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ORVIETO 2018

A NNA LI
DELL A F ONDA ZIONE
P E R I L M U S E O « C L A U D IO F A I N A »

VOLUME XXV

ANNALI DELL A FONDAZIONE PER IL MUSEO «CL AUDIO FAINA » XXV


SCAVI D’ETRURIA

ISBN 978-88-7140-924-5 O R V I E TO
N E L L A S E D E DE L L A FONDA Z IONE

E DIZIONI Q UA S AR
€ 40,00 2018
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ISBN 978-88-7140-924-5

© Roma 2018 - Edizioni Quasar di Severino Tognon srl


via Ajaccio 41-43 - 00198 Roma
tel. 0685358444, fax 0685833591
www.edizioniquasar.it

Finito di stampare nel mese di novembre 2018 presso Centro Stampa di R. Meucci -
Città di Castello (PG)
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ANNALI
DELLA FONDAZIONE
P E R I L M U S E O « C L AU D I O FA I N A »

VOLUME XXV

ORVIETO
NELLA SEDE DELLA FONDAZIONE
EDIZIONI QUASAR
2018
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RITA COSENTINO - ALFONSINA RUSSO TAGLIENTE

CAERE:
UNA RILETTURA ALLA LUCE DEI PIÙ RECENTI SCAVI

Nell’ultimo quinquennio, la Soprintendenza ha avviato una se-


rie di indagini sul pianoro della Banditaccia, a contrasto dell’attività
degli scavatori di frodo e, in particolare, in corrispondenza dell’ampio
settore, posto al di fuori dell’area recintata, il cd. Recinto, settore, a
tutt’oggi il più “devastato” dagli interventi clandestini e il meno cono-
sciuto dal punto di vista dell’articolazione topografica (Fig. 1).
Le campagne di scavo hanno interessato in ordine di tempo:
1. Un’area prossima al Tumulo III, sull’Altipiano della Tegola
Dipinta; i risultati delle ricerche, effettuati in questo settore
della necropoli, sono già stati presentati in forme preliminari1
2. Procedendo verso Sud-Sud ovest, sul cosiddetto Altipiano
delle Onde Marine, una vasta area nelle strette adiacenze
della Tomba del Tablino, praticamente una prosecuzione de-
gli scavi Pallottino del 1951 (Fig. 2)2
Gli interventi non sono stati finalizzati al semplice recupero e
studio dei materiali di corredo, in verità molto interessanti, ma all’ap-
profondimento di alcuni aspetti delle dinamiche di sfruttamento del
suolo. Molto chiara è stata la presenza di ampie zone “produttive”,
destinate all’estrazione di conci di tufo a servizio del quartiere fune-
rario, urbanisticamente organizzato, del quale si è riusciti a determi-
nare con sicurezza le fasi di vita, di riuso e di abbandono.
I risultati delle campagne di scavo nei settori già indicati han-
no sollecitato qualche rapida riflessione sulle nostre conoscenze degli

1 Cosentino - Quarata - Russo 2014, pp. 61-66.


2 Pallottino 1955, pp. 46-113; l’area era stata già oggetto di campagne di
scavo cfr. Benedettini - Cosentino 2017, pp. 7-38.
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aspetti urbanistici in senso diacronico della Necropoli, sullo svilup-


po e suddivisione in “quartieri funerari”, che con linguaggio moderno
chiameremo “strutturazione areale”, sulla presenza delle cave e sul
loro riuso, finalizzato alla realizzazione dei nuovi settori funerari, le
cui altimetrie non rappresentarono una alterazione del paesaggio già
a partire da quello post-orientalizzante.
La nostra riflessione avvierà proprio dal tema delle cave e dal
loro riuso, tema certamente non secondario per la comprensione delle
dinamiche di sviluppo urbanistico della Necropoli.
La consuetudine dell’uso e riuso delle cave, testimoniato in molti
dei settori3 della Necropoli, si presenta con le medesime modalità di
sfruttamento del suolo: gli architetti etruschi nel tener conto della di-
versa morfologia dell’area4 mettono in campo tutta una serie di accor-
gimenti tecnico-architettonici, volti al superamento delle problemati-
che da questa derivanti, per arrivare alla progettazione ex novo, o alla
rimodulazione o all’ampliamento dei quartieri funerari che andavano
a comporre il tessuto urbanistico della Necropoli.
Il fenomeno, a partire dalle isolate presenze dei tumuli orienta-
lizzanti, è evidente in età medio e tardo arcaica (Fig. 4) che segna una
frattura nello sviluppo della Necropoli: è accertata la presenza di nu-
merosi approfondimenti del banco, tutti riconducibili a lavori di cava,
finalizzati alla costruzione delle varie tipologie di “edifici funerari”,
dai tumuletti alle successive tombe caditoia sino alle progenitrici di
quelle a dado, i quali si vanno a soprapporre, distruggendole, a tombe
più antiche5.
Sullo scorcio della fine del VI sec. a.C. sino al V sec. a.C. le pareti
di tufo regolarizzate sono sfruttate per lo scavo di sepolture poste in
successione, con la creazione, dove possibile di vere e proprie piazze.
In questo sistema di pianificazione “urbanistica”, s’inserisce la
realizzazione di nuove strade o l’implementazione del tessuto viario

3 Attualmente le cave che dovevano essere distribuite per tutta la Necropoli


non sono più riconoscibili ad eccezione di quella nel Tombe del Comune, della Spianata
dell’Affienatora, alle spalle dell’omonimo tumulo, della Via sepolcrale, del complesso
delle Tomba delle Cinque Sedie e naturalmente nel settore dell’Altipiano delle Onde
Marine (Fig. 3 a,b,c).
4 Il pianoro della Banditaccia, compreso tra il fosso del Marmo e del Manga-
nello è in prevalenza piano sebbene presenti delle irregolarità e variazione nelle linee di
profilo con aree ad andamento irregolare. Tra queste quella cosiddetta delle Tombe del
Comune dal profilo convesso e situata a quota più bassa rispetto alla zona del Recinto.
La morfologia del banco tufaceo e i salti di quota hanno indirizzato modalità di co-
struzione delle sepolture dalle altissime facciate, particolari allineamenti delle stesse,
raccordi rappresentati dalla creazione di piazzette e da scale di accesso ai dromoi di no-
tevole pendenza (cfr. C. Morciano, tesi laurea 2003/2004, pp. 1-66). Le stesse modalità
di costruzione sono applicate per la realizzazione del complesso funerario della Tomba
delle Cinque Sedie (Cosentino 2014).
5 Colonna 2005, pp. 1128 e ss.
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esistente con la costruzione di strade trasversali, costeggiate, sui lati,


