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Commento
1. La canzone usa la metrica e la musica di Chiesa:
vuole essere blasfema. Ha scarso valore poetico, ma
non è questo che conta. È invece una canzone corale
o socializzante, che si canta mezzi brilli all’osteria
con il bicchiere in mano. Sul piano letterario può es-
sere considerata una enumerazione, che poteva pro-
cedere finché chi la cantava si stancava.
Er nam den chocher unde den bogen Poi prese l’arco e la faretra,
bene venabatur cacciava molto bene!
der selbe hete mich betrogen Mi ha ingannato,
ludus compleatur. il gioco è finito.
Hoy et oe Hoy et oe
Maledicantur thylie Maledetti siano i tigli,
iuxta viam posite. posti lungo la via!
Commento
1. Il carme si inserisce nel genere della pastorella: un ragazza per bene… Ma basta non farci caso e ricor-
ragazzo o un uomo adocchia una pastorella, preoccu- darsi che si devono sempre salvare le apparenze. E
pandosi che sia vergine. La porta in mezzo al bosco, fare un po’ di scena.
le promette qualcosa e poi se la frulla. La ragazza ci 7. Il genere della pastorella mostra quel che frulla in
sta male ad essere ingannata (o forse lo voleva…). testa ai maschi, e soprattutto apre uno spiraglio
Ma anche questo fa parte del gioco. sull’immaginario maschile. Ma le ragazze amano far-
2. L’autore apporta al tópos una simpatica variante: il si ingannare…
bilinguismo. Parla alto-tedesco e latino. Le parti più 8. Un altro magico incontro in un bosco si trova più
intense ed erotiche sono semi-celate nel latino. sotto: Guido Cavalcanti (1258-1300), In un boschetto
3. La ragazza crede alle favole dello sfrontato che la trova’ pastorella.
vuole frullare. Le ragazze sono sempre credulone… o
fingono di esserlo? Così si sottraggono a qualsiasi re- Osservazioni
sponsabilità per quanto succede. E da parte sua non 1. Il testo è scritto in latino e appartiene all’area tede-
oppone resistenza quanto lui le strappa di dosso la sca. È ugualmente presentato perché mostra che si
camicetta e tutto il resto. Non si mette neanche a stril- può fare cultura anche cantando i piaceri della vita; e
lare. Riconosce anzi che cacciava/frullava bene. Co- perché permette di cogliere la differenza tra la cultura
me possa esprimere questo giudizio (aveva inizial- italiana ufficiale e quella straniera. Al tempo peraltro
mente detto che era vergine), non si sa. Ma di una esisteva una cultura europea che accomunava tutti gli
donna non si può capire tutto. intellettuali.
4. Il latino si sta trasformando: la forma corretta do- 2. Esso spinge a fare una riflessione su che cos’è la
veva essere: thyliae e positae. La pronuncia ha pre- cultura; e permette di dare una risposta: la cultura è
valso sulla grammatica. Ma si capisce lo stesso. Fa tante cose (cultura economica, religiosa, letteraria,
sorridere la battuta e la maledizione alla fine di ogni scientifica, giuridica, scolastica ecc.); ed è ora piace-
strofetta: la colpa è dei tigli, posti lungo la via. L’han- vole, ora spiacevole, ora interessante, ora noiosa. An-
no drogata con il loro profumo. Non è sua. che il canto goliardico fa parte della cultura; ed anche
5. Quando arriva al bel tiglio e non vede gli strumenti le canzonette dei cantanti e dei cantautori moderni
musicali, la ragazza doveva insospettirsi. E invece no. fanno parte della cultura. Anche se durano una sola
Ascolta ancora il ragazzo, che le dice di sedere, per- stagione e sono del tipo “usa e getta”.
ché avrebbero fatto un gioco. E subito dopo le strappa ------------------------------I☺I-----------------------------
i vestiti di dosso e lei non oppone alcuna resistenza.
6. Niente baci e niente carezze. L’amante la possiede
subito. Lei dice che sapeva frullare bene, e le credia-
mo. Non si lamenta che le abbia fatto male o che ab-
bia fatto le cose in fretta. Forse non era proprio una
Amen. Amen
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Commento
1. La qualità artistica di questa canzone come della
più famosa In taberna quando sumus è modesta. Ma
ciò non è importante. All’osteria non si bada a queste
quisquiglie. Quel che conta è che esse siano orec-
chiabili, spingano a bere, a cantare e ad aggregare la
compagnia. Vinum dulce gloriosum ha poi lo stesso
ritmo e la stessa musica degli inni ecclesiastici, come
Pange, lingua, gloriosi corporis. È una parodia e una
blasfemia… Ma agli studenti si permetteva questo ed
altro: erano nobili, erano ricchi, portavano e spende-
vano denaro dove andavano. Venezia non li vuole
avere tra i piedi, così l’università sorge in terraferma,
a Padova (1222).
2. Esse sono scritti in latino, la lingua ufficiale della
cultura europea del tempo. Il latino resta la lingua uf-
ficiale della scienza fino a Settecento inoltrato. Carl
Nilsson Linnaeus (1707-1778), italianizzato in Lin-
neo, classifica piante e animali con la terminologia
latina, che è tuttora usata.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 19
Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.) Le maggiori correnti del Duecento
Gaio Valerio Catullo è uno dei poetae novi, che rin- Le maggiori correnti letterarie del Duecento sono:
nova la poesia romana. Ha un rapporto complesso a) la Scuola siciliana (1230ca.-1260ca.);
con Lesbia, che divide di mala voglia con i suoi ami- b) la Scuola toscana (1260ca.-1280ca.);
ci. A lui si può confrontare la produzione goliardica. c) la corrente comico-realistica (1260ca.-1310ca.);
d) il Dolce stil novo (1274-1294).
Carmina LXXXV, Odi et amo
Per tutto il secolo poi ha una diffusione capillare la
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. letteratura religiosa, che usa spesso il latino. Il termi-
Nescio, sed fieri sentio et excrucior. ne religioso è soltanto indicativo perché è inadeguato.
La letteratura religiosa è quasi tutta la letteratura esi-
Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile. stente e gli autori sono per lo più ecclesiastici o, in
Non lo so, ma è proprio così, e mi tormento. alternativa, sono laici che hanno intrapreso la ben re-
munerata carriera ecclesiastica ma che in cuore sono
Commento rimasti laici o quasi. Il più importante e il più famoso
1. L’oggetto dell’odio e dell’amore è Lesbia, una ra- è Francesco Petrarca (1304-1374) del secolo succes-
gazza che fa sempe di testa sua e che si concede a chi sivo.
vuole: non è proprietà di nessuno. Le storie della letteratura vogliono fare letteratura al-
---I☺I--- ta, letteraria, quella prodotta dai letterati per i lettera-
ti, che usa l’italiano o il latino, non importa. Ma essa
Carmina V, Vivamus, mea Lesbia è soltanto una parte minima dei testi prodotti nel cor-
so del tempo. A questa scelta si aggiunge pure la dif-
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, fidenza laica verso ciò che ha anche soltanto una par-
rumoresque senum severiorum venza di religioso e un laicismo che si trasforma subi-
omnes unius aestimemus assis. to in sano e violento anticlericalismo. Così sono e-
Soles occidere et redire possunt; marginate la letteratura religiosa e la letteratura popo-
nobis cum semel occidit brevis lux, lare, che invece sono diffusissime e coinvolgono la
nox est perpetua una dormienda. maggioranza della popolazione. Sarebbe meglio fare
Da mi basia mille, deinde centum, pure la storia dei testi religiosi e popolari, anch’essi
dein mille altera, dein secunda centum, appartengono alla storia, alla cultura e alla società.
deinde usque altera mille, deinde centum; ------------------------------I☺I-----------------------------
dein, cum milia multa fecerīmus,
conturbabimus illa, ne sciamus, La letteratura religiosa
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum
I maggiori esponenti della letteratura religiosa sono
Viviamo, o mia Lesbia, e amiamo Francesco d’Assisi (1182-1226), Tommaso da Celano
e ogni mormorio perfido dei vecchi (1190ca.-1260), Tommaso d’Aquino (1225-1274) e
valga per noi la più vile moneta. Jacopone da Todi (1236ca.-1306).
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma, quando muore il nostro breve giorno, Francesco d’Assisi (1182-1226) è figlio di un ricco
dormiremo una notte infinita. mercante, conduce una vita dissipata, quindi ha una
Tu dammi mille baci, e quindi cento, crisi religiosa che lo porta a convertirsi. Fonda l’ordi-
poi dammene altri mille, e quindi cento, ne dei frati minori, i cui ideali sono l’umiltà, la pover-
quindi mille continui, e quindi cento. tà, la castità e una totale fiducia nella Provvidenza di-
E quando poi saranno mille e mille vina. Francesco propone questi valori in una società
nasconderemo il loro vero numero, dilaniata dai contrasti politici tra fazioni rivali e dalle
che non getti il malocchio l’invidioso polemiche religiose, che impegnano le sette eretiche
per un numero di baci così alto. contro la corruzione della Curia romana. Egli vuole
riformare la Chiesa restando dentro la Chiesa, perciò
Commento chiede ed ottiene il riconoscimento della Regola pri-
1. L’amore è l’unico rimedio contro la brevità della ma verbalmente da papa Innocenzo III nel 1209, poi
vita (e degli acciacchi), perciò è meglio approfittarne. ufficialmente da papa Onorio III nei 1223. Muore nel
Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.) scrisse: 1226.
II 2.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, Che tu sia lodato, o mio Signore, con tutte le creature,
spetialmente messor lo frate sole, specialmente [per averci dato] messer fratello Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui. che è luce del giorno, e tu c’illumini per mezzo di lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, Esso è bello e irraggia grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione. di te, o Altissimo, è il simbolo.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella luna e le
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. in cielo le hai create lucenti, preziose e belle. stelle:
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello vento,
et nubilo et sereno et onne tempo, il cielo nuvoloso e sereno e ogni tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento. per mezzo del quale sostieni la vita delle tue creature.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. che è molto utile, umile, preziosa e casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello fuoco,
per lo quale ennallumini la nocte, per mezzo del quale tu illumini la notte:
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte. esso è bello, gioioso, gagliardo e forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, Che tu sia lodato, o mio Signore, per nostra sorella
la quale ne sustenta et governa, madre terra, che ci nutre e ci governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. e produce diversi frutti, fiori colorati ed erba.
III 3.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano Che tu sia lodato, o mio Signore, per coloro
per lo tuo amore, che perdonano per tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione. e sopportano malattie e sofferenze.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, Beati coloro che le sopporteranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano incoronati. che da te, o Altissimo, saranno accolti in paradiso.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corpo- Che tu sia lodato, o mio Signore,
rale, per nostra sorella morte del corpo,
da la quale nullu homo vivente pò skappare: dalla quale nessun uomo vivente può fuggire:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; guai a coloro che morranno in peccato mortale;
beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, beati quelli che troverà nella tua santissima volontà,
ka la morte secunda no ‘l farrà male. perché la morte dell’anima non farà loro alcun male.
IV 4.
Laudate et benedicete mi’ Signore Lodate e benedite il mio Signore,
et ringratiate et serviateli cum grande humilitate. e ringraziatelo e riveritelo con grande umiltà.
Riassunto. 1) Francesco si rivolge a Dio, altissimo e ro che non morranno in peccato mortale ma in grazia
onnipotente. 2) E lo loda perché ci ha dato tutte le di Dio e che eviteranno la seconda morte, quella
creature. Lo loda perché ci ha dato il sole, che ci il- dell’anima. 4) Infine invita a lodare, riverire e servire
lumina. Perché ci ha dato la luna e le stelle, che bril- Dio con grande umiltà.
lano in cielo e sono preziose e belle. Perché ci ha dato
il vento, il cielo nuvoloso e sereno, con cui nutre le Commento
sue creature. Perché ci ha dato l’acqua, che è utile, e 1. Francesco scrive le due Regole, il Cantico di Frate
il fuoco, che illumina la notte. E perché ci ha dato la Sole (o Laudes creaturarum) e il Testamento. Il can-
terra, che ci nutre con i suoi frutti ed è piena di fiori. tico, scritto forse nel 1224, riprende due salmi della
3) Poi loda coloro che perdonano e che sopportano le Bibbia (Salmo 148; Daniele III, 52-90), che invitano
sofferenze e le malattie con pazienza, e che saranno le creature a lodare Dio. Esso presenta una difficoltà
premiati con il paradiso. Loda la morte (sottinteso, di interpretazione: il significato da dare alla preposi-
del corpo), che nessuno può evitare. Sono beati colo- zione per dei vv. 10, 12, 15, 17 ecc. Per può signifi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 21
care da (e allora le creature sono invitate dallo scritto- 6. Quindi sono nominate la morte del corpo, da cui
re a lodare Dio); o per l’esistenza di (e allora l’uomo l’uomo non può fuggire, e la morte dell’anima, che
loda Dio perché gli ha donato le creature). Nessuna l’uomo deve fuggire morendo in grazia di Dio. La se-
delle due soluzioni però va bene per tutti i casi. renità del cantico è interrotta all’improvviso e per un
L’ambiguità è comprensibile: Francesco usa il lin- momento dalla minaccia “Guai a coloro che muoiono
guaggio per comunicare, non si preoccupa di riflette- in peccato mortale!”. L’accenno alle sofferenze di
re sulla lingua come strumento rigoroso e formale di origine sociale risulta l’unico riferimento alla vita so-
comunicazione. La seconda interpretazione è quella ciale e terrena e agli scontri che caratterizzano la so-
tradizionale dell’Ordine francescano, accolta anche cietà del tempo. Francesco peraltro conosce tali con-
dalla critica più recente. Vale anche la pena di ricor- trasti e, per disinnescarli, propone valori terreni e ul-
dare che al tempo la lingua si stava formando e i ter- traterreni alternativi (la sopportazione per amore di
mini avevano un significato oscillante, ora legato al Dio, l’umiltà, l’importanza della salvezza eterna).
latino, ora legato al volgare. Ed è ragionevole pensare 7. La conclusione invita apparentemente a incentrare
che nel testo il significato della preposizione si modi- la vita su Dio e sulla salvezza eterna, quindi a una
fichi dai primi versi agli ultimi. scelta radicalmente e solamente religiosa: il mondo
2. Il testo può essere diviso in quattro parti: a) l’in- terreno è in funzione di quello ultraterreno; la vita
troduzione che loda l’Altissimo; poi b) la lode per le sulla terra è in funzione alla vita in cielo. In realtà
creature date da Dio all’uomo; c) la lode sia per quelli dando importanza all’al di là e svalutando l’al di qua,
che perdonano e soffrono in nome di Dio, sia per co- Francesco ottiene il risultato di buttare acqua sul fuo-
loro che muoiono in grazia di Dio; d) la conclusione co, cioè sui contrasti che provocavano gli scontri so-
che invita a lodare, riverire e servire il Signore. Il ciali e sugli stessi valori dominanti, che si possono
riassunto ha rispettato questa suddivisione. ignorare a favore di altri valori, più adatti alla convi-
3. Dio è definito come “altissimu, onnipotente, bon venza civile: un valore per essere tale deve essere ri-
Signore”, al quale spettano tutte le lodi: l’uomo è nul- conosciuto come valore. Nella Divina commedia di
la davanti a Lui e tuttavia Egli ama l’uomo, per il Dante agli inizi del Trecento, indubbiamente un testo
quale ha creato la Natura. Dio è padre buono e bene- molto più complesso, esiste un meccanismo simile,
fico nei confronti delle creature, alle quali è vicino. che tuttavia mostra in modo molto più visibile il fatto
Esse possono riporre in Lui tutta la fiducia. che l’al di là è in funzione dell’al di qua.
4. Le creature, che sono al servizio e ad uso dell’uo- 8. Non deve stupire che la cultura del tempo sia (qua-
mo, sono indicate ordinatamente: il sole, simbolo di si) soltanto religiosa: la Chiesa aveva avuto 800 anni
Dio, la luna, le stelle, l’aria, il fuoco, l’acqua, il ven- (476-1225) per conquistare l’intera società europea e
to, il bello ed il cattivo tempo, la terra, che è madre e per plasmarla con i suoi valori. Oltre a ciò nel mondo
nutrice per gli uomini. Nel cantico sono presenti tutte antico greco e romano la religione era sempre presen-
le creature che fanno parte della natura; sono assenti te nelle cerimonie private come in quelle pubbliche. Il
gli animali, ma anche l’uomo e la società umana, che paterfamilias era pure sacerdos della famiglia.
sono dilaniati dai contrasti e che ignorano e rifiutano ------------------------------I☺I-----------------------------
la vita semplice a contatto con le altre creature.
5. Subito dopo le creature sono nominati “coloro Che Il frate francescano Tommaso da Celano (Abruzzo)
perdonano per tuo amore”, senza alcun ulteriore chia- (1190ca.-1260), che scrive la prima biografia di Fran-
rimento e senz’alcun’altra motivazione. Francesco fa cesco d’Assisi, è tradizionalmente considerato l’au-
riferimento alle lotte continue e sanguinose che tore del Dies irae, una delle espressioni più alte ed
coinvolgevano tutte le parti politiche e tutte le città intense della religiosità medioevale. Dio appare come
italiane, divise tra guelfi (sostenitori del papa) e ghi- un giudice terribile, che non lascia nulla di impunito.
bellini (sostenitori dell’imperatore). A parte poi le Perciò il credente, temendo di finire tra le fiamme
faide tra famiglie. Esse sono la malattia della società dell’inferno, cerca un difensore e si rivolge a Gesù,
e creano sofferenze. E invita a sopportare in pace, ricordandogli che è morto sulla croce proprio per sal-
cioè senza reagire, le ingiustizie, perché così si andrà varlo dalla dannazione eterna.
in paradiso. E giustamente con queste malattie e sof-
ferenze, che hanno un’origine sociale, mette le malat- Il Dies irae non va letto, va cantato o ascoltato in
tie e le sofferenze, che invece hanno un’origine natu- chiesa e in coro in una fredda giornata invernale, ver-
rale. Le une e le altre vanno sopportate per amor di so il tramonto o anche a notte inoltrata, quando in
Dio. L’invito acquista la sua importanza e mostra la passato si accendevano le torce per far luce.
sua utilità se si tiene presente che nel Medio Evo il
dolore e le malattie sono i compagni inseparabili del-
la vita quotidiana dalla nascita alla morte. Francesco
vuole ridurre i conflitti sociali e le sofferenze di ori-
gine naturale, proponendo di sopportarle per amor di
Dio, ma il sacrificio ha un senso ed è conveniente:
permette di ottenere il paradiso.
Quid sum miser tunc dicturus? Che cosa io, infelice, allora dirò?
quem patronum rogaturus, quale avvocato chiamerò,
cum vix justus sit securus? quando a stento il giusto sarà sicuro?
Amen. Amen.
Commento 5. Il latino del testo è facile. Per chi studia latino può
1. Il Dies irae è una delle sequenze (=testi poetici che essere un’occasione per dimostrare le proprie capaci-
si adattano al canto) più note del latino medioevale, e tà di traduttore. Il contatto con il testo è il miglior
ancor oggi è inserita nella liturgia dei defunti. Esso modo per imparare una lingua, soprattutto una lingua
mostra quanto la spiritualità medioevale sentisse in antica, che non si usa mai parlata. Grammatica e sin-
termini drammatici il problema della salvezza eterna tassi aiutano.
ed il problema del rapporto dell’uomo con Dio, suo ------------------------------I☺I-----------------------------
creatore.
2. Il testo è scritto in latino, la lingua ufficiale della Il frate domenicano Tommaso d’Aquino (1225-
Chiesa (e della cultura del tempo). Se si esclude la 1274) è considerato l’autore dell’inno Pange, lingua.
vasta produzione di Jacopone da Todi, la letteratura Il teologo si dedica alle questioni dottrinarie e filoso-
religiosa in lingua italiana non presenta testi di uguale fiche, alla diffusione delle sue tesi e alla costruzione
intensità e valore sino agli Inni sacri di Alessandro di un sistema di pensiero che la Chiesa farà proprio
Manzoni (1785-1873). nei decenni successivi. Si impegna però anche a scri-
3. La vita umana è vista come un cammino verso il vere inni sacri che permettano di esprimere coralmen-
ricongiungimento con Dio nell’altra vita. La vita ter- te la fede. La fede non ha solamente una dimensione
rena quindi è vista e vissuta costantemente in funzio- razionale e filosofica, ma ha anche una dimensione
ne della vita ultraterrena. Il Giudizio Universale, a cui più semplice e immediata, che si esprime nel canto.
tutta l’umanità sarà sottoposta, è uno dei motivi più
diffusi nell’immaginario collettivo medioevale. D’al-
tra parte l’uomo medioevale, che non conosceva né
l’igiene né la medicina né il controllo della natalità né
un’alimentazione sufficiente, viveva in costante con-
tatto con la morte nella vita quotidiana.
4. Il giusto teme di finire nel fuoco eterno. Per evitare
ciò, non si rivolge alla Madonna, il cui culto si stava
diffondendo e consolidando, ma ancora a Gesù. Inve-
ce nella Divina commedia (Pd XXXIII, 1-54; 1317-
21) Bernardo e tutti i santi si rivolgono alla Madonna.
Commento
sono attive soltanto in relazione a nemici esterni (e
1. Il testo è fedele ai Vangeli, presenta le verità della
non sempre).
fede, ma mostra anche una divinità vicina agli uomi-
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ni. L’inno è incentrato sul dogma dell’eucarestia: il
pane e il vino si trasformano veramente nel corpo e
nel sangue di Gesù. Poi la comunione in chiesa e l’a-
gàpe, il pranzo privato, consolidano i rapporti sociali.
2. La conclusione è comprensibile: la centralità di
Dio, uno e trino, serve a contenere i contrasti e le ten-
sioni tra gli uomini. Mentre si loda la Santissima Tri-
nità, non si ha tempo per litigare. La storia però inse-
gna che l’unità e la compattezza di un gruppo sociale
Quis est homo, qui non fleret, Chi è l’uomo che non piangesse,
Matrem Christi si vidéret se vedesse la Madre di Cristo
in tanto supplìcio? in tanto supplizio?
Fac, ut árdeat cor meum Fa’ che il mio cuore arda d’amore
in amándo Christum Deum, per Cristo Dio, affinché io sia contento
ut sibi compláceam. dei sentimenti che provo.
Fac me tecum pie flere, Fa’ che io pianga con te, o pia,
Crucifìxo condolére e che io soffra insieme con il crocifisso,
donec ego vìxero. finché io vivrò.
Fac me cruce custodìri O Cristo, fa’ che io sia custodito dalla croce,
morte Christi praemunìri, che io sia protetto dalla tua morte,
confovéri grátia. che sia favorito dalla grazia.
Amen. Amen.
Enfin del mondo a la finita Fino alla fine del mondo (=fino alla morte)
sì mme duri questa vita mi sia data questa vita,
e poi, a la scivirita, e poi alla partenza [per l’al di là]
dura morte me sse dìa. mi sia data una dura morte.
Commento
1. Jacopone è un grande letterato: la laude ha rime la morte erano le compagne quotidiane di ogni uomo
difficili (i primi tre versi di ogni quartina hanno la e di tutte le classi sociali. Le città erano fogne a cielo
stessa rima; il quarto rima con i quarti versi di tutte le aperto: da un millennio non avevano fogne. E l’igiene
altri quartine). È nobile e perciò parla di cortesia. In rimane sconosciuta per un altro mezzo millennio.
seguito il Dolce stil novo parlerà di gentilezza. 4. Jacopone vede in termini positivi la sofferenza, i
2. Per 17 quartine in un crescendo spasmodico il poe- tormenti e la distruzione del corpo, purché in funzio-
ta si augura ogni sofferenza e ogni tormento, fino a ne di uno scopo più alto. Contemporaneamente i va-
giungere all’autodistruzione, perché soltanto liberan- lori dominanti sono completamente opposti: il potere,
dosi del corpo può raggiungere la mistica unione con la ricchezza, il piacere. Insomma i valori non sono né
Dio; e perché, come spiega nell’ultima quartina, sol- unici né assoluti. La scelta dipende dall’epoca in cui
tanto in questo modo può infliggersi un’adeguata pu- si nasce, dal luogo in cui si nasce, dalla famiglia in
nizione per i suoi peccati: Dio lo ha creato con un atto cui si nasce e da moltissime altre circostanze.
d’amore ed egli risponde con la più totale ingratitudi- 5. Vendetta si deve intendere come punizione ingiusta
ne. Proprio questa ingratitudine ha ucciso Cristo sulla o eccessiva.
croce. Il poeta si sente responsabile della morte di ------------------------------I☺I-----------------------------
Cristo: sono stati i suoi peccati, i peccati degli uomini
a ucciderlo sulla croce.
3. I tormenti che il poeta si augura non sono pura fin-
zione letteraria: nel Medio Evo e sino a tempi recenti
l’uomo soffriva effettivamente, anche se non se lo au-
gurava, perché la medicina era impotente anche a cu-
rare le più piccole malattie. Gli analgesici e la peni-
cillina compaiono a metà Novecento. La sofferenza e
CRISTO Mamma col core afflitto, CRISTO O mamma, con il cuore afflitto
entro ‘n le man’ te metto tra le mani ti metto
de Ioanni, meo eletto; di Giovanni, il mio prediletto:
sia to figlio appellato. sia chiamato tuo figlio.
VERGINE Figlio, l’alma t’è ‘scita, VERGINE O figlio, l’anima ti è uscita [dal corpo],
figlio de la smarrita, figlio della smarrita,
figlio de la sparita, figlio della sperduta,
figlio attossecato! figlio avvelenato!
Commento
1. La laude si compone di 33 quartine (esclusa la ri- il quarto rima con i quarti versi di tutte le altri quarti-
presa) che corrispondono agli anni di Cristo quando ne); fa un ampio ed efficace uso delle figure retori-
venne crocifisso, mentre la descrizione del suo corpo che, in particolare dell’anafora (o ripetizione); e fa
inchiodato alla croce si concentra nei vv. 64-75, dun- stare il dialogo di ogni protagonista in una o più quar-
que nelle tre strofe centrali del componimento, con tine intere. Il linguaggio è sempre comprensibile ed
una perfetta simmetria e nel rispetto della simbologia intenso. I punti oscuri sono pochissimi, son dovuti al
religiosa del numero tre. Il testo ha rime difficili (i fatto che la lingua si sta formando. Lo sforzo dell’e-
primi tre versi di ogni quartina hanno la stessa rima; laborazione letteraria non si sente mai. La Madonna è
chiamata donna, cioè domina, signora del paradiso.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 32
2. I protagonisti sono pochi ed essenziali, e ciò ag- più strazianti del martirio e invita Maria a soccorrere
giunge ulteriore drammaticità alla laude: Vergine, il figlio; interviene poi la voce della folla che incita
nunzio, popolo, Cristo. Pilato è nominato e Giovanni alla crocifissione, secondo la visione medievale del
è presente, ma non parlano. In tal modo il poeta in- popolo ebreo deicida, quindi animato dal desiderio di
centra la laude sulla Madonna e ne aumenta il caratte- martirio verso Cristo.
re drammatico. 6.3. La prima parte della lauda contiene soprattutto la
3. Il testo di Jacopone vuole essere aderente alla pas- descrizione della Via crucis con le urla della folla
sione di Cristo raccontata dai primi tre Vangeli. Il all’indirizzo di Gesù e gli oltraggi al suo corpo, men-
poeta però introduce due novità: vede la passione con tre nella seconda parte (dopo che Cristo è stato in-
gli occhi angosciati della Madonna; la Madonna si chiodato alla croce) ha grande spazio il dolore di Ma-
comporta come una comune madre, straziata per la ria, che si abbandona a un “corrotto” (un lamento fu-
perdita del figlio. nebre) commovente e straziante: la Vergine si rivolge
4. Nel Duecento compaiono diverse concezioni della direttamente al figlio, sottolinea la sua innocenza e il
divinità e della religione: quella di un Dio sereno che fatto che sia martirizzato senza colpa, ne fa l’elogio
ama e si preoccupa delle sue creature di Francesco con una serie di epiteti esornativi (l’anafora “figlio” è
d’Assisi, quella di un Dio giudice terribile ed impla- ripetuta per quattro quartine consecutive, vv. 112-
cabile di Tommaso da Celano, quella drammatica di 127, poi Maria lo chiama “bianco e vermiglio”,
un Dio che si sacrifica per l’umanità peccatrice di Ja- “bianco e biondo”, “volto iocondo”). Il suo dolore è
copone da Todi. Oltre a queste c’è quella di un Dio quello tutto umano di una donna che vede il figlio
razionale che aristotelicamente infonde il movimento morire e vorrebbe essere uccisa insieme con lui, men-
all’intero universo come fine a cui tutti gli esseri ten- te alla fine rimane in lacrime ai piedi della croce.
dono, proposta da Tommaso d’Aquino (1225-1274),
che è fatta propria da Dante nella Divina commedia e Osservazioni
poi, nei secoli successivi, dalla Chiesa. La tradizione 1. Il testo precedente è stato così costruito: a) si sono
cristiana però conosce ancora il Dio-Signore degli indicate le maggiori correnti del Duecento; poi b) si
eserciti dell’Antico testamento e il Dio-Amore del passa a parlare della letteratura religiosa (nel seguito
Nuovo testamento (i primi tre Vangeli e le lettere de- delle altre correnti poetiche); quindi c) si presentano
gli apostoli); ma anche il Dio-ó, cioè il Dio- in ordine cronologico i maggiori autori della lettera-
Parola, del Vangelo secondo Giovanni, che risente tura religiosa (dei più importanti c’è un cenno alla vi-
della filosofia ellenistica, il Dio che sconvolge l’ani- ta e all’opera; per il Cantico delle creature poi si de-
mo e che si trova dentro il proprio cuore di Agostino ve chiarire il probabile significato di per).
di Tagaste (354-430), vescovo d’Ippona, poi il Dio 2. I commenti servono a commentare i testi ed anche
dei mistici medioevali e il Dio razionale di Tommaso ad allargare la prospettiva di analisi: Dio, nel corso
d’Aquino (1225-1274). della storia, è stato interpretato in molti modi, tra loro
5. L’immagine della Madonna della sequenza di diversi ed anche contraddittori.
Tommaso d’Aquino e della laude di Jacopone si può 3. I commenti servono anche per indicare la contrap-
confrontare anche con quella delineata da Dante in posizione di valori tra la visione religiosa, che domi-
Pd XXXIII, 1-39, quando san Bernardo invoca la nava la cultura e l’immaginario collettivo, e la visione
Vergine affinché interceda per il poeta presso Dio. laica della vita, che si andava affermando con lo svi-
6. Un esempio di lettura letteraria ed erudita, ma di luppo dei commerci.
buon livello: 4. Il lettore, se vuole, può prendere posizione a favore
6.1. Il testo ha la forma metrica di una ballata di versi o contro ognuna di tali visioni della vita: la cultura
settenari, con una ripresa di tre versi (rima YYX) e 33 non è mai passività davanti al testo né davanti al
strofe di quattro versi ciascuna (rima AAAB). Sono mondo; è scelta motivata delle proprie posizioni e dei
presenti rime siciliane ai vv. 1-2 (Paradiso / preso), propri valori.
vv. 28-29 (crucifige / rege), vv. 37-38 (compagnuni / ------------------------------I☺I-----------------------------
encoroni), vv. 48-49 (croce / aduce), vv. 60-61 (vesti-
re / vedere), vv. 104-105 (afflitto / metto). Una rima
imperfetta è ai vv. 76-77, corrotto / deporto.
6.2. La passione di Cristo è rappresentata nella sua
crudezza e nella sua umanità, poiché Gesù è mostrato
come un uomo che soffre e il cui corpo è flagellato e
sottoposto a crudeli ferite. Altrettanto umana la figura
della Madonna, il cui dolore è quello di una madre
che soffre a vedere il figlio torturato senza colpa
(all’inizio Maria tenta inutilmente di convincere la
folla e Pilato dell’innocenza del figlio). Nelle prime
strofe la sua voce si alterna a quella di un fedele (for-
se Giovanni, l’apostolo prediletto, a cui Cristo affida
la madre alla fine del testo) che descrive i momenti
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 33
La Scuola siciliana (1230-60) Talvolta qualcuno s’innamora
senza vedere la donna di cui è innamorato;
ma quell’amore che sconvolge con furore
La Scuola siciliana sorge a Palermo alla corte di Fe- nasce soltanto dalla vista degli occhi:
derico II di Svevia (1194-1250) verso il 1230 con
Giacomo da Lentini e si conclude verso il 1260 con la perché gli occhi rappresentano al cuore
fine della potenza sveva in Italia (1266, battaglia di il buono e il cattivo di ogni cosa che vedono,
Benevento), ma già dopo il 1250 dà segni di stan- rappresentano cioè come essa è realmente;
chezza.
I poeti più importanti sono Giacomo da Lentini e il cuore, che accoglie questa idea,
(1210ca.-1260ca.), Giacomino Pugliese (seconda me- si rappresenta ciò, e gli piacere quel desiderio:
tà del sec. XIII), Pier delle Vigne (1190ca.-1269), e questo è l’amore che regna tra la gente.
Guido delle Colonne (1210ca.-dopo il 1289) e lo stes-
so imperatore. Riassunto. L’amore – dice il poeta – è un desiderio
Essa canta una donna stilizzata, che ha i capelli bion- che proviene dal cuore che prova grandissimo piace-
di, gli occhi azzurri, ama truccarsi, ma che non ha una re. In un primo momento l’amore è generato dagli
personalità specifica. Si riallaccia alla cultura proven- occhi, in un secondo momento è nutrito dal cuore.
zale, da cui riprende il tema dell’amore, e polemizza Talvolta qualcuno si innamora senza vedere la donna
con il poeta provenzale Jaufré Rudel, che cantava amata. Ma quell’amore che sconvolge nasce soltanto
l’”amore di terra lontana”, cioè l’amore per una don- attraverso gli occhi, poiché soltanto essi mostrano al
na che non si era mai vista ma di cui si erano sentite cuore gli aspetti belli e brutti di ogni cosa. Poi il cuo-
lodare le virtù. L’amore che essa canta è un amore re si rappresenta l’immagine che riceve, e prova pia-
fisico, legato alla bellezza della donna. Questo moti- cere per questo desiderio. Questo è l’amore che regna
vo è trattato in particolare da Giacomo da Lentini, tra la gente.
che propone pure un altro motivo: la rivalutazione
della figura femminile, tradizionalmente considerata Commento
dalla Chiesa come causa del peccato e della perdizio- 1. Il poeta polemizza con la concezione provenzale
ne dell’uomo, sulla falsariga di Eva che tenta Adamo. dell’amore cantata da Jaufré Rudel, l’amore di terra
La Scuola siciliana condiziona profondamente la let- lontana, per una donna lontana, mai vista. E propone
teratura italiana successiva, la Scuola toscana come il una concezione che si basa sulla concretezza: egli ve-
Dolce stil novo. de la donna; la visione entra per gli occhi e giunge
fino al cuore; il cuore batte forte e prova piacere a
Giacomo da Lentini (1210ca.-1260ca.), rappresentarsi l’immagine della donna. Questo è
Amor è uno desio l’amore normale, praticato dalla maggioranza delle
persone. L’amore passa da una visione aristocratica
Amor è un desio che ven da core ed esclusivistica ad una visione più vicina alla vita
per abbondanza di gran piacimento; quotidiana.
e li occhi in prima generan l’amore 2. L’amore è fisico, e provocato dalla bellezza fisica
e lo core li dà nutricamento. della donna. La donna è caratterizzata fisicamente,
non in altro modo. Essa si presenta nella forma di una
Ben è alcuna fiata om amatore bellezza stilizzata e stereotipata: è bionda, ha i capelli
senza vedere so ‘namoramento, lunghi, si trucca. Non ha alcuna identità psicologica.
ma quell’amor che stringe con furore 3. Giacomo da Lentini è considerato l’inventore del
da la vista de li occhi ha nascimento: sonetto, un breve componimento di 14 versi di ende-
casillabi (cioè di 11 sillabe), organizzati in due quar-
che li occhi rappresentan a lo core tine seguite da due terzine, variamente rimati tra loro.
d’onni cosa veden bono e rio, ---I☺I---
com’è formata naturalmente;
Commento
1. Il poeta prova un sentimento di ebbrezza estatica
davanti alla sua donna. L’intensità di questa emozio-
ne è resa ripetendo più volte la parola viso (anafora). I
versi riescono a riprodurre efficacemente questa esta-
si terrena e laica. Essa va confrontata con l’estasi mi-
stica di Jacopone da Todi (O Segnor, per cortesia) o
di Dante (Pd XXXIII, 97-145).
2. Il sonetto si propone di usare il maggior numero di
volte la parola-chiave viso: ben 10. Il poeta vuole di-
mostrare la sua abilità in questa sfida difficile. Anche
Dante, con le rime petrose, si cimenta in questo gene-
re letterario. Si allena per scrivere la Divina comme-
dia.
3. In questo sonetto, ma anche negli altri, il poeta po-
lemizza con un’altra concezione dell’amore prove-
niente dalla Francia, quella di Andrea, cappellano del
re di Francia. Nel De amore questi propone la tesi che
l’amore è pena ed è tormento, che la natura ha voluto
infliggere all’uomo. Questa concezione si diffonde in
Europa alla fine del sec. XII.
Io m’aggio posto in core a Dio servire, Io mi sono proposto in cuore di servire Dio,
com’io potesse gire in paradiso, per poter andare in paradiso,
al santo loco ch’aggio audito dire, nel santo luogo, dove (ho sentito dire),
u’ si manten sollazzo, gioco e riso. c’è sempre divertimento, gioco e risate.
Sanza mia donna non vi voria gire, Senza la mia donna non vi vorrei andare,
quella c’ha blonda testa e claro viso, quella che ha i capelli biondi e il viso luminoso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
perché senza di lei non potrei essere felice,
estando da la mia donna diviso.
restando separato dalla mia donna.
Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io peccato ci volesse fare; Ma non lo dico con questa intenzione,
se non veder lo suo bel portamento di voler peccare con lei;
ma per vedere il suo bel portamento,
e lo bel viso e ‘l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento, il bel viso e il dolce sguardo,
veggendo la mia donna in ghiora stare. perché riterrei una grande consolazione
vedere la mia donna stare in paradiso.
Riassunto. Il poeta dice di aver fatto un proponimen- ------------------------------I☺I-----------------------------
to: servire Dio per andare in paradiso. Però non ci
vuole andare senza la sua donna, che è bionda, ha il
viso chiaro e si trucca. Egli la vuole in paradiso non
per peccare, ma per poter ammirare il suo bell’a-
spetto: sarebbe una grande consolazione poterla vede-
re nella gloria dei cieli.
Commento
1. Il poeta trova il modo per rendere compatibili
l’amore per la sua donna e la salvezza ultraterrena.
Tradizionalmente la donna era considerata la tentatri-
ce, che conduceva l’uomo alla dannazione eterna
(nella Bibbia essa, istigata dal serpente, tenta l’uomo
con la mela, e porta il genere umano a una vita di fa-
tiche e di sofferenze). Ora essa diventa l’intermedia-
ria tra l’uomo e Dio: se l’uomo si salva, si salva per
merito della donna, che è una creatura celeste. Inco-
mincia così l’opera di recupero della figura femmini-
le. Contemporaneamente sorge e si diffonde il culto
della Madonna, la Madre di Dio, alla quale il fedele si
rivolge di preferenza per piegare la volontà del Figlio
e ottenere la grazia.
Riassunto. Il poeta vede la sua donna innamorata e si 2. La cultura laica deve fare i conti con la Chiesa, che
rallegra. Ricorda quando la baciava e le accarezzava i da secoli ha il completo dominio della cultura tradi-
seni. La donna lo rimprovera: non è buona usanza zionale. Essa perciò deve trovare il suo spazio pren-
partire e lasciare la propria donna. Egli allora la rac- dendo e reinterpretando un motivo del campo avver-
comanda a Dio, mentre lei sospira e piange, perché sario: la figura della donna. Per la Chiesa la donna era
non vuol lasciarlo partire. Ma egli non va tanto lonta- sia Eva, la tentatrice, che induceva l’uomo al peccato,
no da dimenticarla. E, quando al ritorno la rivede, sia la Vergine Maria, che accettava di diventare Ma-
cessa di soffrire e si rallegra di gioia. dre di Dio, per salvare l’umanità interra. Per la nuova
cultura la donna è colei con cui si va insieme in para-
Commento diso o colei che si ammira in paradiso. Una volta sot-
1. Il poeta svolge il tema della partenza. La sua donna tratto all’ambito della cultura ecclesiastica, questo
lo ama e la partenza gli è dura. Ricorda quando l’ab- tema può conoscere numerose variazioni all’interno
bracciava e le accarezzava i seni. Ora lei piange, per- della successiva produzione letteraria in campo laico.
ché non vuole che parta. Egli la raccomanda a Dio. ------------------------------I☺I-----------------------------
Ma non va tanto lontano da dimenticarla. E, quando
ritorna, il suo cuore cessa di soffrire e si rallegra.
Tutt’or ch’eo dirò “gioi”, gioiva cosa, Ogni volta che dirò “gioia”, [cioè] cosa gioiosa,
intenderete che di voi favello, intenderete che parlo di voi (=la donna del poeta),
che gioia sete di beltá gioiosa che siete gioia piena di gioiosa bellezza
de gioia di piacer gioioso e bello; e gioia (=fonte) di piacere gioioso e bello;
e gioia in cui gioioso avenir posa, E gioia in cui riposa un gioioso avvenire; gioia
gioi d’adornezze e gioi di cor asnello; che nasce dal bel portamento e dal corpo snello;
gioia in cui viso è gioi tant’amorosa gioia, in cui il viso è gioia tanto piena d’amore,
ched è gioiosa gioi mirare in ello. che è gioia gioiosa fissare gli occhi in esso.
Per ch’eo, gioiosa gioi, sì disioso Perciò io, o mia gioia gioiosa, mi ritrovo
di voi mi trovo, che mai gioi non sento così desideroso di voi, che mai gioia non sento
se ‘n vostra gioi il meo cor non riposo. se nella vostra gioia non ripongo in pace il mio cuore.
Riassunto. Il poeta vuole parlare della sua donna co- che risulta per un certo verso povera, perché il poeta
me della gioia che è fonte di gioia e di piacere per lui. deve preoccuparsi di usare il numero più elevato pos-
Egli prova gioia nel guardare il suo aspetto gioioso e sibile di volte la parola gioia. Egli ha due possibilità:
il suo corpo snello. Prova gioia nel pensare a lei e o articola il complimento e la lode o sacrifica l’arti-
nell’ammirarla. Egli potrà provare gioia e trovare pa- colazione della lode per usare una volta in più la pa-
ce soltanto se il suo cuore potrà riposare in lei. Il rias- rola chiave. Il climax riesce a controbilanciare ade-
sunto, che riferisce semplicemente la trama o il con- guatamente l’anafora. Il sonetto va perciò valutato
tenuto, è inadeguato: per il poeta ciò che conta è la come espressione di abilità, non da altri punti di vista.
capacità di usare il maggior numero possibile di volte Da altri punti di vista esso potrebbe perdere il suo fa-
la parola gioia e la capacità di rendere il sentimento scino e il suo impatto sul lettore.
di estasi amorosa che egli prova davanti alla sua 2. Guittone si riallaccia alla poesia provenzale del
donna, la sua gioia. trobar clus (fine sec. XII), che era la poesia chiusa,
difficile e per pochi eletti. Egli però abbandona i pro-
Commento positi provenzali di una poesia enigmatica, per dare
1. Il poeta ripropone l’estasi mistica che Giacomo da prova di bravura e di estrema perizia retorica. Il so-
Lentini (1210ca.-1260ca.) provava davanti al volto netto però è anche tutto pervaso da un profondo sen-
della sua donna nel sonetto Lo viso mi fa andare ale- timento di gioia, alla cui origine sta la donna, la sua
gramente. Il poeta siciliano ripeteva all’infinito la pa- bellezza e il piacere che essa riesce a dare e a far pro-
rola viso. Guittone invece ripete la parola gioia o vare al poeta con il suo bell’aspetto fisico e con il fa-
l’aggettivo derivato ben 25 volte in soli 14 versi. La scino che emana.
figura retorica adoperata è la ripetizione (o anafora), 2.1. Negli stessi decenni di Guittone Jacopone da To-
accompagnata però da una gradazione ascendente (o di (1236ca.-1306) scrive la laude drammatica Donna
climax ascendente). de paradiso, nella quale usa l’anafora ed il climax.
1.1. L’anafora ed il climax estatico nascondono l’area Egli canta però l’amore mistico o, meglio, il dolore
in cui si sviluppa il sonetto: si tratta semplicemente di della Madonna davanti al Figlio crocifisso. La parola
una lode che il poeta rivolge alla sua donna, una lode più volte ripetuta è figlio. E la Madonna è presentata
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 38
come una madre comune, che perde il figlio. Il coin- e gli animi, l’aspetto angelicato, l’invito a sospirare.
volgimento non è sognante ed estatico, è violento, 2.3. Dopo Guittone Petrarca (1304-1374) si cimenta
angoscioso e drammatico. nel riprodurre questa ascesi mistica mediante anafora
2.2. Sempre negli stessi anni Dante (1265-1321) af- e climax. Nel sonetto Benedetto sia ‘l giorno e ‘l me-
fronta il motivo della lode e dell’effetto, che la donna se e l’anno (LXI) parla del suo innamoramento per
provoca nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare Laura, la donna dei suoi pensieri. Egli benedice tutto
la donna mia, che ha un livello artistico senz’altro più ciò che riguarda il suo incontro con la donna (l’anno,
elevato. Il poeta ha scelto di costruire il sonetto sul il mese, il giorno e l’ora in cui l’ha incontrata ed an-
saluto che riceve dalla sua donna, sull’effetto che essa che le pene d’amore), quindi conclude dicendo che
fa su chi incontra (gli occhi non hanno il coraggio di pensa soltanto a lei e che nel suo cuore non c’è posto
guardarla) e sull’effetto che la donna ha sull’animo di per nessun’altra.
chi saluta. Egli sceglie un ritmo lento, che sottolinea 2.4. I diversi poeti quindi costituiscono delle varianti
la dolcezza che la donna infonde negli animi di chi la sullo stesso motivo letterario. Ciò si può presentare
ammira. E sceglie anche una struttura più complessa, anche a proposito di molti altri motivi: la donna, il
le vie della città, il saluto atteso, l’effetto sugli occhi dolore, la sera, i valori, l’attesa, la felicità ecc.
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La corrente comico-realistica sorge in Toscana nella Accorri accorri accorri, uomo, qui sulla strada!
seconda metà del Duecento e si conclude agli inizi
del Trecento. Si chiama così, perché tratta argomenti [Cecco ai passanti:]
bassi, che riguardano la vita quotidiana, popolari. Fa C: Accorri, accorri, accorri, uomo, sulla strada!
riferimento alla teoria dei generi e degli stili: trage- [Un passante si ferma.]
dia/alto, commedia/medio, elegia/basso. In ogni caso P: Che hai, figlio di puttana? – C: Io son derubato!
le poesie dimostrano grandi capacità letterarie. I poeti P: Chi t’ha derubato? – C: Una che par che rada
più importanti sono il fiorentino Rustico Filippi (1230 come un rasoio, tanto mi ha ripulito!
ca.-1300ca.) e il senese Cecco Angiolieri (1260ca.-
1312ca.). Però anche Guido Guinizelli e Guido Ca- P: Perché non le hai dato un colpo di spada?
valcanti si cimentano in questo genere letterario. Lo C: Io lo darei invece a me – P: Ma sei impazzito?
stesso Dante scambia tre velenosi sonetti con il co- C: So che non me lo ridà, così mi pare che faccia.
gnato Forese Donati, che ricambia. P: Neanche t’avesse accecato, o sciagurato!
La mia malinconia è tanta e tale, La mia malinconia (=umor nero) è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli ‘l sapesse che io non dubito che, se lo sapesse
un che mi fosse nemico mortale, uno, che mi fosse nemico mortale,
che di me di pietade non piangesse. piangerebbe su di me per la compassione.
Quella, per cu’ m’avven, poco ne cale; La donna, che amo, poco si cura di me:
che mi potrebbe, sed ella volesse, ella, se lo volesse, mi potrebbe
guarir ‘n un punto di tutto ‘l mie male, guarire in un momento da tutti i miei mali;
sed ella pur: “I’ t’odio” mi dicesse. basterebbe che mi dicesse soltanto: “Io ti odio!”.
ch’ella non cura s’i’ ho gioi’ o pene, che ella non si preoccupa se sono felice o infelice,
men ch’una paglia che le va tra’ piei: meno di una paglia che le va tra i piedi.
mal grado n’abbi Amor, ch’a le’ mi diène Maledetto sia il dio Amore, che mi diede a lei!
Riassunto. Il poeta è tanto triste, che anche un suo straordinaria abilità retorica.
nemico mortale avrebbe pietà di lui: la donna che 2. Nel sonetto la donna e il poeta sono sullo stesso
ama non s’interessa di lui. Potrebbe guarirlo da ogni piano: si amano, litigano, non si amano più, esprimo-
male anche soltanto dicendogli che lo odia. Invece gli no i loro desideri e i loro umori. Alla fine del sonetto
risponde che non gli vuol né male né bene, e che vada questo realismo letterario fa il verso ai coevi poeti-
a farsi i fatti suoi. Non si preoccupa se egli è felice o letterati, e si trasforma in ironica e beffarda personifi-
infelice, meno di una paglia che le vada tra i piedi. cazione del dio Amore, contro cui Cecco se la prende.
Così il poeta se la prende con il dio Amore che lo ha 3. Il sonetto sviluppa il motivo contrario di Bec-
fatto innamorare. chin’amor!, dove la donna è arrabbiata per essere sta-
ta tradita dal poeta. Qui invece il poeta si lamenta
Commento perché si sente ignorato dalla donna che ama.
1. Il poeta si lamenta perché Becchina non lo vuole 4. Conviene confrontare Cecco, che dialoga e litiga
più. Si accontenterebbe che la donna gli dicesse an- con la sua donna, con Dante, che loda e si sottomette
che che lo odia. Gli dice invece che vada a farsi gli a Beatrice, con Petrarca, che fa girare la sua donna
affari suoi. Così Cecco impreca contro il dio Amore intorno a se stesso.
che lo ha fatto innamorare. Il sonetto riesce a comu- 7. Malinconia o melancolia ha significato forte: umor
nicare con immediatezza e spontaneità la tristezza e nero, malumore. Proviene dal taedium latino e antici-
la solitudine del poeta, che si sente respinto dalla pa lo spleen dei poeti inglesi e poi dei “poeti maledet-
donna che ama. Il riferimento al dio Amore però in- ti” francesi dell’Ottocento. Charles Baudelaire scrive
dica il livello letterario – non di pura cronaca realisti- il sonetto Spleen (I fiori del male, 1857).
ca – in cui il sonetto si pone: esso è il risultato di una ---I☺I---
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Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso, Becchina mia! – Cecco, non te lo confermo
XXII
Becchina mia! – Cecco, non te lo confermo.
Becchina mia! – Cecco, nol ti confesso. Ed io son tuo. – Codesto lo rifiuto.
Ed i’son tu’. – E cotesto disdico. Io sarò di un’altra. – Non m’importa un fico secco.
I’ sarò altrui. – Non vi dò un fico. Mi fai torto. – E tu mandami il messo [del tribunale]
Torto mi fai. – E tu mi manda ‘l messo. (=denunciami).
Sì, maccherella. – Ell’avrà ‘l capo fesso. Sì, [ti mando] una mezzana. – Le romperò la testa.
Chi gliele fenderae? – Ciò ti dico. Chi gliela romperà? – Te lo dico io.
Se’ così niffa? – Sì, contra ‘l nimico. Sei così disgustata? – Sì, con il nemico.
Non tocc’a me. – Anzi, pur tu se’ desso. Non sono io. – Anzi, sei proprio lui.
Riassunto. Il poeta esprime tutto il suo amore per conta è l’atmosfera: egli corteggia la donna, ma la
Becchina, che ha tradito con un’altra donna (in realtà donna lo respinge irritata. Più che corteggiarla, Cecco
la vuol prendere in giro), ma la donna non ci vuol la vuole prendere in giro (si sente il suo senso di su-
sentire e lo respinge con rabbia. periorità, mentre va all’attacco della donna, che in
genere è sulla difensiva), perciò lei risponde irritata e
Commento in malo modo (Non afferra però qualcosa per tirar-
1. Il riassunto è impossibile, perché il sonetto si gioca glielo addosso). Questa atmosfera si ripete in altri so-
sulle botte e risposte dei due interlocutori. Quel che netti.
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Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, Anima mia, cuore del mio corpo, amore
XXVI
Anima mia, cuor del mi’ corp’, amore, O anima mia, cuore del mio corpo, amore,
alquanto di merzé e pietà ti prenda un po’ di compassione e di pietà ti prenda
di me, che vivo ‘n cotanto dolore, di me, che vivo in tanto grande dolore,
che ‘n ora ‘n ora par che ‘l cuor mi fenda che di ora in ora par che il cuore mi si fenda
per la gran pena, ch’i’ ho, del tremore per la gran pena, che io ho, del tremore
ched i’ non t’abbi anzi che porti benda; che io non ti abbia, anzi che porti benda;
sed i’ ne muoio, non ti sarà onore: ma, se io ne muoio, non ti farà onore:
se vorra’ puo’, non potra’ far l’ammenda. se vorrai puoi, non potrai fare l’ammenda.
Avvegna ch’i’ non sia degno trovare Benché io non sia degno di trovare
in te merzé, pietà né cortesia, in te compassione né pietà né cortesia,
nïente men lassarò di pregare: non per questo io cesserò di pregare:
però ch’Amor comand’e vol che sia perché il dio Amore comanda e vuole che sia
licita cosa di poter amare sempre lecito poter amare quella donna,
in quella donna, che ‘l su’ cor disìa. che il suo cuore desidera.
1Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
Riassunto. Il poeta si rivolge alla donna, di cui è
innamorato, la chiama anima sua, e le chiede di avere l’amore dell’anima mia;
un po’ di pietà verso di lui, che vive con il cuore l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
2Mi alzerò e farò il giro della città
spezzato dal dolore. Non sarà un onore per lei, se lui
muore, perché se volesse lo potrebbe accontentare, né per le strade e per le piazze;
potrà fare ammenda dei suoi continui rifiuti. Anche se voglio cercare l’amore dell’anima mia.
egli non è degno di trovare in lei né compassione né L’ho cercato, ma non l’ho trovato.
3Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in cit-
pietà né cortesia, non per questo cesserà di pregare,
perché il dio Amore vuole e comanda che sia lecito tà:
amare quella donna a cui si dà il proprio cuore. «Avete visto l’amore dell’anima mia?».
4Da poco le avevo oltrepassate,
Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l giorno Maledetta sia l’ora e il momento e il giorno
e la semana e ‘l mese e tutto l’anno e la settimana e il mese e tutto l’anno
che la mia donna mi fece uno ‘nganno, che la mia donna mi fece un inganno,
il qual m’ha tolt’al cor ogni soggiorno con cui ha tolto al mio cuore ogni tranquillità
ed hal sì ‘nvolto tutto ‘ntorno intorno e lo ha così avvolto tutto intorno intorno
d’empiezza, d’ira, di noia e d’affanno di empietà, d’ira, di noia (=seccature) e d’affanno
che, per mio bene o per mi’ minor danno, che, per il mio bene o per il mio minor danno,
vorrêlo ‘nanzi ‘n un ardente forno. lo vorrei al più presto in un forno ardente.
Però che megli’è mal che mal e peggio, Perché è meglio il male che il male e peggio,
avvegna l’un e l’altro buon non sia: anche se né l’uno né l’altro siano buoni,
ma, per aver men pena, il male cheggio. ma, per aver meno pena, chiedo il male.
E questo dico per l’anima mia; E dico questo per salvare la mia anima,
ché, se non fosse ch’i’ temo la peggio, perché, se non fosse che io temo il peggio,
i’ medesimo già morto m’avria. io medesimo mi sarei già ucciso.
Riassunto. Cecco maledice l’attimo, l’ora, il giorno, né l’uno né l’altro sono buoni. Fa questo ragiona-
la settimana, il merse e l’anno in cui la sua donna lo mento e la scelta del male minore, perché vuole
ha ingannato, cioè lo ha fatto innamorare, egli ha salvare la sua anima, altrimenti si sarebbe già dato la
tolto al suo cuore la pace e lo ha avvolto di empietà, morte con le sue stesse mani.
d’ira, di tristezza e di affanni, tanto che, per il suo 2. Il poeta soffre ancora pene d’amore a causa della
bene o come minore dei mali, egli lo vorrebbe met- sua donna, che lo ha fatto innamorare. E tira in ballo
tere al più presto in un forno acceso. Perché è pre- la religione: tra le pene d’amore e le penne d’amore e
feribile il male al male e peggio, anche se né l’uno né peggio, cioè la dannazione eterna, sceglie le pene
l’altro sono buoni, ma per soffrire di meno chiede il d’amore, che sono il male minore. Altrimenti, se
male. Dice questo per salvare la sua anima, perché, se potesse sfuggire alla dannazione eterna, egli si sa-
egli non temesse il peggio (=la dannazione all’in- rebbe già dato la morte con le sue stesse mani.
ferno), si sarebbe già ucciso con le sue stesse mani. 3. Il sonetto è pieno delle atmosfere notturne di ter-
rore per la dannazione eterna con cui Jacopo Passa-
Commento vanti (1302ca.-1357), di poco posteriore, condiva le
1. Cecco maledice il momento, l’ora, il giorno e sue prediche nello Specchio di vera penitenza (1354).
l’anno in cui la sua donna lo ha ingannato, cioè lo ha 4. Ed ha un’altra imitazione successiva: Francesco
fatto innamorare. Ora ha il cuore spezzato e soffe- Petrarca, Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno
rente per le pene d’amore. E filosofeggia: tra il male (Canzoniere, LI). Le sue soluzioni stilistiche, i suoi
che soffre e il male che soffre e peggio, egli sceglie il versi e il contenuto dei suoi sonetti sono quelli di un
male semplice semplice, come male minore, anche se grande letterato.
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Riassunto. Il riassunto è impossibile, perché il sonetto che lascia indeterminato e che trasfigura in termini
si sviluppa sul dialogo tra Cecco e Becchina, non sul letterari (Pg XXX, 22-145). Per il resto è fedelissimo
contenuto. Cecco ha tradito Becchina con un’altra alla moglie, Gemma Donati, che non nomina mai e
donna. Becchina è venuta a saperlo ed è arrabbiatis- che lo accompagna pazientemente nell’esilio.
sima. Il poeta se la gode a provocarla. La donna rea- 3. Il nome della donna, Becchina, è consapevolmente
gisce augurandogli un accidente e mandandolo via. antiletterario come tutto il resto. Esso è il diminutivo
Ma tutto ciò non è sufficiente, perché Cecco ha il popolare di Domenica. Forse contiene anche una cer-
controllo della situazione. Alla fine sulla battuta di ta irriverenza verso la Domenica, il giorno del Domi-
Cecco la donna si prende una mezza vittoria: farà pe- nus, cioè del Signore.
nare il poeta. 4. Il sonetto è costruito come un contrasto, cioè un
Commento componimento a botta e risposta tra un uomo e una
1. Il poeta dialoga e litiga con la sua donna: Becchina donna. La spontaneità delle battute è soltanto appa-
non è lontana, spirituale, passiva e irraggiungibile rente: il poeta è riuscito con grande abilità a tenere la
come le altre donne della tradizione letteraria. Ri- sua battuta e la risposta di Becchina nello stesso ver-
sponde, riempiendo le parole dei suoi sentimenti e, in so, per tutto i 14 versi del sonetto.
questo caso, del suo risentimento verso Cecco, che 5. Il lettore può confrontare la vivace figura di Bec-
l’ha tradita con un’altra donna. china con le donne finora incontrate e con quelle che
2. Il poeta è contento di averla fatta arrabbiare, e fin- incontrerà.
ge di chiederle perdono. Egli però se la gode. Becchi- 6. La difficoltà di fare un riassunto che sintetizzasse il
na invece è proprio arrabbiata. Né il dialogo né, tanto contenuto – il sonetto invece è costruito sul dialogo
meno, il tradimento hanno grande spazio nella lettera- tra Cecco e Becchina – mostra l’elaborazione e l’in-
tura italiana. Dante ha un momento di crisi morale ventiva letteraria che gli sta dietro.
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S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, LXVI Se io fossi fuoco, brucerei il mondo
s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, se io fossi papa, allora sarei giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei; perché metterei nei guai tutti i cristiani,
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? se io fossi imperatore, farei volentieri questo:
A tutti mozzarei lo capo a tondo. a tutti taglierei il capo con un colpo di scure.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; Se io fossi morte, andrei da mio padre,
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: se io fossi vita, fuggirei da lui,
similemente farìa da mi’ madre. la stessa cosa farei con mia madre.
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, Se io fossi Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre: prenderei per me le donne giovani e belle,
e vecchie e laide lasserei altrui. e le vecchie e sporche lascerei a voi!
Riassunto. Il poeta dice che, se fosse fuoco, arderebbe tanta violenza: se io fossi..., farei... Ma alla fine, con
il mondo. Se fosse vento, lo tempesterebbe. Se fosse un improvviso e beffardo cambiamento di scena, egli
papa, maltratterebbe i cristiani; se fosse imperatore, dice che cosa farebbe se fosse Cecco, come è ed è
ucciderebbe i suoi sudditi. Se fosse morte, andrebbe stato: tiene le donne giovani e belle per sé, e lascia
da suo padre; se fosse vita, fuggirebbe da sua madre. quelle vecchie e sporche agli altri, cioè ai presenti.
Se fosse Cecco, come è ed è sempre stato, terrebbe 2. Il sonetto non va letto in un rapporto privato e soli-
per sé le donne giovani e belle, e lascerebbe ai pre- tario con il testo, va declamato davanti ad un uditorio
senti quelle vecchie e sporche. che ascolta attento ed interessato e condivide gli stes-
si valori del poeta. Anche in questo caso Cecco si
Commento vuole contrapporre ai poeti stilnovisti, che cercavano
1. Il poeta fa minacce terribili e... impossibili davanti un pubblico più acculturato e raffinato e intendevano
ai suoi amici all’osteria, che lo ascoltano intimoriti da produrre letteratura per pochi iniziati.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 46
3. Dante e gli stilnovisti scrivono per se stessi e per i pubblico, salendo su un tavolo.
loro amici. Cecco invece si preoccupa di scrivere per 4. L’anafora S’i’ fosse, ripetuta nove volte, è assai ef-
i suoi amici di osteria e di declamare i suoi sonetti in ficace.
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Tre cose solamente m’ènno in grado, Tre cose solamente mi son gradite,
le quali posso non ben ben fornire, di cui non mi posso ben rimpinzare,
cioè la donna, la taverna e ‘l dado: cioè la donna, l’osteria e il gioco d’azzardo:
queste mi fanno ‘l cuor lieto sentire. soltanto esse mi riempiono il cuore di gioia.
E dico: «Dato li sia d’una lancia!», E dico: “Che si prenda un colpo di lancia!”;
ciò a mi’ padre, che·mmi tien sì magro, lo auguro a mio padre, che mi tiene così a corto,
che tornare’ senza logro di Francia. che tornerei senza dimagrire dalla Francia.
Ché fora a tôrli un dinar[o] più agro, Togliergli un soldo di tasca, la mattina di Pasqua,
la man di Pasqua che·ssi dà la mancia, quando si fa l’elemosina, sarebbe più difficile
che far pigliar la gru ad un bozzagro. che far pigliare una gru a una piccola poiana.
Riassunto. Il poeta dice di gradire soltanto tre cose: la femminile, la misantropia, la misoginia, il cuore gen-
donna, la vita scioperata all’osteria e il gioco d’az- tile, la donna angelicata ecc. Tutto ciò fa parte del-
zardo. Ma non può averle quanto vorrebbe, perché il l’immaginario sociale, letterario e collettivo, che ca-
suo borsellino non gliele permette. Perciò se la pren- ratterizza ogni epoca. In vecchiaia Giovanni Boccac-
de con suo padre, che non allarga i cordoni della bor- cio scrive il Corbaccio (1354-55 o 1365-66), un vio-
sa: lo tiene così a corto di denaro, che egli ritornereb- lentissimo pamphlet contro le donne, che aveva ama-
be dalla Francia senza dimagrire ulteriormente. Suo to per tutta la vita ma che non lo avevano ricambiato
padre è talmente avaro, che scucirgli qualche moneta con altrettanta disponibilità.
la mattina di Pasqua, quando si fa l’elemosina, sareb- 5. In seguito saranno presi da malinconia o da umor
be più difficile che far prendere una grossa gru a una nero o dal taedium vitae o dal semplice tedio: France-
piccola poiana. sco Petrarca (la sua accidia o insoddisfazione esisten-
ziale corrisponde al taedium vitae), Leopardi (Canto
Commento notturno di un pastore errante dell’Asia, 1829-30),
1. Il poeta ha le idee chiare su quel che vuole dalla Charles Baudelaire (Spleen, 1857), Umberto Saba
vita: donne, vita scioperata all’osteria e gioco d’az- (Malinconia, 1923-24).
zardo, perché soltanto esse lo rendono lieto. Egli però ---I☺I---
si lamenta che le può usare soltanto raramente, perché
suo padre non gli passa denaro. Perciò egli, preso
dall’esasperazione, gli àugura di farsi ammazzare. In-
fine precisa l’avarizia del padre: a) egli, Cecco, torne-
rebbe di Francia senza dimagrire ulteriormente; b) il
padre non allarga i cordoni della borsa nemmeno la
mattina di Pasqua, quando si dà in elemosina qualche
moneta di poco valore.
2. L’amore cantato dal poeta è un amore fisico, ses-
suale. Non è l’amore verso la bellezza fisica della
donna, cantato dalla Scuola siciliana; né l’amore ver-
so la donna-angelo, cantato dal Dolce stil novo.
3. Nella poesia il poeta si appropria e rielabora motivi
di trasgressione sociale che appartenevano già alla
cultura tradizionale e che perciò sono motivi in primo
luogo letterari e soltanto in secondo luogo realistici.
4. L’odio per il padre e, in genere, per i genitori è un
motivo letterario come la celebrazione della bellezza
Dante Alighier, Cecco, ‘l tu’ serv’e amico, O Dante Alighieri, Cecco, il tuo servo e amico,
si raccomand’a te com’a segnore; si raccomanda a te come al suo signore;
e sì ti prego per lo dio d’Amore, e ti prego così in nome del dio dell’Amore,
il qual è stat’un tu’ signor antico, il quale è stato un tuo antico signore,
che mi perdoni s’ispiacer ti dico, che tu mi perdoni se ti dico qualcosa di spiacevole,
ché mi dà sicurtà ‘l tu’ gentil cuore; perché mi dà sicurezza il tuo cuore gentile.
quel ch’i’ ti dico, è di questo tenore: Quel che io ti dico è di questo tenore:
ch’al tu’ sonetto in parte contraddico. che in parte contraddico al tuo sonetto.
Ch’al meo parer ne l’una muta dice A mio parere nella prima terzina [il sonetto] dice
che non intendi su’ sottil parlare, che non intendi il parlare sottile
a que’ che vide la tua Beatrice; di colui che vide la tua Beatrice;
e puoi hai detto a le tue donne care e poi hai detto alle tue care donne
che tu lo ‘ntendi: adunque, contraddice che tu lo capisci: dunque, contraddice
a se medesmo questo tu’ trovare. a se medesimo questo tuo sonetto.
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Riassunto. Il poeta si rivolge a Dante, che beffarda-
mente chiama amico, per fargli notare una contraddi-
zione in un suo sonetto. Prima dice che non intende le
parole difficili di chi vide Beatrice; e subito dopo dice
alle donne che lo intende bene.
Commento
1. Cecco accusa Dante di essere in contraddizione
con se stesso. Nel sonetto Oltre la spera che più lar-
ga gira, attualmente l’ultimo della Vita nova, egli di-
ce che non capisce il suo pensiero amoroso, tanto è
sottile (prima terzina), poi dice che capisce qual è il
tema di quel discorso (seconda terzina).
2. In questo sonetto del 1291-92 Cecco si dice amico
e servo di Dante: gli esprime in modo beffardo tutta
la sua deferenza e sottomissione. Poi lo accusa mali-
gnamente d’essersi lasciato andare all’amore. Ben in-
teso, non all’amore celeste, ma agli amoretti volgari.
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Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo, O Dante Alighieri, se io parlo a vanvera,
tu mi tien bene la lancia a le reni; tu mi tieni la lancia sulla schiena (=tu mi tieni dietro);
s’eo desno con l’altrui, e tu vi ceni; se io desino con altri, tu vi ceni;
s’eo mordo il grasso, e tu ne suggi il lardo; se io mordo il grasso, tu succhi il lardo;
s’eo cimo il panno, e tu vi freghi il cardo; se io cimo il panno, tu vi freghi il cardo (=il pettine);
s’eo so’ discorso, e tu poco t’affreni; se io parlo senza tregua, tu poco ti freni;
s’eo gentileggio, e tu messer t’avveni; se io faccio il gentiluomo, tu vuoi fare il signore;
s’eo so’ fatto romano, e tu lombardo. se io scrocco a Roma, tu scrocchi in Lombardia.
Sì che, laudato Deo, rimproverare Così che, che Dio sia lodato!, ben poco
poco pò l’uno l’altro di noi due: può rimproverare l’uno all’altro di noi due:
sventura o poco senno cel fa fare. la sventura o il poco senno ce lo fa fare.
Osservazioni
1. Anche in questo caso, come nei precedenti, si ri-
spetta lo stesso schema nel presentare una corrente: a)
il luogo in cui sorge; b) il tempo in cui si sviluppa; c)
gli autori più importanti, la loro vita (se è importan-
te); d) la loro opera; ed e) la loro poetica. Eventual-
mente anche il loro pubblico ed ogni altra informa-
zione che possa essere considerata importante e carat-
terizzante. Ad esempio i poeti precedenti da cui la
corrente prende idee e motivi, i poeti successivi che
influenza, lo specifico pubblico a cui essa si rivolge.
2. Si è dato uno spazio particolarmente ampio a Cec-
co Angiolieri, perché è un letterato forbito che vuole
fare l’anti-letterato e perché in tutta la letteratura ita-
liana ci sono rarissimi esempi di anti-letteratura. I cri-
tici in genere non lo apprezzano e lo mettono da par-
te, preferendogli Dante, Boccaccio e Petrarca. La
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 49
Il Dolce stil novo (1274-94) colei che conduce l’uomo a Dio.
Questa corrente ha una chiara marcatura sociale: i
Il Dolce stil novo sorge a Bologna con Guido Guini- protagonisti risentono delle trasformazioni politiche
zelli (1235ca.-1276), che nel 1274 scrive la canzone- ed economiche che caratterizzano il loro tempo; e
manifesto Al cor gentil rempaira sempre amore. Da fanno parte della nuova classe emergente, la borghe-
Bologna si diffonde in Toscana, in particolare a Fi- sia cittadina, che si è affermata o si sta affermando
renze, nel decennio successivo, per esaurirsi poco do- contro la nobiltà tradizionale. Perciò essi propongono
po. I maggiori poeti sono Guido Guinizelli, Dante un nuovo concetto di nobiltà, basato non più sul san-
Alighieri (1265-1321), Guido Cavalcanti (1255- gue ma sui meriti personali. Dante Alighieri, che ap-
1300), Lapo Gianni (1260ca.-1328), Cino da Pistoia partiene alla piccola nobiltà, è costretto a iscriversi
(1270-1336) e Gianni Alfani. formalmente ad un’arte per poter partecipare alla vita
I temi che esso canta sono tre: 1) amore e cuore genti- politica, dopo il successo della borghesia conseguito
le si identificano; 2) la nobiltà non è nobiltà di sangue con gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella
che si eredita, è gentilezza (o nobiltà) d’animo che si (1294).
conquista con il proprio ingegno; 3) la donna è un Il nome alla corrente è dato soltanto molti decenni
angelo venuto dal cielo per portare l’uomo a Dio. dopo, verso il 1314, da Dante, quando nel purgatorio
Lo Stil novo prosegue l’opera di recupero della don- polemizza garbatamente con Bonagiunta Orbicciani,
na, iniziata dalla Scuola siciliana (alla quale si rial- uno dei maggiori esponenti della Scuola toscana (Pg
laccia anche per altri motivi): essa non è più la tenta- XXIV, 49-63). In quella circostanza però il poeta im-
trice, che porta l’uomo alla dannazione eterna; è anzi broglia Bonagiunta, i critici e noi…
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VI. Donna, Deo mi dirà: “Che presomisti?”, 6. O donna, Dio mi dirà, quando la mia anima sarà
siando l’alma mia a lui davanti. davanti a lui: “Quale presunzione hai avuto?
«Lo ciel passasti e ‘nfin a Me venisti Hai oltrepassato il cielo e sei giunto sino a me
e desti in vano amor Me per semblanti: e mi hai paragonato a un amore che dura poco;
ch’a Me conven le laude invece a me e alla Regina del cielo
e a la reina del regname degno, spetta la lode,
per cui cessa onne fraude». perciò lascia ogni bene apparente!”
Dir Li porò: “Tenne d’angel sembianza Io gli potrò dire: “La mia donna aveva l’aspetto
che fosse del Tuo regno; di un angelo venuto dal tuo regno:
non me fu fallo, s’in lei posi amanza”. non commisi peccato, se riposi in lei il mio amore”.
Riassunto per strofa. 1. L’amore – dice il poeta – tro- a un angelo disceso dal suo regno, perciò non commi-
va sempre dimora nel cuore gentile come l’uccello si peccato, se riposi in lei il mio amore.
trova rifugio nel bosco: la natura ha fatto sorgere con-
temporaneamente amore e cuore gentile. Riassunto sintetico. Il poeta afferma che l’amore e il
2. Il fuoco dell’amore si accende nel cuore gentile cuore gentile sono la stessa cosa. E fa numerosi
come la virtù attiva si accende nella pietra preziosa. esempi tratti dalla natura (1-3). Quindi critica l’uomo
Dal cielo discende in essa la virtù attiva soltanto dopo che si vanta per la sua nobiltà di sangue. Ed afferma
che il sole l’ha purificata. Allo stesso modo il cuore che la gentilezza è gentilezza d’animo, non di sangue,
prima è reso puro e gentile dalla natura, poi è fatto e che essa non può mai prescindere dai meriti perso-
innamorare dalla donna. nali (4-5). Infine immagina di esser giunto davanti a
3. L’amore dimora nel cuore gentile per lo stesso mo- Dio e che Dio lo rimproveri per aver cantato un amo-
tivo per cui il fuoco risplende in cima alla torcia: que- re destinato a durare poco. Gli risponderà che la sua
sta è la sua natura. donna sembrava un angelo disceso dal cielo, perciò
4. Il sole colpisce il fango tutto il giorno, ma il fango non ha commesso peccato se ha riposto in lei il suo
resta senza valore. L’uomo superbo dice: “Io son no- amore (6).
bile per nascita”. Io paragono lui al fango, perché la
nobiltà non può prescindere dai meriti personali. Commento
5. Dio illumina le intelligenze angeliche, che muovo- 1. Il testo non è sempre chiaro, le tesi che caratteriz-
no i cieli. Esse gli ubbidiscono e perciò portano a zano il movimento sono però espresse più volte con
termine felicemente i loro compiti. Allo stesso modo chiarezza e con determinazione. La prima tesi (amore
la donna illumina il suo amante, e infonde in lui il de- e cuore gentile si identificano) è trattata nelle prime
siderio di ubbidirle sempre. tre strofe. La seconda (la nobiltà non è di sangue né si
6. O donna, Dio mi dirà, quando giungerò davanti a eredita, è di spirito e si conquista con i propri meriti)
Lui: “Come hai osato paragonare l’amore verso una è trattata nelle successive due strofe. La terza tesi (la
donna all’amore che devi a me e alla Regina del cie- donna è un angelo disceso dal cielo per portare
lo?”. Io Gli potrò dire che la mia donna assomigliava l’uomo a Dio) è trattata nell’ultima strofa.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 51
2. L’autore vuole contrapporsi con forza e con deci- concettuale (secondo riassunto). Si può fare un rias-
sione alla cultura aristocratica tradizionale, perciò sunto aderente al testo o si può fare un riassunto che
contrappone una nuova forma di nobiltà, quella per- porti alla luce il filo conduttore del testo. Le possibili-
sonale e spirituale, contro quella antica, che è nobiltà tà sono molteplici. Ben inteso, si possono fare rias-
di famiglia, di sangue e di titoli. Dietro a questa pro- sunti più lunghi o meno lunghi. E si possono fare
posta culturale sta anche la consapevolezza di appar- riassunti in funzione dello scopo o dell’utente a cui
tenere ad una classe diversa – la borghesia –, che è in sono destinati.
ascesa, deve affermarsi ed ha bisogno di una sua spe- -----------------------------I☺I-----------------------------
cifica cultura per farlo. La lotta di classe insomma
avviene sia sul piano economico sia sul piano ideolo-
gico-culturale.
3. L’ultima tesi (la donna è un angelo disceso dal cie-
lo), per quanto espressa in una sola strofa, è partico-
larmente suggestiva. Almeno in questa strofa il poeta
si pone su un piano ben superiore a quello espresso
da Giacomo da Lentini, che vuole andare in paradiso
con la sua donna.
4. Per spiegare il suo pensiero, il poeta ricorre più
volte ad immagini naturalistiche. L’intera canzone
però condensa una vasta cultura scientifica, filosofi-
ca, astronomica e religiosa, che Bonagiunta Orbiccia-
ni criticava aspramente. Il Dolce stil novo si apre al
sapere, alla filosofia e alla scienza o, meglio, alla fi-
losofia della natura.
5. Nobiltà di sangue vuol dire che il capostipite di
una famiglia si è distinto in qualche impresa civile o
militare (e che è stato ripagato con il titolo) o che ha
acquistato il titolo dal papa o dall’imperatore, che co-
sì rimpinguavano le loro finanze. I titoli poi andavano
dal più basso (conte) al più alto (re).
Osservazioni
1. Anche con il Dolce stil novo si è seguito lo schema
di esposizione usato per le altre correnti: a) il luogo di
nascita; b) la durata; c) gli autori; d) i motivi poetici.
Ogni punto è stato trattato a seconda della sua impor-
tanza. Ad esempio nel punto b) si è data particolare
importanza a Guido Guinizelli, non tanto perché è il
caposcuola, quanto perché nella canzone-manifesto
ha proposto le tesi che caratterizzano la scuola; e a
Dante Alighieri, perché è il poeta più grande del
gruppo. Di quest’ultimo si dà anche estesamente la
vita e l’opera, perché ha un’importanza ben più gran-
de: la produzione stilnovistica è soltanto una parte –
quella giovanile – della sua vasta produzione artisti-
ca. Lo schema quindi è stato “aggiustato” sull’argo-
mento che doveva esporre.
2. Anche il Dolce stil novo, come le altre correnti o
scuole poetiche, ha una specifica matrice sociale: gli
stilnovisti hanno alle spalle la borghesia cittadina, che
ha il potere economico e che deve acquistare spazio
politico e prestigio sociale a spese delle forze tradi-
zionali, la nobiltà e la chiesa. In genere le classi
emergenti non riescono mai ad imporsi completamen-
te sulle classi tradizionali: si giunge ad ampi com-
promessi, alla coesistenza, a parziali alleanze o a par-
ziali fusioni.
3. I due riassunti mostrano che non c’è un unico mo-
do per riassumere un testo: si può riassumere strofa
per strofa (primo riassunto) o si può fare un riassunto
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 52
Guido Cavalcanti (1258-1300) Novo, ma ha anche una formazione filosofica che lo
fa considerare ateo, materialista ed eretico. Nel 1300
La vita. Guido Cavalcanti, figlio di Cavalcante de’ Dante Alighieri, priore di Firenze, è costretto a man-
Cavalcanti, nasce a Firenze nel 1258 in una nobile darlo in esilio con i capi delle fazioni bianca e nera.
famiglia guelfa di parte bianca. Nel 1260 Cavalcante, Cavalcanti si reca a Sarzana (tra La Spezia e Marina
padre del poeta, è mandato in esilio in seguito alla di Carrara), dove contrae la malaria. Tuttavia, per le
sconfitta di Montaperti. Ma sei anni dopo può ritorna- sue cattive condizioni di salute, la condanna è revoca-
re a Firenze dopo la sconfitta di Manfredi di Svevia e ta. Ritorna a Firenze, dove poco dopo muore.
dei ghibellini a Benevento (1266). Per superare i con-
flitti tra guelfi e ghibellini, le due fazioni decidono la Le opere. Cavalcanti scrive 49 opere, tra cui 36 sonet-
strategia dei matrimoni. Nel 1267 a Guido è promessa ti, 11 ballate, 2 canzoni. Egli s’inserisce nella corren-
in sposa Beatrice, figlia di Farinata degli Uberti, capo te stilnovistica, ma tratta anche altri motivi. Dante gli
della fazione ghibellina. Dal matrimonio nascono i dedica il sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io,
figli Tancia e Andrea. a cui Guido risponde con il sonetto S’io fosse quelli
Nel 1280 Guido è tra i firmatari della pace tra guelfi e che d’amor fu degno. A Dante dedica anche il sonetto
ghibellini e quattro anni dopo siede nel Consiglio ge- I’ vegno il giorno a te infinite volte in cui gli rimpro-
nerale al Comune di Firenze con Brunetto Latini e vera la vita dissoluta che conduce.
Dino Compagni. I contrasti tra le due fazioni non si ---I☺I---
placcano. È uno dei maggiori esponenti del Dolce stil
---I☺I---
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core O voi, che con gli occhi mi trapassaste il cuore
Voi che per li occhi mi passaste ‘l core O voi, che con gli occhi mi trapassaste il cuore
e destaste la mente che dormia, e risvegliaste la mia mente che dormiva,
guardate a l’angosciosa vita mia, guardate la mia angosciosa vita,
che sospirando la distrugge Amore. che Amore distrugge a forza di sospiri.
E’ vèn tagliando di sì gran valore, E ferisce con una forza così grande,
che’ deboletti spiriti van via: che gli spiriti vitali indeboliti fuggon via:
riman figura sol en segnoria rimane soltanto l’apparenza esterna,
e voce alquanta, che parla dolore. e una voce flebile, che si lamenta.
Questa vertù d’amor che m’ha disfatto Questa potenza d’amore, che mi ha distrutto,
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: si mosse veloce dai vostri occhi gentili:
un dardo mi gittò dentro dal fianco. una freccia mi scagliò dentro il fianco.
Sì giunse ritto ‘l colpo al primo tratto, Il colpo giunse dritto al primo tiro, così
che l’anima tremando si riscosse che l’anima tremando si riscosse,
veggendo morto ‘l cor nel lato manco. vedendo il cuore morto nel lato mancino.
Riassunto. Il poeta si rivolge alla sua donna, le dice cuore), dalle regole dell’amor cortese di Andrea Cap-
che è entrata attraverso i suoi occhi fino al cuore, e lo pellano (l’amore è pena), infine dal Dolce stil novo
ha sconquassato. L’amore che prova gli ha indebolito (l’amore scoppia subito, appena l’ha vista). Ci sono
gli spiriti vitali, e del suo corpo sono rimaste soltanto pure i sospiri, che non esprimono letizia come in
l’apparenza esterna e una voce flebile. La freccia Dante (Tanto gentile e tanto onesta pare), ma soffe-
amorosa è partita velocemente dai suoi occhi gentili e renza, una sofferenza tanto profonda, che distrugge il
gli è penetrata in profondità dentro il fianco. Il colpo corpo. Nel sonetto c’è il raddoppiamento degli occhi:
fece centro al primo tiro e l’anima fu presa da tremiti gli occhi belli della donna sono entrati per gli occhi
e si riscosse, vedendo che il cuore nel fianco sinistro del poeta e sono giunti sino al cuore, che hanno scon-
era morto. volto.
3. “Parla dolore”: il verbo è usato in modo transitivo.
Commento 4. Il sonetto ha rima normale ABBA ABBA CDE
1. Cavalcanti non descrive l’aspetto della sua donna, CDE.
ma gli effetti sconvolgenti che ha avuto su di lui, sul- ------------------------------I☺I-----------------------------
la sua mente e sul suo cuore.
2. Il poeta prende dalla scuola siciliana (l’immagine
della donna che attraverso gli occhi giunge sino al
Or non ardisco per la vil tua vita Ora per la tua vita volgare non oso
far mostramento che tuo dir mi piaccia, mostrarti che i tuoi versi mi piacciano,
né in guisa vegno a te che tu mi veggi. né vengo da te in modo che tu mi veda.
Commento
1. Dante si dà alle gozzoviglie, e l’amico Guido lo
rimprovera. Gli ricorda l’amicizia passata, l’animo
gentile, che ora si è involgarito, il disprezzo per la
moltitudine volgare e per le persone fastidiose, l’af-
fetto che l’amico gli ha dimostrato. Adesso Guido
non ha più il coraggio di dire che i suoi versi gli piac-
ciono e va da lui senza farsi vedere. Spera che il pre-
sente sonetto allontani dall’amico lo spirito malefico
che lo opprime e che lo ha reso volgare.
2. Il sonetto di Cavalcanti va letto tenendo presente il
sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io e il sonet-
to irriverente Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo,
di Cecco Angiolieri. L’immagine di Dante acquista
una dimensione più concreta e vicina al lettore. Il so-
netto sull’uomo volgare di Cavalcanti fa da contrap-
punto al sonetto di Dante sulla donna angelicata che
cammina per le vie di Firenze.
3. Il sonetto ha rima ABBA ABBA CDE CDE.
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Po’ che mi disse di sua condizione Dopo che mi disse della sua condizione
e per lo bosco augelli audìo cantare, e poiché sentivo gli uccelli cantare nel bosco,
fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione dissi fra me e me: “Ora è tempo
di questa pasturella gio’ pigliare». di prendere piacere con questa pastorella!”.
Merzé le chiesi sol che di basciare Le chiesi soltanto la grazia di baciarla
ed abracciar, – se le fosse ‘n volere. e abbracciarla, se lei fosse d’accordo.
Per man mi prese, d’amorosa voglia, Mi prese per mano, con desiderio amoroso,
e disse che donato m’avea ‘l core; e disse che mi aveva donato il suo cuore;
menòmmi sott’ una freschetta foglia, mi portò sotto un fresco cespuglio,
là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore; dove vidi fiori di ogni colore;
e tanto vi sentìo gioia e dolzore, e vi provai tanta gioia e dolcezza,
che ‘l die d’amore – mi parea vedere. che mi sembrava di vedere il dio Amore.
Riassunto. Il poeta in un boschetto incontra una pa- precisa che è sola e che, quando l’uccello canta, desi-
storella bellissima (1). Era bionda, aveva i capelli ric- dera avere un amante, e tutti gli uccelli cantavano.
ci e conduceva le pecore al pascolo con un piccola Allora egli chiede con educazione se la può abbrac-
verga. Era scalza e bagnata di rugiada. E cantava co- ciare e baciare. Lei lo prende per mano e lo porta su-
me se fosse innamorata (2). Egli la saluta e le chiede bito dietro a un cespuglio, dove consumano. Qui egli
se aveva un amante. Lei risponde che se ne andava da prova tanta dolcezza, da pensare di vedere il dio
sola per il bosco e che, quando l’uccello canta, desi- Amore. Non si sa se lei abbia goduto, ma si può pen-
dera avere un amante (3). Dopo la sua risposta e poi- sare di sì, visto il suo spirito d’iniziativa…
ché gli uccelli cantavano nel bosco, il poeta dice tra 2. Il poeta fornisce una descrizione accurata dell’a-
sé e sé che può prendere piacere con la ragazza. E le spetto fisico e del lavoro della ragazza. È bellissima,
chiede di poterla baciare e abbracciare, se è d’accordo bionda, ricciuta, scalza e accudisce le pecore. Ma gli
(4). La pastorella lo prende per mano, dice che gli ha animali sono tranquilli e lei si prende una pausa
donato il suo cuore e lo porta sotto un bel cespuglio, d’amore o di sesso. Tuttavia si preoccupa anche del
dove c’erano fiori pieni di colori. Egli provò tanta contesto, della scenografia: il bosco è bello, lei è bel-
dolcezza, che credette di vedere il dio Amore (5). la, il cespuglio è bello, ci sono poi molti fiori pieni di
colori. E la ragazza è come lui o gli uomini la deside-
Commento rano: senza remore, senza problemi, disponibile per
1. Guido Cavalcanti, un guelfo bianco molto rissoso, una frullata. Per fare prima prende l’iniziativa: gli
scrive questa ballata che si inserisce nel genere pro- dona il cuore e intende il corpo.
venzale della pastorella. Il poeta o il protagonista in- 3. Lo stilnovismo è lontano (il motivo della pastorella
contra una pastorella nel bosco, è tutta sola, la cor- è provenzale). L’amore non è spirituale, è fisico e sol-
teggia, la ragazza si rifiuta, ma alla fine cede e si con- tanto fisico, e senza patemi d’animo o richiesta di
cede. La sua ballata è più semplice: incontra la ragaz- matrimonio. Una frullata, e via!
za, che canta. Egli le chiede se ha un amante. Lei -----------------------------I☺I-----------------------------
Perch’i’ no spero di tornar giammai, Perché io non spero di tornare mai più,
ballatetta, in Toscana (=a Firenze), o mia piccola ballata, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana, va’ tu, leggera e piana,
dritt’ a la donna mia, diritta alla donna mia,
che per sua cortesia che per sua cortesia
ti farà molto onore. ti farà molto onore.
Tu senti, o mia piccola ballata, che la morte Tu senti, o mia piccola ballata, che la morte
mi stringe sì, che vita m’abandona; mi sta alle spalle così, che la vita mi abbandona;
e senti come ‘l cor si sbatte forte e senti come il mio cuore batte forte
per quel che ciascun spirito ragiona. a causa di ciò che ogni mio spirito vitale dice.
Tanto è distrutta già la mia persona, Tanto è già distrutta la mia persona,
ch’ i’ non posso soffrire: che io non posso soffrire [di più]:
se tu mi vuoi servire, se tu mi vuoi servire,
mena l’anima teco conduci la mia anima con te
(molto di ciò ti preco) (ti prego molto di farlo!)
quando uscirà del core (=morirò). quando uscirà dal cuore (=corpo).
Deh, ballatetta, a la tu’ amistate Deh, o mia piccola ballata, alla tua amicizia
quest’anima che trema raccomando: raccomando la mia anima che trema:
menala teco, nella sua pietate, conducila con te, nella sua pietà,
a quella bella donna a cu’ ti mando. a quella bella donna a cui ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando, Deh, o mia piccola ballata, dille sospirando,
quando le se’ presente: quando sarai alla sua presenza:
“Questa vostra servente “Questa vostra serva
vien per istar con vui, viene per restare con voi
partita da colui ed è partita da colui
che fu servo d’Amore”. che fu vostro servo d’Amore!”
Madonna è disiata in sommo cielo: Madonna è desiderata nel cielo più alto (=l’Empireo):
or voi di sua virtù farvi savere. ora voglio farvi sapere della sua virtù.
Dico, qual vuol gentil donna parere Dico che qualunque donna voglia apparire gentile,
vada con lei, che quando va per via, vada con lei, che, quando cammina per strada,
gitta nei cor villani Amore un gelo, il dio Amore getta nei cuori incolti un gelo,
per che onne lor pensero agghiaccia e pere; per cui ogni loro pensiero si ghiaccio e muore;
e qual soffrisse di starla a vedere invece chi sopportasse di starla a guardare
diverria nobil cosa, o si morria. diventerebbe nobile o morirebbe.
E quando trova alcun che degno sia E, quando lei trova qualcuno che sia degno
di veder lei, quei prova sua vertute, di vederla, quello mette alla prova il suo valore,
ché li avvien, ciò che li dona, in salute, poiché tutto ciò che lei gli dona diventa beatitudine
e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia. e lo rende così umile che dimentica ogni offesa.
Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato Dio le ha fornito anche una grazia maggiore,
che non pò mal finir chi l’ha parlato. che chi le ha parlato non può finire dannato.
Dice di lei Amor: “Cosa mortale Amore dice di lei: “Come può una creatura
come esser pò sì adorna e sì pura?” terrena essere così bella e pura?”.
Poi la reguarda, e fra se stesso giura Poi la osserva e tra sé e sé giura
che Dio ne ‘ntenda di far cosa nova. che Dio intende fare di lei qualcosa di straordinario.
Color di perle ha quasi, in forma quale Ha quasi il colore delle perle, nella forma (= misura)
convene a donna aver, non for misura: che a una donna conviene avere, non fuor di misura:
ella è quanto de ben pò far natura; essa è quanto di bello la natura può fare;
per essemplo di lei bieltà si prova. sull’esempio di lei si misura la bellezza.
De li occhi suoi, come ch’ella li mova, Dai suoi occhi, a seconda di come li muova,
escono spirti d’amore infiammati, escono spiriti infiammati d’amore,
che feron li occhi a qual che allor la guati, che feriscono gli occhi a chiunque allora la guardi
e passan sì che ‘l cor ciascun retrova: e passano così, che ciascuno di essi ritrova il cuore:
voi le vedete Amor pinto nel viso, voi le vedete il dio Amore dipinto nel viso,
là ‘ve non pote alcun mirarla fiso. là dove nessuno può fissarla con lo sguardo.
Riassunto per stanza. 1. Il poeta si rivolge alle donne ta la canzone ad andare tra la gente a predicare la pa-
che hanno una conoscenza profonda dell’amore, per- ce.
ché egli vuole parlare della sua donna. Il dio Amore 2. Nella canzone Guinizelli coinvolge la sua donna,
lo ispira a scrivere. Egli però vuole cantare legger- se stesso e Dio. Cavalcanti coinvolge la sua donna, se
mente la sua donna. stesso e la ballata. Rispetto agli altri autori Dante
2. Un angelo si lamenta con Dio, perché in cielo coinvolge un numero maggiore di personaggi: Beatri-
manca Beatrice. Dio gli risponde che resterà sulla ce, le donne di animo gentile, donne e uomini di ani-
Terra quanto lui vorrà e che laggiù c’è qualcuno che mo volgare, se stesso, il dio Amore, Dio e i santi, la
teme di perderla e che grazie a lei potrà disprezzare canzone. La differenza più significativa è la presenza
l’inferno. del dio Amore.
3. Quindi il poeta tesse le lodi di Beatrice. La sua 3. Dante ripete due volte che grazie a Beatrice eviterà
donna è desiderata nell’Empireo, dove si trova la sede la dannazione eterna (stanza prima e terza). E in If V
dei beati. Quando passa per strada, il dio amore rag- con l’episodio di Francesca e Paolo riprende il moti-
gela i pensieri delle persone villane (=incolte), mentre vo stilnovistico che il cuor gentile non può respingere
chi la sta a guardare diventerebbe di animo gentile o chi lo ama: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”
morirebbe. E chi le parla non può finire dannato. (“L’Amore, che costringe chi è amato a riamare”).
4. Il poeta descrive poi il suo aspetto fisico: ha la pel- 4. Il poeta introduce un elemento estraneo alla tradi-
le candida che assomiglia alle perle, ma il suo cando- zione cristiana: il dio Amore, che fa innamorare sca-
re è nella giusta misura. Dai suoi occhi escono spiriti gliando le sue frecce amorose (stanza quarta). Anche
d’amore che colpiscono nel cuore chi la guarda. Petrarca seguirà questa strada; il dio Amore è da per
5. Nel congedo il poeta invita la canzone a parlare di tutto ed anzi lo perseguita, ma egli è contento (Solo e
Beatrice a molte donne, di chiedere la strada che la pensoso; Chiare, fresche e dolci acque). Anzi egli
porta da Beatrice, di evitare la gente volgare, di mo- non si salverà con le sue forze, ma perché Laura, ve-
strarsi soltanto a donne e a uomini di animo gentile, dendo la sua tomba, sparge una lacrima, che gli farà
che la condurranno da Beatrice per la strada più bre- ottenere la salvezza eterna.
ve. Con la donna troverà anche il dio Amore. E il 5. Conviene notare il rapporto positivo tra poeta,
poeta la prega di raccomandarlo a lui. donna e salvezza eterna nella Scuola siciliana come
nel Dolce stil novo: la donna ha l’aspetto di un angelo
Commento venuto dal cielo e porta l’innamorato a Dio, alla sal-
1. Il poeta riprende e rielabora i consueti motivi stil- vezza eterna. In seguito Petrarca vive il rapporto in
novistici della canzone-manifesto Al cor gentil rem- modo drammatico e conflittuale: la donna è e rappre-
paira sempre amore di Guido Guinizelli: a) amore e senta i beni e i valori terreni; egli cerca di liberarsi del
cuore gentile si identificano; b) la nobiltà non è nobil- suo pensiero, ma invano; e chiede perciò aiuto a Dio
tà di sangue che si eredita, è gentilezza (o nobiltà) che lo liberi del suo “indegno amore”. È il “dissidio
d’animo che si conquista con il proprio ingegno; c) la interiore”. Peraltro è il poeta che introduce questa
donna è un angelo venuto dal cielo per portare frattura tra terra e cielo, che non ha alcun motivo di
l’uomo a Dio. Ma si riallaccia anche alla Scuola sici- essere. La donna è stata creata da Dio, da una costola
liana: la donna e una creatura concreta, terrena, capa- di Adamo, per essere la compagna di Adamo, dunque
ce però di portare l’uomo in cielo. Riprende anche è cosa buona. Anche se ha preso gli ordini minori, la
motivi della ballata di Guido Cavalcanti: nel congedo causa del conflitto non è Laura, ma le altre donne che
i due poeti invitano la canzone ad andare a parlare incontrava e con cui faceva esercizi sessuali.
della propria donna alle altre donne, per dire che è in 6. In Pg XXIV, 43-63, Dante incontra Bonagiunta
fin di vita (Cavalcanti), ma non a tutte, bensì soltanto Orbicciani, che si lamenta peché è stata abbandonata
a quelle di animo nobile (Dante). In seguito anche Pe- la poesia tradizionale, quella di Guittone d’Arezzo e
trarca in Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno invi- sua, e perché le poesie stilnovistiche sono fatte “per
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 60
forsa di scritura”, cioè sono piene di cultura e quindi zione di Dolce stil novo, data oltre 20 anni dopo, è
incomprensibili alla gente comune. In quell’occasio- sicuramente tendenziosa. Dante non era ispirato dal
ne Dante dimentica le tesi stilnovistiche sulla genti- dio Amore, ma dalla sua classe sociale, la piccola no-
lezza d’animo e si presenta come lo scrittore sacro, biltà cittadina, legata alla borghesia. Ma, quando
ispirato dal dio Amore: “Io son uno che, quando scrive il Purgatorio, i tempi sono cambiati ed egli si
l’Amore m’ispira, annoto, e nel modo, che mi detta trova in esilio e senza una classe sociale alle spalle.
nell’animo, trascrivo in versi” (vv. 52-54). La defini- ---I☺I---
---I☺I---
Tanto gentile e tanto degna di rispetto appare
Tanto gentile e tanto onesta pare, XXVI
Tanto gentile e tanto degna di rispetto appare
Tanto gentile e tanto onesta pare
la mia donna quand’ella saluta qualcuno,
la donna mia quand’ella altrui saluta,
che ogni lingua diviene tremando muta
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e gli occhi non hanno il coraggio di guardare.
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella se ne va, sentendosi lodare,
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente vestita di umiltà,
benignamente d’umiltà vestuta;
e pare che sia una creatura venuta
e par che sia una cosa venuta
dal cielo in terra a mostrare un miracolo (=lei stessa).
da cielo in terra a miracol mostrare.
Si mostra così piacevole a chi la guarda,
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà attraverso gli occhi una dolcezza al cuore,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che la può intendere soltanto chi la prova:
che ‘ntender no la può chi non la prova:
E pare che dal suo volto si muova
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave, pieno d’amore,
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo all’anima: “Sospira!”.
che va dicendo a l’anima: “Sospira!”.
(Gemma Donati, giudiziosa e pratica, che lo accom-
Riassunto. La donna del poeta appare tanto gentile
pagna nell’esilio senza mai lamentarsi e che costitui-
quando saluta qualcuno, che non si ha il coraggio di
sce il mondo concreto della vita quotidiana).
risponderle né di guardarla. Ella si sente lodata, ma
4. Beatrice, ulteriormente idealizzata (diviene il sim-
non insuperbisce: sembra una creatura discesa dal
bolo della fede e della teologia), guida il poeta nella
cielo. E a chi la guarda dà, attraverso gli occhi, una
parte finale della Divina commedia: dal paradiso ter-
tale dolcezza al cuore, che la può intendere soltanto
restre, che si trova in cima alla montagna del purgato-
chi la prova. E pare che dal suo volto si muova uno
rio, sino alla conclusione del viaggio in paradiso, che
spirito soave, pieno d’amore, che invita l’anima a so-
avviene con la visione mistica di Dio. Anche qui la
spirare.
moglie è assente.
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Commento
1. Il poeta incontra la sua donna non più nel cortile
Le Rime sono i componimenti che il poeta non ha in-
del castello, secondo i moduli della poesia cortese,
serito nella Vita nova. Uno di essi è dedicato all’a-
ma per le vie della città, dove si sono spostate la vita
mico Guido Cavalcanti.
economica e la vita culturale. E, come gli altri spetta-
tori, è affascinato dalla sua bellezza e dal suo com-
portamento. Essa pare un angelo disceso dal cielo,
per stupire gli uomini. Egli è tanto affascinato da ri-
manere, come tutti i presenti, senza la forza di parla-
re.
2. Inseriti in un contesto diverso, ci sono motivi sici-
liani: l’amore che entra attraverso gli occhi e giunge
fino al cuore. Ora però l’amore non è più provocato
dalla bellezza fisica della donna ma dalla bellezza
spirituale: la donna perde la sua dimensione fisica per
essere trasformata in angelo, che appartiene soltanto
al regno dei cieli.
3. Il poeta vive una doppia vita spirituale e affettiva:
quella con l’ideale (Beatrice e il mondo dell’imma-
ginario che essa rappresenta) e quella con la realtà
sì che fortuna od altro tempo rio così che la tempesta o altro cattivo tempo
non ci potesse dare impedimento, non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento, anzi, vivendo sempre d’accordo, crescesse
di stare insieme crescesse ‘l disio. il desiderio di stare insieme.
Era ‘l giorno ch’al sol si scoloraro Era Venerdì Santo, il giorno in cui il sole si offuscò
per la pietà del suo Factore i rai, per la compassione verso il suo creatore,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai, quando io fui catturato (io non stavo in guardia),
ché i be’ vostr’occhi, Donna, mi legaro. perché, o donna, fui incatenato dai vostri begli occhi.
Tempo non mi parea da far riparo Non mi sembrava il tempo di dovermi riparare
contra colpi d’Amor; però n’andai contro gli assalti del dio Amore; perciò me ne andai
secur, senza sospetto: onde i mei guai sicuro, senza sospetti, così nel comune dolore
nel comune dolor s’incominciaro. [per la morte di Cristo] incominciarono i miei guai.
Trovommi Amor del tutto disarmato, Il dio Amore mi trovò completamente disarmato,
et aperta la via per gli occhi al core, e aperta la strada che va dagli occhi al cuore,
che di lagrime son fatti uscio et varco. che sono divenuti uscio e varco per le lacrime.
Però, al mio parer, non li fu honore Perciò, secondo me, non gli fede onore
ferir me de saetta in quello stato, colpirmi con la freccia [mentre ero] in quello stato;
a voi armata non mostrar pur l’arco. e non mostrare a voi armata nemmeno l’arco.
Riassunto. Petrarca va in chiesa il Venerdì Santo. Qui per gli amici guelfi); fa uscire da una crisi religiosa
vede Laura e se ne innamora. Questo amore è però a l’amico Boccaccio; ottiene in dono il terreno sui colli
senso unico, perché non è corrisposto. Il poeta perciò Euganei, dove si fa costruire la villa.
rimprovera il dio Amore che non ha fatto innamorare ---I☺I---
Laura di lui.
Commento
1. Il sonetto è intessuto di citazioni letterarie, e ri-
manda a “gli occhi vedono e generan l’amore” con
cui Giacomo da Lentini aveva caratterizzato la Scuola
siciliana.
2. Il poeta fa coincidere la nascita del suo amore con
la morte di Gesù Cristo; e i suoi pianti e lamenti per
questo amore si confondono con quelli dei fedeli nel
venerdì santo. Qualcuno ha giustamente considerato
irriverente questo confronto. Il poeta però è interessa-
to unicamente a costruire un sonetto letterariamente
accurato; ed è completamente insensibile al carattere
irriverente di questo paragone. Un altro paragone ir-
riverente si trova in Movesi ‘l vecchierel (XVI).
3. Il dissidio interiore e le continue oscillazioni tra
sacro e profano, cielo e terra, costituiscono il motivo
conduttore di tutto il Canzoniere. Il dissidio però è
soltanto poetico, perché nella vita quotidiana il poeta
ha sempre dimostrato un grande senso pratico: fa pa-
gare bene i suoi servizi e il prestigio che con la sua
presenza dà alle varie corti; si fa ospitare indifferen-
temente da guelfi e ghibellini (con grande scandalo
così, lasso, talor vo cerchand’io, Allo stesso modo, ahimè, talvolta io cerco,
donna, quanto è possibile, in altrui o donna, quant’è possibile, nel viso d’un’altra donna
la disïata vostra forma vera. il vostro desiderato e vero volto.
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Riassunto. Come il vecchietto abbandona la casa e la
famiglia per andare a Roma a vedere il volto di Cristo
impresso nella Veronica, così il poeta cerca di vedere
nel volto delle altre donne quello di Laura.
Commento
1. Il poeta fa un paragone la cui prima parte è lunga
ben 11 versi, la seconda soltanto 3: l’elaborazione let-
teraria del testo è fuori di ogni ragionevole dubbio.
2. Egli si paragona ad un vecchietto che è mosso da
un grande desiderio, se è disposto ad abbandonare ca-
sa e famiglia, nonostante l’età avanzata.
3. Egli paragona il volto di Laura al volto di Cristo,
cioè mescola profano e sacro; il paragone però suona
irriverente verso la religione e anche sproporzionato,
ma egli non ci fa caso.
4. Il sonetto ha un ritmo estremamente lento ed è co-
stituito da una sola e lunghissima proposizione. Ed è
letteratura, solamente letteratura
5. Il poeta, anziché andare alla ricerca concreta di
Laura, si limita a cercare nelle altre donne il volto di
Laura. Insomma più che di Laura egli è innamorato
dell’amore per Laura, e prova piacere ed interesse
soltanto nell’esaminare esasperatamente le manife-
stazioni di questo amore dentro di lui, non ad avere
concretamente, davanti agli occhi, la figura di Laura.
6. L’opera riprende il continuo dialogo con se stesso
che sant’Agostino (354-430) fa nelle sue Confessioni.
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[…] […]
Spirto doglioso errante (mi rimembra) Fui uno spirito dolente, che vagava (mi ricordo)
per spelunche deserte et pellegrine, per spelonche deserte come un pellegrino,
piansi molt’anni il mio sfrenato ardire: e piansi per molti anni la mia sfrenata audacia.
et anchor poi trovai di quel mal fine, Poi conobbi la fine di quel male
et ritornai ne le terrene membra, 145 145. e ritornai nel mio corpo terreno,
credo per più dolore ivi sentire. credo per sentire con esso più dolore.
I’ seguì’ tanto avanti il mio desire Io seguii tanto avanti il mio desiderio
ch’un dì cacciando sì com’io solea che un giorno m’incamminai (come di solito facevo)
mi mossi; e quella fera bella et cruda per incontrarla; e quella fiera, bella e crudele,
in una fonte ignuda 150 150. se ne stava tutta nuda in una fonte d’acqua,
si stava, quando ‘l sol più forte ardea. quando il sole ardeva più forte.
Io, perché d’altra vista non m’appago, Io, che non m’accontento di alcun’altra vista,
stetti a mirarla: ond’ella ebbe vergogna; stetti a mirarla, perciò ella provò vergogna.
et per farne vendetta, o per celarse, E, per vendicarsi o per nascondersi,
l’acqua nel viso co le man’ mi sparse. 155 155. con le mani mi spruzzò l’acqua sul viso.
Vero dirò (forse e’ parrà menzogna) Dirò la verità (forse essa sembrerà una menzogna):
ch’i’ sentì’ trarmi de la propria imago, io sentii di perdere il mio aspetto umano
et in un cervo solitario et vago e mi trasformai in un cervo solitario e bello
di selva in selva ratto mi trasformo: che corre veloce di selva in selva,
et anchor de’ miei can’ fuggo lo stormo. 160 160. per fuggire allo stuolo dei miei cani.
Canzon, i’ non fu’ mai quel nuvol d’oro O canzone, io non fui mai quella nuvola d’oro
che poi discese in pretïosa pioggia, che poi discese sotto forma di pioggia preziosa,
sì che ‘l foco di Giove in parte spense; così che spense in parte il fuoco di Giove;
ma fui ben fiamma ch’un bel guardo accense, ma fui ben la fiamma che un bello sguardo accese,
et fui l’uccel che più per l’aere poggia, 165 165. e fui l’uccello che più vola per l’aria,
alzando lei che ne’ miei detti honoro: inalzando lei che onoro nelle mie poesie.
né per nova figura il primo alloro Né seppi lasciare il primo alloro per il nuovo aspetto,
seppi lassar, ché pur la sua dolce ombra perché basta soltanto la sua dolce ombra
ogni men bel piacer del cor mi sgombra. per sgombrarmi dal cuore ogni piacere meno bello.
Riassunto. Il poeta ricorda che da giovane frequentò stava tutta nuda in una pozza d’acqua, poiché il sole
posti isolati e grotte solitarie, e che pianse per molti bruciava forte. Egli si fermò a guardarla. La donna,
anni la sua sfrenata audacia, l’amore per Laura. Un presa da vergogna, con le mani gli spruzzò acqua sul
giorno cercò la donna lungo il fiume Sorga, come era viso, per impedirgli di vedere. Egli allora si sentì tra-
solito fare. La vide che se ne stava tutta nuda in una sformato in un cervo, inseguito (come Atteone) dalla
pozza d’acqua a causa della calura. Egli si fermò per torma dei suoi cani. E poi commenta: egli non fu mai
ammirarla, lei provò vergogna e, per vendicarsi o per la nuvola che poi si trasformò in pioggia d’oro, come
nascondere il suo corpo, con le mani lo spruzzò d’ac- fece Giove, per calmare in parte il fuoco della passio-
qua sul viso. Egli si sentì trasformare in un cervo, che ne amorosa. Egli fu invece la fiamma, accesa da uno
correva veloce per fuggire i suoi cani che lo insegui- sguardo della sua donna, fu l’uccello, che passò il
vano. Nel congedo si rivolge alla canzone e le dice tempo a volare per cantarla nelle sue poesie. Né di-
che egli non fu mai la pioggia d’oro con cui Giove menticò l’alloro poetico perché l’aveva vista nuda:
spense in parte la sua passione amorosa; fu invece bastava l’ombra della sua donna per cacciargli dal
una fiamma, accesa dallo sguardo di Laura, e fu l’uc- cuore ogni desiderio indegno.
cello che passa il tempo in volo, per innalzare lei con 2. Il lettore, se pensa che almeno una volta Petrarca si
le sue poesie. Né seppe abbandonare l’alloro poetico comporti umanamente e faccia il guardone o ne ap-
per acquisire il nuovo aspetto, perché basta soltanto profitti per saltarle addosso, è subito deluso. Il poeta
l’ombra di Laura, per liberare il suo cuore da ogni va subito a immagini letterarie: Atteone trasformato
piacere disonesto (o turpe o vergognoso o ignobile). in cervo e inseguito dai suoi cani, perché aveva sbir-
ciato Artemide nuda; Giove che si trasforma in piog-
Commento gia d’oro per possedere Danae, che il padre aveva ri-
1. La poesia di Petrarca vive del passato e dei ricordi chiuso in una torre. E a questi riferimenti mitologici
del passato. In questa canzone egli va indietro nel seguono due paragoni: egli è la fiamma di fuoco, ac-
tempo e ricorda che da giovane si rifugiava nei boschi cesa dallo sguardo di Laura, è l’uccello che vola, per
a piangere le sue inclinazioni amorose. Un giorno, cantare Laura. A parte i riferimenti mitologici, Pe-
com’era solito fare, cercò Laura. La trovò che se ne trarca guardone rimanda alla pittura, al tópos di Su-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 70
sanna nuda al bagno, concupita e importunata da due 3. Petrarca distingue l’amore puro e ideale per Laura,
vecchioni (Daniele, 13). O a Betsabea che si denuda e e l’amore sensuale e fisico che pratica con diverse
fa il bagno in pubblico, per farsi adocchiare da re Da- donne, pur essendo un chierico. Esse gli danno dei
vide, farsi invitare nella reggia e farsi frullare (2Sam figli, i più importanti dei quali sono Giovanni (1337)
11-12). Ad ogni modo un Petrarca guardone, vero o e Francesca (1343).
falso che sia, fornisce un’idea diversa del poeta. ---I☺I---
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Solo e pensoso i più deserti campi, XXXV Solo e pensoso i più deserti campi
Solo et pensoso i più deserti campi Solo e pensoso i campi più deserti
vo mesurando a passi tardi et lenti, misuro con i miei passi tardi e lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti e rivolgo gli occhi (pronti a fuggire)
ove vestigio human l’arena stampi. dove il terreno mostri qualche orma umana.
Altro schermo non trovo che mi scampi Non trovo altro riparo che impedisca alla gente
dal manifesto accorger de le genti, di vedere chiaramente [quanto io sia innamorato],
perché negli atti d’alegrezza spenti perché nei miei atti privi di allegria
di fuor si legge com’io dentro avampi: di fuori si vede quanto io dentro bruci di passione:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge così che io credo ormai che i monti, le pianure,
et fiumi et selve sappian di che tempre i fiumi e i boschi sappiano come
sia la mia vita, ch’è celata altrui. sia la mia vita, che è nascosta agli altri.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge Ma non so cercare vie così aspre né così selvagge,
cercar non so ch’Amor non venga sempre che il dio Amore non venga sempre
ragionando con meco, et io co·llui. a discutere con me… ed io con lui!
Riassunto. Petrarca cerca luoghi deserti per non mo- dire che prova piacere a parlare con lui. Il suo atteg-
strare alla gente quanto è innamorato. Tuttavia, do- giamento è quindi contraddittorio, ma proprio questa
vunque egli vada, il dio Amore viene sempre a discu- contraddizione sta alla base dell’ispirazione poetica
tere con il poeta, ed il poeta con lui. di tutto il Canzoniere.
3. Il poeta non si accontenta di dire che la gente, se lo
Commento incontrasse, vedrebbe subito quanto egli è innamora-
1. Anche qui Petrarca pensa che la gente si preoccupi to. Giunge ad affermare anche che tutta la natura co-
che egli è innamorato. Questo è però ciò che egli pen- nosce questa sua passione amorosa (e questo fatto è
sa; da parte sua non si preoccupa affatto di sapere se ancora più incredibile del primo). Ma egli ritiene che
la gente è innamorata o meno. In altre parole il poeta tutto il mondo giri intorno a lui, al suo amore e al suo
fa girare il mondo – compresa Laura – intorno a se dissidio interiore.
stesso e intorno al fatto che egli è innamorato. 4. In questo sonetto non è citata Laura, ma il dio
2. Da una parte sembra che egli voglia fuggire dal dio Amore: l’amore esiste soltanto dentro l’animo del
Amore, dall’altra dice che egli gli risponde. Ciò vuol poeta, che in proposito strumentalizza anche Laura: la
---I☺I--- donna esiste in quanto egli la pensa e la ricorda. Non
ha un’esistenza propria.
---I☺I---
Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese e l’anno,
Benedetto sia il giorno, il mese e l’anno
LXI
Benedetto sia il giorno, il mese, l’anno,
Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno la stagione, il tempo, l’ora, il momento,
e la stagione e’l tempo e l’ora e ‘l punto il bel paese e il luogo dove io fui raggiunto
e’l bel paese e’l loco ov’io fui giunto dai due begli occhi [di Laura], che mi legarono;
da’duo begli occhi che legato m’ànno;
e benedetto sia il mio primo dolce affanno,
E benedetto il primo dolce affanno che io ebbi congiungendomi con il dio Amore;
ch’ì ebbi ad esser con Amor congiunto, l’arco, le frecce che mi colpirono,
e l’arco e le saette ond’ì fui punto, e le ferite che giunsero fino al cuore.
e le piaghe che’nfin al cor mi vanno.
Riassunto. Il poeta benedice tutto ciò che riguarda il reazioni psicologiche davanti al fatto di essere inna-
suo incontro con Laura (l’anno, il mese, il giorno e morato.
l’ora in cui l’ha incontrata), quindi conclude dicendo 4. Il poeta ricorre alla figura retorica dell’anafora (o
che pensa soltanto a lei e che nel suo cuore non c’è ripetizione) (“Che sia benedetto...”), per esprimere in
posto per nessun’altra. modo letterariamente efficace, quasi tangibile, la sua
estasi.
Commento 5. Anche in questo sonetto il poeta parla con se stes-
1. Il poeta esalta il momento in cui ha visto e si è in- so: in nessun componimento dialoga con Laura, no-
namorato di Laura. L’esaltazione mistica cede ora il nostante che la letteratura tradizionale fornisse nume-
posta all’esaltazione amorosa profana. I precedenti rosi esempi in proposito, dal contrasto di Cielo d’Al-
letterari di questa esaltazione davanti alla figura camo (prima metà del Duecento) a “Becchin’amor!”,
femminile si possono rintracciare in Lo viso mi fa an- a Oimè d’Amor o a Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l
dare alegramente di Giacomo da Lentini o in Gioio- giorno di Cecco Angiolieri (1260ca.-1312ca.).
samente canto di Guido delle Colonne, ambedue del- 6. L’amore di Petrarca per Laura è quindi un amore
la Scuola siciliana. letterario, che si compiace di essere tale, che si preoc-
2. Questo amore è fatto nello stesso tempo di gioia e cupa di essere intessuto di citazioni letterarie (Scuola
di affanni. Anche qui Petrarca recupera la tradizione siciliana, Dolce stil novo, Bibbia ecc.), che è soddi-
letteraria: la concezione drammatica dell’amore come sfatto di rispecchiarsi in se stesso. Angiolieri voleva
tormento di Andrea, cappellano del re di Francia (se- fare anti-letteratura, Petrarca vuole fare iper-lettera-
conda metà del sec. XII). tura: la realtà è trasformata in un’abile, raffinata e
3. L’amore continua ad essere psicologico ed interio- preziosa (ri)elaborazione letteraria.
re, sacro e profano: il poeta esamina se stesso e le sue ---I☺I---
---I☺I---
Padre del ciel, dopo i perduti giorni, LXXII O Padre del cielo, dopo i giorni di perdizione
Padre del ciel, dopo i perduti giorni, O Padre del cielo, dopo i giorni di perdizione,
dopo le notti vaneggiando spese dopo le notti consumate in pensieri vani
con quel fero desir che al cor s’accese con quel crudele desiderio che si accese al cuore,
mirando gli atti per mio mal si adorni; guardando gli atti [di Laura] per mio male così belli,
piacciati omai, co’l tuo lume, ch’io torni ti piaccia ormai con la tua grazia che io ritorni
ad altra vita et a più belle imprese; a un’altra vita e a più belle imprese,
sì ch’avendo le reti indarno tese così che il mio crudele avversario (=il demonio),
il mio duro adversario se ne scorni. avendo teso invano le reti, rimanga scornato;
Or volge, signor mio, l’undecimo anno ora, o mio signore, sta passando l’undicesimo anno
ch’i’fui sommesso al dispietato giogo, da quando io fui sottoposto allo spietato giogo (=
che sopra i più soggetti è più feroce. l’amore per Laura), che è più crudele sui più deboli.
Miserere del mio non degno affanno; Abbi pietà del mio indegno affanno;
reduci i pensier vaghi a miglior luogo; ricondùci i miei i pensieri erranti verso il cielo;
rammenta lor com’oggi fosti in croce. ricorda loro come oggi tu fosti crocefisso.
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, XC I capelli biondi erano sparsi all’aria
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi I capelli biondi [di Laura] erano sparsi all’aria,
che ‘n mille dolci nodi gli avolgea, che li faceva ondeggiare in mille dolci nodi,
e ‘l vago lume oltra misura ardea e oltre ogni misura ardeva la luce
di quei begli occhi ch’or ne son sģ scarsi; di quei begli occhi, che ora sono meno luminosi;
Non era l’andar suo cosa mortale Il suo camminare non era da essere mortale,
ma d’angelica forma, e le parole era quello di un angelo, e le sue parole
sonavan altro che pur voce umana; suonavano oltre la voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole uno spirito celeste, un sole vivente fu ciò che io vidi;
fu quel ch’i’ vidi, e se non fosse or tale, e, anche se ora essa non fosse più così,
piaga per allentar d’arco non sana. la ferita amorosa non guarisce per l’arco allentato
(=perché non è più bella come un tempo).
Riassunto. I capelli biondi di Laura erano sparsi all’a-
ria, i suoi occhi erano splendenti. Perciò non c’è da 4. L’amore per Laura è un amore della memoria: il
meravigliarsi se il poeta si è innamorato subito di lei. poeta ricorda il suo amore giovanile e ribadisce che è
La donna camminava come un angelo, aveva una vo- ancora innamorato. La duplicità temporale (il passato
ce sovrumana, era uno spirito celeste, un sole vivente. ed il presente) lo spinge a riconoscere e a sottolineare
E anche se ora non è più bella come un tempo, egli ne che ora Laura è meno bella di allora, perché ormai
è ancora innamorato. invecchiata. Altrove, citando l’Ecclesiaste, aveva
concluso che “ciò che piace al mondo dura poco” (I).
Commento 5. Giambattista Marino (1569-1625) canta i capelli
1. Il poeta gioca sul termine l’aura (=l’aria e Laura): della sua donna in Donna che si pettina (Rime, 1602),
l’attenzione, quasi esasperata, verso le possibilità più sotto.
espressive date dalle parole è una caratteristica co- ---I☺I---
stante del Canzoniere. Il gioco di parole costruito su
l’aura e l’iperbole un sole vivo anticipano il concetti-
smo della poesia barocca (prima metà del Seicento).
2. Come altrove, egli riprende motivi stilnovistici da
Guinizelli (la donna-angelo) e da Dante (la donna-
angelo, il modo di camminare sovrumano). Le imma-
gini però risultano rozze e approssimative rispetto al
sonetto dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare.
3. Il poeta ricorre anche a un calibrato anacoluto
(“Io... che meraviglia c’è, se...”), per mantenersi al
centro dell’attenzione e per esprimere il sopraggiun-
gere improvviso ed inevitabile dell’amore per Laura.
II. 2.
S’egli è pur mio destino, Se è mio destino
e ‘l cielo in ciò s’adopra, (e il cielo opera in questa direzione)
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda, che Amore mi faccia morire piangente,
qualche grazia il meschino spero che per qualche sorte benigna
corpo fra voi ricopra, il mio povero corpo sia sepolto in mezzo a voi
e torni l’alma al proprio albergo ignuda. e che l’anima, separata dal corpo, torni al cielo.
La morte fia men cruda La morte sarà meno dura,
se questa spene porto se porterò con me questa speranza
a quel dubbioso passo; al momento dell’incerto trapasso:
ché lo spirito lasso il mio spirito affaticato
non poria mai in più riposato porto non potrebbe fuggire dal corpo travagliato
né in più tranquilla fossa per trovare riparo in un porto più sicuro
fuggir la carne travagliata e l’ossa. o in un sepolcro più tranquillo.
III. 3.
Tempo verrà ancor forse Forse in un tempo futuro
ch’a l’usato soggiorno la crudele bella e mite,
torni la fera bella e mansueta, intenerendosi per me,
et là ‘ ov’ ella mi scorse ritornerà in questo luogo abituale,
nel benedetto giorno e lì, dove mi vide in quel giorno fortunato,
volga la vista disiosa et lieta, volgerà gli occhi desiderosi
cercandomi: et, o pieta!, e lieti di vedermi, volendomi cercare. E, ahimè!,
già terra infra le pietre vedendomi divenuto polvere fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri del sepolcro, il dio Amore le ispirerà
in guisa che sospiri tali dolci sospiri
sì dolcemente che mercé m’impetre, che ella mi farà ottenere
et faccia forza al cielo, la misericordia divina,
asciugandosi gli occhi col bel velo. asciugandosi gli occhi con il suo velo.
IV. 4.
Da’ be’ rami scendea Dai bei rami scendeva
(dolce ne la memoria) (mi è dolce il ricordo)
una pioggia di fior sovra ‘l suo grembo; una pioggia di fiori sopra il suo grembo,
et ella si sedea ed ella sedeva
umile in tanta gloria, umilmente in tanta gloria,
coverta già de l’amoroso nembo. ormai ricoperta da una nuvola amorosa.
Qual fior cadea sul lembo, Un fiore le cadeva sulla veste,
qual su le trecce bionde, un altro sulle trecce bionde (quel giorno
ch’oro forbito et perle sembravano oro lucente e perle),
eran quel dì, a vederle; un altro si posava per terra,
qual si posava in terra, e qual su l’onde; un altro sulle onde del fiume,
qual, con un vago errore un altro vagava dolcemente nell’aria
girando, parea dir: “Qui regna Amore”. e sembrava dire: “Qui regna il dio Amore!”.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 74
V. 5.
Quante volte diss’io Quante volte io allora,
allor pien di spavento: pieno di stupore, dissi:
Costei per fermo nacque in paradiso. “Certamente costei è nata in paradiso!”.
Così carco d’oblio A tal punto la divina bellezza,
il divin portamento il volto, le parole e il dolce sorriso
e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso mi avevano fatto
m’aveano, et sì diviso dimenticare e separato
da l’imagine vera, dalla realtà,
ch’i’ dicea sospirando: che io dicevo sospirando:
Qui come venn’io, o quando?; “Come sono venuto qui? E quando?”,
credendo esser in ciel, non là dov’era. poiché credevo d’essere in cielo, non là dov’ero.
Da indi in qua mi piace Da allora in poi mi piace tanto quell’erba,
questa erba sì, ch’altrove non ho pace. quel luogo, che non so trovar pace altrove.
VI. 6.
Se tu avessi ornamenti quant’ hai voglia, O canzone, se tu fossi bella come vorresti,
poresti arditamente potresti avere il coraggio
uscir del bosco e gir in fra la gente. di uscire dal bosco e andare tra la gente.
Riassunto per strofa. 1. O dolci acque del fiume – di- 3. Il testo è, come di consueto, assai ricercato e assai
ce il poeta –, o ramo gentile, o erba e fiori, o aria se- elaborato sul piano letterario. Agli inizi si rivolge a
rena [dove Laura è vissuta], ascoltate le mie ultime parlare alle acque del fiume Sorga, al ramo, all’erba e
parole. 2. Se dovrò morire piangendo, spero di essere ai fiori. Alla fine personifica anche la canzone, che il
sepolto in mezzo a voi, che per me siete il luogo più poeta invita ad andare tra la gente. Il lettore non deve
sicuro e tranquillo. 3. Forse in futuro ella tornerà qui preoccuparsi del contenuto, piuttosto semplice, ma
e mi cercherà e, vedendomi morto e sepolto, implore- delle immagini che il poeta cerca di evocare. Quel
rà il cielo ed otterrà per me la grazia divina. 4. Ricor- che conta sono soltanto le immagini letterarie: il poe-
do con dolcezza quando sopra di lei e intorno a lei ta ha perciò saccheggiato la letteratura prima di lui.
cadevano fiori, che sembravan dire: “Qui regna il dio 4. Petrarca descrive un locus amoenus e vi immerge
Amore”. 5. Quante volte io, stupito, dissi che era nata Laura, l’unica che a lui par donna, cioè domina, si-
in paradiso! La sua bellezza mi faceva dimenticare a gnora e padrona. La scenografia è coinvolgente e
tal punto la realtà, che io mi chiedevo com’ero giunto straordinaria. Il locus amoenus è un tópos letterario di
lì, perché pensavo di essere in cielo. Perciò non riesco grande successo. Il primo è il paradiso terrestre che si
a vivere altrove. 6. O canzone, se tu fossi bella come trova nella Genesi, un altro è ancora il paradiso terre-
vorresti, lasceresti questo luogo per andare tra la gen- stre in cima alla montagna del purgatorio nella Divina
te [a parlare di Laura]. commedia, un terzo è la villa immersa nella natura in
cui si ritrovano i dieci giovani del Decameron di
Commento Boccaccio.
1. Il riassunto, che si limita ad eliminare gli aggettivi 5. Anche qui tutta la realtà, compresa Laura, gira in-
e le proposizioni dipendenti superflui, mostra chiara- torno al poeta, che vive dei ricordi del passato, ma
mente quanto (poco) il poeta sia interessato al conte- che immagina anche di essere morto nel futuro. Per la
nuto, e quanto (molto) sia interessato alla forma lette- prima ed ultima volta si preoccupa di quel che prova
raria in cui il contenuto è espresso. Ciò vale per tutta Laura: alla vista della sua tomba la donna verserà
la sua produzione letteraria. qualche lacrima, che sarà sufficiente per fare andare il
2. La canzone riprende e rielabora immagini e motivi poeta in cielo.
della tradizione letteraria siciliana e stilnovistica, a 6. Questo testo, come tutti i precedenti, mostra quanto
cui si aggiunge il mai sopito dissidio interiore tra ter- la poesia di Petrarca sia intessuta di citazioni lettera-
ra e cielo. “L’angelico seno” è la piega del vestito o rie precedenti, di riflessioni e di sentenze tratte dalla
anche i seni (al singolare). E ad ogni modo è un rife- Bibbia, dagli stoici, dai Padri della Chiesa, da sant’A-
rimento alla donna angelicata del Dolce stil novo. gostino. Essa è e vuole essere una poesia in cui la di-
Quello che conta non è se il discorso ha un senso, ma mensione letteraria (fusa con l’egocentrismo del poe-
il riferimento letterario, con cui il poeta pensa ed ta) si impone completamente sui contenuti. Il riassun-
esprime i suoi sentimenti. Letteralmente sembra che to più sopra lo dimostra.
la donna si sia spogliata per prendere il sole, abbia ---I☺I---
messo da una parte il vestito e si sia distesa supina
sull’erba lì vicino. L’immagine rimanda alle figure
femminili a seno nudo – in particolare le statue –, che
riempiono le chiese. Gli angeli sono asessuati o erma-
froditi. Hanno un aspetto effeminato.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 75
Italia mia, ben che ‘l sperar sia indarno,
CXXVIII O Italia mia, benché la speranza sia vana
I
1.
Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno
O Italia mia, benché le mie parole non possano
a le piaghe mortali
guarire le tue piaghe mortali,
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
che così numerose vedo sul tuo bel corpo,
piacemi almen che ‘ miei sospir’ sian quali
desidero almeno che i miei sospiri siano
spera ‘l Tevero et l’Arno,
come li spera il Tevere, l’Arno ed il Po,
e ‘l Po, dove doglioso et grave or seggio.
dove ora, addolorato e pensoso, io mi trovo.
Rettor del cielo, io cheggio
O Dio del cielo, io ti chiedo che la compassione,
che la pietà che Ti condusse in terra
che ti fece venire sulla terra, ti faccia ora
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
guardare il tuo amato paese.
Vedi, Segnor cortese,
Vedi, o Signore cortese, come futili motivi
di che lievi cagion’ che crudel guerra;
siano causa di guerre crudeli!
e i cor’, che ‘ndura et serra
Apri, o Padre, intenerisci e sciogli i cuori,
Marte superbo et fero,
che ora Marte (=il dio della guerra),
apri Tu, Padre, e ‘ntenerisci et snoda;
superbo e feroce, ha indurito e richiuso.
ivi fa che ‘l Tuo vero,
Fa’ che qui la tua verità, anche se io valgo poco,
qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.
sia detta dalla mia bocca.
II 2.
Voi cui Fortuna à posto in mano il freno O voi, che dalla sorte avete avuto il governo
de le belle contrade, delle nostre belle contrade, per le quali
di che nulla pietà par che vi stringa, non mostrate di avere alcuna compassione,
che fan qui tante pellegrine spade? che cosa fanno qui tante armi straniere? Pensate
perché ‘l verde terreno davvero che la nostra terra verdeggiante si tinga
del barbarico sangue si depinga? del sangue dei barbari? Vi fa piacere sbagliare!
Vano error vi lusinga: Vedete poco e vi sembra di vedere molto,
poco vedete, et parvi veder molto, poiché cercate l’amore e la fedeltà
ché ‘n cor venale amor cercate o fede. in cuori che si vendono.
Qual più gente possede, Perciò chi ha più mercenari è anche colui
colui è più da’ suoi nemici avolto. che ha più nemici intorno.
O diluvio raccolto Questo diluvio è stato raccolto
di che deserti strani in paesi selvaggi e spaventosi,
per inondar i nostri dolci campi! per inondare i nostri campi fertili!
Se da le proprie mani Se prepariamo con le nostre mani
questo n’avene, or chi fia che ne scampi? la nostra rovina, chi ci potrà salvare?
III 3.
Ben provide Natura al nostro stato, La Natura si preoccupò della nostra sicurezza,
quando de l’Alpi schermo quando pose le Alpi come barriera
pose fra noi et la tedesca rabbia; tra noi e la rabbia tedesca.
ma ‘l desir cieco, e ‘ncontr’al suo ben fermo, Ma il desiderio cieco, ostinato
s’è poi tanto ingegnato, contro il proprio bene, si è poi tanto impegnato,
ch’al corpo sano à procurato scabbia. che ha procurato la scabbia al corpo sano dell’Italia.
Or dentro ad una gabbia Ora dentro ad una stessa gabbia si trovano
fiere selvagge et mansüete gregge belve feroci e greggi mansuete,
s’annidan sì che sempre il miglior geme: così che il migliore geme sempre.
et è questo del seme, E, per nostro maggior dolore,
per più dolor, del popol senza legge, queste belve discendono dal popolo senza legge,
al qual, come si legge, al quale, come dice la storia,
Mario aperse sì ‘l fianco, Caio Mario inflisse una tale sconfitta,
che memoria de l’opra ancho non langue, che è ancor vivo il ricordo dell’impresa,
quando assetato et stanco quando l’esercito romano, assetato e stanco,
non più bevve del fiume acqua che sangue. trovò nel fiume più sangue che acqua.
V 5.
Né v’accorgete anchor per tante prove Non vi siete ancora accorti, neanche dopo tante
del bavarico inganno prove, dell’inganno dei mercenari tedeschi,
i quali, alzando un dito [in segno di resa],
ch’alzando il dito colla morte scherza?
si prendono gioco della morte?
Peggio è lo strazio, al mio parer, che ‘l danno;
La beffa è, secondo me, peggiore del danno.
ma ‘l vostro sangue piove Il vostro sangue però è versato largamente:
più largamente, ch’altr’ira vi sferza. siete spinti gli uni verso gli altri da ben altro odio!
Da la matina a terza Riflettete un momento sulla vostra situazione,
di voi pensate, et vederete come e capirete che non può avere caro alcuno colui
tien caro altrui che tien sé così vile. che ritiene se stesso così vile, da vendersi per denaro.
Latin sangue gentile, O nobile stirpe latina, allontana da te il peso dannoso
sgombra da te queste dannose some; di questi mercenari, e non trasformare in idolo
non far idolo un nome la loro vuota fama, che non ha riscontro nella realtà!
vano senza soggetto: È colpa nostra, non della natura,
ché ‘l furor de lassú, gente ritrosa, se il furore settentrionale,
vincerne d’intellecto, restio a ogni incivilimento,
peccato è nostro, et non natural cosa. ci supera nelle capacità intellettuali.
VI 6.
Non è questo ‘l terren ch’i’ toccai pria? Non è questa la terra ove nacqui?
Non è questo il mio nido
Non è questo il mio nido
ove fui nutrito così dolcemente?
ove nudrito fui sì dolcemente? Non è questa la patria in cui ho riposto
Non è questa la patria in ch’io mi fido, la mia fiducia, la madre benigna e pietosa,
madre benigna et pia, che ricopre ambedue i miei genitori?
che copre l’un et l’altro mio parente? In nome di Dio, o principi, questo pensiero
Perdio, questo la mente penetri qualche volta nella vostra mente,
talor vi mova, et con pietà guardate e, pieni di compassione, guardate le lacrime
le lagrime del popol doloroso, del popolo sofferente, il quale, dopo Dio,
che sol da voi riposo soltanto da voi può sperare protezione.
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate E, purché mostriate qualche segno
segno alcun di pietate, di compassione, il coraggio [militare]
vertú contra furore contro la furia [straniera] impugnerà le armi,
prenderà l’arme, et fia ‘l combatter corto: e il combattimento sarà breve,
ché l’antiquo valore perché l’antico valore non è ancora
ne gli italici cor’ non è anchor morto. scomparso dai cuori degli italiani.
Riassunto per strofa. 1. O Italia mia – dice il poeta –, se ci superano, la colpa è nostra, non della Natura.
anche se le mie parole non ti possono guarire, parlo 6. Non è l’Italia la terra dove sono nato e cresciuto e
ugualmente come ti piacerebbe sentirmi parlare. O dove sono sepolti i miei genitori? O signori, abbiate
Dio, volgi lo sguardo al tuo amato paese, sciogli i compassione del nostro popolo, che soffre. Bastereb-
cuori induriti, e fa’ che la tua verità esca dalla mia be un po’ di compassione a fargli prendere le armi e a
bocca. fargli cacciare gli stranieri. Il coraggio dei romani
2. O signori, che governate l’Italia, perché ci sono qui non è ancora scomparso dal suo cuore.
tanti soldati stranieri? Pensate forse che costoro si 7. O signori, il tempo vola e la morte si avvicina:
ammazzino per voi? Vi illudete! Essi sono venuti per quando arriva, bisogna lasciare tutto. Perciò, mentre
distruggere i nostri campi, e noi, chiamandoli, ci vivete, lasciate ogni odio, che impedisce di vivere se-
stiamo distruggendo con le nostre mani. renamente. E dedicate il tempo, che ora perdete ad
3. La Natura ha innalzato le Alpi, per separarci dai angustiare gli altri, per imprese più degne. Così vive-
tedeschi. Voi invece li avete chiamati qui, ed ora lupi te felici sulla terra, e vi preparate la salvezza del cie-
feroci e pecore mansuete vivono insieme, e chi ci ri- lo.
mette è sempre il migliore. Eppure questi soldati di- 8. O canzone, esponi con prudenza i tuoi argomenti:
scendono da quelli che sono stati così duramente devi andare tra gente abituata all’adulazione, non alla
sconfitti da Caio Mario, che dell’impresa è ancor vivo verità. Poche persone ti ascolteranno. Chiedi la loro
il ricordo. protezione, ne hai bisogno, perché vai a predicare la
4. Non parlo poi di Giulio Cesare, che li sconfisse più pace.
volte. Ora, se abbiamo perso la protezione del cielo, è ---I☺I---
per colpa vostra! Le vostre ambizioni stanno rovinan-
do l’Italia. Perché importunate il vicino? Perché cer- Riassunto per strofa ma più breve. 1. Il poeta si ri-
cate soldati stranieri? Perché provate piacere a veder volge ai signori d’Italia e chiede perché hanno invita-
spargere il sangue? Io parlo per dire la verità, non per to soldati stranieri.
odio verso qualcuno. 2. Essi sono venuti qui non per ammazzarsi tra loro,
5. Non vedete che questi soldati, arrendendosi, evita- ma per depredare il nostro paese. E continua:
no lo scontro, e si prendono gioco di voi? Riflettete 3. la natura ha innalzato le Alpi per dividerci dai te-
un po’: come può avere caro qualcuno chi ritiene di deschi, ed ora lupi feroci e pecore mansuete vivono
valere tanto poco, da vendersi? O nobile sangue lati- insieme, e chi ci rimette è sempre il popolo italiano.
no, non ammirare la loro fama, che è immeritata. E,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 78
Eppure essi sono i discendenti di quei popoli che so- 3. Qui Petrarca si chiede perché i signori d’Italia han-
no stati così duramente sconfitti da Caio Mario no invitato milizie straniere per combattere per essi.
4. e da Giulio Cesare. Perciò si chiede perché i signo- Nel Cinquecento Ariosto si chiede meravigliato come
ri d’Italia vogliono far guerra ai loro vicini. sia possibile che nel 1494 Ludovico il Moro, signore
5. I soldati stranieri fingono di combattere e si pren- di Milano, abbia potuto chiamare in Italia il re di
dono gioco dei loro datori di lavoro. Non possono es- Francia contro il re di Napoli: le conseguenze, disa-
sere fedeli a nessuno coloro che si mettono in vendita strose per tutti, di lì a poco si fanno vedere. Con due
per poco prezzo. La loro fama militare è del tutto in- secoli di anticipo il poeta invita i signori d’Italia a
fondata. non commettere errori e a cacciare fuori d’Italia gli
6. Quindi il poeta fa due riflessioni. a) L’Italia è la stranieri! Il potere politico, ignorante e beota, non lo
terra dove egli è nato, perciò invita i signori ad avere ascolta nel presente né nel futuro. Contemporanea-
compassione del popolo italiano e a fargli prendere le mente ad Ariosto Machiavelli nel Principe (1512-13)
armi contro gli stranieri invasori. si affanna a convincere Lorenzino de’ Medici a im-
7. b) E poi il tempo vola, e si avvicina la morte: nel pugnare una bandiera e a mettersi a capo del popolo
poco tempo che ci rimane è meglio pensare alla sal- italiano per cacciare i barbari fuori d’Italia... Insom-
vezza ultraterrena che a farsi guerra. ma la valutazione che Petrarca dà sulla classe politica
8. Infine il poeta invita la canzone ad andare tra la italiana del suo tempo non è quella di uno sprovvedu-
gente a predicare la pace. to intellettuale, che è apolitico e rinchiuso nella sua
grettezza e nel suo egoismo. È quella di un intellet-
Commento tuale che non può capacitarsi che si possa vivere a li-
1. La canzone è l’atteggiamento più politico che Pe- velli così bassi, così contingenti, così banali.
trarca riesce ad esprimere in tutta la sua vita. In realtà ---I☺I---
egli non è interessato alla politica ed è lontano dalle
beghe politiche tra fazioni o tra città e città o tra Sta-
terello e Staterello che caratterizzano l’Italia del Due-
cento e poi del Trecento. Proiettato com’è nel mondo
dei classici, nella repubblica ideale che lo fa incontra-
re con i grandi dell’antichità, egli non capisce né può
capire come si possa perdere tempo in conflitti conti-
nui, inutili ed estenuanti. La guerra o le piccole guer-
re dei signori non sono i suoi valori. Egli ne ha altri. I
suoi valori non sono effimeri, né contingenti, perciò
guarda con fatica e con poco interesse ai signori che
sono incapaci di uscire da un momento storico soffo-
cante e senza alternative, per attingere a quella vita
fuori del tempo che unisce i grandi del passato, del
presente e del futuro.
2. Petrarca è radicalmente diverso da Dante, che nella
Divina commedia (1306-21) esprime le sue idee poli-
tiche, sociali, religiose, scientifiche, che dedica i canti
VI delle tre cantiche ai problemi politici, che si sca-
glia duramente contro i principi locali, contro i papi,
contro gli imperatori, quasi contro Dio, contro i fio-
rentini (Pg VI), che hanno dimenticato il loro ruolo,
la loro missione, il loro ambito, che hanno dimentica-
to l’Italia e la funzione delle due grandi istituzioni, il
papato e l’impero. Che vede la conflittualità persi-
stente tra i signorotti locali (If XXVII). Non si può
dire chi, tra i due poeti, ha più ragione (o più torto),
poiché hanno valori diversi e vivono in due dimen-
sioni diverse. Dante è attaccato alla sua Firenze. Pe-
trarca è un personaggio che ha vita, interessi interna-
zionali, e vive ospite di chiunque lo inviti, paghi i
suoi servizi e gli permetta di dedicarsi ai suoi amati
autori latini. In cambio egli dà lustro con la sua pre-
senza e svolge incarichi diplomatici. Giustamente gli
umanisti si ricollegano a lui: hanno gli stessi valori,
gli stessi interessi, la stessa cultura e la stessa menta-
lità.
Passa la nave mia colma d’oblio Passa la mia nave (=la mia vita) piena d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno, per un mare aspro, a mezza notte, d’inverno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo fra gli scogli di Scilla e di Cariddi; e alla guida
siede il signore, anzi il nemico mio (=il dio Amore).
siede ‘l signore, anzi ‘l nimico mio.
A ciascun remo siede un pensiero sfrenato e reo,
A ciascun remo un penser pronto et rio che pare non curarsi della tempesta né della salvezza;
che la tempesta e ‘l fin par ch’abbi a scherno; la vela è battuta da un vento umido, continuo,
la vela rompe un vento humido eterno fatto di sospiri, di speranze e di desideri [vani].
di sospir’, di speranze, et di desio.
La pioggia delle lacrime e la nebbia degli sdegni
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni bagna e rallenta le sàrtie ormai stanche (=logore),
bagna et rallenta le già stanche sarte, che sono fatte di errore intrecciato con ignoranza.
che son d’error con ignorantia attorto.
Si celano i miei due dolci e consueti segni (=gli occhi
Celansi i duo mei dolci usati segni; di Laura); è morta fra le onde la scienza e l’arte
di navigare, tanto che comincio a disperare del porto.
morta fra l’onde è la ragion et l’arte,
tal ch’incomincio a desperar del porto.
5. La presenza massiccia, qui come altrove, della re-
Riassunto. Il poeta paragona la sua vita a una nave, torica anche in questo sonetto che sembrerebbe più
che con il mare in tempesta e in una notte d’inverno sincero di altri pone il problema se il Canzoniere sia
attraversa uno stretto pericoloso. Al timone siede il sincero o sia una semplice finzione letteraria. Una ri-
dio Amore, che è il suo signore, ma anche il suo ne- sposta potrebbe essere questa: il poeta ritiene che sol-
mico. Ai remi stanno pensieri sfrenati e colpevoli. E tanto l’uso estesissimo della retorica sia capace di
la vela è spinta dal vento irresponsabile delle passio- esprimere adeguatamente i suoi sentimenti. La retori-
ni. Non ci sono più gli occhi di Laura a guidarlo. È ca è quindi l’abito letterario con cui egli vuole e deve
scomparsa fra le onde la scienza e l’arte di navigare, necessariamente rivestire e travestire i suoi pensieri
tanto che ormai egli dispera di raggiungere il porto ed i suoi sentimenti. E noi siamo costretti a rispettare
(=la salvezza, la sicurezza, la tranquillità, anche la questa sua concezione della retorica e tenerla presente
salvezza dell’anima). quando leggiamo il Canzoniere.
---I☺I---
Commento
1. Il sonetto potrebbe risalire al 1343, quando il poeta
attraversa una profonda crisi spirituale: gli nasce
Francesca, la seconda figlia naturale, e il fratello
Gherardo si fa monaco, nonostante che egli fosse
contrario. Laura poi è lontana da lui, perché egli si
reca a Napoli.
2. Il sonetto è fatto con la consueta abilità letteraria e
con il consueto uso di figure retoriche: il paragone tra
la nave e la vita, l’accumulo di situazioni negative nei
primi 11 versi, la lentezza dei versi che con la loro
gravità accentuano il carattere drammatico della si-
tuazione, l’uso di termini pregnanti già indicati nel
sonetto iniziale (lacrimar, sdegni, error, ignorantia,
desperar), l’antitesi (signore-nemico), i consueti due
termini congiunti (“Scilla et Caribdi”, “pronto e rio”,
“bagna et rallenta”, “la ragion et l’arte”).
3. L’oblio è la dimenticanza: il poeta ha dimenticato i
suoi valori e i suoi doveri. Era anche chierico, ma ha
due figli. L’attività sessuale aguzza l’ingegno.
4. Il poeta si ascolta, ascolta i suoi lenti e impregnati
di lacrime del sonetto. E li ascolta: suonano bene e
sono convincenti. E e li gusta. Dopo gli esibizionisti e
i guardoni ci sono gli origlioni, coloro che provano
piacere a origliare, anche ad ascoltare il turpiloquio.
La vita fugge, et non s’arresta una hora, La vita fugge e non si ferma un momento
et la morte vien dietro a gran giornate, e la morte le vien dietro a grandi passi;
et le cose presenti et le passate e le cose presenti e le passate
mi tormentano, e anche le future;
mi dànno guerra, et le future anchora;
e il ricordo e l’attesa mi angosciano
e ‘l rimembrare et l’aspettar m’accora, da una parte e dall’altra, così che in verità,
or quinci or quindi, sì che ‘n veritate, se non avessi pietà di me stesso,
se non ch’i’ ò di me stesso pietate, sarei già fuori di questi pensieri (=mi sarei suicidato).
i’ sarei già di questi penser’ fòra.
Mi torna in mente se il mio cuore infelice ebbe mai
Tornami avanti, s’alcun dolce mai qualche dolcezza; e poi, dall’altra parte (=al futuro),
ebbe ‘l cor tristo; et poi da l’altra parte vedo i venti scatenati contro la mia navigazione:
veggio al mio navigar turbati i vènti;
vedo tempesta nel porto (=alla morte), è ormai stanco
veggio fortuna in porto, et stanco omai il timoniere, sono rotti l’albero e le sàrtie, e spenti
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, i begli occhi (=di Laura), che solevo ammirare.
e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
Riassunto. Il poeta vede la vita passare in gran fretta e marce forzate. Sulle meridiane medioevali era scritto
la morte avvicinarsi. Il presente ed il passato lo tor- tempus fugit o tempus semper fugit.
mentano ed ugualmente il futuro, tanto che egli, se 5. Il verso finale è riservato abilmente a Laura, che è
non avesse pietà di se stesso, si sarebbe già suicidato. in cima a tutti i pensieri del poeta. Il sonetto sembra
Il passato non gli ha dato gioie, il futuro si presenta più sincero di altri proprio perché l’ars dicendi è me-
minaccioso. Vede la sua vecchiaia sconvolta ancora no visibile, e perciò più efficace. Ed anche perché,
dalle passioni, egli è ormai stanco e gli occhi di Laura diversamente dal solito, gli aggettivi adoperati sono
si sono spenti. pochissimi.
---I☺I---
Commento
1. Il sonetto sembra avere un contenuto maggiore di
altri (il riassunto è più lungo della media). In realtà il
poeta dimostra di aver raggiunto un controllo ancora
più raffinato del linguaggio, che ora controbilancia
con il contenuto. Le figure retoriche sono numerose,
ma non si avvertono, in tal modo il contenuto acqui-
sta più spazio e appare in primo piano.
2. Il sonetto è pieno di figure retoriche: antitesi (fug-
ge/s’arresta, vita/morte, cose presenti/passate, ri-
membrar/aspettar, or quinci/or quindi ecc.); litote
(Non s’arresta); ripetizioni (il secondo verso ripete il
concetto espresso nel primo); metafore (i lumi, cioè
gli occhi di Laura) ecc. Ricompare la metafora della
vita come di una nave e, di conseguenza, del vivere
come di un navigare, e della morte come del porto.
Addirittura il poeta medita una cosa reale come il sui-
cidio. Si tratta, come di consueto, di un atteggiamento
letterario.
3. I motivi del sonetto sono i consueti della poesia pe-
trarchesca: il passato angoscioso, il ricordo del passa-
to, il presente doloroso; il futuro incerto e sconvolto
dalle passioni; l’amore per Laura che non conosce
momenti di debolezza; la vita che passa, che è come
una nave, che si dirige verso il porto della morte.
4. Il poeta recupera il motivo classico della vita o del
tempo che fugge. “A gran giornate” è un calco di ma-
gnis itineribus, espressione militare che significa a
Tu che vedi i miei mali indegni et empi, Tu, che vedi i miei mali indegni ed empi,
Re del cielo invisibile immortale, o Re del cielo, invisibile e immortale,
soccorri a l’alma disvïata et frale, soccorri la mia anima deviata e fragile,
e ‘l suo defecto di tua gratia adempi: e colma i suoi difetti con la tua grazia:
A quel poco di viver che m’avanza La tua mano si degni di essere sollecita
et al morir, degni esser tua man presta: a quel poco di vita che [ancora] mi resta:
tu sai ben che ‘n altrui non ò speranza. tu sai bene che non ho speranza in nessun altro.
---I☺I---
Riassunto. Il poeta rimpiange la sua vita passata, per-
ché ha amato qualcosa di mortale e non si è alzato in
volo verso il cielo, pur avendone le capacità. Perciò si
rivolge a Dio e gli chiede di soccorrere la sua anima,
attratta dai beni terreni e fragile. In tal modo, se visse
lottando contro le tentazioni, possa morire in pace e
salvando l’anima. E, se la vita terrena fu mal spesa,
almeno la morte sia onorevole.
Commento
1. Il sonetto sembra avere un contenuto maggiore di
altri, perché fa un uso misurato di aggettivi. Ma una
lettura un po’ attenta mostra il lavoro letterario alle
spalle: “mali indegni et empi”, “a l’alma disvïata et
frale”, “in guerra et in tempesta”, “in pace et in por-
to” e le diverse e facili contrapposizioni.
2. Il sonetto va confrontato con la canzone di Guido
Guinizelli Al cor gentil rempaira sempre amore. Nel-
la strofa finale il poeta immagina di essere davanti a
Dio che gli rimprovera di aver amato un essere terre-
no ed effimero, la sua donna, e non Lui e la Regina
del Cielo. Ed egli risponde che la sua donna aveva
l’aspetto di un angelo disceso dal cielo, perciò non
commise peccato, se l’ha amata. La donna stilnovisti-
ca porta l’uomo a Dio, la donna di Petrarca lo porta
invece al dissidio interiore (la terra e i beni terreni o il
cielo) e al peccato. La salvezza può venire soltanto
dalla grazia divina.
I 1.
Vergine bella, che di sol vestita, O Vergine bella (che splendente come il sole
coronata di stelle, al sommo Sole e coronata di stelle, piacesti al sommo Sole (=Dio)
piacesti sì, che ‘n te Sua luce ascose, a tal punto, che racchiuse in te la sua luce),
amor mi spinge a dir di te parole: l’amore mi spinge a parlare di te:
ma non so ‘ncominciar senza tu’ aita, ma non so iniziare senza il tuo aiuto e quello
et di Colui ch’amando in te si pose. di Colui che per amore s’incarnò nel tuo ventre.
Invoco lei che ben sempre rispose, Invoco colei che sempre rispose
chi la chiamò con fede: a chi la chiamò con fiducia;
Vergine, s’a mercede o Vergine, se mai a pietà
miseria extrema de l’humane cose ti mosse la misera condizione
già mai ti volse, al mio prego t’inchina, della vita umana, ascolta la mia preghiera,
soccorri a la mia guerra, soccorri ai miei affanni,
bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina. benché io sia fango e tu regina del cielo.
II 2.
