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LA DIVINA COMMEDIA

La Divina Commedia, la più importante opera di Dante, non ha ricevuto


con sicurezza un titolo dall’autore. E’ tuttavia probabile che
nell’intenzione di Dante, la definizione Commedia fosse destinata alla
funzione del titolo. Nell’epistola XIII indirizzata a Cangrande della Scala,
Dante dichiara che il titolo dell’opera è “Comincia la Commedia di Dante
Alighieri. L’aggettivo “divina” aggiunte in molte edizioni moderne
compare per la prima volta nel 1555, riprendendo una definizione critica
di Boccaccio contenuta nel Trattatello in laude di Dante: esso si riferiva,
originariamente, al tema dell’opera (di argomento soprannaturale e
quindi divino) ma poi si è detto che si riferiva al suo valore artistico. Il
titolo dell’opera evoca un riferimento preciso alle poetiche medievali che
distinguevano i generi in commedia, tragedia e elegia su base stilistica.
Alla Commedia veniva riservato lo stile medio, alla tragedia lo stile
sublime mentre e all’elegia lo stile basso. Anche se nel contesto la
divina Commedia presenta uno stile medio, nell’inferno vi sono discese
verso l’elegia mentre nel paradiso impennate verso il sublime. In effetti la
questione del titolo è strettamente legata a quella del genere letterario.

LA COMPOSIZIONE DEL POEMA, LA


TRADIZIONE MANOSCRITTA, LA
STRUTTURA FORMALE.

Secondo la testimonianza di Boccaccio, Dante avrebbe iniziato a


scrivere il poema a Firenze, prima dell’esilio ma la cacciata dalla città
avrebbe interrotto l’opera dopo il settimo canto dell’inferno. Tale ipotesi
oggi è respinta da gran parte degli studiosi che sono tutti concordi
nell’attribuire per tutti gli anni dell’esilio la composizione della
Commedia. Molte testimonianze ci spingono ad affermare che Dante si
sia accinto a comporre il poema intorno al 1304 ultimando l’inferno
intorno al 1308-1309 e il purgatorio intorno al 1312; il paradiso infine fu
composto dal 1316 e venne completato poco prima della morte di Dante.
Il testo di quest’opera, come molte altre opere dantesche, ci è giunto
attraverso come manoscritte essendo andato perso l’autografo originale.
Poi abbiamo l'editio princeps del poema, cioè la prima edizione andata
in stampa realizzata a Foligno l’11 aprile 1472. La Commedia è
organizzata secondo rigorosi principi strutturali dotati di determinati
valori e significati. Alla base dell’organizzazione strutturale della materia
sta il numero tre che rappresenta la trinità cristiana. Il poema, infatti, è
diviso in tre parti chiamate Cantiche(Inferno, Purgatorio e Paradiso)
composte da trentatré canti per ogni cantica per un numero
complessivo di 99 canti più uno introduttivo nell’Inferno e quindi
cento. Il verso scelto è l’endecasillabo raggruppato in terzine e legato
dalla rima incatenata.

L’OLTRETOMBA E IL MONDO
TERRENO
La Commedia narra la storia del viaggio che Dante compie nell’aldilà
raccontandolo in modo totalmente nuovo e quindi egli è sia autore sia
protagonista della narrazione. Nel suo viaggio ultraterreno Dante visita
l’inferno e il Purgatorio guidato dal poeta Virgilio, e il Paradiso guidato da
Beatrice. Lo scopo del viaggio è la salvezza del protagonista ma al
tempo stesso, raccontando ciò che vede nell’aldilà, Dante contribuisce
alla salvezza di tutto il genere umano. Questa doppia dimensione,
individuale e collettiva, è sottolineata fin dai primi due versi, quando
all’aggettivo “nostra” si passa pronome di prima persona “Io”. Il viaggio di
Dante comincia nella notte tra il 7 e l’8 aprile e si conclude il 13. siamo
infatti nella Settimana Santa del 1300. La scelta di quest’anno non è
casuale infatti in quell’anno si svolse il primo Giubileo in cui la Chiesa
concesse il perdono di tutti i peccati: nel suo viaggio Dante attraversa
l’inferno, un’immensa voragine a forma di imbuto prodotta dalla caduta di
Lucifero sulla terra dopo lo scontro con Dio. Nei nove <<gironi>>
dell’inferno Dante incontra i diversi gruppi di Dannati che sono puniti per
i loro peccati. Dall’inferno Dante risale la montagna del purgatorio
composta da sette <<cerchi>>. Qui Dante incontra le anime di coloro
che si sono pentiti prima di morire e ora devono purificarsi per accedere
al paradiso. Il purgatorio è una dimensione intermedia ed è quello più
simile all’ambiente terreno. Sulla cima del Purgatorio si trova il Paradiso
terrestre, da cui Adamo ed Eva sono stati cacciati dopo aver commesso
il peccato originale. Attraversata la sfera del Fuoco Dante arriva
finalmente al Paradiso, suddiviso in nove cieli che ruotano intorno alla
terra. Al di là dei cieli si trova l’Empireo, in cui i beati godono della
visione di Dio. Anche Dante, al termine del suo cammino, potrà
contemplare il mistero della Trinità. Il mondo rappresentato nella
Commedia non è solamente più ricco del mondo terreno, ma rispetto alla
realtà si trova in una condizione di eccezionale perfezione. In
quest’opera Dante avverte l’importanza della vita terrena, essendo che
in essa l’uomo si procura, con i propri atteggiamenti e le proprie azioni,
la dannazione o la salvezza. Nella divina commedia vi è la cosiddetta
legge del contrappasso che rovescia contro il dannato i mali che egli ha
procurato.