da tombe a dado, che necessariamente presentano un allineamento
coassiale delle camere, un medesimo orientamento, secondo un pro-
getto razionale ed unitario di sfruttamento di settori, interessati da
precedenti costruzioni.
Relativamente alla questione Giovanni Colonna, già nel 1967, nel
suo contributo “L’Etruria Meridionale interna dal villanoviano alle
tombe rupestri” scriveva6 “Alla Banditaccia di Cerveteri le fotografie
aree del dopoguerra e meglio ancora i successivi scavi del dott. Moreti
hanno largamente confermato ed accresciuto le conoscenze acquisi-
te in materia dal Mengarelli, mostrando come ovunque sussistesse
una pur minima occasione favorevole, all’interno dell’aggrovigliato,
straripante aggregazione di tumuli, non vi fosse esito scavare nuove
piazze e soprattutto strade rettilinee, anche a prezzo di considerevoli
sbanchi di tufo, creando allineamenti severi di dadi concepiti secondo
un disegno unitario”.
Tutti questi dati relativi alle dinamiche costruttive della Necro-
poli della Banditaccia, puntualmente esaminati e trattati nella vasta
bibliografia scientifica da una mole significativa d’informazioni pluri-
disciplinari sul tema, in realtà, non hanno ancora oggi reso agevole
un esame complessivo di tipo urbanistico/topografico, in senso diacro-
nico, della necropoli.
Le motivazioni sono essenzialmente due: la vastità del sito che va
oltre i 200 ettari ma soprattutto l’assetto dato dagli scavi di R. Men-
garelli al complesso archeologico. Questo arco di tempo non solo ha
segnato il fondamentale cambiamento della concezione del patrimo-
nio archeologico ma ha avuto significative conseguenze sull’identità
topografico/urbanistica del sito.
La prima fase del processo è stata nel superamento dell’esclu-
sivo interesse commerciale economico del bene archeologico, eredità
ottocentesca, a favore della riscoperta del patrimonio archeologico con
esclusive finalità scientifiche.
La seconda fase ha sancito il passaggio dallo scavo archeologico
alla restituzione dei complessi sepolcrali che si andavano indagan-
do. Questa restituzione rappresentò il passaggio “alla forma pratica”
dell’interpretazione del monumento che veniva portato alla luce7.

6 Colonna, 1967, pp. 3-30.


7 Di recente la facoltà di Architettura di Roma Tre (E. Pallottino e L. Francio-
sini) sta dedicando molta attenzione allo studio dell’azione di restauro realizzata da R.
Mengarelli. In considerazione del fatto che la documentazione è inesistente o forse non
pervenuta il puto di partenza è stata quello nell’esame “de visu” del monumento, che
consentisse anche in via molto preliminare la comprensione dell’entità e della tipologia
degli interventi (Gagliardini, tesi Laurea Magistrale, AA. 2011-2012 Rel. E. Pallottino,
Porretta 2018).
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Non dobbiamo dimenticare che tali pratiche interpretative e rico-


struttive dei complessi monumentali nascevano in un preciso momen-
to storico: il primo trentennio del novecento. Questo arco cronologico
anche per quanto attiene il patrimonio archeologico di Cerveteri, fu
fortemente influenzato, talora connotato, dall’uso propagandistico del
periodo prebellico e bellico. Basterebbe pensare alla costruzione della
famosa autostrada “adatta specialmente per le automobili”, nata con
l’intento di collegare Roma con la Necropoli della Banditaccia, in una
ottica “di dinamicità” che sarebbe piaciuta al futurista Marinetti.
Questa cosiddetta autostrada che altro non era che il raddoppio
della via antica sepolcrale, seppure dettata da ragioni funzionali, non
solo oblierò ben oltre 400 tombe, ma ha rappresentato di fatto una
netta cesura in due tronconi dell’area archeologica (Fig. 6).
Questa settorializzazione aggravata dalla sistemazione, sui en-
trambi i margini, di oltre cinquecento piante costituite da pini ma-
rittimi e cipressi forniti dalle legioni della Milizia Nazionale, ha mo-
dificato la visuale storico/archeologica del pianoro e del paesaggio
funerario (Fig. 7).
L’attuale aspetto dell’area archeologica, pertanto, nonostante le
meritorie attività della Soprintendenza, messe in campo già a partire
dagli anni cinquanta del novecento, e soprattutto l’adozione di ben
diversi criteri di scavo e restauro, sono state condizionate dall’assetto
operato, proprio negli anni Trenta, da R. Mengarelli.
Queste difficoltà, ovviamente, sono comuni a tutte le aree arche-
ologiche per le quali si è anche tornato a sottolineare, soprattutto in
recenti convegni sul paesaggio antico, con particolare riferimento a
quello etrusco, una problematica ricorrente consistente in una dicoto-
mia nell’immagine dei siti pubblicamente diffusa: quella storicamen-
te consolidata non sempre filologica, come si è detto, e quella “reale”
non più percepibile.
In sintesi tutte le attività che nel tempo hanno interessato un
sito, nell’interpretarlo, ne hanno deviato l’immagine originaria o piut-
tosto nel nostro caso le immagini (dal villanoviano alla romanizza-
zione), per la difficoltà oggettiva di determinare e le trasformazioni
urbanistiche, avvenute nel corso dei secoli, e le loro interconnessioni.

Se sono infatti molto chiare le linee programmatiche in materia di restauro enun-


ciate dallo scavatore nel corso del III Convegno Nazionale di Storia dell’Architettura
del 1938 a tutt’oggi risulta estremamente complicata la comprensione dell’originaria
entità architettonica del monumento sepolcrale. Un caso estremamente significativo è
rappresentato dal Tumulo I e II, tra i più importanti monumenti sepolcrali della Ne-
cropoli della Banditaccia, per i quali gli interventi di restauro non furono così filologici
a cominciare dalla ricomposizione delle rampe. Altro esempio di restauro non filologico
è attestato dal Tumulo della Cornice dall’aspetto più simile ad un bunker che ad una
sepoltura etrusca.
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Dopo questa parentesi conseguente alla necessità e consapevo-


lezza di arrivare ad una visione sistemica della necropoli, anche con
il supporto di scambi e studi interdisciplinari, vengono presentati i
risultati delle nostre ricerche.
Queste hanno rappresentano una interessante testimonianza
delle scelte progettuali degli architetti etruschi che sfruttano razio-
nalmente il sito con l’impiego di manovalanze esperte e specializzate,
in una ottica moderna di costruzione modulare che non prevede nes-
sun spreco di spazi e di materiali.
È stato possibile, in primo luogo, determinare le fasi di frequenta-
zione e di dismissione dei quartieri funerari e la loro interconnessione
con le cave, con le quali condividono fasce cronologiche, fasi di vita e
di abbandono in un arco cronologico che va dal VII sec. a.C. al IV-III
sec. a.C.
Tra tutti, di particolare interesse è il settore della necropoli
esplorato nel 2012-2013, con specifico riferimento al quartiere carat-
terizzato dalla Tomba dei Cippi iscritti (Fig. 8).
Lo scavo ha interessato l’area adiacente al perimetro meridiona-
le dell’imponente Tumulo III di età orientalizzante. Posteriormente
all’abbandono viene realizzato un vero e proprio quartiere funerario
articolato in sepolcri ipogei, databile dalla metà del IV sec. a.C. al-
meno fino alla fine III sec. a.C. che rappresenta un modello del riuso
razionale delle cava di tufo a servizio dei sepolcri più antichi. Una
interessante testimonianza è offerta dalla Tomba dei Cippi Iscritti,
situata fra il fronte di cava a e il tamburo del Tumulo III, a cui si ad-
dossa, che presenta una scala dalla fortissima pendenza che serve da
raccordo delle diverse quote dell’area, fortemente compromessa dagli
scavi ottocenteschi e dei primi anni del novecento, che non hanno con-
sentito di determinare la successione delle varie fasi di costruzione
del quartiere funerario in rapporto all’utilizzazione della cava.
Le indagini8 in questa area dell’Altipiano della Tegola Dipinta
hanno reso possibile l’individuazione di una frattura nello sviluppo
urbanistico che l’evidenza archeologica fissa agli inizi del IV sec. a.C.,
visto l’approfondimento del banco di tufo riconducibile alla realizza-
zione di una serie di opere e sistemazioni di grande entità riferibili
proprio a questa epoca9. Sul fronte degli aspetti urbanistici, lo schema