Vergine saggia, et del bel numero una O Vergine saggia, che fai parte del bel numero
de le beate vergini prudenti, delle beate vergini prudenti,
anzi la prima, et con più chiara lampa; anzi sei la prima, e con luce più luminosa;
o saldo scudo de l’afflicte genti o forte scudo delle genti afflitte
contra colpi di Morte et di Fortuna, contro i colpi della Morte e della Fortuna,
sotto ‘l qual si trïumpha, non pur scampa; sotto il quale non solo ci si salva, ma si trionfa;
o refrigerio al cieco ardor ch’avampa o refrigerio al cieco desiderio che brucia
qui fra i mortali sciocchi: qui tra gli sciocchi mortali;
Vergine, que’ belli occhi o Vergine, quei begli occhi
che vider tristi la spietata stampa che videro sofferenti l’impronta crudele delle ferite
ne’ dolci membri del tuo caro figlio, sul corpo del tuo amato figlio,
volgi al mio dubbio stato, volgi al mio incerto stato, che smarrito
che sconsigliato a te vèn per consiglio. viene a te per aver consiglio.
III 3.
Vergine pura, d’ogni parte intera, O Vergine pura, immacolata in ogni tua parte,
del tuo parto gentil figliola et madre, figlia e madre del tuo nobile parto,
ch’allumi questa vita, et l’altra adorni, che illumini questa vita e abbellisci l’altra,
per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre, per mezzo di te e del sommo Padre, tuo figlio,
o fenestra del ciel lucente altera, o finestra del cielo luminosa e superba,
venne a salvarne in su li extremi giorni; venne a salvarci negli ultimi giorni del mondo;
et fra tutt’i terreni altri soggiorni e fra tutte le altre donne
sola tu fosti electa, tu sola fosti prescelta,
Vergine benedetta, o Vergine benedetta,
che ‘l pianto d’Eva in allegrezza torni. che tramuti in allegria il pianto d’Eva.
Fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno, Rendimi, poiché tu puoi, degno della sua grazia,
senza fine o beata, o infinitamente beata,
già coronata nel superno regno. già coronata in paradiso.
IV 4.
Vergine santa d’ogni gratia piena, O Vergine santa, piena di ogni grazia,
che per vera et altissima humiltate che grazie alla tua sincera e nobilissima umiltà
salisti al ciel onde miei preghi ascolti, salisti al cielo, da dove ascolti le mie preghiere,
tu partoristi il fonte di pietate, tu partoristi la fonte di pietà
et di giustitia il sol, che rasserena e il sole di giustizia, che rasserena
il secol pien d’errori oscuri et folti; il secolo pieno d’errori, oscuri e numerosi;
tre dolci et cari nomi ài in te raccolti, tre dolci e cari nomi unisci in te,
madre, figliuola et sposa: madre, figlia e sposa;
V 5.
Vergine sola al mondo senza exempio, O Vergine unica al mondo e senza uguali,
che ‘l ciel di tue bellezze innamorasti, che facesti innamorare il cielo della tua bellezza,
cui né prima fu simil né seconda, a cui fu uguale né prima né seconda,
santi penseri, atti pietosi et casti santi pensieri, atti pietosi e casti
al vero Dio sacrato et vivo tempio fecero nella tua verginità feconda
fecero in tua verginità feconda. un tempio vivente consacrato al vero Dio.
Per te pò la mia vita esser ioconda, La mia vita può essere gioconda, o Maria,
s’a’ tuoi preghi, o Maria, o Vergine dolce e pietosa,
Vergine dolce et pia, se grazie alle tue preghiere,
ove ‘l fallo abondò, la gratia abonda. dove l’errore abbondò, la grazia abbonda.
Con le ginocchia de la mente inchine, Con le ginocchia della mente inchinate
prego che sia mia scorta, ti prego di essere la mia scorta
et la mia torta via drizzi a buon fine. e si rivolgere la mia vita a buon fine.
VI 6.
Vergine chiara et stabile in eterno, O Vergine luminosa e stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella, stella per questo mare tempestoso,
d’ogni fedel nocchier fidata guida, guida fidata di ogni navigatore,
pon’ mente in che terribile procella rivolgi il pensiero alla terribile tempesta
i’ mi ritrovo sol, senza governo, in cui io mi ritrovo solo, senza timoniere,
et ò già da vicin l’ultime strida. e ho già vicine le ultime parole [della mia vita].
Ma pur in te l’anima mia si fida Ma la mia anima peccatrice
peccatrice, i’ no ‘l nego, si affida a te, io non lo nego,
Vergine; ma ti prego o Vergine; ma ti prego
che ‘l tuo nemico del mio mal non rida: che il tuo nemico non rida della mia dannazione:
ricorditi che fece il peccar nostro, ricordati che i nostri peccati
prender Dio, per scamparne, fecero che Dio s’incarnasse
humana carne al tuo virginal chiostro. nel tuo grembo virginale, per salvarci.
VII 7.
Vergine, quante lagrime ò già sparte, O Vergine, quante lacrime ho già versato invano,
quante lusinghe et quanti preghi indarno, quante lodi e quante preghiere, solamente
pur per mia pena et per mio grave danno! per accrescere la mia pena e il mio grave tormento!
Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno, Da quando io nacqui sulla riva dell’Arno,
cercando or questa et or quel’altra parte, percorrendo ora questa, ora quell’altro paese,
non è stata mia vita altro ch’affanno. la mia vita non è stata altro che affanno.
Mortal bellezza, atti et parole m’ànno Bellezza, atti e parole mortali mi hanno
tutta ingombrata l’alma. ingombrato l’animo completamente.
Vergine sacra et alma, O Vergine sacra e vivificante, non tardare,
non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno. poiché io forse sono alla fine della mia vita.
I dì miei più correnti che saetta I giorni se ne sono andati più velocemente
fra miserie et peccati che una freccia, tra miserie e peccati,
sonsen’ andati, et sol Morte n’aspetta. e mi aspetta soltanto la Morte.
IX 9.
Vergine, in cui ò tutta mia speranza O Vergine, in cui io ripongo tutta la mia speranza,
che possi et vogli al gran bisogno aitarme, ti prego, aiutami nel momento del grande bisogno,
non mi lasciare in su l’extremo passo. non abbandonarmi nel passaggio estremo!
Non guardar me, ma Chi degnò crearme; Non guardare me, ma Chi si degnò di crearmi;
no ‘l mio valor, ma l’alta Sua sembianza, non il mio valore, ma la Sua infinita sembianza
ch’è in me, ti mova a curar d’uom sì basso. che è in me, ti spinga a curare un uomo così misero.
Medusa et l’error mio m’àn fatto un sasso Un amore insano e i miei errori mi hanno trasformato
d’umor vano stillante: in sasso che versa un inutile pianto:
Vergine, tu di sante o Vergine, riempi il mio cuore stanco
lagrime et pïe adempi ‘l meo cor lasso, di lacrime sante e pietose,
ch’almen l’ultimo pianto sia devoto, così che almeno l’ultimo piano sia devoto,
senza terrestro limo, libero da inquietudini,
come fu ‘l primo non d’insania vòto. come il primo non fu privo di follia.!
X 10.
Vergine humana, et nemica d’orgoglio, O Vergine benevola e nemica dell’orgoglio,
del comune principio amor t’induca: ti convinca l’amore per la comune origine:
miserere d’un cor contrito humile. abbi pietà di un cuore pentito e umile.
Che se poca mortal terra caduca Che se son solito amare con così mirabile fedeltà
amar con sì mirabil fede soglio, un po’ di terra mortale di breve durata (=Laura),
che devrò far di te, cosa gentile? che cosa dovrò fare verso di te,
Se dal mio stato assai misero et vile che sei creatur così nobile?
per le tue man’ resurgo, O Vergine, se mi risollevo dalla mia condizione
Vergine, i’ sacro et purgo assai misera e vile grazie al tuo aiuto,
al tuo nome et penseri e ‘ngegno et stile, io consacrerò al tuo nome e purificherò pensieri,
la lingua e ‘l cor, le lagrime e i sospiri. ingegno e stile, lingua, cuore, lacrime e sospiri.
Scorgimi al miglior guado, Guidami al passaggio migliore
et prendi in grado i cangiati desiri. e gradisci i miei desideri ormai cambiati.
XI 11.
Il dì s’appressa, et non pòte esser lunge, Il giorno si avvicina e non può essere lontano,
sì corre il tempo et vola, perché il tempo corre e vola,
Vergine unica et sola, o Vergine unica e sola, ora il rimorso,
e ‘l cor or coscïentia or morte punge. ora il pensiero della morte tormentano il mio cuore.
Raccomandami al tuo figliuol, verace Raccomandami a tuo figlio, vero
homo et verace Dio, uomo e vero Dio,
ch’accolga ‘l mïo spirto ultimo in pace. affinché accolga il mio spirito nella pace del cielo.
---I☺I--- ---I☺I---
Le tombe
Ma poi ch’i’ ebbi pien di fiori un lembo, Ma dopo che io ebbi riempito un lembo della veste,
vidi le rose e non pur d’un colore: vidi le rose e non soltanto di un colore:
io colsi allor per empir tutto el grembo, io allora corsi per riempire tutto il grembo,
perch’era sì soave il loro odore perché il loro profumo era così soave,
che tutto mi senti’ destar el core che mi sentii risvegliare tutto il cuore
di dolce voglia e d’un piacer divino. da un dolce desiderio e da un piacere divino.
I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino... Io mi trovai, o fanciulle, un bel mattino...
I’ posi mente: quelle rose allora Io le osservai: non vi potrei mai dire
mai non vi potre’ dir quant’eran belle; quanto erano belle allora quelle rose:
quale scoppiava della boccia ancora; una stava per sbocciare, altre erano un po’
qual’eron un po’ passe e qual novelle. appassite, altre appena fiorite.
Amor mi disse allor: «Va’, co’ di quelle Il dio Amore allora mi disse: “Va’, cogli di quelle
che più vedi fiorite in sullo spino». che più vedi fiorire sul loro gambo spinoso”.
I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino... Io mi trovai, o fanciulle, un bel mattino...
Quando la rosa ogni suo’ foglia spande, Quando la rosa ha aperto tutti i suoi petali,
quando è più bella, quando è più gradita, quando è più bella, quando è più gradita,
allora è buona a metter in ghirlande, allora è il momento per metterla nelle ghirlande,
prima che la sua bellezza sia fuggita: prima che la sua bellezza possa fuggir via.
sicché fanciulle, mentre è più fiorita, Così, o fanciulle, mentre è più fiorita,
cogliàn la bella rosa del giardino. dobbiamo cogliere la bella rosa del giardino.
I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino… Io mi trovai, o fanciulle, un bel mattino…
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Riassunto. Una fanciulla si rivolge ad altre fanciulle,
e racconta di essersi trovata un mattino di maggio in
un bel giardino pieno di fiori. Essa incomincia a rac-
coglierli, ma, quando vede le rose è affascinata dal
loro profumo e nel cuore prova il dolce desiderio e il
divino piacere dell’amore. E, mentre le guarda, il dio
Amore sembra che la inviti a cogliere le rose più bel-
le. Essa le coglie, prima che la loro bellezza sfiorisca.
E, come si coglie la rosa, così si deve cogliere il fiore
della propria giovinezza, prima che passi.
Commento
1. Il poeta crea un mondo incantato abitato da leggia-
dre fanciulle, che vivono in un giardino e colgono le
rose.
Questa soma, che vien drieto 5. Questo peso, che vien dietro
sopra l’asino, è Sileno: sopra l’asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto, è vecchio, ubriaco e contento,
già di carne e d’anni pieno; ed è ormai pieno di carne (=grasso) e di anni.
se non può star ritto, almeno Se non può star dritto, almeno
ride e gode tuttavia. ride e gode continuamente.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Ciascun apra ben gli orecchi, 7. Ciascuno apra bene le orecchie (=mi ascolti bene),
di doman nessun si paschi; nessuno si pascoli di speranze future.
oggi siam, giovani e vecchi, Oggi devono essere, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi; tutti contenti, femmine e maschi.
ogni tristo pensier caschi: Ogni pensiero triste dev’essere allontanato.
facciam festa tuttavia. Facciamo festa continuamente.
Chi vuol esser lieto, sia… Chi vuol essere lieto, lo sia…
Riassunto. Il riassunto della ballata è impossibile. O Bacco. Le menadi seguivano Bacco e si ubriacavano
meglio esso è già sintetizzato nella ripresa: “La gio- di danze, musica e vino.
vinezza è bella, ma fugge via. È meglio coglierla nel 4. L’atmosfera della canzone è pagana. Il Cristiane-
presente, perché il futuro è incerto”. Tutto il resto del simo deve ancora venire. Firenze e i suoi umanisti ri-
contenuto è accessorio, ha valore soltanto come ulte- creano il mondo antico e i suoi valori. Il mondo gre-
riore e coinvolgente ripetizione e dimostrazione della co, non il mondo romano. Il Destino domina impla-
ripresa, che altrimenti risulterebbe una semplice ed cabile e minaccioso la sorte degli uomini. eppure se
astratta enunciazione. Oltre alla ripresa e al resto del- nel 1494 l’Italia è invasa, la colpa non è di un essere
la canzone (Bacco, Arianna, le ninfe ed i satiri), che divino, ma del granduca di Milano, che vuole vendi-
la illustra, la canzone è costituita dal senso di malin- carsi del re di Napoli e invita il re di Francia in Italia.
conia e di disperazione che i versi riescono ad emana- Quell’invito costa ali italiani 370 di oppressione stra-
re e ad infondere nel lettore (o nell’ascoltatore). Il niera (1495-1870).
contenuto vero della ballata è proprio questo senso 5. Il motivo cantato proviene da Quinto Orazio Flac-
disperato di malinconia. La ripetizione della ripresa co (65 a.C.-8 a.C.):
lo rende ossessivo ed esasperato: diventa un ango-
Dum loquimur fugerit invida
scioso (e non liberatorio) invito a godere finché c’è aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
tempo, prima del diluvio imminente. Questo è un ef- (Odi, 1, 11, 8).
fetto inconsueto della figura retorica dell’anafora (o
ripetizione). Mentre parliamo, il tempo fugge,
perché vuole il nostro male!
Commento Perciò cogli l’attimo e non riporre
1. Lorenzo de’ Medici invita a cogliere la giovinezza, alcuna speranza nel futuro.
poiché non si può riporre alcuna speranza nel futuro.
Il poeta sembra presagire le nubi che si stanno adden- Sia la versione di Orazio, sia le versioni successive
sando sull’Italia, che di lì a poco (1494) sarà invasa hanno una nota di angoscia: dicono di afferrare
dagli eserciti stranieri. Il fatto paradossale e assurdo è l’attimo prima che sfugga, perché esso non ritorna più
che sono gli stessi italiani (gli Sforza di Milano) a e si resta a mani vuote. Il poeta latino ribadisce il sen-
chiamare in Italia gli stranieri contro altri italiani (il so con il resto del verso: “e non aver la minima spe-
regno di Napoli). ranza nel futuro”. Insomma il piacere non è una sod-
2 . Il tema della giovinezza è collegato a quello disfazione, non è liberatorio. Va vissuto e rubato
dell’amore e a quello della felicità. Lorenzo si appro- quanto prima, altrimenti lo si perde per sempre.
pria di un motivo stilnovistico: soltanto chi ha il cuo- 6. La canzone, che pure invita alla gioia e all’amore,
re insensibile può resistere all’amore. è attraversata da una profonda vena di tristezza: sem-
3. Bacco è il dio del vino e dell’ebbrezza. Arianna bra che inviti a godere, perché domani non è più pos-
aiuta Teseo a uccidere il Minotauro. Poi segue Teseo sibile farlo e non si può prevedere né dominare ciò
che la abbandona sull’isola di Nasso. Qui si unisce a che ci aspetta. Il futuro incombe minaccioso sulla vita
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 134
dell’uomo. Con Lorenzo quindi finisce la fiducia ot- Il titolo della prima ballata non è dell’autore, quindi
timistica che gli umanisti avevano nelle capacità dovrebbe essere il primo verso. Tanto più che il poeta
umane di costruire e di dominare il futuro. Il tema del voleva riservare la sorpresa di scoprire chi erano i
destino o, meglio, della fortuna è affrontato di lì a po- protagonisti della ballata. Ma ormai con questo titolo
co da Ludovico Ariosto (1474-1533) nell’Orlando è nota e così resta. Nella seconda ballata l’avverbio
furioso (1503-32), che parla del carattere imprevedi- jadis è un’aggiunta posteriore, ma ormai fa parte del
bile e paradossale della vita umana, e da Niccolò Ma- titolo ufficiale, e resta. Potrebbe essere considerato
chiavelli (1469-1527) nel Principe (1512-13), che ri- una ripetizione inutile.
fiuta ogni fatalismo e invita all’azione virile ed ir- La ballata degli impiccati è stata tradotta liberamente
ruenta contro tutti gli ostacoli che si frappongono alla da Fabrizio De André, che assume un altro punto di
volontà del principe. vista: in Villon gli impiccati chiedono perdono ai vivi
------------------------------I☺I----------------------------- per i loro crimini, nel poeta genovese gli impiccati
accusano la società di averli giustiziati e di non aver
François Villon (1413-dopo 1463) ha una vita assai avuto pietà per loro. Peraltro al tempo del cantautore
movimentata che lo porta più volte in galera e a una non si giustiziavano più delinquenti.
condanna a morte che evita grazie ai protettori. Dopo
il 1463 fa perdere le sue tracce. Data la vita spericola- Qui si esce dalla letteratura italiana per mostrare che
ta, che lasciava tracce negli archivi dei tribunali, è cosa succedeva e come si vedeva la morte e la bellez-
probabile che sia morto poco dopo. Le sue opere sono za femminile in una cultura vicina.
pubblicate nel 1489 ed hanno un grandissimo succes- Chi vuole fare un salto di secoli va a vedere la produ-
so. Se ne fanno moltissime edizioni. Può essere con- zione di Giacomo Leopardi (1798-1837), che canta
siderato l’antesignano dei “poeti maledetti” dell’Ot- pure la giovinezza, la bellezza e l’amore. È anche fi-
tocento: Charles Baudelaire e i suoi seguaci. losofo e incontra il taedium vitae, cioè la noia.
Scrive il poema giovanile Le lais e Il testamento, che
s’inseriscono nei filoni culturali e poetici del tempo. Andrea Mantegna (1431-1506), Parnaso, 1497. In alto
Le sue poesie più famose sono la Ballata degli impic- Marte e Venere, in basso a sx Vulcano, sotto di lui Apollo,
cati e la Ballata delle donne del tempo che fu. a dx Mercurio con l’ippogrifo, e al centro le nove muse.
Frères humains qui apres nous vivez Fratelli umani che dopo noi vivete,
n’ayez les cuers contre nous endurciz, non abbiate il cuore contro noi indurito,
car, se pitié de nous pauvres avez, perché, se pietà di noi miseri avete,
Dieu en aura plus tost de vous merciz. Iddio vi darà una ricompensa maggiore.
Vous nous voyez cy attachez cinq, six. Qui ci vedete appesi, cinque, sei,
Quant de la chair, que trop avons nourrie, e la carne, che abbiamo troppo nutrito,
elle est pieça devoree et pourrie, ormai è divorata [dai vermi] e imputridita,
et nous les os, devenons cendre et pouldre. e noi ossa diventiamo cenere e polvere.
De nostre mal personne ne s’en rie: Del nostro male nessuno ci derida,
mais priez Dieu que tous nous veuille absouldre! ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Se frères vous clamons, pas n’en devez Se vi chiamiamo fratelli, non dovete
avoir desdain, quoy que fusmes occiz aver disdegno, benché siamo impiccati
par justice. toutesfois, vous savez dalla giustizia. Tuttavia voi sapete
que tous hommes n’ont pas le sens rassiz; che gli uomini non hanno troppo senno.
excusez nous, puis que sommes transis, Poiché siamo trapassati, per noi chiedete perdono
envers le filz de la Vierge Marie, al Figlio della Vergine Maria:
que sa grâce ne soit pour nous tarie, che la sua grazia non sia per noi scarsa
nous préservant de l’infernale fouldre. e ci salvi dal fuoco dell’inferno.
Nous sommes mors, ame ne nous harie; Noi siamo morti, nessuno ci disprezzi,
mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre! ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Prince Jhesus, qui sur tous a maistrie, O principe Gesù, che su tutti hai dominio,
garde qu’enfer n’ait de nous seigneurie: fa’ che l’inferno non abbia su di noi signoria:
a luy n’avons que faire ne que souldre. con lui non abbiamo niente a che vedere.
Hommes, icy n’a point de mocquerie; Uomini, qui non c’è posto per lo scherno;
mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre. ma pregate Iddio che ci voglia assolvere!
Riassunto. Il poeta si rivolge al suo signore e alla fine 2. Taide è citata da Dante come prostituta e adulatri-
anche alla Vergine del cielo, e chiede di dire dove so- ce (If XVIII, 127-136): si poteva considerare con in-
no Flora, la bella romana, Arcipiada, Taide, Eco, dulgenza come una donna di liberi costumi, con un
Eloisa, Berta dai grandi piedi, Eremburgis, Giovanna senso forte dell’altruismo e di dedizione al prossimo.
d’Arco, bruciata a Rouen, e altre donne (per un totale Berta dai piedi grandi è considerata bella: ogni epoca
di undici). E ogni volta risponde con un’altra doman- ha il suo concetto di bellezza, su cui non conviene di-
da: ma dove sono le nevi dell’anno passato? (La ri- scutere, perché è arbitrario. Giovanna d’Arco (1412-
sposta è implicita: esse si sono sciolte ed ora non ci 1431) è citata per ultima ed è la donna “più recente”:
sono più. Così anche queste donne sono scomparse e 30 anni prima. Il presente dunque è tristissimo…
non ci sono più.) Questa e soltanto questa è la rispo- 3. Il poeta si rivolge al suo signore, a cui pone una
sta per il presente come per il futuro, che egli potrà domanda che interessava lui e tutti gli uomini: dove
avere da lui. sono le donne più belle del passato. E dà ogni volta,
alla fine di ogni strofa di ottave, la stessa risposta, che
Commento è un’altra domanda: ma dove sono le nevi dell’anno
1. Le donne citate sono di diverso tipo: leggendarie passato? La risposta è immediata: le nevi dell’anno
(Flora, Taide, la regina senza nome che assassinò Bu- passato si sono sciolte e sono scomparse. Così le
ridano, Bianca, Beatrice, Alice), mitologiche (la ninfa donne e la loro bellezza. Ma “d’antan” significa sia
Eco), storiche (Eloisa, Berta, Eremburgis, Giovanna “anno passato”, sia un tempo indeterminato del pas-
d’Arco). Arcipiada è erroneamente un uomo: Alci- sato: “le donne del tempo che fu”. Curiosamente la
biade (Atene, 450 a.C.-Frigia, 404 a.C.), un politico canzone non sviluppa l’idea che, se le nevi si sono
Ateniese su cui al tempo si avevano vaghe notizie. La sciolte, poi sono nuovamente cadute e quindi si sono
dodicesima donna è la Vergine Maria, che si contrap- nuovamente sciolte. Insomma le donne scomparse
pone alle altre donne, poiché ha una vita e una bellez- sono state sostituite da nuove donne, più fresche e più
za immortale. Ciò che conta però non è il numero del appetibili. Altrimenti il mondo sarebbe divenuto pre-
le donne, ma la loro fama di essere bellissime. La da dei sodomiti.
grafia è quella del francese di oggi.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 138
4. Lo scrittore è abile: la domanda che pone costringe
l’interlocutore a stare maggiormente attento alla bal-
lata. L’effetto sullo spettatore è poi potenziato dal
canto e dalla musica.
5. Il poeta tratta in modo originale il tema classico del
tempo che fugge e divora tutto, anche la bellezza
femminile. Tempus fugit, il tempo fugge, risale alla
cultura romana. Nel Medio Evo era scritto sotto le
meridiane insieme con espressioni equivalenti, spesso
con propensione al macabro:
Nella prima metà del secolo compaiono alcune opere Si può leggere la Bilóra (1530), una sua opera, in dia-
significative: Il cortegiano (1528) di Baldassar Casti- letto pavano del Cinquecento e in versione italiana:
glione (1478-1529) e il Galateo (1555) di monsignor
Giovanni della Casa (1503-1556), che indicano il cor- http://www.letteratura-
retto modo di comportarsi all’uomo di corte al servi- italia-
zio del signore. Le numerose corti italiane diventano na.com/pdf/letteratura%20italiana/06%20BEOLCO%20Bilora%2
il luogo privilegiato in cui la cultura si produce e si 0in%20italiano.pdf
consuma. ------------------------------I☺I-----------------------------
La riflessione sulla lingua continua con le Prose della
volgar lingua (1525) del cardinale Pietro Bembo
(1470-1547). Il fiorentino continua ad essere la lingua
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 140
Ludovico Ariosto (1474-1533) più valoroso dei paladini, è emotivamente fragile:
impazzisce perché una donna – Angelica – lo ha re-
La vita. Ludovico Ariosto nasce nel 1474 a Reggio spinto. E, mentre è in preda alla pazzia, incontra la
Emilia da una famiglia nobile. Nel 1489 il padre lo donna senza riconoscerla; e con un pugno le ammaz-
avvia agli studi giuridici nell’Università di Ferrara, za il cavallo. Astolfo, il più saggio dei guerrieri cri-
anche se il figlio preferisce quelli letterari. Dopo cin- stiani, va sulla luna a recuperare il senno di Orlando,
que anni improduttivi, è costretto a lasciargli seguire perché soltanto se ritorna assennato il paladino può
le sue inclinazioni. Nel 1500 il padre muore, e Ario- riprendere a combattere e portare alla vittoria l’eser-
sto è costretto a mantenere la madre e i numerosi fra- cito cristiano che sta subendo numerose sconfitte...
telli. Nel 1503 entra al servizio del cardinale Ippolito Ariosto non condanna gli uomini, li giudica con in-
d’Este, per il quale svolge numerose missioni diplo- dulgenza, perché essi sono tutti ugualmente dominati
matiche. Nello stesso anno prende gli ordini minori da forze irrazionali: chi perde il senno per le opere
per ottenere un beneficio e forse inizia a comporre d’arte, chi per conquistare la fama, chi per arricchirsi
l’Orlando furioso. Nel 1513 conosce Alessandra Be- con i commerci, chi per ingraziarsi con adulazioni i
nucci, che sposa segretamente nel 1527, per non ri- potenti. Insomma tutto il senno degli uomini è finito
nunciare al beneficio ecclesiastico di cui godeva. Lo sulla luna, anche se essi pensano di averlo. La follia
stesso anno si reca a Roma, con la speranza di ottene- non risparmia nessuna classe sociale, né i potenti, né
re dal nuovo papa, Leone X (Giovanni de’ Medici) un gli intellettuali, né i filosofi, né lo stesso poeta.
incarico presso la corte pontificia. Ma senza risultati. Questa visione disincantata della vita spiega la strut-
Nel 1516 fa stampare a Venezia l’Orlando furioso, in tura del poema: un susseguirsi di avventure, in cui i
40 canti. L’opera ha successo, e il poeta appronta nel personaggi si incontrano, si lasciano e si incontrano
1521 un’edizione in cui elimina le voci dialettali, per nuovamente, all’infinito. Il disincanto porta alla com-
avvicinarsi ai grandi modelli del Trecento fiorentino: prensione indulgente dei comportamenti degli uomi-
Dante, Petrarca, Boccaccio. Nel 1517 il cardinale de- ni, che l’autore però denuncia senza mezzi termini.
ve recarsi a Buda, in Ungheria, dove è stato nominato
vescovo. Ariosto si rifiuta di seguirlo, ed è licenziato. L’Orlando furioso, 1532
L’anno dopo però passa al servizio del fratello Alfon-
so d’Este. Tra il 1522 e il 1525 svolge l’incarico di L’Orlando furioso (1503-16, 1521 e 1532) è l’opera a
governatore della Garfagnana, una zona dell’Appen- cui il poeta dedica tutta la vita e che contiene in modo
nino tosco-emiliano infestata dalla malaria e dai bri- più articolato la sua visione della vita umana, degli
ganti. Riesce a migliorare la situazione ricorrendo più uomini e della corte. Esso si inserisce nella letteratura
all’astuzia che alla forza. Al ritorno a Ferrara è nomi- epico-cavalleresca, che nel Quattrocento aveva dato il
nato “savio” del comune: partecipa attivamente alle Morgante maggiore di Luigi Pulci (1432-1484) e
delibere comunali, ma può dedicarsi anche quasi to- l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo
talmente all’attività poetica, considerata ugualmente (1441-1494). Di quest’ultimo, iniziato nel 1469 e in-
utile alla politica estense. Tra il 1508 e il 1528/29 terrotto nel 1471 al canto XIX, vorrebbe anzi essere
scrive cinque commedie, che rientravano negli obbli- una semplice aggiunta. I risultati vanno però ben oltre
ghi imposti al letterato di allietare la corte nelle gran- il mondo poetico e immaginario di Boiardo. Il poema
di occasioni. Nel 1532 è pronta l’edizione definitiva contiene la visione che Ariosto ha della vita, una vi-
dell’Orlando furioso, in 46 canti. Muore nel 1533. sione che risente anche dell’incertezza dei tempi che
era seguita alla rottura dell’equilibrio politico italiano
Le opere. Ariosto scrive alcune satire, cinque com- dopo la morte di Lorenzo de’ Medici (1492) e alle
medie di ispirazione classica e il poema cavalleresco successive invasioni straniere. Il poeta non ha più la
l’Orlando furioso, la sua opera maggiore. fiducia umanistica, secondo cui l’uomo è artefice del
suo destino; non ha nemmeno la fiducia di Niccolò
La poetica. Per Ariosto la vita umana è dominata dal Machiavelli (1469-1527) nelle capacità umane (o al-
caso, dalle circostanze, dall’imprevisto, dal paradosso meno nella virtù del principe) di contrastare la fortu-
e dalle contraddizioni; e, se ciò non bastasse, dalla na. Non pensa però neanche a rifugiarsi nell’“utile
pazzia umana. Franchi e mori si fanno la guerra, an- particulare (=personale)”, come propone pessimisti-
ziché cercare di convivere in pace. Ma tutti i maggio- camente Francesco Guicciardini (1483-1540).
ri guerrieri delle due parti sono pronti a dimenticare La trama aggrega i “destini incrociati” dei personaggi
la patria e la fede, per inseguire Angelica, che con la intorno a tre grandi temi: a) la guerra che i cristiani
sua bellezza li affascina e che li respinge. A sua volta ed i saraceni combattono sotto le mura di Parigi; b) la
Angelica, che è regina del Catai, potrebbe scegliere pazzia di Orlando, quando scopre che Angelica, di
chi vuole; ma preferisce farsi desiderare, farsi inse- cui è innamorato, gli ha preferito un oscuro fante,
guire e rifiutarsi. Alla fine, dimenticando i suoi dove- Medoro; ed infine c) il motivo encomiastico del ma-
ri di regina per i suoi desideri di donna, sceglie un trimonio tra Bradamante e Ruggiero, da cui sarebbe
oscuro fante, Medoro, che trova ferito e che guarisce, discesa la casa d’Este.
perché soltanto su di lui può riversare il suo amore: ---I☺I---
soltanto così riesce a trovare la felicità. Orlando, il
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 141
Argomento e dedica, I, 1-4 sembra un’isola, per quanto precaria, che fornisca un
po’ di sicurezza in un mondo dominato dalle forze
1. Io canto le donne, i cavalieri, le battaglie, gli amo- irrazionali della pazzia e della violenza. Uno spettro
ri, le azioni cortesi, le imprese audaci, che si fecero al si aggira per il mondo... Qualche anno prima Erasmo
tempo in cui i Mori attraversarono lo stretto di Gibil- da Rotterdam (1467-1536) scrive L’elogio della paz-
terra, e in Francia fecero molti danni, seguendo l’ira e zia (1509), in cui celebra platonicamente lo spirito
la furia giovanile del loro re Agramante, che si vantò creatore della pazzia, che spezza i vincoli della tradi-
di vendicare la morte del padre Troiano sopra re Car- zione e della ragione; e critica sia la stoltezza, cioè il
lo, imperatore romano. conformismo e la mancanza di spirito critico, sia la
sapienza, cioè la ragione sicura e presuntuosa di sé
2. Nello stesso tempo su Orlando dirò cose che non degli stoici e la ragione intollerante dei teologi.
sono mai state dette prima, né in prosa né in versi: per 2. Fin dalle prime ottave sono presenti i protagonisti
amore egli perse il senno e divenne matto, eppure del poema. Essi sono sia quelli immaginari – Orlan-
prima era stimato un uomo molto saggio. [Le dirò], se do, Angelica, Rinaldo... –, sia quelli reali – gli ascol-
la mia donna (che mi ha reso pazzo quasi quanto Or- tatori, la casa d’Este, i cortigiani –. Ma la divisione
lando e che di ora in ora mi consuma il poco ingegno tra gli uni e gli altri, tra “realtà” e “finzione”, è co-
che ho) me ne lascerà quel tanto che basti a terminare stantemente impercettibile, perché per il poeta tra il
quanto ho promesso. reale e l’immaginario non c’è contrapposizione: la
“finzione” è la rete concettuale con cui il lettore può
3. O generosa discendenza di Ercole, o splendore ed cogliere ed interpretare la realtà. Senza tale rete egli
ornamento del nostro secolo, vi piaccia, o Ippolito si trova disarmato ed impotente. Chi accusa Ariosto
d’Este, gradire ciò che vuole e che soltanto può darvi di parlare di inesistenti cavalli che volano usa un con-
il vostro umile servitore. Posso pagare il mio debito cetto estremamente rozzo e materiale di realtà, che lo
con voi soltanto in parte, con le parole e con gli scrit- scrittore non può condividere: quale potrebbe essere
ti. Né mi si può accusare che io vi dia poco, perché vi per esempio il corrispondente empirico e materiale
do tutto quello che vi posso dare. dell’ironia ariostesca?
3. L’ironia del poeta serve a rendere meno amara la
3. Fra i più grandi eroi che io mi preparo a nominare sconfitta della ragione umanistica secondo cui l’uomo
con lode, voi sentirete ricordare quel Ruggiero che fu è artefice del suo destino. E quale difesa si poteva in-
capostipite di voi e dei vostri antenati. Vi farò ascol- nalzare contro le forze irrazionali e gli eserciti stra-
tare il suo grande valore e le sue famose imprese, se nieri che stavano trasformando l’Italia in un campo di
voi mi ascoltate e se i vostri grandi impegni lasciano battaglia ed in una terra di conquista? Ariosto rispon-
un po’ di spazio, così che i miei versi trovino posto de con l’ironia, Machiavelli proponendo l’intelli-
tra loro. genza, la scienza politica e la virtù del principe,
Guicciardini invitando pessimisticamente e scettica-
Riassunto. Il poeta vuole cantare le donne, i cavalieri, mente a rifugiarsi nell’”utile particulare”. Ma nessuna
le battaglie, gli amori, le azioni cortesi e le imprese di queste risposte risulta capace di modificare la si-
audaci, che si fecero, quando i Mori si scontrarono tuazione.
con Carlo Magno sotto le mura di Parigi. Nello stesso ---I☺I---
tempo canta le imprese di Orlando, impazzito per
amore, se glielo permetterà la sua donna, che gli con- La fuga di Angelica, I, 33-49
suma quel poco cervello che ha. Quindi dedica il
poema a Ippolito, d’Este, suo protettore: egli lo ripa- Carlo Magno promette Angelica al guerriero cristia-
ga con quello che gli può dare. Tra gli eroi canterà no che più si farà onore sul campo di battaglia. La
anche Ruggiero, da cui discenderà poi la casa d’Este. donna non apprezza di essere trattata come un ogget-
to da regalo, e fugge via.
Commento
1. Ariosto con la sua ironia investe sia la trama, sia i 33. Angelica fugge tra selve spaventose e oscure, per
personaggi, sia tutti gli ascoltatori (il cardinale Ippoli- luoghi disabitati, solitari e selvaggi. Il fruscio del fo-
to d’Este, la propria compagna Alessandra Benucci, gliame di cerri, olmi e faggi, che sentiva, le aveva fat-
la casa d’Este), sia se stesso. Il tono però è voluta- to provare improvvise paure e l’aveva spinta a cerca-
mente leggero e non gli fa ignorare né nascondere re di qua e di là sentieri insoliti, perché ogni ombra
quegli aspetti drammatici della realtà che impongono che vedeva sia sui monti sia nelle valli le faceva te-
la loro presenza contro i propri desideri, e che né mere di avere Rinaldo alle spalle.
l’ironia, né la volontà, né l’intelligenza riescono a rin-
tuzzare, a piegare o a mascherare. Ciò vale in partico- 34. Come una piccola daina o capriola, che tra le
lare per la follia, sia nelle sue forme inoffensive, sia fronde del boschetto in cui è nata vede la madre az-
nelle sue forme più pericolose. E l’uomo è circondato zannata alla gola dal leopardo, che poi le apre il fian-
dalla pazzia, compie azioni sconsiderate e trova la co o il petto, di selva in selva fugge lontana dal nemi-
pazzia anche dentro di sé. La corte e soltanto la corte co crudele, e trema di paura e di sospetto; ad ogni ce-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 142
spuglio che sfiora crede di essere in bocca alla fiera sicura si riposa, non è avvicinata né da alcun gregge
immonda. né da alcun pastore; l’aria dolce e l’alba piena di ru-
giada, l’acqua, la terra si inchinano alla sua bellezza: i
35. Quel dì, tutta la notte e metà del giorno dopo essa giovani belli e le donne innamorate amano adornarsi
continuò la fuga, e non sapeva dov’era: alla fine si mettendola sul seno o tra i capelli.
trovò in un bel bosco, mosso lievemente dalla brezza;
due ruscelli trasparenti mormorano lì vicino, e fanno 43. Ma non appena è rimossa dal gambo materno e
sempre crescere erbe tenere e novelle; il loro scorrere dalla sua radice, essa perde tutto ciò che aveva dagli
lento, interrotto da piccoli sassi, produceva una musi- uomini e dal cielo: favore, grazia, bellezza. La vergi-
ca dolce. ne, che ad alcuno lascia cogliere il fiore, che deve
avere più caro dei begli occhi e della vita, nel cuore
36. Pensando di essere qui sicura e lontana mille mi- di tutti gli altri innamorati perde il pregio che aveva
glia da Rinaldo, decide di riposare un po’, stanca per innanzi.
il cammino e per l’arsura estiva. Scende in mezzo a
fiori, e lascia il cavallo andare a pascolare senza bri- 44. Sia vile per gli altri e sia amata soltanto da colui
glia; esso vaga intorno alle acque limpide, che aveva- al quale fece così largo dono di sé. Ah, o Fortuna
no le rive ricoperte di erba fresca. crudele, o Fortuna ingrata! gli altri trionfano ed io
muoio d’inedia. Dunque, può essere che non mi piac-
37. Non lontano vede un bel cespuglio di biancospino cia più? Dunque io posso lasciare la mia propria vita?
fiorito e di rose rosse, che si specchia nelle onde, Ah, è meglio che vengano meno i miei giorni, è me-
chiuso dal sole in mezzo a querce alte e frondose; glio che io non viva più, se non debbo amare lei!”
tanto vuoto nel centro, da concedere un fresco riparo
fra le ombre più nascoste; e le foglie sono tanto in- 45. Se qualcuno mi domanda chi sia costui, che versa
trecciate con i rami, che non vi entra il sole e neppure tante lacrime sopra il ruscello, io dirò che è il re di
uno sguardo umano. Circassia, il povero Sacripante, travagliato dall’amo-
re; io dirò ancora che la prima e la sola causa della
38. Dentro ad esso fanno un giaciglio le tenere erbet- sua pena era quella di essere innamorato, uno dei tan-
te, che invitano a riposare chi si avvicina. La bella ti innamorati di costei: e lei lo riconobbe subito.
donna vi entra dentro, si distende e si addormenta.
Ma non restò così a lungo, perché crede di sentire un 46. Per amore di lei era venuto dall’estremo Oriente,
calpestìo. Si alza in silenzio, e vede che un cavaliere là dove sorge il sole, quando in India seppe, con suo
armato era giunto in riva al fiume. grande dolore, che essa aveva seguito Orlando in Oc-
cidente; poi in Francia seppe che Carlo Magno l’ave-
39. Non comprende se egli è un amico oppure un ne- va sequestrata, per darla a chi dei due guerrieri (=Or-
mico; il timore e la speranza le scuotono il cuore lando e Rinaldo) quel giorno avesse maggiormente
dubbioso; e aspetta l’evolversi della situazione, trat- aiutato i Gigli d’oro di Francia contro i Mori.
tenendosi anche di respirare. Il cavaliere scende in
riva al fiume, per riposare il capo sopra un braccio, e 47. Era stato sul campo di battaglia e aveva sentito
si sprofonda a tal punto nei suoi pensieri, che sembra parlare di quella sconfitta crudele che l’imperatore
cambiato in una pietra insensibile. Carlo aveva subito: cercò una traccia della bella An-
gelica, ma non ne aveva ancora ritrovata alcuna. Que-
40. O Signore (=Ippolito), il cavaliere, addolorato, sta è dunque la triste e crudele storia che lo fa penare
rimase pensieroso più di un’ora a capo basso; poi, d’amore, che lo affligge e lo fa lamentare e dire paro-
con un suono afflitto ed angosciato, cominciò a la- le che per la compassione potrebbero fermare il sole.
mentarsi così soavemente, che per la compassione
avrebbe spezzato anche un sasso, avrebbe reso man- 48. Mentre Sacripante si affligge e si addolora e tra-
sueta una tigre; piangeva sospirando, tanto che le sforma i suoi occhi in una tiepida fontana e dice que-
guance parevano ruscelli e il petto un vulcano. ste e molte altre parole, che non mi pare opportuno
raccontare, il suo destino avventuroso vuole che
41. “O pensiero – egli diceva – che mi agghiacci e mi giungano alle orecchie di Angelica; e così gli succede
ardi il cuore e provochi il dolore che sempre lo rode e in un’ora, in un momento quello che in mille anni o
lo lima, che cosa debbo fare, dal momento che sono mai gli poteva succedere.
giunto tardi e qualcun altro è andato, prima di me, a
cogliere il frutto? Io ho avuto appena parole e sguar- 49. La bella donna con molta attenzione ascolta il
di, e un altro ha avuto la ricca spoglia. Se non me ne pianto, le parole, [e osserva] il modo (=il comporta-
tocca né frutto, né fiore, perché per lei mi voglio af- mento) di colui che non cessa di amarla; né questa è
fliggere il cuore? la prima volta che lo sente lamentarsi; ma, dura e
fredda come una colonna, non si abbassa ad averne
42. La verginella è simile alla rosa, che in un bel pietà; come colei che ha tutto il mondo a sdegno e
giardino sopra il nativo gambo spinoso, mentre sola e non le pare che alcuno sia degno di lei.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 143
La donna cerca di approfittare dell’insperato incon- come lo stesso Ariosto sottolinea con forza – non gli
tro: esce dal cespuglio e chiede aiuto. Sacripante è poteva capitare in mille anni: incontra da solo, in un
ben disposto ad aiutarla. Cerca però di cogliere l’oc- bosco, la donna che ama, la quale gli chiede pure aiu-
casione favorevole per violentarla. Il suo proposito è to. È il colpo di fortuna (egli cerca di approfittarne e
però vanificato dall’arrivo di un cavaliere (è Brada- si prepara a violentare la donna), che però è immedia-
mante) che lo sbalza da cavallo e poi prosegue per la tamente seguito da un colpo di sfortuna (i suoi propo-
sua strada. Dopo la brutta figura il guerriero pagano siti di violenza sono resi vani dall’arrivo di Brada-
non ha più il coraggio di riprendere lo stupro interrot- mante, che lo sbalza da cavallo e gli fa fare brutta fi-
to... gura davanti ad Angelica).
4. Sacripante e la sua superficialità affettiva sono
Commento l’immagine costante che in tutto il poema Ariosto dà
1. Ariosto racconta una storia favolosa, che avviene dell’uomo. Agli occhi del pagano, ma anche di tutti
in luoghi lontani, e verosimile, perché i protagonisti gli altri guerrieri che inseguono Angelica, la donna è
hanno la stessa psicologia, la stessa mentalità, le stes- soltanto una preda da concupire e da possedere.
se debolezze e le stesse reazioni degli ascoltatori. Gli D’altra parte la donna accetta il gioco, e cerca di ap-
uomini – reali o immaginari che siano – sono sempre profittare di Sacripante. In ambito femminile il com-
gli stessi e si comportano sempre allo stesso modo. Il portamento equivalente a quello maschile è espresso
velo della finzione oltre tutto è costantemente strap- dalla maga Alcina, che non perde tempo in preamboli
pato dall’ironia e dalle intrusioni che lo scrittore fa e sistematicamente abusa degli uomini di cui si inna-
nel corso del racconto. Tanto vale allora divertirsi, mora. La normalità e la ragionevolezza sono invece
essere indulgenti e accettare gli uomini come sono: i espresse da Bradamante, la donna guerriera e mono-
moralisti non servono a nulla, perché non cambiano gama, tenace e paziente, che insegue il suo bel Rug-
nulla. Fra’ Gerolamo Savonarola è travolto dalle for- giero per tutto il poema e alla fine lo sposa.
ze che fustiga e muore bruciato vivo sul rogo (1498). 5. Per quanto riguarda la dialettica tra i sessi Ariosto
2. Angelica è una delle figure centrali del poema: è però riserva nel corso del poema infinite altre sorpre-
bella, bionda, figlia del re del Catai, fa innamorare di se, come la storia boccaccesca raccontata da un oste
sé tutti i guerrieri, sia cristiani sia pagani, ma non si al guerriero pagano Rodomonte (XXVIII, 1-74): tra-
concede a nessuno, poiché preferisce farsi desiderare diti dalle loro mogli, il re longobardo Astolfo e l’ami-
da tutti. Per essa tutti i guerrieri sono disposti a di- co romano Fausto Latini vanno in giro per il mondo
menticare la patria, la guerra, l’onore, e ad inseguirla. alla ricerca di una donna fedele; ma non la trovano; e
Non si preoccupa delle responsabilità legate al fatto alla fine decidono di ritornare dalle loro mogli e di
di essere l’erede al trono; si lascia invece trascinare non preoccuparsi più dei loro tradimenti.
dai suoi desideri femminili, per dedicarsi all’eterno 6. La riscoperta della donna e della bellezza femmini-
gioco dell’amore, che lega l’uomo e la donna. Essa le, iniziata dopo il Mille con la Scuola siciliana, con-
rifiuta l’amore di Orlando, il più forte paladino tinuata dal Dolce stil novo alla fine del Duecento, da
dell’esercito cristiano; tale rifiuto provoca la pazzia Petrarca e da Boccaccio nel Trecento, quindi dagli
del paladino. Fugge, senza pensarci e senza preoccu- umanisti nel Quattrocento, è svolta con nuove e
parsi, in mezzo alla foresta, perché sa di poter domi- splendide immagini dalle parole che il poeta mette in
nare sempre gli avvenimenti con la sua femminilità. bocca a Sacripante: la donna è come una rosa, che
La vita le riserva però un destino paradossale: si in- mostra la sua bellezza sopra il suo stelo; tutti la am-
namora non del guerriero forte e virile, ma di uno mirano e tutti si innamorano di lei, finché non si dona
sconosciuto fante, che essa trova ferito e che non fa al suo unico innamorato.
niente per farla innamorare. Eppure con questo oscu- ---I☺I---
ro fante si sente felice e realizzata: egli non chiede e
non può chiedere nulla, perché è ferito a morte; è lei
che può dare, che può concedersi, che può rendersi
utile, che può riportare alla vita e che può donare
amore affettivo (ed anche fisico). Nessun guerriero
aveva capito né poteva capire la sua psicologia o, al-
trimenti, il suo punto debole.
3. Sacripante è uno dei tanti guerrieri innamorati di
Angelica. Per essa ha lasciato il suo regno ed è venu-
to in Francia. Ha un’unica ossessione: amare per pri-
mo la donna. E, credendo che qualcun altro sia arriva-
to per primo, si affligge (ma poi si chiede perché si
deve affliggere), medita il suicidio (che però non ha
alcuna intenzione di attuare), si augura di morire e si
chiede se non l’ama più. Il guerriero pagano è un po’
patetico e un po’ troppo riflessivo: agire non è il suo
forte. Di lì a poco gli succede un’ occasione che –
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 144
Il castello del mago Atlante, IV, 15-40 zare con il topo e, quando questo piacere gli viene a
noia, gli dà un morso e lo fa morire.
Bradamante vuole liberare Ruggiero, che ama e che
è prigioniero del mago Atlante. Suona il corno, con 22. Dico che il mago al gatto e gli altri al topo asso-
cui si sfidava il mago, e il mago esce dal castello per migliavano nelle battaglie precedenti, ma non succes-
lo scontro. Monta l’ippogrifo, il cavallo alato. se più così, quando la donna si fece avanti. Essa stava
attenta e fissa su ciò che era opportuno, affinché il
15. Il mago non impiegò molto tempo ad uscire dal mago non prendesse alcun vantaggio; e, come vide
castello, non appena sentì il suono del corno e la voce che scopriva lo scudo, chiuse gli occhi e si lasciò ca-
di Bradamante. Il cavallo alato per l’aria lo porta con- dere a terra.
tro costei, che sembra un uomo feroce. La donna
all’inizio si fa coraggio, poiché vede che colui poco 23. Non che lo splendore del lucido metallo le potes-
le può nuocere: non porta lancia, né spada, né mazza, se nuocere, come succedeva agli altri cavalieri; ma
che possa forare o rompere la sua corazza. fece così, affinché il vano incantatore scendesse da
cavallo e venisse vicino a lei: nessuna parte del suo
16. Nella mano sinistra aveva soltanto lo scudo, tutto piano fallì, poiché, non appena essa cade per terra, il
coperto con un drappo rosso; nella destra aveva un cavallo alato accelera il volo e con larghe ruote scen-
libro, leggendo il quale faceva nascere grandi prodigi, de a terra.
perché talvolta la lancia sembrava correre, e a più di
un guerriero aveva fatto batter le ciglia di meraviglia, 24. Il mago lascia appeso alla sella lo scudo, che ave-
talvolta sembravano ferire la mazza o la spada; inve- va già riposto nella coperta, e a piedi si avvicina alla
ce egli era lontano e non aveva toccato alcuno. donna, che lo attende, proprio come il lupo nascosto
nella macchia fa con il capriolo. Senza perder altro
17. Il destriero invece non è finto, ma è vero; è nato tempo essa si alza di scatto quando l’ha vicino, e lo
da una giumenta e da un grifone: come il padre aveva afferra ben strettamente.
le piume e le ali, i piedi anteriori, il capo e il becco; in
tutte le altre membra assomigliava alla madre, e si 25. Quel misero aveva lasciato per terra il libro magi-
chiamava Ippogrifo. Questi animali nascono nei co con cui combatteva chi lo sfidava a duello; e si av-
Monti Rifei, che sorgono molto più in là dei mari vicinava con una catena, che era solito portare per
ghiacciati, e sono rari. questo uso, perché credeva di legare costei, come per
l’addietro era abituato a legare gli altri. La donna
18. Il mago lo tirò nel castello sui Pirenei con la forza l’aveva già rovesciato a terra, e, se il mago non si di-
dell’incantesimo; e, dopo che l’ebbe, non si dedicò ad fese, io lo scuso senza difficoltà, perché c’era troppa
altro, e con impegno e con fatica operò tanto, che in differenza tra un vecchio debole e lei tanto forte.
un mese riuscì a mettergli la sella e la briglia; così
che in terra, in aria ed in ogni luogo lo fa volteggiare 26. Pensando di tagliargli la testa, alza in fretta la
senza difficoltà. mano vittoriosa; ma, quando guarda il viso, arresta il
colpo, quasi rifiutando una così bassa vendetta. Un
19. Del mago ogni altra cosa era finzione, perché fa- venerabile vecchio dal viso triste vede essere colui
ceva comparire rosso il giallo; ma con la donna non che ha messo alle strette.
vi riuscì, perché grazie all’anello incantato essa non
poteva essere ingannata. Più colpi tuttavia essa sferra 27. Dal viso rugoso e dai capelli bianchi mostra di
al vento, ed ora qui ora lì spinge il cavallo; e si dibat- avere settant’anni o poco meno. “Tòglimi la vita, o
te e si travaglia tutta, come era stata istruita di fare giovane, in nome di Dio” diceva il vecchio adirato ed
dalla maga Melissa prima di giungere al castello. indispettito; ma la donna aveva il cuore così restìo a
prendergliela, come quello aveva desiderio di lasciar-
20. Dopo essersi impegnata per un po’ di tempo sopra la.
il destriero, decide di combattere anche a piedi, per
poter portare meglio ad effetto il piano che la cauta 28. Bradamante volle sapere chi fosse il negromante e
maga le aveva suggerito. Il mago si prepara a fare per quale scopo avesse costruito la rocca in quel luo-
l’ultimo incantesimo, perché non sa né crede che vi go selvaggio e per quale motivo recasse oltraggio a
possa essere difesa dalle sue arti: scopre lo scudo, e tutto il mondo. “Né per maligna intenzione, ahimè”
certamente presume di farla cadere con la sua luce disse piangendo il vecchio incantatore, “feci la bella
abbagliante. rocca in cima alla rupe, né per avidità di denaro sono
un rapinatore;
21. Poteva scoprirlo fin dal primo momento, senza
scontrarsi con i cavalieri; ma gli piaceva vedere sfer- 29. ma, per allontanare un gentile cavaliere dalla
rare da loro qualche bel colpo di lancia o di spada: morte, mi mosse amore, perché, come il cielo mi mo-
come si vede che talvolta all’astuto gatto piace scher- stra, in breve tempo, fattosi cristiano, deve morire a
tradimento. Il sole tra questo polo ed il polo australe
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 145
non vede un giovane così bello e così prestante: si 37. Egli è soltanto pochi passi dietro di lei, quando
chiama Ruggiero. ritrovano l’apertura e i ripidi scalini, con cui si sale
intorno alla rupe, finché giungono alla porta del ca-
30. Io l’ho nutrito da piccolino; io sono Atlante. Il de- stello. Sulla soglia Atlante toglie un sasso, scolpito
siderio di onore ed il suo crudele destino lo hanno con strani caratteri e con strani segni. Sotto si trovano
condotto in Francia dietro al re Agramante; ed io, che dei vasi, che sono chiamati “pentole”, che fumano
lo amai sempre più che un figlio, cerco di allontanar- sempre e che dentro hanno un fuoco nascosto.
lo dalla Francia e dal pericolo. Ho costruito la bella
rocca soltanto per tenervi Ruggiero al sicuro. 38. L’incantatore le spezza; e ad un tratto il colle ri-
mane deserto, inospitale e selvaggio. Non vi appare
31. Io lo catturai come oggi speravo di fare con te: vi muro né torre da nessuna parte, come se il castello
ho condotto poi donne e cavalieri, come tu vedrai, af- non vi fosse mai stato. Allora il mago si liberò della
finché, non potendo uscire, avendo compagnia meno donna, come fa il tordo con la rete del cacciatore;
gli rincresca. Purché non mi chiedano di uscire di las- contemporaneamente scomparve il castello e fu ri-
sù, mi prendo cura di ogni loro soddisfazione; e quan- messo in libertà il folto gruppo dei prigionieri.
ta se ne può avere da ogni parte del mondo, tutta è
racchiusa in quella rocca: suoni, canti, vestiti, vivan- 39. Le donne ed i cavalieri si trovarono fuori delle
de, tutto ciò che il cuore umano può desiderare, può superbe stanze, in mezzo alla campagna: molti di loro
chiedere la bocca. furono profondamente addolorati, perché riacquistan-
do la libertà persero una vita davvero piacevole.
32. Io avevo ben seminato e stavo raccogliendo i ri-
sultati, ma sei giunto tu a rovinarmi tutto. Deh, se non Appena liberato, Ruggiero prova il desiderio di salire
hai il cuore meno bello del viso, non ostacolare il mio sul cavallo alato. All’improvviso esso prende il volo e
onesto proposito! Prendi lo scudo (io te lo dono) e porta via il guerriero. Questo è un nuovo inganno
questo destriero che va così veloce per l’aria; e non escogitato dal mago Atlante per sottrarre Ruggiero al
impicciarti oltre del castello; o prendi uno o due ami- suo destino. L’animale lo porta in un’isola meravi-
ci e lascia gli altri; o prendili pure tutti. gliosa, dove abita la maga Alcina. Il paladino di-
scende sull’isola, lega l’animale ad un cespuglio e si
33. Di più non ti chiedo se non che tu mi lasci il mio rinfresca ad un ruscello. Il destriero si spaventa e
Ruggiero. E, se proprio me lo vuoi togliere, ti prego, strappa alcune foglie all’albero, che incomincia a
prima che tu lo riconduca in Francia, di sciogliere lamentarsi. Rivela di essere Astolfo, cugino di Orlan-
quest’anima afflitta dalla sua scorza ormai putrida e do e di Rinaldo, quindi narra la sua storia: Alcina si
rancida!” Risponde la donna: “Io voglio porre in li- era innamorata di lui, ma ben presto si era stancata e
bertà proprio lui; tu, se vuoi, gracchia e ciancia. l’aveva trasformato in albero, come aveva fatto con
tutti gli altri suoi amanti. Astolfo mette in guardia
34. E non offrirmi di dare lo scudo in dono, né quel Ruggiero dalle arti della maga, ma Ruggiero non lo
destriero, perché essi sono miei, non più tuoi. E, se ascolta: dimentica Bradamante e i suoi doveri, si la-
anche tu avessi il potere di prenderli e di darli, non mi scia affascinare dalla bellezza di Alcina (che incarna
sembrerebbe che lo scambio convenisse. Tu dici che la lussuria) e si abbandona ai piaceri e ai divertimen-
tieni Ruggiero nel castello per evitargli il nefasto in- ti, finché la maga Melissa (simbolo della ragione) su
flusso delle stelle. sollecitazione di Bradamante non lo libera dagli in-
cantesimi della sorella viziosa.
35. Ma, o tu non puoi conoscere o, pur conoscendolo,
non puoi schivargli ciò che il cielo ha prescritto per Commento
lui, perché, se non vedi il tuo male, che è così vicino, 1. Il mago Atlante è un vecchio che ha riversato tutto
ancor peggio puoi prevedere il male altrui, che deve il suo affetto su Ruggiero, che ama come un figlio.
ancora giungere. Per il paladino egli stravede: lo considera il più bel
giovane che vive tra l’uno e l’altro polo. Per sottrarre
36. Non pregare che io ti uccida, le tue preghiere sa- Ruggiero al destino di morte che lo attendeva, se si
rebbero vane; e, se proprio vuoi la morte, anche se fosse sposato, egli costruisce un primo e poi un se-
tutto il mondo te la negasse, dalle proprie mani la può condo castello incantato, dove lo tiene prigioniero.
sempre avere l’animo forte. Ma, prima che io separi Per rendergli la vita più gradita e per alleviargli il pe-
la tua anima dal corpo, apri le porte a tutti i tuoi pri- so della mancata libertà, imprigiona con lui anche al-
gionieri”. Così dice la donna, ed intanto spinge il ma- tre donne e cavalieri. Egli pensa di catturare il nuovo
go verso la rocca. Atlante se ne andava legato con la sfidante, come aveva fatto con tutti i guerrieri prece-
sua catena e, dietro di lui, veniva la donna, che era denti. Ma non vuole ricorrere subito alle sue arti ma-
ancora diffidente, benché all’apparenza paresse tutto giche. Prima vuole tirare qualche bel colpo di lancia e
sottomesso. di spada. L’abitudine a vincere però lo rende impru-
dente: scende da cavallo e si avvicina al guerriero ca-
duto, convinto d’averlo tramortito con lo scudo. Ma
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 146
si sbaglia, ed è reso inoffensivo e legato con la sua può prevedere il destino lontano di Ruggiero, quando
stessa catena. Egli è stizzito per essere stato sconfitto: non è riuscito a prevedere il suo destino vicino. I ten-
aveva escogitato un piano così perfetto per sottrarre tativi del mago non hanno successo, ma alla fine del
Ruggiero al suo destino, ed ora giunge Bradamante a poema Ruggiero è salvo.
rovinargli tutto! Egli però non si dà per vinto; e osti- 5. Con ironia, indulgenza, ma anche disincantato pes-
natamente prima con le parole, poi con l’inganno cer- simismo il poeta mostra gli uomini così come sono:
ca di rendere vana la vittoria della donna. Alla fine molte dame e cavalieri avrebbero preferito rimanere
riesce a spingere Ruggiero a salire sull’ippogrifo, che nel castello, dove vivevano in mezzo agli agi e alle
fa andare nell’isola della maga Alcina, a 3.000 miglia soddisfazioni, e rinunciare alla libertà. L’ironia e
di distanza. La maga pratica a tempo pieno la lussu- l’indulgenza sono anche l’ultima spiaggia del poeta di
ria. Qui almeno il suo protetto per qualche tempo non fronte alla realtà del suo tempo: la situazione politica
avrebbe corso rischi... era dominata dalle forze irrazionali della violenza e
2. Bradamante si prepara accuratamente allo scontro della guerra; e la vita di corte era caratterizzata dal
con il mago: non vuole lasciare niente al caso o al- servilismo, dall’adulazione e dall’inganno.
l’improvvisazione. Inoltre si è procurata la protezione 6. L’episodio è pieno di colpi di scena, che ne rendo-
e i consigli della maga Logistilla, simbolo della ra- no più coinvolgente l’ascolto. La cosa più importante
gione, sorella della maga Alcina e della maga Melis- è però la tesi che sta dietro alle ottave: gli imprevisti
sa. La donna si era dimostrata abile guerriera già nel- sono la norma, le precauzioni si rivelano inutili, e ciò
lo scontro con Sacripante, davanti agli occhi di Ange- che si è dimostrato utile in una circostanza può rive-
lica; ora si dimostra anche astuta, logica e con la lin- larsi dannoso in un’altra. Sacripante ha un colpo di
gua tagliente: il mago non può promettere di dare ciò fortuna, è solo con Angelica in mezzo alla foresta, si
che non è più suo; e, se vuole la morte, può darsela prepara a violentarla, ma è sbalzato da cavallo e non
con le sue mani. La donna mostra di professare una ha più il coraggio di riprendere lo stupro interrotto. Il
concezione pragmatica della violenza: se serve si usa, mago Atlante ama vedere qualche bel colpo di spada:
altrimenti non si usa. Sta tagliando il collo al mago; una piccola debolezza senile. È abituato a vincere e
ma, quando vede che è un vecchio, si ferma; e, spinta diventa imprudente. Bradamante lo imprigiona. Più
da una curiosità tipicamente femminile, chiede perché avanti (canto XXIII) Orlando paga a caro prezzo la
ha costruito il castello e sfida i guerrieri. Mentre agi- sua conoscenza dell’arabo, che in molte altre occa-
sce, dimentica i dubbi che hanno preceduto l’azione, sioni gli aveva salvato la vita. L’Orlando furioso si
e si dimostra totalmente efficiente e funzionale. rivela un trattato politico molto più complesso e mol-
3. Bradamante è il personaggio più positivo del poe- to più raffinato del Principe di Machiavelli.
ma. È la donna guerriera, che sa affrontare e vincere 7. Ariosto è in contatto con Machiavelli, di cui medita
fatti naturali e sovrannaturali. È forte, coraggiosa, ed applica il pensiero negli anni difficili in cui è go-
astuta, intelligente, logica, prudente, capace di ironia vernatore in Garfagnana (1522-25). Al di là delle
e di sarcasmo. È anche femminilmente curiosa e giu- forme letterarie (poema da una parte, trattato politico
stamente insicura e titubante davanti a circostanze di dall’altra), i due autori affrontano gli stessi problemi
cui non ha il completo controllo, nonostante le sue e sono accomunati da un pessimismo di fondo verso
precauzioni e il suo coraggio. È capace di abbinare la realtà e verso gli uomini, anche se nel poeta è ad-
forza, intelligenza, astuzia, dialettica, a seconda delle dolcito dall’ironia e dall’indulgenza, nell’uomo poli-
circostanze. La prima volta che compare nel poema, tico dalla fiducia nella virtù e nell’impeto con cui si
disarciona Sacripante, che sta pensando di violentare devono affrontare e superare gli ostacoli.
Angelica. E, comunque, anche lei ha le sue “debolez- ---I☺I---
ze” e le sue “follie”: è innamorata di Ruggiero, il
“farfallino” del poema, bello, desiderato e concupito
da tutte le donne. E lei ha deciso di portarlo ad ogni
costo all’altare, costi quel che costi. Lei non ama il
saggio Astolfo, preferisce l’uomo più bello, grazioso,
irresponsabile e leggero del poema... Dunque, nean-
che lei è perfetta! O forse Ruggiero è il male minore
tra un Orlando, che è fortissimo ma psicologicamente
fragile, e un Astolfo che è noiosamente saggio e dedi-
to a fare azioni sagge? L’imperfezione e la pazzia per
Ariosto sono quindi l’accompagnamento costante del-
la vita umana. Ed anche voler essere troppo saggi è
una pazzia.
4. Con l’episodio del mago Atlante il poeta continua
la sua riflessione sul destino: il mago non si rassegna
alla sorte di Ruggiero e combatte per sottrarlo alla
morte. Bradamante però, giudiziosamente e con un
ragionamento impeccabile, gli fa notare che egli non
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 147
Ruggiero nell’Isola della maga Alcina e la ceva paura. E scuote tanto violentemente il mirto, a
storia di Astolfo, VI, 19-47 cui è legato, che strappa numerose fronde. Scuote il
mirto e strappa le foglie, ma non riesce a slegarsi da
esso.
Il mago non accetta di essere stato sconfitto da Bra-
damante, perciò spinge Ruggiero a salire sull’ippo- 27. Come talvolta un ceppo, che abbia l’interno rado
grifo, un cavallo alato, che lo porta lontano nell’isola e vuoto, e che sia messo a bruciare, dopo che il calore
della maga Alcina, che saprà come trattenerlo. ha consumato l’aria umida che contiene, risuona
all’interno, e con strepito bolle tanto, che l’umore in-
19. Dopo che l’ippogrifo ha percorso una grande di- fuocato trova la via per uscire; così mormora, stride e
stanza in linea retta e senza mai piegarsi, con larghe si lamenta quel mirto offeso, e alla fine spezza la cor-
ruote, ormai stanco di correre, incomincia a calarsi teccia.
sopra un’isola [...].
28. Con il suono mesto e flebile uscì un discorso
20. Non vide paese né più bello né più felice dal cielo sciolto e chiaro, che dice: “Se tu sei cortese e pietoso
dove aveva volato; né, se avesse cercato in tutto il come dimostri dal bell’aspetto, leva questo animale
mondo, avrebbe visto un paese più ameno di questo, dal mio alloro. La mia sventura mi flagella abbastan-
dove, dopo aver fatto un largo giro, l’uccello discese za, e non c’è bisogno che un’altra pena, un altro dolo-
portando con sé Ruggiero: c’erano pianure coltivate e re venga a tormentarmi da fuori”.
colli delicati, acque limpide, rive ombreggiate e prati
molli. 29. Al primo suono di quella voce Ruggiero volge il
viso e si alza subito. E, poiché si accorge che usciva
21. Boschi meravigliosi di soavi allori, di palme e di dall’alloro, resta stupefatto più di quanto non sia mai
mirti profumati, cedri ed aranci che avevano frutti in- stato. Subito corre a levare il destriero, e con le guan-
trecciati in varie forme e tutte belle, facevano riparo ce rosse dalla vergogna dice: “Chiunque tu sia, o spi-
alla calura estiva con le loro spesse chiome. Tra quei rito umano, o dea dei boschi, perdonami!
rami con voli sicuri se ne andavano cantando gli usi-
gnoli. 30. Il non aver saputo che sotto le ruvide scorze si na-
scondeva uno spirito umano mi ha spinto a danneg-
22. Tra le rose rosse ed i gigli bianchi, che l’aria tie- giare le tue fronde e a ingiuriare il mirto in cui vivi.
pida conserva sempre freschi, si vedevano sicuri lepri Ma non trattenerti, per questo, di dirmi chi sei tu, che
e conigli. I cervi, con la fronte alta e superba, pasco- con la voce e con l’anima razionale vivi dentro un
lavano o ruminavano, senza temere d’essere uccisi o corpo orrido ed irto. Ti auguro che il cielo tenga la
catturati. Saltano i daini ed i capri snelli ed agili, che grandine sempre lontana da te!
sono in gran numero in quei luoghi campestri.
31. E, se ora o mai potrò riparare questa offesa con
23. Quando l’ippogrifo è così vicino a terra, che il qualche beneficio, ti prometto, in nome di quella
salto è meno pericoloso, Ruggiero in fretta si lancia donna (=Bradamante) che tiene la miglior parte di
dalla sella, e si ritrova sul manto erboso. Tuttavia ser- me, che io farò, con le parole e con le azioni, che tu
ra le redini in mano, perché non vuole che il destriero abbia un buon motivo per lodarti di me”. Come Rug-
riprenda il volo. Poi lo lega in riva al mare ad un mir- giero smette di parlare, il mirto trema dalla cima al
to, che sorge tra un alloro ed un pino. piede del tronco.
24. Pone lo scudo lì vicino, dove sorgeva una fontana 32. Poi si mette a sudare sulla corteccia, come tronco
circondata da cedri e da palme feconde. Si toglie appena trascinato fuori del bosco, che sente venire la
l’elmo dalla fronte e i guanti di ferro dalle mani. Ed forza del fuoco, poiché ogni riparo è risultato inutile.
ora verso il mare, ora verso il monte volge la faccia E comincia: “La tua cortesia mi spinge a scoprirti nel-
all’aria fresca e ristoratrice, che con un lieto mormo- lo stesso tempo chi io ero prima e chi mi abbia tramu-
rio fa tremolare le alte cime dei faggi e degli abeti. tato in mirto su questa spiaggia amara.
25. Bagna le labbra asciutte nell’onda chiara e fresca, 33. Il mio nome fu Astolfo. Ero paladino di Francia
e con la mano agita l’acqua, affinché dalle vene gli assai temuto in guerra. Ero cugino di Orlando e di
esca il calore che gli ha acceso la corazza che indos- Rinaldo, la cui fama non ha limiti, ed avrei ereditato
sava. Né c’è da meravigliarsi se essa gli dà noia, per- il trono inglese dopo mio padre Ottone. Fui bello e
ché non aveva fatto una sfilata in un torneo, ma, sen- leggiadro, tanto che feci innamorare di me più di
za mai fermarsi e con le armi addosso, aveva fatto di qualche donna. E alla fine offesi me soltanto.
corsa tremila miglia.
34. Io ritornavo dalle Isole Lontane, che l’Oceano
26. Mentre si ristora con l’acqua, il destriero, che bagna da Levante al mare delle Indie, dove Rinaldo e
aveva lasciato all’ombra tra le frasche, cerca di fuggi- alcuni altri cavalieri erano stati richiusi con me in un
re, spaventato da qualcosa che dentro al bosco gli fa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 148
carcere oscuro e profondo e da cui fummo liberati poi gli successe. Alcina venne a confortarmi, e tutto
dalle supreme forze del cavaliere di Brava (=Orlan- quel giorno e la notte successiva mi tenne sopra quel
do), e venivo verso Ponente, seguendo il litorale sab- mostro.
bioso, che è spazzato dai venti settentrionali.
43. Finché venimmo a questa isola bella [...].
35. E come ci trasse la nostra strada e il nostro duro e
traditore destino, una mattina giungemmo sopra una 46. [...] La maga Alcina mi teneva in grande delizia, e
bella spiaggia, dove un castello della potente maga ardeva tutta quanta del mio amore; né si accese una
Alcina sorge sul mare. Noi la trovammo che era usci- fiamma più piccola nel mio cuore, alla vista di lei,
ta dal castello e che stava sulla riva del mare tutta so- così bella e cortese.
la. Senza reti e senza ami essa trascinava sulla spiag-
gia tutti i pesci che voleva. 47. Io mi godevo le sue membra delicate: mi sembra-
va che in essa si fosse raccolto tutto il bene che è di-
36. I delfini vi correvano veloci; il grosso tonno vi viso in più parti fra gli uomini, a chi ne tocca in misu-
veniva a bocca aperta; i capidogli con i vecchi pesci ra maggiore, a chi in misura minore e a chi niente del
marini vengono turbati dal loro pigro sonno. Muli, tutto. Non mi ricordavo né della Francia né di
salpe, salmoni e coracini nuotano a schiere più in nient’altro. Stavo sempre a contemplare quel volto:
fretta che possono; pistici, fisiteri, orche e balene ogni mio pensiero, ogni mio proposito finiva in lei, né
escono dal mare con le loro schiene mostruose. si allontanava da lei”.
37. Vediamo una balena, la più grande che si fosse Astolfo è felice dell’amore che la maga prova per lui.
mai vista per i mari: undici passi e più mostra le sue Questo amore però finisce con la stessa rapidità con
spalle fuori delle onde salate. Tutti insieme cadiamo cui era incominciato: dopo tre mesi la maga si stanca
nello stesso errore, perché era ferma e perché non si di lui e lo trasforma in mirto. Così il paladino non
era mai mossa: credemmo che essa fosse un’isoletta, può andare in giro a sparlare di lei; e lei arricchisce il
così distanti tra loro erano testa e coda. suo giardino.
38. La maga Alcina faceva uscire i pesci dall’acqua Riassunto. Dopo un lungo volo con l’ippogrifo Rug-
con semplici parole e con puri incantesimi. Ella era giero discende su un’isola meravigliosa. Scende da
nata con la fata Morgana, non so dire se contempora- cavallo, lega l’animale a un cespuglio e si rinfresca il
neamente, o prima, o dopo. La maga Alcina mi guar- volto accaldato con l’acqua di un ruscello lì vicino.
dò, e subito le piacque il mio aspetto, come mostrò Ma il cavallo si imbizzarrisce e il cespuglio si mette a
subito. E pensò di separarmi dai compagni con parlare. Lo prega di slegare le briglie del cavallo dal
l’astuzia e con l’ingegno. E il piano le riuscì. suo fusto, perché lo feriscono. Ruggiero lo fa. Poi il
cespuglio racconta la sua storia. È Astolfo, uno dei
39. Ci venne incontro con il viso lieto e con modi paladini di Carlo Magno. La maga Alcina lo vede, se
graziosi e riverenti, e disse: “O cavalieri, se vi fa pia- ne innamora, lo separa dai suoi compagni, quindi lo
cere di restare oggi con me, vi farò vedere, mentre porta nella sua isola. Qui gli dichiara il suo amore.
pesco, specie differenti di tutti i pesci: quello che ha Astolfo è felice e a sua volta si sente innamorato. E
le scaglie, quello che è molle, quello che ha il pelo. folleggia con la donna. Lei si dedicava sempre a lui e
Essi saranno più numerosi delle stelle che sono nel lui a lei. Pensava che l’amore fosse eterno, ma dopo
cielo. tre mesi lei si stanca di lui e lo trasforma in cespuglio,
con cui adorna il suo giardino, come aveva fatto con
40. E, se volete vedere una sirena, che con il suo dol- tutti gli amanti precedenti. Così abbellisce il giardino
ce canto accheta il mare, passiamo da questa all’altra e lui non va in giro a sparlare di lei.
spiaggia, dove a quest’ora è sempre solita tornare”. E
ci mostrò quella balena grandissima, che, come dissi, Commento
pareva un’isoletta. Io, che fui sempre avventato nelle 1. Astolfo è il più saggio, il più razionale e il più re-
decisioni (e me ne rincresce), salii sopra quel pesce. sponsabile dei paladini... Orlando, il più forte dei pa-
ladini, diventa pazzo soltanto perché una donna lo ha
41. Rinaldo mi accennava, come Dudone, di non an- respinto. Ruggiero non ha né tempo, né voglia, né ca-
dare; ma non servì a niente. La maga Alcina, con il pacità per preoccuparsi di se stesso: ci pensa il mago
viso sorridente, lascia gli altri due e sale dietro di me. Atlante o Bradamante e, comunque, è sempre gradito
La balena, pronta a partire, se ne andò a nuoto per le e desiderato per la sua bellezza, e, finché non si spo-
onde salate. Mi pentii subito della mia sciocchezza, sa, può stare sicuro. Anche Astolfo però ha le sue de-
ma ormai mi trovavo troppo lontano dalla spiaggia. bolezze: si vanta perché ha fatto innamorare più di
qualche donna di sé (non dice però come abbia fatto).
42. Rinaldo si cacciò nell’acqua a nuoto per aiutarmi E non si dimostra troppo rapido di mente, perché non
e quasi annegò, perché si alzò un vento furioso, che capisce l’intenzione che la maga ha su di lui. Rinaldo
coprì di nuvole il cielo ed il mare. Non so che cosa almeno cerca di sottrarlo alle grinfie della donna. Poi
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 149
però, dopo i primi momenti di timore, è contento dei ragione si dimostrava incapace di interpretare e ancor
propositi e della disponibilità amorosa della maga. più di dominare gli avvenimenti politici che dramma-
Non ha molte pretese per essere contento: basta che ticamente si susseguivano. Occorreva una rete con-
una donna s’innamori di lui (o almeno lo dica). Non cettuale più vasta, occorreva la rete del mondo
si accorge nemmeno di essere un uomo-oggetto: la dell’immaginazione, da lanciare sulla realtà. Lo stru-
donna lo usa (e lui è contento), si stanca e lo butta. O, mento era all’altezza della situazione: erano più in-
meglio, poiché non vuole sprecare niente dei suoi credibili i fatti che accadevano nella realtà o i fatti
amanti, lo trasforma in mirto per il suo giardino. È immaginati nel poema? Era più incredibile l’inva-
vero però che non se la prende troppo della sua sven- sione dell’Italia oppure un cavallo che vola o un dia-
tura di essere stato trasformato in mirto: il ricordo dei logo tra un uomo e un mirto?
piacevoli momenti passati con la maga ha il soprav- ---I☺I---
vento. E, fedele alla sua saggezza, dà a Ruggiero
buoni consigli che il paladino non ascolta. In seguito La maga Alcina, VII, 9-19
riacquista le sembianze umane e va sulla luna per ri-
prendere il senno di Orlando. Qui scopre che non Ruggiero incontra la maga Alcina nel suo castello. E
aveva tutto il suo senno, come credeva... non può credere che sia malvagia, come gli ha detto
2. La maga Alcina rappresenta la donna lussuriosa, Astolfo, trasformato in mirto, perché è bellissima.
che ha e che pratica una concezione sensuale dell’a-
more. Essa ha le idee chiare su ciò che vuole dalla vi- 9. La bella Alcina venne un pezzo avanti, verso Rug-
ta: soddisfazioni fisiche procurate da una processione giero fuori delle prime porte, e lo accolse con un
interminabile di amanti, che licenzia e trasforma in aspetto signorile, in mezzo alla bella e onorata corte.
alberi, non appena la stancano. In tal modo, giudizio- Da tutti gli altri tanto onore e tante riverenze furono
samente, unisce il dilettevole – gli amanti – all’utile – fatte al forte guerriero, che non potrebbero far più, se
il possesso di un bel giardino –: gli amanti, una volta Dio fosse sceso tra loro dal cielo più alto.
usati, vengono trasformati in piante e vanno ad arric-
chire il vasto giardino dell’isola... La donna però in 10. Il bel palazzo era eccellente non tanto perché vin-
tal modo ottiene anche un altro risultato: evita che es- ceva ogni altro palazzo per ricchezza, quanto perché
si, per il fatto di essere stati licenziati, si vendichino e aveva la più piacevole gente che fosse al mondo e di
sparlino di lei. Il proprio buon nome va sempre dife- più gentilezza. Poco era differente l’un dall’altro per
so... età fiorita e per bellezza: soltanto Alcina era la più
3. Davanti ad Astolfo le reazioni della maga sono ve- bella di tutti, così come il sole è più bello d’ogni stel-
locissime: lo vede, se ne innamora subito, escogita e la.
attua il piano di isolarlo dai suoi compagni e di rapir-
lo, quindi dichiara il suo amore. Dopo tre mesi, men- 11. Di persona era tanto ben formata, quanto di me-
tre il paladino è ancora “innamorato”, lei è già stanca glio i bravi pittori sanno immaginare. Ha la bionda
e lo trasforma in un bel cespuglio. La donna è indub- chioma lunga e annodata: l’oro non risplende né ab-
biamente lussuriosa, ma Astolfo ha l’innamoramento baglia di più. Sulle guance delicate si spargeva un co-
facile e di poche pretese, poiché cerca soltanto la lore misto di rose e di ligustri. e di terso avorio aveva
soddisfazione dei sensi. la fronte lieta, che completava il volto in una giusta
4. La maga Alcina si inserisce nella galleria di perso- proporzione.
naggi femminili creati dal poeta: Angelica, l’ideale
concreto di femminilità; Bradamante, la donna astuta 12. Sotto i due neri e sottilissimi archi delle sopracci-
e guerriera; la maga Alcina, la donna lussuriosa e glia aveva due occhi neri, anzi due chiari soli, pietosi
sensuale. Il poema presenta però numerosi altri per- a riguardare, a muovere parchi. Intorno ad essi pare
sonaggi femminili, ognuno dei quali si distingue e si che l’Amore scherzi e voli, e che da lì tutta la faretra
caratterizza rispetto a tutti gli altri. scarichi e che visibilmente rubi i cuori. Da qui il naso
5. Con la figura di Alcina Ariosto rovescia la figura scende in mezzo al viso, che l’invidia non trova
sociale della donna, che in genere è sempre passiva. neanche un punto da migliorare.
Con la figura di Astolfo riversa la sua ironia sulla fi-
gura maschile: il paladino è l’uomo più saggio del 13. Sotto il naso sta, quasi fra due vallette, la bocca
poema, ma senza opporre alcuna resistenza perde la sparsa di nativo cinabro. Qui due filze sono di perle
testa per la prima donna che incontra e che si dice elette, che un bello e dolce labbro chiude ed apre. Da
“innamorata” di lui. Egli prima subisce l’amore, poi qui escono le cortesi parolette da render molle ogni
subisce la trasformazione in mirto. Nell’ipotesi mi- cuor rozzo e scabro. Qui si forma quel soave sorriso,
gliore quindi gli uomini sono passivi e succubi delle che apre a sua posta il paradiso in terra.
donne...
6. I poemi tradizionali erano opere d’evasione oppure 14. Bianca neve è il bel collo, e il petto è latte; il collo
che celebravano il lettore-committente. Ariosto riesce è tondo, il petto colmo e largo. Due pomi acerbi, e
a trasformare la sua opera in uno strumento di cono- pure fatti d’avorio, vanno e vengono come onda al
scenza e di valutazione della realtà del suo tempo. La primo margine (=sulla spiaggia), quando una brezza
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 150
piacevole combatte il mare. Argo con i suoi cento oc- Angelica e l’eremita, VIII, 47-50
chi non potrebbe vedere le altre parti. Ben si può giu-
dicare che corrisponde a quel che appare di fuori quel Angelica in una delle sue numerose disavventure fini-
che si nasconde. sce nelle mani di un eremita, che la consola con pa-
role belle e devote e intanto le accarezza i seni e le
15. Le braccia mostrano la loro giusta misura; e la guance rigate di lacrime. Poi cerca di andare oltre…
candida mano spesso si vede lunghetta alquanto e di
larghezza angusta, dove né nodo appare né vena ec- 47. L’eremita comincia a confortarla con alcuni ra-
cede. Alla fine si vede il breve, asciutto e rotondetto gionamenti belli e devoti. E, mentre parla, pone le
piede della persona augusta. Gli angelici sembianti mani audaci ora per il seno, ora per le gote bagnate di
nati in cielo non si possono celare sotto alcun velo. lacrime. Poi più sicuro cerca di abbracciarla, ella sde-
gnosetta lo percuote con una mano sul petto e lo re-
16. In ogni parte del suo corpo aveva teso un laccio spinge, e si tinge tutta di onesto rossore.
(=una trappola), che parli, sorrida, canti o muova un
passo. Non c’è da meravigliarsi se Ruggiero è cattu- 48. Egli, che aveva una tasca a lato, la aprì e ne trasse
rato, poiché la trova tanto ben disposta verso di lui. un’ampolla di liquore; e negli occhi possenti, onde
Quel che di lei aveva già sentito dire dal mirto sfavilla la più rovente fiaccola ch’abbia Amore,
(=Astolfo), che è perfida e malvagia, poco gli giova, spruzzò di quel leggermente una stilla, che ebbe la
perché non gli sembra che l’inganno o il tradimento capacità di farla dormire. Giace supina sulla sabbia a
possano stare con un così soave sorriso. tutte le voglie del vecchio rapace.
Riassunto. La maga Alcina viene incontro a Ruggiero 49. Egli l’abbraccia e la tocca a piacere, ma ella dor-
e lo accoglie con un volto gentile. La corte della don- me e non può difendersi. Ora le bacia il bel petto, ora
na lo riceve con onore e riverenze. La maga era la più la bocca. E nessuno lo vede in quel luogo selvaggio e
bella di tutti i presenti. Aveva un corpo ben formato, solitario. Ma nell’incontro il suo destriero (=il pene)
le guance color di rosa, la fronte color dell’avorio. trabocca, perché il corpo infermo non risponde al suo
Aveva occhi che lanciavano frecce. Aveva la bocca desiderio. Non era più adatto, perché aveva troppi
rossa, due file di denti che sembravano perle e un sor- anni; e potrà fare peggio, quanto più lo costringi.
riso luminoso. Il petto era colmo e largo. I seni erano
acerbi e oscillanti. Si può pensare che quel che teneva 50. Tenta tutte le vie, tutti i modi, ma quel pigro roz-
nascosto sotto le vesti fosse bello come quello che si zone (=il pene) non per questo salta. Invano gli scuo-
vedeva. Ogni parte del suo corpo era un laccio amo- te il freno e lo tormenta. Non riesce a fargli tenere al-
roso. Non c’è da meravigliarsi se Ruggiero è cattura- ta la testa. Alla fine si addormenta presso la donna e
to. Saperla perfida e malvagia, come aveva detto un’altra nuova sciagura ancora lo assalta: la Fortuna
Astolfo, poco gli giova, perché è impensabile che non comincia mai per poco, quando piglia a scherno e
l’inganno e il tradimento possano stare con un sorriso a gioco un mortale.
così soave.
Riassunto. L’eremita cerca di confortare Angelica e
Commento le palpeggia i seni e le guance bagnate di lacrime. Poi
1. Ruggiero incontra la maga Alcina nel suo palazzo cerca di abbracciarla, ma lei lo respinge. Lui allora la
e circondata dalla sua corte. La donna è bellissima e addormenta con una goccia di liquore. Lei è distesa
non potrebbe essere più bella. Ogni parte del suo cor- sulla sabbia, nelle sue mani. Lui l’abbraccia e la tocca
po è attraente e si trasforma in una trappola amorosa. a piacere, ella dorme e non può difendersi. Le bacia il
Il guerriero sa da Astolfo che è perfida e malvagia, petto e la accarezza, poi cerca di violentarla, ma il
ma poco gli giova, perché non gli sembra che corpo infermo non risponde al desiderio e il suo arne-
l’inganno o il tradimento possano stare con un sorriso se non reagisce. Invano cerca di fargli alzare la testa.
così soave. Alla fine si addormenta accanto alla donna.
2. Le bellezze della maga nascoste sotto le vesti sono
appena accennate. Sono ampiamente descritte invece Commento
quelle di Olimpia, che era stata offerta come cibo 1. Il vecchio eremita ha Angelica nelle sue mani.
all’orca (XI, 67-71). Prima la palpeggia, poi cerca di violentarla, ma il suo
3. La maga Alcina era una ninfomane, sempre affa- rozzone non ce la fa. Insiste, ma invano: non ne vuol
mata di sesso, come le donne dell’excursus di Astol- proprio sapere. Allora si addormenta accanto alla
fo, re dei Longobardi, e Giocondo (XXVIII, 1-74). donna. Ariosto sviluppa più volte il tema dell’eroina
Ma le ninfomani esistono soltanto nei romanzi o nei in mortale pericolo, che poi, in un modo sempre sor-
poemi come questo e sono una semplice proiezione prendente, esce indenne dai guai. Il tópos rimane an-
dei desideri maschili. cora oggi nei romanzi d’intrattenimento e nei film più
---I☺I--- o meno d’autore. Il lettore o lo spettatore, come la let-
trice o la spettatrice si immedesimano nella situazione
di pericolo, senza però correrla materialmente.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 151
2. Un altro paradosso del poema: l’eremita ha Ange- E, dopo alcuni singhiozzi, incominciò a parlare con
lica nelle sue mani, addormentata e distesa sulla sab- scioltezza a voce fioca e lamentosa, ma non proseguì,
bia, insomma in suo potere e pronta all’uso. E po- perché lo fece restare dentro il gran rumore che si
trebbe possederla, ma il suo armese non ce la fa. Egli sentì nel mare.
lo stimola, ma invano, alla fine desiste dal suo propo-
sito e la donna è “salva”, lo stupro non è consumato. 100. Ecco apparire lo smisurato mostro mezzo nasco-
3. “Il destriero” è il pene dell’uomo, che non nitrisce sto nell’onda e mezzo sorto. Come un lungo naviglio,
né scalpita più: sono ricordi della giovinezza. Ma il sospinto da Borea o da Ostro, suole venire ad attrac-
desiderio sessuale rimane pure forte, anche in un cor- care in porto, così la bestia orrenda viene al cibo, che
po ormai debilitato dagli anni. In seguito Ruggiero si le è mostrato. E l’intervallo è breve. La donna è mez-
prepara a fare la stessa cosa (sempre) con Angelica, za morta di paura, né per il conforto altrui si rassicu-
ma il suo “arnese” (=l’armatura) gli fa perdere tempo ra.
(X, 114). Il paladino non riesce a slacciarla e a to-
gliersela in fretta e ancora una volta la donna è salva. [Ruggiero combatte strenuamente contro il mostro.
4. Dopo il mago Atlante (IV, 15-40) il vecchio eremi- Alla fine lo stordisce con lo scudo fatato, fa salire
ta è il secondo personaggio anziano che si incontra Angelica sul cavallo alato e parte velocemente: il mo-
nel poema. Ma i due vecchi sono accomunati sola- stro non è morto.]
mente dagli anni. Per il resto sono del tutto diversi.
Lo scrittore presta attenzione anche ai vecchi. 114. Qui il bramoso cavaliere fermò l’audace corso
---I☺I--- del cavallo, discese nel prato e fece raccogliere al suo
destriero le penne, ma non a un altro [uccello] che più
Angelica legata allo scoglio, X, 95-115 le aveva distese. Sceso del destriero, appena si trat-
tenne di salire l’altro [uccello]; ma l’arnese (=l’arma-
Angelica è legata nuda a uno scoglio, per essere sa- tura) lo trattenne, lo trattenne l’arnese, che doveva
togliere, e contro il suo desiderio aveva messo le
crificata al mostro marino che minaccia il villaggio.
sbarre [all’uccello].
Ma dal cielo arriva il salvatore.
115. In fretta e furia, si levava confusamente le armi
95. La fiera gente inospitale e cruda alla bestia crude- ora da questo, ora da quel lato. Non gli parve in altra
le espose sulla spiaggia la bellissima donna, così occasione di impiegare tanto tempo, perché, se scio-
ignuda come Natura prima la compose. Non ha nep- glieva un laccio, ne annodava due. Ma, o Signore, il
pure un velo, in cui richiudere i bianchi gigli e le canto è ormai troppo lungo e forse anche l’ascolto vi
vermiglie rose (che non appassiscono a luglio né a è divenuto gravoso. Così io rimando la mia storia a
dicembre), di cui sono cosparse le sue membra levi- un altro momento, in cui sia più gradita.
gate.
Riassunto. La gente inospitale aveva legato Angelica
96. Ruggiero avrebbe creduto che fosse una statua nuda allo scoglio, per darla in pasto all’orca assassi-
finta o d’alabastro o d’altri marmi pregiati, così av- na. Per caso Ruggiero passa di lì, vede la donna, pen-
vinta sullo scoglio per motivi artistici da abili sculto- sa che sia una statua, ma si accorge che piange e poi
ri, se non vedeva la lacrima distinta tra fresche rose e la riconosce. Allora scende per liberarla. Ma proprio
candidi ligustri ricoprire di rugiada i pomi acerbi dei in quel momento esce dal mare l’orca. Il paladino e il
seni, e l’aria sventolare le chiome dorate. mostro ingaggiano una durissima lotta. Alla fine il
primo stordisce l’animale, che giace esanime. Poi li-
97. E, come nei begli occhi fissò i suoi occhi, si ri- bera Angelica, la fa salire sul suo cavallo e spiccano
cordò della sua Bradamante. Pietà e amore a un tem- il volo. Fa scendere il cavallo in un boschetto, cerca
po lo trafissero e appena si trattenne di piangere. E di liberarsi in fretta e furia delle armi, per violentare
disse dolcemente alla donzella, dopo che frenò le la donna, ma si intrica con le sue mani e perde tempo.
penne del suo destriero: “O donna, degna soltanto A questo punto il poeta tronca il canto, perché è già
della catena con cui Amore mena legati i suoi servi, troppo lungo e non vuole annoiare il suo Signore. Il
lettore immagina il seguito: Ruggiero alla fine si libe-
98. e ben di questo e d’ogni male indegna, chi è quel ra delle armi e con soddisfazione violenta la ragazza.
crudele che con una volontà perversa, legandoti al Ma ha una sorpresa… Ruggero e anche lo spettatore.
sasso in preda a un livore importuno, segna l’avorio
terso di queste belle mani?” Forza è che, a quelle pa- Commento
role, ella divenga quale è un bianco avorio asperso di 1. Lo scrittore nota che la donna con le mani cercava
grani (=arrossisca), vedendo di sé quelle parti ignude, di coprire come poteva il suo corpo nudo, ma invano.
che la vergogna nasconde, anche se sono belle. Sottolineando il suo pudore, Ariosto accende ancor
più i desideri degli ascoltatori di frullare la ragazza.
99. E si sarebbe coperta il volto con la mano, se non 2. Il canto potrebbe essere intitolato: La bella, la be-
erano legate al duro sasso; del pianto, che almeno non stia e l’eroe. La diade (senza l’eroe) o la triade (con
le era tolto, lo cosparse, e si sforzò di tenerlo basso.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 152
l’eroe) diventano un tópos letterario e, nel secolo 66. E nella luce dei begli occhi accende lo strale dora-
scorso, anche cinematografico. I contrasti sono sia sul to e lo smorza (=raffredda) nel ruscello, che scende
piano fisico, sia sul piano di mondo interiore dei tre tra fiori bianchi e rossi: e, dopo averlo temprato, tira
protagonisti. L’orca è la furia cieca, la furia distrutti- di forza contro il giovane, che né scudo difende, né
va, che pretende vittime in nome della sua forza. De- maglia doppia, né scorza di ferro, che, mentre sta ad
ve soddisfare la sua fame. ammirare gli occhi e le chiome della donna, si sente il
3. Ruggiero cerca di togliersi le armi in fretta e furia, cuore ferito, e non sa come.
perché Angelica è nuda ed egli vuole cogliere l’oc-
casione per violentarla. Ma nella fretta si ingarbuglia 67. Le bellezze d’Olimpia erano di quelle che sono
con le sue mani, spreca tempo, e Angelica scompare più rare: non aveva belle soltanto la fronte, gli occhi,
grazie all’anello magico. Così l’occasione sfuma. Era le guance e le chiome, la bocca, il naso, gli omeri e la
durata soltanto pochi secondi e il ritardo, seppur mi- gola; ma, discendendo giù dalle mammelle, le parti
nimo, impedisce di cogliere il colpo di fortuna. che soleva coprire con la veste, furono di tanta eccel-
4. Il poeta tronca il canto all’improvviso, perché la lenza, che forse potevano essere anteposte a tutte
storia ormai è divenuta troppo lunga e potrebbe esse- quelle che il mondo (=le altre donne) aveva.
re anche noiosa. Lo farà anche con la storia della paz-
zia di Orlando (XXIII, 136). Possiamo anche non 68. Vincevano di candore le nevi intatte ed erano più
credergli e pensare che abbia voluto interrompere il che avorio lisce a toccare. Le poppe rotondette pare-
canto sul più bello: i suoi lettori e i suoi ascoltatori vano latte che hai appena appena tolto dai giunchi
immaginavano già lo stupro della bella Angelica. Ma [dove era stato messo a cagliare]. Fra loro discendeva
rimandando lo stupro e poi non realizzandolo, evita un tale spazio, quale vediamo che mostrano le valli
che ricada la vergogna sugli eroi positivi del suo ombrose fra colli piccolini, nella stagione più favore-
poema. vole, quando l’inverno le ha appena ricoperte di neve.
5. Anche un’altra donna fa la fine di Angelica ed è
legata al sasso, per essere sacrificata, è pero salvata 69. I fianchi abbondanti e le belle anche, il ventre
fortunosamente da Orlando. Si chiama Olimpia ed era piatto, levigato più che uno specchio, e le cosce bian-
stata abbandonata dal marito (XI, 67-71), che (a che parevano fatti al tornio da Fidia o da una mano
quanto pare) era del tutto insensibile alla sua bellezza. ancora più esperta. Vi devo dire anche di quelle parti,
Ed anche lei avrebbe pagato in natura, se non ci fos- che ella pure desiderava invano celare? Dirò insom-
sero stati degli imprevisti. Ma intanto Oberto vede e ma che in lei dal capo ai piedi, quanta bellezza può
descrive minuziosamente Olimpia dalla testa ai piedi esistere, tutta si vede.
e il lettore si immedesima in lui e nella paradisiaca
visione che ha. La vita si ripete, ma, come diceva 70. Se fosse stata nelle valli Idee vista da Paride, il
Guicciardini, gli esempi non sono mai uguali agli pastore frigio, io non so quanto Venere, anche se vin-
esempi precedenti. ceva le altre dee, avesse portato il vanto di essere la
---I☺I--- più bella. Né forse sarei andato nelle contrade Ami-
clee a violare il santo ospizio; ma avrei detto: “Resta
Olimpia è vista nuda da re Oberto, XI, 64- con Menelao, Elena pure; perché io non voglio altra
71 [donna] che questa”.
Riassunto. Ricciardetto dice di essere la donna che 3. Chi vuole passi tre o quattro pagine, senza leggerne
Fiordispina amava e di aver subito un incantesimo, verso, e chi pur vuole leggere, gli dia quella medesi-
che lo ha trasformato in uomo. Fiordispina ci crede, si ma credenza che si suole dare a finzioni e a fole. Ma
scioglie e si concede con passione. Ricciardetto ne ritorniamo al nostro racconto. Dopo che vide i pre-
approfitta e se la frulla per qualche mese, con soddi- senti pronti ad ascoltarlo e a fargli spazio davanti al
sfazione reciproca. Poi la cosa si viene a sapere. cavaliere (=Rodomonte), l’oste incominciò così la
Giunge alle orecchie del re, che condanna il giovane storia.
ad esser bruciato vivo, una situazione incresciosa, da
cui lo toglie l’intervento di Ruggiero. Poi egli raccon- 4. «Astolfo, re dei Longobardi, quello a cui il fratello
ta al salvatore tutta la storia, con il compiacimento di monaco lasciò il regno, fu nella sua giovinezza così
un maschio che racconta ad un altro maschio le sue bello, che mai pochi altri giunsero a quel grado di
imprese amorose. bellezza. Con il pennello Apelle o Zeusi (o se vi è
qualcuno più abile di loro) avrebbe a fatica disegnato
Commento un’immagine altrettanto bella. Era bello, ed a ciascu-
1. L’episodio mette in scena due giovani che si incon- no appariva bello: ma egli di molto si riteneva ancor
trano per caso: Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo, più bello.
Ricciardetto lo ripaga raccontandogli la sua storia.
Per frullare Fiordispina, dice di essere la donna che la 5. Egli non stimava tanto di avere ognuno a lui infe-
ragazza amava e di essere stato trasformato in uomo riore per l’altezza del suo grado, perché di genti e di
da un incantesimo… La donna ci crede, si scioglie e ricchezza era il maggiore di tutti i re vicini; quanto
si concede. I due frullano come matti per alcuni mesi, che di presenza e di bellezza aveva per tutto il mondo
ma poi il sovrano lo viene a sapere e sono guai. l’onore del primo posto. Godeva di questo, sentendosi
2. Fiordispina credeva di essere o voleva essere lesbi- lodare, quanto di cosa che si ode più volentieri.
ca, ma provava soltanto un profondo sentimento di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 159
6. Tra i suoi cortigiani aveva assai grato Fausto Lati- come voglio ritornare al più tardi fra due mesi. Né il
ni, un cavaliere romano. Con questi sovente si lodava re mi farebbe oltrepassare d’un giorno il segno (=la
ora del bel viso ora della bella mano. Un giorno gli data del ritorno), neanche se mi donasse metà del suo
domandò se mai aveva veduto, vicino o lontano, un regno.”
altro uomo con un aspetto così bello. Contro quello
che si aspettava, gli fu risposto. 14. Ma la donna non si riconforta. Dice che si piglia
troppo tempo; e, se al ritorno non la trova morta, non
7. “Dico” rispose Fausto, “che secondo che io vedo e può essere se non gran meraviglia. Il dolore, che
che sento dire da tutti, nella bellezza hai pochi pari al giorno e notte la fa penare, non le lascia gustare cibo
mondo, e questi pochi io li restringo ad uno soltanto. né le lascia chiudere occhio, tanto che per la compas-
Quest’uno è un mio fratello, detto Giocondo. Eccetto sione Giocondo spesso si pente di aver fatto la pro-
lui, ben crederò che tu ti lasci molto indietro ognuno messa al fratello.
per la bellezza. Credo che soltanto costui ti raggiunga
e ti sorpassi.” 15. Ella si sciolse dal collo un suo monile, che aveva
una crocetta ricca di gemme e di sante reliquie che un
8. Al re parve impossibile udire una cosa simile, per- pellegrino boemo raccolse in molti luoghi. Costui,
ché fino ad allora aveva ritenuto sua la palma della venendo a morte, l’aveva lasciata in eredità al padre
bellezza; e gli venne un grande desiderio di conoscere di lei, che lo aveva ospitato in casa quand’era tornato
il giovane che era stato così lodato. Fece pressioni su infermo da Gerusalemme. Se la levò e la diede al ma-
Fausto, che dovette promettere di far venire qui il fra- rito.
tello, benché sarebbe stato difficile indurlo a venire.
E gli disse la causa: 16. Lo prega che la porti al collo per suo amore, af-
finché si ricordi sempre di lei. Il dono piacque al ma-
9. suo fratello era un uomo che in vita sua non aveva rito, che lo accettò, non perché il monile dovesse far-
mai messo piede fuori di Roma; si era dedicato con gli ricordare la moglie: né il tempo né l’assenza, né la
tranquillità e senza affanni al bene che la Fortuna gli buona o la cattiva fortuna, a cui andava incontro, po-
aveva concesso; né aveva mai accresciuto né diminui- tevano mai far vacillare quella memoria salda e forte
to la roba, che il padre gli aveva lasciato in eredità. che ha sempre di lei e che avrà anche dopo la morte.
Ed a lui Pavia parrebbe lontana più che ad un altro
non parrebbe Tanais sul mar Nero. 17. La notte, che precedette l’aurora che fu il termine
estremo per la partenza, pare che muoia in braccio al
10. Ma la difficoltà maggiore sarebbe stata riuscire ad suo Giocondo la moglie, che tra poco deve restare
allontanarlo dalla moglie, con cui era legato da tanto senza di lui. Nessuno dorme; e un’ora prima del gior-
amore, che se lei non voleva una cosa, neanche lui no il marito viene per l’ultimo saluto. Montò a caval-
poteva volerla. Pure, per ubbidire a lui che gli è si- lo e partì effettivamente. La moglie si ricoricò nel let-
gnore, disse che andava e che avrebbe fatto l’im- to.
possibile. Alle preghiere il re aggiunse tali offerte e
tali doni, che non gli lasciò alcun motivo per rifiutar- 18. Giocondo non aveva ancora percorso due miglia,
si. che si ricordò della crocetta, che la sera prima aveva
messo sotto il guanciale e che poi per dimenticanza
11. Così partì, e in pochi giorni si ritrovò a Roma aveva lasciata lì. “Lasso!” diceva tra sé, “quale scusa
dentro le case paterne. Qui pregò tanto, che smosse il mai troverò che risulti accettabile, affinché mia mo-
fratello e lo persuase a venire dal re. E, benché fosse glie non creda che il suo amore infinito sia da me po-
difficile, riuscì anche a tacitare la cognata, mostran- co gradito?”
dole il bene (=i vantaggi) che ne deriverebbe, oltre
all’obbligo che egli avrebbe sempre avuto verso di 19. Pensa ad una scusa, ma si accorge che essa non
lei. sarebbe accettabile né buona, se manda servi o se vi
manda altra gente, ma non vi andasse egli stesso di
12. Giocondo fissò il giorno della partenza. Intanto persona. Si ferma e al fratello dice: “Ora sprona len-
trovò cavalli e servitori. Si fece fare dei vestiti per tamente fino al primo albergo di Baccano, perché de-
mostrarsi elegante, perché talvolta un bel manto ac- vo per forza ritornare a Roma. Credo però di poterti
cresce la bellezza. La moglie, di notte al suo fianco e raggiungere per strada.
di giorno intorno a lui, con gli occhi di tanto in tanto
pieni di pianto, gli dice che non sa come potrà sop- 20. Nessun altro potrebbe fare il mio bisogno, e non
portare la sua lontananza senza morire; dubitare, perché io sarò ben presto con te.” Voltò il
ronzino di trotto, disse a Dio (=lo raccomanda a Dio,
13. perché, soltanto a pensarci, nel fianco sinistro si lo saluta) e non volle con sé alcun servo. L’oscurità
sente strappare il cuore dalle radici. “Deh, o vita mia, della notte incominciava già a fuggire davanti al sole,
non piangere” le dice Giocondo, e tra sé e sé egli non quando passò il fiume Tevere. Smonta da cavallo, en-
piange di meno; “questo viaggio mi sia felice, così
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 160
tra in casa e va al letto. Qui ritrova la consorte pro- 28. A Fausto rincresce di vedere il fratello ridotto a
fondamente addormentata. un simile stato, ma molto più gli rincresce di apparire
del tutto bugiardo a quel principe, davanti al quale lo
21. Alzò la cortina senza dir parola, e vide quello che aveva lodato. Aveva promesso di mostrargli il più
meno credeva di vedere: la sua casta e fedele moglie, bello di tutti gli uomini e invece gli mostrava il più
sotto la coltre, giaceva in braccio a un giovane. Rico- brutto. Ma, continuando la sua via, lo condusse con
nobbe subito l’adultero, per la lunga pratica che ne sé fin dentro a Pavia.
aveva. Era un garzone della sua servitù, di umili ori-
gini, che egli aveva allevato. 29. Non vuole che il re lo veda all’improvviso, per
non mostrarsi privo di giudizio. Ma con una lettera lo
22. Se restò attonito e scontento, è meglio pensarlo e avvisa in anticipo che suo fratello arriva appena vivo;
dare credito ad altri, piuttosto che farne mai esperien- e che all’aria del bel viso un affanno di cuore (ac-
za di persona, come con gran dolore fece costui. As- compagnato da una febbre perniciosa) era stato tanto
salito dallo sdegno, provò il desiderio di estrarre la nocivo, che più non pareva quello che era di solito.
spada e di ucciderli ambedue. Ma l’amore che, a suo
dispetto, porta all’ingrata moglie, glielo impedì. 30. Il re gradì la venuta di Giocondo quanto si può
gradire la venuta di un amico. Al mondo non aveva
23. L’Amore, questo dio briccone (vedi quanto l’a- desiderato cosa altrettanto, che vedere lui. Né gli di-
veva fatto suo servo), non gli permise nemmeno di spiacque di vederlo secondo, e rimanere dietro [a lui]
destarla, per non darle il dolore che egli la cogliesse per la bellezza, anche se riconosce che, se non fosse
in fallo così grande. Quanto più poté, uscì di casa ammalato, gli sarebbe superiore o uguale.
senza far rumore, scese le scale e rimontò a cavallo.
E, spronato dall’amore, così spronò il cavallo, che 31. Quando giunge, lo fa alloggiare nel suo palazzo,
raggiunse il fratello prima che questi giungesse lo visita ogni giorno, ne chiede notizie continuamen-
all’albergo. te. Si dà da fare in tutti i modi che sia a suo agio, e si
impegna assai e prova piacere ad onorarlo. Giocondo
24. A tutti parve che fosse cambiato nel volto, tutti invece è abbattuto, perché lo rode sempre il pensiero
videro che non aveva il cuore lieto. Ma non vi è alcu- malvagio che ha della moglie che lo ha tradito. Né lo
no che indovini neppure lontanamente la causa e pos- spettacolo dei giochi, né l’ascolto della musica pos-
sa penetrare nel suo segreto. Credevano che li avesse sono diminuire il dramma del suo dolore.
lasciati per andare a Roma e invece era andato a Cor-
neto. Tutti capiscono che l’amore è la causa del male, 32. Le sue stanze, che sono le ultime presso il tetto,
ma nessuno sa dire in che modo. hanno davanti una sala antica. Qui si ritraeva i solitu-
dine, perché ogni diletto ed ogni compagnia gli era
25. Il fratello pensa che sia addolorato perché ha la- insopportabile, aggiungendo sempre al petto di più
sciata la moglie sola. Invece egli è pieno di rabbia e gravi pensieri nuova fatica. Ma qui trovò (chi lo cre-
di dolore per il motivo contrario, perché era rimasta derebbe?) chi lo sanò della sua piaga sanguinante.
troppo accompagnata. L’infelice sta con la fronte cor-
rugata e con le labbra gonfie di pianto, e guarda sol- 33. In capo alla sala, dove è più buio, perché non si
tanto per terra. Fausto, che usa ogni mezzo per con- usa di aprire le finestre, vede che il palco si congiun-
fortarlo, conclude poco, perché non ne sa la causa. ge male con il muro, e fa uscire un raggio di luce più
chiaro. Pone qui l’occhio, e vede quello che sarebbe
26. Gli unge la piaga con un unguento contrario e, duro a credere a chi lo udisse raccontare. Egli non lo
dove dovrebbe togliere, gli accresce il dolore, dove ode da altri, ma lo vede con i suoi occhi. Ma neanche
dovrebbe farla rimarginare, più la apre e la rende ai suoi occhi vuole proprio credere.
pungente. Gli fa questo ricordandogli la moglie. Non
riposa né di giorno né di notte: il sonno fugge lontano 34. Attraverso la fessura scopriva tutta la stanza più
con il desiderio di mangiare, ed egli non riesce mai a segreta e più bella della regina: nessuna persona vi
prenderlo. La faccia, che prima era così bella, si cam- verrebbe introdotta, se ella non l’avesse ritenuta mol-
bia a tal punto, che non sembra più quella. to fedele. Poi, guardando, vide che un nano era avvi-
ticchiato con quella in una strana lotta: e quel piccoli-
27. Pare che gli occhi si nascondano nella testa (=so- no era stato così bravo, che aveva messo la regina di
no completamente infossati). Il naso pare accresciuto sotto.
nel viso scarno. Gli resta così poca bellezza, che non
potrebbe fare alcun paragone. Con il dolore venne 35. Attonito e stupefatto, e credendo di sognare, Gio-
una febbre così molesta, che lo fece soggiornare nelle condo stette per un pezzo a guardare. E, quando vide
acque del fiume Arbia e dell’Arno. E, se aveva con- che ciò accadeva realmente e non in sogno, credette a
servato qualcosa di bello, ben presto restò come una se stesso. “A un mostro gobbo e deforme dunque”
rosa colta [e lasciata] al sole. disse, “si sottomette costei, che ha per marito il re più
52. Il giovane romano parve rimanere molto contento 60. La fanciulla, impietosita, rispondendo: “Credi”
di quello che il re aveva detto. Dunque ben fermi in diceva, “che non lo desidero meno di te. Ma non pen-
tale proposito, cercarono tra le molte montagne e in so che sia né il luogo né il tempo qui, dove tanti occhi
molte pianure. Infine trovarono, secondo il loro inten- ci guardano.” Il Greco soggiungeva: “Sono certo che,
to, la figlia di un oste spagnolo, che aveva un albergo se tu mi ami un terzo di quel che io ti amo, tu troverai
nel porto di Valenza, bella di modi e bella di presen- almeno in questa notte il modo per poterci godere un
za. poco insieme.”
53. Era ancora tenerella sul fiorire della sua primave- 61. “Come potrò” gli diceva la fanciulla, “se di notte
ra e di età ancora acerba. Il padre era gravato di molti giaccio sempre in mezzo a loro due e con me ora
figli ed era nemico mortale della povertà (=tirchio e l’uno ora l’altro si trastulla e sempre a uno di loro mi
avido). Così fu facile convincerlo a dar loro la figlia trovo in braccio?” “Questo per te non sarà una diffi-
in possesso; che potessero condurla dove piacesse lo- coltà” soggiunse il Greco, “perché ben ti saprai to-
ro, dopo che avevano promesso di trattarla bene. gliere da questo impaccio e uscire di mezzo loro, pur-
ché tu lo voglia. E devi volerlo, se t’importa qualcosa
54. Pigliano la fanciulla, e ne hanno piacere ora l’uno di me.”
ora l’altro in carità e in pace, come a vicenda i manti-
ci che danno, ora l’uno ora l’altro, fiato alla fornace. 62. Ella pensa alquanto, poi gli dice di venire quando
Quindi se ne vanno a vedere tutta la Spagna, e passa- potrà credere che ognuno dorma; e pianamente come
rono poi nel regno di Siface (=in Africa). Il giorno convenga fare, e lo informa dell’andare e del tornare.
che partirono da Valenza vennero ad albergare a Zat- Il Greco, come ella gli aveva indicato, quando sente
tiva (=Jativa). dormire tutta la torma (=padroni e servi), viene
all’uscio e lo spinge, e quello gli cede. Entra pian pia-
55. I padroni vanno a vedere strade e palazzi, luoghi no e va a tentoni con il piede.
pubblici e chiese, perché hanno l’abitudine di pigliare
simili piaceri in ogni città in cui entrano come pere- 63. Fa lunghi passi, e si appoggia sempre sul piede di
grini. Invece la fanciulla resta con la servitù. Altri dietro. Pare che muova l’altro come se temesse di ur-
servi badano ai letti, altri ai ronzini, altri hanno cura tare oggetti di vetro. Non pare che debba calpestare il
che sia apparecchiata la cena al rientro dei loro signo- terreno, ma le uova. E tiene la mano davanti a sé con
ri. lo stesso proposito. Va brancolando finché non trova
il letto: e là dove gli altri avevano le piante dei piedi,
56. Nell’albergo stava come servo un garzone, che si cacciò silenziosamente con il capo in avanti.
già stette al servizio del padre in casa della giovane, e
di essa fu amante fin dai primi anni, e godette del suo 64. Fra l’una e l’altra gamba di Fiammetta, che gia-
amor. Si riconobbero subito, ma non lo diedero a ve- ceva supina, venne diritto. Quando le fu a pari, la ab-
dere, perché ognuno di loro temeva di esser notato. bracciò stretta e si tenne sopra di lei fin quasi all’alba.
Ma non appena i padroni e la servitù glielo per- Cavalcò forte e non andò a staffetta, perché non do-
misero, si guardarono tra loro negli occhi. vette mai mutare bestia. Questa pare a lui che trotti
così bene, che non ne vuole scendere per tutta notte.
57. Il servo domandò dove ella andasse e quale dei
due signori l’avesse con sé. La Fiammetta (così aveva 65. Sia Giocondo sia il re avevano sentito il calpestio
nome, e quel garzone il Greco) raccontò il fatto a che aveva scosso il letto per tutta la notte; e sia l’uno
puntino. “Quando sperai che venisse, ohimè!, il tem- sia l’altro, ingannati dallo stesso errore, avevano cre-
po” il Greco le diceva, “di vivere con te, Fiammetta, duto che fosse il compagno. Dopo che ebbe fornito il
anima mia, tu te ne vai, e non so se ti rivedrò mai più. suo camino, il Greco se ne tornò com’era venuto. Il
sole lanciò i suoi raggi dall’orizzonte (=giunse l’al-
58. I miei dolci progetti si fanno amari, poiché tu sei ba). Fiammetta si alzò e fece entrare i paggi.
di un altro e da me ti allontani. Con gran fatica e gran
sudore io avevo messo da parte alcuni danari, che 66. Il re, motteggiando, disse al compagno: “Fratello,
avevo avanzato dai miei salari e dalle mance di molti devi aver fatto molto cammino; ed è ben tempo che ti
ospiti. E progettavo di tornare a Valenza, domandarti riposi, quando sei stato a cavallo tutta notte.” Gio-
a tuo padre per moglie e sposarti.” condo rispose a lui di rimando e disse: “Tu dici quel-
76. Passando fra quei mucchi, il paladino chiede [no- 83. Esso era come un liquido sottile e molle, facile da
tizie] alla guida ora di questo ora di quello. Vide un evaporare, se non si tiene ben chiuso, e si vedeva rac-
monte di vesciche piene d’aria, entro le quali si senti- colto in diverse ampolle, chi più chi meno capienti,
vano tumulti e grida. Seppe che erano le antiche co- adatte a quello scopo. La più grande di tutte era quel-
rone degli Assiri, dei Lidi, dei Persiani e dei Greci, la in cui era versato il gran senno del folle signore di
che un tempo furono illustri e che ora sono quasi sco- Anglante (=Orlando) ed era distinta dalle altre, per-
nosciuti. ché fuori aveva scritto “Senno d’Orlando”.
77. Vede lì vicino in gran quantità rami d’oro e 84. Allo stesso modo tutte le altre ampolle avevano
d’argento: erano i doni che si fanno a re, a principi e a scritto il nome di coloro, dei quali era stato il senno.
protettori con la speranza di ricevere ricompensa. Il duca (=Astolfo) vide gran parte del suo senno, ma
Vede lacci nascosti nelle ghirlande e chiede e ode che molto più meravigliare lo fecero molti, che egli cre-
deva che non ne avessero neanche un briciolo di me-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 166
no e che qui davano chiaramente la notizia che ne te- troppo stanca. E lo scrittore deve variare i sapori, i
nevano poco, perché la maggior parte era in quel luo- colori e i profumi.
go. 2. Ariosto tratteggia la sua filosofia della follia: l’u-
manità – vuoi per un motivo, vuoi per un altro – è tut-
85. Alcuni lo perdono in amore, altri negli onori, altri ta pazza. Tanto vale essere indulgenti. Prima dell’in-
[lo perdono] in cerca di ricchezze percorrendo i mari, dulgenza però c’è una capacità acutissima ed anche
altri nelle speranze dei signori, altri [lo perdono] cor- amara di vedere le cose, gli uomini, le spinte più pro-
rendo dietro a magiche sciocchezze (=le scienze oc- fonde (e niente affatto nobili) delle loro azioni. Chis-
culte), altri in gemme, altri [lo perdono] in opere di sà, forse gli uomini trovano nella pazzia il senso della
pittori ed altri in altro che apprezzano più di ogni al- loro esistenza, che non hanno saputo trovare nella ra-
tra cosa. Qui è raccolto molto senno di filosofi e di gione. La descrizione della corte, che pure era il luo-
astrologi ed anche di poeti. go ideale in cui vivere, è precisa, pacata e disincanta-
ta. Ma la realtà, gli uomini non si possono cambiare.
86. Astolfo prese il suo, perché glielo permise l’auto- 3. Il mondo poetico di Ariosto si può opportunamente
re dell’oscura Apocalisse. Egli si mise soltanto sotto confrontare con i valori e gli ideali, che emergono
il naso l’ampolla, in cui era, e pare che quello se ne dalla Gerusalemme liberata di Tasso, che è scritta e
sia andato al suo posto. Turpino (=un amico del pala- pubblicata qualche decennio dopo (1581). Ariosto ha
dino) da quel momento in poi confermò che Astolfo una visione scettica e disincantata della vita: gli uo-
visse saggiamente per lungo tempo, ma che un errore, mini perdono il loro tempo in cose superficiali, per
che fece poi, fu la causa che gli levò il cervello quanto volute e piacevoli; e devono fronteggiare quo-
un’altra volta. tidianamente circostanze impreviste ed imprevedibili.
Tasso crede intimamente nei valori sociali e religiosi
87. Astolfo prese l’ampolla più capiente e più piena, che canta, e propone un poema incentrato sul motivo
nella quale si trovava il senno, che doveva rendere religioso – la liberazione del santo Sepolcro da parte
saggio il conte Orlando. E non è così leggera, come dei crociati – e sulla lotta tra il bene ed il male, con la
stimò quando essa era nel mucchio con le altre. vittoria finale del bene. Sia i caratteri dei due poeti sia
la situazione umana e culturale in cui scrivono sono
Astolfo porta l’ampolla a Orlando, gliela fa annusa- completamente diversi: Ariosto scrive nel Rinasci-
re, e il cervello, quasi per miracolo, torna al suo po- mento maturo (1490-1530) e mostra le infinite com-
sto. Così Orlando può ritornare a combattere e rove- binazioni della vita; Tasso scrive dopo il concilio di
sciare le sorti traballanti dell’esercito cristiano. Il Trento (1545-63), nell’età della Controriforma, e si
poema si conclude con un duplice lieto fine: la vitto- preoccupa di riportare il lettore ai doveri sociali e re-
ria dell’esercito cristiano su quello pagano; e il ma- ligiosi, costantemente minacciati dal fascino dei beni
trimonio di Bradamante con Ruggiero (che intanto si e dei valori mondani.
è fatto cristiano). Le nozze possono essere veramente 4. L’analisi che Ariosto fa dell’uomo, della società e
felici, perché non sono più minacciate dalla profezia, della realtà può essere opportunamente confrontata
secondo cui egli sarebbe morto dopo la loro celebra- con le riflessioni che Machiavelli fa confluire nel
zione. Principe (1512-13): il primo è ironico ed indulgente,
il secondo è pessimista ma fiducioso nella virtù del
Commento principe. Peraltro la “realtà effettuale”, che Machia-
1. Astolfo è il più saggio dei paladini e va sulla luna a velli si vanta di aver scoperto, non trova sempre un
recuperare il cervello di Orlando, perché l’esercito riscontro empirico: Ariosto descrive senza illusioni le
cristiano ha bisogno del paladino. Recuperare il sen- corti e i comportamenti meschini ed opportunistici
no per andare a combattere è indubbiamente un segno dei principi. Machiavelli invece attribuisce al principe
di saggezza e di razionalità... Nell’episodio il saggio una volontà super-umana, capace di opporsi e di im-
Astolfo (ma anche lui in seguito riperde il cervello...) porsi alla fortuna avversa, ma anche la passione poli-
presenta, commenta e, in alcuni casi, condanna dura- tica e una dedizione totale al bene comune, cioè a
mente le follie degli uomini. La condanna è dura e, conservare, a consolidare, ad allargare lo Stato e a di-
una volta tanto, senza indulgenza per quanto riguarda fenderlo da nemici interni ed esterni.
la miseria morale delle corti, sia dei cortigiani, sia dei ------------------------------I☺I-----------------------------
signori (eppure la corte per il poeta era il luogo ideale
in cui vivere), le promesse, non mantenute, che si
fanno a Dio quando si è morti, la donazione di Co-
stantino... Sulla donazione di Costantino era interve-
nuto Dante, con versi di estrema durezza (If XIX, 88-
117), ma anche Lorenzo Valla (1405-1457), che nel
1440 ne aveva dimostrato la falsità. I versi di questo
episodio sono gli unici in cui Ariosto condanna senza
ironia e senza indulgenza fatti umani. Ma anche ciò
rientra nel suo senso della misura e della varietà. Il
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 167
Niccolò Machiavelli (1469-1527) no un reato, meritevole di condanna al carcere o a
morte. Il principe quindi infrange, sì, le leggi della
morale (ciò però non lo dovrebbe preoccupare), ma in
La vita. Niccolò Machiavelli nasce a Firenze nel primo luogo infrange quelle dello Stato (ciò però lo
1469. Ha una discreta formazione letteraria, sulla deve preoccupare). Insomma né l’autore né i suoi
quale non sono rimaste molte notizie. Nel 1499 di- estimatori si sono mai accorti che il problema non ri-
venta capo della seconda cancelleria della repubblica guardava il principe e la “morale” della Chiesa, ma il
fiorentina. Come segretario svolge numerose amba- principe e le leggi dello Stato. Essi ignorano che i
sciate, sia nazionali che internazionali, che gli per- comandamenti della Chiesa derivavano dall’Antico
mettono di farsi una esperienza politica diretta. Nel testamento e, come leggi, regolavano la vita degli
1501 sposa Marietta Corsini, che gli dà quattro figli. ebrei in assenza dello Stato, e che da secoli erano stati
Nel 1512 a Firenze tornano i Medici, e Machiavelli è trasformati in leggi articolate dello Stato presso altri
estromesso dalla carica che ricopre. Nel forzato esilio popoli. Il riferimento più immediato è alle leggi delle
tra il 1512 e il 1513 porta a termine il Principe, la sua XII tavole dei romani (451-450 a.C.).
opera più nota, che dedica a Lorenzino de’ Medici. Machiavelli poi parla dell’omicidio (o dell’inganno)
Negli anni successivi cerca di avvicinarsi ai Medici, politico in riferimento a uno Staterello nuovo e in via
per ritornare sulla scena politica. Nel 1519 per inte- di consolidamento e si riferisce all’uccisione di qual-
ressamento del cardinale Giulio de’ Medici è assunto che altro pretendente al trono. Ma questa era soltanto
per due anni dallo Studio fiorentino; e nel 1525 può la situazione italiana, perché nel resto d’Europa le
ricoprire nuovamente cariche pubbliche. L’anno suc- monarchie erano consolidate da tempo e non erano
cessivo è nominato cancelliere, in vista di un eventua- minacciate da aspiranti al trono. Insomma egli non
le attacco dell’esercito imperiale. Nel 1526 i Medici tocca il problema generale se il principe debba assas-
sono nuovamente cacciati da Firenze. Il nuovo go- sinare o ingannare un altro suo pari, un altro principe
verno repubblicano lo ritiene troppo compromesso o, meglio, un altro nobile. Neanche i lettori critici si
con la signoria medicea, perciò lo esclude da ogni ca- sono accorti che l’omicidio riguardava un ambito as-
rica. Muore nello stesso 1527. sai circoscritto della società: i nobili. Machiavelli poi
afferma che, se tu non inganni l’avversario, lui in-
Le opere. Machiavelli scrive il Principe (1512-13), la ganna te, e perciò ti conviene anticiparlo. E tutto fini-
sua opera più famosa, i Discorsi sopra la prima deca sce lì. Non considera le reazioni l’ingannato, anche se
di Tito Livio (1513-17), Dell’arte della guerra (1519- dovevano essere fatte. Inoltre a proporre l’inganno in
20), la Vita di Castruccio Castracani (1519), le Isto- guerra non è Machiavelli, perché esisteva una vasta
rie fiorentine (1520-25), tutte opere che trattano ar- casistica che lo riteneva lecito fin dall’antichità, am-
gomenti politici o militari. Scrive anche due comme- piamente nota al suo tempo. In conclusione è Ma-
die, la Mandragola (1518), il capolavoro della com- chiavelli che ricorre alla valutazione morale e tira in
media italiana del Cinquecento, e Clizia (1524-25), e ballo la Chiesa, per poi dire che il principe deve esse-
una novella, la Favola (Belfagor arcidiavolo)(1518). re disposto anche ad andare contro la morale per di-
fendere lo Stato. La Chiesa è chiamata in causa ma
Il pensiero politico. Machiavelli è ritenuto il fondato- non c’entra affatto ed egli sbaglia bersaglio. A lui non
re della scienza politica dagli storici laici. A loro av- deve interessare ciò che pensa o che sbraita la Chiesa,
viso nel Medio Evo la politica era sottomessa alla deve fare i conti soltanto con la politica, vale a dire
morale, cioè alla Chiesa. Egli intende renderla auto- con le leggi dello Stato. O lo Stato, il suo Staterello,
noma: la morale ha le sue leggi, la politica ha le sue, non ha leggi? Ha bisogno dei dieci comandamenti
che non necessariamente coincidono. L’uomo politi- della Chiesa, per funzionare? La domanda corretta,
co, il principe, deve seguire le leggi della politica, che né lui né i suoi estimatori laici hanno formulato
non della morale. Ad esempio la morale dice di non (e dovevano formulare) era: il principe deve essere
uccidere. L’uomo politico invece, se è costretto dalle disposto ad andare contro le leggi dello Stato, che
circostanze, dev’essere disposto a uccidere. L’infra- vietano omicidio e furto, per mantenere e rafforzare
zione delle leggi morali però non è gratuita né arbitra- lo Stato? Un pensatore che non riesce nemmeno a
ria: l’uomo politico deve preoccuparsi di mantenere, formulare correttamente e chiaramente il problema
difendere e consolidare lo Stato. In nome di questo fondamentale della sua ricerca, non ha alcuna prepa-
compito superiore dev’essere disposto a tutto: ad usa- razione politica alle spalle, perciò non può dare con-
re la forza, l’astuzia, l’inganno, a venir meno alla pa- tributi significativi alla materia.
rola data, ad uccidere, ad usare anche la religione Nel Principe Machiavelli si richiama alla “realtà ef-
come strumento per consolidare il potere. fettuale”, alla realtà dei fatti, cioè a come gli Stati e
Sentendo queste parole, gli studiosi debitamente laici gli uomini sono effettivamente, non a come dovreb-
di Machiavelli si fregano le mani dalla contentezza, bero o potrebbero essere. E gli uomini sono stupidi e
perché il segretario fiorentino ha fatto un grande di- malvagi: vedono il loro interesse immediato e non
spetto alla Chiesa… Essi però non sanno o dimenti- quello più lontano; credono a ciò che vogliono e non
cano che non soltanto la “morale” dei preti, ma anche a ciò che vedono; promettono aiuto quanto non se ne
le leggi dello Stato vietano di uccidere. Lo considera- ha bisogno e non mantengono la promessa, se posso-
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no fare a meno di mantenerla. Il principe ha il compi- per gli eserciti stranieri di Francia, Impero Asburgico
to, che è come un dovere “superiore”, di piegarli alle e Spagna. E l’autore usa l’impeto e la foga (coscien-
esigenze dello Stato, perché senza lo Stato non c’è temente o no, non importa) per non esaminare tutti i
pace né vita civile. E tutto ciò che egli fa – l’inganno, vari aspetti dell’impresa e per non riflettere sulle al-
la frode, la violenza – deve essere giustificato, cioè leanze e contro alleanze degli Staterelli italiani du-
deve essere funzionale allo scopo prioritario, che è la raante la discesa in Italia e la risalita in Francia di
salvezza e il consolidamento dello Stato. È parados- Carlo VIII, re di Francia (1494-95).
sale però che lo scrittore si lamenti che gli uomini L’operetta termina citando alcuni versi di Petrarca,
non mantengano la parola data, mentre egli suggeri- che dovevano riscaldare gli animi e spingerli a cac-
sce al principe di non mantenerla, quando sono ciare gli stranieri,.
scomparse le circostanze che gliel’avevano fatta da- Nel corso del Cinquecento il pensiero politico di Ma-
re… Soltanto lui ha il “diritto” di non mantenerla? chiavelli suscita numerose discussioni e prese di po-
Nessun critico ha visto la contraddizione. Né l’autore sizione tra gli intellettuali. Esso è formalmente con-
né i suoi estimatori si chiedono mai se il principe dannato, ma sotto il nome di tacitismo è sostanzial-
possa ottenere in altro modo gli stessi risultati, né mente accolto dalla cultura politica e cortigiana, che
perché si debba privilegiare la violenza e l’inganno in genere lo riduce alla tesi semplicistica che il fine
come strumenti operativi. Poteva “denunciare” (ter- giustifica i mezzi, e lo applica ad ogni circostanza del-
mine tecnico) il trattato, l’accordo, nel momento stes- la vita. È condannato anche dalla Chiesa in quanto
so in cui gli risultava svantaggioso. E, ancora, né Ma- immorale: non si può giustificare pubblicamente un
chiavelli né i suoi seguaci laici si chiedono come rea- omicidio: se è necessario, si compie, e si tace, ma non
giranno le parti offese. Si lasceranno ingannare e tutto si sbandiera in piazza... Peraltro a fine secolo è un ge-
finisce lì oppure reagiranno con violenza e si orga- suita, Giovanni Botero (1544-1617), il suo maggiore
nizzeranno per attentare alla vita del principe? prosecutore o, meglio, l’effettivo iniziatore della
Nel Principe l’autore affronta anche un problema scienza politica nel senso moderno del termine. Nel
drammatico, quello della fortuna. Egli non ha più la 1589 pubblica Della ragion di Stato, un’opera didat-
fiducia dell’Umanesimo quattrocentesco, secondo cui tica e di ampio respiro che parla di politica, ma anche
l’uomo è artefice del suo destino. Ma non ha nemme- di popolazione, di economia e di geografia economi-
no il pessimismo rassegnato di chi crede che non si ca (tutti argomenti ignorati dallo scrittore fiorentino).
possa fare niente contro la sorte avversa. Egli propo- Essa si rivolge direttamente ai giovani principi, a cui
ne la virtù, cioè il valore, il coraggio, la previdenza, insegna in modo piano e sistematico le regole e i
l’audacia, come strumenti capaci di opporsi alla cat- comportamenti che l’uomo di governo deve imparare
tiva sorte. E fa l’esempio del fiume: il fiume in piena e poi applicare nella gestione del potere, per il bene di
rompe gli argini e allaga la campagna; ma, se si con- tutti, sudditi compresi.
solidavano gli argini quando era in secca, non sarebbe Botero però non ha spazio nelle storie della letteratu-
straripato o, almeno, avrebbe fatto meno danni. ra: è un gesuita, un prete, un ecclesiastico, un uomo
Quando la fortuna è favorevole, bisogna quindi pren- di Chiesa e di potere, da combattere perché (secoli
dere provvedimenti (serve denaro…), per quando es- dopo) impedisce l’unità d’Italia. È un nemico… a se-
sa non lo sarà più. In ogni caso la fortuna è donna, ed coli di distanza, oltre a ciò il suo italiano non riscalda
è amica dei giovani, che sono audaci e amano rischia- gli animi come quello di Machiavelli: è piano, quoti-
re, perché non hanno niente da perdere e tutto da diano, discorsivo, anche piatto. Di questo lo accusa-
guadagnare. Essa va presa con la forza e, sempre con vano i patrioti italiani dell’Ottocento, anticlericali
la forza, costretta a sottostare alla nostra volontà. anima e corpo, felici alle stelle che il principe andasse
Machiavelli ha ancora una concezione rinascimentale contro la morale ecclesiastica e incapaci di capire che
dello Stato: l’uomo politico è il principe, quasi un su- da secoli i comandamenti della Chiesa erano divenuti
peruomo, capace di fondare, difendere e mantenere lo leggi degli Stati e che il principe non andava soltanto
Stato-principato, cioè uno Stato che si estende su un contro la “morale” ecclesiastica, ma anche e soprat-
territorio limitato. Contemporaneamente in Europa tutto contro le leggi dello Stato. L’opera dell’ex ge-
esistevano ormai Stati nazionali di enorme estensio- suita insegna a gestire il potere con la conoscenza e
ne, che funzionavano grazie ad una complessa buro- non con i colpi di mano, è piana, comprensibilissima,
crazia e che avevano un forte esercito stabile. didattica, adatta al nobile studente che, come tutti gli
La sua ricerca vuole individuare le “leggi” della poli- studenti, ha poca voglia di studiare.
tica, per farle conoscere a Lorenzino de’ Medici, be-
neficiario dell’operetta, ma vuole anche fare un rega- Il Principe, 1512-13
lo finale, per risolvere un altro problema: spingere un
principe italiano – vale a dire lo stesso Lorenzino –, a Il Principe è scritto in pochissimi mesi tra il 1512 e il
prendere in mano la bandiera del riscatto nazionale 1513, quando Machiavelli è rimosso dalla sua carica
per cacciare gli stranieri fuori dell’Italia. Il pensiero in seguito al ritorno dei Medici a Firenze. Esso è di
politico e le indicazioni dello scrittore cercano quindi solito considerato dagli storici laici il primo trattato
di rispondere alla situazione italiana del tempo: di scienza politica nel senso moderno del termine, ma
l’Italia è ricca e indifesa, perciò è terra di conquista lo stesso Machiavelli li smentisce: vuole scrivere un
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 169
manuale, in cui riversa la sua esperienza decennale di Cap. XV: Le azioni per le quali gli uomini e
segretario della repubblica, e lo dedica a Lorenzino soprattutto i principi sono lodati oppure
de’ Medici, per chiedergli un posto di lavoro. Le basi biasimati
teoriche ed empiriche dell’opera sono: a) il richiamo
costante alla “realtà effettuale”, ai fatti reali; b) una 1. Resta ora da vedere quali debbano essere i modi e i
concezione pessimistica dell’uomo e della natura comportamenti di un principe verso i sudditi (=in
umana; c) la decennale (e modesta) esperienza politi- pubblico) e i collaboratori (=in privato). E, poiché io
ca dell’autore in ambito fiorentino e internazionale; so che molti hanno scritto su questo argomento, temo,
d) l’esperienza desunta dal comportamento dei sovra- se lo tratto anch’io, di essere ritenuto presuntuoso,
ni e dei principi del tempo; e) l’esperienza desunta perché, affrontando la materia, mi allontano comple-
dagli avvenimenti del passato (la storia greca, latina tamente dalle posizioni altrui. Ma, poiché il mio pro-
ed ebrea), che è astoricamente percepito come con- posito è quello di scrivere cosa utile a chi la com-
temporaneo. D’altra parte i suoi contemporanei si prende, mi è parso più conveniente andare dietro alla
comportavano allo stesso modo e gli umanisti del sec. realtà effettuale (=la realtà dei fatti) in discussione,
XV addirittura saltavano a piè pari il Medio Evo, per che a ciò che si immagina su di essi. E molti si sono
riallacciarsi direttamente alla civiltà romana. Il Medio immaginati repubbliche e principati che non si sono
Evo poi leggeva i testi secondo i quattro sensi delle mai visti né riconosciuti esistenti nella realtà. E c’è
scritture, che Machiavelli riduce a due: letterale e al- tanta differenza tra come si vive da come si dovrebbe
legorico. vivere, che colui che lascia quello che si fa per quello
I primi capitoli parlano di principati, cioè degli Stati che si dovrebbe fare, impara a rovinarsi, piuttosto che
(in realtà degli Staterelli italiani), che sono governati a preservarsi. Un uomo che in ogni occasione voglia
dal principe. L’autore li distingue in principati di vec- comportarsi bene, va inevitabilmente incontro alla
chia data o ereditari e in principati recenti, conquistati rovina in mezzo a tanti che si comportano non bene
con la forza o in altro modo. Ad essi aggiunge i prin- (=male). Perciò è necessario che un principe, che vo-
cipati ecclesiastici (cap. I-X). Poi parla dell’esercito e glia conservare il potere, impari a comportarsi non
dei rapporti che il principe deve avere con l’esercito bene (=male) e a usare questa sua capacità quando
(cap. XII-XIV). Quindi parla del comportamento del serve.
principe con gli altri principi, con i sudditi e quando è 2. Pertanto, lasciando da parte le cose che su un prin-
a capo dell’esercito (XV-XXIV). Infine parla della cipe sono state immaginate e discutendo di quelle che
fortuna e del suo influsso sulle azioni umane (cap. sono vere, dico che tutti gli uomini (quando si parla
XXV). L’ultimo capitolo è rivolto a Lorenzino de’ di essi, e soprattutto di principi, che sono posti più in
Medici, che lo scrittore invita a liberare l’Italia dai alto) sono giudicati per alcune di queste qualità, che
barbari, cioè dagli stranieri, perché il momento è op- recano loro o biasimo o lode. Così qualcuno è ritenu-
portuno (cap. XXVI). to generoso, qualcuno misero (=taccagno) (usando un
termine toscano, perché avaro nella nostra lingua è
L’opera è stata del tutto fraintesa: l’autore dice che è colui che cerca di arricchirsi anche con la rapina, in-
un regalo a Lorenzino de’ Medici in cambio di un po- vece misero è colui che risparmia eccessivamente);
sto di lavoro. La sua lettura perciò deve tener presen- qualcuno è ritenuto generoso nel far doni, qualcuno
te questa indicazione. Se è un regalo, vuol dire che rapace; qualcuno crudele, qualcun altro pietoso; uno
dice soltanto ciò che piace al principe e che tace ciò che rompe i patti, l’altro che mantiene la parola data;
che non piace. Ma gli storici laici, soprattutto i patrio- l’uno debole e vigliacco, l’altro deciso e coraggioso;
ti del Risorgimento, non l’hanno mai capito e non lo l’uno affabile, l’altro superbo; l’uno lussurioso, l’al-
hanno mai voluto capire: il Principe era un’occasione tro casto; l’uno sincero, l’altro astuto; l’uno ostinato,
troppo ghiotta per fare dell’anticlericalismo spicciolo l’altro disponibile; l’uno fermo nelle sue decisioni,
e per inveire contro la Chiesa, che impediva l’unifi- l’altro volubile; l’uno credente, l’altro non credente, e
cazione dell’Italia. Né hanno mai capito che il princi- così via. Ed io so che ognuno ammetterà che sarebbe
pe non andava contro la morale della Chiesa, ma con- molto lodevole che, di tutte queste qualità, un princi-
tro le leggi dello Stato. Ben altra cosa. Il suo pensiero pe avesse quelle che sono ritenute buone. Ma, poiché
politico si trova espresso senza condizionamenti nei non si possono avere tutte né osservare interamente,
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-17), perché le condizioni umane non lo permettono, è ne-
e, indirettamente, anche nella commedia Mandragola cessario che sia tanto prudente da saper fuggire l’in-
(1518). A parte le contraddizioni, gli errori e le omis- famia di quei vizi che gli farebbero perdere lo Stato, e
sioni, il Principe è scritto in un linguaggio nervoso ed astenersi da quelli che non glielo farebbero perdere,
affascinante, che va apprezzato, ieri come oggi. se vi riesce; ma, se non vi riesce, vi si può abbando-
nare con minore riguardo. E inoltre non si deve cura-
La versione in italiano moderno e commentata del re di cadere nell’infamia di quei vizi, senza i quali
Principe si trova in http://www.letteratura- difficilmente potrebbe conservare lo Stato, perché, se
italia- si considera bene tutta la questione, si troverà qualche
na.com/pdf/letteratura%20italiana/05%20MACHIAVELLI%20Pr qualità che appare virtù e, seguendola, lo porterà alla
incipe%20in%20italiano.pdf rovina; e qualcun’altra che appare vizio e, seguendo-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 170
la, gli darà sicurezza e benessere. Il principe, se vuole e consumo. Non occorre che ammazzi o faccia am-
mantenere il potere, deve perciò comportarsi in modo mazzare gli avversari politici. Al tempo di Dante a
tale da non perdere lo Stato. Firenze e in Italia si confiscavano i beni della parte
avversa e la si mandava in esilio.
Riassunto. Machiavelli si chiede come il principe si 1.3. Ma l’errore più insidioso a cui va incontro la
deve comportare in pubblico e in privato. E si richia- scelta della “realtà effettuale” è un altro: l’autore ha
ma alla “realtà effettuale”, cioè alla realtà dei fatti. visto i principi agire. E, per il fatto di aver visto, pen-
Egli vuole parlare di quel che effettivamente succede sa di aver capito tutto e di essere capace di compor-
e non di quello che dovrebbe succedere. Non intende tarsi come loro. Se bastasse guardare il maestro di
parlare di repubbliche ideali, che non sono mai esisti- bottega, per imparare un’arte, allora le scuole e gli
te; vuole fare un discorso utile. Quindi introduce una apprendistati sarebbero superflui. E invece si deve
serie di valori opposti, una virtù e il vizio corrispon- fare esperienza diretta, apprendistato, sotto il control-
dente: liberale-taccagno, pietoso-crudele, coraggioso- lo del magister. Lo scrittore non ha mai fatto espe-
vigliacco, credente-miscredente. E conclude che sa- rienza diretta di quello che vuole insegnare al princi-
rebbe molto lodevole se il principe avesse tutte le pe. Ha visto la realtà effettuale soltanto per il buco
qualità ritenute positive. Ma, poiché ciò è difficilis- della serratura. Inutile notare che i suoi lettori e am-
simo o impossibile, perché le condizioni umane non miratori non si sono mai accorti di questa sua svista.
lo permettono, allora deve evitare i vizi che gli fareb- Non basta vedere una partita a scacchi, per imparare a
bero perdere lo Stato e, se non vi riesce, può abban- muovere i pezzi e vincere la partita… I suoi estimato-
donarsi ai vizi che non glielo farebbero perdere. Il ri hanno esperienza politica meno di lui, sono studiosi
principe, se vuole mantenere il potere, deve perciò e si eccitano a sentire i suoi discorsi contro la Chiesa,
comportarsi in modo tale da non perdere lo Stato. che anch’essi odiano.
1.4. Una tesi paradossale: se il principe è costretto a
Commento comportarsi male, la colpa non è sua, ma degli uomi-
1. Il testo contiene l’espressione pregnante “realtà ef- ni che nella realtà si comportano sempre male… Ma-
fettuale”, cioè la realtà dei fatti, che distingue reci- chiavelli non sa quel che dice. L’autore poi dà per
samente i fatti dalle cose che sui fatti si sono imma- scontato che, comportandosi male, il principe rag-
ginate. Come applicazione di questo concetto segue, giunga i suoi scopi. Si esclude che il principe debba
subito dopo, il riscontro che c’è una frattura tra ciò comportarsi con intelligenza.
che si dovrebbe fare e ciò che invece si fa; e il consi- 1.5. Machiavelli non si accorge del paradosso in cui è
glio che si deve agire tenendo presente ciò che gli al- caduto senza accorgersene. Se gli uomini sono cattivi
tri fanno, non ciò che dovrebbero fare. Se si agisce in e cercano di fregarti, perché il principe fa eccezione?
base a come si dovrebbe agire, si causa inevitabil- Non è forse un uomo? E invece come mai e perché
mente la propria rovina. Perciò il principe deve impa- egli è “diverso” e si preoccupa del bene altrui, del
rare ad essere anche “non buono”, e deve saper usare “bene comune”, del bene dello Stato? O anche lui è
questa sua capacità, se è necessario, cioè se le circo- spinto dall’egoismo e dagli interessi personali? Egli
stanze lo richiedono. non fa nessuna domanda né dà alcuna risposta. Inoltre
1.1. L’autore si allontana subito dalla realtà effettuale l’autore non dice mai se il principe “tiene famiglia”,
che declama: parla di un principe italiano, del Quat- ma sembra di no, perché va a insidiare le donne al-
trocento, che sta conquistando e consolidando il pote- trui, cosa che lo scrittore invita a non fare. Il principe
re nel suo Staterello regionale e dimentica che al suo è un altro Callimaco, che pensa alle donne e le vuole
tempo i principi europei avevano risolto questo pro- possedere, e non pensa a fare gli interessi comuni. E
blema (la Spagna, ultima arrivata, è riunificata nel in effetti il principe è un trentenne, che non ama go-
1492) e dovevano preoccuparsi di governare lo Stato, vernare, invece ama i colpi di mano che provocano
come Botero (Della ragion di Stato, 1589) ben capi- ammirazione e ama giocare alla guerra.
sce. I lettori critici non hanno mai notato l’errore. 1.6. Deve risultare chiaro che il principe è un eroe so-
1.2. La scelta della “realtà effettuale” va incontro an- litario, che ha deciso di farsi strada nella vita. Non ha
che a un altro errore di falso empirismo, che si può amici, è uscito molto probabilmente dal volgo e ha
esprimere con un esempio: vedo un adulto che dà de- deciso di conquistare il potere. Non ha un gruppo di
naro a un ragazzo. Ho informazioni sufficienti per collaboratori alle spalle. L’esempio più calzante è
capire che cosa succede? La risposta è no: potrebbe Cesare Borgia, che aveva conquistato uno Staterello
essere un padre che dà denaro al figlio; o il datore di nell’Italia centrale (Principe, XVII). Ma in un mo-
lavoro che paga il dipendente; o un adulto che paga le mento di necessità era ammalato e il suo castello di
prestazioni sessuali del ragazzo. Quando valuta il carte era crollato.
comportamento dei principi e li propone come esem- 1.7. Lo scrittore offre ciò che può, ma non si rende
pi, l’autore pensa sempre di avere informazioni suffi- conto del presupposto sbagliato, da cui parte: pensare
cienti sull’esempio proposto. Tuttavia è facile vedere che la casa de’ Medici abbia bisogno dei suoi consigli
che non le ha. L’economia di oggi dice che il mercato e della sua esperienza di guardone politico. Ma no,
non è mai trasparente. Inoltre non sa che lo Stato non ne ha bisogno: ha l’esperienza accumulata da se-
emana le leggi e che il principe le può usare a suo uso coli, un’esperienza diretta e non “guardata”, perché
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 171
era una famiglia di mercanti. Più sotto commette un della Chiesa, che può ignorare. Ma né l’autore né i
errore ancora più grave: consiglia al principe di ucci- suoi estimatori se ne accorgono.
dere gli avversari, ma in un modo giustificato, che 3.2. Ancora, né l’autore né i suoi ammiratori si ac-
tutti possano condividere. Ma no!, non si danno que- corgono che lo Stato emana le leggi, che il principe
sti consigli a un proprio superiore, tranne nel caso in ha la legge dalla sua parte e la può usare contro gli
cui non siano esplicitamente richiesti! A parte il fatto avversari senza uccidere e senza inviare sicari: ogni
che il consiglio era sbagliato: gli avversari e i maligni Stato ha leggi che vietano la sedizione. I sediziosi
non si sarebbero convinti, avrebbero sempre pensato perciò si possono incarcerare, quindi processare e
che avesse ucciso per i suoi interessi personali. O condannare legalmente all’esilio, al carcere, a morte.
santa ingenuità di uno che si considera esperto di uo- Non occorre farli assassinare da sicari. La storia di
mini! Firenze era un esempio sotto gli occhi: il colpo di
2. La discussione su essere e dover essere continua Stato contro Lorenzo de’ Medici (1478), punito con
quindi in questo modo: nell’opinione di tutti ci sono estrema violenza. Ma neanche dopo 10 anni di “espe-
comportamenti valutati come buoni e comportamenti rienza” di guardone Machiavelli ha capito che il prin-
valutati come cattivi. A questo punto sono presentati cipe ha la legge dalla sua parte. D’altra parte non ha
binomi di comportamenti, che indicano una virtù e il esperienza della vita normale, delle leggi civili e pe-
vizio contrapposto. Il ragionamento prosegue così: nali.
sarebbe opportuno che il principe avesse soltanto vir- 4. In conclusione Machiavelli vuole valutare virtù e
tù ed evitasse i vizi. Ciò però non sempre le circo- vizi non con un criterio morale, ma con un criterio
stanze lo permettono. Il principe perciò deve accetta- politico: quale che sia l’opinione positiva o negativa
re di essere biasimato, ma deve evitare quelle virtù su un certo comportamento, il principe deve evitare
apparenti, che gli farebbero perdere lo Stato e appli- quelle virtù che gli farebbero perdere lo Stato e appli-
care quei vizi apparenti che gli permettono di conser- care quei vizi che glielo fanno mantenere. Egli pro-
varlo. Machiavelli come i suoi critici non si accorge pone una concezione strumentale delle azioni: una
che il ragionamento è “scivoloso” e porta il principe, virtù va evitata, se fa perdere lo Stato; un vizio va ap-
soprattutto se messo alle strette, a prendersi “libertà” plicato, se lo fa mantenere. L’azione non ha più un
sempre più criminali verso gli avversari. valore in sé, ma acquista un valore positivo o negati-
3. Machiavelli usa termini come virtù, vizio, che de- vo nella misura in cui è capace di raggiungere il fine
sume dal mondo romano, di cui però la Chiesa si era prefissato. E, nel caso del principe, il fine supremo,
appropriata e di cui aveva modificato il significato. per il quale secondo l’autore tutto va sacrificato, è la
Essi rimandano alla morale dell’uomo comune del difesa e il consolidamento dello Stato.
presente come del passato e agli storici antichi: i tito- 4.1. La dimensione fin troppo umana del principe ap-
letti in latino mostrano quanto l’autore sia legato al pare quando l’autore gli consiglia di non insidiare le
passato. I lettori critici di Machiavelli invece li riferi- ricchezze e le donne dei sudditi (cap. XVII). Un prin-
scono alla Chiesa cattolica, contenti che lo scrittore cipe effettuale ha la sua classe sociale, il suo giro di
abbia affermato che qualche virtù è dannosa e qual- donne (se ne vuole più d’una) e ha le sue fonti di ric-
che vizio è utile. L’errore di interpretazione è gravis- chezza, che eventualmente cerca di aumentare facen-
simo e porta a fraintendere il testo. Il fraintendimento do guerra ai nemici, come lo stesso autore indica
nasconde anche l’odio dei laici verso la Chiesa e, an- (XVII, 3). Machiavelli non ci aveva fatto caso. Si de-
cora, il loro moralismo spicciolo, che loda i principi ve poi tener presente che egli sta parlando non a un
immorali (nessun problema, vanno contro la morale principe in generale, ma a Lorenzino, un principe del-
dei preti!) e che condanna gli ecclesiastici immorali. la famiglia de’ Medici, che hanno una molteplice
Guicciardini, che definisce scellerati i preti, fa testo esperienza di vita alle spalle e una ricchezza del tutto
per tutti. considerevole. Una grandissima presunzione.
