romanzo: le vicende di
per dominare l’est europeo, e che è normalmente usa- Renzo e Lucia, che incontrano un ostacolo al loro
to dagli USA per invadere anche la più remota parte matrimonio. L’autore compie due operazioni estre-
del mondo. E non occorre il senno di poi per dire che mamente innovatrici: a) inserisce i fatti storici come
l’esportazione di qualcosa fa gli interessi dell’espor- la vicenda inventata in una visione religiosa e provvi-
tatore e non dell’importatore coatto; e che i valori denziale della vita e della storia umana; e b) sceglie
esportati, ad esempio i sedicenti “diritti umani”, di come protagonisti gli “umili” del Vangelo, e dal loro
cui va tanto fiero tutto l’Occidente, sono soltanto mo- punto di vista vede la vita umana e i grandi avveni-
di o valori o strumenti, inconsapevoli o meno, in menti storici. L’opera quindi rispecchia le convinzio-
buona o in cattiva fede non importa, capaci soltanto ni religiose e politiche dell’autore. Il romanzo però
di sconvolgere e di far collassare gli Stati che se li mostra uno spaccato dell’intera società del tempo,
vedono imporre. Il motivo del collasso è facile da in- dalle classi nobili al popolo. E presenta un modello di
dividuare: lo Stato sconfitto si fonda ed è organizzato lingua italiana, che al tempo non esisteva e che dove-
su altri valori. La società dell’India si basa su 12 ca- va unificare linguisticamente l’Italia, che allora cono-
ste: importarvi l’idea di uguaglianza e i sedicenti “di- sceva anche questa divisione, oltre a quella politica
ritti umani” significa stravolgerla, provocare enormi ed economica. Questo è il senso dell’impegno ven-
conflitti sociali e giungere alla guerra civile. Certa- tennale profuso dall’autore nella revisione del testo.
mente l’Europa è cambiata ed è migliorata con e dopo
le guerre napoleoniche, ma è ovvio, è un giudizio da- L’opera è riassunta e commentata in modo più artico-
to poi e con il senno di poi: i dissidenti sono stati lato in http://www.letteratura-
spazzati via e non hanno più voce in capitolo. italia-
6. Piuttosto non si vede la “mano lunga” della rivolu- na.com/pdf/letteratura%20italiana/08%20MANZONI%20Promes
zione francese: essa inventa l’ideale di patria, che poi si%20sposi.pdf
attecchisce ed infiamma la storia europea dal 1816 al E in http://www.letteratura-
1870. Il Congresso di Vienna pensa di riportare indie- italia-
tro le lancette dell’orologio, risistema l’Europa in ba- na.com/pdf/letteratura%20italiana/14%20Scrittura%20creativa.pd
se al principio di legittimità e di equilibrio e dimenti- pp. 426-31.
ca che ormai l’ideale di patria era diffuso tra i popoli.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 387
Riassunto. Renzo e Lucia sono due giovani di un pae- Ferrante. Questo è ancora il senso della revisione lin-
se vicino a Lecco in procinto di sposarsi. Il curato del guistica a cui egli sottopone il romanzo prima della
paese, don Abbondio, è però minacciato da un signo- pubblicazione definitiva. Lo scrittore elimina dialetti-
rotto del luogo, don Rodrigo, a non celebrare il ma- smi e barbarismi, e nella costruzione di una lingua
trimonio. La madre di Lucia, Agnese, propone un ma- valida per tutta la nazione prende come riferimento il
trimonio di sorpresa, che fallisce. I due giovani sono fiorentino del suo tempo parlato dalle classi medie. In
così costretti a separarsi. Renzo va a Milano, dove fi- tal modo egli continua l’opera di costruzione lingui-
nisce in un subbuglio di piazza, si mette nei guai ed è stica iniziata dai grandi scrittori del Trecento (Dante,
costretto a fuggire precipitosamente e a riparare nel Petrarca, Boccaccio) e continuata nei secoli successi-
territorio di Bergamo, allora sotto la Repubblica di vi da altri scrittori fiorentini o toscani (Machiavelli,
Venezia. Lucia, su consiglio del padre spirituale fra’ Galilei e la scuola galileiana) come da scrittori di al-
Cristoforo, si rifugia in un convento a Monza, sotto la tre regioni d’Italia (Ariosto, Tasso, Metastasio) che
protezione di una monaca. Qui però è rapita dai bravi prendono a modello la lingua di Firenze. Con il ro-
dell’Innominato, un potente signorotto dei dintorni, a manzo Manzoni pone le basi per l’unità linguistica
cui don Rodrigo aveva chiesto aiuto. Nel castello la nazionale e per l’italiano moderno.
ragazza, schiacciata dall’angoscia, fa voto di non spo- 3. Nel romanzo sopra le vicende umane appare la
sarsi. La sua presenza però provoca nell’Innominato presenza della Provvidenza, che interviene e che sa
la definitiva crisi religiosa, che maturava ormai da trarre il bene anche dal male. L’opera ha un lieto fine
tempo. Egli si converte grazie anche all’intervento (com’era consuetudine nei romanzi dell’Ottocento),
del cardinale Federigo Borromeo. Lucia è quindi libe- perché Renzo e Lucia si sposano; ed ha anche una
ra. Intanto, portata da bande di soldati di passaggio, si conclusione “morale”, che l’autore trae, scusandosi se
diffonde la peste, che miete centinaia di vittime in con essa annoia il lettore. Il lieto fine però non è
tutta la regione. Renzo coglie l’occasione della peste scontato: i due protagonisti hanno dovuto affrontare
per ritornare prima nel suo paese, poi a Milano, per molte difficoltà e molte prove prima di potersi sposa-
cercare Lucia. La trova nel lazzaretto, dove cura i ma- re. Hanno dovuto avere fede. La fede fa vedere la vita
lati. Qui trova anche don Rodrigo, che sta morendo. con fiducia, ma non ne cambia la durezza. Le prove
La rabbia verso il prepotente si trasforma in perdono della vita sono effettive e lasciano il segno: padre
verso il moribondo. Il problema del voto è sciolto da Cristoforo muore, muoiono anche don Rodrigo ed il
padre Cristoforo, anche lui presente nel lazzaretto ad conte Attilio, muoiono anche numerosi compaesani.
assistere i malati. Di lì a poco un temporale prean- La peste è spietata, non distingue i buoni dai cattivi.
nunzia la fine della peste. I due giovani si possono 4. Con Dante Manzoni divide non soltanto l’impegno
così sposare: Renzo si dedica al suo lavoro di artigia- di costruire una lingua nazionale, ma anche la visione
no, Lucia ai figli che arrivano. Renzo vuole trarre una provvidenziale della storia. Il poeta fiorentino l’aveva
morale dalle sue disavventure: egli ha imparato a non espressa in particolare in Pd VI, dove l’imperatore
ubriacarsi e a non fare discorsi in piazza. Lucia, più Giustiniano traccia la storia dell’Impero dall’incendio
riflessiva, ha imparato invece che i guai le sono cadu- di Troia fino a fine Duecento. È meglio però non pro-
ti addosso anche se non li ha cercati, e tuttavia la fi- seguire il confronto tra i due intellettuali: Dante è lo
ducia in Dio li ha resi più tollerabili e l’hanno spinta scrittore professionista, che ha alle spalle una visione
verso una vita migliore. europea della cultura e dei problemi politici, Manzoni
è il dilettante che scrive a tempo perso e che ha anco-
Commento ra una visione limitata e provinciale dei problemi.
1. Con il romanzo Manzoni si propone molteplici 5. Un confronto ancora più distruttivo è quello di
scopi: a) scegliere come protagonisti due esponenti Manzoni e del suo romanzo con i coevi scrittori fran-
del popolo, precisamente due piccoli artigiani di pro- cesi, ad esempio con Alexandre Dumas padre, che in
vincia, sulla spinta di idee illuministiche e democrati- quegli anni pubblica Il conte di Montecristo (1844-
che; b) inserire la loro vicenda in un contesto sociale 45). Il confronto degli inizi dei due romanzi è suffi-
e storico più vasto, tanto da dare uno spaccato storico ciente. Dumas presenta il protagonista che sta arri-
della società lombarda nei primi decenni del Seicen- vando sulla nave e che pensa al prossimo matrimonio.
to; c) proporre ideali civili, sociali, religiosi, politici, Manzoni inizia con “Quel ramo del lago di Como…”
desunti dalla sua formazione illuministica e dalla sua che non finisce mai e diventa un oceano, dove il letto-
fede religiosa; d) porre le basi di una letteratura atten- re affoga. Egli vuole costruire una nuova lingua ita-
ta alle classi popolari e di una lingua nazionale valida liana, ma dimentica il presupposto fondamentale che
per tutte le regioni d’Italia e per tutte le classi sociali. la lingua si usa quotidianamente. E nel romanzo co-
2. Come intellettuale e come letterato egli quindi cer- struisce una lingua che è una lingua letteraria e per
ca di rispondere ai problemi politici, religiosi e sociali letterati. Non per il popolo né per gli uomini che vuo-
avanzati dalla società del suo tempo. Questo è il sen- le portare sulla scena e che poi deride (Tonio e Ger-
so della sua durissima polemica contro il malgoverno vaso hanno un cervello in due, il sarto vuole escogita-
spagnolo, che spadroneggia in Italia, e contro gli in- re una frase che gli faccia fare bella figura agli occhi
tellettuali vuoti, disimpegnati o al servizio del potere del vescovo). Ben altra cosa gli altri scrittori italiani
dominante come l’avvocato Azzeccagarbugli o don come Ippolito Nievo, Giovanni Verga, Giovanni Pa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 388
scoli, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Dino riodo storico, ma poi fa confluire nel romanzo le sue
Buzzati, tutti scrittori di mestiere. Anche Buzzati cura informazioni. Anche qui si può muovere allo scrittore
la lingua ne Il Deserto dei Tartari (1940) ed è da con- la stessa accusa: non ha trasformato i passi storiogra-
siderare uno scrittore che vuole fare letteratura, ma il fici in romanzo e in avventura. Ma si poteva fare.
suo italiano è ben altra cosa rispetto al linguaggio an- Una delle interruzioni più infelici è agli inizi del ro-
cora aulico e ciceroniano o boccacciano di Manzoni. manzo: l’autore rimanda l’incontro di don Abbondio
6. Lo scopo edificante del romanzo disturba il lettore con i bravi per fare una lunga digressione storica. In
dall’inizio alla fine. E anche i continui commenti det- tal modo raffredda la situazione e il lettore ci resta
tati dal buon senso dello scrittore, che però normal- male. Doveva proseguire con un’altra scena. Ad
mente non coincide con il buon senso del lettore. esempio quello che in quel momento faceva un altro
L’osservazione che fa sul commerciante che vuol di- personaggio del romanzo. Insomma doveva prosegui-
menticare le sue origini – è la stessa cosa vendere e re con una scena che attirasse l’attenzione del lettore
comperare tessuti – è stupida e dimostra la sua inca- e mantenesse intensa l’emozione e la curiosità verso
pacità di capire il Seicento, la società del Seicento, la quel che sarebbe successo al curato.
società in sé e i valori sociali. Stessa cosa per la sua 9. Anche la conclusione moralistica disturba: è troppo
ironia verso i titoli nobiliari spagnoli lunghi chilome- esplicita, non è stata trasformata in avventura. Anche
tri: se esistono, vuol dire che hanno una giustificazio- Dumas ne Il conte di Montecristo fa didattica per il
ne. Stessa cosa per il ritratto caricaturale di don Ab- lettore. Ma essa è sempre fusa con gli episodi narrati,
bondio agli inizi del romanzo: si era fatto prete per non è mai esplicita. Lo scrittore non si mette mai in
avere pane e companatico sicuri. Ognuno ha i suoi cattedra. Sarebbe un comportamento fastidioso e pure
problemi e i suoi valori, il curato i suoi, e le scelte sbagliato. Si mescola sempre tra i personaggi. È invi-
vanno rispettate. Con queste osservazioni non si vuol sibile. E ugualmente si identifica o si nasconde nel
dire che ironia e sarcasmo non si possano fare. Si punto di vista del lettore. Manzoni invece dalla catte-
vuol dire che devono essere fatti in modo adeguato e dra guida il suo lettore per tutto il corso del romanzo,
rispettando il presupposto di ogni romanzo (almeno) dal ritrovamento del manoscritto alla morale finale.
del tempo: proporre l’avventura, portare il lettore a 10. I limiti del romanzo rispecchiano i limiti della so-
contatto con il mondo, far sì che il lettore si identifi- cietà del tempo: l’Italia – o gli Staterelli italiani – sta-
casse con il o i personaggi. va a guardare, mentre gli altri Stati europei erano at-
7. Nel caso di don Abbondio come nel caso del sarto tori della storia contemporanea. Gli altri Stati poi
l’errore narrativo era facile da emendare: si abbando- avevano scrittori di professione che vivevano scri-
nava il punto di vista e la valutazione dall’esterno e si vendo. L’Italia non ha uno sviluppo economico che
vedeva il problema con gli occhi del protagonista, ne giustifichi l’esistenza. Nel 1911, quindi molti de-
con un punto di vista dall’interno. Egli come il lettore cenni dopo, il vicentino Emilio Salgari (1862-1911)
deve affrontare il dramma della scelta: quale profes- si suicida perché i romanzi che scriveva non gli per-
sione o mestiere o missione fare, per sbarcare il luna- mettevano una vita decente (e perché truffato da edi-
rio. E soppesare i pro e i contro di ciascuna soluzione. tori disonesti). Ma neanche i suoi romanzi d’avven-
Così il lettore si immedesimava e apprezzava. tura esotica e piratesca reggono il confronto con uno
8. Come le interferenze morali o moralistiche, anche scrittore contemporaneo come Jules Verne (1828-
le interferenze storiografiche sono del tutto inoppor- 1905).
tune: vanno eliminate. Lo scrittore si informa sul pe-
Spesso muteno sito, e ccaccia spesso Spesso mutano luogo, e spesso il chicco grosso
er vago grosso er vago piccinino, caccia il chicco più piccolo, e si spingono
e ss’incarzeno tutti in zu l’ingresso tutti sull’ingresso del ferro che li riduce in polvere.
der ferro che li sfraggne in porverino.
E gli uomini così vivono al mondo
E ll’ommini accusì vviveno ar Monno Rimescolati per mano della sorte
misticati pe mmano de la sorte Che se li gira tutti in tondo in tondo;
che sse li ggira tutti in tonno in tonno;
E muovendosi ognuno, o piano o forte,
e mmovennose oggnuno, o ppiano, o fforte, Senza capirlo mai scendono verso il fondo
senza capillo mai caleno a ffonno Per cascare nella gola della morte.
pe ccascà nne la gola de la Morte.
Roma, 22 gennaio 1833 1
Non vi faccio alcun torto.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 390
La golaccia L’avidità
Quann’io vedo la ggente de sto Monno, Quando io vedo la gente di questo mondo,
che ppiù ammucchia tesori e ppiù ss’ingrassa, che più ammucchia tesori e più s’ingrassa,
più ha ffame de ricchezze, e vvò una cassa più ha fame di ricchezza, e vuole una cassa
compaggna ar mare, che nun abbi fonno, come il mare, che non abbia fondo,
dico: oh mmandra de scechi, ammassa, ammassa, dico: “Oh, mandria di ciechi, ammassa, ammassa,
sturba li ggiorni tui, pèrdesce er zonno, sconvolgi i tuoi giorni, perdici il sonno,
trafica, impiccia: eppoi? Viè ssiggnor Nonno traffica, impiccia. E poi? Viene il signor Nonno (=
cor farcione e tte stronca la matassa. con il falcione e ti stronca la matassa”. il Tempo)
E mmentr’er corpo spiggionato e brutto E, mentre il corpo senza più inquilino e abbrutito,
è ssord’ e mmuto e nnun z’arregge in piede, è sordo e muto e non si regge in piedi,
lei cammina da sé, pparla, e ffa ttutto. lei cammina da sé, parla e fa tutto.
Roma, 11 maggio 1833 Roma, 11 maggio 1833
---I☺I--- ---I☺I---
All’urtimo uscirà ‘na sonajera Alla fine uscirà una sonagliera (=una fila)
d’angioli, e, come si ss’annassi a letto, d’angeli, e, come se si andasse a letto,
smorzeranno li lumi, e bona sera. spegneranno i lumi, e buona sera.
Roma, 25 novembre 1831 Roma, 25 novembre 1831
---I☺I--- ---I☺I---
Se l’è vorzùta lui: dunque su’ danno. Se l’è voluta lui: dunque suo danno.
Io me n’annavo in giù p’er fatto mio, Io me ne andavo in giù per i fatti miei,
quann’ecco che l’incontro, e je fo: “Addio”. quand’ecco che lo incontro, e gli dico: “Addio”.
Lui passa, e m’arisponne cojonanno. Egli passa, e mi risponde sfottendo.
Dico: “Evviva er cornuto”; e er zor Orlanno Dico: “Evviva il cornuto”; e il signor Spaccone
(n’è testimonio tutto Borgo-Pio) (mi è testimone tutto il Borgo -Pio)
strilla: “Ah carogna, impara chi sò io”; strilla: “Ah, carogna, impara chi son io”;
e torna indietro poi come un tiranno. e torna indietro poi come un prepotente.
Come io lo vedde cor cortello in arto, Quando io lo vidi con il coltello in mano,
co la spuma a la bocca e l’occhi rossi con la bava alla bocca e gli occhi rossi
cùrreme addosso pe venì a ‘assarto, corrermi addosso per venirmi all’assalto,
m’impostai cor un zercio e nun me mossi. Mi piazzai ben fermo come un cerchio [con un sasso
Je feci fà tre antri passi, e ar quarto in mano] e non mi mossi.
lo pres’in fronte, e je scrocchiorno l’ossi. Gli feci fare altri tre passi, e al quarto
Roma, 4 settembre 1835 lo centrai in fronte, e gli feci scricchiolare le ossa.
---I☺I--- Roma, 4 settembre 1835
---I☺I---
S.P.Q.R. S.P.Q.R.
Ah sse chiam’ozzio er zuo, bbrutte marmotte? Ah, si chiama ozio il suo, brutte marmotte?
Nun fa mmai ggnente er Papa, eh?, nun fa ggnente? Non fa mai niente il Papa, eh?, non fa niente?
Accusì vve pijjassi un accidente Così vi pigliasse un accidente
come lui se strapazza e ggiorn’e nnotte. Come lui si strapazza giorno e notte.
Chi pparla co Ddio padr’onnipotente? Chi parla con Dio padre onnipotente?
Chi assorve tanti fijji de miggnotte? Chi assolve tanti figli di mignotte?
Chi mmanna in giro l’innurgenze a bbotte? Chi manda in giro le indulgenze a botti?
Chi vva in carrozza a bbinidì la ggente? Chi va in carrozza a benedire la gente?
Chi jje li conta li quadrini sui? Chi gli conta i suoi quattrini?
Chi l’ajjuta a ccreà li cardinali? Chi l’aiuta a creare i cardinali?
Le gabbelle, pe ddio, nnu le fa llui? Le gabelle, per Dio, non le fa lui?
Er Papa ride? Male, amico! È sseggno Il Papa ride? Male, amico! È segno
c’a mmomenti er zu’ popolo ha da piaggne. che a momenti il suo popolo ha da piangere.
Le risatine de sto bbon padreggno Le risatine di questo buon patrigno
pe nnoi fijjastri2 sò ssempre compaggne. per noi figliastri sono sempre uguali.
Ste facciacce che pporteno er trireggno1 Queste brutte facce che portano il triregno
s’assomijjeno tutte a le castaggne: assomigliano tutte alle castagne:
bbelle de fora, eppoi, pe ddio de leggno, belle di fuori, e poi, per Dio, di legno,
muffe de drento e ppiene de magaggne. muffe di dentro e piene di magagne.
Er Papa ghiggna? Sce sò gguai per aria: Il Papa ghigna? Ci sono guai per aria,
tanto ppiù cch’er zu’ ride de sti tempi tanto più che il suo ridere di questi tempi
nun me pare una cosa nescessaria. non mi pare una cosa necessaria.
Fijji mii cari, state bbene attenti. Figli miei cari, state bene attenti.
Sovrani in alegria sò bbrutti esempi. Sovrani in allegria significa brutti tempi.
Chi rride cosa fa? Mmostra li denti. Chi ride che cosa fa? Mostra i denti.
17 novembre 1834 17 novembre 1834
---I☺I--- ---I☺I---
Che cce faressi? è un gusto mio, fratello: Che ci vuoi fare? È un gusto mio, fratello:
su li gusti, lo sai, nun ce se sputa. sui gusti, lo sai, non ci si sputa.
Sto Papa che cc’è mmó rride, saluta, Questo Papa che c’è ora (=Pio IX) ride, saluta,
è ggiovene, è a la mano, è bbono, è bbello... è giovane, è alla mano, è buono, è bello...
Eppuro, er genio mio, si nun ze muta, Eppure, il genio mio, se non si muta,
sta ppiù pp’er papa morto, poverello!: sta più per (=preferisce) il Papa morto, poverello!,
nun fuss’antro pe avé mess’in castello, non fosse altro per aver messo in prigione,
senza pietà, cquella gginìa futtuta. senza pietà, quella genìa fottuta2.
1
Il triregno è il copricapo con tre corone, segno del potere
2
papale. I prigionieri politici.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 393
Poi, ve pare da papa, a sto paese, Poi vi pare da Papa, a questo paese,
er dà ccontro a pprelati e a ccardinali, il dar contro a prelati e a cardinali,
e l’usscì a ppiede e er risegà le spese? e l’uscire a piedi e tagliare le spese?
Commento
questo potere, gli fa conoscere invece miseria e pau-
1. Nell’introduzione ai sonetti Belli indica i suoi sco-
ra. Dunque – la conclusione è immediata – i cambia-
pi: egli vuole innalzare un “monumento di quello che
menti sono peggiori della dura vita che si sta vivendo.
oggi è la plebe romana”. E riesce a portare a termine
Per di più il primo benessere che raggiunge proviene
il proposito: descrive le dure condizioni di vita della
dal matrimonio con una nobile, che gli assicura un
popolazione, ma vede anche l’impossibilità di uscire
po’ di tranquillità economica e di libertà. La conse-
da quella situazione. Cambiano i papi, possono cam-
guenza, inevitabile, è che i papi opprimono la plebe,
biare anche i regimi. I nuovi regimi fanno anche pro-
ma i cambiamenti proposti dalla Repubblica romana
messe di cambiamento, in buona o in mala fede non
(1849) sono peggiori del male. Il male minore è
importa. Ma le condizioni della plebe rimangono le
quindi lasciare le cose come stanno. Così Belli diven-
stesse. Se la speranza nel futuro è una pura illusione,
ta più “reazionario” del papa. Si identifica con la ple-
resta allora soltanto il presente, la vita nel presente,
be, odia l’oppressione papale, ma ancor più odia l’op-
con le sue piccole cose, i piccoli fatti, i piccoli pen-
pressione che può venire dall’esterno.
sieri, le piccole violenze, fatte e subite. Resta questo
5. Belli ha ormai concluso il suo “monumento” alla
straordinario “monumento” innalzato alla plebe di
plebe romana, quando un altro poeta si prepara a
Roma.
spiccare il volo: Giosuè Carducci (1835-1907). Inizia
2. Belli si inserisce nella letteratura di opposizione,
cantando Satana, simbolo del progresso, ma poi si
una letteratura che non ha mai trovato consensi nella
avvicina alla monarchia (1878), deluso dalla Destra
critica ufficiale. Egli per di più ha l’audacia di scrive-
come dalla Sinistra. Si rifugia nella Roma antica, non
re in dialetto e di prendere le difese della plebe roma-
ha il coraggio di scagliarsi contro le speculazioni ur-
na. Ancora peggio! Perciò è relegato con un giudizio
banistiche che stravolgono Roma, propone un’arte
negativo tra gli autori dialettali: il dialetto non è una
tersa e classicheggiante, che diviene per 40 anni l’e-
lingua, è qualcosa da lasciare alle classi inferiori...
spressione più forbita della cultura ufficiale. La classe
Anche un Cecco Angiolieri scriveva da popolano per
dirigente e gli intellettuali sono contenti di quest’arte
i popolani, ma almeno scriveva in italiano! Il rifiuto e
che canta il vuoto e nasconde con parole sonanti la
l’emarginazione della poesia di Belli mostrano l’ori-
loro miseria interiore e la loro indifferenza verso le
gine di classe, la povertà intellettuale e la limitatezza
condizioni di vita della popolazione.
di orizzonti della concezione dell’arte normalmente
6. Pochi anni dopo Belli Giovanni Verga (1840-1922)
professata dalla critica italiana. Si deve cantare il bel-
in Fantasticheria (1878-79) ribadisce la sua ostilità al
lo, forse anche il vero, al limite anche l’utile, ma il
cambiamento con l’ideale dell’ostrica: finché rimane
popolo no!
attaccata allo scoglio, l’ostrica fa una vita di stenti ma
3. In realtà il linguaggio è soltanto uno strumento, il
sicura; quando se ne stacca per migliorarla, va incon-
dialetto è soltanto uno strumento, che il poeta sceglie
tro alla rovina, e nella rovina coinvolge anche i suoi
di proposito e che usa per i suoi fini. Il problema non
cari. È meglio accontentarsi di quel che si ha. Il ra-
è se egli canta una donna angelicata (e irreale) o se
gionamento è valido, ma soltanto per un certo verso:
canta il popolo e la sua vita miserabile (e reale). Il
l’ostrica va incontro alla rovina se si stacca dallo sco-
problema è se riesce oppure se non riesce a dare una
glio con la cultura e l’esperienza che si è fatta rima-
formulazione linguistica e fantastica adeguata, capa-
nendo attaccata allo scoglio. E i personaggi de I Ma-
ce di colpire l’immaginario del lettore – appunto, una
lavoglia si comportano così: vogliono diventare com-
formulazione artistica – a ciò che ha deciso di canta-
mercianti senza prima fare apprendistato presso un
re. Resta in ogni caso il fatto (dal Dolce stil novo a
commerciante e si mettono subito nei guai. Tuttavia
Belli ai nostri giorni) che la cultura ha un’origine di
ci si può staccare dallo scoglio, se ci si prepara con
classe e che cerca di difendere interessi di classe. Il
intelligenza e con una adeguata cultura ad entrare nel
Dolce stil novo proponeva la gentilezza d’animo con-
mondo vicino e lontano dallo scoglio.
tro la nobiltà che tirava fuori i documenti e parlava di
7. I timori di Belli come di Verga sono giustificati al
nobiltà di sangue...
di là di ogni ragionevole dubbio. Tuttavia portano in
4. La doppia personalità di Belli è comprensibile: è di
un vicolo cieco, cioè alla conclusione che i cambia-
estrazione popolare e vede le tremende condizioni di
menti sono impossibili. Verga per di più ha una di-
vita del popolo, perciò odia il potere costituito. La ri-
mostrazione diretta che i cambiamenti non ci sarebbe-
voluzione giacobina del 1798, che doveva distruggere
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 394
ro stati e che anzi le cose sarebbero peggiorate. Lo
Stato italiano, uscito dalle lotte per l’unità, non pren-
de le difese dei contadini, non fa i loro interessi (la
suddivisione del latifondo nel Meridione), si schiera
con i poteri di sempre ed ora – addirittura! – ammaz-
za chi protesta: 6.000 briganti nel Meridione (1862-
63) e, 40 anni dopo, forse 180 manifestanti a Milano
(1898). La giustificazione è subito trovata ed è sem-
pre la stessa: chi protesta mette in pericolo l’unità na-
zionale. Così lo Stato unitario si sente in diritto di in-
trodurre nuove tasse e la leva obbligatoria, lunga ben
sette anni. Per la popolazione italiana del Centro e del
Sud l’unità d’Italia è stata una sciagura nel breve co-
me nel medio periodo, poiché porta soltanto svantag-
gi. I regimi reazionari dello Stato pontificio e del re-
gno di Napoli non avevano mai ammazzato tanti sud-
diti quanti il nuovo Stato, che si era arrogato il diritto
di unificare la penisola. Insomma il nuovo Stato si
forma contro e a spese delle classi “inferiori” e con-
tro i loro interessi.
8. La soluzione al vicolo cieco in cui si sono infilati
Belli e Verga si trova forse in Manzoni: se volete la
libertà dall’oppressione, impugnate le armi e combat-
tete; abbiate pure fiducia in Dio, ma datevi da fare.
Dio vi aiuta dopo che voi vi siete aiutati. Mettetevi a
lavorare e non aspettate aiuti da nessuno (nemmeno
da Dio). Manzoni è una voce isolata. È sempre stato
odiato dagli intellettuali, poiché li richiamava alle lo-
ro responsabilità civili e sociali. Egli si è sempre di-
mostrato duro e feroce contro gli intellettuali reggi
borse, volta bandiera, asserviti al potere costituito. “Serpente, perché vuoi tentarmi? Sei brutto e hai
9. Belli è giustamente critico nei confronti del potere l’alito cattivo!”
costituito, cioè della Chiesa. Peraltro la Chiesa stessa
era in una profonda decadenza. Dopo il Concilio di
Trento (1545-63) si era impegnata a riconquistare la
società, e aveva ottenuto un grande successo con la
cultura barocca. Alla fine del Seicento riesce ancora a
imporre la sua egemonia culturale con l’accademia
dell’ “Arcadia”. Nella seconda metà del Settecento
ispira il Neoclassicismo, che tuttavia si sviluppa al-
trove. Ma alla fine del secolo è emarginata dalla cul-
tura laica – il Romanticismo –, e si avvia a un inarre-
stabile declino. Leopardi è deluso da quel che trova a
Roma (1821) e ugualmente Belli è deluso dal potere
costituito, ma non vede nessuna alternativa. E, in ef-
fetti, non ci sono alternative. L’Italia ecclesiastica
come l’Italia laica del nuovo regno risente dell’emar-
ginazione culturale, economica e scientifica del Sei-
cento e del Settecento, che ha voluto e che ha subito;
e paga la sua arretratezza sociale, economica, politica
e culturale sia nell’Ottocento sia nel Novecento. La
rivoluzione industriale, avvenuta in Inghilterra nel
1770, arriva in Italia soltanto nel 1950-60, ben 180
anni dopo. E il boom economico è del 1958-61.
10. Belli va confrontato almeno con il tirolese Wal-
ther von der Vogelweide (1170-1230), feudatario,
poeta e filosofo, più sopra. 1. John Roddam Spencer Stanhope, Eva tentata dal ser-
------------------------------I☺I----------------------------- pente, 1877.
2. “Te la mostro? Mi vuoi vedere nuda? Eccomi!”, 2012.
Va fuori d’Italia,
va fuori ch’è l’ora,
va fuori d’Italia,
va fuori, o stranier!
Commento
1. Come gli altri, il canto è semplice, elementare, i
versi sono brevi e orecchiabili. Ma sembra di essere
al giudizio universale o a una levata di zombie.
2. Anche questo canto risorgimentale è impregnato di
religione: le tombe si scoprono e i morti si alzano,
come nel giudizio universale di Luca Signorelli o di
Michelangelo Bonarroti. I martiri è un altro termine
religioso, che indica solamente i testimoni. D’altra
parte il Cristianesimo era diffuso in tutta Italia e an-
che in Europa.
3. “Il ferro” indica le armi, la spada e la baionetta. I
soldati andavano all’assalto frontale del nemico con
la baionetta innestata. C’erano i cannoni e i fucili, ma
i secondi facevano pochi danni: si caricavano per la
canna e l’operazione richiedeva qualche minuto. Il
primo fucile efficiente è lo Chassepot francese a re-
1. Giovanni Fattori, Il campo italiano alla battaglia di
trocarica, che permette ai francesi di sconfiggere i ga-
Magenta, 1861-62.
ribaldini a Mentana, vicino a Roma (1867). Aveva
2. Giovanni Fattori, Esercitazioni militari, 1890.
una portata utile di m 1.200. I combattimenti cessano
------------------------------I☺I-----------------------------
di essere all’arma bianca. O almeno dovrebbero ces-
sare. E invece no: la prima guerra mondiale (1914-
18) inizia ancora con questa strategia. E dall’altra
parte c’erano i nidi di mitragliatrici, che falciavano i
soldati all’attacco. Una carneficina, ripetuta infinite
volte. Ma gli stati maggiori di tutti gli eserciti non
vedevano, non capivano, non modificavano la loro
strategia.
E la bela Gigogin
col tromilerilerela,
la va a spass col sò spincin (=corteggiatore),
col tromilerilerà.
«Eran trecento, eran giovani e forti, Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti! e sono morti!»
Riassunto. La nebbia sale sulle colline, mentre pio- e dell’arrosto non riescono a distogliere il cacciatore.
viggina. Sotto il vento freddo di maestrale il mare ur- dal desiderio di andarsene, come si stanno preparando
la e biancheggia. Per le strade del paese si diffonde a fare gli uccelli
l’odore del vino nuovo, che va a rallegrare gli animi. 2. Le immagini, come i contrasti cromatici, sono
Lo spiedo gira sopra i ceppi accesi, che scoppiettano. semplici e chiare. Sono pure di facile comprensione il
Sulla porta di casa il cacciatore fischia, mentre guar- paragone tra uccelli neri ed esuli pensieri, e il senti-
da gli stormi di uccelli che si preparano a migrare mento di tristezza e di insoddisfazione espresso dagli
nella sera. aggettivi neri ed esuli.
3. Il poeta riesce a presentare un quadretto paesaggi-
Commento stico e di vita quotidiana, ravvivato da versi orecchia-
1. Le prime due quartine sono festose e veloci; le al- bili ed effervescenti, che colpiscono l’immaginazione
tre due rallentano il ritmo e si concludono in una (im- e si fissano facilmente nella memoria. La poesia fa
prevedibile ed incongrua) sensazione di tedio e di in- provare un rapido sentimento di malinconia, ma non
soddisfazione dell’animo: il profumo del vino nuovo riesce ad andare oltre.
---I☺I--- ---I☺I---
T’amo, o pio bove; e mite un sentimento Ti amo, o pio bove; e infondi nel mio cuore
di vigore e di pace al cor m’infondi, un mite sentimento di vigore e di pace,
o che solenne come un monumento sia che tu guardi i campi aperti e fertili
tu guardi i campi liberi e fecondi, solenne come un monumento,
o che al giogo inchinandoti contento sia che tu, piegandoti contento sotto il giogo,
l’agil opra de l’uom grave secondi: aiuti con la tua forza il lavoro operoso dell’uomo:
ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento egli ti spinge e ti stimola, e tu gli rispondi
giro de’ pazienti occhi rispondi. muovendo lentamente gli occhi pazienti.
Da la larga narice umida e nera Il tuo fiato fuma dalle tue narici
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto umide e nere, e come una canzone lieta
il mugghio nel sereno aer si perde; il tuo muggito si disperde nell’aria serena;
e del grave occhio glauco entro l’austera e nell’austera dolcezza del tuo occhio azzurro
dolcezza si rispecchia ampio e quieto si rispecchia nella sua ampiezza e nella sua pace
il divino del pian silenzio verde. il divino silenzio della pianura verdeggiante.
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti (=dritti) i rei (=malvagi) fantasmi che da’ fondi neri
van da San Guido in duplice filar, de i cuor vostri battuti dal pensier
quasi in corsa giganti giovinetti guizzan come da i vostri cimiteri
mi balzarono incontro e mi guardâr (=guardarono). putride fiamme innanzi al passegger.
Mi riconobbero, e «Ben torni omai» Rimanti (=rimani); e noi, dimani, a mezzo il giorno,
bisbigliaron vèr’ (=verso di) me co ‘l capo chino che de le grandi querce a l’ombra stan
«Perché non scendi? Perché non ristai (=ti fermi)? ammusando i cavalli e intorno intorno
Fresca è la sera e a te noto il cammino. tutto è silenzio ne l’ardente pian1 (=pianura),
Oh sièditi a le nostre ombre odorate (=profumate) ti canteremo noi cipressi i cori (=i canti)
ove soffia dal mare il maestrale: che vanno eterni fra la terra e il cielo:
ira non ti serbiam de le sassate da quegli olmi le ninfe usciran fuori
tue d’una volta: oh, non facean già male! te ventilando co ‘l lor bianco velo;
Nidi portiamo ancor di rusignoli (=usignoli): e Pan (=dio dei boschi) l’eterno che su l’erme alture2
deh perché fuggi rapido così? a quell’ora e ne i pian solingo (=da solo) va
Le passere la sera intreccian voli il dissidio, o mortal, de le tue cure (=preoccupazioni)
a noi d’intorno ancora. Oh resta qui!» ne la diva (=divina) armonia sommergerà.»
Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire (=andare): E mangia altro che bacche di cipresso;
or non è più quel tempo e quell’età. né io sono per anche un manzoniano4
Se voi sapeste!... via, non fo (=faccio) per dire, che tiri quattro paghe per il lesso (=per mangiare).
ma oggi sono una celebrità. Addio cipressi! addio, dolce mio piano (=pianura)!»
O che tra faggi e abeti erma su i campi Sia tra i faggi e gli abeti sui campi
smeraldini la fredda ombra si stampi color smeraldo l’ombra fredda e solitaria si distenda
al sole del mattin puro e leggero, al sole del mattino dall’aria pura e leggera;
o che foscheggi immobile nel giorno sia che [l’ombra] si distenda oscura e immobile
morente su le sparse ville intorno nel giorno morente sui casolari sparsi
a la chiesa che prega o al cimitero 6 intorno alla chiesa che prega o al cimitero
che tace, o noci de la Carnia, addio! che tace, o noci della Carnia, addio!
Erra tra i vostri rami il pensier mio Il mio pensiero vaga tra i vostri rami
sognando l’ombre d’un tempo che fu. e sogna le immagini di un tempo lontano.
Non paure di morti ed in congreghe Non vedo apparizioni di spettri
diavoli goffi con bizzarre streghe, o diavoli goffi in compagnia di bizzarre streghe;
ma del comun la rustica virtú 12 ma [vedo] la coraggiosa comunità di campagna
d’abeti e pini ove al confin nereggia. d’abeti e di pini, che al confine diventa scura.
E voi trarrete la mugghiante greggia Voi invece condurrete [al pascolo] la mandria
e la belante a quelle cime là. delle mucche e il gregge delle pecore verso quei colli.
E voi, se l’unno o se lo slavo invade, Voi, se il barbaro invade [la nostra terra],
eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade, ecco a voi, o figli, le lance e le spade:
morrete per la nostra libertà. – 24 morirete per la nostra libertà”.
– Questo, al nome di Cristo e di Maria, “Nel nome di Cristo e di Maria ordino e voglio
ordino e voglio che nel popol sia. – che questa sia la volontà del popolo”.
A man levata il popol dicea, Sì. Alzando la mano il popolo approvava.
E le rosse giovenche di su ‘l prato E le rosse giovenche sul prato
vedean passare il piccolo senato, vedevano passare la piccola assemblea,
brillando su gli abeti il mezzodì. 36 mentre il mezzodì brillava sugli abeti.
Riassunto. Lasciando la Carnia, dove aveva trascorso la mano. E nel sole del mezzogiorno l’assemblea si
un periodo di vacanza, il poeta si rivolge ai noci e li scioglie, sotto gli occhi delle mucche che pascolano.
saluta, sia che distendano la loro ombra nel sole del
mattino, sia che la distendano sul far della sera. Il suo Commento
pensiero vaga tra i loro rami e sogna un tempo lonta- 1. Il poeta immagina un Medio Evo eroico e demo-
no: non il Medio Evo superstizioso dei diavoli e delle cratico con usi e costumi romani, che si contrappone
streghe (=quello della Chiesa), ma il Medio Evo del al Medio Evo superstizioso, di cui sarebbe responsa-
libero comune. Dopo la messa nel giorno festivo il bile la Chiesa. La contrapposizione è semplicistica e
console pone le mani sui Vangeli e distribuisce i non ha riscontri storici: le invasioni barbariche termi-
compiti: ad alcuni affida il compito di occuparsi della nano nel 956 con la sconfitta degli ungari da parte
foresta, ad altri di condurre le mandrie al pascolo, ad dell’imperatore Ottone III e in Italia i comuni sorgo-
altri di difendere con le armi la comunità. I prescelti no soltanto intorno al 1050. Egli però non vuole fare
si riempiono di orgoglio, mentre le donne, piangendo, storia, né pensare al passato, ma prendere posizione a
invocano su di loro la protezione della Vergine Ma- favore dello Stato contro la Chiesa. Mentre sta scri-
ria. Quindi il console, nel nome di Cristo e di Maria, vendo, continuano le tensioni tra lo Stato unitario e la
chiede l’approvazione. I presenti approvano alzando Curia romana, che dopo la presa di Roma (1870) con
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 426
il non expedit (1874) aveva vietato ai fedeli di parte-
cipare alla vita politica. La regolarizzazione dei rap-
porti tra Stato italiano e Chiesa cattolica avviene sol-
tanto 59 anni dopo, nel 1929.
2. A parte l’anticlericalismo, motivato o meno che
sia, il poeta tratteggia figure eroiche di maniera: il
console che distribuisce i compiti e chiede l’appro-
vazione per alzata di mano, i giovani che sono pieni
di orgoglio per l’incarico ricevuto, le donne che pian-
gono invocando la Madonna, i barbari che minaccia-
no le libertà civili. I personaggi sono costruiti dall’e-
sterno, non sono delineati psicologicamente dall’in-
terno. Ben più efficace è la ricostruzione che Pascoli
nei Poemi conviviali (1904) fa delle figure greche di
Solone, Ulisse, Alessandro Magno ecc.
3. Il linguaggio è lento, solenne, ricco di aggettivi, ed
usa, come in T’amo, o pio bove, la costruzione sintat-
tica disgiuntiva “o che... o che...”, che ricalca il fo-
scoliano “e quando... e quando...” del sonetto Alla se-
ra. Esso presenta un anacoluto retorico (“Voi... a
voi”) e, l’ultimo verso, un ablativo assoluto (“brillan-
do su gli abeti il mezzodì”). Un anacoluto caratterizza
anche il primo sonetto del Canzoniere petrarchesco:
“Voi... spero trovar pietà”. Il linguaggio di Carducci è
e vuol essere letterario. E il mondo poetico del poeta
è ugualmente letterario. La figura retorica che più
colpisce è la metafora “noci della Carnia”: il poeta
non saluta persone, saluta gli alberi. E con i cipressi
parla pure in Davanti San Guido. Non parla nemme-
no con la sua amante in Alla stazione in una mattina
d’autunno (1875), più sotto. Per tutta la vita a apro-
blemi di comunicazione, si rifugia in un mondo im-
mainario, il mondo romano antico, e preferisce ripro-
durre versi che appartengono a quel mondo. La pro-
duzione poeti ca medioevale di tutta Europa non lo
interessa. Gli umanisti del sec. XV almeno avevano
recuperato il mondo antico ma lo avevano riempito di
ideali validi per il presente.
4. Negli stessi anni in Inghilterra sir John William
Godward di professione pittore presenta un’altra vi-
sione del mondo romano.
---I☺I---
Corron tra ‘l Celio fósche e l’Aventino 1. Tra il Celio e l’Aventino corrono le nuvole
le nubi: il vento dal pian tristo move oscure: dalla pianura incolta e malarica soffia
umido: in fondo stanno i monti albani un vento umido. All’orizzonte sorgono i monti
bianchi di neve. 4 Albani, ricoperti di neve.
A le cineree trecce alzato il velo 2. Con il velo verde alzato sopra le trecce grigie
verde, nel libro una britanna cerca una turista inglese cerca nella guida [notizie di]
queste minacce di romane mura queste mura romane, che sorgono minacciose
al cielo e al tempo. 8 contro il cielo e contro il tempo.
“Vecchi giganti, – par che insista irato 4. “O vecchi giganti – pare che dica adirato
l’augure stormo – a che tentate il cielo?” lo stormo premonitore –, a che scopo sfidate
Grave per l’aure vien da Laterano il cielo?” Da Laterano viene un suono
suon di campane. 16 lugubre di campane per l’aria.
Se ti fûr cari i grandi occhi piangenti 6. Se ti furono cari i grandi occhi pieni
e de le madri le protese braccia di lacrime e le braccia protese delle madri
te deprecanti, o dea, da ‘l reclinato che t’invocavano, o dea, [di stare lontana]
capo de i figli: 24 dal capo reclinato dei figli;
Febbre, m’ascolta. Gli uomini novelli 9. O dea Febbre, ascoltami. Respingi lontano
quinci respingi e lor picciole cose: da questi luoghi gli uomini nuovi e le loro
religïoso è questo orror: la dea piccole cose: questo luogo abbandonato
Roma qui dorme. 36 è sacro, perché qui la dea Roma dorme.
Riassunto. Sotto un cielo nuvoloso e percorso da un nel passato, quando il romano, ritornando a casa di
vento umido una turista inglese cerca nella sua guida sera, guardava dal Tevere le mura di Roma e cantava
notizie sulle terme di Caracalla. I corvi volano sulle una canzone dedicata alla patria. E con decisione in-
rovine, a cui sembrano chiedere perché continuino a voca la dea Febbre e la prega di tenere lontani da quei
sfidare il cielo. Da Laterano giunge il suono lugubre luoghi gli uomini nuovi e le loro piccole cose: quel
delle campane. Un ciociaro, fischiando una canzone luogo è sacro, perché la dea Roma vi dorme. La pre-
triste, passa tra quelle rovine e non le degna di uno senta come una donna gigantesca distesa al suolo, tra
sguardo. Allora il poeta, sdegnato, va con il pensiero i sette colli.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 428
Commento 6. Anche in questa poesia la psicologia dei personag-
1. Le terme di Caracalla furono fatte costruire dal- gi è esteriore ed imprecisa. Il poeta non considera
l’imperatore Caracalla sul Piccolo Aventino nel 212- l’ovvia verità che la turista inglese cerchi notizie sulle
16. Sono grandiose e sorgono agli inizi della via Ap- terme perché non le ha mai viste; e che il ciociaro non
pia. Oggi sono divenute un museo all’aperto. le guardi perché le vede ogni giorno e perché è stanco
2. Carducci usa un linguaggio lento e solenne, capace dopo una lunga giornata di lavoro.
di evocare la grandezza del mondo romano. A questa 7. Ben più elevata risulta la poesia manzoniana di
grandezza contrappone la miseria del presente, che ha impegno civile (e religioso) e la capacità di Foscolo e
dimenticato tale passato e che si preoccupa dei picco- di Leopardi di far lievitare la materia poetica. Nel so-
li agi della vita quotidiana. Perciò egli dispera che la netto In morte del fratello Giovanni (1802-03) Fo-
dea Roma, che giace addormentata, si possa svegliare scolo spinge il lettore ad immedesimarsi nel suo
per riconquistare l’antica grandezza. dramma, nella tragedia del fratello suicida e della
3. Il poeta gioca sul facile contrasto fra la turista in- madre vecchia e sola. Negli idilli Leopardi invece co-
glese che cerca notizie sulle terme di Caracalla e il glie il dolore di tutti gli uomini ed anche di tutti gli
ciociaro che passa indifferente e non le degna di uno esseri viventi. Manzoni addirittura evita di fare poesia
sguardo. Anche in questa poesia ci sono facili contra- o prosa autobiografica, e in Marzo 1821 (1821, 1848)
sti di colori (i monti bianchi, le trecce cineree, i corvi invita a impugnare le armi per liberare l’Italia dagli
neri) e una esplicita accusa di colpe alla Chiesa: da oppressori. Carducci ottiene risultati poeticamente
san Giovanni in Laterano giunge il suono funereo modesti perché è preoccupato più della forma esterna
delle campane. che non del sentimento o dell’ideale profusi dentro i
4. Il poeta trasforma Roma in una grande donna gra- versi; e perché non riesce a universalizzare i suoi sen-
zie alla figura retorica della personificazione. La può timenti ed i suoi ideali, che restano chiusi, freddi,
così considerare addormentata. La fuga consolatoria egoistici.
nel passato non sembra però il modo migliore per 8. Si può opportunamente confrontare questa celebra-
cambiare la situazione difficile del presente. L’abuso zione esteriore ed enfatica del passato (che costituisce
delle figure retoriche caratterizza anche Il comune ru- una comoda fuga dalla realtà del presente) con la dia-
stico: prima di lasciare la Carnia, il poeta si rivolge ai lettica che Manzoni e Leopardi stabiliscono tra passa-
noci e li saluta. to e presente. Per Manzoni il passato è un modo effi-
5. Carducci se la prende con il contadino ciociaro, cace per mettere a fuoco i problemi del presente. Ciò
che avrebbe dimenticato il suo grande passato. Quin- vale sia per il polemico coro dell’atto III dell’Adelchi
di invoca la dea Febbre che tenga lontano da quei (gli italici si illudono se pensano che i franchi siano
luoghi “gli uomini novelli e lor picciole cose”. Vera- venuti a liberarli dai longobardi) sia per il romanzo
mente si può discutere se la pochezza del presente è storico (la morale delle ultime righe). Per Leopardi il
da imputare al contadino ciociaro che deve risolvere passato è memoria del passato storico e individuale; è
ogni giorno il problema della sopravvivenza o alla confronto e stimolo con il presente; è abbandono
speculazione edilizia, che aveva stravolto Firenze nei emotivo ed estatico a dolcissime sensazioni.
pochi anni in cui era stata capitale d’Italia e che ora 9. Della Roma papale e delle tremende condizioni
sta stravolgendo Roma. Il poeta non è né giusto né della plebe romana dà una sconvolgente rappresenta-
cortese a prendersela con il ciociaro e a augurargli la zione Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863) in oltre
malaria, se osava rimanere in quei luoghi: il poverac- 2.000 sonetti scritti sotto il governo pontificio. Ma la
cio aveva già abbastanza problemi da risolvere. Egli situazione non migliora affatto con i governi laici di
non se la prende invece con i veri responsabili della Destra e di Sinistra del nuovo Stato unitario che si in-
decadenza romana: proprio quella classe dirigente sediano dopo la presa della città (1870), che sventra-
inetta e nobiliare per la quale egli ha ormai deciso di no per farne la capitale del regno. E che hanno poca
cantare. Qui come altrove l’eloquenza delle parole voglia di fare la pace con il papa: la pace significhe-
serve a nascondere un ragionamento fragile o errato. rebbe la nascita di un partito cattolico che avrebbe la
5.1. Questo è quello che dice il testo. Tuttavia il poeta maggioranza assoluta nel parlamento e che perciò li
intendeva un’altra cosa e nel 1893, cinque anni dopo, annienterebbe. La pacificazione è fatta soltanto nel
precisa la corretta interpretazione e/o fa la rettifica: 1929 (59 anni dopo) con Benito Mussolini, che con i
non augura la malaria al contadino ciociaro, intende- Patti lateranensi cerca di accatitvarsi le simpatie dei
va prendersela con la speculazione edilizia. Chiuso cattolici. I laici hanno sempre una concezione perso-
nel suo mitico mondo romano o medioevale, di tanto nale di libertà o diritti politici: ce li hanno soltanto
in tanto guarda la realtà del suo tempo. In ogni caso loro, ma non gli avversari. Anche oggi è così.
la affronta con una cultura proveniente dal passato e ---I☺I---
legata al passato. Resta costantemente dissociato. Ben
altra cosa avevano saputo fare gli umanisti del sec.
XV. Il recupero della metrica latina nelle odi barbare
(1877, 1889) dimostra che non riesce o non vuol mai
cambiare atteggiamento verso la poesia e verso la vita
e la realtà.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 429
Nevicata, 1881 Nevicata
Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinereo: gridi, La neve fiocca lentamente nel cielo color cenere:
suoni di vita più non salgono da la città, le grida e i suoni di vita non si alzano più dalla città;
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro, non si sente il grido dell’erbaiola né quello
non d’amor la canzon ilare e di gioventù. della carrozza che corre, né la canzone d’amore,
piena di allegria e di giovinezza.
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì. Dalla torre della piazza le ore gemon roche
per l’aria, come sospiri d’un mondo lontano dal dì.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me. Uccelli raminghi picchiano sui vetri appannati: sono
gli spiriti [degli] amici [morti], che ritornano,
In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore – mi guardano e mi chiamano [fra loro].
giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
Tra poco, o miei cari, tra poco, e tu càlmati,
Riassunto. La neve cade lentamente su Bologna. Tutti o indomito cuore, verrò giù nel silenzio [della tomba]
i suoni cessano. Non si sente più il grido dell’erbi- e nell’ombra e riposerò.
vendola, né il rumore della carrozza, né la canzone
d’amore. La torre suona le ore che sembrano un ge-
mito. Uccelli raminghi battono ai vetri delle finestre: scana (1886). Anche qui il poeta professa un eroismo
sono gli spiriti degli amici morti, che ritornano e che solitario e individualista, di ascendenza romantica,
chiamano il poeta. Ed egli invita il suo cuore indomi- espresso con un linguaggio molto curato e classi-
to a calmarsi, perché andrà da loro, nel silenzio della cheggiante.
tomba, dove riposerà. 2. A Nevicata di Carducci si deve confrontare Orfano
(1891) di Pascoli. Le due poesie sono scritte a distan-
Commento za di poco più di 10 anni. Il confronto permette di co-
1. La poesia è scritta forse in occasione della morte di gliere l’enorme differenza di risultati poetici nei due
Lidia (1837-1881), soprannome dato a Carolina Cri- autori. Carducci lavora all’esterno dei versi e della
stofori Piva, la donna amata dal poeta. Della donna rima, per parlare alla ragione anche quando il conte-
però non si fa alcun cenno, sostituita dagli amici mor- nuto poetico è affettivo e sentimentale. Pascoli invece
ti. La poesia accentua quell’elemento di tedio, già lavora all’interno dei versi e delle rime, piegando al-
presente alla fine di San Martino (1883). Il cuore in- le sue intenzioni tutti i vari elementi per suggestiona-
domito e la sconfitta esistenziale richiamano un altro re il lettore e per parlargli non alla ragione ma all’in-
sonetto autobiografico, Traversando la Maremma to- conscio.
Dove e a che move questa, che affrettasi Dove e verso che cosa va questa gente
a’ carri foschi, ravvolta e tacita che si affretta verso le carrozze scure,
gente? a che ignoti dolori infagottata e silenziosa? A quali sconosciuti dolori
o tormenti di speme lontana? 12 o tormentate speranze lontane?
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera (=biglietto) Tu pur pensosa, o Lidia, porgi il biglietto
al secco taglio dài de la guardia, alla foratura secca del controllore,
e al tempo incalzante i begli anni e al tempo che incalza lasci la tua giovinezza,
dài, gl’istanti gioiti e i ricordi. 16 gli istanti di gioia e i ricordi.
Van lungo il nero convoglio e vengono Vanno e vengono lungo il nero convoglio
incappucciati di nero i vigili, con l’impermeabile scuro addosso i frenatori,
com’ombre; una fioca lanterna come ombre; hanno una fioca lanterna,
hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei 20 e mazze di ferro. E i freni di ferro
E gli sportelli sbattuti al chiudere E gli sportelli che sbattono alla chiusura
paion oltraggi: scherno par l’ultimo paiono offese: il segnale della partenza
appello che rapido suona: che suona rapido appare uno scherno:
grossa scroscia su’ vetri la pioggia. 28 la pioggia scroscia fitta sulle vetrate della stazione.
Già il mostro (=treno), conscio di sua metallica Già il mostro, conscio della sua anima
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei metallica, sbuffa, vibra, ansima, sbarra
occhi sbarra; immane pe ‘l buio i suoi occhi fiammeggianti; per il buio getta
gitta il fischio che sfida lo spazio. 32 il suo fischio altissimo che sfida lo spazio.
Va l’empio mostro; con traino orribile Va il mostro crudele; sbattendo le ali (=le porte)
sbattendo l’ale gli amor miei portasi. con un rumore orribile, si porta via il mio amore.
Ahi, la bianca faccia e ‘l bel velo Ahi, il suo viso pallido e il suo bel velo
salutando scompar ne la tenebra. 36 scompaiono nelle tenebre mentre saluta.
Meglio a chi ‘l senso smarrì de l’essere, È fortunato chi smarrì il senso della vita,
meglio quest’ombra, questa caligine: è preferibile quest’ombra, questa nebbia:
io voglio io voglio adagiarmi io voglio, io voglio adagiarmi
in un tedio che duri infinito. 60 in un tedio che duri per sempre.
Riassunto. Tra gli alberi del viale i lampioni avanza- emozioni per la partenza di Lidia (il ricordo bruciante
no lentamente. La locomotiva fischia in modo stridu- della giovinezza che passa, l’atmosfera buia e neb-
lo. Il cielo autunnale è plumbeo. Chissà dove va tutta biosa che si riflette nell’animo, un tedio infinito che
la gente! Lidia porge il biglietto al controllore, e la- avvolge tutte le cose e che non può essere allontanato
scia la sua giovinezza, i momenti di gioia e i ricordi da se stessi).
all’incalzare del tempo. I frenatori con una fioca lan- 3. La poesia è apparentemente semplice e discorsiva.
terna in mano vanno a controllare i freni del treno. In Dal punto di vista metrico è un’ode alcaica, che il
fondo all’anima risponde un’eco di doloroso tedio. Il poeta riproduce nel verso italiano con una combina-
rumore delle porte sbattute e il fischio della partenza zione di endecasillabi appunto “alcaici” (nei primi
sembrano un oltraggio. Il mostro sbuffa e ansima, due versi di ogni strofa, e composti con due quinari,
lanciando il suo fischio che sfida lo spazio, parte e di cui il primo ad accentuazione piana, il secondo
porta via con sé il suo amore. Il volto e il velo di lei sdrucciola), un novenario al terzo verso, un decasilla-
che saluta scompaiono nelle tenebre. Il suo viso dol- bo al quarto verso (e sempre accentato sulla terza, se-
ce, dagli occhi lucenti e sereni, è circondato da una sta e nona sillaba). Il linguaggio mescola termini dotti
marea di capelli ricciuti. L’aria era piena di vita e e termini quotidiani. Accidïosi è termine dotto e pe-
l’estate fremeva, quando gli sorrisero per la prima trarchesco, significa pigri. Tessera è un altro latini-
volta. E il sole di giugno baciava la morbida guancia smo: sta per biglietto. Tentati è un latinismo: significa
tra i capelli castani. Come un’aureola i suoi sogni più messi alla prova. Appello è un altro latinismo, vale
belli circondavano la sua persona gentile. Egli ora chiamata o segnale. Mostro è ancore un latinismo:
torna sotto la pioggia, in mezzo alla nebbia, e con es- significa essere eccezionale, che desta meraviglia”.
se vorrebbe confondersi. Barcolla come un ubriaco e Tedio è un altro latinismo: vale umor nero, melan-
si tocca, nel timore di essere un fantasma. Le foglie cholia, malinconia. Il simbolismo può passare inos-
cadono e continuano a cadere gelide e pesanti sulla servato a causa del carattere descrittivo della poesia,
sua anima. Egli pensa che ovunque e per sempre nel ma c’è ed è importante: il treno diventa il mostro del-
mondo sia novembre e soltanto novembre. Fu fortu- la mitologia, che rapisce la sua donna; la partenza
nato chi smarrì il senso della vita ed è preferibile que- della donna spegne i suoi impulsi vitali ed egli è co-
sta caligine (=nebbia): il poeta vuole adagiarsi in un stretto a controllare di non essere divenuto un fanta-
tedio che duri per sempre. sma. Il mondo interno del poeta, reso desolato dal te-
dio, è uguale al mondo esterno, dominato dalle tene-
Commento bre e dalla nebbia. Paradossalmente il linguaggio
1. Lidia è lo pseudonimo di Carolina Cristofori Piva dantesco di Tanto gentile e tanto onesta pare o quello
(1837-1881), la donna amata dal poeta, conosciuta di molti sonetti di Cecco Angiolieri è molto più vici-
nel 1871. Egli la accompagna alla stazione a prendere no al nostro linguaggio che quello contorto, letterario
il treno. Per lui il distacco è dolorosissimo. Gli sem- e latineggiante di Carducci.
bra che ovunque nel mondo sia novembre e soltanto 4. Nel verso finale Carducci appare accasciato e inca-
novembre, per sempre. Novembre è il mese delle pace di reagire virilmente a una semplice separazio-
nebbie e del freddo. ne. Non usa neanche le parole incoraggianti di pram-
2. La poesia fonde descrizione della partenza del tre- matica: un invito alla speranza o la programmazione
no (il treno che sbuffa, le varie operazioni del con- del prossimo incontro. Ma sì, ci rivedremo tra qual-
trollore e dei frenatori, il treno che fischia e parte) ed che settimana o qualche mese, al limite ci rivedremo
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lassù, in paradiso. Ed ha 40 anni. Malignamente si poeti dell’Ottocento: Foscolo, Manzoni, Leopardi, e
può commentare che aveva sempre la moglie di riser- poi Pascoli e D’Annunzio.
va. Dante o Manzoni hanno sempre separato la loro
vita privata dalla loro vita pubblica (o letteraria).
5. Il tedio finale si può intendere in vario modo: de-
pressione, insoddisfazione, malinconia, malumore,
mestizia, scoraggiamento, tetraggine, scontentezza,
spleen, struggimento, uggia, umor nero. Il poeta è in-
soddisfatto della vita che sta conducendo, ma non sa
che fare, anzi si lascia travolgere. Forse è vero o forse
è falso ciò che dice. Ad ogni modo il tema del tedio,
della malinconia, dello spleen, dell’umor nero è un
tema letterario, trattato da poeti contemporanei e an-
che da poeti del passato. Esso è imparentato pure con
l’accidia, la mancanza di volontà, di Francesco Pe-
trarca (1304-1374). La causa di questa angoscia esi-
stenziale è il distacco dalla sua donna. Il distacco lo
getta nella più cupa malinconia.
6. Il poeta riprende il taedium vitae latino e lo spleen
di Charles Baudelaire (I fiori del male, 1857, 1868) e
dei “poeti maledetti” sulla scia di Baudelaire. Il pre-
cedente storico e poetico però era stato Leopardi nel
Canto notturno di un pastore errante nell’Asia (1829-
30):
Al rio sottile, di tra vaghe brume, Il bove con i suoi grandi occhi guarda
guarda il bove, coi grandi occhi: nel piano il ruscello in mezzo alla nebbia. Nella pianura
che fugge, a un mare sempre più lontano che sfuma le acque azzurrognole del fiume
migrano l’acque d’un ceruleo fiume; scorrono verso il mare sempre più lontano.
ingigantisce agli occhi suoi, nel lume Ai suoi occhi il salice e l’ontano
pulverulento (=polverosa), il salice e l’ontano; diventano giganteschi nella luce polverosa.
svaria su l’erbe un gregge a mano a mano, Un gregge bruca lentamente l’erba.
e par la mandra dell’antico nume (=il dio Pan): e sembra la mandria dell’antico dio Pan.
ampie ali aprono imagini grifagne (=di grifoni) Uccelli dalle grandi ali diventano immagini
nell’aria; vanno tacite chimere (=animali leggendari), di grifoni nell’aria. Chimere silenziose,
simili a nubi, per il ciel profondo; simili a nubi, si muovono per il cielo profondo.
il sole immenso, dietro le montagne Il disco smisurato del sole scende dietro montagne
cala, altissime: crescono già, nere, altissime. Le ombre della sera si allungano
l’ombre più grandi d’un più grande mondo. nelle ombre di un mondo più grande (=quello
della notte e del mistero).
Commento
1. Pascoli vede la realtà con gli occhi deformanti del
bove (o bue). Le nebbie si alzano dal ruscello, nella
pianura il fiume scorre verso un mare sempre più lon-
tano, gli uccelli che volano in cielo diventano imma-
gini di grifoni, le chimere diventano simili alle nuvo-
le, un disco gigante del sole tramonta dietro le mon-
tagne e scendono le ombre della sera, che anticipano
quelle ben più profonde della notte e del mistero. Per
il poeta il mondo è avvolto dalle tenebre e la realtà è
misteriosa e sconosciuta. Anche la notte de Il gelso-
mino notturno è misteriosa.
2. L’atmosfera è decadente come in Novembre, Arano
e Lavandare. Diversi termini sono difficili o preziosi:
ceruleo (azzurrino), nume (divinità), immagini grifa-
ne (minacciose), chimere (animali leggendari). Per il
resto, come di consueto, il linguaggio è quello che
normalmente si parla. Il sonetto ha rime ABBA AB-
BA CDE CDE. Le rime non si percepiscono. Il sonet- 1. Una vacca di razza bruna al pascolo, sd.
to è un’unica proposizione di 14 versi, piena di incisi
e di enjambement.
3. L’ultimo verso ha valore analogico: indica le om- sicheggiante, letterario, Pascoli fa il contrario: usa un
bre dell’oscurità che avvolgono prima la realtà e poi linguaggio “basso”, “comico”, popolare, e addirittura
il mondo. Il mondo quindi è e resta sconosciuto. si immedesima nel bue: vede la realtà con gli occhi
L’idea si trova anche nell’ultima strofa di X agosto dell’animale. La distanza tra i due sonetti è di appena
(1896): otto anni.
5. L’attenzione di Carducci e Pascoli per il bove e per
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi la realtà contadina è comprensibile: deriva dal poeta
sereni, infinito, immortale, latino Publio Virgilio, e l’economia del tempo era
oh! d’un pianto di stelle lo inondi agricola. Gli agricoltori aravano i campi a ottobre,
quest’atomo opaco del Male. usando due o quattro buoi a seconda del terreno. Poi
seminavano. L’aratro era di ferro e non arava molto
4. Conviene confrontare Il bove (1890) di Pascoli con in profondità, un agricoltore guidava i buoi, l’altro
Il bove (1872) di Carducci. Il bove di Carducci è un teneva l’aratro.
animale da lavoro, contento di sopportare la fatica per 6. In Italia la meccanizzazione dell’agricoltura avvie-
l’uomo. Il bove di Pascoli guarda il ruscello, mentre ne soltanto dopo il 1950 e contemporaneamente vi è
sale la nebbia, il sole cala dietro le montagne e la na- il grande esodo dalle campagne: i braccianti e i picco-
tura entra nelle tenebre di un mondo più grande, quel- li latifondisti del Veneto come del meridione emigra-
lo della notte. E il poeta vede attraverso i suoi occhi. no nel triangolo industriale: Torino-Milano-Genova.
Carducci poi usa un linguaggio “alto”, difficile, clas- Nel 1958-61 è il boom economico.
Sempre un villaggio, sempre una campagna Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino: mi sorride al cuore (o piange), o Severino:
il paese ove, andando, ci accompagna il paese ove, andando, ci accompagna
l’azzurra visïon di San Marino: l’azzurra visione di San Marino (=monte Titano).
sempre mi torna al cuore il mio paese Sempre mi ritorna nel cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta, su cui regnarono i conti Guidi e i Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese, che fosti pure dominata dal Passator cortese
re della strada, re della foresta. (=Stefano Pelloni), re della strada, re della foresta.
oh! fossi io teco; e perderci nel verde, oh! fossi io con te; e potessimo perderci nel verde,
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie, e tra gli olmi, nido per le ghiandaie, potessimo
gettarci l’urlo che lungi si perde gettarci l’urlo che lontano si perde
dentro il meridïano ozio dell’aie; dentro la pausa di mezzogiorno delle aie,
mentre il villano pone dalle spalle mentre il contadino depone dalle spalle
gobbe la ronca e afferra la scodella, curve la ronca e afferra la scodella
e ‘l bue rumina nelle opache stalle e il bue rumina nelle stalle poco illuminate
la sua laborïosa lupinella. il foraggio che mastica a lungo.
Da’ borghi sparsi le campane in tanto Intanto dai borghi sparsi le campane
si rincorron coi lor gridi argentini: si rincorrono con i loro suoni argentini,
chiamano al rezzo, alla quiete, al santo chiamano all’ombra, alla quiete, alla tavola
desco fiorito d’occhi di bambini. benedetta, piena di occhi di bambini.
Già m’accoglieva in quelle ore bruciate In quelle ore calde, sotto un ombrello di rami,
sotto ombrello di trine una mimosa, mi accoglieva una mimosa,
che fiorìa la mia casa ai dì d’estate che copriva la mia casa di fiori nei giorni estivi
co’ suoi pennacchi di color di rosa; con i suoi pennacchi color di rosa.
Era il mio nido: dove, immobilmente, Quello era il mio nido, dove, restando fermo,
io galoppava con Guidon Selvaggio io galoppavo con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente e con Astolfo o mi vedevo davanti
l’imperatore nell’eremitaggio. l’imperatore Napoleone in esilio a Sant’Elena.
udia tra i fieni allora allor falciati udivo tra il fieno da poco falciato
de’ grilli il verso che perpetuo trema, il verso dei grilli che trema continuamente,
udiva dalle rane dei fossati udivo dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema. un lungo e interminabile poema.
Ma da quel nido, rondini tardive, Ma da quel nido (=casa), come rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero: migrammo tutti un giorno terribile (=il padre è
io, la mia patria or è dove si vive: ucciso): io, la mia patria, ora è dove si lavora,
gli altri son poco lungi; in cimitero. gli altri son poco lontano (=con me) e in cimitero.
Così più non verrò per la calura Così non verrò più per la calura
tra que’ tuoi polverosi biancospini, tra quei tuoi biancospini pieni di polvere,
ch’io non ritrovi nella mia verzura (=vegetazione) e non ritrovò nella mia verzura (=casa),
del cuculo ozïoso i piccolini, i pulcini del cuculo che non li vuol allevare,
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero. dimenticato, in mezzo al vapore leggero.
Il vento soffia e nevica la frasca, “Il vento soffia e la frasca lascia cadere le foglie,
e tu non torni ancora al tuo paese! e tu non ritorni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta! Quando tu partisti come sono rimasta!,
come l’aratro in mezzo alla maggese. come l’aratro in mezzo al campo lasciato incolto”.
Riassunto. Nel campo, arato per metà, resta un aratro, un’analisi, anche superficiale, ne mostra la comples-
che pare dimenticato. Dal fossato proviene il rumore sità e lo spessore poetico.
cadenzato delle lavandaie, che accompagnano il loro 3. Il passaggio dalla descrizione del paesaggio alle
lavoro con lunghe cantilene: “È giunto l’autunno e tu cantilene delle lavandaie è immediato e intuitivo. Il
non sei ancora tornato. Quando sei partito, sono rima- poeta non ricorre ai segni d’interpunzione perché
sta come quell’aratro in mezzo al campo lasciato in- vuole mantenere questa spontaneità del sentimento.
colto”. 4. Il linguaggio è semplicissimo: i termini sono quo-
tidiani e la sintassi è elementare. Esso però è arricchi-
Commento to da termini inconsueti come gora (=canale o fossato
1. “Nel campo mezzo grigio e mezzo nero” perché che spesso porta l’acqua ad un mulino) e lavandare
arato per metà. (=lavandaie).
