Sei sulla pagina 1di 34

LE ORIGINI DEGLI ETRUSCHI

Storia Archeologia Antropologia


a cura di

Vincenzo Bellelli

LERMA di BRETSCHNEIDER

Universit degli Studi di Palermo


Polo didattico di Agrigento
Corso di Laura magistrale in Archeologia

Le origini degli Etruschi

Storia Archeologia Antropologia


Copyright 2012 LERMA di BRETSCHNEIDER
Via Cassiodoro, 19 - 00193 Roma
www.lerma.it - erma@lerma.it
Progetto grafico
LERMA di BRETSCHNEIDER
Tutti i diritti riservati. vietata la riproduzione
di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dellEditore.
In copertina:
Particolare del volto maschile del Sarcofago degli Sposi,
da Cerveteri (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia);
foto di Antonio Russo pubblicata su concessione
del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali - Soprintendenza per i Beni
Archeologici dellEtruria Meridionale (Aut. n. Prot. MBAC-SBAEM 7950 del 6-9-2012)
Volume stampato con il contributo
dellUniversit degli Studi di Palermo - Centro di Gestione Polo didattico di Agrigento
e della Fondazione della Cassa di Risparmio di Civitavecchia

Le origini degli Etruschi. Storia, archeologia, antropologia / a cura di Vincenzo Bellelli - Roma: LERMA di BRETSCHNEIDER , 2012 - 496 ; ill. 24 cm. (Studia
Archaeologica ; 186)
ISBN 978-88-8265-742-0
CDD 22. 937.5
1. Etruschi

INDICE GENERALE

PREMESSA (Oscar Belvedere)

11

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

17

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Introduzione (Vincenzo Bellelli)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Prima Parte

Atti del seminario di Agrigento (9 febbraio 2011)


I

Alla ricerca delle origini etrusche (Vincenzo Bellelli) .

II

Le tradizioni letterarie sulle origini degli Etruschi: status quaestionis

e qualche annotazione a margine (Roberto Sammartano) .


III
Le origini EtruschE: il quadro di riferimento
della protostoria (Alessandro Zanini) . . . . . . . .

49

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

85

IV Ex parte Orientis: I Teresh e la questione dellorigine


anatolica degli Etruschi (Massimo Cultraro) . . . . . . . .
V

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

105

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

143

153

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

169

Etruria meridionale e Mediterraneo nella tarda et del bronzo


(Barbara Barbaro, Marco Bettelli, Isabella Damiani, Daniela De Angelis, Claudia Minniti, Flavia Trucco)

195

Etruschi: Popolo o nazione ? (Luca Sineo) .

VI
Gli Etruschi e la loro origine alla luce degli studi
di antropologia fisica (Giandonato Tartarelli) . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Seconda Parte

Saggi
VII Sulla grafia e la lingua delle iscrizioni anelleniche
di Lemnos (Luciano Agostiniani) . . . . . . . . . . . . . . . . . .
VIII

IX

Il villanoviano: un problema archeologico di storia


mediterranea (Anna Maria Bietti Sestieri) . . . . . . . . . . . . .

La tradition plasgique Caer (Dominique Briquel)

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

249

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

279

295

345

359

383

XI Origini etrusche, origini italiche e lerudizione antiquaria


settecentesca (Stefano Bruni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . .

XII Lidentit etnica come processo di relazione: alcune riflessioni


a proposito del mondo italico (Luca Cerchiai) . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . .

XIII l originE lidiA del popolo etrusco: questioni di principio (Carlo De Simone) .
XIV Latino e i Tirreni (Hes. Th. 1011-1016): questioni di storia
e di cronologia (Andrea Ercolani) . . . . . . . . . . . . . . . . .
XV Le problme des origines trusques dans lentre
deux guerres (Marie-Laurence Haack) . . . . . . . . . . . .
XVI Bronzo finale in Istria (Kristina Mihovili) .

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

XVII Gli influssi del Vicino Oriente sullEtruria


nellVIII-VII sec. a.C.: un bilancio (Alessandro Naso) .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

XVIII Dionysus and the Tyrrhenian Pirates (Dimitris Paleothodoros) .

. . . . .

397

411

433

. . . . . . . . . . . . . . . .

455

IX

Il villanoviano: un problema
archeologico di storia mediterranea
Anna Maria Bietti Sestieri

In questo lavoro, che un tentativo di mettere a fuoco uno dei problemi


pi importanti della storia antica del
Mediterraneo, ho cercato di adottare un
approccio scientifico, partendo da unipotesi articolata (un modello) e verificandola sui dati disponibili. Naturalmente, la
verifica non poteva consistere nellanalisi
sistematica, anche solo quantitativa, dei
dati, sia per le dimensioni del problema,
che si estende quasi senza limiti in tutti i
sensi e le direzioni, sia per lo stato insoddisfacente della maggior parte della documentazione. Ho proceduto quindi per
approssimazioni successive: storia del
problema, esposizione dei dati, definizione del modello, analisi delle sue articolazioni sincroniche e diacroniche, verifica
dei risultati. Questo procedimento comporta lapprofondimento delle articolazioni del modello per livelli, in direzione
di una verifica complessiva delle ipotesi
di partenza. Il periodo considerato comprende il passaggio fra Et del Bronzo
Recente e Finale (ca. 1200 a.C.), lEt del
Bronzo Finale (XII-X sec. a.C), e la I Et del
Ferro (ca. X-VIII sec.a.C.)
Non ho conclusioni certe da presentare: il risultato finale del lavoro un
modello pi complesso e, mi auguro, pi
convincente, di quello proposto in partenza. Spero che la logica del discorso sia
condivisibile, e non appaia semplicemente come il ritorno ciclico sugli stessi punti. Un risultato interessante sarebbe che

il lavoro fosse ricevuto come uno stimolo


alla verifica archeologica dei molti problemi aperti in relazione al villanoviano e
allorigine degli etruschi.

1. Introduzione
La tradizione
Il villanoviano una facies della I Et del
Ferro italiana (IEF) che stata oggetto di
discussione fin dalla prima adozione del
termine (che deriva dalla scoperta di una
necropoli a incinerazione avvenuta nel
1853 a Villanova, Bologna). Sono stati
discussi, anche recentemente, sia luso
generalizzato del termine, che secondo
alcuni dovrebbe essere limitato alla facies archeologica documentata a Villanova, sia, soprattutto, la ormai vecchissima
questione se sia o no legittimo identificare questa cultura o facies archeologica
come il precedente diretto degli etruschi
di et storica. Credo che la corrispondenza quasi completa fra la distribuzione geografica del villanoviano e quella indicata
dalle fonti relative allEtruria storica sia un
argomento decisivo in favore della legittimit di questa lettura.
In termini archeologici, il villanoviano
pu essere descritto come una facies relativamente omogenea, con una estensione
geografica complessiva che corrisponde
a quasi 1/3 dellattuale territorio dellItalia
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

249

Fig. 1. Estensione complessiva delle facies villanoviane sul territorio italiano.

250

continentale, distribuita fra Nord (Emilia


Romagna), centro (Toscana e attuale Lazio settentrionale, parte dellUmbria, Fer-

Anna Maria Bietti Sestieri

mo nelle Marche) e Sud (Campania, con i


centri maggiori a Capua, Pontecagnano e
Sala Consilina) (Fig. 1). Da un punto di vista

puramente terminologico, la denominazione in uso legittima quanto qualsiasi


altro caso di designazione di una facies
archeologica dal nome della localit nella
quale stata formalmente riconosciuta.
Piuttosto, un buon motivo per continuare
a servirci di questo termine la sua funzionalit: qualunque sia la nostra personale
idea del villanoviano, sappiamo molto
bene di quali specificazioni dellevidenza
archeologica si tratti. Limplicazione, non
irrilevante, che nel quadro complessivo
dellEt del Ferro italiana il villanoviano
viene percepito come una entit materiale
abbastanza definita e omogenea da essere immediatamente riconoscibile.
Si tratta comunque di un fenomeno
archeologico complesso e qualitativamente diverso dagli altri processi regionali di definizione culturale ed etnica
che compaiono nella IEF, con precedenti
nellEBF. Le differenze pi evidenti sono
lestensione geografica complessiva,
come si visto eccezionalmente ampia,
associata alla discontinuit territoriale.
Unaltra caratteristica specifica, senza
confronti convincenti in ambienti italiani
contemporanei, la ricorrenza, agli inizi
della IEF, di processi di concentrazione
dellinsediamento su aree omogenee di
dimensioni consistenti, alle quali si collegano numerosi grandi nuclei di necropoli. Il caso pi noto quello dellEtruria meridionale, dove gli abitati maggiori della
IEF si collocano sopra e intorno a grandi
pianori di tufo, in posizione dominante
sul territorio.
A questi elementi di evidenza archeologica si aggiunge il fatto che autori
antichi come Livio e Virgilio parlano in
modo chiaro e visibilmente non politico - della grande potenza raggiunta dagli etruschi in tempi molto antichi, quando la loro supremazia si esercitava dalle
Alpi allo stretto di Messina.
Una simile combinazione e conver-

genza di documenti archeologici e di


notizie storiche potrebbe stimolare una
ricerca a largo raggio, con lobiettivo di
arrivare a una ricostruzione completa
aderente alla complessit dellevidenza - delle fasi pi antiche dello sviluppo
dellEtruria.
A questo si opponevano, e in parte
si oppongono tuttora, alcune convinzioni considerate come dati oggettivi, che
non hanno bisogno di verifiche, ma che,
al contrario, costituiscono il supporto essenziale di ogni ricostruzione attendibile.
Sostanzialmente, possiamo riassumerle cos:
la protostoria unet oscura, nella
quale non sono pensabili processi di sviluppo in direzione della complessit politica, economica e sociale comparabili a
quelli che conosciamo in et storica.
Il salto di qualit che porta ai processi di formazione protourbana e urbana
nellEtruria villanoviana una ricaduta
locale della colonizzazione greca, e non
pu quindi essere avvenuto prima di
questa. Di conseguenza, non possibile
proporre una ricostruzione di processi di
questo tipo in Etruria in un periodo anteriore al VI sec. a.C.
Questo fortissimo pregiudizio, raramente espresso, ma spesso condiviso
anche dagli studiosi di preistoria e protostoria, ha favorito nella maggior parte dei
casi letture dellevidenza archeologica
che tendono a considerare il villanoviano
come un fenomeno privo di precedenti locali significativi, e a negare la contemporaneit della sua comparsa nelle
diverse aree nelle quali documentato.
La ricostruzione proposta con maggiore
frequenza si basa sul presupposto secondo il quale, fra tutte le aree di sviluppo
del villanoviano, solo in Etruria meridionale c continuit culturale ininterrotta
dallEt del Bronzo Recente e Finale alla
IEF. LEtruria meridionale viene perci
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

251

identificata come la regione nucleare


dello sviluppo sul territorio dell Etruria
propria, e come lorigine diretta o indiretta di una serie di colonizzazioni che si
dirigono, in tempi brevi ma non simultaneamente, verso i luoghi del villanoviano
periferico padano e campano, oltre che
nel sito isolato di Fermo, nelle Marche. In
questa prospettiva, le questioni pi difficili da risolvere in relazione al fenomeno
villanoviano, cio, come si gi visto, la
simultaneit della sua comparsa su unarea molto ampia, per di pi discontinua,
e le indicazioni ricorrenti di complessit
politico-organizzativa, vengono drasticamente ridimensionate. Il processo in
direzione di una organizzazione politicoterritoriale complessa avviene solo sul
territorio dellEtruria meridionale, mentre
nelle altre aree del villanoviano si tratta
di processi secondari indotti dalla colonizzazione.
La soluzione proposta una ventina
di anni fa da Peroni1, che ha dedicato
una parte consistente delle sue ricerche
a smantellare gli aspetti culturali di dimensione regionale che caratterizzano
la IEF italiana, nega lesistenza del villanoviano come fenomeno sostanzialmente unitario, mettendo in evidenza
le specificit locali nei complessi delle
varie regioni. La sua ipotesi esplicativa
che il villanoviano costituisce la documentazione materiale di una serie di
processi (autonomi?) di formazione protourbana: non mai esistita una entit
etnica che si sia riconosciuta nel rituale
funebre villanoviano. Ci potrebbe invece
essere accaduto a un gruppo umano diverso: unaggregazione di comunit, pertinenti alle pi svariate componenti etniche e portatrici delle facies archeologiche
pi diverse, accomunate nellincontro con
la propria nuova identit dalla volont
di passare, attraverso una brusca rottura
con una lunga tradizione, allinstaurazio-

