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CHRISTOS YANNARAS. UN’AUTOPRESENTAZIONE

Christos Yannaras

L’Associazione culturale Filosofi lungo l’Oglio, nata nel 2006 per


impulso decisivo della professoressa F. Nodari e così chiamata perché coin-
volge numerosi comuni delle provincie di Brescia, Bergamo e Cremona,
tutti toccati dal fiume Oglio, a partire dall’anno 2012 ha istituito il Premio
internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio: Un libro per il presente,
un premio da assegnare all’opera di uno studioso che abbia elaborato,
attraverso il suo pensiero, idee capaci di fornire agili strumenti per abitare
la nostra contemporaneità.
Nell’atto istitutivo del premio si indica l’intenzione di privilegiare
opere che siano state in grado di segnare non soltanto la recente storia della
filosofia e, più in generale, del pensiero, ma soprattutto la realtà effettuale
in cui ogni uomo si trova a vivere nel qui e ora dei nostri giorni.
Nella sua prima edizione (2012) il premio è stato conferito a Bernhard
Kasper per il suo volume tradotto in italiano dal tedesco con il titolo Il pen-
siero dialogico. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber
(Morcelliana, Brescia 2009). Nella seconda edizione, del 2013, la commis-
sione aggiudicatrice del premio – costituita dai professori Ilario Bertoletti,
Azzolino Chiappini, Adriano Fabris, Amos Luzzatto, Aldo Magris, Salva-
tore Natoli, Francesca Nodari, Maria Rita Parsi – ha conferito il premio al
filosofo/teologo greco Christos Yannaras per il volume tradotto in italiano
dal greco moderno con il titolo Ontologia della relazione (Città Aperta,
Troina 2010).
Il premio è stato consegnato il giorno 16 giugno 2013 a Brescia. In
quell’occasione il prof. Yannaras ha tenuto una breve autopresentazione in
francese e si è avuta una Laudatio da parte di Basilio Petrà. Riportiamo qui
l’autopresentazione di Christos Yannaras nella traduzione in italiano pre-
parata per l’occasione dallo stesso Basilio Petrà.1

1 Per una maggiore conoscenza del pensiero e dell’opera di Ch. Yannaras cf. B. PETRÀ, Chri-

stos Yannaras, Brescia 2015.


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Permettetemi di dirvi il mio profondo grazie per l’onore che mi fate


scegliendo il mio libro, Ontologia della relazione, come degno di ricevere
il Premio lungo l’Oglio di filosofia per l’anno in corso. Vi ringrazio per la
vostra presenza qui, per la grande gioia che mi offrite di essere oggi tra
voi, come vostro invitato.
Nel quadro della mentalità e del linguaggio della tradizione filosofi-
ca “occidentale” (così detta), il titolo stesso di questo libro sembra con-
traddittorio o poco coerente con la logica “positiva” (così detta): com-
prendiamo infatti il contenuto della parola “relazione” come designante
una realtà che si riferisce al comportamento e non all’evento esistenziale
dell’uomo. La relazione è un fatto, un divenire, un incontro, che si realiz-
za alla condizione che gli attori della sua realizzazione siano già esistenti:
gli attori preesistono al loro essere messi in relazione. L’esistenza di colo-
ro che entrano in relazione precede il fatto della loro relazione. La rela-
zione definisce un fatto di comportamento o un dato di legame-congiun-
zione-connessione di fattori o dati già esistenti.
L’affermazione che l’esistenza umana per sé sola non rappresenta
un’individualità definitiva e stabile ma un divenire dinamico che si realiz-
za come relazione è stata espressa in due casi nel corso della storia del
pensiero occidentale: il primo è quello di Marx, il secondo quello di
Lacan. Nei suoi manoscritti economici e filosofici (Ökonomisch-Philo-
sophische Manuskripte), gli scritti della sua giovinezza come siamo soliti
chiamarli, Marx, per la prima volta in Occidente, sostiene la posizione che
l’uomo (l’essere umano), la sua individualità, è la realizzazione di un
evento di relazione – ciò che l’uomo è, è un divenire e non un dato stabi-
le, statico. L’uomo è un’azione di pensiero, di espressione, di lavoro, di
produzione, di consumo, di scambio, di creazione, ecc. ecc. L’uomo non è
un essere preesistente che successivamente crea relazioni, ma, quel che
l’uomo è, è un essere-in-relazione, un divenire relazionale. E la seconda
affermazione di questa stessa realtà deriva come conclusione dall’espe-
rienza «clinica» di Jacques Lacan. Egli ci dice come: «Il soggetto in initio
comincia al posto dell’Altro... Il soggetto nasce in quanto nel campo del-
l’Altro sorge il significante».
Personalmente sono arrivato a constatare la realizzazione dell’esse-
re come fatto di relazione avendo un altro punto di partenza: l’ontologia
nichilista di Heidegger. In Heidegger ho incontrato un’ontologia conse-
guente alle esigenze del pensiero sistematico, un pensiero che analizza l’e-
sperienza esistenziale dell’essere umano con un linguaggio quasi poetico
al servizio di un empirismo onesto. L’ontologia heideggeriana è stata ai
miei occhi un rovesciamento realista (nel senso più stretto del termine)
dell’ontologia degli apriorismi razionali – un’ontologia fondata sulla con-
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cezione dell’essere come ente. Heidegger mi ha aiutato a vedere che il