2. Il poeta usa un linguaggio veristico per ottenere ri- 5. Il simbolismo tra l’aratro e la solitudine delle ra-
sultati anti-veristici: l’aratro abbandonato in mezzo al gazze è facile e motivato: il poeta lo fa diventare
campo diventa espressione e simbolo della solitudine “ovvio”. Ed è accompagnato da versi onomatopeici
delle lavandaie, cioè della controparte umana. L’ara- come l’intera seconda terzina. Non i termini, ma le
tro iniziale ritorna nell’ultimo verso e conclude il onomatopee esprimono il sentimento e le sensazioni
madrigale. L’aratro finale rimanda quindi all’aratro che il poeta vuole trasmettere.
iniziale, e dà luogo ad una struttura ciclica, che non è 6. Il tono (apparentemente) dimesso e popolareggian-
casuale, perché si trova anche in molte altre poesie. Il te del madrigale è espresso dalla rima popolareggian-
madrigale è quindi soltanto apparentemente facile: te per assonanza frasca/rimasta, con cui il poeta ri-
---I☺I--- produce le rime approssimative dei canti popolari.
---I☺I---
Gemmea l’aria, il sole così chiaro L’aria è limpida come una gemma, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, che tu cerchi [con gli occhi] gli albicocchi in fiore
e del prunalbo l’odorino amaro e il profumo amarognolo del biancospino
senti nel cuore... senti nel cuore...
Silenzio, intorno: solo, alle ventate, Da per tutto [è] silenzio: soltanto, ai colpi di vento,
odi lontano, da giardini ed orti, odi in lontananza, da giardini e da orti, le foglie
di foglie un cader fragile. È l’estate rinsecchite che cadono e si spezzano. È l’estate,
fredda, dei morti. fredda, dei morti (=l’11 novembre).
Al campo, dove roggio nel filare Nel campo, dove lungo il filare [di vigne] brilla
qualche pampano brilla, e dalle fratte qualche pampino di color rosso,
sembra la nebbia mattinal fumare, e [dove] dal terreno ricoperto di cespugli sembra che
la nebbia del mattino fumi, [i contadini]
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte arano: uno spinge le lente vacche con grida lente
le porche con sua marra paziente; [e monotone], un altro semina, un altro
rompe pazientemente le zolle con la sua zappa,
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro; perché il passero saputello è già felice in cuore
e il pettirosso: nelle siepi s’ode e spia tutto tra i rami spinosi del moro;
il suo sottil tintinno come d’oro. e anche il pettirosso: nelle siepi si ode il suo canto
tintinnante come il suono di una moneta d’oro.
Riassunto. Qualche pampino rosso brilla nel filare di 2. La poesia può essere facilmente confrontata con
viti e la nebbia del mattino si alza dal terreno ricoper- T’amo, pio bove (1872), pesante, faticosa e inverosi-
to di cespugli. I contadini sono occupati nell’aratura, mile di Carducci, che trasforma il muggito dell’ani-
nella sarchiatura e nella semina. Il passero, nascosto male in lieto inno. Il confronto è tutto a vantaggio di
tra i rami del moro, spia i loro movimenti, assaporan- Pascoli, che vede i contadini, vede gli uccellini in at-
do il momento in cui andrà a beccare le sementi. La tesa di andare a becchettare le sementi dalle zolle, ve-
stessa cosa fa il pettirosso in mezzo alla siepe, da do- de la siepe e sente i suoni.
ve fa sentire il suo canto melodioso. 3. In Italia i campi sono arati con i buoi o con le muc-
che fino al 1955 circa. Dagli anni Cinquanta avviene
Commento la meccanizzazione dell’agricoltura, la riduzione e la
1. Il poeta tratteggia il campo nella nebbia del matti- scomparsa dei braccianti, lo spostamento di mano
no; quindi descrive il lavoro dei contadini, intenti d’opera dalle regioni agricole alle regioni industria-
all’aratura e alla semina; infine si sofferma sul passe- lizzate del nord-ovest, quindi il boom (o miracolo)
ro e sul pettirosso, che aspettano il momento in cui economico (1958-63). In vent’anni (1945-70) da pae-
essi se ne vanno per andare a becchettare le sementi. se agricolo diventa paese industrializzato.
Il pettirosso fa sentire il suo canto, tintinnante come ---I☺I---
una moneta d’oro.
Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca, Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
senti: una zana dondola pian piano. Senti: una culla dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca, Un bimbo piange, con il piccolo dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano, una vecchia canta, tenendo il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino La vecchia canta: “Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino. ci sono rose e gigli, tutto un bel giardino”.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. Nel bel giardino il bimbo si addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
Riassunto. La neve cade fitta. In una casa un bambino visivamente e fonicamente la lentezza con cui cade la
piange. Una vecchia gli canta una ninna nanna per neve. Anche altre poesie di Pascoli hanno una struttu-
farlo addormentare: “Intorno al tuo lettino c’è un ra ciclica, che distruggono il tempo e che catturano il
giardino di rose e di gigli”. In questo giardino il bam- lettore dentro un universo da cui non può più uscire.
bino si addormenta, mentre la neve continua a cadere In Lavandare l’aratro dell’ultimo verso rimanda all’a-
lentamente. ratro del primo; la ripetizione è ribadita dai suoni
monotoni dei panni sbattuti e dalle lunghe cantilene
Commento delle lavandaie. Ne Il gelsomino notturno come ne La
1. Il titolo primitivo era Neve; soltanto in seguito il mia sera la ciclicità è sostituita da un’altra struttura:
poeta lo sostituisce con Orfano, un titolo meno felice, due serie di fatti paralleli che alla fine convergono.
perché appesantisce la poesia con un significato sim- Nella prima poesia la vita della natura e la vita degli
bolico e lacrimoso. La composizione è un rispetto, sposi procedono parallelamente. Alla fine le due serie
molto usato nella poesia toscana dei primi secoli. Lo di fatti convergono nell’”urna molle e segreta”, sia
schema metrico è ABAB CCDD. Le rime però, come dei fiori sia della donna, che è fecondata. Ne La mia
altrove, non si sentono, “schiacciate” dai suoni, dalle sera la vita del poeta sconvolta dal dolore è parallela
immagini e dalle figure retoriche. C’è una corrispon- al giorno sconvolto dal temporale. Alla fine la sera
denza tra la ninna nanna cantata dalla vecchia e la tranquilla del giorno rimanda alla sera tranquilla della
stessa poesia: anche quest’ultima può essere conside- vita del poeta. Ma questa sera della maturità fa andare
rata una ninna nanna. Orfano ripete la stessa struttura il poeta con il pensiero a quand’era bambino e si ad-
di Lavandare: la ninna nanna della vecchia corri- dormentava accudito e circondato dall’affetto della
sponde alla cantilena delle lavandaie. È il principio madre. Anche gli architetti medioevali conoscevano
della matrioska, che è applicato anche in numerose gli effetti suggestivi ed ipnotici delle strutture cicliche
altre composizioni. o circolari: i rosoni elaborati delle facciate delle cat-
2. Il linguaggio è semplicissimo: i due protagonisti tedrali lo testimoniano.
sono un bimbo e una vecchia. La vecchia si rivolge al 4. Il poeta costruisce un contrasto tra la neve che cade
bambino usando una sintassi elementare, che con la senza fine fuori della casa nel buio della notte e la vi-
sua monotonia di suoni deve far addormentare il ta dentro la casa. Qui un bambino piange. I genitori
bambino. Si passa in modo spontaneo dal discorso non ci sono. La vecchia cerca di farlo addormentare
impersonale del narratore alla ninna nanna (non se- cantando una ninna nanna. Il bambino è solo e indife-
gnata dalle virgolette) della vecchia. Ci sono termini so, ha bisogno di affetto, di calore e di protezione, ma
(zana=culla) e sintassi popolari (“c’è rose e gigli, tut- può ricevere soltanto le cure della nonna. Il termine
to un bel giardino”). Compaiono però anche due ac- vecchia però dà l’idea di una distanza temporale ed
cusativi alla greca: il picciol dito in bocca, il mento affettiva – di una solitudine esistenziale – insuperabi-
sulla mano. Essi si confondono con il linguaggio le tra la nonna ed il bambino.
semplice e popolare, però mostrano che la spontanei- 5. Anche qui, seppure in modo sfumato, c’è il freddo
tà della poesia è soltanto apparente: essa è il risultato della neve fuori della casa e, forse, il caldo o almeno
di una profonda conoscenza del linguaggio e delle il tepore dentro la casa. La casa però non sembra mol-
sue possibilità espressive. I termini, i versi, le rime, i to riscaldata, né dal caldo fisico, né dal calore affetti-
linguaggi settoriali, le immagini si lasciano plasmare vo. La vecchia non può dare al bambino quel calore
dalle mani del poeta senza opporre alcuna resistenza. che soltanto i genitori possono dare.
3. Il primo verso è concluso dall’ultimo, che rimanda 6. La solitudine di questa casa ricorda la solitudine
al primo: la poesia appare ciclica, fuori del tempo e dei due sposi de Il gelsomino notturno. Per il poeta
dello spazio. L’unica differenza è che il primo verso esiste soltanto la casa-nido che protegge i suoi abitan-
ripete tre volte il termine fiocca, l’ultimo verso ripete ti dalle aggressioni esterne. La casa però è solitaria,
invece, sempre per tre volte, il termine lenta. Come in non riesce a stabilire rapporti positivi con le altre case
altre poesie, la fine si ricollega all’inizio, ed il ciclo si e con gli altri “nidi”. Il poeta (e, simbolicamente, la
ripete. La ripetizione dei termini ha però anche una casa) è solo, non a combattere, ma a difendersi contro
funzione ipnotica e onomatopeica: serve a riprodurre il mondo esterno. La casa diventa rifugio, stretto e
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soffocante, di chi ha paura del confronto, della lotta, che ricopre la città, si lascia distrarre dalle cose (l’er-
della vita. La stessa ideologia si trova ne La siepe dei bivendola, la carrozza, la canzone ilare), dai pensieri
Poemetti, che serve a delimitare e a difendere il cam- (i passeri diventano gli amici che ritornano dal sepol-
po del contadino dai vicini. cro a chiamarlo tra loro) e dai suoi sentimenti (la lotta
7. La poesia è soltanto in apparenza spontanea ed indomabile, l’abbattimento esistenziale, la sconfitta).
immediata: rivela un’elaborazione letteraria invisibile Pascoli evita le descrizioni razionali e trasforma i
ma raffinatissima ed espertissima. Oltre a ciò essa suoni, i versi, le ripetizioni e le immagini in strumenti
trasmette, non alla ragione, ma all’inconscio una serie capaci di superare le barriere e le difese della ragione
di valori e di ideali che è opportuno portare alla luce e di penetrare oltre la coscienza, nell’inconscio del
ed esaminare criticamente, per evitare di assumerli lettore. Carducci si concentra sul mondo esterno o
come validi, oggettivi ed universali a causa del potere sulla sua angoscia. Pascoli invece scompare, e risuc-
ipnotico e persuasivo dei versi. chia tutta la realtà dentro la casa circondata dal freddo
8. Si può confrontare Orfano con Nevicata (1881) di e dalla neve, dove una vecchia culla un bambino che
Carducci. La differenza tra i due autori è abissale: il piange. Il lettore dimentica tutto, sente il freddo della
metro barbaro, tutto esteriore, di Carducci non può notte, allunga la mano per proteggere e per consolare
stare alla pari con il metro recuperato da Pascoli nella il bambino, che ha bisogno di aiuto. E chi è così sen-
nostra tradizione letteraria. Carducci descrive la neve za cuore da non aiutare un bambino? Il poeta manipo-
---I☺I--- la i sentimenti e le emozioni del suo lettore.
---I☺I---
Patria, 1894
Patria
Sogno d’un dì d’estate.
Sogno un giorno d’estate [della mia infanzia].
Quanto scampanellare
tremulo di cicale! Quanto scampanellare
Stridule pel filare di cicale che friniscono!
moveva il maestrale Lungo il filare
le foglie accartocciate. il vento [freddo] di maestrale
sollevava le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose: Il sole scendeva tra gli olmi
erano in ciel due sole in fasce polverose.
nuvole, tenui, rose: In cielo erano soltanto
due bianche spennellate due nuvole, sfilacciate,
in tutto il ciel turchino. che sembravano due bianche spennellate
in tutto il cielo turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice, [Si vedevano] siepi di melograno,
il palpito lontano cespugli di tamerici,
d’una trebbïatrice, in lontananza [si sentiva] il rumore
l’angelus argentino... regolare e monotono di una trebbiatrice,
l’Angelus suonato dalle campane...
Dov’ero? Le campane
mi dissero dov’ero, Dov’ero? Le campane
piangendo, mentre un cane mi dissero dov’ero,
latrava al forestiero, piangendo, mentre un cane
che andava a capo chino. latrava contro il forestiero,
che andava a capo chino.
Riassunto. Il poeta sogna la sua fanciullezza felice: il mette in contrasto la fanciullezza felice e spensierata
frinire delle cicale, le foglie accartocciate, il cielo tur- con la situazione di spaesamento del presente: quel
chino, il paesaggio pieno di vita. Ma il suono delle mondo non appartiene più al poeta, gli è divenuto
campane lo riporta alla realtà, al presente, comple- estraneo. Egli non ha più patria.
tamente diverso. Quel mondo non gli appartiene più 2. La poesia non è descrittiva: ci sono molte ellissi
ed egli non appartiene più a quel mondo. È divenuto del verbo. È evocativa. Ottiene questo effetto median-
un estraneo: il cane latra al forestiero. A lui. te una continua onomatopea: le foglie accartocciate
danno l’idea visiva di come sono; l’aggettivo stridulo
Commento dà ancora l’idea del crepitìo che esse fanno accartoc-
1. Il riassunto non rende il simbolismo della poesia, ciandosi.
che perciò va esplicitato. La poesia è autobiografica e
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3. La campana toglie il poeta dal sogno e lo riporta Riassunto. In lontananza si sente il rumore del tuono.
alla realtà. La campana compare anche in altre poesie Il cielo verso il mare è rosso fuoco, verso la monta-
proprio per il suo suono. La poesia pascoliana è una gna è tutto nero. C’è qualche nuvola bianca. In mezzo
poesia di suoni, di colori, di odori, di percezioni, di al nero appare una casa che sembra l’ala di un gab-
ricordi, di emozioni. Il suono delle campane si inse- biano.
risce in questa strategia, ma svolge anche funzioni più
complesse. In questo caso è il ricordo piacevole Commento
dell’Angelus (il suono delle campane del sogno), la 1. Il riassunto è la stessa poesia, che è costruita sui
causa del risveglio (il suono delle campane del pre- suoni e sui colori ed anche su un pacato simbolismo:
sente) e la causa della scoperta della propria condi- il cielo, il mare, la terra e il fuoco. Sembra di assistere
zione esistenziale caratterizzata dallo spaesamento. ai primi momenti del temporale. La dimensione pro-
4. La patria di Pascoli non è la patria ideale e roman- fonda della poesia è il suo carattere di continua ono-
tica di Foscolo, l’Ellade (A Zacinto), né quella civile matopea.
di Manzoni (Marzo 1821: “una d’arme di lingua 2. La bubbola è un uccello che ha ricevuto il nome
d’altare, Di memorie, di sangue, di cor”). È la patria dal verso onomatopeico - bu, bu, bu - che fa. Il poeta
intima, la patria personale, la sua patria. È la fami- costruisce un neologismo capace di indicare il rumore
glia, la sua famiglia, che è stata colpita e dispersa dal- che fa il temporale quando è ancora lontano.
la durezza della vita. Altrove è La mia sera. È la sua 3. La poesia, come tante altre, non è certamente un
casa, il suo nido, da cui è stato costretto ad andarsene. capolavoro di bellezza ma di bravura.
Nella Cavallina storna egli dice: “Or la patria è dove ---I☺I---
si vive, Gli altri poco lungi (=lontani), in cimitero”.
5. L’autobiografismo di Pascoli non è spontaneo co- Il lampo, 1896
me si potrebbe credere. È coscientemente e razional-
mente cercato e trasformato in poesia. Ma ugualmen- E cielo e terra si mostrò qual era:
te con la ragione si può notare che egli evade il pre- la terra ansante, livida, in sussulto;
sente per rifugiarsi nel passato, in una mitica età il cielo ingombro, tragico, disfatto:
dell’oro che sarebbe la sua fanciullezza. Esisteva però bianca bianca nel tacito tumulto
anche un’altra possibilità: abbandonare questo atteg- una casa apparì sparì d’un tratto;
giamento difensivo e rinunciatario e con la virtus co- come un occhio, che, largo, esterrefatto,
struire nel presente e nel futuro altri rapporti, altri s’apri si chiuse, nella notte nera.
motivi di vita, un altro nido, un’altra casa, un’altra
famiglia. Egli ha fatto la sua scelta affettiva e razio- Il lampo
nale, anche se dalla cultura classica Orazio Flacco gli
diceva che il tempo abbellisce ed ingrandisce il pas- Il cielo e la terra si mostrarono come erano:
sato e che in futuro Et haec olim meminisse iuvabit la terra tutta ansante, livida, presa da un sussulto.
(“Ci farà piacere ricordare anche questi dolori”). Il cielo ingombro [di nuvoloni], sconvolto, disfatto.
---I☺I--- In questo silenzioso tumulto celeste una casa
tutta bianca apparì e sparì ad un tratto.
Temporale, 1894 Era come un occhio che, tutto aperto e stupefatto,
si aprì e poi si chiuse nella notte nera.
Un bubbolìo lontano…
Riassunto. Il cielo e la terra si mostrarono per quel
Rosseggia l’orizzonte, che erano. Il cielo era ingombro di nuvoloni in conti-
come affocato, a mare: nuo movimento. sulla terra una casa tutta bianca ap-
nero di pece, a monte, parì e sparì in un momento. Sembrava un occhio
stracci di nubi chiare: aperto, stupefatto, che si chiudeva nella notte nera.
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano. Commento
1. Come nella precedente, il riassunto è la stessa poe-
Temporale sia, che è costruita sui suoni e sui colori ed anche su
un pacato simbolismo: il cielo, e la terra. Il lampo
Un bubbolìo lontano... mostra per un momento la casa, l’unico elemento che
si collega alla vita dell’uomo. La dimensione profon-
L’orizzonte è tutto rosso, da della poesia è il suo carattere di continua onoma-
verso il mare [il cielo] è tutto di fuoco. topea.
Verso la montagna è invece nero come la pece, 2. La casa, che indica la presenza umana, sembra un
ed qualche nuvola bianca tutta sfilacciata. grande occhio sgranato che guarda la natura o, me-
In mezzo al nero appare un casolare. glio, il cielo sconvolto dai venti che fanno correre e
Sembra l’ala di un gabbiano. turbinare le nuvole con estrema velocità.
---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 446
X Agosto, 1896 X Agosto
Ora è là, come in croce, che tende Ora è là, come in croce,
quel verme a quel cielo lontano; che tende quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende, e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano. che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido: Anche un uomo ritornava al suo nido.
l’uccisero: disse: Perdono; L’uccisero. Disse: “Perdono”.
e restò negli aperti occhi un grido: E restò nei suoi occhi aperti un grido:
portava due bambole in dono. portava due bambole in dono...
Ora là, nella casa romita, Ora là nella casa solitaria lo aspettano,
lo aspettano, aspettano in vano: lo aspettano invano.
egli immobile, attonito, addita Egli immobile, stupefatto, addìta
le bambole al cielo lontano. le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi E tu, o Cielo, dall’alto dei mondi (=le stelle) sereni,
sereni, infinito, immortale, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi oh!, con un pianto di stelle la inondi,
quest’atomo opaco del Male! questa Terra piccola e oscura, dominata dal Male.
Riassunto. Il poeta sa perché nella notte di san Loren- 3. Per il poeta il Cielo piange per il dolore degli uo-
zo cadono le stelle. Una rondine ritornava al nido con mini, ma non fa niente per eliminarlo o almeno per
un insetto nel becco. La uccisero. I rondinini aspetta- alleviarlo. Ben inteso, nella sua visione della vita il
no invano. Anche un uomo ritornava a casa con due dolore non ha alcun senso, è commesso soltanto da
bambole. Lo uccisero. Perdonò i suoi assassini. Nella uomini malvagi. L’oscurità non è più l’oscurità della
casa lo aspettano invano. Perciò il Cielo riversa il “selva oscura” (If I, 2) e del peccato, è l’oscurità in-
pianto delle stelle cadenti sulla Terra, oscurata dalla comprensibile del Male. Una divinità.
malvagità degli uomini. 4. Anche in questa poesia la natura è strettamente le-
gata, anzi riflette l’animo del poeta. La pioggia di
Commento stelle cessa immediatamente di essere un fatto fisico,
1. “Il Male” dell’ultimo verso è la malvagità degli astronomico, per divenire l’immagine, l’analogia, il
uomini. A dire il vero, non occorre scomodare alcun simbolo dell’animo del poeta.
Male metafisico. Basta pensare che l’assassino del 5. Anche qui il poeta pensa con nostalgia alla vita
padre ha ucciso per i suoi interessi, nobili o ignobili tranquilla che conduceva nel suo nido, in famiglia,
che fossero. Magari per dar da mangiare ai suoi figli. con i suoi genitori, prima che l’uccisione del padre
2. La poesia ha la strofa iniziale e quella finale dedi- desse inizio a tutte le altre disgrazie. Il perdono cri-
cata al cielo, le quattro strofe centrali dedicate alla stiano del padre ai suoi assassini è seguito però da un
rondine (due) e all’uomo (due). Le quattro strofe cen- atteggiamento di perplessità verso il Cielo (Dio do-
trali sono poi simmetriche. Addirittura la rondine sta v’è?), che non fa niente, che lascia impuniti gli assas-
tornando a casa, l’uomo sta tornando al nido. Esse si sini, lascia una famiglia nel dolore e permette altre
fondono intimamente. La domanda iniziale trova ri- disgrazie. La fede del poeta è tiepida. Vorrebbe eli-
sposta poi nella quartina finale, che perciò rimanda minare il dolore, non pensa nemmeno che possa avere
alla quartina iniziale: la poesia ha quindi, come altre, una giustificazione. Dante o Manzoni ritenevano in-
una struttura ciclica. Nella quartina finale c’è poi un vece che il dolore c’è, ed è anche sgradevole, ma non
contrasto: il Cielo, cioè la volta celeste, che è sereno, possiamo capire tutti i disegni di Dio e perciò lo dob-
infinito, immortale, si contrappone alla Terra, che è biamo accettare. Prima di loro Francesco d’Assisi nel
piccola e che, soprattutto, è oscurata non dal peccato, Cantico delle creature diceva che dobbiamo accettare
ma dal Male, cioè dalla malvagità degli uomini. anche le malattie, le sofferenze e le offese, per amor
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 447
di Dio; e nei Fioretti diceva che la perfetta letizia Ferruccio, il piccolo protagonista del racconto, è solo
consiste nel sentirsi contenti soltanto quando si è col- in casa con la nonna. Arrivano due briganti per ruba-
piti dalle sofferenze e dalle malattie. Anche Jacopone re, li costringono a dire dove è il denaro. Mentre se ne
da Todi avrebbe visto positivamente le disgrazie: esse vanno, a uno dei due cade il fazzoletto che gli na-
erano un segno di preferenza, che Dio accordava. E scondeva il viso. La nonna lo riconosce. Egli si preci-
comunque servivano per espiare i peccati propri e al- pita su di lei per accoltellarla, ma il ragazzino la di-
trui. fende con il suo corpo, si prende la coltellata e poco
6. Si può confrontare X agosto (1896) con Edmondo dopo muore. Tuttavia, prima di morire, le chiede per-
De Amicis (1846-1908), Cuore (1886), racconto dono per tutte le volte che l’ha fatta arrabbiare.
mensile, marzo: Sangue romagnolo. È mezzanotte. ---I☺I---
---I☺I---
I. Siepe del mio campetto, utile e pia, 1. O siepe del mio piccolo campo, utile e pia,
che al campo sei come l’anello (=nuziale) al dito, che stai al campo come l’anello nuziale sta al dito,
che dice mia la donna che fu mia che dice mia la donna che fu mia
(ch’io pur ti sono florido marito, (anch’io ti sono marito soddisfatto,
o bruna terra ubbidïente, che ami bruna terra che obbedisci, che ami
chi ti piagò col vomero brunito...); chi ti ferì con l’aratro bruno...).
siepe che il passo chiudi co’ tuoi rami O siepe, che con i tuoi rami aggrovigliati
irsuti (=spinosi) al ladro dormi ‘l-dì; ma dài impedisci di passare al ladro che dorme di giorno;
ricetto ai nidi e pascolo a gli sciami; ma dai riparo ai nidi e pascolo agli sciami di api.
siepe che rinforzai, che ripiantai, O siepe che rinforzai, che piantai più volte,
quando crebbe famiglia, a mano a mano, quando crebbe la mia famiglia, di volta in volta,
più lieto sempre e non più ricco mai; sempre più lieto, ma mai più ricco.
d’albaspina, marruche e melograno, [o siepe] di biancospino, marruche ei melograno,
tra cui la madreselva (=caprifoglio) odorerà; tra i i quali il caprifoglio manderà il suo profumo,
io per te vivo libero e sovrano, io per merito tuo vivo come un sovrano,
verde muraglia della mia città. o verde muraglia della mia città.
II. Oh! Tu sei buona! Ha sete il passeggero; 2. Oh! Tu sei buona! Il passeggero ha sete,
e tu cedi i tuoi chicchi (=bacche) alla sua sete, e tu cedi le tue bacche alla sete,
ma salvi il frutto pendulo del pero. ma salvi il frutto che pende dal pero.
Nulla fornisci alle anfore segrete Non fornisci nulla alle anfore segrete
della massaia: ma per te, felice della massaia, ma grazie a te ella è felice
ella i ciliegi popolosi miete. quando miete i ciliegi pieni di frutti.
Nulla tu rendi; ma la vite dice; Tu non dai nulla; ma la vite,
quando la poto all’orlo della strada, quando la poto sul ciglio della strada,
che si sente il cucùlo alla pendice, dice che si sente il cuculo in mezzo ai tuoi rami.
dice: “Il padre tu sei che, se t’aggrada, Dice: “Tu sei il padre che, se ti fa piacere,
sì mi correggi e guidi per il pioppo; mi raddrizzi e mi guidi lungo il [tronco del] pioppo.
ma la siepe è la madre che mi bada”. Ma la siepe è la madre che mi protegge”.
“Per lei vino ho nel tino, olio nel coppo (=orcio)” “Per merito suo ho il vino nel tino, l’olio
rispondo. I galli plaudono dall’aia; nell’anfora” rispondo. I galli applaudono dall’aia,
e lieto il cane, che non è di troppo, ed è il cane, che non è di troppo,
ch’è la tua voce, o muta siepe, abbaia. o siepe silenziosa, ed è la tua voce, abbaia lieto.
III. E tu pur, siepe, immobile al confine, 3. E tu pure, o siepe, immobile al confine, tu parli.
tu parli; breve parli tu, ché, fuori, Tu dici poche parole, perché all’esterno mostri
dici un divieto acuto come spine; un divieto [di entrare] che è acuto come le spine.
dentro, un assenso bello come fiori; Invece dentro è un consenso bello come i fiori.
siepe forte ad altrui, siepe a me pia, siepe, tu sei robusta per gli altri (=gli estranei);
come la fede che donai con gli ori (=di famiglia), invece per me sei pia come la fede che ho donato
che dice mia la donna che fu mia. con i gioielli, che dici mia la donna che fu mia.
Riassunto. Il poeta elogia la siepe, che tiene lontani 2. Il linguaggio adoperato è talmente semplice e tal-
dalla casa gli estranei e che protegge lui e la sua fa- mente quotidiano, che spesso non ha bisogno di esse-
miglia, in continua crescita. Essa non produce niente, re tradotto. Un termine inconsueto può essere pio, ri-
ma dà riparo agli uccellini e polline alle api. Dà un ferito alla siepe. La siepe svolge una funzione pia,
sostegno alla vite, che produce vino e protegge il pietosa, religiosa, difende la casa. Il termine però im-
tronco dei peri e dei ciliegi. plica anche la religione della casa, la religione del
nido, del proprio nucleo familiare. Molti altri termini
Commento sono presi dal linguaggio botanico.
1. Il poeta canta con un linguaggio piano e quotidiano 3. La poesia rimanda inevitabilmente a Giacomo
la siepe, che costituisce una barriera che lo difende Leopardi, L’infinito (1819). Il rimando è anche pole-
dal mondo esterno e dalle sue interferenze. Eppure mico: il poeta è quasi sciatto e non impreziosisce mai
essa svolge anche altre funzioni: dà riparo agli uccel- il testo. La sciattezza è apparente: il verso è costituito
li, fornisce cibo alle api, permette al pero e al ciliegio da terzine dantesche, di cui la rima è impercettibile.
di fruttificare in piena sicurezza. La vita che egli con- Egli vuole continuare con la poesia umile delle Myri-
duce non sarà eccezionale, ma egli è felice e si sente cae, senza colpi d’ala. Se Leopardi voleva essere
come un re in trono. l’eroe, Pascoli vuole essere l’antieroe. Se Leopardi
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 449
pensava a sterminati spazi e a sovrumani silenzi, Pa- celerati il settore dell’industria, che i campi si spopo-
scoli pensa allo spazio ristretto e limitato dalla siepe, lavano e che le fabbriche del nord-ovest si riempiva-
entro il quale vive felicemente, senza grilli per la te- no di operai. I sedicenti rivoluzionari erano legati al
sta e senza tante pretese, il contadino, che è tutto de- passato e all’economia agricola del passato. E, anche
dito alla moglie, alla casa e alla famiglia. se la rivoluzione industriale era iniziata intorno al
4. Si può pensare che gli orizzonti del poeta siano ri- 1770 in Inghilterra, non avevano alcuna idea del pre-
stretti e meschini come il perimetro della casa e della sente né, tanto meno, del futuro.
siepe. E che abbia tirato i remi in barca fin dalla fan- 5. Vale la pena di ricordare che il tempo agricolo è
ciullezza. Si può pensare quel che si vuole, anche di- ciclico: le quattro stagioni si ripetono, anno dopo an-
sprezzarlo e accusarlo di professare ideali piccolo- no. La vita è fuori del tempo e i cambiamenti sono
borghesi e reazionari. Tuttavia non si deve dimentica- lievi e di poco conto. E i pensieri e le preoccupazioni
re la sua vita colpita da disgrazie, né che i valori sono dell’agricoltore non vanno al di là dei raccolti dello
arbitrari, né che condivideva i valori agricoli di Pu- stesso anno. Bisogna però anche aggiungere che la
blio Virgilio Marone (70-19 a.C.), né che ha scritto vita era dura, che i raccolti erano scarsi e sempre a
anche i Poemi conviviali, riuscendo a far rivivere il rischio e che non esistevano alternative. La situazione
mito di Ulisse, di Alessandro ecc. E poi le critiche cambia soltanto con i concimi chimici e con la mec-
provengono da intellettuali, che non hanno mai cono- canizzazione dell’agricoltura (1950-70). –
sciuto la campagna, la vita in campagna, la casa in --I☺I---
campagna, circondata dai campi, che si lavoravano
con i buoi o con le vacche e dagli anni Cinquanta con I Canti di Castelvecchio, 1912
mezzi meccanici. Anche durante il boom economico
(1958-61), quindi 60 anni dopo la poesia, i partiti di I Canti di Castelvecchio (1903, 1912) costituiscono la
Sinistra chiedevano l’esproprio dei latifondi per i loro prosecuzione di Myricae. Il poeta sviluppa i grandi
iscritti, che facevano i braccianti, cioè che disponeva- temi dell’amore e della morte, e li esprime attraverso
no soltanto di due braccia e di una zappa. Non si era- i suoni della natura. L’opera è dedicata alla madre.
no ancora accorti che si stava sviluppando a ritmi ac-
Dai calici aperti si esala Dai calici aperti [dei fiori] fuoriesce
l’odore di fragole rosse. l’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala. Un lume risplende là, nella sala [della casa].
Nasce l’erba sopra le fosse. L’erba nasce sopra le fosse [dei defunti].
Per tutta la notte s’esala Per tutta la notte fuoriesce [dalle corolle dei fiori]
l’odore che passa col vento. il profumo che è portato via dal vento.
Passa il lume su per la scala; Il lume passa [dalla sala] su per la scala,
brilla al primo piano: s’è spento... brilla al primo piano, e poi si spegne...
Riassunto. Ormai è sera. I fiori della notte si aprono e 2. L’ape tardiva è lo stesso poeta, che ha avuto una
ritornano le farfalle del crepuscolo, mentre il poeta infanzia piena di lutti e priva d’affetti. La Chioccetta
pensa ai suoi cari defunti. Tutto è silenzio. In una ca- (nome contadino della costellazione delle Pleiadi) dà
sa un lume è ancora acceso. Un’ape cerca di entrare luogo ad un concettismo barocco: va per l’aia azzurra
nell’alveare, ma trova tutte le celle occupate. Il lume (=la volta celeste) seguita dal suo pigolio di stelle,
sale su per la scala, brilla al primo piano, poi si spe- cioè dalle stelle gialle il cui brillio oscillante ricorda il
gne. Ormai è giunta l’alba: i fiori un po’ gualciti si pigolio dei pulcini, ugualmente gialli e sempre in
richiudono; dentro un’urna molle e segreta nasce una movimento. Il parallelismo è perfetto.
nuova felicità. 3. Il poeta canta la notte, che percepisce come luogo
in cui si manifesta una vita diversa da quella del gior-
Commento no, ma altrettanto intensa e varia. Nel mistero dell’o-
1. La poesia è dedicata all’amico Gabriele Briganti in scurità si sviluppano in parallelo due ordini di eventi,
occasione del matrimonio. Pascoli ha così l’occasione quelli naturali e quelli umani, che poi si riuniscono
di parlare della sua vita, rivolta al ricordo dei suoi nell’ultima strofa. La vita che si svolge nella casa è il
morti. Egli la contrappone alla vita, piena di gioia e di corrispettivo della vita delle piante e degli animali. La
speranze, che si apre davanti all’amico. Il poeta però conclusione è la stessa: nell’urna-ovario del fiore,
radica nel mistero della notte il concepimento di una come nell’urna-grembo della donna sorge una nuova
nuova vita e attribuisce una dimensione di violenza e inesprimibile felicità, cioè una nuova vita. Alle due
anche all’atto amoroso dell’uomo verso la donna. La urne si affianca però una terza urna, l’urna cineraria.
poesia si basa sul contrasto tra vita e morte. Il contra- Per il poeta vita e morte non si contrappongono, né
sto però non è assoluto: l’erba nasce sopra le fosse, hanno confini ben definiti: “Nasce l’erba sopra le fos-
quindi la morte genera nuova vita; e l’amore può far se” (v. 12).
nascere una nuova vita. Un ulteriore motivo di con- 4. L’urna molle e segreta è un termine poli-signi-
trasto è tra la fiducia nel futuro dei due sposi, che ficante: è l’ovario del fiore; il grembo della donna;
concepiscono una nuova vita, e l’atteggiamento ri- l’urna cineraria. Vita e morte non sono quindi né
nunciatario e rivolto al passato del poeta, che pensa ai contrapposte, né ben definite, né divise. Anche in
suoi defunti. questo caso il poeta rifiuta le certezze rigide e dogma-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 451
tiche della scienza e della ragione, e propone una
compenetrazione o una fusione degli opposti. Anche
qui recupera il concettismo barocco. Come il Barocco
anche il poeta usa l’analogia per studiare la realtà e
trovare aspetti simili sorprendenti in aree della realtà
molto lontane tra loro. Il recupero della poetica se-
centesca è sistematico: si trova anche in La mia sera.
5. Come in Myricae, la poesia è piena di colori, odori,
suoni, contrasti, onomatopee, sinestesie (il pigolio di
stelle). Il linguaggio è semplice, lineare, quotidiano,
popolare (la Chioccetta). Il periodo è privo di su-
bordinate. Le figure retoriche sono numerose e inten-
se. Il simbolismo (l’ape è il poeta rimasto escluso da-
gli affetti) è immediato e non pesante. Alcune meto-
nìmie sono straordinarie: “Sotto l’ali dormono i nidi,
Come gli occhi sotto le ciglia” (la metonìmia è arric-
chita da una similitudine).
6. Il piccolo io di Pascoli diventa misero davanti
all’io titanico dei romantici. Ben altra cosa sono la
“corrispondenza d’amorosi sensi” che per Foscolo
lega i vivi ai morti o lo stimolo, sempre foscoliano,
che le tombe dei grandi del passato hanno nello spin-
gere l’animo forte a compiere grandi imprese. Dalle
tombe dei suoi cari il poeta non trova conforto ed in-
citamento per affrontare virilmente la sua vita pubbli-
ca e privata; egli ripiega sul passato, su quel momen-
to cruciale in cui la morte del padre ha bloccato per
sempre la sua vita, gli ha tolto l’affetto che si sentiva
in diritto di avere, gli ha fatto conoscere le ingiustizie
del mondo verso di lui (egli non pensa mai alle ingiu-
stizie che il mondo ha riservato agli altri individui).
Riassunto. Il poeta invoca la nebbia affinché gli na- si collegano i congiuntivi che esprimono desideri di
sconda le cose lontane, gli nasconda i pericoli, il do- piccole gioie.
lore, la morte, la vita che tutti conducono. Egli si ac- 3. Il poeta, sempre precisissimo nell’uso dei termini e
contenta di una pesca, di una mela e di un pezzo di nella descrizione della natura, ora sperimenta l’inde-
pane nero. Non vuole provare desideri, che lo posso- terminato: la nebbia e le cose lontane, che con la loro
no far soffrire. Si accontenta di vedere il cipresso, indeterminazione disorientano il lettore, lo mettono a
l’orto e il suo cane. contatto con l’impalpabile, un impalpabile però che è
pieno di pericoli e pieno di dolore.
Commento 4. Le indicazioni (pesco, melo, cipresso, orto, cane)
1. La nebbia invocata dal poeta è una nebbia fisica indicano che il poeta è dentro casa, nel suo nido, dife-
che però acquista subito un valore simbolico e una so dal cane e dalla siepe. L’unica speranza nel futuro
funzione analgesica: deve nascondergli la realtà, deve è data dal pensiero che uscirà di casa dentro una bara,
diventare lo strumento e la barriera che lo difende il per andare al cimitero tra i suoi cari, in mezzo al suo-
poeta dalla realtà e dai suoi dolori. Deve separarlo no stanco delle campane da morto.
dalle cose lontane: egli si accontenta delle piccole co- ---I☺I---
se che ha a portata di mano. Due frutti, un pezzo di
pane nero, la vista di un cipresso e dell’orto e la vici-
nanza del suo cane.
2. Nascondi è un imperativo, un comando, ma anche
una preghiera e un grido d’angoscia (“Ti prego, na-
scondi…”). Agli imperativi con cui inizia ogni strofa
Che voli di rondini intorno! Quanti voli di rondini per tutto il cielo!
Che gridi nell’aria serena! quante grida nell’aria [ormai] serena!
La fame del povero giorno La fame che provarono durante il giorno
prolunga la garrula cena. fa prolungare e riempire di garriti la cena della sera.
La parte, sì piccola, i nidi Gli uccellini durante il giorno non ebbero
nel giorno non l’ebbero intera. interamente la loro parte di cibo.
Né io... che voli, che gridi, Non l’ebbi nemmeno io... e quanti voli, quanti gridi,
mia limpida sera! 32 o mia limpida sera!
I. 1.
O quale, un’alba, Myrrhine si spense, O quale, un’alba, Myrrhine si spense,
la molto cara, quando ancor si spense la molto cara, quando ancora si spense
stanca l’insonne lampada lasciva, per la stanchezza l’insonne lampada lasciva,
conscia di tutto. Ma v’infuse Evèno conscia di tutto. Ma Evèno vi infuse
ancor rugiada di perenne ulivo; 5 ancora rugiada (=olio) di ulivo perenne;
e su la via dei campi in un tempietto, e sulla via dei campi in un tempietto,
chiuso, di marmo, appese la lucerna chiuso, di marmo, appese la lucerna
che rischiarasse a Myrrhine le notti; affinché rischiarasse le notti a Myrrhine.
in vano: ch’ella alfin dormiva, e sola. Invano: ella alla fine dormiva, e [dormiva] sola.
Ma lievemente a quel chiarore, ardente 10 Ma lievemente a quel chiarore, che ardeva
nel gran silenzio opaco della strada, nel gran silenzio opaco della strada,
volò, con lo stridìo d’una falena, la sua anima volò con lo stridìo
l’anima d’essa: ché vagava in cerca di una falena: vagava in cerca
del corpo amato, per vederlo ancora, del corpo amato, per vederlo ancora,
bianco, perfetto, il suo bel fior di carne, 15 bianco perfetto, il suo bel fiore di carne,
fiore che apriva tutta la corolla fiore che apriva tutta la corolla
tutta la notte, e si chiudea su l’alba tutta la notte, e si chiudeva all’alba
avido ed aspro, senza più profumo. avido ed aspro, senza più profumo.
Or la falena stridula cercava Ora la falena con il verso stridulo cercava
quel morto fiore, e batté l’ali al lume 20 quel fiore morto, e batté le ali al lume
della lucerna, che sapea gli amori; della lucerna, che conosceva gli amori.
ma il corpo amato ella non vide, chiuso, Ma ella non vide il corpo amato, chiuso
coi molti arcani balsami, nell’arca. nell’arca con molti e misteriosi balsami.
II. 2.
Né volle andare al suo cammino ancora Né volle andare ancora al suo cammino
come le aeree anime, cui tarda 25 come le anime fatte d’aria, che tardano
prendere il volo, simili all’incenso a prendere il volo, simili all’incenso,
il cui destino è d’olezzar vanendo. il cui destino è di olezzare svanendo.
E per l’opaca strada ecco sorvenne E per l’opaca strada ecco sopravvenne
un coro allegro, con le faci spente, un coro allegro, con le fiaccole spente,
da un giovenile florido banchetto. 30 da un ricco banchetto di giovani.
E Moscho a quella lampada solinga E Moscho [davanti] a quella lampada solitaria
la teda accese, e lesse nella stele: accese la sua fiaccola, e lesse sulla stele:
MYRRHINE AL LUME DELLA SUA LUCERNA MYRRHINE AL LUME DELLA SUA LUCERNA
DORME. È LA PRIMA VOLTA ORA, E PER DORME. ORA È LA PRIMA VOLTA, E [VI
SEMPRE. 35 DORMIRÀ] PER SEMPRE.
E disse: Amici, buona a noi la sorte! E disse: Amici, la sorte ci è propizia!
Myrrhine dorme le sue notti, e sola! Myrrhine dorme le sue notti, e [dorme] sola!
Io ben pregava Amore iddio, che al fine Io ben pregavo il dio Amore che alla fine
m’addormentasse Myrrhine nel cuore: mi addormentasse Myrrhine sul cuore: pregai
pregai l’Amore e m’ascoltò la Morte. 40 l’Amore e mi ascoltò la Morte.
E Callia disse: Ell’era un’ape, e il miele E Callia disse: Ella era un’ape, e stillava il miele,
stillava, ma pungea col pungiglione. ma pungeva con il pungiglione.
E disse Agathia: Ella mesceva ai bocci E Agathia disse: Ella mesceva ai bocci dell’amore
d’amor le spine, ai dolci fichi i funghi. le spine, ai dolci fichi i funghi.
E Phaedro il vecchio: Pace ai detti amari! 45 E il vecchio Phaedro: Pace alle parole amare!
ella, buona, cambiava oro con rame. Ella, buona, scambiava l’oro con il rame.
E stettero, ebbri di vin dolce, un poco E, ebbri di vino dolce, stettero un poco lì
lì nel silenzio opaco della strada. nel silenzio opaco della strada.
E la lucerna lor blandia sul capo, E la lucerna, tremula, accarezzava sul loro capo
tremula, il serto marcido di rose, 50 il serto intrecciato di rose,
e forse tratta da quel morto olezzo e forse attratta da quel profumo di morte
ronzava un’invisibile falena. una invisibile falena ronzava.
III. 3.
L’anima, no. Rimase ancora, e vide L’anima non si mosse. Rimase ancora lì,
le luci e il canto dileguar lontano. e vide le luci e il canto dileguarsi lontano.
Era sfuggita al demone che insegna 60 Era sfuggita al demone che insegna
le vie muffite all’anime dei morti; le vie ammuffite alle anime dei morti.
gli era sfuggita: or non sapea, da sola, Gli era sfuggita. Ed ora non sapeva trovare
trovar la strada: e stette ancora ai piedi la strada da sola: stette ancora ai piedi
del suo sepolcro, al lume vacillante del suo sepolcro, davanti al lume vacillante
della sua conscia lampada. E la notte 65 della sua conscia lampada. E la notte era
era al suo colmo, piena d’auree stelle; al suo culmine, piena di stelle dorate;
quando sentì venire un passo, un pianto quando sentì venire un passo, venire
venire acuto, e riconobbe Evèno. un pianto acuto, e riconobbe Evèno.
Ché avea perduto il dolce sonno Evèno Perché Evèno aveva perduto il dolce sonno
da molti giorni, ed or sapea che chiuso 70 da molti giorni, ed ora sapeva che era chiuso
nell’arca era, con la morta etèra. nell’arca, con la morta etèra.
E singultendo disserrò la porta E tra i singulti aprì la porta
del bel tempietto, e presa la lucerna del bel tempietto, prese la lucerna ed entrò.
entrò. Poi destro, con l’acuta spada, Poi abilmente, con la spada appuntita,
tentò dell’arca il solido coperchio 75 tentò [di aprire] il solido coperchio dell’arca
e lo mosse, e con ambedue le mani, e lo mosse, e con ambedue le mani,
puntellando i ginocchi, l’alzò. C’era puntellando i ginocchi, lo alzò. Era lì con lui,
con lui, non vista, alle sue spalle, e il lieve non vista, alle sue spalle (e il lieve
stridìo vaniva nell’anelito aspro stridìo svaniva nel desiderio aspro
d’Evèno, un’ombra che volea vedere 80 di Evèno), un’ombra che voleva vedere
Myrrhine morta. E questa apparve; e quegli Myrrhine morta. E questa apparve; e quegli
lasciò d’un urlo ripiombare il marmo con un urlo lasciò cadere giù il marmo
sopra il suo sonno e l’amor suo, per sempre. e il suo amore sopra il suo sonno, per sempre.
IV. 4.
E fuggì, fuggì via l’anima, e un gallo E fuggì, fuggì via l’anima, e un gallo rosso
rosso cantò con l’aspro inno la vita: 85 cantò con l’aspro inno la vita:
la vita; ed ella si trovò tra i morti. la vita; ed ella si trovò tra i morti.
Né una a tutti era la via di morte, Né la via di morte era una per tutti,
ma tante e tante, e si perdean raggiando ma tante e tante, e si perdevano irraggiandosi
nell’infinita opacità del vuoto. nell’infinita opacità del vuoto.
Ed era ignota a lei la sua. Ma molte 90 Ed a lei era ignota la sua. Ma nell’ombra
ombre nell’ombra ella vedea passare ella vedeva molte ombre passare e dileguarsi:
e dileguare: alcune col lor mite alcune con il loro mite demone
demone andare per la via serene, andavano serene per la via, e altre rifiutavano,
ed altre, in vano, ricusar la mano ma invano, la mano del loro destino.
del lor destino. Ma sfuggita ell’era 95 Ma ella era sfuggita
da tanti giorni al demone; ed ignota da tanti giorni al demone;
l’era la via. Dunque si volse ad una ed la via le era ignota. Dunque si volse ad una
anima dolce e vergine, che andando anima dolce e vergine, che andando
si rivolgeva al dolce mondo ancora; si rivolgeva ancora al dolce mondo;
e chiese a quella la sua via. Ma quella, 100 e chiese a quella la sua via. Ma quella,
l’anima pura, ecco che tremò tutta l’anima pura, ecco che tremò tutta
come l’ombra di un nuovo esile pioppo: come l’ombra di un nuovo esile pioppo:
“Non la so!” disse, e nel pallor del Tutto «Non la so!» disse, e nel pallore del Tutto
vanì. L’etèra si rivolse ad una svanì. L’etèra si rivolse
anima santa e flebile, seduta 105 ad un’anima santa e flebile, seduta,
con tra le mani il dolce viso in pianto. che teneva tra le mani il dolce viso in pianto.
Era una madre che pensava ancora Era una madre che pensava ancora
ai dolci figli; ed anche lei rispose: ai dolci figli; ed anche lei rispose:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 458
“Non la so!”; quindi nel dolor del Tutto «Non la so!»; quindi nel dolore del Tutto
sparì. L’etèra errò tra i morti a lungo 110 sparì. L’etèra errò tra i morti a lungo
miseramente come già tra i vivi; miseramente come già tra i vivi.
ma ora in vano; e molto era il ribrezzo Ma ora invano. E molto era il ribrezzo di là
di là, per l’inquïeta anima nuda per l’inquieta anima nuda,
che in faccia a tutti sorgea su nei trivi. che su nei trivi sorgeva in faccia a tutti.
V. 5.
E alfine insonne l’anima d’Evèno 115 E infine, insonne, l’anima di Evèno
passò veloce, che correva al fiume passò veloce. Correva al fiume dell’oblìo,
arsa di sete, dell’oblìo. Né l’una riarsa dalla sete. Né l’una riconobbe l’altra.
l’altra conobbe. Non l’avea mai vista. Non l’aveva mai vista.
Myrrhine corse su dal trivio, e chiese, Myrrhine corse su dal trivio, e a quella
a quell’incognita anima veloce, 120 sconosciuta anima veloce chiese
la strada. Evèno le rispose: “Ho fretta.” la strada. Evèno le rispose: «Non posso, ho fretta».
VI. 6.
E più veloce l’anima d’Evèno E l’anima di Evèno corse più veloce,
corse, in orrore, e la seguì la trista nell’orrore, e la trista anima ignuda
anima ignuda. Ma la prima sparve la seguì. Ma la prima disparve in lontananza,
in lontananza, nella eterna nebbia; 125 nella nebbia eterna; e l’altra, ansante, sostò
e l’altra, ansante, a un nuovo trivio incerto a un nuovo trivio incerto, l’etèra. E intese là
sostò, l’etèra. E intese là bisbigli, ma così tenui, bisbigli, ma così tenui, come di pulcini
come di pulcini gementi nella cavità dell’uovo. gementi nella cavità dell’uovo.
Era un bisbiglio, quale già l’etèra 130 Era un bisbiglio, quale già l’etèra
s’era ascoltata, con orror, dal fianco s’era ascoltata, con orrore, venire su pio
venir su pio, sommessamente... quando dal fianco, sommessamente... quando
avea, di là, quel suo bel fior di carne, aveva, di là, quel suo bel fior di carne, i petali
senza una piega i petali. Ma ora senza una piega. Ma ora Myrrhine, l’etèra,
trasse al sussurro, Myrrhine l’etèra. 135 si ritrasse a quel sussurro.
Cauta pestava l’erbe alte del prato L’anima ignuda pestava cautamente
l’anima ignuda, e riguardava in terra, le erbe alte del prato, e guardava per terra,
tra gl’infecondi caprifichi, e vide. tra gli infecondi caprifichi, e vide.
Vide lì, tra gli asfòdeli e i narcissi, Vide lì, tra gli asfòdeli e i narcissi, starsene,
starsene, informi tra la vita e il nulla, 140 informi tra la vita e il nulla,
ombre ancor più dell’ombra esili, i figli ombre esili ancora più dell’ombra,
suoi, che non volle. E nelle mani esangui i figli suoi, che non volle. E nelle mani esangui
aveano i fiori delle ree cicute, avevano i fiori delle cicute colpevoli,
avean dell’empia segala le spighe, avevano le spighe dell’empia segala,
per lor trastullo. E tra la morte ancora 145 per loro trastullo. Ed erano ancora tra la morte
erano e il nulla, presso il limitare. e il nulla, presso il limitare. E Myrrhine venne
E venne a loro Myrrhine; e gl’infanti [fino] a loro; e gli infanti lattei, rugosi,
lattei, rugosi, lei vedendo, un grido vedendo lei, diedero un grido, smorto e gracile;
diedero, smorto e gracile, e gettando e, gettando i tristi fiori, corsero via con i guizzi
i tristi fiori, corsero coi guizzi, 150 delle gambe e delle lunghe braccia,
via, delle gambe e delle lunghe braccia, pendule e flosce; come nella strada
pendule e flosce; come nella strada molle di pioggia, al risuonare
molle di pioggia, al risonar d’un passo, di un passo, i piccolini
fuggono ranchi ranchi i piccolini di qualche rospo fuggono arrancando,
di qualche bodda: tali i figli morti 155 così [si mossero] i figli morti
avanti ancor di nascere, i cacciati prima ancora di nascere, i cacciati
prima d’uscire a domandar pietà! prima di uscire a domandare pietà.
VII. 7.
Ma la soglia di bronzo era lì presso, Ma la soglia di bronzo della grande dimora
della gran casa. E l’atrio ululò tetro era lì vicino. E l’atrio ululò tetro
per le vigili cagne di sotterra. 160 a causa delle vigili cagne dell’oltretomba.
Pur vi guizzò, la turba infante, dentro, Pure vi guizzò dentro la turba degli infanti,
rabbrividendo, e dietro lor la madre rabbrividendo. E dietro a loro la madre
nell’infinita oscurità s’immerse. s’immerse nell’oscurità infinita.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 459
Riassunto lungo. 1. Myrrhine, l’etèra, si spense all’al- viene e forza il coperchio del sepolcro, per vederla.
ba, con la lampada che teneva accesa durante la notte. L’anima fugge, e si trova tra i morti. Ma qui le strade
Evèno la riempì d’olio e la mise nel tempietto, affin- erano tante e lei non conosceva la sua, perché aveva
ché rischiarasse le notti alla ragazza. Come una falena rifiutato di seguire il suo demone. Chiede a una ver-
la sua anima andò verso la lampada, alla ricerca del gine, che le risponde di non conoscerla. Chiede a una
corpo amato. Ma ella non vide il corpo amato, perché madre, che piangeva per i suoi figli, e anche lei le ri-
era chiuso nel sepolcro. sponde che non la conosce. Incontra anche Evèno, ma
2. Né volle iniziare il suo cammino. Per la strada non si riconoscono. Egli le risponde che doveva af-
giunse un gruppo allegro di giovani provenienti da un frettarsi ad arrivare al fiume dell’oblio. A un nuovo
banchetto. Moscho accese la fiaccola per leggere l’i- trivio sente bisbigli che già conosceva, quando era in
scrizione: “Myrrhine dorme alla luce della sua lam- vita. Provenivano dal suo grembo. Guarda per terra e
pada. È la prima volta. Dormirà per sempre”. Egli vo- vede i figli, i figli che non volle. Vedendola, essi fug-
leva la ragazza, aveva invocato il dio Amore e gli gono via. Ma la porta degli inferi era lì vicina. La tur-
aveva risposto la morte. Callia ricordò che stillava ba degli infanti vi si precipita dentro, e dietro a loro la
miele ma pungeva con il pungiglione. Phaedo che madre li segue nell’oscurità infinita.
mescolava ai boccioli dell’amore le spine. Stettero lì
un poco, poi accesero tutti le fiaccole. Il flautista in- Commento
tonò un canto. Quindi se ne andarono. 1. Nel Fedone, 107-108, di Platone Socrate racconta
3. L’anima di Myrrhine rimase. Era sfuggita al de- che, quando si muore, il demone, che in vita ha avuto
mone che insegna la strada ai morti, ed ora non sape- cura del corpo, conduce l’anima per la strada che por-
va trovare la strada. Era ancora lì quando Evèno ri- ta all’Ade. Essa però non è dritta né unica, ma è piena
torno indietro. Da giorni non riusciva a dormire. Il di ramificazioni e di incroci. L’anima che ha vissuto
suo sonno era richiuso nel sepolcro. Entrò nel tem- bene lo segue senza opporre resistenza. Quella che è
pietto e con la spada forzò il coperchio. L’anima era ancora legata al proprio corpo vaga a lungo alla ricer-
dietro di lui. Voleva vedere il suo corpo. Esso appar- ca del corpo. E il demone con estrema fatica riesce a
ve. Ed Evèno lasciò cadere il coperchio sopra il suo condurla con sé. L’anima che ha commesso una qual-
sonno e sopra il suo amore. che delitto è sfuggita dalle altre anime, che si rifiuta-
4. L’anima fuggì via, si trovò in mezzo ai morti. Non no di accompagnarla. Ed essa soltanto dopo un ade-
c’era un’unica via, ce n’erano tante, e si perdevano guato periodo di espiazione e di dolore può iniziare il
nell’oscurità. Lei non conosceva la sua. Vide molte cammino.
ombre passare e dileguarsi, guidate dal loro demone; 2. I Poemi conviviali mostrano un Pascoli ben diverso
altre rifiutarsi di seguirlo. Chiese la via all’anima di da quello che vuole essere facile ed umile ad oltranza
una vergine. Quella la guardò, rispose che non la sa- e contro ogni ragionevolezza. Questi poemi riprodu-
peva, e fuggì via impaurita. Chiese ad una madre in cono con meticolosa precisione il mondo classico e le
lacrime che pensava ai suoi figli. Anche lei rispose sue problematiche valide anche per il presente. Ma
che non la conosceva. L’etèra vagò a lungo tra i mor- sono testi difficili, perciò l’immagine che il poeta ha
ti, come tra i vivi, ma invano. Molte anime provavano lasciato dietro di sé è legata alla produzione più sem-
ribrezzo per lei. plice e più facile.
5. Infine passò veloce l’anima di Evèno, diretta verso 3. Myrrhine è una etèra, una cortigiana, è vissuta con
il fiume dell’oblio. Non si riconobbero. Myrrhine il corpo per tutta la vita. Di notte la sua fiaccola era
chiese la strada, ma Evèno le rispose che doveva af- sempre accesa, per accoglier i suoi amanti. Ora muo-
frettarsi. re. Evèno la rimpiange subito e accende una lampada
6. Myrrhine si fermò ad un altro trivio. Qui intese dei nel suo sepolcro. Lei non riesce a staccarsi dal corpo,
bisbigli, come di pulcini dentro l’uovo. Conosceva e vaga introno al suo sepolcro. I suoi amanti ritornano
quel bisbiglio: l’aveva sentito, con orrore, venire sul da una festa, si fermano e la ricordano con un vivo
dal fianco, quando aveva il suo bel corpo. Guardò per rimpianto: mescolava ai boccioli dell’amore le spine;
terra e vide, in mezzo agli infecondi caprifichi, in- scambiava l’oro con il rame. E il flautista intona un
formi tra la vita e il nulla, i figli suoi, che non volle. canto. Evèno forza il sepolcro, così vede il suo corpo.
Avevano in mano i fiori di cicuta e le spighe della se- E l’anima può andare tra i morti. Qui cerca la strada:
gala come trastullo. Vedendola, diedero un grido e non la può guidare il demone, perché gli era sfuggita.
con un guizzo fuggirono via. Chiede la strada a una vergine e a una madre, ma non
7. Ma la soglia di bronzo era lì vicino. La turba degli gliela sanno dire. Incontra anche Evèno, ma i due non
infanti vi si precipitò dentro, e dietro ad essi la loro si riconoscono. Infine ad un bivio incontra anche i fi-
madre. gli suoi, che non volle. Essi la vedono e fuggono. Si
precipitano oltre la soglia dell’Ade. E dietro a loro la
Riassunto breve. Myrrhine, l’etèra, muore. Evèno, il loro madre.
suo amante, accende la lampada del suo sepolcro. Es- 4. L’etèra è una ragazza che intrattiene gli ospiti con
sa non sa staccarsi dal suo corpo. Ritornando da un il canto, la musica, la cultura e il proprio corpo. Coin-
matrimonio, i suoi amici si fermano sulla sua tomba e cide con la cortigiana del sec. XVI e la geisha cinese.
la rimpiangono. Poi se ne vanno. Essa rimane. Evèno
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 460
5. La ragazza è morta giovane, ma ha lasciato un in-
tenso ricordo di sé. Evèno e gli amici la ricordano con
nostalgia. Ma lei è ancora legata al suo corpo, perciò
il suo viaggio verso l’Ade non è facile: il demone non
la guida. Così lei chiede la strada, ma le anime non
gliela sanno indicare. La chiede anche ad Evèno, ma i
due non si riconoscono, ed egli deve affrettarsi per
raggiungere il fiume dell’oblio. Infine incontra i figli
suoi, che non volle. Ed essi, fuggendola, guidano la
madre oltre la porta dell’Ade.
6. La donna è vissuta con il corpo, e unicamente con
il corpo. Ma, a detta dei suoi amici, è stata generosa.
Dopo morta non riesce a staccarsi dal corpo, non pen-
sa al viaggio che la porta nell’Ade, pensa ancora al
suo corpo. E lo vuole rivedere. Perciò sosta vicina al
sepolcro. In vita non si è mai lamentata. Ora in morte
prova l’angoscia di vedersi separata dal suo corpo, «il
suo bel fior di carne aperto», dentro/con il quale vi-
veva.
7. La ragazza scopre la sua colpa nell’altro mondo. In
vita l’aveva sempre rimossa: il rifiuto di avere figli. I
figli le avrebbero impedito l’amore proprio e l’amore
altrui per il proprio corpo.
8. L’attacco iniziale è possente: “O quale, un’alba,
Myrrhine si spense”, e si può giustamente confrontare
con altri incipit incontrati (=l’opera inizia con…). Ad
esempio con Parini (“Sorge il Mattin in compagnia
dell’Alba”), con Foscolo (Né più mai toccherò le sa-
cre…”; “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne”), con
Manzoni (“Quel ramo del lago di Como…”). E conti-
nuate voi.
---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 461
Alexandros, 1895 Alexandros
I 1.
– Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla! “Siamo giunti: è l’estremo confine. O sacro araldo,
Non altra terra se non là, nell’aria, suona la tromba! Non v’è altra terra davanti a noi,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla, se non quella che là nell’aria vi brilla in mezzo allo
scudo,
o Pezetèri: errante e solitaria o Pezetéri: una terra errante e disabitata (=la Luna),
terra, inaccessa. Dall’ultima sponda inaccessibile. Da quest’ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria, vedete là, o mercenari della Caria,
dentro la notte fulgida del cielo. e si sprofonda dentro la volta fulgida del cielo.
II 2.
Fiumane che passai! voi la foresta O fiumane che passai! voi portate riflessa nelle chiare
immota nella chiara acqua portate, acque la foresta, che rimane; portate con voi
portate il cupo mormorìo, che resta. il cupo mormorio [della corrente], che non cessa mai.
Montagne che varcai! dopo varcate, O montagne che varcai! dopo che siete state varcate,
sì grande spazio di su voi non pare, dalla vostra cima non appare uno spazio così grande,
che maggior prima non lo invidïate. che prima non lo faceste immaginare più grande.
Azzurri, come il cielo, come il mare, O monti, o fiumi, azzurri come il cielo, azzurri come
o monti! o fiumi! era miglior pensiero il mare! Sarebbe stato un miglior pensiero fermarsi,
ristare, non guardare oltre, sognare: non guardar più avanti, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero. il sogno può ingigantire senza limiti la Realtà.
III 3.
Oh! più felice, quanto più cammino Oh!, ero tanto più felice quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti, avevo davanti a me; quante più battaglie,
quanto più dubbi, quanto più destino! quanti più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti Ad Isso, quando il campo nemico con le mille schie-
notturno il campo, con le mille schiere, re, i carri oscuri e le infinite mandrie nella notte
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti. mandava il bagliore dei fuochi alimentati dai venti.
A Pella! quando nelle lunghe sere A Pella, quando nelle lunghe sere,
inseguivamo, o mio Capo di toro, o mio Bucefalo, inseguivamo il Sole;
il sole; il sole che tra selve nere, il Sole che tra le nere selve ardeva
sempre più lungi, ardea come un tesoro. sempre più lontano, irraggiungibile, come un tesoro.
IV 4.
Figlio d’Amynta! io non sapea di meta O padre mio!, io non sapevo d’un confine ultimo,
allor che mossi. Un nomo di tra le are insuperabile, quando partii! Timòteo, il suonatore
intonava Timotheo, l’auleta: di flauto, intonava un canto fra gli altari:
soffio possente d’un fatale andare, invito possente ad andare sempre più avanti,
oltre la morte; e m’è nel cuor, presente oltre la morte; ed esso è presente nel mio cuore
come in conchiglia murmure di mare. come il mormorio del mare nella conchiglia.
O squillo acuto, o spirito possente, O squillo acuto, o spirito possente (=l’invito ad avan-
che passi in alto e gridi, che ti segua! zare), che passi alto sopra di noi e gridi che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente... Ma questo è il confine ultimo, è l’Oceano, il Niente...
e il canto passa ed oltre noi dilegua. – e il canto passa e oltre di noi si dilegua.”
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 462
V 5.
E così, piange, poi che giunse anelo: E così piange, dopo che giunse desideroso
piange dall’occhio nero come morte; [di avanzare]: piange dall’occhio nero come
piange dall’occhio azzurro come cielo. la morte, piange dall’occhio azzurro come il cielo,
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte) perché (tale è il suo destino) nell’occhio nero
nell’occhio nero lo sperar, più vano; lo sperare si fa più vano; e nell’occhio azzurro
nell’occhio azzurro il desiar, più forte. il desiderare si fa più forte.
Egli ode belve fremere lontano, Egli ode le belve fremere lontano;
egli ode forze incognite, incessanti, egli ode forze sconosciute, inesauribili,
passargli a fronte nell’immenso piano, passargli davanti nell’immensa pianura,
VI 6.
In tanto nell’Epiro aspra e montana Intanto nell’Epiro, aspra e montuosa,
filano le sue vergini sorelle le sue vergini sorelle filano per lui,
pel dolce Assente la milesia lana. dolce assente, la lana di Mileto.
A tarda notte, tra le industri ancelle, A tarda notte, tra le ancelle operose esse torcono
torcono il fuso con le ceree dita; il filo con le dita bianche come la cera; e il vento
e il vento passa e passano le stelle. passa e passano le stelle (=passa tutta la notte).
le grandi quercie bisbigliar sul monte. le grandi querce bisbigliare sul monte.
Riassunto. Il poeta reinterpreta in termini decadenti la prima di giungere alla fine del suo viaggio, al luogo
figura di Alessandro Magno: il sovrano macedone ha che non permette di passare in alcun altro luogo.
conquistato l’impero persiano ed è giunto sulle rive Questa impossibilità provoca il dramma e l’insoddi-
dell’Oceano Indiano. Dovrebbe essere contento, per- sfazione interiore: la realtà risulta molto – troppo –
ché ha conquistato tutto, ma non lo è, perché non ha inferiore al desiderio del cuore, al sogno. E l’in-
più nulla da conquistare. Era più bello il momento soddisfazione diventa connaturata con la vita e la na-
della partenza, quando aveva davanti a sé il pericolo e tura umana. La scelta giusta risultava fin dall’inizio
l’avventura. Ora le sue conquiste gli appaiono molto quella di sua madre, che aveva rifiutato la realtà a fa-
più piccole di quanto immaginava, perché la realtà si vore del sogno. Il sogno, non l’azione né la razionali-
è dimostrata molto inferiore al sogno. Egli sente che tà, le permetteva di entrare in contatto con le forze
nella realtà ci sono forze immense, che egli non può smisurate e misteriose della natura.
controllare, perciò si sente infelice. Sua madre invece 2.1. Alessandro Magno (Pella, 356-Babilonia, 323
è rimasta nella reggia e passa il tempo a sognare e ad a.C.) è l’impossibile che esiste o che succede. Nasce
ascoltare il linguaggio delle forze ignote della natura, nel piccolo regno di Macedonia, che conquista la
che essa comprende. Grecia (che aveva respinto per ben tre volte i persia-
ni), organizza una spedizione vittoriosa contro i per-
Commento siani, conquista l’impero persiano, di cui si nomina
1. Anche in questa poesia Pascoli rifiuta la ragione, la sovrano assoluto, giunge in India, ai confini del mon-
scienza, la realtà, che sono di gran lunga inferiori, do, poi ritorna e organizza il vasto impero (335-323
meno soddisfacenti e meno efficaci dell’intuizione e a.C.), che lascia subito ai suoi successori. In appena
del sogno. 12 anni sconvolge gli equilibri di Occidente e Oriente
2. La poesia si sviluppa sulle dislocazioni dei tempi e e dà luogo alla civiltà ellenistica, che ha centro ad
dei luoghi: Alessandro è giunto sulle rive dell’Oceano Alessandria d’Egitto.
Indiano, non ha più nulla da conquistare davanti a lui, 3. Il rifiuto della razionalità da parte di Pascoli risulta
perciò si volta indietro, a pensare al momento della più solido e motivato se si tiene presente che il Posi-
partenza, alle sue vittorie militari, a come apparivano tivismo dominante – superficialmente ottimistico –
le difficoltà prima che le affrontasse e dopo che le era in crisi, che Freud conquistava nuovi territori alla
aveva affrontate. Egli è in riva all’oceano, ma pensa a ricerca scientifica, che la scienza stava subendo tra-
tutti i luoghi (e a tutte le avventure) che ha percorso sformazioni radicali che la staccavano completamente
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 463
dalla fisica galileo-newtoniana, che la società europea
era dilaniata da tensioni e da conflitti a cui si rispon-
deva con la forza, con la violenza, con l’attivismo ir-
razionalistico, con il nazionalismo, con il culto della
guerra o della violenza o del superuomo. Alla fine del
secolo la società europea era in crisi, perché aveva
perso ogni certezza e ogni speranza. L’esplosione de-
gli irrazionalismi porta alla prima guerra mondiale
(1914-18).
4. Il viaggio insoddisfacente di Alessandro Magno
può essere confrontato con quello dell’Ulisse dante-
sco (If XXVI), che abbandona il figlio, il padre e la
moglie e con i pochi fidati compagni sfida la volontà
degli dei, supera le colonne d’Ercole, si avventura
nell’oceano disabitato, e infine incontra la morte da-
vanti ad una montagna altissima (è la montagna del
purgatorio), pur di raggiungere “virtute e canoscen-
za”. Ma l’Ulisse dantesco rimanda alla interpretazio-
ne pascoliana dell’eroe greco. Ulisse sta tornando a
casa con i suoi compagni, è giunto in prossimità della
sua isola, quando si addormenta. I compagni aprono
gli otri, dove erano racchiusi i venti sfavorevoli. La
nave è spinta nuovamente in alto mare. Svegliandosi,
egli vede in lontananza qualcosa di indistinto, da cui
ora i venti lo allontanano. Ma non sa se è soltanto una
nuvola o se è la sua terra: il sonno gli ha impedito di
essere pronto all’appuntamento che il destino gli ave-
va preparato (Poemi conviviali, Il sonno di Odisseo,
1904).
5. Anche D’Annunzio reinterpreta in termini deca-
denti il mondo classico, ma in modo completamente
diverso. Il suo Ulisse non manca all’appuntamento
con il destino, è anzi artefice del suo destino. Il poeta
lo incontra mentre sta veleggiando a nord della sua
isola, gli chiede di metterlo alla prova, di fargli pro-
vare l’arco. Ulisse lo guarda per un attimo, e da quel
momento il poeta è divenuto diverso da tutti i suoi
compagni (Laudi del cielo, del mare, della terra e
degli eroi. Maia, IV. L’incontro con Ulisse, 1903).
6. Secondo la leggenda Alessandro ha gli occhi di co-
lore diverso: uno azzurro, l’altro nero.
