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arrivare a meglio comprenderlo e interpretarlo, pur nella

consapevolezza che,in vari casi,tale classificazione pu6 ap- parire


sia di difficile codificazione, che, quindi, di ambigua
interpretazione.

Rapporti letterari con le civilta del Vicino Oriente


antico1
E solo dalla fine del XIX secolo che lo studio delle Gliinizi
tra- dizioni letterarie dei popoli del Vicino Oriente antico deglistudi
- an- ch’esso nato a partire dalla seconda meta del comparativi
medesimo secolo - ha iniziato a mettere in luce sempre piu
evidenti rapporti con la letteratura biblica. Da allora, sia alFinterno
della cosiddetta “mezzaluna fertile” (Mesopotamia, Levante ed
Egitto), sia in Asia Minore, Siria, Libano e Palestina, un numero
sempre crescente di testi - di cui una discreta quantity, ad oggi, non
sempre di chiara interpretazione - si trova, in parte, a illuminare e,
in parte, ad arricchire la compren- sione del contesto letterario e
socio-politico-culturale di vari testi della Scrittura.
Fu nel 1799, quando un soldato dell’esercito napoleoni- La stele
di
co stanziato in Egitto rinvenne un frammento in pietra Rosetta
(gra- nodiorite) di 114 cm di altezza e di 72 cm di
larghezza, del peso di circa 760 kg, parte di una grande stele,
scritto nell

1 Per un primo accostamento, oltre al materiale riportato in bibliografia,si vedano


JJi. WaLTON, Ancient Israelite Literature in Its Cultural Context. A Survey of Parallels
Between Biblical and Ancient Near Eastern Texts, Zon- dervan Publishing House, Grand
Rapids (Ml) 1989; V.H. Matthews - D.C. BENJAMIN, Old Testament Parallels. Laws and
Stories from the Ancient Near East, Paulist Press, New York (NY) - Mahwah (N J) 1991;
2
1997; B. Lion - C. Michel, Les icritures cuneiformes et leur dechiffrement, De Boccard,
Paris 2008. Per un compendio sulla ricerca delTultimo ventennio a riguardo dello studio
comparativo dei testi del Vicino Oriente antico in rapporto alia Bibbia ebraica,
comprensivo di una vasta ed aggiornata bibliografia, si pud consultare,M.W. Chavalas,
«The Comparative Use of Ancient Near Eastern Texts in the Study of the Hebrew Bible»,
in Religion Compass 5 (2011) 150-16S.

1
a
parte superiore in geroglifici, in quella mediana in caratteri
demotici (un tardivo sistema di scrittura egiziana alquanto vicino
all’ancor piu recente lingua copta) e in quella infe- riore in scrittura
greca, che l’interesse verso gli ignoti lin- guaggi del Vicino Oriente
antico, arrivd, lentamente, ad or- ganizzarsi in uno studio scientifico
e sis tematico. Tale fram- mento, attualmente conservato presso il
British Museum di Londra, venne chiamato «stele di Rosetta», dal
nome della citta, sul delta del Nilo - l’odierna Rashid -, in cui venne
ri- trovato. II testo, scritto dunque in egiziano (in scrittura ge-
roglifica e demotica) e in greco, riproduce un decreto, emes- so nel
196 a.C., in onore e in celebrazione del faraone Tolo- meo V Epifane
in occasione del primo anniversario della sua incoronazione.
Essendo il greco e il copto, delle tre, le lingue note, dopo anni di
lavoro il francese Jean-Fran^ois Champollion (1790-1832) nel 1822
riusci in massima parte nella decifrazione dei geroglifici. 2 Fu dunque
da quel momenta che gli studi linguistici sulla decifrazione degli
antichi alfabeti del Vicino Oriente antico e, parimenti, gli scavi ar-
cheologici che portarono alia luce un numero sempre cre- scente di
reperti testimonianti quelle antiche scritture, rice- vettero un
particolare e determinante impulso. Da allora, l’accesso al
patrimonio scritturistico degli Egizi, dei Sumeri, dei Babilonesi,
degli Assiri, dei Cananei, degli Hittiti, dei Fe- nici e di ancora altri
popoli, trasform6 radicalmente l’inter- pretazione di molti testi delle
Scritture di Israele. Tra i lin- guaggi - seppur non sempre
completamente noti o decifrati - che hanno dato vita alia produzione
di molti testi che, ad oggi, possono illuminare la comprensione delle
Scritture ebraiche di Israele (nel nostro caso, della Torah) andrebbe-
ro considerati:
-1*egiziano (nella scrittura geroglifica,ieratica e demotica);
- il sumerico (il primo linguaggio conosciuto nella Me-
sopotamia, del III-II millennio a.C., in scrittura
logografica con sistema cuneiforme);
- Yaccadico (di ambito mesopotamico, a partire piu
che altro dal III-I millennio a.C., con sistema cuneiforme,
com- prendente i dialetti as siro, al nord, e babilonese, al
2 Ai suoi studi, occorre aggiungere anche quelli di Thomas Young (1773- 1829) e di
Karl Richard Lepsius (1810-1884).

