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. IL CONVENTO dei CAPPUCCINI
in CERRO MAGGIORE
P. METODIO DA NEMBRO
Il convento dei Cappuccini
in Cerro Maggiore
Edizioni "Lux da Cruce " )
PRESENTAZIONE
COLLANA:
Luoghi e figure {rancescane
N.l
A Cerro Maggiore, nella plaga legnanese, sin dal 1582
esiste un convento di cappuccini fondato, con la benedi-
zione di s. Carlo Borromeo, dal mercante cerrese Pompeo
Legnano e dalla moglie Margherita Besozza. L'anno scorso
(1964), ad opera del sindaco pro]. Strobino, nasceva nel-
l'importante centro milanese un'utile rivista dal titolo: Cer-
ro Maggiore, che si propone d'illustrare i vari aspetti della
vita cittadina, sia d'attualit (attivit comunale, iniziative di
industria e commercio, problemi del lavoro, igiene, cultura,
arte, ecc.) e sia storici.
Poich il vecchio edificio conoentuale, ormai cadente, tra
il 1963 e il 1964 fu sostituito con uno nuovo, l'occasione
sembr opportuna per stendere, del vecchio convento, una
rapida sintesi storica mediante un seguito d'articoli che ap-
parvero sulla stessa rivista. E ora tali articoli con qualche
ritocco vengono riuniti nel presente volumetto perch, se
pure non condotti in forma strettamente scientifica con le
note e i riferimenti necessari, nondimeno tengono presenti
le superstiti fonti storiche e si valgono della bibliografia es-
senziale (una nota bibliografica in fondo al volume).
Va aggiunto che il volume il primo d'una serie illustran-
te luoghi, figure, eventi [rancescani specialmente della mona- Con approvazione ecclesiastica e dei Superiori dell'Ordine
-5-
stica provincia dei cappuccini lombardi. Con un program-
ma soprattutto d'indole storica e agili monografie condotte
con vero senso critico, tale collana mira a raccogliere notizie
e dati che possano servire per una eventuale ed auspicata
storia della stessa monastica provincia.
Quest'anno (1965) il quarto centenario dell'ingresso
di s. Carlo Borromeo nell'archidiocesi ambrosiana. Sotto gli
auspici di Lui, che il patrono della monastica provincia
cappuccina di Lombardia e che inoltre fu, in vita, suo stra-
ordinario benefattore, diamo il via al presente volumetto
relativo al convento di Cerro Maggiore contenti se, in qual-
siasi modo ci avvenga, esso recher una nuova testimo-
nianza francescana.
L'EREDITA DEL MERCANTE
I .
1. - Conventi cappuccini del milanese
I religiosi cappuccini incominciarono a stabi-
lirsi sul territorio dell'antico Ducato di Mano a
partire dal 1535,fdandonellacomprensioneecor-
dialit delle buone popolazioniambrosiane. Nei
primi mesi di taleanno il p. Giovanni da Fano si
present conun suocompagnoall'ultimo ducadi
Milano, Francesco Sforza II che mor il primo
novembredi quellostessoanno, e gli chiese per
amar di Dioun luogo,ovepotesseaccomodareal-
cunestanzette per abitarvi e lodare il Signore.
Il Duca - continua il cronista p. Salvatore da
Rivolta- gli mirfsamenteambdue senzapar-
lare, econsiderandol"abitorozzo,tutto rappezzato,
essi discalzi, scarni, ecos estenuati dall'asprezza
dellepenitenze edei disagi che pativano, voltosi
ai Cavalieri che gli erano d'intorno disse tutto
stupefatto: - Non mi piace tanta estremit di
vivere.
Erano quelli i primi tempi eroici dellariforma
cappuccna, sortanel 1525dal vigorosoalberofran-
cescano, elaMilano i religiosi erano, si pudire,
tuttora ignoti; nondimenop. Giovanni daFano01;..
L'autore
Milano, 17 settembre (festa delle S. Stimmate), 1965.
-6- -7-
tenne dal Duca (che come signor Catolico desi-
derava l'accrescersi del culto divino) un punto
d'appoggio fuori Porta Vercellina in una cappella
solitaria presso l'Olona che dal popolo er.achia-
mata ({San Giovanni alla Vedra (Vedra, corru-
zione, a quanto pare, di ({vipera, in quanto l'et-
fige venerata rappresentava s. Giovanni con ai
piedi una vipera). Qui i Cappuccini rimasero circa
otto anni, poi si trasferirono a S. Vittore all'Olmo
oS. Vittorello, dentro lemura, epi tardi, qualche
anno dopo la morte di s. Carlo Borromeo, avreb-
bero costruito anche il convento di Porta Orien-
tade, dedicato alla Concezione Immacolata della
Vergine Madre di Dio ereso famoso dal Manzoni.
Altri conventi del milanese, sorti prima di Cerro
Maggiore, furono quelli di: Monza (539), dedi-
cato a s. Martino e pure ricordato dal Manzoni
nel suo immortale romanzo aproposito del rifugio
epoi del ratto di Lucia; Abbiategrasso (548), co-
struito su una preesistentecappella di s. Giulio e
divenuto poi celebre per una Madonna col Bam-
bino che era dipinta sull'esterno della chiesetta
e che cominci proprio allora a far grazie prodi-
giose; Varese (1560), sorto da prima nella castel-
lanza di Casbeno e pi tardi illustrato dal D. A-
guggar che costru le famose cappelle del Sacro
Monte; Lodi (564), voluto dalla comunit citta-
dina che indusse un certo Bonadeo della Valle a
cedere il terreno necessario; Cardano (1571), sor-
to per diretto interessamento di s. Carlo Borro-
meoche si era recato sul luogo in visita pastorale
e ne costato l'opportunit. Altri conventi, concre-
tats per interessamenti vari ma sempre benedet-
ti e caldeggiati da s. Carlo Borromeo, 'sorsero a:
Melzo, (573) accanto a un importante santuario
della Madonna costruito per voto cittadino epure
illustrato da grazie straordinarie; Casalpusterlen-
go (574), anche qui unito al santuario mariano
-8...,-
l
I'
di s. Salvario dopo che, se dobbiamo credere al
cronista, da vario tempo si vedevano processioni
di cappucini muovere verso il preesstente santua-
riocon in mano ceri accesi; Melegnano o, come
si diceva allora, Marignano (1577), fatto costrui-
re dalla famiglia Visconti che rsedeva in quella
localitalie porte di Milano ; Merate (1579) in
Brianza, sorto pure dietro interessamento di s.
Carlo Borromeo in luogo solitario dove erano sta-
ti sepolti, da vari decenni, degli appestati.
2. - Un mercante e un notaio
A Cerro Maggiore il convento dei Cappuccini
si realizz grazie a un seguito di favorevoli circo-
stanze che trovarono il loro punto d'incontro per
impensati interventi. Un vecchio mercante di
Cerro, a nome Pompeo Legnano, cercava un'occa-
sione per impiegare mertorarnente i suoi averi,
non avendo figli maschi, e a tal effetto aveva gi
fatto costruire, fuori del villaggio e in direzione
di Legnano, una piccola chiesa o cappella dedica-
ta al mistero della Visitazione e, accanto ad essa,
({una casetta per abitazione del cappellano che
voleva mettervi. Nello stesso tempo i religiosi
cappuccini desiderav.ano avere nella zona un pun-
to d'appoggio per un duplice scopo e cio: assiste-
re spiri tualmen te i fedeli con la loro predcazone
e altri buoni uffici, e poi trovare un al,loggio si-
curo nel lungo viaggio (a piedi) tra Milano eGal-
larate-Varese che spesso era compiuto, come
agevole immaginare, in condizioni penosissime.
E' a questo punto (esiamo nel 1582) che inter-
venne il notaio milanese Antonio Rinaldi, che
era benefattore dei Cappuccini gi da lunga data.
Essendo egli amico del mercante cerrese e cono-
scendo il reale bisogno dei religiosi, ag con i suoi
buoni uffici sull'animo del Legnano suggerendogli
-9-
l'idea di un convento da costrurs accanto alla
cappelladellaVisitazione. Laragioneaddotta dal
notaio era che il cappellano col tempo sarebbe
scon;pa~so,mentre i religiosi avrebbero continua-
t<?l assistenza alla cappella in un tempo indefi-
mto.
~'idea del conventovenneaccoltadal mercan-
te, Il quale anzi incaric l'amico ad allacciare i
~ec~~sa:nrapporti coni religiosi.Subitoil Rinaldi
II:YltOl Cappuccini a visitareil luogoe frattanto
grapor~eva,.per la richiesta autorizzazionedello
Ordinario diocesano, diretta istanza a s. Carlo
Borromeochefubenlietodi dareil suoconsenso
e~a.sua. benedizioneripromettendosi larghi frutti
spritual dal~apresenzadei religiosi. In tal modo,
mPOChImesi, tutto fu combinato.
.Superiore. ~ellamonastica provincia lombarda
del .Capp~ccml e~aallora il notissimo p. Mattia
~ellmtam da Salo, profondo teologoe celebratis-
simo oratore in tutta Italia, grande amico di s.
Ca~l~dal q~aleaveva gi avuto lettere commen-
d~tIzle.per Il redi Francia eHNunzioapostolico
d; Parigi allorch'si era recato nella grande na-
zl.onein qualit di commissarioper stabilirvi l'Or-
dme. cappuccmo l {1575-1578): autore, inoltre, di
syanate operespirituali comela Pratica dell'ora-
~tO~e mentale cheebbeuna'quarantina di edizioni
italiane etraduzioni in francese, tedescoelatino.
Pad~eMattia, all'invito del Rinadd, visitil luogo
de?t;n~toal conventoconi padri definitorie fab-
bnClen,. -~ne rest oltremodo soddisfatto ralle-
grandos m.cuor suo del pensiero avuto dal buon
mercante; mseguitoegli s'interessper averean-
che un altro tratto di terreno destinato all'orto
conventuale.
-10-
3. - Padre GiambattistadQj Milano
ottenuto lospaziosufficiente,l'anno dopo(1583),
con solenneprocessioneche mosse dalla parroc-
chiadi Cerroeattir molta genteanche dai pae-
si circonvicini, fu innalzata una crocesul limite
dell'area destinata al convento e, inoltre, ({posta
gilaprimapietra fondamentale conlesolitece-
rimonie, d'ordinedi s. Carlo arcivescovodi Mila-
no che delegal sacro rito un suo sostituto. Il
fatto riusc solenneememorabileancheper i di-
scorsi di circostanza che furono pronunciati. Ma
poichl'inizio dellacostruzoneurgeva e, d'altra
parte, occorreva un religioso che presiedesse ai
lavori affinchlenormedi povert eumilt, pro-
prie dell'Ordine cappuccino, non fossero mano-
messe, il superiore provinciale destin subito 'a
CerroMaggioreil p. Giambattista daMilano, no-
to predicatoreesoprannominato, conaddolcimen-
to del cognome, il Caldarinetto; questi, trasferi-
tosi tosto aCerro, presedimoranellapiccolacasa
del cappellano, contigua alla chesetta della Vi-
sitazioneegifatta costruire, comesi detto, dal
signor PompeoLegnano.
Padre Giambattista, religiosozelante e attivo,
conlasua fervorosapredicazioneela suavita e-
semplare si cre rapidamente un largo prestigio
nella zona, stimato e venerato non solo a Cerro
Maggiore, S. VittoreOlonaeLegnano, ma anche
a Rescaldina, Cislago, Parabiago e altri centri
popolosi dei dintorni. Prima d'incominciare la
fabbrica del convento, egli provvidea raccogliere
il materiale necessario({comepietre, calcina, sab-
biaelegnami e, sepureil vecchiomercante be-
nefattore efondatorepagavadi suaborsalamag-
gior parte di tali materiali dacostruzione, al loro
trasporto provvedevano gratuitamente ({i poveri
-11-
massari di Cerro, S. Vittore e d'altre terre vicine
il tutto per amor di Dio con allegrezza grande .~
grande rervore - come nota Hcronista.
Ad animare trasportatori e costruttor era
sempre il p. Giambattista che si sottoponeva a
gravi fatiche corporali, pur continuando un in-
tenso ministero spirituale. Per il suo buon esem-
pio ~per la stima da lui acquisita all'Ordine cap-
pUCCInOnella plaga di paesi rurali e cittadine
delimitata da Rho, Saronno e Gallarate, egli fu
H primo ufficiale superiore del nuovo convento
destinatovi dal capitolo provinciale celebrato ~
Cremona nel 1584, poco tempo prima che s. Car-
lo morisse.
4. - Vari benefattori
La costruzione di questo primo conventino ri-
spondente in pieno alle severe norme di austerit
e povert allora vigenti nell'Ordine, fu rapida-
mente condotta a termine. Iniziati i lavori nella
estate del 1583, in alcuni mesi vennero approntate
19 celle o piccole stanze, povere e modeste alcuni
altri ambienti pi comodi per gli infermi il refet-
torio con la cucina e la minuscola caneva, il coro
per i frati dietro l'altar maggiore della chiesina
un altro piccolo coro laterale. La stessa chiesett~
o piuttosto cappella, fatta costruire dal signor Le-
gnano, si rivel di troppo modeste proporzioni e
fu allungata la met da frati, e ci fu l'anno
1586.n, dopo che vi si era gistabilita una regolare
faml~1ia o comunit religiosa composta di otto
padr e quattro fratelli.
Va notato che il mercante fondatore e cio il
cerrese signor Pompeo Legnano, venne' a morte
poco dopo l'inzo dei lavori e, poich cos aveva
stabilito per testamento, fu sepolto nella chieset-
ta da lui costruita. La sua opera, alla quale egli
-12-
provvide con chiare disposizioni, continu alacre-
mente dietro interessamento di sua moglie e cio,
come scrive il cronista, Madonna Maddalena Be-
sozza, che fece fare la maggior parte del monaste-
ro a sue spese, conforme alla pia intenzione del
marito defunto, da cui era stata lasciata usutrut-
tuaria sino alla morte di le .
Al resto della fabbrica si provvide con le offer-
te, oltre che dei buoni Cerresi, di {(alcuni gentil-
uomini che avevano beni in quei contorni, e in
particolare della signora Margarita Simonetta
Gallarata (sic) }}che possedeva immobili a Se-
driano; essa, come devota e amorevole benefat-
trice della nostra Religione, fece farl'ancona (ico-
na), il tabernacolo, calice eparament per l'altare
eper celebrare la santa Messa, enel suo testamen-
to lasci al convento di Cerro cinquecento scudi
per accomodarlo, e ci perch sin da quel tempo
trattavano i frati di rinnovarlo per esser mal fab-
bricato. Lasci parimente a questo convento la
suddetta Signora tutti gli suoi quadri belli, che a-
veva in casa, che non erano pochi, etutta la bian-
cheria, e altre cose ancora .
Altri benefattori, in quei primordi, furono due
signori Crivelli, l'uno a nome Giambattista che
abitava a S. Vittore, el'altro chiamato Francesco,
residente a Cerro: il primo mand materiale da
costruzione, l'altro {(vivendo fece fabbricare la
cappella piccola dedicata al Padre San Francesco,
et a S. Fermo, con una bella ancona e con para-
menti, evoleva farla dipingere, ma prevenuto dal-
la morte lasci per testamento erede l'ospedale di
Cerro, con obbligazione che gli Deputati di quello
dessero ogni anno una certa elemosina ai frati
di questo luogon. Degno di menzione anche un
benefattore di Cislago, certo signor Pompeo Qua-
drio, il quale mandava abbondanti elemosine ai
nostri frati nei loro bsogn .
-13-
5. - Sepolta in chiesa
Anche i religiosi, compatibilmente con le loro
regole, cercavano non sala di rendere la lmosna
spirituale ai loro benefattori, ma anche di mo-
strarsi rconoscent in altri mod. Cos risulta che,
alla richiesta della signora Maddalena Besozza di
essere sepol ta per devozione nella chiesa del con-
vento, il defntoro provncale benignamente ac-
condiscese. Il documenta relativa, del maggio
1584, riportato dal cronista alla lettera e merita
di essere conoscuto. Esso fu steso dal p. Urbano
da Milano, che era vicario provinciale perch il su-
periore provincale, Giacama Giussani da Milano
detto il Caldarino ed eletto l'anno prima nel set-
tembre (in questa capitolo w si trov san Carlo,
emangi in refettorio, edopo pranzo all'altare fe-
ceun bellissimo ragionamento in lode della Reli-
gone nostra, epoi solennemente benedisse tutti i
rrat ), era morto santamente dopo un disastrosa
viaggio a piedi da Como a Milano sotto piogge di-
luvianti.
Noi infrascritti - dice il documento - fra
Urbano da Milano Cappuccino e Provinciale nella
Provincia di Milano, e Pildppo da Milano, Dionigi
da Milano, eAngela da Milano Diffinitori del Ca-
ptolo dell'anno presente, attesa la richiesta fat-
taci dal signor Giovanni Antonio Rinaldi per la
signora Maddalena Besozza Legnana d'esser se-
polta dopo la morte nella nostra chiesa di Cerro, e
essendo anca tale l'amorevolezza sua versa di noi
dimostrataci non solo in averc donato .il sito di
detto luogo, e fatto frabricar quasi tutto Il Mona-
stero a sue spese, ma ancor nella fedel protezione
della Religione equotidiane elemosine fatte al sud-
detto luogo nostro, essa merita gli sia compiaciu-
ta in s onesta domanda.
-14-
({Pertanto abbiamo determinato in comun con-
senso nostro di condiscendere a suoi prieghi. In
virt donque della presente concediamo alla so-
detta signora Maddalena che doppo morte senza
alcuna resistenza possa esser sepolta nella chiesa
nostra di Cerro, o cemetero, dove pi gli piacer.
Per fede di cabbiamo fatto fare la presente, sot-
toscritta di nostra mano, e soggellata con il sog-
gello maggiore del nostro Officio. Data nel nostro
luogo di S. Vittorello di Milano.il 31maggio 1584.
Il documento autenticato dal notaio pubbli-
coGiuseppe Daverio.
6. - {(Aria buona e temperata
Il convento, costruita rapidamente nella sua
struttura essenziale, venne poi completandos per
l'interessamento dei vari superiori Iocal. Cos, gi
si veduto ch'e la primitiva chiesetta fu raddop-
piata nel 1586dal p. Giambattista da Milano, pri-
mo superiore ufficiale, e in seguito venne ad ag-
gungers la cappella di s. Francesco e s. Fermo.
Nel 1597i relgos, sia purecan 'qualche impunta-
tura, poterono ottenere dagli eredi del signor Pom-
peo Legnano un pezzo di giardino versa Levante,
per essere il luogo troppo angusta da quella parte,
eper essere lastrada pubblica contigua al caro eal-
la cappella piccola senza muraglia. Nel 1610il
superiore locale, p. Cirillo da Maggiora, innalz
una nuova e pi comoda sacresta con l'andito
che va alla cappella. Insomma, ogni superiore
aggiungeva e migliorava,
Intorno al 1616il cronista con giudizio relativo
alla poszone del convento e alla sua vita scrive-
va: ({E' questo luogo d'aria buona e temperata,
ha buone cerche, ma lontane. Si servono nella
terra di Legnano di medici, medicine e barbiere
(flebotamo ), essendov un luogo pio che fa la ca-
-lO -
rit di quanto bisogna per gli infermi. D'ordinario
vi abitano dieci o dodici frati, eluogo di passag-
gio per andare a Gallarate e a Varese .
Ma, fosse per troppa fretta nella costruzione
imperizia o cedimento del terreno, esso gi si tro~
vava in condizioni precarie di stabilit minaccian-
do rovina, eil superiore locale, p. Raffaele da Mi-
lano, andava raccogliendo il materiale necessario
per ripararlo.
7. - Buoi da trasporto
In relazione alla raccolta di tale materiale il
cronista riporta due fatti ch'egli ritiene miracolo-
si e che rtrascrveremo non tanto per la grazia
eaiuto soprannaturale ch'essi suppongono, ma per
l'intima freschezza e semplicit con cui sono nar-
rati.
L'anno 1616- nota il cronista - mentre il
P. Rafael di Milano, predicatore, era Guardiano
di Cerro, minacciando rovina il monastero gi fat-
to in fretta e con poca cura, s'andava radunando
materia per ripararlo, e gi s'era ammassata gran
quantit di pietre cotte tutte in una pila nel giar-
dmo, una sopra l'altra, per dar luogo a quelle che
di mano in mano si conducevano. Avvenne che un
massaro del signor Giovanni Crivelli da S. Vitto-
re, chiamato Andrea Rovedi, avendone condotto
un ~arro, mentre avvicinato alla pla stava per di-
scarcarle, in un subito ruinosamente caddero tut-
te lepietre di essa addosso gli bovi e caddero in-
sieme due huomni, che vi erano sopra ordinando-
le, di maniera che si tennero per morti involti in
quella gran massa giontamente con gli animali
che non si vedevano. Trovandosi presente il Padr~
fra Cipriano da Milano sacerdote, che era vicario
del convento, a quel spettacolo miserando fece
un'elevazione di mente al Signore e al Padr~San
- 16-
Francesco pregando nstantemente a non permet-
tere con la morte degli huomn il danno del po-
vero massaro con la perdita de suoi animali. Lo
istesso fecero ancora altre persone, ch'erano pre-
senti a quel fatto. Piacque al Signore di esaudirgli
preservando gli huomn e i bovi che, scoperti, u-
scirono salvi et illesi, meravigliandosi ognuno e
benedicendo Iddio per questo singolar segno et
affetto dell'infinita benignit sua, epartirono tut-
ti pi che mai pieni d'affetto edi cuore ad adope-
rarsi sempre nel servizio del Serafico Padre San
Francesco aiutando i suoi poveri figli Cappuccini ..
L'altro episodio, sulla linea del precedente, toc-
caun contadino di Cerro mentre pure si occupa-
va nel recar materiale al convento.
L'anno medesimo 1616conduceva parimenti
per la fabrica del convento Galeacio de Rossi,
massaro di Cerro, una rovere grossissima sopra
di un suo carro, e nel dargli volta, la ponta della
rovere trov una pianta di gelso vicina in manie-
ra che il calce di essa sdruciol sopra di un bove,
che la tirava, e lo fracass tutto in modo che il
povero animale non si poteva pi muovere. Affan-
nato il padrone, che sicuramente temeva di per-
derlo, pregava il Padre San Francesco et i frati,
che l'aiutassero; condotto il bove a casa al meglio
che fu possibile per poterlo medicare, ma preve-
nendo con l'orationi il rimedio, andarono poscia
i Padri a vederlo e lo ritrovarono sano, con alle-
grezza grande del padrone che non finiva con tut-
ti gli altri di meravigliarsi, di benedir Iddio col
Serafico nostro Padre, e di promettere pi animo-
samente l'opera sua in favore dei trat ,
Altri episodi miracolosi avvennero, dietro rac-
comandazione a s. Francesco, in altri villaggi cir-
convicini, ed fuori dubbio che tutto ci contri-
bu a creare larga stima ai Cappuccini di Cerro.
- 17 --
II.
MEMORIE DEL PRIMO SEICENTO
1. - Restauri con P. Cirillo da Maggiora
Raccolto, da p. Raffaele da Milano nei due an-
ni della sua guardania 0616-1618), il materiale
necessario, i lavori di restauro furono intrapresi
dal suo successore nel superiorato ecio p. Cirillo
da Maggiora (Novara), destinato a Cerro dal ca-
pitolo provinciale celebrato il 31 agosto 1618nel
convento dell'Immacolata Concezione a Porta O-
rientale in Milano. Il nuovo superiore giunse a
Cerro un tardo pomeriggio del settembre, dopo
aver a lungo ciabattato 'Sulle malagevol strade
della zona.
