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Beatrice d’Este
1475-1497
a cura di
Luisa Giordano
Edizioni ETS
www.edizioniets.com
Redazione:
Mauro Bonetti
In copertina:
Gian Cristoforo Romano, Beatrice d’Este, dettaglio. Parigi, Musée du Louvre
© Copyright 2008
EDIZIONI ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
info@edizioniets.com
www.edizioniets.com
Distribuzione
PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]
ISBN 978-884672057-3
INDICE
Monica Ferrari
Principesse in divenire nel Quattrocento italiano 11
Alessandra Ferrari
Le lettere di Beatrice d’Este.
I. Dal privato al ruolo pubblico 33
Laura Giovannini
Le lettere di Beatrice d’Este.
II. La calata di Carlo VIII 49
Luisa Giordano
“La Ill.ma consorte” di Ludovico Sforza 63
Maria Nadia Covini
Beatrice d’Este, i figli del Moro e la Pala Sforzesca.
Arte e politica dinastica 91
Gabriella Zuccolin
Gravidanza e parto nel Quattrocento: le morti parallele
di Beatrice d’Este e Anna Sforza 111
Paola Venturelli
“novarum vestium inventrix”.
Beatrice d’Este e l’apparire: tra invenzioni e propaganda 147
Maria Teresa Binaghi
I mobili della corte milanese al tempo di Beatrice 161
Flavio Santi
Tra latino e volgare. Appunti su una committenza divisa 179
Valerio Terraroli
Il romanzo della Storia: immagini ottocentesche della corte milanese 195
Abbreviazioni
LUISA GIORDANO
«[…] andò all’esercito Lodovico Sforza, e con lui Beatrice sua moglie
che gli era assiduamente compagna non manco alle cose gravi che alle di-
lettevoli»1.
Nel quarto decennio del Cinquecento, quando anche l’ultimo erede del-
la dinastia ducale era scomparso dalla scena politica e la conclusione delle
guerre d’Italia aveva dato da tempo un nuovo assetto alla penisola sancen-
do il dominio delle potenze straniere, Francesco Guicciardini, ripercorren-
do gli eventi al tempo dell’assedio di Novara, ricordava la solidale presenza
della duchessa accanto al consorte.
Una sola altra volta Beatrice era stata citata nella Storia d’Italia, e sem-
pre per sottolinearne la presenza accanto al marito e al padre in occasione
dell’andata ad Asti, questa volta incontro al re che si avviava alla sua cam-
pagna di conquista italiana2.
Se dell’evento più antico è la «grandissima pompa e onoratissima compa-
gnia di molte donne nobili e di forma eccellente del ducato di Milano» che
viene ricordata a sottolineare il fasto della corte, più che mai esibito e impo-
sto nella partita con il monarca francese, nella citazione richiamata in aper-
tura l’accento cade sulla fedeltà al ruolo e ai doveri di moglie, sulla sodalità
senza remore della duchessa, sul suo spendersi per il marito e la casata.
Tutte le qualità che sono sottese alla citazione dello storico appartengo-
no alla serie dei requisiti necessari a fare di una giovane donna la moglie
adeguata alle aspettative dell’uomo di potere e della società tutta3. Ciono-
nostante, la relativa che Guicciardini inserisce e che gli permette di passare
I documenti, anche quelli già noti per essere stati pubblicati, parzialmente trascritti o citati dalla bi-
bliografia, sono stati controllati e trascritti dagli originali; se ne dà quindi sempre la segnatura archivistica.
La trascrizione ha sciolto le abbreviazioni quando lo scioglimento facilita la lettura del testo e ha in-
trodotto la punteggiatura, le maiuscole e l’apostrofo secondo l’uso moderno.
1 F. GUICCIARDINI, Storia d’Italia, l. II, cap. XI.
2 Ivi, l. I, cap. XI.
3 Sul ruolo della donna e sull’educazione delle fanciulle destinate a matrimoni eccellenti si veda
in questa sede il saggio di Monica FERRARI, cui si rimanda anche per la citazione della bibliografia più
significativa. Sul ruolo delle donne nella società di corte in declinazione estense riflette M.S. MAZZI,
Come rose d’inverno. Le signore della corte estense nel ‘400, Ferrara 2004, pp. 11-16.
