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CANTO I

v.1-9
Contestualizzazione dell’opera
v.1 QUANDO? Aprile 1300 e centro della vita di Dante, in cui accade quell’evento
che spacca la vita di Dante in due, così come la venuta di Cristo sulla terra.
v.2 DOVE? La selva oscura, con il significato allegorico della condizione del peccato,
quindi perdersi
v.3 PERCHE? La diritta via era smarrita, Cristo nel vangelo si definisce la via, la
verità, la vita, quindi Dante vuole dire che si trova in un momento di traviamento
v.4-5-6 Introduzione dell’autore e in particolare del sentimento di paura che si
prova a rivivere quest’esperienza attraverso la scrittura della stessa
v.7 Riferimento ad un concetto medievale: in quel periodo non si ha paura della
morte del corpo, ma della morte secunda, ovvero la morte dell’anima, la dannazione
v.8 MA introduce lo scopo per cui l’autore affronta di nuovo quella sensazione di
angoscia che ha provato facendo il viaggio nell’aldilà e che è disposto a rivivere nella
scrittura. Perché questo? C0è uno scopo didattico, pedagogico nell’opera, infatti la
commedia è una summa delle conoscenze medievali, ma questa definizione non
spiega la scrittura in versi, quindi sarà definito un POEMA EPICO-DIDASCALICO
CRISTIANO
Epico: come sottotetto ha l’Eneide, ma tratta di un’epica cristiana, una guerra
interiore che l’uomo combatte contro il male
Didascalico: da didasko(verbo greco=insegnare), vuole quindi comunicare un
insegnamento etico “per trattar del ben ch’i’ vi trovai”, insegnamento morale.

Il personaggio di cui si parla è IO, quindi è lo stesso dante il protagonista.


Dante è un personaggio con molte sfaccettature studiate da due critici: Gianfranco
Contini e Charles Singleton.
GC ha identificato due tipi diversi di Dante: DANTE AGENS e DANTE AUCTOR
Agens colui che nel 1300 compie il viaggio
Auctor è colui che ritornato dal viaggio si accinge a scrivere la Commedia
Non coincidono cronologicamente
Questi due personaggi si avvicinano man mano che il viaggio si avvicina alla fine.
Esistono degli indizi testuali per distinguerli, i tempi verbali: tempi al passato-
agens, tempi al presente-auctor.
CS aggiunge un terzo Dante: EVERYMAN, l’individuo collettivo, il rappresentante
dell’umanità, perché Dante compie questo viaggio per mostrare una possibilità di
redenzione a tutta l’umanità.
Indizi testuali: pronomi e aggettivi di prima persona plurale.

v. 10-27
Inizio vero e proprio della narrazione
L’opera inizia in medias res, senza spiegare come si è ritrovato nella foresta, perché
era pieno di sonno, significato allegorico: confusione, ottenebramento della
razionalità, che provoca il peccato → perdita della ragione, scivolamento
inconsapevole nel male.
MA (contrapposizione) geografia del luogo del primo canto, allegorica, che si forma
su una contrapposizione di opposti.
Foresta bassa e buia e spaventosa - Colle alto e luminoso e calma la paura
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Luoghi creati in esatta opposizione.
Il colle è la salvezza che porta verso l’alto(spazio fortemente allegorico nel
medioevo), quindi eleva a Dio, identificato nel sole e nella luce (costante
antropologica).

Alla vista del colle Dante percepisce una sensazione: metafora del lago del cuore ,
molto efficace dal punto di vista poetico, il lago richiama l’acqua, che Dante
riprende nella terzina successiva.
Ruolo delle similitudini nel poema estremamente importante: 1) avvicinare il
lettore a un’esperienza eccezionale, che non può avere mai sperimentato, spiega
qualcosa di eccezionale e sovrannaturale associandolo ad un’esperienza di vita facile
da comprendere 2) funzione di registro stilistico, le similitudini innalzano il registro
Al verso 22 appare la prima similitudine del poema: nella Commedia niente viene
per caso, quindi c’è un ragione profonda per la quale Dante sceglie di iniziare con
questa → Dante che ha rischiato di perdersi nella foresta, vede il colle, quindi una
speranza di salvezza e prova lo stesso sollievo che prova un marinaio quando
scampa da un naufragio.
Quando si fa riferimento ad un navigante per mare, ne esiste uno che è un
archetipo: Ulisse
Dante suggerisce implicitamente di confrontarlo ad Ulisse, paragone che sarà una
costante di tutto il poema, a tal punto che una critica italo-americana Teodolinda
Barolini definisce Ulisse la CALAMITA ERMENEUTICA del poema: gran parte
dei passi del poema possono essere interpretati tenero presente il confronto che
Dante istituisce fra se e la figura di Ulisse.
Rapporto Dante-Ulisse
I destini delle due navigazioni sono completamente diversi: Dante utilizza per la
conoscenza sempre la metafora della navigazione, Ulisse e Danta hanno quindi fatto
la stessa cosa, hanno viaggiato per mare, ma con differenze:

