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università di bologna

dipartimento di paleografia e medievistica

dpm quaderni
dottorato 7

La tarda antichità
tra fonti scritte e archeologiche
a cura di

Paola Galetti
dpm quaderni
dottorato 7
La tarda antichità
tra fonti scritte e archeologiche
a cura di
Paola Galetti
contributi di
Paola Galetti
Domenico Vera
Alexandra Chavarría Arnau
Giuliano Volpe
Valerio Lieto Neri
© 2010
Copyright by Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna
e Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna

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tico-ottici senza il consenso scritto dei detentori dei diritti.

Tarda (La) antichità tra fonti scritte e archeologiche / a cura di Paola Galetti, contributi di Paola Ga-
letti, Domenico Vera, Alexandra Chavarría Arnau, Giuliano Volpe, Valerio Lieto Neri – Bologna :
CLUEB, 2010
105 p. ; ill. ; 21 cm
(Quaderni del Dipartimento di Paleografia e Medievistica, dottorato ; 7)
ISBN 978-88-491-3240-3

Progetto grafico copertina: Tunabites, Bologna

CLUEB
Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna
40126 Bologna - Via Marsala 31
Tel. 051 220736 - Fax 051 237758
www.clueb.com
Finito di stampare nel mese di settembre 2010
da Studio Rabbi - Bologna
SOMMARIO

PAOLA GALETTI
Osservazioni sul Tardoantico ........................................................... 7

DOMENICO VERA
«Schiavi della terra» nell’Italia tardo antica ...................................... 15

ALEXANDRA CHAVARRÍA ARNAU


Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica: documen-
tazione testuale e fonti archeologiche ................................................. 35

GIULIANO VOLPE
Aristocratici, imperatori e vescovi nelle città e nelle campagne dell’“Apulia”
tardo antica .................................................................................... 55

VALERIO LIETO NERI


La percezione del corpo barbarico nell’Occidente tardo antico (IV-VI
secolo) ........................................................................................ 81
ALCUNE OSSERVAZIONI SULLE CHIESE RURALI
DI EPOCA TARDO ANTICA: DOCUMENTAZIONE TESTUALE
E FONTI ARCHEOLOGICHE

ALEXANDRA CHAVARRÍA ARNAU

1. Nelle prime decadi del V secolo, almeno nelle campagne, il cristianesi-


mo non costituiva ancora la religione dominante e la sua diffusione era tut-
t’altro che omogenea. I testi mostrano come ampi settori delle comunità
agricole continuassero a praticare sacrifici, riti divinatori e a venerare le di-
vinità pagane, soprattutto quelle legate a rituali propiziatori della fertilità
della terra, come Diana, Marte o le Ninfe1. Secondo Massimo di Torino
agli inizi del V secolo il territorio (nel Piemonte) era ancora infestato dal pa-
ganesimo e “dovunque si girasse, uno non poteva non vedere altari, augu-
ri pagani e teste di pecore appese alle porte delle case”2.
La documentazione archeologica mostra inoltre come la presenza del
paganesimo in campagna non sia, almeno per il IV e V secolo, da attri-
buire soltanto alla persistenza di pratiche pagane tra la classe contadina.
La presenza di templi tardoantichi monumentali legati a ville3 ci infor-
mano sulla sopravvivenza dei culti pagani tra le aristocrazie proprietarie
che utilizzavano questi edifici come strumenti per esprimere identità e
potere4.
Nel libro XVI del Codice Teodosiano numerosi decreti proibiscono le
pratiche di carattere eretico e i sacrifici5. In particolare la legge XVI, 10, 12

1 Alcune riflessioni sulle principali festività pagane celebrate in campagna e sul loro pro-

cesso di cristianizzazione in GOLINELLI 1987, pp. 243-248.


2 Sermo 91, 25-30: Vbique offenditur christianus oculus, ubique mens devotissima uerbe-

ratur, quocumque te uerteris aut aras diaboli perspicis aut auguria profana gentilium aut pecu-
dum capita adfixa liminibus, nisi quod ille sine capite est qui haec in re sua perspicit fieri nec
emendat.
3 Come ha sottolineato Béatrice Caseau, molti templi rurali erano edifici di carattere pri-

vato appartenenti a famiglie aristocratiche e potevano essere costruiti (o demoliti) senza una
specifica autorizzazione dello Stato, il che spiega una più lunga sopravvivenza rispetto ai
templi urbani (CASEAU 2004).
4 Riflessioni a questo riguardo in BOWES 2006.

