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, XLVII 45
S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, LXVI------------ 46
Tre cose solamente, LXXXVII ---------------------- 47
PREMESSA -------------------------------------- 9 Dante Alighier, Cecco, ‘l tu’ serv’e amico, CI ---- 48
Dante Alighier, s’i’ so’ begolardo, CII ------------- 49
LA NASCITA DELLE LINGUE NEO-
LATINE ------------------------------------------- 11 IL DOLCE STIL NOVO (1274-94) -------- 50
Guido Guinizelli (1235ca.-1276), Al cor gentil
LE ORIGINI DELLA LETTERATURA rempaira sempre amore, 1274 ----------------------- 50
ITALIANA ---------------------------------------- 12
In taberna quando sumus----------------------------- 14 GUIDO CAVALCANTI (1258-1300) ------ 53
Chume, chume, geselle min! ------------------------- 16 Voi che per li occhi mi passaste ‘l core ------------ 53
Ich was ein chint so wolgetan------------------------ 17 I’ vegno il giorno a te infinite volte ----------------- 54
Vinum dulce gloriosum ------------------------------- 19 In un boschetto trova’ pasturella -------------------- 55
Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.) ------------- 20 Perch’i’ no spero di tornar giammai --------------- 56
V 5.
Bibit hera, bibit herus Beve la padrona, beve il padrone,
bibit miles, bibit clerus beve il soldato, beve il chierico,
bibit ille, bibit illa beve quello, beve quella,
bibit servis cum ancilla beve il servo con la serva,
bibit velox, bibit piger beve il veloce, beve il pigro,
bibit albus, bibit niger beve il bianco, beve il negro,
bibit constans, bibit vagus beve l’indeciso e il costante,
bibit rudis, bibit magnus, beve il dotto e l’ignorante.
VI 6.
bibit pauper et egrotus Beve il povero e l’ammalato,
bibit exul et ignotus beve l’esule e lo sconosciuto,
bibit puer, bibit canus beve il giovane e l’anziano,
bibit presul et decanus beve il vescovo e il decano,
bibit soror, bibit frater beve la sorella con il fratello,
bibit anus, bibit mater beve la nonna con la madre,
bibit ista, bibit ille beve questo, beve quello,
bibunt centum, bibunt mille! bevon cento, bevon mille.
VII 7.
Parum sexcente nummate Durano poco seicento
durant, cum immoderate suffice denari, quando bevon
bibunt omnes sine meta tutti senza limiti, anche se
quamvis bibant mente leta. bevono con animo lieto.
Sic nos rodunt omnes gentes Così la gente ci denigra
et sic erimus egentes. e non ci offre nulla.
Qui nos rodunt confundantur Chi ci disprezza sia castigato
et cum iustis non scribantur! e sia messo tra i disonesti!
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Commento
1. La canzone usa la metrica e la musica di Chiesa:
vuole essere blasfema. Ha scarso valore poetico, ma
non è questo che conta. È invece una canzone corale
o socializzante, che si canta mezzi brilli all’osteria
con il bicchiere in mano. Sul piano letterario può es-
sere considerata una enumerazione, che poteva pro-
cedere finché chi la cantava si stancava.
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Er nam den chocher unde den bogen Poi prese l’arco e la faretra,
bene venabatur cacciava molto bene!
der selbe hete mich betrogen Mi ha ingannato,
ludus compleatur. il gioco è finito.
Hoy et oe Hoy et oe
Maledicantur thylie Maledetti siano i tigli,
iuxta viam posite. posti lungo la via!
Commento
1. Il carme si inserisce nel genere della pastorella: un ragazza per bene… Ma basta non farci caso e ricor-
ragazzo o un uomo adocchia una pastorella, preoccu- darsi che si devono sempre salvare le apparenze. E
pandosi che sia vergine. La porta in mezzo al bosco, fare un po’ di scena.
le promette qualcosa e poi se la frulla. La ragazza ci 7. Il genere della pastorella mostra quel che frulla in
sta male ad essere ingannata (o forse lo voleva…). testa ai maschi, e soprattutto apre uno spiraglio
Ma anche questo fa parte del gioco. sull’immaginario maschile. Ma le ragazze amano far-
2. L’autore apporta al tópos una simpatica variante: il si ingannare…
bilinguismo. Parla alto-tedesco e latino. Le parti più 8. Un altro magico incontro in un bosco si trova più
intense ed erotiche sono semi-celate nel latino. sotto: Guido Cavalcanti (1258-1300), In un boschetto
3. La ragazza crede alle favole dello sfrontato che la trova’ pastorella.
vuole frullare. Le ragazze sono sempre credulone… o
fingono di esserlo? Così si sottraggono a qualsiasi re- Osservazioni
sponsabilità per quanto succede. E da parte sua non 1. Il testo è scritto in latino e appartiene all’area tede-
oppone resistenza quanto lui le strappa di dosso la sca. È ugualmente presentato perché mostra che si
camicetta e tutto il resto. Non si mette neanche a stril- può fare cultura anche cantando i piaceri della vita; e
lare. Riconosce anzi che cacciava/frullava bene. Co- perché permette di cogliere la differenza tra la cultura
me possa esprimere questo giudizio (aveva inizial- italiana ufficiale e quella straniera. Al tempo peraltro
mente detto che era vergine), non si sa. Ma di una esisteva una cultura europea che accomunava tutti gli
donna non si può capire tutto. intellettuali.
4. Il latino si sta trasformando: la forma corretta do- 2. Esso spinge a fare una riflessione su che cos’è la
veva essere: thyliae e positae. La pronuncia ha pre- cultura; e permette di dare una risposta: la cultura è
valso sulla grammatica. Ma si capisce lo stesso. Fa tante cose (cultura economica, religiosa, letteraria,
sorridere la battuta e la maledizione alla fine di ogni scientifica, giuridica, scolastica ecc.); ed è ora piace-
strofetta: la colpa è dei tigli, posti lungo la via. L’han- vole, ora spiacevole, ora interessante, ora noiosa. An-
no drogata con il loro profumo. Non è sua. che il canto goliardico fa parte della cultura; ed anche
5. Quando arriva al bel tiglio e non vede gli strumenti le canzonette dei cantanti e dei cantautori moderni
musicali, la ragazza doveva insospettirsi. E invece no. fanno parte della cultura. Anche se durano una sola
Ascolta ancora il ragazzo, che le dice di sedere, per- stagione e sono del tipo “usa e getta”.
ché avrebbero fatto un gioco. E subito dopo le strappa ------------------------------I☺I-----------------------------
i vestiti di dosso e lei non oppone alcuna resistenza.
6. Niente baci e niente carezze. L’amante la possiede
subito. Lei dice che sapeva frullare bene, e le credia-
mo. Non si lamenta che le abbia fatto male o che ab-
bia fatto le cose in fretta. Forse non era proprio una
Amen. Amen
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Commento
1. La qualità artistica di questa canzone come della
più famosa In taberna quando sumus è modesta. Ma
ciò non è importante. All’osteria non si bada a queste
quisquiglie. Quel che conta è che esse siano orec-
chiabili, spingano a bere, a cantare e ad aggregare la
compagnia. Vinum dulce gloriosum ha poi lo stesso
ritmo e la stessa musica degli inni ecclesiastici, come
Pange, lingua, gloriosi corporis. È una parodia e una
blasfemia… Ma agli studenti si permetteva questo ed
altro: erano nobili, erano ricchi, portavano e spende-
vano denaro dove andavano. Venezia non li vuole
avere tra i piedi, così l’università sorge in terraferma,
a Padova (1222).
2. Esse sono scritti in latino, la lingua ufficiale della
cultura europea del tempo. Il latino resta la lingua uf-
ficiale della scienza fino a Settecento inoltrato. Carl
Nilsson Linnaeus (1707-1778), italianizzato in Lin-
neo, classifica piante e animali con la terminologia
latina, che è tuttora usata.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 19
Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.) Le maggiori correnti del Duecento
Gaio Valerio Catullo è uno dei poetae novi, che rin- Le maggiori correnti letterarie del Duecento sono:
nova la poesia romana. Ha un rapporto complesso a) la Scuola siciliana (1230ca.-1260ca.);
con Lesbia, che divide di mala voglia con i suoi ami- b) la Scuola toscana (1260ca.-1280ca.);
ci. A lui si può confrontare la produzione goliardica. c) la corrente comico-realistica (1260ca.-1310ca.);
d) il Dolce stil novo (1274-1294).
Carmina LXXXV, Odi et amo
Per tutto il secolo poi ha una diffusione capillare la
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. letteratura religiosa, che usa spesso il latino. Il termi-
Nescio, sed fieri sentio et excrucior. ne religioso è soltanto indicativo perché è inadeguato.
La letteratura religiosa è quasi tutta la letteratura esi-
Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile. stente e gli autori sono per lo più ecclesiastici o, in
Non lo so, ma è proprio così, e mi tormento. alternativa, sono laici che hanno intrapreso la ben re-
munerata carriera ecclesiastica ma che in cuore sono
Commento rimasti laici o quasi. Il più importante e il più famoso
1. L’oggetto dell’odio e dell’amore è Lesbia, una ra- è Francesco Petrarca (1304-1374) del secolo succes-
gazza che fa sempe di testa sua e che si concede a chi sivo.
vuole: non è proprietà di nessuno. Le storie della letteratura vogliono fare letteratura al-
---I☺I--- ta, letteraria, quella prodotta dai letterati per i lettera-
ti, che usa l’italiano o il latino, non importa. Ma essa
Carmina V, Vivamus, mea Lesbia è soltanto una parte minima dei testi prodotti nel cor-
so del tempo. A questa scelta si aggiunge pure la dif-
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, fidenza laica verso ciò che ha anche soltanto una par-
rumoresque senum severiorum venza di religioso e un laicismo che si trasforma subi-
omnes unius aestimemus assis. to in sano e violento anticlericalismo. Così sono
Soles occidere et redire possunt; emarginate la letteratura religiosa e la letteratura po-
nobis cum semel occidit brevis lux, polare, che invece sono diffusissime e coinvolgono la
nox est perpetua una dormienda. maggioranza della popolazione. Sarebbe meglio fare
Da mi basia mille, deinde centum, pure la storia dei testi religiosi e popolari, anch’essi
dein mille altera, dein secunda centum, appartengono alla storia, alla cultura e alla società.
deinde usque altera mille, deinde centum; ------------------------------I☺I-----------------------------
dein, cum milia multa fecerīmus,
conturbabimus illa, ne sciamus, La letteratura religiosa
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum
I maggiori esponenti della letteratura religiosa sono
Viviamo, o mia Lesbia, e amiamo Francesco d’Assisi (1182-1226), Tommaso da Celano
e ogni mormorio perfido dei vecchi (1190ca.-1260), Tommaso d’Aquino (1225-1274) e
valga per noi la più vile moneta. Jacopone da Todi (1236ca.-1306).
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma, quando muore il nostro breve giorno, Francesco d’Assisi (1182-1226) è figlio di un ricco
dormiremo una notte infinita. mercante, conduce una vita dissipata, quindi ha una
Tu dammi mille baci, e quindi cento, crisi religiosa che lo porta a convertirsi. Fonda l’ordi-
poi dammene altri mille, e quindi cento, ne dei frati minori, i cui ideali sono l’umiltà, la pover-
quindi mille continui, e quindi cento. tà, la castità e una totale fiducia nella Provvidenza di-
E quando poi saranno mille e mille vina. Francesco propone questi valori in una società
nasconderemo il loro vero numero, dilaniata dai contrasti politici tra fazioni rivali e dalle
che non getti il malocchio l’invidioso polemiche religiose, che impegnano le sette eretiche
per un numero di baci così alto. contro la corruzione della Curia romana. Egli vuole
riformare la Chiesa restando dentro la Chiesa, perciò
Commento chiede ed ottiene il riconoscimento della Regola pri-
1. L’amore è l’unico rimedio contro la brevità della ma verbalmente da papa Innocenzo III nel 1209, poi
vita (e degli acciacchi), perciò è meglio approfittarne. ufficialmente da papa Onorio III nei 1223. Muore nel
Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.) scrisse: 1226.
II 2.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, Che tu sia lodato, o mio Signore, con tutte le creature,
spetialmente messor lo frate sole, specialmente [per averci dato] messer fratello Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui. che è luce del giorno, e tu c’illumini per mezzo di lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, Esso è bello e irraggia grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione. di te, o Altissimo, è il simbolo.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella luna e le
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. in cielo le hai create lucenti, preziose e belle. stelle:
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello vento,
et nubilo et sereno et onne tempo, il cielo nuvoloso e sereno e ogni tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento. per mezzo del quale sostieni la vita delle tue creature.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. che è molto utile, umile, preziosa e casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello fuoco,
per lo quale ennallumini la nocte, per mezzo del quale tu illumini la notte:
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte. esso è bello, gioioso, gagliardo e forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, Che tu sia lodato, o mio Signore, per nostra sorella
la quale ne sustenta et governa, madre terra, che ci nutre e ci governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. e produce diversi frutti, fiori colorati ed erba.
III 3.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano Che tu sia lodato, o mio Signore, per coloro
per lo tuo amore, che perdonano per tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione. e sopportano malattie e sofferenze.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, Beati coloro che le sopporteranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano incoronati. che da te, o Altissimo, saranno accolti in paradiso.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corpo- Che tu sia lodato, o mio Signore,
rale, per nostra sorella morte del corpo,
da la quale nullu homo vivente pò skappare: dalla quale nessun uomo vivente può fuggire:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; guai a coloro che morranno in peccato mortale;
beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, beati quelli che troverà nella tua santissima volontà,
ka la morte secunda no ‘l farrà male. perché la morte dell’anima non farà loro alcun male.
IV 4.
Laudate et benedicete mi’ Signore Lodate e benedite il mio Signore,
et ringratiate et serviateli cum grande humilitate. e ringraziatelo e riveritelo con grande umiltà.
Riassunto. 1) Francesco si rivolge a Dio, altissimo e peccato mortale ma in grazia di Dio e che la evi-
onnipotente. 2) E lo loda perché ci ha dato tutte le teranno. 4) Infine invita a lodare, riverire e servire
creature. Lo loda perché ci ha dato il sole, che ci il- Dio con grande umiltà.
lumina. Perché ci ha dato la luna e le stelle, che bril-
lano in cielo e sono preziose e belle. Perché ci ha dato Commento
il vento, il cielo nuvoloso e sereno, con cui nutre le 1. Francesco scrive le due Regole, il Cantico di Frate
sue creature. Perché ci ha dato l’acqua, che è utile, e Sole (o Laudes creaturarum) e il Testamento. Il can-
il fuoco, che illumina la notte. E perché ci ha dato la tico, scritto forse nel 1224, riprende due salmi della
terra, che ci nutre con i suoi frutti ed è piena di fiori. Bibbia (Salmo 148; Daniele III, 52-90), che invitano
3) Poi loda coloro che perdonano e che sopportano le le creature a lodare Dio. Esso presenta una difficoltà
sofferenze e le malattie con pazienza, e che saranno di interpretazione: il significato da dare alla preposi-
premiati con il paradiso. Loda la morte, che nessuno zione per dei vv. 10, 12, 15, 17 ecc. Per può signifi-
può evitare. Sono beati coloro che non morranno in care da (e allora le creature sono invitate dallo scritto-
Quid sum miser tunc dicturus? Che cosa io, infelice, allora dirò?
quem patronum rogaturus, quale avvocato chiamerò,
cum vix justus sit securus? quando a stento il giusto sarà sicuro?
Amen. Amen.
Commento 5. Il latino del testo è facile. Per chi studia latino può
1. Il Dies irae è una delle sequenze (=testi poetici che essere un’occasione per dimostrare le proprie capaci-
si adattano al canto) più note del latino medioevale, e tà di traduttore. Il contatto con il testo è il miglior
ancor oggi è inserita nella liturgia dei defunti. Esso modo per imparare una lingua, soprattutto una lingua
mostra quanto la spiritualità medioevale sentisse in antica, che non si usa mai parlata. Grammatica e sin-
termini drammatici il problema della salvezza eterna tassi aiutano.
ed il problema del rapporto dell’uomo con Dio, suo ------------------------------I☺I-----------------------------
creatore.
2. Il testo è scritto in latino, la lingua ufficiale della Il frate domenicano Tommaso d’Aquino (1225-
Chiesa (e della cultura del tempo). Se si esclude la 1274) è considerato l’autore dell’inno Pange, lingua.
vasta produzione di Jacopone da Todi, la letteratura Il teologo si dedica alle questioni dottrinarie e filoso-
religiosa in lingua italiana non presenta testi di uguale fiche, alla diffusione delle sue tesi e alla costruzione
intensità e valore sino agli Inni sacri di Alessandro di un sistema di pensiero che la Chiesa farà proprio
Manzoni (1785-1873). nei decenni successivi. Si impegna però anche a scri-
3. La vita umana è vista come un cammino verso il vere inni sacri che permettano di esprimere coralmen-
ricongiungimento con Dio nell’altra vita. La vita ter- te la fede. La fede non ha solamente una dimensione
rena quindi è vista e vissuta costantemente in funzio- razionale e filosofica, ma ha anche una dimensione
ne della vita ultraterrena. Il Giudizio Universale, a cui più semplice e immediata, che si esprime nel canto.
tutta l’umanità sarà sottoposta, è uno dei motivi più
diffusi nell’immaginario collettivo medioevale. D’al-
tra parte l’uomo medioevale, che non conosceva né
l’igiene né la medicina né il controllo della natalità né
un’alimentazione sufficiente, viveva in costante con-
tatto con la morte nella vita quotidiana.
4. Il giusto teme di finire nel fuoco eterno. Per evitare
ciò, non si rivolge alla Madonna, il cui culto si stava
diffondendo e consolidando, ma ancora a Gesù. Inve-
ce nella Divina commedia (Pd XXXIII, 1-54; 1317-
21) Bernardo e tutti i santi si rivolgono alla Madonna.
Commento
sono attive soltanto in relazione a nemici esterni (e
1. Il testo è fedele ai Vangeli, presenta le verità della
non sempre).
fede, ma mostra anche una divinità vicina agli uomi-
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ni. L’inno è incentrato sul dogma dell’eucarestia: il
pane e il vino si trasformano veramente nel corpo e
nel sangue di Gesù. Poi la comunione in chiesa e l’a-
gàpe, il pranzo privato, consolidano i rapporti sociali.
2. La conclusione è comprensibile: la centralità di
Dio, uno e trino, serve a contenere i contrasti e le ten-
sioni tra gli uomini. Mentre si loda la Santissima Tri-
nità, non si ha tempo per litigare. La storia però inse-
gna che l’unità e la compattezza di un gruppo sociale
Quis est homo, qui non fleret, Chi è l’uomo che non piangesse,
Matrem Christi si vidéret se vedesse la Madre di Cristo
in tanto supplìcio? in tanto supplizio?
Fac, ut árdeat cor meum Fa’ che il mio cuore arda d’amore
in amándo Christum Deum, per Cristo Dio, affinché io sia contento
ut sibi compláceam. dei sentimenti che provo.
Fac me tecum pie flere, Fa’ che io pianga con te, o pia,
Crucifìxo condolére e che io soffra insieme con il crocifisso,
donec ego vìxero. finché io vivrò.
Fac me cruce custodìri O Cristo, fa’ che io sia custodito dalla croce,
morte Christi praemunìri, che io sia protetto dalla tua morte,
confovéri grátia. che sia favorito dalla grazia.
Amen. Amen.
Enfin del mondo a la finita Fino alla fine del mondo (=fino alla morte)
sì mme duri questa vita mi sia data questa vita,
e poi, a la scivirita, e poi alla partenza [per l’al di là]
dura morte me sse dìa. mi sia data una dura morte.
Commento
1. Jacopone è un grande letterato: la laude ha rime la morte erano le compagne quotidiane di ogni uomo
difficili (i primi tre versi di ogni quartina hanno la e di tutte le classi sociali. Le città erano fogne a cielo
stessa rima; il quarto rima con i quarti versi di tutte le aperto: da un millennio non avevano fogne. E l’igiene
altri quartine). È nobile e perciò parla di cortesia. In rimane sconosciuta per un altro mezzo millennio.
seguito il Dolce stil novo parlerà di gentilezza. 4. Jacopone vede in termini positivi la sofferenza, i
2. Per 17 quartine in un crescendo spasmodico il poe- tormenti e la distruzione del corpo, purché in funzio-
ta si augura ogni sofferenza e ogni tormento, fino a ne di uno scopo più alto. Contemporaneamente i va-
giungere all’autodistruzione, perché soltanto liberan- lori dominanti sono completamente opposti: il potere,
dosi del corpo può raggiungere la mistica unione con la ricchezza, il piacere. Insomma i valori non sono né
Dio; e perché, come spiega nell’ultima quartina, sol- unici né assoluti. La scelta dipende dall’epoca in cui
tanto in questo modo può infliggersi un’adeguata pu- si nasce, dal luogo in cui si nasce, dalla famiglia in
nizione per i suoi peccati: Dio lo ha creato con un atto cui si nasce e da moltissime altre circostanze.
d’amore ed egli risponde con la più totale ingratitudi- ------------------------------I☺I-----------------------------
ne. Proprio questa ingratitudine ha ucciso Cristo sulla
croce. Il poeta si sente responsabile della morte di
Cristo: sono stati i suoi peccati, i peccati degli uomini
a ucciderlo sulla croce.
3. I tormenti che il poeta si augura non sono pura fin-
zione letteraria: nel Medio Evo e sino a tempi recenti
l’uomo soffriva effettivamente, anche se non se lo au-
gurava, perché la medicina era impotente anche a cu-
rare le più piccole malattie. Gli analgesici e la peni-
cillina compaiono a metà Novecento. La sofferenza e
CRISTO Mamma col core afflitto, CRISTO O mamma, con il cuore afflitto
entro ‘n le man’ te metto tra le mani ti metto
de Ioanni, meo eletto; di Giovanni, il mio prediletto:
sia to figlio appellato. sia chiamato tuo figlio.
VERGINE Figlio, l’alma t’è ‘scita, VERGINE O figlio, l’anima ti è uscita [dal corpo],
figlio de la smarrita, figlio della smarrita,
figlio de la sparita, figlio della sperduta,
figlio attossecato! figlio avvelenato!
Commento
1. La laude si compone di 33 quartine (esclusa la ri- il quarto rima con i quarti versi di tutte le altri quarti-
presa) che corrispondono agli anni di Cristo quando ne); fa un ampio ed efficace uso delle figure retori-
venne crocifisso, mentre la descrizione del suo corpo che, in particolare dell’anafora (o ripetizione); e fa
inchiodato alla croce si concentra nei vv. 64-75, dun- stare il dialogo di ogni protagonista in una o più quar-
que nelle tre strofe centrali del componimento, con tine intere. Il linguaggio è sempre comprensibile ed
una perfetta simmetria e nel rispetto della simbologia intenso. I punti oscuri sono pochissimi, son dovuti al
religiosa del numero tre. Il testo ha rime difficili (i fatto che la lingua si sta formando. Lo sforzo dell’e-
primi tre versi di ogni quartina hanno la stessa rima; laborazione letteraria non si sente mai. La Madonna è
chiamata donna, cioè domina, signora del paradiso.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 32
2. I protagonisti sono pochi ed essenziali, e ciò ag- più strazianti del martirio e invita Maria a soccorrere
giunge ulteriore drammaticità alla laude: Vergine, il figlio; interviene poi la voce della folla che incita
nunzio, popolo, Cristo. Pilato è nominato e Giovanni alla crocifissione, secondo la visione medievale del
è presente, ma non parlano. In tal modo il poeta in- popolo ebreo deicida, quindi animato dal desiderio di
centra la laude sulla Madonna e ne aumenta il caratte- martirio verso Cristo.
re drammatico. 6.3. La prima parte della lauda contiene soprattutto la
3. Il testo di Jacopone vuole essere aderente alla pas- descrizione della Via crucis con le urla della folla
sione di Cristo raccontata dai primi tre Vangeli. Il all’indirizzo di Gesù e gli oltraggi al suo corpo, men-
poeta però introduce due novità: vede la passione con tre nella seconda parte (dopo che Cristo è stato in-
gli occhi angosciati della Madonna; la Madonna si chiodato alla croce) ha grande spazio il dolore di Ma-
comporta come una comune madre, straziata per la ria, che si abbandona a un “corrotto” (un lamento fu-
perdita del figlio. nebre) commovente e straziante: la Vergine si rivolge
4. Nel Duecento compaiono diverse concezioni della direttamente al figlio, sottolinea la sua innocenza e il
divinità e della religione: quella di un Dio sereno che fatto che sia martirizzato senza colpa, ne fa l’elogio
ama e si preoccupa delle sue creature di Francesco con una serie di epiteti esornativi (l’anafora “figlio” è
d’Assisi, quella di un Dio giudice terribile ed impla- ripetuta per quattro quartine consecutive, vv. 112-
cabile di Tommaso da Celano, quella drammatica di 127, poi Maria lo chiama “bianco e vermiglio”,
un Dio che si sacrifica per l’umanità peccatrice di Ja- “bianco e biondo”, “volto iocondo”). Il suo dolore è
copone da Todi. Oltre a queste c’è quella di un Dio quello tutto umano di una donna che vede il figlio
razionale che aristotelicamente infonde il movimento morire e vorrebbe essere uccisa insieme con lui, men-
all’intero universo come fine a cui tutti gli esseri ten- te alla fine rimane in lacrime ai piedi della croce.
dono, proposta da Tommaso d’Aquino (1225-1274),
che è fatta propria da Dante nella Divina commedia e Osservazioni
poi, nei secoli successivi, dalla Chiesa. La tradizione 1. Il testo precedente è stato così costruito: a) si sono
cristiana però conosce ancora il Dio-Signore degli indicate le maggiori correnti del Duecento; poi b) si
eserciti dell’Antico testamento e il Dio-Amore del passa a parlare della letteratura religiosa (nel seguito
Nuovo testamento (i primi tre Vangeli e le lettere de- delle altre correnti poetiche); quindi c) si presentano
gli apostoli); ma anche il Dio-ó, cioè il Dio- in ordine cronologico i maggiori autori della lettera-
Parola, del Vangelo secondo Giovanni, che risente tura religiosa (dei più importanti c’è un cenno alla vi-
della filosofia ellenistica, il Dio che sconvolge l’ani- ta e all’opera; per il Cantico delle creature poi si de-
mo e che si trova dentro il proprio cuore di Agostino ve chiarire il probabile significato di per).
di Tagaste (354-430), vescovo d’Ippona, poi il Dio 2. I commenti servono a commentare i testi ed anche
dei mistici medioevali e il Dio razionale di Tommaso ad allargare la prospettiva di analisi: Dio, nel corso
d’Aquino (1225-1274). della storia, è stato interpretato in molti modi, tra loro
5. L’immagine della Madonna della sequenza di diversi ed anche contraddittori.
Tommaso d’Aquino e della laude di Jacopone si può 3. I commenti servono anche per indicare la contrap-
confrontare anche con quella delineata da Dante in posizione di valori tra la visione religiosa, che domi-
Pd XXXIII, 1-39, quando san Bernardo invoca la nava la cultura e l’immaginario collettivo, e la visione
Vergine affinché interceda per il poeta presso Dio. laica della vita, che si andava affermando con lo svi-
6. Un esempio di lettura letteraria ed erudita, ma di luppo dei commerci.
buon livello: 4. Il lettore, se vuole, può prendere posizione a favore
6.1. Il testo ha la forma metrica di una ballata di versi o contro ognuna di tali visioni della vita: la cultura
settenari, con una ripresa di tre versi (rima YYX) e 33 non è mai passività davanti al testo né davanti al
strofe di quattro versi ciascuna (rima AAAB). Sono mondo; è scelta motivata delle proprie posizioni e dei
presenti rime siciliane ai vv. 1-2 (Paradiso / preso), propri valori.
vv. 28-29 (crucifige / rege), vv. 37-38 (compagnuni / ------------------------------I☺I-----------------------------
encoroni), vv. 48-49 (croce / aduce), vv. 60-61 (vesti-
re / vedere), vv. 104-105 (afflitto / metto). Una rima
imperfetta è ai vv. 76-77, corrotto / deporto.
6.2. La passione di Cristo è rappresentata nella sua
crudezza e nella sua umanità, poiché Gesù è mostrato
come un uomo che soffre e il cui corpo è flagellato e
sottoposto a crudeli ferite. Altrettanto umana la figura
della Madonna, il cui dolore è quello di una madre
che soffre a vedere il figlio torturato senza colpa
(all’inizio Maria tenta inutilmente di convincere la
folla e Pilato dell’innocenza del figlio). Nelle prime
strofe la sua voce si alterna a quella di un fedele (for-
se Giovanni, l’apostolo prediletto, a cui Cristo affida
la madre alla fine del testo) che descrive i momenti
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 33
La Scuola siciliana (1230-60) Talvolta qualcuno s’innamora
senza vedere la donna di cui è innamorato;
ma quell’amore che sconvolge con furore
La Scuola siciliana sorge a Palermo alla corte di Fe- nasce soltanto dalla vista degli occhi:
derico II di Svevia (1194-1250) verso il 1230 con
Giacomo da Lentini e si conclude verso il 1260 con la perché gli occhi rappresentano al cuore
fine della potenza sveva in Italia (1266, battaglia di il buono e il cattivo di ogni cosa che vedono,
Benevento), ma già dopo il 1250 dà segni di stan- rappresentano cioè come essa è realmente;
chezza.
I poeti più importanti sono Giacomo da Lentini e il cuore, che accoglie questa idea,
(1210ca.-1260ca.), Giacomino Pugliese (seconda me- si rappresenta ciò, e gli piacere quel desiderio:
tà del sec. XIII), Pier delle Vigne (1190ca.-1269), e questo è l’amore che regna tra la gente.
Guido delle Colonne (1210ca.-dopo il 1289) e lo stes-
so imperatore. Riassunto. L’amore – dice il poeta – è un desiderio
Essa canta una donna stilizzata, che ha i capelli bion- che proviene dal cuore che prova grandissimo piace-
di, gli occhi azzurri, ama truccarsi, ma che non ha una re. In un primo momento l’amore è generato dagli
personalità specifica. Si riallaccia alla cultura proven- occhi, in un secondo momento è nutrito dal cuore.
zale, da cui riprende il tema dell’amore, e polemizza Talvolta qualcuno si innamora senza vedere la donna
con il poeta provenzale Jaufré Rudel, che cantava amata. Ma quell’amore che sconvolge nasce soltanto
l’”amore di terra lontana”, cioè l’amore per una don- attraverso gli occhi, poiché soltanto essi mostrano al
na che non si era mai vista ma di cui si erano sentite cuore gli aspetti belli e brutti di ogni cosa. Poi il cuo-
lodare le virtù. L’amore che essa canta è un amore re si rappresenta l’immagine che riceve, e prova pia-
fisico, legato alla bellezza della donna. Questo moti- cere per questo desiderio. Questo è l’amore che regna
vo è trattato in particolare da Giacomo da Lentini, tra la gente.
che propone pure un altro motivo: la rivalutazione
della figura femminile, tradizionalmente considerata Commento
dalla Chiesa come causa del peccato e della perdizio- 1. Il poeta polemizza con la concezione provenzale
ne dell’uomo, sulla falsariga di Eva che tenta Adamo. dell’amore cantata da Jaufré Rudel, l’amore di terra
La Scuola siciliana condiziona profondamente la let- lontana, per una donna lontana, mai vista. E propone
teratura italiana successiva, la Scuola toscana come il una concezione che si basa sulla concretezza: egli ve-
Dolce stil novo. de la donna; la visione entra per gli occhi e giunge
fino al cuore; il cuore batte forte e prova piacere a
Giacomo da Lentini (1210ca.-1260ca.), rappresentarsi l’immagine della donna. Questo è
Amor è uno desio l’amore normale, praticato dalla maggioranza delle
persone. L’amore passa da una visione aristocratica
Amor è un desio che ven da core ed esclusivistica ad una visione più vicina alla vita
per abbondanza di gran piacimento; quotidiana.
e li occhi in prima generan l’amore 2. L’amore è fisico, e provocato dalla bellezza fisica
e lo core li dà nutricamento. della donna. La donna è caratterizzata fisicamente,
non in altro modo. Essa si presenta nella forma di una
Ben è alcuna fiata om amatore bellezza stilizzata e stereotipata: è bionda, ha i capelli
senza vedere so ‘namoramento, lunghi, si trucca. Non ha alcuna identità psicologica.
ma quell’amor che stringe con furore 3. Giacomo da Lentini è considerato l’inventore del
da la vista de li occhi ha nascimento: sonetto, un breve componimento di 14 versi di ende-
casillabi (cioè di 11 sillabe), organizzati in due quar-
che li occhi rappresentan a lo core tine seguite da due terzine, variamente rimati tra loro.
d’onni cosa veden bono e rio, ---I☺I---
com’è formata naturalmente;
Commento
1. Il poeta prova un sentimento di ebbrezza estatica
davanti alla sua donna. L’intensità di questa emozio-
ne è resa ripetendo più volte la parola viso (anafora). I
versi riescono a riprodurre efficacemente questa esta-
si terrena e laica. Essa va confrontata con l’estasi mi-
stica di Jacopone da Todi (O Segnor, per cortesia) o
di Dante (Pd XXXIII, 97-145).
2. Il sonetto si propone di usare il maggior numero di
volte la parola-chiave viso: ben 10. Il poeta vuole di-
mostrare la sua abilità in questa sfida difficile. Anche
Dante, con le rime petrose, si cimenta in questo gene-
re letterario. Si allena per scrivere la Divina comme-
dia.
3. In questo sonetto, ma anche negli altri, il poeta po-
lemizza con un’altra concezione dell’amore prove-
niente dalla Francia, quella di Andrea, cappellano del
re di Francia. Nel De amore questi propone la tesi che
l’amore è pena ed è tormento, che la natura ha voluto
infliggere all’uomo. Questa concezione si diffonde in
Europa alla fine del sec. XII.
Io m’aggio posto in core a Dio servire, Io mi sono proposto in cuore di servire Dio,
com’io potesse gire in paradiso, per poter andare in paradiso,
al santo loco ch’aggio audito dire, nel santo luogo, dove (ho sentito dire),
u’ si manten sollazzo, gioco e riso. c’è sempre divertimento, gioco e risate.
Sanza mia donna non vi voria gire, Senza la mia donna non vi vorrei andare,
quella c’ha blonda testa e claro viso, quella che ha i capelli biondi e il viso luminoso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
perché senza di lei non potrei essere felice,
estando da la mia donna diviso.
restando separato dalla mia donna.
Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io peccato ci volesse fare; Ma non lo dico con questa intenzione,
se non veder lo suo bel portamento di voler peccare con lei;
ma per vedere il suo bel portamento,
e lo bel viso e ‘l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento, il bel viso e il dolce sguardo,
veggendo la mia donna in ghiora stare. perché riterrei una grande consolazione
vedere la mia donna stare in paradiso.
Riassunto. Il poeta dice di aver fatto un proponimen- ------------------------------I☺I-----------------------------
to: servire Dio per andare in paradiso. Però non ci
vuole andare senza la sua donna, che è bionda, ha il
viso chiaro e si trucca. Egli la vuole in paradiso non
per peccare, ma per poter ammirare il suo bell’a-
spetto: sarebbe una grande consolazione poterla vede-
re nella gloria dei cieli.
Commento
1. Il poeta trova il modo per rendere compatibili
l’amore per la sua donna e la salvezza ultraterrena.
Tradizionalmente la donna era considerata la tentatri-
ce, che conduceva l’uomo alla dannazione eterna
(nella Bibbia essa, istigata dal serpente, tenta l’uomo
con la mela, e porta il genere umano a una vita di fa-
tiche e di sofferenze). Ora essa diventa l’intermedia-
ria tra l’uomo e Dio: se l’uomo si salva, si salva per
merito della donna, che è una creatura celeste. Inco-
mincia così l’opera di recupero della figura femmini-
le. Contemporaneamente sorge e si diffonde il culto
della Madonna, la Madre di Dio, alla quale il fedele si
rivolge di preferenza per piegare la volontà del Figlio
e ottenere la grazia.
Riassunto. Il poeta vede la sua donna innamorata e si 2. La cultura laica deve fare i conti con la Chiesa, che
rallegra. Ricorda quando la baciava e le accarezzava i da secoli ha il completo dominio della cultura tradi-
seni. La donna lo rimprovera: non è buona usanza zionale. Essa perciò deve trovare il suo spazio pren-
partire e lasciare la propria donna. Egli allora la rac- dendo e reinterpretando un motivo del campo avver-
comanda a Dio, mentre lei sospira e piange, perché sario: la figura della donna. Per la Chiesa la donna era
non vuol lasciarlo partire. Ma egli non va tanto lonta- sia Eva, la tentatrice, che induceva l’uomo al peccato,
no da dimenticarla. E, quando al ritorno la rivede, sia la Vergine Maria, che accettava di diventare Ma-
cessa di soffrire e si rallegra di gioia. dre di Dio, per salvare l’umanità interra. Per la nuova
cultura la donna è colei con cui si va insieme in para-
Commento diso o colei che si ammira in paradiso. Una volta sot-
1. Il poeta svolge il tema della partenza. La sua donna tratto all’ambito della cultura ecclesiastica, questo
lo ama e la partenza gli è dura. Ricorda quando l’ab- tema può conoscere numerose variazioni all’interno
bracciava e le accarezzava i seni. Ora lei piange, per- della successiva produzione letteraria in campo laico.
ché non vuole che parta. Egli la raccomanda a Dio. ------------------------------I☺I-----------------------------
Ma non va tanto lontano da dimenticarla. E, quando
ritorna, il suo cuore cessa di soffrire e si rallegra.
Tutt’or ch’eo dirò “gioi”, gioiva cosa, Ogni volta che dirò “gioia”, [cioè] cosa gioiosa,
intenderete che di voi favello, intenderete che parlo di voi (=la donna del poeta),
che gioia sete di beltá gioiosa che siete gioia piena di gioiosa bellezza
de gioia di piacer gioioso e bello; e gioia (=fonte) di piacere gioioso e bello;
e gioia in cui gioioso avenir posa, E gioia in cui riposa un gioioso avvenire; gioia
gioi d’adornezze e gioi di cor asnello; che nasce dal bel portamento e dal corpo snello;
gioia in cui viso è gioi tant’amorosa gioia, in cui il viso è gioia tanto piena d’amore,
ched è gioiosa gioi mirare in ello. che è gioia gioiosa fissare gli occhi in esso.
Per ch’eo, gioiosa gioi, sì disioso Perciò io, o mia gioia gioiosa, mi ritrovo
di voi mi trovo, che mai gioi non sento così desideroso di voi, che mai gioia non sento
se ‘n vostra gioi il meo cor non riposo. se nella vostra gioia non ripongo in pace il mio cuore.
Riassunto. Il poeta vuole parlare della sua donna co- che risulta per un certo verso povera, perché il poeta
me della gioia che è fonte di gioia e di piacere per lui. deve preoccuparsi di usare il numero più elevato pos-
Egli prova gioia nel guardare il suo aspetto gioioso e sibile di volte la parola gioia. Egli ha due possibilità:
il suo corpo snello. Prova gioia nel pensare a lei e o articola il complimento e la lode o sacrifica l’arti-
nell’ammirarla. Egli potrà provare gioia e trovare pa- colazione della lode per usare una volta in più la pa-
ce soltanto se il suo cuore potrà riposare in lei. Il rias- rola chiave. Il climax riesce a controbilanciare ade-
sunto, che riferisce semplicemente la trama o il con- guatamente l’anafora. Il sonetto va perciò valutato
tenuto, è inadeguato: per il poeta ciò che conta è la come espressione di abilità, non da altri punti di vista.
capacità di usare il maggior numero possibile di volte Da altri punti di vista esso potrebbe perdere il suo fa-
la parola gioia e la capacità di rendere il sentimento scino e il suo impatto sul lettore.
di estasi amorosa che egli prova davanti alla sua 2. Guittone si riallaccia alla poesia provenzale del
donna, la sua gioia. trobar clus (fine sec. XII), che era la poesia chiusa,
difficile e per pochi eletti. Egli però abbandona i pro-
Commento positi provenzali di una poesia enigmatica, per dare
1. Il poeta ripropone l’estasi mistica che Giacomo da prova di bravura e di estrema perizia retorica. Il so-
Lentini (1210ca.-1260ca.) provava davanti al volto netto però è anche tutto pervaso da un profondo sen-
della sua donna nel sonetto Lo viso mi fa andare ale- timento di gioia, alla cui origine sta la donna, la sua
gramente. Il poeta siciliano ripeteva all’infinito la pa- bellezza e il piacere che essa riesce a dare e a far pro-
rola viso. Guittone invece ripete la parola gioia o vare al poeta con il suo bell’aspetto fisico e con il fa-
l’aggettivo derivato ben 25 volte in soli 14 versi. La scino che emana.
figura retorica adoperata è la ripetizione (o anafora), 2.1. Negli stessi decenni di Guittone Jacopone da To-
accompagnata però da una gradazione ascendente (o di (1236ca.-1306) scrive la laude drammatica Donna
climax ascendente). de paradiso, nella quale usa l’anafora ed il climax.
1.1. L’anafora ed il climax estatico nascondono l’area Egli canta però l’amore mistico o, meglio, il dolore
in cui si sviluppa il sonetto: si tratta semplicemente di della Madonna davanti al Figlio crocifisso. La parola
una lode che il poeta rivolge alla sua donna, una lode più volte ripetuta è figlio. E la Madonna è presentata
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 38
come una madre comune, che perde il figlio. Il coin- e gli animi, l’aspetto angelicato, l’invito a sospirare.
volgimento non è sognante ed estatico, è violento, 2.3. Dopo Guittone Petrarca (1304-1374) si cimenta
angoscioso e drammatico. nel riprodurre questa ascesi mistica mediante anafora
2.2. Sempre negli stessi anni Dante (1265-1321) af- e climax. Nel sonetto Benedetto sia ‘l giorno e ‘l me-
fronta il motivo della lode e dell’effetto, che la donna se e l’anno (LXI) parla del suo innamoramento per
provoca nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare Laura, la donna dei suoi pensieri. Egli benedice tutto
la donna mia, che ha un livello artistico senz’altro più ciò che riguarda il suo incontro con la donna (l’anno,
elevato. Il poeta ha scelto di costruire il sonetto sul il mese, il giorno e l’ora in cui l’ha incontrata ed an-
saluto che riceve dalla sua donna, sull’effetto che essa che le pene d’amore), quindi conclude dicendo che
fa su chi incontra (gli occhi non hanno il coraggio di pensa soltanto a lei e che nel suo cuore non c’è posto
guardarla) e sull’effetto che la donna ha sull’animo di per nessun’altra.
chi saluta. Egli sceglie un ritmo lento, che sottolinea 2.4. I diversi poeti quindi costituiscono delle varianti
la dolcezza che la donna infonde negli animi di chi la sullo stesso motivo letterario. Ciò si può presentare
ammira. E sceglie anche una struttura più complessa, anche a proposito di molti altri motivi: la donna, il
le vie della città, il saluto atteso, l’effetto sugli occhi dolore, la sera, i valori, l’attesa, la felicità ecc.
---I☺I--- ---I☺I---
La corrente comico-realistica sorge in Toscana nella Accorri accorri accorri, uomo, qui sulla strada!
seconda metà del Duecento e si conclude agli inizi
del Trecento. Si chiama così, perché tratta argomenti [Cecco ai passanti:]
bassi, che riguardano la vita quotidiana, popolari. Fa C: Accorri, accorri, accorri, uomo, sulla strada!
riferimento alla teoria dei generi e degli stili: trage- [Un passante si ferma.]
dia/alto, commedia/medio, elegia/basso. In ogni caso P: Che hai, figlio di puttana? – C: Io son derubato!
le poesie dimostrano grandi capacità letterarie. I poeti P: Chi t’ha derubato? – C: Una che par che rada
più importanti sono il fiorentino Rustico Filippi (1230 come un rasoio, tanto mi ha ripulito!
ca.-1300ca.) e il senese Cecco Angiolieri (1260ca.-
1312ca.). Però anche Guido Guinizelli e Guido Ca- P: Perché non le hai dato un colpo di spada?
valcanti si cimentano in questo genere letterario. Lo C: Io lo darei invece a me – P: Ma sei impazzito?
stesso Dante scambia tre velenosi sonetti con il co- C: So che non me lo ridà, così mi pare che faccia.
gnato Forese Donati, che ricambia. P: Neanche t’avesse accecato, o sciagurato!
La mia malinconia è tanta e tale, La mia malinconia (=umor nero) è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli ‘l sapesse che io non dubito che, se lo sapesse
un che mi fosse nemico mortale, uno, che mi fosse nemico mortale,
che di me di pietade non piangesse. piangerebbe su di me per la compassione.
Quella, per cu’ m’avven, poco ne cale; La donna, che amo, poco si cura di me:
che mi potrebbe, sed ella volesse, ella, se lo volesse, mi potrebbe
guarir ‘n un punto di tutto ‘l mie male, guarire in un momento da tutti i miei mali;
sed ella pur: “I’ t’odio” mi dicesse. basterebbe che mi dicesse soltanto: “Io ti odio!”.
ch’ella non cura s’i’ ho gioi’ o pene, che ella non si preoccupa se sono felice o infelice,
men ch’una paglia che le va tra’ piei: meno di una paglia che le va tra i piedi.
mal grado n’abbi Amor, ch’a le’ mi diène Maledetto sia il dio Amore, che mi diede a lei!
Riassunto. Il poeta è tanto triste, che anche un suo straordinaria abilità retorica.
nemico mortale avrebbe pietà di lui: la donna che 2. Nel sonetto la donna e il poeta sono sullo stesso
ama non s’interessa di lui. Potrebbe guarirlo da ogni piano: si amano, litigano, non si amano più, esprimo-
male anche soltanto dicendogli che lo odia. Invece gli no i loro desideri e i loro umori. Alla fine del sonetto
risponde che non gli vuol né male né bene, e che vada questo realismo letterario fa il verso ai coevi poeti-
a farsi i fatti suoi. Non si preoccupa se egli è felice o letterati, e si trasforma in ironica e beffarda personifi-
infelice, meno di una paglia che le vada tra i piedi. cazione del dio Amore, contro cui Cecco se la prende.
Così il poeta se la prende con il dio Amore che lo ha 3. Il sonetto sviluppa il motivo contrario di Bec-
fatto innamorare. chin’amor!, dove la donna è arrabbiata per essere sta-
ta tradita dal poeta. Qui invece il poeta si lamenta
Commento perché si sente ignorato dalla donna che ama.
1. Il poeta si lamenta perché Becchina non lo vuole 4. Conviene confrontare Cecco, che dialoga e litiga
più. Si accontenterebbe che la donna gli dicesse an- con la sua donna, con Dante, che loda e si sottomette
che che lo odia. Gli dice invece che vada a farsi gli a Beatrice, con Petrarca, che fa girare la sua donna
affari suoi. Così Cecco impreca contro il dio Amore intorno a se stesso.
che lo ha fatto innamorare. Il sonetto riesce a comu- 7. Malinconia o melancolia ha significato forte: umor
nicare con immediatezza e spontaneità la tristezza e nero, malumore. Proviene dal taedium latino e antici-
la solitudine del poeta, che si sente respinto dalla pa lo spleen dei poeti inglesi e poi dei “poeti maledet-
donna che ama. Il riferimento al dio Amore però in- ti” francesi dell’Ottocento. Charles Baudelaire scrive
dica il livello letterario – non di pura cronaca realisti- il sonetto Spleen (I fiori del male, 1857).
ca – in cui il sonetto si pone: esso è il risultato di una ---I☺I---
---I☺I---
Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso, Becchina mia! – Cecco, non te lo confermo
XXII
Becchina mia! – Cecco, non te lo confermo.
Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso. Ed io son tuo. – Codesto lo rifiuto.
Ed i’son tu’. – E cotesto disdico. Io sarò di un’altra. – Non m’importa un fico secco.
I’ sarò altrui. – Non vi dò un fico. Mi fai torto. – E tu mandami il messo [del tribunale]
Torto mi fai. – E tu mi manda ‘l messo. (=denunciami).
Sì, maccherella. – Ell’avrà ‘l capo fesso. Sì, [ti mando] una mezzana. – Le romperò la testa.
Chi gliele fenderae? – Ciò ti dico. Chi gliela romperà? – Te lo dico io.
Se’ così niffa? – Sì, contra ‘l nimico. Sei così disgustata? – Sì, con il nemico.
Non tocc’a me. – Anzi, pur tu se’ desso. Non sono io. – Anzi, sei proprio lui.
Riassunto. Il poeta esprime tutto il suo amore per conta è l’atmosfera: egli corteggia la donna, ma la
Becchina, che ha tradito con un’altra donna (in realtà donna lo respinge irritata. Più che corteggiarla, Cecco
la vuol prendere in giro), ma la donna non ci vuol la vuole prendere in giro (si sente il suo senso di su-
sentire e lo respinge con rabbia. periorità, mentre va all’attacco della donna, che in
genere è sulla difensiva), perciò lei risponde irritata e
Commento in malo modo (Non afferra però qualcosa per tirar-
1. Il riassunto è impossibile, perché il sonetto si gioca glielo addosso). Questa atmosfera si ripete in altri so-
sulle botte e risposte dei due interlocutori. Quel che netti.
---I☺I--- ---I☺I---
Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, Anima mia, cuore del mio corpo, amore
XXVI
Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, O anima mia, cuore del mio corpo, amore,
alquanto di merzé e pietà ti prenda un po’ di compassione e di pietà ti prenda
di me, che vivo ‘n cotanto dolore, di me, che vivo in tanto grande dolore,
che ‘n ora ‘n ora par che ‘l cuor mi fenda che di ora in ora par che il cuore mi si fenda
per la gran pena, ch’i’ ho, del tremore per la gran pena, che io ho, del tremore
ched i’ non t’abbi anzi che porti benda; che io non ti abbia, anzi che porti benda;
sed i’ ne muoio, non ti sarà onore: ma, se io ne muoio, non ti farà onore:
se vorra’ puo’, non potra’ far l’ammenda. se vorrai puoi, non potrai fare l’ammenda.
Avvegna ch’i’ non sia degno trovare Benché io non sia degno di trovare
in te merzé, pietà né cortesia, in te compassione né pietà né cortesia,
nïente men lassarò di pregare: non per questo io cesserò di pregare:
però ch’Amor comand’e vol che sia perché il dio Amore comanda e vuole che sia
licita cosa di poter amare sempre lecito amare quella donna,
in quella donna, che ‘l su’ cor disìa. che il suo cuore desidera.
1
Riassunto. Il poeta si rivolge alla donna, di cui è Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
innamorato, la chiama anima sua, e le chiede di avere l’amore dell’anima mia;
un po’ di pietà verso di lui, che vive con il cuore l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
2
spezzato dal dolore. Non sarà un onore per lei, se lui Mi alzerò e farò il giro della città
muore, perché se volesse lo potrebbe accontentare, né per le strade e per le piazze;
potrà fare ammenda dei suoi continui rifiuti. Anche se voglio cercare l’amore dell’anima mia.
egli non è degno di trovare in lei né compassione né L’ho cercato, ma non l’ho trovato.
3
pietà né cortesia, non per questo cesserà di pregare, Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città:
perché il dio Amore vuole e comanda che sia lecito «Avete visto l’amore dell’anima mia?».
4
amare quella donna a cui si dà il proprio cuore. Da poco le avevo oltrepassate,
quando trovai l’amore dell’anima mia.
Commento Lo strinsi forte e non lo lascerò,
1. Il poeta è respinto dalla donna che ama, ma insiste finché non l’abbia condotto nella casa di mia madre,
ugualmente: lo comanda il dio Amore. nella stanza di colei che mi ha concepito.
2. Qui come negli altri sonetti in cui la donna lo ---I☺I---
respinge Cecco svolge il tema tradizionale del rifiuto.
Le parole riescono a dare un’idea del suo “dolore”.
Questo tema è intercalato con l’altro in cui lui la
tradisce e poi finge di fare la pace e la prende in giro.
3. Il sonetto ha antecedenti biblici nel Cantico dei
cantici (3, 1-4):
Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l giorno Maledetta sia l’ora e il momento e il giorno
e la semana e ‘l mese e tutto l’anno e la settimana e il mese e tutto l’anno
che la mia donna mi fece uno ‘nganno, che la mia donna mi fece un inganno,
il qual m’ha tolt’al cor ogni soggiorno con cui ha tolto al mio cuore ogni tranquillità
ed hal sì ‘nvolto tutto ‘ntorno intorno e lo ha così avvolto tutto intorno intorno
d’empiezza, d’ira, di noia e d’affanno di empietà, d’ira, di noia (=seccature) e d’affanno
che, per mio bene o per mi’ minor danno, che, per il mio bene o per il mio minor danno,
vorrêlo ‘nanzi ‘n un ardente forno. lo vorrei al più presto in un forno ardente.
Però che megli’è mal che mal e peggio, Perché è meglio il male che il male e peggio,
avvegna l’un e l’altro buon non sia: anche se né l’uno né l’altro siano buoni,
ma, per aver men pena, il male cheggio. ma, per aver meno pena, chiedo il male.
E questo dico per l’anima mia; E dico questo per salvare la mia anima,
ché, se non fosse ch’i’ temo la peggio, perché, se non fosse che io temo il peggio,
i’ medesimo già morto m’avria. io medesimo mi sarei già ucciso.
Riassunto. Cecco maledice l’attimo, l’ora, il giorno, né l’uno né l’altro sono buoni. Fa questo ragiona-
la settimana, il merse e l’anno in cui la sua donna lo mento e la scelta del male minore, perché vuole
ha ingannato, cioè lo ha fatto innamorare, egli ha salvare la sua anima, altrimenti si sarebbe già dato la
tolto al suo cuore la pace e lo ha avvolto di empietà, morte con le sue stesse mani.
d’ira, di tristezza e di affanni, tanto che, per il suo 2. Il poeta soffre ancora pene d’amore a causa della
bene o come minore dei mali, egli lo vorrebbe met- sua donna, che lo ha fatto innamorare. E tira in ballo
tere al più presto in un forno acceso. Perché è pre- la religione: tra le pene d’amore e le penne d’amore e
feribile il male al male e peggio, anche se né l’uno né peggio, cioè la dannazione eterna, sceglie le pene
l’altro sono buoni, ma per soffrire di meno chiede il d’amore, che sono il male minore. Altrimenti, se
male. Dice questo per salvare la sua anima, perché, se potesse sfuggire alla dannazione eterna, egli si sa-
egli non temesse il peggio (=la dannazione all’in- rebbe già dato la morte con le sue stesse mani.
ferno), si sarebbe già ucciso con le sue stesse mani. 3. Il sonetto è pieno delle atmosfere notturne di ter-
rore per la dannazione eterna con cui Jacopo Passa-
Commento vanti (1302ca.-1357), di poco posteriore, condiva le
1. Cecco maledice il momento, l’ora, il giorno e sue prediche nello Specchio di vera penitenza (1354).
l’anno in cui la sua donna lo ha ingannato, cioè lo ha 4. Ed ha un’altra imitazione successiva: Francesco
fatto innamorare. Ora ha il cuore spezzato e soffe- Petrarca, Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno
rente per le pene d’amore. E filosofeggia: tra il male (Canzoniere, LI). Le sue soluzioni stilistiche, i suoi
che soffre e il male che soffre e peggio, egli sceglie il versi e il contenuto dei suoi sonetti sono quelli di un
male semplice semplice, come male minore, anche se grande letterato.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Il riassunto è impossibile, perché il sonetto che lascia indeterminato e che trasfigura in termini
si sviluppa sul dialogo tra Cecco e Becchina, non sul letterari (Pg XXX, 22-145). Per il resto è fedelissimo
contenuto. Cecco ha tradito Becchina con un’altra alla moglie, Gemma Donati, che non nomina mai e
donna. Becchina è venuta a saperlo ed è arrabbiatis- che lo accompagna pazientemente nell’esilio.
sima. Il poeta se la gode a provocarla. La donna rea- 3. Il nome della donna, Becchina, è consapevolmente
gisce augurandogli un accidente e mandandolo via. antiletterario come tutto il resto. Esso è il diminutivo
Ma tutto ciò non è sufficiente, perché Cecco ha il popolare di Domenica. Forse contiene anche una cer-
controllo della situazione. Alla fine sulla battuta di ta irriverenza verso la Domenica, il giorno del Domi-
Cecco la donna si prende una mezza vittoria: farà pe- nus, cioè del Signore.
nare il poeta. 4. Il sonetto è costruito come un contrasto, cioè un
Commento componimento a botta e risposta tra un uomo e una
1. Il poeta dialoga e litiga con la sua donna: Becchina donna. La spontaneità delle battute è soltanto appa-
non è lontana, spirituale, passiva e irraggiungibile rente: il poeta è riuscito con grande abilità a tenere la
come le altre donne della tradizione letteraria. Ri- sua battuta e la risposta di Becchina nello stesso ver-
sponde, riempiendo le parole dei suoi sentimenti e, in so, per tutto i 14 versi del sonetto.
questo caso, del suo risentimento verso Cecco, che 5. Il lettore può confrontare la vivace figura di Bec-
l’ha tradita con un’altra donna. china con le donne finora incontrate e con quelle che
2. Il poeta è contento di averla fatta arrabbiare, e fin- incontrerà.
ge di chiederle perdono. Egli però se la gode. Becchi- 6. La difficoltà di fare un riassunto che sintetizzasse il
na invece è proprio arrabbiata. Né il dialogo né, tanto contenuto – il sonetto invece è costruito sul dialogo
meno, il tradimento hanno grande spazio nella lettera- tra Cecco e Becchina – mostra l’elaborazione e l’in-
tura italiana. Dante ha un momento di crisi morale ventiva letteraria che gli sta dietro.
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S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, LXVI Se io fossi fuoco, brucerei il mondo
s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, se io fossi papa, allora sarei giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei; perché metterei nei guai tutti i cristiani,
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? se io fossi imperatore, farei volentieri questo:
A tutti mozzarei lo capo a tondo. a tutti taglierei il capo con un colpo di scure.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; Se io fossi morte, andrei da mio padre,
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: se io fossi vita, fuggirei da lui,
similemente farìa da mi’ madre. la stessa cosa farei con mia madre.
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, Se io fossi Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre: prenderei per me le donne giovani e belle,
e vecchie e laide lasserei altrui. e le vecchie e sporche lascerei a voi!
Riassunto. Il poeta dice che, se fosse fuoco, arderebbe tanta violenza: se io fossi..., farei... Ma alla fine, con
il mondo. Se fosse vento, lo tempesterebbe. Se fosse un improvviso e beffardo cambiamento di scena, egli
papa, maltratterebbe i cristiani; se fosse imperatore, dice che cosa farebbe se fosse Cecco, come è ed è
ucciderebbe i suoi sudditi. Se fosse morte, andrebbe stato: tiene le donne giovani e belle per sé, e lascia
da suo padre; se fosse vita, fuggirebbe da sua madre. quelle vecchie e sporche agli altri, cioè ai presenti.
Se fosse Cecco, come è ed è sempre stato, terrebbe 2. Il sonetto non va letto in un rapporto privato e soli-
per sé le donne giovani e belle, e lascerebbe ai pre- tario con il testo, va declamato davanti ad un uditorio
senti quelle vecchie e sporche. che ascolta attento ed interessato e condivide gli stes-
si valori del poeta. Anche in questo caso Cecco si
Commento vuole contrapporre ai poeti stilnovisti, che cercavano
1. Il poeta fa minacce terribili e... impossibili davanti un pubblico più acculturato e raffinato e intendevano
ai suoi amici all’osteria, che lo ascoltano intimoriti da produrre letteratura per pochi iniziati.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 46
3. Dante e gli stilnovisti scrivono per se stessi e per i pubblico, salendo su un tavolo.
loro amici. Cecco invece si preoccupa di scrivere per 4. L’anafora S’i’ fosse, ripetuta nove volte, è assai ef-
i suoi amici di osteria e di declamare i suoi sonetti in ficace.
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Tre cose solamente m’ènno in grado, Tre cose solamente mi son gradite,
le quali posso non ben ben fornire, di cui non mi posso ben rimpinzare,
cioè la donna, la taverna e ‘l dado: cioè la donna, l’osteria e il gioco d’azzardo:
queste mi fanno ‘l cuor lieto sentire. soltanto esse mi riempiono il cuore di gioia.
E dico: «Dato li sia d’una lancia!», E dico: “Che si prenda un colpo di lancia!”;
ciò a mi’ padre, che·mmi tien sì magro, lo auguro a mio padre, che mi tiene così a corto,
che tornare’ senza logro di Francia. che tornerei senza dimagrire dalla Francia.
Ché fora a tôrli un dinar[o] più agro, Togliergli un soldo di tasca, la mattina di Pasqua,
la man di Pasqua che·ssi dà la mancia, quando si fa l’elemosina, sarebbe più difficile
che far pigliar la gru ad un bozzagro. che far pigliare una gru a una piccola poiana.
Riassunto. Il poeta dice di gradire soltanto tre cose: la femminile, la misantropia, la misoginia, il cuore gen-
donna, la vita scioperata all’osteria e il gioco d’az- tile, la donna angelicata ecc. Tutto ciò fa parte del-
zardo. Ma non può averle quanto vorrebbe, perché il l’immaginario sociale, letterario e collettivo, che ca-
suo borsellino non gliele permette. Perciò se la pren- ratterizza ogni epoca. In vecchiaia Giovanni Boccac-
de con suo padre, che non allarga i cordoni della bor- cio scrive il Corbaccio (1354-55 o 1365-66), un vio-
sa: lo tiene così a corto di denaro, che egli ritornereb- lentissimo pamphlet contro le donne, che aveva ama-
be dalla Francia senza dimagrire ulteriormente. Suo to per tutta la vita ma che non lo avevano ricambiato
padre è talmente avaro, che scucirgli qualche moneta con altrettanta disponibilità.
la mattina di Pasqua, quando si fa l’elemosina, sareb- 5. In seguito saranno presi da malinconia o da umor
be più difficile che far prendere una grossa gru a una nero o dal taedium vitae o dal semplice tedio: France-
piccola poiana. sco Petrarca (la sua accidia o insoddisfazione esisten-
ziale corrisponde al taedium vitae), Leopardi (Canto
Commento notturno di un pastore errante dell’Asia, 1829-30),
1. Il poeta ha le idee chiare su quel che vuole dalla Charles Baudelaire (Spleen, 1857), Umberto Saba
vita: donne, vita scioperata all’osteria e gioco d’az- (Malinconia, 1923-24).
zardo, perché soltanto esse lo rendono lieto. Egli però ---I☺I---
si lamenta che le può usare soltanto raramente, perché
suo padre non gli passa denaro. Perciò egli, preso
dall’esasperazione, gli àugura di farsi ammazzare. In-
fine precisa l’avarizia del padre: a) egli, Cecco, torne-
rebbe di Francia senza dimagrire ulteriormente; b) il
padre non allarga i cordoni della borsa nemmeno la
mattina di Pasqua, quando si dà in elemosina qualche
moneta di poco valore.
2. L’amore cantato dal poeta è un amore fisico, ses-
suale. Non è l’amore verso la bellezza fisica della
donna, cantato dalla Scuola siciliana; né l’amore ver-
so la donna-angelo, cantato dal Dolce stil novo.
3. Nella poesia il poeta si appropria e rielabora motivi
di trasgressione sociale che appartenevano già alla
cultura tradizionale e che perciò sono motivi in primo
luogo letterari e soltanto in secondo luogo realistici.
4. L’odio per il padre e, in genere, per i genitori è un
motivo letterario come la celebrazione della bellezza
Dante Alighier, Cecco, ‘l tu’ serv’e amico, O Dante Alighieri, Cecco, il tuo servo e amico,
si raccomand’a te com’a segnore; si raccomanda a te come al suo signore;
e sì ti prego per lo dio d’Amore, e ti prego così in nome del dio dell’Amore,
il qual è stat’un tu’ signor antico, il quale è stato un tuo antico signore,
che mi perdoni s’ispiacer ti dico, che tu mi perdoni se ti dico qualcosa di spiacevole,
ché mi dà sicurtà ‘l tu’ gentil cuore; perché mi dà sicurezza il tuo cuore gentile.
quel ch’i’ ti dico, è di questo tenore: Quel che io ti dico è di questo tenore:
ch’al tu’ sonetto in parte contraddico. che in parte contraddico al tuo sonetto.
Ch’al meo parer ne l’una muta dice A mio parere nella prima terzina [il sonetto] dice
che non intendi su’ sottil parlare, che non intendi il parlare sottile
a que’ che vide la tua Beatrice; di colui che vide la tua Beatrice;
e puoi hai detto a le tue donne care e poi hai detto alle tue care donne
che tu lo ‘ntendi: adunque, contraddice che tu lo capisci: dunque, contraddice
a se medesmo questo tu’ trovare. a se medesimo questo tuo sonetto.
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Riassunto. Il poeta si rivolge a Dante, che beffarda-
mente chiama amico, per fargli notare una contraddi-
zione in un suo sonetto. Prima dice che non intende le
parole difficili di chi vide Beatrice; e subito dopo dice
alle donne che lo intende bene.
Commento
1. Cecco accusa Dante di essere in contraddizione
con se stesso. Nel sonetto Oltre la spera che più lar-
ga gira, attualmente l’ultimo della Vita nova, egli di-
ce che non capisce il suo pensiero amoroso, tanto è
sottile (prima terzina), poi dice che capisce qual è il
tema di quel discorso (seconda terzina).
2. In questo sonetto del 1291-92 Cecco si dice amico
e servo di Dante: gli esprime in modo beffardo tutta
la sua deferenza e sottomissione. Poi lo accusa mali-
gnamente d’essersi lasciato andare all’amore. Ben in-
teso, non all’amore celeste, ma agli amoretti volgari.
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Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo, O Dante Alighieri, se io parlo a vanvera,
tu mi tien bene la lancia a le reni; tu mi tieni la lancia sulla schiena (=tu mi tieni dietro);
s’eo desno con l’altrui, e tu vi ceni; se io desino con altri, tu vi ceni;
s’eo mordo il grasso, e tu ne suggi il lardo; se io mordo il grasso, tu succhi il lardo;
s’eo cimo il panno, e tu vi freghi il cardo; se io cimo il panno, tu vi freghi il cardo (=il pettine);
s’eo so’ discorso, e tu poco t’affreni; se io parlo senza tregua, tu poco ti freni;
s’eo gentileggio, e tu messer t’avveni; se io faccio il gentiluomo, tu vuoi fare il signore;
s’eo so’ fatto romano, e tu lombardo. se io scrocco a Roma, tu scrocchi in Lombardia.
Sì che, laudato Deo, rimproverare Così che, che Dio sia lodato!, ben poco
poco pò l’uno l’altro di noi due: può rimproverare l’uno all’altro di noi due:
sventura o poco senno cel fa fare. la sventura o il poco senno ce lo fa fare.
Osservazioni
1. Anche in questo caso, come nei precedenti, si ri-
spetta lo stesso schema nel presentare una corrente: a)
il luogo in cui sorge; b) il tempo in cui si sviluppa; c)
gli autori più importanti, la loro vita (se è importan-
te); d) la loro opera; ed e) la loro poetica. Eventual-
mente anche il loro pubblico ed ogni altra informa-
zione che possa essere considerata importante e carat-
terizzante. Ad esempio i poeti precedenti da cui la
corrente prende idee e motivi, i poeti successivi che
influenza, lo specifico pubblico a cui essa si rivolge.
2. Si è dato uno spazio particolarmente ampio a Cec-
co Angiolieri, perché è un letterato forbito che vuole
fare l’anti-letterato e perché in tutta la letteratura ita-
liana ci sono rarissimi esempi di anti-letteratura. I cri-
tici in genere non lo apprezzano e lo mettono da par-
te, preferendogli Dante, Boccaccio e Petrarca. La
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 49
Il Dolce stil novo (1274-94) colei che conduce l’uomo a Dio.
Questa corrente ha una chiara marcatura sociale: i
Il Dolce stil novo sorge a Bologna con Guido Guini- protagonisti risentono delle trasformazioni politiche
zelli (1235ca.-1276), che nel 1274 scrive la canzone- ed economiche che caratterizzano il loro tempo; e
manifesto Al cor gentil rempaira sempre amore. Da fanno parte della nuova classe emergente, la borghe-
Bologna si diffonde in Toscana, in particolare a Fi- sia cittadina, che si è affermata o si sta affermando
renze, nel decennio successivo, per esaurirsi poco do- contro la nobiltà tradizionale. Perciò essi propongono
po. I maggiori poeti sono Guido Guinizelli, Dante un nuovo concetto di nobiltà, basato non più sul san-
Alighieri (1265-1321), Guido Cavalcanti (1255- gue ma sui meriti personali. Dante Alighieri, che ap-
1300), Lapo Gianni (1260ca.-1328), Cino da Pistoia partiene alla piccola nobiltà, è costretto a iscriversi
(1270-1336) e Gianni Alfani. formalmente ad un’arte per poter partecipare alla vita
I temi che esso canta sono tre: 1) amore e cuore genti- politica, dopo il successo della borghesia conseguito
le si identificano; 2) la nobiltà non è nobiltà di sangue con gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella
che si eredita, è gentilezza (o nobiltà) d’animo che si (1294).
conquista con il proprio ingegno; 3) la donna è un Il nome alla corrente è dato soltanto molti decenni
angelo venuto dal cielo per portare l’uomo a Dio. dopo, verso il 1314, da Dante, quando nel purgatorio
Lo Stil novo prosegue l’opera di recupero della don- polemizza garbatamente con Bonagiunta Orbicciani,
na, iniziata dalla Scuola siciliana (alla quale si rial- uno dei maggiori esponenti della Scuola toscana (Pg
laccia anche per altri motivi): essa non è più la tenta- XXIV, 49-63). In quella circostanza però il poeta im-
trice, che porta l’uomo alla dannazione eterna; è anzi broglia Bonagiunta, i critici e noi…
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V 5.
Splende ‘n la ‘ntelligenzia del cielo Dio creatore risplende nell’intelligenza motrice
Deo criator più che ‘n nostr’occhi ‘l sole: del cielo più che il sole risplenda ai nostri occhi:
ella intende suo fattor oltra ‘l cielo, essa intende il suo creatore, oltre al suo cielo,
e ‘l ciel volgiando, a Lui obedir tole; e prende a ubbidirgli, facendo girare il cielo,
e con’ segue, al primero, e consegue subito un felice risultato
del giusto Deo beato compimento, conforme alla giustizia divina.
così dar dovria, al vero, Allo stesso modo la donna, che splende negli occhi
la bella donna, poi che ‘n gli occhi splende del suo gentile amante, dovrebbe veramente
del suo gentil, talento infondere in costui il desiderio
che mai di lei obedir non si disprende. di non cessare mai d’ubbidirle.
VI 6.
Donna, Deo mi dirà: “Che presomisti?”, O donna, Dio mi dirà, quando la mia anima sarà
siando l’alma mia a lui davanti. davanti a lui: “Quale presunzione hai avuto?
«Lo ciel passasti e ‘nfin a Me venisti Hai oltrepassato il cielo e sei giunto sino a me
e desti in vano amor Me per semblanti: e mi hai paragonato a un amore che dura poco;
ch’a Me conven le laude invece a me e alla Regina del cielo
e a la reina del regname degno, spetta la lode,
per cui cessa onne fraude». perciò lascia ogni bene apparente!”
Dir Li porò: “Tenne d’angel sembianza Io gli potrò dire: “La mia donna aveva l’aspetto
che fosse del Tuo regno; di un angelo venuto dal tuo regno:
non me fu fallo, s’in lei posi amanza”. non commisi peccato, se riposi in lei il mio amore”.
Riassunto per strofa. 1. L’amore – dice il poeta – tro- donna all’amore che devi a me e alla Regina del cie-
va sempre dimora nel cuore gentile come l’uccello lo?”. Io Gli potrò dire che la mia donna assomigliava
trova rifugio nel bosco: la natura ha fatto sorgere con- a un angelo disceso dal suo regno, perciò non commi-
temporaneamente amore e cuore gentile. si peccato, se riposi in lei il mio amore.
2. Il fuoco dell’amore si accende nel cuore gentile
come la virtù attiva si accende nella pietra preziosa. Riassunto sintetico. Il poeta afferma che l’amore e il
Dal cielo discende in essa la virtù attiva soltanto dopo cuore gentile sono la stessa cosa. E fa numerosi
che il sole l’ha purificata. Allo stesso modo il cuore esempi tratti dalla natura (1-3). Quindi critica l’uomo
prima è reso puro e gentile dalla natura, poi è fatto che si vanta per la sua nobiltà di sangue. Ed afferma
innamorare dalla donna. che la gentilezza è gentilezza d’animo, non di sangue,
3. L’amore dimora nel cuore gentile per lo stesso mo- e che essa non può mai prescindere dai meriti perso-
tivo per cui il fuoco risplende in cima alla torcia: que- nali (4-5). Infine immagina di esser giunto davanti a
sta è la sua natura. Dio e che Dio lo rimproveri per aver cantato un amo-
4. Il sole colpisce il fango tutto il giorno, ma il fango re destinato a durare poco. Gli risponderà che la sua
resta senza valore. L’uomo superbo dice: “Io son no- donna sembrava un angelo disceso dal cielo, perciò
bile per nascita”. Io paragono lui al fango, perché la non ha commesso peccato se ha riposto in lei il suo
nobiltà non può prescindere dai meriti personali. amore (6).
5. Dio illumina le intelligenze angeliche, che muovo-
no i cieli. Esse gli ubbidiscono e perciò portano a Commento
termine felicemente i loro compiti. Allo stesso modo 1. Il testo non è sempre chiaro, le tesi che caratteriz-
la donna illumina il suo amante, e infonde in lui il de- zano il movimento sono però espresse più volte con
siderio di ubbidirle sempre. chiarezza e con determinazione. La prima tesi (amore
6. O donna, Dio mi dirà, quando giungerò davanti a e cuore gentile si identificano) è trattata nelle prime
Lui: “Come hai osato paragonare l’amore verso una tre strofe. La seconda (la nobiltà non è di sangue né si
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eredita, è di spirito e si conquista con i propri meriti) promessi, alla coesistenza, a parziali alleanze o a par-
è trattata nelle successive due strofe. La terza tesi (la ziali fusioni.
donna è un angelo disceso dal cielo per portare 3. I due riassunti mostrano che non c’è un unico mo-
l’uomo a Dio) è trattata nell’ultima strofa. do per riassumere un testo: si può riassumere strofa
2. L’autore vuole contrapporsi con forza e con deci- per strofa (primo riassunto) o si può fare un riassunto
sione alla cultura aristocratica tradizionale, perciò concettuale (secondo riassunto). Si può fare un rias-
contrappone una nuova forma di nobiltà, quella per- sunto aderente al testo o si può fare un riassunto che
sonale e spirituale, contro quella antica, che è nobiltà porti alla luce il filo conduttore del testo. Le possibili-
di famiglia, di sangue e di titoli. Dietro a questa pro- tà sono molteplici. Ben inteso, si possono fare rias-
posta culturale sta anche la consapevolezza di appar- sunti più lunghi o meno lunghi. E si possono fare
tenere ad una classe diversa – la borghesia –, che è in riassunti in funzione dello scopo o dell’utente a cui
ascesa, deve affermarsi ed ha bisogno di una sua spe- sono destinati.
cifica cultura per farlo. La lotta di classe insomma -----------------------------I☺I-----------------------------
avviene sia sul piano economico sia sul piano ideolo-
gico-culturale.
3. L’ultima tesi (la donna è un angelo disceso dal cie-
lo), per quanto espressa in una sola strofa, è partico-
larmente suggestiva. Almeno in questa strofa il poeta
si pone su un piano ben superiore a quello espresso
da Giacomo da Lentini, che vuole andare in paradiso
con la sua donna.
4. Per spiegare il suo pensiero, il poeta ricorre più
volte ad immagini naturalistiche. L’intera canzone
però condensa una vasta cultura scientifica, filosofi-
ca, astronomica e religiosa, che Bonagiunta Orbiccia-
ni criticava aspramente. Il Dolce stil novo si apre al
sapere, alla filosofia e alla scienza o, meglio, alla fi-
losofia della natura.
5. Nobiltà di sangue vuol dire che il capostipite di
una famiglia si è distinto in qualche impresa civile o
militare (e che è stato ripagato con il titolo) o che ha
acquistato il titolo dal papa o dall’imperatore, che co-
sì rimpinguavano le loro finanze. I titoli poi andavano
dal più basso (conte) al più alto (re).
Osservazioni
1. Anche con il Dolce stil novo si è seguito lo schema
di esposizione usato per le altre correnti: a) il luogo di
nascita; b) la durata; c) gli autori; d) i motivi poetici.
Ogni punto è stato trattato a seconda della sua impor-
tanza. Ad esempio nel punto b) si è data particolare
importanza a Guido Guinizelli, non tanto perché è il
caposcuola, quanto perché nella canzone-manifesto
ha proposto le tesi che caratterizzano la scuola; e a
Dante Alighieri, perché è il poeta più grande del
gruppo. Di quest’ultimo si dà anche estesamente la
vita e l’opera, perché ha un’importanza ben più gran-
de: la produzione stilnovistica è soltanto una parte –
quella giovanile – della sua vasta produzione artisti-
ca. Lo schema quindi è stato “aggiustato” sull’argo-
mento che doveva esporre.
2. Anche il Dolce stil novo, come le altre correnti o
scuole poetiche, ha una specifica matrice sociale: gli
stilnovisti hanno alle spalle la borghesia cittadina, che
ha il potere economico e che deve acquistare spazio
politico e prestigio sociale a spese delle forze tradi-
zionali, la nobiltà e la chiesa. In genere le classi
emergenti non riescono mai ad imporsi completamen-
te sulle classi tradizionali: si giunge ad ampi com-
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core O voi, che con gli occhi mi trapassaste il cuore
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core O voi, che con gli occhi mi trapassaste il cuore
e destaste la mente che dormia, e risvegliaste la mia mente che dormiva,
guardate a l’angosciosa vita mia, guardate la mia angosciosa vita,
che sospirando la distrugge Amore. che Amore distrugge a forza di sospiri.
E’ vèn tagliando di sì gran valore, E ferisce con una forza così grande,
che’ deboletti spiriti van via: che gli spiriti vitali indeboliti fuggon via:
riman figura sol en segnoria rimane soltanto l’apparenza esterna,
e voce alquanta, che parla dolore. e una voce flebile, che si lamenta.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto Questa potenza d’amore, che mi ha distrutto,
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: si mosse veloce dai vostri occhi gentili:
un dardo mi gittò dentro dal fianco. una freccia mi scagliò dentro il fianco.
Sì giunse ritto ‘l colpo al primo tratto, Il colpo giunse dritto al primo tiro, così
che l’anima tremando si riscosse che l’anima tremando si riscosse,
veggendo morto ‘l cor nel lato manco. vedendo il cuore morto nel lato mancino.
Riassunto. Il poeta si rivolge alla sua donna, le dice cuore), dalle regole dell’amor cortese di Andrea Cap-
che è entrata attraverso i suoi occhi fino al cuore, e lo pellano (l’amore è pena), infine dal Dolce stil novo
ha sconquassato. L’amore che prova gli ha indebolito (l’amore scoppia subito, appena l’ha vista). Ci sono
gli spiriti vitali, e del suo corpo sono rimaste soltanto pure i sospiri, che non esprimono letizia come in
l’apparenza esterna e una voce flebile. La freccia Dante (Tanto gentile e tanto onesta pare), ma soffe-
amorosa è partita velocemente dai suoi occhi gentili e renza, una sofferenza tanto profonda, che distrugge il
gli è penetrata in profondità dentro il fianco. Il colpo corpo. Nel sonetto c’è il raddoppiamento degli occhi:
fece centro al primo tiro e l’anima fu presa da tremiti gli occhi belli della donna sono entrati per gli occhi
e si riscosse, vedendo che il cuore nel fianco sinistro del poeta e sono giunti sino al cuore, che hanno scon-
era morto. volto.
3. “Parla dolore”: il verbo è usato in modo transitivo.
Commento 4. Il sonetto ha rima normale ABBA ABBA CDE
1. Cavalcanti non descrive l’aspetto della sua donna, CDE.
ma gli effetti sconvolgenti che ha avuto su di lui, sul- ------------------------------I☺I-----------------------------
la sua mente e sul suo cuore.
2. Il poeta prende dalla scuola siciliana (l’immagine
della donna che attraverso gli occhi giunge sino al
Or non ardisco per la vil tua vita Ora per la tua vita volgare non oso
far mostramento che tuo dir mi piaccia, mostrarti che i tuoi versi mi piacciano,
né in guisa vegno a te che tu mi veggi. né vengo da te in modo che tu mi veda.
Commento
1. Dante si dà alle gozzoviglie, e l’amico Guido lo
rimprovera. Gli ricorda l’amicizia passata, l’animo
gentile, che ora si è involgarito, il disprezzo per la
moltitudine volgare e per le persone fastidiose, l’af-
fetto che l’amico gli ha dimostrato. Adesso Guido
non ha più il coraggio di dire che i suoi versi gli piac-
ciono e va da lui senza farsi vedere. Spera che il pre-
sente sonetto allontani dall’amico lo spirito malefico
che lo opprime e che lo ha reso volgare.
2. Il sonetto di Cavalcanti va letto tenendo presente il
sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io e il sonet-
to irriverente Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo,
di Cecco Angiolieri. L’immagine di Dante acquista
una dimensione più concreta e vicina al lettore. Il so-
netto sull’uomo volgare di Cavalcanti fa da contrap-
punto al sonetto di Dante sulla donna angelicata che
cammina per le vie di Firenze.
3. Il sonetto ha rima ABBA ABBA CDE CDE.
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Po’ che mi disse di sua condizione Dopo che mi disse della sua condizione
e per lo bosco augelli audìo cantare, e poiché sentivo gli uccelli cantare nel bosco,
fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione dissi fra me e me: “Ora è tempo
di questa pasturella gio’ pigliare». di prendere piacere con questa pastorella!”.
Merzé le chiesi sol che di basciare Le chiesi soltanto la grazia di baciarla
ed abracciar, – se le fosse ‘n volere. e abbracciarla, se lei fosse d’accordo.
Per man mi prese, d’amorosa voglia, Mi prese per mano, con desiderio amoroso,
e disse che donato m’avea ‘l core; e disse che mi aveva donato il suo cuore;
menòmmi sott’ una freschetta foglia, mi portò sotto un fresco cespuglio,
là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore; dove vidi fiori di ogni colore;
e tanto vi sentìo gioia e dolzore, e vi provai tanta gioia e dolcezza,
che ‘l die d’amore – mi parea vedere. che mi sembrava di vedere il dio Amore.
Riassunto. Il poeta in un boschetto incontra una pa- precisa che è sola e che, quando l’uccello canta, desi-
storella bellissima (1). Era bionda, aveva i capelli ric- dera avere un amante, e tutti gli uccelli cantavano.
ci e conduceva le pecore al pascolo con un piccola Allora egli chiede con educazione se la può abbrac-
verga. Era scalza e bagnata di rugiada. E cantava co- ciare e baciare. Lei lo prende per mano e lo porta su-
me se fosse innamorata (2). Egli la saluta e le chiede bito dietro a un cespuglio, dove consumano. Qui egli
se aveva un amante. Lei risponde che se ne andava da prova tanta dolcezza, da pensare di vedere il dio
sola per il bosco e che, quando l’uccello canta, desi- Amore. Non si sa se lei abbia goduto, ma si può pen-
dera avere un amante (3). Dopo la sua risposta e poi- sare di sì, visto il suo spirito d’iniziativa…
ché gli uccelli cantavano nel bosco, il poeta dice tra 2. Il poeta fornisce una descrizione accurata dell’a-
sé e sé che può prendere piacere con la ragazza. E le spetto fisico e del lavoro della ragazza. È bellissima,
chiede di poterla baciare e abbracciare, se è d’accordo bionda, ricciuta, scalza e accudisce le pecore. Ma gli
(4). La pastorella lo prende per mano, dice che gli ha animali sono tranquilli e lei si prende una pausa
donato il suo cuore e lo porta sotto un bel cespuglio, d’amore o di sesso. Tuttavia si preoccupa anche del
dove c’erano fiori pieni di colori. Egli provò tanta contesto, della scenografia: il bosco è bello, lei è bel-
dolcezza, che credette di vedere il dio Amore (5). la, il cespuglio è bello, ci sono poi molti fiori pieni di
colori. E la ragazza è come lui o gli uomini la deside-
Commento rano: senza remore, senza problemi, disponibile per
1. Guido Cavalcanti, un guelfo bianco molto rissoso, una frullata. Per fare prima prende l’iniziativa: gli
scrive questa ballata che si inserisce nel genere pro- dona il cuore e intende il corpo.
venzale della pastorella. Il poeta o il protagonista in- 3. Lo stilnovismo è lontano (il motivo della pastorella
contra una pastorella nel bosco, è tutta sola, la cor- è provenzale). L’amore non è spirituale, è fisico e sol-
teggia, la ragazza si rifiuta, ma alla fine cede e si con- tanto fisico, e senza patemi d’animo o richiesta di
cede. La sua ballata è più semplice: incontra la ragaz- matrimonio. Una frullata, e via!
za, che canta. Egli le chiede se ha un amante. Lei -----------------------------I☺I-----------------------------
Perch’i’ no spero di tornar giammai, Perché io non spero di tornare mai più,
ballatetta, in Toscana (=a Firenze), o mia piccola ballata, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana, va’ tu, leggera e piana,
dritt’ a la donna mia, diritta alla donna mia,
che per sua cortesia che per sua cortesia
ti farà molto onore. ti farà molto onore.
Tu senti, o mia piccola ballata, che la morte Tu senti, o mia piccola ballata, che la morte
mi stringe sì, che vita m’abandona; mi sta alle spalle così, che la vita mi abbandona;
e senti come ‘l cor si sbatte forte e senti come il mio cuore batte forte
per quel che ciascun spirito ragiona. a causa di ciò che ogni mio spirito vitale dice.
Tanto è distrutta già la mia persona, Tanto è già distrutta la mia persona,
ch’ i’ non posso soffrire: che io non posso soffrire [di più]:
se tu mi vuoi servire, se tu mi vuoi servire,
mena l’anima teco conduci la mia anima con te
(molto di ciò ti preco) (ti prego molto di farlo!)
quando uscirà del core (=morirò). quando uscirà dal cuore (=corpo).
Deh, ballatetta, a la tu’ amistate Deh, o mia piccola ballata, alla tua amicizia
quest’anima che trema raccomando: raccomando la mia anima che trema:
menala teco, nella sua pietate, conducila con te, nella sua pietà,
a quella bella donna a cu’ ti mando. a quella bella donna a cui ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando, Deh, o mia piccola ballata, dille sospirando,
quando le se’ presente: quando sarai alla sua presenza:
“Questa vostra servente “Questa vostra serva
vien per istar con vui, viene per restare con voi
partita da colui ed è partita da colui
che fu servo d’Amore”. che fu vostro servo d’Amore!”
Madonna è disiata in sommo cielo: Madonna è desiderata nel cielo più alto (=l’Empireo):
or voi di sua virtù farvi savere. ora voglio farvi sapere della sua virtù.
Dico, qual vuol gentil donna parere Dico che qualunque donna voglia apparire gentile,
vada con lei, che quando va per via, vada con lei, che, quando cammina per strada,
gitta nei cor villani Amore un gelo, il dio Amore getta nei cuori incolti un gelo,
per che onne lor pensero agghiaccia e pere; per cui ogni loro pensiero si ghiaccio e muore;
e qual soffrisse di starla a vedere invece chi sopportasse di starla a guardare
diverria nobil cosa, o si morria. diventerebbe nobile o morirebbe.
E quando trova alcun che degno sia E, quando lei trova qualcuno che sia degno
di veder lei, quei prova sua vertute, di vederla, quello mette alla prova il suo valore,
ché li avvien, ciò che li dona, in salute, poiché tutto ciò che lei gli dona diventa beatitudine
e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia. e lo rende così umile che dimentica ogni offesa.
Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato Dio le ha fornito anche una grazia maggiore,
che non pò mal finir chi l’ha parlato. che chi le ha parlato non può finire dannato.
Dice di lei Amor: “Cosa mortale Amore dice di lei: “Come può una creatura
come esser pò sì adorna e sì pura?” terrena essere così bella e pura?”.
Poi la reguarda, e fra se stesso giura Poi la osserva e tra sé e sé giura
che Dio ne ‘ntenda di far cosa nova. che Dio intende fare di lei qualcosa di straordinario.
Color di perle ha quasi, in forma quale Ha quasi il colore delle perle, nella forma (= misura)
convene a donna aver, non for misura: che a una donna conviene avere, non fuor di misura:
ella è quanto de ben pò far natura; essa è quanto di bello la natura può fare;
per essemplo di lei bieltà si prova. sull’esempio di lei si misura la bellezza.
De li occhi suoi, come ch’ella li mova, Dai suoi occhi, a seconda di come li muova,
escono spirti d’amore infiammati, escono spiriti infiammati d’amore,
che feron li occhi a qual che allor la guati, che feriscono gli occhi a chiunque allora la guardi
e passan sì che ‘l cor ciascun retrova: e passano così, che ciascuno di essi ritrova il cuore:
voi le vedete Amor pinto nel viso, voi le vedete il dio Amore dipinto nel viso,
là ‘ve non pote alcun mirarla fiso. là dove nessuno può fissarla con lo sguardo.
Riassunto per stanza. 1. Il poeta si rivolge alle donne ta la canzone ad andare tra la gente a predicare la pa-
che hanno una conoscenza profonda dell’amore, per- ce.
ché egli vuole parlare della sua donna. Il dio Amore 2. Nella canzone Guinizelli coinvolge la sua donna,
lo ispira a scrivere. Egli però vuole cantare legger- se stesso e Dio. Cavalcanti coinvolge la sua donna, se
mente la sua donna. stesso e la ballata. Rispetto agli altri autori Dante
2. Un angelo si lamenta con Dio, perché in cielo coinvolge un numero maggiore di personaggi: Beatri-
manca Beatrice. Dio gli risponde che resterà sulla ce, le donne di animo gentile, donne e uomini di ani-
Terra quanto lui vorrà e che laggiù c’è qualcuno che mo volgare, se stesso, il dio Amore, Dio e i santi, la
teme di perderla e che grazie a lei potrà disprezzare canzone. La differenza più significativa è la presenza
l’inferno. del dio Amore.
3. Quindi il poeta tesse le lodi di Beatrice. La sua 3. Dante ripete due volte che grazie a Beatrice eviterà
donna è desiderata nell’Empireo, dove si trova la sede la dannazione eterna (stanza prima e terza). E in If V
dei beati. Quando passa per strada, il dio amore rag- con l’episodio di Francesca e Paolo riprende il moti-
gela i pensieri delle persone villane (=incolte), mentre vo stilnovistico che il cuor gentile non può respingere
chi la sta a guardare diventerebbe di animo gentile o chi lo ama: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”
morirebbe. E chi le parla non può finire dannato. (“L’Amore, che costringe chi è amato a riamare”).
4. Il poeta descrive poi il suo aspetto fisico: ha la pel- 4. Il poeta introduce un elemento estraneo alla tradi-
le candida che assomiglia alle perle, ma il suo cando- zione cristiana: il dio Amore, che fa innamorare sca-
re è nella giusta misura. Dai suoi occhi escono spiriti gliando le sue frecce amorose (stanza quarta). Anche
d’amore che colpiscono nel cuore chi la guarda. Petrarca seguirà questa strada; il dio Amore è da per
5. Nel congedo il poeta invita la canzone a parlare di tutto ed anzi lo perseguita, ma egli è contento (Solo e
Beatrice a molte donne, di chiedere la strada che la pensoso; Chiare, fresche e dolci acque). Anzi egli
porta da Beatrice, di evitare la gente volgare, di mo- non si salverà con le sue forze, ma perché Laura, ve-
strarsi soltanto a donne e a uomini di animo gentile, dendo la sua tomba, sparge una lacrima, che gli farà
che la condurranno da Beatrice per la strada più bre- ottenere la salvezza eterna.
ve. Con la donna troverà anche il dio Amore. E il 5. Conviene notare il rapporto positivo tra poeta,
poeta la prega di raccomandarlo a lui. donna e salvezza eterna nella Scuola siciliana come
nel Dolce stil novo: la donna ha l’aspetto di un angelo
Commento venuto dal cielo e porta l’innamorato a Dio, alla sal-
1. Il poeta riprende e rielabora i consueti motivi stil- vezza eterna. In seguito Petrarca vive il rapporto in
novistici della canzone-manifesto Al cor gentil rem- modo drammatico e conflittuale: la donna è e rappre-
paira sempre amore di Guido Guinizelli: a) amore e senta i beni e i valori terreni; egli cerca di liberarsi del
cuore gentile si identificano; b) la nobiltà non è nobil- suo pensiero, ma invano; e chiede perciò aiuto a Dio
tà di sangue che si eredita, è gentilezza (o nobiltà) che lo liberi del suo “indegno amore”. È il “dissidio
d’animo che si conquista con il proprio ingegno; c) la interiore”. Peraltro è il poeta che introduce questa
donna è un angelo venuto dal cielo per portare frattura tra terra e cielo, che non ha alcun motivo di
l’uomo a Dio. Ma si riallaccia anche alla Scuola sici- essere. La donna è stata creata da Dio, da una costola
liana: la donna e una creatura concreta, terrena, capa- di Adamo, per essere la compagna di Adamo, dunque
ce però di portare l’uomo in cielo. Riprende anche è cosa buona. Anche se ha preso gli ordini minori, la
motivi della ballata di Guido Cavalcanti: nel congedo causa del conflitto non è Laura, ma le altre donne che
i due poeti invitano la canzone ad andare a parlare incontrava e con cui faceva esercizi sessuali.
della propria donna alle altre donne, per dire che è in 6. In Pg XXIV, 43-63, Dante incontra Bonagiunta
fin di vita (Cavalcanti), ma non a tutte, bensì soltanto Orbicciani, che si lamenta peché è stata abbandonata
a quelle di animo nobile (Dante). In seguito anche Pe- la poesia tradizionale, quella di Guittone d’Arezzo e
trarca in Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno invi- sua, e perché le poesie stilnovistiche sono fatte “per
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 60
forsa di scritura”, cioè sono piene di cultura. In definizione di Dolce stil novo, data oltre 20 anni do-
quell’occasione Dante dimentica le tesi stilnovistiche po, è sicuramente tendenziosa. Dante non era ispirato
sulla gentilezza d’animo e si presenta come lo scritto- dal dio Amore, ma dalla sua classe sociale, la piccola
re sacro, ispirato dal dio Amore: “Io son uno che, nobiltà cittadina, legata alla borghesia. Ma, quando
quando l’Amore m’ispira, annoto, e nel modo, che mi scrive il Purgatorio, i tempi sono cambiati ed egli si
detta nell’animo, trascrivo in versi” (vv. 52-54). La trova in esilio e senza una classe sociale alle spalle.
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Tanto gentile e tanto onesta pare, XXVI Tanto gentile e tanto degna di rispetto appare
Tanto gentile e tanto onesta pare
Tanto gentile e tanto degna di rispetto appare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
la mia donna quand’ella saluta qualcuno,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
che ogni lingua diviene tremando muta
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
e gli occhi non hanno il coraggio di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
Ella se ne va, sentendosi lodare,
benignamente d’umiltà vestuta;
benignamente vestita di umiltà,
e par che sia una cosa venuta
e pare che sia una creatura venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
dal cielo in terra a mostrare un miracolo (=lei stessa).
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
Si mostra così piacevole a chi la guarda,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che dà attraverso gli occhi una dolcezza al cuore,
che ‘ntender no la può chi non la prova:
che la può intendere soltanto chi la prova:
e par che de la sua labbia si mova
E pare che dal suo volto si muova
un spirito soave pien d’amore,
uno spirito soave, pieno d’amore,
che va dicendo a l’anima: “Sospira!”.
che va dicendo all’anima: “Sospira!”.
Riassunto. La donna del poeta appare tanto gentile
(Gemma Donati, giudiziosa e pratica, che lo accom-
quando saluta qualcuno, che non si ha il coraggio di
pagna nell’esilio senza mai lamentarsi e che costitui-
risponderle né di guardarla. Ella si sente lodata, ma
sce il mondo concreto della vita quotidiana).
non insuperbisce: sembra una creatura discesa dal
4. Beatrice, ulteriormente idealizzata (diviene il sim-
cielo. E a chi la guarda dà, attraverso gli occhi, una
bolo della fede e della teologia), guida il poeta nella
tale dolcezza al cuore, che la può intendere soltanto
parte finale della Divina commedia: dal paradiso ter-
chi la prova. E pare che dal suo volto si muova uno
restre, che si trova in cima alla montagna del purgato-
spirito soave, pieno d’amore, che invita l’anima a so-
rio, sino alla conclusione del viaggio in paradiso, che
spirare.
avviene con la visione mistica di Dio. Anche qui la
moglie è assente.
Commento
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1. Il poeta incontra la sua donna non più nel cortile
del castello, secondo i moduli della poesia cortese,
Le Rime sono i componimenti che il poeta non ha in-
ma per le vie della città, dove si sono spostate la vita
serito nella Vita nova. Uno di essi è dedicato all’a-
economica e la vita culturale. E, come gli altri spetta-
mico Guido Cavalcanti.
tori, è affascinato dalla sua bellezza e dal suo com-
portamento. Essa pare un angelo disceso dal cielo,
per stupire gli uomini. Egli è tanto affascinato da ri-
manere, come tutti i presenti, senza la forza di parla-
re.
2. Inseriti in un contesto diverso, ci sono motivi sici-
liani: l’amore che entra attraverso gli occhi e giunge
fino al cuore. Ora però l’amore non è più provocato
dalla bellezza fisica della donna ma dalla bellezza
spirituale: la donna perde la sua dimensione fisica per
essere trasformata in angelo, che appartiene soltanto
al regno dei cieli.
3. Il poeta vive una doppia vita spirituale e affettiva:
quella con l’ideale (Beatrice e il mondo dell’imma-
ginario che essa rappresenta) e quella con la realtà
sì che fortuna od altro tempo rio così che la tempesta o altro cattivo tempo
non ci potesse dare impedimento, non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento, anzi, vivendo sempre d’accordo, crescesse
di stare insieme crescesse ‘l disio. il desiderio di stare insieme.
Il Canzoniere (il titolo latino stabilito dall’autore è et del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
Rerum vulgarium fragmenta) (1338-74) costituisce e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
l’opera di maggiore successo di Petrarca. Essa e sol- che quanto piace al mondo è breve sogno.
tanto essa gli ha dato la fama presso i posteri. Il testo
raccoglie 365 componimenti (moltissimi sonetti e O voi che ascoltate in queste rime il suono
qualche canzone), tanti quanti sono i giorni dell’anno.
È rivisto per tutta la vita e conosce ben nove edizioni: O voi che ascoltate in queste rime il suono
doveva costituire l’opera perfetta e fuori del tempo, di quei sospiri (con i quali io nutrivo il cuore
che il poeta affidava ai posteri. Esso è incentrato sul- al tempo del mio errore giovanile,
l’amore del poeta per Laura. Non mancano però alcu- quando ero in parte diverso da quel che ora sono),
ni componimenti a carattere religioso e politico con-
tro la corruzione della Curia papale di Avignone per le diverse poesie (nelle quali io piango e ragiono)
(CXXXVI-CXXXVIII) e contro i continui conflitti fra le vane speranze e il vano dolore,
dei principi italiani (CXXVIII), di cui si era lamenta- io spero di trovare pietà, nonché perdono, se tra voi
to già Dante (If XXVII; Pg VI). Si divide in due parti: qualcuno conosce l’amore per esperienza diretta.
In vita e In morte di madonna Laura. Petrarca raccon-
ta la sua esperienza amorosa dal momento del suo in- Ma io ora vedo bene come io fui per tutto
contro con Laura fino alla morte della donna. Si tratta il popolo oggetto di derisione per lungo tempo,
però di un amore ideale e letterario, costantemente perciò io spesso mi vergogno di me stesso,
incentrato su due motivi: a) l’analisi continua ed esa-
sperata che il poeta fa del suo animo; e b) il dissidio e il frutto de mio vaneggiamento è la vergogna,
che tale amore provoca nell’animo del poeta, che non il pentimento e la chiara coscienza
sa (né vuole) decidersi tra amore sacro ed amore pro- che ciò che piace al mondo dura poco.
fano. Petrarca insomma è preoccupato di esaminare il
suo animo, ed usa Laura per attuare questo scopo. Riassunto. Il poeta cerca compassione presso il letto-
Laura quindi gira intorno a lui, proprio come i princi- re per il suo amore giovanile, che è stato un errore.
pi e l’intera realtà. Egli è al centro dell’attenzione di Perciò si vergogna di essere stato a lungo deriso dal
se stesso ed anche degli altri. Da qui deriva la man- popolo per tale amore. E conclude dicendosi convinto
canza di qualsiasi azione che lo avvicini a Laura e la che ciò che piace al mondo dura poco.
scelta di un amore concreto per una donna reale. Ad-
dirittura già ai tempi del poeta qualcuno mise in dub- Commento
bio l’esistenza di Laura. A questi Petrarca rispose che 1. Questo primo sonetto introduttivo contiene tutti i
una donna irreale non poteva farlo soffrire in quel motivi del Canzoniere: i sospiri, l’amore, l’errore
modo. Comunque sia, l’esistenza o l’inesistenza di giovanile, le vane speranze, il vano dolore, la vergo-
Laura è di secondaria importanza, perché in ogni caso gna, il pentimento, la consapevolezza filosofica, reli-
al poeta interessa esaminare il suo animo, con quel- giosa e letteraria che “ciò che piace dura poco”. Con-
l’atteggiamento che aveva caratterizzato sia i filosofi tiene anche tutte le caratteristiche esteriori della poe-
stoici sia sant’Agostino, che egli considera suoi mae- sia petrarchesca: una estrema cura verso la scelta del-
stri di vita e di sapienza. Questo amore per la donna è le parole, verso la grammatica, verso la sintassi, verso
un amore che si realizza nei pensieri e nella memoria la punteggiatura (spesso il sonetto è costituito da un
e che fa continui riferimenti alla letteratura preceden- unico e lunghissimo periodo) e verso i suoni dei versi
te. (fino al Quattrocento la lettura dei testi veniva fatta a
voce alta). La poesia petrarchesca risulta infine reto-
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, I ricamente elaborata ed intessuta di citazioni filosofi-
che e gnomiche di autori antichi – greci, latini e cri-
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono stiani – e di scrittori italiani e stranieri posteriori al
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core Mille. Sono frequenti anche riferimenti alla Bibbia.
in sul mio primo giovenile errore 2. Il sonetto è lento, meditativo, triste e sconsolato. Il
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, poeta è sempre attento al rapporto tra il suono delle
parole ed il contenuto emotivo che esse esprimono.
La lentezza e la tristezza del suono dei versi traduco-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 67
no fonicamente la tristezza espressa dalle parole e la diffusissima la coordinazione tra due termini, verbi,
tristezza interiore che domina l’animo del poeta. sostantivi o aggettivi che siano.
3. Il testo è pieno di citazioni letterarie: il poeta usa 3. La conclusione sentenziosa riprende la tesi dell’Ec-
figure retoriche della Scuola siciliana: “del mio va- clesiaste (I, 1): “Vanitas vanitatum, omnia vanitas”.
neggiar, vergogna è il frutto, et il pentirsi” (allittera- Le fonti della poesia petrarchesca sono sempre lette-
zione); “di me medesmo meco ragiono” (allitterazio- rarie, e provengono indifferentemente dalla cultura
ne); “piango e ragiono”, “trovar pietà, non che perdo- religiosa come dalla cultura laica.
no” (antitesi). In questo come negli altri testi è ---I☺I---
---I☺I---
Era Venerdì Santo, il giorno in cui il sole si of-
Era il giorno ch’al sol si scoloraro, III fuscò
Era ‘l giorno ch’al sol si scoloraro Era Venerdì Santo, il giorno in cui il sole si offuscò
per la pietà del suo Factore i rai, per la compassione verso il suo creatore,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai, quando io fui catturato (io non stavo in guardia),
ché i be’ vostr’occhi, Donna, mi legaro. perché, o donna, fui incatenato dai vostri begli occhi.
Tempo non mi parea da far riparo Non mi sembrava il tempo di dovermi riparare
contra colpi d’Amor; però n’andai contro gli assalti del dio Amore; perciò me ne andai
secur, senza sospetto: onde i mei guai sicuro, senza sospetti, così nel comune dolore
nel comune dolor s’incominciaro. [per la morte di Cristo] incominciarono i miei guai.
Trovommi Amor del tutto disarmato, Il dio Amore mi trovò completamente disarmato,
et aperta la via per gli occhi al core, e aperta la strada che va dagli occhi al cuore,
che di lagrime son fatti uscio et varco. che sono divenuti uscio e varco per le lacrime.
Però, al mio parer, non li fu honore Perciò, secondo me, non gli fede onore
ferir me de saetta in quello stato, colpirmi con la freccia [mentre ero] in quello stato;
a voi armata non mostrar pur l’arco. e non mostrare a voi armata nemmeno l’arco.
Riassunto. Petrarca va in chiesa il Venerdì Santo. Qui per gli amici guelfi); fa uscire da una crisi religiosa
vede Laura e se ne innamora. Questo amore è però a l’amico Boccaccio; ottiene in dono il terreno sui colli
senso unico, perché non è corrisposto. Il poeta perciò Euganei, dove si fa costruire la villa.
rimprovera il dio Amore che non ha fatto innamorare ---I☺I---
Laura di lui.
Commento
1. Il sonetto è intessuto di citazioni letterarie, e ri-
manda a “gli occhi vedono e generan l’amore” con
cui Giacomo da Lentini aveva caratterizzato la Scuola
siciliana.
2. Il poeta fa coincidere la nascita del suo amore con
la morte di Gesù Cristo; e i suoi pianti e lamenti per
questo amore si confondono con quelli dei fedeli nel
venerdì santo. Qualcuno ha giustamente considerato
irriverente questo confronto. Il poeta però è interessa-
to unicamente a costruire un sonetto letterariamente
accurato; ed è completamente insensibile al carattere
irriverente di questo paragone. Un altro paragone ir-
riverente si trova in Movesi ‘l vecchierel (XVI).
3. Il dissidio interiore e le continue oscillazioni tra
sacro e profano, cielo e terra, costituiscono il motivo
conduttore di tutto il Canzoniere. Il dissidio però è
soltanto poetico, perché nella vita quotidiana il poeta
ha sempre dimostrato un grande senso pratico: fa pa-
gare bene i suoi servizi e il prestigio che con la sua
presenza dà alle varie corti; si fa ospitare indifferen-
temente da guelfi e ghibellini (con grande scandalo
così, lasso, talor vo cerchand’io, Allo stesso modo, ahimè, talvolta io cerco,
donna, quanto è possibile, in altrui o donna, quant’è possibile, nel viso d’un’altra donna
la disïata vostra forma vera. il vostro desiderato e vero volto.
---I☺I---
Riassunto. Come il vecchietto abbandona la casa e la
famiglia per andare a Roma a vedere il volto di Cristo
impresso nella Veronica, così il poeta cerca di vedere
nel volto delle altre donne quello di Laura.
Commento
1. Il poeta fa un paragone la cui prima parte è lunga
ben 11 versi, la seconda soltanto 3: l’elaborazione let-
teraria del testo è fuori di ogni ragionevole dubbio.
2. Egli si paragona ad un vecchietto che è mosso da
un grande desiderio, se è disposto ad abbandonare ca-
sa e famiglia, nonostante l’età avanzata.
3. Egli paragona il volto di Laura al volto di Cristo,
cioè mescola profano e sacro; il paragone però suona
irriverente verso la religione e anche sproporzionato,
ma egli non ci fa caso.
4. Il sonetto ha un ritmo estremamente lento ed è co-
stituito da una sola e lunghissima proposizione. Ed è
letteratura, solamente letteratura
5. Il poeta, anziché andare alla ricerca concreta di
Laura, si limita a cercare nelle altre donne il volto di
Laura. Insomma più che di Laura egli è innamorato
dell’amore per Laura, e prova piacere ed interesse
soltanto nell’esaminare esasperatamente le manife-
stazioni di questo amore dentro di lui, non ad avere
concretamente, davanti agli occhi, la figura di Laura.
6. L’opera riprende il continuo dialogo con se stesso
che sant’Agostino (354-430) fa nelle sue Confessioni.
---I☺I---
[…] […]
Spirto doglioso errante (mi rimembra) Fui uno spirito dolente, che vagava (mi ricordo)
per spelunche deserte et pellegrine, per spelonche deserte come un pellegrino,
piansi molt’anni il mio sfrenato ardire: e piansi per molti anni la mia sfrenata audacia.
et anchor poi trovai di quel mal fine, Poi conobbi la fine di quel male
et ritornai ne le terrene membra, 145 145. e ritornai nel mio corpo terreno,
credo per più dolore ivi sentire. credo per sentire con esso più dolore.
I’ seguì’ tanto avanti il mio desire Io seguii tanto avanti il mio desiderio
ch’un dì cacciando sì com’io solea che un giorno m’incamminai (come di solito facevo)
mi mossi; e quella fera bella et cruda per incontrarla; e quella fiera, bella e crudele,
in una fonte ignuda 150 150. se ne stava tutta nuda in una fonte d’acqua,
si stava, quando ‘l sol più forte ardea. quando il sole ardeva più forte.
Io, perché d’altra vista non m’appago, Io, che non m’accontento di alcun’altra vista,
stetti a mirarla: ond’ella ebbe vergogna; stetti a mirarla, perciò ella provò vergogna.
et per farne vendetta, o per celarse, E, per vendicarsi o per nascondersi,
l’acqua nel viso co le man’ mi sparse. 155 155. con le mani mi spruzzò l’acqua sul viso.
Vero dirò (forse e’ parrà menzogna) Dirò la verità (forse essa sembrerà una menzogna):
ch’i’ sentì’ trarmi de la propria imago, io sentii di perdere il mio aspetto umano
et in un cervo solitario et vago e mi trasformai in un cervo solitario e bello
di selva in selva ratto mi trasformo: che corre veloce di selva in selva,
et anchor de’ miei can’ fuggo lo stormo. 160 160. per fuggire allo stuolo dei miei cani.
Canzon, i’ non fu’ mai quel nuvol d’oro O canzone, io non fui mai quella nuvola d’oro
che poi discese in pretïosa pioggia, che poi discese sotto forma di pioggia preziosa,
sì che ‘l foco di Giove in parte spense; così che spense in parte il fuoco di Giove;
ma fui ben fiamma ch’un bel guardo accense, ma fui ben la fiamma che un bello sguardo accese,
et fui l’uccel che più per l’aere poggia, 165 165. e fui l’uccello che più vola per l’aria,
alzando lei che ne’ miei detti honoro: inalzando lei che onoro nelle mie poesie.
né per nova figura il primo alloro Né seppi lasciare il primo alloro per il nuovo aspetto,
seppi lassar, ché pur la sua dolce ombra perché basta soltanto la sua dolce ombra
ogni men bel piacer del cor mi sgombra. per sgombrarmi dal cuore ogni piacere meno bello.
Riassunto. Il poeta ricorda che da giovane frequentò stava tutta nuda in una pozza d’acqua, poiché il sole
posti isolati e grotte solitarie, e che pianse per molti bruciava forte. Egli si fermò a guardarla. La donna,
anni la sua sfrenata audacia, l’amore per Laura. Un presa da vergogna, con le mani gli spruzzò acqua sul
giorno cercò la donna lungo il fiume Sorga, come era viso, per impedirgli di vedere. Egli allora si sentì tra-
solito fare. La vide che se ne stava tutta nuda in una sformato in un cervo, inseguito (come Atteone) dalla
pozza d’acqua a causa della calura. Egli si fermò per torma dei suoi cani. E poi commenta: egli non fu mai
ammirarla, lei provò vergogna e, per vendicarsi o per la nuvola che poi si trasformò in pioggia d’oro, come
nascondere il suo corpo, con le mani lo spruzzò d’ac- fece Giove, per calmare in parte il fuoco della passio-
qua sul viso. Egli si sentì trasformare in un cervo, che ne amorosa. Egli fu invece la fiamma, accesa da uno
correva veloce per fuggire i suoi cani che lo insegui- sguardo della sua donna, fu l’uccello, che passò il
vano. Nel congedo si rivolge alla canzone e le dice tempo a volare per cantarla nelle sue poesie. Né di-
che egli non fu mai la pioggia d’oro con cui Giove menticò l’alloro poetico perché l’aveva vista nuda:
spense in parte la sua passione amorosa; fu invece bastava l’ombra della sua donna per cacciargli dal
una fiamma, accesa dallo sguardo di Laura, e fu l’uc- cuore ogni desiderio indegno.
cello che passa il tempo in volo, per innalzare lei con 2. Il lettore, se pensa che almeno una volta Petrarca si
le sue poesie. Né seppe abbandonare l’alloro poetico comporti umanamente e faccia il guardone o ne ap-
per acquisire il nuovo aspetto, perché basta soltanto profitti per saltarle addosso, è subito deluso. Il poeta
l’ombra di Laura, per liberare il suo cuore da ogni va subito a immagini letterarie: Atteone trasformato
piacere disonesto (o turpe o vergognoso o ignobile). in cervo e inseguito dai suoi cani, perché aveva sbir-
ciato Artemide nuda; Giove che si trasforma in piog-
Commento gia d’oro per possedere Danae, che il padre aveva ri-
1. La poesia di Petrarca vive del passato e dei ricordi chiuso in una torre. E a questi riferimenti mitologici
del passato. In questa canzone egli va indietro nel seguono due paragoni: egli è la fiamma di fuoco, ac-
tempo e ricorda che da giovane si rifugiava nei boschi cesa dallo sguardo di Laura, è l’uccello che vola, per
a piangere le sue inclinazioni amorose. Un giorno, cantare Laura. A parte i riferimenti mitologici, Pe-
com’era solito fare, cercò Laura. La trovò che se ne trarca guardone rimanda alla pittura, al tópos di Su-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 70
sanna nuda al bagno, concupita e importunata da due 3. Petrarca distingue l’amore puro e ideale per Laura,
vecchioni (Daniele, 13). O a Betsabea che si denuda e e l’amore sensuale e fisico che pratica con diverse
fa il bagno in pubblico, per farsi adocchiare da re Da- donne, pur essendo un chierico. Esse gli danno dei
vide, farsi invitare nella reggia e farsi frullare (2Sam figli, i più importanti dei quali sono Giovanni (1337)
11-12). Ad ogni modo un Petrarca guardone, vero o e Francesca (1343).
falso che sia, fornisce un’idea diversa del poeta. ---I☺I---
---I☺I---
Solo e pensoso i più deserti campi, XXXV Solo e pensoso i più deserti campi
Solo et pensoso i più deserti campi Solo e pensoso i campi più deserti
vo mesurando a passi tardi et lenti, misuro con i miei passi tardi e lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti e rivolgo gli occhi (pronti a fuggire)
ove vestigio human l’arena stampi. dove il terreno mostri qualche orma umana.
Altro schermo non trovo che mi scampi Non trovo altro riparo che impedisca alla gente
dal manifesto accorger de le genti, di vedere chiaramente [quanto io sia innamorato],
perché negli atti d’alegrezza spenti perché nei miei atti privi di allegria
di fuor si legge com’io dentro avampi: di fuori si vede quanto io dentro bruci di passione:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge così che io credo ormai che i monti, le pianure,
et fiumi et selve sappian di che tempre i fiumi e i boschi sappiano come
sia la mia vita, ch’è celata altrui. sia la mia vita, che è nascosta agli altri.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge Ma non so cercare vie così aspre né così selvagge,
cercar non so ch’Amor non venga sempre che il dio Amore non venga sempre
ragionando con meco, et io co·llui. a discutere con me… ed io con lui!
Riassunto. Petrarca cerca luoghi deserti per non mo- dire che prova piacere a parlare con lui. Il suo atteg-
strare alla gente quanto è innamorato. Tuttavia, do- giamento è quindi contraddittorio, ma proprio questa
vunque egli vada, il dio Amore viene sempre a discu- contraddizione sta alla base dell’ispirazione poetica
tere con il poeta, ed il poeta con lui. di tutto il Canzoniere.
3. Il poeta non si accontenta di dire che la gente, se lo
Commento incontrasse, vedrebbe subito quanto egli è innamora-
1. Anche qui Petrarca pensa che la gente si preoccupi to. Giunge ad affermare anche che tutta la natura co-
che egli è innamorato. Questo è però ciò che egli pen- nosce questa sua passione amorosa (e questo fatto è
sa; da parte sua non si preoccupa affatto di sapere se ancora più incredibile del primo). Ma egli ritiene che
la gente è innamorata o meno. In altre parole il poeta tutto il mondo giri intorno a lui, al suo amore e al suo
fa girare il mondo – compresa Laura – intorno a se dissidio interiore.
stesso e intorno al fatto che egli è innamorato. 4. In questo sonetto non è citata Laura, ma il dio
2. Da una parte sembra che egli voglia fuggire dal dio Amore: l’amore esiste soltanto dentro l’animo del
Amore, dall’altra dice che egli gli risponde. Ciò vuol poeta, che in proposito strumentalizza anche Laura: la
---I☺I--- donna esiste in quanto egli la pensa e la ricorda. Non
ha un’esistenza propria.
---I☺I---
Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese e l’anno,
Benedetto sia il giorno, il mese e l’anno
LXI
Benedetto sia il giorno, il mese, l’anno,
Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno la stagione, il tempo, l’ora, il momento,
e la stagione e’l tempo e l’ora e ‘l punto il bel paese e il luogo dove io fui raggiunto
e’l bel paese e’l loco ov’io fui giunto dai due begli occhi [di Laura], che mi legarono;
da’duo begli occhi che legato m’ànno;
e benedetto sia il mio primo dolce affanno,
E benedetto il primo dolce affanno che io ebbi congiungendomi con il dio Amore;
ch’ì ebbi ad esser con Amor congiunto, l’arco, le frecce che mi colpirono,
e l’arco e le saette ond’ì fui punto, e le ferite che giunsero fino al cuore.
e le piaghe che’nfin al cor mi vanno.
Riassunto. Il poeta benedice tutto ciò che riguarda il reazioni psicologiche davanti al fatto di essere inna-
suo incontro con Laura (l’anno, il mese, il giorno e morato.
l’ora in cui l’ha incontrata), quindi conclude dicendo 4. Il poeta ricorre alla figura retorica dell’anafora (o
che pensa soltanto a lei e che nel suo cuore non c’è ripetizione) (“Che sia benedetto...”), per esprimere in
posto per nessun’altra. modo letterariamente efficace, quasi tangibile, la sua
estasi.
Commento 5. Anche in questo sonetto il poeta parla con se stes-
1. Il poeta esalta il momento in cui ha visto e si è in- so: in nessun componimento dialoga con Laura, no-
namorato di Laura. L’esaltazione mistica cede ora il nostante che la letteratura tradizionale fornisse nume-
posta all’esaltazione amorosa profana. I precedenti rosi esempi in proposito, dal contrasto di Cielo d’Al-
letterari di questa esaltazione davanti alla figura camo (prima metà del Duecento) a “Becchin’amor!”,
femminile si possono rintracciare in Lo viso mi fa an- a Oimè d’Amor o a Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l
dare alegramente di Giacomo da Lentini o in Gioio- giorno di Cecco Angiolieri (1260ca.-1312ca.).
samente canto di Guido delle Colonne, ambedue del- 6. L’amore di Petrarca per Laura è quindi un amore
la Scuola siciliana. letterario, che si compiace di essere tale, che si preoc-
2. Questo amore è fatto nello stesso tempo di gioia e cupa di essere intessuto di citazioni letterarie (Scuola
di affanni. Anche qui Petrarca recupera la tradizione siciliana, Dolce stil novo, Bibbia ecc.), che è soddi-
letteraria: la concezione drammatica dell’amore come sfatto di rispecchiarsi in se stesso. Angiolieri voleva
tormento di Andrea, cappellano del re di Francia (se- fare anti-letteratura, Petrarca vuole fare iper-lettera-
conda metà del sec. XII). tura: la realtà è trasformata in un’abile, raffinata e
3. L’amore continua ad essere psicologico ed interio- preziosa (ri)elaborazione letteraria.
re, sacro e profano: il poeta esamina se stesso e le sue ---I☺I---
---I☺I---
Padre del ciel, dopo i perduti giorni, LXXII O Padre del cielo, dopo i giorni di perdizione
Padre del ciel, dopo i perduti giorni, O Padre del cielo, dopo i giorni di perdizione,
dopo le notti vaneggiando spese dopo le notti consumate in pensieri vani
con quel fero desir che al cor s’accese con quel crudele desiderio che si accese al cuore,
mirando gli atti per mio mal si adorni; guardando gli atti [di Laura] per mio male così belli,
piacciati omai, co’l tuo lume, ch’io torni ti piaccia ormai con la tua grazia che io ritorni
ad altra vita et a più belle imprese; a un’altra vita e a più belle imprese,
sì ch’avendo le reti indarno tese così che il mio crudele avversario (=il demonio),
il mio duro adversario se ne scorni. avendo teso invano le reti, rimanga scornato;
Or volge, signor mio, l’undecimo anno ora, o mio signore, sta passando l’undicesimo anno
ch’i’fui sommesso al dispietato giogo, da quando io fui sottoposto allo spietato giogo (=
che sopra i più soggetti è più feroce. l’amore per Laura), che è più crudele sui più deboli.
Miserere del mio non degno affanno; Abbi pietà del mio indegno affanno;
reduci i pensier vaghi a miglior luogo; ricondùci i miei i pensieri erranti verso il cielo;
rammenta lor com’oggi fosti in croce. ricorda loro come oggi tu fosti crocefisso.
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, XC I capelli biondi erano sparsi all’aria
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi I capelli biondi [di Laura] erano sparsi all’aria,
che ‘n mille dolci nodi gli avolgea, che li faceva ondeggiare in mille dolci nodi,
e ‘l vago lume oltra misura ardea e oltre ogni misura ardeva la luce
di quei begli occhi ch’or ne son sģ scarsi; di quei begli occhi, che ora sono meno luminosi;
Non era l’andar suo cosa mortale Il suo camminare non era da essere mortale,
ma d’angelica forma, e le parole era quello di un angelo, e le sue parole
sonavan altro che pur voce umana; suonavano oltre la voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole uno spirito celeste, un sole vivente fu ciò che io vidi;
fu quel ch’i’ vidi, e se non fosse or tale, e, anche se ora essa non fosse più così,
piaga per allentar d’arco non sana. la ferita amorosa non guarisce per l’arco allentato
(=perché non è più bella come un tempo).
Riassunto. I capelli biondi di Laura erano sparsi all’a-
ria, i suoi occhi erano splendenti. Perciò non c’è da 4. L’amore per Laura è un amore della memoria: il
meravigliarsi se il poeta si è innamorato subito di lei. poeta ricorda il suo amore giovanile e ribadisce che è
La donna camminava come un angelo, aveva una vo- ancora innamorato. La duplicità temporale (il passato
ce sovrumana, era uno spirito celeste, un sole vivente. ed il presente) lo spinge a riconoscere e a sottolineare
E anche se ora non è più bella come un tempo, egli ne che ora Laura è meno bella di allora, perché ormai
è ancora innamorato. invecchiata. Altrove, citando l’Ecclesiaste, aveva
concluso che “ciò che piace al mondo dura poco” (I).
Commento 5. Giambattista Marino (1569-1625) canta i capelli
1. Il poeta gioca sul termine l’aura (=l’aria e Laura): della sua donna in Donna che si pettina (Rime, 1602),
l’attenzione, quasi esasperata, verso le possibilità più sotto.
espressive date dalle parole è una caratteristica co- ---I☺I---
stante del Canzoniere. Il gioco di parole costruito su
l’aura e l’iperbole un sole vivo anticipano il concetti-
smo della poesia barocca (prima metà del Seicento).
2. Come altrove, egli riprende motivi stilnovistici da
Guinizelli (la donna-angelo) e da Dante (la donna-
angelo, il modo di camminare sovrumano). Le imma-
gini però risultano rozze e approssimative rispetto al
sonetto dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare.
3. Il poeta ricorre anche a un calibrato anacoluto
(“Io... che meraviglia c’è, se...”), per mantenersi al
centro dell’attenzione e per esprimere il sopraggiun-
gere improvviso ed inevitabile dell’amore per Laura.
II 2.
S’egli è pur mio destino, Se è mio destino
e ‘l cielo in ciò s’adopra, (e il cielo opera in questa direzione)
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda, che Amore mi faccia morire piangente,
qualche grazia il meschino spero che per qualche sorte benigna
corpo fra voi ricopra, il mio povero corpo sia sepolto in mezzo a voi
e torni l’alma al proprio albergo ignuda. e che l’anima, separata dal corpo, torni al cielo.
La morte fia men cruda La morte sarà meno dura,
se questa spene porto se porterò con me questa speranza
a quel dubbioso passo; al momento dell’incerto trapasso:
ché lo spirito lasso il mio spirito affaticato
non poria mai in più riposato porto non potrebbe fuggire dal corpo travagliato
né in più tranquilla fossa per trovare riparo in un porto più sicuro
fuggir la carne travagliata e l’ossa. o in un sepolcro più tranquillo.
III 3.
Tempo verrà ancor forse Forse in un tempo futuro
ch’a l’usato soggiorno la crudele bella e mite,
torni la fera bella e mansueta, intenerendosi per me,
et là ‘ ov’ ella mi scorse ritornerà in questo luogo abituale,
nel benedetto giorno e lì, dove mi vide in quel giorno fortunato,
volga la vista disiosa et lieta, volgerà gli occhi desiderosi
cercandomi: et, o pieta!, e lieti di vedermi, volendomi cercare. E, ahimè!,
già terra infra le pietre vedendomi divenuto polvere fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri del sepolcro, il dio Amore le ispirerà
in guisa che sospiri tali dolci sospiri
sì dolcemente che mercé m’impetre, che ella mi farà ottenere
et faccia forza al cielo, la misericordia divina,
asciugandosi gli occhi col bel velo. asciugandosi gli occhi con il suo velo.
IV 4.
Da’ be’ rami scendea Dai bei rami scendeva
(dolce ne la memoria) (mi è dolce il ricordo)
una pioggia di fior sovra ‘l suo grembo; una pioggia di fiori sopra il suo grembo,
et ella si sedea ed ella sedeva
umile in tanta gloria, umilmente in tanta gloria,
coverta già de l’amoroso nembo. ormai ricoperta da una nuvola amorosa.
Qual fior cadea sul lembo, Un fiore le cadeva sulla veste,
qual su le trecce bionde, un altro sulle trecce bionde (quel giorno
ch’oro forbito et perle sembravano oro lucente e perle),
eran quel dì, a vederle; un altro si posava per terra,
qual si posava in terra, e qual su l’onde; un altro sulle onde del fiume,
qual, con un vago errore un altro vagava dolcemente nell’aria
girando, parea dir: “Qui regna Amore”. e sembrava dire: “Qui regna il dio Amore!”.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 74
V 5.
Quante volte diss’io Quante volte io allora,
allor pien di spavento: pieno di stupore, dissi:
Costei per fermo nacque in paradiso. “Certamente costei è nata in paradiso!”.
Così carco d’oblio A tal punto la divina bellezza,
il divin portamento il volto, le parole e il dolce sorriso
e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso mi avevano fatto
m’aveano, et sì diviso dimenticare e separato
da l’imagine vera, dalla realtà,
ch’i’ dicea sospirando: che io dicevo sospirando:
Qui come venn’io, o quando?; “Come sono venuto qui? E quando?”,
credendo esser in ciel, non là dov’era. poiché credevo d’essere in cielo, non là dov’ero.
Da indi in qua mi piace Da allora in poi mi piace tanto quell’erba,
questa erba sì, ch’altrove non ho pace. quel luogo, che non so trovar pace altrove.
VI 6.
Se tu avessi ornamenti quant’ hai voglia, O canzone, se tu fossi bella come vorresti,
poresti arditamente potresti avere il coraggio
uscir del bosco e gir in fra la gente. di uscire dal bosco e andare tra la gente.
Riassunto per strofa. 1. O dolci acque del fiume – di- 3. Il testo è, come di consueto, assai ricercato e assai
ce il poeta –, o ramo gentile, o erba e fiori, o aria se- elaborato sul piano letterario. Agli inizi si rivolge a
rena [dove Laura è vissuta], ascoltate le mie ultime parlare alle acque del fiume Sorga, al ramo, all’erba e
parole. 2. Se dovrò morire piangendo, spero di essere ai fiori. Alla fine personifica anche la canzone, che il
sepolto in mezzo a voi, che per me siete il luogo più poeta invita ad andare tra la gente. Il lettore non deve
sicuro e tranquillo. 3. Forse in futuro ella tornerà qui preoccuparsi del contenuto, piuttosto semplice, ma
e mi cercherà e, vedendomi morto e sepolto, implore- delle immagini che il poeta cerca di evocare. Quel
rà il cielo ed otterrà per me la grazia divina. 4. Ricor- che conta sono soltanto le immagini letterarie: il poe-
do con dolcezza quando sopra di lei e intorno a lei ta ha perciò saccheggiato la letteratura prima di lui.
cadevano fiori, che sembravan dire: “Qui regna il dio 4. Petrarca descrive un locus amoenus e vi immerge
Amore”. 5. Quante volte io, stupito, dissi che era nata Laura, l’unica che a lui par donna, cioè domina, si-
in paradiso! La sua bellezza mi faceva dimenticare a gnora e padrona. La scenografia è coinvolgente e
tal punto la realtà, che io mi chiedevo com’ero giunto straordinaria. Il locus amoenus è un tópos letterario di
lì, perché pensavo di essere in cielo. Perciò non riesco grande successo. Il primo è il paradiso terrestre che si
a vivere altrove. 6. O canzone, se tu fossi bella come trova nella Genesi, un altro è ancora il paradiso terre-
vorresti, lasceresti questo luogo per andare tra la gen- stre in cima alla montagna del purgatorio nella Divina
te [a parlare di Laura]. commedia, un terzo è la villa immersa nella natura in
cui si ritrovano i dieci giovani del Decameron di
Commento Boccaccio.
1. Il riassunto, che si limita ad eliminare gli aggettivi 5. Anche qui tutta la realtà, compresa Laura, gira in-
e le proposizioni dipendenti superflui, mostra chiara- torno al poeta, che vive dei ricordi del passato, ma
mente quanto (poco) il poeta sia interessato al conte- che immagina anche di essere morto nel futuro. Per la
nuto, e quanto (molto) sia interessato alla forma lette- prima ed ultima volta si preoccupa di quel che prova
raria in cui il contenuto è espresso. Ciò vale per tutta Laura: alla vista della sua tomba la donna verserà
la sua produzione letteraria. qualche lacrima, che sarà sufficiente per fare andare il
2. La canzone riprende e rielabora immagini e motivi poeta in cielo.
della tradizione letteraria siciliana e stilnovistica, a 6. Questo testo, come tutti i precedenti, mostra quanto
cui si aggiunge il mai sopito dissidio interiore tra ter- la poesia di Petrarca sia intessuta di citazioni lettera-
ra e cielo. “L’angelico seno” è la piega del vestito o rie precedenti, di riflessioni e di sentenze tratte dalla
anche i seni (al singolare). E ad ogni modo è un rife- Bibbia, dagli stoici, dai Padri della Chiesa, da sant’A-
rimento alla donna angelicata del Dolce stil novo. gostino. Essa è e vuole essere una poesia in cui la di-
Quello che conta non è se il discorso ha un senso, ma mensione letteraria (fusa con l’egocentrismo del poe-
il riferimento letterario, con cui il poeta pensa ed ta) si impone completamente sui contenuti. Il riassun-
esprime i suoi sentimenti. Letteralmente sembra che to più sopra lo dimostra.
la donna si sia spogliata per prendere il sole, abbia ---I☺I---
messo da una parte il vestito e si sia distesa supina
sull’erba lì vicino. L’immagine rimanda alle figure
femminili a seno nudo – in particolare le statue –, che
riempiono le chiese. Gli angeli sono asessuati o erma-
froditi. Hanno un aspetto effeminato.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 75
Italia mia, ben che ‘l sperar sia indarno, O Italia mia, benché la speranza sia vana
CXXVIII
1.
I
O Italia mia, benché le mie parole non possano
Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno
guarire le tue piaghe mortali,
a le piaghe mortali
che così numerose vedo sul tuo bel corpo,
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
desidero almeno che i miei sospiri siano
piacemi almen che ‘ miei sospir’ sian quali
come li spera il Tevere, l’Arno ed il Po,
spera ‘l Tevero et l’Arno,
dove ora, addolorato e pensoso, io mi trovo.
e ‘l Po, dove doglioso et grave or seggio.
