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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

Deus Vult
Miscellanea di studi
sugli Ordini Militari

a cura di
Nadia Bagnarini
e
Cristian Guzzo

2 - 2012

Edizioni Penne & Papiri

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

2012 - Edizioni Penne & Papiri, Tuscania


COD. 092.74.106 - ISBN 978-88-89336-55-7

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi


mezzo, senza la preventiva autorizzazione dell’Editore.

In copertina:
Brindisi, chiesa di San Giovanni al Sepolcro. Portale settentrionale.
Particolare dello stipite sinistro: “Duello tra guerrieri” (© G. Marella).

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Studio preliminare sugli insediamenti dell’Ordine Teutonico


in Sicilia: storia ed architettura (1197-1492)

Nadia Bagnarini

Premessa

L’intento iniziale di questo saggio era quello di fornire al lettore una detta-
gliata analisi di tutti gli insediamenti, appartenuti con certezza all’Ordine Teu-
tonico nell’isola. Si è poi però, nel corso della sua stesura, deciso di circoscrive-
re lo studio a quelle strutture che ancora conservano almeno parte dei loro alza-
ti, oppure delle quali possiamo ancora ammirare in loco o presso istituti di con-
servazione, gli splendidi apparati decorativi. Per quei siti dei quali, invece, ab-
biamo solo pochi ruderi, oppure dei quali conserviamo solo la memoria nella
fonti archivistiche si rimanda all’esaustivo testo di Kristjan Toomaspoeg, il qua-
le ha dedicato una ampia monografia alla storia dell’Ordine in Sicilia.1
Per quanto invece concerne gli studi di natura storico-artistica intrapresi ne-
gli ultimi decenni se da un lato dobbiamo evidenziare una discreta presenza di
saggi sulle singole strutture e delle quali forniremo anche una bibliografia ag-
giornata, dall’altro però si evince una scarsità di pubblicazioni tali da presentare
almeno una panoramica sui sistemi di insediamento e le loro caratteristiche ar-
chitettoniche. Unica eccezione risultano i saggi, sebbene molto sintetici, di Giu-
lia Rossi Vairo, che all’interno di un progetto di ricerca del “Centro Interdipar-
timentale di Ricerca sull’Ordine Teutonico nel Mediterraneo” (CIROTM), ha
dedicato un breve excursus agli insediamenti dell’Ordine nell’intero territorio
italiano, e alle testimonianze storico artistiche dell’ordine in Sicilia.2
Il presente saggio vuole quindi non solo rappresentare uno stato della que-
stione, ma fornire anche, senza la velleità della completezza, un utile strumento
di ricerca per tutti coloro che vorranno approcciare allo studio di una materia

1
K. Toomaspoeg, Les Teutoniques en Sicilie (1197-1492), (Collection de l’École fran-
çaise de Rome 321), Roma 2003.
2
G. Rossi Vairo, Arte e architettura dei Teutonici in Italia: prospettive di ricerca, ne
“L’Ordine Teutonico tra Mediterraneo e Baltico incontri e scontri tra religioni, popoli e
culture”, Atti del Convegno internazionale (Bari-Lecce-Brindisi, 16-16 settembre 2006),
a cura di H. Houben e K. Toomaspoeg, Galatina 2008, pp. 219-230; idem, Testimonian-
ze storico-artistiche dell’Ordine Teutonico in Sicilia, ne “I Cavalieri Teutonici tra Sici-
lia e Mediterraneo”, Atti del Convegno Internazionale di Studio (Agrigento, 24-25 mar-
zo 2006), a cura di A. Giuffrida, H. Houben, K. Toomaspoeg, Galatina 2007, (Acta
Theutonica 4), pp. 203-224.

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tanto fascinosa quanto insidiosa per i notevoli risvolti poco storici a cui spesso
si approda.

I Teutonici a Palermo

«Di poi l’anno 1197 riconoscendosi Errico, esente di qualsisia sospetto di perder
il reame, si diede a favorire i suoi nazionale. Onde tolse ai monaci cistercensi il
palermitano monastero, della santissima Trinità, dal cancelliere Matteo di Saler-
no loro donato, e lo concesse ai cavalieri dell’Ordine de Teutonici, poco prima
eretto».3

Con queste parole lo storico messinese monsignor Giovanni di Giovanni, in-


troduceva, all’interno di una monografia dedicata alla storia di Sicilia, pubblica-
ta però postuma, l’arrivo dei cavalieri dell’Ordo fratrum domus hospitalis San-
cte Marie Teutonicorum in Jerusalem nell’isola.4 Di Giovanni, che nel 1743 a-
veva compilato anche una monografia sulla Magione, 5 riportava in nota la fonte
dalla quale aveva recuperato tale notizia, ovvero l’opera omnia di Antonio
Mongitore, 6 il cui testo rappresenta ad oggi la più antica descrizione della Ma-
gione. 7 La data del 1197, ovvero l’anno del trasferimento della SS. Trinità del

3
Storia ecclesiastica di Sicilia di Monsignor Giovanni di Giovanni continuata sino al
secolo XIX dal Padre Salvatore Lanza della Congregazione dell’Oratorio di Palermo,
vol. II, Palermo 1847, p. 254
4
Per uno studio esaustivo e dettagliato sulla storia ed il patrimonio dei Teutonici in Si-
cilia cfr., K. Toomaspoeg, Les Teutoniques en Sicilie (1197-1492), cit.
5
G. Di Giovanni, La chiesa della Magione e gli oggetti d’arte in essa esistenti, Palermo
1743; V. Di Giovanni, La chiesa della Magione e gli oggetti d’arte in essa esistente, ne
“La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV”, Palermo 1889-1890, voll. II, pp.
139-266.
6
Con il Mongitore il Di Giovanni ebbe delle accese schermaglie derivanti dalla critica
che il messinese ricevette del suo Codex Diplomaticus Siciliae, il cui progetto iniziale
prevedeva la redazione in cinque volumi dei diplomi riguardanti la Sicilia dall’era cri-
stiana sino ai tempi dell’autore.
7
A. Mongitore, Monumenta historica sacrae domus mansionis SS. Trinitatis militaris
ordinis Theutonicorum urbis Panormi et magnis ejus paeceptoris. Orgo, privilegia, im-
munitates, praeceptores, commendatarii, ecclesiae suffraganae, proventus, aliaque me-
morabilia ejusdem sacrae domus recensentur et illustrantur. Auctore sacrae theologiae
doctore D. Antonio Mongitore, Palermo 1721. Cfr. anche E. Alfano, I monumenti di Pa-
lermo. La Magione (1165), in “Panormus”, I (1920), nn 5-12, pp. 176-178; G. I. Cas-
sandro, Patronato, commenda e la Badia della Magione di Palermo, ne “Il diritto eccle-
siastico”, LIII (1942), pp. 283-294; A. De Spuches, Notizie della Chiesa della SS. Trini-
tà di Magione in Palermo e del S.R.M. Ordine Costantiniano di S. Giorgio in Sicilia cui
essa appartiene scritta per un Cavaliere del medesimo ordine, con note e dissertazioni,
Palermo, 1852; G. Di Marzo Ferro, Guida istruttiva per Palermo e suoi dintorni ripro-