Giova, o amico, ne l’anima profonda Giova, o amico, nel profondo del proprio animo
meditare le dubbie sorti umane, meditare l’incerto destino degli uomini,
piangere il tempo, ed oscurar di vane [giova] rimpiangere il tempo [che passa] e riempire
melancolìe la dea Terra feconda? di inutili malinconie la dea Terra che è piena di vita?
Bevere giova con aperta gola È utile bere con la gola ben aperta
ai ruscelli de ‘l canto, e coglier rose, ai ruscelli della poesia, e cogliere le rose
e mordere ciascun soave frutto. e gustare ogni frutto soave.
Riassunto. Il poeta si rivolge all’amico Giovanni 4. Sul fascino e sulla forza irresistibile della parola
Marradi e gli dice che non serve passare il tempo a avevano insistito nel V sec. a.C. i sofisti greci e in
meditare sull’incerto destino umano, né piangere il particolare Gorgia da Lentini (Siracusa) nell’Elogio
tempo che passa, né riempire la terra con noiose ma- di Elena: la donna è giustificata di aver abbandonato
linconie. Vi è la poesia, che canta la bellezza, l’amo- il marito e di aver provocato la guerra di Troia, per-
re, l’avventura, le grandi imprese, la natura, i grandi ché non poteva resistere alle parole persuasive di Pa-
personaggi. La Parola è capace di trasformare la real- ride. Anche in ambito religioso è riconosciuto il pote-
tà. La gioia del poeta è nella pura Bellezza dell’arte; e re ìnsito nella parola. Il Vangelo di Giovanni inco-
il Verso è tutto. mincia così: “In principio era la Parola”, dove il ter-
mine – che indica la divinità – è sinonimo di ragione,
Commento ragionamento, razionalità.
1. Il poeta propone una concezione della poesia e, più ---I☺I---
in generale, della cultura che afferma la superiorità
dell’immaginazione poetica, capace di trasformare la Il piacere, 1888
realtà, rispetto alla misera realtà della vita quotidia- Libro I. È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli, gio-
na. Questa tesi poetica è formulata esplicitamente ne- vane aristocratico di origini abruzzesi, aspetta con an-
gli ultimi versi, nei quali è presente pure l’estetismo e sia l’ex amante Elena Muti, rappresentata come una
il culto della bellezza dell’autore. femme fatale, nella sua casa romana a Palazzo Zucca-
2. Una tesi non diversa era stata proposta nel Seicento ri. Durante l’attesa torna con la memoria alla relazio-
da Giambattista Marino (1569-1625), il maggiore ne che i due hanno intrattenuto e alla scena del loro
rappresentante del Barocco: “È del poeta il fin la me- addio, avvenuto quasi due anni prima, nel marzo
raviglia (Parlo dell’eccellente e non del goffo): Chi 1885, su una carrozza in via Nomentana. Quando
non sa far stupir vada alla striglia”. La seconda strofa Elena arriva, nell’incontro fra i due si alternano ricor-
è traduzione letterale di alcuni versi del poemetto do, ardore e di nuovo allontanamento e dolore. È
medioevale Intelligenza (CCLXXXVII, 4-9). quindi ripercorsa la storia della casata degli Sperelli,
3. Per D’Annunzio esiste il (mondo) materiale e il gli insegnamenti dati ad Andrea dal padre, l’arrivo
(mondo) immaginario. Il poeta ha il compito di ope- del giovane a Roma. La rievocazione prosegue con il
rare nel (mondo) immaginario e di forgiare belle im- primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a ca-
magini e nuovi miti, capaci di affascinare il lettore e sa della marchesa di Ateleta, cugina del protagonista.
di farlo evadere dalle miserie e dalle strettoie della Subito egli inizia un serrato corteggiamento. Il giorno
vita quotidiana. Per il poeta la letizia consiste nella seguente i due si incontrano una seconda volta a
bellezza e nell’abbandonarsi alle sensazioni che essa un’asta di oggetti antichi in via Sistina. Quindi, venu-
provoca. Per l’autore dei Fioretti di san Francesco to a sapere che Elena è malata, Andrea chiede e ottie-
(fine Trecento) la letizia invece consiste nell’accet- ne di essere ricevuto da lei, in un’atmosfera erotico-
tare, per amore di Dio, i dolori, le malattie, le offese e mistica. Comincia così la narrazione dell’idillio che
i disagi che la vita riserva. nei mesi successivi unisce i due sullo sfondo della
Roma elegante, e dei loro incontri tra gli oggetti
d’arte di Palazzo Zuccari, dove il corpo di Elena ali-
menta le fantasie del giovane esteta. Tuttavia una se-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 467
ra, tornando a cavallo dall’Aventino, Elena annuncia suo, cede sempre più all’amore: a Villa Medici, du-
la sua imminente partenza, e il loro inevitabile distac- rante una delle passeggiate con cui il giovane le mo-
co. Dopo l’abbandono, Andrea si immerge in un gio- stra le bellezze della città, Andrea e Maria si baciano.
co di continue seduzioni, conquistando una dopo Libro IV. Respinto con durezza da Elena, Sperelli
l’altra sette nobildonne, e infine si incapriccia di Ip- viene a sapere dagli amici della rovina del marito di
polita Albònico. In una giornata di corse di cavalli, Maria, sorpreso a barare al gioco. La donna si mostra
Andrea la corteggia assiduamente suscitando la gelo- forte di fronte al dolore di dover partire e separarsi
sia dell’amante di lei, Giannetto Rutolo, che lo pro- dall’amato, decidendo di rimanergli totalmente fede-
voca a duello. Nonostante la sua maggiore abilità nel- le. Andrea al contrario riesce a nascondere con sem-
la scherma, subisce una grave ferita. pre maggior difficoltà il suo “doppio gioco”. Dopo
Libro II. Ospitato dalla cugina Francesca di Ateleta aver visto Elena uscire di casa per andare dal nuovo
nella villa di Schifanoja, sul mare di Rovigliano, An- amante, Andrea torna nel rifugio di Palazzo Zuccari,
drea esce da una lunga agonia e inizia la convale- dove, durante l’ultima notte d’amore con Maria, pro-
scenza in un’unione mistica con la natura e l’arte. Il nuncia inconsciamente il nome di Elena. Maria, con
15 settembre 1886 arriva, ospite a Schifanoja, Maria orrore, lo lascia. Il 20 giugno all’asta dei mobili ap-
Ferres con il marito, ministro plenipotenziario del partenuti ai Ferres, Sperelli vive con ribrezzo e nau-
Guatemala (che riparte subito), e la figlia Delfina. sea il senso del “dissolvimento del suo cuore”. Fugge
Andrea accompagna la cugina ad accogliere la donna alla vista di Elena e degli amici, e verso sera rientra
alla stazione e se ne innamora prima ancora di veder- nelle stanze dove Maria aveva vissuto, ora vuote e
la, poiché la sua voce le ricorda quella di Elena. Dieci percorse dai facchini; la vicenda si conclude, per An-
giorni dopo, il 25 settembre, egli è sedotto dalla don- drea, amaramente, dietro agli scaricatori che traspor-
na “spirituale ed eletta”; la loro amicizia diventa tano l’armadio da lui comprato all’asta, salendo le
sempre più intensa, finché il giovane dichiara il suo scale “di gradino in gradino, fin dentro la casa” (Wi-
amore a Maria, che però non risponde, facendosi kipedia, voce Il piacere.).
schermo della presenza della figlia. Maria Ferres tie-
ne un diario di quei giorni, dove annota i suoi senti- Commento
menti, le sue riflessioni, i turbamenti d’amore per 1. Il piacere (1888) va confrontato con Giovanni
Andrea, da cui non vuole lasciarsi vincere. Dal 26 Verga, I Malavoglia (1881, sopra riassunto), di im-
settembre in poi, attraverso il diario, sono narrate le pianto verista e quasi contemporaneo, ma anche con
successive fasi del corteggiamento, sempre più serra- Joris Karl Huysmans, A ritroso (o Controcorrente)
to, finché il 4 ottobre, durante una cavalcata nella pi- (1884) e Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray
neta di Vicomile, la donna cede. Tornato il marito, (1890, sotto riassunto), che celebrano la vita estetica
avviene la separazione tra i due innamorati. del nobile o almeno di chi è ricco e può dedicarsi ai
L’amore tra Sperelli e Maria Ferres caratterizza l’in- piaceri, e Italo Svevo, Una vita (titolo iniziale Un
tero secondo libro, immettendo il tema della ricerca inetto, sopra riassunto) (1892).
della purezza in un’ambientazione autunnale, simbolo 2. Ad Andrea Sperelli di D’Annunzio vanno poi con-
di decadenza e invecchiamento (ripresa poi nel Poe- frontati il super-uomo di D’Annunzio e di Friedrich
ma paradisiaco, 1893). Questa ricerca però è ambi- Nietzsche (1883, 1884, 1885), l’uomo inetto di Italo
gua e artificiosa, poiché voluta dallo stesso Andrea. Svevo, i borghesi di Alberto Moravia (1929), l’uomo
Libro III. Rientrato a Roma, Andrea si rituffa nella che rinvia di Dino Buzzati (1940), i giovani delin-
vita precedente la convalescenza, tra donne del demi- quenti di Pier Paolo Pasolini (1955, 1959) e di Carlo
monde e amici indifferenti e superficiali. Irrequieto e Cassola (1960), tutti riassunti più sotto.
pieno di amarezza, egli incontra nuovamente Elena ---I☺I---
Muti. L’attrazione per l’antica amante, nella sua nuo-
va veste di provocatrice, e la fascinazione per Maria,
nella sua ingenua purezza e fragilità, si intrecciano
Le Laudi, 1903
nel suo spirito. Tenta così di incontrare Elena nella
Le Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi
casa di cui lei ha ripreso possesso, a Palazzo Barberi-
(1903) sono l’opera della maturità poetica di D’An-
ni, ma la presenza del marito lo fa fuggire. Poco do-
nunzio. Alcyone, il terzo libro, contiene alcune delle
po, a casa di lei, Andrea assedia Maria Ferres, e la se-
poesie più famose e significative.
ra dopo i due si incontrano nuovamente a un concerto
alla sala dei Filarmonici, dove arriva anche Elena.
Questa, una volta partita Maria, invita Andrea ad ac-
compagnarla in carrozza e nel tragitto incrociano una
folla di manifestanti che protestano per i fatti di Do-
gali (1887); prima di lasciare l’ex amante, Elena lo
bacia intensamente. Sperelli dunque riflette su se
stesso e si giudica “camaleontico, chimerico, incoe-
rente, inconsistente”. Ma ormai è deciso a dare caccia
senza tregua a Maria, che lo ama. La donna, dal canto
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 468
L’incontro con Ulisse, 1900 L’incontro con Ulisse
IV, vv. 22-126
Fresche le mie parole ne la sera 1. Le mie parole nella sera giungano a te (=una
ti sien come il fruscìo che fan le foglie evanescente figura di donna) fresche come il fruscìo
del gelso ne la man di chi le coglie che fanno le foglie del gelso nella mano di chi
silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta le coglie silenzioso e che ancora si attarda nel lavoro
su l’alta scala che s’annera 5 lento sull’alta scala che diventa nera
contro il fusto che s’inargenta contro il fusto che assume il colore dell’argento
con le sue rame spoglie con i suoi rami privati delle foglie,
mentre la Luna è prossima a le soglie mentre la Luna sta per apparire nell’orizzonte
cerule e par che innanzi a sé distenda un velo azzurrino e pare che davanti a sé distenda un velo
ove il nostro sogno si giace 10 (=la rugiada), nel quale il nostro sogno si adagia,
e par che la campagna già si senta e pare che la campagna si senta
da lei sommersa nel notturno gelo già sommersa da lei nella frescura della notte
e da lei beva la sperata pace e che da lei riceva la pace sperata
senza vederla. senza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla, 15 2. Che tu sia lodata, o Sera, per il tuo viso candido
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace come la perla e per i tuoi grandi occhi bagnati,
l’acqua del cielo! nei quali si ferma l’acqua che cade dal cielo!
Laudata sii per le tue vesti aulenti, 4. Che tu sia lodata, o Sera, per le tue vesti
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce profumate, e per la cintura che ti circonda come
il fien che odora! il virgulto di salice circonda il fieno che profuma!
Laudata sii per la tua pura morte, 6. Che tu sia lodata, o Sera, per la tua morte
o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare 50 fatta di puri colori e per l’attesa [della notte] che in te
le prime stelle! fa palpitare le prime stelle.
1. Isobel Lilian Gloag, Il mantello magico, 1898. L’opera mantello magico si sarebbe strappato, se indossato da spo-
si ispira a una ballata raccolta dal vescovo Thomas Percy se infedeli... Qui si sta strappando, con grande soddisfa-
(1729-1811), Reliques of Ancient English Poetry, 1765. Il zione dei presenti.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 473
La pioggia nel pineto, 1902 La pioggia nel bosco di pini
I. 1.
Taci. Su le soglie Taci. Sulle foglie
del bosco non odo del bosco non odo
parole che dici parole che tu possa dire
umane; ma odo umane; ma odo
parole più nuove parole più nuove
che parlano gocciole e foglie pronunciate da gocce e da foglie
lontane. lontane.
Ascolta. Piove Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse. dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici Piove sulle tamerici
salmastre ed arse, bruciate dal sale e dal sole,
piove su i pini piove sui pini
scagliosi ed irti, scagliosi e irti di aghi,
piove su i mirti piove sui mirti
divini, sacri agli dei,
su le ginestre fulgenti sulle ginestre risplendenti
di fiori accolti, per le loro infiorescenze,
su i ginepri folti sui ginepri ricoperti
di coccole aulenti, di bacche profumate,
piove su i nostri volti piove sui nostri volti
silvani, che ormai appartengono al bosco,
piove su le nostre mani piove sulle nostre mani
ignude, nude,
su i nostri vestimenti sui nostri vestiti
leggieri, leggeri,
su i freschi pensieri sui nostri freschi pensieri,
che l’anima schiude che la nostra nuova anima
novella, dischiude,
su la favola bella [piove] sulla bella favola dell’amore,
che ieri che ieri
t’illuse, che oggi m’illude, illuse te, che oggi illude me,
o Ermione. o Ermione.
II. 2.
Odi? La pioggia cade Odi? La pioggia cade
su la solitaria sulle fronde solitarie
verdura del bosco
con un crepitìo che dura con un crepitìo che perdura
e varia nell’aria e che è sempre diverso nell’aria,
secondo le fronde secondo le fronde,
più rade, men rade. più rade, meno rade.
Ascolta. Risponde Ascolta. Al pianto [della pioggia]
al pianto il canto risponde il canto
delle cicale delle cicale,
che il pianto australe che il pianto [della pioggia portato
non impaura, dal vento] del sud non impaurisce,
né il ciel cinerino. né [impaurisce] il cielo grigio-cenere.
E il pino E il pino
ha un suono, e il mirto produce un suono, il mirto
altro suono, e il ginepro ne produce un altro, il ginepro
altro ancóra, stromenti un altro ancora: sono strumenti
diversi diversi
sotto innumerevoli dita. sotto le innumerevoli dita [delle gocce].
E immersi E noi siamo immersi
noi siam nello spirto nello spirito
silvestre, del bosco, e viviamo
d’arborea vita viventi; la verde vita degli alberi;
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 474
e il tuo volto ebro e il tuo volto inebriato
è molle di pioggia è bagnato dalla pioggia
come una foglia, come una foglia,
e le tue chiome e i tuoi lunghi capelli
auliscono come profumano come
le chiare ginestre, le ginestre lucenti,
o creatura terrestre o creatura della terra,
che hai nome che hai nome
Ermione. Ermione.
III. 3.
Ascolta, ascolta. L’accordo Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale delle cicale, che abitano l’aria,
a poco a poco a poco a poco
più sordo si fa più sordo
si fa sotto il pianto sotto il pianto [della pioggia]
che cresce; che aumenta;
ma un canto vi si mesce ma ad esso si mescola
più roco un canto più rauco,
che di laggiù sale, che si alza da laggiù,
dall’umida ombra remota. dalla lontana ombra umida.
Più sordo e più fioco Esso rallenta il ritmo, [si fa] più sordo
s’allenta, si spegne. e più fioco, poi si spegne.
Sola una nota Soltanto una nota
ancor trema, si spegne, trema ancora, poi si spegne,
risorge, trema, si spegne. si fa risentire,
Non s’ode voce del mare. trema, e si spegne.
Or s’ode su tutta la fronda Non si ode il rumore del mare.
crosciare Ora si ode su tutte le fronde
l’argentea pioggia cadere la pioggia d’argento,
che monda, che pulisce [l’aria],
il croscio che varia il rumore varia
secondo la fronda secondo la fronda,
più folta, men folta. più fitta, meno fitta.
Ascolta. Ascolta.
La figlia dell’aria La figlia dell’aria (=la cicala)
è muta; ma la figlia è divenuta silenziosa; ma la figlia
del limo lontana, del fango in lontananza,
la rana, la rana,
canta nell’ombra più fonda, canta nell’ombra più fitta,
chi sa dove, chi sa dove! chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia, E piove sopra le tue ciglia,
Ermione. o Ermione.
IV. 4.
Piove su le tue ciglia nere Piove sopra le tue ciglia nere,
sì che par tu pianga così che pare che tu pianga,
ma di piacere; non bianca ma di piacere; non sei più pallida,
ma quasi fatta virente, ma sei quasi divenuta di color verde,
par da scorza tu esca. sembra che tu esca dalla corteccia [d’un albero].
E tutta la vita è in noi fresca E tutta la vita scorre dentro di noi fresca
aulente, e profumata,
il cuor nel petto è come pesca il cuore nel petto è come una pèsca
intatta, intatta,
tra le pàlpebre gli occhi tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe, sono come polle d’acqua che sgorga tra le erbe,
i denti negli alvèoli i denti nelle gengive
con come mandorle acerbe. sono come mandorle acerbe.
Riassunto breve. Il poeta e una evanescente figura di superano le sue difese e lo strappano dalla noia della
donna sono sorpresi dalla pioggia in un bosco. Egli vita quotidiana. In fin dei conti fare una passeggiata
invita la donna ad ascoltare i rumori delle gocce in un bosco (e aspettare il temporale) è alla portata di
d’acqua sulla vegetazione, il canto delle cicale, che si tutti. Il poeta riesce a trasformare in modo suggestivo
affievolisce e scompare, il canto delle rane, che di- e coinvolgente un fatto comune – in questo caso il
venta sempre più intenso. E, mentre la natura del bo- temporale –, che, quando succede, in genere dà luogo
sco si appropria della loro vita e dei loro corpi, egli soltanto ad irritazione e ad imprecazioni. La vita ini-
invita la donna a lasciarsi andare alle sensazioni, e mitabile, piena di un raffinato estetismo, non è quindi
alla favola dell’amore, che prima aveva illuso lui e riservata unicamente ai personaggi dalla sensibilità
che ora illude lei. eccezionale. È anche alla portata del lettore, che deve
soltanto imparare a vedere e a percepire la realtà in
Commento modo diverso. In questo modo abilissimo e credibile
1. I due protagonisti, la donna ed il poeta, sono eva- il poeta riesce a provocare l’identificazione del suo
nescenti ed immateriali, puri centri di sensazioni, co- pubblico nella sua produzione artistica e nella sua vi-
me ne La sera fiesolana. La ragione è completamente ta estetizzante.
assente e il poeta si abbandona (e invita la donna ad 4. Tutta l’ode, in particolare la seconda strofa, ha
abbandonarsi) alle sensazioni della natura, che entra- suoni, rumori e una musicalità che fanno a gara con la
no ed avvolgono la coscienza. In tal modo l’uomo realtà rappresentata. Il poeta ha presente l’Adone di
perde la sua umanità ed entra a far parte della vita G. Marino (1569-1625), in particolare il passo in cui
primordiale della natura. il poeta secentesco si misura con il canto dell’u-
2. Il poeta tratta il tema, a lui caro, della passeggiata. signolo (VII, 32-37). D’altra parte Marino, prima di
E ribadisce la difficoltà del dialogo tra uomo e donna: D’Annunzio, volle essere consapevolmente uno scrit-
la favola dell’amore ieri ha illuso lei, oggi illude lui; tore professionista, che dalla produzione letteraria vo-
e, ancora, ieri ha illuso lui, oggi illude lei. Insomma leva ricavare onori, fama e ricchezza.
sia l’uomo sia la donna si imprigionano con le loro 5. In Alexandros Pascoli confronta ragione-realtà da
mani dentro le loro illusioni e non riescono a rompere una parte con il sogno che è infinitamente più bello
il bozzolo che li circonda per comunicare con l’altro. dall’altra, e sceglie il sogno. Niente di tutto questo in
Il tema della passeggiata e dell’incomunicabilità fra D’Annunzio, che sceglie la Natura e la divina onni-
uomo e donna si inserisce in un evento naturale – il potenza della Parola, si abbandona alla molteplicità
temporale –, che provoca nei due esseri una trasfor- delle sensazioni e fa confluire l’uomo nella vita della
mazione e li porta a divenire parte della vita imme- Natura.
diata, onnipervasiva e “vitalistica” della natura. 6. Il motivo del temporale è trattato in termini molto
3. La poesia trasforma la realtà in pure sensazioni au- diversi da Leopardi (La quiete dopo la tempesta, dove
ditive, visive e olfattive. La ragione è assente, sosti- il temporale è simbolo del dolore umano) e da Pascoli
tuita da un rapporto immediato e panico con la natu- (La mia sera, dove la giornata sconvolta dal tempora-
ra. La realtà – il fatto banale di un temporale che co- le rimanda simbolicamente alla vita del poeta, scon-
glie di sorpresa due innamorati mentre stanno facen- volta dai lutti familiari e dalla mancanza di affetto).
do una passeggiata in mezzo al bosco – è trasformata, Un altro temporale famoso è quello che ne I promessi
in un flusso continuo ed affascinante di sensazioni e sposi porta via la peste (XXXVII).
di emozioni, che aggirano la razionalità del lettore ---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 476
Stabat nuda Aestas, 1902 L’estate se ne stava nuda
Primamente intravidi il suo piè stretto Dapprima intravidi il suo piede stretto (=piccolo
scorrere su per gli aghi arsi dei pini e agile) correre su gli aghi riarsi dei pini,
ove estuava l’aere con grande dove l’aria ribolliva con grande
tremito, quasi bianca vampa effusa. tremito, quasi fosse una bianca vampa [di fuoco].
Le cicale si tacquero. Più rochi Le cicale tacquero. I ruscelli
si fecero i ruscelli. Copiosa si fecero più rochi. La resina gemette
la resina gemette giù pe’ fusti. scendendo copiosa per i fusti [dei pini].
Riconobbi il colùbro dal sentore. Riconobbi la serpe dall’odore [penetrante].
Nel bosco degli ulivi la raggiunsi. La raggiunsi nel bosco degli ulivi.
Scorsi l’ombre cerulee dei rami Scorsi le ombre azzurrine dei rami
su la schiena falcata, e i capei fulvi sulla sua schiena sinuosa, e [vidi] i capelli
nell’argento pallàdio trasvolare fulvi volar via nelle fronde argentee degli ulivi sacri
senza suono. Più lunghi nella stoppia, a Pàllade senza un suono. Più lontano tra le stoppie
l’allodola balzò dal solco raso, l’allodola balzò dal solco falciato,
la chiamò, la chiamò per nome in cielo. la chiamò, la chiamò per nome [volando] in cielo.
Allora anch’io per nome la chiamai. Allora anch’io la chiamai per nome.
Tra i leandri la vidi che si volse. Tra gli oleandri vidi che si volse.
Come in bronzea mèsse nel falasco Come nel grano maturo entrò fra i giunchi
entrò, che richiudeasi strepitoso. di palude, che si richiudevano con un rumore secco.
Più lungi, verso il lido, tra la paglia Più lontano, verso il lido, tra le alghe secche
marina il piede le si tolse in fallo. della spiaggia il suo piede incespicò.
Distesa cadde tra le sabbie e l’acque. Cadde distesa tra la riva e l’acqua del mare.
Il ponente schiumò nei sui capegli. La brezza di ponente schiumò nei sui capelli.
Immensa apparve, immensa nudità. Apparve immensa, in tutta la sua immensa nudità.
Riassunto. Il poeta scorge una figura di donna. Si e infine la raggiunge sulla riva del mare. E vede tutta
mette ad inseguirla. La donna fugge in mezzo alla na- la sua incomparabile bellezza.
tura, sfiorando gli aghi dei pini, le foglie degli ulivi, 3. La personificazione è presente anche in altre poesie
le mèssi di frumento. La cicala tace, ma l’allodola la di D’Annunzio: ne La sera fiesolana le colline all’o-
chiama. I giunchi si chiudono al suo passaggio. Infine rizzonte diventano labbra che non vogliono aprirsi; ne
sulla spiaggia, tra le alghe, il suo piede incespica. Ca- La pioggia nel pineto i due protagonisti sono puri
de distesa tra la sabbia e l’acqua. La brezza solleva la centri di sensazioni, che vanno oltre i limiti della sen-
schiuma delle onde fra i suoi capelli. Ed essa appare sualità e dell’erotismo. Il poeta si sente parte del tut-
in tutta la sua immensa e selvaggia bellezza. to, mette da parte la ragione e si abbandona a una fu-
sione orgiastica con la Natura.
Commento 4. La poesia riesce a riprodurre la situazione di vita
1. Il madrigale Stabat nuda aestas (L’estate stava nu- sospesa, che provoca la calura estiva. I rami degli al-
da) ripropone la donna evanescente di altre poesie beri oscillano appena, le cicale tacciono, e ogni tanto
dell’Alcyone. In questo caso la figura evanescente è si sente il rumore improvviso di un’allodola che spic-
quella dell’estate. Il poeta la insegue in mezzo ai bo- ca il volo nel campo di frumento appena falciato. Ma
schi, la sente davanti a sé. L’aria è ardente, le cicale la riproduzione della realtà nelle parole non vuole es-
tacciono, l’allodola spicca il volo, i giunchi della pa- sere un verismo più vero della realtà. Vuole indicare
lude si muovono al suo passaggio e si richiudono die- un paesaggio dell’anima, la ricerca di qualcosa che ci
tro di lei. Infine sta per raggiungerla in riva al male, sfugge sempre di mano, il nostro far parte della natu-
ma l’estate incespica e cade. La brezza di ponente ra, l’assenza della ragione, l’io umano ridotto o tra-
mescola la schiuma delle onde nei suoi capelli ed essa sformato in puro centro di sensazioni.
appare in tutto il suo splendore. Il poeta non la rag- 5. L’estate è evanescente, anche se con la calura fa
giunge, perché non può raggiungerla. Quando sta per sentire la sua presenza. Ma anche il poeta è evane-
raggiungerla, essa si fonde completamente con la na- scente. È un puro centro di sensazioni, che ha perso la
tura e scompare. Al suo posto appare la natura. sua identità umana, sociale, storica. È (divenuto) una
2. Il titolo rimanda a Ovidio, Stabat nuda aestas et pura entità che percepisce e che insegue altre perce-
spicea serta gerebat (L’Estate stava nuda e in capo zioni.
portava la corona), Metam., II, 2. Il poeta personifica 6. I versi di D’Annunzio fanno risuonare l’animo del
l’estate e la trasforma in un’evanescente figura di lettore come le infinite mani della pioggia traevano
donna che corre in mezzo alla natura. Egli la insegue dalle fronde della pineta una musica sempre diversa.
La natura del poeta è quindi completamente diversa
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 477
dalla Natura di Leopardi, che fa promesse di felicità in riva al mare, il calore cocente del sole, che dà la
che poi non mantiene e che fa soffrire gli uomini e vita e che prosciuga la vita, insomma che dà la mor-
tutti gli esseri viventi. È diversa anche dalla natura te.8. Nella maturità estrema o nella sospensione della
misteriosa e spesso ostile di Pascoli. In ambedue i ca- vita, provocata dalla calura estiva, s’insinua inesora-
si c’è la ragione che valuta la condizione umana, che bile il tema della morte o del fluire implacabile del
risulta insostenibile. D’Annunzio è parte della natura tempo. E tutto ciò provoca un improvviso contatto
ed esclude costantemente la presenza della ragione e con la realtà, con il divenire. Le sensazioni si aprono
della razionalità. L’io è soltanto consapevolezza di sé alla consapevolezza che il tempo fugge, travolge, di-
e delle proprie percezioni. Ed è sempre sul punto di vora, distrugge. E compare o una tenue insoddisfa-
ritornare a confondersi e a scomparire nella natura. zione o un impalpabile desiderio di morte e di disso-
7. L’inseguimento è una variante della passeggiata luzione o il tedio, che spinge ad inebriarsi nuovamen-
che ne La pioggia nel pineto compiono Ermione ed il te nelle sensazioni. E tutti questi sono temi della poe-
poeta. La conclusione è quasi la stessa: là le due figu- sia latina: tempus fugit, tædium vitæ. Ma i motivi
re umane ritornano a fare parte della natura, qui sol- classici sono interamente riplasmati, per diventare in-
tanto l’estate si dissolve nella natura. Il luogo in cui timamente dannunziani.
molte poesie sono ambientate è la spiaggia, la pineta
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Come scorrea la calda sabbia lieve Mentre la calda sabbia scorreva lievemente
per entro il cavo della mano in ozio, dentro il cavo della mia mano in ozio,
il cor sentì che il giorno era più breve. il cuore sentì che il giorno era più breve.
Riassunto. La sabbia scorre nella mano del poeta. Il facendo scorrere la sabbia attraverso un forellino. Ma
suo cuore percepisce che i giorni si erano accorciati. la clessidra rimanda anche all’altra misura classica
Si stava avvicinando il mese di settembre con le sue del tempo: lo gnomone, che faceva cadere l’ombra
piogge, che offusca lo splendore dorato della sabbia del sole sul quadrante della meridiana.
delle spiagge salmastre. La sabbia scorreva nella sua 3. Il poeta legge in termini decadenti il gioco di far
mano come in una clessidra. E l’ombra crescente de- scorrere la sabbia nella mano: essa è il simbolo del
gli arbusti sembrava l’ombra disegnata dallo gnomo- lento e inesorabile scorrere del tempo. Questo tempo
ne sul quadrante della meridiana. però è il tempo della natura, delle stagioni, dell’anno.
Non è il tempo della campana né della sirena della
Commento fabbrica. Non è il tempo meccanico né il tempo
1. Di solito si usava il madrigale per lodare la fanciul- scientifico. Questi altri tempi disturbavano e distur-
la che si amava o per esprimerle il proprio amore. bano, fanno pensare a cose precise, concrete, sgrade-
D’Annunzio invece lo adopera per descrivere lo scor- voli, fanno pensare al lavoro, alla società, ai rapporti
rere inesorabile del tempo. sociali, che erano quelli descritti e portati sulla scena
2. Il poeta è sulla spiaggia e fa scorrere nella mano la teatrale da Pirandello. D’altra parte la società e
sabbia. Il suo cuore percepisce che la stagione è cam- l’economia italiana erano ancora agricole, e non sa-
biata, che le giornate si sono accorciate e che si sta rebbe stata sufficiente la furia distruttrice del Futuri-
avvicinando settembre con le sue piogge. Così la sua smo (1909), che canta il progresso, il lavoro, le mac-
mano diventa una clessidra, mentre le ombre degli chine, per cambiare le cose e portare un vento nuovo
arbusti diventano lo gnomone della meridiana. La sua nella società italiana. Nel 1933 Mussolini manda nel-
azione di prendere in mano un pugno di sabbia, fatta le sale cinematografiche uno degli spot più riusciti
in un momento di ozio, si è dilatata ed ha acquistato del regime: egli a torso nudo prende i covoni di fru-
un significato ben più vasto: gli ha fatto percepire lo mento che gli vengono allungati e li getta dentro gli
scorrere inesorabile del tempo. Quel gesto riproduce ingranaggi della trebbiatrice.
l’azione della clessidra, che misura il tempo proprio ---I☺I---
Han bevuto profondamente ai fonti Essi hanno bevuto profondamente alle fontane alpine,
alpestri, che sapor d’acqua natia affinché il sapore dell’acqua nativa rimanga
rimanga né cuori esuli a conforto, nei loro cuori esuli come conforto,
che lungo illuda la lor sete in via. e a lungo dia sollievo alla loro sete.
Rinnovato hanno verga d’avellano. Si sono fatti un nuovo bastone di nocciolo.
E vanno pel tratturo antico al piano, E vanno per gli antichi percorsi verso la pianura,
quasi per un erbal fiume silente, quasi lungo un silenzioso fiume di erba,
su le vestigia degli antichi padri. sulle orme degli antenati.
O voce di colui che primamente O voce [piena di gioia] di chi scorge per primo
conosce il tremolar della marina! il tremolare della superficie marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina Ora lungo la spiaggia egli cammina con il gregge.
La greggia. Senza mutamento è l’aria. L’aria è totalmente immobile. Il sole al tramonto
Il sole imbionda sì la viva lana illumina la viva lana [delle pecore],
che quasi dalla sabbia non divaria. che non è troppo diversa dalla sabbia.
Isciacquio, calpestio, dolci romori. La risacca delle onde, il calpestìo del gregge,
altri dolci rumori [si diffondono nell’aria].
Ah, perché non son io co’ miei pastori?
Ahimè!, perché non son rimasto con i miei pastori?
Riassunto. È settembre. Il poeta pensa ai pastori della Foscolo: A Zacinto (vv. 11-14) e In morte del fratello
sua terra, che con il loro gregge lasciano i monti per Giovanni (v. 14) (1802-03). Ma è un tópos di tutte le
scendere verso il mare lungo gli antichi percorsi. Il letterature.
primo che vede il mare esplode in un grido di gioia. ---I☺I---
Ed egli, pieno di nostalgia, si chiede perché non è ri-
masto con loro. Nella belletta, 1902
Commento
1. Il poeta parla di se stesso, del suo mondo, della
sua malattia e delle piccole cose che egli ama e che la
sua musa ama cantare. Descrive le visite che faceva
alla signorina Felicita, una ragazza di antica nobiltà
che abita a Villa Amarena. Descrive i dialoghi con il
padre di lei e non nasconde la sua fama di usuraio. E
poi descrive la ragazza: è quasi brutta e apre la sua
bocca quando sorride come quando beve. Fa la civet-
tuola con lui e lo invita a cena. Egli resta e alle ore
21.00 se ne va, salutato da tutta la famiglia. Ma non
ama la compagnia, preferisce la cucina con i suoi
odori. E ama esplorare il solaio con lei. C’è l’antico
quadro della Marchesa, un’anima in pena, che si sen-
te ancora aggirarsi per i corridoi di casa. Ci sono
stampe di personaggi con l’alloro in fronte, che la si-
gnorina scambia per un rametto di ciliegio. Lei gli
chiede perché non parla. Egli risponde che pensava
alle piccole cose della sua vita e che sarebbe stato
dolce restare qui con lei: una dichiarazione d’amore.
Sì, lì nel solaio, e per sempre. Una farfalla notturna
si alza dalla parete facendo un triste rumore. È la
Marchesa, dice lei. Da basso la cuoca avvisa che la
cena è pronta. Lei lo invita a scendere, lui vuole ri-
manere ancora un po’, e si mettono a contare le stelle.
Ma poi lei insiste di scendere, altrimenti potrebbero
pensare che stanno facendo cose poco belle. 1. Silvestro Lega, Il canto di uno stornello, 1868. Lo stor-
2. La poesia di Gozzano è immersa nella vita quoti- nello è una forma di canto popolare italiano, di origine
diana, che è presentata così com’è, nei suoi aspetti probabilmente toscana (sec. XVIII), costituito da un quina-
banali, anche brutti e anche sgradevoli. La ragazza rio contenente l’invocazione e da due endecasillabi, il se-
non è abbellita, non è la donna di Guinizelli che porta condo dei quali rimato con il quinario iniziale; molto adat-
al cielo, né la Beatrice di Dante, che rende muti per la to per l’improvvisazione e frequente specialmente nelle
sua bellezza e la sua grazia. Tanto meno è la donna gare di canto tra contadini.
idealizzata e astratta di Petrarca e dei suoi seguaci. È ------------------------------I☺I-----------------------------
la ragazza normale e banale che si incontra per strada
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 498
Filippo Tommaso Marinetti (1876- 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo
e munificenza, per aumentare l’entusiastico fer-
1944) vore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna
La vita. Filippo Tommaso Marinetti nasce ad Ales- opera che non abbia un carattere aggressivo può
sandria d’Egitto nel 1876. Studia a Parigi, dove fre- essere un capolavoro. La poesia deve essere con-
quenta le avanguardie artistiche, e pubblica le prime cepita come un violento assalto contro le forze
opere in francese. Nel 1905 si trasferisce a Milano. ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
Nel 1909 pubblica a Parigi su un quotidiano di grande
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...
diffusione come “Le Figaro” il Manifesto del Futuri-
Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vo-
smo. Negli anni successivi si dedica alla diffusione
gliamo sfondare le misteriose porte dell’impos-
delle teorie futuristiche. Nel 1911 è tra i sostenitori
sibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi
della conquista della Libia. Nel 1913 partecipa ed
viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già
assiste agli scontri tra turchi e bulgari che culminano
creata l’eterna velocità onnipresente.
nell’assedio di Adrianopoli. Partecipa come volonta-
rio alla prima guerra mondiale. Nel dopoguerra si de- 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene
dica all’attività politica fondando il Partito politico del mondo - il militarismo, il patriottismo, il ge-
futurista, che presto confluisce nel Partito Nazional- sto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si
fascista. Da questo momento inizia la fase calante di muore e il disprezzo della donna.
Marinetti e del movimento, poiché, quando il Fasci- 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche,
smo conquista il potere (1922), essi diventano un le accademie d’ogni specie, e combattere contro
elemento di disturbo nell’opera di normalizzazione il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà
intrapresa dal regime. Nel 1929 è nominato da Mus- opportunistica e utilitaria.
solini accademico d’Italia. L’adesione al regime lo fa 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro,
partire volontario per la Russia e a schierarsi a favore dal piacere o dalla sommossa: canteremo le ma-
della Repubblica di Salò. Muore nel 1944. ree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni
nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fer-
Le opere. Marinetti scrive il romanzo Mafarka le fu- vore notturno degli arsenali e dei cantieri, incen-
turiste (Mafarka il futurista, 1909), la tragedia Le roi diati da violente lune elettriche; le stazioni ingor-
Bombace (Il re Baldoria, 1909), il Manifesto del Fu- de, divoratrici di serpi che fumano; le officine
turismo (1909), poi Zang Tumb Tumb (1913), una appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi;
delle sue opere sperimentali più famose, che parla i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i
dell’assedio di Adrianopoli (oggi Edirne, nella Tur- fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltel-
chia europea, guerra nei Balcani, 1912), l’Alcòva li; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte,
d’acciaio (1921), che racconta la sua esperienza di e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano
guerra combattuta sulle autoblinde. sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbri-
gliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani,
Il Manifesto del Futurismo, 1909 la cui elica garrisce al vento come una bandiera e
sembra applaudire come una folla entusiasta.
1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitu-
dine all’energia e alla temerità. È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo
nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno ele-
col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vo-
menti essenziali della nostra poesia.
gliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari.
pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esal- Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di ri-
tare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, gattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli
il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il musei che la coprono tutta di cimiteri.
pugno. ---I☺I---
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si
è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza del- Riassunto. Il Manifesto del Futurismo (1909) canta la
la velocità. Un automobile da corsa col suo cofa- moderna civiltà della macchina, che è contrapposta
no adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito alla sonnolenta civiltà del passato. I punti più impor-
esplosivo... un automobile ruggente, che sembra tanti, su cui l’autore insiste e che celebra, sono:
correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria a) il pericolo, il coraggio, l’audacia, la ribellione, lo
di Samotracia. schiaffo e il pugno;
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il vo- b) la bellezza dell’”eterna velocità onnipresente”, che
lante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lancia- caratterizza la civiltà moderna e che ha arricchito il
ta a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. mondo da quando è apparsa l’automobile;
c) la bellezza della lotta e, di conseguenza, la glorifi-
cazione della guerra, “sola igiene del mondo”, del mi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 499
litarismo, del patriottismo, del gesto distruttore dei 6. “Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo
libertari; già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna
d) il rifiuto di tutta l’arte del passato, dei musei, delle velocità onnipresente”: Marinetti sente con particola-
biblioteche, delle accademie; re forza che la storia sta accelerando. E scopre la ve-
e) la lotta contro il moralismo, il femminismo ed ogni locità onnipresente. Nel 1898 a Torino nasce la Fiat,
viltà opportunistica; le automobili non correvano troppo ed erano diventa-
f) le folle agitate dal lavoro, dal piacere, dalla som- te un simbolo maschile. Nel 1903 i fratelli Orville e
mossa; gli arsenali, le officine, i ponti, i piroscafi e Wilbur Wright (USA) fanno volare il primo aereo
tutto ciò che la tecnica ha saputo costruire. grazie a un motore a scoppio. Radicali cambiamenti
L’autore intende lanciare il manifesto dall’Italia, per- coinvolgono anche la logica, la fisica e l’astronomia
ché vuole liberare “questo paese dalla sua fetida can- (Frege, Planck, Einstein, Heisenberg, Lemaître, Hub-
crena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’anti- ble ecc.).
quari”. 7. A dire il vero, i musei e la cultura creano posti di
lavoro e fanno girare il denaro. Sono necessari. Per
Commento secoli i pittori venivano a studiare in Italia e molti poi
1. Il Futurismo italiano è un movimento che ha un re- vi restarono. L’Italia era considerata il paese dell’arte,
spiro cosmopolita ed europeo (Romanticismo, Veri- merito delle commesse dei papi agli artisti.
smo e Decadentismo erano stati importati dalla Fran- 8. Le manifestazioni più persuasive del Futurismo ita-
cia, anche se hanno caratteristiche originali): riesce a liano non vanno cercate nella produzione letteraria, di
svecchiare la cultura italiana e a diffondersi anche livello assai modesto, ma nella produzione artistica,
all’estero. È lanciato da Parigi, perché allora la capi- dalla pittura alla scultura all’urbanistica: Umberto
tale francese era il maggiore centro di produzione Boccioni, Carlo Carrà, Antonio Sant’Elia.
culturale dell’Europa. 9. Dopo il 1920 il Futurismo perde le sue spinte ever-
2. “Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...”: sive e finisce in una tranquilla celebrazione del regi-
l’affermazione rimanda alla tesi illuministica secondo me nazional-fascista, lasciando però segni evidenti
cui il presente è un nano che vive sulle spalle di un nelle successive correnti artistiche.
gigante, il passato (1730-90). In ogni caso l’Italia 10. Se si vuole, Marinetti riprende la polemica di
aveva bisogno di cambiamenti radicali, aveva una quasi un secolo prima di Giovanni Berchet, che nel
economia quasi del tutto agricola ed era in ritardo ri- 1816 nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo fi-
spetto a tutti gli altri paesi europei. La meccanizza- gliolo proponeva una cultura del presente, impegnata,
zione dell’agricoltura avviene soltanto a partire dal romantica, contro i laudatores del tempo antico.
1950. Aveva pure un gruppo ristretto di intellettuali
di altissimo livello e la maggioranza della popolazio-
ne era semi-analfabeta o analfabeta. La riforma delle
scuole elementari avviene soltanto nel 1925 (Riforma
Gentile).
3. Dietro a Marinetti stanno l’esplosione dei naziona-
lismi europei (1870-1914), la volontà di potenza e il
super-uomo di Friedrich Nietzsche (1844-1900). La
violenza era ampiamente praticata da Stati, polizie,
anarchici socialisti, comunisti. Nel 1898 l’esercito
italiano a Milano spara sulla folla, che protestava
contro il rincaro del pane. Fa forse 180 morti.
4. “Noi vogliamo glorificare la guerra”: forse è la
prima volta che un letterato la glorifica, dopo Omero,
Ariosto, Tasso. In realtà gli Stati la glorificavano a
tempo pieno; guerra dei 100 anni tra Francia e Inghil-
terra (1337-1453), guerre di religione (1618-48),
guerra d’indipendenza americana (1775-1783), guerre
napoleoniche (1797-1814), guerre d’indipendenza ita- 1. Umberto Boccioni, Stati d’animo. Quelli che restano,
liane (1848-70) ecc. 1911.
5. Un motivo del manifesto è l’anti-femminismo. A ------------------------------I☺I-----------------------------
fine sec. XIX le suffragette britanniche chiedevano il
voto per le donne. Cambiamenti sociali rilevanti av-
vengono in seguito alla prima guerra mondiale: le
donne accorciano la gonna, così usano meno stoffa,
mostrano le gambe (ma indossano le calze) e sono più
comode. In fabbrica le gonne lunghe erano scomode e
pericolose. In Italia le donne ottengono il voto nel
1946, finita la guerra.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 500
Italo Svevo (1861-1928) re involontariamente la felicità. Ad esempio il suo
matrimonio con Augusta nasce per caso, partendo da
La vita. Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector uno scambio di persona del protagonista, ma questa
Schmitz, nasce a Trieste nel 1861. Per tutta la vita la- scelta si rivela poi felice per entrambi. Perciò nella
vora in banca e si dedica a scrivere romanzi e raccon- realtà il caso ha un grandissimo potere e l’inetto ac-
ti, che per la sua collocazione ai margini dell’Impero cetta passivamente questa presenza, che nel sec. XX
austro-ungarico non hanno particolare accoglienza. acquista sempre più importanza. Nei romanzi di Sve-
Scrive una trilogia, che ha protagonisti diversi, ma vo sono quindi sempre presenti alcune contrapposi-
affronta la stessa problematica: Una vita (titolo ini- zioni che esprimono efficacemente la condizione
ziale Un inetto, 1892), Senilità (1898, 1927) e La co- umana. Esse sono: Attitudine/Inettitudine, Gioven-
scienza di Zeno (1923È “lanciato” al livello nazionale tù/Senilità, Salute/Malattia. E non c’è nessun deside-
e internazionale da Eugenio Montale, che lo recensi- rio di scoprire il mondo e di uscire dalla soffocante
sce sulla rivista milanese “L’esame” (1925) con normalità della vita quotidiana. Il massimo delle tra-
l’articolo Omaggio a Italo Svevo, e da alcuni critici sgressioni è avere moglie e cercarsi una amante, qua-
francesi (a cui era stato indirizzato dall’amico James le che sia, anche se si crede di provare un qualche in-
Joyce), che nel 1926 dedicano a La Coscienza di Ze- teresse per lei.
no e agli altri due romanzi la maggior parte del fasci- ---I☺I---
colo della rivista “Le navire d’argent”.
Muore a Motta di Livenza (TV) nel 1928. Una vita (titolo iniziale Un inetto), 1892
Le opere. Scrive la trilogia Una vita (titolo iniziale Riassunto. Alfonso Nitti, un giovane intellettuale con
Un inetto, 1892), Senilità (1898, 1927) e La coscien- aspirazioni letterarie, lascia il paese natale, dove vive
za di Zeno (1923), che hanno protagonisti diversi, ma con la madre, e si trasferisce a Trieste. Qui trova un
affrontano la stessa problematica. avvilente impiego come bancario. Un giorno è invita-
to a casa del banchiere Maller, dove conosce Maca-
La poetica. Contro i cantori del super-uomo o dell’a- rio, un giovane sicuro di sé, con cui stringe amicizia.
ristocratico che si dedica a una vita estetica Svevo in- Conosce anche Annetta, figlia di Maller, anche lei
venta un eroe rovesciato o un anti-eroe: la figura interessata alla letteratura. Con la ragazza inizia una
dell’inetto, che non sa decidere, che rimanda le deci- relazione sentimentale. Sul punto di sposarla però
sioni al futuro, che si lascia vivere dalla vita e dagli fugge, così da poter cambiare vita, e torna al paese
imprevisti, che subisce il caso senza reagire. L’inetto d’origine, dove la madre, già gravemente ammalata,
si sente inadatto a vivere, poiché non riesce ad aderire muore. Alfonso torna quindi a Trieste, certo di aver
alla vita, non ha valori in cui credere, non ha scopi, scoperto nella rinuncia e nella contemplazione la sua
non ha un ruolo nella società in cui riconoscersi, vera natura. La realtà però sarà diversa: scopre che
quindi non riesce a dare un senso alla propria vita. Annetta si è fidanzata con Macario, si fa prendere
Inoltre si sente malato di quella malattia che è il disa- dalla gelosia e si sente ferito dall’odio dei colleghi. Il
gio del sec. XX: l’incapacità di provare sentimenti, ruolo che gli è assegnato è di minore importanza, ma
che provoca nell’uomo un forte sentimento di tristez- cerca di tornare in buoni rapporti con la famiglia
za e di infelicità. L’inetto quindi è sempre un eroe Maller. Tuttavia fallisce in questo proposito ed anzi
sconfitto che potrebbe apparire al pubblico molto si- aggrava la situazione, poiché si lascia sfuggire frasi
mile ai Vinti dei romanzi di Giovanni Verga. Tuttavia che sono interpretate come ricatti. Scrive allora ad
esiste una notevole differenza: la sconfitta dei vinti Annetta per chiederle un incontro di chiarimento, ma
era da imputare esclusivamente all’ambiente ostile, il suo gesto è frainteso: all’appuntamento con la ra-
invece il fallimento dell’inetto è da ricondurre alla gazza si presenta il fratello Federico, che lo sfida a
frattura che si è creata tra l’individuo e la realtà e, duello. Alfonso sceglie di suicidarsi con esalazioni di
all’interno dell’individuo, con la scoperta dell’in- gas e di porre fine alla sua vita di disadattato, imma-
conscio, un mondo oscuro e sconosciuto, che condi- ginando che Annetta venga a piangere sulla sua
ziona le azioni umane. tomba.
Tutti i protagonisti dei romanzi di Svevo sono degli
Commento
inetti, tuttavia c’è una profonda differenza tra Alfon-
1. Il suicidio è la risposta definitiva del protagonista
so ed Emilio, protagonisti di Una vita e di Senilità, e
alle difficoltà della vita e della convivenza con gli al-
Zeno, protagonista de La coscienza di Zeno. I primi
tri individui. In qualche modo Alfonso è una proie-
due sono personaggi tragici, sono rappresentati in una
zione dello stesso Svevo, che per tutta la vita lavora
dimensione cupa e triste, e il loro destino è la morte
in banca, si diletta a scrivere romanzi e non ha alcun
o, in alternativa, la rinuncia a vivere. Zeno invece rie-
successo letterario.
sce a non essere tragico poiché, data la sua età matu-
2. Il suicidio richiama un altro suicidio: Ugo Foscolo,
ra, è divenuto consapevole della sua “malattia” e usa
Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1798). Jacopo pro-
l’ironia per sdrammatizzare se stesso e la sua condi-
va le due massime delusioni che lo potevano colpire:
zione. Zeno è colui che, convinto di sbagliare, effet-
Napoleone ha ceduto Venezia, la sua patria, all’im-
tua la scelta più giusta, riuscendo perciò a raggiunge-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 501
pero asburgico (1797); e la donna che egli amava ha Commento
obbedito al padre e sposato un altro pretendente. Per- 1. Svevo riprende e ripete i motivi del primo roman-
ciò si suicida con un colpo di pugnale. Ma il suicidio zo: il protagonista vuole e disvuole, deve decidere e
è mezzo fallito, perché si è soltanto ferito a morte, non decide, deve scegliere e non sceglie, e alla fine fa
perciò impiega alcuni giorni per morire. E prima di del male a se stesso, e sostituisce la vita con i ricordi
morire davanti al suo capezzale passa una fila di per- del passato.
sonaggi, per fare le ultime due chiacchiere con lui. 2. L’atteggiamento di Amalia nei confronti della vita
Ortis è l’eroe romantico, che sente intensamente i va- ripete il suicidio di Alfonso Nitti, protagonista del
lori per i quali ritiene che la vita sia degna d’essere primo romanzo di Svevo, Una vita (1892).
vissuta. ---I☺I---
3. Gli umanisti dicevano che faber est suae quisque
fortunae (ognuno è artefice del suo destino) e, in ne- La coscienza di Zeno, 1923
gativo, anche Alfonso è artefice del suo, tanto che
giunge alla decisione di suicidarsi. Il suo destino però Riassunto lungo. Il riassunto lungo si trova nell’ulti-
non è fuori di lui, nelle mani di divinità avverse, ma
mo capitolo: Romanzi italiani e stranieri del Nove-
dentro di lui: non studia, non conosce e non com-
cento (1890-2010).
prende la realtà in cui vive e prende decisioni sbaglia-
te, che gli saranno fatali.
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Riassunto breve. Zeno Cosini è un maturo e ricco
commerciante di Trieste ed è pure un accanito fuma-
Senilità,1898, 1927 tore. Vuole smettere di fumare, da solo non ne è
capace, perciò si rivolge a uno psicoanalista, il
Riassunto. Emilio Brentani è un impiegato di un’assi- Dottor S. Il medico lo induce a scrivere la propria au-
curazione: conduce una modesta esistenza in un ap- tobiografia, nella speranza che ciò lo aiuti a guarire
partamento di Trieste condiviso con la sorella Ama- dal vizio, di cui è schiavo. Zeno inizia a scrivere, ma
lia, la quale, non avendo molti rapporti con il mondo poi interrompe la terapia. Il medico, irritato, si vendi-
esterno, si limita principalmente ad accudirlo. Accade ca pubblicando le memorie del paziente. Zeno nel
un giorno che Emilio conosce Angiolina, di cui si in- racconto ripercorre sei episodi significativi della sua
namora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l’ami- vita, legati a una radice comune, l’incapacità di vive-
co Stefano Balli, che compensa i pochi riconosci- re, l’inettitudine, che è la sua vera malattia. Egli ri-
menti artistici con il successo che ha con le donne. corda come cominciò a fumare e come non sia mai
Emilio tenta di far capire ad Angiolina che la loro re- riuscito ad accendere “l’ultima sigaretta”. Il suo at-
lazione sarà subordinata ai doveri che egli ha, come teggiamento inetto verso il fumo, fatto di penti-
quello nei confronti della propria famiglia. Non si menti, buoni propositi e fallimenti, si allarga anche ai
rende conto che in realtà è Angiolina a gestire il lo- momenti più importanti della sua vita: il difficile
ro rapporto, ad investire meno sentimenti e a soffrire rapporto con il padre, fatto di diffidenza e incom-
di meno a causa della loro relazione non ufficiale. prensione, fino alla sua morte; il matrimonio con
L’amico Stefano non crede nell’amore e cerca di Augusta, accettato sotto la spinta del caso e poi rive-
convincere Emilio a divertirsi con Angiolina, che ha latosi felice; la relazione con la giovane Carla, voluta
una pessima fama a Trieste. Invece Emilio apre il per sconfiggere la paura d’invecchiare e di cui non si
cuore alla ragazza e ignora gli avvertimenti degli assume alcuna responsabilità morale; il rapporto di
amici: Angiolina non lo ricambia e anzi inizia a mo- amore e odio con il cognato Guido, colpevole di aver
strare un certo interesse per un ombrellaio e per lo sposato Ada, di cui Zeno era innamorato; l’asso-
stesso Stefano. Stefano comincia a frequentare casa ciazione commerciale che ha costituito con lui. Nel-
Brentani con maggiore continuità. Per ironia del de- l’ultimo episodio la guerra sorprende Zeno ed egli ne
stino Amalia finisce per innamorarsi di lui. Il suo fa- rimane sconvolto. Ancora una volta la sorte lo aiuta e
scino maschile colpisce entrambe le donne. Emilio, gli consente di arricchirsi con un fortunato commer-
geloso della sorella, allontana Stefano, mentre Ama- cio. Ciò lo fa sentire forte e sano e lo spinge ad ab-
lia comincia a drogarsi con l’etere, finché non si bandonare la cura psicoanalitica. Chiude il romanzo
ammala di polmonite. La malattia la conduce alla l’apocalittica previsione di una catastrofe, prodotta
morte. Emilio smette di frequentare Angiolina, pur dagli ordigni di guerra e che travolgerà l’intera Euro-
amandola, e si allontana da Stefano Balli. In seguito pa.
viene a sapere che la donna è fuggita con il cassiere
di una banca, per andare a vivere nella capitale Commento
dell’Impero, Vienna. Anni dopo, ricordando il passa- 1. Zeno Cosini, il protagonista del romanzo, proviene
to, Emilio vede le due donne idealizzate dai suoi de- da una famiglia ricca, vive nell’ozio e ha un rapporto
sideri e fuse in un’unica persona, che ha l’aspetto conflittuale con il padre, che condizionerà tutta la sua
dell’amata e il carattere della sorella. vita. Sia nei rapporti amorosi, sia nei rapporti con i
familiari e gli amici, sia nel lavoro egli prova costan-
temente un senso di inadeguatezza e di inettitudine,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 502
che interpreta come sintomi di una malattia. In segui- vono e gli imprevisti sempre in agguato. E vi riesco-
to giunge alla conclusione opposta: non è lui ad esse- no. Dorothy è addirittura una ragazzina, ma alle spal-
re ammalato, ma la società in cui vive. Con Svevo le ha i romanzi d’avventura di Mark Twain (1835-
nasce l’anti-eroe, che avrà grande successo presso gli 1910), che rappresenta un’America vitalistica, in cui
scrittori italiani dopo di lui. si incontrano persone per bene ed anche imbroglioni,
2. Il romanzo ripropone gli stessi motivi dei due ro- da cui sapersi difendere. Le sue opere più significati-
manzi precedenti: l’inettitudine del protagonista, la ve sono due romanzi di formazione: Le avventure di
sua incapacità di decidere, l’importanza del caso, di Tom Sawyer (1876) e Le avventure di Huckleberry
un caso favorevole, i piccoli o grandi odii e amori Finn (1884), che propongono una visione ottimistica
della vita quotidiana. Sulla fortuna il rimando inevi- della vita anche se essa è piena di difficoltà.
tabile è a Niccolò Machiavelli, Principe, cap. XV. Il 6. Due soluzioni alternative, praticate negli stessi an-
segretario fiorentino dice come gli uomini possano ni, erano il super-uomo di Friedrich Nietzsche (Così
gestire la fortuna avversa. parlò Zarathustra, 1883, 1884,1885) e l’aristocratico
3. Il romanzo termina con lo scoppio della guerra e che conduceva una vita estetizzante di Joris-Karl
l’effetto positivo che essa ha sui guadagni del prota- Huysmans (1884), Gabriele D’Annunzio (1888) e
gonista. La prima guerra mondiale era già scoppiata e Oscar Wilde (1890).
già finita, e stava lasciando una pesante eredità, fatta 7. Il “caso Svevo” mostra quanto sia arbitraria e acci-
di tensioni e di problemi, che i governi non sarebbero dentale la fama, il successo o l’idea di letteratura.
riusciti a gestire. Quando la situazione politica ed Svevo non era scrittore di professione e si dedicava
economica europea e mondiale si stava normalizzan- alla letteratura per diletto. Diviene uno scrittore fa-
do, arriva l’ondata distruttiva del crollo della borsa moso grazie all’intervento di critici e amici che ne
statunitense (1929), i cui effetti coinvolgono l’intera pubblicizzano l’opera. Senza di essi i suoi romanzi
economia mondiale e si prolungano fino allo scoppio sarebbero rimasti sconosciuti. Anche lui è frutto del
della seconda guerra mondiale (1939). caso o della fortuna o delle circostanze o dei rapporti
4. Prima di Svevo i romanzi avevano come protago- di amicizia. Ma il caso si è vendicato subito: è dive-
nisti l’eroe, il personaggio che superava tutte le diffi- nuto famoso a 64 anni, tre anni prima di morire.
coltà e che alla fine risultava vincitore. Ad esempio
Jules Verne, Michele Strogoff (1876), che porta a
termine la missione affidatagli (la consegna di una
lettera dello zar in una lontana provincia dell’impero)
e conquista pure l’amore di una ragazza di 16 anni.
Svevo invece dà spazio all’anti-eroe, al fallito, che
distrugge la sua vita con le sue mani. Eppure come
commerciante Zeno non è certamente un fallito, è di-
venuto ricco.
5. L’epopea degli sconfitti o degli sfigati o dei sado-
masochisti include anche due romanzi per ragazzi di
grandissimo successo: Collodi, Pinocchio (1883) e
Edmondo De Amicis, Cuore (1886). Al di là delle
apparenze gli orizzonti di Pinocchio sono ristrettissi-
mi, non vanno oltre i confini del paese, e gli ideali
sono pure modestissimi, diventare bambino; nell’in-
tero universo non ci sono altri ideali di vita, non c’è
futuro, non c’è nemmeno la speranza. I personaggi di
De Amicis girano il mondo, ma ovunque vadano, si
sentono a casa loro, e in compagnia di una sfiga iper-
bolica, che non ammette futuro e l’unico piacere pos-
sibile è di essere colpiti da qualche disgrazia, che fa
compagnia e fornisce l’occasione di vantarsi davanti
agli altri non sfigati. De Amicis è il cantore universa-
le degli sfigati, degli autolesionisti, dei sacrifici uma-
ni cocciutamente cercati e realizzati. La vita è una “Sono smonata, nessuno si interessa di me!
sfiga e una sofferenza continua. Chi non è sfigato è Neanche fossi un rospo!”
sfortunato e non è degno di vivere. Ben altra cosa so-
no Jim Hawkins, il ragazzino protagonista di Robert
1. Vittorio Matteo Corcos (1859-1933), Sogni, 1896.
Louis Stevenson, L’isola del tesoro (1883); e Doro- ------------------------------I☺I-----------------------------
thy, la ragazzina americana protagonista di L. Frank
Baum, Il meraviglioso mago di Oz (1900), riassunto
qui sotto nel capitolo finale. Non cercano di soffrire,
cercano di conoscere e controllare la realtà in cui vi-
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Luigi Pirandello (1867-1936) c) i romanzi L’esclusa (1908), Il fu Mattia Pascal
(1904), I vecchi e i giovani (1913), Si gira..., che di-
La vita. Luigi Pirandello nasce ad Agrigento nel venta Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925),
1867. Nel 1880 frequenta il liceo a Palermo, dove la Uno, nessuno, centomila (1925-26);
famiglia si trasferisce. Ritornato ad Agrigento, lavora d) le opere teatrali (spesso tratte dalle novelle) Pen-
un’estate nelle solfare gestite dal padre. Poi parte per saci, Giacomino! (1917), Liolà (1917), Così è (se vi
Roma, dove si iscrive alla Facoltà di lettere. Un liti- pare) (1918), Il berretto a sonagli (1918), Ma non è
gio con il docente di latino lo costringe a spostarsi una cosa seria (1918), La patente (1919), Sei perso-
all’Università di Berlino, dove si laurea nel 1891. Ri- naggi in cerca d’autore (1921), Enrico IV (1922),
tornato a Roma, nel 1894 sposa Maria Antonietta Vestire gli ignudi (1923), L’amica delle mogli (1928),
Portulano che gli dà tre figli. Inizia a collaborare con Questa sera si recita a soggetto (1930), I giganti del-
numerosi giornali. Nel 1898 con Ugo Fleres, anima- la montagna (1931-38) ecc.;
tore culturale e pittore, fonda la rivista “Ariel”. In e) numerosi film tratti dalle novelle, come Acciaio
questi anni precisa le sue posizioni: rifiuta lo scienti- (1932) e Terra di nessuno (1938).
smo positivista, il Naturalismo, ma anche lo Spiritua-
lismo che stava nascendo. Inoltre prova un’antipatia La poetica. Pirandello espone la sua poetica ne L’u-
personale per D’Annunzio. Tra il 1903 e il 1904 la morismo (1908), un’opera che costituisce non un ma-
moglie dà segni di squilibrio mentale, che peggiorano nifesto programmatico, ma una riflessione e un ap-
con il tracollo economico seguito all’allagamento del- profondimento sul suo modo di fare arte dopo 20 anni
la miniera di zolfo in cui il padre di Pirandello aveva di produzione artistica. L’autore formula la sua poeti-
investito tutti i suoi capitali. In questa situazione dif- ca in polemica con Croce, secondo cui l’arte è intui-
ficile lo scrittore riesce a a terminare Il fu Mattia Pa- zione pura, intuizione spontanea del sentimento, che
scal (1904) e a trovare altri collaboratori. Nel 1908 esclude sia l’intervento della ragione, sia scopi diver-
grazie alla pubblicazione di Arte e scienza (1908) e si dal semplice raggiungimento del bello: il vero,
L’umorismo (1908) è nominato professore di ruolo l’utile e il buono per il filosofo erano oggetti di altre
presso l’Istituto Superiore di Magistero. L’umorismo, attività dello spirito. Pirandello però ritiene che si
che contiene la sua poetica, dà origine anche a una debba evitare di cadere anche nel rischio opposto di
durissima polemica con Benedetto Croce, che propo- Croce, quello di pensare che l’arte sia soltanto il frut-
neva una estetica basata sull’intuizione. D’altra parte to dell’attività razionale, cioè soltanto il frutto della
l’intero mondo accademico è ostile alle sue posizioni ragione, della riflessione. E questa è la poetica dei
culturali. La produzione letteraria ha un sviluppo sen- simbolisti. A suo avviso l’opera d’arte è il frutto di
za soste. Nel 1910 inizia la produzione teatrale, che tutte le attività dello spirito: in un primo momento è
raggiunge i risultati migliori dopo il 1917. Nel 1921 attiva la spontaneità del sentimento, in un secondo
fa rappresentare Sei personaggi in cerca d’autore, momento interviene l’attività critica e riflessiva della
che a Roma è fischiato e a Milano conosce il trionfo. ragione. La spontaneità dell’artista si esprime con il
Il dramma decreta la fama internazionale dello scrit- sentimento del comico; l’attività riflessiva si esprime
tore, che inizia a seguire in tutto il mondo le compa- invece con il sentimento dell’umorismo. Il comico e
gnie che mettono in scena i suoi lavori. Nel 1925 ab- l’umorismo sono i due momenti successivi che l’arti-
bandona l’insegnamento per assumere la direzione sta deve percorrere per realizzare l’opera d’arte. Ben
artistica del “Teatro dell’arte”, fondato a Roma con il inteso, egli si può anche fermare alla percezione del
figlio Stefano, e gli scrittori Orio Vergani e Massimo comico, e non andare oltre, fino al livello dell’umo-
Bontempelli. Nel 1924 si iscrive al Partito Fascista, rismo, che è il livello più completo e perfetto dell’o-
ma poi si disinteressa di politica. Negli anni successi- pera d’arte.
vi all’interno del partito crescono voci di condanna Pirandello spiega la sua poetica con un esempio:
della sua produzione, ben distante dall’ottimismo di “Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti un-
facciata del regime. Dopo il 1920 trova in Marta Ab- ti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta gof-
ba l’interprete ideale dei suoi drammi, la collaboratri- famente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi
ce e l’ispiratrice, che gli è accanto fino alla morte. metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è
Nel 1929 è nominato membro della Regia Accademia tutto il contrario di ciò che una vecchia rispettabile
d’Italia. Nel 1934 ottiene il premio Nobel. Muore nel signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e
1936 a Cinecittà mentre assiste alla seconda versione superficialmente, arrestarmi a questa impressione
cinematografica de Il fu Mattia Pascal. comica. Il comico è appunto un avvertimento del con-
trario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi
Le opere. Pirandello scrive moltissime opere: suggerisce che quella vecchia signora non prova forse
a) i testi teorici Arte e coscienza d’oggi (1893), Arte e nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma
scienza (1908) e L’umorismo (1908); che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamen-
b) Novelle per un anno (1937), che raccoglie le 225 te s’inganna che, parata così, nascondendo così le ru-
novelle apparse prima sulle riviste, poi raccolte più ghe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del
volte in volume; marito molto più giovane di lei, ecco che io non pos-
so più riderne come prima, perché appunto la rifles-
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sione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel testo efficace, sia che cosa vuol dire ricostruzione o
primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel taglio artistico (o scomposizione e ricomposizione) di
primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare quello specifico autore di letteratura e di teatro che è
a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la Pirandello.
differenza tra il comico e l’umoristico”.
La riflessione di Pirandello peraltro investe anche gli Riassunto (versione cronologica). Chiàrchiaro ha
aspetti formali dell’arte umoristica: se il sentimento perso il lavoro perché si è acquistato la fama di ietta-
del contrario mette in moto un processo creativo di- tore. Vive con una moglie e due figlie a carico chie-
verso dal solito, allora i risultati, cioè le opere d’arte, dendo aiuto economico al figlio, che tuttavia più di
devono avere caratteristiche completamente diverse tanto non può fare perché ha anche lui una famiglia
dalle altre. Queste caratteristiche sono la frammenta- da mantenere. Esasperato per la mentalità superstizio-
rietà, la discontinuità e la scompostezza. Esse non so- sa dei compaesani, che gli impediscono di vivere e
no affatto difetti, ma le caratteristiche specifiche che anzi lo fanno morire, cerca una soluzione: pensa
dell’arte umoristica. In questo modo lo scrittore re- di sfruttare la sua fama. Querela per diffamazione i
spinge radicalmente la concezione classica dell’arte primi due giovani che al suo passaggio fanno gli
come di armonia e di equilibrio delle immagini o tra scongiuri. Avrebbe poi fornito prove inconfutabili
le parti Questo anticlassicismo consapevole permette all’avvocato della controparte, affinché fosse ricono-
di capire quanto è importante per l’autore il ricorso al sciuta ufficialmente la sua potenza di iettatore. È si-
paradosso, alla deformazione espressionistica e alla curo di farcela, quando il giudice che deve discutere
destrutturazione della realtà. L’umorismo porta a cer- la causa lo fa chiamare. Egli si veste da iettatore. Il
care, a scoprire e a stabilire relazioni impensate sia giudice lo accoglie stizzito per la messa in scena, e lo
tra le immagini sia nella realtà. invita a ritirare la querela perché è destinato a perdere
La riflessione dell’autore non riguarda soltanto l’arte. la causa. Perciò oltre al danno delle spese processuali
Si presenta anche come uno strumento efficace per avrebbe avuto anche la beffa. Egli allora si mette a
interpretare almeno la società del suo tempo: il Posi- urlare che il giudice è suo nemico e che non capisce
tivismo e il Verismo erano ormai in crisi, e il nascen- niente. Il giudice non reagisce alle offese e lo prega di
te spiritualismo proponeva verità consolatorie. La chiarirgli perché non capirebbe niente. Chiàrchiaro
realtà sociale era disgregata, non era più riconducibile gli spiega che è appena andato dall’avvocato della
a principi assoluti e a valori universali, e non permet- controparte e gli ha portato prove irrefutabili che egli
teva più interpretazioni unitarie. è uno iettatore. Il giudice è ancora più sbalordito.