2
Decisivi
Lingue
ritrovamenti
antiche
archeologici
decifrate
sud);
-Yhittita (un antico linguaggio dell’Asia minore,in
scrittura cuneiforme, strettamente associato alle lingue
indo-eu- ropee, particolarmente legato alia supremazia
del regno di Hatti - da cui «hittita» - nel II millennio
a.C.);
- Yhurrita (originario dell’Armenia del Sud,
anch’esso in scrittura cuneiforme, del II millennio a.C.);
- Yugaritico (appartenente al gruppo dei linguaggi
del semitico nord-occidentale, originario di Ugarit,il
piccolo regno della Siria sulla costa settentrionale, della
seconda meta del II millennio a.C., con una scrittura
cuneiforme adattata a un sistema alfabetico);
- ilfenicio (del ceppo cananaico, impiegato
nell’attuale Libano, il cui alf abeto, preso in prestito dai
Greci, divenne la base di tutti gli alfabeti occidentali ad
oggi in uso);
- il moabita (il linguaggio dell’antica Moab, in
Trans- giordania, a est del Mar Morto);
-Yammonita (il linguaggio dell’antica Ammon,
sempre in Transgiordania, a nord del Mar Morto).
Seppure, a partire dal XIX secolo, come detto, sia stato
Conoscenza possibile recuperare un numero davvero ampio di
reperti parade letterari del Vicino Oriente antico, occorre ricordare
che an- cora una buona parte di queste antiche letterature rimane a
noi sconosciuta: o perche ancora interrata nei vari siti o per- che
andata definitivamente distrutta.
I materiali per la scrittura impiegati da quelle antiche
d- Materiali vilta sono stati vari. II materiale piu duraturo
e resistente ai impiegati secoli (e in molti casi ai millenni)
e stato la pietra, sia in bloc- chi staccati dall’originaria
collocazione lapidea, sia in bloc- chi lasciati nella loro
naturale posizione.Tra i materiali resi- stenti e molto
usati, in ogni modo, occorre ricordare soprat- tutto
l’argilla essiccata o, anche, cotta. Tra gli altri materiali
piui . fragili, vanno invece menzionati la ceramica, la
malta, il

3
pellame, il legname, la cera e il papiro. Qualche volta, in ogni modo,
si sono ritrovate iscrizioni anche su avorio o su me- tallo.
Sistemi di Assieme ai materiali, anche i sistemi di scrittura sono stati
scrittura eterogenei, cosi come molteplici, come visto, sono sta- ti i
linguaggi usati. I Sumeri, ad esempio, in Mesopotamia, fe- cero
ricorso a un sistema logograf ico (tra le lingue modeme, si pensi, ad
esempio, al cinese) e sillabografico di scrittura: la stilizzazione di
vari oggetti,prevalentemente incisi con uno stilo che riproduceva una
impressione, su tavolette di argil- la, a forma di chiodo, era
equivalente alia parola per desi- gnare tali oggetti. Dal momento che
esistevano, com’e ov- vio, molte realta materiali - oltre che concetti -
da rappre- sentare, c’erano anche molti “segni” da imparare, noti, per
forza di cose, solo a una classe particolarmente ristretta di scribi. Col
trascorrere del tempo, il sistema di scrittura ori- ginariamente
sumerico fu utilizzato anche per altri linguaggi - in modo particolare
per la lingua accadica, ma anche, assieme ad altri, per l’hittita e
l’hurrita -, iniziando ad asso- ciare ai vari segni anche dei valori
sillabici e, quindi, foneti- ci, fino ad arrivare ad accostare ciascun
segno ad una singo- la lettera, dando quindi origine a un vero e
proprio insieme alfabetico (c£ la lingua ugaritica). Anche la scrittura
egizia - detta geroglifica -, tuttavia, seppure con modalita del tutto
diverse dalle lingue dell’area mesopotamica, fece uso sia di un
sistema logografico sia di segni che dovevano rappre- sentare gruppi
fonetici, assieme anche a elementi grammatical!.
Generi Molteplici sono i generi letterari che presero vita al-
letterari l’interno dei testi prodotti da queste antiche civilta, attorno alle
caratteristici
quali, molti e molti secoli dopo, nacque e si sviluppb
Israele.Tra di essi, ad esempio, possiamo trovare miti, in cui sono le
divinita ad essere i principali protagonisti; epiche, racconti eroici che
mettono in scena sia esseri umani che di- vini; testi storiografici, che
si occupano, in prevalenza, di nar- razioni o di registrazioni di eventi
storici o, anche, di eventi legati a determinate personality testi legali
e commercials
i.

4
owero collezioni di codici legislativi o di transazioni di mer- ce di
scambio; lettere e, quindi, documenti di corrisponden- za sia
ufficiale che privata; inni, preghiere, lamenti e rituali, che
comprendono la messa in comunicazione della sfera dell’umano
con i mondi pluriformi del divino; testi funerari, usati nei rituali
esequiali oppure incisi su tombe e sarcof agi; testi commemorativi
e dedicator/, owero iscrizioni, spesso incise su monumenti,
prodotte per commemorare o cele- brare determinati eventi o
persone; poesie amorose, intente a celebrare
ramore,prevalentemente umano; testi profetici, in cui messaggi di
divinita vengono resi noti attraverso una figura rivestita di
prerogative profetiche; testi sapienziali, owero scritti che
illustrano e descrivono con disincanto la condizione umana,
abitualmente attraverso istruzioni, pro- verbi e massime. Anche
solo a considerare questo elenco di generi letterari rinvenuti nella
vasta, frammentaria ed ete- rogenea letteratura del Vicino Oriente
antico, appare con una certa chiarezza che solo alcuni possono
essere riscon- trati in comune, seppur nella discontinuity degli
intenti e delle forme, con i generi letterari anticotestamentari e, se-
gnatamente, nel nostro caso, dei primi cinque libri delle Scritture
di Israele.

