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La scrittura in Mesopotamia
Furono i Sumeri, tra l'odierna zona di Baghdad e la foce del Tigri e dell'Eufrate, a dar vita, intorno al 3200 a.C., alla prima alta
cultura urbana e a inventare la scrittura cuneiforme.
La scrittura cuneiforme fu adottata anche dagli Accadi, popolazioni nomadi semitiche che a partire dal 2600 a.C. spinsero i Sumeri
sempre pi a sud. Il processo di accadizzazione termin intorno al 1900 a.C. circa.
Proprio l'ultimo periodo di grande splendore (il periodo Neosumerico intorno al 2140-2020 a.C.) ci ha lasciato un numero elevatissimo di tavolette cuneiformi in sumerico, raccolte in numerosi archivi di documenti economici, provenienti dalle grandi citt
del regno, come ad esempio Ur.
La lingua sumerica e la scrittura cuneiforme sopravvissero anche agli stravolgimenti successivi e allo stanziamento prima degli
Amorriti, popolazioni nomadi che fondarono vari regni, tra cui quello di Babilonia, e poi degli Assiri sul medio Eufrate.
La collezione di
tavolette cuneiformi
L'Universit Cattolica possiede un prezioso patrimonio di una settantina di tavolette sumeriche,
giunte tramite donazione da parte di Giustino Boson, professore dal 1935 di filologia semitica e
assiriologia presso questo Ateneo. Facevano parte di un lotto di un migliaio di tavolette reperite
a Parigi che il Boson cerc inutilmente di far acquistare dal governo italiano. Purtroppo ci non
fu possibile. Boson decise allora di crearsi una piccola collezione privata, acquistando per s 73
tavolette, che studi e successivamente don all'Universit Cattolica. Attualmente la collezione
"G. Boson" in corso di aggiornamento, rielaborazione e studio.
A questo proposito, per dare un esempio della moderna e diversa metodologia nello studio dei
documenti cuneiformi, si confronti con l'originale la trascrizione della tavoletta n 1 di Boson (A)
e la recente nuova trascrizione (B).
Le tavolette sono databili al periodo della Terza dinastia di Ur (2112-2004 a.C.) e provengono
dagli archivi delle citt di Umma (odierna Jokha) e Sellu-Dagan (odierna Drehem), importanti
centri amministrativi situati nell'Iraq meridionale, nei pressi della capitale Ur. I testi sono tutti di
natura economica e riguardano:
z prestito di orzo
z distribuzione di orzo e altre derrate alimentari come salari
z Liste di personale
z pagamento di imposte in natura
z consegne di diverse derrate alimentari a diverso titolo
(farina, latticini, sostanze grasse, birra e simili)
z spedizione di oggetti d'oro dal palazzo reale alla citt santa di Nippur.
z provvigioni di viaggio per messaggeri
z comunicazioni di natura commerciale
Le scritture egee
Le scritture egee, ossia le scritture di quelle civilt sviluppatesi nei territori che si affacciano
sul mare Egeo, coprono un arco di tempo che va dalla seconda met del III millennio a.C. alla
fine del II millennio a.C.
La civilt minoica (ossia la civilt dell'antica Creta) svilupp tre differenti sistemi di scrittura sillabica: il geroglifico cretese, la Lineare A, e la Lineare B.
Le iscrizioni si trovano su tavolette d'argilla (documenti d'archivio), sigilli, vasi, elementi
architettonici e altri supporti, e la loro stesura nacque dalle necessit concrete legate all'organizzazione del lavoro, alla registrazione di beni, alla contabilit.
Il geroglifico cretese (o minoico), attestato a Creta nel Medio Minoico I e II (20001700/1600 circa), una scrittura di tipo ideografico, non ancora decifrata.
La Lineare A, scrittura sillabica frammista di ideogrammi, cos chiamata per il tracciato lineare e pi semplice rispetto al geroglifico cretese e per la sua disposizione orizzontale, documentata tra il 1700 e il 1450 a.C. a Creta. Conta circa un centinaio di segni, alcuni ideogrammi e un sistema numerico decimale. Si tratta di una lingua non ancora decifrata.
La Lineare B, decifrata nel 1952 dagli inglesi Michael Ventris e John Chadwick, una scrittura sillabica che semplifica la Lineare A e testimonia una lingua greca molto antica, precedente i tempi di Omero. Essa venne utilizzata tra il 1400 e il 1150 a. C. testimoniata da
circa seimila tavolette scoperte sia nell'isola di Creta sia nella Grecia continentale, oltre ad
iscrizioni dipinte su vasi. I segni sillabici sono circa 90, ai quali si aggiungono numerosi ideogrammi e un sistema numerico di tipo decimale. All'interno del miceneo sono individuabili i
sillabogrammi o fonogrammi (cio segni che rappresentano delle sillabe) e gli ideogrammi
(cio segni che esprimono dei concetti).
Una attenzione particolare merita il disco di Fests: un disco di argilla scoperto nel 1908 dall'archeologo italiano Luigi Pernier durante gli scavi all'estremit nord-est del palazzo di
Fests. scritto, con andamento spiraliforme, su entrambe le facce e per ottenere l'iscrizione
sono stati utilizzati 45 punzoni che corrispondono ai 45 segni differenti presenti sul disco.
I segni sono 242; la scrittura sembra di tipo sillabico e la sua origine presumibilmente egea.
La natura del testo incerta, e problematica si rivelata anche la sua decifrazione.
Tra le scritture dell'area egea si ricorda anche il cipro-minoico, una scrittura sillabica utilizzata nell'isola di Cipro tra la fine del XVI secolo e il 1050 a.C. circa. Dal cipro-minoico
derivato il sillabario cipriota classico adottato a Cipro tra l'VIII e il VII secolo a.C. e rimasto
in vigore fino al III secolo a.C. Tale sillabario conta 56 segni di cui 5 sono vocali.
Lineare A
Lineare B
La scrittura in Egitto
In Egitto la scrittura nacque in un'epoca grosso modo contemporanea a quella in cui la scrittura cuneiforme si afferm in
Mesopotamia (circa 3200 a.C.).
La prima scrittura che troviamo in uso quella geroglifica. Il termine 'geroglifici' , ossia, letteralmente in greco, 'llettere sacre inci se', fu attribuito a questi caratteri da Clemente di Alessandria (II secolo d.C.) il quale, avendoli visti soprattutto su monumenti
di carattere religioso, erroneamente ne enfatizz questo aspetto: in realt essi non avevano nulla di sacro e venivano impiegati per
scritti di ogni tipo. Essi furono dapprima pittografici o ideografici (cio rappresentavano simbolicamente un oggetto o un'idea),
successivamente anche fonetici (cio rappresentavano un suono della lingua parlata). Potevano essere letti da destra verso sinistra
o dall'alto verso il basso e viceversa, a seconda della direzione dello sguardo degli uomini o animali rappresentati.
Nel tempo la scrittura geroglifica sub delle modificazioni. Intorno al III millennio a.C., attraverso una semplificazione dei segni
originari al fine di una maggiore velocit nello scrivere, comparve la scrittura ieratica (letteralmente 'lingua sacerdotale'), uno sviluppo corsivo della precedente, impiegata per redigere i documenti che riguardavano la vita pubblica e religiosa. Agli inizi si sviluppava su colonne verticali, ma successivamente si pass a una stesura orizzontale, da destra verso sinistra.
La forma demotica (ossia 'scrittura popolare') ebbe origine da un'ulteriore semplificazione della ieratica. Invece di un solo segno
venivano per abbreviati interi gruppi di segni, col risultato quindi di renderla pi difficile da leggere rispetto al geroglifico e allo
ieratico. Rimase in uso dal VII secolo a.C. fino alla fine del periodo romano (IV secolo d.C.). Fu la scrittura favorita dagli scribi
'ufficiali'.
Infine, in et romana (III secolo d.C.), si and formando la scrittura copta. Fu elaborata dagli Egiziani di religione cristiana
(Copti). Essa altro non era che la trascrizione della lingua egiziana in caratteri greci. Al pari della scrittura greca, anche la copta
era una scrittura fonetica, in cui venivano utilizzate le lettere dell'alfabeto greco (comprese le vocali che nella lingua scritta egiziana non esistevano) con l'aggiunta di pochi altri segni derivati dal demotico. Lingua e scrittura copta nel IX secolo d.C. dovettero soccombere di fronte a lingua e scrittura araba. Sopravvivono oggi come espressione ufficiale della Chiesa Copta.