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Cancelliere ai Teutonici, è la chiara attestazione della precoce presenza dei ca-


valieri nella penisola italiana: la concessione di Enrico VI8 corrisponde, infatti,
al momento di poco antecedente alla trasformazione della comunità ospedaliera
teutonica in Ordine religioso militare.9
Una storiografia orami consolidata è concorde nel riconoscere in Matteo
d’Ajello (Matheus comes de Agello Cancellarius) detto anche da Salerno,10 can-
celliere dell’ultimo re normanno Tancredi d’Altavilla (1189-1194), il protagoni-
sta indiscusso della vita politica ed amministrativa della Sicilia tardo normanna
ove giunse nel 1169.11 Proprio la carica di Cancelliere di Matteo e la denomina-
zione di abbazia “del Cancelliere” ha contribuito a spostare molto in avanti la
data di fondazione della Magione, allontanandosi da quel 1150 proposto da
Tommaso Fazello nel De Rebus siculis decaded dues del 155812 poi confutato
da Lynn Townsend White13 e successivamente da Kristjan Toomaspoeg che ri-
tiene la Magione una fondazione dell’ultimo quarto del XII secolo.14 Quel che è
certo è che in un documento del 1194 il figlio di Matteo di Ajello, Riccardo, ri-
corda il

«Monastero Sancte Trinitatis Panormi, quod Dominus Cancellarius pie recorda-

dotta su quella del cav. Gaspare Palermo, Palermo 1858, pp. 338-344; M. Guiotto, La
basilica della Real magione, in “Scienza e Umanità”, I (1944), n. 2, pp. 16-18; R. La
Duca, magione (Chiesa della, e Casa dei Teutonici), in “Repertorio bibliografico degli
edifici religiosi di Palermo”, Palermo, 1991, pp. 134-136; C. Lumia, La chiesa della SS.
Trinità detta la “magione” a Palermo. Una lettura della fabbrica attraverso le sue stra-
tificazioni, in “Storia Architettura”, N.S., 2 (1996), Storia e restauro di architetture sici-
liane, pp. 121-128; E. Mauro, Santissima Trinità del Cancelliere (Magione), in E. Sessa
(a cura di), “Le Chiese a Palermo”, Palermo 1995, pp. 198-199; V. Mortillaro, Elenco
cronologico delle antiche pergamene pertinenti alla Real Chiesa della Magione, Paler-
mo 1858; R. Russo, La “Magione” di Palermo negli otto secoli della sua storia, Paler-
mo 1975.
8
Le generose donazioni da parte di Enrico VI sono state dagli storici interpretate come
volontà dell’imperatore di utilizzare l’Ordine come strumento della sua politica mediter-
ranea. Cfr. N. Jaspert, L’Ordine Teutonico nella penisola iberica: limiti e possibilità di
una provincia periferica, ne “L’Ordine Teutonico nel Mediterraneo”, Atti del Convegno
internazionale di studio” (Torre Alemanna (Cerignola)-Mesagne-Lecce, 16-18 ottobre
2003), Galatina 2004, p. 113 e nota 14.
9
K. Toomaspoeg, L’Ordine Teutonico in Puglia e Sicilia, ne “L’Ordine Teutonico nel
Mediterraneo”, cit., pp. 137-138.
10
Dizionario, s.v. Matteo.
11
Patrono anche del monastero femminile di Santa Maria de Latinis, eretto nel 1169, e
dell’Ospedale di tutti i Santi, fondato nel 1180.
12
T. Fazello, De rebus siculis decades duae, Palermo 1558.
13
L. Townsend White, Latin Monasticism in Norman Sicily, Cambridge Mass. 1938.
14
K. Toomaspoeg, Les origines du monastère cistercien de la Sainte Trinité de Pal-
erme, in “Archivio Storico per la Sicilia orientale”, 92 (1996), pp. 7-21.

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tionis pater nostre infra moenia eiusdem Civitatis iuxta portam Thermarum de
ordine Cisterciense construxit».

Il preciso riferimento topografico alla vicina portam Thermarum (Porta


Termini), la cui presenza è attestata sin dal 1171,15 non lascia dubbi sulla identi-
ficazione del complesso cistercense. La porta,16 distrutta nel 1852, era posta allo
sbocco di una importante arteria che collegava la zona dei mercati urbani con la
strada costiera per Termini e con il fertile territorio agricolo a Sud di Palermo. 17
Inoltre, un tratto delle mura di Porta Termini delimitavano il viridarium ma-
gnum del monastero annesso alla SS. Trinità della Magione, così come viene ri-
badito in un atto del 1289 in cui viene concesso a Perri de Nicosia:

«de solo viridari magni… siti in quartiero Halcie a duabus partibus cuius sunt
menia de civitate et ab altera parte est dictum quarterium et si qui alii sunt confi-
nes».18

Nello stesso diploma di donazione da parte di Enrico VI ai Teutonici, Anto-


nio Mongitore leggeva: «monasteri […] concessimus […] et viridarium in quo
constructum est».19 La donazione ai Teutonici viene confermata nel 1205
dall’imperatore Federico II

«terram in qua fuit masara que est inter iardinum predicte Sancte Trinitatis et
murum civitatis nostre Panormi in loco qui dicitur Alza».

