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-Lezione del 09-11-2021 Anno dantesco: dantedi

28 marzo PURGATORIO:
il primo dato che ci colpisce, è l’unica cantica in cui abbiamo una dimensione paesaggistica che è reale;che
è costituita da tempi umani e da tempi terrestri.

La narrazione che Dante fa del viaggio narra dell’ascesa del monte al purgatorio , avviene sulla superficie
terrestre e notiamo infatti che vi è la luce ,nell’inferno invece domina il buio, nell’inferno non ci sono i
giorni, non c’è l’alternarsi del giorno e della notte perché ci troviamo nel sottoterra,nel paradiso invece,
siamo in una realtà sublunare ,cioè l’atmosfera terrestre, ovvero sotto il primo dei cieli che circonda il
globo terracqueo che non è altro che il cielo della luna.

L’atmosfera vivente è un paesaggio concreto, infatti Dante si sofferma a dare informazioni di tipo
astronomiche precise, sono fatti che fanno dannare e non sono mai facili perché vi è l’equinozio , le diverse
ore non sono divise come le dividiamo noi , ci troviamo difronte a indicazioni cronologiche precise (es:
passano tre ore, quattro ore, cinque ore) ,anche dal punto di vista di ciò che sta succedendo, della luce,
cosa troviamo a destra e cosa a sinistra, il sole sta tramontando, a Gerusalemme era mezzogiorno, era
mezzanotte..

Un altro elemento che rende tutto interessante è la dimensione umana che è fatta di partecipazione ed
emotività molto forte dei personaggi del purgatorio,mentre nell’inferno non troviamo questo aspetto;
difatti Dante è impassibile ,costatando l’elemento fondamentale nella condizione dei dannati, cioè la
giustizia di Dio, l’ordine assoluto che regola l’universo in cui ogni elemento è collocato in un posto preciso
e li deve stare, altrove non può.

La bellezza della mente umana sta nel saper cogliere e vedere il senso profondo di questo meraviglioso
ordine cosmico che è appunto il cosmo della concezione dantesca, in cui ogni elemento dell’universo
esprime la giustizia di Dio.

Dante è chiamato quindi a interagire fortemente con il personaggio;all’interno dell’inferno troviamo


personaggi colti che devono evocare una certa situazione o il punto fondamentale della loro esistenza, che
ha deciso il destino eterno. Per farlo devono porre una forza straordinaria, poiché racconteranno della
propria vita quell’episodio che ha segnato il loro destino e quindi la loro dannazione.
In questo contesto siamo difronte ad una realtà in cui vi è un'unica certezza ovvero che il desiderio della
persona dannata sia quello di passare aldilà dell’inferno;poiché la permanenza sulla terra è momentanea,
mentre l’essere all’inferno è un destino definitivo e ultimo, ma tutto ciò non rende meno importante
l’esperienza terrena perché è proprio essa che determina quel destino.

Dante ci sta raccontando quello che non è reale, degli atti immaginari, ma non un sogno, poiché egli è stato
realmente nell’aldilà e narra di questo viaggio, fatto di particolari corposi e concreti, ma allo stesso tempo
quest’ultimo è una creazione della sua mente, non è un allegoria in generale, cioè vi sono tanti valori
allegorici, come ad esempio la rappresentazione delle anime.

ALLEGORIA: è il raccontare una storia, alla quale si dà un altro significato a ciò che succede.

Quindi l’allegoria è un senso che l’autore da a degli eventi che racconta e che l’uomo interpreta con
un'altra ottica; infatti, Dante diceva ‘ il mio poema va interpretato in senso letterario e allegorico’ ma c’è
qualcosa di più poiché non è un’allegoria come costruzione letterale ma Dante usa un meccanismo che
possiamo chiamare ALLEGORICO, cioè di senso doppio, lo fa usando la stessa dinamica della BIBBIA.

