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POPOLI
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Archeologia
Il volume delinea la storia archeologica della Campania dall'età
del Ferro fino alla conquista di Roma (1x-1v sec. a.C.).
È la storia di uno dei territori più felici dell'Italia antica, conteso
per le sue risorse da molti popoli: una terra dalle fertili pianure
agricole, affacciata sul mare, snodo obbligato di una rotta che unisce
la Magna Grecia all'Etruria.
È una frontiera dove si spingono i Greci e gli Etruschi, dove gli indigeni
sanno resistere e, infine, conseguono una supremazia fondata
sulla rivendicazione dell'autocoscienza etnica.
È la regione dove si sviluppa un mondo "meticcio" attraverso l'intreccio
di culture e lingue diverse: un mondo complesso, dominato
da aristocrazie legate da interessi comuni al di là della loro origine,
destinato a esaurirsi sotto la spinta egemonica di Roma.
Correda il testo un ricco apparato iconografico on line.
ISBN 978-88-430-5409-1
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9 788843 054091
€ 18,00
Il volume è corredato
di un apparato di tavole consultabili
on line sul nostro sito Internet,
realizzato da Camune Pellegrino.
Carocci editore
Carocci editore
L'editore è a disposizione per i compensi dovuti agli aventi diritto.
ISBN 978-88-430-5409-1
7
5. L'età di Aristodemo (524-484 a.C.) 87
p. La tradizione storica 87
5.2. Un sistema integrato: miti e tradizioni cultuali 88
5-3. Le élites ellenizzate 91
Bibliografia 137
8
I
9
Gli ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA I.I
Carta della Campania
L'area nolana comunica con la Valle del Sarno, su cui gravita anche il
comparto della penisola sorrentina: al suo interno i centri più rilevanti
sono costituiti da Nocera e Pompei.
Infine, superati lo snodo di Fratte di Salerno e il corridoio della valle
del Fuorni, si apre la piana costiera dell'Agro Picentino, estesa fino alla
destra del Sele e dominata dall'insediamento di Pontecagnano.
Se si addotta la prospettiva di un periplo marittimo, i punti nodali
del paesaggio sono costituiti dai promontori di Punta della Campanella,
doppiato il quale si entra nel Golfo di Napoli, e di Capo Miseno che, con
le isole di Procida e Ischia, chiude il golfo a nord: è il contesto geografi-
co prescelto dai coloni greci che si stanziano prima a Ischia e Cuma, poi
a Napoli.
IO
I. LA GEOGRAFIA DELLA CAMPANIA ANTICA
II
2
2.1
Le dinamiche del popolamento
All'inizio dell'età del Ferro, al passaggio tra il x e il IX secolo a.C., le
componenti del popolamento della Campania antica appaiono ormai
consolidate (TAV. 2.1 online): da un lato, le popolazioni indigene della
"cultura delle tombe a fossa" che adottano il rituale funebre dell'inu-
mazione; dall'altro, comunità di incineratori di cultura villanoviana, la
/acies che contemporaneamente si sviluppa nell'Italia centrale tirreni-
ca e in area padana, nelle regioni interessate in età storica dalla presen-
za degli Etruschi.
Le genti indigene popolano la fascia costiera - dalle pendici del
Massico, a Cuma e alla Valle del Sarno - e la pianura interna a ridosso dei
primi contrafforti appenninici fino al Nolano; una componente distinta
nell'ambito della cultura delle tombe a fossa si attesta nel distretto sud-
orientale della regione, nelle zone interne delle alte valli del Sele e
dell'Ofanto: essa è stata convenzionalmente definita "cultura di Oliveto
Citra-Cairano".
Le comunità villanoviane costituiscono delle enclaves all'interno di
questo popolamento, stanziandosi nella piana del Volturno presso l' anti-
ca Capua, a Pontecagnano, all'estremità settentrionale del Golfo di
Salerno, e a Sala Consilina nel Vallo di Diano.
È probabile che gli insediamenti villanoviani abbiano origine dallo
spostamento di gruppi dall'Etruria meridionale, spintisi a sud alla ricer-
ca di terra da coltivare e di luoghi favorevoli allo scambio: un movimen-
to che può essersi svolto via mare, come si può supporre nel caso di
Pontecagnano, o avere seguito, nel caso di Capua, gli itinerari interni che
collegano il Lazio alla pianura campana attraverso le valli fluviali del
Sacco, del Liri e del Volturno.
In ogni caso, questo fenomeno deve risalire a un momento ancora
iniziale del processo di formazione etno-culturale: così si spiegherebbe
lo sviluppo di caratteri peculiari della cultura materiale che differenziano
il Villanoviano della Campania da quello di Etruria.
13
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
14
2. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
FIGURA 2.1
Capua: il perimetro dell'abitato e le necropoli dell'età del Ferro e dei secoli VI-V a.C.
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.A. Necropoli della prima età del Ferro
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e Necropoli di v1-v sec. a.C. n......r--,
Ferro, ubicato più a nord verso il fiume, in una zona distante dall'abita-
to (località Mattatoio): esso può riferirsi a un villaggio "satellite" succes-
sivamente assorbito dall'abitato principale, ma potrebbe anche connet-
tersi a una prima sede dell'insediamento, modificata già nel corso dell'età
del Ferro, forse per cause di natura ambientale. A tale proposito si può
ricordare come un analogo processo sia stato ricostruito per l'abitato di
Bologna che, al pari di Capua, costituisce un grande insediamento villa-
noviano di pianura.
Indizi di una maggiore complessità delle dinamiche di occupazione
territoriale sono costituiti dall'individuazione mediante ricognizione di
siti protostorici sull'altra sponda del Volturno, a nord-ovest del centro
protourbano, nel settore compreso tra il fiume e il canale Agnena.
Maggiori informazioni si dispongono per Pontecagnano (TAV. 2.2 on
15
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 2.2
Pontecagnano: estensione dell'abitato antico con distribuzione delle aree di necro-
poli
- Ab itato
Necropoli
o 5 10 15 20m
16
2. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
HGURA 2.3
Carta storica recante al centro il Lago Piccolo e, poco più in basso, la laguna dell' Are-
nosola o Lago Grande
17
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 2.4
Cuma: planimetria dell'abitato
Sul mare si impianta l'abitato di Cuma: il sito più rilevante della Campa-
nia indigena, attestato in una formidabile posizione di controllo del
Canale di Procida, snodo obbligato per la navigazione da e verso l'Italia
centrale. L'insediamento occupa il promontorio del Monte di Cuma,
proteso tra una baia sabbiosa e la laguna costiera del Lago di Licola, e si
estende anche all'area pianeggiante alle sue pendici orientali (FIG. 2.4).
Le necropoli delimitano l'abitato a nord e a est: su questo lato esse
sono inglobate all'interno delle mura della colonia greca, insistendo
nell'area in cui si sviluppa prima l'agorà e poi il Foro di età romana.
Una situazione molto articolata presenta il quadro del popolamento
nella Valle del Sarno, incentrato sul rapporto istituito dalle comunità
antiche con il fiume (FIG. 2.5).
Una vocazione insediativa non molto diversa da quella di Cuma
inizia a delinearsi per il primo insediamento di Pompei, dove recentissi-
me indagini di carattere sistematico hanno identificato l'esistenza di un
nucleo della prima età del Ferro sul pianoro successivamente occupato
18
2. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
FIGURA 2.5
La Valle del Sarno
r V.
GOLFO DI NAPOLI
GOLFO DI SALERNO
dalla città di epoca storica. Questo era costituito da una sorta di promon-
torio formato da un antico cono vulcanico, proteso su un paesaggio lagu-
nare, formato dalla confluenza a mare del Sarno: il sito era attestato a
controllo di un antico itinerario che dall'interno conduceva alla costa,
inglobato nella Pompei di età storica nella cosiddetta "via Stabiana".
