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Antica Pieve di Montereale

La Pieve di Montereale uno dei luoghi di culto del Friuli occidentale sui
quali doveroso richiamare lattenzione.
Le tracce del tempo sono in essa, e nei suoi dintorni, numerose e significative. Ricerche gi concluse o in corso porteranno nuove e puntuali conoscenze.
Questo quaderno si propone come rapido inventario di temi non ancora
sufficientemente esplorati.
anche un invito ad andare a vedere con occhio attento e curioso.
Ci si augura che associazioni, enti e privati sappiano dare concretezza di
iniziative a un progetto che, tenendo conto di quanto gi fatto in passato e negli
ultimi anni in particolare, racconti, dellantica Pieve di Montereale, vicende e
contesti storici artistici e ambientali, valorizzi e faccia conoscere limportanza
religiosa, culturale e di incontro.
Alessio Belgrado

Angelo Santarossa

Commissario
della IV Comunit Montana
Meduna-Cellina

Pievano della Parrocchia


di S. Maria Assunta
di Montereale Valcellina

()
la luce marea prosciugata
affiora dai greti,
d ali a un greve rosso di terre
a un blu oltremarino:
qualche frutto acidulo
un cardellino sparuto
e il bisbiglio dei morti
si aggregano
in segreta costellazione
per sostenere lo spazio pacificato
di una cappella
librata sulla pianura
Lionello Fioretti

Foto

Antonio Bertoja - Montereale Valcellina (Pordenone), pp. 4, 11, 32a, 64 e IV di cop.


Elio Ciol - Casarsa (Pordenone), pp. 10, 17, 25, 30, 31, 33, 60/61

Antica Pieve
di Montereale

Antonio Cossutta - Montereale Valcellina (Pordenone), pp. 1, 23

Pietro De Rosa - Spilimbergo (Pordenone), pp. 3, 32b, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47,
48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58/59, 62, 63 e copertina

Cartolibreria E. Fignon - Montereale Valcellina (Pordenone), pp. 12/13


Foto Martinelli - Montereale Valcellina (Pordenone), pp. 26, 27

Riccardo Viola - Mortegliano (Udine), pp. 22, 24, 28, 34, 35, 36, 37

Grafici

Chiara Petracco - S. Vito al Tagliamento (Pordenone)


Collaborazione redazionale

Aldo Colonnello, Rosanna Paroni Bertoja


Coordinamento editoriale

Circolo culturale Menocchio - Montereale Valcellina (Pordenone)


Impaginazione

Interattiva - Spilimbergo (Pordenone)


Stampa

Grafiche Tielle - Sequals (Pordenone)

Paolo Goi

Tracce darte e di storia

Ci che periferico o marginale ha possibilit di essere pi


antico.
Si pu invocare questa specie di legge della marginalit per
intendere la realt della chiesa di Montereale Valcellina, detta
del Cimitero o di San Rocco.
Ubicata poco prima della stretta di Ravedis e decentrata rispetto allattuale abitato, reca in s i segni di una sospetta antichit.
Confermata subito dalla presenza del cimitero comera di costume nelle vecchie pievi, dallampiezza dellaula consona ad una
chiesa parrocchiale ed anzi madre, piuttosto che ad una succursale (il confronto planimetrico con San Vigilio di Pieve di
Palse in tal senso illuminante) e dalla verifica del titolo, il quale risponde a Santa Maria Assunta non gi a San Rocco impostosi in epoca recente. Ne viene pertanto che ledificio, oggi cimiteriale, corrisponde allantica pieve di Montereale.
Troviamo questa pieve (di Calaresio) nominata nel 1186 nella
bolla di papa Urbano III: un fatto che viene a sancire una situazione antica ed anzi antichissima, risalente in forza anche del
titolo mariano allepoca della diffusione e consolidamento del
Cristianesimo nella diocesi di Concordia (sec. V).
Una veneranda antichit circonda dunque ledificio, tanto pi
rispettabile dal momento che la pieve di Montereale avrebbe
svolto secondo alcuni storici un ruolo di primo piano nelle5

vangelizzazione del territorio montano.


Una situazione che non poteva nascere dal nulla e che a sua
volta presuppone un insediamento di et romana e magari preromana, comprensiva di una realt cultuale esaugurata in seguito dalla nuova religione.
Ipotesi accertata dalla messa in luce di abitazioni e necropoli
dalla et del bronzo a quella romana, di oggetti ritualistici e di
una piccola ara al dio Timavo nei pressi dellarea occupata poi

Bertolini, 1884

Reisch, 1908

dalla pieve di Santa Maria.


