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Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°13 - 2001 - Edita dalla Comunità Montana delle
Prealpi Trevigiane
LOREDANA IMPERIO
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
3) Dupuy P.: "Histoire de la condamnation des Templiers", ed. Parigi 1700, p. 222.
4) Capone B.: "I documenti italiani pubblicati da Hans Prutz" in Atti del IV Convegno
LARTI,
L'Aquila 24-25 maggio 1986, Capone F. Torino, p. 165.
5) Caravita R.: "Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna al tempo di Dante"
Olscki
Firenze,p. 116.
6) Capone B.: "Quando in Italia c'erano i templari - Italia settentrionale" F. Capone, Torino
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
1997, p.5'7.
7) AAR, caps. S. lit. E, n. 10. In questa data Guido della Torre autorizzava Martino a
consegnare ai vicari degli arcivescovi di Ravenna e Pisa i beni e le rendite templari di
Milano.
8) Caravita R.: op. cit. p. 134-135.
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Il 7 agosto 1312, fra' Atto, precettore ospedaliere di Santa Maria del Tempio di
Bologna, si recò a Rimini, nel palazzo del signore Malatestino Malatesta, e gli
chiese che gli fossero consegnati i beni del Tempio di cui egli si era appropriato
|9| e lo stesso giorno, il medesimo fra' Atto, dovette richiedere anche la
restituzione della chiesa e del convento di San Michele Arcangelo occupati
abusivamente da prete Buono, rettore della chiesa riminese di San Martino in
Vite |10|
Il 12 agosto 1308 Clemente V inviava la bolla "Faciens misericordiam" a tutti i
prelati della Chiesa ordinando loro di inquisire sull'Ordine del Tempio e i suoi
appartenenti nelle varie parti della Cristianità|11|.
Nella stessa data il Papa dava mandato di inquisizione in Curia Romana ai
cardinali Landolfo, titolare di S. Angelo, e Pietro Colonna, perché
sovrintendessero all'arresto dei templari e facessero ricognizione dei beni
confiscati per informarne, quindi, il Papa|12|.
Nella medesima occasione il pontefice emanava altre tre bolle: la "Ad
omniumfere", la "Cum nos pro" e la " Deus ultionum" |13| Nella prima il
pontefice ordinava la restituzione, entro un mese, dei beni templari sottratti e
indebitamente posseduti, pena la scomunica o l'interdetto; nella seconda egli
specificava come la bolla e le lettere papali dovessero essere rese pubbliche
durante la celebrazione delle funzioni solenni, non in latino ma in lingua
volgare affinché nessuno potesse ignorarle e fossero affisse in luoghi opportuni;
nella terza infine Clemente V elencava l'entità del patrimonio templare,
composto da beni mobili, precettorie, ospizi, case, chiese, fattorie, mulini, diritti
e giurisdizioni, che dovevano essere preservati. I curatori potevano demandare
la gestione ditali beni ad altre persone ritenute idonee, ma non erano autorizzati
né ad alienare né a dividere il patrimonio dell' Ordine, anzi dovevano cercare di
recuperare quanto sottratto anche con la forza e l'ausilio del braccio secolare.
Gli incaricati degli inquisitori avevano l'obbligo di compilare un inventario
redatto pubblicamente e sigillato, da trasmettere alla Camera apostolica con un
rendiconto annuale dei redditi e profitti dei beni di ogni precettoria. Solo la
Deus ultionum risulta essere giunta ai dogi veneziano e genovese, al capitano di
Milano e ad altre simili autorità affinché recuperassero i beni templari |14|
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
9) Atto di cessione dei beni templari in Romagna ai Giovanniti. Bologna 21luglio 1312 in
"Pellegrini, crociati e templari" Caruso E. - Imperio L. - Mauro M. Moderna Castrocaro
Terme 1994. p. 265.
10) vedi Nota n. 9.
11) Regestum Clementis Papae V (voi. Il - III) cura e studio monachorum ordinis S.
Benedicti
Anno MDCCCLXXXV - Romae, ex typographia Vaticana, MDCCCLXXXV, n. 3403
Pictavis 12 aug. 1308.