In un paesaggio lagunare si colloca anche il già ricordato villaggio in
località Longola di Poggiomarino. Si tratta di un insediamento fluviale
che si sviluppa sui diverticoli del Sarno, sfruttando isolotti formati dallo
scorrimento del fiume, consolidati con argini fatti di pali e fascine
(TAV. 2.3 online). Le capanne erano in legno, di forma rettangolare e
absidata, ed erano soggette a continui interventi di manutenzione e di
rialzamento dei piani abitativi.
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GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
2.2
Le forme di organizzazione sociale.
La prima fase dell'età del Ferro
20
2. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
21
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Samo, in cui, oltre alla spada e alla lancia, era deposto un carretto ritua-
le a quattro ruote in bronzo.
La tomba si associava a una sepoltura femminile (t. 247) ed entram-
be erano delimitate da un "canale" semicircolare a ferro di cavallo che
forse costituiva l'anello di fondazione di un recinto palificato o di una
sorta di capanna realizzata sopra la tomba: si tratta di una struttura che
marca la piena integrazione sociale del morto all'interno del suo gruppo
e che in questa fase si associa alle sepolture di adulto.
Un non dissimile apparato sormontava a Pontecagnano la tomba
maschile 2145 a incinerazione in fossa: sulla sepoltura era collocata una
piattaforma a ferro di cavallo, perimetrata da conci di tufo che doveva
costituire la pavimentazione di una costruzione con elevato sostenuto da
pali, di cui restavano i fori. La tomba apparteneva a un maschio adulto,
armato di lancia: intorno a essa si aggrega, in un momento avanzato
dell'età del Ferro, un nucleo familiare di sepolture ugualmente eminenti,
una delle quali di un adulto armato di spada, recante nel corredo anche un
vaso con decorazione "a tenda" importato dall'Italia meridionale (t. 2150).
In questa dimensione ideologica che, attraverso la figura del guerriero,
inizia a valorizzare i legami parentelari e le linee di discendenza, si colloca
un eccezionale coperchio di cinerario, decorato sull'apice da una coppia di
figure: un guerriero dotato di elmo e una figura femminile di dimensioni
lievemente maggiori che gli cinge le spalle (TAV. 2.4 online). Difficile sottrar-
si alla suggestione che la scena evochi l'accoglienza del guerriero nell'Aldilà
da parte di una divinità femminile connessa alla sfera della morte.
Se si ci è soffermati sull'emersione di questo primo livello di gerar-
chia, è perché esso offre uno squarcio per comprendere il livello di
sviluppo, le aperture e l'ampia rete di rapporti attivati dalle comunità
protostoriche della Campania con altre regioni dell'Italia antica.
Questa complessa rete di relazioni, mediata da figure che si connotano
come capi militari, sfrutta itinerari interni ma, soprattutto, la via del mare:
si alimenta sulla rotta, percorsa dalle genti indigene ma anche dai Fenici,
che ~isce gli scali della Campania alla Sicilia e all'Etruria tirrenica.
E in tale quadro che si attua il primo incontro con i Greci: la scoper-
ta dell'Occidente tirrenico implica anche la capacità di attrazione susci-
tata dalle comunità locali.
2.3
L'incontro con i Greci.
La seconda fase dell'età del Ferro
Le prime tracce archeologiche di una frequentazione greca in area tirre-
nica precedono la fondazione delle più antiche colonie in Italia meridio-
nale e in Sicilia: si tratta di coppe, prodotte soprattutto in Eubea, ma
anche nelle Cicladi e in Attica, decorate con semicerchi penduli, a
chevrons, a meandro, a uccelli (TAV. 2.5 online).
22
2.. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
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GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
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2. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
FIGURA 2.6
Pontecagnano: un settore della necropoli della seconda fase dell'età del Ferro
25
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 2.7
San Valentino Torio: planimetria della necropoli
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FIGURA 2.8
La necropoli di Gricignano (con le tracce delle fasi precedenti dell'eneolitico e
dell'età del Bronzo)
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28
2. Il. POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
2.4
Le tradizioni antiche sui popoli
Quando i Greci, percorrendo rotte condivise con le navi fenicie, giungo-
no sulle coste della Campania, approdano a una terra sconosciuta: non
desta stupore che, per descrivere il nuovo mondo, essi adottino le coor-
dinate mitiche della geografia di Odissea, l'eroe che, per tornare a Itaca,
deve attraversare Oceano, avventurandosi in un mondo ignoto, popola-
to di mostri disumani ed esseri semidivini.
I marinai euboici riconoscono intorno al Golfo di Napoli le tappe
del viaggio di Odissea: nel promontorio all'estremità della Baia di leran-
to, proteso su un braccio di mare pericoloso per i venti e le correnti, la
sede delle Sirene; nel paesaggio vulcanico dei Campi Flegrei, le porte
dell'Ade presso il Lago d'Averno; più a nord definiscono Circeo il
promontorio che chiude il Golfo di Gaeta.
Non dissimile è la prospettiva mitistorica di uno straordinario
passaggio della Teogonia di Esiodo (vv. 1on-18), databile, probabilmente,
ancora alla fine dell'vm secolo a.C.: in esso Odissea e Circe sono divenu-
ti i genitori di Agrio e Latino che «molto lontano in mezzo ad isole sacre
regnavano su tutti gli illustri Tirreni».
La fonte si colloca nell'orizzonte delle prime frequentazioni euboiche
che culminano con Pitecusa: tradisce una conoscenza ancora incerta
dell'Italia tirrenica, ma, al tempo stesso, registra uno stadio in cui l'incontro
tra i Greci e gli indigeni ha già prodotto il paradigma di un'origine comune.
I popoli dell'Etruria e del Lazio sono descritti come un'unica popo-
lazione che si affaccia su un mare remoto: essi sono chiamati Tirreni, con
una denominazione che successivamente sarà riservata agli Etruschi, ma
i nomi dei re Agrio e Latino rinviano al mondo laziale. Emblematico è il
nome parlante di Agrio che significa il "Selvatico": l'attributo è lo stesso
con cui Omero marca il mostro Polifemo, ma, a differenza del ciclope, il
re di Esiodo, non più nemico di Odissea, ne è diventato il figlio genera-
to con la maga: egli rappresenta un popolo con cui i Greci hanno preco-
cemente imparato a sviluppare rapporti.
Nella stessa cornice odissaica i Greci inquadrano gli Ausoni, da loro
considerati il più antico popolo della Campania. Anche in questo caso le
fonti riportano le origini a un mitico progenitore Auson che dà il nome
all' ethnos: anch'egli, secondo una tradizione risalente a età arcaica, è
figlio di Circe e Odissea, come Agrio e Latino. Ma esiste una tradizione
più antica che collega, sia pure indirettamente, l'eponimo degli Ausoni a
Odissea e, al tempo stesso, la Campania alla Sicilia: in una storia riporta-
ta da Diodoro Siculo (v, 7, 5-6) Lipari è fondata da Liparo, figlio di
Auson, giunto sull'isola dopo essere fuggito dall'Italia per una contesa
con i fratelli. Liparo accoglie Eolo, dandogli in moglie la figlia, e, con
l'aiuto del genero, ritorna in Campania dove fonda un regno a Sorrento:
alla sua morte è onorato con l'istituzione di un culto eroico.