Un quadro di riferimenti che potr sostanziarsi di nuovi apporti dovuti ad auspicabili interventi di scavo nella chiesa e
adiacenze come si verificato a Pieve di Palse.
Unoccasionale indagine nel 1969 ha infatti individuato nel
presbiterio ben quattro strati pavimentali.
Manca anche unanalisi delle strutture murarie delledificio
attuale che sembra ricalcare limpianto del sec. XII, a differenza
del coro sopraelevato rispetto al corpo principale e pertanto posteriore (inizi sec. XVI). Ponendosi cos i pochi fatti, si avrebbero
le seguenti fasi edilizie:
- paleocristiana (sec. V), invocata dallantichit del titolo mariano del tempio che verosimilmente avrebbe soppiantato un
culto pagano;
- medievale (sec. XII), richiesta dal ruolo di chiesa plebana (1186);
- rinascimentale (sec. XVI, inizi), segnata dalla attuale configura-

Pavimento
attuale dellabside

Vecchio altare
in pietra e mattoni

Pavimenti
precedenti

Pavimento attuale della navata

Pavimento attuale (calce e graniglia levigata)

66 cm

Calcinacci e ruderi

Resti di pavimento (calce e graniglia non levigata)


Calcinacci e ruderi
Resti di pavimento (calce e graniglia non levigata)
Letto di sabbia

Pavimento in calce lisciata


Gradino
in pietra
levigato
dallusura

Muro in pietra

G. Bandelli - G. Righi (disegno), 1990.

50 cm

40 cm

30 cm

"Ad
15 settembre 1768. Io Giovanni Nascimbeni Pub. Perito fatto il presente dissegno"
zione.
(Archivio del Circolo Culturale Menocchio)

La morfologia delledificio, gi affiancato dal campanile demolito nel 1893, si affida ad una breve scheda redatta da Giuseppe
Marchetti nel volume Le chiesette votive del Friuli (Udine 1972) la
quale riferisce dellaula rettangolare; dei due ingressi; del tetto in
coppo a doppio spiovente con travatura interna a vista; del motivo decorativo in cotto corrente sottogronda; del coro sopraelevato introdotto da un arcone a sesto acuto; della finestratura; del
corpo della sacrestia pi tardi aggiunto e di altri aspetti minori:
descrizione da accogliere con qualche correzione, relativa prima
di tutto alla natura plebana, non gi votiva, del sacro edificio.
La cui immagine odierna unimmagine linda ed essenziale
quale determinata dalla moderna impresa di restauro non d
ragione delle trasformazioni succedutesi nel tempo che hanno
inciso pi o meno profondamente sulla facies del monumento
secondo i criteri liturgici ed estetici volta a volta imperanti.
Esclusi da particolareggiato discorso i primi due momenti, quello paleocristiano e medievale, restituibili se non per generalissimi
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e dunque nel concreto inefficaci parametri (ma andr almeno assicurata unicona con limmagine della titolare), si accenna ad una
terza fase protorinascimentale. Suggerita dallosservazione del
tema della Morte (Dormizione) della Vergine svolto nella parete di
fondo del coro secondo un modello iconografico antiquato, tanto
nei Funebri (gli Apostoli chiamati dalla Vergine morente accanto
al proprio letto), sia nel Cristo apocalittico, che si suppone possa
aver costituito il precedente (in una probabile soluzione ad ancona lignea) dellaffresco del Calderari perduto nella rifabbrica del
coro. Ipotesi rafforzata dalla curiosa immagine di Santo Stefano
titolare della cattedrale di Concordia e patrono della diocesi, immagine spesa dai presuli concordiesi a documento di giurisdizioni temporali e spirituali in pi parti del territorio e che pertanto
non pu essere stata inventata ai tempi del Calderari, anche se pre
Stefano Decano da Grizzo sotto la cui rettoria dovrebbe essersi
realizzata limpresa pittorica pu avere favorito la scelta. In ogni
caso, a fugare incertezze la situazione del travo del coro con il
Crocifisso (databile agli inizi del sec. XVI) e le sagome della Madonna e San Giovanni evangelista (oli su tavola di Giovanni Pitau, 1673 in sostituzione delle precedenti effigi del tutto consunte)
ancora al loro posto fino a una cinquantina danni fa (p. 12/13) in
obbedienza a un sistema ovunque praticato e che deve essere fatto risalire avanti appunto limpresa del Calderari.
Il momento rinascimentale rappresentato dalla decorazione
del coro da parte come detto di Gio. Maria Zaffoni detto il
Calderari tra 1560-1563.
Il piano decorativo congegnato secondo un modello costante
che prevede sulla facciata lannuncio veterotestamentario del
sacrificio di Cristo; nel sottarco e nello sguincio dellarcone profeti e sante o santi patroni (Lucia, Caterina dAlessandria, Agata,
Barbara, Apollonia, Geremia, Isaia, Daniele); nella volta sibille,
profeti, evangelisti e dottori della Chiesa in dipendenza dalla
disponibilit di spazio; sulle pareti e sul fondo storie del/della
titolare accompagnate da quelle della vita di Cristo.
La fonte costituita dai testi sacri, pi spesso dai vangeli apo14

