Il Carteggio Churchill-Mussolini
e i National Archives di Londra
(1) M. Franzinelli, L’arma segreta del Duce. La vera storia del Carteggio Churchill-Mussolini,
Milano, Rizzoli, 2015.
(2) Ivi, pp. 341 ss.
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sicuro che, dopo il suo libro, la mia redazione non sarò più invasa, come tante
volte è accaduto, da clamorose rivelazioni sulla diplomazia segreta di Mussolini,
opera di pseudo-studiosi dominati dalla teoria del complotto. Come analista
del passato, devo però rimproverare all’autore dell’Arma segreta del Duce un
errore di metodo e un’insufficienza nella ricerca archivistica che si collegano
l’uno all’altra, dando vita a un circolo vizioso storiografico.
Per il primo punto devo dire che l’aver dimostrato che lo scambio di missive
tra Churchill e Mussolini della primavera-estate del 1940, in nostro possesso, è
un apocrifo non vuol dire che non siano esistiti in quello stesso periodo, come
Franzinelli presume, negoziati o magari semplici pourparlers con l’Italia, attraverso
i quali Francia e Inghilterra cercarono di ottenere l’assicurazione che il Duce
in una futura conferenza di pace avrebbe speso la sua influenza a loro favore,
in cambio di una sostanziosa contropartita ma soprattutto al fine di arginare la
preponderanza del «Reich Millenario». Per il secondo punto, mi spiace dover
osservare che quanto afferma l’autore dell’Arma segreta del Duce, e cioè che ogni
rapporto tra Mussolini e i leaders delle democrazie liberali si sarebbe interrotto il
18 maggio, dopo il secco rifiuto di Palazzo Venezia a prendere in considerazioni
gli inviti di Churchill e Roosevelt a non seguire Hitler nell’avventura bellica iniziata
nel settembre 1939, costituisce una grave imprecisione (3). Un’imprecisione che
Franzinelli si sarebbe potuta facilmente risparmiare con un più lungo e fruttuoso
soggiorno di studio nei National Archives britannici o più semplicemente grazie
a un’attenta lettura dell’ultimo capitolo del lavoro di Emilio Gin, edito nel 2012,
dedicato alle ultime settimane della «non belligeranza» italiana (4).
(3) M. Franzinelli, L’arma segreta del Duce. La vera storia del Carteggio Churchill-Mussolini,
cit., pp. 204 ss. Su questo punto, Franzinelli segue ad litteram il poco concludente saggio di H.
Woller, Churchill e Mussolini. Conflitto aperto e cooperazione segreta?, in «Contemporanea», 4,
2001, 4, pp. 615-648, dove si esclude apoditticamente, sulla base di considerazioni meramente
storiografiche e senza nessun riscontro archivistico, l’esistenza di contatti tra il premier britannico
e il Duce, precedenti o seguenti il 10 giugno 1940. Su alcune falle della ricostruzione della vicenda
editoriale del Carteggio fatta da Franzinelli, si veda, infine, F. Andriola, Carteggio Churchill-
Mussolini. Tutta un’altra storia..., in «Storia in Rete», maggio 2015, pp. 88-96.
(4) E. Gin, L’ora segnata dal destino. Gli Alleati e Mussolini da Monaco all’intervento. Set-
tembre 1938 - Giugno 1940, Roma, Nuova Cultura Editore, 2012, in particolare pp. 372 ss.; Id.,
Speak of War and Prepare for Peace: Rome, 10 June 1940, in «Nuova Rivista Storica», 98, 2014,
3, pp. 991-1014. Sullo stesso punto si veda anche J. Lucáks, Five Days in London: May 1940,
New Haven-London, Yale University Press, 1999, in particolare pp. 82-103; 104-135; 136-161.
Di questo volume esiste anche una traduzione italiana: Milano, Corbaccio, 2001. Sugli aspetti
diplomatici della neutralità italiana tra settembre 1939 e giugno 1940, rimando a B. S. Viault,
Mussolini et la recherche d’une paix négociée (1939-1940), in «Revue d’Histoire de la Deuxième
Guerre Mondiale», 22, 1977, 107, pp. 1-18; D. Bolech Cecchi, Non bruciare i ponti con Roma:
Questioni storiche 887
Le relazioni fra l’Italia, la Gran Bretagna e la Francia dall’accordo di Monaco allo scoppio della
seconda guerra mondiale, Milano, Giuffré, 1986; R. Quartararo, Roma tra Londra e Berlino,
Roma, Jouvence, 2001, 2 voll., II, pp. 737 ss.; A. Cassels, Reluctant Neutral: Italy and the Strategic
Balance in 1939, in B. J. C. B. McKercher - R. Legault (eds.), Military Planning and the Origins
of the Second World War in Europe, Westport, Praeger, 2000, pp. 37-58.