29
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
30
2. IL POPOLAMENTO NELL'ETÀ DEL FERRO (IX-VIII SEC. A.C.)
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GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
32
3
3,1
Il sistema delle gentes e le dinamiche poleogenetiche
33
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 3.1
Capua, Fondo Patturelli: tazza cultuale
34
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
3.2
Le città tirreniche: Pontecagnano e Capua
Come accade contemporaneamente in Etruria, gli insediamenti villano-
viani di Capua e Pontecagnano si trasformano alla fine dell'vm seco-
lo a.C. in comunità di cultura etrusca. Il segno più evidente è costituito
dal dato linguistico che documenta il ricorso molto precoce dell'etrusco
almeno a Pontecagnano: le iscrizioni più antiche risalgono al terzo quar-
to del VII secolo, ma lettere e contrassegni isolati sono già attestati in
contesti della prima metà del secolo.
Questo processo di sviluppo prevede, più chiaramente di quanto si
possa verificare per le comunità indigene, la formazione di aristocrazie
gentilizie.
Che cos'è una gens? Si tratta di una struttura sociale ed economica
di carattere esteso: in essa continua a rivestire un ruolo privilegiato il
gruppo familiare allargato, legato da vincoli di consanguineità, che è,
però, integrato dall'immissione di un ampio stuolo di clientes, caratte-
rizzati da una condizione subalterna intermedia tra l'uomo libero e lo
schiavo.
I clienti forniscono alla gens la forza lavoro essenziale alla sua sussi-
stenza: sono impiegati nelle attività produttive che, grazie al loro appor-
to, possono assumere dimensioni e forme più complesse e, al tempo stes-
so, sono obbligati alla prestazione militare, facendo parte della milizia
gentilizia. I clienti si collocano alla diretta dipendenza del principe, con
un vincolo di solidarietà personale: secondo le fonti latine il principe
vanta su di loro un'autorità simile a quella di un padre (patronus), a riba-
dire il carattere conservatore dell'ideologia gentilizia, che continua a
esprimere il legame di subordinazione sotto forma di un rapporto dina-
tura familiare.
35
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Base economica essenziale della gens è il suo territorio agricolo: l' ager,
la cui proprietà risiede nelle mani del princeps e non può essere fraziona-
ta, pena il suo irreversibile indebolimento. Questo spiega la centralità che
assume la titolarità sancita dalla valorizzazione dei sistemi di discenden-
za, del lignaggio come garanzia della stabilità della formazione sociale:
tale sviluppo è documentato sul piano linguistico dall'introduzione della
formula onomastica a due elementi in cui al nome individuale (il preno-
me), che costituisce il più antico livello di identificazione, si aggiunge
quello della famiglia (gentilizio) trasmesso su base ereditaria.
In Campania la prima testimonianza del nome gentilizio è costituita
da un'iscrizione etrusca di Pontecagnano, proveniente da una sepoltura
di bambino databile nel terzo venticinquennio del VII secolo a.C.
(t. 3509): essa è verosimilmente connessa all'offerta funebre praticata dai
genitori in occasione del funerale del figlio (FIG. 3,2).
A differenza della polis di Cuma, dove il diritto di cittadinanza costi-
tuisce una prerogativa discriminante perché legata alla proprietà della
terra ed è riservata ai Greci, i centri etruschi conservano un carattere
aperto: essi fungono da elemento catalizzatore del popolamento, acco-
gliendo in funzione non subalterna gruppi di origine diversa.
Questa dinamica di attrazione rafforza l'influenza culturale etrusca
nella regione; sul versante opposto, costituisce un formidabile vettore di
sviluppo per la componente indigena che diviene partecipe in forma non
discriminata dei meccanismi di società a elevato grado di complessità.
Pontecagnano rappresenta un esempio chiaro dell'impatto materia-
le suscitato dal processo di ristrutturazione dell'assetto urbano. Alla fine
dell'vm secolo sono abbandonate le necropoli utilizzate nel corso dell'età
del Ferro. La comunità pianifica nuove aree di sepoltura che si dispon-
gono a ridosso del plateau dell'abitato, suddividendosi in due grandi
settori: la necropoli occidentale situata in corrispondenza del centro
moderno e quella orientale, ubicata in località Sant' Antonio.
I sepolcreti occupano le zone di bassura non sfruttate nel periodo
precedente perché solcate da paleoalvei: il loro recupero implica un
intervento di bonifica che, nel caso della necropoli occidentale, prevede
anche il convogliamento delle acque sorgive e di superficie verso il fiume
Picentino.
Le aree funebri sono attraversate da strade che conducono all'abita-
to: tali direttrici condizionano, già da una fase molto antica, l'orienta-
mento delle sepolture.
La ristrutturazione delle necropoli si configura come un'imponente
opera di carattere pubblico. Essa traduce sul piano spaziale la ristruttu-
razione in senso unitario dell'insediamento. Per guadagnare gli spazi
richiesti dalla nuova pianificazione, si attua un intervento di grandi
dimensioni volto al controllo del regime delle acque: un intervento che
richiede mezzi e manodopera ingenti, competenze tecniche e un elevato
livello di organizzazione del lavoro, ma, soprattutto, presuppone l'esi-
36
J. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
FIGURA 3.2
Pontecagnano: l'iscrizione etrusca della tomba 3509
37
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 3.3
Pontecagnano: l'area di capanne nel settore meridionale dell'abitato
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38
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
39
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA3.4
Pontecagnano: necropoli di piazza Risorgimento
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Piazza
Risorgimento
Limiti di scavo
Estensione della necropoli
nell'orientalizzante antico e medio
10 21111
Tombe con iscrizioni
connessi alla sfera del banchetto e al consumo del vino (TAV. 3,2 online).
Nel recinto sono collocati gli elementi connessi al ruolo sociale del prin-
cipe: il carro, le armi, gli strumenti legati al sacrificio, al taglio e alla
cottura delle carni (asce, coltelli, spiedi, alari, pinze per i carboni), i vasi
contenitori di alimenti privilegiati come il vino e il miele. Essi richiama-
no l'autorità del capo che presiede alla difesa e alla riproduzione, accen-
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
FIGURA3.5
Pontecagnano: la tomba 926
41
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
tripode di bronzo: uno dei doni che nell'Iliade mette in palio Achille in
occasione dei giochi funebri in onore di Patroclo.
Un'altra deposizione principesca della necropoli occidentale è costi-
tuita dalla tomba 4461, databile allo scorcio dell'vm secolo e, dunque, di
una generazione più antica rispetto alle tombe 926 e 928. La sepoltura,
pertinente a un maschio adulto, era costituita da una cassa di lastroni: le
ossa erano in parte raccolte in un calderone di bronzo e in una situla,
ugualmente in bronzo, importata dalla città etrusca di Vetulonia, in parte
collocate sul piano di deposizione.
In quest'ultimo caso e nel calderone i resti umani erano frammisti a
quelli di un caprovino. Le ossa non sono cremate, ma scarnificate o
inumate e successivamente deposte in tomba, secondo un rituale di
seppellimento secondario: la loro distribuzione risponde a una logica
selettiva, come prova emblematicamente l'assenza del cranio.
Le strategie di deposizione provano che il morto ha ricevuto un
secondo funerale che ha previsto la traslazione e la ricognizione delle
spoglie: un rituale che a Roma la "Legge delle 12 tavole" limita ai casi di
morte in guerra o all'estero, evidentemente per circoscrivere un uso più
ampio, legato alla volontà aristocratica di reiterare la cerimonia funebre
in quanto strumento della manifestazione del fasto gentilizio.
Il corredo contiene le armi, gli strumenti del sacrificio rappresentati
da ascia e coltello, e un servizio di vasi di importazione: un piatto fenicio,
un aryballos globulare corinzio, un' oinochoe pitecusana e, soprattutto, i
grandi recipienti di bronzo, tra i quali, oltre al calderone e alla situla già
ricordati, una grande anfora biconica di produzione etrusca.