crifi cui da aggiungere una lunga tradizione che tra laltro contempla sulla fronte il Sacrificio di Caino e Abele, in seguito surrogato dallAnnunciazione. Cosa che si verifica anche a Montereale
con le storie della vita della Vergine (derivano dagli Apocrifi le
raffigurazioni dello Sposalizio e della Presentazione di Maria al
tempio) e la duplice scena dellofferta sacrificale di Caino e Abele
al Demonio e a Dio; dettaglio questo che ha dato luogo a immaginazioni come se si trattasse di echi del dualismo cataro quando
invece esso si inscrive in un sistema ben antico.
Il grafico composto per la circostanza aiuta alla lettura dei singoli aspetti dispensando da prolissa descrizione.
Si insiste piuttosto sulla volta (pp. 16 e 17) apparentemente
confusa per indicarne invece la rispondenza a preciso paradigma quanto allabbinamento di sibille e profeti trasmesso dalla
trattatistica (ricostruibile solo il nesso Libica-Daniele e SimeonePersica; incerti i rimanenti a ragione della caduta delle lettere) e
la distribuzione degli evangelisti per cui a Giovanni e Luca che
pi hanno celebrato la Vergine Maria di Giovanni si rammenti
la Donna vestita di sole dellApocalisse vengono riservate le
vele di ingresso al coro e lopposta, soprastante la Morte della
Vergine, con il Cristo apocalittico.
Unaltra osservazione riguarda il ruolo occupato dalle figure le
quali si dispongono in primo e secondo piano a segnare le tappe
della Rivelazione: dai barlumi del mondo pagano (sibille) e
dallannuncio veterotestamentario (i profeti Davide, Mos, Daniele e Simeone curiosamente mitrato annoverato in epoca

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Gli affreschi della volta del coro (1560-1563)

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medievale), al suo adempimento (evangelisti) e alla autentica


interpretazione da parte della Chiesa (i dottori Gregorio papa,
Girolamo, Ambrogio, Agostino).
Il programma si completava con la pala dellAssunta (p. 4), ora
in controfacciata, ma un tempo troneggiante allaltar maggiore in
modo da proclamare lultimo atto della vicenda di Maria conclusasi non con la corruzione nel sepolcro, ma con lassunzione
corporea in cielo.
Dai grafici che si allegano si ricava anche lordine della sequenza la quale muove da sinistra a destra e dallalto in basso per
concludere al centro secondo uno schema detto ad avvolgimento, con lanomalia dello Sposalizio della Vergine posticipato rispetto ai tempi della narrazione evangelica ed apocrifa per motivo di economia spaziale e conseguente resa estetica.
Tale distribuzione d ragione delle diversit di direzione prospettica come dipendenti da un punto di vista non unico e fisso
bens mobile in una veduta trascorrente: aspetto non riconosciuto dalla critica che ha rimproverato troppo facilmente al pittore
luso maldestro della prospettiva.
La narrazione si snoda entro un telaio architettonico emergente da un alto basamento a sporto per cui le scene si costituiscono
ad di l di un parapetto sottolineato dalla presenza di fiori, frutta e volatili di valenza simbolica.

