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Di pietre, piante e paesi

MORENO MORANI

Degli anni in cui la mia attivit di docente di Glottologia e linguistica


nellUniversit di Genova ha coinciso con la contemporanea attivit di Giulia
Petracco Sicardi, gli anni lontani del Disglet1, ricordo in modo particolarmente
gradevole tanti colloqui e conversazioni con lautorevole studiosa su vari problemi di
linguistica indoeuropea, di dialettologia, e su etimologie, spesso di toponimi.
Riconoscevo nella collega quelli che ritengo i tratti pi importanti e autentici della
scuola linguistica italiana: una considerazione attenta e scrupolosa dei fatti e
unattenzione al contesto storico e culturale in cui si colloca la parola da esaminare,
cosicch la proposta di unetimologia non si limita alla pura indicazione di uno
scheletro fonetico astratto, ma coinvolge vicende storiche e culturali spesso
avvincenti: anche nei suoi scritti, spesso letimologia di un toponimo diventa come
linizio di un itinerario ideale nel tempo e nello spazio che ci illumina sulla cultura e
sulla storia di un territorio. Per questo motivo penso di dedicare alla sua memoria uno
scritto in cui cerco di ripercorrere le vicende di una radice che troviamo usata in
unarea che va dallIndia alloccidente dellEuropa e che ha dato vita, nelle varie forme
in cui stata usata o adattata, a una pluralit sorprendente di derivazioni inserite in
ambiti semantici diversi.

Il nostro viaggio inizia in India e la parola da cui prendiamo spunto attestata in


sanscrito nella forma jatu2, sostantivo neutro che significa lacca, gomma. La parola
si trova utilizzata in molti contesti. Il jatu pu essere impiegato per la fabbricazione
di oggetti, anche di uso quotidiano (ad esempio il composto jatu-putraka indica le

1
Il Disglet (Dipartimento di Scienze Glottoetnologiche) fu uno dei primi Dipartimenti
dellAteneo genovese, e nacque nel 1990 dalla fusione degli Istituti di Glottologia e di Etnologia.
Dopo diversi anni di attivit, la struttura si sciolse e i suoi docenti entrarono a far parte di altri
Dipartimenti.
2
Noto incidentalmente che i due principali vocabolari di sanscrito (Bthlingk e Monier-
Williams) non danno nessuna indicazione di accento per la parola (per hanno jat per
pipistrello), mentre p.es. KEWAI ha a lemma una forma jtu. Le forme germaniche, come dir
in sguito, accennano per lindoeuropeo a unaccentazione di tipo *guet.
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pedine degli scacchi), ma pu essere usato anche come ingrediente per la cucina. Il
jatu anche materiale utilizzato nelledilizia, nonostante il rischio derivante dalla sua
elevata infiammabilit: il composto jatugrha casa con stucco indica una casa
intonacata con lacca3. Si parla di jatu in testi di interesse medico (la dottrina buddhista
indica in modo preciso quali resine possano essere impiegate per la cura dei monaci
malati4). Altri composti come jatumaya, jatudhman e altri ci riconducono allo stesso
ordine di significati. Ancora merita un accenno particolare il composto jatv-amaka
(con am pietra) che vale stucco, mastice. Lorigine vegetale della sostanza traspare
dalla derivazione jtuka o jtua, nome della pianta dalla quale si ottiene la spezia detta
asa foetida (o anche finocchio fetido o concime del diavolo), di largo uso nella cucina indiana,
ma impiegata anche per uso medicinale. Difficilmente jatu- resina avr a che fare con
jat- pipistrello (rosso): ci sembra pi prudente individuare nelle due parole una
semplice somiglianza casuale, anche se qualche studioso ha tentato di trovare un
collegamento tra le due forme5. Jatu proseguito poi nellindiano medio e moderno.
In pali troviamo jatu e nei pracriti jau, da cui poi varie continuazioni in parlate
dellIndia moderna6. In alcune di esse si notano riferimenti pi o meno impliciti
allorigine vegetale della sostanza (*drujatula7) o al suo uso nelledilizia: a un antico
*jatughara- house plastered with lac and another combustible materials for burning
people alive in ci riporta il termine gujarati jauhar che ha assunto il significato
specifico di ceremony of burning women alive8.
Potrebbero risalire ad antiche forme iraniche equivalenti allind. jatu la parola ad
resina, gomma del persiano moderno e awla dellafgano9.

Letimologia di jatu ben nota fin dagli ultimi decenni del secolo XIX10. La parola

3
Jatugrh aparvan il titolo di un passaggio del primo libro del Mahbharata: vi si narra di una
costruzione realizzata con jatu che dovrebbe servire per attirare in un tranello i discendenti di
Pau, che dovrebbero cadere addormentati dopo una festa e per poi essere fatti bruciare.
4
La parola ricorre raramente nei trattati medicinali pi antichi: cfr. Zysk, pp. 80 s. Nella
letteratura medica si trova solamente nel Suruta, dove viene glossata con lk: rinviamo al testo
citato per ulteriori informazioni sulla sostanza e sul suo uso in medicina.
5
KEWAI I, p. 415; EWAI I, p. 566. Mayrhofer segna due lemmi jatu e jat-, il secondo dei quali
viene definito nicht sicher erklrt nel KEWAI (dove si affaccia anche lipotesi di un possibile
prestito da parlate munda) e unklar nellEWAI, dove vengono riportate anche le tesi possibiliste
di Wackernagel (v. I, p. 144 e II, 2, p. 494) che considera ammissibile il collegamento, e lipotesi
di J. Schrpfer che ritiene si possa partire da un valore di colorato in rosso (scuro) per giustificare
la derivazione dei due termini da ununica radice.
6
Turner, 5093. 5094.
7
Turner, 6635.
8
Turner, 5094
9
KEWAI loc. cit.
10
Bugge, p. 428 s.; Thurneysen, p. 175; WP I 672; IEW 480.
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rimanda a una radice ie. *guetu- attestata nelle due aree estreme del mondo
indoeuropeo, da una parte in India (o meglio in area indo-iranica), dallaltra
nellEuropa occidentale, in area celtica e germanica11.
A un germanico comune *kue (le formazioni storiche presuppongono
unaccentazione originaria sulla seconda sillaba) risalgono i termini ant.ingl. cwidu,
cweodo, cwudu resina e, con vocalismo differente della seconda sillaba (assimilazione
e ~ u > i ~ i?), ant.a.ted. quiti, kuti stucco, colla, da cui m.a.ted. kte, kt (anche ktte
leinl), mod. Kitt, col verbo derivato kitten cementare (pi anticamente ktten)12.
Forme con timbro e quantit vocalica diversa si trovano nel germanico settentrionale:
ant. nord. kva, isl. kvoa, sved. kda, dan. kvade, e inoltre norv. kda, kvda
colostro13. Da cwudu lingl. moderno cud bolo alimentare (di un ruminante).
In area celtica14, ove si deve presumere una forma primitiva *betu- resina, pece,
si hanno derivazioni con suffissi vari che indicano la pianta da cui la resina stilla o
viene ricavata, cio la betulla. La somiglianza, soprattutto di colore, col pioppo facilita
la confusione tra le due piante, cosicch in diverse aree sia nella designazione della
pianta sia nella toponomastica i termini per betulla vengono usati per designare il
pioppo15. Le varie forme attestate nel territorio (gallico betula16; cimr. bedw < *betw,
sing. bedw-en; bret. bezo, sing. bezv-enn; irl. beith o beithe < *betu-y, gen. bethi; inoltre
cornovagl. bedew-en nel senso di pioppo) e tratte dalla base *betu indicano la pianta
e sono formate con lo stesso processo con cui p.es. in sanscrito jtuka o jtua si
rapporta a jatu. Nel mondo celtico la pianta, e non solo la resina che stato tratto il
nome, serviva per molti usi, come si evince anche dalla descrizione di Plinio che
riferiamo pi avanti.

