TrIesTe e
l’IsTrIa
Trieste 2017
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Trieste e
l’istria
Incontri a tema per la diffusione
della storia e del patrimonio culturale
a cura di Annalisa Giovannini
Trieste 2017
© Società Istriana di Archeologia e Storia Patria
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1a ristampa 2017
Simone Sisani
Ai Maestri tergestini
Attilio Degrassi e Ruggero Fauro Rossi
3 Trascrivo il passo secondo la lezione più comunemente accettata, segnalando entro cru-
ces la sezione di testo in cui i codici della classe α divergono da quelli della classe β (incolae
illorum α ~ eorum β); per la tradizione manoscritta e per le varie ipotesi di restituzione si veda da
ultimo Rossi 2008a, pp. 161-164 (e cfr. già Fraschetti 1975, pp. 326-327, nt. 25).
4 Appiano distingue chiaramente l’attacco (ἐπέδραμον) portato ad Aquileia dal saccheg-
gio (ἐσκύλευσαν) di Tergeste: si tratterà verosimilmente di episodi avvenuti in anni diversi, il
primo dei quali - taciuto da Irzio, come per altro da ogni altra fonte - dovrebbe collocarsi, stante la
probabile sequenza cronologica della narrazione appianea, intorno al 54 a.C. È invece incerto se
questi stessi episodi coincidano o meno con le due occasioni in cui gli Iapodes respinsero (è questo
il senso primario del verbo ἀπωθέω) i Romani, apparentemente in un contesto di scontri di confine
(cfr. Šašel Kos 2005, pp. 422-423). Contro l’ipotesi di identificazione si pronuncia Fraschetti
1975, pp. 327-329, che unifica gli attacchi ad Aquileia e a Tergeste (entrambi coincidenti per lo
studioso con l’episodio ricordato da Irzio) e postula, nel ventennio precedente al 35 a.C., due falliti
tentativi di invasione in territorio giapidico da parte romana, privi di ogni relazione con i fatti del
52 a.C. Un’eco di questi ultimi eventi è forse da cogliere – se non nel frammento di Sallustio (hist.
2.40 M. = 2.38 McG.: Primam modo Iapydiam ingressus) di norma riferito alla campagna dalmati-
ca di Gaio Cosconio (cfr. ora McGushin 1992-94, I, p. 203) – in un passo di Frontino (strat. 2.5.28:
Iapydes P. Licinio proconsuli pag<an>os quoque sub specie deditionis obtulerunt, qui recepti et in
postrema acie collocati terga Romanorum ceciderunt), apparentemente relativo ad una spedizione
romana guidata dal non meglio identificato proconsole P. Licinius (cfr. Bandelli 2004, p. 105).
5 Cfr. già, in questo senso, Degrassi 1954, p. 50, nt. 27.
108 Simone Sisani
6 Caes. b.g. 1.10.3: cfr. Šašel Kos 1995, p. 229. Sulla cesariana legio XV si veda Šašel
1992a, da aggiornare con il recente studio di Mosser 2003.
7 Hirt. b.g. 8.54.3: Caesar tamen, cum de voluntate minime dubium esset adversariorum
suorum, Pompeio legionem remisit et suo nomine quintam decimam, quam in Gallia citeriore ha-
buerat, ex senatus consulto iubet tradi; in eius locum tertiam decimam legionem in Italiam mittit,
quae praesidia tueretur, ex quibus praesidiis quinta decima deducebatur. La presenza della legio
XIII cesariana ad Aquileia sullo scorcio del 50 a.C. è confermata dall’iscrizione AE 1935, 126: su
tutto questo si veda Rossi 2008b.
8 È importante sottolineare che nel passo di Irzio la notazione geografica (in Galliam Toga-
tam) specifica solo la meta della legio XV, e non l’area minacciata dagli attacchi giapidici, che poteva
ben comprendere non solo l’area transpadana ma anche la frangia nord-occidentale dell’Illirico. Al di
fuori dei confini provinciali doveva del resto ricadere, durante gli anni del proconsolato di Cesare, la
stessa Tergeste, che Strabone (5.1.9; cfr. anche Serv. Dan. ad aen. 1.246) colloca ancora in Histria e
Pomponio Mela (2.57; cfr. anche Marcian. epit. 9 M.) nell’Illyricum. Il centro potrebbe anzi non aver
mai fatto parte della Gallia Cisalpina se esso, come pare probabile, fu direttamente incluso nel terri-
torio italico solo nel 42 a.C., contestualmente alla soppressione della provincia e allo spostamento del
confine dal Timavus al Formio, l’anticus auctae Italiae terminus – ossia il confine dell’Italia ampliata
dall’accorpamento della Cisalpina – di Plin. n.h., 3, 127: cfr. Degrassi 1954, pp. 46-49.
9 Le possibili implicazioni cronologiche della testimonianza di Appiano per la datazione
della colonia di Tergeste non erano sfuggite al Mommsen (CIL V, p. 1022), che tuttavia ne ricavava
– e non senza esitazione – solo un terminus ante quem, da collocare al 35 a.C.
10 Fraschetti 1975. L’ipotesi – ventilata anche dallo Sticotti (InscrIt X, 4, pp. vii-viii)
proprio sulla scorta della testimonianza di Irzio – non è per altro nuova: cfr. già Zumpt 1850, pp.
353-354, dove si ipotizza una deduzione contestuale a quella di Novum Comum.
11 Cfr., in questo senso, già Bandelli 1986, p. 56 (pur nell’ipotesi, restrittiva, di localizzare
tali centri nella sola Transpadana).
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 109
12 Una assenza opportunamente rilevata già in Rossi 2008c, p. 139: “non risulta bene quali
potessero essere [scil. nel 52-51 a.C.] le colonie romane dell’Italia nordorientale”.
13 Su queste fondazioni si veda, in sintesi, Salmon 1970, pp. 105-106, 121-123; cfr. anche
Buchi 1999, p. 308. Per il quadro storico si vedano Cresci Marrone, Roda 1997 e Bandelli 2009,
pp. 192-217.
14 App. b.c. 1.130; Plut. Mar. 29.2.
15 Hermon 1993, pp. 123-148.
16 Sulla colonizzazione sillana si veda, da ultimo, Santangelo 2007, pp. 147-157. Su Ale-
ria cfr. Plin., n.h., 3, 80 e Sen. dial. 12.7.9. L’unica fondazione attribuibile a Silla nella Cisalpina
è Forum Cornelii (cfr. Prud. perist. 9.1-2), che non ebbe in ogni caso statuto coloniario, pur non
potendosi escludere un suo rapporto con una contestuale deduzione a carattere viritano; su questo
centro cfr. Geraci 2000, pp. 58-65. Sugli ulteriori casi, per altro assai dubbi, di Laus Pompeia e
Alba Pompeia si veda Luraschi 1979, pp. 209-210.
17 Così, ad esempio, Bandelli 1986, pp. 56-57.
18 È infatti escluso che la lex Vatinia de provincia (o de imperio) Caesaris potesse in se
stessa autorizzare il proconsole a fondare colonie: si veda in merito quanto convincentemente argo-
mentato in Luraschi 1979, pp. 379-385.
19 Sulle assegnazioni di terre promosse a partire da tale anno a favore dei veterani cesariani
della guerra civile si veda Keppie 1983, pp. 49-58.
20 Sulla cronologia della legislazione cesariana del 59 a.C. cfr. Ross Taylor 1968.
21 Cfr. Brunt 1971, pp. 312-319, e Gruen 1995, pp. 397-404.
110 Simone Sisani
glie povere della capitale – la seconda in ordine di tempo, la lex (Iulia agraria)
Campana del maggio del 59 a.C., interessò nello specifico l’ager Campanus e
l’ager Stellas, e non può dunque essere chiamata in causa per le supposte dedu-
zioni in area transpadana. Per quanto concerne la prima lex, votata nel gennaio
del 59 a.C. e che esplicitamente salvaguardava l’ager Campanus da iniziative
coloniarie, le fonti non consentono di precisare la distribuzione geografica delle
assegnazioni, ma si può virtualmente escludere che esse abbiano avuto luogo in
ambito provinciale: non si intenderebbe altrimenti la necessità di integrare per
penuria di terre disponibili il provvedimento iniziale, attraverso una manovra
oltretutto rischiosa quale quella promossa dalla lex Campana, che andava diret-
tamente a ledere gli interessi dello stato romano in una delle più produttive aree
della penisola, incamerata dal 211 a.C. come ager publicus populi Romani e
sottoposta al fruttuoso regime delle locationes censoriae.
Resta dunque la sola lex Vatinia coloniaria, verosimilmente di poco suc-
cessiva alla lex Vatinia de provincia Caesaris (fine maggio del 59 a.C.), che
pur riguardando proprio la Cisalpina parrebbe aver trovato applicazione in un
unico caso specifico: la deduzione della colonia di Novum Comum, che di fatto
rappresenta l’unica colonia della provincia attribuibile con certezza all’iniziativa
di Cesare 22. Al di là della possibilità che la stessa lex abbia potuto contemplare
anche altre deduzioni, delle quali in ogni caso le fonti non fanno menzione alcu-
na 23, è lo statuto della colonia di Novum Comum a rendere assai improbabile
identificare in questo stesso provvedimento la base legislativa che poté eventual-
mente condurre alla fondazione delle coloniae civium Romanorum ricordate da
Irzio, dal momento che la deduzione cesariana in terra lariana fu quasi certamen-
te di diritto latino e non romano 24.