5 Edizione e analisi di queste leggi in DELMAIRE 2005.


36 Alexandra Chavarría Arnau

del 392 impone ai domini che permettevano la pratica di sacrifici una mul-
ta eguale a quella imposta al sacrificante6. Sicuramente facendo leva su que-
sta legge Massimo di Torino (Sermo 107)7 critica duramente la complicità
dei possessores che permettevano la celebrazione di pratiche idolatriche nei
loro possedimenti, perchè secondo lui i domini avevano il compito di sor-
vegliare la popolazione che abitava nelle loro terre e la loro coniventia li fa-
ceva diventare altrettanto colpevoli quanto quelli che celebravano riti e sa-
crifici. Sulla stessa linea, vescovi come Zeno di Verona8 o Gaudenzio di Bre-
scia9 si lamentavano nei loro sermoni dei proprietari che fingevano di igno-
rare i templi esistenti nei loro praedia.
Dall’evidenza scritta si evince come le autorità, tanto ecclesiastiche co-
me civili, si limitassero a responsabilizzare i potentes affinché nelle loro pro-
prietà non venissero effettuati riti pagani (in particolare sacrifici) né venis-
sero commessi atti di idolatria10. Ma raramente incoraggiano i proprietari
a costruire chiese rurali11.
I testi riferiscono i nomi di alcuni aristocratici che si impegnarono nel-
la costruzione di edifici di culto nelle loro proprietà12. Il più noto è sicura-
mente Sulpicio Severo notabile della Gallia e amico del vescovo Paolino di
Nola che avrebbe costruito un complesso ecclesiastico nelle vicinanze di
Tolosa consistente di tre edifici: due chiese e un battistero la cui costruzio-
ne si data tra la fine del IV e gli inizi del V secolo13. Per l’Italia sono parti-

6 Sin vero in templis fanisve publicis aut in aedibus agrisve alienis tale quispiam sacrificandi

genus exercere temptaverit, si ignorante domino usurpata constiterit, viginti quinque libras auri
multae nomine cogetur inferre, coniventem vero huic sceleri par ac sacrificantem poena retinebit.
7 CC 23, pp. 420-421.

8 In praediis autem vestris fumantia undique sola fana non nostis quae, si vera dicenda sunt,

dissimulando subtiliter custoditis. Probatio longe non est. Ius templorum ne quis vobis eripiat,
cotidie litigatis (Tractatus 1, 25, 6, CCL 22, p. 75).
9 Tractatus 13, 28 (CSEL 68).

10 In questo senso si vedano già le opportune riflessioni di SANNAZARO 1990, pp. 20-28.

11 In Oriente Giovanni Crisostomo, circa l’anno 400 d.C., esortava le aristocrazie di

Costantinopoli a costruire delle chiese nelle loro ville invece di balnea e fora, enumerando i
benefici che la presenza di questi edifici avrebbe avuto per i contadini, per i possedimenti e
per i proprietari stessi: Homiliae in Acta Apostolorum, XVIII (PG LX, cols. 147-150) Ho-
miliae in Acta Apostolorum, XVIII (PG LX, cols. 147-150).
12 Una sintesi recente sull’attività evergetica di questi personaggi e le loro esperienze cri-

stiane in SFAMENI 2006 con ampia bibliografia.


13 PAOLINO DI NOLA, Epistolae XXX, XXXI, XXXII. Verso la metà del V secolo si data

il sacrarium che, secondo Sidonio Apollinare, possedeva Consenzio nell’ager Octavianus


Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 37

colarmente noti personaggi come Demetriade, appartenente alla famiglia


degli Anici, promotrice verso la metà del V secolo di una basilica dedicata
a S. Stefano “in predio suo” al III miglio della via Latina14, o Flavius Valila
che nel 471 fece costruire una chiesa nei suoi possedimenti nei dintorni di
Tivoli e la dotò con terre e rendite per assicurare il mantenimento del suo
clero e l’illuminazione dell’edificio15.
Nei tre esempi citati si osserva come i promotori contavano sull’appro-
vazione e l’appoggio delle autorità ecclesiastiche, sicuramente perché, pur
trattandosi di chiese costruite con fondi privati, questi edifici erano parte
integrante di un programma di organizzazione della rete ecclesiastica strut-
turata dai vescovi per servire alle necessità pastorali delle comunità rurali16.
Questo processo si sviluppa in alcune zone dell’Italia nel corso del V secolo:
risalgono all’epoca di Innocenzo I (401-407) le prime testimonianze di una
suddivisione del territorio diocesano in circoscrizioni parrocchiali, organiz-
zazione che all’epoca di Gelasio (483-492) era già abbastanza articolata17.
Per quello che riguarda le vite di santi evergeti che vissero tra IV e V se-
colo, già Ch. Pietri18 avvertiva del carattere piuttosto letterario (e non sto-
rico) di questi testi, rimarcando gli anacronismi e il milieu (circoli clerica-
li) in cui furono scritti. Più che mostrare una situazione reale, i testi agio-
grafici rispecchiano i pregiudizi e le aspirazioni degli ecclesiastici soprat-
tutto per quello che si riferisce all’evergetismo aristocratico19. In generale
questi testi descrivono le enormi donazioni fatte da nobili tardoantichi, ma
raramente fanno riferimento al loro coinvolgimento nella costruzione di
chiese. Nei pochi casi in cui viene loro attribuita la costruzione di un edi-
ficio di culto, l’iniziativa appare strettamente controllata e gestita dalle au-
torità ecclesiastiche.
La fondazione di spazi di culto cristiano in campagna da parte di priva-
ti si moltiplica a partire del VI secolo, quando il ricordo della costruzione

(Epistolae VIII, 4, 1) e la Cantillensem ecclesiam costruita da un altro corrispondente di Si-


donio (Germanico) nella sua proprietà (Epistolae IV, 13, 1). Sulla Gallia si veda in partico-
lare PIETRI 2005.
14 Ampia analisi di questo episodio in FIOCCHI NICOLAI 2007.