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4 I documenti relativi alla corte sforzesca editi nell’ambito degli studi storici comparsi sulle pagine
dell’Archivio Storico Lombardo, cui deve aggiungersi lo studio di Gustavo Uzielli comparso la prima vol-
ta nel 1890 (G. UZIELLI, Leonardo da Vinci e tre gentildonne milanesi del secolo XV, in «La letteratura»,
1890, nn° 2 [Beatrice d’Este], 4, 6, 7), e la lettura ex novo condotta da Guido Lopez delle relazioni di
Giacomo Trotti, ambasciatore ferrarese a Milano (Festa di nozze per Ludovico il Moro, a cura di G. Lo-
pez, Milano 1976), rendono possibile la restituzione della vita di Beatrice dal suo matrimonio alla morte.
Tra le biografie della duchessa, negli ultimi anni oggetto di rinnovato interesse da parte di autori che han-
no privilegiato la forma divulgativa o romanzata, un cenno particolare merita la più antica e famosa, quel-
la di J. CARTWRIGHT, Beatrice d’Este duchess of Milan, 1475-1497: a study of the Renaissance, London
1899. Il testo, più volte ristampato nella versione inglese, è stato tradotto in italiano e anche sotto questa
forma ha avuto fortuna, tanto da sollecitare numerose riedizioni (per le quali si vedano le schede biblio-
grafiche sul sito dell’ICCU, all’indirizzo http://opac.sbn.it); si tratta di una compilazione che assembla i
materiali già noti con garbo narrativo e secondo modalità annalistiche. Operazione analoga l’autrice con-
dusse qualche anno più tardi, precisamente nel 1903, per la monografia dedicata a Isabella d’Este; que-
st’ultimo contributo, in dialettica con le recensioni meritate dai contemporanei, è stato recentemente ana-
lizzato da Giovanni Agosti nell’ambito della fortuna critica della marchesana in età contemporanea (in A.
LUZIO, R. RENIER, La coltura e le relazioni letterarie di Isabella d’Este Gonzaga, ed. a cura di S. Albonico,
Milano 2005, pp. XXV-XXVIII dell’introduzione). Breve nota biografica, non esente da imprecisioni, è
in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 7, Roma 1965, pp. 349-352, ad vocem; mentre un’accurata
scheda biografica ha proposto recentemente MAZZI, 2004 [cit. n. 3], pp. 44-72. Per ricchezza di notizie,
riferimenti e apparati iconografici rimane di fondamentale importanza F. MALAGUZZI VALERI, La corte di
Ludovico il Moro, 4 voll., Milano 1913-1923.
5 Sulle nozze tra Ludovico e Beatrice, descritte da Tristano Calco nelle sue Nuptiae mediolanen-
sium et estensium principum, si vedano G. PORRO, Nozze di Beatrice d’Este e di Anna Sforza. Docu-
menti copiati dagli originali esistenti nell’Archivio di Stato di Milano, in «Archivio Storico Lombar-
do», IX, 1882, pp. 483-534; Festa di nozze, 1976 [cit. n. 4].
6 Sulla politica matrimoniale degli Estensi e, per quanto riguarda Beatrice e Anna Sforza, anche
le considerazioni economiche che dovettero accompagnare le nozze si veda R. IOTTI, La politica dell’a-
more. Alcuni casi di alleanze matrimoniali in casa d’Este, in Gli Estensi. I, La corte di Ferrara, a cura
di R. Iotti, Modena 1977, pp. 147-181.
La «Ill.ma Consorte» di Ludovico Sforza 65
8 MAZZI, 2004 [cit. n. 3], pp. 26-27, con richiami alle fonti.
9 A. LUZIO, R. RENIER, Delle relazioni di Isabella d’Este Gonzaga con Ludovico e Beatrice Sfor-
za, in «Archivio Storico Lombardo», s. II, XVII, 1890, pp. 364-365.
10 Il documento è in PORRO, 1882 [cit. n. 3]; per il passo qui richiamato, p. 491: «Del sexto qual
remitte al arbitrio del pr.to Ill.mo Duca el vestire de la prefata nostra consorte et così el darli le altre
cose minute convenienti a spose restano similemente contenti perché se persuademo che la Ex.tia sua
non mancherà de quello che sia conveniente al grado suo verso la fiola per darnela ornata secundo la
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conditione nostra, et ne vorrà con l’esemplo suo insegnare la norma qual havemo ad servare noi con
lei. El simile dicemo circa el septimo per le zoje quale el pr.to S.re specifica volere dare ultra la dote,
fora della quale se hanno ancora intendere le vestimente et cose predicte».
11 All’inizio del matrimonio Beatrice aveva una corte, ai bisogni della quale doveva provvedere, di
1915.
14 Gli avvenimenti sono narrati, con ampia escussione delle fonti archivistiche, da LUZIO, RENIER,
no I, in «Archivio Storico Lombardo», II, 1875, pp. 51-75, in particolare per l’inventario dei gioielli,
argenterie, paramenti e indumenti, pp. 60-74.