Chiàrchiaro continua: il giudice esercita la professio-
Novelle per un anno, 1937 ne perché ha la laurea. Egli vuole la patente di iettato-
re per esercitare la professione di iettatore. Perdendo
Novelle per un anno (1937) raccoglie le 225 novelle la causa si sarebbe visto riconoscere ufficialmente
scritte da Pirandello. Le più famose sono La carriola questa sua capacità. Si sarebbe presentato davanti alle
(1917), La patente (1918), Il treno ha fischiato case da gioco, davanti ai negozi, davanti alle fabbri-
(1922). Le novelle permettono all’autore di far sentire che. Ed avrebbe intascato la tassa, che gli avrebbero
in modo capillare la sua presenza nella produzione pagato per farlo andar via. La tassa dell’ignoranza,
letteraria quotidiana. Esse preparano lo spazio e gli dice il giudice. No, la tassa della salute, perché quella
animi alla produzione dei romanzi e alla produzione schifosa umanità gli aveva fatto accumulare tanta bi-
teatrale. Dalle novelle i lettori potevano sentirsi sti- le, che aveva la potenza di fare crollare dalle fonda-
molati a passare alla lettura dei romanzi e alla visione menta l’intera città. Se il giudice gli voleva bene dav-
della produzione teatrale. Potevano anche sentirsi in- vero, doveva istituire il processo al più presto. E far-
dotti a vedere lo stesso soggetto nella presentazione gli avere la patente.
scritta e nella rappresentazione teatrale. Come D’An-
nunzio, anche Pirandello è una industria culturale, Riassunto (versione narrativa). Il giudice D’Andrea
che sforna una grande quantità di prodotti, tutti ugua- aveva un aspetto sbilenco ma era di una dirittura mo-
li, tutti diversi, che il pubblico richiede e apprezza. rale senza confronti. Non aveva mai lavoro arretrato
da sbrigare. Da due settimane però aveva una causa
La patente, 1918 in sospeso. Aveva chiesto lumi ai suoi colleghi, ma
questi, quando faceva il nome di Chiàrchiaro, gli in-
La patente (1918) è una delle più belle novelle di Pi- timavano di stare zitto e facevano uno scongiuro. Il
randello. Nel 1919 è anche trasferita sulla scena tea- caso era insolito: Chiàrchiaro aveva querelato per dif-
trale. Essa riesce ad esprimere con estrema chiarezza famazione due giovani che avevano fatto gli scongiu-
il suo umorismo drammatico e corrosivo. Conviene ri al suo passaggio. Chiàrchiaro avrebbe perso sen-
vedere prima i fatti narrati in ordine cronologico, che z’altro la causa, poiché le testimonianze contro di lui
è l’ordine naturale delle cose; poi il montaggio che sarebbero state schiaccianti: da due anni aveva la fa-
l’autore ne fa nella novella e nella successiva rappre- ma di iettatore. Allora il giudice, per evitare che al
sentazione teatrale. In tal modo emerge chiaramente danno si aggiungesse la beffa di un processo perso, fa
sia che cosa significhi montaggio o costruzione di un venire Chiàrchiaro nel suo studio. Questi gli si pre-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 505
senta vestito da iettatore. Il giudice lo accoglie stizzi- ché non crede al suo potere di iettatore. Il giudice pa-
to. Lo fa sedere, poi lo invita a ritirare la querela, per- zientemente lo prega di spiegargli perché egli non ca-
ché avrebbe perso senz’altro il processo. E, comun- pirebbe niente. Chiàrchiaro gli dice che è appena an-
que, accusava i due giovani di diffamazione e si pre- dato dall’avvocato dei querelati, a portare prove irre-
sentava a lui vestito di tutto punto da iettatore! Chiàr- futabili che egli è effettivamente un iettatore. Il giudi-
chiaro reagisce andando in escandescenze e accusan- ce ci capisce sempre meno. Chiàrchiaro fa notare al
do il giudice di non capire niente. Il giudice allora lo giudice che esercita la professione, perché ha la lau-
prega di spiegargli perché non capirebbe niente. rea. Egli vuole il riconoscimento ufficiale del suo po-
Chiàrchiaro lo accusa di essere il suo più mortale ne- tere. Vuole la patente. La patente di iettatore. Si sa-
mico e aggiunge che era appena andato dall’avvocato rebbe presentato davanti alle case da gioco, davanti ai
dei due giovani a portare le prove, prove documentate negozi, davanti alle fabbriche. Ed avrebbe intascato la
e testimonianze inattaccabili, che egli era uno iettato- tassa, che gli avrebbero pagato per farlo andar via. La
re. Il giudice riconosce che ci capisce ancora meno: tassa dell’ignoranza, dice il giudice. No, la tassa della
Chiàrchiaro aveva querelato i due giovani e aveva salute, perché quella schifosa umanità gli aveva fatto
fornito al loro avvocato le prove per farli assolvere. accumulare tanta bile, che aveva la potenza di fare
Ma allora perché li aveva querelati? Chiàrchiaro pa- crollare dalle fondamenta l’intera città. Se il giudice
zientemente spiega: il giudice esercita la professione gli voleva bene davvero, doveva istituire il processo
perché aveva la laurea. Egli voleva esercitare la pro- al più presto. E fargli avere la patente. Il vento apre
fessione di iettatore e voleva la patente per esercitarla lentamente la finestra, che fa cadere la gabbia del
ufficialmente: la patente di iettatore. La fama di ietta- cardellino con grande fracasso. Accorrono i tre giudi-
tore lo aveva rovinato e gli aveva fatto perdere il po- ci e l’usciere. Il giudice accusa il vento. Ma Chiàr-
sto di lavoro. E aveva una moglie paralitica, due fi- chiaro attribuisce a sé la caduta, quindi minaccia di
glie. L’altro figlio aveva moglie e figli da mantenere, morte tutti i presenti, che sono terrorizzati. Devono
e più di tanto non poteva fare per aiutarli. L’unica so- pagare la tassa. I presenti pongono mano al borselli-
luzione era avere la patente. La patente di iettatore. Si no, a condizione che egli se ne vada.
sarebbe presentato davanti alle case da gioco, davanti
ai negozi, davanti alle fabbriche. Egli avrebbe inta- Commento
scato la tassa, che gli avrebbero pagato per farlo an- 1. I tre riassunti presentano la stessa trama, ma mo-
dar via. La tassa dell’ignoranza, dice il giudice. No, la strano i fatti in sequenza cronologica e secondo il
tassa della salute, perché quella schifosa umanità gli montaggio specifico che Pirandello ha scelto per la
aveva fatto accumulare tanta bile, che aveva la poten- novella e per la rappresentazione teatrale. La rico-
za di fare crollare dalle fondamenta l’intera città. Se il struzione temporale è fredda rispetta alle due rico-
giudice gli voleva bene davvero, doveva istituire il struzioni seguite dall’autore. La prima è incentrata su
processo al più presto. E fargli avere la patente. Chiàrchiaro. Invece la seconda e soprattutto la terza
sono incentrate sul giudice D’Andrea. In tal modo il
Riassunto (versione teatrale). Il giudice D’Andrea è lettore scopre un po’ alla volta, attraverso la persona-
nel suo studio in tribunale, occupato a spostare il car- lità del giudice D’Andrea, la figura e il dilemma di
dellino dalla gabbia più piccola, con cui l’aveva por- Chiàrchiaro. Le scelte narrative attuate dallo scrittore
tato da casa, alla gabbia più grande. Ordina all’u- risultano quindi molto più intense, drammatiche e
sciere di andare a chiamare Chiàrchiaro. L’usciere spettacolari, in sintonia con l’animo esasperato che
sobbalza, e se ne va, mentre entrano tre giudici. Il ormai ha il protagonista. Alla fine tutte le trame si so-
giudice vuole chiedere consiglio ai colleghi su come vrappongono.
comportarsi nel processo a Chiàrchiaro. Questi sob- 1.2. Esiste poi una notevole differenza tra i (riassunti
balzano e fanno gli scongiuri. E se la prendono con dei) due testi scritti da una parte e (il riassunto del)
Chiàrchiaro. Arriva l’usciere, che accompagna non l’atto unico teatrale dall’altra. La rappresentazione
Chiàrchiaro, ma la figlia di questi. I tre giudici se ne teatrale ha bisogno di una strutturazione del tutto di-
vanno. La figlia non sa nulla del padre che ha quere- versa: essa è il regno della gestualità e della parola,
lato il figlio del sindaco e l’assessore Fazio, che al non della riflessione. Essa non ammette la possibilità
suo passaggio facevano gli scongiuri. La ragazza dice che il lettore si fermi e rilegga il punto che non ha ca-
che suo padre da più di un mese è come impazzito e pito. Così l’attore usa il gesto e la parola semplificata
che da più di un anno è disoccupato e evitato da tutti e più volte ripetuta, per comunicare e per avere un
a causa della fama di iettatore. L’usciere entra per adeguato impatto sullo spettatore. Anche qui gli inizi
avvertire il giudice che è arrivato Chiàrchiaro. La ra- sono molto diversi dai due testi scritti, invece le parti
gazza esce per un’altra porta. Chiàrchiaro entra vesti- finali dei tre riassunti tendono a sovrapporsi. Le parti
to da iettatore. Il giudice si stizzisce. Gli dice che lo dialogiche sono rimaste pressoché invariate, mentre
aveva fatto chiamare per invitarlo a ritirare la querela: hanno subito notevoli modifiche le altre: l’autore ha
avrebbe perso senz’altro il processo. Gli fa poi notare dovuto dare precise indicazioni sull’arredamento, sul-
che è in contraddizione se sporge querela da una parte le vesti, sui movimenti e sul comportamento degli at-
e dall’altra si veste in quel modo. Chiàrchiaro gli dice tori. Sempre per rispettare il linguaggio teatrale l’au-
che non capisce niente e che egli è suo nemico, per- tore ha dovuto cambiare radicalmente la parte iniziale
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della rappresentazione. Ha introdotto tre giudici, 5. La prospettiva artistica di Pirandello si può capire
l’usciere, poi la figlia di Chiàrchiaro, infine Chiàr- soltanto se si tiene presente che egli è un autore inter-
chiaro. Scena teatrale significa quindi presenza cospi- nazionale, anzi mondiale, che si confronta con i mag-
cua di attori e continui colpi di scena: la riflessione giori autori internazionali. E che in Italia si seguono
non va d’accordo con il linguaggio teatrale. Il pubbli- estetiche in netto contrasto con la sua: il tardo Veri-
co si annoierebbe. smo, il Decadentismo di Pascoli e di D’Annunzio, la
1.3. La novella è incentrata sul giudice, il riassunto poetica di Svevo e di Saba, il Futurismo, quindi il
cronologico è incentrato su Chiàrchiaro. L’atto unico Crepuscolarismo e l’Ermetismo. E si formulano este-
è incentrato sul giudice e contemporaneamente su tiche a priori, che stroncano le avanguardie e gli auto-
Chiàrchiaro. Il testo recitato ha esigenze completa- ri più famosi in nome di una definizione teorica e
mente diverse rispetto il testo scritto. Un testo scritto astratta di arte: Croce e il crocianesimo, che sulla cul-
può girare intorno al personaggio protagonista. Il te- tura italiana imperversa come una cappa soffocante
sto recitato può avere bisogno di protagonista e di fino alla metà del secolo.
deuteragonista, ambedue sullo stesso piano. Si può 6. Pirandello si inserisce in una lunghissima tradizio-
anche dire che il riassunto cronologico presenta la ne di scrittori di novelle:
realtà dal punto di vista del giudice. La novella dal a) i lais (componimenti in versi con scopi didascalici)
punto di vista di Chiàrchiaro. L’atto unico da un pun- e i fabliaux (racconti di 200-300 versi di contenuto
to di vista neutro, che non privilegia nessuno dei due giocoso, satirico ed anche osceno) (sec. XI-XIII);
personaggi ma pone sullo stesso piano i loro due pun- b) il Novellino (1280-1300), una raccolta di oltre 100
to di vista. Le soluzioni delle tre possibili ricostruzio- novelle;
ni sono sostanzialmente equivalenti. c) Giovanni Boccaccio (1313-1375), Decameron
2. Sia nella novella sia sulla scena fa la sua comparsa (1348-51), una raccolta di 100 novelle;
quel mondo umano, disumano, dolente, esasperato e d) Franco Sacchetti (1332ca.-1400), Trecentonovelle
oppresso dalle convenzioni sociali, che costituisce la (1392-97), di cui 78 perdute;
vena più autentica dell’arte di Pirandello. L’uomo si e) Matteo Bandello (1485-1561), Novelle, una raccol-
rovina la vita e si fa soffrire con le sue stesse mani. E ta di 224 novelle che impegna l’autore per tutta la vi-
Chiàrchiaro non ha provato il piacere di Francesco ta;
d’Assisi alla vista dei guai che gli cadevano addosso, f) Masuccio Salernitano (1410ca.-1475), Novellino
né ha avuto l’atteggiamento di Dante (Dio ha orga- (1455-70), una raccolta di 50 novelle;
nizzato bene il mondo, ma l’uomo fa di tutto per vi- g) Giovanni Verga (1840-1922), Vita dei campi
verci male) o di Manzoni (i guai hanno un loro aspet- (1880) e Novelle rusticane (1883);
to positivo; conclusione dei Promessi sposi), né di h) Luigi Pirandello (1867-1936), Novelle per un anno
Verga (l’ideale dell’ostrica). (1937), una raccolta di 225 novelle;
3. L’autore racconta l’esistenza non dalla parte del i) Gabriele D’Annunzio (1863-1938), Novelle della
vincitore, ma dalla parte del vinto, dello sconfitto. Il Pescara.
giudice D’Andrea vede in modo problematico la real- ---I☺I---
tà e vorrebbe che Chiàrchiaro oltre al danno non do-
vesse subire anche la beffa. Chiàrchiaro contro la sua Il treno ha fischiato, 1922
volontà è stato trasformato in iettatore. Così ha perso
il lavoro e non sa come mantenere la famiglia. Per Riassunto. Belluca era arrivato in ritardo al mattino,
fortuna gli viene l’idea di prendere la patente di ietta- non aveva fatto niente tutto il giorno e alla sera si era
tore!!! I colpevoli procedono indifferenti. Saranno ribellato al suo capo ufficio, che l’aveva giustamente
“toccati” soltanto se il loro capro espiatorio troverà il rimproverato. Continuava pure a ripetere una frase
modo e la forza di ribellarsi. Di ritorcere contro di lo- incomprensibile: il treno ha fischiato. I suoi compa-
ro la loro ignoranza, la loro superstizione. Di trasfor- gni di lavoro lo considerano impazzito, perché non
marla in fonte di entrate a loro spese. riescono a spiegare il suo comportamento: normal-
4. Pirandello non ha la minima fiducia nell’ideologia mente era fatto oggetto dei loro scherzi e non si ribel-
positivistica e nelle capacità della scienza di costruire lava mai. Perciò è ricoverato all’ospizio. Qualcuno
un mondo ordinato e razionale, capace di progresso. dei compagni di Belluca riferisce l’accaduto al narra-
Con il rifiuto del Positivismo e della scienza è anche tore, che non si mostra affatto stupito ed anzi afferma,
il rifiuto delle ideologie realistiche, veristiche e natu- con amarezza e dolore, che ci deve essere una spiega-
ralistiche. Se Verga scrive Rosso Malpelo (1878), egli zione naturalissima. Basta sapere come Belluca è vis-
scrive Ciàula scopre la luna (1896). Due novelle am- suto finora, gli deve essere perciò successo qualcosa
bientate in Sicilia, ma separate da anni luce di distan- che ha cambiato la sua vita. Il narratore conosce Bel-
za. Egli propone la ragione come strumento per esa- luca, perché era suo vicino di casa. Belluca doveva
minare la realtà. Essa però è ben diversa dalla ragione mantenere tre cieche (la moglie, la suocera e la sorel-
illuministica, dalla ragione realistica e dalla ragione la della suocera), che strillavano dalla mattina alla se-
positivistica e scientifica. Essa appare come una gab- ra, poi le due figlie vedove, una con quattro e una con
bia che vuole tenere in gabbia se stessa. tre figli. Insomma 12 persone. Guadagnava poco e
doveva arrotondare con il lavoro extra che si portava
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a casa. Lavorava fino a tarda notte. Poi si buttava a 5. Belluca è particolarmente sfortunato: deve mante-
dormire su un divano, spesso vestito. Il narratore va a nere 12 persone. E si scanna a lavorare per farlo. Non
trovarlo all’ospizio. Belluca gli racconta il fatto che pensa a trovare altre soluzioni più soddisfacenti per
ha cambiato la sua vita. Preso dal lavoro, aveva di- tutti. Ha accolto in casa le due figlie vedove con i fi-
menticato il mondo. Una notte, più stanco del solito, gli. Una decisione autolesionistica, poiché aveva già
s’era buttato sul divano, incapace di addormentarsi. abbastanza problemi da affrontare. Non le manda al
Ad un certo punto sente fischiare il treno. All’im- lavoro, per rispetto dell’etichetta sociale: la donna re-
provviso gli si erano aperti gli occhi ed aveva deside- sta in casa e l’uomo la mantiene. E fa la vita di un
rato viaggiare in quel mondo appena riscoperto. E asino da soma. In sostanza è lui stesso causa dei suoi
con l’immaginazione era salito sul treno ed aveva ini- mali.
ziato a viaggiare: Firenze, Torino, Roma, poi viaggi 6. I personaggi sono tutti delle isole. Belluca non co-
più lunghi, in terre lontanissime... Ora egli poteva le- munica con le donne di casa né con i suoi compagni
varsi la soddisfazione di uscire ogni tanto dalla vita di lavoro. Vale anche il contrario. I rapporti non sono
soffocante che faceva: con la fantasia e salendo sul migliori tra Belluca e il narratore, che pure si interes-
treno. Si era ubriacato, perché aveva viaggiato troppo sa di lui e che lo va a trovare in ospizio. È sicuramen-
e non vi era abituato. Avrebbe chiesto scusa al capo te bene sapere che cosa succede e perché. Ma è anco-
ufficio e avrebbe ripreso il suo lavoro. Il capo ufficio ra meglio cercare e trovare il modo di uscire da quella
però doveva permettergli di tanto in tanto di fare un situazione invivibile. E invece tutto o quasi ritorna
viaggio, ora che il treno ha fischiato. come prima: di tanto in tanto Belluca salirà sul treno
e farà un viaggio con la fantasia. Insomma la vita non
Commento ammette alternative. Come nel romanzo Il fu Mattia
1. La novella, scritta nel 1914, è un’applicazione mol- Pascal (1904) o nella poesia Meriggiare pallido e as-
to semplice della poetica della “vecchia signora”. sorto (1916) di Eugenio Montale.
Vedo una vecchia signora tutta truccata e vestita da ---I☺I---
ragazzina. Sorrido, perché essa non coincide con
l’idea che ho di una vecchia signora. Poi scopro che Ma non è una cosa seria, 1918
lo fa per tenere legato a sé il marito molto più giova-
ne di lei. Il sorriso diventa amaro. La realtà fa sorri- La commedia Ma non è una cosa seria (1918), in tre
dere (il comico e l’intuizione), ma quando si scopre atti, è tratta dalle novelle La signora Speranza e Non
come stanno veramente le cose il sorriso diventa è una cosa seria. È rappresentata per la prima volta al
amaro (l’umorismo e la ragione). Belluca sembra im- Teatro Rossini di Livorno il 22 novembre 1918 dalla
pazzito, tutti lo ritengono impazzito, ma il narratore compagnia di Emma Gramatica (che poi la porta sulle
ritiene che ci sia una spiegazione naturale di quanto è scene milanesi al Teatro Olimpia). Nel 1919 è pub-
successo. E lo stesso Belluca gliela fornisce: lavorava blicata a Milano dall’editore Treves. Nel 1920 e poi
giorno e notte, per mantenere 12 persone, una notte nel 1926 è portata sullo schermo da Augusto e Mario
aveva sentito fischiare il treno e vi era salito sopra. Camerini. Quest’ultimo ne cura anche la versione te-
Aveva riscoperto la realtà che da anni aveva dimenti- desca nel 1938.
cato. E ciò lo aveva “ubriacato”. Ma avrebbe ripreso La commedia è una delle più belle e più significative
il controllo di se stesso. del teatro italiano e non soltanto italiano. Lo spunto,
2. Il racconto è costruito sul montaggio: il lettore vie- quello del matrimonio per burla, del matrimonio
ne a conoscere un po’ alla volta che cos’è accaduto. E bianco, non è originale. Tuttavia l’autore lo riveste di
resta disorientato quando il vicino di casa afferma che una comicità irresistibile e, contemporaneamente, di
ci deve essere una spiegazione naturalissima. I com- una allegria aspra e non raramente crudele.
pagni di lavoro non sanno nulla della vita privata che
conduce. Riassunto. Memmo Speranza è il classico dongiovan-
3. Pirandello scrive una novella di investigazione: c’è ni scapestrato, che si innamora con estrema facilità di
un fatto stranissimo e inaudito da spiegare. E il narra- una ragazza dopo l’altra. Egli è spinto dalla sua natu-
tore trova la spiegazione: conosce i retroscena della ra ad innamorarsi, ma si accorge con disappunto che
vita di Belluca (deve mantenere 12 bocche), conosce il suo amore è costantemente ostacolato dalle regole
dallo stesso Belluca il fatto (il treno ha fischiato), che sociali, che lo vogliono accasato: padri, madri e fra-
ne ha alterato il comportamento. Georges Simenon e telli sono sempre lì in agguato per sistemare la loro
Agatha Christie devono ancora comparire. figlia o la loro sorella e per costringerlo a mantenere
4. Il protagonista è un debole, che non sa organizzarsi la promessa di matrimonio. È reduce da un duello con
la vita in un modo soddisfacente. E si scanna a lavo- un mancato cognato che l’ha quasi mandato all’altro
rare giorno e notte, finché scoppia. Ma è fortunato: mondo. Perciò decide di non correre più il rischio di
riscopre che esiste intorno a lui il mondo che da tem- ammogliarsi... prendendo moglie. La scelta cade su
po ha completamente dimenticato. Nelle opere di Pi- Gasparina, modesta proprietaria di una pensione e
randello le donne sono deboli, mansuete e sottomes- dall’aspetto sciatto e insignificante, che dimostra più
se. Qui sono megere. dei 27 anni che ha. Essa è stata sciupata dai dolori e
dalla fatica – ha badato “solo a difendersi con i denti
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e con le unghie” –, e non ha mai pensato che un uomo il signor Barranco, il professor Virgadamo, la
potesse innamorarsi di lei. Il compito di Gasparina – maestrina Terrasi, Magnasco, avventori della pen-
un compito che il carattere dolce e remissivo le fa ac- sione Torretta
cettare di buon grado – è quello di diventare la “si- Vico Lamanna, amico, ugualmente scapestrato, di
gnora Speranza” soltanto di nome (a suo favore il ma- Memmo Speranza
rito ipoteca il proprio cognome), e di vivere lontana Loletta Festa, Fanny Martinez, donnine facili, che
dal coniuge, in una casa di campagna. Con questo fin- però non hanno ancora perso la speranza di accasarsi
to matrimonio Memmo è convinto di poter restare onorevolmente (almeno sul piano economico)
eternamente scapolo, al sicuro di ogni ragazza che Celestino e Rosa, camerieri della pensione Torretta.
possa pretendere di sposarlo e, contemporaneamente,
senza le noie e i grattacapi di una vera vita coniugale. Pirandello descrive in questo modo i personaggi prin-
Ma la situazione si sviluppa in modo ben diverso da cipali:
quanto egli aveva preventivato: quando rivede la mo- Gasparina Torretta, nel primo atto è una donnina
glie senza più quell’ “umiltà sorridente e rassegnata”, fina fina, un po’ sciupata, trasandata; sarebbe vivacis-
che la rendeva insignificante, si accorge stupito che sima, se i patimenti, le angustie, la tristezza che
essa si è fatta bella, che è “tutta un riso”, e se ne in- glien’è derivata, non smorzassero tutti i moti del suo
namora. Egli però ha fatto i conti senza la moglie, la animo e della sua personcina, e non le dessero
quale era disposta ad accettare il suo ruolo di moglie, un’umiltà sorridente e rassegnata. Veste poveramen-
l’assegno mensile, la vita tranquilla all’aria aperta te, con un vecchio cappellino da vecchio, annodato
nella villetta in campagna, la sua assenza e la sua vita sotto il mento e una mantella verde scolorita, orlata di
scapestrata, ma non crede e non accetta il fatto che il pelo di gatto; nessuno la stima e tutti la maltrattano.
marito si dica innamorato sul serio di lei e voglia tra- Nel secondo atto si trasforma. Due mesi di riposo e di
sformare il matrimonio in una cosa seria. Perciò, per tranquillità, quindi il sole della villetta rustica l’ha un
il bene di lui e per lasciarlo alla sua vita di sempre po’ colorita, veste benino, con una grazia modesta, ha
(ora egli ha ripreso a pensare alla ragazza il cui fratel- l’aria ancora umile, ma già si sente che la vivacità na-
lo lo ha quasi ucciso), si ripropone di lasciarlo libero. turale comincia a rinascerle, per quanto soffusa anco-
Il modo ci sarebbe, e lei è disposta a metterlo in pra- ra di mestizia. Nel terzo atto è quasi irriconoscibile,
tica, a condizione che il marito lo voglia: lei è rimasta perché diventa un fiore, ed acquista vivacità e sciol-
vergine anche dopo il matrimonio, e quindi il matri- tezza: diventa una donna viva, bella e affascinante,
monio non è valido, poiché non è mai stato consuma- tanto da fare innamorare Memmo Speranza, che per
to. Ma Memmo, che è ormai affascinato dalla bellez- lei dimentica le altre donne
za della donna, sa essere convincente, tanto più che, Memmo Speranza, è un bel giovane, elegantissimo,
essendo già sposato, non deve più fare la fatica di... che ha il difetto di innamorarsi con troppa facilità e di
sposarsi. Nella scena finale la donna si scioglie emo- dimenticare le norme sociali
tivamente e fisicamente, mentre il marito la abbrac- il signor Barranco, è un signore di provincia, matu-
cia. Da maschera, quale aveva tentato di essere, ro, ancor valido, ricco, con un gran naso, timorato di
Memmo trasforma il matrimonio per burla in una co- Dio, taciturno di solito, cupo, ma pur timido e schivo
sa serissima. Il merito però – e Pirandello non ha il negli occhi; costretto a parlare o appena stizzito, ince-
coraggio di dirlo esplicitamente – è senz’altro della spica un po’ con la lingua; è segretamente innamorato
bellezza e del buon carattere della donna. di Gasparina, ma non dichiara il suo amore. Nel terzo
atto spinge Gasparina a rompere il matrimonio per
La commedia si svolge nella sala da pranzo della burla con Memmo, proponendo alla ragazza un ma-
pensione Torretta, di cui Gasparina Torretta è pro- trimonio serio, ma non ha successo
prietaria (atto primo). Quindi nel grazioso salotto nel Grizzoffi, presso ai quaranta, ispido, sempre irritato,
quartierino da scapolo di Memmo Speranza, due mesi schizzante
dopo il matrimonio per burla con Gasparina (atto se- il professor Virgadamo, placido, grasso, con un fac-
condo). Infine in un’allegra stanza piena di aria e di cione da padre abate. Nel terzo atto è arteriosclerotico
sole, nella villetta rustica in cui Memmo ha relegato più morto che vivo, con il cervello completamente
Gasparina, dopo circa due mesi dal secondo atto (atto partito. Ciò non ostante la maestrina ha accettato di
terzo). sposarlo e di fare la crocerossina, pur di sistemarsi
La vicenda si svolge in una città dell’Italia settentrio- la maestrina Terrasi, è una donna vivace, di cui non
nale, oggi (1918). si indica l’età, che nel terzo atto risulta sposata con il
professor Virgadamo, a cui fa da infermiera. La cosa
I protagonisti sono: però non sembra pesarle. È anzi contenta, perché si è
Memmo Speranza, giovane scapestrato dall’inna- sistemata
moramento facile, ragionatore esasperato e parados- Magnasco, presso alla cinquantina, veste con elegan-
sale, ma niente affatto cattivo za da giovanotto, è grasso, calvo, con la faccia pao-
Gasparina Torretta, proprietaria della pensione Tor- nazza, ridanciano
retta, ancora giovane ma sciatta, e molto provata dal-
la vita
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Loletta Festa e Fanny Martinez, sono due donnine che le ha amate, usate e licenziate. Questo è lo straor-
equivoche, giovanissime, graziose, vestite con ele- dinario e variegato zoo umano, che emerge dalle
ganza ed eccessivamente profumate. commedie dello scrittore più grande del Novecento
italiano.
Commento 3. Chi vuole, può confrontare il mondo anomalo, mo-
1. La problematica della commedia è la consueta pro- struoso, nevrotico e paradossale di Pirandello con
blematica di Pirandello: l’universo elegante e gentile, pieno di speranze e con
a) l’uso esasperato della ragione, portato sino una vena di malinconia, che è proposto da una com-
all’assurdo: Memmo Speranza si sposa per... evitare media abbastanza simile a questa per trama e per per-
di sposarsi; così non deve più risolvere il problema di sonaggi, La Locandiera di Carlo Goldoni (1751). Mi-
sposarsi, e può continuare la sua vita di scapolo; Ga- randolina, la locandiera, affascina gli avventori con il
sparina è una moglie per burla, quindi non è una mo- suo spirito e la sua abilità, prende in giro l’innamo-
glie vera e propria, che può accampare diritti su di rato misantropo e alla fine si sposa quando vuole e
lui; con chi vuole. Grazie alla sua intelligenza ha sempre
b) la remissività femminile: Gasparina è disposta a il controllo della situazione. E può permettersi di sce-
non accampare diritti e a rompere il matrimonio per gliere fra quattro innamorati: il conte, il marchese, il
burla, se Memmo lo volesse; cavaliere misantropo che fa innamorare, il servo della
c) i dolori del matrimonio (di cui l’autore ha locanda. Sceglie il servo Fabrizio, che la ama (che
un’esperienza diretta, con una moglie pazza), che tut- ama il lavoro, che è già di casa e che sale di un gradi-
tavia una volta tanto hanno un lieto fine: Memmo – no sociale), perché non è interessata né alla nobiltà né
paradossalmente – si innamora della moglie dopo che alla ricchezza. Gasparina è ben diversa. È sottomessa
l’ha sposata; per principio, destinata per vocazione, per scelta e per
d) il dissidio insanabile tra impulsi naturali e rego- condanna sociale a sacrificarsi per i suoi avventori o
le sociali che soffocano la spontaneità dell’individuo: per l’uomo che la “sistema”. È incapace di pensare a
Memmo è costretto a sposarsi per poter continuare la sé, ai suoi affetti, al suo benessere, alla sua vita e alla
sua vita di scapolo; sua felicità. E, ancora, è incapace di prendere in mano
e) la morale borghese, che spinge le donne a trovare la situazione e di imporsi con decisione su Memmo
ad ogni costo un uomo con cui sistemarsi; pretendente e su Memmo marito.
f) la maschera sociale, che impone ai protagonisti, 4. La produzione artistica e la concezione dell’arte di
volenti o nolenti, di recitare la loro parte e i loro spe- Pirandello si può però confrontare in modo più gene-
cifici ruoli; rale con la produzione e la concezione dell’arte di
g) personaggi dai caratteri esemplari, stereotipati, Goldoni. Nelle sue commedie Goldoni propone al suo
emblematici, esasperati, che vivono e soffrono la loro pubblico valori come l’onestà, il lavoro, il risparmio,
condizione esistenziale, che hanno scelto, che non il matrimonio e l’affetto reciproco, il rispetto dei ge-
hanno voluto evitare o che la società ha loro imposto. nitori, un minimo di benessere economico. E si rivol-
2. Pirandello crea personaggi (e storie) pervasi dalla ge alla piccola e alla media borghesia veneziana. Pi-
morale borghese, che protestano contro la morale randello invece mette in scena personaggi lacerati,
borghese, ma che alla fin fine non rinnegano affatto che hanno perso l’identità e i valori, che sono ma-
né fuoriescono dalla morale borghese. Essi sono co- schere sociali e che vogliono rimanere tali. Il pubbli-
me il gatto che si morde la coda. Memmo Speranza si co è costituito dalle classi medie e medio-alte, che
sposa proprio per non... sposarsi, proprio per conti- capiscono e che vivono in prima persona quei pro-
nuare la sua vita da scapolo. Alla fine della comme- blemi. Per Goldoni la commedia deve divertire e con-
dia c’è il lieto fine borghese; ma poteva esserci, indif- temporaneamente proporre un insegnamento morale.
ferentemente, la tragedia finale pure borghese (ciò Per Pirandello invece deve esplorare senza pietà
succede nella commedia Il giuoco delle parti, 1919). l’uomo sociale, la sua vita assurda, strozzata dalle re-
Una conclusione diversa ed opposta è indifferente, gole e dalle convenzioni, delle quali peraltro non può
perché l’autore, non ostante i tentativi (veri o presunti né vuole fare a meno.
che siano), non fuoriesce dalla problematica di una 5. Questa commedia di Pirandello può essere oppor-
morale borghese. Nella commedia ci sono i consueti tunamente confrontata anche con commedie più lon-
personaggi stereotipi della morale borghese: il prota- tane nel tempo, come la Mandragola (1518) di Nic-
gonista, che si innamora ad ogni piè sospinto; la pro- colò Machiavelli e La Moscheta (1529) di Angelo
tagonista, eroina disprezzata, umile e sottomessa, che Beolco, detto Ruzante (1496ca.-1542). Ciò mostra le
non fa valere nemmeno i suoi diritti ufficiali se il suo totali differenze dei vari autori per quanto riguarda la
uomo non glielo permette; gli avventori dall’animo concezione e le funzioni dell’arte e la fascia degli
esacerbato o pieni di problemi; le donnine allegre, spettatori. Callimaco, il protagonista della Mandrago-
che vorrebbero sistemarsi conforme alla morale uffi- la, si propone di possedere con l’inganno la bellissi-
ciale, ma non ne sono capaci, e perciò si accontentano ma Lucrezia, e vi riesce. Alla fine tutti sono contenti;
di fare le amanti e si lasciano cacciare fuori di casa ma è la donna, precedentemente timorosa e sottomes-
senza fare tanto chiasso ed anzi provando sempre una sa, ad avere ora in pugno la situazione e a controllare
qualche riconoscenza verso il maschio onnipotente, sia il marito sciocco sia l’amante focoso. Paradossal-
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mente la vittoria della ragione fraudolenta si ritorce
contro tutti i personaggi, poiché distrugge i valori sui
quali si fonda la convivenza civile. La Moscheta in-
vece è ambientata nella periferia di Padova, e presen-
ta una storia di violenza, di inganni e di corna a un
pubblico raffinatissimo costituito dall’alta nobiltà ve-
neziana. I personaggi sono plebei che parlano un dia-
letto stretto: Ruzante, la moglie Betìa, Menato (il
compare) e Tonin (un soldato bergamasco). Essi sono
dominati dagli istinti naturali e passano il tempo a
cercare di soddisfarli. La preda è il possesso della Be-
tìa. La commedia prende il nome dal “parlar mosche-
to”, nome dialettale della lingua più raffinata, che si
contrappone al dialetto contadino padovano, in gene-
re usato dal Ruzzante.
6. L’ambiente e il pubblico delle commedie di Piran-
dello può essere ancora confrontato con il mondo e i
valori nobiliari che Boccaccio propone nel Decame-
ron, un’opera che celebra l’intelligenza, il coraggio,
la battuta di spirito, la beffa e un atteggiamento attivo
nei confronti della realtà e della vita.
7. O anche con il mondo esasperato e dominato dal
sesso del Novellino (1476) di Masuccio Salernitano.
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La vita. Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria Il poeta si profonda negli abissi dell’io
d’Egitto nel 1888. Qui studia fino al 1905 in un col- e poi ritorna alla luce e dona la sua poesia,
legio svizzero. Nel 1912 lascia l’Egitto e si trasferisce senza tenere nulla per sé.
a Parigi, dove conosce le avanguardie artistiche:
Apollinaire, Picasso, Braque, e gli intellettuali italiani Di questa [discesa-ascesa che ha portato alla] poesia
che spesso soggiornavano nella città: Papini, Soffici, mi resta soltanto
Palazzeschi, Boccioni, Modigliani, Marinetti. Nel la consapevolezza che il tentativo è stato vano,
1915 si trasferisce a Milano. Partecipa alla prima perché l’abisso è misterioso e inesauribile.
guerra mondiale. Dopo la guerra ritorna a Parigi. Nel
1921 si trasferisce a Roma. Aderisce al Nazional- Riassunto. Il poeta scende ed esplora il suo io e poi
fascismo. Nel 1928 fa un’esplicita professione di fede risale con la poesia, che distribuisce senza tenere nul-
cattolica. Nel 1936-42 è docente di Lingua e letteratu- la per sé. Dell’esplorazione che ha portato alla poesia
ra italiana all’università di San Paolo in Brasile. Ri- resta soltanto la consapevolezza che il tentativo è sta-
torna a Roma, dove ricopre la cattedra di Letteratura to vano, perché l’abisso è misterioso e inesauribile.
italiana contemporanea. Dopo la guerra l’Associa-
zione degli scrittori lo sottopone a procedimento di Commento
“epurazione” per i suoi rapporti con il regime, ma tut- 1. La lirica è la prima della raccolta di poesie e dà il
to si risolve con un nulla di fatto. Nel 1958 lascia nome all’intera raccolta. Lo stesso autore spiega il ti-
l’insegnamento universitario per limiti d’età. Muore a tolo: “Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in
Milano nel 1970. noi indecifrabile”. La metafora del porto proviene dal
leggendario porto sommerso nella baia di Alessan-
Le opere. Ungaretti scrive Il porto sepolto (1916), Al- dria, costruito prima della fondazione della città.
legria di Naufragi (1919, contiene anche le poesie de L’autore fa di questo ricordo dell’adolescenza il sim-
Il porto sepolto); poi Allegria (1931, 1942), Senti- bolo della sua poesia.
mento del tempo (1933), Il dolore (1947), La Terra 2. Il porto sepolto si riallaccia ai grandi simbolisti
Promessa (1950), Il taccuino del vecchio (1960). Nel francesi (Rimbaud, Mallarmé), ma anche al mito pri-
1969, con il titolo Vita d’un uomo. Tutte le poesie, mordiale della ricerca di Orfeo, che discende e risale
pubblica l’edizione completa dei suoi versi; e indica dagli inferi per riportare in vita la moglie Euridice.
la chiave di lettura della sua produzione poetica. Alla Nella risalita Orfeo si volta, contravvenendo agli ac-
produzione poetica Ungaretti affianca anche l’attività cordi con Plutone. E la moglie precipita nell’inferno,
di traduttore: Sonetti di Shakespeare (1946), Fedra di questa volta per sempre.
Jean Racine (1950), Visioni di William Blake (1965). 2.1. Nella mitologia greca e latina Orfeo era un poeta
abilissimo, che con il suo canto sapeva ammansire
anche le belve feroci. Riesce a commuovere anche
La raccolta Il porto sepolto, 1916
Plutone, che gli permette di riportare alla luce del so-
le la moglie. Ma la troppa fretta di vederla la fa pre-
Il porto sepolto (1916) parla della sua esperienza di cipitare nuovamente negli inferi.
soldato nella prima guerra mondiale (1915-18), vissu- 3. Il viaggio esplorativo del poeta però si sviluppa
ta in trincea. In Vita d’un uomo (1969) il poeta così dentro l’acqua. Ed il porto sepolto è ad un tempo al-
commenta l’opera: veo del fiume e alvo materno: l’immersione nelle pro-
“[...] ero un uomo che non voleva altro per sé se non i fondità del fiume o del mare riporta alla condizione
rapporti con l’assoluto. [...] Nella mia poesia non c’è rassicurante ed incosciente della vita prima della na-
traccia dell’odio per il nemico, né per nessuno: c’è la scita.
presa di coscienza della condizione umana, della fra- 4. Il viaggio di esplorazione e di scoperta del proprio
ternità degli uomini nella sofferenza, dell’estrema essere si scontra con l’inesauribile segreto: il mondo
precarietà della loro condizione”. interiore è inesauribile e misterioso. Ritornando alla
luce egli può portare perciò soltanto qualcosa, qual-
Il porto sepolto, 1916 che sprazzo di conoscenza o di verità, qualche illumi-
nazione, come i simbolisti francesi. La conoscenza e
Vi arriva il poeta l’esplorazione totale è impossibile. Il mondo come
e poi torna alla luce con i suoi canti mistero insondabile si trova anche in Pascoli e nella
e li disperde scienza: Emile Du Bois-Raymond (1818-1896) scris-
se un’opera intitolata I sette enigmi del mondo, ed era
Di questa poesia uno scienziato...
mi resta 5. La parola scava nel mondo reale, ma le conquiste
quel nulla sono faticose, dolorose e sempre molto limitate. Non
d’inesauribile segreto c’è più la parola che è il ó delle cose, che è Dio,
che abitò presso Dio e che discese tra gli uomini del
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Vangelo di Giovanni. Né c’è la parola che plasma e vo. Ed è aggiunta la parola finale Fratelli, che riman-
trasforma la realtà di D’Annunzio (Epódo, 1887). da alla parola del titolo, costruendo una ripetizione
6. In questa come nelle altre poesie la punteggiatura è circolare.
assente. La poesia, come quasi tutte le altre, ha biso- 2. La poesia non ha bisogno di parafrasi. Essa è sem-
gno di essere aperta, scoperta, spiegata. È densa e de- plice e comprensibile. Ma è anche densa, e questa
ve essere resa più facile da comprendere. densità va riportata alla sua estensione normale.
---I☺I--- 3. La poesia va confrontata con altre visioni della
guerra, ad esempio con quella di F. T. Marinetti, l’ini-
Fratelli, 1916 ziatore del Futurismo (1909), che celebra la guerra,
“sola igiene del mondo”, e con quella di G. D’Annun-
Di che reggimento siete zio, che ritorna dalla Francia per entrare nelle schiere
fratelli? degli interventisti, compie la Beffa di Buccari e il vo-
lo su Vienna.
Fratelli 4. Su un altro versante si potrebbe confrontare con S.
tremante parola Quasimodo, che scrive durante la seconda guerra
nella notte mondiale, fa pure parte del gruppo dei poeti ermetici
come una fogliolina ed è una delle ultime voci della corrente. Ad esempio
Alle fronde dei salici e Milano 1943.
appena nata
5. Resta il fatto che, a parte interventisti e neutralisti,
l’entrata in guerra dell’Italia è stata una scelta stupida
Fratelli e irresponsabile, oltre che un colpo di Stato. L’Italia
saluto non era assolutamente preparata alla guerra e aveva
accorato un confine estremamente sfavorevole. I comandi mi-
nell’aria spasimante litari erano incompetenti e restano incompetenti. Nei
implorazione sussurrata primi sei mesi di guerra Cadorna fa ammazzare
di soccorso 250.000 soldati in inutili assalti frontali, che portava-
all’uomo presente alla sua fragilità no a minime conquiste territoriali. Negli altri tre anni
e mezzo di guerra morirono gli altri 350.000 soldati.
Fratelli, 1943 La guerra poi porta in regalo i conflitti sociali del do-
poguerra, che durano fino all’avvento del Nazional-
Di che reggimento siete fascismo, cioè dal 1919 al 1924. In genere gli storici,
fratelli? di salda fede antifascista, condannano il totalitarismo
fascista. Insomma tra caos e conflitti sociali e istitu-
Parola tremante zionali del dopoguerra, e Nazional-fascismo preferi-
nella notte rebbero al di là di ogni ragionevole dubbio il caos del
dopoguerra, che chiamano democrazia.
Foglia appena nata ---I☺I---
Riassunto. Il poeta ha passato un’intera nottata vicino Riassunto. Il poeta lamenta le distruzioni materiali ed
ad un compagno ucciso, che aveva il viso rivolto ver- umane provocate dalla guerra: San Martino del Carso
so la luna nuova. Le sue mani tumefatte penetravano è distrutto, i suoi compagni di trincea sono morti. Ma
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 529
egli li ricorda con dolore tutti, ad uno ad uno. Il suo Ho ripassato [con la memoria]
cuore è straziato più di quelle rovine a cui è ridotto il le epoche
paese. della mia vita
La madre
Commento
1. Non è più la Vergine Maria, è sua Madre, che in-
tercede per il poeta davanti a Dio, per chiedere la sua
salvezza. E la ottiene, perché, come per sua Madre, la
Vergine Maria, Egli non può dire no a una Madre. 1. Umberto Boccioni, La madre che lavora con l’uncinetto,
2. La breve poesia riprende l’ultima strofa di Al cor 1907.
gentil rempaira sempre amore (1274) di Guido Gui- 2. Gino Severini, La famiglia di Severini, 1936.
nizelli: il poeta si salva perché ha amato la sua donna, ------------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 533
Eugenio Montale (1896-1981) Forse un mattino andando in un’aria di
vetro, 1923
La vita. Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
Ha una formazione letteraria da autodidatta. Partecipa arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
agli ultimi mesi di guerra. Un intellettuale triestino, il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
Roberto Bazlen, gli fa conoscere le opere di Italo di me, con un terrore di ubriaco.
Svevo. Tra il 1925 e il 1926 Montale pubblica alcuni
articoli, con cui iniziano la fortuna critica e la fama
dello scrittore triestino. Il contatto con gli intellettuali Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
triestini, tra cui Umberto Saba, lo porta a firmare il alberi case colli per l’inganno consueto.
Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
Benedetto Croce nel 1925. Nello stesso anno pubbli- tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
ca Ossi di seppia. Nel 1927 diventa redattore della
casa editrice Bemporad di Firenze. Due anni dopo di- Forse un mattino camminando in un’aria lim-
venta direttore della prestigiosa biblioteca del Gabi- pida
netto Viesseux. Mantiene l’incarico fino al 1938,
quando è licenziato per i suoi sentimenti ostili al re- Forse un mattino camminando in un’aria limpida,
gime fascista. Nel 1939 pubblica Le occasioni. Du- arida, volgendomi indietro, vedrò compiersi
rante la seconda guerra mondiale pubblica a Lugano il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
Finisterre, che esce in Italia nel 1945. Nel 1946 inizia di me, e proverò il terrore di aver perso l’equilibrio.
la collaborazione con il “Corriere della sera”, che du-
ra sino al 1973. In quegli anni compie numerosi viag- Poi, come sopra uno schermo, riprenderanno posto
gi all’estero e si diffonde la sua fama di poeta. Nel di colpo alberi, case, colline, per l’inganno consueto.
1957 pubblica La bufera e altro ed anche La fanfulla Ma sarà troppo tardi: io me ne andrò in silenzio
di Dinard. Nel 1961 riceve la laurea honoris causa tra gli uomini, che non si voltano mai [a guardare],
dall’università di Milano. Nel 1966 pubblica Auto da tenendomi il mio segreto.
fè – Cronache in due tempi, che raccoglie articoli ed
interventi sulla cultura, la poesia, l’arte, la musica, il Riassunto. Forse un mattino, camminando nell’aria
costume e gli intellettuali. Nel 1967 è nominato sena- tersa, il poeta si volterà indietro e vedrà la realtà così
tore a vita. La morte della moglie dà origine alle poe- com’è: il nulla, proprio il nulla. E proverà la stessa
sie di Xenia (prima serie, 1966; seconda serie 1968). perdita di equilibrio che prova chi si ubriaca. Poi tutto
Nel 1971, dopo 15 anni di silenzio, pubblica Satura, ritorna normale, la realtà riprende le forme inganne-
che costituisce anche un profondo rinnovamento del voli di sempre. Ma ormai è troppo tardi: egli ha visto.
suo mondo poetico. Nel 1974 riceve la laurea anche E se ne andrà come al solito tra gli uomini, che non si
dall’università di Roma. Nel 1975 ottiene il premio voltano mai. E terrà per sé il suo segreto.
Nobel, che consacra il respiro internazionale della sua
poesia. Nel 1977 pubblica Quaderno di quattro anni, Commento
l’ultima raccolta poetica. Muore nel 1981. 1. La poesia è un chiaro esempio di “poesia metafisi-
ca”: in pochi versi l’autore dà un’idea concreta di una
Le opere. Montale scrive Ossi di seppia (1925), Le conclusione filosofica. Gli uomini guardano sempre
occasioni (1939), Finisterre (1943, 1945), La bufera avanti. Non fanno mai l’esperienza di voltarsi indie-
e altro (1956), la raccolta di articoli giornalistici Auto tro. Forse il poeta un giorno la farà. E, quando si vol-
da fè – Cronache in due tempi (1966), Xenia (prima terà indietro, quando uscirà dagli schemi consueti che
serie, 1966; seconda serie 1968), poi confluite in Sa- condizionano e stritolano la nostra vita e la nostra
tura (1971), Quaderno di quattro anni (1977). esperienza, riuscirà a vedere la realtà così com’è. La
vedrà soltanto per un momento, ma la vedrà. E la
Ossi di seppia, 1925 realtà, i valori consueti che dominano gli uomini, so-
Ossi di seppia (1925m titolo iniziale Rottami) è la no nulla, un nulla assoluto. E questa scoperta gli farà
raccolta che apre l’attività poetica di Montale. Gli provare le stesse emozioni e le stesse paure che prova
“ossi di seppia” sono i residui calcarei di molluschi l’ubriaco, che ha perso il senso dell’equilibrio. Poi
che il mare deposita sulla spiaggia: sono ciò che resta tutto ritornerà normale, tutto ritornerà come prima.
della vita dell’animale e, per analogia, dell’uomo. Il L’inganno ritornerà al suo posto. Ma ormai è troppo
poeta non intende confrontarsi con le poetiche di altri tardi, perché egli ha fatto in tempo a vedere. Conti-
autori. In Non chiederci la parola dà una definizione nuerà a vivere insieme con gli altri uomini, che non
in negativo di che cosa intende per poesia, e di quello sono abituati e che non hanno mai cercato di voltarsi
che la sua poesia non può né vuole essere. indietro, di vedere, di riflettere. E si terrà la sua sco-
perta, si terrà il suo segreto. Il miracolo di vedere la
realtà succede raramente, e gli uomini non sono capa-
Non recidere, forbice, quel volto, Non recidere, o forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla, l’unica cosa che rimane nella mia memoria,
non far del grande suo viso in ascolto che via via cancella i ricordi.
la mia nebbia di sempre. Non trasformare quel grande volto, che mi ascoltava,
nella mia nebbia confusa di sempre.
Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla Un freddo colpo di scure cala sul tronco...
il guscio di cicala Il duro colpo taglia l’albero.
nella prima belletta di Novembre. E l’acacia, colpita a morte, dai rami
fa cadere il guscio vuoto della cicala
nella prima fanghiglia di novembre.
Riassunto. Il poeta prega la forbice di non distruggere 5. Il mottetto si basa su una implicita constatazione,
quel volto, l’unico ricordo che gli rimane impresso senza la quale non si capirebbe qual è il legame tra la
nella memoria, che tende costantemente a dimentica- forbice e la memoria: la forbice taglia le cose, come
re. Quindi ripete lo stesso concetto con un esempio: la memoria taglia i ricordi. Che si deve intendere an-
come la forbice può recidere il ricordo di quel volto, che in modo opposto: la memoria taglia i ricordi, co-
così la scure taglia l’acacia, che si abbatte al suolo e me la forbice taglia le cose. Ciò permette al poeta di
nel crollo fa cadere il guscio vuoto della cicala nella rivolgersi alla forbice (è come se si rivolgesse alla
prima fanghiglia di novembre. memoria). Ottiene però un effetto e un risultato più
efficace che se si rivolgesse alla memoria e dicesse:
Commento “O memoria, non recidere, non eliminare i ricordo di
1. La poesia è densa: il riassunto è più lungo del testo quel volto”. Il ricorso alla forbice dà una estrema e
originale, che va esplicitato. La struttura a due strofe anche crudele concretezza alla preghiera del poeta: la
ripete la stessa struttura di Spesso il male di vivere ho memoria taglia e uccide i ricordi; ma, uccidendo i ri-
incontrato. cordi, essa uccide anche noi.
2. Le parole, soprattutto il primo verso delle due 6. Il tema della memoria è presente in Petrarca come
quartine, vanno oltre l’onomatopea: riescono a fare in Leopardi come in Pascoli. Petrarca lo tratta soprat-
sentire la capacità della forbice e della scure di taglia- tutto in Chiare, fresche e dolci acque, CXXVI. Leo-
re, distruggere ed uccidere. La lezione di D’Annunzio pardi in Alla luna (è bello abbandonarsi ai ricordi,
o di Pascoli non era passata invano: è soltanto rivolta anche se essi sono dolorosi), A Silvia (“Silvia, ri-
in un’altra direzione. La forbice è uno degli oggetti membri ancora...”), nel Canto notturno di un pastore
comuni, e anche in Pascoli c’è questa attenzione ver- errante dell’Asia (l’uomo come archivio di ricordi,
so le cose umili e le piccole cose della vita quotidia- che la morte distrugge). Pascoli in numerose poesie,
na. Il recupero dannunziano di parole preziose si tra- da La mia sera a X Agosto.
sforma in recupero della tradizione dotta (“svettare”, 7. La donna è cantata in tutta la storia della letteratura
“belletta”). italiana, da Giacomo da Lentini a Umberto Saba.
2.1. In Satura (ripubblica Xenia II, 1966-67) Montale Montale ne fa una figura evanescente come le donne
vuole fare la parodia proprio alla Pioggia nel pineto (per altri aspetti completamente diverse) di D’Annun-
(1902) di D’Annunzio. La poesia è intitolata sempli- zio: l’evanescente figura femminile de La sera fieso-
cemente Piove (che cita Ermione, anche se il riferi- lana e de La pioggia nel pineto.
mento era superfluo). A 65 anni di distanza egli sente
ancora il bisogno di distruggere il poeta-vate, con cui
si era misurato e da cui si era allontanato negli anni
giovanili. Un incontro e un abbraccio da cui cerca in-
vano di sottrarsi. D’Annunzio però è ormai divenuto
il poeta della (sua) memoria.
3. Il volto è il probabile volto di una donna, che nel
ricordo – come normalmente avviene – diventa gran-
de. La donna, vissuta nel ricordo, è un tópos lettera-
rio, che risale al Canzoniere di Petrarca. Anche qui
emerge l’ispirazione dotta del mottetto.
4. L’esempio permette di associare la scure alla for-
bice, e quindi il guscio vuoto di cicala al ricordo, la
fanghiglia di novembre alla memoria. Le due situa-
zioni sono identiche e la prima è chiarita, commenta-
ta, arricchita dalla seconda. 1. Nick-Ut, Kim Phúc Phan Thi, la “bimba del napalm”,
ustionata a nove anni da bombe USA, 08.09.1972.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 539
La casa dei doganieri, 1930 La casa dei doganieri
Tu non ricordi la casa dei doganieri Tu non ricordi la casa dei doganieri,
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: che sorgeva a strapiombo sugli scogli:
desolata t’attende dalla sera essa ti attende ancora da quando
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri tu vi entrasti con i tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto. e ti fermasti con la tua irrequietudine.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura Il vento sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto: e il tuo sorriso non è più lieto come allora:
la bussola va impazzita all’avventura il destino è una bussola impazzita,
e il calcolo dei dadi più non torna. è un lancio di dadi, imprevedibile.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna Tu non ricordi: un altro tempo distrae
la tua memoria; un filo s’addipana. la tua memoria; un filo si riavvolge nella matassa.
Le opere. Saba scrive Poesie (1910), Con i miei occhi Riassunto. Il poeta ha parlato a una capra: era sola su
(1912), Cose leggere e vaganti (1920), il Canzoniere un prato e legata. Sazia d’erba e bagnata dalla piog-
(1921), la Storia e cronistoria del Canzoniere (1944- gia, belava. Egli le risponde, perché il belato dell’a-
47, raccolta in volume nel 1948), con cui respinge le nimale era simile al suo dolore e simile al dolore di
interpretazioni che si erano date del Canzoniere e tutti gli esseri viventi. E il dolore ha sempre un unico
propone l’interpretazione autentica; Mediterranee suono e non varia mai. In quella capra egli sentiva
(1948), che poi confluisce nel Canzoniere; infine il esprimersi tutto il male e tutti i dolori del mondo.
Canzoniere (1961), che comprende quasi tutta l’opera
in versi precedente. Commento
1. Anziché mettersi a parlare con la capra, il poeta fa-
ceva meglio ad andare a slegarla in modo che andasse
Il Canzoniere, 1961 a ripararsi sotto qualche tettoia. Egli invece preferisce
filosofeggiare sul dolore che accomuna tutti gli esseri
Il Canzoniere è l’opera di una vita, che riprende in
viventi. Ma tutto ciò era già stato detto e ripetuto, dal-
modo originale il modello più nobile della letteratura
la Bibbia sino a Montale. Egli preferisce ripeterlo an-
italiana, quello inaugurato da Petrarca. Saba lo arric-
cora una volta, anche se in modo non completamente
chisce e lo amplia dall’idea iniziale del 1913 sino
banale e capace di colpire il lettore.
all’edizione postuma del 1961, che è divisa in tre par-
Qui degli umili sento in compagnia Riassunto. La figlia con la palla in mano chiede al
il mio pensiero farsi padre di uscire, per andare a giocare. Il poeta è affa-
più puro dove più turpe è la via. scinato dalla sua bellezza, e pensa a che cosa la può
paragonare. Certamente la può paragonare alla
Riassunto. Spesso il poeta ritorna a casa per una via schiuma marina che biancheggia sulle onde; al fumo
oscura della città vecchia. Qui tra la gente che viene che esce dai tetti e che il vento disperde; anche alle
dall’osteria e va a casa o al bordello, in questo grande nuvole, che si formano e si disfano in cielo; ed anche
porto di mare, trova l’infinito nell’umiltà. Qui trova ad altre cose leggere e vaganti.
una umanità degradata: la prostituta e il marinaio, il
vecchio che bestemmia e la femmina che bega, il Commento
dragone che aspetta di mangiare e la ragazza folle- 1. Come di consueto la poesia è semplice e chiara. È
mente innamorata. Qui, in compagnia degli umili, una delle migliori del Canzoniere, perché raggiunge
egli sente il suo pensiero farsi più puro, proprio dove una estrema leggerezza, che richiama la leggerezza
più turpe è la vita. del Dolce stil novo, ad esempio del sonetto Tanto
gentile e tanto onesta pare di Dante, ma anche la
Commento produzione poetica leggera e melodiosa del classici-
1. Il poeta descrive, come di consueto, rapidamente smo secentesco, quella di Gabriello Chiabrera (1552-
uno scorcio della città vecchia, che deve attraversare 1638), e la produzione elegante dell’Arcadia, in par-
per andare a casa. Percorre una via oscura con ticolare le canzonette di Paolo Rolli (1687-1765) e di
un’osteria, da cui esce la gente per ritornare a casa o Pietro Metastasio (1698-1782). I tre rapidi e imme-
per andare in bordello. Proprio in questo porto di ma- diati paragoni finali ricordano proprio le tre metafore
re, frequentata da una umanità degradata, l’infinito e (che sono anche iperboli) della canzonetta Belle rose
l’umiltà si incontrano, ed in compagnia di questi umi- porporine di Chiabrera.
li egli sente che il suo pensiero si fa più puro, proprio 2. Il poeta canta la donna, anzi è forse uno dei pochi
dove è più turpe la vita di altri essere umani. poeti che canta la moglie e che non sdoppia la donna
2. La poetica di Saba parla di fatti e fatterelli della vi- nella moglie, che è utile, e nella donna ideale, la don-
ta quotidiana, belli o brutti non importa, che poi na dei propri desideri. Ma si allarga anche ad altre fi-
commenta. Qui descrive un’osteria del porto, fre- gure della famiglia e fuori della famiglia. Qui canta la
quentata da una umanità di derelitti, ubriaconi, mari- figlia, altrove canta Glauco, “un fanciullo dalla chio-
nai di passaggio, prostitute, ma non prova ribrezzo né ma bionda”, poi Il garzone con la carriola (tutte poe-
esprime alcun giudizio di condanna. Qui egli sente sie confluite nel Canzoniere), poi un bambino, Il pic-
che l’infinito e gli umili si incontrano ed egli, proprio colo Berto (un’intera raccolta di poesie).
davanti e a contatto con questa umanità degradata, si 3. La poesia rimanda al genere letterario dei ritratti o
sente più puro. degli autoritratti; rimanda anche, per contrasto, a
3. Probabilmente è la prima volta nella storia della Rosso Malpelo e a Ranocchio, i due ragazzini che la-
letteratura che in una poesia compare la parola lupa- vorano nella miniera, della novella Rosso Malpelo
nare, cioè bordello. (1878) di Verga. Un’altra ragazzina è Silvia a cui
4. Anche ne La capra (1909-10) Saba vede una capra Leopardi dedica l’idillio A Silvia, che si preparava a
sotto la pioggia, non la slega, non interviene, e fa una varcare il limitare della fanciullezza ma muore, o il
riflessione: la capra gli ricorda le sofferenze di tutti “garzoncello scherzoso” dell’ultima strofa de Il sa-
gli uomini, colpiti dal dolore. Amen. bato del villaggio. I giovanissimi peraltro hanno avu-
---I☺I--- to poco spazio nella produzione letteraria.
---I☺I---
Ma giovinezza, Ma la giovinezza,
torbida ebbrezza, con la sua torbida ebbrezza,
passa, passa l’amore. passa, passa anche ‘amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore, Così restano tristi presentimenti
presentimenti. nel cuore addolorato.
Malinconia, O Malinconia,
la vita mia la vita mia
amò lieta una cosa, amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa, sempre: la Morte. Ora essa è quasi dolorosa,
ch’altro non spero. perché non spero altro.
al giovanetto, al giovanetto,
che a un primo affetto che come prima reazione
cangia colore e trema. cambia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema E neanche il vecchio ama la tomba: la suprema
crudeltà della sorte. crudeltà del nostro destino di esseri mortali.
Riassunto. La Malinconia (personificata) riempie la la Morte (personificata). Quando non si ama più, non
vita del poeta, perché al mondo non c’è niente che lo si chiama lei, la liberatrice. E, quando siamo immersi
renda spensierato. Essa è divenuta la compagnia in- nel dolore, non ci fa più felici pensare a lei. Il poeta
separabile della sua vita. Entra succinta nella sua ca- non lo sapeva. Ora, che lo scopre, beve l’ultimo sorso
sa, con i suoi riccioli, in parte nascosti dal berretto, in amaro dell’esperienza. Il pensiero della morte è più
parte mostrati con ostentazione. E il poeta riflette: caro al giovinetto che come prima reazione cambia
passa la giovinezza e passa anche l’amore, restano colore e trema. E neanche il vecchio ama la tomba, la
soltanto tristi presentimenti nel cuore. Per tutta la vita suprema forma di crudeltà del nostro destino di esseri
egli ha amato sempre, e con letizia, soltanto una cosa: mortali. Ormai per il poeta nemmeno il pensiero della
Commento
1. Il poeta descrive un fatterello di vita quotidiana:
quel che succede nel Teatro degli Artigianelli. Nella
sala c’è una bandiera con la falce e il martello e la
stella d’Italia, il conferenziere cerca di coinvolgere
con una battuta le donne e i bambini presenti, è breve
e alla fine conclude con una battuta che fa piacere a
tutti: si ritira come si stanno ritirando i tedeschi. Il let-
tore ha la sorpresa finale; il poeta entra direttamente
sulla scena, come il conferenziere: è a Firenze, è il
settembre 1944, in lontananza si sente ancora il rom-
bo del cannone, Firenze medita sulle sue rovine.
3. La platea è costituita soltanto da donne e bambini,
perché gli uomini sono al fronte. Il conferenziere
sembra essere un invalido di guerra.
4. Anche qui un piccolo fatto di vita quotidiana, ma
con una sorpresa finale (come in altre poesie): il poe-
ta entra direttamente sulla scena ed è proprio lui che 1. François Alfred Delobbe, La spigolatrice, 1882.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 551
Ulisse, 1947 Ulisse
Riassunto. Da giovane il poeta ha navigato lungo le anni o giù di lì ritorna a casa, dal figlio, dal padre e
coste pericolose della Dalmazia, piene di scogli che dalla moglie, uccide i proci, che gli avevano scialac-
emergevano appena dalla superficie marina. Ora che quato le sostanze e insidiato la moglie, e nella propria
è vecchio continua ancora a frequentare quel mare reggia (forse) finisce serenamente la vita.
pericoloso. Gli altri (=amici e coetanei) hanno cercato 4. Questo atteggiamento ottimistico e positivo verso
la sicurezza nel porto. Egli invece è spinto ancora al la vita può essere confrontato con quello sconsolato
largo dal suo spirito indomito e dal suo amore intenso di Carducci: nel sonetto autobiografico Traversando
verso la vita. la Maremma toscana (1885) si lamenta che quel che
amò e quel che sperò fu inutile e che ora lo aspetta
Commento soltanto la morte. In Nevicata (1881) è preso dal tedio
1. Il titolo, Ulisse, indica come si deve interpretare il di vivere e vuole raggiungere i suoi amici morti.
testo: il poeta si paragona ad Ulisse (e per di più, im- 5. La poesia è sonora e rapida come le altre poesie
plicitamente, si dice superiore all’eroe omerico). Egli dello scrittore. Non ha la brevità né la concisione
è vissuto pericolosamente sul mare della vita sin dalla dell’Ermetismo, ma non ha nemmeno la lunghezza e
sua giovinezza. Ora, che è divenuto vecchio (ha 64 l’articolazione della poesia tradizionale.
anni), continua ancora quella vita spericolata. Gli al- 6. Sembra che il poeta in vecchiaia veleggi da solo al
tri (i suoi amici o i suoi coetanei) hanno cercato la si- largo: gli amici hanno raggiunto il porto, non sono
curezza e la tranquillità del porto. Egli invece condu- subentrati come amici nuovi marinai, e la moglie è
ce la vita di sempre, spinto dal suo cuore indomito e rimasta a casa. Insomma a) i luoghi pericolosi, e le
dall’intenso amore per la vita. emozioni che essi procurano, sono cose da uomini; e
2. Il poeta fornisce la sua interpretazione della figura b) la vecchiaia è ancora piena di vita, ma è anche ca-
di Ulisse. Dopo Omero c’era stata quella dell’eroe ratterizzata dalla solitudine. Altrove aveva detto che
che vuole visitare il mondo disabitato oltre le colonne la sua compagna costante è la Malinconia, personifi-
d’Ercole, spinto dalla sua sete di conoscere, di Dante cata. Non pensa più neanche al sollievo della Morte
(If XXVI), quella romantica di Foscolo (A Zacinto), (personificata), a cui aveva pensato per tutta la vita
quella decadente e intimistica di Pascoli (Poemi con- (La Malinconia, 1923-24).
viviali, Il sonno di Odisseo,1904), poi quella deca- ------------------------------I☺I-----------------------------
dente ma superomistica di D’Annunzio (Laudi del
cielo, del mare, della terra e degli eroi. Maia, IV.
L’incontro con Ulisse, 1903), quella invece fortemen-
te antieroica del romanziere dublinese James Joyce
(Ulysses, 1922). Conviene però confrontare il mode-
sto spessore delle motivazioni, piuttosto generiche,
che spingono Saba a rimanere sul mare, con le ben
più consistenti motivazioni che gli autori citati attri-
buiscono al loro Ulisse.
3. Con un linguaggio chiaro, semplice e quotidiano e
con un atteggiamento un po’ presuntuoso ed un po’
spaccone, il poeta si paragona ad Ulisse e dice che
tutta la sua vita è stata intensa ed avventurosa, molto
più di quella dell’eroe omerico. E forse ha ragione:
l’Ulisse omerico passa dieci anni sotto le mura di 1. Sarcofago degli sposi, Museo Nazionale Etrusco, Villa
Troia, dieci anni di peripezie sui mari, ma poi a 40 Giulia (RR), sec. VI a.C.
Commento
1. Il fascismo eterno è una fesseria uscita dalla mente
di Eco, esiste soltanto quello storico, che si chiamava
Nazional-fascismo e che nacque nel primo dopo guer-
ra (1919-21) a causa dell’incapacità di governare dei
partiti, che passavano il tempo a litigare tra loro. E
conobbe varie fasi o aspetti:
1) il fascismo che manganella braccianti e operai fi-
nanziato da latifondisti e industriali (1919-20);
2) il fascismo parolaio e rivoluzionario che conquista
appena 19 seggi (1919);
3) il fascismo che cambia rotta e fa un salto di qualità
(1919-23), ha un programma elettorale depurato dalle
idee rivoluzionarie e pensa di andare al governo;
4) il fascismo che fa la marcia su Roma (5.000 mani-
festanti e altri 40.000 bloccati nelle stazioni ferrovia-
rie), finita in osteria, sotto le gambe dei tavoli;
5) il partito fascista e i partiti della coalizione che ot-
tengono il 60% dei voti (con qualche broglio insigni-
ficante) nelle elezioni (1923), che supera indenne il 1. James Montgomery Flagg, Zio Sam, 1917. “Io cerco TE
delitto di Giacomo Matteotti (1924) e pure lo sciope- per l’esercito degli Stati Uniti, vai nella più vicina stazione
ro legalitario del parlamento sull’Aventino (1924); di reclutamento!”
6) il fascismo che si mette in doppio petto, va al pote- 2. La postura antifascista del dito indice, secondo le indi-
re e vi resta (1927), come fanno normalmente tutti i cazioni di Umberto Eco, semiologo e romanziere di fama
politici di ieri, di oggi e pure di domani; mondiale, USA, 1995. Postura perfetta del dito, della ma-
7) il fascismo che affronta e risolve i maggiori pro- no, del pugno quando si incontra un fascista. Le unghie
blemi economici e sociali del dopoguerra (crisi eco- devono essere curate, arrotondate e pulite, l’espressione
nomica, riconversione industriale, ritorno a casa dei della mano deve essere Semplice, Sicura, Severa. La mano
reduci, inflazione ecc.), che è coinvolto parzialmente deve essere accompagnata da una voce stentorea, che
nella crisi americana del 1929 e che ottiene buoni ri- esprima Sdegno, Sfida, Sgomento, e che contenga tutti i
sultati economici fino al 1936, anche per la favorevo- valori dell’Antifascismo Militante ed Eterno.
le congiuntura economica internazionale;
8) il fascismo dei Patti lateranensi (1929), che nor-
malizza dopo 59 anni i rapporti tra Stato e Chiesa, e 10) il fascismo del sabato fascista, dei rinforzi ai go-
quello che si scontra con la Chiesa per il monopolio miti per far durare di più il vestito e degli esercizi
dei giovani (1930-31); ginnici al sole, che procuravano iodio contro il gozzo;
9) il fascismo che pratica la “strategia del consenso” 11) il fascismo che fonda Littoria (oggi Latina) e bo-
per avere il sostegno della popolazione (l’esercito era nifica le paludi Pontine (1932), creando posti di lavo-
fedele al re, giovani e adulti alla Chiesa); ro per i braccianti veneti;
Il mondo antico
Si rimanda al capitolo Valerio M. Manfredi (1943),
appena più sopra.