15 Liber Pontificalis CXLVI.

16 Della stessa opinione (almeno per quanto riguarda l’area laziale) FIOCCHI NICOLAI

2007.
17 FIOCCHI NICOLAI; GELICHI 2001, p. 304.

18 PIETRI 1981.

19 Come nel caso di Melania Iunior (cfr. GIARDINA 1988).


38 Alexandra Chavarría Arnau

di oratoria, oracula, aulae e complessi più impegnativi diventa frequente


nella documentazione testuale ed epigrafica20. La moltiplicazione di questi
edifici, in alcuni casi piccole cappelle funerarie ma in altre occasioni im-
portanti nuclei cultuali monumentali, indusse le autorità ad imporre il lo-
ro controllo su di essi.
In Oriente21 la prima legislazione per regolare il funzionamento delle
chiese costruite da privati e i diritti dei loro fondatori viene emessa nel Con-
cilio di Calcedonia (451) nel quale si stabilisce che le dotazioni fatte dai
fondatori erano irrevocabili e che le chiese dovevano rimanere sempre sot-
to l’autorità del vescovo locale. Una successiva disposizione di Leone I del
459 (CJ 1, 3, 26) prevede che gli oratori potessero essere fondati soltanto
dopo l’approvazione del vescovo locale22. Nell’ultimo quarto del V secolo
viene emessa la prima legislazione civile, relativa alla costruzione di chiese
da parte di privati, che regolamenta le donazioni che dovevano essere lega-
te alle chiese da loro fondate23.
In Occidente24 le prime norme relative alle chiese costruite in posses-
sionibus propriis provengono dall’epistolario di papa Gelasio (492-496) il
quale stabilisce che nessuna chiesa di nuova fondazione può essere con-
sacrata senza l’autorizzazione del papa (sine summi pontificis auctoritate ec-
clesiam conditam non posse dedicari). Gli edifici dovevano inoltre essere re-
golarmente consacrati dal vescovo25, dopo di che l’edificio passava sotto
il controllo della Chiesa e il fondatore non aveva altro diritto che quello
di accedervi26. Tuttavia alcuni documenti, in particolare di tipo epistola-

20 Numerosi esempi in PIETRI 2005.


21 THOMAS 1987, pp. 37-39.
22 CJ 1, 3, 26.

23 CJ 1, 2, 15 dell’imperatore Zenone.

24 Sull’evoluzione della legislazione ecclesiastica relativa alle chiese private in Italia tra tar-

doantico e altomedioevo rimane imprescindibile il lavoro di VIOLANTE 1982 così come gli
articoli che Ch. e L. Pietri hanno dedicato a questo tema (da ultimo PIETRI 2002). Su que-
sto tema si veda adesso il volume di WOOD 2006.
25 Epistola 33: Certum est quidem et nostris praeceptionibus costitutum ne quis in ecclesia

aut in oratorio, quod sedis nostrae non legitur permissione dedicatum, processionem publicam pu-
taret impendi, ne conditores furtivis subreptionibus contra regularum statuta posilirent (THIEL
1867, p. 448).
26 Nella Epistola 35 autorizza a consacrare l’oratorio che un laico aveva costruito per

propria devozione su un terreno di cui era proprietario (Trigetius huius petitorii nobis insi-
nuatione suggessit, in re sua quae Sextilianus vocatur basilicam se (in honorem) sanctorum Mi-
chelis Archangeli et Marci confessoris pro sua devotione fundasse. Et ideo, frater carissime, si ad
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 39

re, riflettono come gli aristocratici continuavano a dotare le loro pro-


prietà di strutture cultuali. Come i sepolcri (intesi come cappella fune-
raria?) che una spectabilis femina aveva costruito nella sua proprietà nel
territorio di Sora (Lazio) secondo quanto riferisce il papa Gelasio alla fi-
ne del V secolo27.
In epoca successiva la legislazione ecclesiastica relativa alle fondazioni
private tende a farsi più restrittiva28. Il papa Pelagio ordina drasticamen-
te che mai vi possa essere costruito un battistero e intima al vescovo di non
insediarvi un prete stabile perché negli oratoria si potevano celebrare so-
lo cerimonie di carattere strettamente privato. Indicazione che sarà ripre-
sa da Isidoro di Siviglia nelle sue Etimologie: Oratorium orationi tantum
est consecratum, in quo nemo aliquid agere debit nisi ad quod est factum:
unde et nomen accepit 29. Nel caso che il fondatore volesse celebrare una
messa doveva chiedere l’invio di un prete direttamente al vescovo30. La
ripetitività di queste prescrizioni indica sicuramente l’esistenza del feno-
meno ma non c’è dubbio che le autorità ecclesiastiche ne erano contrarie
soprattutto quando la chiesa era concepita come luogo di riunione pub-
blico.

2. Dal punto di vista dell’evidenza archeologica, l’analisi della cristianizza-


zione delle campagne e delle chiese costruite da privati si presenta come un
tema complesso a causa della difficoltà di precisare la data di costruzione dei
primi edifici di culto. Molte chiese furono indagate prima della diffusione
del metodo di scavo stratigrafico, in generale i materiali datanti sono scar-
si e tante datazioni sono fatte sulla base di criteri stilistici (relativi a pavi-
mentazioni musive o materiale scultoreo) o tipologici (rispetto alla pianta
delle chiese o delle vasche battesimali). Molte cronologie proposte oscilla-
no dunque tra i secoli V e VIII31.

tuam pertinet paroëciam, benedictionem supramemoratae basilicae sollemni veneratione depen-


de) (THIEL 1867, p. 449) (VIOLANTE 1982, pp. 984-985).
27 Epistola 33 (THIEL 1867, p. 448) (VIOLANTE 1982, pp. 988-989).