3.1. L’uso del binomio virtù-vizio porta lo scrittore ad 5. Machiavelli parla di essere e di dover essere, e si
affrontare i problemi politici in termini morali. Egli inventa una morale (e dei valori) che il principe può e
non si accorge che ad esempio non uccidere è in pri- anzi deve infrangere, se gli fa(nno) perdere il potere e
mo luogo una legge dello Stato. E che quindi il prin- lo Stato. Questa morale è la morale dell’uomo comu-
cipe, che uccide, non va contro le leggi della morale o ne e non della Chiesa, come normalmente si tende a
i comandamenti della Chiesa, ma contro le legge dire. Perciò, quando si dice, con una sintesi sicura-
emanate dallo Stato e che servono alla collettività. Né mente eccessiva, che egli ha separato la (scienza) po-
si accorge che i comandamenti “morali” della Chiesa, litica dalla morale, si deve intendere dalla morale
risalenti all’Antico testamento, sono regole che poi lo comune, non dalla morale della Chiesa, che non esiste
Stato (dalla città-stato della Mesopotamia e poi della o è altra cosa. La “morale” della Chiesa indica regole
Grecia) ha trasformato in leggi. Roma emana le leggi di convivenza civile (non rubare, non desiderare la
scritte (diritto pubblico e privato) nel 551-50 a.C. e le roba degli altri, non desiderare la donna degli altri),
espone in pubblico: le leggi delle dodici tavole, ben indica regole sociali o leggi, per quanto semplici. I
più complesse dei dieci comandamenti. In conclusio- comandamenti sono stati concepiti per una società
ne il principe infrange leggi dello Stato e con questa molto semplice, che viveva sulla pastorizia e sul-
infrazione deve fare i conti, non con i comandamenti l’allevamento, aveva una forte classe sacerdotale e
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 172
non aveva alcuna struttura statale. Ci sono elementi 5.3. Machiavelli promette mari e monti, suggerisce
che coincidono tra morale comune e “morale” della consigli per governare bene e poi dà consigli generici
Chiesa, ma sono concepiti in un contesto diverso. Ad e perciò inutili. Alla fin fine dice che il principe deve
esempio il cittadino romano fa le elemosine e aiuta i ignorare quelle virtù che gli fanno perdere lo Stato e
poveri, per un senso di solidarietà verso i miseri. An- praticare quei vizi che glielo fanno mantenere. E que-
che il cristiano fa questo, ma per amor di Dio: l’a- sta sarebbe la (sua) realtà effettuale e i suoi consigli.
zione è la stessa, ma le motivazioni sono completa- Nel cap. XVII si espone un po’ di più e dice che il
mente diverse. La morale comune e i comandamenti principe ha tutto l’interesse ad essere liberale, ma che
della Chiesa dicono di non uccidere, Machiavelli in- rischia di consumare tutte le sue ricchezze e quindi di
vece dice che il principe deve uccidere, se è necessa- diventare esoso con i sudditi. Insomma non se lo può
rio. La morale comune e quella della Chiesa dice an- permettere e non se lo permette. Deve perciò accetta-
cora di non rubare e di non desiderare la donna re di essere considerato risparmioso, cioè taccagno.
d’altri, e Machiavelli su questi due punti concorda L’autore non si accorge che il principe poteva trovare
pienamente e non immagina eccezioni. Dal contesto aiuto nelle tasse fatte pagare alla stessa popolazione.
poi risulta che il principe è un uomo comune, assurto 5.4. Ben altra cosa è la realtà effettuale di Botero, che
alla maestà del principato (in modo ereditario o anche indica quali devono essere le qualità del principe: de-
in modo scellerato), ma senza esperienza alle spalle ve risparmiare e deve essere religioso, genuinamente
(che invece normalmente i principi effettuali, di vec- religioso, perché la menzogna non può durare a lungo
chia data, hanno) e con le remore morali dell’essere e e perché con la religione tiene i sudditi uniti e obbe-
del dover essere, che caratterizzano l’uomo comune e diente. L’ex gesuita però va oltre: a) il principe deve
di cui non è ancora riuscito a liberarsi. spendere le sue ricchezze per non pesare sulle spalle
5.1. Conviene riflettere su un punto del Principe, mai dei sudditi (ad esempio se vuole finanziare una guer-
messo a fuoco: la distinzione di essere e dover essere ra); e b) deve sostenere i sudditi in difficoltà, ma an-
e il consiglio conseguente dato al principe di dimenti- che quelli che non riescono a educare i figli, deve pu-
care il dover essere, se ciò lo danneggia. L’autore non re incentivare l’agricoltura e la manifattura per arric-
si accorge (come non si sono accorti i suoi lettori cri- chire se stesso, il suo Stato e i sudditi. Ben altra cosa
tici) che l’orizzonte delle analisi e delle proposte è era l’esperienza culturale e politica che l’ex gesuita
ancora morale o moralistico: la morale non scompare, aveva alle spalle.
perché egli suggerisce al principe di infrangerla, 6. Fin d’ora conviene indicare la differenza abissale
quando lo danneggia. Machiavelli resta schiavo della tra Machiavelli e Botero: Machiavelli è il cortigiano
morale comune o della morale che egli attribuisce al- che dal suo punto di vista dà consigli al principe, che
la Chiesa. E l’uso di questa “tenaglia” per interpretare ha un altro punto di vista sulle cose. Invece Botero è
la realtà dimostra i suoi limiti concettuali. Ben altra il docente che insegna al principe come comportarsi e
cosa è Botero, che istruisce il principe prescindendo si mette costantemente dal punto di vista del principe.
dalla morale e vedendo le cose dal punto di vista del Botero non deve chiedere lavoro né favori al princi-
principe e non dal punto di vista proprio, della Chiesa pe: lo costringe a venire a mangiare alla sua greppia. I
o dei sudditi. Eppure c’era un facilissimo e immedia- principi vengono e sono contenti. E il re di Spagna
to precedente storico anti-moralistico: Dante se la Filippo II lo ripaga con una pensione.
prende con gli ignavi, che vissero senza infamia e 7. Il Principe conclude lo straordinario rapporto che
senza lode (If III). A suo avviso dovevano fare qual- si era stabilito nel Quattrocento tra intellettuali italia-
cosa che li ricordasse, sia qualcosa di nobile (e andare ni e principi: i primi fornivano gli ideali che i secondi
in paradiso) sia qualcosa di turpe e di infame (e finire attuavano. E prelude al nuovo e deludente rapporto in
all’inferno). cui gli intellettuali diventano cortigiani adulatori ed
5.2. I lettori critici di Machiavelli dei secoli successi- esecutori più o meno esperti di una volontà e di valori
vi hanno capito che ha separato la politica dalla mora- provenienti da altri, e a loro estranei. Ma a loro non
le della Chiesa e hanno preso per oro colato quel che dispiace di consigliare al principe azioni criminali.
il segretario fiorentino dice di se stesso. Ma no, si de- Eppure l’operetta ha un limite di fondo, che la rende
ve controllare. Nella Divina commedia spesso Dante fragile: la pretesa dello scrittore di avere qualcosa da
dice una cosa e ne fa un’altra, parla dei limiti della insegnare al principe, alla casa de’ Medici, che aveva
ragione (Pg III) e poi elabora la teoria del corpo um- esperienza di potere da lunga durata.
bratile (Pg XXV). I laici hanno proiettato sulla Chie- ---I☺I---
sa la loro modestissima esperienza di vita. Non hanno
neanche letto il trattato Della ragion di Stato (1589) Cap. XVI: La liberalità e la parsimonia
di Giovanni Botero, per capire qual era la posizione
ufficiosa o ufficiale della Chiesa in fatto di regimen 1. Rifacendomi dunque alle prime qualità descritte
principum. Né si sono accorti che il binomio virtù- più sopra, dico che sarebbe bene essere ritenuto libe-
vizio (di ascendenza romana) va bene nella cultura rale. Non di meno, la liberalità (=lo spendere denaro),
dell’uomo comune, perché considerare l’assassinio usata in modo tale che tu sia tenuto [in gran conside-
un vizio è piuttosto incongruo. razione], ti offende (=danneggia); perché, se tu la pra-
tichi in modo virtuoso, come la si deve praticare, essa
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 173
non sarà conosciuta, così non eviterai l’infamia del o di quello d’altri. Nel primo caso deve essere parsi-
suo contrario. Perciò, se si vuole mantenere il nome monioso; nell’altro non deve lasciare indietro alcuna
di liberale fra gli uomini, è necessario non lasciare manifestazione di liberalità. Quel principe che va con
indietro alcuna qualità di sontuosità (=bisogna spen- gli eserciti, che si nutre di prede, di saccheggi e di ta-
dere moltissimo). Un principe di tale fama consumerà glie (=balzelli, imposte), maneggia la ricchezza di
sempre in simili opere tutte le sue ricchezze; e alla altri. Questa liberalità gli è necessaria; altrimenti non
fine, se vorrà mantenere il nome di liberale, sarà co- sarebbe seguito dai soldati. Di quello che non è tuo né
stretto a gravare sul popolo in modo pesantissimo, dei tuoi sudditi, si può essere più largo donatore. Si
dovrà essere esoso nelle imposte e fare tutte quelle comportarono così Ciro, Cesare e Alessandro. Spen-
cose che si possono fare per avere denari. Ciò comin- dere la ricchezza di altri non ti toglie reputazione, ma
cerà a renderlo odioso agli occhi dei sudditi e a farlo te ne aggiunge. Solamente spendere il tuo è quello
stimare poco da ciascuno. E diventerà povero. In tal che ti nuoce. E non c’è cosa che consumi se stessa
modo con questa sua liberalità offende i molti e pre- quanto la liberalità. Mentre tu la pratichi, perdi la ca-
mia i pochi, perciò sente ogni più piccolo disagio ed è pacità di usarla. Così diventi povero e disprezzato
in pericolo ad ogni più piccolo pericolo. Quando se oppure, per fuggire la povertà, diventi rapace e odio-
ne accorge e se ne vuole ritrarre, incorre subito so. E tra tutte le cose di cui un principe si deve guar-
nell’infamia di misero, di tirchio, cioè di colui che dare, è quella di essere disprezzato e odiato. La libe-
vuole risparmiare eccessivamente. ralità lo conduce all’una e l’altra cosa. Pertanto è più
2. Pertanto un principe che non possa usare questa saggio tenersi il nome di taccagno, che genera
virtù (=buon nome) di liberale senza suo danno, in un’infamia senza odio, che, per volere il nome di li-
modo che sia ampiamente conosciuta, se è prudente, berale, essere costretto a incorrere nel nome di rapa-
non si deve curare del nome di misero, cioè di tacca- ce, che partorisce un’infamia accompagnata da odio.
gno (o tirchio). Con il tempo sarà ritenuto sempre più
liberale, poiché farà vedere che con la sua parsimonia Riassunto. Per Machiavelli sarebbe bello se il princi-
le sue entrate gli bastano, può difendersi da chi gli pe potesse permettersi di essere liberale, ma non se lo
muove guerra, può fare imprese senza gravare sulla può permettere, perché, una volta consumate tutte le
popolazione. Così egli viene ad usare liberalità verso sue ricchezze, dovrebbe pesare sui sudditi con le tas-
tutti quelli a cui non toglie, che sono infiniti, e spilor- se. Se è liberale, fa gli interessi di pochi. Se impone
ceria verso tutti coloro a cui non dà, che sono pochi. tasse, perché essere liberali è dispendioso, danneggia
Nei nostri tempi noi non abbiamo veduto fare grandi molti. Per di più, quando cessa di essere liberale, in-
cose se non a quelli che sono stati ritenuti miseri, cioè corre subito nell’infamia di misero, cioè di taccagno.
taccagni. Invece abbiamo visto gli altri essere spenti. La conclusione perciò è che, se il principe non può
Papa Giulio II, come si fu servito del nome di liberale essere liberale, non si deve preoccupare di essere
per giungere al papato (=ha comperato la sua elezione considerato taccagno. Con il tempo acquisterà una
con il denaro), non pensò poi a mantenere tale nome, fama diversa, quella di praticare la parsimonia, per-
per poter fare guerra. L’attuale re di Francia ha fatto ché si fa bastare le sue entrate e non pesa sulla popo-
tante guerre senza porre un dazio straordinario ai suoi lazione. Quindi lo scrittore precisa: il principe conso-
sudditi, soltanto perché ha applicato costantemente la lidato non è costretto ad essere liberale; il principe
parsimonia alle spese superflue. Il re di Spagna pre- nuovo ha convenienza ad esserlo. E conclude: il prin-
sente, se fosse ritenuto liberale, non avrebbe fatto né cipe può essere liberale in guerra, con le ricchezze dei
vinto tante imprese. nemici. Sia lui sia il suo esercito si dividono il bottino
3. Pertanto, un principe deve stimare poco di incorre- conquistato. Soltanto in questo caso non perde ed an-
re nel nome di taccagno, per non dover poi derubare i zi acquista reputazione, poiché spende ricchezza al-
sudditi, per potersi difendere, per non diventare pove- trui e non dei sudditi.
ro e disprezzato, per non essere costretto a diventare
rapace. Questo è uno di quei vizi che lo fanno regna- Commento
re. Se qualcuno dicesse che Giulio Cesare, il generale 1. Machiavelli non considera l’ipotesi di spendere
romano, con la liberalità pervenne al potere e molti una quantità limitata di ricchezze e dimostrarsi ragio-
altri, che sono stati e che sono ritenuti liberali, sono nevolmente liberale (o generoso). Eppure il mondo
giunti ai gradi supremi dello Stato, rispondo: o tu sei antico sosteneva che in medio stat virtus: né troppo
un principe ormai al potere o tu sei in via di acqui- spendaccioni, né troppo tirchi. E non vede alcun ef-
starlo. Nel primo caso questa liberalità è dannosa; nel fetto della sua liberalità: chi ci guadagna appare sol-
secondo è ben necessario essere ritenuto liberale. Ce- tanto uno scroccone, che dimentica subito il dono ri-
sare era uno di quelli che voleva pervenire al princi- cevuto. Né coglie un altro aspetto del problema: verso
pato di Roma. Ma, una volta giunto al potere, se fosse chi essere liberali, quando e perché, per ottenere qua-
sopravvissuto e non si fosse temperato da quelle spe- le risultato. Egli dimentica di guardare la realtà effet-
se, avrebbe distrutto quel potere. Se qualcuno repli- tuale, a cui tanto si richiama. Ad esempio al suo tem-
casse che molti principi sono stati ritenuti liberalissi- po (anche prima e anche dopo) le case regnanti finan-
mi, perciò con gli eserciti hanno fatto grandi cose, ri- ziavano gli artisti e in cambio avevano l’opera d’arte:
spondo: o il principe spende del suo e dei suoi sudditi dalla produzione letteraria alla produzione pittorica
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 174
ecc. In Francia, a Parigi, operava la manifattura reale, nire i disordini, dai quali sorgono uccisioni e rapine.
che produceva arazzi e otteneva in cambio denaro e Queste ultime di solito offendono l’intera cittadinan-
prestigio. Insomma in questo caso la liberalità non era za, mentre le esecuzioni che provengono dal principe
a fondo perduto, era utile, le opera d’arte celebravano offendono soltanto i singoli cittadini. E, fra tutti i
il committente e ne facevano gli interessi. Dal capito- principi, il principe nuovo non può evitare il nome di
lo risulta che l’autore non ha mai fatto esperienza di- crudele, perché gli Stati nuovi sono pieni di pericoli.
retta di liberalità e non ha capito bene o non ha visto Virgilio pone queste parole in bocca a Didone [Enei-
bene la realtà effettuale che aveva sotto gli occhi. de, I, 563-564]:
1.1. Nel mondo greco e romano esisteva la figura
dell’εὐεργέτης, il benefattore, che sentiva suo dovere “Le necessità politiche e la novità del mio regno
fare opere di pubblica utilità. In cambio aveva mi spingono a [fare] tali cose, e a vigilare con cura
l’appoggio e la simpatia dei beneficati. Poi arriva la su tutto il mio territorio”.
χάρις, la grazia o, meglio, la carità cristiana, che dice
di fare le stesse cose, ma in nome di Dio. E tuttavia il principe dev’essere cauto nel credere
2. Ben altra cosa è la trattazione dell’argomento da [all’esistenza di pericoli] e nell’agire, né deve farsi
parte di Botero, che passa la vita in mezzo ai grandi, paura da se stesso. Deve saper conciliare prudenza e
senza provare alcuna soggezione verso di loro (Della umanità, affinché la troppa confidenza [in sé] non lo
ragion di Stato, II: La temperanza). Egli suggerisce al renda imprudente, e la troppa diffidenza [negli altri]
principe di essere temperante, cioè parsimonioso, ma non lo renda intollerabile.
indica chiaramente verso chi deve essere liberale, 2. Da ciò nasce una questione: se è meglio che il
quando e perché lo deve essere: deve spendere il suo principe sia amato piuttosto che temuto, oppure il
denaro a favore del popolo indigente, perché ciò gli contrario. La risposta è questa: sarebbe opportuno che
dà buon nome, e deve spendere in particolare quando il principe sia amato e contemporaneamente temuto;
il popolo è colpito da calamità, così la sua buona fa- ma, poiché è difficile mettere insieme amore e timo-
ma cresce ancor di più. Insomma il principe spende, re, è molto più sicuro per il principe essere temuto
ma non a fondo perduto: ha il suo tornaconto. che amato, quando fosse assente uno dei due. Perché,
3. La stupidità o l’incapacità di Machiavelli di vedere degli uomini si può dire in generale questo: che sono
la realtà effettuale è colossale: non capisce quello che ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori
ha sotto gli occhi da decenni, cioè le spese enormi dei pericoli, desiderosi di guadagno. E, mentre fai lo-
della Chiesa che assolda i migliori artisti sul mercato ro del bene, sono tutti tuoi, ti offrono il sangue, la ro-
per costruire e abbellire Roma e i palazzi del clero. Il ba, la vita, i figli (come dissi più sopra), quando il bi-
papa, i cardinali non sono dementi né spreconi. Fanno sogno [che tu hai di loro] è lontano; ma, quando esso
investimenti oculati, per il presente come per il futu- si avvicina, essi si rifiutano e si ribellano. E il princi-
ro. Uno di questi è la cappella Sistina, un altro sono i pe, che si è fondato sulla loro parola, trovandosi sen-
musei vaticani, che attirano milioni di visitatori, ieri za altra difesa [nel momento del pericolo], va incon-
come oggi. Filippo II di Spagna si fa costruire tro alla rovina. Perché le amicizie, che si acquistano
l’Escorial poco fuori di Madrid e chiama pittori da dando benefici e non con la propria grandezza e no-
tutta Europa, che lo celebrino. Ma l’intelligenza di biltà d’animo, si comperano, ma non si hanno effetti-
Machiavelli e dei laici suoi ammiratori è assai limita- vamente, e al momento del bisogno non si possono
ta. spendere. E gli uomini si preoccupano meno di of-
---I☺I--- fendere uno che si fa amare che uno che si fa temere,
perché l’amore si fonda su un vincolo morale, il qua-
Cap. XVII: La crudeltà e la pietà; se è meglio le, poiché gli uomini sono tristi, è infranto ogni volta
essere amati o temuti, oppure il contrario che contrasta con il proprio interesse, mentre il timore
è tenuto ben saldo dalla paura della pena, che non ab-
1. Passando poi a considerare le altre qualità sopra bandona mai.
elencate, dico che ogni principe deve desiderare di 3. Tuttavia il principe deve farsi temere in modo che,
essere ritenuto pietoso e non crudele. Deve tuttavia se non acquista l’amore [dei sudditi], almeno fugga
avere l’accortezza di non usare male questa pietà. Ce- l’odio, perché si possono ben conciliare il fatto di es-
sare Borgia era ritenuto crudele; e tuttavia quella sua sere temuto ed il fatto di essere non odiato. Ciò av-
crudeltà era servita a riordinare la Romagna, a unirla, verrà sempre, quando il principe si astenga dalla roba
a pacificarla e a renderla leale [verso il governo]. E, dei suoi cittadini e dei suoi sudditi, e dalle loro don-
se si considera bene ciò (=il risultato), si concluderà ne. E, se proprio deve uccidere qualcuno, deve farlo
che egli è stato molto più pietoso del popolo fiorenti- quando ci sia una giustificazione conveniente e una
no, il quale, per evitare il nome di crudele, lasciò che causa manifesta. Ma, soprattutto, deve astenersi dalla
la lotta tra le fazioni distruggesse Pistoia [1501]. Per- roba altrui, perché gli uomini dimenticano più facil-
tanto un principe non deve curarsi dell’infamia di mente la morte del padre piuttosto che la perdita del
crudele, per mantenere i suoi sudditi uniti e leali. In patrimonio. E poi i motivi per togliere la roba non
tal modo con pochissimi atti di crudeltà sarà più pie- mancano mai; e sempre colui, che incomincia a vive-
toso di coloro i quali, per troppa pietà, lasciano avve- re di rapina, trova motivo per appropriarsi della roba
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 175
altrui. Al contrario i motivi per uccidere sono più rari, un’altra contraddizione: è un giudizio moralistico. I
e vengono meno più presto [cioè non appena lo Stato due caposaldi vanno quindi letti separatamente o fan-
è consolidato]. no crollare l’approccio dell’autore alla realtà. Ben di-
4. Ma quando il principe è con l’esercito, e comanda verso l’approccio di Botero: cita il comportamento
migliaia di soldati, allora è necessario soprattutto non dei principi come dei sudditi, dà una “valutazione”
preoccuparsi del nome di crudele, perché senza que- descrittiva e disincantata, mai morale, tanto meno
sto nome non si tenne mai un esercito unito né pronto moralistica. E cerca di indicare al principe come
ad alcuna impresa. Tra le mirabili azioni di Annibale comportarsi nelle varie situazioni. La sua concezione
si annovera questa: pur avendo un esercito grossissi- degli uomini è terra terra, e ignora anche l’esistenza
mo, composto da infinite razze di uomini, condotto a dell’anima e di una vita oltre la morte: gli uomini si
combattere in terre straniere, non vi scoppiasse mai fanno comandare dalle donne, che li ricattano con il
alcun contrasto, né tra i soldati, né contro il generale, potere magnetico della vagina. Sulle donne Machia-
sia nella cattiva sia nella buona sorte. Ciò dipese sol- velli aveva detto soltanto che il principe doveva aste-
tanto dalla sua inumana crudeltà, la quale, insieme nersi dall’insidiare le donne dei suoi sudditi, che non
con le sue infinite capacità militari, lo rese sempre avrebbero apprezzato né dimenticato.
venerabile agli occhi dei suoi soldati. E senza di essa 2.1. In questa visione pessimistica degli uomini man-
le altre capacità militari non sarebbero riuscite ad ot- cano le donne. Nella realtà effettuale dell’autore non
tenere quel risultato. Gli storici poco avveduti [come ci sono le donne. Eppure nella realtà esse esistono ed
Tito Livio] da una parte ammirano la compattezza egli anzi ne appezzava i favori. Ma esse non esistono
dell’esercito, dall’altra condannano la principale cau- nella vita politica, restano a casa a fare e ad accudire i
sa di essa. bambini. Tutte casa, bambini e letto. Eppure egli è un
pensatore corretto e va dove lo porta il ragionamento.
Riassunto. Per Machiavelli il principe dovrebbe esse- Nella Mandragola i maschi (Callimaco, Nicia, Ligu-
re contemporaneamente amato e temuto, cioè rispet- rio, fra’ Timoteo) usano la ragione fraudolenta con-
tato; ma, poiché è molto difficile anche per il principe tro l’onesta Lucrezia. Ma la donna li prede in contro-
farsi contemporaneamente amare e rispettare-temere, piede e li piega ai suoi desideri. Essi stupidamente
è meglio che si faccia temere-rispettare, perché sol- non se ne accorgono nemmeno. Usa il potere magico
tanto così avrà i suoi sudditi dalla sua parte nella e onnipossente della vagina. Essi pensano davvero
buona come nella cattiva sorte. Il principe però non con il loro membro e più in là non vanno.
deve farsi odiare; e si fa odiare quando insidia le ric- 3. Machiavelli continua a proporre una concezione
chezze e le donne dei sudditi. L’autore commenta strumentale della violenza e, in genere, delle azioni:
pessimisticamente e realisticamente che si dimentica la violenza, se serve, si usa; se non serve, non si usa.
più facilmente la morte del padre, ucciso, che la per- In se stessa essa non ha alcun valore; lo acquista nella
dita del proprio patrimonio. misura in cui riesce o non riesce a raggiungere il fine
prefissato. In questo capitoletto il ragionamento è ar-
Commento ricchito con un’altra precisazione: è meglio uccidere
1. Il segretario fiorentino parla male dei sudditi, che pochi individui e subito, piuttosto che lasciare che la
sono sleali e ingrati, e bene del principe, che sarebbe situazione degeneri. Se degenera, le violenze e le di-
generoso e altruista. Il principe invece può essere tut- struzioni aumentano e il conflitto si allarga nello spa-
te queste cose che egli rimprovera ai sudditi… Oltre a zio e si allunga nel tempo. All’autore non vengono in
ciò non è detto che le cose stiano così; anzi, se si mente altre soluzioni, ad esempio che sia meglio pre-
ascolta Ariosto (a cui è confiscato un terreno), i prin- venire che curare, come dicono i medici. E, ancora di
cipi sfruttano i loro dipendenti e sono ben poco gene- più, che sia meglio usare le leggi dello Stato e non
rosi. Egli tuttavia è giustificato: il manuale che sta l’omicidio spicciolo per risolvere i problemi. Guic-
scrivendo deve andare in mano a un principe, perciò è ciardini commenta dicendo che, se ammazzi un ne-
opportuno parlar bene di loro. E soltanto il principe, mico, quello fa nascere molti altri nemici, come la te-
come dice subito dopo (cap. XVIII), può venir meno sta tagliata dell’idra, e perciò non conviene uccidere.
alla parola data, ma, nobilmente, non lo fa per sé, 4. Il principe di Machiavelli è ancora il principe ita-
bensì per il bene superiore dello Stato (se vogliamo liano del Tre-Quattrocento, che ha un piccolo Stato,
credere allo scrittore). I sudditi invece lo fanno sol- che ha consiglieri e segretari umanistici, che è litigio-
tanto per i loro ristretti interessi egoistici. so e ama far la guerra, e che è circondato da artisti.
2. Nel cap. XV l’autore indica uno dei capisaldi del Anzi egli stesso è un artista, e, com’è suo compito,
suo pensiero: la “realtà effettuale”, la “realtà dei fat- crea uno Stato che è un’opera d’arte. L’autore non
ti”. In questo capitolo indica il secondo: la concezio- vede ancora che nel Cinquecento il principe illumina-
ne pessimistica dell’uomo. Le due cose sono in con- to e umanista, il principe mecenate circondato dagli
traddizione: se si inizia con la “realtà effettuale”, non artisti e abbastanza vicino ai sudditi – come poteva
si può continuare con una concezione pessimistica essere Lorenzo de’ Medici – è ormai definitivamente
degli uomini. Bisogna prendere gli uomini come ef- tramontato. Ci sono monarchi assoluti, lontani, a capo
fettivamente sono e non condannare come sono. Oltre di grandi eserciti e di grandi burocrazie, che cercano
a ciò il giudizio pessimistico su di loro incorre in non la costruzione o il mantenimento dello Stato
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 176
(nessuno glielo insidia), ma l’allargamento e il conso- coperto (=allusivo, simbolico) dagli antichi scrittori, i
lidamento dello Stato al fine di ottenere altro potere, quali scrivono che Achille e molti altri principi anti-
altra fama, altra gloria, altra ricchezza. Gli orizzonti chi furono allevati dal centauro Chirone, affinché li
umanistici e ideali del segretario fiorentino sono ammaestrasse alla sua scuola. Ciò vuol dire avere
completamente ignorati, a favore dei brutali rapporti come precettore un essere mezzo bestia e mezzo uo-
di potere che lega il monarca ai suoi sudditi e ogni mo, perché un principe deve saper usare l’una e l’al-
monarca agli altri monarchi. tra natura e perché l’una senza l’altra non può durare.
4.1. L’autore scrive quindi facendo riferimento sol- 3. Un principe dunque, essendo necessitato a saper
tanto alla situazione italiana, che lo interessa e su cui usare bene la bestia, deve prendere come modello la
è informato), che aveva bisogno di una maggiore uni- volpe ed il leone, perché il leone non sa difendersi dai
tà per fermare le invasioni degli eserciti stranieri e per lacci (=trappole, inganni), la volpe non sa difendersi
cessare di essere terra di conquista e di sfruttamento. dai lupi (=forza, violenza). Bisogna dunque essere
Da questa situazione non si allontana mai. volpe per conoscere i lacci ed essere leone per inti-
5. Machiavelli distingue tra il comportamento che il morire i lupi. Coloro che praticano soltanto il leone
principe deve tenere nella vita politica normale e non si intendono di politica. Pertanto un signore pru-
quello che deve tenere quando è a capo dell’esercito. dente non può né deve mantenere la parola data,
In questo caso dev’essere sempre crudele, perché sol- quando il mantenerla è controproducente e quando
tanto così può tenere uniti i soldati. Il principe si deve sono scomparse le cause che la fecero promettere. Se
dedicare alla guerra, per ottenere fama, gloria e ric- gli uomini fossero tutti buoni, questo precetto non sa-
chezza, e per ampliare lo Stato. rebbe buono; ma, perché essi sono tristi (=malvagi) e
6. L’autore conclude il capitoletto affermando che si non la manterrebbero a te, tu pure non devi mantener-
dimentica più facilmente l’uccisione del proprio pa- la a loro. Né mai ad un principe mancarono i motivi
dre, che la perdita del proprio patrimonio. Il cinismo legittimi per giustificare questa inosservanza. Di ciò
della battuta è fuori luogo. Egli non vede la realtà ef- si potrebbero dare infiniti esempi moderni e mostrare
fettuale: il patrimonio garantiva la sopravvivenza del- quante paci, quante promesse sono state nulle e vane
la famiglia: senza patrimonio la famiglia scompariva perché i principi non hanno rispettato la parola data.
subito. Ed esisteva la famiglia, non esisteva l’indivi- E quello che ha saputo usare meglio la volpe, ha otte-
duo. L’individuo era soltanto un ramoscello transeun- nuto migliori risultati. Ma è necessario sapere ben na-
te della famiglia. Per di più la mortalità infantile era scondere questa natura ed essere gran simulatore e
altissima. Perciò tutti i componenti della famiglia dissimulatore. Sono tanto semplici (=stupidi, ingenui)
erano sacrificabili, ma non il patrimonio. Anche il gli uomini, e tanto obbediscono alle necessità del
padre, la persona più esperta della famiglia, era sacri- momento, che colui che inganna troverà sempre qual-
ficabile. Il suo posto era preso immediatamente dal cuno che si lascerà ingannare.
primogenito. Il dovere di tutti era difendere, consoli- 4. Fra gli esempi recenti voglio citare questo. Papa
dare e aumentare il patrimonio, cioè le possibilità di Alessandro VI non fece mai altro, non pensò mai ad
sopravvivenza della famiglia. E invece egli immagina altro che ad ingannare gli uomini; e sempre trovò
gli uomini cinicamente legati al patrimonio. qualcuno da poterlo fare. Nessuno mai ebbe maggior
7. Domanda: Lorenzino de’ Medici avrebbe o non forza persuasiva di lui e nessuno mai con i più grandi
avrebbe condiviso questa visione pessimistica giuramenti affermò una cosa, che poi non mantenes-
dell’uomo? Al lettore l’ardua sentenza. se. E tuttavia sempre i suoi inganni ebbero successo,
---I☺I--- perché conosceva bene questa parte della natura
umana. Un principe dunque non deve necessariamen-
Cap. XVIII: In che modo la parola data debba te avere di fatto tutte le qualità sopra indicate, ma de-
essere mantenuta dai principi ve apparire (=mostrare) di averle. Dirò di più: se le ha
e se le osserva sempre, esse sono dannose; se appare
1. Ciascuno intende quanto sia lodevole un principe (=mostra) di averle, sono utili. Egli deve apparire
che mantenga la parola data e che viva con integrità e (=mostrarsi) pietoso, leale, umano, sincero, religioso;
non con astuzia. Tuttavia si vede per esperienze re- e deve avere queste qualità. Tuttavia, quando bisogna
centi che hanno fatto grandi cose quei principi che non averle (=sono controproducenti), deve anche es-
hanno tenuto poco conto della parola data e che han- sere capace di saperle mutare nel loro contrario. E bi-
no saputo con l’astuzia aggirare i cervelli degli uomi- sogna capire che un principe, soprattutto un principe
ni; e che alla fine hanno superato coloro che si sono nuovo, non può osservare tutte quelle cose per le qua-
fondati sulla lealtà. li gli uomini sono ritenuti buoni, perché spesso, per
2. Dovete dunque sapere che ci sono due modi di mantenere lo Stato, è necessitato ad operare contro la
combattere: l’uno con le leggi, l’altro con la forza. Il parola data, contro la carità, contro l’umanità, contro
primo è proprio dell’uomo, il secondo è delle bestie. la religione. Perciò bisogna che egli abbia un animo
Ma, perché il primo molte volte non basta, conviene disposto a cambiare, secondo che i venti della fortuna
ricorrere al secondo. Pertanto un principe deve sapere e i mutamenti delle cose gli impongono. E, come dis-
usare bene la bestia (=la forza) e l’uomo (=le leggi). si più sopra, non deve allontanarsi dal bene, se può
Questo principio è stato insegnato ai principi in modo
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 177
farlo; ma deve sapere entrare nel male, se è costretto chiavelli, che parla di “parola data” e non di “trattati
dalla necessità. firmati dalle due parti”: pensa di essere in una taverna
5. Pertanto un principe deve avere gran cura che non e di prendere accordi verbali con vicini di casa, sigla-
gli esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle ti da una stretta di mano. L’autore non considera la
cinque qualità sopra indicate; e appaia, a vederlo e a possibilità che il principe avversario si comporti allo
udirlo, tutto pietà, tutto lealtà, tutto sincerità, tutto stesso modo verso il principe di cui è consigliere, e
umanità, tutto religione. E non c’è cosa più necessaria quindi una volta è danneggiato un principe, un’altra
che apparire (=mostrare) di avere quest’ultima quali- l’altro principe… Dire che tu non la mantieni a lui
tà. Gli uomini in generale giudicano più in base a ciò perché lui non l’avrebbe mantenuta a te è una giusti-
che vedono (=l’apparenza) che non in base a ciò che ficazione grezza, empirica, fragilissima, furbastra e
toccano (=la realtà effettiva): tutti vedono l’aspetto capziosa, che resta al livello dei fatti e non sale al li-
esteriore delle cose, ma pochi intendono ciò che vi sta vello della teoria. Di solito si cerca o si costruisce il
dietro (=la realtà effettiva). Pertanto un principe deve casus belli e si preferisce intavolare lunghissime trat-
preoccuparsi unicamente di vincere e di mantenere lo tative di pace. E, comunque sia, Machiavelli non sa
Stato: i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli e che i patti sottoscritti dagli ambasciatori si possono
lodati da tutti, perché il volgo va sempre trascinato ufficialmente denunciare o sciogliere (è la stessa co-
con l’apparenza e non con la realtà effettiva, e nel sa). Né immagina che, se un principe non mantiene
mondo c’è soltanto volgo, ed i pochi non avranno se- una volta la parola data, la controparte non si farà im-
guito né ascolto, quando i molti hanno dove appog- brogliare una seconda volta…
giarsi (=i risultati ed i successi ottenuti dal principe, 1.1. Lo scrittore non si rende conto che è prudente
comunque essi siano stati ottenuti). Un principe dei considerare anche le conseguenze delle azioni o delle
nostri tempi (=Ferdinando il Cattolico, re di Spagna), scelte e non limitarsi a cercare un piccolo vantaggio
che non è bene nominare, non predica mai altro che nel presente e magari precludersi un grosso vantaggio
pace e lealtà, e dell’una e dell’altra è inimicissimo; e nel futuro. La sua vita testimonia contro di lui: im-
l’una e l’altra, se le avesse osservate, gli avrebbero piega cinque anni a entrare nelle simpatie dei Medici
più volte fatto perdere la reputazione o lo Stato. e, quando sono ricacciati, i suoi ex amici non ne vo-
gliono più sapere di lui. Un traditore si prende la fa-
Riassunto. Per Machiavelli sarebbe lodevole che il ma di traditore e se la tiene cucita addosso. Il principe
principe mantenga la parola data, ma di recente si so- si pone a un altro livello, ma i problemi arrivano lo
no visti principi ottenere grandi risultati perché non stesso: chi non mantiene la parola, spinge l’avver-
l’hanno mantenuta e hanno ingannato. A questo pun- sario o a precederlo o a non mantenerla o a dedicarsi
to l’autore fa un paragone: il principe deve essere a tempo pieno all’inganno. Sono gli effetti collaterali
astuto come la volpe (che vede gli inganni, ma non sa che l’autore non ha la malizia o l’intelligenza di pre-
difendersi dai lupi) e forte come il leone (che non ve- vedere e di disinnescare. Qui non si vuol dire che il
de gli inganni ma sa difendersi dai lupi). E conclude: principe debba essere onestissimo e mantenere sem-
un principe prudente non può né deve mantenere la pre la parola data. Si vuol dire una cosa più modesta:
parola data, se il mantenerla lo danneggia e se sono l’analisi di Machiavelli è troppo semplice, perciò è
scomparse le cause che gliel’hanno fatta dare. Quindi pericolosa e imprudente, perché non considera gli ef-
suggerisce al principe di apparire tutto pietà, tutto fetti collaterali, indesiderati, di un’azione, di un’a-
lealtà, tutto sincerità, tutto umanità, tutto religione, zione qualsiasi, “buona” o “cattiva” che sia. Inoltre
poiché gli uomini credono all’apparenza e non rie- nella “realtà effettuale” (ma l’autore non lo sa) esiste
scono ad andare oltre le apparenze. E infine fa esempi anche la revisione dei trattati: si ridiscutono i termini
tratti dal presente, che confermano la sua analisi. degli accordi, quando la situazione è divenuta troppo
diversa da quella che aveva spinto a firmarli. Esistono
Commento gli ambasciatori per questo scopo.
1. La tesi di Machiavelli è semplice (o semplicistica) 1.2. L’autore non sa che di propria iniziativa non si
e ormai prevedibile: la parola data si mantiene se danno consigli ai superiori, tanto meno consigli cri-
conviene mantenerla; non si mantiene se è dannoso minali a un principe. Si danno soltanto se esplicita-
mantenerla. Il principe “prudente non può né deve mente richiesti e in gran segreto. E poi immagina che
mantenere la parola data, quando il mantenerla è con- un principe abbia bisogno dei suoi consigli desunti
troproducente e quando sono scomparse le cause che dalla lettura degli storici antichi, dalla sua esperienza
la fecero promettere”. Sarebbe bello – commenta appena decennale, da qualche viaggio all’estero e dal-
l’autore – poterla mantenere; ma nel mondo reale in la sua attività di guardone politico… Un illuso o un
cui si vive se tu la mantieni al tuo avversario, quello demente.
non la mantiene a te, e tu sei rovinato: è meglio pre- 2. Il capitoletto presenta due capisaldi del pensiero di
venirlo. Anche Guicciardini dà importanza alla simu- Machiavelli: a) la “realtà effettuale”, cioè la realtà
lazione e alla dissimulazione. Botero invece è contra- dei fatti (già incontrata nel cap. XV), che deve sosti-
rio: se la virtù non è effettiva, o prima o poi si scopre tuirsi a tutte le teorizzazioni astratte; e b) il pessimi-
l’inganno, con conseguenze negative. Ovviamente si smo circa l’uomo e la natura umana. L’unica speran-
tratta di un lapsus o di una semplificazione di Ma- za per imporsi e per dominare questa realtà negativa è
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la virtù del principe, che lotta con ogni mezzo per co- alla popolazione. Tuttavia l’autore non giustifica ra-
struire e consolidare lo Stato. Non si capisce perché il zionalmente perché il principe si debba darsi tanto da
principe debba “sacrificarsi” per il bene dello Stato o fare per creare lo Stato. Il motivo effettivo emerge (o
dei sudditi. È più ragionevole pensare che lo faccia sembra emergere) soltanto alla fine dell’opera, quan-
per interesse personale. Sembrerebbe poi che nello do egli invita la casa de’ Medici a mettersi a capo di
Stato sia il principe sia l’uomo comune trovino il luo- un movimento di liberazione nazionale che cacci gli
go e i modi per condurre una vita degnamente umana. stranieri dall’Italia e costruisca (forse) uno Stato na-
L’autore però non si spinge ad affrontare questa pro- zionale. Fino a questo momento però non si capisce
blematica, poiché è preso dai problemi relativi alla perché il principe debba attuare uno scopo così altrui-
costruzione preliminare e al mantenimento dello stes- stico; sarebbe più ragionevole pensare che voglia co-
so Stato. struire lo Stato per il suo interesse personale e per po-
3.1. L’autore non si è accorto che attribuisce al prin- ter sfruttare adeguatamente i sudditi. E ciò era quanto
cipe una morale “più alta”, che fa o farebbe gli inte- si poteva normalmente riscontrare nell’Italia del tem-
ressi dello Stato, dei sudditi e, si suppone, anche suoi. po.
Egli non riesce ad uscire dall’orizzonte dell’essere e 5. Machiavelli non riflette adeguatamente sulla fama,
del dover essere. Non riesce a immedesimarsi nel cioè sul buon nome che al principe conviene avere. E
punto di vista del principe né a liberarsi dei pre- gli esempi che riporta non gli aprono la mente. Non
giudizi o dei pre-supposti della sua analisi politica ha capito che i principi come i papi cercano di avere
della realtà sociale. Morale e immorale sono fratelli buona fama tra i sudditi o i cittadini, e cercano poi
gemelli. Il loro opposto è soltanto ciò che è a-morale, anche di curarla e consolidarla. Così poi, quando
fuori della morale, che non si preoccupa minimamen- commettono qualcosa che va contro la loro buona
te della morale, né di rispettarla, né di andarle contro. fama, gli altri (principi, sudditi ecc.) sono stupiti, an-
3.2. “Per mantenere lo Stato” significa qui banalmen- che traumatizzati, ma ben presto ritornano a pensare
te “per restare al potere”. Gli orizzonti del principe e bene come in precedenza. La considerano un caso, un
di Machiavelli si sono assai ristretti. La morale “supe- errore, un’eccezione, un consiglio sbagliato. La stessa
riore” del principe è andata a spasso. Ma anche qui cosa succede se qualcuno ha una cattiva fama incolla-
egli parla soltanto della realtà italiana: i Medici sono ta addosso. Fa una fatica di Sisifo a togliersela di dos-
stati cacciati e poi sono ritornati. Nelle grandi monar- so. Ben inteso, ci può essere anche chi cerca di avere
chie del tempo il sovrano non conquistava più il pote- una cattiva fama, e la cura, se essa fa i suoi interessi.
re con le armi e non rischiava mai il trono. È istruttiva una novella di Luigi Pirandello, La paten-
3. Il testo mostra anche come l’autore si avvicina ai te. Chiàrchiaro, il protagonista, vuole incrementare la
testi antichi, che interpreta in modo allegorico; e co- sua fama di iettatore e si veste da iettatore. Pensava di
me si avvicini in modo per noi antistorico e anacroni- usare questa fama per garantirsi lo stipendio. Gengis
stico al passato, per trarne insegnamenti validi per il Kahn si faceva precedere dalla fama di essere sangui-
presente. Sotto questa metodologia c’è la convinzione nario, così spingeva i nemici ad arrendersi senza
che esista una realtà immutabile ed astorica e una combattere.
scienza ugualmente astorica e perenne, capace di in- 6. La guerra o la vita o le relazioni sociali si fanno
terpretare le azioni umane in tutti i tempi. Peraltro anche nel mondo immaginario, nel mondo dei simbo-
questo comportamento, indubbiamente più raffinato e li, e non soltanto con gli eserciti e le armi. Ma l’attac-
più critico, non è certamente troppo diverso da quello camento dell’autore alla realtà effettuale impedisce di
espresso dai primi crociati, che in Terra Santa pensa- capirlo. La realtà “vera” va ben al di là della realtà
vano di incontrare gli uccisori di Cristo o i loro diretti dei fatti. Basti pensare al mondo delle idee di Platone
discendenti. Ed erano passati 1.000 anni. Il tempo di (la realtà vera è costituita dalle idee, di cui le cose so-
Machiavelli è ancora il tempo ciclico delle stagioni, è no una semplice realizzazione materiale, una copia) e
ancora il tempo agricolo, che caratterizza la società al rapporto tra geometria e realtà presso i greci (la
europea fino a tempi recentissimi (1950). Il suo ap- geometria euclidea si può costruire a partire da postu-
proccio al passato non è diverso da quello proposto lati, non serve studiare o misurare la realtà).
da Dante nel Convivio (1304-07) con i quattro sensi 7. La “realtà effettuale” impedisce all’autore di vola-
delle scritture. Eppure il Medio Evo con questo ap- re, di passare dalla realtà dell’esperienza a una realtà
proccio aveva prodotto idee davvero significative e ben più concreta, quella della teoria. In questo come
originali. Insomma si può anche esser anti-storici, nei capitoli precedenti l’autore vive di fatterelli e/o di
quel che conta sono soltanto i risultati. esempi e non riesce mai a passare dagli esempi alla
4. Il principe di Machiavelli ha certamente qualche teoria. Anzi il suo approccio ai problemi gli impedi-
debolezza umana; tuttavia è un uomo diverso dagli sce di fare questo passaggio o anche questo salto. I
altri uomini, poiché, nonostante gli strumenti abietti mesopotamici avevano esempi di somme, sottrazioni
che usa, si propone di realizzare un preciso ideale, ecc., perché non avevano ancora scoperto l’addizione.
addirittura il bene comune: la costruzione dello Stato. Gli egizi misuravano ogni anno le terre alluvionate
Soltanto tale realizzazione giustifica l’impiego immo- dal Nilo, non scoprirono mai la geometria. I greci in-
rale o, meglio, amorale di qualsiasi mezzo. Uno Stato vece scoprirono la geometria e con essa dominarono
in pace e funzionante è sicuramente utile al principe e l’esperienza. L’autore è soltanto il guardone della
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 179
realtà e della vita politica dei principi, e non riesce fortuna, va in rovina, non appena essa varia. Credo
mai ad immedesimarsi nel (punto di vista del) princi- inoltre che ottenga buoni risultati quel [principe] che
pe e nella creatività del principe per affrontare i pro- adatta il suo modo di procedere alle caratteristiche dei
blemi di gestione del potere. tempi e che similmente non ottenga buoni risultati
---I☺I--- quello che non adatta il suo modo di procedere ai
tempi.
Cap. XXV: Quanto può la fortuna nelle azioni 5. Perché si vede che gli uomini – nelle azioni che li
umane e in che modo possa essere conducono al fine che si sono prefissi, cioè gloria e
affrontata ricchezze – procedono in modi diversi: l’uno con cau-
tela, l’altro con impeto; l’uno con violenza, l’altro
1. Non ignoro (=riconosco) che molti sono stati e so- con arte; l’uno con pazienza, l’altro con impazienza.
no dell’opinione che le cose del mondo siano gover- E ciascuno vi (=alla gloria ed alle ricchezze) può per-
nate dalla fortuna o da Dio in modo tale, che gli uo- venire con questi diversi modi [di procedere]. Si ve-
mini con la loro prudenza non possano modificarle, e dono poi due individui cauti, uno [dei quali] raggiun-
che anzi non vi abbiano alcun rimedio. Perciò essi ge il suo scopo, l’altro no. E similmente si vedono ot-
potrebbero giudicare che non ci si debba impegnare a tenere ugualmente buoni risultati due [individui] che
fondo per [modificare] la realtà, ma che ci si debba hanno applicato princìpi diversi, essendo l’uno cauto,
lasciar governare dalla sorte. Questa opinione è stata l’altro impetuoso. Ciò dipende semplicemente dalle
professata soprattutto ai nostri tempi, a causa dei caratteristiche dei tempi, che si adattano o che non si
grandi mutamenti della situazione politica che si sono adattano al [modo di] procedere degli interessati. Da
visti e che si vedono ogni giorno, fuori di ogni capa- qui nasce ciò che ho detto, [cioè] che due, operando
cità umana di prevederli. Pensando a ciò, io talvolta in modo uguale, raggiungono uno il fine, l’altro no.
mi sono in qualche modo inclinato verso questa opi- 6. Da questo ancora dipende il variare della fortuna
nione. umana, perché un [principe], se governa con cautela e
2. Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia con pazienza e se i tempi e le cose girano in modo
negato, giudico che possa esser vero che la fortuna che il suo governo sia buono, allora ottiene buoni ri-
sia arbitra della metà delle nostre azioni e che lasci sultati; ma, se i tempi e le cose mutano, egli rovina,
governare a noi l’altra metà, o quasi. E paragono perché non muta il suo modo di procedere. Né si tro-
quella ad uno di quei fiumi rovinosi, che, quando si va un uomo così prudente, che si sappia adattare a
adirano (=si ingrossano e rompono gli argini), allaga- questi mutamenti; sia perché non possiamo deviare da
no la pianura, sradicano gli alberi e distruggono gli quella direzione verso la quale la nostra natura ci in-
edifici, levano da questa parte terreno e lo pongono clina, sia anche perché, avendo sempre camminato
dall’altra. Ciascuno fugge davanti ad essi, ognuno ce- per una certa strada, non riusciamo a persuaderci ad
de al loro impeto, senza potervi in alcun modo resi- abbandonarla. Perciò l’uomo cauto, quando è giunto
stere. E, benché siano fatti così (=per natura violenti), il tempo di usare l’impeto, non lo sa fare, perciò rovi-
nulla impedisce che gli uomini, quando i tempi sono na; invece, se mutasse natura in relazione [al mutare]
tranquilli, possano prender provvedimenti con ripari e dei tempi e delle cose, manterrebbe la fortuna.
con argini, in modo che essi, quando crescono, sfo- 7. Papa Giulio II procedette impetuosamente in ogni
ghino [la furia delle loro acque] per un canale o non sua cosa; e trovò i tempi e le cose conformi a questo
avrebbero un impeto così sfrenato e così dannoso. suo modo di procedere a tal punto, che ottenne sem-
3. In modo simile si comporta la fortuna, la quale di- pre buoni risultati. Considerate la prima impresa che
mostra la sua potenza dove non c’è alcuna virtù fece a Bologna [1506], quando era ancora vivo mes-
(=forza) impegnata [consapevolmente] a resisterle; e ser Giovanni Bentivogli (=il signore della città). I ve-
rivolge il suo impeto proprio lì dove essa sa che non neziani non approvavano l’impresa e nemmeno l’ap-
sono stati costruiti gli argini ed i ripari per contenerla. provava il re di Spagna. Con la Francia egli era in
E, se voi considerate l’Italia, vedrete che essa è una trattative. E tuttavia con la sua ferocia (=determina-
campagna senza argini e senz’alcun riparo; perché, se zione) e con il suo impeto prese parte personalmente
essa fosse difesa da un’adeguata virtù (=forza milita- a quell’impresa. Questa sua mossa fece stare incerti e
re), come la Germania, la Spagna e la Francia, questa fermi (=li aveva colti di sorpresa) sia gli spagnoli sia i
piena (=le invasioni straniere) non avrebbe provocato veneziani; questi per paura, quelli per il desiderio che
i grandi mutamenti che ci sono stati oppure non sa- avevano di rioccupare il regno di Napoli. Inoltre egli
rebbe nemmeno avvenuta. E voglio che basti aver si tirò pure dietro il re di Francia, il quale, vedendolo
detto questo per quanto riguarda l[a possibilità di] in azione e desiderando farselo amico per abbattere i
opporsi alla fortuna in generale. veneziani, giudicò di non potergli negare il suo aiuto
4. Ma, restringendomi ai casi particolari, dico che og- senza offenderlo in modo esplicito. Perciò Giulio II
gi si vede un principe ottenere buoni risultati e doma- con la sua azione impetuosa ottenne un risultato che
ni rovinare senza avergli visto mutare natura o qualità nessun altro pontefice con tutta la sua umana pruden-
alcuna. Io credo che ciò dipenda in primo luogo dalle za avrebbe mai ottenuto; perché egli, se aspettava di
cause che si sono lungamente discusse più sopra, cioè partire da Roma con gli accordi fatti e con le cose or-
che quel principe, che si affida completamente alla dinate, come qualunque altro pontefice avrebbe fatto,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 180
non avrebbe mai ottenuto quei risultati: il re di Fran- ora avversa agli uomini. È la Provvidenza cristiana,
cia avrebbe avuto mille scuse e gli altri [gli] avrebbe- che per Dante è la ministra di Dio ed esegue la volon-
ro messo mille paure. Io voglio lasciar stare le altre tà imperscrutabile di Dio (ciò però non gli impedisce
sue imprese, che sono state tutte simili a questa. La di prendersela con lei, quando è sfavorevole) (If VII,
brevità della sua vita non gli ha fatto provare il con- XV ecc.). È la Fortuna degli umanisti del Quattro-
trario, perché, se fossero giunti tempi che richiedesse- cento, che la ritenevano interamente controllabile,
ro di procedere con cautela, avrebbe conosciuto la sua quando affermavano che “ognuno è artefice del suo
rovina. Né mai avrebbe deviato da quei modi [di pro- destino”. È il caso imprevedibile, incontrollabile, as-
cedere] ai quali la natura lo inclinava. surdo e paradossale, che domina le vicende dell’Or-
8. Concludo dunque che gli uomini, poiché la fortuna lando furioso, che fa impazzire Orlando, perché re-
cambia e poiché essi restano attaccati ostinatamente spinto da Angelica; che fa innamorare Angelica di un
ai loro modi [di procedere], ottengono buoni risultati, oscuro fante; e che fa intersecare a più riprese i desti-
finché concordano con la fortuna (=le circostanze); ni incrociati dei protagonisti del poema. La trama del
non li ottengono più, quando non concordano più con poema di Ariosto mostra una ben maggiore articola-
essa. Io giudico bene questo: è meglio essere impe- zione del problema della fortuna, come di altri pro-
tuosi che cauti, perché la fortuna è donna ed è neces- blemi, e una ben maggiore aderenza alla realtà dei
sario, volendola sottomettere alla propria volontà, fatti.
batterla e spingerla. E si vede che essa si lascia vince- 2. Machiavelli non ha più la fiducia umanistica, se-
re più facilmente da questi che non da coloro che condo cui l’uomo può controllare interamente il suo
procedono con la fredda ragione. Perciò sempre, co- destino. Rifiuta però il fatalismo deterministico, che
me donna, è amica dei giovani, i quali sono meno toglierebbe all’uomo qualsiasi merito e qualsiasi re-
cauti e più feroci (=risoluti, decisi) [degli uomini ma- sponsabilità per ciò che fa. E inserisce le azioni uma-
turi e perciò più cauti e meno arditi] e con più audacia ne all’interno delle circostanze, ora favorevoli ora
la comandano. sfavorevoli, in cui avvengono. Nel primo caso le cose
vanno bene; nel secondo vanno male. Egli è convinto
Riassunto. Contro coloro che ritengono il futuro im- che la fortuna controlli la metà delle azioni umane
prevedibile e incontrollabile Machiavelli afferma che (primo caso) e che lasci agli uomini il controllo
la fortuna controlla la metà delle azioni umane o poco dell’altra metà (o quasi) (secondo caso). La sua idea,
più. E fa l’esempio del fiume che rompe gli argini e per contrastare le circostanze sfavorevoli, è questa:
allaga i campi. L’inondazione non sarebbe avvenuta o quando le cose vanno bene e le circostanze sono fa-
sarebbe stata meno dannosa, se si fossero presi prov- vorevoli, l’uomo deve prendere provvedimenti per
vedimenti e rinforzato gli argini, quando il fiume era quando le cose vanno male e le circostanze sono sfa-
in secca. Quindi allarga la riflessione: due individui vorevoli. Con la prudenza e la prevenzione non è det-
ottengono il successo, pur operando in modo opposto; to che l’uomo riesca a piegare la fortuna secondo le
un individuo ha sempre vinto operano in un certo sue intenzioni; ma almeno ci prova, così non può
modo e all’improvviso va incontro alla sconfitta. rimproverarsi di non aver tentato. Oltre alla prudenza
L’autore dice che ciò dipende dal fatto che l’interven- e alle precauzioni l’uomo però può fare intervenire
to era adatto o non era adatto alla situazione da gesti- un’altra variabile: la virtù, l’impeto, il coraggio, l’au-
re. E conclude con un’osservazione sul carattere: noi dacia, la passione, la decisione, la determinazione.
ci abituiamo ad agire in un certo modo, che ci ha Essi certamente esulano dall’ambito della ragione,
condotto al successo; ma, quando la situazione non che in genere non si contrappongono alla ragione e
richiede più quel modo di intervento, andiamo incon- che possono intervenire positivamente, quando la ra-
tro all’insuccesso. In ogni caso per l’autore il modo gione ha esaurito le sue risorse e i suoi mezzi di in-
d’intervenire più efficace è il colpo di mano, l’azione tervento. L’autore punta proprio su questi interventi
imprevista e imprevedibile, che porta alla vittoria e irrazionali, quando la ragione (propria ed altrui, cioè
che mette gli avversari davanti al fatto compiuto. La degli avversari) entra in stallo. E, come di consueto, a
fortuna perciò è amica dei giovani, che sono audaci, sostegno della sua tesi porta come prova la “realtà ef-
che non hanno nulla da perdere e tutto da guadagnare. fettuale” di un fatto concreto preciso: la presa di Bo-
logna ad opera del papa Giulio II, che con il suo
Commento comportamento deciso e imprevedibile sorprende gli
1. Il tema della fortuna è uno dei motivi più impor- avversari e li mette davanti al fatto compiuto. L’au-
tanti del Principe ed è un motivo che l’autore eredita tore però si dimentica di citare i casi in cui l’impeto
dagli umanisti italiani del Quattrocento. La fortuna ha ha fallito…
una lunga storia. È la Necessità dei greci, che pensa- 3. L’esempio del fiume che tracima è realistico: al
no alle tre vecchie – Cloto, Làchesi, Àtropo – che suo tempo e ancora per secoli i fiumi tracimavano per
nell’Averno filano, tessono e interrompono la vita una pioggia abbondante, allagavano le terre circostan-
umana e il cui potere è superiore alla volontà degli ti e le impaludavano. I lavori di sistemazione erano
dei. È la dea Fortuna (o il Fato, cioè il destino, la sor- troppo costosi e fatti con strumenti inadeguati. Le
te, le circostanze favorevoli o avverse) dei romani, classi politiche avevano poi altro a cui pensare: l’arte
che è cieca e che, indifferentemente, ora è favorevole, e letteratura, la guerra, l’allargamento del loro State-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 181
rello. Nel commento l’autore dimostra tutta la sua in- trimenti perdono tutto il loro valore e il loro potere.
genuità e inesperienza. Dice che, quando le cose van- Anche in questo caso parla più dell’Italia che dei
no bene, si devono prendere provvedimenti per quan- grandi Stati europei: i Medici sono cacciati e poi ri-
do andranno male. Ma i provvedimenti costano, per- tornano a Firenze, diversi principi sono andati al po-
ciò si rimandano i lavori, ci si dimentica del problema tere con la violenza e poi hanno cercato di consolida-
e si spera che le cose continueranno ad andar bene… re il loro potere. La vita del suo principe è molto in-
E poi ci sono continue spese, che impediscono di ri- certa e nelle mani della fortuna, del caso o delle pro-
versare denaro su una gestione prudente e lungimi- prie capacità personali. Basta una malattia e Cesare
rante dei corsi d’acqua e del territorio. Nei limiti poi Borgia perde tutto ciò che aveva acquistato. Ma que-
in cui si possono prendere precauzioni. Le ultime di- sta non era la situazione degli altri regnanti d’Europa.
sastrose alluvioni in Italia sono: Adige (1882), Po 8. Il discorso sulla fortuna è bello ed affascinante, e
(1951), Arno (1966). E altre minori. capace di colpire il lettore. È pure scritto in un lin-
4. Il testo svolge alcune interessanti riflessioni sulle guaggio secco, raziocinante e aggressivo, che colpi-
abitudini: ognuno di noi si abitua ad operare in un sce nel cuore e nella mente. È insomma un buon pez-
certo modo, cioè in quel modo verso cui si sente più zo di arte oratoria. Una predica laica. Ma i problemi
predisposto e che gli ha procurato successo e soddi- non si affrontano così, serve ben altra esperienza e
sfazioni. Ciò però può essere pericoloso: le cose con- ben altra cultura. Machiavelli non è del mestiere, non
tinueranno ad andarci bene soltanto se continueranno è un politico, ha soltanto visto uomini politici agire
a presentarsi circostanze che richiedano quello speci- ed ha pensato di aver capito tutto. Un semplice illu-
fico modo di affrontarle; altrimenti ci aspetta la rovi- sione. Così il suo principe qui è abbandonato alla for-
na. D’altra parte – nota giustamente l’autore – ognu- tuna, alla sua virtus ai colpi di mano e a se stesso. Ed
no ha un carattere specifico che lo spinge a compor- è destinato inevitabilmente ad affogare. Serviva un
tarsi in un certo modo; e oltre tutto non si può cam- ben altro approccio ai problemi e si doveva lasciar
biare facilmente un modo di operare che ormai è di- perdere la fortuna… Il principe si vuol rovinare con
venuto la nostra natura. Anche in questo caso l’autore le sue mani, se si affida a essa. L’approccio corretto è
respinge l’ottimismo umanistico, che attribuiva quello di Botero: il principe è istruito, ha studiato per
all’uomo la capacità di imporre la sua volontà al de- governare, sa in anticipo che cosa succederà e inter-
stino. Egli mostra che la questione è molto più com- verrà a ragion veduta. Non è mai abbandonato a se
plessa del previsto, e che resta sempre un notevole stesso, ha i suoi collaboratori. E farà tutto, tranne che
margine di rischio e di incertezza circa la riuscita del- abbandonarsi ai colpi di mani e sperare che la fortu-
le nostre azioni. Il futuro non è più completamente na, il caso, la sorte siano con lui.
prevedibile né trasparente. ---I☺I---
5. Guicciardini invece ritiene che la Fortuna condi-
zioni interamente le azioni umane, perché l’uomo non Cap. XXVI: Esortazione a conquistare l’Italia
può prevedere né controllare tutti i casi possibili. E e a ripristinarne la libertà dagli stranieri
spesso la conoscenza dei particolari è determinante.
Machiavelli ha fatto dieci anni di esperienza politica,
1. Tenendo dunque presenti tutte le cose precedente-
Guicciardini ha fatto il mediatore e l’ambasciatore tra
mente discusse e riflettendo dentro di me se in questo
i potenti per tutta la vita. Dovrebbe essere più atten-
momento la situazione italiana è favorevole all’af-
dibile Guicciardini, ma non è detto: l’autore non era
fermarsi di un nuovo principe e se le circostanze pos-
un uomo d’azione, ma di mediazione, perché doveva
sono permettere ad un uomo cauto e valoroso di in-
mediare tra le due parti e dedicarsi a trattative logo-
trodurre nuovi ordinamenti politici, che facciano ono-
ranti (come egli stesso sottolinea).
re a lui e giovino a tutti gli italiani, mi sembra che ci
6. La parte finale del capitoletto, in cui si afferma che
siano tanti elementi capaci di aiutare un principe
la fortuna è donna ed è amica dei giovani, risente più nuovo, che non ricordo che ci sia stato un altro mo-
della passionalità che caratterizza la conclusione mento più adatto di questo. E, come io dissi, se per
dell’opera, che della prudenza e della riflessione dei vedere il valore di Mosè era necessario che il popolo
capitoli precedenti. Ciò è comprensibile: Machiavelli
ebraico fosse schiavo in Egitto; se per conoscere la
ha bisogno non più di dimostrare e di trasmettere gli
grandezza d’animo di Ciro era necessario che i per-
insegnamenti di una scienza; deve incitare all’azione.
siani fossero oppressi dai medi; se per conoscere le
E la ragione preferisce la riflessioni teorica all’irruen-
grandi capacità di Teseo era necessario che gli atenie-
za e ai pericoli dell’azione.
si fossero disorientati ed incerti; così ora, per cono-
7. Anche in questo capitolo l’autore pensa di dire
scere il valore di un personaggio italiano, era necessa-
qualcosa di nuovo, mai detto in precedenza. Glielo
rio che l’Italia si riducesse nella situazione in cui è al
concediamo senza difficoltà… Peccato che di lì a po- presente, cioè era necessario che fosse più schiava
co tiri fuori il nostro “libero arbitrio”, che non è affat- degli ebrei, più serva dei persiani, più disorientata ed
to pertinente e che è una teoria importante della Chie- incerta degli ateniesi; era necessario che fosse senza
sa. Non gli passa neanche per la mente che di certi capo, in preda al caos, sconfitta, saccheggiata, lacera-
argomenti non conviene parlare o se ne parla soltanto ta, percorsa da eserciti nemici e che avesse subito
in privato o in segreto. E i segreti non si rivelano, al- ogni specie di distruzione.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 182
2. E, benché finora si sia potuto vedere qualche indi- suoi auspici si verifichi quel detto di Petrarca [Can-
zio in qualcuno (=in Cesare Borgia, detto il Valenti- zoniere, CXXVIII, 93-97]:
no), da far pensare che fosse stato mandato da Dio a
salvare l’Italia, tuttavia si è visto in seguito che nel “Virtù (=valore militare) contro la furia
momento decisivo delle sue imprese questo perso- [dei barbari]
naggio è stato abbandonato dalla fortuna. Perciò prenderà le armi, e il combattimento sarà breve,
l’Italia, come se fosse rimasta senza vita, aspetta chi perché l’antico valore [dei romani]
le sani le ferite, ponga fine ai saccheggi che hanno nel cuore degli italiani non è ancor morto!”.
devastato la Lombardia e ai tributi che devono pagare
il Regno di Napoli e la Toscana, e la guarisca da Riassunto. Machiavelli conclude il trattato invitando
quelle piaghe che ormai da tempo sono aperte. Si ve- Lorenzino de’ Medici a liberare l’Italia dagli stranie-
de come essa prega Dio affinché Egli le mandi qual- ri: la situazione è favorevole, può contare sull’aiuto
cuno che la liberi dalle atrocità e dalle violenze com- del papa (è della famiglia de’ Medici) e sull’aiuto di
messe da potenze straniere. Si vede pure che essa è Dio, come dimostrano i fatti prodigiosi che si sono
tutta pronta a seguire una bandiera, purché ci sia visti. E sarà sicuramente seguito dal popolo italiano,
qualcuno che la innalzi e si faccia seguire. Né al pre- che aspetta soltanto che un principe impugni la ban-
sente si vede nessun altro, in cui l’Italia possa spera- diera della liberazione nazionale. I barbari non sono
re, se non il Vostro (=di Lorenzo de’ Medici) illustre audaci come sembra e si arrendono subito. E l’antico
casato, il quale con la sua fortuna ed il suo valore, valore militare dei romani non è ancora morto nel
avendo il favore di Dio e della Chiesa, alla quale ha cuore degli italiani.
dato ora un papa (=Giovanni de’ Medici, divenuto
papa nel 1513 con il nome di Leone X), possa guidare Commento
e attuare la liberazione dallo straniero. Ciò non sarà 1. L’ultimo capitolo fornisce gli elementi per inter-
molto difficile, se avrete davanti a voi, come modello, pretare correttamente il breve trattato: l’autore auspi-
le azioni e la vita dei soprannominati [Mosè, Ciro e ca l’avvento di un principe, che nel caso specifico è
Teseo]. E, benché quegli uomini siano rari e straordi- un esponente della casa de’ Medici, che cacci gli
nari, tuttavia furono uomini, e ciascuno di loro ebbe eserciti stranieri fuori d’Italia e restituisca la libertà
un’occasione meno favorevole di questa occasione agli italiani. La liberazione nazionale viene dall’alto,
presente; e la loro impresa non fu più giusta di questa, non dal popolo. Il popolo deve soltanto seguire la
né più facile, né Dio fu più favorevole a loro che a bandiera innalzata dal principe. Machiavelli ha anco-
voi. Qui sta la giustizia più grande: “È giusta la guer- ra una visione ristretta e municipale della politica: il
ra per chi è necessaria, e le armi sono sante dove non principe può fare tutto da sé, perché il suo Stato non
c’è alcuna speranza se non nelle armi” [T. LIVIO, Ab supera i confini regionali e la vita politica è estrema-
urbe condita, IX, 1]. Il popolo italiano è dispostissi- mente semplice. Ciò però succede soltanto in Italia,
mo [a prendere le armi contro gli stranieri]; e, dove che da secoli si era cristallizzata in piccoli Stati e in
c’è grandissima disponibilità, non può essere grande Stati regionali, sempre in lotta tra loro fino alla pace
difficoltà [a farsi seguire], purché la casa de’ Medici di Lodi (1454), perché nel resto dell’Europa ci sono,
prenda come modelli coloro che io ho proposto. Oltre e da tempo, gli Stati nazionali, che fondano la loro
a questo, qui si vedono avvenimenti straordinari, sen- potenza su un territorio vasto, su una popolazione
za precedenti, mandati da Dio: il mare si è aperto; una numerosa, su una burocrazia efficiente e su un eserci-
nuvola vi ha mostrato il cammino; la roccia ha fatto to stabile e ben armato.
scorrere acqua; qui è piovuto la manna; tutto contri- 1.1. L’ultimo capitolo mostra quanto il libretto sia
buisce alla vostra grandezza [e al vostro successo]. condizionato dalla dedica del Principe a un esponente
Voi dovete fare il resto. Dio non vuole fare ogni cosa, di casa de’ Medici. La proposta di unificare l’Italia è
per non toglierci il libero arbitrio e parte di quella il piatto prelibato finale che l’autore offre al suo futu-
gloria che tocca a noi. […] ro (lo spera) datore di lavoro. Lorenzino poteva farsi
5. Non si deve dunque lasciar passare questa occasio- abbagliare e ringalluzzire per la proposta, e pensare di
ne, affinché l’Italia, dopo tanto tempo, veda un suo realizzarla. E invece non ci penserà nemmeno. Ma
salvatore. Né posso esprimere con quale amore egli darà ugualmente un posto di lavoro allo scrittore.
sarebbe ricevuto in tutte quelle provincie che hanno 1.2. “Qui si vedono avvenimenti straordinari, senza
patito per queste alluvioni (=invasioni) esterne; con precedenti, mandati da Dio”: il testo va interpretato
che sete di vendetta (=giustizia), con che ostinata fe- nei termini indicati dallo stesso Machiavelli in Di-
de, con che pietà, con che lacrime. Quali porte reste- scorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, 11. I mira-
rebbero chiuse davanti a lui? Quali popolazioni gli coli non avvengono, sono soltanto fole inventate per
negherebbero l’obbedienza? Quale Italiano gli neghe- il popolo che servono per mantenere il popolo com-
rebbe l’ossequio? A ognuno puzza questo barbaro patto. Una interpretazione assai ingenua. L’ex gesuita
dominio. Pigli dunque l’illustre casa vostra questo Botero non scomoda i miracoli (è pericolosissimo,
compito con quell’animo e con quella speranza con perché, se lo scopre, la gente si sente raggirata!), pen-
cui si intraprendono le imprese giuste, affinché sotto sa che la Chiesa svolga egregiamente il compito di
la sua bandiera questa patria sia nobilitata, e sotto i tenere il popolo compatto e ubbidiente al principe. È
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 183
curioso un uomo che non crede ai miracoli e che se li dell’unità italiana o potranno resistere e reagire? E, al
inventa perché gli servono… E che un ex-gesuita non di là della presenza degli eserciti stranieri, questo era
pensi minimamente ad essi: se li gestisce la Chiesa, il problema che pesava, ormai da alcuni secoli, sulla
perché essi sono di sua competenza. penisola. L’autore vuole dimenticare che le potenze
1.3. Dio, salvatore, speranza son termini religiosi. straniere erano in Italia dal 1494, cioè da quando Lu-
Nello scrittore però la Chiesa non ha scopi autonomi, dovico il Moro, signore del ducato di Milano, aveva
è soltanto un’instrumentum regni. Un’interpretazione invitato in Italia Carlo VIII, re di Francia, contro il
davvero semplicistica e povera della Chiesa, che si regno di Napoli; e il sovrano francese era giunto fino
proponeva di predicare il Vangelo, la buon novella, a a Napoli senza colpo ferire. Soltanto a questo punto
tutte le creature, a tutti gli uomini della terra (Mc 16, gli Stati italiani si coalizzano contro il sovrano fran-
9-20). Che finanziava gli artisti ad maiorem Dei glo- cese, che è momentaneamente fermato. Essi però so-
riam e che aveva il dominio incontrastato sulle co- no immediatamente presi dal loro individualismo e
scienze dei fedeli. dalle loro conflittualità tradizionale, così le potenze
2. L’ultimo capitolo però prosegue e conclude anche straniere invadono la penisola e vi restano fino
altre indicazioni e altre riflessioni, che attraversano all’unità d’Italia (1859-70).
l’opera: la virtù, l’impeto, l’irruenza passionale e ir- 5. Le posizioni di Machiavelli – ma il discorso vale
razionale hanno la meglio sulla riflessione, sulla ra- per ogni autore – acquistano spessore politico e teori-
gione e sulla preparazione meticolosa. La ragione può co se confrontate (ad esempio) con la visione che
dare i suoi contributi migliori soltanto nel prendere Dante ha dello Stato (l’impero deve garantire pace e
precauzioni per il tempo in cui la fortuna favorevole giustizia agli uomini) o con la visione che ne ha
vien meno. Tutto ciò non deve portare ad accusare Thomas Hobbes (1588-1679) nel Seicento (lo Stato
Machiavelli di fare scelte irrazionali, perché talvolta deve avere tutto il potere politico nelle sue mani, cioè
una situazione in stallo si può sbloccare soltanto con deve essere assoluto, perché soltanto così riesce a im-
un’azione irrazionale – cioè si può “forzare” –; poi porre la pace nella società dilaniata dai conflitti tra le
perché l’irrazionalità e la passionalità non si sostitui- opposte fazioni). Da questo confronto emerge più
scono alla ragione, ma intervengono quando la ragio- chiaramente quanto, al di là delle parole, l’autore è
ne si trova in stallo e ha mostrato i limiti del suo in- rimasto legato al passato e quanto è andato oltre.
tervento; e infine perché l’intervento passionale e ir- 5.1. Machiavelli ha avuto forti estimatori tra i pensa-
razionale introduce nella realtà una variabile di cui la tori laici che dal Risorgimento in poi lo hanno voluto
ragione (degli avversari, ma anche nostra) fa fatica a contrapporre all’oscurantismo della Chiesa cattolica.
prevedere le conseguenze. In realtà, se si va a vedere più attentamente e senza
2.1. Comunque sia, tutto è legato al principe, alle sue pregiudizi il pensiero politico medioevale, si scopre
capacità personali e alla buona o cattiva fortuna che con sorpresa che il principe di Machiavelli è molto
incontrerà. simile – troppo simile – al rex, al monarca assoluto,
3. Le considerazioni appena fatte devono però tenere di cui parla Tommaso d’Aquino nel De regimine
conto di alcune altre idee di Machiavelli: la forza principum (1266). Il compito supremo del rex era
dell’abitudine che si impossessa delle azioni del prin- quello di preoccuparsi ad oltranza del bonum commu-
cipe, sia nel caso in cui il principe usi la ragione, ed ne, cioè della difesa e della sicurezza dello Stato, del-
abbia successo, perché le circostanze richiedono la pace e dell’ordine sociale. In nome del bene comu-
azioni razionali; sia nel caso in cui il principe usi ne poteva essere sacrificata anche la vita del singolo
l’impeto passionale, l’audacia e la determinazione, ed individuo.
abbia ancora successo, perché le circostanze richie- 6. Conviene confrontare Machiavelli, Guicciardini e
dono un tale tipo di intervento. La forza dell’abitudi- Botero, che sono contemporanei, per i temi comuni
ne per il principe diventa un suicidio politico, quando che affrontano e per le soluzioni che propongono: i
intervengono circostanze che egli con la sua mentalità sudditi, lo Stato, il principe, le virtù del principe, la
ed il suo comportamento – vuoi razionali vuoi pas- pace e la guerra, l’infrazione della morale comune e/o
sionali – non è abituato ad affrontare e non ha l’espe- ecclesiastica, la Fortuna, la Chiesa.
rienza specifica con cui affrontarle. 7. Alla fine della lettura del Principe si ha l’im-
4. Machiavelli si preoccupa in primo luogo che l’Ita- pressione che l’autore abbia visto la realtà per il buco
lia sia liberata dalla presenza straniera; a questo pro- della serratura o anche al di là del buco, ma che non
posito ritiene che la casa de’ Medici abbia le maggio- abbia mai parlato con l’esperienza di chi è stato pro-
ri possibilità di successo. A questo punto però l’au- tagonista diretto, attivo, in prima persona dei fatti. E
tore si ferma: non dice che cosa succederà in Italia c’è una radicale differenza tra essere protagonisti,
una volta che gli stranieri siano stati cacciati. La casa immaginare di essere protagonisti, pensare che basti
de’ Medici dovrà forse continuare l’opera di unifica- guardare per capire. La realtà effettuale si è presa
zione nazionale oppure si dovrà fermare, contenta dei una vacanza a tempo indeterminato. Né lo scrittore né
risultati ottenuti? E, se dovrà continuare, come si do- i suoi estimatori se ne sono accorti. Basta leggere Bo-
vranno comportare gli altri Stati della penisola: la tero e questa impressione si rafforza e alla fine tra-
Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa e il Re- volge e distrugge il segretario fiorentino e pure i suoi
gno di Napoli? Dovranno farsi conquistare in nome incapaci e ignoranti ammiratori.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 184
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio Questa opinione e credenza fu del tutto favorita ed
(1513-17), I, 12 accresciuta da Furio Camillo (=il loro comandante) e
dagli altri principi della città. Questa religiosità, se si
fosse mantenuta agli inizi della repubblica cristiana,
Di quanta importanza sia tener conto della religione, come fu ordinato dal datore d’essa (=Dio), gli Stati e
e come l’Italia, per esserne mancata a causa della le repubbliche cristiane sarebbero più uniti e assai più
Chiesa romana, è andata incontro alla rovina. felici, di quanto ora sono. Né si può fare altra mag-
giore congettura del declino di essa, quanto è vedere
1. Quei principi o quelle repubbliche, che si vogliono come quei popoli che sono più vicini alla Chiesa ro-
mantenere incorrotte, hanno sopra ogni altra cosa a mana, capo della nostra religione, hanno meno reli-
mantenere incorrotte le cerimonie della loro religione, gione. E chi considerasse i suoi fondamenti e vedesse
e tenerle sempre nella loro venerazione; perché nes- quanto l’uso presente sia diverso dai romani, giudi-
sun maggiore indizio si può avere della rovina d’una cherebbe senza dubbio che si stia avvicinando la ro-
provincia (=paese), che vedere disprezzato il culto vina o la peste.
divino. Questo è facile da intendere, una volta che si 2. E, poiché molti sono dell’opinione che il benessere
sia conosciuto su che cosa sia fondata la religione do- delle città d’Italia nasca dalla Chiesa romana, voglio,
ve l’uomo è nato; perché ogni religione ha il fonda- controbattere con le ragioni (=argomentazioni) che
mento della sua vita su qualche suo ordine principale. mi servono allo scopo. Ne presento due, che hanno
La vita della religione dei gentili (=i pagani) era fon- grandissima forza e che, secondo me, non possono
data sopra i responsi degli oracoli e sopra la setta de- essere confutate. La prima è che, per gli esempi col-
gli indovini e degli aruspici. Tutte le altre cerimonie, pevoli di quella corte, questa provincia (=paese,
sacrifici e riti, dipendevano da queste; perché essi l’Italia) ha perduto ogni devozione e ogni religione. E
credevano facilmente che quel Dio che ti poteva pre- ciò si tira dietro infiniti inconvenienti e infiniti disor-
dire il tuo futuro bene o il tuo futuro male, te lo po- dini, perché, come dove è religione si presuppone
tesse ancora concedere. Di qui nascevano i templi, di ogni bene, così, dove essa manca, si presuppone ogni
qui i sacrifici, di qui le suppliche ed ogni altra ceri- male. Noi italiani abbiamo dunque con la Chiesa e
monia che venerava gli dei. Da qui l’oracolo di Delo, con i preti questo primo obbligo (=debito), di essere
il tempio di Giove Ammone e altri celebri oracoli, diventati senza religione e cattivi. Ma ne abbiamo pu-
che riempivano il mondo di ammirazione e devozio- re uno maggiore, che è la seconda causa della nostra
ne. Quando costoro cominciarono a parlare e a com- rovina: la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia
portarsi come i potenti e questa falsità (=vita corrotta (=l’Italia) divisa. E veramente nessuna provincia fu
dalla ricchezza, contraria al Vangelo) fu scoperta dai mai unita o felice, se non obbedisce (=è sottoposta)
popoli, gli uomini diventarono increduli (=persero la tutta a una repubblica o a un principe, come è avve-
fede) e disposti a perturbare ogni ordine sociale buo- nuto per la Francia e per la Spagna. E la causa che
no (=divennero sediziosi, ribelli, pieni di pretese). I l’Italia non sia in quella situazione, né abbia o una re-
principi di una repubblica o di uno regno devono pubblica o un principe (=monarchia) che la governi, è
dunque mantenere i fondamenti della religione che solamente la Chiesa. In effetti, avendovi quella abita-
essi tengono; e, fatto questo, sarà loro facile mantene- to e tenuto il potere temporale, non è stata così poten-
re la loro repubblica religiosa e, di conseguenza, buo- te né di tanta virtù che abbia potuto occupare la tiran-
na e unita. E devono favorire e accrescere tutte le co- nide d’Italia e farsene principe. E neppure è stata così
se che nascano in favore di quella, anche se le giudi- debole che, per paura di perdere il dominio delle sue
cassero false; e tanto più lo devono fare, quanto più cose temporali, non abbia potuto convocare un poten-
sono prudenti e quanto più conoscitori delle cose na- te che la difenda contro quello che in Italia fosse di-
turali. E, poiché questo modo è stato osservato dagli ventato troppo potente, come si è visto anticamente
uomini saggi, è nata l’opinione dei miracoli, che si per assai esperienze, quando con Carlo Magno cacciò
celebrano nelle religioni anche se falsi (=mai accadu- i longobardi (774), che erano divenuti re quasi di tutta
ti); perché i prudenti li aumentano, da qualunque l’Italia; e quando nei nostri tempi ella tolse la potenza
principio nascano; e la loro autorità dà poi ad essi ai veneziani con l’aiuto della Francia e poi cacciò i
credibilità presso chiunque. A Roma avvennero mol- francesi con l’aiuto degli svizzeri (1512-13). Perciò,
tissimi di questi miracoli. Tra essi ci fu questo: men- non essendo stata la Chiesa tanto potente da occupare
tre i soldati romani saccheggiavano la città di Veio, tutta l’Italia, né avendo permesso che un altro la oc-
alcuni di loro entrarono nel tempio di Giunone, si ac- cupasse tutta, è stata causa che l’Italia non è potuta
costarono all’immagine della dea e le dissero: “Vis venire sotto un solo capo; ma è stata sotto più principi
venire Romam?” (“Vuoi venire a Roma?”). A qual- e signori, dai quali è nata tanta disunione e tanta de-
cuno parve di vedere che accennasse di sì, a qualcun bolezza, che la si è fatta diventare preda, non sola-
altro che dicesse di sì. Perciò, essendo quegli uomini mente dei barbari potenti, ma di qualunque l’assalta.
pieni di religione (=spirito religioso) (secondo Tito Di questo noi altri italiani abbiamo obbligo (=debito)
Livio, Ab Urbe condita libri, V, 22, entrando nel con la Chiesa e non con altri. E chi volesse vedere,
tempio, vi entrarono senza tumulto, tutti devoti e pie- per esperienza certa, più pronta la verità, bisognereb-
ni di riverenza), parve loro di udire quella risposta be che fosse di tanta potenza da mandare la corte ro-
che alla loro domanda per avventura avevano posto.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 185
mana ad abitare, con l’autorità che ha in Italia, nelle chiedere aiuto a qualche potente, affinché la proteg-
terre degli svizzeri (=in uno Stato estero). Essi oggi gesse. Come è avvenuto quando chiese e ottenne
sono soltanto popoli che vivono come i popoli anti- l’aiuto di Carlo Magno contro i longobardi che mi-
chi, quanto alla religione e quanto agli ordini militari. nacciavano i suoi territori o come quando recente-
E vedrebbe che in poco tempo in quella provincia mente chiese aiuto alla Francia contro i veneziani e
(=paese) farebbero più disordine i costumi corrotti di poi agli svizzeri contro i francesi. Perciò la Chiesa,
quella corte, che qualunque altro accidente che in non essendo stata tanto potente da sottomettere tutta
qualunque tempo vi potesse sorgere. la penisola né tanto debole da permettere che una re-
pubblica o una monarchia la riunificasse sotto di sé, è
Riassunto. Per Machiavelli i principi o le repubbliche, causa della mancata unificazione dell’Italia. Gli Sta-
che si vogliono mantenere incorrotti, devono mante- terelli in cui è divisa fanno sì che l’Italia sia debole e
nere incorrotte le cerimonie della loro religione e te- quindi preda degli Stati stranieri. A conclusione del
nerle sempre nella loro venerazione, perché il mag- suo ragionamento l’autore fa un exemplum fictum: se
gior indizio della rovina di un paese è vedere disprez- mandiamo la corte romana in Svizzera, che vive co-
zato il culto divino. La vita religiosa dei gentili (=i me i popoli antichi in fatto di religione e di ordini mi-
pagani) era fondata sopra i responsi degli oracoli e litari, in poco tempo i costumi corrotti degli ecclesia-
sopra la setta degli indovini e degli aruspici. Tutte le stici farebbero più danni di qualsiasi altra cosa.
altre loro cerimonie, sacrifici e riti, dipendevano da
queste perché essi credevano facilmente che quel Dio Commento
che poteva predire il tuo futuro favorevole o il tuo fu- 1. Machiavelli dice che il principe dev’essere al di
turo avverso, te lo poteva anche concedere. Da questa sopra della morale. Però, quando lo fa la Chiesa di
convinzione nascevano i templi, si facevano i sacrifi- Roma, egli s’inalbera e diventa più moralista dell’ul-
ci, si rivolgevano le suppliche e si celebravano le ce- tima beghina e baciapile. E in questo passo tira in bal-
rimonie che veneravano gli dei. Ma, quando i sacer- lo la corruzione della Chiesa, denunciata a partire da
doti si comportarono come i potenti, gli uomini di- Dante fino a Lutero, che avrebbe un effetto scristia-
ventarono increduli e furono disposti a perturbare nizzante sulle coscienze dei fedeli. Ma a questa accu-
l’ordine sociale. I principi perciò devono mantenere sa ne aggiunge un’altra, a sua dire ancora più tremen-
incorrotta la religione, perché soltanto così il popolo da: la Chiesa è stata la causa della mancata riunifica-
sarà religioso, buono e compatto. Devono favorire e zione dell’Italia, come invece è avvenuto per gli altri
accrescere tutte le cose che riguardano la religione, Stati europei. Essa non ha conquistato la penisola né
anche se le giudicassero false. E tanto più lo devono ha permesso che altri lo potessero fare. Essa, se debo-
fare, quanto più sono prudenti e quanto più conosco- le, ha sempre trovato qualcuno che la soccorresse. E
no le cose naturali. In particolare con la loro autorità fa l’esempio di Carlo Magno a cui chiede aiuto quan-
devono sostenere la veridicità dei miracoli, anche se do i longobardi avevano occupato quasi tutta l’Italia
sanno che non sono mai accaduti. Nella Roma pagana (774). Il segretario fiorentino dimentica quel che un
avvennero moltissimi miracoli. Uno di questi, secon- altro fiorentino aveva detto della compiacenza di un
do Livio, avvenne nella città di Veio. Alcuni soldati papa al potere politico. In Pg XXXII Dante aveva
romani entrarono in un tempio, dove c’era una statua usato parole durissime contro la Chiesa del suo tem-
di Giunone. Uno di essi chiese alla dea se voleva ve- po, che fu vista puttaneggiare con i re, tra cui il re di
nire a Roma, quella accennò di sì o sembrò che dices- Francia. In Pg VI fa poi una durissima requisitoria
se di sì con il capo. La credenza di un miracolo fu ap- contro imperatore, papa, signori d’Italia e popolo fio-
poggiata dal capitano dei soldati e dai principi della rentino. A suo avviso tutti hanno la loro parte di col-
città. Se questa religiosità, conclude Machiavelli, si pa.
fosse mantenuta nell’Europa cristiana, gli Stati e le 1.1. L’autore dimentica un’altra possibilità: uno Stato
repubbliche cristiane sarebbero più uniti e assai più italiano tanto forte da poter conquistare i territori del-
felici, di quanto ora sono. E invece si può riscontrare la Chiesa. Ma, umanamente parlando, non si può pre-
facilmente che i popoli più vicini alla Chiesa romana vedere tutto… Di fatto gli Staterelli italiani perdeva-
sono meno religiosi e meno uniti a causa della corru- no tempo a litigar tra loro. Se uno alzava il capo, gli
zione del clero. A questo punto lo scrittore sviluppa il altri Staterelli si alleavano contro di lui e lo vinceva-
suo ragionamento. Contro coloro che sostengono che no. E così via.
il benessere dell’Italia sia dovuto alla Chiesa egli op- 1.2. E poi inventa un’argomentazione, che avrà molto
pone due argomentazioni, che ritiene inconfutabili. successo in seguito: la Chiesa ha provocato la scri-
La prima è che per la corruzione della Chiesa, l’Italia stianizzazione di molte regioni con il suo comporta-
ha perduto ogni devozione e ogni religione. E ciò mento corrotto e immorale, compresa l’Italia del
provoca infiniti inconvenienti e infiniti disordini. La tempo. Con la minaccia o il ricatto implicito, rivolti
seconda è ancora più tremenda: la Chiesa è stata la alla Chiesa: attenti, o preti, se vi comportate male
causa della mancata riunificazione dell’Italia sotto un perdete fedeli e obolo dei fedeli. Non si capisce per-
potere centrale, come è avvenuto per gli altri Stati eu- ché si preoccupa se le entrate della Chiesa diminui-
ropei. Essa non è stata né troppo potente da riunifica- scono. Dovrebbe essere contento, così il denaro delle
re l’Italia sotto di sé; né troppo debole, da non poter
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 186
offerte va ai principi, come succede in Germania con sa) Donazione di Costantino qualcuno aveva giustifi-
la riforma luterana (1517). cato giuridicamente il suo potere temporale. Senza
1.3. Machiavelli inizia il capitoletto proponendo una queste conoscenze è impossibile preparare un attacco
riforma religiosa della Chiesa che invece doveva es- al suo potere politico e religioso.
sere messa alla fine, come conclusione delle sue ana- 2. Vien da dire che la colpa è sempre degli altri. Mai
lisi. Nel capitoletto precedente aveva sostenuto che che un laico valuti con lo stesso metro Chiesa e Stato,
Numa Pompilio aveva introdotto la religione per far ecclesiastici e politici. Almeno Guicciardini aveva
accettare le sue innovazioni e per rendere più compat- sottolineato che la causa delle invasioni dal 1494 in
to lo Stato. Dopo aver notato che senza la compattez- poi era stato l’invito del duca di Milano al re di Fran-
za e l’unità data dalla religione uno Stato rovina e cia di andare a far guerra al re di Napoli. Il re di
dopo aver affermato che la Chiesa di Roma ha corrot- Francia parte e arriva a Napoli senza colpo ferire. E
to la religione, lo scrittore doveva concludere che si sfugge poi costantemente che Machiavelli assume il
doveva moralizzare la Chiesa e poi che essa doveva punto di vista a favore dello Stato e contro la Chiesa.
essere integrata nello Stato, per costringere il cittadi- Come storico e intellettuale doveva essere sopra le
no o il suddito a rispettare di più le leggi. Il lettore parti e sentire le posizioni e le pretese dell’uno come
può fare la correzione senza difficoltà. Peraltro della dell’altro contendente e poi fare le sue considerazio-
moralizzazione della Chiesa poi non si parla più, tan- ni. Come storico doveva anche vedere e capire perché
to meno del suo uso come instrumentum regni. La la Chiesa era così potente politicamente ed economi-
Chiesa si riforma poi da sola con il Concilio di Trento camente e magari poteva anche chiedersi se in passa-
(1545-63). to essa aveva fatto qualcosa di buono per gli italiani,
1.4. Nell’Ottocento i suoi seguaci laici e patriotardi ad esempio la costruzione di chiese, poi riempite di
parlano rozzamente di “libera Chiesa in libero Stato”, opere d’arte (lavori pubblici plurisecolari), se aveva o
ma intendono dire che la Chiesa non rompa lo Stato, non aveva difeso gli italici dalle invasioni barbariche
perché la religione deve essere un sentimento perso- ecc. Come diceva Tommaso d’Aquino, di una que-
nale e privato, da richiudere dentro le mura di casa. E stione si devono vedere tutti gli aspetti e non soltanto
non si ricordano nemmeno che il segretario fiorentino quelli che interessano. E, come dicevano i praticoni
l’aveva celebrata come instrumentum regni, l’unico della partita doppia, si devono vedere e segnare sia le
strumento efficace per mantenere compatte e obbe- entrate, sia le uscite.
dienti le masse. L’ignoranza dei laici è divenuta anco- 3. Lo scrittore continua l’errore di Principe, XV: la
ra più solida e compatta nel sec. XX. distinzione tra essere e dover essere, che lo spinge
1.5. Machiavelli è interessato soltanto a ciò che i ro- poi, a parole, ad abbandonare il dover essere, se ciò
mani hanno fatto e che gli permette di concludere che danneggia il principe e lo Stato. Qui condanna la
la religione è stata e al presente deve essere ancora Chiesa, perché non si comporta come si dovrebbe
instrumentum regni. Non si chiede quali erano i rap- comportare. Possiamo anche essere indulgenti e pen-
porti tra Stato e religione presso i greci e presso gli sare che l’accusa alla Chiesa sia soltanto strumentale,
ebrei, una domanda pertinente e che magari mostrava per trovarle delle magagne che ha. Ma possiamo an-
altre possibilità e altre soluzioni. I greci avevano gli che immaginare che il punto di partenza dell’autore
oracoli, importanti non più di tanto, uno era nell’isola sia inadeguato e che l’approccio iniziale ai problemi
di Delo, un luogo scomodo da raggiungere; gli ebrei non possa né debba essere la contrapposizione tra es-
avevano invece una casta sacerdotale forte e ben or- sere e dover essere con il rifiuto in certe circostanze
ganizzata, che condizionava la vita della popolazione del dover essere. Ma un’altra, che si avvicini ai fatti
e chiedeva di essere mantenuta. Né si pone altre do- senza alcuna preclusione o pregiudizio: che cosa suc-
mande, pure pertinenti: prima di Numa Pompilio cede nella realtà? E perché? Quali scelte conviene fa-
c’era o non c’era la religione? O c’era e il re romano re? E a chi? Con quali conseguenze desiderate e inde-
l’ha soltanto piegata ai suoi interessi e l’ha trasforma- siderate? Conviene introdurre delle regole o delle
ta in semplice instrumentum regni? E, più in genera- leggi? Esse ammettono eccezioni o no? Ma l’autore
le, prima della nascita delle città-Stato e poi dello non si pone queste domande: il suo scopo non è ri-
Stato c’era o non c’era la religione? La domanda a spondere alla domanda che cos’è la religione, ma
monte che doveva porsi suonava grosso modo così: è convincere il destinatario a dargli un posto d lavoro.
nato prima lo Stato o prima la religione? 4. C’è un curioso “errore” di competenza: Machiavel-
1.6. L’autore ciancia tanto di “verità effettuale” e si li dice che la religione racconta favole, che però van-
riempie il cervello di passato e di ammirazione per il no difese e confermate, perché la religione è il più ef-
mondo greco e latino, e dimentica di esaminare che ficace strumento di governo. L’autore a) invade un
cosa succede e che cosa fa la Chiesa nell’Alto e nel ambito che non è di sua competenza, e non doveva
Basso Medio Evo. La risposta è importante ed è ba- farlo; b) non si accorge che implicitamente fa i com-
nale: l’impero romano crolla, la Chiesa subentra al plimenti alla Chiesa e ai preti, che hanno saputo ven-
potere politico, protegge gli italici dai barbari invaso- dere fandonie ai credenti e incassare denaro, dalle of-
ri e occupa i territori intorno a Roma. Nello stesso ferte ai lasciti testamentali; e c) non si chiede che co-
tempo conquista e gestisce le coscienze dei principi sa pensano in proposito i preti. Ma egli è il capofila di
come della gente comune di tutta Europa. Con la (fal- laici che non riescono mai a fare considerazioni lai-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 187
che, si impegolano nella morale e in altri discorsi mo- (http://letteritaliana.weebly.com/religione-e-politica.html,
ralistici e si attaccano a valori morali, che gli avversa- 08.10.2017).
ri (e soltanto gli avversari) dovrebbero rispettare.
4. Se fosse stato più cauto e più intelligente, Machia- Insomma i politici devono chiedere aiuto ai preti, se
velli (e i suoi seguaci) avrebbero fatto un’analisi ben vogliono governare e tenere sottomesso il popolo,
più complessa delle favole, delle fandonie e dell’im- perché da soli non ce la fanno. Anziché accogliere
maginario costruito, elaborato, inventato dalla Chiesa supinamente le idee del segretario fiorentino, conve-
in 1.512 anni. Così la Chiesa è presentata come una niva chiedersi se erano adeguate o se non lo erano, se
sanguisuga, che succhia denaro a fedeli di poco cer- facevano un’analisi decente dei fatti e della storia
vello, che è utile a se stessa ma anche allo Stato e che romana e d’Italia o se erano fondate su un banale e
non fornisce alcun servizio ai credenti. Se per caso o anticlericale scetticismo. E in ogni caso se si poteva
perché seguiva una donna, il segretario fiorentino en- andare oltre le sue conclusioni. Ma non è un compor-
trava in una chiesa di Firenze (il duomo è sufficien- tamento laico né da laici adoperare il cervello. La
te), poteva vedere che era piena di opere d’arte, che memoria è preferibile. Il termine metafisica è poi im-
facevano girare denaro. A parte la fiumana di pelle- proprio: riguardava e riguarda soltanto Aristotele e la
grini. La Chiesa è stata la prima finanziatrice degli sua filosofia: qui vale filosofica e/o oltremondana.
artisti e dell’arte fino al sec. XIX. Ovviamente lo fa- L’autore è impegolato nella religione laica, nel laici-
ceva pro domo sua, ma questo dovrebbe essere ovvio, smo, con i suoi dogmi impliciti e le sue ossessioni.
è un principio che tutti applicano, e non le dovrebbe Ed ha la mania e il culto del moderno: “una riflessio-
essere rimproverato. ne di carattere laico e moderno che rompe i ponti con
6. Un minimo di correttezza vorrebbe che sull’argo- la tradizione letteraria medievale”. Questi sono i suoi
mento si sentissero anche la voce della Chiesa, dei valori, e rifiuta l’ipotesi che ci siano anche altri valo-
fedeli “ingannati” e altre posizioni. E invece no. Un ri, ad esempio quelli dei preti. Il commentatore è su
laico ha la verità in tasca e, quando parla, la deve sol- posizioni laiche oltranziste e rifiuta lo Stato confes-
tanto proclamare e non deve fare altro. I laici sono sionale. Magari conveniva avere il culto dell’argo-
normalmente superiori al papa che è infallibile soltan- mentazione e della corretta ricostruzione storica del
to quando, unito ai cardinali nel sinodo, enuncia una passato, che e perché per noi tutti è più vantaggiosa.
nuova verità di fede. Invece essi sono infallibili sem- Per di più il suo odio per il Medio Evo, soprattutto
pre. Ed ora un commento laico a favore di Machia- per il Basso Medio Evo, è superficiale e infondato.
velli e contro la Chiesa cattolica: Ufficialmente Petrarca e Boccaccio appartengono al
Basso Medio Evo. Anche Lorenzo Valla e l’Umane-
Il passo è strettamente collegato al cap. 11, in cui l’autore simo. E il Medio Evo oscurantista e pieno di diavoli
descriveva la religione pagana dell’antica Roma come un goffi e di streghe, come diceva Giosuè Carducci ne Il
complesso di norme e rituali dal significato politico e uti- comune rustico (1885), è una favola interessata e
lissimo per mantenere unito il popolo romano e saldo il strumentale, inventata dagli illuministi (sec. XVIII) e
suo governo, attribuendo perciò alla religione un valore dai loro seguaci. Papa Giovanni XXI, al secolo Pietro
civile e di instrumentum regni che prescinde totalmente da Ispano, scrive le Summulae logicales. Un altro papa,
qualunque considerazione metafisica [=che riguarda l’altro Bonifacio VIII, indice il primo giubileo (1300) e fon-
mondo]: nel cap. in esame Machiavelli riprende la sua da l’università di Roma (1303). Un medico come Pie-
concezione e afferma che la religione deve avere la stessa tro d’Abano o uno scrittore politico come Dante non
funzione anche negli Stati moderni, che si mantengono potevano certamente essere messi tra i medioevali
saldi fino a quando nel popolo è viva la devozione e ini- oscurantisti.
ziano a declinare quando si diffonde un sentimento irreli- 7. Interpretare la religione cristiana (o una qualsiasi
gioso, scettico verso il culto divino. Lo scrittore afferma altra religione) come una raccolta di fandonie fatta
chiaramente che gli uomini saggi giudicano inconsistenti per ingannare e derubare i fedeli dimostra l’assoluta
sul piano razionale molti insegnamenti della fede, come ad incapacità di pensare, di osservare e di vedere degli
es. i miracoli (egli fa riferimento a quelli attribuiti agli dei anticlericali. A parte poi l’errore di parlare di argo-
pagani, anche se è evidente l’allusione al racconto biblico), menti su cui non sono informati e che non sono di lo-
tuttavia essi devono convalidarli e rafforzarli di fronte al ro competenza. Gli errori si sprecano. Noi crediamo
popolo, con tanta maggior convinzione quanto maggiore è ai numeri e li usiamo in modo forsennato, anche se
la consapevolezza che si tratta di fole, proprio perché il non li abbiamo mai visti e mai li vedremo e ci limi-
timor dei è un potente fattore di coesione sociale e di sot- tiamo a disegnarli sulla carta. E, comunque, prefe-
tomissione delle masse al potere dei governi. Ne emerge riamo la numerazione araba a quella romana o a quel-
una riflessione di carattere laico e moderno che rompe i la greca o a quella egizia. Magari conveniva ritener
ponti con la tradizione letteraria medievale [=soltanto let- vere o immaginare che fossero vere le convinzioni e
teraria? E non teologica e filosoifca?] e che concepisce la le teorie della controparte. L’immedesimazione pote-
religione come un mezzo per mantenere il potere e va portare a comprendere meglio la Chiesa e i suoi
l’ordine politico non diversamente dalla legge, anch’essa successi mondani.
del resto descritta come espressione della giustizia terrena 7.1. C’è pure un errore di ragionamento: la Chiesa o
e non divina la religione è nata per servire lo Stato? E la domanda:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 188
è nata prima la Chiesa o lo Stato? Presso gli ebrei non 9. Il miracolo di cui parla Machiavelli citando Tito
c’era lo Stato, c’era l’intera tribù dei leviti che si de- Livio è ridicolo e non è un miracolo. Bastava poco
dicava alle funzioni religiose. A parte l’uso strumen- per smontarlo. Oltre a ciò trasformarlo in miracolo
tale che le è attribuito, la religione non potrebbe esse- grazie alla testimonianza del comandante Camillo è
re nata per altri motivi, da indicare? E perché non stata un’altra idea ridicola e balorda, ugualmente faci-
ascoltare e riferire quel che gli interessati dicono in le da smontare: il “miracolo” era dato dalle testimo-
proposito? E, se la religione è instrumentum regni, nianze e non da fatti che lo testimoniassero in modo
perché i patrioti del sec. XIX volevano “Libera Chie- autonomo. In ambedue i casi poi chi ascoltava sentiva
sa in libero Stato? D’accordo lavorar male, ma qui gli puzza di imbroglio. Il popolo non ha un solo cervello
autori esagerano. a cui si possa dar da bere e da credere quel che si
8. Anche interpretarla come mero instrumentum regni vuole. Ha tante teste e qualcuna è capace di pensare.
è inadeguato. Eppure il segretario fiorentino aveva Camillo e i principi poi dovevano sapere (ma se erano
sotto gli occhi la religione romana, su cui poteva ri- militari o politici!) che la religione conta balle e che è
flettere in modo più approfondito, per poi passare ad uno strumento di governo; e pensavano con la loro
esaminare la religione cristiana nei suoi 1.500 anni di testa, non con la testa né con le idee che Machiavelli
vita. Ma è stato impedito dal pregiudizio con cui si è 2.000 anni dopo attribuisce loro. C’è però un proble-
avvicinato al passato. Doveva assumere il punto di ma linguistico di non poco conto: che cosa vuol dire
vista dei romani e dimenticare il suo punto di vista e miracolo.
le sue idee sulla religione. Ad ogni modo già interpre- 9.1. In latino miracolo si dice miraculum, e indica un
tare la religione come instrumentum regni è qualcosa. fatto meraviglioso, incredibile, un prodigio (come
Nel mondo romano accanto alla religione pubblica spesso dice e traduce lo scrittore). Una nevicata nel
esisteva anche la religione privata, il culto dei lari, gli deserto del Sahara è un miracolo, un fatto prodigioso,
antenati protettori della casa: il cittadino romano rac- magari voluto dagli dei, che tuttavia non va contro
contava baggianate e fandonie anche a se stesso, nelle alcuna legge di natura (ammesso e non concesso che
stanze segrete della casa? Né Machiavelli né i suoi ci siano e che siano immutabili). Machiavelli parla
laici ammiratori colgono la presenza della religione dei miracoli latini e non dei miracoli della Chiesa,
privata e riflettono sulla religione privata dei romani che sono molto diversi, poiché non sono soltanto fatti
e degli altri popoli antichi. Riflettere è troppo fatico- prodigiosi, eccezionali, ma fatti che non sembrano
so: si può rimandare alle calende greche o anche più compatibili con le leggi della natura, come la resurre-
in là. Oltre a ciò non si chiedono se, almeno per i pre- zione di Lazzaro. Lo scrittore parla soltanto di Tito
ti, la religione abbia o possa avere motivazioni auto- Livio, così evita di parlare dei miracoli della Chiesa e
nome, che prescindono (anche se non escludono) di dire se sono o non sono dello stesso tipo o se sono
l’interpretazione della religione come instrumentum di altro tipo. Peraltro, se ritiene una fandonia un fatto
regni. È per di più facile dimostrare che è nata prima soltanto meraviglioso (e che non va contro alcuna
la religione (o il sentimento religioso) e poi lo Stato legge di natura di ieri e di oggi), riterrà ancora più
(o un sistema di governo più complesso rispetto fandoniesco un fatto che va contro le leggi della natu-
all’organizzazione del branco animale o del gruppo ra (di ieri come di oggi). Bisogna anche precisare: le
umano). leggi della natura che noi abbiamo elaborato e che noi
8.1. Machiavelli e i suoi seguaci non si accorgono che conosciamo ieri o oggi, ma noi non conosciamo né
hanno una concezione dello Stato ben carente, se lo tutta la natura né tutte le leggi della natura, né che co-
Stato ha bisogno della religione – la credenza negli sa siano le leggi della natura. Ma l’autore non è inte-
dei e nei miracoli – per imporre le sue leggi. Una pic- ressato alla domanda se un miracolo è accaduto o no,
cola svista. Il segretario fiorentino coglie poi abba- bensì all’uso politico che si fa del miracolo per tenere
stanza bene la fusione presso i romani di civis e sa- uniti i sudditi.
cerdos, ma non si rende conto che al suo tempo Stato 9.2. Non discutiamo la pretesa di Machiavelli di co-
e Chiesa erano ormai due istituzioni distinte, non noscere a sufficienza le leggi della natura, in modo da
identificabili, con scopi e interessi diversi e pure di- poter dire che i miracoli di Tito Livio e ancor più i
vergenti. E che perciò si trattava di inventare nuovi miracoli della Chiesa sono soltanto delle fandonie.
rapporti tra di loro. Per di più egli è un politico e non uno scienziato e
8.2. Se la religione serve allo Stato e perciò la si defi- non dovrebbe uscire dal suo ambito di competenza.
nisce instrumentum regni, cioè strumento del potere Magari il problema dei miracoli non si poteva porre
dello Stato (o del principe o del sovrano), per gover- nei termini di Vero o Falso (il miracolo è veramente
nare, allora l’espressione doveva avere un valore po- accaduto o è una fandonia?), come egli pensa, ma in
sitivo per tutti gli interessati e almeno per loro. Per altri termini. Normalmente i poeti antichi si inventa-
quanto riguarda i credenti, si può lasciare il discorso vano le storie sugli dei, e nessuno aveva niente da ri-
in sospeso. E invece l’espressione instrumentum re- dire, nessuno diceva che gli dei erano inesistenti e a
gni ha acquistato un significato negativo, perché lo maggior ragione ciò che veniva loro attribuito. Addi-
strumento è sempre inferiore ai fini che si vogliono rittura P. Ovidio Nasone scrive 15 libri di Metamor-
raggiungere. fosi, che parlano della trasformazione di un essere in
un altro. Se noi li leggiamo in termini scientifici di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 189
Vero o Falso, compiano un anacronismo, un errore di 12. Se la religione è strumento di governo, chi la usa
lettura: l’autore e i suoi lettori li interpretavano in e perché? Non si dice. Nel capitoletto precedente Ma-
modo del tutto diverso, come racconto-spiegazione chiavelli aveva indicato il principe, cioè Numa Pom-
che apparteneva al mondo dei simboli e al mondo pilio, re di Roma. Sembra che anche nel presente la
dell’immaginario. Se noi non capiamo o non apprez- usi o la debba usare il principe o lo Stato e che i reli-
ziamo o riteniamo falso quel mondo, sono problemi giosi obbediscano allo Stato o vogliano fare gli inte-
nostri. ressi dello Stato. Ma non è detto esplicitamente. Inol-
10. Sulla corruzione della Chiesa si può fare qualche tre nel mondo romano non c’era una casta di sacerdo-
osservazione: a) era ormai un genere letterario; b) chi ti potente, c’era fusione tra la figura del cittadino e la
è potente fa quel che vuole, ecclesiastico o laico che figura del sacerdote sacrificante, e il pontifex maxi-
sia, e non c’è morale che tenga; c) le accuse erano ve- mus era una carica pubblica. Oltre a ciò dentro casa il
re e nello stesso tempo pretestuose, perché servivano paterfamilias svolgeva pure la funzione di sacerdote e
per colpire l’avversario, la Chiesa; d) per l’autore il faceva sacrifici agli dei e agli antenati. Nel caso della
principe può fare quel che vuole, magari nascondere i Chiesa cattolica la situazione è del tutto diversa: ci
vizi a lui dannosi, ma gli ecclesiastici devono rispet- sono la gerarchia ecclesiastica e i laici o fedeli, e la
tare la morale, una pretesa ridicola da parte di chi Chiesa è potente, ricca e soprattutto organizzata. Sta-
aveva scritto che un principe si può abbandonare a to e Chiesa sono divenuti quindi due realtà distinte,
quei vizi che non gli fanno perdere lo Stato; e) l’au- separate e anche contrapposte (basti pensare alla lotta
tore assume sempre il punto di vista dello Stato e per le investiture, sec. XII). Si pone perciò per le due
ignora sempre il punto di vista della Chiesa, ma ciò è parti e anche per i sudditi o i cittadini il problema di
scorretto; f) l’unità d’Italia era un valore per Machia- quali rapporti sono convenienti alle due parti.
velli, non lo era per la Chiesa e neanche per i marzia- 13. Anche per le idee sulla religione conviene con-
ni o i gioviani, ma né lui né i suoi seguaci lo capisco- frontare tra loro Machiavelli, Guicciardini e poi Bot-
no, e muovono accuse interessate; g) la Chiesa non è tero. Botero indica una strada che fa inorridire tutti i
corrotta, gli ecclesiastici sì, e i corrotti erano gli intel- laici, di ieri e di oggi: la collaborazione tra Stato e
lettuali come Machiavelli e Guicciardini che avevano Chiesa (peraltro come avveniva nel mondo antico e
scelto la missione o la professione di chierico anziché proposta anche da Machiavelli). La chiamano vol-
di medico o di docente universitario; lo stesso Guic- garmente Stato confessionale. I laici sono contro lo
ciardini poi non si fa remore a mettersi al servizio Stato confessionale, ma sono a favore dello Stato lai-
della Chiesa corrotta, che lo paga sicuramente con il co confessionale, che impone le sue superstizioni, i
denaro ottenuto dalla corruzione, e pretende sicura- suoi dogmi terreni, le sue verità infondate e che mette
mente che la Chiesa non metta il naso nella sua vita il bavaglio ai cattolici: una nuova religione, fatta di
privata; h) l’accusa di corruzione è anche pretestuosa, pregiudizi, paraocchi, ossessioni (per lo più sessuali)
per colpire con armi laiche l’avversario e accusarlo di e intolleranza. Si è manifestata in particolare con gli
non rispettare i suoi valori; i) ogni giocatore gioca le alberi della libertà e il culto della dea Ragione duran-
sue carte in modo da fare al meglio i suoi interessi, te la rivoluzione francese (1789-92). Oggi pretende
vale per il principe ed anche per la Chiesa; l) i segua- che soltanto i laici abbiano libertà di parola e che i
ci di Machiavelli sono galline leopardiane che ripeto- cristiani, anzi i cattolici, debbano starsene zitti e pro-
no il loro verso e che non approfondiscono gli argo- fessare rigorosamente in privato le loro convinzioni
menti. religiose, che offendono gli stranieri, e vengono pri-
11. Gli accordi tra la Chiesa e i laici che volevano en- ma gli stranieri e poi i cattolici.
trare nella gerarchia erano semplici e chiari: voi ac- 14. Nell’opera Della Ragion di Stato (1589) l’ex ge-
cettate, difendete e diffondete l’ortodossia della Chie- suita Giovanni Botero non parla mai di miracoli, dice
sa, la Chiesa non mette naso nella vostra vita privata. invece che la Chiesa educa i sudditi ad obbedire e che
Un buon contratto. Ma arrivano i laici bacchettoni e fornisce sudditi obbedienti. Non parla mai degli scopi
intolleranti che accusano la Chiesa di corruzione o di che essa ha: al principe non interesserebbero. Ma-
concubinato. Ma no! Gli ecclesiastici praticavano ra- chiavelli ne parla e dice che i principi devono asse-
ramente la corruzione in quanto ecclesiastici. Pratica- condare e diffondere la fede nei miracoli, anche se
vano l’amore per le ricchezze e il concubinato nella sanno che sono menzogne. Ed anche se (ci sembra)
loro vita privata. La loro vita pubblica era incentrata era più ragionevole pensare che lo dovessero fare i
sul motto AMDG, Ad maiorem Dei gloriam. Oltre a sacerdoti (auguri e aruspici), per i loro interessi terre-
ciò, se invadiamo la loro vita privata, allora dobbia- ni. Non si chiede che cosa succede se i credenti sco-
mo invadere anche quella del principe o dei politici, prono che i miracoli propagandati sono menzogne:
per pari opportunità. Curiosamente non si parla mai non si può pensare a tutto. Oggi molti laici sono con-
di corruzione pubblica o privata dei principi: erano trari alla religione e hanno fatto crociate contro i mi-
tutti morali e onesti, a parte quando dovevano com- racoli, come quelli di Lourdes e di Fatima o il sangue
piere qualche crimine con scopi altruistici, per il bene di san Gennaro a Napoli, che diventa liquido. A loro
maggiore dello Stato. La classe politica italiana di avviso i miracoli sono menzogne costruite artatamen-
oggi lo conferma. te dalla Chiesa cattolica per ingannare i fedeli o i cre-
duloni. E normalmente aggiungono anche che Dio
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 190
non esiste. Non riescono a vedere neanche l’aspetto La Mandragola, 1518
utilitaristico (per lo Stato) della religione, quello indi-
cato da Machiavelli e poi da Botero. E neanche La Mandragola (1518) è la più bella commedia ita-
l’aspetto economico della religione: l’incessante mo- liana del Cinquecento. Essa trasporta sulla scena le
vimento di denaro causato dal pellegrinaggio ai san- riflessioni che l’autore aveva fatto in ambito politico,
tuari, ancor prima dell’avvento del Cristianesimo. I ma con risultati del tutto inattesi. La commedia è am-
laici se la devono vedere loro con le tesi di Machia- bientata a Firenze nel 1504.
velli e con l’idea, sempre di Machiavelli, che la reli-
gione sia soltanto un semplice o complesso instru- L’opera integrale in versione italiana e commentata si
mentum regni. Ovviamente non riescono a porsi la trova in
domanda se per caso la religione abbia un qualche va- http://www.letteratura-
lore in sé, a prescindere dal fatto che sia o possa esse- italia-
re usata come strumento di governo. Né riescono a na.com/pdf/letteratura%20italiana/04%20MACHIAVELLI%20M
porsi l’altra domanda, se in 2.021 anni la Chiesa ab- andragola.pdf
bia fatto qualcosa di positivo, che meriti di essere in-
dicato. I laici veri non sono mai andati né in chiesa né Riassunto. Callimaco, che ha 30 anni e da 20 vive a
nei musei e non hanno mai visto le opere d’arte che Parigi, sente parlare della bellezza e dell’onestà di
essi contenevano. L’ignoranza o la mancanza di cu- Lucrezia. Decide perciò di lasciare la città per venire
riosità umana, filosofica e scientifica, potenziata da a Firenze per possederla. La donna è moglie di Nicia,
un adeguato super-paraocchi, caratterizza il laicismo un avvocato, che è molto più anziano di lei. Ed è mol-
volgare e intellettuale, che va all’assalto dei problemi to più bella di quel che aveva sentito dire. Pensa per-
con la sua arrogante presunzione e con le sue aberran- ciò a come raggiungere lo scopo. Si fa aiutare da Li-
ti ossessioni. gurio, il suo servo cinico ed astuto. Ligurio pensa di
15. I laici di ieri e di oggi, sempre di una onestà ada- sfruttare il desiderio di Nicia di avere figli. Perciò
mantina, hanno rimosso la difesa dei miracoli di Ma- Callimaco si finge un famoso medico venuto da Pari-
chiavelli. Egli dice che sono fandonie, che sono in- gi. Nicia va a chiedergli una consulenza. Callimaco
ventati, ma che vanno difesi e affermati ad oltranza riesce a conquistarsi subito la fiducia dell’avvocato
come veri, perché la religione è un ottimo strumento con alcune frasi in latino, e fornisce la ricetta: dare da
di governo. Nell’Ottocento e poi nel Novecento i laici bere alla donna una pozione estratta dalla radice della
si scatenano per confutare i miracoli di Lourdes e di mandragola, un’erba selvatica. Il farmaco però ha un
Fatima, della Sacra Sindone e del sangue di san Gen- effetto collaterale: può uccidere il primo uomo che ha
naro. Un comportamento antiscientifico: in latino mi- rapporti con la donna. Nicia si spaventa per le conse-
raculum è soltanto il fatto prodigioso, essi però lo in- guenze. Né vuole diventare cornuto. Ma Ligurio lo
terpretano come un evento che va contro le leggi del- convince che la bontà del fine giustifica i mezzi:
la natura. Ma le leggi della natura, elaborate dagli l’adulterio non è veramente tale e forse neanche il
scienziati, sono storiche: se va contro quelle di oggi primo che giace con la donna è destinato a morire.
non vuol dire che andrà anche contro quelle di doma- Nicia si lascia convincere. Bisogna però superare le
ni. La risposta non può essere definitiva, rimane in resistenze della donna. Nicia cerca di ottenere il con-
sospeso. senso dalla moglie facendola convincere dalla madre
16. Paradossalmente Botero e soltanto Botero affron- Sostrata, di costumi ben diversi dalla figlia, e dal con-
ta la scienza politica in termini… laici. Conosce il fessore, fra’ Timoteo, ben disposto a fornire il suo
punto di vista del principe, quello della Chiesa, quello aiuto in cambio di una lauta ricompensa. Sostrata por-
dei sudditi ecc., e parla a ragion veduta. Non parla ta la figlia da fra’ Timoteo, che con una lunga serie di
mai di dogmi religiosi, invece sottolinea spesso l’uti- citazioni prese dalla Bibbia le dimostra che la propo-
lità per il principe di avere buoni rapporti con la sta del marito non va contro la morale. Lucrezia non è
Chiesa. Non fa prediche religiose e neanche laiche. convinta, ma accetta ugualmente. A sera Callimaco
Trova soluzioni che vanno bene alle due parti. Egli ha invia la pozione alla donna, mentre Nicia, Ligurio e
ben altra esperienza di vita, è stato istruito e a sua fra Timoteo (che si finge Callimaco) vanno a caccia
volta è divenuto istruttore, docente dei principi del giovane che deve giacere con la donna. Essi cattu-
d’Europa. rano un giovane male in arnese, che è Callimaco che
17. In cauda venenum. Cicerone scrisse: “Pacta sunt si è travestito, e lo infilano nel letto di Lucrezia. Il
servanda”, “Gli accordi vanno rispettati”. Ma Ma- mattino dopo Nicia butta fuori di casa Callimaco, che
chiavelli non lo sa. E neanche i suoi ammiratori. Ha poco dopo racconta a Ligurio com’è andata. Egli ha
fatto il segretario, ma pensava alla vagina di sua mo- confessato alla donna l’inganno e il suo amore. Lu-
glie o dell’ultima donna incontrata. E suggerisce al crezia gli ha risposto che lei non avrebbe mai fatto
principe, a casa de’ Medici, di comportarsi come un ciò che l’astuzia di Callimaco, la sciocchezza del ma-
lestofante da osteria. Fingiamo di non saper tradurre rito, la semplicità della madre e la tristezza del con-
dal latino ed esprimiamo una grande ammirazione per fessore l’hanno indotta a fare. Perciò ritiene che quel
le sue capacità di pensare. che è successo sia una disposizione del cielo. E lo ac-
---I☺I--- cetta come amante. Quindi lo invita a riprendere il
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suo travestimento da dottore, per recarsi la mattina niente. Tuttavia possono essere recuperati, recuperati
stessa in chiesa, dove lui e il marito sarebbero dive- con l’istruzione. Possono essere istruiti.
nuti compari. Fra’ Timoteo, che li sta aspettano, be- 2. Nella Mandragola Machiavelli ha lasciato il prin-
nedice il nuovo legame tra Nicia e Callimaco. Nicia, cipe e i suoi ideali politici ed è disceso in mezzo alla
soddisfatto, consegna poi la chiave di casa a Callima- realtà effettuale, tra gli uomini. Scopre che gli uomini
co, affinché possa entrare e uscire quando desidera. non sono soltanto malvagi e stupidi. Sono anch’essi
capaci, come il principe, di usare la forza e l’astuzia
Commento per realizzare i propri desideri. E le usano per rag-
1. La Mandragola continua in un’altra veste e in un giungere i loro fini, molto meno nobili di quelli del
altro ambito le riflessioni che l’autore aveva raccolto principe.
nel Principe. Presenta però significative differenze 3. La discesa in mezzo alla realtà effettuale ha però
rispetto alle conclusioni raggiunte nel manuale: a) imprevisti contraccolpi sulla figura del principe. La
non è la virtus (l’impeto irrazionale e passionale) né realtà di Nicia e di Callimaco è senz’altro una realtà
l’audacia giovanile (che pure è capace di imporsi sul- degradata: il desiderio di avere un figlio ad ogni costo
la fortuna) a vincere; b) è invece la ragione fraudo- e il timore della fama di cornuto; e la conquista del
lenta ad avere la meglio sui valori e sulle resistenze corpo e dell’amore di Lucrezia. Ma forse l’autore in
della donna. La vittoria di questa ragione lascia peral- precedenza ha attribuito al principe caratteristiche che
tro un sapore amaro in bocca allo spettatore: non è la nella realtà effettuale il principe non ha: capacità e
vittoria dell’intelligenza, ma dell’inganno; non è la valori fuori e sopra la mischia, la volontà di costitui-
vittoria del migliore, è soltanto la distruzione dei va- re, rafforzare e difendere lo Stato in nome del bene
lori, che travolge anche il vincitore, per il quale la più comune. Il principe perciò risulta irreale, idealizzato.
grande vittoria consiste nella conquista e nel possesso Una figura solitaria e “fai tutto da te”. Inesistente.
fisico del bel corpo di Lucrezia. Eppure alla fine della Proprio come le repubbliche inesistenti che lo scritto-
commedia tutti hanno tratto vantaggio: Nicia ha avuto re criticava. E, quando esso è rivisto in termini di
il sospirato figlio, Callimaco ha avuto l’amore e il realtà effettuale, scompare il principe rinascimentale,
corpo di Lucrezia, fra Timoteo ha avuto il suo torna- che considera lo Stato un’opera d’arte soggetta alla
conto economico, Ligurio si è dimostrato un consi- sua volontà e alle sue capacità, e compare l’individuo
gliere abile e spregiudicato, capace di realizzare i de- che per il suo tornaconto si comporta come il principe
sideri del suo datore di lavoro. e ignora o calpesta i valori su cui si basa la società. E
1.1. Machiavelli tra il 1513 e il 1518 scopre che la per questa via si giunge in un vicolo cieco: tutti gli
virtus, l’impeto passionale, ha i suoi limiti, che la interessati sono contenti o dicono di esserlo, ma i
fredda ragione garantisce maggiormente il successo nuovi valori che stanno alla base della società sono la
rispetto alla virtus. Insomma rovescia le tesi che ave- violenza, la menzogna e l’inganno. Che non sembra-
va sostenuto in Principe, XXV. Scopre anche cose no proprio grandi guadagni. Così Machiavelli è giun-
imprevedibili: il successo può avere costi elevatissimi to in un vicolo cieco: la sua riflessione lo ha portato a
ed effetti devastanti, può distruggere i valori che scoprire che, se l’individuo si fa principe e agisce
stanno alla base della convivenza civile. Il fatto che come il principe, i valori sociali sono distrutti. Negli
alla fine tutti siano contenti non vuole affatto dire che stessi anni con i Discorsi sopra la prima deca di Tito
si debba cantare vittoria. La realtà è molto più com- Livio, infligge a se stesso un’altra sconfitta, poiché
plessa del previsto. E la ragione, se non diventa altret- interpreta la religione e i miracoli come una serie di
tanto complessa, corre il rischio di vincere e di di- fandonie, che la Chiesa predica. E la giustifica come
struggere il mondo che vuol conquistare. Lo scrittore mero instrumentum regni, non si sa bene se per la
ha il coraggio di andare oltre i risultati del Principe e Chiesa o solamente per lo Stato, che coopta la Chiesa
di continuare l’analisi della realtà effettuale, che ora nel governo. Anzi il principe deve garantire che i mi-
fa senza dover rispettare nessun paletto (la richiesta racoli sono veri, anche se sa che sono falsi. E anche
di lavoro) e nessun limite. per questa via l’autore giunge a porre l’inganno e le
1.2. Anche qui però lo scrittore cade nella trappola fandonie alla base della società. Contro di lui non
dell’essere e del dover essere, insomma della morale facciamo alcuna osservazione, preferiamo citare due
e dei valori proposti dalla morale. Riconosce che i autore laici, atei e materialisti: Ugo Foscolo e la sua
valori di Lucrezia o i valori ufficiali della società so- religione delle illusioni, e Gabriele D’Annunzio e la
no infranti dalla mente astuta del servo Ligurio. Ma sua “favola bella” dell’amore. La “realtà effettuale”
non sa sottrarsi a questo orizzonte di valori. Il suo at- ha bisogno di strumenti ben più potenti, per essere
teggiamento acquista tutta la sua importanza se si indagata. E l’uomo ha bisogno anche di favole e di
considera l’atteggiamento in proposito assunto da Bo- illusioni per vivere.
tero: l’ex-gesuita è sopra i valori, è amorale. Per lui 4. I sei anni che lo separano dal Principe hanno reso
vale il principio di utilitarismo: una cosa, se è utile, si l’autore più realistico e più vicino alla realtà effettua-
fa; altrimenti non si fa. E si guarda realtà, uomini, pu- le: non si può dire che ci sia l’abbandono del principe
re i principi con distacco e comprensione; si prendo- idealizzato a favore della realtà effettuale e della sua
no come sono, senza pensare preventivamente e pes- turpitudine. C’è un effettivo mutamento di prospetti-
simisticamente male di loro. Cosa che non serve a va. La passione ideale e ugualmente la virtus, l’im-
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peto, l’irruenza non possono nulla contro l’inganno, santo frate che usa la scaletta per confessare ser
l’astuzia, la ragione e tutte le sue perversioni. La ra- Ciappelletto (I, 1) o frate Cipolla (VI, 10).
gione strumentale raggiunge il suo fine, perché è on- 8. Dopo la pars destruens (la ragione fraudolenta vin-
nipotente. ce l’onestà di Lucrezia) dovrebbe seguire la pars con-
5. Le radici della commedia vanno trovate in molte struens (indicare i valori sociali positivi e difenderli
novelle del Decameron, ed anche nella produzione dalla ragione fraudolenta o da altre insidie). Ma lo
classica. Alcuni personaggi rimandano a figure ste- scrittore si ferma. Se continuasse, finirebbe con il
reotipe come il marito cornuto, lo sciocco che si cre- concludere che il dover essere indica valori positivi.
de intelligente, il consigliere cinico e amorale, che Il discorso è complesso. Si può affrontare confron-
mette la sua intelligenza al servizio del suo datore di tando tra loro il disincanto e l’amoralità di Boccaccio,
lavoro, il servo fedele ecc. I rimandi e le citazioni del il dissidio tra essere e dover essere di Machiavelli, il
mondo classico costituivano il comportamento nor- distacco dai problemi e l’amoralità di Botero. Chi
male e obbligato: i commediografi del Cinquecento vuole può coinvolgere anche Guicciardini.
citavano gli scrittori latini, come questi citavano e 9. Il comportamento da predatore di Callimaco an-
contaminavano le commedie greche. Machiavelli rie- drebbe confrontato con il comportamento ben diverso
sce però a distruggere gli stereotipi e a costruire per- di altri due giovani sui 25 anni del Decameron: Fede-
sonaggi reali e credibili, ognuno dei quali ha carattere rigo degli Alberighi (V, 9) e Nastagio degli Onesti
e mentalità, valori e psicologia specifici. Nella com- (V, 8). Il primo si rovina nel corteggiare madonna
media egli ha trasferito le sue riflessioni politiche ed Giovanna (vedova e frigida), il secondo non approfit-
anche la conoscenza dell’animo umano acquisita co- ta della vittoria ottenuta sulla ragazza che ama (e che
me segretario fiorentino, ma ha fatto anche proprie le ha 14 anni). C’è modo e modo di perdere e c’è pur
straordinarie ricostruzioni psicologiche dei personag- modo e modo di vincere.
gi del Decameron. I personaggi della commedia si 10. Callimaco però con gli altri personaggi della
riconoscono subito dalla battuta e nel corso della commedia permette di fare una considerazione di-
commedia restano fedeli e coerenti con se stessi e con rompente: per lui possedere il corpo di Lucrezia era
i propri valori. Essi, come individui reali, hanno or- un valore. Ugualmente per Nicia avere un figlio, per
mai raggiunto la maturità e certamente non sarebbero Ligurio elaborare una strategia vincente, per Sostrata
più cambiati. Soltanto Lucrezia cambia: il marito la avere un nipotino, per fra’ Timoteo fare gli interessi
vede tutta tremante la sera quando deve prendere la del convento. E il costo per accontentare tutti è pure
pozione e giacere con uno sconosciuto; la vede ag- assai contenuto: che Lucrezia apra le gambe, si faccia
gressiva come un gallo il giorno dopo. Essa è venuta montare e resti incinta. Anche lei ha il suo (notevole)
a contatto con la realtà effettuale (lo sciocco marito e tornaconto: a) ha un figlio sicuramente desiderato, a
l’astuto amante, la semplicità della madre e la corru- cui dedicarsi; b) è frullata meglio da un amante gio-
zione del confessore), che ha voluto aggirare la sua vane, forte, aitante e pure bello e intelligente; e c)
onestà e i suoi valori. Essa non piange né si dispera: grazie al potere della vagina diventa pure padrona
prende in mano le redini della sua vita e della vita del della volontà del marito e dell’amante. Per di più i tre
marito come dell’amante. Essa possederà le loro sono adulti e, se decidono una relazione a tre, con-
menti e la loro volontà. La realtà effettuale l’ha cam- tenti loro, contenti tutti. Magari Nicia provava l’orga-
biata e l’ha spinta a scoprire le sue capacità e il suo smo (soltanto) a spiare la moglie che si faceva monta-
potere. re… Se costretto, egli potrebbe affermare che quel
6. I personaggi sono costruiti con cura dentro e fuori. che conta non è la paternità biologica, ma quella spi-
Il loro nome rispetta la convinzione che nomina con- rituale: l’educazione che egli impartirà al bambino.
sequentia rerum, cioè che i nomi sono conseguenze Le vie del piacere e della perversione sono infinite.
delle cose: Nicia è ironicamente il vincitore, Callima- Ufficialmente il figlio che nasce è figlio legittimo di
co è invece il bel combattente o colui che combatte Nicia e Lucrezia, certamente nessuno dei tre vorrà di-
per la bellezza, fra’ Timoteo è ironicamente colui che sconoscerlo o riconoscere la vera paternità. Il pro-
ha timore di Dio, Lucrezia rimanda all’onestà della blema potrebbe nascere soltanto in seguito, perché è
donna violentata da Tarquinio, che si suicida. In di- troppo somigliante a Callimaco, o se Callimaco pre-
versi casi i nomi mostrano proprio una realtà rove- tendesse che Lucrezia abbandonasse il marito e an-
sciata. dasse ad abitare da lui. Ma sembra che a tutti vada
7. Machiavelli riesce a far parlare fra’ Timoteo con la bene questo tran tran: ognuno fa la vita di sempre,
stessa cultura, con gli stessi valori e con la stessa Callimaco va quando vuole a casa dell’avvocato a
mentalità dei predicatori del suo tempo. Paradossal- montare sua moglie, e poi a fare quattro chiacchiere
mente il frate anticipa il lassismo che, stando ai lettori con il marito. Alla morte di questi avrà Lucrezia tutta
laici, i gesuiti, sorti nel 1534, mettono normalmente per sé. Il bambino erediterà anche il suo patrimonio…
in pratica dalla fine del secolo in poi. La figura e i ra- 11. Nicia nella commedia fa sempre la figura dello
gionamenti di fra’ Timoteo vanno però confrontati stupido e del credulone, ma così era lo stereotipo che
con i personaggi e il contenuto delle prediche di Ja- doveva essere uno dei personaggi. Ma, se era avvoca-
copo Passavanti, ma anche con i personaggi e i valori to, non doveva essere proprio stupido. I suoi clienti si
degli ecclesiastici che appaiono nel Decameron: il fidavano di lui e lo pagavano. Magari era, banalmen-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 193
te, intelligente soltanto nel suo lavoro. Si era pure le- l’uomo che proietta le sue intenzioni e i suoi valori su
vato la soddisfazione di sposare una ragazza giovane, di essa.
bella e pure onesta. Ma ormai era vecchio e non ce la 13. Oltre a Boccaccio la commedia di Machiavelli si
faceva più a montarla come si conviene e come dove- può confrontare con la figura dantesca di Guido da
va onorarla. E lei magari poteva cercarsi un amante. Montefeltro (1220ca.-1298), che si fa ingannare da
Tanto valeva farle fare un figlio che ereditasse il pa- papa Bonifacio VIII (If XXVII), un inganno inserito
trimonio, ed egli poteva andarsene all’altro mondo in un contesto completamente diverso: quello degli
quando voleva. La donna, se voleva, poteva sempre inganni militari e quello della salvezza dell’anima. E
risposarsi o tenersi l’amante. E così finge di cadere qui il lettore, se vuole, può cercarsi le discussioni plu-
nella trappola ordita da Callimaco e Ligurio. E ha una ri-secolari sull’inganno e fare le sue osservazioni. In
soddisfazione in più: in breve tempo avrà l’erede, an- genere la tesi era che gli inganni sono giustificabili in
che due. Quando egli muore, lei sposerà Callimaco o guerra, cioè con gli avversari, ma non nella vita so-
avrà Callimaco come protettore di lei, del figlio e del ciale, con i propri concittadini, dove creerebbero con-
patrimonio. Un ottimo affare per lui, ben mimetizzato flitti, inimicizie e desideri di rivalsa.
dalla sua simulata sventatezza. Un paio di corna sono 14. Conviene confrontare tra loro i testi erotici di
insignificanti: il figlio è legalmente figlio suo, nato Boccaccio, Masuccio, Ariosto ed ora di Machiavelli.
dentro il suo matrimonio. Così è bene che fin d’ora La vita è fatta di cultura, lavoro, fatica, ma anche di
Callimaco inizi a passeggiare liberamente per la casa spupazzate e di eros. Al lettore sicuramente piacerà
che sarà sua… Ha percepito che qualcosa è andato farlo.
storto: dopo quella notte sua moglie è divenuta un 15. Due commedie affini alla Mandragola e da legge-
gallo. Spera soltanto che lei non lo faccia morire tra re, confrontare e commentare sono:
le sue gambe per eccesso di rapporti sessuali. Lui è
giovane e forte, ma Boccaccio aveva detto che una a) Carlo Goldoni, La locandiera, 1751;
donna sola basta a soddisfare 12 uomini. Ha già pre- b) Luigi Pirandello, Ma non è una cosa seria, 1918.
parato il foro, per andare a sbirciare e godersi la vista
dei due bei corpi giovanili avvinghiati, che si monta- Sono riassunte e commentate in seguito.
no con furia selvaggia. Ha ancora negli occhi come ---I☺I---
lei agli inizi fosse timorosa e passiva, ma poi si scio-
glieva e quindi si scatenava, prendeva l’iniziativa e lo Prima di salutare Machiavelli, vale la pena di citare la
violentava. Ha contato sette orgasmi, tra loro ben di- stupidità dei suoi seguaci e ammiratori laici, da 515
stanziati. La doppia candela, prima guardandolo in anni ad oggi. Non hanno capito e non sono riusciti a
viso, poi voltandogli le spalle, era stata favolosa, su- capire che il tacitismo è opera degli scrittori politici
blime, divina! laici dei secc. XVI-XVII, che non hanno messo ben a
12. La commedia potrebbe essere opportunamente fuoco il problema: il principe non va contro la mora-
confrontata con il mondo ideale e nobiliare e non no- le della Chiesa, ma contro le leggi dello Stato. Nella
biliare descritto da Boccaccio nel Decameron: Mu- loro testa, mescolano ancora politica e morale. Il pro-
sciatto Franzesi, Geri Spina, Currado Gianfigliazzi, blema non riguarda la Chiesa e la sua morale, ma il
Andreuccio da Perugia, Nastagio degli Onesti, Fede- rapporto tra il principe e le leggi dello Stato. E non
rigo degli Alberighi, frate Cipolla ecc. L’atmosfera è sono stati nemmeno prudenti a leggere con attenzione
diversa. Ser Ciappelletto consegue un’effettiva vitto- Della ragion di Stato di Botero, che affrontava in ben
ria sul frate credulone; il frate si preoccupa della sal- altro modo il problema: aveva ignorato la morale del-
vezza eterna del moribondo, ma anche di fare i suoi la Chiesa e visto i problemi con gli occhi del princi-
interessi, cioè gli interessi del convento. Andreuccio pe; aveva indicato i vantaggi reciproci di un accordo
si fa ingannare, perché è inesperto, ma poi reagisce, tra Stato e Chiesa; e aveva invitato il principe a non
recupera il denaro perduto e ritorna a Perugia arric- derubare le chiese locali. È un contratto commerciale,
chito dell’esperienza molto movimentata che aveva che difende gli interessi delle due parti coinvolte. Ma
fatto. Nastagio non approfitta della vittoria sulla ra- i laici non leggono o, se leggono, capiscono ciò che
gazza che ama (ed ha 14 anni): la vuole all’altezza vogliono, come l’estensore della voce Ragion di Stato
dei suoi ideali. Frate Cipolla para la beffa di due suoi (Enciclopedia Treccani, 1938):
amici e la piega a suo vantaggio: ottiene più elemosi-
ne del solito. Ma andrebbe confrontato anche con le quando passa a dare precetti [non lo sono!] concreti al suo
30 novelle erotiche del Decameron, nelle quali la ra- principe, il Botero è costretto a seguire le orme di Machia-
gione è usata per ottenere la vittoria e il premio: le velli e finisce per riconoscere che “in conclusione ragion
prestazioni sessuali di una donna o la giustificazione di stato è poco meno che ragione d’interesse”; conclusio-
delle richieste sessuali di una donna. Lo fa il lettore ne che rivela chiaramente il fallimento del suo proposito.
che così amplia i suoi orizzonti concettuali e le sue Nonostante che non risolvesse il problema [è falso], il li-
conoscenze del mondo reale. Machiavelli ha voluto bro del Botero ebbe un grandissimo successo e diede ori-
guardare la realtà effettuale e ha scoperto che è senza gine ad una letteratura vastissima [allora era un buon li-
valori. Ed è rimasto deluso ma anche profondamente bro!].
sconvolto. Tuttavia era ovvio che era senza valori: è ------------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Botero cita di passaggio il leone (la forza) e la vol-
pe (l’ingegno e l’astuzia), ma non insiste. Le metafo-
re fanno bene alla poesia e alla propaganda, non alla
teoria politica o economica. Machiavelli non merita
maggiore attenzione (Principe, XVIII). Il comporta-
mento vario ed efficiente di Annibale è molto più in-
teressante e merita d’essere studiato attentamente e
imitato.
2. In Dante e nel Medio Evo c’era l’antinomia: il ge-
nerale se ricorre agli inganni vince la guerra ma perde
l’anima; se non vi ricorre perde la guerra ma salva
l’anima. In Botero il dilemma è scomparso, anzi dice
apertamente che in guerra gli inganni sono leciti. Non
gradisce però che essi siano portati nella vita civile.
Lo aveva già detto a proposito della simulazione e
della dissimulazione: sono comportamenti contrari
alla vita civile e all’atteggiamento di fiducia che un
suddito deve avere verso un altro. Aristotele non era
stato di diverso avviso: i cittadini tra loro devono pra-
ticare l’amicizia, che comporta la solidarietà.
3. Botero insiste che gli inganni sono leciti soltanto in
guerra, non nella vita quotidiana. Da parte sua Dante
aveva messo nel più profondo dell’inferno i traditori
nella loro varia classificazione: traditori dei parenti,
della patria, degli ospiti, dei benefattori, infine i tradi-
tori della Chiesa e dell’Impero (If XXXII-XXXIII).
Nella vita quotidiana gli inganni sono dannosissimi,
perché minano la fiducia reciproca tra i cittadini.
Nell’Etica a Nicomaco Aristotele (384/83-322 a.C.)
tesseva l’elogio dell’amicizia quale legame sociale.
4. L’autore, da buon insegnante, riduce al minimo la
parte teorica (le quattro righe iniziali), qui come al-
trove, e abbonda in esempi, presi dal passato come
dal presente, dall’Europa, come dagli altri continenti.
La globalizzazione dell’economia incomincia con
Botero…
5. In tutti i testi riportati emerge l’attenzione di Bote-
ro per la complessità delle situazioni, che chiedono
perciò atteggiamenti flessibili, capaci di cogliere an-
che le minime opportunità. Emergono anche altre co-
se: il principe deve dare il suo contributo, deve
preoccuparsi dei sudditi e deve dedicarsi alle attività
che arricchiscono lo Stato; i sudditi devono dare il lo-
ro contributo e dedicarsi alle attività – l’agricoltura e
l’industria, e l’educazione dei figli – che arricchisco-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 234
Torquato Tasso (1544-1595) lemme conquistata. A Roma gli è concessa una pen-
sione dal papa e promessa l’incoronazione poetica.
Muore nel 1595.
La vita. Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1544.
Segue il padre in varie corti d’Italia. Nel 1559 è a
Le opere. Tasso scrive il Rinaldo (1562), la “favola
Venezia; quindi si sposta a Padova, dove conosce il
boschereccia” Aminta (1573), la canzone Al Metauro
grande letterato Sperone Speroni e scrive un poema,
(1578), la Gerusalemme liberata (1575, 1581), la tra-
il Rinaldo. Tra il 1562 e il 1565 è a Bologna, dove
gedia Re Torrismondo (1586), le Rime (1591, 1593),
entra in contatto con i maggiori letterati. Nel 1565 è a
la Gerusalemme conquistata (1593). Negli ultimi an-
Ferrara, dove entra al servizio del cardinale Luigi
ni si dedica anche a una produzione letteraria di carat-
d’Este e poi del duca Alfonso II d’Este. Nel 1573 fa
tere religioso, come il Monte Oliveto e il Mondo
rappresentare una “favola boschereccia”, intitolata
creato.
Aminta. In questi anni lavora al Goffredo, che finisce
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nel 1575. Egli sottopone il poema al giudizio dei
maggiori letterati del tempo. Le critiche di tipo for-
male e morale che riceve e le invidie provocate a cor- Le Rime
te gli procurano tormenti religiosi e, contemporanea-
mente, lo spingono a comportamenti che lo mettono Con le Rime Tasso supera il petrarchismo con un am-
in attrito con la corte. Il più grave di tutti è quello di pio ricorso a figure retoriche e con un ritmo più ela-
sottoporsi all’esame del Tribunale dell’Inquisizione, borato, in particolare con l’uso dell’enjambement. Il
cosa che spaventa il duca, che teme il coinvolgimento tema amoroso è il motivo prevalente.
della corte. In questa situazione si manifestano le ma- ---I☺I---
nie di persecuzione e le crisi depressive, che nel 1577
portano il poeta a lanciare un coltello contro un servo, Aminta, 1573, 1581
sentendosi spiato. Egli è incarcerato, ma riesce a fug- L’Aminta (1573, 1581) è una “favola boschereccia”,
gire. Seguono due anni di peregrinazioni in tutta Ita- che segue le unità aristoteliche di luogo, tempo ed
lia. Nel 1579 ritorna a Ferrara in occasione del ma- azione. L’azione è in cinque atti e dura un solo gior-
trimonio del duca Alfonso. Sentendosi trascurato, no. Le azioni più drammatiche vengono raccontate
prorompe in invettive contro il duca. È perciò impri- sia per la difficoltà di rappresentarle, sia in considera-
gionato nell’Ospedale di sant’Anna e messo in cate- zione del pubblico a cui l’opera è rivolta.
ne, in quanto giudicato “pazzo frenetico”. Nel 1581
esce a sua insaputa la Gerusalemme liberata, il titolo Riassunto. Il pastore Aminta ama la ninfa Silvia, ma
che gli editori danno al Goffredo. L’opera ottiene questa, seguace della dea Diana, lo respinge. Si spar-
grande successo e numerose edizioni. Nel 1586 esce ge la voce che Silvia è stata divorata dai lupi. A que-
dal carcere per intervento di Vincenzo Gonzaga, duca sta notizia Aminta si getta giù da una rupe. Ma Silvia
di Mantova. Il poeta riprende a girovagare in tutta Ita- non è morta, e, quando sente che Aminta si è ucciso
lia, prima a Roma, poi a Napoli, a Firenze e ancora a per lei, scopre di amarlo. Ma nemmeno Aminta è
Roma, ospite di amici e di ammiratori. Nel 1593 pub- morto, perché un cespuglio ha attutito la sua caduta. I
blica il rifacimento del poema con il titolo di Gerusa- due giovani possono così coronare il loro amore.
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Amiam, ché ‘l Sol si muore e poi rinasce: 6. Amiamo, perché il Sole muore e poi rinasce.
a noi sua breve luce A noi egli nasconde la sua
s’asconde, e ‘l sonno eterna notte adduce. breve luce ed il sonno ci porta una notte eterna.
Ohimè! dal dì che pria 2. Ohimè!, dal giorno in cui respirai per la prima
trassi l’aure vitali e i lumi apersi volta le arie vitali e apersi gli occhi in questo mondo
in questa luce a me non mai serena, che per me non è mai stato sereno, io fui
fui de l’ingiusta e ria un giocatolo e un bersaglio di quella [dea] ingiusta
trastullo e segno, e di sua man soffersi e malvagia, e dalla sua mano soffersi ferite
piaghe che lunga età risalda a pena. che il passare degli anni rimargina appena.
Sàssel la gloriosa alma sirena, Lo sa Partenope, la gloriosa Sirena, genitrice
appresso il cui sepolcro ebbi la cuna: [di Napoli], presso il cui sepolcro io nacqui:
così avuto v’avessi o tomba o fossa così, avessi io potuto avere lì la mia tomba
a la prima percossa! o una semplice fossa al primo colpo [avverso
Me dal sen de la madre empia fortuna della Fortuna]! L’ingiusta Fortuna mi strappò
pargoletto divelse. Ah! di quei baci, ancor bambino dal seno di mia madre. Ah!,
ch’ella bagnò di lagrime dolenti, sospirando io mi ricordo di quei baci che ella bagnò
con sospir mi rimembra e degli ardenti con lacrime di dolore e [mi ricordo] delle preghiere
preghi che se ‘n portár l’aure fugaci: ardenti che il vento fugace portò via:
ch’io non dovea giunger più volto a volto io non dovevo congiungere mai più il mio viso
fra quelle braccia accolto al suo viso, accolto fra le sue braccia con abbracci
con nodi così stretti e sì tenaci. così stretti e tenaci. Ahimè!, e seguii con passi incerti,
Lasso! e seguii con mal sicure piante, come Ascanio o Camilla, mio padre costretto
qual Ascanio o Camilla, il padre errante. a peregrinare [di corte in corte].
Osservazioni
1. Ariosto, Machiavelli, Tasso, Galilei, Marino mo-
strano i diversi modi con cui si può fare cultura:
a) per Ariosto essa significa divertire e costruire la
rete concettuale che permette di capire la realtà poli-
tica e sociale;
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 247
b) per Machiavelli essa significa impegno per costrui-
re uno Stato solido, in pace e militarmente sicuro;
c) per Tasso essa significa sottomettersi al potere e ai
valori costituiti e persuadere il lettore della bontà di
questi valori;
d) per Galilei essa significa rinnovamento della cultu-
ra, apertura della scienza alla società, discussione e
dimostrazioni;
e) per Marino essa significa volontà estrema di anda-
re incontro alle esigenze dei committenti, che pagano.
2. Conviene anche andare a rivedere come la cultura
era concepita da Dante, Petrarca, Boccaccio e gli
umanisti del Quattrocento. Nel Settecento, nell’Ot-
tocento e nel Novecento ci saranno altre concezioni,
più o meno simili a quelle qui indicate. Dovrebbe ri-
sultato subito che la cultura non è al di sopra delle
parti. Essa si presta ed è piegata a tante funzioni,
completamente diverse e legate a una classe sociale
piuttosto che a un’altra. D’altra parte la Scuola sici-
liana era certamente filonobiliare, come il Dolce stil
novo era filoborghese. Il Decameron è filonobiliare e
anticlericale come il De falso credita et ementita
Constantini donatione (1440) di Valla è anticlericale.
La cultura insomma è uno dei tanti ambiti in cui si
manifesta la lotta per affermare il proprio ceto o la
propria classe contro le altre. Ciò permette di capire
perché la Chiesa cattolica abbia dato sempre grandis-
sima importanza al fatto di avere sotto il suo controllo
gli intellettuali (e, attraverso di loro, la cultura), che
essa ripagava con pensioni, incarichi e lasciandoli li-
beri (una concessione da poco) di manifestare tutte le
tendenze sessuali che volevano. In genere gli intellet-
tuali non vedevano l’ora di asservirsi.
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Per la sua donna, che avea spiegate le Per la sua donna, che aveva sciolto le sue
sue chiome al sole chiome al sole
32. Ma sovr’ogni augellin vago e gentile 32. Ma sopra ogni uccellino bello e gentile
che più spieghi leggiadro il canto e ‘l volo che canta e vola con leggiadria in cielo,
versa il suo spirto tremulo e sottile l’usignolo, la sirena dei boschi,
la sirena de’ boschi, il rossignuolo, effonde il suo spirito tremante ed acuto;
e tempra in guisa il peregrino stile e modula in modo tale il suo canto,
che par maestro del’ alato stuolo. che pare il maestro di tutti gli uccelli.
In mille fogge il suo cantar distingue Esso trasforma il suo canto in mille modi,
e trasforma una lingua in mille lingue. trasforma il suo canto in mille suoni.
33. Udir musico mostro, o meraviglia, 33. Che meraviglia ascoltare questo prodigio
che s’ode sì,ma si discerne apena, musicale, che si ode, sì, ma si sente appena
come or tronca la voce, or la ripiglia, come ora tronca il canto, ora lo riprende,
or la ferma, or la torce, or scema, or piena, ora lo ferma, ora lo piega, ora lo abbassa, ora
or la mormora grave, or l’assottiglia, lo innalza, ora privilegia i suoni gravi, ora
or fa di dolci groppi ampia catena, quelli acuti, ora fa di dolci note una lunga catena,
e sempre, o se la sparge o se l’accoglie, e sempre, sia che dispieghi sia che raccolga la voce,
con egual melodia la lega e scioglie. con uguale abilità la lega e la scioglie.
34. O che vezzose, o che pietose rime 34. O che graziose, o che pietose rime
lascivetto cantor compone e detta. il sensuale cantore compone e cinguetta.
Pria flebilmente il suo lamento esprime, Prima esprime il suo lamento in modo flebile,
poi rompe in un sospir la canzonetta. poi rompe la canzonetta in un sospiro.
In tante mute or languido, or sublime In tanti modi ora languido, ora sublime
varia stil, pause affrena e fughe affretta, varia stile, frena pause e affretta fughe,
ch’imita insieme e ‘nsieme in lui s’ammira ed imita insieme e insieme in lui s’ammirano
cetra flauto liuto organo e lira. cetra, flauto, liuto, organo e lira.
35. Fa de la gola lusinghiera e dolce 35. Talvolta fa della gola (piena di lusinghe
talor ben lunga articolata scala. e dolce) una scala ben lunga e articolata.
Quinci quell’armonia che l’aura molce, Quindi manda verso l’alto quel canto
ondeggiando per gradi, in alto essala, che rallegra l’aria, ondeggiando per gradi,
e, poich’alquanto si sostiene e folce, e, poiché si sostiene e regge per molto tempo,
precipitosa a piombo alfin si cala. infine si cala e precipita a piombo.
Alzando a piena gorga indi lo scoppio, Quindi, alzando i gorgheggi a piena gola,
forma di trilli un contrapunto doppio. forma un doppio contrappunto di trilli.
36. Par ch’abbia entro le fauci e in ogni fibra 36. Pare che egli abbia nella gola e in ogni fibra
rapida rota o turbine veloce. una ruota rapida o un turbine veloce.
Sembra la lingua, che si volge e vibra, Sembra la lingua, che si muove e si mette a vibrare,
spada di schermidor destro e feroce. sembra la spada di uno spadaccino abile e deciso.
Se piega e ‘ncrespa o se sospende e libra Se piega e se increspa oppure se interrompe
in riposati numeri la voce, e tiene sospesa la voce in ritmi tranquilli,
spirto il dirai del ciel che ‘n tanti modi lo dirai spirito del cielo, che in tanti modi snoda
figurato e trapunto il canto snodi. il suo canto così vario e pieno di note.
37. Chi crederà che forze accoglier possa 37. Chi crederà che un’anima così piccola
animetta sì picciola cotante? possa contenere forze così grandi?
e celar tra le vene e dentro l’ossa Che un atomo canterino possa nascondere
tanta dolcezza un atomo sonante? tanta dolcezza dentro le vene e le ossa?
O ch’altro sia che da liev’aura mossa Che sia, mosso da un alito di vento, un canto
una voce pennuta,un suon volante? con le penne, un suono che vola? O che sia
e vestito di penne un vivo fiato, un respiro vivo, vestito di penne,
una piuma canora, un canto alato? una piuma che canta, un canto che vola?
Giova, o amico, ne l’anima profonda Giova, o amico, nel profondo del proprio animo
meditare le dubbie sorti umane, meditare l’incerto destino degli uomini,
piangere il tempo, ed oscurar di vane [giova] rimpiangere il tempo [che passa] e riempire
melancolìe la dea Terra feconda? di inutili malinconie la dea Terra che è piena di vita?
Bevere giova con aperta gola È utile bere con la gola ben aperta
ai ruscelli de ‘l canto, e coglier rose, ai ruscelli della poesia, e cogliere le rose
e mordere ciascun soave frutto. e gustare ogni frutto soave.