Israele sullo sfondo delle civilta


del Vidno Oriente antico
Abramo, nei testi redazionalmente piu recenti della Contatti
Bibbia ebraica, viene presentato come uno straniero resi- con la
dente in terra di Canaan in quanto emigrato dalla Mesop otamia
Mesopotamia, segnatamente da Ur dei Caldei (cf.Gn
11,28.31; 15,7; Ne 9,7). In quella stessa vasta regione,
particolarmente in Babilonia,una buona parte di Israele, a partire
dal 597/6 a.C (primo assedio di Gerusalemme e prima
deportazione) e poi dal 587/6 a.C. (secondo assedio di
Gerusalemme e se- conda deportazione) fino al 539 a.C. (sconfitta
dei Babilo- nesi ad opera dei Persiani), visse gli anni del suo esilio
dalla terra di Canaan. Del resto, la stessa Babilonia, una regione
Opportunita
di compar
5 razione
tra le piu nemiche di Israele, e da lui tra le piu temute, rice-
vera piu di una volta, specialmente aU’intemo del corpo let-
terario profetico biblico, parole di maledizione e di pesante
biasimo.3 Parimenti - e, cronologicamente, prima ancora della
disfatta del regno di Giuda, al sud, per l’invasione ba- bilonese - lo
stesso regno di Israele, al nord, vide la sua fine per l’intervento di
un’altra potenza straniera: l’impero assi- ro, originario delle
regioni settentrionali della vasta area geografica mesopotamica.
Anche in questo caso, la lettera- tura profetica dell’AT non tarda a
offrire oracoli contro quella nazione, testimoni, come nel caso di
quelli contro Ba- bilonia, dei ripetuti rapporti animati dal conflitto
e dall’o- stilita.4 Anche l’Egitto, di per se, stando soprattutto alia
te- stimonianza di Geremia (spec. c. 43), dovrebbe essere an-
noverato tra le potenze che videro Israele in esilio nei pro- pri
territori. Del resto, non mancano nelle Scritture di Israele oracoli
anche contro questa potenza, che attestano, ancora una volta, i
plurimi, tesi e, anche, ambigui rapporti.5 In ogni modo, a parte le
potenze legate piu che altro ai suoi esi- li - Assiria, Babilonia,
Egitto Israele, nella sua storia spes- so travagliata da conflitti e
ostilita, ha dato prova di essere entrato in contatto piu volte e
secondo plurime modalita anche con i mondi politici, economici,
militari e sociali di altri popoli a lui circonvicini (si pensi, ad
esempio, a Moab, Ammon, Edom, Filistea). Ora, in mezzo a
questa varieta di popoli, Israele ebbe dunque anche modo di
entrare in contatto, secondo varie modalita e intensita, non solo,
come detto, con gli ambienti politici, economici, militari e sociali,
ma anche con la produzione culturale - e, segnatamente, letteraria

3 Cfc, ad esempio, Is 13,19; 14,3-23; 21,9; 43,14; 47,1-15; Ger 50,1 - 51,19; Sal
Contatti 137,8. In alcuni passi, anche il NT, pur in seno a una visione piu simbolica, conosce
conpopoli espressioni di inesorabile condanna contro quella potenza: cf. Ap 14,8; 16,19; 17,5; 18,1-
linutrofi 24.
4 Cl, ad esempio, Is 10,5-19; 14,24-27; 30,27-33; 31,6-9; Ez 31,3-14.
,s
5 Ct,ad esempio,Is 19,1-17;30,1-7; Ger 43,8-13;46,1-26;Ez29,l-21;30,1-26; 32,1-32.
Influssi
culturali 6
Contatti
e
con I’Egitto
letterari
7
- di quelle civilta che, con modi e accenti diversi, andd in parte a
influire sia sui contenuti delle Scritture di Israele sia sulle stesse
modalita stilistiche della loro messa per iscritto.

