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dpm quaderni
dottorato 7
La tarda antichità
tra fonti scritte e archeologiche
a cura di
Paola Galetti
dpm quaderni
dottorato 7
La tarda antichità
tra fonti scritte e archeologiche
a cura di
Paola Galetti
contributi di
Paola Galetti
Domenico Vera
Alexandra Chavarría Arnau
Giuliano Volpe
Valerio Lieto Neri
© 2010
Copyright by Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna
e Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna
Tarda (La) antichità tra fonti scritte e archeologiche / a cura di Paola Galetti, contributi di Paola Ga-
letti, Domenico Vera, Alexandra Chavarría Arnau, Giuliano Volpe, Valerio Lieto Neri – Bologna :
CLUEB, 2010
105 p. ; ill. ; 21 cm
(Quaderni del Dipartimento di Paleografia e Medievistica, dottorato ; 7)
ISBN 978-88-491-3240-3
CLUEB
Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna
40126 Bologna - Via Marsala 31
Tel. 051 220736 - Fax 051 237758
www.clueb.com
Finito di stampare nel mese di settembre 2010
da Studio Rabbi - Bologna
SOMMARIO
PAOLA GALETTI
Osservazioni sul Tardoantico ........................................................... 7
DOMENICO VERA
«Schiavi della terra» nell’Italia tardo antica ...................................... 15
GIULIANO VOLPE
Aristocratici, imperatori e vescovi nelle città e nelle campagne dell’“Apulia”
tardo antica .................................................................................... 55
1 Alcune riflessioni sulle principali festività pagane celebrate in campagna e sul loro pro-
ratur, quocumque te uerteris aut aras diaboli perspicis aut auguria profana gentilium aut pecu-
dum capita adfixa liminibus, nisi quod ille sine capite est qui haec in re sua perspicit fieri nec
emendat.
3 Come ha sottolineato Béatrice Caseau, molti templi rurali erano edifici di carattere pri-
vato appartenenti a famiglie aristocratiche e potevano essere costruiti (o demoliti) senza una
specifica autorizzazione dello Stato, il che spiega una più lunga sopravvivenza rispetto ai
templi urbani (CASEAU 2004).
4 Riflessioni a questo riguardo in BOWES 2006.
del 392 impone ai domini che permettevano la pratica di sacrifici una mul-
ta eguale a quella imposta al sacrificante6. Sicuramente facendo leva su que-
sta legge Massimo di Torino (Sermo 107)7 critica duramente la complicità
dei possessores che permettevano la celebrazione di pratiche idolatriche nei
loro possedimenti, perchè secondo lui i domini avevano il compito di sor-
vegliare la popolazione che abitava nelle loro terre e la loro coniventia li fa-
ceva diventare altrettanto colpevoli quanto quelli che celebravano riti e sa-
crifici. Sulla stessa linea, vescovi come Zeno di Verona8 o Gaudenzio di Bre-
scia9 si lamentavano nei loro sermoni dei proprietari che fingevano di igno-
rare i templi esistenti nei loro praedia.
Dall’evidenza scritta si evince come le autorità, tanto ecclesiastiche co-
me civili, si limitassero a responsabilizzare i potentes affinché nelle loro pro-
prietà non venissero effettuati riti pagani (in particolare sacrifici) né venis-
sero commessi atti di idolatria10. Ma raramente incoraggiano i proprietari
a costruire chiese rurali11.
I testi riferiscono i nomi di alcuni aristocratici che si impegnarono nel-
la costruzione di edifici di culto nelle loro proprietà12. Il più noto è sicura-
mente Sulpicio Severo notabile della Gallia e amico del vescovo Paolino di
Nola che avrebbe costruito un complesso ecclesiastico nelle vicinanze di
Tolosa consistente di tre edifici: due chiese e un battistero la cui costruzio-
ne si data tra la fine del IV e gli inizi del V secolo13. Per l’Italia sono parti-
6 Sin vero in templis fanisve publicis aut in aedibus agrisve alienis tale quispiam sacrificandi
genus exercere temptaverit, si ignorante domino usurpata constiterit, viginti quinque libras auri
multae nomine cogetur inferre, coniventem vero huic sceleri par ac sacrificantem poena retinebit.
