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LA FILOLOGIA

La filologia è la scienza che studia i testi a prescindere dal suo valore estetico (non presta
attenzione solo ai testi antichi più rilevanti ma anche alle scritte sui muri); ogni testo, ogni
documento scritto che possa essere testimone di un’epoca e che quindi possa svolgere una
funzione storica e documentaria è importante in quanto specchio della società e della realtà
(mostra la mentalità e le tradizioni dell’epoca).
Il primo studio filologico sistematico e scientifico risale al periodo ellenistico (323 a.C.-31 a.C. circa)
soprattutto grazie all’opera dei filologi della biblioteca di Alessandria d’Egitto e a quella della sua
rivale, la Scuola di Pergamo.
Il lavoro di questi primi filologi mirava a ristabilire l’aspetto dei testi dell’antichità classica e
quest’operazione veniva condotta attraverso un processo attento e graduale di analisi
grammaticale e retorica dei testi classici (omerici); un’analisi che si avvaleva di interpretazioni e
commenti. Il loro scopo era quello di individuare corruzioni subite dai racconti di Omero. Queste
corruzioni dipendevano chiaramente dal passaggio di medium linguistico subito dai poemi omerici
perché come sappiamo tali poemi furono composti e trasmessi per molto tempo solo oralmente e
la loro trasposizione scritta avvenne molto più tardi rispetto all’epoca di composizione. È facile
immaginare che dopo vari anni di trasmissione orale, il testo, così come è stato composto
originariamente, deve aver subito qualche cambiamento, dunque i filologi di Alessandria, trovatisi
di fronte a queste piccole modifiche presenti nei vari testi, si sono chiesti quale fosse la
consuetudine scrittoria da utilizzare per tramandare le opere ai posteri. Le risposte venivano
dall’analisi delle forme che il testo aveva assunto più frequentemente nel corso dei secoli.
Un’operazione di questo genere impone che lo studioso non faccia da artista, cioè che metta da
parte la sua creatività perché il suo lavoro è quello di essere a servizio di un testo prodotto da altri,
restaurandolo rispettandone l’aspetto originario. È per questo che nel periodo ellenistico più che
la creatività artistica imperava lo spirito di analisi scientifica.
La filologia insegna il rispetto della verità e sollecita la conoscenza ed il sapere e potenzia lo spirito
critico.

Nel mondo greco, la filologia fu intesa soprattutto come grammatica (arte della buona scrittura) ed
era considerata come uno strumento da porre a servizio della esegesi (interpretazione delle forme
linguistiche assunte dal testo nel corso dei secoli, dedicata alla comprensione del significato delle
parole). Quest’attitudine grammaticale fu parte integrante della filologia almeno fino al periodo
che si aggira attorno al II sec d.C.
N.B. La grammatica non esisteva nel modo in cui la intendiamo noi oggi, chi lavorava sulla
grammatica doveva sempre cercare di trovare la propria strada tra le varie forme documentate
all’interno di una produzione letteraria in una data lingua. Doveva, quindi, cercare di individuare le
forme che potevano costituire una norma (le più frequenti) all’interno di quella lingua e le forme
che invece potevano rappresentare delle anomalie o eccezioni (meno frequenti). La concezione
secondo la quale la lingua sia nata dopo la grammatica è erronea in quanto la grammatica nasce
conseguentemente alla lingua: prima c’è la lingua, i parlanti che danno vita alle parole, poi c’è chi
osserva consuetudini linguistiche e cerca di ricostruire la regolarità degli avvenimenti (approccio
scientifico in quanto prima vi è l’osservazione del fenomeno e poi lo sviluppo della tesi).