Genesi 1 -11 e le letterature del Vldno Oriente antico


Tra tutti i libri della Torah, Genesi - e, in particolare, Debitico
i suoi primi undid capitoli - & certamente quello che n la
Meso-
dimostra di avere piu debiti verso le letterature potamia
cosmogoniche (ov- vero riguardanti i racconti legati alia
generazione del mon- do) del Vicino Oriente antico: in particolare,
verso quelle prodotte nella vasta area della Mesopotamia, in seno
alia quale, come dianzi ribadito, buona parte della popolazione di
Giuda trascorse i lunghi anni del suo esilio.
La prima opera a dover essere considerata, special- mente per
una certa sua vicinanza al primo racconto della creazione (Gn 1,1 -
2,3), quello di origine sacerdotale, e sen- za dubbio
YEnuma elish. L’opera e databile tra la fine del II L'Enuma
elish
millennio a.C. e gli inizi del I, scritta su sette tavolette
d’ar- gilla, giunta a noi, in forme piu o meno frammentarie, se-
condo una certa varieta di copie rinvenute in vari siti della regione
mesopotamica. Essa, in estrema sintesi, racconta dell’ascesa di
Marduk al rango di re degli d&i aH’intemo del pantheon
mesopotamico. In particolare, b nella IV tavoletta che Marduk,
nella sua opera di creazione del mondo, inizia a disporre gli
elementi del cosmo; nella V vengono collocate nel firmamento le
costellazioni,la luna e,probabilmente, anche il sole, mentre nella
VI e l’uomo ad essere creato in qualita di servitore degli
dei. Cio che occorre subito ribadi- re e che le storie Termini
bibliche di creazione non mostrano in ma- niera esplicita dimffronto
e diretta - come, al contrario, i racconti del di- luvio - una con
Gn 1,1 -2,3
dipendenza dalle cosmogonie del Vicino Oriente antico. A
diff erenza della letteratura mitologica mesopotamica, infatti, nella
Bibbia non esiste una storia dell’uni- verso precedence quella
della creazione del mondo. In altri termini, niente si trova a essere
preesistente all'atto creato- re del Dio d’Israele: nessuna storia
mitica antecedente, nes-

8
suna teogonia ne vicenda narrata legata ad alcun pantheon o
ad alcuna corte di d£i minori, nessun awenimento di fon- dazione
anteriore alia comparsa della vita sulla terra. Sol- tanto Dio e la
sua parola performatrice. Non solo: se in Ba- bilonia o, piu
generalmente, nel Vicino Oriente antico, gli astri - il sole, la luna e
le stelle - o alcuni animali terribili, ac- quatici o terrestri, godevano
di vita propria e divina, nella vi- sione biblica essi si trovano a
essere soltanto delle creature uscite dall’intelligenza amante e
creatrice d&Wunico Dio e a lui sottoposte. Egli, dunque, in quanto
unico Creatore, si tro- va a essere ben al di sopra di tutte le
divinita, sia della Mesopotamia che di tutti gli altri popoli
conosciuti, proprio in virtu del fatto che egli b il creatore di tutto.
Piu che altro, dunque, i racconti biblici sembrano essere stati
debitori di alcune immagini letterarie,pUT tuttavia opportunamente
ria- dattate, usate negli antichi miti. Per non fare che pochi esempi,
in un mito accadico di creazione delTuomo da parte di una divinita
viene usata, da parte del dio in questione, l’espressione: «[Orsu,]
facciamo una figura d’argilla» (cf. li- nea 8), offrendo cost in
palese associazione sia il plurale co- siddetto deliberativo che
troviamo usato da Dio in Gn 1,26 («Facciamo l’uomo») che
l’espediente del modello in argil- la rappresentato invece in Gn 2,7
(«polvere del suolo»).6
L’uomo, secondo il testo di Genesi, a differenza di tutto
il resto della creazione, viene fatto a «immagine» (tselem) di Dio e
secondo la sua «somiglianza» (d'mut): cosi si asse- risce in 1,26 e
in 5,3 (cf. anche 1,27 e 5,1). Dietro queste espressioni si
nascondono, in realty, immagini frequente- mente evocate nella
letteratura accadica che possono essere rinvenute in varie
iscrizioni e lettere neoassire, in cui si af- ferma che «il re & la
precisa immagine (tsalmu)» di un dio. Tale espressione, dunque,
era abitualmente impiegata per caratterizzare il monarca come
rappresentante di un dio. Ora, in Genesi, essendo (ri)utilizzata per
il prototipo dell’intera umanita, tutti gli esseri umani vengono ad
assumere attributi e prerogative di elevata dignita. Come i re assiri
e babilonesi, essi sono mediatori della presenza di Dio nel mondo.
6 Cf. W.R. MAYER, «Ein Mythos von der Erschaffung des Menschen und des
Konigs», in Orientalia 56 (1987) S5-68, spec. pp. 56-57.

9
L’uomo, infatti,creato a immagine e somiglianza di Dio, & ormai
l’unico sovrano della natura: egli governa il mondo in nome e per
conto di Dio (cf. 1,28). In questo sen- so, nell’impiego di queste
due espressioni si potrebbe anche vedere all’opera una sottile ma
ferma polemica anti-idola- trica da parte della tradizione
sacerdotale, responsabile della stesura del primo racconto di
creazione: solo l’uomo pud ritenersi Tunica vera «immagine»
rappresentativa di Dio al- l’intemo del mondo creato. Al di fuori di
lui,ogni altro tipo di replica deve essere considerata appartenente
al vacuo ambito dell’idolo.

