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03 Filologia romanza
Grandi metodologie che hanno guidato la riflessioni e gli studi sulle lingue. La filologia e la linguistica
romanza nascono come discipline alla fine del ‘700, a partire dal periodo positivista-romantico; però
esiste una preistoria della filologia → attenzione già esistente verso lingue e culture di derivazione
latina. Preistoria che si inserisce all’interno di paradigmi che guidano la ricerca [paradigmi: visioni
dei fatti scientifici che guidano la ricerca in determinati momenti, essi cambiano in quanto vi sono dei
risultati che ne sanciscono la fine del paradigma vecchio e la nascita di uno nuovo, definito più
attendibile].
E’ importante tener conto delle metodologie perché è importante comprendere la storia della
disciplina (i grandi nomi che l’hanno segnata, le problematiche ecc) e soprattutto perché attraverso
lo studio delle varie metodologie si può meglio capire di cosa si sta parlando, grazie al
possedimento di strumenti che ci consentono di andare più a fondo ​≠ nozioni.
Anche per la linguistica si parla di paradigmi di riferimento:
Prima visione, classica, riflessione pre filologica che va dal XII sec fino al ‘700: si rifà alla visione di
Aristotele di vedere il greco, secondo questa visione c’è una lingua alta, considerata migliore. Ad
esempio, il latino, ha prodotto la letteratura classica, è considerata la lingua “giusta”; esistono delle
grammatiche per regolare il corretto uso della lingua. Norme per la corretta espressione linguistica,
tutto quello che non rientra nelle norme linguistiche è considerato in termini negativi. Inizialmente, i
cambiamenti che sono avvenuti dal latino tardo al latino classico vengono percepiti come
corruzione, in modo negativo.
Permane l’idea che vi sia una lingua migliore, elevata e “giusta” descritta e prescritta da
grammatiche ben precise che consentono di scrivere seguendo le giuste norme linguistiche.
Primi studiosi che si occupano dell’elaborazione di grammatiche per lingue romanze → una delle
prime lingue ad essere usata è la lingua provenzale, la lingua dei trovatori, considerata matrice della
lirica romanza (dal sud della FR si sviluppa in tutti i territori romanzi) e di grande impatto culturale. E’
su questo tipo di produzione che si creano grammatiche → manuali descrittivi sulla lingua
provenzale e in cui vengono fornite delle norme. La riflessione di Dante è di fondamentale interesse,
riflette sulle lingue d’oil, d’oc e del sì ritenendo che sia importante dare delle norme.
Prima di Dante, va ricordata, tra fine XII/XII, la grammatica “Razos de Trobar” (le regole della
poesia) del catalano Raimond Vidal de B? in cui dà dei precetti linguistici su come si deve scrivere e
utilizzare la lingua sull’esempio della grande poesia dei trovatori. Riflessione contemporanea alla
diffusione della poesia dei trovatori.
Alla corte aragonese di Sicilia, Gioffrè de Foix? fa una sua versione di Razos de Trobar intitolata
“Regles de Trobar” ed ha la stessa impostazione del modello di riferimento.
In Italia settentrionale spicca “Il Donato Provenzale”: Donato era un grammatico latino, Donato per
antonomasia indica la grammatica.
Grammatica in area francese, iberica… Tutte grammatiche incentrate sullo studio della lingua
provenzale.
Grammatica di Antonio de Nebrija, XV sec, prima grammatica a stampa.
Prima grammatica del portoghese di Oliveira.
Riflessione linguistica che si sviluppa, in particolare, in periodo Umanistico, chiamato paradigma
classico perché si recupera visione della lingua e della cultura di tipo classico e, dunque, legato alla
latinità e alla grecità → cultura alta che viene analizzata, non vengono considerati oggetto di studio
principali i cambiamenti e le trasformazioni della lingua, anzi sono considerati in termini negativi
come allontanamento dalla norma.