252

Anna Maria Bietti Sestieri

ne di un assetto protourbano. Questo


tipo di lettura sembrerebbe lespressione di un approccio di matrice idealistica
allanalisi dellevidenza archeologica, a
mio parere non condivisibile, oltre che
difficilmente praticabile.
Un altro filone di ricerca sullargomento quello che si collega alle fonti
storiche che sostengono la provenienza
degli Etruschi dallOriente, oppure la loro
autoctonia2. Erodoto (I.94) riporta che gli
Etruschi, provenienti dalla Lidia e guidati
da Tirreno, si stabilirono in Italia nel territorio degli Umbri. Ellanico, in Dion. Hal. I
28, sostiene che gli Etruschi sono Pelasgi;
Anticlide, in Strabone V.2. 4, scrive che
Tirreno migra con i Pelasgi, colonizzatori
delle isole egee di Lemno e Imbro. Dionigi di Alicarnasso, il primo autore che
ha messo a fuoco la questione etrusca,
sostiene lautoctonia di questo popolo, il
cui nome indigeno Rasenna. La storiografia del 700 e dell800 sostiene lautoctonia degli Etruschi, che si spostano dalla
regione alpina dei Raeti allItalia centrale.
A questo problema si aggancia quello della lingua etrusca3, che viene oggi
riconosciuta dalla maggioranza degli
studiosi come non indoeuropea. Le ipotesi prevalenti sono due: letrusco appartiene a un substrato mediterraneo, pi
antico delle lingue italiche indoeuropee;
oppure una lingua di origine orientale.
Alcune evidenze linguistiche, come in
particolare le testimonianze epigrafiche
da Lemno, che documentano luso di
un alfabeto e di una lingua molto vicini
alletrusco4, sono state prese in considerazione a supporto sia delluna che
dellaltra tesi.

I nuovi dati
Le novit emerse dalle ricerche degli ultimi decenni, in particolare in campo protostorico, hanno fornito informazioni che

modificano in modo significativo alcuni


aspetti cruciali della questione, che non
sono pi compatibili con le ricostruzioni
tradizionali. Il problema stato trattato
recentemente, in una prospettiva in parte diversa5.
Il processo dal quale agli inizi dellEt
del Ferro emerge il fenomeno villanoviano si svolge fra la fine dellEBR e lEBF su
unarea molto pi ampia di quella che
nella IEF pu essere identificata come
specificamente villanoviana. Da Nord a
Sud, le regioni interessate dalle fasi pi
antiche del processo sono Lombardia
orientale e Veneto meridionale, Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Etruria
meridionale, Lazio antico, Campania.
In tutte le aree o regioni nelle quali
compaiono complessi di facies villanoviana esistono precedenti locali dellEBF,
con continuit ininterrotta, pi o meno
consistenti ma ben riconoscibili, indicati
generalmente come facies archeologiche
di tipo protovillanoviano: la facies di Tolfa-Allumiere in Etruria meridionale, con
estensioni verso il Lazio e la Campania; la
facies di Chiusi-Cetona fra Toscana, Umbria e Marche, con forti collegamenti con
la facies della pianura padana centroorientale (protovillanoviano padano).
La sola eccezione costituita da Bologna
e dal suo territorio, dove sembra per ora
mancare una fase attribuibile allEBF.
Come vedremo di seguito, il processo
che nellEBF porta allo sviluppo del villanoviano padano (con i centri maggiori
a Bologna e Verucchio) non si svolge in
Emilia Romagna, ma nel Veneto meridionale, intorno al central place costituito da
Frattesina e dai siti vicini.
Non possibile identificare nellEtruria meridionale il polo principale dello sviluppo, che viene successivamente
trasmesso alle altre regioni, per due
motivi: in primo luogo la comparsa simultanea, in un momento iniziale della

IEF, dei centri villanoviani sia nellEtruria


propria, sia nelle aree periferiche, un
dato archeologico incontrovertibile, che
costituisce una delle caratteristiche pi
rilevanti, e meno facilmente spiegabili,
del fenomeno villanoviano; in secondo
luogo i poli dello sviluppo sono almeno
due: oltre allEtruria meridionale, larea
padana nord-orientale, con epicentro a
Frattesina (Rovigo) e nel territorio circostante. Una differenza fra i due poli, alla
quale si gi accennato nei punti precedenti, consiste nel fatto che il polo tirrenico ricade nel territorio storico dellEtruria, mentre quello padano si trova a
Nord (cio al di fuori) dellEtruria padana
di et villanoviana.
Due caratteristiche molto rilevanti
accomunano invece il polo padano e
quello tirrenico, anche se con correlati
materiali almeno in parte diversi: entrambi sono specificamente connotati dallemergere di strutture socio-politiche complesse, riconoscibili nellevidenza della
centralizzazione della decisione politica;
nei due diversi rituali locali dellincinerazione questo cambiamento strutturale
segnalato da elementi formali e ideologici nuovi e specifici (in Etruria meridionale) e da indicazioni di ruolo particolarmente complesse (a Frattesina); inoltre,
per entrambi abbiamo indicazioni molto
consistenti dello sviluppo su vasta scala
di attivit produttive e di scambio. Per
quanto riguarda questo secondo punto,
la documentazione relativa a Frattesina
senzaltro molto pi ampia e consistente:
il sito e il suo territorio costituiscono un
centro di acquisizione di materie prime
locali ed esotiche (compresi avorio di elefante, ambra e metalli), di trasformazione,
e di circolazione di metallo e di manufatti
finiti su scala europea e mediterranea.
Per lEtruria meridionale non conosciamo
finora un centro paragonabile a Frattesina anche se qualche indicazione in queIl villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

253

Fig. 2. Et del Bronzo Finale.


Distribuzione in direzione
delle regioni centrali della
penisola italiana e dellEuropa di manufatti metallici
documentati in particolare
a Frattesina. Tipi principali:
palette a cannone (), pani
a piccone () asce ad alette tipo Ponte S. Giovanni
(). Fonte: Bellintani, Stefan 2008.

254

sto senso potrebbe venire da siti in corso


di scavo, come Maccarese Le Vignole6;
tuttavia, almeno per quanto riguarda la
produzione metallurgica, che nellEBF
la pi ricca e importante in Italia, come
documentato dai bronzi del ripostiglio di
Coste del Marano7, abbiamo indicazioni
consistenti della circolazione di modelli e
manufatti finiti originari dellEtruria meridionale, o direttamente dipendenti dalla
produzione di questa regione, nellarea
tirrenica e interna della penisola, in Sicilia
e fino allEgeo e a Cipro.
Un collegamento economico fra i due
poli chiaramente indicato dalla distribuzione dei ripostigli di bronzi dellEBF con
materiali tipici di Frattesina (Fig. 2), che
segue un percorso lineare fra Veneto meridionale, Romagna, Marche e area della Toscana al limite con lEtruria meridionale8.

Anna Maria Bietti Sestieri

Infine, un aspetto rilevante della situazione archeologica che deve essere


preso in considerazione ai fini di questa
analisi la collocazione del problema del
villanoviano e dellorigine degli etruschi
nel contesto del Mediterraneo fra la fine
del II e gli inizi del I millennio a.C. Alcuni
dati significativi sono:
- La percezione dal Mediterraneo
orientale della posizione strategica dellItalia al centro del Mediterraneo e con collegamenti diretti verso lEuropa; quindi,
la forte probabilit che fin dai secoli iniziali del II millennio a.C. il mare Adriatico
sia stato identificato e utilizzato come la
principale via naturale di comunicazione
fra il Mediterraneo orientale e lEuropa,
e che le regioni italiane nord-orientali (e
balcaniche settentrionali), direttamente
collegate al caput Adriae, siano state fre-

quentate per fini di scambio e di acquisizione di materie prime, in particolare, ma


certamente non solo, lambra baltica9.
- Il fatto che le intense navigazioni
micenee nel Mediterraneo centrale nel II
millennio a.C. hanno rafforzato ed esteso il ruolo del territorio dellEtruria meridionale come punto di riferimento degli
scambi nellarea tirrenica. probabile che
lEtruria meridionale svolgesse un ruolo
significativo nel convogliare verso Sud
materia prima e manufatti metallici provenienti dai giacimenti dellintera regione. Questo ruolo era probabilmente gi
attivo almeno dalla I Et del Bronzo, nel
quadro del sistema locale di navigazioni
costa a costa, come indicano i materiali
tipo Capo Graziano (facies della I et del
bronzo delle isole Eolie) che compaiono a
Luni sul Mignone, e fino a localit interne
come il Monte Cetona10. Anche la presenza nel ripostiglio di bronzi dellacropoli di
Lipari di frammenti di asce ad alette e di
spade e pugnali a lingua da presa dellEBR provenienti dallItalia settentrionale o
centrale11 potrebbe indicare un arrivo di
questi materiali sullisola dalla costa tirrenica centrale. Nella stessa regione, a Luni,
Monte Rovello e S.Giovenale, compaiono
pi tardi alcuni frammenti di ceramica
micenea12. La frequentazione micenea ha
avuto probabilmente un ruolo attivo nel
trasmettere nellambito del Mediterraneo orientale la conoscenza delle risorse
dellEtruria, e della funzione della parte
meridionale della regione negli scambi
nellarea tirrenica.
- Il declino della presenza micenea
nel Mediterraneo centrale a partire dal
XIII sec., e levidenza progressivamente
pi consistente di navigazioni provenienti dal Mediterraneo Orientale (Cipro
e Fenicia). A parte la Sardegna e la Sicilia,
dove si concentra levidenza pi antica
di collegamenti dalla regione cipriotalevantina, e che saranno oggetto della

colonizzazione fenicia, verosimile che


le mete privilegiate in Italia continentale
abbiano coinciso con i nodi strategici dello scambio tradizionalmente stabiliti su
questo territorio, cio appunto la regione
che gravita sull Adriatico settentrionale e
lEtruria meridionale.

2 - Il modello per la ricostruzione


del processo che porta allemergere
del fenomeno villanoviano

Lobiettivo di questo lavoro una lettura


della comparsa del villanoviano come
lesito di un processo notevolmente complesso e articolato, che si sviluppa nel
corso dellEBF, e gi dalla fase immediatamente precedente dellEt del Bronzo
Recente, su una parte consistente del
territorio italiano.
Il villanoviano segna un momento
cruciale della definizione culturale e territoriale dellEtruria, che emerge da una
situazione complessiva relativamente
omogenea, almeno sul piano archeologico (le diverse facies protovillanoviane).
La sequenza archeologica che verr esaminata di seguito, e le notizie di sfondo
che le fonti storiche forniscono in modo
sostanzialmente omogeneo indicano che
gli etruschi venivano percepiti come una
entit definita e bene identificabile a partire da unepoca corrispondente al XIII-XII
sec. a.C. Considerando tutta la durata del
processo, il territorio interessato comprende la parte centro-orientale dellItalia settentrionale, la maggior parte delle regioni
centrali e la Campania.