Dante Ulisse:
• Guida • “ma misi me per l’alto mare aperto”
• Voluto da Dio (trinità femminile) • Contro il divino (colonne d’Ercole)
• Viaggio verticale(=elevazione) • Viaggio orizzontale (=dispersione)
• Pellegrinaggio • Mosso dalla curiosità
• Esito positivo • Fine infausto

Dietro la figura di Ulisse c’è quasi sempre l’allusione a Cavalcanti: la commedia


intesse tutta una serie di problematiche che vanno dell’individuale al cosmico.

v.28-36
Dante si accinge da solo a salire il colle
Il suo piede saldo, fermo era sempre più basso, significato allegorico: il piede che lo
tirava verso il peccato era ancora quello più forte, quindi ovviamente la salita non
riesce.
A impedire la salita di Dante si mostrano davanti a lui tre fiere:
1) Una LONZA →allude al peccato della LUSSURIA = Dante è impedito a
raggiungere la salvezza dal proprio peccato di lussuria
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Rima equivoca verso 34-36 “volto vòlto”, stratagemma retorico molto usato da
Dante: due parole in rima sono omografe ma non significano la stessa cosa = allude
al principale snodo narrativo del primo canto, quindi al tentativo di salvarsi da solo
e al successivo ritorno nel peccato.
2) LEONE → SUPERBIA
3) LUPA → AVARIZIA
Sono tutti e tre peccati di cui Dante sa id essersi innaffiato, ma che caratterizzante
anche i peccati delle tre autorità più importanti per lui:
LUSSURIA→teorie dell’amor cortese nella giovinezza→ Firenze
SUPERBIA→in assoluto il peccato di Dante→ Regno di Francia
AVARIZIA→peccato ereditato dal padre→ Chiesa di Roma

v.37-54
Era mattino e il sole si alzava i cielo insieme alle stelle che corrispondevano alla
creazione del mondo: credenza popolare - il mondo era stato creato sotto la
costellazione dell’Ariete
Quindi il sole sorge nel segno dell’Ariete nella settimana di Pasqua
Dante spera di sopravvivere alla fiera con la pelle maculata: condizione tipica
dell’uomo medievale, ovvero che gli astri avessero un’influenza sulle vicende degli
uomini(vedi Vita Nuova incontro con Beatrice)
Credeva molto nell’astrologia e quindi all’impronta caratteriale data dalla
costellazione alla nascita
Dante spera quindi di poter scampare alla lonza, ma non di poter affrontare anche
una seconda fiera, il leone, che gli va incontro con un’atteggiamento molto
aggressivo, così che pareva che l’aria tremasse, citazione cavalcantiana.
Citazione totalmente decontestualizzata, perché non più associata all’amore ma alla
superbia, una sorta di allusione ad un peccato condiviso anche con cavalcanti.
Si presenta la lupa che ha già fatto vivere infelici molte persone getta Dante in uno
stato di prostrazione e insicurezza, fino al punto di fargli perde la speranza di
salvezza.
La salvezza da soli è impossibile perché si viene aggrediti dai propri vizi.
Dante si ritrova al punto di partenza, ai piedi del colle e sta per ricadere nella
foresta.

v. 55-90
Dante è molto rattristato dal fallimento dei suoi piani: la lupa lo ha respinto giù
dove “il sol tace”, sinestesia, unisce parole che vengono da campi sensoriali diversi.
Era molto rara in quell’epoca perché parla di esperienze difficili da spiegare ed è
quindi adatta a parlare dell’aldilà, che costringe Dante a forzare il linguaggio per
dare l’idea di un’emozione mai provata prima: assenza di luce e assenza di suono,
una sorta di non essere associato alla selva.

Rovinare in basso loco, allegorico, dea della decadenza morale


Appare davanti a Dante “chi per lungo silenzio parea fioco”, espressione enigmatica
che può essere di nuovo una sinestesia oppure utilizza una diversa sintassi.
Appare alla vista di Dante un’immagine indistinta, che Dante non riesce a capire se
è un uomo o un’ombra, ma in ogni caso gli si affida e gli si rivolge con miserere, si

