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Facoltà Teologica Pugliese


Istituto Teologico “SAN NICOLA ” Bari

MONACHESIMO BIZANTINO
E CIVILTA'/CULTURA RUPESTRE
NEL TERRITORIO DI ACQUAVIVA DELLE
FONTI

Elaborato del Seminario “Monachesimo bizantino e civiltà/cultura rupestre in


Puglia e Basilicata” tenuto dal prof. Donato Giordano dallo studente NICOLA
ANTONIO LOCONTE (matr. FTP191415)

ANNO ACCADEMICO 2019-2020


2

INDICE
- A pagina 3: PREMESSA

- A pagina 4: Tracce bizantine nella Chiesa di Santa Maria della Palma

(o Santa Maria dei Salentini)

- A pagina 6: Tracce di civiltà rupestre nel Salentino

- A pagina 9: Un villaggio paleocristiano: la cappella della Masseria

Mofetti e il villaggio paleocristiano di S. Marco

- A pagina 10: Tracce di presenza di epoca tardo romana antica

- A pagina 12: Una presenza bizantina nei resti della cappella di S.

Eustachio

- A pagina 14: Tracce di comunità monastiche bizantine

- A pagina 16: Un santo martire a Bisanzio: San Agazio

- A pagina 17: UNA FONTE ICONOGRAFICA BIZANTINA: LA

MADONNA DI COSTANTINOPOLI

Bibliografia p. 20

Fonti storiche p. 20
3

PREMESSA

Nel sito di Acquaviva delle Fonti ho trovato un riferimento bizantino e alcuni


riferimenti a civiltà rupestri e contadine. Si tratta in molte situazioni di tracce
davvero esigue a causa dell’incuria amministrativa che si è prodotta negli anni,
come testimonia Sante Zirioni, lo storico che ha accompagnato questa avventura.
La personale difficoltà è stata quella di scegliere e indicare solo i siti presi in
esame, ovvero del periodo bizantino e delle civiltà e culture rupestri, trattandosi in
molti altri casi di siti nati in epoca successiva. Acquaviva, come molte altri territori
pugliesi, ha avuto una ricca presenza di civiltà bizantine e rupestri, ma in molti casi
è stato molto difficile potere verificare lo stato attuale e capire se sono state
interessate dal fenomeno per le poche informazioni a disposizione. In un paio di
occasioni il sito è risultato inavvicinabile per la presenza di cani randagi, o in altri
perché non sono riuscito a localizzarlo con certezza. Soltanto nel caso del sito della
Masseria Mofetta è stato possibile localizzarne la posizione con certezza e fare
qualche foto, mentre nel caso del Salentino, pur avendolo ben localizzato, la
presenza di cani randagi in prossimità della via, mi ha impedito di uscire dall’auto
e scattare qualche foto da esterno. Acquaviva delle Fonti prende il nome per la
presenza sotterranea di una falda acquifera sotterranea, nota già in epoca romana,
che si estende dal centro storico fino ai piedi della collina del Salentino. Proprio il
Salentino presenta tracce di presenze umane risalenti al IV – V secolo a. C. e la
presenza di grotte naturali. Inoltre la zona più alta del territorio è caratterizzata
dagli avallamenti detti “lame” che indicano letti di antichi fiumi ormai secchi
modellati dal carsismo, ambienti ideali per lo sviluppo di antiche civiltà rupestri.
4

1. Tracce bizantine nella Chiesa di Santa Maria della Palma (o


Santa Maria dei Salentini)
È un sito dimenticato tutt’oggi ma che può essere ritenuto valido come traccia del
tema. Dice infatti il Zirioni:

<<La chiesetta rurale conserva ancora tracce di affreschi risalenti ad epoca bizantina;
inoltre dimostra di aver subito nel corso degli anni dei rimaneggiamenti: non si esclude
che essa possa sorgere su una chiesetta paleocristiana; non si esclude che almeno in un
periodo sia stata una grande chiesa>>1.