10
Anche l’espressione «Dio nel settimo giorno termino (kalah)
l’opera (nfla’kah) che aveva fatta» (2,2a), al termi- ne del primo
racconto di creazione, richiamando molto da vicino quella
impiegata a proposito della fine della costru- zione della dimora,
ovvero del santuario mobile, airintemo della quale la presenza di
Dio accompagnava Israele nelle sue peregrinazioni nel deserto
verso la terra promessa («Mose termind [kalah] l’opera
[m'la’kah]» [Es 40,33b]), si trova ad alludere non troppo
peregrinamente a quanto nar- rato nella stessa Enuma elish}1 In
questa cosmogonia, infat- ti, il dio Marduk, proprio al termine
della sua opera creatri- ce dell’universo, si fa costruire dai suoi d6i
servitori un pa- lazzo dal quale regnare sovrano sulla sua stessa
creazione (VI,49-77). Attraverso questo implicito richiamo, la
tradizione sacerdotale, a cui deve essere ricondotto il primo rac-
conto della creazione, ha ben probabilmente inteso mettere in
stretto rapporto i due eventi: l’opera della creazione po- tra dirsi
definitivamente completata quando il Creatore, se- condo una
sensibilita comune a molti miti mesopotamici, potra avere una
dimora all’intemo della sua creazione. Lc analogie tra quanto
narrato, sempre dalla tradizione sacer- dotale, nei testi appena
richiamati di Genesi e di Esodo e in quelli appena menzionati di
Enuma elish non sembrano tra- scurabili. La vera grande
differenza, semmai, & che il Dio d’Israele non decide di abitare in
un palazzo stabile e ina- movibile, come quello del dio Marduk,
bensi in una tenda mobile e trasportabile, cosi come nomade e
migratore era il suo popolo peregrinante nel deserto.
Termini La stessa immagine, gia ricordata, della «polvere dal suolo» -
diraffronto ovvero la terra, l’argilla - come elemento basilare per la creazione
con
Gn2-3
dell’uomo (cf. Gn 2,7), sembra evocare an- che un passo della I
tavoletta dell’epopea di Ghilgamesh (vedi oltre) in cui si racconta
che Enkidu, compagno di Ghilgamesh, fu creato dalla dea Aruru
proprio a partire dall’ar- gilla (cf. linee 102-103). Anche vari
monumenti egizi,del re- sto, ritraggono il dio Khnum nell’atto di
plasmare l’uomo con il medesimo materiale, senza considerare che
pure la mitologia greca narra di Prometeo in quanto creatore del
primo uomo dalla terra e da\Vacqua.'s Da un altro punto di vista,

11
se Genesi, attraverso il ricorso aU’immagine del «sof- fio di vita»
(cf. 2,7) insufflato da Dio nelle narici del proto- tipo del primo
uomo, rinuncia a costringere l’umanita al- l’interno di una visione
riduzionista che la assimili al resto degli organismi animali,
l’epica di Atramhasis (vedi oltre) nella tavoletta I afferma che
l’uomo fu creato non solo dal- l’argilla impastata con la saliva di
alcuni dei (cf. linee 232- 234), ma anche dal sangue e dalla carne
di un dio morto (cf linee 210-214.223-226).
In ogni modo, all’interno dell’XI tavoletta della gia
menzionata epopea di Ghilgamesh, si racconta anche di come
romonimo eroe abbia trovato una pianta (la pianta del «battere del
cuore», come viene letteralmente chiamata)

12
che gli avrebbe concesso di allontanare la morte. Mentre
stava nuotando in uno stagno, un serpente, odorando la
sua fragranza, la port6 via, privandolo cosi della
prerogativa di non morire (cf. linee 303-307). Questo
particolare, come gia richiamato, sembrerebbe aver avuta
una qualche influenza anche nella redazione di Gn 3,
segnatamente riguardo alia presenza del «serpente» e
dell’«albero della vita» (cf. Gn 2,9; 3,22.24), con
l’immortalita ad esso legata.
Sempre per quanto riguarda il secondo racconto biblico
della creazione (Gn 2,4 - 3,24), opera di una «scuola»
coeva
o,probabilmente,dipoco posteriore a quella
sacerdotale,re- sponsabile del primo (cl 1,1 - 2,3), b forse
possibile ravvisa- re nel cosiddetto Mito di Adapa un
altro probabile influsso, II Mito seppur, come sempre nei
testi di Gn 1 - 3, indiretto. Di tale * Adapa mito, databile
all’incirca al II millennio a.C., sono giunte a noi quattro
tavolette di argilla scritte in lingua accadica, di cui una
ritrovata nella citta reale del faraone Akenaton (1353-
1335 a.C.), in Egitto, e le rimanenti tre nella bibliote- ca
del re Ashurbanipal (668-626 a.C.) a Ninive, in Assiria.
In esso, tra le altre cose, si narra di come Adapa,
sacerdote del tempio del dio Ea, fu messo in guardia da
un awertimento dello stesso Ea di non accettare da Anu,
signore delle regio- ni supeme,il pane e l’acqua che
avrebbe voluto offrirgli,poi- che, a suo dire, questi doni
gli avrebbero procurata la morte.
Solo in seguito Adapa seppe che, se avesse accettato quel
ci- bo, esso gli avrebbe in realta conferito il dono
delYimmorta- lita {Mito di Adapa, frammento A, linea 4;
frammento B, linee 28-31.33.60-63.66-70). In questo
modo,
i.
come ad Adamo fuimpedito da Yhwh,il Dio,
l’accesso all’albero della vita in modo da non poter
ricevere, dopo aver gia acquisito la co- noscenza del bene
e del male, la prerogativa di non morire, cosi un dio
preservd Adapa, il primo saggio precedente alia venuta
13
del diluvio (cf. infra) e, insieme, uomo primordiale, dalla
possibility di conseguire l’identico dono. Sulla base di
questa storia si potrebbe anche tentare un parallelo tra il
ruolo di Anu con quello del serpente, cosi come appare in
Gn 3: entrambi sembrano essere entrati in scena per
ingan-

i.

