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PROEMIO I CANTO PARADISO

A Differenza dell’Inferno e del purgatorio Dante usa circa 12 terzine come proemio(nell’inferno c’è una sola
terzina e nel purgatorio 4).

Quindi sono 36 versi di proemio proprio a sottolineare il grande impegno poetico e l’altezza della materia.

I primi 12 versi come da tradizione presentano l’argomento.

Al v.1 “di colui che tutto move”=perifrasi per indicare Dio.

Al v.3 “in parte più e meno altrove”=chiasmo

Dante intende dire che è stato in un regno che è talmente lontano dall’umanità che è difficile da
spiegare(topos dell’ineffabilità) e difficile da ricordare.

Al v. 5 entra l’io del poeta: Dante fa riferimento a se stesso e lo fa dopo 5 versi già segno di umiltà. Infatti
“fu io, e vidi” è Dante personaggio, Dante agens. Invece “chi di la su discende” è Dante auctor.

Al v.9 “la memoria non può ire”= forte iperbato (che non può andare dietro la memoria).

Chiaramente trattasi di una esperienza mistica, spirituale (contrario di Leopardi in cui troviamo
un’esperienza sensistica).

vv. 10-12 viene indicato l’argomento. “regno santo”= paradiso

Dal v.13 fino al v.36 abbiamo la cosiddetta invocazione ad Apollo: Dante fa riferimento alle divinità pagane
non perché sia blasfemo, ma perché è convinto che esse rappresentino diversi aspetti di Dio che i pagani
non conoscevano perché Cristo non era ancora nato e che poi hanno conosciuto post nascita di Cristo.

Al v.13 lavoro= latinismo, sta per fatica.

Al v.14 “ fammi fatto”= poliptoto. “vaso”= metafora, cioè intende dire riempimi di tale virtù così ché io
possa scrivere finalmente una poesia così aulica.

Dante Alighieri si aspettava la gloria poetica dal paradiso, noi lo ricordiamo soprattutto per l’inferno.

Al v.15 “amato alloro”= all. a. Alloro è Dafne, è avito riconoscimento quindi ci troviamo di fronte ad una
metonimia, concreto(alloro) per l’astratto(riconoscimento).

Dal v.16 al v. 18. Dante fa confusione: fino ad ora Dante si è rivolto alle muse che vivevano sul monte
Elicona che non ha niente a che vedere con il Parnaso. Il Parnaso ha una doppia cima, Cirra e Nisa.

Cirra è in onore di Apollo che rappresenta la scienza divina; Nisa è sacra a Dioniso che è la scienza naturale.

Dante dice che fino ad adesso gli è servita solo una cima del Parnaso ed ora gli serve la seconda. Ma in
realtà sbaglia perché si riferisce all’Elicona che non fa parte del Parnaso.

Al v.18 “aringo”= termine di origine germanica e significava il campo dove si svolgeva la gara, e per
metonimia indica l’impresa poetica di Dante(concreto per astratto).

Dal v.19 al v.21 troviamo il mito di Apollo e Marsia: Marsia ottiene da Ermes uno strumento musicale con le
canne e ci soffiava dentro. Era un suono melodioso che a tal punto tutti cominciavano a dire che Marsia era
più brava di Apollo. Apollo se la prende con Marsia, lo sfida a duello e gli dice: “Chi di noi saprà suonare e
cantare nello stesso tempo più melodiosamente vincerà”.

Per Apollo con la lira era facile ma Marsia non riusciva a fare tutte e due le cose contemporaneamente
perché doveva soffiare e perde. Apollo lo punisce scorticandolo.
Dante usa questa metafora come se volesse dire: fai in modo che venga fuori la verità dalle apparenze.

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