Fonti: lasciando da parte quelle


fonti che testimoniano l’uso nel
tempo che è stato fatto del sito, e
dei passaggi di proprietà che ha
subito, illustro soltanto quelle
fonti che ne dichiarano
l’esistenza e la datazione nel
periodo focalizzato. La fonte più
antica dalla quale attingiamo è
datata 1273 dallo storico
Lucarelli in quale riporta questa
indicazione tecnica che testimonia l’esistenza: <<Reg. Ang. 1274 B, n.21, fog.
152t – 153: “…pecie terrarum due.de vinealibus.triginta.juxta clusum quod dicitur
Salentini.et juxta ecclesiam sancti Iacobi.et juxta viam qua itur ad sanctum
Heliam.”>>2

Una seconda fonte è il testamento olografo di Don Paolo della Rosa il quale dice
che <<lega al Beneficio di S. Rocco, S. Sofia e S. Sebastiano nella cappella sita
alla Ruga Maggiore della Terra di Acquaviva, un vignale di terre laboratorie alla

1
F. CHIARULLI, in l’ ”Acquavivese” n.u., marzo-aprile 1978, p. 2.
2
Cf. A. LUCARELLI, Notizie e documenti riguardanti la storia di Acquaviva delle Fonti in terra di Bari, rist.
anast., Bari 1968, p. 11 nota 4 e p. 23 nota 2.
5

via di Conetto verso la strettula di tre tarì, juxta le terre beneficiali di S. Maria dei
Salentini…>>3
Descrizione: ecco come descrive il Zirioni la cappella:
<<La cappella di S. Maria di Palma, detta ancora la Madonna di Salentino, distante
dall’abitato da circa un miglio, è di qualche capacità, et a tetto. Su la porta vi è l’imagine
di detta Vergine. Nel mezo della chiesa vi sono tre archi grandi, che danno il comodo di
poter eriggere tre altari per ciascuno. Ha un’altare coll’imagine della Vergine dipinta al
muro. Vi è il suo baldacchino, ma vecchio. Vi è la pila dell’acquasanta. Ha una sola
porta. Vi è il campanile ma senza campana; è mattonata. Avanti la chiesa vi è come un
cortile circondato di pietre riposte a modo di parete serrato che serve per ricetto di bovi,
et è una cosa assai indecente per essersi trovato pieno di immondezze. Attaccata a questa
chiesa vi sono fabriche antiche, che
dimostrano esservi stata chiesa.>>4

Indica ancora il Zirioni che nel 1729 secondo


un beneficio la chiesa si presentava
disponibile per il culto ma <<ciò non
avvenne mai con assiduità, tanto che nel
cortile antistante la chiesa, come abbiamo già
letto, venivano rinchiusi i buoi.>>5 Secondo
l’ultimo documento di archivio dello “Stato
delle chiese di Acquaviva nel 1809” si
informa che <<La cappella di S. Maria dei
Salentini al Piano di Don Nicola Latilla di Casamassima, dice di aver abbandonato
la cappella per non esservi dote per mantenerla,>> 6 anche se la popolazione
continuò a frequentarla per altri diversi anni.

3
Archivio Capitolo Acquaviva, Benefici Ecclesiastici, cart. 3, f. 171.
4
ZIRIONI, p. 169-170. Cfr. Archivio Curia Metropolitana di Bari, Stato delle Chiese di Acquaviva nel 1717, cart.
n.2 Acquaviva, f. non numerati.
5
<<Verso occidente si trova la chiesa sotto il titolo di S. Maria dei Salentini; il suo beneficio è in possesso di Don
Francesco Latilla del borgo di Casamassima, e propriamente nella via che porta alla contrada del Piano. L’onere
delle messe è quello di celebrare ogni venerdì del mese di marzo e in tutte le feste mobili dell’anno, le domeniche e
le singole feste della B. V. Maria>>. ZIRIONI, p.171. (cfr. Archivio Curia Metropolitana di Bari, Stato delle Chiese
di Acquaviva nel 1717, cart. n.2 Acquaviva, f. non numerati).
6
Archivio Stato di Bari, Stato delle Chiese di Acquaviva nel 1809, “Ramo Finanze 1811”.
6

2. Tracce di civiltà rupestre nel Salentino

Il sito Salentino indica una presenza di civiltà rupestre, probabilmente trattasi della
prima comunità acquavivese dalla quale si è sviluppata la cittadina di oggi.
Riferisce un articolo di Franco Chiarulli del 1978 che l’insediamento antico del
Salentino risale al IV – V secolo. Ciò è documentato a partire da una notizia di
cronaca del 1973 quando un gruppo di appassionati inizia una ricerca a partire
dalla chiesetta rurale diroccata e dal
ritrovamento di una tomba7.
<<Dopo il ritrovamento della
tomba e la denuncia alla
Sopraintendenza Archeologica per
la Puglia, sono state fatte un gran
numero di osservazioni in
campagna, sulla disposizione di
alcuni muri, sulla forma e sulle
dimensioni di alcune pietre, sulla
gran quantità di frammenti di
ceramica sparsi sul terreno. Si è
giunti così a delimitare, anche con
l’aiuto di fotografie aeree, la estensione dell’insediamento che è davvero grande.>>8
7
Cfr. F. CHIARULLI, in l’ ”Acquavivese” n.u., marzo-aprile 1978.
7