Recenti scavi archeologici e lavori di restauro condotti all’interno del com-


plesso monumentale della Magione hanno riportato alla luce una notevole quan-
tità di reperti di età araba e normanna, suggerendo quindi l’ipotesi di una preesi-
stenza inglobata nella nuova fabbrica.20 Il complesso sarebbe sorto, quindi al

15
V. Di Giovanni, Topografia antica di Palermo, cit., vol. I, pp. 15-18; G. A. Garufi,
Monumenti inediti dell’epoca normanna in Sicilia, Palermo 1899, p. 139.
16
Nel corso dei lavori di restauro del convento della SS. Trinità è stata individuata una
torre quadrangolare alla cui base si apre un grande «arco ogivale a doppia ghiera […] si
tratta di una grande porta di 3 m e 60 cm di larghezza per 8 m e 50 cm di altezza» che,
secondo Franco Tomaselli, potrebbe essere la porta di un importante edificio, una porta
urbica caduta in disuso, forse la Porta Thermarum di XII secolo, ο ancora una porta del-
la cittadella araba. Cfr. F. Tomaselli, Palermo. Ricerche archeologiche nel convento
della SS Trinità (Magione). Il monastero cistercense della Trinità di Palermo : una fon-
dazione anomala, in “Archeologia medievale”, 24 (1997), pp. 293-295, figg. 7-8.
17
E. Pezzini, La cinta muraria della città di Palermo, in “Mélanges de l’École française
de Rome. Moyen-Age, Temps modernes”, t. 110, n. 2, 1998, pp. 719-771.
18
Regesto parziale e trascrizione delle indicazioni topografiche in V. Di Giovanni, La
Topografia antica, cit., n. 9, II, p. 9.
19
A. Mongitore, cit., pp. 13-14.
20
Mansio Sanctae Trinitatis. Mostra, a cantiere aperto, dei lavori di restauro nel com-

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confine della cittadella fatimida nota come al-Halisah (l’Eletta, corrotto nel ter-
mine moderno Kalsa), sede emirale e centro amministrativo e militare fondato
da Halil Ibn Ishaq, che nel 937 era giugno in Sicilia per sedare un rivolta scop-
piata contro il governo musulmano. 21
Allo stato attuale delle ricerche la notizia più antica relativa all’abbazia risale
comunque al 1191: si tratta di un diploma redatto in lingua greca, nel quale si
registra la vendita per cinquanta tarì, fatta all’abate di Santa Trinità del cancel-
liere, di una casa a Palermo, presso il panificio di corte. 22
Quale fosse la facies della Magione è apprezzabile, almeno in parte, sia
dall’analisi di una pianta generale del complesso, sebbene datata al 1791 e con-
servata presso l’Archivio di Stato di Palermo, 23 nonché il diretto confronto con
una planimetria di inizi Novecento, sia la visione attuale del manufatto. En-
trambe le piante permettono, infatti, non solo di valutare la complessità dell’in-
sediamento, ma anche di verificare quanto di esso sia effettivamente sopravvis-
suto non solo ai funesti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ma an-
che ad alcuni restauri intrapresi ai primi dell’Ottocento e dopo la Seconda Guer-
ra Mondiale. I primi, realizzati tra il 1800 ed il 1815 fornirono all’edificio di
culto una veste neoclassica,24 dalla quale fu liberata durante i restauri e la rico-
struzione post bellica

«interessata al recupero di una presunta immagine originale, quella della fabbrica


di età normanna, venne condotta da Mario Guiotto, Soprintendente a Palermo dal
1942 al 1949».25

Dell’antico edificio cistercense, che potremmo a ragione definire l’ultima


costruzione religiosa normanna, filia dell’abbazia palermitana di Santo Spirito, 26

plesso monumentale della Magione e Palermo, 7 giugno-30 settembre 1990. Palermo,


Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali, ambientali della pubblica istruzione.
Soprintendenza per i beni culturali e ambientali, Palermo 1990; C.A. Di Stefano, F.
Tomaselli, F. D’Angelo, I. Garofano, Palermo. Ricerche archeologiche nel convento
della SS. Trinità (Magione), in “Archeologia Medievale”, XXIV (1997), pp. 296-308.
21
E. Pezzini, cit., pp. 762-769
22
G. Rubbino, La Basilica della Santissima Trinità della La Magione a Palermo. Guida
storico-artistica, ne “I Quaderni CNTN” (7) 2003, p. 17.
23
Archivio di Stato di Palermo, “Pianta iconografica del piano nobile e delle case e
chiesa della Maggione di Palermo”, Commenda della Magione, busta n. 1671, carta to-
pografica n. 21.
24
R. Russo, La Magione di Palermo negli otto secoli della sua storia, Palermo 1975.
25
G. Rubbino, cit., p. 23; C. Lumia, cit., pp. 121-128.
26
G. Davì, Introduzione all’architettura cistercense in Sicilia: le chiese di S. Spirito e
della SS. Trinità a Palermo, ne “I Cistercensi e il Lazio”, Atti delle giornate di studio
dell’Istituto di storia dell’arte dell’Università di Roma (Roma, 17-21 maggio 1977), pp.
99-100; T. Torregrossa, La Chiesa di Santo Spirito a Palermo, Firenze 2000.

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ancora si percepisce l’impianto basilicale a tre navate divise da tre arcate a sesto
acuto su colonne, munite di pulvino, ovvero dell’elemento di chiara matrice bi-
zantina, collocato tra il capitello e l’imposta dell’arco, la cui funzione è quella
di garantire la distribuzione dei carichi tra i due elementi tettonici.

Palermo, Santissima Trinità della Magione. Fig. 1 (in alto): esterno, facciata.
Fig. 2 (in basso): interno, navata centrale.

Il chiostro, nucleo centrale dell’organizzazione monastica secondo la regola


cistercense, doveva appoggiarsi al fianco meridionale della chiesa, mentre nel
caso della Magione è posto sul fianco settentrionale.

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Palermo, Santissima Trinità della Magione. Fig. 3 (in alto): chiostro.


Fig. 4 (in basso): chiostro, dettaglio di un capitello.

Del chiostro originario databile alla fine del XII secolo, si conservano solo le
corsie nord-occidentali e sud-orientali, quest’ultima quasi completamente rico-
struita tra il 1951 ed il 1954, ove le parti mancanti sono state ricostruite attra-
verso quelle superstiti.

«Simile al maggiore esempio monrealese del quale riprende l’ordine delle arcate
ogivali a doppia ghiera, con archivolto e costola all’intradosso, su colonne binate
con capitelli di buona fattura, il chiostro della Magione se ne distacca, per di-
mensione e ricchezza decorativa».27

27
G. Rubbino, cit., pp. 65-66.

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La vera da pozzo, al centro del chiostro, è frutto del riutilizzo di materiale


del XIV secolo proveniente da una tomba con iscrizione in lingua ebraica.

Fig. 5 - Palermo, Santissima Trinità della Magione, il pozzo al centro del chiostro.