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rivolge ad un autore latino con una parola latina=abbi pietà di me. È anche la prima
parola del Salmo 50 il quale parla di pentimento.
Virgilio risponde con un chiasmo “non omo, omo già fui”, non sono adesso uomo,
lo sono stati nel passato, i miei genitori erano lombardi, si sente la sintassi del
latino.
Poeta fui, inversione che serve a metter in evidenza la parola poeta e parla della sua
maggiore opera, l’Eneide.
Rimprovera Dante, “perchè stai tornando a tanta noia”, noia ha un senso molto
forte, vuol dire angoscia, sofferenza interiore.
Prima di rispondergli, Dante esprime la sua estasi nell’aver riconosciuto Virgilio:
“quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume”, perifrasi che vuole evidenziare
l’abbondanza della produzione di Virgilio. Dante abbassa la fronte vergognosa,
figura retorica ipallage che si rivolge prevalentemente all’aggettivo e consiste
nell’attribuire un aggettivo che logicamente andrebbe attribuito ad un altro
sostantivo, ad nome a lui legato per rapporto di vicinanza, in questo caso per
indicare l’atteggiamento umile e reverenziale di Dante.
Dante cerca di attirare la benevolenza di Virgilio dicendogli di sapere a memoria
l’Eneide, con un parallelismo “lungo studio e ‘l grande amore” .
Virgilio e Dante sono legati da una relazione molto forte che dante spiega nella
terzina 85-87 e giustifica anche al lettore perché sceglierà Virgilio come guida.
Solo dopo aver fatto questa captatio benevolentiae per attirarsi la benevolenza del
maestro autorevole, risponde alla domanda sul perché stesse scendendo di nuovo e
gli mostra la bestia che “fa tremare le vene e i polsi”.

v. 90-136
Risposta di Virgilio
Profezia: a Dante non spetta il destino infernale, ma per farlo dovrà compiere un
viaggio, un viaggio che passa per un’altra strada perché la belva che ha spaventato
Dante, non lascia passare nessuno da quella strada. L’avarizia ha una natura così
malvagia che non riesce mai a saziare la sua fame, molti soffrono di questo vizio e
sempre più persone si macchieranno di avarizia, finché non verrà il veltro. In
questo passo ad una profezia individuale subentra una profezia collettiva, che è la
prima lunga profezia della Commedia.
Elementi della profezia: 1) uso del verbo futuro 2) enigmatica nel modo di
esprimere la verità, va quindi interpretata
Siccome Dante non è un profeta sono in generale profezie post eventum, sono
quindi delle profezie del 1300 ma non dell’anno in cui Dante scrive, per cui l’agens
le sente come profezie perché sta compiendo il viaggio, ma l’auctor sa già che le cose
sono andate così perché sta scrivendo in un tempo posteriore al momento in cui si è
avverata. Tecnica recepita da un’opera di Cicerone “Somnium Scipionis”.
Questa tecnica rende il testo profetico e gli dà una valenza religiosa.
Cos’è il veltro?
Il veltro è un cane da caccia. Divisione dei critici: - aspirazione di Dante, non
profezia post eventum, Dante auspica che in futuro arrivi qualcuno che sia in grado
di cancellare la lupa dal mondo. Una figura religiosa o politica?
Non le interesseranno né i possedimenti terrieri né le ricchezze, ma le
interesseranno soltanto sapienza, amore e virtù. Se virtù si intende alla latina, sono

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le i tre attributi della trinità (sapienza, amore e potenza), infatti le tre persone della
trinità sono il Padre(onnipotenze), il Figlio(onniscienza) e lo Spirito Santo(carità).
In questo caso sembrerebbe un personaggio di tipo religioso.
“sua nazione sarà tra feltro e feltro”: 1) il suo popolo vivrà sicuro, protetto 2) la sua
origine sarà tra Feltri e monte Feltro. (Cangrande Della Scala, un condottiero ecc…
vedi enciclopedia dantesca)
Dante lo lascia enigmatico: prima o poi verrà un riformatore che cancellerà
l’avarizia dalla Terra.
Sara la salvezza di quell’umile Italia per la quale sono morti molti personaggi (verso
107). Fine profezia
Virgilio dice a Dante che sarà la sua guida(nuovo percorso di salvezza): prima andrà
all’inferno, descritto con la terzina verso 115-117, perifrasi per descrivere l’inferno,
caratterizzato principalmente da sensazioni uditive. Nella terzina 118-120 descrive il
purgatorio, dove prevale il senso della vista. Virgilio però non potrà portarlo in
paradiso, perché lo dovrà accompagnare un’anima più degna. Non può essere
Virgilio perché l’imperador che lassù regna non me lo permette, perché io non ho
seguito la sua legge.
Risposta di Dante
Dante prega Virgilio in modo che possa vedere la Porta di san Pietro e conclude con
una frase tipica conclusiva di molti canti “allor si mosse, e io li venni dietro”. Dante
non va mai avanti per primo, ma segue sempre le orme di Virgilio.
Versi 134-135: Dante rovescia l’ordine delle cantiche “fa si che io veda il Paradiso e
l’Inferno” ma ovviamente vedrà prima l’inferno, figura retorica molto rara
hysteron proteron, quello che viene dopo, è detto prima, si inverte
cronologicamente. In genere ha il significato di indicare la velocità, immagine
iperbolica, ma in questo caso sottolinea il rapporto gerarchico, Dante dice prima la
meta.

L’uomo non può salvarsi da solo, ha bisogno di una guida, della grazia che gli viene
donata da Dio senza che l’uomo abbia avuto particolari meriti per guadagnarsela.

1 Inferno-30 Purgatorio Virgilio


Fine Purgatorio Virgilio affiancato da Stazio
30 Purgatorio-33 Paradiso Beatrice
Fine Paradiso Beatrice affiancata da San Bernardo

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