12) Portolan S.: "Sul processo per eresia dei Templari" Penne e Papiri, Latina 1999, p. 14.
13) Regestum op. cit. n. 3400 "Ad omnium fere"; n. 3401 "Cum nos pro"; n. 3515 "Deus
ultionum".
14) Regestum op. cit. n. 3515, p. 315.
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Come si può notare dal tenore di queste tre bolle, la maggiore preoccupazione
del pontefice era di carattere finanziario, infatti egli dedicò ben tre bolle al
problema del recupero e della salvaguardia del patrimonio templare, mentre si
limitò ad emettere una sola bolla con le accuse contro l'Ordine dimostrando,
ancora una volta, che il processo non era altro che una spregevole montatura per
impadronirsi delle ricchezze e delle terre dei Templari.
Stranamente troviamo che in Toscana l'inventano dei possessi templari fu stilato
il 24 luglio 1308 |15|, cioè ben 20 giorni prima dell'emanazione dell'ordine
papale, mentre solo il 23 agosto dello stesso anno l'inquisitore domenicano
Egidio de' Prosperi, occupava a Parma la Chiesa e la casa di Santa Maria del
Tempio |16| e procedeva all'inventano dei beni. Seguivano quindi tutte le altre
case dell'Emilia e Romagna|17| e il successivo 2 gennaio 1309 iniziavano le
visite e gli inventari di quelle lombarde e piemontesi.
Nella Marca Trevigiana e nel Friuli gli inventari vennero compilati molto tardi e
precisamente quasi un anno e mezzo dopo l'ordine papale (1310).
Gli inviati degli arcivescovi di Ravenna e di Pisa incaricati di inventariare le
case della Marca Trevigiana e del Friuli erano: fra' Pietro detto Piccinino,
monaco di San Giovanni Evangelista di Ravenna dell'Ordine di San Benedetto,
Lino da San Miniato e Guinuccio da Firenze |18|
Delle precettorie da essi visitate, e menzionate nelle citate pergamene, mi
soffermerò su quelle di Santa Maria del Tempio di Oderzo (TV), più conosciuta
come Domus de Campagna e di San Quirino delle quali mi ero già occupata in
occasione dei precedenti Convegni di Ricerche Templari della LARTI ad Ascoli
Piceno e a San Quirino (PN) |19|.
La lettura dei documenti riguardanti queste due case templari evidenzia una
situazione alquanto sconcertante non riscontrata, sin ora, in alcuna altra parte
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
d'Italia.
L'inventano, parziale, della domus de Campagna venne stilato il 3 marzo 13 10
|20|, dopo che i procuratori avevano inventariato la Chiesa e i possessi della casa
templare di Breda, presso Treviso. Esso è piuttosto disordinato, salta dai libri
sacri ai paramenti, dai vasi sacri alla biancheria e ad altri oggetti di uso comune,
senza un filo logico, quasi fosse stato redatto sotto dettatura da una persona che
ricordava, disordinatamente via via mentre parlava.
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
21) Ordinario: libro che contiene le parti fisse della messa, oggi contenute nel Messale
romano.
22) Paramentum: paramento, qualsiasi veste che il sacerdote indossa quando celebra una
funzione religiosa. Sella P.: "Glossario Latino - Italiano; Stato della Chiesa - Veneto
Abruzzi". Biblioteca Apostolica Vaticana. Città del Vaticano 1944.
23) Zendado: sottile drappo di seta, deriva dal greco Sindòn, Sindone.
24) Pallio liturgico. In uso fin dai secoli V-VI, è costituito da una striscia di lana bianca, di
forma circolare, che gira intorno al collo, con due appendici della stessa larghezza,
scendenti
l'una sul petto e l'atra sul dorso, e ha sopra sei croci di tessuto di seta nera.
25) pignolata: tessuto di lino e canapa o lana e canapa.
26) piviale: dal latino pluviale. Paramento sacro che il sacerdote indossa in alcune funzioni,
ma non durante la celebrazione della messa. Ha forma di manto sino ai piedi, aperto
davanti
e fermato sul petto da una fibbia; di vario colore secondo il rito, è ricamato e munito di un
pezzo rigido, della stessa stoffa, cucito alle spalle: I vescovi lo indossano durante la
processione del Corpus Domini.