17 ASMo, Archivio estense, Carteggio principi esteri, Milano, 1215/3.
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18 Entrato al Louvre nel 1850 proveniente dalla collezione Debruge-Dumesnil, il busto, dopo che
la bibliografia ottocentesca aveva a lungo tergiversato tra Desiderio da Settignano e un autore influen-
zato da Leonardo, venne rivendicato a Gian Cristoforo Romano da Adolfo Venturi (A. VENTURI, Gian
Cristoforo Romano, in «Archivio Storico dell’Arte», I, 1888, pp. 50-52; ID., Storia dell’arte italiana. VI.
La scultura del Quattrocento, Milano 1908, pp. 1130-1132). L’iscrizione sul basamento ha permesso il
sicuro riconoscimento della persona raffigurata, sicché il busto è stato punto di riferimento costante
per l’iconografia di Beatrice (G. COCEVA, L’iconografia di Beatrice d’Este, in «Archivio storico dell’ar-
te», II, 1889, pp. 264-267). La più aggiornata voce bibliografica sull’attività dell’artista è M. CERIANA,
ad vocem Ganti Giovanni Cristoforo, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 52, Roma 1999, pp.
203-211; mentre sul ritratto i riferimenti sono: A. BACCHI, scheda in Un Rinascimento singolare. La
corte degli Este a Ferrara, catalogo della mostra (Bruxelles, 3 ottobre 2003-11 gennaio 2004), a cura di
J. Bentini e G. Agostini, Cinisello Balsamo 2003, p. 195; P. DI NATALE, scheda in V. SGARBI, Domenico
di Paris e la scultura a Ferrara nel Quattrocento, Milano 2006, pp. 178-181; Les sculptures européen-
nes du musée du Louvre, catalogo sotto la direzione di G. Bresc-Bautier, Paris 2006, p. 189 (Les sculp-
tures européennes du musée du Louvre: Moyen Age, Renaissances et temps modernes), con indicazio-
ne della bibliografia precedente.
19 Sul documento si vedano: G. MONGERI, L’arte del minio nel ducato di Milano dal secolo XIII al
XVI. Appunti tratti dalle memorie postume del marchese Gerolamo d’Adda, in «Archivio Storico
Lombardo», XII, 1885, pp. 764-765 e 774-775; The painted page. Italian Renaissance book illumina-
tion 1450-1550, a cura di J.J.G. Alexander, London 1994, p. 32.
20 C. SANTORO, Gli Sforza, Varese 1968, p. 404.
La «Ill.ma Consorte» di Ludovico Sforza 73
21 LUZIO, RENIER, 1890 [cit. n. 9], pp. 357-358, lettera di Isabella al marito in data 20 settembre
1492.
22 Si veda in questo volume il testo di Alessandra Ferrari.
23 ASMo, Ambasciatori, Milano, 6. La manica è quella stessa ricordata da Tristano Calco nel suo
resoconto sulle nozze del 1491: «Certe duae Regis nostri Ioannis Galeacii et Ludovici manicae, gemmis
lapillis unionibus onustae, ab quovis facile supra centena aureum millia aestimabantur» (ed. in Festa di
nozze, 1976 [cit. n. 4], p. 121).
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copia, ni portete a dosso una zolia al mondo, che pur fo notato unde ch’el seguente di re-
trovandome pur per tempo de li altri ambassatori la matina lo Ill.mo S. Ludovico me do-
mandete quello che me pareva de la prefacta duchessa che in uno acto publico cussi solem-
ne et de letitia, fosse comparssa cussi ferialmente de veste et sencia veruna zoglia, extendos-
se in dire de la soa mala natura et de la soa mala voluntate et del grandissimo odio che la
portava a lui et a la duchessa de Bari, et che la non poteva vedere ni l’uno ni l’altra et che la
era in superlativo invida et maligna et che a fare ogni gran male li pareva pocho, et che mai
piu il non li daria una zolia minima de quelle del thesoro poi che la se monstrava malcon-
tenta del honore et exaltatione de questa casa, cossa che non haveva facto ni homo ni dona
de Milano et in questo dixe cosse assai in suo biasemo […]
Beatrice diede ottime prove nei balli e nelle battute di caccia che si suc-
cedevano con ritmo incalzante e che la portarono a frequentare con conti-
nuità oltre che Milano e Vigevano le residenze temporanee come Villanova
e Cusago per lo più al seguito del consorte; occupò anche gran parte del
proprio tempo al gioco, spesso riportando vincite per poste anche conside-
revoli. Di più auliche occupazioni ci assicura il Calmeta25 e delle qualità di
gentildonna il Castiglioni nel terzo libro del Cortegiano. La statura intellet-
tuale della giovane duchessa in nessuna manifestazione fu comunque para-
gonabile a quella di cui la sorella Isabella diede felice e continua prova;
quanto alla sua antagonista dei primi tempi del matrimonio, Cecilia Galle-
rani, la sua cultura e il suo talento si conquistarono presso i contemporanei
grande ammirazione e, dopo che era stata consegnata alla storia la dinastia
ducale, il Bandello la definiva «gentilissima e dotta signora» e ricordava
che componeva versi sia in lingua latina che in volgare.