La cultura medievale interpretava la Bibbia come avvenimenti reali che venivano letti come resoconto
voluto da Dio. Questi avvenimenti, quindi, non sono casuali ma hanno un destino prefissato. Dio sa da
subito che il peccato di Adamo verrà sanato attraverso il sacrificio del figlio, infatti, la Bibbia si presenta
come un gigantesco sistema in cui tutto ciò che si trova nel vecchio testamento ritorna nel nuovo
testamento e le parole dei profeti trovano nel nuovo testamento la realizzazione.

Dio scrive con le cose, con azioni degli uomini e con gli oggetti della natura;

Dio parla attraverso la storia,il cui obiettivo è trovare la pace,dunque una lingua unica,ed è proprio questo il
segreto della ‘’grandezza’’ di dante.
Dante con la divina commedia compie un operazione analogica, ci racconta l’ordine straordinario
dell’universo in cui i malvagi sono puniti all’inferno , sono indirizzati verso il paradiso o ci arrivano
attraverso il purgatorio.

La giustizia assoluta mette a posto le cose e tutto questo celebra la grandezza di dio rappresentata nella sua
perfezione e si manifesta attraverso le azioni degli uomini.

Giuda che maciullato dalla bocca di satana, giustamente punito per il tradimento di cristo.

Di fianco a giuda troviamo BRUTO E CASSIO.


Bruto e cassio non appartengono alla storia sacra, ma alla storia laica e sono gli uccisori di cesare. Da qui
possiamo notare che anche l’Impero romano non è nato dall’intelligenza dei romani ma è nato perché nel
disegno di Dio doveva esserci un grande organismo politico che raccogliesse tutto il mondo abitato
(CUMENE-mondo civile) poiché fuori da questo impero per Dante c’era solo qualche gente marginale; in
modo tale che la parola di Dio arrivasse a tutti gli uomini occorreva la presenza di un mondo pacifico e
unificato sotto il potere di Roma e della lingua di Roma.

Quindi l’Impero romano non è prodotto dal caso della volontà umana ma si trova all’interno di un disegno
già prestabilito e che con Augusto (che muore nel 14 a.C.) dovrà nascere Cristo e dovrà trovare un mondo
pacifico, una lingua unica per la comunicazione (lingua sacra cioè il latino) che la chiesa farà sua e ci
costruisce il suo straordinario monumento filosofico/culturale ideologico. Quindi Dante ci afferma che gli
avvenimenti della storia sono avvenimenti voluti da dio e che rientrano perfettamente in un significato
complesso e armonioso.

Questo è il segreto della grandezza di dante ovvero nel modo in cui ci comunica attraverso la voce di Dio,
laddove anche le cose più atroci diventano manifestazione della giustizia divina, aldilà delle azioni che
vengono premiate o punite. Il mondo terreno non è quindi secondario ma è importante poiché rappresenta
la concretezza delle azioni degli uomini ed è il segreto / mistero della poesia di Dante.

Non è un’allegoria poiché, come nessuno aveva mai fatto, prima ci racconta la vita degli uomini, le loro
passioni, ed anche le loro azioni che saranno fondamentali poiché troveranno un senso attraverso la
giustizia di Dio che in un secondo momento li collocherà per l’eternità nel posto giusto;in questa
circostanza troviamo un Dante concreto nel rappresentare le cose che possiamo percepire dal suo
simbolismo.

La divina commedia non è la rappresentazione della straordinaria bellezza della natura, ma il cercare
attraverso essa il significato di Dio e la sua grandezza (es: fratello sole, sorella luna).

Purgatorio= è un testo in cui l’elemento simbolico è fortissimo, ma troviamo anche la forte componente
rituale.
È una cantica piena di riti, anche il primo canto termina con un rito.

(1 Canto,introduzione).
Dante insieme a Virgilio è arrivato su una spiaggia, (ai piedi del purgatorio), si guardano attorno spaesati e
vedono questa enorme montagna.
La divina commedia è uno straordinario gioco di parallelismi e di rimandi a una costruzione intellettuale.