8 Cfr. Mannoni 1985, pp. 39-41.


9 Il settore indagato sul cd. Altipiano della Tegola Dipinta, come è noto, è stato
oggetto di scavi ottocenteschi (Vespignani 1834) poi fu “rivisitato” da Raniero Menga-
relli (Moretti 1955 Caere) ed infine negli anni 1967-1968 fu ampliato ill campo delle
ricerche da parte della fondazione Lerici (Cavagnaro Vanoni 1968 e 1969) con l’esplo-
razione di un gruppo di tombe affacciate sul dirupo del Manganello (cfr. Cosentino -
Quaranta - Russo 2014, pp. 60-61). Le indagini furono conseguenti alla segnalazioni di
scavi clandestini per cui il modus operandi fu quello di recuperare quanto più possibile
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compositivo del quartiere (tumulo orientalizzante, tomba ellenistica a


facciata realizzata alla profondità di sette metri che va ad incastrarsi
sul tamburo de Tumulo, una grande piazza prospiciente il gruppo di
sepolture) segue le stesse modalità costruttive dei settori sinora trat-
tati, quali per esempio l’area delle tombe del Comune ed il complesso
funerario del tumulo delle Protome equina e della tomba delle Teste
votive, poste in un settore dell’Altipiano delle Onde Marine ed inda-
gato nel 200810.
La tomba11 si presenta esternamente con un prospetto realizzato
da un muro a grandi blocchi, conservato per tre filari, e con una lunga
scala di accesso posta fra due setti murari costruiti per contenere il
terreno visto il dislivello di quote (Fig. 8).
In via del tutto ipotetica sorge la domanda se le cave, abbiano
potuto influenzare o meglio rappresentare lo “spunto formale” per la
creazione delle nuove tipologie sepolcrali di età ellenistica quali quel-
le “a facciata”12.
Per quanto concerne gli scavi più recenti, ultimati nel 2016,
nell’Altipiano delle Onde Marine13, si conferma la stretta relazione
tra il quartiere funerario e le cave con le relative fasi di frequenta-
zione ed abbandono, e l’individuazione di un’area verosimilmente ad
uso cultuale.
Il settore indagato (Fig. 10) presenta uno scenografico andamen-
to ad anfiteatro, con l’alto costone di tufo orientato Nord/Sud, e rap-
presenta la prosecuzione a Nord del gruppo di tumuli, scavati nel
maggio 1951 dall’Istituto di Etruscologia dell’Università di Roma, e
si collega con gli scavi di M.A. Rizzo, posti in posizione decisamente
più arretrata.

ma senza avere la possibilità di affrontare le problematiche di tipo urbanistico del


complesso ed articolato quartiere funerario.
10 Benedettini - Cosentino 2017.
11 La camera sepolcrale, originariamente, progettata per ospitare 18 sepolture,
che diventano 20 in un secondo momento, ha restituito un servizio di vasi rinvenuto in
una fossa scavata lungo la parete di fondo ha consentito di determinare un orizzonte
cronologico di utilizzo della tomba collocabile dalla metà/fine del IV e proseguito per
tutto il III sec. a.C. (Fig. 9). Di particolare interesse il rinvenimento di una oinochoe e
di coppette a vernice nera che contenevano vino, come testimonia la grande quantità di
acido tartarico che aveva fortemente impregnato le pareti, quale residuo del banchetto
funebre, così come la presenza di tre unguentari, che contenevano latte e rimanenze
di frutti. Le analisi son state eseguite da N. Garnier nell’ambito del progetto Magi e
poi Perhamo avviati a partire dal 2013. I risultati sono stati presentati in occasione di
un Convegno alla Scuola francese dal titolo Les produits biologiques en Italie et Gaule
préromanes tenuto a Roma nei giorni 15-18 novembre 2015 si rinvia a Coen - Cosenti-
no - Gilotta et alii, Le offerte di Cerveteri, dal VII sec. a.C. all’età romana, in corso di
stampa.
12 Cfr. Mannoni 1985, pp. 39-41.
13 Una notizia relativamente l’aspetto orientalizzante del quartiere funerario
è in Benedettini - Cosentino - Russo Tagliente 2018.
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La campagna di scavo ha messo in luce una complessa situazione


topografica che si compone di un vasto quartiere funerario, urbanisti-
camente organizzato, interconnesso con un’ampia zona “produttiva”
destinata all’estrazione di conci di tufo. Entrambe sono databili intor-
no all’ultimo quarto del VII - inizi del VI secolo a.C. con una frequen-
tazione ininterrotta sino al III secolo a.C.
Alla fase più antica (fine VII - inizi VI secolo a.C.), quindi, appar-
tengono le strutture funerarie che utilizzano la sommità del pianoro
tufaceo, affiorando dal piano di campagna, come il tumulo n. 2471 e,
sul lato opposto del settore, la tomba a camera ipogea n. 2477 e il tu-
mulo adiacente 2478 (Fig. 11).
La conformazione della necropoli muta radicalmente nella secon-
da metà del VI secolo a.C. quando l’area viene sottoposta ad un radi-
cale rinnovamento messo in atto a seguito di un preciso progetto ur-
banistico. A nord del tamburo del tumulo 2471, a una quota inferiore
rispetto al suo piano di frequentazione, viene costruito un semi-dado,
ricavato in gran parte nel masso vivo e con un alzato, attualmente
mancante data l’estrema superficialità del monumento, realizzato,
come frequentemente testimoniato a Cerveteri, da un terrapieno con-
tenuto da un paramento di blocchi squadrati di tufo.
A un momento successivo, nell’ambito del V secolo a.C., è da rife-
rire la costruzione della t. 2472, una camera ipogea ricavata nel mas-
so vivo, posto a destra del monumento cinerario a falsa porta n. 2473.
Infine, sono riferibili all’ultima fase di frequentazione dell’area, tra
la fine del IV e il III secolo a.C., oltre alle deposizioni all’interno delle
t. 2474 e 2475, anche le due sepolture in tegole “alla cappuccina” nn.
2481-2482 e la doppia incinerazione in pozzetto n. 2480, la sola ritro-
vata integra e ricavata alla sommità del semi-dado, lungo il suo lato
nord-occidentale. Le due cremazioni erano contenute una dentro l’al-
tra e chiuse da un coperchio: la prima in uno skyphos etrusco a figure
rosse di dimensioni monumentali decorato da una figura panneggiata
e ampi girali; la seconda, contenuta entro un’olletta biansata a verni-
ce nera era stata infilata dentro i resti incinerati del primo. Il corredo
era stato deposto intorno al piede dello skyphos14 (Fig. 12).
A servizio dell’impianto delle strutture funerarie, è una cava a
cielo aperto, distinta in tre settori: quello meridionale, orientato NW/
SE, verosimilmente da porre in fase con la costruzione dei tumuli a
sud (Scavo Pallottino 195115 e costruzione dei tumuli 2471 e 2489)
quello occidentale, ugualmente orientato, da porre in fase con la co-