27) Sciàmito: tipo di tessuto di seta pesante, simile a velluto, di colore rosso amaranto; è
usato
per vesti e paramenti sontuosi.
28) AAR, caps. 5. lit. E, n.7; Bologna 12 ottobre 1309 - Giovanni di Castiglione e
Rainerio,
vicari degli arcivescovi di Pisa e Ravenna consegnano oggetti e libri sacri appartenenti alla
precettoria templare di Bologna a Dondidio tra i quali c'è: "... unam Banneriam de sendato
ad arma mansionis . . .". Nella domus de Campania è detto:"... unum confalonem de cendato
ad armaturam templi. .
29) camice: latino alba, tunica di lino bianca, lunga sino ai piedi, con maniche al po1so e
strette.
È indossato dal celebrante e dai ministri superiori (diacono e suddiacono) durante la
celebrazione eucaristica.
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sette soldi grossi veneziani, tre custodie per croci, un vaso di bronzo dorato per
il Corpus Christi e due stole |30| Seguono altri libri sacri, quali un evangelario
che inizia con le parole "Siccome Gesù si avvicinava" |31|; un libro razionale (?)
|32| che inizia "nella domenica d'Avvento" e contiene le preghiere dei santi con
l'ufficio della Trinità cantato e quello degli angeli; antifonarii |33| di notte e
parecchi di giorno; un libro dei canti per le processioni; un salterio |34| con gli
inni; altri libri quali un altro ordinario, un umiliamo |35| e per finire un libro
antico che iniziava con le parole "commemorazione di San Gerolamo prete".
6 di 19 7/2/2009 22:56
Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
Nel medioevo i libri erano una rarità, venivano scritti e miniati a mano negli
scriptoria dei monasteri e la grande quantità di libri liturgici di ogni genere, una
ventina, posseduta dai templari della domus de Campagna ci indica come detta
precettoria fosse ricca ed importante. Ci chiediamo a chi furono destinati questi
testi sacri e gli altri arredi della chiesa?
Furono regalati a personaggi più o meno in vista come avvenuto in Spagna? |36|
Lo ignoriamo poiché non esistono inventari successivi al passaggio della
precettoria in mano Giovannita.
Nella prosecuzione dell'elenco apprendiamo che vi erano due buone campane
nel campanile, una piccola in chiesa e un' altra nel refettorio. In una vecchia
cassapanca erano custoditi tre panni di seta da utilizzare come avanti altare |37|,
due cotte sacerdotali, un turibolo dipinto e una campanella, un piede di sostegno
in ottone per una croce dorata. Un piccolo bacile
30) stola: (tardo lat. orarium) è formata da una larga striscia di stoffa che gira intorno al
collo e ricade sul davanti. Il colore della stola si uniforma alla pianeta.
31) evangelarium (anche evangelistarium): evangelario, voce dotta latino ecclesiastico,
libro contenente i Vangeli di tutte le messe dell'anno liturgico.
32) probabile errore dello scrivano, non razionale, ma libro orazionale contenente le
orazioni dei Santi, della Trinità, ecc..
33) Antiphonarium - Antifonario: voce dotta latino ecclesiastico, libro che contiene le
antifone con le relative note di canto fermo; antifona = canto alternato, versetto cantato o
soltanto recitato prima e dopo un salmo o una preghiera.
34) Salterio ( ant. psalterio, psaltir, saltero, saltiero): libro biblico che raccoglie i salmi e le
relative notazioni musicali. Nella liturgia delle ore è una raccolta dei 150 salmi distribuiti,
secondo le ore canoniche, nei giorni della settimana.
35) humiliarum: umiliario non è chiaro di che libro si tratti. Nella casa di Bologna ne
vengono trovati due. Vedi nota 28.