Padre Cirillo (1575-1650)eraun noto predicatore
che suscitava grandi entusiasmi nei suoi uditori,
non amotivo di arte erettorica, ma perch lascia-
va libero corso al fervore del suo spirito ottenendo
con ci sincere conversioni. Negli ultimi anni del-
la sua vita egli avrebbe svolto un efficacissimo -a-
postolato in Val Chiavenna (all'imbocco della Val-
tellina e allora dipendente dai cosiddetti signori
Grigioni,svizzeri), tra inumerosi protestanti che
edificava con la sua vita austera e penitente ed
anche con la grazia e soavt della sua conversai-
-l' -
zione; ma gi nel duplice superiorato sostenut?
aCerro Maggiore 0610, 1618)si fececo~os~erees~~-
mare in un vasto raggio all'intorno, richiesto piu
volte sui pulpiti della zona dove il popolo ,accorre-
va numeroso, soggiogato dalla spontaneit e dal-
la forza del suo dire. Ci riusc di grande, va:ntag-
gio anche per i lavori di restauro perche risulta
che il buon superiore, nel ritornare al convento
dopo lesue fervorose predicazioni, era talvolta .ac-
compagnato da qualche lavoratore che ~ffrIva
spontaneamente i suoi servigi, ovvero seguito da
qualche nuovo carro di materiale necessario alla
prosecuzione dei lavori.
In tal modo il convento fu interamente ~e~tau~
rato, questa volta per con pi calma eperrzia : l
muri che minacciavano di rovinare, venner? rin-
forza:ti ovvero demoliti erifatti; il piccolo chlO~tro
fu meglio sistemato sul fianco destro della c~Iesa
ein esso si rifece il pozzo, che aveva sofferto mfil~
trazioni; fu ingrandito H coro ela nuova porta d~
esso, praticata a tramontana! venne a trovarsi
presso il muro che recingeva Il convento a nord,
ombreggiato dai grandi noci che so.rge:ranosul ter-
reno contiguo e confinante e quindi soggetto .~
deteriorarsi facilmente per la grande un:ndlta: Cl?
indurr pi tardi un superiore (p. Fedenco da MI-
lano) ad acquistare quel tratto di terreno ea spo-
stare la cosiddetta {(cinta , ricavandone un nuovo
pezzo di giardino. Anche il m~ro di cinta, che
fiancheggiava la strada proveniente d~l borgo ~
passante accosto al convento, venne nfatto; ml~
zialmente costruito con sassi e mota; aveva P~I
sofferto per gli alberi dell'orto (specialmente fI-
chi, susini e peschi) che gli sorgevano troppo a
ridosso. Abbellimenti furono inoltre apportati alla
piccola chiesa.
La mattina del 2luglio 1619la campanett~ de~
convento gi prima dell'alba aveva fatto udire 1
- 20-
suoi squilli argentn sul borgo di Cerro, sui campi
umidi di rugiada, sui boschi che come macchie o-
scure punteggiavano la pianura; e ben presto al
convento e adiacenze fu un gran raccogliersi di
fedeli non solo di Cerro, ma anche dei paesi cir-
convcn, che s'accostavano ai Sacramenti e poi
bivaccavano all'ombra di qualche albero, a consu-
marsi allegramente la colazione al sacco. Era la
festa titolare della chiesetta conventuale, la Visi-
tazione, scelta per la reinaugurazione ufficiale del
convento, rimesso a nuovo. Archi di verde, festoni,
drappi a vari colori secondo il gusto del tempo,
quadri devoti in edicole posticce tra un mareggia-
re di lumi, cantilene di rivenduglioli ed anche di
mendicanti e vocio confuso dai mille timbri e dai
sentimenti pi diversi, gonfiantesi o smorzantesi
come le onde del mare. Lesolenni funzioni termi-
narono nella variopinta processione disnodantesi
per le vie del borgo tra canti devoti e, come si
esprime Paolo Arcar, {(la tremenda dolcezza delle
campane lombarde che piomba dall'alto sul cuore
senza difesa .
2. -' Un superiore, cronista provinciale
A p. CiriHo da Maggiora il 21maggio 1620suc-
cesse come superiore del convento p. Aurelio da
Milano, della nobile famiglia De Carparii, pure
destinato a tale compito dal capitolo provinciale,
celebratosi a Milano nella data surriferita. Que-
st'ultimo religioso merita un accenno per la parti-
colare attivit da lui svolta.
Padre Aurelio era stato per diversi anni segre-
tario e compagno del noto p. Francesco Tornell
da Novara (+1640),rivelatosi non soloottimo reli-
gioso, dotto professore di scienze sacre, celebrato
predicatore eprudente superiore nelle sei volte in
cui resse la monastica provincia dei Cappuocini
-21-
milanesi, ma anche letterato di gusto e schietto
poeta latino che nel canto trasfondeva il ricco e
profondo sentimento della sua anima contempla-
tva (qualche titolo delle sue composizioni: 1)Af-
iectus seraphici animae contemplantis PaJssionem
et vulnera Christi Jesu; 2) Liber sententiarum de
Deo, rythmis expositus ; 3) Corona perpetuo er-
n/ens... e musterus praecipuis in Virginem; ed al-
tri). Fu probabilmente da questo superiore che
p. Aurelio ebbe l'Incarico di cronista provinciale.
Venuto a Cerro, nel triennio del suo governo
0620-1623) egli non lasci ricordo particolare, se
si eccettua forse qualche rifinitura al convento e
il solito servizio di ospitalit, predicazione, even-
tuali assistenze ad infermi e collaborazione col
clero diocesano. Nondimeno, nella sua qualit di
cronista, egli continu ad appuntare sul grosso
manoscritto in foglio, tuttora superstite, notizie
interessanti e, a quanto sembra, diverse pagine vi-
vacissime le scrisse proprio a Cerro Maggiore. Si
tratta di avvenimenti accaduti tra il 1620eil 1622
nelle parti pi diversedel mondo e di cui il croni-
sta fissava eco nel suo zbaldone che, se pure re-
cail titolo di Libro cronologico del convento de'
frati cappuccini della Concettione in Milano, in
realt appare come una finestra sul mondo, al-
meno fino a quando fu portato innanzi dal p. Au-
relio. Comeesempioriporteremo qui lepagine, com-
pletamente inedite, relative ai gravi fatti di Val-
tellinaaccaduti a partire dal luglio del 1620con
il cosiddetto Sacro Macello 09 luglio 1620). stu-
diato da Cesare Cant, e i vari scontri successivi
tra protestanti e cattolici. Ovviamente la sensibi-
lit con cui noi oggi guardiamo a quegli avveni-
menti un'altra, anche tenuto conto del clima di
ecumensmo scaturito dal Concilio Ecumenico Va-
ticano II; ma interessante vedere quel che ne
pensasse un milanese contemporaneo.
In questo tempo - scriveva p. Aurelio dall'a
solitudine della sua cella nel convento della Visi-
tazone in Cerro Maggiore - essendo li poveri
Oatholc di Valtellina traneggat dall suoi Si-
gnori Grigioni heretici, edall Predicanti nella vi-
ta enella robba travaglat per la loro fede catho-
lca con pensiero di fargli apostatare dalla vera
fede con tali mezzi, et adherire alla loro falsa
Setta, conhaver sinocongiurato d'ammazzarli tutti,
non potendo haver il loro intento, comein effetto
si scoperto dalle lettere rittrovate di tal congiu-
ra, et dalle mine fatte alle chiese deCatholici, et
provisioni di guerra rittrovate nelle casede Predi-
canti, per il che non potendo pi i poverelli soste-
nere tante persecutioni, si risolsero per divina in-
spratone alcuni di loro di liberarsene conl'agiuto
del Signore, et del Re Catholico.
[Sacro Macello]
E cos prese l'armi conalcuni pochi soldati con
animo intrepido cometanti Machabei in giorno di
Domenica, che fu alli 19di luglio, assaltarono le
chiese, et case deHeretici, et gli amazzarono tutti
in Tirano, Teglio, Sondrio, Morbegno, Travona,
Caspano, nella Valle di Poschiavo e Malengo, ab-
bruggiando molte Terrette (ossia: 1 piccole ter-
re), non perdonando se non alle donne, et fi-
glioli con speranza della conversione, il che per il
felice successo si conosciuto manifestamente
questa esser stata opera di Dio, qui iacit mirabi-
lia truuma solus, per li casi miracolosi in tal atto-
ne successi.
Li capi principali di tal impresa furono gl'in-
frascritti: il signor Giovanni Giacomo Robustel-
li, Cavaliere; il signor Dottor Francesco Venusta;
il signor Capitano Giovanni Antonio Guizzardi;
- 22- -23-
il signor Azzo Busca, et il signor Carlo da 'Eellio
suo fratello.
Et il tutto successe felicissimamente senza of-
fensa d'alcun Catholico, anzi sparando gl'heretici
di Sondrio delle moschettate, et archbugiate con-
tro li Catholici, cadevano le palle in terra senza
offender alcuno, con stupor di tutti.
Fu poi da tutti li Catholici della Valle eletto
per suo capo e Governatore d'essa il signor Cava-
liere Robustelli, al quale tutti giurarono fedelt,
il quale subito fece publicar il Calendario Grego-
riano, et osservare, dando ordine alle cose neces-
sarie al governo d'essa Valle.
[Reazione degli eretici]
Ma il Demonio odiando tanta sua rovina et
bene della Chiesa santa, sollev quelli Heretici di
dentro quelle Valli Bragaia, et Agnedina, de quali
ne usc buon numero, e con impeto grande assali-
rono li Catholici che spaventati se ne fuggirono
da Morbegno eSondrio, et essi pigliorono Dubino,
Manbello eTravona, contro dequali alcuni Catho-
lici presero animo. cio il signor Gioanni Guizzar-
di da Ponte, capitano della mlta, et se gli orrpo-
sero amazzandone da trecento in circa. noi stan-
chi si ritirorno vicino al Forte di Fuentes per es-
ser difesi, non potendo sostenere la loro furia et
rabbia.
Alla fine di luglio altri heretici discesero dalla
Valle di Poschiavo e Malengo ( Malenco ), e
presero Sondrio essendo fuggiti tutti li catholici
per spavento, ese ne impadronirono, trovando an-
co esposto il Sant.mo Sacramento nella chiesa
maggiore, dove entrato un heretico stese il brac-
cio per voler gettarlo a terra, et miracolosamente
li casc il brazzo, del che spaventato con gli altri
provedette che fosse con riverenza levato da un
- 24-
prete che s'era nascosto, n mai pi hebbero ardi-
re di far insulto alla chiesa, n al Sant.mo Sacra-
mento; altri miracoli successero in detto tempo,
quali non scrivo per non haverli havut authen-
tici .
[I cattolici contrattaccano]
Nel princpio d'Agosto poi venne soccorso di
cavaleria mandata dal Governatore di Milano in
aiuto de poveri Catholici, afflitti e spaventati e
senza speranza di potersi pi agiutare erimettere:
cheperci abandonorono leterre, et i ponti, et essa
cavaleria guidata dal Capitano Chiappano, che in
tutto erano cinquanta, confidato nel Signore die-
dero l'assalto alli sudetti heretici che in quel ponto
volevano prendere Morbegno, che in numero erano
800, accomodati in tre squadroni: e furono rotti
con la morte di molti di loro, e feriti con il loro
Colonello esperto nella guerra, poi seguirono la
vittoria inanimiti, et ogni notte i nostri amazza-
vano di quelli heretici. Et il sabbato di notte alli
8 d'Agosto venendo la Domenica i Catholici con
la cavaleria assalirono il Ponte di Travona da gli
heretici custodito, et lo presero alle tre hore di
notte con la morte di cento di loro, et dodici pri-
gioni, per la qual perdita spaventati abbandona-
rono Travona eCaspano, ese ne fuggirono; e ci
inteso da gli altri heretici che occupavano Sondrio,
spaventati sacchegiorono le case de catholici ab-
bandonate, et se ne fuggirono con il bottino. Si
dicecheamazzorono quattro Monache del Convento
di Sondrio, ch'erano restate a dietro per la vec-
chiaia o infermit, essendo fuggite l'altre, et riti-
ratesi in Como, ricevute da quel Reverendissimo,
et mantenute con gran charit.
Alcuni delli sudetti heretici s'erano retirati et
fortificati in Novate et alla Riva di Chiavena, don-
- 25-
de furono scacciati dal Generale della Cavaleria .
che v'and con molte barche cariche di soldati ~
ben armate, et quiv si fortificarono benissimo con
una Piattaforma e Cannoni d'artiglieria e buona
guardia de soldati.
[Cappuc'cini in Valtellina]
{(Doppo il sudetto successo, desiderando prima
l'Ill.mo Monsgnor Noncio di Sua Santit alli Sviz-
zeri e Grigioni residente in Lugano, poi Mons-
gnor Reverendissimo Vescovo di Como Filippo Ar-
chinto,. il signor Prevosto della Scala et il signor
Cavaghere Robustelli, tutti divotissimi et affetti o-
natssm della Religione nostra Gapuccina, che i
poveri Catholici della Valtellina fossero innanimiti,
ammaestrati, fortificati et cathechizati nella santa
fedecatholica, tutti insieme fecero grandissima in-
stanza con lettere al nostro Padre Provinciale
acci vi mandasse de Predicatori per consolare et
corroborare con la predicatione quei poveri catho-
lici, et inanimirli a perseverare nella santa fede
Catholica, Apostolica e Romana; e cos il Padre
per sodisfare al pio desiderio delli sudett signori,
bra~oso anch'egli della salute dell'anime epropa-
gatone della santa fede, vi mand tre Padri Pre-
dicatori con i loro compagni: primo il Padre fra
Matheo da Milano, guardiano di Monza il Padre
fra Agostino da Nicco,guardiano di Piz~ighetone;
il Padre fra Tobia da Milano, guardiano di Melzo,
quali furono distribuiti conforme al bisogno di
quel paese: il Padre Matheo a Sondrio il Padre
Agostno per l'altre terre circonvicine et il Padre
Tobia a Teglio e Tirano: i quali si p,artirono da
Co~o ~lli 16d'Agosto per quella volta, dovegionti
cominciarono ad affaticarsi fedelmente per la sa-
lute delle anime con la predcatone et confessio-
ne, insegnando anco la dottrina chrlstiana a pie-
-26-
( )
coli et a grandi, cathechizando li convertiti, non
sparagnando a fatica alcuna e stenti, dove pati-
rono molti disagi per amor del Signore in modo
tale che doi di loro vi lasciarono la vita, come si
dir al suo luogo.
[Turchi in Puglia]
Altri fatti e notizie continua ad appuntare
p. Aurelio sul suo zibaldone; cos subito sotto rife-
risce una bravata dei Turchi nell'agosto 1620:
{(Nell'istesso anno emese il Turco ad nstanza de
Venetiani agutato et favorito da essi, se n'and
con 60galere in Puglia, esmontato in terra prese
la citt di Manfredonia, la sacheggi tutta, et I'ab-
brucci doppo haver preso il castello a patto, et
amazzato i figliolini piccoli da4anni in gi, etutti
i vecchi, efatto prigioni da trecento anime, eme-
natili viaper schiavi con lamonitione del Castello
ch'era grandissima; anco da essi Turchi furono
presi doi o tre denostri frati restati nel convento
per infermit et vecchiaia, egli altri fuggiti .
3. - Un futuro generale dell'Ordine
Dal 1627al 1630il convento di Cerro Maggiore
furetto da p. Sempliciano daMilano, dellanobilis-
sima famiglia Visconti che nella seconda met del
secolo XIII (1277) si era impadronita di Milano e
neavevapoi tenuta lasignoria sino al 1447.Furono
almeno una decina i discendenti di quesa antica e
potente famiglia che si fecero cappuccini, e il pi~
celebre di essi fu il nostro p, Sempliciano, resosi
illustre per virt, dottrina e straordinaria attivit
apostolica, prima ancora che per il supremo go-
verno dell'Ordine cappuccino.
Egli entr tra i cappuccini sui vent'anni, dopo
- 27-
aver gistudiato a Pavia, etosto si abbandon con
straordinario trasporto alla preghiera ealla morti-
ficazione passando l'anno di noviziato, a quanto
pare, a Monza nel convento di s. Martino. D'in-
gegno aperto e facilmente notato per la sua dili-
genza, dopo gli anni del chiercato (che costituiva
quasi un secondo noviziato) i superiori vollero che
si applicasse agli studi filosofici eteologici nei quali
riusc mirabilmente tanto che, dopo l'ordinazione
sacerdotale, gli fu tosto affidato l'insegnamento con
il titolo di lettore , che press'a poco equivaleva
a quello odierno di professore.
Se non che i lettori che godevano larga stima,
spesso erano contemporaneamente anche superiori
dei rispettivi conventi, come si sa con certezza del
nostro p. Semplicianoche nel 1632si trova supe-
riore elettore a Lodi, enel 1634superiore elettore
a Pavia.
Cerro Maggiore, agiudicare dai lunghi anni suc-
cessivi, dovette essere una delle prime guardianie
del p. Visconti e, per quanto si detto 'sopra, in tal
tempo probabilmente ospit anche un corso di stu-
denti, forse stabiliti dopo la sistemazione del
1618-1619oppure giunti nel 1627con il loro lettore-
superiore, come talvolta accadeva 'allora non solo
nella monastica provincia ambrosiana, ma anche
in altre province dell'Ordine cappuccino. Comun-
que, se accogliamo questa ricostruzione della vita
del p. Sempliciano, possiamo dire che l'umile con-
vento della Vstazone, sorto in Cerro per inizia-
tiva del pio mercante Pompeo Legnano e di sua
moglie Maddalena Besozza, serv di trampolino di
lancio al futuro generale dei Cappuccini. Infatti,
dopo varie prelature nella monastica provincia di
Milano, nel 1643fu eletto defntore eprocuratore
generale in Roma (ministro generale in questo ca-
pitolo fu il Venerabile Innocenzo da Caltagirone,
taumaturgo ammirato che tra l'altro fu accolto in
- 28-
Vienna da Ferdinando III al suono di tutte le
campane) reletto defntore generale nel 1650 e
finalment~ scelto a reggere tutto l'Ordine il 2 giu-
gno 1656. . . ,
Uomo insofferente di riposo, la sua attivit non
conosceva limiti. In Lombardia, mentre teneva corsi
assai apprezzati di teologia oppure ~overrr~va la
numerosa Provincia monastica, esercitava Instan-
cabilmente il sacro ministero, come del resto pi
tardi a Roma dove era pure assai impegnato es-
sendo procuratore dell'Ordine e consultore del
S. Officio: le maniere nobili e dolci, la voc~~orte
e armoniosa, la dottrina, il fervore dello spirito e
l'esposizione avvincente ren~evan? ~a~sua,elo~ue?-
za fruttuosa ericercata. Egli predic SI puo dire m
tutte leprincipali citt d'Italia, sempre a~i~ato da
grande zelo e conducendo vita esemplarissma.
Eletto generale, dovette tosto. intrapre~dere la
visita pastorale a tutte lemonastiche provmce del-
l'Ordine ponendosi in cammino sulle v~~d'Europa
e incontrando certo, negli ntermnabli viaggi a
piedi, stenti e disagi, ma anche rallegrandosI ne~
trovarsi tra religiosi virtuosi e accolto, come SI
costumava a quel tempo; da' popoli cristiaI~.i, da
cavalieri, patrz, vescovi e perfino regnanti con
grandi onor . Ma in questo suo tour europe<?,
giunto aBordeaux in Francia, cadde amr.nala~oeIl
male latente si rivel cos avanzato che Il chrurgo
giudic necessario un intervento. Padre Sempllc:a-
no sopport coraggiosamente la dolorosa operazio-
ne ma ne risent in seguito tale debolezza che
do~ette interrompere la sacra visita e, ritorr:
ato
a Roma riun il capitolo generale per I'elezone
dei nuov'i superiori (26 maggio 1662). Ritiratosi in
seguito a Milano, l'ex generale si .stabil nel con~
vento della Concezione a Porta Orientale enon SI
occup in altro che in devoti esercizi 'per prepa-
rarsi alla morte. Mor non molto dopo mconcetto
di grande virt.
- 29-
4. - La peste del Manzoni
Al tempo della grande peste, descritta dal Man-
zoni nel suo immortale romanzo, superiore del con-
vento fu il p. Cipriano da Milano che forse da
lunghi anni abitava a Cerro ovvero vi si era tro-
vato a pi riprese perch vi figura come vicario
gi nel 1616, quando accadde l'episodio dei buoi
travolti dalla {(pila di pietre , come si gi ricor-
dato. Di questo religioso le cronache sfortunata-
mente ci hanno lasciato ben poche memorie. Vero-
similmente prest servizio agli appestat, ma non
si hanno particolari.
Le cause del tremendo contagio pestilenziale
sono risapute: scarso raccolto specialmente nel
1629con povert, miseria e conseguenti malattie
nel povero popolo, epoi l'esercito alemanno Ci fa-
mosi Ianzichenecch) che, scendendo dalla Valtel-
lina per raggiungere Mantova attraverso il ducato
di Milano, dissemin largamente il morbo. Casi di
peste si ebbero gi nel 1629,ma l'anno seguente il
contagio scoppi con inaudita violenza. Come era
avvenuto al tempo di s. Carlo, l'assistenza prestata
dai cappuccini eil numero dellevittime avute per
tale servizio furono ragguardevoli; se il Manzoni
ricorda solo alcuni religiosi come p. Felice Casati
da Milano, p. Cristoforo (Picenardi da Cremona),
p. MichelePozzobonelli da Milano, inrealt almeno
Uncentinaio di religiosi fuinteressato, in Milano e
fuori, e molti di essi coraggiosamente si sacri-
ficarono.
- 30-
Tale servizio, del resto, era tradizione costante
nell'Ordine cappuccino, rormatas anche per l'aper-
ta imposizione delle prime Costituzioni (1536) che
cos si esprimevano: ({Et perch a quelli che non
hanno amore in terra dolce, usta et debita cosa
morir per chi mor per noi in croce, si ordina che
nel tempo de la peste li Frati servino, secundo di-
sponeranno li loro vicarii; li quali in sml caso si
sforzeranno di haver aperti l'occhi de la discreta
charit ,
Tra le vittime del contagio del 1630-1631figu-
rano religiosi non solo di Milano, Como, Cremona,
Pavia, Novara, Varese, Crema e altri grossi centri
ocitt del Ducato, ma anche provenienti da nume-
rosi villaggi eborghi milanesi, comeProserpio, Cas-
sano, 'Melzo, la Brusada, Melegnano, Gallarate,
Introbio, Lissone, Verano, Valsolda, Giussano, e
altri. certo chei diversi conventi della monastica
Provincia ambrosana offrirono, nella luttuosa cir-
costanza, numeroso personale in servizio degli ap-
pestati; risulta, infatti, che non solo nei luoghi
dovesorgevano i conventi, ma anche in altre loca-
lit, in aiuto al clero docesano o in sua sostitu-
zione, accorsero i religiosi prestando l'ufficio di pii
samartan, somministrando i conforti spirituali e
cercando anche di sollevare materialmente, come
avveniva nel Lazzaretto a Milano, i colpiti dal
morbo.