Proprio in occasione degli scavi per la costruzione del nuovo acquedotto vennero
rinvenute le prime tombe. Gli scavi successivi portarono alla luce un antico abitato.
<<Queste sono fatte con muri a secco. Il pavimento è di terra battuta; spesso si
rinvengono tracce di focolari con cenere e terreno bruciato. […] Accanto alle abitazioni si
trovano delle sepolture. La maggior parte delle tombe sono orientate verso Est – Ovest,
con la faccia rivolta verso il sorgere del sole; questa sistemazione ha senza dubbio un
significato religioso. […] Tutto il materiale è stato portato presso il museo Archeologico
di Bari per essere studiato.>>.9

Nelle immagini sottostanti osserviamo tre ritrovamenti funebri risalenti alla


seconda metà del IV secolo a.C.10: nel primo e secondo vediamo due sepolture per
infante una delle quali con evidenti resti ossari; nel
terzo è illustrata quella di un adulto.

8
Idem.
9
ZIRIONI, p. 178.
10
Idem, p.186.
8

Fra i ritrovamenti migliori vi fu quello di un frammento epigrafico riportato su un


vaso con sopra incise due lettere dell’alfabeto greco. Zirioni riporta quanto
descritto nell’articolo di giornale locale dell’epoca:
<<poco distante dalla zona interessata agli scavi, è stata scoperta la prima iscrizione di
questo abitato apulo, esattamente peuceta […] da porre cronologicamente intorno al IV
sec. a.C. […] Le lettere, in alfabeto greco, (ҐA), sono incise al rovescio al disotto del
labbro del vaso e costituiscono probabilmente la sigla di un figulo.>>11

11
Cf. “La Gazzetta del Mezzogiorno”, martedì 8 aprile 1986, p.15.
9

3. Un villaggio paleocristiano: la cappella della Masseria Mofetti e il


villaggio paleocristiano di S. Marco
Questo primo sito potrebbe essere una traccia di presenza di un villaggio
paleocristiano in quanto scavando sono presenti resti che testimoniano che vi è
stato un insediamento umano. La scoperta più interessante è data da una <<metà di
una fornella in cotto, decorata con croce in rilievo.>>12

<<La croce è del tipo “patente”, con


le estremità dei bracci leggermente a
coda di rondine. Questa forma
compare spesso nei bassorilievi delle chiese antiche. Il tipo di formella
contrassegnata da croce in rilievo, è presente nei secoli VI – VIII. Il pezzo
apparteneva di certo a un edificio cultuale, che serviva un piccolo villaggio o
casale circostante.>>13 Siamo a cavallo tra
la fine dell’Impero d’Occidente e la prima
colonizzazione bizantina. San Marco
<<ebbe un culto particolare dalle nostre
parti nei secoli V – VI. Papa Gelasio, per
esempio, che pontificò negli anni 492 – 496, autorizzò la consacrazione di una
chiesa nell’agro potentino dedicata a S. Michele e a S. Marco>>. Ciò attesta una
piccola comunità rurale di fede cristiana nella contrada S. Marco la cui presenza
durata circa un secolo e sia terminata, come dice il Zirioni, <<forse nei secoli VII –
VIII, quando, secondo il Lucarelli, gli abitanti di alcuni villaggi suburbani vennero
nella Civita ed incrementarono il numero dei cittadini.>>14

12
Idem, p. 13.
13
Ibidem.
14
Idem, p.14
10

Attualmente la descrizione del Zirioni mi ha portato a un luogo chiamato


“Masseria Mofetta”, ubicato a ristorante e sala ricevimenti. È presente ancora la
cappella antica che è stata restaurata come si può vedere dalle immagini esterne ed
interne.