LA CONCEZIONE FIGURALE
Nella visione cristiana, il mondo terreno è solo un’ombra e un annuncio del
mondo eterno dell’aldilà e questo fenomeno prende il nome di “concezione
figurale”: ad esempio quando la Bibbia racconta che gli ebrei furono liberati
dalla schiavitù d’Egitto grazie al soccorso di Dio, essa racconta un fatto
storico ma questo fatto storico prefigura un altro fatto storico molto più
importante cioè quello della liberazione dell’umanità dal peccato e in questo
caso si dice che il primo fatto è annunciazione del secondo e il secondo è
adempimento o completamento del primo. Ciò, quindi, la distingue dalla
concezione simbolica, in cui il primo fatto serve solo ad alludere al secondo,
che è l’unico che interessa. Nella Commedia il mondo terreno appare
interpreto dal giudizio divino. Dal punto di vista della concezione figurale,
consideriamo le due guide di Dante, Virgilio e Beatrice: Virgilio è guida in
nome della ragione e della sapienza terrena; Beatrice, invece, è guida in
nome della teologia e della fede. Ma entrambi possono esprimere questi
significati solo in quanto storicamente li hanno espressi; infatti Virgilio era
ritenuto come un annunciatore dell’imminente venuta di Cristo e una guida
verso la conversione anche se egli stesso non fosse convertito e
accompagna Dante fino alle soglie del paradiso. Beatrice era stata per
Dante sulla terra, una ispiratrice positiva e stimolo al bene; ora, nell’aldilà,
tale funzione figurale si adempie ed ella può guidare fino al cielo più alto il
suo fedele

LA CONCEZIONE DELLA STORIA E


DELLA CULTURA NELLA COMMEDIA: IL
SINCRETISMO
La storia, in termini provvidenziali, è considerata da Dante come il
realizzarsi di un disegno divino al centro del quale sono collocate
l’incarnazione di Cristo e la Rivelazione. Questa prospettiva fa sì che
tutti i fatti storici, anche quelli precedenti e estranei alla realtà cristiana,
vengano interpretati alla luce della concezione cristiana e inseriti
all’interno di essa. A tale carattere si ricollega il sincretismo dantesto.
Nella Commedia il caso unico ed evidente di questo sincretismo è quello
di Virgilio che nelle Bucoliche annuncia la nascita di un fanciullo
prodigioso che venne interpretata come profezia per la nascita di Cristo.
Per questa e per altre ragioni Virgilio veniva ritenuto un profeta e
addirittura un mago. Dante, quindi, assume, e rielabora questa
concezione scegliendo Virgilio come guida; inoltre egli interpreta
l’Eneide come un’opera profetica anche in campo storico e politico:
infatti nell’Eneide viene narrata l’origine di Roma e dell’impero e per
questo l’opera virgiliana si affianca alla Bibbia tra i modelli letterari
principali dell’ispirazione Dantesca. L’Eneide è assunta come modello
per quel che riguarda l’idea del viaggio nell’aldilà: infatti il protagonista
Enea scende negli Inferi per parlare con il padre Anchise rivelandogli
che avrebbe fondato la città di Roma; a quest’episodio Dante affianca un
viaggio di San Paolo che scese all’Inferno per rafforzare il potere
spirituale. Se Dante, da un lato, prende come modello i viaggi di Enea e
San Paolo dall’altra critica il viaggio compiuto da Ulisse perché secondo
il poeta egli compì un viaggio profano e laico e che quindi definisce fallito
e folle. A ognuna delle tre cantiche Dante assegna una specifica
funzione: caduta per l’inferno, riscatto per il Purgatorio e salvezza per il
Paradiso.
DANTE AUTORE E PERSONAGGIO
Nella DIVINA COMMEDIA è presente un nuovo modo di rappresentare
dei fatti in prima persona affidata direttamente al protagonista. Questa
scelta comporta la coincidenza tra narratore e protagonista. Dal punto di
vista della materia la figura di Dante è al fuori del mondo compiuto che
attraversa; infatti egli non conosce, soprattutto all’inizio della storia, il
proprio destino. Se prima la Commedia era considerata come
descrizione dello stato delle anime dopo la morte, ora la possiamo
considerare la commedia come la storia della ricerca della salvezza da
parte di Dante. Mentre nel primo caso, la presenza di Dante ha la
funzione di risvegliare nelle anime il desiderio di comunicare e di
esprimersi nel secondo caso la visione delle anime serve al poeta per
salvarsi aiutandolo a rifiutare il peccato e ad abbracciare il bene. La
commedia deve anche la sua ricchezza anche a questa duplicità
narrativa. al registro della descrizione si affianca quello dell’esperienza
diretta; d’altra parte il personaggio di Dante non rappresenta solo sé
stesso ma si pone come figura esemplare di cristiano in cerca della
redenzione e in quest’ottica il lettore, così come il poeta, non conosce il
proprio destino eterno e ogni esito può essere il suo.