La scelta di dedurre a Comum una colonia latina è altamente indicativa
dell’atteggiamento tenuto da Cesare nei confronti di una realtà provinciale in
cui da almeno un quindicennio la questione della cittadinanza era sfociata in
aperto malcontento all’interno di quella larga fetta della popolazione locale che
a partire dalla lex Pompeia dell’89 a.C. si trovava relegata in una condizione
giuridica, lo ius Latii, ritenuta iniqua 25: l’apertura del proconsole alla causa
Transpadanorum – dettata o meno che fosse da puro opportunismo ed in ogni
sociale, dal formulario della lex agraria del 111 a.C. All’interno di quest’ultimo
documento, il termine ricorre in due diverse clausole: quella relativa alle asse-
gnazioni effettuate a titolo di risarcimento per i terreni confiscati ai fini di nuove
fondazioni, definite cumulativamente oppida coloniaeve 43, e quella relativa ai
diritti esercitati sull’ager publicus dato in usufrutto alle comunità locali, in cui si
oppongono alle comunità di diritto romano (coloniae, municipia, promunicipia
civium Romanorum) i centri di diritto latino (procoloniae nominis Latini) 44. Se
nella prima clausola è almeno in linea teorica possibile che il termine colonia
honoranda Germanici Caesaris appareret, uti co(n)s(ules) hoc s(enatus) c(onsultum) sub edicto
suo proponerent iuberentque mag(istratus) et legatos municipiorum et coloniarum descriptum
mittere in municipia et colonias Italiae et in eas colonias quae essent in <p>rovinciis. La clau-
sola sancisce l’obbligo, per i magistrati locali dei municipia e delle coloniae d’Italia e delle
coloniae delle province, di acquisire copie del senatus consultum – emanato alla fine del 19 d.C.
e decretante, come è noto, gli onori funebri per Germanico – da destinare alla pubblica affissio-
ne. La mancata menzione, in questa clausola, di municipia di ambito provinciale – se non do-
vuta ad errore di incisione (come proposto in Gascou 1986, pp. 546-547): ma si tratta, su un
piano puramente metodologico, dell’ultima ipotesi a dover esser presa in considerazione – non
può essere spiegata invocando nuovamente la vecchia idea (Saumagne 1965: contra, per tut-
ti, Sherwin White 1973, pp. 337-344) relativa all’inesistenza di municipia civium Romanorum
nelle province (come ribadito in González 1984, pp. 82-100, e in González 1986, ma cfr. Ga-
scou 1986), né si deve ad un uso generico del termine colonia, allusivo compendiariamente a
coloniae e municipia, come ventilato in Rossi 2008c, pp. 135-137: si dovrà piuttosto postulare
(cfr. Le Roux 1988 e RS, p. 536) che nelle province solo i magistrati delle coloniae fossero
ufficialmente vincolati all’obbligo di fornire alla propria comunità copia del documento. L’ap-
plicazione selettiva di tale vincolo non è dunque altro che l’ulteriore testimonianza del definitivo
concretizzarsi del processo di reinterpretazione delle realtà coloniali romane, sublimate a partire
dall’età cesariano-augustea nell’ideale gelliano delle effigies parvae simulacraque urbis (Gell.
16.13.8-9): sul tema rimando ora a Sisani c.s. Questa ipotesi comporta come è chiaro un corol-
lario, che cioè le coloniae quae essent in provinciis siano nello specifico, al pari delle coloniae
Italiae, le coloniae civium Romanorum: non vedo infatti ragione alcuna perché una norma coin-
volgente nello specifico i cives Romani – ll. 22-23: (...) consensu<s> universorum civium (...)
(cfr. González 1984, p. 83) – ma che apparentemente ignora i municipi di diritto romano delle
province potesse vincolare, oltre alle colonie di diritto romano, anche le colonie di diritto latino
ivi presenti.
43 Lex agr. (= RS, nr. 2, pp. 113-180), ll. 20-23: [quo in agro loco oppidum coloniave ex
lege plebeive sc(ito) costitueretur deduceretur conlocaretur, quo in agro loco IIIvir i]d oppidum
coloniamve ex lege plebeive sc(ito) constituit deduxitve conlocavitve (...).
44 Lex agr., ll. 31-32: [quibus colonieis seive moi]nicipieis seive quae pro moinicipieis
colo[nieisve sunt ceivium R(omanorum)] nominisve Latini poplice deve senati sententia ager fruen-
dus datus [est, quod eius agri quei colonei moinicipesve queiv]e pro colonia moinicipiove prove
moinicipieis fruentur quei in trientabule[is est - - -]. La clausola, sintatticamente capricciosa, è da
intendersi (cfr. Mommsen 1904b, pp. 105-106, e Lintott 1992, pp. 186, 235-237): “L’ager che [a
coloniae o] a municipia o a qualunque equivalente di municipia o coloniae, [di cittadini romani] o
di diritto latino, dal popolo o dal senato è stato concesso in usufrutto, [la parte di tale ager che è]
nei trientabula, [del cui usufrutto godono quei coloni o quei municipes] o coloro i quali (godono
dell’usufrutto di tale ager) per il tramite di una colonia o di un municipium o di qualunque equiva-
lente di municipia [...]”. Per le integrazioni (che qui presento in forma lievemente modificata) e per
l’analisi testuale della clausola rimando a Sisani 2011, pp. 736-740.
114 Simone Sisani
45 Ma se il contesto è quello delle fondazioni di età graccana (cfr. Sisani 2011, pp. 734-736),
colonia deve necessariamente indicare le sole coloniae civium Romanorum.
46 Sul centro cfr. ora SupplIt 16, pp. 200-221.
47 Paul. Diac. hist. Lang. 2.14: Huius Venetiae Aquileia civitas extitit caput; pro qua nunc
Forum Iulii, ita dictum, quod Iulius Caesar negotiationis forum ibi statuerat, habetur. La fonte è
senza dubbio tarda e potrebbe semplicemente riecheggiare una tradizione locale, della cui realtà
storica non vi è comunque motivo di dubitare: tanto più che la stessa notizia, sebbene in forma
più ambigua, è riportata con un anticipo di circa due secoli anche da Venanzio Fortunato (Martin.
4.653: Inde Foro Iuli de nomine principis exi).
48 Forum Iulii è menzionato tra le comunità autonome della regio X in Plin. n.h., 3, 130.
La documentazione epigrafica di età imperiale conferma l’ormai avvenuta elevazione al rango di
municipium, retto da quattuorviri (cfr. SupplIt 16, p. 220).
49 Sulla natura giuridica dei fora rimando ora a Sisani 2011, pp. 559-594.
50 La precocità della presenza italica in quest’area è testimoniata dal thesaurus iscritto –
SupplIt 1884, 376 (cfr. SupplIt 16, ad loc.): C. Ennius C. f. / colonus / H(erculi) v(otum) [s(olvit)]
l(ibens) m(erito) – rinvenuto presso Gagliano sul colle della Madonna delle Grazie e databile nella
prima metà del I secolo a.C. Sul documento si veda da ultimo SupplIt 16, p. 205.
51 Sisani 2011, pp. 594-611.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 115
nomia: una condizione dalla quale essi, a differenza di Forum Iulii e di Iulium
Carnicum, non riusciranno a svincolarsi neppure in età augustea, come assicura
il mancato sviluppo municipale dei due centri, che in età imperiale risultano
ormai inclusi all’interno dei territoria della colonia di Aquileia (Nauportus) 58 e
del municipio/colonia di Iulium Carnicum (ad Tricesimum) 59.
L’esistenza in età cesariana di analoghi vici di cittadini romani anche in
area istriana – senza dubbio il settore più direttamente esposto alle incursioni
giapidiche del 52-51 a.C. – è ricavabile dalla descrizione pliniana dell’Histria:
Plin. n.h., 3, 126-129: Sequitur decima regio Italiae (...). Carnorum haec regio
iunctaque Iapudum, amnis Timavus, castellum nobile vino Pucinum, Tergestinus
sinus, colonia Tergeste, XXXIII m(ilia passuum) ab Aquileia. Ultra quam sex milia
p(assuum) Formio amnis, ab Ravenna CLXXXVIIII m(ilia passuum), anticus auctae
Italiae terminus, nunc vero Histriae (...). Histria ut paeninsula excurrit. Latitudinem
eius XL m(ilia passuum), circuitum CXXV m(ilia passuum) prodidere quidam,
item adhaerentis Liburniae et <F>lanatici sinus, alii CCXXV m(ilia passuum), alii
Liburniae CLXXX m(ilia passuum). Nonnulli in Flanaticum sinum Iapudiam promo-
vere a tergo Histriae CXXX m(ilia passuum), dein Liburniam CL m(ilia passuum)
fecere. Tuditanus, qui domuit Histros, in statua sua ibi inscripsit: ab Aquileia ad
Titium flumen stadia M<M>. Oppida Histriae civium Romanorum Agida, Parentium,
colonia Pola, quae nunc Pietas Iulia, quondam a Colchis condita; abest a Tergeste
CV m(ilia passuum). Mox oppidum Nesactium et nunc finis Italiae fluvius Arsia. Ad
Polam ab Ancona traiectus CXX m(ilia) p(assuum) est.
proximis vicis ipsoque Nauporto, quod municipii instar erat (...). Il contesto è quello della rivolta
militare scoppiata in Pannonia nell’autunno del 14 d.C.
58 Come si ricava dalla collocazione del cippo iscritto di età augusteo-tiberiana AE 2002,
532, marcante il confine tra i territori di Aquileia e di Emona: cfr. da ultimo Zaccaria 2010, p.
104.
59 Come assicura la diffusione nell’area della tribù Claudia, propria degli Iulienses: Zacca-
ria 2010, p. 107.
60 Sul passo si veda in particolare l’accurata analisi di Marion 1998.
61 Desanges 2004.
62 Sullo spostamento all’Arsia del confine italico, collocabile cronologicamente negli anni
della coreggenza di Augusto e Agrippa (18-12 a.C.), si veda Degrassi 1954, pp. 54-60; cfr. anche,
da ultimo, Desanges 2004, pp. 1189-1197.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 117
68 Cfr. Degrassi 1962a, pp. 816-819 e Degrassi 1954, p. 73; da ultimo, sull’estensione
dell’agro di Tergeste, Zaccaria 2010, pp. 105-106. Sull’identificazione del municipium menziona-
to nell’iscrizione AE 1991, 760, da Elleri, si veda infra.