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Ormai le storie della letteratura italiana hanno censu- Gli argomenti trattati dai canti di chiesa sono vari: la
rato i canti risorgimentali, in ogni caso hanno sempre salvezza, il peccato, la Madonna, che intercede a fa-
censurato la produzione religiosa, come se la stra- vore del credente, la Madonna Vergine e Madre, la
grande maggioranza della popolazione italiana non Madonna che soffre per il figlio, la SS. Trinità, i do-
andasse in chiesa e non fosse cristiana. I bravi laici, lori terreni e la gioia del cielo, le verità di fede, anche
famosi per la loro intelligenza e tolleranza, ritengono le apparizioni di Lourdes (1858) e di Fatima (1917).
che Stato e Chiesa debbano essere divisi, e non sanno Diverse opere sono state scritte e poi musicate da pro-
che nel mondo greco e romano tutte le imprese civili fessionisti. E, se vogliamo guardare la produzione ter-
e militari erano accompagnate da cerimonie religiose. ra terra, possiamo dire che c’è stato un indotto eco-
Rimediamo con piacere ai loro paraocchi e ai loro nomico significativo: i volumetti che raccoglievano i
pregiudizi. canti.
La Chiesa fa uso dei salmi della Bibbia o della pro- I canti non vanno letti, ma ascoltati o, ancor meglio,
duzione religiosa medioevale, soprattutto in latino, cantati e cantati con l’accompagnamento musicale.
ma nel corso dei secoli ha sempre continuato ad ag- Gli autori si sono sempre preoccupati che fossero
giungere inni e canti al suo patrimonio culturale. Uno canti corali. E nella coralità rivelano il loro sentimen-
dei più belli è l’inno a Maria di Francesco Saverio to e il loro incredibile impatto sugli stessi cantori.
D’Aria, Dell’aurora tu sorgi più bella (1959).
Conviene confrontare la produzione culturale dell’a-
Il Concilio Vaticano II (1962-65) segna uno spartiac- rea cattolica con la produzione dell’area anarchica,
que. Prima la messa era in latino, ora è in italiano. comunista e socialista (e viceversa), per vedere somi-
Prima i canti erano in latino (e in italiano), ora sono glianze, debiti e differenze. Questi canti sono radi-
in italiano. Oltre a ciò, quel che importa è la parteci- calmente debitori per idee, valori e termini ai canti e
pazione dei fedeli al canto corale. La comunione si fa alla cultura ecclesiastica. I rivoluzionari sono in gene-
anche cantando, cantando le lodi a Dio o alla Madon- re anticlericali, ma sono scappati tutti dalla sacrestia,
na o recitando le litanie in onore dei santi. La coralità Stalin compreso. È curioso che non abbiano ricono-
accompagna la messa dall’inizio alla fine. sciuto i loro debiti alla cultura religiosa e che non ab-
biano visto nemmeno quanto la Chiesa ha fatto per la
I parroci (sempre di estrazione popolare) parlavano in popolazione e quanto lo Stato NON ha fatto. Bisogna
italiano da sempre e avevano anche una buona cultu- avere anche il coraggio di riconoscere i meriti e
ra, appresa in seminario. Nei paesi avevano grande l’impegno dei propri avversari. E oggi la Chiesa non
prestigio e godevano di un benessere economico sco- ha più avversari. Continua a cantare le sue canzoni,
nosciuto alla maggior parte della popolazione. Porta- mentre le canzoni rivoluzionarie non si cantano più.
vano la fede e con le prediche portavano quel po’ di
cultura e quel po’ di lingua italiana, che lo Stato uni- Si è dato spazio anche a un autore-cantante laico co-
tario non aveva ancora deciso o potuto dare. Lo Stato me Fabrizio De André, che ha trattato due temi: Ma-
italiano si appropria dei fedeli a partire dal boom eco- ria, presentata ancora ragazzina, e il rapporto intenso
nomico (1958-61). La Chiesa lentamente e inesora- e conflittuale tra l’uomo e Dio. Nella sua versione
bilmente perde importanza economica a favore dello l’uomo invita Dio a venirlo a cercare, se lo vuole
Stato e della società civile. Per secoli e secoli aveva amare.
attirato i fedeli anche con i lavori pubblici (=la co-
struzione di chiese, oratori, capitelli), autofinanziati Conviene notare che i salmi si trovano nella Bibbia e
con le offerte degli stessi fedeli. E dal Concilio di sono legati a una società senza Stato, gestita perciò
Trento (1545-63) aveva iniziato a prestare più atten- dai sacerdoti e dai 10 comandamenti. Il peccato con-
zione ai fedeli, si era preoccupata della loro cultura tro Dio significa l’infrazione di una legge dello Stato.
religiosa ma anche delle loro condizioni materiali. I canti in latino e in italiano indicano invece l’im-
Oggi accanto a ogni chiesa sorge l’oratorio e moltis- pegno della Chiesa di costruire una società pervasa da
simi altri servizi, tavolini, carte, bar incluso. Anche spirito e da ideali religiosi, in alternativa e in contra-
campetto di calcio. Lo Stato italiano non ha mai fatto sto con lo Stato e i valori laici che esso rappresenta.
niente di equivalente. Dal 1870 l’avversario è lo Stato italiano.
I canti sono accompagnati dalla musica, dall’organo o Prima sono messi i canti in latino, poi quelli in italia-
da un più modesto organetto a pedali, anche da stru- no. In ordine alfabetico. L’ordine cronologico è risul-
menti elettronici… Non c’è più la grandiosità e la so- tato impossibile per i testi latini come per i testi ita-
lennità della musica barocca, ma ogni chiesa ha il suo liani. Le date sono scarse.
organo o il suo organetto e propone musica ai fedeli. -----------------------------I☺I-----------------------------
Negli anni Sessanta i laici inventano i gruppi musicali
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 583
Adeste, fideles venite, adoriamo,
venite, adoriamo
Adeste, fideles, il Signore!
laeti triumphantes
venite, venite in Bethlehem. Commento
Natum videte 1. L’inno è semplice e gioioso. È un invito ad alzarsi,
Regem angelorum. per andare a vedere e ad adorare il Re degli angeli. La
Venite, adoremus, terza strofa ripete la prima. E riesce effettivamente a
venite, adoremus, trasmettere la gioia per la nascita del bambino. La
venite, adoremus Madonna non è nemmeno citata e neanche Giuseppe.
Dominum. Ci sono i fedeli, i pastori, e il Re degli angeli.
2. La musica che accompagna il canto contribuisce a
En, grege relicto, creare la situazione gioiosa.
humiles ad cunas, 3. Il canto natalizio compare nel 1743-44, trascritto
vocati pastores approperant; da sir John Francis Wade che lo ricava da un tema
et nos ovanti gradu festinemus. popolare irlandese. In seguito fu arricchito di alcune
Venite, adoremus, strofe.
venite, adoremus, 4. Si può confrontare con l’Internazionale, 1871, che
venite, adoremus ha lo stesso inizio, ma che non è affatto gioiosa:
Dominum.
In piedi (=alzatevi), o dannati della terra,
Adeste, fideles, in piedi, o forzati della fame!
laeti triumphantes La ragione tuona nel suo cratere,
venite, venite in Bethlehem. è l’eruzione finale.
Natum videte Del passato facciamo tabula rasa,
Regem angelorum. Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Venite, adoremus, Il mondo sta cambiando radicalmente,
venite, adoremus, Non siamo niente, saremo tutto!
venite, adoremus
Dominum. È la lotta finale, uniamoci, e domani (due volte)
l’Internazionale sarà il genere umano.
Alzatevi, o fedeli -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. “Alma” deriva da alo, alis, alimento, nutro. Signi- 3. L’arcangelo Gabriele compare a Maria e la saluta:
fica che alimenta la vita, nutriente, vivificante. “San- “Ave, o Maria”, “Ti saluto, o Maria”. Le porta la no-
ta” o “genitrice” è quel che offre la lingua italiana. La tizia che diventerà la madre di Dio, e lei accetta. In
traduzione non rende l’originale. italiano però “Ave” si usa soltanto nella preghiera al-
2. Maria è la novella Venere, che sorge dal mare, co- la Madonna, e basta. La traduzione non rende l’ori-
me il pianeta Venere, la stella del mattino. ginale.
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Amen. Amen.
Commento che non può dire di no a sua madre. Il culto della Ma-
1. L’origine della preghiera è incerta. Alcuni la attri- donna si diffonde dopo il sec. X.
buiscono a Venanzio Fortunato (530-609), altri a 3. La vita sulla terra è dura, pericolosa e piena di in-
Paolo Diacono (720/224-799). Risale almeno al sec. sidie, ma la Vergine protegge il suo popolo e gli indi-
IX, poiché è presente nel Codex Sangallensis custodi- ca come si deve comportare. E, dopo aver attraversa-
to nell’Abbazia di San Gallo (CH). Spesso essa è er- to questa valle di lacrime, il suo popolo avrà la felici-
roneamente attribuita a Roberto II il Pio o a San Ber- tà celeste.
nardo, che vissero nei secc. XI e XII. 4. Da notare l’abile abbinamento di sacrifici e soffe-
2. L’inno è semplice e insiste sugli attributi consueti renze sulla Terra e poi di felicità in cielo.
della Madonna: è Vergine e Madre. È Madre di Dio, 5. I versi iniziali danno l’idea della stella del mattino
ma è anche madre-protettrice del fedele che si rivolge (=il pianeta Venere), che sorge dal mare. La Vergine
a lei. E lei intercede con successo presso suo Figlio, è la Venere celeste che esce dalle onde del mare.
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Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto, Gloria al Padre, al figlio e allo Spirito Santo,
sicut erat in principio, et nunc, et semper com’era in principio, ora e sempre
et in saecula saeculorum. Amen. nei secoli dei secoli. Amen.
Commento
1. L’inno è antichissimo. Fu usato da Carlo Magno
(800) in poi per l’incoronazione dei re di Francia. Di-
venta la protesta dei credenti contro il laicismo di Sta-
to, iniziato nel 1870 con la presa di Roma da parte
dell’esercito sabaudo. Gli italiani prima erano fedeli
alla Chiesa e al Papa, che rappresentavano Dio sulla
Terra, poi al governo. La pace è fatta soltanto con i
Patti lateranensi (1929). Ed è strumentale: con i Patti
il regime Nazional-fascista cercava l’appoggio della
Chiesa e dei cattolici contro la monarchia, appoggiata
dall’esercito.
2. Il testo fa sentire la presenza e i valori del mondo
romano. Il Cristianesimo, da minaccia dello Stato, di-
venta religione di Stato, e unica religione. E alla ca-
duta dell’impero romano (476) eredita l’onore e
l’onere di gestire la società italica e di difenderla dal-
le invasioni barbariche. E nei due versi del ritornello
è tutto l’orgoglio di essere romani e cristiani. Cristo
(o l’Impero romano) vince, regna e comanda. Se non
è proprio Cristo, è almeno il suo rappresentante sulla
Terra: il papa e la Chiesa cattolica, apostolica e ro-
mana.
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Un soleil sans chaleur plane au-dessus six mois, Un sole senza calore si libra appena, per sei mesi,
Et les six autres mois la nuit couvre la terre ; gli altri sei la notte copre la terra.
C’est un pays plus nu que la terre polaire È una regione nuda più della terra polare:
– Ni bêtes, ni ruisseaux, ni verdure, ni bois ! non bestie né ruscelli né erbe né foreste.
Or il n’est pas d’horreur au monde qui surpasse Al mondo non vi è orrore che superi
La froide cruauté de ce soleil de glace la fredda crudezza di questo sole di ghiaccio,
Et cette immense nuit semblable au vieux Chaos ; e questa immensa notte assomiglia al vecchio Caos.
Je jalouse le sort des plus vils animaux Io invidio la sorte dei più vili animali
Qui peuvent se plonger dans un sommeil stupide, che possono tuffarsi in un sonno stupido,
Tant l’écheveau du temps lentement se dévide ! tanto la matassa del tempo si dipana lentamente!
Riassunto. Il poeta chiede pietà a un “Tu” indefinito, 5. Il sonetto, dalla costruzione irregolare, si può con-
che egli ama. È caduto nel profondo dell’abisso e si frontare con Spleen, nella stessa raccolta. L’atmosfera
trova in un mondo triste e livido, illuminato per sei è la stessa: orrore e desolazione, dove anche la Spe-
mesi da un sole di ghiaccio e per gli altri sei immerso ranza è morta. La ragione è andata a dormire oppure
nella notte. Non ci sono bestie né ruscelli né erbe né ha deciso di prendersi una vacanza e andare altrove.
foreste. E l’immensa notte assomiglia al vecchio 6. Le traduzioni italiane disponibili hanno curato
Caos. Egli invidia la sorte degli animali più vili, che troppo l’aspetto letterario, in tal modo “nascondono”
si abbandonano a un sonno stupido, poiché il tempo il contenuto e la situazione d’angoscia che attanaglia
passa lentamente. il poeta e che dovrebbe coinvolgere direttamente an-
che il lettore. Serviva un linguaggio più scorrevole e
Commento più d’uso comune, che facesse esplodere la desola-
1. Sorpresa! Anche Baudelaire ne Les fleurs du mal (I zione dell’animo del poeta.
fiori del male, 1857) conosce l’abisso della dispera- 7. Il tempo che si dipana lentamente dalla matassa
zione. E si rivolge a uno sconosciuto Tu salvifico aggrovigliata si contrappone alla massima classica se-
(con lettera maiuscola), per uscire da quella landa de- condo cui tempus fugit.
solata. Tu non è Dio (nella penultima terzina c’è un 8. In Italia qualche anno dopo compare la Scapiglia-
riferimento al Caos primordiale), può essere soltanto tura milanese (1860-80), che canta l’orrore, la malat-
una fantomatica figura femminile (e al femminile so- tia, la morte e la dissoluzione dei corpi.
no le traduzioni italiane), a cui egli implora la salvez- 9. Chi è curioso può leggersi un altro De profundis,
za. Potrebbe essere anche la Madonna, regina del cie- pure sorprendente: la lunga lettera che Oscar Wilde
lo, o una semplice donna con capacità taumaturgiche. (1854-1900), incarcerato per sodomia, scrive (ma non
2. Nella seconda quartina c’è un riferimento a una di- invia) al nobile e giovane amante (1897, ma pubblica-
vinità greca, Persefone/Proserpina, sposa contro vo- ta parzialmente soltanto dopo la morte dell’autore).
glia di Plutone, che da Zeus/Giove ha ottenuto la pos- La può leggere anche in italiano: Oscar Wilde, De
sibilità di passare sei mesi sulla Terra, dove in prima- profundis, Feltrinelli, Milano, 201416.
vera fa rifiorire la Natura. Nella prima terzina c’è un 10. Chi è ancora più curioso può leggersi Tiziano
riferimento al Caos primordiale, sempre greco, che Sclavi (ideatore) e Corrado Roi (disegnatore), Dylan
precede l’arrivo al potere di Zeus/Giove e dei suoi Dog, Dal profondo, n. 20, 1° maggio 1988. Dal pro-
fratelli. Il mondo classico deve ancora costituirsi. fondo delle fogne esce uno strano essere, che ha sem-
3. L’atmosfera è tardo-romantica e pre-decadente. Il pre fame e che uccide per sfamarsi. È un bambino
poeta conosce un momento o un periodo di dispera- abbandonato, che si è rifugiato nel sottosuolo...
zione, che proietta fuori di sé e descrive un mondo -----------------------------I☺I-----------------------------
ugualmente desolato, dove il sole non riscalda e le
lande sono gelate. L’unico barlume di speranza è quel
Tu, quella donna che egli ama, l’unica donna o l’uni-
co essere che egli ama. Manca del tutto la presenza
del Dio e del mondo cristiano, con tutte le sue propo-
ste di salvezza terrena e ultraterrena.
Libera me, Domine, de morte aeterna, Liberami, o Signore, dalla morte eterna,
in die illa tremenda, in quel giorno tremendo,
quando coeli movendi sunt et terra: quando cieli e terra saranno sconvolti.
dum veneris judicare saeculum per ignem Mentre verrai a giudicare il mondo con il fuoco,
tremens factus sum ego et timeo, io sarò tutto un tremito e avrò paura,
dum discussio venerit, atque ventura ira. perché tu mi giudicherai e manifesterai la tua ira.
Quando coeli movendi sunt et terra, Quando cieli e terra saranno sconvolti,
dies illa, dies irae, quel giorno sarà il giorno dell’ira divina,
calamitatis et miseriae della calamità e della condanna,
dies magna et amara valde. il giorno più grande e amaro.
Miserere, misero me
Però brindo alla vita!
Ma che mistero è la mia vita,
che mistero,
sono un peccatore dell’anno ottantamila
un menzognero!
Ma dove sono e cosa faccio,
come vivo?
Vivo nell’anima del mondo,
perso nel vivere profondo!
quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ. perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
Ecce enim ex hoc beátam me dicent D’ora in poi tutte le generazioni
omnes generatiónes, mi chiameranno beata.
quia fecit mihi magna, qui potens est, Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
et sanctum nomen eius, e santo è il suo nome:
Suscépit Israel púerum suum, Ha soccorso Israele (=il popolo), suo servo,
recordátus misericórdiæ, ricordandosi della sua misericordia,
sicut locútus est ad patres nostros, come aveva promesso ai nostri padri,
Abraham et sémini eius in sæcula. ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Sicut erat in princípio, et nunc et semper, Com’era nel principio, ora e sempre
et in sǽcula sæculórum. e nei secoli dei secoli.
Amen. Amen.
Commento
1. Magnificare significa lodare, onorare. Le parole 4. Ovviamente i versi sottostanti sono una fandonia o
sono pronunciate da Maria, dopo che l’angelo Ga- un pio desiderio. Ma l’immaginario maschile come
briele le ha annunciato che sarebbe divenuta madre di femminile è sottratto ai criteri di Vero o Falso:
Dio. Il testo ha la caratteristica dei salmi.
2. “Su quelli che lo temono”: è convinzione comune Ha dispiegato la potenza del suo braccio,
che “initium sapientiae timor Domini”, “l’inizio della ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
sapienza sia il timore, il rispetto verso Dio”. L’o- ha rovesciato i potenti dai loro troni,
perato di Dio contro i potenti e a favore degli umili o e ha innalzato gli umili.
a favore degli ebrei non ha alcun corrispettivo nella
realtà. È soltanto un desiderio. Il finale, messo in cor- 5. Il salmo indica come deve essere il rapporto tra il
sivo, è un’aggiunta posteriore. La teologia cristiana si fedele e Dio. Il fedele deve avere fiducia in Dio, che
chiarisce un po’ alla volta nel corso dei secoli. lo protegge, e deve abbandonarsi a Lui.
3. La Vergine canta Dio onnipotente, che è capace di 6. Gli ultimi cinque versi sono un’aggiunta postuma,
rivolgersi agli umili, che è disposto ad aiutare i debo- la formuletta finale.
li, che ha fatto un’antica promessa ed ora la mantiene, 7. Ancilla si può tradurre soltanto con serva, che però
che rovescia i potenti della terra ed esalta gli umili. E non rende l’idea. Nel mondo romano i servi sono gli
che infine si è rivolto a una donna, in cui si è incarna- schiavi. Il nome ancella, cioè cameriera, non è più
to. E Maria si sente investita dall’energia che Dio, usato. E collaboratrice domestica è recente.
scegliendola, ha suscitato in lei. -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 591
Miserere mei, Domine, Psalm 51 (50) Abbi pietà di me, o Signore
Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion: Nel tuo grande amore fa’ grazia a Sion (=agli ebrei),
ut aedificentur muri Ierusalem. affinché siano innalzate le mura di Gerusalemme.
Commento
1. L’origine della preghiera risale al sec. XI, ma la Gesù in paradiso, dopo una vita dolorosa in questa
sua composizione è incerta. La tradizione più diffusa valle di lacrime.
attribuisce la stesura di quest’antifona al monaco Er- 4. La vita sulla terra è soltanto un esilio. Il destino
manno di Reichenau (1013-1054). dell’uomo è la vita in paradiso vicino a Dio. A dire il
2. La Madonna è la regina del cielo e non ha altre vero, era Platone che parlava di anime che dall’iper-
concorrenti. Sotto di lei ci sono le sante (e i santi). uranio sono cadute sulla terra e si sono incarnate. E
3. La preghiera presenta la Madonna che ha miseri- che con la morte ritornano al cielo. La morte quindi
cordia per i suoi figli, che grazie a lei possono vedere era vista positivamente
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Te, Deum, laudamus: te Dominum confitemur. Ti lodiamo, o Dio, affermiamo che tu sei il Signore.
Te aeternum patrem, omnis terra veneratur. Tutta la terra venera te, o Padre eterno.
Tibi omnes angeli, A Te tutti gli angeli,
tibi caeli et universae potestates: a Te le potenze del cielo e dell’universo,
tibi cherubim et seraphim, a Te i cherubini e i serafini,
incessabili voce proclamant: cantano con voce incessante:
“Sanctus, Sanctus, Sanctus “Santo, Santo, Santo
Dominus Deus Sabaoth. il Signore Dio degli eserciti.
Pleni sunt caeli et terra I cieli e la terra sono pieni
majestatis gloriae tuae”. della grandezza della tua gloria”.
Commento
1. La redazione finale dell’inno risale al sec. IV ed è 3. Dio degli eserciti è un modo per indicare l’onnipo-
opera di Niceta, vescovo di Remesiana (oggi Bela Pa- tenza divina, ma è anche un modo per indicare una
lanka, Serbia Centrale) caratteristica di Dio: Egli difende il suo popolo con la
2. L’inno è cantato il 31 dicembre di ogni anno come forza delle armi. Gli dei degli altri popoli non si com-
ringraziamento dell’anno appena trascorso. È una lo- portavano in modo diverso.
de a Dio, a cui il credente chiede di essere salvato, -----------------------------I☺I-----------------------------
poiché ha versato per lui il suo sangue preziosissimo.
La preghiera è rivolta a tutte e tre le persone della
santissima Trinità.
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Commento
1. Il testo è fedele ai Vangeli, presenta le verità della sono attive soltanto in relazione a nemici esterni (e
fede, ma mostra anche una divinità vicina agli uomi- non sempre).
ni. L’inno è incentrato sul dogma dell’eucarestia: il 3. La traduzione, qui come altrove, non rende l’origi-
pane e il vino si trasformano veramente nel corpo e nale: ogni lingua ha i suoi suoni che non sono tra-
nel sangue di Gesù. Poi la comunione in chiesa e l’a- sportabili in un’altra.
gàpe, il pranzo privato, consolidano i rapporti sociali. ------------------------------I☺I-----------------------------
2. La conclusione è comprensibile: la centralità di
Dio, uno e trino, serve a contenere i contrasti e le ten-
sioni tra gli uomini. Mentre si loda la Santissima Tri-
nità, non si ha tempo per litigare. La storia però inse-
gna che l’unità e la compattezza di un gruppo sociale
Amen. Amen.
Commento
1. L’inno è tradizionalmente attribuito a Rabano musica i fedeli. Nel sec. XX è sostituito dal più sem-
Mauro (784-856), vescovo di Magonza. La traduzio- plice organetto a pedali e poi dall’organo elettrico.
ne in italiano non è letterale ed è molto accurata.
2. Anche qui l’inno si ispira al Vangelo e mette in
versi le verità della fede. Le lodi allo Spirito Santo
sono piuttosto rare. Qui è presentato come consolato-
re. Svolge diverse funzioni: difende il credente e gli
illumina la mente, lo avvia a capire le verità della fe-
de e lo consola.
3. Il verso iniziale è potente, dà l’idea dell’energia
dello Spirito Santo, creatore e ri-creatore, che si
espande nell’universo. È un’ondata di energia che
esce dalle parole. Alessandro Manzoni riesce a fare
qualcosa di simile nell’invocazione finale allo Spirito
Santo della Pentecoste.
4. L’inno non va letto, va ascoltato o, ancor meglio,
cantato coralmente in chiesa, con accompagnamento
musicale. In passato le occasioni di vita comunitaria
erano molto più numerose di oggi. Le chiese nor- 1. Manifestazioni di protesta contro la guerra in Vietnam,
malmente avevano l’organo, che dall’alto inondava di 1968.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 597
Andrò a vederla un dì tu disceso a scontare l’error (=il peccato originale),
tu sol nato a parlare d’amor,
Andrò a vederla un dì, luce dona alle menti,
in cielo patria mia; pace infondi nei cuor.
andrò a veder Maria,
mia gioia e mio amor. Astro del ciel,
Al cielo, al cielo, al ciel pargol divin,
andrò a vederla un dì. mite agnello redentor,
(Due volte.) tu di stirpe regale decor (=onore)
tu virgineo, mistico fior (=nato da una Vergine),
Andrò a vederla un dì, luce dona alle menti,
è il grido di speranza, pace infondi nei cuor.
che infondemi costanza
nel viaggio fra i dolor. Commento
Al cielo, al cielo, al ciel… 1. “Un canto di speranza per l’Europa in ginocchio.
(Due volte.) Scritto nel 1816, in tedesco, dal sacerdote salisbur-
ghese Joseph Mohr e poi consegnato, nel Natale del
Commento 1818, al compositore e maestro di scuola Franz Xaver
1. Per capire correttamente il testo e la necessità di Gruber, che scrisse una melodia adeguata ai versi,
poter sperare nel futuro, si deve tenere presente che le «Stille Nacht! Heilige Nacht!» riuscì a trasmettere,
società occidentali tradizionali, cioè fino al 1950, non fin dalla prima esecuzione, in una chiesetta di campa-
conoscevano la medicina e la vita era pervasa dal do- gna, un messaggio talmente pieno di speranza da ri-
lore, dalla sofferenza e dalla morte: dalla più grande sultare rivoluzionario. Quando la canzone vide la lu-
incertezza. C’erano malattie, epidemie, malnutrizio- ce, infatti, l’Europa si trovava in una fase di profondi
ne, totale mancanza di igiene. Il breve canto è im- cambiamenti, travolta da guerre, sovvertimenti politi-
prontato alla speranza futura: il credente andrà a ci e crisi economiche che per decenni avevano trau-
vedere la Madonna dopo morto, in paradiso. I suoni matizzato e dissanguato la popolazione. Con guerre e
(soprattutto dei primi versi) danno l’idea fisica della campagne militari, Napoleone aveva saccheggiato,
gioia che c’è nel cuore del credente. incendiato e ridotto all’impotenza intere regioni e a
2. L’autore associa abilmente il presente con i suoi ciò si era aggiunta, nel 1816, una catastrofe naturale
dolori al futuro felice in cielo. Prima il dolore e il sa- dalle ripercussioni devastanti: un intero anno privo di
crificio, poi la gioia celeste. In questo modo la vita estate, con quattro stagioni quindi prive di raccolti e
sulla terra diventa più leggera e più facile da affronta- un ovvio seguito di fame e miseria.” (“La repubbli-
re. ca”, 24.12.2017).
3. La Chiesa cattolica, erede della cultura greca e ro- 2. “Astro del ciel”, cioè “stella del cielo”, è Gesù
mana, recupera il culto dei morti, ma propone anche Bambino. È un canto di Natale. In genere si cantano
una meta felice dopo la morte. Nella religione greca, soltanto le prime due strofe. È pieno di troncamenti
etrusca e romana l’oltretomba era il luogo della tri- (ciel, pargol, divin, redentor, fior, cuor) e non dispia-
stezza. Gli uomini erano ombre evanescenti, che ri- cerebbe affatto ai poeti dell’Arcadia (1690-1750). In
cordavano con malinconia la vita sulla terra e la luce azzurro i termini più tradizionali e più significativi.
del sole. 3. Il canto non si limita a lodare Gesù, ma indica an-
4. Conviene confrontare questi canti di Chiesa con le che ciò che egli deve fare per gli uomini: illuminare
contemporanee canzoni politiche e sociali dei movi- le menti e dare la pace ai cuori. Insiste anche sul fatto
menti socialisti, comunisti e anarchici. Sono mondi che Gesù ha redento il mondo dal peccato originale
tra loro lontanissimi. commesso da Adamo ed Eva, e che è stato messo al
-----------------------------I☺I----------------------------- mondo dalla vergine Maria. Il canto è utile ed è teo-
logicamente preciso, senza diventare insistente.
Astro del ciel 3. Ed è uno di quei canti che i sinistrati hanno chiesto
che non fossero cantati perché offendevano gli extra-
Astro (=stella) del ciel, comunitari…
pargol (=bambino) divin, -----------------------------I☺I-----------------------------
mite Agnello redentor (=che redimi il mondo),
tu che i vati (=i profeti) da lungi sognar,
tu che angeliche voci annunziar
luce dona alle menti (=illuminaci),
pace infondi nei cuor (=allontana le passioni).
Un’avvertenza: ci sono canzoni fuori del Novecento. 1. I violenti scontri davanti alla facoltà di architettura a
Non è stato un errore: le canzoni o gli inni del passato Valle Giulia, Roma, marzo 1968. I manifestanti pensavano
sono stati cantati a squarciagola fino al 1960-75. Era- di fare la rivoluzione e di abbattere il sistema. Credevano
no considerate attuali. La cultura cambiava molto len- alla sfera con gli spigoli.
tamente. -----------------------------I☺I------------------------------
E un lamento che deve giungere sino alle stelle: inni e
canzoni politiche non sono mai commentati, un’altra
delle infinite manifestazioni di ignoranza degli intel-
lettuali di Sinistra, di Destra e di Centro. Se ciò non
bastasse, non esiste un testo ufficiale o una edizione
come i bruti d’un armento (=un gregge) La consueta critica al “padrone” (qui chiamato “si-
siam sfruttati dai signor. gnore”) che non fa niente e che va in giro tutto ele-
gante, addirittura con i pantaloni bianchi (che si spor-
Ogni cosa è sudor nostro, cano subito). Qui fa niente ed anzi “gavazza”: il ver-
noi disfar, rifar possiamo; bo significa “abbandonarsi con gioia rumorosa ai di-
vertimenti e ai piaceri ≈ (non com.) bagordare, bi-
Insomma il “padrone” mette in piedi una fabbrica per sbocciare, gozzovigliare” (Dizionario Treccani).
farsi caldo. Non ci lavora, fa le passeggiate con il ve- Queste erano le fantasie dei lavoratori sui loro datori
stito bianco della festa, e allora non ci deve guada- di lavoro. In realtà era quello che avrebbero fatto o
gnare niente. E, se la fabbrica fallisce, peggio per lui, pensato di fare loro, se fossero stati al posto dei loro
che è stato imprudente. E l’operaio è malignamente datori di lavoro. Tuttavia si può essere indulgenti e
soddisfatto, ha visto il padrone fallire. Non sa che, se cercare di capire i lavoratori: facevano una cena e un
la fabbrica chiude, ci rimette anche lui, ci rimette il pranzo molto parchi, rispetto ai quali la tavola im-
posto di lavoro. Il suo posto o il posto di un altro ope- bandita dei padroni sembrava una gozzoviglia. Non si
raio. Inutile dire che l’idea è sbagliata, nega qualsiasi può essere altrettanto indulgenti con gli intellettuali
diritto all’altra parte e impedisce di considerarla con- socialisti o sedicenti comunisti. Neanch’essi si sfor-
troparte con cui discutere e trattare. zano di andare oltre le apparenze e di vedere in modo
4b. Subito dopo c’è un’altra tesi campata per aria: più corretto e oggettivo come stavano le cose. Sareb-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 614
be bello se la verità fosse evidente, ma non è così: c’è avere l’appoggio di tutti, così posso usare tutti per fa-
chi lavora con le mani, e si vede; e chi lavora con la re i miei interessi.
testa, e non si vede. Oltre a ciò gli operai vedono il 9. Non devono sfuggire i troncamenti di fine quartina
loro lavoro e la loro fatica. Non vedono il lavoro né la e le parole provenienti dalla letteratura dotta: avvenir,
fatica dell’ingegnere o dell’imprenditore, e pensano tradir; signor, ancor; cor, dolor; amor, oppressor ecc.
che non lavorino o non facciano niente o che facciano Ancora non deve sfuggire che il testo è del 1876, ma
poca fatica (stanno sempre seduti) o che la merce sia non presenta difficoltà di comprensione: la lingua
stata prodotta dal loro lavoro manuale e soltanto mar- parlata o cantata non è cambiata in 140 anni. Ancora
ginalmente da ingegnere, segretaria, rifornitori, donna non deve sfuggire che i lavoratori sono braccianti e
delle pulizie ecc. E alla fine non sorprende se per il non operai (la FIAT nasce nel 1899); e che usano
PSI e per Bettino Craxi (1934-2000) il valore supre- idee marxiste: il capitale si usava non in agricoltura,
mo fosse intascare tangenti del 15% sugli appalti sta- ma nelle fabbriche; e ugualmente le macchine che to-
tali. Lo facevano anche i DC, dunque lo potevano fa- glievano lavoro agli operai (ma riducevano i costi e
re anche loro. Chi non conosce il diritto stabilito e in aumentavano la produzione).
vigore, poi si inventa il diritto che fa i suoi interessi. 10. Il testo parla di diritto (o meglio di dritto, senza la
E non gliene frega niente se i lavoratori, che dice di lettera “i”), ma non fa riferimento ad alcun diritto po-
difendere, lo prendono in culo. sitivo o vigente o locale o consuetudinario. Questo
7. “Gavazza”, “gavazzare” fa pensare alla parabola diritto ha alle sue spalle la giustizia, l’idea popolare
del ricco Epulone (Lc 16,19-31): il ricco Epulone vi- di giustizia: è giusto che chi produce la merce sia
ve e pranza nell’abbondanza. Lazzaro, un povero, pu- proprietario della merce stessa. Insomma la giustizia
re ricoperto di piaghe, mangia quel che cade dalla sua impone o imporrebbe una ben diversa divisione della
mensa. I due muoiono: Lazzaro va in paradiso, Epu- merce e dei guadagni o dei profitti. Tale ragionamen-
lone all’inferno. Epulone si lamenta e protesta. San to, se fatto da un lavoratore, può essere guardato con
Pietro gli dice che deve pagare la colpa di non aver perplessità. Se fatto da un intellettuale, va guardato
fatto attenzione al povero. La parabola è edificante ed con molta maggiore severità. E lasciamo da parte il
è un contentino per gli sfigati e per i poveri. Il ricco contratto firmato, che scambiava il salario con 48 ore
Epulone con i suoi consumi e i suoi sprechi faceva di lavoro settimanali e che chiudeva qualsiasi conten-
girare l’economia e creava posti di lavoro e altri con- zioso. Domanda: ma se agli operai o ai braccianti non
sumi. Lazzaro invece non era nemmeno capace di piaceva lavorare “sotto il padrone e per il padrone”,
sfamare se stesso. Il ricco doveva andare in paradiso, perché non si mettevano in proprio, magari fondando
Lazzaro all’inferno: è questione di numeri. Lazzaro una cooperativa autogestita? Così conoscevano in
almeno poteva aprir bocca e chiedere gli ossi per i prima persona che cosa voleva dire “fare il padrone”.
cani: non ha fatto neanche questo. I braccianti si sen- Nessuna domanda e, come di consueto, nessuna ri-
tono tanti Lazzari morti di fame, che guardano affa- sposta.
mati alla mensa del padrone, che immaginano so- 10. La canzone è semplice, chiara e orecchiabile. E
vrabbondante. va cantata con la sua musica squillante e coinvolgen-
8. Nel 1871, soltanto 15 anni prima, c’era stata la te. D’altra parte la musica era assai diffusa a fine sec.
Commune di Parigi, ma sul fatto le riflessioni sono XIX, a partire dai canti di Chiesa. Poi c’era il teatro.
state sicuramente assai modeste da parte degli intel- Neel 1896 a Parigi compare il cinema.
lettuali schierati a favore degli operai. Il Partito Co-
munista va al potere in Russia e poi in Cina, ma per
motivi del tutto particolari. Tra l’altro le due nazioni
non erano affatto industrializzate. E nel 1919-20
l’occupazione delle fabbriche in Italia (“biennio ros-
so”) si sgonfia da sola. È facile dire: “Prendiamo il
potere e poi ci penseremo”. E allora andiamo sulla
Luna, e poi ci penseremo. Ma la conquista del potere
è difficile e sicuramente non poggia sulla volontà del-
la maggioranza della popolazione, che si arrangia e si
arrabatta a vivere, senza illusioni. E magari è conten-
ta. E i rivoluzionari hanno sempre parlato di operai
sfruttati: le altre classi sociali o non esistono o non
hanno il diritto di dire la loro opinione né di difendere
i loro interessi. In URSS i burocrati del partito hanno
fatto man bassa e si sono appropriati della ricchezza
pubblica già prima del 1989-91. La statalizzazione
1. Jean-Paul Flandrin, Odalisca con schiava, 1842, copia
dell’economia era un inganno: serviva ai capi rivolu-
con modifiche da Ingres Jean-Auguste-Dominique, Odali-
zionari per mettere le mani su una ricchezza che al-
sca con schiava, 1839.
trimenti per loro sarebbe stata irraggiungibile. Un -----------------------------I☺I-----------------------------
trucco banale: dico di fare gli interessi di tutti per
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 615
La lega, 1890-1914 Commento
1. Una canzone dev’essere necessariamente semplice,
Sebben che siamo donne, comprensibile, suggestiva, orecchiabile, e deve in-
paura non abbiamo, fiammare gli animi. Spesso però dà l’impressione che
per amor dei nostri figli, sia intellettuali vicini ai lavoratori, sia gli stessi lavo-
per amor dei nostri figli… ratori non vadano al di là delle idee e delle proposte
contenute nei versi. In questo caso almeno si è davan-
Sebben che siamo donne, ti a un piccolo-grande risultato: la lega aumenta il po-
paura non abbiamo, tere contrattuale dei lavoratori o degli iscritti.
per amor dei nostri figli, 2. Qui gli iscritti alla lega se la prendono con i crumi-
in lega ci mettiamo. ri, cioè con coloro che durante gli scioperi vanno a
Oilioilioilà lavorare o sostituiscono coloro che scioperano, ren-
e la lega crescerà dendo gli scioperi stessi meno efficaci. A dire il vero,
e noialtri socialisti e noialtri socialisti, chi sciopera ha diritto di scioperare e chi non sciopera
oilioilioilà e la lega crescerà ha il diritto di non scioperare. Oguno decide per sé.
e noialtri socialisti vogliam la libertà! 3. La libertà di cui si parla è dovrebbe essere la “li-
bertà dallo sfruttamento”, come in altre canzoni. Ma
E la libertà [dallo sfruttamento] non viene per il pensiero socialista e comunista, lavoro dipen-
perché non c’è l’unione, dente significa soltanto sfruttamento. Il dubbio è le-
crumiri [schierati] col padrone, gittimo: il termine non appartiene alla cultura popola-
crumiri [schierati] col padrone… re. Il “padrone” non ha alcun merito, neanche di aver
E la libertà non viene, aperto la fabbrica. La libertà di cui il testo parla è o la
perché non c’è l’unione, libertà dallo sfruttamento o dal bisogno.
crumiri [schierati] col padrone 4. Le donne che cantano si dimenticano di essere la-
son tutti da ammazzar. voratrici. Si identificano nei lavoratori maschi. Ma
Oilioilioilà nella canzone i mariti non ci sono: sono andati all’o-
e la lega crescerà... steria a bere un bicchiere di vino e a far due chiac-
chiere o una partita a carte con gli amici (i bar com-
Sebben che siamo donne, paiono dopo il 1950).
paura non abbiamo, 5. È curioso l’ultimo verso, in dialetto (forse) lom-
abbiam delle belle buone lingue, bardo: vurumma vess pagà (=vorremmo esser pagati).
abbiam delle belle buone lingue… Forse le donne hanno paura di ritorsioni, se chiedono
denaro in modo comprensibile per il padrone. È al
Sebben che siamo donne, maschile e non al femminile.
paura non abbiamo, 6. “L’arse officine” è manzoniano: Adelchi, atto III,
abbiam delle belle buone lingue coro (1819-22).
e ben ci difendiamo. 7. “Vurumma vess pagà” (=vorremmo esser pagate).
Oilioilioilà In tutt’Italia il dialetto locale era la norma. Le cose
e la lega crescerà... cambiano soltanto con la comparsa della televisione
(03.01.1954). La cultura della popolazione superava
E voialtri signoroni, di poco l’alfabetizzazione. Un compito per tutti, dallo
che ci avete tanto orgoglio, Stato ai partiti, era la diffusione della cultura. Qual-
abbassate la superbia, cosa cambia con la Scuola Media Unificata (1963). In
abbassate la superbia… Germania Martin Lutero con la scusa che il credente
deve leggere la Bibbia e interpretarla come gli pare e
E voialtri signoroni, piace, aveva aperto alle masse le porte dell’istruzione
che ci avete tanto orgoglio, fin dal 1517: 450 anni prima.
abbassate la superbia, -----------------------------I☺I-----------------------------
e aprite il portafoglio.
Oilioilioilà
e la lega crescerà
e noialtri lavoratori,
e noialtri lavoratori,
oilioilioilà
e la lega crescerà,
e noialtri lavoratori
vurumma vess pagà
(=vorremmo esser pagati).
Commento
zionari dicono invece “Lotta e lavora”. I rivoluzionari
1. L’inno del primo maggio è un canto di Chiesa: Pa-
però non trascrivevano codici antichi e non avevano
squa, speranze, schiavi (gli ebrei che, liberati, lascia-
una grande propensione per la cultura. Alla fine i ri-
no l’Egitto e vanno nella Terra promessa), redimere,
voluzionari sovietici scrivono il Catechismo del rivo-
tiranni, fé, cioè fede. Il mese di maggio è poi dedicato
luzionario, un copia-incolla del Catechismo cristiano.
alla Madonna e si facevano i fioretti, le “piccole buo-
Se si copia, si risparmiano fatica e tempo.
ne azioni”. In aggiunta ci sono idee e immagini della
3. La giovinezza sarà cantata anche dagli studenti
letteratura alta: fiori, aurora, d’or, fe’, il poeta che
universitari e poi dal Nazional-fascismo, che punta
prevede il futuro (come l’oracolo nel mondo greco
sui giovani: Nino Oxilia (1889-1917), Commiato,
antico o come il profeta presso gli ebrei). “Vieni, o
1909; Inno degli arditi, 1917; Giovinezza, inno uffi-
maggio” è una figura retorica, una personificazione.
ciale del Nazional-fascismo, 1922.
Ma tutto l’inno è pieno di figure retoriche, certamente
4. Inutile dire che i lavoratori o gli sfruttati (qualche
incomprensibili per chi non aveva una buona cultura
operaio, moltissimi braccianti) capivano poco o nien-
scolastica. D’altra parte tutti i rivoluzionari avevano
te della canzone o delle canzoni socialiste. Non ave-
la testa piena di slogan e di modi di dire. In Contessa
vano la cultura per capirle. C’era una totale sfasatura
(1966), cantata 74 anni dopo, c’è l’invito ad “abbatte-
tra gli intellettuali che guidavano gli operai e gli stes-
re il sistema” con la falce e il martello: le cattive abi-
si operai. I partiti socialisti si sono impegnati molto
tudini non muoiono mai. C’è pure la falange mace-
poco per accrescere la cultura degli operai.
done, con cui Alessandro Magno (356-323 a.C.)
5. Neanche Gori, che ha la cultura della classe domi-
sconfisse l’esercito persiano (334-331 a.C.): un rife-
nante (è avvocato), riesce a capire o ha letto i testi uf-
rimento a (334+1892=) 2.226 anni prima, imparato
ficiali di economia. E scrive un verso di tremenda e
sui banchi di scuola.
tragica ignoranza: “dai tiranni de l’ozio e de l’or”
2. Va notato un calco straordinario: san Benedetto da
(“dagli oppressore o dai padroni o dagli sfruttatori
Norcia aveva detto “Prega e lavora!”; Gori e i rivolu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 617
che vivono nell’ozio e nella ricchezza prodotta da al- frasi. Rivelerebbe la totale inconsistenza delle idee e
tri, dagli operai”). Come in tutta la cultura socialista, delle teorie dei rivoluzionari.
egli ritiene che il padrone sia un fannullone e si arric- 10. L’inno va cantato e va apprezzato per musica e
chisca sulle spalle degli operai o dei suoi dipendenti. canto corale e per l’atmosfera che crea, senza rom-
È quindi uno sfruttatore o un parassita. Non sa che il persi la testa a capire i suoi versi, che spesso sacrifi-
padrone o il suo direttore di fabbrica deve far proget- cano il contenuto a favore dei suoni delle parole. In
tare il prodotto, farlo produrre, controllarne la qualità, Internet non ne esiste nemmeno una parafrasi. E spes-
fare pubblicità, metterlo in vendita, guadagnarci per so mancava pure la punteggiatura, che poteva facilita-
pagare gli operai, segretari e segretarie, ingegneri e re la comprensione. È stata aggiunta.
donne delle pulizie, le tasse, per viverci anche lui e la 11. Tre delle canzoni più belle dei lavoratori sono
sua famiglia, per ammortizzare investimenti e mac- scritte da Pietro Gori, giurista e di fede anarchica. I
chinari, per accantonare fondi prudenziali, per man- due termini ovviamente fanno a pugni, ma la realtà è
tener un buon livello di liquidità, per rinnovare l’a- sempre varia. Le leggi romane delle XII tavole (451-
zienda e mantenerla competitiva, per diversificare la 450 a.C.) sono state un notevole passo avanti nella
produzione, per fare ricerche di mercato ecc. E invece organizzazione della società. Un giurista dovrebbe
il profitto sarebbe scientificamente la misura dello capirlo. Esse decidono ciò che è mio e ciò che è tuo,
sfruttamento degli operai. Il padrone non fa niente, regolano i rapporti sociali e pure l’eredità e evitano o
non lavora, è sempre in giro vestito bene, quindi è almeno riducono i conflitti sociali. Evitano la legge
uno sfruttatore, una sanguisuga. I bravi dirigenti delle del più forte e il primato della buona volontà. Ma Go-
masse operaie hanno una concezione semplicistica e ri, anarchico con la cultura ufficiale, non capisce que-
completamente sbagliata del prodotto e della produ- ste cose. Gli altri rivoluzionari non hanno alcuna co-
zione, e questo è un altro guaio per loro e per tutti: li noscenza delle leggi e delle loro funzioni e alla fine
porta ad azioni inconsulte, disastrose. Pensano che la auspicano una società che è di gran lunga peggiore di
produzione sia quella materiale, che si vede, e non quella esistente. La società del suo tempo era ben lon-
quella immateriale, che non si vede o che si presenta tana dall’essere perfetta. Nel 1898 l’esercito a Milano
come uno “scarabocchio” incomprensibile del creati- spara sulla folla e fa 180 morti. Eppure i rivoluziona-
vo o dell’ingegnere su un pezzo di carta. E non si ri, se volevano, avevano una carta da giocare: costrui-
chiedono mai qual è il margine di manovra della fab- re una società rivoluzionaria all’interno della società
brica in base ai profitti del momento e dei profitti borghese. Non ci hanno mai pensato. Insomma fare
prevedibili. Né capiscono che, se il capitalista o l’im- quel che dal concilio di Trento (1545-63) fanno le
prenditore sbaglia, paga lui, ma sono coinvolti anche parrocchie. La società capitalistica e borghese andava
gli operai, che perdono il posto di lavoro. Uno strate- abbattuta. Ma se era la società più ricca della storia,
ga intelligente farebbe i conti in tasca al padrone e quella che produceva e distribuiva la maggior quanti-
poi ci penserebbe sopra. tà possibile di ricchezza! Eppure il mito dell’autoge-
6. I ribelli caduti rimandano ai martiri per la fede cri- stione entrava subito in crisi: un conto è gestire il ter-
stiani. Altro elemento preso dalla Chiesa cattolica… ritorio di un paese, e il consiglio comunale può farlo.
Ribelle però è anche chi si ribella e rifiuta la società Un altro è costruire un’autostrada Milano-Napoli. O
costituita e i suoi valori. Il termine si trova in tutta la c’è un potere in alto che la impone, perché lo può fa-
produzione socialista. Ribelle e libero pensatore. si- re, oppure, se gestito da tanti consigli comunali che
curamente il ribelle non diventerà rivoluzionario: devono mettersi d’accordo, il progetto diventa irrea-
vuole soltanto pace e lavoro e la fratellanza universa- lizzabile. Il problema era pure reso più complesso da
le. Nel 1968 si chiameranno figli dei fiori, contestato- altre due variabili: a) gli individui hanno età diverse e
ri. Per il suono è preferibile ribelle a rivoluzionario. conoscenze diverse, (allora) legate all’età; e b) dalla
7. Nelle strofe tre e quattro c’è un cambiamento di società dell’uomo primitivo in poi si pratica ed è ne-
soggetto: “O masse di schiavi, abbandonate…” e “In- cessaria la specializzazione. In seguito (1970-60) il
nalziamo le mani ricoperte di calli”. Il soggetto “Voi” PSI propone le riforme, che poteva essere una buona
diventa “Noi”. idea, che salvava capra e cavoli. Ma poco dopo i
8. Il “veggente poeta che muor” potrebbe essere Gof- compagni socialisti si fanno prendere con le mani nel
fredo Mameli, che muore nel 1849, cioè 43 anni pri- sacco: il partito (e ugualmente gli altri partiti) inta-
ma, nella difesa di Roma. Scrive l’Inno di Mameli, scava tangenti (1994). Rivoluzionari e delinquenti.
cioè Fratelli d’Italia (1848). La cultura rivoluzionaria Anche i rivoluzionari sono luridi individui come i
è fortemente arretrata, vive nel passato, elabora teorie borghesi o i capitalisti criticati. I sedicenti rivoluzio-
auto-giustificatorie, auto-esaltanti e auto-celebrative, nari hanno le farfalle nella testa, non fanno mai rife-
e pensa di poter cambiare il mondo. rimento all’ “uomo effettuale”, l’ “uomo reale”, di cui
9. L’inno usa la musica di Giuseppe Verdi, Va’, pen- aveva parlato Machiavelli (1512). E lasciamo perdere
siero, sull’ali dorate (Nabucco, parte terza, coro, i numerosi squallidi individui di Sinistra che si preoc-
1842). L’inno è sicuramente bello e orecchiabile, ha cupano unicamente di fare i loro interessi personali.
buoni suoni e una buona musica. Tuttavia è meglio Non si preoccupano nemmeno di salvare la faccia.
non sottoporlo ad alcuna analisi, e neanche alla para- -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Il canto goliardico diventa un inno di guerra, l’inno
degli arditi che non hanno paura della morte, ma sol-
tanto del disonore. L’onore e il puntiglio erano stati
valori spagnoli nei secc. XVI-XVIII. In azzurro i
termini più significativi.
2. Conviene confrontare l’ideale dell’onore quale
emergeva nell’Aminta di Tasso e quale emerge in
questo ben diverso contesto storico. I valori sono esa-
sperati ed estremizzati. Quel che conta è soltanto
l’azione e il bel gesto.
3. E ricordare che la giovinezza unita alla bellezza era
nata 400 anni prima con Lorenzo de’ Medici, che
giustamente prevedeva un futuro pieno di pericoli per
l’Italia. E così fu.
4. La violenza era stata l’ideale di altre epoche stori-
che: i greci antichi hanno passato il tempo a farsi
guerra tra loro. Ma tra passato e presente c’era una
enorme differenza: le armi di guerra, che erano dive-
nute armi di distruzione di massa. In Europa non c’è
alcuna guerra nel 1870-1914. Ma si approntano nuo-
ve armi, che non si testano. Quando si usano nella
prima guerra mondiale, tutti i comandi le usano con 1. Simbolo degli arditi, 1915-18.
la strategia bellica tradizionale dell’assalto frontale.
2. Arditi italiani tra le trincee della prima guerra
Una carneficina. A cui si risponde scavando le trin-
cee, facendo assalti e nuovi assalti sempre inutili, che mondiale, 1915-18.
portavano a stragi di soldati dalle due parti. La guerra 3. Arditi incursori della Marina Militare Italiana, sd.
diventa prima di posizione e poi di resistenza: vince -----------------------------I☺I-----------------------------
lo Stato o la coalizione di Stati che ha una economia
più forte e maggiori risorse di soldati.
5. C’è chi ama la guerra e chi la odia. Chi ama una
professione e chi un’altra. Conviene confrontare l’In-
no degli arditi con Fratelli d’Italia (1848) di Goffre-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 635
E.A. Mario (1884-1961), La leggenda del Commento
Piave, 1918 1. E.A. Mario è lo pseudonimo di Giovanni Ermete
Gaeta, un autore napoletano che scrisse moltissime
I Il Piave mormorava canzoni. L’inno è scritto nel 1918, dopo la ritirata di
calmo e placido, al passaggio Caporetto (1917), a guerra quasi terminata. Il primo
dei primi fanti, il ventiquattro maggio: verso è una falsificazione dei fatti: l’esercito italiano
l’esercito marciava non andava a fare al nemico una barriera, bensì stava
per raggiunger la frontiera marciando per attaccare l’impero austro-ungarico, a
per far contro il nemico una barriera... cui il governo aveva dichiarato guerra.
Muti passaron quella notte i fanti: 2. “Ma in una notte trista Si parlò di tradimento ”: il
tacere bisognava andare avanti! testo non è per niente chiaro, ma non importa. Quel
S’udiva intanto dalle amate sponde, che conta è la musicalità delle parole. Quando si can-
sommesso e lieve il tripudiar dell’onde. ta, non si pensa mai a ciò che si canta.
Era un presagio dolce e lusinghiero. 3. Potente ed evocativa l’immagine delle onde del
Il Piave mormorò: Piave che si schierano con i fanti contro il nemico.
“Non passa lo straniero!” Ma resta letteratura. Le metafore sono ben altra cosa
rispetto alla realtà.
II Ma in una notte trista 4. La rotta (o disfatta) di Caporetto (1917) è presenta-
si parlò di tradimento ta in modo vago. In realtà era frutto di errori di stra-
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento… tegia militare. Il capo supremo dell’esercito, il gen.
Ahi, quanta gente ha vista Cadorna, mandava all’assalto i soldati, che erano
venir giù, lasciare il tetto, sterminati per modesti guadagni di terra. Nei primi
per l’onta consumata a Caporetto! sei mesi di guerra i morti sono ben 250.000. L’e-
Profughi ovunque! Dai lontani monti, sercito italiano era organizzato per l’attacco, non per
venivano a gremir tutti i suoi ponti. la difesa in profondità, perciò nel 1917 l’esercito au-
S’udiva allor, dalle violate sponde stro-ungarico, sfondata la prima linea, dilaga fino al
sommesso e tristo il mormorio dell’onde. Piave, dove è fortunosamente fermato. Ma non c’è
come un singhiozzo, in quell’autunno nero, alcuna condanna dei vertici militari.
il Piave mormorò: 5. Guglielmo Oberdan (1858-1882) compie un atten-
“Ritorna lo straniero!” tato contro l’imperatore a Trieste, è processato e con-
dannato a morte. Nazario Sauro (1880-1916) e Cesare
Battisti (1875-1916) sono due austro-ungarici, che si
III E ritornò il nemico arruolano nell’esercito italiano, sono catturati, pro-
per l’orgoglio e per la fame: cessati per alto tradimento e impiccati. Sono i più no-
volea sfogare tutte le sue brame... ti patrioti irredentisti.
Vedeva il piano aprico (=la pianura soleggiata), 6. Il testo si riscatta, anche se solo a parole, alla fine:
di lassù: voleva ancora “Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi, La Pace non
sfamarsi, e tripudiare come allora… trovò Né oppressi, né stranieri”. Una pia illusione.
No! – disse il Piave. – No! – dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti.
Si vide il Piave rigonfiar le sponde!
E come i fanti combattevan l’onde...
Rosso di sangue del nemico altero (=superbo),
il Piave comandò:
“Indietro, va’, straniero!”
IV Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento…
E la Vittoria sciolse l’ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti…
Infranse, alfin, l’italico valore
le forche e l’armi dell’impiccatore!
Sicure l’Alpi… libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron l’onde…
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!
1. “Tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati”, 1918.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 636
G. Ferretti, All’armi! All’armi! All’armi C’è la violenza delle squadre fasciste (1919-23) e la
siam Fascisti!, 1920 violenza dei sindacati, dei socialisti e degli operai che
occupano le fabbriche (“biennio rosso”, 1919-20).
I. All’armi! All’armi! All’armi siam Fascisti! 2. I fascisti hanno il culto della violenza, e la mettono
Noi siam del Fascio la falange ardita a disposizione prima dei latifondisti della val Padana,
ch’è pronta per l’Italia a dar la vita, poi degli industriali. E, vedendo la debolezza delle
abbiam con noi la forza e l’ardimento, opposizioni, in 3.000 fanno la marcia su Roma – una
che ci fa fieri all’ora del cimento (=prova). gogliardata – e poco dopo raggiungono il potere le-
galmente, con l’appoggio del re, che incarica Musso-
Non abbia tregua mai la nostra azione lini di formare il nuovo governo (28.10.1922). Nelle
contro i tiranni e contro gli oppressori elezioni del 1923 fanno il bis, anche se con qualche
che vollero avvilita la nazione, (insignificante) broglio elettorale. E il partito Nazio-
e allor la libertà alfin trionferà. nal-fascista ha la maggioranza assoluta, sempre de-
mocraticamente, in parlamento. Tutti erano stanchi
Su vendichiamo la patria nostra dei disordini costantemente garantiti dai partiti.
dall’onta triste della rossa servitù, 3. L’inno rimanda a Giovanni Berchet (1783-1851),
su, su “fascisti” alla riscossa All’armi! All’armi! (1838).
che il nostro giorno giunse alfin! 4. Il linguaggio è duro e violento. Gli influssi letterari
e tradizionali sono scarsi. È il linguaggio di chi è gio-
II. All’armi! All’armi! All’armi siam Fascisti! vane, ha fatto la guerra e ha portato a casa il disprez-
Noi del Fascismo siam l’invitta schiera (=vittoriosa) zo per la morte provato in trincea. Il Nazional-fasci-
noi dell’Italia siam la primavera, smo è legato alla patria e ai valori tradizionali, che si
anima nuova e nuova giovinezza, radicano nell’impero romano. Perciò odia a morte i
pugno d’audaci, pegno di salvezza. movimenti socialisti e comunisti, che sono interna-
zionalisti. Li considera traditori. Peraltro, se si va a
Da un’orda di vigliacchi e disertori vedere, si scopre che termini usati e ideali sono co-
non più sia calpestato il nostro suolo, muni a socialisti, comunisti, anarchici e fascisti.
un’era di lavor l’Italia onori 5. “Alla riscossa”, cioè “andiamo alla rivincita”, co-
e ci protegga ognor me nella canzone avversaria di Carlo Tuzzi (1863-
il santo tricolor. 1912), Bandiera rossa, 1908. D’altra parte i movi-
Non più nei campi né all’officine menti erano diversi di nome, ma vivevano le stesse
sventoli ancora l’insegna rossa, situazioni. Le risposte non potevano essere molto di-
su, su “fascisti” alla riscossa verse.
che il nostro giorno giunse alfin! 6. Conviene confrontare l’inno nazional-fascista con
l’Internazionale (1871), l’Inno dei lavoratori (1886),
III. All’armi! All’armi! All’armi siam Fascisti! Pietro Gori (1865-1911), Inno del primo maggio
Se lotta poi si vuol, sia lotta a oltranza (1892) e l’Internazionale (1901), per cogliere somi-
finché svanisca ogni tracotanza, glianze e differenze e per vedere come è valutata la
su, diamo al vento i nostri gagliardetti violenza rivoluzionaria.
che abbiam pura fede e saldi petti.
Commento
1. La guerra aveva abituato i soldati a uccidere. Ed
essi portano la violenza con sé, quando ritornano a
casa. I governi italiani che via via si succedono pas-
sano il tempo a litigare e non risolvono i problemi del
primo dopo guerra: inflazione, reduci, debito pubbli-
co, vedove e orfani, difficoltà delle famiglie, passag- 1. Un minatore al lavoro in Belgio negli anni Cinquanta,
gio dall’economia di guerra all’economia di pace. E i 1956sd. A Marcinelle nei pozzi morirono 262 lavoratori, di
reduci ritornano ad usare la violenza. Ma la colpa è cui 136 italiani (08.08.1956).
dei governi che non risolvono i problemi del paese. -----------------------------I☺I------------------------------
Ai morti ci stringiamo
e senza impallidire
per l’anarchia pugnamo (=combattiamo),
o vincere o morire.
Avanti, siam ribelli…
Commento
1. Gli autori sono due anarchici di Carrara. È l’inno
ufficiale del movimento anarchico, che a fine Otto-
cento-inizi Novecento era forte e ben organizzato nel-
le miniere di marmo. In azzurro i debiti di termini
presi dalla tradizione letteraria e le idee prese alla
Chiesa cattolica. Vale la pena però di riscontrare le
affinità pure di termini e di idee con le canzoni na-
zional-fasciste degli stessi anni, ma anche con le can-
zoni risorgimentali. “Vendetta” significa “giustizia”,
come nell’uso medioevale del termine. “O vincere o
morire” rimanda a “o vivremo del lavoro / o pugnan-
1. Il fascio littorio nel simbolo del Partito Nazionale Fa- do (=combattendo) si morrà” dell’Inno dei lavoratori
scista, 1921. Il PNF scompare nel 1945 ed è messo fuori (1886). Permane l’idea eroica del sacrificio della pro-
legge dalla nuova Costituzione italiana (1948). Mettere pria vita per far vincere la rivoluzione. Tuttavia le
fuori legge i partiti (che erano un pericolo sociale) era modalità del sacrificio sono indeterminate e… riman-
criminale; mettere fuori legge il PNF invece no. Ad ogni date al futuro. Tutto è vago, confuso, campato per
modo nel 1946 nasce il Movimento Sociale Italiano, che aria. Il nemico è pure indeterminato. Si dice che lo si
nel 1972 diventa MSI-Destra Nazionale con l’apporto dei affronta, come arma si parla di fucile, ma non si va
monarchici e che poi nel 1995 confluisce in Alleanza Na-
più in là in nessuna delle canzoni.
zionale.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 640
2. Comunisti e socialisti lottano per la conquista vio- terre ai contadini. Eppure Marx aveva detto e ripetuto
lenta del potere statale ed economico, a cui segue la che la rivoluzione e la dittatura del proletariato sareb-
dittatura del proletariato e quindi una società senza be stata fatta dalla classe operaia sfruttata. Non male,
classi, basata sull’autogestione di individui liberi. In- per un partito che vuol essere rivoluzionario. Era me-
somma il paradiso in terra, non più nell’altro mondo. glio disegnare martello e chiave inglese.
Gli anarchici invece pensano che il vero male sia lo 6. Anarchia vuol dire mancanza di un potere centrale,
Stato e che il compito del rivoluzionario sia perciò di un potere forte, cioè lo Stato, sostituito dall’auto-
quello di abbatterlo e di sostituirlo con l’autogestione organizzazione e dall’auto-produzione. Tutte idee
dei problemi e delle risorse o l’autoorganizzazione. belle, smentite dalla realtà. Funziona meglio, è più
Le idee rivoluzionarie provenivano da Karl Marx efficiente, un potere che si impone, piuttosto che una
(1818-1883), un ebreo tedesco espatriato a Londra, continua discussione che metta d’accordo 20 o 200
che indicava nei proletari la classe del futuro; da Mi- persone. È sgradevole constatare che le città più belle
khail Bakunin (1814-1876), un rivoluzionario russo, sono merito del potere forte che le ha organizzate.
vicino ai contadini; e dal francese Pierre-Joseph Basti pensare ai lunghi viali di Parigi. E che le città
Proudhon (1809-1865), autore di un pamphlet intito- democratiche non avrebbero mai avuto un centro sto-
lato Che cos’è la proprietà? (1840), dove sosteneva rico per i turisti, poiché le periferie avrebbero voluto
la tesi che la proprietà è un furto. Marx pensava che avere giustamente uguale attrazione economica.
gli operai sfruttati facessero la rivoluzione, conqui- 7. A dire il vero, la guerra non si fa alzando al vento
stassero lo Stato e imponessero la dittatura del prole- bandiere rosse e nere. Ci deve essere un esercito, ca-
tariato. Bakunin pensava invece che il male maggiore pitani e generali, armi e rifornimenti. Ci deve essere
era lo Stato, che andava abbattuto e sostituito con pure un nemico da vincere. E un nuovo modello so-
l’auto-organizzazione e l’auto-produzione. Proudhon ciale da proporre o da imporre. Ma gli autori della
proponeva il possesso comune dei beni. In tutte le canzone non lo sanno.
correnti serpeggiava l’idea che i rivoluzionari sareb- 8. “O vincere o morire” richiama tra gli altri Alessan-
bero stati più onesti dei corrispettivi borghesi che al dro Manzoni, Marzo 1821 (1821, 1848):
presente gestivano il potere. Una pia illusione, come
dimostra la vita delle organizzazioni internazionali L’han giurato: altri [uomini] forti a quel giur[ament]o
dei lavoratori. C’era pure un errore di ragionamento: rispondean da fraterne contrade,
una volta che i capi dei lavoratori avessero conquista- affilando nell’ombra (=in segreto) le spade
to lo Stato (o il potere), perché mai avrebbero proce- che or levate scintillano al sol.
duto verso la costruzione di una società senza classi, già le [mani] destre hanno strette le destre;
che li avrebbe privati del potere raggiunto? Era più già le sacre parole son porte (=pronunciare):
ragionevole l’ipotesi contraria. E poi che cosa vuol [saremo] o compagni sul letto di morte,
dire “conquistare lo Stato” e “società senza classi”? o fratelli su libero suol.
Mistero doloroso. E con queste idee balorde tutti i ri- […]
voluzionari si intossicavano. Oggi, o forti, sui volti baleni
3. Anche le canzoni nazional-fasciste celebravano la il furor delle menti (=la furia delle trame) segrete:
morte e la violenza (o vendetta). Ma nessuno sotto- per l’Italia si pugna (=si combatte), vincete!,
linea mai questa comunanza di valori… Altri termini il suo fato sui brandi (=destino sulle spade) vi sta.
comuni: compagni, fratelli, libertà, riscossa, avveni- O risorta per voi (=grazie a voi) la vedremo
re, pace, lavoro. I furti alla Chiesa, tanto odiata, non al convito dei popoli assisa (=seduta alla tavola),
si contano. Pugnamo è scorretto, si doveva scrivere o più serva, più vil, più derisa
pugniamo. La desinenza è “-iamo”. sotto l’orrida verga starà (vv. 9-16, 92-96).
4. Anche qui i rivoluzionari vogliono fare una “guerra
senza frontiere”. A dire il vero, sarebbero i commer- Conviene confrontare la canzone con le canzoni coe-
cianti i più interessati all’abbattimento delle frontiere ve del Nazional-fascismo, per individuarne somi-
e dei dazi doganali. Ma non lo sanno. Non si indica glianze e differenze. Anche con quella degli Inti Illi-
nemmeno come sarebbe condotta, con quali armi e mani, Venceremos, 1973.
contro chi, questa guerra “senza frontiere”, quindi 8. Tra il ribelle e il rivoluzionario c’è una differenza
(sembra di capire) contro tutti i cattivi, Stati, capitali- di grado: il primo critica qualche aspetto della società
sti, padroni e sfruttatori. La canzone è bella, musicata borghese; il secondo la vuole cambiare radicalmente.
bene, ma non è certamente così che si fa la rivoluzio- A un secolo di distanza si può dire che le ideologie
ne o si cambia la realtà. socialiste e comuniste sono fallite. Nel 1989-91
5. La canzone si rivolge a operai e a braccianti. La l’URSS si è disgregata. Oggi (2023) resiste il comu-
controparte, gli avversari sono i piccoli agricoltori e i nismo a Cuba e in Cina. Il PSI e il PSDI italiani sono
grandi latifondisti. Nel 1953 il PCI incarica Renato stati affondati dalle tangenti (1993), il PCI si è collas-
Guttuso di disegnare il simbolo del partito: falce e sato, è divenuto preda di interessi personali e ha di-
martello su una bandiera rossa. Quindi 30 anni dopo menticato tutta la sua cultura storica (1994-2022).
la mentalità dei dirigenti del partito è ancora legata a -----------------------------I☺I-----------------------------
una economia agricola e chiede la distribuzione delle
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 641
Giovinezza, inno ufficiale del Nazional- 2. In azzurro sono le parole-chiave. Alcune sono co-
fascismo, 1922 muni sia al socialismo, sia alla Chiesa cattolica.
3. Un’altra versione inizia con: “Siamo un popolo
d’eroi”. Gabriele D’Annunzio (1863-1938) con il suo
Su (=Orsù), compagni in forti schiere, slogan Memento audere semper (Ricordati di osare
marciam verso l’avvenire sempre) fa sentire il suo influsso sulla cultura italiana
Siam falangi audaci e fiere, nazional-fascista del tempo.
pronte a osare, pronte a ardire. 4. Anche il Nazional-fascismo celebra l’avvenire. I
Trionfi alfine l’ideale rivoluzionari socialisti e comunisti preferivano invece
per cui tanto combattemmo: il sol dell’avvenir. Oggi “Avvenire” è un quotidiano
Fratellanza nazionale cattolico.
d’italiana civiltà. 5. La celebrazione della giovinezza rimanda al ritor-
Giovinezza, giovinezza nello Quant’è bella giovinezza della Canzona di Bac-
primavera di bellezza, co e Arianna di Lorenzo de’ Medici (1490).
nel fascismo è la salvezza 6. I due versi:
della nostra libertà.
nel lavoro e nella pace
Non più ignava né avvilita sia la vera libertà.
resti ancor la nostra gente,
si ridesti a nuova vita rimandano a Giuseppe Raffaelli-Giuseppe Del Freo,
di splendore più possente Figli dell’officina (1921), appena più sopra, scritta un
Su (=Orsù), leviamo alta la faccia anno prima:
che c’illumini il cammino,
nel lavoro e nella pace Avanti, siam ribelli,
sia la vera libertà. fieri vendicator (=giustizieri),
Giovinezza, giovinezza… d’un mondo di fratelli,
di pace e di lavor.
Nelle veglie di trincea
cupo vento di mitraglia Nulla di che stupirsi: i problemi erano gli stessi, la
ci ravvolse alla bandiera cultura la stessa, le proposte le stesse. E le differenze
che agitammo alla battaglia. erano minime. I socialisti insistevano su un confuso
Vittoriosa al nuovo sole internazionalismo proletario (e non conoscevano il
stretti a lei dobbiam lottare, mondo), i nazional-fascisti insistevano sulla patria,
è l’Italia che lo vuole, molto più circoscritta e molto più facile da gestire.
per l’Italia vincerem. Socialisti e comunisti vogliono cambiare il mondo,
Giovinezza, giovinezza… ma poi si accontentano di cambiare soltanto la loro
condizione economica e accettano volentieri un pez-
Sorgi alfin lavoratore zetto o un pezzo di torta.
giunto è il dì della riscossa 7. La terminologia e l’idea è la stessa, poi i compagni
ti frodarono il sudore sono sostituiti dai camerati:
con l’appello alla sommossa
Giù le bende ai traditori Su (=Orsù), compagni in forti schiere,
che ti strinsero a catena; marciam verso l’avvenire
Alla gogna gl’impostori
delle asiatiche virtù. E la fratellanza nazionale rimanda a Goffredo Mame-
Giovinezza, giovinezza… li, Fratelli d’Italia (1848), più sopra.
8. “Le asiatiche virtù” sono misteriose. Il testo dice di
Commento mandare alla gogna chi parla bene di fantomatiche
1. Il testo è la versione ufficiale del 1922, cantata dal- virtù o capacità degli asiatici, che forse sono sempli-
le squadre fasciste. Restano i due versi del ritornello. cemente gli stranieri.