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Analoga inquadratura osservano i due altaroli ai lati dellarcosanto che completano il partito decorativo, impaginati secondo
diverso ordine di visione prospettica a muovere dal centro
dellaula.
Se la tematica mariana dipende dal titolo della chiesa ed i soggetti di facciata, sottarco e volta, pi santo Stefano, trovano motivazione in programmi e prescrizioni secolari, i restanti beati
rispondono ai patrocini popolarmente loro affidati: Agata protettrice dalle malattie/dolori al seno (tessitrici, puerpere), Lucia
dal male agli occhi, Barbara dalle folgori, Rocco e Sebastiano
dalla peste e malattie infettive, Antonio abate custode del bestiame, Francesco dAssisi difensore dai lupi, Caterina dAlessandria avvocata dei mugnai, Nicola da Bari patrono invece di
naviganti e traghettatori e delle donzelle da marito (da ricordare
anche la presenza di San Cristoforo in una delle lastre tombali).
Lanalisi stilistica del complesso facilmente individua le matrici
nellarte di Gio. Antonio Pordenone e Pomponio Amalteo; fonti
che il Calderari interpreta in termini agresti con evidenziazione
di cose e persone (impegno ritrattistico, mimica espressiva, restituzione di ambienti, delineazione di strumenti musicali) e insistenza sui dettagli trattati spesso a secco: un mondo non eroico,
ma casalino (da rinascimento minore), cui contribuiscono le
tinte rossastre peraltro accentuate dalle cadute del colore.
Quanto alla suppellettile e agli effetti liturgici, si ricordano la
sostituzione del fonte battesimale (altomedievale?) con un manufatto di lapicidi medunesi nellavanzato Cinquecento e le dotazioni registrate dai vari presuli e visitatori apostolici nel periodo 1517-1584 annoveranti in particolare una croce bella e ornatissima, la medesima forse retta dallapostolo ai piedi della
Vergine, venuta a sostituire quella trafugata dai Turchi nel 1499,
nonch due angeli lignei dorati allaltar maggiore.
Il passaggio successivo determinato dalla Controriforma,
percepibile attraverso le disposizioni vescovili e la poca suppellettile esistente. Un periodo che non si chiude con il tardo Cinquecento o il primo Seicento ma che a scavalco delle epoche
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Santa Barbara

Il profeta Isaia

Lofferta
di Caino

Lofferta
di Abele
Il profeta Geremia

San Rocco e i santi


Sebastiano e Francesco dAssisi
20

SantApollonia

SantAgata

Il profeta Daniele

Santa Lucia

Santa Caterina
dAlessandria

Santo Stefano e i santi


Antonio abate e Nicola da Bari
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stilistiche prosegue in et barocca e rococ.


In base alla normativa stabilita a fine 500 si determina lordinamento dellinvaso e delle adiacenze secondo un indirizzo ben
preciso anche se attuato per gradi. Il quale anzitutto si preoccupa di incentrare lattenzione sullaltar maggiore, luogo della celebrazione e conservazione eucaristica; da cui lordine di provvedere un tabernacolo in legno dorato, di completare la pala grande (si intende negli ornamenti) lasciata imperfetta per il

decesso del Calderari, escludendone la sostituzione.


Di pari passo limpegno per gli altri sacramenti: del Battesimo,
esaltato attraverso il ricavo a sinistra dellingresso di una corta
cappella timpanata con curiosa immagine di mascherone (p. 22)
nella quale si inserisce il fonte cimato da una copertura lignea
piramidale (oggi rimossa) e lintroduzione di confessionali.
Mancano sussidi di natura archivistica per seguire dappresso
la trafila delle operazioni, peraltro ricostruibile sulla base delle
comuni normativa e prassi.
Da ci la recinzione degli spazi sacri (coro, altari laterali, fonte
battesimale) mediante balaustrate dapprima lignee e in seguito
lapidee come quella del coro dovuta a maestranza medunese
(Tommaso Casella?) nel 1676, recinzione continuata allesterno
per cimitero e sagrato con accesso sottolineato da due cippi piramidali; la riserva della sepoltura in chiesa (avanti il coro) ai soli
sacerdoti-parroci (unica eccezione nota per la famiglia dei Mar22

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zato come si pu vedere nell'oratorio di San Floriano.