69 CIL V 487 (cfr. InscrIt X, 3, n. 6; SupplIt 10, ad loc.): [- - -] Pup(inia) Forens[is] / [an-
nor]um XXIII / [- - - lec]tus ordine iura[torum] / [sententia - - - ?]; InscrIt X, 3, n. 7 (cfr. SupplIt 10,
ad loc.): [- - - - - -] / lectus iuratorum / sententia / v(ivus) f(ecit) sibi et sui[s].
70 Su questi funzionari si veda, in generale, A. Passerini in DizEp IV (1946), s.v. Iurator, p.
262. Sulle attestazioni tergestine cfr. Degrassi 1962a, pp. 801-804, e da ultimi SupplIt 10, p. 155;
Zaccaria 1994, pp. 325-326; Bandelli, Chiabà 2005, pp. 452-453; Zaccaria 2010, p. 106.
71 Caes. b.c. 3.29.1: Quo facto conventus civium Romanorum, qui Lissum obtinebant, quod
oppidum iis antea Caesar attribuerat muniendumque curaverat, Antonium recepit omnibusque
rebus iuvit; 3.40.5: Ipse (scil. Cn. Pompeius figlio) Lissum profectus naves onerarias XXX a M.
Antonio relictas intra portum adgressus omnes incendit; Lissum expugnare conatus, defendentibus
civibus Romanis, qui eius conventus erant, militibusque, quos praesidii causa miserat Caesar, tri-
duum moratus paucis in oppugnatione amissis re infecta inde discessit. Sulla natura istituzionale
dell’intervento di Cesare si vedano Laffi 1966, pp. 50-51, e Papazoglou 1986, pp. 220-226.
72 Sull’attività di Cesare in queste zone si vedano Rossi 2008e; Šašel Kos 2000; Bandelli
2004, pp. 116-120; Dzino 2010, pp. 80-90.
73 Penso in particolare al caso di Narona, anch’esso un oppidum civium Romanorum la cui
constitutio potrebbe risalire già agli anni immediatamente successivi alla campagna dalmatica di
Gaio Cosconio (78-76 a.C.): cfr. Sisani 2011, pp. 682-684.
74 Non escluderei che a fianco di questa componente se ne debba riconoscere un’altra, di
carattere eminentemente militare: alludo al presidio di socii nominis Latini inviato in Histria nel
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 119
177 a.C. (Liv. 41.14.6), per tutelare Aquileia da possibili attacchi dal fronte orientale. Al di là
dell’effettiva durata – apparentemente piuttosto breve – di tale presidio e dell’eventualità che esso
sia all’origine della stabile occupazione di una delle future città romane dell’Histria (segnatamente
Tergeste: cfr. Rossi 2008f, pp. 248-250; Rossi 2008g, pp. 294-295; Rossi 2008h, pp. 343-346),
appare verosimile ipotizzare la permanenza in loco di almeno alcuni dei suoi membri, i cui discen-
denti in quanto Latini avranno ottenuto la cittadinanza romana già nel 90 a.C.
75 Sulla presenta italica in queste aree durante l’età repubblicana si vedano Daicoviciu
1932; Bandelli 1985; Bandelli 2004, pp. 115-116.
76 Un altro caso virtualmente certo di forum fondato durante il proconsolato di Cesare in
area transpadana è quello di Forum Alieni. Il centro, che non conobbe esiti municipali, risulta già
esistente nel 69 d.C. (Tac. hist. 3.6) e può essere localizzato sulla scorta degli itineraria (Rav. cosm.
4.30; Guid. 15) nell’area compresa tra Verona, Ateste e Hostilia. La consueta base onomastica del
poleonimo (cfr. Sisani 2011, pp. 568-573) spinge a cercare il responsabile della sua formale consti-
tutio in un membro della gens Al(l)iena, che può vantare – se si esclude il L. Alienus [RE I (1894),
col. 1480, s.v. Alienus (n. 2)] tribuno ed edile negli anni centrali del V secolo a.C. – un unico ma-
gistrato: il pretore del 49 a.C. A. Allienus (RE I (1894), col. 1585, s.v. Allienus), che concluderà la
sua carriera in Siria come legato di Dolabella nel 43 a.C., quando unì le sue forze a quelle di Cassio.
Il personaggio dovette rivestire il tribunato della plebe negli anni Cinquanta del I secolo a.C. (cfr.
Broughton 1951-86, II, p. 217) ed è certamente da identificare con uno dei promotori della lex
Mamilia Roscia Peducaea Alliena Fabia (grom. vet. 263-266 L. = RS, n. 54, pp. 763-767: le clau-
sole riportate nel corpus gromatico sotto questa titolatura sono in ogni caso pertinenti ad una delle
due leges Iuliae agrariae del 59 a.C., come convincentemente prospettato in Crawford 1989), in
cui va forse identificato il provvedimento legislativo che poté autorizzare, tra le altre iniziative, la
constitutio stessa del forum.
77 Vanno a mio avviso considerati veri e propri oppida civium Romanorum – nel senso
giuridico di cui si è già detto – anche i vici di Iulium Carnicum e di Nauportus (cfr. Sisani 2011,
pp. 684-685). Nel primo caso, l’ipotesi è sostenuta in particolare dalla forma neutra del poleonimo:
oppidum Iulium Carnicum (piuttosto che castellum, come invece proposto da Degrassi 1954, p.
37), una chiave di lettura forse applicabile anche a Tergeste, Parentium e Nesactium.
78 Non è facile determinare i criteri che devono aver orientato il ricorso diversificato alla
forma istituzionale del forum o dell’oppidum civium Romanorum: si può forse ipotizzare che, nel
caso dei fora, la fondazione sia sempre effettuata in vacuo, laddove gli oppida civium Romano-
rum sarebbero il semplice prodotto della ristrutturazione amministrativa di vici già esistenti (la
distinzione richiamerebbe allora, in certo modo, quella postulabile per i fora e i conciliabula della
penisola: cfr. Sisani 2011, pp. 568-581). Che le due categorie rappresentino, nella Transpadana di
età cesariana, degli organismi essenzialmente omologhi sul piano strutturale è in ogni caso sugge-
rito dal peculiare sviluppo amministrativo di Forum Iulii, che al momento della trasformazione in
municipium alla fine del I secolo a.C. assume un assetto magistratuale di marca quattuorvirale (CIL
120 Simone Sisani
V 1767, 8642; AE 1998, 570), anomalo sia per l’epoca assai avanzata della promozione – i municipi
cesariani e post-cesariani sono di norma retti da duoviri: cfr. Degrassi 1962b, pp. 150-152 –, sia
per il contrasto con l’assetto duovirale che apparentemente contraddistingue tutti gli altri municipi
nati da precedenti fora (come segnalato già da Beloch 1926, p. 497, dove erroneamente si affianca
al caso di Forum Iulii quello di Forum Germa(---), municipio quest’ultimo regolarmente retto da
duoviri: cfr. CIL V 7832, 7835). Il quattuorvirato municipale di Forum Iulii potrebbe allora essere
l’eredità della fase pre-municipale del forum, forse governato da un collegio quadrimembre analogo
nel numero e nelle funzioni a quelli attestati negli oppida civium Romanorum di Narona (CIL I2
2291-2292; Paci 2007, p. 19: cfr. Sisani 2011, p. 683), Carthago Nova (CIL I2 2269; ELRH, n. C24:
cfr. Sisani 2011, pp. 686-687) ed eventualmente Gades (cfr. infra in Appendice).
79 Un possibile parallelo è forse da rintracciare nella testimonianza liviana – per. 60.8: Et
continuato in alterum annum tribunatu legibus agrariis latis effecit ut complures coloniae in Italia
deducerentur (...); cfr. App. b.c. 1.98: Ὁ δὲ Γράκχος (...) ἀποικίας ἐσηγεῖτο πολλάς – relativa
alle fondazioni promosse nella penisola da Gaio Gracco: nelle complures coloniae ricordate dallo
storico andrà infatti letto un riferimento non solo a colonie vere e proprie sul tipo di Neptunia e
Minervium (le uniche deduzioni graccane certe in Italia), ma anche agli assai più numerosi fora
verosimilmente strutturati in connessione con le assegnazioni viritane, come convincentemente
ribadito, da ultimo, in Camodeca 1997, p. 267 e nt. 30. Si veda anche, in relazione all’uso non
tecnico del termine colonia, Crawford 1995.
80 Cfr. SupplIt 10, pp. 149-151.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 121
collocazione di confine 90, che ancora nel pieno I secolo a.C. – è questo infatti
l’orizzonte cronologico presupposto dalla fonte 91 – doveva configurarsi in ter-
mini istituzionali come un centro minore a carattere essenzialmente vicano 92. Si
potrà obiettare che tutto ciò contrasta con quanto ricavabile da Appiano, il quale
considera Tergeste, per quegli stessi anni, un Ῥωμαίων ἄποικος. Tuttavia, se
il termine greco implica certo il concetto di fondazione, esso non ha necessa-
riamente il tecnicismo giuridico di lat. colonia 93: la definizione appianea senza
dubbio assicura, già per il 52 a.C., della marca romana del centro, ma andrà
valutata alla stessa stregua della locuzione colonia civium Romanorum utilizzata
da Irzio, in riferimento dunque ad un oppidum sì di cittadini romani, ma privo di
un autentico statuto coloniario.
Si può forse andare oltre. È quantomeno curioso che due tra le più circo-
stanziate menzioni di Tergeste nelle fonti letterarie rimontino ad autori, Strabone
e Appiano, che hanno sicuramente attinto, per via diretta o indiretta, all’opera di
Asinio Pollione 94. È pur vero che, per quanto riguarda Appiano, la dipendenza
dallo storico cesariano è prospettabile con certezza solo per i libri dedicati alle
guerre civili: e tuttavia mi chiedo, nel caso della notizia dell’Illyriké concernente
le decursiones giapidiche in area transpadana e istriana della metà del I secolo
a.C. 95, quale miglior fonte si possa immaginare dello stesso Pollione, attiva-
90 Sulla sfera semantica del greco φρούριον si veda, in questo senso, Musti 1994, pp. 391-
392. Come è chiaro, se Strabone ha veramente voluto alludere a questo aspetto traducendo la sua
fonte latina, il contesto storico in cui collocare la definizione dovrebbe risalire ad epoca anteriore
all’età augustea, se non addirittura allo spostamento del confine dal Timavus al Formio.