I componenti del modello: i due poli


I due poli principali dello scambio interregionale in questo territorio sono a NE
Frattesina con la regione circostante, a
SO lEtruria meridionale, area di riferiIl villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

255

mento tradizionale degli scambi nellarea


tirrenica.
Probabilmente a partire dal passaggio fra EBR ed EBF, in entrambi i poli emergono forme particolarmente marcate di
centralizzazione politica, associate a una
organizzazione delle attivit produttive e
di scambio di dimensioni eccezionali dal
punto di vista strutturale e quantitativo.
Il nuovo sistema riconoscibile archeologicamente soprattutto nel sito di Frattesina, dove raggiunge il massimo sviluppo
nella piena EBF. Affinit nella facies archeologica e nei tipi di manufatti metallici indicano larea che fa riferimento a ognuno
dei due poli: Romagna, Marche, Umbria
e Toscana al polo padano; Lazio e parte
della Campania al polo tirrenico.
Esiste una difficolt di lettura di
questa combinazione di elementi non
comuni, che concorrono tutti a definire
un sistema complesso senza precedenti
riconoscibili nelle stesse regioni, come
risultato di un processo specificamente
ed esclusivamente locale. Una ricostruzione storica pi aderente al quadro
complessivo del Mediterraneo in questo periodo potrebbe essere proposta
ipotizzando che uno dei fattori in gioco
sia un interesse cipriota-fenicio, o pi
genericamente dal Levante, a una partecipazione diretta ai due principali nodi
della produzione e dello scambio nel
Mediterraneo centrale. Lipotesi si basa
soprattutto sugli aspetti strutturali del
fenomeno, che non hanno precedenti
nellEdB italiana. In tutte le diverse fasi
del processo che porta alla comparsa
del villanoviano, due fattori costantemente presenti sono l estensione territoriale estremamente ampia e una gestione efficiente e integrata dell attivit
economica. Gli elementi indicati sopra ci
permettono di mettere a fuoco in modo
pi preciso le caratteristiche della ipotetica partecipazione al processo di una

256

Anna Maria Bietti Sestieri

componente di provenienza orientale.


Possiamo escludere con quasi certezza
di trovarci di fronte a uno spostamento
massiccio di popolazione (migrazione o
colonizzazione) oppure a una conquista
militare, per due ragioni: la scarsa consistenza di questo tipo di spiegazioni,
che ovviamente non fanno che spostare materialmente e cronologicamente
il problema; e il fatto che, nonostante i
suoi molti aspetti anomali, il villanoviano si colloca in una linea chiaramente
riconoscibile di continuit archeologica
e culturale con la sequenza degli sviluppi
dellet del bronzo nelle regioni interessate. Le caratteristiche dellapproccio dal
Mediterraneo Orientale al territorio italiano negli ultimi secoli del II millennio forniscono alcune indicazioni significative:
La prospettiva nella quale questa
complessa operazione si inserisce non
limitata allItalia continentale, ma si
estende a tutta larea mediterranea, e forse oltre. Il confronto pi stringente per le
caratteristiche di Frattesina, anche se con
inizio di poco pi recente (ca. 900 a.C.), si
riconosce nellemporio fenicio di Huelva,
sulla costa atlantica meridionale della penisola iberica13.
La motivazione pi consistente della
presenza esterna di ordine economico:
drenaggio di risorse, ma soprattutto impianto di attivit produttive e organizzazione dello scambio.
Lo strumento che viene utilizzato per
raggiungere questi obiettivi il controllo
dei poli principali della produzione e dello scambio, che la componente orientale
ottiene con relativa facilit, almeno nelle
fasi iniziali dei contatti, grazie al livello limitato di organizzazione politico-territoriale ed economica delle comunit locali.
Il collegamento fra il polo padano e
quello tirrenico si presenta in modo chiaro come espressione di una scelta strategica che mira all attivazione in Italia di un

unico sistema interregionale di produzione e di scambio.


Nella fase avanzata dellEBF, e fino
a tutta la IEF, nel territorio complessivo
che stiamo considerando si riconoscono
processi locali di affermazione di identit
regionale specifica, indiziati dalla caratterizzazione in senso locale della cultura
materiale e del rituale funerario, nel Lazio, nel futuro territorio dei Veneti, nelle
Marche e nellUmbria meridionale. Indicazioni pi complesse, ma per ora meno
consistenti si riconoscano in Campania.
Almeno in parte, questo sviluppo una
risposta/reazione alla presenza di una
componente esterna nelle attivit economiche della penisola.
Al passaggio fra EBF e IEF, in questo
quadro di progressiva definizione di entit culturali differenziate di dimensione
regionale, si delineano le caratteristiche
anomale del fenomeno villanoviano:
- la configurazione interregionale
(cfr. Fig. 1);
- la concentrazione dellinsediamento
nei centri maggiori, in particolare in corrispondenza dei poli padano e tirrenico,
che assicura una potenzialit di sviluppo
politico ed economico senza confronti nei
contesti regionali non villanoviani;
- il primato nella produzione metallurgica e la sua circolazione internazionale.

3 . Analisi delle diverse articolazioni


del modello

I due poli della produzione e dello


scambio in Italia continentale nellEt
del Bronzo Finale
Sulla base dellevidenza archeologica
attualmente disponibile, i due principali
poli dello scambio interregionale presenti sul territorio italiano Frattesina
con il territorio circostante e lEtruria

meridionale, con particolare evidenza


nel distretto dei Monti della Tolfa si
presentano come entit per molti aspetti differenziate, ma che condividono
alcune importanti caratteristiche strutturali. Di seguito vengono esaminati in
dettaglio i principali parametri in base
ai quali possibile identificare queste
due aree come punti nodali della produzione e dello scambio, le differenze
fra di esse, che sono in parte strutturali,
e in parte dovute allo stato delle rispettive documentazioni archeologiche, e
la loro possibile complementarit, nella
prospettiva dellappartenenza a un unico sistema economico che opera su una
scala interregionale.

Frattesina

Morfologia e distribuzione geografica


La regione alla quale appartiene il sito di
Frattesina compresa fra la Lombardia
orientale - con il limite occidentale segnato dal corso del Mincio - e il Veneto meridionale. NellEBF questo territorio caratterizzato dalla facies archeologica indicata
come protovillanoviano padano, per la
presenza evidente di elementi formali di
collegamento con le facies protovillanoviane dellEtruria14. Altri autori preferiscono invece il termine protoveneto, che
privilegia gli elementi di continuit con
laspetto locale dellEdF indicato come
paleoveneto15. Frattesina, nel Veneto meridionale, un sito aperto, leggermente
soprelevato rispetto al livello della pianura padana circostante, e collocato nelle
vicinanze della sponda meridionale di un
antico ramo del Po, il Po di Adria16. Si tratta
probabilmente della componente principale (e forse di impianto pi antico) di un
gruppo di insediamenti vicini e collegati,
con alcune necropoli in parte studiate ( i
nuclei delle Narde e di Fondo Zanotto a
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

257

Fratta), e altre solo segnalate, nel territorio sina e Villamarzana, sono separati da una
dei comuni di Fratta Polesine e Villamarza- distanza di ca. 5 km, entro la quale si distrina17 (Fig. 3). I due nuclei principali, Fratte- buiscono un certo numero di nuclei mino-

258

Anna Maria Bietti Sestieri

ri. I circa 15 siti finora identificati in questa


zona non esauriscono comunque il quadro della distribuzione territoriale complessiva, come indica la scoperta recente
del sito di Campestrin di Grignano Polesine, ca. 10 km a NE di Fratta. La presenza
di nuclei di insediamento separati pu essere in parte legata a differenze cronologiche: Frattesina copre tutto il periodo dall
EBR agli inizi dellEdF, e anche Campestrin
comincia probabilmente nellEBR, mentre
i diversi nuclei di Villamarzana sembrano
generalmente compresi fra EBF avanzata e IEF iniziale. La facies archeologica di
Frattesina stata articolata in tre fasi18:
EBR (fase 1, una specificazione locale della facies nota in questo periodo nellarea
palafitte-terramare); EBF (fase 2, il protovillanoviano padano, o facies protoveneta, con forti connessioni con la facies
Chiusi - Cetona delle regioni centrali della
penisola); passaggio fra EBF e IEF (fase 3).
A Frattesina, nellabitato e in alcune delle
tombe pi recenti dalle necropoli Zanotto
e Narde , e nellabitato di Villamarzana, la
facies riferibile agli inizi dellEdF (Fig. 4)
caratterizzata da elementi formali e decorativi di tipo villanoviano19, che non hanno seguito nella facies paleoveneta della
IEF finora nota, in particolare nei centri
maggiori, Este e Padova, n in complessi
minori riferibili al momento iniziale della
IEF distribuiti fra Lombardia orientale e
Veneto meridionale20. Il villanoviano padano si sviluppa invece, a partire almeno
dal momento iniziale della IEF, a Bologna
e Verucchio.

Funzionalit della posizione geografica


La posizione geografica di questo gruppo di complessi non sembra essere basata sulla disponibilit locale di risorse rare,
come per esempio giacimenti metalliferi,
ma piuttosto sulla presenza di condizioni
morfologiche e ambientali favorevoli per

collegamenti a lunga distanza sia terrestri che marittimi, in tutte le direzioni, che
caratterizzano in generale le regioni che
gravitano sul caput Adriae: lambiente di
pianura, con possibilit di spostamenti
per via di terra verso la pianura padana
pi a occidente; la possibilit di contatti
in direzione della penisola per via terrestre lungo la costa adriatica e attraverso
i passi appenninici e per mare; la collocazione in prossimit di un corso dacqua
di portata consistente (il Po di Adria),
che assicura il collegamento con la costa
adriatica, e vicina alla convergenza della
pianura padana con quella friulana, con
possibilit di collegamento verso i Balcani settentrionali; la relativa vicinanza al
corso dellAdige, che la principale via
terrestre di collegamento con i valichi
alpini in direzione dellEuropa, ma anche
delle risorse minerarie del Trentino.

Fig. 3. Carta del territorio di


Fratta Polesine e Villamarzana (Rovigo) con indicazione delle aree di abitato e di necropoli oggetto
di scavi e di ricognizioni di
superficie. FPF: Frattesina;
FPZ: Fratta, necropoli Zanotto; FPN: Fratta, necropoli Narde; VCM: Villamarzana,
Campagna Michela; VG: Villamarzana-Gognano; VB13:
Villamarzana, Boaria 13;
VBC: Villamarzana, Boaria
Ciarelle; VAC: Villamarzana,
Argine Canalbianco; VOBS:
Villamarzana, Oratorio Beata Vergine della Salute;
FSMA: Frassinelle, Chiesa
di S.Maria Assunta. Fonte:
Consonni 2008.

Caratterizzazione economica
Non sembra possibile mettere in dubbio
la qualificazione di Frattesina come centro primario, che svolge su scala quantitativamente molto rilevante una serie di
attivit collegate: acquisizione di materie
prime di provenienza diversa, compresi
lEuropa settentrionale (ambra baltica,
lavorata su larga scala a Campestrin), il
Levante o lAfrica settentrionale (avorio
di elefante e uovo di struzzo); inoltre metalli (rame, stagno, oro); trasformazione
di materie prime esterne e produzioni
interamente locali (corno di cervo, vetro, ceramica, tessuti); partecipazione al
sistema di circolazione a largo raggio di
manufatti metallici, e probabilmente di
bronzo in lingotti (soprattutto pani a piccone), nella penisola, in area transalpina
(Francia orientale, Svizzera, Germania
meridionale), e nelle regioni balcaniche
settentrionali21. Categorie di ornamenti
prodotti su scala industriale a FrattesiIl villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

259

Fig. 4. Forme e decorazioni di tipo villanoviano nella


ceramica da Villamarzana,
Boaria 13. Fonte: Consonni
2008.

260

na e nei centri collegati, come le perle


dambra tipo Tirinto e Allumiere, sono
diffusi in Italia, a Lipari, in Sardegna, nelle
isole Ionie, nellEgeo e nel Mediterraneo
Orientale22; alcuni tipi di perle di vetro
specifici di Frattesina e con la tipica composizione ad alcali misti, si trovano in
area egea e fino al Mediterraneo Orientale23; pettini tipo Frattesina davorio o di
corno di cervo sono stati trovati in molti
contesti italiani e a Cipro24. Almeno una

Anna Maria Bietti Sestieri

parte di queste produzioni ha precedenti


locali in area padana, ma la dimensione
quantitativa dei movimenti di materia
prima e di produzione e circolazione di
manufatti, documentata soprattutto in
relazione con le diverse classi di materiali
trovate a Frattesina, non ha precedenti
noti in Italia. La documentazione di attivit produttive riguarda tutti i nuclei di
insediamento dei quali si parlato, ma la
densit massima compare a Frattesina, e

la dimensione quantitativa delle produzioni sembra diminuire nelle fasi pi recenti (Villamarzana).