Tutto il resto cambia. Il canto non è certamente all’al- 9. Conviene confrontare l’inno nazional-fascista con
tezza di Addio a Lugano (1895) di Pietro Gori. Va l’Internazionale (1871), l’Inno dei lavoratori (1886)
perciò letto per quel che voleva essere: il canto di chi e l’Internazionale (1901), per cogliere somiglianze e
mette in versi le sue idee e i suoi valori. Conviene an- differenze e per vedere com’è valutata la violenza ri-
che notare che i giovani erano il futuro di qualsiasi voluzionaria e anche per vederne la qualità letteraria.
movimento e anche della nazione: in Italia dai 18 an- 10. Per citazioni varie sul Nazional-fascismo storico
ni in su c’erano stati 600.000 morti. E che il Nazio- o inventato si può vedere
nal-fascismo era costretto a puntare in ogni caso su di https://it.wikiquote.org/wiki/Fascismo
loro, perché l’esercito era fedele al re e la maggior -----------------------------I☺I-----------------------------
parte della popolazione era fedele alla Chiesa.
Commento
1. Il testo è modestissimo (o meglio orrendo) per qua-
lità letteraria e per contenuto, ma è orecchiabile ed ha
un notevole successo di pubblico. Ciò dimostra il
bassissimo o inesistente livello culturale della popo-
lazione. La conquista di Somalia e Abissinia fa crede- 1. Mussolini con soldati alpini, marzo 1945. Il 28 aprile
re al popolo italiano di ritornare ai fasti dell’impero 1945 è catturato e ucciso vicino a Como con altri gerarchi
romano. Una pia illusione. L’Italia arriva per ultima nazional-fascisti. I loro corpi furono poi esposti a testa in
in Africa e si accontenta dei rimasugli: la Libia (un già come maiali a Piazzale Loretto a Milano. I partigiani
deserto di sabbia rovente, sotto il quale 50 anni dopo erano in astinenza di potere da 22 anni e scatenano sulle
si scopre il petrolio) e il corno d’Africa, selvaggio e spoglie dei morti. Non ebbero rispetto nemmeno per la
senza ricchezze. Ufficialmente la conquista di quei Claretta Petacci, l’amante di Mussolini. Questi sono i
territori è giustificata con la tesi di liberare le popola- “grandi valori” dei “liberatori”. Ancor oggi (2023) i sedi-
zioni locali dalla schiavitù: “moretta che sei schiava centi comunisti del PCI-PD e della Sinistra extraparla-
tra gli schiavi” è una super-stupidaggine e un super- mentare inneggiano con una gioia selvaggia a Piazzale
auto-imbroglio. Una giustificazione balorda e non ri- Loreto. D’altra parte l’odio per Mussolini e il Nazional-
chiesta. Gli altri Stati europei si sono spartiti il mon- fascismo è comprensibile: egli ha fatto la sua rivoluzione,
essi hanno invece ammazzato soltanto 17.800 “fascisti” o
do senza sentire il bisogno di giustificare niente. Chi
presunti tali (spesso erano vendette personali) nel 1945-
ha scritto il testo era del tutto privo di cultura. Le can-
48, a guerra finita. Nemmeno dopo 100 anni i partiti han-
zoni rivoluzionarie, soprattutto quelle scritte da Pietro no riconosciuto la loro responsabilità nell’ascesa demo-
Gori, sono a un livello culturale e ideale ben più ele- cratica al potere di Mussolini. Né hanno dimostrato un
vato. La seconda guerra mondiale provoca il tracollo minimo di lealtà e di rispetto verso il nemico sconfitto e
delle colonie e la decolonizzazione (1963). Con il ormai passato alla storia. Ma questi sono i miseri o mise-
senno di poi (2023) ci si può chiedere cinicamente se rabili o infami valori della Sinistra e del nuovo regime.
l’Africa stava meglio sotto i conquistatori europei o -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 644
Felice Cascione (1918-1944), Fischia il Contessa (1966): “Se il vento fischiava…”. Altrove si
vento e infuria la bufera, 1944 trova il più semplice e popolare “urla la bufera”.
3. Ricompare “il sol dell’avvenir”, presente anche
Fischia il vento e infuria la bufera, nell’Inno squadrista. È assente l’esercito tedesco, an-
scarpe rotte e pur bisogna andar zi sono assenti i nazisti o i nazi-fascisti o i nazifasci-
a conquistare la rossa primavera sti. Ed è ribadita la lotta per la libertà, come se i na-
dove sorge il sol dell’avvenir. zional-fascisti non fossero italiani. Ma si tratta delle
A conquistare... consuete e interessate deformazioni della storia e
dell’avversario, che caratterizzano tutte le parti.
Ogni contrada è patria del ribelle, 4. Con abilità il poeta proietta i sentimenti, le passioni
ogni donna a lui dona un sospir, e il dramma della guerra sulla Natura, che sembra
nella notte lo guidano le stelle, partecipare agli eventi e schierarsi con i partigiani,
forte il cuor e il braccio nel colpir. che lottano per la libertà. Ad essere precisi, i partigia-
Nella notte... ni sono comunisti e non sono i soli a lottare contro gli
avversari. C’è l’intero Fronte Antifascista, che racco-
glie tutti i partiti sciolti da Mussolini, perché causa di
Se ci coglie la crudele morte, caos sociale. Ma è chiaro che ognuno parla per sé e
dura vendetta verrà dal partigian; minimizza i contributi degli altri.
ormai sicura è già la dura sorte 5. Conviene confrontare la canzone con qualche can-
del fascista vile e traditor. zone nazional-fascista come Inno squadrista (1921) e
Ormai sicura... Giovinezza (1922), e notarne la reciproca retorica e le
accuse mosse agli avversari. Ovviamente la tecnica di
Cessa il vento, calma è la bufera, denigrare o diffamare l’avversario è una prassi abitu-
torna a casa il fiero partigian, dinaria di tutti i gruppi o le correnti di pensiero. Il fa-
sventolando la rossa sua bandiera; scista è “vile e traditor”. I nazional-fascisti ripagano
vittoriosi, al fin liberi siam! con la stessa moneta e la stessa accusa.
Sventolando... 6. E non si deve dimenticare mai che Benito Musso-
lini era un ex-socialista e che sicuramente non ha mai
Commento abbandonato le sue idee. Le ha soltanto adattate alle
1. Fischia il vento è la canzone dei partigiani o, se si nuove circostanze. Prima puntava sugli operai (po-
vuole, della Resistenza, un nome magico, che rende chi), poi ha puntato sui giovani e sui dipendenti stata-
eroiche tutte le imprese dei partigiani, dai furti alle li. Tuttavia anche su ondate oceaniche della popola-
vendette personali (17.800 fascisti uccisi) ai 129 omi- zione, affascinate dai suoi slogan (“Credere, obbedi-
cidi di preti (1945-48). I finanziamenti, durante e do- re, combattere!”, “Se avanzo, seguitemi…”) e dalla
po la guerra, dell’URSS al PCI non sono mai esistiti. sua retorica. Egli ha fatto la (sua) rivoluzione, invece
E il PCI ha sempre fatto gli interessi dei lavoratori e i sindacati del “biennio rosso” (1919-20) hanno fallito
mai dell’URSS. Il gruppo dirigente del PCI non era e nessun partito di Sinistra ha fatto la rivoluzione: il
costituito da operai, ma da intellettuali, gente nor- PSI si specializza in tangenti al 15%, invece il PCI
malmente incapace e arruffona, che si preoccupava di preferisce prendere soldi dall’URSS, e tutti fingono
fare soltanto i propri interessi e che non era riuscita a di non vedere e di non sapere. Onore e gloria ai com-
inserirsi in una qualsiasi organizzazione borghese o pagni socialisti, al maneggione Craxi e all’integer-
statale. Oggi (2022) molto più di ieri. Il glorioso par- rimo Pertini, suo compagno di partito, che certamente
tito dei lavoratori collassa nelle elezioni del 1994. Per non sapeva niente…
il disastro nessuno si suicida. Il segretario, Achille 7. Che il partigiano o i comunisti o gli antifascisti del
Occhetto (1936), si limita a dare le dimissioni. Il di- Fronte Antifascista abbiano dato la libertà agli italiani
sastro è colpa dei marziani o dei plutoniani o forse è una fandonia: USA-GB hanno conquistato l’Italia e
della Sfiga. Tutti gli altri partiti – DC, PLI, PSI – era- vinto la guerra, gli antifascisti si sono schierati con i
no stati travolti dallo scandalo delle tangenti. L’o- nemici dell’Italia e hanno dato modesti contributi agli
nestà politica non è cristiana né rivoluzionaria… alleati. Il popolo italiano non ha mai chiesto di esser
2. In azzurro i termini pregnanti, per lo più di deriva- liberato da un fantomatico dittatore, che doveva ogni
zione letteraria: l’Arcadia fa sentire la sua presenza giorno conquistarsi il consenso della popolazione,
anche nella letteratura rivoluzionaria... Da notare le perché non aveva potere (l’esercito era fedele al re,
rime, le assonanze e i troncamenti della poesia popo- giovani e adulti alla Chiesa cattolica). Gli antifascisti
lare e della poesia tradizionale. Il troncamento colpi- hanno fatto un’unica cosa: hanno ridato la libertà ai
sce anche il “partigian”. L’ultima strofa (la vittoria) si partiti e alle loro tendenze delinquenziali e ladresche,
contrappone alla prima (la lotta). Nella terza c’è una che nel 1994 li hanno portati al collasso. Ma poi le
rima imperfetta: partigian/traditor. Il valore letterario attività criminali sono riprese.
è elevato, l’autore ha dimestichezza con la letteratura -----------------------------I☺I-----------------------------
e la poesia. “Fischia il vento” è poi recuperato in
Commento
1. Carlo Martello, re dei franchi, sconfigge (o ferma)
i mori a Poitiers, sotto Parigi, nel 732. In tal modo
ferma la conquista dell’Europa da parte degli arabi.
Erano sbarcati in Spagna pochi anni prima, nel 711.
2. De André e Villaggio scrivono una gradevolissima 1. Michael Hallahan, La ballerina, 2022.
canzone anti-militaristica, girata sul burlesco. Il lin-
guaggio prescelto è quello misuratamente aulico della
tradizione italiana (in azzurro). Ma i termini letterari
sono abilmente mescolati con termini volgari (o po-
polari o comici): caprone, porco d’un cane, puttane,
parcella, tariffe, ciuco. La musica altisonante sottoli-
nea il tono graffiante della canzone. Il poli-linguismo
e l’uso di registri linguistici diversi, che si trovano
nella Divina commediai, erano stati i punti di riferi-
mento.
3. Basta un po’ di cultura letteraria per scoprire le
fonti assai note: “ma più dell’onor poté il digiuno”
rimanda al dantesco “più che ‘l dolor poté il digiuno”
(If XXXIII, parla il conte Ugolino della Gherardesca).
La “mirabile visione” è un’altra citazione dantesca:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 652
Pete Seeger (1919-2014), We shall Pete Seeger, Vinceremo, 1947
overcome, 1947
The whole wide world around L’intero vasto mondo sarà intorno a noi,
The whole wide world around l’intero vasto mondo sarà intorno a noi,
The whole wide world around some day. l’intero vasto mondo intorno a me un giorno.
Oh, deep in my heart, I do believe Oh, nel profondo del mio cuore
We shall overcome some day. io credo che vinceremo un giorno.
liana. Lo Stato deve emanare leggi a loro favore, al- maledetto sia il suolo per causa tua!
trimenti non è riconosciuto come fonte di diritto… Con dolore ne trarrai il cibo
14. La falsificazione è una delle armi più usate dalla per tutti i giorni della tua vita.
Sinistra parlamentare e non: fa parte del loro DNA […]
dal 1921 in poi. E il bravo Pietrangeli deforma e ma- 19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;
nipola con grande soddisfazione: finché tornerai alla terra […] !”.
han messo dentro il povero Braibanti
e c’è una legge che lo impone Per prudenza lasciamo la risposta ai posteri o al sol
è quella dell’Inquisizione1 dell’avvenir.
16. Il comportamento più squallido e indecoroso di
L’Inquisizione (cattolica) non c’entra, ma è un buon Sinistra, estrema Sinistra e cantanti genericamente di
modo per diffamare qualcuno, in questo caso il go- Sinistra è stato quello di chiamare Pier Paolo Pasolini
verno che ha emanato la legge contro i sodomiti. Ad- omosessuale (in realtà il termine corretto è sodomita)
dirittura la legge diventa cosa viva: e/per nascondere le sue vere tendenze: era un pedofi-
lo. La pedofilia era condannata ieri come oggi. Ed è
c’è una legge che lo impone stato sicuramente assassinato da qualche bigotto cat-
tivo, non dal minorenne che insidiava. Ma per un
Ma no! Qualcuno ha denunciato il comportamento amico si può benissimo fare un’eccezione.
ostentato di Braibanti e quindi offensivo per gli altri 17. Per sanare e chiarire il testo si può pensare che la
cittadini, è scattata la denuncia, poi il processo e infi- libertà, di cui parla, sia l’otium (tempo libero) roma-
ne la condanna. Ovviamente i giudici, Mussolini no, che si contrappone al negotium (nec+otium= non
ozio, lavoro) o anche (per passare a tempi più moder-
1
ni) la libertà di far niente. Ma Della Mea non conosce
No, è una legge laica, dello Stato, e pure in vigore.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 661
i termini con cui affrontare e risolvere il problema. 2. Gli emigranti erano soprattutto giovani, che saliva-
Non usa nemmeno termini approssimativi, che diano no al nord in treno con le loro valigie di cartone. Tra
un’idea di ciò che intende. Tanto meno si informa sui il 1951 e il 1971 interi paesi dell’Italia meridionale e
libri e sul passato. E il vuoto teorico resta. del Veneto si trasferiscono nell’Italia nord-occiden-
18. Le idee di Della Mea erano nell’aria. Sono teoriz- tale. Le speranze però nella terra promessa non si
zate in modo sistematico da Herbert Marcuse, L’uo- realizzano: non si costruirà nessuna nuova società. E
mo a una dimensione. L’ideologia della società indu- ciò era ormai sotto gli occhi di tutti, a soli dieci anni
striale avanzata (1964), Einaudi, Torino, 1967, La dal boom economico. Gli immigrati del sud e del
società a una dimensione, pp. 21-136. nord-est perdono o vivono confusamente la loro iden-
-----------------------------I☺I----------------------------- tità e le loro radici. E non riescono a cambiare e a fare
propria la nuova identità di operai e di cittadini. Non
Sergio Endrigo (1933-2005), Il treno che si può cambiare il proprio codice genetico, perché sa-
viene dal sud, 1966 rebbe più utile cambiarlo. L’integrazione non c’è sta-
ta perché non ci poteva essere. Di qui la comprensibi-
le accusa di “terroni” ai meridionali e di “polentoni”
Il treno che viene dal sud
ai veneti. Ma va tenuto presente anche il punto di vi-
non porta soltanto Marie
sta dei milanesi e il loro modo di vedere i nuovi arri-
con le labbra di corallo
vati, che erano straccioni e analfabeti o quasi, ma che
e gli occhi grandi così.
diventando operai facevano gli interessi economici di
Porta gente, gente nata fra gli ulivi,
tutti, compresi i loro, di immigrati.
porta gente che va a scordare il sole,
3. Anche in questa circostanza tocca alla Chiesa cat-
ma è caldo il pane
tolica fare quel che lo Stato laico non aveva nessuna
lassù nel nord.
volontà, nessun interesse e nessuna capacità di fare:
aggregare nel territorio i nuovi venuti. Il compito è
Nel treno che viene dal sud
svolto in modo encomiabile dalle parrocchie, che si
sudori e mille valigie,
autofinanziano con le offerte dei fedeli.
occhi neri di gelosia:
4. Per un paradosso della storia i piemontesi vanno a
arrivederci Maria!
piemontesizzare il centro e il sud dopo il 1861; il sud
Senza amore è più dura la fatica,
e il nord-est vanno a sicilianizzare e a venetizzare il
ma la notte è un sogno sempre uguale:
nord-ovest a partire dal 1961, esattamente a un secolo
avrò una casa per te e per me.
di distanza. Nell’uno come nell’altro caso i risultati
sono catastrofici: gli uomini non sono intercambiabili
Dal treno che viene dal sud
come le parti di un’automobile, né sono massificabili,
discendono uomini cupi
che che ne dicano le folli ideologie ugualitarie dei ca-
che hanno in tasca la speranza
pitalisti e le altrettanto folli ideologie ugualitarie delle
ma in cuore sentono che questa nuova,
Sinistre. Sono e restano individui, legati alla loro ter-
questa grande società,
ra e alle loro tradizioni. Legati alla loro famiglia e al
questa nuova, bella società
loro paese. Chi lo dimentica, o non vuol vedere la
non si farà, non si farà.
realtà o lo fa per motivi interessati: poter sostituire
senza problemi un operaio con un altro e colpevoliz-
Commento
zare come antisociali le sue caratteristiche individua-
1. Passano i decenni, ma lo Stato italiano resta sem-
li. L’Italia uscita dalla Resistenza ha per la popola-
pre assente. I “terroni” abbandonano il sud alla dispe-
zione italiana la stessa cura e la stessa preoccupazio-
rata e diventano operai in un mondo che essi non ca-
ne della Destra, della Sinistra storica o dei governi
piscono e che non li capisce. Lo stesso vale per i “po-
liberali: nessuna. La classe dirigente è costantemente
lentoni” del nord-est. Dopo un secolo l’Italia non era
occupata in bizantinismi incomprensibili: le “conver-
unita nemmeno sul piano linguistico. E il dramma di
genze parallele”, gli “opposti estremismi”, il “gover-
questi immigrati, sradicati dai loro paesi, dalla loro
no tecnico”, l’appoggio per astensione che l’oppo-
cultura e dalle loro tradizioni, si sente, si vive e si sof-
sizione dà al governo, il “governo di unità nazionale”
fre giorno dopo giorno. C’è il rimpianto continuo del
ecc.
paese, della famiglia e del tessuto sociale che si è stati
5. Endrigo, famoso per le sue sdolcinate canzoni
costretti ad abbandonare. L’unica possibilità di rea-
d’amore, che fanno venire le doglie, tocca un argo-
zione e di rivalsa sociale è l’evasione nei programmi
mento che i cantautori ufficiali non osano affrontare.
televisivi, quando in fretta e furia si compra la tivù,
Addirittura nel 1966, quando l’emigrazione era anco-
oppure l’ostentazione dell’automobile, quando si ri-
ra in corso ed era difficile da esaminare.
torna al paese. Grandissime soddisfazioni! Gli immi-
6. Magari conveniva chiedersi perché “questa nuova,
grati in Germania tornavano d’estate in Italia con au-
bella società / non si farà, non si farà”. Non se la sono
tomobili enormi, che intasavano le piccole strade del
chiesta né cantanti (giustificabili), né storici né socio-
paesetto meridionale, strette e adatte soltanto ad ani-
logi (niente affatto giustificabili).
mali da soma.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 662
Franco Migliacci-Mario Lusini, C’era un 4. “Stop! coi Rolling Stones!”: ha chiuso, non deve
ragazzo che come me amava i Beatles e i pensare più ai gruppi musicali che ama. La canzone
Rolling Stones, 1966 mette in contrasto il fatto che girava il mondo, era
aperto a tutte le culture, e che poi deve prendere le
C’era un ragazzo armi contro uno specifico Stato. Va a combattere ed è
che come me amava i Beatles ucciso. Nel petto non ha più il cuore, ma due o tre
e i Rolling Stones medaglie.
girava il mondo, veniva da 5. La canzone esprime la protesta per la guerra degli
gli Stati Uniti d’America. Stati Uniti contro il Vietnam del nord a difesa del
Non era bello Vietnam del Sud che aveva un governo fantoccio fi-
ma accanto a sé aveva mille donne se lo-americano. La guerra inizia in sordina nel 1963,
cantava Help! e Ticket to ride senza essere stata dichiarata, e si conclude nel 1975
o Lady Jane o Yesterday. con la sconfitta e la ritirata degli USA. I costi della
Cantava “Viva la libertà” ma guerra sono enormi, i soldati americani morti sono
ricevette una lettera, (appena) 60.000. Nessun tribunale internazionale ha
la sua chitarra mi regalò, mai processato e condannato i crimini di guerra ame-
fu richiamato in America. ricani in Vietnam (e altrove) contro l’umanità, e più
Stop (=Basta)! coi Rolling Stones! precisamente contro la popolazione civile. I morti per
Stop! coi Beatles. Stop! bombardamenti vanno dai due ai quattro milioni. La
Gli han detto vai nel Vietnam cifra è sconosciuta. Il vincitore o il più forte non
e spara ai Vietcong... commette mai crimini. Il processo di Norimberga
Ta ta ta ta ta... (1945) lo aveva dimostrato.
6. Regola semplice per non sbagliare: in italiano i ter-
C’era un ragazzo mini stranieri non hanno plurale: il fan, i fan, il film, i
che come me amava i Beatles film.
e i Rolling Stones, 7. Nel corso dei secoli i capelli lunghi vanno e ven-
girava il mondo, ma poi finì gono. Leonardo e i nobili del Rinascimento li aveva-
a far la guerra nel Vietnam. no lunghi. Il popolo li aveva corti, perché erano più
Capelli lunghi non porta più, comodi e costavano meno. Addirittura nel sec. XVIII
non suona la chitarra ma sorse l’uso di enormi parrucche maschili e femminili.
uno strumento che sempre dà Negli anni Sessanta diventano il simbolo di contesta-
la stessa nota ratatata. tore e il capellone è malvisto dagli adulti, che lo ri-
Non ha più amici, non ha più fans, chiamano all’ordine o, in alternativa, gli sparano (Ea-
vede la gente cadere giù: sy Rider [Cavaliere facile o, meglio, Libertà e pau-
nel suo paese non tornerà, ra], USA, 1969), non tradotto.
adesso è morto nel Vietnam.
Stop! coi Rolling Stones!
Stop! coi Beatles. Stop!
Nel petto un cuore più non ha
ma due medaglie o tre...
Ta ta ta ta ta...
Commento
1. C’era un ragazzo… è forse la migliore canzone
comparsa in area sanremese e cantata da uno dei più
prestigiosi interpreti delle canzonette italiane, Gianni
Morandi. È coinvolgente e suggestiva e ben rispon-
deva all’anti-militarismo giovanile del tempo. Accan-
to ad essa si può porre soltanto Enrico Maria Papes-
Sergio Di Martino, Mettete dei fiori nei vostri canno-
ni, 1964. 1. Primavera di Praga. Mezzi militari dell’Unione Sovieti-
2. Le canzoni Help! (Aiuto!, 1965), Ticket to ride ca circondati dai dimostranti, 1968. “Primavera” è il ter-
(Biglietto per il viaggio, 1965), Yesterday (Ieri, 1965) mine inventato dai giornalsiti per indicare l’insurrezione
sono dei “Beatles”. Lady Jane (1966) è dei “Rolling dei praghesi contro l’URSS. Esso è “bello”, romantico ed
Stones”. Yesterday e Lady Jane sono più sotto. efficace, ma nasconde un tranello ideologico. Vuol sottoli-
3. “Veniva da gli Stati Uniti d’America”: nelle can- neare che l’Occidente è libero e ha benessere, mentre gli
zoni dell’Ottocento non esistono gli Stati Uniti d’A- Stati sotto l’URSS stanno male e sono privi di libertà. Stes-
merica, esisteva soltanto la Merica o al massimo l’A- se intenzioni con la “primavera araba” (2010-12)
merica. Sorprende questo uso preciso del termine. -----------------------------I☺I-----------------------------
Quella sera a Milano era (=faceva) caldo, Calabresi con Guida il fascista
ma che caldo che caldo faceva, si ricordi che gli anni son lunghi,
brigadiere apra un po’ la finestra, prima o poi qualche cosa succede
e ad un tratto Pinelli cascò. che il Pinelli farà ricordar.
“Commissario (=Calabresi), io gliel’ho già detto, Quella sera a Milano era caldo...
le ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe, Commento
ma eguaglianza nella libertà!” 1. La canzone ricorda la morte dell’anarchico Giu-
seppe Pinelli nella questura di Milano (15.12.1969),
“Poche storie, indiziato Pinelli, presenti il commissario Calabresi e alcuni poliziotti.
il tuo amico Valpreda ha parlato, Con Pietro Valpreda era sospettato di aver messo la
lui è l’autore di questo attentato bomba che aveva provocato 13 morti (altri quattro
e il suo socio sappiamo sei tu.” muoiono in seguito) e 87 feriti nella Banca Nazionale
dell’Agricoltura (la “Strage di Piazza Fontana”, 13.
“Impossibile” – grida Pinelli – 12.1969). Fu scritta il giorno del suo funerale dai suoi
“un compagno non può averlo fatto, compagni di idee politiche. La bara fu seguita soltan-
tra i padroni bisogna cercare to dai militanti della Sinistra extra-parlamentare, che
chi le bombe ha fatto scoppiar. accusava il PCI di essersi venduto alla borghesia e di
non essere più rivoluzionario. Per la strage ci furono
Altre bombe verranno gettate, numerosi processi, che non portarono mai ad alcuna
per fermare la lotta di classe, condanna. Nel 1971 il presidente del Tribunale di Mi-
i padroni e i burocrati sanno lano Carlo Biotti rinunciò al proprio stipendio, per
che non siam più disposti a trattar!” continuare le indagini sugli autori della strage. Fu ri-
cusato, poi sospeso da ogni funzione e infine accusato
“Ora basta indiziato Pinelli” di rivelazione verbale di segreti d’ufficio, un’accusa
– Calabresi nervoso gridava – chiaramente pretestuosa per imbavagliarlo. Subì un
“tu, Lograno, apri un po’ la finestra procedimento disciplinare e un processo penale, dura-
quattro piani son duri da far…” to sette anni, durante il quale smontò le accuse. Dario
Fo subì oltre 40 processi per aver messo in scena e
In dicembre a Milano era caldo, aver portato in giro per l’Italia lo spettacolo Morte
ma che caldo che caldo faceva, accidentale di un anarchico. Insomma lo Stato, che
è bastato aprir la finestra, doveva far luce sull’attentato, si preoccupava invece
una spinta e Pinelli cascò. di impedire che si indagasse ed emergesse la verità.
Lo Stato (o almeno organi potenti dello Stato) fu
Dopo giorni eravamo in tremila, quindi connivente con gli attentatori. Valpreda fu in-
in tremila al tuo funerale, carcerato nel 1969 e scarcerato nel 1972. Dell’accusa
e nessuno può dimenticare di strage fu assolto nel 1975, l’assoluzione fu poi
quel che accanto alla bara giurò. confermata dalla Cassazione. Il commissario Luigi
Calabresi, minacciato di morte nella canzone (“i
Ti hanno ucciso spezzandoti il collo, compagni ti vendicheranno”), fu ucciso il 17.05.1972
sei caduto ed eri già morto, da esponenti di “Lotta Continua”, poi processati e
Calabresi ritorna in ufficio, condannati. Dalla pista rossa si passò alla pista nera:
però adesso non è più tranquillo. furono accusati alcuni neo-fascisti, Franco Freda e
Giovanni Ventura, condannati all’ergastolo e poi pro-
Ti hanno ucciso per farti tacere, sciolti con formula piena nel processo del 1985-87. A
perché avevi capito l’inganno, distanza di 50 anni non si conoscono ancora i man-
ora dormi, non puoi più parlare, danti della “strategia della tensione”, come fu chia-
ma i compagni ti vendicheranno. mata la serie di attentati che seguirono a Piazza Fon-
tana. Nell’ultimo processo (2000-05) la Cassazione
“Progressisti” e recuperatori, concluse che la strage di Piazza Fontana fu opera del-
noi sputiamo sui vostri discorsi, la cellula eversiva di “Ordine Nuovo”, capitanata da
per Valpreda, Pinelli e noi tutti Franco Freda e Giovanni Ventura, che tuttavia non
c’è soltanto una cosa da far. erano più processabili poiché assolti con sentenza de-
finitiva nel processo 1985-87. Dopo 36 anni di pro-
Gli operai nelle fabbriche e fuori cessi (e uno spreco spaventoso di denaro pubblico)
stan firmando la vostra condanna, tutti sono assolti.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 670
2. La morte di Pinelli resta ancora irrisolta, anche se daggini e di ignoranza. Gli operai sono al massimo
l’ipotesi più facile e credibile è che sia stato defene- qualche operaio: manca il quantificatore o l’aggettivo
strato. E che sia stato defenestrato perché picchiato in qualificativo (tutti, nessuno, alcuni, pochi, molti). E
modo tale da ucciderlo. Ma non si vive di ipotesi, la loro firma è metaforica. Inoltre non hanno alcuna
servono dimostrazioni. Si può dire con certezza che autorità per firmare qualcosa, a maggior ragione per
sicuramente non aveva messo le bombe, che (come firmare una condanna a morte. I rivoluzionari appli-
risulterà in seguito) erano state messe da esponenti di cano un codice penale non scritto. Non sanno che le
“Ordine nuovo”. Le ipotesi da fare sono quindi due: o leggi scritte sono la norma, dalle XII tavole romane
è stato ucciso accidentalmente e poi defenestrato per (451-450 a.C.) in poi. La loro totale assenza di cultu-
nascondere l’omicidio o aveva qualche motivo (vero ra lascia annichiliti. E volevano abbattere il sistema e
o presunto, non importa) per fare quel gesto. Che la fare la rivoluzione.
polizia usasse le maniere forti era comprensibile: nel- 7. “Il potere comincia a tremare, La giustizia (=i giu-
le manifestazioni i gruppetti di Sinistra extraparla- dici) sarà giudicata”: la realtà è sostituita da parole e
mentare usavano spranghe, bastoni, molotov, pistole, da figure retoriche. Complimenti per i rivoluzionari.
passamontagna, spaccavano vetrine, incendiavano le Il potere non esiste, esistono individui in carne ed os-
auto e facevano autoriduzione o ri-appropriazione sa che rappresentano il potere, ad esempio il commis-
proletaria. Dalle indagini emerge poi anche un’incre- sario Calabresi. Neanche la giustizia esiste, esistono i
dibile verità (o si tratta di un’ipotesi interessata?): la giudici, in carne, ossa e vestito, che sarebbero giudi-
bomba doveva esplodere dopo l’orario di chiusura cati da non si sa chi, né perché né in base a quale co-
della banca, che invece resta aperta perché c’erano dice penale. La cultura dei rivoluzionari è limitatis-
ancora clienti in fila… Ma esplose alle ore 16:37. sima, non va oltre a quella che si incontra nei bar. Le
3. La canzone è costruita con una drammatizzazione metafore possono soddisfare i propri dilemmi esi-
assai efficace. Il verso/strofa iniziale è un “attacco” stenziali, ma non sono adatte per conoscere la realtà e
davvero straordinario (e pure insolito, senza prece- poi per modificarla. Le metafore possono essere belle
denti) ed è poi ripetuto nella conclusione: “Quella se- e affascinanti, ma sono utili soltanto se e perché ci
ra a Milano era (=faceva) caldo”. I dialoghi tra i vari permettono di semplificare e abbreviare il linguaggio.
personaggi sono ora espliciti, ora impliciti. Le due 8. Conviene ricordare che l’Italia degli anni Settanta è
soluzioni sono assai efficaci. I troncamenti di fine insanguinata da gruppuscoli di destra come “Ordine
quartina (scoppiar, trattar, far ecc.) rimandano Nuovo”, responsabile delle bombe di Piazza Fontana
all’Arcadia e alla poesia letteraria tradizionale. Molti (1969), e ugualmente da gruppuscoli di Sinistra, co-
versi sono semplici discorsi in prosa o semplici pro- me le “Brigate Rosse”, che rapiscono e uccidono Al-
clami politici più o meno sconclusionati: “prima o poi do Moro (1978), segretario della DC e capo del go-
qualche cosa succede”. Eppure la canzone contiene il verno. Il mito della violenza rivoluzionaria o proleta-
meglio (si fa per dire) delle analisi politiche della Si- ria continua, dall’occupazione delle fabbriche (“bien-
nistra extra-parlamentare. nio rosso”, 1919-20) alle stragi compiute dai parti-
4. I termini usati sono tratti dal linguaggio comune e giani (Porzûs, 1945) all’assassinio di 129 preti (1945-
impediscono di avere un’idea precisa della realtà che 49) in Emilia-Romagna. L’ultimo argomento non è
vorrebbero esplicare: padroni, lotta di classe, buro- mai stato trattato da storici ufficiali o di regime, tanto
crati (i dirigenti del PCI e dei sindacati). Compaiono i preti sono dipendenti del Vaticano e non hanno le
poi i “progressisti” virgolettati (che sono criticati) e parrocchie in Italia, ma su Marte o, ancor più lontano,
una strana fauna chiamata recuperatori (ugualmente su Alpha Centauri. Vale la pena di vedere Roberto
criticati). Con questa modestissima rete teorica i rivo- Beretta, Storia dei preti uccisi dai partigiani, collana
luzionari di estrema Sinistra costruiscono una realtà Religione, Edizioni Piemme, Milano, 2005, pp. 319.
immaginaria, a loro uso e consumo. Della teoria eco- In 60 anni soltanto un giornalista si è occupato del-
nomica ufficiale, insegnata all’università o che si tro- l’argomento. A livello privato gli storici possono es-
va nei manuali di economia politica, non c’è neanche ser magia-preti o mangia-particole. A livello pubblico
l’ombra. Ovviamente essi non capiscono che, se fan- e professionale devono però comportarsi in altro mo-
no la lotta di classe e ricorrono alla violenza rivolu- do. Quella è la professione per cui sono pagati.
zionaria per farla, anche la controparte come i “pa- 9. La scelta armata dei gruppetti italiani di Destra e di
droni” o “Ordine Nuovo” o addirittura lo Stato può Sinistra può essere riletta tenendo presente la figura
fare altrettanto, come i fatti ampiamente dimostrano. di Ernesto Guevara (1928-1967), detto “Che”, uno
5. Anche in questa canzone si fa grande uso di meta- scrittore, medico e guerrigliero argentino, che fu uno
fore. Basta leggere la quartina “Gli operai nelle fab- dei maggiori esponenti della rivoluzione cubana
briche e fuori”. E si divinizza la classe operaia, di cui (1959). Volle esportare la rivoluzione armata in Ame-
peraltro i rivoluzionari si mettono a capo per auto- rica Latina e in Africa e fu assassinato da agenti spe-
elezione, anche se nessuno di essi è operaio ed anche ciali della CIA. Le magliette con l’immagine del
se nessuno di essi è stato eletto. “Che” ebbero un grande successo economico. Ci si
6. “Gli operai nelle fabbriche e fuori Stan firmando la può chiedere se fu giusto o giustificato il suo assassi-
vostra condanna”: è linguaggio metaforico che inven- nio. Ma prima ancora ci si deve chiedere se era giusto
ta la realtà. I due versi sono un concentrato di stupi- e giustificabile il suo intervento armato in paesi stra-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 671
nieri, per portare i valori in cui egli credeva. Ed è be- cia soltanto 80.000 soldati, una delle sconfitte più du-
ne riflettere in modo approfondito su questi problemi, re per un generale o per uno Stato.
che sono problemi di ieri e di oggi. 12. Uno dei gruppi studenteschi degli anni Sessanta-
10. Banalmente bisogna dire che ognuno, ogni classe Settanta si chiamava “Servire il popolo” (1968/72-
e ogni gruppo sociale combatte per i suoi interessi, 78), tutte idee rubate alla Chiesa cattolica ad opera di
mascherati da più o meno nobili ideali, e che vince individui che l’avevano lasciata, perché a loro dire
sempre il più forte, il più astuto o il meglio organizza- reazionaria e “serva dei padroni” e perché faceva gi-
to. Gli USA potevano giustificarsi dicendo che il rare tutta la vita intorno all’al di là e non intorno all’al
“Che” danneggiava gli interessi americani. Il “Che” e di qua. Un altro gruppo, più realista e concreto, pren-
i suoi sostenitori potevano giustificarsi dicendo che de il nome di “Movimento studentesco” (1968-?), le-
lottavano contro l’imperialismo statunitense e per la gato agli studenti delle superiori e soprattutto agli
difesa degli interessi dei campesino sfruttati dalle studenti dell’università. Altri gruppi di quegli anni
multinazionali o dai marziani. Si potrebbe anche dire sono “Avanguardia operaia” (1968-78), “Lotta conti-
che avevano ragione gli uni e gli altri, che ognuno nua” (1969-82) e “Potere operaio” (1967/69-73). In
creava teorie che giustificassero le sue azioni e, ag- sostanza i rivoluzionari volevano e si accontentavano
giungiamo, che esistono nella realtà situazioni “neb- di una fetta di torta in più. Erano lealisti più del re.
biose”, che permettono una descrizione come un’al- Contro ogni dubbio Mario Capanna (1945), uno degli
tra, opposta alla prima. Lo disse anche un antichissi- esponenti più in vista del “Movimento studentesco”,
mo filosofo greco, Protagora di Abdera (486 a.C.-411 lo dimostra. Entra con successo nella pubblica ammi-
a.C.): su uno stesso argomento si possono fare due nistrazione e 40 anni dopo ritiene suo diritto acquisito
discorsi opposti, ugualmente ragionevoli. il vitalizio. Sorte simile per un altro “rivoluzionario”,
11. “Guida il fascista”: chi non condivide le idee dei ma di tendenze opposte: Roberto Formigoni, ex espo-
rivoluzionari o del PCI è subito bollato come fascista nente di “Comunione e Liberazione”: entra in politica
o altrimenti neo-fascista. E condannando l’avversario e diventa presidente della Regione Lombardia, intral-
si fa prima e si risolvono molti problemi: non si deve lazza in modo eccessivo, è processato e finisce in ga-
argomentare, non si devono giustificare le proprie lera. Gli ideali della giovinezza erano solidi e profon-
idee. Da un punto di vista storico non possono esiste- di e sicuramente altruisti. Questi gruppi scompaiono
re né fascisti né neo-fascisti: le circostanze che hanno negli anni Settanta. Alcuni dei loro simpatizzanti con-
mandato Mussolini al governo nel 1923 sono irripeti- fluiscono in gruppi clandestini che si dedicano alla
bili. E al Nazional-fascismo del manganello (1919- lotta armata, tra cui le “Brigate rosse”. Ma ormai
23) segue un Nazional-fascismo dell’ordine (1923- stiamo uscendo dal periodo in esame e ci fermiamo.
40). Poi c’è la guerra (1941-45). A quale Nazional- Un testo trovato per caso che parla del “Movimento
fascismo si ispirerebbero i nostalgici? I sinistrati non studentesco” (29.05.2020): Il passato violento di Gi-
lo dicono, fanno di tutte le erbe un fascio. no Strada, in
12. Il lettore può tenere conto delle rivoluzioni del https://groups.google.com/forum/#!topic/it.politica/NrZSkt
passato ed esprimere il suo giudizio sull’uso della hoxHg
violenza e delle armi per cambiare un regime o una Conviene anche consultare Wikipedia, voce Anni di
situazione politica. Un solo esempio: per l’unità piombo. E anche le voci dei nomi delle varie organiz-
d’Italia anche per il cattolico Alessandro Manzoni il zazioni extra-parlamentari di Sinistra, sopra citate. Di
ricorso alle armi era inevitabile (Adelchi, atto III, co- esse oggi resta soltanto il ricordo. La sconfitta era
ro, 1819-22; Marzo 1821, 1848). Un paradosso: il inevitabile ed è stata totale, perché l’analisi dei pro-
“Che” volle esportare la rivoluzione fuori di Cuba, blemi era stata velleitaria e inconsistente.
nell’America Latina e in Africa. Gli USA fecero al- 13. I sinistrati distinguono due tipi di violenza: quella
trettanto con molti Stati mondiali, dal Vietnam del dello Stato contro di loro (è ingiusta, cattiva, crimina-
Sud all’Iraq. Prima di loro i rivoluzionari francesi le) e la loro contro lo Stato (è giusta, buona, apre la
vollero esportare gli “immortali principi” del 1789 in società al sol dell’avvenir). Escludono categorica-
Europa, dalla Germania fino alla lontana Russia mente che altri, ad esempio i gruppetti di Destra, ab-
(1812). Non lo facevano gratis: rapinavano le ric- biano il diritto di usare la violenza “buona”.
chezze che trovavano sul loro cammino. I paesi invasi -----------------------------I☺I-----------------------------
non apprezzarono e li ricacciarono in Francia. La
campagna di Russia (1812) fu una catastrofe per gli
invasori. L’esercito francese partì ad agosto, compo-
sto da 600.00 soldati. I russi però non accettarono
battaglia e si ritirarono, facendo terra bruciata. A no-
vembre Napoleone era a Mosca, ma arrivarono i pri-
mi freddi. Diede l’ordine del ritiro, ma era troppo tar-
di: arrivò il terribile inverno russo e i soldati avevano
soltanto vestiti estivi. A questo punto i soldati russi
attaccarono l’esercito in ritirata. Ritornarono in Fran-
Ci dicon Siamo uguali Le domande sono e restano misteriose per un po’: che
ma io vorrei sapere c’entrano? Chi parla e in quale occasione? Ma le pa-
uguali davanti a chi? role sono incongrue con la situazione. In genere si fa
uguali per che per chi? riferimento alla legge: “La legge è uguale per tutti”.
Ma il cantante va per i fatti suoi:
È comodo per voi
dire che siamo uguali È comodo per voi
davanti a una giustizia partigiana. che avete in mano tutto
Cos’è questa giustizia dire che siamo uguali davanti a Dio.
se non la vostra guardia quotidiana. È un Dio tutto vostro,
è un Dio che non accetto e non conosco.
Ci dicon Siamo uguali
ma io vorrei sapere Non si riesce a capire perché scomodare Dio e quindi
uguali davanti a chi? la Chiesa (implicitamente accusata di dire che tutti gli
uguali per che per chi? uomini sono uguali, per poi dimenticarsene subito):
siamo in fabbrica, salvo errori. E a questo punto si
È comodo per voi chiarisce e si capisce chi faceva questi discorsi: non
che avete in mano tutto sono il commento del cantante all’omicidio, ma le pa-
dire che siamo uguali davanti a Dio. role che l’ucciso o l’incidentato diceva ai suoi com-
È un Dio tutto vostro, pagni di lavoro. Per inciso, attribuire al “padrone” e
è un Dio che non accetto e non conosco. ai suoi collaboratori discorsi sull’uguaglianza o di-
scorsi da preti è fuori luogo, è un’idea inventata e del
Dicevi questo ed altro tutto gratuita, e bisogna essere fuori di testa per farlo.
e ti chiamavan matto
ma quello in cui credevi verrà fatto. Dicevi questo ed altro
Alla legge del padrone e ti chiamavan matto
risponderemo con Rivoluzione. ma quello in cui credevi verrà fatto.
Commento
1. C’è chi è attaccato al paese e c’è chi non vede l’ora
di scappare. Il motivo è chiarissimo: esso è come “un
vecchio addormentato, / la noia, l’abbandono, niente /
son la tua malattia”. Perciò è meglio scappare. Chi
fugge ha già pensato al futuro: è flessibile (“So far
tutto o forse niente, da domani si vedrà”) e non ha
nessuna aspettativa che possa essere frustrata (“E sa-
rà, sarà quel che sarà”). Insomma, se qualcosa va ma-
le, si cerca un rimedio, ma non prima del tempo. La
vita è aperta (“che sarà della mia vita chi lo sa”). A 1. Slogan della contestazione studentesca francese, 1968:
quanto pare il protagonista non è il solo a morire di “Non è che l’inizio, continuiamo a combattere”, “Sotto il
noia: “Gli amici miei son quasi tutti via / e gli altri pavesato c’è la spiaggia”, “Siamo realisti, domandiamo
partiranno dopo me”. Ci si può trovare tutti alla peri- l’impossibile”, “È vietato vietare”. I contestatori vivono di
feria di Torino e avere capra e cavoli: il salario e la slogan, soltanto di slogan.
compagnia dei vecchi amici (“Peccato perché stavo -----------------------------I☺I-----------------------------
bene / in loro compagnia”). In genere succedeva così.
Desde el hondo crisol de la patria Dal più profondo cuore della Patria
se levanta el clamor popular, si solleva il clamor popolare,
ya se anuncia la nueva alborada, già si annuncia la nuova aurora,
todo Chile comienza a cantar. tutto il Cile comincia a cantare.
Commento unido, jamás será vencido (Il popolo unito non sarà
1. Un’altra canzone straniera straordinaria, come We mai vinto, 1970).
shall overcome (Vinceremo, 1947, 1963), cantata dal 3. Il soggetto di “Venceremos” è il popolo, possibil-
gruppo cileno degli Inti-Illimani. Testo e musica sono mente il popolo unito. La realtà è normalmente più
efficaci e giungono al cuore di chi ascolta. La canzo- complessa, perché la popolazione è divisa in numero-
ne festeggia la vittoria alle elezioni del Partito di Uni- si gruppi sociali con interessi diversi e spesso conflit-
tà Popolare d’ispirazione socialista (1970) e la nomi- tuali. Ma, cantando la canzone, non si fa caso a questi
na di Salvador Allende a presidente della repubblica particolari.
(1908-1973). L’esperimento socialista, mal visto da- 4. Chi canta la Patria o grida “Dio, Patria, Famiglia” è
gli USA e mal gestito dal governo, provoca una crisi considerato fascista e criminale dalla Sinistra italiana.
economica gravissima e ingestibile. Le opposizioni si Qui invece l’intero popolo canta la Patria, ma non è
rivolgono ai militari, che attuano un colpo di Stato, accusato di fascismo. Piccole contraddizioni della Si-
guidato dal generale Augusto Pinochet (1973), che dà nistra, ma va bene lo stesso. A dire il vero, il motto è
luogo a una durissima repressione e costringe gli op- del patriota Giuseppe Mazzini (1805-1872), Doveri
positori all’esilio. L’unica forma di lotta possibile è la dell’uomo (1860), pubblicato nel 1862. Poi il Nazio-
canzone, cantata all’estero. Al regime militare pone nal-fascismo se ne appropriò, per interesse e perché
fine il plebiscito del 1990, concesso o subito dai mili- erano adatti al popolo italiano, fortemente legato alla
tari: il 55% degli elettori vuol chiudere con il governo Chiesa. Benito Mussolini fu anticlericale, ma flessibi-
Pinochet, e chiude. Tuttavia il 45% degli elettori è le: con i Patti lateranensi (1929) fece fare la pace tra
ancora favorevole (un dato su cui riflettere). I tentati- Stato italiano e Chiesa, dopo 59 anni di attriti (1870).
vi rivoluzionari del Cile di Allende vanno inseriti nel 5. Vale la pena di confrontare le due canzoni cilene
generale sommovimento dell’America Latina, che ir- con una canzone politica italiana dello stesso anno:
rita gli USA. Nel 1967 avevano ucciso in Bolivia il Pino Masi (1946), Lotta continua, 1971, subito qui
rivoluzionario cubano Ernesto “Che” Guevara (1928- sotto. Chi vuol essere più accurato le confronta con
1967), che voleva esportare la rivoluzione. Potere Operaio (1967-73), Stato e padroni, fate atten-
2. Un’altra canzone di Quilapayun-Sergio Ortega, zione, 1971, sempre qui sotto.
cantata con successo dagli Inti-Illimani, è El pueblo -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 682
Pino Masi (1946), Lotta continua, 1971 a qualcun altro. Erano giovani, disoccupati o studenti,
e soprattutto ignoranti. Pensavano di leggere la realtà
Siamo operai, compagni, braccianti con i discorsi fatti al bar, con le accuse mosse ai pa-
e gente dei quartieri droni, con la lettura di qualche testo marxiano o mar-
siamo studenti, pastori sardi, xista. Illusi. E pensavano di conquistare lo Stato o di
divisi fino a ieri! abbatterlo, anche se non avevano la minima idea di
Lotta! Lotta di lunga durata, che cosa fosse lo Stato e a che cosa servisse. Inutile
lotta di popolo armata: dire che la responsabilità fu del PCI, da cui erano
lotta continua sarà! fuggiti. Il PCI era responsabile di aver riempito la lo-
ro testa di idee rivoluzionarie campate per aria e im-
L’unica cosa che ci rimane praticabili. E di aver istillato in loro l’idea che l’unica
è questa nostra vita, soluzione fosse la lotta di classe, la violenza e la dit-
allora compagni usiamola insieme tatura del proletariato…
prima che sia finita! 4. Va bene, ammazziamo tutti i padroni, ma poi che
Lotta! Lotta di lunga durata... cosa si farà? Come ci si organizzerà? Mistero doloro-
so. Con appena tre neuroni si poteva pensare fin d’ora
Una lotta dura senza paura a costruire una società senza padroni. Ma le auto-
per la rivoluzione gestioni sono sempre fallite.
non può esistere la vera pace 5. A fine maggio 1968 i lavoratori parigini scioperano
finché vivrà un padrone! contro gli studenti: vogliono andare a lavorare, non
Lotta! Lotta di lunga durata... vogliono la benzina razionata, vogliono mangiare. E
gli studenti sono sconfitti. I fatti parigini del 1968
Commento non insegnano niente ai rivoluzionari nostrani. Un
1. Sorpresa! Siamo riusciti a scovare due testi (questo quadro si trova più sotto: Nino Gorio, Maggio ‘68:
e il seguente) che giacevano da decenni nel dimenti- quel mese di fuoco che incendiò Parigi, 28.04.2008.
catoio della storia. Vale la pena di leggerli con atten- 6. Il riferimento ai pastori sardi è strano e lascia per-
zione e di rifletterci sopra. Magari conviene anche plessi e andava evitato: fa pensare ai sequestri di per-
confrontare il presente con questi lontani anni (1967- sona in voga dagli anni Sessanta in poi:
69), pieni di rabbia e di illusioni rivoluzionarie. Se si
ha lo stomaco forte e l’animo incline al perdono e al “Anonima sequestri (o Anonima sarda) è stata un’e-
sorriso, si possono confrontare gli adulti di oggi con i spressione giornalistica utilizzata dai media italiani per in-
rivoluzionari che erano o che dicevano di essere ieri. dicare gruppi criminali (non c’è mai stata in Sardegna una
2. La qualità letteraria delle due canzoni è assoluta- mafia, ma dei gruppi provvisori che si sciolgono a obietti-
mente inesistente, ma vale la pena di leggerle per co- vo raggiunto) di origine sarda dediti ai sequestri di perso-
noscere le idee di questi gruppetti extraparlamentari na, inizialmente in Sardegna, ma poi anche in altre regioni
di Sinistra. Come le canzonette di Sanremo, più che il italiane, in prevalenza dagli anni 1960 agli anni 1990.
testo è importante la musica e soprattutto il fatto che La gravità del fenomeno fu tale che, già alla fine degli anni
la canzone sia cantata dal vivo, di sera, in piazza. Si Sessanta fu istituita una commissione parlamentare d’in-
entra davvero in un altro mondo. I cantanti di estrema chiesta sul fenomeno del banditismo in Sardegna, oltre a
Sinistra avevano una voce eccezionale, che bloccava modifiche legislative volte a inasprire le pene per il reato
qualsiasi attività cerebrale. Anche qui la Chiesa deru- di sequestro di persona e alla procedura del blocco dei beni
bata insegna: il canto unisce le persone. della famiglia del rapito che, con altri fattori, posero fine al
3. L’inno del gruppetto ripete le solite tesi del movi- fenomeno dei rapimenti a scopo di estorsione nei primi an-
mento operaio, ha un’idea vaga, anzi vaghissima del- ni Novanta.
la realtà, come Padroni e Stato, anzi Stato e Padroni Gruppi di sequestratori di origine sarda hanno operato in
(suona meglio). Ma dietro ci sta il nulla teorico e po- Sardegna, compiendo 177 sequestri in trent’anni, prevalen-
litico. I movimenti di estrema Sinistra erano in genere temente in Gallura (ad opera di una banda chiamata dai
marxisti-leninisti e ripetevano per la situazione italia- giornalisti Anonima gallurese o Superanonima), in Barba-
na di fine anni Sessanta quel che Lenin aveva scritto gia, Baronie e Ogliastra, occasionalmente nella vicina Cor-
per la Russia anni Dieci, prima della rivoluzione sica, e in regioni italiane come la Lombardia, l’Emilia Ro-
d’ottobre (1917). Erano indottrinati, anzi, si erano in- magna, il Lazio, l’Umbria e la Toscana, dove si contano
dottrinati e si erano fatti un super-lavaggio del cervel- venti sequestri. I paesi più noti per la provenienza di se-
lo. Erano rabbiosi e arrabbiati, davano la colpa non a questratori sono Orgosolo, Orune e Mamoiada.
se stessi o alla propria famiglia o al fatto che erano Il fenomeno dei sequestri di persona in Sardegna guadagnò
nati in Meridione e non a New York, ma allo Stato e notorietà nei media italiani negli anni Sessanta, quando la
ai padroni. Erano a favore dell’autoriduzione, non sa- frequenza dei rapimenti si impennò e si estese anche alla
pevano niente di economia, tranne alcune teorie penisola, specialmente in regioni dove erano già presenti
strampalate di Marx, non riuscivano a vedere i cam- comunità di immigrati sardi praticanti attività agro-pasto-
biamenti che sconvolgevano l’Italia e soprattutto loro rali. Il rapimento di personaggi famosi, come il cantautore
stessi. E i cambiamenti fanno bene a qualcuno e male Fabrizio de André, del bambino Faruk Kassam e di Silvia
E il servo del padrone non ha nessun diritto A dire il vero, un intellettuale e un rivoluzionario do-
e come a un traditore nessun gli dà rispetto. vrebbero avere rispetto per i servi, perché fanno parte
degli “sfruttati” che essi devono redimere. Qui invece
Commento fanno proprio il giudizio che i padroni o i capitalisti
1. Il commissario Luigi Calabresi indaga sulla bomba secondo loro hanno sui servi: sono da disprezzare.
che aveva provocato 13 morti (altri quattro muoiono 9. Nessun proposito e nessuna capacità di compren-
in seguito) e 87 feriti nella Banca Nazionale dell’A- dere la controparte, Calabresi, lo Stato, le varie classi
gricoltura a Milano (la “Strage di Piazza Fontana”, sociali, i reciproci interessi. Gli imprenditori sono ri-
13.12.1969). Arresta due anarchici, Pietro Valpreda e dotti al termine “padrone”. I termini usati sono sem-
Giuseppe Pinelli. Pinelli cade da una finestra della plicistici e inadeguati. Si può essere indulgenti, per-
questura e muore (1969). Della sua morte è incolpato ché si tratta di una canzone di lotta, e non di un tratta-
il commissario. Valpreda è processato, assolto e scar- to di economia politica, ma anche fuori della canzone
cerato (1972). Il commissario è minacciato di morte le analisi sono così povere. Povere e autogiustificanti.
nella canzone Barozzi-Lazzarini-Zavanella-Fallisi, La E ciò succede in tutte le altre canzoni di lotta.
ballata del Pinelli, 1969 (“i compagni ti vendiche- 5. Nel testo manca l’idea di Stato e delle sue funzioni,
ranno”). Ed è ucciso il 17.05.1972 da esponenti di in uno Stato capitalista come in uno Stato socialista.
“Lotta Continua”, poi processati e condannati. La E manca pure l’idea di legalità. La vendetta appartie-
canzone è successiva alla sua morte. ne al passato, alle faide dei barbari e dei medioevali.
2. Sul piano letterario la canzone non è malvagia. Usa Qui invece qualcuno si autonomina giudice e fa “giu-
rime semplici, composte da due soli versi, le rime ba- stizia proletaria”. Dal 451-450 a.C. le leggi delle XII
ciate. Ciò che conta però è l’analisi politica che pro- tavole erano esposte in pubblico a Roma.
pone, di un estremo semplicismo. Calabresi non era 6. La canzone rimanda a: Anonimo, Povero Matteotti
potente, era soltanto un commissario di polizia, paga- (1924), a cui va confrontata.
to per tenere l’ordine pubblico. Non era un “valente
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 690
Giuseppe Bentivoglio-Nicola Piovani- dai tuoi aeroplani,
Fabrizio De André, Il bombarolo, 1973 io vengo a restituirti
un po’ del tuo terrore
Chi va dicendo in giro del tuo disordine
che odio il mio lavoro del tuo rumore.
non sa con quanto amore
mi dedico al tritolo, Così pensava forte
è quasi indipendente un trentenne disperato
ancora poche ore se non del tutto giusto
poi gli darò la voce quasi niente sbagliato,
il detonatore. cercando il luogo idoneo
adatto al suo tritolo,
Il mio Pinocchio fragile insomma il posto degno
parente artigianale d’un bombarolo.
di ordigni costruiti
su scala industriale C’è chi lo vide ridere
di me non farà mai davanti al Parlamento
un cavaliere del lavoro, aspettando l’esplosione
io sono d’un’altra razza, che provasse il suo talento,
son bombarolo. c’è chi lo vide piangere
un torrente di vocali
Nello scendere le scale vedendo esplodere
ci metto più attenzione, un chiosco di giornali.
sarebbe imperdonabile
giustiziarmi sul portone Ma ciò che lo ferì
proprio nel giorno in cui profondamente nell’orgoglio
la decisione è mia fu l’immagine di lei
sulla condanna a morte che si sporgeva da ogni foglio,
o l’amnistia. lontana dal ridicolo
in cui lo lasciò solo,
Per strada tante facce ma in prima pagina
non hanno un bel colore, col bombarolo.
qui chi non terrorizza
si ammala di terrore, Riassunto. Il poeta non conosceva l’uomo, conosce
c’è chi aspetta la pioggia invece l’epoca dei fatti, quando si diffondeva l’idea
per non piangere da solo, che gli uomini erano tutti uguali. Un ferroviere mac-
io sono d’un altro avviso, chinista guidava una locomotiva, manifestazione di
son bombarolo. potenza e progresso. Ogni giorno vedeva un treno
pieno di signori. Un po’ alla volta concepì l’idea di
Intellettuali d’oggi fare giustizia. E lanciò il treno a folle velocità verso
idioti di domani l’altro treno. Tuttavia la notizia giunse a Bologna e la
ridatemi il cervello locomotiva fu deviata su un binario morto. E l’im-
che basta alle mie mani, patto lo uccise quasi subito. Al poeta piace però pen-
profeti molto acrobati sarlo ancora alla guida della locomotiva, che ha lan-
della rivoluzione ciato a bomba contro l’ingiustizia.
oggi farò da me
senza lezione. Commento
1. A Bologna nel 1980 una bomba uccise 85 passeg-
Vi scoverò i nemici geri e ne ferì 200. Una cosa è l’uccisione dei ricchi,
per voi così distanti un’altra quella di persone comuni… Ma La locomoti-
e dopo averli uccisi va è del 1972, un’altra epoca storica, in cui si poteva
sarò fra i latitanti, immaginare di uccidere o assassinare gli avversari. In
ma finché li cerco io Contessa (1966) il 21enne Pietrangeli aveva espresso la
i latitanti sono loro, stessa idea. Ugualmente in precedenza canzoni na-
ho scelto un’altra scuola, zional-fasciste, comuniste e socialiste invocavano
son bombarolo. l’uso della violenza rivoluzionaria contro lo Stato, i
re, i padroni e i fannulloni che sfruttavano gli operai.
Potere troppe volte 2. Per capire la canzone serve ricordare i turbinosi
delegato ad altre mani, anni 1968-78: nel 1968 gli studenti contestano il con-
sganciato e restituitoci sumismo e occupano le università statunitensi ed eu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 691
ropee, mentre in Italia gli operai iniziano la lotta per Fabrizio De André-Nicola Piovani-
il rinnovo dei contratti (“autunno caldo”); nel 1969 Giuseppe Bentivoglio, Canzone del
scoppia la bomba nella Banca Nazionale dell’Agri- maggio, 1973
coltura a Milano, di cui sono incolpati due anarchici,
Pinelli e Valpreda, che poi risultano innocenti (“stra- Anche se il nostro maggio
tegia della tensione”); la contestazione degli studenti ha fatto a meno del vostro coraggio
si smorza nel 1974 grazie all’aumento del pre-salario; se la paura di guardare
compaiono le “Brigate Rosse”, che nel 1978 rapisco- vi ha fatto chinare il mento
no e uccidono Aldo Moro, segretario della DC e capo se il fuoco ha risparmiato
del governo. Le manifestazioni della Sinistra extra- le vostre Millecento
parlamentare sono normalmente violente: spranghe, anche se voi vi credete assolti
molotov, auto incendiate e vetrine di negozi rotte. Ma siete lo stesso coinvolti.
i sinistrati non finiscono mai in galera…
3. De André tratteggia un’immagine singolare di E se vi siete detti
bombarolo, che si richiama alle azioni solitarie dei non sta succedendo niente,
bombaroli o degli anarchici di fine Ottocento, che uc- le fabbriche riapriranno,
cisero diversi capi di Stato. È un trentenne, è solita- arresteranno qualche studente
rio, è disperato, e si rivolta contro il sistema usando la convinti che fosse un gioco
stessa violenza del sistema. Con una differenza, usa a cui avremmo giocato poco
una bomba alla volta, mentre il sistema si basa sulla provate pure a credevi assolti
produzione industriale degli ordigni di morte. E col- siete lo stesso coinvolti.
pisce ovunque, un parlamento come una edicola. Ma
usa anche le parole o le idee come armi. È velenoso Anche se avete chiuso
contro gli intellettuali d’oggi, idioti di domani. Sol- le vostre porte sul nostro muso
tanto alla fine acquista una dimensione umana, dram- la notte che le pantere
matica e romantica, quando vede l’immagine di lei ci mordevano il sedere
moltiplicata sulle prime pagine dei giornali. Lei lo lasciandoci in buonafede
aveva abbandonato deridendolo. Il rifiuto lo trasfor- massacrare sui marciapiedi
mò in bombarolo. Ma si sente ferito nell’orgoglio: in anche se ora ve ne fregate,
prima pagina c’è l’immagine di lei insieme con lui. voi quella notte voi c’eravate.
Lei era ritornata da lui perché ora lo ammira come
bombarolo. Egli invece voleva restarsene solo con la E se nei vostri quartieri
sua rabbia contro tutto e tutti, la sua furia distruttrice, tutto è rimasto come ieri,
la sua solitudine e il suo tritolo. Ora c’è di nuovo lei. senza le barricate
4. La canzone di De André mostra che anche gli auto- senza feriti, senza granate,
ri moderni sono all’altezza dei grandi scrittori del se avete preso per buone
passato. le “verità” della televisione
5. Immagini di emigranti italiani in Europa: anche se allora vi siete assolti
https://www.marklinfan.com/f/pop_printer_friendly.asp?T siete lo stesso coinvolti.
OPIC_ID=1471 (consultato il 23.02.2023)
-----------------------------I☺I----------------------------- E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte,
Commento
1. La Canzone del maggio è una libera traduzione di
1. Josef Koudelka, Primavera di Praga. Un dimostrante
sale su un carro armato sovietico sventolando una bandie-
Dominique Grange, Chacun de vous est concerné
ra, 1968.
(Ciascuno di voi è coinvolto), scritta dopo le conte-
stazioni studentesche di maggio 1968 in varie città
della Francia.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 692
2. La contestazione studentesca è paradossale: gli troparte la contestazione è stata utilissima. Anche se
studenti si possono permettere di contestare i loro pa- mai e poi mai avrebbe potuto minacciare il sistema,
dri, perché i loro padri con il loro lavoro e con i loro come invece i contestatori credevano…
sacrifici erano riusciti a dar loro quel minimo di be-
nessere che permetteva anche di protestare senza il
rischio di danneggiare l’intera famiglia. Tornando a
casa, i contestatori trovavano sempre frigo pieno, ta-
vola pronta e camicie stirate. E gli studenti protesta-
vano proprio contro quel benessere che permetteva
loro di contestare. Essi contestavano il consumismo e
non sapevano che nessuna società in precedenza ave-
va avuto un benessere simile: i figli potevano studiare
con le spalle economicamente protette o andare a la-
vorare e avere un salario o uno stipendio. La loro lot-
ta contro la società costituita è una lotta contro una
realtà che non conoscevano minimamente. Non riu-
scivano nemmeno a capire perché i loro genitori si
scannavano ad andare in fabbrica e a fare sacrifici per
avere la Cinquecento e per fare con i figli 10 giorni o
due settimane di vacanze al mare. È la tragedia delle
incomprensioni. Padri e figli potevano dialogare in
casa e fuori di casa, ma era saltato il collegamento: 1. Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830.
non si capivano più e non si parlavano più. Anzi per
la prima volta nella storia i figli contestavano i padri! 5. E così, che gli studenti contestassero in buona o
Avevano sempre ubbidito senza fiatare. mala fede, non importa. Sono stati invece di un ine-
3. Anche la canzone di De André è un monumento stimabile aiuto per la controparte, per gli industriali e
all’incomprensione: i contestatori chiedono di essere per i “padroni”. Essi dicevano l’immaginazione al po-
capiti e aiutati e colpevolizzano gli indifferenti e tere, e in effetti l’immaginazione e la creatività erano
quelli che non si ritengono coinvolti. Non passa loro già al potere e vi rimanevano. In nessun caso si fa la
nemmeno per la testa che magari valesse la pena di rivoluzione con gli slogan, che siano a rima baciata o
ascoltare la controparte, la generazione dei loro geni- meno. Sono inadeguati.
tori. Né che possono godere della libertà di studiare e 6. La canzone vorrebbe costringere l’ascoltatore a
pure di contestare perché i genitori avevano lavorato schierarsi con gli studenti. Lo fa in modo offensivo e
sodo, pensando al futuro della loro famiglia. Essi aggressivo e ricorre alla morale e al ricatto: “Anche
avevano prodotto quella ricchezza di cui essi ora sta- se voi vi credete assolti / siete lo stesso coinvolti”.
vano godendo i frutti. I figli non erano contenti: cre- Nessun problema: è la tipica strategia della Sinistra,
devano alle fate e alle bacchette magiche. E gridava- italiana ed europea. Ma né questa né altre canzoni né
no: tutto e subito. Non sapevano o ignoravano o di- altri documenti spiegano perché ci si dovrebbe schie-
menticavano che la ricchezza era di chi la produceva rare con gli studenti, che sono giovani, e con i giova-
o la faceva produrre e di chi era inserito nell’econo- ni operai. E perché l’ascoltatore non dovrebbe essere
mia e riceveva un salario o uno stipendio. C’erano dei libero di scegliere quel che vuole: schierarsi con gli
banalissimi diritti di proprietà. E i giovani “proletari” studenti, contro gli studenti, con i celerini, contro i
che non avevano soldi facevano autoriduzione: il celerini, con lo Stato, contro lo Stato, infine con i
prezzo della merce doveva scendere al loro potere marziani o contro i marziani, non è mai detto. Al li-
d’acquisto. Una stupidaggine sul piano della teoria mite restare indifferenti e stare salomonicamente o
economica e del buon senso. La rinuncia a soddisfare sadicamente a guardare o ritirarsi in un convento di
e a soddisfare subito i propri desideri è considerata un monache. Una voce della controparte o dei genitori
delitto. L’autoriduzione diventa prassi, anche l’auto- potrebbe dire: “Ragazzi, il vostro compito è studiare,
appropriazione proletaria, di solito chiamata furto. vi manteniamo per questo motivo. Se avete delle ri-
4. La contestazione era mal preparata, poiché i conte- chieste da fare, fatele, vi ascoltiamo. Dopo tutto o
statori non avevano che vaghissime idee sulla società prima di tutto non siamo forse i vostri genitori e voi
che contestavano. Si rifaceva a L’uomo a una dimen- non siete forse i nostri eredi? E per mantenervi a stu-
sione, quella economica, di Herbert Marcuse (1898- diare siamo disposti a fare anche enormi sacrifici”.
1979) e sulle idee della Scuola di Francoforte. E po- Un buono stratega si chiede qual è la via più redditi-
teva andare incontro soltanto al fallimento. Com’è zia: occupare le università o il dialogo o altre forme
stato: un fuoco di paglia. Eppure il potere costituito e di azione. E un buon generale non si abbandona mai
l’economia colgono al volo l’occasione offerta, si ag- all’emotività e neanche all’improvvisazione.
giornano e si ristrutturano. Spengono le contestazioni 7. “La paura di cambiare”: a dire il vero, la genera-
di studenti e operai allargando la borsa, e le proteste zione dei padri aveva cambiato stile di vita, usi e co-
rientrano in modo tempestivo. Insomma per la con- stumi. E ora doveva cambiare per andare dove? In pa-
In principio fu Nanterre, poi venne la Sorbona e infi- Ma torniamo alla Francia, che arrivò ultima sulla
ne il resto della Francia, che per più di un mese scena del Sessantotto, per diventarne però la primat-
piombò in un clima insurrezionale, con occupazioni, trice. Il 2 maggio, dopo 40 giorni di occupazione,
cortei, scontri e barricate ovunque. Fu una quasi- l’Università di Nanterre fu sgomberata dalla polizia.
rivoluzione, che dalle università si estese alle fabbri- La prova di forza ebbe l’effetto opposto dal voluto;
che, facendo scricchiolare la Quinta Repubblica. Tut- infatti l’indomani gli studenti sloggiati si trasferirono
to ciò accadeva 40 anni fa: era da un secolo che Pari- alla Sorbona e contagiarono la maggiore università
gi non vedeva niente di simile [dal 1870, Comune di parigina coi loro slogan perentori: “L’immaginazione
Parigi]. Poi Charles De Gaulle, “padre della patria”, al potere”, “Tutto e subito”, “Vietato vietare”. A gui-
andò in Tv, lanciò un appello alla nazione, indisse le darli era un anarchico nato tedesco: Daniel Cohn-
elezioni e sbaragliò tutti: barricate e partiti avversari. Bendit [1945], detto Dany il Rosso.
La situazione precipitò subito: lo stesso 3 maggio la
L’hanno chiamato “maggio francese”, perché la fase polizia circondò la Sorbona e ci furono i primi scon-
acuta della rivolta iniziò il 3 maggio, con i primi tri; il 7 e l’8 grandi cortei attraversarono Parigi; il 10
scontri alla Sorbona. Ma è un nome improprio, per- nel Quartiere Latino (il rione dell’università, a sud
ché in realtà il “maggio” iniziò a marzo e finì in giu- della Senna) sorsero barricate e per tutta notte le vie
gno. Mese o quadrimestre che fosse, quel periodo fu divennero un campo di battaglia, con centinaia di fe-
il clou del Sessantotto europeo, dove “Sessantotto” riti. Il giorno 13 la rivolta toccò l’apice: mentre un
va scritto, come d’uso, in lettere e con la “S” maiu- manipolo di studenti occupava la Sorbona, 800 mila
scola, perché non indica solo una data, ma anche scioperanti bloccavano Parigi, sfilando al grido di
quell’eterogeneo movimento giovanile che attraversò “Ce n’est qu’un debut, continuons le combat” (“È so-
mezzo mondo, segnando – nel bene e nel male – lo l’inizio, continuiamo la lotta”).
un’intera generazione.