Parallelo corre il ricambio del guardaroba con paramenti nei
cinque colori (bianco, rosso, verde, viola e nero), e del vasellame
pi semplice e pratico.
Una forte rivendicazione del sacro ed accentuazione del ruolo
gerarchico quello che emerge dalla serie degli interventi. Agli
stessi criteri si informa lazione pastorale che sempre su pressione dallalto d vita alle confraternite del Sacramento e del
Rosario (1634) le quali parrocchializzano e clericalizzano le libere forme di associazione laicale religiosa del passato.
Dal lato artistico ci ha riflesso nelle dotazioni della lanterna

gnani proveniente dal cantone dei Grigioni); il generale repulisti


dellaula da ogni tipo di pittura devozionale; lerezione di apposita cappella per la nuova devozione del Rosario in modo da non
interferire con il culto maggiore; la provvista di due nuove pale
(oli su tela) per gli altari laterali (a soli trentanni dalla prima
realizzazione ad affresco) che dal lato iconografico dobbiamo
intendere intonate a contrizione dal momento che non si ritiene
pi confacente il sereno clima rinascimentale delle precedenti (il
visitatore apostolico Cesare de Nores aveva avuto a ridire anche
della pala grande): pale che dovettero trovar posto in due nuove
strutture in legno dorato con alzata a portale e architrave spez24

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processionale (p. 34) in metallo un tempo dorato del Sacramento


con vaso e cupolino costolonati e cimati di un calice con lostia,
e nellaltare ligneo del Rosario (p. 25). Costituito questo da unalzata a doppia coppia di colonne avvolte da viticci e tralci di rose
e contornate da due orecchie a triplice voluta, doppio frontone
spezzato (triangolare e arcuato), cimasa con ali inarcate e spezzate a mezzo delle quali si colloca un vaso acroteriale, nicchia
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centrale con il gruppo della titolare.


Fastoso il partito decorativo formato da cartelle, protomi femminili e angeliche, festoni, girali, angioletti agli spioventi e ai
plinti di coronamento. Complesso anche lapparato iconografico
consegnato a sculture, intagli e pitture rappresentati nellordine
dalla Madonna col Bambino (moderna riproduzione delloriginale rubato per laddietro) ed i santi Domenico e Caterina da
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Siena, la sottostante rappresentazione delle Anime Purganti, gli


ovati della cornice con i misteri del Rosario entro ovati su rame.
Dal lato dello stile si tratta di unopera del bellunese Giovanni
Battista Auregne responsabile di altri lavori nel territorio (Claut,
Cimolais, Maniago, Pasiano) contrassegnati dallo sviluppo in
termini barocchi di un apparato di marca manierista.
Pur nel cambiamento di stile, lassetto del tempio viene rispettato dal sopravveniente rococ.
Gli interventi di maggior peso sono costituiti dagli altari lapidei che vengono a sostituire quelli lignei che pi non incontrano
il nuovo gusto e che perci al solito vengono bollati come
cariolatie fatiscenti s da poterne giustificare la sostituzione.
Lopera principale costituita dallaltar maggiore con le statue
dellAssunta titolare e di San Giuseppe (pp. 36 e 37) pi tabernacolo e paliotto. Rimontata con non felice soluzione nella nuova parrocchiale, imputabile ad altaristi portogruaresi, rispettivamente Gio. Battista Bettini per la parte plastica e ad anonimo
altarista forse Pietro Balbi o meglio Gio. Maria Savio per il
tabernacolo con cupolino a cipolla e il dossale svasato con ovato
a soggetto eucaristico al mezzo: fragile luno di struttura (quasi
un ninnolo), povero laltro di disegno.
Ad un terzo maestro che si crede di identificare in Antonio
Nardi pordenonese spettano i due altari a lato del coro gi racchiudenti le pale secentesche (sparite di circolazione) e ora
smontati a accatastati dietro il coro della nuova chiesa.
Qualche altro tocco di grazia spande il rococ: nella volticina
a stucco dellaltare del Rosario con angioletti e colomba dello
Spirito Santo e nel dossale del medesimo in sostituzione di quello ligneo rimosso perch consunto, assegnabile sempre a Gio.
Maria Savio di Portogruaro di cui presenta la stessa maniera di
turgida rocaille incontrata a Morsano al Tagliamento.
Il biancore e la lucentezza derivanti da queste scelte nellaula,
scrostata e ritinteggiata, ha modo di accrescersi con la brillantezza degli argenti di cui il tempio si va dotando: calici (p. 35),
reliquiari, croci astili, paci (p. 24), incensieri, frutto di botteghe
28

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30

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veneziane; in un luccichio esaltato dai filamenti argentei e dorati dei tessuti fra i quali si annovera una pianeta con paesaggi,
architetture e rovine ed un terzo (pianeta e tunicelle) con essenze arboree distribuite a isolotto, entrambi di manifattura
veneziana della prima met del 700.
Tra la restante dotazione si annovera il pennello processionale
dellAssunta (p. 28) in legno dorato non comune segnacolo con
limmagine della titolare inalberato con sussulto dorgoglio nel
momento in cui la pieve era costretta dai tempi ad abdicare ai
propri diritti e il tempio stesso andava incontro alla dismissione.

