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ARCHIVIO STORICO LOMBARDO


GIORNALE DELLA SOCIETÀ STORICA LOMBARDA

Anno CXL
2014

ISSN 0392-0232
ISBN 978-88-205-1064-0
ALESSANDRA MITA FERRARO

PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO:


GIAMBATTISTA GIOVIO (1748-1814)

Il 17 maggio 1814 all’età di 66 anni moriva il conte comasco Giam-


battista Giovio, dopo lunghe sofferenze causate da un tumore alle ossa1.
La notizia giunse presto a Milano dove Alessandro Manzoni, “sorridendo
arguto e bonario”, scrive il Sanesi2, si lasciò sfuggire i due noti ottonari,
“Giovio tanto visse / Ch’a’ suoi versi sopravvisse”. Il critico manzoniano,
preoccupato di tutelare lo spirito cristiano del poeta, insiste sull’ironia
dell’epigramma e chiosa, “sono scherzosi e non aspri”. Certo è che nell’af-
follato novero di letterati di ine Settecento, il nome di Giovio è assente
nelle letterature di piccola mole come nelle opere generali. Oblio rapido
e momentaneo o lento e duraturo?
La parabola negativa inizia presto. A ben vedere, i primi biograi
di Giovio, Luigi Catenazzi, Giuseppe Baraldi e la stessa Felice (o Feli-
cia) Giovio3, la primogenita del conte, pur accennando alla produzione

1 Decesso registrato da Carlo Cartosio, delegato dall’uficiale dello Stato civile,


in Archivio di Stato di Como (d’ora in poi ASCo), Archivio Storico Civico (d’ora in
poi ASC), Volumi, Registro dello Stato civile per l’anno 1814. Morti, 860, n. 273.
Esigenze di spazio mi hanno costretta a limitare allo stretto necessario i rimandi
bibliograici e i dettagli biograici di Giovio, che troveranno posto nella monograia
completa che sto preparando.
2 Poesie riiutate e abbozzi delle riconosciute, a cura di I. Sanesi, in Edizione Nazio-
nale delle Opere di Alessandro Manzoni, Prime edizioni e abbozzi, I, Firenze, Sansoni,
1954, pp. CXXV- CXXVI.
3 L. CATENAZZI, Elogio del conte Giambattista Giovio, con alcune lettere sopra le fal-
sità di fatto al capitolo Como nell’Italia di lady Morgan, del professore Luigi Catenazzi,
Como, Ostinelli, 1822 e F. GIOVIO, Cenni sulla vita e sull’indole di Giambattista Gio-
vio scritti da persona a lui famigliare, in Alcune prose del Conte Giambattista Giovio,
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letteraria, in particolare quella di argomento patrio, esprimono un ap-


prezzamento non di maniera nel riconoscere nel conte una personalità
con una vita nobilmente coerente, e che presentano come “un uomo di
merito distinto” straordinariamente devoto verso “la patria e la famiglia,
le lettere ed i costumi”4. Il giudizio si fa progressivamente più freddo
quanto più invece l’osservazione passa dall’uomo all’opera ino all’aperta
critica, nel 1835, di Cesare Cantù5. La sua nota biograica del conte si
apre con il rimprovero di aver inserito il proprio nome nel suo Dizionario
ragionato degli uomini della comasca diocesi nelle arti e nelle lettere illustri. Solo
la mediocrità della gran parte dei personaggi citati, commentava Cantù,
poteva garantire a Giovio la ricercata immortalità ma, aggiungeva, “non si
va alla posterità con tanta farraggine di roba”6.
Nel corso del secondo Ottocento e del primo Novecento sono stati
soprattutto i legami con Alessandro Volta e Ugo Foscolo ad interessare
gli studiosi7. All’interno di una storia letteraria, la produzione gioviana,

Milano, Silvestri, 1824, pp. 1-52 (dove lo scritto risulta anonimo ma a lei facilmen-
te attribuibile). Si veda anche G. BARALDI, Notizia biograica sul conte Giambattista
Giovio dell’abate Giuseppe Baraldi, “Memorie di religione, di morale e di letteratura”,
II (1822), pp. 435-466. Giudizio più distaccato, ma ancora positivo, esprime anche
A. CERATI, Elogio di G. Rovelli, Parma, Carmignani, 1815, pp. 70-71.
4 Le citazioni rispettivamente in F. GIOVIO, Cenni cit., p. 51; CATENAZZI, Elogio
cit., p. 42.
5 Nel 1833 Giambattista Corniani critica garbatamente il suo stile “sempre
purgato, lascia desiderare maggiore semplicità e più naturale andamento; come
talvolta si bramerebbe maggior parsimonia di erudizione” e riconosce utilissime le
opere di religione e di morale, specchio delle sue “rare qualità”. I secoli della lettera-
tura italiana dopo il suo risorgimento. Commento di Giambattista Corniani continuato ino
all’età presente da Stefano Ticozzi, Milano, Vincenzo Ferrario, 1833, pp. 616-617; C.
CANTÙ, voce Giambattista Giovio, in Biograia degli italiani illustri nelle scienze, lettere
ed arti del secolo 18 e de’ contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia e
pubblicata per cura del professore Emilio De Tipaldo, Venezia, Tipograia di Alvisopoli,
1834-1845, II, 1836, pp. 284-290.
6 Ivi, p. 284. Il suo ingeneroso commentatore pungente e feroce nel giudicarne
la produzione letteraria, parlando degli incarichi pubblici, lo riconosce “in ogni
cosa laborioso ed integerrimo”.
7 Il più celebrativo studioso comasco di Alessandro Volta fu Felice Scolari cui
mancò la lucidità nel ricostruire le relazioni fra i due amici. Ma di questo ho già
trattato e mi si permetta di rimandare a G. GIOVIO, Lettere Elvetiche. Diario del viaggio
in Svizzera del 1777 con Alessandro Volta, a cura di A. Mita Ferraro, Napoli, Editoriale
scientiica, 2012. Il primo attento lettore dell’archivio Giovio fu Carlo Volpati che
non si occupò soltanto del carteggio fra Foscolo e Cecchina Giovio, ma studiò i le-
gami fra il conte e il poeta, rendendolo noto agli studiosi, prima della pubblicazione
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se ho visto bene, compare solo nel 1929 nelle pagine del Settecento di
Giulio Natali. Inserito fra i “poligrai, critici e polemisti” l’italianista lo
deinisce “nutrito di vasta, se non profonda, cultura classica e moderna
preromantici” e, aggiunge, “il numero e la varietà degli argomenti da
lui presi a trattare generò supericialità, mancanza di freno, iacchezza di
stile, scorrettezza di lingua”8. Natali, il cui giudizio sulla poesia non si
discosta da quello manzoniano, vide il meglio della produzione gioviana
nelle Iscrizioni militari9. Un nuovo paradigma interpretativo orientato ad

dell’Epistolario nell’Edizione Nazionale delle Opere di Foscolo a cura di P. Carli avviata,


come è noto, nel 1949 per i tipi di Felice Le Monnier. C. VOLPATI, L’innamorata di un
poeta poi consorte di un uomo d’armi, “Periodico della Società Storica Comense”, XXXI
(1936), pp. 217-251 (al quale si richiamano, non sempre citandolo, gli studi succes-
sivi); ID., Parrucche alla berlina, “Broletto”, 29 (1938), pp. 26-30; ID., La contrada di
S. Sisto, “Periodico della Società Storica Comense”, XXX (1934-1935), pp. 88-140. A
Francesca Giovio dedicò un breve ritratto F. CASNATI, Francesca Giovio sposa, “Como”,
2 (1958), pp. 4-9. Brambilla lesse la produzione di Giovio come precursore del Fo-
scolo, per quanto riguarda la poesia sepolcrale, e Cian gli riconobbe una vasta cultura
in buona parte francese (E. BRAMBILLA, Due comaschi precursori del Foscolo nella materia
dei sepolcri, Foscoliana, Milano, Sandron, 1902; Z. VOLTA, I letterati amici di A. Volta,
“Rendiconti del R. Istituto Lombardo”, XIII (1880), pp. 1-10; V. CIAN, Per la storia
del sentimento e della poesia sepolcrale in Italia e in Francia prima dei “Sepolcri” del Foscolo,
“Giornale Storico della Letteratura Italiana”, XX (1892), fasc. 58-59, pp. 205-235, p.
209). Un primo tentativo di ricostruzione della cultura comasca a cavallo fra ’700 e
’800, dove non mancano pagine consacrate all’amore fra Foscolo e Cecchina, si deve
a Carlo Segrè (C. SEGRÈ, Due capitoli di vita lariana, “Nuova Antologia di Lettere,
Scienze ed Arti”, CXIX (1905), pp. 12-191). Emilio Bertana, all’inizio del Novecento,
lo presenta prudente nell’esprimere giudizi privi di originalità e incapace di auto-
nomia di giudizio (E. BERTANA, Recensione al vol. di G. Zacchetti, La fama di Dante
in Italia nel secolo XVIII appunti, “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, XXXVII
(1900), pp. 125-133, p. 129); S. MONTI, Storia di Como, Como, Ostinelli, 1932, p.
682. Inine Gottifredi lo vide tra le fonti di Manzoni per la discesa dei lanzichenecchi
e della peste (C. GOTTIFREDI, Dallo studio: Una fonte Manzoniana del Seicento Sigismondo
Boldoni (1597-1630). A proposito di fonti manzoniane, “Rassegna nazionale”, XXXVIII
(1922), pp. 216-233, in particolare, pp. 225-226).
8 Natali ampliò con la sua edizione la precedente curata da Tullio Concari, usci-
ta nel 1900, nella quale Giovio era nominato a proposito di una lettera al Roberti
in cui il conte deiniva il gesuita, il “La Fontaine” d’Italia. Storia letteraria d’Italia,
Milano, Vallardi, [1900], p. 272; Storia letteraria d’Italia, a cura di G. Natali, 2
voll., Milano, Vallardi, 1929, II: Il Settecento, pp. 1167-1169, ma anche ad indicem,
citazione a p. 1168.
9 Ibid. In coda all’articolo ho riunito la bibliograia gioviana, ino ad ora in-
completa e variamente citata nella letteratura. Nel testo ho riportato solo le prime
parole del titolo e il rimando alla pagina.
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inserire Giovio, come molti altri personaggi minimi, in quel ricco Sette-
cento riformatore dell’Italia dei centri minori è stato proposto da Franco
Venturi10. Giovio nelle pagine dello storico torinese è ricollocato nella
sua epoca e nella sua città di cui seppe, progressivamente, prendersi cura
(difendendone anche gli interessi economici) e presentandosi ai suoi con-
cittadini, poco avvezzi alle novità, come un consapevole protagonista del-
la rivoluzione culturale messa in atto dai grandi di quell’età, come Spal-
lanzani, Beccaria, i Verri, Volta, con cui non solo mantenne una durevole
corrispondenza ma con cui condivise la Repubblica delle lettere. Questo il
punto di partenza da cui si sono sviluppati gli studi più recenti11.