La collezione di Papiri
La collezione di papiri dell'Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano (identificati con la
sigla P.Med. = Papyri Mediolanenses) si costituita, nel Novecento, in periodi diversi: negli anni
Venti, con le donazioni Jacovelli-Vita e Castelli, acquisite tramite Aristide Calderini, e successivamente, per acquisto, per opera di Orsolina Montevecchi.
Si tratta in tutto di circa un migliaio di pezzi, tutti di provenienza egiziana, per la maggior parte
scritti in greco, e in piccola parte in ieratico e copto. Tra i papiri greci se ne contano una quarantina fra biblici, liturgici, letterari e semiletterari, tutti gli altri sono documentari.
In buona parte i papiri sono gi stati editi su "Aegyptus", rivista italiana di Egittologia e di
Papirologia fondata nel 1920 da Aristide Calderini. I papiri documentari sono stati ripubblicati
nei vari volumi del Sammelbuch Griechischer Urkunden aus Aegypten.
Alla collezione di papiri si aggiunge altro materiale antico, tutto in lingua greca proveniente
dall'Egitto, e precisamente:
z una piccola collezione di ostraca
z tre tabelle lignee scritte in greco, di cui una liturgica
z circa duecento bolli d'anfora
z sei iscrizioni greche (esposte nell'atrio della Cripta dell'Aula magna)
Le scritture consonantiche
della regione siro-palestinese
L'origine dei sistemi di scrittura consonantica, ossia di quelle scritture che non esprimono le vocali, resta tuttora insoluto.
Abbiamo invece maggiori informazioni su quando e dove avvenne.
Nel II millennio a.C. nella regione siro-palestinese ci furono diversi tentativi di creare sistemi di scrittura locali, solo in parte
influenzati da quelli pi antichi mesopotamico e soprattutto egiziano.
Tra le scritture consonantiche semitiche si distinguono la nord-semitica (cui appartengono la scrittura ugaritica e la fenicia, con
quelle da essa derivate) e la sud-semitica (i sistemi grafici 'proto-arabo', nordarabico e sudarabico).
Fra le pi antiche scritture nord-semitiche la scrittura ugaritica: prende il nome dalla citt di Ugarit (attuale Ras amra, in Siria),
dove fu elaborata intorno al XIV secolo a.C. Comprende una trentina di segni ed di influenza mesopotamica.
La pi nota tra le scritture consonantiche nord-semitiche per la scrittura fenicia, attestata dal XIII sec. a.C.: comprende 22 segni.
L'ordine dei segni nord-semitico non corrisponde a nessuna logica n fonetica n grafica.
Ha probabilmente un'origine astronomica. Sarebbe cio una specie di calendario che ricorda le fasi lunari e rappresenta la situazione degli astri attorno al 2000/1600 a.C.
Dalla scrittura fenicia sono derivate sia l'ebraica antica (paleoebraica) sia l'aramaica.
Dalla scrittura aramaica delle cancellerie persiane si sviluppano varie scritture nazionali tra cui la scrittura giudaica (detta 'ebraica
quadrata' per la forma dei segni) e la scrittura siriaca.
Champollion e i geroglifici
Jean Franois Champollion (1790-1832), studioso di lingue orientali, il fondatore dell'eegittologia moderna. A lui si deve la decifrazione della scrittura geroglifica. Tutto part dall'attenta osservazione a Parigi di una copia della cosiddetta 'Stele di Rosetta', ossia una spessa pietra in basalto di colore
nero rinvenuta durante la campagna napoleonica in Egitto del 1799, sulla quale riportato un decreto (196 a.C.) del sovrano Tolemeo V scritto in tre
differenti lingue: geroglifico, demotico e greco.
Dapprima si accorse che i due nomi che comparivano nei cartigli, quelli dei sovrani Tolomeo e Cleopatra, erano presenti anche nel testo greco. Cadeva
quindi l'ipotesi che i geroglifici fossero ideogrammi, cio esprimessero un concetto. Poi, mettendo a confronto il testo greco con quello geroglifico,
Champollion cont il numero di parole contenute nel testo greco e il numero di geroglifici e not che questi ultimi quantitativamente superavano i termini greci. Ne nacque l'intuizione che ciascun geroglifico dovesse avere in realt un valore fonetico, ossia che ogni geroglifico non fosse in realt la rappresentazione di una immagine, ma quella di un suono alfabetico o sillabico (corrispondente cio a una singola lettera o a una sillaba).
Fu soltanto il punto di partenza. Con un paziente lavoro di osservazione e di confronto egli giunse ad abbinare ogni lettera o sillaba a un geroglifico.
I supporti scrittori
dell'antichit
Il papiro
Assai impiegato in Egitto, il papiro veniva preparato tagliando sottili strisce dal midollo fibroso di una canna che cresceva lungo il Nilo: due strati
di strisce, l'uno sovrapposto all'altro ad angolo retto, venivano compressi insieme per formare i fogli, che potevano poi essere incollati insieme in
una lunga fila a formare un rotolo. Chi leggeva lo doveva svolgere gradualmente, usando una mano per tenere la parte che aveva gi visto, arrotolandola durante la lettura. Al termine della visione la spirale risultava capovolta e chi avesse voluto leggere nuovamente il testo avrebbe dovuto srotolare di nuovo l'intero volume.
Gli ostraca
Gli ostraca sono cocci di vasi di terracotta raccolti tra i rifiuti e scritti nella parte convessa. Era quindi un materiale scrittorio accessibile a tutti e
perci molto usato nel mondo antico. Si adoperavano per scritture di ogni genere, ma particolarmente noto l'uso che se ne faceva in Atene: su di
essi venivano scritti i nomi dei cittadini condannati all'esilio decennale (istituzione chiamata appunto 'ostracismo').
Le tavolette cerate
Vennero impiegate inizialmente in ambito greco, successivamente anche nel mondo romano, per scrivere testi correnti. Ogni tavoletta lignea presentava una faccia perfettamente liscia e l'altra delimitata da una cornice; lo spazio rettangolare compreso all'interno di questa era ricoperto di cera
molto dura sulla quale si scriveva incidendo i segni con uno stilo di metallo appuntito a una estremit. L'altra estremit, piatta, serviva per cancellare eventuali errori.
Le etichette lignee
Servivano a contrassegnare le mummie. Esse recavano il nome, la paternit, la maternit, il luogo di provenienza del defunto, il suo mestiere. Talora
presentavano testi pi lunghi. Si trattava per lo pi di un surrogato economico dell'iscrizione funebre.
Le monete
Non si tratta propriamente di materiale scrittorio, anche le monete presentano per una parte epigrafica, alla quale affidato innanzitutto il compito di dichiarare l'aautorit emittente.
Le monete greche la enunciano al genitivo plurale (per es. 'degli Ateniesi'), sottintendendo dunque una parola come 'moneta'. L'uso del genitivo singolare persiste anche sulle monete dei sovrani ellenistici, sulle quali, dopo la morte di Alessandro Magno, l'autorit emittente viene espressa anche
grazie al ritratto.
La monetazione romana repubblicana, oltre all'indicazione 'ROMA', specifica anche il nome dei magistrati addetti all'emissione delle monete. In et
imperiale il Diritto riporta il nome e le cariche ricoperte dall'imperatore, mentre il Rovescio commenta il soggetto raffigurato.
Sulle monete medievali la parte epigrafica pu sovrabbondare quella figurata, limitata talora ad una croce. Le scritte possono anche indicare il valore delle monete. L'indicazione dell'anno di emissione sporadica nel mondo antico. La consuetudine di datare le monete in base al calendario dell'era cristiana si diffonde in Europa solo dal XVI secolo.
I bolli
Firme, sigle, frasi, contrassegni, numeri si trovano frequentemente incisi o graffiti su molti oggetti di uso comune.
Alcune scritte sono relative alla funzione dell'oggetto stesso (pesi, stadere, tessere alimentari, teatrali, sigilli, anelli, anfore ecc.), altre recano il nome
del possessore o frasi (augurali, scherzose, ingiuriose), altre ancora contengono il nome del fabbricante. Ci troviamo in questo caso di fronte ad
un vero e proprio marchio di fabbrica. Il nome del proprietario della cava (figlina) o della fabbrica (officina), garantiva la qualit del prodotto oltre
alla sua provenienza, e consente oggi agli studiosi di comprendere il sistema organizzativo.