4. Tracce di presenza di epoca tardo antica romana:


a. il casale Ventauro e la Chiesa di S. Martino
<<La più antica notizia riguardante la chiesa di S. Martino e il casale Ventauro è in
un documento del XII secolo>>. La presenza di un casale medievale in questa
località è attestata dalle fonti scritte (anno 1221) e dalla tradizione orale. Anche
Ventauro è interessato dalla presenza di una antica cappella (già citata nel
documento del 1221), intitolata a San Martino, che dà il nome alla contrada.
Intorno alla cappella il materiale ceramico rinvenuto è databile all’epoca romano
imperiale-tardoantica. La quantità e la qualità dei reperti, l’estensione e le buone
condizioni di conservazione dell’area, l’ampiezza dell’arco cronologico (Età del
Ferro – Tardoantico) senza soluzione di continuità, rendono questo sito il più
interessante e potenzialmente ricco, forse più dello stesso Salentino, a cui è
accomunato sia per l’epoca, che per la presenza di un luogo di culto di epoca
medievale.

b. La Chiesa di S. Pietro e Paolo e l’antica Masseria del Baronaggio


Pare che la storia della masseria del Baronaggio sia anteriore alle attestazioni del
XVI secolo. Nei suoi paraggi infatti esisteva già in epoca romana un insediamento
o casale. Infatti il Zirioni dice così: <<Sul terreno circostante la masseria mi
accadde di notare la presenza di cocciame e frammenti di ceramica, blocchi di
pietra lavorata ed un grosso frammento di doglio e precisamente di una parte
11

dell’imboccatura, sul quale era stato stampigliato il bollo della fornace di


provenienza>>15. <<Per una immediata valutazione mostrai i reperti al prof. Cesare
Colafemmina, esperto in epigrafia, il quale da un primo esame li ritenne databili al
I secolo d.C.>> 16 pare trattarsi di tracce di un rito di sepoltura per cremazione
operata dagli antichi romani.

15
Idem, p.84-85.
16
Ibidem.
12

5. Una presenza bizantina nei resti della cappella di S. Eustachio


Della cappella rurale detta di Santo Staso (variazione dialettale di Eustachio),
adibito a deposito, resta l’edificio in muratura.

Ubicazione: la si può trovare nella contrada


omonima confinante con la via che porta alla
“Difesa della Terra” a circa cento metri dopo la
lama di “Ciaferra” detta oggi “Campanella”,
dopo il cosiddetto ponte “Parlante”. Un tempo
adibito a luogo di culto oggi è stato murato come le foto mostrano.

Il Zirioni riferisce che la chiesetta già dal 1717 non era più funzionante, citando
quanto riportato dallo stesso archivio di Bari:

<<La Cappella di S. Eustachio, in la via detta


anche di S. Eustachio, lontana dall’abitato circa un
miglio, è piccolissima. Vi è una sola porta;
dirimpetto a questa vi è un altarino con l’Imagine
di S. Eustachio dipinta al muro con diverse al
muro con diverse altre simili a torno, ma tutte
logore. È coverta con un cupolino a lamia. Non vi
sono finestre. Il pavimento è di pietra. Non si
celebra la Santa Messa.>>17

Come notiamo <<Dell’antico tempietto, ridotto ormai a deposito agricolo, rimane


solo la parte quadrata centrale, mentre la cupoletta e l’abside, semidirute, furono

17
Archivio Curia Metropolitana di Bari, Stato delle Chiese di Acquaviva nel 1717, fondo Acquaviva, cartella 2, f.
non numerati.
13

abbattute nel 1935. Dai pochi elementi architettonici si può dedurre lo stile
bizantino che ci rimanda al VII – VIII secolo.>>18

Descrizione: secondo le fonti disponeva di un cupolino a lamia, priva di finestre e


con pavimento in pietra. Attualmente resta la muratura quadrata di dimensioni
circa di 4m2 x 6m2 circa circondata da alberi e terra e adiacente a una via rurale
intitolata a suo nome. Internamente, non potendo farne una descrizione dettagliata,
possiamo solo evidenziare i segni della cupoletta.

Notizie storiche: Sant’Eustachio martire è vissuto fra il I e il II secolo. La


leggenda dietro a questo nome lo dipinge come un soldato romano con grado
“generale” vissuto sotto l’Imperatore Traiano. Convertito al cristianesimo, pare per
aver visto sulle corna di una cerva una croce luminosa, viene martirizzato sotto
l’imperatore Adriano per il rifiuto di sacrificare agli déi, insieme alla moglie
Teopista e ai figli Agapito e Teopisto. Il culto si è diffuso a partire dal Medioevo.
Ad Acquaviva è il Santo Patrono festeggiato il 20 maggio, giorno della
conversione, e il 20 settembre come ricorrenza del martirio.