10 F. VENTURI, Settecento riformatore. V: L’Italia dei lumi (1764-1790), I, Torino,


Einaudi, 1987, pp. 699-713.
11 Una prima breve ma accurata biograia è offerta da A. MAMBRETTI CIOCCA, che
introduce l’edizione di passi scelti di Como e il Lario, raccolti in Larius, Settecento e
Ottocento, (t. II, vol. 1, Como, Società Storica, 1966, pp. 309-313); seguita dal lavoro
di Ernesto Travi, che rimane il miglior inquadramento della produzione letteraria
del conte (E. TRAVI, Cultura e letteratura neoclassica nel dipartimento del Lario, “Arte
Lombarda”, LV-LVII (1980), pp. 1-63), dalla voce di G. FAGIOLI VERCELLONE, Diziona-
rio Biograico degli Italiani, LVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2001, pp.
422-426. La prima perlustrazione del vasto epistolario si deve ad Aureliana Scotti
che ha lavorato in particolare sui copialettere del conte e sui documenti della fami-
glia Ordogno de Rosales di Milano, pubblicando il carteggio Giovio-Castone della
Torre di Rezzonico (A. SCOTTI, Il carteggio C. Gastone della Torre di Rezzonico - Giam-
battista Giovio, “Periodico della Società Storica Comense”, LIX (1997), pp. 43-167).
La fortuna economica del casato è stata, sempre negli anni Novanta, ben studiata
da E. Riva (E. RIVA, Giambattista Giovio (1748-1814): ricerche su una famiglia coma-
sca e sul suo patrimonio. Tesi di Laurea Facoltà di Lettere e Filosoia di Milano, a.a.
1990-91, relatore C. Capra), autrice anche del saggio introduttivo a una edizione
(purtroppo molto trascurata nella riproduzione del testo settecentesco) di Como e il
Lario (L’uomo giusto ingenuo semplice non vuole parere, ma essere buono. Giovanni Batti-
sta Giovio, cattolico e illuminista (1748-1814), prefazione di C. Mozzarelli, Milano,
Valentina, 1999, pp. XXI-L). Nel Duemila uscì una raccolta di saggi, di particola-
re interesse quelli di G. GASPARI, Tra Klopstock e Foscolo. La mediazione culturale di
Giovanni Battista Giovio e di A. SPIRITI, L’immagine del palazzo: scelte iconograiche e
iconologiche di Giovanni Battista Giovio, che cercano di presentare Giovio come consa-
pevole protagonista della sua epoca (La vita culturale e politica a Como tra Rivoluzione,
Restaurazione e Risorgimento, a c. di G. La Rosa, Varese, Insubria Press, 2008). Una
vasta bibliograia riguarda invece le committenze artistiche per le quali rimando,
anche per bibliograia, a G. ANGELINI, “AVSV NON MUNICIPALI AERE IOVIO”.
Giovanni Battista Giovio e la memoria del Museo gioviano nella Como del Settecento, in
Il collezionismo locale: adesioni e riiuti, Atti del Convegno (Ferrara, 9-11 novembre
2006), a cura di R. Varese - F. Veratelli, Firenze, Le Lettere, 2009, pp. 215-248 e al
solido lavoro di C. GEDDO, Il cardinale Angelo Maria Durini (1725-1796): un mecenate
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Anche a Como si compì, soprattutto nei due ultimi decenni del Set-
tecento e molto più di quanto non si sia creduto, quella “rivoluzione ita-
liana” orientata non più dai sonetti ma dalle “isiche esperienze”, mossa
non dalla “vana letteratura” ma guidata – seppure ben ancorata ai valori
dell’antico –, alle arti, al commercio, all’agricoltura. In Giovio, nel mo-
saico della sua vita, ispirato dall’amore per il proprio casato, da inte-
ressi artistici, letterari, ilosoici, politici, istituzionali, storici, emerge
il ritratto di un protagonista del proprio tempo, consapevole dei propri
limiti e insieme del proprio ruolo. Egli visse le contraddizioni della sua
epoca, diviso fra la iducia nella ragione e nel progresso e le certezze della
tradizione, tra la necessità di adattarsi ad un ritmo nuovo e il sospetto di
non potersi affrancare da una “forma di vivere” aristocratica consolidatasi
nei secoli. Egli si sentì, in da bambino, investito di una missione privata
(tener alto il nome della famiglia che aveva dato i natali a Paolo Giovio)
nella quale la cultura classica, giuridica, scientiica e religiosa non poteva
essere scissa dall’impegno pubblico, in una sorta di rinnovato umane-
simo dove tutti gli sforzi convergevano in un’autentica “vita civile”. Si
trovarono in lui a convivere, come in altri contemporanei, due anime: la
parte illuminista, razionale e pragmatica, pronta a seguire i percorsi della
ragione, e l’altra, cresciuta al riparo dei dogmi della fede cattolica12.
Giambattista Giovio nacque a Como il 10 dicembre 1748, rimasto
a quattro anni orfano dei genitori, fu prima afidato alle cure del prozio
Ottavio e, alla morte di questi, nel 1757, del cugino Fulvio Tridi. In linea
con il cursus honorum del patriziato lombardo13, fu alunno dei Collegi dei
nobili retti dai Gesuiti a Milano e a Parma (ove si trovavano lo zio An-
tongioseffo e il cugino Castone Rezzonico14) dove, guidato da illustri ma-
estri, acquisì una salda conoscenza della tradizione greca e latina, senza

lombardo nell’Europa dei lumi fra arte, lettere e diplomazia, Cinisello Balsamo, Silvana,
pp. 191-194, 295-298. Chi scrive al momento sta terminando l’edizione di alcuni
testi inediti del conte e attendendo ad una sua completa biograia.
12 Ne parla in questi termini anche RIVA, L’uomo giusto cit., pp. XXI-XXII.
13 Sull’argomento si vedano G.P. BRIZZI, La formazione della classe dirigente nel
Sei-Settecento, Bologna, il Mulino, 1976 e I Gesuiti e la ratio Studiorum, a cura di M.
Hinz - R. Righi - D. Zardin, Roma, Bulzoni, 2004.
14 Antonio Giuseppe, Antongioseffo (1709-1785), padrino e zio materno e il
iglio Carlo Castone furono i parenti più vicini a Giambattista con cui mantenne
sempre una itta corrispondenza accomunata dalla comune passione per i libri e la
letteratura. Giovio giudicò lo zio un erudito (Lettere Lariane, p. 23). E. GALLI, Poesia
e scienza in un illuminista comasco: Carlo Castone Della Torre di Rezzonico, “Periodico
della Società Storica Comense”, 58 (1996), pp. 141-156; SCOTTI, Il carteggio cit.
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restare insensibile alle suggestioni delle novità inglesi e francesi15. Della


sua formazione culturale, delle occasioni e dei motivi che determinarono
la composizione delle sue prime opere, scrisse lui stesso nelle Memorie sul-
la vita e gli scritti di Giambattista Giovio, oggi disperse16, ma di cui ampi
brani sono riportati da Baraldi che vi attinse per la sua Notizia biograica.
Giambattista vi ricorda come il Ferrari lo spronasse sovente a belle e
generose imprese: “Non v’è lecito d’esser mediocre: il vostro cognome
vel vieta. Paolo Giovio con la storia, Benedetto con tante altre opere vi
chiamano ad emularli”. L’invito non fu disatteso.
Giovio trascorse nella capitale i primi mesi del 1768 e vi rimase quat-
tro anni successivi, non mancando di farsi notare, per il suo aspetto, per
i modi, le conoscenze e la sagacia linguistica di cui era capace. Entrò in
contatto con Parini, Passeroni, i Verri, i Borromeo, i Bossi, i Castiglioni
con i quali avviò un duraturo rapporto epistolare.
A Milano si avviò alla carriera letteraria e pur attratto dalle novità del
momento, Rousseau e soprattutto Voltaire, ne prese le distanze allonta-
nandosi dalla linea dell’illuminismo razionalistico predominante. Consi-
gliato dai suoi maestri, fra tutti Tiraboschi che gli procurò due antidoti
agli increduli17, in pochi mesi scrisse e pubblicò, con editori diversi, La

15 “A 18 anni”, scrive Giovio, “mio Nume era Milton, e il declamava fanatico.


Orazio, Plinio, Cicerone, Ovidio, Algarotti [...]; vi aggiunsi Roberti e Bettinelli [...].
Molto poi vagai tra Francesi. [...] Sovente prendo in mano la Conidenza ilosoica del
mio amico Vernes [...] gli elogi di Fontenelle a qualche pezzo di Gian Giacomo,
di Voltaire, di Montesquieu, della Sevigné. Cicerone, Virgilio, Orazio, Ariosto”. La
lettera, scritta da Grumello 31 agosto 1784, è indirizzata a Clementino Vannetti a
Rovereto (BCCo, Fondo Brera, cart. 3, Minutario 5, cc. 54-56, qui 55-56. Parte della
corrispondenza Giovio-Vannetti si conserva presso la Biblioteca Civica “G. Tartarotti”
di Rovereto (Mss. 7. 4, 7. 8, 7. 13, 7. 22-23, 7. 28, 7.30) e la Biblioteca Comunale
di Trento, Ms. 849. I limiti riconosciuti ritorneranno, confessati più volte nell’episto-
lario e nelle opere; GIOVIO, Notizia di Giuseppe Rovelli, p. 3; ID., Lettere Elvetiche cit.,
p. XXV e A. MITA FERRARO, Prime note sul carteggio tra Saverio Bettinelli e Giambattista
Giovio, “Annali dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici”, xxv (2010), pp. 397-456.
16 Giovio nel 1802 stese le proprie Memorie sulla vita e gli scritti di Giambattista
Giovio giungendo al 1797. Il manoscritto, oggi disperso, era ino agli anni Sessanta
nella biblioteca Rosales di Bernate. È stata Aydée Mambretti Ciocca l’ultima stu-
diosa a consultarlo (cfr. nota 12). Un piano dell’opera si conserva in BCCo, Ms. Sup.
3. 2. 39, c. 2.
17 Si trattava dell’Oracle des nouveaux philosophes. Pour servir de suite et d’éclaircis-
sement aux œuvres de m. de Voltaire dell’abate Guyon, uscito a Berna nel 1759-1760 e
del volume del gesuita NONNOTTE, Les erreurs de Voltaire, la cui prima edizione uscì
ad Avignone presso Fez nel 1762. BARALDI, Notizia cit., pp. 4-5.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 281

lettera sulla felicità, il Saggio sopra la religione18 (di cui cercò con una itta
trama epistolare di favorire la diffusione) e la sua prima raccolta di poesie
anticipata nel 1772 da alcuni versi celebrativi in occasione della visita
degli Arciduchi a Como.
Il Saggio, accolto con favore dalla critica19, è l’esercizio di un buon
allievo dei Gesuiti, di un “cavaliere della religione”, e rimane uno dei
suoi lavori più personali perché non si contentò di riassumere una speci-
ica opera ma cercò, sebbene impegnato in temi troppo ardui per lui, di
confutare lo scetticismo, l’ateismo, il manicheismo richiamandosi ad una
vasta letteratura: pur riuscendo in alcune pagine a dar prova di una logica
rapida e serrata con una confutazione intelligente non riesce a liberarsi
tuttavia da un moralismo scolastico20. A questo testo guardò spesso nel
corso degli anni, riprendendone, senza farne mistero, alcuni contenuti e
passaggi nelle Operette ed epiloghi, nell’Enchiridion e nel Rodriguez21.
La fedeltà di Giovio al casato d’Austria e le speranze in lui riposte, an-
che dallo stesso ministro plenipotenziario Firmian, che lo avrebbe voluto
a corte per avviarlo alla carriera diplomatica, si concretarono, non senza
dificoltà, nel 1773, in due ambiti riconoscimenti: la nomina a cavaliere
di giustizia del Sacro Militare Ordine di Santo Stefano di Toscana e la
patente di Ciambellano di Sua Maestà Regia Imperiale22.
Il suo deinitivo rientro a Como, a venticinque anni, nel gennaio del
1774, coincise, e non credo si tratti di un caso, con la maggiore età e l’in-
gresso nel collegio cittadino dei decurioni23. Entrato in possesso del suo

18 Sulla stesura del saggio e sul clima nel quale il conte scrisse le 372 pagine
per rispondere “cristianamente” allo scetticismo dilagante, rimane testimonianza in
una lettera inviata da Giovio all’abate Draghetti a corredo di un volume del Saggio
in BCCo, Fondo Brera, cart. 9, fasc. 13. Sull’argomento utile Il cattolicesimo lombardo
tra Rivoluzione francese, Impero e Unità, Atti del Convegno di Studio (Milano 3-4 ot-
tobre 2003), a cura di R. Ghiringhelli - O. Sanguineti, Pescara, ESA, 2006.
19 Positivo il giudizio sul “Journal encyclopédique de Bouillon”, avril, 1775,
p. 167.
20 VENTURI, Settecento cit., p. 701.
21 Il Rodriguez ossia la Perfezione cristiana: con un prologo e le idee sulla tristezza,
p. 17.
22 Per l’intera vicenda e la bibliograia aggiornata mi si permetta di rimandare
ad A. MITA FERRARO, Presenza stefaniana in Lombardia - Il conte Giambattista Giovio
e i Guicciardi, nobili di Valtellina, “Quaderni stefaniani”, XXXIII (2014), in corso di
stampa.
23 Il consiglio, composto da quaranta decurioni, era il nevralgico organo istitu-
zionale della città. Ciò che contraddistinse il decurionato settecentesco comasco fu
la vicinanza, per la convergenza di interessi, del gruppo patrizio-decurionale con il
282 ALESSANDRA MITA FERRARO

ingente patrimonio24, in un primo momento compreso fra il 1774 e il


1783, fu assorbito senza troppa parsimonia, dalle sue fabbriche, avviando
importanti interventi architettonici nella dimora cittadina e nelle ville
suburbane, dove cercò di tradurre quegli ideali, anche estetici, che lo
stavano interessando (fra il 1776 e il 1777 pubblicò due opere sulle arti
igurative, il Discorso sopra la Pittura25 e la Lettera sopra Bassan Vecchio).