Secondo questo modo di operare, quindi, la forme diverse, assunte dalla stessa parola in un testo
potevano essere anomale solo in superficie, solo in apparenza ma, in realtà, forme diverse di una
stessa parola potevano essere testimoni di un’evoluzione storica della parola stessa, quindi, del
cambiamento della cultura avvenuto nel corso dei secoli (io poteva –dantesco- io potevo –uso
comune- entrambi corretti). La questione sulle forme anomale o sulle forme regolari delle parole è
divenuta via via più gravosa da gestire con il passare del tempo perché vi è stato un aumento dei
testi, i tempi e i parlanti sono cambiati ed è cambiata anche la percezione della grammatica. Per
rendere conto di tutte queste variazioni assunte dalle parole nel tempo, in particolare nel corso
del medioevo, la grammatica è diventata una scienza autonoma diventando strumento fondante
per le costruzioni filologiche. Perché questo cambiamento è avvenuto nel medioevo? Perché le
lingue dell’antichità classica, cioè greco e latino) sono state lingue della cultura per molto tempo
ma col trascorrere degli anni, il latino che prima si configurava come lingua madre (L1) di una
grossa fetta di popolazione del mediterraneo, nel medioevo era la lingua della cultura e
dell’ufficialità ma è anche vero che il latino è arrivato lì dove non era lingua madre ed è lì che la
grammatica cominciò ad essere uno strumento per spiegare una lingua “altra” ecco perché passa
dall’essere scienza, disciplina a servizio dello scrivere bene all’interno di una stessa lingua
all’essere uno strumento utile a comunicare le strutture di una lingua straniera ad un pubblico di
parlanti che aveva come lingua madre una lingua diversa da quella latina.

Etimologicamente filologia significa “amore per le parole” e in virtù di tale “amore” il filologo deve
riflettere sulla forma che le parole hanno assunto nel corso del tempo, sul loro uso e sui possibili
cambiamenti di significato delle parole nel tempo e sulla loro storia linguistica e culturale.
Lo scopo ultimo della filologia, in relazione alle parole che compongono i testi nella loro interezza,
è quello di provare a costruire i testi nel tentativo di riportarli alla loro ipotetica forma originaria.
Restituisce ai testi il loro aspetto originale o molto vicino all’originale. Nel tentativo di compiere
questa ricostruzione non opera da sola, si avvale della linguistica (si occupa del testo come
insieme di parole), dell’archeologia, della paleografia (che studiano i supporti materiali tramite i
quali il testo è giunto a noi), della storia (studia quali eventi hanno portato il testo a noi) e
dell’antropologia (perché c’è un interesse tutto umano verso la conservazione dei testi-interesse
umano verso i racconti testimoni dell’indole umana); questo perché ogni testo è frutto di un
insieme di condizioni storico-culturali che ruotano intorno al testo.

LA FILOLOGIA GERMANICA
Le parole germanico e Germania hanno avuto una stratificazione di significati, il GRADIT (Grande
dizionario italiano dell’uso) registra le seguenti definizioni:
1 agg. A.U. [alto uso], degli antichi Germani: popoli germanici, religione g., diritto g.:
2 agg. CO – della Germania moderna (erroneo perché si usa TEDESCO);
3a agg. T.S. [tecnico specialistico], ling. Proprio delle lingue parlate dagli antichi Germani o di
quelle moderne, che da esse sono derivate;
3b s.m. T.S. ling., in linguistica storica, lingua originaria, non attestata ma riconosciuta, dalla quale
derivano le diverse lingue germaniche storicamente documentate, come gotico, antico tedesco,
antico inglese, norreno e le altre più recenti.
-esempio etichetta microonde: distinzione tra romanze e germaniche-
La filologia germanica è la scienza che studia e interpreta le testimonianze scritte da quelle civiltà
che hanno avuto comuni origini nel mondo germanico antico e che riflettono tali origini nella loro
successiva evoluzione.
Quando parliamo di “germanico” e “lingue germaniche” ci si riferisce a quel gruppo di lingue
costituito da inglese, tedesco, olandese, frisone, danese, norvegese, islandese (longobardo e
gotico, due lingue morte) che hanno origini comuni.
Il concetto di “germanico” è stato elaborato nel corso dell’Ottocento dalla linguistica storico-
comparativa, nell’ambito degli studi che miravano a rintracciare i percorsi genetici delle lingue,
studi che hanno portato a definire il concetto di “indoeuropeo” come famiglia linguistica, ovvero a
ricostruire una lingua madre da cui deriverebbe gran parte delle lingue europee moderne. In
particolare la linguistica storico-comparativa osservò che le somiglianze tra lingue affini si
accentuano man mano che vengono poste a confronto le testimonianze più antiche delle lingue in
questione.