Riassunto. Il poeta si rivolge all’amico Giovanni Gorgia di Leontini (485/475 a.C.-375 a.C.), Encomio
Marradi e gli dice che non serve passare il tempo a di Elena. Il sofista difende Elena: si è fatta convince-
meditare sull’incerto destino umano, né piangere il re da Paride a lasciare il marito Menelao, perché non
tempo che passa, né riempire la terra con noiose ma- poteva resistere alle parole persuasive del corteggia-
linconie. Vi è la poesia, che canta la bellezza, l’amo- tore. Perciò va scusata. La difesa è buona, pure credi-
re, l’avventura, le grandi imprese, la natura, i grandi bile. Ma è preferibile pensare che il marito non fosse
personaggi. La Parola è capace di trasformare la real- esperto né prodigo nelle attività sessuali, a cui prefe-
tà. La gioia del poeta è nella pura Bellezza dell’arte; e riva le attività guerriere. E che la donna, stanca di
il Verso è tutto. ammuffire, stanca di essere ignorata, si cercasse un
amante abile di parole e abile in azione. In effetti non
Commento volle più tornare da Menelao. Come dice san Paolo
1. Il poeta propone una concezione della poesia e, più (1Cor 7, 1-16, in particolare 7, 3-6), il marito ha il di-
in generale, della cultura che afferma la superiorità ritto di chiedere e ottenere dalla moglie. Ugualmente
dell’immaginazione poetica, capace di trasformare la la moglie ha il diritto di chiedere e ottenere dal mari-
realtà, rispetto alla misera realtà della vita quotidiana. to:
Questa tesi poetica è formulata esplicitamente negli
ultimi versi, nei quali è presente pure l’estetismo e il 3Il marito compia il suo dovere verso la moglie (=la
culto della bellezza dell’autore. monti con amore); ugualmente anche la moglie verso
2. Una dimostrazione è in un’altra opera di D’An- il marito (=gli chieda di essere montata con amore).
nunzio, La pioggia nel pineto (1902): il poeta e una 4La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il
evanescente figura di donna sono sorpresi dalla piog- marito; allo stesso modo anche il marito non è arbi-
gia in un bosco. Egli invita la donna ad ascoltare i tro del proprio corpo, ma lo è la moglie.
rumori delle gocce d’acqua sulla vegetazione, il canto 5Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e
delle cicale, che si affievolisce e scompare, il canto temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera (=la
delle rane, che diventa sempre più intenso. E, mentre pausa serve a ricaricare il corpo), e poi ritornate a sta-
la natura del bosco si appropria della loro vita e dei re insieme (=alle attività sessuali), perché satana non
loro corpi, egli invita la donna a lasciarsi andare alle vi tenti nei momenti di passione.
sensazioni, e alla favola dell’amore, che prima aveva
illuso lui e che ora illude lei. Oggi con un linguaggio demenziale, idiota e sciagu-
3. I due protagonisti, la donna ed il poeta, sono eva- rato si direbbe “pari opportunità”.
nescenti ed immateriali, puri centri di sensazioni, co- (cfr. anche https://www.biblistica.it/?page_id=2643).
me ne La sera fiesolana (1899), sempre di D’annun- ------------------------------I☺I-----------------------------
zio. La ragione è completamente assente e il poeta si
abbandona (e invita la donna ad abbandonarsi) alle
sensazioni della natura, che entrano ed avvolgono la
coscienza. In tal modo l’uomo perde la sua umanità
ed entra a far parte della vita primordiale della natura.
4. Chi vuol volare (e farsi impallinare) può leggere
Riassunto. Il riassunto è impossibile. altre sue opere. Il protagonista riempiva le frasi con
espressioni senza senso, con frasi orecchiate, con
Commento espressioni inventate, suscitando l’ilarità dei nobili
1. Non ha senso cercare il senso di questo sonetto spettatori. Pensava che le parole avessero il magico
fuori di regola (è un sonetto caudato, con tre versi in effetto di evocare la realtà.
più). Le parole sono tra loro mescolate come in un ------------------------------I☺I-----------------------------
dormiveglia o come l’estrazione di numeri in una lot-
teria. I versi vanno letti, ascoltati e assaporati così
Francesco Berni (1497-1535) anticipa il Barocco o,
come sono scritti, abbandonandosi alla loro magia e
alle immagini irreali che evocano. L’effetto finale è in alternativa, fa la parodia della poesia petrarchesca
sicuramente suggestivo e affascinante. Dopo il primo tradizionale, che parlava di donne bellissime, ma im-
momento di sbigottimento, il sonetto ci può far riflet- maginarie e inesistenti
tere sulla lingua e sulla comunicazione interpersona-
le, che funziona, anche se è complicatissima. Nor-
malmente noi non facciamo caso a questi problemi e
chiediamo a una persona di ripetere quel che ha detto,
se non abbiamo capito o abbiamo capito male. Il
“diaquilone” è una sostanza immaginaria.
2. Il non senso è paradossale: si si guarda alla corret-
tezza sintattica, tutto è corretto. La cosa significativa
è che i soggetti richiedevano altri verbi (e viceversa).
O altri aggettivi. I “nominativi” non possono essere
“fritti”. Le patatine sì. Né nominativi né mappamondi
né l’arca di Noè potevano cantare il kyrie eleison, le
litanie della Chiesa. I cantori sì. Soggetti, verbi e ag-
gettivi sono tra loro completamente sfasati, non perti-
nenti, e il risultato è sorprendente.
3. Il non senso non è una invenzione dei letterati, ma
la pratica costante della popolazione analfabeta, che
crede alla magia delle parole. La dimostrazione è
semplice: 50 anni dopo Angelo Beolco, detto Ruzante
(1496ca.-1542), metteva in scena il suo Bilóra e le
Chiome d’argento fine, irte, ed attorte Capelli d’argento fine, irti ed attorcigliati
senz’arte intorno ad un bel viso d’oro; senz’arte, intorno a un bel viso d’oro;
fronte crespa, u’ mirando, io mi scoloro, fronte rugosa, guardando la quale io impallidisco,
dove spunta i suoi strali Amore e Morte; dove spezza le sue frecce amore e morte;
occhi di perle vaghi, luci torte occhi color di perla, strabici, incapaci di vedere
da ogni obbietto disuguale a loro; anche oggetti in linea obliqua [rispetto allo sguardo];
ciglie di neve; e quelle, ond’io m’accoro, ciglia di neve, dita e mani dolcemente grosse
dita e man dolcemente grosse e corte; e tozze, per le quali io trasalisco;
labra di latte; bocca ampia celeste; labbra bianche come il latte, bocca ampia, celeste,
denti d’ebeno, rari e pellegrini; denti neri come l’ebano, radi e oscillanti;
inaudita, ineffabile armonia; inaudita ed inesprimibile armonia;
costumi alteri e gravi; a voi, divini costumi superbi e pesanti; a voi, o divini
servi d’Amor, palese fo che queste servi del dio Amore, dico chiaramente che queste
son le bellezze de la donna mia. sono le bellezze della donna mia.
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Commento
1. Berni usa il linguaggio petrarchesco, ma lo usa in
modo sfasato, in tal modo ottiene risultati parodistici:
i capelli dorati diventano ora viso d’oro, i primi sono
belli, ma il secondo è sconvolgente! E infatti il poeta,
fissando il viso della sua donna, impallidisce: tradi-
zionalmente si impallidiva per la bellezza del viso;
ora si impallidisce dall’orrore...
2. Anche Berni, come Cecco Angiolieri e poi i poeti
del Seicento, prende in giro la poesia ufficiale, inse-
rendosi in quella tradizione anti-letteraria a cui hanno
dato alcuni contributi anche Guido Cavalcanti e lo
stesso Dante. Del petrarchismo si criticano la mono-
tonia, l’irrealtà della donna cantata e gli eccessi. E se
ne fa la parodia (il termine deriva dal greco e signifi-
ca strada vicina).
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Commento
1. Narducci polemizza con il petrarchismo, che can-
tava una donna bellissima ed inesistente; e, con mag-
giore aderenza alla realtà, canta i pidocchi di cui la
sua donna è ricca. Anzi in essi si sono trasformati gli
Amorini, per farlo capitolare... L’ultima terzina con-
tiene l’invenzione ingegnosa: il triplice uso del termi-
ne preda. Ma tutto il sonetto è pieno di sferzante in-
ventiva.
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Riassunto. Il poeta descrive la zanzara con numerose 5. Le zanzare non sono tutte uguali. Ci sono quelle
metafore: “Rumore vivente, tromba che vaga,”. Poi la che pungono e quelle che portano la malaria. I fiiumi
manda a pungere la donna che ama e da cui non è tracimavano e formavano le paluti, luoghi ideali per
riamato. Se la punge, si può vantare di aver punto una la zanzara anofele. Dante Alighieri (1254-1321) muo-
donna che il dio Amore non riuscì mai a colpire con re di malaria.
le sue fecce né far sofrire. ------------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Materdona descrive la zanzara con perifrasi e me-
tafore. Poi si lamenta che lo disturba mentre dorme.
Ma non c’è bisogno: sta sveglio perché la donna che
ama lo ignora. E allora invita la zanzara ad andare da
lei e a pungerla, così si potrà vantare, perché il dio
Amore con le sue frecce non è mai riuscito a colpirla.
2. Il poeta vuole dimostrare il suo virtuosismo: non
cita mai la zanzara, le dedica tutto il sonetto, ma la
inserisce in un contesto amoroso. L’insetto lo ha pun-
to e lo tiene sveglio, ma non ce n’era bisogno: già
non dorme perché la donna che ama lo ignora. Perciò
la invita ad andare da lei e a pungerla: non vi è riusci-
to nemmeno il dio Amore.
3. In tal modo Materdona tratta secondo la poetica
secentesca della meraviglia un motivo tradizionale,
petrarchesco: le sofferenze provocate dalla donna che
si ama, che è crudele e lo respinge.
4. Alcune figure rettoriche:
Commento
1. Il verso finale è una acutezza e vuol dire che i la-
menti del poeta non hanno mai fine: si spostano sem-
pre più in là.
2. Il sonetto, fondato sulla “poetica della meraviglia”,
mostra l’abilità e il virtuosismo del poeta nello svi-
luppare con metafore continue due temi paralleli: la
pulce, che è piccola e nera; e i seni, su cui si muove la
pulce, che sono candidi e grandi: Picciola macchia...
in sen d’argento (vv. 1-2), Lieve d’ebeno... fra nevosi
sentier (vv. 5-6), volatil neo d’almo candore (v. 9),
che si esprime anche nei continui contrasti di colore:
macchia/argento, sol/ombra, ebeno/nevosi, neo/can-
dore. Una serie di aggettivi metaforici esprime la
mobilità dell’animaletto: instabil, volatil, non fermo.
Alcune metafore iperboliche ne descrivono il corpo:
ombra palpabile e pungente (v. 4), antipodo nero (v.
7), volatil neo (v. 9), atomo d’amore (v. 11). Alcuni
richiami interni sono: brieve e lieve (vv. 4 e 5), anti-
podo e mondo (vv. 7 e 8), indivisibil e atomo (vv. 10
e 11), ma anche lungo e languore (v. 13).
2.1. La terzina finale contiene una metafora gramma-
ticale: prolisso (=lungo), periodi (=espressioni la-
mentose), punto (=conclusione), non fermo (=non
concluso, mobile, che si sposta sempre più avanti).
“Non isdegnate” (“non rifiutatevi”) è una raffinata
litote, a cui il poeta ricorre per rendere più elevato (e
comico) il testo e il momento del saluto finale.
3. L’ideale secentesco di bellezza femminile è costi-
tuito dalle donne pantagrueliche e sensuali del pittore
fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640), che si
forma in Italia (1600-08) e che ritorna ad Anversa,
dove apre una bottega, che ha un grande influsso sul-
la pittura europea successiva.
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Riassunto. Il poeta canta il sorriso della sua donna, 2. L’iperbole barocca è trasformata in grazia musica-
che ha le labbra rosse come le rose e che, sorridendo, le: né terra, né mare, né cielo sanno fare un sorriso
mostra i suoi denti candidi. Egli lo vuole cantare in bello come quello della sua donna.
modi nuovi. E dice: quando la brezza vaga tra i fiori 3. L’immagine della donna, proposta da Chiabrera,
del prato, noi diciamo che la terra sorride. Quando il continua a trasformare e ad arricchire l’immagine e le
venticello agita appena appena le onde, noi diciamo funzioni della figura femminile, che erano state can-
che il mare sorride. Quando l’aurora si veste di un ve- tate dall’intera tradizione letteraria, dalla Scuola sici-
lo dorato, noi diciamo che il cielo sorride. Ma né ter- liana ai poeti comico-realistici, dal Dolce stil novo a
ra, né mare, né cielo sanno fare un sorriso bello come Petrarca e ai petrarchisti, dall’Umanesimo al Manieri-
quello della sua donna. smo, dal Barocco al classicismo del Seicento (e poi
all’Arcadia del Settecento).
Commento 4. La donna è bella, ma non sappiamo com’è. Non ha
1. La canzonetta unisce grazia classicheggiante e me- alcun aspetto particolare, ha soltanto un sorriso e due
tafore blandamente barocche: le labbra rosse della labbra rosse. Tutto è trasformato in musica e in musi-
donna del poeta che sono paragonate alla natura con calità, e la donna scompare. Conviene confrontarla
limpide immagini. La leggerezza delle immagini e la con le altre donne incontrate e che si incontreranno.
musicalità dei versi sono ottenute anche sostituendo 5. L’abilità del poeta è straordinaria: la lingua italiana
l’endecasillabo con versi più brevi. è poverissima di parole brevi.
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Commento
1. Il tema della partenza è un tópos della lirica arcadi-
ca, anche se si trova già nella letteratura del passato.
L’abilità del poeta consisteva nel costruire nuove va-
riazioni, senza modificare né approfondire la situa-
zione sentimentale.
2. L’ode ha uno schema metrico elementare, la rima è
ABAB, il secondo verso però ha una rima particolare,
perché è sempre tronco. La facilità e la scorrevolezza
dei versi non deve ingannare: rivela nell’autore una
grandissima abilità professionale e una altrettanto
grande conoscenza della lingua italiana.
3. Il testo è stato composto per essere musicato e can-
tato sulla scena. Qui esso esprime tutta la sua linearità
e la sua musicalità. La sola lettura lo fa apparire in-
consistente e superficiale.
4. “Oh Dei!”: il poeta si rivolge agli dei dell’Olimpo,
meno irriguardoso e più naturale, visto l’argomento
della canzonetta (la donna) e visto il comportamento
di quegli dei. Ma da secoli si passava con assoluta na-
turalezza dall’Olimpo cristiano all’Olimpo greco, e
viceversa.
5. La canzonetta ha molteplici antecedenti che me-
scolano la divinità con l’amore per una donna. Nel
sonetto Io m’aggio posto in core a Dio servire Gia-
como da Lentini vuole andare in paradiso, ma vuole
andarci con la sua donna, che ha un bel viso e capelli
biondi. Alla fine della canzone Al cor gentile rempai-
ra sempre amore Guido Guinizelli si trova davanti a
Dio, che lo rimprovera di avergli preferito un amore
profano, la donna. E il poeta si difende: la sua donna
sembrava un angelo venuto dal cielo, perciò non
commise peccato, se l’ha amata. Il tema dell’amore
sacro e profano è il motivo conduttore del Canzonie-
re di Francesco Petrarca. E le invocazioni a Dio o alla
Madonna si sprecano.
6. Il motivo del poeta che muore e della donna che lo
cerca e ne scopre la tomba appartiene alla tradizione
letteraria. Nella canzone Chiare, fresche e dolci ac-
que, CXXVI, Petrarca immagina di essere morto e
sepolto, che Laura venga a cercarlo e che, vedendolo
morto, sparga una lacrima di compassione. Proprio
quella lacrima gli aprirà la porta del cielo… Nell’e-
pisodio di Erminia tra i pastori della Gerusalemme
liberata (VII, 1-22) Erminia, mentre accudisce alle
pecore, immagina di essere morta e che sulla sua
tomba venga Tancredi e sparga una lacrima. Quella
lacrima la renderà felice. Il contesto poetico è però
completamente diverse: in Petrarca si inserisce nel
dissidio interiore tra amore sacro ed amore profano;
in Tasso il tema è rovesciato (è la donna che immagi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 271
Pietro Metastasio (1698-1782) Negli anni successivi continua a comporre con suc-
cesso. Egli però si sente estraneo ai valori e ai princi-
pi estetici diffusi dalla cultura illuministica. Perciò, a
La vita. Pietro Trapassi nasce a Roma nel 1698 da partire dalla metà del secolo, si dedica a riflessioni
una famiglia di modeste condizioni sociali. Per la sua teoriche sui principi che avevano ispirato la sua pro-
abilità nell’improvvisare versi si fa notare da Gravi- duzione. Nel 1773 traduce e commenta l’Arte poetica
na, che lo avvia agli studi letterari, conducendolo di Orazio, e porta a termine l’Estratto della “Poeti-
prima a Napoli (1712) poi in Calabria, dove studia ca” d’Aristotile e considerazioni sulla medesima.
sotto la guida di Gregorio Caloprese, un filosofo di Muore nel 1782.
fede cartesiana. Il suo protettore gli cambia il nome in
Metastasio. Nel 1718 ritorna a Roma, dove prende gli La poetica. Metastasio rinnova il melodramma, cioè
ordini minori e decide di studiare diritto. Alla morte il dramma melodico, cantato. Prima di lui il testo del
Gravina gli lascia l’eredità. Il testamento però è im- melodramma era ridotto ad un libretto al servizio del-
pugnato dagli altri arcadi, perciò egli nel 1719 ritorna la musica. Esso doveva presentare un certo numero di
a Napoli. Qui è introdotto nei salotti aristocratici dalla arie, collocate in parti specifiche del dramma e ben
cantante Marianna Bulgarelli Benti, detta la Romani- suddivise tra i personaggi principali. Esse permette-
na, che lo spinge anche a studiare musica. Nel 1721 e vano ai cantanti di dimostrare la loro bravura. Il pub-
nel 1722 Metastasio compone due azioni drammati- blico le seguiva con attenzione, mentre non si interes-
che. Il successo però giunge nel 1724 con la rappre- sava dei recitativi, cioè delle parti dialogate, che fa-
sentazione di Didone abbandonata. Ed è ripetuto dal- cevano procedere l’azione. Metastasio mantiene la
le opere successive, tanto che i suoi drammi sono struttura tradizionale in tre atti del melodramma. In-
musicati più volte dai maggiori compositori del tem- nova però l’idea stessa di melodramma. Egli è con-
po. Nel 1730 Metastasio è invitato a Vienna come vinto che il testo poetico abbia un valore autonomo
“poeta cesàreo” e con un generoso compenso. Egli rispetto alla musica. Nello stesso tempo però scrive
accetta. Per la corte compone drammi, azioni sceni- versi particolarmente musicali, che ben si adattano ad
che di argomento mitologico e di argomento sacro. essere cantati. Anche la trama ed i toni sono coerenti
Tra il 1730 e il 1740 il poeta scrive le sue opere più allo stesso scopo: il poeta esclude dal suo repertorio i
belle: Demetrio (1731), Olimpiade (1733), Demo- toni (e le storie) drammatici, per privilegiare quelli
foonte (1733), La clemenza di Tito (1734), Achille in elegiaci e patetici, che giustificano il lieto fine.
Sciro (1736), Zenobia (1740) e Attilio Regolo (1740). ---I☺I---
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che più l’usato impero 10. perché le tue labbra non hanno
quei labbri in me non hanno; più su di me il potere di un tempo,
quegli occhi più non sanno né i tuoi occhi conoscono più la via
la via di questo cor. per giungere al mio cuore.
Quel, che or m’alletta, o spiace. 11. Ciò che ora mi rende lieto o triste,
se lieto o mesto or sono, se ora sono lieto o triste,
già non è più tuo dono, non è più merito tuo,
già colpa tua non è: non è più colpa tua:
Riassunto. Il poeta è stato lasciato dalla sua donna, 2. La canzonetta svolge un motivo divenuto un tópos
che gli ha preferito un altro. Egli però ha superato il letterario: il poeta è abbandonato dalla sua donna. Il
momento dell’abbandono, e riesce a parlare di lei contenuto è esilissimo e anche banale, ma i versi mu-
senza emozionarsi e a notare in lei aspetti che prima sicali riescono a farlo lievitare. Le strofe potevano
gli sembravano belli ma che non lo erano. Alla fine procedere all’indefinito. Tuttavia ognuna di esse rie-
conclude dicendo che la donna ha perso un innamora- sce a interessare l’ascoltatore. La strofa migliore è
to fedele, mentre egli può trovare facilmente un’altra giustamente quella conclusiva (come il Barocco ave-
donna ingannatrice come lei. va insegnato), pregevole per l’osservazione psicolo-
gica. Ad ogni modo il linguaggio di tutta la canzonet-
Commento ta riesce a rinnovare il contenuto e i “fatti” descritti.
1. La libertà, con La partenza (1746), è una delle 3. La canzonetta è assai musicale, e procede sino alla
canzonette più famose del poeta. Essa sintetizza la fine con grazia e leggerezza, senza mai annoiare. Il
poetica metastasiana ma anche il gusto estetico della poeta descrive un abbandono tranquillo e senza
prima metà del Settecento, prima della diffusione del- drammi: la poetica arcadica, ma anche quella illumi-
le idee e dei principi artistici dell’Illuminismo. nistica, non va mai oltre il sentimentalismo.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 274
La partenza, 1746 La partenza
Commento
1. Il motivo della canzonetta è anche qui assai esile. Il
nome della donna, Nice, significa vittoria o, meglio,
la vincitrice. Essa insomma vince il poeta e tutti gli
altri amanti che la corteggiano. Da parte sua il poeta
si è soprannominato Fileno (dal greco antico φιλεῖν,
amare), l’amante o l’innamorato.
2. La canzonetta, che è musicata dallo stesso poeta,
poi da Angelo Maiorana e, per le prime due strofe,
anche da Ludwig van Beethoven, trasforma tutto in
grazia e sentimento. Il dramma non è consono alla
cultura del Settecento. Il finale di strofa ricorda
Quant’è bella giovinezza (1492) di Lorenzo de’ Me-
dici.
3. La Scuola siciliana (1230-1260ca.) inizia l’opera di
recupero della figura femminile, che la Chiesa pre-
sentava come la tentatrice, colei che portava l’uomo
alla perdizione eterna. A parte la Vergine Maria. Il
Dolce stil novo poi fa della donna la donna-angelo,
discesa sulla terra per portare l’uomo a Dio. Metasta-
sio, come altri poeti del Settecento, la trasforma
nell’ingannatrice, che tradisce l’uomo. E comunque –
almeno sulle scene teatrali – sorge una articolata dia-
lettica tra i sessi: l’uomo non è più onnipotente, e la
donna ha una volontà, che fa pesare sull’uomo. Può
scegliere ed abbandonare il suo amante. Può farlo
soffrire.
4. Ogni società ha i suoi valori, sia pubblici sia priva-
ti, e ha il suo modo specifico di esprimerli. Oltre a ciò
ogni classe sociale li vive in modi diversi o rifiuta
con forza i valori altrui.
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Il Giorno
Certo fu d’uopo che dal prisco seggio 145 Certamente fu opportuno che un Regno (=la Spagna)
uscisse un regno, e con ardite vele uscisse dagli antichi confini e con ardite vele
fra straniere procelle e novi mostri (=le caravelle di C. Colombo) fra tempeste mai viste,
e teme e rischi ed inumane fami fenomeni sconosciuti, timori, rischi e fame
superasse i confin, per lunga etade superasse le colonne d’Ercole,
invïolati ancora; e ben fu dritto 150 che erano rimaste sempre inviolate; e fu ben giusto
se Cortes e Pizzarro umano sangue se Cortés e Pizarro non considerassero
non istimâr quel ch’oltre l’oceàno sangue umano quello che scorreva
scorrea le umane membra, onde tonando nelle membra oltre Oceano;
e fulminando, alfin spietatamente perciò essi, sparando e uccidendo,
balzaron giù da’ loro aviti troni 155 alla fine spietatamente sbalzarono
Re Messicani e generosi Incassi; dai loro antichi troni sovrani messicani
poiché nuove così venner delizie, e incaici; così, o gemma tra gli eroi,
o gemma degli eroi, al tuo palato! nuove delizie giunsero al tuo palato.
Cessi ‘l Cielo però, che in quel momento Non permetta il Cielo però che,
che la scelta bevanda a sorbir prendi, 160 mentre sorseggi la bevanda prescelta,
servo indiscreto a te improvviso annunzi un servo senza discernimento ti annunci
il villano sartor che, non ben pago all’improvviso il sarto villano, il quale,
d’aver teco diviso i ricchi drappi, non soddisfatto di avere diviso con te
oso sia ancor con pòlizza infinita le ricche stoffe, osi chiedere di essere pagato,
a te chieder mercede. Ahimè, che fatto 165 presentandoti un conto interminabile.
quel salutar licore agro e indigesto Ohimè!, perché allora, resa acida
tra le viscere tue, te allor farebbe e indigesta nelle tue viscere, quella bevanda salutare
e in casa e fuori e nel teatro e al corso (=il caffè) in casa, fuori, a teatro e per strada
ruttar plebeiamente il giorno intero! ti farebbe ruttare plebeamente per tutto il giorno.
Ma non attenda già ch’altri lo annunzi, 170 Ma non attenda che qualcuno lo annunci,
gradito ognor, benché improvviso, il dolce essendo sempre gradito anche se giunge
mastro che i piedi tuoi, come a lui pare, all’improvviso, il dolce maestro,
guida e corregge. Egli all’entrar si fermi che guida e corregge i tuoi passi come a lui pare.
ritto sul limitare: indi elevando All’entrata della camera egli si fermi dritto
ambe le spalle, qual testudo il collo 175 sulla porta; quindi, alzando ambedue le spalle,
contragga alquanto; e ad un medesmo tempo come una tartaruga contragga un po’ il collo;
inchini ‘l mento, e con l’estrema falda contemporaneamente inchini il mento
del piumato cappello il labbro tocchi. e tocchi il labbro con l’estrema falda
Non meno di costui, facile al letto del cappello piumato.
del mio Signor t’accosta, o tu che addestri 180 Non meno facilmente di costui, accòstati
a modular con la flessibil voce al letto del mio Signore tu, che insegni
teneri canti, e tu che mostri altrui a modulare teneri canti con la voce flessibile,
come vibrar con maestrevol arco e tu, che insegni a far vibrare con l’archetto
sul cavo legno armonïose fila. le corde sul violino.
Né la squisita a terminar corona 185 A completare la squisita corona intorno
dintorno al letto tuo, manchi, o Signore, al tuo letto, non manchi, o Signore,
il Precettor del tenero idioma il precettore del tenero idioma
che da la Senna, de le Grazie madre, che dalla Senna (=da Parigi), madre delle Grazie,
or ora a sparger di celeste ambrosia venne or ora a cospargere di celestiale
venne all’Italia nauseata i labbri. 190 ambrosia le labbra dell’Italia nauseata.
Forse vero non è; ma un giorno è fama, Forse non è vero; ma è fama che un giorno
che fûr gli uomini eguali; e ignoti nomi gli uomini furono tutti uguali; e che ignoti furono
fûr plebe, e nobiltade. Al cibo, al bere, i nomi di Plebe e di Nobiltà. A mangiare,
all’accoppiarsi d’ambo i sessi, al sonno a bere, ad accoppiarsi, a dormire
un istinto medesmo, un’egual forza uno stesso istinto, una stessa forza
sospingeva gli umani: e niun consiglio spingeva gli esseri umani: nessuna
niuna scelta d’obbietti o lochi o tempi decisione, nessuna scelta di oggetti, di luoghi
era lor conceduta. A un rivo stesso, o di tempi era loro concessa. Allo stesso rivo,
a un medesimo frutto, a una stess’ombra allo stesso frutto, alla stessa ombra
convenivano insieme i primi padri andavano insieme gli antenati
del tuo sangue, o signore, e i primi padri del tuo sangue, o Signore, e gli antenati
de la plebe spregiata. I medesm’antri del volgo spregevole. Le stesse spelonche,
il medesimo suolo offrieno loro lo stesso suolo offrivano loro
il riposo, e l’albergo; e a le lor membra il riposo e il riparo. Una sola preoccupazione
i medesmi animai le irsute vesti. era comune a tutti, fuggire il dolore;
Sol’ una cura a tutti era comune ed ai cuori umani era ancora
di sfuggire il dolore, e ignota cosa sconosciuto il desiderio.
era il desire agli uman petti ancora. L’aspetto uniforme degli uomini dispiacque
L’uniforme degli uomini sembianza agli dei celesti: a rendere più varia la Terra
spiacque a’ celesti: e a variar la terra fu spedito il dio Piacere.
fu spedito il Piacer. Quale già i numi Come un tempo gli dei scendevano sui campi
d’Ilio sui campi, tal l’amico genio, di battaglia di Troia, così il Genio amico,
lieve lieve per l’aere labendo scivolando lievemente nell’aria, si avvicina
s’avvicina a la terra; e questa ride alla Terra; e questa sorride con un sorriso c
di riso ancor non conosciuto. Ei move, he prima non aveva mai conosciuto.
e l’aura estiva del cadente rivo, Egli si muove; l’aria estiva dal ruscello
e dei clivi odorosi a lui blandisce scrosciante e dai colli profumati gli accarezza
le vaghe membra, e lentamente sdrucciola le belle membra e scivola lievemente sul tondeggiare
sul tondeggiar dei muscoli gentile. gentile dei muscoli. Intorno a lui si aggirano
Gli s’aggiran d’intorno i Vezzi e i Giochi, i Vezzi e i Giochi: e, come ambrosia, le lusinghe
e come ambrosia, le lusinghe scorrongli gli scorrono dalle labbra color di fragola:
da le fraghe del labbro: e da le luci dagli occhi socchiusi, languidi e umidi
socchiuse, languidette, umide fuori fuoriescono scintille di tremulo fulgore,
di tremulo fulgore escon scintille per le quali arde l’aria che egli varca
ond’arde l’aere che scendendo ei varca. scendendo sulla Terra.
Alfin sul dorso tuo sentisti, o Terra, Infine, o Terra, sul tuo dorso sentisti stamparsi
sua prim’orma stamparsi; e tosto un lento per la prima volta la sua orma; e subito
tremere soavissimo si sparse un tremito lento e dolcissimo si sparse
di cosa in cosa; e ognor crescendo, tutte di cosa in cosa; e, crescendo sempre più,
di natura le viscere commosse: sconvolse tutte le viscere della natura:
come nell’arsa state il tuono s’ode come nell’estate riarsa si ode il tuono,
che di lontano mormorando viene; che vien mormorando di lontano
e col profondo suon di monte in monte e che con il suo suono profondo riecheggia
sorge; e la valle, e la foresta intorno di monte in monte; e la valle e la foresta
mugon del fragoroso alto rimbombo, risuonano per il suo fragoroso rimbombo,
finché poi cade la feconda pioggia finché poi cade la pioggia, la quale ravviva,
che gli uomini e le fere e i fiori e l’erbe riconforta, rende allegri e belli gli uomini,
ravviva riconforta allegra e abbella. gli animali, i fiori e le erbe.
Oh beati tra gli altri, oh cari al cielo Oh come furono beati fra gli altri, oh come furono
viventi a cui con miglior man Titano cari al Cielo quei viventi (=gli aristocratici),
formò gli organi illustri, e meglio tese, ai quali il titano Promèteo formò gli organi
e di fluido agilissimo inondolli! illustri con più felice arte, li tese meglio
Voi l’ignoto solletico sentiste e li inondò con sangue scorrevolissimo!
del celeste motore. In voi ben tosto Voi sentiste l’ignota sollecitazione del motore
le voglie fermentâr, nacque il desio. celeste (=il Piacere); in voi ben presto sorsero
le voglie, nacque il desiderio.
Le Odi
quel dì che insana empiea quel giorno in cui, impazzita [dal dolore],
il sacro Ida di gemiti, riempiva di gemiti il monte Ida a lei sacro;
e col crine tergea, e con i capelli asciugava
e bagnava di lacrime e bagnava di lacrime
il sanguinoso petto il petto sanguinante
al ciprio (=di Cipro) giovinetto (=Adone). al giovane Adone, che amava.
Riassunto per strofa. 1. Il poeta invita le Grazie a 18. Ma ben presto piansero, perché nelle feste in suo
preparare i balsami e le bende profumate che esse onore a Efeso la dea si presentò con le vergini a lei
porgevano a Venere, quando si punse con una spina, devote ancor più bella!
2. mentre, impazzita dal dolore, piangeva sul corpo
insanguinato di Adone, che amava. Riassunto breve. Il poeta invita le Grazie a preparare
3. Ora gli Amorini piangono Luigia Pallavicini, la più per Luigia Pallavicini i balsami e le bende profumate
bella delle donne liguri. E per lei portano in voto fiori che avevano preparato per Venere quando si era pun-
sull’altare di Apollo. ta con una spina e piangeva Adone ferito. Ora gli
4. La danza la chiamava, mentre la brezza portava un Amorini piangono Luigia e portano fiori sull’altare di
insolito profumo, quando i capelli in disordine im- Apollo. Nelle feste notturne la donna danzava affa-
pacciavano i suoi movimenti. scinando i presenti, mentre i capelli in disordine im-
5. Come lei, anche Pallade Atena con la mano bagna- pacciavano i suoi movimenti. Come lei, anche Palla-
ta tratteneva i capelli fuori dell’acqua. de Atena con una mano tratteneva i capelli fuori
6. Parole melodiose uscivano dalle sue labbra; e dai dell’acqua. Dagli occhi sorridenti di Luigia traspari-
suoi occhi sorridenti trasparivano sue delusioni amo- vano amori, delusioni, pianti e speranze per il futuro.
rose, i suoi pianti e le sue speranze future. A questo punto il poeta rivolge all’amica un rimpro-
7. Il poeta invita l’amica a dire perché ha rivolto il vero implicito chiedendole perché si è dedicata non
suo corpo femminile ad occupazioni maschili e per- alle Muse, ma a un’occupazione maschile come anda-
ché si è dedicata non alle Muse, ma ai giochi perico- re a cavallo. E poi immagina la caduta: il destriero
losi di Marte. sente che la mano che tiene le briglie è incerta e si
8. Poi si rappresenta la caduta: invano i venti cercano lancia a un folle galoppo, quindi entra in acqua. Allo-
di fermare il destriero, che il morso irrita ancora di ra dal profondo del mare interviene il dio Nettuno,
più. che risospinge il destriero sulla spiaggia. Ma l’ani-
9. L’animale agita la testa superba, schizza la schiu- male s’impenna e disarciona la donna, che cade pe-
ma e sporca le sue vesti, le briglie e il seno. santemente al suolo. A questo punto il poeta augura
10. Il destriero è tutto sudato e si mette a correre. Le la morte all’uomo che per primo osò affidare il corpo
grotte marine risuonano del suo scalpitìo, che solleva femminile a un corsiero selvaggio e con un consiglio
polvere e sassi. maldestro aprì alla bellezza un nuovo pericolo. Ma è
11. Poi si lancia nel mare e ormai nuota nell’acqua fiducioso e ricorda che un giorno le cerve, spaventate
fino alla pancia. Le onde, affamate di preda, dimenti- dai lupi, rovesciarono il cocchio di Artemide, che
cano che dalle loro nacque la dea Venere. cadde lungo le pendici dell’Etna. In seguito la dea
12. A questo punto il dio Nettuno lascia la sua dimora andò al banchetto degli dei con il volto coperto. Le
nelle acque profonde del mare e respinge sulla riva il altre dee dell’Olimpo, piene d’invidia, gioivano di
destriero impazzito. soddisfazione. Ma ben presto piansero, perché nelle
13. L’animale scalpitando indietreggia, ma si alza feste in suo onore a Efeso la dea si presentò con le
sulle zampe posteriori, scuote la sella e fa ca- dere la vergini a lei devote ancor più bella.
donna svenuta sulla sabbia pietrosa.
14. Allora il poeta augura la morte a quell’uomo inci- Commento
vile che per primo osò affidare il corpo femminile a 1. In azzurro i termini che appartengono al mondo
un corsiero selvaggio e con un consiglio maldestro classico.
aprì alla bellezza un nuovo pericolo. 2. Luigia Pallavicini monta un cavallo focoso, anche
15. Se non lo avesse fatto, ora egli non vedrebbe il se non sa cavalcare. Il cavallo si mette al galoppo sul-
suo volto pallido e i suoi occhi che sperano di riavere la spiaggia, schizzando acqua e sassi. E si fa stupida-
la bellezza di prima. mente disarcionare e ferire. Su questo fatto insignifi-
16. Un giorno le cerve tiravano il cocchio di Artemi- cante di vita quotidiana il poeta scrive un’ode che si
de, ma, spaventate dalle fiere, fecero precipitare la preoccupa dell’amica ma che tocca molti altri pro-
dea lungo le pendici dell’Etna. blemi, tra cui quello, il più importante, della bellezza
17. Le empie [dee] che abitavano l’Olimpo gioivano rasserenatrice, unico rimedio al vaneggiare degli uo-
d’invidia, perché ai banchetti Artemide nascondeva il mini. Disturba il cielo, il mare e gli inferi con para-
volto con un velo. goni che fanno uscire il fatterello dalla sua banalità.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 305
Infine le augura che anche lei come Artemide ritorni
più bella di prima.
3. Lo scrittore interviene direttamene nell’ode: chiede
alla donna perché si è dedicata ad attività maschili,
come andare a cavallo, e non si è limitata a praticare
le attività delle Muse (danza, poesia, musica, canto).
E descrive la donna come alla disperata ricerca
dell’amore.
4. L’incidente della caduta non è rimosso, ma è con-
tornato di mitologia classica, che lo trasforma. Per
Foscolo il mondo classico non è finzione, l’ode ne fa
sentire la concretezza anche al lettore di oggi. Nel
sec. XVIII è riportata alla luce la città di Pompei,
sommersa da ceneri e lapilli, che condiziona forte-
mente l’arte e l’immaginario collettivo dell’epoca.
---I☺I---
Fiorir sul caro viso Sul tuo caro viso vedo tornare
veggo la rosa; tornano il color roseo; ritornano
i grandi occhi al sorriso 15 a sorridere i grandi occhi seducenti;
insidïando; e vegliano e a causa tua madri preoccupate [per i figli]
per te in novelli pianti e amanti gelose stanno in veglia,
trepide madri, e sospettose amanti. versando sempre nuove lacrime.
Ebbi (=Foscolo) in quel mar la culla, 85 Io (=Ugo Foscolo) nacqui in quel mare,
ivi era ignudo spirito dove vagava, ormai anima priva di corpo,
di Faon la fanciulla, la fanciulla (=Saffo) che amava Faone;
e se il notturno zeffiro e, quando lo zeffiro notturno
blando su i flutti spira, spira dolcemente sui flutti del mare,
suonano i liti un lamentar di lira. 90 i lidi risuonano al lamento della sua lira.
Ond’io, pien del nativo Perciò io, ripieno dello spirito poetico
aër sacro, su l’itala del suolo natale, trasporto
grave cetra derivo per te la poesia greca
per te le corde eolie (=di Eolo), nella severa tradizione italiana,
e avrai, divina, i voti 95 così, o divina, fra i miei inni avrai le offerte
fra gl’inni miei delle insubri (=lombarde) nipoti. votive (=l’ammirazione) delle future donne lombarde.
Forse perché della fatal quïete (=il riposo eterno) Forse perché sei l’immagine della morte
tu sei l’immago a me sì cara, vieni, tu, o Sera, scendi su di me così gradita!
o sera! e quando ti corteggian liete Sia quando ti accompagnano lietamente
le nubi estive e i zeffiri sereni, le nuvole estive e i venti sereni (=d’estate),
e quando dal nevoso aere inquiete sia quando dall’aria nevosa porti sulla terra
tenebre, e lunghe, all’universo meni, notti inquiete e lunghe (=d’inverno),
sempre scendi invocata, e le secrete sempre scendi [da me] invocata,
vie del mio cor soavemente tieni. ed occupi le vie più nascoste del mio cuore.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Mi fai vagare con i miei pensieri
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge sul cammino che porta al nulla eterno; e intanto
questo reo tempo, e van con lui le torme questo tempo reo fugge e con lui ne vanno le infinite
delle cure, onde meco egli si strugge; preoccupazioni per le quali esso si consuma con me;
e mentre io guardo la tua pace, dorme e, mentre io guardo la tua pace, si acquieta
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. quello spirito combattivo che mi ruggisce dentro.
Riassunto. Forse perché è l’immagine della morte, la le sue reminiscenze classiche: l’idea del tempo che
sera scende sul poeta sempre gradita, sia d’estate sia fugge; e l’idea del tempo malvagio verso l’uomo.
d’inverno. Con i pensieri lo fa andare al nulla eterno, 3. Il motivo della sera è un tópos letterario: con sen-
che accompagna la morte. E intanto si consuma que- sibilità profondamente diversa lo trattano Dante in If
sto tempo malvagio e con esso si consumano le II, 1-3, Pg VIII, 1-6, Giacomo Leopardi ne Il sabato
preoccupazioni. E, mentre egli guarda la pace della del villaggio (1829), Giovanni Pascoli ne La mia se-
sera, dorme quello spirito sconvolto dalle passioni, ra, Gabriele D’Annunzio ne La sera fiesolana, Salva-
che ha dentro di lui. tore Quasimodo in Ed è subito sera. La sera più in-
tensa e struggente è quella di Dante: “Era già l’ora
Commento che volge il desio Ai navicanti...” (Pg VIII, 1-6).
1. Per Foscolo la sera diventa romanticamente l’im-
magine della morte (la fatal quiete, il nulla eterno), Nel sonetto A Zacinto il poeta rivolge il pensiero alla
che scende sempre su di lui gradita e invocata, perché sua isola natia, nella quale non potrà più tornare. La
acquieta gli affanni e le passioni che lo hanno scon- sua patria reale lo porta subito a pensare alla sua pa-
volto durante il giorno. tria ideale: la Grecia, i suoi eroi ed i suoi miti (Venere
2. Il poeta esprime le sue idee atee e materialistiche e e la bellezza, Omero e la poesia, Ulisse e l’eroe per-
seguitato dal destino avverso).
Né più mai toccherò le sacre sponde Io non toccherò mai più le tue sacre sponde,
ove il mio corpo fanciulletto giacque, dove trascorsi la mia fanciullezza,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde o Zacinto mia!, che ti specchi nelle onde
del greco mar da cui vergine nacque del mar Egeo, dalle quali nacque la vergine
Venere, e fea quelle isole feconde Venere, che rendeva quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque con il suo primo sorriso, perciò non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde il tuo cielo sereno e i tuoi boschi
l’inclito verso di colui che l’acque la grande poesia di Omero, che cantò
Tu non altro che il canto avrai del figlio, Tu avrai soltanto il canto di questo tuo figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse o mia terra natale; a me il destino ha prescritto
il fato illacrimata sepoltura. una sepoltura senza lacrime [in terra straniera].
Riassunto. Il poeta si rivolge a Zacinto, l’isola in cui 3. Foscolo propone una interpretazione romantica di
è nato, lamentandosi di non poter più ritornare sulle Ulisse (egli, e non il guerriero Achille o il saggio Ne-
sue spiagge, davanti alle quali nacque Venere e che store o i sovrani Agamennone e Menelao, diventa il
furono cantate da Omero, lo stesso che cantò le pere- simbolo del mondo antico). L’eroe greco è “bello di
grinazioni e il ritorno in patria di Ulisse. Egli potrà fama e di sventura” – insomma più è sventurato, più è
dare solamente il suo canto alla sua isola, poiché il romantico –, perché soltanto dopo lunghe peripezie
destino lo farà morire in terra straniera. riesce a tornare nella sua “petrosa Itaca”. Il poeta è
ancora più sventurato e quindi ancora più romantico
Commento (e perciò superiore ad Ulisse), perché rispetto all’eroe
1. Il sonetto parla dell’autore nei primi due versi e greco egli è destinato a non ritornare più in patria e a
negli ultimi tre; negli altri parla delle tre figure più morire in terra straniera.
significative del mondo classico: Venere, simbolo 4. Ulisse è una figura che ritorna a più riprese nella
dell’amore ma anche della bellezza, Omero, simbolo cultura italiana ed occidentale.
della poesia, quindi Ulisse, simbolo dell’eroe. A di- a) Omero gli dedica l’intera Odissea e lo presenta
stanza di 2.500 anni la cultura greca è sentita come astuto o, meglio, “dall’ingegno multiforme”. L’eroe
contemporanea. Il poeta, in modo piuttosto esplicito, greco con l’inganno del cavallo fa cadere la città di
si paragona ad Ulisse (ambedue sono eroi romantici; Troia; provoca l’ira di Nettuno, a cui ha accecato il
l’unica differenza, che poi va a vantaggio del poeta, è figlio Polifemo; sfida mille pericoli, spinto dalla cu-
che Ulisse riesce a ritornare in patria, egli no); ed an- riosità; e infine torna nel suo piccolo regno di Itaca,
che ad Omero, il poeta per antonomasia, che ha can- dove Penelope, la moglie fedele, lo aspetta e dove
tato la sua isola (e i viaggi di Ulisse). Nel sonetto è deve sconfiggere la protervia dei nobili, divenuti ar-
presente un motivo estraneo alla cultura classica: è roganti per la sua lunga assenza.
l’ideale romantico di patria, che proviene dalla Rivo- b) Dante gli dedica un intero canto (If XXVI), lo pu-
luzione francese. I greci erano estremamente litigiosi, nisce come fraudolento ma lo esalta come simbolo
individualisti e campanilisti: la loro città era superiore del mondo antico, che ricerca con tutte le sue forze il
a tutte le altre della Grecia. L’unica cosa che li univa sapere e la sapienza: “Fatti non foste a viver come
era l’odio verso i bàrbaroi, i balbuzienti, gli stranieri. bruti – dice l’Ulisse dantesco ai suoi compagni di
2. Agli inizi dell’Ottocento scoppia una violentissima mille avventure –, Ma a seguir virtute e canoscenza”.
polemica tra i classicisti, che si richiamavano alla pe- In nome della conoscenza Ulisse non ritorna a casa,
rennità della cultura classica, ed i romantici, che pro- dal figlio mai visto, dal padre e dalla moglie fedele, e
ponevano una cultura impegnata ed attuale. Giovanni punta la nave verso lo stretto di Gibilterra, per visita-
Berchet (1783-1851) nella Lettera semiseria di Gri- re il “mondo sanza gente”. Dopo cinque mesi di na-
sostomo al suo figliolo (1816) polemizza con i soste- vigazione vede una montagna altissima, da cui sorge
nitori della cultura classica e sostiene la tesi che i veri un turbine che affonda la nave.
classici sono i romantici: Omero ha usato la mitolo- c) Il terzo Ulisse è l’Ulisse romantico e perciò neces-
gia, che apparteneva al suo tempo e alla sua cultura, sariamente sventurato di Foscolo: più è colpito dalle
per parlare dei problemi a lui contemporanei; i ro- sventure, più è fortunato, perché più diventa famoso.
mantici, proprio come aveva fatto Omero, prendono d) Giovanni Pascoli nei Poemi conviviali (Il sonno di
la mitologia del loro tempo e non quella di altri tem- Odisseo) (1904) dà un’interpretazione decadente del-
pi, per parlare dei problemi contemporanei. l’eroe omerico: sta tornando a casa con i suoi compa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 311
gni, è giunto in prossimità della sua isola, quando si sua patria è quindi più nel passato che nel presente.
addormenta. I compagni aprono gli otri, dove erano Manzoni invece dimentica il passato, dimentica la
racchiusi i venti sfavorevoli, che allontanano la nave cultura greca e latina, e propone un ideale di patria
dal porto. Svegliandosi, Ulisse vede in lontananza radicato nella storia e da attuare nelle sue varie di-
una terra, ma non sa se si è avvicinato alla sua isola mensioni culturali e civili nel presente e nel futuro. In
da cui ora i venti lo allontanano o se è un’altra isola: Marzo 1821 (1821, 1848) egli ne dà questa sintetica
il sonno gli ha impedito di essere pronto all’appunta- definizione: “una d’arme, di lingua, d’altare, Di me-
mento che il destino gli aveva preparato. morie, di sangue, di cor”. Foscolo usa un linguaggio
e) Gabriele D’Annunzio dà un’altra interpretazione neoclassico e attento al passato; Manzoni invece pone
decadente dell’eroe greco: il poeta lo vede alla guida le basi per l’italiano moderno. Ancora, troppo sem-
della sua nave, e chiede di prenderlo con lui. Ulisse lo plice e troppo alfieriana è la valutazione che Foscolo
guarda per un attimo, e da quel momento egli si sente dà di Napoleone, prima liberatore e poi despota; ben
superiore a tutti i suoi compagni (Laudi del cielo, del più complessa è invece la valutazione che Manzoni
mare, della terra e degli eroi. Maia, IV. L’incontro ne dà nell’ode Cinque maggio (1821): Napoleone è
con Ulisse, 1903). l’uomo inviato da Dio, per diffondere tra i popoli gli
f) Nel romanzo Ulysses (1922) lo scrittore dublinese ideali di patria e di libertà e per indirizzare la storia
James Joyce (1882-1941) racchiude in un’intera gior- verso la realizzazione ottocentesca di tali ideali. Que-
nata le poco eroiche peripezie del suo Ulisse, un mo- sta interpretazione è legata alla sua conversione reli-
desto impiegato del mondo contemporaneo, che trova giosa. Dietro alla rivoluzione francese e a Napoleone
anche il tempo di tradire la moglie. c’è ben altro: la volontà di dominare l’Europa.
g) Nel breve componimento intitolato Ulisse (Medi-
terranee, 1946) Umberto Saba propone di sé l’imma- Nel sonetto In morte del fratello Giovanni Foscolo
gine di un Ulisse sempre pronto al pericolo e che non presenta il dramma del fratello suicida per debiti di
vuole invecchiare. gioco e il dolore di sua madre, che ha un figlio morto
4. La patria di Foscolo è l’Italia del suo tempo, anco- e un altro lontano. Anche l’altro fratello, Costantino
ra divisa; ma in misura maggiore è la patria ideale co- Angelo, muore suicida.
stituita dal mondo classico greco (e non latino). La
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In morte del fratello Giovanni, 1802-03 In occasione della morte di mio fratello Giovanni
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo Un giorno, se io non fuggirò sempre
di gente in gente, me vedrai seduto da un popolo all’altro, mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo sulla tua pietra tombale, o fratello mio,
il fior de’ tuoi gentil anni caduto. per piangere la tua giovinezza recisa.
La Madre or sol suo dì tardo traendo Nostra madre, trascinando ora da sola i suoi anni,
parla di me col tuo cenere muto, parla di me [lontano] con le tue spoglie mute,
ma io deluse a voi le palme tendo ma io tendo a voi le mie mani senza potervi
e sol da lunge i miei tetti saluto. abbracciare; e, se da lontano saluto la mia patria,
Sento gli avversi numi, e le secrete sento il destino avverso e gli affanni segreti
cure che al viver tuo furon tempesta, che sconvolsero la tua vita, e prego
e prego anch’io nel tuo porto quiete. anch’io di trovare la pace come te nella morte.
Questo di tanta speme oggi mi resta! Questa di tante speranze è l’unica che mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete O genti straniere, consegnate almeno il mio corpo,
allora al petto della madre mesta. quando morirò, al petto di mia madre addolorata.
A egregie cose il forte animo accendono 151. Le tombe dei grandi uomini, o Pindemonte,
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella spingono l’animo forte a compiere grandi imprese;
e santa fanno al peregrin la terra e fanno per il viandante bella e sacra la terra
che le ricetta. Io quando il monumento che le accoglie. Io, quando vidi la tomba
vidi ove posa il corpo di quel grande 155 155. di quel grande (=N. Machiavelli),
che, temprando lo scettro a’ regnatori, che, rafforzando il potere ai regnanti, toglie ad esso
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela gli ornamenti esteriori e svela alle genti
di che lagrime grondi e di che sangue; di quante lacrime e di quanto sangue esso grondi;
e l’arca di colui che nuovo olimpo e quando vidi il sepolcro di colui(=M. Buonarroti),
alzò in Roma a’ Celesti1; e di chi vide 160 160. che costruì un nuovo Olimpo in Roma agli dei;
sotto l’etereo padiglion rotarsi e quando vidi il sepolcro di colui (=G. Galilei),
più Mondi, e il Sole irradiarli immoto, che vide sotto la volta celeste più mondi ruotare
onde all’Anglo che tanta ala vi stese e il Sole, immobile, illuminarli (perciò egli sgombrò
sgombrò primo le vie del firmamento: per primo le vie del cielo all’inglese (=I. Newton),
te beata, gridai, per le felici 165 che le dominò con la sua intelligenza);
aure pregne di vita, e pe’ lavacri 165. gridai che tu sei beata (=felice, fortunata),
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino! per le felici arie piene di vita e per i corsi d’acqua
Lieta dell’aer tuo veste la Luna che dai suoi colli a te versa l’Appennino!
di luce limpidissima i tuoi colli Lieta della tua aria, la luna riveste
con una luce limpidissima le tue colline,
1
Michelangelo Buonarroti dipinse la cappella Sistina
(1508-12).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 315
per vendemmia festanti, e le convalli 170 170. in festa per la vendemmia; e le vallate,
popolate di case e d’oliveti piene di case e di oliveti, mandano al cielo
mille di fiori al ciel mandano incensi: mille profumi di fiori. E tu per prima, o Firenze,
e tu prima, Firenze, udivi il carme udivi il poema (=la Divina commedia), che alleviò
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco, l’ira al ghibellino fuggiasco (=D. Alighieri);
e tu i cari parenti e l’idïoma 175 175. e tu desti i cari genitori e la lingua
dèsti a quel dolce di Calliope labbro, a quel dolce poeta (=F. Petrarca), che, adornandolo
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma con un velo candidissimo, poneva in grembo
d’un velo candidissimo adornando, a Venere celeste l’Amore [sacro], che era stato nudo
rendea nel grembo a Venere Celeste; in Grecia e nudo in Roma (=l’amore profano).
ma più beata che in un tempio accolte 180 180. Ma tu sei ancor più beata, perché in un tempio
serbi l’Itale glorie, uniche forse (=Santa Croce) conservi raccolte le glorie italiche,
da che le mal vietate Alpi e l’alterna le uniche forse [rimaste] da quando le Alpi mal difese
onnipotenza delle umane sorti, e l’alterno destino umano ti tolsero
armi e sostanze t’invadeano, ed are la forza militare, la ricchezza, la religione,
e patria, e, tranne la memoria, tutto. 185 185. la patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi E, quando una luminosa speranza di gloria appaia
intelletti rifulga ed all’Italia, agli animi forti e all’Italia, da qui (=dalle tombe di
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi Santa Croce) noi prenderemo ispirazione
venne spesso Vittorio ad ispirarsi, e buoni auspici. E a questi sepolcri venne
irato a’ patrii Numi; errava muto 190 spesso Vittorio Alfieri ad ispirarsi.
ove Arno è più deserto, i campi e il cielo 190. Adirato contro gli dei della patria, camminava
desîoso mirando; e poi che nullo silenzioso dove il fiume Arno è meno frequentato,
vivente aspetto gli molcea la cura, guardando affranto il paesaggio e il cielo;
qui posava l’austero; e avea sul volto e, poiché niente di ciò che vedeva gli addolciva
il pallor della morte e la speranza. 195 il dolore, qui (=a Santa Croce) si fermava l’austero;
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa e aveva sul volto il pallore della morte e la speranza.
fremono amor di patria. Ah sì! da quella 195. Con questi grandi ora egli abita per sempre,
religïosa pace un Nume parla1: e le sue ossa fremono ancora amore per la patria.
e nutrìa contro a’ Persi in Maratona Ah, sì, da quella pace religiosa dei sepolcri parla
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, 200 un nume: egli nutriva contro i persiani a Maratona
la virtù greca e l’ira. Il navigante 200. (dove Atene consacrò le tombe ai suoi valorosi
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea, soldati) il valore e la furia dei greci. Il navigante,
vedea per l’ampia oscurità scintille che percorse quel mare sotto l’Eubèa, vedeva
balenar d’elmi e di cozzanti brandi, nell’oscurità della notte balenare scintille di elmi
fumar le pire igneo vapor, corrusche 205 e di spade cozzanti tra loro, vedeva le cataste di legna
d’armi ferree vedea larve guerriere 205. emettere nuvole di fumo, vedeva fantasmi di
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni guerrieri, scintillanti d’armi, cercare lo scontro;
silenzi si spandea lungo ne’ campi e nell’orrore del silenzio notturno si spandevano
di falangi un tumulto e un suon di tube nei campi il rumore dei reparti, il suono delle trombe,
e un incalzar di cavalli accorrenti 210 210. l’incalzare dei cavalli all’attacco,
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, che calpestavano i soldati caduti, il pianto,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. gli inni di vittoria e il canto delle Parche.
Felice te che il regno ampio de’ venti, Felice te, o Pindemonte, che nei tuoi anni
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi! 215. giovanili correvi l’ampio regno dei venti
E se il piloto ti drizzò l’antenna 215 (=il mare)! E, se il pilota diresse la nave oltre
Oltre l’isole Egée, d’antichi fatti le isole del mar Egèo, certamente udisti risuonare
Certo udisti suonar dell’Ellesponto di antichi fatti le spiagge dell’Ellesponto
I liti, e la marea mugghiar portando e certamente udisti la marea mugghiare,
Alle prode Retèe l’armi d’Achille 220. portando sulle spiagge del promontorio Retèo
Sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi 220 le armi di Achille sopra le ossa di Aiace: ai generosi
Giusta di glorie dispensiera è morte: la morte è una giusta dispensatrice di gloria.
Nè senno astuto, né favor di regi Né l’astuzia, né il favore di Agamennone poterono
All’Itaco le spoglie ardue serbava, conservare ad Ulisse le armi difficili da meritare,
1
Il collegamento tra la chiesa di Santa Croce e Maratona è
dato dall’amore per la patria.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 316
Chè alla poppa raminga le ritolse 225. poiché alla sua nave errabonda le ritolse l’onda
L’onda incitata dagl’inferni Dei. 225 marina incitata dagli dei dell’Oltretomba. E me, che
E me che i tempi ed il desio d’onore la situazione politica e il desiderio di mantenermi
Fan per diversa gente ir fuggitivo, onorato fanno andare in fuga tra popoli stranieri,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse me le Muse, che ispirano il pensiero umano,
Del mortale pensiero animatrici. 230. chiamino ad evocare gli eroi.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando 230 Le pimplèe (=le Muse) siedono custodi dei sepolcri
Il tempo con sue fredde ale vi spazza e, quando il tempo con la sua forza distruttrice
Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti ne spazza via anche le rovine, allietano
Di lor canto i deserti, e l’armonia con i loro canti quei luoghi ormai deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio. [di quei canti] vince il silenzio di mille secoli.
Ed oggi nella Tròade inseminata 235 235. Ed oggi nella Troade (=Asia Minore) incolta
Eterno splende a’ peregrini un loco per sempre risplende ai viandanti un luogo eterno
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo per merito della ninfa alla quale fu sposo Giove,
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, ed a Giove diede un figlio, Dàrdano, dal quale
Onde fur Troja e Assàraco e i cinquanta discesero Troia, Assàraco, i cinquanta
Talami e il regno della Giulia gente. 240 240. figli di Priamo e il regno della gente Giulia
Però che quando Elettra udì la Parca (=l’impero romano). E, quando Elettra udì la Parca,
Che lei dalle vitali aure del giorno che la chiamava dalla vitale aria del giorno
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove ai cori dei Campi Elisi, a Giove espresse
Mandò il voto supremo: “E se diceva, il suo ultimo desiderio: “Se” diceva,
A te fur care le mie chiome e il viso 245 245. “a te furono care le mie chiome e il mio viso
E le dolci vigilie, e non mi assente e le dolci veglie e non mi concede
Premio miglior la volontà de’ fati, un premio migliore la volontà del destino,
La morta amica almen guarda dal cielo guarda almeno dal cielo la morta amica,
Onde d’Elettra tua resti la fama. affinché resti la fama della tua Elettra”.
Così orando moriva. E ne gemea 250 250. Con questa preghiera moriva. Per la sua morte
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando Giove piangeva; e, muovendo il capo immortale,
Piovea dai crini ambrosia su la Ninfa faceva piovere dai suoi capelli ambrosia sulla ninfa,
E fe’ sacro quel corpo e la sua tomba. e fece sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio: e dorme il giusto In quella tomba fu posto Erittònio, e dorme la cenere
Cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne 255 255. del giusto Ilo. Ivi le troiane si scioglievano
Sciogliean le chiome, indarno, ahi! deprecando i capelli, ahi invano!, cercando di allontanare
Da’ lor mariti l’imminente fato; con preghiere dai loro mariti la morte incombente.
Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto Ivi venne Cassandra, quando il dio (=Apollo) in petto
Le fea parlar di Troja il dì mortale, le faceva vaticinare il giorno mortale di Troia;
Venne; e all’ombre cantò carme amoroso, 260 e alle tombe degli avi cantò un carme pieno d’affetto;
E guidava i nepoti, e l’amoroso 260. e guidava i nipoti e insegnava l’amoroso
Apprendeva lamento a’ giovinetti. lamento ai giovinetti. E diceva sospirando:
E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo, “Oh, se mai da Argo, dove pascerete
Ove al Tidide e di Laerte al figlio 265. i cavalli di Diomede o del figlio di Laèrte
Pascerete i cavalli, a voi permetta 265 (=Ulisse), a voi permetta il Cielo di tornare,
Ritorno il cielo, invan la patria vostra invano cercherete la vostra patria! Le mura,
Cercherete! le mura, opra di Febo, opera di Apollo, fumeranno sotto le loro macerie.
Sotto le lor reliquie fumeranno; Ma gli dei tutelari di Troia avranno dimora
Ma i Penati di Troja avranno stanza 270. in queste tombe, perché è dono degli dei
In queste tombe; chè de’ Numi è dono 270 conservare nell’infelicità il nome superbo.
Servar nelle miserie altero nome. E voi, o palme e cipressi, che le nuore di Priamo
E voi palme e cipressi che le nuore pianteranno [intorno a queste tombe], crescerete
Piantan di Priamo, e crescerete ahi! presto ahi presto! Innaffiàti di lacrime vedovili,
Di vedovili lagrime innaffiati. 275. proteggéte i miei antenati: e chi terrà lontana
Proteggete i miei padri: e chi la scure 275 la scure da questi alberi piantati per devozione,
Asterrà pio dalle devote frondi avrà meno a dolersi per lutti familiari
Men si dorrà di consanguinei lutti e santamente potrà accostarsi all’altare.
E santamente toccherà l’altare, Proteggéte i miei antenati! Un giorno vedrete
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete 280. mendìco un cieco (=Omero) errare sotto
Mendico un cieco errar sotto le vostre 280 le vostre antichissime ombre e a tentoni penetrare
Antichissime ombre, e brancolando
Riassunto. (vv. 1-50) Il sonno della morte – dice il È fortunato l’amico Ippolito Pindemonte, che nella
poeta – non è meno duro perché confortato dalle la- sua giovinezza percorreva il mar Egeo. Egli certa-
crime dei propri cari. Quando il Sole non risplenderà mente udì narrare che la marea portò le armi di Achil-
più per noi, l’unica ricompensa dei giorni passati sarà le sulla tomba di Aiace, dopo averle tolte ad Ulisse,
soltanto una inutile lapide, che distingue le nostre os- che non le meritava: la morte dispensa giustamente la
sa dalle infinite ossa disseminate in terra e in mare gloria. Il poeta quindi invita le Muse a chiamarlo ad
dalla morte. È ben vero: anche la Speranza ha abban- evocare gli eroi. Oggi nella Troade (=Asia Minore,
donato le tombe. Ma il mortale non dovrà privarsi Turchia), non più coltivata, risplende un luogo caro
dell’illusione di essere ricordato dopo la morte. Egli ad Elettra. Prima di morire, la ninfa si rivolse a Gio-
vive ancora, se può destare il ricordo nella mente dei ve, che la amava, chiedendogli l’immortalità della
suoi cari. È divina questa corrispondenza di amorosi fama, se non poteva avere quella del corpo. In quel
affetti e spesso per lei si vive con l’amico morto e luogo essa fu sepolta con tutta la sua discendenza.
l’amico morto con vive noi, se la terra pietosa, acco- Sulla sua tomba venivano le donne troiane, per allon-
gliendolo nel suo grembo materno, difenderà i resti tanare, ma inutilmente, dai loro mariti la morte vici-
dalle ingiurie del tempo e dal piede profanatore del na. Veniva anche Cassandra, quando era ispirata dal
volgo. E una lapide conserverà il suo nome e un albe- dio Apollo, e cantava un canto d’amore ai nipoti: “Se
ro amico consolerà le ceneri con un’ombra deliziosa. essi fossero tornati dalla prigionia, avrebbero cercato
Soltanto chi non lascia eredità d’affetti non gioirà invano la loro patria; di essa sarebbero rimaste soltan-
della morte. E il suo spirito vagherà negli inferi o cer- to le tombe. Un giorno tra quelle tombe sarebbe ve-
cherà protezione chiedendo perdono a Dio, ma lasce- nuto un cieco (=Omero) ad interrogare le urne. Esse
rà la sua tomba alle ortiche di una terra abbandonata, avrebbero raccontato la fine di Troia per mano dei
dove nessuna donna potrà pregare né il viandante po- principi greci. Il sacro poeta avrebbe placato quelle
trà udire il sospiro che la Natura manda a noi dalla anime ed eternato il nome dei principi greci per tutta
tomba. la terra. E Ettore avrebbe avuto lacrime di compianto
[...] dovunque sia sacro il sangue versato per la patria e
(vv. 151-195) Le tombe dei grandi spingono l’animo finché il Sole risplenderà sulle sciagure dell’umani-
forte a compiere grandi imprese. Il poeta, quando vi- tà”.
de nella chiesa di Santa Croce le tombe di Niccolò
Machiavelli, di Michelangelo Buonarroti e di Galileo I personaggi
Galilei, gridò che Firenze era fortunata per il suo cli- Mondo greco e troiano
ma e per i suoi fiumi; e perché per prima sentiva la Apollo è chiamato anche Febo, il sole, colui che
Divina commedia e conosceva la poesia di Francesco splende, che illumina.
Petrarca. Era però ancora più fortunata perché in Achille è il più forte guerriero dell’esercito greco. È
quella chiesa conservava le uniche glorie che forse invulnerabile, tranne in un punto: il calcagno. E qui è
erano rimaste all’Italia. E, quando gli italiani vorran- colpito con una freccia da Paride, principe troiano.
no riconquistare la libertà, da qui trarranno l’augurio Agamennone, re di Argo e di Micene, e fratello mag-
di vittoria. A quei sepolcri venne spesso Vittorio Al- giore di Menelao. È capo assoluto dell’esercito greco.
fieri ad ispirarsi; e ora con quei grandi riposa per È indicato anche con il patronimico: Atride, figlio di
sempre. Dalla pace di Santa Croce parla lo stesso dio Atreo.
protettore della patria che a Maratona aveva ispirato i Aiace è un valoroso guerriero greco. È indicato anche
greci a combattere con furia contro i persiani invaso- con il patronimico: Tidide, cioè figlio di Tideo.
ri. Il marinaio, che di notte passa davanti alla pianura Aiace Telamonio è un valoroso guerriero greco. È
di Maratona, assiste ancora allo scontro tra i fantasmi indicato anche con il patronimico: Telamonio, figlio
dei soldati greci e quelli dei soldati persiani. di Telamone. Odisseo da Agamennone e Menelao si
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 318
fa assegnare le armi di Achille, che invece spettavano no di notte dal ventre del cavallo e aprono le porte
a lui. La dea Athena lo fa impazzire, egli fa una stra- della città all’esercito greco, che aveva finto di parti-
ge di pecore, credendo di uccidere gli Atridi, poi per re. Così Troia è distrutta. È indicato anche con il pa-
la vergogna si uccide. tronimico: Laerziade, figlio di Laerte. Il suo avventu-
Alterna onnipotenza (L’) delle umane sorti: il poeta roso ritorno ad Itaca è narrato nell’Odissea.
pensa che la storia umana sia un succedersi di gran- Olimpio (L’) è Giove, che con gli altri dei abitava il
dezza e di declino. monte Olimpo, nella Grecia settentrionale.
Andromaca è moglie di Ettore, il capo dell’esercito Omero (sec. XII) è il maggiore poeta greco e di tutti
troiano. i tempi. Scrisse l’Iliade e l’Odissea usando materiale
Argo è una città della Grecia governata da Agamen- già esistente. Molte città si contendono la nascita.
none. Parche (latino) o Moire (greco) sono le tre divinità,
Assàraco diventa re della Dardania (Troade) quando superiori a tutti gli dei, che decidono il destino uma-
il fratello maggiore Ilo decide di governare la nuova no. La prima fila, la seconda tesse la trama, la terza
città, Ilio o Troia. recide il filo della vita.
Atridi (Gli) è un patronimico, indica Agamennone e Paride è figlio di Priamo e fratello di Ettore, capo
Menelao, figli di Atreo. dell’esercito troiano. Rapisce Elena, moglie di Mene-
Calliope è la musa della poesia epica e il suo nome lao, re di Sparta, con cui la dea Venere l’aveva cor-
significa “dalla bella voce”. rotto per avere la mela “Alla più bella”. La donna lo
Cassandra è figlia di Priamo e profetessa del dio segue. Il rapimento è la causa della guerra di Troia.
Apollo. Per punirla, Apollo fa sì che le sue profezie Uccide Achille, colpendolo con una freccia nel calca-
non siano credute. gno, unico punto in cui era vulnerabile.
Cori dell’Eliso o Campi Elisi sono l’Oltretomba gre- Pelidi (I) sono i figli di Pelèo, qui indica i greci. Peli-
co e troiano. de è il patronimico di Achille, il più forte guerriero
Dàrdano è figlio di Giove e di Elettra e capostipite greco.
dei troiani. Penati (I) sono gli dei protettori della casa.
Diomede è un valoroso guerriero greco. È indicato Pimplèe (Le) sono le Muse. Pimplea era una città
anche con il patronimico: Tidide, figlio di Tideo. della Grecia situata vicino al monte Olimpo, sede de-
Elena è moglie di Menelao, re di Sparta, è rapita da gli dei.
Paride, principe troiano, a cui la dea Venere l’aveva Priamo è re di Troia durante l’assedio della città da
donata per ricevere la mela “Alla più bella” lanciata parte dei greci. È padre di 50 figli.
dalla dea Discordia a un banchetto nuziale degli dei. Prode Retèe indicano il promontorio Retèo, che si
Elettra è amata da Giove, a cui dà il figlio Dàrdano, trova nella Troade, dove sorgeva Troia, e dove è se-
che diventa il capostipite dei troiani. polto Aiace Telamonio.
Erittònio è figlio di Dardano, re di Troia, e diventa a Tidide è patronimico, indica il figlio di Tideo, cioè
sua volta re della città. Aiace, un valoroso guerriero greco.
Ettore è figlio di Priamo ed è il capo dell’esercito Troade (La) è una regione dell’Asia Minore (=Tur-
troiano. È ucciso da Achille. chia), bagnata dal mar Egeo.
Eubèa (L’) è una lunga penisola che si trova ad est di Troia o Ilio è la città dell’Asia minore (=Turchia),
Atene. che i greci vogliono distruggere.
Febo è un altro nome del dio Apollo. Indica il sole, Venere Celeste indica l’amore spirituale. Si contrap-
colui che splende, che illumina. pone alla Venere Terrestre, che indica l’amore sen-
Giulia gente (La) è la gens a cui appartiene Caio suale per i beni terreni.
Giulio Cesare, considerato il fondatore dell’impero
romano. Mondo italiano e contemporaneo
Ilio o Troia è la città dell’Asia minore che i greci vo- Alfieri Vittorio (1749-1803) è l’unico scrittore di
gliono distruggere. tragedie italiano.
Ilo è il primo re di Ilio o Troia. Alighieri Dante (1265-1321) è guelfo bianco e so-
Laerziade è patronimico: figlio di Laerte, cioè Odis- stenitore dell’imperatore come i ghibellini. Scrive la
seo. Vita nova, il Convivio, il De vulgari eloquentia, ikl
Maratona (Nella pianura di) i greci sconfissero i per- De Monarchia e la Divina commedia (1306-21). Fo-
siani invasori (490 a.C.). scolo pensa che il poeta abbia iniziato a scrivere il
Menelao è re di Sparta, fratello minore di Agamen- poema prima di essere mandato in esilio.
none e marito di Elena. È indicato anche con il patro- Buonarroti Michelangelo (1475-1564) è uno dei più
nimico: Atride, figlio di Atreo. grandi pittori del Rinascimento. Dipinge la cappella
Muse (Le) sono le protettrici delle arti. Erano nove Sistina (1508-12).
ed erano guidate dal dio Apollo. Chiesa di Santa Croce (1294-1442) a Firenze è in
Odisseo è re d’Itaca, famoso per la sua astuzia. Con stile gotico ed è una delle più grandi chiese france-
l’inganno sottrae ad Aiace le armi di Achille, che gli scane. Vi sono seppelliti i grandi italiani, tra cui lo
spettavano. Suo è l’inganno del cavallo di Troia, per stesso Foscolo (1871).
entrare in città. L’inganno riesce, i soldati greci esco-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 319
Galilei Galileo (1564-1642) è fisico e matematico. Foscolo è totalmente proiettato verso la storia e la
Perfeziona il cannocchiale, che rivolge verso il cielo, cultura del passato. Manzoni invece si preoccupa di
scoprendo le montagne della Luna, le fasi di Venere, dare il suo contributo teorico e pratico, per attuare
gli anelli di Saturno, i pianeti Medicei e un cielo pie- l’unità d’Italia nel presente: la patria è liberata non
no di stelle (Padova, 1609). dagli eroi romantici, nel cui animo vibra il dio protet-
Ghibellin fuggiasco (Il) è Dante Alighieri (1265- tore della patria; ma dai patrioti, che nel segreto tra-
1321). In realtà è un guelfo bianco ed è schierato con mano e preparano le armi, e che poi mettono in atto la
l’imperatore come i ghibellini. Fuggiasco perché è loro strategia razionale e democratica.
mandato in esilio (1301) ed è costretto a vagare 3. Conviene confrontare la visione foscoliana della
nell’Italia setentrionale. cultura con quella proposta appena 10 anni dopo da
Machiavelli Niccolò (1469-1527) è scrittore e secon- Giovanni Berchet nella Lettera semiseria di Griso-
do segretario della repubblica fiorentina (1498-1512). stomo al suo figliolo (1816), intervenendo nella po-
Foscolo come altri fraintende il Principe (1512-13), lemica della superiorità degli antichi o dei moderni.
pensa che l’autore lo abbia scritto per denunciare la Foscolo pensava che la cultura classica fosse eterna e
violenza del potere. che perciò fosse valida anche per il presente. In lui
Newton Isaac (1642-1727) è un matematico, fisico, l’Illuminismo era venuto e passato invano. E del Cri-
filosofo e astronomo inglese. Scrive i Philosophiae stianesimo non si era mai occupato: la chiesa di Santa
Naturalis Principia Mathematica (1689), con cui risi- Croce, dove erano sepolti i grandi italiani, era soltan-
stema sul piano teorico le scoperte astronomiche ini- to un tempio pagano. Berchet invece pensava che la
ziate con Niccolò Copernico nel 1543 e poi con Gali- cultura fosse storica, sia quella degli antichi in rela-
leo Galilei nel 1609. zione al loro tempo, sia quella dei moderni, in rela-
Petrarca Francesco (1304-1374) è chierico, poeta e zione al loro tempo.
ambasciatore. Scrive il Canzoniere, che è imitato per ------------------------------I☺I-----------------------------
secoli.
Pindemonte Ippolito (1753-1828) è amico di Fosco-
lo. Scrive il poemetto I cimiteri (1807), che non pub-
blica quando sa che Foscolo sta dando alle stampe il
carme De’ Sepolcri.
Commento
1. Il carme è dedicato all’amico e poeta Ippolito Pin-
demonte (1753-1828), autore del poemetto I cimiteri
(1807), che non pubblica, quando sa che Foscolo sta
dando alle stampe il carme De’ Sepolcri (1807).
2. Gli elementi portanti del carme sono: a) il senti-
mento romantico-aristocratico della vita; b) la centra-
lità della cultura classica greca; c) la funzione civile
ed immortalatrice della poesia, che supera il silenzio
dei secoli e che attribuisce la fama e la gloria; d) la
centralità dell’ideale romantico-rivoluzionario di pa-
tria, che è proiettato sulla cultura greca; e) la funzione
incitatrice e civile delle tombe dei grandi; f) un pes-
simismo fatalistico, che celebra la guerra (e mette in
secondo piano le arti), anche se è portatrice di morte e
di distruzioni. Il carme sembra mettere in secondo
piano la bellezza rasserenatrice cantata dalla cultura
neoclassica e proporre l’immagine e l’ideale di una
società guerriera, in sintonia con la società europea
posteriore alla Rivoluzione francese, che conosce una
militarizzazione diffusa dal 1793 al 1815. A questa
visione “militaristica” della società e della storia non
è forse estranea la professione militare del poeta.
2. Conviene confrontare a questa visione individuali-
stica, bellicistica, passatistica ed aristocratica della
società e della patria di Foscolo quella ben più artico-
lata di Manzoni (Marzo 1821):
Dolce e chiara è la notte e senza vento, La notte è dolce e chiara e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti e la luna riposa quieta sopra i tetti e in mezzo
posa la luna, e di lontan rivela ai giardini, e in lontananza rivela el cielo
serena ogni montagna. O donna mia, sereno ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi già tace ogni via del paese (=Recanati), e la luce
rara traluce la notturna lampa: notturna traluce fioca da qualche finestra.
tu dormi, che t’accolse agevol sonno Tu dormi, poiché il sonno ti accolse agevolmente
nelle tue chete stanze; e non ti morde (=ti addormentasti facilmente) nelle tue quiete stanze;
cura nessuna; e già non sai né pensi e non ti tormenta nessuna preoccupazione;
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto. e già non sai né immagini
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno quale ferita [amorosa] mi apristi in mezzo al petto.
appare in vista, a salutar m’affaccio, Tu dormi. Io mi affaccio a salutare questo cielo,
e l’antica natura onnipossente, che così benigno appare a chi lo guarda, e l’antica
che mi fece all’affanno. A te la speme natura onnipossente, che mi fece nascere
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro per farmi soffrire. “A te nego la speranza”
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. – mi disse –, “anche la speranza; e i tuoi occhi
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli non brillino d’altro se non di pianto”.
prendi riposo; e forse ti rimembra Questo giorno fu solenne. Ora tu prendi riposo
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti dagli svaghi; e forse ti ricordi
piacquero a te: non io, non già ch’io speri, in sogno a quanti oggi piacesti e quanti piacquero
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo a te. Io [certamente] non ritorno nei tuoi pensieri,
quanto a viver mi resti, e qui per terra non già che io vi speri. Intanto io chiedo
mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi quanto mi resti da vivere, e qui per terra mi getto
in così verde etate! ahi, per la via e grido e fremo. Oh, giorni orrendi
odo non lunge il solitario canto in questa età così verde (=la giovinezza)!
dell’artigian, che riede a tarda notte, Ahi, per la via odo non lontano il canto solitario
dopo i sollazzi, al suo povero ostello; dell’artigiano, che ritorna a tarda notte,
e fieramente mi si stringe il core, dopo i divertimenti, alla sua povera dimora.
a pensar come tutto al mondo passa, E per l’angoscia mi si stringe il cuore
e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito al pensiero che tutto al mondo passa e quasi
il dì festivo, ed al festivo il giorno non lascia traccia. Ecco è fuggito il giorno festivo,
volgar succede, e se ne porta il tempo e al festivo succede il giorno normale, e il tempo
ogni umano accidente. Or dov’è il suono porta via ogni vicenda che riguarda l’uomo.
di que’ popoli antichi? or dov’è il grido Ora dov’è il suono (=il rumore ella civiltà)
de’ nostri avi famosi, e il grande impero di quei popoli antichi? Ora dov’è il grido dei nostri
di quella roma, e l’armi, e il fragorio avi famosi e il grande impero di quella Roma
che n’andò per la terra e l’oceano? e le armi e la fama delle imprese militari,
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa che si diffuse per tutta la terra e per tutti i mari?
il mondo, e più di lor non si ragiona. Tutto è pace e silenzio, e tutto riposa
Nella mia prima età, quando s’aspetta il mondo, e più non si parla di loro.
bramosamente il dì festivo, or poscia Nella mia fanciullezza, quando si aspetta con infinito
ch’egli era spento, io doloroso, in veglia, desiderio il giorno festivo, a quest’ora, dopo
premea le piume; ed alla tarda notte che il giorno era terminato, io pieno d’angoscia,
un canto che s’udia per li sentieri in veglia, premevo le piume [del letto](=me ne stavo
lontanando morire a poco a poco, sveglio, incapace di addormentarmi). E a tarda notte
già similmente mi stringeva il core. un canto, che si udiva allontanarsi per i sentieri
e poi morire a poco a poco,
stringeva in modo simile il mio cuore.
Riassunto. La notte è serena e senza vento, la luna il- que e quanti le piacquero. Tra questi ultimi certamen-
lumina il paesaggio e, in lontananza, le montagne. Il te non è il poeta. Egli non ha speranza. E, anche se
paese è silenzioso e la luce di qualche rara lampada giovane, si lascia andare alla disperazione. Per la via
brilla fiocca tra le imposte. La donna, di cui il poeta è ode il canto dell’artigiano che a tarda notte, dopo i
innamorato, si è addormentata facilmente. Non sa né divertimenti, ritorna a casa. Egli invece prova un’in-
immagina quanto lo ha turbato. Mentre ella dorme, finita angoscia a pensare che al mondo tutto passa
egli si affaccia a guardare il cielo e la natura, che lo senza lasciare traccia. È passato il giorno festivo ed è
ha messo al mondo per farlo soffrire. Lei dorme dopo giunto il giorno feriale. Le grandi imprese di Roma,
una giornata di festa. In sogno ricorda a quanti piac- di cui si parlava per terra e per mare, ora sono com-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 324
pletamente dimenticate. Quand’era fanciullo, alla fine 6. L’amore come pena ed angoscia, presente anche
del giorno festivo, egli se ne stava a letto, incapace di nella canzone Il primo amore, può essere sincero. Ma
dormire: un canto, che si perdeva in lontananza e poi non è questo il problema. Quel che conta è che esso
moriva, gli riempiva il cuore con una uguale ango- ha una lunga tradizione letteraria e risale addirittura
scia. agli inizi della letteratura, con Andrea Cappellano
(sec. XIII). Ed è ripreso ed esasperato con mille in-
Commento venzioni da Petrarca nel Canzoniere. Il poeta ricorre
1. L’idillio mescola temi consueti: l’amore infelice e alla letteratura precedente, per esprimere i suoi sen-
non corrisposto, la giovinezza e l’infelicità di cui il timenti, le sue emozioni e le sue angosce.
destino è responsabile. Il tema dell’amore angosciato ---I☺I---
e disperato è però mescolato con la riflessione: il tem-
po passa inesorabile. La fama degli antichi romani
non è più nemmeno un fioco ricordo, proprio come è
ormai dimenticato il giorno festivo, appena terminato,
con tutti gli avvenimenti gioiosi che lo hanno riempi-
to. Tutto diventa ricordo, memoria, ma poi sfugge an-
che alla memoria. Il poeta continua a vivere in
quell’angoscia che lo accompagnava anche nella fan-
ciullezza.
2. L’idillio è costruito sulla riflessione e sull’azione
di ricordare gli avvenimenti. Il pensiero della donna
porta però il poeta prima a riflettere sulla sua vita, poi
ad allargare la sua riflessione al tempo, al passato: le
imprese degli antichi romani sono silenzio proprio
come quel giorno festivo. Il destino è lo stesso. Il te-
ma del tempo e del passato, anzi dell’infinito spaziale
e temporale, si trova già nell’idillio L’infinito.
3. Il poeta, deluso, si affaccia al balcone della sua ca-
sa ed ammira la natura onnipossente. Altrove inter-
rompeva il lavoro sulle sue sudate carte, si affacciava
al balcone e ascoltava il canto di Silvia (A Silvia). Il
canto che si disperde nella notte rimanda anche al
canto dell’erbivendolo, che riprende il suo cammino
quando il temporale è passato (La quiete dopo la
tempesta) e all’Ultimo canto di Saffo. Il canto è la
poesia, lo strumento che permette all’uomo di metter-
si in contatto e di descrivere la natura, ma anche di
esprimere i suoi sentimenti, le sue pene, la sua ango-
scia, le sue speranze e le sue illusioni e le sue delu-
sioni. Altrove è lo strumento della riflessione filoso-
fica sulla vita (Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia).
4. Il tema della sera, della festa si trova anche in altri
idilli, da Il sabato del villaggio a Il passero solitario.
Questi idilli propongono anche il tema del paese, il
natio borgo selvaggio, che sorge tra il mare e i monti,
come emerge dall’idillio A Silvia.
5. La compostezza classica è turbata ad un certo mo-
mento dall’onnipotenza dell’amore: “e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo”. L’atteggiamento con-
sueto del poeta è quello di contemplare e di riflettere
sulla realtà. Ciò emerge fin dall’idillio L’infinito: egli
va sul colle, si siede dietro la siepe e immagina “spazi
sterminati, silenzi sovrumani ed una quiete profondis-
sima oltre la siepe”. In questo caso l’amore è così in-
tenso ed irruento, che lo spinge a un comportamento
scomposto: il diaframma della riflessione filosofica e
poetica, che filtra il mondo esterno che vuole entrare
nel suo animo, viene violentemente abbattuto, ed egli
è sconvolto dalle emozioni e dall’angoscia.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 325
Ultimo canto di Saffo, 1822 L’ultimo canto di Saffo
II. Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella 2. È bello il tuo manto, o cielo divino, e bella
sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta sei tu, o terra bagnata dalla pioggia. Ahi, di questa
infinita beltà parte nessuna infinita bellezza i numi e l’empia sorte
alla misera saffo i numi e l’empia non fecero parte alcuna alla misera Saffo.
sorte non fenno. A’ tuoi superbi regni O natura, io, sottomessa alle tue leggi
vile, o natura, e grave ospite addetta, superbe come un’ospite vile e sgradita
e dispregiata amante, alle vezzose e come un’amante disprezzata, invano
tue forme il core e le pupille invano rivolgo supplichevole il cuore e le pupille
supplichevole intendo. A me non ride alle tue forme eleganti. A me non sorride
l’aprico margo, e dall’eterea porta la campagna soleggiata né la luce del primo
il mattutino albor; me non il canto mattino [che scende] dalla porta del cielo.
de’ colorati augelli, e non de’ faggi Non mi saluta il canto degli uccelli colorati,
il murmure saluta: e dove all’ombra né il mormorio dei faggi. Ed il ruscello, dove
degl’inchinati salici dispiega all’ombra dei salici piangenti fa scorrere
candido rivo il puro seno, al mio le sue limpide acque, ritrae sdegnoso
lubrico piè le flessuose linfe le sue acque correnti davanti al mio piede
disdegnando sottragge, incerto e, fuggendo, preme contro
e preme in fuga l’odorate spiagge. le rive ricoperte di fiori profumati.
III. Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso 3. Quale errore mai, quale colpa così vergognosa
macchiommi anzi il natale, onde sì torvo mi macchiò prima di nascere, per il quale il cielo
il ciel mi fosse e di fortuna il volto? e il volto della fortuna mi fossero così ostili?
In che peccai bambina, allor che ignara In che cosa peccai da bambina, quando la vita ignora
di misfatto è la vita, onde poi scemo il misfatto, per il quale poi il ferrigno mio stame
di giovanezza, e disfiorato, al fuso (=l’oscuro filo della mia vita), privo di giovinezza
dell’indomita Parca si volvesse e di bellezza, si avvolgesse al fuso della Parca
il ferrigno mio stame? Incaute voci inflessibile? [Accusando gli dei], il tuo labbro
spande il tuo labbro: i destinati eventi pronuncia parole incaute: un disegno misterioso
move arcano consiglio. Arcano è tutto, governa gli eventi prestabiliti. Tutto è misterioso,
fuor che il nostro dolor. Negletta prole fuorché il nostro dolore. Nascemmo per piangere
nascemmo al pianto, e la ragione in grembo come figli abbandonati, e il motivo [di ciò] si trova
de’ celesti si posa. Oh cure, oh speme in grembo agli dei celesti. Oh desideri, oh speranze
de’ più verd’anni! Alle sembianze il Padre, dei miei anni più verdi! Alla bellezza esteriore,
Alle amene sembianze eterno regno alla sola bellezza esteriore il padre Giove concesse
diè nelle genti; e per virili imprese, di regnare per sempre tra le genti. E nemmeno
per dotta lira o canto, per le imprese più valorose, per l’abilità
virtù non luce in disadorno ammanto. nella lira o per la dolcezza del canto
la virtù risplende in un corpo deforme.
Riassunto per strofa. 1. Saffo si rivolge alla notte, al- e il suo ingegno poetico. Perciò si uccide lanciandosi
la luna che sta tramontano e al pianeta Venere: la loro giù dalla ruppe di Leucàde.
vista non dà più gioia al suo cuore. Una nuova gioia 2. Il poeta si identifica nella poetessa: anche a lui il
la rallegra: vagare per le valli profonde, guardare le destino negò la giovinezza e la bellezza. Sono gli
pecore fuggire spaventate e ascoltare il gorgoglio del stessi motivi di altri idilli, ad esempio A Silvia.
fiume, quando il soffio del vento passa sui campi on- 3.1. Nella prima strofa Saffo sposta la sua attenzione
deggianti e quando il fulmine e il tuono di Giove e il suo amore dal cielo (la notte, la luna, l’astro di
squarciano l’aria tenebrosa. Venere) al paesaggio, alla terra. Il cielo però è luce,
2. Il cielo e la terra risplendono di bellezza. Ma di ed è simbolo della speranza. La terra invece è buio, è
quella bellezza essa non ha avuto nessuna parte: la morte, è simbolo dell’oltretomba. La donna insomma
natura la ebbe come un’ospite sgradita; e il cielo non ripiega sulla morte. Il paesaggio naturale è un pae-
ebbe mai un sorriso per lei. Il canto degli uccelli non saggio sconvolto dal vento, dai tuoni e dai fulmini.
l’ha mai salutata; invece l’acqua del ruscello fuggiva Ed essa ora ama vagare in questo paesaggio orrido,
davanti ai suoi piedi. per balze e valli profonde. Ama veder le pecore spa-
3. Perciò Saffo si chiede quale colpa la macchiò pri- ventate e sentir il gorgogliare delle acque del fiume.
ma di nascere, che rese il cielo e la terra a lei così Lo spirito apollineo, legato alla luce e al cielo, cede il
ostili. Quale colpa ha commesso, per essere stata pri- posto allo spirito dionisiaco, sconvolto dalle passioni.
vata della giovinezza e della bellezza. Ma i disegni 3.2. Nella seconda strofa la donna osserva la bellezza
degli dei sono misteriosi e incomprensibili. Tutto è del cielo e della terra, e si lamenta che di tale bellezza
incomprensibile, tranne il dolore: lei è nata per soffri- lei non ebbe nulla. Essa ha ricevuto dal destino una
re, e il motivo della sofferenza è noto soltanto agli sorte ingrata: gli uccelli non cantano per lei, il cielo
dei. Le speranze giovanili sono state deluse: soltanto non le sorride di primo mattino, anzi l’acqua del fiu-
la bellezza fisica è apprezzata dagli uomini. Né le me si ritrae davanti ai suoi piedi.
grandi imprese né l’abilità nel canto possono far di- 3.3. Nella terza strofa perciò essa si chiede quale col-
menticare un corpo deforme. pa l’ha macchiata prima di nascere, che ha provocato
4. Così la donna morirà. La sua anima, priva del cor- l’ostilità del cielo verso di lei. Quale colpa ha com-
po, scenderà nel regno dei morti, dove pagherà messa da bambina, per essere privata della giovinezza
l’errore del destino. Ma vuole augurare la felicità a e della bellezza. Ma i piani degli dei son misteriosi e
Faone, che ha tanto amato, se è mai possibile essere incomprensibili. Resta soltanto la realtà del dolore.
felici sulla terra. Giove non le ha dato alcuna felicità. Lei è nata per soffrire. La spiegazione del dolore si
Le illusioni giovanili sono scomparse. I giorni felici trova nel grembo della divinità. Soltanto la bellezza
fuggono per primi e lasciano il posto alla malattia, fisica è apprezzata, non la bellezza che si trova dentro
alla vecchiaia e alla morte. Ora le resta soltanto la l’animo.
morte, e la morte avrà il suo ingegno poetico. 3.4. Nella quarta strofa la donna è consapevole del
destino che la aspetta e che anzi ha deciso: morirà. La
Commento sua anima scenderà tra i morti, priva del suo corpo.
1. Secondo la leggenda Saffo (sec. VII-VI a.C.) si in- Qui espierà la colpa. Il suo amore per Faone è stato
namora di Faone, un barcaiolo, che la respinge a cau- inutile ed è rimasto insoddisfatto. Ma ha la forza di
sa del suo aspetto. A nulla vale la sua abilità nel canto augurare ogni felicità all’amato, se un uomo può mai
essere felice qui sulla terra. Il suo destino è stato di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 327
vivere senza alcuna gioia. Ed ora, passata la giovi- nezza, bellezza, amore, morte, rifiuto, solitudine,
nezza, arriva minacciosa la malattia, la vecchiaia, la emarginazione, illusioni, speranze, delusioni) sono gli
morte. Di tanta gloria sperata e di tante illusioni non stessi e si intersecano.
resta nulla, soltanto l’oblio nella morte. E il regno dei 8. La canzone è composta da quattro strofe di endeca-
morti, la notte senza luce del regno dei morti, la riva sillabi. L’unica eccezione è il verso 17 di ogni strofa,
silenziosa del fiume Acheronte avranno il suo inge- che è un settenario, che rima con il verso successivo,
gno poetico. l’ultimo verso della strofa. L’endecasillabo permette
4. L’idillio dà grande spazio alla natura, ma accanto un discorso e un flusso di pensieri di più ampio respi-
alla natura serena presente in altri idilli è anche una ro e più vario nei ritmi. Ma nel suo interno ha due ca-
natura insolita, intensamente romantica: la natura or- ratteristiche che lo arricchiscono ulteriormente: pe-
rida, tumultuosa e sconvolta da forze scatenate e irra- riodo estremamente lunghi; e la frattura del verso
zionali. Anche altrove, ne La quiete dopo la tempesta, provocata dall’enjambement. La frattura e la lunghez-
il poeta presenta una natura serena che si manifestava za dei periodi riescono a rendere tangibile l’angoscia
nella sua consueta bellezza e una natura sconvolta da della donna, che riflette sulla bellezza che non ha ri-
forze che l’uomo non poteva controllare e da cui era cevuto, sul destino infelice, sull’amore insoddisfatto,
terrorizzato. Ma ormai la natura si è ricomposta: sulla morte imminente e sul regno dei morti che la
“Passata è la tempesta...”. Il pensiero però va al mo- aspetta.
mento in cui il temporale, i tuoni e i fulmini, erano ---I☺I---
così violenti che avevano spaventato anche l’uomo
che aveva meditato il suicidio. In questo idillio per
altro l’attenzione del poeta è rivolta a fare del tempo-
rale il simbolo del dolore, che intride la vita umana, e
ad elaborare la definizione di felicità come di sempli-
ce pausa tra due dolori.
5. Il poeta ricostruisce precisamente la psicologia e il
dramma della donna: vuole l’amore, ma l’amore non
è corrisposto. E la colpa è di lei, che non può dare
all’amato quella bellezza che deve caratterizzare ogni
donna. La natura è stata avara nei suoi confronti. Per-
ciò si sente maltrattata e umiliata: il destino la puni-
sce per una colpa che non ha commesso. E si lamenta
degli dei: i loro piani sono incomprensibili, soltanto il
dolore è una cosa certa.
6. L’uomo è nato per soffrire. E la spiegazione del
dolore umano è in grembo a Giove. La donna ripete
un verso di Omero, divenuto proverbiale: il destino
umano è inconoscibile e soprattutto incomprensibile.
Per altro nel mondo greco nemmeno l’onnipotente
Giove può sottrarsi alla volontà delle Parche, che fi-
lano la vita umana, tessono la tela e tagliano il filo:
non può modificare il destino di un suo figlio, che era
destinato a morire.
7. Moriremo. Tra poco la donna metterà in atto il sui-
cidio che ha meditato, e si getterà dalla rupe. Essa si
lamenta con il destino infelice, che non le ha permes-
so di coronare il suo sogno d’amore. Per coronarlo
aveva bisogno di un bel corpo, non di un bel canto e
di un grande ingegno poetico. Ed ora, passata la gio-
vinezza senza la bellezza e senza l’amore (“e te, ger-
man di giovanezza, amore” de Il passero solitario),
vede davanti a sé soltanto la malattia, la vecchiaia e la
gelida morte. La donna ripete convinzioni comuni del
mondo antico: vecchiaia vuol dire malattia (“Senectus
ipsa morbus” dice Cicerone) o vita ingrata (“Muor
giovane colui che al cielo è caro”). Il poeta aveva im-
precato e deprecato la vecchiaia fin dall’idillio Alla
luna (1820): “Oh come grato occorre Nel tempo gio-
vanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la
memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!”. I temi (giovi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 328
Alla sua donna, 1823 Alla sua donna
I. Cara beltà che amore
lunge m’inspiri o nascondendo il viso, 1. O mia cara bellezza, che m’inspiri amore
fuor se nel sonno il core da lontano o nascondendo il viso
ombra diva mi scuoti, (tranne quando un’ombra divina mi scuote
o ne’ campi ove splenda il cuore nel sonno) o nei campi (dove il giorno
più vago il giorno e di natura il riso; e il sorriso della natura risplendono più belli);
forse tu l’innocente forse tu rendesti beato il tempo innocente
secol beasti che dall’oro ha nome, che prende il nome dall’oro (=età dell’oro) ed oggi
or leve intra la gente come un’anima leggera voli
anima voli? o te la sorte avara tra la gente? o la sorte avara, che ti nasconde
ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara? a noi, ti riserva agli [uomini] che verranno?
VII. All’apparir del vero 7. Quando apparve la realtà, tu (=la speranza, ma an-
tu, misera, cadesti: e con la mano che Silvia, perché la speranza del poeta segue lo stes-
la fredda morte ed una tomba ignuda so destino della ragazza), o infelice, cadesti;
mostravi di lontano (=dall’al di là). e con la mano mi indicavi la fredda morte
e una tomba spoglia da lontano (=dall’al di là).
Riassunto. 1. Il poeta si rivolge a Silvia e le chiede se 3. L’idillio unifica diversi motivi: l’amore, la giovi-
ricorda ancora quand’era in vita e si preparava a var- nezza, le speranze, la felicità; ed anche il dolore,
care la soglia della giovinezza. l’infelicità, la delusione, la morte, la Natura madre e
2. Il suo canto risuonava per le vie illuminate dal so- matrigna. Essi saranno ripresi e sviluppati negli idilli
le, mentre era occupata nei lavori femminili e imma- successivi.
ginava un futuro felice. Era maggio, e lei trascorreva 4. Il tema della giovinezza e dell’amore ha numerosi
così le giornate. precedenti letterari: a) la canzone I’ mi trovai, fan-
3. Il poeta interrompeva i suoi studi faticosi e porgeva ciulle, un bel mattino di Agnolo Poliziano (1454-
l’orecchio per sentire la sua voce. Nessuna lingua 1494); b) la Canzona di Bacco e Arianna (1490) di
mortale può dire quel che egli provava nel cuore. Lorenzo de’ Medici (1449-1492); c) la “favola bo-
4. Com’erano fiduciosi allora nel futuro! Quando schereccia” Aminta (1573) e l’episodio del pappagal-
pensa a tali speranze, egli torna a lamentarsi della sua lo filosofo che invita a cogliere il fiore della giovi-
sventura. E, angosciato, si chiede perché la natura fa nezza nella Gerusalemme liberata (XVI, 9-19) di
tante promesse, che poi non mantiene, e perché in- Torquato Tasso (1544-1595).
ganna in quel modo i suoi figli. 5. Leopardi non vede nella morte la possibilità di una
5. Prima che giungesse l’inverno, Silvia, colpita dalla “corrispondenza d’amorosi sensi” e nelle tombe dei
malattia, moriva e non conosceva la giovinezza né grandi uno stimolo a compiere grandiose imprese,
l’amore. come invece faceva Foscolo. Per lui la morte è la to-
6. Poco dopo moriva anche la speranza del poeta: il tale e irreparabile negazione della vita. Insomma è
destino gli ha negato anche la giovinezza. Di tutte le meglio non morire, è meglio vivere, anche se la vita è
speranze che ha riposto nel futuro non è rimasto nul- dolore. Ci sono però la speranza (verso il futuro) e i
la. E la morte di Silvia come la caduta delle speranze ricordi (verso il passato), che allietano la vita.
mostrano che il futuro gli riserva soltanto la morte e ---I☺I---
una tomba spoglia.
Commento
1. Leopardi canta la giovinezza, la bellezza e le spe-
ranze nel futuro di Silvia. Scopre però con angoscia
che la natura fa promesse di felicità, che poi non
mantiene. Così Silvia muore ancor prima di conosce-
re la giovinezza e l’amore. Ed il poeta scopre che an-
che il suo destino è segnato dal dolore: non ha potuto
vivere la sua giovinezza e la morte della ragazza indi-
ca la caduta di ogni speranza e un futuro di morte.
2. L’idillio è incentrato sulla memoria: il poeta ricor-
da Silvia, la sua bellezza, i suoi canti, l’interruzione
dei suoi studi per ascoltare la ragazza, le speranze che
ambedue riponevano nel futuro. Egli dialoga con se
stesso e con la sua memoria, come aveva fatto ne
L’infinito e Alla luna. Il dialogo è angoscioso, ma
nello stesso tempo è anche temperato dalla riflessio-
ne: il poeta non abbandona mai un equilibrio e un
controllo classico sui suoi sentimenti, sia di gioia sia
di dolore.
Riassunto per strofa. 1. Dall’antico campanile il pas- 4. Il poeta descrive affascinato e con tenerezza il “na-
sero solitario canta verso la campagna fino sera, e la tio borgo selvaggio” e il paesaggio che circonda il
dolcezza del suo canto si diffonde per tutta la valle. È suo paese anche negli idilli La quiete dopo la tempe-
primavera: gli altri uccelli volano insieme nel cielo, e sta e Il sabato del villaggio. Le sue descrizioni sono
festeggiano il più bel tempo dell’anno e della vita. Il antitetiche alla ricerca dell’orrido, di paesaggi cupi ed
passero invece vive in disparte e guarda: non cerca invernali, e delle notti illuminate dalla luna del Ro-
compagni né soddisfazioni, contento di passare il suo manticismo inglese. Sono antitetiche anche a quelle
tempo a cantare. 2. La vita del poeta assomiglia alla di Foscolo e alle interpretazioni eroiche del Romanti-
vita del passero: non si preoccupa (e non sa perché) cismo, che proiettano sulla natura passioni sconvol-
né dei divertimenti né dell’amore, il compagno inse- genti ed impetuose. Leopardi ha un rapporto di con-
parabile della giovinezza. E passa la sua giovinezza templazione con la natura, non la sovraccarica con i
come se fosse uno straniero nel luogo in cui è nato. suoi sentimenti: si abbandona ad essa e alle dolcissi-
Nel suo paese è consuetudine festeggiare il giorno me sensazioni che gli fa provare.
prefestivo: i giovani si riversano nelle strade, vestiti a ---I☺I---
festa; ammirano e si fanno ammirare; e sono felici. Il
poeta invece si rifugia da solo tra i campi e rimanda
al futuro il momento dei piaceri e del gioco. Intanto il
sole, tramontando, sembra dire che la giovinezza è
destinata a passare. 3. L’uccellino però, giunto alla
fine della vita, non proverà dolore per la sua vita soli-
taria, perché questa è la sua natura. Il poeta, se non
riuscirà ad evitare la vecchiaia, morendo giovane, che
cosa penserà della sua scelta? Si pentirà, e sconsolato
si volgerà indietro.
Commento
1. Il poeta continua ad essere affascinato dal paesag-
gio, tanto che paragona la sua vita solitaria a quella di
un uccellino. La gioia è nel paesaggio, nel sole che
tramonta e che sembra salutare la giovinezza che se
ne va, nella gioventù del paese, tutta vestita a festa,
che cerca l’amore. La tristezza è soltanto dentro di
lui, che non frequenta i coetanei, non cerca l’amore,
cerca la solitudine e rimanda al futuro il momento del
contatto e del rapporto con gli altri. Anche qui la ri-
flessione e la memoria hanno grande spazio: il poeta
immagina di essere giunto alla fine della sua esisten-
za e di trarre le conclusioni: il passero sarà contento,
perché ha seguito la sua natura solitaria; egli non lo
sarà, e spesso, ma sconsolato, si volgerà indietro.
2. L’idillio contiene la stessa parte riflessiva e gli
stessi motivi (la giovinezza, l’amore, il dolore, la soli-
tudine, la bellezza intensissima della natura) presenti
nei Piccoli e nei Grandi idilli precedenti. In genere il
poeta struttura l’idillio in due parti: la prima è descrit-
tiva; la seconda è riflessiva.
3. Il poeta mantiene lo stesso atteggiamento già
espresso negli idilli L’infinito e Alla luna: non si getta
nella vita; ha un contatto riflessivo e memoriale con
la vita. In questo caso egli addirittura immagina di
essere ormai vecchio e di rivolgere il suo pensiero
verso il passato, per esprimere la sua insoddisfazione
verso le scelte che sta facendo.
Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea 1. O vaghe (=belle e desiderate) stelle dell’Orsa,
tornare ancor per uso a contemplarvi io non credevo di ritornare ancora a contemplarvi
sul paterno giardino scintillanti, scintillanti sopra il giardino paterno
e ragionar con voi dalle finestre e a ragionare con voi dalle finestre
di questo albergo ove abitai fanciullo, di questa dimora in cui abitai da fanciullo
e delle gioie mie vidi la fine. e in cui vidi la fine delle mie gioie.
Quante immagini un tempo, e quante fole Un tempo quante immagini e quante fantasie
creommi nel pensier l’aspetto vostro mi creò nel pensiero l’aspetto vostro
e delle luci a voi compagne! allora e delle stelle a voi compagne! quando, in silenzio,
che, tacito, seduto in verde zolla, seduto sul prato erboso, io solevo passare
delle sere io solea passar gran parte gran parte delle sere guardando il cielo
mirando il cielo, ed ascoltando il canto e ascoltando il canto della rana
della rana rimota alla campagna! lontana nella campagna!
E la lucciola errava appo le siepi E la lucciola errava presso le siepi
e in su l’aiuole, susurrando al vento e sulle aiole, mentre sussurravano al vento
i viali odorati, ed i cipressi i viali [di alberi] odorosi ed i cipressi là
là nella selva; e sotto al patrio tetto nella selva; e sotto il tetto paterno risuonavano
sonavan voci alterne, e le tranquille le voci dei dialoghi e le tranquille faccende
opre de’ servi. E che pensieri immensi, dei servi. E che progetti immensi, che dolci
che dolci sogni mi spirò la vista sogni mi ispirò la vista di quel lontano
di quel lontano mar, quei monti azzurri, mare, quei monti azzurri, che da qui riesco
che di qua scopro, e che varcare un giorno a vedere e che io pensavo di varcare
io mi pensava, arcani mondi, arcana un giorno, immaginando per la mia vita
felicità fingendo al viver mio! arcani mondi e un’arcana felicità!
Ignaro del mio fato, e quante volte Ignaro del mio destino, quante volte avrei
questa mia vita dolorosa e nuda cambiato volentieri con la morte questa mia vita
volentier con la morte avrei cangiato. dolorosa e infelice.
II. Né mi diceva il cor che l’età verde 2. Né il cuore mi prediceva che sarei stato
sarei dannato a consumare in questo condannato a consumare la mia giovinezza
natio borgo selvaggio, intra una gente in questo natio borgo selvaggio, tra gente zotica
zotica, vil; cui nomi strani, e spesso e vile; per la quale la cultura e la conoscenza
argomento di riso e di trastullo, sono nomi strani e spesso argomento
son dottrina e saper; che m’odia e fugge, di riso e di trastullo; che mi odia e mi fugge,
per invidia non già, che non mi tiene non per invidia, perché non mi tiene maggiore
maggior di sé, ma perché tale estima di sé, ma perché pensa che io mi ritenga tale
ch’io mi tenga in cor mio, sebben di fuori nel mio cuore, sebbene di fuori
a persona giammai non ne fo segno. io non ne faccio mai segno a persona.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, Qui passo gli anni, abbandonato, nascosto,
senz’amor, senza vita; ed aspro a forza senza amore, senza vita; e per forza
tra lo stuol de’ malevoli divengo: divento aspro tra lo stuolo dei malevoli:
qui di pietà mi spoglio e di virtudi, qui mi spoglio di pietà e di virtù e per il gregge
e sprezzator degli uomini mi rendo, (=i compaesani) che ho appresso mi metto
per la greggia ch’ho appresso: e intanto vola a disprezzare tutti gli uomini.
il caro tempo giovanil; più caro E intanto vola il caro tempo giovanile;
che la fama e l’allor, più che la pura più caro che la fama e l’alloro (=la gloria),
luce del giorno, e lo spirar: ti perdo più che la pura luce del giorno e il respiro.
senza un diletto, inutilmente, in questo Ti perdo senza un diletto, inutilmente,
soggiorno disumano, intra gli affanni, in questo soggiorno disumano, tra gli affanni,
o dell’arida vita unico fiore. o unico fiore della mia arida vita.
VI. Chi rimembrar vi può senza sospiri, 6. Chi vi può ricordare senza sospiri, o primo
o primo entrar di giovinezza, o giorni incontro con la giovinezza, o giorni belli,
vezzosi, inenarrabili, allor quando inenarrabili, quando le donzelle sorridono
al rapito mortal primieramente per la prima volta al giovane estasiato.
sorridon le donzelle; a gara intorno A gara intorno a lui ogni cosa sorride;
ogni cosa sorride; invidia tace, e l’invidia tace: essa non è ancora sorta oppure
non desta ancora ovver benigna; e quasi è benigna. E il mondo gli porge quasi la mano
(inusitata maraviglia!) il mondo per aiutarlo (una maraviglia veramente insolita!),
la destra soccorrevole gli porge, scusa i suoi errori, festeggia il suo nuovo arrivo
scusa gli errori suoi, festeggia il novo nella vita (=l’entrata nella giovinezza) e, inchinandosi
suo venir nella vita, ed inchinando [davanti a lui], mostra (=finge) di accoglierlo
mostra che per signor l’accolga e chiami? come [se fosse il suo] signore e di chiamarlo così?
Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo O giorni fugaci! si sono dileguati con la rapidità
son dileguati. E qual mortale ignaro di un lampo. E quale uomo può ignorare
di sventura esser può, se a lui già scorsa la sventura, se per lui è già passata quella bella
quella vaga stagion, se il suo buon tempo, stagione, se [è finito] il suo tempo migliore, se la gio-
se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta? vinezza, ahi la giovinezza, è spenta?
VII. O Nerina! e di te forse non odo 7. O Nerina! forse non odo questi luoghi
questi luoghi parlar? caduta forse parlare di te? forse tu sei caduta dal mio pensiero?
dal mio pensier sei tu? Dove sei gita, Dove sei andata, perché qui di te trovo soltanto
che qui sola di te la ricordanza il ricordo, o dolcezza mia? Questa terra,
trovo, dolcezza mia? Più non ti vede dove sei nata, non ti vede più: quella finestra,
questa terra natal: quella finestra, dalla quale eri solita parlarmi e sulla quale [ora]
ond’eri usata favellarmi, ed onde il raggio delle stelle si riflette mestamente, è deserta.
mesto riluce delle stelle il raggio, Dove sei, perché [ora] non odo più la tua voce
è deserta. Ove sei, che più non odo sonora, come [avveniva] un tempo, quando il suono
la tua voce sonar, siccome un giorno, anche lontano delle tue labbra, che mi giungeva,
quando soleva ogni lontano accento era capace di farmi impallidire? Era un altro tempo.
del labbro tuo, ch’a me giungesse, il volto O mio dolce amore, i tuoi giorni appartengono
scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi al passato. Tu sei morta. Oggi tocca ad altri
furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri vivere sulla terra ed abitare questi colli odorosi.
il passar per la terra oggi è sortito, Tu se morta ancor giovane e la tua vita fu
e l’abitar questi odorati colli. come un sogno. Andavi danzando [verso la vita];
Ma rapida passasti; e come un sogno la gioia ti risplendeva sulla fronte, negli occhi
fu la tua vita. Iva danzando; in fronte ti risplendeva quella fiducia e quella speranza
la gioia ti splendea, splendea negli occhi nel futuro, quella luce della giovinezza,
quel confidente immaginar, quel lume quando il destino li spegneva, e giacevi [morta].
di gioventù, quando spegneali il fato, Ahi Nerina! In cuore sento ancora l’antico amore.
e giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna Se talvolta mi reco a qualche festa, se mi reco
l’antico amor. Se a feste anco talvolta, a qualche festa in campagna, dentro di me io dico:
se a radunanze io movo, infra me stesso “O Nerina, per le feste in campagna, per le feste
dico: o Nerina, a radunanze, a feste tu non ti prepari più, tu non vai più.
tu non ti acconci più, tu più non movi.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 337
VIII. Se torna maggio, e ramoscelli e suoni 8. Se ritorna maggio e gli amanti portano
van gli amanti recando alle fanciulle, ramoscelli e canti alle fanciulle,
dico: Nerina mia, per te non torna io dico: “O Nerina mia, per te la primavera
primavera giammai, non torna amore. non tornerà mai più, non tornerà l’amore”.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita In ogni giorno sereno, ad ogni luogo fiorito
piaggia ch’io miro, ogni goder ch’io sento, che io guardo, per ogni godimento che io sento,
dico: Nerina or più non gode; i campi, dico: “Nerina ora non gode più;
l’aria non mira. Ahi tu passasti, eterno non guarda più i campi, né l’aria”. Ahi tu sei morta,
sospiro mio: passasti: e fia compagna o mio eterno sospiro. Tu sei morta! Ed il ricordo
d’ogni mio vago immaginar, di tutti acerbo [di te] sarà compagno delle mie speranze
i miei teneri sensi, i tristi e cari nel futuro, di tutti i miei teneri sensi,
moti del cor, la rimembranza acerba. di tutti i tristi e cari sentimenti del mio cuore.
I. La donzelletta vien dalla campagna 1. La ragazza viene dalla campagna (=ritorna in pae-
in sul calar del sole, al tramonto del sole se)
col suo fascio dell’erba; e reca in mano con il suo fascio d’erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole, un mazzetto di rose e di viole,
onde, siccome suole, con le quali (com’è solita fare)
ornare ella si appresta si prepara ad ornarsi il corpetto e i capelli
dimani, al dì di festa, il petto e il crine. domani, giorno di festa.
Siede con le vicine La vecchietta siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella, sulla scala a filare, con il viso rivolto
incontro là dove si perde il giorno; là dove finisce il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo, e racconta della sua giovinezza,
quando ai dì della festa ella si ornava, quando nei dì di festa ella si adornava
ed ancor sana e snella e, ancora sana e snella,
solea danzar la sera intra di quei era solita danzare la sera con coloro
ch’ebbe compagni nell’età più bella. che ebbe come compagni dell’età più bella.
Già tutta l’aria imbruna, Ormai tutta l’aria imbruna;
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre il cielo sereno diventa d’un azzurro cupo,
giù da’ colli e da’ tetti, le ombre scendono dai colli e dalle case,
al biancheggiar della recente luna. mentre sorge la luna nuova.
Or la squilla dà segno Ora la campana annuncia
della festa che viene; la festa che viene;
ed a quel suon diresti e a quel suono diresti (=si direbbe)
che il cor si riconforta. che il cuore si riconforta.
I fanciulli gridando I fanciulli, gridando
su la piazzuola in frotta, a gruppi sulla piazza
e qua e là saltando, e saltando qua e là,
fanno un lieto romore; fanno un rumore gradevole.
e intanto riede alla sua parca mensa, E intanto il contadino, fischiando,
fischiando, il zappatore, ritorna alla sua modesta mensa, e pensa
e seco pensa al dì del suo riposo. tra sé e sé al giorno del suo riposo.
II. Poi quando intorno è spenta ogni altra face, 2. Poi, quando ovunque sono spente le luci
e tutto l’altro tace, e tutto il paese tace,
odi il martel picchiare, odi la sega si ode il martello picchiare,
del legnaiuol, che veglia si ode la sega del falegname,
nella chiusa bottega alla lucerna, che è ancora sveglio con la lucerna accesa
e s’affretta, e s’adopra nella bottega chiusa, e si dà da fare
di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. per terminare il lavoro prima dell’alba.
III. Questo di sette è il più gradito giorno, 3. Il sabato dei sette è il giorno più gradito,
pien di speme e di gioia: perché porta speranze e gioia.
diman tristezza e noia Domani le ore porteranno tristezza e noia [perché
recheran l’ore, ed al travaglio usato le speranze non si sono realizzate], e ciascuno
ciascuno in suo pensier farà ritorno. con il pensiero farà ritorno al lavoro consueto.
Commento
1. L’idillio ha una struttura estremamente ordinata: a)
la descrizione del sabato in paese e la gioia che esso
porta a tutti; b) il contrasto tra le gioie e le speranze
del sabato e la tristezza e la noia della domenica; c) il
paragone della giovinezza e della maturità con il sa-
bato e la domenica; infine d) l’invito a godere il pre-
sente, perché la felicità non giunge con la maturità
della vita, ma è il presente stesso, è la giovinezza, è
l’attesa della maturità. Perciò il garzoncello non deve
avere nessuna fretta di crescere: la maturità porta sol-
tanto delusioni e prelude alla vecchiaia e alla morte.
2. Anche in questo idillio il poeta si sofferma a de-
scrivere con grande partecipazione la natura: il sole
che tramonta, l’aria che imbruna, il cielo che diventa
d’un azzurro cupo, il sorgere della luna nuova, il si-
lenzio notturno. E quindi l’ambiente paesano: la fan-
ciulla che ritorna dai campi, la vecchietta che fila e
che ricorda i bei tempi della sua giovinezza, i fanciul-
li che giocano, il contadino che ritorna a casa stanco
ma felice, il falegname che vuole finire il lavoro pri-
ma dell’alba.
3. Dopo la parte descrittiva c’è la parte riflessiva, che
presenta la vita in termini sereni. I toni pessimistici
sono completamente assenti. Il sabato è più bello del-
la domenica perché porta speranze e gioia; la dome-
nica invece sarà una delusione, perché porta tristezza
e noia. Il poeta ha costruito l’idillio in modo ordinato
e consequenziale; ed ora presenta un’argomentazione
quasi matematica, per dimostrare le sue idee.
4. A questo punto il poeta arricchisce e allarga il testo
introducendo una identità-corrispondenza tra sabato-
domenica da una parte, giovinezza-maturità dall’al-
tra: la giovinezza corrisponde al sabato, quindi la ma-
turità corrisponde alla domenica. E l’argomentazione
diventa questa: come il sabato, anche la giovinezza è
gioiosa; come la domenica, anche la maturità è triste.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 343
Canto notturno di un pastore errante Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
dell’Asia, 1829-30
I. Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, 1. Che fai tu, o luna in cielo? dimmi che fai,
silenziosa luna? o silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai, Sorgi alla sera e vai, contemplando
contemplando i deserti; indi ti posi. le steppe deserte; quindi tramonti.
Ancor non sei tu paga Tu non sei ancora sazia
di riandare i sempiterni calli? di ripercorrere sempre le stesse vie?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Non ti sei ancora annoiata,
di mirar queste valli? ancora sei desiderosa
Somiglia alla tua vita di guardar queste valli?
la vita del pastore. Assomiglia alla tua vita la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore Si alza all’alba; conduce il gregge
move la greggia oltre pel campo, e vede per la pianura;
greggi, fontane ed erbe; vede greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera: poi, stanco, si riposa alla sera:
altro mai non ispera. non spera mai nient’altro.
Dimmi, o luna: a che vale Dimmi, o luna, a che vale
al pastor la sua vita, al pastore la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende a che vale la vostra vita a voi?
questo vagar mio breve, dimmi: dove tende
il tuo corso immortale? questo mio breve cammino,
dove tende il tuo corso immortale?
II. Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo, 2. Un vecchierello bianco, infermo,
con gravissimo fascio in su le spalle, mezzo vestito e mezzo scalzo,
per montagna e per valle, con un pesantissimo fardello sulle spalle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, per montagne e per valli, per strade
al vento, alla tempesta, e quando avvampa sassose, per sabbioni profondi
l’ora, e quando poi gela, e per macchie di pruni,
corre via, corre, anela, sotto il vento, sotto la pioggia,
varca torrenti e stagni, quando la stagione è rovente
cade, risorge, e più e più s’affretta, e quando poi gela, corre via, corre,
senza posa o ristoro, ansima, oltrepassa torrenti e stagni,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva senza riposo o senza ristoro, lacero,
colà dove la via insanguinato; finché arriva là
e dove il tanto affaticar fu vòlto: dove fu rivolta la sua gran fatica:
abisso orrido, immenso, abisso orribile, immenso (=la morte),
ov’ei precipitando, il tutto obblia. dove egli, precipitando,
Vergine luna, tale dimentica tutto.
è la vita mortale. O vergine luna, questa
è la vita umana.
III. Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento. 3. Nasce l’uomo a fatica,
Prova pena e tormento ed è rischio di morte la sua nascita.
per prima cosa; e in sul principio stesso Prova pene e tormenti
la madre e il genitore come prima cosa; e fin dall’inizio
il prende a consolar dell’esser nato. la madre e il padre
Poi che crescendo viene, prendono a consolarlo di essere nato.
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre Via via che cresce, l’uno e l’altro
con atti e con parole genitore lo sostengono,
studiasi fargli core, e senza sosta con atti e con parole
e consolarlo dell’umano stato: cercano di fargli coraggio
altro ufficio più grato e di consolarlo della condizione umana:
non si fa da parenti alla lor prole. nessun altro compito più gradito
Ma perché dare al sole, è svolto dai genitori per la loro prole.
perché reggere in vita Ma perché dare alla luce,
chi poi di quella consolar convenga? perché mantenere in vita chi poi
si deve consolare di esser vivo?
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 344
Se la vita è sventura, Se la vita è una continua sventura,
perché da noi si dura? perché noi la sopportiamo?
Intatta luna, tale O intatta luna, questa
è lo stato mortale. è la condizione umana.
Ma tu mortal non sei, Ma tu non sei mortale, e forse poco
e forse del mio dir poco ti cale. t’importano le mie parole.
IV. Pur tu, solinga, eterna peregrina, 4. Tu, o solitaria, eterna pellegrina,
che sì pensosa sei, tu forse intendi che sei così pensosa, tu forse comprendi
questo viver terreno, che cosa siano questa vita sulla terra,
il patir nostro, il sospirar, che sia; i nostri patimenti, i nostri sospiri;
che sia questo morir, questo supremo tu forse comprendi che cosa sia
scolorar del sembiante, questo estremo scolorirsi delle sembianze,
e perir della terra, e venir meno questo andarsene dalla terra
ad ogni usata, amante compagnia. e questo venir meno ad ogni solita
E tu certo comprendi ed affettuosa compagnia.
il perché delle cose, e vedi il frutto E tu certamente comprendi il perché delle cose,
del mattin, della sera, e vedi il frutto (=lo scopo) del mattino,
del tacito, infinito andar del tempo. della sera, del silenzioso ed infinito
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore procedere del tempo.
rida la primavera, Tu sai, tu sai certamente, a quale suo
a chi giovi l’ardore, e che procacci dolce amore sorrida la primavera,
il verno co’ suoi ghiacci. a chi giovi la calura estiva
Mille cose sai tu, mille discopri, e che cosa procuri l’inverno con il suo freddo.
che son celate al semplice pastore. Mille cose tu sai, mille cose tu scopri,
Spesso quand’io ti miro che sono nascoste al semplice pastore.
star così muta in sul deserto piano, Spesso, quando io ti guardo stare
che, in suo giro lontano, al ciel confina; così muta sulla pianura deserta,
ovver con la mia greggia che nel lontano orizzonte confina
seguirmi viaggiando a mano a mano; con il cielo, oppure quando ti vedo seguirmi
e quando miro in cielo arder le stelle; con il gregge e accompagnarmi passo dopo passo,
dico fra me pensando: e quando guardo in cielo arder le stelle;
A che tante facelle? dico, pensando fra me e me:
che fa l’aria infinita, e quel profondo a quale scopo ci sono tante luci?
infinito seren? che vuol dir questa che fa l’aria infinita? che significa
solitudine immensa? ed io che sono? questa immensa solitudine? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza Così ragiono dentro di me:
smisurata e superba, e non so indovinare nessun uso (=utilità),
e dell’innumerabile famiglia; nessun frutto (=scopo) della stanza (=l’universo)
poi di tanto adoprar, di tanti moti smisurata e superba e della grande
d’ogni celeste, ogni terrena cosa, famiglia degli esseri viventi, delle continue
girando senza posa, trasformazioni della materia, di tanti movimenti
per tornar sempre là donde son mosse; di corpi celesti e di corpi terresti, che girano
uso alcuno, alcun frutto si son mossi senza riposo per tornare sempre là
indovinar non so. Ma tu per certo, donde (=dalla materia informe e senza vita). Ma tu
giovinetta immortal, conosci il tutto. certamente, o giovinetta immortale, conosci tutto.
Questo io conosco e sento, Io invece conosco e sento questo,
che degli eterni giri, che forse qualcun altro avrà qualche bene
che dell’esser mio frale, o qualche soddisfazione dalle eterne
qualche bene o contento orbite percorse dagli astri
avrà fors’altri; a me la vita è male. e dalla mia fragilità; per me la vita è male.
V. O greggia mia che posi, oh te beata, 5. O mio gregge che riposi, oh te beato,
che la miseria tua, credo, non sai! perché non sai (io credo) la tua infelicità!
Quanta invidia ti porto! Quanto io ti invidio!
Non sol perché d’affanno Non soltanto perché vai quasi libero
quasi libera vai; dagli affanni, perché ogni stento,
ch’ogni stento, ogni danno, ogni danno, ogni più grande timore
Riassunto. 1. Il pastore si rivolge alla luna e le chiede trasformazioni della materia. Ma essa certamente co-
che cosa fa in cielo: sorge alla sera, contempla le nosce tutto. Il pastore invece può dire soltanto questo:
steppe deserte, quindi tramonta. La sua vita assomi- forse qualcuno trae vantaggio dal movimento degli
glia a quella della luna: si alza all’alba, conduce il astri e dalla sua fragilità. Per lui invece la vita è un
gregge al pascolo, quindi, alla sera, ritorna; non ha male. 5. Il gregge invece non conosce la propria infe-
altra speranza. Che senso ha quindi la vita della luna? licità; ed egli lo invidia. Non soffre e, se soffre, di-
e che senso ha la sua vita? 2. Un vecchietto incanutito mentica subito gli affanni. Non prova tedio. Riposa
affronta mille difficoltà, senza mai fermarsi, finché contento la maggior parte dell’anno. Il pastore invece
giunge là dove fu rivolta la sua grande fatica: l’abisso si annoia. Eppure non desidera nulla e, per ora, non
orrendo della morte, precipitando nel quale dimentica ha motivo di lamentarsi. Non sa se il gregge è felice;
tutto. 3. L’uomo nasce nel dolore e prova tormenti egli lo è poco. Ma non si lamenta solo di questo. Se il
per prima cosa. I genitori passano il tempo a conso- gregge potesse parlare, gli chiederebbe: perché ogni
larlo di essere nato. Ma allora perché mettere al mon- animale se sta in ozio si sente soddisfatto, mentre egli
do chi poi dev’essere consolato di essere vivo? Se la è assalito dalla noia? 6. O forse, se avesse le ali per
vita è una sventura, perché la sopportiamo? Questa è volare sopra le nuvole, sarebbe più felice. O forse si
la condizione umana. 4. La luna forse comprende il sbaglia: dovunque, in un covile come in una culla, è
senso della vita umana. Forse comprende perché l’uo- funesto per chi nasce il giorno della nascita.
mo viene meno alla consueta compagnia (=muore).
Forse vede il senso delle cose, il motivo per cui il Commento
tempo trascorre. Forse sa perché ci sono le stagioni. 1. Anche qui il poeta parla alla luna, ma fa un discor-
Spesso, quando la guarda, si chiede: a quale scopo ci so molto più vasto, che comprende il tema del dolore
sono tante stelle? che cosa significa questa solitudi- umano e universale, il tema del senso dell’universo e
ne? ed egli chi è? Ma non sa trovar nessuno scopo della vita umana, il rifiuto della morte e l’attacca-
all’universo, né agli esseri viventi, né alle continue mento ad oltranza alla vita. Nel 1609 Galileo Galilei
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 346
(1564-1642) aveva visto la luna in termini completa- sono necessarie affinché il ciclo della natura continui;
mente diversi… altrimenti, se si toglie la morte (e quindi il dolore e la
2. La visione del mondo proviene dalle concezioni distruzione), si toglie anche la nascita; ed il ciclo si
atee e materialistiche formulate dall’Illuminismo interrompe. Negli stessi anni Foscolo è sulle stesse
francese, che porta alle estreme conseguenze il mec- posizioni, ma respinge le conclusione materialistiche
canicismo e l’empirismo della scienza moderna. Il in nome della religione della bellezza e di altri miti,
poeta però si preoccupa più della condizione umana e coscientemente accettati; Manzoni invece propone
del dolore che accomuna tutti gli esseri viventi nel risposte legate alla sua fede religiosa, ma è preso da
loro rapporto con la natura, piuttosto che delle pole- dubbi vedendo nella storia l’assurdità o l’inesplica-
miche contro le religioni positive e contro gli effetti bilità del male.
negativi della vita sociale. Rousseau era un riformato- 8. Nei versi finali il poeta si preoccupa non più sol-
re sociale e un rivoluzionario; Leopardi è un filosofo tanto della condizione umana, ma anche della condi-
ed un poeta, con una scarsissima fiducia verso tutte le zione di ogni essere vivente: forse, se egli vedesse
ideologie, laiche e religiose, che promettono di fare dall’alto la vita degli uomini e la vita degli animali,
uscire l’uomo dalla sua condizione umana di dolore, e vedrebbe che il giorno della nascita è un giorno fune-
di fargli raggiungere la felicità, costantemente insi- sto per tutti gli esseri viventi. Il pessimismo del poeta
diata dalla sofferenza. da pessimismo storico (la vita umana è dolore) diven-
3. E come filosofo egli si chiede, qui come altrove, ta pessimismo cosmico (la vita di tutti gli esseri vi-
perché l’uomo continua a voler vivere, se la vita è venti è dolore). Resta inalterato però il valore della
sventura, se non può avere la felicità e se non può vita, alla quale il poeta resta ad oltranza legato.
evitare il dolore. Ma la ragione umana non è capace 9. Contro i mali che la natura riserva all’uomo il poe-
di rispondere a queste domande. Forse la luna cono- ta nella sua ultima opera La ginestra o il fiore del de-
sce le risposte, ma non le dice al pastore. serto è scettico sulle magnifiche sorti e progressive,
4. La morte non è affatto desiderata, neanche se la vi- di cui parla l’Illuminismo e che sarebbero garantite
ta è dolore: essa è vista come un abisso orrido e tre- dalla ragione e dalla scienza, e invita gli uomini alla
mendo, nel quale l’uomo dimentica tutto, e quindi si solidarietà.
annichilisce. Per il poeta vivere significa acquisire ed 10. Le riflessioni e il pessimismo di Leopardi saranno
essere un patrimonio di ricordi, che con la morte si riproposti 50 anni dopo da Giovanni Verga (1840-
disperdono. Vivere però significa anche avere una 1922) nel racconto Fantasticheria (1878-79) e poi nei
“solita ed affettuosa compagnia di affetti”, che si in- Malavoglia (1881). È l’ideale dell’ostrica: essa, se si
terrompono drammaticamente con la morte. Egli è allontana dallo scoglio, a cui è attaccata, si perde nel
quindi legato ad oltranza alla vita, anche se la vita è vasto mare e con sé perde anche i suoi familiari. Ma è
costantemente dolore. anche la stranissima scoperta che i ragazzini vivono
5. Nell’idillio compare anche il tema del tedio, la noia felici e ignorano tutte le previsioni nefaste e il pessi-
che colpisce il pastore quando guarda le pecore. Gli mismo assoluto dello scrittore di Catania.
animali invece passano il tempo tranquillamente, sot- ---I☺I---
to l’ombra delle piante, al riparo dalla calura, e sem-
brano immuni dalla noia. Sembrano anche capaci di
dimenticare subito il dolore, appena è passato. Il tae-
dium vitae è un motivo già presente nella poesia ro-
mana. Il poeta però lo trasforma in una domanda filo-
sofica sulla condizione umana.
6. I pastori e la vita pastorale, costantemente idealiz-
zati, sono un filo conduttore della letteratura italiana:
dall’Umanesimo del Quattrocento, all’episodio di
Erminia fra i pastori della Gerusalemme liberata di
Torquato Tasso, ai pastori dell’Arcadia. Anche Ga-
briele D’Annunzio canta i suoi pastori. Leopardi tra-
sforma l’elogio tradizionale della vita pastorale, nella
quale il poeta intendeva evadere, in un momento di
riflessione filosofia e poetica sull’uomo, sul dolore
che attraversa la vita umana e sulla morte che costi-
tuisce il male supremo.
7. Le domande che il poeta-pastore rivolge alla luna
restano senza risposte, perché l’autore professa una
visione atea e materialistica della vita, che lascia
aperti e senza risposta problemi come il senso del do-
lore, il senso della vita umana, il senso dell’universo.
Nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824)
l’autore propone questa risposta: la nascita e la morte
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 347
Il tramonto della luna, 1936-37 Il tramonto della luna
Riassunto. 1. Come in una notte solitaria la luna tra- infuocato e illumina nitidamente il giorno. La luna
monta nell’orizzonte più lontano dietro le montagne e spinge a meditare, il sole ad agire.
la notte diventa buia, 3. Il paragone giovinezza-sabato, maturità-domenica
2. così la giovinezza si dilegua e abbandona la vita de Il sabato del villaggio è sostituito dal paragone lu-
umana. Scompaiono le speranze della fanciullezza e na-sole, giovinezza-vecchiaia. Il paragone però è in-
le illusioni che pure davano gioia. E la vita rimane completo: la luna tramonta con la sua tenue luce e
vuota. Il viandante non riesce a trovare un senso al contemporaneamente il sole sorge con i suoi raggi in-
suo cammino: egli si sente estraneo alla condizione fuocati. Invece nel corso della vita umana la giovi-
umana ed essa risulta estranea a lui. nezza, cioè la luna, con la sua modesta felicità non ha
3. La vita umana apparve troppo felice agli dei: nella come seguito il sole, cioè una luce e una felicità più
giovinezza ogni gioia è frutto di mille dolori. Né fu- grande. Subentra la scomparsa delle speranze, la fine
rono contenti che la vita di ogni essere si concludesse delle illusioni, insomma il vuoto o, meglio, la vec-
con la morte. Perciò essi vollero che metà della vita chiaia, con il suo pieno di insoddisfazioni, di acciac-
fosse più terribile della morte. E inventarono la vec- chi e di miseria. E la notte, che conclude il giorno, ha
chiaia con il suo séguito di desideri insoddisfatti, di come corrispettivo la sepoltura, che conclude la vita
speranze deluse e di acciacchi sempre più dolorosi. umana. La strofa finale ripropone la strofa finale
4. Ma, quando la luna tramonta ad occidente, il sole si dell’idillio A Silvia: la morte della ragazza indica che
prepara a sorgere ad oriente e inonderà la terra di luce nel futuro per lui c’è soltanto la fredda morte e una
e di calore. Invece, quando la giovinezza tramonta, tomba ignuda.
non sorge un’altra luce. E la vita umana rimane vuota 4. Il tramonto della luna è quindi il simbolo e la con-
sino alla fine. E la notte, che pone fine ad essa, ha statazione che con la giovinezza tramontano le spe-
come segno distintivo la sepoltura. ranze e le illusioni. Arriva subito la vecchiaia, con il
suo carico di sofferenza. Sorprendentemente è assente
Commento la maturità: con la fine della giovinezza cessano i mo-
1. L’idillio ripropone temi consueti: la luna, la giovi- ti del cuore, cessano le speranze. L’animo umano si
nezza, la felicità come breve frutto del dolore, la vita svuota. Resta soltanto il corpo, condannato ad una
come dolore, la vecchiaia con il suo séguito di ac- sempre più visibile decadenza. La vecchiaia non è
ciacchi e di sofferenze, la morte che è terribile e che nemmeno allietata dall’esperienza accumulata, dal
conclude la vita. Manca soltanto il tema dei ricordi e bagagli dei ricordi piacevoli o dolorosi che siano.
della maturità. 5. Come manca il tema della maturità, così manca an-
2. La luna compare fin dai Piccoli idilli, e sovrasta il che quello della bellezza e dell’amore, che pure sono
paesaggio con la sua luce fredda e nitida (Alla luna). (o erano) compagni di giovinezza. Il poeta ormai si
È anche l’interlocutrice silenziosa dei problemi filo- sente interamente al di là di quel segnale che divide la
sofici del poeta (Canto notturno di un pastore errante vita umana in due parti: prima e seconda metà, giovi-
dell’Asia). Compare anche ne La sera del dì di festa e nezza e vecchiaia. Ha passato il mezzo del cammino
domina ancora il paesaggio (“Dolce e chiara è la not- della sua vita. Il riferimento a Dante (If. I) è indubbio,
te senza vento E queta sovra i tetti e in mezzo agli or- ma non è polemico: il cammino che Dante sta intra-
ti Posa la luna, e di lontan rivela Serena ogni monta- prendendo è lungo, difficile, ma è voluto dal cielo, è
gna...”). E ne L’ultimo canto di Saffo (“Placida notte, facilitato dalle guide e ha una conclusione che soddi-
e verecondo raggio Della cadente luna...”). La scelta sfa il poeta oltre ogni desiderio umano. Il cammino di
della luna e non del sole caratterizza quindi la poesia Leopardi ha soltanto una dimensione terrena: la gio-
di Leopardi. La luna è tranquilla e notturna. Il sole è vinezza che porta speranze e gioia, è seguita imme-
diatamente dalla vecchiaia, con il suo bagaglio di sof-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 349
ferenze, con il vuoto interiore, con la sua incapacità steso mezzogiorno (1925) canta invece con gioia
di dare e di ricevere affetto. Quest’ultimo motivo è l’arrivo della vecchiaia. Anzi per lui è il completa-
presente fin dagli inizi della sua poesia (Alla luna). mento, il massimo dispiegarsi della giovinezza e del-
6. L’uomo come viator (viandante, pellegrino, pas- l’esistenza umana: “Il sole incombe dal cielo; e qui,
seggero) è già presente nella canzone Alla sua donna sulla terra, il letto del torrente è reso asciutto. Il mio
(v. 18), ne La quiete dopo la tempesta (“passeggier”, giorno non è dunque passato (=la mia vita è giunta
v. 24) e ne La ginestra o il fiore del deserto (“peregri- allo zenit, al culmine, ed ora devo affrontare l’altra
no”, v. 20, 276; “passeggero”, v. 13). Ma c’è anche metà); L’ora più bella mi aspetta dall’altra parte del
“l’erbaiuol [che] rinnova Di sentiero in sentiero Il muretto, Quando il sole scende verso un tiepido e pal-
grido giornaliero” (La quiete dopo la tempesta, vv. lido tramonto”.
15-18). Essa riprende l’immagine religiosa dell’uomo 10. La strofa finale rielabora con la specifica sensibi-
che è pellegrino su questa terra, in questa valle di la- lità di Leopardi un tema presente già in Torquato
crime, prima di salire al cielo. Il viandante però non Tasso (1544-1593). “Amiamo, perché il Sole muore e
compie un viaggio di sua spontanea volontà. Lo subi- poi rinasce. A noi egli nasconde la sua breve luce ed
sce. Il viaggio non lo porta a vivere una realtà supe- il sonno ci porta una notte eterna” (Aminta, atto III, O
riore, più complessa, ma è esso stesso dolore e si bella età dell’oro, congedo). Il poeta napoletano ave-
conclude con il peggiore dei mali, la morte. Il viaggio va tradotto alla lettera tre versi di Valerio Catullo
e il viandante di Leopardi vanno confrontati con i (Carmina, V, 4-6).
simboli di due grandi culture: Ulisse che nell’Odissea 11. I rimandi o il confronto con Tasso si possono an-
ritarda il ritorno a casa, spinto dal suo desiderio di sa- che estendere ad altri motivi. Nella Gerusalemme li-
pere e di fare esperienza degli uomini; Dante che berata (XVI, 15) il poeta invita a cogliere la rosa del-
compie concretamente con il corpo nell’al di là quel- la giovinezza, prima che appassisca: “[Come la rosa],
l’itinerarium mentis in Deum, che i mistici medioeva- il verde fiore [della giovinezza] se ne va con il tra-
li compievano soltanto con la mente. scorrere dei giorni della nostra vita mortale. E, se an-
7. Nella canzone però è anche un riferimento al sole che aprile (=la giovinezza) fa ritorno, essa (= la rosa e
che nel Cantico delle creature come in tutte le reli- la giovinezza) non rifiorisce né rinverdisce mai più.
gioni è il simbolo della divinità. Il poeta però rifiuta Cogliamo la rosa nel bel mattino di questo giorno,
qualsiasi riferimento ultraterreno. Gli dei sono il de- che ben presto perde il suo fulgore [perché volge alla
stino, la condizione umana, non sono mai realtà ultra- sera]. Cogliamo la rosa dell’amore ed amiamo ora,
terrene. E la vita umana si deve accontentare della quando si può amare ed essere riamati”. Ma esso ha
giovinezza con la sua tenue felicità, rappresentata tre fonti di ispirazione e di valori che gli riempiono e
dalla luna. La felicità completa forse c’è, forse è la che danno senso alla sua vita: i piaceri sensuali di una
giovinezza congiunta con la bellezza e con l’amore. vita secondo natura, la ricerca della fama e della glo-
Ma egli non l’ha provata. E la maturità e la vecchiaia ria ed anche della ricchezza di una vita secondo so-
sono ugualmente infelici: la prima, quando c’è, fa co- cietà, la pratica dei valori morali di una vita secondo
noscere la fine delle speranze e delle illusioni; la se- religione. Quanto a numero di valori non era messo
conda fa conoscere l’inizio di quelle sofferenze che si male; ma finiva in crisi ogni volta che cercava di ren-
concludono soltanto alla fine della vita con la morte. derli compatibili.
Eppure la morte non è invocata, è soltanto la consta- 12. Un altro riferimento si può fare ai versi iniziali
tazione che la vita è giovinezza (ma non per il poeta) del Giorno (1763) di Giuseppe Parini (1729-1799):
senza séguito di felicità, è dolore e morte. “Sorge il Mattino in compagnia dell’alba, Innanzi al
8. Il riferimento e il confronto con il Cantico delle Sol che di poi grande appare sull’estremo orizzon-
creature si può estendere anche altrove: Francesco te...”, e poi si passa al contadino che si alza dal letto,
accetta da Dio il bello come il cattivo tempo, le ma- lascia a casa la moglie e i figli e va a lavorare con il
lattie come le sofferenze, compresa la morte. Dio è bue.
buono e ama le sue creature e, se c’è il dolore, vuol ---I☺I---
dire che anche la sofferenza ha un senso. La vita in
ogni caso ha un senso: la salvezza eterna. Leopardi
non riesce a trovare nessun senso alla vita né al dolo-
re. Non ha senso l’universo, la vita umana si conclude
con l’abisso orrendo che è la morte, e tutti gli esseri
viventi sono nati per soffrire, come aveva detto più
estesamente nel Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia. Ne Il tramonto della luna non c’è nemme-
no quella in qualche modo comprensione e giustifica-
zione della sofferenza, insita nella condizione umana,
che era stata individuata dalla riflessione filosofica
nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824).
9. Eugenio Montale (1896-1981), che quanto a pes-
simismo non era secondo a nessuno, in Gloria del di-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 350
Le Operette morali, 1827 no due leoni mezzo morti di fame, che divorano
l’islandese. Così, almeno per quel giorno, sopravvi-
Le Operette morali (1827, 1835, 1847) affrontano in vono alla morte. Altri invece dicono che un vento
modo più sistematico e riflessivo i temi degli idilli. violentissimo lo seppellisce sotto la sabbia. Da qui è
Nel Dialogo della Natura e di un Islandese (1824) dissotterrato e collocato in un museo di una qualche
Leopardi affronta il tema dei rapporti dell’uomo con città dell’Europa.
la natura e del significato del dolore nell’esistenza
degli esseri viventi. La trama è la seguente: Commento
1. L’operetta morale non ha precedenti nella storia
della letteratura italiana: è nello stesso tempo opera di
Dialogo della Natura e di un Islandese, prosa, di poesia e di filosofia.
1824 2. Essa ha una struttura dialogica e non propone veri-
tà a cui credere. La risposta resta problematica, pos-
Riassunto. Un islandese, che aveva girato tutto il sibile, aperta. L’autore vuole affrontare e discutere le
mondo, giunge in Africa, sotto l’equatore. Qui, con questioni, non proporre soluzioni dogmatiche, valide
l’aspetto di una donna gigantesca, incontra la Natura, una volta per tutte.
la sua mortale nemica. Tra uomo e Natura inizia un 3. Il tema dell’operetta è stato trattato più volte anche
dialogo. L’islandese dice che l’ha sempre fuggita. La negli idilli. Ogni volta però il poeta sa riesaminare e
Natura allora gli chiede perché. L’uomo ne spiega il ridiscutere le conclusioni a cui è pervenuto. La scelta
motivo raccontando la sua storia. Fin da giovane vide del dialogo è funzionale a questo scopo. Prima di lui
la vanità della vita e la stoltezza degli uomini: essi la scelta del dialogo – per sua natura aperto ed anti-
cercano piaceri che non dilettano e si fanno infiniti dogmatico – era stata fatta da Galileo Galilei (1564-
mali che potrebbero evitare. Egli perciò, volendo evi- 1642) e dal filosofo ateniese Platone (427-347 a.C.).
tare di recare e di subire offese, cerca una vita oscura Ad esempio qui il poeta cerca di approfondire la que-
e tranquilla. Ma non la trova. Egli si libera degli uo- stione, proponendo questa risposta alla realtà del do-
mini e delle loro molestie abbandonando la vita so- lore: nascita e distruzione sono ugualmente inevitabili
ciale. Tuttavia, pur vivendo privandosi di ogni piace- e necessarie, perché danno l’esistenza alla natura. Se
re, non riusciva ad evitare i patimenti: la sua isola era ne mancasse una, mancherebbe anche l’altra; e la na-
fredda d’inverno, calda d’estate, e poi c’era il costan- tura annichilirebbe. Nel posteriore Canto notturno di
te pericolo dei vulcani. Perciò egli la lascia e cerca un pastore errante dell’Asia (1829-30) il poeta fa un
altrove un luogo più vivibile. Ma ogni luogo della ter- dialogo solitario con la luna e scopre il dolore univer-
ra che visita ha i suoi pericoli, tanto che egli pensa sale, che coinvolge indistintamente tutti gli esseri vi-
che la Natura avesse destinato all’uomo un unico venti. In tal modo dal pessimismo storico perviene al
luogo della terra dove vivere e che perciò l’uomo do- pessimismo cosmico.
vesse incolpare se stesso delle sue sofferenze. Egli 4. Il pessimismo di Leopardi ribadisce il valore della
però non trova nessun luogo dove poter vivere senza vita e il disvalore della morte. Mezzo secolo dopo
incorrere in malattie, pur astenendosi da ogni piacere. Giovanni Verga (1840-1922) propone un pessimismo
Ed ora vede già che la vecchiaia sta tristemente so- assoluto e senza speranza nella novella Fantastiche-
praggiungendo. La Natura risponde che lei non ha ria (1878-79) come nelle altre sue opere: il mondo è
fatto il mondo per l’uomo e che non si preoccupa né fatto di vinti, chi cerca di uscire dalle sue dure condi-
della felicità né dell’infelicità umana. Anzi non si ac- zioni di vita e dalla sua collocazione sociale va incon-
corge nemmeno se provoca felicità o infelicità agli tro alla rovina e in essa coinvolge anche i suoi cari;
uomini. L’uomo allora risponde con un esempio: meglio per coloro che sono morti perché non soffrono
immaginiamo che un ricco m’inviti nella sua villa e più; e fortunati coloro che non sono nati, perché evi-
che io, per compiacerlo, ci vada. Qui egli mi fa man- tano una vita fatta soltanto di sofferenze.
giare e dormire male e mi fa bastonare dai servi. Se io 5. Le risposte che Leopardi propone dei problemi fi-
mi lamentassi dei maltrattamenti e se egli mi rispon- losofici si inseriscono nella filosofia atea e materiali-
desse che non ha costruito la villa per me, io allora gli stica del Settecento, che si può riassumere nella tesi
chiederei perché mi ha invitato: non gli ho chiesto io di Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794), l’iniziato-
di andare. L’islandese pone la stessa domanda alla re della chimica moderna, secondo cui “nulla si crea,
Natura: perché l’ha messo al mondo, perché lo rico- nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
pre di dolori e qual è il senso dell’universo? La Natu- 6. La problematica sull’uomo e sulla natura, che il
ra risponde che la vita dell’universo è un ciclo infini- poeta affronta, è ancora quella di una società pre-
to di produzione e di distruzione, ognuna delle quali industriale, in cui l’uomo è costantemente in balìa
alimenta l’altra. Perciò, se cessa una delle due, cessa delle forze della natura. La rivoluzione industriale in-
anche l’altra, e l’universo si dissolverebbe. La soffe- glese (1770), che rovescia i rapporti di forza tra uomo
renza è quindi necessaria. L’islandese allora chiede e natura, farà sentire il suo impatto in Italia soltanto a
che senso ha la vita dell’universo, se è conservata con metà Novecento.
la sofferenza e la morte di tutti gli esseri che lo com- 7. La natura è riscoperta a partire dal Quattrocento.
pongono. La Natura sta rispondendo, quando giungo- L’Umanesimo ne mette in luce la bellezza sensuale e
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 351
la struttura ordinata mediante la prospettiva. Ariosto
ne coglie il carattere rigoglioso e la fa diventare il
teatro delle avventure delle sue dame e dei suoi cava-
lieri. Tasso la considera il luogo di una felicità perdu-
ta (l’età dell’oro), ma anche il luogo che con le sue
seduzioni pagane affascina e tenta l’uomo. Galilei ne
coglie l’estrema ed imprevedibile ricchezza, e ne in-
dica la struttura matematica, che l’uomo può cono-
scere. Gli arcadi si rifugiano in essa, per alleviare i
loro affanni amorosi. Leopardi ne sottolinea la straor-
dinaria bellezza, ma anche l’insidia che contiene: il
dolore. Nell’Ottocento – dal Romanticismo al Veri-
smo al Decadentismo – appariranno altre immagini
della natura. Parallelamente anche gli artisti scopro-
no, dal Quattrocento in poi, i molteplici aspetti in cui
la natura si presenta ai loro occhi. Ogni autore ed
ogni movimento quindi la interpreta e la presenta in
modo diverso e con una sensibilità diversa.
8. Dai Piccoli idilli alle Operette morali, ai Grandi
idilli rimane immutato l’atteggiamento riflessivo e
contemplativo dell’autore verso i problemi e verso la
realtà. I momenti di maggiore estroversione sono i
dialoghi immaginari dell’islandese con la Natura o
del pastore con la luna. Il suo approccio meditativo
alla realtà è ben diverso da quello romantico-
passionale di Foscolo e da quello intellettualmente e
politicamente aggressivo di Manzoni, che proietta la
sua fede militante sulla realtà.
9. La visione pessimistica della vita di Leopardi può
essere opportunamente paragonata con quella di Fo-
scolo e Manzoni, e anche con quella posteriore di
Verga. La stessa cosa si può fare con il tema del dolo-
re e della morte, e con il tema del rapporto tra l’uomo
e la natura.
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1. Madre de’ Santi, immagine 1. [Tu, o Chiesa terrena,] Madre dei battezzati;
della città superna; fatta ad immagine della città celeste;
del Sangue incorruttibile che conservi per l’eternità
conservatrice eterna; il sangue incorruttibile [di Cristo];
tu che, da tanti secoli, tu che, da tanti secoli, soffri [le persecuzioni],
soffri, combatti e preghi, combatti [per la fede] e preghi
che le tue tende spieghi [per i vivi e per i morti];
dall’uno all’altro mar; che ti estendi su tutta la terra;
2. Campo di quei che sperano; 2. [tu che sei] il campo di coloro che sperano
Chiesa del Dio vivente; [nella resurrezione della carne e nella vita eterna];
dov’eri mai? qual angolo tu, o Chiesa del Dio che vive in te;
ti raccogliea nascente, dov’eri mai? quale luogo riposto ti accoglieva
quando il tuo Re, dai perfidi agli inizi, quando il tuo Re, condotto dai carnefici
tratto a morir sul colle a morire sul colle (=il Golgota), imporporò
imporporò le zolle con il suo sangue la terra
del suo sublime altar? del suo sublime sacrificio?
1. Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, 1. Dagli antichi palazzi pieni di muschio, dalle piazze
dai boschi, dall’arse fucine stridenti, in rovina, dai boschi, dalle officine riarse
dai solchi bagnati di servo sudor, e rumorose, dai campi bagnati di sudore [di un
un volgo disperso repente si desta; popolo] asservito, una plebaglia divisa rapidamente
intende l’orecchio, solleva la testa si sveglia, tende l’orecchio, solleva il capo,
percosso da novo crescente romor. colpita da una nuova e sempre più diffusa notizia.
2. Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, 2. Dagli sguardi dubbiosi, dai visi timorosi –
qual raggio di sole da nuvoli folti, come un raggio di sole in mezzo a nuvole spesse –
traluce de’ padri la fiera virtù: traluce il superbo valore degli antichi romani:
ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto negli sguardi, nei visi, confuso ed incerto,
si mesce e discorda lo spregio sofferto si mescola e contrasta il disprezzo sofferto
col misero orgoglio d’un tempo che fu. con il misero orgoglio di un tempo ormai passato.
4. Ansanti li vede, quai trepide fere, 4. Li vede ansanti – come fiere impaurite –,
irsuti per tema le fulve criniere, con le lunghe chiome rossicce rese irte dalla paura,
le note latebre del covo cercar; cercare la familiare oscurità del nascondiglio;
e quivi, deposta l’usata minaccia, e qui, lasciato il consueto atteggiamento minaccioso,
le donne superbe, con pallida faccia, le donne superbe, con il viso pallido,
i figli pensosi pensose guatar. guardare pensierose i figli pensierosi.