14 Si rinvia allo schema elaborato da M. Rubini con il quale sintetizza le mo-


dalità e tempistica d’inserimento delle ceneri di un piccolo animale domestico e di una
giovane donna entrambi cremati in un sito diverso da quello della sepoltura.
15 Scavi Istituto di Archeologia 1955.
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struzione dei tumuli e del dado del settore occidentale della necropoli
(tt. 2478, 2483, 2484, 2485, 2486, 2487, 2488), entrambi da riferire
alla prima fase di frequentazione dell’area. A questi si aggiunge nel
periodo seguente (Fase 2) la cava settentrionale, orientata E/W, da
porre in fase con la costruzione del grande monumento a semi-dado
(tt. 2474 e 2475) e della tomba a incinerazione 2473 (Fig. 13).
Un brevissimo accenno al tumulo 2488 in quanto provvisto di
una ara. Questa è di forma rettangolare (nasce con il tumulo)16 e pre-
senta due scalette scavate nel banco che conferiscono alla struttura
un aspetto di vero e proprio altare (Fig. 14).
Al di sotto dell’ara sono stati rinvenuti due diversi acroteri del
tipo a pelta in impasto rosso sopradipinto in bianco che in ambito ce-
retano trovano forti riscontri con le urnette ceretane quale decoro del
colmo dei tetti (Fig. 15 a,b). Due altri frammenti architettonici perti-
nenti ad una lastra scanalata in impasto rosso ed un altro dipinto con
occhio femminile provengono dal riempimento fortemente compro-
messo dagli scavi clandestini17. A meno che non si debba pensare ad
un piccolo sacello sovrapposto all’area che funge da base di appoggio,
ipotizziamo invece la presenza di un sacello o di una area destinata
al culto presumibilmente dei defunti sepolti all’interno del tumulo.
Un carattere di novità per la Necropoli delle Banditaccia, rife-
rendoci naturalmente all’edito è rappresentato da quattro deposizioni
rituali entro olla, una delle quali associata a un peso di telaio, rinvenute
presso questo stesso tumulo e presso i tumuli 2484 e 2485 (Figg. 16-17).
Lo scavo18 ha consentito anche di chiarire le modalità di tecniche
estrattive nei diversi settori della cava. Il banco è lavorato frontal-
mente a cuneo per agevolare l’estrazione dei conci. Numerose sono
le zone di taglio, per lo più irregolari, e le trincee di estrazione nelle
quali sono distinguibili i segni per il distacco dei conci e i solchi nel
masso vivo interpretabili come segni residui dell’opera di taglio per
scalzare i blocchi. La presenza dei resti di lavorazione dei conci con

16 Non sono molti gli esempi di are che nascono con il tumulo da ultimo Cosen-
tino 2018 con bibl. precedente. Recenti indagini (2017) nel settore prossimo al Tumulo
Giuseppe Moretti ha portato alla luce all’interno di un quartiere funerario, frequentato
a partire dagli inizi del VII sec. a.C. sino presumibilmente ad età ellenistica, una strut-
tura quadrangolare (ara?) della quale rimane la prima fila di basoli il cui riempimento
ha restituito un frammento di lastra dipinta. Le indagini sono state sospese.
17 Un frammento con i lobi di una palmetta, inoltre, è stato recuperato dal
riempimento di un altro scavo clandestino nei pressi del tumulo 2471. numerosi sono
anche i frammenti di tegole di I fase rinvenuti negli strati indagati cfr. Benedettini -
Cosentino - Russo Tagliente 2018.
18 Le due campagne di scavo sono state seguite dalla dr. Gilda Benedettini che
ringraziamo. Ringraziamo inoltre per la preziosa collaborazione l’assistente dr. Monica
Arduini, il dr. Albeto Villari per la documentazione grafica, restauratrice dr. Francesca
Romana Mizzoni e tutto il personale di vigilanza di stanza alla Necropoli.
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i quali è stato ripristinato il piano di frequentazione della necropoli


dimostra che i blocchi erano lavorati in loco, ridotti alle dimensioni
volute o scalpellati per le decorazioni (fasce, tori etc).
La stratigrafia ha dimostrato come la durata di sfruttamento sia
limitata alla costruzione della sola necropoli e che l’attività sia stata
interrotta con l’ultimazione dei monumenti funerari e con l’oblitera-
zione della cava si va a riprisinare il piano di calpestio ed il paesaggio
funerario circostante19.
L’obliterazione è stata realizzata mediante l’impiego sia del-
le scaglie di lavorazione sia con i conci, talora abbandonati in situ
oppure solo parzialmente estratti, distribuiti soprattutto nel settore
occidentale; conci che presentano dimensioni che vanno da 1,30 m di
lunghezza, a 60 cm di larghezza e dai 37 ai 49 cm di altezza.
In conclusione l’evidenza archeologica ci spinge a ritenere che
nella sua fase iniziale questo settore della necropoli doveva essere ca-
ratterizzato da un ampio spazio aperto, una grande “piazza” all’inter-
no del tessuto funerario rispettata dalle sepolture. Dopo una cesura,
intorno all’ultimo quarto del VI secolo a.C., l’area viene nuovamente
occupata dalla costruzione della tomba a dado che cambierà ulterior-
mente il “paesaggio funerario”, creando una sorta di declivio verso gli
ingressi delle due tombe 2474 e 2475, una sistemazione che sembra
potersi considerare definitiva per il restante utilizzo della necropoli
che si protrae sino al III sec. a.C.

19 Le stesse modalità sono state riscontrate per l’utilizzazione della cava a ser-
vizio dell’impianto in località Manganello (scavi Soprintendenza 2017-18). Mitro - Sal-
vatoric 2017.
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172 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

APPENDICE:
LA SEPOLTURA IN SKYPHOS RINVENUTA IN LOCALITÀ “LE ONDE
MARINE” (CERVETERI, ROMA)

Rubini Mauro, Alessandro Gozzi, Nunzia Libianchi, Paola Zaio


Servizio di Antropologia SABAP-RM-MET

Materiali e metodi

Il riempimento del cinerario è pervenuto presso il Servizio di Antropologia


della SABAP-RM-MET all’interno di sacchetti di plastica, corredati di cartellini,
che evidenziavano una distinzione in livelli di asportazione del sedimento.
Il riempimento dello skyphos risulta diviso in tre livelli, l’ultimo dei quali è
stato ulteriormente distinto in “presso il piede dello skyphos” e “presso il piede
dell’olletta”. Il sedimento prelevato dall’olletta risulta articolato in tre livelli di
volume eterogeneo. Tale distinzione in livelli è stata mantenuta nel corso delle
operazioni di recupero del materiale osseo: il contenuto di ciascun sacchetto è
stato analizzato separatamente ma secondo la medesima procedura.
Separatamente, sono stati raccolti due campioni di sedimento all’interno
dello skyphos, uno a ridosso dell’ansa, l’altro presso il piede dell’olletta, al
fine di accertare l’eventuale
presenza di fibre tessili che, a
seguito dell’osservazione allo
stereomicroscopio, sono risultate
assenti. Sono stati rilevati
unicamente residui vegetali che,
ad un‘analisi macroscopica del
sedimento, potrebbero essere
interpretati erroneamente come
fibre tessili (Fig. 1).
L’ispezione delle superfici
osservabili ha evidenziato subito Fig. 1 - Particolare di frustulo vegetale
una forte riduzione sia qualitativa (ingrandimento 25x) e di radici (40x).
che quantitativa dei resti ossei con
numerosissimi casi di frammentazione dei segmenti, più volte completamente
inclusi nel sedimento terroso, motivo per il quale si è resa necessaria
un’attenta operazione di picking, con l’ausilio di opportuni strumenti ottici
per l’ingrandimento, contestuale alla setacciatura effettuata tramite setaccio
a maglie fini (1,5 x 1,5 mm). Il sedimento terroso residuo è stato raccolto
in vaschette di plastica, mantenendo la distinzione tra la componente non
filtrata dal setaccio (›1,5 mm) e quella pulviscolare (‹1,5 mm).
Vista la particolare fragilità e delicatezza delle superfici ossee,
l’operazione di pulitura è avvenuta a secco, provvedendo il più possibile
a rimuovere ogni traccia di matrice terrosa dal singolo osso utilizzando
spazzolini morbidi e specilli da dentista, facendo attenzione a non alterarne
lo stato di conservazione (Brothwell 1981).
es
tra
tto
Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 173