36) Sans i Travé J. M.: "E! procés dels Templers catalans - Entre el turment i la glòria"
Pagés Lleida 1991, p. 310-311. Giacomo Il d'Aragona regalò i libri dei templari ai suoi
fedeli, ai cappellani reali, ai francescani, ai domenicani, ai principi, ai conventi fondati
dalla regina (sua quarta moglie) e a tanti altri. Se davvero i templari fossero stati eretici,
come si volle far credere all 'Europa intera, sarebbe stato giusto distruggere i loro libri
liturgici e non farne dono ai cattolicissimi sudditi del re aragonese. Anche in questo caso il
profitto e l'opportunismo la fecero da padroni.
37) "tres pannos de seta antem altaribus": si tratta di paliotti decorativi per coprire la parte
anteriore dell'altare.
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
Venezia (forse nella casa templare di 5. Maria in capite Brolio) si trovavano una
croce d'argento e un grande calice dello stesso metallo, un turibolo d'argento
dorato e una pianeta di sciamito giallo con i suoi ornamenti. L'inciso non è
molto chiaro e ci sembra strano l'inserimento, nell'elencazione di oggetti trovati
nella domus de Campagna, di altri presenti a Venezia a meno che questi,
considerati di particolare valore, non fossero stati inviati dal precettore di S.
Maria del Tempio di Oderzo alla casa veneziana templare considerata più sicura
e sotto la protezione della Serenissima. Infatti sappiamo che fra' Emmanuele,
precettore di Santa Maria in Capite Brolio di Venezia, governava ancora
tranquillamente la sua precettoria il 6novembre del 13 12 |38|.
L'elenco prosegue con un insieme di oggetti da cucina e da cantina: sei botti
della capienza di 300 conzi di vino circa |39|, una botte di rovere da 14 conzi di
vino, un'altra da 3 conzi e una da 5, due botti di rovere da 30 conzi. Tre mastelli
di rovere e due tini, madie da pane, imbuti, quattro botticelle da un conzo, due
catene da fuoco e una caldiera.
Nel refettorio fu rinvenuto tutto il necessario per preparare le mense, inoltre
scanni e tavoli nonché una lunga panca vicino alla chiesa.
Il verbale si conclude con il ritrovamento di 10 carri di fieno, 40 conzi di vino,
sei staia di frumento |40|, otto staia di miglio e altrettanti di sorgo, parecchie assi
ed altra legna da laboratorio. Tale distinzione presuppone che nella precettoria
vi fosse una falegnameria per la produzione, in proprio, di manufatti in legno. Il
bestiame era composto da otto mucche e due scrofe con dieci porcellini. Se
quanto suddetto ci dimostra l'importanza ditale precettoria, l'esigua quantità di
bestiame e di riserve cereali ci inducono a credere che molto di quanto la casa
possedesse fosse già stato venduto o dilapidato.
Ma la parte più interessante di questo inventano è contenuta nelle due righe
conclusive ove è scritto: La stessa precettoria con tutti i suoi possessi, diritti,
giurisdizioni sullo stesso paese e diritto parrocchiale e di mulino é, tanto in
spirituale che in temporale, tenuta dal signore Rizzardo da Camino, capitano di
Treviso, che lo fa per prudenza manifesta così come appare a tutti.
Dunque gli incaricati dovettero limitarsi ad elencare quanto fu loro detto o
permesso di vedere poiché non poterono inventariare i possessi, le giurisdizioni
e i mulini della precettoria poiché tutto era nelle mani di
38) Capone - Imperio - Valentini: "Guida all'Italia dei Templari" Mediterranee, Roma
1989,
p. 82.
39) 1 conzo = 77,98 litri
40) staio = lt. 86,81- Lo staio o sacco con il quale si misurava il grano, si divideva in 4
quarte,
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
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41) Picotti G. B.:" I Caminesi e la loro signoria di Treviso dal 1283 al 1312". Livorno 1905
(ristampa anastatica con aggiornamento di G. Netto) Multigrafica Roma 1975.
42) Picotti G. B.: op. cit.. Su Gherardo da Camino tutta la parte seconda da p74 a p. 168.
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
Vedi
anche Angella E. - Bongi P.: "Sulle terre dei da Camino" Pieve di Soligo 1993,da p37 a 58.