Tuttavia, l'elemento di maggiore rilievo è costituito da una coppia di
maschere equine in lamina di bronzo, decorate con motivi figurati a sbal-
zo, che bardavano i cavalli del carro del principe, forse in occasione della
cerimonia funebre (TAV. 3-3 online). Esse proteggevano integralmente la
testa degli animali, risparmiando la zona degli occhi e imitando l'artico-
lazione delle narici. Le scene raffigurate sono ispirate al mondo della
caccia: l'esemplare meglio conservato presenta, su una faccia, un arciere
che scocca la freccia contro un leone che sta per assalire una capra;
sull'altra figurano una coppia di cinghiali affrontati e un cervo in corsa.
Le maschere sono opera di un artigiano di origine orientale trapiantato
in Etruria: il luogo più probabile di produzione è Vetulonia, in Etruria
settentrionale, da cui proviene anche la situla in bronzo.
Nella necropoli orientale in località Sant' Antonio è invece la figura
femminile a essere investita di un ruolo principesco: celebrata come
perno della continuità della famiglia e della trasmissione ereditaria, riflet-
te un modello ideologico che, come si vedrà, ricorre più ampiamente nel
territorio regionale.
L'esempio più chiaro è rappresentato dalla tomba 2465 a inumazio-
ne, databile alla fine dell'vm secolo a.C. (FIG. 3.6).
La sepoltura, a cassa di lastroni, probabilmente sormontata da un
42
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
FIGURA3.6
Pontecagnano: la tomba 2465
-0,40
43
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
44
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
45
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
3.3
La strutturazione della mesogeia:
Calatia, Nola, Avella
47
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
FIGURA 3.8
Calatia: estensione dell'abitato antico con distribuzione delle aree di necropoli
49
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 3.9
Calatia, tomba 194: il corredo ceramico di tipo greco
r=
rocm
nelle tombe 190 e 194, anche dall'ascia e dallo scalpello. A una specifica
funzione cerimoniale attribuita alla principessa potrebbe, forse, riman-
dare un nucleo resinoso pertinente a una sostanza aromatica simile all'in-
censo o alla mirra, rinvenuto nella sua tomba.
Resti di animali, ovini e maialini domestici, e grandi vasi da derrate
testimoniano la dedica di offerte alimentari, di tipo cruento e incruento.
Nei corredi risalta il servizio per il consumo del vino, formato da
vasi di bronzo e di argilla figulina con decorazione geometrica: i primi
sono costituiti da un' oinochoe nella tomba 190 e da due phialai per liba-
gioni nelle tombe 194 e 201; gli altri formano raffinati servizi da simposio
con esemplari importati da Corinto e, soprattutto, da Ischia o Cuma
(FIG. 3.9).
50
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
3.4
La Valle del Sarno
Non dissimili manifestazioni di un'aristocrazia principesca sono docu-
mentate nella Valle del Sarno.
Nel CAP. 2 si è già ricordato come il territorio riveli una precoce artico-
lazione delle funzioni insediative imperniate sul sito costiero di Pompei,
l'insediamento produttivo di Poggiomarino e i villaggi a spiccata vocazio-
ne agricola della piana. Questa organizzazione diffusa, che lo stato attuale
delle ricerche consente solo di intravedere, non conduce a una forma
accentrata di controllo politico, ma sembra, comunque, implicare un livel-
lo sviluppato delle dinamiche produttive e della gestione delle risorse, che
consente alle comunità indigene di interagire con i coloni greci per il rifor-
nimento dei beni primari di cui hanno bisogno nella fase del loro iniziale
assestamento. Ciò è comprovato dall'arrivo nella Valle del Sarno di una
cospicua quantità di ceramica fine da simposio prodotta a Pitecusa o
Cuma e, in particolare, dal ricorso nelle sepolture più eminenti di prodot-
ti di qualità eccezionale.
Si è già citato il cratere della tomba 168 di San Valentino Torio: esso
fa parte del corredo di una sepoltura femminile situata al centro di un
51
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 3.10
San Marzano, tomba 928: la decorazione dell'olla
settore di sepolture denotate dalla presenza del canale perimetrale; l' as-
sociazione del cratere con una tomba femminile è anomala nel mondo
greco, dove la donna libera non partecipa al simposio, ma non nel
mondo etrusco e laziale, dove l'elemento femminile può essere integrato
nel convivium in funzione non subalterna.
Ancora più indicativo è il rinvenimento nella tomba femminile 928 di
San Marzano, databile verso il 730 a.C., di un'olla in argilla figulina
dipinta con motivi figurati di tipo greco: uccelli, l'"albero della vita" tra
due capri rampanti, nonché una figura femminile con le braccia solleva-
te (FIG. 3.10).
Il vaso è un ibrido, in quanto la forma riprende un tipo ceramico
locale, ma la decorazione deve essere attribuita a un artigiano di Pitecu-
sa: esso costituisce il prodotto di una specifica committenza, elaborato in
funzione della sua destinazione alla comunità indigena.
52
3. LA CAMPANIA DEI PRINCIPI (FINE VIII-VII SEC. A.C.)
53
4
4.1
Il processo di urbanizzazione:
pianificazione degli spazi e nuovi assetti edilizi
All'inizio del VI secolo a.C. nel territorio regionale si verifica una profonda
trasformazione dei modelli insediativi: una decisiva evoluzione in cui
cuhninano le dinamiche poleogenetiche avviate a partire dalla fine dell'VIII
secolo a.C.
Questo salto di qualità consiste nell'urbanizzazione degli insedia-
menti: gli abitati sono interessati da un processo di pianificazione funzio-
nale che comporta la costruzione degli impianti stradali, la distinzione
dei quartieri di abitazione da quelli produttivi e, soprattutto, la definizio-
ne di spazi pubblici, in particolar modo di carattere sacro, dove per la
prima volta è rappresentata la comunità nel suo insieme, in un'identità
politica più ampia di quella gentilizia.
Tale processo non investe soltanto la Campania, ma si attua contem-
poraneamente nelle regioni a più avanzato livello di sviluppo dell'Italia
antica: dall'Etruria al Lazio e a Roma, dove regna la dinastia etrusca dei
T arquini, alla Magna Grecia dove, solo per citare un esempio regionale,
all'inizio del VI secolo, sulla riva sinistra del Sele, è fondata Poseidonia:
l'urbanizzazione segna un progresso strutturale che si consolida attraver-
so l'interazione tra comunità dotate di strutture produttive e forme di
organizzazione sociale non dissimili, fondate sul controllo delle aristo-
crazie.
L'esempio più significativo dei nuovi assetti urbani è costituito dal
quartiere ultimamente messo in luce a Capua, nell'area del cosiddetto
"Siepone", all'estremità nord-orientale della città antica (FIG. 4.1).
Lo scavo ha portato alla scoperta di un settore periferico dell'abitato
arcaico dotato di un impianto regolare organizzato su strade che si incro-
ciano in senso non ortogonale: lungo di esse si dispongono case di forma
rettangolare, di solito a tre ambienti allineati, di cui uno recante il foco-
lare. Le case erano dotate di un'area scoperta con il pozzo e di sistemi di
raccolta delle acque pluviali; esse presentavano un elevato in mattoni
55
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA4.1
Capua: il quartiere arcaico del Siepone
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4.2
Il sistema del sacro
4.3
L'architettura sacra
In Campania settentrionale si sviluppa precocemente un'architettura
sacra di tipo monumentale: i centri propulsori sono Cuma e Capua, lega-
te da un'interazione produttiva in cui non è possibile riconoscere un
ruolo dominante, che travalica i confini etnici.