Successivamente al recupero, è stata eseguita un’analisi preliminare


dei resti scheletrici, al fine di individuare l’eventuale presenza di fauna
(Whyte 2001). Tale osservazione ha evidenziato n. 4 probabili frammenti di
ossa animali, tutti rinvenuti in associazione a quelli umani all’interno del
sedimento proveniente dall’olletta.
I resti scheletrici sono stati successivamente sottoposti a riconoscimento
anatomico e morfologico, effettuando una suddivisione tra porzioni del
cranio e dello scheletro post-craniale. Data la loro scarsa consistenza e la
grande frammentazione, sono stati identificati solo n. 16 segmenti ossei e un
frammento di radice dentaria provenienti dallo skyphos oltre a n. 3 frammenti
di radice dentale presenti nell’olletta.
Tutti i reperti sono stati divisi secondo tre classi di grandezza (‹1 cm2,
1÷3 cm2, ›3 cm2), contati e conservati in vaschette di plastica. Ciascun gruppo
è stato poi pesato al fine di valutarne la rappresentatività all’interno del
cinerario (Canci - Minozzi 2005).
La diagnosi del sesso dell’incinerato è stata effettuata su un solo
osso della volta cranica, nello specifico il processo mastoideo destro, unico
frammento diagnostico rinvenuto, in accordo con le metodiche suggerite da
Acsàdi e Nemeskéri (1970).
La stima dell’età biologica alla morte è stata valutata attraverso il
grado di sinostosi delle suture ectocraniche (Meindl - Lovejoy 1985), messi
in evidenza dal fenomeno di cracking dell’osso, causato dal processo di
combustione (Holck 1997).
Tutti i frammenti, infine, sono stati sottoposti ad un’osservazione delle
alterazioni cromatiche. L’alterazione del colore delle superfici ossee è, infatti,
uno degli esiti dell’incinerazione. Il colore delle ossa combuste è influenzato
da tre fattori: la temperatura, la durata della cremazione e la qualità di
ossigeno disponibile. Le ossa passano dal bianco giallastro al marrone, nero
intenso, blu, griglio blu, grigio scuro e grigio chiaro fino al bianco calcinato,
con un progressivo aumento di densità che allo stadio finale sfocia in una
sonorità “metallica” (Duday 2005). In questo studio, la distinzione della
tonalità cromatica è stata eseguita utilizzando i dati forniti in letteratura da
Rubini e Andreini (1990).

Risultati e discussione

Sono stati recuperati complessivamente 8658 frammenti, dal peso totale


di 1296 grammi, ripartiti come mostrato nella tabella 1 e nel grafico 1.
Nello skyphos il livello superiore presenta la minore concentrazione
di frammenti, prevalentemente (92.7%) di piccole dimensioni (‹1 cm2),
corrispondenti tuttavia ad una porzione rilevante (36.7%) del peso
complessivo. Nel livello intermedio aumenta il numero dei frammenti, quasi
solo di piccole dimensioni (99.6%) ma ne diminuisce il peso (11.7% del totale).
La concentrazione maggiore di frammenti, quasi esclusivamente di piccole
dimensioni (99.9%), è attestata nel livello inferiore presso il piede dello
es
tra
tto
174 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

skyphos. Tuttavia i frammenti di questo livello danno un basso contributo


(11.7%) al peso totale.
Quasi un quarto (24.5%) del totale dei frammenti ossei presenti nello
skyphos è attestato nel livello inferiore presso il piede dell’olletta. Questi
contribuiscono in maniera rilevante (39.9%) al peso totale. In questo livello la
percentuale dei frammenti di piccole dimensioni è più bassa rispetto a quella
degli altri livelli (85.3%).
La presenza di frammenti attribuibili al distretto craniale è sporadica
(0.68% ÷ 2.3%) in tutti i livelli dello skyphos. Le concentrazioni più alte sono
attestate per il livello superiore e inferiore presso il piede dell’olletta, i soli a
presentare anche frammenti di dimensioni medie e grandi.
Il livello superiore del contenuto dell’olletta non presenta frammenti
ossei. Ciò è rapportabile all’esiguo volume del sedimento che lo costituisce.
Il livello intermedio contiene la maggior parte (77.1%) dei frammenti ossei
rinvenuti nell’olletta, corrispondenti tuttavia alla porzione minore (40.6%)
del peso totale. Nel livello inferiore, viceversa, è attestata una quantità
inferiore di frammenti, ma corrispondente alla maggior parte del peso
complessivo.
I frammenti della regione cranica sono decisamente più frequenti (4.9%)
nell’olletta che nello skyphos. Anche il peso di questi (96.7 g) è notevolmente
maggiore di quello dei frammenti di cranio rinvenuti nello skyphos (40.8 g).

< 1 cm2 1 ÷ 3 cm2 > 3 cm2 totale


cranio: numero fr. 169 62 16 247
peso 39,2 g 56,3 g 42,0 g 137,5 g
post-cranio: numero fr. 8025 325 61 8411
peso 569,8 g 372,7 g 216,0 g 1158,5 g
totale: numero fr. 8658
peso 1296,0 g

Tabella 1 - Quantità e peso dei frammenti ossei divisi in classi di grandezza e


tra regione craniale e post-craniale.

Grafico 1: quan-
tità e peso dei
frammenti ossei
nello skyphos e
nell’olletta.
es
tra
tto
Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 175

L’analisi della distribuzione dei resti ossei nei vari livelli, e nei due con-
tenitori, non evidenzia la volontà di separare le ossa della regione cranica da
quelle del tronco e degli arti, che risultano invece mescolate, in proporzioni
variabili, in ciascuno di essi. Non sono state riscontrate sequenze volontarie
nella deposizione dei resti all’interno dei cinerari.
Nel sedimento sono presenti sporadici frammenti di carbone e di mate-
riale vegetale non completamente combusto. Questo dato suggerisce che i re-
sti cremati siano stati raccolti dalla pira con attenzione, altrimenti si sarebbe
riscontrata un’alta percentuale di materiale pertinente alla pira (Mays 1998).
Il sedimento terroso va quindi considerato per gran parte intrusivo. È plausi-
bile che una parte dei resti cremati sia stata collocata all’interno dell’olletta,
non completamente colmata, con l’intento di separarla dalle restanti ceneri,
deposte successivamente nello skyphos. Le motivazioni di questo gesto resta-
no solo ipotizzabili. Data la maggior concentrazione di frammenti pertinenti
alle ossa del cranio all’interno dell’olletta, è possibile che in essa si volessero
raccogliere preferenzialmente i resti di questo distretto. Tuttavia la consi-
stente presenza di ossa della regione post-craniale anche nell’olletta (in tutti
i livelli) potrebbe indicare che la separazione del materiale combusto tra i due
vasi è più legata alla volontà che al risultato ottenuto.
Sia nella regione craniale che post-craniale i reperti presentano colora-
zioni prevalenti che vanno dal grigio al bianco calcinato, in aggiunta ad un
numero poco consistente di frammenti di colore marrone chiaro e nero, come
riportato nel grafico 2. Sono stati effettuati studi sistematici sugli effetti del
fuoco su un corpo umano. Le trasformazioni dell’osso dovute all’azione del
calore sono altamente variabili, ma in linea generale prevedibili: l’anatomia
del corpo umano fa sì che esso tenda ad assumere una medesima postura in
caso di combustione (Fairgrieve 2008; Schmidt - Symes, 2008; Symes et alii
2008). Tra i frammenti identificati, la presenza di almeno tre falangi e di un
frammento di troclea omerale (foto 2) riconduce alla caratteristica postura
pugilistica di guardia, che verrebbe assunta dall’individuo già dieci minuti
dopo l’inizio della cremazione fino all’incinerazione completa dopo 2-3 ore a
una temperatura tra i 670 e gli 810° C (Bohnert - Rost - Pollak 1998).