ceto produttivo dei mercanti impegnati soprattutto, ma non solo, nel commercio
serico. In questo senso Giovio non rappresenta un’eccezione ma incarna in sé un mo-
dello di suddito e di “cittadino-patrizio” dove nell’ossimoro è siglato il legame tra
la vocazione economica coniugata con la fedeltà sincera all’imperatore in un mondo
che è sempre quello dell’Ancien Régime. La carriera politica del conte è ricostruita
in A. MITA FERRARO, Economia e istituzioni a Como sotto gli Asburgo: il ruolo di Gian
Battista Giovio, Tesi di Dottorato in Storia e Dottrina delle Istituzioni, Università
dell’Insubria, 2013. Pubblicata on-line: http://insubriaspace.cilea.it, pp. 34-70.
24 Da quando nel 1427 Giovanni di Benedetto era stato ascritto al Consiglio
decurionale, l’ascesa economica e il lustro del casato non si erano arrestati, favorito,
nei momenti di crisi, da alcune eredità come quella Tridi e Dugnani che avevano
permesso alla famiglia di mantenere un buon livello di ricchezza. Nonostante la cat-
tiva amministrazione di alcuni degli eredi di Benedetto e Paolo (i maggiori arteici
della fortuna economica del casato) avesse rischiato di compromettere il patrimonio,
la solidità economica poggiava su una varietà di investimenti fondiari, sui proventi
delle locazioni e, non ultimo, sul ricorso al credito nelle sue diverse forme. RIVA,
Giambattista Giovio cit., pp. 31-40, 76.
25 Giovio si inserì nell’ampio dibattito suscitato dalle teorie di Winckelmann,
anche se la sua fu un’attenzione occasionale e con prevalenza di tematiche storico-
archeologiche e di pura erudizione. “Io”, scrisse nel Discorso sulla pittura, “non ana-
tomizzo i precetti minuti, non tolgo il velo de’ misteri pittorici, scrivo, e parlo da
amatore, da Uomo, in cui fa breccia profonda ogni Bello” (p. 8). L’attenzione alle
arti igurative era anche frutto della frequentazione del pittore Raffaele Cigalini,
dedicatario dell’opera, “compagno nella lettura di coloro, che meglio scrissero di
pittura” (pp. 6-7). Giambattista accomunò l’amore per l’arte con quello per la po-
esia: “troppa è l’analogia, che [h]anno insieme queste dolci tiranne del mio cuore.
[...] I voli, le attitudini, le passioni della Poesia sollevano, rapiscono, commovono,
e la Pittura, visibil parlare, e degna germana di lei all’intelletto ci discorre agli
occhi, ed al cuore” (pp. 10-11). Ripercorrendo le varie epoche e soffermandosi in
particolare su quella comunale, che deplora per esaltare l’età rinascimentale, si iner-
pica in discorsi teorici trattando del bello e contrapponendolo all’entusiasmo senza
approfondire le tematiche affrontate. L’opera fu l’occasione per entrare in contatto
con Giambattista Roberti (avviando, come accennato, una sincera amicizia) con il
quale ebbe una garbata polemica intorno al colorito (Lettera del sig. abate G.B. Rober-
ti). L’interesse per le arti igurative fu costante in lui e il tema torna centrale nel suo
epistolario ma, come per altri argomenti, non riuscì a svincolarsi dall’immagine del
passato e a guardare, come riuscì invece all’amico Ignazio Martignoni, al presente.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 283

Si spiegano così alcune scelte di rappresentanza che si concretizzarono


nell’acquisto, rectius riacquisto, di poderi appartenuti già dal Duecento
alla famiglia e poi alienati, fra cui Grumello e Balbiano26. Quest’ultimo
in particolar modo, sul lago di Como, fu motivo di grande vanto: era
stato venduto dall’avo Ottavio al duca d’Alvito nel 1596 e divenne, in
quando non fu venduto – a caro prezzo – al cardinale Durini nel 1787, la
sede estiva della famiglia che in autunno si riuniva nella villa di Verzago,
fra tutte la più amata, e dove si trovano le sue spoglie.
Si trattò, come accennato, di un progetto che si chiarì e deinì negli
anni, e che si legò a doppio ilo con il suo impegno nelle istituzioni citta-
dine per riportare Como e il Lario al ruolo al quale poteva e doveva ambi-
re, all’interno dello Stato di Milano. Per gli interventi edilizi e decorativi,
che interessarono anche il palazzo cittadino, il conte si afidò ad architetti
e maestranze qualiicate che nell’euforia del rinnovamento lo portarono
quasi sull’orlo del fallimento27. Compreso il rischio e volendo scongiura-
re il pericolo di alienare quel patrimonio, faticosamente ricomposto, che
a tutti gli effetti riteneva “di famiglia”, iniziò a contenere le spese tanto
da parlare di un patrimonio di un Millione nel 178728.
In Como e nei paesi intorno al Lago, consacrati dall’abate Bettinelli,
come il “più ingegnoso ed industrioso terreno forse d’Europa”29 dove
l’orfano Giovio prima del suo rientro nel 1774 aveva trascorso gran parte
delle vacanze autunnali, alla vivace economia, a metà degli anni Settanta,
si associava un tessuto scarsamente permeato da altri interessi. Rezzonico
era a Parma, Volta, sodale di Giovio dalla fanciullezza30, cercava in quegli

Dell’opera espresse un giudizio positivo Corniani, I secoli cit., p. 617; TRAVI, Cultura
e letteratura cit., pp. 25-29.
26 La documentazione in ASCo, ASC, Famiglia Giovio, cart. 101, c. 72 e ivi, Ex
museo, cart. 62, c. 12. Balbiano, acquistato nel 1774 per 6525 lire fu rivenduto al
cardinale Durini nel 1787 per 2300 zecchini (pari a 34970 lire). GEDDO, Il cardinale
cit., pp. 193 e nota 370.
27 Nel suo primo testamento, steso nel 1792, Giambattista parla di “spese paz-
ze della gioventù”, che nel giro di un decennio lo portarono quali alla rovina (BCCo,
Ms. 4.5.31). Nel 1780 risulta indebitato nei confronti dei Luoghi Pii (S. Colomba-
no, S. Leonardo, S. Cecilia) e di Fulvio Tridi per la somma di 6122 gigliati pari a
91830 lire. RIVA, Giambattista Giovio cit., p. 45.
28 La reintegrazione del patrimonio fu possibile con la vendita di alcuni immo-
bili e con l’incremento del prestito ad interesse. ASCo, ASC, Famiglia Giovio, cartt.
101, 103 già in RIVA, Giambattista Giovio cit., pp. 85-86.
29 Riportato da VENTURI, Settecento cit., p. 699.
30 Su questo, mi si permetta di rimandare a GIOVIO, Lettere Elvetiche cit., pp.
XVII-XXI.
284 ALESSANDRA MITA FERRARO

anni di inittire il commercio epistolare con l’estero e raggiungere quel


riconoscimento che non tardò molto, come sappiamo, ad arrivare. Quel
“fecondo incrocio” di storia e scienza, di patriottismo e cosmopolitismo
locale, che caratterizzò la ine del secolo e l’età napoleonica e che vide
certamente in Volta la personalità d’eccellenza poté deinirsi nei decenni
precedenti proprio intorno a Giovio. Lo conferma Gorani che nel 1769
ebbe modo di soggiornare a Como e di riferire a proposito dei comaschi:

Leurs spéculations se tournent presque toujours vers l’économie la plus


parcimonieuse et le commerce. Les Milanais, qui sont en général assez
prodigues, font mille contes pour rendre ridicules les Comasques sur
leurs lésinerie et assurent que les Génois mêmes envoient leurs enfants
à Como au dans son territoire pur y prendre des leçons d’avarice.

E con una certa sorpresa, in un simile contesto, l’eccezione era Giovio:

Je ne vis, en passant par Como, que cet homme rare, plein d’érudition
et qui, à chaque propos est en état de citer toutes sortes d’auteurs grecs
et latins dans leur langue originale. Je dois avouer que je fus étonné de
trouver parmi les habitants de cette ville un homme d’une si grande
capacité31.

La scarsa vivacità culturale della sua città, una certa solitudine vissuta
nei primi anni del suo rientro di contro ad un’armonia nei confronti della
natura, sono temi ricorrenti nella corrispondenza di questi anni. A Carca-
no che gli chiede sue nuove nel gennaio del 1780, Giambattista risponde:

Per darle mie nuove non posso dirvi che cose che sa. Io qui seguo a
viver solingo per non viver con corti bipedi indiscreti senza piume che
somigliano agli uomini. Pochissimi vale a dire tre al più rallegrano il
fuoco del mio camino, se questi sorridono a qualche mia bagattella che
scrivo tal plauso mi vale una posterità. Passo la sera in una loggia o due
al teatro e veramente l’ottantesimo del secolo sarà epoca per le nostre
scene. Or vi si applaude il ballo dell’amor fra le armi, saria degno che
il signor Marchese il vedesse. [...] Ritorno a casa e ecco la stessa serie
di vita. Io la percorro con gioia e tristezza compagne della rilessione e
procuro di invecchiare giovane per non ingiovanir vecchio. Son però un
serio contento. Il sole, la luna, il verno, la state, e ino il tuono e il vento
non mi paiono altrove sì miti, sì belli come nella mia casa e giardino.

31 G. GORANI, Dal dispotismo illuminato alla rivoluzione, a cura di A. Casati, Mi-


lano, Mondadori, 1942, p. 128 già in VENTURI, Settecento cit., pp. 699-700.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 285

Esso benché ora coperto di neve sì alta come nel Soratte di Orazio mi
piace più che non Versailles in primavera e alcune passere che uccisi ieri
mi divertirono più che se avessi stanato un cervo o ferito un cinghiale
in un parco sovrano. Parmi insomma godere l’aurea mediocrità. Non
sono né grande né piccolo per essere protettor o protetto con tutto ciò
vorrei essere e nano e colosso purché aggradassi meglio al mio Signor
marchese al quale fui amico sincero e sarò servitore obbligatissimo e
divotissimo32.

In città, la sua brama di rinnovamento, la sua spavalderia e la sua


ostentazione nelle spese, non potevano trovare il consenso degli oculati
“bipedi indiscreti”. Il suo aspetto isico negli anni giovanili doveva rilet-
tere tutta la boria patrizia: “rotondo di corporatura e tutto gonio di sé
stesso che sembrava ritenere tutti soverchiati per antichità di sua schiatta,
per sostanze e ingegno”33. Fiero e sicuro è l’arteice del ciclo pittorico
avviato nel palazzo cittadino in vista del matrimonio. Lo dimostra, fra
tutti – e lui stesso lo riconobbe più tardi – il progetto iconograico com-
missionato per il palazzo cittadino in vista del matrimonio.
Una pungente testimonianza di un ospite illustre doveva sintetizzare
l’opinione diffusa non solo a Como. Nell’estate del 1783 trascorse alcune
settimane nella regione Pietro Verri. In una lettera al fratello Alessandro
scrisse:

Alla ine di Luglio fui alla Gallia e una mattina fui a vedere in Como
la Casa del Sig.r Conte Giovio Poeta e autore di alcuni libretti. Nella
sala vi ho osservato un quadro grande con igure al naturale del quale la
rappresentazione è questa. Il Conte Giovio in abito elegante è la igura
che campeggia, ha alla sinistra la dea Pallade che con ossequio le resta
compagna e gl’indica il tempio posto di contro e di lontano sopra di un
monte, sul frontespizio del quale leggesi Immortalità. Mentre il Conte
s’incammina alla immortalità una fama volante per l’aria lo precede im-
boccando la tromba dorata e annunziando all’orbe terraqueo il grande
avvenimento. Una gloria volando pure scende con un serto d’alloro e sta
per collocarlo sul capo del Signor Conte, dietro cui mezzo sprofondata
e ingojata sulla terra vedesi l’invidia col crine di serpenti che incatenata
non può più nulla sul grande Conte Giovio. Per ultimo un amorino
stassene di canto al Signor Conte e presentandogli sopra un libro La
chiave di Cimabellano e la Croce di Santo Stefano. Io veramente am-

32 BCCo, Fondo Brera, cart. 9, c. 56.


33 Sono parole di Antonio Bosio riportate da VENTURI, Settecento cit., p. 700
nota.
286 ALESSANDRA MITA FERRARO

mirai la modestia del Signor Conte, e singolarmente quando mi venne


detto che non solo egli lo ha immaginato e fatto dipingere, non solo lo
tiene nella prima Sala a vista di ognuno, ma alla funzione del Corpus
Domini ne adorna la facciata della sua Casa. E quest’uomo che ha fatto
qualche mediocre sonettuzzo alla Vergine Maria e a Fillide è un eroe pe’
Gesuiti e amico e letterario intimo del P. Roberti e di varj di loro! Che
peccato che pochi sappiano ridere34!