Le epigrafi
Le epigrafi sono iscrizioni (iincise, graffite o dipinte) di varia lunghezza e contenuto realizzate su supporti duri (pietra, marmo, bronzo, piombo,
terracotta ecc.), differenti a seconda dell'uso al quale i testi erano destinati e a seconda della durata che si voleva essi avessero nel tempo.
L'uso delle iscrizioni era ampiamente diffuso in molti settori della vita pubblica e privata del mondo antico. In base al loro contenuto si distinguono in funerarie, sacre ed ex-voto (per onorare le divinit o ringraziarle per benefici ricevuti), onorarie (elogi di generali e uomini di stato e iscrizioni imperiali romane), militari (indicazioni sui movimenti delle legioni, la provenienza dei militari).
Le leggi scritte, incise su pietra o bronzo, ed esposte pubblicamente garantivano una oggettivit nella loro applicazione. Ai testi epigrafici si faceva
ricorso anche per ragioni propagandistiche e politiche (molti esempi se ne trovano a Pompei) o di comunicazione individuale (ancora a Pompei).
La scrittura araba
Le prime attestazioni scritte della lingua araba sono iscrizioni in caratteri nabateni e sudarabici risalenti al III secolo
d.C.: il pi antico vero e proprio documento l'eepigrafe funeraria del leggendario re-poeta Imru' l-Qays (3
328 d.C.).
Dopo l'aavvento dell'Islam, nel VII secolo d.C., la lingua araba ha conosciuto un'enorme diffusione e il suo alfabeto si
imposto anche presso popolazioni che parlavano lingue di ceppo diverso, come il persiano e il turco ottomano, di
modo che i caratteri arabi sono quelli pi utilizzati al mondo, subito dopo quelli latini.
Le forme di base di tali caratteri erano in origine solo 18; l'introduzione dei punti diacritici ha generato 28 segni alfa betici differenti, ciascuno dei quali pu assumere fino a 4 forme diverse a seconda della posizione che occupa rispetto ad altri caratteri (iniziale, mediana o finale all'interno di una parola, oppure isolata). La scrittura procede da destra
a sinistra e nei testi comuni solitamente non riporta le vocali che non sono lettere, ma segni esterni al corpo della
parola. Ci rende difficile la lettura a chi non conosca il lessico e la grammatica, tant' vero che un celebre detto arabo
afferma: "Bisogna che tu capisca per leggere e che tu
legga per capire".
Il divieto di raffigurare esseri animati ha indotto l'arte musulmana a sviluppare motivi ornamentali geo metrici o floreali, ma la scrittura stessa spesso utilizzata al medesimo scopo dando vita a una mirabile
variet di stili calligrafici.
Consonanti
Vocali
Il mistero etrusco
Gli Etruschi furono le prime genti italiche ad adottare l'alfabeto greco. La pi antica attestazione,
l'alfabetario di Marsiliana, risale al 700 a.C. Si tratta di una tavoletta d'avorio che reca inciso, sul
contorno, un alfabeto completo: uno strumento scolastico o forse un oggetto votivo.
Gli Etruschi conservarono la serie alfabetica greca completa solo negli alfabetari. Nell'uso adattarono l'alfabeto greco alle caratteristiche della loro lingua, abbandonando alcuni segni considerati
inutili per la fonetica dell'etrusco, quali ad esempio i segni per indicare le consonanti sonore B - D
- G e quello per la vocale O.
A partire dal VI secolo l'alfabeto etrusco si diffuse in tutta l'Etruria propriamente detta, poi a nord
e sud di essa, nell'Etruria campana. L'insegnamento della scrittura era praticato soprattutto presso
i santuari, come Pyrgi o Veii. Ci hanno lasciato oltre 10.000 iscrizioni, per lo pi tombali, tracciate con vari alfabeti derivati da quelli greci. Nonostante ci la loro lingua rimane ancora per molti
versi un mistero.
Scritture e lingue
dell'Italia antica
Le lingue dell'Italia antica presentano sistemi di scrittura derivanti dall'etrusco, dal greco e, in seguito all'espansionismo romano,
dal latino.
Procedendo da Nord a Sud, tra il Piemonte orientale, la Lombardia, il Canton Ticino meridionale e la Liguria era parlato il lepon zio, attestato da alcune iscrizioni rinvenute nel Verbano Cusio Ossola e nel Comasco. La scrittura di derivazione etrusca. Il gal lico era parlato in Piemonte, Lombardia ed Emilia.
Nel Tirolo settentrionale, nelle valli delle Dolomiti, a Verona, Padova e Sondrio documentato, con un alfabeto di derivazione
etrusca, il retico. A parte sono considerate le iscrizioni della Val Camonica, in prevalenza graffiti rupestri, che costituiscono il
camuno. Ben documentato il venetico con documenti da Padova a Belluno che testimoniano un alfabeto di tipo etrusco con singolare interpunzione sillabica. Tra il VII secolo a.C. e il II a.C. documentato il falisco con iscrizioni da Civita Castellana e da
Falerii Novi.
Con circa 300 testi, scritti da destra a sinistra, databili tra la fine del VI secolo a.C. e il I secolo a.C., testimoniato il messapico,
diffuso nella penisola salentina (Lecce, Brindisi, Taranto). L'alfabeto, nei suoi tratti principali, derivato da quello greco. Il piceno, con alfabeto di derivazione etrusca, conosciuto nella sua variante settentrionale con un'iscrizione scoperta a Novilara e con
frammenti da Pesaro e Fano e nella sua variante meridionale con testi compresi in una zona tra le antiche regioni del Piceno e del
Sannio.
L'uumbro, realizzato in alfabeto epicorico derivato dall'etrusco e dal latino, documentato da sette tavole di bronzo trovate nel
1444 a Gubbio, scritte su entrambi i lati e databili intorno alla seconda met del II secolo a.C. L'oosco redatto in tre alfabeti
(greco, latino, epicorico derivato dall'etrusco) e copre un vasto territorio che va dall'Abruzzo fino a Messina. In Sicilia sono attestati, con scrittura di tipo greco occidentale, il siculo e l'eelimo
La scrittura
nel mondo germanico
La scrittura runica
La prima scrittura utilizzata nel mondo germanico la scrittura runica, di tipo alfabetico e
di uso epigrafico, attestata dalla fine del II o inizio del III secolo d.C. L'alfabeto runico germanico detto fuark dalle prime sei lettere che lo compongono; i segni sono 24 e la loro
successione diversa da quella di tutti gli altri alfabeti.
Quasi certamente questi misteriosi caratteri, le rune, derivano da alfabeti norditalici prelati ni di origine etrusca, passati al mondo germanico nel I secolo a.C. attraverso il Norico (corrispondente all'attuale Austria e parte della Baviera e Boemia), crocevia culturale e commerciale tra Veneti e Germani. La scrittura runica si diffuse poi verso Nord a tutto il mondo germanico seguendo la grande via commerciale dell'ambra, che collegava l'Adriatico con l'attuale
Danimarca.
La somiglianza con l'alfabeto greco arcaico si spiega con il fatto che l'alfabeto greco stato
il modello per l'alfabeto etrusco; l'identit di alcune lettere con quelle latine conseguenza
della conquista del Norico da parte di Roma nel 15 a.C.
Nelle iscrizioni runiche si individuano spesso alcuni simboli pre-runici magico-rituali, antichissimi e diffusi in tutto il mondo indoeuropeo. I pi frequenti sono la ruota, il cerchio, la
svastica, e rappresentano tutti la potenza irradiante del Sole.
La scrittura gotica
Nel IV secolo nasce presso i Goti l'esigenza di creare un nuovo sistema grafico che
si presti alla stesura di un testo di notevole lunghezza e di facile diffusione.
L'iniziativa del vescovo Wulfila (311-382), "piccolo lupo", che per consolidare la
fede ariana tra il suo popolo, convertito nel IV secolo, ritenne fondamentale tradurre la Bibbia nella lingua gotica. L'impresa tanto pi ardua in quanto non esisteva
un alfabeto adatto allo scopo. La scrittura runica era troppo legata al culto magicopagano. Gli alfabeti greco e latino rischiavano di eliminare la specificit del gotico e
di portare all'assorbimento della cultura germanica da parte di quella classica.