(5) Suggested Approach to Signor Mussolini, 26th May, 1940, in National Archives Kew (Lon-
don), Records of the Cabinet Office (d’ora in poi CAB) 66/7/50, ff. 6, f. 3.
(6) Ivi, f. 2.
(7) E. Gin, L’ora segnata dal destino. Gli Alleati e Mussolini da Monaco all’intervento. Set-
tembre 1938 - Giugno 1940, cit., pp. 325 ss. L’idea che l’accordo con Palazzo Venezia potesse
essere raggiunto con la concessione all’Italia di compensi coloniali a spese della Francia aveva
rappresentato, dal settembre 1939, uno dei punti fermi della strategia diplomatica di Chamberlain.
Sul punto, si veda la testimonianza di uno dei più stretti e fidati collaboratori di Churchill, M.
H. MacMillan, War Diaries. The Mediterranean: January 1943- May 1945, London, Mac Millan,
1984, pp. 649-654, e 710.
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(11) G. Ciano, Diario, 1937-1943, a cura di R. De Felice, Milano, Rizzoli, 1998, pp. 434-435.
Commentando le proposte francesi con Phillips, Ciano aveva detto che queste arrivavano «troppo
tardi», ricordando «quando la Francia, nel 1938, ci contestava persino quei quattro scogli che
l’Inghilterra ci aveva ceduto in Mar Rosso». Si veda anche ID., L’Europa verso la catastrofe, a
cura di R. Mosca, Milano, Il Saggiatore, 1964, 2 voll., II, pp. 197-199.
(12) H. J. Burgwyn, Italian Foreign Policy in the Interwar period, 1918-1940, Westport, Praeger,
1997, pp. 179 ss.; R. Mallett, Mussolini and the Origins of the Second World War, 1933-1940,
Basingstoke, Macmillan, 2003; A. De Grand, Mussolini’s Follies: Fascism in its Imperialists and
Racist Phase, 1935-1936, in «Contemporary European History», 13, 2004, 2, pp. 127-147; G.
Bruce Strang, On the Fiery March: Mussolini Prepares for War, Westport, Praeger, 2003.
(13) Sul punto e per quel che segue salvo diversa indicazione, si veda E. Gin, L’ora segnata
dal destino. Gli Alleati e Mussolini da Monaco all’intervento. Settembre 1938 - Giugno 1940, cit.,
pp. 372 ss; Id., Speak of War and Prepare for Peace: Rome, 10 June 1940, cit.
(14) G. Ciano, Diario, 1937-1943, cit., p. 435.
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volutamente ambiguo, che pure non sfuggì all’attenzione delle Cancellerie alleate.
Fu però soltanto Parigi a penetrare fino in fondo il senso di quell’enigmatico
avvertimento e a comprendere che nei piani di Palazzo Venezia l’intervento
italiano doveva costituire il contrappeso necessario alla vittoria di Hitler. Il
2 giugno, Daladier sosteneva che il governo di Roma intendeva iniziare una
«guerra a termine», che non aveva «precedenti nella storia diplomatica». Dopo
sei giorni, il Sottosegretario del Quai d’Orsay Baudouin manifestava al nostro
ambasciatore a Parigi, Raffaele Guariglia, la speranza che Italiani e Francesi
potessero adoperarsi nel futuro per colmare l’abisso che ora li separava perché
alle due Nazioni latine non conveniva «né una pax britannica né la vittoria
completa di Hitler». La risposta del diplomatico italiano, sebbene fornita a
titolo strettamente personale, apriva uno spiraglio all’avverarsi di quel deside-
rio. Guariglia replicava che, considerando che il Duce aveva sempre avuto a
cuore «la necessità della ricostruzione europea», da raggiungere mediante «una
giusta e intelligente politica evolutiva», era forse possibile ipotizzare che egli,
in questo triste momento, pensasse di «arrivare agli stessi risultati attraverso la
via della guerra».