43) Dante Alighieri: "La Divina Commedia, Purgatorio" XVI, 121-124 e 133-138.
"Convivio"
capitolo XIV del quarto trattato.
44) Cagnin G.: Templari e Giovanniti in territorio trevigiano (sec. XII - XIV) Treviso
1992, p.l 3.
45) Netto G.: "La Marca trevigiana", p. 31, 10.
46) Canzian D.: " Oderzo Medievale" Lint Trieste 1995, p. 6.
47) idem p. 6.
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Nel famoso processo di Oderzo del 1285 tra il comune di Treviso e i fratelli
Tolberto e Biaquino da Camino dei Caminesi di sotto, per chi dovesse avere il
controllo del castello e della curia di Oderzo, un testimone disse che "il castello
con la curia e le ville ad esso spettanti appartenevano alla giurisdizione e al
distretto di Treviso, ma facevano parte del territorio dell' episcopato cenedese"
|48| e anche nella seconda metà del XIII secolo il beneficio della pieve di
Oderzo era pertinenza del vescovo di Ceneda. Ma nel 1263 troviamo ancora una
volta Oderzo definita "diocesi di Belluno" |49|
1112 febbraio 1211 Filippo vescovo di Feltre e di Belluno cedeva ai signori da
Camino i castelli di Costa, Missio, Fregona, Soligo ed Oderzo e nel 1215 i
Caminesi vendevano Oderzo a Treviso |50|
Possiamo notare che i signori da Camino, inizialmente infeudati nella zona di
Oderzo dal presule bellunese cercheranno, con l'aumentare del loro potere nella
città di Treviso, di portare il territorio opitergino nell'area, sia politica che
religiosa, trevigiana. All'epoca in cui Gherardo da Camino divenne capitano di
Treviso (1283 - 1306) tale aspirazione era divenuta realtà poiché nel documento
dell'il marzo 1304 nel quale il caminese autorizzava Bertolino dei Baldacchini
di Parma, residente a Treviso, a permutare alcune terre situate in Ormelle e San
Giorgio con fra' Giovanni da Castellarquato, precettore della magione del
Tempio di Campagna, la permuta aveva luogo "actum Tarvisina diocesis in
mansione de Templo" con il consenso dei confratelli riuniti nel chiostro |51|
Come possiamo notare la casa di Tempio viene detta" in diocesi di Treviso".
Lo stesso nell 314 quando laRe gola titolata de Templo risulta inserita nel
Quarterium de Ripa di Treviso |52|.
Il trovare, già nel 1304, la zona di Tempio di Ormelle inclusa nella diocesi di
Treviso potrebbe far pensare che questa avesse assunto un ruolo preminente
sulle diocesi bellunese e cenedese, anche favorita, nella sua espansione, dalla
signoria dei Caminesi sulla città e il suo comitato.
10 di 19 7/2/2009 22:56
Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
Sarà solo in seguito, coni! decadere ditale signoria nella zona di Oderzo, che la
diocesi di Ceneda estenderà la sua giurisdizione anche su Tempio di Ormelle.
I motivi che possono aver spinto Rizzardo IV da Camino, divenuto alla morte
del padre (1306) capitano di Treviso, ad impossessarsi della precettoria templare
e dei suoi beni possono essere i seguenti:
a) conferma di una mia precedente ipotesi |53| nella quale supponevo che Santa
Maria del Tempio di Oderzo potesse essere stata una fondazione
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caminese donata alla Milizia del Tempio. In tal caso Rizzardo avrebbe sentito il
dovere di salvaguardarla in attesa delle decisioni papali. Tra l'altro non
sappiamo se egli l'avrebbe realmente consegnata ai cavalieri di San Giovanni
dato che venne assassinato il 5 aprile prima della bolla di Clemente V che
concedeva i possessi templari ai Giovanniti |55| Può darsi, comunque, che egli
abbia stornato dei beni dalle proprietà templari per ricompensare i suoi fedeli e
forse qualche sospetto, sulla effettiva consistenza del patrimonio della casa
templare alla consegna ci fu, poiché copia del testamento di Rizzardo si trova,
stranamente, custodita nella Biblioteca Nazionale di Parigi, in un fondo ove
sono contenuti documenti dell'Ordine di San Giovanni |56|;
b) perché aveva bisogno di soldi. Sia Gherardo che Rizzardo furono sempre
oberati dai debiti e alla costante ricerca di prestiti.