Wulfila, che conosceva oltre al gotico anche il greco e il latino, non invent alcun
segno, bens armonizz la scrittura onciale greca al sistema fonetico gotico, ricorrendo in sei casi al fuark e in due all'alfabeto latino. L'alfabeto gotico costituito
da 25 segni alfabetici pi due esclusivamente numerici, disposti quasi nella stessa
sequenza dell'alfabeto greco.
L'alfabeto gotico rimase in uso fino al VI secolo e poi scomparve, non essendo stato
adottato da altre popolazioni germaniche.
A parte il bellissimo Codex Argenteus, un codice in pergamena imbibita di porpora
scritto in inchiostro d'argento, realizzato forse nella Ravenna di Teodorico e contenente la versione gotica dei Vangeli, i codici scritti con l'alfabeto gotico sono quasi
sempre palinsesti del V-VI secolo, redatti in Italia e quindi ostrogotici. Quasi tutti i
manoscritti riportano parti della Bibbia tradotta nella seconda parte del IV secolo da
Wulfila, del quale non sopravvissuto alcun testo originale ma solo copie di quasi
due secoli pi tarde.
Alfabeto gotico
Alfabeto runico
La scrittura ogamica
In Irlanda, Scozia, Galles e nell'isola di Man attestata, con circa 350 iscrizioni comprese tra il V
e l'VIII secolo d.C., la scrittura ogamica che deriva il suo nome dal dio Ogme. La scrittura, di tipo
alfabetico, caratterizzata da incisioni in prevalenza rettilinee che, in molteplici combinazioni, si
dispongono ai lati di una linea centrale.
Il nome di ogni lettera corrisponde a un nome di un vegetale, la scrittura riprende quella latina, i
segni sono 20 di cui cinque vocali e tre gruppi per un totale di quindici consonanti che si distinguono per le combinazioni fra il numero degli intagli (da uno a cinque) e per le quattro possibili
posizioni rispetto allo spigolo della stele che rappresenta il rigo ideale.
Alfabeto ogamico
La scrittura armena
La fissazione per iscritto della lingua armena ha coinciso con l'evangelizzazione. Secondo la tradizione l'alfabeto armeno fu inventato dal dotto missionario Mesrop, morto nel 441, conoscitore
delle lingue e letterature greca, siriaca e persiana.
Prima dell'alfabeto inventato da Mesrop, la tradizione parla di un precedente, cio di un ridotto
alfabeto costruito fuori dall'Armenia da un religioso di nome Daniele, all'inizio del secolo V. Da
questo alfabeto sarebbe partito Mesrop, modificandolo notevolmente e aggiungendo altri segni,
fino ad ottenere il sistema che conosciamo. Infatti l'alfabeto armeno mostra in modo evidente un
intervento razionale e pianificato che ha sfruttato al massimo le varianti dei tratti per ottenere 36
segni diversi.
Modellato sull'alfabeto greco, l'alfabeto armeno rigorosamente fonetico, tendendo alla corrispondenza tra segno e suono. A questi 36 segni ne sono stati aggiunti due in epoca medievale per rendere F ed O aperta.
Alfabeto armeno
La scrittura glagolitica
e la scrittura cirillica
Alfabeto glagolitico
Alfabeto cirillico
Le scritture
dell'India e dell'Indocina
La prima forma di scrittura del subcontinente indiano attestata in qualche migliaio di iscrizioni su sigilli dell'antichissima civilt
vallinda fiorita nel bacino del fiume Indo nel III e II millennio a.C. Si tratta di una scrittura probabilmente logo-fonetica, che ha
finora resistito ai numerosi tentativi di decifrazione.
Dopo un intervallo di pi di un millennio compaiono nel III secolo a.C. le prime attestazioni della scrittura che diverr la capo stipite di tutte le scritture antiche e moderne dell'India e dell'Indocina: la brahmi. Si tratta di una scrittura alfabetico-sillabica in
cui ogni segno rappresenta una consonante accompagnata dalla vocale implicita 'a'. Tutte le scritture indiane moderne si basano
sullo stesso principio.
La lingua delle prime iscrizioni brahmi una variet di pracrito, un dialetto medio-indiano del ceppo indoario della famiglia
indoeuropea il cui esponente pi illustre il sanscrito, la grande lingua classica dell'India antica.
L'origine della brahmi tuttora controversa: l'ipotesi pi diffusa la riconduce a scritture del gruppo semitico settentrionale (feni cio o aramaico) penetrate in India nel V secolo a.C., ma non mancano tentativi di riconnetterla a sviluppi autoctoni della scrittura vallinda. Anche nell'ipotesi di un'origine dal gruppo semitico, si comunque evoluta in maniera originale, adattando l'originario alfabeto semitico sprovvisto di vocali alle esigenze della rappresentazione delle radici indoeuropee e producendo un alfabeto di
circa cinquanta segni principali, organizzato secondo uno schema rigorosamente fonetico, capace di rappresentare i fonemi del sanscrito in maniera perfettamente adeguata e priva di ambiguit.
Nel corso della sua evoluzione, la brahmi ha dato successivamente origine a due rami
principali. Dal ramo settentrionale derivano tutte le scritture utilizzate per le lin gue antiche e moderne di ceppo indoario dell'India settentrionale: in particolare, la
scrittura devanaga r ("la scrittura cittadina degli dei") utilizzata generalmente per il
sanscrito oltre che per la hindi, la lingua ufficiale dell'Unione Indiana. Dal ramo
meridionale derivano tutte le scritture utilizzate per le lingue antiche e moderne
di ceppo dravidico (non indoeuropeo) dell'India meridionale e per la lingua indoaria di Sri Lanka: in particolare, la scrittura grantha, utilizzata (ormai raramente) per
il sanscrito e soprattutto (in una sua variante) per il tamil, la lingua classica
dell'India dravidica.
Da una variante di devanaga r si originata anche la scrittura tibetana (introdotta
intorno al VII secolo d.C. per influsso del buddhismo indiano).
Da una variante di grantha deriva invece la scrittura khmer della Cambogia (VI-VII
secolo d.C.), che ha dato origine a sua volta alla scrittura burmese (XII secolo), thai
(XIII secolo) e lao (XIV secolo).
Per effetto della dominazione islamica, un piccolo numero di lingue del subcontinente indiano, tra cui la lingua urdu parlata in Pakistan, fa inoltre uso dell'alfabeto arabo-persiano opportunamente adattato.
Scrittura devanaga r
La scrittura in Cina
Le scritture
del continente africano
In Africa la maggior parte del sapere (genealogie, cronache, diritto, regole di comportamento,
istruzioni scientifiche e linguistiche) stato a lungo affidato prevalentemente alla trasmissione
orale. Lo spazio lasciato alla scrittura rimasto molto esiguo. Si ricorsi a sistemi grafici con
un'accentuata componente simbolica e pittografica, dai segni divinatori di molte popolazioni, ai
simboli grafici e ai colori usati per decorare corpi e oggetti d'uso.
Accanto a questi antichi sistemi ve ne sono altri, nati in tempi relativamente recenti e come reazione a influssi esterni, quasi tutti sillabici, anche se la loro origine prima a volte palesemente
pittografica.
Il pi noto quello vai (oltre 200 sillabogrammi) ideato nel 1833 da Momolu Duwalu Bukele.
Scritture alfabetiche sono state invece elaborate per il bassa della Liberia (1920 c.), il somalo (1920
c.), il malinke (1950), il wolof (1961) ecc. Nel Camerun notevole la scrittura bamum creata dal
sultano Njoya di Fumban nel 1895; questa scrittura prevedeva inizialmente pi di 1000 segni pittografici, ridotti poi a 70 attraverso semplificazioni successive.
Quasi tutte queste lingue sono nate con l'obiettivo di costituire una scrittura nazionale, non debi trice a scritture esterne (araba e latina).
Le scritture libica e berbera del Nord Africa e quella etiopica dell'Africa orientale si ricollegano
invece alla famiglia delle scritture consonantiche semitiche; le prime attestazioni risalgono ai primi
secoli della nostra era. Carattere di originalit ha l'alfabeto tifinag dei nomadi Tuaregh, in tempi
passati forse comune ad altri gruppi dell'area libico-algerina.
La scrittura etiopica
,
(Ge ez)
Il Ge'ez, originariamente la pi antica forma di etiopico (lingua semitica dell'Africa orientale) parlata nella zona settentrionale, divenuta poi la lingua classica dell'Etiopia o Abissinia.