Fig. 2 - Troclea
omerale e fa-
langi.
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176 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Fig. 3 - Fratture concoidi su due Fig. 4 - Fratture a mosaico (effetto “LD”)


campioni di diafisi. tipiche di superfici convesse o sferiche.

L’osservazione delle superfici ossee dei frammenti esaminati mette in


evidenza la presenza di fratture concoidi (Fig. 3), una serie di fratture di for-
ma semilunata o sinuosa con andamento parallelo, generate da una prolun-
gata esposizione al calore (Reverte Coma 1996). Sono state riscontrate anche
fratture di tipo trasversale, la cui presenza indica che l’osso, al momento della
combustione, era ancora ricoperto da tessuti molli (Rubini - Andreini 1990).
A carico di alcuni frammenti che presentano una superficie convessa o
sferica, l’azione del fuoco si è manifestata sotto forma di un mosaico di piccole
fratture poligonali della superficie ossea (Fig. 4), noto come effetto “LD” ovve-
ro “Laguna Desecata” (Reverte Coma 1996).
Un ulteriore effetto riscontrato nel campione in oggetto è il cosiddetto
“effetto sandwich” (Fig. 5), che si manifesta con una colorazione differente
tra il tavolato interno ed esterno e lo strato diploico, nel caso del cranio, o tra
la porzione di compatta e quella midollare nelle diafisi delle ossa lunghe. La

Grafico 2 -
Pe r c e n t u a l e
delle altera-
zioni croma-
tiche presen-
tate dal ma-
teriale esami-
nato.
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tra
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 177

corticale presenta un colore tra il grigio


chiaro e il bianco, mentre la componente
spugnosa assume un colore grigio o nero.
Questo effetto dimostra un’intensa com-
bustione (Porro 1994) e la presenza di
materiale organico.Sui resti animali è
stata osservata una variazione cromati-
ca prevalentemente grigio chiaro ricon-
ducibile, in linea generale, a quella ri-
scontrata nelle ossa umane, a conferma
del medesimo grado e della contempora-
neità del processo di combustione.

I frammenti di radici dentarie rin-


venuti sono stati analizzati allo stereo-
microscopio al fine di accertarne la na-
tura umana e tentarne l’identificazione.
Fig. 5 - Frammenti ossei con ca- Tre di questi, provenienti dal sedimento
ratteristico “effetto sandwich”. dell’olletta, presentano numerose linee
di cracking (effetto “LD”) su tutta la su-
perficie e un’alterazione cromatica tendente al grigio scuro (Fig. 6).
Le alte temperature raggiunte nell’incinerazione consentono general-
mente la sopravvivenza dei soli molari, maggiormente protetti nel volume del
cranio rispetto ai denti anteriori, dunque i tre frammenti di radice sono stati
ricondotti al numero minimo di un dente molare. Sono stati posti confronti con
un primo molare mascellare attribuibile al genere Lupus e un secondo molare
del mascellare destro umano. Le radici del dente animale, a un primo impatto
simili a quelle in esame, risultano maggiormente schiacciate e di dimensioni
minori. Al contrario, le radici del molare umano si prestano a una comparazio-
ne più soddisfacente, come mostrato nella Fig. 7. Qualora le tre radici appar-

Fig. 6 - Particola-
re dei frammenti
di radice dista-
le (a sinistra;
ingrandimento
16x), mesiale
(al centro; 25x)
e linguale (a de-
stra; 25x) del
presunto mola-
re, con evidenza
delle fratture e
delle alterazioni
cromatiche.
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178 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Fig. 7 - A) frammen-
ti di radice confron-
tati con il molare di
Lupus (a sinistra) e
quello umano (a de-
stra); B) confronto
con la radice lingua-
le; C) confronto con
la radice distale; D)
confronto con la ra-
dice mesiale; E) vista
in norma superiore
delle radici rinvenu-
te e in norma infe-
riore del molare di
confronto.

tengano al medesimo dente, come ipotizzato, il confronto con il molare destro


superiore permetterebbe di identificare il dente in frammenti come il suo cor-
rispettivo sinistro. Un ulteriore frammento di radice, rinvenuto nel sedimento
dello skyphos (livello inferiore “presso il piede dell’olletta”), si differenzia dagli
altri per un’alterazione cromatica tendente al bianco. Questo permette di ipo-
tizzare che si tratti di un frammento di dente monoradicolare, presumibilmen-
te un incisivo o un canino che, sottoposto a temperature più elevate durante il
processo di combustione, ha assunto un aspetto calcinato (Fig. 8).
Tra i frammenti del cranio identificati, due in particolare sono degni di
nota (Fig. 9). Uno di essi, rinvenuto nel livello superiore dello skyphos, risul-

Fig. 8 - Frammento di radice calcina- Fig. 9 - Due frammenti contigui del-


ta di incisivo o canino visto in sezio- la cresta frontale sottoposti a diffe-
ne trasversale (ingrandimento 16x). renti gradi di combustione.
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 179

ta fortemente combusto (tonalità grigio chiaro) mentre l’altro, proveniente


dal sedimento dello skyphos presso il piede dell’olletta, ha subito una minore
esposizione al calore (colorazione marrone chiaro). I due frammenti risultano
essere contigui e pertinenti alla cresta dell’osso frontale. La differente al-
terazione cromatica di una stessa regione, peraltro interna e protetta dalle
ossa facciali, evidenzia che le ossa del cranio si sono frammentate prima di
raggiungere le temperature massime, e che uno dei frammenti è stato proiet-
tato in un punto marginale della pira, meno esposto alle fiamme dirette. Ciò
attesterebbe una probabile esplosione subita dal cranio dell’individuo dovuta
alla pressione esercitata dai fluidi interni a causa delle elevate temperature
di combustione (Rubini - Andreini 1990). La presenza di resti faunistici all’in-
terno dell’olletta solleva dubbi sull’interpretazione della divisione del mate-
riale osseo tra i due vasi. Uno dei frammenti mostra una frattura dal margine
netto probabilmente non causata dalla combustione e compatibile con un in-
tento volontario di porzionamento. Qualora i frammenti ossei animali fossero
riconducibili a resti di un pasto funebre bruciati sulla pira, risulterebbe pro-
blematico comprendere il motivo della loro collocazione all’interno della sola
olletta. Non è tuttavia da escludere la presenza di ossa animali fortemente
frammentate, dunque irriconoscibili, tra quelle rinvenute nello skyphos.
Tra i quattro frammenti
identificati come resti faunistici,
uno in particolare trova un pos-
sibile confronto con una tibia del
genere Lupus, quindi, presumibil-
mente di un cane di piccola-media
taglia (Fig. 10). Se le ossa fossero
di canide, la loro presenza sulla
pira andrebbe ricondotta all’inci-
nerazione di un animale di accom-
pagno. Tuttavia, questa ipotesi
non sarebbe sufficiente a spiega-
Fig. 10 - Il frammento rinvenuto nell’ol- re la commistione di ossa umane
letta a confronto con una tibia sinistra e animali all’interno dell’olletta
di Lupus. (con indubbia prevalenza delle
prime). Altrimenti, si dovrebbe
ammettere che i resti non siano stati raccolti con attenzione, contrariamente
a quanto sembra invece dimostrare, come detto, la trascurabile presenza di
materiale combusto pertinente alla pira.