91 Le Historiae di Asinio Pollione dovevano trattare sistematicamente solo gli anni com-
presi tra il 60 e il 42 (o il 31) a.C.: cfr. Peter 1906-14, II, pp. lxxxiii-lxxxxvii; Gabba 1956, pp.
242-249; Zecchini 1982, pp. 1281-1286. Sulla vita e le opere del personaggio si veda in generale
André 1949; cfr. anche, più di recente, Zecchini 1982.
92 La natura vicana dei castella è chiaramente ricavabile da Cic. r.p. 1.2; Serv. Dan. ad
aen. 9.605; Placid. 50 P. Cfr., in relazione alla menzione dei castella nell’elenco di comunità locali
trasmesso dalla lex de Gallia Cisalpina, Sisani 2011, p. 729. La conferma a questa lettura è offer-
ta dallo stesso Strabone, che applica la definizione di φρούριον anche ad Herculaneum (Strab.
5.4.8), la cui tardiva promozione municipale – che il geografo evidentemente ignora – è assicurata
dall’iscrizione AE 1960, 277, databile nei decenni finali del I secolo a.C. e menzionante il primo
duoviro del municipium, cfr. Degrassi 1962c, pp. 189-191.
93 Dubbi sul senso tecnico della definizione anche in Rossi 2008c, p. 140. È del resto indi-
cativo che (la fonte di) Appiano, nello stesso passo, non espliciti lo statuto giuridico di Aquileia, ri-
chiamata con il solo poleonimo non perché più notoria di Tergeste, ma perché dotata a differenza di
quest’ultimo centro di un assetto istituzionale pienamente confacente ad una pólis: in altri termini,
credo che Appiano, nel parafrasare la sua fonte, abbia inserito la specificazione Ῥωμαίων ἄποικος
per esplicitare in termini greci una notazione latina ai suoi occhi forse non trasparente, allusiva al
carattere precipuo – “coloniale” ma non urbano – del centro. L’uso appianeo del termine potrebbe
insomma in questo caso aderire pienamente a quello prospettato dagli scholia a Tucidide (2.27.2
H.): ἄποικοι μὲν οἱ ἐρήμους τόπους πεμπόμενοι οἰκῆσαι, ἔποικοι δὲ οἱ πόλεις.
94 Per quanto concerne Appiano, si veda la magistrale analisi di Gabba 1956; cfr. anche
Zecchini 1982, pp. 1289-1292.
95 Sulla varietà di fonti cui dovette attingere Appiano nella composizione di questo libro,
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 123
mente presente nella Venetia dal 42 al 40 a.C. 96 e che proprio tra la Macedonia
e l’Illirico – con le vittoriose campagne contro i Parthini e i Delmatae del 39-38
a.C. 97 – terminerà la sua carriera pubblica. Se questa ipotesi coglie nel vero, le
qualifiche di Tergeste come Ῥωμαίων ἄποικος (Appiano) e come φρούριον
(Strabone), lungi dall’essere contraddittorie, potrebbero entrambe derivare dalla
trattazione del proconsolato di Cesare quale era offerta dalle Historiae di Asinio
Pollione, e segnatamente dalla narrazione dell’episodio del 52 a.C.
Resta dunque da analizzare la menzione di Tergeste in Plinio. Ho già avuto
modo di accennare all’ipotesi che l’erudito, nella descrizione dell’Histria, abbia
essenzialmente attinto ad una fonte di cancelleria ufficiale – la supposta formula
provinciae Illyrici – di età pre-augustea, dalla quale in particolare egli avrebbe
derivato le notazioni di carattere istituzionale relative allo statuto giuridico dei
singoli centri. Giusta questa idea, se volessimo datare il documento in epoca
anteriore allo spostamento del confine dal Timavus al Formio, la menzione pli-
niana di Tergeste come colonia rappresenterebbe un ulteriore elemento a favore
della datazione “alta” della fondazione, che potremmo essere nuovamente por-
tati a collocare in età cesariana. In verità, l’ipotesi poggia su un presupposto
tutt’altro che scontato ed anzi verosimilmente errato: l’esistenza, in età repub-
blicana, di un Illirico già formalmente costituito a provincia ordinaria, un atto
che tuttavia assai difficilmente poté precedere le campagne di Ottaviano del
35-33 a.C., e che andrà piuttosto collocato al più presto negli anni tra il 32 e il
27 a.C. 98. In conclusione, anche volendo ammettere l’utilizzo da parte di Plinio
di una formula provinciae nella sua descrizione dell’Histria, tale fonte, se pure
precedente lo spostamento del confine italico all’Arsia, non sarebbe in ogni
caso più antica dell’età augustea, terminus ante quem non per le informazioni di
carattere istituzionale da essa eventualmente derivate.
Al di là di questo aspetto, se è virtualmente certo che secondo l’impianto
iniziale del terzo libro della Naturalis Historia l’Histria avrebbe dovuto essere
trattata all’interno della descrizione dell’Illirico e non di quella dell’Italia 99, è
soprattutto per le vicende per le quali non poteva pedissequamente rifarsi alle memorie di Augusto,
cfr. Gabba 1956, pp. 215-217. Per un riesame globale dell’Illyriké appianea si veda ora Šašel Kos
2004 e Šašel Kos 2005.
96 Vell. 2.76.2: cfr. Zecchini 1982, pp. 1274-1276; Buchi 1999, pp. 313-314; Cresci Mar-
rone 2012.
97 Su queste campagne si veda da ultimo Dzino 2010, pp. 99-101, e Dzino 2011.
98 Si veda, per tutti, Šašel Kos 2000, pp. 283-286; cfr. anche, da ultimo, Dzino 2008 e
Dzino 2010, p. 119.
99 Come si ricava dalla disposizione della materia quale è esposta nell’incipit dell’opera
(Plin. n.h., 1, 3a): Situs, gentes, maria, oppida, portus, montes, flumina, mensurae, populi qui sunt
aut fuerunt (...) Italiae trans Padum, Alpium et gentium Alpinarum, Illyrici, Histriae, Liburniae,
Dalmatiae (...) (cfr. Desanges 2004, pp. 1186-1187, anche per l’ipotesi che la sequenza pliniana
“Histria, Liburnia, Dalmatia” debba indicare le tre componenti costitutive dell’Illyricum). A ciò si
deve la menzione sdoppiata di alcune comunità della Liburnia, citate sia tra i populi della regio X
“quos scrupolosius dicere non attineat” (Plin. n.h., 3, 130), sia tra gli oppida dotati di ius Italicum
del conventus Scardonitanus (Plin. n.h., 3, 139): cfr. Marion 1998, p. 129.
124 Simone Sisani
100 Alludo ai tre nunc di Plin. n.h., 3, 127-129: (...) Formio amnis (...) anticus auctae Italiae
terminus, nunc vero Histriae (...) colonia Pola, quae nunc Pietas Iulia (...) nunc finis Italiae fluvius
Arsia (...). La particolarità è stata opportunamente rimarcata già da Rossi 2008d, p. 327.
101 È ancora dibattuta la questione relativa all’esatta cronologia della divisione augustea
dell’Italia in regiones (si veda da ultimo Laffi 2007b, che giudica illusori i tentativi di fornire al
provvedimento una datazione puntuale). Tuttavia, pace Laffi (cfr. Laffi 2007b, p. 97), il silenzio
in merito da parte di Strabone – che pure conosce sia lo spostamento del confine all’Arsia, sia (a
differenza di Plinio) la sistemazione augustea dei distretti alpini (Strab. 4.6.4), organizzati in pra-
efecturae poco dopo il 14 a.C. (Laffi 2001a) – è un forte indizio a favore di una data non anteriore
all’ultimo decennio del I secolo a.C. (sulla cronologia straboniana dei libri dedicati all’Italia, redatti
entro il 7 a.C. e solo in minima parte aggiornati intorno al 18 d.C., si veda Pais 1922). Il valore di
questo termine cronologico è rafforzato dalla coincidenza con la data di creazione, tra il 12 e il 7
a.C., delle quattordici regiones urbane [cfr., da ultimi, A. Fraschetti, in LTUR IV, s.v. Regiones
quattuordecim (storia), pp. 197-199, e Tarpin 2002, pp. 137-140]: i due atti andranno dunque
valutati come parti di un unico programma volto alla fissazione della realtà topografico-territoriale
dell’Italia e dell’Urbe, tradotta a livello grafico dalla carta di Agrippa, esposta poco dopo il 7 a.C.
all’interno della porticus Vipsania (sul monumento, cfr. F. Coarelli, in LTUR IV, s.v. Porticus
Vipsania, pp. 151-153; sulla carta, da ultimo, Trousset 1993) ed apparentemente ignota a Strabo-
ne (cfr. Pais 1922, pp. 280-281). In ogni caso, come già sostenuto in Thomsen 1947, p. 29, è ben
difficile che la divisione regionale dell’Italia sia anteriore allo spostamento del confine all’Arsia;
la recente proposta di retrodatarla all’inizio del principato di Augusto (Desanges 2004, pp. 1200-
1203), avanzata proprio in virtù delle presunte incongruenze nella descrizione pliniana dell’Histria,
non poggia a mio avviso su alcuna base.