Per Giambattista, unico discendente del proprio casato, iniziò nel


1777 il complesso intreccio del mercato matrimoniale35. Si parlò in un
primo momento di Chiara Parravicini. A ine agosto, all’ultimo mo-
mento, si unì all’amico Alessandro Volta che da tempo era impegnato
nell’organizzazione del suo viaggio letterario in Svizzera. Allungando il
loro percorso all’Alsazia e alla Savoia incontrarono i più insigni scienziati
e uomini di cultura: i Gessner, Haller, Senebier, De Saussure e a Ferney
Voltaire36.
Al rientro in Como, per ragioni ignote, l’accordo matrimoniale con la
Parravicini era sfumato. Entrò in scena, nel carnevale del 1779, il padri-
no e zio del conte, Antongioseffo Rezzonico. Dopo varie proposizioni si
iniziò a parlare di una Borromeo37. La trattativa, sebbene laboriosa, sem-
brava destinata a buon ine. Giambattista fu tuttavia, in da subito, espli-
cito nell’escludere l’unione con Clelia, la maggiore, per ragioni estetiche
dichiarandosi favorevole verso Irene. Con un atteggiamento particolar-
mente moderno (in questo con una sensibilità afine a quella di Pietro
Verri e di Vincenzo Dandolo38), Giovio non volle cedere alla logica di un
matrimonio destinato a cadere nelle trame del cicisbeismo39 e nonostante

34 Carteggio di PIETRO E ALESSANDRO VERRI, Edizione Nazionale delle Opere di


Pietro Verri, VII: 18 settembre 1782-16 maggio 1792, a cura di G. di Renzo Villata,
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012, lettera del 10 settembre 1783, pp.
238-240. C. CAPRA, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Bologna, il Mulino
2002, p. 396.
35 Come annota lui stesso, Tiraboschi, Draghetti e Venosta lo volevano sposo
già nel 1769.
36 GIOVIO, Lettere Elvetiche cit., pp. 93-95 e ad indicem.
37 RIVA, L’uomo giusto cit., pp. XXXVI-XXXVII.
38 CAPRA, I progressi cit., p. 411 ma si veda l’intero capitolo pp. 395-453 e
I. Pederzani, I Dandolo. Dall’Italia dei lumi al Risorgimento, Milano, FrancoAngeli,
2014, pp. 118-119.
39 Scrive Giovio, in una delle sue rilessioni sull’argomento: “I matrimoni di
certi ambiziosi, che senza amore stringono una dama di sedici quarti, sono pur pa-
ragonabili a quei favoriti d’Asia, che il Sultano onora di sua alleanza. Entran essi nel
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 287

le pressioni dello zio, non acconsentì ad unirsi a Clelia e nel febbraio del
1780, ruppe ogni trattativa con i Borromeo.
Per uscire al più presto dall’incertezza e far cessare i pettegolezzi,
Giovio decise di accogliere la precedente proposizione e il primo giugno
sposò la graziosa diciannovenne Chiara Parravicini. L’unione fu felice e
tra i due regnarono costanti la stima e l’affetto. Fu Chiara la madre dei
suoi undici igli. Giambattista fu un padre tenero ed affettuoso, anche se
non sempre e non con tutti i igli il rapporto fu facile; soprattutto Fran-
cesco, introverso ed inquieto, lo fece più degli altri preoccupare. A loro
dedicò numerosi suoi scritti di carattere didascalico e religioso.
La seconda fase della produzione gioviana, scelto come spartiacque il
viaggio in Svizzera – dove incontri e suggestioni con i grandi dell’epoca
lo stimolarono ad un bilancio –, lo vide progressivamente allontanar-
si dalla poesia, della quale fu uno sperimentatore40, per approdare alla
prosa, che meglio si addiceva a quella eloquenza e a quell’atteggiamen-
to moralistico che non riuscivano nelle poesie a raggiungere la pienezza
espressiva. L’impegno nelle istituzioni non lo distrasse mai dalla stesura
di numerose opere (e moltissime lasciò manoscritte41) dagli argomenti
più vari (religiosi, politici, storici, artistici, epigraici, poetici, musicali)
accompagnata da una ittissima corrispondenza con i più illustri perso-
naggi del tempo (Volta, Parini, Cesarotti, Pindemonte, Andres, Firmian,
Carli, Amoretti, Bertola, Cesarotti, Rosmini, Andriani, Paolina Secco
Suardo Grismondi – in arcadia Lesbia Cidonia – Bettinelli, Roberti,
Metastasio, Algarotti, Tiraboschi, Botta, Giovanni Verri, Foscolo, Melzi
d’Eril, Vannetti, Federico II di Prussia e numerosi altri personaggi meno
noti) che gli fruttarono l’ingresso in molte accademie.

letto dai piedi, dice Gian Giacomo. Io dico son pur poco ambiziosi, e son pur mi-
seri, che si preparano la pena di Mezenzio che univa i corpi vivi ai morti”, in Alcune
prose, Pensieri vari, p. 66. Il principale studio di riferimento è R. BIZZOCCHI, Cicisbei.
Morale privata e identità nazionale in Italia, Bari, Laterza, 2008.
40 Come scrive Travi, Giambattista non ebbe lo sguardo privilegiato del poeta,
fu invece uno sperimentatore non sempre felice con uno stile attento e ricercato
proprio del neoclassicismo di estrazione romantica. TRAVI, Cultura e letteratura cit.,
p. 7 e GASPARI, Tra Klopstock cit.
41 Giovio riunì le sue opere manoscritte in sette volumi: lo dichiara il iglio
Francesco in un “indice degli scritti inediti di mio padre”. Al momento ne ho in-
dividuati quattro. Il primo, Poesie inedite, è conservato nella Biblioteca Ambrosiana,
segnato Y 212 sup. dove Giovio dichiara di aver fatto rilegare quel suo zibaldone nel
1812 “perché chi verrà” ne scelga ciò che gli sembri degno di pubblicazione (c. 74);
altri tre sono invece in BCCo, Fondo Brera, cart. 19/I-III e riuniscono testi politici,
traduzioni, epigrammi e pensieri.
288 ALESSANDRA MITA FERRARO

Negli anni Ottanta, quelli che anche la iglia ricorda “di pace, di gio-
ia, di onore, di studio”42, pubblicò numerosi Elogi, il Dizionario, cui ho
già accennato, e una serie di opere dedicate al suo Lario, con le quali con-
tribuì a deinire il mito del Lario nato proprio sul inire del Settecento43.
Le critiche ricevute, lo studio continuo, l’indole naturale lontana dal ran-
core, lo portarono nel corso degli anni ad essere sempre più autoironico. È
un tratto che emerge con chiarezza nella corrispondenza come in un testo
a stampa dove recensì, a irma Poliante Lariano, il terzo degli elogi dedi-
cati ai suoi antenati, pubblicati sul “Giornale de’ letterati” di Modena:

Ecco stampato in Modena l’elogio di monsignor Paolo Giovio il giova-


ne, vescovo di Nocera. L’indefesso sig. cavaliere conte Giovio non sa i-
nir mai di leccare col suo pennello amoroso la propria famiglia. Abbiam
già veduto abbastanza ne’ primi volumi del presente giornale come il
sig. conte col dizionario comense abbia pensato di alzare al suo cogno-
me un monumento più perenne del bronzo. Un anno prima da Venezia
e da Modena erano usciti que’ suoi elogi di Paolo seniore e del fratello
Benedetto, e risonarono in d’allora dalle alpi al mare Como, Nocera, i
ritratti, il museo, le storie ecc. Che vorrà dirci questo elogio novello?
avrem noi ad ascoltar di bel nuovo le stesse canzoni, come se la penna di
questo scrittore fosse destinata ad esser l’eco della Simonetta, che ripete
tante iate la voce ecc.44.

Dal suo ingresso nelle istituzioni nel 1774, Giovio ricoprì, per tutta
l’età austriaca, le magistrature più importanti dell’amministrazione citta-
dina. Furono soprattutto i temi legati alla viabilità, terrestre e lacuale ad
impegnarlo quasi ininterrottamente per due decenni, portandolo a misu-
rarsi con lo strategico tema delle comunicazioni, centrale nella morfologia
della regione lariana, snodo geograico nevralgico, autentica porta lom-
barda sull’importante direttrice verso la Svizzera e la Germania45. Giovio
mostrò, e gli furono riconosciute nel tempo, capacità di gestire il governo
della città, tutelandone gli interessi di fronte alle pressioni esterne. Le sue
provate competenze in ambito economico, storico e politico, afinate nel

42 F. GIOVIO, Cenni cit., p. 10.


43 MITA FERRARO, Economia istituzioni cit., p. 43 nota.
44 La recensione apparve sul n. 15 del “Giornale de’ Letterati” di Milano che nei
numeri precedenti aveva ospitato i suoi elogi; CATENAZZI, Elogio cit., p. 61.
45 Fu ripetutamente giudice delle strade fu progressivamente considerato uno
degli esperti da consultare in merito alla realizzazione del Naviglio di Paderno, agli
interventi sull’Adda e sul torrente Cosia, responsabile delle ripetute esondazioni del
lago. MITA FERRARO, Economia e istituzioni cit., pp. 45-70.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 289

corso degli anni, lo resero un esperto di economia della regione. Come tale
fu interpellato dai funzionari governativi che si recheranno a Como per
illustrare poi a Milano la situazione nella quale versava la provincia. Per
tutti loro Giovio scrisse lucide relazioni (Del Commercio comasco46 e La iera
di Como) dove sono chiaramente esposti i limiti e le potenzialità dell’eco-
nomia legata all’opiicio, favorita e promossa in passato dalla politica go-
vernativa ma bisognosa, per restare attiva, di urgenti interventi di carattere
strutturale e non assistenziale. Vengono pertanto individuati una serie di
provvedimenti per risollevare l’industria ma, contemporaneamente, volti,
come era nelle intenzioni del governo asburgico, all’educazione popolare. Il
testo, lodato da Pellegrini, da Beccaria e da Kaunitz, non riuscì ad orientare
le scelte del governo impegnato dalla recessione economica e a contrastare
le idee provenienti dalla Francia. Così, quanto lo stesso Giovio aveva previ-
sto in mancanza di interventi strutturali, la diserzione dal lavoro, il rischio
dell’emigrazione di impiegati specializzati, disordini possibili, si veriicò
nell’estate del Novanta: poco meno di 500 tessitori, guidati da due decine
di loro spinti dalla miseria, organizzarono un tumulto gettando la città
nel panico. Accanto all’Intendente fu Giovio con due colleghi decurioni,
Giorgio Porro Carcano e Andrea Lucini Passalacqua, a gestire l’emergenza
e fu sempre il conte a presentare al governo, a poche settimane dal tumulto,
un piano per l’organizzazione di una Milizia urbana che a Como non si era
mai organizzata47.
Il ruolo di primo piano del Comasco nei commerci e nella produ-
zione di alcuni prodotti, ispira altre pagine scritte da Giovio nell’estate
dello stesso anno, in occasione dei lavori della voluta Deputazione sociale
promossa da Leopoldo II a Milano. I testi delle Occorrenze di Como e la sua
Appendice, orientati dalle scelte condivise dal Consiglio generale e dal ceto
produttivo, sono una sorta di breve storia dell’economia lariana. Lì con
lucidità, ma senza il dono della sintesi, sono analizzati i mali della regione
e individuati i rimedi per risollevarla. Il testo, letto dallo stesso Giovio
davanti agli altri undici rappresentati, innescò una reazione a catena ben
superiore alle rimostranze attese. La posizione di Como, infatti, portò
all’aggiunta nelle Occorrenze delle altre province di una nota supplementa-