O Dio del cielo, io ti chiedo che la compassione,
Rettor del cielo, io cheggio
che ti fece venire sulla terra, ti faccia ora
che la pietà che Ti condusse in terra
guardare il tuo amato paese.
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, o Signore cortese, come futili motivi
Vedi, Segnor cortese,
siano causa di guerre crudeli!
di che lievi cagion’ che crudel guerra;
Apri, o Padre, intenerisci e sciogli i cuori,
e i cor’, che ‘ndura et serra
che ora Marte (=il dio della guerra),
Marte superbo et fero,
superbo e feroce, ha indurito e richiuso.
apri Tu, Padre, e ‘ntenerisci et snoda;
Fa’ che qui la tua verità, anche se io valgo poco,
ivi fa che ‘l Tuo vero,
sia detta dalla mia bocca.
qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.
2.
II O voi, che dalla sorte avete avuto il governo
Voi cui Fortuna à posto in mano il freno delle nostre belle contrade, per le quali
de le belle contrade, non mostrate di avere alcuna compassione,
di che nulla pietà par che vi stringa, che cosa fanno qui tante armi straniere? Pensate
che fan qui tante pellegrine spade? davvero che la nostra terra verdeggiante si tinga
perché ‘l verde terreno del sangue dei barbari? Vi fa piacere sbagliare!
del barbarico sangue si depinga? Vedete poco e vi sembra di vedere molto,
Vano error vi lusinga: poiché cercate l’amore e la fedeltà
poco vedete, et parvi veder molto, in cuori che si vendono.
ché ‘n cor venale amor cercate o fede. Perciò chi ha più mercenari è anche colui
Qual più gente possede, che ha più nemici intorno.
colui è più da’ suoi nemici avolto. Questo diluvio è stato raccolto
O diluvio raccolto in paesi selvaggi e spaventosi,
di che deserti strani per inondare i nostri campi fertili!
per inondar i nostri dolci campi! Se prepariamo con le nostre mani
Se da le proprie mani la nostra rovina, chi ci potrà salvare?
questo n’avene, or chi fia che ne scampi?
3.
III La Natura si preoccupò della nostra sicurezza,
Ben provide Natura al nostro stato, quando pose le Alpi come barriera
quando de l’Alpi schermo tra noi e la rabbia tedesca.
pose fra noi et la tedesca rabbia; Ma il desiderio cieco, ostinato
ma ‘l desir cieco, e ‘ncontr’al suo ben fermo, contro il proprio bene, si è poi tanto impegnato,
s’è poi tanto ingegnato, che ha procurato la scabbia al corpo sano dell’Italia.
ch’al corpo sano à procurato scabbia. Ora dentro ad una stessa gabbia si trovano
Or dentro ad una gabbia belve feroci e greggi mansuete,
fiere selvagge et mansüete gregge così che il migliore geme sempre.
s’annidan sì che sempre il miglior geme: E, per nostro maggior dolore,
et è questo del seme, queste belve discendono dal popolo senza legge,
per più dolor, del popol senza legge, al quale, come dice la storia,
al qual, come si legge, Caio Mario inflisse una tale sconfitta,
Mario aperse sì ‘l fianco, che è ancor vivo il ricordo dell’impresa,
che memoria de l’opra ancho non langue, quando l’esercito romano, assetato e stanco,
quando assetato et stanco trovò nel fiume più sangue che acqua.
non più bevve del fiume acqua che sangue.
V 5.
Né v’accorgete anchor per tante prove Non vi siete ancora accorti, neanche dopo tante
del bavarico inganno prove, dell’inganno dei mercenari tedeschi,
i quali, alzando un dito [in segno di resa],
ch’alzando il dito colla morte scherza?
si prendono gioco della morte?
Peggio è lo strazio, al mio parer, che ‘l danno;
La beffa è, secondo me, peggiore del danno.
ma ‘l vostro sangue piove Il vostro sangue però è versato largamente:
più largamente, ch’altr’ira vi sferza. siete spinti gli uni verso gli altri da ben altro odio!
Da la matina a terza Riflettete un momento sulla vostra situazione,
di voi pensate, et vederete come e capirete che non può avere caro alcuno colui
tien caro altrui che tien sé così vile. che ritiene se stesso così vile, da vendersi per denaro.
Latin sangue gentile, O nobile stirpe latina, allontana da te il peso dannoso
sgombra da te queste dannose some; di questi mercenari, e non trasformare in idolo
non far idolo un nome la loro vuota fama, che non ha riscontro nella realtà!
vano senza soggetto: È colpa nostra, non della natura,
ché ‘l furor de lassú, gente ritrosa, se il furore settentrionale,
vincerne d’intellecto, restio a ogni incivilimento,
peccato è nostro, et non natural cosa. ci supera nelle capacità intellettuali.
VI 6.
Non è questo ‘l terren ch’i’ toccai pria? Non è questa la terra ove nacqui?
Non è questo il mio nido
Non è questo il mio nido
ove fui nutrito così dolcemente?
ove nudrito fui sì dolcemente? Non è questa la patria in cui ho riposto
Non è questa la patria in ch’io mi fido, la mia fiducia, la madre benigna e pietosa,
madre benigna et pia, che ricopre ambedue i miei genitori?
che copre l’un et l’altro mio parente? In nome di Dio, o principi, questo pensiero
Perdio, questo la mente penetri qualche volta nella vostra mente,
talor vi mova, et con pietà guardate e, pieni di compassione, guardate le lacrime
le lagrime del popol doloroso, del popolo sofferente, il quale, dopo Dio,
che sol da voi riposo soltanto da voi può sperare protezione.
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate E, purché mostriate qualche segno
segno alcun di pietate, di compassione, il coraggio [militare]
vertú contra furore contro la furia [straniera] impugnerà le armi,
prenderà l’arme, et fia ‘l combatter corto: e il combattimento sarà breve,
ché l’antiquo valore perché l’antico valore non è ancora
ne gli italici cor’ non è anchor morto. scomparso dai cuori degli italiani.
Riassunto per strofa. 1. O Italia mia – dice il poeta –, se ci superano, la colpa è nostra, non della Natura.
anche se le mie parole non ti possono guarire, parlo 6. Non è l’Italia la terra dove sono nato e cresciuto e
ugualmente come ti piacerebbe sentirmi parlare. O dove sono sepolti i miei genitori? O signori, abbiate
Dio, volgi lo sguardo al tuo amato paese, sciogli i compassione del nostro popolo, che soffre. Bastereb-
cuori induriti, e fa’ che la tua verità esca dalla mia be un po’ di compassione a fargli prendere le armi e a
bocca. fargli cacciare gli stranieri. Il coraggio dei romani
2. O signori, che governate l’Italia, perché ci sono qui non è ancora scomparso dal suo cuore.
tanti soldati stranieri? Pensate forse che costoro si 7. O signori, il tempo vola e la morte si avvicina:
ammazzino per voi? Vi illudete! Essi sono venuti per quando arriva, bisogna lasciare tutto. Perciò, mentre
distruggere i nostri campi, e noi, chiamandoli, ci vivete, lasciate ogni odio, che impedisce di vivere se-
stiamo distruggendo con le nostre mani. renamente. E dedicate il tempo, che ora perdete ad
3. La Natura ha innalzato le Alpi, per separarci dai angustiare gli altri, per imprese più degne. Così vive-
tedeschi. Voi invece li avete chiamati qui, ed ora lupi te felici sulla terra, e vi preparate la salvezza del cie-
feroci e pecore mansuete vivono insieme, e chi ci ri- lo.
mette è sempre il migliore. Eppure questi soldati di- 8. O canzone, esponi con prudenza i tuoi argomenti:
scendono da quelli che sono stati così duramente devi andare tra gente abituata all’adulazione, non alla
sconfitti da Caio Mario, che dell’impresa è ancor vivo verità. Poche persone ti ascolteranno. Chiedi la loro
il ricordo. protezione, ne hai bisogno, perché vai a predicare la
4. Non parlo poi di Giulio Cesare, che li sconfisse più pace.
volte. Ora, se abbiamo perso la protezione del cielo, è ---I☺I---
per colpa vostra! Le vostre ambizioni stanno rovinan-
do l’Italia. Perché importunate il vicino? Perché cer- Riassunto per strofa ma più breve. 1. Il poeta si ri-
cate soldati stranieri? Perché provate piacere a veder volge ai signori d’Italia e chiede perché hanno invita-
spargere il sangue? Io parlo per dire la verità, non per to soldati stranieri.
odio verso qualcuno. 2. Essi sono venuti qui non per ammazzarsi tra loro,
5. Non vedete che questi soldati, arrendendosi, evita- ma per depredare il nostro paese.
no lo scontro, e si prendono gioco di voi? Riflettete 3. La natura ha innalzato le Alpi per dividerci dai te-
un po’: come può avere caro qualcuno chi ritiene di deschi, ed ora lupi feroci e pecore mansuete vivono
valere tanto poco, da vendersi? O nobile sangue lati- insieme, e chi ci rimette è sempre il popolo italiano.
no, non ammirare la loro fama, che è immeritata. E,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 78
Eppure essi sono i discendenti di quei popoli che so- 3. Qui Petrarca si chiede perché i signori d’Italia han-
no stati così duramente sconfitti da Caio Mario no invitato milizie straniere per combattere per essi.
4. e da Giulio Cesare. Perché i signori d’Italia voglio- Nel Cinquecento Ariosto si chiede meravigliato come
no far guerra ai loro vicini? sia possibile che nel 1494 Ludovico il Moro, signore
5. I soldati stranieri fingono di combattere e si pren- di Milano, abbia potuto chiamare in Italia il re di
dono gioco dei loro datori di lavoro. Non possono es- Francia contro il re di Napoli: le conseguenze, disa-
sere fedeli a nessuno coloro che si mettono in vendita strose per tutti, di lì a poco si fanno vedere. Con due
per poco prezzo. La loro fama militare è del tutto in- secoli di anticipo il poeta invita i signori d’Italia a
fondata. non commettere errori e a cacciare fuori d’Italia gli
6. Quindi il poeta fa due riflessioni. a) L’Italia è la stranieri! Il potere politico, ignorante e beota, non lo
terra dove egli è nato, perciò invita i signori ad avere ascolta nel presente né nel futuro. Contemporanea-
compassione del popolo italiano e a fargli prendere le mente ad Ariosto Machiavelli nel Principe (1512-13)
armi contro gli stranieri invasori. si affanna a convincere Lorenzino de’ Medici a im-
7. b) E poi il tempo vola, e si avvicina la morte: nel pugnare una bandiera e a mettersi a capo del popolo
poco tempo che ci rimane è meglio pensare alla sal- italiano per cacciare i barbari fuori d’Italia... Insom-
vezza ultraterrena che a farsi guerra. ma la valutazione che Petrarca dà sulla classe politica
8. Infine il poeta invita la canzone ad andare tra la italiana del suo tempo non è quella di uno sprovvedu-
gente a predicare la pace. to intellettuale, che è apolitico e rinchiuso nella sua
grettezza e nel suo egoismo. È quella di un intellet-
Commento tuale che non può capacitarsi che si possa vivere a li-
1. La canzone è l’atteggiamento più politico che Pe- velli così bassi, così contingenti, così banali.
trarca riesce ad esprimere in tutta la sua vita. In realtà ---I☺I---
egli non è interessato alla politica ed è lontano dalle
beghe politiche tra fazioni o tra città e città o tra Sta-
terello e Staterello che caratterizzano l’Italia del Due-
cento e poi del Trecento. Proiettato com’è nel mondo
dei classici, nella repubblica ideale che lo fa incontra-
re con i grandi dell’antichità, egli non capisce né può
capire come si possa perdere tempo in conflitti conti-
nui, inutili ed estenuanti. La guerra o le piccole guer-
re dei signori non sono i suoi valori. Egli ne ha altri. I
suoi valori non sono effimeri, né contingenti, perciò
guarda con fatica e con poco interesse ai signori che
sono incapaci di uscire da un momento storico soffo-
cante e senza alternative, per attingere a quella vita
fuori del tempo che unisce i grandi del passato, del
presente e del futuro.
2. Petrarca è radicalmente diverso da Dante, che nella
Divina commedia (1306-21) esprime le sue idee poli-
tiche, sociali, religiose, scientifiche, che dedica i canti
VI delle tre cantiche ai problemi politici, che si sca-
glia duramente contro i principi locali, contro i papi,
contro gli imperatori, quasi contro Dio, contro i fio-
rentini (Pg VI), che hanno dimenticato il loro ruolo,
la loro missione, il loro ambito, che hanno dimentica-
to l’Italia e la funzione delle due grandi istituzioni, il
papato e l’impero. Che vede la conflittualità persi-
stente tra i signorotti locali (If XXVII). Non si può
dire chi, tra i due poeti, ha più ragione (o più torto),
poiché hanno valori diversi e vivono in due dimen-
sioni diverse. Dante è attaccato alla sua Firenze. Pe-
trarca è un personaggio che ha vita, interessi interna-
zionali, e vive ospite di chiunque lo inviti, paghi i
suoi servizi e gli permetta di dedicarsi ai suoi amati
autori latini. In cambio egli dà lustro con la sua pre-
senza e svolge incarichi diplomatici. Giustamente gli
umanisti si ricollegano a lui: hanno gli stessi valori,
gli stessi interessi, la stessa cultura e la stessa menta-
lità.
Passa la nave mia colma d’oblio Passa la mia nave (=la mia vita) piena d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno, per un mare aspro, a mezza notte, d’inverno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo fra gli scogli di Scilla e di Cariddi; e alla guida
siede il signore, anzi il mio nemico (=il dio Amore).
siede ‘l signore, anzi ‘l nimico mio.
A ciascun remo siede un pensiero sfrenato e reo,
A ciascun remo un penser pronto et rio che pare non curarsi della tempesta né della salvezza;
che la tempesta e ‘l fin par ch’abbi a scherno; la vela è battuta da un vento umido, continuo,
la vela rompe un vento humido eterno fatto di sospiri, di speranze e di desideri [vani].
di sospir’, di speranze, et di desio.
La pioggia delle lacrime e la nebbia degli sdegni
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni bagna e rallenta le sàrtie ormai stanche (=logore),
bagna et rallenta le già stanche sarte, che sono fatte di errore intrecciato con ignoranza.
che son d’error con ignorantia attorto.
Si celano i miei due dolci e consueti segni (=gli occhi
Celansi i duo mei dolci usati segni; di Laura); è morta fra le onde la scienza e l’arte
di navigare, tanto che comincio a disperare del porto.
morta fra l’onde è la ragion et l’arte,
tal ch’incomincio a desperar del porto.
5. La presenza massiccia, qui come altrove, della re-
Riassunto. Il poeta paragona la sua vita a una nave, torica anche in questo sonetto che sembrerebbe più
che con il mare in tempesta e in una notte d’inverno sincero di altri pone il problema se il Canzoniere sia
attraversa uno stretto pericoloso. Al timone siede il sincero o sia una semplice finzione letteraria. Una ri-
dio Amore, che è il suo signore, ma anche il suo ne- sposta potrebbe essere questa: il poeta ritiene che sol-
mico. Ai remi stanno pensieri sfrenati e colpevoli. E tanto l’uso estesissimo della retorica sia capace di
la vela è spinta dal vento irresponsabile delle passio- esprimere adeguatamente i suoi sentimenti. La retori-
ni. Non ci sono più gli occhi di Laura a guidarlo. È ca è quindi l’abito letterario con cui egli vuole e deve
scomparsa fra le onde la scienza e l’arte di navigare, necessariamente rivestire e travestire i suoi pensieri
tanto che ormai egli dispera di raggiungere il porto ed i suoi sentimenti. E noi siamo costretti a rispettare
(=la salvezza, la sicurezza, la tranquillità, anche la questa sua concezione della retorica e tenerla presente
salvezza dell’anima). quando leggiamo il Canzoniere.
---I☺I---
Commento
1. Il sonetto potrebbe risalire al 1343, quando il poeta
attraversa una profonda crisi spirituale: gli nasce
Francesca, la seconda figlia naturale, e il fratello
Gherardo si fa monaco, nonostante che egli fosse
contrario. Laura poi è lontana da lui, perché egli si
reca a Napoli.
2. Il sonetto è fatto con la consueta abilità letteraria e
con il consueto uso di figure retoriche: il paragone tra
la nave e la vita, l’accumulo di situazioni negative nei
primi 11 versi, la lentezza dei versi che con la loro
gravità accentuano il carattere drammatico della si-
tuazione, l’uso di termini pregnanti già indicati nel
sonetto iniziale (lacrimar, sdegni, error, ignorantia,
desperar), l’antitesi (signore-nemico), i consueti due
termini congiunti (“Scilla et Caribdi”, “pronto e rio”,
“bagna et rallenta”, “la ragion et l’arte”).
3. L’oblio è la dimenticanza: il poeta ha dimenticato i
suoi valori e i suoi doveri. Era anche chierico, ma ha
due figli. L’attività sessuale aguzza l’ingegno.
4. Il poeta si ascolta, ascolta i suoi lenti e impregnati
di lacrime del sonetto. E li ascolta: suonano bene e
sono convincenti. E e li gusta. Dopo gli esibizionisti e
i guardoni ci sono gli origlioni, coloro che provano
piacere a origliare, anche ad ascoltare il turpiloquio.
La vita fugge, et non s’arresta una hora, La vita fugge e non si ferma un momento
et la morte vien dietro a gran giornate, e la morte le vien dietro a grandi passi;
et le cose presenti et le passate e le cose presenti e le passate
mi tormentano, e anche le future;
mi dànno guerra, et le future anchora;
e il ricordo e l’attesa mi angosciano
e ‘l rimembrare et l’aspettar m’accora, da una parte e dall’altra, così che in verità,
or quinci or quindi, sì che ‘n veritate, se non avessi pietà di me stesso,
se non ch’i’ ò di me stesso pietate, sarei già fuori di questi pensieri (=mi sarei suicidato).
i’ sarei già di questi penser’ fòra.
Mi torna in mente se il mio cuore infelice ebbe mai
Tornami avanti, s’alcun dolce mai qualche dolcezza; e poi, dall’altra parte (=al futuro),
ebbe ‘l cor tristo; et poi da l’altra parte vedo i venti scatenati contro la mia navigazione:
veggio al mio navigar turbati i vènti;
vedo tempesta nel porto (=alla morte), è ormai stanco
veggio fortuna in porto, et stanco omai il timoniere, sono rotti l’albero e le sàrtie, e spenti
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, i begli occhi (=di Laura), che solevo ammirare.
e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
Riassunto. Il poeta vede la vita passare in gran fretta e marce forzate. Sulle meridiane medioevali era scritto
la morte avvicinarsi. Il presente ed il passato lo tor- tempus fugit o tempus semper fugit.
mentano ed ugualmente il futuro, tanto che egli, se 5. Il verso finale è riservato abilmente a Laura, che è
non avesse pietà di se stesso, si sarebbe già suicidato. in cima a tutti i pensieri del poeta. Il sonetto sembra
Il passato non gli ha dato gioie, il futuro si presenta più sincero di altri proprio perché l’ars dicendi è me-
minaccioso. Vede la sua vecchiaia sconvolta ancora no visibile, e perciò più efficace. Ed anche perché,
dalle passioni, egli è ormai stanco e gli occhi di Laura diversamente dal solito, gli aggettivi adoperati sono
si sono spenti. pochissimi.
---I☺I---
Commento
1. Il sonetto sembra avere un contenuto maggiore di
altri (il riassunto è più lungo della media). In realtà il
poeta dimostra di aver raggiunto un controllo ancora
più raffinato del linguaggio, che ora controbilancia
con il contenuto. Le figure retoriche sono numerose,
ma non si avvertono, in tal modo il contenuto acqui-
sta più spazio e appare in primo piano.
2. Il sonetto è pieno di figure retoriche: antitesi (fug-
ge/s’arresta, vita/morte, cose presenti/passate, ri-
membrar/aspettar, or quinci/or quindi ecc.); litote
(Non s’arresta); ripetizioni (il secondo verso ripete il
concetto espresso nel primo); metafore (i lumi, cioè
gli occhi di Laura) ecc. Ricompare la metafora della
vita come di una nave e, di conseguenza, del vivere
come di un navigare, e della morte come del porto.
Addirittura il poeta medita una cosa reale come il sui-
cidio. Si tratta, come di consueto, di un atteggiamento
letterario.
3. I motivi del sonetto sono i consueti della poesia pe-
trarchesca: il passato angoscioso, il ricordo del passa-
to, il presente doloroso; il futuro incerto e sconvolto
dalle passioni; l’amore per Laura che non conosce
momenti di debolezza; la vita che passa, che è come
una nave, che si dirige verso il porto della morte.
4. Il poeta recupera il motivo classico della vita o del
tempo che fugge. “A gran giornate” è un calco di ma-
gnis itineribus, espressione militare che significa a
Tu che vedi i miei mali indegni et empi, Tu, che vedi i miei mali indegni ed empi,
Re del cielo invisibile immortale, o Re del cielo, invisibile e immortale,
soccorri a l’alma disvïata et frale, soccorri la mia anima deviata e fragile,
e ‘l suo defecto di tua gratia adempi: e colma i suoi difetti con la tua grazia:
A quel poco di viver che m’avanza La tua mano si degni di essere sollecita
et al morir, degni esser tua man presta: a quel poco di vita che [ancora] mi resta:
tu sai ben che ‘n altrui non ò speranza. tu sai bene che non ho speranza in nessun altro.
---I☺I---
Riassunto. Il poeta rimpiange la sua vita passata, per-
ché ha amato qualcosa di mortale e non si è alzato in
volo verso il cielo, pur avendone le capacità. Perciò si
rivolge a Dio e gli chiede di soccorrere la sua anima,
attratta dai beni terreni e fragile. In tal modo, se visse
lottando contro le tentazioni, possa morire in pace e
salvando l’anima. E, se la vita terrena fu mal spesa,
almeno la morte sia onorevole.
Commento
1. Il sonetto sembra avere un contenuto maggiore di
altri, perché fa un uso misurato di aggettivi. Ma una
lettura un po’ attenta mostra il lavoro letterario alle
spalle: “mali indegni et empi”, “a l’alma disvïata et
frale”, “in guerra et in tempesta”, “in pace et in por-
to” e le diverse e facili contrapposizioni.
2. Il sonetto va confrontato con la canzone di Guido
Guinizelli Al cor gentil rempaira sempre amore. Nel-
la strofa finale il poeta immagina di essere davanti a
Dio che gli rimprovera di aver amato un essere terre-
no ed effimero, la sua donna, e non Lui e la Regina
del Cielo. Ed egli risponde che la sua donna aveva
l’aspetto di un angelo disceso dal cielo, perciò non
commise peccato, se l’ha amata. La donna stilnovisti-
ca porta l’uomo a Dio, la donna di Petrarca lo porta
invece al dissidio interiore (la terra e i beni terreni o il
cielo) e al peccato. La salvezza può venire soltanto
dalla grazia divina.
I 1.
Vergine bella, che di sol vestita, O Vergine bella (che splendente come il sole
coronata di stelle, al sommo Sole e coronata di stelle, piacesti al sommo Sole (=Dio)
piacesti sì, che ‘n te Sua luce ascose, a tal punto, che racchiuse in te la sua luce),
amor mi spinge a dir di te parole: l’amore mi spinge a parlare di te:
ma non so ‘ncominciar senza tu’ aita, ma non so iniziare senza il tuo aiuto e quello
et di Colui ch’amando in te si pose. di Colui che per amore s’incarnò nel tuo ventre.
Invoco lei che ben sempre rispose, Invoco colei che sempre rispose
chi la chiamò con fede: a chi la chiamò con fiducia;
Vergine, s’a mercede o Vergine, se mai a pietà
miseria extrema de l’humane cose ti mosse la misera condizione
già mai ti volse, al mio prego t’inchina, della vita umana, ascolta la mia preghiera,
soccorri a la mia guerra, soccorri ai miei affanni,
bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina. benché io sia fango e tu regina del cielo.
II 2.
Vergine saggia, et del bel numero una O Vergine saggia, che fai parte del bel numero
de le beate vergini prudenti, delle beate vergini prudenti,
anzi la prima, et con più chiara lampa; anzi sei la prima, e con luce più luminosa;
o saldo scudo de l’afflicte genti o forte scudo delle genti afflitte
contra colpi di Morte et di Fortuna, contro i colpi della Morte e della Fortuna,
sotto ‘l qual si trïumpha, non pur scampa; sotto il quale non solo ci si salva, ma si trionfa;
o refrigerio al cieco ardor ch’avampa o refrigerio al cieco desiderio che brucia
qui fra i mortali sciocchi: qui tra gli sciocchi mortali;
Vergine, que’ belli occhi o Vergine, quei begli occhi
che vider tristi la spietata stampa che videro sofferenti l’impronta crudele delle ferite
ne’ dolci membri del tuo caro figlio, sul corpo del tuo amato figlio,
volgi al mio dubbio stato, volgi al mio incerto stato, che smarrito
che sconsigliato a te vèn per consiglio. viene a te per aver consiglio.
III 3.
Vergine pura, d’ogni parte intera, O Vergine pura, immacolata in ogni tua parte,
del tuo parto gentil figliola et madre, figlia e madre del tuo nobile parto,
ch’allumi questa vita, et l’altra adorni, che illumini questa vita e abbellisci l’altra,
per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre, per mezzo di te e del sommo Padre, tuo figlio,
o fenestra del ciel lucente altera, o finestra del cielo luminosa e superba,
venne a salvarne in su li extremi giorni; venne a salvarci negli ultimi giorni del mondo;
et fra tutt’i terreni altri soggiorni e fra tutte le altre donne
sola tu fosti electa, tu sola fosti prescelta,
Vergine benedetta, o Vergine benedetta,
che ‘l pianto d’Eva in allegrezza torni. che tramuti in allegria il pianto d’Eva.
Fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno, Rendimi, poiché tu puoi, degno della sua grazia,
senza fine o beata, o infinitamente beata,
già coronata nel superno regno. già coronata in paradiso.
IV 4.
Vergine santa d’ogni gratia piena, O Vergine santa, piena di ogni grazia,
che per vera et altissima humiltate che grazie alla tua sincera e nobilissima umiltà
salisti al ciel onde miei preghi ascolti, salisti al cielo, da dove ascolti le mie preghiere,
tu partoristi il fonte di pietate, tu partoristi la fonte di pietà
et di giustitia il sol, che rasserena e il sole di giustizia, che rasserena
il secol pien d’errori oscuri et folti; il secolo pieno d’errori, oscuri e numerosi;
tre dolci et cari nomi ài in te raccolti, tre dolci e cari nomi unisci in te,
madre, figliuola et sposa: madre, figlia e sposa;
V 5.
Vergine sola al mondo senza exempio, O Vergine unica al mondo e senza uguali,
che ‘l ciel di tue bellezze innamorasti, che facesti innamorare il cielo della tua bellezza,
cui né prima fu simil né seconda, a cui fu uguale né prima né seconda,
santi penseri, atti pietosi et casti santi pensieri, atti pietosi e casti
al vero Dio sacrato et vivo tempio fecero nella tua verginità feconda
fecero in tua verginità feconda. un tempio vivente consacrato al vero Dio.
Per te pò la mia vita esser ioconda, La mia vita può essere gioconda, o Maria,
s’a’ tuoi preghi, o Maria, o Vergine dolce e pietosa,
Vergine dolce et pia, se grazie alle tue preghiere,
ove ‘l fallo abondò, la gratia abonda. dove l’errore abbondò, la grazia abbonda.
Con le ginocchia de la mente inchine, Con le ginocchia della mente inchinate
prego che sia mia scorta, ti prego di essere la mia scorta
et la mia torta via drizzi a buon fine. e si rivolgere la mia vita a buon fine.
VI 6.
Vergine chiara et stabile in eterno, O Vergine luminosa e stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella, stella per questo mare tempestoso,
d’ogni fedel nocchier fidata guida, guida fidata di ogni navigatore,
pon’ mente in che terribile procella rivolgi il pensiero alla terribile tempesta
i’ mi ritrovo sol, senza governo, in cui io mi ritrovo solo, senza timoniere,
et ò già da vicin l’ultime strida. e ho già vicine le ultime parole [della mia vita].
Ma pur in te l’anima mia si fida Ma la mia anima peccatrice
peccatrice, i’ no ‘l nego, si affida a te, io non lo nego,
Vergine; ma ti prego o Vergine; ma ti prego
che ‘l tuo nemico del mio mal non rida: che il tuo nemico non rida della mia dannazione:
ricorditi che fece il peccar nostro, ricordati che i nostri peccati
prender Dio, per scamparne, fecero che Dio s’incarnasse
humana carne al tuo virginal chiostro. nel tuo grembo virginale, per salvarci.
VII 7.
Vergine, quante lagrime ò già sparte, O Vergine, quante lacrime ho già versato invano,
quante lusinghe et quanti preghi indarno, quante lodi e quante preghiere, solamente
pur per mia pena et per mio grave danno! per accrescere la mia pena e il mio grave tormento!
Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno, Da quando io nacqui sulla riva dell’Arno,
cercando or questa et or quel’altra parte, percorrendo ora questa, ora quell’altro paese,
non è stata mia vita altro ch’affanno. la mia vita non è stata altro che affanno.
Mortal bellezza, atti et parole m’ànno Bellezza, atti e parole mortali mi hanno
tutta ingombrata l’alma. ingombrato l’animo completamente.
Vergine sacra et alma, O Vergine sacra e vivificante, non tardare,
non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno. poiché io forse sono alla fine della mia vita.
I dì miei più correnti che saetta I giorni se ne sono andati più velocemente
fra miserie et peccati che una freccia, tra miserie e peccati,
sonsen’ andati, et sol Morte n’aspetta. e mi aspetta soltanto la Morte.
IX 9.
Vergine, in cui ò tutta mia speranza O Vergine, in cui io ripongo tutta la mia speranza,
che possi et vogli al gran bisogno aitarme, ti prego, aiutami nel momento del grande bisogno,
non mi lasciare in su l’extremo passo. non abbandonarmi nel passaggio estremo!
Non guardar me, ma Chi degnò crearme; Non guardare me, ma Chi si degnò di crearmi;
no ‘l mio valor, ma l’alta Sua sembianza, non il mio valore, ma la Sua infinita sembianza
ch’è in me, ti mova a curar d’uom sì basso. che è in me, ti spinga a curare un uomo così misero.
Medusa et l’error mio m’àn fatto un sasso Un amore insano e i miei errori mi hanno trasformato
d’umor vano stillante: in sasso che versa un inutile pianto:
Vergine, tu di sante o Vergine, riempi il mio cuore stanco
lagrime et pïe adempi ‘l meo cor lasso, di lacrime sante e pietose,
ch’almen l’ultimo pianto sia devoto, così che almeno l’ultimo piano sia devoto,
senza terrestro limo, libero da inquietudini,
come fu ‘l primo non d’insania vòto. come il primo non fu privo di follia.!
X 10.
Vergine humana, et nemica d’orgoglio, O Vergine benevola e nemica dell’orgoglio,
del comune principio amor t’induca: ti convinca l’amore per la comune origine:
miserere d’un cor contrito humile. abbi pietà di un cuore pentito e umile.
Che se poca mortal terra caduca Che se son solito amare con così mirabile fedeltà
amar con sì mirabil fede soglio, un po’ di terra mortale di breve durata (=Laura),
che devrò far di te, cosa gentile? che cosa dovrò fare verso di te,
Se dal mio stato assai misero et vile che sei creatur così nobile?
per le tue man’ resurgo, O Vergine, se mi risollevo dalla mia condizione
Vergine, i’ sacro et purgo assai misera e vile grazie al tuo aiuto,
al tuo nome et penseri e ‘ngegno et stile, io consacrerò al tuo nome e purificherò pensieri,
la lingua e ‘l cor, le lagrime e i sospiri. ingegno e stile, lingua, cuore, lacrime e sospiri.
Scorgimi al miglior guado, Guidami al passaggio migliore
et prendi in grado i cangiati desiri. e gradisci i miei desideri ormai cambiati.
XI 11.
Il dì s’appressa, et non pòte esser lunge, Il giorno si avvicina e non può essere lontano,
sì corre il tempo et vola, perché il tempo corre e vola,
Vergine unica et sola, o Vergine unica e sola, ora il rimorso,
e ‘l cor or coscïentia or morte punge. ora il pensiero della morte tormentano il mio cuore.
Raccomandami al tuo figliuol, verace Raccomandami a tuo figlio, vero
homo et verace Dio, uomo e vero Dio,
ch’accolga ‘l mïo spirto ultimo in pace. affinché accolga il mio spirito nella pace del cielo.
---I☺I--- ---I☺I---
Le tombe
Ma poi ch’i’ ebbi pien di fiori un lembo, Ma dopo che io ebbi riempito un lembo della veste,
vidi le rose e non pur d’un colore: vidi le rose e non soltanto di un colore:
io colsi allor per empir tutto el grembo, io allora corsi per riempire tutto il grembo,
perch’era sì soave il loro odore perché il loro profumo era così soave,
che tutto mi senti’ destar el core che mi sentii risvegliare tutto il cuore
di dolce voglia e d’un piacer divino. da un dolce desiderio e da un piacere divino.
I’ posi mente: quelle rose allora Io le osservai: non vi potrei mai dire
mai non vi potre’ dir quant’eran belle; quanto erano belle allora quelle rose:
quale scoppiava della boccia ancora; una stava per sbocciare, altre erano un po’
qual’eron un po’ passe e qual novelle. appassite, altre appena fiorite.
Amor mi disse allor: «Va’, co’ di quelle Il dio Amore allora mi disse: “Va’, cogli di quelle
che più vedi fiorite in sullo spino». che più vedi fiorire sul loro gambo spinoso”.
Quando la rosa ogni suo’ foglia spande, Quando la rosa ha aperto tutti i suoi petali,
quando è più bella, quando è più gradita, quando è più bella, quando è più gradita,
allora è buona a metter in ghirlande, allora è il momento per metterla nelle ghirlande,
prima che la sua bellezza sia fuggita: prima che la sua bellezza possa fuggir via.
sicché fanciulle, mentre è più fiorita, Così, o fanciulle, mentre è più fiorita,
cogliàn la bella rosa del giardino. dobbiamo cogliere la bella rosa del giardino.
Commento
1. Il poeta crea un mondo incantato abitato da leggia-
dre fanciulle, che vivono in un giardino e colgono le
rose.
Chi vuol esser lieto, sia: Chi vuol essere lieto, lo sia,
di doman non c’è certezza. perché del futuro non vi è certezza.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Questa soma, che vien drieto 5. Questo peso, che vien dietro
sopra l’asino, è Sileno: sopra l’asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto, è vecchio, ubriaco e contento,
già di carne e d’anni pieno; ed è ormai pieno di carne (=grasso) e di anni.
se non può star ritto, almeno Se non può star dritto, almeno
ride e gode tuttavia. ride e gode continuamente.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Ciascun apra ben gli orecchi, 7. Ciascuno apra bene le orecchie (=mi ascolti bene),
di doman nessun si paschi; nessuno si pascoli di speranze future.
oggi siam, giovani e vecchi, Oggi devono essere, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi; tutti contenti, femmine e maschi.
ogni tristo pensier caschi: Ogni pensiero triste dev’essere allontanato.
facciam festa tuttavia. Facciamo festa continuamente.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Chi vuol esser lieto, sia... Chi vuol essere lieto, lo sia...
Riassunto. Il riassunto della ballata è impossibile. O 3. Bacco è il dio del vino e dell’ebbrezza. Arianna
meglio esso è già sintetizzato nella ripresa: “La gio- aiuta Teseo a uccidere il Minotauro. Poi segue Teseo
vinezza è bella, ma fugge via. È meglio coglierla nel che la abbandona sull’isola di Nasso. Qui si unisce a
presente, perché il futuro è incerto”. Tutto il resto del Bacco. Le menadi seguivano Bacco e si ubriacavano
contenuto è accessorio, ha valore soltanto come ulte- di danze, musica e vino.
riore e coinvolgente ripetizione e dimostrazione della 4. L’atmosfera della canzone è pagana. Il Cristiane-
ripresa, che altrimenti risulterebbe una semplice ed simo deve ancora venire. Firenze e i suoi umanisti ri-
astratta enunciazione. Oltre alla ripresa e al resto del- creano il mondo antico e i suoi valori. Il mondo gre-
la canzone (Bacco, Arianna, le ninfe ed i satiri), che co, non il mondo romano. Il Destino domina impla-
la illustra, la canzone è costituita dal senso di malin- cabile e minaccioso la sorte degli uomini. eppure se
conia e di disperazione che i versi riescono ad emana- nel 1494 l’Italia è invasa, la colpa non è di un essere
re e ad infondere nel lettore (o nell’ascoltatore). Il divino, ma del granduca di Milano, che vuole vendi-
contenuto vero della ballata è proprio questo senso carsi del re di Napoli e invita il re di Francia in Italia.
disperato di malinconia. La ripetizione della ripresa Quell’invito costa ali italiani 370 di oppressione stra-
lo rende ossessivo ed esasperato: diventa un ango- niera (1495-1870).
scioso (e non liberatorio) invito a godere finché c’è 5. Il motivo cantato proviene da Quinto Orazio Flac-
tempo, prima del diluvio imminente. Questo è un ef- co (65 a.C.-8 a.C.):
fetto inconsueto della figura retorica dell’anafora (o
Dum loquimur fugerit invida
ripetizione). aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
(Odi, 1, 11, 8).
Commento
1. Lorenzo de’ Medici invita a cogliere la giovinezza, Mentre parliamo, il tempo fugge,
poiché non si può riporre alcuna speranza nel futuro. perché vuole il nostro male!
Il poeta sembra presagire le nubi che si stanno adden- Perciò cogli l’attimo e non riporre
sando sull’Italia, che di lì a poco (1494) sarà invasa alcuna speranza nel futuro.
dagli eserciti stranieri. Il fatto paradossale e assurdo è
che sono gli stessi italiani (gli Sforza di Milano) a Sia la versione di Orazio, sia le versioni successive
chiamare in Italia gli stranieri contro altri italiani (il hanno una nota di angoscia: dicono di afferrare
regno di Napoli). l’attimo prima che sfugga, perché esso non ritorna più
2. Il tema della giovinezza è collegato a quello e si resta a mani vuote. Il poeta latino ribadisce il sen-
dell’amore e a quello della felicità. Lorenzo si appro- so con il resto del verso: “e non aver la minima spe-
pria di un motivo stilnovistico: soltanto chi ha il cuo- ranza nel futuro”. Insomma il piacere non è una sod-
re insensibile può resistere all’amore. disfazione, non è liberatorio. Va vissuto e rubato
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 134
quanto prima, altrimenti lo si perde per sempre. s’inseriscono nei filoni culturali e poetici del tempo.
6. La canzone, che pure invita alla gioia e all’amore, Le sue poesie più famose sono la Ballata degli impic-
è attraversata da una profonda vena di tristezza: sem- cati e la Ballata delle donne del tempo che fu.
bra che inviti a godere, perché domani non è più pos- Il titolo della prima ballata non è dell’autore, quindi
sibile farlo e non si può prevedere né dominare ciò dovrebbe essere il primo verso. Tanto più che il poeta
che ci aspetta. Il futuro incombe minaccioso sulla vita voleva riservare la sorpresa di scoprire chi erano i
dell’uomo. Con Lorenzo quindi finisce la fiducia ot- protagonisti della ballata. Ma ormai con questo titolo
timistica che gli umanisti avevano nelle capacità è nota e così resta. Nella seconda ballata l’avverbio
umane di costruire e di dominare il futuro. Il tema del jadis è un’aggiunta posteriore, ma ormai fa parte del
destino o, meglio, della fortuna è affrontato di lì a po- titolo ufficiale, e resta. Potrebbe essere considerato
co da Ludovico Ariosto (1474-1533) nell’Orlando una ripetizione inutile.
furioso (1503-32), che parla del carattere imprevedi- La ballata degli impiccati è stata tradotta liberamente
bile e paradossale della vita umana, e da Niccolò Ma- da Fabrizio De André, che assume un altro punto di
chiavelli (1469-1527) nel Principe (1512-13), che ri- vista: in Villon gli impiccati chiedono perdono ai vivi
fiuta ogni fatalismo e invita all’azione virile ed ir- per i loro crimini, nel poeta genovese gli impiccati
ruenta contro tutti gli ostacoli che si frappongono alla accusano la società di averli giustiziati e di non aver
volontà del principe. avuto pietà per loro. Peraltro al tempo del cantautore
------------------------------I☺I----------------------------- non si giustiziavano più delinquenti.
François Villon (1413-dopo 1463) ha una vita assai Qui si esce dalla letteratura italiana per mostrare che
movimentata che lo porta più volte in galera e a una cosa succedeva e come si vedeva la morte e la bellez-
condanna a morte che evita grazie ai protettori. Dopo za femminile in una cultura vicina.
il 1463 fa perdere le sue tracce. Data la vita spericola- Chi vuole fare un salto di secoli va a vedere la produ-
ta, che lasciava tracce negli archivi dei tribunali, è zione di Giacomo Leopardi (1798-1837), che canta
probabile che sia morto poco dopo. Le sue opere sono pure la giovinezza, la bellezza e l’amore. È anche fi-
pubblicate nel 1489 ed hanno un grandissimo succes- losofo e incontra il taedium vitae, cioè la noia.
so. Se ne fanno moltissime edizioni. Può essere con-
siderato l’antesignano dei “poeti maledetti” dell’Ot- Andrea Mantegna (1431-1506), Parnaso, 1497. In alto
tocento: Charles Baudelaire e i suoi seguaci. Marte e Venere, in basso a sx Vulcano, sotto di lui Apollo,
Scrive il poema giovanile Le lais e Il testamento, che a dx Mercurio con l’ippogrifo, e al centro le nove muse.
Frères humains qui apres nous vivez Fratelli umani che dopo noi vivete,
n’ayez les cuers contre nous endurciz, non abbiate il cuore contro noi indurito,
car, se pitié de nous pauvres avez, perché, se pietà di noi miseri avete,
Dieu en aura plus tost de vous merciz. Iddio vi darà una ricompensa maggiore.
Vous nous voyez cy attachez cinq, six. Qui ci vedete appesi, cinque, sei,
Quant de la chair, que trop avons nourrie, e la carne, che abbiamo troppo nutrito,
elle est pieça devoree et pourrie, ormai è divorata [dai vermi] e imputridita,
et nous les os, devenons cendre et pouldre. e noi ossa diventiamo cenere e polvere.
De nostre mal personne ne s’en rie: Del nostro male nessuno ci derida,
mais priez Dieu que tous nous veuille absouldre! ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Se frères vous clamons, pas n’en devez Se vi chiamiamo fratelli, non dovete
avoir desdain, quoy que fusmes occiz aver disdegno, benché siamo impiccati
par justice. toutesfois, vous savez dalla giustizia. Tuttavia voi sapete
que tous hommes n’ont pas le sens rassiz; che gli uomini non hanno troppo senno.
excusez nous, puis que sommes transis, Poiché siamo trapassati, per noi chiedete perdono
envers le filz de la Vierge Marie, al Figlio della Vergine Maria:
que sa grâce ne soit pour nous tarie, che la sua grazia non sia per noi scarsa
nous préservant de l’infernale fouldre. e ci salvi dal fuoco dell’inferno.
Nous sommes mors, ame ne nous harie; Noi siamo morti, nessuno ci disprezzi,
mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre! ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Prince Jhesus, qui sur tous a maistrie, O principe Gesù, che su tutti hai dominio,
garde qu’enfer n’ait de nous seigneurie: fa’ che l’inferno non abbia su di noi signoria:
a luy n’avons que faire ne que souldre. con lui non abbiamo niente a che vedere.
Hommes, icy n’a point de mocquerie; Uomini, qui non c’è posto per lo scherno;
mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre. ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Riassunto. Il poeta si rivolge al suo signore e alla fine le donne, ma la loro fama di essere bellissime. La
anche alla Vergine del cielo, e chiede di dire dove so- grafia è quella del francese di oggi.
no Flora, la bella romana, Arcipiada, Taide, Eco, 2. Taide è citata da Dante come prostituta e adulatri-
Eloisa, Berta dai grandi piedi, Eremburgis, Giovanna ce (If XVIII, 127-136): la si poteva considerare con
d’Arco, bruciata a Rouen, e altre donne (per un totale indulgenza una donna di liberi costumi, con un senso
di undici). E ogni volta risponde con un’altra doman- forte dell’altruismo e di dedizione al prossimo. Berta
da: ma dove sono le nevi dell’anno passato? (La ri- dai piedi grandi è considerata bella: ogni epoca ha il
sposta è implicita: esse si sono sciolte ed ora non ci suo concetto di bellezza, su cui non conviene discute-
sono più. Così anche queste donne sono scomparse e re, perché è arbitrario. Giovanna d’Arco (1412-1431)
non ci sono più.) Questa e soltanto questa è la rispo- è citata per ultima ed è la donna “più recente”: 30 an-
sta per il presente come per il futuro, che egli potrà ni prima. Il presente dunque è tristissimo…
avere da lui. 3. Il poeta si rivolge al suo signore, a cui pone una
domanda che interessava lui e tutti gli uomini: dove
Commento sono le donne più belle del passato. E dà ogni volta,
alla fine di ogni strofa di ottave, la stessa risposta, che
1. Le donne citate sono di diverso tipo: leggendarie è un’altra domanda: ma dove sono le nevi dell’anno
(Flora, Taide, la regina senza nome che assassinò Bu- passato? La risposta è immediata: le nevi dell’anno
ridano, Bianca, Beatrice, Alice), mitologiche (la ninfa passato si sono sciolte e sono scomparse. Così le
Eco), storiche (Eloisa, Berta, Eremburgis, Giovanna donne e la loro bellezza. Ma “d’antan” significa sia
d’Arco). Arcipiada è erroneamente un uomo: Alci- “anno passato”, sia un tempo indeterminato del pas-
biade (Atene, 450 a.C.-Frigia, 404 a.C.), un politico sato: “le donne del tempo che fu”. Curiosamente la
Ateniese su cui al tempo si avevano vaghe notizie. La canzone non sviluppa l’idea che, se le nevi si sono
dodicesima donna è la Vergine Maria, che si contrap- sciolte, poi sono nuovamente cadute e quindi si sono
pone alle altre donne, poiché ha una vita e una bellez- nuovamente sciolte. Insomma le donne scomparse
za immortale. Ciò che conta però non è il numero del- sono state sostituite da nuove donne, più fresche e più
Nella prima metà del secolo compaiono alcune opere Si può leggere la Bilóra (1530), una sua opera, in dia-
significative: Il cortegiano (1528) di Baldassar Casti- letto pavano del Cinquecento e in versione italiana:
glione (1478-1529) e il Galateo (1555) del monsigno-
re Giovanni della Casa (1503-1556), che indicano il http://www.letteratura-
corretto modo di comportarsi all’uomo di corte al italia-
servizio del signore. Le numerose corti italiane diven- na.com/pdf/letteratura%20italiana/06%20BEOLCO%20Bilora%2
tano il luogo privilegiato in cui la cultura si produce e 0in%20italiano.pdf
si consuma. ------------------------------I☺I-----------------------------
La riflessione sulla lingua continua con le Prose della
volgar lingua (1525) del cardinale Pietro Bembo
(1470-1547). Il fiorentino continua ad essere la lingua
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 140
Ludovico Ariosto (1474-1533) più valoroso dei paladini, è emotivamente fragile:
impazzisce perché una donna – Angelica – lo ha re-
La vita. Ludovico Ariosto nasce nel 1474 a Reggio spinto. E, mentre è in preda alla pazzia, incontra la
Emilia da una famiglia nobile. Nel 1489 il padre lo donna senza riconoscerla; e con un pugno le ammaz-
avvia agli studi giuridici nell’Università di Ferrara, za il cavallo. Astolfo, il più saggio dei guerrieri cri-
anche se il figlio preferisce quelli letterari. Dopo cin- stiani, va sulla luna a recuperare il senno di Orlando,
que anni improduttivi, è costretto a lasciargli seguire perché soltanto se ritorna assennato il paladino può
le sue inclinazioni. Nel 1500 il padre muore, e Ario- riprendere a combattere e portare alla vittoria l’eser-
sto è costretto a mantenere la madre e i numerosi fra- cito cristiano che sta subendo numerose sconfitte...
telli. Nel 1503 entra al servizio del cardinale Ippolito Ariosto non condanna gli uomini, li giudica con in-
d’Este, per il quale svolge numerose missioni diplo- dulgenza, perché essi sono tutti ugualmente dominati
matiche. Nello stesso anno prende gli ordini minori da forze irrazionali: chi perde il senno per le opere
per ottenere un beneficio e forse inizia a comporre d’arte, chi per conquistare la fama, chi per arricchirsi
l’Orlando furioso. Nel 1513 conosce Alessandra Be- con i commerci, chi per ingraziarsi con adulazioni i
nucci, che sposa segretamente nel 1527, per non ri- potenti. Insomma tutto il senno degli uomini è finito
nunciare al beneficio ecclesiastico di cui godeva. Lo sulla luna, anche se essi pensano di averlo. La follia
stesso anno si reca a Roma, con la speranza di ottene- non risparmia nessuna classe sociale, né i potenti, né
re dal nuovo papa, Leone X (Giovanni de’ Medici) un gli intellettuali, né i filosofi, né lo stesso poeta.
incarico presso la corte pontificia. Ma senza risultati. Questa visione disincantata della vita spiega la strut-
Nel 1516 fa stampare a Venezia l’Orlando furioso, in tura del poema: un susseguirsi di avventure, in cui i
40 canti. L’opera ha successo, e il poeta appronta nel personaggi si incontrano, si lasciano e si incontrano
1521 un’edizione in cui elimina le voci dialettali, per nuovamente, all’infinito. Il disincanto porta alla com-
avvicinarsi ai grandi modelli del Trecento fiorentino: prensione indulgente dei comportamenti degli uomi-
Dante, Petrarca, Boccaccio. Nel 1517 il cardinale de- ni, che l’autore però denuncia senza mezzi termini.
ve recarsi a Buda, in Ungheria, dove è stato nominato
vescovo. Ariosto si rifiuta di seguirlo, ed è licenziato. L’Orlando furioso, 1532
L’anno dopo però passa al servizio del fratello Alfon-
so d’Este. Tra il 1522 e il 1525 svolge l’incarico di L’Orlando furioso (1503-16, 1521 e 1532) è l’opera a
governatore della Garfagnana, una zona dell’Appen- cui il poeta dedica tutta la vita e che contiene in modo
nino tosco-emiliano infestata dalla malaria e dai bri- più articolato la sua visione della vita umana, degli
ganti. Riesce a migliorare la situazione ricorrendo più uomini e della corte. Esso si inserisce nella letteratura
all’astuzia che alla forza. Al ritorno a Ferrara è nomi- epico-cavalleresca, che nel Quattrocento aveva dato il
nato “savio” del comune: partecipa attivamente alle Morgante maggiore di Luigi Pulci (1432-1484) e
delibere comunali, ma può dedicarsi anche quasi to- l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo
talmente all’attività poetica, considerata ugualmente (1441-1494). Di quest’ultimo, iniziato nel 1469 e in-
utile alla politica estense. Tra il 1508 e il 1528/29 terrotto nel 1471 al canto XIX, vorrebbe anzi essere
scrive cinque commedie, che rientravano negli obbli- una semplice aggiunta. I risultati vanno però ben oltre
ghi imposti al letterato di allietare la corte nelle gran- il mondo poetico e immaginario di Boiardo. Il poema
di occasioni. Nel 1532 è pronta l’edizione definitiva contiene la visione che Ariosto ha della vita, una vi-
dell’Orlando furioso, in 46 canti. Muore nel 1533. sione che risente anche dell’incertezza dei tempi che
era seguita alla rottura dell’equilibrio politico italiano
Le opere. Ariosto scrive alcune satire, cinque com- dopo la morte di Lorenzo de’ Medici (1492) e alle
medie di ispirazione classica e il poema cavalleresco successive invasioni straniere. Il poeta non ha più la
l’Orlando furioso, la sua opera maggiore. fiducia umanistica, secondo cui l’uomo è artefice del
suo destino; non ha nemmeno la fiducia di Niccolò
La poetica. Per Ariosto la vita umana è dominata dal Machiavelli (1469-1527) nelle capacità umane (o al-
caso, dalle circostanze, dall’imprevisto, dal paradosso meno nella virtù del principe) di contrastare la fortu-
e dalle contraddizioni; e, se ciò non bastasse, dalla na. Non pensa però neanche a rifugiarsi nell’“utile
pazzia umana. Franchi e mori si fanno la guerra, an- particulare (=personale)”, come propone pessimisti-
ziché cercare di convivere in pace. Ma tutti i maggio- camente Francesco Guicciardini (1483-1540).
ri guerrieri delle due parti sono pronti a dimenticare La trama aggrega i “destini incrociati” dei personaggi
la patria e la fede, per inseguire Angelica, che con la intorno a tre grandi temi: a) la guerra che i cristiani
sua bellezza li affascina e che li respinge. A sua volta ed i saraceni combattono sotto le mura di Parigi; b) la
Angelica, che è regina del Catai, potrebbe scegliere pazzia di Orlando, quando scopre che Angelica, di
chi vuole; ma preferisce farsi desiderare, farsi inse- cui è innamorato, gli ha preferito un oscuro fante,
guire e rifiutarsi. Alla fine, dimenticando i suoi dove- Medoro; ed infine c) il motivo encomiastico del ma-
ri di regina per i suoi desideri di donna, sceglie un trimonio tra Bradamante e Ruggiero, da cui sarebbe
oscuro fante, Medoro, che trova ferito e che guarisce, discesa la casa d’Este.
perché soltanto su di lui può riversare il suo amore: ---I☺I---
soltanto così riesce a trovare la felicità. Orlando, il
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 141
Argomento e dedica, I, 1-4 sembra un’isola, per quanto precaria, che fornisca un
po’ di sicurezza in un mondo dominato dalle forze
1. Io canto le donne, i cavalieri, le battaglie, gli amo- irrazionali della pazzia e della violenza. Uno spettro
ri, le azioni cortesi, le imprese audaci, che si fecero al si aggira per il mondo... Qualche anno prima Erasmo
tempo in cui i Mori attraversarono lo stretto di Gibil- da Rotterdam (1467-1536) scrive L’elogio della paz-
terra, e in Francia fecero molti danni, seguendo l’ira e zia (1509), in cui celebra platonicamente lo spirito
la furia giovanile del loro re Agramante, che si vantò creatore della pazzia, che spezza i vincoli della tradi-
di vendicare la morte del padre Troiano sopra re Car- zione e della ragione; e critica sia la stoltezza, cioè il
lo, imperatore romano. conformismo e la mancanza di spirito critico, sia la
sapienza, cioè la ragione sicura e presuntuosa di sé
2. Nello stesso tempo su Orlando dirò cose che non degli stoici e la ragione intollerante dei teologi.
sono mai state dette prima, né in prosa né in versi: per 2. Fin dalle prime ottave sono presenti i protagonisti
amore egli perse il senno e divenne matto, eppure del poema. Essi sono sia quelli immaginari – Orlan-
prima era stimato un uomo molto saggio. [Le dirò] se do, Angelica, Rinaldo... –, sia quelli reali – gli ascol-
dalla mia donna (che mi ha reso pazzo quasi come tatori, la casa d’Este, i cortigiani –. Ma la divisione
Orlando e che continuamente mi consuma il mio po- tra gli uni e gli altri, tra “realtà” e “finzione”, è co-
co ingegno) me ne sarà lasciato quel tanto che basti a stantemente impercettibile, perché per il poeta tra il
terminare quanto ho promesso. reale e l’immaginario non c’è contrapposizione: la
“finzione” è la rete concettuale con cui il lettore può
3. O generosa discendenza di Ercole, o splendore ed cogliere ed interpretare la realtà. Senza tale rete egli
ornamento del nostro secolo, vi piaccia, o Ippolito si trova disarmato ed impotente. Chi accusa Ariosto
d’Este, gradire ciò che vuole e che soltanto può darvi di parlare di inesistenti cavalli che volano usa un con-
il vostro umile servitore. Posso pagare il mio debito cetto estremamente rozzo e materiale di realtà, che lo
con voi soltanto in parte, con le parole e con gli scrit- scrittore non può condividere: quale potrebbe essere
ti. Né mi si può accusare che io vi dia poco, perché vi per esempio il corrispondente empirico e materiale
do tutto quello che vi posso dare. dell’ironia ariostesca?
3. L’ironia del poeta serve a rendere meno amara la
3. Fra i più grandi eroi che io mi preparo a nominare sconfitta della ragione umanistica secondo cui l’uomo
con lode, voi sentirete ricordare quel Ruggiero che fu è artefice del suo destino. E quale difesa si poteva in-
capostipite di voi e dei vostri antenati. Vi farò ascol- nalzare contro le forze irrazionali e gli eserciti stra-
tare il suo grande valore e le sue famose imprese, se nieri che stavano trasformando l’Italia in un campo di
voi mi ascoltate e se i vostri grandi impegni lasciano battaglia ed in una terra di conquista? Ariosto rispon-
un po’ di spazio, così che i miei versi trovino posto de con l’ironia, Machiavelli proponendo l’intelli-
tra loro. genza, la scienza politica e la virtù del principe,
Guicciardini invitando pessimisticamente e scettica-
Riassunto. Il poeta vuole cantare le donne, i cavalieri, mente a rifugiarsi nell’”utile particulare”. Ma nessuna
le battaglie, gli amori, le azioni cortesi e le imprese di queste risposte risulta capace di modificare la si-
audaci, che si fecero, quando i Mori si scontrarono tuazione.
con Carlo Magno sotto le mura di Parigi. Nello stesso ---I☺I---
tempo canta le imprese di Orlando, impazzito per
amore, se glielo permetterà la sua donna, che gli con- La fuga di Angelica, I, 33-49
suma quel poco cervello che ha. Quindi dedica il
poema a Ippolito, d’Este, suo protettore: egli lo ripa- Carlo Magno promette Angelica al guerriero cristia-
ga con quello che gli può dare. Tra gli eroi canterà no che più si farà onore sul campo di battaglia. La
anche Ruggiero, da cui discenderà poi la casa d’Este. donna non apprezza di essere trattata come un ogget-
to da regalo, e fugge via.
Commento
1. Ariosto con la sua ironia investe sia la trama, sia i 33. Angelica fugge tra selve spaventose e oscure, per
personaggi, sia tutti gli ascoltatori (il cardinale Ippoli- luoghi disabitati, solitari e selvaggi. Il fruscio del fo-
to d’Este, la propria compagna Alessandra Benucci, gliame di cerri, olmi e faggi, che sentiva, le aveva fat-
la casa d’Este), sia se stesso. Il tono però è voluta- to provare improvvise paure e l’aveva spinta a cerca-
mente leggero e non gli fa ignorare né nascondere re di qua e di là sentieri insoliti, perché ogni ombra
quegli aspetti drammatici della realtà che impongono che vedeva sia sui monti sia nelle valli le faceva te-
la loro presenza contro i propri desideri, e che né mere di avere Rinaldo alle spalle.
l’ironia, né la volontà, né l’intelligenza riescono a rin-
tuzzare, a piegare o a mascherare. Ciò vale in partico- 34. Come una piccola daina o capriola, che tra le
lare per la follia, sia nelle sue forme inoffensive, sia fronde del boschetto in cui è nata vede la madre az-
nelle sue forme più pericolose. E l’uomo è circondato zannata alla gola dal leopardo, che poi le apre il fian-
dalla pazzia, compie azioni sconsiderate e trova la co o il petto, di selva in selva fugge lontana dal nemi-
pazzia anche dentro di sé. La corte e soltanto la corte co crudele, e trema di paura e di sospetto; ad ogni ce-
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spuglio che sfiora crede di essere in bocca alla fiera sicura si riposa, non è avvicinata né da alcun gregge
immonda. né da alcun pastore; l’aria dolce e l’alba piena di ru-
giada, l’acqua, la terra si inchinano alla sua bellezza: i
35. Quel dì, tutta la notte e metà del giorno dopo essa giovani belli e le donne innamorate amano adornarsi
continuò la fuga, e non sapeva dov’era: alla fine si mettendola sul seno o tra i capelli.
trovò in un bel bosco, mosso lievemente dalla brezza;
due ruscelli trasparenti mormorano lì vicino, e fanno 43. Ma non appena è rimossa dal gambo materno e
sempre crescere erbe tenere e novelle; il loro scorrere dalla sua radice, essa perde tutto ciò che aveva dagli
lento, interrotto da piccoli sassi, produceva una musi- uomini e dal cielo: favore, grazia, bellezza. La vergi-
ca dolce. ne, che ad alcuno lascia cogliere il fiore, che deve
avere più caro dei begli occhi e della vita, nel cuore
36. Pensando di essere qui sicura e lontana mille mi- di tutti gli altri innamorati perde il pregio che aveva
glia da Rinaldo, decide di riposare un po’, stanca per innanzi.
il cammino e per l’arsura estiva. Scende in mezzo a
fiori, e lascia il cavallo andare a pascolare senza bri- 44. Sia vile per gli altri e sia amata soltanto da colui
glia; esso vaga intorno alle acque limpide, che aveva- al quale fece così largo dono di sé. Ah, o Fortuna
no le rive ricoperte di erba fresca. crudele, o Fortuna ingrata! gli altri trionfano ed io
muoio d’inedia. Dunque, può essere che non mi piac-
37. Non lontano vede un bel cespuglio di biancospino cia più? Dunque io posso lasciare la mia propria vita?
fiorito e di rose rosse, che si specchia nelle onde, Ah, è meglio che vengano meno i miei giorni, è me-
chiuso dal sole in mezzo a querce alte e frondose; glio che io non viva più, se non debbo amare lei!”
tanto vuoto nel centro, da concedere un fresco riparo
fra le ombre più nascoste; e le foglie sono tanto in- 45. Se qualcuno mi domanda chi sia costui, che versa
trecciate con i rami, che non vi entra il sole e neppure tante lacrime sopra il ruscello, io dirò che è il re di
uno sguardo umano. Circassia, il povero Sacripante, travagliato dall’amo-
re; io dirò ancora che la prima e la sola causa della
38. Dentro ad esso fanno un giaciglio le tenere erbet- sua pena era quella di essere innamorato, uno dei tan-
te, che invitano a riposare chi si avvicina. La bella ti innamorati di costei: e lei lo riconobbe subito.
donna vi entra dentro, si distende e si addormenta.
Ma non restò così a lungo, perché crede di sentire un 46. Per amore di lei era venuto dall’estremo Oriente,
calpestìo. Si alza in silenzio, e vede che un cavaliere là dove sorge il sole, quando in India seppe, con suo
armato era giunto in riva al fiume. grande dolore, che essa aveva seguito Orlando in Oc-
cidente; poi in Francia seppe che Carlo Magno l’ave-
39. Non comprende se egli è un amico oppure un ne- va sequestrata, per darla a chi dei due guerrieri (=Or-
mico; il timore e la speranza le scuotono il cuore lando e Rinaldo) quel giorno avesse maggiormente
dubbioso; e aspetta l’evolversi della situazione, trat- aiutato i Gigli d’oro di Francia contro i Mori.
tenendosi anche di respirare. Il cavaliere scende in
riva al fiume, per riposare il capo sopra un braccio, e 47. Era stato sul campo di battaglia e aveva sentito
si sprofonda a tal punto nei suoi pensieri, che sembra parlare di quella sconfitta crudele che l’imperatore
cambiato in una pietra insensibile. Carlo aveva subito: cercò una traccia della bella An-
gelica, ma non ne aveva ancora ritrovata alcuna. Que-
40. O Signore (=Ippolito), il cavaliere, addolorato, sta è dunque la triste e crudele storia che lo fa penare
rimase pensieroso più di un’ora a capo basso; poi, d’amore, che lo affligge e lo fa lamentare e dire paro-
con un suono afflitto ed angosciato, cominciò a la- le che per la compassione potrebbero fermare il sole.
mentarsi così soavemente, che per la compassione
avrebbe spezzato anche un sasso, avrebbe reso man- 48. Mentre Sacripante si affligge e si addolora e tra-
sueta una tigre; piangeva sospirando, tanto che le sforma i suoi occhi in una tiepida fontana e dice que-
guance parevano ruscelli e il petto un vulcano. ste e molte altre parole, che non mi pare opportuno
raccontare, il suo destino avventuroso vuole che
41. “O pensiero – egli diceva – che mi agghiacci e mi giungano alle orecchie di Angelica; e così gli succede
ardi il cuore e provochi il dolore che sempre lo rode e in un’ora, in un momento quello che in mille anni o
lo lima, che cosa debbo fare, dal momento che sono mai gli poteva succedere.
giunto tardi e qualcun altro è andato, prima di me, a
cogliere il frutto? Io ho avuto appena parole e sguar- 49. La bella donna con molta attenzione ascolta il
di, e un altro ha avuto la ricca spoglia. Se non me ne pianto, le parole, [e osserva] il modo (=il comporta-
tocca né frutto, né fiore, perché per lei mi voglio af- mento) di colui che non cessa di amarla; né questa è
fliggere il cuore? la prima volta che lo sente lamentarsi; ma, dura e
fredda come una colonna, non si abbassa ad averne
42. La verginella è simile alla rosa, che in un bel pietà; come colei che ha tutto il mondo a sdegno e
giardino sopra il nativo gambo spinoso, mentre sola e non le pare che alcuno sia degno di lei.
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La donna cerca di approfittare dell’insperato incon- come lo stesso Ariosto sottolinea con forza – non gli
tro: esce dal cespuglio e chiede aiuto. Sacripante è poteva capitare in mille anni: incontra da solo, in un
ben disposto ad aiutarla. Cerca però di cogliere l’oc- bosco, la donna che ama, la quale gli chiede pure aiu-
casione favorevole per violentarla. Il suo proposito è to. È il colpo di fortuna (egli cerca di approfittarne e
però vanificato dall’arrivo di un cavaliere (è Brada- si prepara a violentare la donna), che però è immedia-
mante) che lo sbalza da cavallo e poi prosegue per la tamente seguito da un colpo di sfortuna (i suoi propo-
sua strada. Dopo la brutta figura il guerriero pagano siti di violenza sono resi vani dall’arrivo di Brada-
non ha più il coraggio di riprendere lo stupro interrot- mante, che lo sbalza da cavallo e gli fa fare brutta fi-
to... gura davanti ad Angelica).
4. Sacripante e la sua superficialità affettiva sono
Commento l’immagine costante che in tutto il poema Ariosto dà
1. Ariosto racconta una storia favolosa, che avviene dell’uomo. Agli occhi del pagano, ma anche di tutti
in luoghi lontani, e verosimile, perché i protagonisti gli altri guerrieri che inseguono Angelica, la donna è
hanno la stessa psicologia, la stessa mentalità, le stes- soltanto una preda da concupire e da possedere.
se debolezze e le stesse reazioni degli ascoltatori. Gli D’altra parte la donna accetta il gioco, e cerca di ap-
uomini – reali o immaginari che siano – sono sempre profittare di Sacripante. In ambito femminile il com-
gli stessi e si comportano sempre allo stesso modo. Il portamento equivalente a quello maschile è espresso
velo della finzione oltre tutto è costantemente strap- dalla maga Alcina, che non perde tempo in preamboli
pato dall’ironia e dalle intrusioni che lo scrittore fa e sistematicamente abusa degli uomini di cui si inna-
nel corso del racconto. Tanto vale allora divertirsi, mora. La normalità e la ragionevolezza sono invece
essere indulgenti e accettare gli uomini come sono: i espresse da Bradamante, la donna guerriera e mono-
moralisti non servono a nulla, perché non cambiano gama, tenace e paziente, che insegue il suo bel Rug-
nulla. Fra’ Gerolamo Savonarola è travolto dalle for- giero per tutto il poema e alla fine lo sposa.
ze che fustiga e muore bruciato vivo sul rogo (1498). 5. Per quanto riguarda la dialettica tra i sessi Ariosto
2. Angelica è una delle figure centrali del poema: è però riserva nel corso del poema infinite altre sorpre-
bella, bionda, figlia del re del Catai, fa innamorare di se, come la storia boccaccesca raccontata da un oste
sé tutti i guerrieri, sia cristiani sia pagani, ma non si al guerriero pagano Rodomonte (XXVIII, 1-74): tra-
concede a nessuno, poiché preferisce farsi desiderare diti dalle loro mogli, il re longobardo Astolfo e l’ami-
da tutti. Per essa tutti i guerrieri sono disposti a di- co romano Fausto Latini vanno in giro per il mondo
menticare la patria, la guerra, l’onore, e ad inseguirla. alla ricerca di una donna fedele; ma non la trovano; e
Non si preoccupa delle responsabilità legate al fatto alla fine decidono di ritornare dalle loro mogli e di
di essere l’erede al trono; si lascia invece trascinare non preoccuparsi più dei loro tradimenti.
dai suoi desideri femminili, per dedicarsi all’eterno 6. La riscoperta della donna e della bellezza femmini-
gioco dell’amore, che lega l’uomo e la donna. Essa le, iniziata dopo il Mille con la Scuola siciliana, con-
rifiuta l’amore di Orlando, il più forte paladino tinuata dal Dolce stil novo alla fine del Duecento, da
dell’esercito cristiano; tale rifiuto provoca la pazzia Petrarca e da Boccaccio nel Trecento, quindi dagli
del paladino. Fugge, senza pensarci e senza preoccu- umanisti nel Quattrocento, è svolta con nuove e
parsi, in mezzo alla foresta, perché sa di poter domi- splendide immagini dalle parole che il poeta mette in
nare sempre gli avvenimenti con la sua femminilità. bocca a Sacripante: la donna è come una rosa, che
La vita le riserva però un destino paradossale: si in- mostra la sua bellezza sopra il suo stelo; tutti la am-
namora non del guerriero forte e virile, ma di uno mirano e tutti si innamorano di lei, finché non si dona
sconosciuto fante, che essa trova ferito e che non fa al suo unico innamorato.
niente per farla innamorare. Eppure con questo oscu- ---I☺I---
ro fante si sente felice e realizzata: egli non chiede e
non può chiedere nulla, perché è ferito a morte; è lei
che può dare, che può concedersi, che può rendersi
utile, che può riportare alla vita e che può donare
amore affettivo (ed anche fisico). Nessun guerriero
aveva capito né poteva capire la sua psicologia o, al-
trimenti, il suo punto debole.
3. Sacripante è uno dei tanti guerrieri innamorati di
Angelica. Per essa ha lasciato il suo regno ed è venu-
to in Francia. Ha un’unica ossessione: amare per pri-
mo la donna. E, credendo che qualcun altro sia arriva-
to per primo, si affligge (ma poi si chiede perché si
deve affliggere), medita il suicidio (che però non ha
alcuna intenzione di attuare), si augura di morire e si
chiede se non l’ama più. Il guerriero pagano è un po’
patetico e un po’ troppo riflessivo: agire non è il suo
forte. Di lì a poco gli succede un’ occasione che –
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 144
Il castello del mago Atlante, IV, 15-40 zare con il topo e, quando questo piacere gli viene a
noia, gli dà un morso e lo fa morire.
Bradamante vuole liberare Ruggiero, che ama e che
è prigioniero del mago Atlante. Suona il corno, con 22. Dico che il mago al gatto e gli altri al topo asso-
cui si sfidava il mago, e il mago esce dal castello per migliavano nelle battaglie precedenti, ma non succes-
lo scontro. Monta l’ippogrifo, il cavallo alato. se più così, quando la donna si fece avanti. Essa stava
attenta e fissa su ciò che era opportuno, affinché il
15. Il mago non impiegò molto tempo ad uscire dal mago non prendesse alcun vantaggio; e, come vide
castello, non appena sentì il suono del corno e la voce che scopriva lo scudo, chiuse gli occhi e si lasciò ca-
di Bradamante. Il cavallo alato per l’aria lo porta con- dere a terra.
tro costei, che sembra un uomo feroce. La donna
all’inizio si fa coraggio, poiché vede che colui poco 23. Non che lo splendore del lucido metallo le potes-
le può nuocere: non porta lancia, né spada, né mazza, se nuocere, come succedeva agli altri cavalieri; ma
che possa forare o rompere la sua corazza. fece così, affinché il vano incantatore scendesse da
cavallo e venisse vicino a lei: nessuna parte del suo
16. Nella mano sinistra aveva soltanto lo scudo, tutto piano fallì, poiché, non appena essa cade per terra, il
coperto con un drappo rosso; nella destra aveva un cavallo alato accelera il volo e con larghe ruote scen-
libro, leggendo il quale faceva nascere grandi prodigi, de a terra.
perché talvolta la lancia sembrava correre, e a più di
un guerriero aveva fatto batter le ciglia di meraviglia, 24. Il mago lascia appeso alla sella lo scudo, che ave-
talvolta sembravano ferire la mazza o la spada; inve- va già riposto nella coperta, e a piedi si avvicina alla
ce egli era lontano e non aveva toccato alcuno. donna, che lo attende, proprio come il lupo nascosto
nella macchia fa con il capriolo. Senza perder altro
17. Il destriero invece non è finto, ma è vero; è nato tempo essa si alza di scatto quando l’ha vicino, e lo
da una giumenta e da un grifone: come il padre aveva afferra ben strettamente.
le piume e le ali, i piedi anteriori, il capo e il becco; in
tutte le altre membra assomigliava alla madre, e si 25. Quel misero aveva lasciato per terra il libro magi-
chiamava Ippogrifo. Questi animali nascono nei co con cui combatteva chi lo sfidava a duello; e si av-
Monti Rifei, che sorgono molto più in là dei mari vicinava con una catena, che era solito portare per
ghiacciati, e sono rari. questo uso, perché credeva di legare costei, come per
l’addietro era abituato a legare gli altri. La donna
18. Il mago lo tirò nel castello sui Pirenei con la forza l’aveva già rovesciato a terra, e, se il mago non si di-
dell’incantesimo; e, dopo che l’ebbe, non si dedicò ad fese, io lo scuso senza difficoltà, perché c’era troppa
altro, e con impegno e con fatica operò tanto, che in differenza tra un vecchio debole e lei tanto forte.
un mese riuscì a mettergli la sella e la briglia; così
che in terra, in aria ed in ogni luogo lo fa volteggiare 26. Pensando di tagliargli la testa, alza in fretta la
senza difficoltà. mano vittoriosa; ma, quando guarda il viso, arresta il
colpo, quasi rifiutando una così bassa vendetta. Un
19. Del mago ogni altra cosa era finzione, perché fa- venerabile vecchio dal viso triste vede essere colui
ceva comparire rosso il giallo; ma con la donna non che ha messo alle strette.
vi riuscì, perché grazie all’anello incantato essa non
poteva essere ingannata. Più colpi tuttavia essa sferra 27. Dal viso rugoso e dai capelli bianchi mostra di
al vento, ed ora qui ora lì spinge il cavallo; e si dibat- avere settant’anni o poco meno. “Tòglimi la vita, o
te e si travaglia tutta, come era stata istruita di fare giovane, in nome di Dio” diceva il vecchio adirato ed
dalla maga Melissa prima di giungere al castello. indispettito; ma la donna aveva il cuore così restìo a
prendergliela, come quello aveva desiderio di lasciar-
20. Dopo essersi impegnata per un po’ di tempo sopra la.
il destriero, decide di combattere anche a piedi, per
poter portare meglio ad effetto il piano che la cauta 28. Bradamante volle sapere chi fosse il negromante e
maga le aveva suggerito. Il mago si prepara a fare per quale scopo avesse costruito la rocca in quel luo-
l’ultimo incantesimo, perché non sa né crede che vi go selvaggio e per quale motivo recasse oltraggio a
possa essere difesa dalle sue arti: scopre lo scudo, e tutto il mondo. “Né per maligna intenzione, ahimè”
certamente presume di farla cadere con la sua luce disse piangendo il vecchio incantatore, “feci la bella
abbagliante. rocca in cima alla rupe, né per avidità di denaro sono
un rapinatore;
21. Poteva scoprirlo fin dal primo momento, senza
scontrarsi con i cavalieri; ma gli piaceva vedere sfer- 29. ma, per allontanare un gentile cavaliere dalla
rare da loro qualche bel colpo di lancia o di spada: morte, mi mosse amore, perché, come il cielo mi mo-
come si vede che talvolta all’astuto gatto piace scher- stra, in breve tempo, fattosi cristiano, deve morire a
tradimento. Il sole tra questo polo ed il polo australe
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 145
non vede un giovane così bello e così prestante: si 37. Egli è soltanto pochi passi dietro di lei, quando
chiama Ruggiero. ritrovano l’apertura e i ripidi scalini, con cui si sale
intorno alla rupe, finché giungono alla porta del ca-
30. Io l’ho nutrito da piccolino; io sono Atlante. Il de- stello. Sulla soglia Atlante toglie un sasso, scolpito
siderio di onore ed il suo crudele destino lo hanno con strani caratteri e con strani segni. Sotto si trovano
condotto in Francia dietro al re Agramante; ed io, che dei vasi, che sono chiamati “pentole”, che fumano
lo amai sempre più che un figlio, cerco di allontanar- sempre e che dentro hanno un fuoco nascosto.
lo dalla Francia e dal pericolo. Ho costruito la bella
rocca soltanto per tenervi Ruggiero al sicuro. 38. L’incantatore le spezza; e ad un tratto il colle ri-
mane deserto, inospitale e selvaggio. Non vi appare
31. Io lo catturai come oggi speravo di fare con te: vi muro né torre da nessuna parte, come se il castello
ho condotto poi donne e cavalieri, come tu vedrai, af- non vi fosse mai stato. Allora il mago si liberò della
finché, non potendo uscire, avendo compagnia meno donna, come fa il tordo con la rete del cacciatore;
gli rincresca. Purché non mi chiedano di uscire di las- contemporaneamente scomparve il castello e fu ri-
sù, mi prendo cura di ogni loro soddisfazione; e quan- messo in libertà il folto gruppo dei prigionieri.
ta se ne può avere da ogni parte del mondo, tutta è
racchiusa in quella rocca: suoni, canti, vestiti, vivan- 39. Le donne ed i cavalieri si trovarono fuori delle
de, tutto ciò che il cuore umano può desiderare, può superbe stanze, in mezzo alla campagna: molti di loro
chiedere la bocca. furono profondamente addolorati, perché riacquistan-
do la libertà persero una vita davvero piacevole.
32. Io avevo ben seminato e stavo raccogliendo i ri-
sultati, ma sei giunto tu a rovinarmi tutto. Deh, se non Appena liberato, Ruggiero prova il desiderio di salire
hai il cuore meno bello del viso, non ostacolare il mio sul cavallo alato. All’improvviso esso prende il volo e
onesto proposito! Prendi lo scudo (io te lo dono) e porta via il guerriero. Questo è un nuovo inganno
questo destriero che va così veloce per l’aria; e non escogitato dal mago Atlante per sottrarre Ruggiero al
impicciarti oltre del castello; o prendi uno o due ami- suo destino. L’animale lo porta in un’isola meravi-
ci e lascia gli altri; o prendili pure tutti. gliosa, dove abita la maga Alcina. Il paladino discen-
de sull’isola, lega l’animale ad un cespuglio e si rin-
33. Di più non ti chiedo se non che tu mi lasci il mio fresca ad un ruscello. Il destriero si spaventa e strappa
Ruggiero. E, se proprio me lo vuoi togliere, ti prego, alcune foglie all’albero, che incomincia a lamentarsi.
prima che tu lo riconduca in Francia, di sciogliere Rivela di essere Astolfo, cugino di Orlando e di Ri-
quest’anima afflitta dalla sua scorza ormai putrida e naldo, quindi narra la sua storia: Alcina si era inna-
rancida!” Risponde la donna: “Io voglio porre in li- morata di lui, ma ben presto si era stancata e l’aveva
bertà proprio lui; tu, se vuoi, gracchia e ciancia. trasformato in albero, come aveva fatto con tutti gli
altri suoi amanti. Astolfo mette in guardia Ruggiero
34. E non offrirmi di dare lo scudo in dono, né quel dalle arti della maga, ma Ruggiero non lo ascolta:
destriero, perché essi sono miei, non più tuoi. E, se dimentica Bradamante e i suoi doveri, si lascia affa-
anche tu avessi il potere di prenderli e di darli, non mi scinare dalla bellezza di Alcina (che incarna la lussu-
sembrerebbe che lo scambio convenisse. Tu dici che ria) e si abbandona ai piaceri e ai divertimenti, finché
tieni Ruggiero nel castello per evitargli il nefasto in- la maga Melissa (simbolo della ragione) su sollecita-
flusso delle stelle. zione di Bradamante non lo libera dagli incantesimi
della sorella viziosa.
35. Ma, o tu non puoi conoscere o, pur conoscendolo,
non puoi schivargli ciò che il cielo ha prescritto per Commento
lui, perché, se non vedi il tuo male, che è così vicino, 1. Il mago Atlante è un vecchio che ha riversato tutto
ancor peggio puoi prevedere il male altrui, che deve il suo affetto su Ruggiero, che ama come un figlio.
ancora giungere. Per il paladino egli stravede: lo considera il più bel
giovane che vive tra l’uno e l’altro polo. Per sottrarre
36. Non pregare che io ti uccida, le tue preghiere sa- Ruggiero al destino di morte che lo attendeva, se si
rebbero vane; e, se proprio vuoi la morte, anche se fosse sposato, egli costruisce un primo e poi un se-
tutto il mondo te la negasse, dalle proprie mani la può condo castello incantato, dove lo tiene prigioniero.
sempre avere l’animo forte. Ma, prima che io separi Per rendergli la vita più gradita e per alleviargli il pe-
la tua anima dal corpo, apri le porte a tutti i tuoi pri- so della mancata libertà, imprigiona con lui anche al-
gionieri”. Così dice la donna, ed intanto spinge il ma- tre donne e cavalieri. Egli pensa di catturare il nuovo
go verso la rocca. Atlante se ne andava legato con la sfidante, come aveva fatto con tutti i guerrieri prece-
sua catena e, dietro di lui, veniva la donna, che era denti. Ma non vuole ricorrere subito alle sue arti ma-
ancora diffidente, benché all’apparenza paresse tutto giche. Prima vuole tirare qualche bel colpo di lancia e
sottomesso. di spada. L’abitudine a vincere però lo rende impru-
dente: scende da cavallo e si avvicina al guerriero ca-
duto, convinto d’averlo tramortito con lo scudo. Ma
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si sbaglia, ed è reso inoffensivo e legato con la sua può prevedere il destino lontano di Ruggiero, quando
stessa catena. Egli è stizzito per essere stato sconfitto: non è riuscito a prevedere il suo destino vicino. I ten-
aveva escogitato un piano così perfetto per sottrarre tativi del mago non hanno successo, ma alla fine del
Ruggiero al suo destino, ed ora giunge Bradamante a poema Ruggiero è salvo.
rovinargli tutto! Egli però non si dà per vinto; e osti- 5. Con ironia, indulgenza, ma anche disincantato pes-
natamente prima con le parole, poi con l’inganno cer- simismo il poeta mostra gli uomini così come sono:
ca di rendere vana la vittoria della donna. Alla fine molte dame e cavalieri avrebbero preferito rimanere
riesce a spingere Ruggiero a salire sull’ippogrifo, che nel castello, dove vivevano in mezzo agli agi e alle
fa andare nell’isola della maga Alcina, a 3.000 miglia soddisfazioni, e rinunciare alla libertà. L’ironia e
di distanza. La maga pratica a tempo pieno la lussu- l’indulgenza sono anche l’ultima spiaggia del poeta di
ria. Qui almeno il suo protetto per qualche tempo non fronte alla realtà del suo tempo: la situazione politica
avrebbe corso rischi... era dominata dalle forze irrazionali della violenza e
2. Bradamante si prepara accuratamente allo scontro della guerra; e la vita di corte era caratterizzata dal
con il mago: non vuole lasciare niente al caso o al- servilismo, dall’adulazione e dall’inganno.
l’improvvisazione. Inoltre si è procurata la protezione 6. L’episodio è pieno di colpi di scena, che ne rendo-
e i consigli della maga Logistilla, simbolo della ra- no più coinvolgente l’ascolto. La cosa più importante
gione, sorella della maga Alcina e della maga Melis- è però la tesi che sta dietro alle ottave: gli imprevisti
sa. La donna si era dimostrata abile guerriera già nel- sono la norma, le precauzioni si rivelano inutili, e ciò
lo scontro con Sacripante, davanti agli occhi di Ange- che si è dimostrato utile in una circostanza può rive-
lica; ora si dimostra anche astuta, logica e con la lin- larsi dannoso in un’altra. Sacripante ha un colpo di
gua tagliente: il mago non può promettere di dare ciò fortuna, è solo con Angelica in mezzo alla foresta, si
che non è più suo; e, se vuole la morte, può darsela prepara a violentarla, ma è sbalzato da cavallo e non
con le sue mani. La donna mostra di professare una ha più il coraggio di riprendere lo stupro interrotto. Il
concezione pragmatica della violenza: se serve si usa, mago Atlante ama vedere qualche bel colpo di spada:
altrimenti non si usa. Sta tagliando il collo al mago; una piccola debolezza senile. È abituato a vincere e
ma, quando vede che è un vecchio, si ferma; e, spinta diventa imprudente. Bradamante lo imprigiona. Più
da una curiosità tipicamente femminile, chiede perché avanti (canto XXIII) Orlando paga a caro prezzo la
ha costruito il castello e sfida i guerrieri. Mentre agi- sua conoscenza dell’arabo, che in molte altre occa-
sce, dimentica i dubbi che hanno preceduto l’azione, sioni gli aveva salvato la vita. L’Orlando furioso si
e si dimostra totalmente efficiente e funzionale. rivela un trattato politico molto più complesso e mol-
3. Bradamante è il personaggio più positivo del poe- to più raffinato del Principe di Machiavelli.
ma. È la donna guerriera, che sa affrontare e vincere 7. Ariosto è in contatto con Machiavelli, di cui medita
fatti naturali e sovrannaturali. È forte, coraggiosa, ed applica il pensiero negli anni difficili in cui è go-
astuta, intelligente, logica, prudente, capace di ironia vernatore in Garfagnana (1522-25). Al di là delle
e di sarcasmo. È anche femminilmente curiosa e giu- forme letterarie (poema da una parte, trattato politico
stamente insicura e titubante davanti a circostanze di dall’altra), i due autori affrontano gli stessi problemi
cui non ha il completo controllo, nonostante le sue e sono accomunati da un pessimismo di fondo verso
precauzioni e il suo coraggio. È capace di abbinare la realtà e verso gli uomini, anche se nel poeta è ad-
forza, intelligenza, astuzia, dialettica, a seconda delle dolcito dall’ironia e dall’indulgenza, nell’uomo poli-
circostanze. La prima volta che compare nel poema, tico dalla fiducia nella virtù e nell’impeto con cui si
disarciona Sacripante, che sta pensando di violentare devono affrontare e superare gli ostacoli.
Angelica. E, comunque, anche lei ha le sue “debolez- ---I☺I---
ze” e le sue “follie”: è innamorata di Ruggiero, il
“farfallino” del poema, bello, desiderato e concupito
da tutte le donne. E lei ha deciso di portarlo ad ogni
costo all’altare, costi quel che costi. Lei non ama il
saggio Astolfo, preferisce l’uomo più bello, grazioso,
irresponsabile e leggero del poema... Dunque, nean-
che lei è perfetta! O forse Ruggiero è il male minore
tra un Orlando, che è fortissimo ma psicologicamente
fragile, e un Astolfo che è noiosamente saggio e dedi-
to a fare azioni sagge? L’imperfezione e la pazzia per
Ariosto sono quindi l’accompagnamento costante del-
la vita umana. Ed anche voler essere troppo saggi è
una pazzia.
4. Con l’episodio del mago Atlante il poeta continua
la sua riflessione sul destino: il mago non si rassegna
alla sorte di Ruggiero e combatte per sottrarlo alla
morte. Bradamante però, giudiziosamente e con un
ragionamento impeccabile, gli fa notare che egli non
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 147
Ruggiero nell’Isola della maga Alcina e la ceva paura. E scuote tanto violentemente il mirto, a
storia di Astolfo, VI, 19-47 cui è legato, che strappa numerose fronde. Scuote il
mirto e strappa le foglie, ma non riesce a slegarsi da
esso.
Il mago non accetta di essere stato sconfitto da Bra-
damante, perciò spinge Ruggiero a salire sull’ippo- 27. Come talvolta un ceppo, che abbia l’interno rado
grifo, un cavallo alato, che lo porta lontano nell’isola e vuoto, e che sia messo a bruciare, dopo che il calore
della maga Alcina, che saprà come trattenerlo. ha consumato l’aria umida che contiene, risuona
all’interno, e con strepito bolle tanto, che l’umore in-
19. Dopo che l’ippogrifo ha percorso una grande di- fuocato trova la via per uscire; così mormora, stride e
stanza in linea retta e senza mai piegarsi, con larghe si lamenta quel mirto offeso, e alla fine spezza la cor-
ruote, ormai stanco di correre, incomincia a calarsi teccia.
sopra un’isola [...].
28. Con il suono mesto e flebile uscì un discorso
20. Non vide paese né più bello né più felice dal cielo sciolto e chiaro, che dice: “Se tu sei cortese e pietoso
dove aveva volato; né, se avesse cercato in tutto il come dimostri dal bell’aspetto, leva questo animale
mondo, avrebbe visto un paese più ameno di questo, dal mio alloro. La mia sventura mi flagella abbastan-
dove, dopo aver fatto un largo giro, l’uccello discese za, e non c’è bisogno che un’altra pena, un altro dolo-
portando con sé Ruggiero: c’erano pianure coltivate e re venga a tormentarmi da fuori”.
colli delicati, acque limpide, rive ombreggiate e prati
molli. 29. Al primo suono di quella voce Ruggiero volge il
viso e si alza subito. E, poiché si accorge che usciva
21. Boschi meravigliosi di soavi allori, di palme e di dall’alloro, resta stupefatto più di quanto non sia mai
mirti profumati, cedri ed aranci che avevano frutti in- stato. Subito corre a levare il destriero, e con le guan-
trecciati in varie forme e tutte belle, facevano riparo ce rosse dalla vergogna dice: “Chiunque tu sia, o spi-
alla calura estiva con le loro spesse chiome. Tra quei rito umano, o dea dei boschi, perdonami!
rami con voli sicuri se ne andavano cantando gli usi-
gnoli. 30. Il non aver saputo che sotto le ruvide scorze si na-
scondeva uno spirito umano mi ha spinto a danneg-
22. Tra le rose rosse ed i gigli bianchi, che l’aria tie- giare le tue fronde e a ingiuriare il mirto in cui vivi.
pida conserva sempre freschi, si vedevano sicuri lepri Ma non trattenerti, per questo, di dirmi chi sei tu, che
e conigli. I cervi, con la fronte alta e superba, pasco- con la voce e con l’anima razionale vivi dentro un
lavano o ruminavano, senza temere d’essere uccisi o corpo orrido ed irto. Ti auguro che il cielo tenga la
catturati. Saltano i daini ed i capri snelli ed agili, che grandine sempre lontana da te!
sono in gran numero in quei luoghi campestri.
31. E, se ora o mai potrò riparare questa offesa con
23. Quando l’ippogrifo è così vicino a terra, che il qualche beneficio, ti prometto, in nome di quella
salto è meno pericoloso, Ruggiero in fretta si lancia donna (=Bradamante) che tiene la miglior parte di
dalla sella, e si ritrova sul manto erboso. Tuttavia ser- me, che io farò, con le parole e con le azioni, che tu
ra le redini in mano, perché non vuole che il destriero abbia un buon motivo per lodarti di me”. Come Rug-
riprenda il volo. Poi lo lega in riva al mare ad un mir- giero smette di parlare, il mirto trema dalla cima al
to, che sorge tra un alloro ed un pino. piede del tronco.
24. Pone lo scudo lì vicino, dove sorgeva una fontana 32. Poi si mette a sudare sulla corteccia, come tronco
circondata da cedri e da palme feconde. Si toglie appena trascinato fuori del bosco, che sente venire la
l’elmo dalla fronte e i guanti di ferro dalle mani. Ed forza del fuoco, poiché ogni riparo è risultato inutile.
ora verso il mare, ora verso il monte volge la faccia E comincia: “La tua cortesia mi spinge a scoprirti nel-
all’aria fresca e ristoratrice, che con un lieto mormo- lo stesso tempo chi io ero prima e chi mi abbia tramu-
rio fa tremolare le alte cime dei faggi e degli abeti. tato in mirto su questa spiaggia amara.
25. Bagna le labbra asciutte nell’onda chiara e fresca, 33. Il mio nome fu Astolfo. Ero paladino di Francia
e con la mano agita l’acqua, affinché dalle vene gli assai temuto in guerra. Ero cugino di Orlando e di
esca il calore che gli ha acceso la corazza che indos- Rinaldo, la cui fama non ha limiti, ed avrei ereditato
sava. Né c’è da meravigliarsi se essa gli dà noia, per- il trono inglese dopo mio padre Ottone. Fui bello e
ché non aveva fatto una sfilata in un torneo, ma, sen- leggiadro, tanto che feci innamorare di me più di
za mai fermarsi e con le armi addosso, aveva fatto di qualche donna. E alla fine offesi me soltanto.
corsa tremila miglia.
34. Io ritornavo dalle Isole Lontane, che l’Oceano
26. Mentre si ristora con l’acqua, il destriero, che bagna da Levante al mare delle Indie, dove Rinaldo e
aveva lasciato all’ombra tra le frasche, cerca di fuggi- alcuni altri cavalieri erano stati richiusi con me in un
re, spaventato da qualcosa che dentro al bosco gli fa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 148
carcere oscuro e profondo e da cui fummo liberati poi gli successe. Alcina venne a confortarmi, e tutto
dalle supreme forze del cavaliere di Brava (=Orlan- quel giorno e la notte successiva mi tenne sopra quel
do), e venivo verso Ponente, seguendo il litorale sab- mostro.
bioso, che è spazzato dai venti settentrionali.
43. Finché venimmo a questa isola bella [...].
35. E come ci trasse la nostra strada e il nostro duro e
traditore destino, una mattina giungemmo sopra una 46. [...] La maga Alcina mi teneva in grande delizia, e
bella spiaggia, dove un castello della potente maga ardeva tutta quanta del mio amore; né si accese una
Alcina sorge sul mare. Noi la trovammo che era usci- fiamma più piccola nel mio cuore, alla vista di lei,
ta dal castello e che stava sulla riva del mare tutta so- così bella e cortese.
la. Senza reti e senza ami essa trascinava sulla spiag-
gia tutti i pesci che voleva. 47. Io mi godevo le sue membra delicate: mi sembra-
va che in essa si fosse raccolto tutto il bene che è di-
36. I delfini vi correvano veloci; il grosso tonno vi viso in più parti fra gli uomini, a chi ne tocca in misu-
veniva a bocca aperta; i capidogli con i vecchi pesci ra maggiore, a chi in misura minore e a chi niente del
marini vengono turbati dal loro pigro sonno. Muli, tutto. Non mi ricordavo né della Francia né di
salpe, salmoni e coracini nuotano a schiere più in nient’altro. Stavo sempre a contemplare quel volto:
fretta che possono; pistici, fisiteri, orche e balene ogni mio pensiero, ogni mio proposito finiva in lei, né
escono dal mare con le loro schiene mostruose. si allontanava da lei”.
37. Vediamo una balena, la più grande che si fosse Astolfo è felice dell’amore che la maga prova per lui.
mai vista per i mari: undici passi e più mostra le sue Questo amore però finisce con la stessa rapidità con
spalle fuori delle onde salate. Tutti insieme cadiamo cui era incominciato: dopo tre mesi la maga si stanca
nello stesso errore, perché era ferma e perché non si di lui e lo trasforma in mirto. Così il paladino non
era mai mossa: credemmo che essa fosse un’isoletta, può andare in giro a sparlare di lei; e lei arricchisce il
così distanti tra loro erano testa e coda. suo giardino.
38. La maga Alcina faceva uscire i pesci dall’acqua Riassunto. Dopo un lungo volo con l’ippogrifo Rug-
con semplici parole e con puri incantesimi. Ella era giero discende su un’isola meravigliosa. Scende da
nata con la fata Morgana, non so dire se contempora- cavallo, lega l’animale a un cespuglio e si rinfresca il
neamente, o prima, o dopo. La maga Alcina mi guar- volto accaldato con l’acqua di un ruscello lì vicino.
dò, e subito le piacque il mio aspetto, come mostrò Ma il cavallo si imbizzarrisce e il cespuglio si mette a
subito. E pensò di separarmi dai compagni con parlare. Lo prega di slegare le briglie del cavallo dal
l’astuzia e con l’ingegno. E il piano le riuscì. suo fusto, perché lo feriscono. Ruggiero lo fa. Poi il
cespuglio racconta la sua storia. È Astolfo, uno dei
39. Ci venne incontro con il viso lieto e con modi paladini di Carlo Magno. La maga Alcina lo vede, se
graziosi e riverenti, e disse: “O cavalieri, se vi fa pia- ne innamora, lo separa dai suoi compagni, quindi lo
cere di restare oggi con me, vi farò vedere, mentre porta nella sua isola. Qui gli dichiara il suo amore.
pesco, specie differenti di tutti i pesci: quello che ha Astolfo è felice e a sua volta si sente innamorato. E
le scaglie, quello che è molle, quello che ha il pelo. folleggia con la donna. Lei si dedicava sempre a lui e
Essi saranno più numerosi delle stelle che sono nel lui a lei. Pensava che l’amore fosse eterno, ma dopo
cielo. tre mesi lei si stanca di lui e lo trasforma in cespuglio,
con cui adorna il suo giardino, come aveva fatto con
40. E, se volete vedere una sirena, che con il suo dol- tutti gli amanti precedenti. Così abbellisce il giardino
ce canto accheta il mare, passiamo da questa all’altra e lui non va in giro a sparlare di lei.
spiaggia, dove a quest’ora è sempre solita tornare”. E
ci mostrò quella balena grandissima, che, come dissi, Commento
pareva un’isoletta. Io, che fui sempre avventato nelle 1. Astolfo è il più saggio, il più razionale e il più re-
decisioni (e me ne rincresce), salii sopra quel pesce. sponsabile dei paladini... Orlando, il più forte dei pa-
ladini, diventa pazzo soltanto perché una donna lo ha
41. Rinaldo mi accennava, come Dudone, di non an- respinto. Ruggiero non ha né tempo, né voglia, né ca-
dare; ma non servì a niente. La maga Alcina, con il pacità per preoccuparsi di se stesso: ci pensa il mago
viso sorridente, lascia gli altri due e sale dietro di me. Atlante o Bradamante e, comunque, è sempre gradito
La balena, pronta a partire, se ne andò a nuoto per le e desiderato per la sua bellezza, e, finché non si spo-
onde salate. Mi pentii subito della mia sciocchezza, sa, può stare sicuro. Anche Astolfo però ha le sue de-
ma ormai mi trovavo troppo lontano dalla spiaggia. bolezze: si vanta perché ha fatto innamorare più di
qualche donna di sé (non dice però come abbia fatto).
42. Rinaldo si cacciò nell’acqua a nuoto per aiutarmi E non si dimostra troppo rapido di mente, perché non
e quasi annegò, perché si alzò un vento furioso, che capisce l’intenzione che la maga ha su di lui. Rinaldo
coprì di nuvole il cielo ed il mare. Non so che cosa almeno cerca di sottrarlo alle grinfie della donna. Poi
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 149
però, dopo i primi momenti di timore, è contento dei ragione si dimostrava incapace di interpretare e ancor
propositi e della disponibilità amorosa della maga. più di dominare gli avvenimenti politici che dramma-
Non ha molte pretese per essere contento: basta che ticamente si susseguivano. Occorreva una rete con-
una donna s’innamori di lui (o almeno lo dica). Non cettuale più vasta, occorreva la rete del mondo
si accorge nemmeno di essere un uomo-oggetto: la dell’immaginazione, da lanciare sulla realtà. Lo stru-
donna lo usa (e lui è contento), si stanca e lo butta. O, mento era all’altezza della situazione: erano più in-
meglio, poiché non vuole sprecare niente dei suoi credibili i fatti che accadevano nella realtà o i fatti
amanti, lo trasforma in mirto per il suo giardino. È immaginati nel poema? Era più incredibile l’inva-
vero però che non se la prende troppo della sua sven- sione dell’Italia oppure un cavallo che vola o un dia-
tura di essere stato trasformato in mirto: il ricordo dei logo tra un uomo e un mirto?
piacevoli momenti passati con la maga ha il soprav- ---I☺I---
vento. E, fedele alla sua saggezza, dà a Ruggiero
buoni consigli che il paladino non ascolta. In seguito La maga Alcina, VII, 9-19
riacquista le sembianze umane e va sulla luna per ri-
prendere il senno di Orlando. Qui scopre che non Ruggiero incontra la maga Alcina nel suo castello. E
aveva tutto il suo senno, come credeva... non può credere che sia malvagia, come gli ha detto
2. La maga Alcina rappresenta la donna lussuriosa, Astolfo, trasformato in mirto, perché è bellissima.
che ha e che pratica una concezione sensuale dell’a-
more. Essa ha le idee chiare su ciò che vuole dalla vi- 9. La bella Alcina venne un pezzo avanti, verso Rug-
ta: soddisfazioni fisiche procurate da una processione giero fuori delle prime porte, e lo accolse con un
interminabile di amanti, che licenzia e trasforma in aspetto signorile, in mezzo alla bella e onorata corte.
alberi, non appena la stancano. In tal modo, giudizio- Da tutti gli altri tanto onore e tante riverenze furono
samente, unisce il dilettevole – gli amanti – all’utile – fatte al forte guerriero, che non potrebbero far più, se
il possesso di un bel giardino –: gli amanti, una volta Dio fosse sceso tra loro dal cielo più alto.
usati, vengono trasformati in piante e vanno ad arric-
chire il vasto giardino dell’isola... La donna però in 10. Il bel palazzo era eccellente non tanto perché vin-
tal modo ottiene anche un altro risultato: evita che es- ceva ogni altro palazzo per ricchezza, quanto perché
si, per il fatto di essere stati licenziati, si vendichino e aveva la più piacevole gente che fosse al mondo e di
sparlino di lei. Il proprio buon nome va sempre dife- più gentilezza. Poco era differente l’un dall’altro per
so... età fiorita e per bellezza: soltanto Alcina era la più
3. Davanti ad Astolfo le reazioni della maga sono ve- bella di tutti, così come il sole è più bello d’ogni stel-
locissime: lo vede, se ne innamora subito, escogita e la.
attua il piano di isolarlo dai suoi compagni e di rapir-
lo, quindi dichiara il suo amore. Dopo tre mesi, men- 11. Di persona era tanto ben formata, quanto di me-
tre il paladino è ancora “innamorato”, lei è già stanca glio i bravi pittori sanno immaginare. Ha la bionda
e lo trasforma in un bel cespuglio. La donna è indub- chioma lunga e annodata: l’oro non risplende né ab-
biamente lussuriosa, ma Astolfo ha l’innamoramento baglia di più. Sulle guance delicate si spargeva un co-
facile e di poche pretese, poiché cerca soltanto la lore misto di rose e di ligustri. e di terso avorio aveva
soddisfazione dei sensi. la fronte lieta, che completava il volto in una giusta
4. La maga Alcina si inserisce nella galleria di perso- proporzione.
naggi femminili creati dal poeta: Angelica, l’ideale
concreto di femminilità; Bradamante, la donna astuta 12. Sotto i due neri e sottilissimi archi delle sopracci-
e guerriera; la maga Alcina, la donna lussuriosa e glia aveva due occhi neri, anzi due chiari soli, pietosi
sensuale. Il poema presenta però numerosi altri per- a riguardare, a muovere parchi. Intorno ad essi pare
sonaggi femminili, ognuno dei quali si distingue e si che l’Amore scherzi e voli, e che da lì tutta la faretra
caratterizza rispetto a tutti gli altri. scarichi e che visibilmente rubi i cuori. Da qui il naso
5. Con la figura di Alcina Ariosto rovescia la figura scende in mezzo al viso, che l’invidia non trova
sociale della donna, che in genere è sempre passiva. neanche un punto da migliorare.
Con la figura di Astolfo riversa la sua ironia sulla fi-
gura maschile: il paladino è l’uomo più saggio del 13. Sotto il naso sta, quasi fra due vallette, la bocca
poema, ma senza opporre alcuna resistenza perde la sparsa di nativo cinabro. Qui due filze sono di perle
testa per la prima donna che incontra e che si dice elette, che un bello e dolce labbro chiude ed apre. Da
“innamorata” di lui. Egli prima subisce l’amore, poi qui escono le cortesi parolette da render molle ogni
subisce la trasformazione in mirto. Nell’ipotesi mi- cuor rozzo e scabro. Qui si forma quel soave sorriso,
gliore quindi gli uomini sono passivi e succubi delle che apre a sua posta il paradiso in terra.
donne...
6. I poemi tradizionali erano opere d’evasione oppure 14. Bianca neve è il bel collo, e il petto è latte; il collo
che celebravano il lettore-committente. Ariosto riesce è tondo, il petto colmo e largo. Due pomi acerbi, e
a trasformare la sua opera in uno strumento di cono- pure fatti d’avorio, vanno e vengono come onda al
scenza e di valutazione della realtà del suo tempo. La primo margine (=sulla spiaggia), quando una brezza
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 150
piacevole combatte il mare. Argo con i suoi cento oc- Angelica e l’eremita, VIII, 47-50
chi non potrebbe vedere le altre parti. Ben si può giu-
dicare che corrisponde a quel che appare di fuori quel Angelica in una delle sue numerose disavventure fini-
che si nasconde. sce nelle mani di un eremita, che la consola con pa-
role belle e devote e intanto le accarezza i seni e le
15. Le braccia mostrano la loro giusta misura; e la guance rigate di lacrime. Poi cerca di andare oltre…
candida mano spesso si vede lunghetta alquanto e di
larghezza angusta, dove né nodo appare né vena ec- 47. L’eremita comincia a confortarla con alquante ra-
cede. Alla fine si vede il breve, asciutto e rotondetto gioni belle e devote. E, mentre parla, pone le mani
piede della persona augusta. Gli angelici sembianti audaci ora per il seno, ora per le gote bagnate di la-
nati in cielo non si possono celare sotto alcun velo. crime. Poi più sicuro va per abbracciarla; ella sdegno-
setta lo percuote con una mano sul petto e lo rispinge,
16. In ogni parte del suo corpo aveva teso un laccio e tutta si tinge d’onesto rossore.
(=una trappola), che parli, sorrida, canti o muova un
passo. Non c’è da meravigliarsi se Ruggiero è cattu- 48. Egli, che aveva una tasca a lato, la aprì e ne trasse
rato, poiché la trova tanto ben disposta verso di lui. un’ampolla di liquore; e negli occhi possenti, onde
Quel che di lei aveva già sentito dire dal mirto sfavilla la più rovente fiaccola ch’abbia Amore,
(=Astolfo), che è perfida e malvagia, poco gli giova, spruzzò di quel leggermente una stilla, che ebbe la
perché non gli sembra che l’inganno o il tradimento capacità di farla dormire. Giace supina sulla sabbia a
possano stare con un così soave sorriso. tutte le voglie del vecchio rapace.
Riassunto. La maga Alcina viene incontro a Ruggiero 49. Egli l’abbraccia e la tocca a piacere, ma ella dor-
e lo accoglie con un volto gentile. La corte della don- me e non può difendersi. Ora le bacia il bel petto, ora
na lo riceve con onore e riverenze. La maga era la più la bocca. E non vi è chi lo veda in quel luogo selvag-
bella di tutti i presenti. Aveva un corpo ben formato, gio e solitario. Ma nell’incontro il suo destriero (=il
le guance color di rosa, la fronte color dell’avorio. pene) trabocca, perché il corpo infermo non risponde
Aveva occhi che lanciavano frecce. Aveva la bocca al suo desiderio. Non era più adatto, perché aveva
rossa, due file di denti che sembravano perle e un sor- troppi anni; e potrà fare peggio, quanto più lo co-
riso luminoso. Il petto era colmo e largo. I seni erano stringi.
acerbi e oscillanti. Si può pensare che quel che teneva
nascosto sotto le vesti fosse bello come quello che si 50. Tenta tutte le vie, tutti i modi, ma quel pigro roz-
vedeva. Ogni parte del suo corpo era un laccio amo- zone (=il pene) non per questo salta. Invano gli scuo-
roso. Non c’è da meravigliarsi se Ruggiero è cattura- te il freno e lo tormenta. Non riesce a fargli tenere al-
to. Saperla perfida e malvagia, come aveva detto ta la testa. Alla fine si addormenta presso la donna e
Astolfo, poco gli giova, perché è impensabile che un’altra nuova sciagura ancora lo assalta: la Fortuna
l’inganno e il tradimento possano stare con un sorriso non comincia mai per poco, quando piglia a scherno e
così soave. a gioco un mortale.
Commento Riassunto. L’eremita cerca di confortare Angelica e
1. Ruggiero incontra la maga Alcina nel suo palazzo le palpeggia i seni e le guance bagnate di lacrime. Poi
e circondata dalla sua corte. La donna è bellissima e cerca di abbracciarla, ma lei lo respinge. Lui allora la
non potrebbe essere più bella. Ogni parte del suo cor- addormenta con una goccia di liquore. Lei è distesa
po è attraente e si trasforma in una trappola amorosa. sulla sabbia, nelle sue mani. Lui l’abbraccia e la tocca
Il guerriero sa da Astolfo che è perfida e malvagia, a piacere, ella dorme e non può difendersi. Le bacia il
ma poco gli giova, perché non gli sembra che petto e la accarezza, poi cerca di violentarla, ma il
l’inganno o il tradimento possano stare con un sorriso corpo infermo non risponde al desiderio e il suo arne-
così soave. se non reagisce. Invano cerca di fargli alzare la testa.
2. Le bellezze della maga nascoste sotto le vesti sono Alla fine si addormenta accanto alla donna.
appena accennate. Sono ampiamente descritte invece
quelle di Olimpia, che era stata offerta come cibo Commento
all’orca (XI, 67-71). 1. Il vecchio eremita ha Angelica nelle sue mani.
3. La maga Alcina era una ninfomane, sempre affa- Prima la palpeggia, poi cerca di violentarla, ma il suo
mata di sesso, come le donne dell’excursus di Astol- rozzone non ce la fa. Insiste, ma invano: non ne vuol
fo, re dei Longobardi, e Giocondo (XXVIII, 1-74). proprio sapere. Allora si addormenta accanto alla
Ma le ninfomani esistono soltanto nei romanzi o nei donna. Ariosto sviluppa più volte il tema dell’eroina
poemi come questo e sono una semplice proiezione in mortale pericolo, che poi, in un modo sempre sor-
dei desideri maschili. prendente, esce indenne dai guai. Il tópos rimane an-
---I☺I--- cora oggi nei romanzi d’intrattenimento e nei film più
o meno d’autore. Il lettore o lo spettatore, come la let-
Riassunto. Ricciardetto dice di essere la donna che 3. Chi vuole passi tre o quattro pagine, senza leggerne
Fiordispina amava e di aver subito un incantesimo, verso, e chi pur vuole leggere, gli dia quella medesi-
che lo ha trasformato in uomo. Fiordispina ci crede, si ma credenza che si suole dare a finzioni e a fole. Ma
scioglie e si concede con passione. Ricciardetto ne ritorniamo al nostro racconto. Dopo che vide i pre-
approfitta e se la frulla per qualche mese, con soddi- senti pronti ad ascoltarlo e a fargli spazio davanti al
sfazione reciproca. Poi la cosa si viene a sapere. cavaliere (=Rodomonte), l’oste incominciò così la
Giunge alle orecchie del re, che condanna il giovane storia.
ad esser bruciato vivo, una situazione incresciosa, da
cui lo toglie l’intervento di Ruggiero. Poi egli raccon- 4. «Astolfo, re dei Longobardi, quello a cui il fratello
ta al salvatore tutta la storia, con il compiacimento di monaco lasciò il regno, fu nella sua giovinezza così
un maschio che racconta ad un altro maschio le sue bello, che mai pochi altri giunsero a quel grado di
imprese amorose. bellezza. Con il pennello Apelle o Zeusi (o se vi è
qualcuno più abile di loro) avrebbe a fatica disegnato
Commento un’immagine altrettanto bella. Era bello, ed a ciascu-
1. L’episodio mette in scena due giovani che si incon- no appariva bello: ma egli di molto si riteneva ancor
trano per caso: Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo, più bello.
Ricciardetto lo ripaga raccontandogli la sua storia.
Per frullare Fiordispina, dice di essere la donna che la 5. Egli non stimava tanto di avere ognuno a lui infe-
ragazza amava e di essere stato trasformato in uomo riore per l’altezza del suo grado, perché di genti e di
da un incantesimo… La donna ci crede, si scioglie e ricchezza era il maggiore di tutti i re vicini; quanto
si concede. I due frullano come matti per alcuni mesi, che di presenza e di bellezza aveva per tutto il mondo
ma poi il sovrano lo viene a sapere e sono guai. l’onore del primo posto. Godeva di questo, sentendosi
2. Fiordispina credeva di essere o voleva essere lesbi- lodare, quanto di cosa che si ode più volentieri.
ca, ma provava soltanto un profondo sentimento di
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6. Tra i suoi cortigiani aveva assai grato Fausto Lati- come voglio ritornare al più tardi fra due mesi. Né il
ni, un cavaliere romano. Con questi sovente si lodava re mi farebbe oltrepassare d’un giorno il segno (=la
ora del bel viso ora della bella mano. Un giorno gli data del ritorno), neanche se mi donasse metà del suo
domandò se mai aveva veduto, vicino o lontano, un regno.”
altro uomo con un aspetto così bello. Contro quello
che si aspettava, gli fu risposto. 14. Ma la donna non si riconforta. Dice che si piglia
troppo tempo; e, se al ritorno non la trova morta, non
7. “Dico” rispose Fausto, “che secondo che io vedo e può essere se non gran meraviglia. Il dolore, che
che sento dire da tutti, nella bellezza hai pochi pari al giorno e notte la fa penare, non le lascia gustare cibo
mondo, e questi pochi io li restringo ad uno soltanto. né le lascia chiudere occhio, tanto che per la compas-
Quest’uno è un mio fratello, detto Giocondo. Eccetto sione Giocondo spesso si pente di aver fatto la pro-
lui, ben crederò che tu ti lasci molto indietro ognuno messa al fratello.
per la bellezza. Credo che soltanto costui ti raggiunga
e ti sorpassi.” 15. Ella si sciolse dal collo un suo monile, che aveva
una crocetta ricca di gemme e di sante reliquie che un
8. Al re parve impossibile udire una cosa simile, per- pellegrino boemo raccolse in molti luoghi. Costui,
ché fino ad allora aveva ritenuto sua la palma della venendo a morte, l’aveva lasciata in eredità al padre
bellezza; e gli venne un grande desiderio di conoscere di lei, che lo aveva ospitato in casa quand’era tornato
il giovane che era stato così lodato. Fece pressioni su infermo da Gerusalemme. Se la levò e la diede al ma-
Fausto, che dovette promettere di far venire qui il fra- rito.
tello, benché sarebbe stato difficile indurlo a venire.
E gli disse la causa: 16. Lo prega che la porti al collo per suo amore, af-
finché si ricordi sempre di lei. Il dono piacque al ma-
9. suo fratello era un uomo che in vita sua non aveva rito, che lo accettò, non perché il monile dovesse far-
mai messo piede fuori di Roma; si era dedicato con gli ricordare la moglie: né il tempo né l’assenza, né la
tranquillità e senza affanni al bene che la Fortuna gli buona o la cattiva fortuna, a cui andava incontro, po-
aveva concesso; né aveva mai accresciuto né diminui- tevano mai far vacillare quella memoria salda e forte
to la roba, che il padre gli aveva lasciato in eredità. che ha sempre di lei e che avrà anche dopo la morte.
Ed a lui Pavia parrebbe lontana più che ad un altro
non parrebbe Tanais sul mar Nero. 17. La notte, che precedette l’aurora che fu il termine
estremo per la partenza, pare che muoia in braccio al
10. Ma la difficoltà maggiore sarebbe stata riuscire ad suo Giocondo la moglie, che tra poco deve restare
allontanarlo dalla moglie, con cui era legato da tanto senza di lui. Nessuno dorme; e un’ora prima del gior-
amore, che se lei non voleva una cosa, neanche lui no il marito viene per l’ultimo saluto. Montò a caval-
poteva volerla. Pure, per ubbidire a lui che gli è si- lo e partì effettivamente. La moglie si ricoricò nel let-
gnore, disse che andava e che avrebbe fatto l’im- to.
possibile. Alle preghiere il re aggiunse tali offerte e
tali doni, che non gli lasciò alcun motivo per rifiutar- 18. Giocondo non aveva ancora percorso due miglia,
si. che si ricordò della crocetta, che la sera prima aveva
messo sotto il guanciale e che poi per dimenticanza
11. Così partì, e in pochi giorni si ritrovò a Roma aveva lasciata lì. “Lasso!” diceva tra sé, “quale scusa
dentro le case paterne. Qui pregò tanto, che smosse il mai troverò che risulti accettabile, affinché mia mo-
fratello e lo persuase a venire dal re. E, benché fosse glie non creda che il suo amore infinito sia da me po-
difficile, riuscì anche a tacitare la cognata, mostran- co gradito?”
dole il bene (=i vantaggi) che ne deriverebbe, oltre
all’obbligo che egli avrebbe sempre avuto verso di 19. Pensa ad una scusa, ma si accorge che essa non
lei. sarebbe accettabile né buona, se manda servi o se vi
manda altra gente, ma non vi andasse egli stesso di
12. Giocondo fissò il giorno della partenza. Intanto persona. Si ferma e al fratello dice: “Ora sprona len-
trovò cavalli e servitori. Si fece fare dei vestiti per tamente fino al primo albergo di Baccano, perché de-
mostrarsi elegante, perché talvolta un bel manto ac- vo per forza ritornare a Roma. Credo però di poterti
cresce la bellezza. La moglie, di notte al suo fianco e raggiungere per strada.
di giorno intorno a lui, con gli occhi di tanto in tanto
pieni di pianto, gli dice che non sa come potrà sop- 20. Nessun altro potrebbe fare il mio bisogno, e non
portare la sua lontananza senza morire; dubitare, perché io sarò ben presto con te.” Voltò il
ronzino di trotto, disse a Dio (=lo raccomanda a Dio,
13. perché, soltanto a pensarci, nel fianco sinistro si lo saluta) e non volle con sé alcun servo. L’oscurità
sente strappare il cuore dalle radici. “Deh, o vita mia, della notte incominciava già a fuggire davanti al sole,
non piangere” le dice Giocondo, e tra sé e sé egli non quando passò il fiume Tevere. Smonta da cavallo, en-
piange di meno; “questo viaggio mi sia felice, così
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tra in casa e va al letto. Qui ritrova la consorte pro- 28. A Fausto rincresce di vedere il fratello ridotto a
fondamente addormentata. un simile stato, ma molto più gli rincresce di apparire
del tutto bugiardo a quel principe, davanti al quale lo
21. Alzò la cortina senza dir parola, e vide quello che aveva lodato. Aveva promesso di mostrargli il più
meno credeva di vedere: la sua casta e fedele moglie, bello di tutti gli uomini e invece gli mostrava il più
sotto la coltre, giaceva in braccio a un giovane. Rico- brutto. Ma, continuando la sua via, lo condusse con
nobbe subito l’adultero, per la lunga pratica che ne sé fin dentro a Pavia.
aveva. Era un garzone della sua servitù, di umili ori-
gini, che egli aveva allevato. 29. Non vuole che il re lo veda all’improvviso, per
non mostrarsi privo di giudizio. Ma con una lettera lo
22. Se restò attonito e scontento, è meglio pensarlo e avvisa in anticipo che suo fratello arriva appena vivo;
dare credito ad altri, piuttosto che farne mai esperien- e che all’aria del bel viso un affanno di cuore (ac-
za di persona, come con gran dolore fece costui. As- compagnato da una febbre perniciosa) era stato tanto
salito dallo sdegno, provò il desiderio di estrarre la nocivo, che più non pareva quello che era di solito.
spada e di ucciderli ambedue. Ma l’amore che, a suo
dispetto, porta all’ingrata moglie, glielo impedì. 30. Il re gradì la venuta di Giocondo quanto si può
gradire la venuta di un amico. Al mondo non aveva
23. L’Amore, questo dio briccone (vedi quanto l’a- desiderato cosa altrettanto, che vedere lui. Né gli di-
veva fatto suo servo), non gli permise nemmeno di spiacque di vederlo secondo, e rimanere dietro [a lui]
destarla, per non darle il dolore che egli la cogliesse per la bellezza, anche se riconosce che, se non fosse
in fallo così grande. Quanto più poté, uscì di casa ammalato, gli sarebbe superiore o uguale.
senza far rumore, scese le scale e rimontò a cavallo.
E, spronato dall’amore, così spronò il cavallo, che 31. Quando giunge, lo fa alloggiare nel suo palazzo,
raggiunse il fratello prima che questi giungesse lo visita ogni giorno, ne chiede notizie continuamen-
all’albergo. te. Si dà da fare in tutti i modi che sia a suo agio, e si
impegna assai e prova piacere ad onorarlo. Giocondo
24. A tutti parve che fosse cambiato nel volto, tutti invece è abbattuto, perché lo rode sempre il pensiero
videro che non aveva il cuore lieto. Ma non vi è alcu- malvagio che ha della moglie che lo ha tradito. Né lo
no che indovini neppure lontanamente la causa e pos- spettacolo dei giochi, né l’ascolto della musica pos-
sa penetrare nel suo segreto. Credevano che li avesse sono diminuire il dramma del suo dolore.
lasciati per andare a Roma e invece era andato a Cor-
neto. Tutti capiscono che l’amore è la causa del male, 32. Le sue stanze, che sono le ultime presso il tetto,
ma nessuno sa dire in che modo. hanno davanti una sala antica. Qui si ritraeva i solitu-
dine, perché ogni diletto ed ogni compagnia gli era
25. Il fratello pensa che sia addolorato perché ha la- insopportabile, aggiungendo sempre al petto di più
sciata la moglie sola. Invece egli è pieno di rabbia e gravi pensieri nuova fatica. Ma qui trovò (chi lo cre-
di dolore per il motivo contrario, perché era rimasta derebbe?) chi lo sanò della sua piaga sanguinante.
troppo accompagnata. L’infelice sta con la fronte cor-
rugata e con le labbra gonfie di pianto, e guarda sol- 33. In capo alla sala, dove è più buio, perché non si
tanto per terra. Fausto, che usa ogni mezzo per con- usa di aprire le finestre, vede che il palco si congiun-
fortarlo, conclude poco, perché non ne sa la causa. ge male con il muro, e fa uscire un raggio di luce più
chiaro. Pone qui l’occhio, e vede quello che sarebbe
26. Gli unge la piaga con un unguento contrario e, duro a credere a chi lo udisse raccontare. Egli non lo
dove dovrebbe togliere, gli accresce il dolore, dove ode da altri, ma lo vede con i suoi occhi. Ma neanche
dovrebbe farla rimarginare, più la apre e la rende ai suoi occhi vuole proprio credere.
pungente. Gli fa questo ricordandogli la moglie. Non
riposa né di giorno né di notte: il sonno fugge lontano 34. Attraverso la fessura scopriva tutta la stanza più
con il desiderio di mangiare, ed egli non riesce mai a segreta e più bella della regina: nessuna persona vi
prenderlo. La faccia, che prima era così bella, si cam- verrebbe introdotta, se ella non l’avesse ritenuta mol-
bia a tal punto, che non sembra più quella. to fedele. Poi, guardando, vide che un nano era avvi-
ticchiato con quella in una strana lotta: e quel piccoli-
27. Pare che gli occhi si nascondano nella testa (=so- no era stato così bravo, che aveva messo la regina di
no completamente infossati). Il naso pare accresciuto sotto.
nel viso scarno. Gli resta così poca bellezza, che non
potrebbe fare alcun paragone. Con il dolore venne 35. Attonito e stupefatto, e credendo di sognare, Gio-
una febbre così molesta, che lo fece soggiornare nelle condo stette per un pezzo a guardare. E, quando vide
acque del fiume Arbia e dell’Arno. E, se aveva con- che ciò accadeva realmente e non in sogno, credette a
servato qualcosa di bello, ben presto restò come una se stesso. “A un mostro gobbo e deforme dunque”
rosa colta [e lasciata] al sole. disse, “si sottomette costei, che ha per marito il re più
52. Il giovane romano parve rimanere molto contento 60. La fanciulla, impietosita, rispondendo: “Credi”
di quello che il re aveva detto. Dunque ben fermi in diceva, “che non lo desidero meno di te. Ma non pen-
tale proposito, cercarono tra le molte montagne e in so che sia né il luogo né il tempo qui, dove tanti occhi
molte pianure. Infine trovarono, secondo il loro inten- ci guardano.” Il Greco soggiungeva: “Sono certo che,
to, la figlia di un oste spagnolo, che aveva un albergo se tu mi ami un terzo di quel che io ti amo, tu troverai
nel porto di Valenza, bella di modi e bella di presen- almeno in questa notte il modo per poterci godere un
za. poco insieme.”
53. Era ancora tenerella sul fiorire della sua primave- 61. “Come potrò” gli diceva la fanciulla, “se di notte
ra e di età ancora acerba. Il padre era gravato di molti giaccio sempre in mezzo a loro due e con me ora
figli ed era nemico mortale della povertà (=tirchio e l’uno ora l’altro si trastulla e sempre a uno di loro mi
avido). Così fu facile convincerlo a dar loro la figlia trovo in braccio?” “Questo per te non sarà una diffi-
in possesso; che potessero condurla dove piacesse lo- coltà” soggiunse il Greco, “perché ben ti saprai to-
ro, dopo che avevano promesso di trattarla bene. gliere da questo impaccio e uscire di mezzo loro, pur-
ché tu lo voglia. E devi volerlo, se t’importa qualcosa
54. Pigliano la fanciulla, e ne hanno piacere ora l’uno di me.”
ora l’altro in carità e in pace, come a vicenda i manti-
ci che danno, ora l’uno ora l’altro, fiato alla fornace. 62. Ella pensa alquanto, poi gli dice di venire quando
Quindi se ne vanno a vedere tutta la Spagna, e passa- potrà credere che ognuno dorma; e pianamente come
rono poi nel regno di Siface (=in Africa). Il giorno convenga fare, e lo informa dell’andare e del tornare.
che partirono da Valenza vennero ad albergare a Zat- Il Greco, come ella gli aveva indicato, quando sente
tiva (=Jativa). dormire tutta la torma (=padroni e servi), viene
all’uscio e lo spinge, e quello gli cede. Entra pian pia-
55. I padroni vanno a vedere strade e palazzi, luoghi no e va a tentoni con il piede.
pubblici e chiese, perché hanno l’abitudine di pigliare
simili piaceri in ogni città in cui entrano come pere- 63. Fa lunghi passi, e si appoggia sempre sul piede di
grini. Invece la fanciulla resta con la servitù. Altri dietro. Pare che muova l’altro come se temesse di ur-
servi badano ai letti, altri ai ronzini, altri hanno cura tare oggetti di vetro. Non pare che debba calpestare il
che sia apparecchiata la cena al rientro dei loro signo- terreno, ma le uova. E tiene la mano davanti a sé con
ri. lo stesso proposito. Va brancolando finché non trova
il letto: e là dove gli altri avevano le piante dei piedi,
56. Nell’albergo stava come servo un garzone, che si cacciò silenziosamente con il capo in avanti.
già stette al servizio del padre in casa della giovane, e
di essa fu amante fin dai primi anni, e godette del suo 64. Fra l’una e l’altra gamba di Fiammetta, che gia-
amor. Si riconobbero subito, ma non lo diedero a ve- ceva supina, venne diritto. Quando le fu a pari, la ab-
dere, perché ognuno di loro temeva di esser notato. bracciò stretta e si tenne sopra di lei fin quasi all’alba.
Ma non appena i padroni e la servitù glielo per- Cavalcò forte e non andò a staffetta, perché non do-
misero, si guardarono tra loro negli occhi. vette mai mutare bestia. Questa pare a lui che trotti
così bene, che non ne vuole scendere per tutta notte.
57. Il servo domandò dove ella andasse e quale dei
due signori l’avesse con sé. La Fiammetta (così aveva 65. Sia Giocondo sia il re avevano sentito il calpestio
nome, e quel garzone il Greco) raccontò il fatto a che aveva scosso il letto per tutta la notte; e sia l’uno
puntino. “Quando sperai che venisse, ohimè!, il tem- sia l’altro, ingannati dallo stesso errore, avevano cre-
po” il Greco le diceva, “di vivere con te, Fiammetta, duto che fosse il compagno. Dopo che ebbe fornito il
anima mia, tu te ne vai, e non so se ti rivedrò mai più. suo camino, il Greco se ne tornò com’era venuto. Il
sole lanciò i suoi raggi dall’orizzonte (=giunse l’al-
58. I miei dolci progetti si fanno amari, poiché tu sei ba). Fiammetta si alzò e fece entrare i paggi.
di un altro e da me ti allontani. Con gran fatica e gran
sudore io avevo messo da parte alcuni danari, che 66. Il re, motteggiando, disse al compagno: “Fratello,
avevo avanzato dai miei salari e dalle mance di molti devi aver fatto molto cammino; ed è ben tempo che ti
ospiti. E progettavo di tornare a Valenza, domandarti riposi, quando sei stato a cavallo tutta notte.” Gio-
a tuo padre per moglie e sposarti.” condo rispose a lui di rimando e disse: “Tu dici quel-
76. Passando fra quei mucchi, il paladino chiede [no- 83. Esso era come un liquido sottile e molle, facile da
tizie] alla guida ora di questo ora di quello. Vide un evaporare, se non si tiene ben chiuso, e si vedeva rac-
monte di vesciche piene d’aria, entro le quali si senti- colto in diverse ampolle, chi più chi meno capienti,
vano tumulti e grida. Seppe che erano le antiche co- adatte a quello scopo. La più grande di tutte era quel-
rone degli Assiri, dei Lidi, dei Persiani e dei Greci, la in cui era versato il gran senno del folle signore di
che un tempo furono illustri e che ora sono quasi sco- Anglante (=Orlando) ed era distinta dalle altre, per-
nosciuti. ché fuori aveva scritto “Senno d’Orlando”.
77. Vede lì vicino in gran quantità rami d’oro e 84. Allo stesso modo tutte le altre ampolle avevano
d’argento: erano i doni che si fanno a re, a principi e a scritto il nome di coloro, dei quali era stato il senno.
protettori con la speranza di ricevere ricompensa. Il duca (=Astolfo) vide gran parte del suo senno, ma
Vede lacci nascosti nelle ghirlande e chiede e ode che molto più meravigliare lo fecero molti, che egli cre-
deva che non ne avessero neanche un briciolo di me-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 166
no e che qui davano chiaramente la notizia che ne te- troppo stanca. E lo scrittore deve variare i sapori, i
nevano poco, perché la maggior parte era in quel luo- colori e i profumi.
go. 2. Ariosto tratteggia la sua filosofia della follia: l’u-
manità – vuoi per un motivo, vuoi per un altro – è tut-
85. Alcuni lo perdono in amore, altri negli onori, altri ta pazza. Tanto vale essere indulgenti. Prima dell’in-
[lo perdono] in cerca di ricchezze percorrendo i mari, dulgenza però c’è una capacità acutissima ed anche
altri nelle speranze dei signori, altri [lo perdono] cor- amara di vedere le cose, gli uomini, le spinte più pro-
rendo dietro a magiche sciocchezze (=le scienze oc- fonde (e niente affatto nobili) delle loro azioni. Chis-
culte), altri in gemme, altri [lo perdono] in opere di sà, forse gli uomini trovano nella pazzia il senso della
pittori ed altri in altro che apprezzano più di ogni al- loro esistenza, che non hanno saputo trovare nella ra-
tra cosa. Qui è raccolto molto senno di filosofi e di gione. La descrizione della corte, che pure era il luo-
astrologi ed anche di poeti. go ideale in cui vivere, è precisa, pacata e disincanta-
ta. Ma la realtà, gli uomini non si possono cambiare.
86. Astolfo prese il suo, perché glielo permise l’auto- 3. Il mondo poetico di Ariosto si può opportunamente
re dell’oscura Apocalisse. Egli si mise soltanto sotto confrontare con i valori e gli ideali, che emergono
il naso l’ampolla, in cui era, e pare che quello se ne dalla Gerusalemme liberata di Tasso, che è scritta e
sia andato al suo posto. Turpino (=un amico del pala- pubblicata qualche decennio dopo (1581). Ariosto ha
dino) da quel momento in poi confermò che Astolfo una visione scettica e disincantata della vita: gli uo-
visse saggiamente per lungo tempo, ma che un errore, mini perdono il loro tempo in cose superficiali, per
che fece poi, fu la causa che gli levò il cervello quanto volute e piacevoli; e devono fronteggiare quo-
un’altra volta. tidianamente circostanze impreviste ed imprevedibili.