102 Plin. n.h., 3, 46: Nunc ambitum eius (scil. dell’Italia) urbesque enumerabimus, qua in re
praefari necessarium est auctorem nos Divum Augustum secuturos discriptionemque ab eo factam
Italiae totius in regiones XI, sed ordine eo, qui litorum tractu fiet; urbium quidem vicinitates oratio-
ne utique praepropera servari non posse, itaque interiore parte digestionem in litteras eiusdem nos
secuturos, coloniarum mentione signata, quas ille in eo prodidit numero. Sulla questione si veda
ora Laffi 2007b. L’argomento – opportunamente chiamato in causa, nel caso specifico di Tergeste,
da Zaccaria (cfr. SupplIt 10, p. 152) – è stato sfruttato (Folcando 1997, p. 89) per formulare una
sorta di ipotesi di compromesso, che vuole la colonia cesariana di Tergeste rifondata in età augu-
stea: ma se coglie nel segno l’idea che Strab. 5.1.9 (φρούριον Τεργέστε) rispecchi proprio la
realtà di età cesariana, il centro a quest’epoca doveva ancora essere un semplice castellum.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 125
103 Degrassi 1954, pp. 49-53, dove tuttavia non si scartava l’eventualità di datare la colonia
al 46 a.C.: ma quest’ultima data è a mio avviso esclusa dalle implicazioni cronologiche sottese alla
testimonianza pliniana.
104 CIL V 525 (cfr. p. 1022; InscrIt X, 4, n. 20; SupplIt 10, ad loc.): Imp(erator) Caesar
co(n)s(ul) desig(natus) / tert(ium), IIIvir r(ei) p(ublicae) c(onstituendae) iter(um) / murum turre-
sque fecit. Cfr. CIL V 526 (cfr. InscrIt X, 4, n. 22; SupplIt 10, ad loc.): [I]mp(eratore) Caesare [divi
f.] / imp(eratore) V, IIIv[iro r(ei) p(ublicae) c(onstituendae) iter(um)], / co(n)s(ule) de[sig(nato)
tert(ium)] / - - - - - -. Sul problema cronologico della data finale del triumvirato, che investe diretta-
mente queste testimonianze, si veda Gabba 1970, pp. lxviii-lxxix.
105 Cfr., in questo senso, Keppie 1983, pp. 201-202; il Mommsen (CIL V, p. 53: Augustus
dum Dalmatiam debellat a.u.c. 721 murum turresque ibi fecit (...) videturque eodem tempore colo-
niam ibi constituisse) prospettava invece, almeno all’apparenza, una data coincidente con il termine
cronologico offerto dall’epigrafe.
106 Sulla scorta della titolatura Iulia, già la Forlati Tamaro proponeva un inquadramento
cronologico tra il 42 e il 27 a.C.: cfr. InscrIt X, 1, pp. vii-viii.
107 Fraschetti 1983, con attribuzione cronologica agli anni tra il 48 e il 44 a.C.; analoga la
proposta avanzata indipendentemente da Keppie 1983, pp. 203-204.
108 CIL V 54 (cfr. InscrIt X, 1, n. 81): L. Cassius C. f. Longin(us), / L. Calpurnius L. f. Piso
/ IIvir(i) [[primi]]. L’iscrizione, come è noto, presenta una rasura finale, integrata dal Degrassi con
[[quinq(uennales)]] (Degrassi 1962d, p. 917, nt. 34); l’integrazione [[primi]] – la quale, come si
vedrà, appare pienamente giustificata – si deve al Fraschetti (Fraschetti 1983, pp. 94-95, nt. 74),
che pure non ne ha colto le reali implicazioni.
109 Il secondo personaggio è noto a Pola anche da un’altra iscrizione – CIL I2 2512 (cfr. p.
126 Simone Sisani
114 A questa prima deduzione, almeno a giudicare dalla cronologia postulabile su base paleo-
grafica, potrebbero essere riferite almeno due iscrizioni con menzione di decuriones: CIL V 58 (cfr.
InscrIt X, 1, n. 89): Q. Petillio C. f. Velin[a] / Crispo decurioni / C. Plaestinus C. f. Petillian(us) /
frater fecit; InscrIt X, 1, n. 5: C. Domitiu[s - - - aedem] / Herculis / d(e) d(ecurionum) s(ententia)
c(uravit) [idemq(ue) p(robavit)].
115 Per lo stesso orizzonte cronologico, un confronto è offerto dal duovir prim[us] di AE
1960, 277 (da Ercolano). Cfr. anche CIL III 1132; AE 1906, 70; AE 1944, 29-30; AE 1996, 1342.
116 Così, di fatto, in Fraschetti 1983, p. 95, nt. 74: “È possibile che proprio l’integrazione
[primi] (...) spieghi le ragioni di quella “misteriosa” rasura, nel senso che i coloni di Pola – dedotti
in Istria negli anni della dittatura di Cesare – non avrebbero voluto, dopo l’assassinio di quest’ul-
timo, che il fratello del cesaricida fosse ricordato come primo duoviro della loro colonia?”. Ma se
così fosse, ad essere eraso sarebbe stato piuttosto il nome di Cassio Longino.
117 Sulle ere locali in ambito municipale e coloniale, che nel caso delle colonie sono sempre
ancorate all’anno della deduzione, si veda per tutti Panciera 2006; cfr. anche, per Vicetia, Ghiotto
2005.
118 È a riguardo istruttiva la testimonianza offerta dall’iscrizione sorana CIL X 5713: L.
Firmio L. f. / prim(o) pil(o), tr(ibuno) mil(itum), / IIIIvir(o) i(ure) d(icundo), / colonia deducta /
prim(o) pontifici, / legio IIII Sorana / honoris et virtutis caussa. Il personaggio, quattuorvir del
municipio di Sora istituito all’indomani della guerra sociale, è ricordato come primus pontifex della
colonia dedotta nel centro in età triumvirale (cfr. Keppie 1983, p. 136).
119 CIL V 8139 (cfr. InscrIt X, 1, n. 85). La questione è stata di fatto ignorata dalla critica
moderna, tutta concentrata (Degrassi 1962d, pp. 915-916; Fraschetti 1983) sulla sola esegesi del
titolo di Pietas, chiaramente allusivo – ed in questo seguo il Degrassi – alla pietà filiale di Ottaviano
nei confronti di Cesare, la cui morte era stata vendicata a Filippi nel 42 a.C.
120 InscrIt X, 1, n. 5.
128 Simone Sisani
132 L’ipotesi per altro risolverebbe la difficoltà sollevata da Folcando 1997, p. 90, per la
datazione della colonia al 42-41 a.C.: la collocazione extra-italica di Pola, che permette di escludere
il centro dall’elenco delle città – tutte situate in Italia (App. b.c. 4.10) – destinate secondo gli accordi
di Bononia dell’ottobre del 43 a.C. ad accogliere i veterani dei triumviri. La stessa studiosa tende
tuttavia ad escludere che la colonia sia stata fondata in epoca anteriore allo spostamento del confine
all’Arsia, dal momento che come è noto Augusto (r.g. 28.1) non menziona l’Illirico tra le province
dove avrebbe fondato colonie. La questione è speciosa, dal momento che nella redazione delle Res
gestae (scritte nell’anno 14 d.C.: cfr. r.g. 4.4; 35.2) l’imperatore avrà ben tenuto conto di quella che
era la situazione alla fine del suo regno, quando Pola è ormai da oltre un venticinquennio compresa
all’interno dell’Italia; piuttosto, la colonia istriana andrà ascritta al gruppo di almeno dieci centri
che, insieme alle colonie dedotte nel 42-41 a.C. e rivendicate da Ottaviano come proprie, vanno a
comporre il totale di ventotto colonie (r.g. 28.2) fondate in Italia entro l’età augustea (sulla questio-
ne cfr. Keppie 1983, pp. 80-82).
133 Come apparentemente prospettato in Wilkes 1969, p. 57.
134 Sulle vicende militari comprese tra le campagne del 35-33 a.C. e la fine del bellum Pan-
nonicum (12-8 a.C.) si veda Wilkes 1969, pp. 58-67; cfr. anche, da ultima, Šašel Kos 2011, pp.
107-110.
135 CIL V 335 (cfr. InscrIt X, 2, n. 16).
136 Cfr. CIL V, p. 35.
137 InscrIt X, 2, p. ix.
138 AE 1947, 51; AE 1966, 146. Cfr. anche InscrIt X, 2, n. 1*.
139 Degrassi 1954, pp. 68-72; Degrassi 1962e. Da ultimo, Šašel 1992b accoglie l’ipotesi
del Degrassi relativa all’esistenza di un municipio parentino di età cesariana o addirittura pre-
cesariana, attribuendo tuttavia la deduzione coloniaria all’età augustea.
130 Simone Sisani
statuto del centro, retto da duoviri 145 e già costituito a municipio in età traia-
nea 146. A fronte del terminus ante quem offerto da tale documentazione, occorre
allora domandarsi in che chiave interpretare la definizione pliniana, in se stessa
non marcata in ottica istituzionale 147.
All’interno dei libri geografici della Naturalis Historia, il termine oppi-
dum è applicato, come è noto, sia a comunità autonome e semi-autonome di
cives Romani, sia a comunità peregrinae 148, e proprio su questa ambiguità
terminologica si è basato il Degrassi per postulare l’originario status di oppi-
dum Latinum del centro 149. In realtà la descrizione pliniana dell’Histria tiene
pienamente conto, come si è detto, dell’inclusione dell’area all’interno della
regio X: gli elenchi di comunità in essa riportati sono dunque omologhi a quelli
relativi alle altre regiones augustee, dove il termine oppidum – in opposizio-
ne a colonia – si applica esclusivamente ai municipia, oltre che alle colonie
dedotte prima dell’età triumvirale. Sulla scorta di Plinio, si può allora affer-
mare che Nesactium dovette essere elevato a municipium già nel corso dell’età
augustea, verosimilmente al momento stesso dello spostamento all’Arsia del
confine italico.
A favore di una datazione in ogni caso non anteriore a questa data 150 può
essere addotto un argomento già valorizzato dal Detlefsen 151: la mancata men-
zione del centro in Strabone, che cita Pola come ultima città dell’Italia al confine
con l’Illirico 152. Dal momento che l’Italia straboniana, come si è detto, riflette
essenzialmente la realtà del 20-10 a.C. circa, l’omissione di Nesactium – ma
non di Pola, la cui prima deduzione coloniaria risaliva già ad età cesariana 153
– si dovrà appunto alla tardiva constitutio del municipio, un evento di portata
eminentemente locale il quale, se risalente agli anni intorno al 12 a.C., era forse
troppo recente perché il geografo ne venisse a conoscenza.