Nel primo canto del purgatorio troviamo una situazione che simbolicamente si trova anche nel primo canto
dell’inferno, cioè dante che esce da una selva oscura e paragona l’uscita della selva al fiatone (lena
affannata) e si volge indietro mentre guarda il pericolo che ha appena scampato (il peccato) e ha
l’atteggiamento del naufrago che si volge indietro e guarda il mare da cui è scampato per miracolo.

Nel primo canto si incontrano anche gli animali: la lonza: lussuria; leone: superbia; lupa: avarizia; che gli
impediscono di continuare nella selva oscura.

Come nel primo canto dell’inferno, anche qui troviamo il mare che avevano attraversato, alle spalle la
montagna e il sole con la differenza che nel purgatorio il mare non lo hanno attraversato e in cima alla
montagna troviamo beatrice.

Beatrice compare su uno spazio verde con un carro cinta di fiori, e Dante può guardarla anche se è una luce
abbagliante.

Nel purgatorio, quindi dante e Virgilio incontrano Catone Uticense,personaggio celebrato da Seneca come
un cittadino straordinario di coerenza,che sconfitto da Cesare durante la guerra civile,si suicida.

Quindi tra le anime dannate inserisce un suicidio, infatti egli rappresenta la libertà morale dell’uomo, il
soggetto costituisce per Dante un valore attraverso il quale l’io ha parlato con gli uomini per aspirare alla
libertà dell’anima liberata dal peccato.

Il rito che si trova alla fine del canto è un rito purificatorio, in cui si trova in riva al mare e troverà dei
GIUNCHI (rappresentazione biblica dell’uomo giusto,che si piega alla volontà del destino).

Alla fine del 1 canto Dante compie un rito(pagano),purificandosi,scende


fino alla riva del mare, lavandosi la faccia con la rugiada.(acqua=purificazione,umiltà).