Conclusioni

La totale assenza di segmenti dello scheletro ripetuti permette di attri-


buire i resti esaminati ad un unico individuo. Il grado di sinostosi delle suture
craniche, inferiore al 50%, e il forame apicale ampio e in posizione centrale
rilevato su un frammento di radice dentale (Fig. 11), dimostrano la giovane età
dell’incinerato, forse di 25-30 anni (Thomas - Moule - Bryant 1993; Peiris et
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180 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

alii 2008). La gracilità e la forma triango-


lare appuntita del mastoide rinvenuto per-
mettono di ipotizzare che l’individuo fosse
di sesso femminile. Trotter e Hixon (1974)
stimano il peso di un adulto incinerato di
sesso femminile attorno ai 1550 grammi
(range 952-2278 g) e intorno ai 2288 gram-
mi per il sesso maschile (range 1534-3605
g), dunque il peso totale del materiale os-
seo esaminato (1296 g) sembrerebbe con-
fermare che si tratti di un singolo indivi-
Fig. 11 - Particolare del forame
duo, probabilmente di una giovane donna.
apicale della radice del presun-
La temperatura di combustione, piut- to molare visto in sezione tra-
tosto elevata, ha determinato una forte sversale (ingrandimento 25x).
frammentazione e deformazione dei resti
scheletrici che ha limitato l’esame antropologico. Tuttavia, l’azione del fuoco po-
trebbe non essere l’unica causa dell’elevata frammentarietà dei reperti. Non è
del tutto da escludere, infatti, un’eventuale attività volontaria di fratturazione
delle ossa combuste per facilitarne l’introduzione nel cinerario.
L’analisi morfologica delle superfici ossee e, nello specifico, delle linee di
“cracking”, induce a pensare che con ogni probabilità la pratica crematoria
sia stata eseguita poco tempo dopo il decesso dell’individuo.
Non tutti i distretti corporei risultano equamente rappresentati. Pre-
valentemente sono presenti frammenti di diafisi e resti cranici, mentre poco
attestati risultano i denti e i frammenti di tessuto spugnoso del bacino e delle
vertebre. Questo è probabilmente dovuto ad una migliore capacità di con-
servazione della corticale delle ossa lunghe e del cranio, rispetto a quella
dell’osso spugnoso. Il cromatismo dei reperti piuttosto omogeneo indica che la
temperatura di combustione raggiunta durante la cremazione doveva essere
molto elevata, con variazioni non particolarmente significative nei diversi di-
stretti scheletrici. Pochi frammenti sono risultati bianchi e quindi esposti a
una temperatura superiore ai 900°C. Nella maggior parte dei casi, sono state
osservate variazioni cromatiche dal grigio scuro al grigio chiaro tendente al
bianco (corrispondenti ad una temperatura compresa tra circa 600°e 900°C).
Solo pochi frammenti sono risultati di colore nero o marrone, ovvero esposti
ad un minor grado o una minore durata del processo di combustione (tempe-
ratura compresa tra circa 300° e 400°C).
Il mancato rinvenimento di corpi vertebrali, di tarsali e metatarsali
e l’alta frammentarietà delle ossa craniche, assieme al grado omogeneo di
combustione dei resti, farebbero supporre che la pratica dell’incinerazione
sia avvenuta su una pira a tre fuochi posizionati in tre punti precisi: cra-
nio, bacino e piedi. Tutti i dati riconducono a una pratica crematoria che si è
protratta per diverse ore, fino al raggiungimento delle più alte temperature.
Per quanto riguarda i resti animali, questi risultano attribuibili con buona
approssimazione a un cane di piccola-media taglia anch’esso incinerato e
deposto in un’olletta all’interno dello Skiphos secondo le modalità illustrate
nello schema 1.
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tto
Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 181

Tabelle riassuntive dei contenuti dello Skiphos e dell’olletta

numero frammenti e peso


SKYPHOS < 1 cm2 1 ÷ 3 cm2 > 3 cm2 Tot.
livello primo
cranio: 5 9 1 15
2,3 g 14,3 g 1,4 g 18,0 g
post-cranio: 635 33 7 675
141,1 g 68,2 g 37,0 g 246,3 g
tot. 690
264,3 g
livello intermedio
cranio 12 - - 12
2,2 g 2,2 g
post-cranio: 946 3 949
80,8 g 1,6 g 82,4 g
tot. 961
84,6 g
livello inferiore “presso il piede dello skyphos”
cranio: 15 - - 15
1,3 g 1,3 g
post-cranio: 2161 2 - 2163
77,8 g 4,9 g 82,7 g
tot. 2178
84,0 g
livello inferiore “presso il piede dell’olletta”
cranio: 20 6 2 28
7,6 g 7,7 g 4,0 g 19,3 g
post-cranio 1038 155 19 1212
72,4 g 140,7 g 55,3 g 268,4 g
tot. 1240
287,7 g
tutti i livelli
cranio: 52 15 3 70
13,4 g 22,0 g 5,4 g 40,8 g
post-cranio 4780 193 26 4999
372,1 g 215,4 g 92,3 g 679,8 g
tot. 5069
720,6 g
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182 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

numero frammenti e peso


< 1 cm2 1 ÷ 3 cm2 > 3 cm2 Tot.
OLLETTA
livello superficiale:
non presenta reperti ossei
livello intermedio
cranio: 69 26 6 101
11,3 g 13,7 g 20,3 g 45,3 g
post-cranio: 2594 60 14 2668
100,5 g 49,2 g 38,6 g 188,3 g
tot. 2769
233,6 g
livello inferiore
cranio: 48 21 7 76
14,5 g 20,6 g 16,3 g 51,4 g
post-cranio: 651 72 21 744
97,2 g 108,1 g 85,1 g 290,4 g
tot. 820
341,8 g
tutti i livelli
cranio: 117 47 13 177
25,8 g 34,3 g 36,6 g 96,7 g
post-cranio: 3245 132 35 3412
197,7 g 157,3 g 123,7 g 478,7 g
tot. 3589
575,4 g

SKYPHOS E OLLETTA
tutti i livelli
cranio: 169 62 16 247
39,2 g 56,3 g 42,0 g 137,5 g
post-cranio: 8025 325 61 8411
569,8 g 372,7 g 216,0 g 1158,5 g
tot. 8658
1296,0 g
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tto
Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 183

alterazioni cromatiche

Skyphos
cranio post-cranio
marrone chiaro 0,00% 0,00%
nero 0,14% 0,06%
grigio 0,95% 90,13%
bianco 0,30% 8,42%

Olletta
cranio post-cranio
marrone chiaro 0,72% 9,70%
nero 0,08% 0,33%
grigio 3,40% 80,90%
bianco 0,72% 4,15%

Totale
marrone chiaro cranio post-cranio
0,30% 4,02%
nero 0,12% 0,17%
grigio 1,96% 86,31%
bianco 0,47% 6,65%
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184 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

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188 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Seconda fase viene posta Terza fase vengono versati i resti


l’olletta nello skyphos combusti della giovane donna nello
skyphos, ma questi interessano anche
Prima fase vengono versati i la superficie dell'olletta precedente-
resti combusti di un animale di mente collocata.
media/piccola taglia, forse un Tutta la terra rinvenuta con i reperti
cane dai confronti effettuati, risulta diversa da quella del sito,
nell’olletta quindi la cremazione è avvenuta in un
altro luogo

Schema 1.