Al periodo teutonico risalgono gli ambienti annessi della chiesa, documentati


grazie al lascito archivistico dei Cavalieri, ovvero il refettorio, la cappella del
1463 intitolata al santo militare San Giorgio28 e le stanze del Commendatore.29
Un ambiente allungato, un tempo utilizzato come battistero, accoglie oggi la
cappella dedicata a Santa Cecilia. Sulla parete di destra un grande affresco della
Crocefissione, con il Cristo sofferente tra le immagini di San Giovanni e della
Madonna ai cui piedi si staglia, di profilo, l’immagine di un uomo inginocchiato
da alcuni identificato con Leonard von Mederstorsen, procuratore dell’Ordine
nel 1458, e ritengo anche il committente dell’affresco e personaggio a cui si de-
ve la sistemazione dell’antico refettorio a cui l’affresco era destinato.
La Magione non fu il solo complesso spettante ai Teutonici nella città di Pa-
lermo, poiché ad essi fu concessa anche la preesistente chiesa dedicata a San
Giovanni Battista detta poi “dei Lebbrosi”, collocata nell’attuale via Cappello
ovvero nella zona ovest della città.
Secondo Toomaspoeg, la concessione ai Teutonici, avvenuta nel febbraio del
1219, rientrerebbe non solo all’interno della politica federiciana di pacificazione
della Sicilia, ma anche del recupero dell’ospedale agli Arabi. L’ottenimento
dell’Ospedale per la cura della lebbra avrebbe però da lì a poco scatenato un a-
spro conflitto con i fratelli di San Lazzaro, risolta però a favore dei Teutonici.
Con il privilegio del 1219 la provincia teutonica di Sicilia veniva ad acquistare

28
La cappella fu consacrata il 4 aprile 1463.
29
K. Toomaspoeg, cit., pp. 400-402.

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inoltre, circa 5000 ettari di terra, «ovvero la metà di quello che possedeva al-
l’epoca della sua massima espansione nel XV secolo».30

Palermo, San Giovanni Battista dei Lebbrosi. Fig. 6 (a sinistra): facciata.


Fig. 7 (a destra): fianco occidentale, particolare del transetto

Il più antico documento relativo alla chiesa è datato 4 maggio 1155: si tratta
di un privilegio di Guglielmo I re di Sicilia in favore dell’Ospedale di San Gio-
vanni dei Lebbrosi in cui concede il possesso di alcune case in Maselarmet, Bu-
tont e Gurfa31 oltre ad alcune terre e vigneti collocate nei dintorni dell’ospedale
e libera, inoltre, quest’ultimo da carichi fiscali. 32
Una tradizione, mai avallata però da fondi d’archivio, vuole che la chiesa sia
stata fondata da Roberto il Guiscardo e dal fratello Ruggero d'Altavilla in occa-
sione dell’assedio di Palermo del 1071, nel sito in cui insisteva un castello sara-
ceno di cui permangono alcuni resti murari e frammenti di pavimentazione
nell’area circostante la chiesa.

«Passato il ponte quasi un tiro di sasso, si trova una chiesetta fatta in volta, che si

30
Idem, L’Ordine Teutonico in Puglia e Sicilia, ne “L’Ordine Teutonico nel Mediterra-
neo. Atti del Convegno internazionale di studio (Torre Alemanna (Cerignola)-Mesagne-
Lecce 16-18 ottobre 2003), a cura di H. Houben, Galatina 2004, p. 141.
31
G. Nania, Toponomastica e topografia storica nelle valli del Belice e dello Jato, Pa-
lermo 1995, p. 24, nota 9.
32
K. Toomaspoeg, Le teutonic, p. 560.

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chiama San Giovanni, dove stanno i lebbrosi, fatta già da Roberto Guiscardo e
dal conte Ruggiero, quando assediava Palermo, come si legge nella loro vita, e
come afferma Federico II imperadore in un diploma dato in Agenova l’anno
1209 nel mese di febbraio».33

È però ipotizzabile che nel 1071 i Normanni abbiano contribuito soltanto alle
fasi iniziali dell’innalzamento dell’edificio di culto, e che il suo completando sia
avvenuto entro il 1085, ovvero l’anno di morte di Roberto il Guiscardo.

Palermo, San Giovanni Battista dei Lebbrosi. Fig. 8 (in alto): fianco occidentale,
veduta generale. Fig. 9 (in basso): particolare delle finestre a doppia ghiera.

33
Storia di Sicilia Deche Due di Tommaso Fazello Siciliano, t. II, Palermo 1830, p. 250.

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La chiesa, da molti considerata il primo esempio di architettura normanna,


presenta una pianta a tre navate divise da tre coppie di pilastri a pianta rettango-
lare sui quali si impostano quattro arcate a sesto acuto. Il presbiterio soprelevato
è introdotto da una coppia di pilastri a pianta cruciforme. Le campate del presbi-
terio sono concluse da altrettante absidi delimitate da colonnine angolari.
La zona del santuario si sviluppa sull’asse di una qubba cupolata con pen-
nacchi angolari a nicchie rientranti, centro focale dell’impianto basilicale di cui
individua la parte più sacra.34
Del lebbrosario non rimane traccia se non nei muretti a ridosso dell’edificio
di culto. Ritengo che esso fosse un edificio di modeste proporzioni, non troppo
dissimile dal noto tipo a “sala”, a un solo piano, a una o tre navate coperte a vol-
ta o a capriate, illuminate da finestre sui lati lunghi. Ciò che però differenziava
un lebbrosario da un ospedale medievale a sala, erano le abitazioni dei malati, la
presenza di un cimitero annesso e di un muro di cinta.35