154 Sulle strutture amministrative dei vici italici si veda ora Sisani 2011, pp. 636-670, 691-
701.
155 CIL V 1829-1830.
156 Nelle già ricordate iscrizioni InscrIt X, 3, nn. 6-7 la forma lecti iuratorum sententia allu-
de appunto a membri del locale consiglio vicano nominati dai funzionari con potestas censoria della
colonia tergestina. Per il confronto con gli allecti/delecti di CIL I2 1711 (Larinum) e 1898 (ager
Praetuttianus), certamente membri di senatus pagani, cfr. Sisani 2011, pp. 662-663.
157 Cfr. Sisani 2011, p. 637, nt. 300, e pp. 663-664.
158 Su questo aspetto si veda ora Sisani 2011, pp. 559-594. L’esistenza di un senatus locale,
nel caso dei fora e dei conciliabula, è assicurata dalla Tabula Heracleensis, le cui clausole relative
alla nomina dei decuriones (ll. 83-88, 108-141) concernono non solo i municipi, le colonie e le
prefetture, ma anche queste due categorie di centri minori (cfr. Sisani 2011, p. 585).
159 Come si ricava, nel caso dei fora e dei conciliabula, dal dettato della Tabula Heracleen-
sis, le cui clausole relative al census (ll. 142-156) non contemplano queste categorie di centri: cfr.
Sisani 2011, pp. 584-586.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 133
È pur vero che queste attestazioni non sono anteriori alla fine del I secolo a.C.,
ma il tipo di gestione della cosa pubblica da esse illustrato deve verosimilmente
rappresentare il retaggio di un assetto amministrativo strutturato al momento
stesso della constitutio, in età cesariana, dell’oppidum.
Verso questa direzione orienta del resto il particolare ruolo svolto da
Aquileia, negli anni centrali del I secolo a.C., nei confronti dell’oppidum di
Tricesimo, le cui mura sono realizzate a cura di due praefecti (operi faciendo)
e di due quaestores del municipio aquileiese 160. Il coinvolgimento di questi
magistrati ha carattere tanto più significativo in quanto indirizzato verso un cen-
tro senza dubbio esterno al territorio di diretta pertinenza del municipio, come
assicura la futura inclusione della statio ad Tricesimum all’interno dell’agro di
Iulium Carnicum e non di quello aquileiese. La circostanza è facilmente spie-
gabile alla luce del contesto istituzionale locale che caratterizza in età cesariana
l’intero settore orientale della Traspadana: a partire dal 90 a.C. e fino almeno al
49 a.C. Aquileia è infatti l’unico municipio – che è come dire: l’unica comunità
autonoma di diritto romano – esistente nell’area, e ad essa dovettero inizialmente
far capo, in primo luogo sul piano giurisdizionale e censitario, tutte le comunità
di cittadini romani disseminate agli estremi confini della provincia, quali appun-
to ad Tricesimum, Iulium Carnicum, Forum Iulii e verosimilmente numerose
altre 161.
In questa fase, per altro, la giurisdizione aquileiese non parrebbe circo-
scritta entro i soli limiti della Gallia Cisalpina, ma dovette estendersi anche agli
160 CIL I2 2648. I personaggi menzionati nell’iscrizione sono certamente da intendere – so-
prattutto a giudicare dall’ambito di emanazione dell’intervento, effettuato ex senatus consulto –
come magistrati municipali di Aquileia: cfr. Degrassi 1962f, pp. 87-89 (in questo senso anche
Laffi 2001b, p. 154). Lo scioglimento pr(aefecti) – piuttosto che pr(aetores) – è a mio avviso
obbligato (tanto più che il ricorso anomalo alla sigla pr(aef) è in questo caso giustificato dalla man-
canza di spazio), dal momento che l’epigrafe, a giudicare dalla paleografia, ben difficilmente può
essere considerata anteriore al I secolo a.C. e va dunque riferita alla fase del municipio, non a quella
della colonia latina. Sulla categoria dei praefecti cosiddetti operi faciendo (propriamente, praefecti
murorum) si veda ora Sisani 2011, pp. 717-718.
161 Le tracce di questa forma di amministrazione decentrata all’interno del territorio aqui-
leiese si colgono nella stessa diffusione, tra l’ultimissima età repubblicana e l’età imperiale, di
centri periferici a carattere vicano dotati di un assetto istituzionale locale paragonabile a quello,
già illustrato, di Agida, la cui esistenza è indiziata dalle iscrizioni CIL V 713 (cfr. InscrIt X, 4, n.
314; InscrAq I, n. 48; Bandelli 1988, n. 28, pp. 157-158): [-] Metellus / [-] f. Optatus / [le]ctus
dec(urioum) s(ententia) / [an]nor(um) XII[X] (da Castelgiovanni / Ivanji Grad) e CIL V 949 (cfr.
InscrAq III, n. 3493; Bassignano 1991, n. 3, p. 520): L. Vibi[us - - -]V[- - -] / lectus iuratorum
se[ntentia - - -] / praef(ectus) i(ure) d(icundo), donatus hasta pu[ra - - -] (da Ronchi di Monfal-
cone). Relativamente alla prima iscrizione, l’integrazione XII[X] suggerita dal Brusin obbliga a
postulare il ricorso ad una resa alternativa del numerale XVIII (in ogni caso non inusuale: cfr., per
lo stesso orizzonte cronologico di età repubblicana, CIL I2 2997a, 3008a, 3021, 3023), ma appare
effettivamente sostenuta dalla traccia lasciata dall’ultima lettera sulla pietra: giusta questa lettura,
si risolverebbero le difficoltà sollevate dall’età del personaggio, viceversa difficilmente conciliabile
con il ruolo da esso rivestito. Su queste testimonianze e sulle loro implicazioni si veda Zaccaria
2003, pp. 323-324.
134 Simone Sisani
162 AE 1991, 760 (cfr. Zaccaria 1991, n. 151, pp. 425-427; SupplIt 10, n. 1, pp. 240-241):
- - - - - - / [- - -]m quisq[- - -] / [- - -] de pequ[- - -] / [- - - s]umat e[- - -] / [- - -] municipi [- - -].
163 La tradizionale e largamente condivisa identificazione con il Risano è stata convincente-
mente revocata in dubbio da Grilli 1976 (non vidi: cfr. Grilli 1979, p. 47), che sulla scorta della
distanza di sei miglia che secondo Plinio (n.h., 3, 127: colonia Tergeste (...) ultra quam sex milia
p(assuum) Formio amnis) intercorrerebbe tra Tergeste e il corso d’acqua identifica il Formio con il
Rio Ospo, che sfocia in Adriatico all’altezza di Muggia, scorrendo a nord di Elleri. Sulla questione
si vedano da ultimi Desanges 2004, p. 1182, nt. 7; Rossi 2008h, pp. 346-348; Zaccaria 2010, p.
105.
164 La già menzionata iscrizione funeraria AE 1991, 762 ed il problematico testo di natura
pubblica AE 1991, 761 (cfr. Zaccaria 1991, n. 152, pp. 427-429; SupplIt 10, n. 2, pp. 241-243):
Haec lex lata / est Fersimo / quem quis volet / - - - - - -.
165 In questo senso Zaccaria 1991, p. 427 (cfr. anche Zaccaria 2003, p. 322). Le alterna-
tive già da tempo proposte – Degrassi 1954, p. 52: Tergeste o Agida (e cfr. Fraschetti 1975, pp.
331-335, che opta decisamente per il secondo centro) – sono entrambe a mio avviso difficilmente
sostenibili.
166 La presunta anomalia ha spinto a retrodatare lo spostamento del confine dal Timavus al
Formio in epoca ancora anteriore alla soppressione della provincia della Gallia Cisalpina (cfr. Sup-
plIt 10, p. 152; Šašel Kos 2000, p. 293), ma l’ipotesi – che per altro presuppone l’identificazione
del Formio con il Risano – non è a mio avviso necessaria.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 135
171 Gli [Ia]dastin[i] menzionati alla l. 4 del fr. C sono appunto da identificare con gli abi-
tanti di Iader (cfr. da ultimo Dzino 2010, p. 87) e non con la tribù dalmata degli Iadasini insediata
nell’entroterra salonitano (come proposto da Culham 1993, pp. 57-59).
172 In questo senso Šašel Kos 2000, p. 301. Su questo conventus, insediatosi forse già all’in-
domani dell’occupazione romana della città nel 76 a.C., si veda Papazoglou 1986, pp. 224-226.
173 L’esistenza di un conventus civium Romanorum a Tragurium (cfr. Brunt 1971, p. 252)
è implicitamente ricavabile dai successivi sviluppi istituzionali del centro, che Plinio (n.h., 3, 141)
elenca tra gli oppida civium Romanorum della provincia Dalmatia.
174 Ipotesi già ventilata in Suić 1996 (non vidi) e in Wilkes 1969, pp. 38-39.
175 In certo modo suggellate dal successivo invio nell’isola, forse già nel 55 a.C., del legato
cesariano Q. Numerius Rufus, patrono della città e promotore della ricostruzione di un portico (CIL
I2 759, su cui cfr. Šašel Kos 2000, p. 300). La presenza del personaggio a Issa ha tutta l’aria di
una manovra riparatoria, opportunisticamente volta ad ingraziarsi le simpatie locali: ed è allora a
maggior ragione significativo (pace Dzino 2010, p. 92) che tutto ciò non sia servito – come oppor-
tunamente rimarcato in Bandelli 2004, p. 118 – a prevenire l’appoggio dato dal centro a Pompeo
durante la guerra civile (cfr. Caes. b.c. 3.9.1; Pseud. Caes. b. alex. 47).