Il tipo betula sostituisce una designazione precedente largamente diffusa nel


mondo indoeuropeo17. La betulla una pianta che predilige i climi freddi18, e quindi

11
La possibilit di connettere con questo gruppo anche arm. kiw mastice, come vorrebbe
Olsen, p. 790, mi sembra poco probabile, essendo problematico, per ragioni fonetiche, ricondurre
la forma armena a un pi antico *guetu-.
12
Dalla parola tedesca si hanno prestiti in polacco (kit), ceco (kyt), estone (kitt), tutti col
significato di stucco.
13
De Vries, p. 335.
14
Vendryes, p. B-28.
15
Che i nomi di piante si prestino facilmente a scambi noto; si ricordino p.es. le continuazioni
di ie. *bhg- che si prestano a designare il faggio, ma anche la quercia.
16
LEW, vol. I, p. 103; Dottin, p. 234; Lambert, p. 192.
17
Il fatto che gi in indoeuropeo la parola possa essere un prestito da lingue dellAsia centrale,
dove peraltro la pianta era largamente usata, soprattutto nelle steppe della Siberia e nellAsia
centrale in area kazaka (Nehring, p. 20), per noi in questa sede irrilevante. A loro volta le forme
indoeuropee hanno dato luogo a imprestiti nelle lingue uraliche (KEWAI s.v. jatu).
18
La sua (scil. della betulla) area distributiva occupa lEuropa boreale, media e parte della
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doveva essere presente nelle aree in cui molti studiosi collocano la patria originaria
degli Indoeuropei. Come designazione originaria della betulla possiamo presupporre
un sostantivo, di genere femminile, la cui forma primitiva dovrebbe essere ricostruita,
al di l di qualche incertezza, come *bhereg- o *bhrhg-19.
Le principali continuazioni nelle varie aree sono le seguenti:
indo-iranico: aind. bhrj- (pali bhja, pracr. bhujja); kafiri brhu 20; osset. brz,
brz (con variazioni dialettali);
penisola balcanica: dac. Bersovia (nome proprio); alb. bredh;
germanico: ant.a.ted. birihha (> mod. Birke), ant. ingl. bierc, beorc (> mod. birch);
ant.nord. bjrk (> isl. birki; sved. bjrk , dan. birk);
baltico: lit. bras; lett. brzs, ant. pruss. berse, e con diverso grado apofonico lit.
brtva e bris, lett. birzs boschetto di betulle;
slavo: ant. sl. brza, bulg. brza, serb.-cr. e slov. id.; pol. brzoza; russ. berza; ucr.
berza.
Il termine doveva avere anticamente una connessione con la radice *bherg- che
significava brillare, splendere; pertanto la betulla era designata in origine come
lalbero di colore lucente21. Anche Plinio del resto rileva come prima e pi
appariscente caratteristica della pianta il suo colore bianco.

Essendo la betulla assente dalle zone meridionali del mondo indoeuropeo e


dallarea mediterranea, il sostantivo venne abbandonato oppure utilizzato per
designare generi di piante diversi. La parola manca totalmente in greco e viene
utilizzata in latino per indicare il frassino (Fraxinus excelsa)22: frxinus e frnus sono

meridionale (quivi solo nelle zone montuose pi elevate) e si trova pure nellAsia boreale e forse
anche nel Caucaso. una delle specie pi resistenti alle basse temperature e al congelamento del
suolo e pu cos spingersi sino ai limiti estremi della foresta siberiana nel terreno gelato della
formazione delle tundre, e con individui isolati e a piccoli boschetti pu sorpassare qua e l le
stesse masse forestali. Cos nellarticolo dellEnciclopedia Italiana (di A. Bguinot).
19
*bherhxgos secondo Mallory, p. 65. Per altri tentativi di ricostruzione da parte di altri studiosi
si veda ibid. Per il vocalismo di ind. bhrja- si veda Meillet, p. 48 ( laddition dun suffixe
secondaire entrainait en indo-europen le vocalisme zro de syllabes prcdant la prsuffixale
() Le skr. bhrja- ne peut devoir son vocalisme qu un driv qui nest pas conserv). La
presenza di -h- si rileva anche dalle forme baltiche del tipo di lit. brtva.
20
KEWAI II 514 s.
21
La rad. si ritrova p.es. nel got. bairhts splendente, luminoso. La relazione tra il nome della
pianta e la radice verbale appare in chiaro p.es. in area iranica (av. barz- splendere ~ oss. brz) e
germanica (ant.nord. bjrk ~ bjartr lucente: ant.a.ted. birihha e beraht luminoso). Sulle connessioni
fra i nomi di piante (e in particolare della betulla) e i nomi di colore, e su altre questioni legate a
possibili designazioni nate da etimologie popolari, rinvio a Friedrich, p. 28 s.
22
LEW, v. I, p. 544 s.v.: Birke als weisser Baum zu *bhereg glnzen (s. flagr): da die
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propriamente aggettivi in -sno derivati dalla radice assunta nella stessa forma bhrhg- (>
lat. frg-) che si ritrova nellant. ind. bhrja-23: il fatto che laggettivo derivato abbia
sostituito il nome originale evenienza comune nei nomi di piante: si pensi p.es. al
nome romanzo della quercia, in cui laggettivo quercea ha sostituito loriginario quercus.
Una vicenda simile si ha in unaltra lingua dellEuropa meridionale, lalbanese, ove
la continuazione indigena della parola indoeuropea, bredh, ha assunto il significato di
abete o di larice. La parola dallalbanese entrata come prestito nel rumeno, dove
brad designa labete.

