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VENERD 30 DICEMBRE 2011

IL GIORNO - il Resto del Carlino - LA NAZIONE

CULTURA E SPETTACOLI

37 il caff

TEATRO AL VENTIDIO BASSO LANNO NUOVO SI APRE CON LA COMMEDIA DESORDIO IN TRE ATTI DI MICHAEL FRAYN

I paradossi delle crisi matrimoniali vanno in scena con Due di noi


ASCOLI PICENO

IL NUOVO anno al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno si apre il 4 e 5 gennaio con la commedia in tre atti, tratta dal testo di Michael Frayn Due di noi, interpretata da Emilio Solfrizzi e Lunetta Savino con la rega di Leo Muscato. Due di noi una commedia rappresentata per la prima volta a Londra nel 1970. Era

lesordio teatrale di Michael Frayn (foto), un autore allora sconosciuto, che solo una decina danni dopo sarebbe diventato famoso in tutto il mondo grazie al successo di Rumori fuori scena. Il titolo racchiude tre atti unici, concepiti per essere recitati da ununica coppia dattori che raccontano tre emblematiche e paradossali situazioni matrimoniali.

Nella prima, due coniugi sullorlo di una crisi di nervi per via delle notti insonni a causa dellinconsolabile pianto del proprio pargoletto, tornano in vacanza a Venezia nella stessa camera dalbergo dove avevano trascorso la luna di miele. Il confronto con il passato inevitabilmente comico. NELLA SECONDA storia la comu-

nicazione di coppia praticamente azzerata: la moglie dialoga con il marito attraverso lunica parte sensibile rimasta delluomo, il piede. In fine la terza ed ultima situazione riguarda marito e moglie che per errore invitano a cena una coppia di amici da poco separati e il nuovo boyfriend di lei. Inizio spettacoli ore 20.30. Ulteriori informzaioni allo 0736 244970.

IL LIBRO RICOSTRUITE LE COMPLICATE VICENDE DEL DIPINTO

Fu Mussolini a dare ad Urbino La Muta del divino Raffaello


GIOVANNI LANI
URBINO

REGIA Accademia Raffaello avuta conoscenza nobilissimo proposito Eccellenza Vostra destinare Urbino quadro Divino Pittore, adempiendo secolare aspirazione, ripetute richieste autorevoli accademici, cittadini tutti, plaude, ringrazia, saluta entusiasticamente Duce magnifico, sicuro interprete generosa anima italiana. Questo telegramma del 10 febbraio 1927 partito da Urbino, racchiude in poche righe la storia sconosciuta ai pi del lungo e travagliato percorso che ha portato alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino il celebre dipinto di Raffaello noto come La Muta (e che nel tempo venne pure chiamato Donna incognita e persino la Magra). Un dipinto tra i pi misteriosi di Raffaello, che a quanto raccontano storie e leggende (i miti sfumano spesso in visioni auliche), il divin pittore avrebbe realizzato dopo aver visto La Gioconda di Leonardo. Raffaello si commosse, forse pianse (e chiss, probabilmente fu cos se vero che la Gioconda era in realt una donna dUrbino come sostengono nuovi studi) e decise di fare la sua opera che si distingue per il fondo scuro. IL GIORNALISTA Giancarlo Di Ludovico, per decenni firma di queste colonne, ha ricostruito nel suo volume Urbino segreta - Il mistero della Muta e di santa Caterina dAlessandria, le complicate vicende che nel Novecento hanno caratterizzato queste due opere. La prima giunse ad Urbino per lincessante pressione dei cittadini su Benito Mussolini, la seconda per una decisione dello Stato italiano, ovvero la partecipazione ad unasta internazionale per assicurare il piccolo dipinto alla capitale del Rinascimento. Due storie andate a lieto fine, perch oggi ad Urbino possibile vedere entrambe le opere, rappresentative della immensa determinazione degli urbinati nellottenere (o riavere) quel che gli spetta. IL CASO LA MUTA. E impres-

