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co), Essex (Inghilterra) 20112, 301. Si tratta della traduzione in greco moderno
curata dall’archimandrita Zacharias Zacharou e pubblicata dal monastero San
Giovanni il Precursore fondato dall’archimandrita ad Essex in Inghilterra all’i-
nizio degli anni ’60 del secolo scorso (NdT).
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poso per le vostre anime; il mio giogo infatti è dolce e il mio carico
leggero» (Mt 11, 29-30). Non esiste uomo senza giogo e senza peso.
Chi però segue il Cristo, assume un giogo dolce e un peso leggero.
Del resto anche la provocazione che Cristo indirizza all’uomo, il
cammino al quale lo chiama, è provocazione e cammino verso la li-
bertà. «Voi infatti siete stati chiamati alla libertà, fratelli» (Gal 5, 13),
dichiara l’apostolo Paolo.
Sul piano orizzontale la libertà è vissuta dall’uomo come un mo-
vimento e un’espansione senza impedimento nello spazio e nel tem-
po. Chiunque subisce limiti entro lo spazio e il tempo ha pure una li-
bertà delimitata. Quanto è libero chi è in prigione? E di quanta li-
bertà dispone chi sta per morire? Dato dunque che il tempo della vi-
ta dell’uomo è di fatto limitato e quando esso finirà sarà sepolto nel-
lo spazio, è naturale che la sua libertà sia delimitata.
Tuttavia, insieme con il movimento/espansione sul piano orizzon-
tale dello spazio-tempo, c’è bisogno anche della liberazione dell’intel-
letto dalle passioni che lo racchiudono su questo piano e impediscono
la sua elevazione al piano verticale del trascendente. Quando l’uomo
rimane nell’orizzonte dell’immediatezza delle cose sensibili e il suo in-
telletto, che è l’occhio e l’organo direttivo della sua anima, non man-
tiene la sua posizione egemonica, tale da controllare e dirigere i suoi
desideri e le sue energie, ma si trasforma in un puro organo asservito
al compimento di essi, non può esistere per l’uomo una libertà reale.
I cristiani sono chiamati «alla libertà». E sono chiamati «alla liber-
tà», poiché come uomini che sono stati sottomessi al peccato e sog-
giacciono alla legge della corruzione e della morte, hanno una libertà
limitata. Non hanno una libertà assoluta ma una libertà ed autopote-
statività relativa. La morte, che li punge con il peccato e che alla fine
pone termine alla loro vita, pone termine anche alla loro libertà rela-
tiva. La paura della morte, che opprime l’intera vita dell’uomo, oppri-
me anche la sua libertà: lo fa schiavo per tutta la sua vita. Chiunque
teme la morte, dice san Giovanni Crisostomo «è schiavo, e tutto sub-
isce pur di non morire»3.
4 “Se Cristo non è risorto allora è vano il nostro annuncio, vana la nostra fe-
de” (1Cor 15, 14).
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la libertà (cfr. Gv 11, 25: 14, 6). È colui che dona la vita eterna e la li-
bertà indistruttibile.
L’etica cristiana è intelligibile e applicabile solo come etica della
risurrezione ovvero della vittoria sopra la morte. E il suo contenuto
specifico non si attinge dal piano naturale, psicologico o sociale del-
la vita umana, come accade con ogni altra etica. Certo, anche questi
piani sono utili e di aiuto all’etica cristiana; del resto, tutto quel che
è riconosciuto come giusto e morale è accolto anche dal cristianesi-
mo e assunto come strumento di elaborazione e ed espressione del
suo spirito. L’apostolo Paolo scrive: «Tutto quel che è vero, tutto
quel che è pudico, tutto quel che è giusto, tutto quel che è casto, tut-
to quel che è amabile, tutto quel che è di buona fama, se c’è qualche
virtù e qualcosa di lodevole, tutto questo sia oggetto dei vostri pen-
sieri» (Fil 4, 8).
Quel che tuttavia caratterizza e distingue questa etica da qualsiasi
altra non sta in questi elementi né deriva dal piano psicologico o so-
ciale, ma dal piano ontologico o spirituale, dall’ontologia della nuova
creazione. In altre parole, l’etica cristiana non è un qualche sistema di
etica né crea un suo proprio ambito chiuso. È totalmente aperto alla
natura umana.
Ma qual è la natura umana autentica? Forse quella che ognuno vi-
ve quotidianamente? Ma questa è frammentaria e condotta dalle pas-
sioni. Per questo ogni moralista o riformatore sociale può creare e
crea la sua propria etica. L’etica cristiana si fonda sull’autentica natu-
ra umana, sull’uomo perfetto, che è Cristo. E Cristo è uomo perfet-
to perché è Dio perfetto. È l’archetipo «ad immagine e somiglianza»
del quale l’uomo è stato creato. Essenzialmente l’etica cristiana gui-
da l’uomo all’uguaglianza di ethos con Dio (homoêtheia Theou)5.
5«La Luce increata, riflesso della quale sono i comandamenti di Cristo, di-
scende secondo i suoi gradi gerarchici, si materializza gradualmente e diventa
etica cristiana. Noi non la rigettiamo; al contrario, la conserviamo come possi-
bilità di transizione dall’inferiore al superiore, come un qualche ponte tra l’es-
sere psichico e l’essere spirituale, come passaggio dalla piccola luce alla luce
grande e perfetta»: ARCHIMANDRITA SOFRONIO (Sacharof), Il mistero della vita
cristiana, 259.