Della betulla si impiegava anticamente sia il legno sia la corteccia (i Celti, e non
solo i Celti24, la utilizzavano anche per ricavarne materiale per scrivere25) sia la resina,
particolarmente utile nelledilizia, ma usata anche per le propriet medicamentose
che le erano attribuite, e usata dagli sciamani siberiani per ricavarne pozioni
allucinogene: di tutto ci si hanno anche buone conferme archeologiche26. Lolio di
betulla, ricavato dalla distillazione del legno, viene tuttora usato per le sue molte
propriet mediche (drenante, antinfiammatorio, cicatrizzante) ed impiegato in
sostituzione del catrame in alcune affezioni croniche della pelle. In Russia la linfa
della pianta viene raccolta per farne birra e la corteccia per conciare il cuoio, cui d
lodore di bulgaro (cuoio di Russia); lessenza di betulla largamente usata in
profumeria e trova impiego per molti prodotti di igiene personale (saponi, lozioni per
capelli). Il legno ricercato per lavori di tornio, giocattoli, ecc.

Il termine betla o betulla in latino un prestito dal celtico27. Lorigine gallica della
pianta esplicitamente dichiarata da Plinio nella Naturalis Historia28:
Gallica haec arbor mirabili candore atque tenuitate.

Weissbirke im Sden Europas nicht zu Hause ist, erklrt sich das Verschwinden der alten Bed. und
die bertragung auf die Esche in Italien..
23
LEW, I, p. 544, che riporta farnus a *far[a]g-(s)nos.
24
La corteccia di betulla come materiale scrittorio molto usata nellEst europeo (e non solo
in epoca antica). A Novgorod (Russia) si celebra ogni anno la Giornata della corteccia di betulla,
in commemorazione del fatto che qui nel 1951 gli archeologi per la prima volta hanno trovato
una missiva medievale russa scritta sulla corteccia di betulla insieme ad altri testi. Al museo di
Tukums (Lettonia) si conserva un diario su pagine di betulla scritto da una donna, che racconta
la storia tragica di una delle tante famiglie lettoni deportate in Siberia negli Anni Quaranta del
Novecento.
25
In irl. bethe indica anche la lettera B dellalfabeto ogamico, e lespressione beithe-luis o beithe-
luis-nin, dal nome delle prime due o tre lettere dellalfabeto, indica lalfabeto ogamico.
26
Mallory, p. 65.
27
TLL, s.v. (v. II, p. 1952).
28
NH XVI 75 e XVI 176.
152 MORENO MORANI

Circa lutilizzazione del legno di betulla Plinio fornisce queste notizie:


Terribilis magistratuum virgis, eadem circulis flexilis, item corbium costis. Bitumen ex ea
Galliae excoquunt. In eosdem situs comitantur et spina, nuptiarum facibus auspicatissima, quoniam
inde fecerint pastores qui rapuerunt Sabinas, ut auctor est Masurius. Nunc facibus carpinus, corylus
familiarissimae.
Il prestito di betulla si rende necessario nel momento in cui frxinus passa a
designare un albero diverso e i romani attraverso la Gallia ritrovano la pianta, diffusa
in Gallia, e presente in Italia solo nelle zone alpine e nellAppennino settentrionale.
Insieme col nome della pianta i Romani importano anche il nome della resina che
stilla dalla pianta, che viene integrato in latino nella forma bitmen. La parola entra in
latino attraverso una mediazione dialettale, come mostra la presenza della -i- in luogo
dellattesa -e-: la stessa incertezza vocalica che si ha p.es. in vitulus rispetto a vetus o in
firmus rispetto a ferme29. Tuttavia della parola doveva esistere in latino anche la forma
betumen: questa si legge in un glossario del sec. IX30 e sembra alla base della
continuazione francese moderna bton e di altre forme (in genere semidotte) presenti
nella penisola iberica e in qualche parlata italiana. La forma butumen attestata
nellAppendix Probi (bitumen non butumen), mentre Carisio e altri grammatici, cos come
anche le glosse di Placido (5, 9, 4), riprovano le forme betacistiche (bitumen per b
scribimus). La parola registrata sotto la lettera v- in alcuni glossari31. Le oscillazioni
condannate dai grammatici sono spie interessanti del fatto che la parola non limitata
al solo latino letterario, ma ha avuto anche una qualche circolazione nel latino
popolare. A butumen (o, pi precisamente, a un derivato *butumentum) potrebbero
ricondurci le forme dialettali francesi del tipo bment32, che ha assunto il senso di
letamaio (v. oltre). La suffissazione con -men deve essere nata allinterno del latino,
che ha provvisto la parola di un suffisso molto produttivo: pu avere giocato a favore
della suffissazione il collegamento con almen unguento, e a questo influsso
potrebbe essere addebitata anche la lunghezza della --, che non potrebbe essere
spiegata sulla base della fonte straniera (celtico *betu). La parola, attestata a partire da

29
Non quindi necessario, come proposto da Ernout (p. 121 s.), pensare che -i- risalga a un
trattamento osco o umbro di --, che a sua volta reprsenterait un degr long de *gwetu-. Luso
poetico mostra in modo chiaro che la -i- breve: p.es. gignier et taetro concrescere odore bitumen, (Lucr.
VI 808); scillamque elleborosque gravis nigrumque bitumen (Virg., Georg. III 451): utve tenax gravida manat
tellure bitumen (Ov., Met. IX 660); sparge molam et fragilis incende bitumine lauros (Virg., Ecl. 8, 82). La
testimonianza di Cipriano Gallo, poeta del V sec. che attesta btmen (Heptateuchos, gen. 254 unguine
praepingui linuit bituminis arcam e 394 bitumen pro calce fuit, quod vellere molli), per ovvie ragioni
scarsamente significativa e poco attendibile.
30
CGlL III 631, 30 (nel Codex Parisinus Lat. 11218: betumen aspalto iudaico).
31
Char., ars gramm. I 38, 10; Prisc. III 465, 13 e altri (TLL, s.v., ll. 63 ss.).
32
FEW I 386.
DI PIETRE, PIANTE E PAESI 153

Catone (agr. cult. 95 [104] postea sumito bituminis tertiarium et sulpuris quartarium [] cum
bitumen et sulpur additum est, excandescet), si presta a indicare non solo la sostanza
resinosa tratta dalla pianta ma anche svariate sostanze di origine vegetale o minerale
utilizzate come materiale di costruzione, tanto che la continuazione della parola
assume in francese il senso prevalente di cemento (ant. fr. betun). Autori dellet
imperiale considerano bitmen equivalente di gr. a[sfalton o navfqa33 e usano bitumen
per indicare un tipo di pece diffusa nella zona palestinese e babilonese. In varie
continuazioni romanze la parola impiegata anche per indicare il fango oppure
materiali genericamente connessi con ledilizia (anche materiali da demolizione) o
prodotti che hanno propriet collante, e perfino i fiocchi di neve34; la parola, o meglio
un suo derivato, compare anche nel lessico agricolo col senso di letamaio (fr. dial.
bment, portogh. betume). Lesistenza di derivazioni, anche se nella maggior parte dei
casi tarde e in opere essenzialmente di contenuto tecnico (bituminare, bituminosus,
bitumineus, inoltre bitumare e bitumentum presupposte da alcune continuazioni romanze:
v. sopra), lascia intendere una sia pure larvata vitalit della parola nella fase tarda e
preromanza.