Fig. 1 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Area, fuori del Recinto, Pano-
ramica dal’alto (da Google Earth).
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 189

Fig. 2 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Scavi Pallottino 1951


e scavi Soprintendenza 1990-1997, 2015/2016 (rilievi e composizione
planimetrica da ortofoto di A. Villari: Foto di Severi Soprintendenza
Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma,
la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale).
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190 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Fig. 3 a, b, c - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, aree


varie, cave ancora visibili (Tumulo dell’Affienatora foto
NAAC, Via Sepolcrale foto fratelli A. Alinari; Area del
Complesso delle Cinque Sedie Foto Gar).
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 191

Fig. 4 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Area del “Recinto, grappolo di


tumuletti, tombe a caditoia, a dado.

Fig. 5 - Cerveteri, Necropoli


della Banditaccia, Viale albe-
rato (Foto di E. Caroti).
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192 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Fig. 6 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, planimetria Genio Civile tom-


be esplorate per ampliamento autostrada (Archivio Sbaem).

Fig. 7 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano della Tegola Dipinta,


con Tomba dei Cippi Iscritti (ril. A. Villari).
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 193

Fig. 8 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano della Tegola Dipinta


Tomba dei Cippi Iscritti. Facciata (Foto di M. Benedetti Soprintendenza Ar-
cheologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma, la Provin-
cia di Viterbo e l’Etruria Meridionale).

Fig. 9 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano della Tegola Dipinta,


Tomba dei Cippi Iscritti, pianta e sezione con parte del corredo proveniente dal-
la fossa (ril. A. Villari, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per
l’Area Metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale).
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194 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Fig. 10 - Cerveteri, Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano


delle Onde Marine. Quartiere funerario dall’alto (Foto di Severei So-
printendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropoli-
tana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale).

Fig. 11 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano delle Onde Marine,


planimetria (ril. Alberto Villari).
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 195

Fig. 12 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia Corredo con due cremazioni


dalla Tomba a semidado (Foto M.G. Benedettini).

Fig. 13 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano delle Onde Marine,


planimetria con cava a cielo aperto (Ortofoto georeferita (CNR ITBC Monte-
libretti).
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196 Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

Fig. 14 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano delle Onde Marine,


Tumulo 2488 con “altare” (Foto M.G. Benedettini).

Fig. 15 a - Cerveteri, Necropoli del- Fig. 15 b - Cerveteri, Museo Nazio-


la Banditaccia, Altipiano delle Onde nale cerite urnetta (Necropoli della
Marine Pelta (Foto M.G. Benedetti- Bufolareccia, t. 86 Necropoli della
ni). Bufolareccia Inv. 66768).
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Caere: Una rilettura alla luce dei più recenti scavi 197

Fig. 16 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano delle Onde Marine,


deposizioni rituali entro olle (ortofoto georeferita CNR ITBC Montelibretti).
198

Fig. 17 - Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, Altipiano delle Onde Marine (Modello di elevszione 3 D georeferito scala 1:50
Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente

CNR ITBC Montelibretti).

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SOMMARIO

Antonio Concina
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

Giuseppe M. Della Fina


In ricordo di Giovannangelo Camporeale . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Simonetta Stopponi
Orvieto - Località Campo della Fiera: la scoperta del Fanum
Voltumnae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Paolo Binaco - Claudio Bizzarri


La necropoli di Crocifisso del Tufo a Orvieto: le nuove indagini 37

Luana Cenciaioli
Ricerche archeologiche a Perugia: nuovi dati per la ricostruzio-
ne della città antica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

Mario Torelli - Anna Maria Moretti Sgubini - M. Gilda Bene-


dettini - Patrizia Serafin - Andrea Carini - Giovanni Ligabue -
Nicoletta Perrone
Scavi negli anni Duemila nel santuario capenate di Feronia: un
primo bilancio sullo stato della ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

Maria Letizia Arancio - Marco Pacciarelli - Francesca Adesso -


Francesco Cosimi - Lorenzo Fiorillo - Nicoletta Insolvibile - Pa-
squale Miranda
L’abitato di Sermugnano: scavi sul pianoro (settore 1) . . . . . . . 137
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748 SOMMARIO

Rita Cosentino - Alfonsina Russo Tagliente


Caere: una rilettura alla luce dei più recenti scavi . . . . . . . . . . 163

Vincenzo Bellelli - Daniele Mallardi - Isidoro Tantillo


Cerveteri, area sacra del Manganello: l’organizzazione degli
spazi, l’architettura, gli arredi di culto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199

Laura Maria Michetti - Barbara Belelli Marchesini


Pyrgi, porto e santuario di Caere. Tra conoscenze acquisite e
ricerche in corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245

Giovanna Bagnasco Gianni - Matilde Marzullo - Claudia


Piazzi - Andrea Garzulino
Ricerche nell’area urbana di Tarquinia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281

Flavio Enei
Pyrgi sommersa: i risultati delle nuove indagini subacquee nel
porto dell’antica Caere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343

Andrea Di Miceli - Lucio Fiorini


L’emporion di Gravisca e la sua area sacra . . . . . . . . . . . . . . . . 363

Giuseppe M. Della Fina


Scavare negli archivi: il caso di Vulci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 387

Alfonsina Russo Tagliente - Simona Carosi


Paesaggi vulcenti. Il contributo dei nuovi scavi alla storia di
una metropoli etrusca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403

Giulio Paolucci
La necropoli di Tolle: le indagini più recenti . . . . . . . . . . . . . . . 421

Adriano Maggiani
Un emporikòs oikos a Pisa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 451

Maria Angela Turchetti


Chiusi: nuovi scavi a Poggio Renzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 475

Anthony Tuck
Recent Discoveries at Poggio Civitate (Murlo) . . . . . . . . . . . . . . 511

Simona Rafanelli - Gian Luca Grassigli


Nuove scoperte nella città ellenistica di Vetulonia . . . . . . . . . . 525
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SOMMARIO 749

Luigina Tomay
Dal centro sannitico a Picentia: la necropoli di Pontecagnano in
Via Raffaello Sanzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 561

Luca Cerchiai - Mariassunta Cuozzo - Carmine Pellegrino


Pontecagnano: lo stato delle ricerche e le prospettive future . . 581

Elisabetta Govi
L’area sacra urbana di Marzabotto (R. I, 4-5). Culti e pratiche
rituali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 613

Andrea Gaucci - Giulia Morpurgo - Chiara Pizzirani


Ritualità funeraria in Etruria padana tra VI e III secolo a.C.
Progetti di ricerca e questioni di metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 653

Maurizio Harari
Verucchio: lo stato dell’arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 693

Silvia Paltineri - Mirella T.A. Robino - Elena Smoquina


Il complesso di San Cassiano di Crespino (RO): aspetti culturali
e rapporti con il territorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 707

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