IL LETTORE E L’ALLEGORIA
Il lettore al tempo di Dante era molto sensibile a una visione religiosa e
trascendente della realtà; infatti tutte le cose erano viste come creazioni
divine e come espressioni di Dio e a questo modello si affianca il libro
sacro per i cristiani: la Bibbia; è insomma come se Dio avesse composto
due “libri”. Nella Commedia Dante imita entrambe questi modelli testuali:
in quanto imitazione del mondo, la Commedia è anche rivelazione
allegorica dei segni divini; in quanto poema costruito sul modello
teologico delle Sacre Scritture, è un poeta che comunica in modo
allegorico il messaggio di salvezza. Secondo Dante, sia nella Commedia
sia nella Bibbia, sia il piano letterale, sia quello allegorico sono
presentati come fatti reali. Secondo la teoria di Dante la teoria dei poeti è
quella nella quale il senso letterale è fittizio cioè i fatti narrati non hanno
in se nessun valore storico ma solo un significato allegorico; mentre
l’allegoria dei teologi è quella nella quale i fatti narrati e il senso letterale
che li esprime hanno un valore storico.

LA SIMILITUDINE, FONDAMENTALE
STRUMENTO DELLA CONOSCENZA
ALLEGORICA
Nella Commedia il mezzo fondamentale di espressione è la similitudine
che consiste nella dichiarazione di una somiglianza tra due fenomeni
diversi nella sostanza ma legati da uno o più punti di contatto. Lo scopo
di questa figura retorica è di rendere più evidente questo o quell’aspetto
di un oggetto o di una situazione. In tal senso la similitudine ha una
funzione innanzitutto comunicativa: serve a trasmettere meglio un’idea o
un riferimento materiale. Alla funzione comunicativa, vi è una ragione
“economica”: grazie alla similitudine è possibile risparmiare parole. L’uso
della similitudine nella Commedia è molto abbondante e vario: questo
fatto è anche in contrasto con la tendenza della letteratura religiosa
medievale a rifiutare le tecniche analogiche ( e quindi oltre che alla
similitudine anche alla metafora). Il grande uso della similitudine nel
poema dantesco è l’espressione di una nuova civiltà,
METRICA, LINGUA,STILE
La Commedia è formata da 14.233 endecasillabi. Dante aveva adottato
questo verso dai poeti della scuola Siciliana, ma riuscì a conferirgli una
straordinaria varietà ritmica, sfruttando al massimo una situazione di
libertà che, di lì a poco, sarebbe venuta a mancare, in seguito
all’adozione metrica di Petrarca. Anche la terzina era già stata utilizzata
sia nel sonetto, sia soprattutto nel sirventese incatenato. Nella
Commedia la terzina diventa un’unità ritmica e sintattica basilare. Ogni
terzina dell’opera possiede un unico periodo in sé concluso e fine a se
stessa. La terzina alterna l’apertura della rima del verso centrale alla
chiusura del terzo verso, che blocca lo scorrere della rima(secondo lo
schema ABA,BCB,CDC ecc..). Delle 200 parole che sono state attestate
una sola volta nella Commedia, ben 173 ricorrono alla rima e quindi
possiamo dire che l’imprevedibilità della rima ha la funzione di
accrescere il campo semantico del testo. Inoltre Dante riesce a
comunicare l’atmosfera delle tre cantiche anche grazie alla rima, che
tende ad essere aspra e <<chioccia>> nell’Inferno, piana e dolce nel
Purgatorio e nel Paradiso. Dal punto di vista della lingua all’interno
dell’opera vi è il plurilinguismo ossia una varietà e ricchezza di registri
comunicativi.
INFERNO, PURGATORIO E PARADISO
L’inferno è concepito da Dante come un profondo abisso a forma di
imbuto prodotto dalla caduta sulla terra di Lucifero. Alle soglie di esso,
nell’ANTINFERNO, stanno gli ignavi esclusi dal giudizio in quanto esenti
da colpe o da meriti. L’inferno è suddivisa in nove cerchi che man mano
si vanno stringendo verso il basso e più in basso si scende più i peccati
sono gravi. Il primo cerchio è quello del limbo che non sono puniti ma
non verranno beatificati; a differenza di quanto avviene nel Purgatorio,
dove le anime si purificano da diversi peccati, nell’inferno le anime dei
dannati sono legati a un unico peccato. L’inferno è anche la cantica
concepita con più rigore sturtturale e geometrico. Sul piano artistico i
contrasti dei vari ambienti creano profonde disarmonie scenografiche. Il
lessico e lo stile alternano il registro tragico-sublime a quello comico-
infimo. Una tipicità di questa cantica è che, in essa, Dante, nei confronti
dei Dannati, si colloca in modo antagonistico spingendoli a manifestare
in forma tragica l’aspetto essenziale della propria esistenza.