87. Astolfo prese l’ampolla più capiente e più piena, Tasso crede intimamente nei valori sociali e religiosi
nella quale si trovava il senno, che doveva rendere che canta, e propone un poema incentrato sul motivo
saggio il conte Orlando. E non è così leggera, come religioso – la liberazione del santo Sepolcro da parte
stimò quando essa era nel mucchio con le altre. dei crociati – e sulla lotta tra il bene ed il male, con la
vittoria finale del bene. Sia i caratteri dei due poeti sia
Astolfo porta l’ampolla a Orlando, gliela fa annusare, la situazione umana e culturale in cui scrivono sono
e il cervello, quasi per miracolo, torna al suo posto. completamente diversi: Ariosto scrive nel Rinasci-
Così Orlando può ritornare a combattere e rovesciare mento maturo (1490-1530) e mostra le infinite com-
le sorti traballanti dell’esercito cristiano. Il poema si binazioni della vita; Tasso scrive dopo il concilio di
conclude con un duplice lieto fine: la vittoria dell’e- Trento (1545-63), nell’età della Controriforma, e si
sercito cristiano su quello pagano; e il matrimonio di preoccupa di riportare il lettore ai doveri sociali e re-
Bradamante con Ruggiero (che intanto si è fatto cri- ligiosi, costantemente minacciati dal fascino dei beni
stiano). Le nozze possono essere veramente felici, e dei valori mondani.
perché non sono più minacciate dalla profezia, se- 4. L’analisi che Ariosto fa dell’uomo, della società e
condo cui egli sarebbe morto dopo la loro celebrazio- della realtà può essere opportunamente confrontata
ne. con le riflessioni che Machiavelli fa confluire nel
Principe (1512-13): il primo è ironico ed indulgente,
Commento il secondo è pessimista ma fiducioso nella virtù del
1. Astolfo è il più saggio dei paladini e va sulla luna a principe. Peraltro la “realtà effettuale”, che Machia-
recuperare il cervello di Orlando, perché l’esercito velli si vanta di aver scoperto, non trova sempre un
cristiano ha bisogno del paladino. Recuperare il sen- riscontro empirico: Ariosto descrive senza illusioni le
no per andare a combattere è indubbiamente un segno corti e i comportamenti meschini ed opportunistici
di saggezza e di razionalità... Nell’episodio il saggio dei principi. Machiavelli invece attribuisce al principe
Astolfo (ma anche lui in seguito riperde il cervello...) una volontà super-umana, capace di opporsi e di im-
presenta, commenta e, in alcuni casi, condanna dura- porsi alla fortuna avversa, ma anche la passione poli-
mente le follie degli uomini. La condanna è dura e, tica e una dedizione totale al bene comune, cioè a
una volta tanto, senza indulgenza per quanto riguarda conservare, a consolidare, ad allargare lo Stato e a di-
la miseria morale delle corti, sia dei cortigiani, sia dei fenderlo da nemici interni ed esterni.
signori (eppure la corte per il poeta era il luogo ideale ------------------------------I☺I-----------------------------
in cui vivere), le promesse, non mantenute, che si
fanno a Dio quando si è morti, la donazione di Co-
stantino... Sulla donazione di Costantino era interve-
nuto Dante, con versi di estrema durezza (If XIX, 88-
117), ma anche Lorenzo Valla (1405-1457), che nel
1440 ne aveva dimostrato la falsità. I versi di questo
episodio sono gli unici in cui Ariosto condanna senza
ironia e senza indulgenza fatti umani. Ma anche ciò
rientra nel suo senso della misura e della varietà. Il
Commento
1. Botero cita di passaggio il leone (la forza) e la vol-
pe (l’ingegno e l’astuzia), ma non insiste. Le metafo-
re fanno bene alla poesia e alla propaganda, non alla
teoria politica o economica. Machiavelli non merita
maggiore attenzione (Principe, XVIII). Il comporta-
mento vario ed efficiente di Annibale è molto più in-
teressante e merita d’essere studiato attentamente e
imitato.
2. In Dante e nel Medio Evo c’era l’antinomia: il ge-
nerale se ricorre agli inganni vince la guerra ma perde
l’anima; se non vi ricorre perde la guerra ma salva
l’anima. In Botero il dilemma è scomparso, anzi dice
apertamente che in guerra gli inganni sono leciti. Non
gradisce però che essi siano portati nella vita civile.
Lo aveva già detto a proposito della simulazione e
della dissimulazione: sono comportamenti contrari
alla vita civile e all’atteggiamento di fiducia che un
suddito deve avere verso un altro. Aristotele non era
stato di diverso avviso: i cittadini tra loro devono pra-
ticare l’amicizia, che comporta la solidarietà.
3. Botero insiste che gli inganni sono leciti soltanto in
guerra, non nella vita quotidiana. Da parte sua Dante
aveva messo nel più profondo dell’inferno i traditori
nella loro varia classificazione: traditori dei parenti,
della patria, degli ospiti, dei benefattori, infine i tradi-
tori della Chiesa e dell’Impero (If XXXII-XXXIII).
Nella vita quotidiana gli inganni sono dannosissimi,
perché minano la fiducia reciproca tra i cittadini.
Nell’Etica a Nicomaco Aristotele (384/83-322 a.C.)
tesseva l’elogio dell’amicizia quale legame sociale.
4. L’autore, da buon insegnante, riduce al minimo la
parte teorica (le quattro righe iniziali), qui come al-
trove, e abbonda in esempi, presi dal passato come
dal presente, dall’Europa, come dagli altri continenti.
La globalizzazione dell’economia incomincia con
Botero…
5. In tutti i testi riportati emerge l’attenzione di Bote-
ro per la complessità delle situazioni, che chiedono
perciò atteggiamenti flessibili, capaci di cogliere an-
che le minime opportunità. Emergono anche altre co-
se: il principe deve dare il suo contributo, deve
preoccuparsi dei sudditi e deve dedicarsi alle attività
che arricchiscono lo Stato; i sudditi devono dare il lo-
ro contributo e dedicarsi alle attività – l’agricoltura e
l’industria, e l’educazione dei figli – che arricchisco-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 234
Torquato Tasso (1544-1595) lemme conquistata. A Roma gli è concessa una pen-
sione dal papa e promessa l’incoronazione poetica.
Muore nel 1595.
La vita. Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1544.
Segue il padre in varie corti d’Italia. Nel 1559 è a
Le opere. Tasso scrive il Rinaldo (1562), la “favola
Venezia; quindi si sposta a Padova, dove conosce il
boschereccia” Aminta (1573), la canzone Al Metauro
grande letterato Sperone Speroni e scrive un poema,
(1578), la Gerusalemme liberata (1575, 1581), la tra-
il Rinaldo. Tra il 1562 e il 1565 è a Bologna, dove
gedia Re Torrismondo (1586), le Rime (1591, 1593),
entra in contatto con i maggiori letterati. Nel 1565 è a
la Gerusalemme conquistata (1593). Negli ultimi an-
Ferrara, dove entra al servizio del cardinale Luigi
ni si dedica anche a una produzione letteraria di carat-
d’Este e poi del duca Alfonso II d’Este. Nel 1573 fa
tere religioso, come il Monte Oliveto e il Mondo
rappresentare una “favola boschereccia”, intitolata
creato.
Aminta. In questi anni lavora al Goffredo, che finisce
---I☺I---
nel 1575. Egli sottopone il poema al giudizio dei
maggiori letterati del tempo. Le critiche di tipo for-
male e morale che riceve e le invidie provocate a cor- Le Rime
te gli procurano tormenti religiosi e, contemporanea-
mente, lo spingono a comportamenti che lo mettono Con le Rime Tasso supera il petrarchismo con un am-
in attrito con la corte. Il più grave di tutti è quello di pio ricorso a figure retoriche e con un ritmo più ela-
sottoporsi all’esame del Tribunale dell’Inquisizione, borato, in particolare con l’uso dell’enjambement. Il
cosa che spaventa il duca, che teme il coinvolgimento tema amoroso è il motivo prevalente.
della corte. In questa situazione si manifestano le ma- ---I☺I---
nie di persecuzione e le crisi depressive, che nel 1577
portano il poeta a lanciare un coltello contro un servo, Aminta, 1573, 1581
sentendosi spiato. Egli è incarcerato, ma riesce a fug- L’Aminta (1573, 1581) è una “favola boschereccia”,
gire. Seguono due anni di peregrinazioni in tutta Ita- che segue le unità aristoteliche di luogo, tempo ed
lia. Nel 1579 ritorna a Ferrara in occasione del ma- azione. L’azione è in cinque atti e dura un solo gior-
trimonio del duca Alfonso. Sentendosi trascurato, no. Le azioni più drammatiche vengono raccontate
prorompe in invettive contro il duca. È perciò impri- sia per la difficoltà di rappresentarle, sia in considera-
gionato nell’Ospedale di sant’Anna e messo in cate- zione del pubblico a cui l’opera è rivolta.
ne, in quanto giudicato “pazzo frenetico”. Nel 1581
esce a sua insaputa la Gerusalemme liberata, il titolo Riassunto. Il pastore Aminta ama la ninfa Silvia, ma
che gli editori danno al Goffredo. L’opera ottiene questa, seguace della dea Diana, lo respinge. Si spar-
grande successo e numerose edizioni. Nel 1586 esce ge la voce che Silvia è stata divorata dai lupi. A que-
dal carcere per intervento di Vincenzo Gonzaga, duca sta notizia Aminta si getta giù da una rupe. Ma Silvia
di Mantova. Il poeta riprende a girovagare in tutta Ita- non è morta, e, quando sente che Aminta si è ucciso
lia, prima a Roma, poi a Napoli, a Firenze e ancora a per lei, scopre di amarlo. Ma nemmeno Aminta è
Roma, ospite di amici e di ammiratori. Nel 1593 pub- morto, perché un cespuglio ha attutito la sua caduta. I
blica il rifacimento del poema con il titolo di Gerusa- due giovani possono così coronare il loro amore.
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Amiam, ché ‘l Sol si muore e poi rinasce: 6. Amiamo, perché il Sole muore e poi rinasce.
a noi sua breve luce A noi egli nasconde la sua
s’asconde, e ‘l sonno eterna notte adduce. breve luce ed il sonno ci porta una notte eterna.
Ohimè! dal dì che pria 2. Ohimè!, dal giorno in cui respirai per la prima
trassi l’aure vitali e i lumi apersi volta le arie vitali e apersi gli occhi in questo mondo
in questa luce a me non mai serena, che per me non è mai stato sereno, io fui
fui de l’ingiusta e ria un giocatolo e un bersaglio di quella [dea] ingiusta
trastullo e segno, e di sua man soffersi e malvagia, e dalla sua mano soffersi ferite
piaghe che lunga età risalda a pena. che il passare degli anni rimargina appena.
Sàssel la gloriosa alma sirena, Lo sa Partenope, la gloriosa Sirena, genitrice
appresso il cui sepolcro ebbi la cuna: [di Napoli], presso il cui sepolcro io nacqui:
così avuto v’avessi o tomba o fossa così, avessi io potuto avere lì la mia tomba
a la prima percossa! o una semplice fossa al primo colpo [avverso
Me dal sen de la madre empia fortuna della Fortuna]! L’ingiusta Fortuna mi strappò
pargoletto divelse. Ah! di quei baci, ancor bambino dal seno di mia madre. Ah!,
ch’ella bagnò di lagrime dolenti, sospirando io mi ricordo di quei baci che ella bagnò
con sospir mi rimembra e degli ardenti con lacrime di dolore e [mi ricordo] delle preghiere
preghi che se ‘n portár l’aure fugaci: ardenti che il vento fugace portò via:
ch’io non dovea giunger più volto a volto io non dovevo congiungere mai più il mio viso
fra quelle braccia accolto al suo viso, accolto fra le sue braccia con abbracci
con nodi così stretti e sì tenaci. così stretti e tenaci. Ahimè!, e seguii con passi incerti,
Lasso! e seguii con mal sicure piante, come Ascanio o Camilla, mio padre costretto
qual Ascanio o Camilla, il padre errante. a peregrinare [di corte in corte].
Le opere. Marino scrive la Lira (1614), una raccolta e, mentre i flutti tremolanti e belli
di poesie, la Galleria (1620), che descrive opere con drittissimo solco dividea,
d’arte reali ed immaginarie, la Sampogna (1620), che l’òr delle rotte fila Amor cogliea,
raccoglie favole boscherecce e idilli pastorali, La per formarne catene a’ suoi rubelli.
strage degli innocenti (1632, postuma), di argomento
religioso, e l’Adone (1623), la sua opera maggiore. Per l’aureo mar, che rincrespando apria
il procelloso suo biondo tesoro,
La poetica. Marino è il maggiore esponente del Ba- agitato il mio core a morte gìa.
rocco italiano. Egli rappresenta in modo paradigmati-
co il poeta barocco, le sue tensioni e la sua ansia di Ricco naufragio, in cui sommerso io moro,
nuovo: vive a corte, cerca onori e gloria, e li ottiene, poich’almen fur, ne la tempesta mia,
ma conosce anche il carcere. È un professionista della di diamante lo scoglio e ‘l golfo d’oro!
penna, che usa per diletto del suo nobile pubblico.
Egli perciò è attentissimo alle reazioni del suo pub- Donna che si pettina
blico e dei suoi committenti, perché soltanto se soddi-
sfa i loro desideri può avere successo e ricchezza. Onde dorate (e le onde erano capelli) un giorno
Nella Murtoleide (1608) fornisce la definizione più una navicella d’avorio (=un pettine) fendeva;
efficace di poesia barocca: una mano, pure d’avorio, la conduceva
attraverso quei meandri preziosi;
È del poeta il fin la meraviglia
(Parlo dell’eccellente e non del goffo): e, mentre divideva con un solco drittissimo
Chi non sa far stupir vada alla striglia. i flutti tremolanti e belli,
il dio Amore coglieva l’oro dei fili spezzati,
per fare con essi catene a chi non si innamorava.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 255
trarchisti, che voleva la donna lontana e irraggiungi-
Per il mare dorato, che increspandosi apriva bile.
il suo tempestoso tesoro biondo, ---I☺I---
il mio cuore agitato se ne andava a morire.
È prezioso il naufragio, in cui io muoio sommerso,
poiché, nella mia tempesta, lo scoglio (=la fronte del-
la donna) è di diamante e il golfo (=i capelli) è d’oro!
Commento
1. Tutto il sonetto è costruito intorno alla metafora
capelli-mare, che genera subito l’altra metafora petti-
ne-navicella. Il sonetto si sviluppa abilmente e senza
---I☺I---
Commento
1. L’inizio è volutamente contorto: “La mia donna,
alzandosi dal suo letto, aveva sciolto all’aria i suoi
capelli (che hanno tolto ogni valore all’oro), forse per
raddoppiare la luce del nuovo giorno”.
2. Il sonetto presenta giochi fonici (l’aura, l’auro),
che ricordano il petrarchesco Erano i capei d’oro a
l’aura (=l’aria e Laura) sparsi (XC). Nella terzina
finale il poeta sfrutta con estrema abilità la poli-
significanza dei termini: sol(e) significa “come suo-
le”, “nello splendore dei suoi occhi unici e rari, “sole
(=astro)”. È presente pure nella parola composta gi-
rasole. Questa è l’invenzione ingegnosa con cui il
poeta chiude il sonetto.
3. Il tema della donna e dei capelli biondi è antichis-
simo e sfruttatissimo. Risale ancora alla Scuola sici-
liana. Marino però con grazia ed abilità riesce ancora
a trattarlo con originalità e con grande vivacità. I gio-
chi e le invenzioni non appesantiscono né rendono
artificioso il sonetto. L’autore inoltre inserisce la
donna in un contesto quotidiano, più vicino all’espe-
rienza del lettore: la donna si sta alzando dal letto.
Questo è un ulteriore motivo di novità rispetto alla
tradizione letteraria dantesca, petrarchesca e dei pe-
Commento
1. Che piaccia o no, questa è l’idea di cultura che
avevano Marino e gli intellettuali del Seicento. Una
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 259
Non senso, antipetrarchismo e
poesia barocca
Riassunto. Il riassunto è impossibile. altre sue opere. Il protagonista riempiva le frasi con
espressioni senza senso, con frasi orecchiate, con
Commento espressioni inventate, suscitando l’ilarità dei nobili
1. Non ha senso cercare il senso di questo sonetto spettatori. Pensava che le parole avessero il magico
fuori di regola (è un sonetto caudato, con tre versi in effetto di evocare la realtà.
più). Le parole sono tra loro mescolate come in un ------------------------------I☺I-----------------------------
dormiveglia o come l’estrazione di numeri in una lot-
teria. I versi vanno letti, ascoltati e assaporati così
Francesco Berni (1497-1535) anticipa il Barocco o, in
come sono scritti, abbandonandosi alla loro magia e
alle immagini irreali che evocano. L’effetto finale è alternativa, fa la parodia della poesia petrarchesca
sicuramente suggestivo e affascinante. Dopo il primo tradizionale, che parlava di donne bellissime, ma im-
momento di sbigottimento, il sonetto ci può far riflet- maginarie e inesistenti
tere sulla lingua e sulla comunicazione interpersona-
le, che funziona, anche se è complicatissima. Nor-
malmente noi non facciamo caso a questi problemi e
chiediamo a una persona di ripetere quel che ha detto,
se non abbiamo capito o abbiamo capito male. Il
“diaquilone” è una sostanza immaginaria.
2. Il non senso è paradossale: si si guarda alla corret-
tezza sintattica, tutto è corretto. La cosa significativa
è che i soggetti richiedevano altri verbi (e viceversa).
O altri aggettivi. I “nominativi” non possono essere
“fritti”. Le patatine sì. Né nominativi né mappamondi
né l’arca di Noè potevano cantare il kyrie eleison, le
litanie della Chiesa. I cantori sì. Soggetti, verbi e ag-
gettivi sono tra loro completamente sfasati, non perti-
nenti, e il risultato è sorprendente.
3. Il non senso non è una invenzione dei letterati, ma
la pratica costante della popolazione analfabeta, che
crede alla magia delle parole. La dimostrazione è
semplice: 50 anni dopo Angelo Beolco, detto Ruzante
(1496ca.-1542), metteva in scena il suo Bilóra e le
Chiome d’argento fine, irte, ed attorte Capelli d’argento fine, irti ed attorcigliati
senz’arte intorno ad un bel viso d’oro; senz’arte, intorno a un bel viso d’oro;
fronte crespa, u’ mirando, io mi scoloro, fronte rugosa, guardando la quale io impallidisco,
dove spunta i suoi strali Amore e Morte; dove spezza le sue frecce amore e morte;
occhi di perle vaghi, luci torte occhi color di perla, strabici, incapaci di vedere
da ogni obbietto disuguale a loro; anche oggetti in linea obliqua [rispetto allo sguardo];
ciglie di neve; e quelle, ond’io m’accoro, ciglia di neve, dita e mani dolcemente grosse
dita e man dolcemente grosse e corte; e tozze, per le quali io trasalisco;
labra di latte; bocca ampia celeste; labbra bianche come il latte, bocca ampia, celeste,
denti d’ebeno, rari e pellegrini; denti neri come l’ebano, radi e oscillanti;
inaudita, ineffabile armonia; inaudita ed inesprimibile armonia;
costumi alteri e gravi; a voi, divini costumi superbi e pesanti; a voi, o divini
servi d’Amor, palese fo che queste servi del dio Amore, dico chiaramente che queste
son le bellezze de la donna mia. sono le bellezze della donna mia.
---I☺I--- ------------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Berni usa il linguaggio petrarchesco, ma lo usa in
modo sfasato, in tal modo ottiene risultati parodistici:
i capelli dorati diventano ora viso d’oro, i primi sono
belli, ma il secondo è sconvolgente! E infatti il poeta,
fissando il viso della sua donna, impallidisce: tradi-
zionalmente si impallidiva per la bellezza del viso;
ora si impallidisce dall’orrore...
2. Anche Berni, come Cecco Angiolieri e poi i poeti
del Seicento, prende in giro la poesia ufficiale, inse-
rendosi in quella tradizione anti-letteraria a cui hanno
dato alcuni contributi anche Guido Cavalcanti e lo
stesso Dante. Del petrarchismo si criticano la mono-
tonia, l’irrealtà della donna cantata e gli eccessi. E se
ne fa la parodia (il termine deriva dal greco e signifi-
ca strada vicina).
---I☺I---
Commento
1. Narducci polemizza con il petrarchismo, che can-
tava una donna bellissima ed inesistente; e, con mag-
giore aderenza alla realtà, canta i pidocchi di cui la
sua donna è ricca. Anzi in essi si sono trasformati gli
Amorini, per farlo capitolare... L’ultima terzina con-
tiene l’invenzione ingegnosa: il triplice uso del termi-
ne preda. Ma tutto il sonetto è pieno di sferzante in-
ventiva.
---I☺I---
Riassunto. Il poeta descrive la zanzara con numerose 4. Le zanzare non sono tutte uguali. Ci sono quelle
metafore: “Rumore vivente, tromba che vaga,”. Poi la che pungono e quelle che portano la malaria. I fiiumi
manda a pungere la donna che ama e da cui non è tracimavano e formavano le paluti, luoghi ideali per
riamato. Se la punge, si può vantare di aver punto una la zanzara anofele. Dante Alighieri (1254-1321) muo-
donna che il dio Amore non riuscì mai a colpire con re di malaria.
le sue fecce né far sofrire.
Commento ------------------------------I☺I-----------------------------
1. Materdona descrive la zanzara con perifrasi e me-
tafore. Poi si lamenta che lo disturba mentre dorme.
Ma non c’è bisogno sta sveglio perché la donna che
ama lo ignora. E allora invita la zanzara ad andare da
lei e a pungerla, così si potrà vantare, perché il dio
Amore con le sue frecce non è mai riuscito a colpirla.
2. Il poeta vuole dimostrare il suo virtuosismo: non
cita mai la zanzara, le dedica tutto il sonetto, ma la
inserisce in un contesto amoroso. L’insetto lo ha pun-
to e lo tiene sveglio, ma non ce n’era bisogno: già
non dorme perché la donna che ama lo ignora. Perciò
la invita ad andare da lei e a pungerla: non vi è riusci-
to nemmeno il dio Amore.
3. In tal modo Materdona tratta secondo la poetica
secentesca della meraviglia un motivo tradizionale,
petrarchesco: le sofferenze provocate dalla donna che
si ama, che è crudele e lo respinge.
4. Alcune figure rettoriche:
Riassunto. Il poeta canta il sorriso della sua donna, 2. L’iperbole barocca è trasformata in grazia musica-
che ha le labbra rosse come le rose e che, sorridendo, le: né terra, né mare, né cielo sanno fare un sorriso
mostra i suoi denti candidi. Egli lo vuole cantare in bello come quello della sua donna.
modi nuovi. E dice: quando la brezza vaga tra i fiori 3. L’immagine della donna, proposta da Chiabrera,
del prato, noi diciamo che la terra sorride. Quando il continua a trasformare e ad arricchire l’immagine e le
venticello agita appena appena le onde, noi diciamo funzioni della figura femminile, che erano state can-
che il mare sorride. Quando l’aurora si veste di un ve- tate dall’intera tradizione letteraria, dalla Scuola sici-
lo dorato, noi diciamo che il cielo sorride. Ma né ter- liana ai poeti comico-realistici, dal Dolce stil novo a
ra, né mare, né cielo sanno fare un sorriso bello come Petrarca e ai petrarchisti, dall’Umanesimo al Manieri-
quello della sua donna. smo, dal Barocco al classicismo del Seicento (e poi
all’Arcadia del Settecento).
Commento 4. La donna è bella, ma non sappiamo com’è. Non ha
1. La canzonetta unisce grazia classicheggiante e me- alcun aspetto particolare, ha soltanto un sorriso e due
tafore blandamente barocche: le labbra rosse della labbra rosse. Tutto è trasformato in musica e in musi-
donna del poeta che sono paragonate alla natura con calità, e la donna scompare. Conviene confrontarla
limpide immagini. La leggerezza delle immagini e la con le altre donne incontrate e che si incontreranno.
musicalità dei versi sono ottenute anche sostituendo 5. L’abilità del poeta è straordinaria: la lingua italiana
l’endecasillabo con versi più brevi. è poverissima di parole brevi.
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Commento
1. Il tema della partenza è un tópos della lirica arcadi-
ca, anche se si trova già nella letteratura del passato.
L’abilità del poeta consisteva nel costruire nuove va-
riazioni, senza modificare né approfondire la situa-
zione sentimentale.
2. L’ode ha uno schema metrico elementare, la rima è
ABAB, il secondo verso però ha una rima particolare,
perché è sempre tronco. La facilità e la scorrevolezza
dei versi non deve ingannare: rivela nell’autore una
grandissima abilità professionale e una altrettanto
grande conoscenza della lingua italiana.
3. Il testo è stato composto per essere musicato e can-
tato sulla scena. Qui esso esprime tutta la sua linearità
e la sua musicalità. La sola lettura lo fa apparire in-
consistente e superficiale.
4. “Oh Dei!”: il poeta si rivolge agli dei dell’Olimpo,
meno irriguardoso e più naturale, visto l’argomento
della canzonetta (la donna) e visto il comportamento
di quegli dei. Ma da secoli si passava con assoluta na-
turalezza dall’Olimpo cristiano all’Olimpo greco, e
viceversa.
5. La canzonetta ha molteplici antecedenti che me-
scolano la divinità con l’amore per una donna. Nel
sonetto Io m’aggio posto in core a Dio servire Gia-
como da Lentini vuole andare in paradiso, ma vuole
andarci con la sua donna, che ha un bel viso e capelli
biondi. Alla fine della canzone Al cor gentile rempai-
ra sempre amore Guido Guinizelli si trova davanti a
Dio, che lo rimprovera di avergli preferito un amore
profano, la donna. E il poeta si difende: la sua donna
sembrava un angelo venuto dal cielo, perciò non
commise peccato, se l’ha amata. Il tema dell’amore
sacro e profano è il motivo conduttore del Canzonie-
re di Francesco Petrarca. E le invocazioni a Dio o alla
Madonna si sprecano.
6. Il motivo del poeta che muore e della donna che lo
cerca e ne scopre la tomba appartiene alla tradizione
letteraria. Nella canzone Chiare, fresche e dolci ac-
que, CXXVI, Petrarca immagina di essere morto e
sepolto, che Laura venga a cercarlo e che, vedendolo
morto, sparga una lacrima di compassione. Proprio
quella lacrima gli aprirà la porta del cielo…
Nell’episodio di Erminia tra i pastori della Gerusa-
lemme liberata (VII, 1-22) Erminia, mentre accudisce
alle pecore, immagina di essere morta e che sulla sua
tomba venga Tancredi e sparga una lacrima. Quella
lacrima la renderà felice. Il contesto poetico è però
completamente diverse: in Petrarca si inserisce nel
dissidio interiore tra amore sacro ed amore profano;
in Tasso il tema è rovesciato (è la donna che immagi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 270
Pietro Metastasio (1698-1782) Negli anni successivi continua a comporre con suc-
cesso. Egli però si sente estraneo ai valori e ai princi-
pi estetici diffusi dalla cultura illuministica. Perciò, a
La vita. Pietro Trapassi nasce a Roma nel 1698 da partire dalla metà del secolo, si dedica a riflessioni
una famiglia di modeste condizioni sociali. Per la sua teoriche sui principi che avevano ispirato la sua pro-
abilità nell’improvvisare versi si fa notare da Gravi- duzione. Nel 1773 traduce e commenta l’Arte poetica
na, che lo avvia agli studi letterari, conducendolo di Orazio, e porta a termine l’Estratto della “Poeti-
prima a Napoli (1712) poi in Calabria, dove studia ca” d’Aristotile e considerazioni sulla medesima.
sotto la guida di Gregorio Caloprese, un filosofo di Muore nel 1782.
fede cartesiana. Il suo protettore gli cambia il nome in
Metastasio. Nel 1718 ritorna a Roma, dove prende gli La poetica. Metastasio rinnova il melodramma, cioè
ordini minori e decide di studiare diritto. Alla morte il dramma melodico, cantato. Prima di lui il testo del
Gravina gli lascia l’eredità. Il testamento però è im- melodramma era ridotto ad un libretto al servizio del-
pugnato dagli altri arcadi, perciò egli nel 1719 ritorna la musica. Esso doveva presentare un certo numero di
a Napoli. Qui è introdotto nei salotti aristocratici dalla arie, collocate in parti specifiche del dramma e ben
cantante Marianna Bulgarelli Benti, detta la Romani- suddivise tra i personaggi principali. Esse permette-
na, che lo spinge anche a studiare musica. Nel 1721 e vano ai cantanti di dimostrare la loro bravura. Il pub-
nel 1722 Metastasio compone due azioni drammati- blico le seguiva con attenzione, mentre non si interes-
che. Il successo però giunge nel 1724 con la rappre- sava dei recitativi, cioè delle parti dialogate, che fa-
sentazione di Didone abbandonata. Ed è ripetuto dal- cevano procedere l’azione. Metastasio mantiene la
le opere successive, tanto che i suoi drammi sono struttura tradizionale in tre atti del melodramma. In-
musicati più volte dai maggiori compositori del tem- nova però l’idea stessa di melodramma. Egli è con-
po. Nel 1730 Metastasio è invitato a Vienna come vinto che il testo poetico abbia un valore autonomo
“poeta cesàreo” e con un generoso compenso. Egli rispetto alla musica. Nello stesso tempo però scrive
accetta. Per la corte compone drammi, azioni sceni- versi particolarmente musicali, che ben si adattano ad
che di argomento mitologico e di argomento sacro. essere cantati. Anche la trama ed i toni sono coerenti
Tra il 1730 e il 1740 il poeta scrive le sue opere più allo stesso scopo: il poeta esclude dal suo repertorio i
belle: Demetrio (1731), Olimpiade (1733), Demo- toni (e le storie) drammatici, per privilegiare quelli
foonte (1733), La clemenza di Tito (1734), Achille in elegiaci e patetici, che giustificano il lieto fine.
Sciro (1736), Zenobia (1740) e Attilio Regolo (1740). ---I☺I---
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che più l’usato impero 10. perché le tue labbra non hanno
quei labbri in me non hanno; più su di me il potere di un tempo,
quegli occhi più non sanno né i tuoi occhi conoscono più la via
la via di questo cor. per giungere al mio cuore.
Quel, che or m’alletta, o spiace. 11. Ciò che ora mi rende lieto o triste,
se lieto o mesto or sono, se ora sono lieto o triste,
già non è più tuo dono, non è più merito tuo,
già colpa tua non è: non è più colpa tua:
Riassunto. Il poeta è stato lasciato dalla sua donna, 2. La canzonetta svolge un motivo ormai divenuto un
che gli ha preferito un altro. Egli però ha superato il tópos letterario: il poeta è abbandonato dalla sua don-
momento dell’abbandono, e riesce a parlare di lei na. Il contenuto è esilissimo ed anche banale, ma i
senza emozionarsi e a notare in lei aspetti che prima versi musicali riescono a farlo lievitare. Le strofe po-
gli sembravano belli ma che non lo erano. Alla fine tevano procedere indefinitamente. Comunque sia,
conclude dicendo che la donna ha perso un innamora- ognuna di esse riesce a interessare l’ascoltatore. La
to fedele, mentre egli può trovare facilmente un’altra strofa migliore è giustamente quella conclusiva (co-
donna pronta ad ingannare. me il Barocco aveva insegnato), pregevole per l’os-
servazione psicologica. Ad ogni modo il linguaggio
Commento di tutta la canzonetta riesce a rinnovare il contenuto e
1. La libertà, con La partenza (1746), è una delle i “fatti” descritti.
canzonette più famose del poeta. Essa sintetizza la 3. La canzonetta è estremamente musicale, e procede
poetica metastasiana ma anche il gusto estetico della sino alla fine con grazia e con leggerezza, senza mai
prima metà del Settecento, prima della diffusione del- annoiare. Il poeta descrive un abbandono tranquillo e
le idee e dei principi artistici dell’Illuminismo. senza drammi: la poetica arcadica, ma anche quella
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 273
illuministica, non va mai oltre il sentimentalismo,
verso il dramma.
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Commento
1. Il motivo della canzonetta è anche qui assai esile. Il
nome della donna, Nice, significa vittoria o, meglio,
la vincitrice. Essa insomma vince il poeta e tutti gli
altri amanti che la corteggiano.
2. La canzonetta, che è musicata dallo stesso poeta,
poi da Angelo Maiorana e, per le prime due strofe,
anche da Ludwig van Beethoven, trasforma tutto in
grazia e sentimento. Il dramma non è consono alla
cultura del Settecento. Il finale di strofa ricorda
Quant’è bella giovinezza (1492) di Lorenzo de’ Me-
dici.
3. La Scuola siciliana (1230-1260ca.) inizia l’opera di
recupero della figura femminile, che la Chiesa pre-
sentava come la tentatrice, colei che portava l’uomo
alla perdizione eterna. Il Dolce stil novo poi fa della
donna la donna-angelo, discesa sulla terra per portare
l’uomo a Dio. Metastasio, come altri poeti del Sette-
cento, la trasforma nell’ingannatrice, che tradisce
l’uomo. E comunque – almeno sulle scene teatrali –
sorge una articolata dialettica tra i sessi: l’uomo non è
più onnipotente, e la donna ha una volontà, che fa pe-
sare sull’uomo. Può scegliere ed abbandonare il suo
amante. Può farlo soffrire.
4. Ogni società ha i suoi valori, sia pubblici sia priva-
ti, e ha il suo modo specifico di esprimerli. Oltre a ciò
ogni classe sociale li vive in modi diversi o rifiuta i 4.
Ogni società ha i suoi valori, sia pubblici sia privati, e
ha il suo modo specifico di esprimerli. Oltre a ciò
ogni classe sociale li vive in modi diversi o rifiuta i
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Riassunto. Il poeta invita il giovin signore ad ascol- 2. Con una notevole semplificazione il poeta contrap-
tarlo: gli farà da precettore e gli insegnerà i riti socia- pone la vita sana, all’aperto e operosa del contadino e
li. dell’artigiano, che valuta positivamente, alla vita not-
All’alba il contadino si alza dal letto, che ha diviso turna, oziosa e dissipata del giovin signore. Dimenti-
con la moglie e con i figli, e va con il bue nei campi. ca che la vita dei primi è dura e scomoda e che è lieta
Contemporaneamente si alza anche l’artigiano, che soltanto nei quadretti aggraziati tratteggiati dai poeti
ritorna nella sua bottega e riprende in mano i lavori dell’Arcadia.
interrotti: uno scrigno antifurto per la dama. Non è 3. Il poeta se la prende con le figure, a suo dire, inutili
questo il mattino del giovin signore: egli ritorna a ca- e parassitarie del maestro di danza, di canto e di lin-
sa a tarda notte sulla carrozza lanciata al galoppo, gua francese. Egli ignora che tutti costoro sarebbero
quindi cena con vini francesi e ungheresi, poi va a disoccupati, se il giovin signore – l’unico soggetto
dormire quando gli altri si alzano. Si sveglia a mez- che in quella società ha potere d’acquisto – non chie-
zogiorno e suona il campanello. Il cameriere arriva e desse i loro servizi. La poesia pariniana si ispira in-
apre le finestre, evitando che il sole colpisca il padro- somma a ideali astratti e pregiudiziali, che ignorano –
ne negli occhi. Quindi gli chiede se vuole la cioccola- colpevolmente o meno non importa – la dimensione
ta o il caffè. Il giovin signore sceglie la prima, se vuo- economica e sociale del lavoro, in nome di un mitico
le stimolare lo stomaco; ma sceglie il secondo se vuo- ritorno ad una società parsimoniosa ed agricola. Per
le evitare di ingrassare ulteriormente. Il cameriere di più questi ideali, proposti sulla pelle altrui, contra-
deve però impedire che la giornata incominci male stano con la continua ricerca di denaro, di sicurezza
con l’arrivo del sarto che presenta un conto intermi- economica, di riconoscimenti sociali e di vita monda-
nabile e vuole essere pagato. Deve invece annunciare na, che il poeta fa per tutta la vita.
subito, perché sono sempre graditi, il maestro di dan- 4. L’episodio iniziale del poemetto presenta sia i pre-
za, quello di canto, di violino e di lingua francese. gi sia i limiti della poesia pariniana: la visione classi-
cistica del lavoro agricolo, la critica moralistica del-
Commento l’ozio nobiliare, la proposta di una vita parca e vicina
1. Parini recupera la cultura classica, che sviluppa in alla natura, che rifiuti la ricerca della ricchezza e del
ambito civile. Contemporaneamente, nella seconda benessere sociale, la mansuetudine e l’accettazione
metà del Settecento, si sviluppa il Neoclassicismo, dei soprusi, l’incapacità (e il divieto) di ribellarsi con-
che si diffonde in tutte le arti e che alla fine del seco- tro l’ordine sociale costituito, la stabilità e la staticità
lo subisce varie commistioni con il Romanticismo. La sociale, il contrasto tra il popolo buono (e sfruttato) e
cultura classica è presente anche negli intellettuali il ricco ozioso (e depravato), il rifiuto delle novità in-
romantici che portano l’Italia all’unità, poi nella poe- trodotte con il commercio, l’immobilismo sociale ed
sia di Giosuè Carducci (1835-1907), infine nel Na- economico, la difesa dell’agricoltura e dell’aristo-
zional-fascismo (1922-45). Aveva ispirato la cultura crazia latifondistica contro la borghesia commerciale
medioevale ed aveva provocato la rivoluzione cultu- e cittadina, la sottomissione dei servi, i riferimenti
rale dell’Umanesimo quattrocentesco e del Rinasci- mitologici esasperati alla cultura classica, la critica
mento quattro-cinquecentesco.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 287
continua, monotona e meccanica alla nobiltà, che non proprio quella classe nobiliare che critica e che vor-
pratica più gli antichi valori. rebbe soltanto più consapevole della sua funzione e
5. Il linguaggio è classicheggiante e pieno di riferi- delle sue responsabilità sociali. Soltanto essa ha pote-
menti mitologici. Il rinnovamento del linguaggio poe- re d’acquisto. Contemporaneamente a Parini e su po-
tico è l’eredità che Parini lascia agli scrittori che ope- sizioni ideologiche critiche verso la nobiltà, per il suo
rano tra la fine del Settecento ed i primi dell’Ot- teatro Goldoni sceglie un altro pubblico, la piccola
tocento, da Foscolo a Manzoni a Leopardi. I riferi- borghesia, e propone un’arte che indica valori da met-
menti mitologici circoscrivono il pubblico a cui il tere in pratica e che rappresenta la vita quotidiana dei
poeta intende rivolgersi: non il popolo analfabeta, ma suoi spettatori.
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Forse vero non è; ma un giorno è fama, Forse non è vero; ma è fama che un giorno
che fûr gli uomini eguali; e ignoti nomi gli uomini furono tutti uguali; e che ignoti furono
fûr plebe, e nobiltade. Al cibo, al bere, i nomi di Plebe e di Nobiltà. A mangiare,
all’accoppiarsi d’ambo i sessi, al sonno a bere, ad accoppiarsi, a dormire
un istinto medesmo, un’egual forza uno stesso istinto, una stessa forza
sospingeva gli umani: e niun consiglio spingeva gli esseri umani: nessuna
niuna scelta d’obbietti o lochi o tempi decisione, nessuna scelta di oggetti, di luoghi
era lor conceduta. A un rivo stesso, o di tempi era loro concessa. Allo stesso rivo,
a un medesimo frutto, a una stess’ombra allo stesso frutto, alla stessa ombra
convenivano insieme i primi padri andavano insieme gli antenati
del tuo sangue, o signore, e i primi padri del tuo sangue, o Signore, e gli antenati
de la plebe spregiata. I medesm’antri del volgo spregevole. Le stesse spelonche,
il medesimo suolo offrieno loro lo stesso suolo offrivano loro
il riposo, e l’albergo; e a le lor membra il riposo e il riparo. Una sola preoccupazione
i medesmi animai le irsute vesti. era comune a tutti, fuggire il dolore;
Sol’ una cura a tutti era comune ed ai cuori umani era ancora
di sfuggire il dolore, e ignota cosa sconosciuto il desiderio.
era il desire agli uman petti ancora. L’aspetto uniforme degli uomini dispiacque
L’uniforme degli uomini sembianza agli dei celesti: a rendere più varia la Terra
spiacque a’ celesti: e a variar la terra fu spedito il dio Piacere.
fu spedito il Piacer. Quale già i numi Come un tempo gli dei scendevano sui campi
d’Ilio sui campi, tal l’amico genio, di battaglia di Troia, così il Genio amico,
lieve lieve per l’aere labendo scivolando lievemente nell’aria, si avvicina
s’avvicina a la terra; e questa ride alla Terra; e questa sorride con un sorriso c
di riso ancor non conosciuto. Ei move, he prima non aveva mai conosciuto.
e l’aura estiva del cadente rivo, Egli si muove; l’aria estiva dal ruscello
e dei clivi odorosi a lui blandisce scrosciante e dai colli profumati gli accarezza
le vaghe membra, e lentamente sdrucciola le belle membra e scivola lievemente sul tondeggiare
sul tondeggiar dei muscoli gentile. gentile dei muscoli. Intorno a lui si aggirano
Gli s’aggiran d’intorno i Vezzi e i Giochi, i Vezzi e i Giochi: e, come ambrosia, le lusinghe
e come ambrosia, le lusinghe scorrongli gli scorrono dalle labbra color di fragola:
da le fraghe del labbro: e da le luci dagli occhi socchiusi, languidi e umidi
socchiuse, languidette, umide fuori fuoriescono scintille di tremulo fulgore,
di tremulo fulgore escon scintille per le quali arde l’aria che egli varca
ond’arde l’aere che scendendo ei varca. scendendo sulla Terra.
Alfin sul dorso tuo sentisti, o Terra, Infine, o Terra, sul tuo dorso sentisti stamparsi
sua prim’orma stamparsi; e tosto un lento per la prima volta la sua orma; e subito
tremere soavissimo si sparse un tremito lento e dolcissimo si sparse
di cosa in cosa; e ognor crescendo, tutte di cosa in cosa; e, crescendo sempre più,
di natura le viscere commosse: sconvolse tutte le viscere della natura:
come nell’arsa state il tuono s’ode come nell’estate riarsa si ode il tuono,
che di lontano mormorando viene; che vien mormorando di lontano
e col profondo suon di monte in monte e che con il suo suono profondo riecheggia
sorge; e la valle, e la foresta intorno di monte in monte; e la valle e la foresta
mugon del fragoroso alto rimbombo, risuonano per il suo fragoroso rimbombo,
Riassunto. Forse non è vero, ma è fama che un giorno plebe invece a causa dei loro organi meno sensibili
gli uomini fossero tutti uguali: bevevano allo stesso non furono capaci di cogliere le differenze, e come
ruscello, si nutrivano degli stessi frutti e si rifugiava- animali continuarono a vivere la vita di prima. Perciò
no nella stessa grotta, e, spinti dagli stessi bisogni, è giusto che essi abbiano ricevuto in dono la laborio-
non conoscevano la possibilità di scegliere. Avevano sità e rechino sulla mensa altrui i beni che hanno pro-
una sola preoccupazione, fuggire il dolore. Stanchi di dotto.
questa vita monotona, gli dei inviarono sulla Terra il
dio Piacere. La Terra fu sconvolta fin nelle sue visce- Commento
re all’arrivo del dio. A questo punto l’umanità si divi- 1. L’episodio fonde cultura classica e grazia arcadica
se. I progenitori del giovin signore, a cui gli dei ave- e neoclassica, sensismo illuministico e, ancora, culto
vano dato gli organi più sensibili, percepirono le dif- classicheggiante della bellezza. La grazia e la sensua-
ferenze, e impararono a distinguere il buono dal catti- lità del passo contrastano con le espressioni dure con
vo, il bello dal brutto, il vino dall’acqua, e si impa- cui è descritta la sorte infelice del popolo, destinato a
dronirono del buono e del bello. I progenitori della servire ai nobili quei beni che produce con il suo su-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 289
dore. Parini però non va oltre questa condanna, per ciali: esse sono state volute dagli dei e dalla natura,
dire al popolo di ribellarsi, di far valere i suoi “diritti” poiché la nobiltà ha organi più sensibili, capaci di co-
evangelici o politici. E neanche per dare al popolo gli gliere le differenze e di apprezzare il meglio. La ple-
strumenti, come l’istruzione e un minimo di cultura, be invece ha organi rozzi, che le impediscono di di-
che lo facciano uscire dalla sua condizione di impo- stinguere e di scegliere. Le differenze tra le due classi
tenza nei confronti dell’aristocrazia. Egli insomma non hanno quindi un’origine sociale, ma sono state
vorrebbe fare le riforme, ma senza cambiare nulla: la stabilite dalla natura e dagli dei fin dalla notte dei
nobiltà deve recuperare il suo antico ruolo sociale di tempi. Perciò è inutile sia voler cambiare le cose, sia
garante dell’ordine e dovrebbe evitare i comporta- voler dare il buono alla plebe.
menti antipopolari più odiosi; il popolo dovrebbe es- 3. Preso dal fascino del dio Piacere, che scende sulla
sere trattato con più umanità e dovrebbe continuare a Terra con grazia e sensualità, Parini dimentica una
fare i lavori e la vita di sempre. L’autore non parla volta tanto di fare la consueta e pesante ironia anti-
nemmeno di una più equa distribuzione delle ricchez- aristocratica.
ze sociali e dei prodotti del lavoro, e preferisce rifu- 4. È opportuno confrontare le posizioni caute e filo-
giarsi in un severo quanto inutile moralismo. Per di nobiliari di Parini con quelle di Jean-Jacques Rous-
più, ignaro ed ostile alla scienza economica, non si seau (1712-1778) (Discorso sull’origine e i fonda-
accorge che il risparmio e i minori consumi dei nobi- menti dell’ineguaglianza tra gli uomini, 1750; Con-
li, che propone, si trasformano in un aumento di di- tratto sociale, 1762); con quelle di Adam Smith
soccupazione per il popolo, se non cambia la tipolo- (1723-1790) (Ricerca sulla natura e le cause della
gia dei beni prodotti e se, contemporaneamente, non ricchezza delle nazioni, 1776); e con quelle, piene di
sorgono altre figure di consumatori. fiducia e di ottimismo nella ragione, di Immanuel
2. Parini immagina una favola, piena di grazia e di Kant (1724-1804) (Risposta alla domanda: che cos’è
sensualità, in cui i nobili giustificano le differenze so- l’Illuminismo?, 1784).
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Mezzogiorno: Pèra colui che primo osò la Mezzogiorno: “Perisca colui che per primo osò
mano alzare la mano”
Riassunto. Durante il pranzo un nobile vegetariano si guaio che ha combinato: nel Decameron molti perso-
scaglia contro coloro che uccidono gli animali per nu- naggi si levano dagli impicci grazie ad una battuta di
trirsene. A questo punto la dama, di cui il giovin si- spirito. Basti pensare al cuoco Chichibìo (VI, 4).
gnore è cavalier servente, ricorda commossa un fatto 2. Un punto fondamentale dell’episodio è ambiguo:
crudele. Un giorno la sua cagnetta per gioco diede un “invan per lui fu pregato e promesso”. Per può signi-
lieve morso ad un servo. Questi le diede un calcio con ficare “da lui” (il servo prega a sua difesa) oppure “a
il suo piede villano. I guaiti della cagnetta si diffusero difesa di lui” (gli altri servi pregano a sua difesa). Nel
in tutta la casa. Accorsero tutti i servi e tutte le serve, primo caso gli altri servi tacciono e non esprimono la
rattristati. La dama svenne. Quando si riprese, chiamò loro solidarietà verso il malcapitato (forse per non es-
la sua cagnetta, che le corse in grembo. Quindi gettò sere a loro volta coinvolti nella disgrazia) e il servo
sguardi di fuoco sul servo, che tremò ed attese la colpevole prega invano a sua difesa. Nel secondo ca-
condanna. A nulla valsero la sua fedeltà e il suo lungo so gli altri servi cercano di discolparlo, ma egli passi-
servizio. Fu licenziato. Invano sperò di trovare un vamente tace, in attesa fatalistica della condanna. In
nuovo signore, perché si diffuse la voce della sua nessun caso si mette in atto una strategia razionale a
crudeltà. Egli se ne andò sulla strada con la moglie ed difesa del colpevole (sciopero bianco, sciopero della
i figli, a chiedere inutilmente aiuto. La cagnetta fu fame, autolicenziamento ecc.); né l’interessato (o gli
contenta del sacrificio umano fatto per lei. interessati) si richiamano a loro eventuali diritti, rico-
nosciuti almeno nella prassi se non nei codici. Lo
Commento stesso Parini si guarda bene dall’affrontare l’episodio
1. Per questo episodio, forse il più famoso dell’intero in termini di diritto, evita di rimproverare il servo (o i
poemetto, si devono ripetere le osservazioni già dette: servi) perché non si richiamano ai loro diritti, non si
la critica agli atteggiamenti della nobiltà non è ac- preoccupa di educare i servi a far valere i loro diritti,
compagnata da un invito rivolto al popolo di ribellarsi né istilla in loro l’idea che debbano far valere i loro
e di far valere i suoi diritti o i suoi interessi. Tutto si diritti. In sostanza con qualche piccola modifica la
risolve in un’amara quanto inutile condanna morale. società costituita gli va bene così.
Anche in questo caso l’episodio è infarcito di riferi- 3. Il servo per di più si comporta in modo stupido,
menti mitologici ed usa un linguaggio aulico e ricer- perché mette al mondo un numero elevato di figli –
cato (la cagnetta è “alunna delle Grazie” e per tre vol- altri futuri servi a buon mercato –, che lo rendono più
te rotola su se stessa). Il servo aspetta la condanna facile da ricattare. Parini invidia chi si è fatto una fa-
come si può aspettare la caduta inevitabile della miglia, ma non vede tutto questo.
pioggia dal cielo: egli perde la pazienza (cosa che non 4. Sia in questo episodio come negli altri l’autore dà
doveva fare, ma forse, dopo 20 anni che ingoia rospi, per scontato quali sono i valori, che non sottopone
non ce la faceva più a pazientare), ma è tanto ottuso mai a critica razionale. L’ironia, il sarcasmo o l’uma-
da non cercare immediatamente una scappatoia al nitarismo, di cui fa costantemente uso, gli impedisco-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 291
no di vedere direttamente i problemi. In questo episo-
dio egli dà per scontato che la dama ha trattato male il
servo, che il servo è stato punito eccessivamente (e
per di più nella punizione è stata coinvolta anche la
famiglia, senz’altro innocente). E dà per scontato che
il lettore si schieri con il servo contro l’ingiustizia che
subisce e che non condivida l’atteggiamento nobiliare
di dare più importanza agli animali che agli uomini.
Ma perché non prendere le difese della cagnetta? Per-
ché non pensare che i servi valgano meno degli ani-
mali, dal momento che proprio essi non riconoscono
a se stessi né dignità né diritti? Perché pensare che il
male sia tutto da una parte (la dama) e il giusto tutto
dall’altra (il servo)? Perché Parini ci presenta un caso,
in cui la posizione da considerare “giusta” è una sola?
Perché non esamina i rapporti tra i nobili e i servi da
un punto di vista più generale? Ad esempio: un fatto
così succedeva raramente o spesso? (Se succedeva
raramente, l’episodio perde tutto il suo impatto emo-
tivo.) E i servi com’erano? Tutti fedeli così o anche
sfaticati? Insomma dei parassiti che la nobiltà si de-
gnava di accogliere e far lavorare? La dama poi era
così stupida da cacciare un servo di cui poteva ap-
prezzare il servilismo e la devozione? O se la prende-
va con quel servo che non avrebbe protestato o per-
ché non aveva nient’altro da fare? Con questo episo-
dio Parini vuole suscitare compassione nel lettore, ma
evita di mettere in discussione la rigida divisione in
classi della società, che a lui, con qualche minimo
aggiustamento, con il ritorno ai Grandi Valori dei
Nobili del passato, andava bene così.
5. Chi è perfido può pensare che Parini si comporta
come Machiavelli: dà consigli non richiesti a casa de’
Medici e ai nobili. Né l’uno né l’altro si rendono con-
to della fragilità e dell’inutilità dei loro consigli. Pari-
ni poi non si chiede mai come faranno a lavorare e a
vivere i servi del giovin signore e le altre figure lavo-
rative che forniscono servizi vari: il sarto, il maestro
di danza, il maestro di canto e il maestro di lingua. E
in questa società di nobili l’autore ha dimenticato una
figura particolare, che lo riguarda: la figura del parro-
co. Piccola dimenticanza.
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quel dì che insana empiea quel giorno in cui, impazzita [dal dolore],
il sacro Ida di gemiti, riempiva di gemiti il monte Ida a lei sacro;
e col crine tergea, e con i capelli asciugava
e bagnava di lacrime e bagnava di lacrime
il sanguinoso petto il petto sanguinante
al ciprio (=di Cipro) giovinetto (=Adone). al giovane Adone, che amava.
Riassunto per strofa. 1. Il poeta invita le Grazie a 13. L’animale scalpitando indietreggia, ma si alza
preparare i balsami e le bende profumate che esse sulle zampe posteriori, scuote la sella e fa ca- dere la
porgevano a Venere, quando si punse con una spina, donna svenuta sulla sabbia pietrosa.
2. mentre, impazzita dal dolore, piangeva sul corpo 14. Allora il poeta augura la morte a quell’uomo inci-
insanguinato di Adone, che amava. vile che per primo osò affidare il corpo femminile a
3. Ora gli Amorini piangono Luigia Pallavicini, la più un corsiero selvaggio e con un consiglio maldestro
bella delle donne liguri. E per lei portano in voto fiori aprì alla bellezza un nuovo pericolo.
sull’altare di Apollo. 15. Se non lo avesse fatto, ora egli non vedrebbe il
4. La danza la chiamava, mentre la brezza portava un suo volto pallido e i suoi occhi che sperano di riavere
insolito profumo, quando i capelli in disordine im- la bellezza di prima.
pacciavano i suoi movimenti. 16. Un giorno le cerve tiravano il cocchio di Artemi-
5. Come lei, anche Pallade Atena con la mano bagna- de, ma, spaventate dalle fiere, fecero precipitare la
ta tratteneva i capelli fuori dell’acqua. dea lungo le pendici dell’Etna.
6. Parole melodiose uscivano dalle sue labbra; e dai 17. Le empie [dee] che abitavano l’Olimpo gioivano
suoi occhi sorridenti trasparivano sue delusioni amo- d’invidia, perché ai banchetti Artemide nascondeva il
rose, i suoi pianti e le sue speranze future. volto con un velo.
7. Il poeta invita l’amica a dire perché ha rivolto il 18. Ma ben presto piansero, perché nelle feste in suo
suo corpo femminile ad occupazioni maschili e per- onore a Efeso la dea si presentò con le vergini a lei
ché si è dedicata non alle Muse, ma ai giochi perico- devote ancor più bella!
losi di Marte.
8. Poi si rappresenta la caduta: invano i venti cercano Riassunto breve. Il poeta invita le Grazie a preparare
di fermare il destriero, che il morso irrita ancora di per Luigia Pallavicini i balsami e le bende profumate
più. che avevano preparato per Venere quando si era pun-
9. L’animale agita la testa superba, schizza la schiu- ta con una spina e piangeva Adone ferito. Ora gli
ma e sporca le sue vesti, le briglie e il seno. Amorini piangono Luigia e portano fiori sull’altare di
10. Il destriero è tutto sudato e si mette a correre. Le Apollo. Nelle feste notturne la donna danzava affa-
grotte marine risuonano del suo scalpitìo, che solleva scinando i presenti, mentre i capelli in disordine im-
polvere e sassi. pacciavano i suoi movimenti. Come lei, anche Palla-
11. Poi si lancia nel mare e ormai nuota nell’acqua de Atena con una mano tratteneva i capelli fuori
fino alla pancia. Le onde, affamate di preda, dimenti- dell’acqua. Dagli occhi sorridenti di Luigia traspari-
cano che dalle loro nacque la dea Venere. vano amori, delusioni, pianti e speranze per il futuro.
12. A questo punto il dio Nettuno lascia la sua dimora A questo punto il poeta rivolge all’amica un rimpro-
nelle acque profonde del mare e respinge sulla riva il vero implicito chiedendole perché si è dedicata non
destriero impazzito. alle Muse, ma a un’occupazione maschile come anda-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 302
re a cavallo. E poi immagina la caduta: il destriero
sente che la mano che tiene le briglie è incerta e si
lancia a un folle galoppo, quindi entra in acqua. Allo-
ra dal profondo del mare interviene il dio Nettuno,
che risospinge il destriero sulla spiaggia. Ma l’ani-
male s’impenna e disarciona la donna, che cade pe-
santemente al suolo. A questo punto il poeta augura
la morte all’uomo che per primo osò affidare il corpo
femminile a un corsiero selvaggio e con un consiglio
maldestro aprì alla bellezza un nuovo pericolo. Ma è
fiducioso e ricorda che un giorno le cerve, spaventate
dai lupi, rovesciarono il cocchio di Artemide, che
cadde lungo le pendici dell’Etna. In seguito la dea
andò al banchetto degli dei con il volto coperto. Le
altre dee dell’Olimpo, piene d’invidia, gioivano di
soddisfazione. Ma ben presto piansero, perché nelle
feste in suo onore a Efeso la dea si presentò con le
vergini a lei devote ancor più bella.
Commento
1. In azzurro i termini che appartengono al mondo
classico.
2. Luigia Pallavicini monta un cavallo focoso, anche
se non sa cavalcare. Il cavallo si mette al galoppo sul-
la spiaggia, schizzando acqua e sassi. E si fa stupida-
mente disarcionare e ferire. Su questo fatto insignifi-
cante di vita quotidiana il poeta scrive un’ode che si
preoccupa dell’amica ma che tocca molti altri pro-
blemi, tra cui quello, il più importante, della bellezza
rasserenatrice, unico rimedio al vaneggiare degli uo-
mini. Disturba il cielo, il mare e gli inferi con para-
goni che fanno uscire il fatterello dalla sua banalità.
Infine le augura che anche lei come Artemide ritorni
più bella di prima.
3. Lo scrittore interviene direttamene nell’ode: chiede
alla donna perché si è dedicata ad attività maschili,
come andare a cavallo, e non si è limitata a praticare
le attività delle Muse (danza, poesia, musica, canto).
E descrive la donna come alla disperata ricerca
dell’amore.
4. L’incidente della caduta non è rimosso, ma è con-
tornato di mitologia classica, che lo trasforma. Per
Foscolo il mondo classico non è finzione, l’ode ne fa
sentire la concretezza anche al lettore di oggi. Nel
sec. XVIII è riportata alla luce la città di Pompei,
sommersa di ceneri e lapilli, che condiziona forte-
mente l’arte e l’immaginario collettivo dell’epoca.
---I☺I---
Fiorir sul caro viso Sul tuo caro viso vedo tornare
veggo la rosa; tornano il color roseo; ritornano
i grandi occhi al sorriso 15 a sorridere i grandi occhi seducenti;
insidïando; e vegliano e a causa tua madri preoccupate [per i figli]
per te in novelli pianti e amanti gelose stanno in veglia,
trepide madri, e sospettose amanti. versando sempre nuove lacrime.
Ebbi (=Foscolo) in quel mar la culla, 85 Io (=Ugo Foscolo) nacqui in quel mare,
ivi era ignudo spirito dove vagava, ormai anima priva di corpo,
di Faon la fanciulla, la fanciulla (=Saffo) che amava Faone;
e se il notturno zeffiro e, quando lo zeffiro notturno
blando su i flutti spira, spira dolcemente sui flutti del mare,
suonano i liti un lamentar di lira. 90 i lidi risuonano al lamento della sua lira.
Ond’io, pien del nativo Perciò io, ripieno dello spirito poetico
aër sacro, su l’itala del suolo natale, trasporto
grave cetra derivo per te la poesia greca
per te le corde eolie (=di Eolo), nella severa tradizione italiana,
e avrai, divina, i voti 95 così, o divina, fra i miei inni avrai le offerte
fra gl’inni miei delle insubri (=lombarde) nipoti. votive (=l’ammirazione) delle future donne lombarde.
Forse perché della fatal quïete (=il riposo eterno) Forse perché sei l’immagine della morte
tu sei l’immago a me sì cara, vieni, tu, o Sera, scendi su di me così gradita!
o sera! e quando ti corteggian liete Sia quando ti accompagnano lietamente
le nubi estive e i zeffiri sereni, le nuvole estive e i venti sereni (=d’estate),
e quando dal nevoso aere inquiete sia quando dall’aria nevosa porti sulla terra
tenebre, e lunghe, all’universo meni, notti inquiete e lunghe (=d’inverno),
sempre scendi invocata, e le secrete sempre scendi [da me] invocata,
vie del mio cor soavemente tieni. ed occupi le vie più nascoste del mio cuore.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Mi fai vagare con i miei pensieri
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge sul cammino che porta al nulla eterno; e intanto
questo reo tempo, e van con lui le torme questo tempo reo fugge e con lui ne vanno le infinite
delle cure, onde meco egli si strugge; preoccupazioni per le quali esso si consuma con me;
e mentre io guardo la tua pace, dorme e, mentre io guardo la tua pace, si acquieta
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. quello spirito combattivo che mi ruggisce dentro.
Riassunto. Forse perché è l’immagine della morte, la acquieta gli affanni e le passioni che lo hanno scon-
sera scende sul poeta sempre gradita, sia d’estate sia volto durante il giorno.
d’inverno. Con i pensieri lo fa andare al nulla eterno, 2. Il poeta esprime le sue idee atee e materialistiche e
che accompagna la morte. E intanto si consuma que- le sue reminiscenze classiche: l’idea del tempo che
sto tempo malvagio e con esso si consumano le fugge; e l’idea del tempo malvagio verso l’uomo.
preoccupazioni. E, mentre egli guarda la pace della 3. Il motivo della sera è un tópos letterario: con sen-
sera, dorme quello spirito sconvolto dalle passioni, sibilità profondamente diversa lo trattano Dante in If
che ha dentro di lui. II, 1-3, Pg VIII, 1-6, Giacomo Leopardi ne Il sabato
del villaggio (1829), Giovanni Pascoli ne La mia se-
Commento ra, Gabriele D’Annunzio ne La sera fiesolana, Salva-
1. Per Foscolo la sera diventa romanticamente l’im- tore Quasimodo in Ed è subito sera. La sera più in-
magine della morte (la fatal quiete, il nulla eterno), tensa e struggente è quella di Dante: “Era già l’ora
che scende sempre su di lui gradita e invocata, perché che volge il desio Ai navicanti...” (Pg VIII, 1-6).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 307
Nel sonetto A Zacinto il poeta rivolge il pensiero alla gia, che apparteneva al suo tempo e alla sua cultura,
sua isola natia, nella quale non potrà più tornare. La per
sua patria reale lo porta subito a pensare alla sua pa-
A Zacinto, 1802-03
Commento
1. Il sonetto parla dell’autore nei primi due versi e
negli ultimi tre; negli altri parla delle tre figure più
significative del mondo classico: Venere, simbolo
dell’amore ma anche della bellezza, Omero, simbolo
della poesia, quindi Ulisse, simbolo dell’eroe. A di-
stanza di 2.500 anni la cultura greca è sentita come
contemporanea. Il poeta, in modo piuttosto esplicito,
si paragona ad Ulisse (ambedue sono eroi romantici;
l’unica differenza, che poi va a vantaggio del poeta, è
che Ulisse riesce a ritornare in patria, egli no); ed an-
che ad Omero, il poeta per antonomasia, che ha can-
tato la sua isola (ed i viaggi di Ulisse). Nel sonetto è
presente un motivo estraneo alla cultura classica: è
l’ideale romantico di patria, che proviene dalla Rivo-
luzione francese. I greci erano estremamente litigiosi,
individualisti e campanilisti: la loro città era superiore
a tutte le altre della Grecia. L’unica cosa che li univa
era l’odio verso i bàrbaroi, i balbuzienti, gli stranieri.
2. Agli inizi dell’Ottocento scoppia una violentissima
polemica tra i classicisti, che si richiamavano alla pe-
rennità della cultura classica, ed i romantici, che pro-
ponevano una cultura impegnata ed attuale. Giovanni
Berchet (1783-1851) nella Lettera semiseria di Gri-
sostomo al suo figliolo (1816) polemizza con i soste-
nitori della cultura classica e sostiene la tesi che i veri
classici sono i romantici: Omero ha usato la mitolo-
A egregie cose il forte animo accendono 151. Le tombe dei grandi uomini, o Pindemonte,
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella spingono l’animo forte a compiere grandi imprese;
e santa fanno al peregrin la terra e fanno per il viandante bella e santa la terra
che le ricetta. Io quando il monumento che le accoglie. Io, quando vidi la tomba
vidi ove posa il corpo di quel grande 155 155. di quel grande (=N. Machiavelli),
che, temprando lo scettro a’ regnatori, che, rafforzando il potere ai regnanti, toglie ad esso
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela gli ornamenti esteriori e svela alle genti
di che lagrime grondi e di che sangue; di quante lacrime e di quanto sangue esso grondi;
e l’arca di colui che nuovo olimpo e quando vidi il sepolcro di colui(=M. Buonarroti),
alzò in Roma a’ Celesti1; e di chi vide 160 160. che costruì un nuovo Olimpo in Roma agli dei;
sotto l’etereo padiglion rotarsi e quando vidi il sepolcro di colui (=G. Galilei),
più Mondi, e il Sole irradiarli immoto, che vide sotto la volta celeste più mondi ruotare
onde all’Anglo che tanta ala vi stese e il Sole, immobile, illuminarli (perciò egli sgombrò
sgombrò primo le vie del firmamento: per primo le vie del cielo all’inglese (=I. Newton),
te beata, gridai, per le felici 165 che le dominò con la sua intelligenza);
aure pregne di vita, e pe’ lavacri 165. gridai che tu sei beata (=felice, fortunata),
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino! per le felici arie piene di vita e per i corsi d’acqua
Lieta dell’aer tuo veste la Luna che dai suoi colli a te versa l’Appennino!
di luce limpidissima i tuoi colli Lieta della tua aria, la luna riveste
con una luce limpidissima le tue colline,
1
Michelangelo Buonarroti dipinse la cappella Sistina
(1508-12).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 312
per vendemmia festanti, e le convalli 170 170. in festa per la vendemmia; e le vallate,
popolate di case e d’oliveti piene di case e di oliveti, mandano al cielo
mille di fiori al ciel mandano incensi: mille profumi di fiori. E tu per prima, o Firenze,
e tu prima, Firenze, udivi il carme udivi il poema (=la Divina commedia), che alleviò
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco, l’ira al ghibellino fuggiasco (=D. Alighieri);
e tu i cari parenti e l’idïoma 175 175. e tu desti i cari genitori e la lingua
dèsti a quel dolce di Calliope labbro, a quel dolce poeta (=F. Petrarca), che, adornandolo
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma con un velo candidissimo, poneva in grembo
d’un velo candidissimo adornando, a Venere celeste l’Amore [sacro], che era stato nudo
rendea nel grembo a Venere Celeste; in Grecia e nudo in Roma (=l’amore profano).
ma più beata che in un tempio accolte 180 180. Ma tu sei ancor più beata, perché in un tempio
serbi l’Itale glorie, uniche forse (=Santa Croce) conservi raccolte le glorie italiche,
da che le mal vietate Alpi e l’alterna le uniche forse [rimaste] da quando le Alpi mal difese
onnipotenza delle umane sorti, e l’alterno destino umano ti tolsero
armi e sostanze t’invadeano, ed are la forza militare, la ricchezza, la religione,
e patria, e, tranne la memoria, tutto. 185 185. la patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi E, quando una luminosa speranza di gloria appaia
intelletti rifulga ed all’Italia, agli animi forti e all’Italia, da qui (=dalle tombe di
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi Santa Croce) noi prenderemo ispirazione
venne spesso Vittorio ad ispirarsi, e buoni auspici. E a questi sepolcri venne
irato a’ patrii Numi; errava muto 190 spesso Vittorio Alfieri ad ispirarsi.
ove Arno è più deserto, i campi e il cielo 190. Adirato contro gli dei della patria, camminava
desîoso mirando; e poi che nullo silenzioso dove il fiume Arno è meno frequentato,
vivente aspetto gli molcea la cura, guardando affranto il paesaggio e il cielo;
qui posava l’austero; e avea sul volto e, poiché niente di ciò che vedeva gli addolciva
il pallor della morte e la speranza. 195 il dolore, qui (=a Santa Croce) si fermava l’austero;
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa e aveva sul volto il pallore della morte e la speranza.
fremono amor di patria. Ah sì! da quella 195. Con questi grandi ora egli abita per sempre,
religïosa pace un Nume parla1: e le sue ossa fremono ancora amore per la patria.
e nutrìa contro a’ Persi in Maratona Ah, sì, da quella pace religiosa dei sepolcri parla
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, 200 un nume: egli nutriva contro i persiani a Maratona
la virtù greca e l’ira. Il navigante 200. (dove Atene consacrò le tombe ai suoi valorosi
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea, soldati) il valore e la furia dei greci. Il navigante,
vedea per l’ampia oscurità scintille che percorse quel mare sotto l’Eubèa, vedeva
balenar d’elmi e di cozzanti brandi, nell’oscurità della notte balenare scintille di elmi
fumar le pire igneo vapor, corrusche 205 e di spade cozzanti tra loro, vedeva le cataste di legna
d’armi ferree vedea larve guerriere 205. emettere nuvole di fumo, vedeva fantasmi di
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni guerrieri, scintillanti d’armi, cercare lo scontro;
silenzi si spandea lungo ne’ campi e nell’orrore del silenzio notturno si spandevano
di falangi un tumulto e un suon di tube nei campi il rumore dei reparti, il suono delle trombe,
e un incalzar di cavalli accorrenti 210 210. l’incalzare dei cavalli all’attacco,
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, che calpestavano i soldati caduti, il pianto,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. gli inni di vittoria e il canto delle Parche.
1
Il collegamento tra Santa Croce e Maratona è dato
dall’amore per la patria.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 313
Felice te che il regno ampio de’ venti, Felice te, o Pindemonte, che nei tuoi anni
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi! 215. giovanili correvi l’ampio regno dei venti
E se il piloto ti drizzò l’antenna 215 (=il mare)! E, se il pilota diresse la nave oltre
Oltre l’isole Egée, d’antichi fatti le isole del mar Egèo, certamente udisti risuonare
Certo udisti suonar dell’Ellesponto di antichi fatti le spiagge dell’Ellesponto
I liti, e la marea mugghiar portando e certamente udisti la marea mugghiare,
Alle prode Retèe l’armi d’Achille 220. portando sulle spiagge del promontorio Retèo
Sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi 220 le armi di Achille sopra le ossa di Aiace: ai generosi
Giusta di glorie dispensiera è morte: la morte è una giusta dispensatrice di gloria.
Nè senno astuto, né favor di regi Né l’astuzia, né il favore di Agamennone poterono
All’Itaco le spoglie ardue serbava, conservare ad Ulisse le armi difficili da meritare,
Chè alla poppa raminga le ritolse 225. poiché alla sua nave errabonda le ritolse l’onda
L’onda incitata dagl’inferni Dei. 225 marina incitata dagli dei dell’Oltretomba. E me, che
E me che i tempi ed il desio d’onore la situazione politica e il desiderio di mantenermi
Fan per diversa gente ir fuggitivo, onorato fanno andare in fuga tra popoli stranieri,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse me le Muse, che ispirano il pensiero umano,
Del mortale pensiero animatrici. 230. chiamino ad evocare gli eroi.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando 230 Le pimplèe (=le Muse) siedono custodi dei sepolcri
Il tempo con sue fredde ale vi spazza e, quando il tempo con la sua forza distruttrice
Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti ne spazza via anche le rovine, allietano
Di lor canto i deserti, e l’armonia con i loro canti quei luoghi ormai deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio. [di quei canti] vince il silenzio di mille secoli.
Ed oggi nella Tròade inseminata 235 235. Ed oggi nella Troade (=Asia Minore) incolta
Eterno splende a’ peregrini un loco per sempre risplende ai viandanti un luogo eterno
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo per merito della ninfa alla quale fu sposo Giove,
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, ed a Giove diede un figlio, Dàrdano, dal quale
Onde fur Troja e Assàraco e i cinquanta discesero Troia, Assàraco, i cinquanta
Talami e il regno della Giulia gente. 240 240. figli di Priamo e il regno della gente Giulia
Però che quando Elettra udì la Parca (=l’impero romano). E, quando Elettra udì la Parca,
Che lei dalle vitali aure del giorno che la chiamava dalla vitale aria del giorno
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove ai cori dei Campi Elisi, a Giove espresse
Mandò il voto supremo: “E se diceva, il suo ultimo desiderio: “Se” diceva,
A te fur care le mie chiome e il viso 245 245. “a te furono care le mie chiome e il mio viso
E le dolci vigilie, e non mi assente e le dolci veglie e non mi concede
Premio miglior la volontà de’ fati, un premio migliore la volontà del destino,
La morta amica almen guarda dal cielo guarda almeno dal cielo la morta amica,
Onde d’Elettra tua resti la fama. affinché resti la fama della tua Elettra”.
Così orando moriva. E ne gemea 250 250. Con questa preghiera moriva. Per la sua morte
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando Giove piangeva; e, muovendo il capo immortale,
Piovea dai crini ambrosia su la Ninfa faceva piovere dai suoi capelli ambrosia sulla ninfa,
E fe’ sacro quel corpo e la sua tomba. e fece sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio: e dorme il giusto In quella tomba fu posto Erittònio, e dorme la cenere
Cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne 255 255. del giusto Ilo. Ivi le troiane si scioglievano
Sciogliean le chiome, indarno, ahi! deprecando i capelli, ahi invano!, cercando di allontanare
Da’ lor mariti l’imminente fato; con preghiere dai loro mariti la morte incombente.
Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto Ivi venne Cassandra, quando il dio (=Apollo) in petto
Le fea parlar di Troja il dì mortale, le faceva vaticinare il giorno mortale di Troia;
Venne; e all’ombre cantò carme amoroso, 260 e alle tombe degli avi cantò un carme pieno d’affetto;
E guidava i nepoti, e l’amoroso 260. e guidava i nipoti e insegnava l’amoroso
Apprendeva lamento a’ giovinetti. lamento ai giovinetti. E diceva sospirando:
E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo, “Oh, se mai da Argo, dove pascerete
Ove al Tidide e di Laerte al figlio 265. i cavalli di Diomede o del figlio di Laèrte
Pascerete i cavalli, a voi permetta 265 (=Ulisse), a voi permetta il Cielo di tornare,
Ritorno il cielo, invan la patria vostra invano cercherete la vostra patria! Le mura,
Cercherete! le mura, opra di Febo, opera di Apollo, fumeranno sotto le loro macerie.
Sotto le lor reliquie fumeranno;
Riassunto. (vv. 1-50) Il sonno della morte – dice il Divina commedia e conosceva la poesia di Francesco
poeta – non è meno duro perché confortato dalle la- Petrarca. Era però ancora più fortunata perché in
crime dei propri cari. Quando il Sole non risplenderà quella chiesa conservava le uniche glorie che forse
più per noi, l’unica ricompensa dei giorni passati sarà erano rimaste all’Italia. E, quando gli italiani vorran-
soltanto una inutile lapide, che distingue le nostre os- no riconquistare la libertà, da qui trarranno l’augurio
sa dalle infinite ossa disseminate in terra e in mare di vittoria. A quei sepolcri venne spesso Vittorio Al-
dalla morte. È ben vero: anche la Speranza ha abban- fieri ad ispirarsi; e ora con quei grandi riposa per
donato le tombe. Ma il mortale non dovrà privarsi sempre. Dalla pace di Santa Croce parla lo stesso dio
dell’illusione di essere ricordato dopo la morte. Egli protettore della patria che a Maratona aveva ispirato i
vive ancora, se può destare il ricordo nella mente dei greci a combattere con furia contro i persiani invaso-
suoi cari. È divina questa corrispondenza di amorosi ri. Il marinaio, che di notte passa davanti alla pianura
affetti e spesso per lei si vive con l’amico morto e di Maratona, assiste ancora allo scontro tra i fantasmi
l’amico morto con vive noi, se la terra pietosa, acco- dei soldati greci e quelli dei soldati persiani.
gliendolo nel suo grembo materno, difenderà i resti
dalle ingiurie del tempo e dal piede profanatore del È fortunato l’amico Ippolito Pindemonte, che nella
volgo. E una lapide conserverà il suo nome e un albe- sua giovinezza percorreva il mar Egeo. Egli certa-
ro amico consolerà le ceneri con un’ombra deliziosa. mente udì narrare che la marea portò le armi di Achil-
Soltanto chi non lascia eredità d’affetti non gioirà le sulla tomba di Aiace, dopo averle tolte ad Ulisse,
della morte. E il suo spirito vagherà negli inferi o cer- che non le meritava: la morte dispensa giustamente la
cherà protezione chiedendo perdono a Dio, ma lasce- gloria. Il poeta quindi invita le Muse a chiamarlo ad
rà la sua tomba alle ortiche di una terra abbandonata, evocare gli eroi. Oggi nella Troade (=Asia Minore,
dove nessuna donna potrà pregare né il viandante po- Turchia), non più coltivata, risplende un luogo caro
trà udire il sospiro che la Natura manda a noi dalla ad Elettra. Prima di morire, la ninfa si rivolse a Gio-
tomba. ve, che la amava, chiedendogli l’immortalità della
[...] fama, se non poteva avere quella del corpo. In quel
luogo essa fu sepolta con tutta la sua discendenza.
(vv. 151-195) Le tombe dei grandi spingono l’animo Sulla sua tomba venivano le donne troiane, per allon-
forte a compiere grandi imprese. Il poeta, quando vi- tanare, ma inutilmente, dai loro mariti la morte vici-
de nella chiesa di Santa Croce le tombe di Niccolò na. Veniva anche Cassandra, quando era ispirata dal
Machiavelli, di Michelangelo Buonarroti e di Galileo dio Apollo, e cantava un canto d’amore ai nipoti: “Se
Galilei, gridò che Firenze era fortunata per il suo cli- essi fossero tornati dalla prigionia, avrebbero cercato
ma e per i suoi fiumi; e perché per prima sentiva la invano la loro patria; di essa sarebbero rimaste soltan-
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to le tombe. Un giorno tra quelle tombe sarebbe ve- Erittònio è figlio di Dardano, re di Troia, e diventa a
nuto un cieco (=Omero) ad interrogare le urne. Esse sua volta re della città.
avrebbero raccontato la fine di Troia per mano dei Ettore è figlio di Priamo ed è il capo dell’esercito
principi greci. Il sacro poeta avrebbe placato quelle troiano. È ucciso da Achille.
anime ed eternato il nome dei principi greci per tutta Eubèa (L’) è una lunga penisola che si trova ad est di
la terra. E Ettore avrebbe avuto lacrime di compianto Atene.
dovunque sia sacro il sangue versato per la patria e Febo è un altro nome del dio Apollo. Indica il sole,
finché il Sole risplenderà sulle sciagure dell’umani- colui che splende, che illumina.
tà”. Giulia gente (La) è la gens a cui appartiene Giulio
Cesare, considerato il fondatore dell’impero romano.
I personaggi Ilio o Troia è la città dell’Asia minore che i greci vo-
Mondo greco e troiano gliono distruggere.
Apollo è chiamato anche Febo, il sole, colui che Ilo è il primo re di Ilio o Troia.
splende, che illumina. Laerziade è patronimico: figlio di Laerte, cioè Odis-
Achille è il più forte guerriero dell’esercito greco. È seo.
invulnerabile, tranne in un punto: il calcagno. E qui è Maratona (Nella pianura di) i greci sconfissero i per-
colpito con una freccia da Paride, principe troiano. siani invasori (490 a.C.).
Agamennone, re di Argo e di Micene, e fratello mag- Menelao è re di Sparta, fratello minore di Agamen-
giore di Menelao. È capo assoluto dell’esercito greco. none e marito di Elena. È indicato anche con il patro-
È indicato anche con il patronimico: Atride, figlio di nimico: Atride, figlio di Atreo.
Atreo. Muse (Le) sono le protettrici delle arti. Erano nove
Aiace è un valoroso guerriero greco. È indicato anche ed erano guidate dal dio Apollo.
con il patronimico: Tidide, cioè figlio di Tideo. Odisseo è re d’Itaca, famoso per la sua astuzia. Con
Aiace Telamonio è un valoroso guerriero greco. È l’inganno sottrae ad Aiace le armi di Achille, che gli
indicato anche con il patronimico: Telamonio, figlio spettavano. Suo è l’inganno del cavallo di Troia, per
di Telamone. Odisseo da Agamennone e Menelao si entrare in città. L’inganno riesce, i soldati greci esco-
fa assegnare le armi di Achille, che invece toccavano no di notte dal ventre del cavallo e aprono le porte
a lui. La dea Athena lo fa impazzire, egli fa una stra- della città all’esercito greco, che aveva finto di parti-
ge di pecore, credendo di uccidere gli Atridi, e per la re. Così Troia è distrutta. È indicato anche con il pa-
vergogna si uccide. tronimico: Laerziade, figlio di Laerte. Il suo avventu-
Alterna onnipotenza (L’) delle umane sorti: il poeta roso ritorno ad Itaca è narrato nell’Odissea.
pensa che la storia sia un succedersi di grandezza e di Olimpio (L’) è Giove, che con gli altri dei abitava il
declino. monte Olimpo, nella Grecia settentrionale.
Andromaca è moglie di Ettore, il capo dell’esercito Omero (sec. XII) è il maggiore poeta greco e di tutti
troiano. i tempi. Scrisse l’Iliade e l’Odissea usando materiale
Argo è una città della Grecia governata da Agamen- già esistente. Molte città si contendono la nascita.
none. Parche (latino) o Moire (greco) sono le tre divinità,
Assàraco diventa re della Dardania (Troade) quando superiori a tutti gli dei, che decidono il destino uma-
il fratello maggiore Ilo decide di governare la nuova no. La prima fila, la seconda tesse la trama, la terza
città, Ilio o Troia. recide il filo della vita.
Atridi (Gli) è un patronimico, indica Agamennone e Paride è figlio di Priamo e fratello di Ettore, capo
Menelao, figli di Atreo. dell’esercito troiano. Rapisce Elena, moglie di Mene-
Calliope è la musa della poesia epica e il suo nome lao, re di Sparta, con cui la dea Venere l’aveva cor-
significa “dalla bella voce”. rotto per avere la mela “Alla più bella”. La donna lo
Cassandra è figlia di Priamo e profetessa del dio segue. Il rapimento è la causa della guerra di Troia.
Apollo. Per punirla, Apollo fa sì che le sue profezie Uccide Achille, colpendolo con una freccia nel calca-
non siano credute. gno, unico punto in cui era vulnerabile.
Cori dell’Eliso o Campi Elisi sono l’Oltretomba gre- Pelidi (I) sono i figli di Pelèo, qui indica i greci. Peli-
co e troiano. de è il patronimico di Achille, il più forte guerriero
Dàrdano è figlio di Giove e di Elettra e capostipite greco.
dei troiani. Penati (I) sono gli dei protettori della casa.
Diomede è un valoroso guerriero greco. È indicato Pimplèe (Le) sono le Muse. Pimplea era una città
anche con il patronimico: Tidide, figlio di Tideo. della Grecia situata vicino al monte Olimpo, sede de-
Elena è moglie di Menelao, re di Sparta, è rapita da gli dei.
Paride, principe troiano, a cui la dea Venere l’aveva Priamo è re di Troia durante l’assedio della città da
donata per ricevere la mela “Alla più bella” lanciata parte dei greci. È padre di 50 figli.
dalla dea Discordia a un banchetto nuziale degli dei. Prode Retèe indicano il promontorio Retèo, che si
Elettra è amata da Giove, a cui dà il figlio Dàrdano, trova nella Troade, dove sorgeva Troia, e dove è se-
che diventa il capostipite dei troiani. polto Aiace Telamonio.
Commento
1. Il carme è dedicato all’amico e poeta Ippolito Pin-
demonte (1753-1828), autore del poemetto I cimiteri,
che non pubblica, quando sa che Foscolo stava dando
alle stampe il carme De’ Sepolcri (1807).
2. Gli elementi portanti del carme sono: a) il senti-
mento romantico-aristocratico della vita; b) la centra-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 317
Giacomo Leopardi (1798-1837) Operette morali (1824), di vario contenuto filosofico;
poi i Grandi idilli (1828-30); i Paralipomeni della
batracomiomachia di Omero (1832-34), un poemetto
La vita. Giacomo Leopardi nasce a Recanati nel 1798 fortemente polemico ed amaro, che deride i desideri, i
da una famiglia nobile ma economicamente decaduta. sogni e i tentativi politici degli italiani; infine La gi-
Si forma sulla ricchissima e un po’ antiquata bibliote- nestra o il fiore del deserto (1837), il suo testamento
ca paterna. Impara il latino, il greco e un po’ di ebrai- spirituale. I Piccoli e i Grandi idilli sono riordinati e
co. Lo studio “matto e disperatissimo” gli rovina però pubblicati nei Canti (1831).
la salute, già malferma. Nel 1817 stringe amicizia con
Pietro Giordani, uno dei maggiori letterati del tempo, La poetica. I temi della poesia di Leopardi sono:
che gli suggerisce di raccogliere le sue riflessioni nel- a) il paesaggio e la natura; b) la giovinezza e l’amore;
lo Zibaldone (1817-32). Lo stesso anno si innamora c) il senso della vita umana e del dolore; d) la solitu-
di Geltrude Cassi, una cugina del padre: l’esperienza, dine; e) la felicità; f) i ricordi del passato e le speran-
tutta interiore, lo sconvolge. Nel 1819 cerca di fuggi- ze nel futuro; g) la noia; h) il pessimismo; i) il “natio
re dall’atmosfera soffocante di Recanati. La fuga è borgo selvaggio”.
scoperta e impedita dal padre. Tra il 1818 e il 1821 I diversi motivi sono spesso compresenti, sono co-
scrive i Piccoli idilli. Nel 1822 ottiene il permesso di stantemente ripresi e riesaminati, e sono continua-
andare a Roma. La città lo delude. L’anno dopo ritor- mente collegati tra loro. Essi si inseriscono in una vi-
na a Recanati. Intanto la sua fama di poeta si diffon- sione atea e materialistica della vita, che nega Dio e
de. Nel 1824 scrive la maggior parte delle Operette la Provvidenza divina, ma che ironizza anche la fede
morali. Nel 1825 parte per Bologna e poi per Milano. laica nelle “magnifiche sorti e progressive”, procla-
Qui l’editore Stella gli garantisce un mensile per mate dal pensiero illuministico. Tale visione materia-
l’edizione delle opere di Cicerone. Ritorna poi a Re- listica diventa la base filosofica, costantemente pre-
canati, fermandosi a Bologna, dove inizia una rela- sente, con cui il poeta affronta e valuta la condizione
zione con la contessa Teresa Carniani Malvezzi. La umana e il rapporto dell’uomo con la natura e con gli
donna lo ammira, ma non lo corrisponde. Il poeta al- altri uomini.
lora rompe ogni rapporto. Nel 1827 riparte per Firen- Il tema della Natura conosce questa evoluzione: la
ze, dove era stato invitato da Giovan Pietro Viesseux Natura si presenta nella sua estrema bellezza e fa
che dirigeva l’”Antologia” (1821-33), una rivista su all’uomo promesse di felicità, che poi non mantiene.
posizioni moderato-liberali. Qui conosce Gino Cap- Essa inizialmente è sentita come una madre benigna
poni, Niccolò Tommaseo, Giuseppe Montani, Pietro verso i suoi figli, poi diventa una matrigna, indiffe-
Colletta e gli altri collaboratori della rivista. Conosce rente alla sorte delle sue creature. Il tema del paesag-
anche Alessandro Manzoni, che non lo colpisce. gio diventa anche la partecipe ed affettuosa descri-
L’ambiente fiorentino non lo respinge, ma per la di- zione del “natio borgo selvaggio”, le cui vie sono
versità di idee non riesce ad inserirsi. Si sposta così a percorse dai coetanei del poeta, che vivono spensiera-
Pisa. Tra il 1828 e il 1830 scrive i Grandi idilli. Nel tamente il tempo della giovinezza e dell’amore.
1828 torna a Recanati. Nel 1829 Colletta a nome de- Il tema della felicità si interseca con il tema del dolo-
gli amici toscani gli propone un assegno mensile, che re: la Natura dà all’uomo tante speranze, promette
gli avrebbe permesso di lavorare in piena libertà. Il l’amore, il piacere e la gioia; ma essa poi non le rea-
poeta accetta e ritorna a Firenze. Qui nel 1831 pub- lizza. E la felicità allora consiste nelle speranze e nel-
blica i Canti. Ha una relazione amorosa con Fanny la gioia dell’attesa oppure nel breve momento di pau-
Targioni Tozzetti, che si conclude con una delusione. sa tra un dolore ed un altro. La felicità quindi non si
Si lega con una profonda amicizia ad Antonio Ranie- presenta come qualcosa di concreto, di tangibile, che
ri, un esule napoletano. Nel 1832 inizia il poemetto si vive. È soltanto attesa di qualcosa che dovrà avve-
satirico Paralipomeni della batracomiomachia di nire (e che poi non avviene) oppure è assenza, assen-
Omero. Nel 1833 la delusione amorosa e le condizio- za di dolore. Eppure l’uomo fa presto a dimenticare il
ni di salute sempre più difficili spingono il poeta a dolore, non appena esso sia passato, e a ritornare a
lasciare Firenze e a recarsi a Napoli con Ranieri. Qui vivere come se niente fosse successo.
l’editore Starita prepara l’edizione delle sue opere. Il tema del dolore si interseca con quello del senso
Nel 1835 appare il primo volume, che contiene i Can- della vita umana. La Natura sparge dolori a larga ma-
ti. Esso è sequestrato dalla polizia borbonica. L’anno no, perciò l’uomo soffre e la vita umana è sofferenza
dopo è bloccato il secondo volume, quello più “temi- (è il pessimismo storico). La sofferenza però coinvol-
bile” delle Operette morali. Nel 1837 alle falde del ge anche tutti gli esseri viventi (è il pessimismo co-
Vesuvio, dove si era ritirato per fuggire il colera che smico). La vita umana si conclude con la morte,
aveva colpito la città, Leopardi scrive La ginestra o il quell’abisso orrido e tremendo in cui l’uomo precipita
fiore del deserto, il suo testamento poetico e intellet- e, precipitando, dimentica tutti i suoi ricordi.
tuale. Muore nel 1837. Il tema dell’individuo, dei suoi dolori, delle sue spe-
ranze deluse, è collegato con il tema della solitudine,
Le opere. Leopardi scrive lo Zibaldone (1817-32), della giovinezza e dell’amore, dei ricordi, del senso
una raccolta quasi quotidiana di appunti e di rifles- della condizione umana. L’uomo nasce nel dolore,
sioni su problemi vari; i Piccoli idilli (1819-21); le
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deve essere consolato dai genitori fin dal momento con la luna (Alla luna, Canto notturno di un pastore
della nascita, è destinato a sottrarsi all’affetto dei suoi errante dell’Asia) o si sporge dalla finestra, attratto
cari e a precipitare nell’abisso della morte, nel quale dal canto di Silvia (A Silvia) o va a passeggiare da so-
dimentica tutto. L’uomo non riesce ad individuare il lo in mezzo ai campi, mentre la gioventù del borgo
senso della vita, il senso della morte, il senso del do- esce di casa e per le vie si spande, e ammira ed è
lore che tocca ogni uomo ma anche ogni essere vi- ammirata, e in cuore si rallegra (Il passero solitario).
vente, il senso dell’universo, in cui si trova a vivere. E intorno al tema dell’amore è il tema della giovinez-
Per di più è preso da una malattia dello spirito: il te- za e di una natura, che è ad un tempo splendida e ma-
dio, la noia, che lo assale nei pochi momenti in cui è trigna. Che promette felicità ma che non dà felicità: la
libero dal dolore. felicità è soltanto l’attesa o la pausa tra due dolori.
Leopardi è sì un poeta che ha una visione dolorosa e E quindi la poesia diventa rifugio, canto delle proprie
pessimistica della vita umana. Il suo pessimismo però speranze e delle proprie illusioni e scoperta delle de-
non è un atteggiamento pregiudiziale e rinunciatario, lusioni che la natura e la vita riservano agli uomini.
bensì la conclusione a cui giunge la riflessione filoso- Diventa riflessione sull’esistenza, sul suo significato
fica, cioè che la vita umana è dolore, anche se l’uomo filosofico, riflessione sul dolore umano. Insomma di-
cerca di evitare il dolore e di raggiungere la felicità. Il venta consolazione, proprio come la filosofia era stata
poeta respinge il dolore e la morte, è attaccato alle consolazione per A. Torquato Severino Boezio (480
speranze ed alla vita, anche se realisticamente vede ca.-526) in attesa della condanna a morte (De conso-
che le speranze sono costantemente deluse. Il suo latione philosophiae).
pessimismo è insomma un inno alla vita, all’amore, “Se la vita è sventura, perché da noi si dura?”, si
alla giovinezza. Non è passivo, remissivo, rinunciata- chiede il poeta sconsolato. Il fatto è che la morte è
rio. È anzi combattivo ad oltranza: la morte è la nega- molto peggiore, è un abisso orrido, tremendo, caden-
zione dell’uomo. E si conclude con l’invito agli uo- do nel quale l’uomo dimentica tutto, egli risponde a
mini di essere tra loro solidali, nella lotta contro le se stesso. L’uomo è quindi costretto a vivere. E,
sofferenze che una Natura ostile o indifferente distri- quando preso dalla disperazione augura a se stesso la
buisce. morte, cambia immediatamente idea non appena la
morte gli si avvicina sotto forma di un temporale con
I Canti, 1831 fulmini e tuoni minacciosi. Per lui Vivere necesse est.
I Canti (1831, 1847) presentano nell’ordine e nella I classici e i loro seguaci moderni (Goethe, Foscolo,
forma quasi definitivi i Piccoli e i Grandi idilli, che poi Nietzsche, D’Annunzio) invece pensavano che
erano già stati pubblicati. L’ordine cronologico di navigare necesse est.
stesura non è sempre rispettato. L’opera costituisce Ma non serve prendersela con il destino, perché in
l’unica raccolta di poesie dell’autore. Di seguito i te- parte il destino è in noi, anche se meno della metà
sti sono messi in ordine cronologico. delle nostre azioni secondo Machiavelli è in nostro
Il tema dominante dei canti è senz’altro l’amore, che potere. Il poeta ha scelto la via della contemplazione,
è fratello di giovinezza. In proposito l’esperienza del e ne paga il prezzo. Come del resto deve fare anche
poeta è negativa e deludente: le donne che incontra o chi ha scelto la via opposta.
che avvicina non lo ricambiano, ed egli accetta molto
male questo rifiuto. I punti estremi di questa parabola L’infinito, 1819
sono il primo innamoramento a 18 anni che lo scon-
volge radicalmente (Il primo amore) e la delusione Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
provata davanti alla scoperta che l’uomo idealizza la e questa siepe, che da tanta parte
donna e l’amore, ma poi la donna soltanto raramente dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
è all’altezza della situazione (Il tramonto della luna). Ma sedendo e mirando, interminati
Tra i due estremi è lo stesso comportamento: il poeta spazi di là da quella, e sovrumani
preferisce riflettere e contemplare la realtà piuttosto silenzi, e profondissima quïete
che buttarsi in essa con foga e con audacia come io nel pensier mi fingo, ove per poco
qualche anno prima aveva fatto sia Foscolo sia il suo il cor non si spaura. E come il vento
personaggio, Jacopo Ortis (1798), e come aveva pro- odo stormir tra queste piante, io quello
posto la corrente tedesca dello Sturm und Drang infinito silenzio a questa voce
(Tempesta ed impeto) alla fine del Settecento. vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
La formazione illuministica e classica (apollinea, non e le morte stagioni, e la presente
dionisiaca) ha sempre la meglio sulla sua volontà di e viva, e il suon di lei. Così tra questa
agire. Per il poeta “In principio era la Parola”, come immensità s’annega il pensier mio:
diceva il Vangelo di Giovanni; non era l’Azione (Im e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Anfang war die Macht, In principio era l’azione),
come proclamava in quegli stessi anni J. Wolfgang L’infinito
Goethe (1749-1832).
Egli va sul colle ad immaginare l’infinito spaziale e Sempre caro mi fu questo colle solitario
temporale oltre la siepe (L’infinito) o parla di notte e questa siepe, che impedisce alla vista di vedere
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tanta parte dell’orizzonte più lontano. Alla luna, 1820
Ma, standomene seduto e guardando,
io m’immagino nel pensiero spazi sterminati, silenzi O graziosa luna, io mi rammento
sovrumani e una quiete profondissima oltre la siepe. che, or volge l’anno, sovra questo colle
Perciò per poco il mio cuore non si sgomenta. io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E, quando odo il vento stormire tra questi alberi, e tu pendevi allor su quella selva
io paragono quel silenzio infinito a questo rumore. siccome or fai, che tutta la rischiari.
E mi viene in mente l’eternità, le stagioni passate, Ma nebuloso e tremulo dal pianto
la stagione presente e viva, e il rumore che fa. che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Così in questa [duplice] immensità il mio pensiero il tuo volto apparia, che travagliosa
si annega; e mi è dolce naufragare in questo mare era la mia vita: ed è, né cangia stile,
[di pensieri e di sensazioni]. o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza e il noverar l’etate
Commento del mio dolore. Oh come grato occorre
1. Leopardi riscopre l’idillio greco, cioè il piccolo nel tempo giovanil, quando ancor lungo
quadretto paesaggistico. Lo vede però con una sensi- la speme e breve ha la memoria il corso,
bilità individualistico-romantica: egli si abbandona e il rimembrar delle passate cose,
si perde nelle dolcissime sensazioni che prova non ancor che triste e che l’affanno duri!
guardando oltre la siepe, ma immaginandosi silenzi
sovrumani ed una quiete profondissima al di là di es- Alla luna
sa. La razionalità classicheggiante contempera ogni
esteriore ed eccessiva manifestazione di passionalità O graziosa luna, io mi ricordo
romantica. Il poeta si trova in equilibrio interiore e che, un anno fa, io venivo spesso sopra
con la natura. questo colle pieno d’angoscia a guardati:
2. Il poeta ha un duplice rapporto con la natura: da e tu allora stavi sospesa su quella selva,
una parte la natura procura indicibili emozioni con la proprio come fai ora, che la rischiari tutta.
sua bellezza; dall’altra promette gioia e felicità, che Ma il tuo volto appariva ai miei occhi incerto
poi non mantiene. La scoperta dell’infelicità come e tremulo a causa del pianto che spuntava
condizione permanente dell’uomo avviene però sol- dalle ciglia, perché la mia vita
tanto in seguito. era travagliata: e lo è, né è destinata
3. Il poeta non vuol vedere quel che è oltre la siepe. a cambiare, o mia diletta luna. Eppure mi giova
Potrebbe farlo: dovrebbe soltanto sporgersi e guarda- ricordare e ripensare al tempo
re. Non lo fa e non lo vuole fare. Preferisce immagi- del mio dolore. Oh!, com’è gradito
narlo: ciò è molto più emozionante e coinvolgente. In durante la giovinezza (quando la speranza ha
questo senso la poesia di Leopardi è poesia del pen- un cammino lungo da percorrere e la memoria
siero e dell’immaginazione, poesia della riflessione e ne ha fatto uno breve) ricordare gli avvenimenti
poesia del ricordo. Il poeta si volta indietro, e vede passati, anche se tristi e anche se l’affanno rimane!
l’abisso delle morte stagioni, che paragona alla sta-
gione presente e ai suoni vivi che essa gli fa sentire. Commento
Ed egli naufraga piacevolmente in questa immensità 1. Il poeta è angosciato, perciò si rivolge alla natura:
spaziale e temporale. la luna, che è divinamente lontana e sopra la condi-
4. Conviene confrontare l’idillio di Leopardi con Ale- zione umana, lo può ascoltare e confortare. La natura
xandros (1895) di Giovanni Pascoli in un’altra tem- sembra bellezza, la condizione umana sembra dolore.
perie culturale: Alessandro Magno ha conquistato tut- Eppure anche i ricordi dolorosi diventano piacevoli,
to il mondo ed è arrivato sulle rive dell’Oceano in- quando si è giovani e la memoria ha poche cose da
diano, ma non è felice. Era più bello il momento della ricordare, ed il futuro si presenta pieno di possibilità e
partenza, quando immaginava il futuro. Ora davanti a illuminato dalla speranza. Il poeta fonde i fatti con la
sé ha soltanto la luna, ma essa è irraggiungibile. La riflessione sui fatti, con la memoria del passato e la
realtà si è dimostrata deludente. Le montagne erano proiezione della vita nel futuro.
più imponenti prima che fossero varcate. Aveva fatto 2. Nell’idillio il dolore riguarda soltanto l’uomo e la
la scelta giusta sua madre, che era rimasta nella reg- sua vita di relazione con gli altri uomini. È dolore fi-
gia a sognare, e ascoltava e capiva il linguaggio delle sico e morale. La natura svolge il ruolo di consolatri-
querce. ce. Il poeta però poco dopo scopre che la natura non è
---I☺I--- benevola nei confronti dell’uomo: è bellissima e
promette gioia e felicità, ma poi non mantiene le
promesse, ed è fonte di ulteriori dolori per l’uomo.
---I☺I---
Dolce e chiara è la notte e senza vento, La notte è dolce e chiara e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti e la luna riposa quieta sopra i tetti e in mezzo
posa la luna, e di lontan rivela ai giardini, e in lontananza rivela el cielo
serena ogni montagna. O donna mia, sereno ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi già tace ogni via del paese (=Recanati), e la luce
rara traluce la notturna lampa: notturna traluce fioca da qualche finestra.
tu dormi, che t’accolse agevol sonno Tu dormi, poiché il sonno ti accolse agevolmente
nelle tue chete stanze; e non ti morde (=ti addormentasti facilmente) nelle tue quiete stanze;
cura nessuna; e già non sai né pensi e non ti tormenta nessuna preoccupazione;
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto. e già non sai né immagini
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno quale ferita [amorosa] mi apristi in mezzo al petto.
appare in vista, a salutar m’affaccio, Tu dormi. Io mi affaccio a salutare questo cielo,
e l’antica natura onnipossente, che così benigno appare a chi lo guarda, e l’antica
che mi fece all’affanno. A te la speme natura onnipossente, che mi fece nascere
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro per farmi soffrire. “A te nego la speranza”
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. – mi disse –, “anche la speranza; e i tuoi occhi
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli non brillino d’altro se non di pianto”.
prendi riposo; e forse ti rimembra Questo giorno fu solenne. Ora tu prendi riposo
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti dagli svaghi; e forse ti ricordi
piacquero a te: non io, non già ch’io speri, in sogno a quanti oggi piacesti e quanti piacquero
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo a te. Io [certamente] non ritorno nei tuoi pensieri,
quanto a viver mi resti, e qui per terra non già che io vi speri. Intanto io chiedo
mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi quanto mi resti da vivere, e qui per terra mi getto
in così verde etate! ahi, per la via e grido e fremo. Oh, giorni orrendi
odo non lunge il solitario canto in questa età così verde (=la giovinezza)!
dell’artigian, che riede a tarda notte, Ahi, per la via odo non lontano il canto solitario
dopo i sollazzi, al suo povero ostello; dell’artigiano, che ritorna a tarda notte,
e fieramente mi si stringe il core, dopo i divertimenti, alla sua povera dimora.
a pensar come tutto al mondo passa, E per l’angoscia mi si stringe il cuore
e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito al pensiero che tutto al mondo passa e quasi
il dì festivo, ed al festivo il giorno non lascia traccia. Ecco è fuggito il giorno festivo,
volgar succede, e se ne porta il tempo e al festivo succede il giorno normale, e il tempo
ogni umano accidente. Or dov’è il suono porta via ogni vicenda che riguarda l’uomo.
di que’ popoli antichi? or dov’è il grido Ora dov’è il suono (=il rumore ella civiltà)
de’ nostri avi famosi, e il grande impero di quei popoli antichi? Ora dov’è il grido dei nostri
di quella roma, e l’armi, e il fragorio avi famosi e il grande impero di quella Roma
che n’andò per la terra e l’oceano? e le armi e la fama delle imprese militari,
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa che si diffuse per tutta la terra e per tutti i mari?
il mondo, e più di lor non si ragiona. Tutto è pace e silenzio, e tutto riposa
Nella mia prima età, quando s’aspetta il mondo, e più non si parla di loro.
bramosamente il dì festivo, or poscia Nella mia fanciullezza, quando si aspetta con infinito
ch’egli era spento, io doloroso, in veglia, desiderio il giorno festivo, a quest’ora, dopo
premea le piume; ed alla tarda notte che il giorno era terminato, io pieno d’angoscia,
un canto che s’udia per li sentieri in veglia, premevo le piume [del letto](=me ne stavo
lontanando morire a poco a poco, sveglio, incapace di addormentarmi). E a tarda notte
già similmente mi stringeva il core. un canto, che si udiva allontanarsi per i sentieri
e poi morire a poco a poco,
stringeva in modo simile il mio cuore.
Riassunto. La notte è serena e senza vento, la luna il- una giornata di festa. In sogno ricorda a quanti piac-
lumina il paesaggio e, in lontananza, le montagne. Il que e quanti le piacquero. Tra questi ultimi certamen-
paese è silenzioso e la luce di qualche rara lampada te non è il poeta. Egli non ha speranza. E, anche se
brilla fiocca tra le imposte. La donna, di cui il poeta è giovane, si lascia andare alla disperazione. Per la via
innamorato, si è addormentata facilmente. Non sa né ode il canto dell’artigiano che a tarda notte, dopo i
immagina quanto lo ha turbato. Mentre ella dorme, divertimenti, ritorna a casa. Egli invece prova un’in-
egli si affaccia a guardare il cielo e la natura, che lo finita angoscia a pensare che al mondo tutto passa
ha messo al mondo per farlo soffrire. Lei dorme dopo senza lasciare traccia. È passato il giorno festivo ed è
giunto il giorno feriale. Le grandi imprese di Roma,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 321
di cui si parlava per terra e per mare, ora sono com- nel suo animo, viene violentemente abbattuto, ed egli
pletamente dimenticate. Quand’era fanciullo, alla fine è sconvolto dalle emozioni e dall’angoscia.
del giorno festivo, egli se ne stava a letto, incapace di 6. L’amore come pena ed angoscia, presente anche
dormire: un canto, che si perdeva in lontananza e poi nella canzone Il primo amore, può essere sincero. Ma
moriva, gli riempiva il cuore con una uguale ango- non è questo il problema. Quel che conta è che esso
scia. ha una lunga tradizione letteraria e risale addirittura
---I☺I--- agli inizi della letteratura, con Andrea Cappellano
(sec. XIII). Ed è ripreso ed esasperato con mille in-
Commento venzioni da Petrarca nel Canzoniere. Il poeta ricorre
1. L’idillio mescola temi consueti: l’amore infelice e alla letteratura precedente, per esprimere i suoi sen-
non corrisposto, la giovinezza e l’infelicità di cui il timenti, le sue emozioni e le sue angosce.
destino è responsabile. Il tema dell’amore angosciato ---I☺I---
e disperato è però mescolato con la riflessione: il tem-
po passa inesorabile. La fama degli antichi romani
non è più nemmeno un fioco ricordo, proprio come è
ormai dimenticato il giorno festivo, appena terminato,
con tutti gli avvenimenti gioiosi che lo hanno riempi-
to. Tutto diventa ricordo, memoria, ma poi sfugge an-
che alla memoria. Il poeta continua a vivere in
quell’angoscia che lo accompagnava anche nella fan-
ciullezza.
2. L’idillio è costruito sulla riflessione e sull’azione
di ricordare gli avvenimenti. Il pensiero della donna
porta però il poeta prima a riflettere sulla sua vita, poi
ad allargare la sua riflessione al tempo, al passato: le
imprese degli antichi romani sono silenzio proprio
come quel giorno festivo. Il destino è lo stesso. Il te-
ma del tempo e del passato, anzi dell’infinito spaziale
e temporale, si trova già nell’idillio L’infinito.
3. Il poeta, deluso, si affaccia al balcone della sua ca-
sa ed ammira la natura onnipossente. Altrove inter-
rompeva il lavoro sulle sue sudate carte, si affacciava
al balcone e ascoltava il canto di Silvia (A Silvia). Il
canto che si disperde nella notte rimanda anche al
canto dell’erbivendolo, che riprende il suo cammino
quando il temporale è passato (La quiete dopo la
tempesta) e all’Ultimo canto di Saffo. Il canto è la
poesia, lo strumento che permette all’uomo di metter-
si in contatto e di descrivere la natura, ma anche di
esprimere i suoi sentimenti, le sue pene, la sua ango-
scia, le sue speranze e le sue illusioni e le sue delu-
sioni. Altrove è lo strumento della riflessione filoso-
fica sulla vita (Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia).
4. Il tema della sera, della festa si trova anche in altri
idilli, da Il sabato del villaggio a Il passero solitario.
Questi idilli propongono anche il tema del paese, il
natio borgo selvaggio, che sorge tra il mare e i monti,
come emerge dall’idillio A Silvia.
5. La compostezza classica è turbata ad un certo mo-
mento dall’onnipotenza dell’amore: “e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo”. L’atteggiamento con-
sueto del poeta è quello di contemplare e di riflettere
sulla realtà. Ciò emerge fin dall’idillio L’infinito: egli
va sul colle, si siede dietro la siepe e immagina “spazi
sterminati, silenzi sovrumani ed una quiete profondis-
sima oltre la siepe”. In questo caso l’amore è così in-
tenso ed irruento, che lo spinge a un comportamento
scomposto: il diaframma della riflessione filosofica e
poetica, che filtra il mondo esterno che vuole entrare
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 322
Ultimo canto di Saffo, 1822 L’ultimo canto di Saffo
Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella 2. È bello il tuo manto, o cielo divino, e bella
sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta sei tu, o terra bagnata dalla pioggia. Ahi, di questa
infinita beltà parte nessuna infinita bellezza i numi e l’empia sorte
alla misera saffo i numi e l’empia non fecero parte alcuna alla misera Saffo.
sorte non fenno. A’ tuoi superbi regni O natura, io, sottomessa alle tue leggi
vile, o natura, e grave ospite addetta, superbe come un’ospite vile e sgradita
e dispregiata amante, alle vezzose e come un’amante disprezzata, invano
tue forme il core e le pupille invano rivolgo supplichevole il cuore e le pupille
supplichevole intendo. A me non ride alle tue forme eleganti. A me non sorride
l’aprico margo, e dall’eterea porta la campagna soleggiata né la luce del primo
il mattutino albor; me non il canto mattino [che scende] dalla porta del cielo.
de’ colorati augelli, e non de’ faggi Non mi saluta il canto degli uccelli colorati,
il murmure saluta: e dove all’ombra né il mormorio dei faggi. Ed il ruscello, dove
degl’inchinati salici dispiega all’ombra dei salici piangenti fa scorrere
candido rivo il puro seno, al mio le sue limpide acque, ritrae sdegnoso
lubrico piè le flessuose linfe le sue acque correnti davanti al mio piede
disdegnando sottragge, incerto e, fuggendo, preme contro
e preme in fuga l’odorate spiagge. le rive ricoperte di fiori profumati.
Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso 3. Quale errore mai, quale colpa così vergognosa
macchiommi anzi il natale, onde sì torvo mi macchiò prima di nascere, per il quale il cielo
il ciel mi fosse e di fortuna il volto? e il volto della fortuna mi fossero così ostili?
In che peccai bambina, allor che ignara In che cosa peccai da bambina, quando la vita ignora
di misfatto è la vita, onde poi scemo il misfatto, per il quale poi il ferrigno mio stame
di giovanezza, e disfiorato, al fuso (=l’oscuro filo della mia vita), privo di giovinezza
dell’indomita Parca si volvesse e di bellezza, si avvolgesse al fuso della Parca
il ferrigno mio stame? Incaute voci inflessibile? [Accusando gli dei], il tuo labbro
spande il tuo labbro: i destinati eventi pronuncia parole incaute: un disegno misterioso
move arcano consiglio. Arcano è tutto, governa gli eventi prestabiliti. Tutto è misterioso,
fuor che il nostro dolor. Negletta prole fuorché il nostro dolore. Nascemmo per piangere
nascemmo al pianto, e la ragione in grembo come figli abbandonati, e il motivo [di ciò] si trova
de’ celesti si posa. Oh cure, oh speme in grembo agli dei celesti. Oh desideri, oh speranze
de’ più verd’anni! Alle sembianze il Padre, dei miei anni più verdi! Alla bellezza esteriore,
Alle amene sembianze eterno regno alla sola bellezza esteriore il padre Giove concesse
diè nelle genti; e per virili imprese, di regnare per sempre tra le genti. E nemmeno
per dotta lira o canto, per le imprese più valorose, per l’abilità nella lira
virtù non luce in disadorno ammanto. o per la dolcezza del canto la virtù risplende
in un corpo deforme.
Riassunto per strofa. 1. Saffo si rivolge alla notte, al- e il suo ingegno poetico. Perciò si uccide lanciandosi
la luna che sta tramontano e al pianeta Venere: la loro giù dalla ruppe di Leucade.
vista non dà più gioia al suo cuore. Una nuova gioia 2. Il poeta si identifica nella poetessa: anche a lui il
la rallegra: vagare per le valli profonde, guardare le destino negò la giovinezza e la bellezza. Sono gli
pecore fuggire spaventate e ascoltare il gorgoglio del stessi motivi di altri idilli, ad esempio A Silvia.
fiume, quando il soffio del vento passa sui campi on- 3.1. Nella prima strofa Saffo sposta la sua attenzione
deggianti e quando il fulmine e il tuono di Giove e il suo amore dal cielo (la notte, la luna, l’astro di
squarciano l’aria tenebrosa. Venere) al paesaggio, alla terra. Il cielo però è luce,
2. Il cielo e la terra risplendono di bellezza. Ma di ed è simbolo della speranza. La terra invece è buio, è
quella bellezza essa non ha avuto nessuna parte: la morte, è simbolo dell’oltretomba. La donna insomma
natura la ebbe come un’ospite sgradita; e il cielo non ripiega sulla morte. Il paesaggio naturale è un pae-
ebbe mai un sorriso per lei. Il canto degli uccelli non saggio sconvolto dal vento, dai tuoni e dai fulmini.
l’ha mai salutata; invece l’acqua del ruscello fuggiva Ed essa ora ama vagare in questo paesaggio orrido,
davanti ai suoi piedi. per balze e valli profonde. Ama veder le pecore spa-
3. Perciò Saffo si chiede quale colpa la macchiò pri- ventate e sentir il gorgogliare delle acque del fiume.
ma di nascere, che rese il cielo e la terra a lei così Lo spirito apollineo, legato alla luce e al cielo, cede il
ostili. Quale colpa ha commesso, per essere stata pri- posto allo spirito dionisiaco, sconvolto dalle passioni.
vata della giovinezza e della bellezza. Ma i disegni 3.2. Nella seconda strofa la donna osserva la bellezza
degli dei sono misteriosi e incomprensibili. Tutto è del cielo e della terra, e si lamenta che di tale bellezza
incomprensibile, tranne il dolore: lei è nata per soffri- lei non ebbe nulla. Essa ha ricevuto dal destino una
re, e il motivo della sofferenza è noto soltanto agli sorte ingrata: gli uccelli non cantano per lei, il cielo
dei. Le speranze giovanili sono state deluse: soltanto non le sorride di primo mattino, anzi l’acqua del fiu-
la bellezza fisica è apprezzata dagli uomini. Né le me si ritrae davanti ai suoi piedi.
grandi imprese né l’abilità nel canto possono far di- 3.3. Nella terza strofa perciò essa si chiede quale col-
menticare un corpo deforme. pa l’ha macchiata prima di nascere, che ha provocato
4. Così la donna morirà. La sua anima, priva del cor- l’ostilità del cielo verso di lei. Quale colpa ha com-
po, scenderà nel regno dei morti, dove pagherà messa da bambina, per essere privata della giovinezza
l’errore del destino. Ma vuole augurare la felicità a e della bellezza. Ma i piani degli dei son misteriosi e
Faone, che ha tanto amato, se è mai possibile essere incomprensibili. Resta soltanto la realtà del dolore.
felici sulla terra. Giove non le ha dato alcuna felicità. Lei è nata per soffrire. La spiegazione del dolore si
Le illusioni giovanili sono scomparse. I giorni felici trova nel grembo della divinità. Soltanto la bellezza
fuggono per primi e lasciano il posto alla malattia, fisica è apprezzata, non la bellezza che si trova dentro
alla vecchiaia e alla morte. Ora le resta soltanto la l’animo.
morte, e la morte avrà il suo ingegno poetico. 3.4. Nella quarta strofa la donna è consapevole del
destino che la aspetta e che anzi ha deciso: morirà. La
Commento sua anima scenderà tra i morti, priva del suo corpo.
1. Secondo la leggenda Saffo (sec. VII-VI a.C.) si in- Qui espierà la colpa. Il suo amore per Faone è stato
namora di Faone, un barcaiolo, che la respinge a cau- inutile ed è rimasto insoddisfatto. Ma ha la forza di
sa del suo aspetto. A nulla vale la sua abilità nel canto augurare ogni felicità all’amato, se un uomo può mai
essere felice qui sulla terra. Il suo destino è stato di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 324
vivere senza alcuna gioia. Ed ora, passata la giovi- nezza, bellezza, amore, morte, rifiuto, solitudine,
nezza, arriva minacciosa la malattia, la vecchiaia, la emarginazione, illusioni, speranze, delusioni) sono gli
morte. Di tanta gloria sperata e di tante illusioni non stessi e si intersecano.
resta nulla, soltanto l’oblio nella morte. E il regno dei 8. La canzone è composta da quattro strofe di endeca-
morti, la notte senza luce del regno dei morti, la riva sillabi. L’unica eccezione è il verso 17 di ogni strofa,
silenziosa del fiume Acheronte avranno il suo inge- che è un settenario, che rima con il verso successivo,
gno poetico. l’ultimo verso della strofa. L’endecasillabo permette
4. L’idillio dà grande spazio alla natura, ma accanto un discorso e un flusso di pensieri di più ampio respi-
alla natura serena presente in altri idilli è anche una ro e più vario nei ritmi. Ma nel suo interno ha due ca-
natura insolita, intensamente romantica: la natura or- ratteristiche che lo arricchiscono ulteriormente: pe-
rida, tumultuosa e sconvolta da forze scatenate e irra- riodo estremamente lunghi; e la frattura del verso
zionali. Anche altrove, ne La quiete dopo la tempesta, provocata dall’enjambement. La frattura e la lunghez-
il poeta presenta una natura serena che si manifestava za dei periodi riescono a rendere tangibile l’angoscia
nella sua consueta bellezza e una natura sconvolta da della donna, che riflette sulla bellezza che non ha ri-
forze che l’uomo non poteva controllare e da cui era cevuto, sul destino infelice, sull’amore insoddisfatto,
terrorizzato. Ma ormai la natura si è ricomposta: sulla morte imminente e sul regno dei morti che la
“Passata è la tempesta...”. Il pensiero però va al mo- aspetta.
mento in cui il temporale, i tuoni e i fulmini, erano ---I☺I---
così violenti che avevano spaventato anche l’uomo
che aveva meditato il suicidio. In questo idillio per
altro l’attenzione del poeta è rivolta a fare del tempo-
rale il simbolo del dolore, che intride la vita umana, e
ad elaborare la definizione di felicità come di sempli-
ce pausa tra due dolori.
5. Il poeta ricostruisce precisamente la psicologia e il
dramma della donna: vuole l’amore, ma l’amore non
è corrisposto. E la colpa è di lei, che non può dare
all’amato quella bellezza che deve caratterizzare ogni
donna. La natura è stata avara nei suoi confronti. Per-
ciò si sente maltrattata e umiliata: il destino la puni-
sce per una colpa che non ha commesso. E si lamenta
degli dei: i loro piani sono incomprensibili, soltanto il
dolore è una cosa certa.
6. L’uomo è nato per soffrire. E la spiegazione del
dolore umano è in grembo a Giove. La donna ripete
un verso di Omero, divenuto proverbiale: il destino
umano è inconoscibile e soprattutto incomprensibile.
Per altro nel mondo greco nemmeno l’onnipotente
Giove può sottrarsi alla volontà delle Parche, che fi-
lano la vita umana, tessono la tela e tagliano il filo:
non può modificare il destino di un suo figlio, che era
destinato a morire.
7. Moriremo. Tra poco la donna metterà in atto il sui-
cidio che ha meditato, e si getterà dalla rupe. Essa si
lamenta con il destino infelice, che non le ha permes-
so di coronare il suo sogno d’amore. Per coronarlo
aveva bisogno di un bel corpo, non di un bel canto e
di un grande ingegno poetico. Ed ora, passata la gio-
vinezza senza la bellezza e senza l’amore (“e te, ger-
man di giovanezza, amore” de Il passero solitario),
vede davanti a sé soltanto la malattia, la vecchiaia e la
gelida morte. La donna ripete convinzioni comuni del
mondo antico: vecchiaia vuol dire malattia (“Senectus
ipsa morbus” dice Cicerone) o vita ingrata (“Muor
giovane colui che al cielo è caro”). Il poeta aveva im-
precato e deprecato la vecchiaia fin dall’idillio Alla
luna (1820): “Oh come grato occorre Nel tempo gio-
vanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la
memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!”. I temi (giovi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 325
Alla sua donna, 1823 Alla sua donna
Cara beltà che amore
lunge m’inspiri o nascondendo il viso, 1. O mia cara bellezza, che m’inspiri amore
fuor se nel sonno il core da lontano o nascondendo il viso
ombra diva mi scuoti, (tranne quando un’ombra divina mi scuote
o ne’ campi ove splenda il cuore nel sonno) o nei campi (dove il giorno
più vago il giorno e di natura il riso; e il sorriso della natura risplendono più belli);
forse tu l’innocente forse tu rendesti beato il tempo innocente
secol beasti che dall’oro ha nome, che prende il nome dall’oro (=età dell’oro) ed oggi
or leve intra la gente come un’anima leggera voli
anima voli? o te la sorte avara tra la gente? o la sorte avara, che ti nasconde
ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara? a noi, ti riserva agli [uomini] che verranno?
II 2.
Sonavan le quiete Le stanze tranquille e le vie
stanze, e le vie d’intorno, circostanti risuonavano
al tuo perpetuo canto, al tuo canto ininterrotto,
allor che all’opre femminili intenta quando sedevi occupata nei lavori
sedevi, assai contenta femminili, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi. di quel vago avvenire, che avevi in mente.
Era il maggio odoroso: e tu solevi Era il mese di maggio, pieno di profumi. E tu solevi
così menare il giorno. passare in questo modo la giornata.
III 3.
Io gli studi leggiadri Io, interrompendo talvolta
talor lasciando e le sudate carte, gli studi belli e gli scritti faticosi,
ove il tempo mio primo nei quali si spendeva la mia adolescenza
e di me si spendea la miglior parte, e la miglior parte di me,
d’in su i veroni del paterno ostello dai balconi della casa paterna
porgea gli orecchi al suon della tua voce, porgevo gli orecchi per ascoltare il suono
ed alla man veloce della tua voce e la mano veloce,
che percorrea la faticosa tela. che si muoveva faticosamente sul telaio.
Mirava il ciel sereno, Guardavo il cielo sereno,
le vie dorate e gli orti, le vie indorate dal sole e i giardini,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. e da una parte il mare lontano, dall’altra i monti.
Lingua mortal non dice Nessuna lingua mortale poteva dire
quel ch’io sentiva in seno. ciò che io provavo dentro di me.
IV 4.
Che pensieri soavi, Quali pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia! quali speranze, quali sentimenti [provavamo],
Quale allor ci apparia o Silvia mia! Come ci apparivano belli allora
la vita umana e il fato! la vita umana ed il nostro destino!
Quando sovviemmi di cotanta speme, Quando mi ricordo di tali speranze,
un affetto mi preme sono preso da un tormento
acerbo e sconsolato, acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura. e torno a provar dolore per la mia sorte sventurata.
O natura, o natura, O natura, o natura,
perché non rendi poi perché non mantieni poi
quel che prometti allor? perché di tanto ciò che prima hai promesso? perché tanto
inganni i figli tuoi? inganni i tuoi figli?
V 5.
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, Tu, prima che l’inverno rendesse aride
da chiuso morbo combattuta e vinta, le erbe, stremata e vinta da un morbo nascosto,
perivi, o tenerella. E non vedevi morivi, o poverina. E non vedevi
il fior degli anni tuoi; gli anni della tua giovinezza;
non ti molceva il core non ti addolciva il cuore
la dolce lode or delle negre chiome, la dolce lode per i tuoi capelli neri
or degli sguardi innamorati e schivi; né per gli sguardi innamorati e schivi,
né teco le compagne ai dì festivi né con te le tue coetanee nei giorni di festa
ragionavan d’amore. parlavano d’amore.
VII 7.
All’apparir del vero Quando apparve la realtà, tu (=la speranza, ma anche
tu, misera, cadesti: e con la mano Silvia, perché la speranza del poeta segue lo stesso
la fredda morte ed una tomba ignuda destino della ragazza), o infelice, cadesti;
mostravi di lontano (=dall’al di là). e con la mano mi indicavi la fredda morte
---I☺I--- e una tomba spoglia dall’al di là.
---I☺I---
Riassunto. 1. Il poeta si rivolge a Silvia e le chiede se
ricorda ancora quand’era in vita e si preparava a var- L’infinito e Alla luna. Il dialogo è angoscioso, ma
care la soglia della giovinezza. nello stesso tempo è anche temperato dalla riflessio-
2. Il suo canto risuonava per le vie illuminate dal so- ne: il poeta non abbandona mai un equilibrio e un
le, mentre era occupata nei lavori femminili e imma- controllo classico sui suoi sentimenti, sia di gioia sia
ginava un futuro felice. Era maggio, e lei trascorreva di dolore.
così le giornate. 3. L’idillio unifica diversi motivi: l’amore, la giovi-
3. Il poeta interrompeva i suoi studi faticosi e porgeva nezza, le speranze, la felicità; ed anche il dolore,
gli orecchi per sentire la sua voce. Nessuna lingua l’infelicità, la delusione, la morte, la Natura madre e
mortale può dire quel che egli provava nel cuore. matrigna. Essi saranno ripresi e sviluppati negli idilli
4. Com’erano fiduciosi allora nel futuro! Quando successivi.
pensa a tali speranze, egli torna a lamentarsi della sua 4. Il tema della giovinezza e dell’amore ha numerosi
sventura. E, angosciato, si chiede perché la natura fa precedenti letterari: a) la canzone I’ mi trovai, fan-
tante promesse, che poi non mantiene, e perché in- ciulle, un bel mattino di Agnolo Poliziano (1454-
ganna in quel modo i suoi figli. 1494); b) la Canzona di Bacco e Arianna (1490) di
5. Prima che giungesse l’inverno, Silvia, colpita dalla Lorenzo de’ Medici (1449-1492); c) la “favola bo-
malattia, moriva e non conosceva la giovinezza né schereccia” Aminta (1573) e l’episodio del pappagal-
l’amore. lo filosofo che invita a cogliere il fiore della giovi-
6. Poco dopo moriva anche la speranza del poeta: il nezza nella Gerusalemme liberata (XVI, 9-19) di
destino gli ha negato anche la giovinezza. Di tutte le Torquato Tasso (1544-1595).
speranze che ha riposto nel futuro non è rimasto nul- 5. Leopardi non vede nella morte la possibilità di una
la. E la morte di Silvia come la caduta delle speranze “corrispondenza d’amorosi sensi” e nelle tombe dei
mostrano che il futuro gli riserva soltanto la morte e grandi uno stimolo a compiere grandiose imprese,
una tomba spoglia. come invece faceva Foscolo. Per lui la morte è la to-
tale e irreparabile negazione della vita. Insomma è
Commento meglio non morire, è meglio vivere, anche se la vita è
1. Leopardi canta la giovinezza, la bellezza e le spe- dolore. Ci sono però la speranza (verso il futuro) e i
ranze nel futuro di Silvia. Scopre però con angoscia ricordi (verso il passato), che allietano la vita.
che la natura fa promesse di felicità, che poi non ---I☺I---
mantiene. Così Silvia muore ancor prima di conosce-
re la giovinezza e l’amore. Ed il poeta scopre che an-
che il suo destino è segnato dal dolore: non ha potuto
vivere la sua giovinezza e la morte della ragazza indi-
ca la caduta di ogni speranza e un futuro di morte.
2. L’idillio è incentrato sulla memoria: il poeta ricor-
da Silvia, la sua bellezza, i suoi canti, l’interruzione
dei suoi studi per ascoltare la ragazza, le speranze che
ambedue riponevano nel futuro. Egli dialoga con se
stesso e con la sua memoria, come aveva fatto ne
I 1.
D’in su la vetta della torre antica, Dalla cima dell’antico campanile,
passero solitario, alla campagna o passero solitario, canti rivolto
cantando vai finché non more il giorno; alla campagna, finché non muore il giorno.
ed erra l’armonia per questa valle. E il tuo canto si diffonde per tutta la valle.
Primavera dintorno La primavera brilla dappertutto
brilla nell’aria, e per li campi esulta, nell’aria ed esulta per i campi,
sì ch’a mirarla intenerisce il core. così che a guardarla il cuore si intenerisce.
Odi greggi belar, muggire armenti; Si odono le greggi belare, gli armenti muggire.
gli altri augelli contenti, a gara insieme Gli altri uccelli, felici, a gara insieme
per lo libero ciel fan mille giri, per il cielo libero fanno mille voli,
pur festeggiando il lor tempo migliore: anche se festeggiano il tempo più bello della vita.
tu pensoso in disparte il tutto miri; Tu in disparte guardi tutto,
non compagni, non voli, non hai compagni, non fai voli,
non ti cal d’allegria, schivi gli spassi; non cerchi l’allegria, eviti i divertimenti.
canti, e così trapassi Canti, e così passi il più bel tempo
dell’anno e di tua vita il più bel fiore. dell’anno e della tua vita.
II 2.
Oimè, quanto somiglia Ohimè, quanto il mio modo di vivere
al tuo costume il mio! sollazzo e riso, assomiglia al tuo! Divertimento e risate,
della novella età dolce famiglia, dolci compagni dell’età giovinile,
e te german di giovinezza, amore, e te, o amore, fratello della giovinezza,
sospiro acerbo de’ provetti giorni, rimpianto doloroso della maturità,
non curo, io non so come; anzi da loro io non curo, non so perché, anzi da loro
quasi fuggo lontano; quasi fuggo lontano.
quasi romito, e strano E, quasi solitario ed estraneo
al mio loco natio, al mio paese natale,
passo del viver mio la primavera. passo la primavera della mia vita.
Questo giorno ch’omai cede la sera, Questo giorno, che ormai cede [il posto] alla sera,
festeggiar si costuma al nostro borgo. è usanza festeggiare nel nostro paese.
Odi per lo sereno un suon di squilla, Si ode per il cielo sereno un suono di campana,
odi spesso un tonar di ferree canne, si ode spesso un tuonare di fucili,
che rimbomba lontan di villa in villa. che risuona in lontananza da una borgata all’altra.
Tutta vestita a festa Tutta vestita a festa,
la gioventù del loco la gioventù del luogo
lascia le case, e per le vie si spande; esce di casa e si spande per le strade,
e mira ed è mirata, e in cor s’allegra. ammira ed è ammirata, e in cuore si rallegra.
Io solitario in questa Io, uscendo da solo verso
rimota parte alla campagna uscendo, la campagna in questa zona appartata,
ogni diletto e gioco rimando al futuro
indugio in altro tempo: e intanto il guardo ogni divertimento e gioco. E intanto lo sguardo,
steso nell’aria aprica disteso nell’aria luminosa,
mi fere il sol che tra lontani monti, mi è colpito dal sole, che tra i monti lontani,
dopo il giorno sereno, dopo il giorno sereno,
cadendo si dilegua, e par che dica cadendo scompare, e pare che dica
che la beata gioventù vien meno. che la beata giovinezza è destinata a finire.
