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L’OLTRETOMBA E IL MONDO
TERRENO
La Commedia narra la storia del viaggio che Dante compie nell’aldilà
raccontandolo in modo totalmente nuovo e quindi egli è sia autore sia
protagonista della narrazione. Nel suo viaggio ultraterreno Dante visita
l’inferno e il Purgatorio guidato dal poeta Virgilio, e il Paradiso guidato da
Beatrice. Lo scopo del viaggio è la salvezza del protagonista ma al
tempo stesso, raccontando ciò che vede nell’aldilà, Dante contribuisce
alla salvezza di tutto il genere umano. Questa doppia dimensione,
individuale e collettiva, è sottolineata fin dai primi due versi, quando
all’aggettivo “nostra” si passa pronome di prima persona “Io”. Il viaggio di
Dante comincia nella notte tra il 7 e l’8 aprile e si conclude il 13. siamo
infatti nella Settimana Santa del 1300. La scelta di quest’anno non è
casuale infatti in quell’anno si svolse il primo Giubileo in cui la Chiesa
concesse il perdono di tutti i peccati: nel suo viaggio Dante attraversa
l’inferno, un’immensa voragine a forma di imbuto prodotta dalla caduta di
Lucifero sulla terra dopo lo scontro con Dio. Nei nove <<gironi>>
dell’inferno Dante incontra i diversi gruppi di Dannati che sono puniti per
i loro peccati. Dall’inferno Dante risale la montagna del purgatorio
composta da sette <<cerchi>>. Qui Dante incontra le anime di coloro
che si sono pentiti prima di morire e ora devono purificarsi per accedere
al paradiso. Il purgatorio è una dimensione intermedia ed è quello più
simile all’ambiente terreno. Sulla cima del Purgatorio si trova il Paradiso
terrestre, da cui Adamo ed Eva sono stati cacciati dopo aver commesso
il peccato originale. Attraversata la sfera del Fuoco Dante arriva
finalmente al Paradiso, suddiviso in nove cieli che ruotano intorno alla
terra. Al di là dei cieli si trova l’Empireo, in cui i beati godono della
visione di Dio. Anche Dante, al termine del suo cammino, potrà
contemplare il mistero della Trinità. Il mondo rappresentato nella
Commedia non è solamente più ricco del mondo terreno, ma rispetto alla
realtà si trova in una condizione di eccezionale perfezione. In
quest’opera Dante avverte l’importanza della vita terrena, essendo che
in essa l’uomo si procura, con i propri atteggiamenti e le proprie azioni,
la dannazione o la salvezza. Nella divina commedia vi è la cosiddetta
legge del contrappasso che rovescia contro il dannato i mali che egli ha
procurato.
LA CONCEZIONE FIGURALE
Nella visione cristiana, il mondo terreno è solo un’ombra e un annuncio del
mondo eterno dell’aldilà e questo fenomeno prende il nome di “concezione
figurale”: ad esempio quando la Bibbia racconta che gli ebrei furono liberati
dalla schiavitù d’Egitto grazie al soccorso di Dio, essa racconta un fatto
storico ma questo fatto storico prefigura un altro fatto storico molto più
importante cioè quello della liberazione dell’umanità dal peccato e in questo
caso si dice che il primo fatto è annunciazione del secondo e il secondo è
adempimento o completamento del primo. Ciò, quindi, la distingue dalla
concezione simbolica, in cui il primo fatto serve solo ad alludere al secondo,
che è l’unico che interessa. Nella Commedia il mondo terreno appare
interpreto dal giudizio divino. Dal punto di vista della concezione figurale,
consideriamo le due guide di Dante, Virgilio e Beatrice: Virgilio è guida in
nome della ragione e della sapienza terrena; Beatrice, invece, è guida in
nome della teologia e della fede. Ma entrambi possono esprimere questi
significati solo in quanto storicamente li hanno espressi; infatti Virgilio era
ritenuto come un annunciatore dell’imminente venuta di Cristo e una guida
verso la conversione anche se egli stesso non fosse convertito e
accompagna Dante fino alle soglie del paradiso. Beatrice era stata per
Dante sulla terra, una ispiratrice positiva e stimolo al bene; ora, nell’aldilà,
tale funzione figurale si adempie ed ella può guidare fino al cielo più alto il
suo fedele
IL LETTORE E L’ALLEGORIA
Il lettore al tempo di Dante era molto sensibile a una visione religiosa e
trascendente della realtà; infatti tutte le cose erano viste come creazioni
divine e come espressioni di Dio e a questo modello si affianca il libro
sacro per i cristiani: la Bibbia; è insomma come se Dio avesse composto
due “libri”. Nella Commedia Dante imita entrambe questi modelli testuali:
in quanto imitazione del mondo, la Commedia è anche rivelazione
allegorica dei segni divini; in quanto poema costruito sul modello
teologico delle Sacre Scritture, è un poeta che comunica in modo
allegorico il messaggio di salvezza. Secondo Dante, sia nella Commedia
sia nella Bibbia, sia il piano letterale, sia quello allegorico sono
presentati come fatti reali. Secondo la teoria di Dante la teoria dei poeti è
quella nella quale il senso letterale è fittizio cioè i fatti narrati non hanno
in se nessun valore storico ma solo un significato allegorico; mentre
l’allegoria dei teologi è quella nella quale i fatti narrati e il senso letterale
che li esprime hanno un valore storico.