Teorie del XV sec di Leonardo Bruni e Biondo Flavio (più vicina alle soluzioni a cui è giunta la
linguistica successiva). Secondo Bruni: nell’Imp. Romano non si parlava una lingua unica, ma lingua
dei dotti (latino) e quella del popolo (lingua diversa dal latino), percezione esistenza due lingue
diverse. Teoria superata da Biondo Flavio che considerava il latino come lingua articolata unica, ma
modulata a seconda dei registri linguistici → lingua unitaria, ma manifestazioni sia di tipo culturale e
dunque più alte sia legate alla comunicazione meno elevata e alla stratificazione sociale dei parlanti.
Teoria che si avvicina a ciò che verrà successivamente elaborato e studiato in maniera più
scientifica.
Flavio capisce che il volgare è la trasformazione del latino; nella sua riflessione così come in quella
di altri pensatori del secolo, emerge l’idea che si tratti di un processo di corruzione/degrado
linguistico → dal latino, lingua superiore, si assiste alla corruzione linguistica, in quanto ci sono
elementi che esulano dalla norma (visione negativa), il cui risultato è la nascita delle lingue
romanze. Non è una visione storica secondo cui vi sono diverse fasi segnate da trasformazioni, ma
si parla in termini negativi di degradazione. Secondo questa concezione non c’è spazio per ciò che
devia dal latino, lingua “giusta” ≠ ​ ​linguistica moderna che si interessa dell’evoluzione. Latino=
grammatica, lingua di riferimento. Non è un’analisi che si concentra sugli sviluppi, movimenti e
complessità linguistiche, ma sugli esempi di lingua normativa.
La riflessione di Dante si distacca da quelle di questi pensatori, in quanto considerava in termini
positivi l’esprimersi in volgare, in altre lingue.
Oltre agli studiosi che hanno attenzionato l’aspetto linguistico, ad esempio creando grammatiche, ci
sono altri studiosi che si sono soffermati sull’aspetto letterario concentrandosi prevalentemente sulla
poesia dei trovatori. I primi studi di letteratura romanza nascono sulla base delle opere provenzali.
Dei poeti provenzali si occuparono il Cariteo (Benedetto Garett intellettuale catalano che operava
alla corte aragonese di Napoli), Colocci e Giovanni Maria Barbieri.
Barbieri: ‘500, opera “L’arte del rimare” in cui si concentra sulla produzione provenzale. Barbieri era
anche un editore dei testi trobadorici, cercava manoscritti per poi pubblicarli. Fu l’unico che riuscì a
pubblicare delle poesie dei poeti della scuola siciliana nell’originale siciliano. Le poesie della scuola
siciliana vennero scritte alla corte di Federico II sull’orma della poesia trobadorica (rime baciate, ad
es) → non sono pervenuti manoscritti assemblati/ricopiati da copisti siciliani, ma toscani → il sistema
vocalico del siciliano (vocali tutte aperte), diverso da quello toscano, viene “toscanizzato” e si crea
un sistema di rime non perfette, ciò ha creato dei problemi interpretativi, molti studiosi si sono
interrogati sul perché i poeti siciliani non utilizzassero rime perfette. A partire dal lavoro di Barbieri si
comprende che, in realtà, i testi originali avevano delle rime baciate perfette. Pubblicò, ad esempio,
la canzone di Stefano Protonotaro “Pir meu cori allegrari” in siciliano originale che ci fa capire come
funzionava una lirica siciliana in siciliano.
La medievistica italiana è stata sempre oggetto di studio importante, in ambito francese e spagnolo
non è avvenuto lo stesso, le opere medievali sono state riscoperte e valorizzate solo a partire
dall’Ottocento → ad es, il Cid viene riscoperto nell‘800. Tutta la letteratura medievale in Spagna
acquisisce importanza a partire dall’800. Lo stesso vale per la Francia, la Chanson de Roland non
venne considerata per secoli → pubblicazione del manoscritto di Oxford, il più importante, risale
all’800. L’Italia è stata sempre legata, sin dal periodo dell’umanesimo/rinascimento, alla sua
tradizione medievale, sia per la grandezza di Dante, Petrarca e Boccaccio sia per la specificità della
storia culturale italiana ≠ Francia e Spagna.