III
Tu solingo augellin, venuto a sera 3.
del viver che daranno a te le stelle, Tu, o uccellino solitario, giunto alla fine
certo del tuo costume della vita che il destino ti concederà,
non ti dorrai; che di natura è frutto certamente non ti addolorerai per il tuo modo
ogni nostra vaghezza. di vivere, perché ogni vostro comportamento
A me, se di vecchiezza è prodotto dalla natura.
la detestata soglia A me, se non otterrò
evitar non impetro, di evitare l’odiosa soglia
della vecchiaia (=se non morirò giovane)
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 330
quando muti questi occhi all’altrui core, (quando questi miei occhi non diranno più nulla
e lor fia voto il mondo, e il dì futuro al cuore altrui, e ad essi il mondo apparirà vuoto
del dì presente più noioso e tetro, e il futuro sarà più noioso e angoscioso del presente),
che parrà di tal voglia? che cosa sembrerà tale scelta? Come appariranno
Che di quest’anni miei? Che di me stesso? questi miei anni? Che cosa penserò di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso, Ahi, mi pentirò [di essere vissuto da solo], e spesso,
ma sconsolato, volgerommi indietro. ma sconsolato, mi volgerò indietro.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto per strofa. 1. Dall’antico campanile il pas- verso il passato, per esprimere la sua insoddisfazione
sero solitario canta verso la campagna fino sera, e la verso le scelte che sta facendo.
dolcezza del suo canto si diffonde per tutta la valle. È 4. Il poeta descrive affascinato e con tenerezza il “na-
primavera: gli altri uccelli volano insieme nel cielo, e tio borgo selvaggio” e il paesaggio che circonda il
festeggiano il più bel tempo dell’anno e della vita. Il suo paese anche negli idilli La quiete dopo la tempe-
passero invece vive in disparte e guarda: non cerca sta e Il sabato del villaggio. Le sue descrizioni sono
compagni né soddisfazioni, contento di passare il suo antitetiche alla ricerca dell’orrido, di paesaggi cupi ed
tempo a cantare. 2. La vita del poeta assomiglia alla invernali, e delle notti illuminate dalla luna del Ro-
vita del passero: non si preoccupa (e non sa perché) manticismo inglese. Sono antitetiche anche a quelle
né dei divertimenti né dell’amore, il compagno inse- di Foscolo e alle interpretazioni eroiche del Romanti-
parabile della giovinezza. E passa la sua giovinezza cismo, che proiettano sulla natura passioni sconvol-
come se fosse uno straniero nel luogo in cui è nato. genti ed impetuose. Leopardi ha un rapporto di con-
Nel suo paese è consuetudine festeggiare il giorno templazione con la natura, non la sovraccarica con i
prefestivo: i giovani si riversano nelle strade, vestiti a suoi sentimenti: si abbandona ad essa e alle dolcissi-
festa; ammirano e si fanno ammirare; e sono felici. Il me sensazioni che gli fa provare.
poeta invece si rifugia da solo tra i campi e rimanda ---I☺I---
al futuro il momento dei piaceri e del gioco. Intanto il
sole, tramontando, sembra dire che la giovinezza è
destinata a passare. 3. L’uccellino però, giunto alla
fine della vita, non proverà dolore per la sua vita soli-
taria, perché questa è la sua natura. Il poeta, se non
riuscirà ad evitare la vecchiaia, morendo giovane, che
cosa penserà della sua scelta? Si pentirà, e sconsolato
si volgerà indietro.
Commento
1. Il poeta continua ad essere affascinato dal paesag-
gio, tanto che paragona la sua vita solitaria a quella di
un uccellino. La gioia è nel paesaggio, nel sole che
tramonta e che sembra salutare la giovinezza che se
ne va, nella gioventù del paese, tutta vestita a festa,
che cerca l’amore. La tristezza è soltanto dentro di
lui, che non frequenta i coetanei, non cerca l’amore,
cerca la solitudine e rimanda al futuro il momento del
contatto e del rapporto con gli altri. Anche qui la ri-
flessione e la memoria hanno grande spazio: il poeta
immagina di essere giunto alla fine della sua esisten-
za e di trarre le conclusioni: il passero sarà contento,
perché ha seguito la sua natura solitaria; egli non lo
sarà, e spesso, ma sconsolato, si volgerà indietro.
2. L’idillio contiene la stessa parte riflessiva e gli
stessi motivi (la giovinezza, l’amore, il dolore, la soli-
tudine, la bellezza intensissima della natura) presenti
nei Piccoli e nei Grandi idilli precedenti. In genere il
poeta struttura l’idillio in due parti: la prima è descrit-
tiva; la seconda è riflessiva.
3. Il poeta mantiene lo stesso atteggiamento già
espresso negli idilli L’infinito e Alla luna: non si getta
nella vita; ha un contatto riflessivo e memoriale con
la vita. In questo caso egli addirittura immagina di
essere ormai vecchio e di rivolgere il suo pensiero
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 331
Le ricordanze, 1829 I ricordi del passato
I 1.
Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea O vaghe (=belle e desiderate) stelle dell’Orsa,
tornare ancor per uso a contemplarvi io non credevo di ritornare ancora a contemplarvi
sul paterno giardino scintillanti, scintillanti sopra il giardino paterno
e ragionar con voi dalle finestre e a ragionare con voi dalle finestre
di questo albergo ove abitai fanciullo, di questa dimora in cui abitai da fanciullo
e delle gioie mie vidi la fine. e in cui vidi la fine delle mie gioie.
Quante immagini un tempo, e quante fole Un tempo quante immagini e quante fantasie
creommi nel pensier l’aspetto vostro mi creò nel pensiero l’aspetto vostro
e delle luci a voi compagne! allora e delle stelle a voi compagne! quando, in silenzio,
che, tacito, seduto in verde zolla, seduto sul prato erboso, io solevo passare
delle sere io solea passar gran parte gran parte delle sere guardando il cielo
mirando il cielo, ed ascoltando il canto e ascoltando il canto della rana
della rana rimota alla campagna! lontana nella campagna!
E la lucciola errava appo le siepi E la lucciola errava presso le siepi
e in su l’aiuole, susurrando al vento e sulle aiole, mentre sussurravano al vento
i viali odorati, ed i cipressi i viali [di alberi] odorosi ed i cipressi là
là nella selva; e sotto al patrio tetto nella selva; e sotto il tetto paterno risuonavano
sonavan voci alterne, e le tranquille le voci dei dialoghi e le tranquille faccende
opre de’ servi. E che pensieri immensi, dei servi. E che progetti immensi, che dolci
che dolci sogni mi spirò la vista sogni mi ispirò la vista di quel lontano
di quel lontano mar, quei monti azzurri, mare, quei monti azzurri, che da qui riesco
che di qua scopro, e che varcare un giorno a vedere e che io pensavo di varcare
io mi pensava, arcani mondi, arcana un giorno, immaginando per la mia vita
felicità fingendo al viver mio! arcani mondi e un’arcana felicità!
Ignaro del mio fato, e quante volte Ignaro del mio destino, quante volte avrei
questa mia vita dolorosa e nuda cambiato volentieri con la morte questa mia vita
volentier con la morte avrei cangiato. dolorosa e infelice.
II 2.
Né mi diceva il cor che l’età verde Né il cuore mi prediceva che sarei stato
sarei dannato a consumare in questo condannato a consumare la mia giovinezza
natio borgo selvaggio, intra una gente in questo natio borgo selvaggio, tra gente zotica
zotica, vil; cui nomi strani, e spesso e vile; per la quale la cultura e la conoscenza
argomento di riso e di trastullo, sono nomi strani e spesso argomento
son dottrina e saper; che m’odia e fugge, di riso e di trastullo; che mi odia e mi fugge,
per invidia non già, che non mi tiene non per invidia, perché non mi tiene maggiore
maggior di sé, ma perché tale estima di sé, ma perché pensa che io mi ritenga tale
ch’io mi tenga in cor mio, sebben di fuori nel mio cuore, sebbene di fuori
a persona giammai non ne fo segno. io non ne faccio mai segno a persona.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, Qui passo gli anni, abbandonato, nascosto,
senz’amor, senza vita; ed aspro a forza senza amore, senza vita; e per forza
tra lo stuol de’ malevoli divengo: divento aspro tra lo stuolo dei malevoli:
qui di pietà mi spoglio e di virtudi, qui mi spoglio di pietà e di virtù e per il gregge
e sprezzator degli uomini mi rendo, (=i compaesani) che ho appresso mi metto
per la greggia ch’ho appresso: e intanto vola a disprezzare tutti gli uomini.
il caro tempo giovanil; più caro E intanto vola il caro tempo giovanile;
che la fama e l’allor, più che la pura più caro che la fama e l’alloro (=la gloria),
luce del giorno, e lo spirar: ti perdo più che la pura luce del giorno e il respiro.
senza un diletto, inutilmente, in questo Ti perdo senza un diletto, inutilmente,
soggiorno disumano, intra gli affanni, in questo soggiorno disumano, tra gli affanni,
o dell’arida vita unico fiore. o unico fiore della mia arida vita.
VI 6.
Chi rimembrar vi può senza sospiri, Chi vi può ricordare senza sospiri, o primo
o primo entrar di giovinezza, o giorni incontro con la giovinezza, o giorni belli,
vezzosi, inenarrabili, allor quando inenarrabili, quando le donzelle sorridono
al rapito mortal primieramente per la prima volta al giovane estasiato.
sorridon le donzelle; a gara intorno A gara intorno a lui ogni cosa sorride;
ogni cosa sorride; invidia tace, e l’invidia tace: essa non è ancora sorta oppure
non desta ancora ovver benigna; e quasi è benigna. E il mondo gli porge quasi la mano
(inusitata maraviglia!) il mondo per aiutarlo (una maraviglia veramente insolita!),
la destra soccorrevole gli porge, scusa i suoi errori, festeggia il suo nuovo arrivo
scusa gli errori suoi, festeggia il novo nella vita (=l’entrata nella giovinezza) e, inchinandosi
suo venir nella vita, ed inchinando [davanti a lui], mostra (=finge) di accoglierlo
mostra che per signor l’accolga e chiami? come [se fosse il suo] signore e di chiamarlo così?
Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo O giorni fugaci! si sono dileguati con la rapidità
son dileguati. E qual mortale ignaro di un lampo. E quale uomo può ignorare
di sventura esser può, se a lui già scorsa la sventura, se per lui è già passata quella bella
quella vaga stagion, se il suo buon tempo, stagione, se [è finito] il suo tempo migliore, se la gio-
se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta? vinezza, ahi la giovinezza, è spenta?
VII 7.
O Nerina! e di te forse non odo O Nerina! forse non odo questi luoghi
questi luoghi parlar? caduta forse parlare di te? forse tu sei caduta dal mio pensiero?
dal mio pensier sei tu? Dove sei gita, Dove sei andata, perché qui di te trovo soltanto
che qui sola di te la ricordanza il ricordo, o dolcezza mia? Questa terra,
trovo, dolcezza mia? Più non ti vede dove sei nata, non ti vede più: quella finestra,
questa terra natal: quella finestra, dalla quale eri solita parlarmi e sulla quale [ora]
ond’eri usata favellarmi, ed onde il raggio delle stelle si riflette mestamente, è deserta.
mesto riluce delle stelle il raggio, Dove sei, perché [ora] non odo più la tua voce
è deserta. Ove sei, che più non odo sonora, come [avveniva] un tempo, quando il suono
la tua voce sonar, siccome un giorno, anche lontano delle tue labbra, che mi giungeva,
quando soleva ogni lontano accento era capace di farmi impallidire? Era un altro tempo.
del labbro tuo, ch’a me giungesse, il volto O mio dolce amore, i tuoi giorni appartengono
scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi al passato. Tu sei morta. Oggi tocca ad altri
furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri vivere sulla terra ed abitare questi colli odorosi.
il passar per la terra oggi è sortito, Tu se morta ancor giovane e la tua vita fu
e l’abitar questi odorati colli. come un sogno. Andavi danzando [verso la vita];
Ma rapida passasti; e come un sogno la gioia ti risplendeva sulla fronte, negli occhi
fu la tua vita. Iva danzando; in fronte ti risplendeva quella fiducia e quella speranza
la gioia ti splendea, splendea negli occhi nel futuro, quella luce della giovinezza,
quel confidente immaginar, quel lume quando il destino li spegneva, e giacevi [morta].
di gioventù, quando spegneali il fato, Ahi Nerina! In cuore sento ancora l’antico amore.
e giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna Se talvolta mi reco a qualche festa, se mi reco
l’antico amor. Se a feste anco talvolta,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 334
se a radunanze io movo, infra me stesso a qualche festa in campagna, dentro di me io dico:
dico: o Nerina, a radunanze, a feste “O Nerina, per le feste in campagna, per le feste
tu non ti acconci più, tu più non movi. tu non ti prepari più, tu non vai più.
VIII 8.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni Se ritorna maggio e gli amanti portano
van gli amanti recando alle fanciulle, ramoscelli e canti alle fanciulle,
dico: Nerina mia, per te non torna io dico: “O Nerina mia, per te la primavera
primavera giammai, non torna amore. non tornerà mai più, non tornerà l’amore”.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita In ogni giorno sereno, ad ogni luogo fiorito
piaggia ch’io miro, ogni goder ch’io sento, che io guardo, per ogni godimento che io sento,
dico: Nerina or più non gode; i campi, dico: “Nerina ora non gode più;
l’aria non mira. Ahi tu passasti, eterno non guarda più i campi, né l’aria”. Ahi tu sei morta,
sospiro mio: passasti: e fia compagna o mio eterno sospiro. Tu sei morta! Ed il ricordo
d’ogni mio vago immaginar, di tutti acerbo [di te] sarà compagno delle mie speranze
i miei teneri sensi, i tristi e cari nel futuro, di tutti i miei teneri sensi,
moti del cor, la rimembranza acerba. di tutti i tristi e cari sentimenti del mio cuore.
---I☺I--- ---I☺I---
I 1.
La donzelletta vien dalla campagna La ragazza viene dalla campagna (=ritorna in paese)
in sul calar del sole, al tramonto del sole
col suo fascio dell’erba; e reca in mano con il suo fascio d’erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole, un mazzetto di rose e di viole,
onde, siccome suole, con le quali (com’è solita fare)
ornare ella si appresta si prepara ad ornarsi il corpetto e i capelli
dimani, al dì di festa, il petto e il crine. domani, giorno di festa.
Siede con le vicine La vecchietta siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella, sulla scala a filare, con il viso rivolto
incontro là dove si perde il giorno; là dove finisce il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo, e racconta della sua giovinezza,
quando ai dì della festa ella si ornava, quando nei dì di festa ella si adornava
ed ancor sana e snella e, ancora sana e snella,
solea danzar la sera intra di quei era solita danzare la sera con coloro
ch’ebbe compagni nell’età più bella. che ebbe come compagni dell’età più bella.
Già tutta l’aria imbruna, Ormai tutta l’aria imbruna;
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre il cielo sereno diventa d’un azzurro cupo,
giù da’ colli e da’ tetti, le ombre scendono dai colli e dalle case,
al biancheggiar della recente luna. mentre sorge la luna nuova.
Or la squilla dà segno Ora la campana annuncia
della festa che viene; la festa che viene;
ed a quel suon diresti e a quel suono diresti (=si direbbe)
che il cor si riconforta. che il cuore si riconforta.
I fanciulli gridando I fanciulli, gridando
su la piazzuola in frotta, a gruppi sulla piazza
e qua e là saltando, e saltando qua e là,
fanno un lieto romore; fanno un rumore gradevole.
e intanto riede alla sua parca mensa, E intanto il contadino, fischiando,
fischiando, il zappatore, ritorna alla sua modesta mensa, e pensa
e seco pensa al dì del suo riposo. tra sé e sé al giorno del suo riposo.
II 2.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face, Poi, quando ovunque sono spente le luci
e tutto l’altro tace, e tutto il paese tace,
odi il martel picchiare, odi la sega si ode il martello picchiare,
del legnaiuol, che veglia si ode la sega del falegname,
nella chiusa bottega alla lucerna, che è ancora sveglio con la lucerna accesa
e s’affretta, e s’adopra nella bottega chiusa, e si dà da fare
di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. per terminare il lavoro prima dell’alba.
III 3.
Questo di sette è il più gradito giorno, Il sabato dei sette è il giorno più gradito,
pien di speme e di gioia: perché porta speranze e gioia.
diman tristezza e noia Domani le ore porteranno tristezza e noia [perché
recheran l’ore, ed al travaglio usato le speranze non si sono realizzate], e ciascuno
ciascuno in suo pensier farà ritorno. con il pensiero farà ritorno al lavoro consueto.
IV 4.
Garzoncello scherzoso, O fanciullo spensierato,
cotesta età fiorita la giovinezza è come un giorno pieno di allegria,
è come un giorno d’allegrezza pieno, un giorno chiaro e sereno, che precede la festa
giorno chiaro, sereno, della tua vita (=la maturità). Sii felice,
che precorre alla festa di tua vita. o fanciullo mio, perché la giovinezza è uno stato
Godi, fanciullo mio; stato soave, dolcissimo, è un periodo lieto.
stagion lieta è cotesta. Non ti voglio dire nient’altro; ma non provare
Altro dirti non vo’; ma la tua festa dispiacere se ti sembra che la tua festa (=la maturità)
ch’anco tardi a venir non ti sia grave. impieghi troppo tempo a giungere.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 339
Riassunto. Il poeta descrive il sabato del suo paese: la 5. A questa ulteriore argomentazione segue l’argo-
fanciulla ritorna dai campi con un mazzo di fiori, con mentazione finale: o fanciullo, godi la tua giovinezza,
cui si farà bella il giorno dopo; la vecchietta siede con godi l’attesa della maturità, non avere fretta di rag-
le vicine e, filando, ricorda il tempo felice della sua giungere la maturità, perché soltanto adesso puoi es-
giovinezza. Intanto scende la sera. I ragazzi giocano sere felice, perché soltanto nell’attesa consiste la feli-
sulla piazza del paese, mentre il contadino ritorna a cità. La maturità sarà una delusione, perché non ti da-
casa, pensando che il giorno dopo potrà riposare. Poi rà la felicità che speravi e perché preannunzia la tri-
scende la notte ed il silenzio avvolge tutto il paese. stezza della vecchiaia.
Soltanto il falegname è ancora sveglio: cerca di finire 6. Il poeta si proietta verso il paese, come fa anche ne
il lavoro prima dell’alba. A questo punto il poeta Il passero solitario, e guarda con tenerezza la ragaz-
svolge alcune riflessioni: il sabato è il giorno più bel- za, la vecchietta, i ragazzi, il contadino, poi dialoga
lo della settimana, perché porta speranze e gioia; la con il ragazzino che ha fretta di crescere. Una sera
domenica invece sarà triste e noiosa, perché le spe- diversa è quella di Dante in Pg VIII, 1-6; quella di
ranze non si realizzano. Quindi fa un paragone: la Foscolo nel sonetto Alla sera; quella di Pascoli intito-
giovinezza è come il sabato, ed è il più bel tempo del- lata La mia sera; quella di D’Annunzio intitolata La
la vita perché porta speranze e gioia; la maturità è sera fiesolana.
come la domenica, ed è triste e noiosa perché le spe- ---I☺I---
ranze non si realizzano. Così il poeta può concludere
invitando il ragazzino a non aver fretta di diventare
adulto: la felicità è il periodo che sta vivendo, è
l’attesa della maturità; invece la maturità sarà infeli-
ce, perché le speranze non si realizzeranno.
Commento
1. L’idillio ha una struttura estremamente ordinata: a)
la descrizione del sabato in paese e la gioia che esso
porta a tutti; b) il contrasto tra le gioie e le speranze
del sabato e la tristezza e la noia della domenica; c) il
paragone della giovinezza e della maturità con il sa-
bato e la domenica; infine d) l’invito a godere il pre-
sente, perché la felicità non giunge con la maturità
della vita, ma è il presente stesso, è la giovinezza, è
l’attesa della maturità. Perciò il garzoncello non deve
avere nessuna fretta di crescere: la maturità porta sol-
tanto delusioni e prelude alla vecchiaia e alla morte.
2. Anche in questo idillio il poeta si sofferma a de-
scrivere con grande partecipazione la natura: il sole
che tramonta, l’aria che imbruna, il cielo che diventa
d’un azzurro cupo, il sorgere della luna nuova, il si-
lenzio notturno. E quindi l’ambiente paesano: la fan-
ciulla che ritorna dai campi, la vecchietta che fila e
che ricorda i bei tempi della sua giovinezza, i fanciul-
li che giocano, il contadino che ritorna a casa stanco
ma felice, il falegname che vuole finire il lavoro pri-
ma dell’alba.
3. Dopo la parte descrittiva c’è la parte riflessiva, che
presenta la vita in termini sereni. I toni pessimistici
sono completamente assenti. Il sabato è più bello del-
la domenica perché porta speranze e gioia; la dome-
nica invece sarà una delusione, perché porta tristezza
e noia. Il poeta ha costruito l’idillio in modo ordinato
e consequenziale; ed ora presenta un’argomentazione
quasi matematica, per dimostrare le sue idee.
4. A questo punto il poeta arricchisce e allarga il testo
introducendo una identità-corrispondenza tra sabato-
domenica da una parte, giovinezza-maturità dall’al-
tra: la giovinezza corrisponde al sabato, quindi la ma-
turità corrisponde alla domenica. E l’argomentazione
diventa questa: come il sabato, anche la giovinezza è
gioiosa; come la domenica, anche la maturità è triste.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 340
Canto notturno di un pastore errante Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
dell’Asia, 1829-30
I 1.
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Che fai tu, o luna in cielo? dimmi che fai,
silenziosa luna? o silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai, Sorgi alla sera e vai, contemplando
contemplando i deserti; indi ti posi. le steppe deserte; quindi tramonti.
Ancor non sei tu paga Tu non sei ancora sazia
di riandare i sempiterni calli? di ripercorrere sempre le stesse vie?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Non ti sei ancora annoiata,
di mirar queste valli? ancora sei desiderosa
Somiglia alla tua vita di guardar queste valli?
la vita del pastore. Assomiglia alla tua vita la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore Si alza all’alba; conduce il gregge
move la greggia oltre pel campo, e vede per la pianura;
greggi, fontane ed erbe; vede greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera: poi, stanco, si riposa alla sera:
altro mai non ispera. non spera mai nient’altro.
Dimmi, o luna: a che vale Dimmi, o luna, a che vale
al pastor la sua vita, al pastore la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende a che vale la vostra vita a voi?
questo vagar mio breve, dimmi: dove tende
il tuo corso immortale? questo mio breve cammino,
dove tende il tuo corso immortale?
II
Vecchierel bianco, infermo, 2.
mezzo vestito e scalzo, Un vecchierello bianco, infermo,
con gravissimo fascio in su le spalle, mezzo vestito e mezzo scalzo,
per montagna e per valle, con un pesantissimo fardello sulle spalle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, per montagne e per valli, per strade
al vento, alla tempesta, e quando avvampa sassose, per sabbioni profondi
l’ora, e quando poi gela, e per macchie di pruni,
corre via, corre, anela, sotto il vento, sotto la pioggia,
varca torrenti e stagni, quando la stagione è rovente
cade, risorge, e più e più s’affretta, e quando poi gela, corre via, corre,
senza posa o ristoro, ansima, oltrepassa torrenti e stagni,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva senza riposo o senza ristoro, lacero,
colà dove la via insanguinato; finché arriva là
e dove il tanto affaticar fu vòlto: dove fu rivolta la sua gran fatica:
abisso orrido, immenso, abisso orribile, immenso (=la morte),
ov’ei precipitando, il tutto obblia. dove egli, precipitando,
Vergine luna, tale dimentica tutto.
è la vita mortale. O vergine luna, questa
è la vita umana.
III
Nasce l’uomo a fatica, 3.
ed è rischio di morte il nascimento. Nasce l’uomo a fatica,
Prova pena e tormento ed è rischio di morte la sua nascita.
per prima cosa; e in sul principio stesso Prova pene e tormenti
la madre e il genitore come prima cosa; e fin dall’inizio
il prende a consolar dell’esser nato. la madre e il padre
Poi che crescendo viene, prendono a consolarlo di essere nato.
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre Via via che cresce, l’uno e l’altro
con atti e con parole genitore lo sostengono,
studiasi fargli core, e senza sosta con atti e con parole
cercano di fargli coraggio
IV 4.
Tu, o solitaria, eterna pellegrina,
Pur tu, solinga, eterna peregrina, che sei così pensosa, tu forse comprendi
che sì pensosa sei, tu forse intendi che cosa siano questa vita sulla terra,
questo viver terreno, i nostri patimenti, i nostri sospiri;
il patir nostro, il sospirar, che sia; tu forse comprendi che cosa sia
che sia questo morir, questo supremo questo estremo scolorirsi delle sembianze,
scolorar del sembiante, questo andarsene dalla terra
e perir della terra, e venir meno e questo venir meno ad ogni solita
ad ogni usata, amante compagnia. ed affettuosa compagnia.
E tu certo comprendi E tu certamente comprendi il perché delle cose,
il perché delle cose, e vedi il frutto e vedi il frutto (=lo scopo) del mattino,
del mattin, della sera, della sera, del silenzioso ed infinito
del tacito, infinito andar del tempo. procedere del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore Tu sai, tu sai certamente, a quale suo
rida la primavera, dolce amore sorrida la primavera,
a chi giovi l’ardore, e che procacci a chi giovi la calura estiva
il verno co’ suoi ghiacci. e che cosa procuri l’inverno con il suo freddo.
Mille cose sai tu, mille discopri, Mille cose tu sai, mille cose tu scopri,
che son celate al semplice pastore. che sono nascoste al semplice pastore.
Spesso quand’io ti miro Spesso, quando io ti guardo stare
star così muta in sul deserto piano, così muta sulla pianura deserta,
che, in suo giro lontano, al ciel confina; che nel lontano orizzonte confina
ovver con la mia greggia con il cielo, oppure quando ti vedo seguirmi
seguirmi viaggiando a mano a mano; con il gregge e accompagnarmi passo dopo passo,
e quando miro in cielo arder le stelle; e quando guardo in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando: dico, pensando fra me e me:
A che tante facelle? a quale scopo ci sono tante luci?
che fa l’aria infinita, e quel profondo che fa l’aria infinita? che significa
infinito seren? che vuol dir questa questa immensa solitudine? ed io che sono?
solitudine immensa? ed io che sono? Così ragiono dentro di me:
Così meco ragiono: e della stanza e non so indovinare nessun uso (=utilità),
smisurata e superba, nessun frutto (=scopo) della stanza (=l’universo)
e dell’innumerabile famiglia; smisurata e superba e della grande
poi di tanto adoprar, di tanti moti famiglia degli esseri viventi, delle continue
d’ogni celeste, ogni terrena cosa, trasformazioni della materia, di tanti movimenti
girando senza posa, di corpi celesti e di corpi terresti, che girano
per tornar sempre là donde son mosse; si son mossi senza riposo per tornare sempre là
uso alcuno, alcun frutto donde (=dalla materia informe e senza vita). Ma tu
indovinar non so. Ma tu per certo, certamente, o giovinetta immortale, conosci tutto.
giovinetta immortal, conosci il tutto. Io invece conosco e sento questo,
Questo io conosco e sento, che forse qualcun altro avrà qualche bene
che degli eterni giri, o qualche soddisfazione dalle eterne
che dell’esser mio frale, orbite percorse dagli astri
qualche bene o contento e dalla mia fragilità; per me la vita è male.
avrà fors’altri; a me la vita è male.
VI 6.
Forse s’avess’io l’ale Forse, se io avessi le ali,
da volar su le nubi, per volare sopra le nuvole
e noverar le stelle ad una ad una, e contare le stelle ad una ad una,
o come il tuono errar di giogo in giogo, o se come il tuono potessi andare di colle in colle,
più felice sarei, dolce mia greggia, sarei più felice, o mio dolce gregge,
più felice sarei, candida luna. sarei più felice, o candida luna.
O forse erra dal vero, O forse il mio pensiero, guardando alla sorte
mirando all’altrui sorte, il mio pensiero: degli altri esseri, si allontana dal vero:
forse in qual forma, in quale forse in qualsiasi forma, in qualsiasi condizione,
stato che sia, dentro covile o cuna, dentro un covile come dentro una culla,
è funesto a chi nasce il dì natale. è funesto per chi nasce il giorno della nascita.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. 1. Il pastore si rivolge alla luna e le chiede senso della vita umana. Forse comprende perché l’uo-
che cosa fa in cielo: sorge alla sera, contempla le mo viene meno alla consueta compagnia (=muore).
steppe deserte, quindi tramonta. La sua vita assomi- Forse vede il senso delle cose, il motivo per cui il
glia a quella della luna: si alza all’alba, conduce il tempo trascorre. Forse sa perché ci sono le stagioni.
gregge al pascolo, quindi, alla sera, ritorna; non ha Spesso, quando la guarda, si chiede: a quale scopo ci
altra speranza. Che senso ha quindi la vita della luna? sono tante stelle? che cosa significa questa solitudi-
e che senso ha la sua vita? 2. Un vecchietto incanutito ne? ed egli chi è? Ma non sa trovar nessuno scopo
affronta mille difficoltà, senza mai fermarsi, finché all’universo, né agli esseri viventi, né alle continue
giunge là dove fu rivolta la sua grande fatica: l’abisso trasformazioni della materia. Ma essa certamente co-
orrendo della morte, precipitando nel quale dimentica nosce tutto. Il pastore invece può dire soltanto questo:
tutto. 3. L’uomo nasce nel dolore e prova tormenti forse qualcuno trae vantaggio dal movimento degli
per prima cosa. I genitori passano il tempo a conso- astri e dalla sua fragilità. Per lui invece la vita è un
larlo di essere nato. Ma allora perché mettere al mon- male. 5. Il gregge invece non conosce la propria infe-
do chi poi dev’essere consolato di essere vivo? Se la licità; ed egli lo invidia. Non soffre e, se soffre, di-
vita è una sventura, perché la sopportiamo? Questa è mentica subito gli affanni. Non prova tedio. Riposa
la condizione umana. 4. La luna forse comprende il contento la maggior parte dell’anno. Il pastore invece
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 343
si annoia. Eppure non desidera nulla e, per ora, non dall’Umanesimo del Quattrocento, all’episodio di
ha motivo di lamentarsi. Non sa se il gregge è felice; Erminia fra i pastori della Gerusalemme liberata di
egli lo è poco. Ma non si lamenta solo di questo. Se il Torquato Tasso, ai pastori dell’Arcadia. Anche Ga-
gregge potesse parlare, gli chiederebbe: perché ogni briele D’Annunzio canta i suoi pastori. Leopardi tra-
animale se sta in ozio si sente soddisfatto, mentre egli sforma l’elogio tradizionale della vita pastorale, nella
è assalito dalla noia? 6. O forse, se avesse le ali per quale il poeta intendeva evadere, in un momento di
volare sopra le nuvole, sarebbe più felice. O forse si riflessione filosofia e poetica sull’uomo, sul dolore
sbaglia: dovunque, in un covile come in una culla, è che attraversa la vita umana e sulla morte che costi-
funesto per chi nasce il giorno della nascita. tuisce il male supremo.
7. Le domande che il poeta-pastore rivolge alla luna
Commento restano senza risposte, perché l’autore professa una
1. Anche qui il poeta parla alla luna, ma fa un discor- visione atea e materialistica della vita, che lascia
so molto più vasto, che comprende il tema del dolore aperti e senza risposta problemi come il senso del do-
umano e universale, il tema del senso dell’universo e lore, il senso della vita umana, il senso dell’universo.
della vita umana, il rifiuto della morte e l’attacca- Nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824)
mento ad oltranza alla vita. Nel 1609 Galileo Galilei l’autore propone questa risposta: la nascita e la morte
(1564-1642) aveva visto la luna in termini completa- sono necessarie affinché il ciclo della natura continui;
mente diversi… altrimenti, se si toglie la morte (e quindi il dolore e la
2. La visione del mondo proviene dalle concezioni distruzione), si toglie anche la nascita; ed il ciclo si
atee e materialistiche formulate dall’Illuminismo interrompe. Negli stessi anni Foscolo è sulle stesse
francese, che porta alle estreme conseguenze il mec- posizioni, ma respinge le conclusione materialistiche
canicismo e l’empirismo della scienza moderna. Il in nome della religione della bellezza e di altri miti,
poeta però si preoccupa più della condizione umana e coscientemente accettati; Manzoni invece propone
del dolore che accomuna tutti gli esseri viventi nel risposte legate alla sua fede religiosa, ma è preso da
loro rapporto con la natura, piuttosto che delle pole- dubbi vedendo nella storia l’assurdità o l’inesplica-
miche contro le religioni positive e contro gli effetti bilità del male.
negativi della vita sociale. Rousseau era un riformato- 8. Nei versi finali il poeta si preoccupa non più sol-
re sociale e un rivoluzionario; Leopardi è un filosofo tanto della condizione umana, ma anche della condi-
ed un poeta, con una scarsissima fiducia verso tutte le zione di ogni essere vivente: forse, se egli vedesse
ideologie, laiche e religiose, che promettono di fare dall’alto la vita degli uomini e la vita degli animali,
uscire l’uomo dalla sua condizione umana di dolore, e vedrebbe che il giorno della nascita è un giorno fune-
di fargli raggiungere la felicità, costantemente insi- sto per tutti gli esseri viventi. Il pessimismo del poeta
diata dalla sofferenza. da pessimismo storico (la vita umana è dolore) diven-
3. E come filosofo egli si chiede, qui come altrove, ta pessimismo cosmico (la vita di tutti gli esseri vi-
perché l’uomo continua a voler vivere, se la vita è venti è dolore). Resta inalterato però il valore della
sventura, se non può avere la felicità e se non può vita, alla quale il poeta resta ad oltranza legato.
evitare il dolore. Ma la ragione umana non è capace 9. Contro i mali che la natura riserva all’uomo il poe-
di rispondere a queste domande. Forse la luna cono- ta nella sua ultima opera La ginestra o il fiore del de-
sce le risposte, ma non le dice al pastore. serto è scettico sulle magnifiche sorti e progressive,
4. La morte non è affatto desiderata, neanche se la vi- di cui parla l’Illuminismo e che sarebbero garantite
ta è dolore: essa è vista come un abisso orrido e tre- dalla ragione e dalla scienza, e invita gli uomini alla
mendo, nel quale l’uomo dimentica tutto, e quindi si solidarietà.
annichilisce. Per il poeta vivere significa acquisire ed 10. Le riflessioni e il pessimismo di Leopardi saranno
essere un patrimonio di ricordi, che con la morte si riproposti 50 anni dopo da Giovanni Verga (1840-
disperdono. Vivere però significa anche avere una 1922) nel racconto Fantasticheria (1878-79) e poi nei
“solita ed affettuosa compagnia di affetti”, che si in- Malavoglia (1881). È l’ideale dell’ostrica: essa, se si
terrompono drammaticamente con la morte. Egli è allontana dallo scoglio, a cui è attaccata, si perde nel
quindi legato ad oltranza alla vita, anche se la vita è vasto mare e con sé perde anche i suoi familiari. Ma è
costantemente dolore. anche la stranissima scoperta che i ragazzini vivono
5. Nell’idillio compare anche il tema del tedio, la noia felici e ignorano tutte le previsioni nefaste e il pessi-
che colpisce il pastore quando guarda le pecore. Gli mismo assoluto dello scrittore di Catania.
animali invece passano il tempo tranquillamente, sot- ---I☺I---
to l’ombra delle piante, al riparo dalla calura, e sem-
brano immuni dalla noia. Sembrano anche capaci di
dimenticare subito il dolore, appena è passato. Il tae-
dium vitae è un motivo già presente nella poesia ro-
mana. Il poeta però lo trasforma in una domanda filo-
sofica sulla condizione umana.
6. I pastori e la vita pastorale, costantemente idealiz-
zati, sono un filo conduttore della letteratura italiana:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 344
Il tramonto della luna, 1936-37 Il tramonto della luna
I 1.
Quale in notte solinga, Come in una notte solitaria,
sovra campagne inargentate ed acque, sopra le campagne e le acque inargentate,
là ‘ve zefiro aleggia, là dove spira lo zefiro
e mille vaghi aspetti e le ombre lontane
e ingannevoli obbietti formano mille vaghi aspetti e ingannevoli
fingon l’ombre lontane oggetti fra le onde tranquille, i rami e le siepi,
infra l’onde tranquille le dolci colline e i casolari;
e rami e siepi e collinette e ville; la luna giunge al confine del cielo
giunta al confin del cielo, e scende dietro gli Appennini
dietro apennino od alpe, o del Tirreno o le Alpi o nell’infinito grembo
nell’infinito seno del mar Tirreno.
scende la luna; e si scolora il mondo; Ed il mondo si scolora; spariscono le ombre
spariscon l’ombre, ed una ed una stessa oscurità imbruna le valli
oscurità la valle e il monte imbruna; e le montagne. La notte resta cieca (=immersa
orba la notte resta, nel buio), mentre il carrettiere, cantando
e cantando, con mesta melodia, una mesta canzone, saluta dalla sua strada
l’estremo albor della fuggente luce, gli ultimi raggi della luce
che dianzi gli fu duce, che fugge, che poco prima
saluta il carrettier dalla sua via; gli ha fatto da guida.
II 2.
tal si dilegua, e tale Proprio allo stesso modo la giovinezza
lascia l’età mortale si dilegua e abbandona la vita umana.
la giovinezza. In fuga Fuggono le ombre e i fantasmi delle illusioni
van l’ombre e le sembianze che pure davano gioia; e vengono meno
dei dilettosi inganni; e vengon meno le lontane (=della fanciullezza) speranze,
le lontane speranze, nelle quali cercava conforto la natura umana.
ove s’appoggia la mortal natura. La vita resta abbandonata ed oscura (=vuota
Abbandonata, oscura e senza punti di riferimento).
resta la vita. in lei porgendo il guardo, Il viandante, smarrito, guarda in essa
cerca il confuso viatore invano e cerca invano lo scopo o la giustificazione
del cammin lungo che avanzar si sente del suo lungo cammino (=il tempo della vita)
meta o ragione; e vede che sente avanzare [inesorabile].
che a sé l’umana sede, E vede che la condizione umana è del tutto
esso a lei veramente è fatto estrano. estranea a lui ed egli del tutto estraneo a lei.
III 3.
Troppo felice e lieta La nostra misera sorte apparve lassù
nostra misera sorte (=in cielo, agli dei) troppo felice
parve lassù, se il giovanile stato, e lieta, se lo stato giovanile,
dove ogni ben di mille pene è frutto, dove ogni bene è frutto di mille pene,
durasse tutto della vita il corso. durasse per tutto il corso della vita.
troppo mite decreto È un decreto troppo mite quello
quel che sentenzia ogni animale a morte, che sentenzia la morte per ogni essere vivente,
s’anco mezza la via se già prima non gli si desse metà
lor non si desse in pria della strada assai più dura della morte
della terribil morte assai più dura. che pure è terribile.
D’intelletti immortali Degna invenzione di intelletti immortali
degno trovato, estremo ed estremo di tutti i mali, gli dei
di tutti i mali, ritrovàr gli eterni escogitarono la vecchiaia,
la vecchiezza, ove fosse nella quale il desiderio è insoddisfatto,
incolume il desio, la speme estinta, la speranza estinta, le fonti del piacere
secche le fonti del piacer, le pene rinsecchite, le sofferenze sempre maggiori
maggiori sempre, e non più dato il bene. e il bene sempre assente.
Riassunto. 1. Come in una notte solitaria la luna tra- e verecondo raggio Della cadente luna...”). La scelta
monta nell’orizzonte più lontano dietro le montagne e della luna e non del sole caratterizza quindi la poesia
la notte diventa buia, di Leopardi. La luna è tranquilla e notturna. Il sole è
2. così la giovinezza si dilegua e abbandona la vita infuocato e illumina nitidamente il giorno. La luna
umana. Scompaiono le speranze della fanciullezza e spinge a meditare, il sole ad agire.
le illusioni che pure davano gioia. E la vita rimane 3. Il paragone giovinezza-sabato, maturità-domenica
vuota. Il viandante non riesce a trovare un senso al de Il sabato del villaggio è sostituito dal paragone lu-
suo cammino: egli si sente estraneo alla condizione na-sole, giovinezza-vecchiaia. Il paragone però è in-
umana ed essa risulta estranea a lui. completo: la luna tramonta con la sua tenue luce e
3. La vita umana apparve troppo felice agli dei: nella contemporaneamente il sole sorge con i suoi raggi in-
giovinezza ogni gioia è frutto di mille dolori. Né fu- fuocati. Invece nel corso della vita umana la giovi-
rono contenti che la vita di ogni essere si concludesse nezza, cioè la luna, con la sua modesta felicità non ha
con la morte. Perciò essi vollero che metà della vita come seguito il sole, cioè una luce e una felicità più
fosse più terribile della morte. E inventarono la vec- grande. Subentra la scomparsa delle speranze, la fine
chiaia con il suo séguito di desideri insoddisfatti, di delle illusioni, insomma il vuoto o, meglio, la vec-
speranze deluse e di acciacchi sempre più dolorosi. chiaia, con il suo pieno di insoddisfazioni, di acciac-
4. Ma, quando la luna tramonta ad occidente, il sole si chi e di miseria. E la notte, che conclude il giorno, ha
prepara a sorgere ad oriente e inonderà la terra di luce come corrispettivo la sepoltura, che conclude la vita
e di calore. Invece, quando la giovinezza tramonta, umana. La strofa finale ripropone la strofa finale
non sorge un’altra luce. E la vita umana rimane vuota dell’idillio A Silvia: la morte della ragazza indica che
sino alla fine. E la notte, che pone fine ad essa, ha nel futuro per lui c’è soltanto la fredda morte e una
come segno distintivo la sepoltura. tomba ignuda.
4. Il tramonto della luna è quindi il simbolo e la con-
Commento statazione che con la giovinezza tramontano le spe-
1. L’idillio ripropone temi consueti: la luna, la giovi- ranze e le illusioni. Arriva subito la vecchiaia, con il
nezza, la felicità come breve frutto del dolore, la vita suo carico di sofferenza. Sorprendentemente è assente
come dolore, la vecchiaia con il suo séguito di ac- la maturità: con la fine della giovinezza cessano i mo-
ciacchi e di sofferenze, la morte che è terribile e che ti del cuore, cessano le speranze. L’animo umano si
conclude la vita. Manca soltanto il tema dei ricordi e svuota. Resta soltanto il corpo, condannato ad una
della maturità. sempre più visibile decadenza. La vecchiaia non è
2. La luna compare fin dai Piccoli idilli, e sovrasta il nemmeno allietata dall’esperienza accumulata, dal
paesaggio con la sua luce fredda e nitida (Alla luna). bagagli dei ricordi piacevoli o dolorosi che siano.
È anche l’interlocutrice silenziosa dei problemi filo- 5. Come manca il tema della maturità, così manca an-
sofici del poeta (Canto notturno di un pastore errante che quello della bellezza e dell’amore, che pure sono
dell’Asia). Compare anche ne La sera del dì di festa e (o erano) compagni di giovinezza. Il poeta ormai si
domina ancora il paesaggio (“Dolce e chiara è la not- sente interamente al di là di quel segnale che divide la
te senza vento E queta sovra i tetti e in mezzo agli or- vita umana in due parti: prima e seconda metà, giovi-
ti Posa la luna, e di lontan rivela Serena ogni monta- nezza e vecchiaia. Ha passato il mezzo del cammino
gna...”). E ne L’ultimo canto di Saffo (“Placida notte, della sua vita. Il riferimento a Dante (If. I) è indubbio,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 346
ma non è polemico: il cammino che Dante sta intra- dell’Asia. Ne Il tramonto della luna non c’è nemme-
prendendo è lungo, difficile, ma è voluto dal cielo, è no quella in qualche modo comprensione e giustifica-
facilitato dalle guide e ha una conclusione che soddi- zione della sofferenza, insita nella condizione umana,
sfa il poeta oltre ogni desiderio umano. Il cammino di che era stata individuata dalla riflessione filosofica
Leopardi ha soltanto una dimensione terrena: la gio- nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824).
vinezza che porta speranze e gioia, è seguita imme- 9. Eugenio Montale (1896-1981), che quanto a pes-
diatamente dalla vecchiaia, con il suo bagaglio di sof- simismo non era secondo a nessuno, in Gloria del di-
ferenze, con il vuoto interiore, con la sua incapacità steso mezzogiorno (1925) canta invece con gioia
di dare e di ricevere affetto. Quest’ultimo motivo è l’arrivo della vecchiaia. Anzi per lui è il completa-
presente fin dagli inizi della sua poesia (Alla luna). mento, il massimo dispiegarsi della giovinezza e del-
6. L’uomo come viator (viandante, pellegrino, pas- l’esistenza umana: “Il sole incombe dal cielo; e qui,
seggero) è già presente nella canzone Alla sua donna sulla terra, il letto del torrente è reso asciutto. Il mio
(v. 18), ne La quiete dopo la tempesta (“passeggier”, giorno non è dunque passato (=la mia vita è giunta
v. 24) e ne La ginestra o il fiore del deserto (“peregri- allo zenit, al culmine, ed ora devo affrontare l’altra
no”, v. 20, 276; “passeggero”, v. 13). Ma c’è anche metà); L’ora più bella mi aspetta dall’altra parte del
“l’erbaiuol [che] rinnova Di sentiero in sentiero Il muretto, Quando il sole scende verso un tiepido e pal-
grido giornaliero” (La quiete dopo la tempesta, vv. lido tramonto”.
15-18). Essa riprende l’immagine religiosa dell’uomo 10. La strofa finale rielabora con la specifica sensibi-
che è pellegrino su questa terra, in questa valle di la- lità di Leopardi un tema presente già in Torquato
crime, prima di salire al cielo. Il viandante però non Tasso (1544-1593). “Amiamo, perché il Sole muore e
compie un viaggio di sua spontanea volontà. Lo subi- poi rinasce. A noi egli nasconde la sua breve luce ed
sce. Il viaggio non lo porta a vivere una realtà supe- il sonno ci porta una notte eterna” (Aminta, atto III, O
riore, più complessa, ma è esso stesso dolore e si bella età dell’oro, congedo). Il poeta napoletano ave-
conclude con il peggiore dei mali, la morte. Il viaggio va tradotto alla lettera tre versi di Valerio Catullo
e il viandante di Leopardi vanno confrontati con i (Carmina, V, 4-6).
simboli di due grandi culture: Ulisse che nell’Odissea 11. I rimandi o il confronto con Tasso si possono an-
ritarda il ritorno a casa, spinto dal suo desiderio di sa- che estendere ad altri motivi. Nella Gerusalemme li-
pere e di fare esperienza degli uomini; Dante che berata (XVI, 15) il poeta invita a cogliere la rosa del-
compie concretamente con il corpo nell’al di là quel- la giovinezza, prima che appassisca: “[Come la rosa],
l’itinerarium mentis in Deum, che i mistici medioeva- il verde fiore [della giovinezza] se ne va con il tra-
li compievano soltanto con la mente. scorrere dei giorni della nostra vita mortale. E, se an-
7. Nella canzone però è anche un riferimento al sole che aprile (=la giovinezza) fa ritorno, essa (= la rosa e
che nel Cantico delle creature come in tutte le reli- la giovinezza) non rifiorisce né rinverdisce mai più.
gioni è il simbolo della divinità. Il poeta però rifiuta Cogliamo la rosa nel bel mattino di questo giorno,
qualsiasi riferimento ultraterreno. Gli dei sono il de- che ben presto perde il suo fulgore [perché volge alla
stino, la condizione umana, non sono mai realtà ultra- sera]. Cogliamo la rosa dell’amore ed amiamo ora,
terrene. E la vita umana si deve accontentare della quando si può amare ed essere riamati”. Ma esso ha
giovinezza con la sua tenue felicità, rappresentata tre fonti di ispirazione e di valori che gli riempiono e
dalla luna. La felicità completa forse c’è, forse è la che danno senso alla sua vita: i piaceri sensuali di una
giovinezza congiunta con la bellezza e con l’amore. vita secondo natura, la ricerca della fama e della glo-
Ma egli non l’ha provata. E la maturità e la vecchiaia ria ed anche della ricchezza di una vita secondo so-
sono ugualmente infelici: la prima, quando c’è, fa co- cietà, la pratica dei valori morali di una vita secondo
noscere la fine delle speranze e delle illusioni; la se- religione. Quanto a numero di valori non era messo
conda fa conoscere l’inizio di quelle sofferenze che si male; ma finiva in crisi ogni volta che cercava di ren-
concludono soltanto alla fine della vita con la morte. derli compatibili.
Eppure la morte non è invocata, è soltanto la consta- 12. Un altro riferimento si può fare ai versi iniziali
tazione che la vita è giovinezza (ma non per il poeta) del Giorno (1763) di Giuseppe Parini (1729-1799):
senza séguito di felicità, è dolore e morte. “Sorge il Mattino in compagnia dell’alba, Innanzi al
8. Il riferimento e il confronto con il Cantico delle Sol che di poi grande appare sull’estremo orizzon-
creature si può estendere anche altrove: Francesco te...”, e poi si passa al contadino che si alza dal letto,
accetta da Dio il bello come il cattivo tempo, le ma- lascia a casa la moglie e i figli e va a lavorare con il
lattie come le sofferenze, compresa la morte. Dio è bue.
buono e ama le sue creature e, se c’è il dolore, vuol ---I☺I---
dire che anche la sofferenza ha un senso. La vita in
ogni caso ha un senso: la salvezza eterna. Leopardi
non riesce a trovare nessun senso alla vita né al dolo-
re. Non ha senso l’universo, la vita umana si conclude
con l’abisso orrendo che è la morte, e tutti gli esseri
viventi sono nati per soffrire, come aveva detto più
estesamente nel Canto notturno di un pastore errante
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 347
Le Operette morali, 1827 no due leoni mezzo morti di fame, che divorano
l’islandese. Così, almeno per quel giorno, sopravvi-
Le Operette morali (1827, 1835, 1847) affrontano in vono alla morte. Altri invece dicono che un vento
modo più sistematico e riflessivo i temi degli idilli. violentissimo lo seppellisce sotto la sabbia. Da qui è
Nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824) dissotterrato e collocato in un museo di una qualche
Leopardi affronta il tema dei rapporti dell’uomo con città dell’Europa.
la natura e del significato del dolore nell’esistenza
degli esseri viventi. La trama è la seguente: Commento
1. L’operetta morale non ha precedenti nella storia
della letteratura italiana: è nello stesso tempo opera di
Dialogo della Natura e di un Islandese, prosa, di poesia e di filosofia.
1824 2. Essa ha una struttura dialogica e non propone veri-
tà a cui credere. La risposta resta problematica, pos-
Riassunto. Un islandese, che aveva girato tutto il sibile, aperta. L’autore vuole affrontare e discutere le
mondo, giunge in Africa, sotto l’equatore. Qui, con questioni, non proporre soluzioni dogmatiche, valide
l’aspetto di una donna gigantesca, incontra la Natura, una volta per tutte.
la sua mortale nemica. Tra uomo e Natura inizia un 3. Il tema dell’operetta è stato trattato più volte anche
dialogo. L’islandese dice che l’ha sempre fuggita. La negli idilli. Ogni volta però il poeta sa riesaminare e
Natura allora gli chiede perché. L’uomo ne spiega il ridiscutere le conclusioni a cui è pervenuto. La scelta
motivo raccontando la sua storia. Fin da giovane vide del dialogo è funzionale a questo scopo. Prima di lui
la vanità della vita e la stoltezza degli uomini: essi la scelta del dialogo – per sua natura aperto ed anti-
cercano piaceri che non dilettano e si fanno infiniti dogmatico – era stata fatta da Galileo Galilei (1564-
mali che potrebbero evitare. Egli perciò, volendo evi- 1642) e dal filosofo ateniese Platone (427-347 a.C.).
tare di recare e di subire offese, cerca una vita oscura Ad esempio qui il poeta cerca di approfondire la que-
e tranquilla. Ma non la trova. Egli si libera degli uo- stione, proponendo questa risposta alla realtà del do-
mini e delle loro molestie abbandonando la vita so- lore: nascita e distruzione sono ugualmente inevitabili
ciale. Tuttavia, pur vivendo privandosi di ogni piace- e necessarie, perché danno l’esistenza alla natura. Se
re, non riusciva ad evitare i patimenti: la sua isola era ne mancasse una, mancherebbe anche l’altra; e la na-
fredda d’inverno, calda d’estate, e poi c’era il costan- tura annichilirebbe. Nel posteriore Canto notturno di
te pericolo dei vulcani. Perciò egli la lascia e cerca un pastore errante dell’Asia (1829-30) il poeta fa un
altrove un luogo più vivibile. Ma ogni luogo della ter- dialogo solitario con la luna e scopre il dolore univer-
ra che visita ha i suoi pericoli, tanto che egli pensa sale, che coinvolge indistintamente tutti gli esseri vi-
che la Natura avesse destinato all’uomo un unico venti. In tal modo dal pessimismo storico perviene al
luogo della terra dove vivere e che perciò l’uomo do- pessimismo cosmico.
vesse incolpare se stesso delle sue sofferenze. Egli 4. Il pessimismo di Leopardi ribadisce il valore della
però non trova nessun luogo dove poter vivere senza vita e il disvalore della morte. Mezzo secolo dopo
incorrere in malattie, pur astenendosi da ogni piacere. Giovanni Verga (1840-1922) propone un pessimismo
Ed ora vede già che la vecchiaia sta tristemente so- assoluto e senza speranza nella novella Fantastiche-
praggiungendo. La Natura risponde che lei non ha ria (1878-79) come nelle altre sue opere: il mondo è
fatto il mondo per l’uomo e che non si preoccupa né fatto di vinti, chi cerca di uscire dalle sue dure condi-
della felicità né dell’infelicità umana. Anzi non si ac- zioni di vita e dalla sua collocazione sociale va incon-
corge nemmeno se provoca felicità o infelicità agli tro alla rovina e in essa coinvolge anche i suoi cari;
uomini. L’uomo allora risponde con un esempio: meglio per coloro che sono morti perché non soffrono
immaginiamo che un ricco m’inviti nella sua villa e più; e fortunati coloro che non sono nati, perché evi-
che io, per compiacerlo, ci vada. Qui egli mi fa man- tano una vita fatta soltanto di sofferenze.
giare e dormire male e mi fa bastonare dai servi. Se io 5. Le risposte che Leopardi propone dei problemi fi-
mi lamentassi dei maltrattamenti e se egli mi rispon- losofici si inseriscono nella filosofia atea e materiali-
desse che non ha costruito la villa per me, io allora gli stica del Settecento, che si può riassumere nella tesi
chiederei perché mi ha invitato: non gli ho chiesto io di Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794), l’iniziato-
di andare. L’islandese pone la stessa domanda alla re della chimica moderna, secondo cui “nulla si crea,
Natura: perché l’ha messo al mondo, perché lo rico- nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
pre di dolori e qual è il senso dell’universo? La Natu- 6. La problematica sull’uomo e sulla natura, che il
ra risponde che la vita dell’universo è un ciclo infini- poeta affronta, è ancora quella di una società pre-
to di produzione e di distruzione, ognuna delle quali industriale, in cui l’uomo è costantemente in balìa
alimenta l’altra. Perciò, se cessa una delle due, cessa delle forze della natura. La rivoluzione industriale in-
anche l’altra, e l’universo si dissolverebbe. La soffe- glese (1770), che rovescia i rapporti di forza tra uomo
renza è quindi necessaria. L’islandese allora chiede e natura, farà sentire il suo impatto in Italia soltanto a
che senso ha la vita dell’universo, se è conservata con metà Novecento.
la sofferenza e la morte di tutti gli esseri che lo com- 7. La natura è riscoperta a partire dal Quattrocento.
pongono. La Natura sta rispondendo, quando giungo- L’Umanesimo ne mette in luce la bellezza sensuale e
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 348
la struttura ordinata mediante la prospettiva. Ariosto
ne coglie il carattere rigoglioso e la fa diventare il
teatro delle avventure delle sue dame e dei suoi cava-
lieri. Tasso la considera il luogo di una felicità perdu-
ta (l’età dell’oro), ma anche il luogo che con le sue
seduzioni pagane affascina e tenta l’uomo. Galilei ne
coglie l’estrema ed imprevedibile ricchezza, e ne in-
dica la struttura matematica, che l’uomo può cono-
scere. Gli arcadi si rifugiano in essa, per alleviare i
loro affanni amorosi. Leopardi ne sottolinea la straor-
dinaria bellezza, ma anche l’insidia che contiene: il
dolore. Nell’Ottocento – dal Romanticismo al Veri-
smo al Decadentismo – appariranno altre immagini
della natura. Parallelamente anche gli artisti scopro-
no, dal Quattrocento in poi, i molteplici aspetti in cui
la natura si presenta ai loro occhi. Ogni autore ed
ogni movimento quindi la interpreta e la presenta in
modo diverso e con una sensibilità diversa.
8. Dai Piccoli idilli alle Operette morali, ai Grandi
idilli rimane immutato l’atteggiamento riflessivo e
contemplativo dell’autore verso i problemi e verso la
realtà. I momenti di maggiore estroversione sono i
dialoghi immaginari dell’islandese con la Natura o
del pastore con la luna. Il suo approccio meditativo
alla realtà è ben diverso da quello romantico-
passionale di Foscolo e da quello intellettualmente e
politicamente aggressivo di Manzoni, che proietta la
sua fede militante sulla realtà.
9. La visione pessimistica della vita di Leopardi può
essere opportunamente paragonata con quella di Fo-
scolo e Manzoni, e anche con quella posteriore di
Verga. La stessa cosa si può fare con il tema del dolo-
re e della morte, e con il tema del rapporto tra l’uomo
e la natura.
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1. Madre de’ Santi, immagine 1. [Tu, o Chiesa terrena,] Madre dei battezzati;
della città superna; fatta ad immagine della città celeste;
del Sangue incorruttibile che conservi per l’eternità
conservatrice eterna; il sangue incorruttibile [di Cristo];
tu che, da tanti secoli, tu che, da tanti secoli, soffri [le persecuzioni],
soffri, combatti e preghi, combatti [per la fede] e preghi
che le tue tende spieghi [per i vivi e per i morti];
Dall’uno all’altro mar; che ti estendi su tutta la terra;
2. Campo di quei che sperano; 2. [tu che sei] il campo di coloro che sperano
Chiesa del Dio vivente; [nella resurrezione della carne e nella vita eterna];
dov’eri mai? qual angolo tu, o Chiesa del Dio che vive in te;
ti raccogliea nascente, dov’eri mai? quale luogo riposto ti accoglieva
quando il tuo Re, dai perfidi agli inizi, quando il tuo Re, condotto dai carnefici
tratto a morir sul colle a morire sul colle (=il Golgota), imporporò
imporporò le zolle con il suo sangue la terra
del suo sublime altar? del suo sublime sacrificio?
1. Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, 1. Dagli antichi palazzi pieni di muschio, dalle piazze
dai boschi, dall’arse fucine stridenti, in rovina, dai boschi, dalle officine riarse
dai solchi bagnati di servo sudor, e rumorose, dai campi bagnati di sudore [di un
un volgo disperso repente si desta; popolo] asservito, una plebaglia divisa rapidamente
intende l’orecchio, solleva la testa si sveglia, tende l’orecchio, solleva il capo,
percosso da novo crescente romor. colpita da una nuova e sempre più diffusa notizia.
2. Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, 2. Dagli sguardi dubbiosi, dai visi timorosi –
qual raggio di sole da nuvoli folti, come un raggio di sole in mezzo a nuvole spesse –
traluce de’ padri la fiera virtù: traluce il superbo valore degli antichi romani:
ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto negli sguardi, nei visi, confuso ed incerto,
si mesce e discorda lo spregio sofferto si mescola e contrasta il disprezzo sofferto
col misero orgoglio d’un tempo che fu. con il misero orgoglio di un tempo ormai passato.
4. Ansanti li vede, quai trepide fere, 4. Li vede ansanti – come fiere impaurite –,
irsuti per tema le fulve criniere, con le lunghe chiome rossicce rese irte dalla paura,
le note latebre del covo cercar; cercare la familiare oscurità del nascondiglio;
e quivi, deposta l’usata minaccia, e qui, lasciato il consueto atteggiamento minaccioso,
le donne superbe, con pallida faccia, le donne superbe, con il viso pallido,
i figli pensosi pensose guatar. guardare pensierose i figli pensierosi.
5. E sopra i fuggenti, con avido brando, 5. E sopra i fuggitivi, con la spada assetata di sangue
quai cani disciolti, correndo, frugando, – come cani lasciati liberi – correndo, frugando,
da ritta, da manca, guerrieri venir: da destra, da sinistra vengono i guerrieri nemici: [la
li vede, e rapito d’ignoto contento, plebaglia divisa] li vede e, rapita da una contentezza
con l’agile speme precorre l’evento, sconosciuta, con agile speranza anticipa l’evento
e sogna la fine del duro servir. e sogna la fine della sua dura servitù.
6. Udite! Quei forti che tengono il campo, 6. Udite! Quei forti guerrieri che tengono il campo
che ai vostri tiranni precludon lo scampo, [di battaglia], che precludono le vie di fuga ai vostri
son giunti da lunge, per aspri sentier: tiranni, son giunti da lontano, per sentieri difficili:
sospeser le gioie dei prandi festosi, sospesero le gioie di banchetti festosi,
assursero in fretta dai blandi riposi, sorsero in fretta da ozii piacevoli,
chiamati repente da squillo guerrier. chiamati repentinamente dalla tromba di guerra.
7. Lasciar nelle sale del tetto natio 7. Essi lasciarono nelle sale della dimora nativa
le donne accorate, tornanti all’addio, le donne accorate, che ripetevano l’addio,
a preghi e consigli che il pianto troncò: le preghiere, i consigli, che il pianto interruppe:
han carca la fronte de’ pesti cimieri, hanno la fronte carica degli elmi ammaccati,
han poste le selle sui bruni corsieri, hanno posto le selle sui loro bruni cavalli,
volaron sul ponte che cupo sonò. volarono sul ponte levatoio, che risuonò cupamente.
10. E il premio sperato, promesso a quei forti, 10. E il premio sperato, promesso a quei valorosi,
sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, sarebbe, o illusi!, mutare la sorte, porre fine
d’un volgo straniero por fine al dolor? al dolore di una plebe straniera?
Tornate alle vostre superbe ruine, Ritornate alle vostre superbe rovine,
all’opere imbelli dell’arse officine, alle opere servili delle officine riarse dal fuoco,
ai solchi bagnati di servo sudor. ai solchi bagnati da sudore servile.
11. Il forte si mesce col vinto nemico, 11. Il vincitore si mescola con il nemico vinto,
col novo signore rimane l’antico; con il nuovo signore rimane l’antico;
l’un popolo e l’altro sul collo vi sta. un popolo e l’altro vi stanno sul collo.
Dividono i servi, dividon gli armenti; Dividono i servi, dividono gli armenti;
si posano insieme sui campi cruenti si insediano insieme sui campi insanguinati
d’un volgo disperso che nome non ha. di una plebaglia divisa, che non ha neppure il nome.
Riassunto. 1. Dagli antichi palazzi in rovina e dai 2. La tragedia ha una dimensione religiosa e politica.
campi bagnati di sudore servile un volgo disperso al- a) Essa affronta il problema del male e del dolore nel-
za la testa, colpito da una inattesa notizia. 2. Nei suoi la vita umana e nella storia: Adelchi e la sorella Er-
occhi dubbiosi traspare il coraggio degli antichi ro- mengarda appartengono al popolo degli oppressori
mani; e l’umiliazione presente contrasta con il misero eppure essi stessi sentono il peso dell’ingiustizia e
orgoglio per la grandezza del passato. 3. Si raduna e dell’oppressione. Adelchi muore in difesa del suo po-
si disperde, e guarda con speranza i crudeli oppressori polo. Ermengarda è ripudiata da Carlo, che essa ama-
che fuggono davanti ai nemici. 4. Vede i superbi va, e costretta a ritirarsi in convento: soltanto la morte
guerrieri cercare i nascondigli del loro covo; e vede le sembra l’unica via d’uscita ad una vita di dolore. Car-
loro donne pallide guardare i figli. 5. Vede i vincitori lo accorre in aiuto della Chiesa, minacciata dai lon-
inseguire gli sconfitti; e spera che siano giunti per gobardi; ma non è immune dalla violenza: ripudia la
porre fine alla loro servitù. 6. Ma i vincitori sono moglie per un’altra donna. Per lo scrittore resta irri-
giunti da lontano, hanno interrotto la vita festosa per solto il problema ed il mistero del male nella storia.
impugnare le armi. 7. Hanno lasciato le loro donne e i b) Essa è anche il dramma di tre popoli: i longobardi
loro castelli. 8. Hanno affrontato marce forzate e notti opprimono gli italici; ma sentono a loro volta l’ama-
gelide, pensando sempre alle loro dimore e ai collo- rezza della sconfitta. Gli italici sperano che i franchi
qui d’amore. 9. Hanno sopportato la fame e rischiato vincitori siano venuti a liberarli dall’oppressione lon-
la vita in battaglia. 10. E il premio sperato, promesso gobarda. Ma la speranza dura poco: essi devono ora
a quei forti, sarebbe quello di liberare un volgo stra- subire anche l’oppressione dei nuovi vincitori, che si
niero dall’oppressione? Gli italici si illudono, e pos- alleano con gli antichi signori. I franchi scendono in
sono tornare alle loro attività servili. 11. Il vincitore si Italia per difendere la Chiesa, e sconfiggono i longo-
mescola con il nemico vinto. Con il nuovo signore bardi. Essi però non hanno affrontato i pericoli per
rimane anche l’antico: due oppressori ora pesano sul- niente: dividono i servi e gli armenti dei longobardi
le spalle di un volgo che non ha nemmeno il nome. sconfitti. Così gli italici hanno un nuovo oppressore.
3. Il poeta interviene direttamente nel coro, con du-
Commento rezza e sarcasmo, nei confronti degli italici: “Udite!
1. Il coro si può dividere in due parti: a) nella prima Quei prodi che tengono il campo...”. Essi sono degli
gli italici vedono i longobardi in fuga davanti ai fran- illusi, se sperano che i franchi siano venuti a liberarli
chi, e sperano che i franchi siano venuti a liberarli dall’oppressione longobarda. Egli fonde riflessione
dalla servitù; b) nella seconda il poeta interviene con storica e ragionamento politico: i franchi non possono
una argomentazione: i franchi non hanno lasciato le avere affrontato tanti rischi per liberare un volgo di-
loro dimore né hanno affrontato mille pericoli per ve- sperso; essi, realisticamente, li hanno affrontato in vi-
nire a liberare un volgo straniero. Gli italici possono sta del bottino che potevano conquistare. Altre argo-
perciò abbandonare la speranza di vedere finita la lo- mentazioni si trovano in Marzo 1821 (1821, 1848):
ro servitù: vincitori e vinti si uniscono e l’oppressione gli oppressori hanno tradito le promesse di libertà che
diventa ancora più grave. La conclusione, implicita, è avevano fatto quando Napoleone li opprimeva; Dio
perciò la seguente: gli italici, se vogliono la libertà, non può permettere che un popolo sia oppresso da un
non devono contare su aiuti stranieri; devono lottare altro. Ma gli oppressi devono conquistare la loro li-
con le proprie forze. bertà con le armi e il proprio sangue.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 357
4. Il poeta collega queste antiche vicende con la si- occasione dei moti piemontesi del 1821. Il poeta
tuazione politica presente: gli italiani sono oppressi immagina che i patrioti piemontesi si uniscano ai pa-
dall’impero asburgico; ad essi indica la via per riac- trioti lombardi per cacciare gli oppressori – l’impero
quistare la libertà: non sperare nell’aiuto di altri po- asburgico – dall’Italia. Ciò succede effettivamente
poli, ma impugnare le armi e combattere. Questa tesi 27 anni dopo, nel 1848, quando scoppia la prima (e
è ribadita con forza anche in Marzo 1821. sfortunata) guerra d’indipendenza: l’esercito di Carlo
5. La fede del poeta non è imbelle, è combattiva; e Alberto accorre in aiuto dei milanesi insorti e insieme
non intende porgere l’altra guancia. I rapporti del cacciano il nemico. Il motivo politico però si fonde
poeta con la Chiesa non sono mai stati facili. La sua con quello religioso: Dio non vuole che ci siano po-
fede non gli impedisce di ritenere positiva la fine del poli oppressi e si schiera con questi contro gli oppres-
potere temporale della Chiesa (per questo motivo ac- sori. E tuttavia gli italiani, se vogliono la libertà, non
cetta la cittadinanza onoraria di Roma); né gli impe- devono aspettarla né da Dio né da altri popoli: se la
disce di pensare che Roma è l’unica capitale che devono conquistare con le loro forze e con il loro
l’Italia unificata può aspirare di avere. sangue. Nell’ode quindi motivazioni religiose e moti-
vazioni patriotiche si fondono intimamente.
Marzo 1821 (1821, pubblicata nel 1848) è scritta in ---I☺I---
---I☺I---
Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e
soldato della indipendenza germanica morto sul soldato della indipendenza germanica morto sul
campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre 1813 nome
MDCCCXIII nome caro a tutti i popoli che combat- caro a tutti i popoli che combattono per difendere o
tono per difendere o per riconquistare una patria per riconquistare una patria
2. L’han giurato: altri forti a quel giuro 2. Lo hanno giurato: altri [uomini] forti rispondevano
rispondean da fraterne contrade, a quel giuramento da contrade fraterne,
affilando nell’ombra le spade preparando di nascosto le armi, che ora innalzate
che or levate scintillano al sol. scintillano al sole. Ormai le [mani] destre hanno
già le destre hanno strette le destre; stretto le [mani] destre; ormai le sacre parole
già le sacre parole son porte; [del giuramento] sono state scambiate:
o compagni sul letto di morte, o saremo compagni sul letto di morte
o fratelli su libero suol. o saremo fratelli sul suolo libero.
3. Chi potrà della gemina Dora, 3. Chi potrà della doppia Bora (=Riparea e Baltea),
della Bormida al Tanaro sposa, della Bormida che confluisce nel Tanaro,
del Ticino e dell’Orba selvosa del Ticino e dell’Orba boscosa
scerner l’onde confuse nel Po; distinguere le onde che si son mescolate nel Po;
chi stornargli del rapido Mella chi potrà sottrargli (=al Po) i mille torrenti
e dell’Oglio le miste correnti, del rapido Mella e dell’Oglio,
chi ritorgliergli i mille torrenti chi potrà ritorgliergli i mille torrenti
che la foce dell’Adda versò, che il fiume Adda riversò;
9. Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia 9. Sì, quel Dio che nel mar Rosso fece precipitare
chiuse il rio che inseguiva Israele, il [faraone] malvagio che inseguiva il popolo
quel che in pugno alla maschia Giaele d’Israele, quel Dio che nel pugno della forte Giaele
pose il maglio ed il colpo guidò; pose il martello e guidò il colpo [mortale];
quel che è padre di tutte le genti, quel Dio che è padre di tutte le genti;
che non disse al Germano giammai: che non disse mai al tedesco: “Va’,
va’, raccogli ove arato non hai; raccogli dove non hai arato,
spiega l’ugne; l’Italia ti do. stendi le unghie, ti do l’Italia”.
10. Cara Italia! dovunque il dolente 10. O cara Italia! Dovunque uscì il doloroso
grido uscì del tuo lungo servaggio; grido della tua lunga servitù;
dove ancor dell’umano lignaggio dove non è perduta ogni speranza
ogni speme deserta non è: di [acquistare] dignità umana;
12. Quante volte sull’alpe spïasti 11. Quante volte sulle Alpi spiasti l’arrivo
l’apparir d’un amico stendardo! di una bandiera amica!
Quante volte intendesti lo sguardo Quante volte rivolgesti lo sguardo
ne’ deserti del duplice mar! sulla superficie deserta dei tuoi due mari
Ecco alfin dal tuo seno sboccati, [in attesa di un liberatore]!
stretti intorno ai tuoi santi colori, Ecco, alla fine, sbocciati dal tuo grembo,
forti, armati dei propri dolori, armati dei loro dolori,
i tuoi figli son sorti a pugnar. i tuoi figli sono sorti a combattere.
13. Oggi, o forti, sui volti baleni 12. Oggi, o valorosi, sui vostri volti risplenda
il furor delle menti segrete: l’intensità e la determinazione dei vostri pensieri
per l’Italia si pugna, vincete! segreti: per l’Italia si combatte, vincete!,
il suo fato sui brandi vi sta. il suo destino sta sulla punta delle vostre armi.
O risorta per voi la vedremo O, grazie a voi, la vedremo risorta partecipare
al convito dei popoli assisa, al consesso dei popoli, o resterà
o più serva, più vil, più derisa [ancor] più serva, più vile, più derisa,
sotto l’orrida verga starà. sotto il giogo vergognoso dello straniero.
14. Oh giornate del nostro riscatto! 13. O giornate del nostro riscatto [dall’oppressione]!
Oh dolente per sempre colui o dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d’altrui, che da lontano, dal labbro di un altro,
come un uomo straniero, le udrà! come un uomo straniero le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno, Che, narrandole un giorno ai suoi figli,
dovrà dir sospirando: «io non c’era»; dovrà dire sospirando: “Io non c’ero”;
che la santa vittrice bandiera che quel giorno [della nostra liberazione]
salutata quel dì non avrà. non avrà salutato la nostra bandiera vittoriosa.
---I☺I--- ---I☺I---
5. Dall’Alpi alle Piramidi, 5. Dalle Alpi alle piramidi (=Egitto), dal Manzanarre
dal Manzanarre al Reno, (=Spagna) al Reno (=Germania), il fulmine
di quel securo il fulmine (=l’effetto pratico dell’azione) di quell’uomo sicuro
tenea dietro al baleno; [di sé e fiducioso nella sorte] teneva dietro al lampo
scoppiò da Scilla al Tanai, (=l’ideazione dei piani militari); scoppiò dalla Sicilia
dall’uno all’altro mar. al Don (=Russia), dall’uno all’altro mare.
11. Come sul capo al naufrago 11. Come l’onda si abbatte e pesa
l’onda s’avvolve e pesa, sul capo del naufrago –
l’onda su cui del misero, l’onda sulla quale soltanto poco prima
alta pur dianzi e tesa, lo sguardo del misero
scorrea la vista a scernere scorreva alto e proteso a discernere
prode remote invan; invano approdi lontani –;
18. Tu dalle stanche ceneri 18. Tu, o Fede, dalle ceneri ormai stanche
sperdi ogni ria parola: allontana ogni parola oltraggiosa:
il Dio che atterra e suscita, il Dio che atterra ed innalza,
che affanna e che consola, che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice sul letto solitario (=abbandonato dagli uomini)
accanto a lui posò. si posò accanto a lui.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Tutta la terra è stupita e silenziosa alla no- lunghi a cui è solito. Si lamenta per primo delle im-
tizia della morte di Napoleone. Manzoni, che non lo perfezioni metriche e stilistiche. In effetti sul piano
ha adulato quand’era potente né l’ha oltraggiato artistico l’ode non è paragonabile ad opere coeve co-
quando rimase sconfitto (come avevano fatto gli altri me il coro dell’atto III dell’Adelchi o Marzo 1821.
intellettuali), esprime ora il suo giudizio, che è del 2. Egli dà un giudizio durissimo sugli intellettuali,
tutto positivo. Il genio militare di Napoleone si di- che hanno celebrato Napoleone quando era vincitore
spiegò in tutta Europa. Fu vera gloria? Il poeta sem- e l’hanno oltraggiato quando fu sconfitto. La stessa
bra lasciare ai posteri il compito di dare il difficile condanna si trova anche nei Promessi sposi.
giudizio (in realtà lo dà alla fine dell’ode). Napoleone 3. Manzoni immagina che Napoleone alla fine della
dominò due secoli e con le sue armate diffuse gli vita sia stato toccato dalla fede: come era successo a
ideali della rivoluzione francese (fraternità, ugua- lui e come succederà all’Innominato. La fede manzo-
glianza e libertà, e patria). Questo è stato il compito niana però non è soffocante né totalitaria né integrali-
che la Provvidenza, di cui era strumento, gli ha fatto sta né apologetica. Essa tiene presente anche altri
svolgere. Dopo la gloria militare sui campi di batta- punti di vista – quello politico, economico, sociale
glia, egli si sentì oppresso dai ricordi nella piccola ecc. –, che cerca di inquadrare in una visione più va-
isola di Sant’Elena, e fu preso dalla disperazione. A sta, organica ed onnicomprensiva dell’uomo e della
questo punto però su di lui discese la Fede, che lo av- storia.
viò per i sentieri della speranza, ai campi eterni, dove 4. Manzoni quindi dà di Napoleone un duplice giudi-
non ha alcun valore la gloria militare che ha conqui- zio: terreno (Napoleone raggiunse la più grande glo-
stato sulla terra (questo è il giudizio del poeta). E, ria terrena e, strumento della Provvidenza divina, dif-
mentre gli uomini mostrano di averlo già dimenticato, fuse gli ideali della Rivoluzione francese – e del Van-
Dio viene al suo capezzale, per fargli la veglia fune- gelo –, oltre che l’ideale di patria), ma anche ultrater-
bre. reno (Dio volle stampare in Napoleone il simbolo più
grande della sua potenza creatrice; in cielo la sua glo-
Commento ria militare non ha alcun valore). Il giudizio politico e
1. Manzoni usa versi facili e orecchiabili, perché sol- quello religioso si fondono nella conversione spiritua-
tanto in essi poteva incanalare la sua fretta di espri- le che coinvolge anche Napoleone (e che aveva già
mere il suo giudizio su Napoleone: l’ode è scritta in toccato il poeta).
soli tre giorni, un tempo brevissimo rispetto ai tempi 5. È condivisibile il giudizio di Manzoni su Napoleo-
ne? Il giudizio è indubbiamente articolato, ma resta il
giudizio di un credente appena convertito. Napoleone
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 364
ha effettivamente dominato due secoli, come il poeta 6. Piuttosto non si vede la “mano lunga” della rivolu-
dice. E la sua grandezza si sente ancora oggi: le sue zione francese: essa inventa l’ideale di patria, che poi
vittorie militari furono davvero fulgide e le sue rifor- attecchisce ed infiamma la storia europea dal 1816 al
me (il Codice napoleonico e, al limite, anche lo scio- 1870. Il Congresso di Vienna pensa di riportare indie-
glimento degli ordini religiosi) furono davvero oppor- tro le lancette dell’orologio, risistema l’Europa in ba-
tune ed efficaci. Ma non si devono dimenticare (come se al principio di legittimità e di equilibrio e dimenti-
si fa nella partita doppia) i costi, da segnare in rosso. ca che ormai l’ideale di patria era diffuso tra i popoli.
Ad esempio l’Europa è travolta da 18 anni di guerre Ed essi fanno sentire la loro voce. La storia degli Stati
napoleoniche (e da 26 anni di guerre rivoluzionarie), tradizionali, che aggregavano più popoli, si conclude.
che hanno fatto circa tre milioni di morti, 15.000 a Scoppiano le insurrezioni nazionali o nazionalistiche.
Marengo in mezza giornata (1797), 9.000 tra morti, Nel 1821-29 la prima: la Grecia contro il dominio
feriti e prigionieri francesi, e 25-27.000 morti e feriti turco. Nel 1876 l’ultima: i bulgari contro il dominio
e oltre 12.000 prigionieri dell’armata austro-russa ad turco. Oggi si continua su questa linea: i contrasti sto-
Austerlitz (1805), circa 520.000 nella campagna di rici tra fiamminghi e valloni; il crollo della Jugoslavia
Russia in quattro mesi (24.07-12.12.1812), 447.000 a e le guerre tra etnie, la scissione della Cecoslovac-
Waterloo (1815) in tre giorni. Magari i soldati erano chia, i contrasti in Kosovo, il tentativo della Catalo-
contenti di questa vita: non si annoiavano, si identifi- gna di separarsi da Madrid.
cavano nelle vittorie del loro generale, provavano for- 7. Era stato più prudente Dante che in Pd VI fa dire
ti emozioni, potevano ammazzare (ed essere ammaz- all’imperatore Giustiniano che il simbolo dell’Impero
zati), anche rubare e stuprare: ottimi passatempi per era stato portato da Roma a Costantinopoli contro il
una vita degna d’essere vissuta. Certamente non am- volere del cielo. Così almeno dava agli uomini (e al
miravano Napoleone i 100.000 o più cattolici della loro libero arbitrio o libertà di scelta) la colpa degli
Vandea incatenati ed affogati (1793-94) e neanche gli errori commessi. E che in molti canti sostiene la tesi
spagnoli o i tedeschi o gli austriaci o i russi schiaccia- che i disegni di Dio sono imperscrutabili. E se ne lava
ti militarmente e oppressi politicamente. In diversi le mani.
paesi del Lazio sulle case c’è un cippo commemora- ---I☺I---
tivo: i locali hanno preferito bruciare vivi con le loro
capanne, piuttosto che arrendersi ai soldati francesi. I promessi sposi, 1840-42
Se questo è il prezzo che si è disposti a pagare o al- Con I promessi sposi (1821-23, 1824-27, 1840-42)
meno che Manzoni è disposto a pagare, allora Napo- Manzoni riprende la formula del romanzo storico,
leone è un inviato del cielo e della Divina Provviden- che aveva avuto un grande successo con i romanzi
za. Eppure non si deve dimenticare che nel 1792 i ri- avventurosi e popolari dell’inglese Walther Scott
voluzionari scelgono la via della guerra per far vince- (1771-1832). Tale tipo di romanzo è costituito da due
re la rivoluzione, e attaccano gli Stati confinanti. E parti: a) una parte storica, effettivamente avvenuta,
tirano fuori una giustificazioni di successo, che è che fa da sfondo; e b) una parte inventata, ma vero-
chiaramente pretestuosa: vogliono esportare la rivo- simile – cioè che poteva effettivamente essere acca-
luzione o la democrazia, anche se nessuno aveva loro duta –, che si inserisce sullo sfondo storico. La parte
chiesto di farlo. Gli Stati invasi non condividono né storica è costituita dalla Lombardia del Seicento
apprezzano tale giustificazione. Con il senno di poi si (1630-32), dominata dal malgoverno spagnolo. La
può anche notare che tale pretesto è stato usato parte inventata è la trama del romanzo: le vicende di
dall’URSS per dominare l’est europeo, e che è nor- Renzo e Lucia, che incontrano un ostacolo al loro
malmente usato dagli USA per invadere anche la più matrimonio. L’autore compie due operazioni estre-
remota parte del mondo. E non occorre il senno di poi mamente innovatrici: a) inserisce i fatti storici come
per dire che l’esportazione di qualcosa fa gli interessi la vicenda inventata in una visione religiosa e provvi-
dell’esportatore e non dell’importatore coatto; e che i denziale della vita e della storia umana; e b) sceglie
valori esportati, ad esempio i sedicenti “diritti uma- come protagonisti gli “umili” del Vangelo, e dal loro
ni”, di cui va tanto fiero tutto l’Occidente, sono sol- punto di vista vede la vita umana e i grandi avveni-
tanto modi o valori o strumenti, inconsapevoli o me- menti storici. L’opera quindi rispecchia le convinzio-
no, in buona o in cattiva fede non importa, capaci sol- ni religiose e politiche dell’autore. Il romanzo però
tanto di sconvolgere e di far collassare gli Stati che se mostra uno spaccato dell’intera società del tempo,
li vedono imporre. Il motivo del collasso è facile da dalle classi nobili al popolo. E presenta un modello di
individuare: lo Stato sconfitto si fonda ed è organiz- lingua italiana, che al tempo non esisteva e che dove-
zato su altri valori. La società dell’India si basa su 13 va unificare linguisticamente l’Italia, che allora cono-
caste: importarvi l’idea di uguaglianza e i sedicenti sceva anche questa divisione, oltre a quella politica
“diritti umani” significa stravolgerla, provocare ed economica. Questo è il senso dell’impegno ven-
enormi conflitti sociali e giungere alla guerra civile. tennale profuso dall’autore nella revisione del testo.
Certamente l’Europa è cambiata ed è migliorata con e
dopo le guerre napoleoniche, ma è ovvio, è un giudi- L’opera è riassunta e commentata in modo più artico-
zio dato poi e con il senno di poi: i dissidenti sono lato in
stati spazzati via e non hanno più voce in capitolo.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 365
http://www.letteratura- desunti dalla sua formazione illuministica e dalla sua
italia- fede religiosa; d) porre le basi di una letteratura atten-
na.com/pdf/letteratura%20italiana/08%20MANZONI%20Promes ta alle classi popolari e di una lingua nazionale valida
si%20sposi.pdf per tutte le regioni d’Italia e per tutte le classi sociali.
2. Come intellettuale e come letterato egli quindi cer-
E in ca di rispondere ai problemi politici, religiosi e sociali
http://www.letteratura- avanzati dalla società del suo tempo. Questo è il sen-
italia- so della sua durissima polemica contro il malgoverno
na.com/pdf/letteratura%20italiana/14%20Scrittura%20creativa.pd spagnolo, che spadroneggia in Italia, e contro gli in-
pp. 426-31. tellettuali vuoti, disimpegnati o al servizio del potere
dominante come l’avvocato Azzeccagarbugli o don
Riassunto. Renzo e Lucia sono due giovani di un pae- Ferrante. Questo è ancora il senso della revisione lin-
se vicino a Lecco in procinto di sposarsi. Il curato del guistica a cui egli sottopone il romanzo prima della
paese, don Abbondio, è però minacciato da un signo- pubblicazione definitiva. Lo scrittore elimina dialetti-
rotto del luogo, don Rodrigo, a non celebrare il ma- smi e barbarismi, e nella costruzione di una lingua
trimonio. La madre di Lucia, Agnese, propone un ma- valida per tutta la nazione prende come riferimento il
trimonio di sorpresa, che fallisce. I due giovani sono fiorentino del suo tempo parlato dalle classi medie. In
così costretti a separarsi. Renzo va a Milano, dove fi- tal modo egli continua l’opera di costruzione lingui-
nisce in un subbuglio di piazza, si mette nei guai ed è stica iniziata dai grandi scrittori del Trecento (Dante,
costretto a fuggire precipitosamente e a riparare nel Petrarca, Boccaccio) e continuata nei secoli successi-
territorio di Bergamo, allora sotto la Repubblica di vi da altri scrittori fiorentini o toscani (Machiavelli,
Venezia. Lucia, su consiglio del padre spirituale fra’ Galilei e la scuola galileiana) come da scrittori di al-
Cristoforo, si rifugia in un convento a Monza, sotto la tre regioni d’Italia (Ariosto, Tasso, Metastasio) che
protezione di una monaca. Qui però è rapita dai bravi prendono a modello la lingua di Firenze. Con il ro-
dell’Innominato, un potente signorotto dei dintorni, a manzo Manzoni pone le basi per l’unità linguistica
cui don Rodrigo aveva chiesto aiuto. Nel castello la nazionale e per l’italiano moderno.
ragazza, schiacciata dall’angoscia, fa voto di non spo- 3. Nel romanzo sopra le vicende umane appare la
sarsi. La sua presenza però provoca nell’Innominato presenza della Provvidenza, che interviene e che sa
la definitiva crisi religiosa, che maturava ormai da trarre il bene anche dal male. L’opera ha un lieto fine
tempo. Egli si converte grazie anche all’intervento (com’era consuetudine nei romanzi dell’Ottocento),
del cardinale Federigo Borromeo. Lucia è quindi libe- perché Renzo e Lucia si sposano; ed ha anche una
ra. Intanto, portata da bande di soldati di passaggio, si conclusione “morale” o didattica, che l’autore trae,
diffonde la peste, che miete centinaia di vittime in scusandosi se con essa annoia il lettore. Il lieto fine
tutta la regione. Renzo coglie l’occasione della peste però non è scontato: i due protagonisti hanno dovuto
per ritornare prima nel suo paese, poi a Milano, per affrontare molte difficoltà e molte prove prima di po-
cercare Lucia. La trova nel lazzaretto, dove cura i ma- tersi sposare. Hanno dovuto avere fede. La fede fa
lati. Qui trova anche don Rodrigo, che sta morendo. vedere la vita con fiducia, ma non cambia la durezza
La rabbia verso il prepotente si trasforma in perdono della vita. Le prove della vita sono effettive e lascia-
verso il moribondo. Il problema del voto è sciolto da no il segno: padre Cristoforo muore, muoiono anche
padre Cristoforo, anche lui presente nel lazzaretto ad don Rodrigo ed il conte Attilio, muoiono anche nu-
assistere i malati. Di lì a poco un temporale prean- merosi compaesani. La peste è spietata, non distingue
nunzia la fine della peste. I due giovani si possono i buoni dai cattivi.
così sposare: Renzo si dedica al suo lavoro di artigia- 4. Con Dante Manzoni divide non soltanto l’impegno
no, Lucia ai figli che arrivano. Renzo vuole trarre una di costruire una lingua nazionale, ma anche la visione
morale dalle sue disavventure; egli ha imparato a non provvidenziale della storia. Il poeta fiorentino l’aveva
ubriacarsi e a non fare discorsi in piazza. Lucia, più espressa in particolare in Pd VI, dove l’imperatore
riflessiva, ha imparato invece che i guai le sono cadu- Giustiniano traccia la storia dell’Impero dall’incendio
ti addosso anche se non li ha cercati; e tuttavia la fi- di Troia fino a fine Duecento. È meglio però non pro-
ducia in Dio li ha resi più tollerabili e l’hanno spinta seguire il confronto tra i due intellettuali: Dante è lo
verso una vita migliore. scrittore professionista, che ha alle spalle una visione
europea della cultura e dei problemi politici, Manzoni
Commento è il dilettante che scrive a tempo perso e che ha anco-
1. Con il romanzo Manzoni si propone molteplici ra una visione limitata e provinciale dei problemi.
scopi: a) scegliere come protagonisti due esponenti 5. Un confronto ancora più distruttivo è quello di
del popolo, precisamente due piccoli artigiani di pro- Manzoni e del suo romanzo con i coevi scrittori fran-
vincia, sulla spinta di idee illuministiche e democrati- cesi, ad esempio con Alexandre Dumas padre, che in
che; b) inserire la loro vicenda in un contesto sociale quegli anni pubblica Il conte di Montecristo (1844-
e storico più vasto, tanto da dare uno spaccato storico 45). Il confronto degli inizi dei due romanzi è suffi-
della società lombarda nei primi decenni del Seicen- ciente. Dumas presenta il protagonista che sta arri-
to; c) proporre ideali civili, sociali, religiosi, politici, vando sulla nave e che pensa al prossimo matrimonio.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 366
Manzoni inizia con “Quel ramo del lago di Como…” male. Doveva proseguire con un’altra scena. Ad
che non finisce mai e diventa un oceano, dove il letto- esempio quello che in quel momento faceva un altro
re affoga. Egli vuole costruire una nuova lingua ita- personaggio del romanzo. Insomma doveva prosegui-
liana, ma dimentica il presupposto fondamentale che re con una scena che attirasse l’attenzione del lettore
la lingua si usa quotidianamente. E nel romanzo co- e mantenesse intensa l’emozione e la curiosità verso
struisce una lingua che è una lingua letteraria e per quel che sarebbe successo al curato.
letterati. Non per il popolo né per gli uomini che vuo- 9. Anche la conclusione moralistica disturba: è troppo
le portare sulla scena e che poi deride (Tonio e Ger- esplicita, non è stata trasformata in avventura. Anche
vaso hanno un cervello in due, il sarto vuole escogita- Dumas ne Il conte di Montecristo fa didattica per il
re una frase che gli faccia fare bella figura agli occhi lettore. Ma essa è sempre fusa con gli episodi narrati,
del vescovo). Ben altra cosa gli altri scrittori italiani non è mai resa esplicita. Lo scrittore non si mette mai
come Ippolito Nievo, Giovanni Verga, Giovanni Pa- in cattedra. Sarebbe un comportamento fastidioso e
scoli, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Dino pure sbagliato. Si mescola sempre tra i personaggi. È
Buzzati, tutti scrittori di mestiere. Anche Buzzati cura invisibile. E ugualmente si identifica o si nasconde
la lingua ne Il Deserto dei Tartari (1940) ed è da con- nel punto di vista del lettore. Manzoni invece dalla
siderare uno scrittore che vuole fare letteratura, ma il cattedra guida il suo lettore per tutto il corso del ro-
suo italiano è ben altra cosa rispetto al linguaggio an- manzo, dal ritrovamento del manoscritto alla morale
cora aulico e ciceroniano o boccacciano di Manzoni. finale.
6. Lo scopo edificante del romanzo disturba il lettore 10. I limiti del romanzo rispecchiano i limiti della so-
dall’inizio alla fine. E anche i continui commenti det- cietà del tempo: l’Italia – o gli Staterelli italiani – sta-
tati dal buon senso dello scrittore, che però normal- va a guardare, mentre gli altri Stati europei erano at-
mente non coincide con il buon senso del lettore. tori della storia contemporanea. Gli altri Stati poi
L’osservazione che fa sul commerciante che vuol di- avevano scrittori di professione che vivevano scri-
menticare le sue origini – è la stessa cosa vendere e vendo. L’Italia non ha uno sviluppo economico che
comperare tessuti – è stupida e dimostra la sua inca- ne giustifichi l’esistenza. Nel 1911, quindi molti de-
pacità di capire il Seicento, la società del Seicento, la cenni dopo, il vicentino Emilio Salgari (1862-1911)
società in sé e i valori sociali. Stessa cosa per la sua si suicida perché i romanzi che scriveva non gli per-
ironia verso i titoli nobiliari spagnoli lunghi chilome- mettevano una vita decente (e perché truffato da edi-
tri: se esistono, vuol dire che hanno una giustificazio- tori disonesti). Ma neanche i suoi romanzi
ne. Stessa cosa per il ritratto caricaturale di don Ab- d’avventura esotica e piratesca reggono il confronto
bondio agli inizi del romanzo: si era fatto prete per con uno scrittore contemporaneo come Jules Verne
avere pane e companatico sicuri. Ognuno ha i suoi (1828-1905).
problemi e i suoi valori, il curato i suoi, e le scelte ------------------------------I☺I-----------------------------
vanno rispettate. Con queste osservazioni non si vuol
dire che ironia e sarcasmo non si possano fare. Si
vuol dire che devono essere fatti in modo adeguato e
rispettando il presupposto di ogni romanzo (almeno)
del tempo: proporre l’avventura, portare il lettore a
contatto con il mondo, far sì che il lettore si identifi-
casse con il o i personaggi.
7. Nel caso di don Abbondio come nel caso del sarto
l’errore narrativo era facile da emendare: si abbando-
nava il punto di vista e la valutazione dall’esterno e si
vedeva il problema con gli occhi del protagonista,
con un punto di vista dall’interno. Egli come il lettore
deve affrontare il dramma della scelta: quale profes-
sione o mestiere o missione fare, per sbarcare il luna-
rio. E soppesare i pro e i contro di ciascuna soluzione.
Così il lettore si immedesimava e apprezzava.
8. Come le interferenze morali o moralistiche, anche
le interferenze storiografiche sono del tutto inoppor-
tune: vanno eliminate. Lo scrittore si informa sul pe-
riodo storico, ma poi fa confluire nel romanzo le sue
informazioni. Anche qui si può muovere allo scrittore
la stessa accusa: non ha trasformato i passi storiogra-
fici in romanzo e in avventura. Ma si poteva fare.
Una delle interruzioni più infelici è agli inizi del ro-
manzo: l’autore rimanda l’incontro di don Abbondio
con i bravi per fare una lunga digressione storica. In
tal modo raffredda la situazione e il lettore ci resta
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 367
Giuseppe Gioachino Belli (1791- signori villani bricconi; e zitto.
1863) Io faccio dritto lo storto e storto il dritto:
posso vendervi tutti un tanto al mazzo:
La vita. Giuseppe Gioachino Belli nasce a Roma nel io, se vi voglio impiccare, non vi strapazzo,
1791. La famiglia è coinvolta nella rivoluzione del perché la vita e la roba io ve le affitto.
1798. Egli non dimenticò mai la miseria e la paura di
quel periodo. Rimasto orfano, entra nell’ammini- Chi abita a questo mondo senza il titolo
strazione pontificia grazie all’interessamento di alcu- o di Papa o di Re o d’Imperatore,
ni parenti. Nel 1810 i francesi lo esonerano dall’in- quello non può mai avere voce in capitolo”.
carico. Il matrimonio con la vedova del conte Picchi
(1816) gli dà una certa agiatezza. Dopo il 1828 inizia Con questo editto andò in giro il boia come banditore,
a comporre i sonetti in romanesco, che alla fine di- chiedendo a tutti che ne pensassero;
ventano circa 2.000. Nel 1841 ottiene un impiego nel e tutti risposero: “È vero, è vero”.
Debito pubblico. È fortemente avverso alla Repubbli-
ca romana (1849). Nel 1852 ha l’incarico di esercitare Commento
la censura dal punto di vista morale sulle opere teatra- 1. “Non vi strapazzo”, cioè non vi faccio alcun torto.
li in prosa e in musica. Alcuni suoi giudizi sono così ---I☺I---
retrivi, che mettono in difficoltà lo stesso governo
pontificio. Muore nel 1863. Er caffettiere fisolofo
La poetica. Belli costituisce un problema interpretati- L’ommini de sto Monno sò ll’istesso
vo: ufficialmente è più retrivo del governo papale, in che vvaghi de caffè nner mascinino:
privato esprime con violenza distruttiva e dissacrato- c’uno prima, uno doppo, e un antro appresso,
ria gli umori del popolo minuto. Nei sonetti l’autore tutti cuanti però vvanno a un distino.
non è più se stesso: diventa i personaggi che fa parla-
re. Non denuncia dall’esterno il degrado del popolo Spesso muteno sito, e ccaccia spesso
minuto. Diventa egli stesso popolo che urla contro la er vago grosso er vago piccinino,
degradazione propria e contro l’oppressione del pote- e ss’incarzeno tutti in zu l’ingresso
re costituito, ma che non può fare niente per cambiare der ferro che li sfraggne in porverino.
la realtà.
---I☺I--- E ll’ommini accusì vviveno ar Monno
misticati pe mmano de la sorte
Li soprani der monno vecchio che sse li ggira tutti in tonno in tonno;
C’era una vorta un Re cche ddar palazzo e mmovennose oggnuno, o ppiano, o fforte,
mannò ffora a li popoli st’editto: senza capillo mai caleno a ffonno
«Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, pe ccascà nne la gola de la Morte.
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.
Il caffettiere filosofo
Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo: Gli uomini di questo mondo sono lo stesso
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo, che chicchi di caffè nel macinino:
ché la vita e la robba Io ve l’affitto. che uno prima, uno dopo e uno di seguito,
tutti quanti però vanno a un unico destino.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore, Spesso mutano luogo, e spesso il chicco grosso
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo». caccia il chicco più piccolo, e si spingono
tutti sull’ingresso del ferro che li riduce in polvere.
Co st’editto annò er Boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore; E gli uomini così vivono al mondo
e arisposeno tutti: «È vvero, è vvero». Rimescolati per mano della sorte
21 gennaio 1832 - De Pepp’er tosto Che se li gira tutti in tondo in tondo;
Va, pensiero, sull’ali dorate, Va’, o mio pensiero, sulle ali dorate,
va, ti posa sui clivi, sui colli, va’, e posati sui pendii e sui colli,
ove olezzano (=profumano) tepide e molli dove profumano tiepide e molli
l’aure dolci del suolo natal! le arie dolci del suolo natale!
Del Giordano le rive saluta, Saluta le rive del Giordano
di Sionne le torri atterrate. e le torri abbattute di Sion (=Gerusalemme).
O mia Patria sì bella e perduta, O mia Patria così bella e [ora] perduta,
o membranza (=ricordo) sì cara e fatal! o ricordo così caro e fatale!
Arpa d’or dei fatidici vati O arpa d’oro dei nostri profeti,
perché muta dai salici pendi? perché pendi muta dai salici?
Le memorie nel petto riaccendi, Riaccendi le memorie nel petto,
ci favella (=cantaci) del tempo che fu! cantaci del tempo che fu (= tempo felice)!
O simile di Solima (=Gerusalemme) ai fati O arpa, fai risuonare un cupo lamento
traggi un suono di cupo lamento simile alla sorte di Gerusalemme!
oh t’ispiri il Signore, un concento Oh, il Signore ti ispiri un canto corale,
che ne infonda al patire virtù, che infonda coraggio alla nostra sofferenza,
che ne infonda al patire virtù, che infonda coraggio alla nostra sofferenza,
al patire virtù! coraggio alla nostra sofferenza!
---I☺I--- ---I☺I---
Commento Se volete la libertà dall’oppressione straniera, dovete
1. Il coro affronta il problema della patria in termini impugnare le armi e cacciare l’oppressore. Manzoni è
universali: ogni popolo dev’essere libero. Il testo non un intellettuale brutale e sincero, che chiama le cose
va letto (il testo è modestissimo, di una insignificanza con il loro nome. La tragedia è ambientata nel 774: il
assoluta), va ascoltato o ancor meglio cantato: il mo- papa, insidiato dai longobardi, chiama in Italia i fran-
do corretto per capirlo e apprezzarlo è sentirlo cantare chi contro di loro. E i franchi li sconfiggono.
“in coro” i cantarlo “in coro”. E la musica di Verdi è 7. Molti termini sono “alti”, come voleva la cultura
possente. del tempo: olezzano, Sionne, [ri]membranza, fatal,
2. L’autore del testo è il poeta Temistocle Solera arpa d’or, favella (ind. pres., 3a sing., verbo favella-
(1815-1878), che scrisse i versi ispirandosi al Salmo re), Solima, concento, virtù. Pure i troncamenti delle
137 della Bibbia, Super flumina Babylonis (Sui fiumi parole.
di Babilonia). -----------------------------I☺I-----------------------------
3. Il concento della strofa finale significa: “un armo-
nioso accordo di più voci o suoni”, un “canto corale”.
4. Il contesto del coro è questo: gli ebrei sono in esi-
lio a Babilonia e con il pensiero ritornano a casa, alla
patria perduta. E provano un acuto senso di nostalgia.
5. Una osservazione: intellettuali, borghesi e nobili
vanno a teatro, il popolo analfabeta o semi-analfabeta
no. Il suo problema quotidiano era banalmente avere
cibo sufficiente. La frattura sociale della popolazione
era un ulteriore problema per il presente come per il
futuro: intellettuali, borghesi e commercianti avevano
interessi economici se si realizzava l’unità nazionale,
la popolazione minuta molto di meno, era anzi dan-
neggiata con l’aumento delle tasse (l’unificazione
aveva avuto costi notevoli) e la leva obbligatoria di
sette anni (1870).
6. Il coro va confrontato con Alessandro Manzoni,
Adelchi, atto III, coro: gli italici vedono i longobardi
messi in fuga dai franchi e sperano che i franchi siano
venuti a liberarli. Il poeta li disillude: il novo arrivato
si allea con l’antico ed ora avrete due oppressori.
Si scopron le tombe,
si levano i morti,
i martiri nostri
son tutti risorti.
Corriamo! Corriamo!
su (=orsù, alzate), o giovani schiere,
su al vento per tutto (=da per tutto)
le nostre bandiere,
Va fuori d’Italia,
va fuori ch’è l’ora,
va fuori d’Italia,
va fuori, o stranier!
---I☺I---
Commento
1. Come gli altri, il canto è semplice, elementare, i
versi sono brevi e orecchiabili. Ma sembra di essere
al giudizio universale o a una levata di zombie.
2. Anche questo canto risorgimentale è impregnato di
religione: le tombe si scoprono e i morti si alzano,
come nel giudizio universale. I martiri è un altro ter-
mine religioso, che indica solamente i testimoni.
D’altra parte il Cristianesimo era diffuso in tutta Italia
e anche in Europa.
3. “Il ferro” indica le armi, la spada e la baionetta. I
soldati andavano all’assalto frontale del nemico con
la baionetta innestata. C’erano i cannoni e i fucili, ma
i secondi facevano pochi danni: si caricavano per la
canna e l’operazione richiedeva qualche minuto. Il
primo fucile efficiente è lo Chassepot francese a re-
trocarica, che permette ai francesi di sconfiggere i ga-
ribaldini a Mentana, vicino a Roma (1867). Aveva
una portata utile di m 1.200. I combattimenti cessano
di essere all’arma bianca. O almeno dovrebbero ces-
sare. E invece no: la prima guerra mondiale (1914-
18) inizia ancora con questa strategia. E dall’altra
La nebbia a gl’irti colli La nebbia sale sulle colline irte (=i pini),
piovigginando sale, mentre pioviggina;
e sotto il maestrale e sotto il vento di maestrale
urla e biancheggia il mar; il mare urla e biancheggia;
Riassunto. La nebbia sale sulle colline, mentre pio- e dell’arrosto non riescono a distogliere il cacciatore.
viggina. Sotto il vento freddo di maestrale il mare ur- dal desiderio di andarsene, come si stanno preparando
la e biancheggia. Per le strade del paese si diffonde a fare gli uccelli
l’odore del vino nuovo, che va a rallegrare gli animi. 2. Le immagini, come i contrasti cromatici, sono
Lo spiedo gira sopra i ceppi accesi, che scoppiettano. semplici e chiare. Sono pure di facile comprensione il
Sulla porta di casa il cacciatore fischia, mentre guar- paragone tra uccelli neri ed esuli pensieri, e il senti-
da gli stormi di uccelli che si preparano a migrare mento di tristezza e di insoddisfazione espresso dagli
nella sera. aggettivi neri ed esuli.
3. Il poeta riesce a presentare un quadretto paesaggi-
Commento stico e di vita quotidiana, ravvivato da versi orecchia-
1. Le prime due quartine sono festose e veloci; le al- bili ed effervescenti, che colpiscono l’immaginazione
tre due rallentano il ritmo e si concludono in una (im- e si fissano facilmente nella memoria. La poesia fa
prevedibile ed incongrua) sensazione di tedio e di in- provare un rapido sentimento di malinconia, ma non
soddisfazione dell’animo: il profumo del vino nuovo riesce ad andare oltre.
---I☺I--- ---I☺I---
Dolce paese, onde portai conforme O dolce paese, da cui trassi il comportamento
l’abito fiero e lo sdegnoso canto fiero ed il canto sdegnoso
e il petto ov’odio e amor mai non s’addorme, e il cuore (dove odio e amore mai non riposano),
pur ti riveggo, e il cor mi balza in tanto. finalmente ti rivedo, e il cuore mi balza in petto.
Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano; Oh, ciò che ho amato, ciò che ho sognato fu vano;
e sempre corsi, e mai non giunsi il fine; e sempre lottai, ma mai ottenni risultati;
e dimani cadrò. Ma di lontano E domani la mia vita finirà. Ma in lontananza
pace dicono al cuor le tue colline mi invitano alla pace le tue colline,
con le nebbie sfumanti e il verde piano con le nebbie che sfumano e la pianura verde,
ridente ne le pioggie mattutine. che sorride nelle piogge del mattino.
T’amo, o pio bove; e mite un sentimento Ti amo, o pio bove; e infondi nel mio cuore
di vigore e di pace al cor m’infondi, un mite sentimento di vigore e di pace,
o che solenne come un monumento sia che tu guardi i campi aperti e fertili
tu guardi i campi liberi e fecondi, solenne come un monumento,
o che al giogo inchinandoti contento sia che tu, piegandoti contento sotto il giogo,
l’agil opra de l’uom grave secondi: aiuti con la tua forza il lavoro operoso dell’uomo:
ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento egli ti spinge e ti stimola, e tu gli rispondi
giro de’ pazienti occhi rispondi. muovendo lentamente gli occhi pazienti.
Da la larga narice umida e nera Il tuo fiato fuma dalle tue narici
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto umide e nere, e come una canzone lieta
il mugghio nel sereno aer si perde; il tuo muggito si disperde nell’aria serena;
e del grave occhio glauco entro l’austera e nell’austera dolcezza del tuo occhio azzurro
dolcezza si rispecchia ampio e quieto si rispecchia nella sua ampiezza e nella sua pace
il divino del pian silenzio verde. il divino silenzio della pianura verdeggiante.
---I☺I--- ---I☺I---
Il comune rustico, 1885 Sia tra i faggi e gli abeti sui campi
color smeraldo l’ombra fredda e solitaria si distenda
O che tra faggi e abeti erma su i campi al sole del mattino dall’aria pura e leggera;
smeraldini la fredda ombra si stampi sia che [l’ombra] si distenda oscura e immobile
al sole del mattin puro e leggero, nel giorno morente sui casolari sparsi
o che foscheggi immobile nel giorno intorno alla chiesa che prega o al cimitero
morente su le sparse ville intorno
a la chiesa che prega o al cimitero 6 che tace, o noci della Carnia, addio!
Il mio pensiero vaga tra i vostri rami
che tace, o noci de la Carnia, addio! e sogna le immagini di un tempo lontano.
Erra tra i vostri rami il pensier mio Non vedo apparizioni di spettri
sognando l’ombre d’un tempo che fu. o diavoli goffi in compagnia di bizzarre streghe;
Non paure di morti ed in congreghe ma [vedo] la coraggiosa comunità di campagna
diavoli goffi con bizzarre streghe,
ma del comun la rustica virtú 12 accampata all’ombra fresca ed ampia
nella stagione dei pascoli (=d’estate),
accampata a l’opaca ampia frescura dopo la messa nel giorno festivo.
veggo ne la stagion de la pastura Il console pone le mani sulla croce
dopo la messa il giorno de la festa. e sui Vangeli e dice: “Ecco, io divido
Il consol dice, e poste ha pria le mani tra voi questa foresta
sopra i santi segnacoli cristiani:
– Ecco, io parto fra voi quella foresta 18 d’abeti e di pini, che verso il confine diventa scura.
Voi invece condurrete [al pascolo] la mandria
d’abeti e pini ove al confin nereggia. delle mucche e il gregge delle pecore verso quei colli.
E voi trarrete la mugghiante greggia Voi, se il barbaro invade [la nostra terra],
e la belante a quelle cime là. ecco a voi, o figli, le lance e le spade:
E voi, se l’unno o se lo slavo invade, morirete per la nostra libertà”.
eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade,
morrete per la nostra libertà. – 24
– Questo, al nome di Cristo e di Maria, “Nel nome di Cristo e di Maria ordino e voglio
ordino e voglio che nel popol sia. – che questa sia la volontà del popolo”.
A man levata il popol dicea, Sì. Alzando la mano il popolo approvava.
E le rosse giovenche di su ‘l prato E le rosse giovenche sul prato
vedean passare il piccolo senato, vedevano passare la piccola assemblea,
brillando su gli abeti il mezzodì. 36 mentre il mezzodì brillava sugli abeti.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Lasciando la Carnia, dove aveva trascorso 3. Il linguaggio è lento, solenne, ricco di aggettivi, ed
un periodo di vacanza, il poeta si rivolge ai noci e li usa, come in T’amo, o pio bove, la costruzione sintat-
saluta, sia che distendano la loro ombra nel sole del tica disgiuntiva “o che... o che...”, che ricalca il fo-
mattino, sia che la distendano sul far della sera. Il suo scoliano “e quando... e quando...” del sonetto Alla se-
pensiero vaga tra i loro rami e sogna un tempo lonta- ra. Esso presenta un anacoluto retorico (“Voi... a
no: non il Medio Evo superstizioso dei diavoli e delle voi”) e, l’ultimo verso, un ablativo assoluto (“brillan-
streghe (=quello della Chiesa), ma il Medio Evo del do su gli abeti il mezzodì”). Un anacoluto caratterizza
libero comune. Dopo la messa nel giorno festivo il anche il primo sonetto del Canzoniere petrarchesco:
console pone le mani sui Vangeli e distribuisce i “Voi... spero trovar pietà”.
compiti: ad alcuni affida il compito di occuparsi della ---I☺I---
foresta, ad altri di condurre le mandrie al pascolo, ad
altri di difendere con le armi la comunità. I prescelti Le Odi barbare, 1877, 1889
si riempiono di orgoglio, mentre le donne, piangendo,
invocano su di loro la protezione della Vergine Ma- Le Odi barbare (1877, 1882, 1889) segnano una
ria. Quindi il console, nel nome di Cristo e di Maria, svolta formale e contenutistica per la poesia di Car-
chiede l’approvazione. I presenti approvano alzando ducci: l’introduzione della metrica latina esprime la
la mano. E nel sole del mezzogiorno l’assemblea si nostalgia verso la grandezza del mondo romano. Una
scioglie, sotto gli occhi delle mucche che pascolano. nota del poeta: “Fu chi intese che questi versi augu-
rassero la malaria ai buzzurri (=contadini). Ohimè! Io
Commento intendevo imprecare alla speculazione edilizia che già
1. Il poeta immagina un Medio Evo eroico che si con- minacciava i monumenti, accarezzata da quella trista
trappone al Medio Evo superstizioso, di cui sarebbe amministrazione la quale educò il marciume che ser-
responsabile la Chiesa. La contrapposizione è sempli- peggia a questi giorni nella capitale (4 febb. 1893)”.
cistica e non ha riscontri storici: le invasioni barbari-
che terminano nel 956 con la sconfitta degli ungari da
parte dell’imperatore Ottone III ed i comuni sorgono
soltanto intorno al 1050. Egli però non vuole fare sto-
ria, né pensare al passato, ma prendere posizione a
favore dello Stato contro la Chiesa. Mentre sta scri-
vendo, continuano le tensioni tra lo Stato unitario e la
Curia romana, che con il non expedit (1874) aveva
vietato ai fedeli di partecipare alla vita politica dopo
la presa di Roma (1870).
2. A parte l’anticlericalismo, motivato o meno che
sia, il poeta tratteggia figure eroiche di maniera: il
console che distribuisce i compiti e chiede l’appro-
vazione, i giovani che sono pieni di orgoglio per l’in-
carico ricevuto, le donne che piangono invocando la
Madonna, i barbari che minacciano le libertà civili. I
personaggi sono costruiti dall’esterno, non sono deli-
neati psicologicamente dall’interno. Ben più efficace
è la ricostruzione che Pascoli nei Poemi conviviali
(1904) fa delle figure greche di Solone, Ulisse, Ales-
sandro Magno ecc.
Corron tra ‘l Celio fósche e l’Aventino 1. Tra il Celio e l’Avventino corrono le nuvole
le nubi: il vento dal pian tristo move oscure: dalla pianura incolta e malarica soffia
umido: in fondo stanno i monti albani un vento umido. All’orizzonte sorgono i monti
bianchi di neve. 4 Albani, ricoperti di neve.
A le cineree trecce alzato il velo 2. Con il velo verde alzato sopra le trecce grigie
verde, nel libro una britanna cerca una turista inglese cerca nella guida [notizie di]
queste minacce di romane mura queste mura romane, che sorgono minacciose
al cielo e al tempo. 8 contro il cielo e contro il tempo.
“Vecchi giganti, – par che insista irato 4. “O vecchi giganti – pare che dica adirato
l’augure stormo – a che tentate il cielo?” lo stormo premonitore –, a che scopo sfidate
Grave per l’aure vien da Laterano il cielo?” Da Laterano viene un suono
suon di campane. 16 lugubre di campane per l’aria.
Se ti fûr cari i grandi occhi piangenti 6. Se ti furono cari i grandi occhi pieni
e de le madri le protese braccia di lacrime e le braccia protese delle madri
te deprecanti, o dea, da ‘l reclinato che t’invocavano, o dea, [di stare lontana]
capo de i figli: 24 dal capo reclinato dei figli;
Febbre, m’ascolta. Gli uomini novelli 9. O dea Febbre, ascoltami. Respingi lontano
quinci respingi e lor picciole cose: da questi luoghi gli uomini nuovi e le loro
religïoso è questo orror: la dea piccole cose: questo luogo abbandonato
Roma qui dorme. 36 è sacro, perché qui la dea Roma dorme.
Riassunto. Sotto un cielo nuvoloso e percorso da un nel passato, quando il romano, ritornando a casa di
vento umido una turista inglese cerca nella sua guida sera, guardava dal Tevere le mura di Roma e cantava
notizie sulle terme di Caracalla. I corvi volano sulle una canzone dedicata alla patria. E con decisione in-
rovine, a cui sembrano chiedere perché continuino a voca la dea Febbre e la prega di tenere lontani da quei
sfidare il cielo. Da Laterano giunge il suono lugubre luoghi gli uomini nuovi e le loro piccole cose: quel
delle campane. Un ciociaro, fischiando una canzone luogo è sacro, perché la dea Roma vi dorme. La pre-
triste, passa tra quelle rovine e non le degna di uno senta come una donna gigantesca distesa al suolo, tra
sguardo. Allora il poeta, sdegnato, va con il pensiero i sette colli.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 402
Commento esseri viventi. Manzoni addirittura evita di fare poesia
1. Carducci usa un linguaggio lento e solenne, capace o prosa autobiografica, e in Marzo 1821 (1821, 1848)
di evocare la grandezza del mondo romano. A questa invita a impugnare le armi per liberare l’Italia dagli
grandezza contrappone la miseria del presente, che ha oppressori. Carducci ottiene risultati poeticamente
dimenticato tale passato e che si preoccupa dei picco- modesti perché è preoccupato più della forma esterna
li agi della vita quotidiana. Perciò egli dispera che la che non del sentimento o dell’ideale profusi dentro i
dea Roma, che giace addormentata, si possa svegliare versi; e perché non riesce a universalizzare i suoi sen-
per riconquistare l’antica grandezza. timenti ed i suoi ideali, che restano chiusi, freddi,
2. Il poeta gioca sul facile contrasto fra la turista in- egoistici.
glese che cerca notizie sulle terme di Caracalla e il 7. Si può opportunamente confrontare questa celebra-
ciociaro che passa indifferente e non le degna di uno zione esteriore ed enfatica del passato (che costituisce
sguardo. Anche in questa poesia ci sono facili contra- una comoda fuga dalla realtà del presente) con la dia-
sti di colori (i monti bianchi, le trecce cineree, i corvi lettica che Manzoni e Leopardi stabiliscono tra passa-
neri) e una esplicita accusa di colpe alla Chiesa: da to e presente. Per Manzoni il passato è un modo effi-
san Giovanni in Laterano giunge il suono funereo cace per mettere a fuoco i problemi del presente. Ciò
delle campane. vale sia per il polemico coro dell’atto III dell’Adelchi
3. Il poeta trasforma Roma in una grande donna gra- (gli italici si illudono se pensano che i franchi siano
zie alla figura retorica della personificazione. La può venuti a liberarli dai longobardi) sia per il romanzo
così considerare addormentata. La fuga consolatoria storico (la morale delle ultime righe). Per Leopardi il
nel passato non sembra però il modo migliore per passato è memoria del passato storico e individuale; è
cambiare la situazione difficile del presente. L’abuso confronto e stimolo con il presente; è abbandono
delle figure retoriche caratterizza anche Il comune ru- emotivo ed estatico in dolcissime sensazioni.
stico: prima di lasciare la Carnia, il poeta si rivolge ai 8. Della Roma papale e delle tremende condizioni
noci e li saluta. della plebe romana dà una sconvolgente rappresenta-
4. Carducci se la prende con il contadino ciociaro, zione Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863) in oltre
che avrebbe dimenticato il suo grande passato. Quin- 2.000 sonetti scritti sotto il governo pontificio. Ma la
di invoca la dea Febbre che tenga lontano da quei situazione non migliora affatto con i governi laici di
luoghi “gli uomini novelli e lor picciole cose”. Vera- Destra e di Sinistra del nuovo Stato unitario che si in-
mente si può discutere se la pochezza del presente è sediano dopo la presa della città (1870), che sventra-
da imputare al contadino ciociaro che deve risolvere no per farne la capitale del regno. E che hanno poca
ogni giorno il problema della sopravvivenza o alla voglia di fare la pace con il papa: la pace significhe-
speculazione edilizia, che aveva stravolto Firenze nei rebbe la nascita di un partito cattolico che avrebbe la
pochi anni in cui era stata capitale d’Italia e che ora maggioranza assoluta nel parlamento e che perciò li
sta stravolgendo Roma. Il poeta non è né giusto né annienterebbe.
cortese a prendersela con il ciociaro e a augurargli la ---I☺I---
malaria, se osava rimanere in quei luoghi: il poverac-
cio aveva già abbastanza problemi da risolvere. Egli
non se la prende invece con i veri responsabili della
decadenza romana: proprio quella classe dirigente
inetta e nobiliare per la quale egli ha ormai deciso di
cantare. Qui come altrove l’eloquenza delle parole
serve a nascondere un ragionamento fragile o errato.
4.1. Questo è quello che dice il testo. Ma il poeta in-
tendeva un’altra cosa e nel 1893 precisa la corretta
interpretazione e/o fa la rettifica: non augura la mala-
ria al contadino ciociaro.
5. Anche in questa poesia la psicologia dei personag-
gi è esteriore ed imprecisa. Il poeta non considera
l’ovvia verità che la turista inglese cerchi notizie sulle
terme perché non le ha mai viste; e che il ciociaro non
le guardi perché le vede ogni giorno e perché è stanco
dopo una lunga giornata di lavoro.
6. Ben più elevata risulta la poesia manzoniana di
impegno civile (e religioso) e la capacità di Foscolo e
di Leopardi di far lievitare la materia poetica. Nel so-
netto In morte del fratello Giovanni (1802-03) Fo-
scolo spinge il lettore ad immedesimarsi nel suo
dramma, nella tragedia del fratello suicida e della
madre vecchia e sola. Negli idilli Leopardi invece co-
glie il dolore di tutti gli uomini ed anche di tutti gli
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 403
Nevicata, 1881 Nevicata
Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinereo: gridi, La neve fiocca lentamente nel cielo color cenere:
suoni di vita più non salgono da la città, le grida e i suoni di vita non si alzano più dalla città;
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro, non si sente il grido dell’erbivendola né quello
non d’amor la canzon ilare e di gioventù. della carrozza che corre, né la canzone d’amore,
piena di allegria e di giovinezza.
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì. Dalla torre della piazza le ore gemon roche
per l’aria, come sospiri d’un mondo lontano dal dì.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me. Uccelli raminghi picchiano sui vetri appannati:
sono gli spiriti [degli] amici [morti], che ritornano,
In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore – mi guardano e mi chiamano [fra loro].
giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
---I☺I--- Tra poco, o miei cari, tra poco (e tu càlmati,
o indomito cuore) verrò giù nel silenzio [della tomba]
Riassunto. La neve cade lentamente su Bologna. Tutti e riposerò nell’ombra.
i suoni cessano. Non si sente più il grido dell’erbi- ---I☺I---
vendola, né il rumore della carrozza, né la canzone
d’amore. La torre suona le ore che sembrano un ge-
mito. Uccelli raminghi battono ai vetri delle finestre:
sono gli spiriti degli amici morti, che ritornano e che
chiamano il poeta. Ed egli invita il suo cuore indomi-
to a calmarsi, perché andrà da loro, nel silenzio della
tomba, dove riposerà.
Commento
1. La poesia è scritta forse in occasione della morte di
Lidia (1837-1881), soprannome dato a Carolina Cri-
stofori Piva, la donna amata dal poeta. Della donna
però non si fa alcun cenno, sostituita dagli amici mor-
ti. La poesia accentua quell’elemento di tedio, già
presente alla fine di San Martino (1883). Il cuore in-
domito e la sconfitta esistenziale richiamano un altro
sonetto autobiografico, Traversando la Maremma to-
scana (1886). Anche qui il poeta professa un eroismo
solitario e individualista, di ascendenza romantica,
espresso con un linguaggio molto curato e classi-
cheggiante.
2. A Nevicata di Carducci si deve confrontare Orfano
(1891) di Pascoli. Le due poesie sono scritte a distan-
za di poco più di 10 anni. Il confronto permette di co-
gliere l’enorme differenza di risultati poetici nei due
autori. Carducci lavora all’esterno dei versi e della
rima, per parlare alla ragione anche quando il conte-
nuto poetico è affettivo e sentimentale. Pascoli invece
lavora all’interno dei versi e delle rime, piegando al-
le sue intenzioni tutti i vari elementi per suggestiona-
re il lettore e per parlargli non alla ragione ma all’in-
conscio.
Dove e a che move questa, che affrettasi Dove e verso che cosa va questa gente
a’ carri foschi, ravvolta e tacita che si affretta verso le carrozze scure,
gente? a che ignoti dolori infagottata e silenziosa? A quali sconosciuti dolori
o tormenti di speme lontana? 12 o tormentate speranze lontane?
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera (=biglietto) Tu pur pensosa, o Lidia, porgi il biglietto
al secco taglio dài de la guardia, alla foratura secca del controllore,
e al tempo incalzante i begli anni e al tempo che incalza lasci la tua giovinezza,
dài, gl’istanti gioiti e i ricordi. 16 gli istanti di gioia e i ricordi.
Van lungo il nero convoglio e vengono Vanno e vengono lungo il nero convoglio
incappucciati di nero i vigili, con l’impermeabile scuro addosso i frenatori,
com’ombre; una fioca lanterna come ombre; hanno una fioca lanterna,
hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei 20 e mazze di ferro. E i freni di ferro
E gli sportelli sbattuti al chiudere E gli sportelli che sbattono alla chiusura
paion oltraggi: scherno par l’ultimo paiono offese: il segnale della partenza
appello che rapido suona: che suona rapido appare uno scherno:
grossa scroscia su’ vetri la pioggia. 28 la pioggia scroscia fitta sulle vetrate della stazione.
Già il mostro (=treno), conscio di sua metallica Già il mostro, conscio della sua anima
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei metallica, sbuffa, vibra, ansima, sbarra
occhi sbarra; immane pe ‘l buio i suoi occhi fiammeggianti; per il buio getta
gitta il fischio che sfida lo spazio. 32 il suo fischio altissimo che sfida lo spazio.
Va l’empio mostro; con traino orribile Va il mostro crudele; sbattendo le ali (=le porte)
sbattendo l’ale gli amor miei portasi. con un rumore orribile, si porta via il mio amore.
Ahi, la bianca faccia e ‘l bel velo Ahi, il suo viso pallido e il suo bel velo
salutando scompar ne la tenebra. 36 scompaiono nelle tenebre mentre saluta.
Meglio a chi ‘l senso smarrì de l’essere, È fortunato chi smarrì il senso della vita,
meglio quest’ombra, questa caligine: è preferibile quest’ombra, questa nebbia:
io voglio io voglio adagiarmi io voglio, io voglio adagiarmi
in un tedio che duri infinito. 60 in un tedio che duri per sempre.
Riassunto. Tra gli alberi del viale i lampioni avanza- emozioni per la partenza di Lidia (il ricordo bruciante
no lentamente. La locomotiva fischia in modo stridu- della giovinezza che passa, l’atmosfera buia e neb-
lo. Il cielo autunnale è plumbeo. Chissà dove va tutta biosa che si riflette nell’animo, un tedio infinito che
la gente! Lidia porge il biglietto al controllore, e la- avvolge tutte le cose e che non può essere allontanato
scia la sua giovinezza, i momenti di gioia e i ricordi da se stessi).
all’incalzare del tempo. I frenatori con una fioca lan- 3. La poesia è apparentemente semplice e discorsiva.
terna in mano vanno a controllare i freni del treno. In Dal punto di vista metrico è un’ode alcaica, che il
fondo all’anima risponde un’eco di doloroso tedio. Il poeta riproduce nel verso italiano con una combina-
rumore delle porte sbattute e il fischio della partenza zione di endecasillabi appunto “alcaici” (nei primi
sembrano un oltraggio. Il mostro sbuffa e ansima, due versi di ogni strofa, e composti con due quinari,
lanciando il suo fischio che sfida lo spazio, parte e di cui il primo ad accentuazione piana, il secondo
porta via con sé il suo amore. Il volto e il velo di lei sdrucciola), un novenario al terzo verso, un decasilla-
che saluta scompaiono nelle tenebre. Il suo viso dol- bo al quarto verso (e sempre accentato sulla terza, se-
ce, dagli occhi lucenti e sereni, è circondato da una sta e nona sillaba). Il linguaggio mescola termini dotti
marea di capelli ricciuti. L’aria era piena di vita e e termini quotidiani. Accidïosi è termine dotto e pe-
l’estate fremeva, quando gli sorrisero per la prima trarchesco, significa pigri. Tessera è un altro latini-
volta. E il sole di giugno baciava la morbida guancia smo: sta per biglietto. Tentati è un latinismo: significa
tra i capelli castani. Come un’aureola i suoi sogni più messi alla prova. Appello è un altro latinismo, vale
belli circondavano la sua persona gentile. Egli ora chiamata o segnale. Mostro è ancore un latinismo:
torna sotto la pioggia, in mezzo alla nebbia, e con es- significa essere eccezionale, che desta meraviglia”.
se vorrebbe confondersi. Barcolla come un ubriaco e Tedio è un altro latinismo: vale umor nero, melan-
si tocca, nel timore di essere un fantasma. Le foglie cholia, malinconia. Il simbolismo può passare inos-
cadono e continuano a cadere gelide e pesanti sulla servato a causa del carattere descrittivo della poesia,
sua anima. Egli pensa che ovunque e per sempre nel ma c’è ed è importante: il treno diventa il mostro del-
mondo sia novembre e soltanto novembre. Fu fortu- la mitologia, che rapisce la sua donna; la partenza
nato chi smarrì il senso della vita ed è preferibile que- della donna spegne i suoi impulsi vitali ed egli è co-
sta caligine (=nebbia): il poeta vuole adagiarsi in un stretto a controllare di non essere divenuto un fanta-
tedio che duri per sempre. sma. Il mondo interno del poeta, reso desolato dal te-
dio, è uguale al mondo esterno, dominato dalle tene-
Commento bre e dalla nebbia. Paradossalmente il linguaggio
1. Lidia è lo pseudonimo di Carolina Cristofori Piva dantesco di Tanto gentile e tanto onesta pare o quello
(1837-1881), la donna amata dal poeta, conosciuta di molti sonetti di Cecco Angiolieri è molto più vici-
nel 1871. Egli la accompagna alla stazione a prendere no al nostro linguaggio che quello contorto, letterario
il treno. Per lui il distacco è dolorosissimo. Gli sem- e latineggiante di Carducci.
bra che ovunque nel mondo sia novembre e soltanto 4. Nel verso finale Carducci appare accasciato e inca-
novembre, per sempre. Novembre è il mese delle pace di reagire virilmente a una semplice separazio-
nebbie e del freddo. ne. Non usa neanche le parole incoraggianti di pram-
2. La poesia fonde descrizione della partenza del tre- matica: un invito alla speranza o la programmazione
no (il treno che sbuffa, le varie operazioni del con- del prossimo incontro. Ma sì, ci rivedremo tra qual-
trollore e dei frenatori, il treno che fischia e parte) ed che settimana o qualche mese, al limite ci rivedremo
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 406
lassù, in paradiso. Ed ha 40 anni. Malignamente si poeti dell’Ottocento: Foscolo, Manzoni, Leopardi, e
può commentare che aveva sempre la moglie di riser- poi Pascoli e D’Annunzio.
va. Dante o Manzoni hanno sempre separato la loro ------------------------------I☺I-----------------------------
vita privata dalla loro vita pubblica (o letteraria).
5. Il tedio finale si può intendere in vario modo: de-
pressione, insoddisfazione, malinconia, malumore,
mestizia, scoraggiamento, tetraggine, scontentezza,
spleen, struggimento, uggia, umor nero. Il poeta è in-
soddisfatto della vita che sta conducendo, ma non sa
che fare, anzi si lascia travolgere. Forse è vero o forse
è falso ciò che dice. Ad ogni modo il tema del tedio,
della malinconia, dello spleen, dell’umor nero è un
tema letterario, trattato da poeti contemporanei e an-
che da poeti del passato. Esso è imparentato pure con
l’accidia, la mancanza di volontà, di Francesco Pe-
trarca (1304-1374). La causa di questa angoscia esi-
stenziale è il distacco dalla sua donna. Il distacco lo
getta nella più cupa malinconia.
6. Il poeta riprende il taedium vitae latino e lo spleen
di Charles Baudelaire (I fiori del male, 1857, 1868) e
dei “poeti maledetti” sulla scia di Baudelaire. Il pre-
cedente storico e poetico però era stato Leopardi nel
Canto notturno di un pastore errante nell’Asia (1829-
30):
Al rio sottile, di tra vaghe brume, Il bove con i suoi grandi occhi guarda
guarda il bove, coi grandi occhi: nel piano il ruscello in mezzo alla nebbia. Nella pianura
che fugge, a un mare sempre più lontano che sfuma le acque azzurrognole del fiume
migrano l’acque d’un ceruleo fiume; scorrono verso il mare sempre più lontano.
ingigantisce agli occhi suoi, nel lume Ai suoi occhi il salice e l’ontano
pulverulento (=polverosa), il salice e l’ontano; diventano giganteschi nella luce polverosa.
svaria su l’erbe un gregge a mano a mano, Un gregge bruca lentamente l’erba.
e par la mandra dell’antico nume (=il dio Pan): e sembra la mandria dell’antico dio Pan.
ampie ali aprono imagini grifagne (=di grifoni) Uccelli dalle grandi ali diventano immagini
nell’aria; vanno tacite chimere (=animali leggendari), di grifoni nell’aria. Chimere silenziose,
simili a nubi, per il ciel profondo; simili a nubi, si muovono per il cielo profondo.
il sole immenso, dietro le montagne Il disco smisurato del sole scende dietro montagne
cala, altissime: crescono già, nere, altissime. Le ombre della sera si allungano
l’ombre più grandi d’un più grande mondo. nelle ombre di un mondo più grande (=quello
della notte e del mistero).