5. E sopra i fuggenti, con avido brando, 5. E sopra i fuggitivi, con la spada assetata di sangue
quai cani disciolti, correndo, frugando, – come cani lasciati liberi – correndo, frugando,
da ritta, da manca, guerrieri venir: da destra, da sinistra vengono i guerrieri nemici: [la
li vede, e rapito d’ignoto contento, plebaglia divisa] li vede e, rapita da una contentezza
con l’agile speme precorre l’evento, sconosciuta, con agile speranza anticipa l’evento
e sogna la fine del duro servir. e sogna la fine della sua dura servitù.
6. Udite! Quei forti che tengono il campo, 6. Udite! Quei forti guerrieri che tengono il campo
che ai vostri tiranni precludon lo scampo, [di battaglia], che precludono le vie di fuga ai vostri
son giunti da lunge, per aspri sentier: tiranni, son giunti da lontano, per sentieri difficili:
sospeser le gioie dei prandi festosi, sospesero le gioie di banchetti festosi,
assursero in fretta dai blandi riposi, sorsero in fretta da ozii piacevoli,
chiamati repente da squillo guerrier. chiamati repentinamente dalla tromba di guerra.
7. Lasciar nelle sale del tetto natio 7. Essi lasciarono nelle sale della dimora nativa
le donne accorate, tornanti all’addio, le donne accorate, che ripetevano l’addio,
a preghi e consigli che il pianto troncò: le preghiere, i consigli, che il pianto interruppe:
han carca la fronte de’ pesti cimieri, hanno la fronte carica degli elmi ammaccati,
han poste le selle sui bruni corsieri, hanno posto le selle sui loro bruni cavalli,
volaron sul ponte che cupo sonò. volarono sul ponte levatoio, che risuonò cupamente.
10. E il premio sperato, promesso a quei forti, 10. E il premio sperato, promesso a quei valorosi,
sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, sarebbe, o illusi!, mutare la sorte, porre fine
d’un volgo straniero por fine al dolor? al dolore di una plebe straniera?
Tornate alle vostre superbe ruine, Ritornate alle vostre superbe rovine,
all’opere imbelli dell’arse officine, alle opere servili delle officine riarse dal fuoco,
ai solchi bagnati di servo sudor. ai solchi bagnati da sudore servile.
11. Il forte si mesce col vinto nemico, 11. Il vincitore si mescola con il nemico vinto,
col novo signore rimane l’antico; con il nuovo signore rimane l’antico;
l’un popolo e l’altro sul collo vi sta. un popolo e l’altro vi stanno sul collo.
Dividono i servi, dividon gli armenti; Dividono i servi, dividono gli armenti;
si posano insieme sui campi cruenti si insediano insieme sui campi insanguinati
d’un volgo disperso che nome non ha. di una plebaglia divisa, che non ha neppure il nome.
Riassunto. 1. Dagli antichi palazzi in rovina e dai 2. La tragedia ha una dimensione religiosa e politica.
campi bagnati di sudore servile un volgo disperso al- a) Essa affronta il problema del male e del dolore nel-
za la testa, colpito da una inattesa notizia. 2. Nei suoi la vita umana e nella storia: Adelchi e la sorella Er-
occhi dubbiosi traspare il coraggio degli antichi ro- mengarda appartengono al popolo degli oppressori
mani; e l’umiliazione presente contrasta con il misero eppure essi stessi sentono il peso dell’ingiustizia e
orgoglio per la grandezza del passato. 3. Si raduna e dell’oppressione. Adelchi muore in difesa del suo po-
si disperde, e guarda con speranza i crudeli oppressori polo. Ermengarda è ripudiata da Carlo, che essa ama-
che fuggono davanti ai nemici. 4. Vede i superbi va, e costretta a ritirarsi in convento: soltanto la morte
guerrieri cercare i nascondigli del loro covo; e vede le sembra l’unica via d’uscita ad una vita di dolore. Car-
loro donne pallide guardare i figli. 5. Vede i vincitori lo accorre in aiuto della Chiesa, minacciata dai lon-
inseguire gli sconfitti; e spera che siano giunti per gobardi; ma non è immune dalla violenza: ripudia la
porre fine alla loro servitù. 6. Ma i vincitori sono moglie per un’altra donna. Per lo scrittore resta irri-
giunti da lontano, hanno interrotto la vita festosa per solto il problema ed il mistero del male nella storia.
impugnare le armi. 7. Hanno lasciato le loro donne e i b) Essa è anche il dramma di tre popoli: i longobardi
loro castelli. 8. Hanno affrontato marce forzate e notti opprimono gli italici; ma sentono a loro volta l’ama-
gelide, pensando sempre alle loro dimore e ai collo- rezza della sconfitta. Gli italici sperano che i franchi
qui d’amore. 9. Hanno sopportato la fame e rischiato vincitori siano venuti a liberarli dall’oppressione lon-
la vita in battaglia. 10. E il premio sperato, promesso gobarda. Ma la speranza dura poco: essi devono ora
a quei forti, sarebbe quello di liberare un volgo stra- subire anche l’oppressione dei nuovi vincitori, che si
niero dall’oppressione? Gli italici si illudono, e pos- alleano con gli antichi signori. I franchi scendono in
sono tornare alle loro attività servili. 11. Il vincitore si Italia per difendere la Chiesa, e sconfiggono i longo-
mescola con il nemico vinto. Con il nuovo signore bardi. Essi però non hanno affrontato i pericoli per
rimane anche l’antico: due oppressori ora pesano sul- niente: dividono i servi e gli armenti dei longobardi
le spalle di un volgo che non ha nemmeno il nome. sconfitti. Così gli italici hanno un nuovo oppressore.
3. Il poeta interviene direttamente nel coro, con du-
Commento rezza e sarcasmo, nei confronti degli italici: “Udite!
1. Il coro si può dividere in due parti: a) nella prima Quei prodi che tengono il campo...”. Essi sono degli
gli italici vedono i longobardi in fuga davanti ai fran- illusi, se sperano che i franchi siano venuti a liberarli
chi, e sperano che i franchi siano venuti a liberarli dall’oppressione longobarda. Egli fonde riflessione
dalla servitù; b) nella seconda il poeta interviene con storica e ragionamento politico: i franchi non possono
una argomentazione: i franchi non hanno lasciato le avere affrontato tanti rischi per liberare un volgo di-
loro dimore né hanno affrontato mille pericoli per ve- sperso; essi, realisticamente, li hanno affrontato in vi-
nire a liberare un volgo straniero. Gli italici possono sta del bottino che potevano conquistare. Altre argo-
perciò abbandonare la speranza di vedere finita la lo- mentazioni si trovano in Marzo 1821 (1821, 1848):
ro servitù: vincitori e vinti si uniscono e l’oppressione gli oppressori hanno tradito le promesse di libertà che
diventa ancora più grave. La conclusione, implicita, è avevano fatto quando Napoleone li opprimeva; Dio
perciò la seguente: gli italici, se vogliono la libertà, non può permettere che un popolo sia oppresso da un
non devono contare su aiuti stranieri; devono lottare altro. Ma gli oppressi devono conquistare la loro li-
con le proprie forze. bertà con le armi e il proprio sangue.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 360
4. Il poeta collega queste antiche vicende con la si- occasione dei moti piemontesi del 1821. Il poeta im-
tuazione politica presente: gli italiani sono oppressi magina che i patrioti piemontesi si uniscano ai patrio-
dall’impero asburgico; ad essi indica la via per riac- ti lombardi per cacciare gli oppressori – l’impero as-
quistare la libertà: non sperare nell’aiuto di altri po- burgico – dall’Italia. Ciò succede effettivamente 27
poli, ma impugnare le armi e combattere. Questa tesi anni dopo, nel 1848, quando scoppia la prima (e sfor-
è ribadita con forza anche in Marzo 1821. tunata) guerra d’indipendenza: l’esercito di Carlo Al-
5. La fede del poeta non è imbelle, è combattiva; e berto accorre in aiuto dei milanesi insorti e insieme
non intende porgere l’altra guancia. I rapporti del cacciano il nemico. Il motivo politico però si fonde
poeta con la Chiesa non sono mai stati facili. La sua con quello religioso: Dio non vuole che ci siano po-
fede non gli impedisce di ritenere positiva la fine del poli oppressi e si schiera con questi contro gli oppres-
potere temporale della Chiesa (per questo motivo ac- sori. E tuttavia gli italiani, se vogliono la libertà, non
cetta la cittadinanza onoraria di Roma); né gli impe- devono aspettarla né da Dio né da altri popoli: se la
disce di pensare che Roma è l’unica capitale che devono conquistare con le loro forze e con il loro
l’Italia unificata può aspirare di avere. sangue. Nell’ode quindi motivazioni religiose e moti-
vazioni patriotiche si fondono intimamente.
Marzo 1821 (1821, pubblicata nel 1848) è scritta in ---I☺I---
---I☺I---
Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e Alla illustre memoria di Teodoro Koerner poeta e
soldato della indipendenza germanica morto sul soldato della indipendenza germanica morto sul
campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre campo di Lipsia il giorno XVIII d’ottobre 1813 nome
MDCCCXIII nome caro a tutti i popoli che combat- caro a tutti i popoli che combattono per difendere o
tono per difendere o per riconquistare una patria per riconquistare una patria
2. L’han giurato: altri forti a quel giuro 2. Lo hanno giurato: altri [uomini] forti rispondevano
rispondean da fraterne contrade, a quel giuramento da contrade fraterne,
affilando nell’ombra le spade preparando di nascosto le armi, che ora innalzate
che or levate scintillano al sol. scintillano al sole. Ormai le [mani] destre hanno
già le destre hanno strette le destre; stretto le [mani] destre; ormai le sacre parole
già le sacre parole son porte; [del giuramento] sono state scambiate:
o compagni sul letto di morte, o saremo compagni sul letto di morte
o fratelli su libero suol. o saremo fratelli sul suolo libero.
3. Chi potrà della gemina Dora, 3. Chi potrà della doppia Bora (=Riparea e Baltea),
della Bormida al Tanaro sposa, della Bormida che confluisce nel Tanaro,
del Ticino e dell’Orba selvosa del Ticino e dell’Orba boscosa
scerner l’onde confuse nel Po; distinguere le onde che si son mescolate nel Po;
chi stornargli del rapido Mella chi potrà sottrargli (=al Po) i mille torrenti
e dell’Oglio le miste correnti, del rapido Mella e dell’Oglio,
chi ritorgliergli i mille torrenti chi potrà ritorgliergli i mille torrenti
che la foce dell’Adda versò, che il fiume Adda riversò;
9. Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia 9. Sì, quel Dio che nel mar Rosso fece precipitare
chiuse il rio che inseguiva Israele, il [faraone] malvagio che inseguiva il popolo
quel che in pugno alla maschia Giaele d’Israele, quel Dio che nel pugno della forte Giaele
pose il maglio ed il colpo guidò; pose il martello e guidò il colpo [mortale];
quel che è padre di tutte le genti, quel Dio che è padre di tutte le genti;
che non disse al Germano giammai: che non disse mai al tedesco: “Va’,
va’, raccogli ove arato non hai; raccogli dove non hai arato,
spiega l’ugne; l’Italia ti do. stendi le unghie, ti do l’Italia”.
10. Cara Italia! dovunque il dolente 10. O cara Italia! Dovunque uscì il doloroso
grido uscì del tuo lungo servaggio; grido della tua lunga servitù;
dove ancor dell’umano lignaggio dove non è perduta ogni speranza
ogni speme deserta non è: di [acquistare] dignità umana;
12. Quante volte sull’alpe spïasti 11. Quante volte sulle Alpi spiasti l’arrivo
l’apparir d’un amico stendardo! di una bandiera amica!
Quante volte intendesti lo sguardo Quante volte rivolgesti lo sguardo
ne’ deserti del duplice mar! sulla superficie deserta dei tuoi due mari
Ecco alfin dal tuo seno sboccati, [in attesa di un liberatore]!
stretti intorno ai tuoi santi colori, Ecco, alla fine, sbocciati dal tuo grembo,
forti, armati dei propri dolori, armati dei loro dolori,
i tuoi figli son sorti a pugnar. i tuoi figli sono sorti a combattere.
13. Oggi, o forti, sui volti baleni 12. Oggi, o valorosi, sui vostri volti risplenda
il furor delle menti segrete: l’intensità e la determinazione dei vostri pensieri
per l’Italia si pugna, vincete! segreti: per l’Italia si combatte, vincete!,
il suo fato sui brandi vi sta. il suo destino sta sulla punta delle vostre armi.
O risorta per voi la vedremo O, grazie a voi, la vedremo risorta partecipare
al convito dei popoli assisa, al consesso dei popoli, o resterà
o più serva, più vil, più derisa [ancor] più serva, più vile, più derisa,
sotto l’orrida verga starà. sotto il giogo vergognoso dello straniero.
14. Oh giornate del nostro riscatto! 13. O giornate del nostro riscatto [dall’oppressione]!
Oh dolente per sempre colui o dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d’altrui, che da lontano, dal labbro di un altro,
come un uomo straniero, le udrà! come un uomo straniero le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno, Che, narrandole un giorno ai suoi figli,
dovrà dir sospirando: «io non c’era»; dovrà dire sospirando: “Io non c’ero”;
che la santa vittrice bandiera che quel giorno [della nostra liberazione]
salutata quel dì non avrà. non avrà salutato la nostra bandiera vittoriosa.
---I☺I--- ---I☺I---
5. Dall’Alpi alle Piramidi, 5. Dalle Alpi alle piramidi (=Egitto), dal Manzanarre
dal Manzanarre al Reno, (=Spagna) al Reno (=Germania), il fulmine
di quel securo il fulmine (=l’effetto pratico dell’azione) di quell’uomo sicuro
tenea dietro al baleno; [di sé e fiducioso nella sorte] teneva dietro al lampo
scoppiò da Scilla al Tanai, (=l’ideazione dei piani militari); scoppiò dalla Sicilia
dall’uno all’altro mar. al Don (=Russia), dall’uno all’altro mare.
11. Come sul capo al naufrago 11. Come l’onda si abbatte e pesa
l’onda s’avvolve e pesa, sul capo del naufrago –
l’onda su cui del misero, l’onda sulla quale soltanto poco prima
alta pur dianzi e tesa, lo sguardo del misero
scorrea la vista a scernere scorreva alto e proteso a discernere
prode remote invan; invano approdi lontani –;
18. Tu dalle stanche ceneri 18. Tu, o Fede, dalle ceneri ormai stanche
sperdi ogni ria parola: allontana ogni parola oltraggiosa:
il Dio che atterra e suscita, il Dio che atterra ed innalza,
che affanna e che consola, che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice sul letto solitario (=abbandonato dagli uomini)
accanto a lui posò. si posò accanto a lui.
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Riassunto. Tutta la terra è stupita e silenziosa alla no- lunghi a cui è solito. Si lamenta per primo delle im-
tizia della morte di Napoleone. Manzoni, che non lo perfezioni metriche e stilistiche. In effetti sul piano
ha adulato quand’era potente né l’ha oltraggiato artistico l’ode non è paragonabile ad opere coeve co-
quando rimase sconfitto (come avevano fatto gli altri me il coro dell’atto III dell’Adelchi o Marzo 1821.
intellettuali), esprime ora il suo giudizio, che è del 2. Egli dà un giudizio durissimo sugli intellettuali,
tutto positivo. Il genio militare di Napoleone si di- che hanno celebrato Napoleone quando era vincitore
spiegò in tutta Europa. Fu vera gloria? Il poeta sem- e l’hanno oltraggiato quando fu sconfitto. La stessa
bra lasciare ai posteri il compito di dare il difficile condanna si trova anche nei Promessi sposi.
giudizio (in realtà lo dà alla fine dell’ode). Napoleone 3. Manzoni immagina che Napoleone alla fine della
dominò due secoli e con le sue armate diffuse gli vita sia stato toccato dalla fede: come era successo a
ideali della rivoluzione francese (fraternità, ugua- lui e come succederà all’Innominato. La fede manzo-
glianza e libertà, e patria). Questo è stato il compito niana però non è soffocante né totalitaria né integrali-
che la Provvidenza, di cui era strumento, gli ha fatto sta né apologetica. Essa tiene presente anche altri
svolgere. Dopo la gloria militare sui campi di batta- punti di vista – quello politico, economico, sociale
glia, egli si sentì oppresso dai ricordi nella piccola ecc. –, che cerca di inquadrare in una visione più va-
isola di Sant’Elena, e fu preso dalla disperazione. A sta, organica ed onnicomprensiva dell’uomo e della
questo punto però su di lui discese la Fede, che lo av- storia.
viò per i sentieri della speranza, ai campi eterni, dove 4. Manzoni quindi dà di Napoleone un duplice giudi-
non ha alcun valore la gloria militare che ha conqui- zio: terreno (Napoleone raggiunse la più grande glo-
stato sulla terra (questo è il giudizio del poeta). E, ria terrena e, strumento della Provvidenza divina, dif-
mentre gli uomini mostrano di averlo già dimenticato, fuse gli ideali della Rivoluzione francese – e del Van-
Dio viene al suo capezzale, per fargli la veglia fune- gelo –, oltre che l’ideale di patria), ma anche ultrater-
bre. reno (Dio volle stampare in Napoleone il simbolo più
grande della sua potenza creatrice; in cielo la sua glo-
Commento ria militare non ha alcun valore). Il giudizio politico e
1. Manzoni usa versi facili e orecchiabili, perché sol- quello religioso si fondono nella conversione spiritua-
tanto in essi poteva incanalare la sua fretta di espri- le che coinvolge anche Napoleone (e che aveva già
mere il suo giudizio su Napoleone: l’ode è scritta in toccato il poeta).
soli tre giorni, un tempo brevissimo rispetto ai tempi 5. È condivisibile il giudizio di Manzoni su Napoleo-
ne? Il giudizio è indubbiamente articolato, ma resta il
giudizio di un credente appena convertito. Napoleone
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ha effettivamente dominato due secoli, come il poeta 6. Piuttosto non si vede la “mano lunga” della rivolu-
dice. E la sua grandezza si sente ancora oggi: le sue zione francese: essa inventa l’ideale di patria, che poi
vittorie militari furono davvero fulgide e le sue rifor- attecchisce ed infiamma la storia europea dal 1816 al
me (il Codice napoleonico e, al limite, anche lo scio- 1870. Il Congresso di Vienna pensa di riportare indie-
glimento degli ordini religiosi) furono davvero oppor- tro le lancette dell’orologio, risistema l’Europa in ba-
tune ed efficaci. Ma non si devono dimenticare (come se al principio di legittimità e di equilibrio e dimenti-
si fa nella partita doppia) i costi, da segnare in rosso. ca che ormai l’ideale di patria era diffuso tra i popoli.
Ad esempio l’Europa è travolta da 18 anni di guerre Ed essi fanno sentire la loro voce. La storia degli Stati
napoleoniche (e da 26 anni di guerre rivoluzionarie), tradizionali, che aggregavano più popoli, si conclude.
che hanno fatto circa tre milioni di morti, 15.000 a Scoppiano le insurrezioni nazionali o nazionalistiche.
Marengo in mezza giornata (1797), 9.000 tra morti, Nel 1821-29 la prima: la Grecia contro il dominio
feriti e prigionieri francesi, e 25-27.000 morti e feriti turco. Nel 1876 l’ultima: i bulgari contro il dominio
e oltre 12.000 prigionieri dell’armata austro-russa ad turco. Oggi si continua su questa linea: i contrasti sto-
Austerlitz (1805), circa 520.000 nella campagna di rici tra fiamminghi e valloni; il crollo della Jugoslavia
Russia in quattro mesi (24.07-12.12.1812), 447.000 a e le guerre tra etnie, la scissione della Cecoslovac-
Waterloo (1815) in tre giorni. Magari i soldati erano chia, i contrasti in Kosovo, il tentativo della Catalo-
contenti di questa vita: non si annoiavano, si identifi- gna di separarsi da Madrid.
cavano nelle vittorie del loro generale, provavano for- 7. Era stato più prudente Dante che in Pd VI fa dire
ti emozioni, potevano ammazzare (ed essere ammaz- all’imperatore Giustiniano che il simbolo dell’Impero
zati), anche rubare e stuprare: ottimi passatempi per era stato portato da Roma a Costantinopoli contro il
una vita degna d’essere vissuta. Certamente non am- volere del cielo. Così almeno dava agli uomini (e al
miravano Napoleone i 100.000 o più cattolici della loro libero arbitrio o libertà di scelta) la colpa degli
Vandea incatenati ed affogati (1793-94) e neanche gli errori commessi. E che in molti canti sostiene la tesi
spagnoli o i tedeschi o gli austriaci o i russi schiaccia- che i disegni di Dio sono imperscrutabili. E se ne lava
ti militarmente e oppressi politicamente. In diversi le mani.
paesi del Lazio sulle case c’è un cippo commemora- ---I☺I---
tivo: i locali hanno preferito bruciare vivi con le loro
capanne, piuttosto che arrendersi ai soldati francesi. I promessi sposi, 1840-42
Se questo è il prezzo che si è disposti a pagare o al- Con I promessi sposi (1821-23, 1824-27, 1840-42)
meno che Manzoni è disposto a pagare, allora Napo- Manzoni riprende la formula del romanzo storico,
leone è un inviato del cielo e della Divina Provviden- che aveva avuto un grande successo con i romanzi
za. Eppure non si deve dimenticare che nel 1792 i ri- avventurosi e popolari dell’inglese Walther Scott
voluzionari scelgono la via della guerra per far vince- (1771-1832). Tale tipo di romanzo è costituito da due
re la rivoluzione, e attaccano gli Stati confinanti. E parti: a) una parte storica, effettivamente avvenuta,
tirano fuori una giustificazioni di successo, che è che fa da sfondo; e b) una parte inventata, ma vero-
chiaramente pretestuosa: vogliono esportare la rivo- simile – cioè che poteva effettivamente essere acca-
luzione o la democrazia, anche se nessuno aveva loro duta –, che si inserisce sullo sfondo storico. La parte
chiesto di farlo. Gli Stati invasi non condividono né storica è costituita dalla Lombardia del Seicento
apprezzano tale giustificazione. Con il senno di poi si (1630-32), dominata dal malgoverno spagnolo. La
può anche notare che tale pretesto è stato usato parte inventata è la trama del romanzo: le vicende di
dall’URSS per dominare l’est europeo, e che è nor- Renzo e Lucia, che incontrano un ostacolo al loro
malmente usato dagli USA per invadere anche la più matrimonio. L’autore compie due operazioni estre-
remota parte del mondo. E non occorre il senno di poi mamente innovatrici: a) inserisce i fatti storici come
per dire che l’esportazione di qualcosa fa gli interessi la vicenda inventata in una visione religiosa e provvi-
dell’esportatore e non dell’importatore coatto; e che i denziale della vita e della storia umana; e b) sceglie
valori esportati, ad esempio i sedicenti “diritti uma- come protagonisti gli “umili” del Vangelo, e dal loro
ni”, di cui va tanto fiero tutto l’Occidente, sono sol- punto di vista vede la vita umana e i grandi avveni-
tanto modi o valori o strumenti, inconsapevoli o me- menti storici. L’opera quindi rispecchia le convinzio-
no, in buona o in cattiva fede non importa, capaci sol- ni religiose e politiche dell’autore. Il romanzo però
tanto di sconvolgere e di far collassare gli Stati che se mostra uno spaccato dell’intera società del tempo,
li vedono imporre. Il motivo del collasso è facile da dalle classi nobili al popolo. E presenta un modello di
individuare: lo Stato sconfitto si fonda ed è organiz- lingua italiana, che al tempo non esisteva e che dove-
zato su altri valori. La società dell’India si basa su 12 va unificare linguisticamente l’Italia, che allora cono-
caste: importarvi l’idea di uguaglianza e i sedicenti sceva anche questa divisione, oltre a quella politica
“diritti umani” significa stravolgerla, provocare enor- ed economica. Questo è il senso dell’impegno ven-
mi conflitti sociali e giungere alla guerra civile. Cer- tennale profuso dall’autore nella revisione del testo.
tamente l’Europa è cambiata ed è migliorata con e
dopo le guerre napoleoniche, ma è ovvio, è un giudi- L’opera è riassunta e commentata in modo più artico-
zio dato poi e con il senno di poi: i dissidenti sono lato in
stati spazzati via e non hanno più voce in capitolo.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 368
http://www.letteratura- desunti dalla sua formazione illuministica e dalla sua
italia- fede religiosa; d) porre le basi di una letteratura atten-
na.com/pdf/letteratura%20italiana/08%20MANZONI%20Promes ta alle classi popolari e di una lingua nazionale valida
si%20sposi.pdf per tutte le regioni d’Italia e per tutte le classi sociali.
2. Come intellettuale e come letterato egli quindi cer-
E in ca di rispondere ai problemi politici, religiosi e sociali
http://www.letteratura- avanzati dalla società del suo tempo. Questo è il sen-
italia- so della sua durissima polemica contro il malgoverno
na.com/pdf/letteratura%20italiana/14%20Scrittura%20creativa.pd spagnolo, che spadroneggia in Italia, e contro gli in-
pp. 426-31. tellettuali vuoti, disimpegnati o al servizio del potere
dominante come l’avvocato Azzeccagarbugli o don
Riassunto. Renzo e Lucia sono due giovani di un pae- Ferrante. Questo è ancora il senso della revisione lin-
se vicino a Lecco in procinto di sposarsi. Il curato del guistica a cui egli sottopone il romanzo prima della
paese, don Abbondio, è però minacciato da un signo- pubblicazione definitiva. Lo scrittore elimina dialetti-
rotto del luogo, don Rodrigo, a non celebrare il ma- smi e barbarismi, e nella costruzione di una lingua
trimonio. La madre di Lucia, Agnese, propone un ma- valida per tutta la nazione prende come riferimento il
trimonio di sorpresa, che fallisce. I due giovani sono fiorentino del suo tempo parlato dalle classi medie. In
così costretti a separarsi. Renzo va a Milano, dove fi- tal modo egli continua l’opera di costruzione lingui-
nisce in un subbuglio di piazza, si mette nei guai ed è stica iniziata dai grandi scrittori del Trecento (Dante,
costretto a fuggire precipitosamente e a riparare nel Petrarca, Boccaccio) e continuata nei secoli successi-
territorio di Bergamo, allora sotto la Repubblica di vi da altri scrittori fiorentini o toscani (Machiavelli,
Venezia. Lucia, su consiglio del padre spirituale fra’ Galilei e la scuola galileiana) come da scrittori di al-
Cristoforo, si rifugia in un convento a Monza, sotto la tre regioni d’Italia (Ariosto, Tasso, Metastasio) che
protezione di una monaca. Qui però è rapita dai bravi prendono a modello la lingua di Firenze. Con il ro-
dell’Innominato, un potente signorotto dei dintorni, a manzo Manzoni pone le basi per l’unità linguistica
cui don Rodrigo aveva chiesto aiuto. Nel castello la nazionale e per l’italiano moderno.
ragazza, schiacciata dall’angoscia, fa voto di non spo- 3. Nel romanzo sopra le vicende umane appare la
sarsi. La sua presenza però provoca nell’Innominato presenza della Provvidenza, che interviene e che sa
la definitiva crisi religiosa, che maturava ormai da trarre il bene anche dal male. L’opera ha un lieto fine
tempo. Egli si converte grazie anche all’intervento (com’era consuetudine nei romanzi dell’Ottocento),
del cardinale Federigo Borromeo. Lucia è quindi libe- perché Renzo e Lucia si sposano; ed ha anche una
ra. Intanto, portata da bande di soldati di passaggio, si conclusione “morale” o didattica, che l’autore trae,
diffonde la peste, che miete centinaia di vittime in scusandosi se con essa annoia il lettore. Il lieto fine
tutta la regione. Renzo coglie l’occasione della peste però non è scontato: i due protagonisti hanno dovuto
per ritornare prima nel suo paese, poi a Milano, per affrontare molte difficoltà e molte prove prima di po-
cercare Lucia. La trova nel lazzaretto, dove cura i ma- tersi sposare. Hanno dovuto avere fede. La fede fa
lati. Qui trova anche don Rodrigo, che sta morendo. vedere la vita con fiducia, ma non cambia la durezza
La rabbia verso il prepotente si trasforma in perdono della vita. Le prove della vita sono effettive e lascia-
verso il moribondo. Il problema del voto è sciolto da no il segno: padre Cristoforo muore, muoiono anche
padre Cristoforo, anche lui presente nel lazzaretto ad don Rodrigo ed il conte Attilio, muoiono anche nu-
assistere i malati. Di lì a poco un temporale prean- merosi compaesani. La peste è spietata, non distingue
nunzia la fine della peste. I due giovani si possono i buoni dai cattivi.
così sposare: Renzo si dedica al suo lavoro di artigia- 4. Con Dante Manzoni divide non soltanto l’impegno
no, Lucia ai figli che arrivano. Renzo vuole trarre una di costruire una lingua nazionale, ma anche la visione
morale dalle sue disavventure: egli ha imparato a non provvidenziale della storia. Il poeta fiorentino l’aveva
ubriacarsi e a non fare discorsi in piazza. Lucia, più espressa in particolare in Pd VI, dove l’imperatore
riflessiva, ha imparato invece che i guai le sono cadu- Giustiniano traccia la storia dell’Impero dall’incendio
ti addosso anche se non li ha cercati, e tuttavia la fi- di Troia fino a fine Duecento. È meglio però non pro-
ducia in Dio li ha resi più tollerabili e l’hanno spinta seguire il confronto tra i due intellettuali: Dante è lo
verso una vita migliore. scrittore professionista, che ha alle spalle una visione
europea della cultura e dei problemi politici, Manzoni
Commento è il dilettante che scrive a tempo perso e che ha anco-
1. Con il romanzo Manzoni si propone molteplici ra una visione limitata e provinciale dei problemi.
scopi: a) scegliere come protagonisti due esponenti 5. Un confronto ancora più distruttivo è quello di
del popolo, precisamente due piccoli artigiani di pro- Manzoni e del suo romanzo con i coevi scrittori fran-
vincia, sulla spinta di idee illuministiche e democrati- cesi, ad esempio con Alexandre Dumas padre, che in
che; b) inserire la loro vicenda in un contesto sociale quegli anni pubblica Il conte di Montecristo (1844-
e storico più vasto, tanto da dare uno spaccato storico 45). Il confronto degli inizi dei due romanzi è suffi-
della società lombarda nei primi decenni del Seicen- ciente. Dumas presenta il protagonista che sta arri-
to; c) proporre ideali civili, sociali, religiosi, politici, vando sulla nave e che pensa al prossimo matrimonio.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 369
Manzoni inizia con “Quel ramo del lago di Como…” male. Doveva proseguire con un’altra scena. Ad
che non finisce mai e diventa un oceano, dove il letto- esempio quello che in quel momento faceva un altro
re affoga. Egli vuole costruire una nuova lingua ita- personaggio del romanzo. Insomma doveva prosegui-
liana, ma dimentica il presupposto fondamentale che re con una scena che attirasse l’attenzione del lettore
la lingua si usa quotidianamente. E nel romanzo co- e mantenesse intensa l’emozione e la curiosità verso
struisce una lingua che è una lingua letteraria e per quel che sarebbe successo al curato.
letterati. Non per il popolo né per gli uomini che vuo- 9. Anche la conclusione moralistica disturba: è troppo
le portare sulla scena e che poi deride (Tonio e Ger- esplicita, non è stata trasformata in avventura. Anche
vaso hanno un cervello in due, il sarto vuole escogita- Dumas ne Il conte di Montecristo fa didattica per il
re una frase che gli faccia fare bella figura agli occhi lettore. Ma essa è sempre fusa con gli episodi narrati,
del vescovo). Ben altra cosa gli altri scrittori italiani non è mai resa esplicita. Lo scrittore non si mette mai
come Ippolito Nievo, Giovanni Verga, Giovanni Pa- in cattedra. Sarebbe un comportamento fastidioso e
scoli, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Dino pure sbagliato. Si mescola sempre tra i personaggi. È
Buzzati, tutti scrittori di mestiere. Anche Buzzati cura invisibile. E ugualmente si identifica o si nasconde
la lingua ne Il Deserto dei Tartari (1940) ed è da con- nel punto di vista del lettore. Manzoni invece dalla
siderare uno scrittore che vuole fare letteratura, ma il cattedra guida il suo lettore per tutto il corso del ro-
suo italiano è ben altra cosa rispetto al linguaggio an- manzo, dal ritrovamento del manoscritto alla morale
cora aulico e ciceroniano o boccacciano di Manzoni. finale.
6. Lo scopo edificante del romanzo disturba il lettore 10. I limiti del romanzo rispecchiano i limiti della so-
dall’inizio alla fine. E anche i continui commenti det- cietà del tempo: l’Italia – o gli Staterelli italiani – sta-
tati dal buon senso dello scrittore, che però normal- va a guardare, mentre gli altri Stati europei erano at-
mente non coincide con il buon senso del lettore. tori della storia contemporanea. Gli altri Stati poi
L’osservazione che fa sul commerciante che vuol di- avevano scrittori di professione che vivevano scri-
menticare le sue origini – è la stessa cosa vendere e vendo. L’Italia non ha uno sviluppo economico che
comperare tessuti – è stupida e dimostra la sua inca- ne giustifichi l’esistenza. Nel 1911, quindi molti de-
pacità di capire il Seicento, la società del Seicento, la cenni dopo, il vicentino Emilio Salgari (1862-1911)
società in sé e i valori sociali. Stessa cosa per la sua si suicida perché i romanzi che scriveva non gli per-
ironia verso i titoli nobiliari spagnoli lunghi chilome- mettevano una vita decente (e perché truffato da edi-
tri: se esistono, vuol dire che hanno una giustificazio- tori disonesti). Ma neanche i suoi romanzi d’avven-
ne. Stessa cosa per il ritratto caricaturale di don Ab- tura esotica e piratesca reggono il confronto con uno
bondio agli inizi del romanzo: si era fatto prete per scrittore contemporaneo come Jules Verne (1828-
avere pane e companatico sicuri. Ognuno ha i suoi 1905).
problemi e i suoi valori, il curato i suoi, e le scelte ------------------------------I☺I-----------------------------
vanno rispettate. Con queste osservazioni non si vuol
dire che ironia e sarcasmo non si possano fare. Si
vuol dire che devono essere fatti in modo adeguato e
rispettando il presupposto di ogni romanzo (almeno)
del tempo: proporre l’avventura, portare il lettore a
contatto con il mondo, far sì che il lettore si identifi-
casse con il o i personaggi.
7. Nel caso di don Abbondio come nel caso del sarto
l’errore narrativo era facile da emendare: si abbando-
nava il punto di vista e la valutazione dall’esterno e si
vedeva il problema con gli occhi del protagonista,
con un punto di vista dall’interno. Egli come il lettore
deve affrontare il dramma della scelta: quale profes-
sione o mestiere o missione fare, per sbarcare il luna-
rio. E soppesare i pro e i contro di ciascuna soluzione.
Così il lettore si immedesimava e apprezzava.
8. Come le interferenze morali o moralistiche, anche
le interferenze storiografiche sono del tutto inoppor-
tune: vanno eliminate. Lo scrittore si informa sul pe-
riodo storico, ma poi fa confluire nel romanzo le sue
informazioni. Anche qui si può muovere allo scrittore
la stessa accusa: non ha trasformato i passi storiogra-
fici in romanzo e in avventura. Ma si poteva fare.
Una delle interruzioni più infelici è agli inizi del ro-
manzo: l’autore rimanda l’incontro di don Abbondio
con i bravi per fare una lunga digressione storica. In
tal modo raffredda la situazione e il lettore ci resta
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 370
Giuseppe Gioachino Belli (1791- signori villani bricconi; e zitto.
1863) Io faccio dritto lo storto e storto il dritto:
posso vendervi tutti un tanto al mazzo:
La vita. Giuseppe Gioachino Belli nasce a Roma nel io, se vi voglio impiccare, non vi strapazzo,
1791. La famiglia è coinvolta nella rivoluzione del perché la vita e la roba io ve le affitto.
1798. Egli non dimenticò mai la miseria e la paura di
quel periodo. Rimasto orfano, entra nell’ammini- Chi abita a questo mondo senza il titolo
strazione pontificia grazie all’interessamento di alcu- o di Papa o di Re o d’Imperatore,
ni parenti. Nel 1810 i francesi lo esonerano dall’in- quello non può mai avere voce in capitolo”.
carico. Il matrimonio con la vedova del conte Picchi
(1816) gli dà una certa agiatezza. Dopo il 1828 inizia Con questo editto andò in giro il boia come banditore,
a comporre i sonetti in romanesco, che alla fine di- chiedendo a tutti che ne pensassero;
ventano circa 2.000. Nel 1841 ottiene un impiego nel e tutti risposero: “È vero, è vero”.
Debito pubblico. È fortemente avverso alla Repubbli-
ca romana (1849). Nel 1852 ha l’incarico di esercitare Commento
la censura dal punto di vista morale sulle opere teatra- 1. “Non vi strapazzo”, cioè non vi faccio alcun torto.
li in prosa e in musica. Alcuni suoi giudizi sono così ---I☺I---
retrivi, che mettono in difficoltà lo stesso governo
pontificio. Muore nel 1863. Er caffettiere fisolofo
La poetica. Belli costituisce un problema interpretati- L’ommini de sto Monno sò ll’istesso
vo: ufficialmente è più retrivo del governo papale, in che vvaghi de caffè nner mascinino:
privato esprime con violenza distruttiva e dissacrato- c’uno prima, uno doppo, e un antro appresso,
ria gli umori del popolo minuto. Nei sonetti l’autore tutti cuanti però vvanno a un distino.
non è più se stesso: diventa i personaggi che fa parla-
re. Non denuncia dall’esterno il degrado del popolo Spesso muteno sito, e ccaccia spesso
minuto. Diventa egli stesso popolo che urla contro la er vago grosso er vago piccinino,
degradazione propria e contro l’oppressione del pote- e ss’incarzeno tutti in zu l’ingresso
re costituito, ma che non può fare niente per cambiare der ferro che li sfraggne in porverino.
la realtà.
---I☺I--- E ll’ommini accusì vviveno ar Monno
misticati pe mmano de la sorte
Li soprani der monno vecchio che sse li ggira tutti in tonno in tonno;
C’era una vorta un Re cche ddar palazzo e mmovennose oggnuno, o ppiano, o fforte,
mannò ffora a li popoli st’editto: senza capillo mai caleno a ffonno
«Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, pe ccascà nne la gola de la Morte.
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.
Il caffettiere filosofo
Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo: Gli uomini di questo mondo sono lo stesso
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo, che chicchi di caffè nel macinino:
ché la vita e la robba Io ve l’affitto. che uno prima, uno dopo e uno di seguito,
tutti quanti però vanno a un unico destino.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore, Spesso mutano luogo, e spesso il chicco grosso
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo». caccia il chicco più piccolo, e si spingono
tutti sull’ingresso del ferro che li riduce in polvere.
Co st’editto annò er Boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore; E gli uomini così vivono al mondo
e arisposeno tutti: «È vvero, è vvero». Rimescolati per mano della sorte
21 gennaio 1832 - De Pepp’er tosto Che se li gira tutti in tondo in tondo;
Va, pensiero, sull’ali dorate, Va’, o mio pensiero, sulle ali dorate,
va, ti posa sui clivi, sui colli, va’, e posati sui pendii e sui colli,
ove olezzano (=profumano) tepide e molli dove profumano tiepide e molli
l’aure dolci del suolo natal! le arie dolci della terra natale!
Del Giordano le rive saluta, Saluta le rive del Giordano
di Sionne le torri atterrate. e le torri abbattute di Sion (=Gerusalemme).
O mia Patria sì bella e perduta, O mia Patria così bella e [ora] perduta,
o membranza (=ricordo) sì cara e fatal! o ricordo così caro e fatale!
Arpa d’or dei fatidici vati O arpa d’oro dei nostri profeti,
perché muta dai salici pendi? perché pendi muta dai salici?
Le memorie nel petto riaccendi, Riaccendi le memorie nel petto,
ci favella (=cantaci) del tempo che fu! cantaci del tempo che fu (= tempo felice)!
O simile di Solima (=Gerusalemme) ai fati O arpa, fai risuonare un cupo lamento
traggi un suono di cupo lamento simile alla sorte di Gerusalemme!
oh t’ispiri il Signore, un concento Oh, il Signore ti ispiri un canto corale,
che ne infonda al patire virtù, che infonda coraggio alla nostra sofferenza,
che ne infonda al patire virtù, che infonda coraggio alla nostra sofferenza,
al patire virtù! coraggio alla nostra sofferenza!
---I☺I--- ---I☺I---
Commento Se volete la libertà dall’oppressione straniera, dovete
1. Il coro affronta il problema della patria in termini impugnare le armi e cacciare l’oppressore. Manzoni è
universali: ogni popolo dev’essere libero. Il testo non un intellettuale brutale e sincero, che chiama le cose
va letto (il testo è modestissimo, di una insignificanza con il loro nome. La tragedia è ambientata nel 774: il
assoluta), va ascoltato o ancor meglio cantato: il mo- papa, insidiato dai longobardi, chiama in Italia i fran-
do corretto per capirlo e apprezzarlo è sentirlo cantare chi contro di loro. E i franchi li sconfiggono.
“in coro” i cantarlo “in coro”. E la musica di Verdi è 7. Molti termini sono “alti”, come voleva la cultura
possente. del tempo: olezzano, Sionne, [ri]membranza, fatal,
2. L’autore del testo è il poeta Temistocle Solera arpa d’or, favella (ind. pres., 3a sing., verbo favella-
(1815-1878), che scrisse i versi ispirandosi al Salmo re), Solima, concento, virtù. Pure i troncamenti delle
137 della Bibbia, Super flumina Babylonis (Sui fiumi parole.
di Babilonia). -----------------------------I☺I-----------------------------
3. Il concento della strofa finale significa: “un armo-
nioso accordo di più voci o suoni”, un “canto corale”.
4. Il contesto del coro è questo: gli ebrei sono in esi-
lio a Babilonia e con il pensiero ritornano a casa, alla
patria perduta. E provano un acuto senso di nostalgia.
5. Una osservazione: intellettuali, borghesi e nobili
vanno a teatro, il popolo analfabeta o semi-analfabeta
no. Il suo problema quotidiano era banalmente avere
cibo sufficiente. La frattura sociale della popolazione
era un ulteriore problema per il presente come per il
futuro: intellettuali, borghesi e commercianti avevano
interessi economici se si realizzava l’unità nazionale,
la popolazione minuta molto di meno, era anzi dan-
neggiata con l’aumento delle tasse (l’unificazione
aveva avuto costi notevoli) e la leva obbligatoria di
sette anni (1870).
6. Il coro va confrontato con Alessandro Manzoni,
Adelchi, atto III, coro: gli italici vedono i longobardi
messi in fuga dai franchi e sperano che i franchi siano
venuti a liberarli. Il poeta li disillude: il novo arrivato
si allea con l’antico ed ora avrete due oppressori.
Va fuori d’Italia,
va fuori ch’è l’ora,
va fuori d’Italia,
va fuori, o stranier!
---I☺I---
Commento
1. Come gli altri, il canto è semplice, elementare, i
versi sono brevi e orecchiabili. Ma sembra di essere
al giudizio universale o a una levata di zombie.
2. Anche questo canto risorgimentale è impregnato di
religione: le tombe si scoprono e i morti si alzano,
come nel giudizio universale di Luca Signorelli o di
Michelangelo Bonarroti. I martiri è un altro termine
religioso, che indica solamente i testimoni. D’altra
parte il Cristianesimo era diffuso in tutta Italia e an-
che in Europa.
3. “Il ferro” indica le armi, la spada e la baionetta. I
soldati andavano all’assalto frontale del nemico con
la baionetta innestata. C’erano i cannoni e i fucili, ma
i secondi facevano pochi danni: si caricavano per la
canna e l’operazione richiedeva qualche minuto. Il
primo fucile efficiente è lo Chassepot francese a re-
trocarica, che permette ai francesi di sconfiggere i ga-
ribaldini a Mentana, vicino a Roma (1867). Aveva
una portata utile di m 1.200. I combattimenti cessano
di essere all’arma bianca. O almeno dovrebbero ces-
sare. E invece no: la prima guerra mondiale (1914-
18) inizia ancora con questa strategia. E dall’altra
parte c’erano i nidi di mitragliatrici, che falciavano i
soldati all’attacco. Una carneficina, ripetuta infinite
volte.
4. “Gli allori alle chiome” sono il ricordo dei successi
militari di Roma antica. I generali vincitori si mette-
vano una corona d’alloro in testa.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 384
Paolo Giorza (1832-1914), La bella parola a lei, che racconta la sua storia: inizia a farsi
Gigogin, 1858 corteggiare a 15 anni, si sposa a 16, si separa a 17.
Lei parla e lui commenta: “Daghela avanti un passo,
Rataplan! Tamburo io sento Delizia del mio core!”. Ritorna a parlare lui: la bella
che mi chiama alla bandiera. Gigogin viene alla finestra, è tutta abbellita, dice che
Oh che gioia, oh che contento, è ammalata, ma lo dice perché non vuol mangiare po-
io vado a guerreggiar! lenta. Bisogna avere pazienza e lasciarla maritare.
Maritarsi è vantaggioso, perché si può esplorare quel
Rataplan! Non ho paura boschetto (=il monte di Venere), dove i due andranno
delle bombe e dei cannoni, a riposare, a farsi una frullata.
io vado alla ventura, 2. In realtà la canzone ha un significato simbolico fa-
sarà poi quel che sarà. cile da capire. Gigogin è il diminutivo piemontese di
Teresina ed era usato dai carbonari per indicare
E la bela Gigogin l’Italia. Qui significa anche “Vittorio Emanuele II”.
col tromilerilerela, Lo “spincin” (sposino, da “sping”, “spingere”, ma nel
la va a spass col sò spincin (=corteggiatore), senso di “corteggiare con insistenza”) è l’imperatore
col tromilerilerà. francese Napoleone III, al quale è richiesto di stringe-
re alleanza (“maritarsi”). Il tema principale del canto
“Di quindici anni facevo all’amore. è quindi l’invito rivolto a Vittorio Emanuele II di
Daghela [e] avanti un passo, concludere il “matrimonio”, cioè l’alleanza, con
delizia del mio core! l’imperatore francese, e di “fare avanti un passo”, un
A sedici anni ho preso marito. passo in avanti, per liberare l’Italia dallo straniero, in
Daghela [e] avanti un passo, questo caso l’impero asburgico.
delizia del mio core! 3. “Daghela avanti un passo, Delizia del mio core!”:
A diciasette mi sono spartita (=l’ho lasciato). “Dagliela, e avanti un passo”, cioè “Dagliela, fai
Daghela [e] avanti un passo, l’alleanza, e facciamo un passo in avanti” nella libe-
delizia del mio core!” razione dell’Italia. È caduta la congiunzione. Il dop-
pio senso è garbato: “Dagliela (in sposa)” e/o “Da-
La ven (=Lei viene), la ven, gliela (=la vagina)!”
la ven alla finiestra. 4.Il protagonista va subito al sodo, prima le bacia il
l’è tutta, l’è tutta, bel visetto, poi… Cium, cium, cium! Sbatte tra loro i
l’è tutta insipriada (=incipriata). piatti, il cui rumore ha un’assonanza con il lombardo
la dis, la dis (=lei dice), ciulare, che significa frullare, avere rapporti sessua-
la dis che l’è malada li. E continua il doppio senso: “Là più in basso, là più
per non, per non, in basso, in quel boschetto”, cioè “appartati tra gli al-
per non mangiar polenta (=gli asburgici), beri laggiù”, ma il boschetto indica normalmente an-
Bisogna, bisogna, che il “monte di Venere” e la vagina. In quel boschet-
bisogna avè (=aver) pazienza, to quindi loro due andranno a riposare. La bella Gi-
lassàla, lassàla (=lasciarla maritare), gogin – le voci sono incontrollabili – accompagnava
lassàla maridà (=sposarsi). l’esercito piemontese come portaordini e/o come cro-
cerossina. E non si faceva problemi ad allietare i sol-
Le baciai, le baciai il bel visetto. dati. Erano tutti giovani e forti, lontani da casa e bi-
Cium, cium, cium! sognosi di consolazione e di affetto.
La mi disse, la mi disse: – Oh che diletto, 5. La canzone è ben diversa dalle altre canzoni risor-
Cium, cium, cium! gimentali, interamente concentrate sull’impegno pa-
Là più in basso, là più in basso in quel boschetto, triotico e militare. Fa parte delle canzoni popolari,
Cium, cium, cium! che si cantano e ballano di sera nei giorni di festa. Ha
andrem, andrem a riposar. pure una caratteristica “in più”: è bilingue, mescola
Ta-ra-ra-tà-tà. italiano e dialetto, cultura ufficiale e cultura popolare.
---I☺I--- Ed anche parole sensate e suoni-rumori. C’è pure la
sorpresa finale. Lui è in calore e la bacia, ma è lei che
Commento prende l’iniziativa e lo porta in quel boschetto tra gli
1. C’è anche chi ci scherza sulla guerra risorgimenta- alberi e sotto il monte di Venere, a fare Cium, cium,
le e ci infila una ragazza, la bella Gigogin. Il protago- cium, sani colpi di reni… Brava ragazza!
nista ascolta il tamburo che lo chiama alle armi. Egli 6. La bella Gigogin ha un grandissimo successo, tan-
è contento di andare a fare la guerra. E va in guerra to che anche le bande militari asburgiche avevano
senza pensarci troppo: va alla ventura, e “sarà poi imparato a suonarla. Quando si trovarono a Magenta
quel che sarà”. E pensa subito alla “bella Gigogin”, di fronte alle truppe francesi, gli asburgici intonano la
che va a spasso (o fa una passeggiata) con il suo in- canzone per andare all’assalto. I francesi degli zuavi
namorato o corteggiatore o spasimante. E poi passa la risposero con il ritornello “Daghela avanti un passo”,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 385
prima di sconfiggere il nemico al suono della stessa le sussurrai stringendola al mio cuor:
canzone. La battaglia di Magenta fu combattuta il 4 “Non piangere, amor mio,
giugno 1859 fra 55.000 austriaci e 47.000 franco- chi muore per la Patria, no, non muor!”
piemontesi. Quando l’8 giugno Vittorio Emanuele II “Va’ pure, disse, ti salvi Iddio,
e l’imperatore francese entrarono vincitori in Milano ma se non torni al fianco mio
e sfilarono sotto l’Arco della Pace in corso Sempione, anch’io morrò, lo giuro sul mio onore,
la canzone fu intonata dalla banda militare. A Italia io morirò per te, mio dolce amore!”
unificata qualcuno la propose come inno nazionale. ---I☺I---
Resta l’inno ufficiale dei bersaglieri.
-----------------------------I☺I----------------------------- Commento
1. Questa canzone, tipicamente bersaglieresca, è
La stella dei soldati, 1866 composta da Antonio Genise e musicata da Giuseppe
Lama nel 1915. È diffusa in due versioni, per uomo e
Bella bambina, per donna. Ha subito una grande diffusione e diventa
capricciosa garibaldina, uno dei pezzi più suonati delle fanfare del tempo. È
tu sei la stella, un canto in cui si riversa tutto l’impeto dei bersaglie-
tu sei la bella di noi soldà. ri.
2. Essa non appartiene al primo Risorgimento (1848-
Tu sei bambina, 1870), ma alla prima guerra mondiale. E tuttavia
bella bionda garibaldina, mantiene ancora lo spirito risorgimentale. Il tempo
tu sei la bella, passa, ma la cultura no. L’Italia non riesce a rinno-
tu sei la stella di noi soldà. varsi e il primo Risorgimento diventa un mito intoc-
cabile e dogmatico, fortemente ritoccato e romanzato,
Commento abbandonato soltanto dopo il 1975. Sulla stessa linea
1. La “bella bambina” sicuramente non era una bam- si muovono alcuni storici che interpretarono la prima
bina, era una inserviente della cucina o una croceros- guerra mondiale come la quarta e ultima guerra
sina. Era una garibaldina capricciosa, perché non si d’indipendenza. Erano in ritardo di 60 anni, mentre il
concedeva (i soldati erano troppi…) ed è la stella dei resto dell’Europa era andato avanti e combatteva per
soldati, era ammirata e corteggiata dai soldati, che il dominio sul mondo (1870-1915, l’Età degli impe-
non vedevano altre donne. I garibaldini indossavano rialismi europei).
una camicia rossa, proprio come gli operatori della 3. Ci sono due voci: del bersaglieri e, alla fine, della
“Croce rossa”. ragazza, che risponde. Da notare anche le tre ripeti-
2. “Bella bambina” è anche un complimento (nel zioni del primo verso (“Addio, mia bella, addio”) e le
1866 i soldati erano analfabeti o giù di lì) e implica quattro parole tronche (in azzurro), derivate dalla tra-
un discorso esplicito di questo tipo: “tu sei bella e tu dizione poetica “alta”. Lo scrittore è un letterato pro-
sei una bambina, ma io ti posso proteggere, vieni vetto.
dunque da me, accetta il mio amore”. 4. La canzone è scritta nel 1915, agli inizi della guer-
-----------------------------I☺I----------------------------- ra, ma sembra ancora una canzone risorgimentale. La
cultura cambia lentamente o non cambia proprio. Era
Antonio Genise, L’addio del bersagliere, pure opinione comune di tutti gli stati maggiori che la
1915 Guerra fosse come l’ultima, combattuta tra Francia e
Prussia nel 1870. Un’illusione.
“Addio, mia bella, addio” 5. La canzone va confrontata con Carlo Alberto Bosi
io dissi nel partire al mio tesor: (1813-1886), Addio, mia bella, addio, 1848, poco più
“Ti lascio il cuore mio, sopra. E anche con la sezione L’anti-Patria: le can-
m’aspetta il Re sul campo dell’onor!” zoni dei soldati della prima guerra mondiale, più
Essa piangeva e sospirava, sotto. Le classi popolari sono del tutto estranee allo
mentre la bocca io le baciava. spirito patriotardo, ma sostengono il peso più sangui-
Sul petto avevo il nastro tricolore noso della prima guerra mondiale.
e dentro il core il sogno dell’amore!... -----------------------------I☺I-----------------------------
“Addio, mia bella, addio”
cantava nel partir la gioventù.
E nel partire anch’io,
“chi sa, pensavo, se ritorno più”
Ora son qui sulla frontiera,
ed il mio core (=cuore) aspetta e spera.
E guardo, sospirando, cielo e mare,
ma non so quando potrà ritornare.
La nebbia a gl’irti colli La nebbia sale sulle colline irte (=i pini),
piovigginando sale, mentre pioviggina;
e sotto il maestrale e sotto il vento di maestrale
urla e biancheggia il mar; il mare urla e biancheggia;
Riassunto. La nebbia sale sulle colline, mentre pio- e dell’arrosto non riescono a distogliere il cacciatore.
viggina. Sotto il vento freddo di maestrale il mare ur- dal desiderio di andarsene, come si stanno preparando
la e biancheggia. Per le strade del paese si diffonde a fare gli uccelli
l’odore del vino nuovo, che va a rallegrare gli animi. 2. Le immagini, come i contrasti cromatici, sono
Lo spiedo gira sopra i ceppi accesi, che scoppiettano. semplici e chiare. Sono pure di facile comprensione il
Sulla porta di casa il cacciatore fischia, mentre guar- paragone tra uccelli neri ed esuli pensieri, e il senti-
da gli stormi di uccelli che si preparano a migrare mento di tristezza e di insoddisfazione espresso dagli
nella sera. aggettivi neri ed esuli.
3. Il poeta riesce a presentare un quadretto paesaggi-
Commento stico e di vita quotidiana, ravvivato da versi orecchia-
1. Le prime due quartine sono festose e veloci; le al- bili ed effervescenti, che colpiscono l’immaginazione
tre due rallentano il ritmo e si concludono in una (im- e si fissano facilmente nella memoria. La poesia fa
prevedibile ed incongrua) sensazione di tedio e di in- provare un rapido sentimento di malinconia, ma non
soddisfazione dell’animo: il profumo del vino nuovo riesce ad andare oltre.
---I☺I--- ---I☺I---
Dolce paese, onde portai conforme O dolce paese, da cui trassi il comportamento
l’abito fiero e lo sdegnoso canto fiero ed il canto sdegnoso
e il petto ov’odio e amor mai non s’addorme, e il cuore (dove odio e amore mai non riposano),
pur ti riveggo, e il cor mi balza in tanto. finalmente ti rivedo, e il cuore mi balza nel petto.
Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano; Oh, ciò che ho amato, ciò che ho sognato fu vano;
e sempre corsi, e mai non giunsi il fine; e sempre lottai, ma mai ottenni risultati;
e dimani cadrò. Ma di lontano E domani la mia vita finirà. Ma in lontananza
pace dicono al cuor le tue colline mi invitano alla pace le tue colline,
con le nebbie sfumanti e il verde piano con le nebbie che sfumano e la pianura verde,
ridente ne le pioggie mattutine. che sorride nelle piogge del mattino.
T’amo, o pio bove; e mite un sentimento Ti amo, o pio bove; e infondi nel mio cuore
di vigore e di pace al cor m’infondi, un mite sentimento di vigore e di pace,
o che solenne come un monumento sia che tu guardi i campi aperti e fertili
tu guardi i campi liberi e fecondi, solenne come un monumento,
o che al giogo inchinandoti contento sia che tu, piegandoti contento sotto il giogo,
l’agil opra de l’uom grave secondi: aiuti con la tua forza il lavoro operoso dell’uomo:
ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento egli ti spinge e ti stimola, e tu gli rispondi
giro de’ pazienti occhi rispondi. muovendo lentamente gli occhi pazienti.
Da la larga narice umida e nera Il tuo fiato fuma dalle tue narici
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto umide e nere, e come una canzone lieta
il mugghio nel sereno aer si perde; il tuo muggito si disperde nell’aria serena;
e del grave occhio glauco entro l’austera e nell’austera dolcezza del tuo occhio azzurro
dolcezza si rispecchia ampio e quieto si rispecchia nella sua ampiezza e nella sua pace
il divino del pian silenzio verde. il divino silenzio della pianura verdeggiante.
---I☺I--- ---I☺I---
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti (=dritti) i rei fantasmi che da’ fondi neri
van da San Guido in duplice filar, de i cuor vostri battuti dal pensier
quasi in corsa giganti giovinetti guizzan come da i vostri cimiteri
mi balzarono incontro e mi guardâr (=guardarono). putride fiamme innanzi al passegger.
Mi riconobbero, e «Ben torni omai» Rimanti (=rimani); e noi, dimani, a mezzo il giorno,
bisbigliaron vèr’ (=verso di) me co ‘l capo chino che de le grandi querce a l’ombra stan
«Perché non scendi? Perché non ristai (=ti fermi)? ammusando i cavalli e intorno intorno
Fresca è la sera e a te noto il cammino. tutto è silenzio ne l’ardente pian1 (=pianura),
Nidi portiamo ancor di rusignoli (=usignoli): e Pan (=dio dei boschi) l’eterno che su l’erme alture2
deh perché fuggi rapido così? a quell’ora e ne i pian solingo (=da solo) va
Le passere la sera intreccian voli il dissidio, o mortal, de le tue cure (=preoccupazioni)
a noi d’intorno ancora. Oh resta qui!» ne la diva (=divina) armonia sommergerà.»
Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire (=andare): E mangia altro che bacche di cipresso;
or non è più quel tempo e quell’età. né io sono per anche un manzoniano4
Se voi sapeste!... via, non fo (=faccio) per dire, che tiri quattro paghe per il lesso (=per mangiare).
ma oggi sono una celebrità. Addio cipressi! addio, dolce mio piano (=pianura)!»
O che tra faggi e abeti erma su i campi Sia tra i faggi e gli abeti sui campi
smeraldini la fredda ombra si stampi color smeraldo l’ombra fredda e solitaria si distenda
al sole del mattin puro e leggero, al sole del mattino dall’aria pura e leggera;
o che foscheggi immobile nel giorno sia che [l’ombra] si distenda oscura e immobile
morente su le sparse ville intorno nel giorno morente sui casolari sparsi
a la chiesa che prega o al cimitero 6 intorno alla chiesa che prega o al cimitero
che tace, o noci de la Carnia, addio! che tace, o noci della Carnia, addio!
Erra tra i vostri rami il pensier mio Il mio pensiero vaga tra i vostri rami
sognando l’ombre d’un tempo che fu. e sogna le immagini di un tempo lontano.
Non paure di morti ed in congreghe Non vedo apparizioni di spettri
diavoli goffi con bizzarre streghe, o diavoli goffi in compagnia di bizzarre streghe;
ma del comun la rustica virtú 12 ma [vedo] la coraggiosa comunità di campagna
d’abeti e pini ove al confin nereggia. d’abeti e di pini, che al confine diventa scura.
E voi trarrete la mugghiante greggia Voi invece condurrete [al pascolo] la mandria
e la belante a quelle cime là. delle mucche e il gregge delle pecore verso quei colli.
E voi, se l’unno o se lo slavo invade, Voi, se il barbaro invade [la nostra terra],
eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade, ecco a voi, o figli, le lance e le spade:
morrete per la nostra libertà. – 24 morirete per la nostra libertà”.
– Questo, al nome di Cristo e di Maria, “Nel nome di Cristo e di Maria ordino e voglio
ordino e voglio che nel popol sia. – che questa sia la volontà del popolo”.
A man levata il popol dicea, Sì. Alzando la mano il popolo approvava.
E le rosse giovenche di su ‘l prato E le rosse giovenche sul prato
vedean passare il piccolo senato, vedevano passare la piccola assemblea,
brillando su gli abeti il mezzodì. 36 mentre il mezzodì brillava sugli abeti.
Riassunto. Lasciando la Carnia, dove aveva trascorso la mano. E nel sole del mezzogiorno l’assemblea si
un periodo di vacanza, il poeta si rivolge ai noci e li scioglie, sotto gli occhi delle mucche che pascolano.
saluta, sia che distendano la loro ombra nel sole del
mattino, sia che la distendano sul far della sera. Il suo Commento
pensiero vaga tra i loro rami e sogna un tempo lonta- 1. Il poeta immagina un Medio Evo eroico e demo-
no: non il Medio Evo superstizioso dei diavoli e delle cratico con usi e costumi romani, che si contrappone
streghe (=quello della Chiesa), ma il Medio Evo del al Medio Evo superstizioso, di cui sarebbe responsa-
libero comune. Dopo la messa nel giorno festivo il bile la Chiesa. La contrapposizione è semplicistica e
console pone le mani sui Vangeli e distribuisce i non ha riscontri storici: le invasioni barbariche termi-
compiti: ad alcuni affida il compito di occuparsi della nano nel 956 con la sconfitta degli ungari da parte
foresta, ad altri di condurre le mandrie al pascolo, ad dell’imperatore Ottone III e in Italia i comuni sorgo-
altri di difendere con le armi la comunità. I prescelti no soltanto intorno al 1050. Egli però non vuole fare
si riempiono di orgoglio, mentre le donne, piangendo, storia, né pensare al passato, ma prendere posizione a
invocano su di loro la protezione della Vergine Ma- favore dello Stato contro la Chiesa. Mentre sta scri-
ria. Quindi il console, nel nome di Cristo e di Maria, vendo, continuano le tensioni tra lo Stato unitario e la
chiede l’approvazione. I presenti approvano alzando Curia romana, che dopo la presa di Roma (1870) con
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 405
il non expedit (1874) aveva vietato ai fedeli di parte-
cipare alla vita politica. La regolarizzazione dei rap-
porti tra Stato italiano e Chiesa cattolica avviene sol-
tatno 59 anni dopo, nel 1929.
2. A parte l’anticlericalismo, motivato o meno che
sia, il poeta tratteggia figure eroiche di maniera: il
console che distribuisce i compiti e chiede l’appro-
vazione per alzata di mano, i giovani che sono pieni
di orgoglio per l’incarico ricevuto, le donne che pian-
gono invocando la Madonna, i barbari che minaccia-
no le libertà civili. I personaggi sono costruiti dall’e-
sterno, non sono delineati psicologicamente dall’in-
terno. Ben più efficace è la ricostruzione che Pascoli
nei Poemi conviviali (1904) fa delle figure greche di
Solone, Ulisse, Alessandro Magno ecc.
3. Il linguaggio è lento, solenne, ricco di aggettivi, ed
usa, come in T’amo, o pio bove, la costruzione sintat-
tica disgiuntiva “o che... o che...”, che ricalca il fo-
scoliano “e quando... e quando...” del sonetto Alla se-
ra. Esso presenta un anacoluto retorico (“Voi... a
voi”) e, l’ultimo verso, un ablativo assoluto (“brillan-
do su gli abeti il mezzodì”). Un anacoluto caratterizza
anche il primo sonetto del Canzoniere petrarchesco:
“Voi... spero trovar pietà”. Il linguaggio di Carducci è
e vuol essere letterario. E il mondo poetico del poeta
è ugualmente letterario. La figura retorica che più
colpisce è la metafora “noci della Carnia”: il poeta
non saluta persone, saluta gli alberi. E con i cipressi
parla pure in Davanti San Guido.
---I☺I---
Corron tra ‘l Celio fósche e l’Aventino 1. Tra il Celio e l’Aventino corrono le nuvole
le nubi: il vento dal pian tristo move oscure: dalla pianura incolta e malarica soffia
umido: in fondo stanno i monti albani un vento umido. All’orizzonte sorgono i monti
bianchi di neve. 4 Albani, ricoperti di neve.
A le cineree trecce alzato il velo 2. Con il velo verde alzato sopra le trecce grigie
verde, nel libro una britanna cerca una turista inglese cerca nella guida [notizie di]
queste minacce di romane mura queste mura romane, che sorgono minacciose
al cielo e al tempo. 8 contro il cielo e contro il tempo.
“Vecchi giganti, – par che insista irato 4. “O vecchi giganti – pare che dica adirato
l’augure stormo – a che tentate il cielo?” lo stormo premonitore –, a che scopo sfidate
Grave per l’aure vien da Laterano il cielo?” Da Laterano viene un suono
suon di campane. 16 lugubre di campane per l’aria.
Se ti fûr cari i grandi occhi piangenti 6. Se ti furono cari i grandi occhi pieni
e de le madri le protese braccia di lacrime e le braccia protese delle madri
te deprecanti, o dea, da ‘l reclinato che t’invocavano, o dea, [di stare lontana]
capo de i figli: 24 dal capo reclinato dei figli;
Febbre, m’ascolta. Gli uomini novelli 9. O dea Febbre, ascoltami. Respingi lontano
quinci respingi e lor picciole cose: da questi luoghi gli uomini nuovi e le loro
religïoso è questo orror: la dea piccole cose: questo luogo abbandonato
Roma qui dorme. 36 è sacro, perché qui la dea Roma dorme.
Riassunto. Sotto un cielo nuvoloso e percorso da un nel passato, quando il romano, ritornando a casa di
vento umido una turista inglese cerca nella sua guida sera, guardava dal Tevere le mura di Roma e cantava
notizie sulle terme di Caracalla. I corvi volano sulle una canzone dedicata alla patria. E con decisione in-
rovine, a cui sembrano chiedere perché continuino a voca la dea Febbre e la prega di tenere lontani da quei
sfidare il cielo. Da Laterano giunge il suono lugubre luoghi gli uomini nuovi e le loro piccole cose: quel
delle campane. Un ciociaro, fischiando una canzone luogo è sacro, perché la dea Roma vi dorme. La pre-
triste, passa tra quelle rovine e non le degna di uno senta come una donna gigantesca distesa al suolo, tra
sguardo. Allora il poeta, sdegnato, va con il pensiero i sette colli.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 407
Commento le guardi perché le vede ogni giorno e perché è stanco
1. Carducci usa un linguaggio lento e solenne, capace dopo una lunga giornata di lavoro.
di evocare la grandezza del mondo romano. A questa 6. Ben più elevata risulta la poesia manzoniana di
grandezza contrappone la miseria del presente, che ha impegno civile (e religioso) e la capacità di Foscolo e
dimenticato tale passato e che si preoccupa dei picco- di Leopardi di far lievitare la materia poetica. Nel so-
li agi della vita quotidiana. Perciò egli dispera che la netto In morte del fratello Giovanni (1802-03) Fo-
dea Roma, che giace addormentata, si possa svegliare scolo spinge il lettore ad immedesimarsi nel suo
per riconquistare l’antica grandezza. dramma, nella tragedia del fratello suicida e della
2. Il poeta gioca sul facile contrasto fra la turista in- madre vecchia e sola. Negli idilli Leopardi invece co-
glese che cerca notizie sulle terme di Caracalla e il glie il dolore di tutti gli uomini ed anche di tutti gli
ciociaro che passa indifferente e non le degna di uno esseri viventi. Manzoni addirittura evita di fare poesia
sguardo. Anche in questa poesia ci sono facili contra- o prosa autobiografica, e in Marzo 1821 (1821, 1848)
sti di colori (i monti bianchi, le trecce cineree, i corvi invita a impugnare le armi per liberare l’Italia dagli
neri) e una esplicita accusa di colpe alla Chiesa: da oppressori. Carducci ottiene risultati poeticamente
san Giovanni in Laterano giunge il suono funereo modesti perché è preoccupato più della forma esterna
delle campane. che non del sentimento o dell’ideale profusi dentro i
3. Il poeta trasforma Roma in una grande donna gra- versi; e perché non riesce a universalizzare i suoi sen-
zie alla figura retorica della personificazione. La può timenti ed i suoi ideali, che restano chiusi, freddi,
così considerare addormentata. La fuga consolatoria egoistici.
nel passato non sembra però il modo migliore per 7. Si può opportunamente confrontare questa celebra-
cambiare la situazione difficile del presente. L’abuso zione esteriore ed enfatica del passato (che costituisce
delle figure retoriche caratterizza anche Il comune ru- una comoda fuga dalla realtà del presente) con la dia-
stico: prima di lasciare la Carnia, il poeta si rivolge ai lettica che Manzoni e Leopardi stabiliscono tra passa-
noci e li saluta. to e presente. Per Manzoni il passato è un modo effi-
4. Carducci se la prende con il contadino ciociaro, cace per mettere a fuoco i problemi del presente. Ciò
che avrebbe dimenticato il suo grande passato. Quin- vale sia per il polemico coro dell’atto III dell’Adelchi
di invoca la dea Febbre che tenga lontano da quei (gli italici si illudono se pensano che i franchi siano
luoghi “gli uomini novelli e lor picciole cose”. Vera- venuti a liberarli dai longobardi) sia per il romanzo
mente si può discutere se la pochezza del presente è storico (la morale delle ultime righe). Per Leopardi il
da imputare al contadino ciociaro che deve risolvere passato è memoria del passato storico e individuale; è
ogni giorno il problema della sopravvivenza o alla confronto e stimolo con il presente; è abbandono
speculazione edilizia, che aveva stravolto Firenze nei emotivo ed estatico a dolcissime sensazioni.
pochi anni in cui era stata capitale d’Italia e che ora 8. Della Roma papale e delle tremende condizioni
sta stravolgendo Roma. Il poeta non è né giusto né della plebe romana dà una sconvolgente rappresenta-
cortese a prendersela con il ciociaro e a augurargli la zione Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863) in oltre
malaria, se osava rimanere in quei luoghi: il poverac- 2.000 sonetti scritti sotto il governo pontificio. Ma la
cio aveva già abbastanza problemi da risolvere. Egli situazione non migliora affatto con i governi laici di
non se la prende invece con i veri responsabili della Destra e di Sinistra del nuovo Stato unitario che si in-
decadenza romana: proprio quella classe dirigente sediano dopo la presa della città (1870), che sventra-
inetta e nobiliare per la quale egli ha ormai deciso di no per farne la capitale del regno. E che hanno poca
cantare. Qui come altrove l’eloquenza delle parole voglia di fare la pace con il papa: la pace significhe-
serve a nascondere un ragionamento fragile o errato. rebbe la nascita di un partito cattolico che avrebbe la
4.1. Questo è quello che dice il testo. Tuttavia il poeta maggioranza assoluta nel parlamento e che perciò li
intendeva un’altra cosa e nel 1893, cinque anni dopo, annienterebbe.
precisa la corretta interpretazione e/o fa la rettifica: ---I☺I---
non augura la malaria al contadino ciociaro, inten-
devqa prendersela con la speculazione edilizia. Chiu-
so nel suo mitico mondo romano o medioevale, di
tanto in tanto guarda la realtà del suo tempo. In ogni
caso la affronta con una culturra proveniente dal pas-
sato e legata al passato. Resta costantemente dissocia-
to. Ben altra cosa avevano saputo fare gli uministi del
sec. XV. Il recupero della metrica latina nelle odi
barbare (1877, 1889) dimostra che non riesce o non
vuol mai cambiare attegiamento verso la poesia e
verso la vita e la realtà.
5. Anche in questa poesia la psicologia dei personag-
gi è esteriore ed imprecisa. Il poeta non considera
l’ovvia verità che la turista inglese cerchi notizie sulle
terme perché non le ha mai viste; e che il ciociaro non
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 408
Nevicata, 1881 Nevicata
Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinereo: gridi, La neve fiocca lentamente nel cielo color cenere:
suoni di vita più non salgono da la città, le grida e i suoni di vita non si alzano più dalla città;
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro, non si sente il grido dell’erbivendola né quello
non d’amor la canzon ilare e di gioventù. della carrozza che corre, né la canzone d’amore,
piena di allegria e di giovinezza.
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì. Dalla torre della piazza le ore gemon roche
per l’aria, come sospiri d’un mondo lontano dal dì.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me. Uccelli raminghi picchiano sui vetri appannati: sono
gli spiriti [degli] amici [morti], che ritornano,
In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore – mi guardano e mi chiamano [fra loro].
giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
---I☺I--- Tra poco, o miei cari, tra poco (e tu càlmati,
o indomito cuore) verrò giù nel silenzio [della tomba]
Riassunto. La neve cade lentamente su Bologna. Tutti e riposerò nell’ombra.
i suoni cessano. Non si sente più il grido dell’erbi- ---I☺I---
vendola, né il rumore della carrozza, né la canzone
d’amore. La torre suona le ore che sembrano un ge-
mito. Uccelli raminghi battono ai vetri delle finestre:
sono gli spiriti degli amici morti, che ritornano e che
chiamano il poeta. Ed egli invita il suo cuore indomi-
to a calmarsi, perché andrà da loro, nel silenzio della
tomba, dove riposerà.
Commento
1. La poesia è scritta forse in occasione della morte di
Lidia (1837-1881), soprannome dato a Carolina Cri-
stofori Piva, la donna amata dal poeta. Della donna
però non si fa alcun cenno, sostituita dagli amici mor-
ti. La poesia accentua quell’elemento di tedio, già
presente alla fine di San Martino (1883). Il cuore in-
domito e la sconfitta esistenziale richiamano un altro
sonetto autobiografico, Traversando la Maremma to-
scana (1886). Anche qui il poeta professa un eroismo
solitario e individualista, di ascendenza romantica,
espresso con un linguaggio molto curato e classi-
cheggiante.
2. A Nevicata di Carducci si deve confrontare Orfano
(1891) di Pascoli. Le due poesie sono scritte a distan-
za di poco più di 10 anni. Il confronto permette di co-
gliere l’enorme differenza di risultati poetici nei due
autori. Carducci lavora all’esterno dei versi e della
rima, per parlare alla ragione anche quando il conte-
nuto poetico è affettivo e sentimentale. Pascoli invece
lavora all’interno dei versi e delle rime, piegando al-
le sue intenzioni tutti i vari elementi per suggestiona-
re il lettore e per parlargli non alla ragione ma all’in-
conscio.
Dove e a che move questa, che affrettasi Dove e verso che cosa va questa gente
a’ carri foschi, ravvolta e tacita che si affretta verso le carrozze scure,
gente? a che ignoti dolori infagottata e silenziosa? A quali sconosciuti dolori
o tormenti di speme lontana? 12 o tormentate speranze lontane?
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera (=biglietto) Tu pur pensosa, o Lidia, porgi il biglietto
al secco taglio dài de la guardia, alla foratura secca del controllore,
e al tempo incalzante i begli anni e al tempo che incalza lasci la tua giovinezza,
dài, gl’istanti gioiti e i ricordi. 16 gli istanti di gioia e i ricordi.
Van lungo il nero convoglio e vengono Vanno e vengono lungo il nero convoglio
incappucciati di nero i vigili, con l’impermeabile scuro addosso i frenatori,
com’ombre; una fioca lanterna come ombre; hanno una fioca lanterna,
hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei 20 e mazze di ferro. E i freni di ferro
E gli sportelli sbattuti al chiudere E gli sportelli che sbattono alla chiusura
paion oltraggi: scherno par l’ultimo paiono offese: il segnale della partenza
appello che rapido suona: che suona rapido appare uno scherno:
grossa scroscia su’ vetri la pioggia. 28 la pioggia scroscia fitta sulle vetrate della stazione.
Già il mostro (=treno), conscio di sua metallica Già il mostro, conscio della sua anima
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei metallica, sbuffa, vibra, ansima, sbarra
occhi sbarra; immane pe ‘l buio i suoi occhi fiammeggianti; per il buio getta
gitta il fischio che sfida lo spazio. 32 il suo fischio altissimo che sfida lo spazio.
Va l’empio mostro; con traino orribile Va il mostro crudele; sbattendo le ali (=le porte)
sbattendo l’ale gli amor miei portasi. con un rumore orribile, si porta via il mio amore.
Ahi, la bianca faccia e ‘l bel velo Ahi, il suo viso pallido e il suo bel velo
salutando scompar ne la tenebra. 36 scompaiono nelle tenebre mentre saluta.
Meglio a chi ‘l senso smarrì de l’essere, È fortunato chi smarrì il senso della vita,
meglio quest’ombra, questa caligine: è preferibile quest’ombra, questa nebbia:
io voglio io voglio adagiarmi io voglio, io voglio adagiarmi
in un tedio che duri infinito. 60 in un tedio che duri per sempre.
Riassunto. Tra gli alberi del viale i lampioni avanza- emozioni per la partenza di Lidia (il ricordo bruciante
no lentamente. La locomotiva fischia in modo stridu- della giovinezza che passa, l’atmosfera buia e neb-
lo. Il cielo autunnale è plumbeo. Chissà dove va tutta biosa che si riflette nell’animo, un tedio infinito che
la gente! Lidia porge il biglietto al controllore, e la- avvolge tutte le cose e che non può essere allontanato
scia la sua giovinezza, i momenti di gioia e i ricordi da se stessi).
all’incalzare del tempo. I frenatori con una fioca lan- 3. La poesia è apparentemente semplice e discorsiva.
terna in mano vanno a controllare i freni del treno. In Dal punto di vista metrico è un’ode alcaica, che il
fondo all’anima risponde un’eco di doloroso tedio. Il poeta riproduce nel verso italiano con una combina-
rumore delle porte sbattute e il fischio della partenza zione di endecasillabi appunto “alcaici” (nei primi
sembrano un oltraggio. Il mostro sbuffa e ansima, due versi di ogni strofa, e composti con due quinari,
lanciando il suo fischio che sfida lo spazio, parte e di cui il primo ad accentuazione piana, il secondo
porta via con sé il suo amore. Il volto e il velo di lei sdrucciola), un novenario al terzo verso, un decasilla-
che saluta scompaiono nelle tenebre. Il suo viso dol- bo al quarto verso (e sempre accentato sulla terza, se-
ce, dagli occhi lucenti e sereni, è circondato da una sta e nona sillaba). Il linguaggio mescola termini dotti
marea di capelli ricciuti. L’aria era piena di vita e e termini quotidiani. Accidïosi è termine dotto e pe-
l’estate fremeva, quando gli sorrisero per la prima trarchesco, significa pigri. Tessera è un altro latini-
volta. E il sole di giugno baciava la morbida guancia smo: sta per biglietto. Tentati è un latinismo: significa
tra i capelli castani. Come un’aureola i suoi sogni più messi alla prova. Appello è un altro latinismo, vale
belli circondavano la sua persona gentile. Egli ora chiamata o segnale. Mostro è ancore un latinismo:
torna sotto la pioggia, in mezzo alla nebbia, e con es- significa essere eccezionale, che desta meraviglia”.
se vorrebbe confondersi. Barcolla come un ubriaco e Tedio è un altro latinismo: vale umor nero, melan-
si tocca, nel timore di essere un fantasma. Le foglie cholia, malinconia. Il simbolismo può passare inos-
cadono e continuano a cadere gelide e pesanti sulla servato a causa del carattere descrittivo della poesia,
sua anima. Egli pensa che ovunque e per sempre nel ma c’è ed è importante: il treno diventa il mostro del-
mondo sia novembre e soltanto novembre. Fu fortu- la mitologia, che rapisce la sua donna; la partenza
nato chi smarrì il senso della vita ed è preferibile que- della donna spegne i suoi impulsi vitali ed egli è co-
sta caligine (=nebbia): il poeta vuole adagiarsi in un stretto a controllare di non essere divenuto un fanta-
tedio che duri per sempre. sma. Il mondo interno del poeta, reso desolato dal te-
dio, è uguale al mondo esterno, dominato dalle tene-
Commento bre e dalla nebbia. Paradossalmente il linguaggio
1. Lidia è lo pseudonimo di Carolina Cristofori Piva dantesco di Tanto gentile e tanto onesta pare o quello
(1837-1881), la donna amata dal poeta, conosciuta di molti sonetti di Cecco Angiolieri è molto più vici-
nel 1871. Egli la accompagna alla stazione a prendere no al nostro linguaggio che quello contorto, letterario
il treno. Per lui il distacco è dolorosissimo. Gli sem- e latineggiante di Carducci.
bra che ovunque nel mondo sia novembre e soltanto 4. Nel verso finale Carducci appare accasciato e inca-
novembre, per sempre. Novembre è il mese delle pace di reagire virilmente a una semplice separazio-
nebbie e del freddo. ne. Non usa neanche le parole incoraggianti di pram-
2. La poesia fonde descrizione della partenza del tre- matica: un invito alla speranza o la programmazione
no (il treno che sbuffa, le varie operazioni del con- del prossimo incontro. Ma sì, ci rivedremo tra qual-
trollore e dei frenatori, il treno che fischia e parte) ed che settimana o qualche mese, al limite ci rivedremo
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 411
lassù, in paradiso. Ed ha 40 anni. Malignamente si poeti dell’Ottocento: Foscolo, Manzoni, Leopardi, e
può commentare che aveva sempre la moglie di riser- poi Pascoli e D’Annunzio.
va. Dante o Manzoni hanno sempre separato la loro ------------------------------I☺I-----------------------------
vita privata dalla loro vita pubblica (o letteraria).
5. Il tedio finale si può intendere in vario modo: de-
pressione, insoddisfazione, malinconia, malumore,
mestizia, scoraggiamento, tetraggine, scontentezza,
spleen, struggimento, uggia, umor nero. Il poeta è in-
soddisfatto della vita che sta conducendo, ma non sa
che fare, anzi si lascia travolgere. Forse è vero o forse
è falso ciò che dice. Ad ogni modo il tema del tedio,
della malinconia, dello spleen, dell’umor nero è un
tema letterario, trattato da poeti contemporanei e an-
che da poeti del passato. Esso è imparentato pure con
l’accidia, la mancanza di volontà, di Francesco Pe-
trarca (1304-1374). La causa di questa angoscia esi-
stenziale è il distacco dalla sua donna. Il distacco lo
getta nella più cupa malinconia.
6. Il poeta riprende il taedium vitae latino e lo spleen
di Charles Baudelaire (I fiori del male, 1857, 1868) e
dei “poeti maledetti” sulla scia di Baudelaire. Il pre-
cedente storico e poetico però era stato Leopardi nel
Canto notturno di un pastore errante nell’Asia (1829-
30):
Al rio sottile, di tra vaghe brume, Il bove con i suoi grandi occhi guarda
guarda il bove, coi grandi occhi: nel piano il ruscello in mezzo alla nebbia. Nella pianura
che fugge, a un mare sempre più lontano che sfuma le acque azzurrognole del fiume
migrano l’acque d’un ceruleo fiume; scorrono verso il mare sempre più lontano.
ingigantisce agli occhi suoi, nel lume Ai suoi occhi il salice e l’ontano
pulverulento (=polverosa), il salice e l’ontano; diventano giganteschi nella luce polverosa.
svaria su l’erbe un gregge a mano a mano, Un gregge bruca lentamente l’erba.
e par la mandra dell’antico nume (=il dio Pan): e sembra la mandria dell’antico dio Pan.
ampie ali aprono imagini grifagne (=di grifoni) Uccelli dalle grandi ali diventano immagini
nell’aria; vanno tacite chimere (=animali leggendari), di grifoni nell’aria. Chimere silenziose,
simili a nubi, per il ciel profondo; simili a nubi, si muovono per il cielo profondo.
il sole immenso, dietro le montagne Il disco smisurato del sole scende dietro montagne
cala, altissime: crescono già, nere, altissime. Le ombre della sera si allungano
l’ombre più grandi d’un più grande mondo. nelle ombre di un mondo più grande (=quello
della notte e del mistero).
Commento
1. Pascoli vede la realtà con gli occhi deformanti del Carducci poi usa un linguaggio “alto”, difficile, clas-
bove (o bue). Le nebbie si alzano dal ruscello, nella sicheggiante, letterario, Pascoli fa il contrario: usa un
pianura il fiume scorre verso un mare sempre più lon- linguaggio “basso”, “comico”, popolare, e addirittura
tano, gli uccelli che volano in cielo diventano imma- si immedesima nel bue: vede la realtà con gli occhi
gini di grifoni, le chimere diventano simili alle nuvo- dell’animale. La distanza tra i due sonetti è di appena
le, un disco gigante del sole tramonta dietro le mon- otto anni.
tagne e scendono le ombre della sera, che anticipano 5. L’attenzione di Carducci e Pascoli per il bove e per
quelle ben più profonde della notte e del mistero. Per la realtà contadina è comprensibile: deriva dal poeta
il poeta il mondo è avvolto dalle tenebre e la realtà è latino Publio Virgilio, e l’economia del tempo era
misteriosa e sconosciuta. Anche la notte de Il gelso- agricola. Gli agricoltori aravano i campi a ottobre,
mino notturno è misteriosa. usando due o quattro buoi a seconda del terreno. Poi
2. L’atmosfera è decadente come in Novembre, Arano seminavano. L’aratro era di ferro e non arava molto
e Lavandare. Diversi termini sono difficili o preziosi: in profondità, un agricoltore guidava i buoi, l’altro
ceruleo (azzurrino), nume (divinità), immagini grifa- teneva l’aratro.
ne (minacciose), chimere (animali leggendari). Per il 6. In Italia la meccanizzazione dell’agricoltura avvie-
resto, come di consueto, il linguaggio è quello che ne soltanto dopo il 1950 e contemporaneamente vi è
normalmente si parla. Il sonetto ha rime ABBA AB- il grande esodo dalle campagne: i braccianti e i picco-
BA CDE CDE. Le rime non si percepiscono. Il sonet- li latifondisti del Veneto come del meridione emigra-
to è un’unica proposizione di 14 versi, piena di incisi no nel triangolo industriale: Torino-Milano-Genova.
e di enjambement. Nel 1958-61 è il boom economico.
3. L’ultimo verso ha valore analogico: indica le om- ---I☺I---
bre dell’oscurità che avvolgono prima la realtà e poi
il mondo. Il mondo quindi è e resta sconosciuto.
L’idea si trova anche nell’ultima strofa di X agosto
(1896):
Sempre un villaggio, sempre una campagna Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino: mi sorride al cuore (o piange), o Severino:
il paese ove, andando, ci accompagna il paese ove, andando, ci accompagna
l’azzurra visïon di San Marino: l’azzurra visione di San Marino (=monte Titano).
sempre mi torna al cuore il mio paese Sempre mi ritorna nel cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta, su cui regnarono i conti Guidi e i Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese, che fosti pure dominata dal Passator cortese
re della strada, re della foresta. (=Stefano Pelloni), re della strada, re della foresta.
oh! fossi io teco; e perderci nel verde, oh! fossi io con te; e potessimo perderci nel verde,
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie, e tra gli olmi, nido per le ghiandaie, potessimo
gettarci l’urlo che lungi si perde gettarci l’urlo che lontano si perde
dentro il meridïano ozio dell’aie; dentro la pausa di mezzogiorno delle aie,
mentre il villano pone dalle spalle mentre il contadino depone dalle spalle
gobbe la ronca e afferra la scodella, curve la ronca e afferra la scodella
e ‘l bue rumina nelle opache stalle e il bue rumina nelle stalle poco illuminate
la sua laborïosa lupinella. il foraggio che mastica a lungo.
Da’ borghi sparsi le campane in tanto Intanto dai borghi sparsi le campane
si rincorron coi lor gridi argentini: si rincorrono con i loro suoni argentini,
chiamano al rezzo, alla quiete, al santo chiamano all’ombra, alla quiete, alla tavola
desco fiorito d’occhi di bambini. benedetta, piena di occhi di bambini.
Già m’accoglieva in quelle ore bruciate In quelle ore calde, sotto un ombrello di rami,
sotto ombrello di trine una mimosa, mi accoglieva una mimosa,
che fiorìa la mia casa ai dì d’estate che copriva la mia casa di fiori nei giorni estivi
co’ suoi pennacchi di color di rosa; con i suoi pennacchi color di rosa.
Era il mio nido: dove, immobilmente, Quello era il mio nido, dove, restando fermo,
io galoppava con Guidon Selvaggio io galoppavo con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente e con Astolfo o mi vedevo davanti
l’imperatore nell’eremitaggio. l’imperatore Napoleone in esilio a Sant’Elena.
udia tra i fieni allora allor falciati udivo tra il fieno da poco falciato
de’ grilli il verso che perpetuo trema, il verso dei grilli che trema continuamente,
udiva dalle rane dei fossati udivo dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema. un lungo e interminabile poema.
Ma da quel nido, rondini tardive, Ma da quel nido (=casa), come rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero: migrammo tutti un giorno terribile (=il padre è
io, la mia patria or è dove si vive: ucciso): io, la mia patria, ora è dove si lavora,
gli altri son poco lungi; in cimitero. gli altri son poco lontano (=con me) e in cimitero.
Così più non verrò per la calura Così non verrò più per la calura
tra que’ tuoi polverosi biancospini, tra quei tuoi biancospini pieni di polvere,
ch’io non ritrovi nella mia verzura (=vegetazione) e non ritrovò nella mia verzura (=casa),
del cuculo ozïoso i piccolini, i pulcini del cuculo che non li vuol allevare,
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero. dimenticato, in mezzo al vapore leggero.
Il vento soffia e nevica la frasca, “Il vento soffia e la frasca lascia cadere le foglie,
e tu non torni ancora al tuo paese! e tu non ritorni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta! Quando tu partisti come sono rimasta!,
come l’aratro in mezzo alla maggese. come l’aratro in mezzo al campo lasciato incolto”.
Riassunto. Nel campo, arato per metà, resta un aratro, un’analisi, anche superficiale, ne mostra la comples-
che pare dimenticato. Dal fossato proviene il rumore sità e lo spessore poetico.
cadenzato delle lavandaie, che accompagnano il loro 3. Il passaggio dalla descrizione del paesaggio alle
lavoro con lunghe cantilene: “È giunto l’autunno e tu cantilene delle lavandaie è immediato e intuitivo. Il
non sei ancora tornato. Quando sei partito, sono rima- poeta non ricorre ai segni d’interpunzione perché
sta come quell’aratro in mezzo al campo lasciato in- vuole mantenere questa spontaneità del sentimento.
colto”. 4. Il linguaggio è semplicissimo: i termini sono quo-
tidiani e la sintassi è elementare. Esso però è arricchi-
Commento to da termini inconsueti come gora (=canale o fossato
1. “Nel campo mezzo grigio e mezzo nero” perché che spesso porta l’acqua ad un mulino) e lavandare
arato per metà. (=lavandaie).
2. Il poeta usa un linguaggio veristico per ottenere ri- 5. Il simbolismo tra l’aratro e la solitudine delle ra-
sultati anti-veristici: l’aratro abbandonato in mezzo al gazze è facile e motivato: il poeta lo fa diventare
campo diventa espressione e simbolo della solitudine “ovvio”. Ed è accompagnato da versi onomatopeici
delle lavandaie, cioè della controparte umana. L’ara- come l’intera seconda terzina. Non i termini, ma le
tro iniziale ritorna nell’ultimo verso e conclude il onomatopee esprimono il sentimento e le sensazioni
madrigale. L’aratro finale rimanda quindi all’aratro che il poeta vuole trasmettere.
iniziale, e dà luogo ad una struttura ciclica, che non è 6. Il tono (apparentemente) dimesso e popolareggian-
casuale, perché si trova anche in molte altre poesie. Il te del madrigale è espresso dalla rima popolareggian-
madrigale è quindi soltanto apparentemente facile: te per assonanza frasca/rimasta, con cui il poeta ri-
---I☺I--- produce le rime approssimative dei canti popolari.
---I☺I---
Gemmea l’aria, il sole così chiaro L’aria è limpida come una gemma, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, che tu cerchi [con gli occhi] gli albicocchi in fiore
e del prunalbo l’odorino amaro e il profumo amarognolo del biancospino
senti nel cuore... senti nel cuore...
Silenzio, intorno: solo, alle ventate, Da per tutto [è] silenzio: soltanto, ai colpi di vento,
odi lontano, da giardini ed orti, odi in lontananza, da giardini e da orti, le foglie
di foglie un cader fragile. È l’estate rinsecchite che cadono e si spezzano. È l’estate,
fredda, dei morti. fredda, dei morti (=l’11 novembre).
Al campo, dove roggio nel filare Nel campo, dove lungo il filare [di vigne] brilla
qualche pampano brilla, e dalle fratte qualche pampino di color rosso,
sembra la nebbia mattinal fumare, e [dove] dal terreno ricoperto di cespugli sembra che
la nebbia del mattino fumi, [i contadini]
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte arano: uno spinge le lente vacche con grida lente
le porche con sua marra paziente; [e monotone], un altro semina, un altro
rompe pazientemente le zolle con la sua zappa,
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro; perché il passero saputello è già felice in cuore
e il pettirosso: nelle siepi s’ode e spia tutto tra i rami spinosi del moro;
il suo sottil tintinno come d’oro. e anche il pettirosso: nelle siepi si ode il suo canto
tintinnante come il suono di una moneta d’oro.
Riassunto. Qualche pampino rosso brilla nel filare di 2. La poesia può essere facilmente confrontata con
viti e la nebbia del mattino si alza dal terreno ricoper- T’amo, pio bove (1872), pesante, faticosa e inverosi-
to di cespugli. I contadini sono occupati nell’aratura, mile di Carducci, che trasforma il muggito dell’ani-
nella sarchiatura e nella semina. Il passero, nascosto male in lieto inno. Il confronto è tutto a vantaggio di
tra i rami del moro, spia i loro movimenti, assaporan- Pascoli, che vede i contadini, vede gli uccellini in at-
do il momento in cui andrà a beccare le sementi. La tesa di andare a becchettare le sementi dalle zolle, ve-
stessa cosa fa il pettirosso in mezzo alla siepe, da do- de la siepe e sente i suoni.
ve fa sentire il suo canto melodioso. ---I☺I---
Commento
1. Il poeta tratteggia il campo nella nebbia del matti-
no; quindi descrive il lavoro dei contadini, intenti
all’aratura e alla semina; infine si sofferma sul passe-
ro e sul pettirosso, che aspettano il momento in cui
essi se ne vanno per andare a becchettare le sementi.
Il pettirosso fa sentire il suo canto, tintinnante come
una moneta d’oro.
Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca, Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
senti: una zana dondola pian piano. Senti: una culla dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca, Un bimbo piange, con il piccolo dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano, una vecchia canta, tenendo il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino La vecchia canta: “Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino. ci sono rose e gigli, tutto un bel giardino”.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. Nel bel giardino il bimbo si addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
Riassunto. La neve cade fitta. In una casa un bambino visivamente e fonicamente la lentezza con cui cade la
piange. Una vecchia gli canta una ninna nanna per neve. Anche altre poesie di Pascoli hanno una struttu-
farlo addormentare: “Intorno al tuo lettino c’è un ra ciclica, che distruggono il tempo e che catturano il
giardino di rose e di gigli”. In questo giardino il bam- lettore dentro un universo da cui non può più uscire.
bino si addormenta, mentre la neve continua a cadere In Lavandare l’aratro dell’ultimo verso rimanda all’a-
lentamente. ratro del primo; la ripetizione è ribadita dai suoni
monotoni dei panni sbattuti e dalle lunghe cantilene
Commento delle lavandaie. Ne Il gelsomino notturno come ne La
1. Il titolo primitivo era Neve; soltanto in seguito il mia sera la ciclicità è sostituita da un’altra struttura:
poeta lo sostituisce con Orfano, un titolo meno felice, due serie di fatti paralleli che alla fine convergono.
perché appesantisce la poesia con un significato sim- Nella prima poesia la vita della natura e la vita degli
bolico e lacrimoso. La composizione è un rispetto, sposi procedono parallelamente. Alla fine le due serie
molto usato nella poesia toscana dei primi secoli. Lo di fatti convergono nell’”urna molle e segreta”, sia
schema metrico è ABABCCDD. Le rime però, come dei fiori sia della donna, che è fecondata. Ne La mia
altrove, non si sentono, “schiacciate” dai suoni, dalle sera la vita del poeta sconvolta dal dolore è parallela
immagini e dalle figure retoriche. C’è una corrispon- al giorno sconvolto dal temporale. Alla fine la sera
denza tra la ninna nanna cantata dalla vecchia e la tranquilla del giorno rimanda alla sera tranquilla della
stessa poesia: anche quest’ultima può essere conside- vita del poeta. Ma questa sera della maturità fa andare
rata una ninna nanna. Orfano ripete la stessa struttura il poeta con il pensiero a quand’era bambino e si ad-
di Lavandare: la ninna nanna della vecchia corri- dormentava accudito e circondato dall’affetto della
sponde alla cantilena delle lavandaie. È il principio madre. Anche gli architetti medioevali conoscevano
della matrioska, che è applicato anche in numerose gli effetti suggestivi ed ipnotici delle strutture cicliche
altre composizioni. o circolari: i rosoni elaborati delle facciate delle cat-
2. Il linguaggio è semplicissimo: i due protagonisti tedrali lo testimoniano.
sono un bimbo e una vecchia. La vecchia si rivolge al 4. Il poeta costruisce un contrasto tra la neve che cade
bambino usando una sintassi elementare, che con la senza fine fuori della casa nel buio della notte e la vi-
sua monotonia di suoni deve far addormentare il ta dentro la casa. Qui un bambino piange. I genitori
bambino. Si passa in modo spontaneo dal discorso non ci sono. La vecchia cerca di farlo addormentare
impersonale del narratore alla ninna nanna (non se- cantando una ninna nanna. Il bambino è solo e indife-
gnata dalle virgolette) della vecchia. Ci sono termini so, ha bisogno di affetto, di calore e di protezione, ma
(zana=culla) e sintassi popolari (“c’è rose e gigli, tut- può ricevere soltanto le cure della nonna. Il termine
to un bel giardino”). Compaiono però anche due ac- vecchia però dà l’idea di una distanza temporale ed
cusativi alla greca: il picciol dito in bocca, il mento affettiva – di una solitudine esistenziale – insuperabi-
sulla mano. Essi si confondono con il linguaggio le tra la nonna ed il bambino.
semplice e popolare, però mostrano che la spontanei- 5. Anche qui, seppure in modo sfumato, c’è il freddo
tà della poesia è soltanto apparente: essa è il risultato della neve fuori della casa e, forse, il caldo o almeno
di una profonda conoscenza del linguaggio e delle il tepore dentro la casa. La casa però non sembra mol-
sue possibilità espressive. I termini, i versi, le rime, i to riscaldata, né dal caldo fisico, né dal calore affetti-
linguaggi settoriali, le immagini si lasciano plasmare vo. La vecchia non può dare al bambino quel calore
dalle mani del poeta senza opporre alcuna resistenza. che soltanto i genitori possono dare.
3. Il primo verso è concluso dall’ultimo, che rimanda 6. La solitudine di questa casa ricorda la solitudine
al primo: la poesia appare ciclica, fuori del tempo e dei due sposi de Il gelsomino notturno. Per il poeta
dello spazio. L’unica differenza è che il primo verso esiste soltanto la casa-nido che protegge i suoi abitan-
ripete tre volte il termine fiocca, l’ultimo verso ripete ti dalle aggressioni esterne. La casa però è solitaria,
invece, sempre per tre volte, il termine lenta. Come in non riesce a stabilire rapporti positivi con le altre case
altre poesie, la fine si ricollega all’inizio, ed il ciclo si e con gli altri “nidi”. Il poeta (e, simbolicamente, la
ripete. La ripetizione dei termini ha però anche una casa) è solo, non a combattere, ma a difendersi contro
funzione ipnotica e onomatopeica: serve a riprodurre il mondo esterno. La casa diventa rifugio, stretto e
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soffocante, di chi ha paura del confronto, della lotta, che ricopre la città, si lascia distrarre dalle cose (l’er-
della vita. La stessa ideologia si trova ne La siepe dei bivendola, la carrozza, la canzone ilare), dai pensieri
Poemetti, che serve a delimitare e a difendere il cam- (i passeri diventano gli amici che ritornano dal sepol-
po del contadino dai vicini. cro a chiamarlo tra loro) e dai suoi sentimenti (la lotta
7. La poesia è soltanto in apparenza spontanea ed indomabile, l’abbattimento esistenziale, la sconfitta).
immediata: rivela un’elaborazione letteraria invisibile Pascoli evita le descrizioni razionali e trasforma i
ma raffinatissima ed espertissima. Oltre a ciò essa suoni, i versi, le ripetizioni e le immagini in strumenti
trasmette, non alla ragione, ma all’inconscio una serie capaci di superare le barriere e le difese della ragione
di valori e di ideali che è opportuno portare alla luce e di penetrare oltre la coscienza, nell’inconscio del
ed esaminare criticamente, per evitare di assumerli lettore. Carducci si concentra sul mondo esterno o
come validi, oggettivi ed universali a causa del potere sulla sua angoscia. Pascoli invece scompare, e risuc-
ipnotico e persuasivo dei versi. chia tutta la realtà dentro la casa circondata dal freddo
8. Si può confrontare Orfano con Nevicata (1881) di e dalla neve, dove una vecchia culla un bambino che
Carducci. La differenza tra i due autori è abissale: il piange. Il lettore dimentica tutto, sente il freddo della
metro barbaro, tutto esteriore, di Carducci non può notte, allunga la mano per proteggere e per consolare
stare alla pari con il metro recuperato da Pascoli nella il bambino, che ha bisogno di aiuto. E chi è così sen-
nostra tradizione letteraria. Carducci descrive la neve za cuore da non aiutare un bambino? Il poeta manipo-
---I☺I--- la i sentimenti e le emozioni del suo lettore.
---I☺I---
Patria, 1894
Patria
Sogno d’un dì d’estate.
Sogno un giorno d’estate [della mia infanzia].
Quanto scampanellare
tremulo di cicale! Quanto scampanellare
Stridule pel filare di cicale che friniscono!
moveva il maestrale Lungo il filare
le foglie accartocciate. il vento [freddo] di maestrale
sollevava le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose: Il sole scendeva tra gli olmi
erano in ciel due sole in fasce polverose.
nuvole, tenui, rose: In cielo erano soltanto
due bianche spennellate due nuvole, sfilacciate,
in tutto il ciel turchino. che sembravano due bianche spennellate
in tutto il cielo turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice, [Si vedevano] siepi di melograno,
il palpito lontano cespugli di tamerici,
d’una trebbïatrice, in lontananza [si sentiva] il rumore
l’angelus argentino... regolare e monotono di una trebbiatrice,
l’Angelus suonato dalle campane...
Dov’ero? Le campane
mi dissero dov’ero, Dov’ero? Le campane
piangendo, mentre un cane mi dissero dov’ero,
latrava al forestiero, piangendo, mentre un cane
che andava a capo chino. latrava contro il forestiero,
che andava a capo chino.
Riassunto. Il poeta sogna la sua fanciullezza felice: il mette in contrasto la fanciullezza felice e spensierata
frinire delle cicale, le foglie accartocciate, il cielo tur- con la situazione di spaesamento del presente: quel
chino, il paesaggio pieno di vita. Ma il suono delle mondo non appartiene più al poeta, gli è divenuto
campane lo riporta alla realtà, al presente, comple- estraneo. Egli non ha più patria.
tamente diverso. Quel mondo non gli appartiene più 2. La poesia non è descrittiva: ci sono molte ellissi
ed egli non appartiene più a quel mondo. È divenuto del verbo. È evocativa. Ottiene questo effetto median-
un estraneo: il cane latra al forestiero. A lui. te una continua onomatopea: le foglie accartocciate
danno l’idea visiva di come sono; l’aggettivo stridulo
Commento dà ancora l’idea del crepitìo che esse fanno accartoc-
1. Il riassunto non rende il simbolismo della poesia, ciandosi.
che perciò va esplicitato. La poesia è autobiografica e
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 424
3. La campana toglie il poeta dal sogno e lo riporta Riassunto. In lontananza si sente il rumore del tuono.
alla realtà. La campana compare anche in altre poesie Il cielo verso il mare è rosso fuoco, verso la monta-
proprio per il suo suono. La poesia pascoliana è una gna è tutto nero. C’è qualche nuvola bianca. In mezzo
poesia di suoni, di colori, di odori, di percezioni, di al nero appare una casa che sembra l’ala di un gab-
ricordi, di emozioni. Il suono delle campane si inse- biano.
risce in questa strategia, ma svolge anche funzioni più
complesse. In questo caso è il ricordo piacevole Commento
dell’Angelus (il suono delle campane del sogno), la 1. Il riassunto è la stessa poesia, che è costruita sui
causa del risveglio (il suono delle campane del pre- suoni e sui colori ed anche su un pacato simbolismo:
sente) e la causa della scoperta della propria condi- il cielo, il mare, la terra e il fuoco. Sembra di assistere
zione esistenziale caratterizzata dallo spaesamento. ai primi momenti del temporale. La dimensione pro-
4. La patria di Pascoli non è la patria ideale e roman- fonda della poesia è il suo carattere di continua ono-
tica di Foscolo, l’Ellade (A Zacinto), né quella civile matopea.
di Manzoni (Marzo 1821: “una d’arme di lingua 2. La bubbola è un uccello che ha ricevuto il nome
d’altare, Di memorie, di sangue, di cor”). È la patria dal verso onomatopeico - bu, bu, bu - che fa. Il poeta
intima, la patria personale, la sua patria. È la fami- costruisce un neologismo capace di indicare il rumore
glia, la sua famiglia, che è stata colpita e dispersa dal- che fa il temporale quando è ancora lontano.
la durezza della vita. Altrove è La mia sera. È la sua 3. La poesia, come tante altre, non è certamente un
casa, il suo nido, da cui è stato costretto ad andarsene. capolavoro di bellezza ma di bravura.
Nella Cavallina storna egli dice: “Or la patria è dove ---I☺I---
si vive, Gli altri poco lungi (=lontani), in cimitero”.
5. L’autobiografismo di Pascoli non è spontaneo co- Il lampo, 1896
me si potrebbe credere. È coscientemente e razional-
mente cercato e trasformato in poesia. Ma ugualmen- E cielo e terra si mostrò qual era:
te con la ragione si può notare che egli evade il pre- la terra ansante, livida, in sussulto;
sente per rifugiarsi nel passato, in una mitica età il cielo ingombro, tragico, disfatto:
dell’oro che sarebbe la sua fanciullezza. Esisteva però bianca bianca nel tacito tumulto
anche un’altra possibilità: abbandonare questo atteg- una casa apparì sparì d’un tratto;
giamento difensivo e rinunciatario e con la virtus co- come un occhio, che, largo, esterrefatto,
struire nel presente e nel futuro altri rapporti, altri s’apri si chiuse, nella notte nera.
motivi di vita, un altro nido, un’altra casa, un’altra
famiglia. Egli ha fatto la sua scelta affettiva e razio- Il lampo
nale, anche se dalla cultura classica Orazio Flacco gli
diceva che il tempo abbellisce ed ingrandisce il pas- Il cielo e la terra si mostrarono come erano:
sato e che in futuro Et haec olim meminisse iuvabit la terra tutta ansante, livida, presa da un sussulto.
(“Ci farà piacere ricordare anche questi dolori”). Il cielo ingombro [di nuvoloni], sconvolto, disfatto.
---I☺I--- In questo silenzioso tumulto celeste una casa
tutta bianca apparì e sparì ad un tratto.
Temporale, 1894 Era come un occhio che, tutto aperto e stupefatto,
si aprì e poi si chiuse nella notte nera.
Un bubbolìo lontano…
Riassunto. Il cielo e la terra si mostrarono per quel
Rosseggia l’orizzonte, che erano. Il cielo era ingombro di nuvoloni in conti-
come affocato, a mare: nuo movimento. sulla terra una casa tutta bianca ap-
nero di pece, a monte, parì e sparì in un momento. Sembrava un occhio
stracci di nubi chiare: aperto, stupefatto, che si chiudeva nella notte nera.
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano. Commento
1. Come nella precedente, il riassunto è la stessa poe-
Temporale sia, che è costruita sui suoni e sui colori ed anche su
un pacato simbolismo: il cielo, e la terra. Il lampo
Un bubbolìo lontano... mostra per un momento la casa, l’unico elemento che
si collega alla vita dell’uomo. La dimensione profon-
L’orizzonte è tutto rosso, da della poesia è il suo carattere di continua onoma-
verso il mare [il cielo] è tutto di fuoco. topea.
Verso la montagna è invece nero come la pece, 2. La casa, che indica la presenza umana, sembra un
ed qualche nuvola bianca tutta sfilacciata. grande occhio sgranato che guarda la natura o, me-
In mezzo al nero appare un casolare. glio, il cielo sconvolto dai venti che fanno correre e
Sembra l’ala di un gabbiano. turbinare le nuvole con estrema velocità.
---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 425
X Agosto, 1896 X Agosto
Ora è là, come in croce, che tende Ora è là, come in croce,
quel verme a quel cielo lontano; che tende quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende, e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano. che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido: Anche un uomo ritornava al suo nido.
l’uccisero: disse: Perdono; L’uccisero. Disse: “Perdono”.
e restò negli aperti occhi un grido: E restò nei suoi occhi aperti un grido:
portava due bambole in dono. portava due bambole in dono...
Ora là, nella casa romita, Ora là nella casa solitaria lo aspettano,
lo aspettano, aspettano in vano: lo aspettano invano.
egli immobile, attonito, addita Egli immobile, stupefatto, addìta
le bambole al cielo lontano. le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi E tu, o Cielo, dall’alto dei mondi (=le stelle) sereni,
sereni, infinito, immortale, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi oh!, con un pianto di stelle la inondi,
quest’atomo opaco del Male! questa Terra piccola e oscura, dominata dal Male.
Riassunto. Il poeta sa perché nella notte di san Loren- 3. Per il poeta il Cielo piange per il dolore degli uo-
zo cadono le stelle. Una rondine ritornava al nido con mini, ma non fa niente per eliminarlo o almeno per
un insetto nel becco. La uccisero. I rondinini aspetta- alleviarlo. Ben inteso, nella sua visione della vita il
no invano. Anche un uomo ritornava a casa con due dolore non ha alcun senso, è commesso soltanto da
bambole. Lo uccisero. Perdonò i suoi assassini. Nella uomini malvagi. L’oscurità non è più l’oscurità della
casa lo aspettano invano. Perciò il Cielo riversa il “selva oscura” (If I, 2) e del peccato, è l’oscurità in-
pianto delle stelle cadenti sulla Terra, oscurata dalla comprensibile del Male. Una divinità.
malvagità degli uomini. 4. Anche in questa poesia la natura è strettamente le-
gata, anzi riflette l’animo del poeta. La pioggia di
Commento stelle cessa immediatamente di essere un fatto fisico,
1. “Il Male” dell’ultimo verso è la malvagità degli astronomico, per divenire l’immagine, l’analogia, il
uomini. A dire il vero, non occorre scomodare alcun simbolo dell’animo del poeta.
Male metafisico. Basta pensare che l’assassino del 5. Anche qui il poeta pensa con nostalgia alla vita
padre ha ucciso per i suoi interessi, nobili o ignobili tranquilla che conduceva nel suo nido, in famiglia,
che fossero. Magari per dar da mangiare ai suoi figli. con i suoi genitori, prima che l’uccisione del padre
2. La poesia ha la strofa iniziale e quella finale dedi- desse inizio a tutte le altre disgrazie. Il perdono cri-
cata al cielo, le quattro strofe centrali dedicate alla stiano del padre ai suoi assassini è seguito però da un
rondine (due) e all’uomo (due). Le quattro strofe cen- atteggiamento di perplessità verso il Cielo (Dio do-
trali sono poi simmetriche. Addirittura la rondine sta v’è?), che non fa niente, che lascia impuniti gli assas-
tornando a casa, l’uomo sta tornando al nido. Esse si sini, lascia una famiglia nel dolore e permette altre
fondono intimamente. La domanda iniziale trova ri- disgrazie. La fede del poeta è tiepida. Vorrebbe eli-
sposta poi nella quartina finale, che perciò rimanda minare il dolore, non pensa nemmeno che possa avere
alla quartina iniziale: la poesia ha quindi, come altre, una giustificazione. Dante o Manzoni ritenevano in-
una struttura ciclica. Nella quartina finale c’è poi un vece che il dolore c’è, ed è anche sgradevole, ma non
contrasto: il Cielo, cioè la volta celeste, che è serena, possiamo capire tutti i disegni di Dio e perciò lo dob-
infinita, immortale, si contrappone alla Terra, che è biamo accettare. Prima di loro Francesco d’Assisi nel
piccola e che, soprattutto, è oscurata non dal peccato, Cantico delle creature diceva che dobbiamo accettare
ma dal Male, cioè dalla malvagità degli uomini. anche le malattie, le sofferenze e le offese, per amor
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 426
di Dio; e nei Fioretti diceva che la perfetta letizia Ferruccio, il piccolo protagonista del racconto, è solo
consiste nel sentirsi contenti soltanto quando si è col- in casa con la nonna. Arrivano due briganti per ruba-
piti dalle sofferenze e dalle malattie. Anche Jacopone re, li costringono a dire dove è il denaro. Mentre se ne
da Todi avrebbe visto positivamente le disgrazie: esse vanno, a uno dei due cade il fazzoletto che gli na-
erano un segno di preferenza, che Dio accordava. E scondeva il viso. La nonna lo riconosce. Egli si preci-
comunque servivano per espiare i peccati propri e al- pita su di lei per accoltellarla, ma il ragazzino la di-
trui. fende con il suo corpo, si prende la coltellata e poco
6. Si può confrontare X agosto (1896) con Edmondo dopo muore. Tuttavia, prima di morire, le chiede per-
De Amicis (1846-1908), Cuore (1886), racconto dono per tutte le volte che l’ha fatta arrabbiare.
mensile, marzo: Sangue romagnolo. È mezzanotte. ---I☺I---
---I☺I---
I 1.
Siepe del mio campetto, utile e pia, O siepe del mio piccolo campo, utile e pia,
che al campo sei come l’anello (=nuziale) al dito, che stai al campo come l’anello nuziale sta al dito,
che dice mia la donna che fu mia che dice mia la donna che fu mia
(ch’io pur ti sono florido marito, (anch’io ti sono marito soddisfatto,
o bruna terra ubbidïente, che ami bruna terra che obbedisci, che ami
chi ti piagò col vomero brunito...); chi ti ferì con l’aratro bruno...).
siepe che il passo chiudi co’ tuoi rami O siepe, che con i tuoi rami aggrovigliati
irsuti (=spinosi) al ladro dormi ‘l-dì; ma dài impedisci di passare al ladro che dorme di giorno;
ricetto ai nidi e pascolo a gli sciami; ma dai riparo ai nidi e pascolo agli sciami di api.
siepe che rinforzai, che ripiantai, O siepe che rinforzai, che piantai più volte,
quando crebbe famiglia, a mano a mano, quando crebbe la mia famiglia, di volta in volta,
più lieto sempre e non più ricco mai; sempre più lieto, ma mai più ricco.
d’albaspina, marruche e melograno, [o siepe] di biancospino, marruche ei melograno,
tra cui la madreselva (=caprifoglio) odorerà; tra i i quali il caprifoglio manderà il suo profumo,
io per te vivo libero e sovrano, io per merito tuo vivo come un sovrano,
verde muraglia della mia città. o verde muraglia della mia città.
II 2.
Oh! Tu sei buona! Ha sete il passeggero; Oh! Tu sei buona! Il passeggero ha sete,
e tu cedi i tuoi chicchi (=bacche) alla sua sete, e tu cedi le tue bacche alla sete,
ma salvi il frutto pendulo del pero. ma salvi il frutto che pende dal pero.
Nulla fornisci alle anfore segrete Non fornisci nulla alle anfore segrete
della massaia: ma per te, felice della massaia, ma grazie a te ella è felice
ella i ciliegi popolosi miete. quando miete i ciliegi pieni di frutti.
Nulla tu rendi; ma la vite dice; Tu non dai nulla; ma la vite,
quando la poto all’orlo della strada, quando la poto sul ciglio della strada,
che si sente il cucùlo alla pendice, dice che si sente il cuculo in mezzo ai tuoi rami.
dice: “Il padre tu sei che, se t’aggrada, Dice: “Tu sei il padre che, se ti fa piacere,
sì mi correggi e guidi per il pioppo; mi raddrizzi e mi guidi lungo il [tronco del] pioppo.
ma la siepe è la madre che mi bada”. Ma la siepe è la madre che mi protegge”.
“Per lei vino ho nel tino, olio nel coppo (=orcio)” “Per merito suo ho il vino nel tino, l’olio
rispondo. I galli plaudono dall’aia; nell’anfora” rispondo. I galli applaudono dall’aia,
e lieto il cane, che non è di troppo, ed è il cane, che non è di troppo,
ch’è la tua voce, o muta siepe, abbaia. o siepe silenziosa, ed è la tua voce, abbaia lieto.
III 3.
E tu pur, siepe, immobile al confine, E tu pure, o siepe, immobile al confine, tu parli.
tu parli; breve parli tu, ché, fuori, Tu dici poche parole, perché all’esterno mostri
dici un divieto acuto come spine; un divieto [di entrare] che è acuto come le spine.
dentro, un assenso bello come fiori; Invece dentro è un consenso bello come i fiori.
siepe forte ad altrui, siepe a me pia, siepe, tu sei robusta per gli altri (=gli estranei);
come la fede che donai con gli ori (=di famiglia), invece per me sei pia come la fede che ho donato
che dice mia la donna che fu mia. con i gioielli, che dici mia la donna che fu mia.
Riassunto. Il poeta elogia la siepe, che tiene lontani essa svolge anche altre funzioni: dà riparo agli uccel-
dalla casa gli estranei e che protegge lui e la sua fa- li, fornisce cibo alle api, permette al pero e al ciliegio
miglia, in continua crescita. Essa non produce niente, di fruttificare in piena sicurezza. La vita che egli con-
ma dà riparo agli uccellini e polline alle api. Dà un duce non sarà eccezionale, ma egli è felice e si sente
sostegno alla vite, che produce vino e protegge il come un re in trono.
tronco dei peri e dei ciliegi. 2. Il linguaggio adoperato è talmente semplice e tal-
mente quotidiano, che spesso non ha bisogno di esse-
Commento re tradotto. Un termine inconsueto può essere pio, ri-
1. Il poeta canta con un linguaggio piano e quotidiano ferito alla siepe. La siepe svolge una funzione pia,
la siepe, che costituisce una barriera che lo difende pietosa, religiosa, difende la casa. Il termine però im-
dal mondo esterno e dalle sue interferenze. Eppure plica anche la religione della casa, la religione del
Dai calici aperti si esala Dai calici aperti [dei fiori] fuoriesce
l’odore di fragole rosse. l’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala. Un lume risplende là, nella sala [della casa].
Nasce l’erba sopra le fosse. L’erba nasce sopra le fosse [dei defunti].
Per tutta la notte s’esala Per tutta la notte fuoriesce [dalle corolle dei fiori]
l’odore che passa col vento. il profumo che è portato via dal vento.
Passa il lume su per la scala; Il lume passa [dalla sala] su per la scala,
brilla al primo piano: s’è spento... brilla al primo piano, e poi si spegne...
Riassunto. Ormai è sera. I fiori della notte si aprono e 2. L’ape tardiva è lo stesso poeta, che ha avuto una
ritornano le farfalle del crepuscolo, mentre il poeta infanzia piena di lutti e priva d’affetti. La Chioccetta
pensa ai suoi cari defunti. Tutto è silenzio. In una ca- (nome contadino della costellazione delle Pleiadi) dà
sa un lume è ancora acceso. Un’ape cerca di entrare luogo ad un concettismo barocco: va per l’aia azzurra
nell’alveare, ma trova tutte le celle occupate. Il lume (=la volta celeste) seguita dal suo pigolio di stelle,
sale su per la scala, brilla al primo piano, poi si spe- cioè dalle stelle gialle il cui brillio oscillante ricorda il
gne. Ormai è giunta l’alba: i fiori un po’ gualciti si pigolio dei pulcini, ugualmente gialli e sempre in
richiudono; dentro un’urna molle e segreta nasce una movimento. Il parallelismo è perfetto.
nuova felicità. 3. Il poeta canta la notte, che percepisce come luogo
in cui si manifesta una vita diversa da quella del gior-
Commento no, ma altrettanto intensa e varia. Nel mistero dell’o-
1. La poesia è dedicata all’amico Gabriele Briganti in scurità si sviluppano in parallelo due ordini di eventi,
occasione del matrimonio. Pascoli ha così l’occasione quelli naturali e quelli umani, che poi si riuniscono
di parlare della sua vita, rivolta al ricordo dei suoi nell’ultima strofa. La vita che si svolge nella casa è il
morti. Egli la contrappone alla vita, piena di gioia e di corrispettivo della vita delle piante e degli animali. La
speranze, che si apre davanti all’amico. Il poeta però conclusione è la stessa: nell’urna-ovario del fiore,
radica nel mistero della notte il concepimento di una come nell’urna-grembo della donna sorge una nuova
nuova vita e attribuisce una dimensione di violenza e inesprimibile felicità, cioè una nuova vita. Alle due
anche all’atto amoroso dell’uomo verso la donna. La urne si affianca però una terza urna, l’urna cineraria.
poesia si basa sul contrasto tra vita e morte. Il contra- Per il poeta vita e morte non si contrappongono, né
sto però non è assoluto: l’erba nasce sopra le fosse, hanno confini ben definiti: “Nasce l’erba sopra le fos-
quindi la morte genera nuova vita; e l’amore può far se” (v. 12).
nascere una nuova vita. Un ulteriore motivo di con- 4. L’urna molle e segreta è un termine poli-signi-
trasto è tra la fiducia nel futuro dei due sposi, che ficante: è l’ovario del fiore; il grembo della donna;
concepiscono una nuova vita, e l’atteggiamento ri- l’urna cineraria. Vita e morte non sono quindi né
nunciatario e rivolto al passato del poeta, che pensa ai contrapposte, né ben definite, né divise. Anche in
suoi defunti. questo caso il poeta rifiuta le certezze rigide e dogma-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 430
tiche della scienza e della ragione, e propone una
compenetrazione o una fusione degli opposti. Anche
qui recupera il concettismo barocco. Come il Barocco
anche il poeta usa l’analogia per studiare la realtà e
trovare aspetti simili sorprendenti in aree della realtà
molto lontane tra loro. Il recupero della poetica se-
centesca è sistematico: si trova anche in La mia sera.
5. Come in Myricae, la poesia è piena di colori, odori,
suoni, contrasti, onomatopee, sinestesie (il pigolio di
stelle). Il linguaggio è semplice, lineare, quotidiano,
popolare (la Chioccetta). Il periodo è privo di su-
bordinate. Le figure retoriche sono numerose e inten-
se. Il simbolismo (l’ape è il poeta rimasto escluso da-
gli affetti) è immediato e non pesante. Alcune meto-
nìmie sono straordinarie: “Sotto l’ali dormono i nidi,
Come gli occhi sotto le ciglia” (la metonìmia è arric
chita da una similitudine).
6. Il piccolo io di Pascoli diventa misero davanti
all’io titanico dei romantici. Ben altra cosa sono la
“corrispondenza d’amorosi sensi” che per Foscolo
lega i vivi ai morti o lo stimolo, sempre foscoliano,
che le tombe dei grandi del passato hanno nello spin-
gere l’animo forte a compiere grandi imprese. Dalle
tombe dei suoi cari il poeta non trova conforto ed in-
citamento per affrontare virilmente la sua vita pubbli-
ca e privata; egli ripiega sul passato, su quel momen-
to cruciale in cui la morte del padre ha bloccato per
sempre la sua vita, gli ha tolto l’affetto che si sentiva
in diritto di avere, gli ha fatto conoscere le ingiustizie
del mondo verso di lui (egli non pensa mai alle ingiu-
stizie che il mondo ha riservato agli altri individui).
---I☺I---
Riassunto. Il poeta invoca la nebbia affinché gli na- si collegano i congiuntivi che esprimono desideri di
sconda le cose lontane, gli nasconda i pericoli, il do- piccole gioie.
lore, la morte, la vita che tutti conducono. Egli si ac- 3. Il poeta, sempre precisissimo nell’uso dei termini e
contenta di una pesca, di una mela e di un pezzo di nella descrizione della natura, ora sperimenta l’inde-
pane nero. Non vuole provare desideri, che lo posso- terminato: la nebbia e le cose lontane, che con la loro
no far soffrire. Si accontenta di vedere il cipresso, indeterminazione disorientano il lettore, lo mettono a
l’orto e il suo cane. contatto con l’impalpabile, un impalpabile però che è
pieno di pericoli e pieno di dolore.
Commento 4. Le indicazioni (pesco, melo, cipresso, orto, cane)
1. La nebbia invocata dal poeta è una nebbia fisica indicano che il poeta è dentro casa, nel suo nido, dife-
che però acquista subito un valore simbolico e una so dal cane e dalla siepe. L’unica speranza nel futuro
funzione analgesica: deve nascondergli la realtà, deve è data dal pensiero che uscirà di casa dentro una bara,
diventare lo strumento e la barriera che lo difende il per andare al cimitero tra i suoi cari, in mezzo al suo-
poeta dalla realtà e dai suoi dolori. Deve separarlo no stanco delle campane da morto.
dalle cose lontane: egli si accontenta delle piccole co- ---I☺I---
se che ha a portata di mano. Due frutti, un pezzo di
pane nero, la vista di un cipresso e dell’orto e la vici-
nanza del suo cane.
2. Nascondi è un imperativo, un comando, ma anche
una preghiera e un grido d’angoscia (“Ti prego, na-
scondi…”). Agli imperativi con cui inizia ogni strofa
Che voli di rondini intorno! Quanti voli di rondini per tutto il cielo!
Che gridi nell’aria serena! quante grida nell’aria [ormai] serena!
La fame del povero giorno La fame che provarono durante il giorno
prolunga la garrula cena. fa prolungare e riempire di garriti la cena della sera.
La parte, sì piccola, i nidi Gli uccellini durante il giorno non ebbero
nel giorno non l’ebbero intera. interamente la loro parte di cibo.
Nè io... che voli, che gridi, Non l’ebbi nemmeno io... e quanti voli, quanti gridi,
mia limpida sera! 32 o mia limpida sera!
I 1.
O quale, un’alba, Myrrhine si spense, O quale, un’alba, Myrrhine si spense,
la molto cara, quando ancor si spense la molto cara, quando ancora si spense
stanca l’insonne lampada lasciva, per la stanchezza l’insonne lampada lasciva,
conscia di tutto. Ma v’infuse Evèno conscia di tutto. Ma Evèno vi infuse
ancor rugiada di perenne ulivo; 5 ancora rugiada (=olio) di ulivo perenne;
e su la via dei campi in un tempietto, e sulla via dei campi in un tempietto,
chiuso, di marmo, appese la lucerna chiuso, di marmo, appese la lucerna
che rischiarasse a Myrrhine le notti; affinché rischiarasse le notti a Myrrhine.
in vano: ch’ella alfin dormiva, e sola. Invano: ella alla fine dormiva, e [dormiva] sola.
Ma lievemente a quel chiarore, ardente 10 Ma lievemente a quel chiarore, che ardeva
nel gran silenzio opaco della strada, nel gran silenzio opaco della strada,
volò, con lo stridìo d’una falena, la sua anima volò con lo stridìo
l’anima d’essa: ché vagava in cerca di una falena: vagava in cerca
del corpo amato, per vederlo ancora, del corpo amato, per vederlo ancora,
bianco, perfetto, il suo bel fior di carne, 15 bianco perfetto, il suo bel fiore di carne,
fiore che apriva tutta la corolla fiore che apriva tutta la corolla
tutta la notte, e si chiudea su l’alba tutta la notte, e si chiudeva all’alba
avido ed aspro, senza più profumo. avido ed aspro, senza più profumo.
Or la falena stridula cercava Ora la falena con il verso stridulo cercava
quel morto fiore, e batté l’ali al lume 20 quel fiore morto, e batté le ali al lume
della lucerna, che sapea gli amori; della lucerna, che conosceva gli amori.
ma il corpo amato ella non vide, chiuso, Ma ella non vide il corpo amato, chiuso
coi molti arcani balsami, nell’arca. nell’arca con molti e misteriosi balsami.
II 2.
Né volle andare al suo cammino ancora Né volle andare ancora al suo cammino
come le aeree anime, cui tarda 25 come le anime fatte d’aria, che tardano
prendere il volo, simili all’incenso a prendere il volo, simili all’incenso,
il cui destino è d’olezzar vanendo. il cui destino è di olezzare svanendo.
E per l’opaca strada ecco sorvenne E per l’opaca strada ecco sopravvenne
un coro allegro, con le faci spente, un coro allegro, con le fiaccole spente,
da un giovenile florido banchetto. 30 da un ricco banchetto di giovani.
E Moscho a quella lampada solinga E Moscho [davanti] a quella lampada solitaria
la teda accese, e lesse nella stele: accese la sua fiaccola, e lesse sulla stele:
MYRRHINE AL LUME DELLA SUA LUCERNA MYRRHINE AL LUME DELLA SUA LUCERNA
DORME. È LA PRIMA VOLTA ORA, E PER DORME. ORA È LA PRIMA VOLTA, E [VI
SEMPRE. 35 DORMIRÀ] PER SEMPRE.
E disse: Amici, buona a noi la sorte! E disse: Amici, la sorte ci è propizia!
Myrrhine dorme le sue notti, e sola! Myrrhine dorme le sue notti, e [dorme] sola!
Io ben pregava Amore iddio, che al fine Io ben pregavo il dio Amore che alla fine
m’addormentasse Myrrhine nel cuore: mi addormentasse Myrrhine sul cuore: pregai
pregai l’Amore e m’ascoltò la Morte. 40 l’Amore e mi ascoltò la Morte.
E Callia disse: Ell’era un’ape, e il miele E Callia disse: Ella era un’ape, e stillava il miele,
stillava, ma pungea col pungiglione. ma pungeva con il pungiglione.
E disse Agathia: Ella mesceva ai bocci E Agathia disse: Ella mesceva ai bocci dell’amore
d’amor le spine, ai dolci fichi i funghi. le spine, ai dolci fichi i funghi.
E Phaedro il vecchio: Pace ai detti amari! 45 E il vecchio Phaedro: Pace alle parole amare!
ella, buona, cambiava oro con rame. Ella, buona, scambiava l’oro con il rame.
E stettero, ebbri di vin dolce, un poco E, ebbri di vino dolce, stettero un poco lì
lì nel silenzio opaco della strada. nel silenzio opaco della strada.
E la lucerna lor blandia sul capo, E la lucerna, tremula, accarezzava sul loro capo
tremula, il serto marcido di rose, 50 il serto intrecciato di rose,
e forse tratta da quel morto olezzo e forse attratta da quel profumo di morte
ronzava un’invisibile falena. una invisibile falena ronzava.
III 3.
L’anima, no. Rimase ancora, e vide L’anima non si mosse. Rimase ancora lì,
le luci e il canto dileguar lontano. e vide le luci e il canto dileguarsi lontano.
Era sfuggita al demone che insegna 60 Era sfuggita al demone che insegna
le vie muffite all’anime dei morti; le vie ammuffite alle anime dei morti.
gli era sfuggita: or non sapea, da sola, Gli era sfuggita. Ed ora non sapeva trovare
trovar la strada: e stette ancora ai piedi la strada da sola: stette ancora ai piedi
del suo sepolcro, al lume vacillante del suo sepolcro, davanti al lume vacillante
della sua conscia lampada. E la notte 65 della sua conscia lampada. E la notte era
era al suo colmo, piena d’auree stelle; al suo culmine, piena di stelle dorate;
quando sentì venire un passo, un pianto quando sentì venire un passo, venire
venire acuto, e riconobbe Evèno. un pianto acuto, e riconobbe Evèno.
Ché avea perduto il dolce sonno Evèno Perché Evèno aveva perduto il dolce sonno
da molti giorni, ed or sapea che chiuso 70 da molti giorni, ed ora sapeva che era chiuso
nell’arca era, con la morta etèra. nell’arca, con la morta etèra.
E singultendo disserrò la porta E tra i singulti aprì la porta
del bel tempietto, e presa la lucerna del bel tempietto, prese la lucerna ed entrò.
entrò. Poi destro, con l’acuta spada, Poi abilmente, con la spada appuntita,
tentò dell’arca il solido coperchio 75 tentò [di aprire] il solido coperchio dell’arca
e lo mosse, e con ambedue le mani, e lo mosse, e con ambedue le mani,
puntellando i ginocchi, l’alzò. C’era puntellando i ginocchi, lo alzò. Era lì con lui,
con lui, non vista, alle sue spalle, e il lieve non vista, alle sue spalle (e il lieve
stridìo vaniva nell’anelito aspro stridìo svaniva nel desiderio aspro
d’Evèno, un’ombra che volea vedere 80 di Evèno), un’ombra che voleva vedere
Myrrhine morta. E questa apparve; e quegli Myrrhine morta. E questa apparve; e quegli
lasciò d’un urlo ripiombare il marmo con un urlo lasciò cadere giù il marmo
sopra il suo sonno e l’amor suo, per sempre. e il suo amore sopra il suo sonno, per sempre.
IV 4.
E fuggì, fuggì via l’anima, e un gallo E fuggì, fuggì via l’anima, e un gallo rosso
rosso cantò con l’aspro inno la vita: 85 cantò con l’aspro inno la vita:
la vita; ed ella si trovò tra i morti. la vita; ed ella si trovò tra i morti.
Né una a tutti era la via di morte, Né la via di morte era una per tutti,
ma tante e tante, e si perdean raggiando ma tante e tante, e si perdevano irraggiandosi
nell’infinita opacità del vuoto. nell’infinita opacità del vuoto.
Ed era ignota a lei la sua. Ma molte 90 Ed a lei era ignota la sua. Ma nell’ombra
ombre nell’ombra ella vedea passare ella vedeva molte ombre passare e dileguarsi:
e dileguare: alcune col lor mite alcune con il loro mite demone
demone andare per la via serene, andavano serene per la via, e altre rifiutavano,
ed altre, in vano, ricusar la mano ma invano, la mano del loro destino.
del lor destino. Ma sfuggita ell’era 95 Ma ella era sfuggita
da tanti giorni al demone; ed ignota da tanti giorni al demone;
l’era la via. Dunque si volse ad una ed la via le era ignota. Dunque si volse ad una
anima dolce e vergine, che andando anima dolce e vergine, che andando
si rivolgeva al dolce mondo ancora; si rivolgeva ancora al dolce mondo;
e chiese a quella la sua via. Ma quella, 100 e chiese a quella la sua via. Ma quella,
l’anima pura, ecco che tremò tutta l’anima pura, ecco che tremò tutta
come l’ombra di un nuovo esile pioppo: come l’ombra di un nuovo esile pioppo:
“Non la so!” disse, e nel pallor del Tutto «Non la so!» disse, e nel pallore del Tutto
vanì. L’etèra si rivolse ad una svanì. L’etèra si rivolse
anima santa e flebile, seduta 105 ad un’anima santa e flebile, seduta,
con tra le mani il dolce viso in pianto. che teneva tra le mani il dolce viso in pianto.
Era una madre che pensava ancora Era una madre che pensava ancora
ai dolci figli; ed anche lei rispose: ai dolci figli; ed anche lei rispose:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 437
“Non la so!”; quindi nel dolor del Tutto «Non la so!»; quindi nel dolore del Tutto
sparì. L’etèra errò tra i morti a lungo 110 sparì. L’etèra errò tra i morti a lungo
miseramente come già tra i vivi; miseramente come già tra i vivi.
ma ora in vano; e molto era il ribrezzo Ma ora invano. E molto era il ribrezzo di là
di là, per l’inquïeta anima nuda per l’inquieta anima nuda,
che in faccia a tutti sorgea su nei trivi. che su nei trivi sorgeva in faccia a tutti.
V 5.
E alfine insonne l’anima d’Evèno 115 E infine, insonne, l’anima di Evèno
passò veloce, che correva al fiume passò veloce. Correva al fiume dell’oblìo,
arsa di sete, dell’oblìo. Né l’una riarsa dalla sete. Né l’una riconobbe l’altra.
l’altra conobbe. Non l’avea mai vista. Non l’aveva mai vista.
Myrrhine corse su dal trivio, e chiese, Myrrhine corse su dal trivio, e a quella
a quell’incognita anima veloce, 120 sconosciuta anima veloce chiese
la strada. Evèno le rispose: “Ho fretta.” la strada. Evèno le rispose: «Non posso, ho fretta».
VI 6.
E più veloce l’anima d’Evèno E l’anima di Evèno corse più veloce,
corse, in orrore, e la seguì la trista nell’orrore, e la trista anima ignuda
anima ignuda. Ma la prima sparve la seguì. Ma la prima disparve in lontananza,
in lontananza, nella eterna nebbia; 125 nella nebbia eterna; e l’altra, ansante, sostò
e l’altra, ansante, a un nuovo trivio incerto a un nuovo trivio incerto, l’etèra. E intese là
sostò, l’etèra. E intese là bisbigli, ma così tenui, bisbigli, ma così tenui, come di pulcini
come di pulcini gementi nella cavità dell’uovo. gementi nella cavità dell’uovo.
Era un bisbiglio, quale già l’etèra 130 Era un bisbiglio, quale già l’etèra
s’era ascoltata, con orror, dal fianco s’era ascoltata, con orrore, venire su pio
venir su pio, sommessamente... quando dal fianco, sommessamente... quando
avea, di là, quel suo bel fior di carne, aveva, di là, quel suo bel fior di carne, i petali
senza una piega i petali. Ma ora senza una piega. Ma ora Myrrhine, l’etèra,
trasse al sussurro, Myrrhine l’etèra. 135 si ritrasse a quel sussurro.
Cauta pestava l’erbe alte del prato L’anima ignuda pestava cautamente
l’anima ignuda, e riguardava in terra, le erbe alte del prato, e guardava per terra,
tra gl’infecondi caprifichi, e vide. tra gli infecondi caprifichi, e vide.
Vide lì, tra gli asfòdeli e i narcissi, Vide lì, tra gli asfòdeli e i narcissi, starsene,
starsene, informi tra la vita e il nulla, 140 informi tra la vita e il nulla,
ombre ancor più dell’ombra esili, i figli ombre esili ancora più dell’ombra,
suoi, che non volle. E nelle mani esangui i figli suoi, che non volle. E nelle mani esangui
aveano i fiori delle ree cicute, avevano i fiori delle cicute colpevoli,
avean dell’empia segala le spighe, avevano le spighe dell’empia segala,
per lor trastullo. E tra la morte ancora 145 per loro trastullo. Ed erano ancora tra la morte
erano e il nulla, presso il limitare. e il nulla, presso il limitare. E Myrrhine venne
E venne a loro Myrrhine; e gl’infanti [fino] a loro; e gli infanti lattei, rugosi,
lattei, rugosi, lei vedendo, un grido vedendo lei, diedero un grido, smorto e gracile;
diedero, smorto e gracile, e gettando e, gettando i tristi fiori, corsero via con i guizzi
i tristi fiori, corsero coi guizzi, 150 delle gambe e delle lunghe braccia,
via, delle gambe e delle lunghe braccia, pendule e flosce; come nella strada
pendule e flosce; come nella strada molle di pioggia, al risuonare
molle di pioggia, al risonar d’un passo, di un passo, i piccolini
fuggono ranchi ranchi i piccolini di qualche rospo fuggono arrancando,
di qualche bodda: tali i figli morti 155 così [si mossero] i figli morti
avanti ancor di nascere, i cacciati prima ancora di nascere, i cacciati
prima d’uscire a domandar pietà! prima di uscire a domandare pietà.
VII 7.
Ma la soglia di bronzo era lì presso, Ma la soglia di bronzo della grande dimora
della gran casa. E l’atrio ululò tetro era lì vicino. E l’atrio ululò tetro
per le vigili cagne di sotterra. 160 a causa delle vigili cagne dell’oltretomba.
Pur vi guizzò, la turba infante, dentro, Pure vi guizzò dentro la turba degli infanti,
rabbrividendo, e dietro lor la madre rabbrividendo. E dietro a loro la madre
nell’infinita oscurità s’immerse. s’immerse nell’oscurità infinita.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 438
Riassunto lungo. 1. Myrrhine, l’etèra, si spense all’al- viene e forza il coperchio del sepolcro, per vederla.
ba, con la lampada che teneva accesa durante la notte. L’anima fugge, e si trova tra i morti. Ma qui le strade
Evèno la riempì d’olio e la mise nel tempietto, affin- erano tante e lei non conosceva la sua, perché aveva
ché rischiarasse le notti alla ragazza. Come una falena rifiutato di seguire il suo demone. Chiede a una ver-
la sua anima andò verso la lampada, alla ricerca del gine, che le risponde di non conoscerla. Chiede a una
corpo amato. Ma ella non vide il corpo amato, perché madre, che piangeva per i suoi figli, e anche lei le ri-
era chiuso nel sepolcro. sponde che non la conosce. Incontra anche Evèno, ma
2. Né volle iniziare il suo cammino. Per la strada non si riconoscono. Egli le risponde che doveva af-
giunse un gruppo allegro di giovani provenienti da un frettarsi ad arrivare al fiume dell’oblio. A un nuovo
banchetto. Moscho accese la fiaccola per leggere l’i- trivio sente bisbigli che già conosceva, quando era in
scrizione: “Myrrhine dorme alla luce della sua lam- vita. Provenivano dal suo grembo. Guarda per terra e
pada. È la prima volta. Dormirà per sempre”. Egli vo- vede i figli, i figli che non volle. Vedendola essi fug-
leva la ragazza, aveva invocato il dio Amore e gli gono via. Ma la porta degli inferi era lì vicina. La tur-
aveva risposto la morte. Callia ricordò che stillava ba degli infanti vi si precipita dentro, e dietro a loro la
miele ma pungeva con il pungiglione. Phaedo che madre li segue nell’oscurità infinita.
mescolava ai boccioli dell’amore le spine. Stettero lì
un poco, poi accesero tutti le fiaccole. Il flautista in- Commento
tonò un canto. Quindi se ne andarono. 1. Nel Fedone, 107-108, di Platone Socrate racconta
3. L’anima di Myrrhine rimase. Era sfuggita al de- che, quando si muore, il demone, che in vita ha avuto
mone che insegna la strada ai morti, ed ora non sape- cura del corpo, conduce l’anima per la strada che por-
va trovare la strada. Era ancora lì quando Evèno ri- ta all’Ade. Essa però non è dritta né unica, ma è piena
torno indietro. Da giorni non riusciva a dormire. Il di ramificazioni e di incroci. L’anima che ha vissuto
suo sonno era richiuso nel sepolcro. Entrò nel tem- bene lo segue senza opporre resistenza. Quella che è
pietto e con la spada forzò il coperchio. L’anima era ancora legata al proprio corpo vaga a lungo alla ricer-
dietro di lui. Voleva vedere il suo corpo. Esso appar- ca del corpo. E il demone con estrema fatica riesce a
ve. Ed Evèno lasciò cadere il coperchio sopra il suo condurla con sé. L’anima che ha commesso una qual-
sonno e sopra il suo amore. che delitto è sfuggita dalle altre anime, che si rifiuta-
4. L’anima fuggì via, si trovò in mezzo ai morti. Non no di accompagnarla. Ed essa soltanto dopo un ade-
c’era un’unica via, ce n’erano tante, e si perdevano guato periodo di espiazione e di dolore può iniziare il
nell’oscurità. Lei non conosceva la sua. Vide molte cammino.
ombre passare e dileguarsi, guidate dal loro demone; 2. I Poemi conviviali mostrano un Pascoli ben diverso
altre rifiutarsi di seguirlo. Chiese la via all’anima di da quello che vuole essere facile ed umile ad oltranza
una vergine. Quella la guardò, rispose che non la sa- e contro ogni ragionevolezza. Questi poemi riprodu-
peva, e fuggì via impaurita. Chiese ad una madre in cono con meticolosa precisione il mondo classico e le
lacrime che pensava ai suoi figli. Anche lei rispose sue problematiche valide anche per il presente. Ma
che non la conosceva. L’etèra vagò a lungo tra i mor- sono testi difficili, perciò l’immagine che il poeta ha
ti, come tra i vivi, ma invano. Molte anime provavano lasciato dietro di sé è legata alla produzione più sem-
ribrezzo per lei. plice e più facile.
5. Infine passò veloce l’anima di Evèno, diretta verso 3. Myrrhine è una etèra, una cortigiana, ha vissuto
il fiume dell’oblio. Non si riconobbero. Myrrhine con il corpo per tutta la vita. Di notte la sua fiaccola
chiese la strada, ma Evèno le rispose che doveva af- era sempre accesa, per accoglier i suoi amanti. Ora
frettarsi. muore. Evèno la rimpiange subito e accende una lam-
6. Myrrhine si fermò ad un altro trivio. Qui intese dei pada nel suo sepolcro. Lei non riesce a staccarsi dal
bisbigli, come di pulcini dentro l’uovo. Conosceva corpo, e vaga introno al suo sepolcro. I suoi amanti
quel bisbiglio: l’aveva sentito, con orrore, venire sul ritornano da una festa, si fermano e la ricordano con
dal fianco, quando aveva il suo bel corpo. Guardò per un vivo rimpianto: mescolava ai boccioli dell’amore
terra e vide, in mezzo agli infecondi caprifichi, in- le spine; scambiava l’oro con il rame. E il flautista
formi tra la vita e il nulla, i figli suoi, che non volle. intona un canto. Evèno forza il sepolcro, così vede il
Avevano in mano i fiori di cicuta e le spighe della se- suo corpo. E l’anima può andare tra i morti. Qui cerca
gala come trastullo. Vedendola, diedero un grido e la strada: non la può guidare il demone, perché gli era
con un guizzo fuggirono via. sfuggita. Chiede la strada a una vergine e a una ma-
7. Ma la soglia di bronzo era lì vicino. La turba degli dre, ma non gliela sanno dire. Incontra anche Evèno,
infanti vi si precipitò dentro, e dietro ad essi la loro ma i due non si riconoscono. Infine ad un bivio in-
madre. contra anche i figli suoi, che non volle. Essi la vedo-
no e fuggono. Si precipitano oltre la soglia dell’Ade.
Riassunto breve. Myrrhine, l’etèra, muore. Evèno, il E dietro a loro la loro madre.
suo amante, accende la lampada del suo sepolcro. Es- 4. L’etèra è una ragazza che intrattiene gli ospiti con
sa non sa staccarsi dal suo corpo. Ritornando da un il canto, la musica, la cultura e il proprio corpo. Coin-
matrimonio, i suoi amici si fermano sulla sua tomba e cide con la geisha cinese.
la rimpiangono. Poi se ne vanno. Essa rimane. Evèno
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 439
5. La ragazza è morta giovane, ma ha lasciato un in-
tenso ricordo di sé. Evèno e gli amici la ricordano con
nostalgia. Ma lei è ancora legata al suo corpo, perciò
il suo viaggio verso l’Ade non è facile: il demone non
la guida. Così lei chiede la strada, ma le anime non
gliela sanno indicare. La chiede anche ad Evèno, ma i
due non si riconoscono, ed egli deve affrettarsi per
raggiungere il fiume dell’oblio. Infine incontra i figli
suoi, che non volle. Ed essi, fuggendola, guidano la
madre oltre la porta dell’Ade.
6. La donna è vissuta con il corpo, e unicamente con
il corpo. Ma, a detta dei suoi amici, è stata generosa.
Dopo morta non riesce a staccarsi dal corpo, non pen-
sa al viaggio che la porta nell’Ade, pensa ancora al
suo corpo. E lo vuole rivedere. Perciò sosta vicina al
sepolcro. In vita non si è mai lamentata. Ora in morte
prova l’angoscia di vedersi separata dal suo corpo, «il
suo bel fior di carne aperto», dentro/con il quale vi-
veva.
7. La ragazza scopre la sua colpa nell’altro mondo. In
vita l’aveva sempre rimossa: il rifiuto di avere figli. I
figli le avrebbero impedito l’amore proprio e l’amore
altrui per il proprio corpo.
---I☺I---
dentro la notte fulgida del cielo. e si sprofonda dentro la volta fulgida del cielo.
II 2.
Fiumane che passai! voi la foresta O fiumane che passai! voi portate riflessa nelle chiare
immota nella chiara acqua portate, acque la foresta, che rimane; portate con voi
portate il cupo mormorìo, che resta. il cupo mormorio [della corrente], che non cessa mai.
Montagne che varcai! dopo varcate, O montagne che varcai! dopo che siete state varcate,
sì grande spazio di su voi non pare, dalla vostra cima non appare uno spazio così grande,
che maggior prima non lo invidïate. che prima non lo faceste immaginare più grande.
Azzurri, come il cielo, come il mare, O monti, o fiumi, azzurri come il cielo, azzurri come
o monti! o fiumi! era miglior pensiero il mare! Sarebbe stato un miglior pensiero fermarsi,
ristare, non guardare oltre, sognare: non guardar più avanti, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero. il sogno può ingigantire senza limiti la Realtà.
III 3.
Oh! più felice, quanto più cammino Oh!, ero tanto più felice quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti, avevo davanti a me; quante più battaglie,
quanto più dubbi, quanto più destino! quanti più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti Ad Isso, quando il campo nemico con le mille schie-
notturno il campo, con le mille schiere, re, i carri oscuri e le infinite mandrie nella notte
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti. mandava il bagliore dei fuochi alimentati dai venti.
A Pella! quando nelle lunghe sere A Pella, quando nelle lunghe sere,
inseguivamo, o mio Capo di toro, o mio Bucefalo, inseguivamo il Sole;
il sole; il sole che tra selve nere, il Sole che tra le nere selve ardeva
sempre più lungi, ardea come un tesoro. sempre più lontano, irraggiungibile, come un tesoro.
IV 4.
Figlio d’Amynta! io non sapea di meta O padre mio!, io non sapevo d’un confine ultimo,
allor che mossi. Un nomo di tra le are insuperabile, quando partii! Timòteo, il suonatore
intonava Timotheo, l’auleta: di flauto, intonava un canto fra gli altari:
soffio possente d’un fatale andare, invito possente ad andare sempre più avanti,
oltre la morte; e m’è nel cuor, presente oltre la morte; ed esso è presente nel mio cuore
come in conchiglia murmure di mare. come il mormorio del mare nella conchiglia.
O squillo acuto, o spirito possente, O squillo acuto, o spirito possente (=l’invito ad avan-
che passi in alto e gridi, che ti segua! zare), che passi alto sopra di noi e gridi che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente... Ma questo è il confine ultimo, è l’Oceano, il Niente...
e il canto passa ed oltre noi dilegua. – e il canto passa e oltre di noi si dilegua.”
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 441
V 5.
E così, piange, poi che giunse anelo: E così piange, dopo che giunse desideroso
piange dall’occhio nero come morte; [di avanzare]: piange dall’occhio nero come
piange dall’occhio azzurro come cielo. la morte, piange dall’occhio azzurro come il cielo,
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte) perché (tale è il suo destino) nell’occhio nero
nell’occhio nero lo sperar, più vano; lo sperare si fa più vano; e nell’occhio azzurro
nell’occhio azzurro il desiar, più forte. il desiderare si fa più forte.
Egli ode belve fremere lontano, Egli ode le belve fremere lontano;
egli ode forze incognite, incessanti, egli ode forze sconosciute, inesauribili,
passargli a fronte nell’immenso piano, passargli davanti nell’immensa pianura,
VI 6.
In tanto nell’Epiro aspra e montana Intanto nell’Epiro, aspra e montuosa,
filano le sue vergini sorelle le sue vergini sorelle filano per lui,
pel dolce Assente la milesia lana. dolce assente, la lana di Mileto.
A tarda notte, tra le industri ancelle, A tarda notte, tra le ancelle operose esse torcono
torcono il fuso con le ceree dita; il filo con le dita bianche come la cera; e il vento
e il vento passa e passano le stelle. passa e passano le stelle (=passa tutta la notte).
le grandi quercie bisbigliar sul monte. le grandi querce bisbigliare sul monte.
Riassunto. Il poeta reinterpreta in termini decadenti la prima di giungere alla fine del suo viaggio, al luogo
figura di Alessandro Magno: il sovrano macedone ha che non permette di passare in alcun altro luogo.
conquistato l’impero persiano ed è giunto sulle rive Questa impossibilità provoca il dramma e l’insoddi-
dell’Oceano Indiano. Dovrebbe essere contento, per- sfazione interiore: la realtà risulta molto – troppo –
ché ha conquistato tutto, ma non lo è, perché non ha inferiore al desiderio del cuore, al sogno. E l’in-
più nulla da conquistare. Era più bello il momento soddisfazione diventa connaturata con la vita e la na-
della partenza, quando aveva davanti a sé il pericolo e tura umana. La scelta giusta risultava fin dall’inizio
l’avventura. Ora le sue conquiste gli appaiono molto quella di sua madre, che aveva rifiutato la realtà a fa-
più piccole di quanto immaginava, perché la realtà si vore del sogno. Il sogno, non l’azione né la razionali-
è dimostrata molto inferiore al sogno. Egli sente che tà, le permetteva di entrare in contatto con le forze
nella realtà ci sono forze immense, che egli non può smisurate e misteriose della natura.
controllare, perciò si sente infelice. Sua madre invece 3. Il rifiuto della razionalità da parte di Pascoli risulta
è rimasta nella reggia e passa il tempo a sognare e ad più solido e motivato se si tiene presente che il Posi-
ascoltare il linguaggio delle forze ignote della natura, tivismo dominante – superficialmente ottimistico –
che essa comprende. era in crisi, che Freud conquistava nuovi territori alla
ricerca scientifica, che la scienza stava subendo tra-
Commento sformazioni radicali che la staccavano completamente
1. Anche in questa poesia Pascoli rifiuta la ragione, la dalla fisica galileo-newtoniana, che la società europea
scienza, la realtà, che sono di gran lunga inferiori, era dilaniata da tensioni e da conflitti a cui si rispon-
meno soddisfacenti e meno efficaci dell’intuizione e deva con la forza, con la violenza, con l’attivismo ir-
del sogno. razionalistico, con il nazionalismo, con il culto della
2. La poesia si sviluppa sulle dislocazioni dei tempi e guerra o della violenza o del superuomo. Alla fine del
dei luoghi: Alessandro è giunto sulle rive dell’Oceano secolo la società europea era in crisi, perché aveva
Indiano, non ha più nulla da conquistare davanti a lui, perso ogni certezza e ogni speranza. L’esplosione de-
perciò si volta indietro, a pensare al momento della gli irrazionalismi porta alla prima guerra mondiale
partenza, alle sue vittorie militari, a come apparivano (1914-18).
le difficoltà prima che le affrontasse e dopo che le 4. Il viaggio insoddisfacente di Alessandro Magno
aveva affrontate. Egli è in riva all’oceano, ma pensa a può essere confrontato con quello dell’Ulisse dante-
tutti i luoghi (e a tutte le avventure) che ha percorso sco (If XXVI), che abbandona il figlio, il padre e la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 442
moglie e con i pochi fidati compagni sfida la volontà
degli dei, supera le colonne d’Ercole, si avventura
nell’oceano disabitato, e infine incontra la morte da-
vanti ad una montagna altissima (è la montagna del
purgatorio), pur di raggiungere “virtute e canoscen-
za”. Ma l’Ulisse dantesco rimanda alla interpretazio-
ne pascoliana dell’eroe greco. Ulisse sta tornando a
casa con i suoi compagni, è giunto in prossimità della
sua isola, quando si addormenta. I compagni aprono
gli otri, dove erano racchiusi i venti sfavorevoli. La
nave è spinta nuovamente in alto mare. Svegliandosi,
egli vede in lontananza qualcosa di indistinto, da cui
ora i venti lo allontanano. Ma non sa se è soltanto una
nuvola o se è la sua terra: il sonno gli ha impedito di
essere pronto all’appuntamento che il destino gli ave-
va preparato (Poemi conviviali, Il sonno di Odisseo,
1904).