Se le continuazioni romanze di bitmen sono in numero ridotto e tradiscono tutte,


poco o tanto, la loro origine semidotta35, il nome della pianta ha una diffusione
amplissima nelle parlate romanze e mostra una quantit di alterazioni persino
sorprendente. I tipi fondamentali a cui le continuazioni romanze possono essere
ricondotti sono sostanzialmente tre36, e presentano tutti la base celtica *betu-
prolungata con due diversi suffissi:

33
P.es. Ambr., De Noe et arca 6, 15 (commentando Gen. 6, 14 illinies eam bitumine): Ideo bitumine
constringi arca iubetur; est enim bitumen vehementis ad constringendum naturae. Unde Graece dicitur
, quod disiuncta connectat, nexuque constringat indissolubili, ita ut naturali unitate sibi
credas convenire; Charis., ars gramm. I 14, 43 <b,> bitumen .
34
FEW I 386.
35
Il REW registra al lemma 1138 (btmen Erdpech, 2. *btmentum) alcune continuazioni
semidotte (it. bitume, fr. bton, prov., cat., sp. betun) e inoltre le seguenti derivazioni: vallone bm
(< *bitumare) mandare fetore, dial. di Montbliard bom, svizz. bm letamaio.
36
Il REW riporta 1067 *bettiu, -a (gall.) Birke; 1068 betulus Birke; 1069 betulla Birke, 2.
bettulla; nonch i derivati 1070 *betullea Birke e *betulnea (gall.) Birke. Lipotesi (LEI col.1394)
che la coppia *betula ~ betulla potrebbe essere dovuta allattrazione del comune paradigma in
-ulus o configurarsi in modo parallelo alla coppia cepulla ~ cepulanon convincente: sembra pi
naturale ipotizzare, a partire da una base *betu di provenienza straniera, una forma suffissata betula,
a cui si sarebbe affiancato successivamente betulla per influsso del tipo in -ullus. Cos anche Far,
p. 56: Si capisce che cera ne paesi gallo-romani un *betu, betulla, che gi in antico venne
variamente derivato.
154 MORENO MORANI

il tipo *betu-yo, da cui *betwyo e finalmente *bettyu;


il tipo bet-la;
il tipo betulla (unica forma presente nel latino letterario), con luso del suffisso
-ullus originariamente di diminutivo, che per ha perso in alcune formazioni latine il
suo valore originario: il suffisso pu essere usato con basi terminanti per -u-, come
appunto betu-37.
Intermedia e incrociata fra *bettyo e betula bettulla, che ha attestazoni pi
sporadiche.
Una forma non suffissata beta attestata in uno dei Glossaria Amploniana: beta
berca arbor dicitur38.
Per ognuna di queste forme vi possono essere allotropi rispettivamente maschili
o femminili: pertanto *bettya, *betulo, *betullo, ecc..
La forma letteraria italiana betulla di origine semidotta, come indica la -u- del
suffisso39. Bench non manchino forme come bedollo o biola in testi antichi,
generalmente locali, betulla la forma comunemente usata nella lingua letteraria. In
francese troviamo bouleau, che presume betullu: ant. fr. beul e medio fr. boul, a cui stato
aggiunto (a partire dal XVI sec.) un suffisso -eau per evitare lomofonia con boule
bolla. In spagnolo la forma abedul presume betulu ed stata provvista di una a-
iniziale per analogia di abete, che pianta assai pi diffusa e nota nella penisola iberica.
Il catalano ha bedoll, che potrebbe essere prestito da parlate straniere, in quanto la
betulla estranea alla vegetazione della zona di Barcellona, Valencia e Palma40. In
portoghese abbiamo vidueiro dalla derivazione betulariu- (la prima attestazione, del
XIII sec., presenta la forma bidueyro)41.
Nelle parlate locali la variet e la frammentazione impressionante: mentre il tipo
*bettyo (bettya) sincontra prevalentemente in zone della penisola iberica e al sud della
Gallia (con propaggini fino alle valli occitaniche o franco-provenzali del Piemonte),
gli altri due tipi fondamentali si incrociano in maniera complicata e imprevedibile, e
spesso troviamo tipi diversi anche in localit distanti pochi chilometri. La carta
dellAIS (carta 579) e il dettagliato resoconto del LEI danno un esauriente ragguaglio
sulla questione42.

37
Il suffisso ha completamente perso il suo valore originario in forme come p.es. medulla. Sulle
origini del suffisso -ullus rinvio a Leumann, p. 306. Sulla diffusione nelle lingue romanze Meyer-
Lbke, v. II, p. 506. Per litaliano si v. Rohlfs, 1084 (v. III, p. 294 s.).
38
CGlL V, 370, 15.
39
Ci aspetteremmo -olla -ollo come in satollo, midollo, ecc.. V. anche Meyer-Lbke, v. II, p. 506.
40
Corominas, I, p. 11 s.
41
Machado, V, p. 395.
42
Diamo qui un sommario e sintetico elenco di alcune variet presenti nel territorio (con
grafia semplificata e indicazione generica della localizzazione geografica):
DI PIETRE, PIANTE E PAESI 155

Come avviene normalmente, i nomi di pianta si prestano spessissimo ad essere


usati come toponimi. Troviamo nomi di localit che si rifanno alla betulla o a una
voce derivata dal nome che la designa (p.es. betulneu) in una larghissima area che va
dal Portogallo al Veneto. Citeremo solamente dallarea italiana43:
da betula, betulus e derivati: Bitora, Bitore (LU), Bidoi (TV), Budia (PN), Bioglio
(VC, X sec. Bedulium), Bdura (Lombardia), Bdero (VA), Bedolo (CR); Beula (IM), con
le varianti Begola (CO) e Begolo, Begoli (BS e MO); e ancora Boletto (CO), La Boletta
(VR), e Bidoggia (< *betulea) (VE), Bioggio (< *betuleu) (SO); da *betuletum abbiamo
Bedol (TN), Bioley (TO e AO) e Biolet (CN); inoltre Badulerio (VB) da *betularium.
da betulla, betullus e derivati: Betulla (diffuso in varie zone dellItalia Settentrionale,
ma presumibilmente recente); Bitolla e Bitollo (LU), Bitolli (LU), Vitollo, Belo (VE),