7 CC 23, pp. 420-421.
8 In praediis autem vestris fumantia undique sola fana non nostis quae, si vera dicenda sunt,
dissimulando subtiliter custoditis. Probatio longe non est. Ius templorum ne quis vobis eripiat,
cotidie litigatis (Tractatus 1, 25, 6, CCL 22, p. 75).
9 Tractatus 13, 28 (CSEL 68).
10 In questo senso si vedano già le opportune riflessioni di SANNAZARO 1990, pp. 20-28.
Costantinopoli a costruire delle chiese nelle loro ville invece di balnea e fora, enumerando i
benefici che la presenza di questi edifici avrebbe avuto per i contadini, per i possedimenti e
per i proprietari stessi: Homiliae in Acta Apostolorum, XVIII (PG LX, cols. 147-150) Ho-
miliae in Acta Apostolorum, XVIII (PG LX, cols. 147-150).
12 Una sintesi recente sull’attività evergetica di questi personaggi e le loro esperienze cri-
16 Della stessa opinione (almeno per quanto riguarda l’area laziale) FIOCCHI NICOLAI
2007.
17 FIOCCHI NICOLAI; GELICHI 2001, p. 304.
18 PIETRI 1981.
23 CJ 1, 2, 15 dell’imperatore Zenone.
24 Sull’evoluzione della legislazione ecclesiastica relativa alle chiese private in Italia tra tar-
doantico e altomedioevo rimane imprescindibile il lavoro di VIOLANTE 1982 così come gli
articoli che Ch. e L. Pietri hanno dedicato a questo tema (da ultimo PIETRI 2002). Su que-
sto tema si veda adesso il volume di WOOD 2006.
25 Epistola 33: Certum est quidem et nostris praeceptionibus costitutum ne quis in ecclesia
aut in oratorio, quod sedis nostrae non legitur permissione dedicatum, processionem publicam pu-
taret impendi, ne conditores furtivis subreptionibus contra regularum statuta posilirent (THIEL
1867, p. 448).
26 Nella Epistola 35 autorizza a consacrare l’oratorio che un laico aveva costruito per
propria devozione su un terreno di cui era proprietario (Trigetius huius petitorii nobis insi-
nuatione suggessit, in re sua quae Sextilianus vocatur basilicam se (in honorem) sanctorum Mi-
chelis Archangeli et Marci confessoris pro sua devotione fundasse. Et ideo, frater carissime, si ad
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 39
29 Etymologiae XV, 4, 4.
2001.
40 Alexandra Chavarría Arnau
Almeno in Italia le prime chiese rurali, spesso con una funzione batte-
simale, sembrano fondate prevalentemente nelle agglomerazioni seconda-
rie (castra e vici) e in punti nodali della rete viaria32. La presenza di popo-
lazione, la buona situazione rispetto agli assi viari e in alcuni casi il loro
ruolo amministrativo e religioso precedente garantiva il successo di queste
fondazioni33.
Senza documentazione testuale o epigrafica risulta impossibile stabilire
con sicurezza a chi far risalire l’iniziativa della fondazione di un edificio di
culto, cioè se sia stato costruito da un potente privato o per iniziativa delle
autorità ecclesiastiche. Altrettanto difficile è determinare se, una volta co-
struita, la chiesa fosse passata a formare parte del patrimonio ecclesiastico
e fosse amministrata e gestita dalle autorità religiose o se invece la chiesa
avesse un carattere di chiesa propria nel senso che il proprietario aveva an-
che un controllo amministrativo e pastorale dell’edificio34.