Se, come sembra possibile, Rizzardo s'impadronì della precettoria di Tempio
agli inizi del 1308 e la tenne per ben quattro anni, poiché appare evidente dalla
pergamena che egli non intendeva consegnarla ai procuratori degli arcivescovi
di Ravenna e Pisa, possiamo comprendere da dove egli ricavò parte della somma
di sedicimila formi d'oro con la quale, nel maggio dell 311, acquistò il diploma
di vicario imperiale. Nel diploma era scritto che tale somma era "de pecunia
sua" ma da vari documenti del 1308, 1310 e seguenti sappiamo che Rizzardo era
fortemente indebitato e chiese denaro a parecchi cittadini illustri di Treviso, tra i
quali ricorderemo anche le mille lire di Bertolino de' Baldacchini |57|, lo stesso
che nel 1304 aveva fatto una permuta con i frati di Tempio col consenso di
Gherardo da Camino.
Era stata questa un'operazione fittizia volta a mascherare un prestito a Gherardo
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
tramite i templari? Il fatto ci sembra più che una semplice coincidenza, tenuto
conto che da documenti, successivi alla morte di Rizzardo, risulta che egli
doveva parecchi altri denari al Bertolino in questione e questi ne richiese la
restituzione al Comune di Treviso |58| Anche quest'ultimo particolare ci induce
a credere che lo scambio di terre tra questo prestatore di denaro e i templari
potesse mascherare un'operazione di prestito o di pagamento, cosa abbastanza
comune in quegli anni.
E probabile che per quattro anni il caminese incassò quanto spettava alla
magione in affitti sui terreni, le case, le vigne, le coltivazioni, tutti i proventi
derivanti dai diritti feudali e dalla giurisdizione sul paese di Tempio, i diritti
54) Il ferimento di Rizzardo avvenne il 5 aprile, mentre egli morì il 12 dello stesso mese.
Picotti G. B. op. cit. p. 218, 221.
55) Bolla "Nuper in generali" del 16maggio 1312.
56) Testamento di Rizzardo da Camino (7 aprile 1312) Biblioteca Nazionale di Parigi,
fondo
Colbert, ms. lat. 5155, f. 65 - 66r.
57) Picotti G. B.: op. cit. p. 207.
58) Picotti G. B. op. cit. p.2O7 nota 3.11 comune di Treviso deliberò per il pagamento dei
debiti
di Rizzardo il 19 dicembre 1313.
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12 di 19 7/2/2009 22:56
Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
momento, non ci risulta che i cavalieri di San Giovanni ne abbiano fatto uno
negli anni successivi, sappiamo solo che la precettoria, in epoca giovannita, era
talmente ricca da servire quale appannaggio del priore di Venezia. L'importanza
di questa casa era tale che il comune di Treviso vi inviava i suoi ufficiali durante
i tre giorni in cui si svolgeva la festa della Vergine Assunta (15 agosto) alla
quale era dedicata la chiesa della precettoria. Negli Acta Comunitatis Tarvisii
del sec. XIII nella nota spese di luglio-settembre del 1298 troviamo menzionati
gli uomini inviati adfestum Sancte Marie de Campanea de Templo ad
custodiendum dictumfestum e le somme loro pagate (60)
Da un cabreo dell 'Ordine di San Giovanni, piuttosto tardivo (1614),
apprendiamo che la Mason del Tempio di Ormelle aveva beni, possessioni,
case, mulini e livelli nelle ville di Roncadelle, Ormelle, Foscadelle, Nogarolo,
Fraine, Faé, Villa Longa, Fontanelle, Rai, Colfrancini, Visnà e Gazet. La
descrizione di questo ingente patrimonio, occupa ben 93 pergamene.