28 VIOLANTE 1982, p. 1013.

29 Etymologiae XV, 4, 4.

30 GREGORIO MAGNO, Registrum IX, 58, 165.

31 Si vedano le schede delle chiese battesimali raccolte in FIOCCHI NICOLAI, GELICHI

2001.
40 Alexandra Chavarría Arnau

Almeno in Italia le prime chiese rurali, spesso con una funzione batte-
simale, sembrano fondate prevalentemente nelle agglomerazioni seconda-
rie (castra e vici) e in punti nodali della rete viaria32. La presenza di popo-
lazione, la buona situazione rispetto agli assi viari e in alcuni casi il loro
ruolo amministrativo e religioso precedente garantiva il successo di queste
fondazioni33.
Senza documentazione testuale o epigrafica risulta impossibile stabilire
con sicurezza a chi far risalire l’iniziativa della fondazione di un edificio di
culto, cioè se sia stato costruito da un potente privato o per iniziativa delle
autorità ecclesiastiche. Altrettanto difficile è determinare se, una volta co-
struita, la chiesa fosse passata a formare parte del patrimonio ecclesiastico
e fosse amministrata e gestita dalle autorità religiose o se invece la chiesa
avesse un carattere di chiesa propria nel senso che il proprietario aveva an-
che un controllo amministrativo e pastorale dell’edificio34.
Al contrario di quella che è stata l’opinione più diffusa negli ultimi an-
ni sono poche le chiese del V secolo oggetto di scavi recenti per le quali si
possa dimostrare che siano state effettivamente costruite nell’ambito di vil-
le romane ancora in uso e che quindi siano interpretabili come “chiese di
ville” costruite da parte di un ricco proprietario35. Nelle chiese studiate pri-
ma dell’applicazione sistematica degli scavi stratigrafici o dove il deposito
archeologico è molto danneggiato risulta spesso impossibile determinare la
cronologia iniziale sia delle chiese sia dell’abbandono degli edifici residen-
ziali e quindi verificare l’eventuale contemporaneità dei due fenomeni. Ne-
gli scavi più recenti si osserva che nella maggior parte dei casi, quando ven-
ne costruita la chiesa, le ville erano state abbandonate o riusate per nuove

32 BROGIOLO 2002a. Da ultimo sulla relazione tra chiese, vie e villaggi cfr. CANTINO
WATAGHIN, FIOCCHI NICOLAI, VOLPE 2007. Una sintesi recente sul processo di cristianiz-
zazione delle campagne in epoca tardoantica-altomedievale a partire della documentazione
archeologica in BROGIOLO, CHAVARRIA 2008.
33 BROGIOLO 2002a, p. 285. Diversi esempi di chiese rurali costruite in agglomerazio-

ni per diretta iniziativa vescovile in SANNAZARO 1990, pp. 31-32.


34 WOOD 2006.

35 Lo stesso problema si ha in Spagna. K. Bowes si riferisce a “a mounting body of archa-

eological evidence” relativa alle chiese di ville (BOWES 2007, p. 161 e adesso BOWES 2008) e
LÓPEZ QUIROGA 2005, enumera numerose chiese costruite in ville, anche se nella maggior
parte dei casi (Milreu, Cocosa…) la costruzione della chiesa è di molto successiva all’abban-
dono degli edifici residenziali come già aveva notato, FERNÁNDEZ CASTRO 1981. Una revisio-
ne critica recente della documentazione ispanica in CHAVARRIA ARNAU 2006 [2007]. La stes-
sa circostanza che già nel 1976 J. Percival documentava in Gallia (vedi anche PERCIVAL 1997).
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 41

attività di tipo artigianale o presentavano tracce di rioccupazione abitativa


povera36. In altre occasioni risulta poco chiara la funzione originaria di que-
sti edifici: sono identificati come chiese o cappelle anche se spesso si può di-
mostrare che erano costruzioni funerarie che solo in un secondo momento
acquisirono funzioni liturgiche.

a. Chiese costruite in ville tardoantiche in funzionamento

Tra i pochi esempi nei quali la costruzione di una chiesa rurale sembra po-
tersi legare all’iniziativa del proprietario, tutti gli studiosi accettano quello
di Sizzano in provincia di Novara37, dove nel V secolo e nell’angolo sud-oc-
cidentale di una villa ancora in uso viene inserita un’ampia chiesa di 15,40
× 11 m ad aula unica con abside a semicerchio oltrepassato. La fine della vil-
la, entro il VI secolo, porta all’abbandono anche del luogo di culto intor-
no al quale si sarebbe sviluppato un cimitero “probabilmente riservato alla
famiglia dei proprietari”. L’abbandono si collega pure allo sviluppo della
chiesa plebana di San Vittore costruita nella seconda metà del V secolo e
ubicata a poche centinaia di metri dalla villa38.
Un altro sito piemontese identificato come “chiesa della villa” è quello di
Centallo dove tuttavia sono state riconosciute “ingenti e diffuse tracce di un
incendio”39 precedente alla costruzione dell’edificio di culto il che impedi-
sce (in mancanza di scavi più estesi) di precisare se effettivamente la chiesa
venne edificata in relazione a un complesso rurale fuori uso o se invece l’in-
cendio avesse interessato esclusivamente l’area dove venne costruita la chie-
sa. La presenza di un battistero e di un’articolata organizzazione interna del-
lo spazio liturgico (presenza di un percorso per la circolazione del clero al-
l’interno della chiesa segnato con l’uso di diversi materiali nei pavimenti)
inducono a cautela nell’identificare il complesso come chiesa privata40.