Fonti: scrive così il Can. Rosa nel 1729: <<Andando oltre, sulla via dei
Cappuccini, s’incontra il sacello gentilizio di S. Eustachio del can. De Rosa.>>19
La successiva è quella dei beni di Giovanni Battista Pellegrino elencati nel catasto
onciario del 1751 che possedeva delle terre seminatori ali <<in luoco detto la lama
di Cianferra alla via che si va a S. Eustachio, confine le terre del beneficio di S.
Nicolò alla Ruga delle Stalle…>>20. Nulle sono invece le fonti di archivio circa
l’esistenza del culto di Sant’Eustachio e delle sue origini, ma è probabile che sia
stato introdotto in Acquaviva dal conte normanno Roberto Gurguglione (o
Surguglione).

18
ZIRIONI, p.107.
19
Archivio Capitolare di Bari, Breve Storia della Chiese di Acquaviva… scritta dal Can. Don T. G. Rosa nell’anno
1729, cartella 2 Acquaviva. Cf. S. ZIRIONI, Acquaviva Sacra e Antica, vol. I, p. 61-62.
20
Cfr. A. LUCARELLI, Il conte normanno Roberto Gurguglione e la pretesa origine della chiesa Palatina di
Acquaviva delle Fonti. A. LUCARELLI, La chiesa di Acquaviva delle Fonti è Palatina?, Trani, Vecchi, 1903.
14

6. Tracce di comunità monastiche bizantine:


a. La via di San Bendetto, il casale di casa Iohanni e la Chiesa di Sancta
Mariae De Guaranchis
Sulla via Acquaviva – Sannicandro si dirama dalla strada provinciale, subito dopo
la fabbrica dell’ex chiesa conventuale di S. Maria Maggiore, la via di S. Benedetto,
che conduce alla contrada omonima che porta il suo nome. A un Km di strada si
giunge a un sito scoperto per caso e denominato “Le corti di S. Benedetto” in cui
furono trovati sotterrati reperti che fecero pensare alla presenza di tracce di una
necropoli antica. <<Vennero alla luce due sarcofagi, ossa umane con teschi quasi
interi, lastre tombali e cocciame di arredo funebre non recuperabili.>> 21 Dal
ritrovamento e dal nome che tradizionalmente porta il luogo si sono avanzate
ipotesi che si era di fronte a tracce di un’antica proprietà dei Benedettini di
Acquaviva22. Dalla relazione dell’ing. Vinaccia riportiamo testualmente:

<<Guardando l’esterno del monumento da via Coriolano (l’attuale via G. Squicciarini),


troviamo un gocciolatoio in pietra con l’estremità ornata da una testa di leone che ha
molto dell’umano e che per tecnica e fattura molto somiglia a una che trovasi al castello
di Gioia del Colle a lato di via Le torri e che rimonta al 1200. All’istessa strada (ora
piazza Don Albertario ang. Via G. Attolino) trovasi murata una porta con arco a sesto
rialzato con conci tagliati… che troviamo in monumenti del 1100 – 1200…: all’angolo
del fabbricato e dove le due vie già denominate si biforcano, trovasi a muro una lapide
(ora scomparsa) con l’insegna araldica della famiglia Giuseppe Urso con la data del
1400>>23

Fonti: La presenza di una comunità monastica Benedettina e di abitazioni di laici


in tale terra di S. Benedetto è accertata anche da tracce della presenza di una chiesa
identificabile con quella di S. Maria de Guarengi, menzionata <<nell’aprile del
1139, quando essa appare retta da un monaco cavense Moraldo, al quale Roberto
Pitittus del castello Acqueviva […] dona la chiesa di S. Maria de casa Iohanni, sita
tra il territorio di Acquaviva e quello di Sannicandro.>>24

21
ZIRIONI, p.224.
22
<<Che qui ci fosse un’antica comunità Benedettina si deduce dalla lettura degli elementi architettonici ancora
visibili nelle fabbriche dell’ex complesso conventuale di S. Benedetto in Acquaviva>> (ibidem)
23
Archivio Storico del Comune di Acquaviva delle Fonti, Culto, Monastero di S. Benedetto.
24
ZIRIONI, p. 227. Cf. G. VITOLO, Insediamenti Cavensi in Puglia, Galatina 1984, p.153. <<Circa l’antica
esistenza di un monastero dei Benedettini in (o presso) Acquaviva, si può anche ricordare quanto è scritto dal
Lombardi nel Compendio delle vie degli Arcivescovi Baresi…, Napoli 1697, parte II, p. 142. L’A., parlando
dell’Arcivescovo D. Sersale, dice che nel 1653 furono fondati due monasteri di monache. In quello di Valenzano
15