46 L’opuscolo fu sollecitato dall’intendente politico Pellegrini nel 1787 e, con


La iera di Como, fu reinserito nel 1804 in Alcuni Opuscoli Patrj, con qualche aggiun-
ta e dedicatari diversi (rispettivamente Opuscolo terzo, pp. 65-107 e il secondo
pubblicato nell’Opuscolo settimo a Saverio Bettinelli, in data 14 maggio 1804, pp.
179-210).
47 L’intera vicenda è ricostruita in MITA FERRARO, Economia e istituzioni cit., pp.
109-124.
290 ALESSANDRA MITA FERRARO

re contro le proposte di Como, e ciò, se da un lato consente di inquadrare


la prospettiva del patriziato comasco e degli imprenditori serici lariani,
offre anche la misura della divisione fra le varie province all’interno dello
Stato di Milano. Fugato il timore di vedere disattese a Vienna le princi-
pali richieste, dopo pochi mesi molte furono accolte: il condono di gran
parte del debito, la concessione di una iera, la riduzione di alcuni dazi, la
restituzione al Consiglio generale dei Luoghi Pii, etc.
Il riconoscimento con il quale culmina la parabola ascendente nelle
istituzioni cittadine del conte in età austriaca giunse nel 1791 con la no-
mina ad una delle cariche più prestigiose dello Stato: Primo assessore del-
la Nuova Congregazione dello Stato. La sua rinuncia, manifestata quando
ormai tutto sembrava deciso positivamente, fu vissuta come un tradi-
mento perpetrato contro le istituzioni. Fortissimo l’imbarazzo che trapela
nelle lettere scritte al Consiglio e al governo. Giovio sa di aver deluso le
aspettative dei colleghi, della città e anche dei principi. Tuttavia, in lui,
il dolore mai spento di un’infanzia orfana vissuta lontano dalla propria
casa e dalla propria città, gli aveva impedito di imporsi con la moglie
(che non voleva lasciare Como) per il timore di rompere quell’armonia
familiare inalmente composta. Sarebbe stato un prezzo troppo alto, ma è
proprio quell’imbarazzo, insieme politico e cetuale, da suddito responsa-
bile dell’Antico Regime che conferma la visione politica del conte.
Non si trattò in ogni modo di un’uscita di scena. Il Consiglio gene-
rale, pochi mesi dopo, lo scelse come oratore in occasione del previsto
passaggio di Leopoldo II da Como48.
Gli avvenimenti del Triennio repubblicano comasco, su cui non man-
cano interessanti testimonianze ancora inedite49, videro Giovio nuova-
mente protagonista. Membro della Municipalità, nonostante i sospetti

48 Ivi, p. 58.
49 Sono due le cronache, che nella loro immediatezza hanno il merito di restituire
il clima di paura e di disorientamento di una parte della società comense. La prima,
più voluminosa, è il Giornale Gallo Cisalpino scandaloso che contiene i fatti accaduti entro
le mura della mia Patria dal 1796 al 1801 con alcune note profetiche del 1789 in avanti,
di Giulio Cesare Gattoni (conservato presso la BCCo, Ms.4.6.1); l’altra, Ritratti
delle cose Lombarde (nel 1796 e 1797 e 1798) sotto l’armata di Napoleone Bonaparte di
Giovio. Ad esse si uniscono i numerosi epigrammi politici di Giovio (in corso di
pubblicazione a cura di chi scrive). Da ricordare, inine, l’opera dello storico Giu-
seppe Rovelli: G. ROVELLI, Storia de’ principali avvenimenti dopo l’ingresso de’ Francesi
in Lombardia, in Storia di Como descritta dal marchese Giuseppe Rovelli patrizio comasco e
divisa in tre parti, Como, Ostinelli, 1796, rist. anast. Como, Meroni, 1992, III, parte
III, pp. 1-110.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 291

dei giacobini più accesi, il 15 maggio 1796 fu ancora lui con Alessandro
Volta, alcuni giorni prima dell’arrivo dei Francesi a Como, a rappresenta-
re la città nel comitato di accoglienza organizzato per Napoleone a Mila-
no50. Giovio non attendeva nulla dal giovane generale e continuò a spe-
rare nella brevità della parentesi francese51. La sua posizione d’altra parte
era ben nota in città e i repubblicani comaschi, guidati dal “sedicente
avvocato Valaperta” riconoscevano in lui l’aristocratico per eccellenza. Sui
giornali milanesi uscirono numerosi articoli contro di lui e la Municipali-
tà e anche in città i giacobini non mancavano di provocarlo52. Col passare
delle settimane la situazione peggiorò e il 28 agosto 1796 Giambattista
fu destituito dalla Municipalità (Volta tempestivamente aveva lo stesso
giorno fatto pervenire a Valeri le proprie dimissioni). Il conte, benché
assicurasse il contrario, scrive Gattoni, si sentì grandemente offeso da
questo provvedimento53.
I tre anni successivi furono molto duri per lui e la sua famiglia. Gli
fu tolta la libertà in casa, costretto ad alloggiare continuamente nuovi
uficiali, fu insultato negli editti ed invitato ad esprimere la propria gioia
per le vittorie francesi e, non ultimo, fu lagellato dalle tasse, dalle con-
tribuzioni e dai prestiti forzosi.
Giovio non comprese il valore storico della rivoluzione francese e anche
la sua idea di uguaglianza non si spinse oltre l’idea di una parità davanti

50 I Francesi entrarono a Como guidati da Filippe Aubernon il 18 maggio (RO-


VELLI, Storia cit., p. 7).
51 Lasciando la capitale la sera del 14 maggio scrisse; “Vidi pubblico messo il
feral giorno! / Addio Città di fango e di rombazzo, / Addio, men fuggo, e certo a
te non torno / A non ateo o ladron, ribelle o pazzo”, BCCo, Fondo Brera, cart. 19/I,
p. 17.
52 Fra i numerosi attacchi, pungente quello di un detrattore che si irma “Un
amico de’ cavalieri” apparso sul “Giornale degli amici della libertà” n. 26, del 19
agosto 1796. Giovio rispose con sapidi epigrammi ai suoi detrattori, ne scelgo due:
Non ti dico o mio Censore / Di cangiar il mal’umore, / Non prescrivo ch’abbi sale, /
Ch’abbi un poco di morale, / L’impossibil non si chiede, / Ma creanza e buona fede;
Se le laudi d’uom lodato piacean tanto a Cicerone, / Ben mi piace con ragione, / Se
tu m’hai vituperato; BCCo, Fondo Brera, cart. 19/I, c. 17, Epigrammi politici V e X.
53 GATTONI, Giornale cit., pp. 48-49 a.n., ma si veda anche 28 e 29 agosto 1796.
Due anni più tardi il conte fu schedato come “una delle persone [...] più immerite-
voli della conidenza del Governo”. Così recita la frase che precede alla schedatura
degli “Antirepubblicani del Dipartimento del Lario redatta nel 1798 dall’Ispettore
di Polizia generale del dipartimento del Lario”. E. PAGANO, Pro e contro la Repub-
blica. Cittadini schedati dal governo cisalpino in un’inchiesta politica del 1798, Milano,
Unicopli, 2000, p. 173.
292 ALESSANDRA MITA FERRARO

alla legge. Nondimeno egli non fu ostinatamente chiuso alle novità. Aveva
guardato con interesse e speranza ai lavori delle prime assemblee legislative
della Francia rivoluzionaria e aveva abbracciato l’illuminismo inteso come
un movimento riformistico volto a spogliare la tradizione di tutto ciò che
di viziato e di morto le impediva di migliorare le condizioni dell’uomo54.
I problemi giunsero dopo, come egli stesso scrive nella Conversione politica o
Lettere ai Francesi nel 1799. Giambattista attese con trepidazione la notizia
delle vittorie degli austro-russi55 e non appena seppe del loro arrivo a Mila-
no, il 29 aprile, fece cantare “una messa solenne nel suo oratorio”.
Il conte non ebbe neppure il sospetto che si trattasse di una breve paren-
tesi. Nell’entusiasmo tradusse le Lettres aux Français di Giuseppe Gorani.
L’autore, da anni ormai in esilio, aveva denunciato quelli che erano stati per
lui i misfatti e i limiti dell’illuminismo. In chiusura alla libera traduzione
nel Quadro della moderna democrazia, il conte inserì considerazioni personali,
come aveva dichiarato nella Prefazione. Il tono delle pagine gioviane non
è quello di un uomo chiuso alle novità né quello di chi teme la ine dei
privilegi di classe; per lui l’aristocrazia ha il valore di una categoria morale
e sociale saldamente radicata nella chiesa cattolica: “Ma quando m’avvidi,
che volevate al Vangelo sostituire l’ateismo, e dar in templi e cerimonia e
culto a tanta follia, il mio cuore si spezzò di cordoglio, non volli goder più
delle grazie vostre e riguardai la metropoli vostra come la cloaca del vizio”.
Il vero problema era proprio la lontananza dal cristianesimo. Dopo il Terro-
re56 fu sempre più convinto che la rivoluzione conducesse esclusivamente al
materialismo e all’ateismo: “Ah non così si annunzia la Filosoia! Il ilosofo
adora un Dio, non fa epigrammi contro l’immortalità”57.

54 “Ah! quando voi incominciaste la Rivoluzione”, scrive rivolto ai Francesi, in


una traduzione tanto sentita del testo di Gorani da farmi pensare alla sua completa
condivisione “io m’era igurato, che il secolo della ilosoia fosse inalmente e a noi
condotto da uomini illuminati. I primi discorsi respiravano umanità, io m’attende-
va una placida tolleranza. E poi aggiunge, assente nel testo di Gorani: “Applaudii
alle due prime Legislature vostre, quando vi deste a sfrondare alcune pratiche pue-
rili, né mi sdegnai, che ardiste in quasi d’emendare il Paradiso”. Conversione politica,
pp. 6 e 9, G. GORANI, Lettres aux Français par l’auteur des Lettres aux Souverains, 3
voll., Londres, 1794-1795, I, p. 19. Il conte riponeva piena iiducia
ducia nei risultati an-
che della scienza medica. Fece vaccinare tutti i suoi igli dal celebre medico Sacco di
Varese, ne parla anche nelle Lettere Lariane, pp. 51-52.
55 Il clima di quei mesi è riferito dalla iglia, F. GIOVIO, Cenni cit., pp. 13-22.
56 “Voi sempre”, scrive nel Quadro della Moderna Democrazia, “sempre cianciate
di Costituzione, e la baionetta operò l’orribile Fructidor, fece i vostri rappresentanti,
e disfeceli”. Conversione politica, p. 229.
57 Ivi, pp. 8-9.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 293

Quando la parentesi austro-russa si chiuse e tornarono i Francesi, il suo


sfogo, perché il livore di alcune pagine ha il tono di uno sfogo, gli procurò
molte amarezze oltre al sequestro di tutte le copie della Conversione politi-
ca58: fu arrestato e dopo due giorni trascorsi nelle “pubbliche prigioni” poté
riguadagnare la libertà dietro pagamento di cinquecentomila lire59.
Passata la bufera del 1800, con il Regno d’Italia, il clima repubblicano
sembrò un lontano ricordo e Napoleone stesso seppe ben tessere una nuo-
va trama con la classe nobiliare, tanto avversata nella prima Repubblica
Cisalpina60. Giovio, confortato dagli affetti familiari e dallo studio, visse
come una grande ingiustizia l’oltraggio subito con l’arresto. Come scelta
di campo abbandonò la rilessione politica militante, e si cimentò negli anni
successivi in traduzioni di testi di carattere religioso e ilosoico61, nell’atti-