36 Una sintesi del fenomeno in CHAVARRÍA 2004 e BROGIOLO, CHAVARRÍA 2005.


37 Sintesi in PEJRANI 2003, p. 63.
38 EADEM, p. 63-70.

39 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, p. 331 e CANTINO WATAGHIN 2000, p. 224:

“Cette église est costruite au Ve siècle sur les restes d’une ville romaine detruite par un in-
cendie entre la fin du IVe et le Ve siècle”.
40 CANTINO WATAGHIN 2000, p. 225: “On ne connais pas l’environnement de l’église

qui seule a eté fouillé, mais tout semble indiquer qu’elle a été fonde au Ve siècle par un pos-
sessor sur sa proprieté”.
42 Alexandra Chavarría Arnau

Un caso frequentemente citato dalla bibliografia come chiesa di una vil-


la è l’edificio che nel V secolo viene costruito nelle vicinanze del comples-
so monumentale di Palazzo Pignano (Cremona). Gli scavi sotto la chiesa ro-
manica di San Martino41 hanno messo in luce un edificio di pianta circo-
lare di 17 m di diametro con una piccola abside ad est e una specie di de-
ambulatorio. Il pavimento era in marmo e mosaico. Nell’ambiente che af-
fiancava l’ingresso è stata rinvenuta una piccola vasca circolare rivestita di
cocciopesto. Tradizionalmente queste strutture sono state interpretate come
chiesa con battistero, anche se alcuni studiosi ne hanno sottolineato delle
anomalie (pianta circolare, abside poco sviluppata, dimensioni ridotte del-
la vasca battesimale ubicata in un annesso vicino all’ingresso)42 che indu-
cono cautela nell’interpretazione del complesso, che potrebbe forse anche
essere stato in origine il monumentale mausoleo del ricco proprietario del-
la villa, convertito solo in seguito in luogo di culto.
Difficile risulta anche pronunciarsi su quelle chiese costruite precoce-
mente (in genere a partire dal V secolo) in ville che avevano già perso il lo-
ro carattere residenziale e dove gli spazi di prestigio indicativi della presenza
più o meno stabile del dominus avevano lasciato passo a installazioni di ca-
rattere industriale o rustico43. In questi casi risulta difficile pronunciarsi sul-
l’identificazione del costruttore: potrebbe trattarsi dello stesso proprietario o
di qualcun altro (l’autorità ecclesiastica?) che edifica la chiesa per servire i
contadini che riusano la villa per attività di tipo rustico o per quelli che abi-
tavano nei dintorni. Sarebbe, ad esempio, il caso di Monte Gelato (Lazio)44,
villa di epoca augustea apparentemente abbandonata nella seconda metà del
III secolo e rioccupata verso la metà del IV secolo con divisori in legno in al-
cuni ambienti e tracce di attività artigianali. Verso l’anno 400 viene costrui-
ta una chiesa. I due elementi (abitato e chiesa) funzionano fino alla metà del
VI secolo45. Nel IX secolo è nuovamente rioccupata, secondo le fonti, come

41 Si veda sull’edificio di culto MIRABELLA ROBERTI 1965, 1968 e BISHOP, PASSI PITCHER

1988-1989. Tra le pubblicazioni più recenti dove si fa riferimento a questo sito cfr. PASSI PIT-
CHER 2003, pp. 216-219, LIZZI TESTA 2003, pp. 383-386.
42 CANTINO WATAGHIN 1994, p. 146; FIOCCHI NICOLAI, GELICHI 2001, p. 335.

43 Fenomeno molto frequente in tutto l’occidente mediterraneo che indica sicuramen-

te (almeno per i secoli IV e V) come il proprietario della villa non risiedesse più in quel-
l’edificio e come questo fosse stato riconvertito in spazio di produzione (cfr. in generale su
questo tema: CHAVARRÍA ARNAU 2004 e BROGIOLO, CHAVARRÍA ARNAU 2005).
44 POTTER, KING 1997.