5. Anche D’Annunzio reinterpreta in termini deca-
denti il mondo classico, ma in modo completamente
diverso. Il suo Ulisse non manca all’appuntamento
con il destino, è anzi artefice del suo destino. Il poeta
lo incontra mentre sta veleggiando a nord della sua
isola, gli chiede di metterlo alla prova, di fargli pro-
vare l’arco. Ulisse lo guarda per un attimo, e da quel
momento il poeta è divenuto diverso da tutti i suoi
compagni (Laudi del cielo, del mare, della terra e
degli eroi. Maia, IV. L’incontro con Ulisse, 1903).
6. Secondo la leggenda Alessandro ha gli occhi di co-
lore diverso: uno azzurro, l’altro nero.
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Giova, o amico, ne l’anima profonda Giova, o amico, nel profondo del proprio animo
meditare le dubbie sorti umane, meditare l’incerto destino degli uomini,
piangere il tempo, ed oscurar di vane [giova] rimpiangere il tempo [che passa] e riempire
melancolìe la dea Terra feconda? di inutili malinconie la dea Terra che è piena di vita?
Bevere giova con aperta gola È utile bere con la gola ben aperta
ai ruscelli de ‘l canto, e coglier rose, ai ruscelli della poesia, e cogliere le rose
e mordere ciascun soave frutto. e gustare ogni frutto soave.
Riassunto. Il poeta si rivolge all’amico Giovanni 4. Sul fascino e sulla forza irresistibile della parola
Marradi e gli dice che non serve passare il tempo a avevano insistito nel V sec. a.C. i sofisti greci e in
meditare sull’incerto destino umano, né piangere il particolare Gorgia da Lentini (Siracusa) nell’Elogio
tempo che passa, né riempire la terra con noiose ma- di Elena: la donna è giustificata di aver abbandonato
linconie. Vi è la poesia, che canta la bellezza, l’amo- il marito e di aver provocato la guerra di Troia, per-
re, l’avventura, le grandi imprese, la natura, i grandi ché non poteva resistere alle parole persuasive di Pa-
personaggi. La Parola è capace di trasformare la real- ride. Anche in ambito religioso è riconosciuto il pote-
tà. La gioia del poeta è nella pura Bellezza dell’arte; e re ìnsito nella parola. Il Vangelo di Giovanni inco-
il Verso è tutto. mincia così: “In principio era la Parola”, dove il ter-
mine – che indica la divinità – è sinonimo di ragione,
Commento ragionamento, razionalità.
1. Il poeta propone una concezione della poesia e, più ---I☺I---
in generale, della cultura che afferma la superiorità
dell’immaginazione poetica, capace di trasformare la Il piacere, 1888
realtà, rispetto alla misera realtà della vita quotidia- Libro I. È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli, gio-
na. Questa tesi poetica è formulata esplicitamente ne- vane aristocratico di origini abruzzesi, aspetta con an-
gli ultimi versi, nei quali è presente pure l’estetismo e sia l’ex amante Elena Muti, rappresentata come una
il culto della bellezza dell’autore. femme fatale, nella sua casa romana a Palazzo Zucca-
2. Una tesi non diversa era stata proposta nel Seicento ri. Durante l’attesa torna con la memoria alla relazio-
da Giambattista Marino (1569-1625), il maggiore ne che i due hanno intrattenuto e alla scena del loro
rappresentante del Barocco: “È del poeta il fin la me- addio, avvenuto quasi due anni prima, nel marzo
raviglia (Parlo dell’eccellente e non del goffo): Chi 1885, su una carrozza in via Nomentana. Quando
non sa far stupir vada alla striglia”. La seconda strofa Elena arriva, nell’incontro fra i due si alternano ricor-
è traduzione letterale di alcuni versi del poemetto do, ardore e di nuovo allontanamento e dolore. È
medioevale Intelligenza (CCLXXXVII, 4-9). quindi ripercorsa la storia della casata degli Sperelli,
3. Per D’Annunzio esiste il (mondo) materiale e il gli insegnamenti dati ad Andrea dal padre, l’arrivo
(mondo) immaginario. Il poeta ha il compito di ope- del giovane a Roma. La rievocazione prosegue con il
rare nel (mondo) immaginario e di forgiare belle im- primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a ca-
magini e nuovi miti, capaci di affascinare il lettore e sa della marchesa di Ateleta, cugina del protagonista.
di farlo evadere dalle miserie e dalle strettoie della Subito egli inizia un serrato corteggiamento. Il giorno
vita quotidiana. Per il poeta la letizia consiste nella seguente i due si incontrano una seconda volta a
bellezza e nell’abbandonarsi alle sensazioni che essa un’asta di oggetti antichi in via Sistina. Quindi, venu-
provoca. Per l’autore dei Fioretti di san Francesco to a sapere che Elena è malata, Andrea chiede e ottie-
(fine Trecento) la letizia invece consiste nell’accet- ne di essere ricevuto da lei, in un’atmosfera erotico-
tare, per amore di Dio, i dolori, le malattie, le offese e mistica. Comincia così la narrazione dell’idillio che
i disagi che la vita riserva. nei mesi successivi unisce i due sullo sfondo della
Roma elegante, e dei loro incontri tra gli oggetti
d’arte di Palazzo Zuccari, dove il corpo di Elena ali-
menta le fantasie del giovane esteta. Tuttavia una se-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 446
ra, tornando a cavallo dall’Aventino, Elena annuncia suo, cede sempre più all’amore: a Villa Medici, du-
la sua imminente partenza, e il loro inevitabile distac- rante una delle passeggiate con cui il giovane le mo-
co. Dopo l’abbandono, Andrea si immerge in un gio- stra le bellezze della città, Andrea e Maria si baciano.
co di continue seduzioni, conquistando una dopo Libro IV. Respinto con durezza da Elena, Sperelli
l’altra sette nobildonne, e infine si incapriccia di Ip- viene a sapere dagli amici della rovina del marito di
polita Albònico. In una giornata di corse di cavalli, Maria, sorpreso a barare al gioco. La donna si mostra
Andrea la corteggia assiduamente suscitando la gelo- forte di fronte al dolore di dover partire e separarsi
sia dell’amante di lei, Giannetto Rutolo, che lo pro- dall’amato, decidendo di rimanergli totalmente fede-
voca a duello. Nonostante la sua maggiore abilità nel- le. Andrea al contrario riesce a nascondere con sem-
la scherma, subisce una grave ferita. pre maggior difficoltà il suo “doppio gioco”. Dopo
Libro II. Ospitato dalla cugina Francesca di Ateleta aver visto Elena uscire di casa per andare dal nuovo
nella villa di Schifanoja, sul mare di Rovigliano, An- amante, Andrea torna nel rifugio di Palazzo Zuccari,
drea esce da una lunga agonia e inizia la convale- dove, durante l’ultima notte d’amore con Maria, pro-
scenza in un’unione mistica con la natura e l’arte. Il nuncia inconsciamente il nome di Elena. Maria, con
15 settembre 1886 arriva, ospite a Schifanoja, Maria orrore, lo lascia. Il 20 giugno all’asta dei mobili ap-
Ferres con il marito, ministro plenipotenziario del partenuti ai Ferres, Sperelli vive con ribrezzo e nau-
Guatemala (che riparte subito), e la figlia Delfina. sea il senso del “dissolvimento del suo cuore”. Fugge
Andrea accompagna la cugina ad accogliere la donna alla vista di Elena e degli amici, e verso sera rientra
alla stazione e se ne innamora prima ancora di veder- nelle stanze dove Maria aveva vissuto, ora vuote e
la, poiché la sua voce le ricorda quella di Elena. Dieci percorse dai facchini; la vicenda si conclude, per An-
giorni dopo, il 25 settembre, egli è sedotto dalla don- drea, amaramente, dietro agli scaricatori che traspor-
na “spirituale ed eletta”; la loro amicizia diventa tano l’armadio da lui comprato all’asta, salendo le
sempre più intensa, finché il giovane dichiara il suo scale “di gradino in gradino, fin dentro la casa” (Wi-
amore a Maria, che però non risponde, facendosi kipedia, voce Il piacere.).
schermo della presenza della figlia. Maria Ferres tie-
ne un diario di quei giorni, dove annota i suoi senti- Commento
menti, le sue riflessioni, i turbamenti d’amore per 1. Il piacere (1888) va confrontato con Giovanni
Andrea, da cui non vuole lasciarsi vincere. Dal 26 Verga, I Malavoglia (1881, sopra riassunto), di im-
settembre in poi, attraverso il diario, sono narrate le pianto verista e quasi contemporaneo, ma anche con
successive fasi del corteggiamento, sempre più serra- Joris Karl Huysmans, A ritroso (o Controcorrente)
to, finché il 4 ottobre, durante una cavalcata nella pi- (1884) e Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray
neta di Vicomile, la donna cede. Tornato il marito, (1890, sotto riassunto), che celebrano la vita estetica-
avviene la separazione tra i due innamorati. del nobile o almeno di chi è ricco e può dedicarsi ai
L’amore tra Sperelli e Maria Ferres caratterizza l’in- piaceri, e Italo Svevo, Una vita (titolo iniziale Un
tero secondo libro, immettendo il tema della ricerca inetto, sopra riassunto) (1892).
della purezza in un’ambientazione autunnale, simbolo 2. Ad Andrea Sperelli di D’Annunzio vanno poi con-
di decadenza e invecchiamento (ripresa poi nel Poe- frontati il super-uomo di D’Annunzio e di Friedrich
ma paradisiaco, 1893). Questa ricerca però è ambi- Nietzsche (1883, 1884, 1885), l’uomo inetto di Italo
gua e artificiosa, poiché voluta dallo stesso Andrea. Svevo, i borghesi di Alberto Moravia (1929), l’uomo
Libro III. Rientrato a Roma, Andrea si rituffa nella che rinvia di Dino Buzzati (1940), i giovani delin-
vita precedente la convalescenza, tra donne del demi- quenti di Pier Paolo Pasolini (1955, 1959) e di Carlo
monde e amici indifferenti e superficiali. Irrequieto e Cassola (1960), tuttti riassunti più sotto.
pieno di amarezza, egli incontra nuovamente Elena ---I☺I---
Muti. L’attrazione per l’antica amante, nella sua nuo-
va veste di provocatrice, e la fascinazione per Maria,
nella sua ingenua purezza e fragilità, si intrecciano
Le Laudi, 1903
nel suo spirito. Tenta così di incontrare Elena nella
Le Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi
casa di cui lei ha ripreso possesso, a Palazzo Barberi-
(1903) sono l’opera della maturità poetica di D’An-
ni, ma la presenza del marito lo fa fuggire. Poco do-
nunzio. Alcyone, il terzo libro, contiene alcune delle
po, a casa di lei, Andrea assedia Maria Ferres, e la se-
poesie più famose e significative.
ra dopo i due si incontrano nuovamente a un concerto
alla sala dei Filarmonici, dove arriva anche Elena.
Questa, una volta partita Maria, invita Andrea ad ac-
compagnarla in carrozza e nel tragitto incrociano una
folla di manifestanti che protestano per i fatti di Do-
gali (1887); prima di lasciare l’ex amante, Elena lo
bacia intensamente. Sperelli dunque riflette su se
stesso e si giudica “camaleontico, chimerico, incoe-
rente, inconsistente”. Ma ormai è deciso a dare caccia
senza tregua a Maria, che lo ama. La donna, dal canto
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 447
L’incontro con Ulisse, 1900 L’incontro con Ulisse
IV, vv. 22-126
Commento
1. Il poeta interpreta in termini di superuomo la figura
classica di Ulisse, che nel corso dei secoli aveva avu-
to più letture (Omero, Dante, Foscolo, Pascoli e poi
Saba). Nel superuomo c’è la presenza di F. Nietzsche
(1844-1900), ma anche dell’individuo eccezionale,
del genio, del primo Romanticismo.
---I☺I---
Fresche le mie parole ne la sera 1. Le mie parole nella sera giungano a te (=una
ti sien come il fruscìo che fan le foglie evanescente figura di donna) fresche come il fruscìo
del gelso ne la man di chi le coglie che fanno le foglie del gelso nella mano di chi
silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta le coglie silenzioso e che ancora si attarda nel lavoro
su l’alta scala che s’annera 5 lento sull’alta scala che diventa nera
contro il fusto che s’inargenta contro il fusto che assume il colore dell’argento
con le sue rame spoglie con i suoi rami privati delle foglie,
mentre la Luna è prossima a le soglie mentre la Luna sta per apparire nell’orizzonte
cerule e par che innanzi a sé distenda un velo azzurrino e pare che davanti a sé distenda un velo
ove il nostro sogno si giace 10 (=la rugiada), nel quale il nostro sogno si adagia,
e par che la campagna già si senta e pare che la campagna si senta
da lei sommersa nel notturno gelo già sommersa da lei nella frescura della notte
e da lei beva la sperata pace e che da lei riceva la pace sperata
senza vederla. senza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla, 15 2. Che tu sia lodata, o Sera, per il tuo viso candido
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace come la perla e per i tuoi grandi occhi bagnati,
l’acqua del cielo! nei quali si ferma l’acqua che cade dal cielo!
Laudata sii per le tue vesti aulenti, 4. Che tu sia lodata, o Sera, per le tue vesti
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce profumate, e per la cintura che ti circonda come
il fien che odora! il virgulto di salice circonda il fieno che profuma!
Laudata sii per la tua pura morte, 6. Che tu sia lodata, o Sera, per la tua morte
o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare 50 fatta di puri colori e per l’attesa [della notte] che in te
le prime stelle! fa palpitare le prime stelle.
Commento
1. Il poeta nelle tre strofe si rivolge a una muta inter-
locutrice, nelle terzine si rivolge alla Sera, che è per-
sonificata. In tal modo riesce a intercalare le parole
che rivolge alla donna e quelle che rivolge alla Sera.
Lo svolgersi della sera però è presente nelle strofe
anche come secondo termine di paragone.
2. In tutta la poesia egli si abbandona al flusso incon-
trollato delle sensazioni (visive, uditive e olfattive)
provocate dal sopraggiungere della sera, e reagisce
indicando alla donna i regni d’amore, verso i quali il
fiume li chiama, e il sacro mistero della Natura, che
acquista sembianze umane. Nello stesso tempo il poe-
ta e la donna si presentano non come esseri umani
provvisti di una dimensione fisica e materiale, bensì
come puri centri ricettivi delle sensazioni che giun-
gono dalla Sera-Natura. Il poeta nega la sua umanità
per ribadire la sua assoluta appartenenza alla Natura:
la razionalità è negata a favore di un ritorno nel
grembo della natura. In tal modo nega valore sia alla
società sia alla morale. L’Eroe, il super-uomo, non
può sottoporsi a regole: egli è legge di se stesso.
3. Come di consueto, il linguaggio adoperato è costi-
tuito da parole antiche e preziose, che il poeta ripren-
de con esasperato gusto estetico. La poesia è poi una
continua sinestesia (fresche... parole... come il fru-
scio), che fonde le sensazioni provenienti da due sen-
si diversi. Ci sono anche chiari rimandi ad autori del
passato. Ad esempio l’anafora Laudata sii rimanda al
Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. Il con-
testo però è completamente diverso: il Cantico delle
creature (1224) canta Dio che ha dato agli uomini le
creature; D’Annunzio celebra invece la parola, che è
divina, poiché fa essere e crea le cose. E ci sono an-
che rimandi alla tecnica petrarchesca di riempire i so-
netti del Canzoniere con un’unica proposizione.
4. Le strofe sono costituite da un’unica proposizione,
per riprodurre il fluire dei pensieri e delle sensazioni.
5. La poesia va confrontata con lo stesso tema trattato
da altri autori: Dante (If II, 1-6; Pg VIII, 1-6), Fosco-
lo (Alla sera, 1802), Manzoni (I promessi sposi, VIII:
La notte degli imbrogli, 1840-42), Leopardi (Il sabato
del villaggio, 1829), Pascoli (La mia sera, 1899).
---I☺I---
I 1.
Taci. Su le soglie Taci. Sulle foglie
del bosco non odo del bosco non odo
parole che dici parole che tu possa dire
umane; ma odo umane; ma odo
parole più nuove parole più nuove
che parlano gocciole e foglie pronunciate da gocce e da foglie
lontane. lontane.
Ascolta. Piove Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse. dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici Piove sulle tamerici
salmastre ed arse, bruciate dal sale e dal sole,
piove su i pini piove sui pini
scagliosi ed irti, scagliosi e irti di aghi,
piove su i mirti piove sui mirti
divini, sacri agli dei,
su le ginestre fulgenti sulle ginestre risplendenti
di fiori accolti, per le loro infiorescenze,
su i ginepri folti sui ginepri ricoperti
di coccole aulenti, di bacche profumate,
piove su i nostri volti piove sui nostri volti
silvani, che ormai appartengono al bosco,
piove su le nostre mani piove sulle nostre mani
ignude, nude,
su i nostri vestimenti sui nostri vestiti
leggieri, leggeri,
su i freschi pensieri sui nostri freschi pensieri,
che l’anima schiude che la nostra nuova anima
novella, dischiude,
su la favola bella [piove] sulla bella favola dell’amore,
che ieri che ieri
t’illuse, che oggi m’illude, illuse te, che oggi illude me,
o Ermione. o Ermione.
II 2.
Odi? La pioggia cade Odi? La pioggia cade
su la solitaria sulle fronde solitarie
verdura del bosco
con un crepitìo che dura con un crepitìo che perdura
e varia nell’aria e che è sempre diverso nell’aria,
secondo le fronde secondo le fronde,
più rade, men rade. più rade, meno rade.
Ascolta. Risponde Ascolta. Al pianto [della pioggia]
al pianto il canto risponde il canto
delle cicale delle cicale,
che il pianto australe che il pianto [della pioggia portato
non impaura, dal vento] del sud non impaurisce,
nè il ciel cinerino. né [impaurisce] il cielo grigio-cenere.
E il pino E il pino
ha un suono, e il mirto produce un suono, il mirto
altro suono, e il ginepro ne produce un altro, il ginepro
altro ancóra, stromenti un altro ancora: sono strumenti
diversi diversi
sotto innumerevoli dita. sotto le innumerevoli dita [delle gocce].
E immersi E noi siamo immersi
noi siam nello spirto nello spirito
silvestre, del bosco, e viviamo
d’arborea vita viventi; la verde vita degli alberi;
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 453
e il tuo volto ebro e il tuo volto inebriato
è molle di pioggia è bagnato dalla pioggia
come una foglia, come una foglia,
e le tue chiome e i tuoi lunghi capelli
auliscono come profumano come
le chiare ginestre, le ginestre lucenti,
o creatura terrestre o creatura della terra,
che hai nome che hai nome
Ermione. Ermione.
III 3.
Ascolta, ascolta. L’accordo Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale delle cicale, che abitano l’aria,
a poco a poco a poco a poco
più sordo si fa più sordo
si fa sotto il pianto sotto il pianto [della pioggia]
che cresce; che aumenta;
ma un canto vi si mesce ma ad esso si mescola
più roco un canto più rauco,
che di laggiù sale, che si alza da laggiù,
dall’umida ombra remota. dalla lontana ombra umida.
Più sordo e più fioco Esso rallenta il ritmo, [si fa] più sordo
s’allenta, si spegne. e più fioco, poi si spegne.
Sola una nota Soltanto una nota
ancor trema, si spegne, trema ancora, poi si spegne,
risorge, trema, si spegne. si fa risentire,
Non s’ode voce del mare. trema, e si spegne.
Or s’ode su tutta la fronda Non si ode il rumore del mare.
crosciare Ora si ode su tutte le fronde
l’argentea pioggia cadere la pioggia d’argento,
che monda, che pulisce [l’aria],
il croscio che varia il rumore varia
secondo la fronda secondo la fronda,
più folta, men folta. più fitta, meno fitta.
Ascolta. Ascolta.
La figlia dell’aria La figlia dell’aria (=la cicala)
è muta; ma la figlia è divenuta silenziosa; ma la figlia
del limo lontana, del fango in lontananza,
la rana, la rana,
canta nell’ombra più fonda, canta nell’ombra più fitta,
chi sa dove, chi sa dove! chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia, E piove sopra le tue ciglia,
Ermione. o Ermione.
IV 4.
Piove su le tue ciglia nere Piove sopra le tue ciglia nere,
sìche par tu pianga così che pare che tu pianga,
ma di piacere; non bianca ma di piacere; non sei più pallida,
ma quasi fatta virente, ma sei quasi divenuta di color verde,
par da scorza tu esca. sembra che tu esca dalla corteccia [d’un albero].
E tutta la vita è in noi fresca E tutta la vita scorre dentro di noi fresca
aulente, e profumata,
il cuor nel petto è come pesca il cuore nel petto è come una pèsca
intatta, intatta,
tra le pàlpebre gli occhi tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe, sono come polle d’acqua che sgorga tra le erbe,
i denti negli alvèoli i denti nelle gengive
con come mandorle acerbe. sono come mandorle acerbe.
Riassunto breve. Il poeta e una evanescente figura di superano le sue difese e lo strappano dalla noia della
donna sono sorpresi dalla pioggia in un bosco. Egli vita quotidiana. In fin dei conti fare una passeggiata
invita la donna ad ascoltare i rumori delle gocce in un bosco (e aspettare il temporale) è alla portata di
d’acqua sulla vegetazione, il canto delle cicale, che si tutti. Il poeta riesce a trasformare in modo suggestivo
affievolisce e scompare, il canto delle rane, che di- e coinvolgente un fatto comune – in questo caso il
venta sempre più intenso. E, mentre la natura del bo- temporale –, che, quando succede, in genere dà luogo
sco si appropria della loro vita e dei loro corpi, egli soltanto ad irritazione e ad imprecazioni. La vita ini-
invita la donna a lasciarsi andare alle sensazioni, e mitabile, piena di un raffinato estetismo, non è quindi
alla favola dell’amore, che prima aveva illuso lui e riservata unicamente ai personaggi dalla sensibilità
che ora illude lei. eccezionale. È anche alla portata del lettore, che deve
soltanto imparare a vedere e a percepire la realtà in
Commento modo diverso. In questo modo abilissimo e credibile
1. I due protagonisti, la donna ed il poeta, sono eva- il poeta riesce a provocare l’identificazione del suo
nescenti ed immateriali, puri centri di sensazioni, co- pubblico nella sua produzione artistica e nella sua vi-
me ne La sera fiesolana. La ragione è completamente ta estetizzante.
assente e il poeta si abbandona (e invita la donna ad 4. Tutta l’ode, in particolare la seconda strofa, ha
abbandonarsi) alle sensazioni della natura, che entra- suoni, rumori e una musicalità che fanno a gara con la
no ed avvolgono la coscienza. In tal modo l’uomo realtà rappresentata. Il poeta ha presente l’Adone di
perde la sua umanità ed entra a far parte della vita G. Marino (1569-1625), in particolare il passo in cui
primordiale della natura. il poeta secentesco si misura con il canto dell’u-
2. Il poeta tratta il tema, a lui caro, della passeggiata. signolo (VII, 32-37). D’altra parte Marino, prima di
E ribadisce la difficoltà del dialogo tra uomo e donna: D’Annunzio, volle essere consapevolmente uno scrit-
la favola dell’amore ieri ha illuso lei, oggi illude lui; tore professionista, che dalla produzione letteraria vo-
e, ancora, ieri ha illuso lui, oggi illude lei. Insomma leva ricavare onori, fama e ricchezza.
sia l’uomo sia la donna si imprigionano con le loro 5. In Alexandros Pascoli confronta ragione-realtà da
mani dentro le loro illusioni e non riescono a rompere una parte con il sogno che è infinitamente più bello
il bozzolo che li circonda per comunicare con l’altro. dall’altra, e sceglie il sogno. Niente di tutto questo in
Il tema della passeggiata e dell’incomunicabilità fra D’Annunzio, che sceglie la Natura e la divina onni-
uomo e donna si inserisce in un evento naturale – il potenza della Parola, si abbandona alla molteplicità
temporale –, che provoca nei due esseri una trasfor- delle sensazioni e fa confluire l’uomo nella vita della
mazione e li porta a divenire parte della vita imme- Natura.
diata, onnipervasiva e “vitalistica” della natura. 6. Il motivo del temporale è trattato in termini molto
3. La poesia trasforma la realtà in pure sensazioni au- diversi da Leopardi (La quiete dopo la tempesta, dove
ditive, visive e olfattive. La ragione è assente, sosti- il temporale è simbolo del dolore umano) e da Pascoli
tuita da un rapporto immediato e panico con la natu- (La mia sera, dove la giornata sconvolta dal tempora-
ra. La realtà – il fatto banale di un temporale che co- le rimanda simbolicamente alla vita del poeta, scon-
glie di sorpresa due innamorati mentre stanno facen- volta dai lutti familiari e dalla mancanza di affetto).
do una passeggiata in mezzo al bosco – è trasformata, Un altro temporale famoso è quello che ne I promessi
in un flusso continuo ed affascinante di sensazioni e sposi porta via la peste (XXXVII).
di emozioni, che aggirano la razionalità del lettore ---I☺I---
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 455
Stabat nuda Aestas, 1902 L’estate se ne stava nuda
Primamente intravidi il suo piè stretto Dapprima intravidi il suo piede stretto (=piccolo
scorrere su per gli aghi arsi dei pini e agile) correre su gli aghi riarsi dei pini,
ove estuava l’aere con grande dove l’aria ribolliva con grande
tremito, quasi bianca vampa effusa. tremito, quasi fosse una bianca vampa [di fuoco].
Le cicale si tacquero. Più rochi Le cicale tacquero. I ruscelli
si fecero i ruscelli. Copiosa si fecero più rochi. La resina gemette
la resina gemette giù pe’ fusti. scendendo copiosa per i fusti [dei pini].
Riconobbi il colùbro dal sentore. Riconobbi la serpe dall’odore [penetrante].
Nel bosco degli ulivi la raggiunsi. La raggiunsi nel bosco degli ulivi.
Scorsi l’ombre cerulee dei rami Scorsi le ombre azzurrine dei rami
su la schiena falcata, e i capei fulvi sulla sua schiena sinuosa, e [vidi] i capelli
nell’argento pallàdio trasvolare fulvi volar via nelle fronde argentee degli ulivi sacri
senza suono. Più lunghi nella stoppia, a Pàllade senza un suono. Più lontano tra le stoppie
l’allodola balzò dal solco raso, l’allodola balzò dal solco falciato,
la chiamò, la chiamò per nome in cielo. la chiamò, la chiamò per nome [volando] in cielo.
Allora anch’io per nome la chiamai. Allora anch’io la chiamai per nome.
Tra i leandri la vidi che si volse. Tra gli oleandri vidi che si volse.
Come in bronzea mèsse nel falasco Come nel grano maturo entrò fra i giunchi
entrò, che richiudeasi strepitoso. di palude, che si richiudevano con un rumore secco.
Più lungi, verso il lido, tra la paglia Più lontano, verso il lido, tra le alghe secche
marina il piede le si tolse in fallo. della spiaggia il suo piede incespicò.
Distesa cadde tra le sabbie e l’acque. Cadde distesa tra la riva e l’acqua del mare.
Il ponente schiumò nei sui capegli. La brezza di ponente schiumò nei sui capelli.
Immensa apparve, immensa nudità. Apparve immensa, in tutta la sua immensa nudità.
Riassunto. Il poeta scorge una figura di donna. Si e infine la raggiunge sulla riva del mare. E vede tutta
mette ad inseguirla. La donna fugge in mezzo alla na- la sua incomparabile bellezza.
tura, sfiorando gli aghi dei pini, le foglie degli ulivi, 3. La personificazione è presente anche in altre poesie
le mèssi di frumento. La cicala tace, ma l’allodola la di D’Annunzio: ne La sera fiesolana le colline all’o-
chiama. I giunchi si chiudono al suo passaggio. Infine rizzonte diventano labbra che non vogliono aprirsi; ne
sulla spiaggia, tra le alghe, il suo piede incespica. Ca- La pioggia nel pineto i due protagonisti sono puri
de distesa tra la sabbia e l’acqua. La brezza solleva la centri di sensazioni, che vanno oltre i limiti della sen-
schiuma delle onde fra i suoi capelli. Ed essa appare sualità e dell’erotismo. Il poeta si sente parte del tut-
in tutta la sua immensa e selvaggia bellezza. to, mette da parte la ragione e si abbandona a una fu-
sione orgiastica con la Natura.
Commento 4. La poesia riesce a riprodurre la situazione di vita
1. Il madrigale Stabat nuda aestas (L’estate stava nu- sospesa, che provoca la calura estiva. I rami degli al-
da) ripropone la donna evanescente di altre poesie beri oscillano appena, le cicale tacciono, e ogni tanto
dell’Alcyone. In questo caso la figura evanescente è si sente il rumore improvviso di un’allodola che spic-
quella dell’estate. Il poeta la insegue in mezzo ai bo- ca il volo nel campo di frumento appena falciato. Ma
schi, la sente davanti a sé. L’aria è ardente, le cicale la riproduzione della realtà nelle parole non vuole es-
tacciono, l’allodola spicca il volo, i giunchi della pa- sere un verismo più vero della realtà. Vuole indicare
lude si muovono al suo passaggio e si richiudono die- un paesaggio dell’anima, la ricerca di qualcosa che ci
tro di lei. Infine sta per raggiungerla in riva al male, sfugge sempre di mano, il nostro far parte della natu-
ma l’estate incespica e cade. La brezza di ponente ra, l’assenza della ragione, l’io umano ridotto o tra-
mescola la schiuma delle onde nei suoi capelli ed essa sformato in puro centro di sensazioni.
appare in tutto il suo splendore. Il poeta non la rag- 5. L’estate è evanescente, anche se con la calura fa
giunge, perché non può raggiungerla. Quando sta per sentire la sua presenza. Ma anche il poeta è evane-
raggiungerla, essa si fonde completamente con la na- scente. È un puro centro di sensazioni, che ha perso la
tura e scompare. Al suo posto appare la natura. sua identità umana, sociale, storica. È (divenuto) una
2. Il titolo rimanda a Ovidio, Stabat nuda aestas et pura entità che percepisce e che insegue altre perce-
spicea serta gerebat (L’Estate stava nuda e in capo zioni.
portava la corona), Metam., II, 2. Il poeta personifica 6. I versi di D’Annunzio fanno risuonare l’animo del
l’estate e la trasforma in un’evanescente figura di lettore come le infinite mani della pioggia traevano
donna che corre in mezzo alla natura. Egli la insegue dalle fronde della pineta una musica sempre diversa.
La natura del poeta è quindi completamente diversa
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 456
dalla Natura di Leopardi, che fa promesse di felicità in riva al mare, il calore cocente del sole, che dà la
che poi non mantiene e che fa soffrire gli uomini e vita e che prosciuga la vita, insomma che dà la mor-
tutti gli esseri viventi. È diversa anche dalla natura te.8. Nella maturità estrema o nella sospensione della
misteriosa e spesso ostile di Pascoli. In ambedue i ca- vita, provocata dalla calura estiva, s’insinua inesora-
si c’è la ragione che valuta la condizione umana, che bile il tema della morte o del fluire implacabile del
risulta insostenibile. D’Annunzio è parte della natura tempo. E tutto ciò provoca un improvviso contatto
ed esclude costantemente la presenza della ragione e con la realtà, con il divenire. Le sensazioni si aprono
della razionalità. L’io è soltanto consapevolezza di sé alla consapevolezza che il tempo fugge, travolge, di-
e delle proprie percezioni. Ed è sempre sul punto di vora, distrugge. E compare o una tenue insoddisfa-
ritornare a confondersi e a scomparire nella natura. zione o un impalpabile desiderio di morte e di disso-
7. L’inseguimento è una variante della passeggiata luzione o il tedio, che spinge ad inebriarsi nuovamen-
che ne La pioggia nel pineto compiono Ermione ed il te nelle sensazioni. E tutti questi sono temi della poe-
poeta. La conclusione è quasi la stessa: là le due figu- sia latina: tempus fugit, tædium vitæ. Ma i motivi
re umane ritornano a fare parte della natura, qui sol- classici sono interamente riplasmati, per diventare in-
tanto l’estate si dissolve nella natura. Il luogo in cui timamente dannunziani.
molte poesie sono ambientate è la spiaggia, la pineta ---I☺I---
---I☺I---
Come scorrea la calda sabbia lieve Mentre la calda sabbia scorreva lievemente
per entro il cavo della mano in ozio, dentro il cavo della mia mano in ozio,
il cor sentì che il giorno era più breve. il cuore sentì che il giorno era più breve.
Han bevuto profondamente ai fonti Essi hanno bevuto profondamente alle fontane alpine,
alpestri, che sapor d’acqua natia affinché il sapore dell’acqua nativa rimanga
rimanga né cuori esuli a conforto, nei loro cuori esuli come conforto,
che lungo illuda la lor sete in via. e a lungo dia sollievo alla loro sete.
Rinnovato hanno verga d’avellano. Si sono fatti un nuovo bastone di nocciolo.
E vanno pel tratturo antico al piano, E vanno per gli antichi percorsi verso la pianura,
quasi per un erbal fiume silente, quasi lungo un silenzioso fiume di erba,
su le vestigia degli antichi padri. sulle orme degli antenati.
O voce di colui che primamente O voce [piena di gioia] di chi scorge per primo
conosce il tremolar della marina! il tremolare della superficie marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina Ora lungo la spiaggia egli cammina con il gregge.
La greggia. Senza mutamento è l’aria. L’aria è totalmente immobile. Il sole al tramonto
Il sole imbionda sì la viva lana illumina la viva lana [delle pecore],
che quasi dalla sabbia non divaria. che non è troppo diversa dalla sabbia.
Isciacquio, calpestio, dolci romori. La risacca delle onde, il calpestìo del gregge,
altri dolci rumori [si diffondono nell’aria].
Ah, perché non son io co’ miei pastori?
Ahimè!, perché non son rimasto con i miei pastori?
Riassunto. È settembre. Il poeta pensa ai pastori della Foscolo: A Zacinto (vv. 11-14) e In morte del fratello
sua terra, che con il loro gregge lasciano i monti per Giovanni (v. 14) (1802-03). Ma è un tópos di tutte le
scendere verso il mare lungo gli antichi percorsi. Il letterature.
primo che vede il mare esplode in un grido di gioia. ---I☺I---
Ed egli, pieno di nostalgia, si chiede perché non è ri-
masto con loro. Nella belletta, 1902
Commento
1. Il poeta parla di se stesso, del suo mondo, della
sua malattia e delle piccole cose che egli ama e che la
sua musa ama cantare. Descrive le visite che faceva
alla signorina Felicita, una ragazza di antica nobiltà
che abita a Villa Amarena. Descrive i dialoghi con il
padre di lei e non nasconde la sua fama di usuraio. E
poi descrive la ragazza: è quasi brutta e apre la sua
bocca quando sorride come quando beve. Fa la civet-
tuola con lui e lo invita a cena. Egli resta e alle ore
21.00 se ne va, salutato da tutta la famiglia. Ma non
ama la compagnia, preferisce la cucina con i suoi
odori. E ama esplorare il solaio con lei. C’è l’antico
quadro della Marchesa, un’anima in pena, che si sen-
te ancora aggirarsi per i corridoi di casa. Ci sono
stampe di personaggi con l’alloro in fronte, che la si-
gnorina scambia per un rametto di ciliegio. Lei gli
chiede perché non parla. Egli risponde che pensava
alle piccole cose della sua vita e che sarebbe stato
dolce restare qui con lei: una dichiarazione d’amore.
Sì, lì nel solaio, e per sempre. Una farfalla notturna
si alza dalla parete facendo un triste rumore. È la
Marchesa, dice lei. Da basso la cuoca avvisa che la
cena è pronta. Lei lo invita a scendere, lui vuole ri-
manere ancora un po’, e si mettono a contare le stelle.
Ma poi lei insiste di scendere, altrimenti potrebbero
pensare che stanno facendo cose poco belle.
2. La poesia di Gozzano è immersa nella vita quoti-
diana, che è presentata così com’è, nei suoi aspetti
banali, anche brutti e anche sgradevoli. La ragazza
non è abbellita, non è la donna di Guinizelli che porta
al cielo, né la Beatrice di Dante, che rende muti per la
sua bellezza e la sua grazia. Tanto meno è la donna
idealizzata e astratta di Petrarca e dei suoi seguaci. È
la ragazza normale e banale che si incontra per strada
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 477
Filippo Tommaso Marinetti (1876- 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo
e munificenza, per aumentare l’entusiastico fer-
1944) vore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna
La vita. Filippo Tommaso Marinetti nasce ad Ales- opera che non abbia un carattere aggressivo può
sandria d’Egitto nel 1876. Studia a Parigi, dove fre- essere un capolavoro. La poesia deve essere con-
quenta le avanguardie artistiche, e pubblica le prime cepita come un violento assalto contro le forze
opere in francese. Nel 1905 si trasferisce a Milano. ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
Nel 1909 pubblica a Parigi su un quotidiano di grande
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...
diffusione come “Le Figaro” il Manifesto del Futuri-
Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vo-
smo. Negli anni successivi si dedica alla diffusione
gliamo sfondare le misteriose porte dell’impos-
delle teorie futuristiche. Nel 1911 è tra i sostenitori
sibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi
della conquista della Libia. Nel 1913 partecipa ed
viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già
assiste agli scontri tra turchi e bulgari che culminano
creata l’eterna velocità onnipresente.
nell’assedio di Adrianopoli. Partecipa come volonta-
rio alla prima guerra mondiale. Nel dopoguerra si de- 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene
dica all’attività politica fondando il Partito politico del mondo - il militarismo, il patriottismo, il ge-
futurista, che presto confluisce nel Partito Nazional- sto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si
fascista. Da questo momento inizia la fase calante di muore e il disprezzo della donna.
Marinetti e del movimento, poiché, quando il Fasci- 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche,
smo conquista il potere (1922), essi diventano un le accademie d’ogni specie, e combattere contro
elemento di disturbo nell’opera di normalizzazione il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà
intrapresa dal regime. Nel 1929 è nominato da Mus- opportunistica e utilitaria.
solini accademico d’Italia. L’adesione al regime lo fa 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro,
partire volontario per la Russia e a schierarsi a favore dal piacere o dalla sommossa: canteremo le ma-
della Repubblica di Salò. Muore nel 1944. ree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni
nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fer-
Le opere. Marinetti scrive il romanzo Mafarka le fu- vore notturno degli arsenali e dei cantieri, incen-
turiste (Mafarka il futurista, 1909), la tragedia Le roi diati da violente lune elettriche; le stazioni ingor-
Bombace (Il re Baldoria, 1909), il Manifesto del Fu- de, divoratrici di serpi che fumano; le officine
turismo (1909), poi Zang Tumb Tumb (1913), una appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi;
delle sue opere sperimentali più famose, che parla i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i
dell’assedio di Adrianopoli (oggi Edirne, nella Tur- fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltel-
chia europea, guerra nei Balcani, 1912), l’Alcòva li; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte,
d’acciaio (1921), che racconta la sua esperienza di e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano
guerra combattuta sulle autoblinde. sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbri-
gliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani,
Il Manifesto del Futurismo, 1909 la cui elica garrisce al vento come una bandiera e
sembra applaudire come una folla entusiasta.
1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitu-
dine all’energia e alla temerità. È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo
nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno ele-
col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vo-
menti essenziali della nostra poesia.
gliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari.
pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esal- Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di ri-
tare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, gattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli
il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il musei che la coprono tutta di cimiteri.
pugno. ---I☺I---
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si
è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza del- Riassunto. Il Manifesto del Futurismo (1909) canta la
la velocità. Un automobile da corsa col suo cofa- moderna civiltà della macchina, che è contrapposta
no adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito alla sonnolenta civiltà del passato. I punti più impor-
esplosivo... un automobile ruggente, che sembra tanti, su cui l’autore insiste e che celebra, sono:
correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria a) il pericolo, il coraggio, l’audacia, la ribellione, lo
di Samotracia. schiaffo e il pugno;
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il vo- b) la bellezza dell’”eterna velocità onnipresente”, che
lante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lancia- caratterizza la civiltà moderna e che ha arricchito il
ta a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. mondo da quando è apparsa l’automobile;
c) la bellezza della lotta e, di conseguenza, la glorifi-
cazione della guerra, “sola igiene del mondo”, del mi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 478
litarismo, del patriottismo, del gesto distruttore dei 6. “Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo
libertari; già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna
d) il rifiuto di tutta l’arte del passato, dei musei, delle velocità onnipresente”: Marinetti sente con particola-
biblioteche, delle accademie; re forza che la storia sta accelerando. E scopre la ve-
e) la lotta contro il moralismo, il femminismo ed ogni locità onnipresente. Nel 1898 a Torino nasce la Fiat,
viltà opportunistica; le automobili non correvano troppo ed erano diventa-
f) le folle agitate dal lavoro, dal piacere, dalla som- te un simbolo maschile. Nel 1903 i fratelli Orville e
mossa; gli arsenali, le officine, i ponti, i piroscafi e Wilbur Wright (USA) fanno volare il primo aereo
tutto ciò che la tecnica ha saputo costruire. grazie a un motore a scoppio. Radicali cambiamenti
L’autore intende lanciare il manifesto dall’Italia, per- coinvolgono anche la logica, la fisica e l’astronomia
ché vuole liberare “questo paese dalla sua fetida can- (Frege, Planck, Einstein, Heisenberg, Lemaître, Hub-
crena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’anti- ble ecc.).
quari”. 7. A dire il vero, i musei e la cultura creano posti di
lavoro e fanno girare il denaro. Sono necessari. Per
Commento secoli i pittori venivano a studiare in Italia e molti poi
1. Il Futurismo italiano è un movimento che ha un re- vi restarono. L’Italia era considerata il paese dell’arte,
spiro cosmopolita ed europeo (Romanticismo, Veri- merito delle commesse dei papi agli artisti.
smo e Decadentismo erano stati importati dalla Fran- 8. Le manifestazioni più persuasive del Futurismo ita-
cia, anche se hanno caratteristiche originali): riesce a liano non vanno cercate nella produzione letteraria, di
svecchiare la cultura italiana e a diffondersi anche livello assai modesto, ma nella produzione artistica,
all’estero. È lanciato da Parigi, perché allora la capi- dalla pittura alla scultura all’urbanistica: Umberto
tale francese era il maggiore centro di produzione Boccioni, Carlo Carrà, Antonio Sant’Elia.
culturale dell’Europa. 9. Dopo il 1920 il Futurismo perde le sue spinte ever-
2. “Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...”: sive e finisce in una tranquilla celebrazione del regi-
l’affermazione rimanda alla tesi illuministica secondo me nazional-fascista, lasciando però segni evidenti
cui il presente è un nano che vive sulle spalle di un nelle successive correnti artistiche.
gigante, il passato (1730-90). In ogni caso l’Italia 10. Se si vuole, Marinetti riprende la polemica di
aveva bisogno di cambiamenti radicali, aveva una quasi un secolo prima di Giovanni Berchet, che nel
economia quasi del tutto agricola ed era in ritardo ri- 1816 nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo fi-
spetto a tutti gli altri paesi europei. La meccanizza- gliolo proponeva una cultura del presente, impegnata,
zione dell’agricoltura avviene soltanto a partire dal romantica, contro i laudatores del tempo antico.
1950. Aveva pure un gruppo ristretto di intellettuali ------------------------------I☺I-----------------------------
di altissimo livello e la maggioranza della popolazio-
ne era semi-analfabeta o analfabeta. La riforma delle
scuole elementari avviene soltanto nel 1925 (Riforma
Gentile).
3. Dietro a Marinetti stanno l’esplosione dei naziona-
lismi europei (1870-1914), la volontà di potenza e il
super-uomo di Friedrich Nietzsche (1844-1900). La
violenza era ampiamente praticata da Stati, polizie,
anarchici socialisti, comunisti. Nel 1898 l’esercito
italiano a Milano spara sulla folla, che protestava
contro il rincaro del pane. Fa forse 180 morti.
4. “Noi vogliamo glorificare la guerra”: forse è la
prima volta che un letterato la glorifica, dopo Omero,
Ariosto, Tasso. In realtà gli Stati la glorificavano a
tempo pieno; guerra dei 100 anni tra Francia e Inghil-
terra (1337-1453), guerre di religione (1618-48),
guerra d’indipendenza americana (1775-1783), guerre
napoleoniche (1797-1814), guerre d’indipendenza ita-
liane (1848-70) ecc.
5. Un motivo del manifesto è l’anti-femminismo. A
fine sec. XIX le suffragette britanniche chiedevano il
voto per le donne. Cambiamenti sociali rilevanti av-
vengono in seguito alla prima guerra mondiale: le
donne accorciano la gonna, così usano meno stoffa,
mostrano le gambe (ma indossano le calze) e sono più
comode. In fabbrica le gonne lunghe erano scomode e
pericolose. In Italia le donne ottengono il voto nel
1946, finita la guerra.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 479
Italo Svevo (1861-1928) re involontariamente la felicità. Ad esempio il suo
matrimonio con Augusta nasce per caso, partendo da
La vita. Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector uno scambio di persona del protagonista, ma questa
Schmitz, nasce a Trieste nel 1861. Per tutta la vita la- scelta si rivela poi felice per entrambi. Perciò nella
vora in banca e si dedica a scrivere romanzi e raccon- realtà il caso ha un grandissimo potere e l’inetto ac-
ti, che per la sua collocazione ai margini dell’Impero cetta passivamente questa presenza, che nel sec. XX
austro-ungarico non hanno particolare accoglienza. acquista sempre più importanza. Nei romanzi di Sve-
Scrive una trilogia, che ha protagonisti diversi, ma vo sono quindi sempre presenti alcune contrapposi-
affronta la stessa problematica: Una vita (titolo ini- zioni che esprimono efficacemente la condizione
ziale Un inetto, 1892), Senilità (1898, 1927) e La co- umana. Esse sono: Attitudine/Inettitudine, Gioven-
scienza di Zeno (1923È “lanciato” al livello nazionale tù/Senilità, Salute/Malattia. E non c’è nessun deside-
e internazionale da Eugenio Montale, che lo recensi- rio di scoprire il mondo e di uscire dalla soffocante
sce sulla rivista milanese “L’esame” (1925) con normalità della vita quotidiana. Il massimo delle tra-
l’articolo Omaggio a Italo Svevo, e da alcuni critici sgressioni è avere moglie e cercarsi una amante, qua-
francesi (a cui era stato indirizzato dall’amico James le che sia, anche se si crede di provare un qualche in-
Joyce), che nel 1926 dedicano a La Coscienza di Ze- teresse per lei.
no e agli altri due romanzi la maggior parte del fasci- ---I☺I---
colo della rivista “Le navire d’argent”.
Muore a Motta di Livenza (TV) nel 1928. Una vita (titolo iniziale Un inetto), 1892
Le opere. Scrive la trilogia Una vita (titolo iniziale Riassunto. Alfonso Nitti, un giovane intellettuale con
Un inetto, 1892), Senilità (1898, 1927) e La coscien- aspirazioni letterarie, lascia il paese natale, dove vive
za di Zeno (1923), che hanno protagonisti diversi, ma con la madre, e si trasferisce a Trieste. Qui trova un
affrontano la stessa problematica. avvilente impiego come bancario. Un giorno è invita-
to a casa del banchiere Maller, dove conosce Maca-
La poetica. Contro i cantori del super-uomo o dell’a- rio, un giovane sicuro di sé, con cui stringe amicizia.
ristocratico che si dedica a una vita estetica Svevo in- Conosce anche Annetta, figlia di Maller, anche lei
venta un eroe rovesciato o un anti-eroe: la figura interessata alla letteratura. Con la ragazza inizia una
dell’inetto, che non sa decidere, che rimanda le deci- relazione sentimentale. Sul punto di sposarla però
sioni al futuro, che si lascia vivere dalla vita e dagli fugge, così da poter cambiare vita, e torna al paese
imprevisti, che subisce il caso senza reagire. L’inetto d’origine, dove la madre, già gravemente ammalata,
si sente inadatto a vivere, poiché non riesce ad aderire muore. Alfonso torna quindi a Trieste, certo di aver
alla vita, non ha valori in cui credere, non ha scopi, scoperto nella rinuncia e nella contemplazione la sua
non ha un ruolo nella società in cui riconoscersi, vera natura. La realtà però sarà diversa: scopre che
quindi non riesce a dare un senso alla propria vita. Annetta si è fidanzata con Macario, si fa prendere
Inoltre si sente malato di quella malattia che è il disa- dalla gelosia e si sente ferito dall’odio dei colleghi. Il
gio del sec. XX: l’incapacità di provare sentimenti, ruolo che gli è assegnato è di minore importanza, ma
che provoca nell’uomo un forte sentimento di tristez- cerca di tornare in buoni rapporti con la famiglia
za e di infelicità. L’inetto quindi è sempre un eroe Maller. Tuttavia fallisce in questo proposito ed anzi
sconfitto che potrebbe apparire al pubblico molto si- aggrava la situazione, poiché si lascia sfuggire frasi
mile ai Vinti dei romanzi di Giovanni Verga. Tuttavia che sono interpretate come ricatti. Scrive allora ad
esiste una notevole differenza: la sconfitta dei vinti Annetta per chiederle un incontro di chiarimento, ma
era da imputare esclusivamente all’ambiente ostile, il suo gesto è frainteso: all’appuntamento con la ra-
invece il fallimento dell’inetto è da ricondurre alla gazza si presenta il fratello Federico, che lo sfida a
frattura che si è creata tra l’individuo e la realtà e, duello. Alfonso sceglie di suicidarsi con esalazioni di
all’interno dell’individuo, con la scoperta dell’in- gas e di porre fine alla sua vita di disadattato, imma-
conscio, un mondo oscuro e sconosciuto, che condi- ginando che Annetta venga a piangere sulla sua
ziona le azioni umane. tomba.
Tutti i protagonisti dei romanzi di Svevo sono degli
Commento
inetti, tuttavia c’è una profonda differenza tra Alfon-
1. Il suicidio è la risposta definitiva del protagonista
so ed Emilio, protagonisti di Una vita e di Senilità, e
alle difficoltà della vita e della convivenza con gli al-
Zeno, protagonista de La coscienza di Zeno. I primi
tri individui. In qualche modo Alfonso è una proie-
due sono personaggi tragici, sono rappresentati in una
zione dello stesso Svevo, che per tutta la vita lavora
dimensione cupa e triste, e il loro destino è la morte
in banca, si diletta a scrivere romanzi e non ha alcun
o, in alternativa, la rinuncia a vivere. Zeno invece rie-
successo letterario.
sce a non essere tragico poiché, data la sua età matu-
2. Il suicidio richiama un altro suicidio: Ugo Foscolo,
ra, è divenuto consapevole della sua “malattia” e usa
Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1798). Jacopo pro-
l’ironia per sdrammatizzare se stesso e la sua condi-
va le due massime delusioni che lo potevano colpire:
zione. Zeno è colui che, convinto di sbagliare, effet-
Napoleone ha ceduto Venezia, la sua patria, all’im-
tua la scelta più giusta, riuscendo perciò a raggiunge-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 480
pero asburgico (1797); e la donna che egli amava ha Commento
obbedito al padre e sposato un altro pretendente. Per- 1. Svevo riprende e ripete i motivi del primo roman-
ciò si suicida con un colpo di pugnale. Ma il suicidio zo: il protagonista vuole e disvuole, deve decidere e
è mezzo fallito, perché si è soltanto ferito a morte, non decide, deve scegliere e non sceglie, e alla fine fa
perciò impiega alcuni giorni per morire. E prima di del male a se stesso, e sostituisce la vita con i ricordi
morire davanti al suo capezzale passa una fila di per- del passato.
sonaggi, per fare le ultime due chiacchiere con lui. 2. L’atteggiamento di Amalia nei confronti della vita
Ortis è l’eroe romantico, che sente intensamente i va- ripete il suicidio di Alfonso Nitti, protagonista del
lori per i quali ritiene che la vita sia degna d’essere primo romanzo di Svevo, Una vita (1892).
vissuta. ---I☺I---
3. Gli umanisti dicevano che faber est suae quisque
fortunae (ognuno è artefice del suo destino) e, in ne- La coscienza di Zeno, 1923
gativo, anche Alfonso è artefice del suo, tanto che
giunge alla decisione di suicidarsi. Il suo destino però Riassunto lungo. Il riassunto lungo si trova nell’ulti-
non è fuori di lui, nelle mani di divinità avverse, ma
mo capitolo: Romanzi italiani e stranieri del Nove-
dentro di lui: non studia, non conosce e non com-
cento (1890-2010).
prende la realtà in cui vive e prende decisioni sbaglia-
te, che gli saranno fatali.
---I☺I---
Riassunto breve. Zeno Cosini è un maturo e ricco
commerciante di Trieste ed è pure un accanito fuma-
Senilità,1898, 1927 tore. Vuole smettere di fumare, da solo non ne è
capace, perciò si rivolge a uno psicoanalista, il
Riassunto. Emilio Brentani è un impiegato di un’assi- Dottor S. Il medico lo induce a scrivere la propria au-
curazione: conduce una modesta esistenza in un ap- tobiografia, nella speranza che ciò lo aiuti a guarire
partamento di Trieste condiviso con la sorella Ama- dal vizio, di cui è schiavo. Zeno inizia a scrivere, ma
lia, la quale, non avendo molti rapporti con il mondo poi interrompe la terapia. Il medico, irritato, si vendi-
esterno, si limita principalmente ad accudirlo. Accade ca pubblicando le memorie del paziente. Zeno nel
un giorno che Emilio conosce Angiolina, di cui si in- racconto ripercorre sei episodi significativi della sua
namora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l’ami- vita, legati a una radice comune, l’incapacità di vive-
co Stefano Balli, che compensa i pochi riconosci- re, l’inettitudine, che è la sua vera malattia. Egli ri-
menti artistici con il successo che ha con le donne. corda come cominciò a fumare e come non sia mai
Emilio tenta di far capire ad Angiolina che la loro re- riuscito ad accendere “l’ultima sigaretta”. Il suo at-
lazione sarà subordinata ai doveri che egli ha, come teggiamento inetto verso il fumo, fatto di penti-
quello nei confronti della propria famiglia. Non si menti, buoni propositi e fallimenti, si allarga anche ai
rende conto che in realtà è Angiolina a gestire il lo- momenti più importanti della sua vita: il difficile
ro rapporto, ad investire meno sentimenti e a soffrire rapporto con il padre, fatto di diffidenza e incom-
di meno a causa della loro relazione non ufficiale. prensione, fino alla sua morte; il matrimonio con
L’amico Stefano non crede nell’amore e cerca di Augusta, accettato sotto la spinta del caso e poi rive-
convincere Emilio a divertirsi con Angiolina, che ha latosi felice; la relazione con la giovane Carla, voluta
una pessima fama a Trieste. Invece Emilio apre il per sconfiggere la paura d’invecchiare e di cui non si
cuore alla ragazza e ignora gli avvertimenti degli assume alcuna responsabilità morale; il rapporto di
amici: Angiolina non lo ricambia e anzi inizia a mo- amore e odio con il cognato Guido, colpevole di aver
strare un certo interesse per un ombrellaio e per lo sposato Ada, di cui Zeno era innamorato; l’asso-
stesso Stefano. Stefano comincia a frequentare casa ciazione commerciale che ha costituito con lui. Nel-
Brentani con maggiore continuità. Per ironia del de- l’ultimo episodio la guerra sorprende Zeno ed egli ne
stino Amalia finisce per innamorarsi di lui. Il suo fa- rimane sconvolto. Ancora una volta la sorte lo aiuta e
scino maschile colpisce entrambe le donne. Emilio, gli consente di arricchirsi con un fortunato commer-
geloso della sorella, allontana Stefano, mentre Ama- cio. Ciò lo fa sentire forte e sano e lo spinge ad ab-
lia comincia a drogarsi con l’etere, finché non si bandonare la cura psicoanalitica. Chiude il romanzo
ammala di polmonite. La malattia la conduce alla l’apocalittica previsione di una catastrofe, prodotta
morte. Emilio smette di frequentare Angiolina, pur dagli ordigni di guerra e che travolgerà l’intera Euro-
amandola, e si allontana da Stefano Balli. In seguito pa.
viene a sapere che la donna è fuggita con il cassiere
di una banca, per andare a vivere nella capitale Commento
dell’Impero, Vienna. Anni dopo, ricordando il passa- 1. Zeno Cosini, il protagonista del romanzo, proviene
to, Emilio vede le due donne idealizzate dai suoi de- da una famiglia ricca, vive nell’ozio e ha un rapporto
sideri e fuse in un’unica persona, che ha l’aspetto conflittuale con il padre, che condizionerà tutta la sua
dell’amata e il carattere della sorella. vita. Sia nei rapporti amorosi, sia nei rapporti con i
familiari e gli amici, sia nel lavoro egli prova costan-
temente un senso di inadeguatezza e di inettitudine,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 481
che interpreta come sintomi di una malattia. In segui- vono e gli imprevisti sempre in agguato. E vi riesco-
to giunge alla conclusione opposta: non è lui ad esse- no. Dorothy è addirittura una ragazzina, ma alle spal-
re ammalato, ma la società in cui vive. Con Svevo le ha i romanzi d’avventura di Mark Twain (1835-
nasce l’anti-eroe, che avrà grande successo presso gli 1910), che rappresenta un’America vitalistica, in cui
scrittori italiani dopo di lui. si incontrano persone per bene ed anche imbroglioni,
2. Il romanzo ripropone gli stessi motivi dei due ro- da cui sapersi difendere. Le sue opere più significati-
manzi precedenti: l’inettitudine del protagonista, la ve sono due romanzi di formazione: Le avventure di
sua incapacità di decidere, l’importanza del caso, di Tom Sawyer (1876) e Le avventure di Huckleberry
un caso favorevole, i piccoli o grandi odii e amori Finn (1884), che propongono una visione ottimistica
della vita quotidiana. Sulla fortuna il rimando inevi- della vita anche se essa è piena di difficoltà.
tabile è a Niccolò Machiavelli, Principe, cap. XV. Il 6. Due soluzioni alternative, praticate negli stessi an-
segretario fiorentino dice come gli uomini possano ni, erano il super-uomo di Friedrich Nietzsche (Così
gestire la fortuna avversa. parlò Zarathustra, 1883, 1884,1885) e l’aristocratico
3. Il romanzo termina con lo scoppio della guerra e che conduceva una vita estetizzante di Joris-Karl
l’effetto positivo che essa ha sui guadagni del prota- Huysmans (1884), Gabriele D’Annunzio (1888) e
gonista. La prima guerra mondiale era già scoppiata e Oscar Wilde (1890).
già finita, e stava lasciando una pesante eredità, fatta 7. Il “caso Svevo” mostra quanto sia arbitraria e acci-
di tensioni e di problemi, che i governi non sarebbero dentale la fama, il successo o l’idea di letteratura.
riusciti a gestire. Quando la situazione politica ed Svevo non era scrittore di professione e si dedicava
economica europea e mondiale si stava normalizzan- alla letteratura per diletto. Diviene uno scrittore fa-
do, arriva l’ondata distruttiva del crollo della borsa moso grazie all’intervento di critici e amici che ne
statunitense (1929), i cui effetti coinvolgono l’intera pubblicizzano l’opera. Senza di essi i suoi romanzi
economia mondiale e si prolungano fino allo scoppio sarebbero rimasti sconosciuti. Anche lui è frutto del
della seconda guerra mondiale (1939). caso o della fortuna o delle circostanze o dei rapporti
4. Prima di Svevo i romanzi avevano come protago- di amicizia. Ma il caso si è vendicato subito: è dive-
nisti l’eroe, il personaggio che superava tutte le diffi- nuto famoso a 64 anni, tre anni prima di morire.
coltà e che alla fine risultava vincitore. Ad esempio ------------------------------I☺I-----------------------------
Jules Verne, Michele Strogoff (1876), che porta a
termine la missione affidatagli (la consegna di una
lettera dello zar in una lontana provincia dell’impero)
e conquista pure l’amore di una ragazza di 16 anni.
Svevo invece dà spazio all’anti-eroe, al fallito, che
distrugge la sua vita con le sue mani. Eppure come
commerciante Zeno non è certamente un fallito, è di-
venuto ricco.
5. L’epopea degli sconfitti o degli sfigati o dei sado-
masochisti include anche due romanzi per ragazzi di
grandissimo successo: Collodi, Pinocchio (1883) e
Edmondo De Amicis, Cuore (1886). Al di là delle
apparenze gli orizzonti di Pinocchio sono ristrettissi-
mi, non vanno oltre i confini del paese, e gli ideali
sono pure modestissimi, diventare bambino; nell’in-
tero universo non ci sono altri ideali di vita, non c’è
futuro, non c’è nemmeno la speranza. I personaggi di
De Amicis girano il mondo, ma ovunque vadano, si
sentono a casa loro, e in compagnia di una sfiga iper-
bolica, che non ammette futuro e l’unico piacere pos-
sibile è di essere colpiti da qualche disgrazia, che fa
compagnia e fornisce l’occasione di vantarsi davanti
agli altri non sfigati. De Amicis è il cantore universa-
le degli sfigati, degli autolesionisti, dei sacrifici uma-
ni cocciutamente cercati e realizzati. La vita è una
sfiga e una sofferenza continua. Chi non è sfigato è
sfortunato e non è degno di vivere. Ben altra cosa so-
no Jim Hawkins, il ragazzino protagonista di Robert
Louis Stevenson, L’isola del tesoro (1883); e Doro-
thy, la ragazzina americana protagonista di L. Frank
Baum, Il meraviglioso mago di Oz (1900), riassunto
qui sotto nel capitolo finale. Non cercano di soffrire,
cercano di conoscere e controllare la realtà in cui vi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 482
Luigi Pirandello (1867-1936) c) i romanzi L’esclusa (1908), Il fu Mattia Pascal
(1904), I vecchi e i giovani (1913), Si gira..., che di-
La vita. Luigi Pirandello nasce ad Agrigento nel venta Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925),
1867. Nel 1880 frequenta il liceo a Palermo, dove la Uno, nessuno, centomila (1925-26);
famiglia si trasferisce. Ritornato ad Agrigento, lavora d) le opere teatrali (spesso tratte dalle novelle) Pen-
un’estate nelle solfare gestite dal padre. Poi parte per saci, Giacomino! (1917), Liolà (1917), Così è (se vi
Roma, dove si iscrive alla Facoltà di lettere. Un liti- pare) (1918), Il berretto a sonagli (1918), Ma non è
gio con il docente di latino lo costringe a spostarsi una cosa seria (1918), La patente (1919), Sei perso-
all’Università di Berlino, dove si laurea nel 1891. Ri- naggi in cerca d’autore (1921), Enrico IV (1922),
tornato a Roma, nel 1894 sposa Maria Antonietta Vestire gli ignudi (1923), L’amica delle mogli (1928),
Portulano che gli dà tre figli. Inizia a collaborare con Questa sera si recita a soggetto (1930), I giganti del-
numerosi giornali. Nel 1898 con Ugo Fleres, anima- la montagna (1931-38) ecc.;
tore culturale e pittore, fonda la rivista “Ariel”. In e) numerosi film tratti dalle novelle, come Acciaio
questi anni precisa le sue posizioni: rifiuta lo scienti- (1932) e Terra di nessuno (1938).
smo positivista, il Naturalismo, ma anche lo Spiritua-
lismo che stava nascendo. Inoltre prova un’antipatia La poetica. Pirandello espone la sua poetica ne L’u-
personale per D’Annunzio. Tra il 1903 e il 1904 la morismo (1908), un’opera che costituisce non un ma-
moglie dà segni di squilibrio mentale, che peggiorano nifesto programmatico, ma una riflessione e un ap-
con il tracollo economico seguito all’allagamento del- profondimento sul suo modo di fare arte dopo 20 anni
la miniera di zolfo in cui il padre di Pirandello aveva di produzione artistica. L’autore formula la sua poeti-
investito tutti i suoi capitali. In questa situazione dif- ca in polemica con Croce, secondo cui l’arte è intui-
ficile lo scrittore riesce a a terminare Il fu Mattia Pa- zione pura, intuizione spontanea del sentimento, che
scal (1904) e a trovare altri collaboratori. Nel 1908 esclude sia l’intervento della ragione, sia scopi diver-
grazie alla pubblicazione di Arte e scienza (1908) e si dal semplice raggiungimento del bello: il vero,
L’umorismo (1908) è nominato professore di ruolo l’utile e il buono per il filosofo erano oggetti di altre
presso l’Istituto Superiore di Magistero. L’umorismo, attività dello spirito. Pirandello però ritiene che si
che contiene la sua poetica, dà origine anche a una debba evitare di cadere anche nel rischio opposto di
durissima polemica con Benedetto Croce, che propo- Croce, quello di pensare che l’arte sia soltanto il frut-
neva una estetica basata sull’intuizione. D’altra parte to dell’attività razionale, cioè soltanto il frutto della
l’intero mondo accademico è ostile alle sue posizioni ragione, della riflessione. E questa è la poetica dei
culturali. La produzione letteraria ha un sviluppo sen- simbolisti. A suo avviso l’opera d’arte è il frutto di
za soste. Nel 1910 inizia la produzione teatrale, che tutte le attività dello spirito: in un primo momento è
raggiunge i risultati migliori dopo il 1917. Nel 1921 attiva la spontaneità del sentimento, in un secondo
fa rappresentare Sei personaggi in cerca d’autore, momento interviene l’attività critica e riflessiva della
che a Roma è fischiato e a Milano conosce il trionfo. ragione. La spontaneità dell’artista si esprime con il
Il dramma decreta la fama internazionale dello scrit- sentimento del comico; l’attività riflessiva si esprime
tore, che inizia a seguire in tutto il mondo le compa- invece con il sentimento dell’umorismo. Il comico e
gnie che mettono in scena i suoi lavori. Nel 1925 ab- l’umorismo sono i due momenti successivi che l’arti-
bandona l’insegnamento per assumere la direzione sta deve percorrere per realizzare l’opera d’arte. Ben
artistica del “Teatro dell’arte”, fondato a Roma con il inteso, egli si può anche fermare alla percezione del
figlio Stefano, e gli scrittori Orio Vergani e Massimo comico, e non andare oltre, fino al livello dell’umo-
Bontempelli. Nel 1924 si iscrive al Partito Fascista, rismo, che è il livello più completo e perfetto
ma poi si disinteressa di politica. Negli anni successi- dell’opera d’arte.
vi all’interno del partito crescono voci di condanna Pirandello spiega la sua poetica con un esempio:
della sua produzione, ben distante dall’ottimismo di “Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti un-
facciata del regime. Dopo il 1920 trova in Marta Ab- ti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta gof-
ba l’interprete ideale dei suoi drammi, la collaboratri- famente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi
ce e l’ispiratrice, che gli è accanto fino alla morte. metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è
Nel 1929 è nominato membro della Regia Accademia tutto il contrario di ciò che una vecchia rispettabile
d’Italia. Nel 1934 ottiene il premio Nobel. Muore nel signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e
1936 a Cinecittà mentre assiste alla seconda versione superficialmente, arrestarmi a questa impressione
cinematografica de Il fu Mattia Pascal. comica. Il comico è appunto un avvertimento del con-
trario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi
Le opere. Pirandello scrive moltissime opere: suggerisce che quella vecchia signora non prova forse
a) i testi teorici Arte e coscienza d’oggi (1893), Arte e nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma
scienza (1908) e L’umorismo (1908); che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamen-
b) Novelle per un anno (1937), che raccoglie le 225 te s’inganna che, parata così, nascondendo così le ru-
novelle apparse prima sulle riviste, poi raccolte più ghe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del
volte in volume; marito molto più giovane di lei, ecco che io non pos-
so più riderne come prima, perché appunto la rifles-
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sione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel testo efficace, sia che cosa vuol dire ricostruzione o
primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel taglio artistico (o scomposizione e ricomposizione) di
primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare quello specifico autore di letteratura e di teatro che è
a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la Pirandello.
differenza tra il comico e l’umoristico”.
La riflessione di Pirandello peraltro investe anche gli Riassunto (versione cronologica). Chiàrchiaro ha
aspetti formali dell’arte umoristica: se il sentimento perso il lavoro perché si è acquistato la fama di ietta-
del contrario mette in moto un processo creativo di- tore. Vive con una moglie e due figlie a carico chie-
verso dal solito, allora i risultati, cioè le opere d’arte, dendo aiuto economico al figlio, che tuttavia più di
devono avere caratteristiche completamente diverse tanto non può fare perché ha anche lui una famiglia
dalle altre. Queste caratteristiche sono la frammenta- da mantenere. Esasperato per la mentalità superstizio-
rietà, la discontinuità e la scompostezza. Esse non so- sa dei compaesani, che gli impediscono di vivere e
no affatto difetti, ma le caratteristiche specifiche che anzi lo fanno morire, cerca una soluzione: pensa
dell’arte umoristica. In questo modo lo scrittore re- di sfruttare la sua fama. Querela per diffamazione i
spinge radicalmente la concezione classica dell’arte primi due giovani che al suo passaggio fanno gli
come di armonia e di equilibrio delle immagini o tra scongiuri. Avrebbe poi fornito prove inconfutabili
le parti Questo anticlassicismo consapevole permette all’avvocato della controparte, affinché fosse ricono-
di capire quanto è importante per l’autore il ricorso al sciuta ufficialmente la sua potenza di iettatore. È si-
paradosso, alla deformazione espressionistica e alla curo di farcela, quando il giudice che deve discutere
destrutturazione della realtà. L’umorismo porta a cer- la causa lo fa chiamare. Egli si veste da iettatore. Il
care, a scoprire e a stabilire relazioni impensate sia giudice lo accoglie stizzito per la messa in scena, e lo
tra le immagini sia nella realtà. invita a ritirare la querela perché è destinato a perdere
La riflessione dell’autore non riguarda soltanto l’arte. la causa. Perciò oltre al danno delle spese processuali
Si presenta anche come uno strumento efficace per avrebbe avuto anche la beffa. Egli allora si mette a
interpretare almeno la società del suo tempo: il Posi- urlare che il giudice è suo nemico e che non capisce
tivismo e il Verismo erano ormai in crisi, e il nascen- niente. Il giudice non reagisce alle offese e lo prega di
te spiritualismo proponeva verità consolatorie. La chiarirgli perché non capirebbe niente. Chiàrchiaro
realtà sociale era disgregata, non era più riconducibile gli spiega che è appena andato dall’avvocato della
a principi assoluti e a valori universali, e non permet- controparte e gli ha portato prove irrefutabili che egli
teva più interpretazioni unitarie. è uno iettatore. Il giudice è ancora più sbalordito.
Chiàrchiaro continua: il giudice esercita la professio-
Novelle per un anno, 1937 ne perché ha la laurea. Egli vuole la patente di iettato-
re per esercitare la professione di iettatore. Perdendo
Novelle per un anno (1937) raccoglie le 225 novelle la causa si sarebbe visto riconoscere ufficialmente
scritte da Pirandello. Le più famose sono La carriola questa sua capacità. Si sarebbe presentato davanti alle
(1917), La patente (1918), Il treno ha fischiato case da gioco, davanti ai negozi, davanti alle fabbri-
(1922). Le novelle permettono all’autore di far sentire che. Ed avrebbe intascato la tassa, che gli avrebbero
in modo capillare la sua presenza nella produzione pagato per farlo andar via. La tassa dell’ignoranza,
letteraria quotidiana. Esse preparano lo spazio e gli dice il giudice. No, la tassa della salute, perché quella
animi alla produzione dei romanzi e alla produzione schifosa umanità gli aveva fatto accumulare tanta bi-
teatrale. Dalle novelle i lettori potevano sentirsi sti- le, che aveva la potenza di fare crollare dalle fonda-
molati a passare alla lettura dei romanzi e alla visione menta l’intera città. Se il giudice gli voleva bene dav-
della produzione teatrale. Potevano anche sentirsi in- vero, doveva istituire il processo al più presto. E far-
dotti a vedere lo stesso soggetto nella presentazione gli avere la patente.
scritta e nella rappresentazione teatrale. Come D’An-
nunzio, anche Pirandello è una industria culturale, Riassunto (versione narrativa). Il giudice D’Andrea
che sforna una grande quantità di prodotti, tutti ugua- aveva un aspetto sbilenco ma era di una dirittura mo-
li, tutti diversi, che il pubblico richiede e apprezza. rale senza confronti. Non aveva mai lavoro arretrato
da sbrigare. Da due settimane però aveva una causa
La patente, 1918 in sospeso. Aveva chiesto lumi ai suoi colleghi, ma
questi, quando faceva il nome di Chiàrchiaro, gli in-
La patente (1918) è una delle più belle novelle di Pi- timavano di stare zitto e facevano uno scongiuro. Il
randello. Nel 1919 è anche trasferita sulla scena tea- caso era insolito: Chiàrchiaro aveva querelato per dif-
trale. Essa riesce ad esprimere con estrema chiarezza famazione due giovani che avevano fatto gli scongiu-
il suo umorismo drammatico e corrosivo. Conviene ri al suo passaggio. Chiàrchiaro avrebbe perso
vedere prima i fatti narrati in ordine cronologico, che senz’altro la causa, poiché le testimonianze contro di
è l’ordine naturale delle cose; poi il montaggio che lui sarebbero state schiaccianti: da due anni aveva la
l’autore ne fa nella novella e nella successiva rappre- fama di iettatore. Allora il giudice, per evitare che al
sentazione teatrale. In tal modo emerge chiaramente danno si aggiungesse la beffa di un processo perso, fa
sia che cosa significhi montaggio o costruzione di un venire Chiàrchiaro nel suo studio. Questi gli si pre-
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senta vestito da iettatore. Il giudice lo accoglie stizzi- ché non crede al suo potere di iettatore. Il giudice pa-
to. Lo fa sedere, poi lo invita a ritirare la querela, per- zientemente lo prega di spiegargli perché egli non ca-
ché avrebbe perso senz’altro il processo. E, comun- pirebbe niente. Chiàrchiaro gli dice che è appena an-
que, accusava i due giovani di diffamazione e si pre- dato dall’avvocato dei querelati, a portare prove irre-
sentava a lui vestito di tutto punto da iettatore! Chiàr- futabili che egli è effettivamente un iettatore. Il giudi-
chiaro reagisce andando in escandescenze e accusan- ce ci capisce sempre meno. Chiàrchiaro fa notare al
do il giudice di non capire niente. Il giudice allora lo giudice che esercita la professione, perché ha la lau-
prega di spiegargli perché non capirebbe niente. rea. Egli vuole il riconoscimento ufficiale del suo po-
Chiàrchiaro lo accusa di essere il suo più mortale ne- tere. Vuole la patente. La patente di iettatore. Si sa-
mico e aggiunge che era appena andato dall’avvocato rebbe presentato davanti alle case da gioco, davanti ai
dei due giovani a portare le prove, prove documentate negozi, davanti alle fabbriche. Ed avrebbe intascato la
e testimonianze inattaccabili, che egli era uno iettato- tassa, che gli avrebbero pagato per farlo andar via. La
re. Il giudice riconosce che ci capisce ancora meno: tassa dell’ignoranza, dice il giudice. No, la tassa della
Chiàrchiaro aveva querelato i due giovani e aveva salute, perché quella schifosa umanità gli aveva fatto
fornito al loro avvocato le prove per farli assolvere. accumulare tanta bile, che aveva la potenza di fare
Ma allora perché li aveva querelati? Chiàrchiaro pa- crollare dalle fondamenta l’intera città. Se il giudice
zientemente spiega: il giudice esercita la professione gli voleva bene davvero, doveva istituire il processo
perché aveva la laurea. Egli voleva esercitare la pro- al più presto. E fargli avere la patente. Il vento apre
fessione di iettatore e voleva la patente per esercitarla lentamente la finestra, che fa cadere la gabbia del
ufficialmente: la patente di iettatore. La fama di ietta- cardellino con grande fracasso. Accorrono i tre giudi-
tore lo aveva rovinato e gli aveva fatto perdere il po- ci e l’usciere. Il giudice accusa il vento. Ma Chiàr-
sto di lavoro. E aveva una moglie paralitica, due fi- chiaro attribuisce a sé la caduta, quindi minaccia di
glie. L’altro figlio aveva moglie e figli da mantenere, morte tutti i presenti, che sono terrorizzati. Devono
e più di tanto non poteva fare per aiutarli. L’unica so- pagare la tassa. I presenti pongono mano al borselli-
luzione era avere la patente. La patente di iettatore. Si no, a condizione che egli se ne vada.
sarebbe presentato davanti alle case da gioco, davanti
ai negozi, davanti alle fabbriche. Egli avrebbe inta- Commento
scato la tassa, che gli avrebbero pagato per farlo an- 1. I tre riassunti presentano la stessa trama, ma mo-
dar via. La tassa dell’ignoranza, dice il giudice. No, la strano i fatti in sequenza cronologica e secondo il
tassa della salute, perché quella schifosa umanità gli montaggio specifico che Pirandello ha scelto per la
aveva fatto accumulare tanta bile, che aveva la poten- novella e per la rappresentazione teatrale. La rico-
za di fare crollare dalle fondamenta l’intera città. Se il struzione temporale è fredda rispetta alle due rico-
giudice gli voleva bene davvero, doveva istituire il struzioni seguite dall’autore. La prima è incentrata su
processo al più presto. E fargli avere la patente. Chiàrchiaro. Invece la seconda e soprattutto la terza
sono incentrate sul giudice D’Andrea. In tal modo il
Riassunto (versione teatrale). Il giudice D’Andrea è lettore scopre un po’ alla volta, attraverso la persona-
nel suo studio in tribunale, occupato a spostare il car- lità del giudice D’Andrea, la figura e il dilemma di
dellino dalla gabbia più piccola, con cui l’aveva por- Chiàrchiaro. Le scelte narrative attuate dallo scrittore
tato da casa, alla gabbia più grande. Ordina all’u- risultano quindi molto più intense, drammatiche e
sciere di andare a chiamare Chiàrchiaro. L’usciere spettacolari, in sintonia con l’animo esasperato che
sobbalza, e se ne va, mentre entrano tre giudici. Il ormai ha il protagonista. Alla fine tutte le trame si so-
giudice vuole chiedere consiglio ai colleghi su come vrappongono.
comportarsi nel processo a Chiàrchiaro. Questi sob- 1.2. Esiste poi una notevole differenza tra i (riassunti
balzano e fanno gli scongiuri. E se la prendono con dei) due testi scritti da una parte e (il riassunto del)
Chiàrchiaro. Arriva l’usciere, che accompagna non l’atto unico teatrale dall’altra. La rappresentazione
Chiàrchiaro, ma la figlia di questi. I tre giudici se ne teatrale ha bisogno di una strutturazione del tutto di-
vanno. La figlia non sa nulla del padre che ha quere- versa: essa è il regno della gestualità e della parola,
lato il figlio del sindaco e l’assessore Fazio, che al non della riflessione. Essa non ammette la possibilità
suo passaggio facevano gli scongiuri. La ragazza dice che il lettore si fermi e rilegga il punto che non ha ca-
che suo padre da più di un mese è come impazzito e pito. Così l’attore usa il gesto e la parola semplificata
che da più di un anno è disoccupato e evitato da tutti e più volte ripetuta, per comunicare e per avere un
a causa della fama di iettatore. L’usciere entra per adeguato impatto sullo spettatore. Anche qui gli inizi
avvertire il giudice che è arrivato Chiàrchiaro. La ra- sono molto diversi dai due testi scritti, invece le parti
gazza esce per un’altra porta. Chiàrchiaro entra vesti- finali dei tre riassunti tendono a sovrapporsi. Le parti
to da iettatore. Il giudice si stizzisce. Gli dice che lo dialogiche sono rimaste pressoché invariate, mentre
aveva fatto chiamare per invitarlo a ritirare la querela: hanno subito notevoli modifiche le altre: l’autore ha
avrebbe perso senz’altro il processo. Gli fa poi notare dovuto dare precise indicazioni sull’arredamento, sul-
che è in contraddizione se sporge querela da una parte le vesti, sui movimenti e sul comportamento degli at-
e dall’altra si veste in quel modo. Chiàrchiaro gli dice tori. Sempre per rispettare il linguaggio teatrale l’au-
che non capisce niente e che egli è suo nemico, per- tore ha dovuto cambiare radicalmente la parte iniziale
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della rappresentazione. Ha introdotto tre giudici, 5. La prospettiva artistica di Pirandello si può capire
l’usciere, poi la figlia di Chiàrchiaro, infine Chiàr- soltanto se si tiene presente che egli è un autore inter-
chiaro. Scena teatrale significa quindi presenza cospi- nazionale, anzi mondiale, che si confronta con i mag-
cua di attori e continui colpi di scena: la riflessione giori autori internazionali. E che in Italia si seguono
non va d’accordo con il linguaggio teatrale. Il pubbli- estetiche in netto contrasto con la sua: il tardo Veri-
co si annoierebbe. smo, il Decadentismo di Pascoli e di D’Annunzio, la
1.3. La novella è incentrata sul giudice, il riassunto poetica di Svevo e di Saba, il Futurismo, quindi il
cronologico è incentrato su Chiàrchiaro. L’atto unico Crepuscolarismo e l’Ermetismo. E si formulano este-
è incentrato sul giudice e contemporaneamente su tiche a priori, che stroncano le avanguardie e gli auto-
Chiàrchiaro. Il testo recitato ha esigenze completa- ri più famosi in nome di una definizione teorica e
mente diverse rispetto il testo scritto. Un testo scritto astratta di arte: Croce e il crocianesimo, che sulla cul-
può girare intorno al personaggio protagonista. Il te- tura italiana imperversa come una cappa soffocante
sto recitato può avere bisogno di protagonista e di fino alla metà del secolo.
deuteragonista, ambedue sullo stesso piano. Si può 6. Pirandello si inserisce in una lunghissima tradizio-
anche dire che il riassunto cronologico presenta la ne di scrittori di novelle:
realtà dal punto di vista del giudice. La novella dal a) i lais (componimenti in versi con scopi didascalici)
punto di vista di Chiàrchiaro. L’atto unico da un pun- e i fabliaux (racconti di 200-300 versi di contenuto
to di vista neutro, che non privilegia nessuno dei due giocoso, satirico ed anche osceno) (sec. XI-XIII);
personaggi ma pone sullo stesso piano i loro due pun- b) il Novellino (1280-1300), una raccolta di oltre 100
to di vista. Le soluzioni delle tre possibili ricostruzio- novelle;
ni sono sostanzialmente equivalenti. c) Giovanni Boccaccio (1313-1375), Decameron
2. Sia nella novella sia sulla scena fa la sua comparsa (1348-51), una raccolta di 100 novelle;
quel mondo umano, disumano, dolente, esasperato e d) Franco Sacchetti (1332ca.-1400), Trecentonovelle
oppresso dalle convenzioni sociali, che costituisce la (1392-97), di cui 78 perdute;
vena più autentica dell’arte di Pirandello. L’uomo si e) Matteo Bandello (1485-1561), Novelle, una raccol-
rovina la vita e si fa soffrire con le sue stesse mani. E ta di 224 novelle che impegna l’autore per tutta la vi-
Chiàrchiaro non ha provato il piacere di Francesco ta;
d’Assisi alla vista dei guai che gli cadevano addosso, f) Masuccio Salernitano (1410ca.-1475), Novellino
né ha avuto l’atteggiamento di Dante (Dio ha orga- (1455-70), una raccolta di 50 novelle;
nizzato bene il mondo, ma l’uomo fa di tutto per vi- g) Giovanni Verga (1840-1922), Vita dei campi
verci male) o di Manzoni (i guai hanno un loro aspet- (1880) e Novelle rusticane (1883);
to positivo; conclusione dei Promessi sposi), né di h) Luigi Pirandello (1867-1936), Novelle per un anno
Verga (l’ideale dell’ostrica). (1937), una raccolta di 225 novelle;
3. L’autore racconta l’esistenza non dalla parte del i) Gabriele D’Annunzio (1863-1938), Novelle della
vincitore, ma dalla parte del vinto, dello sconfitto. Il Pescara.
giudice D’Andrea vede in modo problematico la real- ---I☺I---
tà e vorrebbe che Chiàrchiaro oltre al danno non do-
vesse subire anche la beffa. Chiàrchiaro contro la sua Il treno ha fischiato, 1922
volontà è stato trasformato in iettatore. Così ha perso
il lavoro e non sa come mantenere la famiglia. Per Riassunto. Belluca era arrivato in ritardo al mattino,
fortuna gli viene l’idea di prendere la patente di ietta- non aveva fatto niente tutto il giorno e alla sera si era
tore!!! I colpevoli procedono indifferenti. Saranno ribellato al suo capo ufficio, che l’aveva giustamente
“toccati” soltanto se il loro capro espiatorio troverà il rimproverato. Continuava pure a ripetere una frase
modo e la forza di ribellarsi. Di ritorcere contro di lo- incomprensibile: il treno ha fischiato. I suoi compa-
ro la loro ignoranza, la loro superstizione. Di trasfor- gni di lavoro lo considerano impazzito, perché non
marla in fonte di entrate a loro spese. riescono a spiegare il suo comportamento: normal-
4. Pirandello non ha la minima fiducia nell’ideologia mente era fatto oggetto dei loro scherzi e non si ribel-
positivistica e nelle capacità della scienza di costruire lava mai. Perciò è ricoverato all’ospizio. Qualcuno
un mondo ordinato e razionale, capace di progresso. dei compagni di Belluca riferisce l’accaduto al narra-
Con il rifiuto del Positivismo e della scienza è anche tore, che non si mostra affatto stupito ed anzi afferma,
il rifiuto delle ideologie realistiche, veristiche e natu- con amarezza e dolore, che ci deve essere una spiega-
ralistiche. Se Verga scrive Rosso Malpelo (1878), egli zione naturalissima. Basta sapere come Belluca è vis-
scrive Ciàula scopre la luna (1896). Due novelle am- suto finora, gli deve essere perciò successo qualcosa
bientate in Sicilia, ma separate da anni luce di distan- che ha cambiato la sua vita. Il narratore conosce Bel-
za. Egli propone la ragione come strumento per esa- luca, perché era suo vicino di casa. Belluca doveva
minare la realtà. Essa però è ben diversa dalla ragione mantenere tre cieche (la moglie, la suocera e la sorel-
illuministica, dalla ragione realistica e dalla ragione la della suocera), che strillavano dalla mattina alla se-
positivistica e scientifica. Essa appare come una gab- ra, poi le due figlie vedove, una con quattro e una con
bia che vuole tenere in gabbia se stessa. tre figli. Insomma 12 persone. Guadagnava poco e
doveva arrotondare con il lavoro extra che si portava
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 486
a casa. Lavorava fino a tarda notte. Poi si buttava a 5. Belluca è particolarmente sfortunato: deve mante-
dormire su un divano, spesso vestito. Il narratore va a nere 12 persone. E si scanna a lavorare per farlo. Non
trovarlo all’ospizio. Belluca gli racconta il fatto che pensa a trovare altre soluzioni più soddisfacenti per
ha cambiato la sua vita. Preso dal lavoro, aveva di- tutti. Ha accolto in casa le due figlie vedove con i fi-
menticato il mondo. Una notte, più stanco del solito, gli. Una decisione autolesionistica, poiché aveva già
s’era buttato sul divano, incapace di addormentarsi. abbastanza problemi da affrontare. Non le manda al
Ad un certo punto sente fischiare il treno. All’im- lavoro, per rispetto dell’etichetta sociale: la donna re-
provviso gli si erano aperti gli occhi ed aveva deside- sta in casa e l’uomo la mantiene. E fa la vita di un
rato viaggiare in quel mondo appena riscoperto. E asino da soma. In sostanza è lui stesso causa dei suoi
con l’immaginazione era salito sul treno ed aveva ini- mali.
ziato a viaggiare: Firenze, Torino, Roma, poi viaggi 6. I personaggi sono tutti delle isole. Belluca non co-
più lunghi, in terre lontanissime... Ora egli poteva le- munica con le donne di casa né con i suoi compagni
varsi la soddisfazione di uscire ogni tanto dalla vita di lavoro. Vale anche il contrario. I rapporti non sono
soffocante che faceva: con la fantasia e salendo sul migliori tra Belluca e il narratore, che pure si interes-
treno. Si era ubriacato, perché aveva viaggiato troppo sa di lui e che lo va a trovare in ospizio. È sicuramen-
e non vi era abituato. Avrebbe chiesto scusa al capo te bene sapere che cosa succede e perché. Ma è anco-
ufficio e avrebbe ripreso il suo lavoro. Il capo ufficio ra meglio cercare e trovare il modo di uscire da quella
però doveva permettergli di tanto in tanto di fare un situazione invivibile. E invece tutto o quasi ritorna
viaggio, ora che il treno ha fischiato. come prima: di tanto in tanto Belluca salirà sul treno
e farà un viaggio con la fantasia. Insomma la vita non
Commento ammette alternative. Come nel romanzo Il fu Mattia
1. La novella, scritta nel 1914, è un’applicazione mol- Pascal (1904) o nella poesia Meriggiare pallido e as-
to semplice della poetica della “vecchia signora”. sorto (1916) di Eugenio Montale.
Vedo una vecchia signora tutta truccata e vestita da ---I☺I---
ragazzina. Sorrido, perché essa non coincide con
l’idea che ho di una vecchia signora. Poi scopro che Ma non è una cosa seria, 1918
lo fa per tenere legato a sé il marito molto più giova-
ne di lei. Il sorriso diventa amaro. La realtà fa sorri- La commedia Ma non è una cosa seria (1918), in tre
dere (il comico e l’intuizione), ma quando si scopre atti, è tratta dalle novelle La signora Speranza e Non
come stanno veramente le cose il sorriso diventa è una cosa seria. È rappresentata per la prima volta al
amaro (l’umorismo e la ragione). Belluca sembra im- Teatro Rossini di Livorno il 22 novembre 1918 dalla
pazzito, tutti lo ritengono impazzito, ma il narratore compagnia di Emma Gramatica (che poi la porta sulle
ritiene che ci sia una spiegazione naturale di quanto è scene milanesi al Teatro Olimpia). Nel 1919 è pub-
successo. E lo stesso Belluca gliela fornisce: lavorava blicata a Milano dall’editore Treves. Nel 1920 e poi
giorno e notte, per mantenere 12 persone, una notte nel 1926 è portata sullo schermo da Augusto e Mario
aveva sentito fischiare il treno e vi era salito sopra. Camerini. Quest’ultimo ne cura anche la versione te-
Aveva riscoperto la realtà che da anni aveva dimenti- desca nel 1938.
cato. E ciò lo aveva “ubriacato”. Ma avrebbe ripreso La commedia è una delle più belle e più significative
il controllo di se stesso. del teatro italiano e non soltanto italiano. Lo spunto,
2. Il racconto è costruito sul montaggio: il lettore vie- quello del matrimonio per burla, del matrimonio
ne a conoscere un po’ alla volta che cos’è accaduto. E bianco, non è originale. Tuttavia l’autore lo riveste di
resta disorientato quando il vicino di casa afferma che una comicità irresistibile e, contemporaneamente, di
ci deve essere una spiegazione naturalissima. I com- una allegria aspra e non raramente crudele.
pagni di lavoro non sanno nulla della vita privata che
conduce. Riassunto. Memmo Speranza è il classico dongiovan-
3. Pirandello scrive una novella di investigazione: c’è ni scapestrato, che si innamora con estrema facilità di
un fatto stranissimo e inaudito da spiegare. E il narra- una ragazza dopo l’altra. Egli è spinto dalla sua natu-
tore trova la spiegazione: conosce i retroscena della ra ad innamorarsi, ma si accorge con disappunto che
vita di Belluca (deve mantenere 12 bocche), conosce il suo amore è costantemente ostacolato dalle regole
dallo stesso Belluca il fatto (il treno ha fischiato), che sociali, che lo vogliono accasato: padri, madri e fra-
ne ha alterato il comportamento. Georges Simenon e telli sono sempre lì in agguato per sistemare la loro
Agatha Christie devono ancora comparire. figlia o la loro sorella e per costringerlo a mantenere
4. Il protagonista è un debole, che non sa organizzarsi la promessa di matrimonio. È reduce da un duello con
la vita in un modo soddisfacente. E si scanna a lavo- un mancato cognato che l’ha quasi mandato all’altro
rare giorno e notte, finché scoppia. Ma è fortunato: mondo. Perciò decide di non correre più il rischio di
riscopre che esiste intorno a lui il mondo che da tem- ammogliarsi... prendendo moglie. La scelta cade su
po ha completamente dimenticato. Nelle opere di Pi- Gasparina, modesta proprietaria di una pensione e
randello le donne sono deboli, mansuete e sottomes- dall’aspetto sciatto e insignificante, che dimostra più
se. Qui sono megere. dei 27 anni che ha. Essa è stata sciupata dai dolori e
dalla fatica – ha badato “solo a difendersi con i denti
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 487
e con le unghie” –, e non ha mai pensato che un uomo il signor Barranco, il professor Virgadamo, la
potesse innamorarsi di lei. Il compito di Gasparina – maestrina Terrasi, Magnasco, avventori della pen-
un compito che il carattere dolce e remissivo le fa ac- sione Torretta
cettare di buon grado – è quello di diventare la “si- Vico Lamanna, amico, ugualmente scapestrato, di
gnora Speranza” soltanto di nome (a suo favore il ma- Memmo Speranza
rito ipoteca il proprio cognome), e di vivere lontana Loletta Festa, Fanny Martinez, donnine facili, che
dal coniuge, in una casa di campagna. Con questo fin- però non hanno ancora perso la speranza di accasarsi
to matrimonio Memmo è convinto di poter restare onorevolmente (almeno sul piano economico)
eternamente scapolo, al sicuro di ogni ragazza che Celestino e Rosa, camerieri della pensione Torretta.
possa pretendere di sposarlo e, contemporaneamente,
senza le noie e i grattacapi di una vera vita coniugale. Pirandello descrive in questo modo i personaggi prin-
Ma la situazione si sviluppa in modo ben diverso da cipali:
quanto egli aveva preventivato: quando rivede la mo- Gasparina Torretta, nel primo atto è una donnina
glie senza più quell’ “umiltà sorridente e rassegnata”, fina fina, un po’ sciupata, trasandata; sarebbe vivacis-
che la rendeva insignificante, si accorge stupito che sima, se i patimenti, le angustie, la tristezza che
essa si è fatta bella, che è “tutta un riso”, e se ne in- glien’è derivata, non smorzassero tutti i moti del suo
namora. Egli però ha fatto i conti senza la moglie, la animo e della sua personcina, e non le dessero
quale era disposta ad accettare il suo ruolo di moglie, un’umiltà sorridente e rassegnata. Veste poveramen-
l’assegno mensile, la vita tranquilla all’aria aperta te, con un vecchio cappellino da vecchio, annodato
nella villetta in campagna, la sua assenza e la sua vita sotto il mento e una mantella verde scolorita, orlata di
scapestrata, ma non crede e non accetta il fatto che il pelo di gatto; nessuno la stima e tutti la maltrattano.
marito si dica innamorato sul serio di lei e voglia tra- Nel secondo atto si trasforma. Due mesi di riposo e di
sformare il matrimonio in una cosa seria. Perciò, per tranquillità, quindi il sole della villetta rustica l’ha un
il bene di lui e per lasciarlo alla sua vita di sempre po’ colorita, veste benino, con una grazia modesta, ha
(ora egli ha ripreso a pensare alla ragazza il cui fratel- l’aria ancora umile, ma già si sente che la vivacità na-
lo lo ha quasi ucciso), si ripropone di lasciarlo libero. turale comincia a rinascerle, per quanto soffusa anco-
Il modo ci sarebbe, e lei è disposta a metterlo in pra- ra di mestizia. Nel terzo atto è quasi irriconoscibile,
tica, a condizione che il marito lo voglia: lei è rimasta perché diventa un fiore, ed acquista vivacità e sciol-
vergine anche dopo il matrimonio, e quindi il matri- tezza: diventa una donna viva, bella e affascinante,
monio non è valido, poiché non è mai stato consuma- tanto da fare innamorare Memmo Speranza, che per
to. Ma Memmo, che è ormai affascinato dalla bellez- lei dimentica le altre donne
za della donna, sa essere convincente, tanto più che, Memmo Speranza, è un bel giovane, elegantissimo,
essendo già sposato, non deve più fare la fatica di... che ha il difetto di innamorarsi con troppa facilità e di
sposarsi. Nella scena finale la donna si scioglie emo- dimenticare le norme sociali
tivamente e fisicamente, mentre il marito la abbrac- il signor Barranco, è un signore di provincia, matu-
cia. Da maschera, quale aveva tentato di essere, ro, ancor valido, ricco, con un gran naso, timorato di
Memmo trasforma il matrimonio per burla in una co- Dio, taciturno di solito, cupo, ma pur timido e schivo
sa serissima. Il merito però – e Pirandello non ha il negli occhi; costretto a parlare o appena stizzito, ince-
coraggio di dirlo esplicitamente – è senz’altro della spica un po’ con la lingua; è segretamente innamorato
bellezza e del buon carattere della donna. di Gasparina, ma non dichiara il suo amore. Nel terzo
atto spinge Gasparina a rompere il matrimonio per
La commedia si svolge nella sala da pranzo della burla con Memmo, proponendo alla ragazza un ma-
pensione Torretta, di cui Gasparina Torretta è pro- trimonio serio, ma non ha successo
prietaria (atto primo). Quindi nel grazioso salotto nel Grizzoffi, presso ai quaranta, ispido, sempre irritato,
quartierino da scapolo di Memmo Speranza, due mesi schizzante
dopo il matrimonio per burla con Gasparina (atto se- il professor Virgadamo, placido, grasso, con un fac-
condo). Infine in un’allegra stanza piena di aria e di cione da padre abate. Nel terzo atto è arteriosclerotico
sole, nella villetta rustica in cui Memmo ha relegato più morto che vivo, con il cervello completamente
Gasparina, dopo circa due mesi dal secondo atto (atto partito. Ciò non ostante la maestrina ha accettato di
terzo). sposarlo e di fare la crocerossina, pur di sistemarsi
La vicenda si svolge in una città dell’Italia settentrio- la maestrina Terrasi, è una donna vivace, di cui non
nale, oggi (1918). si indica l’età, che nel terzo atto risulta sposata con il
professor Virgadamo, a cui fa da infermiera. La cosa
I protagonisti sono: però non sembra pesarle. È anzi contenta, perché si è
Memmo Speranza, giovane scapestrato dall’inna- sistemata
moramento facile, ragionatore esasperato e parados- Magnasco, presso alla cinquantina, veste con elegan-
sale, ma niente affatto cattivo za da giovanotto, è grasso, calvo, con la faccia pao-
Gasparina Torretta, proprietaria della pensione Tor- nazza, ridanciano
retta, ancora giovane ma sciatta, e molto provata dal-
la vita
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 488
Loletta Festa e Fanny Martinez, sono due donnine che le ha amate, usate e licenziate. Questo è lo straor-
equivoche, giovanissime, graziose, vestite con ele- dinario e variegato zoo umano, che emerge dalle
ganza ed eccessivamente profumate commedie dello scrittore più grande del Novecento
italiano.
Commento 3. Chi vuole, può confrontare il mondo anomalo, mo-
1. La problematica della commedia è la consueta pro- struoso, nevrotico e paradossale di Pirandello con
blematica di Pirandello: l’universo elegante e gentile, pieno di speranze e con
a) l’uso esasperato della ragione, portato sino una vena di malinconia, che è proposto da una com-
all’assurdo: Memmo Speranza si sposa per... evitare media abbastanza simile a questa per trama e per per-
di sposarsi; così non deve più risolvere il problema di sonaggi, La Locandiera di Carlo Goldoni (1751). Mi-
sposarsi, e può continuare la sua vita di scapolo; Ga- randolina, la locandiera, affascina gli avventori con il
sparina è una moglie per burla, quindi non è una mo- suo spirito e la sua abilità, prende in giro l’innamo-
glie vera e propria, che può accampare diritti su di rato misantropo e alla fine si sposa quando vuole e
lui; con chi vuole. Grazie alla sua intelligenza ha sempre
b) la remissività femminile: Gasparina è disposta a il controllo della situazione. E può permettersi di sce-
non accampare diritti e a rompere il matrimonio per gliere fra quattro innamorati: il conte, il marchese, il
burla, se Memmo lo volesse; cavaliere misantropo che fa innamorare, il servo della
c) i dolori del matrimonio (di cui l’autore ha locanda. Sceglie il servo, perché non è interessata né
un’esperienza diretta, con una moglie pazza), che tut- alla nobiltà né alla ricchezza. Gasparina è ben diver-
tavia una volta tanto hanno un lieto fine: Memmo – sa. È sottomessa per principio, destinata per vocazio-
paradossalmente – si innamora della moglie dopo che ne, per scelta e per condanna sociale a sacrificarsi per
l’ha sposata; i suoi avventori o per l’uomo che la “sistema”. È in-
d) il dissidio insanabile tra impulsi naturali e rego- capace di pensare a sé, ai suoi affetti, al suo benesse-
le sociali che soffocano la spontaneità dell’individuo: re, alla sua vita e alla sua felicità. E, ancora, è incapa-
Memmo è costretto a sposarsi per poter continuare la ce di prendere in mano la situazione e di imporsi con
sua vita di scapolo; decisione su Memmo pretendente e su Memmo mari-
e) la morale borghese, che spinge le donne a trovare to.
ad ogni costo un uomo con cui sistemarsi; 4. La produzione artistica e la concezione dell’arte di
f) la maschera sociale, che impone ai protagonisti, Pirandello si può però confrontare in modo più gene-
volenti o nolenti, di recitare la loro parte e i loro spe- rale con la produzione e la concezione dell’arte di
cifici ruoli; Goldoni. Nelle sue commedie Goldoni propone al suo
g) personaggi dai caratteri esemplari, stereotipati, pubblico valori come l’onestà, il lavoro, il risparmio,
emblematici, esasperati, che vivono e soffrono la loro il matrimonio e l’affetto reciproco, il rispetto dei ge-
condizione esistenziale, che hanno scelto, che non nitori, un minimo di benessere economico. E si rivol-
hanno voluto evitare o che la società ha loro imposto. ge alla piccola e alla media borghesia veneziana. Pi-
2. Pirandello crea personaggi (e storie) pervasi dalla randello invece mette in scena personaggi lacerati,
morale borghese, che protestano contro la morale che hanno perso l’identità e i valori, che sono ma-
borghese, ma che alla fin fine non rinnegano affatto schere sociali e che vogliono rimanere tali. Il pubbli-
né fuoriescono dalla morale borghese. Essi sono co- co è costituito dalle classi medie e medio-alte, che
me il gatto che si morde la coda. Memmo Speranza si capiscono e che vivono in prima persona quei pro-
sposa proprio per non... sposarsi, proprio per conti- blemi. Per Goldoni la commedia deve divertire e con-
nuare la sua vita da scapolo. Alla fine della comme- temporaneamente proporre un insegnamento morale.
dia c’è il lieto fine borghese; ma poteva esserci, indif- Per Pirandello invece deve esplorare senza pietà
ferentemente, la tragedia finale pure borghese (ciò l’uomo sociale, la sua vita assurda, strozzata dalle re-
succede nella commedia Il giuoco delle parti, 1919). gole e dalle convenzioni, delle quali peraltro non può
Una conclusione diversa ed opposta è indifferente, né vuole fare a meno.
perché l’autore, non ostante i tentativi (veri o presunti 5. Questa commedia di Pirandello può essere oppor-
che siano), non fuoriesce dalla problematica di una tunamente confrontata anche con commedie più lon-
morale borghese. Nella commedia ci sono i consueti tane nel tempo, come la Mandragola (1518) di Nic-
personaggi stereotipi della morale borghese: il prota- colò Machiavelli e La Moscheta (1529) di Angelo
gonista, che si innamora ad ogni piè sospinto; la pro- Beolco, detto Ruzante (1496ca.-1542). Ciò mostra le
tagonista, eroina disprezzata, umile e sottomessa, che totali differenze dei vari autori per quanto riguarda la
non fa valere nemmeno i suoi diritti ufficiali se il suo concezione e le funzioni dell’arte e la fascia degli
uomo non glielo permette; gli avventori dall’animo spettatori. Callimaco, il protagonista della Mandrago-
esacerbato o pieni di problemi; le donnine allegre, la, si propone di possedere con l’inganno la bellissi-
che vorrebbero sistemarsi conforme alla morale uffi- ma Lucrezia, e vi riesce. Alla fine tutti sono contenti;
ciale, ma non ne sono capaci, e perciò si accontentano ma è la donna, precedentemente timorosa e sottomes-
di fare le amanti e si lasciano cacciare fuori di casa sa, ad avere ora in pugno la situazione e a controllare
senza fare tanto chiasso ed anzi provando sempre una sia il marito sciocco sia l’amante focoso. Paradossal-
qualche riconoscenza verso il maschio onnipotente, mente la vittoria della ragione fraudolenta si ritorce
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 489
contro tutti i personaggi, poiché distrugge i valori sui
quali si fonda la convivenza civile. La Moscheta in-
vece è ambientata nella periferia di Padova, e presen-
ta una storia di violenza, di inganni e di corna a un
pubblico raffinatissimo costituito dall’alta nobiltà ve-
neziana. I personaggi sono plebei che parlano un dia-
letto stretto: Ruzante, la moglie Betìa, Menato (il
compare) e Tonin (un soldato bergamasco). Essi sono
dominati dagli istinti naturali e passano il tempo a
cercare di soddisfarli. La preda è il possesso della Be-
tìa.
6. L’ambiente e il pubblico delle commedie di Piran-
dello può essere ancora confrontato con il mondo e i
valori nobiliari che Boccaccio propone nel Decame-
ron, un’opera che celebra l’intelligenza, il coraggio,
la battuta di spirito, la beffa e un atteggiamento attivo
nei confronti della realtà e della vita.
7. O anche con il mondo esasperato e dominato dal
sesso del Novellino (1476) di Masuccio Salernitano.
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Fuoco e mitragliatrici,
si sente il cannone che spara;
per conquistar la trincea:
Savoia ! – si va.
Commento
1. La canzone protesta contro le terribili condizioni
della guerra in cui, per conquistare pochi metri di ter-
ra, si devono perdere tanti compagni. Fu scritta pro-
babilmente tra il 16/12/1915 (episodio della trincea
dei raggi o razzi, che i fanti della Brigata “Sassari”
riuscirono a conquistare con un assalto alla baionetta)
e il 29/03/1916 (quinta battaglia dell’Isonzo).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 494
O Gorizia, tu sei maledetta, 1916 competente, che è rimosso soltanto dopo il disastro di
Caporetto (1917), a lui imputabile e che fa ricadere
La mattina del cinque di agosto vergognosamente sui soldati. L’Italia post-unitaria
si muovevano le truppe italiane aveva una tradizione militare disastrosa. Le sconfitte
per Gorizia, le terre lontane di Custoza (1848, 1866) e di Lissa (1866) non aveva-
e dolente ognun si partì. no insegnato niente; e lo Stato maggiore – come
l’intera classe dirigente – era al di là di ogni ragione-
Sotto l’acqua che cadeva a rovescio vole dubbio incapace e incompetente. Essa poteva
grandinavano le palle nemiche; anche vantarsi di essere l’unica nazione europea ad
su quei monti, colline e gran valli essere stata sconfitta in Africa da quattro indigeni
si moriva dicendo così: armati di archi e di lance (Adua, 1896). Al massacro,
inutile, della guerra succedono poi quattro anni di
O Gorizia, tu sei maledetta caos istituzionale e sociale, quindi il Nazional-
per ogni cuore che sente coscienza; fascismo.
dolorosa ci fu la partenza 2. Popolazione, cioè classi meno abbienti, e Stato ita-
e il ritorno per molti non fu. liano hanno rapporti conflittuali sia con la Destra sto-
rica, sia con la Sinistra storica, sia con lo Stato libera-
O vigliacchi che voi ve ne state le (anche se in questo caso indubbiamente di meno).
con le mogli sui letti di lana, In quattro anni (1919-22) Mussolini con abilità e
schernitori di noi carne umana, spregiudicatezza sfrutta questi contrasti, per usare
questa guerra ci insegna a punir. (industriali e) popolazione contro le classi tradiziona-
li, che detenevano da sempre il potere. Le liquida po-
Voi chiamate il campo d’onore liticamente e caccia qualche avversario in esilio e ne
questa terra di là dei confini; manda qualcun altro al confino. Esse rappresentavano
qui si muore gridando: assassini! una percentuale modestissima dell’elettorato e della
maledetti sarete un dì. popolazione. Per l’occasione liquida anche gli ex
compagni socialisti e... fa la pace religiosa con Chiesa
Cara moglie, che tu non mi senti (Patti lateranensi, 1929). Ma non riesce a sottrarre
raccomando ai compagni vicini alla Chiesa il monopolio dell’istruzione e delle asso-
di tenermi da conto i bambini, ciazioni giovanili (1931).
che io muoio col suo nome nel cuor. 3. La poesia usa un linguaggio e immagini quotidiani
e immediati: cuore, onore, partenza; moglie, famiglia,
O Gorizia, tu sei maledetta bambini. Alcune parole sono forti: onore, assassini,
per ogni cuore che sente coscienza; maledetta, coscienza. La rima è presente nel secondo
dolorosa ci fu la partenza e terzo verso di ogni strofa. L’ultimo verso di ogni
e il ritorno per molti non fu. quartina è tronco. Ciò che caratterizza la poesia non è
l’accuratezza letteraria, ma la capacità di coinvolgi-
Riassunto. I soldati partono per andare al fronte e mento, la capacità espressiva, l’espressione piana ed
combattere per Gorizia. Li aspettano soltanto i disagi intensa della protesta. L’effetto aumenta, se chi la
della trincea e la morte. Perciò gridano assassini con- canta ha la voce adatta.
tro i loro comandanti, che fanno la guerra senza ri- 4. Per ogni cuore che sente coscienza mette insieme
schiare la vita. I soldati invece lasciano a casa la mo- il cuore (scritto normalmente e non sincopato o tron-
glie e i figli. La conclusione può essere una sola: ma- co, come nella poesia aulica) e la coscienza, un ter-
ledire Gorizia, che ha provocato soltanto morti e lutti. mine forte che proviene dal linguaggio ecclesiastico:
l’esame di coscienza e il dolore per i peccati com-
Commento messi. Con abilità l’autore lo usa in un contesto di-
1. La prima guerra mondiale è una delle tante pagine verso (“per chiunque abbia un po’ di coscienza, di
disonorevoli della storia italiana: proclamata con sensibilità e di umanità”), anche se l’espressione sen-
l’appoggio dei tumulti di piazza, voluta da irredenti- te coscienza non è delle migliori. È impensabile che il
sti, da intellettuali e da politici, da Mussolini e da termine provenga dal Neoidealismo, che al tempo si
D’Annunzio, contro la volontà del parlamento, dei stava diffondendo in Italia, e che guardava con di-
liberali, dei socialisti e dei cattolici, oltre che dell’in- sprezzo i miseri problemi quotidiani di sopravvivenza
tera popolazione, che aveva problemi di alimen- della popolazione.
tazione e di analfabetismo e che non capiva perché si 5. Dopo un secolo l’Italia ha ancora un governo
dovesse morire per “una terra di là dai confini”. Il sgangherato e, in più, delinquente, che prova un odio
confine era a favore degli austriaci, annidati sui mon- genetico verso gli italiani (2020). Non sa nemmeno
ti. Le armi dell’esercito erano antiquate. Il comando, che cosa sia la salute pubblica.
affidato al gen. Cadorna, risulta subito disastroso: -----------------------------I☺I-----------------------------
250.000 morti nei primi sei mesi di guerra, e guada-
gni territoriali modesti. Un generale velleitario e in-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 495
Ta pum, 1916 del settore dove fu impegnata la 52ª Divisione e i suoi
Venti giorni sull’Ortigara battaglioni alpini[65]. Secondo i dati esposti nella re-
senza il cambio per dismontà; lazione ufficiale italiana, in totale la battaglia costò
ta pum ta pum ta pum (due volte) agli italiani 169 ufficiali morti, 716 feriti e 98 disper-
si; 2.696 militari morti, 16.018 feriti e 5.502 dispersi
Con la testa pien de peoci (totale perdite 25.199 uomini): anche in questo caso
senza rancio da consumar si conferma che il salasso più cospicuo fu sofferto
ta pum ta pum ta pum (due volte) dalla 52ª Divisione e soprattutto dai reparti alpini che
ebbero 110 ufficiali morti, 330 feriti e 50 dispersi;
Quando poi ti discendi al piano 1.454 militari morti, 8.127 feriti e 2.562 dispersi; per
battaglione non hai più soldà; un totale di 12.633 perdite. A questa cifra vanno poi
ta pum ta pum ta pum (due volte) aggiunte le perdite delle brigate “Regina” e “Piemon-
te”, del 9º Reggimento bersaglieri e dei reparti arti-
Dietro al ponte c’è un cimitero glieria, mitraglieri e genio raggruppati sotto la 52ª
cimitero di noi soldà; Divisione. Per il 9º Reggimento bersaglieri, che fu
ta pum ta pum ta pum (due volte) investito dal contrattacco austro-ungarico del 25 giu-
gno, in un rapporto del 28 giugno del generale Di
Quando sei dietro a quel muretto Giorgio si parla di un totale di 1.224 tra morti, feriti e
soldatino non puoi più parlar dispersi, di cui 927 solo il 25 giugno; altre cifre diffu-
ta pum ta pum ta pum (due volte) se dal 1º luglio parlavano di 48 morti, 442 feriti e 422
dispersi per un totale di 912 bersaglieri perduti, altre
Cimitero di noi soldati ancora aggiustano la cifra a 1.439 bersaglieri messi
forse un giorno ti vengo a trovà; fuori combattimento durante il loro impiego al fronte.
ta pum ta pum ta pum (due volte) [...] Le perdite austro-ungariche furono comunque an-
ch’esse importanti e assommavano all’incirca a 26
Commento ufficiali morti, 154 feriti e 71 dispersi mentre i milita-
1. Ta-pum era il caratteristico rumore che i soldati ita- ri morti furono 966, i feriti 6.167 e 1.444 i dispersi,
liani sentivano stando in trincea quando i tiratori au- per un totale di 8.828 uomini fuori combattimento;
striaci sparavano con il fucile Mannlicher M95. Gli nei reparti che fronteggiarono la 52ª Divisione, la
spari partivano da lontano e prima si sentiva il rumore proporzione delle perdite austro-ungariche è persino
dell’arrivo del proiettile, “ta”, e successivamente il superiore, a comprova della durezza degli scontri in
suono della detonazione, “pum”. quel settore» (Wikipedia, voce Battaglia del monte
2. Il monte Ortigara (m 2.105) sorge in Provincia di Ortigara, 15.09.2017).
Vicenza, vicino al confine fra Veneto e Trentino-Alto 3.Vale la pena di ricordare che nel sec. XVIII le gran-
Adige, nella parte settentrionale dell’Altopiano di di monarchie europee si guardavano bene dall’ac-
Asiago. Nel 1917 è teatro di una battaglia sanguinosa cettare uno scontro frontale: l’esercito era un giocato-
lunga 20 giorni, detta appunto Battaglia dell’Ortigara lo troppo costoso, per rovinarlo. A rompere questa
(10-29.06.1917): 22 battaglioni alpini sono mandati strategia fu Napoleone Bonaparte nella battaglia di
all’attacco per conquistare il monte occupato dalla Arcore (1796), presso Verona, e nelle battaglie suc-
prima linea austro-ungarica. La reazione dell’esercito cessive. Una missione italiana aveva visto che cosa
nemico è violentissima: in una sola mezza giornata succedeva sul fronte franco-tedesco: la guerra diveni-
consuma tonn 200 di munizioni (9-10.06.1917). Il va guerra di posizione e comportava la distruzione
comando italiano dà il via all’attacco nonostante le continua e massiccia di uomini e mezzi. La previsio-
cattive condizioni di tempo. ne era facile: alla fine vinceva chi aveva più uomini e
2. Per ogni soldato austriaco fuori combattimento ci più mezzi. La missione non servì a impedire l’entrata
sono tre soldati italiani morti, feriti o dispersi: «La in guerra. Il gen. Cadorna poi pensava di essere co-
segreteria del capo di Stato maggiore della 6ª Armata, me Napoleone ad Arcore (1796), non sapeva niente
in un rapporto del colonnello Calcagno, riporta le dello svolgimento della battaglia di Austerlitz (1805),
perdite complessive dell’intera armata per il periodo non conosceva la sconfitta dei garibaldini a Mentana
10-30 giugno in 134 ufficiali morti, 566 feriti e 19 di- (1867) e non si era nemmeno accorto che erano state
spersi, mentre per la truppa viene riportato un totale inventate le mitragliatrici: funzionavano con appena
di 2.158 soldati morti, 12.059 feriti e 2.199 dispersi, tre soldati e i proiettili riuscivano pure a tagliare gli
per un totale complessivo di 17.162 uomini fuori alberi.
combattimento. Nello stesso rapporto viene poi speci- -----------------------------I☺I-----------------------------
ficato che le perdite sull’Ortigara furono di 106 uffi-
ciali morti, 411 feriti e 17 dispersi, mentre per la
truppa conta 1.724 morti, 9.254 feriti e 1.753 dispersi,
per un totale complessivo solo sull’Ortigara di 13.265
vittime, confermando ancor di più come il massimo
sforzo dell’offensiva ricadde su una piccola porzione
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 496
Dimmi, bel giovane, 1920 gnamente il dramma delle classi subalterne. D’altra
parte socialisti e rivoluzionari volevano fare la rivo-
Dimmi, bel giovane luzione, ma erano desideri velleitari. Non c’erano le
onesto e biondo, capacità teoriche né pratiche per farla. Il “biennio
dimmi la patria rosso” (1919-20) con l’occupazione delle fabbriche si
tua qual è. trasforma in una tremenda autosconfitta per le masse
operaie, mal guidate dai loro sindacati. La reazione
Adoro il popolo, dei latifondisti e degli industriali si fa sentire subito,
la mia patria è il mondo, con i manganelli e con l’olio di ricino somministrato
il pensier libero dalle bande fasciste. Si fa la rivoluzione soltanto se si
è la mia fé. è capaci, altrimenti conviene mettere in pratica l’idea-
La casa è di chi l’abita, le verghiano dell’ostrica (1878), restarsene a casa a
è un vile chi lo ignora; sferruzzare a maglia o a leggere libri di edificazione
il tempo è dei filosofi, socialista.
la terra di chi la lavora. (Coro.) 3. Il giovane è onesto e biondo: il linguaggio aulico o
almeno letterario continua. Neanche la letteratura di
Addio mia bella lotta e di opposizione riesce a farne a meno. Ma, fin-
casetta, addio ché essa usa la letteratura ufficiale o gli scarti della
madre amatissima letteratura ufficiale, non diventerà mai autonoma, né
e genitor (=il padre). potrà aspirare a diventare cultura alternativa e cultura
egemone. Nella letteratura italiana era bionda la don-
Io pugno (=combatto) intrepido na della Scuola siciliana (1230ca.-1260ca.), Laura di
per la Comune (=1871), Francesco Petrarca (1304-1374), le donne dei petrar-
come Leonida (=generale greco antico, 480 a.C.) chisti del Cinquecento, Erminia di Torquato Tasso
saprò morir. (1544-1595), la donna di Giambattista Marino (1569-
La casa è di chi l’abita... (Coro.) 1625) ecc. Queste donne sono bionde non tanto per-
ché di origine nordica (cosa possibile), quanto perché
Riassunto. Un esaminatore chiede a un giovane qual è il poeta le vuole rendere rare e preziose, diverse in-
la sua patria, e questi risponde che ama il popolo, la somma dalla moltitudine delle donne normali, che
sua patria è il mondo e la sua fede è il libero pensiero. avevano i capelli neri. C’è un unico caso di vir blon-
Ma aggiunge anche che il tempo appartiene ai filoso- dus: Manfredi di Svevia, ma era tedesco: “Biondo era
fi, come la casa appartiene a chi l’abita. E conclude e bello e di gentile aspetto, Ma l’un de cigli un colpo
dicendo che egli combatte ed è disposto a morire per [di spada] avea diviso...” (Pg III, 106-108).
la Comune, cioè per l’ideale di democrazia diretta 4. È interessante anche l’attribuzione di proprietà: la
realizzato nella Comune di Parigi (1871), il primo casa è di chi l’abita (ed è un vile chi lo ignora); il
tentativo di Stato operaio della storia. tempo è dei filosofi, la terra di chi la lavora. Tom-
maso d’Aquino distingueva, giustamente, il possesso
Commento di una cosa dall’uso della cosa stessa. La casa era di
1. I versi e le immagini sono semplicissimi ed orec- Tizio, ma la usava Caio, che ne aveva bisogno. Peral-
chiabili. Cantati e musicati sono ancora più efficaci. tro i problemi relativi alla proprietà sono sempre stati
Il contenuto non raggiunge grandi profondità di poe- pieni di conflitti, che non si potevano risolvere né con
sia né di pensiero, ma l’atmosfera socialista e antista- questa proposta ingenua, né con l’altruismo e la soli-
tale è assicurata e capace di affascinare gli ascoltatori. darietà proposti dal Vangelo e dalla Chiesa.
La canzone è una riduzione di Francesco Giuseppe 4.1. È sorprendente invece la presenza di un filosofo
Bertelli (1836-1919), Dimmi buon giovine, 1873, in una canzone di lotta e di protesta. Certamente i fi-
dove un esaminatore poneva diverse domande a un losofi del tempo frequentavano le organizzazioni ope-
volontario che si preparava a partire per la Comune raie, ma con poco profitto reciproco. Un’occasione
(1871). Il titolo iniziale della poesia era Esame di mancata! L’interferenza mostra che l’autore della
ammissione del volontario alla Comune di Parigi. canzone era un filosofo o era amico di filosofi o sa-
2. Se si va a vedere il testo più da vicino, si scoprono peva che a questo mondo esistono i vermi e ugual-
reminiscenze scolastiche o classiche: il verbo pugna- mente i filosofi. Nell’economia della natura gli uni e
re, Leonida e i suoi 300 spartani che fermano i per- gli altri devono avere una loro specifica funzione. Al
siani alle Termopili (Grecia, 480 a.C.). La remini- tempo Filippo Turati (1857-1932) e Antonio Labriola
scenza più recente è la Comune parigina, di mezzo (1843-1904), che avevano quattro nozioni mal digeri-
secolo prima (1871). La cultura di opposizione è ri- te di filosofia, erano il meglio che la filosofia sociali-
volta al passato vicino o al passato lontano, ma non al sta e la filosofia italiana potevano dare. Si stava in-
presente. Essa proveniva dalla cultura ufficiale, di cui nalzando l’astro di Benedetto Croce (1866-1952), che
spesso era una brutta copia. Era cultura di opposizio- con la sua ostilità alla scienza e alla tecnica ha fatto
ne e sarebbe rimasta tale, poiché non aveva scrittori alla cultura e alla società italiana gravissimi danni.
professionisti, che cantassero adeguatamente e de-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 497
Ma gli scienziati del tempo non riuscivano a far senti- padrone, che forniva la terra, e metà al mezzadro, che
re la loro presenza e la loro utilità. forniva il lavoro. Insomma l’Italia rivoluzionaria vuo-
4.2. Il tempo è dei filosofi si può interpretare così: le le un pezzo di terra. Come 50 anni prima la chiedeva-
cose astratte, campate per aria o difficili e incom- no i picciotti siciliani che avevano accolto Garibaldi
prensibili si devono lasciare a chi le sa fare, ai diri- come un liberatore (1860) e che ottengono invece
genti del partito o ai sindacati. Vero: gli operai erano un’indigestione di piombo (6.000 “briganti” ammaz-
più precisamente braccianti o manovali, ed avevano zati nel 1862-63). Come Pascoli (La siepe). Gli ope-
poco o niente da offrire sul mercato del lavoro Non rai faranno la loro comparsa a partire dall’apertura
avevano alcuna istruzione professionale, non sapeva- della FIAT (1899), ma soprattutto con il boom eco-
no né leggere né scrivere. Una lotta seria all’analfabe- nomico del 1958-61. Il pensiero socialista, che è un
tismo inizia soltanto dopo il 1950 e il merito spetta pensiero indubbiamente rivoluzionario, non sa che ci
più a Mike Buongiorno e alle sue trasmissioni (“La- sono i notai, la compra-vendita dei beni, la proprietà
scia o raddoppia?” ecc.) degli anni Cinquanta, che al- legale di un terreno o di una casa, ed è ancora fermo
la scuola statale italiana (1863). Perché non gli innal- ad un’economia agricola, quella di Titiro e di Meli-
zano un monumento e non lo eleggono – non lo han- beeo, due agricoltori descritti con simpatia ed empa-
no eletto – senatore a vita? tia dal poeta romano Publio Virgilio Marone (70-19
4.3. Nell’espressione però è adombrato anche un gra- a.C.)...
ve problema, che travagliava il pensiero socialista 5. Il mammismo italiano emerge anche da questa can-
dalla sua nascita agli inizi dell’Ottocento fin quasi zone di protesta. I rivoluzionari si portavano la mam-
alla fine del Novecento: i rapporti tra lavoro intellet- ma anche sulle barricate. Dietro queste immagini e
tuale e lavoro manuale. Agli intellettuali faceva schi- questi stereotipi sta sicuramente la poesia che fa capo
fo il lavoro degli operai, ma le analisi di Marx sem- all’Arcadia (1690-1750), ma anche il melodramma di
bravano dimostrare due cose: a) che il futuro era nella Pietro Metastasio (1698-1782) e quindi l’opera lirica
classe operaia che faceva la rivoluzione (e la rivolu- italiana, da Giuseppe Verdi a Giacomo Puccini a
zione era necessaria e inevitabile), e che b) bisognava Gioachino Rossini, che ha un incredibile sviluppo
superare il binomio lavoro intellettuale e lavoro ma- nell’Ottocento e che aveva il punto forte nei cantati.
nuale, su cui si fondava lo sfruttamento capitalistico. 6. La canzone va confrontata almeno con Carlo Al-
Marx aveva detto e dimostrato che le classi interme- berto Bosi (1813-1886), Addio, mia bella, addio,
die non esistevano o che comunque sarebbero finite 1848), più sopra.
tra i capitalisti o tra gli operai, perciò socialisti e poi ------------------------------I☺I-----------------------------
comunisti neanche a mostrargliele credevano alla loro
esistenza! Altro che ipse dixit!, altro che filosofo pe-
ripatetico, che nel racconto di Galileo Galilei (1632)
si rifiutava di credere ai suoi occhi circa l’origine dei
nervi dal cervello e non dal cuore (l’aveva detto Ari-
stotele!). Ed aveva il cadavere sezionato sotto gli oc-
chi...
4.4. Marx cita con stupore e compiacimento l’esem-
pio di divisione del lavoro trovata nei testi di econo-
mia politica classica: la produzione di uno spillo. Non
capisce che la divisione del lavoro si praticava fin
dalla preistoria (io produco le punte di freccia, tu ap-
pronti la freccia, lui vai a caccia, le donne cucinano e
preparano la tavola, e tutti mangiamo), che sarebbe
“esplosa” e che avrebbe creato infiniti operai specia-
lizzati o ultra-specializzati, insomma operai soltanto
di nome. La stessa cosa sarebbe successa nell’ambito
del lavoro intellettuale. In tal modo i due ambiti di-
ventavano “grigi”, perché perdevano qualsiasi omo-
geneità al loro interno e perdevano qualsiasi contrasto
o contrapposizione al loro esterno, tra di loro. Il lavo-
ro era sempre lavoro ultra-specializzato. Perciò la
specializzazione diveniva più importante dell’opposi-
zione tra i due tipi di lavoro. Insomma non si poneva
il problema di fare il lavoro intellettuale al mattino e
il lavoro manuale di pomeriggio, per lottare contro
l’organizzazione capitalistica del lavoro.
4.5. La terra di chi la lavora: i rivoluzionari vogliono
la terra e vogliono fare i contadini (o i braccianti o i
fittavoli). La mezzadria non piaceva: metà raccolto al
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 498
L’Ermetismo (1920-50) tempo, quando sappiamo che è una strada, e forse
la strada più completa, per la conoscenza di noi
stessi, per la vita della nostra coscienza [...] La lette-
L’Ermetismo nasce intorno agli anni Venti e dura fin ratura è una condizione, non una professione [...].
dopo la seconda guerra mondiale: i primi segni di cri- E d’altronde per un letterato non c’è che un’unica
si compaiono verso il 1945, quando alcuni autori co- realtà, quest’ansia del proprio testo verso la verità
me Quasimodo e Gatto, cercano altre strade. [...]; non si vuol dir altro, quando si parla di lettera-
Il termine “ermetico” appare in Italia verso gli anni tura come di vita, non si chiede che un lavoro con-
Trenta, per indicare una poesia “chiusa”, difficile da tinuo e il più possibile assoluto di noi in noi stessi,
comprendere, non perché affrontasse argomenti diffi- una coscienza interpretata quotidianamente nel
cili, ma perché il poeta non apriva il circolo comuni- gioco delle nostre aspirazioni, dei sentimenti e delle
cativo e faceva dell’”oscurità” il tratto distintivo dei sensazioni. L’identità che proclamiamo è il bisogno
suoi versi. Lo usa per la prima volta in senso tecnico, di un’integrità dell’uomo, che va difesa senza ri-
e con un implicito giudizio negativo, il critico crocia- guardi, senza nessuna concessione”.
no Francesco Flora. Il poeta perciò non ripiega sulle sue vicende perso-
I poeti ermetici intendono recuperare la grande tradi- nali né si preoccupa degli avvenimenti del suo
zione letteraria del passato: propongono una poesia tempo, poiché sente l’ansia di questa verità assolu-
pura e incontaminata e un lavoro intellettuale sottrat- ta, che cerca di esprimere nei suoi versi. Questa ve-
to ad ogni influsso storico e politico. In tal modo essi rità può essere espressa adeguatamente soltanto in
fanno della letteratura un ideale di vita. Per questo uno stile alto. Da qui deriva la necessità di recupe-
motivo essi non partecipano e sono volutamente in- rare lo stile e i valori della letteratura tradizionale. I
differenti agli avvenimenti politici che caratterizzano poeti ermetici ricorrono in modo particolare
il periodo, e restano estranei a qualsiasi coinvolgi- all’analogia ed al simbolo, e comunemente profes-
mento con la politica culturale del Fascismo, in una sano la poetica della “parola essenziale.
posizione di attesa. È la così detta “poetica dell’as-
senza”. In questo senso l’Ermetismo non si presenta La poetica degli ermetici si conclude non appena
come gruppo compatto di poeti, ma come tendenza cambiano le condizioni storiche, politiche e sociali
generale che esprime le scelte di un’intera generazio- che l’hanno ispirata. Nel 1958-61 l’Italia conosce il
ne. I maggiori poeti ermetici sono: Giuseppe Unga- boom economico e un benessere imprevisto e impre-
retti (1888-1970), Eugenio Montale (1896-1981), e vedibile, che spinge verso l’ottimismo per il futuro.
poi Salvatore Quasimodo (1901-1968). Essi scrivono ------------------------------I☺I-----------------------------
durante la prima guerra mondiale e ne sono fortemen-
te condizionati. Quasimodo è condizionato dalla se-
conda guerra mondiale, non va in trincea, ma vive la
guerra e i disastri della guerra come civile. Dopo la
prima come dopo la seconda guerra mondiale i poeti
ermetici sono poi costretti ad abbandonare comple-
tamente quella poetica e cercare nuove vie. Anche
Vincenzo Cardarelli (1887-1959) si potrebbe fare
rientrare nel gruppo, ma più che alla parola essenziale
è interessato a un ritorno della poesia ai modelli clas-
sici: Chiabrera, Rolli, Leopardi.
Umberto Saba (1883-1957) non è certamente un poe-
ta ermetico, anzi prediligge la “chiarezza” e versi vi-
cini alla prosa, ma va messo vicino agli ermetici poi-
ché risente della stessa atmosfera sorica: il primo do-
poguerra.
L’Ermetismo però può essere inteso anche in senso
più ristretto e indicare quel gruppo di autori, in gene-
re di ispirazione cattolica, che dal 1929 scrivono sulla
rivista fiorentina “Frontespizio”. I maggiori sono:
Carlo Bo (1911), che nel 1938 pubblica il manifesto
del gruppo, Carlo Betocchi (1899-1986), quindi Ma-
rio Luzi (1914), Alfonso Gatto (1909-1976) e Vitto-
rio Sereni (1913-1983).
Le principali tesi dell’Ermetismo si trovano espresse
nel manifesto scritto da Bo, intitolato significativa-
mente Letteratura come vita:
La vita. Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria Il poeta si profonda negli abissi dell’io
d’Egitto nel 1888. Qui studia fino al 1905 in un col- e poi ritorna alla luce e dona la sua poesia,
legio svizzero. Nel 1912 lascia l’Egitto e si trasferisce senza tenere nulla per sé.
a Parigi, dove conosce le avanguardie artistiche:
Apollinaire, Picasso, Braque, e gli intellettuali italiani Di questa [discesa-ascesa che ha portato alla] poesia
che spesso soggiornavano nella città: Papini, Soffici, mi resta soltanto
Palazzeschi, Boccioni, Modigliani, Marinetti. Nel la consapevolezza che il tentativo è stato vano,
1915 si trasferisce a Milano. Partecipa alla prima perché l’abisso è misterioso e inesauribile.
guerra mondiale. Dopo la guerra ritorna a Parigi. Nel
1921 si trasferisce a Roma. Aderisce al Nazional- Riassunto. Il poeta scende ed esplora il suo io e poi
fascismo. Nel 1928 fa un’esplicita professione di fede risale con la poesia, che distribuisce senza tenere nul-
cattolica. Nel 1936-42 è docente di Lingua e letteratu- la per sé. Dell’esplorazione che ha portato alla poesia
ra italiana all’università di San Paolo in Brasile. Ri- resta soltanto la consapevolezza che il tentativo è sta-
torna a Roma, dove ricopre la cattedra di Letteratura to vano, perché l’abisso è misterioso e inesauribile.
italiana contemporanea. Dopo la guerra l’Associa-
zione degli scrittori lo sottopone a procedimento di Commento
“epurazione” per i suoi rapporti con il regime, ma tut- 1. La lirica è la prima della raccolta di poesie e dà il
to si risolve con un nulla di fatto. Nel 1958 lascia nome all’intera raccolta. Lo stesso autore spiega il ti-
l’insegnamento universitario per limiti d’età. Muore a tolo: “Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in
Milano nel 1970. noi indecifrabile”. La metafora del porto proviene dal
leggendario porto sommerso nella baia di Alessan-
Le opere. Ungaretti scrive Il porto sepolto (1916), Al- dria, costruito prima della fondazione della città.
legria di Naufragi (1919, contiene anche le poesie de L’autore fa di questo ricordo dell’adolescenza il sim-
Il porto sepolto); poi Allegria (1931, 1942), Senti- bolo della sua poesia.
mento del tempo (1933), Il dolore (1947), La Terra 2. Il porto sepolto si riallaccia ai grandi simbolisti
Promessa (1950), Il taccuino del vecchio (1960). Nel francesi (Rimbaud, Mallarmé), ma anche al mito pri-
1969, con il titolo Vita d’un uomo. Tutte le poesie, mordiale della ricerca di Orfeo, che discende e risale
pubblica l’edizione completa dei suoi versi; e indica dagli inferi per riportare in vita la moglie Euridice.
la chiave di lettura della sua produzione poetica. Alla Nella risalita Orfeo si volta, contravvenendo agli ac-
produzione poetica Ungaretti affianca anche l’attività cordi con Plutone. E la moglie precipita nell’inferno,
di traduttore: Sonetti di Shakespeare (1946), Fedra di questa volta per sempre.
Jean Racine (1950), Visioni di William Blake (1965). 2.1. Nella mitologia greca e latina Orfeo era un poeta
abilissimo, che con il suo canto sapeva ammansire
anche le belve feroci. Riesce a commuovere anche
La raccolta Il porto sepolto, 1916
Plutone, che gli permette di riportare alla luce del so-
le la moglie. Ma la troppa fretta di vederla la fa pre-
Il porto sepolto (1916) parla della sua esperienza di cipitare nuovamente negli inferi.
soldato nella prima guerra mondiale (1915-18), vissu- 3. Il viaggio esplorativo del poeta però si sviluppa
ta in trincea. In Vita d’un uomo (1969) il poeta così dentro l’acqua. Ed il porto sepolto è ad un tempo al-
commenta l’opera: veo del fiume e alvo materno: l’immersione nelle pro-
“[...] ero un uomo che non voleva altro per sé se non i fondità del fiume o del mare riporta alla condizione
rapporti con l’assoluto. [...] Nella mia poesia non c’è rassicurante ed incosciente della vita prima della na-
traccia dell’odio per il nemico, né per nessuno: c’è la scita.
presa di coscienza della condizione umana, della fra- 4. Il viaggio di esplorazione e di scoperta del proprio
ternità degli uomini nella sofferenza, dell’estrema essere si scontra con l’inesauribile segreto: il mondo
precarietà della loro condizione”. interiore è inesauribile e misterioso. Ritornando alla
luce egli può portare perciò soltanto qualcosa, qual-
Il porto sepolto, 1916 che sprazzo di conoscenza o di verità, qualche illumi-
nazione, come i simbolisti francesi. La conoscenza e
Vi arriva il poeta l’esplorazione totale è impossibile. Il mondo come
e poi torna alla luce con i suoi canti mistero insondabile si trova anche in Pascoli e nella
e li disperde scienza: Emile Du Bois-Raymond (1818-1896) scris-
se un’opera intitolata I sette enigmi del mondo, ed era
Di questa poesia uno scienziato...
mi resta 5. La parola scava nel mondo reale, ma le conquiste
quel nulla sono faticose, dolorose e sempre molto limitate. Non
d’inesauribile segreto c’è più la parola che è il ó delle cose, che è Dio,
che abitò presso Dio e che discese tra gli uomini del
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 505
Vangelo di Giovanni. Né c’è la parola che plasma e vo. Ed è aggiunta la parola finale Fratelli, che riman-
trasforma la realtà di D’Annunzio (Epódo, 1887). da alla parola del titolo, costruendo una ripetizione
6. In questa come nelle altre poesie la punteggiatura è circolare.
assente. La poesia, come quasi tutte le altre, ha biso- 2. La poesia non ha bisogno di parafrasi. Essa è sem-
gno di essere aperta, scoperta, spiegata. È densa e de- plice e comprensibile. Ma è anche densa, e questa
ve essere resa più facile da comprendere. densità va riportata alla sua estensione normale.
---I☺I--- 3. La poesia va confrontata con altre visioni della
guerra, ad esempio con quella di F. T. Marinetti, l’ini-
Fratelli, 1916 ziatore del Futurismo (1909), che celebra la guerra,
“sola igiene del mondo”, e con quella di G. D’Annun-
Di che reggimento siete zio, che ritorna dalla Francia per entrare nelle schiere
fratelli? degli interventisti, compie la Beffa di Buccari e il vo-
lo su Vienna.
Fratelli 4. Su un altro versante si potrebbe confrontare con S.
tremante parola Quasimodo, che scrive durante la seconda guerra
nella notte mondiale, fa pure parte del gruppo dei poeti ermetici
come una fogliolina ed è una delle ultime voci della corrente. Ad esempio
Alle fronde dei salici e Milano 1943.
appena nata
5. Resta il fatto che, a parte interventisti e neutralisti,
l’entrata in guerra dell’Italia è stata una scelta stupida
Fratelli e irresponsabile, oltre che un colpo di Stato. L’Italia
saluto non era assolutamente preparata alla guerra e aveva
accorato un confine estremamente sfavorevole. I comandi mi-
nell’aria spasimante litari erano incompetenti e restano incompetenti. Nei
implorazione sussurrata primi sei mesi di guerra Cadorna fa ammazzare
di soccorso 250.000 soldati in inutili assalti frontali, che portava-
all’uomo presente alla sua fragilità no a minime conquiste territoriali. Negli altri tre anni
e mezzo di guerra morirono gli altri 250.000 soldati.
Fratelli, 1943 La guerra poi porta in regalo i conflitti sociali del do-
poguerra, che durano fino all’avvento del Fascismo,
Di che reggimento siete cioè dal 1919 al 1924. In genere gli storici, di salda
fratelli? fede antifascista, condannano il totalitarismo fascista.
Insomma tra caos e conflitti sociali e istituzionali del
Parola tremante dopoguerra, e Fascismo preferirebbero al di là di ogni
nella notte ragionevole dubbio il caos del dopoguerra, che chia-
mano democrazia.
Foglia appena nata ---I☺I---
Riassunto. Il poeta ha passato un’intera nottata vicino Riassunto. Il poeta lamenta le distruzioni materiali ed
ad un compagno ucciso, che aveva il viso ricolto ver- umane provocate dalla guerra: San Martino del Carso
so la luna nuova. Le sue mani tumefatte penetravano è distrutto, i suoi compagni di trincea sono morti. Ma
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 508
egli li ricorda con dolore tutti, ad uno ad uno. Il suo Ho ripassato [con la memoria]
cuore è straziato più di quelle rovine a cui è ridotto il le epoche
paese. della mia vita
La madre
Commento
1. Non è più la Vergine Maria, è sua Madre, che in-
tercede per il poeta davanti a Dio, per chiedere la sua
salvezza. E la ottiene, perché, come per sua Madre, la
Vergine Maria, Egli non può dire no a una Madre.
2. La breve poesia riprende l’ultima strofa di Al cor
gentil rempaira sempre amore (1274) di Guido Gui-
nizelli: il poeta si salva perché ha amato la sua donna,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 512
Eugenio Montale (1896-1981) Forse un mattino andando in un’aria di
vetro, 1923
La vita. Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
Ha una formazione letteraria da autodidatta. Partecipa arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
agli ultimi mesi di guerra. Un intellettuale triestino, il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
Roberto Bazlen, gli fa conoscere le opere di Italo di me, con un terrore di ubriaco.
Svevo. Tra il 1925 e il 1926 Montale pubblica alcuni
articoli, con cui iniziano la fortuna critica e la fama
dello scrittore triestino. Il contatto con gli intellettuali Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
triestini, tra cui Umberto Saba, lo porta a firmare il alberi case colli per l’inganno consueto.
Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
Benedetto Croce nel 1925. Nello stesso anno pubbli- tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
ca Ossi di seppia. Nel 1927 diventa redattore della
casa editrice Bemporad di Firenze. Due anni dopo di- Forse un mattino camminando in un’aria lim-
venta direttore della prestigiosa biblioteca del Gabi- pida
netto Viesseux. Mantiene l’incarico fino al 1938,
quando è licenziato per i suoi sentimenti ostili al re- Forse un mattino camminando in un’aria limpida,
gime fascista. Nel 1939 pubblica Le occasioni. Du- arida, volgendomi indietro, vedrò compiersi
rante la seconda guerra mondiale pubblica a Lugano il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
Finisterre, che esce in Italia nel 1945. Nel 1946 inizia di me, e proverò il terrore di aver perso l’equilibrio.
la collaborazione con il “Corriere della sera”, che du-
ra sino al 1973. In quegli anni compie numerosi viag- Poi, come sopra uno schermo, riprenderanno posto
gi all’estero e si diffonde la sua fama di poeta. Nel di colpo alberi, case, colline, per l’inganno consueto.
1957 pubblica La bufera e altro ed anche La fanfulla Ma sarà troppo tardi: io me ne andrò in silenzio
di Dinard. Nel 1961 riceve la laurea honoris causa tra gli uomini, che non si voltano mai [a guardare],
dall’università di Milano. Nel 1966 pubblica Auto da tenendomi il mio segreto.
fè – Cronache in due tempi, che raccoglie articoli ed
interventi sulla cultura, la poesia, l’arte, la musica, il Riassunto. Forse un mattino, camminando nell’aria
costume e gli intellettuali. Nel 1967 è nominato sena- tersa, il poeta si volterà indietro e vedrà la realtà così
tore a vita. La morte della moglie dà origine alle poe- com’è: il nulla, proprio il nulla. E proverà la stessa
sie di Xenia (prima serie, 1966; seconda serie 1968). perdita di equilibrio che prova chi si ubriaca. Poi tutto
Nel 1971, dopo 15 anni di silenzio, pubblica Satura, ritorna normale, la realtà riprende le forme inganne-
che costituisce anche un profondo rinnovamento del voli di sempre. Ma ormai è troppo tardi: egli ha visto.
suo mondo poetico. Nel 1974 riceve la laurea anche E se ne andrà come al solito tra gli uomini, che non si
dall’università di Roma. Nel 1975 ottiene il premio voltano mai. E terrà per sé il suo segreto.
Nobel, che consacra il respiro internazionale della sua
poesia. Nel 1977 pubblica Quaderno di quattro anni, Commento
l’ultima raccolta poetica. Muore nel 1981. 1. La poesia è un chiaro esempio di “poesia metafisi-
ca”: in pochi versi l’autore dà un’idea concreta di una
Le opere. Montale scrive Ossi di seppia (1925), Le conclusione filosofica. Gli uomini guardano sempre
occasioni (1939), Finisterre (1943, 1945), La bufera avanti. Non fanno mai l’esperienza di voltarsi indie-
e altro (1956), la raccolta di articoli giornalistici Auto tro. Forse il poeta un giorno la farà. E, quando si vol-
da fè – Cronache in due tempi (1966), Xenia (prima terà indietro, quando uscirà dagli schemi consueti che
serie, 1966; seconda serie 1968), poi confluite in Sa- condizionano e stritolano la nostra vita e la nostra
tura (1971), Quaderno di quattro anni (1977). esperienza, riuscirà a vedere la realtà così com’è. La
vedrà soltanto per un momento, ma la vedrà. E la
Ossi di seppia, 1925 realtà, i valori consueti che dominano gli uomini, so-
Ossi di seppia (1925) è la raccolta che apre l’attività no nulla, un nulla assoluto. E questa scoperta gli farà
poetica di Montale. Il poeta non intende confrontarsi provare le stesse emozioni e le stesse paure che prova
con le poetiche di altri autori. In Non chiederci la pa- l’ubriaco, che ha perso il senso dell’equilibrio. Poi
rola dà una definizione in negativo di che cosa inten- tutto ritornerà normale, tutto ritornerà come prima.
de per poesia, e di quello che la sua poesia non può L’inganno ritornerà al suo posto. Ma ormai è troppo
né vuole essere. tardi, perché egli ha fatto in tempo a vedere. Conti-
nuerà a vivere insieme con gli altri uomini, che non
sono abituati e che non hanno mai cercato di voltarsi
indietro, di vedere, di riflettere. E si terrà la sua sco-
perta, si terrà il suo segreto. Il miracolo di vedere la
realtà succede raramente, e gli uomini non sono capa-
Tu non ricordi la casa dei doganieri Tu non ricordi la casa dei doganieri,
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: che sorgeva a strapiombo sugli scogli:
desolata t’attende dalla sera essa ti attende ancora da quando
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri tu vi entrasti con i tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto. e ti fermasti con la tua irrequietudine.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura Il vento sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto: e il tuo sorriso non è più lieto come allora:
la bussola va impazzita all’avventura il destino è una bussola impazzita,
e il calcolo dei dadi più non torna. è un lancio di dadi, imprevedibile.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna Tu non ricordi: un altro tempo distrae
la tua memoria; un filo s’addipana. la tua memoria; un filo si riavvolge nella matassa.
Saffo, Plenilunio
Le opere. Saba scrive Poesie (1910), Con i miei occhi Riassunto. Il poeta ha parlato a una capra: era sola su
(1912), Cose leggere e vaganti (1920), il Canzoniere un prato e legata. Sazia d’erba e bagnata dalla piog-
(1921), la Storia e cronistoria del Canzoniere (1944- gia, belava. Egli le risponde, perché il belato dell’a-
47, raccolta in volume nel 1948), con cui respinge le nimale era simile al suo dolore e simile al dolore di
interpretazione che si erano date del Canzoniere e tutti gli esseri viventi. E il dolore ha sempre un unico
propone l’interpretazione autentica; Mediterranee suono e non varia mai. In quella capra egli sentiva
(1948), che poi confluisce nel Canzoniere; infine il esprimersi tutto il male e tutti i dolori del mondo.
Canzoniere (1961), che comprende quasi tutta l’opera
in versi precedente. Commento
1. Anziché mettersi a parlare con la capra, il poeta fa-
ceva meglio ad andare a slegarla in modo che andasse
Il Canzoniere, 1961 a ripararsi sotto qualche tettoia. Egli invece preferisce
filosofeggiare sul dolore che accomuna tutti gli esseri
Il Canzoniere è l’opera di una vita, che riprende in
viventi. Ma tutto ciò era già stato detto e ripetuto, dal-
modo originale il modello più nobile della letteratura
la Bibbia sino a Montale. Egli preferisce ripeterlo an-
italiana, quello inaugurato da Petrarca. Saba lo arric-
cora una volta, anche se in modo non completamente
chisce e lo amplia dall’idea iniziale del 1913 sino
banale e capace di colpire il lettore.
all’edizione postuma del 1961, che è divisa in tre par-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 524
2. Invece di filosofeggiare sul destino umano intriso se l’incontri e muggire
di dolori e di affanni, il poeta poteva prendersela mol- l’odi, tanto è quel suono
to più concretamente con il padrone, che aveva ab- lamentoso, che l’erba
bandonato o dimenticato l’animale in mezzo al prato. strappi, per farle un dono.
3. Il riferimento al popolo ebraico, che diventa il sim- È così che il mio dono
bolo del dolore umano e del dolore universale, è un t’offro quando sei triste.
po’ forzato. Risulta buttato lì per associazione di idee,
non per un motivo poetico più profondo: esso è legato Tu sei come una lunga
al muso della capra e non, più ragionevolmente, al cagna, che sempre tanta
lamento dell’animale abbandonato sotto la pioggia. dolcezza ha negli occhi,
4. Una cosa è la forza di sintesi e la parola essenziale e ferocia nel cuore.
degli ermetici, un’altra è la banale brevità di Saba, Ai tuoi piedi una santa
che espone superficialmente una verità, nota sino alla sembra, che d’un fervore
noia, in soli 13 versi. Il confronto con la visione man- indomabile arda,
zoniana del dolore che emerge alla fine de I promessi e così ti riguarda
sposi, con quella che ne dà Leopardi nel Canto not- come il suo Dio e Signore.
turno di un pastore errante dell’Asia o con quella più Quando in casa o per via
recente che ne dà Montale in Spesso il male di vivere segue, a chi solo tenti
ho incontrato, mostra i pregi ed i limiti del poeta trie- avvicinarsi, i denti
stino, che tuttavia non è privo di un linguaggio poeti- candidissimi scopre.
co facile, comprensibile, immediato e capace di colpi- Ed il suo amore soffre
re efficacemente il lettore con i suoi paradossi (“Ho di gelosia.
parlato a una capra...”). La tecnica del paradosso è
usata anche nella poesia più famosa, A mia moglie. Tu sei come la pavida
---I☺I--- coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti
A mia moglie, 1911 s’alza,
e verso te gli orecchi
Tu sei come una giovane alti protende e fermi;
una bianca pollastra. che la crusca e i radicchi
Le si arruffano al vento tu le porti, di cui
le piume, il collo china priva in sé si rannicchia,
per bere, e in terra raspa; cerca gli angoli bui.
ma, nell’andare, ha il lento Chi potrebbe quel cibo
tuo passo di regina, ritoglierle? chi il pelo
ed incede sull’erba che si strappa di dosso,
pettoruta e superba. per aggiungerlo al nido
È migliore del maschio. dove poi partorire?
È come sono tutte Chi mai farti soffrire?
le femmine di tutti
i sereni animali Tu sei come la rondine
che avvicinano a Dio, che torna in primavera.
Così, se l’occhio, se il giudizio mio Ma in autunno riparte;
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali, e tu non hai quest’arte.
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna Tu questo hai della rondine:
le gallinelle, le movenze leggere:
mettono voci che ricordan quelle, questo che a me, che mi sentiva ed era
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali vecchio, annunciavi un’altra primavera.
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste Tu sei come la provvida
musica dei pollai. formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
Tu sei come una gravida parla al bimbo la nonna
giovenca; che l’accompagna.
libera ancora e senza E così nella pecchia
gravezza, anzi festosa; ti ritrovo, ed in tutte
che, se la lisci, il collo le femmine di tutti
volge, ove tinge un rosa i sereni animali
tenero la tua carne.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 525
che avvicinano a Dio; siedo; e mi pare che dove esso termina
e in nessun’altra donna. termini la città.