Organizzazione politico-territoriale
Il territorio di distribuzione del protovillanoviano padano, cio della facies
nota nellEBF soprattutto a Frattesina,
comprende come abbiamo visto la Lombardia orientale e il Veneto meridionale.
Questo territorio fa parte dellarea nella
quale, a partire dall EBR e con diretta
continuit fra EBF e IEF si stabiliscono forme di direzione politica centralizzata, che
in tutte le regioni interessate sono legate
al rituale dellincinerazione e al divieto
di collocare armi funzionali nelle tombe. Lemergere del processo che porta a
questo importante cambiamento nella
struttura e organizzazione delle comunit delle regioni settentrionali e di gran
parte della penisola si riconosce nellEBR nel Veneto, nella necropoli di Olmo
di Nogara (Verona)25; la nuova forma di
organizzazione politica chiaramente
riconoscibile nellEBF e agli inizi della IEF
in tutte le regioni settentrionali26. A Frattesina conosciamo due principali nuclei
di necropoli quasi esclusivamente a incinerazione: le Narde27 e fondo Zanotto28.
Il rituale funerario segnala chiaramente
un numero estremamente limitato di figure maschili che sembrano investite dei
principali ruoli verticali, probabilmente
un singolo individuo per generazione: si
tratta in tutto di due tombe , 168 e 227,
dalla necropoli delle Narde. Lelemento
distintivo pi importante nei due corredi
la spada, rotta intenzionalmente in pi
pezzi (15 nel secondo caso). Nel corredo
della tomba 22729 compare una concentrazione eccezionale di indicatori di ruolo
(spada, coltello) e di prestigio (ornamenti
personali, rasoio e pinzette, decorazioni in oro della spada e di elementi forse

del vestito). probabilmente impossibile


stabilire se e in quale misura i nuclei di insediamento presenti nellarea che stiamo
considerando30 costituiscano una unit
dal punto di vista strettamente politico
(Fig. 3); cio, in termini estremamente
semplificati, se i capi che si riconoscono
a Frattesina esercitassero il loro potere
anche sui nuclei di insediamento e di produzione presenti nel territorio circostante. Tuttavia i dati finora noti ci forniscono
alcuni punti fermi. Il sistema economico
del quale Frattesina costituisce il centro
non una specificazione della normale
attivit produttiva della regione; in alcuni
siti veneti nelle vicinanze non immediate
si conoscono tracce delle stesse attivit
produttive: per esempio, a Mariconda di
Melara bronzo, corno e vetro; a Montagnana bronzo, forse vetro31. Ma si tratta
di evidenze non confrontabili con Frattesina dal punto di vista sia quantitativo
che della variet delle lavorazioni. Lunico centro che sembra documentare una
singola specializzazione artigianale, che
almeno per ora ha a Frattesina una consistenza limitata, Campestrin di Grignano
Polesine, dove lambra baltica viene lavorata su larga scala32. In generale, comunque, sembra accertato che Frattesina, con
i nuclei vicini, un punto di riferimento
geografico stabilito e ben conosciuto,
sul quale confluiscono in quantit molto
rilevante le diverse materie prime non
locali alla base di una parte delle attivit
produttive (metalli, ambra, avorio), e si
verifica anche la massima concentrazione delle produzioni basate su materie
prime locali, in particolare vetro e corno.
Una situazione con queste caratteristiche implica una forma di organizzazione
efficiente e complessa, dotata degli strumenti e dellautorit necessari per assicurare i rifornimenti, lintero spettro delle
produzioni artigianali, e la circolazione
dei manufatti.
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

261

LEtruria meridionale

Morfologia e distribuzione geografica


La dimensione fisica dellEtruria meridionale, che corrisponde attualmente al territorio della provincia di Viterbo, con confini
naturali segnati dai corsi del Tevere a Sud
e a Est e del Fiora a Nord, come ordine
di grandezza vicina a quella della regione
che gravita su Frattesina. Si tratta di una
regione vulcanica, la cui principale formazione, il vulcano Sabatino, corrisponde attualmente al lago di Bracciano. Il territorio
scandito dai corsi di alcuni fiumi minori
(Fiora, Arrone, Marta, Mignone), che hanno fornito limiti naturali ai territori delle
citt etrusche. NellEBF linsediamento
generalmente fitto, con abitati collocati prevalentemente su piccoli pianori di
tufo, ma anche sulla costa. Alcuni centri
maggiori, come Luni sul Mignone, Monte
Rovello, Sorgenti della Nova, raggiungono
15 ha di estensione della superficie abitabile del pianoro, e costituiscono probabilmente il sito di riferimento di un sistema
territoriale gerarchico a due ordini. I grandi
centri villanoviani, precedenti diretti delle
citt etrusche note in et storica, sono stati occupati in modo sistematico a partire
probabilmente da un momento avanzato
dellEBF, con un processo di abbandono
della maggior parte dei centri minori e di
concentrazione di popolazione su pianori
isolati di grandi dimensioni, prevalentemente superiori a 100 ha, che fanno parte
dellultima fascia di alture al disopra della
pianura costiera: in questa posizione si trovano Cerveteri, Tarquinia e Vulci. Veio, sulla
destra idrografica del Tevere, di poco pi
lontana dalla costa. In posizione interna
sono invece Bisenzio, sul lago di Bolsena,
e Orvieto, in territorio umbro, ma sul lato
destro del Tevere. LEBF di questa regione
conosciuta in particolare nella zona dei
monti della Tolfa, a Sud di Tarquinia. La facies archeologica stata suddivisa in due

262

Anna Maria Bietti Sestieri

fasi (Tolfa e Allumiere) con limiti piuttosto


incerti, caratterizzate soprattutto dalla
presenza progressivamente pi consistente di decorazioni sulla ceramica dimpasto.
Lo studio analitico delle urne cinerarie,
e soprattutto dei coperchi, ha mostrato
che nella maggior parte dei casi le decorazioni hanno un carattere figurativo, e
riproducono in forma grafica elementi
della struttura e del rivestimento di tetti
di capanne33. Per tutto il corso dellEBF, il
rituale funerario esclusivamente crematorio. Come vedremo pi in dettaglio nelle
sezioni successive, nel corso dellEBF non
conosciamo nella regione vere necropoli,
cio luoghi di sepoltura destinati a intere
comunit, ma solo sepolture isolate o in
gruppi di poche unit. Lunica eccezione
per ora la necropoli di Poggio La Pozza,
con un totale stimato di almeno un centinaio di sepolture, databile alla fase avanzata dellEBF34.

Funzionalit della posizione geografica


Come noto, il territorio complessivo
dellEtruria propria, che coincide con la
Toscana e con il Lazio settentrionale attuali, probabilmente la regione pi ricca di
giacimenti metalliferi dellItalia peninsulare (Fig. 5); oltre a rame, ferro e altri metalli
meno comuni (piombo, zinco, mercurio,
antimonio, argento), le risorse locali comprendono anche giacimenti di stagno,
componente privilegiato della lega con il
rame per ottenere il bronzo, nella zona di
Campiglia Marittima. In generale, la concentrazione maggiore dei giacimenti si
trova nelle Colline Metallifere, cio nellEtruria centro-settentrionale, prevalentemente in aree interne. In base alle nostre
conoscenze attuali, lEtruria meridionale
non fra le aree pi ricche di risorse35.
Dobbiamo per considerare il fatto che
lo sfruttamento dei giacimenti scarsamente documentato dalle fonti antiche,

Fig. 5. Distribuzione dei giacimenti metalliferi dellEtruria (Etruria meridionale


e Toscana).

che citano in particolare il ferro dellisola


dElba, e non stato finora oggetto di ricerche sistematiche per quanto riguarda
le fasi protostoriche. La documentazione
archeologica della produzione metallurgica in Etruria nellEBF fornisce un quadro
in accordo con levidenza complessiva: in
Etruria meridionale, dove il passo dello sviluppo pi rapido e articolato, emerge fin
dalle fasi pi antiche del periodo una pro-

duzione locale con caratteri di prestigio,


documentata dal ripostiglio di Coste del
Marano36 e dalle fibule ad arco rialzato con
due noduli37; nellEtruria toscana lo sviluppo di una produzione locale originale non
sembra per ora anteriore alla fase finale
del periodo, ed rappresentata dai materiali da ripostigli come Pariana e Limone38,
non confrontabili per qualit estetica e
sofisticazione tecnica con quelli dellEtruIl villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

263

ria meridionale. possibile pensare che


questa parte della regione, che geograficamente costituisce il punto di approccio
pi direttamente raggiungibile da Sud,
abbia svolto la funzione di raccogliere e
convogliare risorse dallintero territorio
dellEtruria in direzione dellarea tirrenica
meridionale; e che in questo contesto, gi
da un momento relativamente antico, abbia sviluppato una produzione locale originale, che diventata rapidamente una
parte importante di questa attivit.

Caratterizzazione economica
A differenza dal caso di Frattesina, dove la
documentazione archeologica ci mostra
direttamente tutti gli aspetti di un sistema
interregionale di acquisizione e trasformazione di materie prime, e di circolazione di
materie prime e manufatti, levidenza del
funzionamento di un sistema analogo in
Etruria meridionale quasi completamente indiretta. La produzione di manufatti di
bronzo, di vetro e di osso e corno documentata, con continuit dallEBR, a Scarceta, sul limite settentrionale della regione39.
I materiali ricordati sopra (i bronzi del ripostiglio di Coste del Marano e le grandi fibule ad arco rialzato, presenti nello stesso
ripostiglio e in alcune incinerazioni della
fase di Tolfa), quasi certamente prodotti
nella regione, costituiscono una chiara
indicazione dello sviluppo di una attivit
metallurgica che produce beni di prestigio
destinati a unampia diffusione. La distribuzione delle fibule segna con evidenza
larea interessata, essenzialmente la costa
tirrenica italiana e la Sicilia con le Eolie,
che forniscono il successivo collegamento
in direzione dellEgeo e del Mediterraneo
Orientale. Le aree riconoscibili sulla base
dellevidenza archeologica sono il Lazio
antico, in particolare larea costiera, lAbruzzo occidentale e interno, la Campania.
Tipi di fibule collegati si ritrovano in Cala-

264

Anna Maria Bietti Sestieri

bria in un momento pi tardo, per esempio nella necropoli di S. Onofrio di Roccella


Ionica40, ma soprattutto compaiono in Sicilia in contesti la cui datazione corrisponde a un momento antico dellEBF italiana:
la necropoli a incinerazione di Milazzo e le
necropoli della facies di Pantalica Nord41.
il caso di ricordare che nella tomba 31 della necropoli di Piazza Monfalcone a Lipari,
anche in questo caso un contesto dellEBF,
compaiono tipi di ornamenti con confronti nel ripostiglio di Coste del Marano42. Una
ulteriore indicazione dellestensione degli
scambi che si collegano alla produzione
metallurgica dellEtruria meridionale sono
le fibule ad arco rialzato con due noduli
da tombe di et postpalaziale in Grecia
continentale, e lintera serie delle fibule
cipriote a partire dalla fine del II millennio a.C.43. Questi elementi costituiscono
certamente indicazioni significative per
lidentificazione del ruolo dellEtruria meridionale nel quadro degli scambi in Italia
e nel Mediterraneo. Una possibile evidenza del funzionamento del sistema produttivo ci viene ora dal sito di Maccarese Le
Vignole44, nellambiente originariamente
umido della laguna di Maccarese, sulla destra idrografica del Tevere, dove sono stati
identificati almeno due gruppi di strutture
produttive che probabilmente venivano
attivate stagionalmente. Le strutture consistono in piattaforme estese per ca. 2530 mq, costruite con una successione di
livelli artificiali di legno, terra, frammenti
di ceramica e grandi focolari; sono state
identificate tracce di fabbricazione di manufatti (metallo, tessuti, corno di cervo, un
pettine davorio tipo Frattesina, perle di
vetro e ambra). Il sito ancora in una fase
preliminare di analisi; ma documenta in
modo chiaro lesistenza di importanti siti
produttivi specializzati, e fornisce alcuni
indizi essenziali sullo sviluppo dellorganizzazione della produzione nellEtruria
meridionale.