Proemio della Cantica; Dante e Virgilio arrivano sulla spiaggia del Purgatorio. Dante vede le quattro stelle.
Apparizione di Catone Uticense. Virgilio prega Catone di ammettere Dante al Purgatorio, poi cinge il
discepolo col giunco.
È la mattina di domenica 10 aprile (o 27 marzo) del 1300, all'alba.
La nave dell'ingegno di Dante si appresta a lasciare il mare crudele dell'Inferno e a percorrere acque
migliori, poiché il poeta sta per cantare del secondo regno dell'Oltretomba (il Purgatorio) in cui l'anima
umana si purifica e diventa degna di salire al cielo. La poesia morta deve quindi risorgere e Dante invoca le
Muse, in particolare Calliope, perché lo assistano con lo stesso canto con cui vinsero sulle figlie di Pierio
trasformandole in gazze.
L'aria, pura fino all'orizzonte, ha un bel colore di zaffiro orientale e restituisce a Dante la gioia di osservarlo,
non appena lui e Virgilio sono usciti fuori dall'Inferno che ha rattristato lo sguardo e il cuore del poeta. La
stella Venere illumina tutto l'oriente, offuscando con la sua luce la costellazione dei Pesci che la segue.
Dante si volta alla sua destra osservando il cielo australe, e vede quattro stelle che nessuno ha mai visto
eccetto i primi progenitori. Il cielo sembra gioire della loro luce e l'emisfero settentrionale dovrebbe dolersi
dell'esserne privato.
Non appena Dante distoglie lo sguardo dalle stelle, rivolgendosi al cielo boreale da cui è ormai tramontato il
Carro dell'Orsa Maggiore, vede accanto a sé un vecchio (Catone) dall'aspetto molto autorevole. Ha la barba
lunga e brizzolata, come i suoi capelli dei quali due lunghe trecce ricadono sul petto. La luce delle quattro
stelle illumina il suo volto, tanto che Dante lo vede come se fosse di fronte al sole.
Il vecchio si rivolge subito ai due poeti chiedendo chi essi siano, scambiandoli per due dannati che risalendo
il corso del fiume sotterraneo sono fuggiti dall'Inferno. Chiede chi li abbia guidati fin lì, facendoli uscire dalle
profondità della Terra, domandandosi se le leggi infernali siano prive di valore o se in Cielo sia stato deciso
che i dannati possono accedere al Purgatorio. A questo punto Virgilio afferra Dante e lo induce a inchinarsi
di fronte a Catone, abbassando lo sguardo in segno di deferenza. Quindi il poeta latino risponde di non
essere venuto lì di sua iniziativa, ma di esserne stato incaricato da una beata (Beatrice) che gli aveva chiesto
La navicella del mio ingegno, ormai, alza le vele per
di soccorrere Dante e fargli da guida. In ogni caso, poiché Catone vuoleacque
percorrere maggiori spiegazioni,
migliori Virgilio
e lascia dietro di sésarà
il mare
ben lieto di dargliele: dichiara che Dante non è ancora morto, anchedell'Inferno;
crudele se per i suoi peccati ha rischiato
seriamente la dannazione; Virgilio fu inviato a lui per salvarlo e non c'era altro modo se non percorrere
questa strada. Gli ha mostrato tutti i dannati e adesso intende mostrargli le anime dei penitenti che si
purificano sotto il controllo di Catone. Sarebbe lungo spiegare e iotutte
canteròle vicissitudini
di quel secondopassate
regnoall'Inferno:
(Purgatorio)il in cui
viaggio dantesco è voluto da Dio e Catone dovrebbe gradirel'anima umana sidal
la sua venuta, purifica
momentoe diventachedegna
Dantedicerca
salire la
al
cielo.
libertà che è preziosa, come sa chi per essa rinuncia alla vita. Catone, che in nome di essa si suicidò a Utica
pur essendo destinato al Paradiso, dovrebbe saperlo bene. Virgilio ribadisce che le leggi di Dio non sono
state infrante, poiché Dante non è morto e lui proviene dal Limbo dove si trova la moglie di Catone, Marzia,
Ma qui
che è ancora innamorata di lui. Virgilio prega Catone di lasciarli la poesia
andare mortadell'amore
in nome risorga, o sante
per laMuse,
moglie,dal
momento che sono consacrato a voi; e qui si sollevi
promettendo di parlare di lui alla donna una volta che sarà tornato nel Limbo.
alquanto Calliope, assistendo il mio canto con quel
Catone risponde di aver molto amato Marzia in vita, tanto che la donna ottenne sempre da lui ciò che
suono di cui le misere gazze (le figlie di Pierio) sentirono
voleva, ma adesso che è confinata al di là dell'Acheronte nonunpuò talepiù commuoverlo,
colpo che disperarono in forza di una
di essere legge
perdonate.
che fu stabilita quando lui fu tratto fuori dal Limbo. Tuttavia, poiché Virgilio afferma di essere guidato da
una donna del Paradiso, è sufficiente invocare quest'ultima e non c'è bisogno di ricorrere a lusinghe.
Catone invita dunque i due poeti a proseguire, ma raccomanda Virgilio di cingere i fianchi di Dante con un
giunco liscio e di lavargli il viso, togliendo da esso ogni segno dell'Inferno, poiché non sarebbe opportuno
Un dolce colore di zaffiro orientale, che si raccoglieva
presentarsi in quello stato davanti all'angelo guardiano alla porta del Purgatorio. L'isola su cui sorge la
nell'aspetto sereno dell'aria pura fino all'orizzonte,
montagna, nelle sue parti più basse dov'è battuta dalle onde, è piena di giunchi che crescono nel fango, in
restituì gioia ai miei occhi non appena io uscii fuori
quanto tale pianta è l'unica che può crescere lì col suo fustodall'aria
flessibile. Dopo
morta che i due avranno
(dell'Inferno), compiuto
che mi aveva rattristato gli
tale rito non dovranno tornare in questa direzione, ma seguire occhiil corso del sole che sta sorgendo e trovare
e il cuore.
così un facile accesso al monte. Alla fine delle sue parole Catone svanisce e Dante si alza senza parlare,
accostandosi a Virgilio.
Virgilio dice a Dante di seguire i suoi passi e lo invita a tornare indietro,
Il bel pianetalungo il pendio
(Venere) che ad
che spinge daamare
lì conduce
illuminava
alla parte bassa della spiaggia. È ormai quasi l'alba e sta facendo giorno, così
gioiosamente tuttoche Danteoffuscando
l'oriente, può guardare con lainsua luce
lontananza il tremolio della superficie del mare. Lui e Virgiliolaproseguono
costellazionesulla
dei Pesci che lodeserta,
spiaggia seguiva. come
qualcuno che finalmente torna alla strada che aveva perso: giungono in un punto in cui la rugiada è
all'ombra e ancora non evapora. Virgilio pone entrambe le mani sull'erba bagnata e Dante, che ha capito
cosa vuol fare il maestro, gli porge le guance bagnate ancoraIodimilacrime.
rivolsi alla mia destra
Virgilio e osservai
gli lava il viso eillo
cielo australe,
fa tornare
vedendo quattro stelle che nessuno ha mai visto eccetto
del colore che l'Inferno aveva coperto, quindi i due raggiungono il bagnasciuga e il maestro estrae dal suolo
i primi progenitori (Adamo ed Eva).
un giunco, col quale cinge i fianchi di Dante proprio come Catone gli aveva chiesto di fare. Con grande
meraviglia di Dante, là dove Virgilio ha strappato il giunco ne rinasce subito un altro.
Il cielo sembrava godere della loro luce: o emisfero
boreale, sei davvero desolato non potendo ammirare
quelle stelle!