b. La Pietà
Da segnalare che il Zirioni indicando un sacello dedicato alla Madonna della Pietà
descritto come ubicato accanto a una chiesa conventuale dedicata ai Padri
Osservanti (detti anche Riformati o Zoccolanti) di S. Francesco, oggi Parrocchia di
S. Maria Maggiore. Pertanto tale ubicazione ci fornisce una informazione utile alla
nostra ricerca. E qui dice l’archivio che <<A lato del convento dei Padri Osservanti
vi è la piccola cappella della B. V. della Pietà.>> 25 Aggiunge il Zirioni che la
costruzione della cappella, secondo la tradizione, è precedente alla costruzione del
Convento, ossia prima del 1524, <<epoca in cui il Lucarelli documenta
l’ampliamento del Monastero.>>26

c. La cappella della Madonna della Pietà’


Nella ubicazione è interessante osservare che dà notizia della presenza di una
chiesa conventuale dei Padri Osservanti (detti anche Riformati o Zoccolanti) di S.
Francesco, oggi Parrocchia di S. Maria Maggiore. La costruzione risale al tempo
precedente la costruzione del convento dei Padri Osservanti, ossia prima del 1524.

d. S. Vito Martire
La cappella di San Vito attesta la presenza di un sito di PP. Cappuccini: <<Vi è
un’altra chiesa sotto il titolo di S. Vito M., dietro il convento dei Cappuccini. È
beneficio ecclesiastico del chierico Giovanni Pupilla di Bari, con l’onere di due
messe ogni settimana. È profanata.>>27
e. Santa Croce
Questo sito testimonia la presenza di una comunità dedita anche a un culto
religioso per la presenza di tracce di una cappella, dice Zirioni per la presenza sul
terreno circostante la masseria di cocciame di manufatti in cotto e ceramica, di
blocchi di tufo, conci di pietra squadrata incastonati nei muri a secco. <<Coloni e

furono mandate due istitutrici molto esperte prese dall’antichissimo monastero di S. Antonio Abate di Acquaviva. Il
superlativo antichissimo riferito a tempi molto remoti, darebbe ragione alla perizia fatta dall’ing. Vinaccia circa la
datazione di opere d’arte poste nei muri del monastero di Acquaviva e risalenti al XII – XIV secolo.>> (ZIRIONI, p.
228).
25
Archivio Capitolare di Bari, Breve Storia delle Chiese di Altamura… delineata dal Can. Don G. T. Rosa nell’anno
1729, cart. Acquaviva 2. Cf. S. ZIRIONI, Acquaviva Sacra ed antica, vol. I, p. 63, nota 73.
26
A. LUCARELLI, Notizie e documenti riguardanti la storia di Acquaviva…, pp. 93 e 100, nota 2.
27
Archivio Capitolare di Bari, Breve Storia delle Chiese di Acquaviva… scritta dal Can. G. T. Rosa nel 1729; cf.
ZIRIONI S., Acquaviva Sacra e Antica, vol. I, pp. 60 e seg.
16

custodi, secondo antiche memorie trasmesse di padre in figlio, assicurano che la


cappella esisteva e che fu distrutta intorno al 1860, nel corso dei lavori per la
costruzione della ferrovia Bari – Taranto. Quasi tutta la contrada di S. Croce era di
proprietà del monastero di S. Agostino e del Capitolo della Chiesa di
Acquaviva.>>28 Un monastero presente: una notizia utile alla nostra ricerca.

7. Un Santo martire a Bisanzio: San Agazio


Le notizie storiche sul personaggio riportano una descrizione del motivo per il
quale si venerava la figura di San Agazio ad Acquaviva. Dice così il Zirioni:
<<S. Agazio, che era un soldato, subì il martirio a Bisanzio l’8 maggio 303 0 305.
Secondo una pia tradizione il corpo di S. Agazio, attraversato il mare, sarebbe
prodigiosamente approdato sulla spiaggia di Squillace, in Calabria. Da Squillace il culto
verso detto Santo si diffuse nel Meridione e giunse in Acquaviva dove, tra il XIV e XV
sec., fu innalzata in suo onore la chiesetta che abbiamo illustrato.>>29
Pertanto mi sembra ovvio prendere in considerazione un sito che prende il nome
dello stesso e che il Zirioni descrive come una <<piccola cappella di campagna ad
una sola navata, che un tempo aveva la porta verso
ovest e l’abside ad est, come la maggior parte delle
chiese che furono costruite prima del XVI sec.>>30
Successivamente Zirioni presenta le fonti dalle
quali attinge le sue notizie e che non mi sembra
utile citare qui. La foto mostra come si presenta 30
anni fa circa, quando il Zirioni pubblicava il suo testo.