Ormai il “maggio” non era più solo una rivolta di
Perché la rivolta? La miccia che innescò l’incendio fu studenti: la protesta universitaria si era saldata con
una riforma, proposta da Christian Fouchet (ministro vertenze contrattuali di varie categorie, creando una
dell’Educazione nel governo gollista di Georges miscela esplosiva che sfuggiva di mano anche alla
Pompidou), che tendeva a creare un legame stretto fra Cgt, la Cgil francese. Fuori Parigi si moltiplicavano
università e mondo produttivo. All’inizio del 1968 il le fabbriche occupate: il 14 erano solo due, a Nantes e
progetto, definito “tecnocratico”, creò diffusi malu- in Lorena; ma il giorno dopo divennero 50, sparse in
mori, soprattutto nelle facoltà umanistiche, che si sen- tutto il territorio nazionale. Il 20 fu occupato anche il
tivano marginalizzate. Il 22 marzo si registrò un pri- porto di Marsiglia. E il 21, mentre alla Sorbona par-
mo atto di protesta: circa 200 studenti occuparono la lava Jean-Paul Sartre [1905-1980], un nuovo sciopero
Facoltà di lettere dell’Università di Nanterre, sobbor- coinvolse ben 7 milioni di persone.
go di Parigi.
Il “maggio” era sempre più eversivo per la Francia
Ma Fouchet era solo una miccia casuale: già dal 1967 gollista. Eversivi erano non solo gli atti di violenza,
tutti gli ambienti giovanili d’Europa erano in fermen- né solo i danni economici: tale era anche l’atteggia-
to. Motivi: sovraffollamento delle università, incer- mento irridente con cui i ribelli della Sorbona tratta-
tezza degli sbocchi professionali, crisi dei valori tra- vano istituzioni e modelli di comportamento tradizio-
dizionali, scarso ricambio nelle classi dirigenti. In nali. Nei cortei sfilavano ragazze a seno nudo, con
Germania l’epicentro del movimento era Berlino berretto frigio in testa e bandiera rossa in mano, cari-
Ovest, patria di Rudi Dutschke [1940-1979], capo ca- cature di Marianne1, icona femminile della “Republi-
rismatico degli studenti di sinistra. Quanto all’Italia, que”. E nel Quartiere Latino nuove targhe ribattezza-
tutto era iniziato a Trento, dove gli studenti avevano vano le vie: boulevard St-Michel divenne in quei
occupato la Facoltà di sociologia con mesi di anticipo giorni “rue du Vietnam héroique”.
rispetto ai loro omologhi di Nanterre.
Poi il vento cambiò, i cortei si assottigliarono e in
Articolati in gruppi diversi, i vari movimenti del- piazza cominciò a scendere tutta un’altra Francia,
l’Europa Occidentale erano accomunati da alcune pa- quella che chiedeva normalità. Il giorno di svolta fu il
role d’ordine: anti-autoritarismo, anti-consumismo, 25, quando si registrarono i primi due morti dall’i-
rifiuto della “società borghese”. Da una certa fase in nizio degli scontri, un poliziotto e un manifestante. Il
poi li accomunò anche una diffusa violenza, sia infer- colpo di grazia arrivò il 26, quando i francesi si senti-
ta che subita. La Germania vide scorrere il primo rono dire che la benzina doveva essere razionata, per
sangue l’11 aprile con un attentato a Dutschke. L’Ita-
lia ebbe il battesimo del fuoco il 1° marzo, con la 1
[La Marianne nel quadro di Eugène Delacroix, La Libertà
“battaglia di Valle Giulia”, nata dal tentativo di un che guida il popolo, 1830.]
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 696
le difficoltà di rifornimento create da scioperi e di- “sovraffollamento delle università, incertezza degli
sordini. Morale: il giorno 30 un nuovo, imponente sbocchi professionali, crisi dei valori tradizionali,
corteo attraversò Parigi; non reclamava “tutto e subi- scarso ricambio nelle classi dirigenti”. I rinnovi con-
to”, bensì “ordine subito”. trattuali fanno sì che le proteste di studenti e operai si
uniscano e si amplifichino. Peraltro accanto al motivo
Così, mentre il socialista François Mitterrand, princi- occasionale c’era una cultura della contestazione che
pale leader di opposizione, chiedeva un governo di ormai aveva attecchito e che all’occasione sarebbe
unità e pacificazione nazionale, De Gaulle fiutò l’aria emersa o esplosa. Ma la contestazione e gli scioperi
favorevole e spiazzò tutti: apparve in Tv, sciolse trovano l’ostilità di coloro che devono andare a lavo-
l’Assemblea nazionale (Camera) e convocò nuove rare, che fanno una contro-protesta. Alla fine il crollo
elezioni per fine giugno. Alla Sorbona ci furono alcu- improvviso (o il collasso) della contestazione studen-
ni colpi di coda, ma ormai il futuro era segnato: alle tesca. E un rafforzamento del governo in carica.
elezioni il partito gollista Udr fece il pieno, portando 3. Sia chiaro: capire la società e l’economia era diffi-
a casa 297 seggi su 487. De Gaulle aveva stravinto: cile, e gli studenti erano giovani e non avevano capa-
oltre alle barricate aveva spazzato via anche l’op- cità analitiche. Potevano inventarsi soltanto degli slo-
posizione parlamentare. gan oppure auto indottrinarsi con opere semplici e di
successo come quelle di Marcuse e della Scuola di
Commento Francoforte1. D’altra parte la storia dei movimenti di
1. La rivoluzione o (se la parola non piace) i cambia- opposizione dimostrava che i rivoluzionari mai ave-
menti non si possono fare con gli slogan che suonano vano elaborato analisi socio-economiche che permet-
bene come “L’immaginazione al potere”, “Tutto e tessero una strategia vincente. La loro cultura era ar-
subito”, “Vietato vietare”. Servono ben altre analisi e retrata o proveniva dalla Chiesa, e le loro idee erano
ben altre proposte. Magari poteva essere utile capire i velleitarie e del tutto campate per aria. Basta ricorda-
motivi della controparte: lo Stato, i “padroni”, i limiti re il fallimento in Italia dell’occupazione delle fabbri-
del salario o dello stipendio e, in particolare, che cosa che o “biennio rosso” (1919-20).
aveva bloccato la comunicazione tra una generazione 4. Gorio ha ricostruito bene la protesta e i motivi del-
e l’altra, tra i figli e i padri. Ma la fretta di cambiare la protesta, ma non è un generale che deve esaminare
fa dimenticare queste regole basilari. Gli studenti pro- il campo di battaglia per conseguire la vittoria. È un
testano (i motivi riportati dal giornalista sono seri e giornalista, che fa bene il suo lavoro e descrive bene
condivisibili), ma non trovano orecchi che li ascolta- gli avvenimenti, indicando cause e conseguenze. Ne-
no: la controparte non li può capire. I padri pensava- anche i contestatori sono stati dei generali: si combat-
no di aver dato ai figli tempo libero, diritto allo stu- te per vincere o per spuntar qualcosa, non per farsi
dio, l’iscrizione all’università, un po’ di benessere, caldo. Ma non lo sapevano e pretendevano di avere
l’auto di famiglia e 10 giorni di vacanza. Sono fieri tutto e di cambiare tutto. Una semplice contro-mani-
del loro lavoro, sono stati realisti, hanno lavorato, festazione mette fine a tutte le velleità studentesche.
hanno prodotto ed hanno avuto. E i figli disprezzano Il generale De Gaulle ha colto al volo l’occasione di
e contestano tutto questo. Disprezzano il consumismo vincere, preparata da altri.
(a parole, ma si comportano come la volpe e l’uva 5. La storia è paradossale: la contestazione ha per-
acerba), e non sanno che consumismo (o quello che messo alla controparte (Stato e industria) di riorga-
è) significa più posti di lavoro agli operai. Significa nizzarsi e di aggiornarsi. Le idee rivoluzionarie pos-
recuperare una ideologia, quella del non consumo sono aprire mercati di nicchia, come le magliette con
(non si tratta del risparmio, del risparmio delle risor- l’immagine di “Che” Guevara, nuove mode e nuovi
se), che veniva proposta dalla Chiesa cattolica e pra- monili. E incrementare il consumismo. Le mode sono
ticata dai fedeli, volontariamente e pure involonta- passeggere, cambiano spesso, e riguardano prodotti
riamente, perché l’economia produceva poco, e il di- effimeri, di costo contenuto e di bassa qualità, adatti
giuno, l’astinenza, il non consumo permettevano che alle fasce d’età studentesche, che hanno modesto po-
anche gli emarginati mangiassero. Permettevano pure tere d’acquisto. E le imprese possono lavorare a ciclo
di sopportare la fine dell’inverno e delle risorse ali- continuo.
mentari (i digiuni in Quaresima). In tal modo si ridu-
cevano i conflitti sociali. La contestazione è velleita-
ria e fallisce perché non si basa su una decente cono- 1
Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione. L’ideologia
scenza della realtà e della storia. ma si potrebbe in- della società industriale avanzata (1964), Einaudi, Torino,
terpretare in modo banale come un fine settimana di- 1967. L’espressione “società industriale avanzata” si riferi-
verso dal solito. sce a situazioni troppo diverse e perde qualsiasi capacità di
2. Gorio ha lavorato bene, si è posto le domande per- “afferrare” la realtà. Compare pure Marx (ed Hegel), e pu-
tinenti e vi ha risposto: “Perché la rivolta? La miccia re l’alienazione e l’uomo autentico, che nessun testo di
che innescò l’incendio fu una riforma, […] che ten- economia contempla. L’autore non esamina società ed
deva a creare un legame stretto fra università e mon- economia in base ai loro principi, ma in base ai suoi valori.
do produttivo”. Le facoltà umanistiche si sentono pe- L’uomo a una dimensione (quella economica), che passa il
nalizzate e iniziano a protestare. I motivi sono seri: tempo a produrre e a consumare prodotti inutili è una sua
fantasticheria, che non corrisponde alla realatà.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 697
Slogan della contestazione italiana (1966- 34. Giap Giap, Ho Chi Minh [generale e politico
80) vietnamita]
35. Governo Andreotti [1972], miseria e poliziotti
1. 12 dicembre [1969], Piazza fontana, i soliti fa- 36. Governo Andreotti, governo dei padroni, farai la
scisti, figli di puttana (vedi slogan n. 10) fine, di Tambroni [1960]
2. A A Alfatah Alfatah [esponente dei palestinesi] 37. Governo Colombo [1970-72], tasse e piombo
vincerà 38. Governo DiCì, il fascismo sta lì
3. Agnelli, Pirelli [due industriali], ladri gemelli 39. Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer
4. Anche in Cile, come qui, il nemico è la DC 40. Grecia libera [1967]
5. Andreotti [1972] è il mandante, il killer è Almi- 41. Hasta la victoria: siempre!, Fino alla vittoria:
rante [segretario dell’MSI] sempre! [Cile, Cuba]
6. Andreotti [1972], fascista, la tua democrazia si 42. Il PCI non è qui, fa la corte alla DC [1973-79]
fonda sugli assassini di polizia 43. Il potere nasce dalla canna del fucile, questo
7. Andreotti [1972], le bombe sono anche tue è co- c’insegna la Resistenza in Cile
me se fossi su un B52 44. Il proletariato non ha nazione, internazionali-
8. Avola, Battipaglia [proteste popolari violente], smo, rivoluzione!
Rumor [1973] canaglia. 45. Il Vietnam è rosso, l’Italia lo sarà
9. Buttiamo a mare le basi americane 46. Il potere deve essere operaio
10. Catanzaro, piazza Fontana: i soliti fascisti, figli 47. IRA, Feddayn, Tupamaros… Vietcong
di puttana (vedi slogan n. 1) 48. Italiani, sloveni, uniti nella lotta
11. Ce n’est qu’un début, continuons le combat! Non 49. La casa si prende, l’affitto non si paga!
è che l’inizio, continuiamo la lotta! 50. La classe operaia grida (o Le donne in lotta gri-
12. Ci sfruttano, ci ammazzano, ci mettono in galera, dano) in coro, vaffanculo governo Moro [il primo
e questa la chiamano libertà è nel 1963, l’ultimo nel 1978]
13. Ci sfruttano ci ammazzano, ma non abbiam pau- 51. La politica DC non cambia mai, si fa col sangue
ra, la lotta di classe sarà sempre più dura degli operai
14. Cile libero, Cile rosso! (o altro Paese) 52. La Resistenza è rossa e non democristiana
15. Cloro al clero 53. La strage è di Stato, Pinelli assassinato [1969]!
16. Come mai, come mai, sempre in culo agli operai; 54. La scuola dei padroni si abbatte e non si cambia
il potere d’ora in poi ce lo prenderemo noi 55. Lavorare meno, lavorare tutti
17. Compagni partigiani, tornate al vostro posto, noi 56. Lo Stato borghese si abbatte e non si cambia
saremo al vostro fianco 57. Lotta di classe, potere alle masse!
18. Compagno [Roberto] Franceschi [1973] (o un 58. Lotta dura, senza paura (Lotta Continua)
altro nome), sarai vendicato dalla giustizia del 59. Lotta dura senza paura per le riforme di struttura
proletariato 60. Lotta, lotta di lunga durata, lotta di popolo arma-
19. Contro Frei [esponente DC cileno], contro Fan- ta, lotta continua sarà (Lotta Continua)
fani, operai cileni, operai italiani 61. Lotta, lotta, lotta, non smettere di lottare, per
20. Contro i fascisti non basta una legnata, prognosi, un’Italia (o per un potere) rossa e popolare
prognosi riservata! 62. L’unica giustizia è quella proletaria
21. Contro il fascismo lotta di classe! 63. L’utero è mio e me lo gestisco io
22. Contro le squadre di Almirante, parole poche, 64. Maschio represso, masturbati nel cesso
legnate tante 65. MSI fuorilegge, a morte la DC che lo protegge
23. DC cilena, DC italiana, la stessa mano america- 66. Nella caserma, contro il padrone, libertà di pa-
na rola, libertà di riunione
24. È la lotta, non il voto, è la lotta che decide 67. Nelle case, nelle galere, siam sempre prigioniere
25. È ora, è ora, potere a chi lavora 68. Nixon boia o Nixon boia, Andreotti è la sua troia
26. El pueblo unido jamás será vencido, Il popolo 69. No ai licenziamenti! No al caro-vita, con questo
unito non sarà mai vinto [Cile] governo, facciamola finita!
27. Fabbrica (o quartiere), scuola, la lotta è una sola 70. No al fermo di polizia, governo Andreotti [1972]
28. Falce e martello, fascisti al macello ti spazzeremo via
29. Fascio, attento, ancora fischia il vento 71. Noi lottiamo per il comunismo, e questo lo chia-
30. Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi mano estremismo
31. Fascisti, carogne, tornate nelle fogne 72. Non un soldo alla scuola [privata e cattolica] dei
32. Fuori i compagni dalle galere, dentro i golpisti e padroni
le camicie nere 73. Operai a scuola, studenti in officina, faremo in
33. Fuori l’Italia dalla NATO, fuori la NATO dall’I- Italia, come hanno fatto in Cina
talia 74. Ora e sempre Resistenza
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 698
75. Pace sociale, vince il capitale; lotta di classe,
vincono le masse
76. Pagherete caro, pagherete tutto
77. Piazzale Loreto, Piazzale Loreto
78. Piazzale Loreto, c’è ancora tanto posto!
79. Potere Operaio, Potere Operaio!
80. Potere Studentesco!
81. Prendiamoci la roba [=autoriduzione] e non pa-
ghiamo più
82. Questo governo non ha domani, stanno nascendo
i nuovi partigiani
83. Rauti, Almirante, assassini! Farete la fine di
Mussolini
84. Rettori, baroni, servi dei padroni
85. Scudo crociato, fascismo di Stato
86. Scuola, caserma, fabbrica, quartiere, la nostra
lotta è per il potere (Lotta Continua)
87. Se non cambierà, lotta dura sarà
88. Se vedi un punto nero, spara a vista o è un prete
o è un fascista!
89. Selezione, arma del padrone
90. Stato e famiglia fan dell’uomo poltiglia
91. Su, su, su, i prezzi vanno su
92. Tremate, tremate, le streghe son tornate
93. Tutto il potere, alle masse popolari!
94. Un nuovo modo di fare produzione, sotto le pres-
se mettiamoci il padrone
95. Valpreda innocente, Pinelli assassinato, le bom-
be alla banca [1969], le ha messe il padronato!
96. Via, via, la polizia
97. Vietnam vince perché spara
98. Viva Marx, viva Lenin, [viva Stalin], viva Mao 1. Alberto Korda, “Che” Guevara, 1960.
Tse Tung 2. Paolo Pedrizzetti, Giuseppe Memeo punta una pistola
99. Yankee, go home! Americani, andate a casa! contro la polizia durante una manifestazione di protesta,
Milano, via De Amicis, 14 maggio 1977.
(https://www.quellidel68.it/sito/index.php/it/documenti/22
8-slogan-del-69 , 23.02.2023, ampiamente rivisto)
3. Gli slogan sono soltanto slogan, non vanno più in
Commento là. Non hanno nulla alle spalle. Ci sono soltanto pro-
1. Gli slogan sono inventati dall’estrema Sinistra o letari (letteralmente “coloro che hanno prole” e ba-
dai gruppetti della Sinistra extra-parlamentare ed era- sta), Stato e padroni. Gli operai sono stati eliminati,
no gridati durante i cortei e le manifestazioni di pro- anche i braccianti. I nemici sono DC, MSI e fascisti
testa. Il fascismo (o simili) è citato 20 volte su 99 in genere. La società è divisa in classi, la classe prole-
slogan. Altro bersaglio è la DC e i suoi esponenti, 20 taria e poi i borghesi, tutte idee imparaticce, che ri-
volte su 99. I padroni sono citati sei volte su 99. Il salgono a Karl Marx (1818-1883). Gramsci, fondato-
PCI del “compromesso storico” e i suoi esponenti re del PCd’I (1921), è citato soltanto di nome. La lot-
(1973-79) sono citati tre volte su 99. Ci sono due slo- ta di classe è contro lo Stato, eppure nel 1963 il PSI
gan femministi su 99: pochi, erano più rivoluzionarie va al governo con la DC e iniziano caute riforme.
le ragazze delle canzoni di Sanremo. E due slogan 4. Con il senno di poi si può constatare che di questi
contro il clero. Poi c’è il mito dei Paesi con governi movimenti, di queste idee, di questi slogan non è ri-
di Sinistra: 10 su 99. La parola “lotta” è presente 24 masto nulla. Ora i rivoluzionari, che proponevano la
volte su 99. violenza contro tutto e contro tutti, fanno tenerezza. Il
2. Ci sono due tipi di violenza: quella buona di Sini- tempo li ha travolti e spazzati via. I rivoluzionari più
stra parlamentare ed extra-parlamentare e quella cat- astuti sono entrati nel sistema, hanno raggiunto il loro
tiva di: DC, MSI, Stato, padroni, fascisti, Almirante e scopo personale: una fetta di ricchezza in più o una
Rauti ecc. Le BR (o “Brigate Rosse”) e i gruppetti di poltrona ben pagata. La rivoluzione e il comunismo
estrema Sinistra praticavano la violenza buona, spa- erano soltanto chiacchiere per ingannare gli idioti.
ravano alle gambe e uccidevano. -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 699
Due fili conduttori delle canzoni politiche: loro sindacati dovrebbero saperle. Ma non le hanno
lo sfruttamento degli operai e l’abolizione mai sapute
dei confini tra Stati, 2020 L’idea di operai e sindacati è quindi quella di elimi-
nare il padrone e in tal modo si elimina lo sfruttamen-
Vale la pena di raccogliere i versi delle canzoni che to, la merce resta agli operai che (si suppone) la ven-
riguardano due temi: 1) lo sfruttamento degli operai dono. E allora come funzionerà la produzione? La
da parte dei “padroni” (latifondisti, industriali o im- fabbrica funziona soltanto con gli operai, non serve
prenditori) e 2) i confini tra gli Stati (1871-1973). nessun altro, né ingegneri, né fornitori, né segretarie,
Operai, sindacati e partiti vogliono il lavoro in pace e né donne delle pulizie. Tutti costoro sono inutili (ma
libertà, anzi vogliono che tutti si identifichino nel la- non sono posti di lavoro che saltano?). Questo però è
voro. Ma accanto a questa idea positiva di lavoro ce soltanto un pio desiderio, a cui operai, intellettuali,
n’è un’altra: il lavoro è sfruttamento, il padrone ti sindacalisti e partiti di Sinistra non hanno mai rinun-
sfrutta come una bestia. Anzi la merce è prodotta da- ciato. Ugualmente hanno sempre rinunciato a studiare
gli operai, quindi spetta tutta agli operai. Il padrone l’economia classica e i testi di economia, che propo-
non lavora, se ne sta in pantaloni bianchi e bastone. nevano teorie ben diverse. Per gioco bastava fare una
Perciò a lui non spetta niente. Marx aveva dimostrato fabbrica in miniatura e farla funzionare, per capire
“scientificamente” che il profitto era il furto del capi- come funzionava e che cosa faceva l’imprenditore
talista ai danni degli operai. L’occupazione delle fab- con gli ingegneri e gli altri esperti. Ma è meglio non
briche (“biennio rosso”, 1919-20) si spense da sola. controllare.
A dire il vero, gli operai hanno firmato un contratto
per essere assunti: 40 ore lavorative in cambio di un L’ignoranza è la più grande virtù rivoluzionaria.
salario preciso. Se c’erano rimostranze, si dovevano
fare in questo momento e anche si doveva rifiutare e Qualcosa di simile succede anche per il tema dello
non firmare il contratto. E invece no. Questi accordi Stato e dei confini. Lo Stato è al servizio del padrone,
sono subito dimenticati a favore della tesi che la mer- e allora eliminiamo lo Stato e immaginiamo tutti i la-
ce è prodotta dagli operai e che quindi spetta intera- voratori uniti contro gli Stati. Eliminiamo perciò an-
mente a loro. E alla produzione non ha contribuito che i confini. Immaginiamo la Terra senza Padroni e
nessun altro: né il padrone che ha investito denaro e senza Stati. Possiamo immaginare anche un’astro-
comperato capannone e attrezzature, né il progettista nave che fa il giro della galassia o Cerbero con tre te-
dell’organizzazione del lavoro, né il progettista della ste. Conveniva cercar di sapere che cos’è lo Stato,
merce, né la segretaria che fa salari e stipendi, né le che cosa fa, a che cosa serve, perché tassa tutte le
donne delle pulizie, né i fornitori… Gli operai vivono merci, i redditi e pure le eredità, che cosa sono i con-
in fabbrica, ma non conoscono la fabbrica, non hanno fini e a che cosa servono. Eppure sulla busta paga so-
occhi per vedere. Il lavoro è soltanto il loro lavoro, no segnate le trattenute per la pensione, le tasse sani-
non ci sono altri tipi di lavoro. Fanno tutto loro. tarie, il reddito ecc., entrate che poi lo Stato spende
Si potrebbe dire che queste idee sono inoffensive, per fornire i servizi. Nessuna domanda, nessuna ri-
perché si trovano in una canzone o che sono le verità sposta. I confini servono soltanto per impedire ai la-
che si dicono al bar e si dimenticano subito. Si po- voratori di unirsi agli altri lavoratori. Non passa
trebbe dire che sono le idee degli operai e non dei lo- neanche per la mente che gli altri lavoratori siano tali
ro sindacati… In realtà anche i sindacati le condivi- soltanto di nome ma che facciano lavori diversi in
dono. Il problema è che esse fanno vedere la fabbrica ambienti e in società diverse. Non passa nemmeno
e la produzione in modo scorretto e distorto, e ciò per la mente che possano essere sì lavoratori, ma
porta a un rapporto o a una strategia sbagliati verso il concorrenti. Il desiderio di eliminare i confini (di cui
“padrone”. non si vede alcun uso…) fa poi sorridere. Tutti i
Non è educato dare del ladro o dello sfruttatore al commercianti sarebbero ben contenti di eliminarli:
“padrone” (che non è considerato tale da tempi im- fanno perdere tempo, sulla merce esportata devono
memorabili!), anzi conviene riconoscergli un qualche pagare una tassa, che incide sui costi di produzione…
merito o diritto. Ha investito e lo ha fatto per aumen- Anche qui l’ignoranza è la più grande delle virtù rivo-
tare la sua ricchezza, e ciò è legale, riconosciuto dalle luzionarie.
leggi esistenti. E ha creato pure posti di lavoro.
Il “padrone” poi deve sottostare a numerosi vincoli: Le affermazioni sono sempre campate per aria. Nien-
essere in attivo (altrimenti è costretto a licenziare), te Padrone, niente Stato, niente confini, la concorren-
pagare le tasse, costituire degli ammortamenti perché za non esiste, neanche le tasse, e tutta la merce è subi-
l’attrezzatura e le macchine si consumano, avere con- to venduta. E ci si può abbandonare a slogan fantasti-
sulenti vari, fare o far fare ricerche di mercato, vende- ci e demenziali: come “la terra è di tutti”, “la terra è
re il prodotto, preoccuparsi della concorrenza, fare proprietà di tutti gli uomini”, un diritto che non è sta-
pubblicità, non restare mai senza denaro liquido. An- to mai riconosciuto; o “la casa è di chi l’abita”, caso
che frodare il fisco o spostare altrove la sede dell’a- mai doveva essere di chi l’ha costruita e chi la voleva
zienda, se si pagano meno tasse… Possiamo essere abitare doveva comprarla o prenderla in affitto. I ri-
indulgenti se gli operai non sanno queste cose, ma i voluzionari negano il diritto tradizionale, quello dei
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codici, dicendo che fa gli interessi dei borghesi, che i errori, dovevano mangiare pure loro? E le camere di
borghesi hanno soltanto diritti e nessun dovere, men- commercio? E moltissime professioni, dall’avvocato
tre gli operai hanno tutti i doveri e nessun diritto. al pittore all’imbianchino? Tuttavia la risposta è sem-
Fandonie. Ma nello Stato socialista o comunista esi- plice: i rivoluzionati non vedono alcuno di questi
sterà la legge o no? Esisteranno i codici delle leggi o problemi. Sono invasati, vorrebbero vivere o rivivere
no? O la dittatura del proletariato risolverà tutti i pro- la grande stagione rivoluzionaria della Russia (1917)
blemi? Con il senno di poi si può vedere che cosa è e sentirsi intrepidi rivoluzionari, ma sono arrivati in
successo in URSS (1917-1991) e che cosa sta succe- ritardo (1968-82).
dendo in Cina (1948-2021). Ma nessuno lo fa.
Il problema dei confini e dello Stato si mescola con Il linguaggio economico e politico adoperato è
un altro problema, che risale ancora ai padri del pen- sempre povero ed approssimativo:
siero socialista, comunista e anarchico: Marx-Engels anarchia e distruzione dello Stato
e Michail Aleksandrovič Bakunin (1814-1876). I pri- avversario
mi vogliono la conquista dello Stato e la dittatura del bracciante
proletariato. Poi lo Stato sarà eliminato, sostituito da casa=è di chi l’abita
non si sa che. Sicuramente esso scomparirà prima chi sta in ozio=il padrone, che non lavora
delle calende greche. Bakunin invece era per l’imme- cittadino
diata distruzione dello Stato e per una società libera e compagno
autogestita. Sicuramente, una volta andati al potere, i Comunismo e dittatura del proletariato
comunisti avrebbero mantenuto lo Stato, perché face- confini tra gli Stati
va i loro interessi (come è accaduto). E, se lo Stato contadino=agricoltore
fosse stato conquistato, poi abbattuto e sostituito da crumiro=chi non sciopera
micro-comunità autogestite, l’economia sarebbe ri- diritti (i) dei lavoratori
masta soltanto locale e sarebbe divenuta ingestibile falce e martello (dal 1950-60 scompaiono)
sulle grandi aree: un suicidio. Erano idee balzane e fannullone=il padrone, che non lavora
campate per aria, ma qui sono importanti perché i fede nell’ideale
gruppi extra-parlamentari di Sinistra le fanno proprie fratello e sorella=termini ecclesiastici
e si organizzano per la lotta armata contro lo Stato. frontiere=i confini tra gli Stati
Di passaggio: che vuol dire comunità auto-gestita? guerra civile
Chi la compone? Si elegge qualcuno? Ci sono com- guerra proletaria
petenze certificate da documenti? Ci sono concorsi? guerra senza frontiere
Ci sono tecnici? Ci sono esperti? Mistero, non si sa. insurrezione
Per gioco, immaginiamo che il progetto di un’auto- ladro=il padrone, che ruba il profitto all’operaio
strada da Torino a Palermo debba passare attraverso lavoro (il) del bracciante o dell’operaio (e basta)
l’approvazione di migliaia di comunità autogestite: lavoro (il) intellettuale=non esiste
non si troveranno d’accordo nemmeno alle calende lavoro (il) manuale=l’unico che esista
greche. Invece, imposta dallo Stato e finanziata con le lavoro salariato=lavoro sfruttato dal padrone
tasse dei cittadini, l’autostrada si fa, e con vantaggio libertà (sottinteso) dallo sfruttamento
di tutti. Lo Stato vede più in là delle singole comunità licenziamento
locali. Nel 1494 l’Italia era disarmata e disunita ed è lotta di classe, prevista da Karl Marx (1818-1883)
preda dei più forti e organizzati Stati europei. Riac- lotta armata contro lo Stato (Italia, 1971-82)
quista l’indipendenza soltanto nel 1870. maltolto=il profitto, rubato dal padrone agli operai
Dire che le idee sono balzane è ancora un compli- mondo intero=la patria dei lavoratori
mento. Dire, per non sprecar tempo, che con il senno nemico=lo Stato, la borghesia, il padrone
di poi i fatti lo dimostrano è ancora insufficiente. Bi- pace e lavoro=gli ideali di rivoluzionari e lavoratori
sogna capire che già una banale analisi teorica mo- padrone=proprietario terriero, industriale
strava che quella strada era impraticabile: Lenin ave- partito (dei lavoratori)
va un buon partito e una buona organizzazione alle patria=per gli operai il mondo intero
spalle e poteva contare pure su una società e un pote- profitto=furto del padrone a danno degli operai
re costituito in crisi. I rivoluzionari italiani degli anni popolo=i lavoratori, esclusi i padroni sfruttatori
Settanta sono tre gatti e non hanno la classe operaia proletari, operai, lavoratori, braccianti
con loro. Gli operai lavorano, guadagnano, spendono, proprietà (la)=è un furto (Pierre-Joseph Proudhon)
acquistano la “500” e vanno in vacanza almeno due ribelle=contestatore dell’ordine costituito
settimane all’anno. Non possono essere favorevoli a ribellione=contestazione dell’ordine costituito
nessuna rivoluzione, che avrebbe sicuramente abbas- rivoluzione e presa violenta del potere
sato il loro tenore di vita. Sì, Bandiera rossa diceva salario=la paga degli operai
che tuona il cannone, ma l’inno era del 1908, in ben sciopero=astensione dal lavoro contro il padrone
altra situazione storica. Lo Stato era forte e aveva di- servire il popolo=termine ecclesiastico
pendenti: dopo la rivoluzione che fine avrebbero fatto sfruttato=il lavoratore, perché il padrone non lavora e
i dipendenti statali, che non erano operai e che, salvo si tiene il profitto della merce venduta
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 701
signori, signoroni=i padroni che non lavorano c’è una battuta popolare: “Se mia nonna avesse le
socialismo e libertà (dallo sfruttamento) ruote, sarebbe una carriola”. Ma non le ha! Dunque
società (la) senza classi (un mito mai realizzato) non è e non sarà mai una carriola.
sol (il) dell’avvenir (che non è mai sorto) Con la falce si andava a mietere il grano (fino al
speranza nel futuro=termine ecclesiastico 1960). Il martello era uno strumento da falegname o
Stato=uno dei nemici dei lavoratori da fabbro. Ma i simboli sono rimasti…
sudore=la fatica del lavoratore I re sono soltanto coloro che hanno la corona in testa.
terra (la)=è di chi la lavora E i ricchi sono i banchieri, gli industriali o i commer-
tiranni de l’ozio e de l’or (=ricchezza, capitalisti) cianti, anche gli antiquari e qualche artista.
uomini (gli)=sono tutti uguali (come dice la Chiesa)
Proposte campate per aria o semplici slogan:
La maggior parte dei termini è emotiva, da bar o da
linguaggio comune, non è tecnica. Per le canzoni si “Proprietà (La) è un furto!” (Proudhon, 1840)
può essere indulgenti, ma non per gli altri testi.
Prendiamo uno slogan qualsiasi, ad esempio “società “Proletari di tutto il mondo, unitevi!” (Marx, 1848)
senza classi”. Che cosa vuol dire? Non si sa. Dall’uo-
mo delle caverne in poi qualsiasi comunità ha diri- “Fannullone (Il) sloggerà (=il padrone andrà via o sarà
genti e lavori specializzati: il capo che guida, i suoi cacciato via)” (1871)
consiglieri, gli intellettuali, gli agricoltori, i commer-
cianti, gli artigiani (vasai, fabbri, muratori, falegnami, “Terra (La) non appartiene che agli uomini!” (1871)
sarti, apprendisti ecc.), gli imprenditori. Ma, ammet-
tiamo che ci siano soltanto Padroni e Lavoratori, co- “Terra (La) è di tutti!” (1901)
me si potrà fare una sola classe? Chi dirige e chi ese-
gue? Ma anche così c’è una classe che comprende “Frutto (Il) del lavoro andrà a chi lavora!” (1908)
tutte le classi. Nella ex RDT i vestiti erano (quasi)
tutti uguali, ma l’ingegnere (giustamente) dava ordi- “Nessuno più al mondo dev’essere sfruttato!” (1966)
ni, anche se era chiamato “compagno ingegnere”.
Dietro la terminologia sta l’ “errore dell’orologio”: Vero o no, ma da millenni esiste il diritto, che stabili-
vedo l’esterno dell’orologio e penso che l’orologio sce ciò che è tuo e ciò che è mio. E poi c’è terra e ter-
sia tutto quel che vedo. E invece no: la parte più im- ra: c’è la terra fertile e la terra paludosa. E c’è pure
portante è dentro e non si vede. Si chiama anche “er- chi nasce vicino alla prima e chi vicino alla seconda.
rore della falsa esperienza (o empiria)”: vedo di pas- Chi ha un padre ricco e chi un padre povero. Chi ha
saggio il padrone con il bastone e penso che non la- un padre intelligente e chi ha un padre stupido. Lo
vori. È anche vestito bene. Mi arrabbio: io sto sudan- stesso vale per la madre. Poi il patrimonio si lascia in
do e lavorando. Per lui. E lui veste tutto elegante. eredità ai figli. E oltre a ciò gli slogan intendono so-
Dimentico che mi paga. Non capisco che sta uscendo stituirsi al diritto positivo! Una follia. Così pure l’idea
per andare in centro città, a sbrigare le sue faccende: che la casa sia di chi l’abita e la terra di chi la lavora.
deve pagare le tasse o comprar le sementi. Né inter- È pure probabile che i lavoratori europei abbiano in-
preto correttamente il bastone: è vecchio e sciancato. teressi diversi dai lavoratori del Brasile o dell’Amaz-
Un altro errore è quello dell’ipostatizzazione: lo Stato zonia. Ma anche i braccianti dovrebbero avere inte-
è trasformato in una persona che si può aggredire con ressi diversi dai minatori.
le armi o con la falce e il martello. Ma no!, il termine La proprietà è un furto, d’accordo, ma a danno di chi?
indica una realtà molto complessa e perciò è utile un Ovviamente esiste uno straordinario strumento per
termine riassuntivo! parlare e discutere: la telepatia e un esperanto univer-
sale, che permette agli operai di comunicare, di orga-
Ci sono poi molte metafore: nizzarsi e di capirsi… A parte le impossibilità lingui-
stiche e le difficoltà tecniche (ieri come oggi), non si
Ma, se i corvi e gli avvoltoi (=i padroni) capisce l’utilità che operai tedeschi si uniscano a ope-
un mattino scompariranno, rai o a braccianti messicani e a operai o a contadini
il sole brillerà per sempre! giapponesi o cinesi o siberiani. Una cosa si fa se con-
viene, se è utile, perché ogni cosa costa tempo e de-
prendete la falce, impugnate il martello naro. Le organizzazioni internazionali dei lavoratori
e abbattete il sistema poi son sempre fallite (1864-76,1889-1916, 1919-43).
Un bravo rivoluzionario non impara nulla dall’espe-
re (i) della miniera e della ferrovia rienza passata.
bottiglie Molotov (si costruiscono in casa) In 100 anni il pensiero socialista non ha modificato le
caschi da ciclista e passamontagna sue tesi su sfruttamento, proprietà della terra (e le
chiavi inglesi industrie o il terziario?) e frontiere (1871-1973). Un
guerra civile o rivoluzione proletaria atteggiamento davvero rivoluzionario.
lotta continua, lotta armata ------------------------------I☺I-----------------------------
manifestazioni con slogan a rima baciata gridati
metodi didattici: rapimenti e spari alle gambe Internazionale, 1871
pistole e fucili (comprati all’angolo della strada)
rivoluzione proletaria e presa violenta del potere il ladro (=il padrone) renda il maltolto
sciopero continuo (1969-82) e respiri l’aria della galera,
slogan: Lotta continua, Potere operaio o studentesco
spranghe o manici di picconi […]
nessun dovere è imposto al ricco (=e le tas-
Un anarchico che vuol redimere il mondo lascia per- se?),
plessi. È Pietro Gori, Inno del primo maggio (1892).
Il linguaggio ecclesiastico era la norma tra i rivolu- […]
zionari e le masse socialiste e anarchiche. Le idee e i i re della miniera e della ferrovia
valori provenivano dalla Chiesa cattolica, all’interno mai hanno fatto altra cosa
della quale i rivoluzionari hanno fatto un lungo tiro- che derubare il lavoro (=i lavoratori).
cinio, ieri come oggi. “Servire il popolo” è un’altra
idea proveniente dalla Chiesa, che forniva effettiva- […]
mente servizi alla popolazione e li fornisce fino al Operai e contadini, noi siamo
1960. I rivoluzionari si sono fatti plasmare o plagiare il gran partito (=movimento) dei lavoratori.
dalla Chiesa, ma la colpa non è della Chiesa, bensì La terra non appartiene che agli uomini.
della loro incapacità di capire. Scappano di sacrestia, Il fannullone sloggerà, [e ugualmente]
ma sono soltanto preti scappati, apostati, che hanno quanti si nutrono della nostra carne.
perso la fede e cercano disperatamene un’altra fede. Ma, se i corvi e gli avvoltoi (=i padroni)
Nei commenti alle canzoni la terminologia ecclesia- un mattino scompariranno,
stica è sempre stata indicata. Si può sintetizzare: il sole brillerà per sempre!
Sciur padrun da li beli braghi bianchi, 1900ca. Non più chi si affatica e chi si annoia,
dieci che lavorano e uno che riposa,
Sciur padrun da li beli braghi bianchi, ma la condivisione delle gioie della vita:
foera li palanchi, foera li palanchi, […]
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
foeri li palanchi (=moneta del tempo), Dimmi, bel giovane, 1920
c’anduma a cà (=che andiamo a casa).
Dimmi, bel giovane, / onesto e biondo,
Internazionale, 1901 dimmi la patria / tua qual è.
Adoro il popolo, / la mia patria è il mondo,
non più servi, non più signor; il pensier libero / è la mia fe’ (=fede).
[…]
Il pensier libero è soltanto enunciato e non è mai ap-
Lottiam, lottiam!, la terra sia profondito. Chissà che cosa sarà. Forse elaborare
di tutti eguale proprietà1, pensieri diversi da quelli dominanti. Forse pensare
più nessuno nei campi dia con la propria testa ignorando quel che è stato pensa-
l’opra ad altri che in ozio sta (=il padrone). to prima di noi? Non si sa.
Qui si sprofonda nell’abisso dell’ignoranza della Si-
1
Come nell’Internazionale (1871). Si tratta di un nuovo nistra. Un esempio è la rivista
principio giuridico, che scalza il precedente. Bisogna però
vedere la fattibilità e le conseguenze, prima di applicarlo. UAAR, “L’ateo” (1996-2019),
Tra l’altro richiederebbe un governo mondiale… Sarebbe
più ragionevole dire che in Italia la terra è di tutti. Le altre divenuto poi
nazioni si arrangino. Ma sorgono subito problemi: a) c’è
terra fertile e terra non fertile (che si fa?); b) c’è chi vuole “Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più
fare il contadino e chi no. E ci sono pure altri lavori: fab- umano” (2020-21),
bro, vasaio, barbiere ecc. Che si fa? Fino al 1975 per la Si-
nistra, che ignorava lo stato dell’economia, esisteva soltan- reperibile in rete, sia gratis sia con abbonamento. Gli
to il lavoro del contadino. Oggi però l’agricoltura occupa autori hanno dato al termine dogma il significato che
appena il 2% della popolazione lavoratrice. Domanda: il
principio va mantenuto o abbandonato o sostituito con un
2
altro? Ad esempio, la fabbrica è degli operai. Ma in questo Chi esporta merci e paga il dazio sarebbe ben contento…
momento è il terziario che tira. Che si fa? I problemi vanno I rivoluzionari non hanno la minima idea a che cosa
risolti prima sul piano teorico e poi nella realtà. servono le frontiere. Non sono mai usciti dal loro paesiello.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 704
hanno voluto. Non hanno controllato il significato Alberto D’Amico (1943-2020), Ballata
che ha nei testi della Chiesa cattolica: è greco e signi- dell’emigrazione, 1970
fica delibera definitiva, invece hanno capito verità
assoluta, enunciata senza nessuna dimostrazione. E Padroni, sulla terra ci volete
quindi hanno escluso i dogmi della Chiesa dalle loro per fare fame e fatiche tante,
ricerche. Ma chi ha detto loro di rispettarli? Nessuno, ma verrà il giorno che la pagherete
e poi sono pochissimi, appena 12-15. Ma essi non e che non partirà più un emigrante.
hanno mai pensato di contarli. Forse non conoscono
nemmeno la matematica. Il testo non dice chi è il padrone e perché è colpevole
dell’emigrazione. Per caso non ha creato posti di la-
Giuseppe Raffaelli-Giuseppe Del Freo, Figli voro? O, al limite, ne ha creati troppo pochi?
dell’officina, 1921
[…]
Dio del Ciel, se fossi una colomba Donne! Donne! Donne! Che l’amore trasformerà.
vorrei volar laggiù dov’è il mio amor, Mamme! Mamme! Mamme! Questo è il dono che
che inginocchiato a San Giusto (=Trieste) Dio vi fa.
prega con l’animo mesto:
fa’ che il mio amore torni, Tra batuffoli e fasce mille sogni nel cuor.
ma torni presto. Per un bimbo che nasce quante gioie e dolor.
Vola, colomba bianca, vola
diglielo tu Mamme! Mamme! Mamme! Quante pene l’amor vi
che tornerò. dà.
Ieri, oggi, sempre, per voi mamme non c’è pietà.
Dille che non sarà più sola Ogni vostro bambino, quando un uomo sarà,
e che mai più verso il proprio destino, senza voi se ne andrà!
la lascerò.
Son tutte belle le mamme del mondo
Fummo felici uniti e ci han divisi, quando un bambino si stringono al cuor.
ci sorrideva il sole, il cielo, il mar, Son le bellezze di un bene profondo
noi lasciavamo il cantiere fatto di sogni, rinunce ed amor.
lieti del nostro lavoro
e il campanon din don È tanto bello quel volto di donna
ci faceva il coro. che veglia un bimbo e riposo non ha;
Vola, colomba bianca, vola… sembra l’immagine d’una Madonna,
sembra l’immagine della bontà.
Tutte le sere m’addormento triste
e nei miei sogni piango e invoco te, E gli anni passano, i bimbi crescono,
anche il mi’ vecio (=vecchio) te sogna, le mamme imbiancano; ma non sfiorirà la loro beltà!
pensa alle pene sofferte,
piange e nasconde il viso tra le coperte. Son tutte belle le mamme del mondo
Vola, colomba bianca, vola… grandi tesori di luce e bontà,
che custodiscono un bene profondo,
Diglielo tu il più sincero dell’umanità.
che tornerò.
Son tutte belle le mamme del mondo
Commento ma, sopra tutte, più bella tu sei;
1. San Giusto indica la cattedrale di San Giusto a tu, che m’hai dato il tuo bene profondo
Trieste. La canzone è cantata con grandissimo suc- e sei la Mamma dei bimbi miei.
cesso da Nilla Pizzi, Luciano Tajoli e Claudio Villa.
È esplicito il riferimento a Trieste divisa in due zone, Commento
una controllata dall’Italia, l’altra dalla Jugoslavia: 1. La canzone celebra tutte le mamme del mondo, che
“Fummo felici uniti e ci han divisi”. Gli USA nel trat- hanno messo al mondo un bambino, che lo hanno al-
tato di fine guerra (e non di pace) si preoccupano di levato e fatto diventare adulto. Esse con il tempo so-
dividere la città in due, metà all’Italia e metà alla Ju- no imbiancate, ma non sfioriranno mai. E poi il bam-
goslavia, in modo da creare un motivo permanente di bino-adulto le ha piantate ed è andato per la sua stra-
tensioni e di guerra tra i due Stati. La situazione si ri- da. La canzone inizia con una parte in prosa (“Donne!
solve soltanto nel 1975 con il trattato salomonico di Donne! Donne!”), e poi è cantata (“Son tutte belle le
Osimo: si ratifica lo status quo durato vent’anni: mamme del mondo…”). E scomoda anche Dio… Nel
ognuno si tiene la parte che aveva. 1948, soltanto qualche anno prima, la DC prende il
2. “Dio del ciel”: una citazione religiosa era normale 48,8% dei voti alle elezioni (18.04.1948). La società
nell’Italia del tempo. La vita di tutti era pervasa dalla italiana era cristiana e cattolica.
religione e dalla terminologia/cultura religiosa. Nel 2. Alla fine della canzone il cantautore ha un colpo
1966 a Sanremo Domenico Modugno e Gigliola Cin- d’ala. Dice che sono tutte belle le mamme del mondo
quetti cantano Dio, come ti amo, che fece scandalo, e e soprattutto è bella la madre dei suoi figli. Un gradi-
vincono al festival. to complimento a sua moglie, che ha lasciato la fami-
3. “Il mi’ vecio” è un soprannome affettuoso espresso glia dei genitori. Ma era normale che la moglie an-
in linguaggio familiare. dasse a vivere a casa di lui con i suoceri.
---------------------------I☺I----------------------------- 3. Con questa canzone Giorgio Consolino vince il Fe-
stival di Sanremo nel 1954.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 707
Cesare Andrea Bixio-Bixio Cherubini, sicuramente di qualità artistica molto superiore a
Mamma, 1941 quella di Umberto Bertini-Eduardo Falcocchio, ma
non si fanno concorrenza. Al tempo (letteralmente) le
Mamma son tanto felice, canzoni erano dure a morire e duravano moltissimi
perché ritorno da te. anni. Esse s’intonavano pure con l’atmosfera, im-
La mia canzone ti dice, prontata alla speranza, del secondo dopoguerra,
che è il più bel giorno per me. quando, a partire dai primi anni Cinquanta la natalità
Mamma son tanto felice, riprende in modo massiccio e ci sono moltissime
viver lontano, perché. mamme con bambini piccoli.
2. I numeri abbinano le strofe uguali.
(1) Mamma, 3. “Viver lontano, perché”: “perché dovrei vivere lon-
solo per te la mia canzone vola. tano da te?”. Risposta: si va dove ti chiama il lavoro o
Mamma, dove ti porta il cuore, l’amore per una coetanea. Il
sarai con me, tu non sarai più sola. protagonista era partito ed ora è felice di ritornare a
casa dalla sua mamma. Il papà era nei campi.
(2) Quanto ti voglio bene, 4. In ambedue le canzoni il papà è assente: una di-
queste parole d’amore menticanza. Ma normalmente non era mai associato
che ti sospira il mio core, al figlio o ai figli, monopolio della moglie o delle
forse non s’usano più. donne di casa. Si sarebbe sentito molto imbarazzato
ad esprimere qualche sentimento d’affetto verso di
(3) Mamma, lui. I sentimenti sono cose da donne.
ma la canzone mia più bella sei tu, -----------------------------I☺I-----------------------------
sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più. Paul Burkhard (1911-1977), Oh my papà, 1939
Sento la mano tua stanca, Oh my papà,
cerca i miei riccioli d’or. sei l’uomo più adorabile.
Sento, e la voce ti manca, Oh my papà,
la ninna nanna d’allor. sei l’uomo più sincero.
Oggi la testa tua bianca Oh my papà,
io voglio stringere al cuor. sei tanto caro e amabile
(1) Mamma, e nel tuo cuor
solo per te la mia canzone vola. c’è solo la bontà…
Mamma,
sarai con me, tu non sarai più sola. Degli occhi tuoi
gli sguardi m’accarezzano,
(2) Quanto ti voglio bene, perché io so
queste parole d’amore per te son bimba/o ancora…
che ti sospira il mio cuore, Oh my papà,
forse non s’usano più. fratello e amico unico.
Oh my papà,
(3) Mamma, sei tutta la mia vita…
ma la canzone mia più bella sei tu,
sei tu la vita Oh my papà,
e per la vita non ti lascio mai più. Oh my papà.
Commento
1. O mein Papa è una canzone tedesca piena di
nostalgia. Inizialmente era raccontata da una giovane
donna, che ricorda il suo amato, un tempo famoso
padre pagliaccio. L’autore è lo svizzero Paul Bur-
khard, che la scrisse nel 1939 per il musical Der
schwarze Hecht (The Black Pike) [Il luccio nero],
riportato sulle scene nel 1950 come Das Feuerwerk
(The Firework) [Il fuoco d’artificio] su libretto di
Erik Charell, Jürg Amstein e Robert Gilbert. Nel
1954 il musical fu trasformato nel film Fireworks con
Lilli Palmer.
Well, say that you’ll be mine Bene, dimmi che sarai mia
Well, say that you’ll be mine bene, dimmi che sarai mia
Well, say that you’ll be mine bene, dimmi che sarai mia
Baby, all the time, Susie Q piccola, tutto il tempo, Susie Q
(Who... do... true... two... you... blue... who...) (Che... fanno... vero... due... tu....blu... che...)
The warden threw a party in the county jail Il direttore organizzò una festa nella prigione della contea.
The prison band was there and they began to wail La banda della prigione era lì e iniziarono a urlare.
The band was jumpin’ and the joint began to swing La banda si agitava e la prigione iniziava ad animarsi.
You should’ve heard them knocked-out jailbirds sing Avresti dovuto sentire quei galeotti rimbambiti cantare.
Let’s rock everybody, let’s rock, Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock.
Everybody in the whole cell block Tutti nell’intera prigione
Was dancin’ to the Jailhouse Rock. (Coro) ballavano il Jailhouse rock. (Coro)
Spider Murphy played the tenor saxophone Spider Murphy suonava il sassofono tenore,
Little Joe was blowin’ on the slide trombone Little Joe soffiava nel trombone.
The drummer boy from Illinois went crash, boom, bang Il batterista dell’Illinois faceva crash, boom, bang,
The whole rhythm section was the Purple Gang L’intera sezione ritmica era “The Purple Gang”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Coro) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Sad sack was sittin’ on a block of stone L’inetto stava seduto su un blocco di pietra
Way over in the corner weepin’ all alone là nell’angolo e piangeva tutto solo.
The warden said, “hey, buddy, don’t you be no square Il guardiano disse: “Ehi, amico, non essere all’antica.
If you can’t find a partner, use a wooden chair”. Se non trovi un partner, usa una sedia di legno”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock... (Coro)
Shifty Henry said to Bugs, “For Heaven’s sake Shifty Henry disse a Bugs, “Per amor del cielo,
No one’s lookin’ now’s our chance to make a break”. nessuno ci guarda, ora è la volta buona per evadere.”
Bugsy turned to Shifty and he said, “Nix, Nix Bugsy si rivolse a Shifty e disse, “No, no,
I want to stick around a while and get my kicks”. voglio rimanere ancora un po’ e divertirmi”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Dancin’ to the Jailhouse Rock… (Chorus, six times.) Balliamo il Jailhouse rock… (Coro, sei volte.)
Commento
1. Elvis Presley (1935-1977) diffonde canzoni che 2. Presley unisce canto, musica e danza e si inserisce
accompagna con balli al tempo considerati sovversi- nelle correnti artistiche del decennio precedente. Il
vi: i movimenti del bacino. In effetti i suoi brani mu- rock and roll (lett. “dondola e rotola”), spesso scritto
sicali sono fortemente trasgressivi nei confronti della anche rock ‘n roll, rock ‘n’ roll o rock & roll, è un
tradizione musicale statunitense, eppure si inserisco- genere della popular music nato negli USA verso il
no perfettamente in essa: egli ricerca la novità in mo- 1948-53, originato dal blues, dal bluegrass, dal coun-
do continuo e sistematico. È un innovatore, che lavo- try, dal jazz, dal gospel e, in misura minore, dal folk.
ra sodo e sfonda. La ricchezza arriva rapidamente ed Presley, come altri, si lasciò possedere non da una
egli la usa per mantenere il suo enorme seguito e per qualche divinità, ma dallo spirito della musica. E la
fare acquisti folli. Compera una casa che trasforma in società occidentale non aveva mai tollerato tali com-
mausoleo, dal 1982 aperta al pubblico. nelle visite es- portamenti in questo stato di possessione.
sa segue di poco la prima: la Casa Bianca. Si dedica 3. La canzone è simpatica e sembra una delle tante
alla droga, ha una vita sentimentale movimentata, storie per bambini raccontata da Hollywood: il diret-
adora la figlia Lisa Marie (che fa una lunga raccolta tore della prigione organizza una festa e tutti i detenu-
di mariti), diventa un mostro di kg 153 e muore di ti si mettono a ballare. Quasi tutti: uno non trova il
psicofarmaci ad appena 42 anni d’età. partner, e allora il direttore gli dice di prendersi una
sedia. Un altro detenuto propone di cogliere l’occa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 711
sione per evadere, ma il compagno di fuga si rifiuta:
vuol ballare ancora un po’. Così tutti i detenuti si sca-
tenano ballando il rock.
4. Danza e musica sono importate in Italia (Adriano
Celentano è soprannominato “il molleggiato” per il
suo modo di cantare e ballare insieme), e ne svec-
chiano o movimentano la cultura musicale, con cui
sono peraltro in radicale contrasto. Vale la pena di
confrontare la musica italiana con la musica che pro-
viene dall’’Europa e dagli USA. In tal modo si nota-
no più facilmente le reciproche caratteristiche. peral-
tro le differenze sono legate anche alle due diverse
società: ancora ad economia agricola, quella italiana;
ben più complessa, creativa e in movimento quella
statunitense. Le canzoni “impegnate” di De André o
Guccini non avrebbero avuto successo oltreoceano:
non si inserivano in alcun modo in quella tradizione
musicale. E, se avesse pubblicato Jailhouse rock in 1. François Alfred Delobbe, Corentine, 1890.
Italia, Presley si sarebbe preso una querela per diffa-
mazione o per derisione delle istituzioni carcerarie.
Nel 1963 don Lorenzo Milani è processato per il li- blu,
bretto L’obbedienza non è più una virtù, ed è con- la tua voce è una musica dolce che suona per me…
dannato in contumacia, perché muore prima della fine Volare… oh, oh!…
del processo. Gli accusatori erano i cappellani milita- Cantare… oh, oh, oh, oh!
ri, che non accettavano le sue idee. Nel blu, dipinto di blu,
-----------------------------I☺I----------------------------- felice di stare quaggiù.
Franco Migliacci-Domenico Modugno, Nel blu degli occhi tuoi blu,
Nel blu, dipinto di blu o Volare, 1958 felice di stare quaggiù,
con te!
Penso che un sogno così non ritorni mai più;
mi dipingevo le mani e la faccia di blu, Commento
poi d’improvviso venivo dal vento rapito 1. Modugno mescola versi brevi e versi lunghi (o ver-
e incominciavo a volare nel cielo infinito… si in prosa). E usa anche il ritornello, trasformato in
Volare… oh, oh!… puro suono. È abile l’uso degli infiniti (volare, canta-
Cantare… oh, oh, oh, oh! re) e pure della interiezione (oh!). È facile e imme-
Nel blu, dipinto di blu, diata la contrapposizione “lassù” (e volare) e “quag-
felice di stare lassù. giù” (ma con te). E i versi sono onomatopeici. E abile
anche la variazione “Nel blu, dipinto di blu” e “Nel
E volavo, volavo felice più in alto del sole ed ancora blu degli occhi tuoi blu”.
più su, 2. La canzone provoca una facile identificazione nel-
mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù, l’ascoltatore, che può volare perché canta. Cantare
una musica dolce suonava soltanto per me… era un’abitudine molto diffusa, fino alla comparsa
Volare… oh, oh!… della radio. Basta poco o addirittura niente, per volare
Cantare… oh, oh, oh, oh! ed essere felici. Il benessere economico (1958-61)
Nel blu, dipinto di blu, doveva ancora arrivare.
felice di stare lassù. 3. La canzone o, come si diceva, il brano musicale
cantato, per l’importanza della musica, dimostra
Ma tutti i sogni nell’alba svaniscon perché, grandissimo mestiere e grande conoscenza della lin-
quando tramonta, la luna li porta con sé. gua. Essa è un buon prodotto ed è sicuramente buona
Ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli, cultura. E si deve riconoscere che per la cultura popo-
che sono blu come un cielo trapunto di stelle. lare hanno fatto di più Sanremo e Mike Buongiorno
Volare… oh, oh!… (1924-2009) che la nuova scuola media italiana
Cantare… oh, oh, oh, oh! (1963).
Nel blu, dipinto di blu, 4. Modugno inventa gli urli, seguito da Adriano Ce-
felice di stare quaggiù. lentano. Negli USA sta furoreggiano Elvis Presley
(1935-1977). E inventa i versi in prosa, lunghissimi.
E continuo a volare felice più in alto del sole ed anco- Un precedente si trova in Umberto Bertini-Eduardo
ra più su, Falcocchio, Tutte le mamme, 1954.
mentre il mondo pian piano scompare negli occhi tuoi -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 712
Domenico Modugno-Dino Verde, Piove, 3. L’inizio è efficace: i mille violini suonati dal vento
1959 e tutti i colori dell’arcobaleno. “Ciao” è colloquiale
(dopo tutto erano amanti) e “bambina” corrisponde a
Mille violini suonati dal vento, “mignon” francese: “mia cara”. Non emerge nemme-
tutti i colori dell’arcobaleno no perché l’amore finisce. Eppure doveva essere ini-
vanno a fermare la pioggia d’argento ziato per un motivo ed essere finito per un altro moti-
ma piove piove vo. Spesso (se non normalmente) le canzoni trasfor-
sul nostro amor. mano la realtà in immagini e in suoni, in un mondo
fantastico e affascinante, che elimina la ragione e crea
Ciao ciao bambina un paradiso artificiale: il sogno. Se si legge la canzo-
un bacio ancora e poi per sempre ne con un po’ di attenzione, si scopre che è un conti-
ti perderò nuo non senso, un’accozzaglia di parole e di motivi,
come una fiaba l’amore passa che tuttavia è capace di coinvolgere in modo efficace
c’era una volta poi non c’è più lo spettatore grazie alla musica e all’interpretazione
cos’è che trema sul tuo visino che ne fa il cantante. Essa si colloca nell’immaginario
è pioggia o pianto dell’ascoltatore, non nella realtà.
dimmi cos’è 4. L’autore vuole mettere insieme tutti i motivi, anche
vorrei trovare parole nuove se sono in contraddizione tra loro: la pioggia, il loro
ma piove piove sul nostro amor. amore, la fine del loro amore, la lacrima di dolore, lui
che la ama ancora da morire. Vi aggiunge la pioggia,
(Ciao bambina, 1.000 violini suonati dal vento e tutti i colori dell’ar-
ti voglio bene da morire cobaleno, nessuno escluso, come coreografia. Come
ciaooooo.....ciaooooo) contorno vi ha aggiunto la gioia e non il dolore. Una
variazione inconsueta.
Ciao ciao bambina 5. Conviene confrontare le due canzoni di Modugno
non ti voltare non posso dirti più sopra con la canzone di Tenco qui sotto: due
rimani ancor mondi diversi ed opposti. Modugno dà allo spettatore
vorrei trovare quel momento di pausa e di oblio della vita normale
parole nuove ma piove piove reale, che lo spettatore vuole e ricerca: almeno un
sul nostro amor. giorno di festa su sei di lavoro. Sappiamo tutti che la
vita normale è fatica, ma ogni tanto conviene dimen-
Commento ticarlo e diventare spensierati.
1. Il protagonista dice che il suo amore per lei è fini- 6. Le virgole mancano nell’originale. La lettura dei
to, ma la saluta gioiosamente. Le da un ultimo bacio e brani musicali diventa uno strazio. Eppure la punteg-
poi non si vedranno più. Forse vede una lacrima sul giatura ha più di 620 anni.
bel viso di lei. Ma l’amore passa. E la saluta dicendo
che le vuole un bene da morire. Forse la vuole conso-
lare perché la pianta o forse la pioggia indica indiret-
tamente l’ostacolo che ha posto fine al loro amore.
Forse lui voleva soltanto frullarla e, una volta frullata,
voleva piantarla. Sedotta e abbandonata è un film ita-
liano del 1964, diretto da Pietro Germi, interpretato
da Stefania Sandrelli, Aldo Puglisi e Saro Urzì. Si so-
gna l’amore, ma si inizia anche a scherzare con l’a-
more. O con il fuoco.
2. Un amore è finito, ma senza drammi. Eppure lei
versa una lacrima e lui le urla che le vuole un bene da
morire. Come in altre canzoni, quel che conta è la vo-
ce e la musica, non le parole e il contenuto delle paro-
le. E i versi vanno presi singolarmente, in modo che
non appaia il loro senso e il loro nesso logico, altri-
menti la canzone è fortemente contraddittoria. Tutta-
via in questo modo il cantante fa provare all’ascol-
tatore l’ebbrezza dell’amore e subito dopo l’angoscia
o il dolore dell’abbandono. La vendemmia dell’amore 1. Tamara de Lempicka, Prospettiva, o Le due amiche,
(1963) di Marie Laforêt ha la stesa struttura: l’eb- 1923. Il cubismo dell’artista è assai moderato. L’amore
brezza dell’amore e subito dopo “il triste addio”, che lesbico non scandalizza più. Perrmette di spogliare due
però è molto poco triste. Tutto si è ricolto con una sa- donne e mostrarle allo spettatore maschile.
na frullata sotto le viti. -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Celentano è uno straordinario esempio di cantante-
paroliere-imprenditore, che per 50 anni lascia una
traccia davvero significativa nella canzone italiana.
Egli riesce a rivedere in modo originale i motivi che 1. Slava Groshev (1968), I primi approcci, 2006. L’opera
tratta. va confrontata con le varie versioni della casta Susanna e i
2. Una canzone piena di vita, ben diversa dalle lacri- vecchioni intraprendenti o invasivi.
me furtive e dai fallimenti amorosi di Luigi Tenco, -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 715
Adriano Celentano-Lucio Fulci-Piero (giustamente) come andrà a finire. Sicuramente male.
Vivarelli, 24.000 baci, 1961 La canzone può essere confrontata con le canzoni
dell’esilio del sec. XX e degli anni Sessanta, qui cita-
Amami, te.
ti voglio bene! 4. Celentano non è affatto privo di cultura, come po-
trebbe sembrare dal linguaggio semplice e popolare
Con 24.000 baci oggi saprai perché l’amore delle sue canzoni. Con Guccini e De André è uno dei
vuole ogni istante mille baci, grandi della cultura italiana. La canzone rimanda ad-
mille carezze vuole all’ora. dirittura a Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.):
Con 24.000 baci felici corrono le ore, Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
d’un giorno splendido, perché rumoresque senum severiorum
ogni secondo bacio te. omnes unius aestimemus assis.
Niente bugie meravigliose, Soles occidere et redire possunt;
frasi d’amore appassionate, nobis cum semel occidit brevis lux,
ma solo baci chiedo a te nox est perpetua una dormienda.
ye ye ye ye ye ye ye ye! Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
Con 24.000 baci così frenetico è l’amore deinde usque altera mille, deinde centum;
in questo giorno di follia dein, cum milia multa fecerīmus,
ogni minuto è tutto mio. conturbabimus illa, ne sciamus,
Niente bugie meravigliose, aut ne quis malus invidere possit,
frasi d’amore appassionate, cum tantum sciat esse basiorum
ma solo baci chiedo a te (Carmina, V, 1-13)
ye ye ye ye ye ye ye ye!
Viviamo, o mia Lesbia, e amiamo
Con 24.000 baci felici corrono le ore e ogni mormorio perfido dei vecchi
d’un giorno splendido perché valga per noi la più vile moneta.
con 24.000 baci tu m’hai portato alla follia. Il giorno può morire e poi risorgere,
Con 24.000 baci ogni secondo bacio te! ma, quando muore il nostro breve giorno,
dormiremo una notte infinita.
Commento Tu dammi mille baci, e quindi cento,
1. Celentano rinnova la canzone anche con gli “urli”, poi dammene altri mille, e quindi cento,
qui il ye ye, proponendo sempre un contenuto che fa quindi mille continui, e quindi cento.
riflettere. Mille baci all’ora, e un’ora ha 60 minuti e E, quando poi saranno mille e mille,
3.600 secondi. In un mondo che parla normalmente o nasconderemo il loro vero numero,
a bassa voce, per non disturbare, anche il ye ye è rivo- che non getti il malocchio l’invidioso
luzionario. Le due sestine centrali sono uguali. per un numero di baci così alto.
2. In questa canzone canta un motivo antichissimo,
l’amore fatto di baci, ma riesce a rinnovare parole e Con un po’ di buona volontà si può trovare anche
contenuto e a coinvolgere l’ascoltatore. Qualche anno l’amour fou, il folle amore.
dopo compare La vendemmia dell’amore (1963), can- 5. Meglio 24.000 baci che mille violini suonati dal
tata dalla francese Marie Laforêt (la vendemmia del- vento (Modugno) o la fatica di mettere dei fiori nei
l’uva e dell’amore), la delicata canzone Non ho l’età vostri cannoni (Enrico Maria Papes-Sergio Di Marti-
(per amarti) (1964), cantata da Gigliola Cinquetti no).
(non è ancora pronta ad uscire di casa da sola), e Per- -----------------------------I☺I-----------------------------
dono (1966), cantata da Caterina Caselli (lei chiede
perdono per il male che gli ha fatto). Dieci anni dopo
compaiono canzoni ben diverse: Chi non lavora non
fa l’amore (1970), cantata da Celentano (se non lavo-
ra, la moglie non gliela da); e Sono una donna, non
sono una santa (1971), cantata da Rosanna Fratello
(ha deciso di dargliela a maggio con la bella stagio-
ne).
3. Uno degli esempi più significativi di canzone “alla
Celentano” è Il ragazzo della via Gluck (1966), un
ragazzo che deve abbandonare il paese per andare a
lavorare in città. Va, ma ha sempre il desiderio di tor-
nare. Ritorna otto anni dopo, ma dove prima c’era
l’erba ora c’è una città. E ciò lo disgusta. Si chiede
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 716
Bob Dylan (1941), Blowin’ in the wind, Bob Dylan, Risposta non c’è, 1962
1962
How many roads must a man walk down Quante le strade che un uomo farà
Before you call him a man? e quando fermarsi potrà?
Yes, ‘n’ how many seas must a white dove sail Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
Before she sleeps in the sand? per giungere a riposar?
Yes, ‘n’ how many times must the cannon balls fly Quando tutta la gente del mondo riavrà
Before they’re forever banned? per sempre la sua libertà?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer is blowin’ in the wind. caduta nel vento sarà.
How many times must a man look up Quando dal mare un’onda verrà
Before he can see the sky? che i monti lavare potrà?
Yes, ‘n’ how many ears must one man have Quante volte un uomo dovrà litigar
Before he can hear people cry? sapendo che è inutile odiar?
Yes, ‘n’ how many deaths will it take till he knows E poi quante persone dovranno morir
That too many people have died? perché siano troppe a morir?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer is blowin’ in the wind. caduta nel vento sarà.
How many years can a mountain exist Quanti cannoni dovranno sparar
Before it’s washed to the sea? e quando la pace verrà?
Yes, ‘n’ how many years can some people exist Quanti bimbi innocenti dovranno morir
Before they’re allowed to be free? e senza saperne il perché?
Yes, ‘n’ how many times can a man turn his head, Quanto giovane sangue versato sarà
Pretending he just doesn’t see? finché un’alba nuova verrà?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer is blowin’ in the wind. caduta nel vento sarà.
Commento
1. Il cantautore tratta in modo originale un tema vetu-
sto. Tuttavia è ben radicata nella tradizione. Ci sono
troncamenti (amor, cuor, pensar, ancor), falsi tronca-
menti (darò, avrò), l’effetto dell’amore non corrispo-
sto (piango d’amor, con tutte le lacrime di Petrarca),
E soprattutto c’è l’amore visto come una favola, in-
ventata dalla ragazza per burlarsi dell’innamorato,
che ha piantato a favore di un altro. A quanto pare, si
è innamorata di un altro.
2. La ragazza lo ha piantato per un altro e il povero
innamorato conclude precipitosamente che l’amore
non esiste. 1. Kitagawa Fujimaro, Uomo che passeggia con un ragaz-
3. La canzone si può confrontare con le probabili fon- zo che porta un ramo fiorito, 1810ca.
ti letterarie che lo hanno ispirato: Francesco Petrarca, ------------------------------I☺I----------------------------
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Marie Laforêt (1939-2019), La vendemmia 2. I due innamorati si amano e poi si lasciano, perché
dell’amore, 1963 l’amore dura un attimo. Nella stessa canzone lo scrit-
tore fa provare allo spettatore la gioia dell’amore, un
Quest’autunno noi faremo addio senza problemi e un vago ricordo di una canzo-
sotto il cielo più sereno ne che cantavano quand’erano innamorati. Insomma
la vendemmia dell’amore un amore “usa e getta” o un amore estivo.