Al contrario di quella che è stata l’opinione più diffusa negli ultimi an-
ni sono poche le chiese del V secolo oggetto di scavi recenti per le quali si
possa dimostrare che siano state effettivamente costruite nell’ambito di vil-
le romane ancora in uso e che quindi siano interpretabili come “chiese di
ville” costruite da parte di un ricco proprietario35. Nelle chiese studiate pri-
ma dell’applicazione sistematica degli scavi stratigrafici o dove il deposito
archeologico è molto danneggiato risulta spesso impossibile determinare la
cronologia iniziale sia delle chiese sia dell’abbandono degli edifici residen-
ziali e quindi verificare l’eventuale contemporaneità dei due fenomeni. Ne-
gli scavi più recenti si osserva che nella maggior parte dei casi, quando ven-
ne costruita la chiesa, le ville erano state abbandonate o riusate per nuove
32 BROGIOLO 2002a. Da ultimo sulla relazione tra chiese, vie e villaggi cfr. CANTINO
WATAGHIN, FIOCCHI NICOLAI, VOLPE 2007. Una sintesi recente sul processo di cristianiz-
zazione delle campagne in epoca tardoantica-altomedievale a partire della documentazione
archeologica in BROGIOLO, CHAVARRIA 2008.
33 BROGIOLO 2002a, p. 285. Diversi esempi di chiese rurali costruite in agglomerazio-
eological evidence” relativa alle chiese di ville (BOWES 2007, p. 161 e adesso BOWES 2008) e
LÓPEZ QUIROGA 2005, enumera numerose chiese costruite in ville, anche se nella maggior
parte dei casi (Milreu, Cocosa…) la costruzione della chiesa è di molto successiva all’abban-
dono degli edifici residenziali come già aveva notato, FERNÁNDEZ CASTRO 1981. Una revisio-
ne critica recente della documentazione ispanica in CHAVARRIA ARNAU 2006 [2007]. La stes-
sa circostanza che già nel 1976 J. Percival documentava in Gallia (vedi anche PERCIVAL 1997).
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 41
Tra i pochi esempi nei quali la costruzione di una chiesa rurale sembra po-
tersi legare all’iniziativa del proprietario, tutti gli studiosi accettano quello
di Sizzano in provincia di Novara37, dove nel V secolo e nell’angolo sud-oc-
cidentale di una villa ancora in uso viene inserita un’ampia chiesa di 15,40
× 11 m ad aula unica con abside a semicerchio oltrepassato. La fine della vil-
la, entro il VI secolo, porta all’abbandono anche del luogo di culto intor-
no al quale si sarebbe sviluppato un cimitero “probabilmente riservato alla
famiglia dei proprietari”. L’abbandono si collega pure allo sviluppo della
chiesa plebana di San Vittore costruita nella seconda metà del V secolo e
ubicata a poche centinaia di metri dalla villa38.
Un altro sito piemontese identificato come “chiesa della villa” è quello di
Centallo dove tuttavia sono state riconosciute “ingenti e diffuse tracce di un
incendio”39 precedente alla costruzione dell’edificio di culto il che impedi-
sce (in mancanza di scavi più estesi) di precisare se effettivamente la chiesa
venne edificata in relazione a un complesso rurale fuori uso o se invece l’in-
cendio avesse interessato esclusivamente l’area dove venne costruita la chie-
sa. La presenza di un battistero e di un’articolata organizzazione interna del-
lo spazio liturgico (presenza di un percorso per la circolazione del clero al-
l’interno della chiesa segnato con l’uso di diversi materiali nei pavimenti)
inducono a cautela nell’identificare il complesso come chiesa privata40.
“Cette église est costruite au Ve siècle sur les restes d’une ville romaine detruite par un in-
cendie entre la fin du IVe et le Ve siècle”.
40 CANTINO WATAGHIN 2000, p. 225: “On ne connais pas l’environnement de l’église
qui seule a eté fouillé, mais tout semble indiquer qu’elle a été fonde au Ve siècle par un pos-
sessor sur sa proprieté”.
42 Alexandra Chavarría Arnau
41 Si veda sull’edificio di culto MIRABELLA ROBERTI 1965, 1968 e BISHOP, PASSI PITCHER
1988-1989. Tra le pubblicazioni più recenti dove si fa riferimento a questo sito cfr. PASSI PIT-
CHER 2003, pp. 216-219, LIZZI TESTA 2003, pp. 383-386.