La scrittura usata per il Ge'ez fu consonantica fino alla met del IV sec., quando fu introdotta l'attuale scrittura sillabica. Ci avvenne al tempo di Ezana, re di Aksum (il pi importante dei regni
etiopici, durato dal I al X sec. d.C.) quando si verific anche la cristianizzazione del regno. La
direzione, diversamente dalle altre scritture semitiche, da destra a sinistra.
Le scritture
del continente americano
Le scritture dell'America meridionale
Dalle cronache in lingua spagnola del Cinquecento apprendiamo che le popolazioni sudamericane non possedevano una scrittura vera e propria.
I cronisti riferiscono piuttosto di sistemi mnemotecnici in uso nell'impero incaico (secolo XV-XVI). Tali
sistemi si basavano sull'associazione di un testo imparato a memoria con piccole pietre e semi vegetali di
vario colore.
Il sistema pi complesso consisteva nel modellare in argilla, in piccole dimensioni, i pittogrammi di un testo
e applicarli ad un supporto rigido. Ne risulta dunque un testo tridimensionale.
I Maya
Anche i Maya conoscevano la scrittura. Essa era elaborata in due versioni: una monumentale e una nei
manoscritti.
La scrittura monumentale era attuata in glifi incisi ma pi spesso scolpiti in rilievo. Ciascun glifo composto in modo da iscriversi in un rettangolo ad angoli arrotondati; il disegno molto complesso ed elaborato.
La scrittura maya combinava i vari principi noti della pittografia con quelli della logografia.
Gran parte dei testi Maya sopravvissuti riguarda studi astronomici. A met Cinquecento il cronista spagnolo
Diego de Landa nella sua Historia de las cosas de Yucatan d notizia del calendario maya, con i nomi dei mesi e dei
giorni e riporta un 'alfabeto' di almeno 27 segni.
L'alfabeto latino
e la scrittura in epoca romana
La cultura latina profondamente debitrice nei confronti di quella etrusca. Probabilmente persino l'alfabeto latino derivazione diretta da quello etrusco, piuttosto che da quello greco. Il sistema alfabetico latino era composto di 23 fonemi, misti fra vocali e consonanti.
L'espansione dell'impero romano esport l'alfabeto latino quasi in tutto l'orbe allora conosciuto e
rese la scrittura una pratica corrente.
Alcune iscrizioni romane che risalgono al III-II secolo a.C. permettono di comprendere i caratteri generali della scrittura latina.
La capostipite di tutte le scritture latine la capitale arcaica che veniva impiegata per iscrizioni di
tipo monumentale. A seconda dello stile impiegato e delle finalit si distinguono:
la capitale quadrata, o epigrafica, cos denominata per la regolarit delle proporzioni tra l'altezza
e la larghezza delle lettere. una scrittura elegante di grandi dimensioni, che di norma veniva eseguita su pietra con scalpello per iscrizioni funebri, onorarie o dedicatorie
la capitale attuaria, meno regolare, veniva usata per iscrizioni di tipo documentario
la capitale corsiva, ancora meno regolare e proporzionata, veniva utilizzata per graffiti e realizzata con strumenti scrittori diversi (pennelli, gesso o carbone, con uno stilo su materia molle, calamo o fusto di canna tagliata) e su supporti pi duttili e meno nobili del marmo e della pietra (tessuti, scorza d'albero, legno, terracotta, cera, piombo).
Venne usata in seguito anche su papiro e impiegata come scrittura libraria dal IV secolo d.C.
La 'rivoluzione': il passaggio
dal rotolo al codice
Fino al III secolo d. C. il libro, nella forma cui siamo abituati, rimase una rarit. Il veicolo comune di trasmissione dei testi era il rotolo, nonostante tutti i suoi svantaggi.
La nuova forma a codice, con i fogli piegati e cuciti assieme a formare quell'oggetto molto simile
al libro moderno, sbaragli lentamente la concorrenza della vecchia forma a rotolo grazie agli
innumerevoli vantaggi che portava: pi pratico, pi capace, pi facile da consultare anche grazie
alla possibilit di numerare le pagine.
Furono questi vantaggi a orientare verso la forma a codice quei testi che necessitavano di continue letture e facili consultazioni: i testi di Legge e le Sacre Scritture. In generale poi in un solo
libro-codice si poteva copiare il contenuto di diversi rotoli: significava ad esempio che una raccolta di scritti di un autore poteva essere messa sotto una copertina ed essere fruibile e trasportabile in una forma molto pi maneggevole.
Le scritture medievali
Per tutto il Medioevo l'arte dello scrivere fu patrimonio quasi esclusivo della Chiesa e venne coltivata nelle scuole annesse alle cattedrali o ai monasteri (sscriptoria).
Nei manoscritti medievali troviamo grande variet di tipi di scrittura. Sulla base comune della
minuscola corsiva latina si svilupparono le cosiddette scritture nazionali (dal VII all'VIII secolo).
Tutte le scritture minuscole pre-caroline sono state identificate dalla localizzazione geografica o
per l'appartenenza ad un determinato scriptorium.
Le pi importanti furono la merovingica in Francia (cos detta dalla dinastia dei re Merovingi), la
visigotica in Spagna (dalla popolazione dei Visigoti), la precarolina della Germania, la precaroli na svizzera, ecc.
Nell'Italia centro-settentrionale importanti scriptoria furono quelli annessi alle scuole capitolari di
Ivrea, Novara, Vercelli, Verona e Lucca, e ai monasteri di Bobbio, Novalesa e Nonantola.
Nell'Italia meridionale il centro scrittorio pi celebre fu quello di Montecassino, da cui si svilupp
la scrittura beneventana, cos chiamata perch la sua area di diffusione coincise con il territorio
dell'antico ducato di Benevento.
Diversa la storia delle scritture insulari (irlandese e anglosassone), connessa all'evangelizzazio ne di queste terre.
L'importazione in Inghilterra di codici in scrittura latina si deve alla missione nel VI secolo di qua ranta monaci diretti dal monaco Agostino, poi arcivescovo di Canterbury.
L'Irlanda si convert al cristianesimo per opera di s. Patrizio, che port con s anche testi sacri.
Si distinguono due tipi di scrittura: la maiuscola insulare (o insulare rotonda usata per titoli e per
codici interi, specie di carattere liturgico, che presenta spesso nei titoli un alfabeto simile a quello delle antiche scritture runiche) e la minuscola insulare (o insulare acuta, di uso pi comune, di
forme pi acute e di tratto corsiveggiante).
La scrittura carolina
Il risveglio culturale e artistico che accompagn la formazione del Sacro Romano Impero da parte
di Carlo Magno e che va sotto il nome di 'rinascita carolingia' ebbe grande influenza anche sul versante della scrittura. Il ritorno allo studio degli autori classici ebbe come conseguenza l'imitazione delle antiche forme di scrittura dei codici antichi.
L'incontro tra le maiuscole librarie dei codici antichi e le nuove minuscole corsive nazionali gener
uno stile di scrittura nuovo, particolarmente elegante, chiaro e pi facilmente leggibile che cominci a imporsi negli ultimi decenni del secolo VIII e a partire dal secolo IX si diffuse dalla Francia
alla Germania, alla Spagna, all'Italia e all'Inghilterra.
La nuova scrittura carolina sostitu tutte le minuscole nazionali in uso nei vari paesi europei.
Nata come scrittura libraria, entr poi anche nell'uso documentario e cancelleresco. Nell'XI secolo fu adottata anche dalla Curia romana.
Tra i principali centri scrittori della carolina si segnalano il monastero di S. Martino di Tours in
Francia, le scuole di Aquisgrana (sede imperiale), Treviri, Colonia e Magonza; i monasteri di Fulda
e Lorsch in Germania, di S. Gallo in Svizzera, le scuole cattedrali di Verona e Vercelli, i monasteri di Bobbio e Nonantola in Italia.
Il libro e la
nascita delle Universit
In un clima di fervido rinnovamento nel XII secolo la cultura si diffonde fuori dagli scriptoria
monastici ed ecclesiastici. L'Europa un pullulare di Universit che trasformano le citt in centri
di produzione della cultura ai quali affluiscono studenti di ogni condizione, ecclesiastici e laici.
Nel 1158 ebbe riconoscimento imperiale lo Studio di Bologna; del 1215 sono i primi statuti
dell'Universit di Parigi, e poco dopo sorge quella di Oxford.