Non appena ebbi distolto il mio sguardo da esse,


volgendomi un poco al cielo boreale da dove ormai
l'Orsa Maggiore era tramontata,

vidi accanto a me un vecchio solitario, che a guardarlo


ispirava tanto rispetto quanto è quello che un figlio
deve al proprio padre.
Per correr miglior acque alza le vele
Portava la barba lunga e con peli bianchi e neri, simile ai
suoi capelli, dei quali ricadevano sul petto due lunghe
trecce.
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele; 3

e canterò di quel secondo regno


dove l’umano spirito si purga La luce delle quattro stelle sante illuminava il
e di salire al ciel diventa degno. 6 suo volto, al punto che io lo vedevo come se
avesse avuto il sole di fronte.
Ma qui la morta poesì resurga, Egli ci disse, muovendo quella barba
o sante Muse, poi che vostro sono; dignitosa: «Chi siete voi, che risalendo il
e qui Caliopè alquanto surga, 9 fiume sotterraneo siete fuggiti dalla prigione
eterna?
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono. 12 Chi vi ha guidati e cosa vi ha indicato la
strada, uscendo fuori dalla notte profonda
Dolce color d’oriental zaffiro, che rende sempre oscura la voragine
che s’accoglieva nel sereno aspetto infernale?
del mezzo, puro infino al primo giro, 15

a li occhi miei ricominciò diletto, Le leggi dell'abisso sono così prive di valore?
tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta o in Cielo è stata emanata una nuova legge in
che m’avea contristati li occhi e ‘l petto. 18 base alla quale voi, dannati, venite alle rocce
(al Purgatorio) che io custodisco?»
Lo bel pianeto che d’amar conforta
faceva tutto rider l’oriente,
velando i Pesci ch’erano in sua scorta. 21
Allora il mio maestro mi afferrò, e con le
parole, con le mani e coi gesti mi indusse a
I’ mi volsi a man destra, e puosi mente inginocchiarmi e abbassare lo sguardo.
a l’altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch’a la prima gente. 24 Poi gli rispose: «Non sono venuto qui di mia
iniziativa: scese dal Cielo una donna
Goder pareva ‘l ciel di lor fiammelle: (Beatrice), per le cui preghiere aiutai costui
oh settentrional vedovo sito, con la mia assistenza.
poi che privato se’ di mirar quelle! 27

Com’io da loro sguardo fui partito, Ma poiché il tuo desiderio è che ti spieghiamo
un poco me volgendo a l ‘altro polo, con maggiori dettagli la nostra condizione,
là onde il Carro già era sparito, 30 non è possibile che il mio desiderio sia
difforme dal tuo.
vidi presso di me un veglio solo, Questi non è mai morto, ma per il suo
degno di tanta reverenza in vista, peccato fu così vicino ad esserlo che non
che più non dee a padre alcun figliuolo. 33 sarebbe passato molto tempo.