Ci provato per iconventi di Rho, Abbiate-
grasso, Cardano, Verano, Varese (per ricordare i
pi vicini), ecivalse certamente anche per Cerro
Maggiore. Allo scoppiar del flagello, commissario
della monastica Provincia era p. Cherubino da Mi-
lano, superiore del convento della Concezione a
Porta Orientale e uomo insigne per dottrina e
virt religiose il quale, al primo determinarsi del
bisogno, mostr con l'esempio come dovevano com-
portarsi i religiosi provvedendo tosto di personale
il Lazzaretto e poi, d'accordo col ministro provin-
ciale che era il p. Bassano Bgnami da Lodi, ricor-
dando ai religiosi quale doveva essere illoro com-
pito in tale circostanza.
In tal modo anche la peste, se rec un turba-
mento entro i conventi scompaginando molte fa-
miglie religiose, divenne per occasione e motivo
per uno straordinario apostolato che contribu ad
accostare maggiormente i religiosi albuon popolo
arnbrosano.
- 32-
s. Carlo Borromeo patrono della
monastica provincia dei cappuccini
lombardi e, in vita, suo straordinario
benefattore.
IIL
}
ULTIMO PERIODO DEL DOMINIO SPAGNOLO
(1632-1713)
Dopo l'agitato biennio della peste il convento
ritorn nella sua consueta solitudine, adatta alla
preghiera eallo studio. La famiglia religiosa si ri-
costitu al completo, con p. Antonio da Lodi per
superiore, a seguito del capitolo celebrato a Mi-
lano il 23gennaio 1632, nel quale fu riconfermato
ministro provinciale p. Bassano Bignami da Lodi.
1. - Superiori milanesi
'
Cappuccini.
Di p. Antonio da Lodi mancano notizie, mentre
talun dati biografici affiorano per il suo successore
nella guardiania, p. Felice da Como (635), che fu
religioso osservante epredicatore fruttuoso, spesso
superiore conventuale col particolare incarico di
attendere alle costruzioni; egli mor nel 1671, dopo
una vita di austerit e di penitenze continuate
sino alla pi tarda vecchiaia.
Un fatto merita di essere sottolineato in questo
tempo perch pu forse testimoniare della cre-
scente importanza del convento cerrese, e cio i
L'effige di S . AntDniD nel taberruicolo
praticato. nel vecchio. muro. di cinta
sullo. sfondo del boschetto lungo. via
33-
numerosi superiori non solo milanesi, ma propria-
mente di Milano, che si susseguono nel suo go-
verno. Negli anni che vanno dal 1643 al 1662 e
spessissimo in seguito, religiosi nativi della capitale
lombarda reggono il convento cos che, su un pe-
riodo di 73 anni, oltre 50 vedono come superiore
un religioso della citt. lE tra essi figurano indi-
vidui eminenti, cospicui per dottrina esantit, come
p. Giuseppe nobile Lampugnani da Milano (1643,
1648) dotato di uno straordinario spirito di pre-
ghier~ e di mortificazione, predicatore sti:n~toe
uomo di grande carit s da ottenere nel ministero
segnalate conversioni (+1673); p. Cherubino da
Milano (1655 1658), gi superiore del convento del-
la Concezion~ a Porta Orientale e commissario di
provincia durante la peste, religioso di solida ~irt
e ardente di zelo per la salvezza delle amme :
p. Alesso nobile Tosi da Milano (1668) che per ol-
tre 40 anni visse un'aspra vita di penitenza (por-
tava continuamente sul petto una croce di ferro,
tutta a punte, che gli lacerava le carni) pur dedi-
candosi a largo ministero apostolico, gentilissimo
epiacevolissimo con gli altri mentre straziava se
stesso per amor di Dio ela conversione dei pecca-
torc+ 1680).
tQuesti ed altri uomini ci assicurano che il con-
vento di Cerro godeva considerazione nella mona-
stica provincia dei Cappuccini milanesi. Sarto con
lo scopo di offrire un alloggio ai religiasi di pas-
saggio, ben presto la zona popolosa, ricca, a~tiv~,
esigente in fatto di predcazone impose un criterio
di controllo e di scelta nella costituzione della fa-
miglia religiosa: solo cos che si spiega, ad esem-
pio, il cospicuo numero di predicatori che pass
per il convento mentre, secondo le idee correnti a
quel tempo, non erano molti i sacerdoti nell'Ordine
che venivano promossi alla predicaziane, ritenuta
oltremodo impegnativa sia per doti naturali, come
per un'adeguata preparazione.
-34-
2. - Maestri enovizi
Altre prove esistono a dimostrare che i1con-
vento and progressivamente acquistando impor-
tanza. Nel 1665 vi era destinato carne superiore
p. Marco da Oleggio, venerando religioso che per
quasi tutto il tempo della sua vita fu maestro dei
novizi nonostante che, amotivo della sua dottrina,
della parola facile e chiara e del suo amore al mi-
nstero apostolico, tosse stato promosso predicatore
edi fatto esercitasse attivit apostolica con larghi
consensi efrutti di bene.
Con lui verosimi1mente si stabil a Cerro uno
dei due noviziati della monastica provincia, perch
risulta che egli fu contemporaneamente superiore
e maestro dei novizi. Del resta il convento, con
l'ampio orto efarse un tratto di bosco in direzione
di Legnano, sorgeva allora abbastanza discosta dal
paese di Cerro chesalo posteriormente and ingran-
dendos e quindi accorciando le distanze con il
solitaria cenobo dei Cappuccini.
Forse con lenuove esigenze sarte dalla presenza
di un gruppo di govan va messo in relazione l'in-
grandimento del giardino in direzione dell'attuale
cimitero cerrese. Essa risale al 1679esi deve all'in-
teressamento del p. Federica da Milano, come nata
il cronista contemporaneo nella sua incerta grafia
che, nondimeno, d notizie preziose. L'anno 1679
- scrive - essendo Guardiana il Padre Federica
da Milano, Predicatore, (si) fece l'accrescmento
del giardino, che tutto il sito, che comnca dalla
porta del cara sino alla cinta, dove vi la prospet-
tiva grande, che la fece dipingere I'Ill.mo signor
Marchese Castelli, carne pure quell'altra in faccia
alla sudetta parta. Chi sia po stata il benefattore
che habb dato il sito, o non l'ha potuto sapere .
Padre Marco da Oleggio nella sua non lunga
- 35--
permanenza a Cerro (mor due anni dopo e. ci.o
nel 1667 a Novara) lasci un ricordo inobliable
di preghiera e di penitenza, oltre che di dolcezz~
quasi materna: austerissimo con. se stesso, ~ra di
straordinaria carit con gli altn, campresI.I bar~
ghesi in cui vedeva l'immagine di .Dia})eal quali
cercava in tutti i modi di giovare, SIacon la parola
e sante ammonizioni e sia con l'azione. In 'partl~
colare usava carit squisita con gli ammalati. Egli
esercitava i suoi novizi, carne giusta, n~lla mor-
tificazione, ma li precedeva con l'esempo; nell~
tentaziani da cui erano afflitti spessa si valeva del
doni carismatici a lui concessi 'talch, panen~a
loro la mano sul capo, li lberava . Nelle malattie
poi li serviva con amore di madre .}).. .
Il noviziato, anno di prova in CUI SI espenrnen-
tava l'aspra vita dei Cappuccini lombardi, era cer-
tamente dura: ma uomini carne p. Marca da Oleg-
go lo mitigavano con la loro carit eumana com-
prensione.
Castigliani, nato sui primardi del Seicento esegna-
Iatos per l'eccellente ingegno, la ricca dottrina,
l'intensa predicazione ei diversi uffici di superiore,
maestro dei navizi edefinitare di provincia. La sua
praduziane letteraria rispeccha le varie mansioni
da lui sostenute, il che prova l'impegno con cui si
accingeva ai vari compiti assegnatigl dall'abbe-
dienza. Frutto della sua esperienza di educatare e
maestro dei navizi l'opera assai ricca di spiritua-
lit religiosa dal ttolo : Il giovane Cappuccino
brevemente instrutto con alcuni ammaestramenti
(Milano 1646). L'asceta, non chiusa in sestessa ma
protesa verso gli altri per l'ansia di bene che la
riarde, effonde il suo spirito ne Uammonitore fe-
dele. Opera piena di spirituali e preziosi ricordi
(Milano 1647). Il predicatare, che singolarmente
portato verso il mistero Eucaristica ed propaga-
tore assidua della devozione delle Quarantare che
un secalo prima aveva gi trovato un apostolo in-
stancabile nel milanese p. Giuseppe da Ferno, pub-
blica il densa volume di Sermoni divoti e affettuosi
per l'orazione delle 40 ore (Milano 1653): sona 40
discorsi, seguiti da 3 istruzioni sul metodo e l'or-
dine da usare nel celebrare la grande devozione
eucaristica (nella prefazione p. Zaccaria dice di
essere vecchia e malferma in salute).
Un autore devotissmo della Vergine Madre di
Dia, di cui attese a diffandere il culto con lapenna
edal pulpito, fu p. Ignazia da Carnago (Tradate),
uomo veneranda per virt e dottrna fiorito nella
prima met del Seicento (+1650), anche selesue
opere videro laluce solopi tardi arichiesta, come
pare, dei fedeli che avevano giudita la sua parola
infiammata. La prima di tali opere devozonal
la Citt di rifugio a' mortali che contiene le dioo-
ziani dell' altissirma Signore Madre di Dio e Vergine
immaculata (Milano 1655), un libro di preghiere e
d'esempi devoti tolti dai santi Dottor che scrissero
3. - Figure di scrittori
Immerso in un verde riposante, solitario, tran~
qullo, l'ascetero cappuccinesco cerrese era assai
adatta agli uomini di studio. Il ~anve~to possedeva
la sua bbloteca con leopere del santi Padri, auto-
ri ascetici equalche valume di stora.: ma. all'occor-
renza data la non grande distanza da Milano, po-
tevan~servire anche lemeglio rifornite biblioteche
conventuali cittadine, ecio quella di s. Vittore al-
I'Olmo equella della Concezione aPorta Orientale.
Nell'elenco dei religiosi che trascorsero qualche
tempo aCerro Maggiore in questo periada~figu:ana?
accanto a nati predicatori, anche talun scrittori
spirituali, forse di non grand~ orignalt .ma pur
sempre degni di ricordo, Il primo d CUI SI ha: n?-
tizia p. Zaccaria da Milano, della nobile famiglia
- 36-
- 37-
della Vergine. Seguirono: Manuale de' servi di
Maria madre di Dio per praticare le devozioni verso
la medesima Signora (Milano 1656), indirizzato a
tutti fedeli, ma in particolare asacerdoti ereligiosi
e arricchito di meditazioni; Delle eccellenee della
Beata Vergine Maria (Milano 1656), cheun libro
di considerazioni sui privilegi mariani; Paradiso
spirituale o vita de' religiosi e singolarmente de'
frati minori (Milano 1663), dove si discorre della
vita religiosa, delle virt ad essa proprie e della
perfezione evang-elicain generale; Torre sacra so-
pra la ferma pietra dell'autorit della divina Scrit-
tura a alorui tlell. oran madre di Dio (Milano 1673),
Durerelativa ai privilegi della Vergine epubblicata
da un signor Carlo Carnago che doveva essere un
narente del p. Tgnazio in quanto porta lo stesso
cognome.
Altri due scrittori. e cio i padri Antonio da
Gallarate e Alessandro da Busto Arsizio, furono
snoerori del convento di Cerro. rsnettvamente nel
1682e 1711; il mimo, della famiglia Masera, fu
defnitore eministro provinciale, uomo di dottrina
che si dedic a larga nredicazione e pubblic Di-
scorsi sacri (Novara 1693), editi una seconda volta
a Milano accresciuti. e La voce del saio sulle vie
della salute (Milano 1695), commenti oratori alla
sacra Scrittura; l'altro, della famigliaCresui che
diede all'Ordine cappuccino un ministro generale,
e ciop. Giamtietro Crespi da Busto 0638-1700),
fu apostolo nraticato delle sante Quarantore nub-
blicando, su tale tema, dei Sermoni devoti et
affettuosi, utili non solo ai predicatori, ma a tutti
i fedeli per la lettura facile e piana.
a~venimen~i, raccolto nella pace campestre,acco-
glendo amcalmente chi domanda ospitalit ol'ele-
mosina, facendo sentire la sua presenza all'intorno
in circostanze di feste e di altre predicazioni so-
prattutto richiamando all'ideale francescano di pe-
nitenza, di preghiera, d'intimit con Dio di frater-
na comprensione verso gli uomini. '
Se d'ordinario era il fratello questuante o qual-
chepadre predicatore ches'incontrava sulle strade
della zona, non mancavano circostanze in cui a
motivo di processioni, funerali odaltro, era lafami-
gliareligiosa al completo che'Simoveva. Cos, inun
giorno di quaresima del 1681, tutti i religiosi con
il superiore, che era p. Gabriele daMilano, si reca-
rono a Busto Arsizio per prender parte ai funerali
del confratello p. Giampietro nobile Recalcati da
Milano (1618-1681), che vi era morto in concetto
di santo.
L'illustre religioso, che per essere figlio unico e
quindi unico erede dell'antica ericca famiglia mi-
lanese aveva, all'entrare in convento, legato
ottantamila scudi d'oro all'ospedale di Milano e
fatte altre beneficenze, era ben conosciuto non solo
per lesue straordinarie virt, ma anche per la sua
ardente predicazione e molti erano gli episodi di
universale commozione estrepitose conversioni che
si ra?c~ntava.no. di lui; uomo di grande preghiera,
a Iu SI attrlbuvano anche fatti miracolosi. Nel
1681isuperiori l'avevano mandato a predicare il
quaresimale a Busto Arsizio, dovesi stava detenni-
nando, per la sua efficace parola uno dei soliti
trionfi della grazia. '
.Manella solennit di s. Giuseppe 09 marzo),
salito sul pulpito, recit il panegirco del grande
Patriarca, di cui era devotissimo, poi inaspettata-
mente prese congedo dagli uditori dicendo: Nel
giorno di s. Giuseppe io vestii l'abito religioso:
nello stesso giorno feci la mia professione religiosa
4. - Come una pagina dei Fioretti
Passano gli anni, mutano gli uomini, il con-
vento continua aviverei suoi giorni privi di grandi
-38-
- 39-
consacrandomi aDio con i voti solenni eperpetui;
pi tardi ancora nello stesso giorno celebrai lamia
prima Messa. Oggi, festa di S. Giuseppe del 1681,
ioho celebrato la mia ultima Messa epronunciata
la mia ultima predica: tra pochi giorni io sar
morto. E ora inginocchiatevi perch voglio darvi
la mia benedizione .
Fu proprio come egli disse. Infatti, mentre i re-
delicommentavano ancora l'accaduto, si sparse la
voceche il p. Giampietro Recalcati era stato assa-
lito da gagliardissima febbre; inutili riuscirono
tutti i rimedi escogtat ed anche le preghiere in-
nalzate aDioper la sua guarigione, ela sua morte
si annunzi imminente. Quando gli fu recato il
Viatico santissimo, se pur sfinito si alz dal letto
e, messosi il cingolo al collocomeuna fune di peni-
tenza, si prostr a terra in adorazione. Mor il 30
marzo 1681invocando isantissimi nomi di Ges,
Maria e Giuseppe e, appena spirato, apparve al
signor Prevosto di Busto con il volto luminoso e
raggiante come un sole e disse: Vado alla gloria
celeste! .
Lesueesequieper la fama di santit egli stessi
episodi miracolosi cheaccompagnarono la sua mor-
te, riuscirono solennissime. Il corteo funebre mosse
per le vie del borgo, aperto dalla croce alla quale
seguivano i fratelli dsciplinanti e altre confra-
ternite locali con gli abitanti di Busto; dietro veni-
vano, pregando, le famiglie religiose dei conventi
di Cerro Maggiore edi Cardano, poi altri 50sacer-
doti con tutto il capitolo di Busto e altro clero;
intorno alla bara poi camminavano dodici fan-
ciulli vagamente adorni in figura di angeli edie-
tro ad essi seguivano ben cinquecento Vergini
Orsoline del borgo con tanti forestieri che il loro
numero fu giudicato pi di seimila. La processione
sfilper tutto il borgo esembrava pi una solenne
traslazione di reliquie, che una funzione mortuaria.
Le campane di tutte le chiese squillavano e, al
comparire del feretro lungo levie, tutti si prostra-
vano a terra. Nel vasto tempio, ornato a lutto, la
folla non capiva e venne ascritto a miracolo il
fatto che non avvennero ncident .
La bara fu poi tumulata in chiesa, davanti alla
balaustrata dell'altar maggiore, nella sepoltura del
Prevosto e del Capitolo; a otto mesi dalla morte
il corpo del p. Giampietro fu trovato incorrotto,
flessibile e fresco, come se fosse ancora vivo. Alla
sua intercessione furono attribuite molte grazie.
5. - Un'occasione mancata
All'aprirsi del secolo decimo ottavo, e cio nel
1700, era superiore del convento di Cerro il p. Cri-
stoforo da Como, della nobile famiglia Muggiasca
eimparentato conil conte Ciceri, cheera il teuda-
tario di Cerro , comesi esprime il cronista. Il con-
vento, che forse sentiva la vecchiaia ovvero, per
insorgenti bisogni, si rivelava piccolo esprovveduto
degli ambienti necessari all'accresciuto numero dei
religiosi, aspettava sempre la mano caritatevole di
qualche superiore per rinnovarsi e adeguarsi alle
nuove necessit.
L'attivo superiore comasco, eletto nel Capitolo
celebrato aMilano il 15maggio 1699,avvert subito
la ristrettezza dell'infermeria edi altri ambienti e,
trovati buoni benefattori, innalz i ponti in legno
esi diede a fabbricare (nel punto di sutura tra le
due ali a oriente e a mezzogiorno) la cosiddetta
stanza della comunit, la canova, lescale e, sopra,
astendervi una buona gettata dalla quale emersero
le infermerie et altre camerette . Lestanze del-
l'infermeria, situate sull'angolo del fabbricato e
protese verso il borgo tra pergolati e pioppi svet-
tanti, si arricchirono singolarmente d'aria, di verde
edi sole: il che era giusto perch, secondo la tradi-
- 40- -41-
~\
zione francescana, agli infermi si doveva ogni ri-
spetto esollievo.
M~il dinamico superiore meditava ben altro.
Lachesetta era rimasta quella del 1586modesta e
piccola (circa un quarto dell'attuale) 'mentre la
popolazione che accorreva per le confessioni e le
solenni funzioni ai giorni di festa, era largamente
aum~ntat.a..Gi sorgevano nella zona leprime for-
me di artganato eun relativo benessere si annun-
zi~v~per tutti gli abitanti, a dispetto dell'esoso do-
mimo spagnolo e della miseria e del disordine da
esso portato.
Padre Cristoforo, esplorate le intenzioni del
conte Ciceri eventilata la sua idea anche in altri
ambienti, pens ~he era giunto il momento oppor-
tuno per dotare Il convento di una chiesa pi ade-
guata alle nuove necessit, pi consona al clima
di rinnovamento che si annunziava per il nuovo se-
colo. Fortunatamente il conte Ciceri non solo era
entrato. in quest'ordine di idee, ma ({essendo egli
molto rICCOe senza figliuoli - nota il cronista _
havea promesso di farla fare quasi tutta a sue
spese, Gi la notizia era corsa per Cerro e nei
paesi circonvicini sollevando favorevoli commenti
gi si er~co~tituitc: un comitato ebuona quantit
d materiale mcommciava ad affluire al convento:
quando ({conforme al solito - soggiunge con certa
amarezza il cronista - un Vicario Provinciale in-
torbid il tutto, et non si fece, restando molto
sco~solato il sudetto Ill.mo Signor Conte, perch
desiderava molto lasciare simile memoria al suo
feudo .
6. - I Riformati a CiSilago
Dobbiamo ora riferire un episodio che a taluno
potr sembrare meno devoto, ma che inteso a do-
vere si giustifica non solo per I'esstenza di una
-42-
1
bolla pontificia che proibiva di moltiplicare i con-
venti in una stessa zona, ma anche perch i reli-
giosi cosiddetti mendicanti vivevano realmente del-
le elemosine dei fedeli e non era giusto aggravare
le povere popolazioni oltre il necessario. Si tratta
della fondazione (maturata intorno al 1705) di un
convento di francescani riformati in Cislago, che
era zona di questua non solo dei Cappuccini di
Cerro, ma anche degli Osservanti rrancescan di
Legnano. Riferiamo l'episodio, che ovviamente eb-
be strascichi a Roma, con le stesse parole del
cronista.
Circa l'anno 1705il sig. Marchese D. Cesare
Visconti tent di fabricare un convento per li Padri
Riformati in Cislago, terra di suo feudo e cerca
(vale a dire luogo di questua ) del convento di
Cerro. Il motivo per cui detto Signore volea una
tal fabrica, era perch un di lui Ascendente (ante-
cessore) sino dall'anno 1512aveva con suo testa-
mento incaricato i suoi eredi che doppo sua morte
erigessero nella detta Terra di Cislago dueconventi
a proprie spese, uno per i Frati dell'istituto di
S. Bernardino, e che questo fosse fabricato su lo
stesso modello di quello di S. Bernardino, che sta
sopra Pallanza, l'altro per leMonache di S. Chiara.
Appena seppesi l'idea del Sig. Marchese, se gli
opposero ed i Padri Osservanti di Legnano, e noi
altri Cappuccini, eposcia doppo anche i Padri Con-
ventuali di Saronno per il gran danno che detto
nuovo Convento averebbe apportato alle loro ri-
spettive cerche, eper non esservi ladovuta distanza
richiesta nelle Bolle Pontificie. Saldo per il so-
detto Sig. Marchese nel suo ideato pensiero, n
volendo in veruno modo cedere, eforse anche acca-
lorato da Padri Riformati per il gran vantaggio
che di detta fabrica ne speravano, mise avanti la
Sagra Congregazione la lite, la quale per lo spazio
-43 -
di pi di dodici anni arrec non poco disturbo
massime a noi Cappuccini.
Come fin l'incresciosa questione? Il cronista
preciso e non manca di riferir l'epilogo, pur ri-
mandando per i documenti relativi all'archivio del
convento provincializio di Milano. Scrive egli:
Finalmente certificata la Sagra Congregazione
dell'incompatibilit di poter erigersi nella sodetta
Terra nuovo Convento per il grave pregiudizio, che
neaverebbero sentito i Conventi, chedi gisi ritro-
vavano ivi all'Intorno, ne proib onninamente la
di lui costruzione, esolopermise, chei Padri Rifor-
mati potessero avere in Cislago un semplice Ospi-
zio, che li potesse servire di ricovero in tempo di
cerca, o di viaggio; e cos termin la gran lite, e
le scritture, che alla medesima appartengono, ri-
trovansi nel nostro archivio di Milano nel luogo
ovesono quelle del Convento dell'Immacolata Con-
cezione, e sono segnate col numero 36.
- 44-
IV.