Figura altrettanto fondamentale è Pietro Bembo con “La prosa della volgar lingua” per la nascita
dell’italiano.
19.03 Filologia Romanza
Paradigma linguistico “classico” che si fa risalire al pensiero greco. Fino alla fine del ‘700 è centrale
questa visione della lingua.
Fino al ‘700 si parla però di una fase pre-metodologica, una sorta di preistoria, in cui gli studi
linguistici, grammaticali e letterari non vengono affrontati con rigore e metodo, ma sono frutto di
studi individuali ed osservazioni di eruditi che si approcciano allo studio di testi e di lingue senza far
parte di vere e proprie scuole e non seguendo dei metodi fissati.
L’800 è fondamentale sia per le filologie, in particolare per la filologia romanza. Secoli in cui la
disciplina “filologia romanza” nasce, con un suo ​metodo​, oggetti di studi e strumenti. Si parla di
paradigma “storico-comparativo”.
II ​metodo​: differisce dal primo perché se nella visione classicistica ogni mutamento dalla norma
linguistica era considerato come una decadenza, qui è visto come oggetto di interesse e si
concentrano gli studi sulla storia e i cambiamenti della lingua.
Siamo in periodo Romantico → si recupera l’importanza della storia, dei popoli e delle loro identità,
ricerca delle loro radici e storia, interesse che viene esteso anche alle lingue, in quanto la lingua
viene vista come un elemento fortemente identitario.
Si studia nascita lingue romanze, evoluzione e rapporto con lingua madre = latino.
Insieme al Romanticismo, verso la fine del ‘700, si sviluppa in anche il Positivismo che predilige un
approccio più scientifico, rigoroso e metodologico. Modello che viene applicato ad ogni ambito del
sapere, caratterizzato dalla ricerca dell’oggettività, formulazione ipotesi e continue verifiche per
dimostrare scientificamente la tesi sostenuta. Anche a linguistica viene coinvolta in questo tipo di
visione. I metodi positivisti che si sviluppano vengono applicati anche alla linguistica. Oltre, dunque,
al recupero e alla valorizzazione della dimensione storica della lingua, c’è anche un’attenzione
metodologica-scientifica.
Talvolta si tratta di una visione troppo “scientifica” che non tiene conto dei fenomeni storici, sociali.
Fiducia assoluto nei risultati scientifici, caratteristica tipica del Positivismo.
Linguistica ottocentesca definita anche linguistica storico-comparativa.
Durante questo periodo viene scoperta la lingua sanscrita, l’antica lingua della letteratura classica
indiana. Lingua molto formalizzata e letteraria. Si scoprono delle grandi affinità tra questa lingua e
lingue antiche della tradizione europea, greco e latino, e le principali lingue moderne.
Approccio di tipo comparativo perché gli studiosi si soffermano ad analizzare le analogie e
somiglianze tra queste lingue ​≠ paradigma classico in cui si sceglie una lingua superiore più
autorevole e valida che funge da guida per le altre (prima greco, latino e poi, tra le lingue romanze, il
provenzale).
Lo studio del sanscrito e del suo rapporto con il greco, latino e altre lingue moderne ha innescato
una ricerca che ha poi rintracciato una parentela antichissima tra queste lingue → ipotesi
appartenenza ad un’unica grande famiglia linguistica che poi si è diramata in famiglie linguistiche più
piccole. Madre comune di molte lingue: indoeuropeo.
L’indoeuropeo non è una lingua esistente/attestata, è il frutto della ricostruzione degli studiosi
facendo riferimento alle lingue “figlie” attestate e riconosciute. Ipotesi linguistica postulata dall’analisi
delle lingue derivate (analisi al rovescio).