Lunga la barba e di pel bianco mista


portava, a’ suoi capelli simigliante,
Come ti ho detto, fui inviato a soccorrerlo; e
de’ quai cadeva al petto doppia lista. 36
non c'era altra strada se non questa per la
quale mi sono inoltrato con lui.
Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan sì la sua faccia di lume,
Gli ho mostrato tutti i dannati; ora voglio
mostrargli quelle anime (i penitenti) che si
purificano sotto la tua custodia.
ch’i’ ’l vedea come ’l sol fosse davante. 39

«Chi siete voi che contro al cieco fiume


fuggita avete la pregione etterna?»,
diss’el, movendo quelle oneste piume. 42

Sarebbe lungo spiegarti come l'ho condotto fin


«Chi v’ha guidati, o che vi fu lucerna, qui; dal Cielo scende una virtù che mi aiuta a
uscendo fuor de la profonda notte portarlo qui, per vederti e udirti.
che sempre nera fa la valle inferna? 45

Ora ti prego di accogliere la sua venuta: va


cercando la libertà, che è molto preziosa come sa
chi in suo nome rinuncia alla propria vita.
Son le leggi d’abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio, Tu lo sai bene, poiché per la libertà affrontasti la
che, dannati, venite a le mie grotte?». 48 morte ad Utica, dove lasciasti il corpo che il Giorno
del Giudizio risplenderà.

Lo duca mio allor mi diè di piglio,


e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fé le gambe e ‘l ciglio. 51 Gli editti eterni non sono infranti da noi, in quanto
Dante è vivo e Minosse non ha potere su di me:
infatti vengo dal Cerchio (Limbo) dove sono gli
Poscia rispuose lui: «Da me non venni: occhi puri di tua moglie Marzia, che a vederla
donna scese del ciel, per li cui prieghi sembra pregarti di considerarla ancora tua, o
de la mia compagnia costui sovvenni. 54 petto santo: in nome del suo amore, dunque,
piegati a noi.

Ma da ch’è tuo voler che più si spieghi


di nostra condizion com’ell’è vera, Lasciaci andare per le sette Cornici del Purgatorio;
esser non puote il mio che a te si nieghi. 57 io ti ringrazierò di fronte a lei, se tu accetti di
essere menzionato laggiù».

Questi non vide mai l’ultima sera; Egli allora disse: «Fin che fui in vita, Marzia fu così
ma per la sua follia le fu sì presso, diletta ai miei occhi che esaudii ogni suo desiderio.
che molto poco tempo a volger era. 60

Ora che risiede al di là del fiume infernale


Sì com’io dissi, fui mandato ad esso (Acheronte) non può più commuovermi, in forza di
per lui campare; e non lì era altra via quella legge che fu emanata quando io ne uscii
che questa per la quale i’ mi son messo. 63 fuori.

Mostrata ho lui tutta la gente ria;


e ora intendo mostrar quelli spirti Ma se una donna beata, come dici, muove i tuoi
che purgan sé sotto la tua balìa. 66 passi, non servono lusinghe: è sufficiente pregarmi
in suo nome.

Com’io l’ho tratto, saria lungo a dirti;


Va' dunque, e fa' in modo di cingere i fianchi di
costui con un giunco liscio e lavagli il viso, in modo
tale da eliminare da esso ogni sudiciume;
de l’alto scende virtù che m’aiuta
conducerlo a vederti e a udirti. 69