14
nare l’umanita riguardo alia possibility di diventare immor- tali. In
tal senso, nel racconto biblico il serpente inganna la donna, mentre
nel mito di Adapa, Anu circuisce l’uomo. Tra l’altro, i nomi
«Adamo» e «Adapa» potrebbero anche essere messi in una sorta di
comparazione, seppur certamente non stringente. Nel caso del mito,
Ea, forse per non voler perdere il suo fedele servitore, lo consiglia a
rif iutare il pane della vita che lo avrebbe reso immortale. Oppure,
al contra- rio, secondo un’altra interpretazione, si potrebbe pensare
che Adapa avesse convintamente approfittato del suggeri- mento di
Ea di non mangiare di quel cibo al fine di conti- nuare, da mortale,
a godere delle cose della terra.
Open
egizie
A prescindere, tuttavia, dalla produzione letteraria me-
sopotamica, & qui conveniente ricordare, seppur solo di pas-
saggio, anche due opere di origine egizia, pur avendo, ri- spetto alle
altre fin qui considerate, elementi di consonanza decisamente
minori rispetto ai racconti biblici di creazione. Ci si rif erisce ai
cosiddetti Inno a Ptah (chiamato anche «te- sto della teologia
menfita»; cf. soprattutto Gn 1,3; 1,31 - 2,1), originariamente
sviluppatosi nell’Antico Regno (2575-2134 a.C.), a Menfi, e
continuato ad essere copiato e tramandato fin verso la fine della
XXV dinastia (circa il 710 a.C.), e Inno a Ra (cf. soprattutto Gn 1,1
- 2,3), anch’esso, come il pre- cedente,appartenente al periodo
dell’Antico Regno, legato alia citta di Eliopoli, ma trascritto fin
oltre il 400 a.C.
Termini di Lasciando i raffronti tra la cosmogonia biblica e quelle del
raffronto Vicino Oriente antico, specialmente dell’area mesopo- tamica,
con
Gn6-9
e sempre ricorrendo, come f inora, a pochi e selezio- nati
esempi, conviene adesso considerare, sempre alia luce di
quelle letterature, i racconti del diluvio (Gn 6-9).
Tra i miti mesopotamici che hanno esercitato un note- vole e
diretto influsso sulla redazione dei testi biblici del diluvio (cf. Gn 6
- 9),
i.
al contrario, come detto, di quanto acca- duto coi racconti di
creazione, occorre menzionare senz’al- tro la gia citata epica di
Atramhasis Atramhasis. Le copie piu antiche in nostro possesso, pur
frammentarie, risalgono al XVII sec.
a. C., mentre le piu recenti arrivano fino al VI sec. a.C L’o
15
b. pera, cosi come a noi e giunta, consta di tre tavolette, che
combinano sezioni in parte comuni all’epopea di Ghilgamesh e
all’Enuma elish. In esse si racconta di come l’uma- nita, creata per
servire gli dei, si fosse di troppo moltiplica- ta sulla terra, al punto
da divenire eccessivamente «chiasso- sa» (questo il termine
accadico utilizzato) per le divinita. Fu cosi stabilito che essa fosse
drasticamente ridotta, prima per mezzo di piaghe e carestie e poi,
ancor piu severamente, at- traverso l’invio di un grande diluvio. II
saggio Atramhasis fu informato deH’imminente arrivo della
distruzione dal cielo e si costrul un’imbarcazione, con la quale
riusci a mettere in salvo sia uccelli che animali. Egli, al termine del
cataclisma, offrl in onore degli dei un sacrificio.
Nel novero delle opere letterarie mesopotamiche che sembrano
aver influito nella stesura del racconto biblico del diluvio
andrebbe ricordata anche la cosiddetta Genesi di Eridu La
(conosciuta anche col nome generico di Mito sumeri- co Genesi di
del diluvio). Le fonti di quest’opera in nostro possesso, Eridu
giunte mutile, sembrano datare al tardo periodo paleobabi- lonese,
ovvero circa al 1600 a.C. La sezione dell’opera che e stata
preservata dal succedersi dei secoli inizia con la de- scrizione
deU’umanita giunta alle soglie della civilta. Come in Atramhasis, a
causa dell’eccessivo chiasso da lei prodotto, alcuni d&i si risolvono
per inviare sulla terra un grande diluvio. Ziusudra, il re, awertito
della decisione divina, decide di costruire un’arca con la quale
salvare gli animali della terra. Al termine del diluvio, si racconta
anche delTofferta di un sacrificio agli dei da parte dello stesso
Ziusudra.
Un’altra opera del mondo mesopotamico che sembra aver
avuta sulla letteratura mondiale forse piu influenza di ogni altra
opera conosciuta proveniente dall’antichita (a parte la stessa
Scrittura) e senza dubbio la gi& menzionata epopea di
Ghilgamesh. Essa, nella fattispecie di Genesi, sembra aver L'epopea di
particolarmente
i.
influenzato ancora una volta i capitoli Ghilgamesh
dedicati alia venuta del diluvio. Tale epopea si pre- senta
come un lavoro editoriale comprendente in s6 varie antiche opere.
Secondo la ricostruzione della genesi reda-