La più forte conferma al fatto che, anche dopo l’inizio delle ostilità, Musso-
lini non intendeva comunque recidere il filo del colloquio con Parigi e Londra
è, sempre secondo Emilio Gin, nelle istruzioni impartite, tra il 5 e il 7 giugno,
agli Stati Maggiori delle nostre Forze Armate, poco prima dell’inizio delle osti-
lità (15). Se si eccettua l’offensiva italiana sulle Alpi occidentali, iniziata con
inspiegabile ritardo solo il 21 giugno, la guerra del Duce doveva essere, per
sua stessa ammissione, la replica di quella «guerra seduta» (Sitzkrieg), che per
quasi un anno aveva opposto, senza grande spargimento di sangue, gli Alleati e
i Tedeschi. All’Esercito, che con una manovra a tenaglia dalla Libia e dall’Etio-
pia, avrebbe potuto seriamente minacciare l’Egitto, fu ingiunto di restare con
l’arma al piede, senza prendere nessuna iniziativa. Alla Regia Marina, che era
in condizioni di disturbare efficacemente, se non addirittura di interrompere,
i movimenti dei convogli britannici nel Canale di Suez, con un’iniziativa che
l’Ammagliato britannico aveva messo nel conto fin dal 1936, si ordinò di aprire
il fuoco solo se attaccata.
All’Aeronautica, infine, si diedero disposizioni di soprassedere «fino a nuovo
ordine a qualsiasi operazione offensiva», di vietare ai propri velivoli di portarsi a
più di dieci chilometri dal confine con la Francia e di non oltrepassare, in ogni
caso, la frontiera italiana. Furono, inoltre, annullate le incursioni su Gibilterra
(15) Sul punto E. Gin, L’ora segnata dal destino. Gli Alleati e Mussolini da Monaco all’inter-
vento. Settembre 1938 - Giugno 1940, cit., pp. 405 ss.
Questioni storiche 891
(16) R. De Felice, Rosso e Nero, a cura di P. Chessa, Milano, Baldini e Castoldi, 1995, pp.
146-148.
(17) E. Di Rienzo, Agente Leo Valiani il caso Duce è tuo, in «il Giornale», 27 maggio 2010;
M. Canali, Leo Valiani e Max Salvadori. I servizi segreti inglesi e la Resistenza, in «Nuova Storia
Contemporanea», 15, maggio-giugno 2010, 3, pp. 29-64, in particolare pp. 61-64; T. Piffer, Gli
Alleati e la Resistenza italiana, Bologna, il Mulino, 2010, pp. 322-323.
(18) Organizzato nel 1938, lo Special Operation Executive (Soe) era stato posto, dal 19 luglio
del 1940, sotto il diretto comando di Churchill per organizzare, in tutti i territori controllati
dall’Asse «operazioni di sabotaggio, assassini politici, propaganda sovversiva, scioperi, insurrezioni,
a supporto della resistenza civile». Si veda CAB/66/10/1. Sulla storia di questo ramo dell’Intel-
ligence britannica, rimando a W. J. M. Mackenzie, The Secret History of Soe: Special Operations
Executive, 1940-1945, London, St Ermin’s Press, 2000. In particolare per l’azione svolta dal Soe
in Italia, si veda M. De Leonardis, La Gran Bretagna e la Resistenza Partigiana in Italia (1943-
1945), Napoli, Esi, 1988; W. Deakin, Lo Special Operations Executive e la lotta partigiana, in
L’Italia nella seconda guerra mondiale e nella resistenza, a cura di F. Ferratini Tosi, G. Grassi, M.
Legnani, Milano, Franco Angeli, 1988, pp. 94-126; T. Piffer, Gli Alleati e La Resistenza italiana,
cit.; M. Berrettini, La Gran Bretagna e l’antifascismo italiano. Diplomazia clandestina, intelligence,
operazioni speciali, Firenze, Le Lettere, 2010.
892 Questioni storiche
apprendiamo che il collasso del regime di Mussolini era reputato dal governo
inglese, già nella primavera del 1943, un’eventualità certa e prossima a verificar-
si. Nel promemoria, consegnato ai membri del War Cabinet dal ministro degli
Esteri, Anthony Eden, il 24 aprile 1943, si leggeva, infatti, che «le tante sconfitte
dell’Asse in Russia e in Africa settentrionale e la difficile condizione del corpo
di spedizione in Tunisia avevano fatto si che gli Italiani auspichino, ormai, una
rapida vittoria degli Alleati per uscire dalla guerra» (19). Questo sentimento,
rafforzato dal timore di una vittoria tedesca, che avrebbe ridotto l’Italia a un
semplice «protettorato del Terzo Reich», non era stato incrinato dalle imponenti
incursioni effettuate dalla Raf e dall’Usaaf nelle maggiori città della Penisola,
con il loro largo seguito di perdite umane e materiali. La strategia del moral
bombing, personalmente voluta da Churchill non aveva rinvigorito l’odio contro
il nemico né rinsaldato la volontà di resistergli, come invece era accaduto in
Germania. Le rovinose incursioni su obiettivi civili, causando l’evacuazione di
massa dalle aree urbane, l’infarto nella rete delle comunicazioni, la conseguente
paralisi dell’approvvigionamento alimentare, avevano, invece, avevano acuito
la «stanchezza per la guerra». L’Italia era dunque sull’orlo di un’«automatica
disintegrazione» che poteva essere accelerata da «un incremento della resistenza
passiva contro la dittatura da parte della popolazione civile».