AUSTRIACI E FRANCESI
Nel 1713 conil trattato di Utrecht concluso tra
Francia, Ol~nda, Spagna, Russia, Inghilterra, Por-
togallo e Savoia, si poneva fine alla guerra per l~
successione al trono di Spagna e cessava pure Il
malaugurato dominio spagnolo. ir:, Italia ?he, al-
meno per Milano, era stato tra 1piu nefastI, facen-
doscemare lapopolazione di quasi una meta, mor-
tificando industrie e commerci eapportando nello
antico Ducato la pi squallida miseria. Mil~noco~
suo territorio secondo il criterio di vendita del
popol in u~o non solo allora, pass alla. Casa
d'Austria che, se pure straniera, favor l~ripresa
industriale ed anche una certa elevazione del
popolo.
1. - I coni e tabernacolo
L'eco dei mutamenti politici giunse molto atte-
nuata a Cerro Maggiore e ancor pi al conyento,
dove la vita continu a svolgersi secondo Il suo
solito ritmo di preghiera edi studio edove, sepur
si viveva con i piedi sulla terra anche per l'espe-
rienza della predicazione, gli avvenimenti umam
- 45-
erano veduti sub specie aeternitatis. Nel 1713era
superiore del convento p. Alessandro da Busto che
resse la comunit religiosa per 3 anni (1711-1714)
ecedette poi, con il capitolo provinciale del 28set-
tembre 1714, il governo a un altro bustocco e cio
p. Carlo da Busto, al quale si devono importanti
migliorie enuove costruzioni nel convento.
Secondo il cronista, p. Carlo trov comprensione
e appoggio nel ministro provinciale, che era suo
compatriota e cio il p. Angelmaria da Busto, e
complet il quadrato del piccolo chiostro elevando
di un piano l'ala del fabbricato posta a levante e
riannodando con ci l'infermeria, costruita nel
1700, alla chiesetta. Lo scopo della costruzione fu
quello di ricavar nuove celleo dormitorio , come
si esprime il cronista: si fece il dormitorio sem-
plice, che riguarda al levante verso la porta batti-
tori a. Cos il convento acquistava nuovi locali
forse per nuove esigenze di scuola e studentato o
aumentata famiglia e, in pari tempo, assumeva la
forma tipica del convento cappuccino che disegna-
va quasi un quadrato perfetto, con il giardino a
riquadri, il pozzo nel mezzo egli agili porticati tor-
no torno lungo i quali correvano festoni di glicini.
Ma nel governo di p. Carlo pi importanti fu-
rono, almeno dal punto di vista artistico, i lavori
nella chiesetta conventuale, compiuti da fra Fran-
cesco da Cedrate edai suoi compagni , come an-
nota il cronista, e cio: fra Giulio Antonio da
Varese, Giuseppe Antonio da Montalbotto eAlessio
daCornate. Lamonastica provincia ambrosiana dei
Cappuccini contava allora alcuni fratelli artigiani-
artisti che passavano da un convento all'altro oc-
cupandosi in lavori di legno e d'intarsio per le ne-
cessit delle varie chiese, come: tabernacoli, iconi,
balaustre e cancellate, confessionali, banchi, bus-
sole e porte e cose del genere. La produzione di
questi artisti religiosi milanesi, che lavorarono an-
- 46-
cheal di fuori della Lombardia come nelle Marche,
poco conosciuta, ma non fu senza gusto e senso
artistico; i cmel, oggi superstiti, sono scarsissmi
espesso anche anonimi; nondimeno, tenuto conto
dell'intrinseco valore di quest'arte popolare impa-
rentata, per congeniale ispirazione, con quella pi
grande del Maggiolini, del Fantoni e di altri, essa
andrebbe meglio studiata.
A Cerro i quattro religiosi ebanst appronta-
rono il nuovo tabernacolo, che avrebbe fatto spicco
nella futura chiesa, pi grande e pi luminosa;
rifecero l'icona dell'altar maggiore e quella pi
piccola dell'altare laterale; e inoltre attesero a
qualche altro lavoro minore. Dopo di che il quar-
tetto, con la benedizione del superiore e i ringra-
ziamenti di tutta la comunit religiosa, prese il
volo per altro convento Iascando, scintillanti di
legni policromi, di lacche ambrate, d'avori e altri
intarsi, i frutti della loro fatica nell'umile e soli-
taria chesetta della Visitazione.
2. - Superiori della zona
Con l'avvento degli Austriaci si nota nel go-
verno della famiglia religiosa un tatto interessante,
se pure non si debba ritenere fortuito, e cio il
prevalere di superiori nativi della zona e special-
mente di Busto, con sensibile diminuzione dei su-
periori provenienti da Milano. forse da vedere
in ci un progressivo affermarsi del contado per
la sensibile elevazione dei suoi abitanti? Difficile
dire, pur essendo innegabile che con la sparizione
del borioso e inane governo spagnolo che faceva
leva sulla nobilt quasi in forma esclusiva, la si-
tuazione and protondamente mutando nella cam-
pagna.
Nel periodo che va dal 1713 alla soppressione
(1810) un solo religioso nativo di Milano tenne il
- 47-
governo completo del convento, vale a dire p. Bar-
tolomeo da Milano (1760) che, d'altronde, fu uomo
stimato per la sua dottrina ela sua prudenza, pi
volte superiore in conventi cittadini, definitore pro-
vinciale nel 1766e apprezzato predicatore. Larga-
mente prevalsero, invece, i religiosi bustocchi in
quanto la cittadina industriosa, che pure contava
un convento di francescani, diedein questo periodo
all'Ordine cappuccino numerosissime vocazioni.
Cos, oltre a p. Carlo da Busto che abbiamo gi
incontrato e che ricompare superiore a Cerro nel
1720,si segnalano: p. Pietro Martire da Busto che
govern il convento cerrese in tre distinti periodi
0716, 1726, 1734); p. Girolamo da Busto (743)
che tenne la guardiania in numerosi altri conventi
e fu religioso assai cospicuo per virt; p. Egidio
da Busto che passa superiore a Cerro Maggiore
pure tre volte (1749, 1768, 1773); p. Cristoforo da
Busto (1785), uomo di grande carit ezelante pre-
dicatore; e altri.
Notevole anche il numero dei religiosi prove-
nienti da altre localit del contado milanese, come
p. Eusebio da Gallarate (723), Francesco Felice
da Mezzana (1737), Giambattista da Legnano
(738), Antonio da Sumirago (740), Federico da
Carate (765), Giuseppe Maria da Gallarate (766),
Carlo Maria da S. Macario (779), Vittore da Va-
rese (782),Quirico da Cardano (788). Singolare
il fatto che, nell'ampio elenco, non figuri nessun
religioso nativo di Cerro Maggiore; ma era norma
e saggio principio di pedagogia religiosa che non
si collocassero, nel patrio convento, non solo supe-
riori, ma neppure semplici religiosi.
Se pure mancano notizie dettagliate epi pre-
cise, in generale i superiori erano dei buoni predi-
catori, attivi nel ministero e pronti a servire la
zona, talvolta anche provenienti da lontani' campi
di missione, come il Congo, ovvero da lungo eser-
- 48-
Chiostro del nuovo convento. Al lavoro p. Onofrio da Briosco
La linea semplice ed elegante della nuova
facciata della chiesa riportata al primitivo schema gotico > lombardo (1957)
cizio di carit in ospedali; impegnati a mantenere
la regolare osservanza con quel senso di austerit
che era proprio dell'Ordine cappuccino, sapevano
per che l'ospitalit era sacra e che il convento
inizialmente era nato per offrire un ricovero ai
religiosi vandant : perci, quando qualche ospite
giungeva attraverso i piani ondulati della zona,
sporco di polvere o di fango, e bussava alla porta
chiedendo alloggio per amore di s. Francesco, la
fraterna allegria si riverberava sul volto dei ceno-
biti e il nuovo arrivato si trovava in una calda
atmosfera d'affetto.
3. - Due personaggi illustri
Vari religiosi, passati in questo periodo da Cerro
Maggiore, meriterebbero singolare menzione; ma,
rimandando alla fine del capitolo la figura del
p. Felice Azzimonti da Busto che appartiene ai
tempi della soppressione napoleonca, qui dediche-
remo alcuni accenni ai padri Giuseppe da Canno-
bio eCandido da Varese, che vi trascorsero diversi
periodi di tempo evi furono anche come superiori.
Giuseppe da Cannobio govern la comunit re-
ligiosa del convento di Cerro nel 1745; ricercato
predicatore, fece udire la sua ardente e forbita
parola in molte citt d'Italia e si mostr uomo
pieno di zelo, instancabile nel ministero. A Lucca
nel 1735 un suo discorso, pronunciato nell'aula
del senato, ebbe per titolo: L'intera idea dell'otti-
mo governo d'una cristiana repubblica, e fu ivi
pubblicato; aPerugia nel 1737fumessa allestampe
una sua Orazione panegirica di s. Margherita da
Cortona; a Milano, l'anno dopo, era pubblicata
l'Orazione panegirica del b. Giuseppe da Leonessa,
il celebre missionario cappuccino che nel 1587 a
Costantinopoli fu dai Turchi appeso al supplizio e
venne poi liberato dal suo Angelo custode termi-
- 49-
nando la sua vita in Italia dopo anni di predica-
zone popolare. Giuseppe da Cannobio per nota
soprattutto come storico e annalista generale del-
l'Ordine cappuccino, subentrata nell'uffco al p. Sil-
vestro Draghetta da Milano (1676-1736) e autore,
tra l'altra, di una Vita del b. Giuseppe da Leonessa
(Milano 1737), di una Vita di s. Fedele daJSigma-
ringa che ebbe varie edzion e bene illustra il
martire cappuccino massacrata dagli eretici della
Svizzera il 24aprile del 1622, einfine di un'Appen-
dice al torno II! degli Annali dell'Ordine dei FF.
Min. Cappuccini, tradotta dal latina e accresciuta
(Milano 1744), opera ricca di biografie, avveni-
menti, store edificanti e svariate notizie riguar-
danti l'Ordine cappuccino, Egli aveva pure messa
manO' a un quarta volume degli Annali, ma non
si sa fina a qual punta conducesse innanzi il la-
vara, rimasta manoscritto. Nel 1750, essendosi co-
stituita la nuova monastica provincia dei Cappuc-
cini di Alessandria che includeva anche la localt
di Cannobio, p. Giuseppe opt per quest'ultima.
L'altra religiosa, e cio p. Candida da Varese,
apparteneva alla nobile famiglia Perab ed ebbe
un altro fratello cappuccino pi nata di lui, vale
a dire p. Francescantania Perab da Varese, men-
tre un sua fratello, rimasta nel secolo, fu sindaca
di Milano. P. Candida fu superiore del convento
di Oerro dal 1746 al 1749 e, dopo numerose altre
guardianie in diversi conventi, fu capo di tutta la
monastica provincia dei Cappuccini ambrosan
(1768-1771), uomo di grande spirito di preghiera,
dotto, zelante. Sua fratello, p. Francescantania, era
pi anziana di lui; per malti anni insegn flosofa
e teologia, rivelando ingegna profondo e acuta,
larga dottrina, facile comunicativa; superiore con-
ventuale pi volte e poi ministro provinciale, si
distinse in particolare come oratore sacra, torbto
e fruttuosa; l'ediziane dei due volumi delle sue
- 50-
prediche (Prediche e discarsi del P. Francescanto-
nia da Varese ex-pravinciale cappuccino della Pro-
vincia di Milano, Bassano 1773) fu curata da
p. Candida che stese la dedica e la prefazione.
Nondimeno il merita farse pi grande dei due pa-
dri Perab, especialmente del p. Francescantonio,
fu di aver indotto il fratello Carla Perab, sindaco
di Milano, a un'opera di grande vantaggio per il
grassa barga di Melegnano, dove sorgeva un con-
vento cappuccino sin dal 1577. L'importante .cen-
tra, quasi alle parte di Milano, a levante era fian-
cheggiata da paludi che ammorbavano l'aria cau-
sando malattie agli abitanti; pregata dai fratelli,
il sindaca Perab con grande spesa e sei mesi di
lavoro le fece prosciugare trasformando il terrena
acquitrinoso in prati verdeggianti, con grande sol-
levo della popolazione.
4. - Sore la nuava chiesa
La chiesetta del convento, sepur arricchita del-
la campana che_faceva udire la sua voce, quasi
umana, sulla zona all'intorno, era rimasta sup-
pergi la vecchia eumile cappella degli inizi, fatta
costruire dal mercante di Cerro, Pompeo Legnano,
e di poco ingrandita nel 1586 da p. Giambattista
da Milano. Di qui i numeros progetti per un com-
pleta ritacmento, tra i quali abbiamo ricordato
quella del 1700naufragata per I'inopportuno inter-
vento del vicario provinciale. Ma con il crescere
delleesigenzenon sala di rinnovamento edi decoro,
ma anche di capienza per l'aumenta della popola-
zione nella zona, il progetto rimaneva sempre al-
I'orizzonte eun giorno avrebbe pur dovuto trovare
una soluzione.
Manca una sicura documentazione circa il tem-
po in cui avvenne la costruzione della nuova chie-
sa che ancor oggi ammiriamo, con la sua semplice
- 51-
e aggraziata linea archtectonca, tipica. anche di
altre chiesecappuccine ma sempre spaziosa e lu-
minosa, i quattro altari laterali pure indovinati
architectonicamente, la sua facciata modestamen-
te sobria ma non priva di eleganza; manca pure
il nome dell'architetto che, nondimeno, da rcer-
cars in qualche religioso di talento costruttorio,
il quale veniva ufficialmente incaricato delle fab-
brche dal capitolo provinciale e agiva di con-
certo con i padri fabbricieri.
Poich il p. Valdemiro Bonari, ricercatore at-
tento anche se non infallibile, ne I conventi e i
cappuccini tiell'antico Ducato di Milc:no (Crem~
1893) fa risalire la nuova chiesa a CIrcala meta
del secolo XVIII)} e, proprio a cavallo delle due
met del secolo, p. Egidio da Busto rimase supe-
riore del convento per sei anni continui 0749-
1755) cosa inaudita in tal tempo esolo giustifica-
bole ~on un motivo assai grave, si pu verosimil-
mente a tale periodo riportare la nuova costruzio-
ne. Del resto, anche sesi dovessespostare di qual-
che anno, l'impresa si riv.elasempre notev?le non
solo per lo sforzo economico ela somma d preoc-
cupazioni mancando fondi sicuri, ma pure per ~
risultati ottenuti in quanto l'area intera fu quasi
quadruplicata, ingrandito il presbiteri~ e .ap~~t~
sui lati da due corett , i due altari prmtv
portati a cinque eresi pi capaci e~unzior:ali, in-
fine dietro l'altar maggiore fu aggiunto Il coro,
completamente rifatto sulla linea del tradizionale
coro cappuccinesco.
L'attrezzatura interna di banchi, cancellate,
confessionali ecose del genere, si dovette compie-
re in prosieguo di tempo dai vari superiori che si
succedettero al governo della famiglia religiosa;
cos pure i necessari dipinti che, sepur no~nUI?e~
rosi, vennero ad affrescar lepareti. Tra gli artisti
si ricorda Donato Mazzolen che lavor a lungo
- 52-
nella zona, come a Legnano, Gallarate, Rho e Sa-
ronno e al quale si doveva l'affresco della lunetta
sulla facciata, raffigurante il mistero della Visita-
zione, raschiato nel 1939 dal pittore Buslenni di
Meda per essere consunto esostituito con l'attua-
le. Al Mazzoleni apparterrebbe pure l'affresco del-
l'Addolorata, esistente nel coretto di destra, e
forse qualche altro dipinto.
5. - n ({re sarestomo w e igiacobini francesi
Gli ultimi anni del dominio austriaco nel secolo
XVIII vennero funestati dalla politica di Giusep-
pe il d'Austria 0765-1790), il cos soprannomina-
to re sagrestano per la sua mania di voler legi-
ferare in campo religioso atteggiandosi a riforma-
tore, ma in realt perseguitando la Chiesa con
vessazioni tiranniche e talora ridicole che deter-
minarono agitazioni e torbidi tra i 'sudditi eincep-
parono l'esercizio del culto edella vita religiosa. Co-
s, gi sotto il suo dominio, la monastica provincia
dei cappuccini di Milano soffr varie tribolazioni
comeil controllo regio sulla preparazione dei can-
didati al sacerdozio, l'assegnazione di compiti non
adatti allo spirito dell'Ordine, l'imposizione di par-
rocchie come al convento dell'Immacolata Conce-
zione di Porta Orientale a Milano, la presenza di
un economo regio al capitolo provinciale,control-
li nella predicazione e nell'esercizio del culto, e
altre.
Frattanto in Francia si andava preparando
la rivoluzione che scoppi violenta nel 1789 e poi
accese focolai di gacobinsmo in tutta l'Europa.
Echi di tali avvenimenti d'oltralpe si ebbero anche
in Italia epi propriamente a Milano esuo terri-
torio con il rincrudirsi della gi sospettosa 'politi-
ca austriaca. Ma nel 1795 ecco piover di Francia
non solo idee rivoluzionarie, ma un vero eproprio
- 53-
esercito agguerrito e discretamente fanatico che
occup Milano scacciandone gli Austriaci. Se non
cheil possesso dei gacobn non fupacifico perch
tre anni dopo (1799) rcomparvero gli Austriaci,
decisi con learmi in pugno ad eliminare per sem-
pre i rivoluzionari e i loro fautori.
Pareva che i Francesi avessero riportato per
sempre le loro coccarde in Francia, ma un anno
dopo, il 14giugno del 1800, Napoleone Bonaparte
con nuovo esercito di Francesi piombava sui sol-
dati austriaci del generale Melas a Marengo, pres-
so Alessandria, sconfiggendoli ein tal modo inau-
gurando il dominio francese in Italia, durato com-
plessivamente 15 anni: repubblica cisalpina dal
1800al 1805; regno d'Italia dal 1805al 1815. Do-
podi che, almeno aMilano, tornarono gli Austraci.
Qui non abbiamo riassunto che alcune date,
senza dubbio indicative ediremmo incandescenti,
ma ben lontane dal darei tutta la realt di eser-
citi in cammino oppure affrontantisi in campo
aperto, di devastazioni, incendi, distruzioni, ucci-
sioni, massacri che sempre accompagnano tali av-
venimenti. Se vero che, almeno il regno d'Italia
segn per Milano (sua capitale) un periodo di
qualche splendore intellettuale e materiale, non
bisogna per dimenticare che idee nefaste alla
religione e alla Chiesa furono innalzate alla di-
gnit della cultura o, meglio, pseudocultura crean-
do smarrimenti eperdita di fede. Ovviamente non
si vuol negare che il fermento di pensiero ed'azio-
ne, stimolato dal nuovo clima venuto di Francia,
non apportasse in seguito i suoi frutti con la scom-
parsa di vieti privilegi di classe, il nascere dello
spirito di libert e il determinarsi di un pi sin-
cero amore al popolo, di cui si cerca una reale ele-
vazione economica e culturale; ma 'Cisi poteva
ottenere anche senza tante devastazioni, tanta a-
moralit e anticlercalsmo, senza l'oppressione
- 54-
della Chiesa ela soppressione degli Ordini religio-
si: quest'ultima, tra l'altro, ebbe conseguenze gra-
vi perch disperse preziosissimicimeli storici, pro-
fan conventi e chiese e lasci molte popolazioni
disorientate eprive d'assistenza religiosa.
6. - Ultimi anni e soppressione
Mentre si annunciavano i prodromi degli avve-
nimenti che caratterizzarono la fine del seco-
loXVIII ei primordi del successivo, era superiore
del convento di Cerro il p. Quirico da Cardano che
govern la famiglia religiosa dal 1788al 1791ed
ebbe ad affrontare, col suo tipico sorriso di cam-
pagnolo milanese, i vari sopralluoghi dei funzio-
nari austriaci, sempre sospettosi di tradimenti.
A lui successe, nel 1791, il celebre p. Felice Azzi-
monti da Busto Arsizio che, in questo suo primo
governo cerrese, dur in carica per cinque anni,
gi segnalandosi per spirito d'iniziativa e straor-
dinaria carit; egli dovevapoi, tra il montare del-
le difficolt e l'incalzare di avvenimenti inelutta-
bili, reggere nuovamente il convento dal 1799al
1805,quando veniva scelto, per Ia sua capacit ela
sua prudenza, a superiore dell'ormai morente pro-
vincia; dei Cappuccini ambrosiani.
Fu l'antclercalsmo stizzoso egretto della sud-
detta repubblica cisalpina che prepar il terreno
alla soppressione del convento di Cerro e di molti
altri del territorio milanese: n, contro di ci,
valse la stima che godevano i religiosi tra lapopo-
lazione ovvero il loro prudente strani arsi alle vi-
cende politiche, od anche la scuola elementare
aperta regolarmente nel convento negli ultimi an-
ni di Giuseppe II, sepure saltuariamente era esi-
stita anche prima. Con l'avvento dei francesi coc-
carde rosse erano comparse anche nella zona e, in
certi ambienti, con sempre maggiore insistenza ci
- ~-
si domandava a che servissero i religiosi nel nuovo
clima, sacro alla dea ragione, eperch non venis-
sero soppressi (forse in omaggio alla libert reli-
giosa! ). Ma la ragione vera, presupposto il motivo
religioso, era un'altra e venne presto a far capo-
lino: infatti con l'ncameramento e la vendita dei
loro beni ({l'erario pubblico se ne sarebbe larga-
mente avvantaggato .
Con l'elevazione di Napoleone Bonaparte a ira-
peratore (18marzo 1804) si sper in un mutamen-
to di rotta nei riguardi della Chiesa e della reli-
gione; ma si tratt di un brevissimo respiro per-
ch, non molto dopo, il desposta emerso con la ri-
voluzione scaten la persecuzione contro il vecchio
e inerme Pio VII sino a tarlo arrestare in Roma
edar ordine chefossetrascinato inFrancia per poi
confinarlo a Savona, dove sub dura prigionia sino
al 1812.Tutta la cristianit fu allora dolorosamen-
te sorpresa e cap quanto fosse pericoloso fidarsi
di un dominio dispotico che presto o tardi l'orgo-
glio accieca e, mentre per una gloria effimera fa
scorrere a torrenti il sangue dei popoli, giunge a
estremi inconcepibili di violenza. Tale il regno del
Bonaparte, tragico periodo di lutti e di morti
per l'intera Eurona anche se, nei manuali di
scuola e da gente interessata, si continuer a pre-
sentarlo sotto luce di grandezza.
La soppressione del convento verosimilmente
risale al 1810ed da collegarsi all'applicazione del
decreto generale di soppressione degli Ordini reli-
giosi, emanato dal Bonaparte. Ma, gi prima di
arrivare a tale estremo, la vita della comunit re-
ligiosa fu precaria perch dal 1805al 1810non si
conosce neppure il nome dei superiori. Cornunoue
la scuola, il cui titolare dovette restare il p. Felice
Azzimonti anche se nel frattempo governava tut-
ta lavasta provincia monastica cheincludeva gran
parte dell'Italia settentrionale, continu ad aprire
l
le sue aule accoglienti ai ragazzi del borgo e dei
dintorni; efu appunto tale fatto che salv la chie-
sa, almeno per qualche tempo, sottraendola al de-
manio epoi, alla scomparsa del Bonaparte, facen-
do nascere la speranza che un giorno potesse r-
prstinarsi anche il convento.