Commento
1. Pascoli vede la realtà con gli occhi deformanti del Carducci poi usa un linguaggio “alto”, difficile, clas-
bove (o bue). Le nebbie si alzano dal ruscello, nella sicheggiante, letterario, Pascoli fa il contrario: usa un
pianura il fiume scorre verso un mare sempre più lon- linguaggio “basso”, “comico”, popolare, e addirittura
tano, gli uccelli che volano in cielo diventano imma- si immedesima nel bue: vede la realtà con gli occhi
gini di grifoni, le chimere diventano simili alle nuvo- dell’animale. La distanza tra i due sonetti è di appena
le, un disco gigante del sole tramonta dietro le mon- otto anni.
tagne e scendono le ombre della sera, che anticipano 5. L’attenzione di Carducci e Pascoli per il bove e per
quelle ben più profonde della notte e del mistero. Per la realtà contadina è comprensibile: deriva dal poeta
il poeta il mondo è avvolto dalle tenebre e la realtà è latino Publio Virgilio, e l’economia del tempo era
misteriosa e sconosciuta. Anche la notte de Il gelso- agricola. Gli agricoltori aravano i campi a ottobre,
mino notturno è misteriosa. usando due o quattro buoi a seconda del terreno. Poi
2. L’atmosfera è decadente come in Novembre, Arano seminavano. L’aratro era di ferro e non arava molto
e Lavandare. Diversi termini sono difficili o preziosi: in profondità, un agricoltore guidava i buoi, l’altro
ceruleo (azzurrino), nume (divinità), immagini grifa- teneva l’aratro.
ne (minacciose), chimere (animali leggendari). Per il 6. In Italia la meccanizzazione dell’agricoltura avvie-
resto, come di consueto, il linguaggio è quello che ne soltanto dopo il 1950 e contemporaneamente vi è
normalmente si parla. Il sonetto ha rime ABBA AB- il grande esodo dalle campagne: i braccianti e i picco-
BA CDE CDE. Le rime non si percepiscono. Il sonet- li latifondisti del Veneto come del meridione emigra-
to è un’unica proposizione di 14 versi, piena di incisi no nel triangolo industriale: Torino-Milano-Genova.
e di enjambement. Nel 1958-61 è il boom economico.
3. L’ultimo verso ha valore analogico: indica le om- ---I☺I---
bre dell’oscurità che avvolgono prima la realtà e poi
il mondo. Il mondo quindi è e resta sconosciuto.
L’idea si trova anche nell’ultima strofa di X agosto
(1896):
Sempre un villaggio, sempre una campagna Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino: mi sorride al cuore (o piange), o Severino:
il paese ove, andando, ci accompagna il paese ove, andando, ci accompagna
l’azzurra visïon di San Marino: l’azzurra visione di San Marino (=monte Titano).
sempre mi torna al cuore il mio paese Sempre mi ritorna nel cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta, su cui regnarono i conti Guidi e i Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese, che fosti pure dominata dal Passator cortese
re della strada, re della foresta. (=Stefano Pelloni), re della strada, re della foresta.
oh! fossi io teco; e perderci nel verde, oh! fossi io con te; e potessimo perderci nel verde,
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie, e tra gli olmi, nido per le ghiandaie, potessimo
gettarci l’urlo che lungi si perde gettarci l’urlo che lontano si perde
dentro il meridïano ozio dell’aie; dentro la pausa di mezzogiorno delle aie,
mentre il villano pone dalle spalle mentre il contadino depone dalle spalle
gobbe la ronca e afferra la scodella, curve la ronca e afferra la scodella
e ‘l bue rumina nelle opache stalle e il bue rumina nelle stalle poco illuminate
la sua laborïosa lupinella. il foraggio che mastica a lungo.
Da’ borghi sparsi le campane in tanto Intanto dai borghi sparsi le campane
si rincorron coi lor gridi argentini: si rincorrono con i loro suoni argentini,
chiamano al rezzo, alla quiete, al santo chiamano all’ombra, alla quiete, alla tavola
desco fiorito d’occhi di bambini. benedetta, piena di occhi di bambini.
Già m’accoglieva in quelle ore bruciate In quelle ore calde, sotto un ombrello di rami,
sotto ombrello di trine una mimosa, mi accoglieva una mimosa,
che fiorìa la mia casa ai dì d’estate che copriva la mia casa di fiori nei giorni estivi
co’ suoi pennacchi di color di rosa; con i suoi pennacchi color di rosa.
Era il mio nido: dove, immobilmente, Quello era il mio nido, dove, restando fermo,
io galoppava con Guidon Selvaggio io galoppavo con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente e con Astolfo o mi vedevo davanti
l’imperatore nell’eremitaggio. l’imperatore Napoleone in esilio a Sant’Elena.
udia tra i fieni allora allor falciati udivo tra il fieno da poco falciato
de’ grilli il verso che perpetuo trema, il verso dei grilli che trema continuamente,
udiva dalle rane dei fossati udivo dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema. un lungo e interminabile poema.
Ma da quel nido, rondini tardive, Ma da quel nido (=casa), come rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero: migrammo tutti un giorno terribile (=il padre è
io, la mia patria or è dove si vive: ucciso): io, la mia patria, ora è dove si lavora,
gli altri son poco lungi; in cimitero. gli altri son poco lontano (=con me) e in cimitero.
Così più non verrò per la calura Così non verrò più per la calura
tra que’ tuoi polverosi biancospini, tra quei tuoi biancospini pieni di polvere,
ch’io non ritrovi nella mia verzura (=vegetazione) e non ritrovò nella mia verzura (=casa),
del cuculo ozïoso i piccolini, i pulcini del cuculo che non li vuol allevare,
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero. dimenticato, in mezzo al vapore leggero.
Il vento soffia e nevica la frasca, “Il vento soffia e la frasca lascia cadere le foglie,
e tu non torni ancora al tuo paese! e tu non ritorni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta! Quando tu partisti come sono rimasta!,
come l’aratro in mezzo alla maggese. come l’aratro in mezzo al campo lasciato incolto”.
Riassunto. Nel campo, arato per metà, resta un aratro, un’analisi, anche superficiale, ne mostra la comples-
che pare dimenticato. Dal fossato proviene il rumore sità e lo spessore poetico.
cadenzato delle lavandaie, che accompagnano il loro 3. Il passaggio dalla descrizione del paesaggio alle
lavoro con lunghe cantilene: “È giunto l’autunno e tu cantilene delle lavandaie è immediato e intuitivo. Il
non sei ancora tornato. Quando sei partito, sono rima- poeta non ricorre ai segni d’interpunzione perché
sta come quell’aratro in mezzo al campo lasciato in- vuole mantenere questa spontaneità del sentimento.
colto”. 4. Il linguaggio è semplicissimo: i termini sono quo-
tidiani e la sintassi è elementare. Esso però è arricchi-
Commento to da termini inconsueti come gora (=canale o fossato
1. “Nel campo mezzo grigio e mezzo nero” perché che spesso porta l’acqua ad un mulino) e lavandare
arato per metà. (=lavandaie).
2. Il poeta usa un linguaggio veristico per ottenere ri- 5. Il simbolismo tra l’aratro e la solitudine delle ra-
sultati anti-veristici: l’aratro abbandonato in mezzo al gazze è facile e motivato: il poeta lo fa diventare
campo diventa espressione e simbolo della solitudine “ovvio”. Ed è accompagnato da versi onomatopeici
delle lavandaie, cioè della controparte umana. L’ara- come l’intera seconda terzina. Non i termini, ma le
tro iniziale ritorna nell’ultimo verso e conclude il onomatopee esprimono il sentimento e le sensazioni
madrigale. L’aratro finale rimanda quindi all’aratro che il poeta vuole trasmettere.
iniziale, e dà luogo ad una struttura ciclica, che non è 6. Il tono (apparentemente) dimesso e popolareggian-
casuale, perché si trova anche in molte altre poesie. Il te del madrigale è espresso dalla rima popolareggian-
madrigale è quindi soltanto apparentemente facile: te per assonanza frasca/rimasta, con cui il poeta ri-
---I☺I--- produce le rime approssimative dei canti popolari.
---I☺I---
Novembre, 1891
Novembre
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, L’aria è limpida come una gemma, il sole così chiaro
e del prunalbo l’odorino amaro che tu cerchi [con gli occhi] gli albicocchi in fiore
senti nel cuore... e il profumo amarognolo del biancospino
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno, Invece il pruno è secco e le piante stecchite
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante segnano il cielo sereno con i loro rami senza foglie,
sembra il terreno. e il cielo è vuoto, e il terreno è cavo al piede
sotto il quale risuona.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti, Da per tutto [è] silenzio: soltanto, ai colpi di vento,
di foglie un cader fragile. È l’estate odi in lontananza, da giardini e da orti, le foglie
fredda, dei morti. rinsecchite che cadono e si spezzano. È l’estate,
fredda, dei morti (=l’11 novembre).
arano: a lente grida, uno le lente arano: uno spinge le lente vacche con grida lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte [e monotone], un altro semina, un altro
le porche con sua marra paziente; rompe pazientemente le zolle con la sua zappa,
ché il passero saputo in cor già gode, perché il passero saputello è già felice in cuore
e il tutto spia dai rami irti del moro; e spia tutto tra i rami spinosi del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s’ode e anche il pettirosso: nelle siepi si ode il suo canto
il suo sottil tintinno come d’oro. tintinnante come il suono di una moneta d’oro.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Qualche pampino rosso brilla nel filare di 2. La poesia può essere facilmente confrontata con
viti e la nebbia del mattino si alza dal terreno ricoper- T’amo, pio bove (1872), pesante, faticosa e inverosi-
to di cespugli. I contadini sono occupati nell’aratura, mile di Carducci, che trasforma il muggito dell’ani-
nella sarchiatura e nella semina. Il passero, nascosto male in lieto inno. Il confronto è tutto a vantaggio di
tra i rami del moro, spia i loro movimenti, assaporan- Pascoli, che vede i contadini, vede gli uccellini in at-
do il momento in cui andrà a beccare le sementi. La tesa di andare a becchettare le sementi dalle zolle, ve-
stessa cosa fa il pettirosso in mezzo alla siepe, da do- de la siepe e sente i suoni.
ve fa sentire il suo canto melodioso. ---I☺I---
Commento
1. Il poeta tratteggia il campo nella nebbia del matti-
no; quindi descrive il lavoro dei contadini, intenti
all’aratura e alla semina; infine si sofferma sul passe-
ro e sul pettirosso, che aspettano il momento in cui
essi se ne vanno per andare a becchettare le sementi.
Il pettirosso fa sentire il suo canto, tintinnante come
una moneta d’oro.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 416
Orfano, 1891 Orfano
Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca, Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
senti: una zana dondola pian piano. Senti: una culla dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca, Un bimbo piange, con il piccolo dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano, una vecchia canta, tenendo il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino La vecchia canta: “Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino. ci sono rose e gigli, tutto un bel giardino”.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. Nel bel giardino il bimbo si addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
Riassunto. La neve cade fitta. In una casa un bambino visivamente e fonicamente la lentezza con cui cade la
piange. Una vecchia gli canta una ninna nanna per neve. Anche altre poesie di Pascoli hanno una struttu-
farlo addormentare: “Intorno al tuo lettino c’è un ra ciclica, che distruggono il tempo e che catturano il
giardino di rose e di gigli”. In questo giardino il bam- lettore dentro un universo da cui non può più uscire.
bino si addormenta, mentre la neve continua a cadere In Lavandare l’aratro dell’ultimo verso rimanda all’a-
lentamente. ratro del primo; la ripetizione è ribadita dai suoni
monotoni dei panni sbattuti e dalle lunghe cantilene
Commento delle lavandaie. Ne Il gelsomino notturno come ne La
1. Il titolo primitivo era Neve; soltanto in seguito il mia sera la ciclicità è sostituita da un’altra struttura:
poeta lo sostituisce con Orfano, un titolo meno felice, due serie di fatti paralleli che alla fine convergono.
perché appesantisce la poesia con un significato sim- Nella prima poesia la vita della natura e la vita degli
bolico e lacrimoso. La composizione è un rispetto, sposi procedono parallelamente. Alla fine le due serie
molto usato nella poesia toscana dei primi secoli. Lo di fatti convergono nell’”urna molle e segreta”, sia
schema metrico è ABABCCDD. Le rime però, come dei fiori sia della donna, che è fecondata. Ne La mia
altrove, non si sentono, “schiacciate” dai suoni, dalle sera la vita del poeta sconvolta dal dolore è parallela
immagini e dalle figure retoriche. C’è una corrispon- al giorno sconvolto dal temporale. Alla fine la sera
denza tra la ninna nanna cantata dalla vecchia e la tranquilla del giorno rimanda alla sera tranquilla della
stessa poesia: anche quest’ultima può essere conside- vita del poeta. Ma questa sera della maturità fa andare
rata una ninna nanna. Orfano ripete la stessa struttura il poeta con il pensiero a quand’era bambino e si ad-
di Lavandare: la ninna nanna della vecchia corri- dormentava accudito e circondato dall’affetto della
sponde alla cantilena delle lavandaie. È il principio madre. Anche gli architetti medioevali conoscevano
della matrioska, che è applicato anche in numerose gli effetti suggestivi ed ipnotici delle strutture cicliche
altre composizioni. o circolari: i rosoni elaborati delle facciate delle cat-
2. Il linguaggio è semplicissimo: i due protagonisti tedrali lo testimoniano.
sono un bimbo e una vecchia. La vecchia si rivolge al 4. Il poeta costruisce un contrasto tra la neve che cade
bambino usando una sintassi elementare, che con la senza fine fuori della casa nel buio della notte e la vi-
sua monotonia di suoni deve far addormentare il ta dentro la casa. Qui un bambino piange. I genitori
bambino. Si passa in modo spontaneo dal discorso non ci sono. La vecchia cerca di farlo addormentare
impersonale del narratore alla ninna nanna (non se- cantando una ninna nanna. Il bambino è solo e indife-
gnata dalle virgolette) della vecchia. Ci sono termini so, ha bisogno di affetto, di calore e di protezione, ma
(zana=culla) e sintassi popolari (“c’è rose e gigli, tut- può ricevere soltanto le cure della nonna. Il termine
to un bel giardino”). Compaiono però anche due ac- vecchia però dà l’idea di una distanza temporale ed
cusativi alla greca: il picciol dito in bocca, il mento affettiva – di una solitudine esistenziale – insuperabi-
sulla mano. Essi si confondono con il linguaggio le tra la nonna ed il bambino.
semplice e popolare, però mostrano che la spontanei- 5. Anche qui, seppure in modo sfumato, c’è il freddo
tà della poesia è soltanto apparente: essa è il risultato della neve fuori della casa e, forse, il caldo o almeno
di una profonda conoscenza del linguaggio e delle il tepore dentro la casa. La casa però non sembra mol-
sue possibilità espressive. I termini, i versi, le rime, i to riscaldata, né dal caldo fisico, né dal calore affetti-
linguaggi settoriali, le immagini si lasciano plasmare vo. La vecchia non può dare al bambino quel calore
dalle mani del poeta senza opporre alcuna resistenza. che soltanto i genitori possono dare.
3. Il primo verso è concluso dall’ultimo, che rimanda 6. La solitudine di questa casa ricorda la solitudine
al primo: la poesia appare ciclica, fuori del tempo e dei due sposi de Il gelsomino notturno. Per il poeta
dello spazio. L’unica differenza è che il primo verso esiste soltanto la casa-nido che protegge i suoi abitan-
ripete tre volte il termine fiocca, l’ultimo verso ripete ti dalle aggressioni esterne. La casa però è solitaria,
invece, sempre per tre volte, il termine lenta. Come in non riesce a stabilire rapporti positivi con le altre case
altre poesie, la fine si ricollega all’inizio, ed il ciclo si e con gli altri “nidi”. Il poeta (e, simbolicamente, la
ripete. La ripetizione dei termini ha però anche una casa) è solo, non a combattere, ma a difendersi contro
funzione ipnotica e onomatopeica: serve a riprodurre il mondo esterno. La casa diventa rifugio, stretto e
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soffocante, di chi ha paura del confronto, della lotta, che ricopre la città, si lascia distrarre dalle cose (l’er-
della vita. La stessa ideologia si trova ne La siepe dei bivendola, la carrozza, la canzone ilare), dai pensieri
Poemetti, che serve a delimitare e a difendere il cam- (i passeri diventano gli amici che ritornano dal sepol-
po del contadino dai vicini. cro a chiamarlo tra loro) e dai suoi sentimenti (la lotta
7. La poesia è soltanto in apparenza spontanea ed indomabile, l’abbattimento esistenziale, la sconfitta).
immediata: rivela un’elaborazione letteraria invisibile Pascoli evita le descrizioni razionali e trasforma i
ma raffinatissima ed espertissima. Oltre a ciò essa suoni, i versi, le ripetizioni e le immagini in strumenti
trasmette, non alla ragione, ma all’inconscio una serie capaci di superare le barriere e le difese della ragione
di valori e di ideali che è opportuno portare alla luce e di penetrare oltre la coscienza, nell’inconscio del
ed esaminare criticamente, per evitare di assumerli lettore. Carducci si concentra sul mondo esterno o
come validi, oggettivi ed universali a causa del potere sulla sua angoscia. Pascoli invece scompare, e risuc-
ipnotico e persuasivo dei versi. chia tutta la realtà dentro la casa circondata dal freddo
8. Si può confrontare Orfano con Nevicata (1881) di e dalla neve, dove una vecchia culla un bambino che
Carducci. La differenza tra i due autori è abissale: il piange. Il lettore dimentica tutto, sente il freddo della
metro barbaro, tutto esteriore, di Carducci non può notte, allunga la mano per proteggere e per consolare
stare alla pari con il metro recuperato da Pascoli nella il bambino, che ha bisogno di aiuto. E chi è così sen-
nostra tradizione letteraria. Carducci descrive la neve za cuore da non aiutare un bambino? Il poeta manipo-
---I☺I--- la i sentimenti e le emozioni del suo lettore.
---I☺I---
Patria, 1894
Patria
Sogno d’un dì d’estate.
Sogno un giorno d’estate [della mia infanzia].
Quanto scampanellare
tremulo di cicale! Quanto scampanellare
Stridule pel filare di cicale che friniscono!
moveva il maestrale Lungo il filare
le foglie accartocciate. il vento [freddo] di maestrale
sollevava le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose: Il sole scendeva tra gli olmi
erano in ciel due sole in fasce polverose.
nuvole, tenui, rose: In cielo erano soltanto
due bianche spennellate due nuvole, sfilacciate,
in tutto il ciel turchino. che sembravano due bianche spennellate
in tutto il cielo turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice, [Si vedevano] siepi di melograno,
il palpito lontano cespugli di tamerici,
d’una trebbïatrice, in lontananza [si sentiva] il rumore
l’angelus argentino... regolare e monotono di una trebbiatrice,
l’Angelus suonato dalle campane...
Dov’ero? Le campane
mi dissero dov’ero, Dov’ero? Le campane
piangendo, mentre un cane mi dissero dov’ero,
latrava al forestiero, piangendo, mentre un cane
che andava a capo chino. latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
Riassunto. Il poeta sogna la sua fanciullezza felice: il mette in contrasto la fanciullezza felice e spensierata
frinire delle cicale, le foglie accartocciate, il cielo tur- con la situazione di spaesamento del presente: quel
chino, il paesaggio pieno di vita. Ma il suono delle mondo non appartiene più al poeta, gli è divenuto
campane lo riporta alla realtà, al presente, comple- estraneo. Egli non ha più patria.
tamente diverso. Quel mondo non gli appartiene più 2. La poesia non è descrittiva: ci sono molte ellissi
ed egli non appartiene più a quel mondo. È divenuto del verbo. È evocativa. Ottiene questo effetto median-
un estraneo: il cane latra al forestiero. A lui. te una continua onomatopea: le foglie accartocciate
danno l’idea visiva di come sono; l’aggettivo stridulo
Commento dà ancora l’idea del crepitìo che esse fanno accartoc-
1. Il riassunto non rende il simbolismo della poesia, ciandosi.
che perciò va esplicitato. La poesia è autobiografica e
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3. La campana toglie il poeta dal sogno e lo riporta Riassunto. In lontananza si sente il rumore del tuono.
alla realtà. La campana compare anche in altre poesie Il cielo verso il mare è rosso fuoco, verso la monta-
proprio per il suo suono. La poesia pascoliana è una gna è tutto nero. C’è qualche nuvola bianca. In mezzo
poesia di suoni, di colori, di odori, di percezioni, di al nero appare una casa che sembra l’ala di un gab-
ricordi, di emozioni. Il suono delle campane si inse- biano.
risce in questa strategia, ma svolge anche funzioni più
complesse. In questo caso è il ricordo piacevole Commento
dell’Angelus (il suono delle campane del sogno), la 1. Il riassunto è la stessa poesia, che è costruita sui
causa del risveglio (il suono delle campane del pre- suoni e sui colori ed anche su un pacato simbolismo:
sente) e la causa della scoperta della propria condi- il cielo, il mare, la terra e il fuoco. Sembra di assistere
zione esistenziale caratterizzata dallo spaesamento. ai primi momenti del temporale. La dimensione pro-
4. La patria di Pascoli non è la patria ideale e roman- fonda della poesia è il suo carattere di continua ono-
tica di Foscolo, l’Ellade (A Zacinto), né quella civile matopea.
di Manzoni (Marzo 1821: “una d’arme di lingua 2. La bubbola è un uccello che ha ricevuto il nome
d’altare, Di memorie, di sangue, di cor”). È la patria dal verso onomatopeico - bu, bu, bu - che fa. Il poeta
intima, la patria personale, la sua patria. È la fami- costruisce un neologismo capace di indicare il rumore
glia, la sua famiglia, che è stata colpita e dispersa dal- che fa il temporale quando è ancora lontano.
la durezza della vita. Altrove è La mia sera. È la sua 3. La poesia, come tante altre, non è certamente un
casa, il suo nido, da cui è stato costretto ad andarsene. capolavoro di bellezza ma di bravura.
Nella Cavallina storna egli dice: “Or la patria è dove ---I☺I---
si vive, Gli altri poco lungi (=lontani), in cimitero”.
5. L’autobiografismo di Pascoli non è spontaneo co- Il lampo, 1896
me si potrebbe credere. È coscientemente e razional-
mente cercato e trasformato in poesia. Ma ugualmen- E cielo e terra si mostrò qual era:
te con la ragione si può notare che egli evade il pre- la terra ansante, livida, in sussulto;
sente per rifugiarsi nel passato, in una mitica età il cielo ingombro, tragico, disfatto:
dell’oro che sarebbe la sua fanciullezza. Esisteva però bianca bianca nel tacito tumulto
anche un’altra possibilità: abbandonare questo atteg- una casa apparì sparì d’un tratto;
giamento difensivo e rinunciatario e con la virtus co- come un occhio, che, largo, esterrefatto,
struire nel presente e nel futuro altri rapporti, altri s’apri si chiuse, nella notte nera.
motivi di vita, un altro nido, un’altra casa, un’altra
famiglia. Egli ha fatto la sua scelta affettiva e razio- Il lampo
nale, anche se dalla cultura classica Orazio Flacco gli
diceva che il tempo abbellisce ed ingrandisce il pas- Il cielo e la terra si mostrarono come erano:
sato e che in futuro Et haec olim meminisse iuvabit la terra tutta ansante, livida, presa da un sussulto.
(“Ci farà piacere ricordare anche questi dolori”). Il cielo ingombro [di nuvoloni], sconvolto, disfatto.
---I☺I--- In questo silenzioso tumulto celeste una casa
tutta bianca apparì e sparì ad un tratto.
Temporale, 1894 Era come un occhio che, tutto aperto e stupefatto,
si aprì e poi si chiuse nella notte nera.
Un bubbolìo lontano…
Riassunto. Il cielo e la terra si mostrarono per quel
Rosseggia l’orizzonte, che erano. Il cielo era ingombro di nuvoloni in conti-
come affocato, a mare: nuo movimento. sulla terra una casa tutta bianca ap-
nero di pece, a monte, parì e sparì in un momento. Sembrava un occhio
stracci di nubi chiare: aperto, stupefatto, che si chiudeva nella notte nera.
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano. Commento
1. Come nella precedente, il riassunto è la stessa poe-
Temporale sia, che è costruita sui suoni e sui colori ed anche su
un pacato simbolismo: il cielo, e la terra. Il lampo
Un bubbolìo lontano... mostra per un momento la casa, l’unico elemento che
si collega alla vita dell’uomo. La dimensione profon-
L’orizzonte è tutto rosso, da della poesia è il suo carattere di continua onoma-
verso il mare [il cielo] è tutto di fuoco. topea.
Verso la montagna è invece nero come la pece, 2. La casa, che indica la presenza umana, sembra un
ed qualche nuvola bianca tutta sfilacciata. grande occhio sgranato che guarda la natura o, me-
In mezzo al nero appare un casolare. glio, il cielo sconvolto dai venti che fanno correre e
Sembra l’ala di un gabbiano. turbinare le nuvole con estrema velocità.
---I☺I---
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X Agosto, 1896 X Agosto
Ora è là, come in croce, che tende Ora è là, come in croce,
quel verme a quel cielo lontano; che tende quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende, e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano. che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido: Anche un uomo ritornava al suo nido.
l’uccisero: disse: Perdono; L’uccisero. Disse: “Perdono”.
e restò negli aperti occhi un grido: E restò nei suoi occhi aperti un grido:
portava due bambole in dono. portava due bambole in dono...
Ora là, nella casa romita, Ora là nella casa solitaria lo aspettano,
lo aspettano, aspettano in vano: lo aspettano invano.
egli immobile, attonito, addita Egli immobile, stupefatto, addìta
le bambole al cielo lontano. le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi E tu, o Cielo, dall’alto dei mondi (=le stelle) sereni,
sereni, infinito, immortale, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi oh!, con un pianto di stelle la inondi,
quest’atomo opaco del Male! questa Terra piccola e oscura, dominata dal Male.
Riassunto. Il poeta sa perché nella notte di san Loren- 3. Per il poeta il Cielo piange per il dolore degli uo-
zo cadono le stelle. Una rondine ritornava al nido con mini, ma non fa niente per eliminarlo o almeno per
un insetto nel becco. La uccisero. I rondinini aspetta- alleviarlo. Ben inteso, nella sua visione della vita il
no invano. Anche un uomo ritornava a casa con due dolore non ha alcun senso, è commesso soltanto da
bambole. Lo uccisero. Perdonò i suoi assassini. Nella uomini malvagi. L’oscurità non è più l’oscurità della
casa lo aspettano invano. Perciò il Cielo riversa il “selva oscura” (If I, 2) e del peccato, è l’oscurità in-
pianto delle stelle cadenti sulla Terra, oscurata dalla comprensibile del Male. Una divinità.
malvagità degli uomini. 4. Anche in questa poesia la natura è strettamente le-
gata, anzi riflette l’animo del poeta. La pioggia di
Commento stelle cessa immediatamente di essere un fatto fisico,
1. “Il Male” dell’ultimo verso è la malvagità degli astronomico, per divenire l’immagine, l’analogia, il
uomini. A dire il vero, non occorre scomodare alcun simbolo dell’animo del poeta.
Male metafisico. Basta pensare che l’assassino del 5. Anche qui il poeta pensa con nostalgia alla vita
padre ha ucciso per i suoi interessi, nobili o ignobili tranquilla che conduceva nel suo nido, in famiglia,
che fossero. Magari per dar da mangiare ai suoi figli. con i suoi genitori, prima che l’uccisione del padre
2. La poesia ha la strofa iniziale e quella finale dedi- desse inizio a tutte le altre disgrazie. Il perdono cri-
cata al cielo, le quattro strofe centrali dedicate alla stiano del padre ai suoi assassini è seguito però da un
rondine (due) e all’uomo (due). Le quattro strofe cen- atteggiamento di perplessità verso il Cielo (Dio do-
trali sono poi simmetriche. Addirittura la rondine sta v’è?), che non fa niente, che lascia impuniti gli assas-
tornando a casa, l’uomo sta tornando al nido. Esse si sini, lascia una famiglia nel dolore e permette altre
fondono intimamente. La domanda iniziale trova ri- disgrazie. La fede del poeta è tiepida. Vorrebbe eli-
sposta poi nella quartina finale, che perciò rimanda minare il dolore, non pensa nemmeno che possa avere
alla quartina iniziale: la poesia ha quindi, come altre, una giustificazione. Dante o Manzoni ritenevano in-
una struttura ciclica. Nella quartina finale c’è poi un vece che il dolore c’è, ed è anche sgradevole, ma non
contrasto: il Cielo, cioè la volta celeste, che è serena, possiamo capire tutti i disegni di Dio e perciò lo dob-
infinita, immortale, si contrappone alla Terra, che è biamo accettare. Prima di loro Francesco d’Assisi nel
piccola e che, soprattutto, è oscurata non dal peccato, Cantico delle creature diceva che dobbiamo accettare
ma dal Male, cioè dalla malvagità degli uomini. anche le malattie, le sofferenze e le offese, per amor
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di Dio; e nei Fioretti diceva che la perfetta letizia Ferruccio, il piccolo protagonista del racconto, è solo
consiste nel sentirsi contenti soltanto quando si è col- in casa con la nonna. Arrivano due briganti per ruba-
piti dalle sofferenze e dalle malattie. Anche Jacopone re, li costringono a dire dove è il denaro. Mentre se ne
da Todi avrebbe visto positivamente le disgrazie: esse vanno, a uno dei due cade il fazzoletto che gli na-
erano un segno di preferenza, che Dio accordava. E scondeva il viso. La nonna lo riconosce. Egli si preci-
comunque servivano per espiare i peccati propri e al- pita su di lei per accoltellarla, ma il ragazzino la di-
trui. fende con il suo corpo, si prende la coltellata e poco
6. Si può confrontare X agosto (1896) con Edmondo dopo muore. Tuttavia, prima di morire, le chiede per-
De Amicis (1846-1908), Cuore (1886), racconto dono per tutte le volte che l’ha fatta arrabbiare.
mensile, marzo: Sangue romagnolo. È mezzanotte. ---I☺I---
---I☺I---
I I
Siepe del mio campetto, utile e pia, O siepe del mio piccolo campo, utile e pia,
che al campo sei come l’anello (=nuziale) al dito, che stai al campo come l’anello nuziale sta al dito,
che dice mia la donna che fu mia che dice mia la donna che fu mia
(ch’io pur ti sono florido marito, (anch’io ti sono marito soddisfatto,
o bruna terra ubbidïente, che ami bruna terra che obbedisci, che ami
chi ti piagò col vomero brunito...); chi ti ferì con l’aratro bruno...).
siepe che il passo chiudi co’ tuoi rami O siepe, che con i tuoi rami aggrovigliati
irsuti (=spinosi) al ladro dormi ‘l-dì; ma dài impedisci di passare al ladro che dorme di giorno;
ricetto ai nidi e pascolo a gli sciami; ma dai riparo ai nidi e pascolo agli sciami di api.
siepe che rinforzai, che ripiantai, O siepe che rinforzai, che piantai più volte,
quando crebbe famiglia, a mano a mano, quando crebbe la mia famiglia, di volta in volta,
più lieto sempre e non più ricco mai; sempre più lieto, ma mai più ricco.
d’albaspina, marruche e melograno, [o siepe] di biancospino, marruche ei melograno,
tra cui la madreselva (=caprifoglio) odorerà; tra i i quali il caprifoglio manderà il suo profumo,
io per te vivo libero e sovrano, io per merito tuo vivo come un sovrano,
verde muraglia della mia città. o verde muraglia della mia città.
II II
Oh! Tu sei buona! Ha sete il passeggero; Oh! Tu sei buona! Il passeggero ha sete,
e tu cedi i tuoi chicchi (=bacche) alla sua sete, e tu cedi le tue bacche alla sete,
ma salvi il frutto pendulo del pero. ma salvi il frutto che pende dal pero.
Nulla fornisci alle anfore segrete Non fornisci nulla alle anfore segrete
della massaia: ma per te, felice della massaia, ma grazie a te ella è felice
ella i ciliegi popolosi miete. quando miete i ciliegi pieni di frutti.
Nulla tu rendi; ma la vite dice; Tu non dai nulla; ma la vite,
quando la poto all’orlo della strada, quando la poto sul ciglio della strada,
che si sente il cucùlo alla pendice, dice che si sente il cuculo in mezzo ai tuoi rami.
dice: “Il padre tu sei che, se t’aggrada, Dice: “Tu sei il padre che, se ti fa piacere,
sì mi correggi e guidi per il pioppo; mi raddrizzi e mi guidi lungo il [tronco del] pioppo.
ma la siepe è la madre che mi bada”. Ma la siepe è la madre che mi protegge”.
“Per lei vino ho nel tino, olio nel coppo (=orcio)” “Per merito suo ho il vino nel tino, l’olio
rispondo. I galli plaudono dall’aia; nell’anfora” rispondo. I galli applaudono dall’aia,
e lieto il cane, che non è di troppo, ed è il cane, che non è di troppo,
ch’è la tua voce, o muta siepe, abbaia. o siepe silenziosa, ed è la tua voce, abbaia lieto.
III III
E tu pur, siepe, immobile al confine, E tu pure, o siepe, immobile al confine, tu parli.
tu parli; breve parli tu, ché, fuori, Tu dici poche parole, perché all’esterno mostri
dici un divieto acuto come spine; un divieto [di entrare] che è acuto come le spine.
dentro, un assenso bello come fiori; Invece dentro è un consenso bello come i fiori.
siepe forte ad altrui, siepe a me pia, siepe, tu sei robusta per gli altri (=gli estranei);
come la fede che donai con gli ori (=di famiglia), invece per me sei pia come la fede che ho donato
che dice mia la donna che fu mia. con i gioielli, che dici mia la donna che fu mia.
Dai calici aperti si esala 3. Dai calici aperti [dei fiori] fuoriesce
l’odore di fragole rosse. l’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala. Un lume risplende là, nella sala [della casa].
Nasce l’erba sopra le fosse. L’erba nasce sopra le fosse [dei defunti].
Per tutta la notte s’esala 5. Per tutta la notte fuoriesce [dalle corolle dei fiori]
l’odore che passa col vento. il profumo che è portato via dal vento.
Passa il lume su per la scala; Il lume passa [dalla sala] su per la scala,
brilla al primo piano: s’è spento... brilla al primo piano, e poi si spegne...
Riassunto. Ormai è sera. I fiori della notte si aprono e 2. L’ape tardiva è lo stesso poeta, che ha avuto una
ritornano le farfalle del crepuscolo, mentre il poeta infanzia piena di lutti e priva d’affetti. La Chioccetta
pensa ai suoi cari defunti. Tutto è silenzio. In una ca- (nome contadino della costellazione delle Pleiadi) dà
sa un lume è ancora acceso. Un’ape cerca di entrare luogo ad un concettismo barocco: va per l’aia azzurra
nell’alveare, ma trova tutte le celle occupate. Il lume (=la volta celeste) seguita dal suo pigolio di stelle,
sale su per la scala, brilla al primo piano, poi si spe- cioè dalle stelle gialle il cui brillio oscillante ricorda il
gne. Ormai è giunta l’alba: i fiori un po’ gualciti si pigolio dei pulcini, ugualmente gialli e sempre in
richiudono; dentro un’urna molle e segreta nasce una movimento. Il parallelismo è perfetto.
nuova felicità. 3. Il poeta canta la notte, che percepisce come luogo
in cui si manifesta una vita diversa da quella del gior-
Commento no, ma altrettanto intensa e varia. Nel mistero dell’o-
1. La poesia è dedicata all’amico Gabriele Briganti in scurità si sviluppano in parallelo due ordini di eventi,
occasione del matrimonio. Pascoli ha così l’occasione quelli naturali e quelli umani, che poi si riuniscono
di parlare della sua vita, rivolta al ricordo dei suoi nell’ultima strofa. La vita che si svolge nella casa è il
morti. Egli la contrappone alla vita, piena di gioia e di corrispettivo della vita delle piante e degli animali. La
speranze, che si apre davanti all’amico. Il poeta però conclusione è la stessa: nell’urna-ovario del fiore,
radica nel mistero della notte il concepimento di una come nell’urna-grembo della donna sorge una nuova
nuova vita e attribuisce una dimensione di violenza e inesprimibile felicità, cioè una nuova vita. Alle due
anche all’atto amoroso dell’uomo verso la donna. La urne si affianca però una terza urna, l’urna cineraria.
poesia si basa sul contrasto tra vita e morte. Il contra- Per il poeta vita e morte non si contrappongono, né
sto però non è assoluto: l’erba nasce sopra le fosse, hanno confini ben definiti: “Nasce l’erba sopra le fos-
quindi la morte genera nuova vita; e l’amore può far se” (v. 12).
nascere una nuova vita. Un ulteriore motivo di con- 4. L’urna molle e segreta è un termine poli-signi-
trasto è tra la fiducia nel futuro dei due sposi, che ficante: è l’ovario del fiore; il grembo della donna;
concepiscono una nuova vita, e l’atteggiamento ri- l’urna cineraria. Vita e morte non sono quindi né
nunciatario e rivolto al passato del poeta, che pensa ai contrapposte, né ben definite, né divise. Anche in
suoi defunti. questo caso il poeta rifiuta le certezze rigide e dogma-
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tiche della scienza e della ragione, e propone una 6. Il piccolo io di Pascoli diventa misero davanti
compenetrazione o una fusione degli opposti. Anche all’io titanico dei romantici. Ben altra cosa sono la
qui recupera il concettismo barocco. Come il Barocco “corrispondenza d’amorosi sensi” che per Foscolo
anche il poeta usa l’analogia per studiare la realtà e lega i vivi ai morti o lo stimolo, sempre foscoliano,
trovare aspetti simili sorprendenti in aree della realtà che le tombe dei grandi del passato hanno nello spin-
molto lontane tra loro. Il recupero della poetica se- gere l’animo forte a compiere grandi imprese. Dalle
centesca è sistematico: si trova anche in La mia sera. tombe dei suoi cari il poeta non trova conforto ed in-
5. Come in Myricae, la poesia è piena di colori, odori, citamento per affrontare virilmente la sua vita pubbli-
suoni, contrasti, onomatopee, sinestesie (il pigolio di ca e privata; egli ripiega sul passato, su quel momen-
stelle). Il linguaggio è semplice, lineare, quotidiano, to cruciale in cui la morte del padre ha bloccato per
popolare (la Chioccetta). Il periodo è privo di su- sempre la sua vita, gli ha tolto l’affetto che si sentiva
bordinate. Le figure retoriche sono numerose e inten- in diritto di avere, gli ha fatto conoscere le ingiustizie
se. Il simbolismo (l’ape è il poeta rimasto escluso da- del mondo verso di lui (egli non pensa mai alle ingiu-
gli affetti) è immediato e non pesante. Alcune meto- stizie che il mondo ha riservato agli altri individui).
nìmie sono straordinarie: “Sotto l’ali dormono i nidi, ---I☺I---
Come gli occhi sotto le ciglia” (la metonìmia è arric-
chita da una similitudine).
---I☺I---
Riassunto. Il poeta invoca la nebbia affinché gli na- accontenta di una pesca, di una mela e di un pezzo di
sconda le cose lontane, gli nasconda i pericoli, il do- pane nero. Non vuole provare desideri, che lo posso-
lore, la morte, la vita che tutti conducono. Egli si
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 425
no far soffrire. Si accontenta di vedere il cipresso, nascondi…”). Agli imperativi con cui inizia ogni
l’orto e il suo cane. strofa si collegano i congiuntivi che esprimono desi-
deri di piccole gioie.
Commento 3. Il poeta, sempre precisissimo nell’uso dei termini e
1. La nebbia invocata dal poeta è una nebbia fisica nella descrizione della natura, ora sperimenta l’inde-
che però acquista subito un valore simbolico e una terminato: la nebbia e le cose lontane, che con la loro
funzione analgesica: deve nascondergli la realtà, deve indeterminazione disorientano il lettore, lo mettono a
diventare lo strumento e la barriera che lo difende il contatto con l’impalpabile, un impalpabile però che è
poeta dalla realtà e dai suoi dolori. Deve separarlo pieno di pericoli e pieno di dolore.
dalle cose lontane: egli si accontenta delle piccole co- 4. Le indicazioni (pesco, melo, cipresso, orto, cane)
se che ha a portata di mano. Due frutti, un pezzo di indicano che il poeta è dentro casa, nel suo nido, dife-
pane nero, la vista di un cipresso e dell’orto e la vici- so dal cane e dalla siepe. L’unica speranza nel futuro
nanza del suo cane. è data dal pensiero che uscirà di casa dentro una bara,
2. Nascondi è un imperativo, un comando, ma anche per andare al cimitero tra i suoi cari, in mezzo al suo-
una preghiera e un grido d’angoscia (“Ti prego, no stanco delle campane da morto.
---I☺I--- ---I☺I---
Che voli di rondini intorno! Quanti voli di rondini per tutto il cielo!
Che gridi nell’aria serena! quante grida nell’aria [ormai] serena!
La fame del povero giorno La fame che provarono durante il giorno
prolunga la garrula cena. fa prolungare e riempire di garriti la cena della sera.
La parte, sì piccola, i nidi Gli uccellini durante il giorno non ebbero
nel giorno non l’ebbero intera. interamente la loro parte di cibo.
Nè io... che voli, che gridi, Non l’ebbi nemmeno io... e quanti voli, quanti gridi,
mia limpida sera! 32 o mia limpida sera!
Riassunto. Il giorno fu pieno di lampi e di tuoni, ma del poeta e la sera di quand’era bambino. Il poeta or-
ora stanno per sorgere le stelle. Di tutto il temporale mai adulto vuole ritornare bambino e recuperare quel-
ora è rimasto soltanto il rumore prodotto dall’acqua le manifestazioni di affetto che non ha ricevuto. Ma,
di un ruscello e alcune nuvole color di porpora in cie- contemporaneamente, anche la poetica di Pascoli in-
lo. Anche la vita del poeta è stata così drammatica, vita a ritornare bambini. Quindi nel bambino (prodot-
ma ora è divenuta tranquilla. Le rondini prolungano to dal ricordo) che si addormenta c’è sia il Pascoli-
la cena, dopo il digiuno del mezzogiorno. Anche la individuo colpito da lutti familiari, sia il Pascoli-
vita del poeta è stata così. Il suono delle campane lo poeta antirazionale e decadente, sia il lettore che il
invita a dormire, lo fa ritornare bambino, quando sul poeta vuole riportare ad una situazione prelogica.
far della sera (=alla fine del giorno) sua madre gli 3. La poesia ha la stessa struttura de Il gelsomino not-
rimboccava le coperte, ed egli si addormentava. turno: due ordini di eventi, uno naturale (il temporale
del giorno, che si conclude con una sera tranquilla) e
Commento uno umano (la vita piena di dolori del poeta che si
1. Il poeta continua ad usare termini e sintassi sem- conclude con una maturità – la sera della vita –
plici e quotidiani. Presta una cura particolare all’in- ugualmente tranquilla). La vita del poeta quindi ha le
terpunzione ma anche all’ellissi del verbo, che gli stesse caratteristiche degli eventi che hanno caratte-
permettono di ottenere risultati (e interruzioni dei rizzato il giorno. A questo punto il poeta, che sta vi-
versi) ipnotici e suggestivi. Continuano le onomato- vendo la sera del giorno e la sera della vita, va con il
pee e le allitterazioni (i lampi, un breve “gre gre” di pensiero alla sera di quand’era bambino: sua madre
ranelle, le tremule foglie dei pioppi, un cupo tumulto, gli rimboccava le coperte ed egli si addormentava.
quell’aspra bufera, “Don... Don...” ecc.), ma anche Questa struttura, assolutamente invisibile, rimanda a
le sinestesie (voci di tenebra azzurra) e le metonìmie strutture simili, peraltro molto più semplici, della
(la fame del povero giorno, la garrula cena, i nidi, poesia barocca, ad esempio Donna che si pettina (la
cioè gli abitanti del nido). Continuano i contrasti (il metafora è condotta senza forzature per tutto il sonet-
temporale pieno di lampi e di tuoni del giorno, la pa- to) e Per la sua donna, che avea spiegate le sue
ce e i garriti gioiosi della sera); i colori (porpora, chiome al sole (l’uso in più significati della parola
d’oro, nera, rosa, tenebra azzurra). Ed anche i rumo- sol) di Marino e Sembran fere d’avorio in bosco
ri, spesso espressi con termini onomatopeici (che d’oro di Narducci (il triplice uso della parola preda).
scoppi!, le tacite stelle, il singhiozzo del ruscello, 4. Il poeta, soprattutto nell’ultima strofa, parla non
quel cupo tumulto, il singulto del ruscello, un rivo alla ragione, bensì alla parte sensitiva, irrazionale, in-
canoro, gridi ecc.), le luci (lampi, cirri di porpora e conscia dell’uomo, con un linguaggio fatto di suoni e
d’oro ecc.) e le sensazioni (umida sera, infinita tem- di immagini suggestivi e ipnotici. Alla fine anche la
pesta, la fame). La poesia quindi rivela una comples- coscienza si dissolve nel ricordo del passato e nel
sità insospettata, nascosta da una apparente sponta- sonno del bambino, indotto e cullato dalle campane.
neità. Anche qui le rime alterne sono “nascoste” dalla L’effetto suggestivo e ipnotico è prodotto da un cli-
ricchezza sonora dei versi. max discendente: il suono delle campane diventa
2. Il simbolismo della poesia è semplice ed immedia- sempre più lontano e sempre più tenue, via via che il
to: il giorno fu sconvolto da un temporale, ma ora la poeta cade nell’incoscienza del sonno.
sera è tranquilla; la vita del poeta fu piena di dolori, 5. La ripetitività e la ciclicità della vita e della morte,
ma ora la vecchiaia è tranquilla. Il poeta compare per il ricongiungimento della maturità all’infanzia attra-
un momento al v. 21, quindi agli inizi del v. 31, infine verso il ricordo è confermato anche dalla chiusura,
appare in tutta l’ultima strofa. Il simbolismo però non sempre uguale e sempre diversa, di ogni strofa: che
è totale: il poeta non paragona soltanto la sua vita al pace, la sera!, nell’umida sera!, nell’ultima sera! ecc.
giorno, poiché permette che ci sia un collegamento Il ricorso a strutture cicliche (la fine del componi-
effettivo, costituito dall’identificazione, alla fine della mento si riallaccia al suo inizio) è presente anche in
poesia, tra la sera della sua vita e la sera del giorno. Lavandare e Orfano.
Anche il simbolismo così smussato vuole essere 6. Conviene confrontare La mia sera con La quiete
spontaneo, “naturale”, e vuole evitare di essere cer- dopo la tempesta e con Il passero solitario di Leo-
vellotico, intellettuale, forzato. La strofa finale colle- pardi. Il poeta di Recanati fa del temporale il simbolo
ga ben tre sere: la sera del giorno, la sera della vita del dolore, che funesta la vita degli animali come de-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 427
gli esseri umani. Il dialogo avviene a tre: il poeta anzi auspica La siepe che tenga gli altri fuori del suo
rimprovera la natura di aver fatto agli uomini pro- “nido” e della sua intimità. Leopardi canta la giovi-
messe di felicità, che poi non ha mantenuto e che ha nezza e l’amore, e prova nostalgia per il passato, an-
sostituito con dolori ed affanni. Pascoli invece si rin- che se doloroso, mentre non prova alcun interesse,
chiude nel suo io egoistico: la sera è la sua sera, la prova anzi rifiuto, verso il futuro (la maturità non rea-
sera della sua vita. Gli altri non vi hanno posto. Il dia- lizza le speranze della giovinezza, la vecchiaia è triste
logo avviene tra sé e sé o al massimo, come succede e sconsolata, poiché non si ha nulla da dire agli altri).
nel Gelsomino notturno (v. 2), tra sé e il ricordo dei 8. Un ulteriore confronto si può fare con la conclu-
familiari defunti. In ogni caso gli altri non ci sono o sione de I promessi sposi: per Renzo e Lucia i guai
sono esclusi o, come ne La siepe dei Poemetti, sono sono venuti anche se non li hanno cercati, e comun-
tenuti lontani. Anche ne Il passero solitario Leopardi que la fiducia in Dio li ha resi più sopportabili. Essi
è proiettato verso il mondo esterno: guarda con un però sono serviti anche a farli maturare. Pascoli inve-
misto d’invidia e rassegnazione i suoi coetanei che ce prova un sospiro di sollievo: la fanciullezza con i
escono nelle vie del paese desiderosi di cogliere la suoi lutti e la sua mancanza di affetto (X agosto, La
loro giovinezza e l’amore. E tuttavia è anche capace cavallina storna ecc.), e la giovinezza con la sua soli-
di abbandonarsi con piacere e con stupore alla bellez- tudine e la sua mancanza di amore (La piccozza ecc.)
za del paesaggio: “Questo giorno ch’omai cede alla sono per fortuna passate. E la vecchiaia – la sua ma-
sera [...] par che dica Che la beata gioventù vien me- turità – ha finalmente portato un po’ di pace e di tran-
no”. La stessa proiezione verso gli altri si trova anche quillità.
ne Il sabato del villaggio. Pascoli invece si rinchiude 7. Un confronto si può fare anche con il sonetto Alla
dentro il suo mondo, la sua casa, il suo “nido”, inca- sera di Foscolo e con La sera fiesolana di D’ Annun-
pace di avere un po’ di attenzione per il prossimo e di zio. Foscolo si rivolge alla sera, che personifica e con
capire che anche il prossimo ha i suoi problemi e le cui dialoga: essa gli fa pensare alla morte, ma dà an-
sue difficoltà. Ancora: Leopardi, soprattutto nel Can- che un po’ di pace ai suoi affanni e alle sue passioni.
to notturno di un pastore errante dell’Asia, mette in D’Annunzio fa tacere completamente la ragione e si
secondo piano il dolore personale davanti al fatto che abbandona a pure sensazioni visive, auditive e olfat-
tutti gli uomini provano dolore (è il pessimismo stori- tive; parla di amore alla donna che sta vicino a lui; e
co), anzi davanti al fatto che tutti gli esseri viventi, vede nelle colline del paesaggio due labbra ardenti,
nessuno escluso, provano dolore (è il pessimismo co- che si preparano a pronunciare parole segrete. Rispet-
smico). Pascoli invece è chiuso e immiserito nel suo to all’estroversione di costoro Pascoli ha un compor-
dolore individuale, dal quale non sa né vuole uscire, tamento opposto: sentendosi minacciato dal mondo
---I☺I--- esterno, si ritrae in sé e si rifugia nel suo io, nella sua
casa, nel suo “nido”.
I Poemi conviviali, 1892-1905 ---I☺I---
Nei Poemi conviviali (1892-1905) Pascoli rivisita in Ulisse, Alessandro Magno ecc. Essi sono attraversati
termini decadenti il mondo antico greco, latino e cri- da una vena di mestizia; e costituiscono l’espressione
stiano. Le figure che incontra sono Solone, Achille, più perfetta dell’estetica pascoliana.
I 1.
O quale, un’alba, Myrrhine si spense, O quale, un’alba, Myrrhine si spense,
la molto cara, quando ancor si spense la molto cara, quando ancora si spense
stanca l’insonne lampada lasciva, per la stanchezza l’insonne lampada lasciva,
conscia di tutto. Ma v’infuse Evèno conscia di tutto. Ma Evèno vi infuse
ancor rugiada di perenne ulivo; 5 ancora rugiada (=olio) di ulivo perenne;
e su la via dei campi in un tempietto, e sulla via dei campi in un tempietto,
chiuso, di marmo, appese la lucerna chiuso, di marmo, appese la lucerna
che rischiarasse a Myrrhine le notti; affinché rischiarasse le notti a Myrrhine.
in vano: ch’ella alfin dormiva, e sola. Invano: ella alla fine dormiva, e [dormiva] sola.
Ma lievemente a quel chiarore, ardente 10 Ma lievemente a quel chiarore, che ardeva
nel gran silenzio opaco della strada, nel gran silenzio opaco della strada,
volò, con lo stridìo d’una falena, la sua anima volò con lo stridìo
l’anima d’essa: ché vagava in cerca di una falena: vagava in cerca
del corpo amato, per vederlo ancora, del corpo amato, per vederlo ancora,
II 2.
Né volle andare al suo cammino ancora Né volle andare ancora al suo cammino
come le aeree anime, cui tarda 25 come le anime fatte d’aria, che tardano
prendere il volo, simili all’incenso a prendere il volo, simili all’incenso,
il cui destino è d’olezzar vanendo. il cui destino è di olezzare svanendo.
E per l’opaca strada ecco sorvenne E per l’opaca strada ecco sopravvenne
un coro allegro, con le faci spente, un coro allegro, con le fiaccole spente,
da un giovenile florido banchetto. 30 da un ricco banchetto di giovani.
E Moscho a quella lampada solinga E Moscho [davanti] a quella lampada solitaria
la teda accese, e lesse nella stele: accese la sua fiaccola, e lesse sulla stele:
MYRRHINE AL LUME DELLA SUA LUCERNA MYRRHINE AL LUME DELLA SUA LUCERNA
DORME. È LA PRIMA VOLTA ORA, E PER DORME. ORA È LA PRIMA VOLTA, E [VI
SEMPRE. 35 DORMIRÀ] PER SEMPRE.
E disse: Amici, buona a noi la sorte! E disse: Amici, la sorte ci è propizia!
Myrrhine dorme le sue notti, e sola! Myrrhine dorme le sue notti, e [dorme] sola!
Io ben pregava Amore iddio, che al fine Io ben pregavo il dio Amore che alla fine
m’addormentasse Myrrhine nel cuore: mi addormentasse Myrrhine sul cuore: pregai
pregai l’Amore e m’ascoltò la Morte. 40 l’Amore e mi ascoltò la Morte.
E Callia disse: Ell’era un’ape, e il miele E Callia disse: Ella era un’ape, e stillava il miele,
stillava, ma pungea col pungiglione. ma pungeva con il pungiglione.
E disse Agathia: Ella mesceva ai bocci E Agathia disse: Ella mesceva ai bocci dell’amore
d’amor le spine, ai dolci fichi i funghi. le spine, ai dolci fichi i funghi.
E Phaedro il vecchio: Pace ai detti amari! 45 E il vecchio Phaedro: Pace alle parole amare!
ella, buona, cambiava oro con rame. Ella, buona, scambiava l’oro con il rame.
E stettero, ebbri di vin dolce, un poco E, ebbri di vino dolce, stettero un poco lì
lì nel silenzio opaco della strada. nel silenzio opaco della strada.
E la lucerna lor blandia sul capo, E la lucerna, tremula, accarezzava sul loro capo
tremula, il serto marcido di rose, 50 il serto intrecciato di rose,
e forse tratta da quel morto olezzo e forse attratta da quel profumo di morte
ronzava un’invisibile falena. una invisibile falena ronzava.
Ma poi la face alla lucerna tutti, Ma poi [davanti] alla lucerna tutti, uno
l’un dopo l’altro, accesero. Poi voci dopo l’altro, accesero la fiaccola. Poi l’auletride
alte destò l’auletride col flauto 55 destò suoni profondi con il suo flauto
doppio, di busso, e tra faville il coro doppio, di busso, e con un sonoro trepestìo
con un sonoro trepestìo si mosse. il coro si mosse tra le faville [della fiaccola].
III 3.
L’anima, no. Rimase ancora, e vide L’anima non si mosse. Rimase ancora lì,
le luci e il canto dileguar lontano. e vide le luci e il canto dileguarsi lontano.
Era sfuggita al demone che insegna 60 Era sfuggita al demone che insegna
le vie muffite all’anime dei morti; le vie ammuffite alle anime dei morti.
gli era sfuggita: or non sapea, da sola, Gli era sfuggita. Ed ora non sapeva trovare
trovar la strada: e stette ancora ai piedi la strada da sola: stette ancora ai piedi
del suo sepolcro, al lume vacillante del suo sepolcro, davanti al lume vacillante
della sua conscia lampada. E la notte 65 della sua conscia lampada. E la notte era
era al suo colmo, piena d’auree stelle; al suo culmine, piena di stelle dorate;
quando sentì venire un passo, un pianto quando sentì venire un passo, venire
venire acuto, e riconobbe Evèno. un pianto acuto, e riconobbe Evèno.
IV 4.
E fuggì, fuggì via l’anima, e un gallo E fuggì, fuggì via l’anima, e un gallo rosso
rosso cantò con l’aspro inno la vita: 85 cantò con l’aspro inno la vita:
la vita; ed ella si trovò tra i morti. la vita; ed ella si trovò tra i morti.
Né una a tutti era la via di morte, Né la via di morte era una per tutti,
ma tante e tante, e si perdean raggiando ma tante e tante, e si perdevano irraggiandosi
nell’infinita opacità del vuoto. nell’infinita opacità del vuoto.
Ed era ignota a lei la sua. Ma molte 90 Ed a lei era ignota la sua. Ma nell’ombra
ombre nell’ombra ella vedea passare ella vedeva molte ombre passare e dileguarsi:
e dileguare: alcune col lor mite alcune con il loro mite demone
demone andare per la via serene, andavano serene per la via, e altre rifiutavano,
ed altre, in vano, ricusar la mano ma invano, la mano del loro destino.
del lor destino. Ma sfuggita ell’era 95 Ma ella era sfuggita
da tanti giorni al demone; ed ignota da tanti giorni al demone;
l’era la via. Dunque si volse ad una ed la via le era ignota. Dunque si volse ad una
anima dolce e vergine, che andando anima dolce e vergine, che andando
si rivolgeva al dolce mondo ancora; si rivolgeva ancora al dolce mondo;
e chiese a quella la sua via. Ma quella, 100 e chiese a quella la sua via. Ma quella,
l’anima pura, ecco che tremò tutta l’anima pura, ecco che tremò tutta
come l’ombra di un nuovo esile pioppo: come l’ombra di un nuovo esile pioppo:
“Non la so!” disse, e nel pallor del Tutto «Non la so!» disse, e nel pallore del Tutto
vanì. L’etèra si rivolse ad una svanì. L’etèra si rivolse
anima santa e flebile, seduta 105 ad un’anima santa e flebile, seduta,
con tra le mani il dolce viso in pianto. Che teneva tra le mani il dolce viso in pianto.
Era una madre che pensava ancora Era una madre che pensava ancora ai dolci figli;
ai dolci figli; ed anche lei rispose: ed anche lei rispose: «Non la so!»;
“Non la so!”; quindi nel dolor del Tutto quindi nel dolore del Tutto sparì. L’etèra errò
sparì. L’etèra errò tra i morti a lungo 110 tra i morti a lungo
miseramente come già tra i vivi; miseramente come già tra i vivi.
ma ora in vano; e molto era il ribrezzo Ma ora invano. E molto era il ribrezzo di là
di là, per l’inquïeta anima nuda per l’inquieta anima nuda,
che in faccia a tutti sorgea su nei trivi. che su nei trivi sorgeva in faccia a tutti.
V 5.
E alfine insonne l’anima d’Evèno 115 E alfine, insonne, l’anima di Evèno
passò veloce, che correva al fiume passò veloce. Correva al fiume dell’oblìo,
arsa di sete, dell’oblìo. Né l’una riarsa di sete. Né l’una riconobbe l’altra.
l’altra conobbe. Non l’avea mai vista. Non l’aveva mai vista.
Myrrhine corse su dal trivio, e chiese, Myrrhine corse su dal trivio, e a quella
a quell’incognita anima veloce, 120 sconosciuta anima veloce chiese
la strada. Evèno le rispose: “Ho fretta.” la strada. Evèno le rispose: «Non posso, ho fretta».
VII 7.
Ma la soglia di bronzo era lì presso, Ma la soglia di bronzo della grande dimora
della gran casa. E l’atrio ululò tetro era lì vicino. E l’atrio ululò tetro
per le vigili cagne di sotterra. 160 a causa delle vigili cagne dell’oltretomba.
Pur vi guizzò, la turba infante, dentro, Pure vi guizzò dentro la turba degli infanti,
rabbrividendo, e dietro lor la madre rabbrividendo. E dietro a loro la madre
nell’infinita oscurità s’immerse. s’immerse nell’oscurità infinita.
Riassunto lungo. 1. Myrrhine, l’etèra, si spense all’al- mescolava ai boccioli dell’amore le spine. Stettero lì
ba, con la lampada che teneva accesa durante la notte. un poco, poi accesero tutti le fiaccole. Il flautista in-
Evèno la riempì d’olio e la mise nel tempietto, affin- tonò un canto. Quindi se ne andarono.
ché rischiarasse le notti alla ragazza. Come una falena 3. L’anima di Myrrhine rimase. Era sfuggita al de-
la sua anima andò verso la lampada, alla ricerca del mone che insegna la strada ai morti, ed ora non sape-
corpo amato. Ma ella non vide il corpo amato, perché va trovare la strada. Era ancora lì quando Evèno ri-
era chiuso nel sepolcro. torno indietro. Da giorni non riusciva a dormire. Il
2. Né volle iniziare il suo cammino. Per la strada suo sonno era richiuso nel sepolcro. Entrò nel tem-
giunse un gruppo allegro di giovani provenienti da un pietto e con la spada forzò il coperchio. L’anima era
banchetto. Moscho accese la fiaccola per leggere l’i- dietro di lui. Voleva vedere il suo corpo. Esso appar-
scrizione: “Myrrhine dorme alla luce della sua lam- ve. Ed Evèno lasciò cadere il coperchio sopra il suo
pada. È la prima volta. Dormirà per sempre”. Egli vo- sonno e sopra il suo amore.
leva la ragazza, aveva invocato il dio Amore e gli 4. L’anima fuggì via, si trovò in mezzo ai morti. Non
aveva risposto la morte. Callia ricordò che stillava c’era un’unica via, ce n’erano tante, e si perdevano
miele ma pungeva con il pungiglione. Phaedo che nell’oscurità. Lei non conosceva la sua. Vide molte
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 431
ombre passare e dileguarsi, guidate dal loro demone; 2. I Poemi conviviali mostrano un Pascoli ben diverso
altre rifiutarsi di seguirlo. Chiese la via all’anima di da quello che vuole essere facile ed umile ad oltranza
una vergine. Quella la guardò, rispose che non la sa- e contro ogni ragionevolezza. Questi poemi riprodu-
peva, e fuggì via impaurita. Chiese ad una madre in cono con meticolosa precisione il mondo classico e le
lacrime che pensava ai suoi figli. Anche lei rispose sue problematiche valide anche per il presente. Ma
che non la conosceva. L’etèra vagò a lungo tra i mor- sono testi difficili, perciò l’immagine che il poeta ha
ti, come tra i vivi, ma invano. Molte anime provavano lasciato dietro di sé è legata alla produzione più sem-
ribrezzo per lei. plice e più facile.
5. Infine passò veloce l’anima di Evèno, diretta verso 3. Myrrhine è una etèra, una cortigiana, ha vissuto
il fiume dell’oblio. Non si riconobbero. Myrrhine con il corpo per tutta la vita. Di notte la sua fiaccola
chiese la strada, ma Evèno le rispose che doveva af- era sempre accesa, per accoglier i suoi amanti. Ora
frettarsi. muore. Evèno la rimpiange subito e accende una
6. Myrrhine si fermò ad un altro trivio. Qui intese dei lampada nel suo sepolcro. Lei non riesce a staccarsi
bisbigli, come di pulcini dentro l’uovo. Conosceva dal corpo, e vaga introno al suo sepolcro. I suoi
quel bisbiglio: l’aveva sentito, con orrore, venire sul amanti ritornano da una festa, si fermano e la ricor-
dal fianco, quando aveva il suo bel corpo. Guardò per dano con un vivo rimpianto: mescolava ai boccioli
terra e vide, in mezzo agli infecondi caprifichi, in- dell’amore le spine; scambiava l’oro con il rame. E il
formi tra la vita e il nulla, i figli suoi, che non volle. flautista intona un canto. Evèno forza il sepolcro, così
Avevano in mano i fiori di cicuta e le spighe della se- vede il suo corpo. E l’anima può andare tra i morti.
gala come trastullo. Vedendola, diedero un grido e Qui cerca la strada: non la può guidare il demone,
con un guizzo fuggirono via. perché gli era sfuggita. Chiede la strada a una vergine
7. Ma la soglia di bronzo era lì vicino. La turba degli e a una madre, ma non gliela sanno dire. Incontra an-
infanti vi si precipitò dentro, e dietro ad essi la loro che Evèno, ma i due non si riconoscono. Infine ad un
madre. bivio incontra anche i figli suoi, che non volle. Essi la
vedono e fuggono. Si precipitano oltre la soglia
Riassunto breve. Myrrhine, l’etèra, muore. Evèno, il dell’Ade. E dietro a loro la loro madre.
suo amante, accende la lampada del suo sepolcro. Es- 4. L’etèra è una ragazza che intrattiene gli ospiti con
sa non sa staccarsi dal suo corpo. Ritornando da un il canto, la musica, la cultura e il proprio corpo. Coin-
matrimonio, i suoi amici si fermano sulla sua tomba e cide con la geisha cinese.
la rimpiangono. Poi se ne vanno. Essa rimane. Evèno 5. La ragazza è morta giovane, ma ha lasciato un in-
viene e forza il coperchio del sepolcro, per vederla. tenso ricordo di sé. Evèno e gli amici la ricordano con
L’anima fugge, e si trova tra i morti. Ma qui le strade nostalgia. Ma lei è ancora legata al suo corpo, perciò
erano tante e lei non conosceva la sua, perché aveva il suo viaggio verso l’Ade non è facile: il demone non
rifiutato di seguire il suo demone. Chiede a una ver- la guida. Così lei chiede la strada, ma le anime non
gine, che le risponde di non conoscerla. Chiede a una gliela sanno indicare. La chiede anche ad Evèno, ma i
madre, che piangeva per i suoi figli, e anche lei le ri- due non si riconoscono, ed egli deve affrettarsi per
sponde che non la conosce. Incontra anche Evèno, ma raggiungere il fiume dell’oblio. Infine incontra i figli
non si riconoscono. Egli le risponde che doveva af- suoi, che non volle. Ed essi, fuggendola, guidano la
frettarsi ad arrivare al fiume dell’oblio. A un nuovo madre oltre la porta dell’Ade.
trivio sente bisbigli che già conosceva, quando era in 6. La donna è vissuta con il corpo, e unicamente con
vita. Provenivano dal suo grembo. Guarda per terra e il corpo. Ma, a detta dei suoi amici, è stata generosa.
vede i figli, che non volle. Vedendola essi fuggono Dopo morta non riesce a staccarsi dal corpo, non pen-
via. Ma la porta degli inferi era lì vicina. La turba de- sa al viaggio che la porta nell’Ade, pensa ancora al
gli infanti vi si precipita dentro, e dietro a loro la ma- suo corpo. E lo vuole rivedere. Perciò sosta vicina al
dre li segue nell’oscurità infinita. sepolcro. In vita non si è mai lamentata. Ora in morte
prova l’angoscia di vedersi separata dal suo corpo, «il
Commento suo bel fior di carne aperto», dentro/con il quale vi-
1. Nel Fedone, 107-108, di Platone Socrate racconta veva.
che, quando si muore, il demone, che in vita ha avuto 7. La ragazza scopre la sua colpa nell’altro mondo. In
cura del corpo, conduce l’anima per la strada che por- vita l’aveva sempre rimossa: il rifiuto di avere figli. I
ta all’Ade. Essa però non è dritta né unica, ma è piena figli le avrebbero impedito l’amore proprio e l’amore
di ramificazioni e di incroci. L’anima che ha vissuto altrui per il proprio corpo.
bene lo segue senza opporre resistenza. Quella che è ---I☺I---
ancora legata al proprio corpo vaga a lungo alla ricer-
ca del corpo. E il demone con estrema fatica riesce a
condurla con sé. L’anima che ha commesso una qual-
che delitto è sfuggita dalle altre anime, che si rifiuta-
no di accompagnarla. Ed essa soltanto dopo un ade-
guato periodo di espiazione e di dolore può iniziare il
cammino.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 432
Alexandros, 1895 Alexandros
I 1.
– Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla! “Siamo giunti: è l’estremo confine. O sacro araldo,
Non altra terra se non là, nell’aria, suona la tromba! Non v’è altra terra davanti a noi,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla, se non quella che là nell’aria vi brilla in mezzo allo
scudo,
o Pezetèri: errante e solitaria o Pezetéri: una terra errante e disabitata (=la Luna),
terra, inaccessa. Dall’ultima sponda inaccessibile. Da quest’ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria, vedete là, o mercenari della Caria,
dentro la notte fulgida del cielo. e si sprofonda dentro la volta fulgida del cielo.
II 2.
Fiumane che passai! voi la foresta O fiumane che passai! voi portate riflessa nelle chiare
immota nella chiara acqua portate, acque la foresta, che rimane; portate con voi
portate il cupo mormorìo, che resta. il cupo mormorio [della corrente], che non cessa mai.
Montagne che varcai! dopo varcate, O montagne che varcai! dopo che siete state varcate,
sì grande spazio di su voi non pare, dalla vostra cima non appare uno spazio così grande,
che maggior prima non lo invidïate. che prima non lo faceste immaginare più grande.
Azzurri, come il cielo, come il mare, O monti, o fiumi, azzurri come il cielo, azzurri come
o monti! o fiumi! era miglior pensiero il mare! Sarebbe stato un miglior pensiero fermarsi,
ristare, non guardare oltre, sognare: non guardar più avanti, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero. il sogno può ingigantire senza limiti la Realtà.
III 3.
Oh! più felice, quanto più cammino Oh!, ero tanto più felice quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti, avevo davanti a me; quante più battaglie,
quanto più dubbi, quanto più destino! quanti più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti Ad Isso, quando il campo nemico con le mille schie-
notturno il campo, con le mille schiere, re, i carri oscuri e le infinite mandrie nella notte
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti. mandava il bagliore dei fuochi alimentati dai venti.
A Pella! quando nelle lunghe sere A Pella, quando nelle lunghe sere,
inseguivamo, o mio Capo di toro, o mio Bucefalo, inseguivamo il Sole;
il sole; il sole che tra selve nere, il Sole che tra le nere selve ardeva
sempre più lungi, ardea come un tesoro. sempre più lontano, irraggiungibile, come un tesoro.
IV 4.
Figlio d’Amynta! io non sapea di meta O padre mio!, io non sapevo d’un confine ultimo,
allor che mossi. Un nomo di tra le are insuperabile, quando partii! Timòteo, il suonatore
intonava Timotheo, l’auleta: di flauto, intonava un canto fra gli altari:
soffio possente d’un fatale andare, invito possente ad andare sempre più avanti,
oltre la morte; e m’è nel cuor, presente oltre la morte; ed esso è presente nel mio cuore
come in conchiglia murmure di mare. come il mormorio del mare nella conchiglia.
O squillo acuto, o spirito possente, O squillo acuto, o spirito possente (=l’invito ad avan-
che passi in alto e gridi, che ti segua! zare), che passi alto sopra di noi e gridi che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente... Ma questo è il confine ultimo, è l’Oceano, il Niente...
e il canto passa ed oltre noi dilegua. – e il canto passa e oltre di noi si dilegua.”
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 433
V 5.
E così, piange, poi che giunse anelo: E così piange, dopo che giunse desideroso
piange dall’occhio nero come morte; [di avanzare]: piange dall’occhio nero come
piange dall’occhio azzurro come cielo. la morte, piange dall’occhio azzurro come il cielo,
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte) perché (tale è il suo destino) nell’occhio nero
nell’occhio nero lo sperar, più vano; lo sperare si fa più vano; e nell’occhio azzurro
nell’occhio azzurro il desiar, più forte. il desiderare si fa più forte.
Egli ode belve fremere lontano, Egli ode le belve fremere lontano;
egli ode forze incognite, incessanti, egli ode forze sconosciute, inesauribili,
passargli a fronte nell’immenso piano, passargli davanti nell’immensa pianura,
VI 6.
In tanto nell’Epiro aspra e montana Intanto nell’Epiro, aspra e montuosa,
filano le sue vergini sorelle le sue vergini sorelle filano per lui,
pel dolce Assente la milesia lana. dolce assente, la lana di Mileto.
A tarda notte, tra le industri ancelle, A tarda notte, tra le ancelle operose esse torcono
torcono il fuso con le ceree dita; il filo con le dita bianche come la cera; e il vento
e il vento passa e passano le stelle. passa e passano le stelle (=passa tutta la notte).
le grandi quercie bisbigliar sul monte. le grandi querce bisbigliare sul monte.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Il poeta reinterpreta in termini decadenti la prima di giungere alla fine del suo viaggio, al luogo
figura di Alessandro Magno: il sovrano macedone ha che non permette di passare in alcun altro luogo.
conquistato l’impero persiano ed è giunto sulle rive Questa impossibilità provoca il dramma e l’insoddi-
dell’Oceano Indiano. Dovrebbe essere contento, per- sfazione interiore: la realtà risulta molto – troppo –
ché ha conquistato tutto, ma non lo è, perché non ha inferiore al desiderio del cuore, al sogno. E l’in-
più nulla da conquistare. Era più bello il momento soddisfazione diventa connaturata con la vita e la na-
della partenza, quando aveva davanti a sé il pericolo e tura umana. La scelta giusta risultava fin dall’inizio
l’avventura. Ora le sue conquiste gli appaiono molto quella di sua madre, che aveva rifiutato la realtà a fa-
più piccole di quanto immaginava, perché la realtà si vore del sogno. Il sogno, non l’azione né la razionali-
è dimostrata molto inferiore al sogno. Egli sente che tà, le permetteva di entrare in contatto con le forze
nella realtà ci sono forze immense, che egli non può smisurate e misteriose della natura.
controllare, perciò si sente infelice. Sua madre invece 3. Il rifiuto della razionalità da parte di Pascoli risulta
è rimasta nella reggia e passa il tempo a sognare e ad più solido e motivato se si tiene presente che il Posi-
ascoltare il linguaggio delle forze ignote della natura, tivismo dominante – superficialmente ottimistico –
che essa comprende. era in crisi, che Freud conquistava nuovi territori alla
ricerca scientifica, che la scienza stava subendo tra-
Commento sformazioni radicali che la staccavano completamente
1. Anche in questa poesia Pascoli rifiuta la ragione, la dalla fisica galileo-newtoniana, che la società europea
scienza, la realtà, che sono di gran lunga inferiori, era dilaniata da tensioni e da conflitti a cui si rispon-
meno soddisfacenti e meno efficaci dell’intuizione e deva con la forza, con la violenza, con l’attivismo ir-
del sogno. razionalistico, con il nazionalismo, con il culto della
2. La poesia si sviluppa sulle dislocazioni dei tempi e guerra o della violenza o del superuomo. Alla fine del
dei luoghi: Alessandro è giunto sulle rive dell’Oceano secolo la società europea era in crisi, perché aveva
Indiano, non ha più nulla da conquistare davanti a lui, perso ogni certezza e ogni speranza. L’esplosione de-
perciò si volta indietro, a pensare al momento della gli irrazionalismi porta alla prima guerra mondiale
partenza, alle sue vittorie militari, a come apparivano (1914-18).
le difficoltà prima che le affrontasse e dopo che le 4. Il viaggio insoddisfacente di Alessandro Magno
aveva affrontate. Egli è in riva all’oceano, ma pensa a può essere confrontato con quello dell’Ulisse dante-
tutti i luoghi (e a tutte le avventure) che ha percorso sco (If XXVI), che abbandona il figlio, il padre e la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 434
moglie e con i pochi fidati compagni sfida la volontà
degli dei, supera le colonne d’Ercole, si avventura
nell’oceano disabitato, e infine incontra la morte da-
vanti ad una montagna altissima (è la montagna del
purgatorio), pur di raggiungere “virtute e canoscen-
za”. Ma l’Ulisse dantesco rimanda alla interpretazio-
ne pascoliana dell’eroe greco. Ulisse sta tornando a
casa con i suoi compagni, è giunto in prossimità della
sua isola, quando si addormenta. I compagni aprono
gli otri, dove erano racchiusi i venti sfavorevoli. La
nave è spinta nuovamente in alto mare. Svegliandosi,
egli vede in lontananza qualcosa di indistinto, da cui
ora i venti lo allontanano. Ma non sa se è soltanto una
nuvola o se è la sua terra: il sonno gli ha impedito di
essere pronto all’appuntamento che il destino gli ave-
va preparato (Poemi conviviali, Il sonno di Odisseo,
1904).
5. Anche D’Annunzio reinterpreta in termini deca-
denti il mondo classico, ma in modo completamente
diverso. Il suo Ulisse non manca all’appuntamento
con il destino, è anzi artefice del suo destino. Il poeta
lo incontra mentre sta veleggiando a nord della sua
isola, gli chiede di metterlo alla prova, di fargli pro-
vare l’arco. Ulisse lo guarda per un attimo, e da quel
momento il poeta è divenuto diverso da tutti i suoi
compagni (Laudi del cielo, del mare, della terra e
degli eroi. Maia, IV. L’incontro con Ulisse, 1903).
6. Secondo la leggenda Alessandro ha gli occhi di co-
lore diverso: uno azzurro, l’altro nero.
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Giova, o amico, ne l’anima profonda Giova, o amico, nel profondo del proprio animo
meditare le dubbie sorti umane, meditare l’incerto destino degli uomini,
piangere il tempo, ed oscurar di vane [giova] rimpiangere il tempo [che passa] e riempire
melancolìe la dea Terra feconda? di inutili malinconie la dea Terra che è piena di vita?
Bevere giova con aperta gola È utile bere con la gola ben aperta
ai ruscelli de ‘l canto, e coglier rose, ai ruscelli della poesia, e cogliere le rose
e mordere ciascun soave frutto. e gustare ogni frutto soave.
Riassunto. Il poeta si rivolge all’amico Giovanni 4. Sul fascino e sulla forza irresistibile della parola
Marradi e gli dice che non serve passare il tempo a avevano insistito nel V sec. a.C. i sofisti greci e in
meditare sull’incerto destino umano, né piangere il particolare Gorgia da Lentini (Siracusa) nell’Elogio
tempo che passa, né riempire la terra con noiose ma- di Elena: la donna è giustificata di aver abbandonato
linconie. Vi è la poesia, che canta la bellezza, l’amo- il marito e di aver provocato la guerra di Troia, per-
re, l’avventura, le grandi imprese, la natura, i grandi ché non poteva resistere alle parole persuasive di Pa-
personaggi. La Parola è capace di trasformare la real- ride. Anche in ambito religioso è riconosciuto il pote-
tà. La gioia del poeta è nella pura Bellezza dell’arte; e re ìnsito nella parola. Il Vangelo di Giovanni inco-
il Verso è tutto. mincia così: “In principio era la Parola”, dove il ter-
mine – che indica la divinità – è sinonimo di ragione,
Commento ragionamento, razionalità.
1. Il poeta propone una concezione della poesia e, più ---I☺I---
in generale, della cultura che afferma la superiorità
dell’immaginazione poetica, capace di trasformare la Il piacere, 1888
realtà, rispetto alla misera realtà della vita quotidia- Libro I. È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli,
na. Questa tesi poetica è formulata esplicitamente ne- giovane aristocratico di origini abruzzesi, aspetta
gli ultimi versi, nei quali è presente pure l’estetismo e con ansia l’ex amante Elena Muti, rappresentata
il culto della bellezza dell’autore. come una femme fatale, nella sua casa romana a
2. Una tesi non diversa era stata proposta nel Seicento Palazzo Zuccari. Durante l’attesa torna con la
da Giambattista Marino (1569-1625), il maggiore memoria alla relazione che i due hanno intratte-
rappresentante del Barocco: “È del poeta il fin la me- nuto e alla scena del loro addio, avvenuto quasi
raviglia (Parlo dell’eccellente e non del goffo): Chi due anni prima, nel marzo 1885, su una carrozza
non sa far stupir vada alla striglia”. La seconda strofa in via Nomentana. Quando Elena arriva, nell’in-
è traduzione letterale di alcuni versi del poemetto contro fra i due si alternano ricordo, ardore e di
medioevale Intelligenza (CCLXXXVII, 4-9). nuovo allontanamento e dolore. È quindi riper-
3. Per D’Annunzio esiste il (mondo) materiale e il corsa la storia della casata degli Sperelli, gli in-
(mondo) immaginario. Il poeta ha il compito di ope- segnamenti dati ad Andrea dal padre, l’arrivo del
rare nel (mondo) immaginario e di forgiare belle im- giovane a Roma. La rievocazione prosegue con il
magini e nuovi miti, capaci di affascinare il lettore e primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a
di farlo evadere dalle miserie e dalle strettoie della casa della marchesa di Ateleta, cugina del prota-
vita quotidiana. Per il poeta la letizia consiste nella gonista. Subito egli inizia un serrato corteggia-
bellezza e nell’abbandonarsi alle sensazioni che essa mento. Il giorno seguente i due si incontrano una
provoca. Per l’autore dei Fioretti di san Francesco seconda volta a un’asta di oggetti antichi in via
(fine Trecento) la letizia invece consiste nell’accet- Sistina. Quindi, venuto a sapere che Elena è ma-
tare, per amore di Dio, i dolori, le malattie, le offese e lata, Andrea chiede e ottiene di essere ricevuto
i disagi che la vita riserva. da lei, in un’atmosfera erotico-mistica. Comincia
così la narrazione dell’idillio che nei mesi suc-
cessivi unisce i due sullo sfondo della Roma ele-
gante, e dei loro incontri tra gli oggetti d’arte di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 438
Palazzo Zuccari, dove il corpo di Elena alimenta Andrea ad accompagnarla in carrozza e nel tra-
le fantasie del giovane esteta. Tuttavia una sera, gitto incrociano una folla di manifestanti che
tornando a cavallo dall’Aventino, Elena annuncia protestano per i fatti di Dogali (); prima di lascia-
la sua imminente partenza, e il loro inevitabile re l’ex amante, Elena lo bacia intensamente. Spe-
distacco. Dopo l’abbandono, Andrea si immerge relli dunque riflette su se stesso e si giudica “ca-
in un gioco di continue seduzioni, conquistando maleontico, chimerico, incoerente, inconsisten-
una dopo l’altra sette nobildonne, e infine si in- te”. Ma ormai è deciso a dare caccia senza tregua
capriccia di Ippolita Albònico. In una giornata di a Maria, che lo ama. La donna, dal canto suo, ce-
corse di cavalli, Andrea la corteggia assiduamen- de sempre più all’amore: a Villa Medici, durante
te suscitando la gelosia dell’amante di lei, Gian- una delle passeggiate con cui il giovane le mostra
netto Rutolo, che lo provoca a duello. Nonostan- le bellezze della città, Andrea e Maria si baciano.
te la sua maggiore abilità nella scherma, subisce Libro IV. Respinto con durezza da Elena, Spe-
una grave ferita. relli viene a sapere dagli amici della rovina del
Libro II. Ospitato dalla cugina Francesca di Ate- marito di Maria, sorpreso a barare al gioco. La
leta nella villa di Schifanoja, sul mare di Rovi- donna si mostra forte di fronte al dolore di dover
gliano, Andrea esce da una lunga agonia e inizia partire e separarsi dall’amato, decidendo di ri-
la convalescenza in un’unione mistica con la na- manergli totalmente fedele. Andrea al contrario
tura e l’arte. Il 15 settembre 1886 arriva, ospite a riesce a nascondere con sempre maggior difficol-
Schifanoja, Maria Ferres con il marito, ministro tà il suo “doppio gioco”. Dopo aver visto Elena
plenipotenziario del Guatemala (che riparte subi- uscire di casa per andare dal nuovo amante, An-
to), e la figlia Delfina. Andrea accompagna la drea torna nel rifugio di Palazzo Zuccari, dove,
cugina ad accogliere la donna alla stazione e se durante l’ultima notte d’amore con Maria, pro-
ne innamora prima ancora di vederla, poiché la nuncia inconsciamente il nome di Elena. Maria,
sua voce le ricorda quella di Elena. Dieci giorni con orrore, lo lascia. Il 20 giugno all’asta dei
dopo, il 25 settembre, egli è sedotto dalla donna mobili appartenuti ai Ferres, Sperelli vive con ri-
“spirituale ed eletta”; la loro amicizia diventa brezzo e nausea il senso del “dissolvimento del
sempre più intensa, finché il giovane dichiara il suo cuore”. Fugge alla vista di Elena e degli ami-
suo amore a Maria, che però non risponde, fa- ci, e verso sera rientra nelle stanze dove Maria
cendosi schermo della presenza della figlia. Ma- aveva vissuto, ora vuote e percorse dai facchini;
ria Ferres tiene un diario di quei giorni, dove an- la vicenda si conclude, per Andrea, amaramente,
nota i suoi sentimenti, le sue riflessioni, i turba- dietro agli scaricatori che trasportano l’armadio
menti d’amore per Andrea, da cui non vuole la- da lui comprato all’asta, salendo le scale “di gra-
sciarsi vincere. Dal 26 settembre in poi, attraver- dino in gradino, fin dentro la casa” (Wikipedia,
so il diario, sono narrate le successive fasi del voce Il piacere.).
corteggiamento, sempre più serrato, finché il 4
ottobre, durante una cavalcata nella pineta di Vi- Commento
comile, la donna cede. Tornato il marito, avviene 1. Il piacere (1888) va confrontato con Giovanni
la separazione tra i due innamorati. Verga, I Malavoglia (1881, sopra riassunto), di im-
L’amore tra Sperelli e Maria Ferres caratterizza pianto verista e quasi contemporaneo, ma anche con
l’intero secondo libro, immettendo il tema della Joris Karl Huysmans, A ritroso (o Controcorrente)
ricerca della purezza in un’ambientazione autun- (1884) e Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray
nale, simbolo di decadenza e invecchiamento (ri- (1890, sotto riassunto), che celebrano la vita estetica-
presa poi nel Poema paradisiaco, 1893). Questa del nobile o almeno di chi è ricco e può dedicarsi ai
ricerca però è ambigua e artificiosa, poiché volu- piaceri, e Italo Svevo, Una vita (titolo iniziale Un
ta dallo stesso Andrea. inetto, sopra riassunto) (1892).
Libro III. Rientrato a Roma, Andrea si rituffa 2. Ad Andrea Sperelli di D’Annunzio vanno poi con-
nella vita precedente la convalescenza, tra donne frontati il super-uomo di D’Annunzio e di Friedrich
del demi-monde e amici indifferenti e superficia- Nietzsche (1883, 1884, 1885), l’uomo inetto di Italo
li. Irrequieto e pieno di amarezza, egli incontra Svvevo, i borghesi di Alberto Moravia (1929),
nuovamente Elena Muti. L’attrazione per l’antica l’uomo che rinvia di Dino Buzzati (1940), i giovani
amante, nella sua nuova veste di provocatrice, e delinquenti di Pier Paolo Pasolini (1955, 1959) e di
la fascinazione per Maria, nella sua ingenua pu- Carlo Cassola (1960), tuttti riassunti più sotto.
rezza e fragilità, si intrecciano nel suo spirito. ---I☺I---
Tenta così di incontrare Elena nella casa di cui
lei ha ripreso possesso, a Palazzo Barberini, ma
la presenza del marito lo fa fuggire. Poco dopo, a Le Laudi, 1903
casa di lei, Andrea assedia Maria Ferres, e la sera
Le Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi
dopo i due si incontrano nuovamente a un con-
(1903) sono l’opera della maturità poetica di D’An-
certo alla sala dei Filarmonici, dove arriva anche
nunzio. Alcyone, il terzo libro, contiene alcune delle
Elena. Questa, una volta partita Maria, invita
poesie più famose e significative.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 439
L’incontro con Ulisse, 1900 L’incontro con Ulisse
IV, vv. 22-126
Laudata sii pel tuo viso di perla, 15 2. Che tu sia lodata, o Sera, per il tuo viso candido
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace come la perla e per i tuoi grandi occhi bagnati,
l’acqua del cielo! nei quali si ferma l’acqua che cade dal cielo!
Laudata sii per la tua pura morte, 6. Che tu sia lodata, o Sera, per la tua morte
o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare 50 fatta di puri colori e per l’attesa [della notte] che in te
le prime stelle! fa palpitare le prime stelle.
---I☺I--- ---I☺I---
Riassunto. Il poeta si rivolge a una evanescente figura 3. Come di consueto, il linguaggio adoperato è costi-
di donna: vuole che le sue parole le giungano fresche tuito da parole antiche e preziose, che il poeta ripren-
come la campagna quando scende la sera. Vuole che de con esasperato gusto estetico. La poesia è poi una
le sue parole le giungano dolci come la pioggia pro- continua sinestesia (fresche... parole... come il fru-
fumata che cadeva alla fine della primavera sui gelsi, scio), che fonde le sensazioni provenienti da due sen-
sui pini, sul grano e sul fieno. Infine le vuol dire ver- si diversi. Ci sono anche chiari rimandi ad autori del
so quali regni d’amore li chiami il fiume, che ha le passato. Ad esempio l’anafora Laudata sii rimanda al
sue fonti nel mistero sacro della Natura; e perché le Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. Il con-
colline all’orizzonte sembrino labbra che per un di- testo però è completamente diverso: il Cantico delle
vieto restano silenziose e che spingono l’anima ad creature (1224) canta Dio che ha dato agli uomini le
amarle d’un amore sempre più forte. creature; D’Annunzio celebra invece la parola, che è
divina, poiché fa essere e crea le cose. E ci sono an-
Commento che rimandi alla tecnica petrarchesca di riempire i so-
1. Il poeta nelle tre strofe si rivolge a una muta inter- netti del Canzoniere con un’unica proposizione.
locutrice, nelle terzine si rivolge alla Sera, che è per- 4. Le strofe sono costituite da un’unica proposizione,
sonificata. In tal modo riesce a intercalare le parole per riprodurre il fluire dei pensieri e delle sensazioni.
che rivolge alla donna e quelle che rivolge alla Sera. 5. La poesia va confrontata con lo stesso tema trattato
Lo svolgersi della sera però è presente nelle strofe da altri autori: Dante (If II, 1-6; Pg VIII, 1-6), Fosco-
anche come secondo termine di paragone. lo (Alla sera, 1802), Manzoni (I promessi sposi, VIII:
2. In tutta la poesia egli si abbandona al flusso incon- La notte degli imbrogli, 1840-42), Leopardi (Il sabato
trollato delle sensazioni (visive, uditive e olfattive) del villaggio, 1829), Pascoli (La mia sera, 1899).
provocate dal sopraggiungere della sera, e reagisce ---I☺I---
indicando alla donna i regni d’amore, verso i quali il
fiume li chiama, e il sacro mistero della Natura, che
acquista sembianze umane. Nello stesso tempo il poe-
ta e la donna si presentano non come esseri umani
provvisti di una dimensione fisica e materiale, bensì
come puri centri ricettivi delle sensazioni che giun-
gono dalla Sera-Natura. Il poeta nega la sua umanità
per ribadire la sua assoluta appartenenza alla Natura:
la razionalità è negata a favore di un ritorno nel
grembo della natura. In tal modo nega valore sia alla
società sia alla morale. L’Eroe, il super-uomo, non
può sottoporsi a regole: egli è legge di se stesso.
I 1.
Taci. Su le soglie Taci. Sulle foglie
del bosco non odo del bosco non odo
parole che dici parole che tu possa dire
umane; ma odo umane; ma odo
parole più nuove parole più nuove
che parlano gocciole e foglie pronunciate da gocce e da foglie
lontane. lontane.
Ascolta. Piove Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse. dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici Piove sulle tamerici
salmastre ed arse, bruciate dal sale e dal sole,
piove su i pini piove sui pini
scagliosi ed irti, scagliosi e irti di aghi,
piove su i mirti piove sui mirti
divini, sacri agli dei,
su le ginestre fulgenti sulle ginestre risplendenti
di fiori accolti, per le loro infiorescenze,
su i ginepri folti sui ginepri ricoperti
di coccole aulenti, di bacche profumate,
piove su i nostri volti piove sui nostri volti
silvani, che ormai appartengono al bosco,
piove su le nostre mani piove sulle nostre mani
ignude, nude,
su i nostri vestimenti sui nostri vestiti
leggieri, leggeri,
su i freschi pensieri sui nostri freschi pensieri,
che l’anima schiude che la nostra nuova anima
novella, dischiude,
su la favola bella [piove] sulla bella favola dell’amore,
che ieri che ieri
t’illuse, che oggi m’illude, illuse te, che oggi illude me,
o Ermione. o Ermione.
II 2.
Odi? La pioggia cade Odi? La pioggia cade
su la solitaria sulle fronde solitarie
verdura del bosco
con un crepitìo che dura con un crepitìo che perdura
e varia nell’aria e che è sempre diverso nell’aria,
secondo le fronde secondo le fronde,
più rade, men rade. più rade, meno rade.
Ascolta. Risponde Ascolta. Al pianto [della pioggia]
al pianto il canto risponde il canto
delle cicale delle cicale,
che il pianto australe che il pianto [della pioggia portato
non impaura, dal vento] del sud non impaurisce,
nè il ciel cinerino. né [impaurisce] il cielo grigio-cenere.
E il pino E il pino
ha un suono, e il mirto produce un suono, il mirto
altro suono, e il ginepro ne produce un altro, il ginepro
altro ancóra, stromenti un altro ancora: sono strumenti
diversi diversi
sotto innumerevoli dita. sotto le innumerevoli dita [delle gocce].
E immersi E noi siamo immersi
noi siam nello spirto nello spirito
silvestre, del bosco, e viviamo
d’arborea vita viventi; la verde vita degli alberi;
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 444
e il tuo volto ebro e il tuo volto inebriato
è molle di pioggia è bagnato dalla pioggia
come una foglia, come una foglia,
e le tue chiome e i tuoi lunghi capelli
auliscono come profumano come
le chiare ginestre, le ginestre lucenti,
o creatura terrestre o creatura della terra,
che hai nome che hai nome
Ermione. Ermione.
III 3.
Ascolta, ascolta. L’accordo Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale delle cicale, che abitano l’aria,
a poco a poco a poco a poco
più sordo si fa più sordo
si fa sotto il pianto sotto il pianto [della pioggia]
che cresce; che aumenta;
ma un canto vi si mesce ma ad esso si mescola
più roco un canto più rauco,
che di laggiù sale, che si alza da laggiù,
dall’umida ombra remota. dalla lontana ombra umida.
Più sordo e più fioco Esso rallenta il ritmo, [si fa] più sordo
s’allenta, si spegne. e più fioco, poi si spegne.
Sola una nota Soltanto una nota
ancor trema, si spegne, trema ancora, poi si spegne,
risorge, trema, si spegne. si fa risentire,
Non s’ode voce del mare. trema, e si spegne.
Or s’ode su tutta la fronda Non si ode il rumore del mare.
crosciare Ora si ode su tutte le fronde
l’argentea pioggia cadere la pioggia d’argento,
che monda, che pulisce [l’aria],
il croscio che varia il rumore varia
secondo la fronda secondo la fronda,
più folta, men folta. più fitta, meno fitta.
Ascolta. Ascolta.
La figlia dell’aria La figlia dell’aria (=la cicala)
è muta; ma la figlia è divenuta silenziosa; ma la figlia
del limo lontana, del fango in lontananza,
la rana, la rana,
canta nell’ombra più fonda, canta nell’ombra più fitta,
chi sa dove, chi sa dove! chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia, E piove sopra le tue ciglia,
Ermione. o Ermione.
IV 4.
Piove su le tue ciglia nere Piove sopra le tue ciglia nere,
sìche par tu pianga così che pare che tu pianga,
ma di piacere; non bianca ma di piacere; non sei più pallida,
ma quasi fatta virente, ma sei quasi divenuta di color verde,
par da scorza tu esca. sembra che tu esca dalla corteccia [d’un albero].
E tutta la vita è in noi fresca E tutta la vita scorre dentro di noi fresca
aulente, e profumata,
il cuor nel petto è come pesca il cuore nel petto è come una pèsca
intatta, intatta,
tra le pàlpebre gli occhi tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe, sono come polle d’acqua che sgorga tra le erbe,
i denti negli alvèoli i denti nelle gengive
con come mandorle acerbe. sono come mandorle acerbe.
Riassunto breve. Il poeta e una evanescente figura di superano le sue difese e lo strappano dalla noia della
donna sono sorpresi dalla pioggia in un bosco. Egli vita quotidiana. In fin dei conti fare una passeggiata
invita la donna ad ascoltare i rumori delle gocce in un bosco (e aspettare il temporale) è alla portata di
d’acqua sulla vegetazione, il canto delle cicale, che si tutti. Il poeta riesce a trasformare in modo suggestivo
affievolisce e scompare, il canto delle rane, che di- e coinvolgente un fatto comune – in questo caso il
venta sempre più intenso. E, mentre la natura del bo- temporale –, che, quando succede, in genere dà luogo
sco si appropria della loro vita e dei loro corpi, egli soltanto ad irritazione e ad imprecazioni. La vita ini-
invita la donna a lasciarsi andare alle sensazioni, e mitabile, piena di un raffinato estetismo, non è quindi
alla favola dell’amore, che prima aveva illuso lui e riservata unicamente ai personaggi dalla sensibilità
che ora illude lei. eccezionale. È anche alla portata del lettore, che deve
soltanto imparare a vedere e a percepire la realtà in
Commento modo diverso. In questo modo abilissimo e credibile
1. I due protagonisti, la donna ed il poeta, sono eva- il poeta riesce a provocare l’identificazione del suo
nescenti ed immateriali, puri centri di sensazioni, co- pubblico nella sua produzione artistica e nella sua vi-
me ne La sera fiesolana. La ragione è completamente ta estetizzante.
assente e il poeta si abbandona (e invita la donna ad 4. Tutta l’ode, in particolare la seconda strofa, ha
abbandonarsi) alle sensazioni della natura, che entra- suoni, rumori e una musicalità che fanno a gara con la
no ed avvolgono la coscienza. In tal modo l’uomo realtà rappresentata. Il poeta ha presente l’Adone di
perde la sua umanità ed entra a far parte della vita G. Marino (1569-1625), in particolare il passo in cui
primordiale della natura. il poeta secentesco si misura con il canto dell’u-
2. Il poeta tratta il tema, a lui caro, della passeggiata. signolo (VII, 32-37). D’altra parte Marino, prima di
E ribadisce la difficoltà del dialogo tra uomo e donna: D’Annunzio, volle essere consapevolmente uno scrit-
la favola dell’amore ieri ha illuso lei, oggi illude lui; tore professionista, che dalla produzione letteraria vo-
e, ancora, ieri ha illuso lui, oggi illude lei. Insomma leva ricavare onori, fama e ricchezza.
sia l’uomo sia la donna si imprigionano con le loro 5. In Alexandros Pascoli confronta ragione-realtà da
mani dentro le loro illusioni e non riescono a rompere una parte con il sogno che è infinitamente più bello
il bozzolo che li circonda per comunicare con l’altro. dall’altra, e sceglie il sogno. Niente di tutto questo in
Il tema della passeggiata e dell’incomunicabilità fra D’Annunzio, che sceglie la Natura e la divina onni-
uomo e donna si inserisce in un evento naturale – il potenza della Parola, si abbandona alla molteplicità
temporale –, che provoca nei due esseri una trasfor- delle sensazioni e fa confluire l’uomo nella vita della
mazione e li porta a divenire parte della vita imme- Natura.
diata, onnipervasiva e “vitalistica” della natura. 6. Il motivo del temporale è trattato in termini molto
3. La poesia trasforma la realtà in pure sensazioni au- diversi da Leopardi (La quiete dopo la tempesta, dove
ditive, visive e olfattive. La ragione è assente, sosti- il temporale è simbolo del dolore umano) e da Pascoli
tuita da un rapporto immediato e panico con la natu- (La mia sera, dove la giornata sconvolta dal tempora-
ra. La realtà – il fatto banale di un temporale che co- le rimanda simbolicamente alla vita del poeta, scon-
glie di sorpresa due innamorati mentre stanno facen- volta dai lutti familiari e dalla mancanza di affetto).
do una passeggiata in mezzo al bosco – è trasformata, Un altro temporale famoso è quello che ne I promessi
in un flusso continuo ed affascinante di sensazioni e sposi porta via la peste (XXXVII).
di emozioni, che aggirano la razionalità del lettore ---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 446
Stabat nuda Aestas, 1902 L’estate se ne stava nuda
Primamente intravidi il suo piè stretto Dapprima intravidi il suo piede stretto (=piccolo
scorrere su per gli aghi arsi dei pini e agile) correre su gli aghi riarsi dei pini,
ove estuava l’aere con grande dove l’aria ribolliva con grande
tremito, quasi bianca vampa effusa. tremito, quasi fosse una bianca vampa [di fuoco].
Le cicale si tacquero. Più rochi Le cicale tacquero. I ruscelli
si fecero i ruscelli. Copiosa si fecero più rochi. La resina gemette
la resina gemette giù pe’ fusti. scendendo copiosa per i fusti [dei pini].
Riconobbi il colùbro dal sentore. Riconobbi la serpe dall’odore [penetrante].
Nel bosco degli ulivi la raggiunsi. La raggiunsi nel bosco degli ulivi.
Scorsi l’ombre cerulee dei rami Scorsi le ombre azzurrine dei rami
su la schiena falcata, e i capei fulvi sulla sua schiena sinuosa, e [vidi] i capelli
nell’argento pallàdio trasvolare fulvi volar via nelle fronde argentee degli ulivi sacri
senza suono. Più lunghi nella stoppia, a Pàllade senza un suono. Più lontano tra le stoppie
l’allodola balzò dal solco raso, l’allodola balzò dal solco falciato,
la chiamò, la chiamò per nome in cielo. la chiamò, la chiamò per nome [volando] in cielo.
Allora anch’io per nome la chiamai. Allora anch’io la chiamai per nome.
Tra i leandri la vidi che si volse. Tra gli oleandri vidi che si volse.
Come in bronzea mèsse nel falasco Come nel grano maturo entrò fra i giunchi
entrò, che richiudeasi strepitoso. di palude, che si richiudevano con un rumore secco.
Più lungi, verso il lido, tra la paglia Più lontano, verso il lido, tra le alghe secche
marina il piede le si tolse in fallo. della spiaggia il suo piede incespicò.
Distesa cadde tra le sabbie e l’acque. Cadde distesa tra la riva e l’acqua del mare.
Il ponente schiumò nei sui capegli. La brezza di ponente schiumò nei sui capelli.
Immensa apparve, immensa nudità. Apparve immensa, in tutta la sua immensa nudità.
Riassunto. Il poeta scorge una figura di donna. Si e infine la raggiunge sulla riva del mare. E vede tutta
mette ad inseguirla. La donna fugge in mezzo alla na- la sua incomparabile bellezza.
tura, sfiorando gli aghi dei pini, le foglie degli ulivi, 3. La personificazione è presente anche in altre poesie
le mèssi di frumento. La cicala tace, ma l’allodola la di D’Annunzio: ne La sera fiesolana le colline all’o-
chiama. I giunchi si chiudono al suo passaggio. Infine rizzonte diventano labbra che non vogliono aprirsi; ne
sulla spiaggia, tra le alghe, il suo piede incespica. Ca- La pioggia nel pineto i due protagonisti sono puri
de distesa tra la sabbia e l’acqua. La brezza solleva la centri di sensazioni, che vanno oltre i limiti della sen-
schiuma delle onde fra i suoi capelli. Ed essa appare sualità e dell’erotismo. Il poeta si sente parte del tut-
in tutta la sua immensa e selvaggia bellezza. to, mette da parte la ragione e si abbandona a una fu-
sione orgiastica con la Natura.
Commento 4. La poesia riesce a riprodurre la situazione di vita
1. Il madrigale Stabat nuda aestas (L’estate stava nu- sospesa, che provoca la calura estiva. I rami degli al-
da) ripropone la donna evanescente di altre poesie beri oscillano appena, le cicale tacciono, e ogni tanto
dell’Alcyone. In questo caso la figura evanescente è si sente il rumore improvviso di un’allodola che spic-
quella dell’estate. Il poeta la insegue in mezzo ai bo- ca il volo nel campo di frumento appena falciato. Ma
schi, la sente davanti a sé. L’aria è ardente, le cicale la riproduzione della realtà nelle parole non vuole es-
tacciono, l’allodola spicca il volo, i giunchi della pa- sere un verismo più vero della realtà. Vuole indicare
lude si muovono al suo passaggio e si richiudono die- un paesaggio dell’anima, la ricerca di qualcosa che ci
tro di lei. Infine sta per raggiungerla in riva al male, sfugge sempre di mano, il nostro far parte della natu-
ma l’estate incespica e cade. La brezza di ponente ra, l’assenza della ragione, l’io umano ridotto o tra-
mescola la schiuma delle onde nei suoi capelli ed essa sformato in puro centro di sensazioni.
appare in tutto il suo splendore. Il poeta non la rag- 5. L’estate è evanescente, anche se con la calura fa
giunge, perché non può raggiungerla. Quando sta per sentire la sua presenza. Ma anche il poeta è evane-
raggiungerla, essa si fonde completamente con la na- scente. È un puro centro di sensazioni, che ha perso la
tura e scompare. Al suo posto appare la natura. sua identità umana, sociale, storica. È (divenuto) una
2. Il titolo rimanda a Ovidio, Stabat nuda aestas et pura entità che percepisce e che insegue altre perce-
spicea serta gerebat (L’Estate stava nuda e in capo zioni.
portava la corona), Metam., II, 2. Il poeta personifica 6. I versi di D’Annunzio fanno risuonare l’animo del
l’estate e la trasforma in un’evanescente figura di lettore come le infinite mani della pioggia traevano
donna che corre in mezzo alla natura. Egli la insegue dalle fronde della pineta una musica sempre diversa.
La natura del poeta è quindi completamente diversa
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 447
dalla Natura di Leopardi, che fa promesse di felicità in riva al mare, il calore cocente del sole, che dà la
che poi non mantiene e che fa soffrire gli uomini e vita e che prosciuga la vita, insomma che dà la mor-
tutti gli esseri viventi. È diversa anche dalla natura te.8. Nella maturità estrema o nella sospensione della
misteriosa e spesso ostile di Pascoli. In ambedue i ca- vita, provocata dalla calura estiva, s’insinua inesora-
si c’è la ragione che valuta la condizione umana, che bile il tema della morte o del fluire implacabile del
risulta insostenibile. D’Annunzio è parte della natura tempo. E tutto ciò provoca un improvviso contatto
ed esclude costantemente la presenza della ragione e con la realtà, con il divenire. Le sensazioni si aprono
della razionalità. L’io è soltanto consapevolezza di sé alla consapevolezza che il tempo fugge, travolge, di-
e delle proprie percezioni. Ed è sempre sul punto di vora, distrugge. E compare o una tenue insoddisfa-
ritornare a confondersi e a scomparire nella natura. zione o un impalpabile desiderio di morte e di disso-
7. L’inseguimento è una variante della passeggiata luzione o il tedio, che spinge ad inebriarsi nuovamen-
che ne La pioggia nel pineto compiono Ermione ed il te nelle sensazioni. E tutti questi sono temi della poe-
poeta. La conclusione è quasi la stessa: là le due figu- sia latina: tempus fugit, tædium vitæ. Ma i motivi
re umane ritornano a fare parte della natura, qui sol- classici sono interamente riplasmati, per diventare in-
tanto l’estate si dissolve nella natura. Il luogo in cui timamente dannunziani.
molte poesie sono ambientate è la spiaggia, la pineta ---I☺I---
---I☺I---
Come scorrea la calda sabbia lieve Mentre la calda sabbia scorreva lievemente
per entro il cavo della mano in ozio, dentro il cavo della mia mano in ozio,
il cor sentì che il giorno era più breve. il cuore sentì che il giorno era più breve.
Han bevuto profondamente ai fonti Essi hanno bevuto profondamente alle fontane alpine,
alpestri, che sapor d’acqua natia affinché il sapore dell’acqua nativa rimanga
rimanga né cuori esuli a conforto, nei loro cuori esuli come conforto,
che lungo illuda la lor sete in via. e a lungo dia sollievo alla loro sete.
Rinnovato hanno verga d’avellano. Si sono fatti un nuovo bastone di nocciolo.
E vanno pel tratturo antico al piano, E vanno per gli antichi percorsi verso la pianura,
quasi per un erbal fiume silente, quasi lungo un silenzioso fiume di erba,
su le vestigia degli antichi padri. sulle orme degli antenati.
O voce di colui che primamente O voce [piena di gioia] di chi scorge per primo
conosce il tremolar della marina! il tremolare della superficie marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina Ora lungo la spiaggia egli cammina con il gregge.
La greggia. Senza mutamento è l’aria. L’aria è totalmente immobile. Il sole al tramonto
Il sole imbionda sì la viva lana illumina la viva lana [delle pecore],
che quasi dalla sabbia non divaria. che non è troppo diversa dalla sabbia.
Isciacquio, calpestio, dolci romori. La risacca delle onde, il calpestìo del gregge,
altri dolci rumori [si diffondono nell’aria].
Ah, perché non son io co’ miei pastori?
Ahimè!, perché non son rimasto con i miei pastori?
Riassunto. È settembre. Il poeta pensa ai pastori della Foscolo: A Zacinto (vv. 11-14) e In morte del fratello
sua terra, che con il loro gregge lasciano i monti per Giovanni (v. 14) (1802-03). Ma è un tópos di tutte le
scendere verso il mare lungo gli antichi percorsi. Il letterature.
primo che vede il mare esplode in un grido di gioia. ---I☺I---
Ed egli, pieno di nostalgia, si chiede perché non è ri-
masto con loro. Nella belletta, 1902
Commento
1. Il poeta parla di se stesso, del suo mondo, della
sua malattia e delle piccole cose che egli ama e che la
sua musa ama cantare. Descrive le visite che faceva
alla signorina Felicita, una ragazza di antica nobiltà
che abita a Villa Amarena. Descrive i dialoghi con il
padre di lei e non nasconde la sua fama di usuraio. E
poi descrive la ragazza: è quasi brutta e apre la sua
bocca quando sorride come quando beve. Fa la civet-
tuola con lui e lo invita a cena. Egli resta e alle ore
21.00 se ne va, salutato da tutta la famiglia. Ma non
ama la compagnia, preferisce la cucina con i suoi
odori. E ama esplorare il solaio con lei. C’è l’antico
quadro della Marchesa, un’anima in pena, che si sen-
te ancora aggirarsi per i corridoi di casa. Ci sono
stampe di personaggi con l’alloro in fronte, che la si-
gnorina scambia per un rametto di ciliegio. Lei gli
chiede perché non parla. Egli risponde che pensava
alle piccole cose della sua vita e che sarebbe stato
dolce restare qui con lei: una dichiarazione d’amore.
Sì, lì nel solaio, e per sempre. Una farfalla notturna
si alza dalla parete facendo un triste rumore. È la
Marchesa, dice lei. Da basso la cuoca avvisa che la
cena è pronta. Lei lo invita a scendere, lui vuole ri-
manere ancora un po’, e si mettono a contare le stelle.
Ma poi lei insiste di scendere, altrimenti potrebbero
pensare che stanno facendo cose poco belle.
2. La poesia di Gozzano è immersa nella vita quoti-
diana, che è presentata così com’è, nei suoi aspetti
banali, anche brutti e anche sgradevoli. La ragazza
non è abbellita, non è la donna di Guinizelli che porta
al cielo, né la Beatrice di Dante, che rende muti per la
sua bellezza e la sua grazia. Tanto meno è la donna
idealizzata e astratta di Petrarca e dei suoi seguaci. È
la ragazza normale e banale che si incontra per strada
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 468
Filippo Tommaso Marinetti (1876- 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo
e munificenza, per aumentare l’entusiastico fer-
1944) vore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna
La vita. Filippo Tommaso Marinetti nasce ad Ales- opera che non abbia un carattere aggressivo può
sandria d’Egitto nel 1876. Studia a Parigi, dove fre- essere un capolavoro. La poesia deve essere con-
quenta le avanguardie artistiche, e pubblica le prime cepita come un violento assalto contro le forze
opere in francese. Nel 1905 si trasferisce a Milano. ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
Nel 1909 pubblica a Parigi su un quotidiano di grande
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...
diffusione come “Le Figaro” il Manifesto del Futuri-
Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vo-
smo. Negli anni successivi si dedica alla diffusione
gliamo sfondare le misteriose porte dell’impos-
delle teorie futuristiche. Nel 1911 è tra i sostenitori
sibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi
della conquista della Libia. Nel 1913 partecipa ed
viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già
assiste agli scontri tra turchi e bulgari che culminano
creata l’eterna velocità onnipresente.
nell’assedio di Adrianopoli. Partecipa come volonta-
rio alla prima guerra mondiale. Nel dopoguerra si de- 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene
dica all’attività politica fondando il Partito politico del mondo - il militarismo, il patriottismo, il ge-
futurista, che presto confluisce nel Partito Nazional- sto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si
fascista. Da questo momento inizia la fase calante di muore e il disprezzo della donna.
Marinetti e del movimento, poiché, quando il Fasci- 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche,
smo conquista il potere (1922), essi diventano un le accademie d’ogni specie, e combattere contro
elemento di disturbo nell’opera di normalizzazione il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà
intrapresa dal regime. Nel 1929 è nominato da Mus- opportunistica e utilitaria.
solini accademico d’Italia. L’adesione al regime lo fa 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro,
partire volontario per la Russia e a schierarsi a favore dal piacere o dalla sommossa: canteremo le ma-
della Repubblica di Salò. Muore nel 1944. ree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni
nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fer-
Le opere. Marinetti scrive il romanzo Mafarka le fu- vore notturno degli arsenali e dei cantieri, incen-
turiste (Mafarka il futurista, 1909), la tragedia Le roi diati da violente lune elettriche; le stazioni ingor-
Bombace (Il re Baldoria, 1909), il Manifesto del Fu- de, divoratrici di serpi che fumano; le officine
turismo (1909), poi Zang Tumb Tumb (1913), una appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi;
delle sue opere sperimentali più famose, che parla i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i
dell’assedio di Adrianopoli (oggi Edirne, nella Tur- fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltel-
chia europea, guerra nei Balcani, 1912), l’Alcòva li; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte,
d’acciaio (1921), che racconta la sua esperienza di e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano
guerra combattuta sulle autoblinde. sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbri-
gliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani,
Il Manifesto del Futurismo, 1909 la cui elica garrisce al vento come una bandiera e
sembra applaudire come una folla entusiasta.
1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitu-
dine all’energia e alla temerità. È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo
nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno ele-
col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vo-
menti essenziali della nostra poesia.
gliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari.
pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esal- Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di ri-
tare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, gattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli
il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il musei che la coprono tutta di cimiteri.
pugno. ---I☺I---
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si
è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza del- Riassunto. Il Manifesto del Futurismo (1909) canta la
la velocità. Un automobile da corsa col suo cofa- moderna civiltà della macchina, che è contrapposta
no adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito alla sonnolenta civiltà del passato. I punti più impor-
esplosivo... un automobile ruggente, che sembra tanti, su cui l’autore insiste e che celebra, sono:
correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria a) il pericolo, il coraggio, l’audacia, la ribellione, lo
di Samotracia. schiaffo e il pugno;
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il vo- b) la bellezza dell’”eterna velocità onnipresente”, che
lante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lancia- caratterizza la civiltà moderna e che ha arricchito il
ta a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. mondo da quando è apparsa l’automobile;
c) la bellezza della lotta e, di conseguenza, la glorifi-
cazione della guerra, “sola igiene del mondo”, del mi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 469
litarismo, del patriottismo, del gesto distruttore dei 6. “Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo
libertari; già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna
d) il rifiuto di tutta l’arte del passato, dei musei, delle velocità onnipresente”: Marinetti sente con particola-
biblioteche, delle accademie; re forza che la storia sta accelerando. E scopre la ve-
e) la lotta contro il moralismo, il femminismo ed ogni locità onnipresente. Nel 1898 a Torino nasce la Fiat,
viltà opportunistica; le automobili non correvano troppo ed erano diventa-
f) le folle agitate dal lavoro, dal piacere, dalla som- te un simbolo maschile. Nel 1903 i fratelli Orville e
mossa; gli arsenali, le officine, i ponti, i piroscafi e Wilbur Wright (USA) fanno volare il primo aereo
tutto ciò che la tecnica ha saputo costruire. grazie a un motore a scoppio. Radicali cambiamenti
L’autore intende lanciare il manifesto dall’Italia, per- coinvolgono anche la logica, la fisica e l’astronomia
ché vuole liberare “questo paese dalla sua fetida can- (Frege, Planck, Einstein, Heisenberg, Lemaître, Hub-
crena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’anti- ble ecc.).
quari”. 7. A dire il vero, i musei e la cultura creano posti di
lavoro e fanno girare il denaro. Sono necessari. Per
Commento secoli i pittori venivano a studiare in Italia e molti poi
1. Il Futurismo italiano è un movimento che ha un re- vi restarono. L’Italia era considerata il paese dell’arte,
spiro cosmopolita ed europeo (Romanticismo, Veri- merito delle commesse dei papi agli artisti.
smo e Decadentismo erano stati importati dalla Fran- 8. Le manifestazioni più persuasive del Futurismo ita-
cia, anche se hanno caratteristiche originali): riesce a liano non vanno cercate nella produzione letteraria, di
svecchiare la cultura italiana e a diffondersi anche livello assai modesto, ma nella produzione artistica,
all’estero. È lanciato da Parigi, perché allora la capi- dalla pittura alla scultura all’urbanistica: Umberto
tale francese era il maggiore centro di produzione Boccioni, Carlo Carrà, Antonio Sant’Elia.
culturale dell’Europa. 9. Dopo il 1920 il Futurismo perde le sue spinte ever-
2. “Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...”: sive e finisce in una tranquilla celebrazione del regi-
l’affermazione rimanda alla tesi illuministica secondo me nazional-fascista, lasciando però segni evidenti
cui il presente è un nano che vive sulle spalle di un nelle successive correnti artistiche.
gigante, il passato (1730-90). In ogni caso l’Italia 10. Se si vuole, Marinetti riprende la polemica di
aveva bisogno di cambiamenti radicali, aveva una quasi un secolo prima di Giovanni Berchet, che nel
economia quasi del tutto agricola ed era in ritardo ri- 1816 nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo fi-
spetto a tutti gli altri paesi europei. La meccanizza- gliolo proponeva una cultura del presente, impegnata,
zione dell’agricoltura avviene soltanto a partire dal romantica, contro i laudatores del tempo antico.
1950. Aveva pure un gruppo ristretto di intellettuali ------------------------------I☺I-----------------------------
di altissimo livello e la maggioranza della popolazio-
ne era semi-analfabeta o analfabeta. La riforma delle
scuole elementari avviene soltanto nel 1925 (Riforma
Gentile).
3. Dietro a Marinetti stanno l’esplosione dei naziona-
lismi europei (1870-1914), la volontà di potenza e il
super-uomo di Friedrich Nietzsche (1844-1900). La
violenza era ampiamente praticata da Stati, polizie,
anarchici socialisti, comunisti. Nel 1898 l’esercito
italiano a Milano spara sulla folla, che protestava
contro il rincaro del pane. Fa forse 180 morti.
4. “Noi vogliamo glorificare la guerra”: forse è la
prima volta che un letterato la glorifica, dopo Omero,
Ariosto, Tasso. In realtà gli Stati la glorificavano a
tempo pieno; guerra dei 100 anni tra Francia e Inghil-
terra (1337-1453), guerre di religione (1618-48),
guerra d’indipendenza americana (1775-1783), guerre
napoleoniche (1797-1814), guerre d’indipendenza ita-
liane (1848-70) ecc.
5. Un motivo del manifesto è l’anti-femminismo. A
fine sec. XIX le suffragette britanniche chiedevano il
voto per le donne. Cambiamenti sociali rilevanti av-
vengono in seguito alla prima guerra mondiale: le
donne accorciano la gonna, così usano meno stoffa,
mostrano le gambe (ma indossano le calze) e sono più
comode. In fabbrica le gonne lunghe erano scomode e
pericolose. In Italia le donne ottengono il voto nel
1946, finita la guerra.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 470
Italo Svevo (1861-1928) re involontariamente la felicità. Ad esempio il suo
matrimonio con Augusta nasce per caso, partendo da
La vita. Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector uno scambio di persona del protagonista, ma questa
Schmitz, nasce a Trieste nel 1861. Per tutta la vita la- scelta si rivela poi felice per entrambi. Perciò nella
vora in banca e si dedica a scrivere romanzi e raccon- realtà il caso ha un grandissimo potere e l’inetto ac-
ti, che per la sua collocazione ai margini dell’Impero cetta passivamente questa presenza, che nel sec. XX
austro-ungarico non hanno particolare accoglienza. acquista sempre più importanza. Nei romanzi di Sve-
Scrive una trilogia, che ha protagonisti diversi, ma vo sono quindi sempre presenti alcune contrapposi-
affronta la stessa problematica: Una vita (titolo ini- zioni che esprimono efficacemente la condizione
ziale Un inetto, 1892), Senilità (1898, 1927) e La co- umana. Esse sono: Attitudine/Inettitudine, Gioven-
scienza di Zeno (1923È “lanciato” al livello nazionale tù/Senilità, Salute/Malattia. E non c’è nessun deside-
e internazionale da Eugenio Montale, che lo recensi- rio di scoprire il mondo e di uscire dalla soffocante
sce sulla rivista milanese “L’esame” (1925) con normalità della vita quotidiana. Il massimo delle tra-
l’articolo Omaggio a Italo Svevo, e da alcuni critici sgressioni è avere moglie e cercarsi una amante, qua-
francesi (a cui era stato indirizzato dall’amico James le che sia, anche se si crede di provare un qualche in-
Joyce), che nel 1926 dedicano a La Coscienza di Ze- teresse per lei.
no e agli altri due romanzi la maggior parte del fasci- ---I☺I---
colo della rivista “Le navire d’argent”.
Muore a Motta di Livenza (TV) nel 1928. Una vita (titolo iniziale Un inetto), 1892
Le opere. Scrive la trilogia Una vita (titolo iniziale Riassunto. Alfonso Nitti, un giovane intellettuale con
Un inetto, 1892), Senilità (1898, 1927) e La coscien- aspirazioni letterarie, lascia il paese natale, dove vive
za di Zeno (1923), che hanno protagonisti diversi, ma con la madre, e si trasferisce a Trieste. Qui trova un
affrontano la stessa problematica. avvilente impiego come bancario. Un giorno è invita-
to a casa del banchiere Maller, dove conosce Maca-
La poetica. Contro i cantori del super-uomo o dell’a- rio, un giovane sicuro di sé, con cui stringe amicizia.
ristocratico che si dedica a una vita estetica Svevo in- Conosce anche Annetta, figlia di Maller, anche lei
venta un eroe rovesciato o un anti-eroe: la figura interessata alla letteratura. Con la ragazza inizia una
dell’inetto, che non sa decidere, che rimanda le deci- relazione sentimentale. Sul punto di sposarla però
sioni al futuro, che si lascia vivere dalla vita e dagli fugge, così da poter cambiare vita, e torna al paese
imprevisti, che subisce il caso senza reagire. L’inetto d’origine, dove la madre, già gravemente ammalata,
si sente inadatto a vivere, poiché non riesce ad aderire muore. Alfonso torna quindi a Trieste, certo di aver
alla vita, non ha valori in cui credere, non ha scopi, scoperto nella rinuncia e nella contemplazione la sua
non ha un ruolo nella società in cui riconoscersi, vera natura. La realtà però sarà diversa: scopre che
quindi non riesce a dare un senso alla propria vita. Annetta si è fidanzata con Macario, si fa prendere
Inoltre si sente malato di quella malattia che è il disa- dalla gelosia e si sente ferito dall’odio dei colleghi. Il
gio del sec. XX: l’incapacità di provare sentimenti, ruolo che gli è assegnato è di minore importanza, ma
che provoca nell’uomo un forte sentimento di tristez- cerca di tornare in buoni rapporti con la famiglia
za e di infelicità. L’inetto quindi è sempre un eroe Maller. Tuttavia fallisce in questo proposito ed anzi
sconfitto che potrebbe apparire al pubblico molto si- aggrava la situazione, poiché si lascia sfuggire frasi
mile ai Vinti dei romanzi di Giovanni Verga. Tuttavia che sono interpretate come ricatti. Scrive allora ad
esiste una notevole differenza: la sconfitta dei vinti Annetta per chiederle un incontro di chiarimento, ma
era da imputare esclusivamente all’ambiente ostile, il suo gesto è frainteso: all’appuntamento con la ra-
invece il fallimento dell’inetto è da ricondurre alla gazza si presenta il fratello Federico, che lo sfida a
frattura che si è creata tra l’individuo e la realtà e, duello. Alfonso sceglie di suicidarsi con esalazioni di
all’interno dell’individuo, con la scoperta dell’in- gas e di porre fine alla sua vita di disadattato, imma-
conscio, un mondo oscuro e sconosciuto, che condi- ginando che Annetta venga a piangere sulla sua
ziona le azioni umane. tomba.
Tutti i protagonisti dei romanzi di Svevo sono degli
Commento
inetti, tuttavia c’è una profonda differenza tra Alfon-
1. Il suicidio è la risposta definitiva del protagonista
so ed Emilio, protagonisti di Una vita e di Senilità, e
alle difficoltà della vita e della convivenza con gli al-
Zeno, protagonista de La coscienza di Zeno. I primi
tri individui. In qualche modo Alfonso è una proie-
due sono personaggi tragici, sono rappresentati in una
zione dello stesso Svevo, che per tutta la vita lavora
dimensione cupa e triste, e il loro destino è la morte
in banca, si diletta a scrivere romanzi e non ha alcun
o, in alternativa, la rinuncia a vivere. Zeno invece rie-
successo letterario.
sce a non essere tragico poiché, data la sua età matu-
2. Il suicidio richiama un altro suicidio: Ugo Foscolo,
ra, è divenuto consapevole della sua “malattia” e usa
Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1798). Jacopo pro-
l’ironia per sdrammatizzare se stesso e la sua condi-
va le due massime delusioni che lo potevano colpire:
zione. Zeno è colui che, convinto di sbagliare, effet-
Napoleone ha ceduto Venezia, la sua patria, all’im-
tua la scelta più giusta, riuscendo perciò a raggiunge-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 471
pero asburgico (1797); e la donna che egli amava ha Commento
obbedito al padre e sposato un altro pretendente. Per- 1. Svevo riprende e ripete i motivi del primo roman-
ciò si suicida con un colpo di pugnale. Ma il suicidio zo: il protagonista vuole e disvuole, deve decidere e
è mezzo fallito, perché si è soltanto ferito a morte, non decide, deve scegliere e non sceglie, e alla fine fa
perciò impiega alcuni giorni per morire. E prima di del male a se stesso, e sostituisce la vita con i ricordi
morire davanti al suo capezzale passa una fila di per- del passato.
sonaggi, per fare le ultime due chiacchiere con lui. 2. L’atteggiamento di Amalia nei confronti della vita
Ortis è l’eroe romantico, che sente intensamente i va- ripete il suicidio di Alfonso Nitti, protagonista del
lori per i quali ritiene che la vita sia degna d’essere primo romanzo di Svevo, Una vita (1892).
vissuta. ---I☺I---
3. Gli umanisti dicevano che faber est suae quisque
fortunae (ognuno è artefice del suo destino) e, in ne- La coscienza di Zeno, 1923
gativo, anche Alfonso è artefice del suo, tanto che
giunge alla decisione di suicidarsi. Il suo destino però Riassunto lungo. Il riassunto lungo si trova nell’ulti-
non è fuori di lui, nelle mani di divinità avverse, ma
mo capitolo: Romanzi italiani e stranieri del Nove-
dentro di lui: non studia, non conosce e non com-
cento (1890-2010).
prende la realtà in cui vive e prende decisioni sbaglia-
te, che gli saranno fatali.
---I☺I---
Riassunto breve. Zeno Cosini è un maturo e ricco
commerciante di Trieste ed è pure un accanito fuma-
Senilità,1898, 1927 tore. Vuole smettere di fumare, da solo non ne è
capace, perciò si rivolge a uno psicoanalista, il
Riassunto. Emilio Brentani è un impiegato di un’assi- Dottor S. Il medico lo induce a scrivere la propria au-
curazione: conduce una modesta esistenza in un ap- tobiografia, nella speranza che ciò lo aiuti a guarire
partamento di Trieste condiviso con la sorella Ama- dal vizio, di cui è schiavo. Zeno inizia a scrivere, ma
lia, la quale, non avendo molti rapporti con il mondo poi interrompe la terapia. Il medico, irritato, si vendi-
esterno, si limita principalmente ad accudirlo. Accade ca pubblicando le memorie del paziente. Zeno nel
un giorno che Emilio conosce Angiolina, di cui si in- racconto ripercorre sei episodi significativi della sua
namora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l’ami- vita, legati a una radice comune, l’incapacità di vive-
co Stefano Balli, che compensa i pochi riconosci- re, l’inettitudine, che è la sua vera malattia. Egli ri-
menti artistici con il successo che ha con le donne. corda come cominciò a fumare e come non sia mai
Emilio tenta di far capire ad Angiolina che la loro re- riuscito ad accendere “l’ultima sigaretta”. Il suo at-
lazione sarà subordinata ai doveri che egli ha, come teggiamento inetto verso il fumo, fatto di penti-
quello nei confronti della propria famiglia. Non si menti, buoni propositi e fallimenti, si allarga anche ai
rende conto che in realtà è Angiolina a gestire il lo- momenti più importanti della sua vita: il difficile
ro rapporto, ad investire meno sentimenti e a soffrire rapporto con il padre, fatto di diffidenza e incom-
di meno a causa della loro relazione non ufficiale. prensione, fino alla sua morte; il matrimonio con
L’amico Stefano non crede nell’amore e cerca di Augusta, accettato sotto la spinta del caso e poi rive-
convincere Emilio a divertirsi con Angiolina, che ha latosi felice; la relazione con la giovane Carla, voluta
una pessima fama a Trieste. Invece Emilio apre il per sconfiggere la paura d’invecchiare e di cui non si
cuore alla ragazza e ignora gli avvertimenti degli assume alcuna responsabilità morale; il rapporto di
amici: Angiolina non lo ricambia e anzi inizia a mo- amore e odio con il cognato Guido, colpevole di aver
strare un certo interesse per un ombrellaio e per lo sposato Ada, di cui Zeno era innamorato; l’asso-
stesso Stefano. Stefano comincia a frequentare casa ciazione commerciale che ha costituito con lui.