176 Papazoglou 1986, pp. 220-226.
177 Cfr. Šašel Kos 2000, pp. 297-298; Dzino 2010, p. 89.
178 Indicative dell’atteggiamento tenuto da Cesare nei confronti della popolazione indigena
sono le vicende che videro coinvolti nel 54 a.C. i Pirustae (Caes. b.g. 5.1.5-9) e nel 50 a.C. i Del-
matae e altre tribù illiriche (App. illyr. 12). Su questi fatti si veda Dzino 2010, pp. 84-86.
179 Su questi schieramenti si vedano Bandelli 1985, p. 78; Šašel Kos 2000, pp. 300-301;
Bandelli 2004, pp. 119-120; Dzino 2010, pp. 90-95.
180 Cfr., in questo senso, Wilkes 1969, p. 39.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 137
Appendice
Gli oppida civium Romanorum nella Naturalis Historia
Elenco di seguito i centri che Plinio identifica esplicitamente come oppida civium
Romanorum 183; l’asterisco marca i casi in cui il poleonimo/etnonimo è accompagnato
dalla sola qualifica “civium Romanorum”. A titolo di completezza, segnalo anche i
centri della Baetica e della Lusitania – i cui sommari non contemplano oppida civium
181 Non escluderei, tra l’altro, che sempre ad Aquileia, piuttosto che nell’Illirico, si siano
svolti i conventus giudiziari tenuti da Cesare nel 54 a.C. dopo aver risolto la questione dei Pirustae
(Caes. b.g. 5.2.1). È pur vero che lo stesso Cesare (b.g. 5.1.5: Ipse conventibus Galliae Citerioris
peractis in Illyricum proficiscitur) ricorda di aver già tenuto poco prima delle analoghe adunanze
nella Gallia Cisalpina, ma queste ultime potrebbero aver riguardato unicamente il settore centro-
occidentale della provincia, che il proconsole dovette di necessità attraversare durante il suo viag-
gio verso l’Illirico. In questa fase, l’egemonia aquileiese in area illirica può essere colta anche nel
criterio adottato per l’assegnazione della tribù ai coloni cesariani di Pola, l’unica comunità della
futura regio X – oltre ad Aquileia – ad essere inclusa nella Velina (cfr. ora Mainardis, Zaccaria
2010). In questa scelta, è evidente come il municipio aquileiese debba aver rappresentato, quale più
antica comunità di cittadini romani dell’area, un vero e proprio modello di riferimento, che gli altri
centri della regione (Iulium Carnicum, Forum Iulii, Tergeste, Parentium ed eventualmente Nesac-
tium) poterono ignorare solo a causa della loro assai tardiva promozione municipale, anteriormente
alla quale ciascuno dei cives residenti in loco dovette verosimilmente permanere nella propria tribù
di origine.
182 Caes. b.g. 3.7.1. Cfr. per tutti Rossi 2008e, pp. 100-103 (dove l’episodio, insieme ad altri,
è giustamente letto quale prova di “un sicuro, non scarso interesse per le regioni orientali della sua
ampia provincia”), e Bandelli 2004, p. 117 (propenso invece, così mi sembra, a minimizzare la
portata di tale interesse).
183 Per una analisi statistica delle liste di comunità provinciali trasmesse da Plinio si veda E.
Kornemann, in RE XVIII, 1 (1939), s.v. Oppidum, coll. 719-725.
138 Simone Sisani
Hispania Citerior 191
Nunc universa provincia dividitur in conventus VII, Carthaginiensem,
Tarraconensem, Caesaraugustanum, Cluniensem, Asturum, Lucensem, Bracarum;
accedunt insulae, quarum mentione seposita. Civitates provincia ipsa praeter contri-
butas aliis CCXCIII continet, oppida CLXXVIIII, in iis colonias XII, oppida civium
Romanorum XIII, Latinorum veterum XVIII, foederatorum unum, stipendiaria CXXXV
(3.18):
1. Saguntum (3.20) 192
2. Baetulo (3.22) 193
congruenza si registra per le coloniae della provincia: solo dieci – 3.19-25: Carthago Nova, Ilici,
Valentia, Tarraco, Barcino, Caesaraugusta, Celsa (cfr. 3.24: civium Romanorum (...) Celsenses ex
colonia), Acci, Libisosa, Salaria – o al massimo undici centri (4.110: Amanum portus ubi nunc Fla-
viobrica colonia) sono esplicitamente dichiarati tali da Plinio, a fronte dei dodici del sommario. Come
è chiaro, negli elenchi degli oppida civium Romanorum andrà rintracciata almeno una delle colonie
mancanti, forse da identificare in Dertosa (cfr. CIL II, p. 535; contra CIL II2/XIV, p. 149): il centro
è qualificato da Strabone (3.4.6) come κατοικία, ed una epigrafe del 249-251 d.C. (CIL II 4058 =
II2/XIV 788) parrebbe menzionare l’ord(o) d(ecurionum) c(oloniae) D(ertosanae). La supposta dedu-
zione coloniale dovette comunque essere preceduta (o affiancata) da una fase municipale, indiziata
dalle legende delle più antiche emissioni monetali locali (RPC I, nn. 205-206), databili nei decenni
finali del I secolo a.C.: mvn hibera ivlia // ilercavonia. È forse indicativo che in questa fase le legen-
de omettano il poleonimo Dertosa, regolarmente presente nelle successive emissioni di età tiberiana
(RPC I, nn. 207-209): dert m h i(vlia) // ilercavoni(a). L’introduzione del nuovo poleonimo potreb-
be essere un indizio per datare in età tardo-augustea/tiberiana la deduzione coloniaria (cfr., in questo
senso, CNH, p. 172), ma resterebbe da spiegare l’apparente riproposizione, nella seconda emissione,
della legenda più antica: una circostanza che potrebbe spingere a riabbracciare la vecchia ipotesi
(Kubitschek 1889, p. 193) relativa all’esistenza di una comunità doppia. Una possibile conferma
dello statuto privilegiato del centro sembra in ogni caso offerta dallo stesso Plinio, che nell’elenco dei
populi di diritto romano del conventus Tarraconensis (3.23: Tarracone disceptant populi XLII, quo-
rum celeberrimi civium Romanorum Dertosani, Bisgargitani) non segue il consueto ordine alfabetico,
ponendo Dertosa in testa (la circostanza è opportunamente notata, ma non spiegata, in Hoyos 1979,
p. 455). La dodicesima colonia è forse da identificare – piuttosto che con Flaviobrica: nella notazione
pliniana è chiaro l’intento di chiosare la propria fonte (cfr. in questo senso Hoyos 1979, p. 456 e nt.
75) – con Clunia (cfr. CIL II, pp. 382-383; Brunt 1971, pp. 584 e 593), sede di uno dei conventus
iuridici della provincia e di cui Plinio (3.27) per altro non dichiara lo status (ma il centro è qualificato
come colonia in Ptol. 2.6.56). Queste ipotesi presuppongono, come è chiaro, che il sommario stati-
stico dell’Hispania Citerior tenga conto anche degli oppida delle Baleari - ma cfr. 3.18: (...) accedunt
insulae, quarum mentione seposita. Civitates provincia ipsa (...) -; se così non fosse (Brunt 1971, pp.
592-593), dal totale di tredici oppida civium Romanorum mancherebbe all’appello almeno un centro
(due se si volesse salvare lo statuto coloniario di Dertosa).
192 La presenza all’interno dell’oppidum iberico di un nucleo strutturato di cittadini romani
parrebbe risalire già alla fine del II secolo a.C., quando le due comunità cominciano a battere con-
giuntamente monete a legenda doppia (latina e iberica) sagvnt(inv) // arse (CNH, Arse-Saguntum,
nn. 43-50). A queste emissioni seguono, nel corso del I secolo a.C., quelle con sola legenda latina
(RPC I/S2, nn. 199A-D) recante l’etnico sagv e la sottoscrizione magistratuale relativa a coppie
di funzionari con la qualifica di aed c(ol), il cui scioglimento come aed(iles) col(oniae) ha spinto
a postulare l’avvenuta trasformazione del centro – la cui componente iberica dovette restare nella
condizione di civitas foederata fino almeno al 56 a.C. (Cic. pro Balb. 23) – in colonia di dirit-
to latino (Ripollès-Velaza 2002). Non escluderei, piuttosto, che tali emissioni siano contestuali
all’adtributio dell’oppidum al locale conventus civium Romanorum, da collocare verosimilmente in
età cesariana. Il centro, in ogni caso, diviene municipium nel corso dell’età augustea: cfr. RPC I, n.
200 (decenni finali del I secolo a.C.), e CIL II 3827 = II2/xiv 305 (4-3 a.C.).
193 Municipium nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL II 4610.
140 Simone Sisani
3. Iluro (3.22) 194
4. Blandae (3.22)
5. *Emporiae (3.22) 195
6. *Bisgargitani (3.23)
7. *Bilbilitani (3.24) 196
8. *Calagurritani Nasici (3.24) 197
9. *Ilerdenses (3.24) 198
10. *Oscenses (3.24) 199
11. *Turiassonenses (3.24) 200
12. Palma (3.77) 201
13. Pollentia (3.77) 202
**14. *Dertosani (3.23)
194 Municipium nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL II 4616; AE 1983, 626.
195 La constitutio dell’oppidum civium Romanorum risale ad età cesariana, e a questo atto
va riferita la notizia liviana (34.9.3) relativa all’invio in loco di coloni: cfr. Pena 1992, pp. 70-72.
Il centro diviene municipium nel corso dell’età augustea: cfr. CNH, Emporia, n. 1 = RPC I, n. 234
(decenni finali del I secolo a.C.).
196 Alla fase dell’oppidum civium Romanorum vanno verosimilmente riferite le emissioni
monetali locali di seconda metà I secolo a.C. con legenda doppia bilbili(s) // italica (CNH, Bilbi-
lis, nn. 15-18 = RPC I, nn. 387-388), succedute alle precedenti emissioni di fine II - inizi I secolo
a.C. con legenda iberica bilbili(s) (CNH, Bilbilis, nn. 1-14). Il centro diviene municipium nel corso
dell’età augustea: cfr. RPC I, nn. 392-396 (dopo il 2 a.C.).