Se l’impegno di Beatrice nelle forme che si sono indicate rientra nei nor-
mali obblighi della vita di corte per le figure femminili, è pur vero che la
giovane donna assolse il compito con una misura tutta sua che rivelava una
naturale inclinazione ad assecondare gli aspetti ludici e a dar loro forma.
Fu peraltro questo il settore entro il quale si esaurì l’attività della duchessa;
anche le opere di pietà e il patrocinio di organismi religiosi, tradizionali
campi d’intervento per le figure femminili, non annoverarono iniziative
particolari e significative da parte della giovane, così come la committenza
artistica.
La considerazione, che circoscrive in limiti molto precisi la personalità
di Beatrice, non deve peraltro porre in secondo piano altri aspetti della sua
vita, come ad esempio l’assolvimento del ruolo di madre. A quel dovere,
così centrale nella sua vita di donna e di dinasta, la giovane corrispose con
fervore, addirittura sollevando più che fondate proteste quando cambia-
menti introdotti dal personale che aveva in custodia i bambini non le erano
comunicati in modo da ottenere il suo preventivo assenso e sempre accom-
pagnò le notizie sui piccoli per la sorella e la madre con tono di orgoglioso
affetto e partecipazione. I rampolli Sforza risiedevano stabilmente a Mila-
no, affidati a balie, precettori e cortigiani, e assai rari erano i loro viaggi,
mentre la madre era saltuariamente presente nella capitale dello Stato, im-
pegnata per gran parte dell’anno a passare dall’una all’altra delle residenze
ducali, che esse fossero Vigevano, Cusago, Villanova o altre meno frequen-
tate e comunque sempre nel circuito di una corte in perenne movimento
quale fu quella sforzesca per tutto il Quattrocento. La vita della madre era
in buona sostanza impegnata nell’ufficialità della corte, di cui i figli faceva-
no parte in altro modo e la lontananza anche per diversi giorni dell’una da-
gli altri non era fatto raro, tanto che si poteva anche nascondere a lei quan-
do i piccoli fossero in pericolo di vita26.
Per il Moro Beatrice fu soprattutto la promessa di una discendenza e la
speranza dell’erede maschio che potesse supportare le ambizioni paterne.
Ancora una volta i documenti sono del tutto espliciti: la volontà del vero
signore di Milano di stringere le nozze allo scopo di avere figli e quindi
una discendenza legittima è tema più volte ricorrente nelle relazioni che fa
a Ferrara il fedele Trotti, ma la lettera di istruzioni che il 12 aprile 1490
Ludovico invia a Francesco Casati, suo emissario presso la corte estense in
26 Si veda la lettera del Trotti al suo duca in data 25 luglio 1493, che rende noto il grave pericolo
in cui si trovò il piccolo Ercole, all’epoca un piccolo di sei mesi: «Non scio se V. S. habia inteso ch’el
Ill.mo Hercule figlio del S. Ludovico e stato molto male in modo che se ha dubitato de la vita sua, la
quale cossa e stata tenuta secretissima acio la Ill. Duchessa non el sapia ni intenda come mai la non ha
inteso ma gratia de nostro S. Dio lo e liberamente in tuto guarito» (ASMo, Ambasciatori, Milano, 7).