Si cre il bisogno di moltiplicare i manoscritti per provvedere i testi necessari all'insegnamento e
si allestirono grandi officine librarie dove gli amanuensi copiavano a pagamento. Nei centri universitari i librarii, cio gli incaricati alla produzione e alla vendita dei libri, si organizzavano in vere
e proprie corporazioni, sotto la sorveglianza delle autorit accademiche e coinvolgendo anche gli
studenti.
Si adott un nuovo sistema nella produzione del libro universitario manoscritto: quello della
pecia. Esso consisteva nella copia simultanea di fascicoli sciolti (normalmente di 3 o 6 fogli) di
un testo universitario; il risultato era la massima rapidit di trascrizione e una notevole moltipli cazione dell'esemplare copiato.
La pagina scritta
All'interno della pagina del manoscritto per mezzo di una serie di righe tracciate con procedimenti
diversi (a piombo, a matita, a secco o a inchiostro) veniva delimitato un rettangolo, denominato
specchio di scrittura, nel quale era copiato il testo.
Esternamente allo specchio di scrittura restavano i margini pi o meno ampi, dove il lettore poteva scrivere le proprie annotazioni (le postille) in maniera non molto diversa da come accade ancora oggi.
Inizialmente l'impaginazione era molto compatta, con parole e lettere molto vicine o addirittura
non divise l'una dall'altra: la cosiddetta scriptio continua. Soltanto in seguito si cominci a divi dere le parole e introdurre i segni di punteggiatura.
Il testo poteva essere disposto a piena pagina o su due colonne. Potevano essere lasciati spazi vuoti
per le grandi lettere iniziali di capitoli o paragrafi da decorare o miniare in un secondo momento.
L'Umanesimo e la
rivoluzione del canone grafico
Nel Quattrocento la riscoperta dei classici nelle biblioteche dei monasteri e delle cattedrali ad
opera degli umanisti ripropose come canone grafico la scrittura carolina con la quale tali codici
erano stati esemplati tra il IX e il XII secolo. Gi Petrarca aveva biasimato i tratti spigolosi, serrati e di difficile comprensione della gotica e ne aveva adottato una forma pi rotonda e chiara.
Gli umanisti si applicarono ad imitare le forme della carolina (denominata littera antiqua in contrapposizione alla littera moderna, rappresentata dalla gotica) introducendo e diffondendo una
nuova scrittura, l'uumanistica.
Si individuano nei codici del Quattrocento una umanistica libraria, pi calligrafica e dai tratti
regolari, e una umanistica corsiva, di pi rapida esecuzione e con alcune legature fra una lettera e
l'altra.
La rivoluzione umanistica nella scrittura continua nella scrittura che usiamo ancora oggi.
La minuscola umanistica libraria infatti all'origine del carattere tondo impiegato dai primi tipo grafi italiani con l'invenzione della stampa.
L'umanistica corsiva, usata soprattutto per documenti (anche nei brevi pontifici) e carteggi, entr
anch'essa nell'uso tipografico pi tardi, per opera di Aldo Manuzio e diede origine al carattere che
anche oggi chiamiamo corsivo (in francese: italique).
La stampa in Italia:
da Subiaco a Venezia
Negli anni Sessanta del Quattrocento due tipografi tedeschi, Sweynheym e Pannartz, gi allievi di
Pietro Schoeffer, il socio di Gutenberg, lasciano Magonza in cerca di fortuna. Portano con s un
tesoro di inestimabile valore: la conoscenza della tecnica della stampa a caratteri mobili.
Attraversano le Alpi, entrano in Italia e giungono fino a Subiaco, non lontano da Roma. Qui si
fermano e impiantano la prima tipografia di cui si abbia notizia in Italia. il 1464. Lavorano in
contatto con il monastero benedettino di Santa Scolastica, dalla cui ricca biblioteca possono attingere preziosi manoscritti da stampare.
A Subiaco venne creato un nuovo carattere, il tipo romano, dalle forme pi rotonde e regolari
rispetto al carattere gotico impiegato a Magonza per la Bibbia di Gutenberg. Il carattere romano
nasce come imitazione della scrittura umanistica libraria impiegata dagli Umanisti nei codici di
argomento classico.
La prima opera datata impressa dalla tipografia di Subiaco il De divinis institutionibus di Lattanzio,
stampata nel 1465.
Da Subiaco l'arte della stampa si diffuse rapidamente: dapprima a Roma e successivamente in tutta
Italia. Venezia, dove venne introdotta nel 1469 da un altro tipografo tedesco, Giovanni da Spira,
divenne rapidamente la capitale del libro a stampa in Italia. Qui oper tra la fine del Quattrocento
e i primi anni del Cinquecento il pi grande tipografo-editore italiano, Aldo Manuzio il Vecchio
(1449-1515), che si dedic alla diffusione dei testi greci e dei classici, per i quali ide un nuovo
e rivoluzionario formato, pi piccolo e maneggevole, l'enchiridion, l'antenato dell'odierno libro
tascabile. Per questo nuovo formato ebbe bisogno di un nuovo carattere, il carattere corsivo (aldino, o italique) ideato per lui da Francesco Griffi di Bologna, che si era ispirato alla scrittura umanistica corsiva.
La stampa a mano in
Europa fino al XIX secolo
A partire dal Cinquecento con la diffusione della stampa la cerchia dei lettori si allarga notevolmente: il mercato del libro si apre anche alla gente comune, oltre che agli studiosi, donne e bambini compresi. Il desiderio di una informazione rapida e regolare porta alla nascita della stampa
periodica.
La stampa si adegua al mutare degli indirizzi culturali e dei movimenti religiosi, Riforma,
Controriforma, Illuminismo, assumendo a seconda del tipo di pubblicazione carattere di solennit
o di grande semplicit e maneggevolezza. Il libro va formalmente definendosi sempre meglio nei
suoi elementi (frontespizio, marca tipografica, paginazione, tabelle, etc.). Nei secoli XVII e XVIII
la figura del tipografo-editore tende a scomparire, e si va affermando la divisione delle diverse
competenze (disegnatore, fonditore, stampatore, editore, libraio). Non si ha alcun sostanziale
progresso nelle tecniche di composizione e di stampa, i nuovi caratteri non nascono da originali
concezioni stilistiche, ma si limitano a imitare e raffinare le creazioni dei secoli precedenti.
Sotto il regno di Francesco I in Francia nasce una vera dinastia di creatori di caratteri: gli Estienne,
che, rifugiatisi a Ginevra, fecero di questa citt un importante centro della editoria europea.
Durante tutto il Seicento si va affermando la produzione editoriale dei Paesi Bassi, che offrono
asilo ai tipografi perseguitati dalla Controriforma e dall'Inquisizione: qui si sviluppano le grandi
case Plantin-Moretus e Elzevir che adottano i tondi e i corsivi diffusi dai punzonisti francesi.
In Italia Giambattista Bodoni (1740-1813), incisore e disegnatore di caratteri, impiant a Parma
una propria tipografia, producendo stampe di gusto neoclassico di grande regolarit, severit e
accuratezza, avendo a sua disposizione un vastissimo assortimento di caratteri (da lui prende il
nome il carattere bodoni).
Il torchio
Il torchio era gi uno strumento familiare all'epoca di Gutenberg, utilizzato per lo pi per usi
domestici o artigianali. Venne adattato all'uso tipografico e utilizzato per secoli senza variazioni
strutturali importanti, ma costantemente migliorato nei suoi elementi.
Nei secoli XV e XVI era costituito da una struttura lignea sostenuta da montanti alti circa due
metri composta da un carrello mobile (che trasportava carta e forma, cio le pagine composte e
chiuse in un telaio, fino a posizionarli sotto la pressa, in modo da consentire l'inchiostrazione e la
sostituzione di volta in volta del foglio stampato) e dalla pressa vera e propria - detta platina (azionata da una vite a sua volta collegata a una leva) che premeva il foglio di carta inumidito
appoggiato sulla forma inchiostrata.
Azionare il torchio richiedeva un grande sforzo fisico e il lavoro combinato di due validi artigiani.
FONTeS
La calligrafia
La calligrafia l'arte che insegna a tracciare la scrittura, cio a vergare e collegare, in modo regolare ed elegante, le lettere dell'alfabeto. La forma delle lettere dipende dallo strumento con cui vengono tracciate (scalpello, pennello, penna, etc.) e dal materiale usato (pietra, legno, terracotta, papiro, pergamena, carta).