45 POTTER, KING 1997, pp. 46-78.


Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 43

parte delle proprietà del Papa. Documentazione archeologica e testuale han-


no fatto ipotizzare che questo insediamento rurale fosse passato in mani ec-
clesiastiche forse già nel IV secolo e che i contadini dipendenti fossero stati
autorizzati ad occupare l’edificio residenziale46. V. Fiocchi Nicolai però ri-
corda l’attribuzione, da parte di Benedetto, della costruzione della chiesa al-
la patrizia Galla conducendola di nuovo a una iniziativa privata47, ma sot-
tolinea pure come la facciata dell’edificio era rivolta non verso la villa, ben-
sì verso la strada pubblica che conduceva ad un vicino villaggio, una collo-
cazione che sembra significativa del ruolo pubblico dell’edificio48. L’assenza
di tombe all’interno della chiesa nella sua fase tardoantica confermerebbe il
carattere comunitario della piccola chiesa49.
La difficoltà di identificare “chiese di ville” non deve sorprendere, anzi
risulta pienamente coerente con quanto sappiamo di questo tipo di inse-
diamento che nel V secolo tende a scomparire dalle campagne.

b. Chiese costruite in ville nel V secolo legate a un’iniziativa pubblica

Negli esempi in cui le chiese hanno una datazione precoce, sia le loro ca-
ratteristiche architettoniche sia la loro funzione e a volte anche la presenza
di epigrafi inducono piuttosto a collegare questi edifici ad una iniziativa ve-
scovile.
Come nel sito di San Giusto (Puglia)50, dove una basilica viene costrui-
ta intorno alla metà del V secolo a qualche decina di metri da una villa nel-
la quale gli spazi residenziali erano già stati obliterati e riusati per attività di
tipo produttivo. Le caratteristiche architettoniche di questo complesso ec-
clesiastico (una basilica di 30,5 × 18,50 m divisa in tre navate con vestibo-
lo e battistero monumentale a pianta circolare di 16 metri di diametro con
deambulatorio anulare) e il suo successivo sviluppo (nel VI secolo viene

46 IDEM 1997, pp. 75, 423.


47 FIOCCHI NICOLAI 2007.
48 FIOCCHI NICOLAI 2007 ricorda anche la basilica, più o meno coeva, rinvenuta a Ca-

stelfusano sulla via Severiana ubicata immediatamente fuori dal recinto di una villa e in
prossimità della strada che portava al Vicus Laurentium Augustanorum. Cfr. anche, sulla re-
lazione tra chiese-viabilità-agglomerati secondari, CANTINO WATAGHIN, FIOCCHI NICOLAI,
VOLPE 2007 (in part. pp. 99-100 per i siti di Monte Gelato e Castefusano).
49 FIOCCHI NICOLAI 2007.

50 VOLPE 1998.
44 Alexandra Chavarría Arnau

edificata una seconda basilica con funzione funeraria) hanno indotto G.


Volpe a identificare l’insediamento come un complesso legato alle autorità
ecclesiastiche51.
A Garlate (Lecco)52 l’edificio romano era plausibilmente in rovina (an-
che se utilizzato ancora per attività insediative povere) quando, verso la me-
tà del V secolo, vengono costruiti sia la chiesa di Santa Agnese (datazione
ipotizzata a partire dal ritrovamento di una capsella di reliquie e di fram-
menti di un altare a quattro stipites)53 sia il vicino mausoleo che solo dopo
(VII secolo?) diventerà la chiesa di Santo Stefano. In questo caso non solo
l’evidenza delle epigrafi appartenenti ad alcune sepolture del mausoleo (il
vir illustris Pierius (+ 490) identificabile come il comes domesticorum di
Odoacre54 e l’iscrizione di un presbiter), ma anche l’ubicazione degli edifi-
ci presso una strada romana55 portano a pensare che si trattasse di un com-
plesso pubblico: una villa o, forse, una struttura legata alla viabilità che pas-
sa poi nelle mani della Chiesa.
Pure le chiese del V secolo costruite nelle ville della campagna laziale, lo
ha sottolineato recentemente V. Fiocchi Nicolai56, sarebbero sì state co-
struite per iniziativa delle aristocrazie (ad esempio di Demetriade per la
chiesa di Santo Stefano in via Latina), ma dietro indicazione e sotto stretta
sorveglianza delle autorità ecclesiastiche che ne avrebbero assunto subito il
controllo. Infatti l’iscrizione fondazionale rinvenuta durante gli scavi del
XIX secolo attribuisce l’avvio della costruzione della chiesa di Santo Stefa-

51
Volpe propose inizialmente di identificare il sito con il Praetorium Lauerianum do-
cumentato dalla Tabula Peutingeriana, forse sede del procurator rei privatae per Apuliam et
Calabriam siue saltus Carminianensis citato dalla Notitia Dignitatum (12.18), sul quale si
stabilisce infine un vescovo, forse il Probus episcopus Carmeianensis (MGH AA12, pp. 437,
453) presente in diversi concili romani degli inizi del VI secolo (cfr. VOLPE 1998, pp. 325-
338). Nelle ultime pubblicazioni invece l’ubicazione del Praetorium Lauerianum si localiz-
za nel vicus di Montedoro a 5 km da San Giusto (VOLPE 2007, p. 161).
52 BROGIOLO, BELLOSI, DORATIOTTO 2002.

53 Le capselle di reliquie, datate tra la fine del IV e il V secolo, furono ritrovate durante

gli scavi della chiesa di Santo Stefano, ma visto che S. Stefano non diventa chiesa fino almeno
alla metà del VII, quando viene provvista di un’abside all’interno della quale vennero poi de-
poste le reliquie, è stato ipotizzato che provengano da Santa Agnese (SANNAZARO 2002, pp.
240-247).
54 Analisi di questa epigrafe in SANNAZARO 1993 e 2002.

55 Garlate si trovava in un’ubicazione strategica della pedemontana Verona, Brescia, Ber-

gamo, Como, (BROGIOLO 2002a, p. 285).