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vista della realizzazione dei patti nuziali, è una vera e propria dichiarazione
d’intenti circa i ruoli che nel matrimonio saranno riservati agli sposi:
[…] dal di che fecemo el parentato […] fossimo sempre in desiderio singulare de havere
apresso a noi la Ill.ma nostra consorte parendone che apresso al studio naturale de la pro-
pagatione del sangue nostro et de lassare qualche imagine di noi medesmi alla posterita non
potessimo havere cosa piu grata como la compagnia et consuetudine de la prefata nostra
consorte, si per el piacere et satisfactione quale speramo de la virtu sua, como per havere
cum noi uno perpetuo testimonio del amore nostro verso epso Ill.mo S.re Duca. Ma fin qui
ha ritardato questo nostro desiderio prima la eta tenera de epsa nostra consorte non paren-
do bene conveniente ricercarla prima ch’ella fosse meglio conformata: deinde le varie occu-
patione quale ha portato el curso de le cosse mo de questo stato mo universale de Italia, che
ne hano conducti fin ad questo di cum freno et dilatione in questo quanto che non ne por-
ria essere stato piu a core, unde trovandone de presente reducti a tempo che la prefata no-
stra consorte è in eta patiente del matrimonio et noi ancora non talmente impediti che non
possiamo mettere l’animo alla coniunctione sua con noi, li direti che vi habiamo mandato a
sua Ex.tia per fargli intendere che noi desideriamo non interponere piu tempo a condure
epsa nostra consorte27.
27 ASMi, Sforzesco, 333. Il documento è edito dal PORRO, 1882 [cit. n. 3], pp. 488-489.
La «Ill.ma Consorte» di Ludovico Sforza 77
de la camera tante monete d’arzento in uno monte che uno capriolo non lo saltaria de varie
sorte de monede. Gli era etiamdio candeleri grandi d’argento de grandeza come è la statura
de uno homo on pocho mancho.
Fo aperto il loco dove stano li arzenti grossi, che non fo mancho bella cossa da vedere, co-
me le altre per la grandeza et beleza loro et il tuto ad uno tempo se poteva vedere, che fo
uno spectaculo triomphante dignissimo et richissimo. Extimato fo il tuto, sotto sopra, om-
nibus computatis uno millione et cinquecentomillia ducati. Il prefato signor Ludovico dixe
al amb.re veneto, magnificando tale spectaculo soa M., come è de costume loro, che la si-
gnoria sua de Venezia haveva più capitale de quello che la stimava, oltra il capitale che l’ha
a casa soa perche de questi potevano disponere come de proprii, et a quelli de la R Mta
dixe S. S. ch’el loro signore Re se era male inteso a mettere sul tavolero uno tanto suo capi-
tale quanto era questo per zugarlo. Et essendo il prefato S. Ludovico comendato et magni-
ficato da molti de li astanti de essere il più glorioso signore del mondo, come se fa a li pari
suoi, il domandette la duchessa de Barri, dui altri de li suoi et me da parte, et dixe queste
parole formale che s’el havesse d’epsa uno figliolo maschio, dove è posto ogni suo desiderio
et pensero, ch’el confessava ch’el seria il più contento et glorioso signore del mondo, ma
che non cognoscendo a chi habia a rimanere tanta richeza, ch’el non puo stare contento, ni
reposare l’animo, confortandola ad mettere penssero in darli tale contento et chavarlo de
questo affanno, per che la restaria dona et M.a de ogni cossa, et che non havendo figlioli li
restaria ben cosse asai manchando lui, ma non tanto ad uno gran pezo28.
lettere che nel 1493 Eleonora scrive a Ercole: quando la duchessa di Ferrara ricorda di aver mostrato a
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Ludovico la culla e il corredo per il bambino che doveva nascere e a tale scopo dice di aver fatto ap-
prontare «alcune tavole in la camera dal thesoro che è in mezo tra le camere del prefato S. et de la sua
consorte» (ASMo, Casa e Stato, 132).
32 La lettera di Eleonora (ASMo, Casa e Stato, 132) è stata la testimonianza documentaria da cui è
33 F. GUICCIARDINI, Storia d’Italia, l. I, cap. VI: «[…] quando Isabella figliuola d’Alfonso andò a
congiungersi col marito, Lodovico, come la vide, innamorato di lei, desiderò di ottenerla per moglie
dal padre; e a questo effetto operò, così fu allora creduto per tutta Italia, con incantamenti e con malie,
che Giovan Galeazzo fu per molti mesi impotente alla consumazione del matrimonio. Alla qual cosa
Ferdinando arebbe acconsentito, ma Alfonso repugnò; donde Lodovico, escluso di questa speranza,
presa altra moglie e avutine figliuoli, voltò tutti i pensieri a trasferire in quegli il ducato di Milano.»
34 Le notizie sono riepilogate e alcuni brani riportati in A. DINA, Isabella d’Aragona duchessa di Mila-
no e di Bari, in «Archivio Storico Lombardo», XLVIII, 1921, vol. VIII, pp. 269-457, in part. pp. 298-307.