INGLESE ANTICO  hwoet TEDESCO ANTICO  hwaz (what/was moderni)
La struttura delle parole germaniche, nella loro forma più antica, è simile a quella latina, ma
differisce per il vocalismo e per il modo di articolazione delle consonanti:
-la labiovelare in latino è occlusiva sorda, nella lingue germaniche è fricativa sorda;
-la dentale in latino è occlusiva sonora, nelle lingue germaniche è occlusiva sorda.
Questo aumento di somiglianza man mano che si va indietro nel tempo, ci fa pensare che tutte
queste lingue derivino da una medesima lingua di partenza chiamata per comodità “lingua
germanica”.
I termini germanesimo e germanico esprimono un concetto linguistico. Quando si parla di
germanesimo ci si riferisce al concetto di appartenenza di inglese, tedesco, svedese e altre ad uno
stesso gruppo, in base alla constatazione di elementi affini e germanico può essere definito solo
ciò che si riferisce ad un ambito culturale caratterizzato e delimitato dall’uso di tali lingue affini.
Notando elementi comuni a queste lingue nelle loro fasi più antiche possiamo pensare che
abbiano condiviso nel corso del tempo una grammatica, un patrimonio lessicale molto ricco e
questo ci autorizza a pensare che sia esistita un’epoca addirittura precedente all’epoca
documentale in cui le affinità che noi vediamo fosse ancora maggiore tanto da ipotizzare una quasi
identità tra le lingue antiche. È dunque formulabile quest’ipotesi per cui dev’essere esistita una
fase preistorica nella storia delle popolazioni che parlavano le lingue germaniche, una fase
precedente ai documenti scritti, in cui tutte le lingue germaniche probabilmente costituivano un
mondo linguistico omogeneo dal quale sarebbero discese le varie lingue germaniche moderne
secondo un procedimento analogo a quello che ha portato dal latino alle lingue romanze. La
differenza tra il mondo romanzo e quello germanico sta nel fatto che, per quanto riguarda le lingue
romanze, sappiamo che esse derivano dal latino e possiamo affermarlo con tutta serenità perché il
latino è una lingua documentata; per quanto riguarda le lingue germaniche antiche, invece
diciamo che derivano dal germanico ma il germanico è una lingua ricostruita, un’ipotesi, non esiste
un testo scritto in una lingua che noi possiamo riconoscere come GERMANICA. Concettualmente,
però, è un presupposto che dobbiamo assumere per parlare dell’evoluzione storica delle lingue
germaniche antiche.
La ricostruzione del germanico la dobbiamo ai linguisti comparatisti dell’ Ottocento che notarono
queste somiglianze tra le lingue germaniche e le altre lingue indoeuropee. Essi ebbero l’idea di
riflettere sui tratti simili fra le lingue perché nel corso dell’Ottocento furono recuperati i testi scritti
in sanscrito. Fino ad allora si pensava che il greco fosse la lingua più antica del settore indoeuropeo
e quindi molti basavano le loro riflessioni linguistiche sul greco e sul latino; la scoperta del
sanscrito ha aperto un mondo alla linguistica ricco di contenuti e ricco di riflessione comparatistica
e storica sull’evoluzione delle due. Questo ha spinto i linguisti comparatisti a venerare l’idea della
lingua madre dunque è ipotizzabile considerare il germanico come lingua di partenza per le lingue
germaniche, così per tutto il settore indoeuropeo è ipotizzabile una lingua madre che chiamiamo
indoeuropeo (i.e.).
Le lingue germaniche parlate oggi possono essere divise per comodità in base alla loro
distribuzione geografica: lingue germaniche occidentali (inglese, tedesco, nederlandese, frisone,
lussemburghese, afrikaans, jiddish) e lingue germaniche nordiche (islandese, norvegese, danese,
svedese, feringio).