Or ti piaccia gradir la sua venuta:


infatti non sarebbe opportuno presentarsi di
libertà va cercando, ch’è sì cara,
fronte al primo ministro di Paradiso (l'angelo
come sa chi per lei vita rifiuta. 72
guardiano) con l'occhio velato da una qualche
nebbia.
Tu ‘l sai, ché non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti Questa isoletta, nelle sue parti più basse, là
la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara. 75 dove è battuta dalle onde, è piena di giunchi
sul molle fango;
Non son li editti etterni per noi guasti,
ché questi vive, e Minòs me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi casti 78 nessun'altra pianta che avesse fronde o un
tronco rigido vi può crescere, poiché non si
di Marzia tua, che ‘n vista ancor ti priega, piegherebbe all'impeto delle onde.
o santo petto, che per tua la tegni:
Poi il vostro ritorno non sia da questa parte; il
per lo suo amore adunque a noi ti piega. 81
sole, che ormai sorge, vi indicherà la direzione
dove trovare un facile accesso alla
montagna».
Lasciane andar per li tuoi sette regni; Così svanì; e io mi alzai senza parlare, e mi
grazie riporterò di te a lei, trassi verso la mia guida, rivolgendo a lui il
se d’esser mentovato là giù degni». 84 mio sguardo.

Egli iniziò: «Figliolo, segui i miei passi:


«Marzia piacque tanto a li occhi miei
torniamo indietro, poiché di qua la pianura
mentre ch’i’ fu’ di là», diss’elli allora,
declina dolcemente verso il punto più basso».
«che quante grazie volse da me, fei. 87

Or che di là dal mal fiume dimora,


La luce dell'alba vinceva l'ultima ora della
più muover non mi può, per quella legge
notte che fuggiva di fronte a lei, cosicché da
che fatta fu quando me n’usci’ fora. 90
lontano vidi il tremolio della superficie del
mare.
Ma se donna del ciel ti muove e regge,
come tu di’, non c’è mestier lusinghe:
Noi andavamo lungo la pianura solitaria,
bastisi ben che per lei mi richegge. 93
come qualcuno che ritrova la strada perduta e
che, fino ad essa, ha creduto di camminare
invano.
Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d’un giunco schietto e che li lavi ‘l viso, Quando fummo là dove la rugiada combatte
sì ch’ogne sucidume quindi stinghe; 96 col sole, poiché è in punto dove c'è ombra ed
evapora poco, il mio maestro pose ambo le
mani sull'erbetta, a palme aperte:
ché non si converria, l’occhio sorpriso
d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro, ch’è di quei di paradiso. 99 allora io, che avevo capito cosa volesse fare,
porsi verso di lui le guance ancora sporche di
pianto: lui mi scoprì il colore del viso che
l'Inferno aveva nascosto.
Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
là giù colà dove la batte l’onda,
porta di giunchi sovra ‘l molle limo; 102

null’altra pianta che facesse fronda


o indurasse, vi puote aver vita,
però ch’a le percosse non seconda. 105

Poscia non sia di qua vostra reddita;


lo sol vi mosterrà, che surge omai,
prendere il monte a più lieve salita». 108

Così sparì; e io sù mi levai


sanza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e li occhi a lui drizzai. 111

El cominciò: «Figliuol, segui i miei passi:


volgianci in dietro, ché di qua dichina
questa pianura a’ suoi termini bassi». 114

L’alba vinceva l’ora mattutina


che fuggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina. 117

Noi andavam per lo solingo piano


com’om che torna a la perduta strada,
che ‘nfino ad essa li pare ire in vano. 120

Quando noi fummo là ‘ve la rugiada


pugna col sole, per essere in parte
dove, ad orezza, poco si dirada, 123

ambo le mani in su l’erbetta sparte


soavemente ‘l mio maestro pose:
ond’io, che fui accorto di sua arte, 126

porsi ver’ lui le guance lagrimose:


ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l’inferno mi nascose. 129

Venimmo poi in sul lito diserto,


che mai non vide navicar sue acque
Qui Virgilio mi cinse come Catone gli aveva
omo, che di tornar sia poscia esperto. 132
detto: che meraviglia! Infatti, dopo che egli
ebbe strappato l'umile pianta che aveva
scelto, questa rinacque subito tale quale era
nello stesso punto.
Quivi mi cinse sì com’altrui piacque:
oh maraviglia! ché qual elli scelse
l’umile pianta, cotal si rinacque

subitamente là onde l’avelse. 136

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