Messina e l’ospedale di Santa Maria degli Alemanni

Diversamente dai due insediamenti palermitani innalzati prima dell’arrivo


nell’isola dei cavalieri teutonici, la chiesa di Santa Maria degli Alemanni a
Messina 36 nei pressi dell’attuale via Garibaldi, in contrada detta “Paraporto”, fu
realizzata nell’ultimo decennio del XII secolo,37 ovvero poco prima che essi ve-
34
M. R. Pizzurro, Disegnare lo spazio del rito. La qubba negli edifici sacri siculo nor-
manni, in “Disegnare il tempo e l’armonia. Il disegno di architettura osservatorio nel-
l’universo”, Atti del Convegno internazionale Seminario Arcivescovile Maggiore (Fi-
renze, 17-18-19 settembre 2009), Firenze 2010, p. 521, nota 10.
35
I. Moretti, s.v. “Ospedale”, in “Enciclopedia dell’Arte Medievale”, vol. VIII, Roma
1997, pp. 906-917.
36
G. Agnello, L’architettura civile e religiosa in Sicilia nell’età sveva, 1961, pp. 290-
304; S. Bottari, I monumenti svevi di Sicilia, 1950, pp. 9-14 e tavv. VI-X; G. Buonfiglio,
Messina città nobilissima, 1606, p. 19; E. Calandra, Breve storia dell’architettura in
Sicilia, 1938, p. 51; G. Di Stefano, L’architettura religiosa in Sicilia nel secolo XIII, in
“Archivio Storico Siciliano”, 1938, pp. 51-60; C. D. Gallo, Apparato agli Annali della
città di Messina, 1755, pp. 15, 165; P. Gazzola, La chiesa di S. Maria degli Alemanni a
Messina, in “Palladio”, V (1941), pp. 207-221; G. La Corte Cailler, Per la storia
dell’arte in Messina, 1905, p. 35; L. Lombardo, L’Alemanna nell’architettura
medievale, in “Atti Accademia Peloritana”, XXI (1906); E. Mauceri, Santa Maria degli
Alemanni in Messina, ne “L’arte”, 1922, pp. 134-141; P. Samperi, Iconologia della
gloriosa Vergine Madre di Dio Maria protettrice di Messina, 1644, rist. anast. con
“Indici”, a cura di G. Molonia, 1992, pp. 473-475; A. Spanò, D. Sparacino, Messina.
Chiesa di Santa Maria degli Alemanni, in “Federico e la Sicilia. Dalla terra alla corona.
Archeologia e architettura”, 1995, pp. 677-679.
37
Sembrerebbe ormai superata la datazione al primo quarto del XIII secolo proposta in
S. Bottari, Monumenti svevi in Sicilia, Palermo 1950, p. 10; G. Agnello, La chiesa di S.

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nissero a costituire un Ordine religioso vero e proprio. L’importanza dell’antica


Mesana quale porto d’imbarco per la Terrasanta viene fornito dal resoconto del-
la Crociata che ne fece il sovrano francese Filippo II Augusto: il quale nel 1190,
all’andata, seguì la rotta tirrenica facendo scalo proprio a Messina, e al ritorno,
nel 1191 ottenne da Tancredi il permesso di transito per il regno, sbarcando ad
Otranto e risalendo poi la costa pugliese. 38
L’edificio di culto, di modeste dimensioni, sin dall’origine era caratterizzato
da una pianta a tre navate, divise da una triplice serie di pilastri a fascio, conclu-
se da absidi semicircolari, priva inoltre di transetto e cleristorio. Completata for-
se da un campanile, la chiesa prospettava, probabilmente con un portico, sul
cortile dell’ospedale a cui era annessa e al cui prospetto potrebbero riferirsi tre
mensoloni in calcare gessoso con figure angeliche con libri aperti, ed il cui ruo-
lo era quello di accogliere i pellegrini.39 Dell’annesso ospedale non vi è più
traccia, il Gallo, però, nei suoi annali del 1775 così lo descriveva:40

«Dietro di essa chiesa si scorge ancora parte dell’edificio, che serviva per ospe-
dale dei teutonici, con molti archi alla gotica, ed in una delle stanze, il cui tetto è
dipinto con le armi reali nel mezzo di quelle del vicerè e della città, si legge in
uno scartoccio su degli archi di una colonna questa iscrizione: “Prima Sedes et
Regni Caput”».

Dell’antico edificio, parzialmente restaurato nel Novecento, 41 possiamo va-


lutarne l’originaria spazialità grazie ai rilievi architettonici prodotti da Raimon-
do D’Aronco nel 1891 ed oggi conservati al Museo Regionale di Messina. Co-
me giustamente sottolineato da Gesualdo Campo, la chiesa di Santa Maria degli
Alemanni mostra da un lato il «ritorno alla compatta scatola muraria romani-
co-sicula», e dall’altra i rilievi del D’Aronco presentano alcuni stilemi architet-
tonici non propriamente gotici, essendo la pianta priva del cleristorio e le volte a
crociera frutto di un restauro seicentesco.
La chiesa mostra tutto il suo splendore nel superstite apparato scultoreo di
capitelli e mensole decorative. La varietà iconografica e stilistica dei capitelli e
dei reperti pertinenti ai due portali, in parte conservati al museo regionale, sem-
bra infatti dimostrare la compresenza di maestranze di diverso orientamento tale
da offrire parallelismi con gli ambienti monrealesi e con gli scultori oltre-

Maria degli Alemanni a Messina, (Siculorum Gymnasium 13), 1960, pp. 103-116.
38
P. Dalena, Gli insediamenti dell’Ordine Teutonico e la rete viaria nell’Italia Meri-
dionale, ne “L’Ordine Teutonico nel Mediterraneo”, cit., p. 161.
39
Diverso il caso dell’ospedale di San Giovanni Battista di Agrigento, considerata da
Toomaspoeg una sorta di “pensione” per i ricchi confrati dell’Ordine. Cfr., K. Tooma-
spoeg, L’Ordine Teutonico in Puglia e Sicilia, cit., p. 156.
40
C.D. Gallo, Apparato degli annali della città di Messina, Napoli 1775, rist. anast. a
cura di S. Molonia, Messina 1985, p. 15.
41
G. Campo, s.v. “Messina”, pp. 346-347.

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

montani di area borgognona. Oltre a lapicidi francesi ravvisabili nel portale late-
rale, si individuano anche lapicidi radicati nel tessuto locale, quindi fortemente
influenzati dai repertori e tecniche diffuse nell’Italia meridionale

«attraverso l’irradiazione delle fondazioni monastiche benedettine e cistercensi,


suggestionate anche, talvolta, dai motivi diffusi nelle oreficerie, nei tessuti e nel-
la produzione miniatoria. Anche le sculture dei portali, di cui una ricostruzione
più certa è individuabile in quello della fiancata sinistra, si riconducano alla pla-
stica borgognona con rilevanti assonanze con alcune espressione di Chartres,
Angers, Pathernay».42

Fig. 10 - Messina, chiesa di Santa Maria degli Alemanni.

Gli insediamenti agricoli

La presenza dell’Ordine teutonico nell’isola non si limitò però solo ad inse-


diamenti nei grandi centri urbani, poiché essi avviarono un consistente pro-
gramma di radicamento nel tessuto economico locale mediante anche la gestio-
ne di numerose strutture agricole quali Canseria, Corleone, Polizzi, Gela, Gulfa
e Rasalaimi.

42
C. Di Giacomo, L’apparato scultoreo della chiesa di Santa Maria degli Alemanni, in
“Federico e la Sicilia dalla terra alla corona. Archeologia e architettura”, a cura di G.
Stefano, A. Cadei, cat. (Palermo 1994-1995), Palermo 1995, pp. 691-693; F. Campagna
Cicala, s.v. “Messina, Scultura, Pittura, Miniatura e Arti Santuarie”, p. 352.