7. - P. Felice Azzimonti da Busto
Con la soppressione religiosa del 1810el'imme-
diata perdita dei conventi di Milano, che furono
tosto occupati dal demanio, il superiore della mo-
nastca provincia dei Cappuccini, ecioil p. Felice
Azzimonti, comprese che s'iniziava un nuovo pe-
riodo di storia. Lasciata in fretta la citt ambre-
sana, venne a Cerro Maggiore, in veste talare, per
assumere direttamente la responsabilit della scuo-
la, di cui era titolare, ma anche con la segreta
speranza di attuare quanto era prescritto dalle
Costituzioni cappuccne in simili frangenti, vale
adire: riunire possibilmente i religiosi soppressi in
una o pi case perch potessero continuare a vi-
vere la loro vocazione. Cos, dopo l'intervento del
demanio, p. Felice stipul particolari accordi con
il compratore privato conservando non solo i lo-
cali della scuola, ma anche altri ambienti in cui
colloc i confratelli; in tal modo anche la chiesa
conventuale contin ad essere ufficiata rimanen-
do aperta al culto.
Padre Felice, che doveva morire novantenne,
lasci a Cerro un inobliable ricordo di attivit
edi bont che fu rievocato anche in anni recenti.
Nato a Busto nel 1739e fattosi cappuccino a 18
anni, godette tra i confratelli larga stima per la
sua dottrina, la sua prudenza, la sua comprensio-
ne umana ed evangelica, il suo costante amore
alle anime e alle opere di bene. A prescindere dal-
le cariche esercitate nella monastica provincia
l,
j}
--56- - &'1-
,
milanese, valga il fatto che, quando dietro ordine
delle autorit civili del regno d'Italia fu raccolto
un capitolo cosiddetto universale perch vi parte-
ciparono tutti i padri vocali delle 6 monastiche
province esistenti in detto regno, egli fu scelto
a pieni voti per capo della nuova vastissima pro-
vincia.
Stabilitosi a Cerro dopo la soppressione, vi con-
tinu epotenzi la scuola conventuale esistente e
fu largo di altri aiuti alla popolazione. Nel 1810
egli gi contava 71 anni di et: eppure per altri
19anni egli dispieg un'attivit meravigliosa. Co-
me riferisce il Bonari che pot interrogare vecchi
cerresi i quali l'avevano conosciuto direttamente,
p. Felice predicava con parola ardente non solo
nella chiesa della Visitazione, ma anche in altre
chiese della zona, si mostrava instancabile nel con-
fessionale e abitualmente aiutava nella chiesa
parrocchiale di Cerro, doveeresse devote congrega-
zioni; fu inoltre uomo di straordinaria carit visi-
tando infermi, poveri, tribolati, famiglie in discor-
dia.
Poich la monastica provincia era stata violen-
temente disciolta dal potere civile, egli rimaneva
costituzionalmente il superiore dei religiosi disper-
si con i quali si manteneva in costante relazione.
Sperava che, scomparso Napoleone, si potesse ri-
costruire la monastica provincia, come avvenne in
altre parti d'Italia; ma la cattolca Austria, che
ritorn a Milano nel 1815dopo la meteora napo-
leonica, non permise che i Cappuccini di Lombar-
dia rientrassero nei loro conventi, dai quali erano
stati scacciati con la violenza. Cos p. Felice Azzi-
monti, che in vano aveva sperato giustizia per i
suoi religiosi, aggiunse al suo amaro calvario di e-
sule eperseguitato per l'ideale pi puro della sua
vita, e cio per la sua vocazione religiosa, anche
questa disillusione. Egli mor a Cerro nel 1829ela
- 58-
sua salma, tra l'unanime cordoglio dei buoni cer-
resi e di altri abitanti del contado, fu sepolta nel-
la chiesa della Visitazione.
8. - Tributo di riconoscenza e d'affetto
La chiesa almeno nel suo corpo centrale, non
venne mai adibita ausi profani, il che testimonia
la fede dei proprietari che seppero pre~orre il lor~
sentimento cristiano all'interesse, a differenza di
quanto fecero altri acquirenti del demanio. L'ex
convento invece, serv, lungo il secolo XIX, per
svariati usi che difficile ed anche inutile rileva-
re. Va piuttosto notato che pungolo del tempo
eincuria dei proprietari, unitamente ad altre con-
dizioni intuibili resero la costruzione sempre pi
precaria nella s~a non grande solidit eso~oil ri-
torno dei religiosi lo salv da completa rovma, co-
me vedremo pi avanti. Qui terminiamo ricordan~
do il commosso tributo d'affetto che nel 1890 l
Gerresi espressero alla memoria del p. Felice Azzi-
monti da Busto edegli altri religiosi passati per il
convento.
In tale anno, allorch il proprietario adatt il
convento ad abitazione civile e, pur conservando
la chiesa aperta al culto, con tavolati separ le
quattro cappelle laterali dalla navata eleadib ad
uso profano, si rese necessaria la traslazio.ne delle
salme dei religiosi nel cimitero parrocchiale. Fu
appunto in questa circostanza che, a dir cos,. e-
splose il fervido ememore affetto della popolazio-
nedi Cerro verso dei religiosi vissuti qui, nel vetu-
sto convento dove avevano pregato e fatto del
bene amandd Dio, servendo al prossimo e santifi-
cando se stessi. Nonostante che il convento fosse
stato soppresso gi da 80anni, il popolo unanime
- scrive il Bonari - volle eseguire questa trasla-
zione con una magnificenza da non credere, non
- 59-
mai pi veduta; carri tutti adornati con gusto di
vaghissimi fiori, profusione sterminata di cerei,
concorso universale di popolo affollatissimo dal
borgo eda' luoghi crconvicn : insomma tutto in-
sieme riusc uno spettacolo imponente, commo-
ventissimo. Quel giorno i mesti rintocchi delle
campane del borgo assomigliarono piuttosto a: un
canto di gloria.
Per la tomba, raccolta e devota nella quiete
del cimitero, il parroco di Cerro, don Agostino Mo-
relli, dett le bella iscrizione seguente:
Qui riposano le ceneri - del M. R. P. Azzi-
monti da Busto Arsizio - Provinciale de' PP. Cap-
puccini - che beneficata in vita questa popola-
zione - coll'istruzione e ogni genere di carit -
legin morte - quattro doti annue in perpetuo -
a beneficio di povere spose. - E con esso - qui
riposano i 'sacri avanzi - de' suoi fratelli di re-
ligione - con somma venerazione - egrande con-
corso di popolo - trasportati l'ottobre 1890- dai
sepolcreti del loro convento - a uso privato tra-
sformato.
Angeli tutelari di ,Questo popolo - dal cielo
continuate - la benefica vostra missione - con-
fermandolo - nella fede e nelle cristiane virt.
( )
- 60-
V.
IL RITORNO DEI RELIGIOSI
A 87 anni dalla soppressione del convento e a
68 dalla morte del p. Felice Azzimonti i Cappuc-
cini, per un evento al tutto provvidenziale, po-
terono riacquistare il loro antico cenobio compran-
dolo dagli ultimi proprietari, ecioi signori Rossi,
ein tal modo ripresero la loro vita di preghiera, di
studio, di predicazione nella zona, di assistenza re-
ligiosa agli ambitanti di Cerro e dei paesi crcon-
vicini. La riapertura del convento rallegr non so-
lo le buone popolazioni dei dintorni, ma anche, e
vivamente, tutti i religiosi delle nuova monastica
provincia cappuccna di s. Carlo in Lombardia
sorta, sui ruderi delle antiche province di Milano
edi Brescia, intorno al 1840.
Il superiore della monastica provincia era allo-
ra p. Paolino da Verdello (1896-1899) che, dopo
aver condotto la trattativa d'acquisto, provvide
alle necessarie riparazioni e riadattamento man-
dandovi un esperto fratello laico muratore di cui
rimasto il nome: Con non ordinaria fatica -
dice la nota di cronaca - emerc l'assiduo eocu-
lato lavoro del fratello laico fr. Romualdo da Bri-
gnano, che nell'arte muratori a ben addestrato,
in poco tempo si riusc a riadattare un simpatico
-61-
conventino il quale, appunto perch ruvidetto e
semplice, concilia la devozione einvita al raccogli-
mento chiunque lo mira.
1. - Si riaprono ibattenti
Il lavoro di riadattamento dur qualche tempo
perch il proprietario, nell'adibrlo ad abitazione
civile, aveva conservato i muri maestri, ma allar-
gato le finestre, abbattutt i tavolati che divideva-
no leminuscole celleeinoltre ridotto in pi scom-
partimenti quegli ambienti che erano troppo vasti,
comeil refettorio, le aule scolastiche, la biblioteca,
e altri. In tal modo il convento riassunse press'a
pocoil suostato primiero efu pronto ad essere abi-
tato.
La famiglia religiosa vi entr, senza strept,
nel 1897eriprese l'attivit ela vita propria di un
convento cappuccino. Solitario, ravvolto dal suo
muro di cinta , umile epovero negli ambienti, il
conventino si ripresentava come un angolo di pa-
ceequiete religiosa sugli ondulati piani degradan-
ti verso l'Olona che si andavano punteggiando di
stabilimenti e svariate officine; nel febbrile lavo-
ro delleindustrie ei molteplici interessi eincentivi
di guadagno che ad esso si connettevano, rimane-
va un punto di richiamo al destino oltremondano
dell'uomo e cio ai superiori interessi dell'anima.
Lachiesa, rimessa a nuovo nelle sue'lineesem-
plici ed eleganti e nella sobria decorazione, venne
riaperta ufficialmente al culto il 31 luglio 1898;
ribenedetta con solenne funzione, essa apparve
bella, devota ed anche discretamente spaziosa,
adatta alla preghiera e invitante i buoni Cerresi
a sostarv brevemente dopo il lavoro dei campi e
delle officine. In seguito essa ebbe la nuova pala
dell'altar maggiore, dipinta da F. Brambilla e am-
mirata per i suoi toni caldi e luminosi, il suo pia-
- 62-
cevoleverismo, il suo ricco impasto cromatco che
non nuoce all'espressione e alla religiosit della
scena.
2. - Echi di poesia
Il titolo del paragrafo promette forse troppo,
mentre vogliamo riferirei a un indirizzo in rima
che venne letto quando i religiosi ripresero uffi-
cialmente possesso del convento. A dir vero, di
poesia cen' pochina, sepur si tratta di decaslla-
bi a rime baciate e arieggianti, nella loro struttu-
ra, La Battaglia di Maclodio e ({La Passione
del Manzon ; ma poch fu composto da un cerre-
se e si collega strettamente al ripristino del vec-
chio e glorioso convento cos intimamente e lar-
gamente inserito nella storia cittadina, lovogliamo
riportare. Sono sei strofe di otto versi ciascuna;
le prime quattro indugiano sul ricordo storico del
del ritorno dei religiosi esprimendo sentimenti di
circostanza; le due ultime sono una preghiera al-
Vergine Madre, patrona della chiesa edel conven-
to, perch sempre protegga religiosi epopolo:
.Per la venuta dei Religiosi Francescani
in Cerro MaJggiore
1) Degni Figli del grande Francesco
che nel nome del Sommo Signore
Ritornate con tenero amore
Questo nostro paese abitar (sc) :
Ecco il popol che il Ciel ringraziando
Vi riceve con intimo affetto,
Che ogni grazia, ogni dono pi eletto
Ama in oggi su voi d'implorar.
63 -
2) Benedetto sia sempre il buon Dio
A cui il mondo sommesso obbedisce,
Lecui opre sublimi compisce
Con squisita paterna bont;
Benedetta sua gran Provvidenza,
Che le voci dei vostri defunti
Religiosi fratelli congiunti
Ascoltando con viva piet,
3) Nuovamente fra noi vi conduce,
Dopo tante svariate vicende,
Per mostrar come tutto dipende
Da' suoi cenni, dal suo voler.
Questo popol che vide con pena
Sui primordi del secol presente,
Cui possiam salutare morente,
Di voi tutti l'amaro partir;
4) Or v'accoglie con animo grato
Con accenti di gioia edi festa,
Npi altro a bramare gli resta
Ch son paghi i 'suoi voti e desir.
Epper nel comune tripudio
Riuniti in devota armonia
Una prece alla Vergin Maria
Per voi tutti vogliamo innalzar.
5) Madre Santa che regni gloriosa
Presso il trono di Cristo tuo Figlio,
Dolcemente il mitissimo ciglio
Deh Ti degna benigna inchinar
Sovra i figli del grande Francesco,
Che tra noi hanno scelto dimora,
Prova ad essi che sei la Signora
Del Cor sacro di Cristo Ges.
.6) Lor facendo gustar quella pace,
Quelle interne soavi dolcezze,
Cui non valgon lestesse amarezze
Della vita a distorre quaggi:
- 64-
Chiostro del vecchio convento.
Il religioso in primo piano p. Donato da Malvaglio ben noto in Cerro
I
l
l
a l
l
I
!
l
'I
Sulle orme del loro gran Padre,
Tu li guida, rinfranca e avvalora,
E concedi, cheun d noi ancora
Li possiamo seguire lass.
3. - La cmmpana del convento
L'umile asceterio, stretto attorno alla sua ohe-
sa immerso in una pace invitante, mancava per
di una cosaimportante eciola vocedella campa-
na, necessaria per annunziare le funzioni celebra-
te in chiesa ed anche per segnare le tappe pi
importanti della vita conventuale, compresa I'uf-
ficiatura divina. Il bisogno era assai vivo tanto che,
ventilata l'idea, in brevissimo tempo gli abitanti
di Cerro e S. Vittore Olona offrirono elemosine
sufficienti a procurare una campana di 120chili,
mentre le Costituzioni cappuccine parlavano solo
di una campanetta di 70chili circa.
Il trasporto della campana da Legnano a Cer-
ro Maggiore, la sua benedizione e collocazione die-
dero luogo auna manifestazione di fede che mette
conto ricordare. Ci avvenne nel giugno del 1899,
essendo superiore della monastica provincia cap-
puccina di Lombardia p. Guglielmo da Bergamo
(1899-1902) e delegato al rito della benedizione,
dietro rescritto dall'Arcivescovo di Milano, mons.
Domenico Gionni, prevosto di Legnano. Poich
dell'avvenimento esiste memoria stampata, cedia-
mo senz'altro la parola al cronista oculare.
Verso le4del giorno dei ss. Apostoli Pietro e
Paolo (29 giugno), una folla di gente partiva per
Legnano onde levare dalla stazione la campana
econdurla in trionfo (sic) al convento dei cappuc-
cini. A quelli di Cerro si unirono anche gli abitan-
ti di S. Vittore, equesti ultimi, avendo un ben or-
dinato corpo musicale, spontaneamente s'offerse-
ro a suonare, felici. L'imponente corteo era prece-
.
,
A ngolo pittoresco del vecchio convento con
il campaniletto dell'orologio
- 65-
- 66-
- 67-
duto da due battistrada a cavallo, indi il corpo
musicale, poi i due 'Carri fatti appositamente per
questoscopo, dipinti eornati di fiori, destinati a
portare la campana con gli accessori, tirati da
quattro superbi cavalli, dono di Cerro. I suddetti
carri furono fabbricati dal signor Antonio Agrat,
cheli volleinoltre decorareconminiature d'oro e
d'argento. Distinte famigliedi Cerro vollero esse-
re rappresentate con le loro 'Carrozzeed eleganti
pariglie; inoltre al corteopreseroparte vari 'consi-
glieri col Segretario Comunale.
All'arrivoaLegnano, annunziato dal corpomu-
sicaledi S. Vittore, rollagrande si riversa per le
vie; si va alla stazione, si collocala campana.sul
carro, si ritorna versoCerro. Magiunto sullapiaz-
zadi S. Magno, il corteosi fermaeil corpobari-
distico esegue una marcia. Mons. Prevosto esce
dalla 'Canonicain abiti prelatz e, mentre le'Cam-
pane dellaparrocchia suonano afesta, saleun bel
landeau graziosamente offerto dalla Risp. Ditta
Bernocchi, ea gran passi si avviano tutti al con-
vento di Cerro. 'Quivi lospettacolo era imponente
per il concorsodi Cerresi e abitanti di S. Vittore.
Monsignoresalesudi un palcoappositamentepre-
parato nella piazza del convento e, assistito dal
Coadiutoredel paese, dal Curato e Coadiutore di
S. Vittore, celebra la solenne funzione, a conclu-
sionedella qualesi rivolgeal popoloepronuncia
cordiali eapproprateparolechecommuovonotut-
ti. lovedo- dissetra l'altro - aleggar suCerro
gli 'Spiriti di s. Cornelloes. Cipriano, titolari della
parrocchia, einoltre lospirito del gran Patriarca
Francesco: uniti traloro, essi invocanobenedizione
epacesuquestaparrocchia. Ci fupoi labenedi-
zioneeucaristcae, per tutta lasera, Hcorpomusi-
calecontinu a rallegrare il paese.
Il 2 lugliosuccessivoera la solennit dellaVi-
stazone, titolare della chiesa del convento, e il
cronistacontinua: Passarono duegiorni eil 2lu-
glio, dopo 70anni di silenzio, 'Si celebr la cara
solennit della Vsitazoneche quest'anno cadeva
in domenica. Addobbi d circostanza, presenza del
p. Provinciale con tre definitori che vollero con-
decorarelafesta. Messaletta al mattino 'Conbuon
numerodi comunioni; poi alle9il M.R. P. Epifanio
da Saronno, definitore e guardiano del 'convento
del S. CuoreinMilano, cantava laMessa, assistito
dadue Padri; sedici bravi giovani di Cerro si or-
ferserospontaneamente adaccompagnarelaMessa
col lorocanto. Aserasi recitil Rosarioe, cantata
dai suddetti giovani una bella AveMaria, saliva
sul pulpito il noto predicatore p. Giovanni daMi-
lano, definitoreprovinciale, checonlasuapronta
einsinuante parola disseil panegirico della Ver-
gine dimostrando 'CheI'Ebron il calvario della
misericordia, di riscontro al Golgota, calvario di
rigorosa giustizia: la Verginenella visita ad Eli-
sabettavolleessereper gli uomini laMater pulchrae
dilectionis, prima d essereai piedi dellacrocela
gran Madre del dolore. Disseil suograzie a tutti
per quanto avevanofatto per il decorodellafesta
el'acquisto dellacampana e, pi ancora, per l'af-
fetto chesentonoversoi Cappuccini. Segu labene-
dizionecol baciodellareliquia.
Di popoloerastipata lachiesa, pienelecappelle
evi erapersinounbuonnumero di fedeli nei clau-
stri del convento. Essi erano felici, contenti di tro-
varsi inmezzoai Cappuccini, lodavanoDioeface-
vano ovazioneai frati, i quali, a tanta bont e
affetto, rispondevanoconumili grazie, conpromes-
sadi pregare per tutti .
4. - Fogli sparsi
Nell'archivioconventuale l'ultimo periodo di
vita del vecchioconvento riassunto soloper ac-
cenni in fogli e appunti propriamente sparsi
e, con'seguentemente,'congrandescarsezza:<:li. noti-
zie forseper esserestoria troppo anoi VICmaov-
ve~o,piverosimilmente, per mancanza di ~vve~-
menti di rilievo. lasolita vita, condotta msoli-
tudine eprotetta contro il frastuono del mondo,
dedita alla preghiera, allo studio e al ministero,
secondoletradizioni dell'Ordine. Ricorderemo,nel-
l'incalzaredegli anni, alcunedatecheci sembrano
pi degnedi menzione.
Nel 1904,provenientedal conventodi Cremona,
era destinato 'allafamiglia religiosadi Cerro fra
Feliciano da Artogne, il santo fratello questuante
(benconosciutonellazona) 'chedovevaabitarenel
conventodi Cerro42anni continui 0904-1946),e
co sinoallamorte, vivendouna intensissimavita
di mortificazione,di preghiera edi lavoroedeser~
citandouna straordinaria carit, di cui sonrmast
milleepisodi. I Cerresi di una certa et ricordano
ancora l'umile fratcello, piccolodi statura econ
il volto scavato dalla penitenza ma dal sorriso
buonoefraterno incui si riverberavalagrandeluce
dell'anima ciabattare per le vie alla questua e
per i suoi ' viaggetti di misericordia acasebiso-
gnosedellasuapresenzaedellasuaparola, oppure
bazzicareper la chiesa e alla porta del convento
allorchne teneva la chiavecomeportinaio: leg-
gero, vanente, pi spessopregando, talvolta con-
versando amichevolmente. Madi lui, figuratanto
indimenticabilenella vita cappuccna cerrese, par-
leremoinuna puntata aparte.
Nel 1905,prima che avesse a ritornare nella
missionedel nord del Brasile, dalui fondata negli
stati del Maranho, Oear e Para a partire dal
1893,sost qui p. Carlo daS. Martino Olear? ~i
religiosi si strinsero intorno al venera~do mIss~o-
nario chetenne nellachesa un brevedscorso ne-
vocandoil massacrodi confratelli, suorecappuccne
ecristiani perpetrato dagli indiani di AltoAlegre
la mattina del 13marzo 1901.La manifestazione
fu commovente: il missionario, cheparlava fami-
liarmente dalla balaustra, a un certo momento
interruppeil suodiree, nellavisionedi tante morti
edevastazoni semprevivainfondoall'anima, scop-
pi apiangere.
Una data riconferma la stima el'affetto degli
abitanti di Cerroversoi religiosi, specialmentenel
ricordodi figurescomparsechesi mostraronobene-
fiche verso la popolazione. Nel 1911a p. Felice
Azzimonti da Busto, di cui sopra abbiamo detto,
venneintitolata una viadel borgo, giconosciuta
comeil Vicolodel Freddo: testimonianza di vene-
razioneversol'uomochedal suocuoretrasse pal-
piti di squisita carit per ogni forma di bisogno
edi sofferenza.
Venne la prima guerra mondiale, la grande
guerra conil suo trambusto, lesueroventi pas-
sioni, i suoi dissesti, lesuetristi partenze ei suoi
mancati ritorni. Anchelavitaconventualenesof-
fri, ridotta di personaleeimpegnatainpidistrat-
tivi ministeri; ma essabrilldi pi larga lucedi
carit nel conforto dellafedee dellearcane spe-
ranze nell'al di l recato in molte famigliedura-
mente provate dalla sventura. Risulta cheil con-
ventino di Cerro conla sua tranquillit e solitu-
dineera spessoricercato per chi, tra i cappellani
militari ei religiosi inarmi, nel periododi licenza
ricercavaun angolodi paceedi quiete. Anchein
seguito serv per luogodi raccoglimento e riposo
avecchi missionari eadaltri venerandi religiosi e,
talora, vi si organizzarono corsi di esercizi spiri-
tuali per categorieparticolari, siadi religiosi,come
anche di altre persone. Il convento, con numero
sufficientedi celle,lasuaampiaortagliaelenote-
voli risorseprovenienti dalla questua, si mostrava
ospitale accogliendofraternamente chiunque bus-
- 68- - 69-
sasseallasuaporta, memoredi quellafinalit che
avevapresieduto alla sua fondazione.
Intanto l'esempiodei religiosi avevagisusci-
tatounmanipolodi vocazioni all'Ordine, maturate
inparticolaredopolagrande guerraconi nomi di
p. Ermanno Lavazza, p. AgostinoLazzati, p. Fi-
lippoLavazza,ealtri, occupati insvariate attivit
comemissioni, cappellaniein ospedali, predicazio-
ne, superiorit di conventi; gi chierichetti, in
generale, alle 'cerimoniecelebrate nella chiesetta
conventuale, sentirono lachiamata alla vita reli-
giosaacontatto coni religiosi edancheper quella
suggestiviteatmosferaspiritualecheil convento
emanava.