Qui degli umili sento in compagnia Riassunto. La figlia con la palla in mano chiede al
il mio pensiero farsi padre di uscire, per andare a giocare. Il poeta è affa-
più puro dove più turpe è la via. scinato dalla sua bellezza, e pensa a che cosa la può
paragonare. Certamente la può paragonare alla
Riassunto. Spesso il poeta ritorna a casa per una via schiuma marina che biancheggia sulle onde; al fumo
oscura della città vecchia. Qui tra la gente che viene che esce dai tetti e che il vento disperde; anche alle
dall’osteria e va a casa o al bordello, in questo grande nuvole, che si formano e si disfano in cielo; ed anche
porto di mare, trova l’infinito nell’umiltà. Qui trova ad altre cose leggere e vaganti.
una umanità degradata: la prostituta e il marinaio, il
vecchio che bestemmia e la femmina che bega, il Commento
dragone che aspetta di mangiare e la ragazza folle- 1. Come di consueto la poesia è semplice e chiara. È
mente innamorata. Qui, in compagnia degli umili, una delle migliori del Canzoniere, perché raggiunge
egli sente il suo pensiero farsi più puro, proprio dove una estrema leggerezza, che richiama la leggerezza
più turpe è la vita. del Dolce stil novo, ad esempio del sonetto Tanto
gentile e tanto onesta pare di Dante, ma anche la
Commento produzione poetica leggera e melodiosa del classici-
1. Il poeta descrive, come di consueto, rapidamente smo secentesco, quella di Gabriello Chiabrera (1552-
uno scorcio della città vecchia, che deve attraversare 1638), e la produzione elegante dell’Arcadia, in par-
per andare a casa. Percorre una via oscura con ticolare le canzonette di Paolo Rolli (1687-1765) e di
un’osteria, da cui esce la gente per ritornare a casa o Pietro Metastasio (1698-1782). I tre rapidi e imme-
per andare in bordello. Proprio in questo porto di ma- diati paragoni finali ricordano proprio le tre metafore
re, frequentata da una umanità degradata, l’infinito e (che sono anche iperboli) della canzonetta Belle rose
l’umiltà si incontrano, ed in compagnia di questi umi- porporine di Chiabrera.
li egli sente che il suo pensiero si fa più puro, proprio 2. Il poeta canta la donna, anzi è forse uno dei pochi
dove è più turpe la vita di altri essere umani. poeti che canta la moglie e che non sdoppia la donna
2. La poetica di Saba parla di fatti e fatterelli della vi- nella moglie, che è utile, e nella donna ideale, la don-
ta quotidiana, belli o brutti non importa, che poi na dei propri desideri. Ma si allarga anche ad altre fi-
commenta. Qui descrive un’osteria del porto, fre- gure della famiglia e fuori della famiglia. Qui canta la
quentata da una umanità di derelitti, ubriaconi, mari- figlia, altrove canta Glauco, “un fanciullo dalla chio-
nai di passaggio, prostitute, ma non prova ribrezzo né ma bionda”, poi Il garzone con la carriola (tutte poe-
esprime alcun giudizio di condanna. Qui egli sente sie confluite nel Canzoniere), poi un bambino, Il pic-
che l’infinito e gli umili si incontrano ed egli, proprio colo Berto (un’intera raccolta di poesie).
davanti e a contatto con questa umanità degradata, si 3. La poesia rimanda al genere letterario dei ritratti o
sente più puro. degli autoritratti; rimanda anche, per contrasto, a
3. Probabilmente è la prima volta nella storia della Rosso Malpelo e a Ranocchio, i due ragazzini che la-
letteratura che in una poesia compare la parola lupa- vorano nella miniera, della novella Rosso Malpelo
nare, cioè bordello. (1878) di Verga. Un’altra ragazzina è Silvia a cui
4. Anche ne La capra (1909-10) Saba vede una capra Leopardi dedica l’idillio A Silvia, che si preparava a
sotto la pioggia, non la slega, non interviene, e fa una varcare il limitare della fanciullezza ma muore, o il
riflessione: la capra gli ricorda le sofferenze di tutti “garzoncello scherzoso” dell’ultima strofa de Il sa-
gli uomini, colpiti dal dolore. Amen. bato del villaggio. I giovanissimi peraltro hanno avu-
---I☺I--- to poco spazio nella produzione letteraria.
---I☺I---
Ma giovinezza, Ma la giovinezza,
torbida ebbrezza, con la sua torbida ebbrezza,
passa, passa l’amore. passa, passa anche ‘amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore, Così restano tristi presentimenti
presentimenti. nel cuore addolorato.
Malinconia, O Malinconia,
la vita mia la vita mia
amò lieta una cosa, amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa, sempre: la Morte. Ora essa è quasi dolorosa,
ch’altro non spero. perché non spero altro.
al giovanetto, al giovanetto,
che a un primo affetto che come prima reazione
cangia colore e trema. cambia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema E neanche il vecchio ama la tomba: la suprema
crudeltà della sorte. crudeltà del nostro destino di esseri mortali.
Riassunto. La Malinconia (personificata) riempie la la Morte (personificata). Quando non si ama più, non
vita del poeta, perché al mondo non c’è niente che lo si chiama lei, la liberatrice. E, quando siamo immersi
renda spensierato. Essa è divenuta la compagnia in- nel dolore, non ci fa più felici pensare a lei. Il poeta
separabile della sua vita. Entra succinta nella sua ca- non lo sapeva. Ora, che lo scopre, beve l’ultimo sorso
sa, con i suoi riccioli, in parte nascosti dal berretto, in amaro dell’esperienza. Il pensiero della morte è più
parte mostrati con ostentazione. E il poeta riflette: caro al giovinetto che come prima reazione cambia
passa la giovinezza e passa anche l’amore, restano colore e trema. E neanche il vecchio ama la tomba, la
soltanto tristi presentimenti nel cuore. Per tutta la vita suprema forma di crudeltà del nostro destino di esseri
egli ha amato sempre, e con letizia, soltanto una cosa: mortali. Ormai per il poeta nemmeno il pensiero della
Commento
1. Il poeta descrive un fatterello di vita quotidiana:
quel che succede nel Teatro degli Artigianelli. Nella
sala c’è una bandiera con la falce e il martello e la
stella d’Italia, il conferenziere cerca di coinvolgere
con una battuta le donne e i bambini presenti, è breve
e alla fine conclude con una battuta che fa piacere a
tutti: si ritira come si stanno ritirando i tedeschi. Il let-
tore ha la sorpresa finale; il poeta entra direttamente
sulla scena, come il conferenziere: è a Firenze, è il
settembre 1944, in lontananza si sente ancora il rom-
bo del cannone, Firenze medita sulle sue rovine.
3. La platea è costituita soltanto da donne e bambini,
perché gli uomini sono al fronte. Il conferenziere
sembra essere un invalido di guerra.
4. Anche qui un piccolo fatto di vita quotidiana, ma
con una sorpresa finale (come in altre poesie): il poe-
ta entra direttamente sulla scena ed è proprio lui che
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 530
Ulisse, 1947 Ulisse
Riassunto. Da giovane il poeta ha navigato lungo le anni o giù di lì ritorna a casa, dal figlio, dal padre e
coste pericolose della Dalmazia, piene di scogli che dalla moglie, uccide i proci, che gli avevano scialac-
emergevano appena dalla superficie marina. Ora che quato le sostanze e insidiato la moglie, e nella propria
è vecchio continua ancora a frequentare quel mare reggia (forse) finisce serenamente la vita.
pericoloso. Gli altri (=amici e coetanei) hanno cercato 4. Questo atteggiamento ottimistico e positivo verso
la sicurezza nel porto. Egli invece è spinto ancora al la vita può essere confrontato con quello sconsolato
largo dal suo spirito indomito e dal suo amore verso di Carducci: nel sonetto autobiografico Traversando
la vita. la Maremma toscana (1885) il poeta si lamenta che
quel che amò e quel che sperò fu inutile e che ora lo
Commento aspetta soltanto la morte. In Nevicata (1881) è preso
1. Il titolo, Ulisse, indica come si deve interpretare il dal tedio di vivere e vuole raggiungere i suoi amici
testo: il poeta si paragona ad Ulisse (e per di più, im- morti.
plicitamente, si dice superiore all’eroe omerico). Egli 5. La poesia è sonora e rapida come le altre poesie
è vissuto pericolosamente sul mare della vita sin dalla dello scrittore. Non ha la brevità né la concisione
sua giovinezza. Ora, che è divenuto vecchio (ha 64 dell’Ermetismo, ma non ha nemmeno la lunghezza e
anni), continua ancora quella vita spericolata. Gli al- l’articolazione della poesia tradizionale.
tri (i suoi amici o i suoi coetanei) hanno cercato la si- 6. Sembra che il poeta in vecchiaia veleggi da solo al
curezza e la tranquillità del porto. Egli invece condu- largo: gli amici hanno raggiunto il porto, non sono
ce la vita di sempre, spinto dal suo cuore indomito e subentrati come amici nuovi marinai, e la moglie è
dall’intenso amore per la vita. rimasta a casa. Insomma a) i luoghi pericolosi, e le
2. Il poeta fornisce la sua interpretazione della figura emozioni che essi procurano, sono cose da uomini; e
di Ulisse. Dopo Omero c’era stata quella dell’eroe b) la vecchiaia è ancora piena di vita, ma è anche ca-
che vuole visitare il mondo disabitato oltre le colonne ratterizzata dalla solitudine. Altrove aveva detto che
d’Ercole, spinto dalla sua sete di conoscere, di Dante la sua compagna costante è la Malinconia, personifi-
(If XXVI), quella romantica di Foscolo (A Zacinto), cata. Non pensa più neanche al sollievo della Morte
quella decadente e intimistica di Pascoli (Poemi con- (personificata), a cui aveva pensato per tutta la vita
viviali, Il sonno di Odisseo) (1904), poi quella deca- (La Malinconia, 1923-24).
dente ma superomistica di D’Annunzio (Laudi del ------------------------------I☺I-----------------------------
cielo, del mare, della terra e degli eroi. Maia, IV.
L’incontro con Ulisse) (1903), quella invece forte-
mente antieroica del romanziere dublinese James
Joyce (Ulysses) (1922). Conviene però confrontare il
modesto spessore delle motivazioni, piuttosto generi-
che, che spingono Saba a rimanere sul mare, con le
ben più consistenti motivazioni che gli autori citati
attribuiscono al loro Ulisse.
3. Con un linguaggio chiaro, semplice e quotidiano e
con un atteggiamento un po’ presuntuoso ed un po’
spaccone, il poeta si paragona ad Ulisse e dice che
tutta la sua vita è stata intensa ed avventurosa, molto
più di quella dell’eroe omerico. E forse ha ragione:
l’Ulisse omerico passa dieci anni sotto le mura di
Troia, dieci anni di peripezie sui mari, ma poi a 40
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 531
Dino Buzzati (1906-1972)
Le opere. Buzzati scrive Bàrnabo delle montagne
La vita. Dino Buzzati nasce a San Pellegrino di Bel- (1933), Il segreto del Bosco Vecchio (1935), Il Deser-
luno (BL) nel 1906, dove la famiglia si recava d’e- to dei Tartari (1940), il romanzo per bambini La fa-
state, ma vive e si forma a Milano. Fin da studente mosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), Il grande
collabora al Corriere della sera come cronista, redat- ritratto (1960), il romanzo sperimentale Un amore
tore e inviato speciale. Nel 1928 si laurea in giuri- (1963), Poema a fumetti (1969), che mescola creati-
sprudenza ed entra come praticante nel Corriere della vamente testo e immagini (anche erotiche) ed è con-
sera. Alla fine degli anni Trenta Buzzati inizia a siderato la prima graphic novel italiana, e moltissime
pubblicare racconti fantastici e surreali sul Cor- raccolte di racconti. I racconti migliori sono raccolti
riere e su altre testate giornalistiche. Nel 1940 per in Sessanta racconti, che vince il Premio Strega
il Corriere della sera è inviato speciale ad Addis nel 1958.
Abeba e scrive molte corrispondenze di guerra. Nel
periodo della Repubblica Sociale Italiana (1943-45) La poetica. Buzzati scrive moltissimi romanzi e rac-
prosegue la sua attività al Corriere della Sera, con- conti surreali e fantastici. Ma è anche giornalista, pit-
trollato dal regime. Il 26 aprile 1945 scrive l’edi- tore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista
toriale di prima pagina Cronaca di ore memorabili, e poeta. Il suo stile narrativo è riconducibile al genere
con cui racconta e commenta l’avvenuta “liberazio- fantastico, con elementi molto vicini al surrealismo,
ne” del 25 aprile. all’orrore e alla fantascienza. I risultati sono accatti-
Dal 1945 sino alla morte scrive articoli di cronaca ne- vanti e riescono sempre a coinvolgere il lettore. Nello
ra, il settore giornalistico che preferisce. I numerosi stesso tempo lo scrittore svolge riflessioni su senti-
pezzi giornalistici dedicati agli omicidi e alle tragedie menti tipici dell’animo umano, normalmente tenuti
italiane (e non solo) saranno raccolti da Lorenzo Vi- nascosti il più possibile, come l’angoscia, la paura
ganò e pubblicati nel 2002 in un cofanetto di due vo- della morte, l’interesse verso la magia e il mistero.
lumi dal titolo La “nera” di Dino Buzzati. Parallela- In tutta la sua produzione il deus ex machina è il caso
mente alla cronaca nera si dedica alla cronaca bianca, o il destino, le Moire greche o le Parche romane, che
alla cronaca sportiva (soprattutto all’alpinismo e allo condizionano costantemente la vita dei suoi perso-
sci, come testimoniano gli articoli raccolti nel volume naggi, che peraltro non fanno nulla per opporsi e resi-
postumo I fuorilegge della montagna) e soprattutto stere.
alla Terza pagina. L’autore si concentra sull’individuo e il suo destino
Nel 1949 è inviato dal Corriere della sera al seguito come fanno gli esistenzialisti del tempo il filosofo
del Giro d’Italia, all’epoca la manifestazione sportiva francese Jean-Paul Sartre (1905-1980), che scrive La
più seguita nella penisola. Nel 1958 vince il premio nausea (1948), e lo scrittore francese Albert Camus
Strega con Sessanta racconti. (1913-1960), che scrive La peste (1947). È amico di
Dal 1950 al 1963 è vicedirettore della Domenica del Camus, che gli traduce in francese diversi racconti.
Corriere. In realtà è un direttore ombra, poiché guida
i collaboratori del periodico e si occupa dell’impagi-
nazione, della grafica, dei titoli, degli argomenti da Bàrnabo delle montagne, 1933
trattare (sport, cinema, musica leggera, TV, politica).
Nelle sue mani il settimanale incrementa moltissimo Bàrnabo è un giovane guardaboschi che vive con i
le vendite e sfiora più volte il milione di copie. Come suoi compagni in una casa tra le montagne. Tra i loro
Giorgio Bocca, sostiene la tesi della catastrofe natura- compiti vi è quello di sorvegliare la Polveriera, un
le per il disastro del Vajont (1963). deposito di munizioni e di esplosivi. Un giorno Del
Nei primi anni Sessanta è inviato del giornale per Colle, il capo dei guardiani, è ucciso da alcuni brigan-
brevi periodi in Giappone, a Gerusalemme, a New ti. Qualche tempo dopo Bàrnabo, di ritorno da
York e Washington, in India, a Praga. Alcuni degli un’escursione con il compagno Bertón, si accorge che
articoli scritti durante questi viaggi saranno inclusi i briganti stanno nuovamente attaccando. Si spaventa,
nel volume Cronache terrestri, una raccolta di un non interviene ad aiutare i suoi compagni e si na-
centinaio di brani giornalistici di vario genere (crona- sconde. Una volta terminato l’assalto, in cui Bertòn
ca, sport, cultura, società), pubblicata poco dopo la rimane ferito ad una gamba, Bàrnabo ritorna dai
sua morte. Quelli scritti in occasione del viaggio di guardaboschi. Non riesce a giustificare la propria as-
Paolo VI a Gerusalemme saranno raccolti nel volume senza, perciò è licenziato e cacciato. Amareggiato,
postumo Con il papa in Terrasanta (2014). scende in pianura, si reca dal cugino in campagna e
Nello stesso periodo inizia ad occuparsi stabilmente lavora come contadino. Ma l’ex-guardaboschi ha no-
di arte, fino ad assumere nel 1967 l’incarico di critico stalgia delle montagne e rimpiange la sua vita passa-
d’arte del Corriere della sera. In realtà, come egli ta. Passano alcuni anni. Un giorno Bàrnabo incontra
stesso ammette, non fa vere e proprie critiche, ma re- il suo amico Bertón, che gli consiglia di tornare. Egli
soconti sulle principali novità artistiche, che narra viene anche a sapere che i briganti hanno nuovamente
con un linguaggio semplice e privo di tecnicismi. attaccato il deposito. L’anno seguente, accompagnato
Muore a Milano nel 1972. da Bertón, ritorna. La Polveriera è stata svuotata,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 532
munizioni ed esplosivi sono stati trasferiti in paese. riportano la nave in alto mare. In lontananza vede
Bàrnabo accetta di rimanere solo, come unico guar- un’ombra, ma non sa che cosa sia.
daboschi. I compagni gli promettono di raggiungerlo ---I☺I---
in occasione di un atteso ritorno dei briganti. Egli at-
tende i briganti, da solo, ed essi effettivamente arri- Il Deserto dei Tartari, 1940
vano. Egli li prende di mira; ma, ora che non ha più
paura e ha la possibilità di rifarsi, sceglie deliberata-
mente di non sparare. Ormai ha trovato la serenità. I Riassunto lungo. Il riassunto e il commento lunghi si
briganti si allontanano per non tornare più, e Bàrnabo trovano più sotto, nell’ultimo capitolo: Romanzi ita-
resta a vivere in solitudine tra le sue montagne. liani e stranieri del Novecento (1890-2010).
Fascisti e padroni ti (=a Calabresi) stavano vicini: Potrebbe studiarsi il ventennio e la Resistenza almeno
fascisti e padroni sono stati i tuoi assassini. sui bignamini, perché l’opera di Renzo De Felice è
troppo impegnativa. Ugualmente non ha citato il falli-
Poco dopo il commissario Calabresi è definito servo e to e fallimentare “biennio rosso” (1919-20), una cosa
favorito dello Stato e dei padroni. da niente, né il programma del PCd’I: prendere il po-
12. Un animo ameno, sulla falsariga di questo elenco, tere con la violenza e imporre la dittatura del proleta-
potrebbe passare al contrattacco e decidersi di fare un riato. Le cause del cosiddetto razzismo sono altrove:
elenco delle caratteristiche originarie del Comuni- le culture e i valori delle varie società sono conflittua-
smo o della Democrazia, e otterrebbe gli stessi risul- li. Ugualmente le persecuzioni bi-millenarie contro
tati: la sua parte sono i buoni, gli altri, gli avversari, gli ebrei hanno ben altre cause. Egli, che non è uno
sono i cattivi. Potrebbe andare anche per le spicce e storico, li difende alla fine de Il cimitero di Praga: ha
dire che, come qualcuno pensa che il Fascismo eterno accuratamente rimosso quel che gli ebrei hanno fatto
sia il Male e la Democrazia il Bene, così qualcun al- ai palestinesi dal 1945 al 2010, fino ad oggi. Eco è
tro può pensare il contrario, che il Fascismo origina- l’inventore (altro primato) della storia allegra! Se vo-
rio e derivati siano il Bene e che la Democrazia sia lesse approfondire, dovrebbe studiarsi con attenzione
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 552
Marc Bloch, Apologia della storia o Mestiere di sto- delle sue canzoni farcite di arretratezza culturale, di
rico (1949), Einaudi, Torino, 1998; Sergio Romano, ignoranza e di violenza?”. E potrebbe rincarare la do-
Lettera a un amico ebreo, Longanesi, Milano, 1997; e se: le 14 caratteristiche nascondono un gravissimo er-
Emilio Gentile, Chi è fascista?, Laterza, Roma-Bari, rore metodologico di cui il poveretto non si è accorto.
2019. Eco ha scritto un opuscoletto su come fare la I termini sono usati non nel senso dei fascisti, origi-
tesi di laurea, ma, a quanto pare, non ricorda più le nari o no, ma nel senso (per di più negativo) di cui li
norme che si devono rispettare o, in alternativa, una carica lo stesso Eco. Un errore metodologico così
volta laureati, che non si devono più rispettare, per- grave farebbe cacciare il suo autore da qualsiasi uni-
ché lo Spirito della Storia suggerisce le risposte cor- versità del mondo. Altro che 42 lauree honoris causa!
rette e a tempo pieno. Le cazzate non sono soltanto queste, ce ne sono anco-
15. Smascherare e puntare l’indice sono soluzioni ra: Eco ha ottenuto l’ennesima laurea, dimostrando
esilaranti. Sono termini del linguaggio comune e sono che anche a dir cazzate è il primo assoluto. Perché…
pure metafore: non si può intervenire sulla realtà con 19. …il breve testo permette di accusare di Fascismo
le metafore. Si può essere indulgenti e giustificare in originario l’intero universo, da Adamo (macho e su-
qualche modo l’uso dei termini, perché si tratta di una prematista bianco) ed Eva (nazista bionda, senza
conferenza che richiede termini di immediata com- gonnella, e mammista) in poi e di colpire qualsiasi
prensione. La frase è una fesseria, che sembra avere nemico o cane randagio che ci attraversi la strada. Di
un qualche senso. Né Eco né i suoi amici sono “in conseguenza, se tutti sono fascisti, chi dove sono fini-
ogni parte del mondo”, perciò non possono “puntare ti gli antifascisti? Mistero doloroso. I sinistrati gli
l’indice” su elementi fascisti che vi sorgerebbero. Es- corrono dietro, come se avesse esposto verità sublimi
si si limitano poi a “puntare l’indice” sono contenti: e fuori della Storia. E invece no. Eco è l’esempio più
“Sta’ lì, brutto fascista schifoso!”. Qui Eco ripropone efficace ed estremo di ignoranza laica e di Sinistra.
quell’atteggiamento che ha praticato per tutta la vita: Nessuno ha mai fatto meglio di lui.
si siede in cattedra e pontifica ex cathedra. I suoi 20. Lo storico non giudica, si chiede che cosa è suc-
dogmi sono indiscutibili e assoluti. E soltanto lui o cesso e perché. Non distribuisce la pagella dei buoni
soltanto i sinistrati possono pontificare. I fascisti, che e dei cattivi. Non si schiera con Tizio né con Caio,
si è inventato, devono chinare il capo e accettare il perché sia Tizio sia Caio sono punti di vista che Tizio
giudizio di condanna. E mettersi a piangere. Non di- e Caio ritengono validi, ciascuno il suo. Cerca di ca-
mostra mai un minimo di indulgenza e comprensione, pire le ragioni dell’uno come dell’altro. E cerca di es-
di empatia e di simpatia verso l’autore o l’argomento sere aderente ai fatti e ai documenti. Per lui il Nazio-
che si prepara ad affrontare. Eppure un po’ di empatia nal-fascismo è soltanto quello storico, che nasce in
permetterebbe di capire meglio autore e argomento e Italia e non altrove, che sorge nel primo dopoguerra,
di comprendere le difficoltà in cui si dibatte e le solu- né prima né poi, che riesce ad andare miracolosamen-
zioni che propone. C’è sempre tempo per giudicare e te e democraticamente al potere, ma in Italia e non
condannare (o assolvere). altrove, per la particolare situazione politica ed eco-
16. Peraltro Eco salta una caratteristica fondamentale nomica dell’Italia.
del Nazional-fascismo: il capo, il rapporto mistico e 21. Per tutta la vita Eco ha praticato lo stesso errore.
religioso con il capo carismatico, duce o Führer che Non ha mai cercato di capire il personaggio o l’argo-
sia. Il termine inglese leader è quindi del tutto inap- mento che stava trattando. Non si è mai chiesto che
propriato. Non si è nemmeno accorto che queste ideo- cosa ha detto (o proposto) e perché. D’altra parte non
logie hanno una visione “totalitaria” della società. Il riusciva a capire, non riusciva a capire che bisognava
termine, sbagliato, è stato usato intorno al 1923 dagli capire. E il blocco intellettuale dipende dal fatto che
antifascisti italiani contro il regime nazional-fascista, egli ha tradotto tutto in erudizione, pensando che
per diffamarlo, poi è stato esteso a tutti i cosiddetti l’erudizione potesse risolvere qualsiasi questione. E
“regimi totalitari”, tra i quali anche il Comunismo so- non si è accorto che l’erudizione metteva tutto sullo
vietico. In realtà il termine corretto e tradizionale è un stesso piano, la morte per assassinio di Giulio Cesare
altro: organico. Nel passato si concepiva la società e la morte nel deserto di un egizio sconosciuto. Lo
come un enorme organismo vivente, che funzionava stesso blocco si trova nei romanzi, che sono degli
bene se tutti davano il loro contributo e stavano al lo- straordinari centoni, ma che non propongono niente
ro posto. L’apologo ai plebei di Menenio Agrippa di originale. Lo scrittore non sa inventare. Pensa che
(494 a.C.) insegna. L’organicismo nasce in Grecia, tutto il dicibile sia stato detto e che non si possa anda-
che parla di Φύσις, Physis, Natura vivente, e dura fi- re oltre. Eppure bastava dare un’occhiata ai libri
no al sec. XVII e oltre, quando nasce il Meccanici- esposti nella vetrina di una libreria per accorgersi che
smo, un altro modo di vedere la natura e la realtà. gli scrittori cercano sempre di innovare e di sbaraglia-
17. Qualcuno in modo flemmatico potrebbe dire: se il re la concorrenza. E a questa incapacità di capire e di
Fascismo è eterno, non serve romperci le palle a creare si aggiungono la sua presunzione e la sua arro-
combatterlo. I fascisti vanno per i fatti loro, e noi per ganza di poter essere più bravo di tutti, di costruire il
i nostri e non ci rompiamo l’anima. romanzo che unisce infiniti generi, Il cimitero di Pra-
18. Altri all’accusa di ignoranza potrebbe rispondere: ga. E così parla di Nazional-fascismo senza essere
“Ma Eco conosce la storia del movimento operaio e uno storico, senza una metodologia adeguata, senza
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 553
controllare quel che ha scritto e le proposte ridicole devono essere poi usati con maestria, e l’autore ormai
che ha fatto: smascherare i fascisti e puntare l’indice ottantenne ci sa fare. Una grande eredità per i posteri.
su di loro, perché essi non sanno di essere fascisti, Eco si prende anche la vincita o la rivincita sulla
sono timidi e hanno paura delle loro idee e si vergo- Chiesa cattolica, che aveva abbandonato a 18 anni
gnano di dirlo. Agli avversari non è concessa libertà negli anni Cinquanta e descrive i gesuiti come dei
di parola né di risposta né di difesa. Eco è il Tribuna- tramaccioni e il papa come uno sprovveduto che cre-
le della Storia, perché rappresenta lo Spirito Assoluto. de alle fandonie. Anche l’anticlericalismo è legittimo
22. Non si capisce in base a che cosa lo scrittore ave- e rientra nella libertà di pensiero e di opinione di
va il diritto o l’autorità di andare in giro per tutte le chiunque. D’altra parte lo faceva anche Dante. Quello
strade del mondo a smascherare e a puntare il dito. però forse non era anticlericalismo, ma la critica spie-
Eco si è auto-proclamato giudice universale e i con- tata di un credente, che crede nella Chiesa, ma che
dannati non hanno diritto d’appello. E non dice che mette all’inferno i chierici, i letterati grandi e i papi
cosa dovrebbero fare, come dovrebbero comportarsi corrotti.
coloro che sono stati smascherati e puntati dal suo di- ---I☺I---
to. Si vergognano d’essere stati scoperti? Si suicida-
no? Rispondono con una risata che lo seppellirà? Per un panorama più vasto su Eco si rimanda a
Nessuna indicazione, il discorso è interrotto. L’autore https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Eco
non si è accorto che lo doveva completare. Amnesia
storica. L’argomento trattato si è trasformato in eru- E per un giudizio su Eco il lettore si legga qualcosa,
dizione, in citazioni dotte, che hanno lo scopo di stu- usi la sua testa e poi decida.
pire gli amici come gli avversari e di dimostrare il -----------------------------I☺I-----------------------------
suo sapere enorme ed enciclopedico, come quello
racchiuso nel labirinto della biblioteca de Il nome del-
la rosa. Serviva e conveniva un minimo di empatia
per capire dall’interno gli avversari, il loro mondo, i
loro miti e le loro fesserie, ma sarà per un’altra volta.
23. Il Nazional-fascismo storico contrasta radical-
mente con il Fascismo eterno inventato da Eco. Molte
idee fasciste provenivano dal passato (la triade maz-
ziniana “Dio, Pattria, Famiglia”, 1860, pubblicato nel
1892), moltissime altre erano condivise con gli av-
versari, cioè con il movimento socialista e anarchico.
Queste idee attraversano il ventennio e passeranno
alle nuove generazioni, come sempre succede. L’“uo-
mo forte” proviene dal dictator romano, un generale
con poteri assoluti per sei mesi, il tempo per vincere
la guerra. Il “duce”, da “dux”, è termine romano, ma
anche “re”, “rex”, è termine romano, in Spagna esiste
il “caudillo”, termini che indicano funzioni simili. Il
culto della tradizione si è ripetuto più volte nella sto-
ria d’Italia: l’Umanesimo vuole recuperare il latino e
il glorioso passato romano. L’unica eccezione è il Fu-
turismo (1909), che canta la macchina e la velocità,
ma anche valori del passato come la guerra e
l’antifemminismo. Qui non si deve parlare di culto
della tradizione, ma di valori che si condividono con
la tradizione, valori del passato ritenuti validi per il
presente, valori del presente che si radicano nel pas-
sato. Questo rapporto con il passato si trova sia nel
mondo romano sia nel mondo cristiano: il culto dei
morti.
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Il mondo antico
Si rimanda al capitolo Valerio M. Manfredi (1943),
appena più sopra.
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Ormai le storie della letteratura italiana hanno censu- Gli argomenti trattati dai canti di chiesa sono vari: la
rato i canti risorgimentali, in ogni caso hanno sempre salvezza, il peccato, la Madonna, che intercede a fa-
censurato la produzione religiosa, come se la stra- vore del credente, la Madonna Vergine e Madre, la
grande maggioranza della popolazione italiana non Madonna che soffre per il figlio, la SS. Trinità, i do-
andasse in chiesa e non fosse cristiana. I bravi laici, lori terreni e la gioia del cielo, le verità di fede, anche
famosi per la loro intelligenza e tolleranza, ritengono le apparizioni di Lourdes (1858) e di Fatima (1917).
che Stato e Chiesa debbano essere divisi, e non sanno Diverse opere sono state scritte e poi musicate da pro-
che nel mondo greco e romano tutte le imprese civili fessionisti. E, se vogliamo guardare la produzione ter-
e militari erano accompagnate da cerimonie religiose. ra terra, possiamo dire che c’è stato un indotto eco-
Rimediamo con piacere ai loro paraocchi e ai loro nomico significativo: i volumetti che raccoglievano i
pregiudizi. canti.
La Chiesa fa uso dei salmi della Bibbia o della pro- I canti non vanno letti, ma ascoltati o, ancor meglio,
duzione religiosa medioevale, soprattutto in latino, cantati e cantati con l’accompagnamento musicale.
ma nel corso dei secoli ha sempre continuato ad ag- Gli autori si sono sempre preoccupati che fossero
giungere inni e canti al suo patrimonio culturale. Uno canti corali. E nella coralità rivelano il loro sentimen-
dei più belli è l’inno a Maria Dell’aurora tu sorgi più to e il loro incredibile impatto sugli stessi cantori.
bella (1959) di Francesco Saverio D’Aria.
Conviene confrontare la produzione culturale dell’a-
Il Concilio Vaticano II (1962-65) segna uno spartiac- rea cattolica con la produzione dell’area anarchica,
que. Prima la messa era in latino, ora è in italiano. comunista e socialista (e viceversa), per vedere somi-
Prima i canti erano in latino (e in italiano), ora sono glianze, debiti e differenze. Questi canti sono radi-
in italiano. Oltre a ciò, quel che importa è la parteci- calmente debitori per idee, valori e termini ai canti e
pazione dei fedeli al canto corale. La comunione si fa alla cultura ecclesiastica. I rivoluzionari sono in gene-
anche cantando, cantando le lodi a Dio o alla Madon- re anticlericali, ma sono scappati tutti dalla sacrestia,
na o recitando le litanie in onore dei santi. La coralità Stalin compreso. È curioso che non abbiano ricono-
accompagna la messa dall’inizio alla fine. sciuto i loro debiti alla cultura religiosa e che non ab-
biano visto nemmeno quanto la Chiesa ha fatto per la
I parroci (sempre di estrazione popolare) parlavano in popolazione e quanto lo Stato NON ha fatto. Bisogna
italiano da sempre e avevano anche una buona cultu- avere anche il coraggio di riconoscere i meriti e
ra, appresa in seminario. Nei paesi avevano grande l’impegno dei propri avversari. E oggi la Chiesa non
prestigio e godevano di un benessere economico sco- ha più avversari. Continua a cantare le sue canzoni,
nosciuto alla maggior parte della popolazione. Porta- mentre le canzoni rivoluzionarie non si cantano più.
vano la fede e con le prediche portavano quel po’ di
cultura e quel po’ di lingua italiana, che lo Stato uni- Si è dato spazio anche a un autore-cantante laico co-
tario non aveva ancora deciso o potuto dare. Lo Stato me Fabrizio De André, che ha trattato due temi: Ma-
italiano si appropria dei fedeli a partire dal boom eco- ria, presentata ancora ragazzina, e il rapporto intenso
nomico (1958-61). La Chiesa lentamente e inesora- e conflittuale tra l’uomo e Dio. Nella sua versione
bilmente perde importanza economica a favore dello l’uomo invita Dio a venirlo a cercare, se lo vuole
Stato e della società civile. Per secoli e secoli aveva amare.
attirato i fedeli anche con i lavori pubblici (=la co-
struzione di chiese, oratori, capitelli), autofinanziati Conviene notare che i salmi si trovano nella Bibbia e
con le offerte degli stessi fedeli. E dal Concilio di sono legati a una società senza Stato, gestita perciò
Trento (1545-63) aveva iniziato a prestare più atten- dai sacerdoti e dai 10 comandamenti. Il peccato con-
zione ai fedeli, si era preoccupata della loro cultura tro Dio significa l’infrazione di una legge dello Stato.
religiosa ma anche delle loro condizioni materiali. I canti in latino e in italiano indicano invece l’im-
Oggi accanto a ogni chiesa sorge l’oratorio e moltis- pegno della Chiesa di costruire una società pervasa da
simi altri servizi, tavolini, carte, bar incluso. Anche spirito e da ideali religiosi, in alternativa e in contra-
campetto di calcio. Lo Stato italiano non ha mai fatto sto con lo Stato e i valori laici che esso rappresenta.
niente di equivalente. Dal 1870 l’avversario è lo Stato italiano.
I canti sono accompagnati dalla musica, dall’organo o Prima sono messi i canti in latino, poi quelli in italia-
da un più modesto organetto a pedali, anche da stru- no. In ordine alfabetico. L’ordine cronologico è risul-
menti elettronici… Non c’è più la grandiosità e la so- tato impossibile per i testi latini come per i testi ita-
lennità della musica barocca, ma ogni chiesa ha il suo liani. Le date sono scarse.
organo o il suo organetto e propone musica ai fedeli. -----------------------------I☺I-----------------------------
Negli anni Sessanta i laici inventano i gruppi musicali
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 561
Adeste, fideles venite, adoriamo,
venite, adoriamo
Adeste, fideles, il Signore!
laeti triumphantes
venite, venite in Bethlehem. Commento
Natum videte 1. L’inno è semplice e gioioso. È un invito ad alzarsi,
Regem angelorum. per andare a vedere e ad adorare il Re degli angeli. La
Venite, adoremus, terza strofa ripete la prima. E riesce effettivamente a
venite, adoremus, trasmettere la gioia per la nascita del bambino. La
venite, adoremus Madonna non è nemmeno citata e neanche Giuseppe.
Dominum. Ci sono i fedeli, i pastori, e il Re degli angeli.
2. La musica che accompagna il canto contribuisce a
En, grege relicto, creare la situazione gioiosa.
humiles ad cunas, 3. Il canto natalizio compare nel 1743-44, trascritto
vocati pastores approperant; da sir John Francis Wade che lo ricava da un tema
et nos ovanti gradu festinemus. popolare irlandese. In seguito fu arricchito di alcune
Venite, adoremus, strofe.
venite, adoremus, 4. Si può confrontare con l’Internazionale, 1871, che
venite, adoremus ha lo stesso inizio, ma che non è affatto gioiosa:
Dominum.
In piedi (=alzatevi), o dannati della terra,
Adeste fideles, in piedi, o forzati della fame!
laeti triumphantes La ragione tuona nel suo cratere,
venite, venite in Bethlehem. è l’eruzione finale.
Natum videte Del passato facciamo tabula rasa,
Regem angelorum. Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Venite, adoremus, Il mondo sta cambiando radicalmente,
venite, adoremus, Non siamo niente, saremo tutto!
venite, adoremus
Dominum. È la lotta finale, uniamoci, e domani (due volte)
l’Internazionale sarà il genere umano.
Alzatevi, o fedeli -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. “Alma” deriva da alo, alis, alimento, nutro. Signi- 3. L’arcangelo Gabriele compare a Maria e la saluta:
fica che alimenta la vita, nutriente, vivificante. “San- “Ave, o Maria”, “Ti saluto, o Maria”. Le porta la no-
ta” o “genitrice” è quel che offre la lingua italiana. La tizia che diventerà la madre di Dio, e lei accetta. In
traduzione non rende l’originale. italiano però “Ave” si usa soltanto nella preghiera al-
2. Maria è la novella Venere, che sorge dal mare, co- la Madonna, e basta. La traduzione non rende l’ori-
me il pianeta Venere, la stella del mattino. ginale.
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Amen. Amen.
Commento che non può dire di no a sua madre. Il culto della Ma-
1. L’origine della preghiera è incerta. Alcuni la attri- donna si diffonde dopo il sec. X.
buiscono a Venanzio Fortunato (530-609), altri a 3. La vita sulla terra è dura, pericolosa e piena di in-
Paolo Diacono (720/224-799). Risale almeno al sec. sidie, ma la Vergine protegge il suo popolo e gli indi-
IX, poiché è presente nel Codex Sangallensis custodi- ca come si deve comportare. E, dopo aver attraversa-
to nell’Abbazia di San Gallo (CH). Spesso essa è er- to questa valle di lacrime, il suo popolo avrà la felici-
roneamente attribuita a Roberto II il Pio o a San Ber- tà celeste.
nardo, che vissero nei secc. XI e XII. 4. Da notare l’abile abbinamento di sacrifici e soffe-
2. L’inno è semplice e insiste sugli attributi consueti renze sulla Terra e poi di felicità in cielo.
della Madonna: è Vergine e Madre. È Madre di Dio, 5. I versi iniziali danno l’idea della stella del mattino
ma è anche madre-protettrice del fedele che si rivolge (=il pianeta Venere), che sorge dal mare. La Vergine
a lei. E lei intercede con successo presso suo Figlio, è la Venere celeste che esce dalle onde del mare.
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Un soleil sans chaleur plane au-dessus six mois, Un sole senza calore si libra appena, per sei mesi,
Et les six autres mois la nuit couvre la terre ; gli altri sei la notte copre la terra.
C’est un pays plus nu que la terre polaire È una regione nuda più della terra polare:
– Ni bêtes, ni ruisseaux, ni verdure, ni bois ! non bestie né ruscelli né erbe né foreste.
Or il n’est pas d’horreur au monde qui surpasse Al mondo non vi è orrore che superi
La froide cruauté de ce soleil de glace la fredda crudezza di questo sole di ghiaccio,
Et cette immense nuit semblable au vieux Chaos ; e questa immensa notte assomiglia al vecchio Caos.
Je jalouse le sort des plus vils animaux Io invidio la sorte dei più vili animali
Qui peuvent se plonger dans un sommeil stupide, che possono tuffarsi in un sonno stupido,
Tant l’écheveau du temps lentement se dévide ! tanto la matassa del tempo si dipana lentamente!
Riassunto. Il poeta chiede pietà a un “Tu” indefinito, 5. Il sonetto, dalla costruzione irregolare, si può con-
che egli ama. È caduto nel profondo dell’abisso e si frontare con Spleen, nella stessa raccolta. L’atmosfera
trova in un mondo triste e livido, illuminato per sei è la stessa: orrore e desolazione, dove anche la Spe-
mesi da un sole di ghiaccio e per gli altri sei immerso ranza è morta. La ragione è andata a dormire oppure
nella notte. Non ci sono bestie né ruscelli né erbe né ha deciso di prendersi una vacanza e andare altrove.
foreste. E l’immensa notte assomiglia al vecchio 6. Le traduzioni italiane disponibili hanno curato
Caos. Egli invidia la sorte degli animali più vili, che troppo l’aspetto letterario, in tal modo “nascondono”
si abbandonano a un sonno stupido, poiché il tempo il contenuto e la situazione d’angoscia che attanaglia
passa lentamente. il poeta e che dovrebbe coinvolgere direttamente an-
che il lettore. Serviva un linguaggio più scorrevole e
Commento più d’uso comune, che facesse esplodere la desola-
1. Sorpresa! Anche Baudelaire ne Les fleurs du mal (I zione dell’animo del poeta.
fiori del male, 1857) conosce l’abisso della dispera- 7. Il tempo che si dipana lentamente dalla matassa
zione. E si rivolge a uno sconosciuto Tu salvifico aggrovigliata si contrappone alla massima classica se-
(con lettera maiuscola), per uscire da quella landa de- condo cui tempus fugit.
solata. Tu non è Dio (nella penultima terzina c’è un 8. In Italia qualche anno dopo compare la Scapiglia-
riferimento al Caos primordiale), può essere soltanto tura milanese (1860-80), che canta l’orrore, la malat-
una fantomatica figura femminile (e al femminile so- tia, la morte e la dissoluzione dei corpi.
no le traduzioni italiane), a cui egli implora la salvez- 9. Chi è curioso può leggersi un altro De profundis,
za. Potrebbe essere anche la Madonna, regina del cie- pure sorprendente: la lunga lettera che Oscar Wilde
lo, o una semplice donna con capacità taumaturgiche. (1854-1900), incarcerato per sodomia, scrive (ma non
2. Nella seconda quartina c’è un riferimento a una di- invia) al nobile e giovane amante (1897, ma pubblica-
vinità greca, Persefone/Proserpina, sposa contro vo- ta parzialmente soltanto dopo la morte dell’autore).
glia di Plutone, che da Zeus/Giove ha ottenuto la pos- La può leggere anche in italiano: Oscar Wilde, De
sibilità di passare sei mesi sulla Terra, dove in prima- profundis, Feltrinelli, Milano, 201416.
vera fa rifiorire la Natura. Nella prima terzina c’è un 10. Chi è ancora più curioso può leggersi Tiziano
riferimento al Caos primordiale, sempre greco, che Sclavi (ideatore) e Corrado Roi (disegnatore), Dylan
precede l’arrivo al potere di Zeus/Giove e dei suoi Dog, Dal profondo, n. 20, 1° maggio 1988. Dal pro-
fratelli. Il mondo classico deve ancora costituirsi. fondo delle fogne esce uno strano essere, che ha sem-
3. L’atmosfera è tardo-romantica e pre-decadente. Il pre fame e che uccide per sfamarsi. È un bambino
poeta conosce un momento o un periodo di dispera- abbandonato, che si è rifugiato nel sottosuolo...
zione, che proietta fuori di sé e descrive un mondo -----------------------------I☺I-----------------------------
ugualmente desolato, dove il sole non riscalda e le
lande sono gelate. L’unico barlume di speranza è quel
Tu, quella donna che egli ama, l’unica donna o l’uni-
co essere che egli ama. Manca del tutto la presenza
del Dio e del mondo cristiano, con tutte le sue propo-
ste di salvezza terrena e ultraterrena.
Libera me, Domine, de morte aeterna, Liberami, o Signore, dalla morte eterna,
in die illa tremenda, in quel giorno tremendo,
quando coeli movendi sunt et terra: quando cieli e terra saranno sconvolti.
dum veneris judicare saeculum per ignem Mentre verrai a giudicare il mondo con il fuoco,
tremens factus sum ego et timeo, io sarò tutto un tremito e avrò paura,
dum discussio venerit, atque ventura ira. perché tu mi giudicherai e manifesterai la tua ira.
Quando coeli movendi sunt et terra, Quando cieli e terra saranno sconvolti,
dies illa, dies irae, quel giorno sarà il giorno dell’ira divina,
calamitatis et miseriae della calamità e della condanna,
dies magna et amara valde. il giorno più grande e amaro.
quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ. perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
Ecce enim ex hoc beátam me dicent D’ora in poi tutte le generazioni
omnes generatiónes, mi chiameranno beata.
quia fecit mihi magna, qui potens est, Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
et sanctum nomen eius, e santo è il suo nome:
Suscépit Israel púerum suum, Ha soccorso Israele (=il popolo), suo servo,
recordátus misericórdiæ, ricordandosi della sua misericordia,
sicut locútus est ad patres nostros, come aveva promesso ai nostri padri,
Abraham et sémini eius in sæcula. ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Sicut erat in princípio, et nunc et semper, Com’era nel principio, ora e sempre
et in sǽcula sæculórum. e nei secoli dei secoli.
Amen. Amen.
Commento
1. Magnificare significa lodare, onorare. Le parole 4. Ovviamente i versi sottostanti sono una fandonia o
sono pronunciate da Maria, dopo che l’angelo un pio desiderio. Ma l’immaginario maschile come
Gabriele le ha annunciato che sarebbe divenuta madre femminile è sottratto ai criteri di Vero o Falso:
di Dio. Il testo ha la caratteristica dei salmi.
2. “Su quelli che lo temono”: è convinzione comune Ha dispiegato la potenza del suo braccio,
che “initium sapientiae timor Domini”, “l’inizio della ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
sapienza sia il timore, il rispetto verso Dio”. L’o- ha rovesciato i potenti dai loro troni,
perato di Dio contro i potenti e a favore degli umili o e ha innalzato gli umili.
a favore degli ebrei non ha alcun corrispettivo nella
realtà. È soltanto un desiderio. Il finale, messo in cor- 5. Il salmo indica come deve essere il rapporto tra il
sivo, è un’aggiunta posteriore. La teologia cristiana si fedele e Dio. Il fedele deve avere fiducia in Dio, che
chiarisce un po’ alla volta nel corso dei secoli. lo protegge, e deve abbandonarsi a Lui.
3. La Vergine canta Dio onnipotente, che è capace di 6. Gli ultimi cinque versi sono un’aggiunta postuma,
rivolgersi agli umili, che è disposto ad aiutare i debo- la formuletta finale.
li, che ha fatto un’antica promessa ed ora la mantiene, 7. Ancilla si può tradurre soltanto con serva, che però
che rovescia i potenti della terra ed esalta gli umili. E non rende l’idea. Nel mondo romano i servi sono gli
che infine si è rivolto a una donna, in cui si è incarna- schiavi. Il nome ancella, cioè cameriera, non è più
to. E Maria si sente investita dall’energia che Dio, usato. E collaboratrice domestica è recente.
scegliendola, ha suscitato in lei. -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 569
Miserere mei, Domine, Psalm 51 (50) Abbi pietà di me, o Signore
Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion: Nel tuo grande amore fa’ grazia a Sion (=agli ebrei),
ut aedificentur muri Ierusalem. affinché siano innalzate le mura di Gerusalemme.
Commento
1. L’origine della preghiera risale al sec. XI, ma la 3. La preghiera presenta la Madonna che ha miseri-
sua composizione è incerta. La tradizione più diffusa cordia per i suoi figli, che grazie a lei possono vedere
attribuisce la stesura di quest’antifona al monaco Er- Gesù in paradiso, dopo una vita dolorosa in questa
manno di Reichenau (1013-1054). valle di lacrime.
2. La Madonna è la regina del cielo e non ha altre 4. La vita sulla terra è soltanto un esilio. Il destino
concorrenti. Sotto di lei ci sono le sante (e i santi). dell’uomo è la vita in paradiso vicino a Dio. A dire il
-----------------------------I☺I----------------------------- vero, era Platone che parlava di anime che dall’iper-
uranio sono cadute sulla terra e si sono incarnate. E
con l amorte ritornano al cielo.
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Te, Deum, laudamus: te Dominum confitemur. Ti lodiamo, o Dio, affermiamo che tu sei il Signore.
Te aeternum patrem, omnis terra veneratur. Tutta la terra venera te, o Padre eterno.
Tibi omnes angeli, A Te tutti gli angeli,
tibi caeli et universae potestates: a Te le potenze del cielo e dell’universo,
tibi cherubim et seraphim, a Te i cherubini e i serafini,
incessabili voce proclamant: cantano con voce incessante:
“Sanctus, Sanctus, Sanctus “Santo, Santo, Santo
Dominus Deus Sabaoth. il Signore Dio degli eserciti.
Pleni sunt caeli et terra I cieli e la terra sono pieni
majestatis gloriae tuae”. della grandezza della tua gloria”.
Commento
1. La redazione finale dell’inno risale al sec. IV ed è 3. Dio degli eserciti è un modo per indicare l’on-
opera di Niceta, vescovo di Remesiana (oggi Bela Pa- nipotenza divina, ma è anche un modo per indicare
lanka, Serbia Centrale) una caratteristica di Dio: Egli difende il suo popolo
2. L’inno è cantato il 31 dicembre di ogni anno come con la forza delle armi. Gli dei degli altri popoli non
ringraziamento dell’anno appena trascorso. È una lo- si comportavano in modo diverso.
de a Dio, a cui il credente chiede di essere salvato, -----------------------------I☺I-----------------------------
poiché ha versato per lui il suo sangue preziosissimo.
La preghiera è rivolta a tutte e tre le persone della
santissima Trinità.
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Commento
1. Il testo è fedele ai Vangeli, presenta le verità della sono attive soltanto in relazione a nemici esterni (e
fede, ma mostra anche una divinità vicina agli uomi- non sempre).
ni. L’inno è incentrato sul dogma dell’eucarestia: il ------------------------------I☺I-----------------------------
pane e il vino si trasformano veramente nel corpo e
nel sangue di Gesù. Poi la comunione in chiesa e l’a-
gàpe, il pranzo privato, consolidano i rapporti sociali.
2. La conclusione è comprensibile: la centralità di
Dio, uno e trino, serve a contenere i contrasti e le ten-
sioni tra gli uomini. Mentre si loda la Santissima Tri-
nità, non si ha tempo per litigare. La storia però inse-
gna che l’unità e la compattezza di un gruppo sociale
Amen. Amen.
Commento
1. L’inno è tradizionalmente attribuito a Rabano 3. Il verso iniziale è potente, dà l’idea dell’energia
Mauro (784-856), vescovo di Magonza. La traduzio- dello Spirito Santo, creatore e ri-creatore, che si
ne in italiano non è letterale ed è molto accurata. espande nell’universo. È un’ondata di energia che
2. Anche qui l’inno si ispira al Vangelo e mette in esce dalle parole. Alessandro Manzoni riesce a fare
versi le verità della fede. Le lodi allo Spirito Santo qualcosa di simile nell’invocazione finale allo Spirito
sono piuttosto rare. Qui è presentato come consolato- Santo della Pentecoste.
re. Svolge diverse funzioni: difende il credente e gli 4. L’inno non va letto, va ascoltato o, ancor meglio,
illumina la mente, lo avvia a capire le verità della fe- cantato coralmente in chiesa, con accompagnamento
de e lo consola. musicale. In passato le occasioni di vita comunitaria
-----------------------------I☺I----------------------------- erano molto più numerose di oggi.
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Mira (=guarda) il tuo popolo, o bella Signora, Noi vogliam Dio nelle famiglie,
che pien di giubilo (=gioia) oggi t’onora, dei nostri cari in mezzo al cor;
che pien di giubilo oggi t’onora. sian puri i figli, caste le figlie,
Anch’io festevole (=festoso) corro a’ tuoi piè, tutti c’infiammi di Dio l’amor.
o Santa Vergine, prega per me! […]
O Santa Vergine, prega per me!
Commento
Il pietosissimo tuo dolce cuore 1. L’inno compare a fine Ottocento-inizi Novecento,
è pio rifugio al peccatore, al tempo dei contrasti tra Stato italiano e Chiesa
è pio rifugio al peccatore. cattolica e si propone di ricristianizzare la società
italiana. Esso continua per molte altre strofe che
Tesori e grazie racchiude in sé,
danno regole di comportamento meticolose all’intera
o Santa Vergine, prega per me! società. Le regole oggi possono sembrare un’inva-
O Santa Vergine, prega per me! denza nella vita privata, ma il mondo del passato era
radicalmente diverso dal nostro ed era meglio per
In questa misera valle infelice (=vita sulla terra) tutti che qualcuno, di fatto soltanto la Chiesa, indi-
tutti t’invocano soccorritrice, casse alla popolazione come comportarsi e come
tutti t’invocano soccorritrice. vivere. Nel 1861 l’analfabetismo nazionale superava
Questo bel titolo conviene a te, il 70% della popolazione e raggiungeva il 90% nelle
o Santa Vergine, prega per me! isole. Una situazione a dir poco drammatica. Martin
O Santa Vergine, prega per me! Lutero (1517) aveva costretto il credente a imparare a
leggere e a scrivere, per leggersi direttamente la
Pietosa mostrati con l’alma mia, Bibbia, che aveva tradotto in tedesco. Coglie l’occa-
Madre dei miseri (=infelici), Santa Maria, sione per risistemare anche la lingua tedesca.
Madre dei miseri, Santa Maria. 2. La costruzione sintattica è questa: “Noi vogliamo
Madre più tenera di te non v’è, Dio, tuo figlio; e tu, o Vergine Maria, ascolta le
o Santa Vergine, prega per me! nostre parole”. I testi tradizionali esortano ad adorare
O Santa Vergine, prega per me! Dio. Questo testo propone un altro rapporto: volere
Dio. E si può intendere: non vogliamo il mondo, non
vogliamo lo Stato, vogliamo essere fedeli a Dio e ai
Commento
valori che in nome di Dio la Chiesa ci indica. Nella
1. “Mira il tuo popolo”, cioè “guarda e aiuta i tuoi fe-
realtà la Chiesa era vicina ai fedeli con il parroco e le
deli”. Il termine appartiene alla letteratura dotta.
cerimonie religiose dalla nascita (il battesimo) alla
L’alma mia è l’anima mia, troppo lunga e pure caco-
morte (l’estrema unzione).
fonica. La trasformazione di anima in alma è una li-
3. Negli anni Cinquanta la popolazione italiana
berà poetica, che infrange le regole del linguaggio.
cantava questo inno e non conosceva l’inno nazionale
Alma mater frugum è la madre (la Terra o Cerere)
Fratelli d’Italia (1848). Per il popolo la Chiesa
che genera, nutre o alimenta le messi dei campi.
faceva tutto, lo Stato unitario (1870) soltanto due
2. La terra è presentata come “valle infelice”, dove si
cose: imponeva le tasse e chiamava a sette anni di
è infelici, dalla quale si esce soltanto con la morte. La
leva. Un danno insostenibile per le famiglie popolari.
morte quindi libera l’uomo dalle sofferenze della vita
4. “Sian puri i figli, caste le figlie”: la difesa della pu-
e gli apre la porta del cielo.
rezza o della verginità non è un’ossessione della
3. Il fedele chiede alla Vergine di pregare, di interce-
Chiesa o delle gerarchie ecclesiastiche. La ragazza
dere per lui davanti a suo figlio Gesù. Il lontano pre-
che rimaneva incinta aveva grossi problemi a mante-
cedente è la predica di Jacopo Passavanti Il cavaliere
nere il figlio. Serviva un matrimonio regolare, ac-
che rinnegò Dio (1354).
compagnato per sicurezza dalla dote, che evitava
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Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 578
(spesso per tutta la vita) di avere costi aggiuntivi. La O Maria, quanto sei bella
dote arriva sino agli anni Cinquanta inoltrati.
5. Con i suoi valori, la sua presenza, le sue parrocchie O Maria, quanto sei bella,
e i suoi inni la Chiesa riesce a costruire quell’unità sei la gioia e sei l’amore.
sociale che lo Stato italiano mai vorrà né riuscirà a Mi hai rapito questo cuore,
costruire. È triste doverlo riconoscere (2022). notte e giorno io penso a Te.
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Mi hai rapito questo cuore,
O immacolata, Vergine bella notte e giorno, notte e giorno
io penso a Te.
O immacolata, Vergine bella,
di nostra vita tu sei la stella, Quando il sole è già lucente (=brilla di giorno),
fra le tempeste, deh, guida il cuore le colline e i monti indora,
di chi t’invoca Madre d’amore. quando a sera si scolora.
ti saluta il mio pensier.
Siam peccatori, ma figli tuoi, Quando a sera si scolora,
Immacolata, prega per noi. ti saluta, ti saluta il mio pensier.
Commento
1. Normalmente sono cantate soltanto le prime due
strofe. Le altre strofe sono poeticamente meno valide.
“Ninno” vale “niño”, spagnolo, bambino. In azzurro
le parole della poesia letteraria tradizionale. C’è pure
un ampio uso di troncamenti.
2. È un canto natalizio, uno di quei canti che secondo
i sinistrati offendono i bambini extracomunitari e che
i cristiani dovrebbero cassare…
3. La statua di Gesù che si mette nel presepe è semi-
nuda, anche se doveva essere vestita a causa del fred-
do invernale. Qui lo scrittore immagina che Gesù
bambino tremi dal freddo.
4. “S’io nol so amare” vale “se io non lo so amare”,
una forma ottocentesca. L’inno rivela la sua età: risa-
le al sec. XIX. L’inno alla Madonna più recente do-
vrebbe essere Dell’aurora tu sorgi più bella (1959).
Commento
1. Lo spiritual è una musica afro-americana, che di
solito accompagna un testo religioso cristiano. Negli
anni Sessanta dagli USA arrivano il jazz, Bob Dylan
e gli spiritual, che affascinano i giovani europei. Ar-
rivano anche i film di Hollywood, gli hippy e la con-
testazione giovanile.
2. De André rovescia i termini della ricerca: non è più
l’uomo che cerca Dio, è Dio che deve cercare l’uomo.
E lo cerca se lo vuole amare davvero, se lo vuole sal-
vare davvero. L’uomo non vuole rubargli le chiavi
del paradiso, ma non disprezzerebbe di ricevere un
attimo di gioia. Egli non sa dove andare, perciò invita
Dio a venirlo a salvare. Egli ha regalato agli uomini il
pianto e il sorriso, ma, giunti sulla terra, non sono sta-
ti divisi equamente. Il protagonista si ripete: Dio, se
lo vuole amare, deve venire a cercarlo sulla terra. E
quindi conclude: egli lo aspetta, ma, se non viene a
cercarlo, allora sarà lui a cercare Dio.
3. Si può confrontare questa canzone con Francesco
Guccini, Dio è morto (1965), portata al successo dai
Nomadi. Ed anche con due testi medioevali: Tomma-
so da Celano (1190ca.-1260), Dies irae, e Jacopone
da Todi (1236ca.-1306), Donna de paradiso.
3. L’opera è del 1967, ma da essa sembra sia passato
un tempo infinito. Gli spiritual sono stati l’ultimo
guizzo della cultura religiosa ma anche della cultura
corale degli anni Sessanta.
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Oilioilioilà
e la lega crescerà
e noialtri lavoratori,
e noialtri lavoratori,
oilioilioilà
e la lega crescerà,
Commento
zionari dicono invece “Lotta e lavora”. I rivoluzionari
1. L’inno del primo maggio è un canto di Chiesa: Pa-
però non trascrivevano codici antichi e non avevano
squa, speranze, schiavi (gli ebrei che, liberati, lascia-
una grande propensione per la cultura. Alla fine i ri-
no l’Egitto e vanno nella Terra promessa), redimere,
voluzionari sovietici scrivono il Catechismo del rivo-
tiranni, fé, cioè fede. Il mese di maggio è poi dedicato
luzionario, un copia-incolla del Catechismo cristiano.
alla Madonna e si facevano i fioretti, le “piccole buo-
Se si copia, si risparmia fatica.
ne azioni”. In aggiunta ci sono idee e immagini della
3. La giovinezza sarà cantata anche dagli studenti
letteratura alta: fiori, aurora, d’or, fe’, il poeta che
universitari e poi dal Nazional-fascismo, che punta
prevede il futuro (come l’oracolo nel mondo greco
sui giovani: Nino Oxilia (1889-1917), Commiato,
antico o come il profeta presso gli ebrei). “Vieni, o
1909; Inno degli arditi, 1917; Giovinezza, inno uffi-
maggio” è una figura retorica, una personificazione.
ciale del Nazional-fascismo, 1922.
Ma tutto l’inno è pieno di figure retoriche, certamente
4. Inutile dire che i lavoratori o gli sfruttati (qualche
incomprensibili per chi non aveva una buona cultura
operaio, moltissimi braccianti) capivano poco o nien-
scolastica. D’altra parte tutti i rivoluzionari avevano
te della canzone o delle canzoni socialiste. Non ave-
la testa piena di slogan e di modi di dire. In Contessa
vano la cultura per capirle. C’era una totale sfasatura
(1966), cantata 74 anni dopo, c’è l’invito ad “abbatte-
tra gli intellettuali che guidavano gli operai e gli stes-
re il sistema” con la falce e il martello: le cattive abi-
si operai. I partiti socialisti si sono impegnati molto
tudini non muoiono mai. C’è pure la falange mace-
poco per accrescere la cultura degli operai.
done, con cui Alessandro Magno (356-323 a.C.)
5. Neanche Gori, che ha la cultura della classe domi-
sconfisse l’esercito persiano (334-331 a.C.): un rife-
nante (è avvocato), riesce a capire o ha letto i testi uf-
rimento a (334+1892=) 2.226 anni prima, imparato
ficiali di economia. E scrive un verso di tremenda e
sui banchi di scuola.
tragica ignoranza: “dal tiranni de l’ozio e de l’or”
2. Va notato un calco straordinario: san Benedetto da
(“dagli oppressore o dai padroni o dagli sfruttatori
Norcia aveva detto “Prega e lavora!”; Gori e i rivolu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 595
che vivono nell’ozio e nella ricchezza prodotta da al- frasi. Rivelerebbe la totale inconsistenza delle idee e
tri, dagli operai”). Come in tutta la cultura socialista, delle teorie dei rivoluzionari.
egli ritiene che il padrone sia un fannullone e si arric- 10. L’inno va cantato e va apprezzato per musica e
chisca sulle spalle degli operai o dei suoi dipendenti. canto corale e per l’atmosfera che crea, senza rom-
È quindi uno sfruttatore o un parassita. Non sa che il persi la testa a capire i suoi versi, che spesso sacrifi-
padrone o il suo direttore di fabbrica deve far proget- cano il contenuto a favore dei suoni delle parole. In
tare il prodotto, farlo produrre, controllarne la qualità, Internet non ne esiste nemmeno una parafrasi. E spes-
fare pubblicità, metterlo in vendita, guadagnarci per so mancava pure la punteggiatura, che poteva facilita-
pagare gli operai, segretari e segretarie, ingegneri e re la comprensione. È stata aggiunta.
donne delle pulizie, le tasse, per viverci anche lui e la 11. Tre delle canzoni più belle dei lavoratori sono
sua famiglia, per ammortizzare investimenti e mac- scritte da Pietro Gori, giurista e di fede anarchica. I
chinari, per accantonare fondi prudenziali, per man- due termini ovviamente fanno a pugni, ma la realtà è
tener un buon livello di liquidità, per rinnovare l’a- sempre varia. Le leggi romane delle XII tavole (451-
zienda e mantenerla competitiva, per diversificare la 450 a.C.) sono state un notevole passo avanti nella
produzione, per fare ricerche di mercato ecc. E invece organizzazione della società. Un giurista dovrebbe
il profitto sarebbe scientificamente la misura dello capirlo. Esse decidono ciò che è mio e ciò che è tuo,
sfruttamento degli operai. Il padrone non fa niente, regolano i rapporti sociali e pure l’eredità e evitano o
non lavora, è sempre in giro vestito bene, quindi è almeno riducono i conflitti sociali. Evitano la legge
uno sfruttatore, una sanguisuga. I bravi dirigenti delle del più forte e il primato della buona volontà. Ma Go-
masse operaie hanno una concezione semplicistica e ri, anarchico con la cultura ufficiale, non capisce que-
completamente sbagliata del prodotto e della produ- ste cose. Gli altri rivoluzionari non hanno alcuna co-
zione, e questo è un altro guaio per loro e per tutti: li noscenza delle leggi e delle loro funzioni e alla fine
porta ad azioni inconsulte, disastrose. Pensano che la auspicano una società che è di gran lunga peggiore di
produzione sia quella materiale, che si vede, e non quella esistente. La società del suo tempo era ben lon-
quella immateriale, che non si vede o che si presenta tana dall’essere perfetta. Nel 1898 l’esercito a Milano
come uno “scarabocchio” incomprensibile del creati- spara sulla folla e fa 180 morti. Eppure i rivoluziona-
vo o dell’ingegnere su un pezzo di carta. E non si ri, se volevano, avevano una carta da giocare: costrui-
chiedono mai qual è il margine di manovra della fab- re una società rivoluzionaria all’interno della società
brica in base ai profitti del momento e dei profitti borghese. Non ci hanno mai pensato. Insomma fare
prevedibili. Né capiscono che, se il capitalista o l’im- quel che dal concilio di Trento (1545-63) fanno le
prenditore sbaglia, paga lui, ma sono coinvolti anche parrocchie. La società capitalistica e borghese andava
gli operai, che perdono il posto di lavoro. Uno strate- abbattuta. Ma se era la società più ricca della storia,
ga intelligente farebbe i conti in tasca al padrone e quella che produceva e distribuiva la maggior quanti-
poi ci penserebbe sopra. tà possibile di ricchezza! Eppure il mito dell’autoge-
6. I ribelli caduti rimandano ai martiri per la fede cri- stione entrava subito in crisi: un conto è gestire il ter-
stiani. Altro elemento preso dalla Chiesa cattolica… ritorio di un paese, e il consiglio comunale può farlo.
Ribelle però è anche chi si ribella e rifiuta la società Un altro è costruire un’autostrada Milano-Napoli. O
costituita e i suoi valori. Il termine si trova in tutta la c’è un potere in alto che la impone, perché lo può fa-
produzione socialista. Ribelle e libero pensatore. si- re, oppure, se gestito da tanti consigli comunali che
curamente il ribelle non diventerà rivoluzionario: devono mettersi d’accordo, il progetto diventa irrea-
vuole soltanto pace e lavoro e la fratellanza universa- lizzabile. Il problema era pure reso più complesso da
le. Nel 1968 si chiameranno figli dei fiori, contestato- altre due variabili: a) gli individui hanno età diverse e
ri. Per il suono è preferibile ribelle a rivoluzionario. conoscenze diverse, (allora) legate all’età; e b) dalla
7. Nelle strofe tre e quattro c’è un cambiamento di società dell’uomo primitivo in poi si pratica ed è ne-
soggetto: “O masse di schiavi, abbandonate…” e “In- cessaria la specializzazione. In seguito (1970-60) il
nalziamo le mani ricoperte di calli”. Il soggetto “Voi” PSI propone le riforme, che poteva essere una buona
diventa “Noi”. idea, che salvava capra e cavoli. Ma poco dopo i
8. Il “veggente poeta che muor” potrebbe essere Gof- compagni socialisti si fanno prendere con le mani nel
fredo Mameli, che muore nel 1849, cioè 43 anni pri- sacco: il partito (e ugualmente gli altri partiti) inta-
ma, nella difesa di Roma. Scrive l’Inno di Mameli, scava tangenti (1994). Rivoluzionari e delinquenti.
cioè Fratelli d’Italia (1848). La cultura rivoluzionaria Anche i rivoluzionari sono luridi individui come i
è fortemente arretrata, vive nel passato, elabora teorie borghesi o i capitalisti criticati. I sedicenti rivoluzio-
auto-giustificatorie, auto-esaltanti e auto-celebrative, nari hanno le farfalle nella testa, non fanno mai rife-
e pensa di poter cambiare il mondo. rimento all’ “uomo effettuale”, l’ “uomo reale”, di cui
9. L’inno usa la musica di Giuseppe Verdi, Va’ pen- aveva parlato Machiavelli (1512). E lasciamo perdere
siero, sull’ali dorate (Nabucco, parte terza, coro, i numerosi squallidi individui di Sinistra che si preoc-
1842). L’inno è sicuramente bello e orecchiabile, ha cupano unicamente di fare i loro interessi personali.
buoni suoni e una buona musica. Tuttavia è meglio Non si preoccupano nemmeno di salvare la faccia.
non sottoporlo ad alcuna analisi, e neanche alla para- -----------------------------I☺I-----------------------------
È la lotta finale, uniamoci, e domani… (due volte) È la lotta finale, uniamoci, e domani… (due volte)
l’Internazionale sarà il genere umano. l’Internazionale sarà il genere umano.
Commento
1. Il testo esprime la vita turbolenta di fine Ottocento
e inizi Novecento. I conflitti sociali erano violentis-
simi e la discussione politica si faceva con le bombe
o sparando sulla folla. L’atmosfera coinvolge anche
la vita dello studente che si laurea e che deve dare
l’addio alla giovinezza e alla vita spensierata di chi ha
(denaro e) tempo libero.
2. Il testo mette insieme estetismo e super-omismo
dannunziani ed anche il nazionalismo che si diffonde
in Europa dopo il 1870. La beffa di Buccari (10-
11.02.1918) e il volo su Vienna (09.08.1918) avven-
gono qualche anno dopo durante la guerra. Nel 1909
Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del
Futurismo a Parigi: un inno alla violenza, “sola igiene
del mondo”.
3. “In alto i cuori” traduce alla lettera Sursum corda!,
della messa domenicale: abbiate coraggio.
4. “L’avvenire non temiam”: anche i fascisti hanno il
loro avvenire.
5. Ancora una ragazza bionda: “una piccola sdegnosa
trecce bionde”.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 612
Inno degli arditi, 1917 no degli arditi con Fratelli d’Italia (1848) di Goffre-
do Mameli e con Fratelli (1916) di Giuseppe Unga-
Col pugnale e con le bombe retti e soprattutto con l’Inno della rivolta (1904) di
ne la vita del terrore, Luigi Molinari. I valori sono molto vari e soprattutto
quando l’obice rimbomba sono arbitrari.
non ci trema in petto il cuore. -----------------------------I☺I-----------------------------
Commento
1. Il canto goliardico diventa un inno di guerra, l’inno
degli arditi che non hanno paura della morte, ma sol-
tanto del disonore. L’onore e il puntiglio erano stati
valori spagnoli nei secc. XVI-XVIII. In azzurro i
termini più significativi.
2. Conviene confrontare l’ideale dell’onore quale
emergeva nell’Aminta di Tasso e quale emerge in
questo ben diverso contesto storico. I valori sono esa-
sperati ed estremizzati. Quel che conta è soltanto
l’azione e il bel gesto.
3. E ricordare che la giovinezza unita alla bellezza era
nata 400 anni prima con Lorenzo de’ Medici, che
giustamente prevedeva un futuro pieno di pericoli per
l’Italia. E così fu.
4. La violenza era stato l’ideale di altre epoche stori-
che: i greci antichi hanno passato il tempo a farsi
guerra tra loro. Ma tra passato e presente c’era una
enorme differenza: le armi di guerra, che erano dive-
nute armi di distruzione di massa. In Europa non c’è
alcuna guerra nel 1870-1914. Ma si approntano nuo-
ve armi, che non si testano. Quando si usano nella
prima guerra mondiale, tutti i comandi le usano con
la strategia bellica tradizionale dell’assalto frontale.
Una carneficina. A cui si risponde scavando le trin-
cee, facendo assalti e nuovi assalti sempre inutili, che
portavano a stragi di soldati dalle due parti. La guerra
diventa prima di posizione e poi di resistenza: vince
lo Stato o la coalizione di Stati che ha una economia
più forte e maggiori risorse di soldati.
IV
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento…
E la Vittoria sciolse l’ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti…
Infranse, alfin, l’italico valore
le forche e l’armi dell’impiccatore!
Sicure l’Alpi… libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron l’onde…
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
Commento
1. La guerra aveva abituato i soldati a uccidere. Ed
essi portano la violenza con sé, quando ritornano a
casa. I governi italiani che via via si succedono pas-
sano il tempo a litigare e non risolvono i problemi del
primo dopo guerra: inflazione, reduci, debito pubbli-
co, vedove e orfani, difficoltà delle famiglie, passag-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 615
Dimmi, bel giovane, 1920 3. Conviene sottolineare quanto i versi e le idee pro-
poste siano orecchiabili, ma dovrebbe essere chiaro
“Dimmi, bel giovane, che i problemi sottesi sono ben più gravi. Non si ri-
onesto e biondo, solve il problema della casa dicendo che “è di chi
dimmi la patria l’abita”. Ci sono da sempre i diritti di proprietà.
tua qual è.” Ugualmente non si risolve il problema della terra di-
cendo che è “di chi la lavora”. Oltre ai problemi di
«Adoro il popolo, proprietà, ci sono anche problemi di teoria economi-
la mia patria è il mondo, ca: per il mercato rende di più la piccola o la grande
il pensier libero proprietà/azienda? E dal punto di vista della società
è la mia fe’ (=fede).» quale soluzione conviene scegliere? La grande pro-
prietà permette le economie di scala con il parco trat-
La casa è di chi l’abita, tori. Erano passati i tempi di Melibeo e di Titiro, due
è un vile chi lo ignora; agricoltori cantati da Virgilio (70-19 a.C), quando
il tempo è dei filosofi, quattro buoi e un aratro bastavano a lavorare la terra e
la terra di chi la lavora. a vivere decorosamente. Negli anni Cinquanta e Ses-
santa i partiti di Sinistra proponevano ancora la terra
«Addio, mia bella ai contadini e l’esproprio dei latifondi, ignorando che
casetta, addio, il settore economico trainante era ormai l’industria (e
[addio, o] madre amatissima più avanti il settore terziario). Un altro punto dolente
e genitor (=il padre). è l’affermazione che “la mia patria è il mondo inte-
ro”. Chi scrive non ha la minima idea di che cosa vo-
Io pugno intrepido (=combatto con coraggio) glia dire “gestione di un territorio e costi di gestione
per la Comune (=di Parigi, 1871), del territorio”. L’arretratezza culturale dei partiti che
come Leonida (=generale greco antico) rappresentano i lavoratori è un’ulteriore minaccia per
saprò morir.» chi emigra.
4. Dovrebbe essere ovvio che, se è difficile (e costo-
La casa è di chi l’abita... so) gestire un piccolo territorio (lo Stato, le regioni), è
ancora più difficile gestire un grandissimo territorio
Commento (il mondo intero), abitato da gente con usi costumi,
1. Il testo riprodotto è anonimo ed è stato raccolto tradizioni diverse e in conflitto tra loro. Ma questa
dopo la prima guerra mondiale. È una rivisitazione banalissima verità non entra nelle teste dei rivoluzio-
del testo originario, di ben 22 strofe, scritto nel 1873 nari e degli intellettuali che si mettono a capo delle
da Francesco Giuseppe Bertelli (1836-1919), sopra masse. Quel che manca del tutto a questi “intellettua-
riportato, che doveva costituire un immaginario Esa- li” è la conoscenza del mondo, la conoscenza del pas-
me di ammissione del volontario alla Comune di Pa- sato e la conoscenza della psicologia umana. E si in-
rigi. Il nuovo testo è molto semplice, molto breve, tossicano con idee e slogan come l’autogestione, la
immediato e orecchiabile. Il ritornello (in corsivo) è dimostrazione “scientifica” dello sfruttamento ope-
cantato dal coro. Il protagonista preferisce salutare raio da parte dei capitalisti, la presa violenta del pote-
madre e padre e casetta. E dimentica la morosa, che re, la dittatura del proletariato, la società senza classi,
nella lunga poesia del 1873 si chiamava Angelica. l’amore libero, l’uguaglianza tra uomo e donna. A
2. Anche in questo canto di protesta la patria è il quanto pare, non hanno mai visto una donna nuda,
mondo intero e la libertà di pensiero diventa l’ideale neanche nei quadri, e non sanno com’è fatta.
più alto della fede laica. Questi ideali sono ribaditi 5. Il canto è a due voci, come molti altri canti: chi
contro lo Stato borghese ed oppressore. Le cose stan- pone la domanda – in questo caso una donna – e il
no effettivamente così. Eppure il canto sembra più di giovane che dà la risposta. La struttura è quella dei
fine Ottocento che degli anni Venti: non appare la contrasti poetici medioevali o, più da vicino, quella
drammatica esperienza della prima guerra mondiale, del catechismo della Chiesa cattolica, costruito sulla
né il “biennio rosso” (1919-20). E il riferimento alla domanda seguita dalla risposta. Ciò non deve sor-
Comune parigina è vecchio di 50 anni e costituisce un prendere: la Chiesa fornisce linguaggio, idee, ideali e
motivo tradizionale dell’agiografia laica e socialista. immagini alla cultura di protesta. Gli intellettuali in
La rivisitazione e l’aggiornamento sono stati soltanto genere si sono formati in essa o ne adoperano la cul-
parziali e sono rimasti sia il riferimento alla Comune tura perché si rivolgono ad emarginati che hanno
(divenuta un’icona del movimento operaio interna- quella cultura.
zionale) sia il riferimento alla cultura classica. Peral- 6. Il linguaggio presenta molte parole e immagini di
tro la cultura di protesta è normalmente in ritardo sui area dotta: il bel giovane onesto e biondo che certa-
tempi. I suoi cultori sono in genere intellettuali pieni mente non è italiano (Manfredi di Svevia, Pg III, 107:
di buona volontà e anche generosi, ma socialmente e Biondo era e bello…), la fe’, la fede, degli arcadi (ini-
culturalmente emarginati. Gli intellettuali maggiori zi sec. XVIII) o di Pietro Metastasio (1698-1782).
preferiscono altri lidi e altre entrate. C’è anche un incredibile e sorprendente excursus nel-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 616
la filosofia (Il tempo è dei filosofi). E l’ideale di vita è Me ne frego, 1920
quello di restare in quella casetta, che si abbandona
per andare in esilio. Il protagonista quindi non è pro- Me ne frego è il nostro motto,
priamente un operaio, non vive nei casermoni o nelle me ne frego di morire,
periferie cittadine. È un intellettuale socialmente me ne frego di Togliatti
emarginato, che dà voce alle sue condizioni di vita e del sol dell’avvenire.
come alle condizioni di vita degli altri diseredati.
7. Ci sono anche altri riferimenti interessanti: la Co- Se il sol dell’avvenire
mune parigina (1871) e l’eroico sacrificio dello spar- è rosso di colore,
tano Leonida con i suoi 300 soldati alle Termopili, me ne frego di morire
per resistere alle truppe persiane (480 a.C.). Oltre al sventolando il tricolore!
mondo greco è coinvolto il mondo romano: io pugno
(=combatto) intrepido (=con la virtus, il valore milita- Ce ne freghiamo della galera,
re, dei romani) per la Comune di Parigi (1870). La camicia nera trionferà.
cultura di chi scrive è quella che si assimila nel liceo Se non trionfa,
classico, una scuola per pochi fino alla riforma del sarà un macello
1963. Essi permettono di scrivere in modo letterario col manganello
elevato, ma non contribuiscono minimamente ad aver e le bombe a man!
una visione chiara e articolata della società e della
economia. Sono belli e inutili. Me ne frego!
8. Il testo propone anche precise regole sociali: la ca-
sa appartiene a chi la abita e la terra a chi la lavora. E Commento
la nuova divinità non si trova nell’altro mondo, ma è 1. Mussolini era un ex giornalista e conosceva il pote-
il popolo, per il quale l’interessato si sacrifica. Non ci re ipnotico della parola in un mondo poco alfabetiz-
si pone la domanda o il problema chi ha costruito la zato. E crea slogan capaci di colpire e di far agire:
casa e perché; né a che titolo il bracciante lavori la “Credere, obbedire, combattere!”. Qualche fascista lo
terra del latifondista o dell’agricoltore. Manca qual- imita e crea “Me ne frego!”, un motto di disprezzo
siasi visione giuridica dei rapporti economici e dei che si poteva usare a proposito e a sproposito. Ancora
rapporti sociali. Pensare costa fatica. E le risposte oggi sulle facciata delle case si possono vedere o al-
possono essere anche sgradite. meno intravedere gli slogan che invitavano all’azione
9. La casetta, anche se è una casetta, è talmente im- e a una vita pericolosa ed esaltante. Mussolini usava
portante, che sostituisce la moglie o la morosa. Il te- la radio e queste scritte per mantenere un rapporto
sto del 1873 aveva invece capanna. Il motivo è dram- continuo e diretto con la popolazione. Ma aveva an-
matico: in Italia gli ultimi casoni fatti di pali e paglia che arricchito le mense degli italiani, facendo arrivare
e abitati da famiglie povere scompaiono soltanto nel il pesce azzurro (1936), appena pescato: la popola-
1939, per merito del regime nazional-fascista, che li zione non sapeva che l’Italia era circondata dal mare.
riteneva indecorosi, oltre che malsani. Avevano in 2. Palmiro Togliatti, (Genova, 1893-Jalta, 1964) è se-
muratura soltanto l’angolo della cucina spesso anda- gretario del PCd’I, che nasce nel 1921. Durante il re-
vano a fuoco. gime Nazional-fascista ripara in URSS.
10. Non si poteva però dimenticare la mamma ama- 3. Mai l’Italia aveva conosciuto un elogio così totale
tissima. Il padre invece è soltanto il genitor, un ter- della violenza. In questo inno come in altri inni la po-
mine dal troncamento dotto. È sempre al bar con gli lemica contro socialisti e comunisti – contro il “sol
amici a giocare a carte o fuori di casa a lavorare, e dell’avvenir” – è esplicita.
non ha tempo per i figli. E non è ancora comparsa la 4. Inutile aggiungere che Nazional-fascismo e Comu-
morosa… Aspettiamo senza fretta anche per lei “il nismo sovietico erano profondamente simili. Ed è an-
sol dell’avvenir”. cora inutile aggiungere che i cosiddetti totalitarismi
-----------------------------I☺I----------------------------- del Novecento sono Nazional-fascismo, Comunismo
sovietico, Nazional-socialismo e soprattutto Demo-
crazia statunitense. I democratici dimenticano sem-
pre di citare il maggiore sistema totalitario del secolo.
Amnesia o demenza galoppante.
5. La violenza è diffusa, tutte le parti la vogliono usa-
re, per migliorare la loro situazione di classe o ideo-
logica o di partito. Quattro anni di guerra avevano
abituato tutti alla violenza. Conviene controllare se
c’è una qualche differenza tra una posizione e
un’altra. E poi conviene confrontare le posizioni dei
rivoluzionari con le posizioni della Chiesa cattolica..
-----------------------------I☺I-----------------------------
Ai morti ci stringiamo
e senza impallidire
per l’anarchia pugnamo (=combattiamo),
o vincere o morire.
Commento
1. Gli autori sono due anarchici di Carrara. È l’inno
ufficiale del movimento anarchico, che a fine Otto-
cento-inizi Novecento era forte e ben organizzato nel-
le miniere di marmo. In azzurro i debiti di termini
presi dalla tradizione letteraria e le idee prese alla
Chiesa cattolica. Vale la pena però di riscontrare le
affinità pure di termini e di idee con le canzoni na-
zional-fasciste degli stessi anni, ma anche con le can-
zoni risorgimentali. “Vendetta” significa “giustizia”,
come nell’uso medioevale del termine. “O vincere o
morire” rimanda a “o vivremo del lavoro / o pugnan-
do (=combattendo) si morrà” dell’Inno dei lavoratori
(1886). Permane l’idea eroica del sacrificio della pro-
pria vita per far vincere la rivoluzione. Tuttavia le
modalità del sacrificio sono indeterminate e… riman-
date al futuro. Tutto è vago, confuso, campato per
aria. Il nemico è pure indeterminato. Si dice che lo si
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 618
affronta, come arma si parla di fucile, ma non si va la mentalità dei dirigenti del partito è ancora legata a
più in là in nessuna delle canzoni. una economia agricola e chiede la distribuzione delle
2. Comunisti e socialisti lottano per la conquista vio- terre ai contadini. Eppure Marx aveva detto e ripetuto
lenta del potere statale ed economico, a cui segue la che la rivoluzione e la dittatura del proletariato sareb-
dittatura del proletariato e quindi una società senza be stata fatta dalla classe operaia sfruttata. Non male,
classi, basata sull’autogestione di individui liberi. In- per un partito che vuol essere rivoluzionario. Era me-
somma il paradiso in terra, non più nell’altro mondo. glio disegnare martello e chiave inglese.
Gli anarchici invece pensano che il vero male sia lo 6. Anarchia vuol dire mancanza di un potere centrale,
Stato e che il compito del rivoluzionario sia perciò di un potere forte, cioè lo Stato, sostituito dall’auto-
quello di abbatterlo e di sostituirlo con l’autogestione organizzazione e dall’auto-produzione. Tutte idee
dei problemi e delle risorse o l’autoorganizzazione. belle, smentite dalla realtà. Funziona meglio, è più
Le idee rivoluzionarie provenivano da Karl Marx efficiente, un potere che si impone, piuttosto che una
(1818-1883), un ebreo tedesco espatriato a Londra, continua discussione che metta d’accordo 20 o 200
che indicava nei proletari la classe del futuro; da Mi- persone. È sgradevole constatare che le città più belle
khail Bakunin (1814-1876), un rivoluzionario russo, sono merito del potere forte che le ha organizzate.
vicino ai contadini; e dal francese Pierre-Joseph Basti pensare ai lunghi viali di Parigi. E che le città
Proudhon (1809-1865), autore di un pamphlet intito- democratiche non avrebbero mai avuto un centro sto-
lato Che cos’è la proprietà? (1840), dove sosteneva rico per i turisti, poiché le periferie avrebbero voluto
la tesi che la proprietà è un furto. Marx pensava che avere giustamente uguale attrazione economica.
gli operai sfruttati facessero la rivoluzione, conqui- 7. A dire il vero, la guerra non si fa alzando al vento
stassero lo Stato e imponessero la dittatura del prole- bandiere rosse e nere. Ci deve essere un esercito, ca-
tariato. Bakunin pensava invece che il male maggiore pitani e generali, armi e rifornimenti. Ci deve essere
era lo Stato, che andava abbattuto e sostituito con pure un nemico da vincere. E un nuovo modello so-
l’auto-organizzazione e l’auto-produzione. Proudhon ciale da proporre o da imporre. Ma gli autori della
proponeva il possesso comune dei beni. In tutte le canzone non lo sanno.
correnti serpeggiava l’idea che i rivoluzionari sareb- 8. “O vincere o morire” richiama tra gli altri Alessan-
bero stati più onesti dei corrispettivi borghesi che al dro Manzoni, Marzo 1821 (1821, 1848):
presente gestivano il potere. Una pia illusione, come
dimostra la vita delle organizzazioni internazionali L’han giurato: altri [uomini] forti a quel giuro
dei lavoratori. C’era pure un errore di ragionamento: rispondean da fraterne contrade,
una volta che i capi dei lavoratori avessero conquista- affilando nell’ombra (=in segreto) le spade
to lo Stato (o il potere), perché mai avrebbero proce- che or levate scintillano al sol.
duto verso la costruzione di una società senza classi, già le [mani] destre hanno strette le destre;
che li avrebbe privati del potere raggiunto? Era più già le sacre parole son porte (=pronunciare):
ragionevole l’ipotesi contraria. E poi che cosa vuol [saremo] o compagni sul letto di morte,
dire “conquistare lo Stato” e “società senza classi”? o fratelli su libero suol.
Mistero doloroso. E con queste idee balorde tutti i ri- […]
voluzionari si intossicavano. Oggi, o forti, sui volti baleni
3. Anche le canzoni nazional-fasciste celebravano la il furor delle menti (=la furia delle trame) segrete:
morte e la violenza (o vendetta). Ma nessuno sotto- per l’Italia si pugna (=si combatte), vincete!,
linea mai questa comunanza di valori… Altri termini il suo fato sui brandi (=destino sulle spade) vi sta.
comuni: compagni, fratelli, libertà, riscossa, avveni- O risorta per voi (=grazie a voi) la vedremo
re, pace, lavoro. I furti alla Chiesa, tanto odiata, non al convito dei popoli assisa (=seduta alla tavola),
si contano. Pugnamo è scorretto, si doveva scrivere o più serva, più vil, più derisa
pugniamo. La desinenza è “-iamo”. sotto l’orrida verga starà (vv. 9-16, 92-96).
4. Anche qui i rivoluzionari vogliono fare una “guerra
senza frontiere”. A dire il vero, sarebbero i commer- Conviene confrontare la canzone con le canzoni coe-
cianti i più interessati all’abbattimento delle frontiere ve del Nazional-fascismo, per individuarne somi-
e dei dazi doganali. Ma non lo sanno. Non si indica glianze e differenze.
nemmeno come sarebbe condotta, con quali armi e 8. Tra il ribelle e il rivoluzionario c’è una differenza
contro chi, questa guerra “senza frontiere”, quindi di grado: il primo critica qualche aspetto della socie-
(sembra di capire) contro tutti i cattivi, Stati, capitali- tà; il secondo la vuole cambiare radicalmente. A un
sti, padroni e sfruttatori. La canzone è bella, musicata secolo di distanza si può dire che le ideologie sociali-
bene, ma non è certamente così che si fa la rivoluzio- ste e comuniste sono fallite. Nel 1991 l’URSS si è di-
ne o si cambia la realtà. sgregata. Oggi (2022) resiste il comunismo a Cuba e
5. La canzone si rivolge a operai e a braccianti. La in Cina. Il PSI italiano è stato affondato dalle tangenti
controparte, gli avversari sono i piccoli agricoltori e i (1993), il PCI si è trasformato ed è divenuto preda di
grandi latifondisti. Nel 1953 il PCI incarica Renato interessi personali e ha dimenticato tutta la sua cultu-
Guttuso di disegnare il simbolo del partito: falce e ra storica (1994-2022).
martello su una bandiera rossa. Quindi 30 anni dopo -----------------------------I☺I-----------------------------
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 619
Giovinezza, inno ufficiale del Nazional- 2. In azzurro sono le parole-chiave. Alcune sono co-
fascismo, 1922 muni sia al socialismo, sia alla Chiesa cattolica.
3. Un’altra versione inizia con: “Siamo un popolo
d’eroi”. Gabriele D’Annunzio (1863-1938) con il suo
Su (=Orsù), compagni in forti schiere, slogan Memento audere semper (Ricordati di osare
marciam verso l’avvenire sempre) fa sentire il suo influsso sulla cultura italiana
Siam falangi audaci e fiere, nazional-fascista del tempo.
pronte a osare, pronte a ardire. 4. Anche il Nazional-fascismo celebra l’avvenire. I
Trionfi alfine l’ideale rivoluzionari socialisti e comunisti preferivano invece
per cui tanto combattemmo: il sol dell’avvenir. Oggi “Avvenire” è un quotidiano
Fratellanza nazionale cattolico.
d’italiana civiltà. 5. La celebrazione della giovinezza rimanda al ritor-
Giovinezza, giovinezza nello Quant’è bella giovinezza della Canzona di Bac-
primavera di bellezza, co e Arianna di Lorenzo de’ Medici (1490).
nel fascismo è la salvezza 6. I due versi:
della nostra libertà.
nel lavoro e nella pace
Non più ignava né avvilita sia la vera libertà.
resti ancor la nostra gente,
si ridesti a nuova vita rimandano a Giuseppe Raffaelli-Giuseppe Del Freo,
di splendore più possente Figli dell’officina (1921), appena più sopra, scritta un
Su (=Orsù), leviamo alta la faccia anno prima:
che c’illumini il cammino,
nel lavoro e nella pace Avanti, siam ribelli,
sia la vera libertà. fieri vendicator,
Giovinezza, giovinezza… d’un mondo di fratelli,
di pace e di lavor.
Nelle veglie di trincea
cupo vento di mitraglia Nulla di che stupirsi: i problemi erano gli stessi, la
ci ravvolse alla bandiera cultura la stessa, le proposte le stesse. E le differenze
che agitammo alla battaglia. erano minime. I socialisti insistevano su un confuso
Vittoriosa al nuovo sole internazionalismo proletario (e non conoscevano il
stretti a lei dobbiam lottare, mondo), i nazional-fascisti insistevano sulla patria,
è l’Italia che lo vuole, molto più circoscritta e molto più facile da gestire.
per l’Italia vincerem. Socialisti e comunisti vogliono cambiare il mondo,
Giovinezza, giovinezza… ma poi si accontentano di cambiare soltanto la loro
condizione economica e accettano volentieri un pez-
Sorgi alfin lavoratore zetto o un pezzo di torta.
giunto è il dì della riscossa 7. La terminologia e l’idea è la stessa, poi i compagni
ti frodarono il sudore sono sostituiti dai camerati:
con l’appello alla sommossa
Giù le bende ai traditori Su (=Orsù), compagni in forti schiere,
che ti strinsero a catena; marciam verso l’avvenire
Alla gogna gl’impostori
delle asiatiche virtù. E la fratellanza nazionale rimanda a Goffredo Mame-
Giovinezza, giovinezza… li, Fratelli d’Italia (1848), più sopra.
8. “Le asiatiche virtù” sono misteriose. Il testo dice di
Commento mandare alla gogna chi parla bene di fantomatiche
1. Il testo è la versione ufficiale del 1922, cantata dal- virtù o capacità degli asiatici, che forse sono sempli-
le squadre fasciste. Restano i due versi del ritornello. cemente gli stranieri.
Tutto il resto cambia. Il canto non è certamente all’al- 9. Conviene confrontare l’inno nazional-fascista con
tezza di Addio a Lugano (1895) di Pietro Gori. Va l’Internazionale (1871), l’Inno dei lavoratori (1886)
perciò letto per quel che voleva essere: il canto di chi e l’Internazionale (1901), per cogliere somiglianze e
mette in versi le sue idee e i suoi valori. Conviene an- differenze e per vedere come è valutata la violenza
che notare che i giovani erano il futuro di qualsiasi rivoluzionaria.
movimento e anche della nazione: in Italia dai 18 an- -----------------------------I☺I-----------------------------
ni in su c’erano stati 600.000 morti. E che il Nazio-
nal-fascismo era costretto a puntare in ogni caso su di
loro, perché l’esercito era fedele al re e la maggior
parte della popolazione era fedele alla Chiesa.
Faccetta nera,
sarai Romana,
la tua bandiera
sarà sol quella italiana!
Noi marceremo
insieme a te
e sfileremo avanti al Duce
e avanti al Re!
Commento
1. Il testo è modestissimo per qualità letteraria e per
contenuto, ma è orecchiabile ed ha un notevole suc-
cesso di pubblico. Ciò dimostra il bassissimo o inesi-
stente livello culturale della popolazione. La conqui-
sta di Somalia e Abissinia fa credere al popolo italia-
no di ritornare ai fasti dell’impero romano. Una pia
illusione. L’Italia arriva per ultima in Africa e si ac-
contenta dei rimasugli: la Libia (un deserto di sabbia
rovente, sotto il quale 50 anni dopo si scopre il petro-
lio) e il corno d’Africa, selvaggio e senza ricchezze.
Ufficialmente la conquista di quei territori è giustifi-
cata con la tesi di liberare le popolazioni locali dalla
schiavitù: “moretta che sei schiava tra gli schiavi” è
una super-stupidaggine e un super-auto-imbroglio.
Una giustificazione balorda e non richiesta. Gli altri
Stati europei si sono spartiti il mondo senza sentire il
bisogno di giustificare niente. Chi ha scritto il testo
era del tutto privo di cultura. Le canzoni rivoluziona-
rie, soprattutto quelle scritte da Pietro Gori, sono a un
livello culturale e ideale ben più elevato. La seconda
guerra mondiale provoca il tracollo delle colonie e la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 622
Felice Cascione (1918-1944), Fischia il Contessa (1966): “Se il vento fischiava…”. Altrove si
vento e infuria la bufera, 1944 trova il più semplice e popolare “urla la bufera”.
3. Ricompare “il sol dell’avvenir”, presente anche
Fischia il vento e infuria la bufera, nell’Inno squadrista. È assente l’esercito tedesco, an-
scarpe rotte e pur bisogna andar zi sono assenti i nazisti o i nazi-fascisti o i nazifasci-
a conquistare la rossa primavera sti. Ed è ribadita la lotta per la libertà, come se i na-
dove sorge il sol dell’avvenir. zional-fascisti non fossero italiani. Ma si tratta delle
A conquistare... consuete e interessate deformazioni della storia e
dell’avversario, che caratterizzano tutte le parti.
Ogni contrada è patria del ribelle, 4. Con abilità il poeta proietta i sentimenti, le passioni
ogni donna a lui dona un sospir, e il dramma della guerra sulla Natura, che sembra
nella notte lo guidano le stelle, partecipare agli eventi e schierarsi con i partigiani,
forte il cuor e il braccio nel colpir. che lottano per la libertà. Ad essere precisi, i partigia-
Nella notte... ni sono comunisti e non sono i soli a lottare contro gli
avversari. C’è l’intero Fronte Antifascista, che racco-
glie tutti i partiti sciolti da Mussolini, perché causa di
Se ci coglie la crudele morte, caos sociale. Ma è chiaro che ognuno parla per sé e
dura vendetta verrà dal partigian; minimizza i contributi degli altri.
ormai sicura è già la dura sorte 5. Conviene confrontare la canzone con qualche can-
del fascista vile e traditor. zone nazional-fascista come Inno squadrista (1921) e
Ormai sicura... Giovinezza (1922), e notarne la reciproca retorica e le
accuse mosse agli avversari. Ovviamente la tecnica di
Cessa il vento, calma è la bufera, denigrare o diffamare l’avversario è una prassi abitu-
torna a casa il fiero partigian, dinaria di tutti i gruppi o le correnti di pensiero. Il fa-
sventolando la rossa sua bandiera; scista è “vile e traditor”. I nazional-fascisti ripagano
vittoriosi, al fin liberi siam! con la stessa moneta e la stessa accusa.
Sventolando... 6. E non si deve dimenticare mai che Benito Musso-
lini era un ex-socialista e che sicuramente non ha mai
Commento abbandonato le sue idee. Le ha soltanto adattate alle
1. Fischia il vento è la canzone dei partigiani o, se si nuove circostanze. Prima puntava sugli operai (po-
vuole, della Resistenza, un nome magico, che rende chi), poi ha puntato sui giovani e sui dipendenti stata-
eroiche tutte le imprese dei partigiani, dai furti alle li. Tuttavia anche su ondate oceaniche della popola-
vendette personali (17.800 fascisti uccisi) ai 129 omi- zione, affascinate dai suoi slogan (“Credere, obbedi-
cidi di preti (1945-48). I finanziamenti, durante e do- re, combattere!”, “Se avanzo, seguitemi…”) e dalla
po la guerra, dell’URSS al PCI non sono mai esistiti. sua retorica. Egli ha fatto la (sua) rivoluzione, invece
E il PCI ha sempre fatto gli interessi dei lavoratori e i sindacati del “biennio rosso” (1919-20) hanno fallito
mai dell’URSS. Il gruppo dirigente del PCI non era e nessun partito di Sinistra ha fatto la rivoluzione: il
costituito da operai, ma da intellettuali, gente nor- PSI si specializza in tangenti al 15%, invece il PCI
malmente incapace e arruffona, che si preoccupava di preferisce prendere soldi dall’URSS, e tutti fingono
fare soltanto i propri interessi e che non era riuscita a di non vedere e di non sapere. Onore e gloria ai com-
inserirsi un una qualsiasi organizzazione borghese o pagni socialisti, al maneggione Craxi e all’integer-
statale. Oggi (2022) molto più di ieri. Il glorioso par- rimo Pertini, suo compagno di partito, che certamente
tito dei lavoratori collassa nelle elezioni del 1994. Per non sapeva niente…
il disastro nessuno si suicida. Il segretario, Achille 7. Che il partigiano o i comunisti o gli antifascisti del
Occhetto (1936), si limita a dare le dimissioni. Il di- Fronte Antifascista abbiano dato la libertà agli italiani
sastro è colpa dei marziani o dei plutoniani o forse è una fandonia: USA-GB hanno conquistato l’Italia e
della Sfiga. Tutti gli altri partiti – DC, PLI, PSI – era- vinto la guerra, gli antifascisti si sono schierati con i
no stati travolti dallo scandalo delle tangenti. L’o- nemici dell’Italia e hanno dato modesti contributi agli
nestà politica non è cristiana né rivoluzionaria… alleati. Il popolo italiano non ha mai chiesto di esser
2. In azzurro i termini pregnanti, per lo più di deriva- liberato da un fantomatico dittatore, che doveva ogni
zione letteraria: l’Arcadia fa sentire la sua presenza giorno conquistarsi il consenso della popolazione,
anche nella letteratura rivoluzionaria... Da notare le perché non aveva potere (l’esercito era fedele al re,
rime, le assonanze e i troncamenti della poesia popo- giovani e adulti alla Chiesa cattolica). Gli antifascisti
lare e della poesia tradizionale. Il troncamento colpi- hanno fatto un’unica cosa: hanno ridato la libertà ai
sce anche il “partigian”. L’ultima strofa (la vittoria) si partiti e alle loro tendenze delinquenziali e ladresche,
contrappone alla prima (la lotta). Nella terza c’è una che nel 1994 li hanno portati al collasso. Ma poi le
rima imperfetta: partigian/traditor. Il valore letterario attività criminali sono riprese.
è elevato, l’autore ha dimestichezza con la letteratura -----------------------------I☺I-----------------------------
e la poesia. “Fischia il vento” è poi recuperato in
Commento
1. Carlo Martello, re dei franchi, sconfigge (o ferma)
i mori a Poitiers, sotto Parigi, nel 732. In tal modo
ferma la conquista dell’Europa da parte degli arabi.
Erano sbarcati in Spagna pochi anni prima, nel 711.
2. De André e Villaggio scrivono una gradevolissima
canzone anti-militaristica, girata sul burlesco. Il lin-
guaggio prescelto è quello misuratamente aulico della
tradizione italiana (in azzurro). Ma i termini letterari
sono abilmente mescolati con termini volgari (o po-
polari o comici): caprone, porco d’un cane, puttane,
parcella, tariffe, ciuco. La musica altisonante sottoli-
nea il tono graffiante della canzone. Il poli-linguismo
e l’uso di registri linguistici diversi, che si trovano
nella Divina commediai, erano stati i punti di riferi-
mento.
3. Basta un po’ di cultura letteraria per scoprire le
fonti assai note: “ma più dell’onor poté il digiuno”
rimanda al dantesco “più che ‘l dolor poté il digiuno”
(If XXXIII, parla il conte Ugolino della Gherardesca).
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 630
Pete Seeger (1919-2014), We shall Pete Seeger, Vinceremo, 1947
overcome, 1947
The whole wide world around L’intero vasto mondo sarà intorno a noi,
The whole wide world around l’intero vasto mondo sarà intorno a noi,
The whole wide world around some day. l’intero vasto mondo intorno a me un giorno.
Oh, deep in my heart, I do believe Oh, nel profondo del mio cuore
We shall overcome some day. io credo che vinceremo un giorno.
Commento
1. Un giusto interludio o pausa o rottura in mezzo a
tutte queste canzoni impegnate e di lotta proletaria
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 634
Ivan Della Mea (1940-2009), Io so che un “Mio caro amico tu sei matto,
giorno, 1966 la libertà,
la libertà più non esiste”.
Viva la vita
pagata a rate Io riderò
con la Seicento il mondo è bello
la lavatrice. tutto ha un prezzo
Viva il sistema anche il cervello
che rende uguale e fa felice “Vendilo, amico,
chi ha il potere con la tua libertà
[e] chi invece non ce l’ha1. e un posto avrai
in questa società”.
Io so che un giorno
verrà da me Viva la vita…
un uomo bianco
vestito di bianco Commento
e mi dirà: 1. La canzone è difficile o, meglio, incomprensibile,
«Mio caro amico tu sei stanco» sia se ascoltata dal disco sia e ancor più se ascoltata
e la sua mano dal vivo. È pure la canzone a cui l’autore è più affe-
con un sorriso mi darà. zionato. Ci facciamo aiutare: “Vi dico la verità, io
non ho mai saputo chi fosse l’uomo bianco. Ogni tan-
Mi porterà to me lo chiedevo e mi dicevo: ma fai un po’ te, che
tra bianche case ne so, sarà...che cazzo ne so, Wallace, il governatore
di bianche mura dell’Alabama, un bel bianco. Il papa, un bel bianco
in bianchi cieli anche lui, ogni tanto... Oggi ho capito che cos’è il
mi vestirà bianco. Oggi ho capito: non è Berlusconi, no. Troppo
di tela greggia dura e bianca facile. Troppo comodo. È l’insieme delle informazio-
e avrò una stanza ni, delle televisioni, di tutto quello che ci puppiamo
un letto bianco anche per me. sette, otto ore al giorno compresi i nostri figli, che fa
dei nostri cervelli un’enorme marmellata bianca.”
Vedrò il giorno (Ivan Della Mea, Genova, 29 agosto 2004). A dire il
e tanta gente vero, possiamo filtrare criticamente le informazioni
anche ragazzi con cui il nemico ci bombarda e decidere se accettarle
di bianco vestiti o respingerle. Ma il cantante non vede questa possibi-
mi parleranno lità. Inoltre, se il mondo è invasivo, ci possiamo riti-
dei loro sogni rare a vivere come gli eremiti del passato.
come se fosse 2. Un altro aiuto arriva da Riccardo Venturi, “Io so
la realtà. che un giorno”: Il manicomio moderno, 2006: “Io so
che un giorno, Ivan della Mea l’ha scritta nel 1966. E
Li guarderò continua a cantarla, a quanto mi risulta. Anche se i
con occhi calmi manicomi li hanno chiusi. Forse continua a cantarla
e dirò loro perché il manicomio si è semplicemente dilatato, è
di libertà; tutta questa società, tutto questo mondo che è un ma-
verrà quell’uomo nicomio. Ma è una canzone che parla di un manico-
con tanti altri forti e bianchi mio dall’immagine ‘classica’, con i camici bianchi, le
e al mio letto tendine bianche, i letti bianchi (ho un odio feroce ver-
stretto con cinghie mi legherà. so il colore bianco, devo proprio dirlo). Ed è una can-
zone che parla di libertà, della libertà che non si vuol
“La libertà fare più esistere, della libertà che però è un fatto. […]
– dirò – è un fatto, C’è da chiedersi se Io so che un giorno sia una can-
voi mi legate zone dal manicomio, o se sia piuttosto una canzone in
ma essa resiste”. cui l’immagine del manicomio (un’immagine, come
Sorrideranno: detto, decisamente stilizzata) serve a parlare di qual-
cosa che va persino oltre. E questo “oltre” si chiama a
mio parere repressione. Non serve aver visto com’era
1
Se le cose stanno così, allora il sistema è intelligente e fatto per davvero un manicomio per rendersi conto
dobbiamo fargli i complimenti: nasconde le differenze. Qui che quello di Io so che un giorno è piuttosto ciò che
però la parola “potere” è vuota, come la parola “libertà”: molti s’immaginavano che fosse. Un luogo asettico,
non si dice in che cosa esse consistano. A parte il fatto che dove tutto è bianco; nel testo, Della Mea insiste volu-
chiunque può brutalmente obiettare che queste sono idee e tamente con il bianco, sin dall’inizio; la canzone as-
valutazioni del cantante, e basta.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 635
sume quindi un valore “cromatico” che ha una grande hanno visto tutto chiarissimo, lucidissimo (come nella
importanza, il bianco come nebbia separatrice, come più pura tradizione dei matti). Qualcun altro arriva a
attutimento delle sensazioni e dei rumori, come bar- dire che “la libertà più non esiste”, e presenta ciò che
riera, come isolamento e quindi, in definitiva, come la sostituisce: la seicento, la lavatrice, il supermerca-
preciso simbolo di allontanamento coatto, di “cam- to, l’immagine, lo spettacolo. E’ il grande e bianco
po”, di lager1. sonno della società dello spettacolo. […]
Sebbene stilizzata, tale immagine non è del tutto ir- Per avere un posto in questa società, quindi, è neces-
reale e si basa su criteri che venivano effettivamente sario vendere il proprio cervello. E non solo quello.
adottati nei manicomi. Anche nel più putrido, il bian- Assieme al cervello bisogna vendere anche l’intero
co (come colore delle pareti, delle tende, delle sup- proprio corpo, la propria forza. Venderla al lavoro,
pellettili, dei letti) la faceva da padrone. Il bianco do- per il quale ti viene data la possibilità di comprare,
veva separare e doveva soprattutto contribuire ad ob- comprare, comprare una miriade di oggetti inutili2. E
nubilare la mente di chi era rinchiuso nel manicomio così la vita è bella nel mondo della Seicento e della
(scopo del manicomio non era quello di “curare”, ma lavatrice (nel 1966) o della Grande Punto e della me-
di contribuire a mantenere la follia, e spesso di indur- gativvù al plasma (nel 2006). Continuano ad esserci
la in coloro – numerosi – che vi erano costretti dentro però dei matti che, per necessità o per disperazione,
senza essere minimamente “matti”). […] Il mondo distruggono. Matti. Per nulla vestiti di bianco. Di ne-
della repressione è sempre terribilmente monocroma- ro. Black. Black bloc. Presentati come folli, distrug-
tico. Esiste la repressione nera della polizia, e quella gendo gli oggetti-simbolo essi compiono in realtà un
bianca del manicomio. Sono andate spesso e volentie- atto di opposizione al manicomio3, cioè un atto di li-
ri perfettamente a braccetto. Strumenti dello stesso bertà e di sanità mentale4” (consultato il 09.07.2020,
potere. https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=4428 ).
[…] Il manicomio e la galera sono istituzioni del tutto 3. Il brano, addolcito dal commento di Venturi, mo-
universali, sono strumenti-principe dello stato repres- stra quanto il cantautore sia fuori di testa e fuori del
sivo. Per la galera non è stato trovato nessun sostitu- mondo. Canta per le fasce di popolazione meno ab-
to; per il manicomio, diciamo, si è passati piuttosto ad bienti, ma (a quanto pare) non parla mai con loro.
una dilatazione. Il manicomio “chiuso” (inteso come Sono ben felici di poter acquistare la Seicento, anche
luogo ben definito di concentramento di persone la a rate, e pure la lavatrice, sempre a rate. Caricano la
cui marginalizzazione era stata sancita in termini famiglia (marito, moglie e due figli) e vanno a man-
“psichiatrici”) è stato sostituito da forme di manico- giare una pizza e a fare quattro chiacchiere ad alta
mio “aperto”, dove le barriere fisiche tipiche dei vec- voce o d’estate si fanno ben 15 giorni al mare, “servi-
chi manicomi (i cancelli, le grate, le inferriate, le cin- ti e riveriti”, mattino spiaggia, pomeriggio spiaggia, e
ghie, le camicie di costrizione) sono state sostituite da la sera quattro chiacchiere al fresco. Si scannano di
barriere sociali. Dal manicomio-fortezza si è passati lavoro per queste cose inutili? No, non si scannano di
quindi al manicomio-ghetto; ma verrebbe da dire che lavoro, il lavoro è sostenibile, e non sono cose inutili.
non c’è proprio nulla di nuovo sotto il sole. Proprio Rendono felici moglie e figli e anche l’interessato.
nulla. Consumismo? Spreco? Forse, ma la vita è più piace-
Io so che un giorno è una canzone che, ambientata in vole con un po’ (come si dice) di largo, di denaro.
una specie di manicomio di rappresentazione imma- 4. Il cantante la chiama follia, seguito dal critico, ma
ginaria collettiva, parla invece del manicomio di clas- forse è più comprensibile parlare di alienazione, an-
se che l’essere umano deve vivere ogni giorno della che l’alienazione porta ragionevolmente al manico-
sua vita. È un manicomio generalizzato dove chi par- mio. La follia è definita (“non comprare auto e lava-
la di libertà è semplicemente matto. Chi si azzarda a trice a rate”, rifiutare i prodotti di consumo) ed è
presentarla come un fatto, come qualcosa che “resi- espressione di lucidità mentale. Invece la libertà non
ste”, deve essere legato al letto. Arrivano i signori è definita: piccola dimenticanza. È soltanto una paro-
bianchi e forti e sei legato. 1966, l’anno in cui viene la urlata. Tuttavia, qualunque cosa sia, gli interessati
scritta. Mancano due anni al ‘68, ma già da qualche sono ben lieti di venderla, in cambio di un po’ di be-
parte ci sono dei ragazzi, ovviamente matti, che “par- nessere. Il cantautore può benissimo essere schifato
lano dei loro sogni come se fosse la realtà”. Gli sforzi per questa compra-vendita. Ma la fanno altri, non lui.
per presentarli come completamente pazzi comincia-
no fin da subito. Qualcuno parla loro di libertà, qual-
cuno che può avere un nome (Orwell, Marcuse, Va- 2
Questo è il giudizio di Venturi, ma per correttezza vanno
neigem, Débord) o può non averlo. Matti. Matti che ascoltate anche le altre parti in causa, dagli acquirenti agli
operai.
3
Finché essi distruggono le loro cose, non ci sono proble-
1
In realtà si usa il bianco per motivi d’igiene e anche per mi. Quando distruggono cose altrui, ci sono: non hanno
motivi psicologici e fisici: riflette la luce. In altre circo- alcun diritto di imporre le loro idee o le loro scelte ad altri.
4
stanze si usa il rosso (è stimolante), in altre ancora il verde Magari qualcun altro, come i proprietari delle auto
(è rilassante). Una sola osservazione: le interpretazioni distrutte, li potrebbe considerare asociali, pericolosi, distur-
simboliche vanno dove noi le vogliamo fare andare. È bati mentali, drogati pesanti, da manicomio o da galera. I
meglio evitarle, sono del tutto arbitrarie. punti di vista possono essere numerosi e contrastanti.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 636
Se egli non la vuol fare, non è costretto a farla. E ha specie di manicomio di rappresentazione immaginaria
pure dimenticato il frigorifero e la lavastoviglie, che collettiva, parla invece del manicomio di classe che
stanno invadendo il mercato… Il frigo permette di l’essere umano deve vivere ogni giorno della sua vita.
andare al supermercato una o due volte in meno, di È un manicomio generalizzato dove chi parla di liber-
risparmiare tempo e di conservare a lungo gli alimen- tà è semplicemente matto. Chi si azzarda a presentar-
ti. La lavastoviglie permette di alleggerire il lavoro la come un fatto, come qualcosa che ‘resiste’, deve
della donna, di farle risparmiare tempo e magari di essere legato al letto. Arrivano i signori bianchi e for-
farsi insieme una frullata in più. Se il cantante non ti e sei legato”. Né Della Mea né Venturi si accorgo-
apprezza queste comodità, è libero di farlo. È pure no della debolezza delle loro argomntazioni: come
libero di chiamare pazzi-sani di mente coloro che ri- essi vedono pregiudizialmente tutto nero, altri po-
fiutano questo minimo di benessere. trebbe vedere pregiudizialmente tutto bianco, tutto
5. Qui la critica è rivolta al consumismo e a chi non si positivo. E magari dissentire o osteggiare il compor-
uniforma. Ma come può essere corretta la critica se tamento dei Black bloc, che vanno in giro a distrug-
Venturi riconosce che galera e manicomio hanno ca- gere i beni altrui. Nessuno ha detto loro di comprarli,
ratterizzato tutte le società e non soltanto la società e gli altri hanno il diritto di avere valori propri. Se
capitalistica o dei consumi? Si dimentica di spiegarlo. non condividono le scelte della maggioranza, possono
6. Le accuse o le spiegazioni o le giustificazioni non andare a vivere sulla luna o aspettarsi qualche fucilata
si fanno mai con metafore. Sono più comprensibili, se nella schiena, come succede ai due cappelloni di Easy
si fanno con linguaggio chiaro e normale, ma qui non Rider (USA, 1969). Essi con due moto potenti e co-
succede, né per Della Mea, né per Venturi. stosissime (comprate con il denaro incassato venden-
7. Si può capire (e anche condividere) la diffidenza do cocaina), un po’ di droga, una vaga idea di “amor
per il nuovo, anche se si tratta di cose utili (auto, la- libero”, pieni di inibizioni e di tabù, fanno un viaggio
vatrice ecc.). Magari l’interessato teme che la lavatri- attraverso l’America, da Los Angeles alla Louisiana.
ce si rompa, teme di buttar via i soldi, ha paura di non Alla fine del viaggio arriva il cattivo con il fucile, che
avere i soldi per comprarla. Teme di rompere un or- li ammazza, perché hanno i capelli lunghi e perché
dine universale, poiché risparmia fatica. Le paure so- (di conseguenza) si drogano. Per essi i capelli lunghi
no tante, inconfessate e sconosciute, giustificate o as- erano simbolo di libertà. Per il cittadino americano
surde. Ma un po’ alla volta si entra nel nuovo ordine della classe media indicavano il rifiuto del “sistema”
di idee. E, se prima si passava il tempo a risparmiare e dei valori alla base della società.
e a tenersi i desideri, ora si prende gusto a comprare e 10. L’interpretazione generale della canzone è questa:
ad avere cose nuove per casa. Ma tutto questo è sol- Delle Mea e ugualmente i suoi ascoltatori non com-
tanto un aspetto della medaglia. C’è anche l’altro: la perano Seicento né elettrodomestici (non li compera-
produzione di elettrodomestici (come di oggetti meno no perché non hanno soldi, ma non si dice!). A un
utili e pure superflui) crea posti di lavoro e porta ad certo punto arriva l’omino bianco che lo/li porta in
assumere operai. Un cantante e un critico filo-operai manicomio: sono dei matti a non comprare e a non
sono talmente aperti da non vedere queste cose. consumare. Qui egli/essi protestano e rivendicano la
8. Quello che colpisce è il mostro che Della Mea si loro liberà. E il cantante immagina che altri stiano ar-
immagina: il mostro del Capitalismo mangia-bambi- rivando a contestare il consumismo (dà un contentino
ni, sfruttatore di poveri operai e capace di spingere gli ai suoi ascoltatori): sono i giovani che anticipano o
operai ad auto-sfruttarsi per comperare oggetti inutili. preparano il 1968, sono i figli dei fiori, sono coloro
Il Capitalismo è male, è il Male Totale ed Assoluto, e che protestano contro la guerra in Vietnam (Non sa-
per condannarlo non servono giustificazioni. Egli non ranno quindi gli unici a tirar la cinghia!). Ma l’omino
si chiede nemmeno se altri la pensano come lui o in bianco dice che deve/devono vendere sia la loro liber-
modo diverso. Egli ha già la verità in tasca e non ha tà sia la loro forza lavoro e consumare mille cose inu-
bisogno di controllare. tili. A questo punto il cantante ripete il ritornello ini-
9. Lo stesso discorso si può fare per il ricorso a un al- ziale contro il consumismo e la canzone finisce. La
tro termine negativo: repressione. Capitalismo, Stato, realtà però è ben diversa. A prescindere dai loro desi-
governo, polizia sono repressivi. Non si capisce verso deri, Della Mea e i suoi ascoltatori non hanno potere
che cosa, ma sono repressivi. Essi non hanno alcuna d’acquisto e non comperano perché non hanno dena-
funzione positiva, neanche immaginaria. E non si di- ro. Sono degli sfigati totali. E si dedicano ad atteg-
ce nemmeno quali cose essi reprimono né perché: giamenti anti-sociali o ad atteggiamenti pericolosi per
non c’è bisogno di spiegazioni. Il tema della repres- sé e per gli altri, come furti o l’uso di droghe leggere
sione è diffusissimo a Sinistra. Lo canta anche Paolo e pesanti, a causa delle quali sono “repressi” con la
Pietrangeli, Uguaglianza (1969). Stato e affini non galera o sono internati in manicomio. Qui protestano
riescono a svolgere nessuna funzione positiva, nean- la loro libertà e si inventano di rifiutare il consumi-
che per caso. Lo Stato fa costruire autostrade, ma esse smo in nome della loro libertà di non comprare (ma
non servono. Si preoccupa dell’istruzione, ma essa è non comprano, perché non hanno denaro). Della Mea
di classe, caccia i proletari fuori della scuola. E per dà loro il contentino: dovete essere felici e contenti,
Venturi esiste anche il manicomio di classe: “Io so perché siete liberi. È la società che vi perseguita e vi
che un giorno è una canzone che, ambientata in una odia, perché non vi siete uniformati. E i presenti alza-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 637
no il petto pieni d’orgoglio. Anche Liutprando (690 A parte alcune voci di intellettuali (tra cui Elsa Mo-
ca.-744), re dei longobardi, dava il contentino ai suoi rante, Alberto Moravia, Umberto Eco, Pier Paolo
soldati morti di fame: essi erano i liberi, non poteva- Pasolini, Marco Bellocchio) che si levarono in sua
no mescolarsi con i servi, che vendevano carne e ali- difesa, Braibanti, pur essendo stato partigiano e diri-
menti. E nessun servo voleva diventare un libero… gente comunista3, ebbe ben poco appoggio dalla sini-
11. In Della Mea come negli altri cantanti dell’estre- stra che all’epoca considerava l’omosessualità come
ma Sinistra (Marini, Pietrangeli ecc.) la società capi- una deriva borghese4”
talistica va radicalmente e moralisticamente condan- (https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=5760&lang=it ).
nata. Niente di essa si salva. Non si riesce a capire Repressione repressione
perché non vadano a vivere altrove né perché non si fatta sotto il solleone
suicidano per protesta, né perché facciano lavori che prendo il fresco a Porto Azzurro
certamente permettono di guadagnare più di quanto faccio il camping all’Ucciardone (=carcere)
guadagna un operaio. Le contraddizioni non li tocca- repressione.
no mai. Essi non fanno mai e poi mai lo sforzo alme-
no di capire gli avversari, la società costituita, i suoi L’hanno inventata or non è molto
valori, la sua organizzazione. E sono per partito preso proprio per voi, miei cari giovani in ascolto
con i carcerati, compresi gli ergastolani, per motivi era per darvi una lezione
che riescono a capire soltanto loro. NON dicono che adesso fioccano anni di prigione
cosa metterebbero in sostituzione del manicomio o repressione.
della galera. Non dicono come gestirebbero coloro
che non rispettano le leggi e danneggiano la società. Ci han preso gusto sono andati avanti
Vorrebbero – sembra – una società senza leggi in cui han messo dentro il povero Braibanti
tutti si comportassero bene… Un desiderio irrealizza- e c’è una legge che lo impone
bile. Nessuno di loro ha riflettuto sul collasso dell’ex è quella dell’Inquisizione
URSS. Troppa fatica. repressione.
12. Repressione è una delle tante parole magiche usa-
te. Repressione sessuale è una delle tante forme della Molte bottiglie di benzina
repressione. La Chiesa cattolica è repressiva più che con della sabbia sopraffina
mai, e parla del Cielo per far dimenticare la Terra, ed e uno stoppaccio di colore
è amica e al servizio di: Stato, Padroni, borghesia, ma è per pulire la prigione
cattivi, dittatori. Ci si può ragionevolmente chiedere repressione.
se i sinistrati vivano per terra o passino il tempo a
contemplare le loro visioni mistiche provocate dalla Il testo mostra in modo chiarissimo cultura e mentali-
droga. Nel 1968 Pietrangeli canta Repressione. La tà della Sinistra: le leggi ci sono ma vanno ignorate o
motivazione: “È dedicata al Aldo Braibanti [1922- aggirate. Il Codice Rocco è nullo perché votato sotto
2014], toscano, classe 1922, partigiano, comunista, la “dittatura” fascista (falso, non era una dittatura).
scrittore, sceneggiatore, poeta, ceramista, esperto mir- Uno stranissimo criterio per valutare la legittimità e
mecologo (studioso delle formiche), un intellettuale la validità di una legge! L’imputato ha molti interessi,
dai mille interessi che, per il solo fatto di vivere aper- perciò si devono ignorare le sue tendenze, ma l’argo-
tamente la propria omosessualità, proprio quell’anno mentazione non è pertinente. Intellettuali suoi amici
fu condannato a 9 anni di detenzione con l’accusa di vanno in suo soccorso, ma ciò non è previsto dalla
aver “plagiato” un paio di giovani maschi maggio- legge… In quegli anni l’omosessualità e il plagio so-
renni con cui aveva consenzientemente convissuto. Il no considerati reato, ma i sinistrati hanno le loro leggi
reato di “plagio”, introdotto sotto la dittatura fasci- e la loro giustizia personale e cercano di aggirare i
sta1, venne poi espunto dal nostro ordinamento all’i- codici. Il rispetto per idee e valori altrui non esiste
nizio degli anni 80, ma questo non è stato di gran mai. L’imposizione dei propri “valori” è la norma. A
conforto a Braibanti il quale fu l’unico italiano che parte ciò, non si chiedono mai se, per il bene della so-
nel dopoguerra si fece qualche anno di galera in ap- cietà, cioè per molti individui, conviene considerare
plicazione di quell’assurda fattispecie2. reati il plagio come l’omosessualità. Braibanti è uno
che pratica i loro valori e va difeso a oltranza. Nessu-
no di loro lo rimprovera di aver praticato in modo
1
Falso, per infamare Benito Mussolini. L’esercito era
fedele al re, giovani e adulti alla Chiesa, Mussolini doveva sono maggiorenni. Esiste pure un film in proposito: L’atti-
sgolarsi ogni giorno per avere sostenitori (“strategia del mo fuggente (USA, 1989), e ci scappa il morto: un ragazzo
consenso”). Qualche storico, per infamarlo a metà, ha si suicida. La colpa non è sua, è di famiglia, scuola, com-
immaginato una “dittatura imperfetta”. Da dementi. pagni di classe e anche prof, ma il regista fa punire soltanto
2
Il cantante non capisce che questo è soltanto il suo lui, che deve far fagotto e andarsene.
3
giudizio. Magari altri, ad esempio il legislatore, la pensava Questi sono i meriti per la Sinistra, meriti pure legati al
diversamente. I rapporti tra docente e studente possono passato e al partito…
degenerare e il prof, più forte, può plagiare gli studenti. 4
Qui c’è tutta la cultura partigiana della Sinistra: aiutare
Non è cosa gradevole per le famiglie, anche se gli studenti gli amici o coloro che professano la stessa ideologia.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 638
sconveniente e pubblico la sua omosessualità: non dei sinistrati si vede anni dopo: Braibanti non ha pen-
poteva essere più discreto? Così non andava incontro sato alla vecchiaia, le sue condizioni economiche so-
ai guai. La sua omosessualità-sodomia va rispettata a no difficili. Ma gli amici di Sinistra non tirano fuori
prescindere dalle leggi, mentre i valori altrui possono una lira, preferiscono richiamarsi alla legge Bacchel-
essere anche ridicolizzati e insultati. Né, tanto meno, li, il fondo pubblico a favore di cittadini illustri che
si chiedono perché un regime o un governo consideri versino in difficoltà economiche. Braibanti un citta-
reato l’omosessualità: troppa fatica. Eppure in URSS dino illustre? E per quale motivo? Non si sa. E così il
era un reato. Pure droga e riviste pornografiche. Ma governo gli concede un vitalizio. Ogni commento sa-
basta ignorare l’URSS e il gioco è fatto. USA, URSS, rebbe troppo poco sarcastico: lo Stato esiste soltanto
Italia e Germania, oltre i Paesi arabi hanno considera- quando si può mungere per i propri interessi indivi-
to e considerano un crimine l’omosessualità. Forse duali o per gli amici di merenda. Invece il denaro alle
hanno le loro ragioni. Addirittura i Dieci comanda- scuole paritarie è un insulto alla laicità dello Stato.
menti ebraici (e poi cristiani) la condannano esplici- 15. Della Mea dà un contentino ai suoi spettatori pa-
tamente (sesto comandamento), e la considerano più ganti: voi siete liberi, voi non siete caduti nella trap-
grave del furto! E Dio manda una pioggia di pece e pola delle cambiali e del consumismo. E normalmen-
zolfo, per distruggere Sodoma e Gomorra, due città te questo è il comportamento corretto che si tiene ver-
dedite al vizio, che avevano scambiato il buco del cu- so il pubblico. Per di più i complimenti non costano
lo per quello della vagina (Gn 19, 1-29). Ma un sini- niente. Ci chiediamo però se egli avrebbe fatto me-
strato non si abbassa per andare a conoscerle… glio gli interessi dei suoi spettatori se li convinceva a
13. Qui si vede il mondo e l’orizzonte limitatissimo lavorare il minimo possibile, per non perdere il loro
dei sinistrati: si preoccupano dei loro valori e basta. prezioso tempo libero e per avere qualche soldino che
Non vedono oltre il loro naso. Non riescono mai a permettesse di non chiedere denaro in famiglia, di
vedere la società e i bisogni o le esigenze o il funzio- non andare a rubare, di bersi una birra e di mangiarsi
namento della società. Predicano la rivoluzione, ma una pizza in più con gli amici. Il lavoro c’era, anche
sono parole: della società non sanno niente e non qualche lavoretto momentaneo. Addirittura la Genesi
gliene frega niente. Preferiscono difendere le esigen- dice che l’uomo e la donna devono guadagnarsi il pa-
ze del loro pene e l’entrata innaturale del loro pene in ne con il sudore della fronte (Gn 3, 1-24): Dio
corpi estranei. Le idee di qualcuno non piacciono?
16
Basta accusarlo di Fascismo. Umberto Eco aiuta: ha Alla donna disse:
inventato il Fascismo eterno. Non si sa che cosa sia, “Moltiplicherò
ma va bene lo stesso. Qualcos’altro non piace? E al- i tuoi dolori e le tue gravidanze,
lora si possono tirar fuori termini come: repressione, con dolore partorirai figli.
omofobia, esclusione, “diritti umani”, razzismo, ses- Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
sismo… O inventarne di nuovi come la omotransfo- ma egli ti dominerà».
bia, che riguarda lo 0,0001% della popolazione ita- 17
All’uomo disse: «[…]
liana. Lo Stato deve emanare leggi a loro favore, al- maledetto sia il suolo per causa tua!
trimenti non è riconosciuto come fonte di diritto… Con dolore ne trarrai il cibo
14. La falsificazione è una delle armi più usate dalla per tutti i giorni della tua vita.
Sinistra parlamentare e non: fa parte del loro DNA […]
19
dal 1921 in poi. E il bravo Pietrangeli deforma e ma- Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;
nipola con grande soddisfazione: finché tornerai alla terra […] !”.
han messo dentro il povero Braibanti
e c’è una legge che lo impone Per prudenza lasciamo la risposta ai posteri o al sol
è quella dell’Inquisizione1 dell’avvenir.
16. Il comportamento più squallido e indecoroso di
L’Inquisizione (cattolica) non c’entra, ma è un buon Sinistra, estrema Sinistra e cantanti genericamente di
modo per diffamare qualcuno, in questo caso il go- Sinistra è stato quello di chiamare Pier Paolo Pasolini
verno che ha emanato la legge contro i sodomiti. Ad- omosessuale (in realtà il termine corretto è sodomita)
dirittura la legge diventa cosa viva: e/per nascondere le sue vere tendenze: era un pedofi-
lo. La pedofilia era condannata ieri come oggi. Ed è
c’è una legge che lo impone stato sicuramente assassinato da qualche bigotto cat-
tivo, non dal minorenne che insidiava. Ma per un
Ma no! Qualcuno ha denunciato il comportamento amico si può benissimo fare un’eccezione.
ostentato di Braibanti e quindi offensivo per gli altri 17. Per sanare e chiarire il testo si può pensare che la
cittadini, è scattata la denuncia, poi il processo e infi- libertà, di cui parla, sia l’otium (tempo libero) roma-
ne la condanna. Ovviamente i giudici, Mussolini no, che si contrappone al negotium (nec+otium= non
compreso (anche se morto), hanno goduto e hanno ozio, lavoro) o anche (per passare a tempi più moder-
gioito per la condanna al poverino! La drittura morale ni) la libertà di far niente. Ma Della Mea non conosce
i termini con cui affrontare e risolvere il problema.
1
Non usa nemmeno termini approssimativi, che diano
No, è una legge laica, dello Stato, e pure in vigore.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 639
un’idea di ciò che intende. Tanto meno si informa sui nord-est perdono o vivono confusamente la loro iden-
libri e nel passato. E il vuoto teorico resta. tità e le loro radici. E non riescono a cambiare e a fare
-----------------------------I☺I----------------------------- propria la nuova identità di operai e di cittadini. Non
si può cambiare il proprio codice genetico, perché sa-
Sergio Endrigo (1933-2005), Il treno che rebbe più utile cambiarlo. L’integrazione non c’è sta-
viene dal sud, 1966 ta perché non ci poteva essere. Di qui la comprensibi-
le accusa di “terroni” ai meridionali e di “polentoni”
ai veneti. Ma va tenuto presente anche il punto di vi-
Il treno che viene dal sud
sta dei milanesi e il loro modo di vedere i nuovi arri-
non porta soltanto Marie
vati, che erano straccioni e analfabeti o quasi, ma che
con le labbra di corallo
diventando operai facevano gli interessi economici di
e gli occhi grandi così.
tutti, compresi i loro, di immigrati.
Porta gente, gente nata fra gli ulivi,
3. Anche in questa circostanza tocca alla Chiesa cat-
porta gente che va a scordare il sole,
tolica fare quel che lo Stato laico non aveva nessuna
ma è caldo il pane
volontà, nessun interesse e nessuna capacità di fare:
lassù nel nord.
aggregare nel territorio i nuovi venuti. Il compito è
svolto in modo encomiabile dalle parrocchie, che si
Nel treno che viene dal sud
autofinanziano con le offerte dei fedeli.
sudori e mille valigie,
4. Per un paradosso della storia i piemontesi vanno a
occhi neri di gelosia:
piemontesizzare il centro e il sud dopo il 1861; il sud
arrivederci Maria!
e il nord-est vanno a sicilianizzare e a venetizzare il
Senza amore è più dura la fatica,
nord-ovest a partire dal 1961, esattamente a un secolo
ma la notte è un sogno sempre uguale:
di distanza. Nell’uno come nell’altro caso i risultati
avrò una casa per te e per me.
sono catastrofici: gli uomini non sono intercambiabili
come le parti di un’automobile, né sono massificabili,
Dal treno che viene dal sud
che che ne dicano le folli ideologie ugualitarie dei ca-
discendono uomini cupi
pitalisti e le altrettanto folli ideologie ugualitarie delle
che hanno in tasca la speranza
Sinistre. Sono e restano individui, legati alla loro ter-
ma in cuore sentono che questa nuova,
ra e alle loro tradizioni. Legati alla loro famiglia e al
questa grande società,
loro paese. Chi lo dimentica, o non vuol vedere la
questa nuova, bella società
realtà o lo fa per motivi interessati: poter sostituire
non si farà, non si farà.
senza problemi un operaio con un altro e colpevoliz-
zare come antisociali le sue caratteristiche individua-
Commento
li. L’Italia uscita dalla Resistenza ha per la popola-
1. Passano i decenni, ma lo Stato italiano resta sem-
zione italiana la stessa cura e la stessa preoccupazio-
pre assente. I “terroni” abbandonano il sud alla dispe-
ne della Destra, della Sinistra storica o dei governi
rata e diventano operai in un mondo che essi non ca-
liberali: nessuna. La classe dirigente è costantemente
piscono e che non li capisce. Lo stesso vale per i “po-
occupata in bizantinismi incomprensibili: le “conver-
lentoni” del nord-est. Dopo un secolo l’Italia non era
genze parallele”, gli “opposti estremismi”, il “gover-
unita nemmeno sul piano linguistico. E il dramma di
no tecnico”, l’appoggio per astensione che l’oppo-
questi immigrati, sradicati dai loro paesi, dalla loro
sizione dà al governo, il “governo di unità nazionale”
cultura e dalle loro tradizioni, si sente, si vive e si sof-
ecc.
fre giorno dopo giorno. C’è il rimpianto continuo del
5. Endrigo, famoso per le sue sdolcinate canzoni
paese, della famiglia e del tessuto sociale che si è stati
d’amore, che fanno venire le doglie, tocca un argo-
costretti ad abbandonare. L’unica possibilità di rea-
mento che i cantautori ufficiali non hanno il coraggio
zione e di rivalsa sociale è l’evasione nei programmi
di affrontare. Addirittura nel 1966, quando l’emigra-
televisivi, quando in fretta e furia si compra la tivù,
zione era ancora in corso ed era difficile da esamina-
oppure l’ostentazione dell’automobile, quando si ri-
re.
torna al paese. Grandissime soddisfazioni! Gli immi-
6. Magari conveniva chiedersi perché “questa nuova,
grati in Germania tornavano d’estate in Italia con au-
bella società / non si farà, non si farà”. Non se la sono
tomobili enormi, che intasavano le piccole strade del
chiesta né cantanti (giustificabili), né storici né socio-
paesetto meridionale, strette e adatte soltanto ad ani-
logi (niente affatto giustificabili).
mali da soma.
2. Gli emigranti erano soprattutto giovani, che saliva- -----------------------------I☺I-----------------------------
no al nord in treno con le loro valigie di cartone. Tra
il 1951 e il 1971 interi paesi dell’Italia meridionale e
del Veneto si trasferiscono nell’Italia nord-occiden-
tale. Le speranze però nella terra promessa non si
realizzano: non si costruirà nessuna nuova società. E
ciò era ormai sotto gli occhi di tutti, a soli dieci anni
dal boom economico. Gli immigrati del sud e del
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 640
Franco Migliacci-Mario Lusini, C’era un 4. “Stop! coi Rolling Stones!”: ha chiuso, non deve
ragazzo che come me amava i Beatles e i pensare più ai gruppi musicali che ama. La canzone
Rolling Stones, 1966 mette in contrasto il fatto che girava il mondo, era
aperto a tutte le culture, e che poi deve prendere le
C’era un ragazzo armi contro uno specifico Stato. Va a combattere ed è
che come me amava i Beatles ucciso. Nel petto non ha più il cuore, ma due o tre
e i Rolling Stones medaglie.
girava il mondo, veniva da 5. La canzone esprime la protesta per la guerra degli
gli Stati Uniti d’America. Stati Uniti contro il Vietnam del nord a difesa del
Non era bello Vietnam del Sud che aveva un governo fantoccio fi-
ma accanto a sé aveva mille donne se lo-americano. La guerra inizia in sordina nel 1963,
cantava Help! e Ticket to ride senza essere stata dichiarata, e si conclude nel 1975
o Lady Jane o Yesterday. con la sconfitta e la ritirata degli USA. I costi della
Cantava “Viva la libertà” ma guerra sono enormi, i soldati americani morti sono
ricevette una lettera, (appena) 60.000. Nessun tribunale internazionale ha
la sua chitarra mi regalò, mai processato e condannato i crimini di guerra ame-
fu richiamato in America. ricani in Vietnam (e altrove) contro l’umanità, e più
Stop (=Basta)! coi Rolling Stones! precisamente contro la popolazione civile. I morti per
Stop! coi Beatles. Stop! bombardamenti vanno dai due ai quattro milioni. La
Gli han detto vai nel Vietnam cifra è sconosciuta. Il vincitore o il più forte non
e spara ai Vietcong... commette mai crimini. Il processo di Norimberga
Ta ta ta ta ta... (1945) lo aveva dimostrato.
6. Regola semplice per non sbagliare: in italiano i ter-
C’era un ragazzo mini stranieri non hanno plurale: il fan, i fan, il film, i
che come me amava i Beatles film.
e i Rolling Stones, 7. Nel corso dei secoli i capelli lunghi vanno e ven-
girava il mondo, ma poi finì gono. Leonardo e i nobili del Rinascimento li aveva-
a far la guerra nel Vietnam. no lunghi. Il popolo li aveva corti, perché erano più
Capelli lunghi non porta più, comodi e costavano meno. Addirittura nel sec. XVIII
non suona la chitarra ma sorse l’uso di enormi parrucche maschili e femminili.
uno strumento che sempre dà Negli anni Sessanta diventano il simbolo di contesta-
la stessa nota ratatata. tore e il capellone è malvisto dagli adulti, che lo ri-
Non ha più amici, non ha più fans, chiamano all’ordine o, in alternativa, gli sparano (Ea-
vede la gente cadere giù: sy Rider [Cavaliere facile o, meglio, Libertà e pau-
nel suo paese non tornerà, ra], USA, 1969), non tradotto.
adesso è morto nel Vietnam. -----------------------------I☺I-----------------------------
Stop! coi Rolling Stones!
Stop! coi Beatles. Stop!
Nel petto un cuore più non ha
ma due medaglie o tre...
Ta ta ta ta ta...
Commento
1. C’era un ragazzo… è forse la migliore canzone
comparsa in area sanremese e cantata da uno dei più
prestigiosi interpreti delle canzonette italiane, Gianni
Morandi. È coinvolgente e suggestiva e ben rispon-
deva all’anti-militarismo giovanile del tempo. Accan-
to ad essa si può porre soltanto Enrico Maria Papes-
Sergio Di Martino, Mettete dei fiori nei vostri canno-
ni, 1964.
2. Le canzoni Help! (Aiuto!, 1965), Ticket to ride
(Biglietto per il viaggio, 1965), Yesterday (Ieri, 1965)
sono dei “Beatles”. Lady Jane (1966) è dei “Rolling
Stones”. Yesterday e Lady Jane sono più sotto.
3. “Veniva da gli Stati Uniti d’America”: nelle can-
zoni dell’Ottocento non esistono gli Stati Uniti d’A-
merica, esisteva soltanto la Merica o al massimo l’A-
merica. Sorprende questo uso preciso del termine.
Quella sera a Milano era (=faceva) caldo, Calabresi con Guida il fascista
ma che caldo che caldo faceva, si ricordi che gli anni son lunghi,
brigadiere apra un po’ la finestra, prima o poi qualche cosa succede
e ad un tratto Pinelli cascò. che il Pinelli farà ricordar.
“Commissario (=Calabresi), io gliel’ho già detto, Quella sera a Milano era caldo...
le ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe, Commento
ma eguaglianza nella libertà!” 1. La canzone ricorda la morte dell’anarchico Giu-
seppe Pinelli nella questura di Milano (15.12.1969),
“Poche storie, indiziato Pinelli, presenti il commissario Calabresi e alcuni poliziotti.
il tuo amico Valpreda ha parlato, Con Pietro Valpreda era sospettato di aver messo la
lui è l’autore di questo attentato bomba che aveva provocato 13 morti (altri quattro
e il suo socio sappiamo sei tu.” muoiono in seguito) e 87 feriti nella Banca Nazionale
dell’Agricoltura (la “Strage di Piazza Fontana”, 13.
“Impossibile” – grida Pinelli – 12.1969). Fu scritta il giorno del suo funerale dai suoi
“un compagno non può averlo fatto, compagni di idee politiche. La bara fu seguita soltan-
tra i padroni bisogna cercare to dai militanti della Sinistra extra-parlamentare, che
chi le bombe ha fatto scoppiar. accusava il PCI di essersi venduto alla borghesia e di
non essere più rivoluzionario. Per la strage ci furono
Altre bombe verranno gettate, numerosi processi, che non portarono mai ad alcuna
per fermare la lotta di classe, condanna. Nel 1971 il presidente del Tribunale di Mi-
i padroni e i burocrati sanno lano Carlo Biotti rinunciò al proprio stipendio, per
che non siam più disposti a trattar!” continuare le indagini sugli autori della strage. Fu ri-
cusato, poi sospeso da ogni funzione e infine accusato
“Ora basta indiziato Pinelli” di rivelazione verbale di segreti d’ufficio, un’accusa
– Calabresi nervoso gridava – chiaramente pretestuosa per imbavagliarlo. Subì un
“tu, Lograno, apri un po’ la finestra procedimento disciplinare e un processo penale, dura-
quattro piani son duri da far…” to sette anni, durante il quale smontò le accuse. Dario
Fo subì oltre 40 processi per aver messo in scena e
In dicembre a Milano era caldo, aver portato in giro per l’Italia lo spettacolo Morte
ma che caldo che caldo faceva, accidentale di un anarchico. Insomma lo Stato, che
è bastato aprir la finestra, doveva far luce sull’attentato, si preoccupava invece
una spinta e Pinelli cascò. di impedire che si indagasse ed emergesse la verità.
Lo Stato (o almeno organi potenti dello Stato) fu
Dopo giorni eravamo in tremila, quindi connivente con gli attentatori. Valpreda fu in-
in tremila al tuo funerale, carcerato nel 1969 e scarcerato nel 1972. Dell’accusa
e nessuno può dimenticare di strage fu assolto nel 1975, l’assoluzione fu poi
quel che accanto alla bara giurò. confermata dalla Cassazione. Il commissario Luigi
Calabresi, minacciato di morte nella canzone (“i
Ti hanno ucciso spezzandoti il collo, compagni ti vendicheranno”), fu ucciso il 17.05.1972
sei caduto ed eri già morto, da esponenti di “Lotta Continua”, poi processati e
Calabresi ritorna in ufficio, condannati. Dalla pista rossa si passò alla pista nera:
però adesso non è più tranquillo. furono accusati alcuni neo-fascisti, Franco Freda e
Giovanni Ventura, condannati all’ergastolo e poi pro-
Ti hanno ucciso per farti tacere, sciolti con formula piena nel processo del 1985-87. A
perché avevi capito l’inganno, distanza di 50 anni non si conoscono ancora i man-
ora dormi, non puoi più parlare, danti della “strategia della tensione”, come fu chia-
ma i compagni ti vendicheranno. mata la serie di attentati che seguirono a Piazza Fon-
tana. Nell’ultimo processo (2000-05) la Cassazione
“Progressisti” e recuperatori, concluse che la strage di Piazza Fontana fu opera del-
noi sputiamo sui vostri discorsi, la cellula eversiva di “Ordine Nuovo”, capitanata da
per Valpreda, Pinelli e noi tutti Franco Freda e Giovanni Ventura, che tuttavia non
c’è soltanto una cosa da far. erano più processabili poiché assolti con sentenza de-
finitiva nel processo 1985-87. Dopo 36 anni di pro-
Gli operai nelle fabbriche e fuori cessi (e uno spreco spaventoso di denaro pubblico)
stan firmando la vostra condanna, tutti sono assolti.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 648
2. La morte di Pinelli resta ancora irrisolta, anche se daggini e di ignoranza. Gli operai sono al massimo
l’ipotesi più facile e credibile è che sia stato defene- qualche operaio: manca il quantificatore o l’aggettivo
strato. E che sia stato defenestrato perché picchiato in qualificativo (tutti, nessuno, alcuni, pochi, molti). E
modo tale da ucciderlo. Ma non si vive di ipotesi, la loro firma è metaforica. Inoltre non hanno alcuna
servono dimostrazioni. Si può dire con certezza che autorità per firmare qualcosa, a maggior ragione per
sicuramente non aveva messo le bombe, che (come firmare una condanna a morte. I rivoluzionari appli-
risulterà in seguito) erano state messe da esponenti di cano un codice penale non scritto. Non sanno che le
“Ordine nuovo”. Le ipotesi da fare sono quindi due: o leggi scritte sono la norma, dalle XII tavole romane
è stato ucciso accidentalmente e poi defenestrato per (451-450 a.C.) in poi. La loro totale assenza di cultu-
nascondere l’omicidio o aveva qualche motivo (vero ra lascia annichiliti. E volevano abbattere il sistema e
o presunto, non importa) per fare quel gesto. Che la fare la rivoluzione.
polizia usasse le maniere forti era comprensibile: nel- 7. “Il potere comincia a tremare, La giustizia (=i giu-
le manifestazioni i gruppetti di Sinistra extraparla- dici) sarà giudicata”: la realtà è sostituita da parole e
mentare usavano spranghe, bastoni, molotov, pistole, da figure retoriche. Complimenti per i rivoluzionari.
passamontagna, spaccavano vetrine, incendiavano le Il potere non esiste, esistono individui in carne ed os-
auto e facevano autoriduzione o ri-appropriazione sa che rappresentano il potere, ad esempio il commis-
proletaria. Dalle indagini emerge poi anche un’incre- sario Calabresi. Neanche la giustizia esiste, esistono i
dibile verità (o si tratta di un’ipotesi interessata?): la giudici, in carne, ossa e vestito, che sarebbero giudi-
bomba doveva esplodere dopo l’orario di chiusura cati da non si sa chi, né perché né in base a quale co-
della banca, che invece resta aperta perché c’erano dice penale. La cultura dei rivoluzionari è limitatis-
ancora clienti in fila… Ma esplose alle ore 16:37. sima, non va oltre a quella che si incontra nei bar. Le
3. La canzone è costruita con una drammatizzazione metafore possono soddisfare i propri dilemmi esi-
assai efficace. Il verso/strofa iniziale è un “attacco” stenziali, ma non sono adatte per conoscere la realtà e
davvero straordinario (e pure insolito, senza prece- poi per modificarla. Le metafore possono essere belle
denti) ed è poi ripetuto nella conclusione: “Quella se- e affascinanti, ma sono utili soltanto se e perché ci
ra a Milano era (=faceva) caldo”. I dialoghi tra i vari permettono di semplificare e abbreviare il linguaggio.
personaggi sono ora espliciti, ora impliciti. Le due 8. Conviene ricordare che l’Italia degli anni Settanta è
soluzioni sono assai efficaci. I troncamenti di fine insanguinata da gruppuscoli di destra come “Ordine
quartina (scoppiar, trattar, far ecc.) rimandano Nuovo”, responsabile delle bombe di Piazza Fontana
all’Arcadia e alla poesia letteraria tradizionale. Molti (1969), e ugualmente da gruppuscoli di Sinistra, co-
versi sono semplici discorsi in prosa o semplici pro- me le “Brigate Rosse”, che rapiscono e uccidono Al-
clami politici più o meno sconclusionati: “prima o poi do Moro (1978), segretario della DC e capo del go-
qualche cosa succede”. Eppure la canzone contiene il verno. Il mito della violenza rivoluzionaria o proleta-
meglio (si fa per dire) delle analisi politiche della Si- ria continua, dall’occupazione delle fabbriche (“bien-
nistra extra-parlamentare. nio rosso”, 1919-20) alle stragi compiute dai parti-
4. I termini usati sono tratti dal linguaggio comune e giani (Porzûs, 1945) all’assassinio di 129 preti (1945-
impediscono di avere un’idea precisa della realtà che 49) in Emilia-Romagna. L’ultimo argomento non è
vorrebbero esplicare: padroni, lotta di classe, buro- mai stato trattato da storici ufficiali o di regime, tanto
crati (i dirigenti del PCI e dei sindacati). Compaiono i preti sono dipendenti del Vaticano e non hanno le
poi i “progressisti” virgolettati (che sono criticati) e parrocchie in Italia, ma su Marte o, ancor più lontano,
una strana fauna chiamata recuperatori (ugualmente su Alpha Centauri. Vale la pena di vedere Roberto
criticati). Con questa modestissima rete teorica i rivo- Beretta, Storia dei preti uccisi dai partigiani, collana
luzionari di estrema Sinistra costruiscono una realtà Religione, Edizioni Piemme, Milano, 2005, pp. 319.
immaginaria, a loro uso e consumo. Della teoria eco- In 60 anni soltanto un giornalista si è occupato del-
nomica ufficiale, insegnata all’università o che si tro- l’argomento. A livello privato gli storici possono es-
va nei manuali di economia politica, non c’è neanche ser magia-preti o mangia-particole. A livello pubblico
l’ombra. Ovviamente essi non capiscono che, se fan- e professionale devono però comportarsi in altro mo-
no la lotta di classe e ricorrono alla violenza rivolu- do. Quella è la professione per cui sono pagati.
zionaria per farla, anche la controparte come i “pa- 9. La scelta armata dei gruppetti italiani di Destra e di
droni” o “Ordine Nuovo” o addirittura lo Stato può Sinistra può essere riletta tenendo presente la figura
fare altrettanto, come i fatti ampiamente dimostrano. di Ernesto Guevara (1928-1967), detto “Che”, uno
5. Anche in questa canzone si fa grande uso di meta- scrittore, medico e guerrigliero argentino, che fu uno
fore. Basta leggere la quartina “Gli operai nelle fab- dei maggiori esponenti della rivoluzione cubana
briche e fuori”. E si divinizza la classe operaia, di cui (1959). Volle esportare la rivoluzione armata in Ame-
peraltro i rivoluzionari si mettono a capo per auto- rica Latina e in Africa e fu assassinato da agenti spe-
elezione, anche se nessuno di essi è operaio ed anche ciali della CIA. Le magliette con l’immagine del
se nessuno di essi è stato eletto. “Che” ebbero un grande successo economico. Ci si
6. “Gli operai nelle fabbriche e fuori Stan firmando la può chiedere se fu giusto o giustificato il suo assassi-
vostra condanna”: è linguaggio metaforico che inven- nio. Ma prima ancora ci si deve chiedere se era giusto
ta la realtà. I due versi sono un concentrato di stupi- e giustificabile il suo intervento armato in paesi stra-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 649
nieri, per portare i valori in cui egli credeva. Ed è be- cia soltanto 80.000 soldati, una delle sconfitte più du-
ne riflettere in modo approfondito su questi problemi, re per un generale o per uno Stato.
che sono problemi di ieri e di oggi. 12. Uno dei gruppi studenteschi degli anni Sessanta-
10. Banalmente bisogna dire che ognuno, ogni classe Settanta si chiamava “Servire il popolo” (1968/72-
e ogni gruppo sociale combatte per i suoi interessi, 78), tutte idee rubate alla Chiesa cattolica ad opera di
mascherati da più o meno nobili ideali, e che vince individui che l’avevano lasciata, perché a loro dire
sempre il più forte, il più astuto o il meglio organizza- reazionaria e “serva dei padroni” e perché faceva gi-
to. Gli USA potevano giustificarsi dicendo che il rare tutta la vita intorno all’al di là e non intorno all’al
“Che” danneggiava gli interessi americani. Il “Che” e di qua. Un altro gruppo, più realista e concreto, pren-
i suoi sostenitori potevano giustificarsi dicendo che de il nome di “Movimento studentesco” (1968-?), le-
lottavano contro l’imperialismo statunitense e per la gato agli studenti delle superiori e soprattutto agli
difesa degli interessi dei campesino sfruttati dalle studenti dell’università. Altri gruppi di quegli anni
multinazionali o dai marziani. Si potrebbe anche dire sono “Avanguardia operaia” (1968-78), “Lotta conti-
che avevano ragione gli uni e gli altri, che ognuno nua” (1969-82) e “Potere operaio” (1967/69-73). In
creava teorie che giustificassero le sue azioni e, ag- sostanza i rivoluzionari volevano e si accontentavano
giungiamo, che esistono nella realtà situazioni “neb- di una fetta di torta in più. Erano lealisti più del re.
biose”, che permettono una descrizione come un’al- Contro ogni dubbio Mario Capanna (1945), uno degli
tra, opposta alla prima. Lo disse anche un antichissi- esponenti più in vista del “Movimento studentesco”,
mo filosofo greco, Protagora di Abdera (486 a.C.-411 lo dimostra. Entra con successo nella pubblica ammi-
a.C.): su uno stesso argomento si possono fare due nistrazione e 40 anni dopo ritiene suo diritto acquisito
discorsi opposti, ugualmente ragionevoli. il vitalizio. Sorte simile per un altro “rivoluzionario”,
11. “Guida il fascista”: chi non condivide le idee dei ma di tendenze opposte: Roberto Formigoni, ex espo-
rivoluzionari o del PCI è subito bollato come fascista nente di “Comunione e Liberazione”: entra in politica
o altrimenti neo-fascista. E condannando l’avversario e diventa presidente della Regione Lombardia, intral-
si fa prima e si risolvono molti problemi: non si deve lazza in modo eccessivo, è processato e finisce in ga-
argomentare, non si devono giustificare le proprie lera. Gli ideali della giovinezza erano solidi e profon-
idee. Da un punto di vista storico non possono esiste- di e sicuramente altruisti. Questi gruppi scompaiono
re né fascisti né neo-fascisti: le circostanze che hanno negli anni Settanta. Alcuni dei loro simpatizzanti con-
mandato Mussolini al governo nel 1923 sono irripeti- fluiscono in gruppi clandestini che si dedicano alla
bili. E al Nazional-fascismo del manganello (1919- lotta armata, tra cui le “Brigate rosse”. Ma ormai
23) segue un Nazional-fascismo dell’ordine (1923- stiamo uscendo dal periodo in esame e ci fermiamo.