28
ZIRIONI, p.133.
29
ZIRIONI, p. 147. Cfr. anche un articolo apparso nella “Gazzetta del Mezzogiorno”, datato 16 dicembre 1983
intitolato: “Di quella chiesetta rimane ben poco”.
30
Idem, p. 145.
17

8. UNA FONTE ICONOGRAFICA BIZANTINA: LA MADONNA DI


COSTANTINOPOLI
Segnalo infine una fonte iconografica che trova spazio all’interno della
Concattedrale di Acquaviva la cui figura è oggetto di venerazione e di culto.
Notizie storiche: Il culto della Madonna di Costantinopoli in Acquaviva delle
Fonti prendono piede a partire dal Concilio di Efeso del 431 e la posizione eretica
di Nestorio secondo il quale Maria è semplicemente la figura materna di un uomo e
non già di un dio. Riconosciuta come θεοτόχος l’imperatrice d’Oriente Pulcheria
(399-453) iniziò la costruzione di chiese, monasteri ed ospizi, contribuendo a far
crescere e diffondere l’adesione alla dottrina della Madre di Dio. E’ in questo
contesto storico che si formano diverse, suggestive e leggendarie ipotesi che
sottendono l’icona ed il culto di Maria SS. di Costantinopoli venerata in Acquaviva
delle Fonti. Una prima tradizionale leggenda dice che l’icona della Madonna (oggi
custodita nella Cripta della nostra Cattedrale) sia una copia di quella donata da
Eudocia all’imperatrice di Bisanzio (Pulcheria), copia che addirittura parrebbe
“dipinta da S. Luca, essendo in vita la Vergine”; ed è in questo periodo storico che
non solo nascerebbe la “festa della gran Madre di Dio da solennizzarsi nel primo
Martedì di Marzo con magnificenza veramente Imperiale, e col consenso di S.
Proce Patriarca di Costantinopoli”. Ulteriore leggendaria ipotesi vorrebbe la tavola
con l’effige della Madonna di Costantinopoli commissionata da Roberto
Serguglione (o Sergulione o Gurgulione o Gurguglione), signore normanno della
Città verso la metà del XII secolo. Se si accettasse per mera tautologia la
committenza dell’icona ad opera di Roberto Gurgulione risulterebbe presto scritta
la storia dell’icona tra il XII ed il XVII secolo, ed implicitamente si dovrebbe
accogliere l’ipotesi di un culto della Madonna di Costantinopoli in Acquaviva e/o
nelle nostre terre già esistente nel 1158, cosa facilmente smentibile. Tale leggenda
sembra arricchirsi e corredarsi di un’appendice ancor più fantasiosa allorquando
l’icona - miracolosamente sfuggita alla persecuzione iconoclasta - affidata alle
onde del mare sarebbe giunta sulle coste di Bari e da questa spiaggia un vento
provvidenziale l’avrebbe condotta in Acquaviva presso la porta principale della
18

Città, ove un soldato l’avrebbe fermata con la propria spada. Continuando a


nuotare nel mare della fantasia, altra tradizione orale vorrebbe che l’icona non
fosse giunta via aerea ma via terra, su di un carro trainato da buoi, guidato da due
commercianti acquavivesi che menando da Bari, in precedenza s’erano contesi la
sacra tavola con altri due omologhi mercanti di Bitritto. Altra congettura – non
meno fantastica delle precedenti in quanto priva di qualunque riscontro
documentario – è solo basata su una fantomatica, mai trovata, iscrizione posta sul
retro dell’icona che vorrebbe l’effige trasferita da Costantinopoli ad Acquaviva nel
1423 ad opera di un tale Nestore Nisciarato. Se anche solo lontanamente in alcune
delle affascinanti favole sopra narrate qualcuno avesse nutrito un seppur
piccolissimo dubbio circa qualche elemento di veridicità, gli ultimi lavori di
restauro dell’icona della Madonna (9 febbraio 1991 - 23 agosto 1991) avrebbero
messo definitivamente fine ad ogni genere di perplessità. Si è accertato, infatti, che
la tavola non presentava alcuna precedente e sottostante pittura a quella attuale.