58 Fu la polizia a sequestrate allo stampatore Luigi Noseda tutte le copie in


giacenza e a farle trasportate, scrive Francesco della Torre di Rezzonico, “nel palazzo
della città e là custodite sotto chiave”. E riporta come lui ed altri ne entrarono in
possesso: “Appena si seppe che il volume del Giovio [...] era proibito che maggior-
mente s’accese il desio dei curiosi per leggerlo, e gl’impegati della prefettura stessa
ne spacciarono e regalarono segretamente copia a tutti quelli che ricercavarlo. Come
a me pure da un impiegato prefettizio mi venne gelosamente regalato”. Tutto ciò
spiega l’esiguo numero di copie di questa sua opera presenti oggi nelle biblioteche
pubbliche. F. REZZONICO, Memorie Patrie cit., p. 38, 28 gennaio 1812.
59 Giovio sarà, come lui scrive, “posto in prigione il venerdì 11 luglio 1800, le-
vato la domenica sera giorno 13”, fu un’esperienza che lo segnò per tutta la vita che
non mancò di richiamare quasi ossessivamente nell’epistolario e nelle note mano-
scritte. Giovio pensò di riportare l’esperienza della prigionia in un dialogo dal titolo
La prigione o Il Sogno dove, in un ideale dialogo con Paolo Giovio, avrebbe raccontato
l’intera vicenda. Ne restano pochi appunti e l’indice (ASCo, ASC, Famiglia Giovio,
cart. 69; BCCo, Fondo Brera, cart. 19/I, c.n.n. e c. 37).
60 Sull’argomento mi limito a rimandare ai classici lavori di Zanzi, Antonielli,
Guerci e Capra, la raccolta di saggi nello “Annuario dell’Istituto Storico Italiano per
l’età moderna e contemporanea”, XXIII-XXIV (1971-1972), Roma, Istituto Storico
Italiano, 1975 ed a A. DE FRANCESCO, L’Italia di Bonaparte, Torino, UTET, 2011.
61 Giovio, conoscitore profondo del greco e del latino, del francese e dell’inglese,
tradusse per tutta la vita dalle quattro lingue, sintetizzando quanto lo interessava,
perché i lettori potessero “nel minor tempo possibile” gustare l’arte e soprattutto i
contenuti della ilosoia, intesa come regola di vita, e della religione. Lui anticipò le
critiche di una simile scelta: “Dirà taluno: ‘oh! tu se’ ancora l’uomo degli estratti!
E perché non pensi tu a cose affatto tue?’ A tal domanda replico che quando si trovi
chi dia a’ leggitori belle e proittevoli idee, massime d’antichi autori, e queste belle
e proittevoli idee si offrano col minor possibile giro di parole, mi sembra che non
gitterassi mai l’olio, e l’opera, massime se la brevità non soffochi la grazia dello stile,
o il movimento degli affetti”, L’uomo privato e pubblico, p. 4. Le sue preferenze per gli
294 ALESSANDRA MITA FERRARO

vità pubblicistica62 e in memorie statistiche, divenute allora di gran moda,


spesso stimolato da speciiche richieste dell’amministrazione. Accolse con
gioia l’incarico commissionatogli nel 1802 dal generale Teulié: come esper-
to epigraista, gli si chiesero alcune Iscrizioni militari63 e fu certo confortato
dal successo delle Lettere Lariane dedicate, nel 1803, a Saverio Bettinelli64.
Nel 1802 il governo francese lo elesse, all’interno di una precisa poli-
tica di riabilitazione degli uomini che avevano svolto funzioni pubbliche
sotto il governo asburgico, membro del Consiglio dipartimentale del La-
rio65. I prefetti lo considerarono progressivamente un idato consulente.
Da quel momento risulta chiara la scelta di campo di Giovio, deciso a
presentarsi ai suoi concittadini – e al mondo intellettuale – sotto una
veste di ritrovata misura erudita, senza sentirsi obbligato a rinnegare i
suoi principi e i suoi valori. Così, ben lontano da ogni forma di ingenuità,
l’anno successivo, in un nuovo clima politico, entrato in familiarità con
il massimo rappresentante istituzionale in città, darà alle stampe, una
ricca, quanto fortunata, raccolta di opuscoli patri. Il lavoro è dedicato
al prefetto Giuseppe Casati66 e si apre con una frase che suona insieme
come una apologia e un programma: “Il pensier mio fu quello di procurar
sempre, come potessi il meglio, il bene della Patria mia od almeno di

autori inglesi andarono in particolare alle opere dialogiche, d’argomento religioso


dove era sostenuta l’assurdità dell’ateismo e l’evidenza dell’esistenza di Dio, fra esse,
Il gentiluomo istruito dell’irlandese Dorrell, L’indiano di buon senso del conte di Che-
sterield Philip Stanhope e articoli di Joseph Addison.
62 A. MITA FERRARO, Dal “Lariano” al “Giornale del Lario” – Stampa e cultura a
Como in età napoleonica, “Annali dell’Istituto Italiano di Studi Storici”, XXVII (2012,
ma 2014), pp. 493-536.
63 È apprezzabile il tentativo di rinnovamento in un genere ino ad allora esclu-
so dalla lingua italiana operato dall’autore che si tradusse in alcune scelte di campo:
la sostituzione del dativo con il vocativo, per rendere un “qualche impeto poetico”,
e l’uso di parole tronche per “variar l’armonia”. Giovio rivendica, attraverso la gal-
leria dei ritratti, l’importanza di una libertà negata dalle scelte di Napoleone.
64 MITA FERRARO, Prime note cit., pp. 409-410.
65 Si conserva gran parte della documentazione, con il verbale delle sedute, in
ASCo, Prefettura, cartt. 923, 1049, 1196-1197.
66 Il 15 ottobre 1803 il prefetto dipartimentale del Lario Giuseppe Casati si
congratula con Giovio per le Lettere Lariane e per la dedica a lui offerta (ASCo, ASC,
Famiglia Giovio, cart. 69). Il 16 marzo dell’anno successivo il prefetto ringrazia
nuovamente per le Lettere e per le memorie del padre Damaso e lo informa di aver
inviato una copia a Milano e di aver fatto consegnare un’altra al presidente della
repubblica (ibid.). Su Casati si veda almeno L. ANTONIELLI, I prefetti dell’Italia napo-
leonica, Bologna, il Mulino, 1983, ad indicem.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 295

non peggiorar me, impiegandomi in tal guisa”. Ora, scrive, lui torna ed
osa parlare di amor di patria, che ino a pochi anni prima era considerata
una “specie di furore, una visione” di cui gli antichi erano “infatuati”.
La recente “smania di voler l’uomo cittadino del mondo intero” sembra,
continua, poggiare sulla “troppo ristretta” città natale. Queste parole,
che sarebbero sembrate troppo “calde” pochi anni prima, oggi, prosegue
Giovio, suonano diversamente ai moderni francesi repubblicani, i quali
“non cessano dal detestar quei giorni d’anarchica tirannia [...]. L’amor di
Patria aborrirà sempre l’anarchia e il disordine, e l’uomo saggio si crederà
sempre libero, dove regnin le leggi. A ciò mirano i desiderj di tutti i buo-
ni, sotto qualunque forma di governo li destini la Provvidenza”. Adesso
sembrano inalmente cessati, insiste, gli “impeti che agitaron gli spiriti a
questi ultimi tempi, quando parve libertà l’abuso de’ libelli atroci, parve
bello l’insultar coloro, cui la sorte guardò al lor nascere con qualche favo-
re”. Insomma quel che a me appare evidente è che Giovio dice e scrive ai
nuovi funzionari napoleonici ciò che loro stessi – e con loro il futuro re
d’Italia – vogliono sentirsi dire: dopo gli abusi della rivoluzione, il ter-
rore, il caos generale, ora, grazie ai nuovi equilibrati reggitori che hanno
recuperato molto dal passato sarà possibile lavorare, nuovamente, per il
bene comune.
L’opera sortì l’effetto desiderato e permise al conte il suo rientro a
testa alta nell’agone politico dove, pur con una nuova dolorosa parentesi
con la giustizia67, ricoprì numerosi incarichi, nonostante la compromessa
salute. Sempre attento alla condizione dei suoi concittadini e alla sua ter-
ra, sembrò cedere nel febbraio del 1812 alla vanità napoleonica. Indotto,
forse, dalle ragioni dei igli – che contro la sua volontà avevano intrapreso
la carriera militare e si erano arruolati nell’esercito – o persuaso del favore
che a loro poteva derivarne –, chiese a sua Maestà Imperiale Napoleone
una onoriicenza68. Questo nuovo corso, tale, infatti, doveva essere sentito

67 La ragione degli improvvisi, e quindi inattesi, arresti domiciliari, che si pro-


trassero dal 12 al 28 ottobre del 1806, risiedeva nella eco causata dalla pubblicazio-
ne di uno scritto dal titolo Sulla Perfettibilità, stampato da Braglia nei numeri 36 e
37 delle “Novelle politico letterarie” di Mantova. Alcune frasi erano, infatti, state
riportate nel numero 39 del “Corriere delle dame”, ma del tutto decontestualizzate,
facendo credere si trattasse di politica quando l’argomento era letterario. L’equivoco
venne chiarito e il 28 ottobre Giovio fu completamente scagionato e libero anche
per l’intervento di Brume. ASCo, Prefettura, cart. 795 e ivi, ASC, Famiglia Giovio,
cart. 69.
68 BCCo, Fondo Brera, cart. 3, Minutario 5, pp. 150-152 e MITA FERRARO, Dal
“Lariano” cit., p. 506, nota 39.
296 ALESSANDRA MITA FERRARO

da lui che si era sempre gloriato della onoriicenza stefaniana, fu seguito


da altri appelli ai vertici del potere per intercessioni familiari69.
Ormai i tempi erano cambiati, anche nella sensibilità e negli inte-
ressi letterari. Esaurite le battaglie contro lo scetticismo e l’illuminismo,
Giovio dovette assistere al sopravvenire dello spirito romantico, col suo
bagaglio di ombre e di tristezza dificili da accogliere per chi come lui
coltivava un atteggiamento positivo e provvidenzialistico della vita, ac-
cettata anche nei momenti di dolore più cupo. In una delle sue ultime
opere, le Idee sulla tristezza, scrive:

Havvi pur troppo coloro che altamente vantano i beni di questa vita, e
di questo bel mondo, e si direbbono gli ascetici i beati del secolo; ma v’ha
altresì di quelli, i quali con la loro cupa fantasia, tinta tutta di colori
bruni, accrescono i mali di questo soggiorno, e del nostro animo. [...]
Non voglio io già che tengasi ad Eden ridente questa valle di lacrime.
Ma vi sono pure in questa valle ed ombre care e il Sol puro, e mormo-
ranti ruscelli e specchi e laghi e di mari; vi sono in mezzo a perverse an-
che le anime belle e le indoli cortesi e gli umanissimi cuori, vi abbiamo,
sol che da noi si voglia, e corrispondasi ai lumi superiori, vi abbiamo un
commercio nobilissimo, e iduciale col sommo nostro Creatore, da cui
tutto avemmo, e ci attendiamo ilialmente immensi beni70.