Tu cadrai nelle mie braccia 3. Il dramma dell’addio è assente ed anche la pianifi-
come i grappoli dell’uva cazione del rapporto, il mettersi insieme per convive-
che teniamo nelle mani re (un’idea rivoluzionaria negli anni Sessanta) o al
Quando il sole di settembre limite il matrimonio. L’amore dura un attimo, un po’
scenderà sulla campagna di baci e forse una frullata in mezzo all’erba, sopra
canteremo una canzone: una coperta. Ma la poesia è spensierata come doveva
Quest’autunno noi faremo essere. E, come doveva essere, parla dei desideri, dei
sotto il cielo più sereno sogni, dell’amore libero, ma nel pensiero, perché la
la vendemmia dell’amore realtà è ben diversa, prosaica, magari uno dei due non
si lava nemmeno i denti. E lei resta incinta. No, non
Quando poi verrà la sera sono stati gli angeli (sono asessuati!) e neanche i
quando tutte le farfalle marziani…
dormiranno sulle foglie 4. I due innamorati si spupazzano sotto le vigne, spi-
Se davvero mi vuoi bene luccando un grappolo d’uva. I medioevali preferivano
in ogni chicco di quell’uva farlo sotto i tigli, con un po’ di maschia violenza, che
ci daremo un lungo bacio lei apprezzava, come risulta da Ero una bambina in-
Poi tornando verso casa nocente, più sopra citata.
con le mani nelle mani 5. In sostanza i due ragazzi con la scusa dell’amore si
canteremo una canzone: sono fatti una frullata (si spera più di una), senza giu-
Quest’autunno noi faremo ramenti di fedeltà eterna. E poi si sono lasciati. Anche
sotto il cielo più sereno la finzione (e per tutte e due le parti) ha la sua impor-
la vendemmia dell’amore tanza. Lo si potrebbe chiamare “amore spensierato”,
“prendi, frulla e scappa”, ma esso è rarissimo e ad
Sarà triste dirci addio ogni modo arriva dalla Francia.
sarà triste amore mio 6. Chi è cinico e iconoclasta può confrontare la can-
ma l’amore dura un attimo zone con Bob Dylan, Risposta non c’è (1962), appena
Quando credi di sognare più sopra.
ti risvegli tutto a un tratto 7. Manca la punteggiatura, non l’abbiamo aggiunta.
proprio quando dici t’amo
Ma se un giorno sarai solo
non scordarti che una volta
cantavamo una canzone:
Quest’autunno noi faremo
sotto il cielo più sereno
la vendemmia dell’amore
la la la...
Commento
1. I due innamorati hanno deciso di spupazzarsi in au-
tunno, faranno la vendemmia dell’amore in contem-
poranea con la vendemmia dell’uva. Poi lei chiede di
spiluccare un (grosso) grappolo d’uva e a ogni chicco
lui le darà un bacio. Ma la vendemmia finisce presto
e i due si diranno addio, perché l’amore dura un atti-
mo. Se un giorno infine sarà solo può ricordare che
cantavano una canzone: “Quest’autunno noi faremo
sotto il cielo più sereno la vendemmia dell’amore”.
La canzone diventa circolare, una invenzione che si
trova anche in Pascoli (Orfano, La mia sera). Non c’è
alcun dramma a causa della rottura. O forse non c’era
mai stata una vera unione, ma un incontro, una frulla- 1. Francesco Hayez, Odalisca, 1867ca.
ta piacevole sotto le vigne e un saluto.
Tu come ti chiami?
1. Bernie Boston, Un dimostrante mette fiori nelle canne
Sei molto giovane
dei fucili dell’esercito durante una protesta contro la guer-
ra in Vietnam, Washington, 21.10.1967.
Me ciami Brambilla e fu l’uperari,
lavori la ghisa per pochi denari
e non ho in tasca mai
la lira Commento
per poter fare un ballo con lei 1. “Me ciami Brambilla e fu l’uperari, lavori la ghisa
mi piace il lavoro per pochi denari” (dialetto milanese): “Mi chiamo
ma non son contento Brambilla, faccio l’operaio e lavoro la ghisa (=in fab-
non è per i soldi che io mi lamento, brica) con un salario molto basso”. Dopo 103 anni
ma questa gioventù dall’unità (1861) l’Italia non era unita nemmeno al
c’avrei giurato che mi avrebbe dato di più. livello linguistico. Per diletto possiamo immaginare
Mettete dei fiori nei vostri cannoni un siciliano o un veneto che vanno a lavorare a Mila-
perché non vogliamo mai nel cielo no-Torino-Genova. Incontrano barriere linguistiche
molecole malate, insuperabili tra loro e con gli abitanti del luogo. Sono
ma note musicali che formano gli accordi all’estero. La riforma della scuola media inferiore è
per una ballata di pace, del 31.12.1962 (1963). A 60 anni di distanza si può
di pace, di pace. dire se ha o non ha migliorato la comunicazione tra
gli italiani delle varie regioni. Soltanto i parroci in
Anche tu sei molto giovane, chiesa, quando facevano le prediche, parlavano in ita-
quanti anni hai? liano. E la messa è detta in italiano soltanto dopo il
E di che cosa non sei soddisfatto? Concilio Vaticano II (1962-65).
2. La canzone risente delle proteste e della contesta-
Ho quasi vent’anni e vendo giornali zione giovanile che era iniziata in USA (e poco dopo
girando quartieri fra povera gente in Francia) contro il consumismo di massa. La conte-
che vive come me, stazione è fatta vestendo in modo trasandato, usando
che sogna come me, droghe leggere (e anche pesanti), contestando la guer-
sono un pittore che non vende quadri, ra statunitense in Vietnam. I contestatori sono chia-
dipingo soltanto l’amore che vedo mati hippy, figli dei fiori. La contestazione ha la sua
e alla società non chiedo acme nel 1968: numerose università americane, fran-
che la mia libertà. cesi, europee e italiane sono occupate. I contestatori
Mettete dei fiori nei vostri cannoni… non sanno che sono i figli del benessere, cioè della
società consumistica. Essi possono contestare, perché
E tu chi sei? la società ha raggiunto una stabilità e una solidità
Non mi pare che abbia di che lamentarti... economica tale, da resistere anche allo spreco di ri-
sorse: il boom economico italiano è del 1958-63. Bi-
La mia famiglia è di gente bene sogna però capire che cosa si intendeva per lotta con-
con mamma non parlo, tro il consumismo: i contestatori criticavano il con-
col vecchio nemmeno sumismo degli altri perché volevano praticare il con-
lui mette le mie camicie sumismo anche per se stessi. Non volevano essere
poi critica se vesto così esclusi, volevano una fetta di consumi più consisten-
guadagno la vita lontano da casa te. A parte piccolissime frange di irriducibili, la con-
perché ho rinunciato ad un posto tranquillo testazione finisce rapidamente, poiché gli Stati trova-
ora mi dite che ho degli impegni no il modo di riversare una maggiore quantità di ri-
che gli altri han preso per me sorse sui giovani studenti (presalario ecc.). In Italia
Mettete dei fiori nei vostri cannoni… fino a metà degli anni Settanta i gruppi di Sinistra in-
Yesterday, all my troubles seemed so far away, Ieri tutti i miei guai sembravano lontanissimi,
Now it looks as though they’re here to stay, adesso sembrano quasi che stiano di casa qui,
Oh, I believe in yesterday. oh, io credo in ieri.
Suddenly, I’m not half to man I used to be, All’improvviso non sono l’uomo che ero,
There’s a shadow hanging over me. c’è un’ombra che sta sopra di me.
Oh, yesterday came suddenly. Oh, ieri è venuto all’improvviso.
Why she had to go? Perché lei se n’è andata?
I don’t know she woldn’t say. Non so, non me l’ha voluto dire.
I said something wrong, Ho detto qualcosa di sbagliato,
Now I long for yesterday. ora io desidero ieri.
Yesterday, love was such an easy game to play, Ieri l’amore era una facile partita da giocare,
now i need a place to hide away, ora ho bisogno di un posto dove nascondermi,
oh, I believe in yesterday. oh, io credo in ieri.
Just heed this plea my love Solo dà ascolto a questa richiesta, amore mio,
On bended knees my love in ginocchio, amore mio,
I pledge myself to Lady Jane mi offro in pegno a Giovanna.
I’m givin’ you a piece of my mind. Ti sto dando un pezzo della mia mente.
There no charge of any kind. Nessun compenso di nessun tipo.
Try a very simple test. Prova un test molto semplice.
You should just retrace your steps. Dovresti soltanto ripercorrere i tuoi passi.
And think back, back a little bit baby. E ripensarci, ripensarci un po’, baby.
Back, back alright. Ripensaci, ripensaci bene.
Think, think, think back baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think back a bit girl. Ripensaci, ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
And think back, back a little bit, baby. E ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back alright. Ripensaci, ripensaci bene.
Think, think, think back, baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think back a bit, girl. Ripensaci, ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back, baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
But think back, back a little bit, baby. Ma ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back, alright! ripensaci, ripensaci bene!
But think back, back a little bit, baby. Ma ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back alright. ripensaci, ripensaci bene
Think, think, think back, baby. ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think I said back a bit, girl. ripensaci, ho detto ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back, baby. ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
In the town where I was born Nella città in cui sono nato
Lived a man who sailed to sea visse un uomo che navigò verso il mare
And he told us of his life e ci raccontò della sua vita
In the land of submarines nella terra dei sottomarini.
So we sailed up to the sun Poi salpammo verso il sole
‘Til we found a sea of green finché non trovammo un mare di verde
And we lived beneath the waves e vivemmo sotto le onde
In our yellow submarine. nel nostro sottomarino giallo.
We all live in a yellow submarine Viviamo tutti in un sottomarino giallo
Yellow submarine, yellow submarine sottomarino giallo, sottomarino giallo
We all live in a yellow submarine viviamo tutti in un sottomarino giallo
Yellow submarine, yellow submarine. sottomarino giallo, sottomarino giallo.
And our friends are all aboard E i nostri amici sono tutti a bordo,
Many more of them live next door molti altri vivono accanto
And the band begins to play. e la band inizia a suonare.
We all live in a yellow submarine… Viviamo tutti in un sottomarino giallo…
Commento
1. La canzone è cantata da Caterina Caselli ed è suc-
cessiva a Nessuno mi può giudicare, cantata dalla
stessa Caselli. Il perdono fa parte del linguaggio ec-
clesiastico.
2. La ragazza lo lascia (lui però la trascura) e si trova
abbracciata a un altro (lo fa per dispetto). Però l’altro
gli assomigliava (il tradimento è quindi soltanto par-
ziale) e ad ogni modo era stata una sbandata con un
cerino acceso. È ritornata perché lui è il sole, è molto
meglio dell’altro.
3. La ragazza è andata a brucare altrove, lui la trascu-
rava e lei lo vuol fare ingelosire o arrabbiare. Ma
l’erba del vicino era ancora peggio. Tanto vale torna-
re indietro a brucare la solita erba. Può anche essere
sincera: l’altro era uno schifo, cioè era un cerino.
Meglio che mi accontenti di te, sei un paio di cerini o
una candela e ti paragono al sole. Sei il mio sole. Se ti
faccio un complimento, forse riesco a darti un po’ di
vita e a farti uscire dalla tua indolenza preistorica e
1. Julius Le Blanc Stewart, Ninfe che vanno a caccia,
dalla tua anoressia sessuale. Dòtti da fare, saltami ad-
1898. Il committente amava i cani, ma voleva anche un
dosso.
paio di ragazze nude. Il motivo non ha precedenti nella
storia dell’arte occidentale, dai greci in poi.
4. Mogol è il nome d’arte di Giulio Rapetti (1936).
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Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me dió dos luceros, que cuando los abro mi ha dato due stelle che, quando le apro,
perfecto distingo, lo negro del blanco distinguo per bene il nero dal bianco
y en el alto cielo, su fondo estrellado e nel cielo profondo la volta stellata
y en las multitudes, el hombre que yo amo e tra le moltitudini l’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado el oído, que en todo su ancho mi ha dato l’udito che con tanta sensibilità
graba noche y día, grillos y canarios cattura notte e giorno il canto di grilli e canarini,
martillos, turbinas, ladridos, chubascos martelli, turbine, latrati, burrasche
y la voz tan tierna, de mi bien amado e la voce tanto tenera dell’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado el sonido, y el abecedario mi ha dato la voce e l’abbecedario,
con el las palabras, que pienso y declaro con le parole che penso e dico:
madre, amigo, hermano y luz alumbrando madre, amico, fratello e luce che illumina
la ruta del alma del que estoy amando la strada dell’anima dell’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado la marcha, de mis pies cansados mi ha dato il cammino per i miei piedi stanchi,
con ellos anduve, ciudades y charcos con loro ho attraversato città e pozzanghere,
playas y desiertos, montañas y llanos spiagge e deserti, montagne e pianure
y la casa tuya, tu calle y tu patio e la casa tua, la tua strada e il tuo cortile.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me dió el corazón, que agita su marco mi ha dato il cuore che agita il mio petto,
cuando miro el fruto del cerebro humano quando guardo il frutto del pensiero umano,
cuando miro el bueno tan lejos del malo quando guardo il bene così lontano dal male,
cuando miro el fondo de tus ojos claros quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado la risa y me ha dado el llanto mi ha dato il sorriso e mi ha dato il pianto,
así yo distingo dicha de quebranto così distinguo la gioia e il dolore,
los dos materiales que forman mi canto i due sentimenti che ispirano il mio canto
y el canto de ustedes, que es el mismo canto e il canto degli altri, che è lo stesso mio canto,
y el canto de todos, que es mi propio canto e il canto di tutti, che è proprio il mio canto,
y el canto de ustedes, que es mi propio canto. e il canto degli altri, che è proprio il mio canto.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto. Grazie alla vita che mi ha dato tanto.
1. John Collier, Lady Godiva, che si pensa sia vissuta, Ed arrivarono quattro gendarmi
1897. La ragazza girava nuda per la città, per protestare con i pennacchi, con i pennacchi,
contro le tasse del marito. ed arrivarono quattro gendarmi
-----------------------------I☺I----------------------------- con i pennacchi e con le armi.
1. Lotte Laserstein, Nel mio studio, 1928. Il nudo è il motivo più trattato dagli artisti.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 743
Prog.-Iller Pattacini, Canta, ragazzina, zia, anche le conoscenze più superficiali. E infine,
1967 quando qualcosa inizia ad andar male, si prendono
subito provvedimenti.
Tu sei come me 4. I paragoni sono cattiva letteratura, anche se sono o
quando ero bambina… anche se fossero veri:
Sei bella e lo sai,
[ed è] tutto quello che hai Un giorno vale un anno
Canta, ragazzina, e la vita vale un attimo
che il giorno dura solo poche ore
e quando arriva sera puoi scoprire 5. Ed è meglio evitare il pessimismo preventivo, si fa
che il sole se n’è andato e resti tu… sempre tempo a tirarlo fuori dopo, a fatti avvenuti:
Commento
1. Qualcuna pensa di aver sbagliato le sue scelte gio-
vanili ed ora dà i buoni consigli a una ragazzina di
vent’anni, affinché non commetta i suoi errori. Sicu-
ramente la ragazzina non la ascolterà, perché a) la
persona, il carattere e la situazione sono diversi; b) i
consigli sono di chi è stato sconfitto dalla vita e non
crede né alla speranza, né alle illusioni, perciò sono
sbagliati. In azzurro la parte ripetuta.
2. Non si capisce l’invito alla ragazzina di cantare.
Forse significa “Dàtti una mossa, o ragazzina”? Sem-
brerebbe un invito a cogliere il presente, e senza sba-
gliare, prima che passi, come suggeriva Quinto Ora-
zio Flacco (65 a.C.-8 a.C.):
Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
(Odi, 1, 11, 8).
Commento
1. Una canzone vera, tristissima e deprimente. Anche
le cose tristi vanno dette nel dovuto modo. E anche le
cose felici vanno dette nel dovuto modo. Gino Paoli
lo aveva insegnato con Sapore di sale (1963). I due
innamorati sono al mare e sono abbastanza felici
(come lo spettatore) e permettono di identificarsi (allo
spettatore). Sì, c’è il momento bello del bacio dato o
soltanto pensato, meglio non dire (tutta la spiaggia
guarda e i genitori sono pronti con il fucile), ma ci
sono anche i “giorni lunghi”… “Lunghi” (è uno
splendido eufemismo), perché le vacanze sono sem-
pre le stesse e sono noiose, noiosissime, ripetitive,
anche se durano appena due settimane. Ma la realtà
va sempre addomesticata e abbellita. Non si va al ma-
re per dire che si è stati male e/o ci si è annoiati: si fa
brutta figura. Anche gli amici direbbero, ‘ma che sei
andato a fare? Non potevi fare un po’ di casino?’.
Tenco invece va controcorrente.
2. Come Tenco, moltissimi giovani si trovavano in 1. Johannes Bjerg, Primavera, 1920.
quella situazione di incertezza. Non si sentivano né -----------------------------I☺I-----------------------------
carne né pesce. Non erano più siciliani o veneti e non
erano divenuti milanesi o torinesi. Avevano perso la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 745
Enzo Jannacci (1935-2013), Vengo 2. L’autore s’inserisce nella corrente del non senso,
anch’io? No, tu no, 1968 con ottimi risultati. i precedenti sono indicati più so-
pra: Non senso, antipetrarchismo e poesia barocca.
Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale. 3. La punteggiatura non è stata corretta. La sua tra-
scuratezza o la sua ignoranza dimostra la scarsa cul-
Vengo anch’io? No tu no. tura scolastica del paroliere e pure il modo approssi-
mativo e trasandato di lavorare nel settore. E Jannacci
per vedere come stanno le bestie feroci è pure un medico, che ha fatto un corso di studi lun-
e gridare “Aiuto aiuto è scappato il leone” ghissimo.
e vedere di nascosto l’effetto che fa.
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Commento
1. Jean-Antoine Watteau (1684-1721), Pierrot, detto anche
1. Finalmente una canzone che non parla d’amore e
Gilles, 1719.
che è pure divertente. L’autore è un medico, prestato 2. Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901), La clown Cha-
alla canzone. U-Kao al “Moulin Rouge”, 1897.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 746
Paul McCartney (1942), Hey, Jude, 1968 Paul McCartney, Ehi, Jude, 1968
Hey, Jude, don’t make it bad Ehi, Jude, non farlo male,
Take a sad song and make it better prendi una canzone triste e rendila migliore.
Remember to let her into your heart Ricordati di farla entrare nel tuo cuore,
Then you can start to make it better quindi puoi iniziare a renderla migliore.
Hey, Jude, don’t be afraid Ehi, Jude, non aver paura,
You were made to go out and get her sei stato fatto per uscire e prenderla
The minute you let her under your skin nel momento in cui l’hai lasciata sotto la pelle,
Then you begin to make it better quindi inizi a renderla migliore.
And anytime you feel the pain E ogni volta che senti il dolore,
Hey, Jude, refrain ehi, Jude, fermati,
Don’t carry the world upon your shoulders non portare il mondo sulle tue spalle.
For well you know that it’s a fool Sai bene che è uno sciocco
Who plays it cool chi la suonerà bene,
By making his world a little colder. rendendo il suo mondo un po’ più freddo.
Na-na-na, na, na Na-na-na, na, na
Na-na-na, na Na-na-na, na
Commento
1. Ehi, Jude è una delle canzoni più famose dei “Bea- “Non farlo! Sai, questa frase è perfetta, non toccarla,
tles” e sicuramente una dei più grandi successi com- va benissimo così”. Per una volta i due si trovano
merciali dei “Fab Four” (=Favolosi Quattro). Quando d’accordo. Così raccontano le riviste del settore.
il pezzo uscì come singolo nel 1968 (prima si era 2. Il brano musicale è universale: soddisfa tutti e non
pensato di inserirlo nell’album White Album), diven- pesta i piedi a nessuno. È semplice, orecchiabile, ed
ne subito un successo, rimanendo nelle classifiche ha una struttura ripetitiva. Sembra una canzoncina per
britanniche e statunitensi per ben 16 settimane. Il di- l’infanzia. Per di più molti utenti possono aver vissu-
sco vendette in sei mesi oltre cinque milioni di copie to una situazione simile. La musica e le voci fanno un
in tutto il mondo, e dopo quattro anni il numero com- eccezionale accompagnamento.
plessivo salì a sette milioni e mezzo. La canzone è 3. “Ehi, Jude”: straordinaria l’idea di parlare con un
scritta da Paul McCartney, ma è attribuita come sem- interlocutore presente, ma muto. Il lettore o l’ascolta-
pre alla coppia Lennon/McCartney. Ha una storia tore ha l’impressione di essere davanti a una scenetta.
particolare. Nel 1968 John Lennon (1940-1980) ha La canzone esce dai suoi limiti.
appena iniziato una relazione con Yoko Ono, lascian- 4. Il lettore può confrontare la canzone con le altre
do la sua prima moglie, Cynthia. Così Paul cerca di canzoni straniere qui citate e pure con le canzoni ita-
consolare Cynthia e il figlio Julian, recandosi spesso liane coeve.
a trovarli. Un pomeriggio, durante una di queste visi- -----------------------------I☺I-----------------------------
te, pensa a quanto un divorzio possa turbare un bam-
bino e gli viene in mente la frase “Don’t make it bad,
take a sad song and make it better” (“Non farti male,
prendi una canzone triste e rendila migliore”), pen-
sando che potrebbe incoraggiare Julian. Nasce così il
primo embrione di Hey, Jude, che inizialmente Paul
pensa di intitolare Hey, Jules, la modifica in Jude è
ispirata dal personaggio Jud (=Giuda) del musical
Oklahoma!, che McCartney adorava. Tornato a Lon-
dra, fa ascoltare la canzone a John, che si è presentato
con l’ormai inseparabile Yoko. A un certo punto si
ferma, guarda verso John e dice: “Qui, se vuoi, pos-
siamo sistemarla diversamente”. Ma John risponde:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 747
Franco Migliacci-Barbata-Kaylan-Nichol- Ho scritto t’amo
Pons-Volman, Scende la pioggia, 1968 sulla sabbia
e il vento
Tu nel tuo letto caldo, io per strada al freddo a poco a poco
ma non è questo che mi fa triste se l’è portato via
Qui fuori dai tuoi sogni l’amore sta morendo con sé.
ognuno pensa solo a se stesso Io non avevo mai
capito te
Scende la pioggia ma che fa, ma ora sì
crolla il mondo addosso a me ma ora sì
per amore sto morendo! una bambola come te
Amo la vita più che mai io l’ho
appartiene solo a me, sognata sempre
voglio viverla per questo! no no non l’ho avuta mai
E basta con i sogni, ora sei tu che dormi mai mai
ora il dolore io non conosco mai.
Quello che mi dispiace è quel che imparo adesso
ognuno pensa solo a se stesso Ho scritto t’amo
sulla sabbia
Scende la pioggia... e il vento
a poco a poco
Commento se l’è portato via
1. L’amore di lui e lei sta morendo, perché ognuno con sé
pensa soltanto a se stesso. E intanto scende la pioggia se l’è portato via
e il mondo gli crolla addosso. Lui dice basta ai sogni, con sé.
ha scoperto con tristezza che ognuno, cioè lei, pensa
solo a se stesso. Commento
2. Con Scende la pioggia Gianni Morandi vince Can- 1. Il protagonista ha scritto “t’amo” sulla spiaggia
zonissima nel 1968. La canzone è la versione italiana (un’azione molto romantica), ma il vento a poco a
di Eleanore, una canzone americana interpretata dal poco se l’è portato via (l’ipotesi è inverosimile, ma è
gruppo “The Turtles”. molto fotogenica). Egli ha sempre desiderato una
3. La canzone va confrontata con tutte le altre piogge donna come lei, ma non l’ha mai avuta. Soltanto
che scendono o che cadono. C’è anche un film, i cui adesso ha capito la ragazza. Ma essa rimane ancora
protagonisti danzano e cantano sotto la pioggia: Sin- un sogno.
gin’ in the Rain (Cantando sotto la pioggia, USA, 2. Il filo conduttore della canzone è esile: la canzone,
1952), diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, inter- come altre, è costruita sul ritornello. Quel che conta
pretato dallo stesso Gene Kelly, Donald O’ Connor e però è la voce ipnotica del cantante, che rapisce lo
Debbie Reynolds. spettatore.
4. La punteggiatura non è stata risistemata. 3. Il vento compare anche in canzoni politiche: Fi-
-----------------------------I☺I----------------------------- schia il vento e infuria la bufera (Fischia il vento,
1944) e Se il vento fischiava ora fischia più forte
Franco Romano-Francesco Calabrese, (Contessa, 1966).
Ho scritto t’amo sulla sabbia, 1968 4. Franco IV e Franco I sono rispettivamente Franco
Romano e Francesco Calabrese. Dopo questo succes-
so lasciano il mondo della canzone.
Ho scritto t’amo
5. La canzone va confrontata con Gino Paoli, Sapore
sulla sabbia
di sale (1963). Le due situazioni sono profondamente
e il vento
diverse.
a poco a poco
6. La punteggiatura non è stata risistemata.
se l’è portato via
-----------------------------I☺I-----------------------------
con sé.
L’ho scritto poi
nel mio cuor
ed è restato lì
per tanto tempo.
Una bambola come te
io l’ho sognata sempre
no no non l’ho avuta mai
mai mai
mai.
Commento
1. Patty Pravo, pseudonimo di Nicoletta Strambelli
(Venezia, 9 aprile 1948), è una cantante italiana. Nel-
la sua lunga carriera ha attraversato svariati stili mu-
sicali, reinventando continuamente la propria imma-
gine: da esponente del beat a interprete della canzone
d'autore italiana e francese, quindi sperimentatrice del
pop rock nelle sue varie declinazioni. Successi come
La bambola (1968), Pazza idea (1973), Pensiero stu-
pendo (1978) e ...E dimmi che non vuoi morire
(1997) si annoverano fra i suoi brani più celebri.
La peculiare timbrica bassa e sensuale, le provoca-
zioni e gli eccessi ne hanno fatto un’icona di trasgres-
sione, che ha contribuito all’evoluzione del costume e
dei canoni legati alla figura dell’interprete femminile
in Italia. Ha ispirato artisti come Tano Festa e Mario
Schifano, e per lei hanno scritto cantautori quali Léo
Ferré, Vinícius de Moraes, Lucio Battisti, Paolo Con- 1. Natalia Goncharova, Il ciclista, 1913. Dopo secoli di
te, Francesco Guccini, Gino Paoli, Riccardo Coccian- inattività l’Italia propone una nuova corrente artistica, il
te, Francesco De Gregori, Bruno Lauzi, Antonello Futurismo (1909), ma lancia il manifesto da Parigi…
Venditti, Ivano Fossati, Vasco Rossi, Mango, Lucio -----------------------------I☺I-----------------------------
Some folks are born made to wave the flag Alcuni nascono per sventolare la bandiera
They’re red, white and blue loro sono rossi, bianchi e blu
And when the band plays “Hail to the Chief” e, quando la banda suona Hail to the Chief,
They point the cannon at you, Lord puntano il cannone verso di te, Signore.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no senator’s son, son non sono il figlio di un senatore,
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no.
Some folks are born silver spoon in hand Alcuni sono nati col cucchiaio d’argento in mano,
Lord, don’t they help themselves, yeah Signore, non aiutano loro stessi, sì
But when the taxman comes to the door Ma, quando il fisco bussa alla loro porta,
The house look a like a rummage sale la casa sembra quasi un mercatino.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no millionaire’s son, no, no non sono il figlio di un milionario, no, no
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no.
Yeah, Yeah,
some folks inherit star-spangled eyes Alcuni ereditano gli occhi a stella,
They send you down to war vi spediscono giù in guerra
And when you ask ‘em: “How much should we e, quando gli chiedi quanto dovremmo dare,
give?” la loro sola risposta è: “Ancora, ancora, ancora di
They only answer: “More, more, more”. più”.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no military son non sono il figlio del militare
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono un tipo fortunato
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one. non sono quel fortunato, no.
---I☺I--- ---I☺I---
Well Bene
Take me back down where cool water flow, y’all Riportami giù dove l’acqua scorre fresca,
Let me remember things I love, Lord lasciami ricordare le cose che amo.
Stoppin’ at the log where catfish bite Mi fermo al tronco dove il pesce-gatto abbocca.
Walkin’ along the river road at night Cammino lungo la strada del fiume di notte.
Barefoot girls dancin’ in the moonlight Le ragazze ballano a piedi nudi al chiaro di luna.
I can hear the bullfrog callin’ me, oh Riesco a sentire la rana che mi chiama, oh.
Wonder if my rope still hangin’ to the tree, Lord Mi chiedo se la mia corda è ancora appesa all’albero.
Love to kick my feet way down the shallow water Amo scalciare i miei piedi giù nell’acqua bassa.
Shoo fly, dragonfly, get back t’mother La scarpa vola, il dragone vola, torna da tua madre.
Pick up a flat rock, skip it across Green River Prendi un sasso piatto e fallo saltare sul Green River.
Well Bene
Up at Cody’s camp I spend my days, Lord Sul campo di Cody ho trascorso le mie giornate
With flat-car riders and cross-tie walkers con i flat-car riders e i giramondo.
Old Cody, Junior took me over Vecchio Cody, Junior mi ha preso con sé.
Said “You’re gonna find the world is smold’rin’” Ha detto: “Scoprirai che il mondo sta bruciando senza
“And if you get lost, come on home to Green River” fiamme e, se ti perdi, vieni a casa al Green River”.
Well Bene
Well Bene
Commento
1. John Fogerty è capo-gruppo dei “Creedence
Clearwater Revival”. In un’intervista, rilasciata alla
rivista “Rolling Stone” nel 2012, ha spiegato: “Green
River è un posto che esiste realmente, ed è un posto
dove andavo da bambino e si trova a Putah Creek, vi-
cino a Winters, in California. Durante la mia infanzia
sono andato lì con la mia famiglia ogni anno. Con-
servo molti ricordi felici: lì ho imparato a nuotare. Lì
c’era una fune appesa all’albero... libellule, rane...
c’era una piccola capanna, dove eravamo soliti anda-
re, di proprietà di un discendente di Buffalo Bill, Co-
dy”.
2. Green River è l’affluente principale del fiume Co-
lorado (USA).
3. I flat-car riders sono i cavalieri delle auto piatte,
coloro che usano auto adibite al trasporto di merci.
4. Fogerty si rivolge a Cody Junior e lo invita a por-
tarlo sul fiume, come faceva quando era bambino. Lì
rivive le sue esperienze infantili: vede il vecchio albe-
ro, sguazza con i piedi nell’acqua, ascolta la rana e
vede passare le ragazze. L’ultimo suggerimento: deve
prendere un sasso piatto e farlo balzare sull’acqua. 1. George Dunlop Leslie, Girasoli e fiori di Luna, 1890. I
Nel campo di Cody ha trascorso la sua giovinezza. E fiori di Luna sono i girasoli un po’ pallidi. La Luna è pal-
ricorda al vecchio come suo figlio Cody Junior lo lida rispetto al Sole.
prendeva con sé. Il giovane gli ha detto che il mondo ------------------------------I☺I-----------------------------
stava bruciando senza fiamme. Se si perdeva, poteva
sempre ritornare lì da loro, sul fiume.
5. Il brano musicale è costruito sulla nostalgia del
passato. Rimanda a: Dante Alighieri, Guido, i’ vorrei
che tu e Lapo ed io, 1294ca., Giovanni Pascoli, Ro-
magna, 1891, Giuseppe Ungaretti, I fiumi, 1917, Se-
condo Casadei, Romagna mia, 1954.
Ora so
che cos’è questo amaro sapore
che resta di te
quando tu
sei lontana e non so dove sei
cosa fai, dove vai.
E so perché
non so più immaginare il sorriso
che c’è negli occhi tuoi
quando non sei
con me.
Oh Lady Mary, petite fille aux yeux bleus Oh cara Maria, bambina con gli occhi azzurri,
Oh Lady Mary, tu n’étais pour lui qu’un jeu oh cara Maria, eri solo un gioco per lui.
Oh Lady Mary, à l’aube de chaque nuit Oh cara Maria, all’alba ogni notte,
Oh Lady Mary, un nouveau jour vient sans bruit oh cara Maria, un nuovo giorno arriva in silenzio.
Petite fille, brise les chaînes de l’ennui O bambina, rompi le catene della noia.
Sei carina e la tua freschezza saluta la vita.
Tu es jolie et ta fraîcheur salue la vie
Oh cara Maria, guardati intorno
Oh Lady Mary, regarde autour de toi
oh cara Maria, tutti i tesori che hai.
Oh Lady Mary, tous les trésors que tu as
La mer et le ciel, la vie les a fait pour toi Il mare e il cielo, la vita li ha fatti per te,
Oh Lady Mary tous ces cadeaux sont à toi oh cara Maria, tutti questi doni sono tuoi.
Petite fille, oublie tes pleurs, aime la vie. O bambina, dimentica le tue lacrime, ama la vita.
Elle est jolie, ouvre tes yeux à ses folies. Essa è carina, apri gli occhi alle sue follie.
Oh Lady Mary, donne ton cœur au printemps Oh cara Maria, dai il tuo cuore in primavera.
Oh Lady Mary, joue le jeu de tes vingt ans Oh cara Maria, fa’ il gioco dei tuoi vent’anni.
Oh Lady Mary, le bonheur est comme un enfant Oh cara Maria, la felicità è come un bambino,
Oh Lady Mary, il grandit avec le temps oh cara Maria, che cresce con il tempo.
La la la la la... La la la la…
Ciao, amore,
ciao, non piangere,
vedrai che tornerò,
te lo prometto ritornerò,
te lo giuro amore ritornerò,
perché ti amo
ti amo
ritornerò
ciao amore
ciao
ti amo.
So, so you think you can tell E allora pensi di saper distinguere
Heaven from hell il paradiso dall’inferno,
Blue skies from pain i cieli blu dal dolore,
Can you tell a green field di poter distinguere un campo verde
From a cold steel rail? da una fredda rotaia d’acciaio?
A smile from a veil? Un sorriso da un velo?
Do you think you can tell? Pensi di saperli distinguere?
How I wish, how I wish you were here Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui,
We’re just two lost souls siamo solo due anime perse,
Swimming in a fish bowl che nuotano in una boccia per i pesci,
Year after year anno dopo anno,
Running over the same old ground correndo sul solito vecchio terreno.
And how we found Che cosa abbiamo trovato,
The same old fears le solite vecchie paure.
Wish you were here Vorrei che tu fossi qui.
Commento
In tal modo la canzone diventa un monologo interio-
1. I “Pink Floyd” sono un gruppo musicale rock bri-
re. È come se l’autore dicesse: “Come vorrei che tu,
tannico che si è formato nel 1965 a Cambridge (GB).
la parte migliore di me, la parte che era viva e libera
Nel corso di una lunga carriera sono riusciti a riscri-
quand’ero giovane, tornasse qui, ritornasse in vita,
vere le tendenze musicali della propria epoca e sono
nonostante i tradimenti che io stesso ho compiuto!”.
divenuti uno dei gruppi più importanti della storia
3. Le parole di Waters alzano il livello culturale della
della musica. Il gruppo è fondato dal cantante e chi-
canzone, perché tutti le possono attribuire a se stessi.
tarrista Syd Barrett, dal bassista Roger Waters, dal
Il testo si fonde con la musica, come di consueto, si
batterista Nick Mason e dal tastierista Richard
potrebbe dire che la musica s’impone sul testo ma che
Wright. Nel dicembre del 1967 si aggiunge il chitarri-
il testo non si fa assorbire: diventa esso stesso musi-
sta David Gilmour, che si affianca e poi sostituisce
ca. Una musica che la traduzione non può rendere.
definitivamente Barrett, che si era lentamente emar-
4. E un monologo interiore, tra sé e sé, cantato in
ginato dal gruppo per l’uso di droghe pesanti e per
pubblico è sicuramente originale e straordinario.
una forma di alienazione. Hanno prodotto 15 album
5. Il brano musicato va ascoltato in una immersione
in studio, quattro dal vivo e 10 raccolte. Secondo un
totale: non basta leggerlo.
calcolo del 2008 hanno venduto circa 250 milioni di
6. Conviene confrontare il valore e l’uso dei testi e
dischi in tutto il mondo, di cui 74,5 milioni negli Stati
della musica in questa canzone dei “Pynk Floyd” e
Uniti d’America. Per i 50 anni di carriera della band,
nei brani musicali e/o nei cantautori di Sanremo.
nel 2016 la Royal Mail ha emesso una serie di dieci
7. Lo spettatore si può abbandonare alla musica, ma
francobolli dedicati ai migliori album del gruppo.
può anche riflettere sul significato delle parole. E le
2. Per i fan Wish You Were Here era un omaggio a
parole o la situazione sono universali, possono coin-
Syd Barrett per il suo contributo al gruppo, da cui era
volgere qualsiasi abitante della terra. In altre “parole”
stato allontanato per uso di droga e perché non teneva
il gruppo può vendere il disco in ogni parte della ter-
fede agli impegni sempre più importanti che stavano
ra. Se si drogava, era una pratica che poteva restare
arrivando. La canzone parla appunto dell’assenza e
dentro le mura di casa sua.
del bisogno di un amico. Le cose invece stanno in
8. Il lettore può anche riflettere sul modo in cui que-
modo diverso. Roger Waters, il principale autore del
sto come gli altri gruppi internazionali fanno musica
testo, dichiarò che quel “vorrei che tu fossi qui” era
e fanno economia: vendono dischi. E lo confronta con
rivolto a se stesso più che a un’altra persona. Per vi-
autori e prodotti musicali italiani.
vere appieno bisognava essere presenti a se stessi, co-
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sa che allora non sempre si realizzava nella sua vita.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 764
Francesco Guccini (1940), Libera nos,
Domine, 1978
Commento
1. La canzone è la più bella e la più articolata di Guc-
cini, è gradevole e irriverente, e accontenta sia cri-
stiani, sia atei o agnostici, sia laici bacchettoni. Mo-
stra anche come si possa vedere un testo antico o mo-
derno in modo originale, divertente e pure istruttivo.
2. Interessante soluzione stilistica il bilinguismo e pu-
re l’uso di versi con linguaggio in prosa.
3. La canzone acquista spessore se si tiene presente 1. Masaccio, Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terre-
che negli anni Settanta la cultura popolare era ancora stre, Cappella Brancacci, Firenze, 1424-25. I corpi espri-
ampiamente religiosa. Nel decennio precedente i era- mono dolore. Eva inizia a provar pudore. Il pene di Adamo
no diffusi gli Spiritual, provenienti dagli USA. E Fa- è il pene più turgido della pittura occidentale. Il pene più
brizio De André vi si era cimentato: Spiritual, 1967. turgido nella scultura è la statua di Nettuno di Giambolo-
4. Com’è noto, il venerdì 13 porta sfortuna… gna (e Tommaso Laureti), Fontana del Nettuno, Bologna,
Altri testi irriverenti sono: 1566.
Francesco Guccini, Libera nos, Domine, 1978; 2. Prova d’orchestra, 2009. Strizzatevi le tette soltanto con
Zucchero Fornacciari (1955), Miserere, miserere, il ragazzo giusto, che non faccia un ictus. I maschi sono
1992. fragili e pensano (forse) soltanto con la punta del pene.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 768
Romanzi italiani e stranieri del Douglas Preston (1956) e Lincoln Child (1957), due
scrittori statunitensi a quattro mani, che scrivono
Novecento (1890-2010) techno-thriller mozzafiato;
Matilde Asensi (1962), una giornalista spagnola che
E, per finire, cinque romanzi di autori italiani del No- scrive romanzi storici d’avventura, fede e formazio-
vecento, circondati da 15 romanzi di autori stranieri: ne;
Italo Svevo (1861-1928) è triestino e ragioniere di Steve Alten (1959), uno scrittore statunitense apoca-
banca, che pubblica tre romanzi e numerosi racconti; littico e di fanta-horror.
Dino Buzzati (1906-1972) è giornalista, letterato e
pittore, che scrive in uno splendido italiano; Umber- I romanzi stranieri servono per mostrare opere di altri
to Eco (1932-2016) è pubblicista, linguista, divulga- mondi culturali e modi di produrre cultura di alto li-
tore culturale, che scrive romanzi vari e che si può vello e cultura d’intrattenimento ancora sconosciuti
vantare di essere stato insignito di 42 lauree honoris in Italia.
causa; Valerio M. Manfredi (1943) è un docente di Tutti i romanzi servono per conoscere i testi in modo
storia antica, che scrive romanzi d’avventura ambien- più fine e come si può e si deve lavorare con preci-
tati nel mondo antico; Licia Troisi (1980) è una gio- sione e con metodo sui testi. Alla fine del quinquen-
vane scrittrice di successo per ragazzi. La scelta non è nio lo studente dovrebbe essere capace di esaminare
arbitraria: sono gli autori più significativi e capaci in modo più approfondito le opere che legge.
che in Italia hanno condizionato la cultura e le vendi- Tutti i romanzi qui presentati sono esaminati in modo
te delle librerie: anche l’economia vuole la sua parte. più articolato in
I riassunti sono meticolosi e permettono di “entrare” http://www.letteratura-
nei romanzi. italia-
Altri autori italiani potevano essere Alberto Moravia na.com/pdf/letteratura%20italiana/14%20Scrittura%20crea
(1907-1990), Cesare Pavese (1908-1950), Giorgio tiva.pdf
Bassani (1916-2000), Alberto Bevilacqua (1934-
2013). Le scrittrici non hanno prodotto niente di de- Conviene anche fare riferimento ai tópoi, che indica-
cente e non meritano nemmeno di essere nominate. no 50 possibili fili conduttori e motivi letterari e arti-
Non sanno che la parità si conquista lavorando sodo e stici
non con i proclami universali o con i propri pii desi- www.letteratura-italiana.com/pdf/letteratura italiana/13 50
deri di redenzione. topoi della letteratura italiana.pdf
Gli autori stranieri sono francesi, britannici e statuni- I romanzi, le commedie e i poemi cavallereschi rias-
tensi: sunti più sopra e quelli riassunti qui sotto devono es-
Oscar Wilde (1854-1900), uno scrittore e dramma- sere tra loro confrontati, in tal modo si capiscono più
turgo britannico; facilmente. L’elenco delle opere più sopra è questo:
Frank L. Baum (1856-1919), uno scrittore e avven-
turiero statunitense; Giovanni Boccaccio, Decameron, 1349-51;
Arthur Conan Doyle (1859-30), uno scrittore bri- Masuccio Salernitano, Novellino, 1476;
tannico d’avventure e di mistero; Niccolò Machiavelli, Mandragola, 1518;
Eric Ambler (1909-1998), uno dei più grandi scritto- Ludovico Ariosto, Orlando furioso, 1532;
ri britannici di spy story; Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, 1575, 1581;
Agatha Christie (1890-1976), una prolifica scrittrice Carlo Goldoni, La locandiera, 1751;
britannica di gialli polizieschi moraleggianti; Giuseppe Parini, Il giorno, 1763, 1765;
Georges Simenon (1903-1989), uno straordinario Ugo Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, 1798;
scrittore franco-belga di gialli polizieschi psicologici; Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1840-42;
Isaac Asimov (1920-1992), un grandissimo scrittore Giovanni Verga, I Malavoglia, 1881;
russo-statunitense di fantascienza; Gabriele D’Annunzio, Il piacere, 1888;
Ray Bradbury (1920-2012), un grandissimo scrittore Italo Svevo, Una vita (ex Un inetto), 1892;
britannico di fantascienza; Italo Svevo, Senilità, 1898;
Gérard de Villiers (1929-2013), un grande scrittore Luigi Pirandello, Ma non è una cosa seria, 1918;
francese di spy story; Dino Buzzati, Bàrnabo delle montagne, 1933;
Stanley Kubrick (1928-1999), un regista statuniten- Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, 1955;
se, e Arthur C. Clarke (1917-2008), uno scrittore Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, 1959;
britannico di fantascienza; Carlo Cassola, La ragazza di Bube, 1960;
Michael Crichton (1942-2008), un poliedrico scrit- Umberto Eco, Il nome della rosa, 1980;
tore statunitense; Valerio M. Manfredi, Lo scudo di Talos, 1988.
Wilbur Smith (1933-2021), un prolifico scrittore ------------------------------I☺I-----------------------------
zambiano di avventure africane;
1. Steven Spielberg, The Lost World: Jurassic Park (Il mondo perduto - Jurassic Park), film, USA, 1997.
1. Astronave, 2009.
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Genere: fantascienza sa. Come di consueto, sua moglie ascolta musica con
la microcuffia. Non ricorda nemmeno quando si sono
Ray Bradbury, Fahrenheit 451, 1953 incontrati. La moglie ama correre in auto. D’altra par-
te la legge imponeva di correre. Correre e non pensa-
re. Gli incidenti non erano importanti. Clarissa e la
Ray Bradbury (Waukegan, Illinois, 1920-2012) è
sua famiglia sono scomparsi. Il giorno dopo Montag
uno scrittore e sceneggiatore statunitense, che innova non se la sente di andare al lavoro. Poco dopo arriva
la fantascienza. Beatty, che lo convince a tornare al lavoro. Gli rac-
conta che 50 anni prima il Governo aveva vietato i
Riassunto. libri. È vero, un tempo i vigili del fuoco andavano a
Parte prima. Il focolare e la salamandra spegnere gli incendi. Ma, da quando le case sono fatte
Per Montag appiccare l’incendio era una gioia inde- con materiali che non bruciano, i vigili sono divenuti
scrivibile. Fa il pirofilo, brucia i libri. Sulla spalla ha pirofili, vanno a bruciare i libri. Il tempo era sempre
l’insegna della salamandra, l’animale che non brucia meno, così non si leggevano più libri se non in rias-
nel fuoco. È tardi. Andando a casa incontra una ra- sunto. I riassunti sono divenuti sempre più brevi. I li-
gazza, Clarissa McClellan, che ha 17 anni. La ragazza bri poi fanno notare le differenze sociali. Per motivi
si lascia bagnare dalla pioggia e passa il tempo a di democrazia era meglio che esse non si notassero.
chiacchierare con lo zio Louis e la zia Maude. È con- Del passato erano rimasti soltanto i fumetti e le riviste
siderata antisociale, perché è curiosa e pone sempre erotiche. Ogni pirofilo attraversa un momento di crisi,
domande. Lo zio è stato arrestato perché faceva il pe- ma poi gli passa. Il Governo scheda i sovversivi. Poi
done. Montag la ascolta con piacere. Anche le sere il superiore se ne va. La moglie lo convince ad andare
successive la vede. Rientra in casa. Trova la moglie al lavoro, ma egli tergiversa. Non si sente felice, la
in pericolo di vita perché ha ingoiato l’intero tubetto donna sì, con la sua “famiglia”. Montag prende i libri
di sonnifero. I bombardieri passano sulla casa e la messi dietro la grata del condizionatore e li sparpaglia
fanno tremare. Chiama il Pronto Soccorso. Arrivano sul pavimento. Li aveva presi nelle sue incursioni di
due infermieri. Ormai non occorreva il medico, per- pirofilo. Qualcuno è alla porta. Non aprono.
ché i casi erano troppi ed era stato tutto automatizza-
to. Essi le fanno la lavanda gastrica e con una trasfu- Parte seconda. Il crivello e la sabbia
sione le sostituiscono il sangue. Costo: 50 dollari. Montag e la moglie passano tutto il pomeriggio a leg-
Erano le due del mattino. Un’ora prima aveva visto gere, mentre fuori piove. Montag si accorge che il
Clarissa. Il mattino dopo la moglie si sveglia affama- Segugio Meccanico è dietro la porta. I bombardieri
ta. Non ricorda niente. Dopo colazione va nella sala fanno tremare la casa con il loro passaggio. Egli ri-
con la sua famiglia: tre pareti della stanza mostrano corda che un giorno al parco aveva scoperto un uomo
immagini. Vorrebbe avere anche la quarta parete così, con un libro. Aveva finto di non notarlo. Si era messo
costa soltanto 2.000 dollari. Quattro mesi del suo sti- a parlare con lui. Si chiamava Faber. Era un ex do-
pendio, pensa Montag. Le pareti sono interattive: i cente, non voleva parlare delle cose, ma del significa-
personaggi si fermano e le danno il tempo per leggere to delle cose. Ne aveva notato l’indirizzo. Gli telefo-
le sue battute. La notte dopo incontra nuovamente na. Dalla telefonata Montag capisce che la Bibbia che
Clarissa, che strofina una radichiella sotto il suo men- ha in mano potrebbe essere l’unica copia rimasta.
to e poi sotto il mento di Montag: se lascia il colore, Chiede alla moglie se la “famiglia” la ama. La moglie
vuol dire che la persona è innamorata. Montag non chiede perché fa domande così sciocche. Esce. Pren-
risulta innamorato. Egli protesta, affermando che in- de la metropolitana. Ha la Bibbia in mano. La gente
vece lo è. Poi la ragazza corre via sotto la pioggia. In lo guarda in silenzio. Ricorda quando era bambino.
caserma Montag vede il Segugio Meccanico ringhiare Aveva cercato di riempire un setaccio di sabbia per-
in sua presenza. Era un cacciatore di odori. Grazie al ché un bambino gli aveva promesso 10 cents. Ma la
suo “naso” raggiungeva le vittime e con il suo pungi- sabbia passava tra le maglie e il crivello rimaneva
glione le uccideva. La sera successiva Clarissa gli vuoto. La pubblicità di un dentifricio è ripetuta all’in-
chiede se ha figli. Risponde che non sa perché non ne finito. Va da Faber, che dopo qualche incertezza lo
ha. Clarissa gli fa notare che non si fanno mai do- accoglie. Con Faber egli si lamenta che nessuno più
mande e che la gente non è mai lasciata parlare. Lei ascolta, non manca niente, ma non si è felici. Faber
poi rigoverna la casa senza l’aiuto degli elettrodome- dice che i libri sono importanti perché fanno pensare
stici. La settimana successiva ha tutti i giorni uguali. e perché ci fanno agire con consapevolezza. Gli uo-
La vita è ripetitiva. La settimana prima era stato por- mini di cultura però erano ormai vecchi, deboli ed
tato in manicomio il proprietario dei libri che aveva- emarginati: non possono cambiare la situazione. Alla
no bruciato. Montag è convinto che non fosse pazzo. fine Montag lascia il libro e se ne va con una radio a
In occasione dell’ultimo incendio aveva dato un’oc- conchiglia nell’orecchio. Faber lo avrebbe seguito e
chiata a un libro di fiabe. Suona l’allarme. Accorrono poteva parlare con lui ad ogni momento. A casa Mon-
sul posto indicato da una denuncia anonima: una vil- tag trova Mildred con le amiche. La signora Phelps
letta di tre piani abitata dalla signora Blake. Scoprono ricorda che ha avuto tre mariti e che non ha mai pian-
i libri, li innaffiano di cherosene. La signora accende to. Montag dice che vuole parlare con loro. Esse sono
un fiammifero e si brucia con i suoi libri. Torna a ca-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2023 808
sbalordite. Montag chiede alla signora Phelps come cia. In un’altra parte della città il Segugio raggiunge e
stanno i suoi figli. La signora gli ricorda che non ha uccide un ignaro passante. Lo spettacolo era finito.
mai voluto bambini: sono fastidiosi. La signora Bow- Granger presenta gli altri componenti del gruppo.
les ha avuto due bambini con taglio cesareo, per non Ognuno di loro era il libro che ricordava. Facevano
soffrire. Li tiene a scuola 9 giorni su 10. A casa li una vita tranquilla e rispettosa delle leggi, per non
sbatte in salotto ed accende la TV. I suoi figli preferi- mettere in pericolo la ricchezza che avevano in me-
rebbero prenderla a calci che baciarla. Montag passa moria. Sarebbe stata utile dopo la guerra. Assistono al
a parlare di politica. Le donne confessano che hanno bombardamento della città, che in pochi istanti si dis-
votato il candidato più bello. Montag va a prendere solve in polvere. Mildred, sua moglie, era sicuramen-
un libro e legge una poesia. Ad ascoltarla, la signora te morta, ma Faber si era salvato. La città è spianata.
Phelps si mette a piangere: è ingiusto che le faccia Granger, mentre prepara la pancetta in padella, ricor-
ascoltare cose tristi. A questo punto le donne abban- da la storia di un uccello, l’araba fenice, che muore
donano precipitosamente la casa. Nell’auricolare Fa- nel fuoco e che dal fuoco risorge. Un giorno i libri
ber lo rimprovera. Al lavoro Beatty gli chiede se la che avevano in memoria sarebbero stati utili a qual-
crisi è passata e lo convince della bontà della decisio- cuno. Poco dopo partono per il nord. Montag riflette:
ne del Governo di eliminare i libri. Suona l’allarme, c’è il tempo della demolizione e il tempo della co-
tutti si precipitano sulla Salamandra, l’auto dei pirofi- struzione, il tempo del silenzio e il tempo della paro-
li. E giungono davanti alla casa di Montag. la. Ognuno doveva dare il suo contributo, per rico-
struire la Città. Il suo era il libro che aveva in memo-
Parte terza. La fiamma risplendente ria.
Per Montag è una sorpresa. La moglie sta uscendo di
casa e se ne va su un taxi. Chiede chi è stato a denun- Commento
ciarlo. Beatty gli dice la moglie e, prima ancora, le 1. Il romanzo si inserisce nel clima della guerra fred-
amiche della moglie. Egli gli aveva mandato il Segu- da scatenata dagli USA (istituzione della NATO in
gio Meccanico, ma a quanto pare non aveva accolto Europa, 1951) contro l’URSS (conseguente istituzio-
l’avvenimento. Il Segugio è lì, da qualche parte, non ne del Patto di Varsavia, 1953). Dal 1951 al 1953 è la
doveva tentare di fuggire. Montag è costretto a bru- guerra di Corea, voluta dagli USA, che porta a mas-
ciare la sua casa. Poi è agli arresti. Beatty lo colpisce sacrare i coreani in nome della democrazia. C’è anche
alla testa. La ricetrasmittente esce dall’orecchio. l’esplosione del maccartismo (1945-1955) e della sua
Beatty se ne impossessa. Poi gli intima di consegnar- strumentale paura per il comunismo, che si traduce in
gli il lanciafiamme. Egli si rifiuta. Il pirofilo si avvi- una cultura del sospetto verso tutto e tutti. I bombar-
cina, ed egli lo incendia. È subito aggredito dal Segu- dieri compaiono con il loro rombo ed infine distrug-
gio Meccanico, ma riesce a colpire anche lui con il gono la città. Usano bombe atomiche, l’arma micidia-
fuoco. Quindi recupera alcuni libri e fugge. Zoppica, le dichiarata possibile da Einstein e costruita da Fer-
perché il Segugio aveva già iniziato a iniettargli mi ed Oppenheimer, tre fisici ebrei, per gli USA. Tut-
l’ago. Riflettendo sull’accaduto, si persuade che tavia non si sa chi siano i nemici che bombardano la
Beatty si era fatto uccidere di proposito. Gli elicotteri città: nella seconda guerra mondiale da poco finita il
della polizia iniziano la caccia all’uomo. La gamba suolo americano non era mai stato bombardato… Il
inizia a rispondergli. Entra in una stazione di riforni- romanzo tocca anche molti altri temi: la mancanza di
mento. La guerra era stata dichiarata. Montag deve comunicazione all’interno della società, dei gruppi,
attraversare una vasta strada. Controlla che non ci della famiglia, la solitudine dell’individuo; il lavaggio
siano automobili. I pedoni erano normalmente usati del cervello voluto dal Governo e attuato dai mass
come birilli da investire. È ormai a metà del percorso, media; l’egoismo personale, il rifiuto del dolore e del-
quando un’auto piena di ragazzi parte. Inciampa e ca- la maternità, l’ostilità o l’impossibile comunicazione
de per terra. La macchina lo evita per un soffio: se lo fra genitori e figli; la mancanza di curiosità e di affet-
investiva a terra, avrebbe sbandato e si sarebbe ti sinceri; la felicità che i beni materiali non riescono
schiantata. Raggiunge la casa di Black, uno degli altri a dare; infine l’appiattimento dei valori per evitare i
pirofili, nasconde alcuni libri in cucina. Riprende la conflitti sociali.
fuga. Raggiunge la casa di Faber. È silenziosa. Entra 2. C’è però anche un tema più profondo e lontano: la
dal retro. Gli consegna i libri che ha. Faber gli dice di città o società ideale, immaginata da Platone, Campa-
raggiungere i “vagabondi” accampati lungo la ferro- nella, Moore, Thoreau, Orwell, Skinner, da contrap-
via. Seguono per TV la caccia all’uomo. Gli elicotteri porre alla città e alla società del presente. Le città
scendono accanto alla casa bruciata di Montag, il se- ideali immaginate si dividono facilmente in due
gugio viene lanciato. Si lasciano. Egli riprende la fu- gruppi: l’utopia positiva (la Repubblica di Platone) e
ga. Anche Faber sarebbe partito. Raggiunge il fiume, l’utopia negativa (1984 di Orwell), insomma la città
si spoglia, abbandona i vestiti alla corrente. Poi vi si che noi dobbiamo desiderare e la città che dobbiamo
immerge. Poco dopo arriva il Segugio, che però perde evitare. Nella riga finale compare la Città con l’ini-
le tracce. Montag esce dal fiume e raggiunge i “vaga- ziale maiuscola. Dovrebbe essere la città in cui
bondi”. È accolto amichevolmente da Granger. Si si- l’uomo diventa felice. La Chiesa cattolica, più avve-
stema intorno a un fuoco. E assiste alla fine della cac- duta e prudente, ha messo il paradiso, la Civitas Dei,
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cioè la città ideale, all’altro mondo. I laici fanno co- l’uccello risorge dalle sue ceneri, come dice esplici-
stante professione di bigottismo e stupidità. tamente Beatty, tessendo l’elogio dei pompieri pirofi-
3. Grande protagonista è la società americana, che è li. Insomma la guerra è vista in termini positivi: dopo
dedita al lavoro e che evita costantemente di pensare la distruzione si ricostruisce. Non è chiaro se il para-
e di “responsabilizzarsi”. Gay e Mildred sono una ti- gone è volontario (ipotesi più probabile) o se è sfug-
pica famiglia americana, che forse ha deciso di non gito alle mani dello scrittore. Sicuramente, a parte
avere figli. Se li avesse avuti, avrebbe fatto come la ogni ottimismo di maniera o per necessità, dopo i
signora Bowles: parto cesareo, figli a scuola e in sa- bombardamenti americani e inglesi su Germania, Ita-
lotto a giocare con la TV, ma niente affetto, né da una lia e Giappone, bisognava tirarsi su le maniche e
parte né dall’altra. Per lo scrittore il Governo è mal- sgambettare… Magari le popolazioni bombardate non
vagio e onnipotente: elimina la cultura e i libri perché avevano nessuna voglia di morire per poi rinascere,
fanno pensare, usa a proprio vantaggio i mass media avrebbero preferito continuare la loro vita da cani.
e fa un lavaggio profondo dei cervelli alla popolazio- Un’interpretazione perfida potrebbe essere questa:
ne, elimina i dissenzienti con il Segugio Meccanico. dopo la distruzione dell’Europa fatta da USA e Gran
Oggi l’assassinio è praticato al livello mondiale dalle Bretagna, l’economia americana spicca il volo. Fa
squadre speciali o dai droni. Si tratta della democra- prestiti agli Stati europei, le industrie americane si ri-
zia totalitaria, di cui i libri di storia non parlano mai. ciclano in modo indolore, da industrie di guerra di-
Un regime uguale o peggiore del regime sovietico o ventano industrie di pace e piazzano i loro prodotti in
nazional-socialista o fascista, da sempre accusati di Europa, che ha bisogno di tutto. Ultimamente gli
essere regimi totalitari che negano libertà all’indi- USA hanno applicato la stessa strategia in Iraq
viduo. Gli USA sono responsabili della crisi del (2001). Qui l’hanno anche affinata: hanno aggredito e
1929, che ha danneggiato tutte le economie mondiali. distrutto, hanno messo al potere un governo fantoccio
E sono all’origine della seconda guerra mondiale e di (ma democratico…), si sono presi il petrolio, nella
tutte le principali guerre del sec. XX. Bradbury li ac- ricostruzione hanno fatto lavorare soltanto ditte ame-
cusa soltanto di fare il lavaggio del cervello ai citta- ricane, hanno spinto alla guerra civile sunniti e sciiti,
dini e di costringerli a vivere valori generici e super- che vivevano in pace sotto Saddam Hussein. Ed oggi
ficiali. Si sente rivoluzionario per queste modestissi- (2015) l’Iraq è ancora nel caos...
me critiche! Poi indica in quattro intellettuali vaga- 6. Il tema della cultura e dei valori è in primo piano e
bondi il futuro dell’araba fenice: contento lui... Un molto sentito. Nella società delineata dal romanzo la
altro critico apocalittico (a parole) del sistema ameri- cultura è molto semplificata e poi riassunta, per dare
cano è Kurt Vonnegut (1922-2007), che ha avuto un tutti i classici a tutti. Poi anche i riassunti sono elimi-
largo seguito in Europa. Le sue critiche pungono me- nati perché troppo complessi e soprattutto perché
no di uno spillo. Peraltro i critici della società euro- fanno pensare. Così sono sostituiti dai fumetti e dai
pea come la Scuola di Francoforte non sono migliori, giornali pornografici. Tuttavia accanto a questo tema
sono venuti, hanno “criticato” e sono scomparsi dalla c’è anche un altro tema ugualmente importante e
circolazione. Il valore della cultura classica e umani- straordinariamente attuale: la cultura è appiattita per
stica e il valore meramente strumentale della scienza eliminare i conflitti sociali. Un libro non piace ai ne-
e della tecnologia sono difesi a spada tratta dagli in- gri? Lo si elimina. Un libro denuncia il pericolo del
tellettuali italiani dell’Ottocento come del Novecento. tabacco? Lo si elimina… Tutto deve essere uguale,
4. Il modello negativo di famiglia è quello di Gay- omogeneo, intercambiabile, proprio come il pezzo di
Mildred, Phelps e Bowles. Il modello positivo è quel- una macchina nella catena di montaggio. L’ugua-
lo di Clarissa. La prima è fatta di individui massifica- glianza quindi per lo scrittore è un segno di impove-
ti. La seconda è fatta di individui tra loro diversi e in- rimento culturale, un prezzo che si paga per avere la
terattivi. Lo scrittore recupera il problema delle ten- pace sociale. Egli si rifiuta di pagare questo prezzo:
sioni provocate dalla società di massa sorta alla fine Montag è in crisi, non è felice, si sente solo, cerca
dell’Ottocento, che rifiutava l’individualità in nome qualcosa di diverso dai beni materiali. Il romanzo (ed
dei vantaggi della produzione in serie e di massa. La è degli anni Cinquanta!) andrebbe letto se non altro
critica filosofica a questa società industriale-consumi- per questa lucidissima conclusione: se vuoi eliminare
stica è fatta dal filosofo tedesco Friedrich Nietzsche i conflitti, se vuoi la pace sociale, tu, Stato, devi re-
(1844-1900), che mette insieme scienza, religione e primere ogni critica, ogni manifestazione e ogni
società industriale. Le accusa di aver staccato l’uomo espressione che offende qualcun altro. Domanda: non
dalla terra e di aver inventato idoli ascetici. Dieci an- era meglio evitare il melting pot? Esso non ha funzio-
ni dopo Bradbury, nei primi anni Sessanta, prima in nato e non poteva funzionare: oggi la società ameri-
USA e poi in Europa inizia la contestazione degli cana è composta da piccole comunità con valori con-
hippy, i figli dei fiori, che poi diventa contestazione flittuali, legate alla cultura d’origine e mai integrate
giovanile del sistema sociale e del consumismo. Un né integrabili le une con le altre.
fuoco fatuo durato una decina di anni, poi tutto è tor- 7. Per Bradbury le donne sono superficiali, legate alle
nato come prima. cose materiali, incapaci di sentimenti. Insomma sono
5. Il tema della guerra è in sordina. L’autore fa della delle oche. La libertà di opinione è un diritto, anche
guerra il fuoco che distrugge l’araba fenice. Ma poi quando l’opinione è offensiva. E noi non abbiamo
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nessuna intenzione di contestare o di censurare le sue mestici fanno risparmiare tempo (e creano posti di
idee. Se vogliono, le femministe si diano da fare. Nei lavoro), che si può dedicare a occupazioni più elevate
decenni successivi gli USA sono sconvolti da un o ai propri passatempi. Forse egli non vede le cose
femminismo esasperato e violento, che parla di socie- dal punto di vista delle donne, che si devono occupa-
tà fallocratica e vuole liberarsi del maschio. Un testo re della casa e delle faccende domestiche… La critica
di quegli anni da leggere è ERICA JONG, Paura di sembra di chi non sa che farsene degli elettrodome-
volare (1973), Bompiani, Milano 2000. stici, perché ha la moglie che gli lava i piatti e stira le
8. Secondo l’autore gli intellettuali sono pieni di pau- camicie. D’altra parte alla loro comparsa gli elettro-
ra come Faber e non svolgono la loro funzione di cri- domestici sono rifiutati per due motivi: costano e non
tica verso la società costituita né quello di indicare i c’è denaro per acquistarli (è la storia della volpe che
valori da porre alla base della propria vita. A dire il dice che l’uva è acerba); e costringono a cambiare
vero, egli non ha certamente il cuore di leone: le criti- abitudini millenarie, e ciò è psicologicamente fatico-
che che fa sono modestissime, non sono neanche pun- so. E poi non si sa dove si va a finire. Un’altra rea-
ture di zanzare. Oltre a ciò negli USA gli intellettuali zione di rifiuto (nel romanzo come nella società) è
sono del tutto integrati nel sistema e sarebbe assurdo verso la pubblicità martellante che compare all’im-
pretendere che criticassero veramente o addirittura provviso. È giustamente fastidiosa, ma in seguito è
demolissero il sistema industriale-finanziario che co- addolcita ed anche gli interessi e le orecchie del con-
stituisce la potenza americana. Un modestissimo e sumatore sono difesi. In Italia negli anni Settanta i
confusionario film americano come Easy Rider (Li- film presentati dalle televisioni private sono interrotti
bertà e paura, 1969) diventa addirittura il simbolo ogni dieci minuti dagli spot pubblicitari. E alla fine
della contestazione giovanile, perché fa qualche bana- un film di 90’ dura 150’…
le e insulsa critica al sistema capitalistico americano. 12. L’idea di bruciare libri è interessante e curiosa.
I protagonisti usano la droga e non amano lavorare. I Ma non trova conferma nello sviluppo successivo
cattivi, cioè la classe media americana, odiano i pro- dell’editoria. Probabilmente va intesa in senso meta-
tagonisti perché hanno belle moto e i capelli lunghi. I forico: i libri sono censurati e appiattiti. Resta soltan-
cattivi sono anche ignoranti: non sanno che le moto to il loro riassunto, sempre più breve. In seguito, oltre
non si trovano sotto i cavoli (come i bambini), ma so- ai romanzi di massa, ci sono fotocamere, videocame-
no sfornate dall’industria automobilistica, perciò i re (cassette e videocassette sono ormai scomparsi),
giovani contestatori sono un segmento di mercato CD-ROM e DVD, telefonini, memorie digitali ecc. di
ambito, perché ha (o, il che è lo stesso, i loro genitori massa, che vanno a costituire l’enorme industria della
hanno) forti disponibilità economiche… Presso i gio- comunicazione, dei viaggi e dell’intrattenimento. Ma
vani americani ed europei il film diviene addirittura questi temi sono lontani dal romanzo ed anche lontani
un mito grazie all’avallo dei critici che gli attribui- dagli anni Cinquanta. Oggi i libri d’intrattenimento
scono ben due nomination all’Oscar. costano pochissimo…
9. Il linguaggio è particolarmente curato, è pieno di 13. Il romanzo nasce come una serie di racconti lun-
aggettivi e di metafore. Spesso le immagini retoriche ghi, riuniti in un unico volume nel 1953. È tradotto in
fanno dimenticare la trama sottostante. Il romanzo è italiano (anche con il titolo Gli anni della fenice) dal-
anche un romanzo letterario. Qualcuno potrebbe an- la Mondadori nel 1966. Lo stesso anno diventa un
che dire che è soltanto un buon romanzo letterario, film spettacolare e coinvolgente, giustamente di suc-
che alla società costituita fa una (piccola) critica che cesso, diretto da François Truffaut. Il testo sembra già
il lettore si aspetta e che annuncia senza drammi la una sceneggiatura di film, e di un film a basso costo,
distruzione provocata dai bombardamenti atomici. incentrato sulla recita degli attori. In Italia in quegli
Possibile? Sì, possibile: sono soltanto sogni di una anni non c’era eccesso ma penuria di libri: la popola-
mattina di mezz’estate, che scompaiono dopo la pri- zione non aveva denaro per comperarli e restava af-
ma colazione. famata di cultura d’intrattenimento. Doveva accon-
10. C’è ancora il tema della scienza, vista negativa- tentarsi delle traduzioni televisive dei grandi romanzi
mente: gli elettrodomestici, le armi di distruzione di dell’Ottocento europeo. In bianco e nero fino al 1978.
massa. Negli USA la scienza regala gli elettrodome- 14. Il titolo indica forse il punto di accensione della
stici di massa negli anni Cinquanta, una grandissima carta nella scala delle temperature Fahrenheit. Co-
rivoluzione dentro le mura domestiche, e stava rega- munque sia, nel romanzo 451 è il numero che si trova
lando anche i sacchetti di plastica, non biodegradabili sull’elmetto del protagonista. La prima parte del ro-
e perciò fortemente inquinanti, che 50 anni dopo sono manzo indica un animale mitico, la salamandra, cioè
vietati per legge. Comunque sia, la scienza appare in la cultura, che non brucia al fuoco. La seconda parte
sordina ed è semplicemente la scienza del tempo. I indica il crivello, la mente umana, che non riesce a
computer e altre invenzioni fantascientifiche sono del trattenere la cultura e a pensare a causa della pubbli-
tutto assenti. Lo scrittore è ben lontano dall’ammira- cità martellante e della politica autoritaria e repressi-
zione e dal culto della scienza professati negli stessi va del Governo. La terza parte indica la speranza: il
anni e per decenni da Isaac Asimov, suo coetaneo. fuoco distruttore della guerra aprirà la società a un
11. Lo scrittore rifiuta la società tecnologica, che ha futuro diverso, guidato dalla cultura salvata dai “va-
dato gli elettrodomestici. A dire il vero, gli elettro-do- gabondi”, gli ex docenti universitari. La persecuzione
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dei dissenzienti e dei dissidenti è una costante della
“democrazia” americana, non una semplice intempe-
ranza di McCarth. Ad esempio nel 2003 sono perse-
guitati in vario modo gli appartenenti all’industria ci-
nematografica e televisiva, che si erano detti contrari
alla guerra in Iraq. Molti di essi sono accusati di esse-
re “antiamericani” o “non patriottici”, perché avevano
punti di vista opposti rispetto a quelli del governo.
Insomma nella democrazia americana la libertà di
opinione esiste, purché tu la pensi come il governo.
15. L’opera si può apprezzare (o criticare) e capire
meglio tenendo presente la cultura americana e euro-
pea che va dagli anni Venti agli anni Cinquanta: nel
1927 l’austriaco Fritz Lang gira Metropolis, che mo-
stra un mondo ossessivo scandito dalle macchine; nel
1932 Aldous Huxley pubblica Il mondo nuovo, che
descrive l’uso dell’eugenetica e del controllo mentale,
per forgiare un nuovo modello di società; nel 1947
George Orwell (discepolo di Huxley) pubblica La fat-
toria degli animali (scritta nel 1937-43, pubblicata
nel 1945), una parodia del sistema politico sovietico e
dello stalinismo; nel 1948 Orwell pubblica ancora
1984, una feroce critica ai tre regimi totalitari (Ocea-
nia, Eurasia, Estasia) che si sono spartiti il mondo.
Non sappiamo come gli scrittori sovietici o cinesi ve-
dano la società occidentale. I loro romanzi sono da
sempre censurati. E poi è ovvio che si deve essere
nemici del comunismo, che nega la libertà di pensiero
e di azione, ed amici della democrazia. Per altri ro-
manzi si rimanda a
http://it.wikipedia.org/wiki/Distopia