IL PURGATORIO è la parte opposta all’inferno che venne riconosciuto a


partire dal 1274 con il concilio di Lione. Le caratteristiche del Purgatorio
sono solo apparentemente simili a quelle degli altri due regni
dell’oltretomba: infatti il Purgatorio è temporalmente limitato, non solo
perchè le anime vi rimangono per un periodo definito, ma anche perchè
dopo il giudizio universale esso è destinato a perdere la sua funzione.
Alla profonda cavità a forma di imbuto dell’inferno corrisponde il monte a
forma di cono appunto del Purgatorio: se nell’inferno si assiste al
progressivo scendere di Dante verso i peccati peggiori, fino a Lucifero;
nel Purgatorio si assiste alla salita del poeta verso il cielo,purgando via
via i peccati più lievi. La narrazione nel purgatorio è scandita dal ritmo
del giorno e della notte dove vi si incontrano quattro albe e tre tramonti
e in questo momento Dante ci presenta un mondo più simile a quello
terreno soprattutto per l'atmosfera psicologica ed emotiva delle anime
incontrate. Se nell’inferno ogni anima è punita in base all’azione
commessa nella vita terrena il Purgatorio non si riferisce a singole azioni
ma a tendenze peccaminose. I peccati veri e propri hanno avuto già il
perdono di Dio e in questo luogo esistono dei modi per purificarsi:
1) le pene che differiscono a quelle dell’Inferno, dove le anime
purganti accolgono le loro pene con gioia per avvicinarsi alla
beatitudine
2) la preghiera: tutte le anime pregano invocando il soccorso divino
per se e per i vivi
Un’altra differenza sostanziale rispetto all’Inferno è che li le anime sono
assegnate definitivamente a un unico girone mentre nel Purgatorio le
anime si fermano a visitare tutti i gironi. Il purgatorio è caratterizzato
dallo stile medio della Commedia. Questa medietà di linguaggio e di
stile è determinata dal carattere più umano e terrestre del paesaggio.
Il paradiso è la città celeste perfetta e definitiva. In essa sono accolti i
giusti dopo la morte, ed il loro numero viene stabilito da Dio da sempre:
raggiunto tale numero il mondo finirà e con il Giudizio universale avverrà
la suddivisione tra salvi e dannati. Il numero degli uomini destinati alla
salvezza corrisponde esattamente a quello degli angeli che si ribellano a
Dio . Quindi il paradiso è destinato per essere abitato per nove decimi da
angeli e per un decimo da uomini. ll paradiso si divide in nove cieli
concentrici via via più grandi, contenuti tutti dall’Empireo, una specie di
decimo cielo immobile. Nell’empireo(PRIMO MOBILE) ha sede Dio:
entro l’empireo è contenuto il nono cielo al quale la potenza divina si
trasmette come movimento rapidissimo. Dal primo mobile tale
movimento si comunica via via ai cieli sottostanti. Se tutte le anime
Beate hanno la loro sede nell’Empireo al cospetto di Dio, non tutte
raggiungono lo stesso grado di beatitudine. Tutte le anime sono
distribuite nei vari cieli, a seconda del proprio livello di beatitudine. I beati
si distribuiscono nei primi sette cieli, che prendono il nome da altrettanti
pianeti. L’ottavo cielo è quello delle stelle fisse e poi abbiamo il nono e
l’Empireo. Nel paradiso hanno un grande risalto i temi di carattere
teologico e dottrinale, ma accanto ad essi trovano posto le grandi
tematiche politiche di quel tempo

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