La documentazione archeologica è costituita quasi esclusivamente
dai resti molto frammentari dei tetti, montati su templi o sacelli costruiti
alla maniera etrusca, con un elevato in mattoni e colonne e trabeazione
prevalentemente lignee: degli edifici è quasi sempre impossibile rico-
struire la planimetria, ma il carattere standardizzato della produzione
delle terrecotte architettoniche, ottenute mediante l'ausilio di matrici,
57
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 4.2
Minturno, santuario di Marica: ricostruzione del tetto della prima fase del tempio
4.4
La città come sistema di consumo, produzione e scambio
59
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
60
4. LA CAMPANIA DELLE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
FIGURA 4.3
Calatia, tomba 22: il corredo ceramico in bucchero
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10cm
w
ca di Pompei. Il riassetto insediativo comporta l'abbandono del sito di
Poggiomarino e dei villaggi agricoli di Striano, San Marzano e San
Valentino Torio: vale a dire, della rete di popolamento risalente all'età
del Ferro, ora assorbita nei centri principali attraverso un processo di
tipo sinecistico.
Non meno interessanti, anche se ancora parziali, sono i dati relativi
all'organizzazione dello spazio agrario che mostra la messa in opera,
dalla fine del VI secolo, di sistemi estesi di divisione dei suoli attraverso
opere di drenaggio e bonifica quali canali e fossati: allo stesso livello
cronologico risale una grande opera di bonifica avviata, secondo le fonti
storiche, a Cuma dal tiranno Aristodemo, che consisteva in un fossato
circolare tracciato intorno al territorio della città.
61
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 4.4
Capua, tomba in località Quattordici Ponti: ipotesi ricostruttiva del carro
4.5
La città come dimensione politica
formato sul nome individuale Marce (latino: Marcus), mentre Volcei può
essere accostato al nome Velcha di una delle grandi famiglie di Tarqui-
nia: del resto, un etrusco chiamato Vulca è menzionato in un'iscrizione
erotica in lingua greca impressa su un vasetto a vernice nera fabbricato a
Poseidonia, ma deposto in una tomba di Fratte alla fine del VI secolo a.C.
(t. 26 del 1963, cfr. infra par. 4.7.5).
I nomi dei due insediamenti forniscono, quindi, un indizio significa-
tivo sulle dinamiche della loro origine, richiamando il ruolo rilevante
svolto da gruppi gentilizi in rapporto alla loro fondazione: nel caso di
Volcei tale dipendenza è ancora più significativa quanto problematica
perché nella storia dell'insediamento non sussistono altre tracce di un
rapporto con gli Etruschi.
Una dimensione politica in cui la comunità cittadina continua a
convivere con altre forme di aggregazione sociale è documentata nella
Tabula Capuana, un eccezionale testo inciso su una lastra di terracotta, in
cui è riportato il calendario liturgico di Capua. Esso è databile intorno al
470 a.C. e rappresenta il più lungo documento etrusco rinvenuto in
Campania (TAV. 4.2 online). Insieme alle cerimonie, alle divinità cui sono
dedicate e alle prescrizioni sulla natura delle offerte, sono menzionate le
componenti della comunità che partecipano ai riti e alle feste: una è la
collettività denominata Velthur, giustamente ricondotta al nome latino
Volturnum attribuito da Livio (IV, 37, 1) a Capua, ma sono anche ricorda-
ti individui, gruppi familiari e gentilizi, a evidenziare un sistema in cui
l'istituzione cittadina non ha ancora conseguito un definitivo primato.
A questi elementi può essere aggiunta una coppa in bucchero rinve-
nuta nella tomba 107 di Nocera, della seconda metà del VI secolo, che
reca una sigla redatta in un alfabeto locale riconducibile a un dialetto
italico presannita, documentato da altre iscrizioni rinvenute nella stessa
Nocera, a Vico Equense e a Sorrento. Nella sigla si è proposto di ricono-
scere l'abbreviazione di teu(tik-) puterem, letteralmente la "coppa
pubblica", con riferimento al termine istituzionale di touto con cui nel
mondo italico è designata la comunità politica: una comunità in grado,
nel caso nocerino, di rivendicare la propria identità attraverso l'adozione
di un sistema scrittorio con un alfabeto "nazionale".
4.6
Il processo di etruschizzazione
66
4. LA CAMPANIA DELLE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
4.7
I centri urbani
4.7.1. CAPUA
68
4. LA CAMPANIA DELLE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
e alla tappe di crescita che i giovani devono superare per diventare adul-
ti. Queste competenze traducono efficacemente il carattere del culto inse-
rito nella cornice naturale del Monte Tifata, boscoso e ricco di acque, in
un paesaggio remoto in cui si avvertiva manifestarsi la potenza divina. La
tradizione antica sottolinea l'antichità del santuario e la sua connessione
con l'esistenza stessa della città, come se ne costituisse una delle radici
sacre. In una leggenda riportata dal poeta latino Silio Italico (Punica, XIII,
n5-37} il culto di Diana è riportato al tempo di Capys, il mitico fondatore
di Capua: a lui la dea dona una cerva bianca, bellissima e mansueta, che
costituisce il pegno del suo favore. Amorevolmente accudito dalle donne
(le "madri"), l'animale vive r.ooo anni in città, ma, quando i Romani la
cingono d'assedio nel 211 a.C., spaventato da una scorreria di lupi fugge
nel capo nemico dove è sacrificato alla stessa Diana: la sua morte conclu-
de il ciclo della città etrusca che è conquistata e distrutta.
Il santuario di Hamae è menzionato nella Tabula Capuana e da Livio
(XXIII, 35) che ne attesta l'esistenza ancora ai tempi della guerra annibali-
ca, nel 215 a.C., quando costituisce il luogo di culto federale, in cui si cele-
bra la festa dell'intero popolo dei Campani. Le cerimonie culminano in
un sacrificio notturno, predisposto dal supremo magistrato della città (il
meddix tuticus): le modalità del rito lasciano intravedere un culto di
carattere ctonio, ambientato in un paesaggio arcano; non a caso le fonti si
riferiscono al santuario solo attraverso la sua collocazione topografica,
senza citare esplicitamente il nome della divinità titolare, forse a causa di
un tabù rituale connesso alla natura del culto.
Dove si trova Hamae? Livio ricorda che il santuario sorgeva a sole
3 miglia da Cuma, nell'immediato entroterra della città greca; in assenza
di scavi sistematici, una suggestione per l'ubicazione del santuario, che
conferma un'ipotesi già avanzata dalla precedente tradizione degli studi,
deriva dal rinvenimento di un frammento architettonico di età arcaica a
Torre San Severino nei pressi di Licola: siamo a una distanza di circa
30 chilometri dalla città etrusca, a riprova della grande estensione del
territorio di Capua, che raggiungeva i Campi Flegrei.
FIGURA 4.5
Cales: l'impianto urbano
tazioni cultuali risalenti a età arcaica; ciò evidenzia una lunga continuità
funzionale nella destinazione degli spazi che mette in luce il valore
normativo rivestito dalla più antica pianificazione urbana.