42 CANTINO WATAGHIN 1994, p. 146; FIOCCHI NICOLAI, GELICHI 2001, p. 335.
te (almeno per i secoli IV e V) come il proprietario della villa non risiedesse più in quel-
l’edificio e come questo fosse stato riconvertito in spazio di produzione (cfr. in generale su
questo tema: CHAVARRÍA ARNAU 2004 e BROGIOLO, CHAVARRÍA ARNAU 2005).
44 POTTER, KING 1997.
Negli esempi in cui le chiese hanno una datazione precoce, sia le loro ca-
ratteristiche architettoniche sia la loro funzione e a volte anche la presenza
di epigrafi inducono piuttosto a collegare questi edifici ad una iniziativa ve-
scovile.
Come nel sito di San Giusto (Puglia)50, dove una basilica viene costrui-
ta intorno alla metà del V secolo a qualche decina di metri da una villa nel-
la quale gli spazi residenziali erano già stati obliterati e riusati per attività di
tipo produttivo. Le caratteristiche architettoniche di questo complesso ec-
clesiastico (una basilica di 30,5 × 18,50 m divisa in tre navate con vestibo-
lo e battistero monumentale a pianta circolare di 16 metri di diametro con
deambulatorio anulare) e il suo successivo sviluppo (nel VI secolo viene
stelfusano sulla via Severiana ubicata immediatamente fuori dal recinto di una villa e in
prossimità della strada che portava al Vicus Laurentium Augustanorum. Cfr. anche, sulla re-
lazione tra chiese-viabilità-agglomerati secondari, CANTINO WATAGHIN, FIOCCHI NICOLAI,
VOLPE 2007 (in part. pp. 99-100 per i siti di Monte Gelato e Castefusano).
49 FIOCCHI NICOLAI 2007.
50 VOLPE 1998.
44 Alexandra Chavarría Arnau
51
Volpe propose inizialmente di identificare il sito con il Praetorium Lauerianum do-
cumentato dalla Tabula Peutingeriana, forse sede del procurator rei privatae per Apuliam et
Calabriam siue saltus Carminianensis citato dalla Notitia Dignitatum (12.18), sul quale si
stabilisce infine un vescovo, forse il Probus episcopus Carmeianensis (MGH AA12, pp. 437,
453) presente in diversi concili romani degli inizi del VI secolo (cfr. VOLPE 1998, pp. 325-
338). Nelle ultime pubblicazioni invece l’ubicazione del Praetorium Lauerianum si localiz-
za nel vicus di Montedoro a 5 km da San Giusto (VOLPE 2007, p. 161).
52 BROGIOLO, BELLOSI, DORATIOTTO 2002.
53 Le capselle di reliquie, datate tra la fine del IV e il V secolo, furono ritrovate durante
gli scavi della chiesa di Santo Stefano, ma visto che S. Stefano non diventa chiesa fino almeno
alla metà del VII, quando viene provvista di un’abside all’interno della quale vennero poi de-
poste le reliquie, è stato ipotizzato che provengano da Santa Agnese (SANNAZARO 2002, pp.
240-247).
54 Analisi di questa epigrafe in SANNAZARO 1993 e 2002.
57
FIOCCHI NICOLAI 2007, pp. 108-110.
58 Sulla legislazione relativa a questo tipo di sepoltura cf. DE VISSCHER 1963. Sui mau-
solei delle ville in generale PURCELL 1987, pp. 30-32, BODEL 1997 e soprattutto adesso
GRAEN 2008.
59 BOWES 2006, GRAEN 2008.
46 Alexandra Chavarría Arnau
60
E pure si ipotizza la conversione in chiesa della villa alla fine del V o già nel VI seco-
lo soltanto a partire dalla continuità toponomastica e dal titolo PANTÒ 2003, pp. 101-103.
61 SPAGNOLO GARZOLI 1998, p. 84.
63 BROGIOLO 2002b.
Alcune osservazioni sulle chiese rurali di epoca tardo antica 47
struzione di una chiesa che, in genere, non venne costruita fino al VII-
VIII secolo64.
64
Lo stesso fenomeno si osserva in Gallia e in Hispania (v. CHAVARRÍA 2007).
65 CARVER, MASSA, BROGIOLO 1982.
66 MANICARDI 2001.
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