Organizzazione politico-territoriale
Come abbiamo visto esaminando la situazione relativa a Frattesina e al territorio
collegato, anche in Etruria meridionale, in particolare nel distretto dei Monti
della Tolfa, la documentazione funeraria
dellEBF indica la comparsa e la rapida
affermazione di un processo di centralizzazione della decisione politica legato al
rituale dellincinerazione ed esteso fino
al Lazio45. Le forme del processo sono diverse, ma il nocciolo strutturale lo stesso. Questo rituale, che si afferma in modo
esclusivo fin dalla fase iniziale dellEBF,
non destinato allintera comunit, ma
invece riservato esclusivamente a un
numero molto ristretto di individui connotati da indicazioni di prestigio, come la
presenza di un tumulo a copertura della
tomba e di una grande fibula con arco
rialzato con due noduli. Il contenitore delle ossa bruciate (urna e coperchio) non
costituito da recipienti di uso comune,
ma rappresenta esplicitamente una casa,
destinata ad accogliere il defunto nella
nuova dimensione fisica risultante dalla
distruzione del corpo avvenuta con lincinerazione. Questa concezione funeraria
si sviluppa nelle fasi successive fino alla
comparsa di un corredo di vasi miniaturizzati e della vera e propria urna a capanna.
Nei contesti funerari dellEtruria meridionale il divieto rituale di deporre armi nelle
tombe assoluto, e ci impedisce quindi di
identificare ruoli verticali specifici, come
avviene invece nel caso delle rarissime
tombe con spada di Frattesina. Con la fase
avanzata dellEBF, insieme con la continuit di singole sepolture isolate o in gruppi di poche unit, compare almeno in un
caso una vera necropoli, il complesso di
Poggio La Pozza, formato da un minimo di
ca. 100 tombe. Questa importante novit
indica probabilmente che la delega della decisione politica a singoli capi un

fattore ormai stabile dellorganizzazione


delle comunit della regione, e segnala un
successivo momento di sviluppo, che prelude alla comparsa delle grandi necropoli
villanoviane. Gli studi recenti su sezioni del
territorio dellEtruria meridionale, basati
su ricognizioni delle collezioni esistenti
e su raccolte di materiali di superficie46,
sembrano indicare in modo univoco per
lEBF una notevole densit di insediamenti di piccole dimensioni, con un grado di
gerarchia territoriale non superiore ai due
ordini. Sembrano quindi almeno indiziati
un certo livello di organizzazione sia delle
singole comunit, sia delle aggregazioni
di un abitato maggiore e di alcuni insediamenti minori. In questa situazione, secondo la maggior parte degli studiosi, alla
fine dellEBF e agli inizi della IEF si verifica
in tutta la regione un importante cambiamento nell organizzazione territoriale: la
concentrazione sopra e intorno ai grandi
pianori delle future citt etrusche della
parte prevalente delle comunit che occupano i singoli distretti territoriali. Questo
movimento centripeto non stato letto
e interpretato in modo chiaro per quanto
riguarda il processo alla base del cambiamento; piuttosto, stato descritto genericamente come una riorganizzazione
territoriale di tipo protourbano, basata su
una differenziazione sociale permanente.
Laspetto pi significativo del fenomeno,
che richiede unanalisi e una spiegazione
specifiche, la sua omogeneit e contemporaneit su tutto il territorio dellEtruria
meridionale, in concomitanza con la comparsa del villanoviano nelle altre regioni,
che ci appare come lesito di una capacit
progettuale su scala interregionale.

I due poli come sistema complessivo


Nelle pagine precedenti sono stati esaminati singolarmente i due poli della produzione e dello scambio riconoscibili nel
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

265

corso dellEBF sul territorio italiano. Una


parte altrettanto importante del quadro
lesame diacronico complessivo dei rapporti che legano i poli al territorio (o macroregione) che gravita su ognuno di essi.
Un aspetto interessante della situazione
levidenza di un certo grado di simmetria fra i processi che nel corso di questo
spazio di tempo si sviluppano nei territori
collegati rispettivamente al polo padano e
a quello tirrenico.

La fase antica
dellEt del Bronzo Finale
Il territorio collegato al polo padano
Come abbiamo visto, la forte affinit formale fra il protovillanoviano padano (Lombardia orientale e Veneto meridionale) e la
facies Chiusi-Cetona (Romagna, Marche,
Umbria e Toscana) una indicazione dell
esistenza su tutta larea di contatti capillari e sistematici fra le comunit locali47. La
facies Chiusi-Cetona si differenzia dagli
aspetti presenti contemporaneamente
in Etruria meridionale (facies di Tolfa e di
Allumiere) soprattutto perch nella prima
compaiono alcuni elementi formali che
dipendono da una tradizione di rapporti
con lambiente palafitte-terramare che si
sviluppata nel corso dellEt del Bronzo
Media e Recente. Si tratta essenzialmente
di decorazioni plastiche della ceramica, in
particolare scanalature parallele sulle anse
e sulle carene; nella fase di passaggio alla
IEF sono frequenti elementi di meandro
eseguiti con cordoni plastici. I principali
elementi figurativi associati a questa ceramica sono le rappresentazioni di teste
contrapposte di uccelli nello schema della
barca solare, note soprattutto nella necropoli di Pianello di Genga48. Alcuni dei complessi meglio noti di facies Chiusi-Cetona
sono gli abitati di Monte Ingino e Monte

266

Anna Maria Bietti Sestieri

Ansciano in Umbria49, della Calbana di S.


Giovanni in Galilea in Romagna50, e alcune
necropoli (Ponte S.Pietro e Sticciano Scalo
in Toscana, Monteleone di Spoleto e Panicarola in Umbria, e soprattutto Pianello di
Genga nelle Marche). Questa situazione
non riguarda esclusivamente la facies ceramica, le relazioni sociali fra individui e
gruppi e la condivisione del rituale funerario dellincinerazione in urna biconica
o ovoide con scodella-coperchio, ma ha
anche un importante risvolto economico, il cui punto di riferimento centrale
costituito da Frattesina e dal territorio circostante. I principali indicatori sono la circolazione, la produzione e luso, su tutto il
territorio di riferimento, di manufatti con
stretti confronti a Frattesina, documentati
specialmente dalla consistente serie di ripostigli di bronzi dellEBF distribuiti fra Romagna, San Marino, Marche e Toscana (cfr.
Fig. 2), ma anche da manufatti provenienti
da abitati51.

Il territorio collegato al polo tirrenico


Nella fase pi antica dellEBF il territorio pi
direttamente collegato allEtruria meridionale il polo tirrenico il Lazio antico, cio
larea compresa fra il Tevere e il Circeo52. In
questa regione, e in particolare nella parte
settentrionale della pianura costiera a Sud
del Tevere, la facies archeologica di tipo protovillanoviano arcaico, tutti gli aspetti del rituale funerario, e linsediamento su pianori
di tufo relativamente estesi, esemplificato
dai siti di Lavinio-Pratica di Mare e di Ardea,
mostrano una forte similarit, praticamente una identit quasi completa, con lEtruria
meridionale. Il collegamento si estendeva
verosimilmente anche al Lazio meridionale
e alla Campania, due regioni nelle quali la
documentazione relativa a questa fase
estremamente scarsa. In Campania abbiamo comunque alcune attestazioni della
presenza di grandi fibule con arco a doppia

piegatura, mentre, come si vedr di seguito, dati pi significativi riguardano la fase


finale del periodo. Una regione in qualche
modo toccata dai collegamenti dall Etruria
meridionale lAbruzzo, dove sono presenti fibule ad arco rialzato con due noduli del
tipo pi antico.
Per quanto riguarda i manufatti metallici, abbiamo visto che alcuni tipi sono specifici delluno o dellaltro polo. La produzione di oggetti di prestigio di grande qualit
estetica e tecnica sembra una caratteristica
particolarmente sviluppata dellEtruria meridionale, con le grandi fibule e le tazze di
bronzo di Coste del Marano. I manufatti
tipici di Frattesina e del protovillanoviano
padano (cfr. Fig. 2) sono pani a piccone, palette a cannone, e asce ad alette tipo Ponte
S.Giovanni, cio essenzialmente lingotti
e strumenti, anche se non mancano oggetti di prestigio, come un tipo di coltello
a lingua da presa con manico tortile la cui
fabbricazione richiedeva probabilmente
un speciale abilit tecnica53. In linea generale, comunque, il repertorio di ornamenti
personali di bronzo del protovillanoviano
padano, caratterizzato prevalentemente
da spilloni e da fibule ad arco semplice e ad
arco di violino rialzato di dimensioni ridotte
e con piccola staffa simmetrica, pi modesto e meno spettacolare di quello dellEtruria meridionale54. Tuttavia molti tipi di
manufatti di bronzo, come asce ad alette,
falcetti, strumenti da lavoro, sono condivisi fra i due poli. Come abbiamo visto, la
pi chiara indicazione dellesistenza di un
collegamento direzionale con implicazioni
economiche la distribuzione nella penisola dei ripostigli di bronzi che contengono
alcuni dei principali tipi presenti a Frattesina, lungo un percorso che collega visibilmente questo centro con larea intermedia
fra Etruria meridionale e Toscana, cio la
parte meridionale del territorio di Grosseto,
toccando la Romagna, le Marche, e la Toscana; inoltre, le produzioni che dipendono

da Frattesina, cos come quelle elaborate in


Etruria Meridionale, hanno anche unampia
area di circolazione internazionale, in diretta continuit con la loro distribuzione sul
territorio italiano, in direzione dellEuropa
e dellEgeo e Mediterraneo Orientale. Secondo una recente lettura di Mark Pearce
(2007), il collegamento fra i due poli una
indicazione che, dopo linterruzione dei
contatti con i giacimenti nellarea alpina
del Trentino, la produzione metallurgica di
Frattesina attingeva alle risorse dellEtruria.

La fase avanzata dellEt del Bronzo


Finale e il passaggio alla I Et del Ferro
La divisione in due fasi dellEBF non nettamente definita dal punto di vista della
facies archeologica, specialmente ceramica; per quanto riguarda gli aspetti processuali, le linee di tendenza che si riconoscono nelle macroregioni che fanno capo ai
due poli sono relativamente omogenee.
Gli indicatori archeologici di cambiamento che possiamo riconoscere come pi
significativi consistono in generale nella
fine della omogeneit interregionale delle facies archeologiche protovillanoviane
(Chiusi-Cetona e Tolfa-Allumiere) e nella
progressiva comparsa di facies regionali
differenziate. Questo sviluppo non si verifica contemporaneamente su tutto lampio territorio che si collega ai due poli, e
in alcune zone non compare prima di un
momento avanzato della IEF. La tendenza
generalizzata alla definizione di identit
culturali locali viene espressa in qualche
misura in modo riconoscibile sul piano
archeologico con lelaborazione di aspetti
formali e funzionali specifici della ceramica e dei manufatti metallici. Il rituale funerario uno dei settori pi sensibili ai cambiamenti ideologici e organizzativi.
Larea in cui il cambiamento avviene
pi precocemente il Lazio antico, che
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

267

nella fase recente dellEBF esce dallorbita dellEtruria meridionale e recupera il


proprio collegamento tradizionale con le
regioni meridionali tirreniche. La novit si
riconosce soprattutto nellelaborazione
autonoma del rituale funerario, che nel
Lazio ancora riservato esclusivamente a
pochissimi individui: lincinerazione, con
corredo di regola interamente miniaturizzato, ha lobiettivo evidente di riprodurre
in tutti i particolari la somma di ruoli dei
quali sono investiti i personaggi al vertice delle comunit. Al contrario, in Etruria
i ruoli verticali non sono materialmente
rappresentati nei corredi, dai quali sono
sistematicamente assenti le armi, e compaiono invece elementi di carattere rituale e simbolico, associati a vasi miniaturizzati e a ornamenti personali di dimensioni
normali. La situazione pi complessa in
Campania, anche se la conosciamo solo
sulla base di pochi elementi. Nella parte
settentrionale e centrale della regione
sono presenti sia indicazioni della continuit di rapporti con lEtruria meridionale (alcuni manufatti di bronzo e tombe a
incinerazione con stretti confronti in questa regione, da S.Angelo in Formis e dagli
scavi TAV), sia una piccola necropoli a incinerazione da Carinaro (Caserta)55, caratterizzata da un rituale formalmente simile a
quello laziale. In altri termini, sembra che
almeno nella parte centro-settentrionale
della regione, nella fase avanzata dellEBF
siano presenti e riconoscibili complessi che costituiscono i precedenti diretti
delle due principali facies della IEF: il Villanoviano campano e la facies delle tombe
a fossa (presente, come noto, anche in
Calabria), con forti collegamenti con il Lazio56. Agli inizi dellEdF la facies laziale
fortemente differenziata rispetto ai complessi villanoviani dellEtruria Meridionale e della Campania, e vicina sotto molti
aspetti alla facies delle tombe a fossa
campane e calabresi.