Indoeuropeo: sanscrito, lingue celtiche (irlandese, gaelico, bretone), latino e antiche lingue italiche,
lingue slave (russo, polacco, bulgaro), lingue iraniane (persiano e indiano), armeno, greco, lingue
germaniche (tedesco, inglese, olandese), lingue baltiche (lituano, lettone).
Linguistica romanza in parte ricostruttiva perché sebbene le lingue romanze abbiano origine dal
latino, lingua attestata, non derivano direttamente dal latino classico (attestato nei testi dei grandi
autori), ma è più che altro una continuazione del latino tardo, volgare, di cui non sempre ci sono
testimonianze scritte, pertanto, in assenza di testi, va ricostruito.
Grammatiche di metodo storico-comparativo
Non più grammatiche di tipo normativo, ma grammatiche che studiano i cambiamenti e i rapporti
delle lingue.
La “Deutsche Grammatik” (1819) di Grimm è la prima grammatica e divenne modello fondamentale
per le grammatiche successive.
Friedrich Diez viene considerato il padre della disciplina, quindi primo filologo.
Raynouard è stato un grande punto di riferimento con la sua opera “Choix des poésies originales
des troubadours” (1816-21) → ipotesi secondo cui le lingue romanze non discendono direttamente
dal latino attraverso delle trasformazioni, ma sostiene l’esistenza di una lingua intermedia che
identifica con il provenzale, da cui derivano tutte le lingue romanze in seguito. Identifica il provenzale
con la “romana rustica lingua” lingua del primo testo romanzo per eccellenza → I giuramenti di
Strasburgo. Testo in 3 lingue: latino, una lingua germanica e una romanza. Tesi di R smentita, tra
coloro anche Diez il quale sostiene che sia il latino ad essere la fonte da cui hanno origine le lingue
romanze.
Diez ha superato questo tipo di visione proponendo la derivazione delle lingue romanze dalla
trasformazione del latino, lingua variegata e variata al suo interno. “Grammatica delle lingue
romanze” opera importante perché è la prima grande grammatica delle lingue romanze con metodo
storico-comparativo. E’ autore anche di “Dizionario etimologico delle lingue romanze” in cui si
mettono a confronto le parole delle lingue romanze e contiene anche una ricerca etimologica.
Il nome della disciplina si deve a Gustav Grober e la sua opera “Compendio di filologia romanza”
(1904) che sembra utilizzare per primo la dicitura “filologia romanza”, che inizia a diventare una
disciplina ben riconoscibile.
Diez, nelle sue grammatiche, riprende il metodo di comparazione che aveva usato Grimm per le
lingue germaniche. Comparazione sia a livello lessicale, fonetico e morfologico → con questi studi si
riesce a capire l’evoluzione dal latino alle lingue romanze.
I neogrammatici
All’interno di questo periodo, seconda metà dell’800, si sviluppa una visione detta dei
“neogrammatici” in cui l’interesse per i cambiamenti linguistici fa dei passi avanti.
Un importante autore è Schleicher con la sua opera “La teoria di Darwin e la linguistica” riprendendo
le teorie evolutive di Darwin e applicandole alla linguistica. L’evoluzione della lingua non viene
avvertita come un processo storico, ma naturale. La lingua viene percepita come un organismo
vivente; l’uomo è un essere vivente e così anche il suo canale espressivo-comunicativo che ha delle
sue leggi fisiche ed evolutive. La lingua è considerata parte della biologia umana e pertanto viene
analizzata come se avesse delle leggi biologiche proprie di cambiamento e alla crescita.
Questa visione biologica della lingua, però riduce notevolmente lo spettro di questo fenomeno
linguistico → la lingua ha tante dimensione (rapporti con la storia, relazioni sociali tra i parlanti,
contatti geografici), di cui quello biologico è una delle manifestazioni, ma non si può ridurre solo a
questo livello.
Le nozioni coniate dai neogrammatici sono interessanti ma vanno “indebolite” e non viste nella loro
ottica e percepite come fisse, sicure, immancabili; devono essere viste come delle tendenze che
presentano notevoli eccezioni dovute al fatto che la lingua è un meccanismo complesso e non solo
biologico.