33

34

35

36

37

Offerta di Abele
I/2

San Rocco

Santo Stefano

Sebastiano e

Antonio abate

e i santi

Francesco dAssisi
I/4

40

Offerta di Caino
I/3

e i santi

e Nicola da Bari
I/5

41

SantAgata
II/2

Santa Barbara
II/4

Santa Lucia

Il profeta Geremia

II/1

42

II/3

43

Il profeta Daniele
II/6

Santa Caterina

dAlessandria
II/5

44

Il profeta Isaia
II/8

SantApollonia
II/7

45

Vela della volta


con la Sibilla Libica,
il profeta Daniele,
levangelista
Marco, il dottore
della Chiesa
SantAgostino
III/2

Vela della volta

con la Sibilla Persica


il profeta Simeone,
levangelista Luca,
il dottore

della Chiesa

San Gregorio papa

III/1

46

Vela della volta


con Sibilla
(non identificabile),
il profeta Davide,
levangelista
Giovanni, il dottore
della Chiesa
San Girolamo
III/3

Vela della volta


con Sibilla

(non identificabile),
il profeta Mos,

levangelista Matteo,
il dottore

della Chiesa

SantAmbrogio
III/4

47

La Nascita
della Vergine,
la Presentazione
di Maria al tempio,
lo Sposalizio
della Vergine,
la Nascita di Ges
IV/1-4

La nascita

della Vergine

IV/1

48

La Presentazione
di Maria al tempio
IV/2

Angelo musicante
IV/2

49

LAnnunciazione,
la Visitazione,
la Fuga in Egitto,
Ges al tempio
fra i dottori
IV/5-8

LAnnunciazione
IV/5

50

La visita di Maria
a Elisabetta
IV/6

La visita di Maria
a Elisabetta
IV/6
51

Lo Sposalizio
di Maria e Giuseppe
IV/3

Il Sommo Sacerdote
IV/3

Ritratto del parroco


San Giuseppe
IV/3

52

pre Stefano Decano


da Grizzo
IV/3

53

54

LAdorazione
dei Magi
IV/4

La Fuga in Egitto
IV/7

LAdorazione
dei Magi
IV/4

La Fuga in Egitto
IV/7
55

56

La Disputa di Ges
con i dottori
del tempio
IV/8

Dottore
del tempio
IV/8

Dottori
del tempio
IV/8

Dottore
del tempio
IV/8
57

Cristo
dellApocalisse
IV/9

Angeli
IV/9
60

Cristo
dellApocalisse
IV/9

Angeli
IV/9
61

62

63

Note

p. 4. Pala dellAssunta. Lasciata incompiuta (1563) da Gio. Maria Zaffoni detto


Calderari; fotografata prima del restauro (2000)

p. 7. Strati pavimentali dellabside. Da rilievo in scala di Valentino Bertoja


(1969)

p. 9. Disegno di Giuseppe Marchetti, pubblicato in Le chiesette votive del Friuli,


Societ Filologica Friulana, Udine 1971

p. 11. Parete destra della navata. Cristo del travo, e sagome lignee di Maria
e Giovanni (copia di Piero Del Vesco, 2001)

pp. 26 e 27. 1968. Altari laterali prima del restauro del 1969
p. 32a. Fronte del coro

p. 64. Maggio 1976. Puntellatura della volta subito dopo il terremoto.


Indicazione bibliografica

Per una panoramica pi ampia si veda P. Goi, La chiesa di Menocchio, in


LInquisizione romana: metodologia delle fonti e storia isituzionale, Atti del

Seminario internazionale (Montereale Valcellina, 23 e 24 settembre 1999, a cura

di A. Del Col e G. PAolin, Trieste, Montereale Valcellina, 2000, pagg. 297-325).

Intervento realizzato con il contributo dellUnione Europea


Iniziativa comunitaria Leader II da

64

con la collaborazione della

Parrocchia di S. Maria Assunta di Montereale Valcellina

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