LA SIMILITUDINE, FONDAMENTALE
STRUMENTO DELLA CONOSCENZA
ALLEGORICA
Nella Commedia il mezzo fondamentale di espressione è la similitudine
che consiste nella dichiarazione di una somiglianza tra due fenomeni
diversi nella sostanza ma legati da uno o più punti di contatto. Lo scopo
di questa figura retorica è di rendere più evidente questo o quell’aspetto
di un oggetto o di una situazione. In tal senso la similitudine ha una
funzione innanzitutto comunicativa: serve a trasmettere meglio un’idea o
un riferimento materiale. Alla funzione comunicativa, vi è una ragione
“economica”: grazie alla similitudine è possibile risparmiare parole. L’uso
della similitudine nella Commedia è molto abbondante e vario: questo
fatto è anche in contrasto con la tendenza della letteratura religiosa
medievale a rifiutare le tecniche analogiche ( e quindi oltre che alla
similitudine anche alla metafora). Il grande uso della similitudine nel
poema dantesco è l’espressione di una nuova civiltà,
METRICA, LINGUA,STILE
La Commedia è formata da 14.233 endecasillabi. Dante aveva adottato
questo verso dai poeti della scuola Siciliana, ma riuscì a conferirgli una
straordinaria varietà ritmica, sfruttando al massimo una situazione di
libertà che, di lì a poco, sarebbe venuta a mancare, in seguito
all’adozione metrica di Petrarca. Anche la terzina era già stata utilizzata
sia nel sonetto, sia soprattutto nel sirventese incatenato. Nella
Commedia la terzina diventa un’unità ritmica e sintattica basilare. Ogni
terzina dell’opera possiede un unico periodo in sé concluso e fine a se
stessa. La terzina alterna l’apertura della rima del verso centrale alla
chiusura del terzo verso, che blocca lo scorrere della rima(secondo lo
schema ABA,BCB,CDC ecc..). Delle 200 parole che sono state attestate
una sola volta nella Commedia, ben 173 ricorrono alla rima e quindi
possiamo dire che l’imprevedibilità della rima ha la funzione di
accrescere il campo semantico del testo. Inoltre Dante riesce a
comunicare l’atmosfera delle tre cantiche anche grazie alla rima, che
tende ad essere aspra e <<chioccia>> nell’Inferno, piana e dolce nel
Purgatorio e nel Paradiso. Dal punto di vista della lingua all’interno
dell’opera vi è il plurilinguismo ossia una varietà e ricchezza di registri
comunicativi.
INFERNO, PURGATORIO E PARADISO
L’inferno è concepito da Dante come un profondo abisso a forma di
imbuto prodotto dalla caduta sulla terra di Lucifero. Alle soglie di esso,
nell’ANTINFERNO, stanno gli ignavi esclusi dal giudizio in quanto esenti
da colpe o da meriti. L’inferno è suddivisa in nove cerchi che man mano
si vanno stringendo verso il basso e più in basso si scende più i peccati
sono gravi. Il primo cerchio è quello del limbo che non sono puniti ma
non verranno beatificati; a differenza di quanto avviene nel Purgatorio,
dove le anime si purificano da diversi peccati, nell’inferno le anime dei
dannati sono legati a un unico peccato. L’inferno è anche la cantica
concepita con più rigore sturtturale e geometrico. Sul piano artistico i
contrasti dei vari ambienti creano profonde disarmonie scenografiche. Il
lessico e lo stile alternano il registro tragico-sublime a quello comico-
infimo. Una tipicità di questa cantica è che, in essa, Dante, nei confronti
dei Dannati, si colloca in modo antagonistico spingendoli a manifestare
in forma tragica l’aspetto essenziale della propria esistenza.