35 Trotti scrive il 14 febbraio 1489: «Molto s’è maravigliata questa brigata che epsa Duchessa sia
venuta senza uno soldo al mondo, maxime perche dicono che quando la Duchessa di Calabria andete a
Napoli spoxa, che la madre li dette dua millia testoni d’oro da parte, perche la potesse supplire a li bi-
sogni suoi senza andare per mendicata suffragia» (ASMo, Ambasciatori, Milano, 6)
36 L’11 febbraio 1489 il Trotti riferisce della richiesta rivolta al Moro e della reazione di questi:
«Avanti la loro partita fo facto una grande instantia per tuti quelli principali che erano venuti cum epsa
Duchessa, et presertim per messer Caravazal, il quale ne haveva spetiale commissione accio che lo
Ill.mo S. Ludovico restasse contento che la prefata Duchessa havesse l’anno de provisione ducati dece-
dotomillia, et sua S. respose che non voleva l’havesse più uno bagatino de ducati tredecimillia ducento,
et che li pareva che la fusse meglio tractata che non è stata la Duchessa de Calabria sua sorella, la quale
el dixe che non poteva esser pegio veduta et tractata com’è stata dal S. Re e dal Duca de Calabria sino
ala morte sua» (ASMo, Ambasciatori, Milano, 6)
80 Luisa Giordano
Cristoforo Solari, Monumento funebre di Ludovico Sforza e Beatrice d’Este. Certosa di Pa-
messer Galeaz da Sancto Severino, il vescovo suo fratello, messere Alexandro Palavicino
gubernatore del la duchessa et me, et volgendosse ver il signor Duca dixe come sua moglie-
re già molti die l’haveva pregato che a la venuta de questa spoxa de la Mirandula, che vene
da Napoli li volesse prestar qualche zoglia bella, de quelle del thesoro, et che cussi sua Ex.a
haveva facto, non pero de le più belle che li siano, et che havendogele mandate dui die pri-
ma che arivasse la spoxa et factogli dire che la le restituisse partita che la fusse, pare che la
dicesse che epsa era bene sufficiente a tenirle non mancho de quelli che le tenevano in el
thesoro et non se havendo sua Signoria poste intorno, fece intendere al signor Ludovico
che essendo in lecto inferma non li bisognavano, offerendosse restituirile. Il quale signor
Ludovico dixe al duca che se bene el non haveva dicto cossa alchuna, haveva molto bene
inteso ch’el procedeva perché le zoglie non gli erano piazute, et che ale cinque hore de noc-
te l’haveva mandato a tore le più belle a Mediolano che fusseno in el thesoro, et che giunte
questa matina in l’aurora, le fece dare a la prefata duchessa, la quale le tolsse molto volunte-
ra, se bene l’haveva recusate le altre solum per non parere inferiore a la duchessa de Barri
sua moglie. Al quale dixe che la era emula in questo et in altro et che se la voleva de le zo-
glie la se ne doveva portare da Napoli, et che tanta alterisia non li piaceva, connumerando
tuti li beneficii ch’el haveva facto in questo stato, che fo uno lungo dire, subiungendo che
mai ali die suoi la non governaria ni pocho ni molto in questo stato, et che se la credeva che
mai veruno de casa sua venisse qua per governare, che la era in grande errore, per che
quando il caso sucedesse manchando lui, teniriano damancho il prefato duca, et questi ne
fusse del suo sangue et de casa sua che de le pecore et che anche forsi fariano male capitare
quelli che se gli retrovesse del suo sangue, et ch’el tene per indubitato che la prefata du-
chessa sua moglie non habia magiore desiderio al mondo de questo et che la voria stare de
sopra da lui, et farlo fare a suo modo volesse on non volesse, et che la infirmita sua non
procede et causa se non da rabia, et che se lui ha spexo cinquanta on sexanta millia ducati
in zoglie et veste per sua moglie, che la non ne ha a fare niente ni lei ni lui subiungendo non
essere honesto, che le done portino le zoglie de li mariti intorno, come il dixe che non por-
tette M.a Duchessa de Ferrara quando la vene qua, quelle de V. S., ma solamente le sue, et
ch’el conzaria le cosse per forma avanti ch’el morisse, che anche doppo la morte sua per pa-
rechii anni se governaria questo stato a suo modo perche la non havesse questo contento.