Quella resistenza sembrava comunque destinata a non tramutarsi in insurre-
zione, poiché le uniche forze disposte ad attuarla erano costituite dalle «isolate
cellule del Partito comunista, attive nelle fabbriche e in alcune università del
Nord». Nella stragrande maggioranza, gli Italiani temevano ancora, come nel
1922, la «minaccia bolscevica» e non avrebbero mai fornito il loro concorso a
«una rivolta iniziata da forze sovversive». Contro Mussolini e i suoi «yes-men»
potevano però mobilitarsi altri centri di potere. Poco affidamento sembrava
dare, tuttavia, la monarchia rappresentata da Vittorio Emanuele III («un uomo
invecchiato, privo d’iniziativa, terrorizzato dall’idea che la fine del fascismo
avrebbe aperto un periodo di anarchia incontrollabile») e dal suo erede, Umberto,
incapace di passare all’azione nonostante le pressioni della consorte, Maria José,
che costituiva «l’elemento più energico della coppia reale».
Casa Savoia avrebbe appoggiato un rovesciamento del regime, solo in un se-
condo momento, quando si fosse verificato un alzamiento dell’esercito provocato
da Badoglio e dal vecchio Maresciallo Enrico Caviglia o una congiura di Palazzo
orchestrata da «fascisti opportunisti», come Ciano, Bottai, Grandi, da industriali e
(19) Internal Situation in Italy. Memorandum by the Secretary of State for Foreign Affairs,
CAB 66/36/26.
Questioni storiche 893
(20) Sul punto si vedano i verbali del War Cabinet (dove si menzionavano esplicitamente
Badoglio e il duca d’Aosta) del 22-23 gennaio, 7 febbraio, 4 aprile, 18 aprile, 4 settembre, 23
dicembre 1940, CAB 65/57; 67/4/21; 65/11/25; 65/6/26; 67/6/9; 66/11/42. Il nome di Ba-
doglio, come possibile promotore di una sollevazione militare contro il regime, appariva con
maggiore rilevanza nel memorandum, Italian Morale (CAB 66/18/14), presentato da Eden l’11
agosto del 1941. Sui tentativi, intrapresi fin dal 1940, per provocare la caduta di Mussolini e
conseguentemente spingere l’Italia fuori del conflitto, si veda, tra la ricchissima letteratura, M.
Toscano, Dal 25 luglio all’8 settembre. Nuove rivelazioni sugli armistizi fra l’Italia e le Nazioni
Unite, Firenze, Le Monnier, 1966; A. Varsori, Italy, Britain and the Problem of Separate Peace
during the Second World War: 1940-1943, in «The Journal of Italian History», 1, 1978, 3, pp.
455-491; W. S. Linsenmeyer, Italian Peace Feelers before the Fall of Mussolini, in «Journal of
Contemporary History», 16, 1981, 4, pp. 649-662; V. Vailati, 1943-1944. La storia nascosta.
Documenti inglesi segreti che non sono stati mai pubblicati, Torino, Gcc, 1986; E. Aga Rossi,
Una Nazione allo sbando. 8 settembre 1943, Bologna, il Mulino, 1993, in particolare pp. 33-71;
Ead., L’inganno reciproco. L’armistizio tra l’Italia e gli angloamericani del settembre 1943, Roma,
Ministero per i Beni culturali e ambientali. Ufficio Centrale per i Beni archivistici, 1993, in
particolare, pp. 85-272.
(21) E. Di Rienzo- E. Gin, Le Potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica, 1939-1945, Soveria
Mannelli, Rubbettino Editore, 2013, pp. 307 ss.
894 Questioni storiche
appunto quando l’Italia avesse deciso di arrendersi «while the war with Germany
continues» (22).