268

Anna Maria Bietti Sestieri

Nel polo padano un processo di definizione di identit culturale locale simile


a quello del Lazio ha inizio verosimilmente verso la fine dellEBF, ma il suo percorso meno lineare e pi prolungato nel
tempo. Nel Veneto meridionale, in particolare a Frattesina e Villamarzana (cfr.
Fig. 3), la fase iniziale dellEt del Ferro
segnata dalla comparsa di una facies di
tipo villanoviano (Fig. 4), seguita in tempi
brevi dalla fine di Frattesina. Questultimo episodio specificamente legato alla
crisi climatica generalizzata che si verifica
nella regione, in corrispondenza con il
passaggio fra Sub-boreale e Sub-atlantico, in un momento non iniziale della IEF;
ma costituisce anche uno dei fattori del
processo, gi in corso, di interruzione dello sviluppo di Frattesina e del territorio
circostante, e del definitivo spostamento del polo padano a Sud del Po. Fra la
Lombardia orientale e il Veneto, in una
fase non iniziale della IEF, si definisce laspetto locale paleoveneto. La definizione
relativamente lenta e incerta di una facies
dellEt del Ferro con caratteristiche specificamente locali nel territorio nel quale
si era svolta la traiettoria del protovillanoviano padano sembra il risultato di uno
sviluppo interrotto.
Nei termini proposti dal modello, gli
obiettivi principali di questo e degli altri
processi simili che compaiono nelle macroregioni collegate ai due poli comprendono la gestione diretta delle attivit produttive e di scambio che si svolgono nei
rispettivi territori. Nel caso di Frattesina,
cio del maggiore polo della produzione e
dello scambio dellItalia settentrionale, se
non dellintero sistema, questo passaggio
pu avere incontrato difficolt insormontabili nellampiezza dei collegamenti internazionali, oltre che nella enorme variet e
complessit tecnica delle lavorazioni. Una
indicazione in questo senso potrebbe essere, per esempio, il fatto che il particolare

b
tipo di composizione ad alcali misti del vetro prodotto a Frattesina sembra scomparire completamente con la fine del sito57.
Comunque, la cultura paleoveneta non ha
una fisionomia propria e riconoscibile nel
momento iniziale della IEF, e quando, nel
momento successivo, emerge come facies
chiaramente definita, fortemente differenziata rispetto alle facies archeologiche
e alle caratteristiche di base del rituale
funerario villanoviani. Almeno dagli inizi
dellEdF (o, probabilmente, poco prima), il
polo padano si sposta in Emilia Romagna,
ed caratterizzato da una facies archeologica di tipo villanoviano che, specialmente
a Bologna, trova precedenti diretti nel protovillanoviano padano. Ad esempio, i tipi
pi comuni di fibule ad arco serpeggian-

te nelle necropoli bolognesi si collegano


direttamente alle piccole fibule ad arco
di violino rialzato con staffa simmetrica
particolarmente frequenti a Frattesina e
nelle regioni a Nord del Po58 (Fig. 6a, b). La
ripresa di una presenza etrusca a Nord del
Po avviene solo in et storica. Nella macroregione collegata al polo padano la
situazione pi interessante quella delle
Marche59: in tutta la regione, la fase iniziale della IEF documentata finora solo
da singole sepolture a incinerazione (per
un totale complessivo inferiore a venti),
mentre la facies regionale picena si definisce a partire da una fase avanzata di
questo periodo. Le aggregazioni di nuclei
di abitato e piccole necropoli di sepolture a inumazione entro circoli venute in

Fig. 6. A: corredo di ornamenti della tomba a incinerazione III/1978 della


necropoli Zanotto di Fratta Polesine: fibula al arco
di violino rialzato a doppio
occhiello con arco rettilineo (a destra); fibula passante al tipo serpeggiante;
entrambe con staffa simmetrica. B: fibule serpeggianti con staffa simmetrica delle fasi iniziali della
necropoli di San Vitale (Bologna). Fonti: De Min 1982;
Pincelli, Morigi Govi 1975.

Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

269

luce recentemente nella zona di Matelica, nella valle dellEsino60, mostrano una
traiettoria complessa, se non caotica, del
processo di definizione e organizzazione
politico-territoriale delle comunit che
occupano questo distretto. impossibile non registrare, nella stessa regione,
la netta differenza rispetto al complesso
di Fermo: labitato occupa un pianoro
isolato, secondo un modello specifico
soprattutto dellEtruria meridionale, al
quale sono associate due consistenti necropoli a incinerazione di tipo villanoviano, con le tombe pi antiche databili agli
inizi della IEF. Questo complesso, che si
differenzia vistosamente dagli sviluppi
locali contemporanei, potrebbe indicare
che, almeno nella fase iniziale della IEF,
le funzioni produttive e di scambio sul
territorio della regione vengono ancora
accentrate dallentit protoetrusca che le
esercitava nellEBF.

4. Il ruolo della componente


orientale nel contesto dellItalia
continentale

NellEBR si verifica in Italia un salto di


qualit, con laumento della produzione
metallurgica del complesso palafitteterramare e la circolazione dei bronzi tipo
Peschiera in Europa, e fino allEgeo e al
Mediterraneo Orientale. Questo potrebbe essere il fattore specifico che ha richiamato lattenzione sulle aree pi attive del
lato europeo del Mediterraneo centrale,
gi note nel contesto degli scambi internazionali: la regione del Caput Adriae
e lEtruria meridionale. Il nuovo corso
estende in direzione del Mediterraneo
centrale e occidentale la rete delle attivit di scambio sistematiche e su larga scala gi attiva da molto tempo nel Mediterraneo Orientale; pu non essere casuale il
fatto che esso si stabilisca in coincidenza

270

Anna Maria Bietti Sestieri

con linizio del declino della presenza


micenea in Italia meridionale e in Sicilia.
Nella documentazione archeologica laumento delle indicazioni di collegamenti
dal Mediterraneo Orientale a partire dal
XIII sec. a.C. stato osservato soprattutto
in Sardegna e in Sicilia, sedi storiche della
colonizzazione fenicia in questarea61.
Il processo che si conclude con lemergere del fenomeno villanoviano potrebbe
essere descritto come un rapporto dialettico fra entit culturalmente e strutturalmente diverse, che provoca nel corso del
periodo interessato una serie di aggiustamenti e di trasformazioni anche radicali
sia nelle modalit dellapproccio esterno,
sia nella risposta/reazione delle comunit
indigene delle regioni coinvolte.
I due territori dei quali, al passaggio
EBR-EBF, vengono messi a fuoco il ruolo
centrale nella produzione e nello scambio locali e le potenzialit di sviluppo,
non possono essere definiti come central
place nel senso corrente del termine62,
cio come localit al centro di un sistema
organizzato di produzione e scambio. Si
tratta invece, almeno per quanto possibile inferire da un record archeologico di
qualit quasi sempre insoddisfacente, di
aree di dimensione regionale, che nel loro
insieme offrono potenzialit specifiche
per questo tipo di attivit; il loro ruolo si
definito e consolidato nel tempo grazie
soprattutto alla posizione geografica strategica. In termini che possiamo considerare sostanzialmente rispondenti alle caratteristiche di unattivit economica su scala
interregionale nelle fasi iniziali e centrali
dellEdB italiana, si tratta probabilmente
di situazioni di lunga durata, nelle quali
emergono in forma non necessariamente
permanente punti di concentrazione di
materie prime e di attivit di trasformazione e circolazione di manufatti. Il sistema di
scambio probabilmente collegato a una
rete di navigazioni di piccolo cabotaggio

che coinvolge le coste della penisola, le


isole e gli arcipelaghi vicini.
La situazione relativa alla fase pi antica dellEBF sembra indicare che in questo
periodo la componente cipriota-fenicialevantina, inserendosi nel contesto del
Mediterraneo centrale, non tende programmaticamente a introdurre modifiche
strutturali generalizzate nel funzionamento delle attivit di produzione e scambio
che fanno capo ai due poli, ma piuttosto
a centralizzare e organizzare il sistema
policentrico (o acefalo) gi in funzione. In
altri termini, a dotare il sistema esistente
di uno o pi punti di riferimento centrali
permanenti. Si tratta quindi di modificare
dallinterno un sistema economico diffuso, collegando le attivit tradizionalmente
presenti su un ampio territorio a central
places definiti e relativamente stabili.
probabile che in una situazione con queste caratteristiche la componente esterna
tenda ad assumere il ruolo di vertice politico-organizzativo delle attivit produttive e
di scambio. Il coinvolgimento delle comunit locali assicurato dalla penetrabilit
e dalla relativa facilit di integrazione di
componenti esterne che deriva dal grado
generalmente limitato di organizzazione
politico-territoriale. Lintroduzione di un
livello sovraordinato di direzionalit delle
attivit economiche, in particolare dello
scambio, prevedibilmente destinata a
produrre nel tempo una trasformazione
strutturale del sistema complessivo.
Probabilmente nel medio periodo,
la comparsa e lassestamento sul territorio di un accentramento di funzioni
organizzative nella produzione e nello
scambio stimola nelle comunit locali la
percezione della necessit di esercitare
un controllo della parte di attivit che si
svolge sui singoli territori regionali; questa esigenza una componente pi specificamente economica di una tendenza
generale allemergere di identit culturali

e di strutturazioni politiche regionali che


si riconosce in Italia in questo periodo. I
fattori di origine locale che siamo in grado di identificare sono, in particolare, il
progressivo aumento demografico e la
crescita dei collegamenti interregionali
per il rifornimento sistematico di metallo e manufatti metallici e di altre risorse
localizzate. Almeno in parte, probabilmente, la tendenza viene ulteriormente
stimolata dalla presenza di central places
permanenti la cui attivit non controllata dalle comunit locali, e che verosimilmente sottraggono risorse ai circuiti
tradizionali di rifornimento e di scambio.
Abbiamo visto che processi di definizione di identit culturale e territoriale
sono riconoscibili gi da un momento
molto antico, in particolare nel Lazio, e
costituiscono una tendenza generalizzata
a tutta larea considerata, e allintero territorio della penisola. In questo contesto
necessario definire la cornice processuale
dalla quale emerge il fenomeno villanoviano, con le caratteristiche specifiche
che sono state descritte. Se plausibile
che le tendenze locali alla formazione di
entit politico-territoriali distinte siano
state in parte stimolate dalla presenza di
central places che funzionano sulla base
di una logica economica internazionale,
lo altrettanto leggere la comparsa del
villanoviano e la sua particolare struttura
interregionale come un parziale adattamento alle tendenze locali. Da questo
punto di vista, un obiettivo della presenza
orientale in Italia continentale che sembra
essere di importanza cruciale, il mantenimento, ma anche la visibilit, di un
collegamento su tutta larea nella quale
compaiono facies di tipo villanoviano.
Alcuni elementi riconoscibili si individuano nella cultura materiale, specialmente
nelle forme e decorazioni della ceramica,
nel costume femminile e maschile (in particolare le fibule serpeggianti e ad arco
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

271

Fig. 7. Vulci, fibula ad arco


ingrossato con staffa a disco, prevalentemente presente in corredi femminili
villanoviani. Fibula serpeggiante in due pezzi con lavorazione dellarco a dischi
e perle. Si tratta di un oggetto di prestigio, presente
in tombe maschili in molte
necropoli in tutta Italia, collegato alla tradizione artigianale della cerchia Piediluco-Contigliano.