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

Nel feudo della Canseria, nell’attuale provincia di Siracusa, sulla riva della
Cavagrande del Cassibile, tra Noto Antica e Avola Antica, ancora si conservano
i resti della chiesa di Santa Maria della Cava. Di essa si ha notizia in un docu-
mento del 1° settembre 1290 quando Giacomo I comanda al giustiziere della
Val di Noto di porre i Teutonici a capo della chiesa 43 detta di Santa Maria de
Criptis rebellatis. Il toponimo criptis fa riferimento al primitivo luogo di culto,
ovvero una grotta, il cui ingresso ancora è ben conservato al di sotto della chiesa
di fine XIII secolo. Di quest’ultima ancora si conservano la facciata a capanna
con portone centrale e ampia finestra, entrambe di chiara matrice quattrocente-
sca, così come il lungo edificio che si affianca perpendicolarmente ad essa.
In un completo stato di abbandono, ridotta poco più di un rudere, appare a
nord di Corleone, ad Haiarzineto, la chiesa dedicata a Santa Elisabetta.44 Allo
stato attuale delle ricerche è ardua poter indicare al lettore la sua struttura, plau-
sibilmente un piccolo edificio, all’interno di un grande territorio parte del quale
era stato donato dai Teutonici ai Corleonesi al fine di valorizzarlo, ricevendo in
cambio donazioni. 45
Tanto nel feudo della Canseria che in quello di Haiarzineto possiamo inoltre
ancora apprezzare la conformazione architettonica della commenda teutonica,
strutturata attorno ad una corte circoscritta da mura difensive, con cappella, stal-
le, piccionaie, ed abitazioni per i famigliari.
Della chiesa teutonica di Polizzi Generosa dedicata alla SS. Trinità oggi si
intravvedono alcuni muri all’interno di costruzione moderne, ma ne abbiamo la
parziale descrizione lasciata dal Di Giovanni:

«Questa Chiesa comunque fu Chiesa del Monastero de Cavalieri Teutonici, divi-


sa in tre navate come gli antichi Polizzani dicevano... fu abbandonata definitiva-
mente nel 1877 e nel 1879 venduta dal Demanio a privati, ancora oggi esiste un
dipinto nell’abside sul punto di scomparire».

Si è persa, invece, per sempre la memoria architettonica della chiesa di Santa


Maria degli Alemanni di Gela, quando nel 1970 venne abbattuta per fare posto
ad un centro di Salesiani.46 Archivio di Stato di Palermo conserva però, una car-

43
A. Marrone, Repertori del Regno di Sicilia dal 1282 al 1377, p. 81.
44
In Germania un culto particolare fu riservato a Santa Elisabetta di Turingia, che era
stata infermiera nell’ospedale dell’Ordine teutonico a Marburgo, divenendo poi sorella
dell’Ordine, e che fu poi canonizzata nel 1235. Un esempio di ciclo dedicato alla
leggenda di Santa Elisabetta, ormai perduto, datato 1340 circa, si conservava nella
Elisabethkirche di Norimberga. Cfr. G. Rossi Vairo, Alle origine della memoria
figurativa: Sant’Elisabetta d’Ungheria (1207-1231) e Isabella d’Aragona, Rainha
Santa de Portugal (1272-1336) a confronto in uno studio iconografico comparativo, in
“Revista de Historia da Arte”, 7 (2009), pp. 221-235.
45
K. Toomaspoeg, L’Ordine Teutonico in Puglia e Sicilia, cit., pp. 152-153.
46
L. Alliotta, La chiesa di S. Maria SS. dell’Alemanna in Gela, Caltanissetta 1954.

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

ta topografica che mostra il feudotto e la chiesa di Santa Maria degli Alemanni,


anche in questo caso, sembrerebbe esser stata una struttura di modeste dimen-
sioni. Proveniva da quella chiesa una icona della Madonna detta dell’Alemanna,
che una tradizione vuole essere stata seppellita dagli stessi cavalieri per proteg-
gerla dalla invasione dei Saraceni.47
Dei feudi summenzionati la Gurfa, nel comune di Alia, rappresenta un caso
molto particolare essendo caratterizzato da un gruppo di grotte, da intendersi
come vero e proprio monumento di architettura rupestre, poiché esse sono cava-
te nell’arenaria rossastra che compone il nucleo della collina.
Se discordanti sono le teorie circa la loro origine che sembra spaziare
dall’epoca pelagica sino al pieno medioevo, incontestata è di contro, l’origine
araba del toponimo, che ne attesta un uso specifico da parte di gente islamica, in
un lasso di tempo intercorrente fra la conquista musulmana dell’isola e il perio-
do delle rivolte sotto il dominio di Federico II. Come abbiamo già avuto modo
di evidenziare la Gurfa è citata per la prima volta, nei documenti, come popolo-
so e florido casale ‘arabo’, dato già esistente nel 1150 quando fu concesso dal re
Guglielmo allo Spedale dei Lebbrosi di Palermo. Successivamente il casale en-
trava a fare parte dei possedimenti dell’Ordine Teutonico a cui lo Spedale dei
Lebbrosi passava con tutti i suoi beni. Secondo Giulia Rossi Vairo, i cavalieri
non avrebbero proceduto a nessun tipo di trasformazione delle grotte, che sap-
piamo essere disposte su due piani, bensì al solo innalzamento di un muro di-
fensivo davanti ai loro ingressi, e del quale ancora si vedono le vestigia.48
Dell’antico casale di Risalaimi, sito in prossimità del torrente Eleuterio nella
campagna palermitana, nell’odierno comune di Misilmeri, si conservano, presso
la galleria regionale della Sicilia “Palazzo Abatellis”, alcune opere parte inte-
grante di un ciclo di affreschi che dovevano un tempo decorare la cappella del
casale stesso. L’insediamento di origine cistercense passò sotto la giurisdizione
dei cavalieri teutonici della Magione di Palermo nel 1197 per volere di Enrico
VI.
Nel 1492 ovvero al momento dell’allontanamento dell’Ordine dall’isola esso
passò alla facoltosa famiglia di origine aragonese dei Ram e rimase da allora
proprietà privata. Nel 1856, a seguito di una violenta piena dell’Eleuterio che
investì Risalaimi, la Commissione di Antichità e Belle Arti decise di staccare gli
affreschi rimasti, ovvero quelli concentrati nella parte alte della piccola chiesa,
che da una bellissima descrizione che ne fece nel 1862 Gioacchino Di Mauro,
doveva essere in origine interamente rivestita da pitture.

47
M.K. Guida, L’icona della Madonna delle Vittorie a Piazza Armerina, in “Francesca-
nesimo e cultura nella provincia di Caltanissetta ed Enna”, Atti del Convegno di Studi
(Caltanissetta-Enna, 27-29 ottobre 2005), p. 187.
48
G. Rossi Vairo, Le testimonianze storico-artistiche dell’Ordine Teutonico in Sicilia,
ne “I Cavalieri dell’Ordine Teutonico tra Sicilia e Mediterraneo”, cit., pp. 208-209.