Non stupisce quindi che il 26 luglio, all’indomani della caduta del Duce,
Churchill fosse in grado di presentare al War Cabinet la bozza di un detta-
gliato piano d’azione (Thoughts on the Fall of Mussolini) per sfruttare, nel
modo più opportuno, le conseguenze dell’ormai prossima «resa incondiziona-
ta» dell’Italia (23). Lo sganciamento del nostro Paese dall’alleanza tedesca e il
suo conseguente allineamento con Londra e Washington potevano consentire,
secondo il Primo ministro britannico, di accorciare il cammino verso la vit-
toria finale. Una parte almeno della Mediterranean Fleet sarebbe stata libera
di spostarsi in Estremo oriente per fronteggiare il Giappone, fornendo un
rilevante contributo allo sforzo bellico alleato in quel settore. Lo sbarco di un
contingente anglo-americano nei Balcani, fino a quel momento presidiati dalle
truppe italiane insieme alla Wermacht, avrebbe provocato il collasso del blocco
orientale dell’Asse (Ungheria, Romania, Bulgaria), con un forte alleggerimento
della situazione militare dell’Urss. Infine, la conquista degli aeroporti a nord
di Roma avrebbe permesso di sferrare una serie di raids contro la Germania
meridionale e centrale, fino a quel momento difficilmente raggiungibile dalle
basi britanniche.
All’Italia, divenuta nello spazio di un mattino antifascista e antinazista,
Churchill, non intendeva però assegnare un ruolo attivo nel conflitto. Se il
Regio Esercito poteva essere utilizzato per ostacolare la ritirata della Wermacht
dalla Penisola e per presidiare il territorio metropolitano, fino all’arrivo degli
Alleati, le navi da battaglia della Regia Marina e i velivoli della Regia Aeronau-
tica dovevano essere messi fuori gioco come unità combattenti e sottoposti a
un’«effective demobilisation and paralysis». Cancellare quel che restava della
potenza marittima italiana, seguendo il modello d’intervento sperimentato il 3
luglio 1940, nella base algerina di Mers El Kebir, con l’affondamento di buona
parte della flotta francese cannoneggiata dalla Royal Navy, per trasformare il
Mediterraneo in un «lago inglese», rientrava, infatti, negli obiettivi della guerra
di Churchill esattamente come l’annientamento del Leviatano nazista.
Di eguale importanza era anche l’eliminazione fisica di Mussolini che, il 13
luglio 1943, Charles Frederick Algernon Portal, Visconte Portal di Hungerford
(Chief of the Air Staff, e cioè comandante in capo della Raf), aveva progettato di
fare fuori con un bombardamento chirurgico su Palazzo Venezia e la residenza
privata di Villa Torlonia (24). Nella riunione del War Cabinet del 26 luglio Chur-
chill ribadiva la necessità di eleminare fisicamente il capo del governo italiano,
affermando che le gerarchie fasciste dovevano essere imprigionate in attesa di
essere processate come «criminali di guerra», senza però minimamente esclu-
dere la più sbrigativa soluzione di «una esecuzione sommaria senza processo»
(a prompt execution without trial).
Eugenio Di Rienzo
Università degli Studi di Roma – La Sapienza
The book by Mimo Franzinelli, L’arma segreta del Duce, shows the apo-
cryphal character of the so-called “Correspondence Churchill-Mussolini”. In his
analysis, Franzinelli makes, however, a serious mistake. The non-authenticity of
the correspondence between Churchill and Mussolini, during the spring 1940, to
the best our knowledge, does not mean, in fact, as Franzinelli assumed, that, after
18 May, the negotiations between Italian Government and the Allies had ceased.
These negotiations continued until May 26, when Churchill and the French Prime
Minister, Paul Reynaud tried to persuade Mussolini to co-operate with France
and United Kingdom «in the future Peace conference, in securing a settlement
of all European questions, which safeguard the independence and security of the
Allies» If Mussolini had accepted this proposal, Churchill and Reynaud would
have promised to meet «the fulfillment of the claims of Italy which would in his
view ensure the establishment in the Mediterranean of a new order guaranteeing
satisfaction of Italian legitimate aspirations in that sea».
key wor ds
Correspondence Churchill-Mussolini
Negotiations between Italian Government and the Allies
Spring 1940
(24) E. Di Rienzo, 13 luglio 1943: «Operazione Dux». Quando gli Inglesi volevano bombardare
Villa Torlonia e Palazzo Venezia (http://www.nuovarivistastorica.it/?p=1635).