197 Alla fase dell’oppidum civium Romanorum va verosimilmente riferita l’emissione mone-
tale locale di età cesariana/proto-augustea con legenda doppia nassica // calagvrri ivlia (CNH,
Kalakorikos-Calagurris, n. 5 = RPC I, n. 431), succeduta alle precedenti emissioni di II secolo
a.C. con legenda iberica kalakorikos (CNH, Kalakorikos-Calagurris, nn. 1-4). Il centro diviene
municipium nel corso dell’età augustea: cfr. RPC I, nn. 433-447.
198 Municipium in età augustea: cfr. RPC I, nn. 259-260.
199 Resta incerta la data di elevazione a municipio, della quale si è voluta rintracciare te-
stimonianza in una emissione monetale locale (RPC I, n. 282) con legenda mv(nicipium) osca,
databile in epoca forse anteriore al 27 a.C. Vanno tuttavia sottolineate le profonde incertezze che
gravano sia sulla cronologia dell’emissione, sia sulla lettura della legenda, restituita come v(rbs)
v(ictrix) osca da Grant 1969, p. 167 e nt. 7.
200 Alla fase dell’oppidum civium Romanorum vanno verosimilmente riferite le emissioni
monetali locali di età cesariana/proto-augustea con legenda doppia silbis // tvriaso (CNH, Turia-
su, nn. 35-36 = RPC I, nn. 401-402), succedute alle precedenti emissioni di fine II - inizi I secolo
a.C. con legenda iberica turiasu (CNH, Turiasu, nn. 1-34). Il centro diviene municipium nel corso
dell’età augustea: cfr. RPC I, nn. 405, 410-411 (dopo il 2 a.C.).
201 Palma e Pollentia sono qualificate come coloniae in Mela 2.124 e Strabone (3.5.1) ne
ricorda la fondazione nel 123 a.C. ad opera di Cecilio Metello, che vi avrebbe insediato come
ἔποικοι tremila Italici residenti in Iberia. In entrambi i casi, le fonti alludono verosimilmente non
alla fondazione di vere e proprie colonie, ma alla constitutio di oppida civium Romanorum: un
possibile parallelo è offerto dalle vicende istituzionali di Corduba, su cui si veda Sisani 2011, pp.
688-690. Palma diviene municipium nel corso dell’età imperiale: cfr. CIB, n. 1.
202 Cfr. nota precedente. Il centro diviene municipium nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL II
3696-3698; HEp 16, nn. 22-24.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 141
** Baetica 203
Iuridici conventus ei IIII, Gaditanus, Cordubensis, Astigitanus, Hispalensis.
Oppida omnia numero CLXXV, in iis coloniae VIIII, municipia c(ivium) R(omanorum) X,
Latio antiquitus donata XXVII, libertate VI, foedere III, stipendiaria CXX (3.7):
1. *Regina (3.15)
2. Augustani Urbe Iulia Gaditana (4.119) 204
3. **Italica (3.11) 205
4-10. **?
**Lusitania 206
Universa provincia dividitur in conventus tres, Emeritensem, Pacensem,
Scalabitanum; tota populorum XLV, in quibus coloniae sunt quinque, municipium civium
Romanorum, Latii antiqui III, stipendiaria XXXVI (4.117):
1. **Olisipo (4.117)
Sardinia 207
1. *Caralitani (3.85) 208
Sicilia 209
Coloniae ibi V, urbes aut civitates LXIII (3.88):
1. Messana (3.88) 210
2. Lipara (3.93) 211
Histria
1. Agida (3.129) 212
2. Parentium (3.129) 213
Dalmatia 214
1. *Tragurium (3.141) 215
2. Rhizinium (3.144) 216
3. Acruium (3.144) 217
4. Butuanum (3.144) 218
5. Olcinium (3.144) 219
6. Scodra (3.144) 220
7. Lissus (3.144) 221
8. *Issa (3.152) 222
a presuppore una diversità di trattamento tra questi centri e quelli – anch’essi evidentemente fedeli
alla causa ottavianea ed in alcuni casi legati a Roma da consuetudini ancestrali – di Centuripae, Ne-
tum e Segesta, ai quali sarebbe stato semplicemente confermato uno statuto giuridico, lo ius Latii,
già ottenuto da Cesare. È invece probabile che, al momento della riorganizzazione della provincia
dopo il 36 a.C., Ottaviano si sia limitato nei riguardi di tutte le città fedeli a confermare privilegi già
precedentemente goduti: ciò significa che la qualifica di oppida civium Romanorum, se di età cesa-
riana, potrebbe avere anche nel caso di Messana e di Lipara un significato propriamente giuridico
e non alludere dunque a veri municipia di diritto romano, una categoria istituzionale che dovette
essere introdotta in Sicilia – se si esclude la parentesi del 44-36 a.C. – non prima degli anni finali
del I secolo a.C.
210 Il centro è ancora una civitas foederata nel 70 a.C.: cfr. Cic. Verr. 2.3.13.
211 Municipium nel corso dell’età imperiale: cfr. ILE, n. 755. L’emissione monetale locale
con legenda greca recante l’etnico λιπαραιων e la sottoscrizione magistratuale relativa ad una
coppia di duoviri (RPC I, n. 626), tentativamente datata tra il 44 e il 36 a.C., è di norma intesa come
prova della precoce acquisizione di tale statuto: la testimonianza, il cui inquadramento cronologico
resta per altro del tutto ipotetico, non è in verità così esplicita.
212 Nessun esito municipale (cfr. supra).
213 Colonia nel corso dell’età imperiale (cfr. supra).
214 Cfr. Papazoglou 1986.
215 Nessun esito municipale.
216 Colonia nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL III 8369 = 12748, 12695.
217 Colonia nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL III 13829.
218 Nessun esito municipale.
219 Nessun esito municipale.
220 Colonia nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL III 12695.
221 La constitutio dell’oppidum civium Romanorum – anteriore al 48 a.C. (cfr. Caes. b.c.
3.29.1) e risalente forse al 54 a.C., nel contesto delle operazioni contro i Pirustae – è da attribuire a
Cesare. Il centro ottiene la piena autonomia amministrativa (è incerto se come municipium o come
colonia) in età triumvirale/augustea: cfr. CIL III 1704; AE 1982, 765-766.
222 Nessun esito municipale.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 143
Macedonia 223
1. *Denda (3.145) 224
2. Stobi (4.34) 225
Mauretania Tingitana
1. Portus Magnus (5.19) 226
Numidia et Africa 227
Ad hunc finem (scil. ad promunturium Borion) Africa a fluvio Ampsaga popu-
los DXVI habet, qui Romano pareant imperio, in his colonias sex (...), oppida civium
Romanorum XV (...), oppidum Latinum unum (...), oppidum stipendiarium unum (...),
oppida libera XXX (...). Ex reliquo numero non civitates tantum, sed plerique etiam
nationes iure dici possunt (...) (5.29-30):
1. Thabraca (5.22) 228
2. *Utica (5.24) 229
3. Absuritanum (5.29) 230
4. Abutucense (5.29) 231
5. Aboriense (5.29) 232
6. Canopicum (5.29) 233
7. Chiniavense (5.29) 234
8. Simithuense (5.29) 235
9. Thunusidense (5.29) 236
10. Thuburnicense (5.29) 237
Bibliografia
238 Colonia nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL VIII 14452.
239 Municipium nel corso dell’età imperiale: cfr. CIL VIII 12229, 23118. Resta incerta l’iden-
tificazione di questo centro con la colonia Thigiba di Ptol. 4.3.29.
240 Colonia in età severiana: cfr. CIL VIII 15447, 15450, 15455, 26262, 26270, 26275, 26281,
26282. Sulla scorta della titolatura colonia Mariana assunta dal centro, la constitutio dell’oppidum
civium Romanorum è da attribuire a Mario.
241 Nessun esito municipale.
242 Colonia in età severiana: cfr. CIL VIII 14394-14395.
tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 145
Buchi 1999 = E. Buchi, Roma e la Venetia orientale dalla guerra sociale alla prima età
augustea, in Vigilia di romanizzazione. Altino e il Veneto orientale tra II e I
sec. a.C., Atti del Convegno (Venezia, 2-3 dicembre 1997), a cura di G. Cresci
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tergeste e le “colonie” cesariane della Gallia togata (in margine a b.g. 8.24.3) 151
Riassunto
Il contributo intende affrontare in forma organica, attraverso un riesame globale della docu-
mentazione letteraria ed epigrafica, la questione relativa agli sviluppi amministrativi delle comunità
romane dell’Histria tra l’età cesariana e l’età imperiale, a partire da un noto passo, tendenzialmente
frainteso, del De bello gallico (8.24.3). L’analisi permette di formulare nuove ipotesi sulle date
di fondazione delle colonie di Pola, Tergeste e Parentium e sulla realtà istituzionale degli oppida
civium Romanorum di area transpadana.
Parole chiave: Agida; Aquileia; Arsia; Cesare; colonia; Comum; Formio; Forum Iulii; Gallia
Cisalpina; Illirico; Istria; Iulium Carnicum; municipium; Nauportus; Nesactium; oppidum;
Parentium; Pola; Tergeste; Tragurium; Transpadana; Tricesimo.
Abstract
The paper intends to face in organic form, through a global re-examination of the literary
and epigraphic documents, the administrative development of the Roman communities in Histria
between the Caesarian and the Imperial age, beginning from a well known passage, potentially
misunderstood, of the De Bello Gallico (8.24.3). The analysis allows to formulate new hypotheses
on the foundation dates of the colonies of Pola, Tergeste and Parentium, and on the institutional
reality of the transpadane oppida civium Romanorum.
Keywords: Agida; Aquileia; Arsia; Caesar; colonia; Comum; Formio; Forum Iulii; Gallia Cisalpina;
Illirycum; Histria; Iulium Carnicum; municipium; Nauportus; Nesactium; oppidum; Parentium;
Pola; Tergeste; Tragurium; Transpadana; Tricesimo.