Et ch’el voleva che domatina la restituisse le zoglie, le quale lui et non altri haveva in gover-
no. Et quando hebe dicto de la duchessa le cosse soprascripte et molte altre, se voltete al
duca dicendo che cum gran faticha et vigilie lo governava lui et il suo stato meglio ch’el non
meritava per che non li sentiva ni grado, ni gratia de cossa alchuna; cum molte altre parole
a le quale mai il prefato duca non rispose cossa alchuna, ma restette tuto impigito, salvo
ch’el dixe che quelle due zoglie ultime erano bellissime in superlativo, et io dixi al prefato
duca ch’el grande amore che li portava suo barba li faceva dire le cosse predicte. Il quale
suo barba hieri, ragionando cum me del prefato duca in certo proposito me dixe andando a
la Sforzesca, che su l’anima et fede sua li voleva molto meglio che a suo figliolo proprio, et
fo il vero che cusi me haveva dicto, […]
La gioia del Moro, che con la nascita di Ercole, poi Massimiliano, vede-
va realizzarsi i suoi desideri di uomo e i suoi progetti dinastici, è pienamen-
te espressa dalla lettera che il 30 maggio 1493 Giovanni Antonio Viscardi
scrive da Parma a Beatrice: il viaggio a Venezia era ancora in svolgimento e
come Ludovico si informava sulla condotta della moglie, così lei si rendeva
edotta del condursi del marito. La missiva colpisce per l’orgoglio suscitato
dal comportamento della consorte in quella che fu la sua unica missione
politica, per la proterva volontà di potenza esaltata dalla paternità e resa
selvaggia ed esasperata dal contrasto con la tenace Isabella d’Aragona:
Ill.ma et ex.ma M.a et patrona mia char.ma, aviso la Sig.ria Vostra como questa matina sono
giunte le lettere de la S. Vostra et la prima che capito ne le mane alla Ex.tia del Sig.re fu
quella de la Ill.ma Madonna, la quale narava de li boni deportamenti ha usati la Sig.ria Vo-
stra li in Venetia, qual lettera fu lecta dal prefato Ill.mo Sig.re cum tanta alegreza et appiace-
re che quasi Sua Ex.tia non se gli vedeva meza et may non vite la Ex.tia sua stare cusi de bo-
na volia et religrarsi tanto quanto ho visto dopoy hebe lecta dicta lettera et giunta che fu la
Ex.tia Sua a l’hostaria andando a tavola domando messer Galeazo et messer Nicolo da Co-
rezo facendoge lezere epsa lettera, dicendo queste parole che nuy altri servitori suoy se pos-
siamo relegrare havendo una tale et tanta madonna quanto e la Sig.ria Vostra dicendo anco-
39 MAZZI, 2004 [cit. n. 3], p. 11. L’avvenimento è analizzato dalla studiosa, che riprende le fonti,
ra ch’el ge era molto acaro che la Signoria de Venetia havesse conosciuto et visto quanto va-
le la Ex.tia Vostra acio che havendo may a fare cosa alcuna cum la Sig.ria Vostra la possa es-
sere certa de haver a fare cum una madona d’un gran vedere et conscilio et disse ancora vo-
leva far renegar Dio alla Regina Pantasilea, cioe alla Ill.ma Duchessa de Milano alla quale
vole mandar la lettera de la Ill.a Maddama agiungendo queste parole che la prefata m.a Du-
chessa de Milano se muda ogni giorno de due et tre veste et che monta sopra li corseri per
andar a solazo et lo Ill.mo Sig.r Ducha gli va dreto sopra le mule. La Ex.tia del Sig.re Vostro
consorte dice non sapper dove proceda questo ma che dubita de trovar cose nove quando
andara a Pavia et in questo parlamento soprazonse Franceschino che ha conducti li poledri
al quale Sua Sig.ria gli domando quello se diceva ne lo reame de questo stato; dicto France-
schino gli rispose non haver inteso cosa alcuna dove el prefato Sig.re gli disse: non se dice in
lo reame che li fioli et sucessori mey hano ad essere Sig.ri di questo stato [?] dicto France-
schino ge rispose non haverlo may inteso ma ch’el se credeva ben perho ch’el fusse dicto.
Lo prefato Sig.re ge disse: ben como tu torni in lo reame g’el potray dire et farli certi che ad
ogni modo questo stato non ha ad essere di niuno se non de mey fioli quali sopradicte paro-
le disse tanto forte et cusi in collera ch’el dicto Franceschino tremava quasi41.