A partire dal 1931il convento ospit che-
rici chesi preparavano al sacerdozio. I superiori,
per la sua posizione, l'adattarono a convento di
studioper i giovani che, dopol'anno di noviziato,
riprendevanolefatichestudentesche: nellaserena
solitudine,studioepreghieraacquistavanounnuo-
vomordente emegliodisponevanole giovani re-
clute del santuario alla loro futura missione.
5. - Mons. Celestino Cattaneo
Negli ultimi decenni variefurono lefigureca-
ratteristiche passate per il convento, comep. Do-
natodaMalvaglio,instancabilenel ministero delle
confessioni nellazona, p. Urbanoda,SestoS. Gio-
vanni, di estremaaffabilitcontutti, p. Arcangelo
daLmbate, chevi fu superioredal 1940al 1943.
Maqui vogliamoricordarel'arcivescovomissiona-
riomons. CelestinoCatteno chetrascorseaCerro
il suoultimo decenniodi vita0936-1946), dopoil
suoritiro dall'Eritrea conledimissioni da Vicario
Apostolicopresentate aPioXI edal Papa, cheera
suo concittadino, accettate. TI convento di Cerro
divenneper lui la sua ( oasi cerrese, comeegli
-70-
\ lachiamavaforseconallusioneai suoi intermina-
bili viaggi per terre arideedesertche durante la
vita di missione.
L'attivit del grandemissionariosui pidiversi
campi di apostolatoche, in qualchemodo, si erano
estesi all'Asia, all'Africa e all'America, era inco-
minciata nel lontano 1891quando, a 27 anni, i
superiori l'avevano mandato nella missionedella
Mesopotamia. Qui, tra l'altro, nel 1895-1896assi-
stette, impotenteein continuopericolodellavita,
al massa-crodegli armeni perpetrato da Turchi e
Curdi; in tale circostanzalasua missionedi Ma-
latia fucompletamentedistrutta (chetrepidazione
echepaura di notte, trail crepitar dellefucilatee
l'avvampar dellefiamme, mentre era raccoltocon
centinaia di donneebambini nellachiesal ).Poi,
passata la bufera, dietro ordine dei superiori ri-
torn soloalla sua missioneannientata con due
lenzuoli, un materasso, una vecchia.coperta, due
piatti di latta el'occorrenteper la Messa, deciso
a ricominciare. Fortunatamente un giovane av-
vocatoturcogli prestuna comodaesolidatenda
e, in tal modo, potinstallarsi nel mezzodell'orto
dellamissione, tra il mucchiodi macerie residuo
dell'incendio. Scrivevail 14luglio 1896al supe-
riore provinciale dei Cappuccini lombardi: Da
quattro mesi mi trovosullerovinedellamia mis-
sione, senza casa, senza chiesa, senza scuole e
conuna semplicetenda, di giornocaldacomeun
forno, di notte umidaefredda. Quanti dispiaceri,
caro Padre, quanti timori ! Da quantemiserieso-
no attorniato... davveroci vuolequalcosa di pi
dellapazienza di Giobbe. DaMalatia pass poi
a Orfa, dovesvolgevail suo ministero in quattro
lingue: araba, turca, armena e francese; infine
a Mardin. Questaprima sostanel MedioOriente
dur 19anni. Nel 1910p. Celestinoda Desioera
chiamato a Romaefatto vicerettoreeprofessore
-71-
di ebraico nel collegio internazionale dei Cappuc-
cini, inaugurato poco tempo prima.
Ma egli anelava all'apostolato nelle missioni
e, dopo solo sei mesi di permanenza nella Citt
Eterna, ottenne d'essere inviato nella missione
brasiliana dei Cappuccini lombardi iniziata, come
si detto, da p. Carlo da S. Martino Olearo nel
1893nello stato del Maranho, Senon che, dapoco
era sbarcato nel Brasile quando un telegramma; '"
richiamava urgentemente a Roma per far parte
del primo gruppo di Cappuccini lombardi che si
recavano missionari nell'Eritrea sotto la guida di
mons. Camillo Carrara, che era stato superiore
della provincia cappuccna lombarda dal 1905al
1911. 'Questa prima esperienza ertrea dur com-
plessivamente 8 anni e in essa p. Celestino fu il
missionario pioniere tra i primitivi Cunama, che
abitavano il bassopiano eritreo occidentale da
Barent a Tessene (durante il suo primo viaggio
apostolico, in piena brughiera, si trov naspet-
tatamentedi fronte un leone che, guardandolo,
sembrava dire: Che vieni a fare tu in questi
luoghi deserti P ). Furono mesi di solitudine ag-
ghiacciante, di pene fisiche e morali; tra l'altro,
colto dalle febbri malariche nella brousse, venne
riportato alla stazione missionaria in barella, per
lunghi chilometri. In seguito ebbe altre incom-
benze; nel 1919, in un periodo di riposo in Italia
per rimetersi in salute, si ritir a Cerro occu-
pandosi nel frattempo della causa di beatificazione
del b. Innocenza da Berzo, di cui era stato per
breve tempo confessore a Bergamo prima di par-
tire per le missioni.
Poi, nel 1920, il generale dell'Ordine p. Giu-
seppe Antonio da S. Giovanni in Persiceto lo
chiam aRoma e gli diede incarico di recarsi
a fondare una nuova missione nell'Asia Minore.
P. Celestino, abituato a obbedire da lunghi anni,
-72-
r
/
I
j
'1
\ part con alcuni compagni, esplor lazona affidata-
gli e incominci a organizzare le prime residenze
missionarie di Burdur e Usciac. Ma anche la mis-
sione dell'Asia Minore o Anatolia doveva costi-
tuire nella vita missionaria di mons. Cattaneo una
di quelle sanguinose pagine cui abbiamo gi ac-
cennato a proposito di Malattia. Infatti nel 1922
la guerra feroce tra Greci e Turchi tocc il suo
diapason travolgendo proprio i luoghi della mis-
sione di p. Celestino: massacri umani, incendi,
rovine di ogni genere, profughi morenti di fame
per lestrade insicure, infestate dai lupi. Da Smir-
ne egli vide, spettatore accorato, passare ben
600.000profughi tra Greci e Armeni; il 26 luglio
1922scriveva a mons. Zucchetti: L'immane disa-
stro tale che nessuno potr mai a parole de-
scriverlo; la storia credo non ne registri un altro
simile. Chi siano gli autori non si sapr mai...
Anche il numero dei massacrati rimarr ignoto a
tutti... Nell'interno tutti i cristiani sono partiti:
quei che non potranno salvarsi per la via del
del mare e saranno costretti a internarsi, sono
destinati a morire o di fame o di rreddo . E il
17 ottobre successivo soggiungeva scrivendo al
superiore provinciale di Milano: Un mezzo mi-
lione di cristiani, armeni e greci, hanno dovuto
lasciare l'Asia Minore, conforme l'ordine di Kemal
pasci, e sono stati trasportati, la maggior parte,
nelle isole dell'Egeo. Circa 80.000maschi dai 18ai
55anni sono stati deportati a Cesarea, la bellezza
di 750 chilometri all'interno. Senza cibo, senza
vesti, a piedi, con l'inverno davanti che in questi
paesi molto rigido, sono destinati certamente alla
morte. Povera missione dell'Anatola t .
L'ultimo periodo di missione di mons. Cattaneo
(dopo un biennio, 1923-1925,come visitatore delle
missioni cappuccne nel Medio Oriente) fu ancora
l'Eritrea, in qualit di Vicario Apostolico e cio
,.
-73-
di superioreecclesiasticodella mISSIOneevescovo
titolare. Sarebbelungoseguirequesti suoi 11anni
di attivit episcopaleI ( 1925-1936),condotta con
alto senso del dovere, illuminata, lungimirante,
intensissima, nonstante l'avanzata et. Essa fu
rivoltaai nativi eritrei per i quali il Cattaneo apr
scuole, dispensari, residenze missionarie, costru
chiese, port aH'indipendenza religiosacon la ge-
rarchia indigena di rito alessandrino-etiopico; ai
meticci, chevenneroraccolti inistituti adatti, edu-
cati, preparati alla vita con un titolo di studio
ovvero l'apprendimento di una professione; ai
primitivi Cunama stanziati tra il Gasc eil 8etit,
chefurono evangelizzati, difesi contro lerazziedi
altre trib, portati aun primo avviodi civilt; a
tutta lapopolazioneeritrea, allaqualediedeil suo
gran cuoreelesueenergie.
Con la riorganizzazione ecclesiastica seguita
allaguerraitalo-etiopicamons.Celestino Cattaneo,
ormai settanduenne, acciaccosoe sofferente, vide
cheaccorrevanonuoveepifrescheenergieedie-
de le sue dimissioni. Ritornato in Italia, scelse
il conventino di Cerro comeluogodi riposoedi
preghiera. PioXI, accogliendola sua rinunzia, lo
avevaeletto arcivescovotitolare di Abasgia; ma,
rivarcata la sogliadel convento dopotanti anni
di missione, mons. Cattaneo non volleper s al-
cuna distinzione. Ridivenne, in certo senso, un
semplicefrate comegli altri, contento della sua
umilecella, della parca mensa comune, dell'am-
biente di francescana semplicit. Secondole sue
possibilitelesueforze, nonmanc di esercitare
un nuovo apostolato, modesto in apparenza, ma
in realt vasto eprofondo sia a Cerro comenei
paesi limitrofi, in forma pubblicaeprivata. Spe-
cialmentenegli anni tremendi dell'ultima guerra
quantepersone(madri, spose, sorelle, uomini an-
ziani od anche giovanissimi) l'avvicinarono per
- '14-
I
esporgli i lorocrucci, leloroansie, laloropena !
Egli confortavaeprometteva il ricordonellapre-
ghiera. Cos purein occasioni di solennitealtre
circostanzesi prestava volentieri a udire lecon-
fessioni, mentre spessoera invitato nei paesi del-
lazonaper pontificali, cresime, prime comunioni,
venticinquesimi e altre occasioni.
Degno di ammirazione il suo spirito di pre-
ghiera, manifestatosi in maniera comm?v.ente
nella solitudine del conventocerrese. Il mnstro
provinciale, p. Guido da Curnasco, nell~I:etterc:
necrotoeico: scritta per la suamorte CaSISI espri-
me: comeera bello, edificante vederlo pregare
innanzi al tabernacolo, in ginocchio, tutto com-
posto, assortoin Dio!Lesue giornateletrascor-
reva cos, in preghiera, col Breviarioe.la corona
del Rosarioin mano, passeggiandoper Il claustro
o per l'orto del convento, o per solitarie stradic-
ciuolecampestri, dalle quali non mai ritornava
senzaaver prima fatto una visitaai poveri morti
del cmtero .
L'arcivescovomons. Celestino Cattaneo mor
a82 anni di etil 15febbraio1946, all'unaemezzo
di notte, dopo cheda tempo soffrivadi attacchi
al cuoreedopoche dal dottoPio Benetti gli era
stata prestata amorosa assistenza. La sua salma
rimaseespostaper 5giorni nellacappelladi santo
Antonionella chiesa del convento, visitata e ba-
ciata: dai fedeli di Cerro, S. Vittore, Legnano e
altri paesi circonvicini.I funerali riuscironosolen-
nissimi con straordinario concorsodi clero e di
fedeli.
6. - I resti mortali di Benito Mussolini
Lostesso anno in cui morivamons. Celestino
Cattaneo (1946) nell'agosto, vennero depositati
al convento i r~sti mortali di Benito Mussolini.
- '16-
Raccolti in una cassetta sigillata furono collocati
in assoluto segreto nella cappellina interna del
convento al primo piano. Ignoti a tutti, vi rima-
serofino a quando il governoitaliano, calmatesi
leroventi passioni politiche, permise che fossero
sepolti nel cimitero di Predappio vicina ai con-
giunti. Il segreto si mantenne fitto grazieanche
alla solitudinedel convento. Un brano del libro
di cronacaconventuale ragguaglia sugli antefatti
dellavicenda.
Riconsegna al governo italiano
della salma di Benito Mussolini
({Nel pomeriggiodel 29agosto 1957il P. Pro-
vinciale, p. Romano da Como, giunse al nostro
convento (di Cerro) accompagnato dall'ispettore
capodi pubblicasicurezza, dottoVincenzoAgne-
sina, e da due altri funzionari subalterni della
questura, per ritirare la cassa contenente i resti
della spoglia mortale di Benito Mussolini. Tali
resti vennero consegnati a noi il 25agosto 1946
dal M.R.P. Mauro, allora vicesegretario provin-
ciale, per mandato del P. Provinciale di allora
M.R.P. BenignodaS. TIarioMilanese, asuavolt~
interpellato dal cardo Schuster arcivescovo di
Milanoin nomeeper contodel GovernoItaliano.
Tali resti vennero custoditi nella cappellina in-
terna del nostro conventoal primopiano, dappri-
ma in una cassa sistemata a lato dell'altarino,
ed in secondo tempo (precisamente nel 1950
quando il P. Guardiano di allora fu costretto a
rinforzare la cassadi legnoper ovviarealle esa-
lazioni chesi avvertivanonella cappellina) in un
armadio destinato per i paramenti sacri, sempre
nella medesimacappellna.
All'atto della consegnaerano presenti il Rev.
P. Liberio, Guardiano in luogo, P. Diego, precet-
-- 76 --
torein luogo, eP. Carlo da Milano chenel 1946
avevaavutoi primi contatti conil cardoSChuster,
chiamato appositamente dal M.R.P. Provinciale.
Tali resti, asuavolta, il GovernoItaliano li conse-
gnava verso il mezzogiornodel giorno seguente,
nel cimiterodi Predappio, allavedovaDonnaRa-
cheleMussolini eagli altri familiari. A quest'ulti-
moatto erapresenteancheP. CarlodaMilano.
Dell'avvenimentola stampa parl largamente.
-77-
VI .
FRA FELICIANO DA ARTOGNE
A Cerro Maggioreein tutta la plaga di paesi
e cittadine cheva da Rho a Gallarate, molti ri-
cordano ancora fra Feliciano, l'umilefratello que-
stuante, quasi uncosinodanulla all'apparenza,
ma che si presentava sulla soglia delle case se-
reno, giulivoe talvolta gocondamentescherzoso,
cheavevasempreuna parolabuona, un gestofra-
terno, chedal voltoedagli occhi modesti, mentre
domandava la carit osuggerivaun pensiero spi-
rituale, riverberava l'intima Ietizia dell'anima.
Chi l'ha vedutoquandoscalzo,conlabarbaruvida
e spettinata e la vecchia tonaca rattoppata, si
profilava nella viacon la bisacciasullespalle ri-
curveeil passolentoestrascicato, di ritornodalla
questua; ovveroquando, nel soledel mezzogiorno
che inondava la piazzetta del convento, scodel-
lava, pressoil grandepaiolonero, laminestra fu-
mante ai poveri recitando ad ialta vocel'Angelus
Domini; eancora quando, nellelunghemattinate
della domenica dopo la santa Messa, faceva la
Via Crucis nella chiesa deserta e sembrava che
tutto il doloredel Calvario trasparisse dal suo
volto scarnito dall'et e dalla penitenza, certa-
-79-
Frate Feliciano M. da' Artogne vissuto ben 42 anni
a Cerro (1904. 1946): quasi un cosino da nulla
all'apparenza, ma verO giullare di Dio e tipica fi-
gura [rancescana .
mente conserva in fondo all'anima una figura
che non dimentica pi.
Egli visse nel convento di Cerro ben 42 anni
e cio dal 1904 al 1946, esercitando gli uffici di
questuante, portinaio, sagrestano e occupandosi
in altre incombenze proprie della vita conven-
tuale: uomo che, attraverso la rinuncia eil sacri-
ficio di s, era pervenuto a un altissimo spirito
d'altruismo ecio di carit cristiana, attinta nella
costante preghiera e nel gioioso servizio di Dio.
Perci di lui daremo pi larga rievocazione.
Un paese valligiano senza pretese con prati
ecampi e, sulla montagna che incombe, boschi di
castagni. La casa dei Ravelli in disparte, isolata,
semnascosta tra gli alberi secolari, situata su un
ripiano elevato che domina l'ampio solco del fiu-
meOglio. Fra Feliciano vi nacque il 27agosto 1871
e, al fonte battesimale, ebbe il nome di Cecilio.
Era una famiglia alantca la sua, con lO fi-
gli, il rosario serotino, il saldo principio della ras-
segnata fiducia in Dio nelle immancabili prove e
la sacra legge del lavoro compendiata nella frase
di s. Paolo: Chi non lavora, non mang , Ce-
cilio sent la prima chamata del Signore al con-
vento tra i dieci ei dodici anni, concretatas nel-
l'anima forse con la visione della mite e umile
figura del questuante cappuccino che, a ogni sta-
gione, vedeva passare sulla soglia di casa. Ma,
giovane emingherlino, per la fatica del questuante
non era ancora maturo e, quanto alla vocazione
sacerdotale, neppure ci pensava essendo quasi a-
nalrabeta eprovando, dei libri, un sacro terrore. 0,
forse, si trattava di un'idea tuttora vaga che, pure
sedimentando al fondo dell'anima, non riusciva a
produrre una decisione ferma e risoluta.
1. - Artogne in Valle Camonica
- 80-
Alla visita militare venne riformato perch
troppo piccolo di statura, eperci non fece il sol-
dato, rimanendo nella vecchia casa dei suoi men-
tre pap e mamma, un dopo l'altro, scompari-
vano ed anche i fratelli e le sorelle superstiti si
sposavano, sciamando per altri lidi. A 29anni egli
viveva con duefratelli, sposati econ famiglia,col-
tivando il terreno avito: giovane onesto, di che-
sa, ma ritenuto di poche risorse, incerto del suo
avvenire, piuttosto timido.
2. - Peripezie di una vocazione
Fu dopo compiuti i 29anni che egli avvert il
cruccio intimo di non sapersi decidere a seguire
la chiamata di Dio; amava i fratelli enon osava
manifestar loro la sua vocazione, anche perch
sentiva chesi sarebbero opposti ad essa contutte le
loro forze. Perci si diedeapregare conpi fervore,
finch gli venne in pensiero di aprirsi col parroco
(per farsi coraggio, comparve innanzi al sacerdote
con un libro in mano dicendo: ,Qui scritto che
bisogna seguire la propria vocazone ) : ma lo
attendeva una delusione completa. Dopo che, in
maniera piuttosto ingarbugliata, ebbe esposto al
parroco il suo disegno e s'aspettava una parola
d'incoraggiamento, ud risponders : Cosa vuoi
chesenefacciano di tei frati? Resta alla tua casa
e fa del bene anche qui! .
Ma il guaio era la voce in fondo all'anima
che non gli dava pace. Cos attese qualche altro
tempo pregando; poi una domenica, dopo aver-
ci a lungo pensato, disse a un amico: Avvisa i
miei fratelli chesono andato dai frati, aLovere.
La risoluzione, per lui quasi eroica, finalmente era
presa. Percorse un tratto di valle, giunse a Lovere,
sal non senza trepidazione al convento e, dopo
aver indugiato un poco davanti alla porta, diede
-81-
una leggera stratta al campanello. Ma l'esito del
suo tentativo si poteva prevedere: contava quasi
trent'anni, nessuno lo conosceva e si presentava,
una domenica sera e senza alcun documento, a
chiedere di vestir l'abito religioso. BeHamente gli
fecero capire che occorreva, almeno, una testimo-
nianza del parroco: il che fu anche un modo gen-
tile per congedarlo.
Cecilio, rattristato, lasci il convento eriprese
la stradicciola che, scendendo a Lovere, lo doveva
riportare ad Artogne. Era scoraggiato, avvilito:
dopo quella fuga, quasi superiore alla sua forza
morale, trovare dai frati simile accoglienza! E
ora, che fare? T'ornare dal parroco dopo chel'ave-
va congedato a quel modo? Camminava piano,
immerso nei suoi pensieri quando, sulla stradetta
solitaria, fu raggiunto da un religioso, p. Ambro-
gio da Milano, che pure scendeva al paese; egli
s'avvide dello stato d'animo del giovane e con
alcune battute si apr la via al suo cuore facendosi
raccontare la pena che lo affliggeva. Promise poi
di aiutarlo consolandolo e regalandogl una coro-
na del rosario: Intanto prega la Madonna, e
vedrai che Ella ti far superare ogni dffcolt.
Riprese la sua vita tra il bosco eil campo, di-
ventando pi silenzioso, pi appartato finch,
qualche tempo dopo, p. Ambrogio gli fece sapere
di rivolgersi ormai sicuro al parroco per avere i
documenti necessari, e questa volta realmente li
ottenne. Ripart per il convento la prima dome-
nica di ottobre del 1900, senza salutare i fratelli
che continuavano ad osteggiare la sua vocazione.
Accolto al convento da p. Ambrogio, vi fu ammes-
so; ma il superiore chiaro e tondo gli disse che,
per il momento, doveva adattarsi a fare il dome-
stico in attesa che la Provvidenza avesse a man-
dare un altro a rmpazzarlo. Accett, se pure a
malincuore e con certa disillusione.
Nel pomeriggio di quella domenica, ripieno di
scampanii perch solennit della Madonna del
rosario, p. Ambrogio gli fece la proposta di ac-
compagnarlo a Lovere e prender parte alla pro-
cessione, a conclusione della quale egli avrebbe
tenuto il discorso. Cos discese al paese e, al met-
tersi in moto della processione, s'incolonn tra
gli uomini vestendo egli tuttora il' suo abito di
borghese. Ma allora accadde un fatto inaspettato.
Mentre camminava lentamente recitando il rosa-
rio, si sent chiamare sommessamente per nome
e, alzando gli occhi, scorse i due fratelli che gli
facevano segno di uscir dalla processione perch
avevano bisogno di parlargl. Al suo rifiuto, senza
molte cerimone si avvicinarono afferrandolo per
un braccio estrascinandolo via. Fosseviolenza dei
fratelli o debolezza da parte sua, quella sera egli
ritorn ad Artogne, accolto dalle cognate e dai
nipoti con gran festa. Ma si trov presto a disagio
per il rimorso di tradire la vocazione e, dopo un
paio di settimane, riprese la via del convento,
pronto asobbarcarsi anche all'ufficio di domestico,
pur di restare.
Ineffetto il superiore fuirremovibileeper alcuni
mesi lolasci nei suoi panni borghesi obbligandolo
a seguire, in tale condizione, il fratello questuante
che si spostava di paese in paese per raccogliere
la carit dei fedeli. Un giorno, con cavallo ecar-
retto, dovette portarsi anche ad Artogne, accolto
dai frizzi dei coetanei edei parenti chelo canzona-
vano per essere diventato il {(servo dei frati. Il
superiore verosimilmente voleva saggiare la con-
sistenza della sua vocazione; ma questa volta si
era spinto un po' troppo innanzi non calcolando
la resistenza del postulante. Fatto sta che, alcuni
giorni dopo, Cecilio si present al superiore edisse
risoluto: Reverendo Padre, o mi d modo di
- 82- 83 -
realizzare la mia vocazioneconcedendomi l'abito,
o io ritorno a casa mia.
Probabilmente saranno stati i buoni uffici del
p. Ambrogio; comunquequesta volta il superiore
cedetteelorivest dell'abito religiosopur badando
a ripetere: Per ora velo concedo: ma tenetevi
pronto a ritoglierlo selaProvvidenza non ci man-
da un nuovo domestico. Ma Dio, pi buono del
p. Guardiano, provvide un nuovo domestico e il
9febbraio 1901Cecilio, a quasi trent'anni di et,
faceva regolarmente la sua vestzone religiosa
assumendo il nomedi fra Feliciano da Artognee
iniziando il noviziato canonico.