16
zionale di questo lavoro congetturata da alcuni studiosi, i
racconti legati alia figura di Ghilgamesh potrebbero aver
iniziato a circolare in forma scritta gia a partire dal XXV
sec. a.C., dapprima in lingua sumerica e poi in lingua
acca- dica. Essa, dai numerosi frammenti a noi giunti,
consta di dodici tavolette. E in particolare il contenuto
dell’XI tavo- letta che dimostra di aver influenzato in
special modo il rac- conto biblico del diluvio. II racconto
che & stato approntato circa la venuta del cataclisma b in
realta abbastanza vicino a quello presente nella II e nella
III tavoletta di Atramhasis (nel caso di Ghilgamesh l’eroe
del diluvio assume il nome di Utanapishti).Tuttavia, per
quanto riguarda le composizioni verso le quali gli
scrittori biblici delle storie del diluvio potrebbero essere
debitori, oltre a quelle gia menzionate oc- Berosso corre
ricordare anche una narrazione tramandataci da Be-
rosso, uno scrittore babilonese dell’inizio del III sec.
a.C., al- l’interno della sua opera Babyloniaka (Storia di
Babilonia), pervenutaci, seppur incompleta, soltanto
attraverso gli scrit- ti di altri autori.
Sinossi con E in realty possibile stilare una sorta di sinossi tra alcu-
Gn6-9 ne tematiche-chiave della narrazione del diluvio biblico e
quelle presenti nei miti appena ricordati. Tale sinossi mo- strera in
maniera inequivocabile le strette dipendenze del racconto biblico
da quelli del mondo mesopotamico:
a. Decisione divina di distruggere Vumanita con un
diluvio (Gn 6,11-12.17):
Ghilgamesh, XI,14; Atramhasis, II,vii.40-52; viii.34.
b. L’eroe riceve la notizia della venuta del diluvio (Gn
6,13; 7,4):
Ghilgamesh, XI,8-18; Atramhasis, III,i.l-14; Genesi
di Eridu, IV,1-12; Berosso.
i.
c. Or dine di costruire un *area, rivelazione delle sue
dimen- sioni e comando di imbarcarci esemplari di
tuttigli esse- ri viventi (Gn 6,14-16.18-21; 7,1-3):
Ghilgamesh, XI,19-31; Atramhasis, III,i.l5-37; Berosso.
d. Ueroe del diluvio ratifica Vordine ricevuto (Gn 6,22;
17
7,5): Ghilgamesh, XI,32-34.

i.

18
e.
f. Ordine di entrare nelVarca e sua esecuzione (Gn 7,7- 9.13-
16a):
Ghilgamesh, XI,81 -86; Atramhasis, III,ii.30-47; Berosso. t
Chiusura dell area (Gn 7,16b):
Ghilgamesh, XI,87-96; Atramhasis, III,ii.48-52.
g. Inizio del diluvio e sua descrizione (Gn 7,6b.l0-12.17- 20.24):
Ghilgamesh, XI,97-113.128-129; Atramhasis, III,ii.53-55;
iii.5-19; iv.23-24; Genesi di Eridu, V,l-5.
h. Distruzione della vita sulla terra (Gn 7,21-23): Ghilgamesh,
XI,106-113; Atramhasis, III,iii.l2-14.19.44- 45;iv.6-9.
i. Fine del diluvio (Gn 8,1-3):
Ghilgamesh, XI,130-133; Genesi di Eridu,W,6.
j. L’arca si ferma sulla cima di un monte (Gn 8,4): Ghilgamesh,
XI,140-146; Berosso. k. Leroe apre Varca (Gn 8,6.13b):
Ghilgamesh, XI,137-139; Genesi di Eridu,W,7-S', Berosso.
1. Espediente delVinvio degli uccelli (Gn 8,7-12): Ghilgamesh,
XI,147-156; Berosso. m. Uscita dalVarca (Gn 8,15-19):
Berosso.
n. Offerta di un sacrificio (Gn 8,20):
Ghilgamesh, Xl,151-16Q‘,Atramhasis, III,v31-33; Genesi di
Eridu,V, 9-11; Berosso. o. La divinita odora ilprofumo del
sacrificio (Gn 8,21a): Ghilgamesh, XI,161-163; Atramhasis,
III,v.34-35. p. Benedizione delVeroe (Gn 9,1-17):
Ghilgamesh, XI,199-206; Genesi di Eridu, VI,4-11; Berosso.
Come risulta ben palese, le dipendenze tematiche (e, in alcuni
casi, terminologiche) tra il dato biblico e il racconto mesopotamico
risultano decisamente innegabili.
Un peculiare caso in cui il ricorso alia letteratura Termini di
meso- potamica (ma, in parte, in questo caso, anche raffronto
giudaica ex- tra-biblica) risulta particolarmente utile per con
4
Gn 6,1-

illuminare un
i.