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

Eccone, in parte, la descrizione del Di Mauro:49

«Nell’ordine inferiore, nel quadro centrale, si vede in mezzo la Vergine con in


mano una clava, in atto di difendere dalle insidie dell’abisso i suoi fedeli: e ai lati
di essa stanno sant’Orsola e santa Elisabetta di Ungheria, siccome quelle che sfi-
daron la guerra e nacquer tra le armi. Nei due riquadri laterali tutto è perduto. Pe-
rò nel muro longitudinale, ov’è la porta d’ingresso sta su di essa nel centro A-
bramo patriarca, che porge una coppa ai tre angeli, da lui ricevuti in ospizio: il
qual soggetto vedevasi pur dipinto sulla porta maggiore della chiesa della Trinità
della Magione in Palermo, siccome quello che è simbolo della Triade. […] Nella
parete di rimpetto vedonsi al di sopra fra gli spazi lasciati da due finestre, varie
figure bellissime di sante vergini, quali s. Agnese, s. Anastasia, s. Agata, s. Luci-
a, s. Pannonia, s. Cristina, s. Oliva; ed altre al di sotto venerande ed auguste, di s.
Antonio abate, s. Sebastiano, s. Erasmo, s. Basilio, s. Vito, s. Leonardo, ed altre
danneggiate e malconce».

Fig. 11 - Palermo, Galleria Regionale della Sicilia “Palazzo Abatellis”, affresco


del pittore Tommaso de Vigilia proveniente dal Casale Risalaimi.
Da sinistra, le sante Anastasia, Agata, Lucia, Apollonia.

La presenza nel ciclo di affreschi tanto di una santa venerata dai teutonici
quale è Santa Elisabetta d’Ungheria50 quanto l’attestazione di altre Sante quali

49
G. Di Mauro, Delle belle arti in Sicilia dal sorgere del secolo XV alla fine del XVI,
vol. III, libro VII, p. 128.
50
L. Temperini, Santa Elisabetta d’Ungheria nelle fonti storiche del Duecento: biogra-
fia et spiritualità, Atti del processo di canonizzazione, le fonti storiche del Duecento,
Padova, 2008; J. Ancelet-Hustache, L’or dans la fournaise. Vie de Sainte Elisabeth de

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

Anastasia, Agata, Lucia ed Apollonia (nel testo «Pannonia») legate invece ad


una religiosità prettamente siciliana, attesta la grande duttilità dei cavalieri, atti
a recepire anche temi non troppo legati all’Ordine.
Nel brano in oggetto, inoltre, non viene però citato il così detto “donatore o-
rante”, con mantello da cavaliere teutonico e stemmi araldici ai lati, che secondo
la critica moderna andrebbe identificato con Heinrich Hoemeister, luogotenente
dal 1471, e poi commendatore del Baliato di Sicilia dal 1485-86 sino al 1492. 51
Hoemeister, originario probabilmente della regione dell’Assia, uomo di grande
autorità oltre che eccellente diplomatico, fece del castello di Risalaimi la sua re-
sidenza privilegiata. A costui viene, infatti, attribuita la committenza del ciclo di
affreschi per la cappella, e questo spiega anche la sua presenza all’interno di es-
so, ai piedi sicuramente di una Crocefissione, così come era consuetudine e co-
me era già accaduto nella Magione di Palermo.
L’attribuzione dell’intero ciclo al celebre pittore palermitano Tommaso de
Vigilia è orami indiscussa.52 Essi sarebbero stati eseguiti tra il 1460 ed il 1486
con l’intervento della bottega, caratterizzati da linee severe ed eleganti, ma che
nel complesso rivelano moduli stilistici ripetitivi e una qualità abbastanza me-
diocre. De Vigilia, figura di spicco della cultura figurativa del secondo Quattro-
cento palermitano, citato nei documenti anche come Maius de Vigilia, de Virgi-
lio o de Gilia, ma che nei dipinti superstiti si firmava “Thomas de Vigilia”, pre-
senta una pittura collocabile fra le tradizioni tardo medievali con referenze ibe-
riche e provenzali e il primo Rinascimento italiano di estrazione umbro marchi-
giana.53 Ed è soprattutto nelle Sante Cristina ed Oliva dall’espressione rapita e
fiabesca, che «gli impianti compositivi statici, bidimensionali rimandano a
schemi del gotico internazionale» così come l’adozione di semplici e regolari
forme geometriche per le parti anatomiche di capo e busto rimandano alla sen-
sibilità rinascimentale. Tali elementi secondo Evelina De Castro54 inducono a
datare gli affreschi nell’ambito degli Anni Sessanta, vicino quindi al San Gio-

Hongrie, Paris 1947.


51
Sulla figura di Hoemeister cfr. K. Toomaspoeg, Gli ultimi Teutonici di Sicilia (1491-
1492), in “Sacra Militia. Rivista di storia degli Ordini Militari”, 2 (2001), pp. 159-169.
52
Su Tommaso De Vigilia cfr. M.C. Di Natale, Tommaso de Vigilia, in “Quaderni
dell’istituto di Storia dell’Arte. facoltà di Lettere”, Università di Palermo, 4 (1974); L.
Iafusco, Per Tommaso de Vigilia, pittore palermitano, in “Arte Cristiana”, 8 (1992), pp.
187-198; G. Bresc-Bautier, Artistes, patriciens et confréries. Production et consomma-
tion de l’oeuvre d’arte à Palerme et en Sicile occidentale (1348-1460), Roma 1979.
53
G. Barbera, s.v. “De Vigilia, Tommaso”, in “Dizionario Biografico degli Italiani”,
vol. 39, Roma 1991, pp. 556-559.
54
E. De Castro, scheda “Ritratto di cavaliere teutonico in preghiera, forse Heinrich
Hoemester (†1493), ultimo commendatore del baliato di Sicilia (1471-92)”, scheda “Le
Sante Cristina e Oliva”, in “Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati,
soldati, cortigiani”, catalogo della mostra (Torino, 28 novembre 2009-11 aprile 2010), a
cura di A. Barbero e A. Merlotti, Milano 2009, pp. 276- 278.