Brentani con maggiore continuità. Per ironia del de- Nell’ultimo episodio la guerra sorprende Zeno ed
stino Amalia finisce per innamorarsi di lui. Il suo fa- egli ne rimane sconvolto. Ancora una volta la sorte lo
scino maschile colpisce entrambe le donne. Emilio, aiuta e gli consente di arricchirsi con un fortunato
geloso della sorella, allontana Stefano, mentre Ama- commercio. Ciò lo fa sentire forte e sano e lo spinge
lia comincia a drogarsi con l’etere, finché non si ad abbandonare la cura psicoanalitica. Chiude il ro-
ammala di polmonite. La malattia la conduce alla manzo l’apocalittica previsione di una catastrofe,
morte. Emilio smette di frequentare Angiolina, pur prodotta dagli ordigni di guerra e che travolgerà
amandola, e si allontana da Stefano Balli. In seguito l’intera Europa.
viene a sapere che la donna è fuggita con il cassiere
di una banca, per andare a vivere nella capitale Commento
dell’Impero, Vienna. Anni dopo, ricordando il passa- 1. Zeno Cosini, il protagonista del romanzo, proviene
to, Emilio vede le due donne idealizzate dai suoi de- da una famiglia ricca, vive nell’ozio e ha un rapporto
sideri e fuse in un’unica persona, che ha l’aspetto conflittuale con il padre, che condizionerà tutta la sua
dell’amata e il carattere della sorella. vita. Sia nei rapporti amorosi, sia nei rapporti con i
familiari e gli amici, sia nel lavoro egli prova costan-
temente un senso di inadeguatezza e di inettitudine,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 472
che interpreta come sintomi di una malattia. In segui- vono e gli imprevisti sempre in agguato. E vi riesco-
to giunge alla conclusione opposta: non è lui ad esse- no. Dorothy è addirittura una ragazzina, ma alle spal-
re ammalato, ma la società in cui vive. Con Svevo le ha i romanzi d’avventura di Mark Twain (1835-
nasce l’anti-eroe, che avrà grande successo presso gli 1910), che rappresenta un’America vitalistica, in cui
scrittori italiani dopo di lui. si incontrano persone per bene ed anche imbroglioni,
2. Il romanzo ripropone gli stessi motivi dei due ro- da cui sapersi difendere. Le sue opere più significati-
manzi precedenti: l’inettitudine del protagonista, la ve sono due romanzi di formazione: Le avventure di
sua incapacità di decidere, l’importanza del caso, di Tom Sawyer (1876) e Le avventure di Huckleberry
un caso favorevole, i piccoli o grandi odii e amori Finn (1884), che propongono una visione ottimistica
della vita quotidiana. Sulla fortuna il rimando inevi- della vita anche se essa è piena di difficoltà.
tabile è a Niccolò Machiavelli, Principe, cap. XV. Il 6. Due soluzioni alternative, praticate negli stessi an-
segretario fiorentino dice come gli uomini possano ni, erano il super-uomo di Friedrich Nietzsche (Così
gestire la fortuna avversa. parlò Zarathustra, 1883, 1884,1885) e l’aristocratico
3. Il romanzo termina con lo scoppio della guerra e che conduceva una vita estetizzante di Joris-Karl
l’effetto positivo che essa ha sui guadagni del prota- Huysmans (1884), Gabriele D’Annunzio (1888) e
gonista. La prima guerra mondiale era già scoppiata e Oscar Wilde (1890).
già finita, e stava lasciando una pesante eredità, fatta 7. Il “caso Svevo” mostra quanto sia arbitraria e acci-
di tensioni e di problemi, che i governi non sarebbero dentale la fama, il successo o l’idea di letteratura.
riusciti a gestire. Quando la situazione politica ed Svevo non era scrittore di professione e si dedicava
economica europea e mondiale si stava normalizzan- alla letteratura per diletto. Diviene uno scrittore fa-
do, arriva l’ondata distruttiva del crollo della borsa moso grazie all’intervento di critici e amici che ne
statunitense (1929), i cui effetti coinvolgono l’intera pubblicizzano l’opera. Senza di essi i suoi romanzi
economia mondiale e si prolungano fino allo scoppio sarebbero rimasti sconosciuti. Anche lui è frutto del
della seconda guerra mondiale (1939). caso o della fortuna o delle circostanze o dei rapporti
4. Prima di Svevo i romanzi avevano come protago- di amicizia. Ma il caso si è vendicato subito: è dive-
nisti l’eroe, il personaggio che superava tutte le diffi- nuto famoso a 64 anni, tre anni prima di morire.
coltà e che alla fine risultava vincitore. Ad esempio ------------------------------I☺I-----------------------------
Jules Verne, Michele Strogoff (1876), che porta a
termine la missione affidatagli (la consegna di una
lettera dello zar in una lontana provincia dell’impero)
e conquista pure l’amore di una ragazza di 16 anni.
Svevo invece dà spazio all’anti-eroe, al fallito, che
distrugge la sua vita con le sue mani. Eppure come
commerciante Zeno non è certamente un fallito, è di-
venuto ricco.
5. L’epopea degli sconfitti o degli sfigati o dei sado-
masochisti include anche due romanzi per ragazzi di
grandissimo successo: Collodi, Pinocchio (1883) e
Edmondo De Amicis, Cuore (1886). Al di là delle
apparenze gli orizzonti di Pinocchio sono ristrettissi-
mi, non vanno oltre i confini del paese, e gli ideali
sono pure modestissimi, diventare bambino; nell’in-
tero universo non ci sono altri ideali di vita, non c’è
futuro, non c’è nemmeno la speranza. I personaggi di
De Amicis girano il mondo, ma ovunque vadano, si
sentono a casa loro, e in compagnia di una sfiga iper-
bolica, che non ammette futuro e l’unico piacere pos-
sibile è di essere colpiti da qualche disgrazia, che fa
compagnia e fornisce l’occasione di vantarsi davanti
agli altri non sfigati. De Amicis è il cantore universa-
le degli sfigati, degli autolesionisti, dei sacrifici uma-
ni cocciutamente cercati e realizzati. La vita è una
sfiga e una sofferenza continua. Chi non è sfigato è
sfortunato e non è degno di vivere. Ben altra cosa so-
no Jim Hawkins, il ragazzino protagonista di Robert
Louis Stevenson, L’isola del tesoro (1883); e Doro-
thy, la ragazzina americana protagonista di L. Frank
Baum, Il meraviglioso mago di Oz (1900), riassunto
qui sotto nel capitolo finale. Non cercano di soffrire,
cercano di conoscere e controllare la realtà in cui vi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 473
Luigi Pirandello (1867-1936) c) i romanzi L’esclusa (1908), Il fu Mattia Pascal
(1904), I vecchi e i giovani (1913), Si gira..., che di-
La vita. Luigi Pirandello nasce ad Agrigento nel venta Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925),
1867. Nel 1880 frequenta il liceo a Palermo, dove la Uno, nessuno, centomila (1925-26);
famiglia si trasferisce. Ritornato ad Agrigento, lavora d) le opere teatrali (spesso tratte dalle novelle) Pen-
un’estate nelle solfare gestite dal padre. Poi parte per saci, Giacomino! (1917), Liolà (1917), Così è (se vi
Roma, dove si iscrive alla Facoltà di lettere. Un liti- pare) (1918), Il berretto a sonagli (1918), Ma non è
gio con il docente di latino lo costringe a spostarsi una cosa seria (1918), La patente (1919), Sei perso-
all’Università di Berlino, dove si laurea nel 1891. Ri- naggi in cerca d’autore (1921), Enrico IV (1922),
tornato a Roma, nel 1894 sposa Maria Antonietta Vestire gli ignudi (1923), L’amica delle mogli (1928),
Portulano che gli dà tre figli. Inizia a collaborare con Questa sera si recita a soggetto (1930), I giganti del-
numerosi giornali. Nel 1898 con Ugo Fleres, anima- la montagna (1931-38) ecc.;
tore culturale e pittore, fonda la rivista “Ariel”. In e) numerosi film tratti dalle novelle, come Acciaio
questi anni precisa le sue posizioni: rifiuta lo scienti- (1932) e Terra di nessuno (1938).
smo positivista, il Naturalismo, ma anche lo Spiritua-
lismo che stava nascendo. Inoltre prova un’antipatia La poetica. Pirandello espone la sua poetica ne L’u-
personale per D’Annunzio. Tra il 1903 e il 1904 la morismo (1908), un’opera che costituisce non un ma-
moglie dà segni di squilibrio mentale, che peggiorano nifesto programmatico, ma una riflessione e un ap-
con il tracollo economico seguito all’allagamento del- profondimento sul suo modo di fare arte dopo 20 anni
la miniera di zolfo in cui il padre di Pirandello aveva di produzione artistica. L’autore formula la sua poeti-
investito tutti i suoi capitali. In questa situazione dif- ca in polemica con Croce, secondo cui l’arte è intui-
ficile lo scrittore riesce a a terminare Il fu Mattia Pa- zione pura, intuizione spontanea del sentimento, che
scal (1904) e a trovare altri collaboratori. Nel 1908 esclude sia l’intervento della ragione, sia scopi diver-
grazie alla pubblicazione di Arte e scienza (1908) e si dal semplice raggiungimento del bello: il vero,
L’umorismo (1908) è nominato professore di ruolo l’utile e il buono per il filosofo erano oggetti di altre
presso l’Istituto Superiore di Magistero. L’umorismo, attività dello spirito. Pirandello però ritiene che si
che contiene la sua poetica, dà origine anche a una debba evitare di cadere anche nel rischio opposto di
durissima polemica con Benedetto Croce, che propo- Croce, quello di pensare che l’arte sia soltanto il frut-
neva una estetica basata sull’intuizione. D’altra parte to dell’attività razionale, cioè soltanto il frutto della
l’intero mondo accademico è ostile alle sue posizioni ragione, della riflessione. E questa è la poetica dei
culturali. La produzione letteraria ha un sviluppo sen- simbolisti. A suo avviso l’opera d’arte è il frutto di
za soste. Nel 1910 inizia la produzione teatrale, che tutte le attività dello spirito: in un primo momento è
raggiunge i risultati migliori dopo il 1917. Nel 1921 attiva la spontaneità del sentimento, in un secondo
fa rappresentare Sei personaggi in cerca d’autore, momento interviene l’attività critica e riflessiva della
che a Roma è fischiato e a Milano conosce il trionfo. ragione. La spontaneità dell’artista si esprime con il
Il dramma decreta la fama internazionale dello scrit- sentimento del comico; l’attività riflessiva si esprime
tore, che inizia a seguire in tutto il mondo le compa- invece con il sentimento dell’umorismo. Il comico e
gnie che mettono in scena i suoi lavori. Nel 1925 ab- l’umorismo sono i due momenti successivi che l’arti-
bandona l’insegnamento per assumere la direzione sta deve percorrere per realizzare l’opera d’arte. Ben
artistica del “Teatro dell’arte”, fondato a Roma con il inteso, egli si può anche fermare alla percezione del
figlio Stefano, e gli scrittori Orio Vergani e Massimo comico, e non andare oltre, fino al livello dell’umo-
Bontempelli. Nel 1924 si iscrive al Partito Fascista, rismo, che è il livello più completo e perfetto
ma poi si disinteressa di politica. Negli anni successi- dell’opera d’arte.
vi all’interno del partito crescono voci di condanna Pirandello spiega la sua poetica con un esempio:
della sua produzione, ben distante dall’ottimismo di “Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti un-
facciata del regime. Dopo il 1920 trova in Marta Ab- ti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta gof-
ba l’interprete ideale dei suoi drammi, la collaboratri- famente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi
ce e l’ispiratrice, che gli è accanto fino alla morte. metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è
Nel 1929 è nominato membro della Regia Accademia tutto il contrario di ciò che una vecchia rispettabile
d’Italia. Nel 1934 ottiene il premio Nobel. Muore nel signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e
1936 a Cinecittà mentre assiste alla seconda versione superficialmente, arrestarmi a questa impressione
cinematografica de Il fu Mattia Pascal. comica. Il comico è appunto un avvertimento del con-
trario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi
Le opere. Pirandello scrive moltissime opere: suggerisce che quella vecchia signora non prova forse
a) i testi teorici Arte e coscienza d’oggi (1893), Arte e nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma
scienza (1908) e L’umorismo (1908); che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamen-
b) Novelle per un anno (1937), che raccoglie le 225 te s’inganna che, parata così, nascondendo così le ru-
novelle apparse prima sulle riviste, poi raccolte più ghe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del
volte in volume; marito molto più giovane di lei, ecco che io non pos-
so più riderne come prima, perché appunto la rifles-
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sione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel testo efficace, sia che cosa vuol dire ricostruzione o
primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel taglio artistico (o scomposizione e ricomposizione) di
primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare quello specifico autore di letteratura e di teatro che è
a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la Pirandello.
differenza tra il comico e l’umoristico”.
La riflessione di Pirandello peraltro investe anche gli Riassunto (versione cronologica). Chiàrchiaro ha
aspetti formali dell’arte umoristica: se il sentimento perso il lavoro perché si è acquistato la fama di ietta-
del contrario mette in moto un processo creativo di- tore. Vive con una moglie e due figlie a carico chie-
verso dal solito, allora i risultati, cioè le opere d’arte, dendo aiuto economico al figlio, che tuttavia più di
devono avere caratteristiche completamente diverse tanto non può fare perché ha anche lui una famiglia
dalle altre. Queste caratteristiche sono la frammenta- da mantenere. Esasperato per la mentalità superstizio-
rietà, la discontinuità e la scompostezza. Esse non so- sa dei compaesani, che gli impediscono di vivere e
no affatto difetti, ma le caratteristiche specifiche che anzi lo fanno morire, cerca una soluzione: pensa
dell’arte umoristica. In questo modo lo scrittore re- di sfruttare la sua fama. Querela per diffamazione i
spinge radicalmente la concezione classica dell’arte primi due giovani che al suo passaggio fanno gli
come di armonia e di equilibrio delle immagini o tra scongiuri. Avrebbe poi fornito prove inconfutabili
le parti Questo anticlassicismo consapevole permette all’avvocato della controparte, affinché fosse ricono-
di capire quanto è importante per l’autore il ricorso al sciuta ufficialmente la sua potenza di iettatore. È si-
paradosso, alla deformazione espressionistica e alla curo di farcela, quando il giudice che deve discutere
destrutturazione della realtà. L’umorismo porta a cer- la causa lo fa chiamare. Egli si veste da iettatore. Il
care, a scoprire e a stabilire relazioni impensate sia giudice lo accoglie stizzito per la messa in scena, e lo
tra le immagini sia nella realtà. invita a ritirare la querela perché è destinato a perdere
La riflessione dell’autore non riguarda soltanto l’arte. la causa. Perciò oltre al danno delle spese processuali
Si presenta anche come uno strumento efficace per avrebbe avuto anche la beffa. Egli allora si mette a
interpretare almeno la società del suo tempo: il Posi- urlare che il giudice è suo nemico e che non capisce
tivismo e il Verismo erano ormai in crisi, e il nascen- niente. Il giudice non reagisce alle offese e lo prega di
te spiritualismo proponeva verità consolatorie. La chiarirgli perché non capirebbe niente. Chiàrchiaro
realtà sociale era disgregata, non era più riconducibile gli spiega che è appena andato dall’avvocato della
a principi assoluti e a valori universali, e non permet- controparte e gli ha portato prove irrefutabili che egli
teva più interpretazioni unitarie. è uno iettatore. Il giudice è ancora più sbalordito.
Chiàrchiaro continua: il giudice esercita la professio-
Novelle per un anno, 1937 ne perché ha la laurea. Egli vuole la patente di iettato-
re per esercitare la professione di iettatore. Perdendo
Novelle per un anno (1937) raccoglie le 225 novelle la causa si sarebbe visto riconoscere ufficialmente
scritte da Pirandello. Le più famose sono La carriola questa sua capacità. Si sarebbe presentato davanti alle
(1917), La patente (1918), Il treno ha fischiato case da gioco, davanti ai negozi, davanti alle fabbri-
(1922). Le novelle permettono all’autore di far sentire che. Ed avrebbe intascato la tassa, che gli avrebbero
in modo capillare la sua presenza nella produzione pagato per farlo andar via. La tassa dell’ignoranza,
letteraria quotidiana. Esse preparano lo spazio e gli dice il giudice. No, la tassa della salute, perché quella
animi alla produzione dei romanzi e alla produzione schifosa umanità gli aveva fatto accumulare tanta bi-
teatrale. Dalle novelle i lettori potevano sentirsi sti- le, che aveva la potenza di fare crollare dalle fonda-
molati a passare alla lettura dei romanzi e alla visione menta l’intera città. Se il giudice gli voleva bene dav-
della produzione teatrale. Potevano anche sentirsi in- vero, doveva istituire il processo al più presto. E far-
dotti a vedere lo stesso soggetto nella presentazione gli avere la patente.
scritta e nella rappresentazione teatrale. Come D’An-
nunzio, anche Pirandello è una industria culturale, Riassunto (versione narrativa). Il giudice D’Andrea
che sforna una grande quantità di prodotti, tutti ugua- aveva un aspetto sbilenco ma era di una dirittura mo-
li, tutti diversi, che il pubblico richiede e apprezza. rale senza confronti. Non aveva mai lavoro arretrato
da sbrigare. Da due settimane però aveva una causa
La patente, 1918 in sospeso. Aveva chiesto lumi ai suoi colleghi, ma
questi, quando faceva il nome di Chiàrchiaro, gli in-
La patente (1918) è una delle più belle novelle di Pi- timavano di stare zitto e facevano uno scongiuro. Il
randello. Nel 1919 è anche trasferita sulla scena tea- caso era insolito: Chiàrchiaro aveva querelato per dif-
trale. Essa riesce ad esprimere con estrema chiarezza famazione due giovani che avevano fatto gli scongiu-
il suo umorismo drammatico e corrosivo. Conviene ri al suo passaggio. Chiàrchiaro avrebbe perso
vedere prima i fatti narrati in ordine cronologico, che senz’altro la causa, poiché le testimonianze contro di
è l’ordine naturale delle cose; poi il montaggio che lui sarebbero state schiaccianti: da due anni aveva la
l’autore ne fa nella novella e nella successiva rappre- fama di iettatore. Allora il giudice, per evitare che al
sentazione teatrale. In tal modo emerge chiaramente danno si aggiungesse la beffa di un processo perso, fa
sia che cosa significhi montaggio o costruzione di un venire Chiàrchiaro nel suo studio. Questi gli si pre-
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senta vestito da iettatore. Il giudice lo accoglie stizzi- ché non crede al suo potere di iettatore. Il giudice pa-
to. Lo fa sedere, poi lo invita a ritirare la querela, per- zientemente lo prega di spiegargli perché egli non ca-
ché avrebbe perso senz’altro il processo. E, comun- pirebbe niente. Chiàrchiaro gli dice che è appena an-
que, accusava i due giovani di diffamazione e si pre- dato dall’avvocato dei querelati, a portare prove irre-
sentava a lui vestito di tutto punto da iettatore! Chiàr- futabili che egli è effettivamente un iettatore. Il giudi-
chiaro reagisce andando in escandescenze e accusan- ce ci capisce sempre meno. Chiàrchiaro fa notare al
do il giudice di non capire niente. Il giudice allora lo giudice che esercita la professione, perché ha la lau-
prega di spiegargli perché non capirebbe niente. rea. Egli vuole il riconoscimento ufficiale del suo po-
Chiàrchiaro lo accusa di essere il suo più mortale ne- tere. Vuole la patente. La patente di iettatore. Si sa-
mico e aggiunge che era appena andato dall’avvocato rebbe presentato davanti alle case da gioco, davanti ai
dei due giovani a portare le prove, prove documentate negozi, davanti alle fabbriche. Ed avrebbe intascato la
e testimonianze inattaccabili, che egli era uno iettato- tassa, che gli avrebbero pagato per farlo andar via. La
re. Il giudice riconosce che ci capisce ancora meno: tassa dell’ignoranza, dice il giudice. No, la tassa della
Chiàrchiaro aveva querelato i due giovani e aveva salute, perché quella schifosa umanità gli aveva fatto
fornito al loro avvocato le prove per farli assolvere. accumulare tanta bile, che aveva la potenza di fare
Ma allora perché li aveva querelati? Chiàrchiaro pa- crollare dalle fondamenta l’intera città. Se il giudice
zientemente spiega: il giudice esercita la professione gli voleva bene davvero, doveva istituire il processo
perché aveva la laurea. Egli voleva esercitare la pro- al più presto. E fargli avere la patente. Il vento apre
fessione di iettatore e voleva la patente per esercitarla lentamente la finestra, che fa cadere la gabbia del
ufficialmente: la patente di iettatore. La fama di ietta- cardellino con grande fracasso. Accorrono i tre giudi-
tore lo aveva rovinato e gli aveva fatto perdere il po- ci e l’usciere. Il giudice accusa il vento. Ma Chiàr-
sto di lavoro. E aveva una moglie paralitica, due fi- chiaro attribuisce a sé la caduta, quindi minaccia di
glie. L’altro figlio aveva moglie e figli da mantenere, morte tutti i presenti, che sono terrorizzati. Devono
e più di tanto non poteva fare per aiutarli. L’unica so- pagare la tassa. I presenti pongono mano al borselli-
luzione era avere la patente. La patente di iettatore. Si no, a condizione che egli se ne vada.
sarebbe presentato davanti alle case da gioco, davanti
ai negozi, davanti alle fabbriche. Egli avrebbe inta- Commento
scato la tassa, che gli avrebbero pagato per farlo an- 1. I tre riassunti presentano la stessa trama, ma mo-
dar via. La tassa dell’ignoranza, dice il giudice. No, la strano i fatti in sequenza cronologica e secondo il
tassa della salute, perché quella schifosa umanità gli montaggio specifico che Pirandello ha scelto per la
aveva fatto accumulare tanta bile, che aveva la poten- novella e per la rappresentazione teatrale. La rico-
za di fare crollare dalle fondamenta l’intera città. Se il struzione temporale è fredda rispetta alle due rico-
giudice gli voleva bene davvero, doveva istituire il struzioni seguite dall’autore. La prima è incentrata su
processo al più presto. E fargli avere la patente. Chiàrchiaro. Invece la seconda e soprattutto la terza
sono incentrate sul giudice D’Andrea. In tal modo il
Riassunto (versione teatrale). Il giudice D’Andrea è lettore scopre un po’ alla volta, attraverso la persona-
nel suo studio in tribunale, occupato a spostare il car- lità del giudice D’Andrea, la figura e il dilemma di
dellino dalla gabbia più piccola, con cui l’aveva por- Chiàrchiaro. Le scelte narrative attuate dallo scrittore
tato da casa, alla gabbia più grande. Ordina all’u- risultano quindi molto più intense, drammatiche e
sciere di andare a chiamare Chiàrchiaro. L’usciere spettacolari, in sintonia con l’animo esasperato che
sobbalza, e se ne va, mentre entrano tre giudici. Il ormai ha il protagonista. Alla fine tutte le trame si so-
giudice vuole chiedere consiglio ai colleghi su come vrappongono.
comportarsi nel processo a Chiàrchiaro. Questi sob- 1.2. Esiste poi una notevole differenza tra i (riassunti
balzano e fanno gli scongiuri. E se la prendono con dei) due testi scritti da una parte e (il riassunto del)
Chiàrchiaro. Arriva l’usciere, che accompagna non l’atto unico teatrale dall’altra. La rappresentazione
Chiàrchiaro, ma la figlia di questi. I tre giudici se ne teatrale ha bisogno di una strutturazione del tutto di-
vanno. La figlia non sa nulla del padre che ha quere- versa: essa è il regno della gestualità e della parola,
lato il figlio del sindaco e l’assessore Fazio, che al non della riflessione. Essa non ammette la possibilità
suo passaggio facevano gli scongiuri. La ragazza dice che il lettore si fermi e rilegga il punto che non ha ca-
che suo padre da più di un mese è come impazzito e pito. Così l’attore usa il gesto e la parola semplificata
che da più di un anno è disoccupato e evitato da tutti e più volte ripetuta, per comunicare e per avere un
a causa della fama di iettatore. L’usciere entra per adeguato impatto sullo spettatore. Anche qui gli inizi
avvertire il giudice che è arrivato Chiàrchiaro. La ra- sono molto diversi dai due testi scritti, invece le parti
gazza esce per un’altra porta. Chiàrchiaro entra vesti- finali dei tre riassunti tendono a sovrapporsi. Le parti
to da iettatore. Il giudice si stizzisce. Gli dice che lo dialogiche sono rimaste pressoché invariate, mentre
aveva fatto chiamare per invitarlo a ritirare la querela: hanno subito notevoli modifiche le altre: l’autore ha
avrebbe perso senz’altro il processo. Gli fa poi notare dovuto dare precise indicazioni sull’arredamento, sul-
che è in contraddizione se sporge querela da una parte le vesti, sui movimenti e sul comportamento degli at-
e dall’altra si veste in quel modo. Chiàrchiaro gli dice tori. Sempre per rispettare il linguaggio teatrale l’au-
che non capisce niente e che egli è suo nemico, per- tore ha dovuto cambiare radicalmente la parte iniziale
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della rappresentazione. Ha introdotto tre giudici, 5. La prospettiva artistica di Pirandello si può capire
l’usciere, poi la figlia di Chiàrchiaro, infine Chiàr- soltanto se si tiene presente che egli è un autore inter-
chiaro. Scena teatrale significa quindi presenza cospi- nazionale, anzi mondiale, che si confronta con i mag-
cua di attori e continui colpi di scena: la riflessione giori autori internazionali. E che in Italia si seguono
non va d’accordo con il linguaggio teatrale. Il pubbli- estetiche in netto contrasto con la sua: il tardo Veri-
co si annoierebbe. smo, il Decadentismo di Pascoli e di D’Annunzio, la
1.3. La novella è incentrata sul giudice, il riassunto poetica di Svevo e di Saba, il Futurismo, quindi il
cronologico è incentrato su Chiàrchiaro. L’atto unico Crepuscolarismo e l’Ermetismo. E si formulano este-
è incentrato sul giudice e contemporaneamente su tiche a priori, che stroncano le avanguardie e gli auto-
Chiàrchiaro. Il testo recitato ha esigenze completa- ri più famosi in nome di una definizione teorica e
mente diverse rispetto il testo scritto. Un testo scritto astratta di arte: Croce e il crocianesimo, che sulla cul-
può girare intorno al personaggio protagonista. Il te- tura italiana imperversa come una cappa soffocante
sto recitato può avere bisogno di protagonista e di fino alla metà del secolo.
deuteragonista, ambedue sullo stesso piano. Si può 6. Pirandello si inserisce in una lunghissima tradizio-
anche dire che il riassunto cronologico presenta la ne di scrittori di novelle:
realtà dal punto di vista del giudice. La novella dal a) i lais (componimenti in versi con scopi didascalici)
punto di vista di Chiàrchiaro. L’atto unico da un pun- e i fabliaux (racconti di 200-300 versi di contenuto
to di vista neutro, che non privilegia nessuno dei due giocoso, satirico ed anche osceno) (sec. XI-XIII);
personaggi ma pone sullo stesso piano i loro due pun- b) il Novellino (1280-1300), una raccolta di oltre 100
to di vista. Le soluzioni delle tre possibili ricostruzio- novelle;
ni sono sostanzialmente equivalenti. c) Giovanni Boccaccio (1313-1375), Decameron
2. Sia nella novella sia sulla scena fa la sua comparsa (1348-51), una raccolta di 100 novelle;
quel mondo umano, disumano, dolente, esasperato e d) Franco Sacchetti (1332ca.-1400), Trecentonovelle
oppresso dalle convenzioni sociali, che costituisce la (1392-97), di cui 78 perdute;
vena più autentica dell’arte di Pirandello. L’uomo si e) Matteo Bandello (1485-1561), Novelle, una raccol-
rovina la vita e si fa soffrire con le sue stesse mani. E ta di 224 novelle che impegna l’autore per tutta la vi-
Chiàrchiaro non ha provato il piacere di Francesco ta;
d’Assisi alla vista dei guai che gli cadevano addosso, f) Masuccio Salernitano (1410ca.-1475), Novellino
né ha avuto l’atteggiamento di Dante (Dio ha orga- (1455-70), una raccolta di 50 novelle;
nizzato bene il mondo, ma l’uomo fa di tutto per vi- g) Giovanni Verga (1840-1922), Vita dei campi
verci male) o di Manzoni (i guai hanno un loro aspet- (1880) e Novelle rusticane (1883);
to positivo; conclusione dei Promessi sposi), né di h) Luigi Pirandello (1867-1936), Novelle per un anno
Verga (l’ideale dell’ostrica). (1937), una raccolta di 225 novelle;
3. L’autore racconta l’esistenza non dalla parte del i) Gabriele D’Annunzio (1863-1938), Novelle della
vincitore, ma dalla parte del vinto, dello sconfitto. Il Pescara.
giudice D’Andrea vede in modo problematico la real- ---I☺I---
tà e vorrebbe che Chiàrchiaro oltre al danno non do-
vesse subire anche la beffa. Chiàrchiaro contro la sua Il treno ha fischiato, 1922
volontà è stato trasformato in iettatore. Così ha perso
il lavoro e non sa come mantenere la famiglia. Per Riassunto. Belluca era arrivato in ritardo al mattino,
fortuna gli viene l’idea di prendere la patente di ietta- non aveva fatto niente tutto il giorno e alla sera si era
tore!!! I colpevoli procedono indifferenti. Saranno ribellato al suo capo ufficio, che l’aveva giustamente
“toccati” soltanto se il loro capro espiatorio troverà il rimproverato. Continuava pure a ripetere una frase
modo e la forza di ribellarsi. Di ritorcere contro di lo- incomprensibile: il treno ha fischiato. I suoi compa-
ro la loro ignoranza, la loro superstizione. Di trasfor- gni di lavoro lo considerano impazzito, perché non
marla in fonte di entrate a loro spese. riescono a spiegare il suo comportamento: normal-
4. Pirandello non ha la minima fiducia nell’ideologia mente era fatto oggetto dei loro scherzi e non si ribel-
positivistica e nelle capacità della scienza di costruire lava mai. Perciò è ricoverato all’ospizio. Qualcuno
un mondo ordinato e razionale, capace di progresso. dei compagni di Belluca riferisce l’accaduto al narra-
Con il rifiuto del Positivismo e della scienza è anche tore, che non si mostra affatto stupito ed anzi afferma,
il rifiuto delle ideologie realistiche, veristiche e natu- con amarezza e dolore, che ci deve essere una spiega-
ralistiche. Se Verga scrive Rosso Malpelo (1878), egli zione naturalissima. Basta sapere come Belluca è vis-
scrive Ciàula scopre la luna (1896). Due novelle am- suto finora, gli deve essere perciò successo qualcosa
bientate in Sicilia, ma separate da anni luce di distan- che ha cambiato la sua vita. Il narratore conosce Bel-
za. Egli propone la ragione come strumento per esa- luca, perché era suo vicino di casa. Belluca doveva
minare la realtà. Essa però è ben diversa dalla ragione mantenere tre cieche (la moglie, la suocera e la sorel-
illuministica, dalla ragione realistica e dalla ragione la della suocera), che strillavano dalla mattina alla se-
positivistica e scientifica. Essa appare come una gab- ra, poi le due figlie vedove, una con quattro e una con
bia che vuole tenere in gabbia se stessa. tre figli. Insomma 12 persone. Guadagnava poco e
doveva arrotondare con il lavoro extra che si portava
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a casa. Lavorava fino a tarda notte. Poi si buttava a 5. Belluca è particolarmente sfortunato: deve mante-
dormire su un divano, spesso vestito. Il narratore va a nere 12 persone. E si scanna a lavorare per farlo. Non
trovarlo all’ospizio. Belluca gli racconta il fatto che pensa a trovare altre soluzioni più soddisfacenti per
ha cambiato la sua vita. Preso dal lavoro, aveva di- tutti. Ha accolto in casa le due figlie vedove con i fi-
menticato il mondo. Una notte, più stanco del solito, gli. Una decisione autolesionistica, poiché aveva già
s’era buttato sul divano, incapace di addormentarsi. abbastanza problemi da affrontare. Non le manda al
Ad un certo punto sente fischiare il treno. All’im- lavoro, per rispetto dell’etichetta sociale: la donna re-
provviso gli si erano aperti gli occhi ed aveva deside- sta in casa e l’uomo la mantiene. E fa la vita di un
rato viaggiare in quel mondo appena riscoperto. E asino da soma. In sostanza è lui stesso causa dei suoi
con l’immaginazione era salito sul treno ed aveva ini- mali.
ziato a viaggiare: Firenze, Torino, Roma, poi viaggi 6. I personaggi sono tutti delle isole. Belluca non co-
più lunghi, in terre lontanissime... Ora egli poteva le- munica con le donne di casa né con i suoi compagni
varsi la soddisfazione di uscire ogni tanto dalla vita di lavoro. Vale anche il contrario. I rapporti non sono
soffocante che faceva: con la fantasia e salendo sul migliori tra Belluca e il narratore, che pure si interes-
treno. Si era ubriacato, perché aveva viaggiato troppo sa di lui e che lo va a trovare in ospizio. È sicuramen-
e non vi era abituato. Avrebbe chiesto scusa al capo te bene sapere che cosa succede e perché. Ma è anco-
ufficio e avrebbe ripreso il suo lavoro. Il capo ufficio ra meglio cercare e trovare il modo di uscire da quella
però doveva permettergli di tanto in tanto di fare un situazione invivibile. E invece tutto o quasi ritorna
viaggio, ora che il treno ha fischiato. come prima: di tanto in tanto Belluca salirà sul treno
e farà un viaggio con la fantasia. Insomma la vita non
Commento ammette alternative. Come nel romanzo Il fu Mattia
1. La novella, scritta nel 1914, è un’applicazione mol- Pascal (1904) o nella poesia Meriggiare pallido e as-
to semplice della poetica della “vecchia signora”. sorto (1916) di Eugenio Montale.
Vedo una vecchia signora tutta truccata e vestita da ---I☺I---
ragazzina. Sorrido, perché essa non coincide con
l’idea che ho di una vecchia signora. Poi scopro che Ma non è una cosa seria, 1918
lo fa per tenere legato a sé il marito molto più giova-
ne di lei. Il sorriso diventa amaro. La realtà fa sorri- La commedia Ma non è una cosa seria (1918), in tre
dere (il comico e l’intuizione), ma quando si scopre atti, è tratta dalle novelle La signora Speranza e Non
come stanno veramente le cose il sorriso diventa è una cosa seria. È rappresentata per la prima volta al
amaro (l’umorismo e la ragione). Belluca sembra im- Teatro Rossini di Livorno il 22 novembre 1918 dalla
pazzito, tutti lo ritengono impazzito, ma il narratore compagnia di Emma Gramatica (che poi la porta sulle
ritiene che ci sia una spiegazione naturale di quanto è scene milanesi al Teatro Olimpia). Nel 1919 è pub-
successo. E lo stesso Belluca gliela fornisce: lavorava blicata a Milano dall’editore Treves. Nel 1920 e poi
giorno e notte, per mantenere 12 persone, una notte nel 1926 è portata sullo schermo da Augusto e Mario
aveva sentito fischiare il treno e vi era salito sopra. Camerini. Quest’ultimo ne cura anche la versione te-
Aveva riscoperto la realtà che da anni aveva dimenti- desca nel 1938.
cato. E ciò lo aveva “ubriacato”. Ma avrebbe ripreso La commedia è una delle più belle e più significative
il controllo di se stesso. del teatro italiano e non soltanto italiano. Lo spunto,
2. Il racconto è costruito sul montaggio: il lettore vie- quello del matrimonio per burla, del matrimonio
ne a conoscere un po’ alla volta che cos’è accaduto. E bianco, non è originale. Tuttavia l’autore lo riveste di
resta disorientato quando il vicino di casa afferma che una comicità irresistibile e, contemporaneamente, di
ci deve essere una spiegazione naturalissima. I com- una allegria aspra e non raramente crudele.
pagni di lavoro non sanno nulla della vita privata che
conduce. Riassunto. Memmo Speranza è il classico dongiovan-
3. Pirandello scrive una novella di investigazione: c’è ni scapestrato, che si innamora con estrema facilità di
un fatto stranissimo e inaudito da spiegare. E il narra- una ragazza dopo l’altra. Egli è spinto dalla sua natu-
tore trova la spiegazione: conosce i retroscena della ra ad innamorarsi, ma si accorge con disappunto che
vita di Belluca (deve mantenere 12 bocche), conosce il suo amore è costantemente ostacolato dalle regole
dallo stesso Belluca il fatto (il treno ha fischiato), che sociali, che lo vogliono accasato: padri, madri e fra-
ne ha alterato il comportamento. Georges Simenon e telli sono sempre lì in agguato per sistemare la loro
Agatha Christie devono ancora comparire. figlia o la loro sorella e per costringerlo a mantenere
4. Il protagonista è un debole, che non sa organizzarsi la promessa di matrimonio. È reduce da un duello con
la vita in un modo soddisfacente. E si scanna a lavo- un mancato cognato che l’ha quasi mandato all’altro
rare giorno e notte, finché scoppia. Ma è fortunato: mondo. Perciò decide di non correre più il rischio di
riscopre che esiste intorno a lui il mondo che da tem- ammogliarsi... prendendo moglie. La scelta cade su
po ha completamente dimenticato. Nelle opere di Pi- Gasparina, modesta proprietaria di una pensione e
randello le donne sono deboli, mansuete e sottomes- dall’aspetto sciatto e insignificante, che dimostra più
se. Qui sono megere. dei 27 anni che ha. Essa è stata sciupata dai dolori e
dalla fatica – ha badato “solo a difendersi con i denti
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e con le unghie” –, e non ha mai pensato che un uomo il signor Barranco, il professor Virgadamo, la
potesse innamorarsi di lei. Il compito di Gasparina – maestrina Terrasi, Magnasco, avventori della pen-
un compito che il carattere dolce e remissivo le fa ac- sione Torretta
cettare di buon grado – è quello di diventare la “si- Vico Lamanna, amico, ugualmente scapestrato, di
gnora Speranza” soltanto di nome (a suo favore il ma- Memmo Speranza
rito ipoteca il proprio cognome), e di vivere lontana Loletta Festa, Fanny Martinez, donnine facili, che
dal coniuge, in una casa di campagna. Con questo fin- però non hanno ancora perso la speranza di accasarsi
to matrimonio Memmo è convinto di poter restare onorevolmente (almeno sul piano economico)
eternamente scapolo, al sicuro di ogni ragazza che Celestino e Rosa, camerieri della pensione Torretta.
possa pretendere di sposarlo e, contemporaneamente,
senza le noie e i grattacapi di una vera vita coniugale. Pirandello descrive in questo modo i personaggi prin-
Ma la situazione si sviluppa in modo ben diverso da cipali:
quanto egli aveva preventivato: quando rivede la mo- Gasparina Torretta, nel primo atto è una donnina
glie senza più quell’ “umiltà sorridente e rassegnata”, fina fina, un po’ sciupata, trasandata; sarebbe vivacis-
che la rendeva insignificante, si accorge stupito che sima, se i patimenti, le angustie, la tristezza che
essa si è fatta bella, che è “tutta un riso”, e se ne in- glien’è derivata, non smorzassero tutti i moti del suo
namora. Egli però ha fatto i conti senza la moglie, la animo e della sua personcina, e non le dessero
quale era disposta ad accettare il suo ruolo di moglie, un’umiltà sorridente e rassegnata. Veste poveramen-
l’assegno mensile, la vita tranquilla all’aria aperta te, con un vecchio cappellino da vecchio, annodato
nella villetta in campagna, la sua assenza e la sua vita sotto il mento e una mantella verde scolorita, orlata di
scapestrata, ma non crede e non accetta il fatto che il pelo di gatto; nessuno la stima e tutti la maltrattano.
marito si dica innamorato sul serio di lei e voglia tra- Nel secondo atto si trasforma. Due mesi di riposo e di
sformare il matrimonio in una cosa seria. Perciò, per tranquillità, quindi il sole della villetta rustica l’ha un
il bene di lui e per lasciarlo alla sua vita di sempre po’ colorita, veste benino, con una grazia modesta, ha
(ora egli ha ripreso a pensare alla ragazza il cui fratel- l’aria ancora umile, ma già si sente che la vivacità na-
lo lo ha quasi ucciso), si ripropone di lasciarlo libero. turale comincia a rinascerle, per quanto soffusa anco-
Il modo ci sarebbe, e lei è disposta a metterlo in pra- ra di mestizia. Nel terzo atto è quasi irriconoscibile,
tica, a condizione che il marito lo voglia: lei è rimasta perché diventa un fiore, ed acquista vivacità e sciol-
vergine anche dopo il matrimonio, e quindi il matri- tezza: diventa una donna viva, bella e affascinante,
monio non è valido, poiché non è mai stato consuma- tanto da fare innamorare Memmo Speranza, che per
to. Ma Memmo, che è ormai affascinato dalla bellez- lei dimentica le altre donne
za della donna, sa essere convincente, tanto più che, Memmo Speranza, è un bel giovane, elegantissimo,
essendo già sposato, non deve più fare la fatica di... che ha il difetto di innamorarsi con troppa facilità e di
sposarsi. Nella scena finale la donna si scioglie emo- dimenticare le norme sociali
tivamente e fisicamente, mentre il marito la abbrac- il signor Barranco, è un signore di provincia, matu-
cia. Da maschera, quale aveva tentato di essere, ro, ancor valido, ricco, con un gran naso, timorato di
Memmo trasforma il matrimonio per burla in una co- Dio, taciturno di solito, cupo, ma pur timido e schivo
sa serissima. Il merito però – e Pirandello non ha il negli occhi; costretto a parlare o appena stizzito, ince-
coraggio di dirlo esplicitamente – è senz’altro della spica un po’ con la lingua; è segretamente innamorato
bellezza e del buon carattere della donna. di Gasparina, ma non dichiara il suo amore. Nel terzo
atto spinge Gasparina a rompere il matrimonio per
La commedia si svolge nella sala da pranzo della burla con Memmo, proponendo alla ragazza un ma-
pensione Torretta, di cui Gasparina Torretta è pro- trimonio serio, ma non ha successo
prietaria (atto primo). Quindi nel grazioso salotto nel Grizzoffi, presso ai quaranta, ispido, sempre irritato,
quartierino da scapolo di Memmo Speranza, due mesi schizzante
dopo il matrimonio per burla con Gasparina (atto se- il professor Virgadamo, placido, grasso, con un fac-
condo). Infine in un’allegra stanza piena di aria e di cione da padre abate. Nel terzo atto è arteriosclerotico
sole, nella villetta rustica in cui Memmo ha relegato più morto che vivo, con il cervello completamente
Gasparina, dopo circa due mesi dal secondo atto (atto partito. Ciò non ostante la maestrina ha accettato di
terzo). sposarlo e di fare la crocerossina, pur di sistemarsi
La vicenda si svolge in una città dell’Italia settentrio- la maestrina Terrasi, è una donna vivace, di cui non
nale, oggi (1918). si indica l’età, che nel terzo atto risulta sposata con il
professor Virgadamo, a cui fa da infermiera. La cosa
I protagonisti sono: però non sembra pesarle. È anzi contenta, perché si è
Memmo Speranza, giovane scapestrato dall’inna- sistemata
moramento facile, ragionatore esasperato e parados- Magnasco, presso alla cinquantina, veste con elegan-
sale, ma niente affatto cattivo za da giovanotto, è grasso, calvo, con la faccia pao-
Gasparina Torretta, proprietaria della pensione Tor- nazza, ridanciano
retta, ancora giovane ma sciatta, e molto provata dal-
la vita
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Loletta Festa e Fanny Martinez, sono due donnine che le ha amate, usate e licenziate. Questo è lo straor-
equivoche, giovanissime, graziose, vestite con ele- dinario e variegato zoo umano, che emerge dalle
ganza ed eccessivamente profumate commedie dello scrittore più grande del Novecento
italiano.
Commento 3. Chi vuole, può confrontare il mondo anomalo, mo-
1. La problematica della commedia è la consueta pro- struoso, nevrotico e paradossale di Pirandello con
blematica di Pirandello: l’universo elegante e gentile, pieno di speranze e con
a) l’uso esasperato della ragione, portato sino una vena di malinconia, che è proposto da una com-
all’assurdo: Memmo Speranza si sposa per... evitare media abbastanza simile a questa per trama e per per-
di sposarsi; così non deve più risolvere il problema di sonaggi, La Locandiera di Carlo Goldoni (1751). Mi-
sposarsi, e può continuare la sua vita di scapolo; Ga- randolina, la locandiera, affascina gli avventori con il
sparina è una moglie per burla, quindi non è una mo- suo spirito e la sua abilità, prende in giro l’innamo-
glie vera e propria, che può accampare diritti su di rato misantropo e alla fine si sposa quando vuole e
lui; con chi vuole. Grazie alla sua intelligenza ha sempre
b) la remissività femminile: Gasparina è disposta a il controllo della situazione. E può permettersi di sce-
non accampare diritti e a rompere il matrimonio per gliere fra quattro innamorati: il conte, il marchese, il
burla, se Memmo lo volesse; cavaliere misantropo che fa innamorare, il servo della
c) i dolori del matrimonio (di cui l’autore ha locanda. Sceglie il servo, perché non è interessata né
un’esperienza diretta, con una moglie pazza), che tut- alla nobiltà né alla ricchezza. Gasparina è ben diver-
tavia una volta tanto hanno un lieto fine: Memmo – sa. È sottomessa per principio, destinata per vocazio-
paradossalmente – si innamora della moglie dopo che ne, per scelta e per condanna sociale a sacrificarsi per
l’ha sposata; i suoi avventori o per l’uomo che la “sistema”. È in-
d) il dissidio insanabile tra impulsi naturali e rego- capace di pensare a sé, ai suoi affetti, al suo benesse-
le sociali che soffocano la spontaneità dell’individuo: re, alla sua vita e alla sua felicità. E, ancora, è incapa-
Memmo è costretto a sposarsi per poter continuare la ce di prendere in mano la situazione e di imporsi con
sua vita di scapolo; decisione su Memmo pretendente e su Memmo mari-
e) la morale borghese, che spinge le donne a trovare to.
ad ogni costo un uomo con cui sistemarsi; 4. La produzione artistica e la concezione dell’arte di
f) la maschera sociale, che impone ai protagonisti, Pirandello si può però confrontare in modo più gene-
volenti o nolenti, di recitare la loro parte e i loro spe- rale con la produzione e la concezione dell’arte di
cifici ruoli; Goldoni. Nelle sue commedie Goldoni propone al suo
g) personaggi dai caratteri esemplari, stereotipati, pubblico valori come l’onestà, il lavoro, il risparmio,
emblematici, esasperati, che vivono e soffrono la loro il matrimonio e l’affetto reciproco, il rispetto dei ge-
condizione esistenziale, che hanno scelto, che non nitori, un minimo di benessere economico. E si rivol-
hanno voluto evitare o che la società ha loro imposto. ge alla piccola e alla media borghesia veneziana. Pi-
2. Pirandello crea personaggi (e storie) pervasi dalla randello invece mette in scena personaggi lacerati,
morale borghese, che protestano contro la morale che hanno perso l’identità e i valori, che sono ma-
borghese, ma che alla fin fine non rinnegano affatto schere sociali e che vogliono rimanere tali. Il pubbli-
né fuoriescono dalla morale borghese. Essi sono co- co è costituito dalle classi medie e medio-alte, che
me il gatto che si morde la coda. Memmo Speranza si capiscono e che vivono in prima persona quei pro-
sposa proprio per non... sposarsi, proprio per conti- blemi. Per Goldoni la commedia deve divertire e con-
nuare la sua vita da scapolo. Alla fine della comme- temporaneamente proporre un insegnamento morale.
dia c’è il lieto fine borghese; ma poteva esserci, indif- Per Pirandello invece deve esplorare senza pietà
ferentemente, la tragedia finale pure borghese (ciò l’uomo sociale, la sua vita assurda, strozzata dalle re-
succede nella commedia Il giuoco delle parti, 1919). gole e dalle convenzioni, delle quali peraltro non può
Una conclusione diversa ed opposta è indifferente, né vuole fare a meno.
perché l’autore, non ostante i tentativi (veri o presunti 5. Questa commedia di Pirandello può essere oppor-
che siano), non fuoriesce dalla problematica di una tunamente confrontata anche con commedie più lon-
morale borghese. Nella commedia ci sono i consueti tane nel tempo, come la Mandragola (1518) di Nic-
personaggi stereotipi della morale borghese: il prota- colò Machiavelli e La Moscheta (1529) di Angelo
gonista, che si innamora ad ogni piè sospinto; la pro- Beolco, detto Ruzante (1496ca.-1542). Ciò mostra le
tagonista, eroina disprezzata, umile e sottomessa, che totali differenze dei vari autori per quanto riguarda la
non fa valere nemmeno i suoi diritti ufficiali se il suo concezione e le funzioni dell’arte e la fascia degli
uomo non glielo permette; gli avventori dall’animo spettatori. Callimaco, il protagonista della Mandrago-
esacerbato o pieni di problemi; le donnine allegre, la, si propone di possedere con l’inganno la bellissi-
che vorrebbero sistemarsi conforme alla morale uffi- ma Lucrezia, e vi riesce. Alla fine tutti sono contenti;
ciale, ma non ne sono capaci, e perciò si accontentano ma è la donna, precedentemente timorosa e sottomes-
di fare le amanti e si lasciano cacciare fuori di casa sa, ad avere ora in pugno la situazione e a controllare
senza fare tanto chiasso ed anzi provando sempre una sia il marito sciocco sia l’amante focoso. Paradossal-
qualche riconoscenza verso il maschio onnipotente, mente la vittoria della ragione fraudolenta si ritorce
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contro tutti i personaggi, poiché distrugge i valori sui
quali si fonda la convivenza civile. La Moscheta in-
vece è ambientata nella periferia di Padova, e presen-
ta una storia di violenza, di inganni e di corna a un
pubblico raffinatissimo costituito dall’alta nobiltà ve-
neziana. I personaggi sono plebei che parlano un dia-
letto stretto: Ruzante, la moglie Betìa, Menato (il
compare) e Tonin (un soldato bergamasco). Essi sono
dominati dagli istinti naturali e passano il tempo a
cercare di soddisfarli. La preda è il possesso della Be-
tìa.
6. L’ambiente e il pubblico delle commedie di Piran-
dello può essere ancora confrontato con il mondo e i
valori nobiliari che Boccaccio propone nel Decame-
ron, un’opera che celebra l’intelligenza, il coraggio,
la battuta di spirito, la beffa e un atteggiamento attivo
nei confronti della realtà e della vita.
7. O anche con il mondo esasperato e dominato dal
sesso del Novellino (1476) di Masuccio Salernitano.
------------------------------I☺I-----------------------------
Fuoco e mitragliatrici,
si sente il cannone che spara;
per conquistar la trincea:
Savoia ! – si va.
Commento
1. La canzone protesta contro le terribili condizioni
della guerra in cui, per conquistare pochi metri di ter-
ra, si devono perdere tanti compagni. Fu scritta pro-
babilmente tra il 16/12/1915 (episodio della trincea
dei raggi o razzi, che i fanti della Brigata “Sassari”
riuscirono a conquistare con un assalto alla baionetta)
e il 29/03/1916 (quinta battaglia dell’Isonzo).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 485
O Gorizia, tu sei maledetta, 1916 competente, che è rimosso soltanto dopo il disastro di
Caporetto (1917), a lui imputabile e che fa ricadere
La mattina del cinque di agosto vergognosamente sui soldati. L’Italia post-unitaria
si muovevano le truppe italiane aveva una tradizione militare disastrosa. Le sconfitte
per Gorizia, le terre lontane di Custoza (1848, 1866) e di Lissa (1866) non aveva-
e dolente ognun si partì. no insegnato niente; e lo Stato maggiore – come
l’intera classe dirigente – era al di là di ogni ragione-
Sotto l’acqua che cadeva a rovescio vole dubbio incapace e incompetente. Essa poteva
grandinavano le palle nemiche; anche vantarsi di essere l’unica nazione europea ad
su quei monti, colline e gran valli essere stata sconfitta in Africa da quattro indigeni
si moriva dicendo così: armati di archi e di lance (Adua, 1896). Al massacro,
inutile, della guerra succedono poi quattro anni di
O Gorizia, tu sei maledetta caos istituzionale e sociale, quindi il Nazional-
per ogni cuore che sente coscienza; fascismo.
dolorosa ci fu la partenza 2. Popolazione, cioè classi meno abbienti, e Stato ita-
e il ritorno per molti non fu. liano hanno rapporti conflittuali sia con la Destra sto-
rica, sia con la Sinistra storica, sia con lo Stato libera-
O vigliacchi che voi ve ne state le (anche se in questo caso indubbiamente di meno).
con le mogli sui letti di lana, In quattro anni (1919-22) Mussolini con abilità e
schernitori di noi carne umana, spregiudicatezza sfrutta questi contrasti, per usare
questa guerra ci insegna a punir. (industriali e) popolazione contro le classi tradiziona-
li, che detenevano da sempre il potere. Le liquida po-
Voi chiamate il campo d’onore liticamente e caccia qualche avversario in esilio e ne
questa terra di là dei confini; manda qualcun altro al confino. Esse rappresentavano
qui si muore gridando: assassini! una percentuale modestissima dell’elettorato e della
maledetti sarete un dì. popolazione. Per l’occasione liquida anche gli ex
compagni socialisti e... fa la pace religiosa con Chiesa
Cara moglie, che tu non mi senti (Patti lateranensi, 1929). Ma non riesce a sottrarre
raccomando ai compagni vicini alla Chiesa il monopolio dell’istruzione e delle asso-
di tenermi da conto i bambini, ciazioni giovanili (1931).
che io muoio col suo nome nel cuor. 3. La poesia usa un linguaggio e immagini quotidiani
e immediati: cuore, onore, partenza; moglie, famiglia,
O Gorizia, tu sei maledetta bambini. Alcune parole sono forti: onore, assassini,
per ogni cuore che sente coscienza; maledetta, coscienza. La rima è presente nel secondo
dolorosa ci fu la partenza e terzo verso di ogni strofa. L’ultimo verso di ogni
e il ritorno per molti non fu. quartina è tronco. Ciò che caratterizza la poesia non è
l’accuratezza letteraria, ma la capacità di coinvolgi-
Riassunto. I soldati partono per andare al fronte e mento, la capacità espressiva, l’espressione piana ed
combattere per Gorizia. Li aspettano soltanto i disagi intensa della protesta. L’effetto aumenta, se chi la
della trincea e la morte. Perciò gridano assassini con- canta ha la voce adatta.
tro i loro comandanti, che fanno la guerra senza ri- 4. Per ogni cuore che sente coscienza mette insieme
schiare la vita. I soldati invece lasciano a casa la mo- il cuore (scritto normalmente e non sincopato o tron-
glie e i figli. La conclusione può essere una sola: ma- co, come nella poesia aulica) e la coscienza, un ter-
ledire Gorizia, che ha provocato soltanto morti e lutti. mine forte che proviene dal linguaggio ecclesiastico:
l’esame di coscienza e il dolore per i peccati com-
Commento messi. Con abilità l’autore lo usa in un contesto di-
1. La prima guerra mondiale è una delle tante pagine verso (“per chiunque abbia un po’ di coscienza, di
disonorevoli della storia italiana: proclamata con sensibilità e di umanità”), anche se l’espressione sen-
l’appoggio dei tumulti di piazza, voluta da irredenti- te coscienza non è delle migliori. È impensabile che il
sti, da intellettuali e da politici, da Mussolini e da termine provenga dal Neoidealismo, che al tempo si
D’Annunzio, contro la volontà del parlamento, dei stava diffondendo in Italia, e che guardava con di-
liberali, dei socialisti e dei cattolici, oltre che dell’in- sprezzo i miseri problemi quotidiani di sopravvivenza
tera popolazione, che aveva problemi di alimen- della popolazione.
tazione e di analfabetismo e che non capiva perché si 5. Dopo un secolo l’Italia ha ancora un governo
dovesse morire per “una terra di là dai confini”. Il sgangherato e, in più, delinquente, che prova un odio
confine era a favore degli austriaci, annidati sui mon- genetico verso gli italiani (2020). Non sa nemmeno
ti. Le armi dell’esercito erano antiquate. Il comando, che cosa sia la salute pubblica.
affidato al gen. Cadorna, risulta subito disastroso: -----------------------------I☺I-----------------------------
250.000 morti nei primi sei mesi di guerra, e guada-
gni territoriali modesti. Un generale velleitario e in-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 486
Ta pum, 1916 del settore dove fu impegnata la 52ª Divisione e i suoi
Venti giorni sull’Ortigara battaglioni alpini[65]. Secondo i dati esposti nella re-
senza il cambio per dismontà; lazione ufficiale italiana, in totale la battaglia costò
ta pum ta pum ta pum (due volte) agli italiani 169 ufficiali morti, 716 feriti e 98 disper-
si; 2.696 militari morti, 16.018 feriti e 5.502 dispersi
Con la testa pien de peoci (totale perdite 25.199 uomini): anche in questo caso
senza rancio da consumar si conferma che il salasso più cospicuo fu sofferto
ta pum ta pum ta pum (due volte) dalla 52ª Divisione e soprattutto dai reparti alpini che
ebbero 110 ufficiali morti, 330 feriti e 50 dispersi;
Quando poi ti discendi al piano 1.454 militari morti, 8.127 feriti e 2.562 dispersi; per
battaglione non hai più soldà; un totale di 12.633 perdite. A questa cifra vanno poi
ta pum ta pum ta pum (due volte) aggiunte le perdite delle brigate “Regina” e “Piemon-
te”, del 9º Reggimento bersaglieri e dei reparti arti-
Dietro al ponte c’è un cimitero glieria, mitraglieri e genio raggruppati sotto la 52ª
cimitero di noi soldà; Divisione. Per il 9º Reggimento bersaglieri, che fu
ta pum ta pum ta pum (due volte) investito dal contrattacco austro-ungarico del 25 giu-
gno, in un rapporto del 28 giugno del generale Di
Quando sei dietro a quel muretto Giorgio si parla di un totale di 1.224 tra morti, feriti e
soldatino non puoi più parlar dispersi, di cui 927 solo il 25 giugno; altre cifre diffu-
ta pum ta pum ta pum (due volte) se dal 1º luglio parlavano di 48 morti, 442 feriti e 422
dispersi per un totale di 912 bersaglieri perduti, altre
Cimitero di noi soldati ancora aggiustano la cifra a 1.439 bersaglieri messi
forse un giorno ti vengo a trovà; fuori combattimento durante il loro impiego al fronte.
ta pum ta pum ta pum (due volte) [...] Le perdite austro-ungariche furono comunque an-
ch’esse importanti e assommavano all’incirca a 26
Commento ufficiali morti, 154 feriti e 71 dispersi mentre i milita-
1. Ta-pum era il caratteristico rumore che i soldati ita- ri morti furono 966, i feriti 6.167 e 1.444 i dispersi,
liani sentivano stando in trincea quando i tiratori au- per un totale di 8.828 uomini fuori combattimento;
striaci sparavano con il fucile Mannlicher M95. Gli nei reparti che fronteggiarono la 52ª Divisione, la
spari partivano da lontano e prima si sentiva il rumore proporzione delle perdite austro-ungariche è persino
dell’arrivo del proiettile, “ta”, e successivamente il superiore, a comprova della durezza degli scontri in
suono della detonazione, “pum”. quel settore» (Wikipedia, voce Battaglia del monte
2. Il monte Ortigara (m 2.105) sorge in Provincia di Ortigara, 15.09.2017).
Vicenza, vicino al confine fra Veneto e Trentino-Alto 3.Vale la pena di ricordare che nel sec. XVIII le gran-
Adige, nella parte settentrionale dell’Altopiano di di monarchie europee si guardavano bene dall’ac-
Asiago. Nel 1917 è teatro di una battaglia sanguinosa cettare uno scontro frontale: l’esercito era un giocato-
lunga 20 giorni, detta appunto Battaglia dell’Ortigara lo troppo costoso, per rovinarlo. A rompere questa
(10-29.06.1917): 22 battaglioni alpini sono mandati strategia fu Napoleone Bonaparte nella battaglia di
all’attacco per conquistare il monte occupato dalla Arcore (1796), presso Verona, e nelle battaglie suc-
prima linea austro-ungarica. La reazione dell’esercito cessive. Una missione italiana aveva visto che cosa
nemico è violentissima: in una sola mezza giornata succedeva sul fronte franco-tedesco: la guerra diveni-
consuma tonn 200 di munizioni (9-10.06.1917). Il va guerra di posizione e comportava la distruzione
comando italiano dà il via all’attacco nonostante le continua e massiccia di uomini e mezzi. La previsio-
cattive condizioni di tempo. ne era facile: alla fine vinceva chi aveva più uomini e
2. Per ogni soldato austriaco fuori combattimento ci più mezzi. La missione non servì a impedire l’entrata
sono tre soldati italiani morti, feriti o dispersi: «La in guerra. Il gen. Cadorna poi pensava di essere co-
segreteria del capo di Stato maggiore della 6ª Armata, me Napoleone ad Arcore (1796), non sapeva niente
in un rapporto del colonnello Calcagno, riporta le dello svolgimento della battaglia di Austerlitz (1805),
perdite complessive dell’intera armata per il periodo non conosceva la sconfitta dei garibaldini a Mentana
10-30 giugno in 134 ufficiali morti, 566 feriti e 19 di- (1867) e non si era nemmeno accorto che erano state
spersi, mentre per la truppa viene riportato un totale inventate le mitragliatrici: funzionavano con appena
di 2.158 soldati morti, 12.059 feriti e 2.199 dispersi, tre soldati e i proiettili riuscivano pure a tagliare gli
per un totale complessivo di 17.162 uomini fuori alberi.
combattimento. Nello stesso rapporto viene poi speci- -----------------------------I☺I-----------------------------
ficato che le perdite sull’Ortigara furono di 106 uffi-
ciali morti, 411 feriti e 17 dispersi, mentre per la
truppa conta 1.724 morti, 9.254 feriti e 1.753 dispersi,
per un totale complessivo solo sull’Ortigara di 13.265
vittime, confermando ancor di più come il massimo
sforzo dell’offensiva ricadde su una piccola porzione
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 487
Dimmi, bel giovane, 1920 ne e sarebbe rimasta tale, poiché non aveva scrittori
professionisti, che cantassero adeguatamente e de-
Dimmi, bel giovane gnamente il dramma delle classi subalterne. D’altra
onesto e biondo, parte socialisti e rivoluzionari volevano fare la rivo-
dimmi la patria luzione, ma erano desideri velleitari. Non c’erano le
tua qual è. capacità teoriche né pratiche per farla. Il “biennio
rosso” (1919-20) con l’occupazione delle fabbriche si
Adoro il popolo, trasforma in una tremenda autosconfitta per le masse
la mia patria è il mondo, operaie, mal guidate dai loro sindacati. La reazione
il pensier libero dei latifondisti e degli industriali si fa sentire subito,
è la mia fé. con i manganelli e con l’olio di ricino somministrato
dalle bande fasciste. Si fa la rivoluzione soltanto se si
La casa è di chi l’abita, è capaci, altrimenti conviene mettere in pratica l’idea-
è un vile chi lo ignora; le verghiano dell’ostrica (1878), restarsene a casa a
il tempo è dei filosofi, sferruzzare a maglia o a leggere libri di edificazione
la terra di chi la lavora. (Coro.) socialista.
3. Il giovane è onesto e biondo: il linguaggio aulico o
Addio mia bella almeno letterario continua. Neanche la letteratura di
casetta, addio lotta e di opposizione riesce a farne a meno. Ma, fin-
madre amatissima ché essa usa la letteratura ufficiale o gli scarti della
e genitor (=il padre). letteratura ufficiale, non diventerà mai autonoma, né
potrà aspirare a diventare cultura alternativa e cultura
Io pugno (=combatto) intrepido egemone. Nella letteratura italiana era bionda la don-
per la Comune (=1871), na della Scuola siciliana (1230ca.-1260ca.), Laura di
come Leonida (=generale greco antico, 480 a.C.) Francesco Petrarca (1304-1374), le donne dei petrar-
saprò morir. chisti del Cinquecento, Erminia di Torquato Tasso
(1544-1595), la donna di Giambattista Marino (1569-
La casa è di chi l’abita... (Coro.) 1625) ecc. Queste donne sono bionde non tanto per-
ché di origine nordica (cosa possibile), quanto perché
Riassunto. Un esaminatore chiede a un giovane qual è il poeta le vuole rendere rare e preziose, diverse in-
la sua patria, e questi risponde che ama il popolo, la somma dalla moltitudine delle donne normali, che
sua patria è il mondo e la sua fede è il libero pensiero. avevano i capelli neri. C’è un unico caso di vir blon-
Ma aggiunge anche che il tempo appartiene ai filoso- dus: Manfredi di Svevia, ma era tedesco: “Biondo era
fi, come la casa appartiene a chi l’abita. E conclude e bello e di gentile aspetto, Ma l’un de cigli un colpo
dicendo che egli combatte ed è disposto a morire per [di spada] avea diviso...” (Pg III, 106-108).
la Comune, cioè per l’ideale di democrazia diretta 4. È interessante anche l’attribuzione di proprietà: la
realizzato nella Comune di Parigi (1871), il primo casa è di chi l’abita (ed è un vile chi lo ignora); il
tentativo di Stato operaio della storia. tempo è dei filosofi, la terra di chi la lavora. Tom-
maso d’Aquino distingueva, giustamente, il possesso
Commento di una cosa dall’uso della cosa stessa. La casa era di
1. I versi e le immagini sono semplicissimi ed orec- Tizio, ma la usava Caio, che ne aveva bisogno. Peral-
chiabili. Cantati e musicati sono ancora più efficaci. tro i problemi relativi alla proprietà sono sempre stati
Il contenuto non raggiunge grandi profondità di poe- pieni di conflitti, che non si potevano risolvere né con
sia né di pensiero, ma l’atmosfera socialista e antista- questa proposta ingenua, né con l’altruismo e la soli-
tale è assicurata e capace di affascinare gli ascoltatori. darietà proposti dal Vangelo e dalla Chiesa.
La canzone è una riduzione di Francesco Giuseppe 4.1. È sorprendente invece la presenza di un filosofo
Bertelli (1836-1919), Dimmi buon giovine, 1873, in una canzone di lotta e di protesta. Certamente i fi-
dove un esaminatore poneva diverse domande a un losofi del tempo frequentavano le organizzazioni ope-
volontario che si preparava a partire per la Comune raie, ma con poco profitto reciproco. Un’occasione
(1871). Il titolo iniziale della poesia era Esame di mancata! L’interferenza mostra che l’autore della
ammissione del volontario alla Comune di Parigi. canzone era un filosofo o era amico di filosofi o sa-
2. Se si va a vedere il testo più da vicino, si scoprono peva che a questo mondo esistono i vermi e ugual-
reminiscenze scolastiche o classiche: il verbo pugna- mente i filosofi. Nell’economia della natura gli uni e
re, Leonida e i suoi 300 spartani che fermano i per- gli altri devono avere una loro specifica funzione. Al
siani alle Termopili (Grecia, 480 a.C.). La remini- tempo Filippo Turati (1857-1932) e Antonio Labriola
scenza più recente è la Comune parigina, di mezzo (1843-1904), che avevano quattro nozioni mal digeri-
secolo prima (1871). La cultura di opposizione è ri- te di filosofia, erano il meglio che la filosofia sociali-
volta al passato vicino o al passato lontano, ma non al sta e la filosofia italiana potevano dare. Si stava in-
presente. Essa proveniva dalla cultura ufficiale, di cui nalzando l’astro di Benedetto Croce (1866-1952), che
spesso era una brutta copia. Era cultura di opposizio- con la sua ostilità alla scienza e alla tecnica ha fatto
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 488
alla cultura e alla società italiana gravissimi danni. fittavoli). La mezzadria non piaceva: metà raccolto al
Ma gli scienziati del tempo non riuscivano a far senti- padrone, che forniva la terra, e metà al mezzadro, che
re la loro presenza e la loro utilità. forniva il lavoro. Insomma l’Italia rivoluzionaria vuo-
4.2. Il tempo è dei filosofi si può interpretare così: le le un pezzo di terra. Come 50 anni prima la chiedeva-
cose astratte, campate per aria o difficili e incom- no i picciotti siciliani che avevano accolto Garibaldi
prensibili si devono lasciare a chi le sa fare, ai diri- come un liberatore (1860) e che ottengono invece
genti del partito o ai sindacati. Vero: gli operai erano un’indigestione di piombo (6.000 “briganti” ammaz-
più precisamente braccianti o manovali, ed avevano zati nel 1862-63). Come Pascoli (La siepe). Gli ope-
poco o niente da offrire sul mercato del lavoro Non rai faranno la loro comparsa a partire dall’apertura
avevano alcuna istruzione professionale, non sapeva- della FIAT (1899), ma soprattutto con il boom eco-
no né leggere né scrivere. Una lotta seria all’analfabe- nomico del 1958-61. Il pensiero socialista, che è un
tismo inizia soltanto dopo il 1950 e il merito spetta pensiero indubbiamente rivoluzionario, non sa che ci
più a Mike Buongiorno e alle sue trasmissioni (“La- sono i notai, la compra-vendita dei beni, la proprietà
scia o raddoppia?” ecc.) degli anni Cinquanta, che al- legale di un terreno o di una casa, ed è ancora fermo
la scuola statale italiana (1863). Perché non gli innal- ad un’economia agricola, quella di Titiro e di Meli-
zano un monumento e non lo eleggono – non lo han- beeo, due agricoltori descritti con simpatia ed empa-
no eletto – senatore a vita? tia dal poeta romano Publio Virgilio Marone (70-19
4.3. Nell’espressione però è adombrato anche un gra- a.C.)...
ve problema, che travagliava il pensiero socialista 5. Il mammismo italiano emerge anche da questa can-
dalla sua nascita agli inizi dell’Ottocento fin quasi zone di protesta. I rivoluzionari si portavano la mam-
alla fine del Novecento: i rapporti tra lavoro intellet- ma anche sulle barricate. Dietro queste immagini e
tuale e lavoro manuale. Agli intellettuali faceva schi- questi stereotipi sta sicuramente la poesia che fa capo
fo il lavoro degli operai, ma le analisi di Marx sem- all’Arcadia (1690-1750), ma anche il melodramma di
bravano dimostrare due cose: a) che il futuro era nella Pietro Metastasio (1698-1782) e quindi l’opera lirica
classe operaia che faceva la rivoluzione (e la rivolu- italiana, da Giuseppe Verdi a Giacomo Puccini a
zione era necessaria e inevitabile), e che b) bisognava Gioachino Rossini, che ha un incredibile sviluppo
superare il binomio lavoro intellettuale e lavoro ma- nell’Ottocento e che aveva il punto forte nei cantati.
nuale, su cui si fondava lo sfruttamento capitalistico. 6. La canzone va confrontata almeno con Carlo Al-
Marx aveva detto e dimostrato che le classi interme- berto Bosi (1813-1886), Addio, mia bella, addio,
die non esistevano o che comunque sarebbero finite 1848), più sopra.
tra i capitalisti o tra gli operai, perciò socialisti e poi ------------------------------I☺I-----------------------------
comunisti neanche a mostrargliele credevano alla loro
esistenza! Altro che ipse dixit!, altro che filosofo pe-
ripatetico, che nel racconto di Galileo Galilei (1632)
si rifiutava di credere ai suoi occhi circa l’origine dei
nervi dal cervello e non dal cuore (l’aveva detto Ari-
stotele!). Ed aveva il cadavere sezionato sotto gli oc-
chi...
4.4. Marx cita con stupore e compiacimento l’esem-
pio di divisione del lavoro trovata nei testi di econo-
mia politica classica: la produzione di uno spillo. Non
capisce che la divisione del lavoro si praticava fin
dalla preistoria (io produco le punte di freccia, tu ap-
pronti la freccia, lui vai a caccia, le donne cucinano e
preparano la tavola, e tutti mangiamo), che sarebbe
“esplosa” e che avrebbe creato infiniti operai specia-
lizzati o ultra-specializzati, insomma operai soltanto
di nome. La stessa cosa sarebbe successa nell’ambito
del lavoro intellettuale. In tal modo i due ambiti di-
ventavano “grigi”, perché perdevano qualsiasi omo-
geneità al loro interno e perdevano qualsiasi contrasto
o contrapposizione al loro esterno, tra di loro. Il lavo-
ro era sempre lavoro ultra-specializzato. Perciò la
specializzazione diveniva più importante dell’opposi-
zione tra i due tipi di lavoro. Insomma non si poneva
il problema di fare il lavoro intellettuale al mattino e
il lavoro manuale di pomeriggio, per lottare contro
l’organizzazione capitalistica del lavoro.
4.5. La terra di chi la lavora: i rivoluzionari vogliono
la terra e vogliono fare i contadini (o i braccianti o i
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 489
L’Ermetismo (1920-50) tempo, quando sappiamo che è una strada, e forse
la strada più completa, per la conoscenza di noi
stessi, per la vita della nostra coscienza [...] La lette-
L’Ermetismo nasce intorno agli anni Venti e dura fin ratura è una condizione, non una professione [...].
dopo la seconda guerra mondiale: i primi segni di cri- E d’altronde per un letterato non c’è che un’unica
si compaiono verso il 1945, quando alcuni autori co- realtà, quest’ansia del proprio testo verso la verità
me Quasimodo e Gatto, cercano altre strade. [...]; non si vuol dir altro, quando si parla di lettera-
Il termine “ermetico” appare in Italia verso gli anni tura come di vita, non si chiede che un lavoro con-
Trenta, per indicare una poesia “chiusa”, difficile da tinuo e il più possibile assoluto di noi in noi stessi,
comprendere, non perché affrontasse argomenti diffi- una coscienza interpretata quotidianamente nel
cili, ma perché il poeta non apriva il circolo comuni- gioco delle nostre aspirazioni, dei sentimenti e delle
cativo e faceva dell’”oscurità” il tratto distintivo dei sensazioni. L’identità che proclamiamo è il bisogno
suoi versi. Lo usa per la prima volta in senso tecnico, di un’integrità dell’uomo, che va difesa senza ri-
e con un implicito giudizio negativo, il critico crocia- guardi, senza nessuna concessione”.
no Francesco Flora. Il poeta perciò non ripiega sulle sue vicende perso-
I poeti ermetici intendono recuperare la grande tradi- nali né si preoccupa degli avvenimenti del suo
zione letteraria del passato: propongono una poesia tempo, poiché sente l’ansia di questa verità assolu-
pura e incontaminata e un lavoro intellettuale sottrat- ta, che cerca di esprimere nei suoi versi. Questa ve-
to ad ogni influsso storico e politico. In tal modo essi rità può essere espressa adeguatamente soltanto in
fanno della letteratura un ideale di vita. Per questo uno stile alto. Da qui deriva la necessità di recupe-
motivo essi non partecipano e sono volutamente in- rare lo stile e i valori della letteratura tradizionale. I
differenti agli avvenimenti politici che caratterizzano poeti ermetici ricorrono in modo particolare
il periodo, e restano estranei a qualsiasi coinvolgi- all’analogia ed al simbolo, e comunemente profes-
mento con la politica culturale del Fascismo, in una sano la poetica della “parola essenziale”.
posizione di attesa. È la così detta “poetica dell’as-
senza”. In questo senso l’Ermetismo non si presenta La poetica degli ermetici si conclude non appena
come gruppo compatto di poeti, ma come tendenza cambiano le condizioni storiche, politiche e sociali
generale che esprime le scelte di un’intera generazio- che l’hanno ispirata. Nel 1958-61 l’Italia conosce il
ne. I maggiori poeti ermetici sono: Giuseppe Unga- boom economico e un benessere imprevisto e impre-
retti (1888-1970), Eugenio Montale (1896-1981), e vedibile, che spinge verso l’ottimismo per il futuro.
poi Salvatore Quasimodo (1901-1968). Essi scrivono ------------------------------I☺I-----------------------------
durante la prima guerra mondiale e ne sono fortemen-
te condizionati. Quasimodo è condizionato dalla se-
conda guerra mondiale, non va in trincea, ma vive la
guerra e i disastri della guerra come civile. Dopo la
prima come dopo la seconda guerra mondiale i poeti
ermetici sono poi costretti ad abbandonare comple-
tamente quella poetica e cercare nuove vie. Anche
Vincenzo Cardarelli (1887-1959) si potrebbe fare
rientrare nel gruppo, ma più che alla parola essenziale
è interessato a un ritorno della poesia ai modelli clas-
sici: Chiabrera, Rolli, Leopardi.
Umberto Saba (1883-1957) non è certamente un poe-
ta ermetico, anzi prediligge la “chiarezza” e versi vi-
cini alla prosa, ma va messo vicino agli ermetici poi-
ché risente della stessa atmosfera sorica: il primo do-
poguerra.
L’Ermetismo però può essere inteso anche in senso
più ristretto e indicare quel gruppo di autori, in gene-
re di ispirazione cattolica, che dal 1929 scrivono sulla
rivista fiorentina “Frontespizio”. I maggiori sono:
Carlo Bo (1911), che nel 1938 pubblica il manifesto
del gruppo, Carlo Betocchi (1899-1986), quindi Ma-
rio Luzi (1914), Alfonso Gatto (1909-1976) e Vitto-
rio Sereni (1913-1983).
Le principali tesi dell’Ermetismo si trovano espresse
nel manifesto scritto da Bo, intitolato significativa-
mente Letteratura come vita:
La vita. Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria Il poeta si profonda negli abissi dell’io
d’Egitto nel 1888. Qui studia fino al 1905 in un col- e poi ritorna alla luce e dona la sua poesia,
legio svizzero. Nel 1912 lascia l’Egitto e si trasferisce senza tenere nulla per sé.
a Parigi, dove conosce le avanguardie artistiche:
Apollinaire, Picasso, Braque, e gli intellettuali italiani Di questa [discesa-ascesa che ha portato alla] poesia
che spesso soggiornavano nella città: Papini, Soffici, mi resta soltanto
Palazzeschi, Boccioni, Modigliani, Marinetti. Nel la consapevolezza che il tentativo è stato vano,
1915 si trasferisce a Milano. Partecipa alla prima perché l’abisso è misterioso e inesauribile.
guerra mondiale. Dopo la guerra ritorna a Parigi. Nel
1921 si trasferisce a Roma. Aderisce al Nazional- Riassunto. Il poeta scende ed esplora il suo io e poi
fascismo. Nel 1928 fa un’esplicita professione di fede risale con la poesia, che distribuisce senza tenere nul-
cattolica. Nel 1936-42 è docente di Lingua e letteratu- la per sé. Dell’esplorazione che ha portato alla poesia
ra italiana all’università di San Paolo in Brasile. Ri- resta soltanto la consapevolezza che il tentativo è sta-
torna a Roma, dove ricopre la cattedra di Letteratura to vano, perché l’abisso è misterioso e inesauribile.
italiana contemporanea. Dopo la guerra l’Associa-
zione degli scrittori lo sottopone a procedimento di Commento
“epurazione” per i suoi rapporti con il regime, ma tut- 1. La lirica è la prima della raccolta di poesie e dà il
to si risolve con un nulla di fatto. Nel 1958 lascia nome all’intera raccolta. Lo stesso autore spiega il ti-
l’insegnamento universitario per limiti d’età. Muore a tolo: “Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in
Milano nel 1970. noi indecifrabile”. La metafora del porto proviene dal
leggendario porto sommerso nella baia di Alessan-
Le opere. Ungaretti scrive Il porto sepolto (1916), Al- dria, costruito prima della fondazione della città.
legria di Naufragi (1919, contiene anche le poesie de L’autore fa di questo ricordo dell’adolescenza il sim-
Il porto sepolto); poi Allegria (1931, 1942), Senti- bolo della sua poesia.
mento del tempo (1933), Il dolore (1947), La Terra 2. Il porto sepolto si riallaccia ai grandi simbolisti
Promessa (1950), Il taccuino del vecchio (1960). Nel francesi (Rimbaud, Mallarmé), ma anche al mito pri-
1969, con il titolo Vita d’un uomo. Tutte le poesie, mordiale della ricerca di Orfeo, che discende e risale
pubblica l’edizione completa dei suoi versi; e indica dagli inferi per riportare in vita la moglie Euridice.
la chiave di lettura della sua produzione poetica. Alla Nella risalita Orfeo si volta, contravvenendo agli ac-
produzione poetica Ungaretti affianca anche l’attività cordi con Plutone. E la moglie precipita nell’inferno,
di traduttore: Sonetti di Shakespeare (1946), Fedra di questa volta per sempre.
Jean Racine (1950), Visioni di William Blake (1965). 2.1. Nella mitologia greca e latina Orfeo era un poeta
abilissimo, che con il suo canto sapeva ammansire
anche le belve feroci. Riesce a commuovere anche
La raccolta Il porto sepolto, 1916
Plutone, che gli permette di riportare alla luce del so-
le la moglie. Ma la troppa fretta di vederla la fa pre-
Il porto sepolto (1916) parla della sua esperienza di cipitare nuovamente negli inferi.
soldato nella prima guerra mondiale (1915-18), vissu- 3. Il viaggio esplorativo del poeta però si sviluppa
ta in trincea. In Vita d’un uomo (1969) il poeta così dentro l’acqua. Ed il porto sepolto è ad un tempo al-
commenta l’opera: veo del fiume e alvo materno: l’immersione nelle pro-
“[...] ero un uomo che non voleva altro per sé se non i fondità del fiume o del mare riporta alla condizione
rapporti con l’assoluto. [...] Nella mia poesia non c’è rassicurante ed incosciente della vita prima della na-
traccia dell’odio per il nemico, né per nessuno: c’è la scita.
presa di coscienza della condizione umana, della fra- 4. Il viaggio di esplorazione e di scoperta del proprio
ternità degli uomini nella sofferenza, dell’estrema essere si scontra con l’inesauribile segreto: il mondo
precarietà della loro condizione”. interiore è inesauribile e misterioso. Ritornando alla
luce egli può portare perciò soltanto qualcosa, qual-
Il porto sepolto, 1916 che sprazzo di conoscenza o di verità, qualche illumi-
nazione, come i simbolisti francesi. La conoscenza e
Vi arriva il poeta l’esplorazione totale è impossibile. Il mondo come
e poi torna alla luce con i suoi canti mistero insondabile si trova anche in Pascoli e nella
e li disperde scienza: Emile Du Bois-Raymond (1818-1896) scris-
se un’opera intitolata I sette enigmi del mondo, ed era
Di questa poesia uno scienziato...
mi resta 5. La parola scava nel mondo reale, ma le conquiste
quel nulla sono faticose, dolorose e sempre molto limitate. Non
d’inesauribile segreto c’è più la parola che è il ó delle cose, che è Dio,
che abitò presso Dio e che discese tra gli uomini del
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 496
Vangelo di Giovanni. Né c’è la parola che plasma e vo. Ed è aggiunta la parola finale Fratelli, che riman-
trasforma la realtà di D’Annunzio (Epódo, 1887). da alla parola del titolo, costruendo una ripetizione
6. In questa come nelle altre poesie la punteggiatura è circolare.
assente. La poesia, come quasi tutte le altre, ha biso- 2. La poesia non ha bisogno di parafrasi. Essa è sem-
gno di essere aperta, scoperta, spiegata. È densa e de- plice e comprensibile. Ma è anche densa, e questa
ve essere resa più facile da comprendere. densità va riportata alla sua estensione normale.
---I☺I--- 3. La poesia va confrontata con altre visioni della
guerra, ad esempio con quella di F. T. Marinetti, l’ini-
Fratelli, 1916 ziatore del Futurismo (1909), che celebra la guerra,
“sola igiene del mondo”, e con quella di G. D’Annun-
Di che reggimento siete zio, che ritorna dalla Francia per entrare nelle schiere
fratelli? degli interventisti, compie la Beffa di Buccari e il vo-
lo su Vienna.
Fratelli 4. Su un altro versante si potrebbe confrontare con S.
tremante parola Quasimodo, che scrive durante la seconda guerra
nella notte mondiale, fa pure parte del gruppo dei poeti ermetici
come una fogliolina ed è una delle ultime voci della corrente. Ad esempio
Alle fronde dei salici e Milano 1943.
appena nata
5. Resta il fatto che, a parte interventisti e neutralisti,
l’entrata in guerra dell’Italia è stata una scelta stupida
Fratelli e irresponsabile, oltre che un colpo di Stato. L’Italia
saluto non era assolutamente preparata alla guerra e aveva
accorato un confine estremamente sfavorevole. I comandi mi-
nell’aria spasimante litari erano incompetenti e restano incompetenti. Nei
implorazione sussurrata primi sei mesi di guerra Cadorna fa ammazzare
di soccorso 250.000 soldati in inutili assalti frontali, che portava-
all’uomo presente alla sua fragilità no a minime conquiste territoriali. Negli altri tre anni
e mezzo di guerra morirono gli altri 250.000 soldati.
Fratelli, 1943 La guerra poi porta in regalo i conflitti sociali del do-
poguerra, che durano fino all’avvento del Fascismo,
Di che reggimento siete cioè dal 1919 al 1924. In genere gli storici, di salda
fratelli? fede antifascista, condannano il totalitarismo fascista.
Insomma tra caos e conflitti sociali e istituzionali del
Parola tremante dopoguerra, e Fascismo preferirebbero al di là di ogni
nella notte ragionevole dubbio il caos del dopoguerra, che chia-
mano democrazia.
Foglia appena nata ---I☺I---
Riassunto. Il poeta ha passato un’intera nottata vicino Riassunto. Il poeta lamenta le distruzioni materiali ed
ad un compagno ucciso, che aveva il viso ricolto ver- umane provocate dalla guerra: San Martino del Carso
so la luna nuova. Le sue mani tumefatte penetravano è distrutto, i suoi compagni di trincea sono morti. Ma
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 499
egli li ricorda con dolore tutti, ad uno ad uno. Il suo Ho ripassato [con la memoria]
cuore è straziato più di quelle rovine a cui è ridotto il le epoche
paese. della mia vita
La madre
Commento
1. Non è più la Vergine Maria, è sua Madre, che in-
tercede per il poeta davanti a Dio, per chiedere la sua
salvezza. E la ottiene, perché, come per sua Madre, la
Vergine Maria, Egli non può dire no a una Madre.
2. La breve poesia riprende l’ultima strofa di Al cor
gentil rempaira sempre amore (1274) di Guido Gui-
nizelli: il poeta si salva perché ha amato la sua donna,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 503
Eugenio Montale (1896-1981) Forse un mattino andando in un’aria di
vetro, 1923
La vita. Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
Ha una formazione letteraria da autodidatta. Partecipa arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
agli ultimi mesi di guerra. Un intellettuale triestino, il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
Roberto Bazlen, gli fa conoscere le opere di Italo di me, con un terrore di ubriaco.
Svevo. Tra il 1925 e il 1926 Montale pubblica alcuni
articoli, con cui iniziano la fortuna critica e la fama
dello scrittore triestino. Il contatto con gli intellettuali Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
triestini, tra cui Umberto Saba, lo porta a firmare il alberi case colli per l’inganno consueto.
Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
Benedetto Croce nel 1925. Nello stesso anno pubbli- tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
ca Ossi di seppia. Nel 1927 diventa redattore della
casa editrice Bemporad di Firenze. Due anni dopo di- Forse un mattino camminando in un’aria lim-
venta direttore della prestigiosa biblioteca del Gabi- pida
netto Viesseux. Mantiene l’incarico fino al 1938,
quando è licenziato per i suoi sentimenti ostili al re- Forse un mattino camminando in un’aria limpida,
gime fascista. Nel 1939 pubblica Le occasioni. Du- arida, volgendomi indietro, vedrò compiersi
rante la seconda guerra mondiale pubblica a Lugano il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
Finisterre, che esce in Italia nel 1945. Nel 1946 inizia di me, e proverò il terrore di aver perso l’equilibrio.
la collaborazione con il “Corriere della sera”, che du-
ra sino al 1973. In quegli anni compie numerosi viag- Poi, come sopra uno schermo, riprenderanno posto
gi all’estero e si diffonde la sua fama di poeta. Nel di colpo alberi, case, colline, per l’inganno consueto.
1957 pubblica La bufera e altro ed anche La fanfulla Ma sarà troppo tardi: io me ne andrò in silenzio
di Dinard. Nel 1961 riceve la laurea honoris causa tra gli uomini, che non si voltano mai [a guardare],
dall’università di Milano. Nel 1966 pubblica Auto da tenendomi il mio segreto.
fè – Cronache in due tempi, che raccoglie articoli ed
interventi sulla cultura, la poesia, l’arte, la musica, il Riassunto. Forse un mattino, camminando nell’aria
costume e gli intellettuali. Nel 1967 è nominato sena- tersa, il poeta si volterà indietro e vedrà la realtà così
tore a vita. La morte della moglie dà origine alle poe- com’è: il nulla, proprio il nulla. E proverà la stessa
sie di Xenia (prima serie, 1966; seconda serie 1968). perdita di equilibrio che prova chi si ubriaca. Poi tutto
Nel 1971, dopo 15 anni di silenzio, pubblica Satura, ritorna normale, la realtà riprende le forme inganne-
che costituisce anche un profondo rinnovamento del voli di sempre. Ma ormai è troppo tardi: egli ha visto.
suo mondo poetico. Nel 1974 riceve la laurea anche E se ne andrà come al solito tra gli uomini, che non si
dall’università di Roma. Nel 1975 ottiene il premio voltano mai. E terrà per sé il suo segreto.
Nobel, che consacra il respiro internazionale della sua
poesia. Nel 1977 pubblica Quaderno di quattro anni, Commento
l’ultima raccolta poetica. Muore nel 1981. 1. La poesia è un chiaro esempio di “poesia metafisi-
ca”: in pochi versi l’autore dà un’idea concreta di una
Le opere. Montale scrive Ossi di seppia (1925), Le conclusione filosofica. Gli uomini guardano sempre
occasioni (1939), Finisterre (1943, 1945), La bufera avanti. Non fanno mai l’esperienza di voltarsi indie-
e altro (1956), la raccolta di articoli giornalistici Auto tro. Forse il poeta un giorno la farà. E, quando si vol-
da fè – Cronache in due tempi (1966), Xenia (prima terà indietro, quando uscirà dagli schemi consueti che
serie, 1966; seconda serie 1968), poi confluite in Sa- condizionano e stritolano la nostra vita e la nostra
tura (1971), Quaderno di quattro anni (1977). esperienza, riuscirà a vedere la realtà così com’è. La
vedrà soltanto per un momento, ma la vedrà. E la
Ossi di seppia, 1925 realtà, i valori consueti che dominano gli uomini, so-
Ossi di seppia (1925) è la raccolta che apre l’attività no nulla, un nulla assoluto. E questa scoperta gli farà
poetica di Montale. Il poeta non intende confrontarsi provare le stesse emozioni e le stesse paure che prova
con le poetiche di altri autori. In Non chiederci la pa- l’ubriaco, che ha perso il senso dell’equilibrio. Poi
rola dà una definizione in negativo di che cosa inten- tutto ritornerà normale, tutto ritornerà come prima.
de per poesia, e di quello che la sua poesia non può L’inganno ritornerà al suo posto. Ma ormai è troppo
né vuole essere. tardi, perché egli ha fatto in tempo a vedere. Conti-
nuerà a vivere insieme con gli altri uomini, che non
sono abituati e che non hanno mai cercato di voltarsi
indietro, di vedere, di riflettere. E si terrà la sua sco-
perta, si terrà il suo segreto. Il miracolo di vedere la
realtà succede raramente, e gli uomini non sono capa-
Tu non ricordi la casa dei doganieri Tu non ricordi la casa dei doganieri,
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: che sorgeva a strapiombo sugli scogli:
desolata t’attende dalla sera essa ti attende ancora da quando
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri tu vi entrasti con i tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto. e ti fermasti con la tua irrequietudine.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura Il vento sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto: e il tuo sorriso non è più lieto come allora:
la bussola va impazzita all’avventura il destino è una bussola impazzita,
e il calcolo dei dadi più non torna. è un lancio di dadi, imprevedibile.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna Tu non ricordi: un altro tempo distrae
la tua memoria; un filo s’addipana. la tua memoria; un filo si riavvolge nella matassa.
Saffo, Plenilunio
Le opere. Saba scrive Poesie (1910), Con i miei occhi Riassunto. Il poeta ha parlato a una capra: era sola su
(1912), Cose leggere e vaganti (1920), il Canzoniere un prato e legata. Sazia d’erba e bagnata dalla piog-
(1921), la Storia e cronistoria del Canzoniere (1944- gia, belava. Egli le risponde, perché il belato dell’a-
47, raccolta in volume nel 1948), con cui respinge le nimale era simile al suo dolore e simile al dolore di
interpretazione che si erano date del Canzoniere e tutti gli esseri viventi. E il dolore ha sempre un unico
propone l’interpretazione autentica; Mediterranee suono e non varia mai. In quella capra egli sentiva
(1948), che poi confluisce nel Canzoniere; infine il esprimersi tutto il male e tutti i dolori del mondo.
Canzoniere (1961), che comprende quasi tutta l’opera
in versi precedente. Commento
1. Anziché mettersi a parlare con la capra, il poeta fa-
ceva meglio ad andare a slegarla in modo che andasse
Il Canzoniere, 1961 a ripararsi sotto qualche tettoia. Egli invece preferisce
filosofeggiare sul dolore che accomuna tutti gli esseri
Il Canzoniere è l’opera di una vita, che riprende in
viventi. Ma tutto ciò era già stato detto e ripetuto, dal-
modo originale il modello più nobile della letteratura
la Bibbia sino a Montale. Egli preferisce ripeterlo an-
italiana, quello inaugurato da Petrarca. Saba lo arric-
cora una volta, anche se in modo non completamente
chisce e lo amplia dall’idea iniziale del 1913 sino
banale e capace di colpire il lettore.
all’edizione postuma del 1961, che è divisa in tre par-
Qui degli umili sento in compagnia Riassunto. La figlia con la palla in mano chiede al
il mio pensiero farsi padre di uscire, per andare a giocare. Il poeta è affa-
più puro dove più turpe è la via. scinato dalla sua bellezza, e pensa a che cosa la può
paragonare. Certamente la può paragonare alla
Riassunto. Spesso il poeta ritorna a casa per una via schiuma marina che biancheggia sulle onde; al fumo
oscura della città vecchia. Qui tra la gente che viene che esce dai tetti e che il vento disperde; anche alle
dall’osteria e va a casa o al bordello, in questo grande nuvole, che si formano e si disfano in cielo; ed anche
porto di mare, trova l’infinito nell’umiltà. Qui trova ad altre cose leggere e vaganti.
una umanità degradata: la prostituta e il marinaio, il
vecchio che bestemmia e la femmina che bega, il Commento
dragone che aspetta di mangiare e la ragazza folle- 1. Come di consueto la poesia è semplice e chiara. È
mente innamorata. Qui, in compagnia degli umili, una delle migliori del Canzoniere, perché raggiunge
egli sente il suo pensiero farsi più puro, proprio dove una estrema leggerezza, che richiama la leggerezza
più turpe è la vita. del Dolce stil novo, ad esempio del sonetto Tanto
gentile e tanto onesta pare di Dante, ma anche la
Commento produzione poetica leggera e melodiosa del classici-
1. Il poeta descrive, come di consueto, rapidamente smo secentesco, quella di Gabriello Chiabrera (1552-
uno scorcio della città vecchia, che deve attraversare 1638), e la produzione elegante dell’Arcadia, in par-
per andare a casa. Percorre una via oscura con ticolare le canzonette di Paolo Rolli (1687-1765) e di
un’osteria, da cui esce la gente per ritornare a casa o Pietro Metastasio (1698-1782). I tre rapidi e imme-
per andare in bordello. Proprio in questo porto di ma- diati paragoni finali ricordano proprio le tre metafore
re, frequentata da una umanità degradata, l’infinito e (che sono anche iperboli) della canzonetta Belle rose
l’umiltà si incontrano, ed in compagnia di questi umi- porporine di Chiabrera.
li egli sente che il suo pensiero si fa più puro, proprio 2. Il poeta canta la donna, anzi è forse uno dei pochi
dove è più turpe la vita di altri essere umani. poeti che canta la moglie e che non sdoppia la donna
2. La poetica di Saba parla di fatti e fatterelli della vi- nella moglie, che è utile, e nella donna ideale, la don-
ta quotidiana, belli o brutti non importa, che poi na dei propri desideri. Ma si allarga anche ad altre fi-
commenta. Qui descrive un’osteria del porto, fre- gure della famiglia e fuori della famiglia. Qui canta la
quentata da una umanità di derelitti, ubriaconi, mari- figlia, altrove canta Glauco, “un fanciullo dalla chio-
nai di passaggio, prostitute, ma non prova ribrezzo né ma bionda”, poi Il garzone con la carriola (tutte poe-
esprime alcun giudizio di condanna. Qui egli sente sie confluite nel Canzoniere), poi un bambino, Il pic-
che l’infinito e gli umili si incontrano ed egli, proprio colo Berto (un’intera raccolta di poesie).
davanti e a contatto con questa umanità degradata, si 3. La poesia rimanda al genere letterario dei ritratti o
sente più puro. degli autoritratti; rimanda anche, per contrasto, a
3. Probabilmente è la prima volta nella storia della Rosso Malpelo e a Ranocchio, i due ragazzini che la-
letteratura che in una poesia compare la parola lupa- vorano nella miniera, della novella Rosso Malpelo
nare, cioè bordello. (1878) di Verga. Un’altra ragazzina è Silvia a cui
4. Anche ne La capra (1909-10) Saba vede una capra Leopardi dedica l’idillio A Silvia, che si preparava a
sotto la pioggia, non la slega, non interviene, e fa una varcare il limitare della fanciullezza ma muore, o il
riflessione: la capra gli ricorda le sofferenze di tutti “garzoncello scherzoso” dell’ultima strofa de Il sa-
gli uomini, colpiti dal dolore. Amen. bato del villaggio. I giovanissimi peraltro hanno avu-
---I☺I--- to poco spazio nella produzione letteraria.
---I☺I---
Ma giovinezza, Ma la giovinezza,
torbida ebbrezza, con la sua torbida ebbrezza,
passa, passa l’amore. passa, passa anche ‘amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore, Così restano tristi presentimenti
presentimenti. nel cuore addolorato.
Malinconia, O Malinconia,
la vita mia la vita mia
amò lieta una cosa, amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa, sempre: la Morte. Ora essa è quasi dolorosa,
ch’altro non spero. perché non spero altro.
al giovanetto, al giovanetto,
che a un primo affetto che come prima reazione
cangia colore e trema. cambia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema E neanche il vecchio ama la tomba: la suprema
crudeltà della sorte. crudeltà del nostro destino di esseri mortali.
Riassunto. La Malinconia (personificata) riempie la la Morte (personificata). Quando non si ama più, non
vita del poeta, perché al mondo non c’è niente che lo si chiama lei, la liberatrice. E, quando siamo immersi
renda spensierato. Essa è divenuta la compagnia in- nel dolore, non ci fa più felici pensare a lei. Il poeta
separabile della sua vita. Entra succinta nella sua ca- non lo sapeva. Ora, che lo scopre, beve l’ultimo sorso
sa, con i suoi riccioli, in parte nascosti dal berretto, in amaro dell’esperienza. Il pensiero della morte è più
parte mostrati con ostentazione. E il poeta riflette: caro al giovinetto che come prima reazione cambia
passa la giovinezza e passa anche l’amore, restano colore e trema. E neanche il vecchio ama la tomba, la
soltanto tristi presentimenti nel cuore. Per tutta la vita suprema forma di crudeltà del nostro destino di esseri
egli ha amato sempre, e con letizia, soltanto una cosa: mortali. Ormai per il poeta nemmeno il pensiero della
Commento
1. Il poeta descrive un fatterello di vita quotidiana:
quel che succede nel Teatro degli Artigianelli. Nella
sala c’è una bandiera con la falce e il martello e la
stella d’Italia, il conferenziere cerca di coinvolgere
con una battuta le donne e i bambini presenti, è breve
e alla fine conclude con una battuta che fa piacere a
tutti: si ritira come si stanno ritirando i tedeschi. Il let-
tore ha la sorpresa finale; il poeta entra direttamente
sulla scena, come il conferenziere: è a Firenze, è il
settembre 1944, in lontananza si sente ancora il rom-
bo del cannone, Firenze medita sulle sue rovine.
3. La platea è costituita soltanto da donne e bambini,
perché gli uomini sono al fronte. Il conferenziere
sembra essere un invalido di guerra.
4. Anche qui un piccolo fatto di vita quotidiana, ma
con una sorpresa finale (come in altre poesie): il poe-
ta entra direttamente sulla scena ed è proprio lui che
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 521
Ulisse, 1947 Ulisse
Riassunto. Da giovane il poeta ha navigato lungo le anni o giù di lì ritorna a casa, dal figlio, dal padre e
coste pericolose della Dalmazia, piene di scogli che dalla moglie, uccide i proci, che gli avevano scialac-
emergevano appena dalla superficie marina. Ora che quato le sostanze e insidiato la moglie, e nella propria
è vecchio continua ancora a frequentare quel mare reggia (forse) finisce serenamente la vita.
pericoloso. Gli altri (=amici e coetanei) hanno cercato 4. Questo atteggiamento ottimistico e positivo verso
la sicurezza nel porto. Egli invece è spinto ancora al la vita può essere confrontato con quello sconsolato
largo dal suo spirito indomito e dal suo amore verso di Carducci: nel sonetto autobiografico Traversando
la vita. la Maremma toscana (1885) il poeta si lamenta che
quel che amò e quel che sperò fu inutile e che ora lo
Commento aspetta soltanto la morte. In Nevicata (1881) è preso
1. Il titolo, Ulisse, indica come si deve interpretare il dal tedio di vivere e vuole raggiungere i suoi amici
testo: il poeta si paragona ad Ulisse (e per di più, im- morti.
plicitamente, si dice superiore all’eroe omerico). Egli 5. La poesia è sonora e rapida come le altre poesie
è vissuto pericolosamente sul mare della vita sin dalla dello scrittore. Non ha la brevità né la concisione
sua giovinezza. Ora, che è divenuto vecchio (ha 64 dell’Ermetismo, ma non ha nemmeno la lunghezza e
anni), continua ancora quella vita spericolata. Gli al- l’articolazione della poesia tradizionale.
tri (i suoi amici o i suoi coetanei) hanno cercato la si- 6. Sembra che il poeta in vecchiaia veleggi da solo al
curezza e la tranquillità del porto. Egli invece condu- largo: gli amici hanno raggiunto il porto, non sono
ce la vita di sempre, spinto dal suo cuore indomito e subentrati come amici nuovi marinai, e la moglie è
dall’intenso amore per la vita. rimasta a casa. Insomma a) i luoghi pericolosi, e le
2. Il poeta fornisce la sua interpretazione della figura emozioni che essi procurano, sono cose da uomini; e
di Ulisse. Dopo Omero c’era stata quella dell’eroe b) la vecchiaia è ancora piena di vita, ma è anche ca-
che vuole visitare il mondo disabitato oltre le colonne ratterizzata dalla solitudine. Altrove aveva detto che
d’Ercole, spinto dalla sua sete di conoscere, di Dante la sua compagna costante è la Malinconia, personifi-
(If XXVI), quella romantica di Foscolo (A Zacinto), cata. Non pensa più neanche al sollievo della Morte
quella decadente e intimistica di Pascoli (Poemi con- (personificata), a cui aveva pensato per tutta la vita
viviali, Il sonno di Odisseo) (1904), poi quella deca- (La Malinconia, 1923-24).
dente ma superomistica di D’Annunzio (Laudi del ------------------------------I☺I-----------------------------
cielo, del mare, della terra e degli eroi. Maia, IV.
L’incontro con Ulisse) (1903), quella invece forte-
mente antieroica del romanziere dublinese James
Joyce (Ulysses) (1922). Conviene però confrontare il
modesto spessore delle motivazioni, piuttosto generi-
che, che spingono Saba a rimanere sul mare, con le
ben più consistenti motivazioni che gli autori citati
attribuiscono al loro Ulisse.
3. Con un linguaggio chiaro, semplice e quotidiano e
con un atteggiamento un po’ presuntuoso ed un po’
spaccone, il poeta si paragona ad Ulisse e dice che
tutta la sua vita è stata intensa ed avventurosa, molto
più di quella dell’eroe omerico. E forse ha ragione:
l’Ulisse omerico passa dieci anni sotto le mura di
Troia, dieci anni di peripezie sui mari, ma poi a 40
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 522
Dino Buzzati (1906-1972)
Le opere. Buzzati scrive Bàrnabo delle montagne
La vita. Dino Buzzati nasce a San Pellegrino di Bel- (1933), Il segreto del Bosco Vecchio (1935), Il Deser-
luno (BL) nel 1906, dove la famiglia si recava d’e- to dei Tartari (1940), il romanzo per bambini La fa-
state, ma vive e si forma a Milano. Fin da studente mosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), Il grande
collabora al Corriere della sera come cronista, redat- ritratto (1960), il romanzo sperimentale Un amore
tore e inviato speciale. Nel 1928 si laurea in giuri- (1963), Poema a fumetti (1969), che mescola creati-
sprudenza ed entra come praticante nel Corriere della vamente testo e immagini (anche erotiche) ed è con-
sera. Alla fine degli anni Trenta Buzzati inizia a siderato la prima graphic novel italiana, e moltissime
pubblicare racconti fantastici e surreali sul Cor- raccolte di racconti. I racconti migliori sono raccolti
riere e su altre testate giornalistiche. Nel 1940 per in Sessanta racconti, che vince il Premio Strega
il Corriere della sera è inviato speciale ad Addis nel 1958.
Abeba e scrive molte corrispondenze di guerra. Nel
periodo della Repubblica Sociale Italiana (1943-45) La poetica. Buzzati scrive moltissimi romanzi e rac-
prosegue la sua attività al Corriere della Sera, con- conti surreali e fantastici. Ma è anche giornalista, pit-
trollato dal regime. Il 26 aprile 1945 scrive l’edi- tore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista
toriale di prima pagina Cronaca di ore memorabili, e poeta. Il suo stile narrativo è riconducibile al genere
con cui racconta e commenta l’avvenuta “liberazio- fantastico, con elementi molto vicini al surrealismo,
ne” del 25 aprile. all’orrore e alla fantascienza. I risultati sono accatti-
Dal 1945 sino alla morte scrive articoli di cronaca ne- vanti e riescono sempre a coinvolgere il lettore. Nello
ra, il settore giornalistico che preferisce. I numerosi stesso tempo lo scrittore svolge riflessioni su senti-
pezzi giornalistici dedicati agli omicidi e alle tragedie menti tipici dell’animo umano, normalmente tenuti
italiane (e non solo) saranno raccolti da Lorenzo Vi- nascosti il più possibile, come l’angoscia, la paura
ganò e pubblicati nel 2002 in un cofanetto di due vo- della morte, l’interesse verso la magia e il mistero.
lumi dal titolo La “nera” di Dino Buzzati. Parallela- In tutta la sua produzione il deus ex machina è il caso
mente alla cronaca nera si dedica alla cronaca bianca, o il destino, le Moire greche o le Parche romane, che
alla cronaca sportiva (soprattutto all’alpinismo e allo condizionano costantemente la vita dei suoi perso-
sci, come testimoniano gli articoli raccolti nel volume naggi, che peraltro non fanno nulla per opporsi e resi-
postumo I fuorilegge della montagna) e soprattutto stere.
alla Terza pagina. L’autore si concentra sull’individuo e il suo destino
Nel 1949 è inviato dal Corriere della sera al seguito come fanno gli esistenzialisti del tempo il filosofo
del Giro d’Italia, all’epoca la manifestazione sportiva francese Jean-Paul Sartre (1905-1980), che scrive La
più seguita nella penisola. Nel 1958 vince il premio nausea (1948), e lo scrittore francese Albert Camus
Strega con Sessanta racconti. (1913-1960), che scrive La peste (1947). È amico di
Dal 1950 al 1963 è vicedirettore della Domenica del Camus, che gli traduce in francese diversi racconti.
Corriere. In realtà è un direttore ombra, poiché guida
i collaboratori del periodico e si occupa dell’impagi-
nazione, della grafica, dei titoli, degli argomenti da Bàrnabo delle montagne, 1933
trattare (sport, cinema, musica leggera, TV, politica).
Nelle sue mani il settimanale incrementa moltissimo Bàrnabo è un giovane guardaboschi che vive con i
le vendite e sfiora più volte il milione di copie. Come suoi compagni in una casa tra le montagne. Tra i loro
Giorgio Bocca, sostiene la tesi della catastrofe natura- compiti vi è quello di sorvegliare la Polveriera, un
le per il disastro del Vajont (1963). deposito di munizioni e di esplosivi. Un giorno Del
Nei primi anni Sessanta è inviato del giornale per Colle, il capo dei guardiani, è ucciso da alcuni brigan-
brevi periodi in Giappone, a Gerusalemme, a New ti. Qualche tempo dopo Bàrnabo, di ritorno da
York e Washington, in India, a Praga. Alcuni degli un’escursione con il compagno Bertòn, si accorge che
articoli scritti durante questi viaggi saranno inclusi i briganti stanno nuovamente attaccando. Si spaventa,
nel volume Cronache terrestri, una raccolta di un non interviene ad aiutare i suoi compagni e si na-
centinaio di brani giornalistici di vario genere (crona- sconde. Una volta terminato l’assalto, in cui Bertòn
ca, sport, cultura, società), pubblicata poco dopo la rimane ferito ad una gamba, Bàrnabo ritorna dai
sua morte. Quelli scritti in occasione del viaggio di guardaboschi. Non riesce a giustificare la propria as-
Paolo VI a Gerusalemme saranno raccolti nel volume senza, perciò è licenziato e cacciato. Amareggiato,
postumo Con il papa in Terrasanta (2014). scende in pianura, si reca dal cugino in campagna e
Nello stesso periodo inizia ad occuparsi stabilmente lavora come contadino. Ma l’ex-guardaboschi ha no-
di arte, fino ad assumere nel 1967 l’incarico di critico stalgia delle montagne e rimpiange la sua vita passa-
d’arte del Corriere della sera. In realtà, come egli ta. Passano alcuni anni. Un giorno Bàrnabo incontra
stesso ammette, non fa vere e proprie critiche, ma re- il suo amico Bertòn, che gli consiglia di tornare. Egli
soconti sulle principali novità artistiche, che narra viene anche a sapere che i briganti hanno nuovamente
con un linguaggio semplice e privo di tecnicismi. attaccato il deposito. L’anno seguente, accompagnato
Muore a Milano nel 1972. da Bertòn, ritorna. La Polveriera è stata svuotata,
Il mondo antico
Si rimanda al capitolo Valerio M. Manfredi (1943),
appena più sopra.
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Ormai le storie della letteratura italiana hanno censu- Gli argomenti trattati dai canti di chiesa sono vari: la
rato i canti risorgimentali, in ogni caso hanno sempre salvezza, il peccato, la Madonna, che intercede a fa-
censurato la produzione religiosa, come se la stra- vore del credente, la Madonna Vergine e Madre, la
grande maggioranza della popolazione italiana non Madonna che soffre per il figlio, la SS. Trinità, i do-
andasse in chiesa e non fosse cristiana. I bravi laici, lori terreni e la gioia del cielo, le verità di fede, anche
famosi per la loro intelligenza e tolleranza, ritengono le apparizioni di Lourdes (1858) e di Fatima (1917).
che Stato e Chiesa debbano essere divisi, e non sanno Diverse opere sono state scritte e poi musicate da pro-
che nel mondo greco e romano tutte le imprese civili fessionisti. E, se vogliamo guardare la produzione ter-
e militari erano accompagnate da cerimonie religiose. ra terra, possiamo dire che c’è stato un indotto eco-
Rimediamo con piacere ai loro paraocchi e ai loro nomico significativo: i volumetti che raccoglievano i
pregiudizi. canti.
La Chiesa fa uso dei salmi della Bibbia o della pro- I canti non vanno letti, ma ascoltati o, ancor meglio,
duzione religiosa medioevale, soprattutto in latino, cantati e cantati con l’accompagnamento musicale.
ma nel corso dei secoli ha sempre continuato ad ag- Gli autori si sono sempre preoccupati che fossero
giungere inni e canti al suo patrimonio culturale. Uno canti corali. E nella coralità rivelano il loro sentimen-
dei più belli è l’inno a Maria Dell’aurora tu sorgi più to e il loro incredibile impatto sugli stessi cantori.
bella (1959) di Francesco Saverio D’Aria.
Conviene confrontare la produzione culturale dell’a-
Il Concilio Vaticano II (1962-65) segna uno spartiac- rea cattolica con la produzione dell’area anarchica,
que. Prima la messa era in latino, ora è in italiano. comunista e socialista (e viceversa), per vedere somi-
Prima i canti erano in latino (e in italiano), ora sono glianze, debiti e differenze. Questi canti sono radi-
in italiano. Oltre a ciò, quel che importa è la parteci- calmente debitori per idee, valori e termini ai canti e
pazione dei fedeli al canto corale. La comunione si fa alla cultura ecclesiastica. I rivoluzionari sono in gene-
anche cantando, cantando le lodi a Dio o alla Madon- re anticlericali, ma sono scappati tutti dalla sacrestia,
na o recitando le litanie in onore dei santi. La coralità Stalin compreso. È curioso che non abbiano ricono-
accompagna la messa dall’inizio alla fine. sciuto i loro debiti alla cultura religiosa e che non ab-
biano visto nemmeno quanto la Chiesa ha fatto per la
I parroci (sempre di estrazione popolare) parlavano in popolazione e quanto lo Stato NON ha fatto. Bisogna
italiano da sempre e avevano anche una buona cultu- avere anche il coraggio di riconoscere i meriti e
ra, appresa in seminario. Nei paesi avevano grande l’impegno dei propri avversari. E oggi la Chiesa non
prestigio e godevano di un benessere economico sco- ha più avversari. Continua a cantare le sue canzoni,
nosciuto alla maggior parte della popolazione. Porta- mentre le canzoni rivoluzionarie non si cantano più.
vano la fede e con le prediche portavano quel po’ di
cultura e quel po’ di lingua italiana, che lo Stato uni- Si è dato spazio anche a un autore-cantante laico co-
tario non aveva ancora deciso o potuto dare. Lo Stato me Fabrizio De André, che ha trattato due temi: Ma-
italiano si appropria dei fedeli a partire dal boom eco- ria, presentata ancora ragazzina, e il rapporto intenso
nomico (1958-61). La Chiesa lentamente e inesora- e conflittuale tra l’uomo e Dio. Nella sua versione
bilmente perde importanza economica a favore dello l’uomo invita Dio a venirlo a cercare, se lo vuole
Stato e della società civile. Per secoli e secoli aveva amare.
attirato i fedeli anche con i lavori pubblici (=la co-
struzione di chiese, oratori, capitelli), autofinanziati Conviene notare che i salmi si trovano nella Bibbia e
con le offerte degli stessi fedeli. E dal Concilio di sono legati a una società senza Stato, gestita perciò
Trento (1545-63) aveva iniziato a prestare più atten- dai sacerdoti e dai 10 comandamenti. Il peccato con-
zione ai fedeli, si era preoccupata della loro cultura tro Dio significa l’infrazione di una legge dello Stato.
religiosa ma anche delle loro condizioni materiali. I canti in latino e in italiano indicano invece l’im-
Oggi accanto a ogni chiesa sorge l’oratorio e moltis- pegno della Chiesa di costruire una società pervasa da
simi altri servizi, tavolini, carte, bar incluso. Anche spirito e da ideali religiosi, in alternativa e in contra-
campetto di calcio. Lo Stato italiano non ha mai fatto sto con lo Stato e i valori laici che esso rappresenta.
niente di equivalente. Dal 1870 l’avversario è lo Stato italiano.
I canti sono accompagnati dalla musica, dall’organo o Prima sono messi i canti in latino, poi quelli in italia-
da un più modesto organetto a pedali, anche da stru- no. In ordine alfabetico. L’ordine cronologico è risul-
menti elettronici… Non c’è più la grandiosità e la so- tato impossibile per i testi latini come per i testi ita-
lennità della musica barocca, ma ogni chiesa ha il suo liani.
organo o il suo organetto e propone musica ai fedeli. -----------------------------I☺I-----------------------------
Negli anni Sessanta i laici inventano i gruppi musicali
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 551
Adeste, fideles venite, adoriamo,
venite, adoriamo
Adeste, fideles, il Signore!
laeti triumphantes
venite, venite in Bethlehem. Commento
Natum videte 1. L’inno è semplice e gioioso. È un invito ad alzarsi,
Regem angelorum. per andare a vedere e ad adorare il Re degli angeli. La
Venite, adoremus, terza strofa ripete la prima. E riesce effettivamente a
venite, adoremus, trasmettere la gioia per la nascita del bambino. La
venite, adoremus Madonna non è nemmeno citata e neanche Giuseppe.
Dominum. Ci sono i fedeli, i pastori, e il Re degli angeli.
2. La musica che accompagna il canto contribuisce a
En, grege relicto, creare la situazione gioiosa.
humiles ad cunas, 3. Il canto natalizio compare nel 1743-44, trascritto
vocati pastores approperant; da sir John Francis Wade che lo ricava da un tema
et nos ovanti gradu festinemus. popolare irlandese. In seguito fu arricchito di alcune
Venite, adoremus, strofe.
venite, adoremus, 4. Si può confrontare con l’Internazionale, 1871, che
venite, adoremus ha lo stesso inizio, ma che non è affatto gioiosa:
Dominum.
In piedi (=alzatevi), o dannati della terra,
Adeste fideles, in piedi, o forzati della fame!
laeti triumphantes La ragione tuona nel suo cratere,
venite, venite in Bethlehem. è l’eruzione finale.
Natum videte Del passato facciamo tabula rasa,
Regem angelorum. Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Venite, adoremus, Il mondo sta cambiando radicalmente,
venite, adoremus, Non siamo niente, saremo tutto!
venite, adoremus
Dominum. È la lotta finale, uniamoci, e domani (due volte)
l’Internazionale sarà il genere umano.
Alzatevi, o fedeli -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. “Alma” deriva da alo, alis, alimento, nutro. Signi- 3. L’arcangelo Gabriele compare a Maria e la saluta:
fica che alimenta la vita, nutriente, vivificante. “San- “Ave, o Maria”, “Ti saluto, o Maria”. Le porta la no-
ta” o “genitrice” è quel che offre la lingua italiana. tizia che diventerà la madre di Dio, e lei accetta. In
2. Maria è la novella Venere, che sorge dal mare, co- italiano però “Ave” si usa soltanto nella preghiera al-
me il pianeta Venere, la stella del mattino. la Madonna, e basta.
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Amen. Amen.
Commento che non può dire di no a sua madre. Il culto della Ma-
1. L’origine della preghiera è incerta. Alcuni la attri- donna si diffonde dopo il sec. X.
buiscono a Venanzio Fortunato (530-609) o a Paolo 3. La vita sulla terra è dura, pericolosa e piena di in-
Diacono (720/224-799). Risale almeno al sec. IX, sidie, ma la Vergine protegge il suo popolo e gli indi-
poiché è presente nel Codex Sangallensis custodito ca come si deve comportare. E, dopo aver attraversa-
nell’Abbazia di San Gallo (CH). Spesso essa è erro- to questa valle di lacrime, il suo popolo avrà la felici-
neamente attribuita a Roberto II il Pio o a San Ber- tà celeste.
nardo, che vissero nei secc. XI e XII. 4. Da notare l’abile abbinamento di sacrifici e soffe-
2. L’inno è semplice e insiste sugli attributi consueti renze sulla Terra e poi di felicità in cielo.
della Madonna: è Vergine e Madre. È Madre di Dio, 5. I versi iniziali danno l’idea della stella del mattino
ma è anche madre-protettrice del fedele che si rivolge (=il pianeta Venere), che sorge dal mare. La Vergine
a lei. E lei intercede con successo presso suo Figlio, è la Venere celeste che esce dalle onde del mare.
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Commento
1. La Madonna è detta spesso “porta del cielo”, per- 2. C’è una totale differenza tra la Vergine Maria e le
ché intercede presso Dio e aiuta il fedele a raggiunge- tre dee pagane, Athena, Hera e Afrodite, che vanno
re la beatitudine del paradiso. dal pastore frigio Paride, si spogliano e mostrano le
-----------------------------I☺I----------------------------- loro bellezze per farsi valutare. Il pastore deve indica-
re chi tra loro è la più bella.
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Magis quam custódes auróram, Più delle sentinelle che aspettano l’alba,
speret Israël, in Dómino. Israele speri nel Signore.
Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, L’eterno riposo dona loro, o Signore,
et lux perpetua luceat eis. e risplenda ad essi la luce perpetua.
Commento
1. Il credente si rivolge a Dio e gli chiede di guardare la Bibbia della CEI. Ci sfugge il motivo di questo er-
a lui, ma di non considerare le sue colpe. Dio è mise- rore. La traduzione non ha alcun senso. Eppure pote-
ricordia e redenzione e riscatterà tutte le colpe del suo va aiutare la massima “Initium sapientiae timor Do-
popolo. La parte finale in corsivo è successiva al pri- mini” (“L’inizio della sapienza è aver timore di Dio”)
mo testo. o anche Lc 1, 39-55 (Maria loda Dio onnipotente):
2. “Dal profondo”, cioè dall’abisso di disperazione
che mi travolge; iniquitates sono le azioni ingiuste. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
3. Conviene notare la differenza tra il dio degli ebrei e Santo è il suo nome:
e gli dei dei greci e romani. Il credente si rivolge al di generazione in generazione la sua misericordia
suo Dio e gli chiede aiuto, sicuro di riceverlo. Greci e si stende su quelli che lo temono.
romani fanno sacrifici agli dei per avere la loro prote-
zione, ma non vanno più in là: non si affidano a dei, 6. Spesso al posto di “Magis quam custódes auróram”
che si comportano come gli uomini peggiori, perché si trova “A custòdia matutìna usque ad noctem”
si vendicano, commettono incesto e adulterio, violen- (“Dalla mattina fino a notte fonda”). Il sito
tano, ingannano. D’altra parte gli dei greci e romani http://www.preghiamo.org/salmo-129-130-de-profundis.php
sono una invenzione e una costruzione dei poeti. fornisce una traduzione italiana che fa riferimento ad
4. Il tempo perfetto latino indica un’azione compiuta, una altro testo latino del salmo. Il caso unico dei tre
ormai fuori del tempo. Perciò è tradotto con l’indica- versi dimostra che il testo è corrotto.
tivo presente. Il credente ora si rivolge direttamente a 7. Il testo presenta i temi del peccato, della colpa, del
Dio, ora lo fa in terza persona. Si rivolge anche ad perdono, la fiducia in Dio misericordioso. Nel mondo
Israele, al popolo ebreo, e lo invita a sperare in Lui. greco non esiste nulla di tutto questo. Esiste però la
5. In Internet molti siti danno testi latini divergenti. E punizione, la giustizia, la catarsi (o purificazione).
di “et timébimus te” danno questa traduzione, indub- 8. Propitiátio vale “essere propizi a qualcuno”, “es-
biamente errata: “così avremo il tuo timore”. Anche sere favorevoli a qualcuno”.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 556
Charles Baudelaire, De profundis cla- Dal profondo dell’abisso io ti chiamo
mavi, XXX
J’implore ta pitié, Toi, l’unique que j’aime, Imploro la tua pietà, o Tu, l’unica che amo,
Du fond du gouffre obscur où mon cœur est tombé. dal fondo dell’abisso oscuro in cui il mio cuore
C’est un univers morne à l’horizon plombé, è caduto. È un triste mondo dall’orizzonte livido:
Où nagent dans la nuit l’horreur et le blasphème ; vi aleggiano nella notte l’orrore e la bestemmia.
Un soleil sans chaleur plane au-dessus six mois, Un sole senza calore si libra appena, per sei mesi,
Et les six autres mois la nuit couvre la terre ; gli altri sei la notte copre la terra.
C’est un pays plus nu que la terre polaire È una regione nuda più della terra polare:
– Ni bêtes, ni ruisseaux, ni verdure, ni bois ! non bestie né ruscelli né erbe né foreste.
Or il n’est pas d’horreur au monde qui surpasse Al mondo non vi è orrore che superi
La froide cruauté de ce soleil de glace la fredda crudezza di questo sole di ghiaccio,
Et cette immense nuit semblable au vieux Chaos ; e questa immensa notte assomiglia al vecchio Caos.
Je jalouse le sort des plus vils animaux Io invidio la sorte dei più vili animali
Qui peuvent se plonger dans un sommeil stupide, che possono tuffarsi in un sonno stupido,
Tant l’écheveau du temps lentement se dévide ! tanto la matassa del tempo si dipana lentamente!
Riassunto. Il poeta chiede pietà a un “Tu” indefinito, 5. Il sonetto, dalla costruzione irregolare, si può con-
che egli ama. È caduto nel profondo dell’abisso e si frontare con Spleen, nella stessa raccolta. L’atmosfera
trova in un mondo triste e livido, illuminato per sei è la stessa: orrore e desolazione, dove anche la Spe-
mesi da un sole di ghiaccio e per gli altri sei immerso ranza è morta. La ragione è andata a dormire oppure
nella notte. Non ci sono bestie né ruscelli né erbe né ha deciso di prendersi una vacanza e andare altrove.
foreste. E l’immensa notte assomiglia al vecchio 6. Le traduzioni italiane disponibili hanno curato
Caos. Egli invidia la sorte degli animali più vili, che troppo l’aspetto letterario, in tal modo “nascondono”
si abbandonano a un sonno stupido, poiché il tempo il contenuto e la situazione d’angoscia che attanaglia
passa lentamente. il poeta e che dovrebbe coinvolgere direttamente an-
che il lettore. Serviva un linguaggio più scorrevole e
Commento più d’uso comune, che facesse esplodere la desola-
1. Sorpresa! Anche Baudelaire ne Les fleurs du mal (I zione dell’animo del poeta.
fiori del male, 1857) conosce l’abisso della dispera- 7. Il tempo che si dipana lentamente dalla matassa
zione. E si rivolge a uno sconosciuto Tu salvifico aggrovigliata si contrappone alla massima classica se-
(con lettera maiuscola), per uscire da quella landa de- condo cui tempus fugit.
solata. Tu non è Dio (nella penultima terzina c’è un 8. In Italia qualche anno dopo compare la Scapiglia-
riferimento al Caos primordiale), può essere soltanto tura milanese (1860-80), che canta l’orrore, la malat-
una fantomatica figura femminile (e al femminile so- tia, la morte e la dissoluzione dei corpi.
no le traduzioni italiane), a cui egli implora la salvez- 9. Chi è curioso può leggersi un altro De profundis,
za. Potrebbe essere anche la Madonna, regina del cie- pure sorprendente: la lunga lettera che Oscar Wilde
lo, o una semplice donna con capacità taumaturgiche. (1854-1900), incarcerato per sodomia, scrive (ma non
2. Nella seconda quartina c’è un riferimento a una di- invia) al nobile e giovane amante (1897, ma pubblica-
vinità greca, Persefone/Proserpina, sposa contro vo- ta parzialmente soltanto dopo la morte dell’autore).
glia di Plutone, che da Zeus/Giove ha ottenuto la pos- La può leggere anche in italiano: Oscar Wilde, De
sibilità di passare sei mesi sulla Terra, dove in prima- profundis, Feltrinelli, Milano, 201416.
vera fa rifiorire la Natura. Nella prima terzina c’è un 10. Chi è ancora più curioso può leggersi Tiziano
riferimento al Caos primordiale, sempre greco, che Sclavi (ideatore) e Corrado Roi (disegnatore), Dylan
precede l’arrivo al potere di Zeus/Giove e dei suoi Dog, Dal profondo, n. 20, 1° maggio 1988. Dal pro-
fratelli. Il mondo classico deve ancora costituirsi. fondo delle fogne esce uno strano essere, che ha sem-
3. L’atmosfera è tardo-romantica e pre-decadente. Il pre fame e che uccide per sfamarsi. È un bambino
poeta conosce un momento o un periodo di dispera- abbandonato, che si è rifugiato nel sottosuolo...
zione, che proietta fuori di sé e descrive un mondo -----------------------------I☺I-----------------------------
ugualmente desolato, dove il sole non riscalda e le
lande sono gelate. L’unico barlume di speranza è quel
Tu, quella donna che egli ama, l’unica donna o l’uni-
co essere che egli ama. Manca del tutto la presenza
del Dio e del mondo cristiano, con tutte le sue propo-
ste di salvezza terrena e ultraterrena.
Libera me, Domine, de morte aeterna, Liberami, o Signore, dalla morte eterna,
in die illa tremenda, in quel giorno tremendo,
quando coeli movendi sunt et terra: quando cieli e terra saranno sconvolti.
dum veneris judicare saeculum per ignem Quando verrai a giudicare il mondo con il fuoco,
tremens factus sum ego et timeo, io sarò tutto un tremito e avrò paura,
dum discussio venerit, atque ventura ira. perché tu mi giudicherai e manifesterai la tua ira.
Quando coeli movendi sunt et terra, Quando cieli e terra saranno sconvolti,
dies illa, dies irae, quel giorno sarà il giorno dell’ira divina,
calamitatis et miseriae della calamità e della condanna,
dies magna et amara valde. il giorno più grande e amaro.
quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ. perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
Ecce enim ex hoc beátam me dicent D’ora in poi tutte le generazioni
omnes generatiónes, mi chiameranno beata.
quia fecit mihi magna, qui potens est, Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
et sanctum nomen eius, e santo è il suo nome:
Suscépit Israel púerum suum, Ha soccorso Israele (=la popolazione), suo servo,
recordátus misericórdiæ, ricordandosi della sua misericordia,
sicut locútus est ad patres nostros, come aveva promesso ai nostri padri,
Abraham et sémini eius in sæcula. ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Sicut erat in princípio, et nunc et semper, Com’era nel principio, ora e sempre
et in sǽcula sæculórum. e nei secoli dei secoli.
Amen. Amen.
Commento
1. Magnificare significa lodare, onorare. Le parole 4. Ovviamente i versi sottostanti sono una fandonia o
sono pronunciate da Maria, dopo che l’angelo Ga- un pio desiderio. Ma l’immaginario maschile come
briele le ha annunciato che sarebbe divenuta madre di femminile è sottratto ai criteri di Vero e Falso:
Dio. Il testo ha la caratteristica dei salmi.
2. “Su quelli che lo temono”: è convinzione comune Ha dispiegato la potenza del suo braccio,
che “initium sapientiae timor Domini”, “l’inizio della ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
sapienza sia il timore, il rispetto verso Dio”. L’o- ha rovesciato i potenti dai loro troni,
perato di Dio contro i potenti e a favore degli umili o e ha innalzato gli umili.
a favore degli ebrei non ha alcun corrispettivo nella
realtà. È soltanto un desiderio. Il finale, messo in cor- 5. Il salmo indica come deve essere il rapporto tra il
sivo, è un’aggiunta posteriore. La teologia cristiana si fedele e Dio. Il fedele deve avere fiducia in Dio, che
chiarisce un po’ alla volta nel corso dei secoli. lo protegge, e deve abbandonarsi a Lui.
3. La Vergine canta Dio onnipotente, che è capace di 6. Gli ultimi cinque versi sono un’aggiunta postuma,
rivolgersi agli umili, che è disposto ad aiutare i debo- la formuletta finale.
li, che ha fatto un’antica promessa ed ora la mantiene, 7. Ancilla si può tradurre soltanto con serva, che però
che rovescia i potenti della terra ed esalta gli umili. E non rende l’idea. Nel mondo romano i servi sono gli
che infine si è rivolto a una donna, in cui si è incarna- schiavi. Il nome ancella, cioè cameriera, non è più
to. E Maria si sente investita dall’energia che Dio, usato.
scegliendola, ha suscitato in lei. -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 559
Miserere mei, Domine, Psalm 51 (50) Abbi pietà di me, o Signore
Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion: Nel tuo grande amore fa’ grazia a Sion (=agli ebrei),
ut aedificentur muri Ierusalem. e innalza le mura di Gerusalemme.
Commento
1. L’origine della preghiera risale al sec. XI, ma la 3. La preghiera presenta la Madonna che ha miseri-
sua composizione è incerta. La tradizione più diffusa cordia per i suoi figli, che grazie a lei possono vedere
attribuisce la stesura di quest’antifona al monaco Er- Gesù in paradiso, dopo una vita dolorosa in questa
manno di Reichenau (1013-1054). valle di lacrime.
2. La Madonna è la regina del cielo e non ha altre 4. La vita sulla terra è soltanto un esilio. Il destino
concorrenti. Sotto di lei ci sono le sante (e i santi). dell’uomo è la vita in paradiso vicino a Dio.
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Te, Deum, laudamus: te Dominum confitemur. Ti lodiamo, o Dio, affermiamo che tu sei il Signore.
Te aeternum patrem, omnis terra veneratur. Tutta la terra venera te, o Padre eterno.
Tibi omnes angeli, A Te tutti gli angeli,
tibi caeli et universae potestates: a Te le potenze del cielo e dell’universo,
tibi cherubim et seraphim, a Te i cherubini e i serafini,
incessabili voce proclamant: cantano con voce incessante:
“Sanctus, Sanctus, Sanctus “Santo, Santo, Santo
Dominus Deus Sabaoth. il Signore Dio degli eserciti.
Pleni sunt caeli et terra I cieli e la terra sono pieni
majestatis gloriae tuae”. della grandezza della tua gloria”.
Commento
1. La redazione finale dell’inno risale al sec. IV ed è 3. Dio degli eserciti è un modo per indicare l’on-
opera di Niceta, vescovo di Remesiana (oggi Bela Pa- nipotenza divina, ma è anche un modo per indicare
lanka, Serbia Centrale) una caratteristica di Dio: Egli difende il suo popolo
2. L’inno è cantato il 31 dicembre di ogni anno come con la forza delle armi. Gli dei degli altri popoli non
ringraziamento dell’anno appena trascorso. È una lo- si comportavano in modo diverso.
de a Dio, a cui il credente chiede di essere salvato, -----------------------------I☺I-----------------------------
poiché ha versato per lui il suo sangue preziosissimo.
La preghiera è rivolta a tutte e tre le persone della
santissima Trinità.
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Amen. Amen.
Andrò a vederla un dì, in cielo patria mia; Astro (=stella) del ciel,
andrò a veder Maria, mia gioia e mio amor. pargol (=bambino) divin,
mite Agnello redentor (=che redimi il mondo),
tu che i vati (=i profeti) da lungi sognar,
Al cielo, al cielo, al ciel
tu che angeliche voci annunziar
andrò a vederla un dì. (Due volte.) luce dona alle menti (=illuminaci),
pace infondi nei cuor (=allontana le passioni).