Categorie:
- leggi fonetiche: “ogni mutamento fonetico fino a dove procede meccanicamente, cioè non per
analogia, si compie secondo leggi ineccepibili (sicure, immancabili)”. Un mutamento che
avviene in determinate condizione si produce sempre, a meno che non interferiscano degli
elementi di analogia o differenziazioni linguistiche. Seconda questa concezione, nel francese
vige una legge fonetica ben precisa: la a tonica del latino, in sillaba libera in fr cambia in e →
mare che diventa mer. Legge fonetica che funziona, ma presenta comunque delle interferenze
ed eccezioni, quindi va considerato come uno strumento.
- analogia: elemento di disturbo della regolarità; è quel fenomeno di tipo psicologico per cui i
parlanti tendono ad uniformare le forme seppur seguano altri esiti. Ad es, per quanto riguarda il
plurale della 1 persona dei verbi in ita → -iamo, sarebbe dovuta essere -emo rievocando la
forma latina in -emus. Forma che prevale sulle altre ed estesa per analogia anche in contesti
dove avremmo dovuto trovare la regolare forma in -emo.
Frutto riflessione dei neogrammatici e strumenti tutt’oggi usati, sebbene modificati, ampliati e
perfezionati.
All’interno di questa visione “neogrammatica” risalta l’opera di grande riferimento “Dizionario
etimologico romanzo” - Meyer-Lubke.
Una visione diversa da quella neogrammaticale è la dialettologia romanza, entrambe rientrano nel
paradigma storico-comparatistico. Studia i vari raggruppamenti linguistici all’interno del panorama
romanzo, c’è un’attenzione, oltre alla storia, ai riferimenti spaziali tra le lingue.
Ascoli nella sua opera “Saggi ladini” individua, attraverso gli studi dialettologici, un gruppo di parlate
che, presentando dei fenomeni linguistici affini, viene considerato un gruppo linguistico delle lingue
romanze → gruppo ladino.
Approccio che esamina le variazioni spaziali, attenzione di tipo geografico ai fenomeni linguistici.
[In linguistica, con dialettologia si fa riferimento allo studio delle varietà linguistiche di un territorio
non ufficiali e maggioritarie → varietà linguistiche non riconosciute che non vantano del
riconoscimento ufficiale o importanza politica tali da essere lingue nazionali.
In Italia, le varietà linguistiche come il siciliano sono considerate discendenti direttamente dal latino;
lingue romanze che derivano dal latino.
Un altro autore importante è Schuchardt, colui che dà l’etichetta di “latino volgare” alla lingua a cui
far risalire la nascita delle lingue romanze. Latino parlato dal popolo e tardo, perché si sviluppa a
ridosso della fine dell’Imp. Romano. Essendo un latino tardo ha in sé le differenziazioni geografiche
legate alla vastità territoriale dell’Imp.
Con Sch si rafforza anche il metodo ricostruttivo.
Diez si concentra sugli esiti delle lingue romanze a partire dal latino attestato ≠ Sch, approfondendo
il latino volgare, comprende che le lingue romanze non affondano le loro origini nel latino
documentato, ma volgare. Usa metodo ricostruttivo → guarda varie forme linguistiche delle lingue
romanze rendendosi conto che non possono derivare dal latino attestato e, rintracciando le affinità
tra le varie lingue, postula la forma corrispondente così come doveva esistere nel latino volgare.
Sch è anche l’ideatore della teoria delle onde → teoria applicata alla lingua, un fatto/fenomeno
linguistico che parte da una zona, esso si propaga in senso orizzontale anche nelle aree
geografiche vicine a raggiera; via via che ci si allontana dal centro, arriva in maniera più flebile,
meno avvertibile. La teoria delle onde quindi si sofferma sul mutamento linguistico (soprattutto
lessicale) nella sua dimensione geografica, orizzontale: cambiamenti linguistici in una zona che si
espandono anche nelle aree circostanti perdendo il suo effetto con la lontananza.

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