DUE CASI POSITIVI A lato, la tavola che ritrae santa Caterina dAlessandria, acquistata dallo Stato italiano per un miliardo e settecento milioni di lire nel 1991. Di fianco, la celebre tavola de La Muta, che in passato fu persino chiamata Donna incognita. Sotto, Benito Mussolini, che nel giro di pochi minuti decise di mandare alla citt ducale La Muta di Raffaello, che si trovava a Firenze. In basso, lautoritratto del pittore nato ad Urbino nel 1483

GUERRA CON FIRENZE Colpi di mano, sentenze, appelli e decreti per tenere lopera a Palazzo Ducale
sionante la velocit della decisione di Benito Mussolini di inviare ad Urbino il dipinto di Raffaello. La delegazione cittadina che accolse a Roma il 5 febbraio 1927, precede di pochi giorni la decisione di spostare il dipinto su tavola. I fiorentini come reagirono? Bene, nel senso che scambiarono messaggi di formale cordialit con gli amministratori urbinati. Ma il fuoco covava sotto, e daltra parte larrivo della Guerra non fu indifferente allo sviluppo degli eventi. Con il passare degli anni

scrive Di Ludovico a pagina 166 , ed in particolare con la fine del regime fascista, i fiorentini cercano con ogni mezzo di riprendersi la tavola condotta ad Urbino, approfittando della circostanza che lopera stata riportata a Firenze. Motivo? Una mostra, sul Cinquecento toscano inaugurata il 28 aprile 1940 a Palazzo Strozzi. Da Firenze fecero un ostruzionismo totale per non rispedire il capolavoro ad Urbino. Anzi, per metterlo al sicuro venne persino nascosto nel convento dei frati di Camaldoli. Gli urbinati per non mollarono, continuarono a richiedere il dipinto indietro ed a conflitto bellico concluso la decisione venne messa nelle mani del Consiglio di Stato. Ad Urbino tremavano, ma vinsero ed il ministro Gui-

do Gonella l8 marzo 1947 scrisse un decreto per la restituzione. La Muta torna in citt tra ali festanti di folla, ma Firenze non demorde e fa ricorso. E qui si schierano le figure chiave della politica, cultura e democrazia italiana: Pietro Calamandrei (per la parte fiorentina) ed Antonio Santini (per la causa urbinate). Fino al toccante appello del senatore Raffaele Elia al sindaco Giorgio La Pira. Si segnano affermazioni che ancor oggi suonano di una straordinaria attualit: Lopportunit e il diritto che le opere darte non vengano arbitrariamente tolte dal luogo per cui furono create e da quegli enti che le detengono a giusto titolo non possono essere disconosciute. Viene da pensare alla Pala dei Montefeltro, di

Piero della Francesca, ora a Brera e rubata da Urbino. Alla fine il ricorso dei fiorentini giudicato inammissibile il 31 marzo 1953. LA CITTA meritava per ben pi di unopera di Raffaello, se si esclude linamovibile affresco opera giovanile del pittore della Casa natale, gelosamente custodito dallAccademia Raffaello. Ed ecco unaltra data chiave che Di Ludovico ricorda, il 10 gennaio 1991, quando a New York la casa daste Christies mette in vendita una piccola tempera (alta 39 centimetri e larga 15,5), raffigurante una bella e nobile ragazza di Alessandria dEgitto. Limportanza del lavoro non sfugge agli urbinati ed un comitato con laccademico Walter Fontana ed il sindaco Giorgio Londei si mobilita. Coinvolge lonorevole Arnaldo Forlani e riesce nella grande impresa: far vincere lasta costata allepoca un miliardo e settecento milioni di lire. Un caso unico, irripetibile, che fece sognare tante citt e musei che speravano di ottenere altrettanto. Di tutto questo parler nella presentazione del volume lautore assieme ad Arnaldo Forlani il prossimo 7 gennaio alle ore 10 al monastero di santa Chiara di Urbino. E per loccasione ai presenti sar donata una copia del curatissimo volume (che illustra ampiamente anche molte dinamiche della storia cittadina nei secoli passati), stampato delle Arti grafiche editoriali dUrbino.

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