L’opera oramai, senza alcun


ragionevole dubbio, “databile entro i
primi tre decenni del Cinquecento”
sarebbe attribuibile, dalla D’Elia, a
Francesco Palvisino, artista di
Putignano del XVI secolo. Se fino a
questo punto i percorsi della nostra
storia appaiono offuscati, ingarbugliati
ed intangibili, un passaggio dal quale
non si può prescindere per comprendere
le reali basi storiche del culto della
Madonna di Costantinopoli nelle nostre
terre (e nello specifico in Acquaviva) e,
quindi, funzionale a fare un po’ di
chiarezza, riguarda i notevoli flussi migratori di popolazioni slave, albanesi e
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greche che - a partire dalla fine del medioevo - dai Balcani si mossero verso tutta
l’Italia meridionale. Folti gruppi – questi – che affluivano nelle nostre regioni
spinti prima da motivazioni economiche e di sopravvivenza poi da fattori politici e
religiosi, diffondendo in tutto il Sud Italia il culto di Maria SS. di Costantinopoli.
L’analisi di alcuni documenti anche di natura fiscale (come un censimento del
1472) attesta con certezza - nelle nostre terre - la presenza di Slavi con il proprio
bagaglio di tradizioni, lingue e fedi religiose. Il processo di integrazione lento e
graduale, e di assimilazione sociale, nell’ambito di tutto il Regno di Napoli,
iniziava a comportare anche quella religiosa e culturale allorquando si professava
una fede cristiana di rito greco “tenacemente attaccati alle tradizioni liturgiche –
non meno che a quelle teologiche – della chiesa di Costantinopoli”. In definitiva, è
certo che alla caduta di Costantinopoli ad opera dei turchi (1453) popolazioni
balcaniche avviarono massicciamente flussi migratori diretti sulle coste italiane
diffondendo il culto per Santa Sofia e Maria SS. di Costantinopoli. Sebbene il culto
della Vergine sotto tale titolo, in Acquaviva, sia palesemente antecedente alla
prima metà del ‘500, ampi riscontri documentari e notarili di una certa fondatezza
si hanno solo a partire dall’inizio del XVII secolo, per proseguire, poi, in occasione
delle pesti del 1656 e del 1691. Il 1656 è, in definitiva, una data cruciale nella
storia che stiamo narrando: gli acquavivesi, scampati ad una memorabile pestilenza
che “in men di sei mesi, desolò le Provincie del Regno” si radunarono in pubblico
parlamento e con solenne atto si obbligarono ad astenersi dall’uso delle carni e dei
latticini nel giorno della festa dedicata alla Madonna di Costantinopoli. Col rogito
del Regio notaro Antonio Rosa (il 14 settembre) l’Università di Acquaviva con un
voto perpetuo stabilì e deliberò - in onore della Vergine Santissima, Patrona e
Protettrice della Città - di corrispondere annualmente, il primo martedì di marzo, al
Regio Capitolo della Chiesa di Sant’Eustachio, la somma di 30 ducati d’argento.
Da allora non ci è pervenuta notizia di alcuna sospensione o interruzione di tale ex-
voto.
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BIBLIOGRAFIA
- SANTE ZIRIONI, Acquaviva Sacra e Antica, chiese rurali, corti, borghi e
casali nel territorio di Acquaviva delle Fonti, Studi e ricerche 1990, vol. V.
- G. VITOLO, Insediamenti Cavensi in Puglia, Galatina 1984.
- ANTONIO LUCARELLI, Notizie e documenti riguardanti la storia di
Acquaviva delle Fonti in terra di Bari, Trani 1904.
- ANTONIO LUCARELLI, Il conte normanno Roberto Gurguglione e la
pretesa origine della chiesa Palatina di Acquaviva delle Fonti, Trani 1903.
- ANTONIO LUCARELLI, La chiesa di Acquaviva delle Fonti è Palatina?,
Trani, Vecchi, 1903.

FONTI STORICHE
- Archivio Capitolare di Acquaviva delle Fonti.
- Archivio della Curia Prelatizia di Acquaviva delle Fonti.
- Archivio della Parrocchia di S. Eustachio presso la Cattedrale.
- Archivio Storico del Comune di Acquaviva delle Fonti.
- Archivio di Stato di Bari.
- Archivio di Stato di Napoli.
- Archivio della Curia Metropolitana di Bari.
- Archivio Capitolare di Bari.
- Archivio di Notarile di Bari.
- Archivio di Notarile di Acquaviva presso la Pretura di Acquaviva.
- Archivio di Stato di Trani.
- Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti di Bari.
- Biblioteca Provinciale De Gemmis di Bari.
- La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 8 aprile 1986.
- L’Acquavivese, articolo di FRANCESCO CHIARULLI, n.u., marzo-aprile
1978.

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