19
testo alquanto enigmatico, se non equivoco e ambiguo, e
quello riscontrabile in Gn 6,1-4, in cui viene fatta menzione.
nell’epoca precedente il diluvio, dell’esistenza di unioni ses- suali
tra esseri divini e donne umane, unitamente alia pre- senza di una
razza di giganti sulla terra. La tematica circa le unioni tra gli dei e
gli uomini (6,2) non & affatto sconosciu- ta alle mitologie greche,
egizie, ugaritiche e mesopotamiche. Lo stesso Ghilgamesh
discende da una di tali unioni, essen- do egli per due terzi divino e
per un terzo umano (cf. Ghilgamesh 1,35-36.48). Gli «esseri
divini» invaghiti delle «figlie degli uomini» rimandano anche
airimmagine di una cortc celeste, popolata da esseri angelici e da
divinity minori, se- condo una sensibilita assai comune all’intero
Vicino Oriente antico.7 Anche la menzione dei «Giganti» (6,4)
sembra richiamare immagini della letteratura greca, specialmente
la figura dei «Titani», il frutto ibrido delle unioni tra il cielo e la
terra, ribelli agli dei fino alia loro sconfitta da parte di Zeus e alia
relativa segregazione nelTartaro,la regione piii lontana degli Inferi
(cl, in particolare, Esiodo e Apollo- doro).8
Per concludere questa sezione dedicata a Gn 1 -11, d
necessario menzionare, tra le altre, ancora un’ulteriore opera del
LaLista mondo mesopotamico: la cosiddetta Lista regale su- mer/cfl.
regale Tale opera, scritta in lingua sumerica, soprawissuta in piu di una
sumerica
dozzina di copie, risale con buona probability al termine del III
millennio a.C. Essa registra, sotto la forma di una cospicua serie di
nomi e di et&, una cronaca della pri- meva (mitica) storia della
regality in Mesopotamia.Tale sto- ria appare divisa in due ere, una
precedente e l’altra susse- guente il cataclisma del diluvio. Nella
prima era i singoli re

7 i . Sempre nel senso di un implicito richiamo a una corte celeste in Genesi, si


ricordino anche il plurale «Facciamo l’uomo»,come prof erito da Dio alia sua corte
(1,26), cosl come l’espressione «come uno di noi» (3,22) e i plurali «Andiamo,
scendiamo e confondiamo» (11,7).
8 La figura dei Giganti richiama anche il Libro dei Vigilanti, owero i pri- mi 36
capitoli del libro di 1 Enoch (o Enoch etiopico).
20
sono detti aver regnato per decine di migliaia di anni; nella
seconda, i vari regni appaiono essere considerevolmente ab-
breviati - seppur sempre di molto distanti dalla compatibility con
la vita umana fino ad arrivare a Ghilgamesh, do- po il quale la
durata di quei regni arriva a raggiungere una plausibile normality.
E dunque col ben probabile influsso di questa particolare opera del
mondo mesopotamico che si arriva a giustificare l’abnormita della
durata delle vite degli uomini, cosi come viene registrata nelle liste
di Gn 5 e 11, anch’esse divise, come la stessa Lista regale, dallo
spartiac- que dell’evento del diluvio (Gn 6 - 9).

Genesi 12-50
e le letterature del Viclno Oriente antico
Passando alia seconda parte del libro della Genesi (cc. Minori
12 - 50), si nota senza dubbio una netta diminuzione delle dipendenze
letterarie
dipendenze tematiche e letterarie con le opere, owiamente
di nostra attuale conoscenza, del Vicino Oriente antico. Raffronto
Sono senz’altro anche la particolarita e l’unicita delle con
Gn5ell
storie ivi raccontate (i cicli patriarcali) a collocarle in uno
status a s6 rispetto alle letterature degli altri popoli. A1 di la di
questa evidenza, tuttavia, b ugualmente possibile riuscire a con-
frontarsi ancora, su determinati punti, con alcune tematiche di
quelle antiche letterature.
Una f onte importante con cui commisurarsi a riguardo della
prassi politica, economica e legale di alcuni episodi le- gati, da una
parte, ad Abramo e a Sara e, dall’altra, a Gia- cobbe, Lea e
Rachele, potrebbe essere costituita da quelli che vengono
convenzionalmente chiamati archivi di Nuzi, intendendo Gli archivi
con quel nome un’area delimitabile a circa 240 km a nord diNuzi
dell’attuale Baghdad, in Iraq. Nuzi fu una citta
particolarmente fiorente per circa 150 anni durante il pe- riodo del
Tardo Bronzo (1550-1200 a.C.),prima di essere di- strutta dagli
i.
Assiri. Di tali archivi sono state ritrovate circa 3.500 tavolette,
scritte nei dialetto babilonese della lingua accadica.
17
Per altri richiami terminologici e tematici tra il termine del primo racconto di creazione
in Genesi e l’inaugurazione dell’edificazione della dimora nel deserto da parte di
Mos£,coslcome narrata al termine del libro dell’Esodo.si confrontino ancora Gn 1,31a
21
con Es 39,43a; Gn 2,1 con Es 39,32a; Gn 2,3a con Es 39,43b.
18
C£, ad esempio, OVIDIO, Metamorfosi 1,77-88.

i.

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