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Vittorio Veneto - il Flaminio n°13 http://www.tragol.it/Flaminio/flaminio-13/57-73.htm
precettoria che al momento, egli disse, era occupata con la violenza. A tale
dichiarazirine segue un lungo elenco di circa 60 mansi (ogni manso
corrispondeva a circa 12 jugeri) e di prati con le loro rendite in staia di
frumento, avena, miglio, sorgo, conzi divino, spalle di maiale, polli, uova,
nonché le cifre da percepire in denaro. I mansi non si trovavano solo in San
Quirino, ma anche a Cordenons, Sedrano, Vigonovo e San Martino.
Forse il mansus parvum a Sedrano che fra' Cristiano disse essere stato donato da
Guiduzzo di Montereale, al suo predecessore fra' Albertino, potrebbe essere
quello concesso "il 12 agosto 1293 da domina Moza, moglie di Guidone da
Montereale, con il consenso del loro figlio Alcotti, volendo essa essere sepolta
nella chiesa di Santa Maria di San Quirino". La donazione fu fatta affinché, con
il ricavato, il precettore templare mantenesse un prete nella chiesa |61| Come
possiamo notare anche la chiesa della precettoria di San Quirino era dedicata
alla Vergine e non a San Giovanni |62|
Dopo la lunga elencazione dei mansi il notaio annotava che nel documento
mostratogli da fra' Cristiano non c'era altro e che non v'era alcun mezzo per
accertare se vi fossero altri beni.
Fra' Cristiano però aggiunse che:
1. gli eredi del signore Endriguccio di Villalta e del signore Odorico |63| e i figli
del signore Mainardo di Villalta si erano impossessati di 3 mansi di terre, uno
ciascuno, a Collalto in Friuli, vicino a Tarcento;
2. gli stessi di qui sopra occupavano anche tre mansi di terra che lo stesso
Endriguccio aveva, in precedenza, donato alla precettoria e tali appezzamenti si
trovavano nel paese di Ruscletto presso Fagagna (vicino a Villalta);
61) Joppi V.: "Summarium Notae Ailinorum (1277- 1393) Biblioteca Civica di Udine, coll.
n. 108 Mss, classificazione C. G. Mor.
62) Begotti P. C.: "La Mason di San Quirino" Fiume Veneto 1991, p. 85.
63) Già all'epoca in cui Gherardo da Camino era capitano di Treviso i Villalta erano suoi
alleati e per questo motivo, nel 1300, durante il conflitto tra il patriarca Pietro Gera e il
Caminese, il loro castello di Villalta fu assediato e subì gravi danni. Anche nella guerra
friulana del 1305, che vedeva contrapposti Rizzardo da Camino e il patriarca Ottobono de
Razzi, i Villalta, i Cucagna, i Caporiacco, i Spilimbergo e altri militavano per il caminese.
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67) Verci G. B.: "Storia della marca trevigiana" vol. 7-8, doc. DCLXXIX, 7 luglio 1314.
68) Gilo o Gillone da Villalta era un illegittimo dei nobili Villalta, nonostante la sua origine
egli ebbe grande credito nel Friuli di allora. Come arcidiacono di Aquileia egli compare per
la prima volta in un documento del 28 maggio 1293, all'epoca del patriarca Raimondo della
Torre. Il 2 settembre dello stesso anno viene nominato quale intermediario per risolvere le
controversie fra il succitato patriarca e Tolberto e Biaquino da Camino dei Caminesi di
Sotto. Il 10marzo 1294 è presente a Padova con lo stesso patriarca per le controversie con i
Caminesi. Alla morte del patriarca Raimondo Gillone fu eletto, l'8 aprile 1299, in Aquileia,
vicedomino della chiesa di Aquileia ed ebbe la stessa nomina al decesso del patriarca Pietro
Gera il 24 febbraio 1301. Durante il periodo di sede vacante patriarcale si scontrarono per
avere il ruolo di capitano generale del Patriarcato, il conte di Ortemburg e Enrico conte di
Gorizia. Gillone sostenne quest'ultimo al fianco di Gherardo da Camino. Da questo
momento (5 luglio 1301) l'arcidiacono appare sempre legato ai Caminesi e partecipe delle
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loro vicende. Alla morte del patriarca Ottobono (gennaio 1315) il Capitolo aquileiese elesse
Gillone da Villalta quale patriarca (16 febbraio 1315), ma essendo egli di illegittimi natali
aveva bisogno di una dispensa pontificia e perciò si mise in viaggio per Avignone. La sede
pontificia era vacante e ogni decisione fu sospesa. Eletto Giovanni XXII, questi nominò
patriarca Gastone della Torre arcivescovo di Milano e Gillone rimase arcidiacono
(Aquileia nostra: Gli arcidiaconi di Aquileia p. 46-54).