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

vanni della Crocefissione datato anch’esso al 1460 ed oggi conservato sempre


presso la galleria.
Gli affreschi di Risalaimi, che in parte attestano un radicamento nella tradi-
zione si inseriscono all’interno di quella committenza teutonica che nel 1445
aveva visto De Vigilia eseguire la pala d’altare di Santa Elisabetta per la Ma-
gione e che lo vedrà nel 1481 firmare la tavola della Trinità per la chiesa di San
Giovanni dei Lebbrosi di Palermo.

Il castello della Margana

Unica testimonianza sino ad oggi ritrovata in Sicilia di architettura militare


dei Teutonici è il castello della Margana, che costituiva il punto di forza del si-
stema di controllo del territorio e delle vie di comunicazioni affidato ai cavalieri
da Federico II. Il castello posto lungo la strada provinciale Vicari Prizzi, vicino
al borgo “Portella della croce”, sorge su una rupe alta circa 460 metri, accessibi-
le solo da una gradinata che si sviluppa in tre lunghe rampe scavate nella roccia.
Il castello congiunge mirabilmente gli schemi del castello crociato, che Federico
II aveva conosciuto in occasione della crociata del 1228 (Cipro e Palestina) con
quelli dell’edilizia cistercense.

Fig. 12 - Castello della Margana.

Nel 1155 re Guglielmo I aveva donato all’Ospedale di San Giovanni dei


Lebbrosi di Palermo i fiorenti casali di Margana, con 31 villani, e di Realginet
(quest’ultimo nel territorio di Corleone) con 23 villani fissandone con cura i
confini. Con due diplomi del 1219 e del 1220 Federico II assegnava l’ospedale

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

del Lebbrosi con tutti i suoi possessi alla Commenda teutonica della Magione,
che dava avvio ai lavori di costruzione del maniero.
Come giustamente affermato da Natale Finocchio55 il casale sorgeva su di un
sito diverso da quello in cui attualmente si trova il castello della Margana, come
lascia trasparire un documento della fine del XV secolo.

«Sul lato sinistro del fornice d’ingresso al castello, parzialmente scavato nella
roccia, si apre la porta della cavallerizza, una grande stalla di forma rettangolare,
con copertura a botte, parallela al muro esterno. Una salita anch’essa scavata nel-
la roccia, porta nel primo baglio del castello stesso, dove si trova l’ingresso di
una torre costruita a ridosso del muro di cinta e resti di un’altra torre. Sul secon-
do stretto cortile del castello si affacciano le parti storicamente più interessanti
del complesso».56

Per quanto riguarda la cappella essa è a pianta rettangolare, priva di finestre,


ove si conserva un affresco con le nozze mistiche di Santa Caterina e Santa A-
lessandra, che recenti studi attribuiscono a Tommaso de Vigilia,57 e di fronte ad
essa una poderosa torre rettangolare alla quale vi si accede da una sola porta con
arco a sesto acuto, sul cui concio di chiave è scolpito lo stemma dell’Ordine,
composto da una doppia croce con al centro l’aquila imperiale, affiancato da al-
tri due stemmi teutonici, corrispondente ai moduli dell’architettura militare sici-
liana del Duecento. Nel 1353 il Precettore della Magione ottenne da re Ludovi-
co d’Aragona il permesso di ampliare il sito con la costruzione di un «castrum
costructum et fabricatum, ac in eodem loco proprio costruendo et fabbrican-
do»: «Il castello svolge da questo momento un ruolo non secondario nell’ap-
poggio dell’azione della corona contro i propri nemici».
Le fonti riferiscono di ulteriori lavori di ampliamento commissionati nel
1430 al mastro Tommaso Fadaluni de terra Deprani tra cui un muro di cinta,
una porta «ad voltam de cantoribus intaglatis», una torre sopra il baglio, alta 9
metri e gli inventari redatti nel 1436 e 1494 danno conto di altri copiosi inter-
venti tesi a magnificare

«la macchina militare del castello, costituito da un alto muraglione con quattro
torri che si alzavano agli angoli di un ideale quadrilatero costituito dalla sommità
della rocca».58

55
N. Finocchio, scheda “Il castello dei Teutonici nel feudo della Margana”, in “Federico
e la Sicilia dalla terra alla corona. Archeologia architettura”, a cura di C.A. Di Stefano e
A. Cadei, Siracusa-Palermo 2000, pp. 649-650.
56
Idem, p. 649.
57
E. De Castro, Gli affreschi del castello della Margana, in “Labor”, 41 (2004), pp. 56-
52.
58
Idem, p. 650.

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Deus Vult - miscellanea di studi sugli Ordini Militari

Se l’inventario del 1436 permette di individuare la chiesa, la camera del pre-


cettore, due altre camere, il magazzino, la cucina, la domus curatoli, quello del
1494, mostra il rafforzamento delle difese militari con la cammera municionis e
lo stabbulo.

Conclusioni

L’analisi dei complessi architettonici innalzati ex novo dai cavalieri teutonici


oppure loro pervenuti grazie a lasciti o donazioni e per molti dei quali è ancora
possibile apprezzarne la facies medievale, all’interno di un’isola quale è la Sici-
lia, che aveva visto anche la presenza di Templari e Ospitalieri,59 ha ancora una
volta attestato la completa infondatezza di una “architettura teutonica”. I cava-
lieri teutonici non solo seppero astutamente inserirsi all’interno di un tessuto so-
ciale preesistente, ma furono anche capaci di usufruire dell’abilità delle mae-
stranze locali, in grado di dominare gli stilemi di un’arte del tutto autoctona, ec-
cezion fatta per il cantiere di Messina.
Come ha giustamente sottolineato Gaetano Curzi nonostante lo stile dichia-
ratamente sobrio di vita degli Ordini militari, il progressivo allentarsi nel corso
del Duecento dell’iniziale rigore determinò, in linea con l’origine aristocratica
dei membri, la committenza di opere mobili e oggetti suntuari, un patrimonio
del quale abbiamo una conoscenza ancora molto parziale.
Forse una eccezione è il pittore Tommaso De Vigilia, che Roberto Longhi
nel 1953 definisce un caso anomalo di «gotico ombreggiato di rinascimento».60
I ricchi apparati decorativi a lui commissionati attestano non solo la grande di-
sponibilità economica dei nostri cavalieri, ma ribadiscono anche il loro gusto
per decorazioni ancorate alla tradizione isolana.

59
K. Toomaspoeg, Templari e Ospitalieri nella Sicilia Medievale, Centro studi militen-
si, 2008; L. Petracca, Giovanniti e Templari in Sicilia, Galatina 2006; C. Guzzo, Tem-
plari in Sicilia. La storia e le sue fonti tra Federico II e Roberto D’Angiò, Genova 2003.
60
R. Longhi, Frammenti siciliani, in “Paragone”, IV, (1953), 47, pp. 16 ss.

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