La tecnica scrittoria era molto considerata nel mondo antico, tanto che nelle civilt orientali era
addirittura riservata soltanto ai sacerdoti. A Roma un editto di Diocleziano fissava il compenso
dovuto ai copisti a seconda che scrivessero in 'scriptura optima' o 'communis'. In seguito al crollo
dell'impero romano fu la Chiesa, fino alla nascita delle universit nel XII secolo, a tenere in gran
conto la scrittura per la tradizione dei testi sacri, e fu nelle scuole annesse alle cattedrali e nei monasteri che venne coltivata l'arte dello scrivere.
Durante il XV secolo gli umanisti italiani svilupparono un grande interesse per l'epigrafia romana
che influenz anche l'estetica della scrittura, attraverso il fiorire di studi di architettura grafica.
A partire dal Cinquecento vennero poi stampati in Italia numerosi trattati di calligrafia che diffusero i dettami dei calligrafi italiani (soprattutto romani) in tutta l'Europa. Unica eccezione i paesi
di lingua tedesca, dove si svilupp una scuola indipendente che imponeva scritture di tipo gotico.
All'opera dei calligrafi si ispirarono i tipografi del Quattro-Cinquecento per fondere i loro caratteri (A
Aldo Manuzio ad esempio utilizz i disegni dell'orafo e incisore Francesco Griffo per il suo
corsivo).
La calligrafia ha costituito materia di insegnamento nelle scuole ancora in pieno Novecento: ora il
diffondersi di nuovi strumenti tecnologici ne ha evidentemente ridotto l'importanza, fino quasi a
estinguerla.
La notazione numerale
Agli inizi della civilt per rappresentare i numeri ci si serviva di oggetti, corrispondenti alle unit
da numerare: tacche in pezzi di legno, file o mucchietti di pietruzze, nodi in cordicelle, ma soprattutto la mano stessa dell'uomo o le due mani riunite. Quasi ogni societ aveva un proprio sistema di numerazione.
L'introduzione dei numeri arabi (o pi correttamente indiani, perch furono ideati in India)
nell'Europa occidentale, pur essendo una delle pi importanti innovazioni che dobbiamo al
Medioevo, avvenne a prezzo di forti resistenze e opposizioni.
Fu papa Silvestro II (999-1003), che aveva studiato matematica e astronomia in Spagna, a fare da
tramite fra gli Arabi e l'Occidente e a far conoscere il nuovo modo di contare.
Diffidenti si mostrarono al principio soprattutto i mercanti e banchieri, perch a loro dire i nuovi
numeri si prestavano agli inganni e alle falsificazioni. Ci vollero quindi ben due secoli prima che
i numeri arabi venissero adottati. Ci fu possibile anche grazie agli scritti teorici di alcuni studiosi, fra i quali l'italiano Fibonacci (sec. XII-XIII), autore
del Libro dell'abaco (ossia l'antico pallottoliere, lo strumento
per far di conto), un'opera che insegn a generazioni di
ragazzi e futuri mercanti e banchieri nozioni rudimentali di
geometria e aritmetica.
La lunga evoluzione della notazione numerale ha fornito gli
elementi base per la nascita dell'informatica.
La scrittura informatica
applicata alle scienze umanistiche
I protagonisti di questa storia sono due 'pionieri': un gesuita vicentino, padre Roberto Busa, e il
fondatore dell'IBM, Thomas Watson. L'incontro avvenne nel 1949 a New York.
Padre Busa era alle prese con il monumentale lavoro di lemmatizzazione di tutti gli scritti di san
Tommaso: un totale di oltre 10 milioni di parole, che nel 1980 si sarebbe concluso con la pubblicazione dei 56 volumi che compongono l' Index Thomisticus: oltre 20 milioni di righe, quattro
volte quelle dell'Enciclopedia Treccani.
Il matrimonio dell'analisi linguistica con l'informatica ha portato impensabili vantaggi: invece dei
previsti 12 milioni di schede perforate su cui annotare i lemmi si pass a 1800 nastri magnetici
e poi, seguendo l'evoluzione della tecnologia informatica, a soli 20 nastri e infine, nel 1992, alla
prima versione su CD-Rom dell'Opera omnia di san Tommaso, interamente codificata e lemmatizzata.
La scrittura
informatica e digitale
Le origini della scrittura digitale
Soltanto con l'invenzione della stampa a met Quattrocento comincia la differenziazione tra il
processo della scrittura e quello della riproduzione del testo. Soltanto nell'Ottocento anche chi
scrive comincia a far uso di una macchina. Tuttavia sia la penna sia la macchina da scrivere hanno
una caratteristica comune: agiscono immediatamente sulla carta.
La metamorfosi che conduce alla videoscrittura nasce invece nel momento in cui si dissocia il fun zionamento degli strumenti per scrivere dall'azione immediata sulla carta.
L'altro mutamento avviene quando alla macchina per scrivere elettrica si assegna un porzione di
memoria interna per conservare temporaneamente quantit pi o meno ampie di testo: ci rende
pi agevole fare correzioni. Infine alla memoria interna si aggiunge una memoria esterna su sup porto magnetico, una cassetta prima, poi un dischetto.
La svolta definitiva si ha quando si comincia a usare uno schermo per visualizzare la scrittura: la
scrittura diventa allora immateriale e si affida all'onda invisibile degli impulsi elettrici.
La scrittura
informatica e digitale
1833
1939
Entra in funzione il primo calcolatore funzionante con codice binario. L'inventore fu il matematico George Robert
Stibitz, che aveva a disposizione solo lampadine e rel telefonici. Proprio perch il rel, per sua natura, pu essere acceso
o spento, il codice che ne deriv fu necessariamente quello
dello "0" e "1
1944
1979
1984
1985
1946
il matematico americano John von Neumann teorizz il funzionamento di un calcolatore tramite programmi immessi
nella memoria centrale, insieme a dati da elaborare. Fino ad
allora, infatti, ogni calcolatore eseguiva solo le istruzioni per
le quali era stato costruito.
1986
1956
1994
Viene lanciato sul mercato dall'IBM un software che permette a qualsiasi PC 486 di scrivere sotto dettatura in
tempo reale. Il Personal Dictation System (IPDS) ha per
una precisione del 98%, pari a uno-due errori ogni 106 parole. Sa scrivere in inglese, americano, francese, spagnolo, tedesco e italiano
1963
1998
2000
2001
2001
1964
1972
1974
Scrittura e arte
Dal cubismo e dal futurismo, agli inizi del Novecento, nel clima delle Avanguardie storiche, viene
profondamente messa in discussione la separatezza tra parola e immagine, che s'era imposta con
la vittoria sui pittogrammi e gli ideogrammi conquistata dagli alfabeti. Che ancorano il loro codice non pi a un qualche rapporto visivo di "somiglianza" col referente, ma a quello con gli elementi fonici, fondando cos un sistema simbolico costitutivamente alieno da valenze iconiche. Di
qui la inevitabile millenaria non coincidenza tra comunicazione scritta e rappresentazione visiva,
tra letteratura e arti figurative, tra poesia e pittura.
Quando si cerca una visualizzazione del significato in rappresentazioni grafiche figurali, nella poesia alessandrina e tardolatina o negli acrostici altomedievali, ci avviene sempre di fatto all'interno del cosmo verbo-letterario. Come poi in certa poesia barocca e, tra Ottocento e Novecento, in
ambito letterario simbolista, e in molte delle stesse 'parolibere' e 'parole in libert' futuriste, tuttavia, qui, scavalcate in direzione di vere 'paroleimmagini', di parole che innovativamente si fanno
immagini, come in certe "tavole" di Marinetti, ove lettere e parole trovano la loro "libert" secondo norme interne all'opera, autonome nei confronti di dipendenze semantiche obbligate e della
medesima simbolicit alfabetica.