betulla: Italia: ven. ant. bedolla, lig. bela, byula, piem. biola, byla, bela, Valsesia bla, valtell.
bedolla, bedula, mil. biolla, pavese bola, trent. occ. bedla, emil or. e romagn. bdla, lunig. abdola (in
alcune aree ha assunto il significato di pioppo). Francia: Metz boule, savoiardo byolla; Svizzera:
ticin. bedla; fr. romando byla, bya.
betullus: Italia: it. antico bedollo (localmente anche nel senso di pioppo), lomb. alpino bidolli
(plur.), bedl, trent. bedollo, bedl, ven. balo, bedoyo e simili, emil. occ. bdl, rom. bedl, tosc. bedollo,
biollo, garfagn. vitollo, corso bdullu, napol. butullo (LEI col. 1384), sicil. vituddu (Far p. 56). Francia:
afr. booul, alp. byo, vall. beyol, arden. bouf, bearn bedout, piccard. bul, norm. bu, ecc.; Spagna: cat. bedoll;
gallego bedolo.
betula: Italia: piem. sett. bula, lomb. bdula, ven. bgola; Svizzera: ticin. bdura, bdra
betulus: Italia: it. ant. betulo, lomb. bedar, crem. bedol, trent. bdul (pinzolo, ecc.), ven. bdoyo;
Svizzera: ticin. i bdri (plur.); Spagna: abedul, astur. abedugu, leon. e astur. bedul, gallego bidro, brido,
bedul, bdulo, bido (< *biduo), vdalo; Portogallo: dial. bidalo.
incrociato fra betula e betulla p.es. bulla (Ostana, CN).
betellus (con scambio di suffisso): Italia: alp. bidello. (Dal derivato betellea il tic. audja).
bettius: Francia: fr. ant. biez, prov. ant. bez (> mod . bes); It. piem. (nella valli di lingua occitanica
o franco-provenzale) bs; Spagna: sp. dial. biezo, catal. be
bettia: Francia: lion. biessi, val dIsre bysi, limagn. biesso, ecc.
bettullus: Francia: aquitan. e piren. betou, betouli.
bettulla : Francia: fr. ant. betole, prov. ant bethoule (ancora vivo come toponimo in vari
dipartimenti).
Dal derivato betulneus p.es. Italia: lomb. or. bed e simili, ladino badu, vduo e simili, inoltre
beda (LEI 1392); da un derivato *betulleus lomb. beduy; pallanz. bja e da una forma di diminut.
il tic. blna, altre derivazioni nel mil. beolot; varie alterazioni p.es. nel ven. brdol, in Francia lim.
bessado, e varie altre (boulin, bouillart, ecc.), in Spagna bidujal monte di betulle (Santander). Dalla
derivazione *bitularius il port. vidoeiro. Dalla base betulus o betula i toponimi spagnoli Vidual, Viduedo,
Bediosa, ecc.
Citiamo ancora il veronese bovolo, che secondo Far (p. 56) nasce dallincontro di bolo (< belo)
con *bvolo.
43
Trascuriamo tutte le proposte etimologiche che non sembrano certe o non raccolgono il
consenso unanime degli studiosi (p.es. Bollate, che Salvioni vorrebbe da *betullate).
156 MORENO MORANI

Bedollo (TN e SO), Bedolle (SO), Bedolla (RE), Bilo (TV) e Bilo (SO), Bodol (TV), Beulla
(IM), e ancora in area lombarda Bedulla, Bedoletto, Bedulita (BG); inoltre Bioggio (SO) da
*betuleu e Bitolleto (LU), Botelleto (LU) da *betulletu; Bedonia (PR) forse da *betulnea-44.

Si tratta dunque di un tipo diffuso e popolare. Attiriamo in particolare lattenzione


sul tipo Beula con le sue varianti. Inseriamo certamente in questo tipo anche il
toponimo Beura che troviamo nellItalia settentrionale in val dOssola45. Delletimo-
logia del nome Beura ho gi discusso altrove e non ritorner sullargomento, se non
per segnalare come le contraddizioni e gli equivoci gi indicati nel mio precedente
lavoro non siano tuttora risolti nei manuali e nei repertori di uso corrente. A ulteriore
difesa di questa etimologia aggiungo due argomenti:
Se si osserva la carta 579 dellAIS, si nota che bula (al di l di qualche piccola
oscillazione riguardante la quantit della vocale e il genere del sostantivo: bwla, bwl
e simili) la forma assunta da *betula in tutto il territorio ossolano, dalla bassa Ossola
fino alle valli superiori: le attestazioni dellAIS riguardano i seguenti punti: 114
Ceppomorelli; 115 Antronapiana; 117 Ornavasso; 107 Trasquera; 109 Premia, vale
a dire tutto il territorio pi prossimo a Beura; inoltre per il punto 118 (Malesco) lAIS
segna la forma l bwl, i bwl 46.
Il tipo Beula ben presente nella toponomastica locale ossolana: citiamo lAlpe
Beula in comune di Varzo, Beulino in Valle Antigorio (comune di Premia), Beulina,
nome di localit presso Seppiana in Valle Antrona, e Beula, frazione di Croveo nel
Comune di Baceno47.
Per ci che riguarda la forma antica del nome, la trafila, che considero
inverosimile, indicata nel 1922 da Massia (Vepra 840; Veura 982; Beura 915)48, con
laggiunta di Brebla del 999, viene ripetuta in modo pi o meno acritico dai manuali
fino al recente articolo del LEI, che fa di Bura una voce autonoma (col. 1396),
destinata in realt a illustrare il termine beola gneiss di cui diremo fra poco; in calce

44
Sul tipo toponomastico bettia, diffuso nella Francia meridionale, rimando a FEW 346 e ai
riferimenti ivi riportati.
45
Il nome ufficiale del comune, Beura-Cardezza, contiene un riferimento alla frazione di
Cardezza.
46
Da documenti locali inseriti in rete e facilmente reperibili risulta che beula la forma co-
munemente usata p.es. anche a Santa Maria Maggiore (http://icandreatestore.it/webspace/risorse terri-
toriali/boscoracconta/Betulla/betulla.htm), a Viganella (http://www.associazioneculturalegpvanni.eu/tesi/03
Il dialetto di Viganella.pdf), a Varzo (http://www.comune.varzo.vb.it/: beula attestato negli Statuti del 1697
soldi venti per ogni pianta di faggio, beula), a Mozzio frazione di Crodo in Valle Antigorio (beu-
la, begola negli Statuti Comunali del 1661: testo curato da Tullio Bertamini in http://www.mozzio.al-
tervista.org/files/Statuti1.pdf) e in altre localit della zona.
47
Forse anche Bei frazione di Bognanco, cfr. Morani 291.
48
Massia, p. 20.
DI PIETRE, PIANTE E PAESI 157

alla voce viene riportata, quale ipotesi etimologica presentata come sicura e pacifica,
la derivazione da Vepra, accolta peraltro anche dal DTI49. Della difficolt di
identificazione di molte localit ossolane moderne in documenti antichi, delle
possibili confusioni con altre localit dello stesso nome (Vepra o Vepri sono toponimi
attestati anche nella zona varesina50, Veveri nome di due localit nel novarese, Brebla
si riferisce alla pieve di Brebia nei pressi di Arona), del fatto che in documenti antichi
sicuramente riferibili alla zona dellattuale Beura il toponimo non compaia51 e del
fatto che, come sappiamo dagli storici locali, il nome originario della localit fosse
Della Guardia, non si fa neppure cenno52, anche se qualche studioso accurato ha
giustamente messo in guardia dalletimologia Beura < Vepra53. imbarazzante per la
scienza il fatto che etimologie fantastiche o fantasiose siano accettate non solamente
da dilettanti di buona volont ma inesperti di leggi fonetiche, che si limitano a
prendere per buona qualche somiglianza superficiale (basti vedere quanto si legge
nel sito ufficiale del comune, che riferisce alcune ipotesi etimologiche54), ma siano
avvalorate da studiosi famosi e autorevoli come Massia o addirittura Rohlfs. Lo stesso
LEI, che, come detto, accoglie lorigine di Beura da Vepra, parla della borgata
ossolana di Bura (Bvola nel XV sec.)55, senza rendersi conto della contraddizione
che inevitabilmente si crea inserendo Bevola nella trafila Vepra > Bera, perch, se si
assume che lodierna -r- sia lalterazione di unantica -l-, diventa ancora pi difficile
accettare come base di partenza una forma originaria Vepra con -r-. Infatti, vero che
il passaggio di -l- intervocalico a -r- non consueto nelle valli ossolane, anche se non
mancano sporadici esempi di una simile trasformazione56, ma esso abbastanza