Quando il figlio di Cecilia era nato il duca di Bari aveva allontanato l’a-
mante che così profondamente lo aveva coinvolto con la solenne promessa
di non frequentarla più. Nella primavera del 1491 Ludovico predispose
dunque per lei una liquidazione che tra casa, mobili, gioielli, ammontava a
più di 25.000 ducati e fece riordinare la dimora che era stata del conte Dal
Verme per l’amata, «la qual fa venire a Milano cum intentione de non se la
menare più dredo, et andarla deponendo» secondo quello che affermava
essere «suo totale penssero». L’affermazione era impegnativa dato l’ardore
che Cecilia aveva sempre destato, sicché si meritava dal prudente e naviga-
to Trotti la postilla di «si sic erit»47. Prudenza di vecchio conoscitore delle
cose del mondo, giacché la bellezza e il fascino di Cecilia ebbero ancora
presa. Il 24 giugno 1491 Giacomo Trotti aggiungeva alla consueta relazio-
ne al duca di Ferrara un biglietto contrassegnato dalla dicitura iniziale «da
non mostrare». In esso si dava conto di un breve soggiorno a Milano del
Moro, cinque giorni in assenza della moglie:
Il signor Ludovico heri me domandete in ragionamento quello ch’io stimava ch’el fosse ve-
nuto a stare a Milano. Li resposi ch’el me seria difficile indovinarlo, non sciavendo lo animo
suo. El me dixe che per la fede soa in la orechia ch’el non era venuto se non per vedere Ci-
cilia. Li domandai se li haveva facto quello facto, essendo ogni di stato cum epsa doe hore,
come era. Il me giurete et sacramentete de non, per che se ben lui seria stato in ordene, da
valenthomo, epsa non ha voluto per modo alcuno48.
47 ASMo, Ambasciatori, Milano, 6 (7 aprile 1491). Festa di nozze, 1976 [cit. n. 41], p. 100.
48 ASMo, Ambasciatori, Milano, 6.
49 ASMi, Sforzesco, 1469.
La «Ill.ma Consorte» di Ludovico Sforza 87
50 Nella lettera a Francesco Scafeto del 3 giugno 1497 Ludovico dava disposizioni circa l’uso della
corniola. Il sigillo segreto, di pertinenza del duca, che Ludovico non voleva portare al dito ma che di-
sponeva venisse conservato presso lo Scafeto e servisse per autenticare bollettini delle tasse, alloggia-
menti dei soldati, cose quindi di massima importanza, veniva a sostituire quello con l’effigie di Cesare e
il Moro lo ricordava anche nel suo testamento politico. Per la lettera allo Scafeto si veda E. MOTTA,
Ambrogio Preda e Leonardo da Vinci (Nuovi documenti), in «Archivio Storico Lombardo», s. II, XX,
1893, pp. 972-989, in part. pp. 988-989; G.C. BASCAPÈ, I sigilli dei Duchi di Milano, in «Archivio Sto-
rico Lombardo», 1943, pp. 14-15.
51 G. CAROTTI, Relazione sulle antichità entrate nel Museo Patrio di Archeologia in Milano (Palaz-
zo di Brera) nel 1893, in «Archivio Storico Lombardo», XXI, 1894, vol. I, pp. 206-207.
52 Le ultime voci di riferimento sul progetto funerario per Santa Maria delle Grazie sono: M. ROS-
SI, Novità per S. Maria delle Grazie, in «Arte Lombarda», 66, 1983, 3, pp. 35-70; L. GIORDANO, In ca-
pella maiori. Il progetto di Ludovico Sforza per Santa Maria delle Grazie, in Demeures d’éternité. Egli-
ses et chapelles funéraires au XVe et XVIe siècles, Paris 2005, pp. 99-114.
53 Sul ruolo e il prestigio maturati da questo maestro nell’ambiente italiano e lombardo, che valgo-
no a dare ragione della scelta del Moro, si veda G. AGOSTI, La fama di Cristoforo Solari, in «Prospetti-
va», 46, 1986, pp. 57-65.
54 C.R. MORSCHECK, Grazioso Sironi and the unfinished Sforza Monument for Santa Maria delle
Grazie, in Arte e storia di Lombardia. Scritti in memoria di Grazioso Sironi, Roma 2006, pp. 227-242.
88 Luisa Giordano
55 L. BELTRAMI, Le statue funerarie di Ludovico il Moro e di Beatrice d’Este alla Certosa di Pavia,
beaux, Paris 1925, pp. 154-156; P. PRADEL, Les tombeaux de Charles V, in «Bulletin monumental»,
1951, pp. 273-296, in part. pp. 273-291; A. ERLANDE-BRANDENBURG, Les tombes royales et princières
françaises aux XIVe et XVIesiècles, in Demeures d’éternité, 2005 [cit. n. 52], pp. 9-18, in part. p. 11.
57 A. DINA, Ludovico il Moro prima della sua venuta al governo, in «Archivio Storico Lombardo»,
XIII, 1886, pp. 766-767. I documenti sono parzialmente editi dal Dina; gli originali, da cui sono tratte le
citazioni qui riportate, sono in ASMi, Sforzesco, 542 (sino al 31 dicembre 1476) e 543 (gennaio 1477).
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