Andrò a vederla un dì, è il grido di speranza,
che infondemi costanza nel viaggio fra i dolor. Astro del ciel,
pargol divin,
Al cielo, al cielo, al ciel… mite Agnello redentor,
tu disceso a scontare l’error (=il peccato originale),
Commento tu sol nato a parlare d’amor,
1. Per capire correttamente il testo e la necessità di luce dona alle menti,
poter sperare nel futuro, si deve tenere presente che le pace infondi nei cuor.
società occidentali tradizionali, cioè fino al 1950, non
conoscevano la medicina e la vita era pervasa dal do- Astro del ciel,
lore, dalla sofferenza e dalla morte: dalla più grande pargol divin,
incertezza. C’erano malattie, epidemie, malnutrizio- mite agnello redentor,
ne, totale mancanza di igiene. Il breve canto è im- tu di stirpe regale decor (=onore)
prontato alla speranza futura: il credente andrà a ve- tu virgineo, mistico fior (=nato da una Vergine),
dere la Madonna dopo morto, in paradiso. I suoni luce dona alle menti,
(soprattutto dei primi versi) danno l’idea fisica della pace infondi nei cuor.
gioia che c’è nel cuore del credente.
2. L’autore associa abilmente il presente con i suoi Commento
dolori al futuro felice in cielo. Prima il dolore e il sa- 1. “Astro del ciel”, cioè “stella del cielo”, è Gesù
crificio, poi la gioia celeste. In questo modo la vita Bambino. È un canto di Natale. In genere si cantano
sulla terra diventa più leggera e più facile da affronta- soltanto le prime due strofe. È pieno di troncamenti e
re. non dispiacerebbe affatto ai poeti dell’Arcadia (1690-
3. La Chiesa cattolica, erede della cultura greca e ro- 1750). In azzurro i termini più tradizionali e più si-
mana, recupera il culto dei morti, ma propone anche gnificativi.
una meta felice dopo la morte. Nella religione greca, 2. Il canto non si limita a lodare Gesù, ma indica an-
etrusca e romana l’oltretomba era il luogo della tri- che ciò che egli deve fare per gli uomini: illuminare
stezza. Gli uomini erano ombre evanescenti, che ri- le menti e dare la pace ai cuori. Insiste anche sul fatto
cordavano con malinconia la vita sulla terra e la luce che Gesù ha redento il mondo dal peccato originale
del sole. commesso da Adamo ed Eva, e che è stato messo al
4. Conviene confrontare questi canti di Chiesa con le mondo dalla vergine Maria. Il canto è utile ed è teo-
contemporanee canzoni politiche e sociali dei movi- logicamente preciso, senza diventare insistente.
menti socialisti, comunisti e anarchici. Sono mondi 3. Ed è uno di quei canti che i sinistrati hanno chiesto
tra loro lontanissimi. che non fossero cantati perché offendevano gli extra-
-----------------------------I☺I----------------------------- comunitari…
-----------------------------I☺I-----------------------------
C’è chi dice che la vita Cristo nei secoli! Cristo è la storia!
sia tristezza sia dolore, Cristo è la gloria! Gloria al Signor!
ma io so che viene il giorno
in cui tutto cambierà. Commento
1. “Cristo risusciti” è un congiuntivo esortativo: “che
E quando in ciel risuonerà Cristo risusciti”. “Il grande giorno” è il giorno del
la tromba che ci chiamerà, giudizio universale. “Risuscitare” è termine popolare
o Signor, come vorrei (Cristo risuscita in tutti i cuori). Normalmente si dice
che ci fosse un posto per me. “risorgere” (i fedeli risorgono in Dio Salvatore), usa-
to poco più sotto.
Il giorno che la terra e i ciel -----------------------------I☺I-----------------------------
a nuova vita risorgerai,
Il tredici maggio apparve Maria
o Signor, come vorrei
che ci fosse un posto anche per me.
Il tredici maggio apparve Maria
a tre pastorelli in Cova d’Iria (=Fatima).
Commento
1. Il testo è unisex, va bene per lui come per lei. Con-
Ave, ave, ave, Maria,
trappone i dolori terreni e la felicità in cielo: in para-
ave, ave, ave, Maria.
diso il sole è spento per sempre. E fa riferimento alla
tromba del giudizio universale. Il fedele vorrebbe che
Splendente di luce veniva Maria,
in cielo ci fosse un posto anche per lui. Non è terro-
il volto suo bello un sole apparia.
rizzato dal giudizio universale e non ha paura, come
il credente del Dies irae. Il testo contrappone il sole
Dal cielo è discesa a chieder preghiera
che illumina il dolore della terra, destinato a spegner-
pei gran peccatori con fede sincera.
si, al sole che risplenderà in paradiso, che risplenderà
per sempre, perché è lo stesso Dio. Una idea facile e
In mano portava un rosario Maria,
garbata, che alza il livello letterario del canto.
che addita ai fedeli del cielo la via.
2. “La tromba che ci chiamerà” è la tromba del giudi-
zio universale, che chiamerà i morti alla vita.
Un inno di lode s’innalza a Maria
3. Si può confrontare il canto con Giacomo da Lenti-
che a Fatima un giorno raggiante apparia.
ni, Io m’aggio posto in core a Dio servire, o con Gui-
nizelli, Al cor gentil rempaira sempre amore, ultima
O Madre pietosa, la stella sei tu,
strofa.
dal cielo ci guidi, ci guidi a Gesù.
4. Anche qui c’è la contrapposizione tra le sofferenze
terrene e la beatitudine in cielo. Il credente affronta le
O bella Regina che regni nel ciel,
avversità della vita afferrandosi alla speranza in una
l’Italia s’inchina, t’invoca fedel.
vita futura migliore.
-----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Il 13 maggio 1917 la Madonna apparve a tre pasto-
relli, Lucia, Francesco e Giacinta, a Fatima (Portogal-
lo). Fu costruita una chiesa con due enormi colonnati
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 566
semicircolari, che ricordano quelli di Giambattista Noi vogliam Dio, Vergin Maria
Bernini nella basilica di san Pietro a Roma. Davanti
sorge un enorme piazzale, per accogliere i fedeli. Noi vogliam Dio, [e tu, o] Vergin[e] Maria,
2. Dell’inno, successivo al 1917, esistono numerose benigna ascolta il nostro dir (=richiesta),
versioni. noi t’invochiamo, o Madre pia,
3. Il turismo religioso porta ricchezza alla cittadina dei figli tuoi compi il desir (=realizza il desiderio).
alla fine del sec. XX. Lo sviluppo urbanistico odierno
è davvero considerevole e anche ordinato.
-----------------------------I☺I----------------------------- Deh, benedici, o Madre, al grido della fe’ (=fede),
noi vogliam Dio, ch’è nostro Padre,
Mira il tuo popolo noi vogliam Dio, ch’è nostro Re,
noi vogliam Dio, ch’è nostro Padre,
Mira (=guarda) il tuo popolo, o bella Signora, noi vogliam Dio, ch’è nostro Re.
che pien di giubilo (=gioia) oggi t’onora,
che pien di giubilo oggi t’onora. Noi vogliam Dio nelle famiglie,
Anch’io festevole (=festoso) corro a’ tuoi piè, dei nostri cari in mezzo al cor;
o Santa Vergine, prega per me! sian puri i figli, caste le figlie,
O Santa Vergine, prega per me! tutti c’infiammi di Dio l’amor.
[…]
Il pietosissimo tuo dolce cuore
è pio rifugio al peccatore, Commento
è pio rifugio al peccatore. 1. L’inno compare a fine Ottocento-inizi Novecento,
al tempo dei contrasti tra Stato italiano e Chiesa cat-
Tesori e grazie racchiude in sé,
tolica e si propone di ricristianizzare la società italia-
o Santa Vergine, prega per me! na. Esso continua per molte altre strofe che danno re-
O Santa Vergine, prega per me! gole di comportamento meticolose all’intera società.
Le regole oggi possono sembrare un’invadenza nella
In questa misera valle infelice (=vita sulla terra) vita privata, ma il mondo del passato era radicalmente
tutti t’invocano soccorritrice, diverso dal nostro ed era meglio per tutti che qualcu-
tutti t’invocano soccorritrice. no, di fatto soltanto la Chiesa, indicasse alla popola-
Questo bel titolo conviene a te, zione come comportarsi e come vivere. Nel 1861
o Santa Vergine, prega per me! l’analfabetismo nazionale superava il 70% della po-
O Santa Vergine, prega per me! polazione e raggiungeva il 90% nelle isole. Una si-
tuazione a dir poco drammatica. Martin Lutero
Pietosa mostrati con l’alma mia, (1517) aveva costretto il credente a imparare a legge-
Madre dei miseri (=infelici), Santa Maria, re e a scrivere, per leggersi direttamente la Bibbia.
Madre dei miseri, Santa Maria. 2. La costruzione sintattica è questa: “Noi vogliamo
Madre più tenera di te non v’è, Dio, tuo figlio; e tu, o Vergine Maria, ascolta le no-
o Santa Vergine, prega per me! stre parole”. I testi tradizionali esortano ad adorare
O Santa Vergine, prega per me! Dio. Questo testo propone un altro rapporto: volere
Dio. E si può intendere: non vogliamo il mondo, non
vogliamo lo Stato, vogliamo essere fedeli a Dio e ai
Commento
valori che in nome di Dio la Chiesa ci indica. Nella
1. “Mira il tuo popolo”, cioè “guarda e aiuta i tuoi fe-
realtà la Chiesa era vicina ai fedeli con il parroco e le
deli”. Il termine appartiene alla letteratura dotta.
cerimonie religiose dalla nascita (il battesimo) alla
L’alma mia è l’anima mia, troppo lunga e pure caco-
morte (l’estrema unzione).
fonica. La trasformazione di anima in alma è una li-
3. Negli anni Cinquanta la popolazione italiana can-
berà poetica, che infrange le regole del linguaggio.
tava questo inno e non conosceva l’inno nazionale
Alma mater frugum è la madre (la Terra o Cerere)
Fratelli d’Italia (1848). Per il popolo la Chiesa face-
che genera, nutre o alimenta le messi dei campi.
va tutto, lo Stato unitario (1870) soltanto due cose:
2. La terra è presentata come “valle infelice”, dove si
imponeva le tasse e chiamava a sette anni di leva. Un
è infelici, dalla quale si esce soltanto con la morte. La
danno insostenibile per le famiglie popolari.
morte quindi libera l’uomo dalle sofferenze della vita
4. “Sian puri i figli, caste le figlie”: la difesa della pu-
e gli apre la porta del cielo.
rezza o della verginità non è un’ossessione della
3. Il fedele chiede alla Vergine di pregare, di interce-
Chiesa o delle gerarchie ecclesiastiche. La ragazza
dere per lui davanti a suo figlio Gesù. Il lontano pre-
che rimaneva incinta aveva grossi problemi a mante-
cedente è la predica di Jacopo Passavanti Il cavaliere
nere il figlio. Serviva un matrimonio regolare, ac-
che rinnegò Dio (1354).
compagnato per sicurezza dalla dote, che evitava
-----------------------------I☺I-----------------------------
(spesso per tutta la vita) di avere costi aggiuntivi. La
dote arriva sino agli anni Cinquanta inoltrati.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 567
5. Con i suoi valori, la sua presenza, le sue parrocchie O Maria, quanto sei bella
e i suoi inni la Chiesa riesce a costruire quell’unità
sociale che lo Stato italiano mai vorrà né riuscirà a O Maria, quanto sei bella,
costruire. È triste doverlo riconoscere (2021). sei la gioia e sei l’amore.
-----------------------------I☺I----------------------------- Mi hai rapito questo cuore,
notte e giorno io penso a Te.
O immacolata, Vergine bella
Mi hai rapito questo cuore,
O immacolata, Vergine bella, notte e giorno, notte e giorno
di nostra vita tu sei la stella, io penso a Te.
fra le tempeste, deh, guida il cuore
di chi t’invoca Madre d’amore. Quando il sole è già lucente (=brilla di giorno),
le colline e i monti indora,
Siam peccatori, ma figli tuoi, quando a sera si scolora.
Immacolata, prega per noi. ti saluta il mio pensier.
Quando a sera si scolora,
Tu che nel cielo siedi regina, ti saluta, ti saluta il mio pensier.
a noi pietosa lo sguardo china (=rivolgi);
pel divin figlio, che stringi al petto, Ed insieme in paradiso,
deh, non privarci del tuo affetto. grideremo viva Maria!
Grideremo viva Maria!
La tua preghiera è onnipotente, Viva Lei che ci salvò.
innanzi al trono di Dio clemente:
sotto il tuo scettro Iddio s’inchina, Grideremo viva Maria!
deh, non sdegnarci, o gran Regina. Viva Lei, viva Lei che ci salvò.
Commento Commento
1. Il canto fa riferimento al dogma dell’Immacolata 1. “Quando a sera il cielo si scolora”. Il cielo è sottin-
concezione, proclamato da papa Pio IX l’8 dicembre teso.
1854. Le rime delle tre quartine sono facili: AABB 2. Il mese di maggio era dedicato alla Madonna. Pri-
CC. ma di andare a scuola gli scolari andavano in chiesa e
2. Anche in questo canto ci sono termini arcadici, in cantavano inni alla Madonna. Alla fine del mese c’era
blu, che però erano stati usati in un contesto amoroso. una processione per le vie del paese e i ragazzini e le
L’unico termine di ambito religioso è “peccatori”. ragazzine gettavano i petali di fiori che avevano in un
3. “Non sdegnarci” vale “non rifiutarci, non ignorar- cestello. Normalmente c’era anche una gita a un san-
ci”. tuario mariano vicino al paese. Una grande festa per
-----------------------------I☺I----------------------------- tutti e un’occasione unica per vedere oltre i confini
del proprio paese. Un’altra occasione per scoprire il
mondo era quando si faceva il servizio militare e di
solito si andava fuori della propria regione. Così i
nordisti conoscevano i sudisti e le terre del sud, e vi-
ceversa. Al ritorno si usavano anfibi e tuta mimetica
fino alla loro totale consunzione. Le famiglie erano
povere e riciclavano tutto.
3. Il canto stupisce per la freschezza e per l’uso di un
linguaggio letterario tradizionale, di cui non si avver-
te la presenza. Le parole sono semplici e di uso co-
mune: bella, gioia, hai rapito, cuore, penso a Te. Ri-
mandano all’Arcadia ed anche alla donna stilnovisti-
ca, che porta l’uomo a Dio.
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Commento
1. Normalmente sono cantate soltanto le prime due
strofe. Le altre strofe sono poeticamente meno valide.
“Ninno” vale “niño”, spagnolo, bambino. In azzurro
le parole della poesia letteraria tradizionale. C’è pure
un ampio uso di troncamenti.
2. È un canto natalizio, uno di quei canti che secondo
i sinistrati offendono i bambini extracomunitari e che
i cristiani dovrebbero cassare…
3. La statua di Gesù che si mette nel presepe è semi-
nuda, anche se doveva essere vestita a causa del fred-
do invernale. Qui lo scrittore immagina che Gesù
bambino tremi dal freddo.
4. “S’io nol so amare” vale “se io non lo so amare”,
una forma ottocentesca. L’inno rivela la sua età: risa-
le al sec. XIX. L’inno alla Madonna più recente do-
vrebbe essere Dell’aurora tu sorgi più bella (1959).
Bella tu sei qual sole... (Due volte.) Oh Dio del cielo, se mi vorrai amare,
scendi dalle stelle e vienimi a cercare.
Gli occhi tuoi son più belli del mare, Oh Dio del cielo, se mi vorrai amare
la tua fronte ha il colore del giglio, scendi dalle stelle e vienimi a cercare.
le tue gote baciate dal Figlio
son due rose e le labbra son fior. Senza di te non so più dove andare,
come una mosca cieca che non sa più volare.
Bella tu sei qual sole… (Due volte.) Senza di te non so più dove andare
come una mosca cieca che non sa più volare.
Commento
1. Saverio D’Aria scrive un inno alla Madonna inse- Oh Dio del cielo, se mi vorrai amare,
rendosi nella lunga tradizione degli inni in onore alla scendi dalle stelle e vienimi a salvare.
Vergine. Il canto è scritto in italiano, è semplice, Oh Dio del cielo, se mi vorrai amare
orecchiabile, e da cantare in coro. La ripetizione delle scendi dalle stelle e vienimi a salvare.
strofe contribuisce a renderlo semplice e festoso. La
semplicità dimostra cultura e mestiere: alle spalle ci E se ci hai regalato il pianto ed il riso,
sono le canzonette dell’Arcadia. In azzurro sono i noi qui sulla terra non lo abbiamo diviso.
termini della poesia tradizionale. L’autore riesce a E se ci hai regalato il pianto ed il riso
combinarli in modo fresco e originale: essi riescono a noi qui sulla terra non lo abbiamo diviso.
creare una gradevole immagine della Madonna. L’im-
magine mentale è rafforzata da tutte le immagini di- Oh Dio del cielo, se mi vorrai amare,
pinte e le sculture che la rappresentano. scendi dalle stelle e vienimi a cercare.
2. L’autore descrive l’aspetto e la bellezza della Ma- Oh Dio del cielo, se mi vorrai amare
donna. I cantautori laici si dimenticano sempre di de- scendi dalle stelle e vienimi a salvare.
scrivere la ragazza che amano. Non hanno gli occhi,
forse neanche il cervello. Oh Dio del cielo, se mi cercherai,
3. L’autore riesce effettivamente a trasformare i suoni in mezzo agli altri uomini mi troverai.
in immagini semplici e coinvolgenti, rafforzate anche Oh Dio del cielo, se mi cercherai
dal ritornello. nei campi di granturco mi troverai.
4. “Rinserra”: racchiude. Il termine è dotto, ma deve
far rima con “terra”. Dio del cielo io ti aspetterò,
5. Conviene confrontare questo canto con la rappre- nel cielo e sulla terra io ti cercherò.
sentazione della Vergine di Stabat Mater e di Donna
de paradiso di Jacopone da Todi e della preghiera al- Oh Dio del cielo... (Sei volte.)
la Vergine di Dante (Pd XXXIII, 1-39). Quella di Pe-
trarca è più lunga di tre quaresime di digiuno. Riassunto. Il protagonista invita Dio a scendere dal
-----------------------------I☺I----------------------------- cielo e, se vorrà avere lui, lo troverà in mezzo agli al-
tri uomini, (a lavorare) in un campo di granturco. Poi
lo invita ad andarlo a cercare, se lo vorrà amare. Non
gli vuole rubare le chiavi del paradiso, ma Dio gli po-
trebbe regalare un attimo di gioia. Senza di Lui non
sa dove andare, è come una mosca cieca che non sa
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 571
più volare. Se lo vuole amare, deve venirlo a salvare. Fabrizio De André, Ave Maria, 1970
Se Dio ci ha regalato il pianto e il riso, qui sulla terra
non lo si è diviso in modo equo. Se Dio lo cercherà, E te ne vai, Maria, fra l’altra gente
lo troverà in un campo di granturco. Il protagonista lo che si raccoglie intorno al tuo passare,
aspetterà, e, se Egli non verrà, nel cielo e sulla terra siepe di sguardi che non fanno male
egli lo cercherà. nella stagione di essere madre.
Oilioilioilà
e la lega crescerà
e noialtri lavoratori,
e noialtri lavoratori,
oilioilioilà
e la lega crescerà,
Commento
zionari dicono invece “Lotta e lavora”. I rivoluzionari
1. L’inno del primo maggio è un canto di Chiesa: Pa-
però non trascrivevano codici antichi e non avevano
squa, speranze, schiavi (gli ebrei che, liberati, lascia-
una grande propensione per la cultura. Alla fine i ri-
no l’Egitto e vanno nella Terra promessa), redimere,
voluzionari sovietici scrivono il Catechismo del rivo-
tiranni, fé, cioè fede. Il mese di maggio è poi dedicato
luzionario, un copia-incolla del Catechismo cristiano.
alla Madonna e si facevano i fioretti, le “piccole buo-
Se si copia, si risparmia fatica.
ne azioni”. In aggiunta ci sono idee e immagini della
3. La giovinezza sarà cantata anche dagli studenti
letteratura alta: fiori, aurora, d’or, fe’, il poeta che
universitari e poi dal Nazional-fascismo, che punta
prevede il futuro (come l’oracolo nel mondo greco
sui giovani: Nino Oxilia (1889-1917), Commiato,
antico o come il profeta presso gli ebrei). “Vieni, o
1909; Inno degli arditi, 1917; Giovinezza, inno uffi-
maggio” è una figura retorica, una personificazione.
ciale del Nazional-fascismo, 1922.
Ma tutto l’inno è pieno di figure retoriche, certamente
4. Inutile dire che i lavoratori o gli sfruttati (qualche
incomprensibili per chi non aveva una buona cultura
operaio, moltissimi braccianti) capivano poco o nien-
scolastica. D’altra parte tutti i rivoluzionari avevano
te della canzone o delle canzoni socialiste. Non ave-
la testa piena di slogan e di modi di dire. In Contessa
vano la cultura per capirle. C’era una totale sfasatura
(1966), cantata 74 anni dopo, c’è l’invito ad “abbatte-
tra gli intellettuali che guidavano gli operai e gli stes-
re il sistema” con la falce e il martello: le cattive abi-
si operai. I partiti socialisti si sono impegnati molto
tudini non muoiono mai. C’è pure la falange mace-
poco per accrescere la cultura degli operai.
done, con cui Alessandro Magno (356-323 a.C.)
5. Neanche Gori, che ha la cultura della classe domi-
sconfisse l’esercito persiano (334-331 a.C.): un rife-
nante (è avvocato), riesce a capire o ha letto i testi uf-
rimento a (334+1892=) 2.226 anni prima, imparato
ficiali di economia. E scrive un verso di tremenda e
sui banchi di scuola.
tragica ignoranza: “dal tiranni de l’ozio e de l’or”
2. Va notato un calco straordinario: san Benedetto da
(“dagli oppressore o dai padroni o dagli sfruttatori
Norcia aveva detto “Prega e lavora!”; Gori e i rivolu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 584
che vivono nell’ozio e nella ricchezza prodotta da al- frasi. Rivelerebbe la totale inconsistenza delle idee e
tri, dagli operai”). Come in tutta la cultura socialista, delle teorie dei rivoluzionari.
egli ritiene che il padrone sia un fannullone e si arric- 10. L’inno va cantato e va apprezzato per musica e
chisca sulle spalle degli operai o dei suoi dipendenti. canto corale e per l’atmosfera che crea, senza rom-
È quindi uno sfruttatore o un parassita. Non sa che il persi la testa a capire i suoi versi, che spesso sacrifi-
padrone o il suo direttore di fabbrica deve far proget- cano il contenuto a favore dei suoni delle parole. In
tare il prodotto, farlo produrre, controllarne la qualità, Internet non ne esiste nemmeno una parafrasi. E spes-
fare pubblicità, metterlo in vendita, guadagnarci per so mancava pure la punteggiatura, che poteva facilita-
pagare gli operai, segretari e segretarie, ingegneri e re la comprensione. È stata aggiunta.
donne delle pulizie, le tasse, per viverci anche lui e la 11. Tre delle canzoni più belle dei lavoratori sono
sua famiglia, per ammortizzare investimenti e mac- scritte da Pietro Gori, giurista e di fede anarchica. I
chinari, per accantonare fondi prudenziali, per man- due termini ovviamente fanno a pugni, ma la realtà è
tener un buon livello di liquidità, per rinnovare l’a- sempre varia. Le leggi romane delle XII tavole (451-
zienda e mantenerla competitiva, per diversificare la 450 a.C.) sono state un notevole passo avanti nella
produzione, per fare ricerche di mercato ecc. E invece organizzazione della società. Un giurista dovrebbe
il profitto sarebbe scientificamente la misura dello capirlo. Esse decidono ciò che è mio e ciò che è tuo,
sfruttamento degli operai. Il padrone non fa niente, regolano i rapporti sociali e pure l’eredità e evitano o
non lavora, è sempre in giro vestito bene, quindi è almeno riducono i conflitti sociali. Evitano la legge
uno sfruttatore, una sanguisuga. I bravi dirigenti delle del più forte e il primato della buona volontà. Ma Go-
masse operaie hanno una concezione semplicistica e ri, anarchico con la cultura ufficiale, non capisce que-
completamente sbagliata del prodotto e della produ- ste cose. Gli altri rivoluzionari non hanno alcuna co-
zione, e questo è un altro guaio per loro e per tutti: li noscenza delle leggi e delle loro funzioni e alla fine
porta ad azioni inconsulte, disastrose. Pensano che la auspicano una società che è di gran lunga peggiore di
produzione sia quella materiale, che si vede, e non quella esistente. La società del suo tempo era ben lon-
quella immateriale, che non si vede o che si presenta tana dall’essere perfetta. Nel 1898 l’esercito a Milano
come uno “scarabocchio” incomprensibile del creati- spara sulla folla e fa 180 morti. Eppure i rivoluziona-
vo o dell’ingegnere su un pezzo di carta. E non si ri, se volevano, avevano una carta da giocare: costrui-
chiedono mai qual è il margine di manovra della fab- re una società rivoluzionaria all’interno della società
brica in base ai profitti del momento e dei profitti borghese. Non ci hanno mai pensato. Insomma fare
prevedibili. Né capiscono che, se il capitalista o l’im- quel che dal concilio di Trento (1545-63) fanno le
prenditore sbaglia, paga lui, ma sono coinvolti anche parrocchie. La società capitalistica e borghese andava
gli operai, che perdono il posto di lavoro. Uno strate- abbattuta. Ma se era la società più ricca della storia,
ga intelligente farebbe i conti in tasca al padrone e quella che produceva e distribuiva la maggior quanti-
poi ci penserebbe sopra. tà possibile di ricchezza! Eppure il mito dell’autoge-
6. I ribelli caduti rimandano ai martiri per la fede cri- stione entrava subito in crisi: un conto è gestire il ter-
stiani. Altro elemento preso dalla Chiesa cattolica… ritorio di un paese, e il consiglio comunale può farlo.
Ribelle però è anche chi si ribella e rifiuta la società Un altro è costruire un’autostrada Milano-Napoli. O
costituita e i suoi valori. Il termine si trova in tutta la c’è un potere in alto che la impone, perché lo può fa-
produzione socialista. Ribelle e libero pensatore. si- re, oppure, se gestito da tanti consigli comunali che
curamente il ribelle non diventerà rivoluzionario: devono mettersi d’accordo, il progetto diventa irrea-
vuole soltanto pace e lavoro e la fratellanza universa- lizzabile. Il problema era pure reso più complesso da
le. Nel 1968 si chiameranno figli dei fiori, contestato- altre due variabili: a) gli individui hanno età diverse e
ri. Per il suono è preferibile ribelle a rivoluzionario. conoscenze diverse, (allora) legate all’età; e b) dalla
7. Nelle strofe tre e quattro c’è un cambiamento di società dell’uomo primitivo in poi si pratica ed è ne-
soggetto: “O masse di schiavi, abbandonate…” e “In- cessaria la specializzazione. In seguito (1970-60) il
nalziamo le mani ricoperte di calli”. Il soggetto “Voi” PSI propone le riforme, che poteva essere una buona
diventa “Noi”. idea, che salvava capra e cavoli. Ma poco dopo i
8. Il “veggente poeta che muor” potrebbe essere Gof- compagni socialisti si fanno prendere con le mani nel
fredo Mameli, che muore nel 1849, cioè 43 anni pri- sacco: il partito (e ugualmente gli altri partiti) inta-
ma, nella difesa di Roma. Scrive l’Inno di Mameli, scava tangenti. Rivoluzionari e delinquenti. Anche i
cioè Fratelli d’Italia (1848). La cultura rivoluzionaria rivoluzionari sono luridi individui come i borghesi o i
è fortemente arretrata, vive nel passato, elabora teorie capitalisti criticati. I sedicenti rivoluzionari hanno le
auto-giustificatorie, auto-esaltanti e auto-celebrative, farfalle nella testa, non fanno mai riferimento all’
e pensa di poter cambiare il mondo. “uomo effettuale”, l’ “uomo reale”, di cui aveva par-
9. L’inno usa la musica di Giuseppe Verdi, Va’ pen- lato Machiavelli (1512). E lasciamo perdere i nume-
siero, sull’ali dorate (Nabucco, parte terza, coro, rosi squallidi individui di Sinistra che si preoccupano
1842). L’inno è sicuramente bello e orecchiabile, ha unicamente di fare i loro interessi personali. Non si
buoni suoni e una buona musica. Tuttavia è meglio preoccupano nemmeno di salvare la faccia.
non sottoporlo ad alcuna analisi, e neanche alla para- -----------------------------I☺I-----------------------------
È la lotta finale, uniamoci, e domani… (due volte) È la lotta finale, uniamoci, e domani… (due volte)
l’Internazionale sarà il genere umano. l’Internazionale sarà il genere umano.
Commento
1. Il testo esprime la vita turbolenta di fine Ottocento
e inizi Novecento. I conflitti sociali erano violentis-
simi e la discussione politica si faceva con le bombe
o sparando sulla folla. L’atmosfera coinvolge anche
la vita dello studente che si laurea e che deve dare
l’addio alla giovinezza e alla vita spensierata di chi ha
(denaro e) tempo libero.
2. Il testo mette insieme estetismo e super-omismo
dannunziani ed anche il nazionalismo che si diffonde
in Europa dopo il 1870. La beffa di Buccari (10-
11.02.1918) e il volo su Vienna (09.08.1918) avven-
gono qualche anno dopo durante la guerra. Nel 1909
Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del
Futurismo a Parigi: un inno alla violenza, “sola igiene
del mondo”.
3. “In alto i cuori” traduce alla lettera Sursum corda!,
della messa domenicale: abbiate coraggio.
Giovinezza, giovinezza,
primavera di bellezza,
nel dolore e nell’ebbrezza
il tuo canto esulterà!
Giovinezza, giovinezza…
Commento
1. Il canto goliardico diventa un inno di guerra, l’inno
degli arditi che non hanno paura della morte, ma sol-
tanto del disonore. L’onore e il puntiglio erano stati
valori spagnoli nei secc. XVI-XVIII. In azzurro i
termini più significativi.
2. Conviene confrontare l’ideale dell’onore quale
emergeva nell’Aminta di Tasso e quale emerge in
questo ben diverso contesto storico. I valori sono esa-
sperati ed estremizzati. Quel che conta è soltanto
l’azione e il bel gesto.
3. E ricordare che la giovinezza unita alla bellezza era
nata 400 anni prima con Lorenzo de’ Medici, che
giustamente prevedeva un futuro pieno di pericoli per
l’Italia. E così fu.
4. La violenza era stato l’ideale di altre epoche stori-
che: i greci antichi hanno passato il tempo a farsi
guerra tra loro. Ma tra passato e presente c’era una
enorme differenza: le armi di guerra, che erano dive-
nute armi di distruzione di massa. In Europa non c’è
alcuna guerra nel 1870-1914. Ma si approntano nuo-
ve armi, che non si testano. Quando si usano nella
prima guerra mondiale, tutti i comandi le usano con
la strategia bellica tradizionale dell’assalto frontale.
Una carneficina. A cui si risponde scavando le trin-
cee, facendo assalti e nuovi assalti sempre inutili, che
portavano a stragi di soldati dalle due parti. La guerra
diventa prima di posizione e poi di resistenza: vince
lo Stato o la coalizione di Stati che ha una economia
più forte e maggiori risorse di soldati.
IV
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento…
E la Vittoria sciolse l’ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti…
Infranse, alfin, l’italico valore
le forche e l’armi dell’impiccatore!
Sicure l’Alpi… libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron l’onde…
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
Commento
1. La guerra aveva abituato i soldati a uccidere. Ed
essi portano la violenza con sé, quando ritornano a
casa. I governi italiani che via via si succedono pas-
sano il tempo a litigare e non risolvono i problemi del
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 604
Dimmi, bel giovane, 1920 3. Conviene sottolineare quanto i versi e le idee pro-
poste siano orecchiabili, ma dovrebbe essere chiaro
“Dimmi, bel giovane, che i problemi sottesi sono ben più gravi. Non si ri-
onesto e biondo, solve il problema della casa dicendo che “è di chi
dimmi la patria l’abita”. Ci sono da sempre i diritti di proprietà.
tua qual è.” Ugualmente non si risolve il problema della terra di-
cendo che è “di chi la lavora”. Oltre ai problemi di
«Adoro il popolo, proprietà, ci sono anche problemi di teoria economi-
la mia patria è il mondo, ca: per il mercato rende di più la piccola o la grande
il pensier libero proprietà/azienda? E dal punto di vista della società
è la mia fe’ (=fede).» quale soluzione conviene scegliere? La grande pro-
prietà permette le economie di scala con il parco trat-
La casa è di chi l’abita, tori. Erano passati i tempi di Melibeo e di Titiro, due
è un vile chi lo ignora; agricoltori cantati da Virgilio (70-19 a.C), quando
il tempo è dei filosofi, quattro buoi e un aratro bastavano a lavorare la terra e
la terra di chi la lavora. a vivere decorosamente. Negli anni Cinquanta e Ses-
santa i partiti di Sinistra proponevano ancora la terra
«Addio, mia bella ai contadini e l’esproprio dei latifondi, ignorando che
casetta, addio, il settore economico trainante era ormai l’industria (e
[addio, o] madre amatissima più avanti il settore terziario). Un altro punto dolente
e genitor (=il padre). è l’affermazione che “la mia patria è il mondo inte-
ro”. Chi scrive non ha la minima idea di che cosa vo-
Io pugno intrepido (=combatto con coraggio) glia dire “gestione di un territorio e costi di gestione
per la Comune (=di Parigi, 1871), del territorio”. L’arretratezza culturale dei partiti che
come Leonida (=generale greco antico) rappresentano i lavoratori è un’ulteriore minaccia per
saprò morir.» chi emigra.
4. Dovrebbe essere ovvio che, se è difficile (e costo-
La casa è di chi l’abita... so) gestire un piccolo territorio (lo Stato, le regioni), è
ancora più difficile gestire un grandissimo territorio
Commento (il mondo intero), abitato da gente con usi costumi,
1. Il testo riprodotto è anonimo ed è stato raccolto tradizioni diverse e in conflitto tra loro. Ma questa
dopo la prima guerra mondiale. È una rivisitazione banalissima verità non entra nelle teste dei rivoluzio-
del testo originario, di ben 22 strofe, scritto nel 1873 nari e degli intellettuali che si mettono a capo delle
da Francesco Giuseppe Bertelli (1836-1919), sopra masse. Quel che manca del tutto a questi “intellettua-
riportato, che doveva costituire un immaginario Esa- li” è la conoscenza del mondo, la conoscenza del pas-
me di ammissione del volontario alla Comune di Pa- sato e la conoscenza della psicologia umana. E si in-
rigi. Il nuovo testo è molto semplice, molto breve, tossicano con idee e slogan come l’autogestione, la
immediato e orecchiabile. Il ritornello (in corsivo) è dimostrazione “scientifica” dello sfruttamento ope-
cantato dal coro. Il protagonista preferisce salutare raio da parte dei capitalisti, la presa violenta del pote-
madre e padre e casetta. E dimentica la morosa, che re,
nella lunga poesia del 1873 si chiamava Angelica. la dittatura del proletariato, la società senza classi,
2. Anche in questo canto di protesta la patria è il l’amore libero, l’uguaglianza tra uomo e donna. A
mondo intero e la libertà di pensiero diventa l’ideale quanto pare, non hanno mai visto una donna nuda,
più alto della fede laica. Questi ideali sono ribaditi neanche nei quadri, e non sanno com’è fatta.
contro lo Stato borghese ed oppressore. Le cose stan- 5. Il canto è a due voci, come molti altri canti: chi
no effettivamente così. Eppure il canto sembra più di pone la domanda – in questo caso una donna – e il
fine Ottocento che degli anni Venti: non appare la giovane che dà la risposta. La struttura è quella dei
drammatica esperienza della prima guerra mondiale, contrasti poetici medioevali o, più da vicino, quella
né il “biennio rosso” (1919-20). E il riferimento alla del catechismo della Chiesa cattolica, costruito sulla
Comune parigina è vecchio di 50 anni e costituisce un domanda seguita dalla risposta. Ciò non deve sor-
motivo tradizionale dell’agiografia laica e socialista. prendere: la Chiesa fornisce linguaggio, idee, ideali e
La rivisitazione e l’aggiornamento sono stati soltanto immagini alla cultura di protesta. Gli intellettuali in
parziali e sono rimasti sia il riferimento alla Comune genere si sono formati in essa o ne adoperano la cul-
(divenuta un’icona del movimento operaio interna- tura perché si rivolgono ad emarginati che hanno
zionale) sia il riferimento alla cultura classica. Peral- quella cultura.
tro la cultura di protesta è normalmente in ritardo sui 6. Il linguaggio presenta molte parole e immagini di
tempi. I suoi cultori sono in genere intellettuali pieni area dotta: il bel giovane onesto e biondo che certa-
di buona volontà e anche generosi, ma socialmente e mente non è italiano (Manfredi di Svevia, Pg III, 107:
culturalmente emarginati. Gli intellettuali maggiori Biondo era e bello…), la fe’, la fede, degli arcadi (ini-
preferiscono altri lidi e altre entrate. zi sec. XVIII) o di Pietro Metastasio (1698-1782).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 605
C’è anche un incredibile e sorprendente excursus nel- Me ne frego, 1920
la filosofia (Il tempo è dei filosofi). E l’ideale di vita è
quello di restare in quella casetta, che si abbandona Me ne frego è il nostro motto,
per andare in esilio. Il protagonista quindi non è pro- me ne frego di morire,
priamente un operaio, non vive nei casermoni o nelle me ne frego di Togliatti
periferie cittadine. È un intellettuale socialmente e del sol dell’avvenire.
emarginato, che dà voce alle sue condizioni di vita
come alle condizioni di vita degli altri diseredati. Se il sol dell’avvenire
7. Ci sono anche altri riferimenti interessanti: la Co- è rosso di colore,
mune parigina (1871) e l’eroico sacrificio dello spar- me ne frego di morire
tano Leonida con i suoi 300 soldati alle Termopili, sventolando il tricolore!
per resistere alle truppe persiane (480 a.C.). Oltre al
mondo greco è coinvolto il mondo romano: io pugno Ce ne freghiamo della galera,
(=combatto) intrepido (=con la virtus, il valore milita- camicia nera trionferà.
re, dei romani) per la Comune di Parigi (1870). La Se non trionfa,
cultura di chi scrive è quella che si assimila nel liceo sarà un macello
classico, una scuola per pochi fino alla riforma del col manganello
1963. Essi permettono di scrivere in modo letterario e le bombe a man!
elevato, ma non contribuiscono minimamente ad aver
una visione chiara e articolata della società e della Me ne frego!
economia. Sono belli e inutili.
8. Il testo propone anche precise regole sociali: la ca- Commento
sa appartiene a chi la abita e la terra a chi la lavora. E 1. Mussolini era un ex giornalista e conosceva il pote-
la nuova divinità non si trova nell’altro mondo, ma è re ipnotico della parola in un mondo poco alfabetiz-
il popolo, per il quale l’interessato si sacrifica. Non ci zato. E crea slogan capaci di colpire e di far agire:
si pone la domanda o il problema chi ha costruito la “Credere, obbedire, combattere!”. Qualche fascista lo
casa e perché; né a che titolo il bracciante lavori la imita e crea “Me ne frego!”, un motto di disprezzo
terra del latifondista o dell’agricoltore. Manca qual- che si poteva usare a proposito e a sproposito. Ancora
siasi visione giuridica dei rapporti economici e dei oggi sulle facciata delle case si possono vedere o al-
rapporti sociali. Pensare costa fatica. E le risposte meno intravedere gli slogan che invitavano all’azione
possono essere anche sgradite. e a una vita pericolosa ed esaltante. Mussolini usava
9. La casetta, anche se è una casetta, è talmente im- la radio e queste scritte per mantenere un rapporto
portante, che sostituisce la moglie o la morosa. Il te- continuo e diretto con la popolazione. Ma aveva an-
sto del 1873 aveva invece capanna. Il motivo è dram- che arricchito le mense degli italiani, facendo arrivare
matico: in Italia gli ultimi casoni fatti di pali e paglia il pesce azzurro (1936), appena pescato: la popola-
e abitati da famiglie povere scompaiono soltanto nel zione non sapeva che l’Italia era circondata dal mare.
1939, per merito del regime nazional-fascista, che li 2. Palmiro Togliatti, (Genova, 1893-Jalta, 1964) è se-
riteneva indecorosi, oltre che malsani. Avevano in gretario del PCd’I, che nasce nel 1921. Durante il re-
muratura soltanto l’angolo della cucina spesso anda- gime Nazional-fascista ripara in URSS.
vano a fuoco. 3. Mai l’Italia aveva conosciuto un elogio così totale
10. Non si poteva però dimenticare la mamma ama- della violenza. In questo inno come in altri inni la po-
tissima. Il padre invece è soltanto il genitor, un ter- lemica contro socialisti e comunisti – contro il “sol
mine dal troncamento dotto. È sempre al bar con gli dell’avvenir” – è esplicita.
amici a giocare a carte o fuori di casa a lavorare, e 4. Inutile aggiungere che Nazional-fascismo e Comu-
non ha tempo per i figli. E non è ancora comparsa la nismo sovietico erano profondamente simili. Ed è an-
morosa… Aspettiamo senza fretta anche per lei “il cora inutile aggiungere che i cosiddetti totalitarismi
sol dell’avvenir”. del Novecento sono Nazional-fascismo, Comunismo
-----------------------------I☺I----------------------------- sovietico, Nazional-socialismo e soprattutto Demo-
crazia statunitense. I democratici dimenticano sem-
pre di citare il maggiore sistema totalitario del secolo.
Amnesia o demenza galoppante.
5. La violenza è diffusa, tutte le parti la vogliono usa-
re, per migliorare la loro situazione di classe o ideo-
logica o di partito. Quattro anni di guerra avevano
abituato tutti alla violenza. Conviene controllare se
c’è una qualche differenza tra una posizione e
un’altra. E poi conviene confrontare le posizioni dei
rivoluzionari con le posizioni della Chiesa cattolica..
-----------------------------I☺I-----------------------------
Ai morti ci stringiamo
e senza impallidire
per l’anarchia pugnamo (=combattiamo),
o vincere o morire.
Commento
1. Gli autori sono due anarchici di Carrara. È l’inno
ufficiale del movimento anarchico, che a fine Otto-
cento-inizi Novecento era forte e ben organizzato nel-
le miniere di marmo. In azzurro i debiti di termini
presi dalla tradizione letteraria e le idee prese alla
Chiesa cattolica. Vale la pena però di riscontrare le
affinità pure di termini e di idee con le canzoni na-
zional-fasciste degli stessi anni, ma anche con le can-
zoni risorgimentali. “Vendetta” significa “giustizia”,
come nell’uso medioevale del termine. “O vincere o
morire” rimanda a “o vivremo del lavoro / o pugnan-
do (=combattendo) si morrà” dell’Inno dei lavoratori
(1886). Permane l’idea eroica del sacrificio della pro-
pria vita per far vincere la rivoluzione. Tuttavia le
modalità del sacrificio sono indeterminate e… riman-
date al futuro. Tutto è vago, confuso, campato per
aria. Il nemico è pure indeterminato. Si dice che lo si
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 607
affronta, come arma si parla di fucile, ma non si va la mentalità dei dirigenti del partito è ancora legata a
più in là in nessuna delle canzoni. una economia agricola e chiede la distribuzione delle
2. Comunisti e socialisti lottano per la conquista vio- terre ai contadini. Eppure Marx aveva detto e ripetuto
lenta del potere statale ed economico, a cui segue la che la rivoluzione e la dittatura del proletariato sareb-
dittatura del proletariato e quindi una società senza be stata fatta dalla classe operaia sfruttata. Non male,
classi, basata sull’autogestione di individui liberi. In- per un partito che vuol essere rivoluzionario. Era me-
somma il paradiso in terra, non più nell’altro mondo. glio disegnare martello e chiave inglese.
Gli anarchici invece pensano che il vero male sia lo 6. Anarchia vuol dire mancanza di un potere centrale,
Stato e che il compito del rivoluzionario sia perciò di un potere forte, cioè lo Stato, sostituito dall’auto-
quello di abbatterlo e di sostituirlo con l’autogestione organizzazione e dall’auto-produzione. Tutte idee
dei problemi e delle risorse o l’autoorganizzazione. belle, smentite dalla realtà. Funziona meglio, è più
Le idee rivoluzionarie provenivano da Karl Marx efficiente, un potere che si impone, piuttosto che una
(1818-1883), un ebreo tedesco espatriato a Londra, continua discussione che metta d’accordo 20 o 200
che indicava nei proletari la classe del futuro; da Mi- persone. È sgradevole constatare che le città più belle
khail Bakunin (1814-1876), un rivoluzionario russo, sono merito del potere forte che le ha organizzate.
vicino ai contadini; e dal francese Pierre-Joseph Basti pensare ai lunghi viali di Parigi. E che le città
Proudhon (1809-1865), autore di un pamphlet intito- democratiche non avrebbero mai avuto un centro sto-
lato Che cos’è la proprietà? (1840), dove sosteneva rico per i turisti, poiché le periferie avrebbero voluto
la tesi che la proprietà è un furto. Marx pensava che avere giustamente uguale attrazione economica.
gli operai sfruttati facessero la rivoluzione, conqui- 7. A dire il vero, la guerra non si fa alzando al vento
stassero lo Stato e imponessero la dittatura del prole- bandiere rosse e nere. Ci deve essere un esercito, ca-
tariato. Bakunin pensava invece che il male maggiore pitani e generali, armi e rifornimenti. Ci deve essere
era lo Stato, che andava abbattuto e sostituito con pure un nemico da vincere. E un nuovo modello so-
l’auto-organizzazione e l’auto-produzione. Proudhon ciale da proporre o da imporre. Ma gli autori della
proponeva il possesso comune dei beni. In tutte le canzone non lo sanno.
correnti serpeggiava l’idea che i rivoluzionari sareb- 8. “O vincere o morire” richiama tra gli altri Alessan-
bero stati più onesti dei corrispettivi borghesi che al dro Manzoni, Marzo 1821 (1821, 1848):
presente gestivano il potere. Una pia illusione, come
dimostra la vita delle organizzazioni internazionali L’han giurato: altri [uomini] forti a quel giuro
dei lavoratori. C’era pure un errore di ragionamento: rispondean da fraterne contrade,
una volta che i capi dei lavoratori avessero conquista- affilando nell’ombra (=in segreto) le spade
to lo Stato (o il potere), perché mai avrebbero proce- che or levate scintillano al sol.
duto verso la costruzione di una società senza classi, già le [mani] destre hanno strette le destre;
che li avrebbe privati del potere raggiunto? Era più già le sacre parole son porte (=pronunciare):
ragionevole l’ipotesi contraria. E poi che cosa vuol [saremo] o compagni sul letto di morte,
dire “conquistare lo Stato” e “società senza classi”? o fratelli su libero suol.
Mistero doloroso. E con queste idee balorde tutti i ri- […]
voluzionari si intossicavano. Oggi, o forti, sui volti baleni
3. Anche le canzoni nazional-fasciste celebravano la il furor (=la furia) delle menti segrete:
morte e la violenza (o vendetta). Ma nessuno sotto- per l’Italia si pugna (=combatte), vincete!,
linea mai questa comunanza di valori… Altri termini il suo fato sui brandi (=destino sille spade) vi sta.
comuni: compagni, fratelli, libertà, riscossa, avveni- O risorta per voi (=grazie a voi) la vedremo
re, pace, lavoro. I furti alla Chiesa, tanto odiata, non al convito dei popoli assisa (=seduta),
si contano. Pugnamo è scorretto, si doveva scrivere o più serva, più vil, più derisa
pugniamo. La desinenza è “-iamo”. sotto l’orrida verga starà (vv. 9-16, 92-96).
4. Anche qui i rivoluzionari vogliono fare una “guerra
senza frontiere”. A dire il vero, sarebbero i commer- Conviene confrontare la canzone con le canzoni coe-
cianti i più interessati all’abbattimento delle frontiere ve del Nazional-fascismo, per individuarne somi-
e dei dazi doganali. Ma non lo sanno. Non si indica glianze e differenze.
nemmeno come sarebbe condotta, con quali armi e 8. Tra il ribelle e il rivoluzionario c’è una differenza
contro chi, questa guerra “senza frontiere”, quindi di grado: il primo critica qualche aspetto della socie-
(sembra di capire) contro tutti i cattivi, Stati, capitali- tà; il secondo la vuole cambiare radicalmente. A un
sti, padroni e sfruttatori. La canzone è bella, musicata secolo di distanza si può dire che le ideologie sociali-
bene, ma non è certamente così che si fa la rivoluzio- ste e comuniste sono fallite. Nel 1991 l’URSS si è di-
ne o si cambia la realtà. sgregata. Oggi (2021) resiste il comunismo a Cuba e
5. La canzone si rivolge a operai e a braccianti. La in Cina. Il PSI italiano è stato affondato dalle tangenti
controparte, gli avversari sono i piccoli agricoltori e i (1993), il PCI si è trasformato ed è divenuto preda di
grandi latifondisti. Nel 1953 il PCI incarica Renato interessi personali e ha dimenticato tutta la sua cultu-
Guttuso di disegnare il simbolo del partito: falce e ra storica (1994-2021).
martello su una bandiera rossa. Quindi 30 anni dopo -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 608
Giovinezza, inno ufficiale del Nazional- nal-fascismo era costretto a puntare in ogni caso su di
fascismo, 1922 loro, perché l’esercito era fedele al re e la maggior
parte della popolazione era fedele alla Chiesa.
2. In azzurro sono le parole-chiave. Alcune sono co-
Su (=Orsù), compagni in forti schiere, muni sia al socialismo, sia alla Chiesa cattolica.
marciam verso l’avvenire 3. Un’altra versione inizia con: “Siamo un popolo
Siam falangi audaci e fiere, d’eroi”. Gabriele D’Annunzio (1863-1938) con il suo
pronte a osare, pronte a ardire. slogan Memento audere semper (Ricordati di osare
Trionfi alfine l’ideale sempre) fa sentire il suo influsso sulla cultura italiana
per cui tanto combattemmo: nazional-fascista del tempo.
Fratellanza nazionale 4. Anche il Nazional-fascismo celebra l’avvenire. I
d’italiana civiltà. rivoluzionari socialisti e comunisti preferivano invece
il sol dell’avvenir. Oggi “Avvenire” è un quotidiano
Giovinezza, giovinezza cattolico.
primavera di bellezza, 5. La celebrazione della giovinezza rimanda al ritor-
nel fascismo è la salvezza nello Quant’è bella giovinezza della Canzona di Bac-
della nostra libertà. co e Arianna di Lorenzo de’ Medici (1490).
6. I due versi:
Non più ignava né avvilita
resti ancor la nostra gente, nel lavoro e nella pace
si ridesti a nuova vita sia la vera libertà.
di splendore più possente
Su (=Orsù), leviamo alta la faccia rimandano a Giuseppe Raffaelli-Giuseppe Del Freo,
che c’illumini il cammino, Figli dell’officina (1921), appena più sopra, scritta un
nel lavoro e nella pace anno prima:
sia la vera libertà.
Avanti, siam ribelli,
Giovinezza, giovinezza… fieri vendicator,
d’un mondo di fratelli,
Nelle veglie di trincea di pace e di lavor.
cupo vento di mitraglia
ci ravvolse alla bandiera Nulla di che stupirsi: i problemi erano gli stessi, la
che agitammo alla battaglia. cultura la stessa, le proposte le stesse. E le differenze
Vittoriosa al nuovo sole erano minime. I socialisti insistevano su un confuso
stretti a lei dobbiam lottare, internazionalismo proletario (e non conoscevano il
è l’Italia che lo vuole, mondo), i nazional-fascisti insistevano sulla patria,
per l’Italia vincerem. molto più circoscritta e molto più facile da gestire.
Socialisti e comunisti vogliono cambiare il mondo,
Giovinezza, giovinezza… ma poi si accontentano di cambiare soltanto la loro
condizione economica e accettano volentieri un pez-
Sorgi alfin lavoratore zetto o un pezzo di torta.
giunto è il dì della riscossa 7. La terminologia e l’idea è la stessa, poi i compagni
ti frodarono il sudore sono sostituiti dai camerati:
con l’appello alla sommossa
Giù le bende ai traditori Su (=Orsù), compagni in forti schiere,
che ti strinsero a catena; marciam verso l’avvenire
Alla gogna gl’impostori
delle asiatiche virtù. E la fratellanza nazionale rimanda a Goffredo Mame-
li, Fratelli d’Italia (1848), più sopra.
Giovinezza, giovinezza… 8. “Le asiatiche virtù” sono misteriose. Il testo dice di
mandare alla gogna chi parla bene di fantomatiche
Commento virtù o capacità degli asiatici, che forse sono sempli-
1. Il testo è la versione ufficiale del 1922, cantata dal- cemente gli stranieri.
le squadre fasciste. Restano i due versi del ritornello. 9. Conviene confrontare l’inno nazional-fascista con
Tutto il resto cambia. Il canto non è certamente all’al- l’Internazionale (1871), l’Inno dei lavoratori (1886)
tezza di Addio a Lugano (1895) di Pietro Gori. Va e l’Internazionale (1901), per cogliere somiglianze e
perciò letto per quel che voleva essere: il canto di chi differenze e per vedere come è valutata la violenza
mette in versi le sue idee e i suoi valori. Conviene an- rivoluzionaria.
che notare che i giovani erano il futuro di qualsiasi -----------------------------I☺I-----------------------------
movimento e anche della nazione: in Italia dai 18 an-
ni in su c’erano stati 600.000 morti. E che il Nazio-
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Mario Ruccione (1908-1969), Faccetta ne- decolonizzazione (1963). Con il senno di poi (2020)
ra, 1935 ci si può chiedere cinicamente se l’Africa stava me-
glio sotto i conquistatori europei o se i nuovi Stati
Se tu dall’altipiano guardi il mare, abbiano in qualche modo migliorato le condizioni
moretta che sei schiava fra gli schiavi, delle popolazioni locali.
vedrai come in un sogno tante navi 2. Un verso è interessante: “il nostro motto è libertà e
e un tricolore sventolar per te. dovere”. Tutti i movimenti rivoluzionari insistono sui
diritti dei lavoratori e ignorano del tutto i doveri. La
Faccetta nera, Chiesa insiste su diritti e doveri sociali. Il Nazional-
bell’abissina, fascismo insiste sui doveri verso la Patria. Il suo pa-
aspetta e spera triottismo contrasta radicalmente con l’internaziona-
che già l’ora si avvicina! lismo parolaio di tutti i movimenti operai italiani. Ci
Quando saremo si può porre la domanda come si possa pensare di ri-
insieme a te, solvere i problemi internazionali dei lavoratori e non
noi ti daremo sia più pratico e fattibile affrontare quelli più circo-
un’altra legge e un altro Re. scritti di uno Stato nazionale. Un altro mistero dolo-
roso. Qui è peggio che fare tutte le stazioni della via
La legge nostra è schiavitù d’amore, crucis.
il nostro motto è libertà e dovere, 3. Con il regime sedicente democratico e repubblica-
vendicheremo noi camicie nere, no (in realtà partitocratico) che conquista il potere nel
gli eroi caduti liberando te! 1945 tutta la produzione letteraria nazional-fascista è
cassata e messa al bando. Il nuovo regime caccia i
Faccetta nera… docenti di Mistica fascista e vi mette quelli di Storia
del movimento operaio e poi di Storia della Resisten-
Faccetta nera, piccola abissina, za. Se lo facevano i fascisti, era un crimine…
ti porteremo a Roma, liberata. 4. “Avanti al Duce” significa “davanti al Duce”.
Dal sole nostro tu sarai baciata, -----------------------------I☺I-----------------------------
sarai in Camicia Nera pure tu.
Faccetta nera,
sarai Romana,
la tua bandiera
sarà sol quella italiana!
Noi marceremo
insieme a te
e sfileremo avanti al Duce
e avanti al Re!
Commento
1. Il testo è modestissimo per qualità letteraria e per
contenuto, ma è orecchiabile ed ha un notevole suc-
cesso di pubblico. Ciò dimostra il bassissimo o inesi-
stente livello culturale della popolazione. La conqui-
sta di Somalia e Abissinia fa credere al popolo italia-
no di ritornare ai fasti dell’impero romano. Una pia
illusione. L’Italia arriva per ultima in Africa e si ac-
contenta dei rimasugli: la Libia (un deserto di sabbia
rovente, sotto il quale 50 anni dopo si scopre il petro-
lio) e il corno d’Africa, selvaggio e senza ricchezze.
Ufficialmente la conquista di quei territori è giustifi-
cata con la tesi di liberare le popolazioni locali dalla
schiavitù: “moretta che sei schiava tra gli schiavi” è
una super-stupidaggine e un super-auto-imbroglio.
Una giustificazione balorda e non richiesta. Gli altri
Stati europei si sono spartiti il mondo senza sentire il
bisogno di giustificare niente. Chi ha scritto il testo
era del tutto privo di cultura. Le canzoni rivoluziona-
rie, soprattutto quelle scritte da Pietro Gori, sono a un
livello culturale e ideale ben più elevato. La seconda
guerra mondiale provoca il tracollo delle colonie e la
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Felice Cascione (1918-1944), Fischia il rima imperfetta: partigian/traditor. Il valore letterario
vento e infuria la bufera, 1944 è elevato, l’autore ha dimestichezza con la letteratura
e la poesia. “Fischia il vento” è poi recuperato in
Fischia il vento e infuria la bufera, Contessa (1966): “Se il vento fischiava…”. Altrove si
scarpe rotte e pur bisogna andar trova il più semplice e popolare “urla la bufera”.
a conquistare la rossa primavera 3. Ricompare “il sol dell’avvenir”, presente anche
dove sorge il sol dell’avvenir. nell’Inno squadrista. È assente l’esercito tedesco, an-
zi sono assenti i nazisti o i nazi-fascisti o i nazifasci-
A conquistare... sti. Ed è ribadita la lotta per la libertà, come se i na-
zional-fascisti non fossero italiani. Ma si tratta delle
Ogni contrada è patria del ribelle, consuete e interessate deformazioni della storia e
ogni donna a lui dona un sospir, dell’avversario, che caratterizzano tutte le parti.
nella notte lo guidano le stelle, 4. Con abilità il poeta proietta i sentimenti, le passioni
forte il cuor e il braccio nel colpir. e il dramma della guerra sulla Natura, che sembra
partecipare agli eventi e schierarsi con i partigiani,
che lottano per la libertà. Ad essere precisi, i partigia-
Nella notte... ni sono comunisti e non sono i soli a lottare contro gli
avversari. C’è l’intero Fronte Antifascista, che racco-
Se ci coglie la crudele morte, glie tutti i partiti sciolti da Mussolini, perché causa di
dura vendetta verrà dal partigian; caos sociale. Ma è chiaro che ognuno parla per sé e
ormai sicura è già la dura sorte minimizza i contributi degli altri.
del fascista vile e traditor. 5. Conviene confrontare la canzone con qualche can-
zone nazional-fascista come Inno squadrista (1921) e
Ormai sicura... Giovinezza (1922), e notarne la reciproca retorica e le
accuse mosse agli avversari. Ovviamente la tecnica di
Cessa il vento, calma è la bufera, denigrare o diffamare l’avversario è una prassi abitu-
torna a casa il fiero partigian, dinaria di tutti i gruppi o le correnti di pensiero. Il fa-
sventolando la rossa sua bandiera; scista è “vile e traditor”. I nazional-fascisti ripagano
vittoriosi, al fin liberi siam! con la stessa moneta e la stessa accusa.
6. E non si deve dimenticare mai che Benito Musso-
Sventolando... lini era un ex-socialista e che sicuramente non ha mai
abbandonato le sue idee. Le ha soltanto adattate alle
Commento nuove circostanze. Prima puntava sugli operai (po-
1. Fischia il vento è la canzone dei partigiani o, se si chi), poi ha puntato sui giovani e sui dipendenti stata-
vuole, della Resistenza, un nome magico, che rende li. Tuttavia anche su ondate oceaniche della popola-
eroiche tutte le imprese dei partigiani, dai furti alle zione, affascinate dai suoi slogan (“Credere, obbedi-
vendette personali (17.800 fascisti uccisi) ai 129 omi- re, combattere!”, “Se avanzo, seguitemi…”) e dalla
cidi di preti (1945-48). I finanziamenti, durante e do- sua retorica. Egli ha fatto la (sua) rivoluzione, invece
po la guerra, dell’URSS al PCI non sono mai esistiti. i sindacati del “biennio rosso” (1919-20) hanno fallito
E il PCI ha sempre fatto gli interessi dei lavoratori e e nessun partito di Sinistra ha fatto la rivoluzione: il
mai dell’URSS. Il gruppo dirigente del PCI non era PSI si specializza in tangenti al 15%, invece il PCI
costituito da operai, ma da intellettuali, gente nor- preferisce prendere soldi dall’URSS, e tutti fingono
malmente incapace e arruffona, che si preoccupava di di non vedere e di non sapere. Onore e gloria ai com-
fare soltanto i propri interessi e che non era riuscita a pagni socialisti, al maneggione Craxi e all’integer-
inserirsi un una qualsiasi organizzazione borghese o rimo Pertini, suo compagno di partito, che certamente
statale. Oggi (2021) molto più di ieri. Il glorioso par- non sapeva niente…
tito dei lavoratori collassa nelle elezioni del 1994. Per 7. Che il partigiano o i comunisti o gli antifascisti del
il disastro nessuno si suicida. Il segretario, Achille Fronte Antifascista abbiano dato la libertà agli italiani
Occhetto (1936), si limita a dare le dimissioni. Il di- è una fandonia: USA-GB hanno conquistato l’Italia e
sastro è colpa dei marziani o dei plutoniani o forse vinto la guerra, gli antifascisti si sono schierati con i
della Sfiga. Tutti gli altri partiti – DC, PLI, PSI – era- nemici dell’Italia e hanno dato modesti contributi agli
no stati travolti dallo scandalo delle tangenti. alleati. Il popolo italiano non ha mai chiesto di esser
L’onestà politica non è cristiana né rivoluzionaria… liberato da un fantomatico dittatore, che doveva ogni
2. In azzurro i termini pregnanti, per lo più di deriva- giorno conquistarsi il consenso della popolazione,
zione letteraria: l’Arcadia fa sentire la sua presenza perché non aveva potere (l’esercito era fedele al re,
anche nella letteratura rivoluzionaria... Da notare le giovani e adulti alla Chiesa cattolica). Gli antifascisti
rime, le assonanze e i troncamenti della poesia popo- hanno fatto un’unica cosa: hanno ridato la libertà ai
lare e della poesia tradizionale. Il troncamento colpi- partiti e alle loro tendenze delinquenziali e ladresche,
sce anche il “partigian”. L’ultima strofa (la vittoria) si che nel 1994 li hanno portati al collasso. Ma poi le
contrappone alla prima (la lotta). Nella terza c’è una attività criminali sono riprese.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 611
Bella ciao (canto dei partigiani), 1947 i partiti) si era sciolto prima del 18.04.1948, le ele-
zioni che vedono la DC arrivare quasi alla maggio-
Lui. ranza assoluta. Esso è facile e orecchiabile come le
Una mattina mi son svegliato, migliori canzoni dell’Arcadia, del ventennio nazio-
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! nal-fascista e poi di Sanremo. Tuttavia, se ci si avvi-
Una mattina mi son svegliato cina un po’, si scopre che ha un contenuto tanto esile
e ho trovato l’invasor. da essere inesistente. Peraltro ciò che conta, in questo
come in altri canti, è la musica e il buon suono dei
Lei. versi. In azzurro i termini più significativi. Chi vuol
O partigiano, portami via, saperne di più può consultare Wikipedia, voce Bella
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! ciao (canto partigiano) (05.07.2020), che fa nascere
“O partigiano, portami via, la canzone a fine anni Quaranta, quindi a guerra fini-
ché mi sento di morir.” ta, e ne tratteggia la storia fino ai nostri giorni.
2. Il testo presenta una difficoltà interpretativa, già
Lui. presente nel canto delle mondine: chi o che cosa indi-
E se io muoio da partigiano, ca l’espressione Bella ciao e chi canta quel verso. Nel
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! caso delle mondine indicava forse la giovinezza e la
E, se io muoio da partigiano, bellezza, che sfioriscono presto a causa del duro lavo-
tu mi devi seppellir. ro. E il verso era cantato dal coro. Nel testo del parti-
giano questa interpretazione non è possibile, perché
Lei. la situazione è diversa. Pensare che il coro saluti la
E seppellire lassù in montagna, ragazza a nome del partigiano che va in montagna è
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! contorto. Il verso è stato preso di sana pianta e non è
E seppellire lassù in montagna stato adattato alla nuova situazione ed è anche qui
sotto l’ombra di un bel fior. cantato dal coro. Ben inteso, se il coro c’è, altrimenti
è cantato insieme dai due protagonisti, senza adatta-
Lui. menti, perché “O belli, ciao” non suonava bene. Pos-
E le genti che passeranno siamo star tranquilli: nessuno si accorge del problema
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! costituito dal verso. Il verso quindi è un riempitivo,
E le genti che passeranno cantato dal coro, per costruire una terza voce e una
ti diranno “Che bel fior!” triade che arricchisce la canzone: Lui, Lei, Coro. Esso
è facile da memorizzare e si canta addirittura “in au-
Lei o lui e lei. tomatismo”, senza accorgersene. Nel dialetto veneto
“È questo il fiore del partigiano”, esiste pure l’intercalare “O bella”, che ha perso il si-
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao! gnificato iniziale. Anche “ciao” è termine che ha
“È questo il fiore del partigiano cambiato significato: era “sciavo suo” (“schiavo
morto per la libertà!” suo”), un saluto veneziano di deferenza o di un infe-
riore a un superiore, ed è divenuto “ciao”, usato oggi
Riassunto. Una mattina il partigiano si sveglia e trova in tutto il mondo
l’invasore. La ragazza lo prega di portarla via, lonta- 3. Da un punto di vista letterario la canzone è un con-
no dall’invasore. Il partigiano non risponde e anzi, se trasto a due voci (e coro), ma non è costruita come
muore da partigiano, la invita a seppellirlo lassù in tale, perché i due personaggi non litigano tra loro,
montagna, sotto l’ombra di un bel fiore. E le genti dialogano. Nella tradizione i contrasti riservavano un
che passeranno diranno alla ragazza che è un bel fio- verso al primo e un verso al secondo interprete, fino
re. E lei, da brava guida turistica, risponderà che alla fine. Ad esempio i litigi tra Cecco Angiolieri e
quello “è il fiore del partigiano, morto per la libertà”. Becchina, la sua donna.
4. Una canzone deve piacere, stimolare gli animi, in-
Commento durre all’azione. Non deve mai essere un esempio
1. Il testo è costruito su Bella ciao (canto delle mon- inimitabile di ricostruzione storica. Ma questa canzo-
dine, 1906), ma risente anche di altri influssi. Ha di- ne esagera: compare fin dalla prima strofa un fanto-
verse varianti, che non hanno particolare importanza. matico invasore, che non si sa bene chi sia né da dove
Compare alla fine della seconda guerra mondiale, ma venga e che dovrebbe essere arrivato durante la notte,
ha un successo strepitoso soltanto a partire dagli anni ma che nella vulgata antifascista indica i nazisti o i
Sessanta, quando la guerra partigiana è idealizzata, nazi-fascisti, in realtà l’esercito tedesco (e l’esercito
romanzata e santificata. È cantato dai gruppetti extra- italiano) dopo l’8 settembre 1943. Che non potevano
parlamentari di Sinistra (il PCI aveva le sue canzoni essere invasori, in quanto il governo della Repubblica
tradizionali) per irritare la Destra, considerata fascista Sociale di Salò era italiano e l’esercito tedesco era al-
o neo-fascista. In realtà il Nazional-fascismo era fini- leato ufficiale dell’Italia. Ma è la stessa idea che si
to nel 1945 con l’assassinio di Mussolini e della sua trova in Quasimodo (Alle fronde dei salici) e in tutto
amante, e il Fronte Antifascista (che raccoglieva tutti il Fronte Antifascista. A distanza di 75 anni l’inter-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 612
pretazione auto-giustificatoria e auto-consolatoria è nel futuro. Nel presente ci sono lui e lei o lei e lui.
rimasta. Peraltro è paradossale o straordinario o ridi- C’è il nemico che arriva (si spera che non arrivi 40
colo che nessuno abbia identificato l’invasore con anni dopo come in Dino Buzzati, Il deserto dei Tarta-
l’esercito USA e GB, che erano gli effettivi invasori: ri, 1940), lei che chiede protezione (un modo eufemi-
il termine partigiano ha condizionato l’interpretazio- stico per dire che gliela dà) e lui che va o si propone
ne. Tutti hanno rimosso o taroccato quella effettiva di andare in montagna: le sue idee politiche sono più
invasione. importanti di una ragazza e della sua vagina. Ma in-
5. Il linguaggio è semplice e pesca abbondantemente tanto è lì, vicino a lei, e lei chiede protezione. Lui non
nella tradizione letteraria italiana: fior, fiore, libertà. capisce o finge di non capire, preferisce andare su in
Da notare i troncamenti dei versi, di tutti i versi di fi- montagna. Il testo non risolve il dilemma se lui è ri-
ne quartina. La libertà non è la libertà dai lacci amo- mato lì per frullarsi lei, che era disponibile, e poi ha
rosi di Metastasio o dell’Arcadia, neanche la libertà dimenticato di andare in montagna, o se lui ha deciso
dallo sfruttamento di altre canzoni rivoluzionarie, è di piantare lei e fuggire lassù in montagna a farsi
libertà dall’invasore. La canzone è un buon prodotto ammazzare, tanto lei faceva schifo o lui era sessual-
letterario, scritta da chi aveva molta dimestichezza mente anoressico. Ma almeno una cantatina insieme
con la letteratura italiana, i suoni dei versi, le rime e se la fanno. E il pubblico batte le mani.
la musica. 9. Non si sa bene chi sia “l’invasor”, forse sono i
6. La novità, ugualmente mai notata, della canzone marziani. Non può essere l’esercito tedesco, alleato
sta nell’aver unito la storia di un giovane partigiano a dell’Italia, neanche l’esercito italiano prima e dopo
una romantica storia d’amore. Ma si tratta di un amo- l’08.09.1943. Non sono neppure USA e GB, che anzi
re particolare. Non è l’amore tra due giovani, ma stanno “liberando” l’Italia dal nazi-fascismo (una in-
l’amore del partigiano per la libertà, per la quale è di- venzione degli antifascisti, sono l’esercito tedesco e
sposto a morire. La ragazza accetta di essere messa in italiano). Unica possibilità: il partigiano è una inven-
secondo piano e anzi si dedica a lui, se e a condizione zione letteraria e ugualmente “l’invasor”.
che muoia per la libertà: lo seppellisce sotto l’ombra 10. Conviene confrontare contenuto e parole con can-
di un bel fiore, non ulteriormente determinato, ma si- zoni sia anarchiche che nazional-fasciste, per scoprir-
curamente gigantesco, se l’ombra copre tutta la tom- ne somiglianze e diversità. Nel testo ci sono due rife-
ba. In montagna ci sono fiori piccoli e poco visibili, rimenti letterari forse accidentali: in Chiare, fresche e
come le stelle alpine. Ci sono anche le ginestre gialle, dolci acque, CXXVI, Petrarca immagina di essere
ma hanno racemi. Non ci sono vistosi girasoli giganti. morto e sepolto, che Laura venga a cercarlo e che,
Ma non è un problema: le genti che passeranno da- vedendolo morto, sparga una lacrima di compassione,
vanti alla tomba hanno la vista acutissima, vedranno che gli aprirà la porta del cielo… Nell’episodio Er-
il bel fiore e faranno i complimenti. Al fiore. Ma lei, minia tra i pastori (Torquato Tasso, Gerusalemme
da brava guida turistica, spiegherò tutto l’accaduto liberata, VII, 1-22) Erminia, mentre accudisce le pe-
con una lacrima sul viso… core, immagina di essere morta e che sulla sua tomba
7. Tra la seconda e la terza strofa c’è una incongruen- venga Tancredi e sparga una lacrima. Quella lacrima
za, facile da sanare. Lei invita lui a portarla via, poi- la renderà felice.
ché arriva l’invasore: un invito a un sano e rituale ra- 11. Il tema della libertà è comune a rivoluzionari e
pimento con frullata e conseguente matrimonio. Lui Nazional-fascisti. È però intesa in modo diverso: li-
non risponde alla richiesta di lei e trova una giustifi- bertà dal padrone e dallo sfruttamento; e libertà poli-
cazione o una scappatoia: immagina di morire, di mo- tica o dallo straniero.
rire da partigiano lassù in montagna. E allora lei lo 12. Chi vuol volare più in alto può confrontare la
deve seppellire, lo deve seppellire “sotto l’ombra di canzone con la ben diversa interpretazione della liber-
un bel fior”: non vuol prendere una insolazione. Que- tà che si trova in Pietro Metastasio (1698-1782), La
sto è l’invito che egli le fa. E lei ubbidisce, da brava libertà (1773). Il protagonista è stato piantato dalla
ragazza, che si sacrifica per l’amato o per il primo sua amante, gli brucia forte, ma non se la prende più
venuto. Poi lei resta lì, e le genti che passeranno di- di tanto con lei, lo impone il galateo. Dice che può
ranno: “Che bel fior!” (con il troncamento del termi- parlarle con naturalezza come se niente fosse succes-
ne). E lei risponderà a puntino che è “il fiore del par- so, aggiunge che ora vede in lei qualche difetto che
tigiano morto per la libertà”. Anche i fiori muoiono e prima non vedeva e quindi le dà la stoccata finale: lui
anche gli angeli mangiano fagioli. Non bastava met- può trovare moltissime donne traditrici come lei, lei
tere un cartello mono o bi-lingue e tornarsene giudi- non potrà mai trovare un amante fedele come lui.
ziosamente a casa, magari per cercarsi un marito e 13. Ben altra cosa è Paolo Giorza, La bella Gigogin
pensare al futuro e a sane frullate, benedette da nostra (1858), più sopra.
madre Chiesa. La canzone quindi tinge la Resistenza 14. Chi ha coraggio da vendere può confrontare la
di rosa. Non si sa nemmeno chi ha vinto la guerra: i canzone con Guido Cavalcanti (1258-1300), In un
nemici o gli amici del partigiano. boschetto trova’ pastorella.
8. Il lettore si lascia abbagliare dalla morte eroica del -----------------------------I☺I-----------------------------
giovane partigiano, e dimentica che si tratta di una
possibilità o di una ipotesi, che si realizzerà (forse)
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 613
Fausto Amodei (1934), Per i morti di Reg- Queste drammatiche conseguenze avrebbero costretto
gio Emilia, 1960 alle dimissioni il governo Tambroni” (Wikipedia, vo-
ce Strage di Reggio Emilia, 28.05.2020).
Compagno cittadino, fratello partigiano 2. Urla il vento e soffia la bufera è una canzone della
teniamoci per mano in questi giorni tristi seconda guerra mondiale, Scarpe rotte eppur bisogna
di nuovo a Reggio Emilia, di nuovo là in Sicilia andar è il secondo verso. Bandiera Rossa (1908) è
son morti dei compagni per colpa dei fascisti una canzone tradizionale del movimento operaio.
di nuovo come un tempo, sopra l’Italia intera 3. Il sito “Musica e memoria” scrive: “Duccio Galim-
Urla il vento e soffia la bufera. berti, avvocato professionista, tra i fondatori del Par-
tito d’Azione e delle brigate Giustizia e Libertà, or-
A diciannove anni è morto Ovidio Franchi ganizzatore della Resistenza in Piemonte, una delle
per quelli che son stanchi o sono ancora incerti. Regioni in cui la guerra partigiana ha impegnato
Lauro Farioli è morto per riparare al torto maggiormente tedeschi e alleati fascisti, è stato uno
di chi s’è già scordato di Duccio Galimberti. dei più importanti capi partigiani. Catturato mentre
Son morti sui vent’anni per il nostro domani. era in clandestinità a Torino per organizzare e far cre-
Son morti come vecchi partigiani. scere ancora l’adesione alla lotta partigiana, torturato
fino alla morte senza aver parlato e tradito nessuno
Marino Serri è morto, è morto Afro Tondelli dei compagni, è uno dei simboli della Resistenza ita-
ma gli occhi dei fratelli si son tenuti asciutti liana.”
compagni sia ben chiaro che questo sangue amaro “Le proteste del luglio del 1960 hanno avuto come
versato a Reggio Emilia è sangue di noi tutti. protagonisti i giovani, i ventenni che avevano visto la
Sangue del nostro sangue, nervi dei nostri nervi guerra da bambini e non l’avevano dimenticata ma
come fu quello dei Fratelli Cervi. che ora sognavano un’Italia del tutto diversa. Erano
di moda le magliette e camice a strisce e sono rimasti
Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso per sempre «i giovani con le magliette a strisce».”
è sempre quello stesso che fu con noi in montagna “I 7 figli maschi di Alcide Cervi famiglia di contadi-
ed il nemico attuale è sempre ancora eguale ni affittuari della pianura padana in provincia di Reg-
a quel che combattemmo sui nostri monti e in gio (Gattatico), sotto la guida di Aldo Cervi, il terzo,
Spagna. furono tra i primi ad iniziare la Resistenza, già negli
Uguale la canzone che abbiamo da cantare ultimi mesi del 1943, catturati in seguito ad una dela-
Scarpe rotte eppur bisogna andare. zione, furono fucilati tutti e 7 il 28 dicembre del 1943
assieme al loro compagno Quarto Camurri dai repub-
Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli blichini nel poligono di tiro di Reggio Emilia. Sono
e voi, Marino Serri, Reverberi e Farioli, anche loro uno dei simboli più noti e ricordati della
dovremo tutti quanti aver d’ora in avanti Resistenza italiana.”
voialtri al nostro fianco per non sentirci soli. “Molti antifascisti e poi futuri partigiani erano andati
Morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa, volontari ed avevano fatto parte delle Brigate Interna-
fuori a cantar con noi, Bandiera Rossa, zionali nella guerra di Spagna in difesa della Repub-
fuori a cantar con noi, Bandiera Rossa. blica contro il colpo di stato fascista1 guidato dall’al-
lora giovanissimo generale Francisco Franco.”
Commento “Nell’ultima strofa e nel titolo si coglie un’eco della
1. Il 07.07.1960 a Reggio Emilia la polizia spara su retorica della morte e del sacrificio così comune e
una manifestazione sindacale non autorizzata, facen- familiare allora, diretta derivazione dalle canzoni e
do 5 morti. Erano stati concessi i 600 posti della Sala dalle poesie risorgimentali, come La spigolatrice di
Verdi e arrivano 20.000 manifestanti. Stando a Wiki- Sapri (Eran trecento,/eran giovani e forti,/e sono mor-
pedia, la manifestazione era pacifica e il questore fe- ti), l’Inno di Garibaldi (Si scopron le tombe, si leva-
ce aggredire i manifestanti. “La strage fu l’apice di un no i morti, / i martiri nostri son tutti risorti), l’Inno di
periodo di alta tensione in tutta l’Italia, in cui avven- Mameli (Siam pronti alla morte, / l’Italia chiamò)”
nero scontri con la polizia. I fatti scatenanti furono la (https://www.musicaememoria.com/fausto_amodei_per_i_
formazione del governo Tambroni, monocolore de- morti_di%20reggio_emilia.htm 28.05.2020).
mocristiano con il determinante appoggio esterno del
MSI, e l’avallo della scelta di Genova (città ‘partigia-
1
na’, già medaglia d’oro della Resistenza) come sede Falso o (per esser accomodanti) molto approssimativo. Si
del congresso del partito missino. Le reazioni deve invece parlare di un colpo di Stato militare, provocato
d’indignazione furono molteplici e la tensione in tutto dal caos politico e da elezioni dall’esito incerto. Germania
il paese provocò una grande mobilitazione popolare. e Italia appoggiano il generale Franco, inviando uomini e
L’allora Presidente del Consiglio, Fernando Tambro- mezzi. Gli storici considerano il Franchismo come una for-
ni, diede libertà di aprire il fuoco in “situazioni di ma di governo autoritario tradizionale, che non ha niente in
emergenza” e alla fine di quelle settimane drammati- comune con i cosiddetti totalitarismi, Nazional-fascismo,
che si contarono undici morti e centinaia di feriti. Nazional-socialismo e Comunismo. Franco non ricambiò il
favore e non intervenne nella seconda guerra mondiale.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 614
4. L’autore non ha particolare dimestichezza con la una risposta univoca: “la colpa è dei fascisti”, anche
storia in generale né con la storia del movimento ope- se a sparare è stata la polizia ed anche se il MSI era in
raio in particolare né con le canzoni del ventennio. parlamento, regolarmente eletto. Al di là dell’attribu-
Non spiega perché in Spagna era scoppiata la guerra zione di colpa, del tutto generica e strumentale, si può
civile, passa subito a parlare degli eroici combattenti fare qualche considerazione. Qualche operaio può es-
antifascisti e antifranchisti, senza chiedersi se era una sere mandato al macello, potrebbe essere pure con-
buona idea andare in Spagna a combattere: la loro tento di fare la vittima e sacrificarsi per la causa, in
scelta poteva avere ripercussioni in Italia. Ad esem- nome dei risultati. E i risultati ci sono: poco dopo
pio Mussolini li poteva presentare come traditori de- Tambroni si dimette. Il costo del successo è stato di
gli interessi italiani... Ma il riferimento storico era di 11 morti e numerosi feriti e la sfida allo Stato. Re-
passaggio e si può essere indulgenti, qui come altro- sponsabile dei morti è quindi il PCI, che ha mandato
ve. Doveva piuttosto citare Giuseppe Raffaelli-Giu- gli operai allo sbaraglio, nonostante il preavviso di
seppe Del Freo, Figli dell’officina (1921), che non Tambroni. E sicuramente li ha cercati. Dal 1945 al
era una canzone sconosciuta: 1975 il PCI istiga gli operai contro lo Stato e contro
gli imprenditori. Il motivo è credibile: la richiesta di
Noi salutiam la morte diritti per gli operai e migliori condizioni economi-
bella vendicatrice, che. Dal 1969 al 1980 il compito passa ai sindacati e
noi schiuderem le porte alla loro strategia degli scioperi continui. Con danni
a un’era più felice. per tutti. Nel 1970 alla Fiat Mirafiori gli scioperi su-
perano i 4 milioni di ore, spesso accompagnati dal
Quindi (almeno) una canzone nazional-fascista, per di “corteo interno” agli stabilimenti. Il 14.10.1980 la
più contemporanea, come Me ne frego (1920): marcia dei 40.000 a Torino contro la stagione degli
scioperi decreta la sconfitta dei sindacati. Si può esse-
Me ne frego è il nostro motto, re filo-sistema, anti-sistema, riforma-sistema. La ra-
me ne frego di morire, zionalizzazione del sistema dovrebbe fare gli interessi
me ne frego di Togliatti [1893-1964] di tutti. E nel 1963 era iniziato il primo governo di
e del sol dell’avvenire. centro-sinistra DC-PSI. La domanda tecnica o strate-
gica è: che cosa conveniva fare per fare gli interessi
La canzone si inserisce quindi nella tradizione cultu- degli operai? Quali erano i margini di manovra per lo
rale di fine Ottocento-primi Novecento, che accomu- Stato, gli imprenditori, il movimento operaio? PCI e
nava rivoluzionari e Nazional-fascismo. E tale cultura sindacati invece hanno sempre preferito la strategia
era uno stravolgimento dell’idea cristiana del martire, della lotta ad oltranza contro il sistema, dimentichi
che muore per testimoniare la sua fede. Uscendo un pure del fallimento del “biennio rosso” (1919-20).
po’ dall’Italia s’incontra il Nichilismo russo. Quella manciata di morti può aver compattato le mas-
5. Il testo fa riferimento alla lotta partigiana sui monti se operaie e dato più forza ai vertici del PCI. Ma
(1943-45) e alla precedente partecipazione dei comu- un’altra domanda s’impone subito: per andare dove?
nisti alla guerra civile spagnola (1936-39) nelle briga- Per raggiungere quale risultato di breve o lunga sca-
te internazionali (sotto controllo sovietico) contro le denza? Mistero o soltanto la caduta del governo.
milizie del generale Francisco Franco (1892-1975), 8. La proposta di “compromesso storico” (1973-79)
che combattevano l’esercito repubblicano. Gli antifa- tra DC e PCI non era credibile: il PCI dipendeva an-
scisti italiani si scontrarono con l’esercito italiano, cora dall’URSS, da cui il PSI si era staccato nel 1956,
schierato con Franco. Ciò dà a Mussolini la giustifi- quando l’URSS invase Budapest. E la DC non poteva
cazione per una rappresaglia interna contro gli antifa- accettarlo, perché avrebbe minato il suo potere ed es-
scisti… I comunisti erano una minaccia: difendevano sa fatto un veloce suicidio politico. Bisogna avere ben
gli interessi sovietici e non quelli nazionali. Lo face- pochi neuroni in testa per proporre all’avversario una
vano per cecità ideologica e per un confuso interna- collaborazione che lo portava al suicidio politico e
zionalismo, che aveva le radici nella cultura operaia. che avrebbe provocato tensioni sociali enormi. Con la
6. I manifestanti uccisi furono cinque: Farioli Lauro lotta continua e la contrapposizione frontale quali ri-
(1935), Franchi Ovidio (1941), Serri Marino (1919), sultati massimi si potevano raggiungere? E con altre
Reverberi Emilio (1921), Tondelli Afro (1924). Il strategie? Nessuna domanda e nessuna risposta.
giorno dopo ci fu una manifestazione a Palermo con 9. Per di più dietro le quinte il PCI era il partito sub-
altri morti. In totale i morti furono 11. dolo e bugiardo di sempre (e pensava di essere pure
7. Di chi la colpa dei morti? Del governo Tambroni astuto): nel 1978 appoggia la nomina a presidente
che cercava l’appoggio del MSI? Del MSI che voleva della repubblica di Sandro Pertini, socialista e com-
fare il congresso a Genova e oltraggiare (secondo gli pagno di partito di Bettino Craxi, in cambio della
“antifascisti”, cioè secondo il PCI) la memoria della grazia a Mario Toffanin, detto “Giacchetta”, respon-
Resistenza? Delle organizzazioni sindacali e del PCI, sabile dell’eccidio di Porzüs (17 antifascisti di ispira-
che vollero protestare con manifestazioni non auto- zione socialista e cattolica uccisi). Lo scambio di fa-
rizzate, nonostante l’avvertimento di Tambroni che vori si fa e Pertini concede la grazia. Il condannato in
invitava la polizia a sparare, se necessario? Il testo dà contumacia può ritornare in Italia e avere la pensione.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 615
Di fatto il PCI è anti-sistema, è un corpo estraneo al ebrei possono essere l’obiettivo migliore, visti co-
sistema e non riesce a liberarsi del passato né a chiu- me nemici interni ed esterni).
dere con esso. La guerra di Spagna era avvenuta nel 8. Nemici troppo forti, o troppo deboli, a seconda dei ca-
1936-39, cioè 21 anni prima. E nel riferirla l’anonimo si, ma con la convinzione di poterli sconfiggere.
commentatore dimentica di dire perché il generale 9. La vita come guerra permanente, sicché il pacifismo è
Francisco Franco aveva deciso di marciare contro la sempre collusione con il nemico. Lo scopo è una
“repubblica” spagnola. Onestà intellettuale. soluzione finale, il controllo del mondo, dunque
10. Il MSI era stato ritenuto un partito democratico e contraddittoriamente un’era di pace.
democraticamente votato dagli elettori. Non toccava 10. Un “elitismo popolare” (o di massa), o leaderismo,
al PCI dichiararne il carattere costituzionale o incosti- fondato sul disprezzo aristocratico per i deboli e
tuzionale. Ed era pure illegale impedirgli di tenere il sull’organizzazione rigidamente burocratica del
congresso a Genova, con la scusa che la città era me- gruppo.
daglia d’oro della Resistenza. Il partito non poteva 11. L’educazione all’eroismo, che deve essere la norma
sostituirsi allo Stato, né al governo, come costante- e che si collega al culto della morte.
mente fa. Ma se ne frega della legalità, oggi e in futu- 12. La volontà di potenza in materia sessuale, che com-
ro. Dagli anni Sessanta e ancor oggi il PCI e gli eredi porta il machismo, il conformismo sessuale e il cul-
del PCI usano la stessa strategia: trovano fascisti, anzi to delle armi.
neo-fascisti da per tutto. E continuano a sbandierare il 13. Un “populismo qualitativo”, nel senso che gli indi-
pericolo (inesistente) di un ritorno (impossibile) al vidui non hanno diritti, perché questi sono delegati
ventennio. Qualcuno ha dato una mano e, pur non es- al “popolo”, inteso in modo astratto e rappresenta-
sendo uno storico, ha inventato l’arma definitiva: to dal leader (vera voce del popolo che si contrap-
Umberto Eco (1932-2016), Il fascismo eterno1. pone al disprezzato parlamentarismo).
11. Dopo aver raccontato la storiella edificante della 14. La “neolingua”: lessico povero e sintassi elemen-
sua infanzia sulla falsariga delle prediche in chiesa, tare nel nazismo e nel fascismo, oppure quella
Eco ne indica le caratteristiche: creata da [Georg] Orwell in 1984 [1949; trad. it.
1950].
1. Il culto della tradizione, intesa come verità primiti-
va e rivelata, data una volta per tutte e consistente 22. Non si capisce perché i fratelli Cervi fossero anti-
in elementi sincretistici e occulti, mescolati in mo- fascisti. Erano affittuari, erano una famiglia numero-
do incoerente. sa, pensavano di modernizzare il lavoro comprando
2. Il rifiuto del mondo moderno, conseguenza del tradi- trattori: praticavano tutti gli ideali fascisti noti. E in-
zionalismo, sotto forma di “irrazionalismo” (la ne- vece no, hanno l’imprudenza di organizzare attacchi
gazione dell’Illuminismo e dei principi del 1789). alle forze dell’ordine, ignorando o dimenticando che
3. Il culto dell’azione per l’azione, alla base dello stesso in paese tutti sanno tutto di tutti. Qualche buon citta-
irrazionalismo. L’azione deve sempre precedere il dino fa la spia, sono catturati e quindi fucilati. Oggi
pensiero, la riflessione e la cultura intesa come sen- chi vuole può andare a visitare la loro casa, trasfor-
so critico sono sospette e vanno combattute mata in un museo, e toccare con mano tutta la retorica
(Göbbels). di Sinistra costruita su di loro.
4. Il disaccordo e la critica come forme di tradimento, in 23. Per i manifestanti di Reggio Emilia come per il
nome del sincretismo e contro la modernità. PCI la legalità era (ed è) un optional. Se la legge non
5. La paura della diversità e il razzismo, esacerbati per fa i tuoi interessi, puoi sempre fregartene e aggirarla.
raccogliere consenso. Non ricevi il permesso di manifestare? Te ne freghi e
6. L’appello alle classi medie frustrate, approfittando di manifesti lo stesso. Se ci scappa il morto, puoi sem-
un momento di crisi. pre accusare la polizia di essere fascista, lo Stato di
7. Il nazionalismo, la xenofobia e l’ossessione del complotto, essere fascista, il governo di essere fascista, l’uccel-
possibilmente internazionale, ma anche interno (gli lino in gabbia di essere fascista. Questa è la cultura
legalitaria della Sinistra, parlamentare ed extraparla-
mentare, ieri come oggi. Ma dalle motivazioni della
1
manifestazione emerge anche qualcos’altro: il passa-
Bompiani, Milano, 1997; La nave di Teseo, Milano, to, il ricordo della guerra, condizionava mortalmente
2018, pp. 51. Il 25 aprile 1995 Eco pronuncia il discorso e impediva di vedere il presente e di progettare il fu-
alla Columbia University per celebrare la liberazione turo. La Sinistra vedeva fascisti ovunque e in ogni
d’Europa, poi apparso sulla “The New York Review of occasione innalzava (ieri come oggi) la bandiera
Books” con il titolo Ur-Fascism. Chi parla di liberazione dell’antifascismo o della Resistenza per fare i suoi
dell’Europa da parte di GB e USA non è uno storico, è un interessi. Il MSI non poteva tenere il congresso a Ge-
demente. La conferenza serviva per parlar male degli av- nova, perché la città era stata insignita della medaglia
versari sconfitti (e morti da 50 anni) e parlar bene dei pre- d’oro della Resistenza. Una motivazione stranissima
senti. A suo tempo faceva conferenze anche Bertrand Rus- e interessata, nata nella testa del PCI. E come Genova
sell e le facevano anche gli altri docenti universitari ameri- neanche le altre città insignite potevano ospitare il
cani, per darsi visibilità e incontrarsi con gli amici, che congresso. Un modo creativo e onestissimo per im-
avevano le stesse idee. Nessuno li avrebbe contestati.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 616
pedire agli avversari di parlare. Ma il MSI era stato
democraticamente eletto da italiani… Me ne frego!
Cioè no, non importa, sono fascisti… I fascisti non
devono parlare. La Costituzione italiana, art. 21, non
vale per loro, parola di comunisti e di sinistrati. Tu
accusi qualcuno d’essere fascista e il gioco è fatto: gli
tappi la bocca o protesti a parole o con manifestazio-
ni. Lo riconosce anche Emilio Gentile, Chi è fasci-
sta?, Laterza, Bari, 2019. Uno degli episodi più aber-
ranti di questa mentalità è avvenuto con il ministro
degli interni Salvini (2017), che voleva fare il censi-
mento dei rom. La reazione della Sinistra fu demen-
ziale. Accusò Salvini di voler fare il censimento, per
passare poi (come per gli ebrei) ai campi di concen-
tramento e a…: un’accusa del tutto gratuita e pure in-
famante. Due osservazioni: a) ogni dieci anni c’è il
censimento generale degli italiani; b) ogni cittadino
italiano è dichiarato all’anagrafe, ha la tessera sanita-
ria, le carte di credito ecc. È insomma ampiamente
“schedato”. I rom non protestarono contro il referen-
dum, i sinistrati si presero l’impegno non richiesto (e
strumentale) di difenderli da Salvini… Il fatto gravis-
simo e incredibile fu che molti quotidiani seguirono
l’accusa pretestuosa dei sinistrati!
24. “Morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa”: il
verso truculento fa ricordare film horror come L’alba
dei morti viventi (2004). Ma anche Si scopron le tom-
be di Luigi Mercantini, Inno a Garibaldi (1858), pri-
mo verso, più sopra.
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Ta ta ta ta ta...
Commento
1. C’era un ragazzo… è forse la migliore canzone
comparsa in area sanremese e cantata da uno dei più
prestigiosi interpreti delle canzonette italiane, Gianni
Morandi. È coinvolgente e suggestiva e ben rispon-
deva all’anti-militarismo giovanile del tempo. Accan-
to ad essa si può porre soltanto Enrico Maria Papes-
Sergio Di Martino, Mettete dei fiori nei vostri canno-
ni, 1964.
2. Le canzoni Help! (1965), Ticket to ride (1965), Ye-
sterday (1965) sono dei “Beatles”. Lady Jane (1966)
è dei “Rolling Stones”. Yesterday e Lady Jane sono
più sotto.
3. “Veniva da gli Stati Uniti d’America”: nelle can-
zoni dell’Ottocento non esistono gli Stati Uniti d’A-
Quella sera a Milano era (=faceva) caldo, Calabresi con Guida il fascista
ma che caldo che caldo faceva, si ricordi che gli anni son lunghi,
brigadiere apra un po’ la finestra, prima o poi qualche cosa succede
e ad un tratto Pinelli cascò. che il Pinelli farà ricordar.
“Commissario (=Calabresi), io gliel’ho già detto, Quella sera a Milano era caldo...
le ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe, Commento
ma eguaglianza nella libertà!” 1. La canzone ricorda la morte dell’anarchico Giu-
seppe Pinelli nella questura di Milano (15.12.1969),
“Poche storie, indiziato Pinelli, presenti il commissario Calabresi e alcuni poliziotti.
il tuo amico Valpreda ha parlato, Con Pietro Valpreda era sospettato di aver messo la
lui è l’autore di questo attentato bomba che aveva provocato 13 morti (altri quattro
e il suo socio sappiamo sei tu.” muoiono in seguito) e 87 feriti nella Banca Nazionale
dell’Agricoltura (la “Strage di Piazza Fontana”, 13.
“Impossibile” – grida Pinelli – 12.1969). Fu scritta il giorno del suo funerale dai suoi
“un compagno non può averlo fatto, compagni di idee politiche. La bara fu seguita soltan-
tra i padroni bisogna cercare to dai militanti dell’estrema Sinistra extra-parlamen-
chi le bombe ha fatto scoppiar. tare, che accusava il PCI di essersi venduto alla bor-
ghesia e di non essere più rivoluzionario. Per la strage
Altre bombe verranno gettate, ci furono numerosi processi, che non portarono mai
per fermare la lotta di classe, ad alcuna condanna. Nel 1971 il presidente del Tri-
i padroni e i burocrati sanno bunale di Milano Carlo Biotti rinunciò al proprio sti-
che non siam più disposti a trattar!” pendio, per continuare le indagini sugli autori della
strage. Fu ricusato, poi sospeso da ogni funzione e
“Ora basta indiziato Pinelli” infine accusato di rivelazione verbale di segreti
– Calabresi nervoso gridava – d’ufficio, un’accusa chiaramente pretestuosa per im-
“tu, Lograno, apri un po’ la finestra bavagliarlo. Subì un procedimento disciplinare e un
quattro piani son duri da far…” processo penale, durato sette anni, durante il quale
smontò le accuse. Dario Fo subì oltre 40 processi per
In dicembre a Milano era caldo, aver messo in scena e aver portato in giro per l’Italia
ma che caldo che caldo faceva, lo spettacolo Morte accidentale di un anarchico. In-
è bastato aprir la finestra, somma lo Stato, che doveva far luce sull’attentato, si
una spinta e Pinelli cascò. preoccupava invece di impedire che si indagasse ed
emergesse la verità. Lo Stato (o almeno organi poten-
Dopo giorni eravamo in tremila, ti dello Stato) è quindi connivente con gli attentatori.
in tremila al tuo funerale, Valpreda fu incarcerato nel 1969 e scarcerato nel
e nessuno può dimenticare 1972. Dell’accusa di strage fu assolto nel 1975, l’as-
quel che accanto alla bara giurò. soluzione fu poi confermata dalla Cassazione. Il
commissario Luigi Calabresi, minacciato di morte
Ti hanno ucciso spezzandoti il collo, nella canzone (“i compagni ti vendicheranno”), fu
sei caduto ed eri già morto, ucciso il 17.05.1972 da esponenti di “Lotta Conti-
Calabresi ritorna in ufficio, nua”, poi processati e condannati. Dalla pista rossa si
però adesso non è più tranquillo. passò alla pista nera: furono accusati alcuni neo-
fascisti, Franco Freda e Giovanni Ventura, condanna-
Ti hanno ucciso per farti tacere, ti all’ergastolo e poi prosciolti con formula piena nel
perché avevi capito l’inganno, processo del 1985-87. A distanza di 50 anni non si
ora dormi, non puoi più parlare, conoscono ancora i mandanti della “strategia della
ma i compagni ti vendicheranno. tensione”, come fu chiamata la serie di attentati che
seguirono a Piazza Fontana. Nell’ultimo processo
“Progressisti” e recuperatori, (2000-05) la Cassazione concluse che la strage di
noi sputiamo sui vostri discorsi, Piazza Fontana fu opera della cellula eversiva di “Or-
per Valpreda, Pinelli e noi tutti dine Nuovo”, capitanata da Franco Freda e Giovanni
c’è soltanto una cosa da far. Ventura, che tuttavia non erano più processabili poi-
ché assolti con sentenza definitiva nel processo 1985-
Gli operai nelle fabbriche e fuori 87. Dopo 36 anni di processi (e uno spreco spavento-
stan firmando la vostra condanna, so di denaro pubblico) tutti sono assolti.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 634
2. La morte di Pinelli resta ancora irrisolta, anche se daggini e di ignoranza. Gli operai sono al massimo
l’ipotesi più facile e credibile è che sia stato defene- qualche operaio: manca il quantificatore o l’aggettivo
strato. E che sia stato defenestrato perché picchiato in qualificativo (tutti, nessuno, alcuni, pochi, molti). E
modo tale da ucciderlo. Ma non si vive di ipotesi, la loro firma è metaforica. Inoltre non hanno alcuna
servono dimostrazioni. Si può dire con certezza che autorità per firmare qualcosa, a maggior ragione per
sicuramente non aveva messo le bombe, che (come firmare una condanna a morte. I rivoluzionari appli-
risulterà in seguito) erano state messe da esponenti di cano un codice penale non scritto. Non sanno che le
“Ordine nuovo”. Le ipotesi da fare sono quindi due: o leggi scritte sono la norma dalle XII tavole romane
è stato ucciso accidentalmente e poi defenestrato per (451-450 a.C.) in poi. La loro totale assenza di cultu-
nascondere l’omicidio o aveva qualche motivo (vero ra lascia annichiliti. E volevano abbattere il sistema e
o presunto, non importa) per fare quel gesto. Che la fare la rivoluzione.
polizia usasse le maniere forti era comprensibile: nel- 7. “Il potere comincia a tremare, La giustizia sarà
le manifestazioni i gruppetti di Sinistra extraparla- giudicata”: la realtà è sostituita da parole e da figure
mentare usavano spranghe, bastoni, molotov, pistole, retoriche. Complimenti per i rivoluzionari. Il potere
passamontagna, spaccavano vetrine, incendiavano le non esiste, esistono individui in carne ed ossa che
auto e facevano autoriduzione o ri-appropriazione rappresentano il potere, ad esempio il commissario
proletaria. Dalle indagini emerge poi anche un’incre- Calabresi. Neanche la giustizia esiste, esistono i giu-
dibile verità (o si tratta di una aggiunta interessata?): dici, in carne, ossa e vestito, che sarebbero giudicati
la bomba doveva esplodere dopo l’orario di chiusura da non si sa chi, né perché né in base a quale codice
della banca, invece la banca resta aperta perché penale. La cultura dei rivoluzionari è limitatissima,
c’erano ancora clienti in fila… non va oltre a quella che si incontra nei bar. Le meta-
3. La canzone è costruita con una drammatizzazione fore possono soddisfare i propri dilemmi esistenziali,
assai efficace. Il verso/strofa iniziale è un “attacco” ma non sono adatte per conoscere la realtà e poi per
davvero straordinario (e pure insolito, senza prece- modificarla. Le metafore possono essere belle e affa-
denti) ed è poi ripetuto nella conclusione: “Quella se- scinanti, ma sono utili soltanto se e perché ci permet-
ra a Milano [c’]era caldo”. I dialoghi tra i vari perso- tono di semplificare e abbreviare il linguaggio.
naggi sono ora espliciti, ora impliciti. Le due soluzio- 8. Conviene ricordare che l’Italia degli anni Settanta è
ni sono assai efficaci. I troncamenti di fine quartina insanguinata da gruppuscoli di destra come “Ordine
(scoppiar, trattar, far ecc.) rimandano all’Arcadia e Nuovo”, responsabile delle bombe di Piazza Fontana
alla poesia letteraria tradizionale. Molti versi sono (1969), e ugualmente da gruppuscoli di Sinistra, co-
semplici discorsi in prosa o semplici proclami politici me le “Brigate Rosse”, che rapiscono e uccidono Al-
più o meno sconclusionati: “prima o poi qualche cosa do Moro (1978), segretario della DC e capo del go-
succede”. Eppure la canzone contiene il meglio (si fa verno. Il mito della violenza rivoluzionaria o proleta-
per dire) delle analisi politiche della Sinistra extra- ria continua, dall’occupazione delle fabbriche (1919-
parlamentare. 1920) alle stragi compiute dai partigiani all’assassinio
4. I termini usati sono tratti dal linguaggio comune e di 129 preti (1945-49). L’ultimo argomento non è mai
impediscono di avere un’idea precisa della realtà che stato trattato da storici ufficiali o di regime, tanto i
vorrebbero esplicare: padroni, lotta di classe, buro- preti sono dipendenti del Vaticano e non hanno le
crati (i dirigenti del PCI e dei sindacati). Compaiono parrocchie in Italia, ma su Marte o, ancor più lontano,
poi i “progressisti” virgolettati (che sono criticati) e su Alpha Centauri. Vale la pena di vedere Roberto
una strana fauna chiamata recuperatori (ugualmente Beretta, Storia dei preti uccisi dai partigiani, collana
criticati). Con questa modestissima rete teorica i rivo- Religione, Edizioni Piemme, Milano, 2005, pp. 319.
luzionari di estrema Sinistra costruiscono una realtà In 60 anni soltanto un giornalista si è occupato del-
immaginaria, a loro uso e consumo. Della teoria eco- l’argomento. A livello privato gli storici possono es-
nomica ufficiale, insegnata all’università o che si tro- ser magia-preti o mangia-particole. A livello pubblico
va nei manuali di economia politica, non c’è neanche e professionale devono però comportarsi in altro mo-
l’ombra. Ovviamente essi non capiscono che, se fan- do. Quella è la professione per cui sono pagati.
no la lotta di classe e ricorrono alla violenza rivolu- 9. La scelta armata dei gruppetti italiani di Destra e di
zionaria per farla, anche la controparte come i “pa- Sinistra può essere riletta tenendo presente la figura
droni” o “Ordine Nuovo” o addirittura lo Stato può di Ernesto Guevara (1928-1967), detto “Che”, uno
fare altrettanto, come i fatti ampiamente dimostrano. scrittore, medico e guerrigliero argentino, che fu uno
5. Anche in questa canzone si fa grande uso di meta- dei maggiori esponenti della rivoluzione cubana
fore. Basta leggere la quartina “Gli operai nelle fab- (1959). Volle esportare la rivoluzione armata in Ame-
briche e fuori”. E si divinizza la classe operaia, di cui rica Latina e in Africa e fu assassinato da agenti spe-
peraltro i rivoluzionari si mettono a capo per auto- ciali della CIA. Le magliette con l’immagine del
elezione, anche se nessuno di essi è operaio ed anche “Che” ebbero un grande successo economico. Ci si
se nessuno di essi è stato eletto. può chiedere se fu giusto o giustificato il suo assassi-
6. “Gli operai nelle fabbriche e fuori Stan firmando la nio. Ma prima ancora ci si deve chiedere se era giusto
vostra condanna”: è linguaggio metaforico che inven- e giustificabile il suo intervento armato in paesi stra-
ta la realtà. I due versi sono un concentrato di stupi- nieri, per portare i valori in cui egli credeva. Ed è be-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 635
ne riflettere in modo approfondito su questi problemi, 12. Uno dei gruppi studenteschi degli anni Sessanta-
che sono problemi di ieri e di oggi. Settanta si chiamava “Servire il popolo” (1968/72-
10. Banalmente vi è da dire che ognuno, ogni classe e 78), tutte idee rubate alla Chiesa cattolica ad opera di
ogni gruppo sociale combatte per i suoi interessi, ma- individui che l’avevano lasciata, perché a loro dire
scherati da più o meno nobili ideali, e che vince sem- reazionaria e “serva dei padroni” e perché faceva gi-
pre il più forte, il più astuto o il meglio organizzato. rare tutta la vita intorno all’al di là e non intorno all’al
Gli USA potevano giustificarsi dicendo che il “Che” di qua. Un altro gruppo, più realista e concreto, pren-
danneggiava gli interessi americani. Il “Che” e i suoi de il nome di “Movimento studentesco” (1968-?), le-
sostenitori potevano giustificarsi dicendo che lottava- gato agli studenti delle superiori e soprattutto agli
no contro l’imperialismo statunitense e per la difesa studenti dell’università. Altri gruppi di quegli anni
degli interessi dei campesino sfruttati dalle multina- sono “Avanguardia operaia” (1968-78), “Lotta conti-
zionali o dai marziani. Si potrebbe anche dire che nua” (1969-82) e “Potere operaio” (1967/69-73). In
avevano ragione gli uni e gli altri, che ognuno creava sostanza i rivoluzionari volevano e si accontentavano
teorie che giustificassero le sue azioni e, aggiungia- di una fetta di torta in più. Erano lealisti più del re.
mo, che esistono nella realtà situazioni “nebbiose”, Contro ogni dubbio Mario Capanna (1945), uno degli
che permettono una descrizione come un’altra, oppo- esponenti più in vista del “Movimento studentesco”,
sta alla prima. Lo disse anche un antichissimo filoso- lo dimostra. Entra con successo nella pubblica ammi-
fo greco, Protagora di Abdera (486 a.C.-411 a.C.): su nistrazione e 40 anni dopo ritiene suo diritto acquisito
uno stesso argomento si possono fare due discorsi il vitalizio. Sorte simile per un altro “rivoluzionario”,
opposti, ugualmente ragionevoli. ma di tendenze opposte: Roberto Formigoni, ex espo-
11. “Guida il fascista”: chi non condivide le idee dei nente di “Comunione e Liberazione”: entra in politica
rivoluzionari o del PCI è subito bollato come fascista e diventa presidente della Regione Lombardia, intral-
o altrimenti neo-fascista. E condannando l’avversario lazza in modo eccessivo, è processato e finisce in ga-
si fa prima e si risolvono molti problemi: non si deve lera. Gli ideali della giovinezza erano solidi e profon-
argomentare, non si devono giustificare le proprie di e sicuramente altruisti. Questi gruppi scompaiono
idee. Da un punto di vista storico non possono esiste- negli anni Settanta. Alcuni dei loro simpatizzanti con-
re né fascisti né neo-fascisti: le circostanze che hanno fluiscono in gruppi clandestini che si dedicano alla
mandato Mussolini al governo nel 1923 sono irripeti- lotta armata, tra cui le “Brigate rosse”. Ma ormai
bili. E al Nazional-fascismo del manganello (1919- stiamo uscendo dal periodo in esame e ci fermiamo.
23) segue un Nazional-fascismo dell’ordine (1923- Un testo trovato per caso che parla del “Movimento
40). Poi c’è la guerra (1941-45). A quale Nazional- studentesco” (29.05.2020): Il passato violento di Gi-
fascismo si ispirerebbero i nostalgici? I sinistrati non no Strada, in
lo dicono, fanno di tutte le erbe un fascio.
12. Il lettore può tenere conto delle rivoluzioni del https://groups.google.com/forum/#!topic/it.politica/NrZSkt
passato ed esprimere il suo giudizio sull’uso della hoxHg
violenza e delle armi per cambiare un regime o una
situazione politica. Un solo esempio: per l’unità Conviene anche consultare Wikipedia, voce Anni di
d’Italia anche per il cattolico Alessandro Manzoni il piombo. E anche le voci dei nomi delle varie organiz-
ricorso alle armi era inevitabile (Adelchi, atto III, co- zazioni extra-parlamentari di Sinistra, sopra citate. Di
ro, 1819-22; Marzo 1821, 1848). Un paradosso: il esse oggi resta soltanto il ricordo. La sconfitta era
“Che” volle esportare la rivoluzione fuori di Cuba, inevitabile ed è stata totale, perché l’analisi dei pro-
nell’America Latina e in Africa. Gli USA fecero al- blemi era stata velleitaria e inconsistente.
trettanto con molti Stati mondiali, dal Vietnam del 13. I sinistrati distinguono due tipi di violenza: quella
Sud all’Iraq. Prima di loro i rivoluzionari francesi dello Stato contro di loro (è ingiusta, cattiva, crimina-
vollero esportare gli “immortali principi” del 1789 in le) e la loro contro lo Stato (è giusta, buona, apre la
Europa, dalla Germania fino alla lontana Russia società al sol dell’avvenir). Escludono categorica-
(1812). Non lo facevano gratis: rapinavano le ric- mente che altri, ad esempio i gruppetti di destra, ab-
chezze che trovavano sul loro cammino. I paesi invasi biano il diritto di usare la violenza “buona”.
non apprezzarono e li ricacciarono in Francia. La -----------------------------I☺I-----------------------------
campagna di Russia (1812) fu una catastrofe per gli
invasori. L’esercito francese partì ad agosto, compo-
sto da 600.00 soldati. I russi però non accettarono
battaglia e si ritirarono, facendo terra bruciata. A no-
vembre Napoleone era a Mosca, ma arrivarono i pri-
mi freddi. Diede l’ordine del ritiro, ma era troppo tar-
di: arrivò il terribile inverno russo e i soldati avevano
soltanto vestiti estivi. A questo punto i soldati russi
attaccarono l’esercito in ritirata. Ritornarono in Fran-
cia soltanto 80.000 soldati, una delle sconfitte più du-
re per un generale o per uno Stato.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 636
Ivan Della Mea (1940-2009), O cara mo- menti di Destra ricorrono alle bombe (forse) contro
glie, 1969 gli operai (la “strage di Piazza Fontana”, 1969 ecc.) e
poco dopo, nell’estrema Sinistra, compaiono le Bri-
O cara moglie stasera ti prego, gate Rosse, che rapiscono e uccidono Aldo Moro
di’ a mio figlio che vada a dormire, (1978), capo del governo e segretario della DC.
perché le cose che io ho da dire, 2. Nel testo della canzone compare ancora “il padro-
non sono cose che deve sentir. ne”, uno stereotipo della cultura socialista, che dimo-
stra totale ignoranza (o estrema approssimazione) dei
Proprio stamane là sul lavoro corretti termini giuridici ed economici. Compaiono
con il sorriso del caposezione invece per la prima volta i “crumiri”, che piegano la
mi è arrivata la liquidazione (=velocissimi!), schiena, fanno gli interessi del padrone e indeboli-
m’han licenziato senza pietà. scono la lotta operaia e lo sciopero. D’altra parte do-
vrebbe essere ovvio (ma non lo è) che ogni parte
E la ragione è perché ho scioperato coinvolta cerca di fare alla meglio i suoi interessi,
per la difesa dei nostri diritti, compresi i disprezzati “crumiri”. Di originale c’è il
per la difesa del mio sindacato, rapporto a tre: l’operaio parla alla moglie (sicuramen-
del mio lavoro, della libertà. te casalinga) ed ha anche un figlio, a cui insegnare i
diritti (I doveri possono aspettare…). Un’idea fresca
Quando la lotta è di tutti per tutti e originale, che allontana il testo da gli stereotipi e dal
il tuo padrone, lo sai, cederà, moralismo rivoluzionario, che fa davvero concorren-
e se lui vince, è perché i crumiri za alle storie edificanti della Chiesa cattolica.
gli dan la forza che lui non ha. 3. La canzone è fresca e ben articolata: contiene una
storia che coinvolge il protagonista, la sua famiglia,
Questo si è visto davanti ai cancelli, poi il padrone, i crumiri, lo sciopero. Resta però il
noi si chiamava i compagni alla lotta, consueto vittimismo operaio, che si sente sfruttato e
ecco il padrone fa un cenno, una mossa, che rivendica sempre i suoi diritti. Non rivendica mai
un dopo l’altro cominciano a entrar. doveri verso nessuno, neanche verso la moglie o la
O cara moglie, dovevi vederli famiglia. E non sa mai che, se si assenta dal lavoro
venire avanti curvati e piegati (=tutto inventato) (ad esempio per una malattia, reale o presunta), non
e noi a gridare “crumiri venduti” danneggia il padrone (come invece crede), appesanti-
e loro dritti senza guardar. sce il lavoro degli altri operai, che devono produrre
anche per lui. Neanche i sindacalisti che chiedono
Quei poveretti facevano pena, permessi sindacali riescono a capirlo: vedono soltanto
ma dietro a loro là sul portone il loro interesse, di evitare mezza giornata di lavoro.
rideva allegro il porco padrone (=tutto inventato), Ragionano in una sola direzione.
li ho maledetti senza pietà. 4. “M’han licenziato senza pietà”. Operai e sindacati
non riescono a capire che anche il “padrone” ha i suoi
O cara moglie, io prima ho sbagliato, problemi: pagare salari a operai di cui non ha più bi-
di’ a mio figlio che venga a sentire, sogno significa mettere a rischio la fabbrica. E fab-
che ha da capire che cosa vuol dire brica non vuol dire “padrone” (che ha abbastanza ri-
lottare per la libertà. sorse per non morire di fame), vuol dire gli altri ope-
rai. E invece qui (e altrove) il “padrone” è cattivo e si
Commento diverte a licenziare gli operai: “rideva allegro il porco
1. La canzone è del 1969, è quindi successiva all’oc- padrone”. Il licenziamento è un dramma personale e
cupazione delle università in USA e in tutta Europa familiare, ma bisogna anche capire perché il “padro-
da parte degli studenti e all’ “autunno caldo” italiano ne” è costretto a licenziare. E poi bisogna tener conto
per gli scioperi degli operai, del 1968. Operai e sin- se ci sono altre occasioni di lavoro e se ci sono gli
dacati hanno il mito dello sciopero generale, pensano ammortizzatori sociali. Il denaro non arriva dal cielo,
di poter contare su un’arma sempre vincente. Ovvia- ma dalla vendita dei prodotti della fabbrica.
mente credono alle favole, ai marziani e agli elfi. I 5. Non è chiaro il significato dell’ultimo verso: “lotta-
sindacati hanno una cultura modestissima e non han- re per la libertà”. Qualcosa di simile si era trovato più
no la minima idea di quel che fanno i cattivi capitali- sopra con Bella ciao (canto delle mondine, 1906). Ma
sti dall’altra parte della barricata. Pensano che passi- la parola “libertà” è sempre molto gettonata, anche
no il tempo a incassare denaro, succhiato agli operai, dai rivoluzionari. Tradizionalmente era la libertà dal-
e a dedicarsi a un “dolce far niente”. Il fallimento le tasse, dal bisogno o dai lacci amorosi di una don-
dell’occupazione delle fabbriche nel “biennio rosso” na. Qui dovrebbe essere “libertà dallo sfruttamento”.
(1919-20) non aveva insegnato loro assolutamente 5. Da notare i versi tronchi alla fine di ogni quartina,
niente. L’“autunno caldo” ottiene indubbiamente dei come faceva la poesia tradizionale. Ci sono anche
risultati positivi sul piano contrattuale, ma dà anche delle rime, ma sono incostanti.
avvio alla cosiddetta “strategia della tensione”. Ele- -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 637
Paolo Pietrangeli (1945), Uguaglianza, Un’interpretazione tendenziosa, arbitraria e piuttosto
1969 pesante. E dubbio poi che il “padrone” o l’imprendi-
tore si trovi tra gli operai. Il suo posto è sempre altro-
Ti ho visto lì per terra ve. C’è però un verso oscuro che si chiarirà più tardi:
al sole del mattino “Dicevan che eri matto Ma devo ringraziare la tua
e braccia e gambe rotte pazzia”. Il cantante suscita curiosità nel lettore o
dal dolore. nell’ascoltatore. E vi riesce. Aggiunge subito versi al
Dicevan che eri matto momento incomprensibili:
ma devo ringraziare la tua pazzia.
Ci dicon Siamo uguali
Ti ho visto lì per terra ma io vorrei sapere
poi ti ha coperto il viso uguali davanti a chi?
la giacca del padrone […]
che ti ha ucciso. È comodo per voi
T’hanno coperto subito dire che siamo uguali
eri ormai per loro da buttar via. davanti a una giustizia partigiana.
Ci dicon Siamo uguali Le domande sono e restano misteriose per un po’: che
ma io vorrei sapere c’entrano? Chi parla e in quale occasione? Ma le pa-
uguali davanti a chi? role sono incongrue con la situazione. In genere si fa
uguali per che per chi? riferimento alla legge: “La legge è uguale per tutti”.
Ma il cantante va per i fatti suoi:
È comodo per voi
dire che siamo uguali È comodo per voi
davanti a una giustizia partigiana. che avete in mano tutto
Cos’è questa giustizia dire che siamo uguali davanti a Dio.
se non la vostra guardia quotidiana. È un Dio tutto vostro,
è un Dio che non accetto e non conosco.
Ci dicon Siamo uguali
ma io vorrei sapere Non si riesce a capire perché scomodare Dio e quindi
uguali davanti a chi? la Chiesa (implicitamente accusata di dire che tutti gli
uguali per che per chi? uomini sono uguali, per poi dimenticarsene subito):
siamo in fabbrica, salvo errori. E a questo punto si
È comodo per voi chiarisce e si capisce chi faceva questi discorsi: non
che avete in mano tutto sono il commento del cantante all’omicidio, ma le pa-
dire che siamo uguali davanti a Dio. role che l’ucciso o l’incidentato diceva ai suoi com-
È un Dio tutto vostro, pagni di lavoro. Per inciso, attribuire al “padrone” e
è un Dio che non accetto e non conosco. ai suoi collaboratori discorsi sull’uguaglianza o di-
scorsi da preti è fuori luogo, è un’idea inventata e del
Dicevi questo ed altro tutto gratuita, e bisogna essere fuori di testa per farlo.
e ti chiamavan matto
ma quello in cui credevi verrà fatto. Dicevi questo ed altro
Alla legge del padrone e ti chiamavan matto
risponderemo con Rivoluzione. ma quello in cui credevi verrà fatto.
Commento
1. C’è chi è attaccato al paese e c’è chi non vede l’ora
di scappare. Il motivo è chiarissimo: esso è come “un
vecchio addormentato, La noia, l’abbandono, niente
Son la tua malattia”. Perciò è meglio scappare. Chi
fugge ha già pensato al futuro: è flessibile (“So far
tutto o forse niente, da domani si vedrà”) e non ha
nessuna aspettativa che possa essere frustrata (“E sa-
rà, sarà quel che sarà”). Insomma, se qualcosa va ma-
le, si cerca un rimedio, ma non prima del tempo. La
vita è aperta (“che sarà della mia vita chi lo sa”). A
quanto pare il protagonista non è il solo a morire di
noia: “Gli amici miei son quasi tutti via E gli altri
partiranno dopo me”. Ci si può trovare tutti alla peri-
feria di Torino e avere capra e cavoli: il salario e la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 645
Pino Masi (1946), Lotta continua, 1971 strampalate di Marx, non riuscivano a vedere i cam-
biamenti che sconvolgevano l’Italia e soprattutto loro
Siamo operai, compagni, braccianti stessi. E i cambiamenti fanno bene a qualcuno e male
e gente dei quartieri a qualcun altro. Erano giovani, disoccupati o studenti,
siamo studenti, pastori sardi, e soprattutto ignoranti. Pensavano di leggere la realtà
divisi fino a ieri! con i discorsi fatti al bar, con le accuse mosse ai pa-
droni, con la lettura di qualche testo marxiano o mar-
Lotta! Lotta di lunga durata, xista. Illusi. E pensavano di conquistare lo Stato o di
lotta di popolo armata: abbatterlo, anche se non avevano la minima idea di
lotta continua sarà! che cos’era lo Stato e a che cosa serviva. Inutile dire
che la responsabilità è del PCI, da cui erano fuggiti. Il
L’unica cosa che ci rimane PCI era responsabile di aver riempito la loro testa di
è questa nostra vita, idee rivoluzionarie impraticabili. E di aver istillato in
allora compagni usiamola insieme loro l’idea che l’unica soluzione fosse la lotta di clas-
prima che sia finita! se, la violenza e la dittatura del proletariato…
4. Va bene, ammazziamo tutti i padroni, ma poi che
Lotta! Lotta di lunga durata... cosa si farà? Come ci si organizzerà? Mistero doloro-
so. Con appena tre neuroni si poteva pensare fin d’ora
Una lotta dura senza paura a costruire una società senza padroni. Ma le auto-
per la rivoluzione gestioni sono sempre fallite.
non può esistere la vera pace 5. A fine maggio 1968 i lavoratori parigini scioperano
finché vivrà un padrone! contro gli studenti: vogliono andare a lavorare, non
vogliono la benzina razionata, vogliono mangiare. E
Lotta! Lotta di lunga durata... gli studenti sono sconfitti. I fatti parigini del 1968
non insegnano niente ai rivoluzionari nostrani. Un
Commento quadro si trova più sotto: Nino Gorio, Maggio ‘68:
1. Sorpresa! Siamo riusciti a scovare due testi (questo quel mese di fuoco che incendiò Parigi, 28.04.2008.
e il seguente) che giacevano da decenni nel dimenti- 6. Il riferimento ai pastori sardi è strano e lascia per-
catoio della storia. Vale la pena di leggerli con atten- plessi e andava evitato: fa pensare ai sequestri di per-
zione e di rifletterci sopra. Magari conviene anche sona in voga dagli anni Sessanta in poi:
confrontare il presente con questi lontani anni (1967- “Anonima sequestri (o Anonima sarda) è stata un’e-
69), pieni di rabbia e di illusioni rivoluzionarie. Se si spressione giornalistica utilizzata dai media italiani per in-
ha lo stomaco forte e l’animo incline al perdono e al dicare gruppi criminali (non c’è mai stata in Sardegna una
sorriso, si possono confrontare gli adulti di oggi con i mafia, ma dei gruppi provvisori che si sciolgono a obietti-
rivoluzionari che erano o che dicevano di essere ieri. vo raggiunto) di origine sarda dediti ai sequestri di perso-
2. La qualità letteraria delle due canzoni è assoluta- na, inizialmente in Sardegna, ma poi anche in altre regioni
mente inesistente, ma vale la pena di leggerle per co- italiane, in prevalenza dagli anni 1960 agli anni 1990.
noscere le idee di questi gruppetti extraparlamentari La gravità del fenomeno fu tale che, già alla fine degli anni
di Sinistra. Come le canzonette di Sanremo, più che il Sessanta fu istituita una commissione parlamentare d’in-
testo è importante la musica e soprattutto il fatto che chiesta sul fenomeno del banditismo in Sardegna, oltre a
la canzone sia cantata dal vivo, di sera, in piazza. Si modifiche legislative volte a inasprire le pene per il reato
entra davvero in un altro mondo. I cantanti di estrema di sequestro di persona e alla procedura del blocco dei beni
Sinistra avevano una voce eccezionale, che bloccava della famiglia del rapito che, con altri fattori, posero fine al
qualsiasi attività cerebrale. Anche qui la Chiesa deru- fenomeno dei rapimenti a scopo di estorsione nei primi an-
bata insegna: il canto unisce le persone. ni Novanta.