56 FIOCCHI NICOLAI 2007.
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 45

no al papa Leone Magno che aveva dato attuazione al proposito di Deme-


trias, espresso ex voto in punto di morte, di edificare una chiesa nella sua
proprietà57. I dati analizzati da Fiocchi Nicolai sembrano confermare, al-
meno per questa zona, l’ipotesi di un intervento vescovile pianificato anche
nelle fondazioni di origine privata, orientate in rapporto alle necessità del-
la popolazione rurale.

c. Chiese in relazione a mausolei

Un’analisi esaustiva della documentazione archeologica permette di verificare


come spesso l’origine di molte chiese altomedievali costruite su ville si pos-
sa collegare alla presenza di un mausoleo tardoantico. Già dall’epoca repub-
blicana le aristocrazie venivano sepolte all’interno delle loro proprietà rura-
li e i testi e le iscrizioni funerarie mostrano come nel II secolo a.C. le tom-
be monumentali fossero un elemento familiare del paesaggio rurale dove, a
differenza del suburbio immediato delle città, le aristocrazie erano più libe-
re nel costruire le loro tombe monumentali58. Archeologicamente è a parti-
re dal IV secolo e alla pari di altre forme di autorappresentazione che carat-
terizzano il mondo aristocratico tardoantico, che i mausolei si moltiplicano
nelle campagne e diventano (come le ville e la loro decorazione) monumenti
per commemorare la rilevanza sociale, economica e culturale dei proprieta-
ri59. La tipologia di questi edifici per l’epoca tardoantica è molto varia. So-
no frequenti le costruzioni a pianta rettangolare, spesso con absidi in uno dei
lati o quadrangolari con absidi contrapposte. Raramente esistono elementi
che permettano di identificare la scelta religiosa dei destinatari di queste co-
struzioni. La successiva conversione in chiese di alcuni mausolei è stata a
volte considerata un indizio del loro carattere cristiano o persino di un teo-
rico uso liturgico fin dall’origine, supposizioni che, in mancanza di eviden-
ze archeologiche chiare, mancano peraltro di fondamento.
Come mausoleo (e non chiesa) è da identificare ad esempio l’edificio
rinvenuto nella villa di Ticineto a Trino in località Santo Stefano dove uno

57
FIOCCHI NICOLAI 2007, pp. 108-110.
58 Sulla legislazione relativa a questo tipo di sepoltura cf. DE VISSCHER 1963. Sui mau-
solei delle ville in generale PURCELL 1987, pp. 30-32, BODEL 1997 e soprattutto adesso
GRAEN 2008.
59 BOWES 2006, GRAEN 2008.
46 Alexandra Chavarría Arnau

degli ambienti della villa monumentalizzato con l’aggiunta di un’abside (a


ovest) nel V secolo viene riusato come spazio funerario nel VI. Nulla per-
mette però di concludere che questo spazio avesse già un carattere cristia-
no, funzione che assume plausibilmente solo dopo, in età altomedivale, con
l’aggiunta di una nuova abside orientata60.
Poco chiara risulta anche, a mio avviso, l’identificazione come chiesa
dell’edificio costruito in relazione a una grande villa documentata a Desa-
na61. Si tratta di una struttura quadrata di 6 × 6 m dotata di un’abside ad
est e di piccole stanze rettangolari sugli altri lati. Le strutture si trovavano
in pessimo stato di conservazione e non è stato rinvenuto il piano pavi-
mentale ma non è da escludere che si trattasse di un mausoleo familiare.
Illustrativa è la sequenza del sito toscano di San Genesio62. Nell’area di
un edificio romano altoimperiale (villa o mansio) le cui strutture architet-
toniche erano già parzialmente riusate alla fine del V secolo come spazio fu-
nerario, venne costruito, nel corso della prima metà del VI secolo, un mau-
soleo a pianta rettangolare. Successivamente (seconda metà del VI secolo)
l’area viene occupata da un nuovo insediamento del quale sono stati docu-
mentati numerosi focolari e buche di palo. Per F. Cantini il rinvenimento
di alcuni oggetti di abbigliamento personale farebbe pensare a personaggi
di un certo status sociale. Durante questa fase il mausoleo viene ristruttu-
rato (si abbatte parte dell’edificio e si allunga costruendo anche un’abside
verso est) e riconvertito in piccola chiesa con sepoltura privilegiata.
Numerosi sono gli edifici con funzione funeraria che vengono inter-
pretati fin dalla loro origine tardoantica come cappelle funerarie in gene-
re a causa della loro planimetria o semplicemente in funzione della loro
evoluzione successiva. La presenza di absidi semicircolari non è un indi-
zio incontrovertibile della loro funzione liturgica o di un carattere cri-
stiano e dunque non è da scartare l’ipotesi che anche in questi esempi ci
troviamo di fronte a mausolei e non a cappelle. Il fenomeno è stato già
messo in evidenza per l’Italia settentrionale da G.P. Brogiolo63 che ha sot-
tolineato la frequenza con la quale i mausolei tardoantichi di IV-V seco-
lo, spesso in relazione a ville, danno luogo in un’epoca successiva alla co-

60
E pure si ipotizza la conversione in chiesa della villa alla fine del V o già nel VI seco-
lo soltanto a partire dalla continuità toponomastica e dal titolo PANTÒ 2003, pp. 101-103.
61 SPAGNOLO GARZOLI 1998, p. 84.