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6
Cfr. MAXIMUS CONFESSOR, Expositio Orationis Dominicae: PG 90, 893C.
7
Cfr. GREGORIUS NYSSENUS, De hominis opificio 18, 3: PG 44, 192D. Cfr. an-
che GRÊGORIOU TOU PALAMA, Homilia 51, 6; edizione di S. Oikonomou, Tou en
hagiois Patros hêmôn Grêgoriou tou Palama Homiliai KB’, Atene 1861, 144-145.
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per Cristo e per il prossimo. Questo vissuto per altro offre la forza di
far fronte e superare le strettezze della vita quotidiana. L’apostolo
Paolo «moriva ogni giorno» (cfr. 1Cor 15, 21), poiché viveva ogni
giorno la risurrezione. Ed ogni imitatore della sua vita può morire
come lui «ogni giorno», nella misura in cui vive ogni giorno la risur-
rezione. Così giunge al culmine «l’educazione (paideia)» che Dio
esercita sull’uomo.
Dio mette alla prova l’uomo nei limiti della sua sopportazione e
delle sue forze. Questi limiti sono noti a Dio, non però all’uomo. In
ultima analisi tuttavia il limite estremo dell’uomo è la sua creaturali-
tà. Il dolore che l’uomo prova diventa certe volte eccessivo o anche
troppo lungo. Ciò lo fa pensare. Facilmente lo piega o lo estenua.
Perché una simile prova, per quale ragione? Come può conciliarsi
con l’amore e la provvidenza di Dio per l’uomo? Abbiamo qui un ri-
svolto del grande problema della teodicea che tanto intensamente ha
occupato l’Antico Testamento.
Ma Dio è eterno e onnipotente. Con le misure dell’eternità e del-
l’onnipotenza divine niente può essere caratterizzato come eccessivo
o di troppo lunga durata. Certo, ciò non vale per le misure della vita
e della forza umane, che sono brevi e limitate. Nonostante ciò, l’uo-
mo che è immagine di Dio dispone in nuce di tutte le sue caratteristi-
che ed è chiamato ad assomigliare a Lui. È chiamato a diventare per-
fetto come Lui (cfr. Mt 5, 48). La perfezione dell’uomo sta nella sua
divinizzazione. E la sua divinizzazione coincide con il suo entrare
nella divina eternità e onnipotenza.
Con il dolore che Dio permette che l’uomo sopporti è data al-
l’uomo l’opportunità – certo, dura e dolorosa – di superare i limiti
convenzionali della sopportazione e delle sue forze e di toccare in
qualche modo – apofatico – le frontiere della divina eternità e onni-
potenza. In questa prospettiva la «educazione (paideia) divina», che
senza la fede e la fiducia nella sua provvidenza potrebbe essere con-
siderata dura o anche disumana, si manifesta eminentemente bene-
fattrice e amica degli uomini. Come nei giochi olimpici gli allena-
tori sospingono gli atleti a risultati che superano le loro prestazioni
ordinarie, così anche Dio esercita gli uomini in ordine alla perfe-
zione.
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SUMMARIES
The foundation of the Christian ethic is constituted by the Christian ontology, the
ontology of the ‘new creation’ or rather the ontology of the new person mani-
fested by Christ in the world with his victory over death. The Christian is called in
faith to exist in the form of Christ, of the freedom from death, of the crucified love
drawn into philautia. This form of existence is given in the Church through her
sacraments, and is concretely made actual in history through the command-
ments. Indeed, the sacraments make actual through mystery the renewal of the
faithful which is conserved and lived with the observance of the commandments.
Such observance is not to be understood in a fundamentalist way but as the con-
crete explanation in history of the truth of the immortal life, which is not reserved
for the future but starts and becomes experimentally felt here and now.
***
El fundamento de la ética cristiana está constituido por la ontología cristiana, la
ontología de la “nueva creación” o la ontología del hombre nuevo, manifestada
por Cristo en el mundo con su victoria sobre la muerte. El cristiano es llamado
en la fe a existir en la forma de Cristo, liberado de la muerte, en amor crucifica-
do y sustraído a la philautia. Esta forma de existencia es dada en la Iglesia a tra-
vés de sus sacramentos y es actualizada concretamente en la historia a través
de los mandamientos: los sacramentos en efecto actualizan mistéricamente la
renovación del fiel que es conservada y vivida con la observancia de los man-
damientos. Tal observancia no debe entenderse en modo fundamentalista sino
como el concreto explicarse en la historia de la verdad de la vida inmortal, que
no está reservada sólo al futuro sino que comienza y se hace sensible expe-
riencialmente aquí y ahora.
***
Il fondamento dell’etica cristiana è costituito dall’ontologia cristiana, l’ontologia
della «nuova creazione» ovvero l’ontologia dell’uomo nuovo, manifestata da Cri-
sto nel mondo con la sua vittoria sulla morte. Il cristiano è chiamato nella fede
ad esistere nella forma di Cristo, della libertà dalla morte, dell’amore crocifisso
e sottratto alla philautia. Questa forma di esistenza è donata nella Chiesa, at-
traverso i suoi sacramenti, ed è concretamente attuata nella storia attraverso i
comandamenti: i sacramenti infatti attuano mistericamente il rinnovamento del
fedele che è conservato ed è vissuto con l’osservanza dei comandamenti. Tale
osservanza non va intesa in modo fondamentalistico ma come il concreto espli-
carsi nella storia della verità della vita immortale, che non è riservata al futuro ma
inizia e diventa sensibile esperienzialmente qui ed ora