In quelle tavole, come nei Calligrammes di Apollinaire, in contatto con cubisti e futuristi, si verifica un radicale rimescolamento di codici: non solo la parola diviene immagine, ma dell'immagine
assume le valenze rappresentative. Si realizzano 'contaminazioni', analogamente praticate in pittura, nell'area cubista, ancora, e futurista, attraverso associazioni e interferenze di parole e immagini, anche col ricorso al collage: in Carr o Balla come in Picasso e Braque, e poi negli sviluppi dell'arte russa e quindi sovietica degli anni dieci e venti, dagli artisti cubo-futuristi fino a
Majakovskij. Analoghi gli sviluppi, nella diversit, in altre emergenze dell'avanguardia della prima
met del secolo scorso, in particolare nel Dadaismo e nel Surrealismo, dove Magritte compone nel
1929 una sorta di manifesto teorico-programmatico, intitolato a Les mots set les images, le parole e
le immagini.
il retroterra delle ricerche, vivacissime, diramate e numerose, che si affollano, anche in Italia, dal
secondo dopoguerra lungo gli anni cinquanta, sessanta e settanta. Con episodi di grande rilevanza, quali la Poesia concreta, la Poesia tecnologia, la Nuova scrittura, e in genere la cosiddetta Poesia visiva,
termine che dovrebbe comprendere tutte le ricerche in questo campo, ma che ha assunto anche un
significato pi specifico in rapporto a particolari autori e vicende svoltesi dalla seconda met degli
anni Sessanta, anche con intenzionalit ideologiche. Poi superate, negli anni settanta, dall'accentuarsi di istanze concettuali, che hanno riportato l'accento sullo spessore analitico, di indagine sul
linguaggio - verbale, vivivo, verboviso - , del resto sempre presente, seppur con peso diverso, in
queste esperienze.
Scrivere la musica
La scrittura musicale: il tentativo millenario di trasmettere la voce dello Spirito
Ogni forma di scrittura rappresenta una tappa nel cammino della consapevolezza storica da parte dell'uomo e un
tentativo di fissare il ricordo e la memoria di avvenimenti ed episodi.
La musica nata nel contesto delle prime liturgie cristiane, un'esemplare testimonianza di questo cammino, costellato di momenti significativi anche per l'intera storia della musica.
Gli inni delle prime liturgie, che trovano una formalizzazione nei secoli III e IV, sono la testimonianza di fede delle
prime comunit cristiane, composti da autori che hanno segnato la storia del pensiero ecclesiale e teologico, quali
s. Agostino e s. Ambrogio. La Bibbia il libro a cui si fa riferimento nella stesura dei testi e le melodie, da cui
nascer il canto gregoriano, sono semplici, senza accompagnamento strumentale, austere per sottolineare la loro
esclusiva destinazione: l'atto sacro. La trasmissione orale delle melodie non fa perdere l'originalit dei movimenti
musicali degli anonimi compositori: ci dovuto anche al fatto che quelle che diverranno le melodie del canto gregoriano si ispirano ad alcuni schemi che vengono ripetuti. L'applicazione di tali schemi ai testi crea dei modelli
musicali, poi definiti come gli "otto toni" gregoriani: una sorta di codificazione modale ante litteram.
E' attorno ai secolii VIII-XI che si inizia a fissare le melodie con neumi in campo aperto: sopra i testi dei canti sacri
per la liturgia vengono posti dei segni per indicare l'andamento dei suoni da eseguirsi e il movimento melismatico. Tali notazioni (oggi identificate come codici di Laon, San gallo, Einsiedeln, Beneventano, ecc.) non servivano
per a definire l'altezza dei suoni: l'assenza di un riferimento lasciava alla libert dell'esecutore l'applicazione di
quella che con linguaggio moderno chiamiamo "tonalit". Questa prima scrittura musicale la testimonianza della
diffusione del canto sacro in tutta Europa: l'avvento dell'unit politica e culturale rappresentata dal Sacro Romano
Impero permette la circolazione del canto in tutti i monasteri e nelle principali chiese.
E' importante creare dei riferimenti scritti perch tale diffusione non perda le tracce originali delle melodie.
In un secondo tempo vennero applicate ai neumi delle righe di riferimento per delimitare l'altezza dei suoni: la riga
gialla per il Do e quella rossa per il Fa. Questo episodio diede l'idea al monaco Guido d'Arezzo (c. 990-1050) per
l'aggiunta di altre due righe: si giunse cos a creare il tetragramma, prima vera codificazione musicale universale,
sul quale si potevano fissare i suoni, le altezze, le lunghezze in modo uguale per tutti. Nascono le sette note che
oggi conosciamo e l'evoluzione del tetragramma porta alla nascita, in epoca rinascimentale, del pentagramma. Le
note ricalcano ancora i segni del canto gregoriano nello stile e nelle figure (virga, punctus, ecc.), ma il distacco dall'antico cantus planus ormai senza ritorno.
Nel XVIII e XIX secolo la scrittura musicale diviene non pi solo una libera traccia per l'ispirazione dell'esecutore (tale era il principio dell'improvvisazione barocca) ma un riferimento quasi assoluto: alle note sul pentagramma si aggiungono i segni dinamici ed espressivi. Questa evoluzione, per altro inevitabile data la diversit dei molteplici stili musicali, segna una sorta di tentativo di intrappolare nella scrittura tutto il linguaggio musicale, con lo
scopo di dare all'esecutore ogni informazione possibile in merito al contenuto della partitura.
Solo nel XX secolo si torner ad una scrittura musicale pi libera, meno vincolante, capace di tradurre sulla carta
anche i nuovi suoni, le forme della dodecafonia, i ritmi e i contenuti culturali di un secolo tormentato.
Le partiture di grandi compositori contemporanei non hanno pi nulla della partitura classica, quella dei secoli
XVIII e XIX, ma la ricerca di nuovi segni rappresenta un tentativo interessante che ci riporta all'origine del canto
sacro, quando, cio, la voce dello Spirito era libera da codificazioni e affidata unicamente alla trasmissione della
fede nella liturgia.
La scrittura Braille
Il primo tentativo volto a consentire l'accesso alla lettura in modo serio ed organizzato ai non
vedenti si deve al filantropo francese Valentin Hay (1745-1822). Egli ide la lettura per ciechi
a segni orizzontali: dopo aver fabbricato delle lettere di legno, Hay aveva in seguito fissato su
del cartone dei caratteri stampati in rilievo che formavano delle sporgenze rilevabili al tatto. Si
rivelarono per difficili da distinguere per mezzo dei polpastrelli, molto ingombranti e la loro
composizione richiedeva inoltre parecchio tempo. L'invenzione apriva comunque la via alla lettura mediante il tatto.
Nella seconda met dell'Ottocento, Luigi Ball invent un ingegnoso sistema di scrittura in rilievo a punti che, se pure a costo di molta fatica, consentiva ai non vedenti una primordiale comunicazione scritta.
Il metodo di lettura di Valentin Hay ed il successivo sistema di punteggio di Ball non avevano
per risolto definitivamente il problema dell'educazione dei non vedenti: il cieco poteva infatti
solo leggere, i libri erano pochi e la velocit di lettura era inoltre bassissima.
Rivoluzionario fu il sistema di scrittura in rilievo inventato intorno al 1829 da Louis Braille
(1809-1852) per la sua perfetta aderenza alle esigenze del tatto.
Il sistema Braille il perfezionamento di una scrittura tattile inventata da un ufficiale dell'esercito napoleonico, Charles Barbier, che l'aveva inventata per redigere messaggi nell'oscurit decifrabili fra ufficiali impegnati nelle campagne militari.
La sua caratteristica fondamentale quella di essere a punti in rilievo che si incidono procedendo
da destra verso sinistra in modo che, girando il foglio, si possa leggere normalmente da sinistra a
destra. Per scrivere in Braille occorrono un'apposita tavoletta munita di un regolo mobile e un
punteruolo. Il regolo consta di due righe di 24 rettangoli ciascuna, in ognuno dei quali si possono incidere sei punti. I singoli segni vengono rappresentati mediante un differente numero di
punti da uno a sei, e in totale si possono ottenere 63 segni che coprono tutte le esigenze di ogni
forma di linguaggio scritto e di tutte le segnografie matematiche e musicali.
La scrittura Braille, pur rappresentando una scoperta eccezionale, non fu subito accettata negli
istituti. Solo intorno al 1850 il sistema di Louis Braille fu pienamente accettato a Parigi. Nel
1865 gli allievi milanesi lo accettarono con entusiasmo mentre il Inghilterra il metodo Braille fece
la sua comparsa verso il 1868.
Oggi il Braille l'unico sistema di scrittura e lettura per ciechi diffuso in tutto il mondo. Il
Congresso Internazionale di Parigi del 1878 lo aveva infatti dichiarato ufficiale per tutti gli stati,
e l'U.N.E.S.C.O. ha un comitato apposito con il compito di adattarlo a tutte le lingue. Anche in
Cina stato adottato facendo corrispondere i segni Braille non agli ideogrammi, ma ai suoni da
essi rappresentati.