62 Da ultimo CANTINI 2007.

63 BROGIOLO 2002b.
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 47

struzione di una chiesa che, in genere, non venne costruita fino al VII-
VIII secolo64.

d. Chiese costruite su un insediamento che occupa a sua volta i ruderi di una


villa

Infine troviamo le chiese altomedievali edificate molto dopo l’abbandono


delle ville già occupate da insediamenti del VI-VII secolo costruiti con ma-
teriali deperibili. Come le chiese rinvenute in relazione alla pieve romani-
ca di Manerba del Garda (Brescia), costruite in una villa dove già nel V se-
colo erano comparsi edifici in legno65. O a Quingentole (Mantova)66, do-
ve su uno strato agrario che sigilla le strutture preesistenti di una villa ru-
stica vengono costruite, a partire dal V secolo, alcune capanne in tecnica mi-
sta poi demolite (termine post quem proposto inizi del VII secolo) per edi-
ficare una chiesa ad unica navata e due absidi.
Tra gli edifici più recentemente indagati dove si verifica questa sequenza
è da sottolineare la pieve di San Bartolomeo di Bornato (Cazzago, Bs)67. In
questo caso l’area nella quale venne eretta la chiesa era occupata fin dalla pri-
ma età imperiale da una villa della quale sono stati rinvenuti tratti di mura-
tura, tessere di mosaico, intonaci affrescati, lastrine di marmo e di frammenti
di lastre in vetro di finestre, che indicano che gli ambienti sottostanti la pie-
ve dovevano appartenere alla parte signorile della villa. Di essa sono state ri-
conosciute, per ora, tre fasi costruttive: la prima databile ai decenni iniziali
del I secolo d.C., l’ultima alla fine del IV – prima metà del V secolo, per le
caratteristiche formali dei paramenti murari e per la presenza di frammenti
ceramici. Tra l’ultimo trentennio del VI e la metà del VII secolo gli ambienti
della villa furono riutilizzati da un’abitazione della quale rimanevano resti
di muretti in ciottoli legati in argilla e tracce di pali lignei. L’uso domestico
dei vani è attestato da una consistente successione di pavimenti in terra bat-
tuta sui quali furono accesi vari focolari con piani in argilla o in laterizi, con-
tornati da piccole buche. Su questo insediamento venne costruito finalmente
l’edificio di culto databile tra la metà del VII e il IX secolo.

64
Lo stesso fenomeno si osserva in Gallia e in Hispania (v. CHAVARRÍA 2007).
65 CARVER, MASSA, BROGIOLO 1982.
66 MANICARDI 2001.

67 BREDA, VENTURINI 2007.


48 Alexandra Chavarría Arnau

La relazione tra chiese e ville in questi esempi è inesistente ed è da


pensare piuttosto, come già sottolineò G.P. Brogiolo alcuni anni fa, a “un
rapporto con un insediamento altomedievale completamente diverso”68.

3. In generale nella documentazione civile ed ecclesiastica relativa ai secoli


IV e V scarsi sono i riferimenti alla costruzione di chiese da parte dei pos-
sessores. I proprietari vengono solo accusati di permettere la sopravvivenza
del paganesimo tra i loro rustici e soprattutto sono incoraggiati a eliminare
sacrifici e altre pratiche pagane all’interno delle loro proprietà.
Pur sottolineando le numerose difficoltà che esistono per stabilire la da-
ta di fondazione di gran parte delle chiese in relazione a ville, un’analisi cri-
tica dei contesti archeologici rivela come generalmente queste chiese siano
state edificate in una fase successiva al periodo di occupazione principale
delle ville. La presenza iniziale di oratoria all’interno delle ville (che secon-
do molti ricercatori costituirebbe l’origine di molte chiese successive) è, nel-
la maggioranza dei casi, del tutto ipotetica. A mia conoscenza per l’occi-
dente soltanto nella villa di Lullingstone in Inghilterra è stato possibile iden-
tificare la presenza di un oratorio cristiano della seconda metà del IV seco-
lo a partire dalla decorazione pittorica di varie stanze69. Tuttavia questo edi-
ficio di culto non sembra aver avuto continuità e il suo uso si estingue in-
sieme alla villa nel secolo successivo. Dopo un ampio lasso temporale vie-
ne costruita una nuova chiesa, non dove si trovava l’oratorio, ma nell’area
dove era esistito un mausoleo70.
Ci furono certo casi di personaggi importanti (come Sulpicio Severo)
che nelle loro proprietà costruirono edifici di culto ma, in generale, si ha
l’impressione che l’evangelizzazione delle campagne, come quella delle cit-
tà, fosse orchestrata direttamente dalle autorità ecclesiastiche che indirizza-
rono i loro sforzi verso i luoghi dove la costruzione di edifici di culto pote-
va essere più efficace per la diffusione del cristianesimo: i nuclei di popola-
mento (vici e castella) e gli snodi lungo le vie di comunicazione. È in que-
sto tipo di contesti che l’archeologia rivela la presenza precoce di impianti
ecclesiastici dotati di strutture battesimali.

68 BROGIOLO 2002a, p. 290.


69
Vedi come sintesi BRENK 2003, pp. 73-74.
70 BELL 1998, pp. 10-11.
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 49

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