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69) Pietro Colonna, tra il 1303 e il 1325, fu il più attivo dei cardinali Colonna e il capo
degli affari di famiglia. Da Clemente V ricevette numerose rendite, benefici, commende,
protettorati, il rettorato della Romagna, i redditi dei benefici ecclesiastici e delle prebende
vacanti del patriarcato di Aquileia e nelle Marche. Fu a stretto contatto con la monarchia
francese, fautore di Filippo il Bello. Ebbe anche un ruolo, a fianco della corona d'oltralpe,
nella lucrosa vicenda dei templari; ci sembra significativo che il Colonna una volta sciolto
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l'Ordine del Tempio, nel 1312, abbia ricevuto da Filippo il Bello la rendita annuale delle
saline di Carcassona, ammontante a 2000 fiorini l'anno. È probabile che il cardinale abbia
conosciuto Gillone da Villalta, nel 1306, quando dovette rivolgersi all'arcidiacono per avere
le prebende vacanti nel patriarcato di Aquileia assegnategli da Clemente V e che la mutua
collaborazione sia sfociata nella concessione al Villalta dei beni templari della precettoria
di San Tommaso di Treviso. Il Colonna morì ad Avignone il 7 gennaio 1326 e vi fu sepolto
il giorno seguente; in seguito i suoi resti furono trasferiti a Roma in Santa Maria Maggiore
ove è ritratto nei mosaici della facciata (DBJ, n. 27, p. 399 a 402).
70) ASTV, notarile I, b. 14. Non sappiamo se il fra' Giovanni da Bologna citato nel
documento fosse l'ultimo precettore templare di San Tommaso di Treviso, ma la sua
presenza al momento della consegna all'arcidiacono ce lo fa credere.
71) Archivio Segreto Vaticano Collectoriae, n. 24.
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72) Questo affidamento temporaneo dei beni templari di San Quirino al priore di
Sant'Angelo di Porcia, può essere stato il falso indizio che ha fatto attribuire, da molti
storici, Sant'Angelo di Porcia ai Templari.
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aveva ancora forze bastanti da scatenare una nuova guerra, i vescovi erano
creature del Caminese, suoi congiunti o suoi amici, ed egli fece delle case del
Tempio ciò che volle per ben quattro anni, rimpinguando i suoi forzieri, come
fecero in tutta Europa laici ed ecclesiastici che banchettarono sulle spoglie
dell'Ordine del Tempio, sebbene questo non fosse stato né condannato, né
sciolto.
In quegli anni la potenza del Caminese aveva raggiunto l'apice e difficilmente
un uomo di potere, desideroso di conquiste quale era Rizzardo, avrebbe
abbandonato i suoi piani di espansione territoriale.
Ma nelle pieghe della storia c'è spesso un qualcosa che interrompe
all'improvviso la linearità della trama; nel caso di Rizzardo fu la roncola di un
contadino che l'uccise in un pomeriggio d'aprile |73|.
73) Il 5 aprile 1312, Rizzardo da Camino si trovava nella loggia del suo palazzo, in via
Sant'Agostino, a giocare a scacchi con i suoi amici quando, all'ora nona, un villano lo colpì
al capo con una roncola. Non sono chiari i motivi della congiura e gli storici ne danno varie
interpretazioni, chi politiche, chi amorose e persino alludono ad un fratricidio ipotizzando
come mandante il fratello Guecellone (Picotti G. B.: op. cit. p.2l 8-221).
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