3. - Non sapete tar nulla!
nulla: 44 anni di ininterrotto lavoro avrebbero
provato il contrario.
Dopo essere stato qualche mese nel convento
del noviziato, suaprima destinazione fu Cremona
un conventodi studentato doverimasedal 1902ai
1904sotto laguardiania del p. Francesco da Berzo
ela direzionedisciplinare del p. Camillo da Albi-
no che fu, poco dopo, ministro provinciale (1905-
1911)e in seguito Vicario Apostolico dell'Eritrea
0911-1924). Qualchericordo di lui si conservato
anchein questoperiodo comequando, essendoca-
novaio, alla pubblica mensa per disattenzione col-
locinnanzi al superioreil boccaledel vino vuoto,
suscitando l'ilarit di tutta la famiglia religiosa,
oppure quando, volendosi correggere un fratello
anziano che strappava sconciamente il pane coi
denti, si ricorseall'espediente di correggeredel di-
fetto fra Feliciano chenon ne avevan colpan
pena.
Nell'estate del 1904,alcuni mesi prima cheSpI-
rasseil triennio della professionesemplice, venne
destinato al convento di Cerro Maggiore, dovefu
definitivamente ammesso all'Ordine cappuccino il
12febbraio 1905,allorchpronunci i suoi voti so-
lenni eperpetui. Dal convento di Cerro non si sa-
rebbepimossosino alla suamorte, avendoin es-
solasua abituale residenza. Qui avrebbeservito e
amato Dio per ben 42anni sacrificandosi per a-
mor dei fratelli; edi qui, specialmente nei lunghi
anni di questuante, avrebbe recata la letizia del
buon Dio anche sulle strade del mondo, a modo
suo, donando, mentre chiedeva l'elemosina per il
convento eper i poveri, una carit pigrande con
lasuaparola semplice, il suo esempio, lasua sere-
renit festosa einvitante.
- 84-
- 85-
L'anno di prova pass rapidamente. La voca-
zionesi rivel di buon metallo perch, a testimo-
nianza dei compagni di noviziato, fra FeUcianosi
applic con seriet alla preghiera, allo spirito di
mortificazione, allapenitenza eal lavoro. Egli pro-
fess 1'11febbraio 1902con gioiaprofonda per il
suo spirito ei suoi bravi propositi di santit. Ma
qui va ricordato un particolare di quel giorno so-
lenne. Fra Feliciano dopo la funzione si rec,
secondo l'uso, dal Padre Maestro per ringraziarlo
di quanto aveva fatto per lui nell'anno di forma-
zionereligiosa; ed ecco ci che ud ripetersi, sia
pure in maniera bonaria, dal Maestro con allu-
sioneallesuepocherisorse o apparenze fisichee
intellettuali: Frate Felciano, lo vedete anche
voi, sietesordo, miopeeun cosinoda nulla; non
potete sostenere grandi fatiche e, quanto a uffici,
non sapete far nulla per scarsa intelligenza. Cer-
catealmeno di farvi santo ,
Certamente, la preoccupazione prima restava
quella della santit, scopo ropdamentale della vi-
ta religiosa; ma non era vero chenon sapessefar
~ -------~ ---------------------------------------~ ~ = = ~ ~ ~ -= = -
4. - L'ufficio di questuante
gelo,,~o~~ccusando alcuna alterazione nella voce;
ma l Individuo era troppo agitato per capire il ge-
sto, efra Feliciano si allontan.
questi non erano, tuttavia, che casi eccezionali
mentre in generale era accolto con simpatia sti~
mato dai parroci e desiderato dalle popola~ioni
che l'ammettevano nelle loro case come un santo
frate esi raccomandavano alle sue preghiere. Ri-
spettoso edelicato con tutti, per tutti aveva una
buona parola, un sorriso, lasciando indimentica-
bili esempi di dolcezza, cordialit, accondscenza.
Taluni fatti appaiono singolari, ma quadrano be-
ne col suo carattere eaiutano a comprenderlo. Un
giorno, di buon mattino, si dirigeva allo stradone
polveroso cheporta aSaronno, oveintendeva impe-
gnare laMadonna per tutti quelli chesi raccoman-
daVa!lOalle sue preghiere. Al limite del paese, da-
vanti a un'osteria, degli uomini intenti a bere lo
scorgono con la corona del rosario in mano ecos
un po' per ridere un po' per gradasseria eforse an~
che, perch no? per senso di cordialit lo fermano
e lo invitano a bere. Non certo con~uetudine di
fra Feliciano bere a quell'ora, eperci si schermi-
sce: ~a quelli insistono, lo prendono per un brac-
CIO,gli versano un bicchiere di vino dicendo: ({Be-
vete, bevete, il vino piace anche ai frati... . Allora
il religioso prende il bicchiere fra lemani e dice:
({.Per ?bbedienza, per amore di Nostro Signore Ge-
su Cristo !, e trangugia il vino. Gli uomini tac-
ciono, non ridono pi, toccati dall'atteggiamento e
dalle parole di fra Feliciano che si allontana nel
solecol suo passo strascicato ela persona rcurva,
pregando; quella visione del frate penitente, uo-
mo. di Dio che obbedisce eprega anche per loro,
sara forse seme fecondo nel loro spirito.
Pi spesso, per, gli episodi edrcant si colle-
gano direttamente col suo urrco di questuante.
{{Avevo otto onove anni - racconta p. Alesso da
Fu questo l'uffco che occup tutta la vita di
fra Felcano, anche se negli ultimi anni i supe-
riori, per sollevarlo alquanto, affidarono la gravo-
sa questua della campagna a un confratello pi
giovane riserbando a lui quella dei centri maggiori
come Legnano, Busto e Gallarate eincaricandolo,
quasi a compenso, della sagrestia edella porta del
convento.
La questua nel distretto di Cerro assai fa-
ticosa perch bisogna propriamente passare di por-
ta in porta chiedendo per amor di Dio eadattarsi
a tutti gli imprevisti che essa comporta. Fra Peli-
ciano andava sempre allegro emodesto, contento
della fatica econtento anche delleumiliazioni che
talvolta gli era necessario sopportare. Riconoscen-
te a chi dava, si mostrava calmo esorridente an-
chequando l'elemosina gli era negata oaddirittura
veniva insultato e malmenato, cosa che non gli
manc nei lunghi anni del suo vagabondaggio sul-
lestrade del mondo nel compimento del suo dove-
re. Proprio in occasione della sua morte un signo-
re scriveva di averlo, un giorno, {{'difeso eprotet-
to dalla malvagia brutalit di un energumeno che
l'aveva malmenato e percosso , mentre egli insi-
steva a scusarlo ({mostrando una non comune se-
renit ecompostezza d'animo, unite a francescana
rassegnazione . In altra occasione, entrando in un
cascinale, un uomo lo accolse imprecando con que-
ste parole: {{Togliti di qua, barbetta di Cristo;
piega la schiena elavora, sevuoi mangiare! . Egli
s'inginocchi sull'aia mormorando umilmente il
ringraziamento usato dai religiosi in convento e
cio: {{Sia per amor di Dio! . Altra volta, colpito
da un tizio con una violenta guanciata, porse an-
che l'altra guancia, proprio come insegna il Van-
- 86-
-87-
Nerviano - efra Feliciano venne per la questua
al paese, nel cortile ove abitavano i miei genitori.
Al suoapparire noi ragazzi loattorniammo per che-
dergli l'immaginetta ed egli, accontentandoci, ci
parlava di Dio edella Madonna eci raccomanda-
va di essere sempre buoni. Suona il mezzogiorno
enoi, nonostante l'appetito, ci indugiamo con lui.
Allora una vecchietta, che gi sta mangiando, si
rivolge a fra Feliciano: Obuon frate, avrete cer-
tamente fame. Il religioso risponde: S, un po'
di fame cel'ho.... Quella vecchietta allora - oh,
rustica semplicit! - prende una sedia, invita il
fratoello ad accomodarsi, quindi gli passa la pro-
pria scodella con relativo cucchiaio, perch fini-
sca quel tanto di minestra acui essa rinuncia. Fra
Felcano, ubbidiente, senza il minimo segno di di-
sgusto, prende lascodella ecucchiaio, siedein mez-
zoanoi ebeatamente trangugia quel povero avan-
zo. Noi restammo l a guardarlo muti di ammira-
zione. Fra Feliciano predicava cos. E possiamo
anche aggiungere che s. Francesco l'avr guarda-
to con compiacenza perch, per amor di Dio, si
era proprio fatto povero coi poveri.
Ma come narrare tutti gli episodi capitatigli
nel suo quotidiano andare, mprest eincontri che
inroravano la sua vita di questuante eche rivela-
no le varie sfumature della sua indole buona e
fraterna? A Gallarate s'imbatte in una colonna di
saldati. L'ufficiale a cavallo, che andava innanzi,
scorgendolo disse: Sia lodato Ges Crista! . Al
che fra Felicano volgendo lo sguardo sorridente
rispose: Sempre sia lodato l . E indicando isal-
dati che seguivano domand: Sona buoni?.
Tutti buoni ragazzi, rispose l'ufficiale. Allora
fra Felcano si trasse in disparte e, al passaggio
della colonna, porgeva a ogni saldata una cara-
mella ripetendo:({ Bravi! Bravi!.
Con la sua dolcezza emansuetudine riusc an-
- 88-
/
l
che ad ammansire e mutare completamente un
ricca coltivatore che, farse in un gesto incontrol-
lato di rabbia, l'aveva percosso: senza cambiare il
sua salita timbro gioviale di voce, fra Feliciano
disse: questa per me, ma, ara, chemi date per
imiei frati? . L'uomo, vinta dalla potenza di quel-
l'umilt, comprese la sua enormit elelagrime del
sua pentimento bagnarono le mani del religiosa
che, in tal modo, aveva trovato un nuovo amico e
rguadagnato un'anima a Dia.
Per amare del Signare! ...,e.ccail segreta della
inalterabile pace, della sua giovialit eletizia che
tanta impressionavano.
5. - L'uomo della carit
Fra Feliciana batteva lestrade non sala a ma-
tivo di questua, ma anche per esercizio della cari-
t che ardeva nel sua cuore eche la portava in-
stancabilmente a sacrificarsi per gli altri. Si ha
notizia di veglie notturne di lui al cappezzale di
morbond a malati, di premurose visite a famiglie
afflitte ocolpte da sventura, di aiuti d'ogni gene-
rerecati apoveri ebsognos, di viaggi a santuari
mariani per raccomandare persone che avevano
fiducia nelle sue preghiere. Quanta premura e
quanta affetta per i suo fratelli e le sue sa-
relle ecotutticoloro chesi trovavano in neces-
sit! Assicura p. Alesso da Nerviano, chefu il sua
ultima superore : Quante volte venne da meper
significarmi la situazione di miseria di qualche fa-
miglia, a fine di ottenere il permessa di questuare
per loro vitta e vestiario!. L'amore divina -
scrive Ida Spinelli - di questa povera creatura
aveva fatta un gigante. Fatiche, fame, fredda,
mortrcazon, disagi, dolori fisici, tutta aveva
sofferto fra Felicano per amar del Signare; ed
a quanti si confidavano in lui, gli narravano le
- 89-
il
proprie tristezze, egli con volto ispirato econ un
sorriso giungendo le mani diceva: "Pazienza! ...
Per amore del Signore! Pensate a quanto Egli ha
patito per noi sulla Croce!".
Si sa che a famiglie povere provvide medicina-
li, oggetti di vestiario, commestibili; che trov un
posto di lavoro a capi famiglia disoccupati; che
pazientemente affront ripulse e sopport umilia-
zioni pur di far giungere asegno una raccomanda-
zione. Alla famiglia di un deportato in Germania,
al tempo della guerra, per molto tempo rec quo-
tidianamente il necessario; a quella di un operaio
rimasto invalido a causa di un incidente provvide
a far ricoverare i bambini in un istituto di assi-
stenza. Noto, tra gli altri, l'episodio della farina.
Quanto squallore in quella casa, quanto dolore
nella voce di chi gli racconta la sua povert. La
donna tra lelagrime narrava quale fosse la mise-
ria della famiglia, efra Feliciano ascoltava a capo
chino. Poi disse in un 'Sospiro: Sono povero an-
ch'io come te, buona sorella! Accetta nel nome del
Signore questa farina che la bont di una cristia-
na ci ha offerta! . Poi se ne and lasciando sul
tavolo il sacchetto contenente i venti chili di fari-
na di frumento, che gli erano stati donati per i
frati, esene torn al convento amani vuote. Egli
non disse nulla a nessuno, ma dopo alcuni giorni,
per combinazione, la donatrice della farina rico-
nobbe il proprio sacchetto nella casa della benefi-
cata e si commosse quando sent come quella fa-
rina da lei offerta a fra Feliciano per il convento,
fosse andata a finire in quella casa. I1fatto vol
di bocca in bocca edi poverelli si rallegrarono per
l'amore ela carit cheil buon frate aveva verso di
loro.
Si presentava con un sorriso sul volto e, in ma-
niera quasi furtiva, faceva la sua carit, cos che,
mentre {{una mano si protendeva per chiedere,
- 90-
/
I
( )
l'altra si apriva per donare. Specialmente alla
porta del convento, con i poverelli del mezzogior-
no, quanta fraterna comprensione e gioioso affet-
to dimostrava! Ma egli era sempre pronto a qual-
siasi ora. Santamente geloso dei suoi poveri, lui,
lui solo voleva approntare la loro minestra eper
essi questuava il condimento che servisse solamen-
teper loro. Anche qui gli episodi sarebbero nume-
rosi, ma non presentano, per quanto si sappia,
sfumature particolari.
In realt l'ufficio della portineria fu per fra
Feliciano propriamente un continuato esercizio
della carit, nel quale egli rivel stupendamente
la luminosa bont del suo spirito, accogliendo tut-
ti fraternamente, donando non solo il pane o la
minestra ma la sua buona parola, il suo sguardo
compren~ivo erasserenante, il suo consiglio, la s:ua
fiducia nella vita, la sua gioia. Lui solo - dce
p. Alessio - seppe quante lagrime asciug, quanti
cuori consol, non con lunghe chiacchierate, ma
con lepoche parole che sanno ~ire gli uom~~i.~i
Dio. Perch tra l'altro, fu di una sensblt
straordinaria sia con i confratelli, come con gli
estranei, pronto a soffrire lui per evitare agli. alt~
incomodi o sacrifici, come provato da molt ept-
sodi.
{{Noi - si leggenel fascicolo curato da Annali
FranC'escani per la sua morte - lo vediamo in
una fredda mattina d'inverno, rattrappito presso
~a porta del convento econ la corona del rosario
fT'a le mani. E' ancora notte, nel cielo palpitano
ancora lestelle, solo ad oriente una striscia latt~a
annuncia il prossimo arrivo del giorno. Leoperaie,
chea cagione dei bombardamenti vanno gi~al la-
voro, lo scorgono nella luce incerta, ap~~gglato al
muro come un mendicante. Fra FehC1ano, che
vi successo? Che cosa fate qu " . Sono appena
le cinque, la chiesa ancora chiusa; il frate 81
-91-
posaunditosullelabbraescuoteil capo: "Prego!".
Ma qualcuna insiste, vuol sapere, ed egli allora,
sottovoce, comevergognosoracconta: "Hopassato
tutta lanotteaParabiago, vegliandounamicomor-
to". Versoletredel mattino i parenti del defunto
gli hanno dato il cambio, edegli invecedi tratte-
nersi, riposareerifocillarsi, 'Comelo avevanoinvi-
tato a fare, piano piano, in preghiera, si era in-
camminato versoil convento, per giungerein tem-
po allaprima Messa; ma arrivato troppo presto
alle quattro e mezzo! E perch avrebbe dovuto
suonarelacampanella esvegliarei confratelli gi
tanto stanchi, cheaquell'orariposano ancora? E'
tanto bello pregare nell'attesa che l'uscio della
chiesasi schiuda! "Mafatanto freddo, fraFelicia-
no". Egli sollevaal cielo'quei suoi occhi buoni che
si illuminano: "Per amore del Signore!....
{{Per amoredeSignore!..., eccoil segretodel-
la sua indomata energia di bene, della sua carit
inesausta,
6. - Il linguaggio del cuore
Fra Feliciano, religiosopenitente emortificato
osservantissimo dei suoi doveri, obbediente rom~
nessun altro ai suoi superiori, umile, povero, estre-
mamente caritatevole, trov il segreto della sua
santa vita nel continuo contatto con Dio attuato
mediante la preghiera. Egli possedetteveramente
lospirito di preghiera, proprio delleanimecarea
Dio.lo stesso, cheebbi la:ventura di vivereconlui
alcuni anni, possodiredi essererimasto profonda-
mente colpito dal suo costante atteggiamento di
uomocheparla interiormente conDio. Talefu la
impressioneanchedi altri confratelli, oltrechedei
borghesi: {{l'era bun de preg', eccola frasecon
la quale si volle, da taluno, riassumere tutta la
sua vita.
-92-
l
Egli pregavain convento. Quandovi si trovava
nelle domeniche e in altri giorni eserctandov
l'ufficiodi portinaio, per lui eraun continuo anda-
reeveniredalla chiesa, davanti al tabernacolo o
all'altare della Madonna. Alla sera lo 'Si credeva
a letto, einvece{{era l, nascosto in un angolo
dellachiesa, inprofondapreghiera etanto immer-
'0danon accorgersi di colorochestavano ad os-
servarlo; e anche {{quando al mattino i frati
scendevanoin coro al mattino, trovavano sempre
fra Felcano chegida temposi intratteneva col
Signore,
Pregava fuori di convento. {{Era sempreconla
corona in mano anche especialmentein viaggio.
La coronaera il suo conta-chilometri. E chi viag-
giava con lui, dovevapregare con lui senza pen-
sare a stancarsi. Lo attestano quegli uomini di
Cerro Maggiorechehanno accompagnato fra Fe-
liciano alla questua, ela frasedalorousata as-
sai espressiva: "abbiamo detti rosari per fino a
tanto checampiamo!...".
ADarfo, in casadi unsuonipotesacerdoteche
era coadiutore della parrocchia, ne successeuna
coi fiocchi. Si sa, una casa di coadutore non ha
molti ambienti, ec'eranoaltri ospiti.Maper far po-
sto allo ziofrate, si fanno anche sacrifici. Perci
quella sera la perpetua, sorella del coadutore e
nipote di fra Feliciano, cedette la proria stanza
stendendo per s una branda in cucina. Senon
cheil religioso,invecedi stendersi adormire, prefe-
r passaretutta lanottesudi una sedia. {{Quando
meneaccorsi al mattino - dicevala nipote che
non aveva peli sulla lingua - lo avrei preso a
schiaffi per avermi giocatoun tiro simile. Diami-
ne! la notte non forsefatta per dormire?. Ma
fra Feliciano mansueto avrebbe risposto: {{Di
giorno in particolare si lavora: e quando allora
pregare, senon la notte? Bisogna pur pagare il
pane dei benefattori .
- 93 -
Quest'ultima frase, sepur detta in altra circo-
stanza, di fra Feliciano erivela, fra l'altro, uno
dei motivi del suo continuo pregare. Nel vecchio
convento, ora demolito, presso la portineria esiste-
va una scaletta che portava al piano superiore e
alla cella di fra Feliciano: a met di essa, in una
piccola nicchia, era esposta una statuetta di s. An-
tonio di Padova emolte volte il santo religioso si
inginocchiava davanti ad essa restando lungo tem-
po in preghiera. Una sera d'inverno, a tarda ora,
n superiore lo trova in quella posizione egli chie-
deperch rimanga l, con quel freddo, nonostante
la sua et. Padre Guardiano - rispose- sto pa-
gando il pane dei benefattori. Oh! caro fra Fe-
,.. ,
uciano r
Naturalmente, c'erano altri motivi nella sua
preghiera, come il suo amore a Dio, il bisogno di
grazie per tutta la Chiesa, i peccatori, i fedeli de-
funti di cui fu devotissimo, i missionari sparsi nel
mondo per lapredicazione del Vangelo, ealtri anco-
ra; malafrase diceil vivosentimento di rconoscen-
n del suo cuore verso tutti coloro che in qualche
modo si mostravano a lui benefici ricompensando
la sua fatica di questuante. ,Spesso anche, con li-
cenza del superiore, visitava santuari marani, co-
me quelli di Saronno, di Rho, del Sacro Monte di
Varese; e un giorno che il superiore gli chiese il
motivo di tali peregrinazioni, rispose: Padre
Guardiano, devo pure pregare per tutti quelli che
si raccomandano alle mie povere preghiere, e sic-
come le mie orazioni non valgono niente, voglio
impegnare la cara Madonna.
7. - Con DiO'
Quarantadue anni sono molti, ma tutto ha un
termine nella vicenda terrena. Cos anche la gior-
nata cerrese di fra Felcano, tanto ricca di bene
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ecos luminosa per esempi di virt, conobbeil suo
tramonto rapido, quasi inaspettato. Infatti, se ac-
ciacchi non erano mancati negli ultimi anni, nul-
la per faceva prevedere che la sua scomparsa sa-
rebbe stata tanto repentina.
L'uomo chenell'amore aDioeai fratelli non co-
nosceva stanchezza esosta, anche lamattina del 21
marzo 1946,alleore8.30,si disponeva ad uscire dal
convento per la questua, comedi consueto. Ma un
improvviso colpo apopletico gli paralizzava tutta
la parte destra del corpo scagliandolo, come cosa
morta, al suolo, annebbandogli i sensi e toglien-
dogli completamente la parola. Il medico del con-
vento, dotto Pio Benetti, lo dichiarava subito gra-
vissimo, connessuna speranza di salvarlo. Gli ven-
ne amministrata l'estrema Unzione e, negli 8gior-
ni successivi, i religiosi del convento ed anche mol-
ti abitanti di Cerro Maggiore, S. Vittore, Legnano
e altre localit pregarono fervorosamente il ven.
P. Innocenzo da Berzo per la sua guarigione; ma
Dio lo voleva in paradiso. Egli mor il 29marzo
successivo, alle ore 8.30, assistito dai confratelli e
dal nipote don Giuseppe Ravelli, curato a Darfo.
Il suo fu propriamente un addormentarsi nel Si-
gnore spirando con serenit angelica dopo che nel-
l'agonia, sempre con la corona del rosario in ma-
no, aveva baciato e ribaciato il Crocifisso.
La salma per tre giorni rimase esposta nella
chiesa del convento, all'altare di S. Antonio, tra
un continuo affluire d gente che lo toccava eba-
ciava con grande devozione. Le mamme portava-
no i loro bambini, quasi per ottenere ad essi una
speciale benedizione; efrattanto i ragazzi, raccol-
te nei campi delle viole mammole, si affaccenda-
vano a disporre gli umili fiori sulla salma del loro
caro fra Feliciano. Nella cassa vennero deposte
lettere su lettere, di richiesta, di preghiere, di ri-
cordo; gli furono tagliati anche 50centimetri del-
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la tonaca per devozione, eil furto fu cos ben ma-
scherato che i religiosi non sen'accorsero.