40). Poi c’è la guerra (1941-45). A quale Nazional- Un testo trovato per caso che parla del “Movimento
fascismo si ispirerebbero i nostalgici? I sinistrati non studentesco” (29.05.2020): Il passato violento di Gi-
lo dicono, fanno di tutte le erbe un fascio. no Strada, in
12. Il lettore può tenere conto delle rivoluzioni del
passato ed esprimere il suo giudizio sull’uso della https://groups.google.com/forum/#!topic/it.politica/NrZSkt
violenza e delle armi per cambiare un regime o una hoxHg
situazione politica. Un solo esempio: per l’unità
d’Italia anche per il cattolico Alessandro Manzoni il Conviene anche consultare Wikipedia, voce Anni di
ricorso alle armi era inevitabile (Adelchi, atto III, co- piombo. E anche le voci dei nomi delle varie organiz-
ro, 1819-22; Marzo 1821, 1848). Un paradosso: il zazioni extra-parlamentari di Sinistra, sopra citate. Di
“Che” volle esportare la rivoluzione fuori di Cuba, esse oggi resta soltanto il ricordo. La sconfitta era
nell’America Latina e in Africa. Gli USA fecero al- inevitabile ed è stata totale, perché l’analisi dei pro-
trettanto con molti Stati mondiali, dal Vietnam del blemi era stata velleitaria e inconsistente.
Sud all’Iraq. Prima di loro i rivoluzionari francesi 13. I sinistrati distinguono due tipi di violenza: quella
vollero esportare gli “immortali principi” del 1789 in dello Stato contro di loro (è ingiusta, cattiva, crimina-
Europa, dalla Germania fino alla lontana Russia le) e la loro contro lo Stato (è giusta, buona, apre la
(1812). Non lo facevano gratis: rapinavano le ric- società al sol dell’avvenir). Escludono categorica-
chezze che trovavano sul loro cammino. I paesi invasi mente che altri, ad esempio i gruppetti di destra, ab-
non apprezzarono e li ricacciarono in Francia. La biano il diritto di usare la violenza “buona”.
campagna di Russia (1812) fu una catastrofe per gli -----------------------------I☺I-----------------------------
invasori. L’esercito francese partì ad agosto, compo-
sto da 600.00 soldati. I russi però non accettarono
battaglia e si ritirarono, facendo terra bruciata. A no-
vembre Napoleone era a Mosca, ma arrivarono i pri-
mi freddi. Diede l’ordine del ritiro, ma era troppo tar-
di: arrivò il terribile inverno russo e i soldati avevano
soltanto vestiti estivi. A questo punto i soldati russi
attaccarono l’esercito in ritirata. Ritornarono in Fran-
Ci dicon Siamo uguali Le domande sono e restano misteriose per un po’: che
ma io vorrei sapere c’entrano? Chi parla e in quale occasione? Ma le pa-
uguali davanti a chi? role sono incongrue con la situazione. In genere si fa
uguali per che per chi? riferimento alla legge: “La legge è uguale per tutti”.
Ma il cantante va per i fatti suoi:
È comodo per voi
dire che siamo uguali È comodo per voi
davanti a una giustizia partigiana. che avete in mano tutto
Cos’è questa giustizia dire che siamo uguali davanti a Dio.
se non la vostra guardia quotidiana. È un Dio tutto vostro,
è un Dio che non accetto e non conosco.
Ci dicon Siamo uguali
ma io vorrei sapere Non si riesce a capire perché scomodare Dio e quindi
uguali davanti a chi? la Chiesa (implicitamente accusata di dire che tutti gli
uguali per che per chi? uomini sono uguali, per poi dimenticarsene subito):
siamo in fabbrica, salvo errori. E a questo punto si
È comodo per voi chiarisce e si capisce chi faceva questi discorsi: non
che avete in mano tutto sono il commento del cantante all’omicidio, ma le pa-
dire che siamo uguali davanti a Dio. role che l’ucciso o l’incidentato diceva ai suoi com-
È un Dio tutto vostro, pagni di lavoro. Per inciso, attribuire al “padrone” e
è un Dio che non accetto e non conosco. ai suoi collaboratori discorsi sull’uguaglianza o di-
scorsi da preti è fuori luogo, è un’idea inventata e del
Dicevi questo ed altro tutto gratuita, e bisogna essere fuori di testa per farlo.
e ti chiamavan matto
ma quello in cui credevi verrà fatto. Dicevi questo ed altro
Alla legge del padrone e ti chiamavan matto
risponderemo con Rivoluzione. ma quello in cui credevi verrà fatto.
Commento
1. C’è chi è attaccato al paese e c’è chi non vede l’ora
di scappare. Il motivo è chiarissimo: esso è come “un
vecchio addormentato, / la noia, l’abbandono, niente /
son la tua malattia”. Perciò è meglio scappare. Chi
fugge ha già pensato al futuro: è flessibile (“So far
tutto o forse niente, da domani si vedrà”) e non ha
nessuna aspettativa che possa essere frustrata (“E sa-
rà, sarà quel che sarà”). Insomma, se qualcosa va ma-
le, si cerca un rimedio, ma non prima del tempo. La
vita è aperta (“che sarà della mia vita chi lo sa”). A
quanto pare il protagonista non è il solo a morire di
noia: “Gli amici miei son quasi tutti via / e gli altri
partiranno dopo me”. Ci si può trovare tutti alla peri-
feria di Torino e avere capra e cavoli: il salario e la
compagnia dei vecchi amici (“Peccato perché stavo
bene / in loro compagnia”). In genere succedeva così.
Desde el hondo crisol de la patria Dal più profondo cuore della Patria
se levanta el clamor popular, si solleva il clamor popolare,
ya se anuncia la nueva alborada, già si annuncia la nuova aurora,
todo Chile comienza a cantar. tutto il Cile comincia a cantare.
E il servo del padrone non ha nessun diritto A dire il vero, un intellettuale e un irvoluzionario do-
e come a un traditore nessun gli dà rispetto. vrebbero avere rispetto per i servi, perché fanno parte
degli “sfruttati” che essi devono redimere. Qui invece
Commento fanno proprio il giudizio dei padroni o dei capitalisti
1. Il commissario Luigi Calabresi indaga sulla bomba sui servi: sono da disprezzare.
che aveva provocato 13 morti (altri quattro muoiono 5. Nessun proposito e nessuna capacità di compren-
in seguito) e 87 feriti nella Banca Nazionale dell’A- dere la controparte, Calabresi, lo Stato, le varie classi
gricoltura a Milano (la “Strage di Piazza Fontana”, sociali, i reciproci interessi. Gli imprenditori sono ri-
13.12.1969). Arresta due anarchici, Pietro Valpreda e dotti al termine “padrone”. I termini usati sono sem-
Giuseppe Pinelli. Pinelli cade da una finestra della plicistici e inadeguati. Si può essere indulgenti, per-
questura e muore (1969). Della sua morte è incolpato ché si tratta di una canzone di lotta, e non di un tratta-
il commissario. Valpreda è processato, assolto e scar- to di economia politica, ma anche fuori della canzone
cerato (1972). Il commissario è minacciato di morte le analisi sono così povere. Povere e autogiustificanti.
nella canzone Barozzi-Lazzarini-Zavanella-Fallisi, La E ciò succede in tutte le altre canzoni di lotta.
ballata del Pinelli, 1969 (“i compagni ti vendiche- 5. Nel testo manca l’idea di Stato e delle sue funzioni,
ranno”). Ed è ucciso il 17.05.1972 da esponenti di in uno Stato capitalista come in uno Stato socialista.
“Lotta Continua”, poi processati e condannati. La E manca pure l’idea di legalità. La vendetta appartie-
canzone è successiva alla sua morte. ne al passato, alle faide dei barbari e dei medioevali.
2. Sul piano letterario la canzone non è malvagia. Usa Qui invece qualcuno si autonomina giudice e fa “giu-
rime semplici, composte da due soli versi, le rime ba- stizia proletaria”. Dal 451-450 a.C. le leggi delle XII
ciate. Ciò che conta però è l’analisi politica che pro- tavole erano esposte in pubblico a Roma.
pone, di un estremo semplicismo. Calabresi non era 6. La canzone rimanda a: Anonimo, Povero Matteot-
potente, era soltanto un commissario di polizia, paga- ti, 1924, a cui va confrontata.
to per tenere l’ordine pubblico. Non era un “valente
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 668
Giuseppe Bentivoglio-Nicola Piovani- dai tuoi aeroplani,
Fabrizio De André, Il bombarolo, 1973 io vengo a restituirti
un po’ del tuo terrore
Chi va dicendo in giro del tuo disordine
che odio il mio lavoro del tuo rumore.
non sa con quanto amore
mi dedico al tritolo, Così pensava forte
è quasi indipendente un trentenne disperato
ancora poche ore se non del tutto giusto
poi gli darò la voce quasi niente sbagliato,
il detonatore. cercando il luogo idoneo
adatto al suo tritolo,
Il mio Pinocchio fragile insomma il posto degno
parente artigianale d’un bombarolo.
di ordigni costruiti
su scala industriale C’è chi lo vide ridere
di me non farà mai davanti al Parlamento
un cavaliere del lavoro, aspettando l’esplosione
io sono d’un’altra razza, che provasse il suo talento,
son bombarolo. c’è chi lo vide piangere
un torrente di vocali
Nello scendere le scale vedendo esplodere
ci metto più attenzione, un chiosco di giornali.
sarebbe imperdonabile
giustiziarmi sul portone Ma ciò che lo ferì
proprio nel giorno in cui profondamente nell’orgoglio
la decisione è mia fu l’immagine di lei
sulla condanna a morte che si sporgeva da ogni foglio,
o l’amnistia. lontana dal ridicolo
in cui lo lasciò solo,
Per strada tante facce ma in prima pagina
non hanno un bel colore, col bombarolo.
qui chi non terrorizza
si ammala di terrore, Riassunto. Il poeta non conosceva l’uomo, conosce
c’è chi aspetta la pioggia invece l’epoca dei fatti, quando si diffondeva l’idea
per non piangere da solo, che gli uomini erano tutti uguali. Un ferroviere mac-
io sono d’un altro avviso, chinista guidava una locomotiva, manifestazione di
son bombarolo. potenza e progresso. Ogni giorno vedeva un treno
pieno di signori. Un po’ alla volta concepì l’idea di
Intellettuali d’oggi fare giustizia. E lanciò il treno a folle velocità verso
idioti di domani l’altro treno. Tuttavia la notizia giunse a Bologna e la
ridatemi il cervello locomotiva fu deviata su un binario morto. E l’im-
che basta alle mie mani, patto lo uccise quasi subito. Al poeta piace però pen-
profeti molto acrobati sarlo ancora alla guida della locomotiva, che ha lan-
della rivoluzione ciato a bomba contro l’ingiustizia.
oggi farò da me
senza lezione. Commento
1. A Bologna nel 1980 una bomba uccise 85 passeg-
Vi scoverò i nemici geri e ne ferì 200. Una cosa è l’uccisione dei ricchi,
per voi così distanti un’altra quella di persone comuni… Ma La locomoti-
e dopo averli uccisi va è del 1972, un’altra epoca storica, in cui si poteva
sarò fra i latitanti, immaginare di uccidere o assassinare gli avversari. In
ma finché li cerco io Contessa (1966) il 21enne Pietrangeli aveva espresso la
i latitanti sono loro, stessa idea. Ugualmente in precedenza canzoni na-
ho scelto un’altra scuola, zional-fasciste, comuniste e socialiste invocavano
son bombarolo. l’uso della violenza rivoluzionaria contro lo Stato, i
re, i padroni e i fannulloni che sfruttavano gli operai.
Potere troppe volte 2. Per capire la canzone serve ricordare i turbinosi
delegato ad altre mani, anni 1968-78: nel 1968 gli studenti contestano il con-
sganciato e restituitoci sumismo e occupano le università statunitensi ed eu-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 669
ropee, mentre in Italia gli operai iniziano la lotta per Fabrizio De André-Nicola Piovani-
il rinnovo dei contratti (“autunno caldo”); nel 1969 Giuseppe Bentivoglio, Canzone del
scoppia la bomba nella Banca Nazionale dell’Agri- maggio, 1973
coltura a Milano, di cui sono incolpati due anarchici,
Pinelli e Valpreda, che poi risultano innocenti (“stra- Anche se il nostro maggio
tegia della tensione”); la contestazione degli studenti ha fatto a meno del vostro coraggio
si smorza nel 1974 grazie all’aumento del pre-salario; se la paura di guardare
compaiono le “Brigate Rosse”, che nel 1978 rapisco- vi ha fatto chinare il mento
no e uccidono Aldo Moro, segretario della DC e capo se il fuoco ha risparmiato
del governo. Le manifestazioni della Sinistra extra- le vostre Millecento
parlamentare sono normalmente violente: spranghe, anche se voi vi credete assolti
molotov, auto incendiate e vetrine di negozi rotte. Ma siete lo stesso coinvolti.
i sinistrati non finiscono mai in galera…
3. De André tratteggia un’immagine singolare di E se vi siete detti
bombarolo, che si richiama alle azioni solitarie dei non sta succedendo niente,
bombaroli o degli anarchici di fine Ottocento, che uc- le fabbriche riapriranno,
cisero diversi capi di Stato. È un trentenne, è solita- arresteranno qualche studente
rio, è disperato, e si rivolta contro il sistema usando la convinti che fosse un gioco
stessa violenza del sistema. Con una differenza, usa a cui avremmo giocato poco
una bomba alla volta, mentre il sistema si basa sulla provate pure a credevi assolti
produzione industriale degli ordigni di morte. E col- siete lo stesso coinvolti.
pisce ovunque, un parlamento come una edicola. Ma
usa anche le parole o le idee come armi. È velenoso Anche se avete chiuso
contro gli intellettuali d’oggi, idioti di domani. Sol- le vostre porte sul nostro muso
tanto alla fine acquista una dimensione umana, dram- la notte che le pantere
matica e romantica, quando vede l’immagine di lei ci mordevano il sedere
moltiplicata sulle prime pagine dei giornali. Lei lo lasciandoci in buonafede
aveva abbandonato deridendolo. Il rifiuto lo trasfor- massacrare sui marciapiedi
mò in bombarolo. Ma si sente ferito nell’orgoglio: in anche se ora ve ne fregate,
prima pagina c’è l’immagine di lei insieme con lui. voi quella notte voi c’eravate.
Lei era ritornata da lui perché ora lo ammira come
bombarolo. Egli invece voleva restarsene solo con la E se nei vostri quartieri
sua rabbia contro tutto e tutti, la sua furia distruttrice, tutto è rimasto come ieri,
la sua solitudine e il suo tritolo. Ora c’è di nuovo lei. senza le barricate
4. La canzone di De André mostra che anche gli auto- senza feriti, senza granate,
ri moderni sono all’altezza dei grandi scrittori del se avete preso per buone
passato. le “verità” della televisione
-----------------------------I☺I----------------------------- anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte,
Commento
1. La Canzone del maggio è una libera traduzione di
Dominique Grange, Chacun de vous est concerné
(Ciascuno di voi è coinvolto), scritta dopo le conte-
stazioni studentesche di maggio 1968 in varie città
della Francia.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 670
2. La contestazione studentesca è paradossale: gli rientrano in modo tempestivo. Insomma per la con-
studenti si possono permettere di contestare i loro pa- troparte la contestazione è stata utilissima. Anche se
dri, perché i loro padri con il loro lavoro e con i loro mai e poi mai avrebbe potuto minacciare il sistema,
sacrifici erano riusciti a dar loro quel minimo di be- come invece i contestatori credevano…
nessere che permetteva anche di protestare senza il 5. E così, che gli studenti contestassero in buona o
rischio di danneggiare l’intera famiglia. Tornando a mala fede, non importa. Sono stati invece di un ine-
casa, i contestatori trovavano sempre il frigo pieno e stimabile aiuto per la controparte, per gli industriali e
la tavola pronta. E gli studenti protestavano proprio per i “padroni”. Essi dicevano l’immaginazione al po-
contro quel benessere che permetteva loro di conte- tere, e in effetti l’immaginazione e la creatività erano
stare. Essi contestavano il consumismo e non sapeva- già al potere e vi rimanevano. In nessun caso si fa la
no che nessuna società in precedenza aveva avuto un rivoluzione con gli slogan, che siano a rima baciata o
benessere simile: i figli potevano studiare con le spal- meno. Sono inadeguati.
le economicamente protette o andare a lavorare e ave- 6. La canzone vorrebbe costringere l’ascoltatore a
re un salario o uno stipendio. La loro lotta contro la schierarsi con gli studenti. Lo fa in modo offensivo e
società costituita è una lotta contro una realtà che non aggressivo e ricorre alla morale e al ricatto: “Anche
conoscevano minimamente. Non riuscivano nemme- se voi vi credete assolti / siete lo stesso coinvolti”.
no a capire perché i loro genitori si scannavano ad Nessun problema: è la tipica strategia della Sinistra,
andare in fabbrica e a fare sacrifici per avere la Cin- italiana ed europea. Ma né questa né altre canzoni né
quecento e per fare con i figli 10 giorni o due setti- altri documenti spiegano perché ci si dovrebbe schie-
mane di vacanze al mare. È la tragedia delle incom- rare con gli studenti, che sono giovani, e con i giova-
prensioni. Padri e figli potevano dialogare in casa e ni operai. E perché l’ascoltatore non dovrebbe essere
fuori di casa, ma era saltato il collegamento: non si libero di scegliere quel che vuole: schierarsi con gli
capivano più e non si parlavano più. Anzi per la pri- studenti, contro gli studenti, con i celerini, contro i
ma volta nella storia i figli contestavano i padri! Ave- celerini, con lo Stato, contro lo Stato, infine con i
vano sempre ubbidito senza fiatare. marziani o contro i marziani, non è mai detto. Al li-
3. E anche la canzone di De André è un monumento mite restare indifferenti e stare salomonicamente o
all’incomprensione: i contestatori chiedono di essere sadicamente a guardare o ritirarsi in un convento di
capiti e aiutati e colpevolizzano gli indifferenti e monache. Una voce della controparte o dei genitori
quelli che non si ritengono coinvolti. Non passa loro potrebbe dire: “Ragazzi, il vostro compito è studiare,
nemmeno per la testa che magari valesse la pena di vi manteniamo per questo motivo. Se avete delle ri-
ascoltare la controparte, la generazione dei loro geni- chieste da fare, fatele, vi ascoltiamo. Dopo tutto o
tori. Non riescono mai a capire che possono godere prima di tutto non siamo forse i vostri genitori e voi
della libertà di studiare e ancora di contestare perché i non siete forse i nostri eredi? E per mantenervi a stu-
genitori avevano lavorato sodo, pensando al futuro diare siamo disposti a fare anche enormi sacrifici”.
della loro famiglia. Essi avevano prodotto quella ric- Un buono stratega si chiede qual è la via più redditi-
chezza di cui i figli ora stavano godendo i frutti. I fi- zia: occupare le università o il dialogo o altre forme
gli non erano contenti: credevano alle fate e alle bac- di azione. E un buon generale non si abbandona mai
chette magiche. E gridavano: tutto e subito. Non sa- all’emotività e neanche all’improvvisazione.
pevano o ignoravano o dimenticavano che la ricchez- 7. “La paura di cambiare”: a dire il vero, la genera-
za era di chi la produceva o la faceva produrre e di zione dei padri aveva cambiato stile di vita, usi e co-
chi era inserito nell’economia e riceveva un salario o stumi. E per andare dove? In paradiso? No. Aveva
uno stipendio. C’erano dei banalissimi diritti di pro- lavorato, prodotto e acquisito un po’ di benessere. Era
prietà… E i giovani “proletari” che non avevano soldi scomparso lo spettro della fame e della povertà. Per-
facevano autoriduzione: il prezzo della merce doveva ché mai voler cambiare ancora, con il rischio di per-
scendere al loro potere d’acquisto. Una stupidaggine dere anche quel po’ di “largo” e disponibilità conqui-
sul piano della teoria economica e del buon senso. La state? E poi cambiare che cosa da sostituire con che
rinuncia a soddisfare e a soddisfare subito i propri de- cosa? Nessuna risposta: il pensiero è a una sola dire-
sideri è considerata un delitto. L’autoriduzione diven- zione. C’è lo stesso errore di ragionamento riscontra-
ta una prassi, anche l’auto-appropriazione proletaria, to nel Principe (1512-13) di Machiavelli. È chiaro
che normalmente era indicata come furto. che i giovani sono disposti a rischiare: non hanno
4. La contestazione era mal preparata, poiché i conte- niente da perdere e tutto da guadagnare. Ed è altret-
statori non avevano che vaghissime idee sulla società tanto chiaro che i vecchi non sono disposti a rischia-
che contestavano. Si rifaceva a L’uomo a una dimen- re: hanno tutto da perdere e niente da guadagnare. E
sione, quella economica, di Herbert Marcuse (1898- oltre a ciò le auto bruciate sono una porcata che i gio-
1979) e sulle idee della Scuola di Francoforte. E po- vani contestatori, rivoluzionari e sinistrati, fanno più
teva andare incontro soltanto al fallimento. Com’è volte nel corso dei decenni contro la società costituita
stato: un fuoco di paglia. Eppure il potere costituito e e le generazioni precedenti, da cui sono mantenuti.
l’economia colgono al volo l’occasione offerta, si ag- Una manifestazione altissima di stupidità intellettuale
giornano e si ristrutturano. Spengono le contestazioni e di capricci infantili.
di studenti e operai allargando la borsa, e le proteste
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 671
8. La confusione mentale, tipica della Sinistra e dei ma serviva tempo per farlo. La ricchezza diffusa non
rivoluzionari da salotto, si esplica in modo chiaro e aveva precedenti nella storia umana.
contraddittorio: i contestatori e i rivoluzionari voglio- 11. Com’è noto, nelle rivoluzioni o nei rapidi cam-
no “tutto e subito” e nel contempo vanno a spaccare biamenti sociali c’è chi ci guadagna e c’è chi ci per-
vetrine, a incendiare auto e a praticare l’autoridu- de. Era successo nel 1770 con la prima rivoluzione
zione, insomma distruggono quel po’ di benessere industriale, e succede intorno al 1968. Gli individui si
che ha raggiunto quella che essi considerano la con- muovevano nello sviluppo economico con velocità e
troparte e che alla fin fine sono i loro genitori. I geni- culture diverse. Il “collasso”, cioè la contestazione,
tori avevano tirato la cinghia, avevano usato anche le era inevitabile. Gli operai guadagnavano poco rispet-
“sgalmare”, le scarpe con suola di legno, avevano fat- to ai prodotti che il mercato proponeva loro. Gli stu-
to sacrifici, avevano lavorato sodo e avevano fatto gli denti non avevano nemmeno denaro per fare un ac-
straordinari, per avere la “500” e 10 giorni di ferie per quisto qualsiasi e dipendevano del tutto dalla fami-
tutta la famiglia. La solidità e la serietà dei valori dei glia, e ancora per chissà quanti anni…
contestatori si vede subito: lo Stato versa un po’ di 12. È meglio distinguere la contestazione degli anni
denaro nelle loro tasche, aumentando il pre-salario, e Sessanta e il maggio-giugno parigino del 1968. In-
la contestazione rientra subito, completamente. Non dubbiamente la contestazione confluisce nelle prote-
resta neanche la pratica privata dei “valori” professa- ste di maggio, ma il maggio parigino ha altre cause:
ti. Basta vedere come sono diventati oggi (2022) i la riforma dell’istruzione, che non piace agli studenti
contestatori di ieri e dell’altro ieri. di lettere, gli operai insoddisfatti del salario, l’ecce-
9. Essi vogliono tutto e subito e non dicono mai che zionale alleanza tra studenti universitari e operai che
cosa offrono in cambio. Non aggiungono mai altri va- porta all’occupazione della “Sorbona” e delle fabbri-
lori, oltre queste pretese. Liquidano i problemi con che. A Parigi però compaiono e si scontrano con ma-
frasi campate per aria, con slogan, muovendo l’ac- nifestazioni opposte le due anime della Francia. Quel-
cusa ai “padroni” di sfruttare gli operai, ma essi non la dei contestatori (studenti e operai), che incendiano
sono operai, sono studenti: non lo sanno. La parola le auto, e quella dei francesi, che vogliono normalità,
magica, anzi una delle parole magiche, è sfruttamen- cioè una situazione tranquilla, perché devono andare
to, lo sfruttamento capitalista, un’altra è padrone, a lavorare, altrimenti non si mangia. Così, quando i
un’altra è Servire il popolo, di chiara derivazione ec- secondi protestano e chiedono il ripristino dell’ordi-
clesiastica. Un’altra è lotta di classe o cultura classi- ne, la contestazione rientra nei ranghi con una rapidi-
sta. Un’altra è proletari: Marx e la Scuola di Franco- tà straordinaria.
forte sono saccheggiati. L’ignoranza, l’approssima- 13. Gorio cita alcune parole d’ordine dei contestatori
zione, il rifiuto di studiare, l’auto-indottrinamento so- sessantotteschi: anti-autoritarismo, anti-consumismo,
no la prassi costante. Non sanno che si può consuma- rifiuto della “società borghese”. I contestatori non sa-
re soltanto ciò che si produce. E che perciò si deve pevano nulla su questi argomenti. E reagivano in base
produrre e lavorare 40 ore alla settimana, per ricevere ai loro desideri. La società tradizionale non era auto-
il salario o lo stipendio e per dare al datore di lavoro ritaria, semplicemente aveva un’altra organizzazione,
o all’imprenditore, all’industriale o al piccolo indu- basata sull’obbedienza dei figli ai genitori, perché
striale la prestazione o il servizio o il lavoro che ha non si poteva permettere altri rapporti. La contesta-
acquistato da noi. Eppure le storture c’erano, ma non zione al consumismo era confusa: indicava il contra-
le vedevano: i docenti universitari che propinavano rio, il timore di essere esclusi dal consumismo… La
una cultura ammuffita, inutile, astratta, vecchia di 20 società borghese era organizzata o almeno aveva una
anni e più, che non conoscevano la parola aggiorna- sua organizzazione. I contestatori si limitano a rifiuta-
mento e ripetevano le stesse cose fino alla pensione a re quei valori e quella organizzazione, senza indagare
70 anni, che erano intoccabili e che erano “baroni”. e senza capire che organizzazione significa specializ-
“Barone” è forse l’unica parola decente che i conte- zazione e uso più razionale delle risorse. Si può capi-
statori abbiano detto. Eppure anche qui confondono il re che erano giovani, pieni di sogni, desiderosi di
potere del barone (che criticano) con la competenza cambiare la società e pieni di idee campate per aria.
del docente universitario. Non si chiedono se c’è o Si può capire pure che non erano addestrati a pensare
non c’è, anche se gli studenti non sono certamente e a elaborar dati e che volevano fare la bella vita nel
nella posizione giusta per valutare i docenti. paradiso terrestre, perché tanto pagavano i genitori ed
10. E gli intellettuali a loro favorevoli come a loro il frigorifero era sempre pieno, rifornito quotidiana-
ostili non hanno svolto la loro funzione di chiarire il mente dai marziani. Ma la loro contestazione si basa-
senso, le cause e le sbavature della protesta. Doveva- va sul nulla assoluto, sull’ignoranza più radicale e
no farlo: pensare era il loro mestiere. E le cause erano profonda del proprio mondo. Cogitatio olet, pensare
due: a) il benessere permetteva di protestare e anche puzza, meglio non farlo. Vedersi facilitare l’entrata in
di parlare a vanvera, cosa che prima non era mai stato ambito lavorativo (riforma di Christian Fouchet) è
possibile; e b) i cambiamenti erano stati troppo veloci un’offesa ai loro Nobili Ideali di mantenuti. La socie-
e troppo estesi ed era impossibili correr loro dietro, tà costituita è il male, essi invece sono il bene. Non
assimilarli e assestarsi o assestarli. Bisognava elabo- riescono nemmeno a vedere che, impedendo ai pari-
rare una nuova cultura, una cultura in fretta e furia, gini di lavorare, provocano danni alle famiglie…
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 672
14. “Vietato vietare” è uno degli slogan più dementi possono vantarsi di aver vissuto alcuni mesi appas-
usciti da quei cervelli mal funzionanti. Basta avere tre sionatamente, fuori della fredda logica e della gelida
neuroni per chiedersi che cosa è vietato e per quale e razionale organizzazione della vita. Un ricordo che
motivo è vietato: soltanto in un secondo momento si li accompagnerà nei decenni successivi con un senso
può decidere se il divieto è ragionevole o irragione- di rimpianto. Avevano visto il paradiso terrestre e non
vole. Ad esempio sulle strade è meglio rispettare erano riusciti a rimanervi dentro. L’amore libero, i
scrupolosamente il codice, per evitare di infilarsi in proclami esagitati scritti in ore notturne, la lotta con-
una strada a senso unico e provocare danni a sé e agli tro il potere costituito, la lotta contro la polizia e la
altri. E invece no: il divieto va subito cassato… carica dei celerini, la lotta e il rifiuto delle catene del
15. Un discorso a parte merita la “repressione” ses- passato, un po’ di droga, un po’ di illegalità, il piacere
suale. Repressione? Ma va là! Si trattava invece di della trasgressione, la visione di una nuova società
organizzazione sessuale. È bello frullare, ma se ci futura. Un futuro personale aperto, diverso dal rullino
scappa un figlio, il figlio si deve mantenere. Uno stu- di marcia della società dei genitori. E, ancora, la gio-
dente non lavora, suo figlio va a pesare sulle spalle vinezza, il tempo libero, lo studio, l’auto-plagio, l’eb-
dei genitori: possono mantenerlo facilmente o no? E brezza del primo bacio e della prima frullata e poi
un figlio assorbe moltissimo tempo e moltissimo de- della seconda. La vita gioiosa sulla punta del pene e
naro. L’organizzazione tradizionale “borghese” pre- della clitoride. Questo fu il Sessantotto.
vedeva che ti cercavi la morosa, ti cercavi un lavoro, 17. C’è ancora un problema da chiarire: i contestatori
ti sposavi, andavi ad abitare per i fatti tuoi, poi frulla- si erano lavati il cervello con la rivoluzione sessuale
vi e ti organizzavi in modo che un figlio non fosse un di Wilhelm Reich (Psicologia di massa del fascismo,
peso insostenibile. I bravi contestatori non sanno che 1933; e La rivoluzione sessuale, 1930-34) e con il
chi voleva si prendeva pure l’amante (se la poteva Marxismo, che aveva una visione conflittuale della
mantenere) o frequentava donne disponibili ad aprir società (Il manifesto dei comunisti, 1848; Mao Ze-
le gambe a pagamento… Si frulla dentro il matrimo- dong, Libretto rosso o Il libro delle guardie rosse,
nio o dentro il rapporto stabile, e il matrimonio nelle 1963), appunto la lotta di classe. La domanda è: gli
previsione deve durare a lungo. Il divorzio è per i ric- studenti avrebbero ottenuto di più o di meno con altre
chi, è una soluzione troppo costosa. E poi le coppie strategie? Ad esempio, banalmente, parlando con i
erano complementari: lui aveva bisogno di lei (non loro genitori e chiedendo alla controparte, allo Stato,
sapeva cucinare né stirare) e lei di lui (aveva bisogno stabilendo che cosa potevano avere e che cosa pote-
di sicurezza e di un uomo che la proteggesse). Povero vano dare in cambio. In ogni caso i testi di Reich era-
Wilhelm Reich (1897-1957), quante stupidaggini hai no vecchi di 30 anni, quello di Marx di 110 anni…
scritto sulla libertà sessuale! Nessuno lo ha mai invi- 18. A distanza di 54 anni (2022) non c’è ancora una
tato a suicidarsi! riflessione né un consuntivo soddisfacente del mag-
16. I contestatori volevano adattare la società, l’eco- gio 1968 e della contestazione giovanile. E allora ci
nomia, la cultura alle loro esigenze, anche se era più accontentiamo della ricostruzione e della valutazione
semplice fare il contrario. Ma è della natura umana di Nino Gorio sul “Sole24Ore” (2008), qui sotto, che
essere egoista ed egocentrica. Momenti magici sono ci sembra ottima e pure condivisibile. E dovrebbe es-
un film e un concerto. Il film è di Denis Hoppper- sere chiaro, ma è meglio dirlo esplicitamente, che cri-
Peter Fonda, Easy Rider (Libertà e paura o Vita va- ticare i contestatori non significa schierarsi con la
gabonda), USA, 1969. È modestissimo, ma diventa controparte, come in genere si pensa e i contestatori
un simbolo per i giovani di tutto l’Occidente, com- pensano. I punti di vista possono essere infiniti.
presi i giovani rivoluzionari di Sinistra: due motoci- -----------------------------I☺I-----------------------------
clette potenti e costosissime, comperate con i soldi
ricavati dalla vendita della cocaina, un po’ di droga,
un vago “amore libero” pieno d’inibizioni e tabù, un
viaggio sconclusionato dentro e fuori di se stessi, che
attraversa l’America da Los Angeles alla Louisiana.
E alla fine del viaggio arriva il borghese cattivo con il
fucile, che ammazza i due cappelloni, soltanto perché
hanno i capelli lunghi. Un motivo mai preso in consi-
derazione dagli scrittori di gialli. Il concerto è il Fe-
stival of Woodstock, 3 Days of Peace & Rock Music
(Woodstock: tre giorni di pace e di musica rock),
Bethel, New York, 15-18.08.1969. I giovani che non
riescono ad andarci di persona, lo vedono qualche
mese dopo al cinema. Si può aggiungere pure un film
italiano girato per gli USA: Michelangelo Antonioni,
Zabriskie Point (USA, 1970), stroncato (giustamente)
dalla critica americana per trama esile e fotografia
provinciale. Comunque sia, i contestatori del 1968
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 673
Nino Gorio, Maggio ‘68: quel mese di corteo di entrare a forza nella Facoltà di architettura,
fuoco che incendiò Parigi, 28.04.2008 presidiata dalla polizia.
In principio fu Nanterre, poi venne la Sorbona e infi- Ma torniamo alla Francia, che arrivò ultima sulla
ne il resto della Francia, che per più di un mese scena del Sessantotto, per diventarne però la primat-
piombò in un clima insurrezionale, con occupazioni, trice. Il 2 maggio, dopo 40 giorni di occupazione,
cortei, scontri e barricate ovunque. Fu una quasi- l’Università di Nanterre fu sgomberata dalla polizia.
rivoluzione, che dalle università si estese alle fabbri- La prova di forza ebbe l’effetto opposto dal voluto;
che, facendo scricchiolare la Quinta Repubblica. Tut- infatti l’indomani gli studenti sloggiati si trasferirono
to ciò accadeva 40 anni fa: era da un secolo che Pari- alla Sorbona e contagiarono la maggiore università
gi non vedeva niente di simile [dal 1870, Comune di parigina coi loro slogan perentori: “L’immaginazione
Parigi]. Poi Charles De Gaulle, “padre della patria”, al potere”, “Tutto e subito”, “Vietato vietare”. A gui-
andò in Tv, lanciò un appello alla nazione, indisse le darli era un anarchico nato tedesco: Daniel Cohn-
elezioni e sbaragliò tutti: barricate e partiti avversari. Bendit [1945], detto Dany il Rosso.
La situazione precipitò subito: lo stesso 3 maggio la
L’hanno chiamato “maggio francese”, perché la fase polizia circondò la Sorbona e ci furono i primi scon-
acuta della rivolta iniziò il 3 maggio, con i primi tri; il 7 e l’8 grandi cortei attraversarono Parigi; il 10
scontri alla Sorbona. Ma è un nome improprio, per- nel Quartiere Latino (il rione dell’università, a sud
ché in realtà il “maggio” iniziò a marzo e finì in giu- della Senna) sorsero barricate e per tutta notte le vie
gno. Mese o quadrimestre che fosse, quel periodo fu divennero un campo di battaglia, con centinaia di fe-
il clou del Sessantotto europeo, dove “Sessantotto” riti. Il giorno 13 la rivolta toccò l’apice: mentre un
va scritto, come d’uso, in lettere e con la “S” maiu- manipolo di studenti occupava la Sorbona, 800 mila
scola, perché non indica solo una data, ma anche scioperanti bloccavano Parigi, sfilando al grido di
quell’eterogeneo movimento giovanile che attraversò “Ce n’est qu’un debut, continuons le combat” (“È so-
mezzo mondo, segnando – nel bene e nel male – lo l’inizio, continuiamo la lotta”).
un’intera generazione.
Ormai il “maggio” non era più solo una rivolta di
Perché la rivolta? La miccia che innescò l’incendio fu studenti: la protesta universitaria si era saldata con
una riforma, proposta da Christian Fouchet (ministro vertenze contrattuali di varie categorie, creando una
dell’Educazione nel governo gollista di Georges miscela esplosiva che sfuggiva di mano anche alla
Pompidou), che tendeva a creare un legame stretto fra Cgt, la Cgil francese. Fuori Parigi si moltiplicavano
università e mondo produttivo. All’inizio del 1968 il le fabbriche occupate: il 14 erano solo due, a Nantes e
progetto, definito “tecnocratico”, creò diffusi malu- in Lorena; ma il giorno dopo divennero 50, sparse in
mori, soprattutto nelle facoltà umanistiche, che si sen- tutto il territorio nazionale. Il 20 fu occupato anche il
tivano marginalizzate. Il 22 marzo si registrò un pri- porto di Marsiglia. E il 21, mentre alla Sorbona par-
mo atto di protesta: circa 200 studenti occuparono la lava Jean-Paul Sartre [1905-1980], un nuovo sciopero
Facoltà di lettere dell’Università di Nanterre, sobbor- coinvolse ben 7 milioni di persone.
go di Parigi.
Il “maggio” era sempre più eversivo per la Francia
Ma Fouchet era solo una miccia casuale: già dal 1967 gollista. Eversivi erano non solo gli atti di violenza,
tutti gli ambienti giovanili d’Europa erano in fermen- né solo i danni economici: tale era anche l’atteggia-
to. Motivi: sovraffollamento delle università, incer- mento irridente con cui i ribelli della Sorbona tratta-
tezza degli sbocchi professionali, crisi dei valori tra- vano istituzioni e modelli di comportamento tradizio-
dizionali, scarso ricambio nelle classi dirigenti. In nali. Nei cortei sfilavano ragazze a seno nudo, con
Germania l’epicentro del movimento era Berlino berretto frigio in testa e bandiera rossa in mano, cari-
Ovest, patria di Rudi Dutschke [1940-1979], capo ca- cature di Marianne1, icona femminile della “Republi-
rismatico degli studenti di sinistra. Quanto all’Italia, que”. E nel Quartiere Latino nuove targhe ribattezza-
tutto era iniziato a Trento, dove gli studenti avevano vano le vie: boulevard St-Michel divenne in quei
occupato la Facoltà di sociologia con mesi di anticipo giorni “rue du Vietnam héroique”.
rispetto ai loro omologhi di Nanterre.
Poi il vento cambiò, i cortei si assottigliarono e in
Articolati in gruppi diversi, i vari movimenti del- piazza cominciò a scendere tutta un’altra Francia,
l’Europa Occidentale erano accomunati da alcune pa- quella che chiedeva normalità. Il giorno di svolta fu il
role d’ordine: anti-autoritarismo, anti-consumismo, 25, quando si registrarono i primi due morti dall’i-
rifiuto della “società borghese”. Da una certa fase in nizio degli scontri, un poliziotto e un manifestante. Il
poi li accomunò anche una diffusa violenza, sia infer- colpo di grazia arrivò il 26, quando i francesi si senti-
ta che subita. La Germania vide scorrere il primo rono dire che la benzina doveva essere razionata, per
sangue l’11 aprile con un attentato a Dutschke. L’Ita-
lia ebbe il battesimo del fuoco il 1° marzo, con la 1
[La Marianne nel quadro di Eugène Delacroix, La Libertà
“battaglia di Valle Giulia”, nata dal tentativo di un che guida il popolo, 1830.]
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le difficoltà di rifornimento create da scioperi e di- “sovraffollamento delle università, incertezza degli
sordini. Morale: il giorno 30 un nuovo, imponente sbocchi professionali, crisi dei valori tradizionali,
corteo attraversò Parigi; non reclamava “tutto e subi- scarso ricambio nelle classi dirigenti”. I rinnovi con-
to”, bensì “ordine subito”. trattuali fanno sì che le proteste di studenti e operai si
uniscano e si amplifichino. Peraltro accanto al motivo
Così, mentre il socialista François Mitterrand, princi- occasionale c’era una cultura della contestazione che
pale leader di opposizione, chiedeva un governo di ormai aveva attecchito e che all’occasione sarebbe
unità e pacificazione nazionale, De Gaulle fiutò l’aria emersa o esplosa. Ma la contestazione e gli scioperi
favorevole e spiazzò tutti: apparve in Tv, sciolse trovano l’ostilità di coloro che devono andare a lavo-
l’Assemblea nazionale (Camera) e convocò nuove rare, che fanno una contro-protesta. Alla fine il crollo
elezioni per fine giugno. Alla Sorbona ci furono alcu- improvviso (o il collasso) della contestazione studen-
ni colpi di coda, ma ormai il futuro era segnato: alle tesca. E un rafforzamento del governo in carica.
elezioni il partito gollista Udr fece il pieno, portando 3. Sia chiaro: capire la società e l’economia era diffi-
a casa 297 seggi su 487. De Gaulle aveva stravinto: cile, e gli studenti erano giovani e non avevano capa-
oltre alle barricate aveva spazzato via anche l’op- cità analitiche. Potevano inventarsi soltanto degli slo-
posizione parlamentare. gan oppure auto indottrinarsi con opere semplici e di
successo come quelle di Marcuse e della Scuola di
Commento Francoforte. D’altra parte la storia dei movimenti di
1. La rivoluzione o (se la parola non piace) i cambia- opposizione dimostrava che i rivoluzionari mai ave-
menti non si possono fare con gli slogan che suonano vano elaborato analisi socio-economiche che permet-
bene come “L’immaginazione al potere”, “Tutto e tessero una strategia vincente. La loro cultura era ar-
subito”, “Vietato vietare”. Servono ben altre analisi e retrata o proveniva dalla Chiesa, e le loro idee erano
ben altre proposte. Magari poteva essere utile capire i velleitarie e del tutto campate per aria. Basta ricorda-
motivi della controparte: lo Stato, i “padroni”, i limiti re il fallimento in Italia dell’occupazione delle fabbri-
del salario o dello stipendio e, in particolare, che cosa che o “biennio rosso” (1919-20).
aveva bloccato la comunicazione tra una generazione 4. Gorio ha ricostruito bene la protesta e i motivi del-
e l’altra, tra i figli e i padri. Ma la fretta di cambiare la protesta, ma non è un generale che deve esaminare
fa dimenticare queste regole basilari. Gli studenti pro- il campo di battaglia per conseguire la vittoria. È un
testano (i motivi riportati dal giornalista sono seri e giornalista, che fa bene il suo lavoro e descrive bene
condivisibili), ma non trovano orecchi che li ascolta- gli avvenimenti, indicando cause e conseguenze.
no: la controparte non li può capire. I padri pensava- Neanche i contestatori sono stati dei generali: si com-
no di aver dato ai figli tempo libero, diritto allo stu- batte per vincere o per spuntar qualcosa, non per farsi
dio, l’iscrizione all’università, un po’ di benessere, caldo. Ma non lo sapevano e pretendevano di avere
l’auto di famiglia e 10 giorni di vacanza. Sono fieri tutto e di cambiare tutto. Una semplice contro-
del loro lavoro, sono stati realisti, hanno lavorato, manifestazione mette fine a tutte le velleità studente-
hanno prodotto ed hanno avuto. E i figli disprezzano sche. Il generale De Gaulle ha colto al volo l’occa-
e contestano tutto questo. Disprezzano il consumismo sione di vincere, preparata da altri.
(a parole, ma si comportano come la volpe e l’uva 5. La storia è paradossale: la contestazione ha per-
acerba), e non sanno che consumismo (o quello che messo alla controparte (Stato e industria) di riorga-
è) significa più posti di lavoro agli operai. Significa nizzarsi e di aggiornarsi. Le idee rivoluzionarie pos-
recuperare una ideologia, quella del non consumo sono aprire mercati di nicchia, come le magliette con
(non si tratta del risparmio, del risparmio delle risor- l’immagine di Che Guevara, nuove mode e nuovi
se), che veniva proposta dalla Chiesa cattolica e pra- monili. E incrementare il consumismo. Le mode sono
ticata dai fedeli, volontariamente e pure involonta- passeggere, cambiano spesso, e riguardano prodotti
riamente, perché l’economia produceva poco, e il di- effimeri, di costo contenuto e di bassa qualità, adatti
giuno, l’astinenza, il non consumo permettevano che alle fasce d’età studentesche, che hanno modesto po-
anche gli emarginati mangiassero. Permettevano pure tere d’acquisto. E le imprese possono lavorare a ciclo
di sopportare la fine dell’inverno e delle risorse ali- continuo.
mentari (i digiuni in Quaresima). In tal modo si ridu- -----------------------------I☺I-----------------------------
cevano i conflitti sociali. La contestazione è velleita-
ria e fallisce perché non si basa su una decente cono-
scenza della realtà e della storia. ma si potrebbe in-
terpretare in modo banale come un fine settimana di-
verso dal solito.
2. Gorio ha lavorato bene, si è posto le domande per-
tinenti e vi ha risposto: “Perché la rivolta? La miccia
che innescò l’incendio fu una riforma, […] che ten-
deva a creare un legame stretto fra università e mon-
do produttivo”. Le facoltà umanistiche si sentono pe-
nalizzate e iniziano a protestare. I motivi sono seri:
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Due fili conduttori delle canzoni politiche: indulgenti se gli operai non sanno queste cose, ma i
lo sfruttamento degli operai e l’abolizione loro sindacati dovrebbero saperle.
dei confini tra Stati, 2020 L’idea di operai e sindacati è quindi quella di elimi-
nare il padrone e in tal modo si elimina lo sfruttamen-
Vale la pena di raccogliere i versi delle canzoni che to, la merce resta agli operai che (si suppone) la ven-
riguardano due temi: 1) lo sfruttamento degli operai dono. E allora come funzionerà la produzione? La
da parte dei “padroni” (latifondisti, industriali o im- fabbrica funziona soltanto con gli operai, non serve
prenditori) e 2) i confini tra gli Stati (1871-1973). nessun altro, né ingegneri, né fornitori, né segretarie,
Operai, sindacati e partiti vogliono il lavoro in pace e né donne delle pulizie. Tutti costoro sono inutili (ma
libertà, anzi vogliono che tutti si identifichino nel la- non sono posti di lavoro che saltano?). Questo però è
voro. Ma accanto a questa idea positiva di lavoro ce soltanto un pio desiderio, a cui operai, intellettuali,
n’è un’altra: il lavoro è sfruttamento, il padrone ti sindacalisti e partiti di Sinistra non hanno mai rinun-
sfrutta come una bestia. Anzi la merce è prodotta da- ciato. Ugualmente hanno sempre rinunciato a studiare
gli operai, quindi spetta tutta agli operai. Il padrone l’economia classica e i testi di economia, che propo-
non lavora, se ne sta in pantaloni bianchi e bastone. nevano teorie ben diverse. Bastava fare una fabbrica
Perciò a lui non spetta niente.Marx aveva dimostrato in miniatura e farla funzionare, per capire come fun-
“scientificamente” che il profitto era il furto del capi- zionava e che cosa faceva l’imprenditore con gli in-
talista ai danni degli operai. L’occupazione delle fab- gegneri e gli altri esperti. Ma è meglio non controlla-
briche (“biennio rosso”, 1919-20) si spense da sola. re. L’ignoranza è la più grande virtù rivoluzionaria.
A dire il vero, gli operai hanno firmato un contratto
per essere assunti: 40 ore lavorative in cambio di un Qualcosa di simile succede anche per il tema dello
salario preciso. Se c’erano rimostranze, si dovevano Stato e dei confini. Lo Stato è al servizio del padrone,
fare in questo momento e anche si doveva rifiutare e e allora eliminiamo lo Stato e immaginiamo tutti i la-
non firmare il contratto. E invece no. Questi accordi voratori uniti contro gli Stati. Eliminiamo perciò an-
sono subito dimenticati a favore della tesi che la mer- che i confini. Immaginiamo la Terra senza Padroni e
ce è prodotta dagli operai e che quindi spetta intera- senza Stati. Possiamo immaginare anche un’astro-
mente a loro. E alla produzione non ha contribuito nave che fa il giro della galassia. Conveniva cercar di
nessun altro: né il padrone che ha investito denaro e sapere che cos’è lo Stato, che cosa fa, a che cosa ser-
comperato capannone e attrezzature, né il progettista ve, perché tassa tutte le merci, i redditi e pure le ere-
dell’organizzazione del lavoro, né il progettista della dità, che cosa sono i confini e a che cosa servono.
merce, né la segretaria che fa salari e stipendi, né le Eppure sulla busta paga sono segnate le trattenute per
donne delle pulizie, né i fornitori… Gli operai vivono la pensione, le tasse sanitarie, il reddito ecc., entrate
in fabbrica, ma non conoscono la fabbrica, non hanno che poi lo Stato spende per fornire i servizi. Nessuna
occhi per vedere. Il lavoro è soltanto il loro lavoro, domanda, nessuna risposta. I confini servono soltanto
non ci sono altri tipi di lavoro. per impedire ai lavoratori di unirsi agli altri lavorato-
Si potrebbe dire che queste idee sono inoffensive, ri. Non passa neanche per la mente che gli altri lavo-
perché si trovano in una canzone o che sono le verità ratori siano tali soltanto di nome ma che facciano la-
che si dicono al bar e si dimenticano subito. Si po- vori diversi in ambienti e in società diverse. Non pas-
trebbe dire che sono le idee degli operai e non dei lo- sa nemmeno per la mente che possano essere sì lavo-
ro sindacati… In realtà anche i sindacati le condivi- ratori, ma concorrenti. Il desiderio di eliminare i con-
dono. Il problema è che esse fanno vedere la fabbrica fini (di cui non si vede alcun uso…) fa poi sorridere.
e la produzione in modo scorretto e distorto, e ciò Tutti i commercianti sarebbero ben contenti di elimi-
porta a un rapporto o a una strategia sbagliati verso il narli: fanno perdere tempo, sulla merce esportata de-
“padrone”. vono pagare una tassa, che incide sui costi di produ-
Non è educato dare del ladro o dello sfruttatore al zione… Anche qui l’ignoranza è la più grande delle
“padrone” (che non è considerato tale da tempi im- virtù rivoluzionarie.
memorabili!), anzi conviene riconoscergli un qualche
merito o diritto. Ha investito e lo ha fatto per aumen- Le affermazioni sono sempre campate per aria. Nien-
tare la sua ricchezza, e ciò è legale, riconosciuto dalle te Padrone, niente Stato, niente confini, la concorren-
leggi esistenti. E ha creato pure posti di lavoro. za non esiste, neanche le tasse, e tutta la merce è subi-
Il “padrone” poi deve sottostare a numerosi vincoli: to venduta. E ci si può abbandonare a slogan fantasti-
essere in attivo (altrimenti è costretto a licenziare), ci e demenziali: come “la terra è di tutti”, “la terra è
pagare le tasse, costituire degli ammortamenti perché proprietà di tutti gli uomini”, un diritto che non è sta-
l’attrezzatura e le macchine si consumano, avere con- to mai riconosciuto; o “la casa è di chi l’abita”, caso
sulenti vari, fare o far fare ricerche di mercato, vende- mai doveva essere di chi l’ha costruita e chi la voleva
re il prodotto, preoccuparsi della concorrenza, fare abitare doveva comprarla o prenderla in affitto. I ri-
pubblicità, non restare mai senza denaro liquido. An- voluzionari negano il diritto tradizionale, quello dei
che frodare il fisco o spostare altrove la sede dell’a- codici, dicendo che fa gli interessi dei borghesi, che i
zienda, se si pagano meno tasse… Possiamo essere borghesi hanno soltanto diritti e nessun dovere, men-
tre gli operai hanno tutti i doveri e nessun diritto.
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Fandonie. Ma nello Stato socialista o comunista esi- ritardo (1968-82).
sterà la legge o no? Esisteranno i codici delle leggi o
no? O la dittatura del proletariato risolverà tutti i pro- Il linguaggio economico e politico adoperato è
blemi? Con il senno di poi si può vedere che cosa è sempre povero ed approssimativo:
successo in URSS (1917-1991) e che cosa sta succe- anarchia e distruzione dello Stato
dendo in Cina (1948-2021). Ma nessuno lo fa. avversario
Il problema dei confini e dello Stato si mescola con bracciante
un altro problema, che risale ancora ai padri del pen- casa=è di chi l’abita
siero socialista, comunista e anarchico: Marx-Engels chi sta in ozio=il padrone, che non lavora
e Michail Aleksandrovič Bakunin (1814-1876). I pri- cittadino
mi vogliono la conquista dello Stato e la dittatura del compagno
proletariato. Poi lo Stato sarà eliminato, sostituito da Comunismo e dittatura del proletariato
non si sa che. Sicuramente esso scomparirà prima confini tra gli Stati
delle calende greche. Bakunin invece era per l’imme- contadino=agricoltore
diata distruzione dello Stato e per una società libera e crumiro=chi non sciopera
autogestita. Sicuramente, una volta andati al potere, i diritti (i) dei lavoratori
comunisti avrebbero mantenuto lo Stato, perché face- falce e martello
va i loro interessi (come è accaduto). E, se lo Stato fannullone=il padrone, che non lavora
fosse stato conquistato, poi abbattuto e sostituito da fede nell’ideale
micro-comunità autogestite, l’economia sarebbe ri- fratello e sorella=termini ecclesiastici
masta soltanto locale e sarebbe divenuta ingestibile frontiere=i confini tra gli Stati
sulle grandi aree: un suicidio. Erano idee balzane e furto=profitto
campate per aria, ma qui sono importanti perché i guerra civile
gruppi extra-parlamentari di Sinistra le fanno proprie guerra proletaria
e si organizzano per la lotta armata contro lo Stato. guerra senza frontiere
Per gioco, immaginiamo che il progetto di un’auto- insurrezione
strada da Torino a Palermo debba passare attraverso ladro=il padrone, che deruba l’operaio della merce
l’approvazione di migliaia di comunità autogestite: lavoro (il) del bracciante o dell’operaio (e basta)
non si troveranno d’accordo nemmeno alle calende lavoro (il) intellettuale=non esiste
greche. Invece, imposta dallo Stato e finanziata con le lavoro (il) manuale=l’unico che esista
tasse dei cittadini, l’autostrada si fa, e con vantaggio lavoro salariato=sfruttamento
di tutti. Lo Stato vede più in là delle singole comunità libertà dallo sfruttamento
locali. Nel 1494 l’Italia era disarmata e disunita ed è licenziamento
preda dei più forti e organizzati Stati europei. Riac- lotta di classe, prevista da Karl Marx (1818-1883)
quista l’indipendenza soltanto nel 1870. lotta armata contro lo Stato (Italia, 1971-82)
Dire che le idee sono balzane è ancora un compli- maltolto=il profitto, rubato dal padrone agli operai
mento. Dire, per non sprecar tempo, che con il senno mondo intero=la patria dei lavoratori
di poi i fatti lo dimostrano è ancora insufficiente. Bi- nemico=lo Stato, la borghesia, il padrone
sogna capire che già una banale analisi teorica mo- pace e lavoro=gli ideali di rivoluzionari e lavoratori
strava che quella strada era impraticabile: Lenin ave- padrone=proprietario terriero, industriale
va un buon partito e una buona organizzazione alle partito (dei lavoratori)
spalle e poteva contare pure su una società e un pote- patria=per gli operai il mondo intero
re costituito in crisi. I rivoluzionari italiani degli anni profitto=furto del padrone a danno degli operai
Settanta sono tre gatti e non hanno la classe operaia popolo=i lavoratori, esclusi i padroni sfruttatori
con loro. Gli operai lavorano, guadagnano, spendono, proletari, operai, lavoratori, braccianti
acquistano la “500” e vanno in vacanza almeno due proprietà (la)=è un furto (Pierre-Joseph Proudhon)
settimane all’anno. Non possono essere favorevoli a ribelle=contestatore dell’ordine costituito
nessuna rivoluzione, che avrebbe sicuramente abbas- ribellione=contestazione dell’ordine costituito
sato il loro tenore di vita. Sì, Bandiera rossa diceva rivoluzione e presa violenta del potere
che tuona il cannone, ma l’inno era del 1908, in ben salario=la paga degli operai
altra situazione storica. Lo Stato era forte e aveva di- sciopero=astensione dal lavoro contro il padrone
pendenti: dopo la rivoluzione che fine avrebbero fatto servire il popolo=termine ecclesiastico
i dipendenti statali, che non erano operai e che, salvo sfruttamento del padrone a danno del lavoratore
errori, dovevano mangiare pure loro? E le camere di sfruttato=il lavoratore
commercio? E moltissime professioni, dall’avvocato signori, signoroni= i padroni che non lavorano
al pittore all’imbianchino? Tuttavia la risposta è sem- socialismo e libertà
plice: i rivoluzionati non vedono alcuno di questi società senza classi
problemi. Sono invasati, vorrebbero vivere o rivivere sol (il) dell’avvenir
la grande stagione rivoluzionaria della Russia (1917) speranza nel futuro=termine ecclesiastico
e sentirsi intrepidi rivoluzionari, ma sono arrivati in Stato=uno dei nemici dei lavoratori
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sudore=la fatica del lavoratore “Terra (La) è di tutti!” (1901)
terra (la)=è di chi la lavora “Terra (La) non appartiene che agli uomini!” (1871).
tiranni de l’ozio e de l’or (=ricchezza)
uomini (gli)=sono tutti uguali Vero o no, ma da millenni esiste il diritto, che stabili-
sce ciò che è tuo e ciò che è mio. E poi c’è terra e ter-
La maggior parte dei termini è emotiva, da bar o da ra: c’è la terra fertile e la terra paludosa. E c’è pure
linguaggio comune, non è tecnica. Per le canzoni si chi nasce vicino alla prima e chi vicino alla seconda.
può essere indulgenti, ma non per gli altri testi. Chi ha un padre ricco e chi un padre povero. Chi ha
Dietro la terminologia sta l’ “errore dell’orologio”: un padre intelligente e chi ha un padre stupido. Lo
vedo l’esterno dell’orologio e penso che l’orologio stesso vale per la madre. Poi il patrimonio si lascia in
sia tutto quel che vedo. E invece no: la parte più im- eredità ai figli. E oltre a ciò gli slogan intendono so-
portante è dentro e non si vede. Si chiama anche “er- stituirsi al diritto positivo! Una follia. Così pure l’idea
rore della falsa esperienza (o empiria)”: vedo di pas- che la casa sia di chi l’abita e la terra di chi la lavora.
saggio il padrone con il bastone e penso che non la- È pure probabile che i lavoratori europei abbiano in-
vori. È anche vestito bene. Mi arrabbio: io sto sudan- teressi diversi dai lavoratori del Brasile o dell’Amaz-
do e lavorando. Per lui. E lui veste tutto elegante. zonia. Ma anche i braccianti dovrebbero avere inte-
Dimentico che mi paga. Non capisco che sta uscendo ressi diversi dai minatori.
per andare in centro città, a sbrigare le sue faccende. La proprietà è un furto, d’accordo, ma a danno di chi?
Né interpreto correttamente il bastone: è vecchio e Ovviamente esiste uno straordinario strumento per
sciancato. parlare e discutere: la telepatia e un esperanto univer-
Un altro errore è quello dell’ipostatizzazione: lo Stato sale, che permette agli operai di comunicare, di orga-
è trasformato in una persona che si può aggredire con nizzarsi e di capirsi… A parte le impossibilità lingui-
le armi o con la falce e il martello. Ma no!, il termine stiche e le difficoltà tecniche (ieri come oggi), non si
indica una realtà molto complessa e perciò è utile un capisce l’utilità che operai tedeschi si uniscano a ope-
termine riassuntivo! rai o a braccianti messicani e a operai o a contadini
giapponesi o cinesi o siberiani. Una cosa si fa se con-
Ci sono poi molte metafore: viene, se è utile, perché ogni cosa costa tempo e de-
naro. Le organizzazioni internazionali dei lavoratori
Ma, se i corvi e gli avvoltoi poi son sempre fallite (1864-76,1889-1916, 1919-43).
un mattino scompariranno, Un bravo rivoluzionario non impara nulla dall’espe-
il sole brillerà per sempre! rienza passata.
“Ma, se i corvi e gli avvoltoi…”: il paragone è insen- Gli strumenti per abbattere lo Stato, il Sistema o i
sato perché corvi e avvoltoi non scompariranno. Gli “padroni” (1968-82) sono:
avvoltoi poi non vivono in Europa. E la congiunzione
“se” indica semplice possibilità teorica. bottiglie molotov (si costruiscono in casa)
Con la falce si andava a mietere il grano (fino al caschi da ciclista e passamontagna
1960). Il martello era uno strumento da falegname o chiavi inglesi
da fabbro. Ma i simboli sono rimasti… falce e martello
I re sono soltanto coloro che hanno la corona in testa. guerra civile
E i ricchi sono i banchieri, gli industriali o i commer- lotta armata
cianti, anche gli antiquari e qualche artista. manifestazioni
metodi didattici: rapimenti e spari alle gambe
Proposte campate per aria o semplici slogan: pistole e fucili
sciopero continuo
“Fannullone (Il) sloggerà (=il padrone andrà via)” (1871) spranghe o manici di picconi
“Frutto (Il) del lavoro andrà a chi lavora!” (1908) Un anarchico che vuol redimere il mondo lascia per-
plessi. È Pietro Gori, Inno del primo maggio (1892).
“Nessuno più al mondo dev’essere sfruttato!” (1966) Il linguaggio ecclesiastico era la norma tra i rivolu-
zionari e le masse socialiste e anarchiche. Le idee e i
“Proletari di tutto il mondo, unitevi!” (1848) valori provenivano dalla Chiesa cattolica, all’interno
della quale i rivoluzionari hanno fatto un lungo tiro-
“Proprietà (La) è un furto!” (1840) cinio, ieri come oggi. “Servire il popolo” è un’altra
idea proveniente dalla Chiesa, che forniva effettiva-
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mente servizi alla popolazione e li fornisce fino al Francesco Giuseppe Bertelli (1836-1919), Dimmi,
1960. I rivoluzionari si sono fatti plasmare o plagiare buon giovine, 1873
dalla Chiesa, ma la colpa non è della Chiesa, bensì
della loro incapacità di capire. Scappano di sacrestia, Dimmi buon giovine / così giocondo,
ma sono soltanto preti scappati, apostati, che hanno tuo dio, tua patria / dimmi qual è?
perso la fede e cercano disperatamene un’altra fede. Adoro il popolo / mia patria è il Mondo,
Nei commenti alle canzoni la terminologia ecclesia- il pensier libero / è la mia fe’.
stica è sempre stata indicata. Si può sintetizzare:
Filippo Turati-Zenone Mattei, Inno dei lavoratori,
fede 1886
fratelli e sorelle, poi compagni e compagne
nome (il) santo d’anarchia […]
pace, pace e lavoro come i bruti d’un armento
partito=Chiesa siam sfruttati dai signor.
precursore
redenzione I signor per cui pugnammo (=lavorammo)
redimere il mondo ci han rubato il nostro pane,
santa libertà dell’anarchia […]
speranza (la) nel sol dell’avvenir
schianto (lo) redentore della dinamite! Ogni cosa è sudor nostro,
[…]
Sarebbe opportuno conoscere l’estrazione sociale e la
cultura di questi rivoluzionari. Ma le loro analisi fan- I confini scellerati
no acqua, sono inadeguate e insoddisfacenti. E così cancelliam dagli emisferi;
pure i loro strumenti di lotta. Al massimo essi si di- i nemici, gli stranieri
vertono a giocare a guardie e ladri con le pistole e il non son lungi (=lontani) ma son qui1.
manganello in mano. E proveranno grandissime emo-
zioni a sprangare, a manifestare, a gambizzare, a vi- Pietro Gori (1865-1911), Inno del primo maggio,
vere da clandestini. Risultano in ogni caso socialmen- 1892
te e culturalmente emarginati. Si sono auto-intossicati
con le loro letture politiche. E sarebbe pure interes- Innalziamo le mani incallite
sante vedere poi che fine hanno fatto sia i prodi con- e sian fascio di forze fecondo,
dottieri, sia la massa minuta dei soldati. Una facile noi vogliamo redimere il mondo
previsione: i capi hanno avuto successo, i soldati sono dal tiranni de l’ozio e de l’or.
rientrati nell’anonimato della vita normale.
Pietro Gori (1865-1911), Addio a Lugano, 1895
In 100 anni il pensiero socialista non ha modificato le
sue tesi (1871-1973). Un atteggiamento davvero rivo- Ed è per voi sfruttati,
luzionario. per voi lavoratori,
------------------------------I☺I----------------------------- che siamo ammanettati
al par dei malfattori.
Internazionale, 1871
Pietro Gori (1865-1911), Stornelli d’esilio, 1895-98
[…] il ladro (=il padrone) renda il maltolto
e respiri l’aria della galera, Nostra patria è il mondo intero,
[…] nostra legge è la libertà
nessun dovere è imposto al ricco (=e le tasse?), ed un pensiero
[…] ribelle in cor ci sta.
i re della miniera e della ferrovia […]
mai hanno fatto altra cosa Dovunque uno sfruttato si ribelli,
che derubare il lavoro (=i lavoratori). noi troveremo schiere di fratelli.
[…]
Operai e contadini, noi siamo Sciur padrun da li beli braghi bianchi, 1900ca.
il gran partito (=movimento) dei lavoratori.
La terra non appartiene che agli uomini. Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
Il fannullone sloggerà, [e ugualmente] foera li palanchi, foera li palanchi,
quanti si nutrono della nostra carne. sciur padrun da li beli braghi bianchi,
Ma, se i corvi e gli avvoltoi
un mattino scompariranno,
il sole brillerà per sempre! 1
L’autore è andato a controllare lungi, lontano, che è così.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 679
foeri li palanchi (=moneta del tempo), Dimmi, bel giovane, 1920
c’anduma a cà (=che andiamo a casa).
Dimmi, bel giovane, / onesto e biondo,
Internazionale, 1901 dimmi la patria / tua qual è.
Adoro il popolo, / la mia patria è il mondo,
non più servi, non più signor; il pensier libero / è la mia fe’ (=fede).
[…]
Lottiam, lottiam!, la terra sia Giuseppe Raffaelli-Giuseppe Del Freo, Figli
di tutti eguale proprietà1, dell’officina, 1921
più nessuno nei campi dia
l’opra ad altri che in ozio sta (=il padrone). La guerra proletaria,
guerra senza frontiere3,
Se otto ore vi sembran poche, 1906 innalzeremo al vento
bandiere rosse e nere (=dell’anarchia).
E noi faremo come la Russia,
chi non lavora non mangerà; Paolo Pietrangeli (1945-2021), Contessa, 1966
e quei vigliacchi di quei signori
andranno loro a lavorar. Che roba, contessa,
all’industria di Aldo
Carlo Tuzzi (1863-1912), Bandiera rossa, 1908 han fatto uno sciopero
quei quattro ignoranti,
Il frutto del lavoro a chi lavora andrà! volevano avere i salari aumentati,
[…] gridavano – pensi! – di essere sfruttati.
non più nemici, non più frontiere2 […]
con ai confini rosse bandiere, E voi gente per bene che pace cercate,
o socialisti, alla riscossa, la pace per far quello che voi volete (=e le tasse?),
bandiera rossa trionferà! ma se questo è il prezzo [della vostra pace] vogliamo
[…] vogliamo vedervi finir sotto terra. la guerra,
Ma, se questo è il prezzo [della vostra pace],
Avanti, popolo, tuona il cannone, l’abbiamo pagato [con questa proposta],
rivoluzione, rivoluzione! nessuno più al mondo dev’essere sfruttato4.
Avanti, popolo, tuona il cannone,
rivoluzione vogliamo far. Alberto D’Amico (1943-2020), Ballata
dell’emigrazione, 1970
James Oppenheim (1882-1932), Il pane e le rose,
1912 Padroni, sulla terra ci volete
per fare fame e fatiche tante,
Non più chi si affatica e chi si annoia, ma verrà il giorno che la pagherete
dieci che lavorano e uno che riposa, e che non partirà più un emigrante.
ma la condivisione delle gioie della vita:
[…] Pino Masi (1946), Lotta continua, 1971
Dio del Ciel, se fossi una colomba Donne! Donne! Donne! Che l’amore trasformerà.
vorrei volar laggiù dov’è il mio amor, Mamme! Mamme! Mamme! Questo è il dono che
che inginocchiato a San Giusto (=Trieste) Dio vi fa.
prega con l’animo mesto:
fa’ che il mio amore torni, Tra batuffoli e fasce mille sogni nel cuor.
ma torni presto. Per un bimbo che nasce quante gioie e dolor.
Vola, colomba bianca, vola
diglielo tu Mamme! Mamme! Mamme! Quante pene l’amor vi
che tornerò. dà.
Ieri, oggi, sempre, per voi mamme non c’è pietà.
Dille che non sarà più sola Ogni vostro bambino, quando un uomo sarà,
e che mai più verso il proprio destino, senza voi se ne andrà!
la lascerò.
Son tutte belle le mamme del mondo
Fummo felici uniti e ci han divisi, quando un bambino si stringono al cuor.
ci sorrideva il sole, il cielo, il mar, Son le bellezze di un bene profondo
noi lasciavamo il cantiere fatto di sogni, rinunce ed amor.
lieti del nostro lavoro
e il campanon din don È tanto bello quel volto di donna
ci faceva il coro. che veglia un bimbo e riposo non ha;
Vola, colomba bianca, vola… sembra l’immagine d’una Madonna,
sembra l’immagine della bontà.
Tutte le sere m’addormento triste
e nei miei sogni piango e invoco te, E gli anni passano, i bimbi crescono,
anche il mi’ vecio (=vecchio) te sogna, le mamme imbiancano; ma non sfiorirà la loro beltà!
pensa alle pene sofferte,
piange e nasconde il viso tra le coperte. Son tutte belle le mamme del mondo
Vola, colomba bianca, vola… grandi tesori di luce e bontà,
che custodiscono un bene profondo,
Diglielo tu il più sincero dell’umanità.
che tornerò.
Son tutte belle le mamme del mondo
Commento ma, sopra tutte, più bella tu sei;
1. San Giusto indica la cattedrale di San Giusto a tu, che m’hai dato il tuo bene profondo
Trieste. La canzone è cantata con grandissimo suc- e sei la Mamma dei bimbi miei.
cesso da Nilla Pizzi, Luciano Tajoli e Claudio Villa.
È esplicito il riferimento a Trieste divisa in due zone, Commento
una controllata dall’Italia, l’altra dalla Jugoslavia: 1. La canzone celebra tutte le mamme del mondo, che
“Fummo felici uniti e ci han divisi”. Gli USA nel trat- hanno messo al mondo un bambino, che lo hanno al-
tato di fine guerra (e non di pace) si preoccupano di levato e fatto diventare adulto. Esse con il tempo so-
dividere la città in due, metà all’Italia e metà alla Ju- no imbiancate, ma non sfioriranno mai. E poi il bam-
goslavia, in modo da creare un motivo permanente di bino-adulto le ha piantate ed è andato per la sua stra-
tensioni e di guerra tra i due Stati. La situazione si ri- da. La canzone inizia con una parte in prosa (“Donne!
solve soltanto nel 1975 con il trattato salomonico di Donne! Donne!”), e poi è cantata (“Son tutte belle le
Osimo: si ratifica lo status quo durato vent’anni: mamme del mondo…”). E scomoda anche Dio… Nel
ognuno si tiene la parte che aveva. 1948, soltanto qualche anno prima, la DC prende il
2. “Dio del ciel”: una citazione religiosa era normale 48,8% dei voti alle elezioni (18.04.1948). La società
nell’Italia del tempo. La vita di tutti era pervasa dalla italiana era cristiana e cattolica.
religione e dalla terminologia/cultura religiosa. Nel 2. Alla fine della canzone il cantautore ha un colpo
1966 a Sanremo Domenico Modugno e Gigliola Cin- d’ala. Dice che sono tutte belle le mamme del mondo
quetti cantano Dio, come ti amo, che fece scandalo, e e soprattutto è bella la madre dei suoi figli. Un gradi-
vincono al festival. to complimento a sua moglie, per la quale ha lasciato
3. “Il mi’ vecio” è un soprannome affettuoso. la famiglia dei genitori. Ma era normale che la moglie
---------------------------I☺I----------------------------- andasse a vivere a casa di lui con i suoceri.
3. Con questa canzone Giorgio Consolino vince il Fe-
stival di Sanremo nel 1954.
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Cesare Andrea Bixio-Bixio Cherubini, sicuramente di qualità artistica molto superiore a
Mamma, 1941 quella di Umberto Bertini-Eduardo Falcocchio, ma
non si fanno concorrenza. Al tempo (letteralmente) le
Mamma son tanto felice, canzoni erano dure a morire e duravano moltissimi
perché ritorno da te. anni. Esse s’intonavano pure con l’atmosfera, im-
La mia canzone ti dice, prontata alla speranza, del secondo dopoguerra,
che è il più bel giorno per me. quando, a partire dai primi anni Cinquanta la natalità
Mamma son tanto felice, riprende in modo massiccio e ci sono moltissime
viver lontano, perché. mamme con bambini piccoli.
2. I numeri abbinano le strofe uguali.
(1) Mamma, 3. “Viver lontano, perché”: “perché dovrei vivere lon-
solo per te la mia canzone vola. tano da te?”. Risposta: si va dove ti chiama il lavoro o
Mamma, dove ti porta il cuore, l’amore per una coetanea. Il
sarai con me, tu non sarai più sola. protagonista era partito ed ora è felice di ritornare a
casa dalla sua mamma. Il papà era nei campi.
(2) Quanto ti voglio bene, 4. In ambedue le canzoni il papà è assente: una di-
queste parole d’amore menticanza. Ma normalmente non era mai associato
che ti sospira il mio core, al figlio o ai figli, monopolio della moglie o delle
forse non s’usano più. donne di casa. Si sarebbe sentito molto imbarazzato
ad esprimere qualche sentimento d’affetto verso di
(3) Mamma, lui. I sentimenti sono cose da donne.
ma la canzone mia più bella sei tu, -----------------------------I☺I-----------------------------
sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più. Paul Burkhard (1911-1977), Oh my papà, 1939
Sento la mano tua stanca, Oh my papà,
cerca i miei riccioli d’or. sei l’uomo più adorabile.
Sento, e la voce ti manca, Oh my papà,
la ninna nanna d’allor. sei l’uomo più sincero.
Oggi la testa tua bianca Oh my papà,
io voglio stringere al cuor. sei tanto caro e amabile
(1) Mamma, e nel tuo cuor
solo per te la mia canzone vola. c’è solo la bontà…
Mamma,
sarai con me, tu non sarai più sola. Degli occhi tuoi
gli sguardi m’accarezzano,
(2) Quanto ti voglio bene, perché io so
queste parole d’amore per te son bimba/o ancora…
che ti sospira il mio cuore, Oh my papà,
forse non s’usano più. fratello e amico unico.
Oh my papà,
(3) Mamma, sei tutta la mia vita…
ma la canzone mia più bella sei tu,
sei tu la vita Oh my papà,
e per la vita non ti lascio mai più. Oh my papà.
Well, say that you’ll be mine Bene, dimmi che sarai mia
Well, say that you’ll be mine bene, dimmi che sarai mia
Well, say that you’ll be mine bene, dimmi che sarai mia
Baby, all the time, Susie Q piccola, tutto il tempo, Susie Q
(Who... do... true... two... you... blue... who...) (Che... fanno.....vero... due... tu....blu... che...)
The warden threw a party in the county jail Il direttore organizzò una festa nella prigione della contea.
The prison band was there and they began to wail La banda della prigione era lì e iniziarono a urlare.
The band was jumpin’ and the joint began to swing La banda si agitava e la prigione iniziava ad animarsi.
You should’ve heard them knocked-out jailbirds sing Avresti dovuto sentire quei galeotti rimbambiti cantare.
Let’s rock everybody, let’s rock, Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock.
Everybody in the whole cell block Tutti nell’intera prigione
Was dancin’ to the Jailhouse Rock. (Coro) ballavano il Jailhouse rock. (Coro)
Spider Murphy played the tenor saxophone Spider Murphy suonava il sassofono tenore,
Little Joe was blowin’ on the slide trombone Little Joe soffiava nel trombone.
The drummer boy from Illinois went crash, boom, bang Il batterista dell’Illinois faceva crash, boom, bang,
The whole rhythm section was the Purple Gang L’intera sezione ritmica era “The Purple Gang”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Coro) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Sad sack was sittin’ on a block of stone L’inetto stava seduto su un blocco di pietra
Way over in the corner weepin’ all alone là nell’angolo e piangeva tutto solo.
The warden said, “hey, buddy, don’t you be no square Il guardiano disse: “Ehi, amico, non essere all’antica.
If you can’t find a partner, use a wooden chair”. Se non trovi un partner, usa una sedia di legno”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock... (Coro)
Shifty Henry said to Bugs, “For Heaven’s sake Shifty Henry disse a Bugs, “Per amor del cielo,
No one’s lookin’ now’s our chance to make a break”. nessuno ci guarda, ora è la volta buona per evadere.”
Bugsy turned to Shifty and he said, “Nix, Nix Bugsy si rivolse a Shifty e disse, “No, no,
I want to stick around a while and get my kicks”. voglio rimanere ancora un po’ e divertirmi”.
Let’s rock everybody, let’s rock… (Chorus) Balliamo il rock, tutti insieme, balliamo il rock… (Coro)
Dancin’ to the Jailhouse Rock… (Chorus, six times.) Balliamo il Jailhouse rock… (Coro, sei volte.)
Commento
1. Elvis Presley (1935-1977) diffonde canzoni che 2. Presley unisce canto, musica e danza e si inserisce
accompagna con balli al tempo considerati sovversi- nelle correnti artistiche del decennio precedente. Il
vi: i movimenti del bacino. In effetti i suoi brani mu- rock and roll (lett. “dondola e rotola”), spesso scritto
sicali sono fortemente trasgressivi nei confronti della anche rock ‘n roll, rock ‘n’ roll o rock & roll, è un
tradizione musicale statunitense, eppure si inserisco- genere della popular music nato negli USA verso il
no perfettamente in essa: egli ricerca la novità in mo- 1948-53, originato dal blues, dal bluegrass, dal coun-
do continuo e sistematico. È un innovatore, che lavo- try, dal jazz, dal gospel e, in misura minore, dal folk.
ra sodo e sfonda. La ricchezza arriva rapidamente ed Presley, come altri, si lasciò possedere non da una
egli la usa per mantenere il suo enorme seguito e per qualche divinità, ma dallo spirito della musica. E la
fare acquisti folli. Compera una casa che trasforma in società occidentale non aveva mai tollerato tali com-
mausoleo, dal 1982 aperta al pubblico. nelle visite es- portamenti in questo stato di possessione.
sa segue di poco la prima: la Casa Bianca. Si dedica 3. La canzone è simpatica e sembra una delle tante
alla droga, ha una vita sentimentale movimentata, storie per bambini raccontata da Hollywood: il diret-
adora la figlia Lisa Marie (che fa una lunga raccolta tore della prigione organizza una festa e tutti i detenu-
di mariti), diventa un mostro di kg 153 e muore di ti si mettono a ballare. Quasi tutti: uno non trova il
psicofarmaci ad appena 42 anni d’età. partner, e allora il direttore gli dice di prendersi una
sedia. Un altro detenuto propone di cogliere l’occa-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 686
sione per evadere, ma il compagno di fuga si rifiuta: blu,
vuol ballare ancora un po’. Così tutti i detenuti si sca- la tua voce è una musica dolce che suona per me…
tenano ballando il rock. Volare… oh, oh!…
4. Danza e musica sono importate in Italia (Adriano Cantare… oh, oh, oh, oh!
Celentano è soprannominato “il molleggiato” per il Nel blu, dipinto di blu,
suo modo di cantare e ballare insieme), e ne svec- felice di stare quaggiù.
chiano o movimentano la cultura musicale, con cui
sono peraltro in radicale contrasto. Vale la pena di Nel blu degli occhi tuoi blu,
confrontare la musica italiana con la musica che pro- felice di stare quaggiù,
viene dall’’Europa e dagli USA. In tal modo si nota- con te!
no più facilmente le reciproche caratteristiche. peral-
tro le differenze sono legate anche alle due diverse Commento
società: ancora ad economia agricola, quella italiana; 1. Modugno mescola versi brevi e versi lunghi (o ver-
ben più complessa, creativa e in movimento quella si in prosa). E usa anche il ritornello, trasformato in
statunitense. Le canzoni “impegnate” di De André o puro suono. È abile l’uso degli infiniti (volare, canta-
Guccini non avrebbero avuto successo oltreoceano: re) e pure della interiezione (oh!). È facile e imme-
non si inserivano in alcun modo in quella tradizione diata la contrapposizione “lassù” (e volare) e “quag-
musicale. E, se avesse pubblicato Jailhouse rock in giù” (ma con te). E i versi sono onomatopeici. E abile
Italia, Presley si sarebbe preso una querela per diffa- anche la variazione “Nel blu, dipinto di blu” e “Nel
mazione o per derisione delle istituzioni carcerarie. blu degli occhi tuoi blu”.
Nel 1963 don Lorenzo Milani è processato per il li- 2. La canzone provoca una facile identificazione nel-
bretto L’obbedienza non è più una virtù, ed è con- l’ascoltatore, che può volare perché canta. Cantare
dannato in contumacia, perché muore prima della fine era un’abitudine molto diffusa, fino alla comparsa
del processo. Gli accusatori erano i cappellani milita- della radio. Basta poco o addirittura niente, per volare
ri, che non accettavano le sue idee. ed essere felici. Il benessere economico (1958-61)
-----------------------------I☺I----------------------------- doveva ancora arrivare.
3. La canzone o, come si diceva, il brano musicale
Franco Migliacci-Domenico Modugno, cantato, per l’importanza della musica, dimostra
Nel blu, dipinto di blu o Volare, 1958 grandissimo mestiere e grande conoscenza della lin-
gua. Essa è un buon prodotto ed è sicuramente buona
Penso che un sogno così non ritorni mai più; cultura. E si deve riconoscere che per la cultura popo-
mi dipingevo le mani e la faccia di blu, lare hanno fatto di più Sanremo e Mike Buongiorno
poi d’improvviso venivo dal vento rapito (1924-2009) che la nuova scuola media italiana
e incominciavo a volare nel cielo infinito… (1963).
Volare… oh, oh!… 4. Modugno inventa gli urli, seguito da Adriano Ce-
Cantare… oh, oh, oh, oh! lentano. Negli USA sta furoreggiano Elvis Presley
Nel blu, dipinto di blu, (1935-1977). E inventa i versi in prosa, lunghissimi.
felice di stare lassù. Un precedente si trova in Umberto Bertini-Eduardo
Falcocchio, Tutte le mamme, 1954.
E volavo, volavo felice più in alto del sole ed ancora ---------------------------I☺I-----------------------------
più su,
mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù,
una musica dolce suonava soltanto per me…
Volare… oh, oh!…
Cantare… oh, oh, oh, oh!
Nel blu, dipinto di blu,
felice di stare lassù.
Commento
1. Celentano è uno straordinario esempio di cantante-
paroliere-imprenditore, che per 50 anni lascia una
traccia davvero significativa nella canzone italiana.
Egli riesce a rivedere in modo originale i motivi che
tratta.
2. Una canzone piena di vita, ben diversa dalle lacri-
me furtive e dai fallimenti amorosi di Luigi Tenco,
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 690
Adriano Celentano-Lucio Fulci-Piero te) come andrà a finire. Sicuramente male. La canzo-
Vivarelli, 24.000 baci, 1961 ne può essere confrontata con le canzoni dell’esilio
del sec. XX e degli anni Sessanta, qui citate.
Amami, 4. Celentano non è affatto privo di cultura, come po-
ti voglio bene! trebbe sembrare dal linguaggio semplice e popolare
delle sue canzoni. Con Guccini e De André è uno dei
Con 24.000 baci oggi saprai perché l’amore grandi della cultura italiana. La canzone rimanda ad-
vuole ogni istante mille baci, dirittura a Gaio Valerio Catullo (84 a.C.-54 a.C.):
mille carezze vuole all’ora.
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
Con 24.000 baci felici corrono le ore, rumoresque senum severiorum
d’un giorno splendido, perché omnes unius aestimemus assis.
ogni secondo bacio te. Soles occidere et redire possunt;
Niente bugie meravigliose, nobis cum semel occidit brevis lux,
frasi d’amore appassionate, nox est perpetua una dormienda.
ma solo baci chiedo a te Da mi basia mille, deinde centum,
ye ye ye ye ye ye ye ye! dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum;
Con 24.000 baci così frenetico è l’amore dein, cum milia multa fecerīmus,
in questo giorno di follia conturbabimus illa, ne sciamus,
ogni minuto è tutto mio. aut ne quis malus invidere possit,
Niente bugie meravigliose, cum tantum sciat esse basiorum
frasi d’amore appassionate, (Carmina, V, 1-13)
ma solo baci chiedo a te
ye ye ye ye ye ye ye ye! Viviamo, o mia Lesbia, e amiamo
e ogni mormorio perfido dei vecchi
Con 24.000 baci felici corrono le ore valga per noi la più vile moneta.
d’un giorno splendido perché Il giorno può morire e poi risorgere,
con 24.000 baci tu m’hai portato alla follia. ma, quando muore il nostro breve giorno,
Con 24.000 baci ogni secondo bacio te! dormiremo una notte infinita.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
Commento poi dammene altri mille, e quindi cento,
1. Celentano rinnova la canzone anche con gli “urli”, quindi mille continui, e quindi cento.
qui il ye ye, proponendo sempre un contenuto che fa E, quando poi saranno mille e mille,
riflettere. Mille baci all’ora, e un’ora ha 60 minuti e nasconderemo il loro vero numero,
3.600 secondi. In un mondo che parla normalmente o che non getti il malocchio l’invidioso
a bassa voce, per non disturbare, anche il ye ye è rivo- per un numero di baci così alto.
luzionario. Le due sestine centrali sono uguali.
2. In questa canzone canta un motivo antichissimo, Con un po’ di buona volontà si può trovare anche
l’amore fatto di baci, ma riesce a rinnovare parole e l’amour fou, il folle amore.
contenuto e a coinvolgere l’ascoltatore. Qualche anno 5. Meglio 24.000 baci che mille violini suonati dal
dopo compare La vendemmia dell’amore (1963), can- vento (Modugno) o la fatica di mettere dei fiori nei
tata dalla francese Marie Laforêt (la vendemmia del- vostri cannoni (Enrico Maria Papes-Sergio Di Marti-
l’uva e dell’amore), la delicata canzone Non ho l’età no).
(per amarti) (1964), cantata da Gigliola Cinquetti -----------------------------I☺I-----------------------------
(non è ancora pronta ad uscire di casa da sola), e Per-
dono (1966), cantata da Caterina Caselli (lei chiede
perdono per il male che gli ha fatto). Dieci anni dopo
compaiono canzoni ben diverse: Chi non lavora non
fa l’amore (1970), cantata da Celentano (se non lavo-
ra, la moglie non gliela da); e Sono una donna, non
sono una santa (1971), cantata da Rosanna Fratello
(ha deciso di dargliela a maggio con la bella stagio-
ne).
3. Uno degli esempi più significativi di canzone “alla
Celentano” è Il ragazzo della via Gluck, un ragazzo
che deve abbandonare il paese per andare a lavorare
in città. Va, ma ha sempre il desiderio di tornare. Ri-
torna otto anni dopo, ma dove prima c’era l’erba ora
c’è una città. E ciò lo disgusta. Si chiede (giustamen-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 691
Bob Dylan (1941), Blowin’ in the wind, Bob Dylan, Risposta non c’è, 1962
1962
How many roads must a man walk down Quante le strade che un uomo farà
Before you call him a man? e quando fermarsi potrà?
Yes, ‘n’ how many seas must a white dove sail Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
Before she sleeps in the sand? per giungere a riposar?
Yes, ‘n’ how many times must the cannon balls fly Quando tutta la gente del mondo riavrà
Before they’re forever banned? per sempre la sua libertà?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer is blowin’ in the wind. caduta nel vento sarà.
How many times must a man look up Quando dal mare un’onda verrà
Before he can see the sky? che i monti lavare potrà?
Yes, ‘n’ how many ears must one man have Quante volte un uomo dovrà litigar
Before he can hear people cry? sapendo che è inutile odiar?
Yes, ‘n’ how many deaths will it take till he knows E poi quante persone dovranno morir
That too many people have died? perché siano troppe a morir?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer is blowin’ in the wind. caduta nel vento sarà....
How many years can a mountain exist Quanti cannoni dovranno sparar
Before it’s washed to the sea? e quando la pace verrà?
Yes, ‘n’ how many years can some people exist Quanti bimbi innocenti dovranno morir
Before they’re allowed to be free? e senza saperne il perché?
Yes, ‘n’ how many times can a man turn his head, Quanto giovane sangue versato sarà
Pretending he just doesn’t see? finché un’alba nuova verrà?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind, Risposta non c’è o forse chi lo sa,
The answer is blowin’ in the wind. caduta nel vento sarà.
Commento
1. Il cantautore tratta in modo originsle un tema vetu-
sto. Tuttavia è ben radicata anella tradizione. Ci sono
troncamenti (amor, cuor, pensar, ancor), falsi tronca-
menti (darò, avrò), l’effetto dell’amore non corrispo-
sto (paingo d’amor, con tutte le lacrime di Petrarca),
E soprattutto c’è l’amore visto come una favola, in-
ventata dalla ragazza per burlarsi dell’innamorato,
che ha piantato a favore di un altro. A quanto pare, si
è innamorata di un altro.
2. La ragazza lo ha piantato per un altro e il povero
innamorato conclude precipitosamente che l’amore
non esiste.
3. La canzone si può confrontare con le probabili fon-
ti letterarie che lo hanno ispirato: Francessco Petrar-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 693
Marie Laforêt (1939-2019), La vendemmia 2. I due innamorati si amano e poi si lasciano, perché
dell’amore, 1963 l’amore dura un attimo. Nella stessa canzone lo scrit-
tore fa provare allo spettatore la gioia dell’amore, un
Quest’autunno noi faremo addio senza problemi e un vago ricordo di una canzo-
sotto il cielo più sereno ne che cantavano quand’erano innamorati. Insomma
la vendemmia dell’amore un amore “usa e getta” o un amore estivo.
Tu cadrai nelle mie braccia 3. Il dramma dell’addio è assente ed anche la pianifi-
come i grappoli dell’uva cazione del rapporto, il mettersi insieme per convive-
che teniamo nelle mani re (un’idea rivoluzionaria negli anni Sessanta) o al
Quando il sole di settembre limite il matrimonio. L’amore dura un attimo, un po’
scenderà sulla campagna di baci e forse una frullata in mezzo all’erba, sopra
canteremo una canzone: una coperta. Ma la poesia è spensierata come doveva
Quest’autunno noi faremo essere. E, come doveva essere, parla dei desideri, dei
sotto il cielo più sereno sogni, dell’amore libero, ma nel pensiero, perché la
la vendemmia dell’amore realtà è ben diversa, prosaica, magari uno dei due non
si lava nemmeno i denti. E lei resta incinta. No, non
Quando poi verrà la sera sono stati gli angeli (sono asessuati!) e neanche i
quando tutte le farfalle marziani…
dormiranno sulle foglie 4. I due innamorati si spupazzano sotto le vigne, spi-
Se davvero mi vuoi bene luccando un grappolo d’uva. I medioevali preferivano
in ogni chicco di quell’uva farlo sotto i tigli, con un po’ di maschia violenza, che
ci daremo un lungo bacio lei apprezzava, come risulta da Ero una bambina in-
Poi tornando verso casa nocente più sopra citata.
con le mani nelle mani 5. In sostanza i due ragazzi con la scusa dell’amore si
canteremo una canzone: sono fatti una frullata (si spera più di una), senza giu-
Quest’autunno noi faremo ramenti di fedeltà eterna. E poi si sono lasciati. Anche
sotto il cielo più sereno la finzione (e per tutte e due le parti) ha la sua impor-
la vendemmia dell’amore tanza. Lo si potrebbe chiamare “amore spensierato”,
“prendi, frulla e scappa”, ma esso è rarissimo e ad
Sarà triste dirci addio ogni modo arriva dalla Francia.
sarà triste amore mio 6. Chi è cinico e iconoclasta può confrontare la can-
ma l’amore dura un attimo zone con Bob Dylan, Risposta non c’è (1962), appena
Quando credi di sognare più sopra.
ti risvegli tutto a un tratto 7. Manca la punteggiatura e noi non l’abbiamo ag-
proprio quando dici t’amo giunta.
Ma se un giorno sarai solo -----------------------------I☺I----------------------------
non scordarti che una volta
cantavamo una canzone:
Quest’autunno noi faremo
sotto il cielo più sereno
la vendemmia dell’amore
la la la...
Commento
1. I due innamorati hanno deciso di spupazzarsi in au-
tunno, faranno la vendemmia dell’amore in contem-
poranea con la vendemmia dell’uva. Poi lei chiede di
spiluccare un (grosso) grappolo d’uva e a ogni chicco
lui le darà un bacio. Ma la vendemmia finisce presto
e i due si diranno addio, perché l’amore dura un atti-
mo. Se un giorno infine sarà solo può ricordare che
cantavano una canzone: “Quest’autunno noi faremo
sotto il cielo più sereno la vendemmia dell’amore”.
La canzone diventa circolare, una invenzione che si
trova anche in Pascoli (Orfano, La mia sera). Non c’è
alcun dramma a causa della rottura. O forse non c’era
mai stata una vera unione, ma un incontro, una frulla-
ta piacevole sotto le vigne e un saluto.
Commento
1. La canzone è bella, spensierata, affascinante, coin-
volgente. I due innamorati sono giovanissimi, sui
vent’anni, sono al mare, su una spiaggia che è disabi-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 695
Gian Piero Reverberi-Rosario Leva, Se mi detto che lo amava e addirittura che viveva per lui,
vuoi lasciare, 1963 anche se non era vero. Ad ogni modo lui la prende
con filosofia e senza drammi: “Ma, se vuoi andare,
Se mi vuoi lasciare non ti voglio più qui”. Insomma, dice sgarbatamente
dimmi almeno perché. di levarsi dai piedi. Non si chiede che cosa ha fatto
Io non so capire lui per farla scappar via. E invece alla domenica lui la
perché tu vuoi fuggire da me. lasciava sempre sola per andare a vedere la partita di
Se mi vuoi lasciare calcio con gli amici, si lamentava Rita Pavone ne La
dimmi almeno perché. partita di pallone (1962). Era l’anno prima.
2. Il verso “Se mi vuoi lasciare / dimmi almeno per-
Tu dicevi sempre ché”, ugualmente l’altro verso simile “Però prima di
che vivevi per me. lasciarmi…”, è martellante e sembra una mazzata sul-
Ma se vuoi andare la testa dell’ascoltatore. È pure reso ancora più poten-
non ti voglio più qui. te dalla musica ad alto volume che lo accompagna.
Però, prima di lasciarmi L’ascoltatore è letteralmente frastornato.
dimmi almeno il perché. 3. Gianfranco Michele Maisano in arte è Michele
(1944). Voce e musica chiassosa riempiono mente e
Il tuo amor cuore dello spettatore.
non era sincero, -----------------------------I☺I-----------------------------
i tuoi baci
non erano veri.
I tuoi occhi
mi han sempre mentito
se tu ora
non mi ami più.
Se mi vuoi lasciare
dimmi almeno perché.
Tu dicevi sempre
che vivevi per me.
Ma se vuoi andare
non ti voglio più qui.
Però, prima di lasciarmi
dimmi almeno il perché.
Il tuo amor
non era sincero,
i tuoi baci
non erano veri.
I tuoi occhi
mi han sempre mentito
se tu ora
non mi ami più.
Se mi vuoi lasciare
dimmi almeno perché.
Tu dicevi sempre
che vivevi per me.
Ma se vuoi andare
non ti voglio più qui.
Però, prima di lasciarmi
dimmi almeno il perché.
Commento
1. Il protagonista è stato lasciato o quasi. E allora
chiede: se mi vuoi lasciare, dimmi almeno perché mi
lasci. Una domanda (forse) legittima, che chiaramen-
te non avrà risposta. Egli non capisce i motivi del-
l’abbandono. E, comunque, si premura preventiva-
mente di incolpare lei d’essere stata bugiarda, di aver
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 696
Enrico Maria Papes-Sergio Di Martino, Mettete dei fiori nei vostri cannoni…
Mettete dei fiori nei vostri cannoni, 1964
Commento
Mettete dei fiori nei nostri cannoni 1. “Me ciami Brambilla e fu l’uperari, lavori la ghisa
era scritto in un cartello per pochi denari” (dialetto milanese): “Mi chiamo
sulla schiena di ragazzi Brambilla, faccio l’operaio e lavoro la ghisa (=in fab-
che senza conoscersi, brica) con un salario molto basso”. Dopo 103 anni
di città diverse, dall’unità l’Italia non era unita nemmeno al livello
socialmente differenti linguistico. Per diletto possiamo immaginare un sici-
in giro per le strade della loro città liano o un veneto che vanno a lavorare a Milano-
cantavano Torino-Genova. Incontrano barriere linguistiche in-
la loro proposta superabili. Sono all’estero. La riforma della scuola
ora pare ci sarà un’inchiesta media inferiore è del 31.12.1962 (1963). A 60 anni di
distanza si può dire se ha o non ha migliorato la co-
Tu come ti chiami? municazione tra gli italiani delle varie regioni. Sol-
Sei molto giovane tanto i parroci in chiesa, quando facevano le prediche,
parlavano in italiano. E la messa è detta in italiano
Me ciami Brambilla e fu l’uperari, soltanto dopo il Concilio Vaticano II (1962-65).
lavori la ghisa per pochi denari 2. La canzone risente delle proteste e della contesta-
e non ho in tasca mai zione giovanile che era iniziata in USA (e poco dopo
la lira in Francia) contro il consumismo di massa. La conte-
per poter fare un ballo con lei stazione è fatta vestendo in modo trasandato, usando
mi piace il lavoro droghe leggere (e anche pesanti), contestando la guer-
ma non son contento ra statunitense in Vietnam. I contestatori sono chia-
non è per i soldi che io mi lamento, mati hippy, figli dei fiori. La contestazione ha la sua
ma questa gioventù acme nel 1968: numerose università americane, fran-
c’avrei giurato che mi avrebbe dato di più. cesi, europee e italiane sono occupate. I contestatori
Mettete dei fiori nei vostri cannoni non sanno che sono i figli del benessere, cioè della
perché non vogliamo mai nel cielo società consumistica. Essi possono contestare, perché
molecole malate, la la società ha raggiunto una stabilità e solidità eco-
ma note musicali che formano gli accordi nomica tale, da resistere anche allo spreco di risorse:
per una ballata di pace, il boom economico italiano è del 1958-63. Bisogna
di pace, di pace. però capire che cosa si intendeva per lotta contro il
consumismo: si criticava il consumismo degli altri e
Anche tu sei molto giovane, si voleva praticare il consumismo anche per sé. Non
quanti anni hai? si voleva essere esclusi, si voleva una fetta di consu-
E di che cosa non sei soddisfatto? mi più consistente. A parte piccolissime frange di ir-
riducibili, la contestazione finisce rapidamente, poi-
Ho quasi vent’anni e vendo giornali ché gli Stati trovano il modo di riversare una maggio-
girando quartieri fra povera gente re quantità di risorse sui giovani studenti (presalario
che vive come me, ecc.). In Italia fino a metà anni Settanta i gruppi di
che sogna come me, Sinistra inneggiavano e praticavano l’autoriduzione e
sono un pittore che non vende quadri, l’esproprio (o furto) proletario. Comportamenti che
dipingo soltanto l’amore che vedo dimostrano in modo certo come era intesa la lotta
e alla società non chiedo studentesca contro i consumi… I sinistrati si richia-
che la mia libertà. mavano poi a Karl Marx (1818-1883) che a loro dire
Mettete dei fiori nei vostri cannoni… aveva dimostrato in modo “scientifico” lo sfruttamen-
to dei proletari da parte dei capitalisti. I rivoluzionari
E tu chi sei? di Francia come d’Italia si erano appropriati di una
Non mi pare che abbia di che lamentarti... cultura vecchia e ammuffita già nell’Ottocento, quan-
do era stata formulata. Marx ed Engels diventano gi-
La mia famiglia è di gente bene ganti del pensiero socialista soltanto dopo la rivolu-
con mamma non parlo, zione sovietica (1917), che ne pubblica le opere.
col vecchio nemmeno 3. La canzone è modesta e velleitaria, ma non è que-
lui mette le mie camicie sto che conta. Il motivo è orecchiabile ed è un buono
poi critica se vesto così slogan di lotta contro la guerra e la società costituita.
guadagno la vita lontano da casa Essa è costruita su una intervista realistica a tre ope-
perché ho rinunciato ad un posto tranquillo rai, che non sono soddisfatti della loro vita. L’ultimo
ora mi dite che ho degli impegni denuncia l’impossibilità di comunicare con i genitori.
che gli altri han preso per me Ovviamente il problema riguarda anche i genitori che
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 697
non capiscono i figli, per i quali si sono sacrificati e un valore della Sinistra italiana. Sull’effetto delle
che ora se li ritrovano ostili. droghe il lettore è invitato a informarsi altrove.
4. Il ritornello c’entra come i cavoli a merenda, ed è 9. Canta il gruppo dei “Giganti”. Non si capiva chi
bene non farci caso. Non si sa bene chi abbia i can- erano né che cosa ci facevano sul palco a cantare.
noni, ma il verso sembra dire qualcosa, sembra impe- Avevano l’aspetto di spaventapasseri, alti e magri. Le
gnato, è bello e orecchiabile. Il paroliere sfrutta l’ef- tre interviste diventano soltanto versi cantati, avulsi
fetto che le parole (fiori, canone, ballata, pace) fanno dalla realtà.
sull’ascoltatore o sullo spettatore. Esse per di più so- 10. I cannoni erano scomparsi nel 1945, ma si pensa
no accompagnate da una musica efficace. E così lo ancora alla guerra come se dovesse essere fatta con i
spettatore diventa pacifista. cannoni. Chi sia il soggetto di quel “mettete” è un mi-
5. In effetti il rapidissimo sviluppo economico ha reso stero. Ma non ci si fa per niente caso. Sembra che il
impossibile la costruzione di una nuova cultura o di cantante si rivolga al pubblico degli ascoltatori che
un semplice adattamento della vecchia cultura alla giocano con i cannoni e che possono mettere dei fiori
nuova situazione. Di qui le contestazioni, le tensioni, nella bocca dei cannoni. Nel 1964 stava iniziando in
le manifestazioni “contro il sistema”. Queste tensioni sordina la guerra americana in Vietnam.
sono destinate a durare (in Italia compaiono le “Bri- -----------------------------I☺I----------------------------
gate Rosse”, che nel 1978 rapiscono e uccidono il se-
gretario della DC Aldo Moro), perché non si può co-
struire una nuova cultura dall’oggi al domani. I con-
testatori parigini del maggio francese gridavano
“l’immaginazione al potere”, ma i contestatori non
hanno dimostrato di avere immaginazione e il capita-
lismo industriale ha colto l’occasione per rinnovarsi
radicalmente. Un buon generale sfrutta gli errori e gli
attacchi del suo nemico…
6. Il testo evita i versi tradizionali, normalmente in
rima o con assonanze, e ricorre a una prosa poetica o
ritmata. Una piccola innovazione. E ricorre al bilin-
guismo. Un’altra innovazione. E si apprezza per la
sua sincerità e per la sua capacità di descrivere i gio-
vani così come sono: la giovinezza non mantiene le
sue promesse, poteva essere migliore; il dialogo tra
padri e figli è impossibile; i valori dei figli sono di-
versi e inconciliabili con quelli dei genitori. I fiori
rimandano anche agli hippy, i “figli dei fiori”, che
agli inizi degli anni Sessanta in USA contestavano la
vita e i valori ufficiali e che verso la fine del decennio
protestano contro la guerra degli USA in Vietnam.
7. Il film che meglio rappresenta la cultura e la conte-
stazione giovanile americana è Easy Reader – Libertà
e paura (1969, letteralmente Una vita senza vincoli o
Una vita vagabonda), diretto e interpretato da Dennis
Hopper, con Peter Fonda e Jack Nicholson. Due gio-
vani su due potenti moto, comperate con la vendita di
droga, fanno un viaggio attraverso gli USA da Los
Angeles alla Louisiana. Qui sono uccisi da qualcuno
che spara loro da un furgone, perché sono capelloni,
si drogano e rifiutano i valori americani tradizionali.
Le due chopper, costosissime, comperate con i gua-
dagni di un carico di cocaina, dimostravano però il
contrario. Il film è sgangherato, ma fatto con la con-
sueta maestria di Hollywood, ha un successo enorme
tra il pubblico giovanile e vince il premio per la mi-
glior opera prima al 22º Festival di Cannes.
8. La canzone va confrontata con Francesco Petrarca
(1304-1374), Italia mia, ben che ‘l sperar sia indar-
no, CXXVIII, ultimi versi.
9. Vale la pena di ricordare che cantanti, attori e con-
testatori facevano uso di droghe leggere e di droghe
pesanti. E che oggi la liberalizzazione delle droghe è
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 698
Nicola Salerno-Mario Panzer, Non ho l’età Giorgio Calabrese-Gianfrancesco
(per amarti), 1964 Guarnieri, Un bene grande così, 1965
Yesterday, all my troubles seemed so far away, Ieri tutti i miei guai sembravano lontanissimi,
Now it looks as though they’re here to stay, adesso sembrano quasi che stiano di casa qui,
Oh, I believe in yesterday. oh, io credo in ieri.
Suddenly, I’m not half to man I used to be, All’improvviso non sono l’uomo che ero,
There’s a shadow hanging over me. c’è un’ombra che sta sopra di me.
Oh, yesterday came suddenly. Oh, ieri è venuto all’improvviso.
Why she had to go? Perche lei se n’è andata?
I don’t know she woldn’t say. Non so, non le l’ha voluto dire.
I said something wrong, Ho detto qualcosa di sbagliato,
Now I long for yesterday. ora io desidero ieri.
Yesterday, love was such an easy game to play, Ieri l’amore era una facile partita da giocare,
now i need a place to hide away, ora ho bisogno di un posto dove nascondermi,
oh, i believe in yesterday. oh, io credo in ieri.
Just heed this plea my love Solo dà ascolto a questa richiesta, amore mio,
On bended knees my love in ginocchio, amore mio,
I pledge myself to Lady Jane mi offro in pegno a Giovanna.
I’m givin’ you a piece of my mind. Ti sto dando un pezzo della mia mente.
There no charge of any kind. Nessun compenso di nessun tipo.
Try a very simple test. Prova un test molto semplice.
You should just retrace your steps. Dovresti soltanto ripercorrere i tuoi passi.
And think back, back a little bit baby. E ripensarci, ripensarci un po’, baby.
Back, back alright. Ripensaci, ripensaci bene.
Think, think, think back baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think back a bit girl. Ripensaci, ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
And think back, back a little bit, baby. E ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back alright. Ripensaci, ripensaci bene.
Think, think, think back, baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think back a bit, girl. Ripensaci, ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back, baby. Ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
But think back, back a little bit, baby. Ma ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back, alright! ripensaci, ripensaci bene!
But think back, back a little bit, baby. Ma ripensaci, ripensaci un po’, baby.
Back, back alright. ripensaci, ripensaci bene
Think, think, think back, baby. ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Think, think I said back a bit, girl. ripensaci, ho detto ripensaci un po’, ragazza.
Think, think, think back, baby. ripensaci, ripensaci, ripensaci, baby.
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
Tell me who’s fault was that, babe? Dimmi: di chi è stata la colpa, bimba?
In the town where I was born Nella città in cui sono nato
Lived a man who sailed to sea visse un uomo che navigò verso il mare
And he told us of his life e ci raccontò della sua vita
In the land of submarines nella terra dei sottomarini.
So we sailed up to the sun Poi salpammo verso il sole
‘Til we found a sea of green finché non trovammo un mare di verde
And we lived beneath the waves e vivemmo sotto le onde
In our yellow submarine. nel nostro sottomarino giallo.
We all live in a yellow submarine Viviamo tutti in un sottomarino giallo
Yellow submarine, yellow submarine sottomarino giallo, sottomarino giallo
We all live in a yellow submarine viviamo tutti in un sottomarino giallo
Yellow submarine, yellow submarine. sottomarino giallo, sottomarino giallo.
And our friends are all aboard E i nostri amici sono tutti a bordo,
Many more of them live next door molti altri vivono accanto
And the band begins to play. e la band inizia a suonare.
We all live in a yellow submarine… Viviamo tutti in un sottomarino giallo…
Commento
1. La canzone è cantata da Caterina Caselli ed è suc-
cessiva a Nessuno mi può giudicare, cantata dalla
stessa Caselli. Il perdono fa parte del linguaggio ec-
clesiastico.
2. La ragazza lo lascia (lui però la trascura) e si trova
abbracciata a un altro (lo fa per dispetto). Però l’altro
gli assomigliava (il tradimento è quindi soltanto par-
ziale) e ad ogni modo era stata una sbandata con un
cerino acceso. È ritornata perché lui è il sole, è molto
meglio dell’altro.
3. La ragazza è andata a brucare altrove, lui la trascu-
rava e lei lo vuol fare ingelosire o arrabbiare. Ma
l’erba del vicino era ancora peggio. Tanto vale torna-
re indietro a brucare la solita erba. Può anche essere
sincera: l’altro era uno schifo, cioè era un cerino.
Meglio che mi accontenti di te, sei un paio di cerini o
una candela e ti paragono al sole. Sei il mio sole. Se ti
faccio un complimento, forse riesco a darti un po’ di
vita e a farti uscire dalla tua indolenza preistorica e
dalla tua anoressia sessuale. Dòtti da fare, saltami ad-
dosso.
4. Mogol è il nome d’arte di Giulio Rapetti (1936).
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Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me dió dos luceros, que cuando los abro mi ha dato due stelle che, quando le apro,
perfecto distingo, lo negro del blanco distinguo per bene il nero dal bianco
y en el alto cielo, su fondo estrellado e nel cielo profondo la volta stellata
y en las multitudes, el hombre que yo amo e tra le moltitudini l’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado el oído, que en todo su ancho mi ha dato l’udito che con tanta sensibilità
graba noche y día, grillos y canarios cattura notte e giorno il canto di grilli e canarini,
martillos, turbinas, ladridos, chubascos martelli, turbine, latrati, burrasche
y la voz tan tierna, de mi bien amado e la voce tanto tenera dell’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado el sonido, y el abecedario mi ha dato la voce e l’abbecedario,
con el las palabras, que pienso y declaro con le parole che penso e dico:
madre, amigo, hermano y luz alumbrando madre, amico, fratello e luce che illumina
la ruta del alma del que estoy amando la strada dell’anima dell’uomo che amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado la marcha, de mis pies cansados mi ha dato il cammino per i miei piedi stanchi,
con ellos anduve, ciudades y charcos con loro ho attraversato città e pozzanghere,
playas y desiertos, montañas y llanos spiagge e deserti, montagne e pianure
y la casa tuya, tu calle y tu patio e la casa tua, la tua strada e il tuo cortile.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me dió el corazón, que agita su marco mi ha dato il cuore che agita il mio petto,
cuando miro el fruto del cerebro humano quando guardo il frutto del pensiero umano,
cuando miro el bueno tan lejos del malo quando guardo il bene così lontano dal male,
cuando miro el fondo de tus ojos claros quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
me ha dado la risa y me ha dado el llanto mi ha dato il sorriso e mi ha dato il pianto,
así yo distingo dicha de quebranto così distinguo la gioia e il dolore,
los dos materiales que forman mi canto i due sentimenti che ispirano il mio canto
y el canto de ustedes, que es el mismo canto e il canto degli altri, che è lo stesso mio canto,
y el canto de todos, que es mi propio canto e il canto di tutti, che è proprio il mio canto,
y el canto de ustedes, que es mi propio canto. e il canto degli altri, che è proprio il mio canto.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto. Grazie alla vita che mi ha dato tanto.
Commento
1. La canzone è gradevole, malinconica e leggera.
Sviluppa un motivo antico in modo originale:
Quinto Orazio Flacco (65 a.C.-8 a.C.) suggeriva:
Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula poste-
ro
(Odi, 1, 11, 8).
Commento
1. Qualcuna pensa di aver sbagliato le sue scelte gio-
vanili ed ora dà i buoni consigli a una ragazzina di
vent’anni, affinché non commetta i suoi errori. Sicu-
ramente la ragazzina non la ascolterà, perché a) la
persona, il carattere e la situazione sono diversi; b) i
consigli sono di chi è stato sconfitto dalla vita e non
crede né alla speranza, né alle illusioni, perciò sono
sbagliati. In azzurro la parte ripetuta.
2. Non si capisce l’invito alla ragazzina di cantare.
Forse significa “Dàtti una mossa, o ragazzina”? Sem-
brerebbe un invito a cogliere il presente, e senza sba-
gliare, prima che passi, come suggeriva Quinto Ora-
zio Flacco (65 a.C.-8 a.C.):
Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula poste-
ro
(Odi, 1, 11, 8).
Commento
1. Una canzone vera, tristissima e deprimente. Anche
le cose tristi vanno dette nel dovuto modo. E anche le
cose felici vanno dette nel dovuto modo. Gino Paoli
lo aveva insegnato con Sapore di sale (1963). I due
innamorati sono al mare e sono abbastanza felici
(come lo spettatore) e permettono di identificarsi (allo
spettatore). Sì, c’è il momento bello del bacio dato o
soltanto pensato, meglio non dire (tutta la spiaggia
guarda e i genitori sono pronti con il fucile), ma ci
sono anche i “giorni lunghi”… “Lunghi” (è uno
splendido eufemismo), perché le vacanze sono sem-
pre le stesse e sono noiose, noiosissime, ripetitive,
anche se durano appena due settimane. Ma la realtà
va sempre addomesticata e abbellita. Non si va al ma-
re per dire che si è stati male e/o ci si è annoiati: si fa
brutta figura. Anche gli amici direbbero, ‘ma che sei
andato a fare? Non potevi fare un po’ di casino?’.
Tenco invece va controcorrente.
2. Come Tenco, moltissimi giovani si trovavano in
quella situazione di incertezza. Non si sentivano né
carne né pesce. Non erano più siciliani o veneti e non
erano divenuti milanesi o torinesi. Avevano perso la
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 719
Enzo Jannacci (1935-2013), Vengo 2. L’autore s’inserisce nella corrente del non senso,
anch’io? No, tu no, 1968 con ottimi risultati. i precedenti sono indicati più so-
pra: Non senso, antipetrarchismo e poesia barocca.
Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale. 3. La punteggiatura non è stata corretta. La sua tra-
scuratezza o la sua ignoranza dimostra la scarsa cul-
Vengo anch’io? No tu no. tura scolastica del paroliere e pure il modo approssi-
mativo e trasandato di lavorare nel settore. E Jannacci
per vedere come stanno le bestie feroci è pure un medico, che ha fatto un corso di studi lun-
e gridare “Aiuto aiuto è scappato il leone” ghissimo.
e vedere di nascosto l’effetto che fa. -----------------------------I☺I-----------------------------
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Vengo anch’io? No tu no
Ma perché? Perché no
Commento
1. Finalmente una canzone che non parla d’amore e
che è pure divertente. L’autore è un medico, prestato
alla canzone.
Hey, Jude, don’t make it bad Ehi, Jude, non farlo male,
Take a sad song and make it better prendi una canzone triste e rendila migliore.
Remember to let her into your heart Ricordati di farla entrare nel tuo cuore,
Then you can start to make it better quindi puoi iniziare a renderla migliore.
Hey, Jude, don’t be afraid Ehi, Jude, non aver paura,
You were made to go out and get her sei stato fatto per uscire e prenderla
The minute you let her under your skin nel momento in cui l’hai lasciata sotto la pelle,
Then you begin to make it better quindi inizi a renderla migliore.
And anytime you feel the pain E ogni volta che senti il dolore,
Hey, Jude, refrain ehi, Jude, fermati,
Don’t carry the world upon your shoulders non portare il mondo sulle tue spalle.
For well you know that it’s a fool Sai bene che è uno sciocco
Who plays it cool chi la suonerà bene,
By making his world a little colder. rendendo il suo mondo un po’ più freddo.
Na-na-na, na, na Na-na-na, na, na
Na-na-na, na Na-na-na, na
Commento
1. Ehi, Jude è una delle canzoni più famose dei “Bea- “Non farlo! Sai, questa frase è perfetta, non toccarla,
tles” e sicuramente una dei più grandi successi com- va benissimo così”. Per una volta i due si trovano
merciali dei “Fab Four” (=Favolosi Quattro). Quando d’accordo. Così raccontano le riviste del settore.
il pezzo uscì come singolo nel 1968 (prima si era 2. Il brano musicale è universale: soddisfa tutti e non
pensato di inserirlo nell’album White Album), diven- pesta i piedi a nessuno. È semplice, orecchiabile, ed
ne subito un successo, rimanendo nelle classifiche ha una struttura ripetitiva. Sembra una canzoncina per
britanniche e statunitensi per ben 16 settimane. Il di- l’infanzia. Per di più molti utenti possono aver vissu-
sco vendette in sei mesi oltre cinque milioni di copie to una situazione simile. La musica e le voci fanno un
in tutto il mondo, e dopo quattro anni il numero com- eccezionale accompagnamento.
plessivo salì a sette milioni e mezzo. La canzone è 3. “Ehi, Jude”: straordinaria l’idea di parlare con un
scritta da Paul McCartney, ma è attribuita come sem- interlocutore presente, ma muto. Il lettore o l’ascolta-
pre alla coppia Lennon/McCartney. Ha una storia tore ha l’impressione di essere davanti a una scenetta.
particolare. Nel 1968 John Lennon (1940-1980) ha La canzone esce dai suoi limiti.
appena iniziato una relazione con Yoko Ono, lascian- 4. Il lettore può confrontare la canzone con le altre
do la sua prima moglie, Cynthia. Così Paul cerca di canzoni straniere qui citate e pure con le canzoni ita-
consolare Cynthia e il figlio Julian, recandosi spesso liane coeve.
a trovarli. Un pomeriggio, durante una di queste visi- -----------------------------I☺I-----------------------------
te, pensa a quanto un divorzio possa turbare un bam-
bino e gli viene in mente la frase “Don’t make it bad,
take a sad song and make it better” (“Non farti male,
prendi una canzone triste e rendila migliore”), pen-
sando che potrebbe incoraggiare Julian. Nasce così il
primo embrione di Hey, Jude, che inizialmente Paul
pensa di intitolare Hey, Jules, la modifica in Jude è
ispirata dal personaggio Jud (=Giuda) del musical
Oklahoma!, che McCartney adorava. Tornato a Lon-
dra, fa ascoltare la canzone a John, che si è presentato
con l’ormai inseparabile Yoko. A un certo punto si
ferma, guarda verso John e dice: “Qui, se vuoi, pos-
siamo sistemarla diversamente”. Ma John risponde:
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 721
Franco Migliacci-Barbata-Kaylan-Nichol- Ho scritto t’amo
Pons-Volman, Scende la pioggia, 1968 sulla sabbia
e il vento
Tu nel tuo letto caldo, io per strada al freddo a poco a poco
ma non è questo che mi fa triste se l’è portato via
Qui fuori dai tuoi sogni l’amore sta morendo con sé.
ognuno pensa solo a se stesso Io non avevo mai
capito te
Scende la pioggia ma che fa, ma ora sì
crolla il mondo addosso a me ma ora sì
per amore sto morendo! una bambola come te
Amo la vita più che mai io l’ho
appartiene solo a me, sognata sempre
voglio viverla per questo! no no non l’ho avuta mai
E basta con i sogni, ora sei tu che dormi mai mai
ora il dolore io non conosco mai.
Quello che mi dispiace è quel che imparo adesso
ognuno pensa solo a se stesso Ho scritto t’amo
sulla sabbia
Scende la pioggia... e il vento
a poco a poco
Commento se l’è portato via
1. L’amore di lui e lei sta morendo, perché ognuno con sé
pensa soltanto a se stesso. E intanto scende la pioggia se l’è portato via
e il mondo gli crolla addosso. Lui dice basta ai sogni, con sé.
ha scoperto con tristezza che ognuno, cioè lei, pensa
solo a se stesso. Commento
2. Con Scende la pioggia Gianni Morandi vince Can- 1. Il protagonista ha scritto “t’amo” sulla spiaggia
zonissima nel 1968. La canzone è la versione italiana (un’azione molto romantica), ma il vento a poco a
di Eleanore, una canzone americana interpretata dal poco se l’è portato via (l’ipotesi è inverosimile, ma è
gruppo “The Turtles”. molto fotogenica). Egli ha sempre desiderato una
3. La canzone va confrontata con tutte le altre piogge donna come lei, ma non l’ha mai avuta. Soltanto
che scendono o che cadono. C’è anche un film, i cui adesso ha capito la ragazza. Ma essa rimane ancora
protagonisti danzano e cantano sotto la pioggia: Sin- un sogno.
gin’ in the Rain (Cantando sotto la pioggia, USA, 2. Il filo conduttore della canzone è esile: la canzone,
1952), diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, inter- come altre, è costruita sul ritornello. Quel che conta
pretato dallo stesso Gene Kelly, Donald O’ Connor e però è la voce ipnotica del cantante, che rapisce lo
Debbie Reynolds. spettatore.
4. La punteggiatura non è stata risistemata. 3. Il vento compare anche in canzoni politiche: Fi-
-----------------------------I☺I----------------------------- schia il vento e infuria la bufera (Fischia il vento,
1944) e Se il vento fischiava ora fischia più forte
Franco Romano-Francesco Calabrese, (Contessa, 1966).
Ho scritto t’amo sulla sabbia, 1968 4. Franco IV e Franco I sono rispettivamente Franco
Romano e Francesco Calabrese. Dopo questo succes-
so lasciano il mondo della canzone.
Ho scritto t’amo
5. La punteggiatura non è stata risistemata.
sulla sabbia
-----------------------------I☺I-----------------------------
e il vento
a poco a poco
se l’è portato via
con sé.
L’ho scritto poi
nel mio cuor
ed è restato lì
per tanto tempo.
Una bambola come te
io l’ho sognata sempre
no no non l’ho avuta mai
mai mai
mai.
Commento
1. Patty Pravo, pseudonimo di Nicoletta Strambelli
(Venezia, 9 aprile 1948), è una cantante italiana. Nel-
la sua lunga carriera ha attraversato svariati stili mu-
sicali, reinventando continuamente la propria imma-
gine: da esponente del beat a interprete della canzone
d'autore italiana e francese, quindi sperimentatrice del
pop rock nelle sue varie declinazioni. Successi come
La bambola (1968), Pazza idea (1973), Pensiero stu-
pendo (1978) e ...E dimmi che non vuoi morire
(1997) si annoverano fra i suoi brani più celebri.
La peculiare timbrica bassa e sensuale, le provoca-
zioni e gli eccessi ne hanno fatto un’icona di trasgres-
sione, che ha contribuito all’evoluzione del costume e
dei canoni legati alla figura dell’interprete femminile
in Italia. Ha ispirato artisti come Tano Festa e Mario
Schifano, e per lei hanno scritto cantautori quali Léo
Ferré, Vinícius de Moraes, Lucio Battisti, Paolo Con-
te, Francesco Guccini, Gino Paoli, Riccardo Coccian-
te, Francesco De Gregori, Bruno Lauzi, Antonello
Venditti, Ivano Fossati, Vasco Rossi, Mango, Lucio
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 723
Giorgio Spagna-Ivana Spagna, Se perdo che non serve più
te, 1968 non serve più, se ci sei tu.
Some folks are born made to wave the flag Alcuni nascono per sventolare la bandiera
They’re red, white and blue loro sono rossi, bianchi e blu
And when the band plays “Hail to the Chief” e, quando la banda suona Hail to the Chief,
They point the cannon at you, Lord puntano il cannone verso di te, Signore.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no senator’s son, son non sono il figlio di un senatore,
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no.
Some folks are born silver spoon in hand Alcuni sono nati col cucchiaio d’argento in mano,
Lord, don’t they help themselves, yeah Signore, non aiutano loro stessi, sì
But when the taxman comes to the door Ma, quando il fisco bussa alla loro porta,
The house look a like a rummage sale la casa sembra quasi un mercatino.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no millionaire’s son, no, no non sono il figlio di un milionario, no, no
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no.
Yeah, Yeah,
some folks inherit star-spangled eyes Alcuni ereditano gli occhi a stella,
They send you down to war vi spediscono giù in guerra
And when you ask ‘em: “How much should we e, quando gli chiedi quanto dovremmo dare,
give?” la loro sola risposta è: “Ancora, ancora, ancora di
They only answer: “More, more, more”. più”.
It ain’t me, it ain’t me Non lo sono, non lo sono
I ain’t no military son non sono il figlio del militare
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono un tipo fortunato
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one non sono quel fortunato, no
It ain’t me, it ain’t me non lo sono, non lo sono
I ain’t no fortunate one. non sono quel fortunato, no.
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Well Bene
Take me back down where cool water flow, y’all Riportami giù dove l’acqua scorre fresca,
Let me remember things I love, Lord lasciami ricordare le cose che amo.
Stoppin’ at the log where catfish bite Mi fermo al tronco dove il pesce-gatto abbocca.
Walkin’ along the river road at night Cammino lungo la strada del fiume di notte.
Barefoot girls dancin’ in the moonlight Le ragazze ballano a piedi nudi al chiaro di luna.
I can hear the bullfrog callin’ me, oh Riesco a sentire la rana che mi chiama, oh.
Wonder if my rope still hangin’ to the tree, Lord Mi chiedo se la mia corda è ancora appesa all’albero.
Love to kick my feet way down the shallow water Amo scalciare i miei piedi giù nell’acqua bassa.
Shoo fly, dragonfly, get back t’mother La scarpa vola, il dragone vola, torna da tua madre.
Pick up a flat rock, skip it across Green River Prendi un sasso piatto e fallo saltare sul Green River.
Well Bene
Up at Cody’s camp I spend my days, Lord Sul campo di Cody ho trascorso le mie giornate
With flat-car riders and cross-tie walkers con i flat-car riders e i giramondo.
Old Cody, Junior took me over Vecchio Cody, Junior mi ha preso con sé.
Said “You’re gonna find the world is smold’rin’” Ha detto: “Scoprirai che il mondo sta bruciando senza
“And if you get lost, come on home to Green River” fiamme e, se ti perdi, vieni a casa al Green River”.
Well Bene
Well Bene
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Commento
1. John Fogerty è capogruppo dei “Creedence Clear-
water Revival”. In un’intervista, rilasciata alla rivista
“Rolling Stone” nel 2012, ha spiegato: “Green River
è un posto che esiste realmente, ed è un posto dove
andavo da bambino e si trova a Putah Creek, vicino a
Winters, in California. Durante la mia infanzia sono
andato lì con la mia famiglia ogni anno. Conservo
molti ricordi felici: lì ho imparato a nuotare. Lì c’era
una fune appesa all’albero... libellule, rane... c’era
una piccola capanna, dove eravamo soliti andare, di
proprietà di un discendente di Buffalo Bill, Cody”.
2. Green River è l’affluente principale del fiume Co-
lorado (USA).
3. I flat-car riders sono i cavalieri delle auto piatte,
coloro che usano auto adibite al trasporto.
4. Fogerty si rivolge a Cody Junior e lo invita a por-
tarlo sul fiume, come faceva quando era bambino.lì
rivive le sue esperienze infantili: vede il vecchio albe-
ro, sguazza con i piedi nell’acqua, ascolta la rana e
vede passare le ragazze. L’ultimo suggerimento: deve
prendere un sasso piatto e farlo balzare sull’acqua.
Nel campo di Cody ha trascorso la sua giovinezza. E
ricorda al vecchio come suo figlio Cody Junior lo
prendeva con sé. Il giovane gli ha detto che il mondo
stava bruciando senza fiamme. Se si perdeva, poteva
sempre ritornare lì da loro, sul fiume.
5. Il brano musicale è costruito sulla nostalgia del
passato. Rimanda a: Dante Alighieri, Guido, i’ vorrei
che tu e Lapo ed io, 1294ca., Giovanni Pascoli, Ro-
magna, 1891, Giuseppe Ungaretti, I fiumi, 1917, Se-
condo Casadei, Romagna mia, 1954.
Ora so
che cos’è questo amaro sapore
che resta di te
quando tu
sei lontana e non so dove sei
cosa fai, dove vai.
E so perché
non so più immaginare il sorriso
che c’è negli occhi tuoi
quando non sei
con me.
Commento
1. Lei ha il viso d’angelo, ma noi non sappiamo come
sono i visi degli angeli. Dobbiamo immaginarlo. Gli
autori pescano un’idea che si trova nel Dolce Stil No-
vo (1274): 1) amore e cuore gentile si identificano; 2)
la nobiltà non è nobiltà di sangue che si eredita, è
gentilezza (o nobiltà) d’animo che si conquista con il
proprio ingegno; 3) la donna è un angelo disceso dal
cielo, per innalzare l’uomo a Dio o per fargli tirar
fuori dall’animo le sue capacità. Gli autori però inse-
riscono la terza tesi stilnovistica in un contesto diver-
so: il tema della lontananza o dell’abbandono, a cui si
aggiunge il tema del ritorno. Lei se ne va, ma poi ri-
torna.
2. L’innamorato però non si chiede perché se ne va né
perché ritorna: sembra una meteoropatica. In un’altra
canzone lei se ne va, ma poi ritorna: lui era uno schi-
fo, ma l’altro ragzzo era peggio. Perciò era meglio
ritornare dal primo: Mogol-Piero Soffici, Perdono
(1966). Lei è sempre un angelo e il poeta innamorato
resta sempre a bocca aperta davanti a lei. Né si chiede
se Anche gli angeli mangiano fagioli (Enzo Barboni
Clucher, film, 1973), cioè se è prudente o è avventato
innamorarsi di loro e pensare di vivere con un angelo.
3. La canzone è tranquilla, da cantare. Trasforma in
dolci note, un po’ problematiche e un po’ malinconi-
che, i difficili rapporti tra uomo e donna.
4. La canzone è orecchiabile e ripetitiva, come le
canzoni straniere, senza essere un capolavoro. Il pun-
Tutti insieme!
Oh Lady Mary, petite fille aux yeux bleus Oh cara Maria, bambina con gli occhi azzurri,
Oh Lady Mary, tu n’étais pour lui qu’un jeu oh cara Maria, eri solo un gioco per lui.
Oh Lady Mary, à l’aube de chaque nuit Oh cara Maria, all’alba ogni notte,
Oh Lady Mary, un nouveau jour vient sans bruit oh cara Maria, un nuovo giorno arriva in silenzio.
Petite fille, brise les chaînes de l’ennui O bambina, rompi le catene della noia.
Sei carina e la tua freschezza saluta la vita.
Tu es jolie et ta fraîcheur salue la vie
Oh cara Maria, guardati intorno
Oh Lady Mary, regarde autour de toi
oh cara Maria, tutti i tesori che hai.
Oh Lady Mary, tous les trésors que tu as
La mer et le ciel, la vie les a fait pour toi Il mare e il cielo, la vita li ha fatti per te,
Oh Lady Mary tous ces cadeaux sont à toi oh cara Maria, tutti questi doni sono tuoi.
Petite fille, oublie tes pleurs, aime la vie. O bambina, dimentica le tue lacrime, ama la vita.
Elle est jolie, ouvre tes yeux à ses folies. Essa è carina, apri gli occhi alle sue follie.
Oh Lady Mary, donne ton cœur au printemps Oh cara Maria, dai il tuo cuore in primavera.
Oh Lady Mary, joue le jeu de tes vingt ans Oh cara Maria, fa’ il gioco dei tuoi vent’anni.
Oh Lady Mary, le bonheur est comme un enfant Oh cara Maria, la felicità è come un bambino,
Oh Lady Mary, il grandit avec le temps oh cara Maria, che cresce con il tempo.
La la la la la... La la la la…
Ciao, amore,
ciao, non piangere,
vedrai che tornerò,
te lo prometto ritornerò,
te lo giuro amore ritornerò,
perché ti amo
ti amo
ritornerò
ciao amore
ciao
ti amo.
So, so you think you can tell E allora pensi di saper distinguere
Heaven from hell il paradiso dall’inferno,
Blue skies from pain i cieli blu dal dolore,
Can you tell a green field di poter distinguere un campo verde
From a cold steel rail? da una fredda rotaia d’acciaio?
A smile from a veil? Un sorriso da un velo?
Do you think you can tell? Pensi di saperli distinguere?
How I wish, how I wish you were here Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui,
We’re just two lost souls siamo solo due anime perse,
Swimming in a fish bowl che nuotano in una boccia per i pesci,
Year after year anno dopo anno,
Running over the same old ground correndo sul solito vecchio terreno.
And how we found Che cosa abbiamo trovato,
The same old fears le solite vecchie paure.
Wish you were here Vorrei che tu fossi qui.
Commento
In tal modo la canzone diventa un monologo interio-
1. I “Pink Floyd” sono un gruppo musicale rock bri-
re. È come se l’autore dicesse: “Come vorrei che tu,
tannico che si è formato nel 1965 a Cambridge (GB).
la parte migliore di me, la parte che era viva e libera
Nel corso di una lunga carriera sono riusciti a riscri-
quand’ero giovane, tornasse qui, ritornasse in vita,
vere le tendenze musicali della propria epoca e sono
nonostante i tradimenti che io stesso ho compiuto!”.
divenuti uno dei gruppi più importanti della storia
3. Le parole di Waters alzano il livello culturale della
della musica. Il gruppo è fondato dal cantante e chi-
canzone, perché tutti le possono attribuire a se stessi.
tarrista Syd Barrett, dal bassista Roger Waters, dal
Il testo si fonde con la musica, come di consueto, si
batterista Nick Mason e dal tastierista Richard
potrebbe dire che la musica s’impone sul testo ma che
Wright. Nel dicembre del 1967 si aggiunge il chitarri-
il testo non si fa assorbire: diventa esso stesso musi-
sta David Gilmour, che si affianca e poi sostituisce
ca. Una musica che la traduzione non può rendere.
definitivamente Barrett, che si era lentamente emar-
4. E un monologo interiore, tra sé e sé, cantato in
ginato dal gruppo per l’uso di droghe pesanti e per
pubblico è sicuramente originale e straordinario.
una forma di alienazione. Hanno prodotto 15 album
5. Il brano musicale va ascoltato in una immersione
in studio, quattro dal vivo e 10 raccolte. Secondo un
totale: non basta leggerlo.
calcolo del 2008 hanno venduto circa 250 milioni di
6. Conviene confrontare il valore e l’uso dei testi e
dischi in tutto il mondo, di cui 74,5 milioni negli Stati
della musica in questa canzone dei “Pynk Floyd” e
Uniti d’America. Per i 50 anni di carriera della band,
nei brani musicali e/o nei cantautori di Sanremo.
nel 2016 la Royal Mail ha emesso una serie di dieci
7. Lo spettatore si può abbandonare alla musica, ma
francobolli dedicati ai migliori album del gruppo.
può anche riflettere sul significato delle parole. E le
2. Per i fan Wish You Were Here era un omaggio a
parole o la situazione sono universali, possono coin-
Syd Barrett per il suo contributo al gruppo, da cui era
volgere qualsiasi abitante della terra. In altre “parole”
stato allontanato per uso di droga e perché non teneva
il gruppo può vendere il disco in ogni parte della ter-
fede agli impegni sempre più importanti che stavano
ra. Se si drogava, era una pratica che poteva restare
arrivando. La canzone parla appunto dell’assenza e
dentro le mura di casa sua.
del bisogno di un amico. Le cose invece stanno in
8. Il lettore può anche riflettere sul modo in cui que-
modo diverso. Roger Waters, il principale autore del
sto come gli altri gruppi internazionali fanno musica
testo, dichiarò che quel “vorrei che tu fossi qui” era
e fanno economia: vendono dischi. E lo confronta con
rivolto a se stesso più che a un’altra persona. Per vi-
autori e prodotti musicali italiani.
vere appieno bisognava essere presenti a se stessi, co-
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sa che allora non sempre si realizzava nella sua vita.
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 738
Francesco Guccini (1940), Libera nos, Gabriele D’Annunzio (1867-1938) e poi del Nazio-
Domine, 1978 nal-fascismo. L’Italia è una terra di “eroi, navigatori,
profeti, vati, santi”. Anche di parassiti, di falsi invali-
Da morte nera e secca, da morte innaturale, di, di pensioni non meritate, di furbetti, di furbastri, di
da morte prematura, da morte industriale, vitalizi per i parlamentari, di tasse folli e di conse-
per mano poliziotta, di pazzo generale, guenza anche di evasori fiscali.
diossina o colorante, da incidente stradale, 5. “Da te, dalle tue immagini e dalla tua paura”: do-
dalle palle vaganti d’ogni tipo e ideale, vrebbe essere la donna che ama, anche lei fastidiosa.
da tutti questi insieme e da ogni altro male, 6. Poco dopo mette anche l’egoismo “sdrucciolo”,
libera, libera, libera, libera nos, Domine! scivoloso, suo e di tutti. Lo scrittore insomma non
salva nessuno…
Da tutti gli imbecilli d’ogni razza e colore, 7. Guccini continua a far riferimento alla cultura reli-
dai sacri sanfedisti e da quel loro odore, giosa, come in precedenza: Francesco Guccini, Dio è
dai pazzi giacobini e dal loro bruciore, morto (1965). D’altra parte fino al 1970 l’educazione
da visionari e martiri dell’odio e del terrore, e la cultura ecclesiastica erano pervasive.
da chi ti paradisa dicendo “è per amore”, 8. Un’osservazione: se il Signore ci libera da ogni
dai manichei che ti urlano “o con noi o traditore!”, male, non resta più niente, la vita diventa noiosa e in-
libera, libera, libera, libera nos, Domine! sopportabile… Meglio che qualche male e che qual-
che seccatore resti. Ma quella di Guccini è soltanto
Dai poveri di spirito e dagli intolleranti, un’invocazione. I mali restano. Ariosto aveva messo
da falsi intellettuali, giornalisti ignoranti, sulla Luna tutte le cose che gli uomini e le donne per-
da eroi, navigatori, profeti, vati, santi, dono, compreso il cervello. Soltanto la pazzia era ri-
dai sicuri di sé, presuntuosi e arroganti, masta sulla terra (Orlando furioso, XXXIV, 69-87).
dal cinismo di molti, dalle voglie di tanti, Aveva ragione.
dall’egoismo sdrucciolo che abbiamo tutti quanti, 9. La canzone recupera un genere particolare di poe-
libera, libera, libera, libera nos, Domine! sia medievale: l’elenco di cose piacevoli o, in alterna-
tiva, di cose noiose e fastidiose o sgradevoli. Il poeta
Da te, dalle tue immagini e dalla tua paura, fa della letteratura assai dotta. Il testo più noto è Gi-
dai preti d’ogni credo, da ogni loro impostura, rard Pateg (inizi sec. XIII), Frotola della noia morale
da inferni e paradisi, da una vita futura, (1228), che conferma se stesso: è tanto lungo, da es-
da utopie per lenire questa morte sicura, sere di una noia mortale...
da crociati e crociate, da ogni sacra scrittura, -----------------------------I☺I-----------------------------
da fedeli invasati d’ogni tipo e natura,
libera, libera, libera, libera nos, Domine,
libera, libera, libera, libera nos, Domine...
Commento
1. La canzone è composta da quattro strofe di sei ver-
si, ognuna delle quali ha la stessa rima; tutte termina-
no con lo stesso settimo verso. Una grandissima di-
mostrazione di abilità letteraria. Ma ogni verso si ap-
prezza per la forzatura del senso delle parole. E la
canzone si apprezza e si capisce soltanto inserendola
nella tradizione letteraria, vicina e lontana. Libera
nos, Domine, a omni malo è tratto dalle Litaniae
Sanctorum, Invocatio ad Christum (Litanie dei santi,
Invocazione a Cristo), che elencano i mali da cui il
Signore deve liberare il credente. Voce del cantauto-
re, musica e testo si rafforzano a vicenda e hanno un
impatto fortissimo sullo spettatore. L’autore non ri-
sparmia nessuno, neanche se stesso.
2. Il poeta si rivolge al Signore e lo invoca affinché ci
liberi da ogni male. I mali sono numerosissimi, rac-
chiusi nelle quattro strofe. Bisogna fare attenzione:
Guccini dice “CI liberi”, non dice “MI liberi”.
3. I sanfedisti sono i sostenitori ad oltranza della
Chiesa cattolica e del re (1799). I giacobini sono l’ala
più estrema della rivoluzione francese (1789).
4. “Da eroi, navigatori, profeti, vati, santi”: il riferi-
mento è alla visione retorica ed eroica della vita di
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 739
Franco Migliacci-Claudio Mattone- male: il rapporto poteva continuare. Ben inteso, a
Eduardo De Crescenzo, L’infinità, 1982 condizione che lei lo volesse o ci tenesse. Da parte
sua, se lei diceva di no, lui ne avrebbe sentito solo la
L’infinità mancanza. Egli vive al risparmio e ha risparmiato an-
è una camera segreta che la parola amore: troppo sdolcinata e troppo bor-
di un motel ghese. La “camera segreta” vuol dire che sono andati
sulla via in motel senza che nessuno lo sapesse: è il loro segre-
che attraversa la tua vita to. Non hanno neanche l’intenzione di raccontare la
insieme alla vita mia. bravata agli amici, che dopo avrebbero sparlato per
Decidi tu se ripartire giro.
o rimanere ancora. 3. Non ci sono progetti o programmi di vita in comu-
ne. Si tratta di una semplice sveltina in una comoda
Ora lo so camera ad ore di un motel (l’albergo costa troppo),
che una notte può con le lenzuola pulite. E il pubblico grazie a questa
cambiare un uomo canzone va a far l’amore in albergo con il pensiero, e
che come me con il corpo resta a casa. L’evasione con il pensiero
è vissuto sempre in un albergo, normalmente irraggiungibile a causa
troppo solo, dei costi, basta e avanza.
forse perché 4. La canzonetta va confrontata con canzoni degli
dentro di sé stessi anni sullo stesso argomento: Tenco Luigi, Ieri,
stava aspettando 1959 (lei ora dice di amarlo, ora lo vuole lasciare e
solo te. lui risponde “ma fai come ti pare, Tanto non t’amo
più”); Salerno Nicola-Panzer Mario, Non ho l’età
Amore mio, (per amarti), 1964 (Gigliola Cinquetti che la canta ha
l’alba è già qui, appena 16 anni); Mogol-Soffici Piero, Perdono, 1966
la luce invade (la ragazza è andata a fare esperienza con altri ragaz-
strade e città, zi, che si rivelano uno schifo ed è perciò ritornata
ma porte chiuse all’ovile); Pace-Panzeri-Beretta-Del Prete, Nessuno
non ne aprirà. mi può giudicare, 1966 (la ragazza è andata a brucare
altra erba, era peggio di quella che brucava, un cerino
Fuori c’è il giorno contro il sole, ed è ritornata dal ragazzo che aveva la-
mentre di qua c’è sciato, che risulta migliore del previsto); Paolo Pie-
l’infinità trangeli, Contessa, 1966 (i borghesi provano schifo
dei tuoi occhi per l’ “amor libero” che gli operai praticherebbero);
che san leggere Testa Alberto-Sciorilli Eros, Sono una donna, non
i pensieri che ho, sono una santa, 1971 (la ragazza, veramente saggia,
i segreti, le emozioni, gli chiede di aspettare tre mesi: gliela darà a maggio
il desiderio di te. con la bella stagione e sotto la protezione della Ma-
donna). Ora l’amore è soltanto una frullata, non in un
L’infinità: bosco di sera, ma nella più comoda stanza di un al-
se non ti avrò berghetto, fantasticando che gli occhi di lei siano non
mi mancherai. l’infinito, ma l’infinità. Il tempo d’oro dell’amore è
ormai lontanissimo, e sono passati soltanto 10-15 an-
L’infinità ni.
è una camera segreta 5. Se dopo la frullata l’amore che egli dimostra è così
di un motel sulla via fievole e smorto, la ragazza deve pensarci bene prima
che attraversa la tua vita di decidere di mettersi insieme con lui. In Ieri (1959)
insieme alla vita mia. anche Tenco aveva lasciato decidere lei: “Ma fai co-
Decidi tu se ripartire me ti pare, Tanto non t’amo più”. Una pessima idea:
o stare qui bisogna aiutare sempre una persona incerta a decidere
o stare qui. correttamente, per il bene di tutti e due. Le si deve
mostrare motivi solidi e positivi per dire sì.
Commento 6. Chi ha buona memoria ricorda Giacomo Leopardi,
1. La canzone è lo specchio del pubblico a cui si ri- L’infinito, 1819. Tutt’altra cosa.
volge. Il linguaggio è semplice ed elementare. E gira ------------------------------I☺I-----------------------------
intorno alla parola magica, che alza il livello della si-
tuazione e del rapporto: l’infinità. Lei potrebbe essere
la donna della sua vita.
2. I due protagonisti hanno passato una notte d’amore
in un motel e lui ha scoperto che lei non è poi così
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 740
Francesco Guccini (1940), La Genesi, Sbatté le gambe su un mucchio di ghiaia
1973 dopo una tragica caduta in mare.
Quando andò a sbattere sull’Himalaya
Una canzone molto più seria e più impegnata, oserei il colpo gli fece persino un po’ male.
dire impegnatissima, una canzone che a me è stata
ispirata - a me succede poche volte - però questa Fece crollare anche un gran continente
canzone mi è stata ispirata direttamente dall’alto. soltanto urtandolo un poco col piede.
Ero lì nel mio candido lettino… e ho sentito una voce Si consolò che non c’era ancor gente
che diceva «Francesco!», dico «Soccia (=intercala- e che non gli era venuto poi bene.
re), ma chi è?»… dico «Uh?», diceeeeee: «Svegliati Ma quando il buio gli fece impressione
sono il tuo Dio», e allora così, in questo modo solle- disse, facendosi in viso un po’ truce:
citato, ho pensato di… dii… fare un’opera musicale «Diavol d’un angelo, avevi ragione.
colossale e mettere in musica l’Antico Testamento. Si chiami l’Enel, sia fatta la luce!»
Per ora sono riuscito a fare soltanto la Genesi… che
è la vera storia della creazione del mondo. Commutatori, trasformatori,
dighe idroelettriche e isolatori,
Per capire la nostra storia turbine, dinamo e transistori
bisogna farsi ad un tempo remoto. per mille impianti di riflettori;
C’era un vecchio con la barba bianca: albe ed aurore fin boreali,
lui, la sua barba, ed il resto era vuoto. giorni e tramonti fin tropicali.
Voi capirete che in tale frangente «Fate mò bene che non bado a spese,
quel vecchio solo lassù si annoiava. tanto ho lo sconto alla fine del mese».
Si aggiunga a questo che, inspiegabilmente, «Te Lucifero non ti devi interessare come faccio io ad
nessuno aveva la tivù inventata. avere lo sconto alla fine del mese. Ma cosa vuol dire
«Beh, poco male», pensò il vecchio un giorno: corruzione? Una mano lava l’altra come si dice; vuoi
«A questo affare ci penserò io. che uno nella mia posizione non conosca nessuno?
Sembra impossibil ma in roba del genere, Però intanto ragazzi, andateci piano perché la bollet-
modestia a parte, ci so far da Dio». ta la portano a me. M’avete lasciato accesa la luce al
polo per sei mesi, sei mesi! No, sei mesi! Grazie che
Dixit (=Disse). Ma poi toccò un filo scoperto, c’era freddo, i surgelati li debbo pur tenere da qual-
prese la scossa, ci fu un gran boato. che parte. Adesso la tenete spenta sei mesi come… e
Come tivù non valeva un bel niente poi quei ragazzi lì, come si chiamano quei ragazzini
ma l’Universo era stato creato. che vanno in giro con quella cosa, aureola si chiama,
«Come son bravo che a tempo perso no no, nom am pies menga (=non mi piace per nien-
ti ho creato l’Universo! te), no no no ragazzi: quelle cose li, io vi invento il
Non mi sembra per niente male. peccato in superbia e vi frego tutti eh, adesso ve lo
Sono davvero un tipo geniale! dico bisogna guadagnarsele… voi, a parte il fatto che
Zitto, Lucifero, non disturbare, non mi adorate abbastanza, no no no Lucifero, è inu-
non stare sempre qui a criticare! tile che tu mi chiedi scusa: adorare significa non do-
Beh, sì, lo ammetto, sarà un po’ buio, vere mai dire “mi dispiace”, tienitelo in mente…»
ma non dir più che non si vede un tubo!»
«Voi, ecco, io vi do ogni dieci atti di adorazione… vi
«Che sono parolacce che non sopporto!» - disse il do un buono, ogni dieci buoni voi mandate la cartoli-
vecchio a Lucifero - «E poi se c’è una cosa e un’altra na che il 6 di gennaio ci ho poi tutta un’altra idea in
che non posso sopportare sono i criticoni: fattelo te testa… facciamo “Aureolissima” che è una festa bel-
l’Universo se sei capace! Che me at dig un quel… la. Piuttosto Lucifero, non sgamare… vieni qua ra-
(=io ti dico una cosa)» disse il ve’… era di antica gazzo, com’è mi hanno detto che hai stampato un li-
origine modenese da parte di madre il vecchio; «Io bro “Il Libretto Rosso dei Pensieri di…” oh bella ro-
parlo chiaro: pane al pane, vino al vino, anzi vin san- ba il libretto rosso dei pensieri di Lucifero. Ragazzi
to al vin santo. Sono buono e bravo ma se mi prendo- mi piace… ma cosa vuol dire di sinistra, di sinistra…
no i cinque secoli me at sbat a l’infèren (io ti sbatto non sono socialdemocratico anch’io? Avanti al cen-
all’inferno) com’è vero Dio! ». tro contro gli opposti estremismi!… eh ma… no no
no, non ci siamo mica qua, se c’è uno che può pensa-
Ma poi volando sull’acqua stagnante re anzitutto sono io… e non tirare in mica ballo mio
e sopra i mari di quell’Universo, figlio - quel capellone - con tutti i sacrifici che ho fat-
mentre pensava se stesso pensante to, per me lui lì finisce male ah me, me a tal deg… (io
in mezzo a quel buio si sentì un po’ perso. te lo dico) finisce male. Attento che te e lui, io ho del-
Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2022 741
le soluzioni per voi che non vi piaceranno, per Dio, e
non guardarmi male che qui dentro “per Dio” lo di-
co come e quando mi pare!»
Ma fatta la luce ci vide più chiaro:
là nello spazio girava una palla.
Restò pensoso, e gli parve un po’ strano;
ma scosse il capo: chi non fa non falla.
Rise Lucifero stringendo l’occhio
quando lui e gli angeli furon da soli.
«Guarda che roba! Si vede che è vecchio:
l’ha fatto tutto schiacciato sui poli!»
«Per riempire ‘sto bell’ambiente
voglio metterci tante piante.
Forza, Lucifero, datti da fare:
ordina semi, concime e trattore.
Voglio un giardino senza uguali,
voglio riempirlo con degli animali!
Ma cosa fa ‘sto cane che ho appena creato?
Boia d’un Giuda! M’ha morsicato!»
«Piuttosto fallo vedere da un veterinario che non
vorrei aver creato anche la rabbia, già così… cos’è
che non ho creato? Lo sapevo: l’uomo non ho creato!
Grazie, mi fate sempre fare tutto a me, mi tocca sem-
pre fare! Qua se non ci sono io che penso a tutto… va
beh nessuno è perfetto, sì lo so che sono l’Essere Per-
fettissimo Creatore e Signore. Grazie! Adesso ti tra-
sformo in serpente così impari, striscia mò lì! Viuscia
via!»
E portarono al vecchio quello che c’era rimasto…
c’era un po’ di formaggio e due scatolette di Simmen-
thal, cioè lui li mise assieme e poi…
Prese un poco di argilla rossa,
fece la carne, fece le ossa,
ci sputò sopra, ci fu un gran tuono,
ed è in quel modo che è nato l’uomo.
Era un venerdì 13 dell’anno zero del Paradiso.
Commento
La canzone è la più bella e la più articolata di Gucci-
ni, è gradevole e irriverente, e accontenta sia cristiani,
sia atei o agnostici, sia laici bacchettoni. Mostra an-
che come si possa vedere un testo antico o moderno
in modo originale, divertente e pure istruttivo.
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Gli autori stranieri sono francesi, britannici e statuni- I romanzi, le commedie e i poemi cavallereschi rias-
tensi: sunti più sopra e quelli riassunti qui sotto devono es-
Oscar Wilde (1854-1900), uno scrittore e dramma- sere tra loro confrontati, in tal modo si capiscono più
turgo britannico; facilmente. L’elenco delle opere più sopra è questo:
Frank L. Baum (1856-1919), uno scrittore e avven-
turiero statunitense; Giovanni Boccaccio, Decameron, 1349-51;
Arthur Conan Doyle (1859-30), uno scrittore bri- Masuccio Salernitano, Novellino, 1476;
tannico d’avventure e di mistero; Niccolò Machiavelli, Mandragola, 1518;
Eric Ambler (1909-1998), uno dei più grandi scritto- Ludovico Ariosto, Orlando furioso, 1532;
ri britannici di spy story; Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, 1575, 1581;
Agatha Christie (1890-1976), una prolifica scrittrice Carlo Goldoni, La locandiera, 1751;
britannica di gialli polizieschi; Giuseppe Parini, Il giorno, 1763, 1765;
Georges Simenon (1903-1989), uno straordinario Ugo Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, 1798;
scrittore franco-belga di gialli polizieschi psicologici; Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1840-42;
Isaac Asimov (1920-1992), un grandissimo scrittore Giovanni Verga, I Malavoglia, 1881;
russo-statunitense di fantascienza; Gabriele D’Annunzio, Il piacere, 1888;
Ray Bradbury (1920-2012), un grandissimo scrittore Italo Svevo, Una vita (ex Un inetto), 1892;
britannico di fantascienza; Italo Svevo, Senilità, 1898;
Gérard de Villiers (1929-2013), un grande scrittore Luigi Pirandello, Ma non è una cosa seria, 1918;
francese di spy story; Dino Buzzati, Bàrnabo delle montagne, 1933;
Stanley Kubrick (1928-1999), un regista statuniten- Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, 1955;
se, e Arthur C. Clarke (1917-2008), uno scrittore Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, 1959;
britannico di fantascienza; Carlo Cassola, La ragazza di Bube, 1960;
Michael Crichton (1942-2008), un poliedrico scrit- Umberto Eco, Il nome della rosa, 1980;
tore statunitense; Valerio M. Manfredi, Lo scudo di Talos, 1988.
Wilbur Smith (1933), un prolifico scrittore zambia- ------------------------------I☺I-----------------------------
no di avventure africane;