Fig. 8. Urne biconiche con


scodella coperchio da necropoli villanoviane; a, dallEtruria meridionale; b, da Fermo;
c, da Bologna.

272

ingrossato con staffa a disco: Fig. 7), nel


rituale funerario fortemente omogeneo
dellincinerazione: in generale nelle necropoli villanoviane la standardizzazione non
riguarda solo l urna biconica, ma anche
la scodella-coperchio con due bugne ai
lati dellansa (Fig. 8 a, b, c). Questa ricerca
di una omogeneit interregionale immediatamente percepibile potrebbe essere
stata stimolata dai processi di definizione
di entit regionali locali, che si rendono
riconoscibili anche attraverso lelaborazione di caratteri formali e decorativi specifici nella cultura materiale. Il villanoviano

Anna Maria Bietti Sestieri

si contrappone alle entit regionali locali


come una entit di tipo formalmente simile, ma di estensione decisamente maggiore. Anche la sua comparsa simultanea
in tutte le regioni potrebbe avere implicazioni dimostrative della unit e della
dimensione territoriale e politica del fenomeno. Unaltra importante motivazione
probabilmente la volont di qualificare in
modo certo e riconoscibile i centri villanoviani come protagonisti della produzione
e dello scambio, in particolare per quanto
riguarda lindustria metallurgica. In altri
termini, lunit (e la sua immediata pos-

sibilit di percezione) pu essere vista, in


misura non trascurabile, come condizione
del primato economico, minacciato dai
processi locali. probabilmente a causa di
questo insieme di motivazioni che la comparsa del villanoviano si presenta come un
fenomeno che ha qualche cosa di artificiale, o, forse pi precisamente, di pianificato,
rispetto alle facies locali a scala regionale
che emergono pi o meno faticosamente
fra EBF e IEF.
Il collante che materialmente sostiene
questa unit notevolmente forte, nonostante le visibili differenze locali, potrebbe
essere un patrimonio condiviso di credenze e di norme rituali; lagente dellunificazione probabilmente un vertice sociale
numericamente esiguo, ma dotato degli
strumenti adeguati allesercizio del potere.
La qualificazione villanoviana-etrusca
delle funzioni produttive si afferma in
modo specifico al passaggio EBF-IEF e si
sviluppa nella IEF, con continuit nei periodi successivi. Un aspetto significativo
la continuit della tradizione di prestigio
della produzione metallurgica dellEtruria
meridionale. Al passaggio fra EBF e IEF,
cio nel momento in cui il fenomeno villanoviano emerge in tutta la sua dimensione, si afferma una particolare produzione
di armi e di oggetti di prestigio: la cerchia
Piediluco-Contigliano, che nasce probabilmente in Etruria meridionale63. Non
probabilmente una coincidenza il fatto
che in quasi tutti i contesti funerari italiani
databili a questo momento i corredi maschili pi importanti siano molto spesso
caratterizzati dalla presenza di una fibula
in due pezzi con ago dritto o leggermente curvo, con decorazione plastica a dischi e perle64: verosimilmente, un segno
di prestigio universalmente apprezzato,
connotato dalleccellenza tecnica ed estetica dello stile Piediluco-Contigliano, che
compare da Frattesina, a Gazzo Veronese,
a Bissone Pavese, fino a Bologna, al Lazio

e alle regioni meridionali tirreniche65. Pi


tardi, nel corso della IEF, Tarquinia, e forse Vulci, producono oggetti di prestigio
come elmi crestati, scudi e vasellame di
lamina sbalzata, spade italiche con fodero spesso con decorazione figurativa,
per esempio il tipo Pontecagnano66, cinturoni e altri manufatti ben riconoscibili
per eccellenza tecnica e caratteri formali
e decorativi67. Anche sotto questo aspetto, nel corso della IEF i centri villanoviani
mostrano una notevole capacit di pianificazione comune sia della produzione
che dello scambio, anche se questo non
implica probabilmente la completa esclusivit della produzione di classi di manufatti nei singoli centri. Gli oggetti metallici
di prestigio sono la specialit dellEtruria
meridionale; Bologna produce soprattutto oggetti tecnico-funzionali, ampiamente documentati nel ripostiglio di San
Francesco68: asce e accette da lavoro, armi
di uso comune come le lance, strumenti; Verucchio si distingue per la raffinata
gioielleria basata su vetro e ambra. Questi manufatti, in particolare le produzioni
dellEtruria meridionale e di Bologna, circolano ampiamente in Italia fra i vari centri
villanoviani, ma anche negli altri contesti
regionali. Lestensione internazionale della
produzione dellEtruria villanoviana non
facilmente quantificabile a causa del riciclaggio dei manufatti metallici fuori uso
e della diffusione del divieto rituale di deporre armi nelle tombe. Tuttavia gli indizi
in questo senso sono, come noto, molto
numerosi, anche se il quadro della distribuzione e della provenienza degli oggetti
in lamina di bronzo sbalzata in Europa
estremamente complesso69. Alcune indicazioni significative, di lettura pi lineare,
riguardano la frequente presenza in molte
regioni italiane, compresa la Sicilia, ed europee, di uno dei principali tipi di ascia ad
alette da lavoro di produzione bolognese,
il tipo Ardea70.
Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

273

Conclusioni
La ricostruzione della genesi del fenomeno villanoviano come viene proposta in
questo lavoro non ha la pretesa di essere
interamente convincente n immediatamente accettabile, soprattutto perch
i dati e le ipotesi in gioco sono talmente
ampi e numerosi da richiedere lo spazio
di un libro piuttosto che di un articolo;
inoltre, lo stato complessivo della documentazione, in particolare proprio quella relativa alla grande maggioranza dei
complessi villanoviani noti, insufficiente
per consentire una verifica analitica delle ipotesi. Credo comunque che il lavoro
possa contribuire ad ampliare la prospettiva su un fenomeno di importanza storica capitale come il villanoviano.
Il primo dato da sottolineare che
lanalisi archeologica uno strumento insostituibile di ricostruzione storica, e non
solo per la preistoria e la protostoria. Se
conoscessimo almeno in parte, sulla base
di analisi interdisciplinari sistematiche, i
complessi villanoviani noti, la nostra possibilit di ricostruzione storica del periodo sarebbe significativamente pi solida
e consistente.
Unaltra condizione necessaria della
ricerca, che stata da tempo riconosciuta
dagli storici delle colonizzazioni europee
di et moderna e contemporanea71, la
messa a fuoco delle comunit indigene
rispetto ai gruppi di provenienza esterna:
linteresse della ricostruzione sta precisamente nelle modalit dellincontro fra
soggetti paritetici ma diversi da un punto
di vista culturale e di organizzazione politica ed economica.
Nella stessa prospettiva, necessario non considerare pregiudizialmente la
presenza egea (micenea o greca) come
lunico e universale fattore di progresso e
possibile causa di cambiamento nelle societ dellItalia protostorica. Al contrario,

274

Anna Maria Bietti Sestieri

le caratteristiche e lo sviluppo diacronico


della presenza egea nel Mediterraneo
centrale sembrano indicare che questo
fattore non ha generato trasformazioni
strutturali significative. I cambiamenti pi
consistenti non avvengono nelle regioni
pi intensamente frequentate dai micenei nei secoli centrali del II millennio a.C.
- Italia meridionale e Sicilia - ma piuttosto
nelle regioni centrali e settentrionali in un
periodo nel quale a questa presenza si sostituisce liniziativa politica ed economica
dal Mediterraneo Orientale. La lettura che
viene proposta non comunque una spiegazione esterna degli sviluppi che avvengono in Italia fra EBF e IEF, ma piuttosto il
riconoscimento del fatto che il processo
descritto implica un rapporto dialettico
fra le comunit indigene e la componente di provenienza orientale. Nel corso del
periodo considerato, lapproccio esterno
cambia radicalmente, passando da un inserimento fortemente mirato nel sistema
economico locale alla partecipazione diretta allo sviluppo politico-territoriale su
gran parte della penisola.
La possibilit che questo processo
si inscriva nel quadro dellespansione
economica e politica dal Mediterraneo
Orientale verso occidente, della quale conosciamo nelle fonti storiche soprattutto
la colonizzazione fenicia, costituisce una
possibile conferma, e una contestualizzazione, delle notizie ricorrenti sulla provenienza degli Etruschi da Oriente. Una conseguenza non secondaria comunque la
prima comparsa in Italia di una consistente attivit economica di tipo mercantile.
Lipotesi sulle modalit della presenza di una componente orientale che
sembra pi rispondente alle caratteristiche della situazione in Italia nel periodo
considerato che si tratti dellinserimento nel contesto politico e sociale locale
di una elite che trasforma dallinterno,
assumendone il controllo, la gestione

delle principali attivit di produzione e


di scambio; e che conserva nel tempo i
collegamenti internazionali, anche attraverso importanti cambiamenti strutturali. Un possibile corollario di questa ipotesi
potrebbe essere che l etrusco si qualifichi essenzialmente come lingua dellelite
e della comunicazione internazionale di
mercato, che non lascia tracce consistenti
nella storia italiana successiva.
Bibliografia
Arenoso Callipo C.M.S. - Bellintani P. 1994. Dati
archeologici e paleo ambientali dal territorio di Frattesina di Fratta Polesine (Rovigo), fra la tarda et del
bronzo e la I et del ferro, in Padusa 30, pp.7-65.
Barbaro B. 2010. Insediamenti, aree funerarie ed entit territoriali in Etruria meridionale nel
bronzo finale, Borgo S. Lorenzo, Firenze.
Belardelli C.-Angle M.- Di Gennaro F.-Trucco
F. 2007. Repertorio dei siti protostorici del Lazio,
Firenze.
Bellintani P. 2000. Il medio Polesine tra la
tarda et del bronzo e linizio dellet del ferro, in
M.Harari - M. Pearce (a cura di), Il protovillanoviano al di qua e al di l dellAppennino, Atti della
giornata di studio (Pavia 1995), Como, pp. 47-84.
Bellintani P. - Angelini I. - Artioli G.-Polla A.
2006. Origini dei materiali vetrosi italiani: esotismi
e localismi, in Atti della XXXIX Riunione Scientifica IIPP (Firenze 2004), Firenze, pp. 1477-1531.
Bellintani P. - Stefan L. 2008. Protovillanoviano a
San Marino, in G.Bottazzi - P. Bigi (a cura di), Primi insediamenti sul Monte Titano, Firenze, pp. 193-204.
Bernab Brea L. - Cavalier M.1959. Mylai, Novara.
Bernab Brea L. - Cavalier M.1960. Meligunis
Lipara I, Palermo.
Bernab Brea L. - Cavalier M. 1980. Meligunis
Lipara IV, Palermo.
Bianco Peroni V.1970. Le spade nellItalia continentale, Prhistorische Bronzefunde IV.1.
Bietti Sestieri A.M. 1998. LItalia in Europa nella prima Et del Ferro: una proposta di ricostruzione storica, in ArchCl 50, pp. 1-67.
Bietti Sestieri A. M. 2008. Let del Bronzo Finale nella penisola italiana, in Padusa 44, pp. 7-54.
Bietti Sestieri A.M. 2010. LItalia nellet del
bronzo e del ferro, Roma.