A Cales una stipe votiva e terrecotte architettoniche di età arcaica sono
state scoperte presso un edificio templare del I secolo d.C. eretto nella zona
forense; a Suessula saggi eseguiti nell'area del Foro hanno messo in luce un
apprestamento rituale, probabilmente div secolo a.C., con resti di sacrifi-
ci di bue, maiale e pecora; a Calatia, infine, l'unica iscrizione etrusca fino-
ra nota proviene da un'area al centro della città dove si è ipotizzata la
70
4. LA CAMPANIA DELLE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
71
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA4.6
Pompei: l'impianto urbano con la distribuzione dei rinvenimenti arcaici
72
4. LA CAMPANIA DELLE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
FIGURA4.7
Pompei, tempio di Apollo: ricostruzione del sistema decorativo
73
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA4.8
Pompei: pianta del tempio del Foro triangolare
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74
4. LA CAMPANIA DELLE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
75
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 4.9
Punta della Campanella:-l'iscrizione rupestre
Traduzione: M. Gavio (figlio di) M., L. Pitachio (figlio di) M. / L. Appulio (figlio di) Ma.,
magistrati del santuario di Minerva/ questo approdo/scalo in appalto/ diedero (e) essi
stessi collaudarono.
VII secolo a.C.: essa rappresenta lo sbocco a mare dei centri della Valle
del Sarno e della mesogeia prima che il consolidamento di Pompei e il
suo assetto portuale ne mettesse in crisi la funzione.
La contrazione della necropoli di Madonna delle Grazie alla metà
del VI secolo segnala un ridimensionamento che sembra innescare la scel-
ta alternativa di puntare allo sfruttamento del retroterra collinare: si
sviluppa, infatti, contemporaneamente, un piccolo insediamento alle
pendici della collina di Casola, a est del!' abitato, documentato da sepol-
ture che durano fino alla metà del v secolo.
Benché non ne sia stato ancora avviato uno studio sistematico, il
popolamento arcaico della penisola sorrentina si delinea come un siste-
ma di comunità indigene dotate di una cultura materiale affine a quella
delle compagini etruschizzate della Valle del Samo e della mesogeia; esse
risultano, al tempo stesso, pienamente inserite nella rete di rapporti
alimentati dal commercio marittimo, in cui svolge un ruolo preponde-
rante l'elemento greco e, in primo luogo, Cuma: basti pensare al segno
monumentale del santuario di Atena a Punta della Campanella.
I corredi tombali offrono un quadro eloquente dell'apertura di
queste comunità, in grado di acquisire beni di lusso di importazione
greca ed etrusca e di promuovere committenze eminenti come quella
segnalata dai capitelli di Vico Equense.
Il sistema degli scali marittimi attira mobilità e, in questa prospettiva,
è interessante il ricorso nelle tombe di Stabiae, Vico Equense e Vietri, ma
anche a Pompei e Fratte, di un tipo di spilla diffuso tra il Sannio e la
Campania settentrionale, che potrebbe costituire l'indizio di un fenome-
no di circolazione esteso alle persone.
Al tempo stesso, il distretto sorrentino matura una specifica identità
culturale e politica che si esprime innanzitutto nel sistema della lingua,
nella già ricordata elaborazione di un alfabeto e un sistema scrittorio
locale, documentato da due iscrizioni paleoitaliche rinvenute a Sorrento
e Vico Equense: il fenomeno è ancora più significativo perché si svilup-
pa nella cornice di una complessa apertura linguistica, segnalata dal
ricorso di iscrizioni etrusche a Stabiae e di dediche in greco (brandion)
apposte su due vasetti di una tomba di bambino nella necropoli del
Deserto presso Sant' Agata sui Due Golfi.
77
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA4.10
Fratte: olpe della tomba 26/i963
Traduzione: Apollodoro ama Ksylla, Vulca sodomizza Apollodoro. Onata ama Nikso,
Ybrico ha amato Parmynio.
79
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
So
4. LA CAMPANIA DEI.LE CITTÀ (VI SEC. A.C.)
81
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 4.11
Pontecagnano: dediche ad Apollo e Manth (santuario meridionale) e iscrizione
amino[- - ]s (santuario settentrionale)
FIGURA 4.12
Pontecagnano: l'impianto urbano
o 100 200m
FIGURA 4.13
Teano, santuario di Fondo Ruozzo: ricostruzione dell'elevato del tempio
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50cm
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
86
5
L'età di Aristodemo
(524-484 a.C.)
5,1
La tradizione storica
5.2
Un sistema integrato: miti e tradizioni cultuali
Perché introdurre Aristodemo in una storia delle genti non greche della
Campania antica? In quanto la sua politica di espansione e sviluppo
accelera le dinamiche di integrazione tra le diverse componenti del
popolamento campano sia sotto l'aspetto produttivo sia per quanto
88
5. L'ETÀ DI ARISTODEMO (524-484 A.C.)
5.Ì:
Le élites e lenizzate
91
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
92
5. L'ETÀ DI ARISTODEMO (524-484 A.C.)
93
6
6.1
Le contraddizioni dello sviluppo.
La chiusura oligarchica
95
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
6.2
La seconda battaglia di Cuma
6.3
Napoli
FIGURA 6.1
Pitecusa: antefissa con testa di gorgone entro nimbo
o 2 4 6 8 10 cm
97
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
6.4
Nola e Nocera:
il processo di "sannitizzazione"
Alla fine del VI secolo il mondo indigeno delle pianure centrali è investi-
to da un profondo rivolgimento culturale e politico. Tale cesura si mani-
festa significativamente a livello linguistico poiché nelle iscrizioni tomba-
li il più antico dialetto paleoitalico è sostituito da testi in lingua sannitica,
ma redatti con l'alfabeto etrusco: essi sono espressione di una compo-
nente italica, la cui presenza è stata connessa al grande movimento di
popolazioni suscitato dalla spedizione contro Cuma del 524 a.C. Come si
è già ricordato, infatti, la coalizione degli Etruschi e dei barbari sembra
penetrare in Campania da sud, attraverso la Valle del Sarno.
Il processo di "sannitizzazione" è registrato nella tradizione storica
che, almeno dalla metà del IV secolo, colloca i Sanniti sulla fascia costie-
ra tra il Golfo di Napoli e il Sele (Pseudo Scilace 11 [GGM I, p. 19]): le
nuove dinamiche del popolamento incidono sulle strutture politiche del
territorio, imprimendo trasformazioni istituzionali riflesse dai nomi
"parlanti" dei principali centri urbani di Nola e Nocera. Entrambi signi-
ficano, infatti, la "Città nuova" nel dialetto osco delle popolazioni itali-
che che, così, rivendicano il primato politico delle origini. Poiché il nome
di Nola è già conosciuto nelle fonti della fine del VI secolo (Ecateo di
Mileto in Stefano di Bisanzio, s.v. Nola), si può supporre che la forma-
zione dei nomi delle due città indigene sia contemporanea e in relazione
diretta con quella di Neapolis, la "Città nuova" dei Greci: rappresenta,
quindi, una formidabile operazione di identità e autonomia, che per la
prima volta si ammanta di colori etnici attraverso l'esibizione della lingua
nazionale.
t>. LA CRISI DELLA CITTA ARCAICA \V SEC. A.C.J
6.5
Le città etrusche
Nel clima di tensioni crescenti alimentato dal tramonto del sistema di
cooperazione delle società arcaiche e dalla conseguente affermazione di
nuove realtà politiche e territoriali, anche le città etrusche avvertono per
la prima volta l'esigenza di rivendicare la loro autonomia ancorandola al
paradigma etnico.
A questo periodo potrebbe risalire la formazione del nome di Tyrse-
ta (Filisto, FGrHist 556 F 42) che designa un insediamento da ubicare
probabilmente nell'Agro Picentino: forse Fratte o Pontecagnano. Il
nome è ricalcato su quello degli Etruschi (Tyrrhenoi/Tyrsenoi) e valoriz-
za un principio di designazione che si richiama alla stirpe, sostituendo la
più antica tradizione toponomastica regionale che deriva da nomi genti-
lizi (Amina ... s/Marcina). Si può supporre che la formazione del nome di
Tyrseta si connetta al processo di ristrutturazione urbana che alla fine del
VI secolo investe Fratte e Pontecagnano e che, nel caso di quest'ultimo
centro, contempla un rituale di fondazione che ne valorizza la matrice
etrusca.