49
DTI, p. 76.
50
Inoltre La Vepra un fiumicello nei pressi di Milano, affluente del Seveso (prima attestazione
del 936 nella forma Vebra). Cfr. DTL, p. 569.
51
Da uno spoglio dei documenti pi antichi riferiti da Bertamini, vol. II, non risultano
occorrenze del toponimo. Ricordo per incidens che il paese si trovava allora in una zona paludosa
e malsana, battuta da venti pestiferi e nocivi (Capis, p. 117), cosa che presumibilmente lo rendeva
marginale anche nei processi e nelle vicende storiche locali.
52
Morani, pp. 256 ss.
53
Per il quale Beura mal si riesce a credere che gli corrisponda un vepra della. 840(Olivieri,
p. 85).
54
http://www.comune.beuracardezza.vb.it/ComStoria.asp
55
Che Beura si chiamasse Bvola nel sec. XV affermazione, ripetuta da tutti i manuali e i
repertori, che si basa su unarticolo di Rodolico, pubblicato in Lingua Nostra nel 1949: Rodolico
per non cita gli estremi dei documenti da cui ricava questa antica denominazione della localit:
il suo testo, precisamente, il seguente: Villaggio ricordato come Bevola in documenti del secolo
XV, senza ulteriori annotazioni esplicative: laffermazione funzionale alla tesi che accade
talvolta che la scarsa rinomanza del luogo che ha dato origine alla roccia ne mascheri alquanto
lorigine (p. 53).
56
Il passaggio l > r comune nelle forme del verbo volere. Cfr. anche Nicolet, pp. 40-42,
158 MORENO MORANI

consueto in varie zone lombarde e piemontesi e soprattutto nel ticinese57, cosicch


sembra naturale accettarne la presenza in un toponimo, stante la ben nota possibilit
dei toponimi di subire trasformazioni che non sono consuete nella lingua comune.
Per contro, un passaggio di -r- intervocalico a -l- sarebbe singolare non solo nelle
zone dellOssola, ma in genere nei dialetti lombardi.
Va notato che nellOssola si riscontrano qua e l anche alcuni tipi toponomastici
che presumono una diversa vicenda di *betula, che ha portato a *bedra: p.es. Bedra
(localit nei pressi di Domodossola), Bedriola (alpe e rio, Formazza), Valdivedro e simili.
Questo tipo mostra pienamente attuato un passaggio l > r che avrebbe potuto
influenzare un analogo passaggio di Beula a Beura58. Il tipo bedra diffuso nel Canton
Ticino (dove convive col tipo bedola)59: possibile che in Ossola il tipo bedra
rappresenti il risultato di uno sconfinamento di un tipo toponimico non usuale a una
zona prossima: comunque, la presenza di una forma in cui lesito di betula aveva -r-
favoriva implicitamente il passaggio di beula a beura60.
La conclusione definitiva e inoppugnabile che la trafila indicata da Massia non si
riferisca alla nostra Bura, bens a Veveri, quartiere cittadino in prossimit di Novara,
si ha dalla lettura di carte antiche riferite a questa localit e conservate negli archivi
novaresi e in particolare nellArchivio Storico Diocesano. Il nome della localit si
trova, nella forma Veura, in una carta del febbraio 840 con cui il vescovo Adalgiso
dona ai canonici di Santa Maria diverse pievi61. Successivamente, in un documento

66-72. Negli esempi citati a p. 42 si ha quasi sempre a che fare con dissimilazioni dovute alla
presenza di una liquida nella sillaba successiva o a passaggi occasionali in termini che presentano
-r- nella maggior parte dellarea lombarda o settentrionale (p.es. il tipo karimal per calamaio, dial.
kalamr, ove in gioco evidentemente una dissimilazione).
57
Lestensione di -r- doveva essere anche maggiore in epoca meno recente: cfr. Rohlfs, I, p.
307: A sud del Canton Ticino la r si estendeva un tempo alquanto oltre nella pianura lombarda,
ma in queste zone negli ultimi tempi si per lo pi ristabilito luso di l, sotto linflusso dei parlari
di citt.
58
Cfr. Morani, p. 291 s.
59
P.es.: Bedrina (frazione di Airolo e torbiera della Val Leventina), Bedolasca (Capriasca), Bedol
(Soazza, Buseno), Bedole (Cavergno), Bedoledo (Isorno), Bedree (Magadino), Bedretto (italianizzazione
di Bedreto distesa di betulle, in dialetto locale Bidr).
60
Non prendo in considerazione in questa sede alcuni toponimi Beura o Beure che appaiono
nella zona ligure (e occasionalmente in altre zone dItalia), perch la loro origine potrebbe essere
diversa. Cf. Morani, p. 159.
61
In questo documento il vescovo istitu due capitoli di canonici, uno per la chiesa cattedrale
e uno per S. Gaudenzio. La diocesi venne suddivisa in pievi (riorganizzazione del territorio voluto
dai franchi carolingi); tra queste definita la pieve urbana che comprendeva la citt e le 27 villae
attorno alla citt, tra cui Veura. I canonici dovevano occuparsi delle anime dei cittadini che l
vivevano, ma anche avevano il compito di raccogliere le decime, vere tasse pari al 10% di ci che
si produceva. Le liti tra canonici delle due chiese e canonici di S. Stefano per rivendicare la
DI PIETRE, PIANTE E PAESI 159

del 5 ottobre 886 viene ricordato un certo Doelberto de vico Vebra62, e poi ancora in
documenti successivi sono ricordati altri personaggi: Gauspertius figlio di Dodebergo
de loco Veura (982), Amelberto padre di Stefanone de loco Veura (982) e altri
successivamente63. Per diversi secoli il nome della localit rimane fissato in Veura,
per poi passare allattuale Veveri.
Cos nella confusione generale, in cui laccesso ai documenti e la verifica dei fatti
sembra marginale e la considerazione delle normali evoluzioni fonetiche non sembra
destare molto interesse, e si preferisce rivolgere il pensiero a cespugli e castori, al
gallico e allantico tedesco64, si trascurata lipotesi pi ovvia e pi naturale, che cio
Beura, o Bevola, debba il suo nome, come varie altre localit della zona, alla presenza
di una pianta utile e diffusa, la betulla per lappunto, e che sia uno dei tanti toponimi
basati sulle piante della zona. E si commesso uno dei pi gravi peccati che la scienza
etimologica possa commettere, quello di dimenticare che la spiegazione pi
trasparente ed economica quella che ha la maggiore probabilit di cogliere nel
segno.