Il divario fra le due posizioni è netto ed incolmabile. Giovio non


volle mai tradire buon senso e fede religiosa: gli appariva quindi segnata
all’origine da un male sottile e mortale la nuova moda, che con disappun-
to trovò anche nei suoi igli, particolarmente in Paolo e Francesco. Furo-
no soprattutto queste remore ad impedirgli di comprendere ino in fondo
la genialità di Foscolo, frequentatore, come è ben noto, della famiglia co-
masca. Accenno soltanto al legame fra il poeta e Francesca mentre vorrei
invece ricordare che Giovio conobbe Foscolo tramite il iglio Benedetto.
A lui, il primogenito, la pupilla dei suoi occhi, Giovio concesse tutto. Di
bell’aspetto e brillante – i suoi commilitoni lo chiamavano l’Aiace della
compagnia – di coraggio non comune e di una intelligenza vivace, co-

69 Nel 1813 si indirizzò direttamente al viceré Eugenio Napoleone chiedendo


un suo intervento in favore del genero Luigi Panigadi (marito di Vincenzina, la se-
condogenita) che, subito un grave tracollo inanziario, viveva da 3 anni in casa con
loro. BCCo, Fondo Brera, cart. 3, Minutario 5, pp. 86-87, la lettera è datata Como,
25 maggio 1813.
70 Idee sulla tristezza, pp. 283, 285.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 297

nobbe Foscolo a Milano quando entrò nelle guardie d’onore71. Le prime


attestazioni della loro amicizia risalgono all’ottobre del 1806 e in dal
principio il conte ne diviene partecipe. All’inizio del 1808 la vicinanza
del Foscolo era per Giovio motivo di conforto. Lo testimonia una lettera
del 2 febbraio 1808 del conte al iglio, da cui trapela anche l’affetto e la
vivacità domestica:

Foscolo in data del 29 mi scrisse una lettera piena di cuore per Voi e per
me. Io la ricevetti ieri, volli dirne uno squarcio in famiglia, e le lagrime
m’inondarono gli occhi. Io mi consolo che avete in lui un eccellente aiu-
to per i begli studi e più avete uno che mi giura di volervi essere ‘amico,
fratello e in padre’. Fantasia e cuore fanno i piaceri e le pene di questo
mondo, ma ne fan le delizie... [...] Voi fate di riempirmi, come potrete
il meglio, fate di riempirmi d’un balsamo consolatore questo cuor mio
gonio e piegato. Balsamo saremmi l’onorata e prudente condotta vo-
stra. Ricordatevi dell’onoratissimo nostro Benedetto la cui onestà raris-
sima si lodava tanto da’ suoi contemporanei, onestà che non cedeva pun-
to alla tanta dottrina sua, dottrina superiore a suoi mezzi... Caro iglio
io vi conto quali perle quelle lagrime che spargeste meco, quai perle
preziosissime quelle vi conto che nella scorsa estate vi ruppero fuori del
cuor [...] quando due parole vi lessi del mio olografo testamento. [...]
Tosto che vedete Foscolo apritegli la veste e sul lato sinistro fralle coste
fategli un bacio da parte mia. La povera madre vostra voleva scrivergli
due righe. Io la trattenni. Vostra madre, Vostro padre quanto v’ama-
rono! V’amarono come v’amano... e noi tutti eravamo fatti per essere
una famiglia unica... e la Porro, l’eroica Porro, v’amò, e Vincenzina, e
Cecchina, e Carolina etc. e Cecco a suo modo. Addio. Io non posso che
reiterarvi le mie benedizioni.

La campagna di Russia, avviata nel giugno del 1812, coinvolse Be-


nedetto e il fratello minore Paolo, ed entrambi si distinsero sul campo
di battaglia72. Tuttavia, mentre il fratello e il genero di Giovio (Vautré,
marito di Francesca) fatti prigionieri rientrarono in patria, Benedetto,

71 Benedetto aveva compiuto i propri studi a Pavia preso la facoltà di matema-


tica e isica, protetto, anche per le insistenti richieste del padre, da Volta. Il legame
fra padre e iglio fu particolarmente intenso come testimoniano le quasi duecento
lettere conservate in BCCo, Ms. Sup. 2. 2. 15.
72 Benedetto fu brigadiere della prima compagnia della guardie d’onore, poi
uficiale del secondo reggimento cacciatori a cavallo; fu insignito della Legion
d’onore mentre il fratello fu nominato capitano sul campo di battaglia; ASCo, ASC,
Famiglia Volpi, cart., 86. F. GIOVIO, Cenni cit., pp. 49-50; E. PIGNI, La Guardia
d’onore italiana di Napoleone re d’Italia, Milano, Vita e Pensiero, 2001, nota 178.
298 ALESSANDRA MITA FERRARO

non sopravvisse alle ferite riportate e al duro inverno e morì a Gubingen,


in Prussia. Da quella data il conte non riuscì più a colmare il vuoto della
perdita. A Baraldi, scriveva il 17 febbraio 1813:

È quasi un mese che io sono nella desolazione. Il mio primogenito en-


trato in Prussia dopo mille disagi e mille prove di valore mi venne
in dicembre rapito da crudelissima febbre. Oh Dio qual fu mai l’alto
vostro consiglio! Adoro tremando il decreto. Ma il tempo non allevia
l’ambascia. Poche zolle deserte coprono per sempre tutte quelle amabili
dote di cui era fornito, ero io... non vedrò più il mio Benedetto!
Oh almeno la divina misericordia...! ma come non me le afiderò io, o
riguardi gli abissi di lei, o consideri la continuazione delle misere mie
preghiere, e de’ consigli religiosi che diedi al quel mio caro sempre. Fu
la pupilla degli occhi miei, fu la delizia delle mie speranze. L’eccellente
e dolentissima di lui madre è in uno stato di rassegnazione e di squar-
ciamento di cuore, ond’eccitare meraviglia e pietà. Mio don Giuseppe
preghi per noi...73.

È una pagina spontanea e commuove per il dubbio appena espresso e


poi subito allontanato per una prova troppo grande per lui. Il lutto non
lasciò più i suoi giorni e lo precipitò nella vecchiaia.

L’intera sua produzione letteraria, solo in alcuni casi capace di rom-


pere le briglie dell’erudizione, è lo specchio della sua più autentica idea
di nobiltà, che lo aveva visto impegnato per il bene comune. Sostenuto
dall’amore per la bellezza, per le tradizioni di un passato in parte idealiz-
zato e per la tranquillità agreste, che non rappresentarono mai per lui un
rifugio solitario, fu un moderno padre di famiglia, generoso mecenate,
lettore instancabile, si mise sinceramente a servizio della sua patria ma,
non aveva errato Manzoni, non ebbe mai l’anima del poeta.

73 Lettera a Baraldi del giugno del 1813. BARALDI, Notizia cit., p. 25.
299

OPERE A STAMPA DI GIAMBATTISTA GIOVIO

A Dio. Canzone, s.l., s.d. [ma dopo 1770].


Sonetti in lode dell’arciduca Ferdinando d’Austria e dell’arciduchessa Maria Bea-
trice d’Este in occasione della loro venuta a Como, [Como], s.e., 1772.
Saggio sopra la religione del conte Giambattista Giovio, Cavaliere del S.M. Ordine
di S. Stefano e Ciambellano attuale delle LL.MM.II.R.A, Milano, Giuseppe Gale-
azzi, 1774.
Lettera sulla Felicità, Como, s.l., s.e., 1774.
Poesie del conte Gio.Batta Giovio, Cavaliere del Sacro Militare Ordine di S. Ste-
fano e Ciambellano attuale delle LL.MM.II.RR.AA, Bergamo, Francesco Locatelli,
1774.
Altre poesie del cavaliere Conte Giambattista Giovio posteriori e non comprese
nell’edizione bergamasca a stampa del 1774, Bergamo, Francesco Locatelli, [1774].
Discorso sopra la pittura del Cavalier Conte Giovio, Ciamberlano delle LL.MM.
II., Londra, [ma Lugano], s.e., 1776 (sono edite due edizioni nello stesso anno).
Lettera del signor conte abate Giambattista Roberti al signor cavalier conte Giam-
battista Giovio, ciambellano attuale delle LL.MM.II. e risposta del Medesimo sopra
Giacomo da Ponte, pittore detto il Bassan Vecchio, Lugano, Agnelli, 1777.
Elogio funerale a Maria Lucrezia Anastasia Marchesa Porro Odescalco dama
dell’Imperial Ordine della Crociera, Lugano, Agnelli, 1778.
Sonetti [due], in Sonetti a sua eccellenza il co. Alessandro Barziza podestà e vice
capitano di Bergamo, Bergamo, Vincenzo Antoine, 1779.
Pensieri varii del cavaliere Conte Giambattista Giovio Ciamberlano attuale delle
LL.MM.II.RR.AA, Como, Francesco Scotti, 1781.
Lettera del conte Giambattista Giovio all’autore in Cento favole espiane del
conte Giambattista Roberti, Como, [Scotti], 1781; seconda edizione, Milano, Ga-
leazzi, 1782.
Elogio del conte Francesco Algarotti Cavaliere dell’ordin del merito, Ciamber-
lano di Sua Maestà prussiana scritto dal conte Giovanni Battista Giovio,Venezia,
Pietro Marcuzzi, 1782, poi anche in Elogi degli italiani, raccolti da A. Rubbi,
vol. V, Venezia, Pietro Marcuzzi, 1782; e con alcune lettere, riedita nell’edizione
F. Algarotti, Opere, vol. X, Cremona, Lorenzo Manini, 1784.
Elogio di Andrea Palladio architetto, scritto dal conte Gio.Battista Giovio, in
Elogi degli italiani raccolti da A. Rubbi, vol. XI, Venezia, Pietro Marcuzzi, 1782.
Elogio a Benedetto Giovio, scritto dal cavaliere conte Giovanni Battista Giovio,
in Elogi degli italiani raccolti da Andrea Rubbi, vol. VII, Venezia, Pietro Mar-
cuzzi, 1782; poi in “Continuazione del Nuovo Giornale de’ letterati d’Italia”
con dedica dell’autore a Castone Rezzonico, voll. XXVI e XXVII, Modena, Società
Tipograica, 1783.
Elogio di Monsignor Paolo Giovio il Vecchio vescovo di Nocera del co. Gio.Bat-
tista Giovio Cavaliere del Sacro Militar Ordine di Santo Stefano, Ciamberlano di
300 ALESSANDRA MITA FERRARO

S.M.I.R.A., in Elogi degli italiani raccolti da Andrea Rubbi, vol. VIII, Venezia,
Pietro Marcuzzi, 1782, poi con il titolo Elogio di Monsignor Paolo Giovio il vecchio
vescovo di Nocera, s.l., s.e., s.d., [Modena, Società Tipograica, 1783] (estr. da
“Continuazione del Nuovo Giornale de’ letterati d’Italia”, voll. XXVI e XXVII,
1783).
Elogio di monsignor Paolo Giovio il Giovane vescovo di Nocera ed uno de’ Padri
del Concilio di Trento. Si aggiungono alcune lettere inedite di quel prelato con altre a lui
dirette, estr. da “Continuazione del Nuovo Giornale de’ letterati d’Italia”, voll.
XXXV (1786), pp. 83-125 e XXXVI (1787), pp. 1-66.
Gli Uomini della Comasca Diocesi Antichi, e Moderni nelle Arti, e nelle Lettere
Illustri. Dizionario Ragionato del Conte Giovanni Battista Giovio, Cavaliere del Sacro
Militar Ordine di S. Stefano Ciambellano Att. di S.M.I.R. ed A., “Nuovo Giornale de’
letterati d’Italia”, Modena, Società Tipograica, XXVIII, 1784, pp. 28-XXIX, 1784,
pp. 31-192 e Supplemento, ivi, voll. XXX, 1785 e XXXI, 1785, poi stampato in unico
volume presso lo stesso editore nel 1784, rist. anast., Bologna, Forni, 1975.
Lettere de’ conti Roberti e Giovio. Alla occasione del libro “Sulla probità naturale”
colla aggiunta di un Apologo, Como, Francesco Scotti, 1785.
Versi epici in morte di Francesco Maria Zanotti, Milano, Fratelli Pirola, [1785].
Poesie nuove, Como, Ostinelli, 1785.
Oda e canzonetta del conte Giovan Battista Giovio, cavaliere del S. M. Ordine di
Santo Stefano, Como, Scotti, 1785.
Abusi del sig. d’Alembert nel suo opuscolo in materia di religione, “Giornale let-
terario” di Milano, di Francesco Pogliani e Polini, a nome di Poliante Lariano,
XI (1786).
Lettera sopra Dante di Poliante Lariano ad Artemisco Dedalo, ibid.
Frammento degli Efesiaci di Xenofonte sugli amori di Anzia e di Abrocome, ibid.,
X (1786).
Pensieri ilologici e cristiani, ibid., XIII, XIV, XV (1786).
Giudizio intorno ad una lettera sopra i Negri, ibid., XIV (1786).
Del commercio comasco. Lettera del Cavaliere Conte Giambattista Giovio Genti-
luomo di camera di S.M.I. al Signor Regio Intendente Politico don Giuseppe Pellegrini,
[Lugano], [Agnelli], 1787.
Elogio dell’abate Giambattista Roberti, Bassano, Remondini, 1787.
La iera di Como. Dialoghetti due. Da non essere stampati e scritti a penna corrente,
[seguono due sonetti scritti in occasione della Nella faustissima venuta in Como di
S.M.I.R.A. Leopoldo II], Como, Ostinelli, [1791].
Massime Operette varie interessanti la religione, lo spirito ed il cuore, raccolte da
Giovan Batista Giovio patrizio Comasco, Como, Ostinelli, 1793.
Poesie varie, in Anno poetico ossia raccolta annuale di poesie inedite di autori vi-
venti, Venezia,Tipograia Pepoliana, poesie negli anni 1793-1795, 1806-1807.
Affetti pii sul Paternostro latini ed italiani. Con altra esposizione e rilessioni ilo-
soiche tratte dallo Stess. Opuscoli tre, Como, Ostinelli, 1794.
Affetti divoti sulla orazioni domenicale tratti dal N. ed A. Testamento colla versione
italiana e con note, Como Ostinelli, 1794.
Altra sposizione del Paternostro, Como, Ostinelli, 1794.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 301

Rilessioni sui XV misteri del rosario, Como, Ostinelli, 1794.