3. L’inno del gruppetto ripete le solite tesi del movi- Gruppi di sequestratori di origine sarda hanno operato in
mento operaio, ha un’idea vaga, anzi vaghissima del- Sardegna, compiendo 177 sequestri in trent’anni, prevalen-
la realtà, come Padroni e Stato, anzi Stato e Padroni temente in Gallura (ad opera di una banda chiamata dai
(suona meglio). Ma dietro ci sta il nulla teorico e po- giornalisti Anonima gallurese o Superanonima), in Barba-
litico. I movimenti di estrema Sinistra erano in genere gia, Baronie e Ogliastra, occasionalmente nella vicina Cor-
marxisti-leninisti e ripetevano per la situazione italia- sica, e in regioni italiane come la Lombardia, l’Emilia Ro-
na di fine anni Sessanta quel che Lenin aveva scritto magna, il Lazio, l’Umbria e la Toscana, dove si contano
per la Russia anni Dieci, prima della rivoluzione venti sequestri. I paesi più noti per la provenienza di se-
d’ottobre (1917). Erano indottrinati, anzi, si erano in- questratori sono Orgosolo, Orune e Mamoiada.
dottrinati e si erano fatti un super-lavaggio del cervel- Il fenomeno dei sequestri di persona in Sardegna guadagnò
lo. Erano rabbiosi e arrabbiati, davano la colpa non a notorietà nei media italiani negli anni Sessanta, quando la
se stessi o alla propria famiglia o al fatto che erano frequenza dei rapimenti si impennò e si estese anche alla
nati in Meridione e non a New York, ma allo Stato e penisola, specialmente in regioni dove erano già presenti
ai padroni. Erano a favore dell’autoriduzione, non sa- comunità di immigrati sardi praticanti attività agro-pasto-
pevano niente di economia, tranne alcune teorie rali. Il rapimento di personaggi famosi, come il cantautore
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte,
Commento
1. La Canzone del maggio è una libera traduzione di
Dominique Grange, Chacun de vous est concerné
(Ciascuno di voi è coinvolto), scritta dopo le conte-
stazioni studentesche di maggio 1968 in varie città
della Francia.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 654
2. La contestazione studentesca è paradossale: gli rientrano in modo tempestivo. Insomma per la con-
studenti si possono permettere di contestare i loro pa- troparte la contestazione è stata utilissima. Anche se
dri, perché i loro padri con il loro lavoro e con i loro mai e poi mai avrebbe potuto minacciare il sistema,
sacrifici erano riusciti a dar loro quel minimo di be- come invece i contestatori credevano…
nessere che permetteva anche di protestare senza il 5. E così, che gli studenti contestassero in buona o
rischio di danneggiare l’intera famiglia. Tornando a mala fede, non importa. Sono stati invece di un ine-
casa, i contestatori trovavano sempre il frigo pieno e stimabile aiuto per la controparte, per gli industriali e
la tavola pronta. E gli studenti protestavano proprio per i “padroni”. Essi dicevano l’immaginazione al po-
contro quel benessere che permetteva loro di conte- tere, e in effetti l’immaginazione e la creatività erano
stare. Essi contestavano il consumismo e non sapeva- già al potere e vi rimanevano. In nessun caso si fa la
no che nessuna società in precedenza aveva avuto un rivoluzione con gli slogan, che siano a rima baciata o
benessere simile: i figli potevano studiare con le spal- meno. Sono inadeguati.
le economicamente protette o andare a lavorare e ave- 6. La canzone vorrebbe costringere l’ascoltatore a
re un salario o uno stipendio. La loro lotta contro la schierarsi con gli studenti. Lo fa in modo offensivo e
società costituita è una lotta contro una realtà che non aggressivo e ricorre alla morale e al ricatto: “anche se
conoscevano minimamente. Non riuscivano nemme- voi vi credete assolti Siete lo stesso coinvolti”. Nes-
no a capire perché i loro genitori si scannavano ad sun problema: è la tipica strategia della Sinistra, ita-
andare in fabbrica e a fare sacrifici per avere la Cin- liana ed europea. Ma né questa né altre canzoni né
quecento e per fare con i figli 10 giorni o due setti- altri documenti spiegano perché ci si dovrebbe schie-
mane di vacanze al mare. È la tragedia delle incom- rare con gli studenti, che sono giovani, e con i giova-
prensioni. Padri e figli potevano dialogare in casa e ni operai. E perché l’ascoltatore non dovrebbe essere
fuori di casa, ma era saltato il collegamento: non si libero di scegliere quel che vuole: schierarsi con gli
capivano più e non si parlavano più. Anzi per la pri- studenti, contro gli studenti, con i celerini, contro i
ma volta nella storia i figli contestavano i padri! Ave- celerini, con lo Stato, contro lo Stato, infine con i
vano sempre ubbidito senza fiatare. marziani o contro i marziani, non è mai detto. Al li-
3. E anche la canzone di De André è un monumento mite restare indifferenti e stare salomonicamente o
all’incomprensione: i contestatori chiedono di essere sadicamente a guardare o ritirarsi in un convento di
capiti e aiutati e colpevolizzano gli indifferenti e monache. Una voce della controparte o dei genitori
quelli che non si ritengono coinvolti. Non passa loro potrebbe dire: “Ragazzi, il vostro compito è studiare,
nemmeno per la testa che magari valesse la pena di vi manteniamo per questo motivo. Se avete delle ri-
ascoltare la controparte, la generazione dei loro geni- chieste da fare, fatele, vi ascoltiamo. Dopo tutto o
tori. Non riescono mai a capire che possono godere prima di tutto non siamo forse i vostri genitori e voi
della libertà di studiare e ancora di contestare perché i non siete forse i nostri eredi? E per mantenervi a stu-
genitori avevano lavorato sodo, pensando al futuro diare siamo disposti a fare anche enormi sacrifici”.
della loro famiglia. Essi avevano prodotto quella ric- Un buono stratega si chiede qual è la via più redditi-
chezza di cui i figli ora stavano godendo i frutti. I fi- zia: occupare le università o il dialogo o altre forme
gli non erano contenti: credevano alle fate e alle bac- di azione. E un buon generale non si abbandona mai
chette magiche. E gridavano: tutto e subito. Non sa- all’emotività e neanche all’improvvisazione.
pevano o ignoravano o dimenticavano che la ricchez- 7. “La paura di cambiare”: a dire il vero, la genera-
za era di chi la produceva o la faceva produrre e di zione dei padri aveva cambiato stile di vita, usi e co-
chi era inserito nell’economia e riceveva un salario o stumi. E per andare dove? In paradiso? No. Aveva
uno stipendio. C’erano dei banalissimi diritti di pro- lavorato, prodotto e acquisito un po’ di benessere. Era
prietà… E i giovani “proletari” che non avevano soldi scomparso lo spettro della fame e della povertà. Per-
facevano autoriduzione: il prezzo della merce doveva ché mai voler cambiare ancora, con il rischio di per-
scendere al loro potere d’acquisto. Una stupidaggine dere anche quel po’ di “largo” e disponibilità conqui-
sul piano della teoria economica e del buon senso. La state? E poi cambiare che cosa da sostituire con che
rinuncia a soddisfare e a soddisfare subito i propri de- cosa? Nessuna risposta: il pensiero è a una sola dire-
sideri è considerata un delitto. L’autoriduzione diven- zione. C’è lo stesso errore di ragionamento riscontra-
ta una prassi, anche l’auto-appropriazione proletaria, to nel Principe (1512-13) di Machiavelli. È chiaro
che normalmente era indicata come furto. che i giovani sono disposti a rischiare: non hanno
4. La contestazione era mal preparata, poiché i conte- niente da perdere e tutto da guadagnare. Ed è altret-
statori non avevano che vaghissime idee sulla società tanto chiaro che i vecchi non sono disposti a rischia-
che contestavano. Si rifaceva a L’uomo a una dimen- re: hanno tutto da perdere e niente da guadagnare. E
sione, quella economica, di Herbert Marcuse (1898- oltre a ciò le auto bruciate sono una porcata che i gio-
1979) e sulle idee della Scuola di Francoforte. E po- vani contestatori, rivoluzionari e sinistrati, fanno più
teva andare incontro soltanto al fallimento. Com’è volte nel corso dei decenni contro la società costituita
stato: un fuoco di paglia. Eppure il potere costituito e e le generazioni precedenti, da cui sono mantenuti.
l’economia colgono al volo l’occasione offerta, si ag- Una manifestazione altissima di stupidità intellettuale
giornano e si ristrutturano. Spengono le contestazioni e di capricci infantili.
di studenti e operai allargando la borsa, e le proteste
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 655
8. La confusione mentale, tipica della Sinistra e dei ma serviva tempo per farlo. La ricchezza diffusa non
rivoluzionari da salotto, si esplica in modo chiaro e aveva precedenti nella storia umana.
contraddittorio: i contestatori e i rivoluzionari voglio- 11. Com’è noto, nelle rivoluzioni o nei rapidi cam-
no “tutto e subito” e nel contempo vanno a spaccare biamenti sociali c’è chi ci guadagna e c’è chi ci per-
vetrine, a incendiare auto e a praticare l’autoridu- de. Era successo nel 1770 con la prima rivoluzione
zione, insomma distruggono quel po’ di benessere industriale, e succede intorno al 1968. Gli individui si
che ha raggiunto quella che essi considerano la con- muovevano nello sviluppo economico con velocità e
troparte e che alla fin fine sono i loro genitori. I geni- culture diverse. Il “collasso”, cioè la contestazione,
tori avevano tirato la cinghia, avevano usato anche le era inevitabile. Gli operai guadagnavano poco rispet-
“sgalmare”, le scarpe con suola di legno, avevano fat- to ai prodotti che il mercato proponeva loro. Gli stu-
to sacrifici, avevano lavorato sodo e avevano fatto gli denti non avevano nemmeno denaro per fare un ac-
straordinari, per avere la “500” e 10 giorni di ferie per quisto qualsiasi e dipendevano del tutto dalla fami-
tutta la famiglia. La solidità e la serietà dei valori dei glia, e ancora per chissà quanti anni…
contestatori si vede subito: lo Stato versa un po’ di 12. È meglio distinguere la contestazione degli anni
denaro nelle loro tasche, aumentando il pre-salario, e Sessanta e il maggio-giugno parigino del 1968. In-
la contestazione rientra subito, completamente. Non dubbiamente la contestazione confluisce nelle prote-
resta neanche la pratica privata dei “valori” professa- ste di maggio, ma il maggio parigino ha altre cause:
ti. Basta vedere come sono diventati oggi (2022) i la riforma dell’istruzione, che non piace agli studenti
contestatori di ieri e dell’altro ieri. di lettere, gli operai insoddisfatti del salario, l’ecce-
9. Essi vogliono tutto e subito e non dicono mai che zionale alleanza tra studenti universitari e operai che
cosa offrono in cambio. Non aggiungono mai altri va- porta all’occupazione della “Sorbona” e delle fabbri-
lori, oltre queste pretese. Liquidano i problemi con che. A Parigi però compaiono e si scontrano con ma-
frasi campate per aria, con slogan, muovendo l’ac- nifestazioni opposte le due anime della Francia. Quel-
cusa ai “padroni” di sfruttare gli operai, ma essi non la dei contestatori (studenti e operai), che incendiano
sono operai, sono studenti: non lo sanno. La parola le auto, e quella dei francesi, che vogliono normalità,
magica, anzi una delle parole magiche, è sfruttamen- cioè una situazione tranquilla, perché devono andare
to, lo sfruttamento capitalista, un’altra è padrone, a lavorare, altrimenti non si mangia. Così, quando i
un’altra è Servire il popolo, di chiara derivazione ec- secondi protestano e chiedono il ripristino dell’ordi-
clesiastica. Un’altra è lotta di classe o cultura classi- ne, la contestazione rientra nei ranghi con una rapidi-
sta. Un’altra è proletari: Marx e la Scuola di Franco- tà straordinaria.
forte sono saccheggiati. L’ignoranza, l’approssima- 13. Gorio cita alcune parole d’ordine dei contestatori
zione, il rifiuto di studiare, l’auto-indottrinamento so- sessantotteschi: anti-autoritarismo, anti-consumismo,
no la prassi costante. Non sanno che si può consuma- rifiuto della “società borghese”. I contestatori non sa-
re soltanto ciò che si produce. E che perciò si deve pevano nulla su questi argomenti. E reagivano in base
produrre e lavorare 40 ore alla settimana, per ricevere ai loro desideri. La società tradizionale non era auto-
il salario o lo stipendio e per dare al datore di lavoro ritaria, semplicemente aveva un’altra organizzazione,
o all’imprenditore, all’industriale o al piccolo indu- basata sull’obbedienza dei figli ai genitori, perché
striale la prestazione o il servizio o il lavoro che ha non si poteva permettere altri rapporti. La contesta-
acquistato da noi. Eppure le storture c’erano, ma non zione al consumismo era confusa: indicava il contra-
le vedevano: i docenti universitari che propinavano rio, il timore di essere esclusi dal consumismo… La
una cultura ammuffita, inutile, astratta, vecchia di 20 società borghese era organizzata o almeno aveva una
anni e più, che non conoscevano la parola aggiorna- sua organizzazione. I contestatori si limitano a rifiuta-
mento e ripetevano le stesse cose fino alla pensione a re quei valori e quella organizzazione, senza indagare
70 anni, che erano intoccabili e che erano “baroni”. e senza capire che organizzazione significa specializ-
“Barone” è forse l’unica parola decente che i conte- zazione e uso più razionale delle risorse. Si può capi-
statori abbiano detto. Eppure anche qui confondono il re che erano giovani, pieni di sogni, desiderosi di
potere del barone (che criticano) con la competenza cambiare la società e pieni di idee campate per aria.
del docente universitario. Non si chiedono se c’è o Si può capire pure che non erano addestrati a pensare
non c’è, anche se gli studenti non sono certamente e a elaborar dati e che volevano fare la bella vita nel
nella posizione giusta per valutare i docenti. paradiso terrestre, perché tanto pagavano i genitori ed
10. E gli intellettuali a loro favorevoli come a loro il frigorifero era sempre pieno, rifornito quotidiana-
ostili non hanno svolto la loro funzione di chiarire il mente dai marziani. Ma la loro contestazione si basa-
senso, le cause e le sbavature della protesta. Doveva- va sul nulla assoluto, sull’ignoranza più radicale e
no farlo: pensare era il loro mestiere. E le cause erano profonda del proprio mondo. Cogitatio olet, pensare
due: a) il benessere permetteva di protestare e anche puzza, meglio non farlo. Vedersi facilitare l’entrata in
di parlare a vanvera, cosa che prima non era mai stato ambito lavorativo (riforma di Christian Fouchet) è
possibile; e b) i cambiamenti erano stati troppo veloci un’offesa ai loro Nobili Ideali di mantenuti. La socie-
e troppo estesi ed era impossibili correr loro dietro, tà costituita è il male, essi invece sono il bene. Non
assimilarli e assestarsi o assestarli. Bisognava elabo- riescono nemmeno a vedere che impedendo ai parigi-
rare una nuova cultura, una cultura in fretta e furia, ni di lavorare provocano danni alle famiglie…
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14. “Vietato vietare” è uno degli slogan più dementi sivi con un senso di rimpianto. Avevano visto il para-
usciti da quei cervelli mal funzionanti. Basta avere tre diso terrestre e non erano riusciti a rimanervi dentro.
neuroni per chiedersi che cosa è vietato e per quale L’amor libero, i proclami esagitati scritti in ore not-
motivo è vietato: soltanto in un secondo momento si turne, la lotta contro il potere costituito, la lotta con-
può decidere se il divieto è ragionevole o irragione- tro la polizia e la carica dei gendarmi, la lotta e il ri-
vole. Ad esempio sulle strade è meglio rispettare fiuto delle catene del passato, un po’ di droga, un po’
scrupolosamente il codice, per evitare di infilarsi in di illegalità, il piacere della trasgressione, la visione
una strada a senso unico e provocare danni a sé e agli di una nuova società futura. Un futuro personale aper-
altri. E invece no: il divieto va subito cassato… to, diverso dal rullino di marcia della società dei geni-
15. Un discorso a parte merita la “repressione” ses- tori. E, ancora, la giovinezza, il tempo libero, lo stu-
suale. Repressione? Ma va là! Si trattava invece di dio, l’auto-plagio, l’ebbrezza del primo bacio e della
Organizzazione sessuale. È bello frullare, ma se ci prima frullata e poi della seconda. La vita gioiosa sul-
scappa un figlio, il figlio si deve mantenere. Uno stu- la punta del pene e della clitoride. Questo fu il Ses-
dente non lavora, suo figlio va a pesare sulle spalle santotto.
dei genitori: possono mantenerlo facilmente o no? E 17. C’è ancora un problema da chiarire: i contestatori
un figlio assorbe moltissimo tempo e denaro. L’or- si erano lavati il cervello con la rivoluzione sessuale
ganizzazione tradizionale “borghese” prevedeva che di Wilhelm Reich e con il Marxismo, che aveva una
ti cercavi la morosa, ti cercavi un lavoro, ti sposavi, visione conflittuale della società, appunto la lotta di
andavi ad abitare per i fatti tuoi, poi frullavi e ti orga- classe. La domanda è: gli studenti avrebbero ottenuto
nizzavi in modo che un figlio non fosse un peso inso- di più o di meno con altre strategie? Ad esempio, ba-
stenibile. I bravi contestatori non sanno che chi vole- nalmente, parlando con i loro genitori e chiedendo
va si prendeva pure l’amante (se la poteva mantenere) alla controparte, allo Stato, stabilendo che cosa pote-
o frequentava donne disponibili ad aprir le gambe a vano avere e che cosa potevano dare in cambio.
pagamento… Si frulla dentro il matrimonio o dentro 18. A distanza di 54 anni (2022) non c’è ancora una
il rapporto stabile, e il matrimonio nelle previsione riflessione e un consuntivo soddisfacente del maggio
deve durare a lungo. Il divorzio è per i ricchi, è una 1968 e della contestazione giovanile. E allora ci ac-
soluzione troppo costosa. E poi le coppie erano com- contentiamo della ricostruzione e della valutazione di
plementari: lui aveva bisogno di lei e lei di lui. Pove- Nino Gorio sul “Sole24Ore” (2008), qui sotto, che ci
ro Wilhelm Reich (1897-1957), quante stupidaggini sembra ottima e pure condivisibile. E dovrebbe essere
hai scritto sulla libertà sessuale! Nessuno lo ha mai chiaro, ma è meglio dirlo esplicitamente, che criticare
invitato a suicidarsi! i contestatori non significa schierarsi con la contro-
16. I contestatori volevano adattare la società, l’eco- parte, come in genere si pensa e i contestatori pensa-
nomia, la cultura alle loro esigenze, anche se era più no. I punti di vista possono essere infiniti.
semplice fare il contrario. Ma è della natura umana -----------------------------I☺I-----------------------------
essere egoista ed egocentrica. Momenti magici sono
un film e un concerto. Il film è di Denis Hoppper-
Peter Fonda, Easy Rider, USA, 1969. È modestissi-
mo, ma diventa un simbolo per i giovani di tutto
l’Occidente, compresi i giovani rivoluzionari di Sini-
stra: due moto potenti e costosissime, comperate con i
soldi della cocaina venduta, un po’ di droga, un vago
“amore libero” pieno d’inibizioni e tabù, un viaggio
sconclusionato dentro e fuori di se stessi, che attra-
versa l’America da Los Angeles alla Louisiana. E alla
fine del viaggio arriva il cattivo con il fucile, che
ammazza i due cappelloni, soltanto perché hanno i
capelli lunghi. Un motivo mai preso in considerazio-
ne dagli scrittori di gialli. Il concerto è il Festival of
Woodstock, 3 Days of Peace & Rock Music (Wood-
stock: tre giorni di pace e di musica rock), Bethel,
New York, 15-18.08.1969. I giovani che non riescono
ad andarci di persona, lo vedono qualche mese dopo
al cinema. Si può aggiungere pure un film italiano gi-
rato per gli USA: Michelangelo Antonioni, Zabriskie
Point (USA, 1970), stroncato dalla critica per trama
esile e fotografia provinciale. Comunque sia, i conte-
statori del 1968 possono vantarsi di aver vissuto al-
cuni mesi appassionatamente, fuori della fredda logi-
ca e della gelida e razionale organizzazione della vita.
Un ricordo che li accompagnerà nei decenni succes-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 657
Nino Gorio, Maggio ‘68: quel mese di corteo di entrare a forza nella Facoltà di architettura,
fuoco che incendiò Parigi, 28.04.2008 presidiata dalla polizia.
In principio fu Nanterre, poi venne la Sorbona e infi- Ma torniamo alla Francia, che arrivò ultima sulla
ne il resto della Francia, che per più di un mese scena del Sessantotto, per diventarne però la primat-
piombò in un clima insurrezionale, con occupazioni, trice. Il 2 maggio, dopo 40 giorni di occupazione,
cortei, scontri e barricate ovunque. Fu una quasi- l’Università di Nanterre fu sgomberata dalla polizia.
rivoluzione, che dalle università si estese alle fabbri- La prova di forza ebbe l’effetto opposto dal voluto;
che, facendo scricchiolare la Quinta Repubblica. Tut- infatti l’indomani gli studenti sloggiati si trasferirono
to ciò accadeva 40 anni fa: era da un secolo che Pari- alla Sorbona e contagiarono la maggiore università
gi non vedeva niente di simile [dal 1870, Comune di parigina coi loro slogan perentori: “L’immaginazione
Parigi]. Poi Charles De Gaulle, “padre della patria”, al potere”, “Tutto e subito”, “Vietato vietare”. A gui-
andò in Tv, lanciò un appello alla nazione, indisse le darli era un anarchico nato tedesco: Daniel Cohn-
elezioni e sbaragliò tutti: barricate e partiti avversari. Bendit [1945], detto Dany il Rosso.
La situazione precipitò subito: lo stesso 3 maggio la
L’hanno chiamato “maggio francese”, perché la fase polizia circondò la Sorbona e ci furono i primi scon-
acuta della rivolta iniziò il 3 maggio, con i primi tri; il 7 e l’8 grandi cortei attraversarono Parigi; il 10
scontri alla Sorbona. Ma è un nome improprio, per- nel Quartiere Latino (il rione dell’università, a sud
ché in realtà il “maggio” iniziò a marzo e finì in giu- della Senna) sorsero barricate e per tutta notte le vie
gno. Mese o quadrimestre che fosse, quel periodo fu divennero un campo di battaglia, con centinaia di fe-
il clou del Sessantotto europeo, dove “Sessantotto” riti. Il giorno 13 la rivolta toccò l’apice: mentre un
va scritto, come d’uso, in lettere e con la “S” maiu- manipolo di studenti occupava la Sorbona, 800 mila
scola, perché non indica solo una data, ma anche scioperanti bloccavano Parigi, sfilando al grido di
quell’eterogeneo movimento giovanile che attraversò “Ce n’est qu’un debut, continuons le combat” (“È so-
mezzo mondo, segnando – nel bene e nel male – lo l’inizio, continuiamo la lotta”).
un’intera generazione.
Ormai il “maggio” non era più solo una rivolta di
Perché la rivolta? La miccia che innescò l’incendio fu studenti: la protesta universitaria si era saldata con
una riforma, proposta da Christian Fouchet (ministro vertenze contrattuali di varie categorie, creando una
dell’Educazione nel governo gollista di Georges miscela esplosiva che sfuggiva di mano anche alla
Pompidou), che tendeva a creare un legame stretto fra Cgt, la Cgil francese. Fuori Parigi si moltiplicavano
università e mondo produttivo. All’inizio del 1968 il le fabbriche occupate: il 14 erano solo due, a Nantes e
progetto, definito “tecnocratico”, creò diffusi malu- in Lorena; ma il giorno dopo divennero 50, sparse in
mori, soprattutto nelle facoltà umanistiche, che si sen- tutto il territorio nazionale. Il 20 fu occupato anche il
tivano marginalizzate. Il 22 marzo si registrò un pri- porto di Marsiglia. E il 21, mentre alla Sorbona par-
mo atto di protesta: circa 200 studenti occuparono la lava Jean-Paul Sartre [1905-1980], un nuovo sciopero
Facoltà di lettere dell’Università di Nanterre, sobbor- coinvolse ben 7 milioni di persone.
go di Parigi.
Il “maggio” era sempre più eversivo per la Francia
Ma Fouchet era solo una miccia casuale: già dal 1967 gollista. Eversivi erano non solo gli atti di violenza,
tutti gli ambienti giovanili d’Europa erano in fermen- né solo i danni economici: tale era anche l’atteggia-
to. Motivi: sovraffollamento delle università, incer- mento irridente con cui i ribelli della Sorbona tratta-
tezza degli sbocchi professionali, crisi dei valori tra- vano istituzioni e modelli di comportamento tradizio-
dizionali, scarso ricambio nelle classi dirigenti. In nali. Nei cortei sfilavano ragazze a seno nudo, con
Germania l’epicentro del movimento era Berlino berretto frigio in testa e bandiera rossa in mano, cari-
Ovest, patria di Rudi Dutschke [1940-1979], capo ca- cature di Marianne1, icona femminile della “Republi-
rismatico degli studenti di sinistra. Quanto all’Italia, que”. E nel Quartiere Latino nuove targhe ribattezza-
tutto era iniziato a Trento, dove gli studenti avevano vano le vie: boulevard St-Michel divenne in quei
occupato la Facoltà di sociologia con mesi di anticipo giorni “rue du Vietnam héroique”.
rispetto ai loro omologhi di Nanterre.
Poi il vento cambiò, i cortei si assottigliarono e in
Articolati in gruppi diversi, i vari movimenti del- piazza cominciò a scendere tutta un’altra Francia,
l’Europa Occidentale erano accomunati da alcune pa- quella che chiedeva normalità. Il giorno di svolta fu il
role d’ordine: anti-autoritarismo, anti-consumismo, 25, quando si registrarono i primi due morti dall’i-
rifiuto della “società borghese”. Da una certa fase in nizio degli scontri, un poliziotto e un manifestante. Il
poi li accomunò anche una diffusa violenza, sia infer- colpo di grazia arrivò il 26, quando i francesi si senti-
ta che subita. La Germania vide scorrere il primo rono dire che la benzina doveva essere razionata, per
sangue l’11 aprile con un attentato a Dutschke. L’Ita-
lia ebbe il battesimo del fuoco il 1° marzo, con la 1
[La Marianne nel quadro di Eugène Delacroix, La Libertà
“battaglia di Valle Giulia”, nata dal tentativo di un che guida il popolo, 1830.]
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 658
le difficoltà di rifornimento create da scioperi e di- “sovraffollamento delle università, incertezza degli
sordini. Morale: il giorno 30 un nuovo, imponente sbocchi professionali, crisi dei valori tradizionali,
corteo attraversò Parigi; non reclamava “tutto e subi- scarso ricambio nelle classi dirigenti”. I rinnovi con-
to”, bensì “ordine subito”. trattuali fanno sì che le proteste di studenti e operai si
uniscano e si amplifichino. Peraltro accanto al motivo
Così, mentre il socialista François Mitterrand, princi- occasionale c’era una cultura della contestazione che
pale leader di opposizione, chiedeva un governo di ormai aveva attecchito e che all’occasione sarebbe
unità e pacificazione nazionale, De Gaulle fiutò l’aria emersa o esplosa. Ma la contestazione e gli scioperi
favorevole e spiazzò tutti: apparve in Tv, sciolse trovano l’ostilità di coloro che devono andare a lavo-
l’Assemblea nazionale (Camera) e convocò nuove rare, che fanno una contro-protesta. Alla fine il crollo
elezioni per fine giugno. Alla Sorbona ci furono alcu- improvviso (o il collasso) della contestazione studen-
ni colpi di coda, ma ormai il futuro era segnato: alle tesca. E un rafforzamento del governo in carica.
elezioni il partito gollista Udr fece il pieno, portando 3. Sia chiaro: capire la società e l’economia era diffi-
a casa 297 seggi su 487. De Gaulle aveva stravinto: cile, e gli studenti erano giovani e non avevano capa-
oltre alle barricate aveva spazzato via anche l’op- cità analitiche. Potevano inventarsi soltanto degli slo-
posizione parlamentare. gan oppure auto indottrinarsi con opere semplici e di
successo come quelle di Marcuse e della Scuola di
Commento Francoforte. D’altra parte la storia dei movimenti di
1. La rivoluzione o (se la parola non piace) i cambia- opposizione dimostrava che i rivoluzionari mai ave-
menti non si possono fare con gli slogan che suonano vano elaborato analisi socio-economiche che permet-
bene come “L’immaginazione al potere”, “Tutto e tessero una strategia vincente. La loro cultura era ar-
subito”, “Vietato vietare”. Servono ben altre analisi e retrata o proveniva dalla Chiesa, e le loro idee erano
ben altre proposte. Magari poteva essere utile capire i velleitarie e del tutto campate per aria. Basta ricorda-
motivi della controparte: lo Stato, i “padroni”, i limiti re il fallimento in Italia dell’occupazione delle fabbri-
del salario o dello stipendio e, in particolare, che cosa che o “biennio rosso” (1919-20).
aveva bloccato la comunicazione tra una generazione 4. Gorio ha ricostruito bene la protesta e i motivi del-
e l’altra, tra i figli e i padri. Ma la fretta di cambiare la protesta, ma non è un generale che deve esaminare
fa dimenticare queste regole basilari. Gli studenti pro- il campo di battaglia per conseguire la vittoria. È un
testano (i motivi riportati dal giornalista sono seri e giornalista, che fa bene il suo lavoro e descrive bene
condivisibili), ma non trovano orecchi che li ascolta- gli avvenimenti, indicando cause e conseguenze.
no: la controparte non li può capire. I padri pensava- Neanche i contestatori sono stati dei generali: si com-
no di aver dato ai figli tempo libero, diritto allo stu- batte per vincere o per spuntar qualcosa, non per farsi
dio, l’iscrizione all’università, un po’ di benessere, caldo. Ma non lo sapevano e pretendevano di avere
l’auto di famiglia e 10 giorni di vacanza. Sono fieri tutto e di cambiare tutto. Una semplice contro-
del loro lavoro, sono stati realisti, hanno lavorato, manifestazione mette fine a tutte le velleità studente-
hanno prodotto ed hanno avuto. E i figli disprezzano sche. Il generale De Gaulle ha colto al volo l’occa-
e contestano tutto questo. Disprezzano il consumismo sione di vincere, preparata da altri.
(a parole, ma si comportano come la volpe e l’uva 5. La storia è paradossale: la contestazione ha per-
acerba), e non sanno che consumismo (o quello che messo alla controparte (Stato e industria) di riorga-
è) significa più posti di lavoro agli operai. Significa nizzarsi e di aggiornarsi. Le idee rivoluzionarie pos-
recuperare una ideologia, quella del non consumo sono aprire mercati di nicchia, come le magliette con
(non si tratta del risparmio, del risparmio delle risor- l’immagine di Che Guevara, nuove mode e nuovi
se), che veniva proposta dalla Chiesa cattolica e pra- monili. E incrementare il consumismo. Le mode sono
ticata dai fedeli, volontariamente e pure involonta- passeggere, cambiano spesso, e riguardano prodotti
riamente, perché l’economia produceva poco, e il di- effimeri, di costo contenuto e di bassa qualità, adatti
giuno, l’astinenza, il non consumo permettevano che alle fasce d’età studentesche, che hanno modesto po-
anche gli emarginati mangiassero. Permettevano pure tere d’acquisto. E le imprese possono lavorare a ciclo
di sopportare la fine dell’inverno e delle risorse ali- continuo.
mentari (i digiuni in Quaresima). In tal modo si ridu- -----------------------------I☺I-----------------------------
cevano i conflitti sociali. La contestazione è velleita-
ria e fallisce perché non si basa su una decente cono-
scenza della realtà e della storia. ma si potrebbe in-
terpretare in modo banale come un fine settimana di-
verso dal solito.
2. Gorio ha lavorato bene, si è posto le domande per-
tinenti e vi ha risposto: “Perché la rivolta? La miccia
che innescò l’incendio fu una riforma, […] che ten-
deva a creare un legame stretto fra università e mon-
do produttivo”. Le facoltà umanistiche si sentono pe-
nalizzate e iniziano a protestare. I motivi sono seri:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 659
Due fili conduttori delle canzoni politiche: to, la merce resta agli operai che (si suppone) la ven-
lo sfruttamento degli operai e l’abolizione dono. E allora come funzionerà la produzione? La
dei confini tra Stati, 2020 fabbrica funziona soltanto con gli operai, non serve
nessun altro, né ingegneri, né fornitori, né segretarie,
Vale la pena di raccogliere i versi delle canzoni che né donne delle pulizie. Tutti costoro sono inutili (ma
riguardano due temi: 1) lo sfruttamento degli operai non sono posti di lavoro che saltano?). Questo però è
da parte dei “padroni” (latifondisti, industriali o im- soltanto un pio desiderio, a cui operai, intellettuali,
prenditori) e 2) i confini tra gli Stati (1871-1973). sindacalisti e partiti di Sinistra non hanno mai rinun-
Operai, sindacati e partiti vogliono il lavoro in pace e ciato. Ugualmente hanno sempre rinunciato a studiare
libertà, anzi vogliono che tutti si identifichino nel la- l’economia classica e i testi di economia, che propo-
voro. Ma accanto a questa idea positiva di lavoro ce nevano teorie ben diverse. Bastava fare una fabbrica
n’è un’altra: il lavoro è sfruttamento, il padrone ti in miniatura e farla funzionare, per capire come fun-
sfrutta come una bestia. Anzi la merce è prodotta da- zionava e che cosa faceva l’imprenditore con gli in-
gli operai, quindi spetta tutta agli operai. Il padrone gegneri e gli altri esperti. Ma è meglio non controlla-
non lavora, se ne sta in pantaloni bianchi e bastone. re. L’ignoranza è la più grande virtù rivoluzionaria.
Perciò a lui non spetta niente.
A dire il vero, gli operai hanno firmato un contratto Qualcosa di simile succede anche per il tema dello
per essere assunti: 40 ore lavorative in cambio di un Stato e dei confini. Lo Stato è al servizio del padrone,
salario preciso. Se c’erano rimostranze, si dovevano e allora eliminiamo lo Stato e immaginiamo tutti i la-
fare in questo momento e anche si doveva rifiutare e voratori uniti contro gli Stati. Eliminiamo perciò an-
non firmare il contratto. E invece no. Questi accordi che i confini. Immaginiamo la Terra senza Padroni e
sono subito dimenticati a favore della tesi che la mer- senza Stati. Possiamo immaginare anche un’astro-
ce è prodotta dagli operai e che quindi spetta intera- nave che fa il giro della galassia. Conveniva cercar di
mente a loro. E alla produzione non ha contribuito sapere che cos’è lo Stato, che cosa fa, a che cosa ser-
nessun altro: né il padrone che ha investito denaro e ve, perché tassa tutte le merci, i redditi e pure le ere-
comperato capannone e attrezzature, né il progettista dità, che cosa sono i confini e a che cosa servono.
dell’organizzazione del lavoro, né il progettista della Eppure sulla busta paga sono segnate le trattenute per
merce, né la segretaria che fa salari e stipendi, né le la pensione, le tasse sanitarie, il reddito ecc., entrate
donne delle pulizie, né i fornitori… Gli operai vivono che poi lo Stato spende per fornire i servizi. Nessuna
in fabbrica, ma non conoscono la fabbrica, non hanno domanda, nessuna risposta. I confini servono soltanto
occhi per vedere. Il lavoro è soltanto il loro lavoro, per impedire ai lavoratori di unirsi agli altri lavorato-
non ci sono altri tipi di lavoro. ri. Non passa neanche per la mente che gli altri lavo-
Si potrebbe dire che queste idee sono inoffensive, ratori siano tali soltanto di nome ma che facciano la-
perché si trovano in una canzone o che sono le verità vori diversi in ambienti e in società diverse. Non pas-
che si dicono al bar e si dimenticano subito. Si po- sa nemmeno per la mente che possano essere sì lavo-
trebbe dire che sono le idee degli operai e non dei lo- ratori, ma concorrenti. Il desiderio di eliminare i con-
ro sindacati… In realtà anche i sindacati le condivi- fini (di cui non si vede alcun uso…) fa poi sorridere.
dono. Il problema è che esse fanno vedere la fabbrica Tutti i commercianti sarebbero ben contenti di elimi-
e la produzione in modo scorretto e distorto, e ciò narli: fanno perdere tempo, sulla merce esportata de-
porta a un rapporto o a una strategia sbagliati verso il vono pagare una tassa, che incide sui costi di produ-
“padrone”. zione… Anche qui l’ignoranza è la più grande delle
Non è educato dare del ladro o dello sfruttatore al virtù rivoluzionarie.
“padrone” (che non è considerato tale da tempi im-
memorabili!), anzi conviene riconoscergli un qualche Le affermazioni sono sempre campate per aria. Nien-
merito o diritto. Ha investito e lo ha fatto per aumen- te Padrone, niente Stato, niente confini, la concorren-
tare la sua ricchezza, e ciò è legale, riconosciuto dalle za non esiste, neanche le tasse, e tutta la merce è subi-
leggi esistenti. E ha creato pure posti di lavoro. to venduta. E ci si può abbandonare a slogan fantasti-
Il “padrone” poi deve sottostare a numerosi vincoli: ci e demenziali: come “la terra è di tutti”, “la terra è
essere in attivo (altrimenti è costretto a licenziare), proprietà di tutti gli uomini”, un diritto che non è sta-
pagare le tasse, costituire degli ammortamenti perché to mai riconosciuto; o “la casa è di chi l’abita”, caso
l’attrezzatura e le macchine si consumano, avere con- mai doveva essere di chi l’ha costruita e chi la voleva
sulenti vari, fare o far fare ricerche di mercato, vende- abitare doveva comprarla o prenderla in affitto. I ri-
re il prodotto, preoccuparsi della concorrenza, fare voluzionari negano il diritto tradizionale, quello dei
pubblicità, non restare mai senza denaro liquido. An- codici, dicendo che fa gli interessi dei borghesi, che i
che frodare il fisco o spostare altrove la sede dell’a- borghesi hanno soltanto diritti e nessun dovere, men-
zienda, se si pagano meno tasse… Possiamo essere tre gli operai hanno tutti i doveri e nessun diritto.
indulgenti se gli operai non sanno queste cose, ma i Fandonie. Ma nello Stato socialista o comunista esi-
loro sindacati dovrebbero saperle. sterà la legge o no? Esisteranno i codici delle leggi o
L’idea di operai e sindacati è quindi quella di elimi- no? O la dittatura del proletariato risolverà tutti i pro-
nare il padrone e in tal modo si elimina lo sfruttamen- blemi? Con il senno di poi si può vedere che cosa è
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 660
successo in URSS (1917-1991) e che cosa sta succe- anarchia e distruzione dello Stato
dendo in Cina (1948-2021). Ma nessuno lo fa. avversario
Il problema dei confini e dello Stato si mescola con bracciante
un altro problema, che risale ancora ai padri del pen- casa=è di chi l’abita
siero socialista, comunista e anarchico: Marx-Engels chi sta in ozio=il padrone, che non lavora
e Michail Aleksandrovič Bakunin (1814-1876). I cittadino
primi vogliono la conquista dello Stato e la dittatura compagno
del proletariato. Poi lo Stato sarà eliminato. Sicura- Comunismo e dittatura del proletariato
mente esso scomparirà prima delle calende greche. confini tra gli Stati
Bakunin invece era per l’immediata distruzione dello contadino=agricoltore
Stato e per una società libera e autogestita. Sicura- crumiro=chi non sciopera
mente, una volta andati al potere, i comunisti avreb- diritti (i) dei lavoratori
bero mantenuto lo Stato, perché faceva i loro interessi falce e martello
(come è accaduto). E, se lo Stato fosse stato conqui- fannullone=il padrone, che non lavora
stato, poi abbattuto e sostituito da micro-comunità au- fede nell’ideale
togestite, l’economia sarebbe rimasta soltanto locale e fratello e sorella=termini ecclesiastici
sarebbe divenuta ingestibile sulle grandi aree: un sui- frontiere=i confini tra gli Stati
cidio. Erano idee balzane e campate per aria, ma qui furto=profitto
sono importanti perché i gruppi extra-parlamentari di guerra civile
Sinistra le fanno proprie e si organizzano per la lotta guerra proletaria
armata contro lo Stato. guerra senza frontiere
Per gioco, immaginiamo che il progetto di un’auto- insurrezione
strada da Torino a Palermo debba passare attraverso ladro=il padrone, che deruba l’operaio della merce
l’approvazione di migliaia di comunità autogestite: lavoro (il) del bracciante o dell’operaio (e basta)
non si troveranno d’accordo nemmeno alle calende lavoro (il) intellettuale=non esiste
greche. Invece, imposta dallo Stato e finanziata con le lavoro (il) manuale=l’unico che esista
tasse dei cittadini, l’autostrada si fa, e con vantaggio lavoro salariato=sfruttamento
di tutti. Lo Stato vede più in là delle singole comunità libertà dallo sfruttamento
locali. Nel 1494 l’Italia era disarmata e disunita ed è licenziamento
preda dei più forti e organizzati Stati europei. Riac- lotta di classe, prevista da Karl Marx (1818-1883)
quista l’indipendenza soltanto nel 1870. lotta armata contro lo Stato (Italia, 1971-82)
Dire che le idee sono balzane è ancora un compli- maltolto=il profitto, rubato dal padrone agli operai
mento. Dire, per non sprecar tempo, che con il senno mondo intero=la patria dei lavoratori
di poi i fatti lo dimostrano è ancora insufficiente. Bi- nemico=lo Stato, la borghesia, il padrone
sogna capire che già una banale analisi teorica mo- pace e lavoro=gli ideali di rivoluzionari e lavoratori
strava che quella strada era impraticabile: Lenin ave- padrone=proprietario terriero, industriale
va un buon partito e una buona organizzazione alle partito (dei lavoratori)
spalle e poteva contare pure su una società e un pote- patria=per gli operai il mondo intero
re costituito in crisi. I rivoluzionari italiani degli anni profitto=furto del padrone a danno degli operai
Settanta sono tre gatti e non hanno la classe operaia popolo=i lavoratori, esclusi i padroni sfruttatori
con loro. Gli operai lavorano, guadagnano, spendono, proletari, operai, lavoratori, braccianti
acquistano la “500” e vanno in vacanza almeno due proprietà (la)=è un furto
settimane all’anno. Non possono essere favorevoli a ribelle=contestatore dell’ordine costituito
nessuna rivoluzione, che avrebbe sicuramente abbas- ribellione=contestazione dell’ordine costituito
sato il loro tenore di vita. Sì, Bandiera rossa diceva rivoluzione e presa violenta del potere
che tuona il cannone, ma l’inno era del 1908, in ben salario=la paga degli operai
altra situazione storica. Lo Stato era forte e aveva di- sciopero=astensione dal lavoro contro il padrone
pendenti: dopo la rivoluzione che fine avrebbero fatto servire il popolo=termine ecclesiastico
i dipendenti statali, che non erano operai e che, salvo sfruttamento del padrone a danno del lavoratore
errori, dovevano mangiare pure loro? E le camere di sfruttato=il lavoratore
commercio? E moltissime professioni, dall’avvocato signori, signoroni= i padroni che non lavorano
al pittore all’imbianchino? Tuttavia la risposta è sem- socialismo e libertà
plice: i rivoluzionati non vedono alcuno di questi società senza classi
problemi. Sono invasati, vorrebbero vivere o rivivere sol (il) dell’avvenir
la grande stagione rivoluzionaria della Russia (1917) speranza nel futuro=termine ecclesiastico
e sentirsi intrepidi rivoluzionari, ma sono arrivati in Stato=uno dei nemici dei lavoratori
ritardo (1968-82). sudore=la fatica del lavoratore
terra (la)=è di chi la lavora
Il linguaggio economico e politico adoperato è tiranni de l’ozio e de l’or (=ricchezza)
sempre povero ed approssimativo: uomini (gli)=sono tutti uguali
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 661
La maggior parte dei termini è emotiva, da bar o da ra: c’è la terra fertile e la terra paludosa. E c’è pure
linguaggio comune, non è tecnica. Per le canzoni si chi nasce vicino alla prima e chi vicino alla seconda.
può essere indulgenti, ma non per gli altri testi. Chi ha un padre ricco e chi un padre povero. Chi ha
Dietro la terminologia sta l’ “errore dell’orologio”: un padre intelligente e chi ha un padre stupido. Lo
vedo l’esterno dell’orologio e penso che l’orologio stesso vale per la madre. Poi il patrimonio si lascia in
sia tutto quel che vedo. E invece no: la parte più im- eredità ai figli. E oltre a ciò gli slogan intendono so-
portante è dentro e non si vede. Si chiama anche “er- stituirsi al diritto positivo! Una follia. Così pure l’idea
rore della falsa esperienza (o empiria)”: vedo di pas- che la casa sia di chi l’abita e la terra di chi la lavora.
saggio il padrone con il bastone e penso che non la- È pure probabile che i lavoratori europei abbiano in-
vori. È anche vestito bene. Mi arrabbio: io sto sudan- teressi diversi dai lavoratori del Brasile o dell’Amaz-
do e lavorando. Per lui. E lui veste tutto elegante. zonia.
Dimentico che mi paga. Non capisco che sta uscendo Ma anche i braccianti dovrebbero avere interessi di-
per andare in centro città, a sbrigare le sue faccende. versi dai minatori.
Né interpreto correttamente il bastone: è vecchio e La proprietà è un furto, d’accordo, ma a danno di chi?
sciancato. Ovviamente esiste uno straordinario strumento per
Un altro errore è quello dell’ipostatizzazione: lo Stato parlare e discutere: la telepatia e un esperanto univer-
è trasformato in una persona che si può aggredire con sale, che permette agli operai di comunicare, di orga-
le armi o con la falce e il martello. Ma no!, il termine nizzarsi e di capirsi… A parte le impossibilità lingui-
indica una realtà molto complessa e perciò è utile un stiche e le difficoltà tecniche (ieri come oggi), non si
termine riassuntivo! capisce l’utilità che operai tedeschi si uniscano a ope-
rai o a braccianti messicani e a operai o a contadini
Ci sono poi molte metafore: giapponesi o cinesi o siberiani. Una cosa si fa se con-
viene, se è utile, perché ogni cosa costa tempo e de-
Ma, se i corvi e gli avvoltoi naro. Le organizzazioni internazionali dei lavoratori
un mattino scompariranno, poi son sempre fallite (1864-76,1889-1916, 1919-43).
il sole brillerà per sempre! Un bravo rivoluzionario non impara nulla dall’espe-
rienza passata.
prendete la falce, impugnate il martello e abbattete il
sistema Nuove divinità da adorare:
nessun dovere è imposto al ricco (=e le tasse?), Pietro Gori (1865-1911), Stornelli d’esilio, 1895-98
[…]
Nostra patria è il mondo intero,
i re della miniera e della ferrovia nostra legge è la libertà
mai hanno fatto altra cosa ed un pensiero
che derubare il lavoro (=i lavoratori). ribelle in cor ci sta.
[…]
[…] Dovunque uno sfruttato si ribelli,
noi troveremo schiere di fratelli.
Operai e contadini, noi siamo
il gran partito (=movimento) dei lavoratori. Sciur padrun da li beli braghi bianchi, 1900ca.
La terra non appartiene che agli uomini.
Il fannullone sloggerà, [e ugualmente] Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
quanti si nutrono della nostra carne. foera li palanchi, foera li palanchi,
Ma, se i corvi e gli avvoltoi
un mattino scompariranno, 1
L’autore è andato a controllare lungi, lontano, che è così.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 663
sciur padrun da li beli braghi bianchi, Dimmi, bel giovane, 1920
foeri li palanchi (=moneta del tempo),
c’anduma a cà (=andiamo a casa). Dimmi, bel giovane, / onesto e biondo,
dimmi la patria / tua qual è.
Internazionale, 1901
Adoro il popolo, / la mia patria è il mondo,
non più servi, non più signor; il pensier libero / è la mia fe’ (=fede).
[…]
Lottiam, lottiam!, la terra sia Giuseppe Raffaelli-Giuseppe Del Freo, Figli
di tutti eguale proprietà1, dell’officina, 1921
più nessuno nei campi dia
l’opra ad altri che in ozio sta (=il padrone). La guerra proletaria,
guerra senza frontiere3,
Se otto ore vi sembran poche, 1906 innalzeremo al vento
bandiere rosse e nere (=dell’anarchia).
E noi faremo come la Russia,
chi non lavora non mangerà; Paolo Pietrangeli (1945), Contessa, 1966
e quei vigliacchi di quei signori
andranno loro a lavorar. Che roba, contessa,
all’industria di Aldo
Carlo Tuzzi (1863-1912), Bandiera rossa, 1908 han fatto uno sciopero
quei quattro ignoranti,
Il frutto del lavoro a chi lavora andrà! volevano avere i salari aumentati,
[…] gridavano – pensi! – di essere sfruttati.
non più nemici, non più frontiere2 […]
con ai confini rosse bandiere, E voi gente per bene che pace cercate,
o socialisti, alla riscossa, la pace per far quello che voi volete (=e le tasse?),
bandiera rossa trionferà! ma se questo è il prezzo [della vostra pace] vogliamo
[…] vogliamo vedervi finir sotto terra. la guerra,
Ma, se questo è il prezzo [della vostra pace],
Avanti, popolo, tuona il cannone, l’abbiamo pagato [con questa proposta],
rivoluzione, rivoluzione! nessuno più al mondo dev’essere sfruttato4.
Avanti, popolo, tuona il cannone,
rivoluzione vogliamo far. Alberto D’Amico (1943), Ballata dell’emigrazione,
1970
James Oppenheim (1882-1932), Il pane e le rose,
1912 Padroni, sulla terra ci volete
per fare fame e fatiche tante,
Non più chi si affatica e chi si annoia, ma verrà il giorno che la pagherete
dieci che lavorano e uno che riposa, e che non partirà più un emigrante.
ma la condivisione delle gioie della vita:
[…] Pino Masi (1946), Lotta continua, 1971
Dio del Ciel, se fossi una colomba Donne! Donne! Donne! Che l’amore trasformerà.
vorrei volar laggiù dov’è il mio amor, Mamme! Mamme! Mamme! Questo è il dono che
che inginocchiato a San Giusto (=Trieste) Dio vi fa.
prega con l’animo mesto:
fa’ che il mio amore torni, Tra batuffoli e fasce mille sogni nel cuor.
ma torni presto. Per un bimbo che nasce quante gioie e dolor.
Vola, colomba bianca, vola Mamme! Mamme! Mamme! Quante pene l’amor vi
diglielo tu dà.
che tornerò. Ieri, oggi, sempre, per voi mamme non c’è pietà.
Ogni vostro bambino, quando un uomo sarà,
Dille che non sarà più sola verso il proprio destino, senza voi se ne andrà!
e che mai più
la lascerò. Son tutte belle le mamme del mondo
quando un bambino si stringono al cuor.
Fummo felici uniti e ci han divisi, Son le bellezze di un bene profondo
ci sorrideva il sole, il cielo, il mar, fatto di sogni, rinunce ed amor.
noi lasciavamo il cantiere
lieti del nostro lavoro È tanto bello quel volto di donna
e il campanon din don che veglia un bimbo e riposo non ha;
ci faceva il coro. sembra l’immagine d’una Madonna,
sembra l’immagine della bontà.
Vola, colomba bianca, vola…
E gli anni passano, i bimbi crescono,
Tutte le sere m’addormento triste le mamme imbiancano; ma non sfiorirà la loro beltà!
e nei miei sogni piango e invoco te,
anche il mi’ vecio (=vecchio) te sogna, Son tutte belle le mamme del mondo
pensa alle pene sofferte, grandi tesori di luce e bontà,
piange e nasconde il viso tra le coperte. che custodiscono un bene profondo,
il più sincero dell’umanità.
Vola, colomba bianca, vola…
Son tutte belle le mamme del mondo
Diglielo tu ma, sopra tutte, più bella tu sei;
che tornerò. tu, che m’hai dato il tuo bene profondo
e sei la Mamma dei bimbi miei.
Commento
1. San Giusto indica la cattedrale di San Giusto a Commento
Trieste. La canzone è cantata con grandissimo suc- 1. La canzone celebra tutte le mamme del mondo, che
cesso da Nilla Pizzi, Luciano Tajoli e Claudio Villa. hanno messo al mondo un bambino, che lo hanno al-
È esplicito il riferimento a Trieste divisa in due zone, levato e fatto diventare adulto. Esse con il tempo so-
una controllata dall’Italia, l’altra dalla Jugoslavia: no imbiancate, ma non sfioriranno mai. E poi il bam-
“Fummo felici uniti e ci han divisi”. Gli USA nel trat- bino-adulto le ha piantate ed è andato per la sua stra-
tato di fine guerra (e non di pace) si preoccupano di da. La canzone inizia con una parte in prosa (“Donne!
dividere la città in due, metà all’Italia e metà alla Ju- Donne! Donne!”), e poi è cantata (“Son tutte belle le
goslavia, in modo da creare un motivo permanente di mamme del mondo…”). E scomoda anche Dio… Nel
tensioni e di guerra tra i due Stati. La situazione si ri- 1948, soltanto qualche anno prima, la DC prende il
solve soltanto nel 1975 con il trattato salomonico di 48,8% dei voti alle elezioni (18.04.1948). La società
Osimo: si ratifica lo status quo durato vent’anni: italiana era cristiana e cattolica.
ognuno si tiene la parte che aveva. 2. Alla fine della canzone il cantautore ha un colpo
2. “Dio del ciel”: una citazione religiosa era normale d’ala. Dice che sono tutte belle le mamme del mondo
nell’Italia del tempo. La vita di tutti era pervasa dalla e soprattutto è bella la madre dei suoi figli. Un gradi-
religione e dalla terminologia/cultura religiosa. Nel to complimento a sua moglie, per la quale ha lasciato
1966 a Sanremo Domenico Modugno e Gigliola Cin- la famiglia dei genitori. Ma era normale che la moglie
quetti cantano Dio, come ti amo, che fece scandalo, e andasse a vivere a casa di lui con i suoceri.
vincono al festival. 3. Con questa canzone Giorgio Consolino vince il Fe-
3. “Il mi’ vecio” è un soprannome affettuoso. stival di Sanremo nel 1954.
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 666
Cesare Andrea Bixio-Bixio Cherubini, sicuramente di qualità artistica molto superiore a
Mamma, 1941 quella di Umberto Bertini-Eduardo Falcocchio, ma
non si fanno concorrenza. Al tempo (letteralmente) le
Mamma son tanto felice, canzoni erano dure a morire e duravano moltissimi
perché ritorno da te. anni. Esse s’intonavano pure con l’atmosfera, im-
La mia canzone ti dice, prontata alla speranza, del secondo dopoguerra,
che è il più bel giorno per me. quando, a partire dai primi anni Cinquanta la natalità
Mamma son tanto felice, riprende in modo massiccio e ci sono moltissime
viver lontano, perché. mamme con bambini piccoli.
2. I numeri abbinano le strofe uguali.
(1) Mamma, 3. “Viver lontano, perché”: “perché dovrei vivere lon-
solo per te la mia canzone vola. tano da te?”. Risposta: si va dove ti chiama il lavoro o
Mamma, dove ti porta il cuore, l’amore per una coetanea. Il
sarai con me, tu non sarai più sola. protagonista era partito ed ora è felice di ritornare a
casa dalla sua mamma. Il papà era nei campi.
(2) Quanto ti voglio bene, 4. In ambedue le canzoni il papà è assente: una di-
queste parole d’amore menticanza. Ma normalmente non era mai associato
che ti sospira il mio core, al figlio o ai figli, monopolio della moglie o delle
forse non s’usano più. donne di casa. Si sarebbe sentito molto imbarazzato
ad esprimere qualche sentimento d’affetto verso di
(3) Mamma, lui. I sentimenti sono cose da donne.
ma la canzone mia più bella sei tu, -----------------------------I☺I-----------------------------
sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più. Paul Burkhard (1911-1977), Oh my papà, 1939
Sento la mano tua stanca, Oh my papà,
cerca i miei riccioli d’or. sei l’uomo più adorabile.
Sento, e la voce ti manca, Oh my papà,
la ninna nanna d’allor. sei l’uomo più sincero.
Oggi la testa tua bianca Oh my papà,
io voglio stringere al cuor. sei tanto caro e amabile
(1) Mamma, e nel tuo cuor
solo per te la mia canzone vola. c’è solo la bontà…
Mamma,
sarai con me, tu non sarai più sola. Degli occhi tuoi
gli sguardi m’accarezzano,
(2) Quanto ti voglio bene, perché io so
queste parole d’amore per te son bimba/o ancora…
che ti sospira il mio cuore, Oh my papà,
forse non s’usano più. fratello e amico unico.
Oh my papà,
(3) Mamma, sei tutta la mia vita…
ma la canzone mia più bella sei tu,
sei tu la vita Oh my papà,
e per la vita non ti lascio mai più (=mammismo). Oh my papà.
Well, say that you’ll be mine Bene, dimmi che sarai mia
Well, say that you’ll be mine bene, dimmi che sarai mia
Well, say that you’ll be mine bene, dimmi che sarai mia
Baby, all the time, Susie Q piccola, tutto il tempo, Susie Q
(Who... do... true... two... you... blue... who...) (Che... fanno.....vero... due... tu....blu... che...)
The warden threw a party in the county jail Il direttore organizzò una festa nella prigione della contea.
The prison band was there and they began to wail La banda della prigione era lì e iniziarono a urlare.
The band was jumpin’ and the joint began to swing La banda si agitava e la prigione iniziava ad animarsi.
You should’ve heard them knocked-out jailbirds sing Avresti dovuto sentire quei galeotti rimbambiti cantare.
Let’s rock everybody, let’s rock, Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock.
Everybody in the whole cell block Tutti nell’intera prigione
Was dancin’ to the Jailhouse Rock. (Coro) ballavano il Jailhouse rock. (Coro)
Spider Murphy played the tenor saxophone Spider Murphy suonava il sassofono tenore,
Little Joe was blowin’ on the slide trombone Little Joe soffiava nel trombone.
The drummer boy from Illinois went crash, boom, bang Il batterista dell’Illinois faceva crash, boom, bang,
The whole rhythm section was the Purple Gang L’intera sezione ritmica era “The Purple Gang”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Coro) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Sad sack was sittin’ on a block of stone L’inetto stava seduto su un blocco di pietra
Way over in the corner weepin’ all alone là nell’angolo e piangeva tutto solo.
The warden said, “hey, buddy, don’t you be no square Il guardiano disse: “Ehi, amico, non essere all’antica.
If you can’t find a partner, use a wooden chair”. Se non trovi un partner, usa una sedia di legno”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock... (Coro)
Shifty Henry said to Bugs, “For Heaven’s sake Shifty Henry disse a Bugs, “Per amor del cielo,
No one’s lookin’ now’s our chance to make a break”. nessuno ci guarda, ora è la volta buona per evadere.”
Bugsy turned to Shifty and he said, “Nix, Nix Bugsy si rivolse a Shifty e disse, “No, no,
I want to stick around a while and get my kicks”. voglio rimanere ancora un po’ e divertirmi”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Dancin’ to the Jailhouse Rock… (Chorus, six times.) Balliamo il Jailhouse rock… (Coro, sei volte.)
Commento
1. Elvis Presley (1935-1977) diffonde canzoni che 2. Presley unisce canto, musica e danza e si inserisce
accompagna con balli al tempo considerati sovversi- nelle correnti artistiche del decennio precedente. Il
vi: i movimenti del bacino. In effetti i suoi brani mu- rock and roll (lett. “dondola e rotola”), spesso scritto
sicali sono fortemente trasgressivi nei confronti della anche rock ‘n roll, rock ‘n’ roll o rock & roll, è un
tradizione musicale statunitense, eppure si inserisco- genere della popular music nato negli USA verso il
no perfettamente in essa: egli ricerca la novità in mo- 1948-53, originato dal blues, dal bluegrass, dal coun-
do continuo e sistematico. È un innovatore, che lavo- try, dal jazz, dal gospel e, in misura minore, dal folk.
ra sodo e sfonda. La ricchezza arriva rapidamente ed Presley, come altri, si lasciò possedere non da una
egli la usa per mantenere il suo enorme seguito e per qualche divinità, ma dallo spirito della musica. E la
fare acquisti folli. Compera una casa che trasforma in società occidentale non aveva mai tollerato tali com-
mausoleo, dal 1982 aperta al pubblico. nelle visite es- portamenti in questo stato di possessione.
sa segue di poco la prima: la Casa Bianca. Si dedica 3. La canzone è simpatica e sembra una delle tante
alla droga, ha una vita sentimentale movimentata, storie per bambini raccontata da Hollywood: il diret-
adora la figlia Lisa Marie (che fa una lunga raccolta tore della prigione organizza una festa e tutti i detenu-
di mariti), diventa un mostro di km 153 e muore di ti si mettono a ballare. Quasi tutti: uno non trova il
psicofarmaci ad appena 42 anni d’età. partner, e allora il direttore gli dice di prendersi una
sedia. Un altro detenuto propone di cogliere l’occa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 670
sione per evadere, ma il compagno di fuga si rifiuta: E continuo a volare felice più in alto del sole ed anco-
vuol ballare ancora un po’. Così tutti i detenuti si sca- ra più su,
tenano ballando il rock. mentre il mondo pian piano scompare negli occhi tuoi
4. Danza e musica sono importate in Italia (Adriano blu,
Celentano è soprannominato “il molleggiato” per il la tua voce è una musica dolce che suona per me…
suo modo di cantare e ballare insieme), e ne svec-
chiano o movimentano la cultura musicale, con cui Volare… oh, oh!…
sono peraltro in radicale contrasto. Vale la pena di Cantare… oh, oh, oh, oh!
confrontare la musica italiana con la musica che pro- Nel blu, dipinto di blu,
viene dall’’Europa e dagli USA. In tal modo si nota- felice di stare quaggiù.
no più facilmente le reciproche caratteristiche. peral-
tro le differenze sono legate anche alle due diverse Nel blu degli occhi tuoi blu,
società: ancora ad economia agricola, quella italiana; felice di stare quaggiù,
ben più complessa, creativa e in movimento quella con te!
statunitense. Le canzoni “impegnate” di De André o
Guccini non avrebbero avuto successo oltreoceano: Commento
non si inserivano in alcun modo in quella tradizione 1. Modugno mescola versi brevi e versi lunghi (o ver-
musicale. E, se avesse pubblicato Jailhouse rock in si in prosa). E usa anche il ritornello, trasformato in
Italia, Presley si sarebbe preso una querela per diffa- puro suono. È abile l’uso degli infiniti (volare, canta-
mazione o per derisione delle istituzioni carcerarie. re) e pure della interiezione (oh!). È facile e imme-
Nel 1963 don Lorenzo Milani è processato per il li- diata la contrapposizione “lassù” (e volare) e “quag-
bretto L’obbedienza non è più una virtù, ed è con- giù” (ma con te). E i versi sono onomatopeici. E abile
dannato in contumacia, perché muore prima della fine anche la variazione “Nel blu, dipinto di blu” e “Nel
del processo. Gli accusatori erano i cappellani milita- blu degli occhi tuoi blu”.
ri, che non accettavano le sue idee. 2. La canzone provoca una facile identificazione nel-
-----------------------------I☺I----------------------------- l’ascoltatore, che può volare perché canta. Cantare
era un’abitudine molto diffusa, fino alla comparsa
Franco Migliacci-Domenico Modugno, della radio. Basta poco o addirittura niente, per volare
Nel blu, dipinto di blu o Volare, 1958 ed essere felici. Il benessere economico (1958-61)
doveva ancora arrivare.
Penso che un sogno così non ritorni mai più; 3. La canzone o, come si diceva, il brano musicale
mi dipingevo le mani e la faccia di blu, cantato, per l’importanza della musica, dimostra
poi d’improvviso venivo dal vento rapito grandissimo mestiere e grande conoscenza della lin-
e incominciavo a volare nel cielo infinito… gua. Essa è un buon prodotto ed è sicuramente buona
cultura. E si deve riconoscere che per la cultura popo-
Volare… oh, oh!… lare hanno fatto di più Sanremo e Mike Buongiorno
Cantare… oh, oh, oh, oh! (1924-2009) che la nuova scuola media italiana
Nel blu, dipinto di blu, (1963).
felice di stare lassù. 4. Modugno inventa gli urli, seguito da Adriano Ce-
lentano. Negli USA sta furoreggiano Elvis Presley
E volavo, volavo felice più in alto del sole ed ancora (1935-1977). E inventa i versi in prosa, lunghissimi.
più su, Un precedente si trova in Umberto Bertini-Eduardo
mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù, Falcocchio, Tutte le mamme, 1954.
una musica dolce suonava soltanto per me… ---------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Il protagonista dice che il suo amore per lei è fini-
to, ma la saluta gioiosamente. Le da un ultimo bacio e
poi non si vedranno più. Forse vede una lacrima sul
bel viso di lei. Ma l’amore passa. E la saluta dicendo
che le vuole un bene da morire. Forse la vuole conso-
lare perché la pianta o forse la pioggia indica indiret-
tamente l’ostacolo che ha posto fine al loro amore.
Forse lui voleva soltanto frullarla e, una volta frullata,
voleva piantarla. Sedotta e abbandonata è un film ita-
liano del 1964, diretto da Pietro Germi, interpretato
da Stefania Sandrelli, Aldo Puglisi e Saro Urzì. Si so-
gna l’amore, ma si inizia anche a scherzare con l’a-
more.
2. Un amore è finito, ma senza drammi. Eppure lei
versa una lacrima e lui le urla che le vuole un bene da
morire. Come in altre canzoni, quel che conta è la vo-
ce e la musica, non le parole e il contenuto delle paro-
le. E i versi vanno presi singolarmente, in modo che
non appaia il loro senso e il loro nesso logico, altri-
menti la canzone è fortemente contraddittoria.
3. L’inizio è efficace: i mille violini suonati dal vento
e tutti i colori dell’arcobaleno. “Ciao” è colloquiale
(dopo tutto erano amanti) e “bambina” corrisponde a
“mignon” francese: “mia cara”. Non emerge nemme-
no perché l’amore finisce. Eppure doveva essere ini-
ziato per un motivo ed essere finito per un altro moti-
vo. Spesso (se non normalmente) le canzoni trasfor-
mano la realtà in immagini e in suoni, in un mondo
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 672
Luigi Tenco (1938-1967), Ieri, 1959 fatica di decidere. E lei deciderà di andarsene, perché
lui non riesce a starle vicino e a raffreddare i proble-
Ieri mi hai detto: “baciami, mi e le paure di lei. Un rapporto significa che si è in
io voglio solo te”, due in una capanna, non in due che si bagnano sotto il
oggi mi hai detto “lasciami” temporale, perché nessuno dei due ha l’ombrello per
senza dirmi perché, ripararsi insieme dalla pioggia.
ma fai come ti pare, 4. Conviene confrontare la canzone con Perdono
tanto non t’amo più. (1966) della Caselli. La ragazza (o il ragazzo) elabora
una strategia vincente per ritornare dal primo amore,
Ieri volevi stare con me, che aveva lasciato per fare un po’ di esperienza con
oggi però non vuoi, una altro (o altri?) ragazzi. Apparentemente chiede
tu che giuravi sempre a me perdono, ma giustifica bene il suo comportamento. E
di non lasciarmi mai, usa parole più dolci del miele, che calmano ogni rab-
ma fa’ come ti pare, bia furibonda o ogni parola offensiva: “L’altro è un
tanto non t’amo più. cerino acceso di notte, tu sei il sole di giorno”.
5. Conviene confrontare la canzone anche con La
Ieri piangevo ancor per te, vendemmia dell’amore (1963) di Marie Laforêt: i due
oggi non piangerò. ragazzi spiluccano un grappolo d’uva, si amano e poi
Anche se riderai di me, tutto finisce lì, è già previsto l’addio, che sarà ovvia-
credi non soffrirò; mente un “triste addio”, con vere finte lacrime. Ci
ma fai come ti pare, mancherebbe che lo festeggiassero con la frullata del-
tanto non t’amo più. la staffa! Conviene confrontarla pure con altri addii
(o altri ritorni) che avvengono senza drammi, come
Commento Notte di luna calante (1960) di Domenico Modugno,
1. Tenco canta la volubilità femminile. Ieri lei lo che trasforma in gioia anche il dolore e la fine di un
amava, oggi non lo ama più. Ieri gli giurava amore amore. Ognuno ha il suo carattere e reagisce in modo
eterno ed ora lo vuole lasciare senza dirgli perché. Ed individuale e imprevedibile.
egli le risponde di fare come le pare, perché, tanto, lui 6. Chi ha l’animo da erudita la può confrontare con
non l’ama più. Ieri piangeva ancora per lei, oggi non Paolo Rolli, Solitario bosco ombroso (1727) e Pietro
piangerà più. Anche se lei riderà di lui, egli le assicu- Metastasio, La libertà (1733).
ra che non soffrirà. Ma che faccia come le pare. 7. Il pregio (ma non per Sanremo) o il difetto della
2. Le incomprensioni sono sempre in agguato. E il canzone è che è realistica e sincera. Parla di fatti che
cantautore tocca un aspetto tradizionale del carattere normalmente avvengono e che feriscono. Non va be-
femminile: la volubilità o semplicemente la difficoltà ne come canzonetta di Sanremo. Anche una rottura o
di prendere una decisione definitiva perché potrebbe un abbandono deve avere un “lieto fine”. Non si può
essere sbagliata. Non c’era una seconda scelta. Chi andare più in là di Nessuno mi può giudicare (1966),
doveva farla doveva poi accontentarsi di quel che il sempre della Caselli. E, comunque, anche questa can-
convento gli offriva. E il protagonista, lasciato o zonetta era “in riga” con la linea di Sanremo: la ra-
piantato, reagisce in un modo inconsueto. Le dice di gazza ritorna, lui è sicuramente inferocito, ma lei sa
fare quello che le pare. Egli è profondamente colpito giustificare e difendere bene le sue scelte. È una ra-
dalla rottura del rapporto e, per difendersi, dice che gazza di carattere.
non l’ama più, che non piangerà più né soffrirà più 8. Conviene confrontare la canzone di Tenco con le
per lei. Ma che faccia come le pare. Tenco non ricor- due canzoni di Modugno più sopra: due mondi diver-
da quel che D’Annunzio scrive ne La pioggia nel pi- si ed opposti. Modugno dà allo spettatore quel mo-
neto (1902): uomo e donna sono destinati a non ca- mento di pausa e di oblio della vita normale reale,
pirsi, perché, quando lui ama lei, lei non ama lui. E che lo spettatore vuole e ricerca. Almeno un giorno di
viceversa: quando lei ama lui… festa su sei di lavoro. Sappiamo tutti che la vita nor-
3. “Ma fa’ quel che ti pare” è quel che si dice nella male è faticosa, ma ogni tanto conviene dimenticarlo
realtà davanti a un comportamento volubile e incom- e diventare spensierati.
prensibile. È una reazione irritata o semi-irritata. Ed è 9. Tenco prende la strada sbagliata come era successo
una risposta sbagliata, per due motivi. a) Non si può a Orlando, il paladino più forte, che finisce nella lo-
abbassare Sanremo alla realtà, si deve innalzare la canda dove l’oste, vedendolo triste, gli racconta la
realtà alle luci di Sanremo. I cantautori del festival storia di Angelica e Medoro. E così scopre che la
erano soliti trasformare in piacere, desiderio e malin- “sua” donna lo aveva abbandonato per un oscuro fan-
conia anche il momento triste dell’addio e della sepa- te che era mortalmente ferito e che non fa quindi
razione. Basta pensare a Piove di Domenico Modu- niente per conquistarla (Orlando furioso, XXIII, 102-
gno e Dino Verde o a Se mi vuoi lasciare di Gian Pie- 136). E fa la stessa fine.
ro Reverberi e Rosario Leva. Tenco non se n’era ac- 10. Un’ultima considerazione. Nel testo della canzo-
corto. b) Sul piano psicologico la frase è sbagliata e ne (e del commento) appare e si sottolinea la volubili-
aumenta la frattura, perché lascia alla ragazza tutta la tà femminile. Ma il termine è scorretto e impedisce di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 673
vedere chiaramente la situazione, ben più complessa. 2. In questa canzone canta un motivo antichissimo,
Si potrebbe capire meglio chiedendo alla ragazza il o l’amore fatto di baci, ma riesce a rinnovare parole e
i motivi della sua “volubilità”. Ma non è detto che li contenuto e a coinvolgere l’ascoltatore. Qualche anno
sappia o li voglia dire. Certamente mettersi con qual- dopo compare La vendemmia dell’amore (1963), can-
cuno non è cosa estemporanea, almeno per molti, ra- tata dalla francese Marie Laforêt (la vendemmia
gazze e ragazzi. La volubilità è apparente, è soltanto dell’uva e dell’amore), la delicata canzone Non ho
difficoltà di scegliere e di decidere. I dubbi sono l’età (per amarti) (1964), cantata da Gigliola Cin-
sempre in agguato. “Ma faccio bene? Ma faccio male quetti (non è ancora pronta ad uscire di casa da sola),
a mettermi con lui? Lui è la persona giusta per me? E e Perdono (1966), cantata da Caterina Caselli (lei
se poi mi pianta? E, se è insicuro come me, e più di chiede perdono per il male che gli ha fatto). Dieci an-
me? Gli faccio da mamma? Vorrei che mi protegges- ni dopo compaiono canzoni ben diverse: Chi non la-
se e mi desse sicurezza, sicurezza affettiva e un po’ vora non fa l’amore (1970), cantata da Celentano (se
anche economica…”. non lavora, la moglie non gliela da); e Sono una don-
-----------------------------I☺I----------------------------- na, non sono una santa (1971), cantata da Rosanna
Fratello (ha deciso di dargliela a maggio con la bella
Adriano Celentano-Lucio Fulci-Piero Vi- stagione).
varelli, 24.000 baci, 1961 3. Uno degli esempi più significativi è Il ragazzo del-
la via Gluck, un ragazzo che deve abbandonare il
Amami, paese per andare a lavorare in città. Va, ma ha sempre
ti voglio bene! il desiderio di tornare. Ritorna otto anni dopo, ma do-
ve prima c’era l’erba ora c’è una città. E ciò lo disgu-
Con 24.000 baci oggi saprai perché l’amore sta. Si chiede (giustamente) come andrà a finire. Si-
vuole ogni istante mille baci, curamente male.
mille carezze vuole all’ora. 4. Celentano non è affatto privo di cultura, come po-
trebbe sembrare dal linguaggio semplice e popolare
Con 24.000 baci felici corrono le ore, delle sue canzoni. Con Guccini e De André è uno dei
d’un giorno splendido, perché grandi della cultura italiana. La canzone rimanda ad-
ogni secondo bacio te. dirittura a Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.):
Niente bugie meravigliose,
frasi d’amore appassionate, Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
ma solo baci chiedo a te rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis.
ye ye ye ye ye ye ye ye! Soles occidere et redire possunt;
nobis cum semel occidit brevis lux,
Con 24.000 baci così frenetico è l’amore nox est perpetua una dormienda.
in questo giorno di follia Da mi basia mille, deinde centum,
ogni minuto è tutto mio. dein mille altera, dein secunda centum,
Niente bugie meravigliose, deinde usque altera mille, deinde centum;
frasi d’amore appassionate, dein, cum milia multa fecerīmus,
ma solo baci chiedo a te conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
ye ye ye ye ye ye ye ye! cum tantum sciat esse basiorum
(Carmina, V, 1-13)
Con 24.000 baci felici corrono le ore
d’un giorno splendido perché Viviamo, o mia Lesbia, e amiamo
con 24.000 baci tu m’hai portato alla follia. e ogni mormorio perfido dei vecchi
Con 24.000 baci ogni secondo bacio te! valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
Commento ma, quando muore il nostro breve giorno,
1. Celentano è uno straordinario esempio di cantante- dormiremo una notte infinita.
paroliere-imprenditore, che per 50 anni lascia una Tu dammi mille baci, e quindi cento,
traccia davvero significativa nella canzone italiana. poi dammene altri mille, e quindi cento,
Egli riesce a rivedere in modo originale i motivi che quindi mille continui, e quindi cento.
tratta. Tuttavia rinnova la canzone anche con gli “ur- E, quando poi saranno mille e mille,
li”, qui il ye ye, proponendo sempre un contenuto che nasconderemo il loro vero numero,
fa riflettere. Mille baci all’ora, e un’ora ha 60 minuti che non getti il malocchio l’invidioso
e 3.600 secondi. In un mondo che parla normalmente per un numero di baci così alto.
o a bassa voce, per non disturbare, anche il ye ye è
rivoluzionario. Le due sestine centrali sono uguali. Con un po’ di buona volontà si può trovare anche
l’amour fou, il folle amore.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 674
Bob Dylan (1941), Blowin’ in the wind, Bob Dylan, Risposta non c’è, 1962
1962
Quante le strade che un uomo farà
How many roads must a man walk down e quando fermarsi potrà?
Before you call him a man? Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
Yes, ‘n’ how many seas must a white dove sail per giungere a riposar?
Before she sleeps in the sand? Quando tutta la gente del mondo riavrà
Yes, ‘n’ how many times must the cannon balls fly per sempre la sua libertà?
Before they’re forever banned?
Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, caduta nel vento sarà.
The answer is blowin’ in the wind. Risposta non c’è o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
How many times must a man look up
Before he can see the sky? Quando dal mare un’onda verrà
Yes, ‘n’ how many ears must one man have che i monti lavare potrà?
Before he can hear people cry? Quante volte un uomo dovrà litigar
Yes, ‘n’ how many deaths will it take till he knows sapendo che è inutile odiar?
That too many people have died? E poi quante persone dovranno morir
perché siano troppe a morir?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the wind. Risposta non c’è o forse chi lo sa...
How many years can a mountain exist Quanti cannoni dovranno sparar
Before it’s washed to the sea? e quando la pace verrà?
Yes, ‘n’ how many years can some people exist Quanti bimbi innocenti dovranno morir
Before they’re allowed to be free? e senza saperne il perché?
Yes, ‘n’ how many times can a man turn his head, Quanto giovane sangue versato sarà
Pretending he just doesn’t see? finché un’alba nuova verrà?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa…
The answer is blowin’ in the wind.
zio De André e di Francesco Guccini, per notarne
Commento l’enorme differenza culturale e professionale. Le can-
1. La canzone è perfetta: ottimo il testo, ottima la mu- zoni italiane non superano i confini italiani, al mas-
sica, non pesta i piedi a nessuno, né allo Stato, né alle simo l’Italia importa canzoni europee (e pure canzoni
Chiese, e accontenta tutti. È progressista quanto basta americane). Gli intellettuali italiani non sono mai riu-
e rivoluzionaria quanto basta. Ed è una canzone im- sciti ad andare oltre il loro naso, anche in presenza di
pegnata, anche se non è propriamente una canzone idee che potevano funzionare. Il successo del Deca-
politica. Essa si mette sullo stesso piano dei film uni- meron di Pier Paolo Pasolini ha avuto decine di imi-
versali di Hollywood, che sono ben accetti anche da tazioni, a costi insignificanti, con cui sono state sod-
culture diverse. disfatte le richieste del mercato.
2 Alla domanda quando ci sarà pace, Dylan risponde 8. La canzone è sincera o insincera? La domanda è
con una… non risposta: non c’è risposta. Ma le frasi mal posta: la canzone è un ottimo prodotto, che sod-
interrogative nella mente di chi ascolta diventano fra- disfa le richieste del mercato, che il cantautore ha in-
si affermative: l’alba nuova è prossima ventura. dividuato. E fa girare l’economia con beneficio di tut-
3. La canzone è costruita sul valore della pace e della ti.
lotta contro la guerra, del “vogliamoci bene”, parla di 9. Il ritornello dice: “La risposta, amico mio, sta sof-
un uomo assolutamente generico e scomoda pure un fiando (=vola) nel vento. Il testo italiano allunga, per-
gabbiano. E la musica fascinosa fa la sua parte. ché i due versi sono fondamentali. E forse si deve in-
4. L’ascoltatore o l’utente, ascolta, si commuove, si tendere: “La risposta è caduta nel vento che l’ha por-
persuade, e sicuramente comprerà il disco successivo, tata via”.
perché vuole riprovare le stesse emozioni. 10. La traduzione, di Mogol-Tenco, ha fatto miracoli,
5. Non c’è il “sol dell’avvenir”, ma “un’alba nuova”, ma non è all’altezza dell’originale: le idee hanno bi-
anche se non si sa quando mai verrà. sogno dei loro suoni e della loro musicalità. E ogni
6. La canzone va confrontata in particolare con Felice lingua ha i suoi. I due traduttori sono stati costretti a
Cascione (1918-1944), Fischia il vento e infuria la usare molti versi tronchi. Di meglio non si poteva fa-
bufera, 1944. re. Però poi il cantante risistema tutto.
7. La canzone va confrontata con le canzoni leggere -----------------------------I☺I----------------------------
italiane, ma anche con le canzoni impegnate di Fabri-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 675
Marie Laforêt (1939-2019), La vendemmia mai stata una vera unione, ma un incontro, una frulla-
dell’amore, 1963 ta piacevole sotto le vigne e un saluto.
2. I due innamorati si amano e poi si lasciano, perché
Quest’autunno noi faremo l’amore dura un attimo. Nella stessa canzone lo scrit-
sotto il cielo più sereno tore fa provare allo spettatore la gioia dell’amore, un
la vendemmia dell’amore addio senza problemi e un vago ricordo di una canzo-
Tu cadrai nelle mie braccia ne che cantavano quand’erano innamorati. Insomma
come i grappoli dell’uva un amore “usa e getta” o un amore estivo.
che teniamo nelle mani 3. Il dramma dell’addio è assente ed anche la pianifi-
Quando il sole di settembre cazione del rapporto, il mettersi insieme per convive-
scenderà sulla campagna re (un’idea rivoluzionaria negli anni Sessanta) o al
canteremo una canzone: limite il matrimonio. L’amore dura un attimo, un po’
di baci e forse una frullata in mezzo all’erba, sopra
quest’autunno noi faremo una coperta. Ma la poesia è spensierata come doveva
sotto il cielo più sereno essere. E, come doveva essere, parla dei desideri, dei
la vendemmia dell’amore sogni, dell’amore libero, ma nel pensiero, perché la
realtà è ben diversa, prosaica, magari uno dei due non
Quando poi verrà la sera si lava nemmeno i denti. E lei resta incinta. No, non
quando tutte le farfalle sono stati gli angeli (sono asessuati!) e neanche i
dormiranno sulle foglie marziani…
Se davvero mi vuoi bene 4. I due innamorati si spupazzano sotto le vigne, spi-
in ogni chicco di quell’uva luccando un grappolo d’uva. I medioevali preferivano
ci daremo un lungo bacio farlo sotto i tigli, con un po’ di maschia violenza, che
Poi tornando verso casa lei apprezzava, come risulta da Ero una bambina in-
con le mani nelle mani nocente più sopra citata.
canteremo una canzone: 5. In sostanza i due ragazzi con la scusa dell’amore si
sono fatti una frullata (si spera più di una), senza giu-
quest’autunno noi faremo ramenti di fedeltà eterna. E poi si sono lasciati. Anche
sotto il cielo più sereno la finzione (e per tutte e due le parti) ha la sua impor-
la vendemmia dell’amore tanza. Lo si potrebbe chiamare “amore spensierato”,
“prendi, frulla e scappa”, ma esso è rarissimo e ad
Sarà triste dirci addio ogni modo arriva dalla Francia.
sarà triste amore mio 6. Chi è cinico e iconoclasta può confrontare la can-
ma l’amore dura un attimo zone con Bob Dylan, Risposta non c’è (1962), appena
Quando credi di sognare più sopra.
ti risvegli tutto a un tratto 7. Manca la punteggiatura e noi non l’abbiamo ag-
proprio quando dici t’amo giunta.
Ma se un giorno sarai solo -----------------------------I☺I----------------------------
non scordarti che una volta
cantavamo una canzone:
la la la...
Commento
1. I due innamorati hanno deciso di spupazzarsi in au-
tunno, faranno la vendemmia dell’amore in contem-
poranea con la vendemmia dell’uva. Poi lei chiede di
spiluccare un (grosso) grappolo d’uva e a ogni chicco
lui le darà un bacio. Ma la vendemmia finisce presto
e i due si diranno addio, perché l’amore dura un atti-
mo. Se un giorno infine sarà solo può ricordare che
cantavano una canzone: “Quest’autunno noi faremo
sotto il cielo più sereno la vendemmia dell’amore”.
La canzone diventa circolare, una invenzione che si
trova anche in Pascoli (Orfano, La mia sera). Non c’è
alcun dramma a causa della rottura. O forse non c’era
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 676
Gino Paoli (1934), Sapore di sale, 1963 tata o senza bagnati, che sono stati mentalmente ri-
mossi. Lei esce dall’acqua in due pezzi (o bikini) co-
Sapore di sale, me una novella Venere. E viene a sdraiarsi vicino a
sapore di mare, lui. Lui la guarda, anche con l’anima. E la bacia, sulla
che hai sulla pelle, pelle e poi sulle labbra. Le mani non danno alcun
che hai sulle labbra, contributo all’impresa amorosa (da non crederci). I
quando esci dall’acqua genitori sono in agguato… E la spiaggia o, almeno,
e ti vieni a sdraiare quell’angolo di spiaggia è tutto per loro.
vicino a me 2. La canzone ha avuto giustamente uno straordinario
vicino a me. successo. È semplice, facile, orecchiabile, spensiera-
ta. Ci sono soltanto lui e lei, lei che esce dal mare, lei
Sapore di sale, che si sdraia vicino a lui, lui che la guarda, la desidera
sapore di mare, e la bacia, un lungo sguardo e (con il pensiero) un ba-
un gusto un po’ amaro cio diffuso su tutta la pelle. Tutti i problemi di rela-
di cose perdute, zione e di lavoro sono dimenticati.
di cose lasciate 3. Dietro a Gino Paoli ci sono le languide e orecchia-
lontano da noi bili canzonette dell’Arcadia (1690).
dove il mondo è diverso, -----------------------------I☺I-----------------------------
diverso da qui.
Commento
1. La canzone è bella, spensierata, affascinante, coin-
volgente. I due innamorati sono giovanissimi, sui
vent’anni, sono al mare, su una spiaggia che è disabi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 677
Gian Piero Reverberi-Rosario Leva, Se mi aver detto che lo amava e addirittura che viveva per
vuoi lasciare, 1963 lui, anche se non era vero. Ad ogni modo lui la pren-
de con filosofia e senza drammi: “Ma, se vuoi andare,
Se mi vuoi lasciare non ti voglio più qui”. Insomma, dice sgarbatamente
dimmi almeno perché. di levarsi dai piedi. Non si chiede che cosa ha fatto
Io non so capire lui per farla scappar via. E invece alla domenica lui la
perché tu vuoi fuggire da me. lasciava sempre sola per andare a vedere la partita di
Se mi vuoi lasciare calcio con gli amici, si lamentava Rita Pavone ne La
dimmi almeno perché. partita di pallone (1962). Era l’anno prima.
2. Il verso “Se mi vuoi lasciare / dimmi almeno per-
Tu dicevi sempre ché”, ugualmente l’altro verso simile “Però prima di
che vivevi per me. lasciarmi…”, è martellante e sembra una mazzata sul-
Ma se vuoi andare la testa dell’ascoltatore. È pure reso ancora più poten-
non ti voglio più qui. te dalla musica ad alto volume che lo accompagna.
Però, prima di lasciarmi L’ascoltatore è letteralmente frastornato.
dimmi almeno il perché. 3. Gianfranco Michele Maisano in arte è Michele
(1944). Voce e musica chiassosa riempiono mente e
Il tuo amor cuore dello spettatore.
non era sincero, -----------------------------I☺I-----------------------------
i tuoi baci
non erano veri.
I tuoi occhi
mi han sempre mentito
se tu ora
non mi ami più.
Se mi vuoi lasciare
dimmi almeno perché.
Tu dicevi sempre
che vivevi per me.
Ma se vuoi andare
non ti voglio più qui.
Però, prima di lasciarmi
dimmi almeno il perché.
Il tuo amor
non era sincero,
i tuoi baci
non erano veri.
I tuoi occhi
mi han sempre mentito
se tu ora
non mi ami più.
Se mi vuoi lasciare
dimmi almeno perché.
Tu dicevi sempre
che vivevi per me.
Ma se vuoi andare
non ti voglio più qui.
Però, prima di lasciarmi
dimmi almeno il perché.
Commento
1. Il protagonista è stato lasciato o quasi. E allora
chiede: se mi vuoi lasciare, dimmi almeno perché mi
lasci. Una domanda (forse) legittima, che chiaramen-
te non avrà risposta. Egli non capisce i motivi
dell’abbandono. E, comunque, si premura preventi-
vamente di incolpare lei d’essere stata bugiarda, di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 678
Enrico Maria Papes-Sergio Di Martino, ora mi dite che ho degli impegni
Mettete dei fiori nei vostri cannoni, 1964 che gli altri han preso per me
Mettete dei fiori nei nostri cannoni Mettete dei fiori nei vostri cannoni…
era scritto in un cartello
sulla schiena di ragazzi Commento
che senza conoscersi, 1. “Me ciami Brambilla e fu l’uperari, lavori la ghisa
di città diverse, per pochi denari” (dialetto milanese): “Mi chiamo
socialmente differenti Brambilla, faccio l’operaio e lavoro la ghisa (=in fab-
in giro per le strade della loro città brica) con un salario molto basso”. Dopo 103 anni
cantavano dall’unità l’Italia non era unita nemmeno al livello
la loro proposta linguistico. Per diletto possiamo immaginare un sici-
ora pare ci sarà un’inchiesta liano o un veneto che vanno a lavorare a Milano-
Torino-Genova. Incontrano barriere linguistiche in-
Tu come ti chiami? superabili. Sono all’estero. La riforma della scuola
Sei molto giovane media inferiore è del 31.12.1962 (1963). A 60 anni di
distanza si può dire se ha o non ha migliorato la co-
Me ciami Brambilla e fu l’uperari, municazione tra gli italiani delle varie regioni. Sol-
lavori la ghisa per pochi denari tanto i parroci in chiesa, quando facevano le prediche,
e non ho in tasca mai parlavano in italiano. E la messa è detta in italiano
la lira soltanto dopo il Concilio Vaticano II (1962-65).
per poter fare un ballo con lei 2. La canzone risente delle proteste e della contesta-
mi piace il lavoro zione giovanile che era iniziata in USA (e poco dopo
ma non son contento in Francia) contro il consumismo di massa. La conte-
non è per i soldi che io mi lamento, stazione è fatta vestendo in modo trasandato, usando
ma questa gioventù droghe leggere (e anche pesanti), contestando la guer-
c’avrei giurato che mi avrebbe dato di più. ra statunitense in Vietnam. I contestatori sono chia-
mati hippy, figli dei fiori. La contestazione ha la sua
Mettete dei fiori nei vostri cannoni acme nel 1968: numerose università americane, fran-
perché non vogliamo mai nel cielo cesi, europee e italiane sono occupate. I contestatori
molecole malate, non sanno che sono i figli del benessere, cioè della
ma note musicali che formano gli accordi società consumistica. Essi possono contestare, perché
per una ballata di pace, la la società ha raggiunto una stabilità e solidità eco-
di pace, di pace. nomica tale, da resistere anche allo spreco di risorse:
il boom economico italiano è del 1958-63. Bisogna
Anche tu sei molto giovane, però capire che cosa si intendeva per lotta contro il
quanti anni hai? consumismo: si criticava il consumismo degli altri e
E di che cosa non sei soddisfatto? si voleva praticare il consumismo anche per sé. Non
si voleva essere esclusi, si voleva una fetta di consu-
Ho quasi vent’anni e vendo giornali mi più consistente. A parte piccolissime frange di ir-
girando quartieri fra povera gente riducibili, la contestazione finisce rapidamente, poi-
che vive come me, ché gli Stati trovano il modo di riversare una maggio-
che sogna come me, re quantità di risorse sui giovani studenti (presalario
sono un pittore che non vende quadri, ecc.). In Italia fino a metà anni Settanta i gruppi di
dipingo soltanto l’amore che vedo Sinistra inneggiavano e praticavano l’autoriduzione e
e alla società non chiedo l’esproprio (o furto) proletario. Comportamenti che
che la mia libertà. dimostrano in modo certo come era intesa la lotta
studentesca contro i consumi… I sinistrati si richia-
Mettete dei fiori nei vostri cannoni… mavano poi a Karl Marx (1818-1883) che a loro dire
aveva dimostrato in modo “scientifico” lo sfruttamen-
E tu chi sei? to dei proletari da parte dei capitalisti. I rivoluzionari
Non mi pare che abbia di che lamentarti... di Francia come d’Italia si erano appropriati di una
cultura vecchia e ammuffita già nell’Ottocento, quan-
La mia famiglia è di gente bene do era stata formulata. Marx ed Engels diventano gi-
con mamma non parlo, ganti del pensiero socialista soltanto dopo la rivolu-
col vecchio nemmeno zione sovietica (1917), che ne pubblica le opere.
lui mette le mie camicie 3. La canzone è modesta e velleitaria, ma non è que-
poi critica se vesto così sto che conta. Il motivo è orecchiabile ed è un buono
guadagno la vita lontano da casa slogan di lotta contro la guerra e la società costituita.
perché ho rinunciato ad un posto tranquillo Essa è costruita su una intervista realistica a tre ope-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 679
rai, che non sono soddisfatti della loro vita. L’ultimo pesanti. E che oggi la liberalizzazione delle droghe è
denuncia l’impossibilità di comunicare con i genitori. un valore della Sinistra italiana. Sull’effetto delle
Ovviamente il problema riguarda anche i genitori che droghe il lettore è invitato a informarsi altrove.
non capiscono i figli, per i quali si sono sacrificati e 9. Canta il gruppo dei “Giganti”. Non si capiva chi
che ora se li ritrovano ostili. erano né che cosa ci facevano sul palco a cantare.
4. Il ritornello c’entra come i cavoli a merenda, ed è Avevano l’aspetto di spaventapasseri, alti e magri. Le
bene non farci caso. Non si sa bene chi abbia i can- tre interviste diventano soltanto versi cantati, avulsi
noni, ma il verso sembra dire qualcosa, sembra impe- dalla raltà.
gnato, è bello e orecchiabile. Il paroliere sfrutta l’ef- -----------------------------I☺I----------------------------
fetto che le parole (fiori, canone, ballata, pace) fanno
sull’ascoltatore o sullo spettatore. Esse per di più so-
no accompagnate da una musica efficace. E così lo
spettatore diventa pacifista.
5. In effetti il rapidissimo sviluppo economico ha reso
impossibile la costruzione di una nuova cultura o di
un semplice adattamento della vecchia cultura alla
nuova situazione. Di qui le contestazioni, le tensioni,
le manifestazioni “contro il sistema”. Queste tensioni
sono destinate a durare (in Italia compaiono le “Bri-
gate Rosse”, che nel 1978 rapiscono e uccidono il se-
gretario della DC Aldo Moro), perché non si può co-
struire una nuova cultura dall’oggi al domani. I con-
testatori parigini del maggio francese gridavano
“l’immaginazione al potere”, ma i contestatori non
hanno dimostrato di avere immaginazione e il capita-
lismo industriale ha colto l’occasione per rinnovarsi
radicalmente. Un buon generale sfrutta gli errori e gli
attacchi del suo nemico…
6. Il testo evita i versi tradizionali, normalmente in
rima o con assonanze, e ricorre a una prosa poetica o
ritmata. Una piccola innovazione. E ricorre al bilin-
guismo. Un’altra innovazione. E si apprezza per la
sua sincerità e per la sua capacità di descrivere i gio-
vani così come sono: la giovinezza non mantiene le
sue promesse, poteva essere migliore; il dialogo tra
padri e figli è impossibile; i valori dei figli sono di-
versi e inconciliabili con quelli dei genitori. I fiori
rimandano anche agli hippy, i “figli dei fiori”, che
agli inizi degli anni Sessanta in USA contestavano la
vita e i valori ufficiali e che verso la fine del decennio
protestano contro la guerra degli USA in Vietnam.
7. Il film che meglio rappresenta la cultura e la conte-
stazione giovanile americana è Easy Reader – Libertà
e paura (1969), diretto e interpretato da Dennis Hop-
per, con Peter Fonda e Jack Nicholson. Due giovani
su due potenti moto fanno un viaggio attraverso gli
USA da Los Angeles alla Louisiana. Qui sono uccisi
da qualcuno che spara loro da un furgone, perché so-
no capelloni, si drogano e rifiutano i valori americani
tradizionali. Le due chopper, costosissime, comperate
con i guadagni di un carico di cocaina, dimostravano
però il contrario. Il film è sgangherato, ma fatto con
la consueta maestria di Hollywood, ha un successo
enorme tra il pubblico giovanile e vince il premio per
la miglior opera prima al 22º Festival di Cannes.
8. La canzone va confrontata con Francesco Petrarca
(1304-1374), Italia mia, ben che ‘l sperar sia indar-
no, CXXVIII, ultimi versi.
9. Vale la pena di ricordare che cantanti, attori e con-
testatori facevano uso di droghe leggere e di droghe
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 680
Nicola Salerno-Mario Panzer, Non ho l’età Giorgio Calabrese-Gianfrancesco Guar-
(per amarti), 1964 nieri, Un bene grande così, 1965
Yesterday, all my troubles seemed so far away, Ieri tutti i miei guai sembravano lontanissimi,
Now it looks as though they’re here to stay, adesso sembrano quasi che stiano di casa qui,
Oh, I believe in yesterday. oh, io credo in ieri.
Suddenly, I’m not half to man I used to be, All’improvviso non sono l’uomo che ero,
There’s a shadow hanging over me. c’è un’ombra che sta sopra di me.
Oh, yesterday came suddenly. Oh, ieri è venuto all’improvviso.
Why she had to go? Perche lei se n’è andata?
I don’t know she woldn’t say. Non so, non le l’ha voluto dire.
I said something wrong, Ho detto qualcosa di sbagliato,
Now I long for yesterday. ora io desidero ieri.
Yesterday, love was such an easy game to play, Ieri l’amore era una facile partita da giocare,
now i need a place to hide away, ora ho bisogno di un posto dove nascondermi,
oh, i believe in yesterday. oh, io credo in ieri.
Non siamo come voi 2. Il motivo è di provenienza straniera, dai “figli dei
non capiamo il mondo come voi fiori” ai movimenti statunitensi contro la guerra in
noi vogliamo tra le mani questo mondo Vietnam. In Italia non c’erano guerre né in Europa. È
per poterlo accarezzare comodo esser contro la guerra altrui, ma è meglio non
farci caso. In Italia è finito il Concilio Vaticano II
per vivere (1962-65) e si sta diffondendo la contestazione gio-
per amare vanile. Soltanto il PCI era contro la guerra degli
non per uccidere USA, ma non perché fosse contro la guerra in sé,
non per sparare bensì per fare del balordo anti-americanismo a favore
non per uccidere dell’URSS, che lo finanziava. Per lo stesso motivo
non per sparare voleva il disarmo della polizia.
3. La canzone non va oltre i limiti di una canzone
Facciamo l’amore non la guerra “impegnata”. Enuncia tesi, non fa e non può fare al-
Facciamo l’amore non la guerra cuna analisi. L’analisi su ciò che spinge alla guerra
non la guerra (Due volte.) non si trova da nessun parte. In genere Sinistra italia-
na, anarchici e pacifisti sono contro la guerra, e tutto
Se ci sdraiamo sui prati finisce lì. Riflettere sulle cause della guerra è troppo
è per guardare il cielo insieme faticoso, meglio non farlo.
non per uccidere 4. E sull’amore, che sostituirebbe la guerra, non è
non per sparare molto precisa: vuol dire distendersi sui prati e guarda-
E quando siamo innamorati re il cielo. Niente amor libero, è ancora tabù. È me-
diamo (=ci doniamo) come facevate voi glio non scandalizzare i benpensanti.
e c’è qualcosa in fondo a noi 5. Tra i contestatori si diffondono droghe leggere e
che ci grida “prendi la tua strada e vai” pesanti quale forma di lotta contro il Potere Costituito
e alla ricerca di nuove libertà. La liberalizzazione del-
per sorridere la droga è ancora oggi un ideale di vita della Sinistra.
per amare 6. La produzione italiana di canzoni contro la guerra
non per uccidere è piuttosto limitata. Gli autori sono Fabrizio De An-
non per sparare dré con molteplici canzoni, poi Francesco Guccini,
non per uccidere infine Enrico Maria Papes-Sergio Di Martino, Mettete
non per sparare dei fiori nei vostri cannoni (1964), Tommaso Biggie-
ro-Marcello Minerbi, Facciamo l’amore non la guer-
Facciamo l’amore non la guerra ra (1966) e Franco Migliacci-Mario Lusini, C’era un
Facciamo l’amore non la guerra ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling
non la guerra (Due volte.) Stones (1966), la migliore, che indica pure quale
guerra, e Umberto Napolitano, Mille chitarre contro
Commento la guerra (1966).
1. Facciamo l’amore non la guerra è la canzone ita- 7. Dopo il 1994 il PCI di Achille Occhetto sconfitto
liana più anti-militaristica. È semplice ed efficace, da Forza Italia, il partito che Silvio Berlusconi, un in-
abbina amore e guerra e invita a scegliere l’amore, dustriale milanese, mette in piedi in tre mesi, la cultu-
cioè l’attività sessuale tra maschio e femmina. E, co- ra della Sinistra italiana collassa e scompare. Coloro
me le canzoni inglesi o americane, non pesta i piedi a che ne avevano scritte le canzoni (Giovanna Marini,
nessuno. È cantata da Davide Caci e Sara Musella, Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea ecc.) sono muti più
due artisti sconosciuti al gran pubblico. Qualcuno la dei pesci. Nessuno se ne accorge e nessuno recita il
accusa di aver plagiato Brian Wilson-Mike Love, Vi- De profundis.
brazioni positive (1966), cantata da “The Beach 8. Il testo è senza punteggiatura: per i contestatori es-
Boys” (“Ragazzi di spiaggia”), un gruppo statuniten- sa non serviva.
se, ma i problemi di plagio qui sono fuori luogo. È un -----------------------------I☺I-----------------------------
prodotto che sicuramente sarebbe stato ben accetto ai
giovani, pieni di ideali e di buoni sentimenti e nor-
malmente incapaci di pensare e di chiedersi che cosa
succede nel mondo e perché. Nella realtà poi c’è
qualcuno, con nome e cognome, che fa la guerra e la
fa per certi scopi e per motivi determinati. E non si
vive di belle parole, di slogan e di metafore:
Just heed this plea my love Solo dà ascolto a questa richiesta, amore mio,
On bended knees my love in ginocchio, amore mio,
I pledge myself to Lady Jane mi offro in pegno a Giovanna.
I’m givin’ you a piece of my mind. Ti sto dando un pezzo della mia mente.
There no charge of any kind. Nessun compenso di nessun tipo.
Try a very simple test. Prova un test molto semplice.
You should just retrace your steps. Dovresti soltanto ripercorrere i tuoi passi.
And think back, back a little bit baby. E ripensarci, ripensarci un po’, baby.
Back, back alright. Ripensaci, ripensaci bene.
Think, think, think back baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think back a bit girl. Ripensaci, ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
And think back, back a little bit, baby. E ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back alright. Ripensaci, ripensaci bene.
Think, think, think back, baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think back a bit, girl. Ripensaci, ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back, baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
But think back, back a little bit, baby. Ma ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back, alright! ripensaci, ripensaci bene!
But think back, back a little bit, baby. Ma ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back alright. ripensaci, ripensaci bene
Think, think, think back, baby. ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think I said back a bit, girl. ripensaci, ho detto ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back, baby. ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
In the town where I was born Nella città in cui sono nato
Lived a man who sailed to sea visse un uomo che navigò verso il mare
And he told us of his life e ci raccontò della sua vita
In the land of submarines nella terra dei sottomarini.
So we sailed up to the sun Poi salpammo verso il sole
‘Til we found a sea of green finché non trovammo un mare di verde
And we lived beneath the waves e vivemmo sotto le onde
In our yellow submarine. nel nostro sottomarino giallo.
And our friends are all aboard E i nostri amici sono tutti a bordo,
Many more of them live next door molti altri vivono accanto
And the band begins to play. e la band inizia a suonare.
(Full speed ahead Mr. Parker, full speed ahead (A tutta velocità, signor Parker, a tutta velocità,
Full speed ahead it is, Sergeant! avanti a tutta velocità, sergente!
Action station, action station! Stazione d’azione, stazione d’azione!
Aye, aye, sir, fire! Sì, sì, signore, fuoco!
Captain, captain!). Capitano, capitano!).
Commento
1. Inizialmente McCartney fu accusato di aver scritto immediato memorizzare e ripetere il ritornello
la canzone sotto l’effetto del LSD, ma smentì con
forza, dichiarando di averla scritta come brano per Viviamo tutti in un sottomarino giallo,
bambini. Dichiarò pure in più interviste di aver pro- sottomarino giallo, sottomarino giallo.
vato quella droga solamente nel 1967. La canzone
colpì per il timbro e la modalità di canto tipica e pe- La fascia di spettatori o di utenti si allarga in modo
culiare di Ringo Starr. McCartney affermò in molte considerevole.
occasioni che egli e John Lennon gli scrivevano le 3. Il brano musicale va ascoltato. Soltanto così il testo
canzoni su misura, scegliendo le note giuste per la acquista la sua importanza ed è percepito nella giusta
sua estensione vocale non proprio straordinaria. prospettiva. E bisogna pure spegnere il lume della ra-
All’interno della canzone sorprese anche una lunga gione, per apprezzarlo. E cercare di vedere la realtà
serie di rumori inseriti da Lennon, come suoni di con gli altri occhi: abbiamo incontrato un sottomarino
campane e altri suoni, compresa una sequenza di pa- giallo, vi siamo entrati e viviamo tutti felici. In tal
role pronunciate in lingue diverse dall’inglese. Negli modo si puà anche simulare l’effetto del LSD senza
USA il singolo vendette 1.200.000 copie in sole quat- prenderlo. Lo fa McCartney per noi.
tro settimane. 4. Il giusto commento alla canzone è un quadro di
2. Il testo dei “Beatles” è simpatico e diventa una René Magritte, Questa non è una pipa, 1948.
canzoncina orecchiabile, adatta ai bambini. È facile e -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. La canzone è cantata da Caterina Caselli ed è suc-
cessiva a Nessuno mi può giudicare, cantata dalla
stessa Caselli. Il perdono fa parte del linguaggio ec-
clesiastico.
2. La ragazza lo lascia (lui però la trascura) e si trova
abbracciata a un altro (lo fa per dispetto). Però l’altro
gli assomigliava (il tradimento è quindi soltanto par-
ziale) e ad ogni modo era stata una sbandata con un
cerino acceso. È ritornata perché lui è il sole, è molto
meglio dell’altro.
3. La ragazza è andata a brucare altrove, lui la trascu-
rava e lei lo vuol fare ingelosire o arrabbiare. Ma
l’erba del vicino era ancora peggio. Tanto vale torna-
re indietro a brucare la solita erba. Può anche essere
sincera: l’altro era uno schifo, cioè era un cerino.
Meglio che mi accontenti di te, sei un paio di cerini o
una candela e ti paragono al sole. Sei il mio sole. Se ti
faccio un complimento, forse riesco a darti un po’ di
vita e a farti uscire dalla tua indolenza preistorica e
dalla tua anoressia sessuale. Dòtti da fare, saltami ad-
dosso.
4. Mogol è il nome d’arte di Giulio Rapetti (1936).
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Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me dió dos luceros, que cuando los abro mi ha dato due stelle che, quando le apro,
perfecto distingo, lo negro del blanco distinguo per bene il nero dal bianco
y en el alto cielo, su fondo estrellado e nel cielo profondo la volta stellata
y en las multitudes, el hombre que yo amo e tra le moltitudini l’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado el oído, que en todo su ancho mi ha dato l’udito che con tanta sensibilità
graba noche y día, grillos y canarios cattura notte e giorno il canto di grilli e canarini,
martillos, turbinas, ladridos, chubascos martelli, turbine, latrati, burrasche
y la voz tan tierna, de mi bien amado e la voce tanto tenera dell’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado el sonido, y el abecedario mi ha dato la voce e l’abbecedario,
con el las palabras, que pienso y declaro con le parole che penso e dico:
madre, amigo, hermano y luz alumbrando madre, amico, fratello e luce che illumina
la ruta del alma del que estoy amando la strada dell’anima dell’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado la marcha, de mis pies cansados mi ha dato il cammino per i miei piedi stanchi,
con ellos anduve, ciudades y charcos con loro ho attraversato città e pozzanghere,
playas y desiertos, montañas y llanos spiagge e deserti, montagne e pianure
y la casa tuya, tu calle y tu patio e la casa tua, la tua strada e il tuo cortile.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me dió el corazón, que agita su marco mi ha dato il cuore che agita il mio petto,
cuando miro el fruto del cerebro humano quando guardo il frutto del pensiero umano,
cuando miro el bueno tan lejos del malo quando guardo il bene così lontano dal male,
cuando miro el fondo de tus ojos claros quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado la risa y me ha dado el llanto mi ha dato il sorriso e mi ha dato il pianto,
así yo distingo dicha de quebranto così distinguo la gioia e il dolore,
los dos materiales que forman mi canto i due sentimenti che ispirano il mio canto
y el canto de ustedes, que es el mismo canto e il canto degli altri, che è lo stesso mio canto,
y el canto de todos, que es mi propio canto e il canto di tutti, che è proprio il mio canto,
y el canto de ustedes, que es mi propio canto. e il canto degli altri, che è proprio il mio canto.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto. Grazie alla vita che mi ha dato tanto.
Gioventù, gioventù passi in fretta E Lorenzo de’ Medici (1449-1492), Canzona di Bac-
e non torni più co e Arianna (1490) cantava:
Ieri avevo 18 anni, mi son svegliato
e ne ho 2 di più… Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Viaggia il sole come un treno, Chi vuol esser lieto, sia:
voltati, è già sera di doman non c’è certezza.
L’ora dura un istante,
l’anno un momento ed io sempre qua 2. Conviene confrontare la canzone con la celebra-
Con tutta la mia voglia zione della giovinezza nell’anarchico Pietro Gori
di vivere e cantare (1865-1911), Inno del primo maggio (1892); nel Na-
Ma il tempo non mi lascia zional-fascismo (1920) e nei canti rivoluzionari, in
neanche il tempo di fiatare… particolare Bella ciao (1947).
3. La punteggiatura è quella originale.
Gioventù, gioventù passi in fretta -----------------------------I☺I-----------------------------
e non torni più
Ieri avevo 18 anni, mi son svegliato
e ne ho 3 di più…
Commento
1. La canzone è gradevole, malinconica e leggera.
Sviluppa un motivo antico in modo originale:
Quinto Orazio Flacco (65 a.C.-8 a.C.) suggeriva:
Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
(Odi, 1, 11, 8).
Commento
1. Qualcuna pensa di aver sbagliato le sue scelte gio-
vanili ed ora dà i buoni consigli a una ragazzina di
vent’anni, affinché non commetta i suoi errori. Sicu-
ramente la ragazzina non la ascolterà, perché a) la
persona, il carattere e la situazione sono diversi; b) i
consigli sono di chi è stato sconfitto dalla vita e non
crede né alla speranza, né alle illusioni, perciò sono
sbagliati. In azzurro la parte ripetuta.
2. Non si capisce l’invito alla ragazzina di cantare.
Forse significa “Dàtti una mossa, o ragazzina”? Sem-
brerebbe un invito a cogliere il presente, e senza sba-
gliare, prima che passi, come suggeriva Quinto Ora-
zio Flacco (65 a.C.-8 a.C.):
Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
(Odi, 1, 11, 8).
Ciao amore,
ciao amore, ciao amore ciao.
Ciao amore,
ciao amore, ciao amore ciao.
Commento
1. Una canzone vera, tristissima e deprimente. Anche
le cose tristi vanno dette nel dovuto modo. E anche le
cose felici vanno dette nel dovuto modo. Gino Paoli
lo aveva insegnato con Sapore di sale (1963). I due
innamorati sono al mare e sono abbastanza felici
(come lo spettatore) e permettono di identificarsi (allo
spettatore). Sì, c’è il momento bello del bacio dato o
soltanto pensato, meglio non dire (tutta la spiaggia
guarda e i genitori sono pronti con il fucile), ma ci
sono anche i “giorni lunghi”… “Lunghi” (è uno
splendido eufemismo), perché le vacanze sono sem-
pre le stesse e sono noiose, noiosissime, ripetitive,
anche se durano appena due settimane. Ma la realtà
va sempre addomesticata e abbellita. Non si va al ma-
re per dire che si è stati male e/o ci si è annoiati: si fa
brutta figura. Anche gli amici direbbero, ‘ma che sei
andato a fare? Non potevi fare un po’ di casino?’.
Tenco invece va controcorrente.
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Commento
1. Finalmente una canzone che non parla d’amore e
che è pure divertente. L’autore è un medico, prestato
alla canzone.
Hey, Jude, don’t make it bad Ehi, Jude, non farlo male,
Take a sad song and make it better prendi una canzone triste e rendila migliore.
Remember to let her into your heart Ricordati di farla entrare nel tuo cuore,
Then you can start to make it better quindi puoi iniziare a renderla migliore.
Hey, Jude, don’t be afraid Ehi, Jude, non aver paura,
You were made to go out and get her sei stato fatto per uscire e prenderla
The minute you let her under your skin nel momento in cui l’hai lasciata sotto la pelle,
Then you begin to make it better quindi inizi a renderla migliore.
And anytime you feel the pain E ogni volta che senti il dolore,
Hey, Jude, refrain ehi, Jude, fermati,
Don’t carry the world upon your shoulders non portare il mondo sulle tue spalle.
For well you know that it’s a fool Sai bene che è uno sciocco
Who plays it cool chi la suonerà bene,
By making his world a little colder. rendendo il suo mondo un po’ più freddo.
Commento
1. Ehi, Jude è una delle canzoni più famose dei possiamo sistemarla diversamente”. Ma John rispon-
“Beatles” e sicuramente una dei più grandi successi de: “Non farlo! Sai, questa frase è perfetta, non toc-
commerciali dei “Fab Four” (=Favolosi Quattro). carla, va benissimo così”. Per una volta i due si tro-
Quando il pezzo uscì come singolo nel 1968 (prima si vano d’accordo.
era pensato di inserirlo nell’album White Album), di- 2. Il brano musicale è universale: soddisfa tutti e non
venne subito un successo, rimanendo nelle classifiche pesta i piedi a nessuno. È semplice, orecchiabile, ed
britanniche e statunitensi per ben 16 settimane. Il di- ha una struttura ripetitiva. Sembra una canzoncina per
sco vendette in sei mesi oltre cinque milioni di copie l’infanzia. Per di più molti utenti possono aver vissu-
in tutto il mondo, e dopo quattro anni il numero com- to una situazione simile. La musica e le voci fanno un
plessivo salì a sette milioni e mezzo. La canzone è eccezionale accompagnamento.
scritta da Paul McCartney, ma è attribuita come sem- 3. “Ehi, Jude”: straordinaria l’idea di parlare con un
pre alla coppia Lennon/McCartney. Ha una storia interlocutore presente, ma muto. Il lettore o l’ascolta-
particolare. Nel 1968 John Lennon (1940-1980) ha tore ha l’impressione di essere davanti a una scenetta.
appena iniziato una relazione con Yoko Ono, lascian- La canzone esce dai suoi limiti.
do la sua prima moglie, Cynthia. Così Paul cerca di 4. Il lettore può confrontare la canzone con le altre
consolare Cynthia e il figlio Julian, recandosi spesso canzoni straniere qui citate e pure con le canzoni ita-
a trovarli. Un pomeriggio, durante una di queste visi- liane coeve.
te, pensa a quanto un divorzio possa turbare un bam- -----------------------------I☺I-----------------------------
bino e gli viene in mente la frase “Don’t make it bad,
take a sad song and make it better” (“Non farti male,
prendi una canzone triste e rendila migliore”), pen-
sando che potrebbe incoraggiare Julian. Nasce così il
primo embrione di Hey, Jude, che inizialmente Paul
pensa di intitolare Hey, Jules, la modifica in Jude è
ispirata dal personaggio Jud (=Giuda) del musical
Oklahoma!, che McCartney adorava. Tornato a Lon-
dra, fa ascoltare la canzone a John, che si è presentato
con l’ormai inseparabile Yoko. A un certo punto si
ferma, guarda verso John e dice: “Qui, se vuoi,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 703
Franco Migliacci-Barbata-Kaylan-Nichol- Ho scritto t’amo
Pons-Volman, Scende la pioggia, 1968 sulla sabbia
e il vento
Tu nel tuo letto caldo, io per strada al freddo a poco a poco
ma non è questo che mi fa triste se l’è portato via
Qui fuori dai tuoi sogni l’amore sta morendo con sé.
ognuno pensa solo a se stesso Io non avevo mai
capito te
Scende la pioggia ma che fa, ma ora sì
crolla il mondo addosso a me ma ora sì
per amore sto morendo! una bambola come te
Amo la vita più che mai io l’ho
appartiene solo a me, sognata sempre
voglio viverla per questo! no no non l’ho avuta mai
E basta con i sogni, ora sei tu che dormi mai mai
ora il dolore io non conosco mai.
Quello che mi dispiace è quel che imparo adesso
ognuno pensa solo a se stesso Ho scritto t’amo
sulla sabbia
Scende la pioggia... e il vento
a poco a poco
Commento se l’è portato via
1. L’amore di lui e lei sta morendo, perché ognuno con sé
pensa soltanto a se stesso. E intanto scende la pioggia se l’è portato via
e il mondo gli crolla addosso. Lui dice basta ai sogni, con sé.
ha scoperto con tristezza che ognuno, cioè lei, pensa
solo a se stesso. Commento
2. Con Scende la pioggia Gianni Morandi vince Can- 1. Il protagonista ha scritto “t’amo” sulla spiaggia
zonissima nel 1968. La canzone è la versione italiana (un’azione molto romantica), ma il vento a poco a
di Eleanore, una canzone americana interpretata dal poco se l’è portato via (l’ipotesi è inverosimile, ma è
gruppo “The Turtles”. molto fotogenica). Egli ha sempre desiderato una
3. La canzone va confrontata con tutte le altre piogge donna come lei, ma non l’ha mai avuta. Soltanto
che scendono o che cadono. C’è anche un film, i cui adesso ha capito la ragazza. Ma essa rimane ancora
protagonisti danzano e cantano sotto la pioggia: Sin- un sogno.
gin’ in the Rain (Cantando sotto la pioggia, USA, 2. Il filo conduttore della canzone è esile: la canzone,
1952), diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, inter- come altre, è costruita sul ritornello. Quel che conta
pretato dallo stesso Gene Kelly, Donald O’ Connor e però è la voce ipnotica del cantante, che rapisce lo
Debbie Reynolds. spettatore.
4. La punteggiatura non è stata risistemata. 3. Il vento compare anche in canzoni politiche: Fi-
-----------------------------I☺I----------------------------- schia il vento e infuria la bufera (Fischia il vento,
1944) e Se il vento fischiava ora fischia più forte
Franco Romano-Francesco Calabrese, (Contessa, 1966).
Ho scritto t’amo sulla sabbia, 1968 4. Franco IV e Franco I sono rispettivamente Franco
Romano e Francesco Calabrese. Dopo questo succes-
so lasciano il mondo della canzone.
Ho scritto t’amo
5. La punteggiatura non è stata risistemata.
sulla sabbia
-----------------------------I☺I-----------------------------
e il vento
a poco a poco
se l’è portato via
con sé.
L’ho scritto poi
nel mio cuor
ed è restato lì
per tanto tempo.
Una bambola come te
io l’ho sognata sempre
no no non l’ho avuta mai
mai mai
mai.
Some folks are born made to wave the flag Alcuni nascono per sventolare la bandiera
They’re red, white and blue loro sono rossi, bianchi e blu
And when the band plays “Hail to the Chief” e, quando la banda suona Hail to the Chief,
They point the cannon at you, Lord puntano il cannone verso di te, Signore.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no senator’s son, son non sono il figlio di un senatore,
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no.
Some folks are born silver spoon in hand Alcuni sono nati col cucchiaio d’argento in mano,
Lord, don’t they help themselves, yeah Signore, non aiutano loro stessi, sì
But when the taxman comes to the door Ma, quando il fisco bussa alla loro porta,
The house look a like a rummage sale la casa sembra quasi un mercatino.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no millionaire’s son, no, no non sono il figlio di un milionario, no, no
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no.
Yeah, Yeah,
some folks inherit star-spangled eyes Alcuni ereditano gli occhi a stella,
They send you down to war vi spediscono giù in guerra
And when you ask ‘em: “How much should we e, quando gli chiedi quanto dovremmo dare,
give?” la loro sola risposta è: “Ancora, ancora, ancora di
They only answer: “More, more, more”. più”.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no military son non sono il figlio del militare
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono un tipo fortunato
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one. non sono quel fortunato, no.
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Well Bene
Take me back down where cool water flow, y’all Riportami giù dove l’acqua scorre fresca,
Let me remember things I love, Lord lasciami ricordare le cose che amo.
Stoppin’ at the log where catfish bite Mi fermo al tronco dove il pesce-gatto abbocca.
Walkin’ along the river road at night Cammino lungo la strada del fiume di notte.
Barefoot girls dancin’ in the moonlight Le ragazze ballano a piedi nudi al chiaro di luna.
I can hear the bullfrog callin’ me, oh Riesco a sentire la rana che mi chiama, oh.
Wonder if my rope still hangin’ to the tree, Lord Mi chiedo se la mia corda è ancora appesa all’albero.
Love to kick my feet way down the shallow water Amo scalciare i miei piedi giù nell’acqua bassa.
Shoo fly, dragonfly, get back t’mother La scarpa vola, il dragone vola, torna da tua madre.
Pick up a flat rock, skip it across Green River Prendi un sasso piatto e fallo saltare sul Green River.
Well Bene
Up at Cody’s camp I spend my days, Lord Sul campo di Cody ho trascorso le mie giornate
With flat-car riders and cross-tie walkers con i flat-car riders e i giramondo.
Old Cody, Junior took me over Vecchio Cody, Junior mi ha preso con sé.
Said “You’re gonna find the world is smold’rin’” Ha detto: “Scoprirai che il mondo sta bruciando senza
“And if you get lost, come on home to Green River” fiamme e, se ti perdi, vieni a casa al Green River”.
Well Bene
Well Bene
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Commento
1. John Fogerty è capogruppo dei “Creedence Clear-
water Revival”. In un’intervista, rilasciata alla rivista
“Rolling Stone” nel 2012, ha spiegato: “Green River
è un posto che esiste realmente, ed è un posto dove
andavo da bambino e si trova a Putah Creek, vicino a
Winters, in California. Durante la mia infanzia sono
andato lì con la mia famiglia ogni anno. Conservo
molti ricordi felici: lì ho imparato a nuotare. Lì c’era
una fune appesa all’albero... libellule, rane... c’era
una piccola capanna, dove eravamo soliti andare, di
proprietà di un discendente di Buffalo Bill, Cody”.
2. Green River è l’affluente principale del fiume Co-
lorado (USA).
3. I flat-car riders sono i cavalieri delle auto piatte,
coloro che usano auto adibite al trasporto.
4. Fogerty si rivolge a Cody Junior e lo invita a por-
tarlo sul fiume, come faceva quando era bambino.lì
rivive le sue esperienze infantili: vede il vecchio albe-
ro, sguazza con i piedi nell’acqua, ascolta la rana e
vede passare le ragazze. L’ultimo suggerimento: deve
prendere un sasso piatto e farlo balzare sull’acqua.
Nel campo di Cody ha trascorso la sua giovinezza. E
ricorda al vecchio come suo figlio Cody Junior lo
prendeva con sé. Il giovane gli ha detto che il mondo
stava bruciando senza fiamme. Se si perdeva, poteva
sempre ritornare lì da loro, sul fiume.
5. Il brano musicale è costruito sulla nostalgia del
passato. Rimanda a: Dante Alighieri, Guido, i’ vorrei
che tu e Lapo ed io, 1294ca., Giovanni Pascoli, Ro-
magna, 1891, Giuseppe Ungaretti, I fiumi, 1917, Se-
condo Casadei, Romagna mia, 1954.
Ora so
che cos’è questo amaro sapore
che resta di te
quando tu
sei lontana e non so dove sei
cosa fai, dove vai.
E so perché
non so più immaginare il sorriso
che c’è negli occhi tuoi
quando non sei
con me.
Commento
1. Lei ha il viso d’angelo, ma noi non sappiamo come
sono i visi degli angeli. Dobbiamo immaginarlo. Gli
autori pescano un’idea che si trova nel Dolce Stil No-
vo (1274): 1) amore e cuore gentile si identificano; 2)
la nobiltà non è nobiltà di sangue che si eredita, è
gentilezza (o nobiltà) d’animo che si conquista con il
proprio ingegno; 3) la donna è un angelo disceso dal
cielo, per innalzare l’uomo a Dio o per fargli tirar
fuori dall’animo le sue capacità. Gli autori però inse-
riscono la terza tesi stilnovistica in un contesto diver-
so: il tema della lontananza o dell’abbandono, a cui si
aggiunge il tema del ritorno. Lei se ne va, ma poi ri-
torna.
2. L’innamorato però non si chiede perché se ne va né
perché ritorna: sembra una meteoropatica. In un’altra
canzone lei se ne va, ma poi ritorna: lui era uno schi-
fo, ma l’altro ragzzo era peggio. Perciò era meglio
ritornare dal primo: Mogol-Piero Soffici, Perdono
(1966). Lei è sempre un angelo e il poeta innamorato
resta sempre a bocca aperta davanti a lei. Né si chiede
se Anche gli angeli mangiano fagioli (Enzo Barboni
Clucher, film, 1973), cioè se è prudente o è avventato
innamorarsi di loro e pensare di vivere con un angelo.
3. La canzone è tranquilla, da cantare. Trasforma in
dolci note, un po’ problematiche e un po’ malinconi-
che, i difficili rapporti tra uomo e donna.
Tutti insieme!
L’amicizia sincera
è un grande dono,
il più raro che c’è. (Tre volte.)
Oh Lady Mary, petite fille aux yeux bleus Oh cara Maria, bambina con gli occhi azzurri,
Oh Lady Mary, tu n’étais pour lui qu’un jeu oh cara Maria, eri solo un gioco per lui.
Oh Lady Mary, à l’aube de chaque nuit Oh cara Maria, all’alba ogni notte,
Oh Lady Mary, un nouveau jour vient sans bruit oh cara Maria, un nuovo giorno arriva in silenzio.
Petite fille, brise les chaînes de l’ennui O bambina, rompi le catene della noia.
Sei carina e la tua freschezza saluta la vita.
Tu es jolie et ta fraîcheur salue la vie
Oh cara Maria, guardati intorno
Oh Lady Mary, regarde autour de toi
oh cara Maria, tutti i tesori che hai.
Oh Lady Mary, tous les trésors que tu as
La mer et le ciel, la vie les a fait pour toi Il mare e il cielo, la vita li ha fatti per te,
Oh Lady Mary tous ces cadeaux sont à toi oh cara Maria, tutti questi doni sono tuoi.
Petite fille, oublie tes pleurs, aime la vie. O bambina, dimentica le tue lacrime, ama la vita.
Elle est jolie, ouvre tes yeux à ses folies. Essa è carina, apri gli occhi alle sue follie.
Oh Lady Mary, donne ton cœur au printemps Oh cara Maria, dai il tuo cuore in primavera.
Oh Lady Mary, joue le jeu de tes vingt ans Oh cara Maria, fa’ il gioco dei tuoi vent’anni.
Oh Lady Mary, le bonheur est comme un enfant Oh cara Maria, la felicità è come un bambino,
Oh Lady Mary, il grandit avec le temps oh cara Maria, che cresce con il tempo.
La la la la la... La la la la…
Ciao, amore,
ciao, non piangere,
vedrai che tornerò,
te lo prometto ritornerò,
te lo giuro amore ritornerò,
perché ti amo
ti amo
ritornerò
ciao amore
ciao
ti amo.
So, so you think you can tell E allora pensi di saper distinguere
Heaven from hell il paradiso dall’inferno,
Blue skies from pain i cieli blu dal dolore,
Can you tell a green field di poter distinguere un campo verde
From a cold steel rail? da una fredda rotaia d’acciaio?
A smile from a veil? Un sorriso da un velo?
Do you think you can tell? Pensi di saperli distinguere?
How I wish, how I wish you were here Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui,
We’re just two lost souls siamo solo due anime perse,
Swimming in a fish bowl che nuotano in una boccia per i pesci,
Year after year anno dopo anno,
Running over the same old ground correndo sul solito vecchio terreno.
And how we found Che cosa abbiamo trovato,
The same old fears le solite vecchie paure.
Wish you were here Vorrei che tu fossi qui.
Commento
In tal modo la canzone diventa un monologo interio-
1. I “Pink Floyd” sono un gruppo musicale rock bri-
re. È come se l’autore dicesse: “Come vorrei che tu,
tannico che si è formato nel 1965 a Cambridge (GB).
la parte migliore di me, la parte che era viva e libera
Nel corso di una lunga carriera sono riusciti a riscri-
quand’ero giovane, tornasse qui, ritornasse in vita,
vere le tendenze musicali della propria epoca e sono
nonostante i tradimenti che io stesso ho compiuto!”.
divenuti uno dei gruppi più importanti della storia
3. Le parole di Waters alzano il livello culturale della
della musica. Il gruppo è fondato dal cantante e chi-
canzone, perché tutti le possono attribuire a se stessi.
tarrista Syd Barrett, dal bassista Roger Waters, dal
Il testo si fonde con la musica, come di consueto, si
batterista Nick Mason e dal tastierista Richard
potrebbe dire che la musica s’impone sul testo ma che
Wright. Nel dicembre del 1967 si aggiunge il chitarri-
il testo non si fa assorbire: diventa esso stesso musi-
sta David Gilmour, che si affianca e poi sostituisce
ca. Una musica che la traduzione non può rendere.
definitivamente Barrett, che si era lentamente emar-
4. E un monologo interiore, tra sé e sé, cantato in
ginato dal gruppo per l’uso di droghe pesanti e per
pubblico è sicuramente originale e straordinario.
una forma di alienazione. Hanno prodotto 15 album
5. Il brano musicale va ascoltato in una immersione
in studio, quattro dal vivo e 10 raccolte. Secondo un
totale: non basta leggerlo.
calcolo del 2008 hanno venduto circa 250 milioni di
6. Conviene confrontare il valore e l’uso dei testi e
dischi in tutto il mondo, di cui 74,5 milioni negli Stati
della musica in questa canzone dei “Pynk Floyd” e
Uniti d’America. Per i 50 anni di carriera della band,
nei brani musicali e/o nei cantautori di Sanremo.
nel 2016 la Royal Mail ha emesso una serie di dieci
7. Lo spettatore si può abbandonare alla musica, ma
francobolli dedicati ai migliori album del gruppo.
può anche riflettere sul significato delle parole. E le
2. Per i fan Wish You Were Here era un omaggio a
parole o la situazione sono universali, possono coin-
Syd Barrett per il suo contributo al gruppo, da cui era
volgere qualsiasi abitante della terra. In altre “parole”
stato allontanato per uso di droga e perché non teneva
il gruppo può vendere il disco in ogni parte della ter-
fede agli impegni sempre più importanti che stavano
ra. Se si drogava, era una pratica che poteva restare
arrivando. La canzone parla appunto dell’assenza e
dentro le mura di casa sua.
del bisogno di un amico. Le cose invece stanno in
8. Il lettore può anche riflettere sul modo in cui que-
modo diverso. Roger Waters, il principale autore del
sto come gli altri gruppi internazionali fanno musica
testo, dichiarò che quel “vorrei che tu fossi qui” era
e fanno economia: vendono dischi. E lo confronta con
rivolto a se stesso più che a un’altra persona. Per vi-
autori e prodotti musicali italiani.
vere appieno bisognava essere presenti a se stessi, co-
sa che allora non sempre si realizzava nella sua vita.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 719
Francesco Guccini (1940), Libera nos, 3. I sanfedisti sono i sostenitori ad oltranza della
Domine, 1978 Chiesa cattolica e del re (1799). I giacobini sono l’ala
più estrema della rivoluzione francese (1789).
Da morte nera e secca, da morte innaturale, 4. “Da eroi, navigatori, profeti, vati, santi”: il riferi-
da morte prematura, da morte industriale, mento è alla visione retorica ed eroica della vita di
per mano poliziotta, di pazzo generale, Gabriele D’Annunzio (1867-1938) e poi del Nazio-
diossina o colorante, da incidente stradale, nal-fascismo. L’Italia è una terra di “eroi, navigatori,
dalle palle vaganti d’ogni tipo e ideale, profeti, vati, santi”. Anche di parassiti, di falsi invali-
da tutti questi insieme e da ogni altro male, di, di pensioni non meritate, di furbetti, di furbastri, di
vitalizi per i parlamentari, di tasse folli e di conse-
libera, libera, libera, libera nos, Domine! guenza anche di evasori fiscali.
5. “Da te, dalle tue immagini e dalla tua paura”: do-
Da tutti gli imbecilli d’ogni razza e colore, vrebbe essere la donna che ama, anche lei fastidiosa.
dai sacri sanfedisti e da quel loro odore, 6. Poco dopo mette anche l’egoismo “sdrucciolo”,
dai pazzi giacobini e dal loro bruciore, suo e di tutti. Guccini insomma non salva nessuno…
da visionari e martiri dell’odio e del terrore, 7. Guccini continua a far riferimento alla cultura reli-
da chi ti paradisa dicendo “è per amore”, giosa, come in precedenza: Francesco Guccini, Dio è
dai manichei che ti urlano “o con noi o traditore!”, morto (1965). D’altra parte fino al 1970 l’educazione
e la cultura ecclesiastica erano pervasive.
libera, libera, libera, libera nos, Domine! 8. Un’osservazione: se il Signore ci libera da ogni
male, non resta più niente, la vita diventa noiosa e in-
Dai poveri di spirito e dagli intolleranti, sopportabile… Meglio che qualche male e che qual-
da falsi intellettuali, giornalisti ignoranti, che seccatore resti. Ma quella di Guccini è soltanto
da eroi, navigatori, profeti, vati, santi, un’invocazione. I mali restano. Ariosto aveva messo
dai sicuri di sé, presuntuosi e arroganti, sulla Luna tutte le cose che gli uomini e le donne per-
dal cinismo di molti, dalle voglie di tanti, dono, compreso il cervello. Soltanto la pazzia era ri-
dall’egoismo sdrucciolo che abbiamo tutti quanti, masta sulla terra (Orlando furioso, XXXIV, 69-87).
Aveva ragione.
libera, libera, libera, libera nos, Domine! 9. La canzone recupera un genere particolare di poe-
sia medievale: l’elenco di cose piacevoli o, in alterna-
Da te, dalle tue immagini e dalla tua paura, tiva, di cose noiose e fastidiose o sgradevoli. Il poeta
dai preti d’ogni credo, da ogni loro impostura, fa della letteratura assai dotta. Il testo più noto è Gi-
da inferni e paradisi, da una vita futura, rard Pateg (inizi sec. XIII), Frotola della noia morale
da utopie per lenire questa morte sicura, (1228), che conferma se stesso: è tanto lungo, da es-
da crociati e crociate, da ogni sacra scrittura, sere di una noia mortale...
da fedeli invasati d’ogni tipo e natura, -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. La canzone è composta da quattro strofe di sei ver-
si, ognuna delle quali ha la stessa rima; tutte termina-
no con lo stesso settimo verso. Una grandissima di-
mostrazione di abilità letteraria. Ma ogni verso si ap-
prezza per la forzatura del senso delle parole. E la
canzone si apprezza e si capisce soltanto inserendola
nella tradizione letteraria, vicina e lontana. Libera
nos, Domine, a omni malo è tratto dalle Litaniae
Sanctorum, Invocatio ad Christum (Litanie dei santi,
Invocazione a Cristo), che elencano i mali da cui il
Signore deve liberare il credente. Voce del cantauto-
re, musica e testo si rafforzano a vicenda e hanno un
impatto fortissimo sullo spettatore. L’autore non ri-
sparmia nessuno, neanche se stesso.
2. Il poeta si rivolge al Signore e lo invoca affinché ci
liberi da ogni male. I mali sono numerosissimi, rac-
chiusi nelle quattro strofe. Bisogna fare attenzione:
Guccini dice “CI liberi”, non dice “MI liberi”.
Commento
1. La canzone è la più bella e la più articolata di Guc-
cini, è gradevole e irriverente, e accontenta sia cri-
stiani, sia atei o agnostici, sia laici bacchettoni. Mo-
stra anche come si possa vedere un testo antico o mo-
derno in modo originale, divertente e pure istruttivo.
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Gli autori stranieri sono francesi, britannici e statuni- I romanzi, le commedie e i poemi cavallereschi rias-
tensi: sunti più sopra e quelli riassunti qui sotto devono es-
Oscar Wilde (1854-1900), uno scrittore e dramma- sere tra loro confrontati, in tal modo si capiscono più
turgo britannico; facilmente. L’elenco delle opere più sopra è questo:
Frank L. Baum (1856-1919), uno scrittore e avven-
turiero statunitense; Giovanni Boccaccio, Decameron, 1349-51;
Arthur Conan Doyle (1859-30), uno scrittore bri- Masuccio Salernitano, Novellino, 1476;
tannico d’avventure e di mistero; Niccolò Machiavelli, Mandragola, 1518;
Eric Ambler (1909-1998), uno dei più grandi scritto- Ludovico Ariosto, Orlando furioso, 1532;
ri britannici di spy story; Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, 1575, 1581;
Agatha Christie (1890-1976), una prolifica scrittrice Carlo Goldoni, La locandiera, 1751;
britannica di gialli polizieschi; Giuseppe Parini, Il giorno, 1763, 1765;
Georges Simenon (1903-1989), uno straordinario Ugo Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, 1798;
scrittore franco-belga di gialli polizieschi psicologici; Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1840-42;
Isaac Asimov (1920-1992), un grandissimo scrittore Giovanni Verga, I Malavoglia, 1881;
russo-statunitense di fantascienza; Gabriele D’Annunzio, Il piacere, 1888;
Ray Bradbury (1920-2012), un grandissimo scrittore Italo Svevo, Una vita (ex Un inetto), 1892;
britannico di fantascienza; Italo Svevo, Senilità, 1898;
Gérard de Villiers (1929-2013), un grande scrittore Luigi Pirandello, Ma non è una cosa seria, 1918;
francese di spy story; Dino Buzzati, Bàrnabo delle montagne, 1933;
Stanley Kubrick (1928-1999), un regista statuniten- Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, 1955;
se, e Arthur C. Clarke (1917-2008), uno scrittore Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, 1959;
britannico di fantascienza; Carlo Cassola, La ragazza di Bube, 1960;
Michael Crichton (1942-2008), un poliedrico scrit- Umberto Eco, Il nome della rosa, 1980;
tore statunitense; Valerio M. Manfredi, Lo scudo di Talos, 1988.
Wilbur Smith (1933), un prolifico scrittore zambia- ------------------------------I☺I-----------------------------
no di avventure africane;