Ma risulta per noi sorprendente anche il fatto che nel sito del comune di Beura
tra le varie ipotesi relative allorigine del nome se ne accrediti una secondo la quale
Beura, lantica Beola romana, deve il proprio nome alla pi tradizionale pietra
ossolana, la beola. Naturalmente vero esattamente linverso, e si tratta di un dato
di fatto certo e accolto da tutti gli studiosi e i repertori: la beola che deve il suo nome
alla localit ossolana, e non viceversa.
Lingresso ufficiale nel lessico italiano di bola secondo il LEI da ascrivere
allanno 1875, quando la parola compare nel Dizionario universale di Lessona65. Si trova
poi nelledizione 1887 del Petrocchi, in quella del 1892 di Garollo (bvola), poi in
quella 1905 del Panzini (che alla voce bola, bvola offre questa definizione: Bola o
Serizzo appunto il nome dialettale del gneiss (dal tedesco Gneiss), una roccia molto
affine al granito, formata comesso di quarzo, feldspato e mica, ma schistosa, cio

propriet dei terreni di Veveri e la decima si protrarranno per secoli. (dal sito di Veveri:
http://www.veveri.it/antico1.htm).
62
Si tratta di un documento in cui il prete Giselberto, figlio del defunto Doelberto de vico
Vebra (nomi sicuramente di origine longobarda), dona tutti i beni da lui posseduti nel territorio
veverese alla chiesa appena costruita fuori le mura e dedicata a S. Gaudenzio. Il documento cita
alcune case, la curtis, un terreno con abitazione, vigne, campi, prati, boschi, pascoli, stalle, un
mulino e cavi dacqua: esiste quindi gi un villaggio con una corte agricola fortificata dove risiede
un funzionario dipendente dal signore, il ricordato Giselberto, circondato da campi e
boschi.(ibid.).
63
Ricordo che entrambe le grafie Veura e Vebra sottendono una realizzazione [Vevra].
64
Cfr. le ipotesi etimologiche citate in Morani, pp. 257 s.
65
Vol. I, s.v.
160 MORENO MORANI

sfaldabile pi facilmente in una direzione. A Milano si adopera tale pietra


specialmente per fare i gradini delle scale, i piani dei poggiuoli, ecc.66), e poi via via
fino ai nostri giorni67.
Nei lessici dialettali soprattutto di area lombarda, emiliana e piemontese per la
parola appare molto prima, quanto meno a partire dai primi decenni del XIX secolo,
e la connessione col nome della localit indicata in modo pacifico. Citiamo qualche
esempio:
Cherubini, Dizionario milanese, 1814: Beola. Lavagna? Sorta di sasso.
Peri, Vocabolario cremonese italiano, 1847: Bola. Sorta di pietra onde si fanno piani
di ballatoj ecc. Selce di bola, che un paese sul Lago Maggiore.
Malaspina, Vocabolario parmigiano-italiano, 1856: Beola: () Specie di granito con
che si fanno lastrichi ().
Tiraboschi, Dizionario dei dialetti bergamaschi, 1873: Bola Bevola. Specie di gneis
che traesi a Bevola e nei dintorni di Valdossola.
Altre occorrenze della parola si hanno in altri lessici dialettali di parlate lombarde
(pavese, cremasco) ed emiliane (piacentino, parmense).
Anche in testi in lingua italiana la parola compare gi diversi decenni prima. Il
Casalis (1834) d ampio risalto alle cave locali della ricercatissima pietra, nota in
Lombardia sotto il nome di bvola68. Litta Modignani (1841) parla della pietra di
Bvola69.
La connessione tra la localit e la roccia ammessa da tutti i lessici etimologici
italiani, dal DEI70 (che ci fa sapere che il sasso detto anche bgola nel XIX secolo,
senza per indicare la fonte), al DELI di Cortelazzo-Zolli (Da Bola, in Val dOssola
[Bvola nel XV sec. ; localmente Bura]. La voce proviene dallItalia settentrionale,
dov ampiamente diffusa71), al VSI (dal nome della borgata ossolana di Bura,
ricordata nella forma Bvola in doc. del XV sec.)72 e ancora al Grande Dizionario di
Battaglia (Dal nome della borgata di Bola [sic] in Val dOssola)73 e al Vocabolario

66
Panzini, p. 48.
67
Sulle oscillazioni del lemma (bola ~ bvola) si veda il Deonomasticon Italicum, loc. cit.
68
Casalis, v. II, p. 154: Nel monte, appi del quale sta Beura, trovansi molte cave di una
ricercatissima pietra, conosciuta in Lombardia sotto il nome di Bvola, da cui si ha un gran
numero di lastre, varie delle quali sono della lunghezza di oltre a sette metri. Il comune possiede
alcune di queste cave, dallaffittamento delle quali ritrae in ogni anno la somma di Lire 1000.
69
Litta Modignani, p. 27: Pietra di Bvola (stato sardo). Sotto questo nome va in Milano una
grande quantit di gneis che estraesi a Bvola e in diversi altri punti della valle dOssola.
70
DEI I:490.
71
DELI, v. I, p. 192.
72
VSI I, p.354.
73
Battaglia, I 179.
DI PIETRE, PIANTE E PAESI 161

Treccani (beola o bevola. Nome locale di una roccia metamorfica, diffusa in Val
dOssola nella localit di Bura), fino al recente Deonomasticon Italicum di
Schweickard74. Anche repertori di carattere generale come lEnciclopedia Italiana
mettono in relazione la pietra e la localit, pur senza affacciare ipotesi sullorigine
della parola (In geologia, gneiss tabulare micaceo di colore chiaro leggermente
tormalinifero. Giacimento classico a Beura, Val dOssola, con due variet principali).
Sembra quasi che la nascita e il propagarsi della voce sia come esploso nei primi
decenni del XIX secolo. In questo caso la cronologia linguistica viene confermata
dalla cronologia che emerge dalla storia economica. Leggiamo nellarticolo dedicato
a Bola del VSI (e firmato da Broggini)75 che lo sfruttamento sistematico delle cave
di questa pietra relativamente recente. Fin verso il 1850 erano usate quasi
esclusivamente dai patrizi per bisogni immediati e locali. La costruzione di strade e
ferrovie diede vasto impulso al loro sfruttamento. Cos ad esempio lo gneiss di
Cresciano fu utilizzato per la costruzione della strada cantonale del San Gottardo
negli anni 1828-1830. E ancora: Il trasporto di pietre lavorate (granito di Baveno,
marmo di Candoglia) dal bacino del Toce si faceva tradizionalmente, anche per la
parte superiore del Lago Maggiore, su barconi partendo da Beura e Mergozzo.
Per quanto concerne il nome della localit nella quale sono le cave, Stefani
allinizio del XIX secolo fornisce il nome nella forma Beura76. Il Casalis (1834) riporta
il nome della localit come Beura (Bevera)77. Nella Corografia dellItalia di G. B. Rampoldi
(1831) ricorre invece la forma del toponimo Bevola78, che si ritrova anche in Litta
Modignani79. In testi citati nei Documenti minerari degli stati sabaudi80 troviamo per il
1841 la documentazione di una vertenza per le cave di Beula, mentre in un altro
documento del 1840 abbiamo notizia delle cave di pietra a Beura.
Noteremo, per incidens, che mentre nel nome della pietra la presenza di -l- sembra
stabile, nel nome della localit loscillazione fra forma con -l- e forma con -r- non