Affetti sul Pater noster, Como, Ostinelli, 1794.
Esposizione dell’orazione domenicale in italiano e in latino e in latin biblico, Como,
s.e., 1794.
Canzone del cavalier conte Giambattista Giovio di Como, in Tributo dell’amicizia
al reverendissimo signor arciprete Angelo Dalmistro nel giorno del suo ingresso alla chiesa
di Maser, Venezia, Palese, 1795.
Solennizzandosi da alcuni giovinetti nella chiesa prepositurale di S. Donnino la festa
della B.V. del SS. Rosario componimenti dedicati al merito singolarissimo della ill.ma Sig.
Marchesa donna Emilia Canarisi, Como, Ostinelli, 1795, pp. 3-23.
Operette ed epiloghi interessanti la religione ed il cuore del cavaliere conte Giambat-
tista Giovio, 2 voll., Como, Domenico Ferrario e Compagno, 1795-96.
Per la partenza del militare dalla città di Como, Como, Ostinelli, 1795.
Como e il Lario commentario di Poliante Lariano, Como, Ostinelli, 1795; passi
scelti pubblicati nell’antologia Larius, Como, Società Storica Comense, t. 2, vol.
1, 1966, e riedito in una versione inutilizzabile del testo settecentesco, Milano,
Valentina, 1999.
Massime di morale saviezza, Como, Carl’Antonio, Ostinelli, 1796.
Vita di Girolamo, Inno a Maria Vergine tradotto da Polliante Lariano, Como,
Ostinelli, 1796.
Il libro rubato, Como, s.e., 1796.
La Conversione politica o Lettere ai Francesi. Epiloghi del cav. co. G.B. Giovio de-
dicati all’ornatissimo signore il sig. Marchese D. Carlo Innocenzo Porro Carcano Regio
feudatario di Asnago ec. ec., Como, Luigi Noseda, 1799.
L’indiano di buon senso: almanacco per l’anno 1800, coll’aggiunta della Tariffa
numeraria dei Fiorini di Vienna ragguagliata a moneta di Milano, Como, Luigi
Noseda, 1799 (ristampato poi Nell’uomo privato e pubblico: opuscoli tre, Como,
Carl’Antonio Ostinelli, 1800).
L’uomo privato e pubblico: opuscoli tre, Como, Carl’Antonio Ostinelli, 1800.
Il nuovo manuale d’Epitteto, colla di lui vita, tradotto l’uno scritta l’altra dal Cav.
Co. G.B. Giovio…, Como, Carl’Antonio Ostinelli, 1800.
Osservazioni per la vita di Plinio Cecilio, Como, Ostinelli, 1800.
I traviamenti della ragione [di Ph.L. Gerard], tradotte dal francese e compendiate
dal conte G.B. Giovio patrizio comasco, Venezia, Francesco Andreola, 1801.
Poesia per l’ingresso del cittadino A. Roncalli, prefetto del Dipartimento del Lario,
Como, s.e., [1802].
Lettre de J.B. Giovio au citoyen J.G. Chaton, Soldat de la Sixième Demi-Brigade
de Ligne, Como, Pasquale Ostinelli, 1802.
Della Vita e degli scritti del cav. Gerolosimitano fra Carlo Castone conte della
Torre di Rezzonico, Memorie di Giambattista Giovio..., Como, Pasquale Ostinelli,
[1802], ristampata anche da Carl’Antonio Ostinelli nel vol. I delle Opere del ca-
valiere Carlo Castone conte della Torre di del Rezzonico, 1815.
Memorie intorno al Sacerdote Gaetano Betoldi bibliotecario di Como, Como,
Carl’Antonio Ostinelli, Anno 1 della Repubblica Italiana [1802].
Epigrammi, Como, Pasquale Ostinelli, 1803.
302 ALESSANDRA MITA FERRARO

Le XXXVII iscrizioni militari e XXXVII di Giambattista Giovio per la casa degli


invalidi in Milano, Como, Pasquale Ostinelli, 1802.
Lettere Lariane a Saverio Bettinelli, Como, Pasquale Ostinelli, 1803, riedito
con aggiunte, Como, Fratelli Galimberti, 1827, rist. anast. [ed. 1827], Como,
Libreria Meroni, 1999.
Inno ad Elia, Como, s.e., 1804.
Due parole sul fu padre Damaso M.O. e professor logico in Como, Como, Carl’An-
tonio Ostinelli, 1804.
Alcuni Opuscoli Patrj di Giovan Battista Giovio, Como, Carlo Antonio Osti-
nelli, 1804.
XXXIII altre iscrizioni militari di Giambattista Giovio con XXXIII articoli
storici. Parte II, Como, Pasquale Ostinelli, 1804.
Idee su’ governi, “Novelle politico-letterarie” di Mantova nn. 2-3, 5-6, 8-15,
1805
Le prime lettere sull’Enciclopedia del lib. VI di Virgilio dirette al sig. avvocato Leo-
poldo Camillo Volta, ibid., nn. 6-8, 12, 1805.
Notizie sul Gravicembalo, ibid., n. 6, 1805.
Novella araba, ibid., n. 10, 1805.
L’Indolenza, ibid., nn. 16-17, 1805.
Rilessi del nome Napoleone, ibid., n. 18, 1805.
Lettera contro il ilosoismo ateo, ibid., n. 21, 1805.
Sulla perfettibilità, ibid., nn. 36-37, 1806.
Due lettere sulla trovata e posseduta iscrizione per Caracolla, al proposto Anton
Luigi Carli, ibid., nn. 40- 41, 1806.
Lettera sopra Giuseppe Leone, detto l’incombustibile, in Nuova scelta di opuscoli
interessanti raccolta da Carlo Amoretti, Milano, n. 2, 1808.
La sapienza della biblioteca: novelletta araba, tradotta da GBG, Como Ostinel-
li, 1805; rist. anast., Como, Nodolibri, 1995.
Scritti ultimi del difensore del signor Guido Valentini al Tribunale d’appello del
Lario, Como, Carl’Antonio Ostinelli, [1806].
Lettera di Paolo Giovio vescovo di Nocera sul vitto umano a Felice Troino vescovo di
Chieti ed Iscrizioni sulla Sala del Pranzo. Si aggiungano le traduzioni italiane e le
note di Giambattista Giovio, Como, Carl’Antonio Ostinelli, 1808.
Pel un nuovo organo opera de’ signori Serassi nel santuario del Crociisso. Lettere ed
iscrizioni, Como, Carl’Antonio Ostinelli, 1808.
Poemetti due, uno in morte di S. Bettinelli e l’altro di M. Giuseppa Cicalini Sam-
per, [Como], s.e., [1809?].
Stanze di Giambattista Giovio in morte di Saverio Bettinelli fra gli arcadi Diodoro
Delico, Mantova, Francesco Agazzi, 1808.
Pensieri tratti dalle meditazioni d’Hervey sulle tombe, Como, Carl’Antonio Osti-
nelli, 1809, seconda ed. lo stesso anno e per lo stesso editore Coll’aggiunta di due
poemetti.
Articolo storico di Giambattista Giovio intorno alla vita e agli studi del canonico
Giulio Cesare Gattoni, Milano, Marelli, 1809, estratto dal n. 6 “Giornale della
Società d’Incoraggiamento delle Scienze e delle Arti”.
PROFILO DI UN CONSERVATORE ILLUMINATO 303

Lettera sull’inondazione del lago del 1810, Como, Carl’Antonio Ostinelli,


1810.
Ragionamento letto nell’aprimento della Società di scienze, di belle lettere ed arti in
Como, Como, Carl’Antonio Ostinelli, 1810.
Schizzo statistico sulla provincia del Lario, “Lariano”, nn. 1-13, 1810.
Notizie intorno al ponte di Lecco; Lettera al sig. Andrea Ferrario ingegnere in capo
nel dipartimento del Lario, nel supplemento al “Lariano”, nn. 39-40, 1811.
Tre lettere inedite di Giuseppe Baretti, ibid., nn. 23, 47, 57, 1811.
Novelletta indiana, ibid., n. 29, 1811.
La Spada, la Penna, la Toga, ibid., n. 43, 1811.
Recensione al Del bello e del sublime di Ignazio Martignoni, ibid., nn. 16 e
17, 1811.
Recensione al Viaggio sentimentale di Jorick, “Giornale Italiano”, 248 (1813).
Versi d’un prosatore d’anni sessantadue, latini e italiani pubblicati nel giorno del
Battesimo del Principe Imperiale e Re, Como, Carl’Antonio Ostinelli, [1811].
Il manuale cristiano (Enchiridion Christianum) latino ed italiano di Giambattista
Giovio, Modena, Vincenzi, 1811.
Il Rodriguez ossia la Perfezione cristiana: con un prologo e Le idee sulla tristezza,
Como, Carl’Antonio Ostinelli, 1800, [ma del 1812], riedito in Raccolta di ope-
rette ilosoiche scritte nel XVIII sec., 2 voll., Milano, Società Tipograica de’ Classici
Italiani, 1832.
Della tristezza, idee, seconda ed. ampliata, Como, Ostinelli, 1812.
Notizia di Giuseppe Rovelli all’egregio conte Cerati, Como, Ostinelli, 1813.
Due sonetti, Como, Ostinelli, 1814.
Viaggio per lago di Como, di Poliante lariano, Como, Ostinelli, 1817.
Sublimità e decadenza degli ebrei, somme inesplicabili: memoria inedita del conte
GBG, pubblicata postuma da Giuseppe Baraldi, Modena, s.e., [dopo il 1822].
Alcune prose del Conte Giambattista Giovio, in Biblioteca scelta di opere italiane
antiche e moderne, t. 151, Milano, Silvestri, 1824, con prefazione biograica della
iglia Felice.
Prose del Conte Giambattista Giovio, in Biblioteca scelta di opere italiane antiche e
moderne, t. 151, Milano, Silvestri, 1824.
Il funesto incontro e Il sepolcro su la montagna, in Novelle romantiche in prosa e in
versi, Londra, 1830.
Lettera al conte Lodovico Savioli, Como 26 novembre 1774, in Lettere di vari illu-
stri italiani del secolo XVIII e XIX a’ loro amici e de’ massimi scienziati e letterati nazio-
nali e stranieri al celebre abate Lazzaro Spallanzani e molte sue risposte ai medesimi ora
per la prima volta pubblicate, Reggio, Torreggiani e co., 1841, vol. II.

ALESSANDRA MITA FERRARO


304 ALESSANDRA MITA FERRARO

ABSTRACT
Profile of an Enlightened Conservative: Giambattista Giovio (1748-1814)

Giambattista Giovio (1748-1814) felt from a young age that his specific
mission was to honour the name of his family, which had given birth
to his ancestor Paolo Giovio. A family where human, legal, scientific
and religious culture could not be separated from public commitment.
This could be considered a kind of renewed Humanism where all
efforts converged into a genuine “vita civile”. In Giovio, as in other
contemporaries, two souls lived together: the first following the rational
and pragmatic Enlightenment, ready to follow the paths of reason; and
the other growing up in the dogma of the Catholic Faith. At the same
time he was a “modern” father, a generous patron, a tireless reader and
writer, a collector and bibliophile, a courageous experimenter (especially
in poetry). He was also the author of a series of works which were
dedicated to his beloved Lario region, its natural beauty, its artistic
treasures, the famous people who had inhabited the coasts of Lake Como,
and he was one of the key actors in launching the myth of the Lario at
the end of the eighteenth century.

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