La stessa dinamica può riconoscersi per Capua. Si è ricordato (CAP. 2)
il passo dello storico Velleio Patercolo (1, 7) che riporta due tradizioni
sulla fondazione della città etrusca. Mentre la più antica, discussa in
precedenza, rimanda all'orizzonte mitico della guerra di Troia, la secon-
da, attribuita a Catone, la fa risalire a 260 anni prima della conquista da
parte di Roma: al 471 a.C., se si parte dalla data del 2u a.C., quando
Capua, passata ad Annibale, è espugnata e distrutta da Roma.
L'eco di una rifondazione della città nel corso del v secolo si ritrova
in una breve notizia di Livio (1v, 37), secondo il quale nel 423 a.C. «Voltur-
num, città degli Etruschi, che oggi è Capua, è conquistata dai Sanniti ed è
chiamata Capua dal loro comandante Capi o, meglio, dal nome dell'agro
campestre». Sulla cosiddetta "conquista sannitica" di Capua si tornerà
nel capitolo successivo, ma ora è necessario sottolineare come Livio attri-
buisca alla città il nome etrusco di Volturnum al posto di quello più anti-
co di Capua ricordato dalle fonti alla fine del VI secolo e ripristinato dai
conquistatori italici dopo il 423 a.C. Il nome richiama quello della comu-
nità Velthur citato nella Tabula Capuana e lascia intravedere una soluzio-
ne di continuità negli assetti istituzionali della città antica, che la tradizio-
ne addita come un atto di vera e propria rifondazione.
99
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 6.2
Capua: tomba III in località Quattro Santi (disegno ricostruttivo)
l00
6. LA CRISI DELLA CITTÀ ARCAICA (v SEC. A.e.)
l01
7
La conquista italica
(seconda metà v-1v sec. a.C.)
7.1
Il popolo dei Campani e la conquista di Capua e di Cuma
Diodoro Siculo (Xli 31, 1) riferisce senza ulteriori commenti che nel 438
a.C. «si costituì in Italia il popolo dei Campani». Quale avvenimento si
cela dietro questa breve notizia e chi sono i Campani che innovano il
quadro regionale del popolamento? Non si tratta di un invasore esterno
che irrompe improvvisamente sulla scena, ma della formazione di una
nuova realtà politica all'insegna dell'autocoscienza etnica.
I Campani rappresentano le comunità indigene della pianura solca-
ta dal Volturno che da molti secoli hanno imparato a convivere e con-
frontarsi con gli Etruschi e i Greci in una dinamica di interazione che li
ha portati a raggiungere un elevato livello di maturazione politica. Un
mondo periferico ma profondamente integrato nel sistema produttivo
fondato sull'asse Cuma/Capua, che può garantire la disponibilità di
un'ingente riserva di forzalavoro a un'economia a elevato livello di
sviluppo e, al tempo stesso, fornisce un mercato interno alla circolazione
di merci e artigiani. In esso i meccanismi di controllo si concentrano
nelle mani di un ristretto ceto aristocratico insediato nei centri urbaniz-
zati, ,di cui si conservano le ricche sepolture.
E a questa realtà indigena consolidata e complessa che la politica di
chiusura delle città oligarchiche preclude l'accesso alle fonti di ricchezza,
provocandone una reazione che si concreta nella dimensione politica
dell'etnogenesi: l'identità etnica non si coagula intorno a un progenitore
mitico, ma si identifica nella nozione antagonistica del campus, ovvero
della campagna indigena contrapposta alla serrata discriminante delle
comunità urbane greche ed etrusche.
Nel conflitto che inevitabilmente si produce i Campani trovano un
sostegno all'interno delle stesse compagini di Capua e Cuma nell'ampio
serbatoio di manodopera subalterna e nelle forze produttive messe in
crisi dalla restaurazione oligarchica, cosicché la sua affermazione proce-
de con una progressione inarrestabile: nel 423 a.C. i Campani conquista-
no Capua, nel 421 Cuma.
103
GLI ANTICHI POPOLI OEl.l.A CAMPANIA
FIGURA 7.1
Cuma, tomba dipinta (dipinto)
7.2
La politica di Napoli
105
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
7.3
Gli indicatori archeologici del cambiamento
I06
7. LA CONQUISTA ITALICA (SECONDA METÀ V-IV SEC. A.C.)
107
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
I08
7. LA CONQUISTA ITALICA (SECONDA META V-IV SEC. A.C.J
FIGURA 7.2
Capua: l'impianto urbano e le necropoli di IV secolo a.C.
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Tifatina
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109
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
alla presenza di Era, ovvero scene ricche di simbolismi non facili da scio-
gliere, che alludono a temi propri dell'identità aristocratica: a rituali di
carattere ctonio, al motivo della resurrezione dopo la morte, al mito
dell'autoctonia che acquista un cruciale valore ideologico nel clima di
formazione delle nuove realtà politiche regionali.
Tra le altre, si può citare la scena dipinta su un cratere, raffigurante la
vestizione di un guerriero alla presenza di due donne. La scena riprende
uno schema canonico nella ceramica attica, in cui l'oplita si arma alla
presenza del gruppo familiare, ma sul vaso campano la scena è adeguata
alle coordinate locali: il guerriero indossa una lunga veste e un alto copri-
capo a punta simile a quello calzato da teste votive in terracotta rinvenu-
te nei santuari di Teano e la donna gli porge i calzari al posto dei più
canonici schinieri.
Allo scorcio del v secolo inizia a Napoli una nuova produzione figu-
rata, probabilmente connessa al trasferimento di maestranze attiche: il
fenomeno rientra in quello più ampio della formazione di officine regio-
nali di vasi a figure rosse che dalla seconda metà del v secolo interessa la
Magna Grecia e la Sicilia. La produzione campana si sviluppa per tutto il
corso del IV secolo: essa è stata suddivisa in tre ampie officine localizzate
a Capua e Cuma.
Dopo una fase iniziale in cui nell'iconografia vascolare sono recepiti
complessi temi mitologici, intorno alla metà del IV secolo si consolida un
repertorio figurato più specificamente connesso al patrimonio culturale
locale: predomina allora la celebrazione del guerriero, raffigurato in
combattimento eroico, come cavaliere nello schema del ritorno trionfale
o mentre riceve la libagione funebre appoggiato alla propria stele. Egli
indossa l'armatura sannitica, con l'elmo crestato, il cinturone e la coraz-
za a tre dischi; è accompagnato dalla propria donna che, a sua volta,
veste il costume tradizionale, con velo, copricapo e una mantellina sulle
spalle.
Anche la componente femminile ha, del resto, il diritto alla celebra-
zione della sua immagine: la donna può essere raffigurata come una dea
entro un'edicola sacra, circondata dai segni del suo status e della sua
bellezza.