74
DI, I, pp. 227 s.
75
I, p. 353 s.
76
Stefani, p.128: Beura Comune nel Mand. di Domodossola, da cui dista chilom. 4,08
Industr. Lastre di pietra, estratte dal monte, ricercatissime in Lombardia.
77
Casalis, v. II, p. 254 s.
78
Rampoldi, p. 234: BEVOLA o BEOLA, vill. di Lombardia negli Stati Sardi, prov dOssola,
presso la sinistra riva del Tosa sullantica via che dalla Masone per Prata e Caldezza [sic] conduce
a Domo, dal cui borgo distante 3 miglia ad ostro. Il monte che gli sovrasta verso levante
somministra quelle belle tavole di granito venato da taluni chiamato serizzo, ma dai pi detto di
beola dal nome di questo paese Quella pietra molto usata nel Milanese per le larghe lastre o tavole
che se ne fanno, quindi di grandissimo vantaggio agli abitanti di Bevola, la maggior parte de quali
lavora in quelle cave.
79
P. 27 e p. 50 graniti bianchi [] bvole della Toce, di Bvola, di Locarno.
80
Pipino, p. 134.
162 MORENO MORANI

infrequente. I pi antichi testi che connettono luso della pietra col nome della localit
ritengono scontata lidentit dei due nomi, e quindi direttamente o indirettamente ci
forniscono un indizio circa la sussistenza di una forma Beula ancora nel XIX secolo.
Beura sembra saldamente attestato nella storiografia locale anche in testi antichi: lo
troviamo nella storia di Capis (1673)81 e in quella di Scaciga della Silva (1842)82, e
Beura anche nella Novaria sacra di Bascap83, ma il fatto che in questultima per
letimologia del toponimo venga proposta una forma latina Bibula84 fa presumere che
accanto alla voce comunemente usata (e divenuta poi denominazione ufficiale del
comune) sussistesse una forma Beola o Bevola: infatti Bibula altro non che una
retrolatinizzazione di un Bevola, che a sua volta presume Beola: in forme come Bevola
o Begola poi -v- o -g- non sono altro che espedienti fonetici per risolvere uno iato,
come nel milanese pagra per litaliano paura85. Sembra dunque che ancora nei primi
decenni del XIX secolo vi siano oscillazioni. Nella memoria di S. Breislak sui terreni
dellalta Lombardia (1838) appare bevola come nome sia della pietra sia della localit86.
Nella letteratura tecnica del secolo XIX (edilizia e agricoltura in particolare) il nome
della pietra appare sempre oscillante fra beola o bevola, ma sempre con -l-87.
Limpressione che Beura sia la forma prevalente nei testi locali, mentre Bvola il
nome pi diffuso in testi scritti da autori che non hanno diretta competenza della
parlata locale o della forma assunta in loco dal toponimo, quasi che una forma pi
antica e primitiva, eliminata in sede locale, abbia resistito pi fortemente nelle aree
esterne alla localit.

81
P. 117.
82
P. 12 e p. 49: Vogliono gli eruditi che Beura e Cardezza si chiamassero nei bassi tempi col
nome di Della Guardia.
83
Bascap, p. 207: Postea Beura, interposita tamen Cardetia, quae alte in monte posita a
Beura divisa est.
84
Quod Beura lingua patria est, hoc fortasse latina Bibula. Parvi sunt hi pagi.
85
Sullincertezza tra Beola e Bevola istruttiva la situazione che ancora oggi esiste nel comune
di Baceno, dove esistono due localit chiamate Bevola e Beola: non chiaro, dalle carte e dalle
mappe locali, se si tratti di due localit contigue o di due diverse denominazioni della stessa localit
(come si vede p.es. nella mappa di Tuttocitt). (Nessuna delle due denominazioni reperibile nelle
carte dellIGM).
86
Breislak, p. 53: Il gneis (conosciuto in questa parte della Lombardia sotto la denominazione
plateale di bevola, derivata dal nome di quel paese della valle dellOssola, dove si estrae per gli usi
dellarchitettura) considerato generalmente come una roccia composta degli stessi elementi del
granito.
87
Uno spoglio esauriente di questo materiale ancora da completare, ma una prima
informazione si pu ottenere interrogando in rete digitando beola o bevola nei principali motori di
ricerca.
DI PIETRE, PIANTE E PAESI 163

Con questo il nostro viaggio ideale terminato. Siamo partiti da una voce indiana
indicante una lacca di origine vegetale e siamo passati allestremit opposta del
mondo indoeuropeo, nellEuropa occidentale. Dalla base originaria abbiamo visto
nascere e quasi germogliare derivazioni che ci hanno portati in ambiti semantici
molto diversi. Sul nome della resina costruito il nome della pianta; poi, come spesso,
il nome della pianta viene usato nella toponomastica. Una delle localit il cui nome
tratto dalla pianta diventa famosa per le cave di pietra che si trovano sul suo
territorio, una pietra utile, bella e largamente diffusa, il cui commercio d prestigio e
fama alla localit stessa. La pietra prende cos il nome dal luogo da dove viene
ricavata, tanto che viene designata col nome della localit stessa. Per quanto il nome
sia della localit sia della pietra subiscano alterazioni e mutamenti, il rapporto
reciproco non viene mai messo in discussione.
Abbiamo cos trattato di resina, di piante, di paesi, di pietre, evocando
marginalmente pipistrelli e bitume, letamai e fiocchi di neve, pece e siero di latte: il
nostro viaggio ci ha fatti passare per lingue e ambiti culturali diversi e ha proposto
scenari e contesti quanto mai vari. Sono le meraviglie delletimologia, scienza di
grande importanza nello studio della storia umana e culturale, a patto che si sappiano
considerare e coniugare in modo realistico ed equilibrato le esigenze delle
trasformazioni fonetiche (rispettandone con cautela il divenire) e le vicende
semantiche, talora perfino sorprendenti, connesse con la storia delle forme.

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