-vedi cartina per riferimenti-
LINGUE OCCIDENTALI
Inglese, English, la lingua germanica più diffusa al mondo, dapprima per le colonie diffuse in tutto
il mondo e poi per l’importanza economica maturata dagli stati uniti; molto numerosi sono i pidgin
e i creoli a base inglese; molte varianti dell’inglese hanno lo status di lingua standard: British
English, Scottish English, Irish English, Welsh English e American English;
Tedesco, deutsch, è la lingua germanica con il maggior numero di parlanti in Europa; è la lingua
ufficiale nella Repubblica Federale Tedesca, in Austria e nel principato del Lichetenstein – in
Svizzera, Lussemburgo, Alto Adige, e in una zona del Belgio è una delle lingue ufficiali; isole
linguistiche in Polonia, Ungheria, Romania, Italia, ecc.; fuori dall’Europa: Stati Uniti (Pennsylvenia
Dutch), Australia, ex-colonie in Africa (Namibia, Togo, Camerun); il bassotedesco e il tedesco in
Italia;
Lussemburghese, è un dialetto francone mosellano divenuto lingua ufficiale del Granducato del
Lussemburgo nel 1984 con il francese e il tedesco;
Nederlandese, è la lingua ufficiale nel Regno dei Paesi Bassi e nel Belgio (accanto al francese e al
tedesco); ex-colonie olandesi in America meridionale (Suriname e Antille) e nell’isola caraibica di
Aruba; la varietà dei paesi bassi e quella fiamminga: differenze nella fonetica, nel lessico e nella
sintassi, non rilevanti ai fini della comprensione reciproca;
Afrikaans, “africano” in nederlandese, è una delle lingue ufficiali della Repubblica del Sudafrica e
una delle lingue regionali di Botswana, Lesotho, Namibia; si basa sui dialetti usati dai coloni che si
trasferirono nell’africa meridionale nella prima metà del XVII sec. arricchita dall’apporto (lessicale)
delle lingue locali;
Frisone, è suddiviso in tre aree dialettali: settentrionale, orientale e occidentale;
Jiddisch, è diventata lingua letteraria tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento; è una
lingua non territoriale.
LINGUE NORDICHE
Islandese, si tratta della lingua più conservativa di tutte le lingue germaniche, meno permeabile ai
prestiti stranieri;
Norvegese, lingua nordica occidentale e bokmal, lingua nordica orientale che continua la varietà di
danese parlata in Norvegia (landmal e riksmal); la conoscenza delle due varietà è obbligatoria per
tutti i bambini di madrelingua norvegese; i figli dei migranti sono tenuti ad apprendere solo una
delle due varianti; oggi la maggior parte dei norvegesi scrive bokmal (meno conservatrice del
rikmal);
Danese, dansk, è la lingua ufficiale del regno di Danimarca, che comprende la Faer Oer e la
Groenlandia; è la lingua germanica che mostra i cambiamenti più radicali, soprattutto nel sistema
accentuativo/fonologico e in quello morfologico;
Svedese, svenska, lingua ufficiale della Svezia e la lingua ufficiale (con il finlandese) nella parte
meridionale e occidentale della Finlandia;
Feringio, lingua ufficiale, con il danese, della Faer Oer.
-vedi schema albero genealogico-
UN PO’ DI STORIA-RIFLESSIONE “EUROPEA”
Oggigiorno lo studio filologico si rivela sempre più attuale in quanto, come detto in precedenza,
essa ci permette di sviluppare un occhio maggiormente critico rispetto al testo che ci troviamo di
fronte e nella società moderna questa capacità si rivela essere sempre più necessaria in quanto
siamo bombardati dalle “fake news”, dunque, per proteggerci da esse. La filologia prima di essere
una disciplina di studio è proprio un metodo, un atteggiamento da maturare nei confronti dei testi
scritti (il filologo di per sé è diffidente).
Nello specifico, lo studio della filologia germanica ci consente di aprire una finestra sulla fine di
un’epoca della storia d’Europa perché il mondo germanico si afferma quando muore il mondo
Romano, dunque alla fine del mondo antico (fine dell’Impero Romano – deposizione di Romolo
Augustolo nel 476 per mano del generale erulo –rappresentante dei germani orientali- Odoacre)
perché quest’episodio ha rappresentato l’inizio, la base di una serie di processi che porteranno alla
nascita di un’identità culturale europea molto ricca e varia e le riflessioni da fare connesse alla
caduta dell’impero Romano riguardano:
-l’invasione dei Goti e dei Longobardi;
-l’affermazione di Carlo Magno e la nascita del suo impero;
- la riforma carolingia;
-le lingue dell’Europa altomedievale;
-la nascita delle letterature in volgare;
-contatti culturali e linguistici nell’Europa Medioevale;
Tutto ciò tenendo conto del processo di cristianizzazione attuato dei Germani perché la fede
cristiana ha avuto un ruolo molto importante nella costituzione dell’Europa così come la
conosciamo oggi. La cultura che si è espressa in lingua latina dopo la caduta dell’Impero Romano,
l’ha fatto perché il latino si è diffuso in Europa grazie alla diffusione del cristianesimo avvenuta
dalle forze germaniche.