I funerali furono imponenti, sembrando quasi
che il fratino )}fosse recato al trionfo enon alla
tomba. Il 31 marzo, domenica, alle ore 9, in una
chiesa stpatssma, ebbe luogo l'ufficio da morto
e la Messa esequiale cantata dal nipote di fra Fe-
liciano, don Giuseppe Ravelli. Il trasporto si svol-
se alle 4,30 del pomeriggio, con la partecipazione
di numerosi conf'ratell dei conventi di Milano,
Bergamo e Crema, del Clero locale, associazioni
parrocchiali e corpo musicale di Cerro Maggiore.
Una vera fiumana di popolo seguiva il feretro:
gente accorsa da tutte le parti e molti in pianto.
Lungo le vie, per le quali doveva passare il corteo,
ogni casa era parata a lutto. Fu una partecipa-
zione totalitaria che richiam attorno all'umile
frati cella, che non aveva fatto che del bene, tutte
le categorie di persone senza distinzione di idee o
di partito. Tale attestazione plebiscitaria fu un e-
loquente riconoscimento di quanto possa sul cuore
degli uomini l'irraggiamento evangelico della ca-
rit e dell'umilt .
- Addio, fra Feliciano! Resta sempre, col tuo
ricordo, in fondo alle nostre anime eimpetraci la
raza di imitare il tuo esempio e cio di essere
umili ecaritatevoli come te, di sapere, comete, pre-
gare eamare Dio per poter ripetere, in ogni circo-
stanza, come tu hai fatto: Per tuo amore, Si-
gnore! ,
VII.
IL NUOVO CONVENTO
Dopo il lungo secolare servizio di quasi 380an-
'liele'Svariate peripezie subite, il vecchio conven-
to risentiva dell'et ed era, nonostante i saltuari
rattoppi intervenuti, cadente, cos da rendersi ina-
bitabile. La ragione di tale condizione, secondo i
tecnici, era da rcercars nel fatto che le muratu-
re, legate insieme con l'argilla ricavata inizial-
mente dagli scavi, erano talmente impregnate di
umidit che non solo non reggevano pi l'intona-
CO, ma propriamente cedevano minacciando ro-
vina.
Di qui la preoccupazione dei vari superiori che
si succedevano al governo delle famiglie, incerti
sul da farsi in quanto riparazioni pi o meno am-
pie non bastavano pi, ma s'imponeva una vera
e propria ricostruzione.
- 96
1. - Restauri alla chiesa
Per la chiesa, di assai recente costruzione (1750
circa), tuttora solida ed elegante nelle sue linee
essenziali, poteva essere sufficiente un buon re-
.auro, condotto con gusto e tale da conferire al
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sacro edificionuova grazia e suggestivit religio-
sa, etaleviafuappunto seguita.
I lavori incominciarononel 1957,sotto laguar-
dana del p. Liberiada Nembro, efurono carat-
terizzati dalarghezzadi mezzi esicurointuito ar-
tistico. All'interno dellachiesa la vecchiadecorar
zione,cheeradi PaoloZambellini (attivo indver-
si conventi cappuccini dellaLombardiacomeBre-
scia, Casalpusterlengo e Sovere), fu raschiata e,
al suoposto, il maestro Villascovi stesel'attuale,
piacevole, sobria, intonata alle linee architectoni-
chedel sacro edificio. Il pavimento venne intera-
mente rifatto con impiego di buona variet di
marmi chesplendono nelletinte 'severeechein-
quadrano, al centro, il mosaicodel buon Pastore,
eratco ma non senzavita.
Anchel'esterno della chiesa risent dell'attivi-
t restauratrice messaallora in atto. Lafacciata,
ricondotta al primitivo schema gotico-lombardo,
apparvein elegantissimelineecol rosonecentrale,
finestre e lesenecoronate da cimase, il tutto in
laterizi speciali eseguiti dallefornaci Fratelli Ca-
veada di Cremona. Ancheil massiccioportale di
serizzovenne opportunamente a nserrs nella
nuovalinea, mentre i piccoli archi di coronamen-
to elo zoccolodiedero alla facciata nuova vita.
Soprail portale l'affresco della lunetta, assai de-
teriorato, cedette il posto ad un mosaico rappre-
sentante la Visitazione, opera della ditta milane-
seD'AgnoloUmberto.
Con il p. superiore successivo, p. Erasmo da
Treviolo(1958-1961),i dueccrett afianco del-
l'altar maggiorefurono ampliati e quello di sini-
stra, in particolare, acquist eleganzanuova fat-
ta di luminosit, di volumeedi sobria decorazio-
ne; i confessionali degli uomini ebberonuova si-
stemazione; dallegrandi finestrenuovalucegiun-
seallostessoaltare maggioreepresbiterio. In tal
modolachiesafuveramenterimessaanuovo, trar
sformata inun viventeedificiodel culto, riccodi
suggestivitedi misteroeinvitante allapreghiera.
2. - Cerro o Saronn'Ol?
Ancor prima dei restauri alla chiesaepoi ne-
gli anni successivi si parl di lasciareil convento
di CerroMaggioreecostruirne, in suoluogo, uno
nuovoa Saronno. Il motivoera non sololostato
fatiscente del vecchioconvento, cherichiedevau-
na ricostruzioneab imis:, ma anche l'insistente ri-
chiesta di mons. Benetti, prevosto di Saronno, af-
finch i Cappuccini aprissero una loro casa in
quellasuaparrocchia epopolosocentro.
Effettivamente, il dilemma si present in ter-
mini concreti ai superiori dellamonasticaprovincia
dei Cappuccini Iombardi che, per qualche tempo,
rimaseroincerti seaccettare, ono, l'offertadi mons.
Benetti. Quest'ultima, ovviamente, comportava lo
abbandono di Cerroperchnon si potevapensare
a costruire contemporaneamente e, molto pi, a
tenereaperti dueconventi as brevedistanzaqual'
quellacheintercorre tra CerroMaggioree Saron-
no: motivi di questua, di personale, di regolare
osservanza, di tradizionevi si opponevano.
Manell'incertezza, causata anche da nostalgia
erincrescimentodi doverlasciareuno dei conventi
piantichi dellaprovinciamonastica, un elemento
nuovoebbeademergereeaimporsi, eciol'affet-
tuosa premura della buona popolazionedi Cerro
che, avutosentoredellacosa, manifest il suode-
votoattaccamento ai religiosi eal lorovecchiocon-
ventoedancheespressechiara volontdi autarne
la necessaria ricostruzione, secondo quella tradi-
zioned simpatiaedi stimacheavevagicaratte-
rizzatoi secolari rapporti trareligiosiepopolazione.
Cos, attraverso lemisteriosefiladella Provviden-
-98-
-99-
za, si lasci cadereI'idea di Saronno esi rivolse
nuova attenzione a Cerro Maggiore, anche nel
ricordodi tante indimenticabili figuredi santi rel-
giosiche erano passate per il convento,
In conseguenzasi fecestrada il progetto della
ricostruzionee, atal fine, venivamandato aCerro
per un sopralluogoil fabbriciere dellamonastica
provincia, ecioil p. Angel MariaNulli daMilano,
il qualeraccolsei rilievi tecnici del caso. Inunpri-
mo tempo si era ritenuto sufficienteun radicale
restaurocheavesseadarenuovovoltoal convento,
opportunamente rinforzandolo e rimodernandolo;
mai vari assaggi etentativi furono praticamente
inutili perchl'edificionon tenevapi efu gioco-
forzapuntare su un'effettiva ricostruzione.
Sembrava chela soluzionedel problema fosse
ormai matura e imminente e si aspettava che i
lavori dovesserotra nonmoltoincominciare, quan-
do, sfortunatamente, venne a frapporsi ilcosid-
detto progetto Sondrio. Infatti, mandato il fab-
bricierenellacittadina valtellineseper una visione
del luogodovesi meditava costruireun convento
cheservisseper riunioni del Cleroeinpari tempo
convogliassele vocazioni all'Ordine della Valtel-
lina, il superioreprovincialed'allora diedelapre-
cedenzaal nuovoprogetto, mentrequellodi Cerro
vennedi nuovorimandato.
per s cospicuaspesa, talch il progetto attrasse
nuovamente l'attenzione dei superiori maggiori.
Fu nella congregazionedefnitoriale dell'autun-
~o 1961c~ei superiori della monastica provincia
ripresero mesamela sistemazione.di Cerro e
diederoil via alla ricostruzionedel convento. Pur
, senza stabilire il definitivo impiego futuro della
nuovafabbrica, per il momentoessi deciserodi r-
fare.la.parte desti~ata ada:bitazionedellareligiosa
famglia : m seguito, se ntenuto necessario, con
opportune aggiunte gicontemplate nel progetto
i~iziale~il conventopotevaessereadattato a luogo
d studo o a casa di esercizi 'spirituali della
Provincia.
Nell'imminenzadell'inizio dei lavori non man-
carono suggerimenti miranti a rendere concreta-
me~te funzionaIela nuova costruzione. Cos i fe-
del 'chefrequentano lachiesa,datemporaccoman-
davano chel'accessolaterale alla chiesa e ai co-
retti fossenon solomantenuto, ma resopi age-
voleeche, i~?ltre, si studiasselapossibilitdi per-
metterelaVISlOne del chiostro. Gli amici di s. Fran-
cescoespresseroil desiderioche'si allestisse, all'in-
gresso,un salonecapaceadatto per riunioni econ-
ferenze ed anche per attivit missionarie e assi-
stenziali. Altri ancorasuggerironol'opportunit di
un lar?,ospazioantistante per il parcheggiodelle
macchine.
I! prog~ttista e direttore dei lavori, p. Angel
Mana Nulli, tenneconto di tutto ci comesi vide
aoperacompiuta. Nondimeno, di m~ggioreimpor-
~anza~uron? ledue direttive generali, assurte a
idee-guidad tutta la costruzione, eco : 1) con-
servare, nel,l0s~ilee nella misura, la semplicit
propria dell Ordme, valeadirefrancescana ecap-
puccma;.2) creare all'interno quella funzionalit
di S~:VIZI ?he. viene imposta dai tempi moderni.
Perci antcht e modernit, semplicit ed ele-
3. - Due direttive
Pur tranquilli nellaloropovertecontenti del
loro lavoro, evidentechei religiosi dellacomu-
nt cerresepremevano perch si prendesse alla
fineuna decisione; il nuovosuperiore, p. Ezechiele
da Rigosa, giuntovi col capitolo provinciale del
1961,frapposei suoi buoni uffici egistabilivaop-
portuni contatti alla ricerca dei necessari fondi
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ganza, francescanit ed esigenzeattuali, che non
sarebbero respinte da s. Francesco d'Assisi, ma
ammesseesublmate inun piintenso, dinamico,
rumorososerviziodi Dio.
4. - Sore il nuovo conoento
Secondola cronaca compilata dal superiorein
atto ecio p. Ezechieleda Rigosa, la demolizione
del vecchioconvento fu incominciata il 20 marzo
1963 esi protrasse per alcun tempo, mentre, con-
temporaneamente, s'iniziavano gli scavi per lanuo-
va costruzione che adott un tracciato alquanto
piampiodi quelloprecedente. I religiosi,nel frat-
tempo si raccolsero nella vecchia ala parallela a
Via C~ppu0cini, che form il trait-d'union tra il
vecchioedificioeil nuovo. Laprima impresa,che
assunse i lavori, fu la ditta Sala Aristide di
Palazzolosull'Oglioche, sotto ladirezionedel pro-
gettista p. Angel Maria Nulli daMilanoedel suo
sostitutop. AgnellodaOmbriano,iniziavalacostru-
zionevera epropria sul finiredellaprimavera.
Mai lavori, condotti inizialmente con slancio,
inprosieguodi tempoperdettero del lor~mord:n~e
ein alcuni periodi ristagnarono per dffcoltIn
cui venneatrovarsi l'impresa. 8i pensava che, per
l'inverno del 1963, un'ala del nuovo fabbricato sa-
rebbestata pronta per accoglierela famiglia reli-
giosa; macinonfupossibileottenereei religiosi,
inletiziapiomenofrancescana, passarono UI~a
invernatadi disagi, sempre allogati nella veccha
ala cadente, aperta ai quattro venti e quasi bar-
collanteper freddoeumidit. .
A parte lanota di coloreappuntata dal crom-
sta la lentezza dei lavori divenne preoccupante
pe;ch l'inosservanzadellescadenzescombinavai
piani iniziali e creava nuovi problemi. Alla fine
l'impresa Sala, dopo ovvietergiversazioni, accett
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laliquidazionedei lavori incompiuti efusostituita
conl'impresa 8tevenazzi Angelo d Cerro Mag-
giore. Ci avveniva dopo la Pasqua del 1964, ai
primi di aprile. Il lavoro, conmaggior numero di
operai, presesubitoun nuovoritmoe, ginel mag-
giosuccessivo,i religiosi potevano trasferirsi nelle
nuovecelle, dando lapossibilitall'impresa di ab-
battere l'ultima ala del conventoerifarla ex novo
per completareil disegno di costruzioneprogram-
mato.
Anchequest'ultimaparte dei lavori fucondotta
rapidamente a termine, ead essasi aggiunsepoi
la sistemazionedel piazzale, altri lavori d rifini-
tura e la costruzione a parte del cosiddetto ru-
stico oambienti destinati adepositodi provviste
eattrezzi'.ConI'mpresa Stevenazzi, in questacon-
clusivaparte dei lavori, collaboraronovarie ditte,
ciascuna per il suo particolare settore di attivit
e cio: la ditta elettrotecnica Signorelli per
l'impianto elettrico; laditta Montani per quel-
lo idraulico, la ditta 1Frontn per l'imbianca-
tura dei vari ambienti elenecessarieverniciature.
Aggiungeremoche, allanon indifferenteripultura
di pavimenti, vetri, porte, finestre, mobili e cose
del genere, volenteroseecartatevol si prestarono
le ragazze del convitto Dell'Acqua, come risulta
dalla Cronaca del convento.
5. - Un grrazie corduue
In tal modo, radicalmente rinnovato nellesue
strutture, il nuovo convento ha preso forma se-
condoil classicostilecappuccnesco, affiancatoalla
chiesaeraccoltointorno al suo chiostrino gentile,
dalleagili colonnette erallegrato dal chiacchierio
della:fontana polcromae, allastagioneopportuna,
dalleaiolefiorite. Pur nell'et del cemento armato,
essomantiene una sua atmosfera egraziatrance-
-103-
scana, e di ci tutti coloro che l'hanno visitato, si
sono rallegrati, complimentandosi con i religiosi: /
Ma piu ancora, con le sue 25 celle o stanze, l
parlatori, la biblioteca e gli altri ambienti, esso
rimane un'oasi di solitudine religiosa che nvt
alla preghiera e alle ascensioni spirituali e, cdn
l'annessa chiesa tanto raccolta edevota, richiama
agevolmente aDio. Pur nello sviluppo edilizio della
zona, esso conserva il suo muro di cinta, il suo
angolo di bosco, il suo silenzio, lasua quiete, lasua
pace, emulo, per quanto possibile, dell'antico con-
ventino fabbricato dal mercante cerrese accanto
alla cappella della Visitazione.
Il termine ufficiale dei lavori con il relativo
decreto di abitabilit risale al 2 dicembre 1964, a
21mesi dal giorno in cui il primo colpo di piccone
aveva intaccato la vecchia costruzione per demo-
lirla. Il nuovo complesso abitabile stato accertato
al nuovo Catasto Edilizio Urbano il 25 gennaio
1965.Dall'agosto del 1964abita il convento la nuo-
va famiglia religiosa presieduta dal p. Isaia da
Gerenzano.
La buona popolazione di Cerro Maggiore, come
di tutta la zona legnanese, mantenne la promessa
fatta a suo tempo e contribu efficacemente alle
spese di costruzione che, a questi chiari di luna,
non furono piccole. Il sindaco di Cerro, Prof. Stro-
bino, e la giunta comunale appoggiarono e favo-
rirono possibili esenzioni fiscali comel'esonero, per
cicheriguarda il Comune, dal dazio sui materiali
di costruzione 'e, nei riguardi della Provincia, l'eso-
nero ventcnquennale dall'imposta sui fabbricati.
A tutti vada, da parte dei Cappuccini lombar-
di, un grazie sentito, cordiale con la promessa di
un costante fervido ricordo al grande Serafico di
Assisi che ha promesso ampia benedizione a quelle
popolazioni che ospiteranno i suoi frati, per i quali
egli reca al mondo il suo gioioso messaggio della
bont divina e dell'ottimismo cristiano.
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/
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6. - Ieri e oggi
\ Quanti anni son trascorsi dal giorno in cui
s. Carlo Borromeo, supreghiera del mercante Pom-
peo Legnano e del notaio Antonio Rinaldi, auto-
rizzava la fondazione di un convento di Cappuc-
cini inCerro Maggiore! Era il 1582,due anni prima
della sua beata morte, eda allora, sotto losguardo
materno della Vergine nel mistero della Visitazio-
ne, quanti religiosi sonopassati per l'umile equieto
asceterio, amando Dio e il prossimo, pregando ed
esercitando il sacro ministero, santificando sestessi
e sacrificandosi per gli altri! L'atmosfera che cir-
condava il sacro luogo era un appello ai destini
eterni dell'uomo, voce arcana che moveva dal si-
lenzio e dalla solitudine, ma che aveva la forza di
dare alle anime la pacfcazone interiore, di far
brillare alle coscienzeun ideale sublime, di persua-
dere e convincere gli uomini immemori che solo
una cosa ha veramente valore in questa vita, e
cio amare Dio, eterna luce, pace e amore dei no-
stri spiriti, Dio che paternamente ci attende al di
l dei confini del tempo, nella sua beata eternit.
Oggi come ieri, perch, nel mutar dei tempi,
delle civilt e delle tecniche, la realt profonda
dell'uomo rimane la stessa con lesue inquietudini,
le sue paure, le sue preoccupazioni per il domani,
le sue incertezze di fronte al mistero dell'al di l,
il suo bisogno di luce, di redenzione, in una parola
il suo bisogno di Dio. Il nuovo convento apre cer-
tamente un altro periodo di attivit, meglio ancora
di vita. Sia esso destinato a convento di studio ov-
vero di esercizi spirituali, oppure ospiti la solita
famiglia religiosa, la sua consegna permane iden-
tica a quella del passato e cio far rivivere nel
mondo, in maniera sempre pi concreta, l'ideale
evangelico efrancescano. Sempre gli uomini avran-
-.:. 105 -
no bisognodi lucesuperiore, di pace, di richiamo
costante e convincente al loro eterno destino, di
fiducianella universale paternit di Dio. Cheil
nuovoconvento, conlasuasolitudine, il suoclima
di preghiera 'ela santit dei suoi abitatori, sia
sempreun punto d'attrazione versol'alto, un'oasi
spirituale cherichiama a Dio.
-100-
/
I
.)
NOTABIBLIOGRAFICA
[Salvatore da Rivolta], Fondatione de' Conventi della Pro-
vincia di Milano de' FF. Minori del P. S. Francesco detti
Capuccini (ms. n. 427,conservato nella Biblioteca Mano-
scritti eIncunaboli nel convento dei Cappuccini di Viale
Piave, 2, Milano), ff. 268-271.
[Aurelio da Milano?], Libro Cronologico del Convento de
Frati Capuccini della Concettione in Milano (ms. 307,con-
servato nella Bibl. Manoscritti eIncunaboli , Viale Pia-
ve2, Milano), ff..206-213.
Origine, costruzione ed ampliazione del Convento e Chiesa
de' Frati Minori Capuccini nell'insigne Borgo di Casalpu-
sterlengo. Di pi raguagliasi d'altre notizie spettanti allo
stesso (ms. 312,conservato nella Bibl. Manoscritti eIn-
cunaboli Viale Piave, 2 Milano).
Quadri dei Capitoli della Provincia Cappuccina di Milano
(copia dell'originale esistente nell'archivio comunale di
Cremona), in Archivio Provinciale dei Cappuccini Lom-
bardi, Viale Piave, 2Milano.
Documenti vari, conservati nell'archivio del convento di Cer-
ro Maggiore.
Cronaca del Convento di Cerro Maggiore, ms. conservato
nell'arch. del convento.
Bombognini F., Antiquario della diocesi di Milano, 2 ed.,
Milano 1828,38s.
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Bullarium Ordinis FF. Min. Capuccinorum II, Roma 1742.
Valdemiro da Bergamo, I conventi ed i Cappuccini Brescia-
ni, Milano 189l.
- I conventi ed i Cappuccini dell'antico ducato di Milano.
Parte I, I Conventi; Parte II, Biografie, Crema 1893-1898.
LaCavaA. F., La peste di S. Carlo vista da un medico, Mi-
lano 1944.
Metodio da Nembro, La missione dei Minori Cappuccini in
Eritrea, Roma 1953.
- I Cappuccini nel Brasile. Missione e custodia del Mara-
nhiio, Milano 1957.
Descriptio geographica et statistica Provinciarum et Missio-
num Ord. Min. Capuccinorum, Roma 1929.
Annali Francescani, 1942,164-168.
Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di
S. Carlo in Lombardia, Milano 1910.
Atti della Provincia dei FF. Min. Cappuccini di Lombardia,
Milano 1934ss.
Scintilla di Annali Francescani, maggio 1961.
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INDICE
PRESENTAZIONE
I. - L'EREDITA' DEL MERCANTE
1. - Conventi cappuccini del milanese
2. - Un mercante e un notaio
3. - Padre Giambattista da Milano
4. - Vari benefattori
5. - Sepolta in chiesa
6. - Aria buona e temperata
7. - Buoi da trasporto
Il. - MEMORIE DEL PRIMO SEICENTO
L - Restauri con P. Cirillo da Maggiora
2. - Un superiore, cronista provinciale: Sacro
Macello - Reazione degli eretici - I catto-
lici contrattaccano - Cappuccini in Valtel-
lina - I Turchi in Puglia
3. - Un futuro generale dell'Ordine
4. - La peste del Manzoni
III. - ULTIMO PERIODO DEL DOMINIO SPA-
GNOLO (1632-1713)
1. - Superiori milanesi
2. - Maestri e novizi
3. - Figure di scrittori
4. - Come una pagina dei Fioretti
5. - Un'occasione mancata
6. - I Riformati a Cislago
IV. - AUSTRIACI E FRANCESI
1. - leoni e tabernacolo
2. - Superiori della zona
3. - Due personaggi illustri
4. - Sorge la nuova chiesa
5. - Il re sagrestano e i giacobini francesi
6. - Ultimi anni e soppressione
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pago 5
7
19
33
45
7. - P. Felice Azzimonti da Busto
8. - Tributo di riconoscenza e d'affetto
V. - IL RITORNO DEI RELIGIOSI
1. - Si riaprono i battenti
2. - Echi di poesia
3. - La campana del convento
4. - Fogli sparsi
5. - Mons. Celestino Cattaneo
6. - I resti mortali di Benito Mussolini
VI. - FRAFELICIANO DAARTOGNE.
1. - Artogne in Valle Camonica
2. - Peripezie di una vocazione
3. - Non sapete far nulla!
4. - L'ufficio di questuante
5. - L'uomo della carit
6. - Il linguaggio del cuore
7. - Con Dio
VII. - IL NUOVO CONVENTO
1. - Restauri alla chiesa
2. - Cerro o Saronno?
3. - Due direttive
4. - Sorge il nuovo convento
5. - Un grazie cordiale
6. - Ieri e oggi
NOTA BIBLIOGRAFICA
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61
79
97
Lux de Croce - MILANO