Bietti Sestieri A.M. 2011. Archeologia della


morte fra et del bronzo ed et del ferro in Italia.
Implicazioni delle scelte relative alla sepoltura
in momenti di crisi o di trasformazione politicoorganizzativa, in V.Nizzo (a cura di), Dalla nascita
alla morte. Antropologia e archeologia a confronto, Atti del Convegno (Roma 2010), Roma, pp.
397-417.
Bietti Sestieri A.M. - De Santis A. 2004a. Analisi
delle decorazioni dei contenitori delle ceneri delle
sepolture a cremazione dellEt del Bronzo Finale
nellarea centrale tirrenica, in Preistoria e Protostoria in Etruria 6 (Pitigliano, Valentano 2002),
Milano, pp. 165-192.
Bietti Sestieri A.M. - De Santis A. 2004b. Elementi per una ricostruzione storica dei rapporti
fra le comunit delle regioni tirreniche centro-meridionali nella I et del Ferro, in Atti della XXXVII
Riunione Scientifica IIPP (Calabria 2002), Firenze, pp. 587-615.
Bietti Sestieri A.M. - De Santis A. 2007. Il Lazio
antico fra tarda Et del Bronzo e prima Et del
Ferro: gli sviluppi nellorganizzazione politicoterritoriale in relazione con il processo di formazione urbana, in Atti della XL Riunione Scientifica IIPP (Roma-Napoli-Pompei 2005), Firenze,
pp. 205-230.
Borgna E.1992. Il ripostiglio di Madriolo presso Cividale e i pani a piccone del Friuli-Venezia
Giulia, Roma.
Borgna E. - Cassola Guida P. (a cura di) 2009.
DallEgeo allAdriatico; organizzazioni sociali,
modi di scambio e interazione in et post-palaziale, Atti del seminario (Udine 2006), Roma.
Capuis L.1993 . I Veneti. Societ e cultura di un
popolo dellItalia preromana, Milano.
Camporeale G. (a cura di) 1985. LEtruria mineraria, Catalogo della mostra, Milano.
Chiartano B. 1981. Roccella Ionica (Reggio
Calabria). Necropoli preellenica in contrada
S.Onofrio, in NSc, pp. 491-539.
Colonna C. 2006. Necropoli dellultima et
del bronzo nellarea padana. Per una loro cronologia relativa, Lucca.
Consonni A. 2008. Labitato protostorico di Villamarzana (Rovigo). Nuovi dati e spunti per unanalisi
cronologica e territoriale, in Padusa 44, pp. 55-80.
De Marinis R. 1989. Problemi e prospettive
della ricerca protostorica nel mantovano, in Gli
Etruschi a Nord del Po, Catalogo della mostra,
Mantova, pp. 27-47.

Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

275

De Min M. 1982. La necropoli protovillanoviana di Frattesina di Fratta Polesine (Rovigo). Notizie preliminari, in Padusa 18, pp. 3-27.
DErcole V. 1995. Ripresa degli scavi nella
necropoli proto villanoviana di Poggio La Pozza
ad Allumiere (Roma), in Preistoria e Protostoria in
Etruria 2.1, pp. 177-186.
DErcole V. 1998. Poggio della Pozza, Allumiere. Campagna di scavo 1994, in Preistoria e
Protostoria in Etruria 3, pp. 181-192.
De Simone C. 1986. La stele di Lemnos, in Rasenna. Storia e civilt degli Etruschi, Milano, pp.
723-725.
Dickinson O. 2006. The Aegean from Bronze
Age to Iron Age, London-New York.
Facciolo A.-Gala M. - Grossi M.C. et al. 2008.
Localit Le Vignole-Maccarese (Fiumicino, Roma):
risultati preliminari dello scavo protostorico, in
Preistoria e Protostoria in Etruria 9 (ValentanoPitigliano 2008), c. s.
Gonzalez De Canales Cerisola F. - Serrano Pichardo L. - Llompart Gomez J. 2004. El emporio fenicio
precolonial de Huelva (ca. 900-770 a.C.), Madrid.
Graziadio G. 1997. Le presenze cipriote in Italia nel quadro del commercio mediterraneo dei secoli XIV e XIII a.C., in Studi Classici e Orientali 46.2,
pp. 681-719.
Iaia C. 2005. Produzioni toreutiche della prima et del ferro in Italia centro-settentrionale. Stili
decorativi, circolazione, significato, Pisa-Roma.
La Pilusa E. - Zanini A. 2007. Labitato di Ripa
Calbana, San Giovanni in Galilea (FC), in Padusa
43, pp. 81-119.
Lo Schiavo F.- Macnamara E. - Vagnetti L. 1985.
Late Cypriot imports to Italy, and their influence
on local bronzework, in PBSR 53, pp. 1-71.
Maaskant Kleibrink M.2003. Dalla lana allacqua. Culto e identit nellAthenaion di Lagaria,
Francavilla Marittima, Rossano.
Malone C.- Stoddart S. 1994. Territory, Time
and State. The Archaeological Development of the
Gubbio Basin, Cambridge.
Mandolesi A. 1999. La prima Tarquinia, Milano.
Marzocchella A. 2004. Dal bronzo finale allinizio dellet del ferro: nuove testimonianze dalla
Campania, in Atti della XXXVII Riunione Scientifica IIPP (Calabria 2002), Firenze, pp. 616-620.
Mller Karpe H. 1959. Beitrge zur Chronologie der Urnenfelderzeit nrdlich und sdlich der
Alpen Rmisch-germanische Forschungen 22.
Negroni Catacchio N. 1988. Inquadramento

276

Anna Maria Bietti Sestieri

storico e culturale, in N. Negroni Catacchio (a cura


di), Museo di Preistoria e Protostoria della valle del
Fiume Fiora, Manciano, pp. 33-60.
Negroni Catacchio N.- Massari A.- Raposso B.
2006. Lambra come indicatore di scambi nellItalia
pre- e protostorica, in Atti della XXXIX Riunione
Scientifica IIPP (Firenze 2004), Firenze, pp.1439-75.
Pallottino M. 1963. Etruscologia, V ed., Milano
Pallottino M. 1986. I documenti scritti e la
lingua, in Rasenna, Milano, pp. 309-367.
Pearce M. 2007. Bright Blades and Red Metal,
Essays on North Italian Prehistoric Metal Work,
London.
Peroni R. 1961. Ripostigli delle et dei metalli. 1. Ripostigli dl massiccio della Tolfa, Inventaria
Archaeologica Italia 1, Firenze.
Peroni R. 1992. Villanoviano a Fermo? In La
civilt picena nelle Marche, Atti del Convegno
(Ancona 1988), Ripatransone, pp. 13-38.
Pincelli R.-Morigi Govi C. 1975. La necropoli
villanoviana di San Vitale, Bologna.
Poggiani Keller R. 1999. Scarceta di Manciano
(Grosseto). Un centro abitativo dellEt del Bronzo
sulle rive del Fiora, Manciano.
Renfrew C.- Bahn P. 2008 . Archaeology. The
Key Concepts. London-New York3.
Salzani L. 1976. Risultati della prima campagna di scavo nellinsediamento protostorico di
Villamarzana, in Padusa 12, pp. 13-39.
Salzani L. 1989. Necropoli dellEt del Bronzo
Finale alle Narde di Fratta Polesine. Prima nota, in
Padusa 25, pp. 5-42.
Salzani L. 1990-91. Necropoli dellEt del
Bronzo Finale alle Narde di Fratta Polesine. Seconda nota, in Padusa 26-27, pp. 125-206.
Salzani L. (a cura di) 2005. La necropoli
dellEt del Bronzo allOlmo di Nogara, Verona.
Salzani L. 2011. Campestrin di Grignano Polesine (Rovigo), in F. Marzatico- R.Gebhar-P. Gleirscher (a cura di), Le grandi vie della civilt, Catalogo della Mostra, Trento, pp. 429-430.
Salzani L.- Colonna C. 2010. La fragilit
dellurna, Catalogo della mostra, Rovigo.
Silvestrini M.- Sabbatini T. (a cura di) 2008. Potere e splendore a Matelica, Catalogo della Mostra (Matelica 2008), Roma.
Vagnetti L. 1982. Magna Grecia e mondo miceneo. Nuovi documenti, Taranto.
Zanini A. (a cura di) 1997. Dal Bronzo al Ferro.
Il II millennio a.C. nella Toscana centro-occidentale, Catalogo della Mostra, Livorno.

Zanini A. 1999. Rapporti tra Veneto e area medio-tirrenica nel Bronzo Finale. Nuovi contributi per
la definizione del problema, in Atti del XX Convegno di Studi Etruschi e Italici (1996), Pisa-Roma,
pp. 307-343.
Zanini A. 2000. Il Bronzo Finale in Toscana, in
M. Harari-M. Pearce (a cura di), Il protovillanoviano
al di qua e al di l dellAppennino, Atti della Giornata di Studio (Pavia 1995), Como, pp. 201-212.
Zannoni A. 1907. La fonderia di Bologna,
Bologna.

Note
Peroni 1992, p. 33.
Cfr. Pallottino 1963, cap. II, pp. 81-117.
3
Pallottino 1986.
4
De Simone 1986.
5
Bietti Sestieri 2008, pp. 12 ss.
6
Facciolo et al. 2010.
7
Peroni 1961.
8
Bietti Sestieri 1998, fig. 3.
9
V. ad esempio Borgna-Cassola Guida 2009,
pp. 7-10.
10
Negroni Catacchio 1988, p. 49, tav. 25.
11
Bernab Brea-Cavalier 1980, pp. 733-790,
tavv. 284, 291, nn. 27, 81-87.
12
Vagnetti 1982, pp. 191-194, tav. 70.
13
Gonzalez De Canales Cerisola et al. 2004.
14
Cfr. per esempio Capuis 1993.
15
Cfr. De Marinis 1989.
16
Arenoso Callipo-Bellintani 1994.
17
Consonni 2008, tav. 1.
18
Bellintani 1992.
19
Salzani 1976; Salzani-Colonna 2010, per
esempio le tavv. 11A, 28B, 32B, 36A.
20
De Marinis 1989.
21
Borgna 1992.
22
Negroni Catacchio et al. 2006
23
Bellintani et al. 2006.
24
Bietti Sestieri 2010, pp. 186-193.
25
Salzani 2005.
26
Bietti Sestieri 2010, pp. 52-59; 2011, pp.
401-406.
27
Ca. 800 tombe; Salzani 1989, 1990-91;
Salzani-Colonna 2010.
28
Ca. 150; De Min 1982.
1
2

Bietti Sestieri 2010, p. 194 s., fig. 12.


Consonni 2008, tav. 1.
31
Bellintani 2000, fig. 15.
32
Salzani 2011.
33
Bietti Sestieri-De Santis 2004a.
34
DErcole 1995, 1998.
35
Camporeale 1985, pp. 21- 36.
36
Peroni 1961.
37
Bietti Sestieri 1998, pp. 23-25, fig. 2.
38
Bietti Sestieri 2010, p. 231.
39
Poggiani Keller 1999.
40
Chiartano 1981.
41
Bernab Brea - Cavalier 1959, p. 13, fig.1.
42
Bernab Brea - Cavalier 1960, pp. 117-119,
tav. 41.2.
43
Dickinson 2006, p. 158ss., fig. 5.22.10.
44
Facciolo et al. 2010.
45
Bietti Sestieri 2011, pp. 408-410.
46
Mandolesi 1999, Belardelli et al. 2007, Barbaro 2010.
47
Zanini 1999, 2000.
48
Mller Karpe 1959, tavv. 54-55.
49
Malone-Stoddart 1994.
50
La Pilusa-Zanini 2007.
51
Bietti Sestieri 2010, p. 230.
52
Bietti Sestieri-De Santis 2007, pp. 210-213.
53
Bietti Sestieri 1998, figg. 3 e 7.
54
Cfr. Colonna 2006, pp. 64 ss., tavv. 8-52.
55
Bietti Sestieri 2010, pp. 301-303; Marzocchella 2004.
56
Bietti Sestieri-De Santis 2004b.
57
P. Bellintani, comunicazione personale.
58
Pincelli-Morigi Govi 1975, fig. 71.
59
Bietti Sestieri 2011, pp. 406-408.
60
Silvestrini-Sabbatini 2008.
61
Lo Schiavo et al. 1985; Graziadio 1997.
62
Cfr. Renfrew- Bahn 2008, p. 233.
63
Bietti Sestieri 2010, pp. 258-260.
64
Cfr. per esempio Colonna 2006, tav. 58.
65
Lo Schiavo 2010, nn. 5477-5492, tavv.
387-389.
66
Bianco Peroni 1970, nn. 208-213.
67
V. in particolare, per le armi e il vasellame
di bronzo laminato, Iaia 2005.
68
Zannoni 1907.
69
Iaia 2005, pp. 239-251.
70
Bietti Sestieri 2010, p. 217s.
71
Cfr. Maaskant Kleibrink 2003, pp. 13-26.
29
30

Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea

277

Potrebbero piacerti anche