Nella storia, come vedremo, mondo germanico e mondo romanzo sono sempre stati in stretto
contatto, influenzandosi a vicenda e contribuendo insieme alla formazione della cultura europea
così com’è oggi. Lavorare sul passato è dunque necessario per riconoscere tutti i processi di
mediazione linguistica e culturale alla base della condivisione culturale europea.
Tradurre, interpretare, studiare le lingue, sono attività antiche, testimoni di momenti di fruttuosi
contatti interculturali.
Uno dei testimoni più famosi, che è la Bibbia, è noto come la Bibbia Amiatina (conservata sul
monte Amiata in Toscana) ed è stata considerata per un lungo periodo di tempo, come un
prodotto dell’ambiente italico cioè un manoscritto medievale ritenuto un prodotto della penisola
italiana. In realtà uno studioso, ritrovandosi il manoscritto tra le mani, l’ha osservato nella sua
composizione materiale (pergamena, la forma delle lettere) e ha scoperto un’annotazione all’inizio
di questa Bibbia che collegava la Bibbia a un tale Leofrich, nome non italiano ed indagando si è
scoperto che questa Bibbia era una di quelle monumentali e ornamentali realizzate nell’Inghilterra
Anglosassone, in un ambiente completamente germanico. Si ritiene che questa Bibbia fosse una di
queste bibbie realizzate in territorio Anglosassone destinate al Papa e probabilmente il corriere o è
morto o l’ha lasciata lì per errore.
Dunque, sappiamo che il latino era lingua dell’impero e fin quando l’Impero stava in piedi, la lingua
era strumento di comunicazione ufficiale sia a scopo giuridico e letterario. Quando l’impero però
cade, il latino resta come lingua della Chiesa e della cristianità tutta. La diffusione del latino in tuta
l’area romanza sembra essere ovvia ma nel mondo germanico non è così ovvia per cui è avvenuta
secondo procedimenti con scopi di volta in volta diversi e in modalità differenti. Il latino, dunque,
ha avuto modo di diffondersi anche nelle zone lontane da Roma perché rappresentava la lingua
franca della comunicazione di tutta la parte d’Europa che gravitava attorno all’Impero Romano ed
era parlato accanto ai vari volgari locali. A questo punto, nella continuità dell’uso del latino nell’ex
Impero Romano si tende a differenziare la continuità di fondo che porta dalla tradizione latina a
quella medievale; e discontinuità di livello, le innovazioni dei volgari che comunque favoriscono il
mantenimento di questo filo che mantiene in vita il legame costante fra le storie dei luoghi
dell’Impero Romano e l’uso del latino come strumento di comunicazione ufficiale accanto ai vari
volgari. È quest’affiancamento che sarà significativo nella storia della diffusione dei volgari europei
fra mondo romanzo e mondo germanico perché in base al gradi di influenza del latino sui vari
volgari, avremo poi affermazioni dei volgari in epoche diverse perché la diffusione del latino al
difuori dei territori dell’impero nella parte d’Europa caratterizzata da volgari locali che però non
conoscevano la scrittura latina, questo processo di adozione della lingua è stato più faticoso
perché hanno dovuto adattare l’alfabeto latino alla loro lingua che possedeva un sistema scrittorio
diverso adattando la rappresentazione grafica che meglio corrispondeva ai suoni della propria
lingua. Dunque, a seconda della velocità secondo la quale questo processo di adattamento è
avvenuto abbiamo diversi rapporti di influenza reciproca tra latino e volgare nel resto d’Europa
che fosse ex Impero Romano.

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