primato assoluto del cogito che domina la cultura dell’Occidente post-
romano, dopo Agostino e per lo meno fino a Hegel, giustifica pienamen-
te la constatazione profetica di Nietzche riguardo alla «morte di Dio», di
Dio – principio astratto di un’ontologia puramente razionale.
Oserei affermare che, per uno che proviene dalla tradizione vissuta
dell’apofatismo greco (dal rifiuto di esaurire la conoscenza nella com-
prensione del significante trascurando la constatazione per mezzo dell’e-
sperienza della comprensione del significato, l’esperienza di un fatto-di-
relazione), è davvero chiaro che anche il genio di Heidegger cade nella
stessa trappola originaria dell’individualismo (gnoseologico e ontologi-
co), che è l’eredità agostiniana, evidente in Occidente. Per questo motivo
Heidegger non ha potuto rimpiazzare «gli idoli della Ragion Pura» (der
reinen Vernunft) con un «senso» nell’assurdità dell’esistenza (esistenza
temporale, caduca, sofferente, mortale), un «senso» non sottomesso agli ‘a
priori’ razionali. Egli era riconciliato con la constatazione dell’essere
come apparizione provvisoria-effimera, che sorge dal nulla per conclude-
re definitivamente nel nulla. Egli perviene allora a un nichilismo puro ma
onesto.
La sfida che io ritenevo di avere davanti a me era quella di discer-
nere e formulare l’ontologia che avrebbe potuto essere attinta dall’insi-
stenza greca sulla realizzazione della verità come fatto di comunione:
impresa «politica» (della «polis»: della ecclesìa dei cittadini che costitui-
vano la città come apparizione della «vita in verità») o impresa «ecclesia-
le» (della ecclesìa dei fedeli al prototipo trinitario della «vita in verità»).
Nei due casi il «senso» dell’esistenza (la causa e lo scopo dell’essere) si
presenta come possibilità di verifica per mezzo dell’esperienza – l’espe-
rienza dell’essere e del conoscere per partecipazione (kata metochên) –,
per mezzo della realizzazione dell’esistenza come fatto di relazione.
Questa ontologia dell’essere-come-comunione mi ha condotto a sco-
prire nei termini Persona e Eros una risposta alternativa al nichilismo
conseguente di Heidegger e al nichilismo camuffato da razionalismo reli-
gioso. La Persona definisce la realtà di un’esistenza (autocoscienza ipo-
statica) di alterità assoluta, che si manifesta nell’evento della relazione e
si realizza come possibilità del vero Eros, della libertà in opposizione alle
necessità esistenziali (predestinazioni naturali, pulsioni, istinti) – libertà di
autosuperamento nell’amore. Si tratta di un modo di esistenza che dà ipo-
stasi al carattere unico e dissimile di ogni essere umano, modo che non
realizza soltanto l’alterità morfologica ma l’alterità esistenziale, reale,
creatrice. La parola Eros salva il significato di questo modo di esistenza,
dell’amore che si riferisce all’essere e non al comportamento; salva il
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carattere e-statico dell’amore, l’e-stasi come «uscita» – liberazione dai


limiti esistenziali dell’individualità.
L’ontologia che si costruisce sulla base della realtà della Persona e
dell’Eros corrisponde alle esigenze di un’interpretazione dell’essere e
degli esseri, che potrebbe essere verificata per mezzo dell’esperienza
comunicabile – si può parlare in questo caso di una ontologia critica,
malgrado la certezza di Kant che queste due categorie sono per «princi-
pio» incompatibili. È sufficiente ammettere che il termine «critico» possa
essere impiegato come modo di verifica in quanto esperienza comunica-
bile e non in quanto «adaequatio rei et intellectus», in quanto primato
del cogito.
L’ontologia della relazione è un’ontologia critica, ontologia post-
kantiana, ontologia della persona.

Christos Yannaras
(trad. Basilio Petrà)
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