L'iconografia vascolare esalta, attraverso la valorizzazione dei ruoli,
la centralità della coppia familiare come nucleo portante della famiglia
aristocratica. Secondo una stessa logica, l'ideologia funeraria sottolinea
la distinzione tra sepolture maschili e femminili attraverso il ricorso sele-
zionato nei corredi di marche di genere: gli uomini sono denotati dalle
armi (la cuspide di lancia o di giavellotto, il cinturone e, più raramente, la
corazza) e, in un secondo tempo, da uno strumento come lo strigile,
utilizzato per detergere il corpo dopo gli esercizi della palestra; le donne
ostentano un ricco costume e gli attributi connessi alla cura del corpo:
ornamenti personali, strumenti da toletta come lo specchio, vasi da
cosmesi.
no
7. LA CONQUISTA ITALICA (SECONDA METÀ V-IV SEC. A.C.)
7.4
Mercenari e cavalieri
III
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
112
7. LA CONQUISTA ITALICA (SECONDA METÀ V-IV SEC. A.C.)
FIGURA 7.3
Capua, tomba dipinta: il ritorno del guerriero (disegno)
113
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 7.4
Nola, tomba dipinta, località Cimitile: ricostruzione della sequenza delle scene
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scansione dei ruoli e della classe di età (le donne, l'adulto, il giovane), sia
al segmento maschile dei cavalieri e dei fanti, la cui specifica identifica-
zione attraverso le armi ricorda la logica di distinzione applicata a propo-
sito della "legione linteata".
Nella celebrazione aristocratica dei valori della famiglia un'altra impor-
tante componente del gruppo maschile è costituita dagli anziani, cui sono
riservate le funzioni di consiglio e governo proprie di una età ricca di
saggezza ed esperienza. Una tomba di Capua raffigura l'anziano come un
magistrato: egli è raffigurato seduto in un atteggiamento grave e solenne,
con i capelli grigi incoronati di alloro; nella mano destra impugna un basto-
ne, nella sinistra mostra un anello d'oro segno della sua alta dignità (FIG. 7.5).
In un altro contesto capuano di poco più recente, costituito da una
tomba a carnera articolata con nicchie e colonne dipinte, l'anziano è
raffigurato stante, avvolto nella toga (TAV. 7.7 online): una donna gli
porge una corona e un vaso per libare mentre lungo le altre pareti sono
rappresentate danzatrici e una suonatrice di flauto e uccelli volteggiano
tra le nicchie. La scena ha perduto ogni riferimento a una responsabilità
politica e sottolinea, piuttosto, la connessione con una dimensione
edonistica e raffinata connessa alla sfera di Dioniso.
114
7- LA CONQUISTA ITALICA (SECONDA METÀ V-IV SEC. A.C.)
FIGURA 7.5
Capua: tomba dipinta del "magistrato" (disegno)
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.
115
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 7.6
Cuma: tomba dipinta dall'ex Fondo Correale
u6
8
L'espansione di Roma
(seconda metà IV-III sec. a.C.)
8.1
Le guerre sannitiche
117
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
n8
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA META IV-Ili SEC. A.C.)
8.2
La romanizzazione: rifondazione politica e urbana
L'espansione di Roma segue il duplice binario della conquista militare
e della riorganizzazione istituzionale e amministrativa. Il processo mira
a destrutturare le antiche forme di aggregazione per imporre un nuovo
sistema di gestione e sfruttamento del territorio regionale, senza, tutta-
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
120
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA METÀ IV-lii SEC. A.C.)
FIGURA 8.1
Acerra: l'impianto urbano
GD
o 50 100 100m
121
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA8.2
Sorrento: ipotesi ricostruttiva dell'impianto urbano
L'impianto della piazza risale alla prima metà del III secolo, ma è prece-
duto da una sistemazione monumentale risalente al tempo della civitas
sine suffragio, che introduce un nuovo orientamento e si impernia su un
grande edificio sacro (il cosiddetto "Tempio A") che resta in funzione
solo pochi decenni a causa di un incendio: quando è demolito, i resti
sono scaricati nel podio del nuovo Capitolium che ancora oggi domina
con la sua mole imponente lo spazio forense. L'edificio sacro, di tipo
italico, su podio e con vano frontonale aperto, esibiva un apparato deco-
rativo sontuoso che esaltava i valori della nuova aristocrazia cittadina: nel
fregio dorico in tufo, che sormontava l'architrave, eccezionali metope
dipinte raffigurano una centauromachia (TAV. 8.1 on line), mentre fram-
menti di figure in terracotta maggiori del vero sono, forse, riconducibili
a un gruppo formato da una dea tra i Dioscuri, montato sul tetto in
funzione acroteriale o applicato alla lastra di rivestimento della trave di
colmo. L'eventuale richiamo ai Dioscuri acquisterebbe un preciso signi-
ficato ideologico in quanto i gemelli figli di Giove costituiscono la coppia
divina tradizionalmente protettrice della cavalleria, evocando un para-
digma ideologico connesso alla vittoria militare, che accomuna l'élite
campana dei cavalieri al patriziato di Roma e, come vedremo, all'aristo-
crazia greca di Neapolis.
122
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA METÀ IV-lii SEC. A.C.)
FIGURA 8.3
Pompei, l'impianto urbano: la ristrutturazione della fine del IV secolo
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o 150m
Non meno rilevanti rispetto agli interventi sul tessuto urbano sono le
politiche di riorganizzazione dello spazio agrario: in concomitanza con il
processo di ristrutturazione urbana, Capua, Ca/atta, Suessula, Acerra e
Atella si dotano di nuovi sistemi di suddivisioni della terra risalenti a un
orizzonte di fine IV-III secolo a.C. Essi segnalano l'avvio di uno sfrutta-
mento intensivo della campagna ad opera di fattorie o piccoli villaggi
agricoli, di cui a volte si conservano i nuclei di necropoli: un'occupazio-
ne diffusa a carattere stabile che implica anche la riorganizzazione dei
rapporti di proprietà.
Le stesse dinamiche di sviluppo marcano l'espansione di Roma verso
sud: al passaggio tra rv e III secolo Pompei, Nocera, Sorrento (FIG. 8.2) e,
forse, anche Avella (FJG. 3.7) sono ripianificate secondo il nuovo model-
lo urbano fondato sulla scansione ortogonale delle strade e degli isolati e
la ristrutturazione degli impianti si accompagna alla costruzione o, nel
caso,di Pompei, al rifacimento della cinta muraria.
E naturalmente Pompei il contesto in cui è possibile leggere con
maggiore chiarezza la portata del processo di trasformazione urbana. La
revisione dell'impianto comporta l'adozione di un orientamento diverso:
esso si impernia sulla via Stabiana che diviene il cardine principale inter-
secato dai decumani di via di Nola e via dell'Abbondanza, lungo i quali
si pianifica il settore orientale dell'abitato meno intensamente urbanizza-
to (FJG. 8.3).
123
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
FIGURA 8.4
Pompei, tempio del Foro triangolare: antefisse con teste di Eracle e Atena
Ma anche nei quartieri del settore occidentale (le Regiones VI e VII), gli
scavi hanno messo in evidenza un'intensa ripresa dell'urbanizzazione
dopo la stasi div e IV secolo a.C.: oltre alle case sono attestate strutture di
carattere pubblico, come un edificio per banchetti e il primo impianto
delle Terme Stabiane immediatamente all'esterno della strada anulare
che delimita l'antico quartiere monumentale.
Dati ancora più significativi provengono dai santuari. Sul terrazzo
sud-occidentale del Tempio di Venere, dopo i precedenti di età arcaica,
è costruito un complesso monumentale articolato in più edifici, uno dei
quali connesso all'uso dell'acqua: la funzione sacra dell'area è assicurata
dalla presenza di materiali votivi e da riti di fondazione che prevedono il
consumo di alimenti carnei e di offerte vegetali. In tale apprestamento è
possibile riconoscere un'area consacrata alla dea che in età romana sarà
assimilata a Venere: probabilmente Mefite o l'italica Herentas. Nell'area
del Foro triangolare è rinnovato il tempio di età arcaica, di cui è comple-
tamente rifatto il tetto.
In questa fase diviene esplicito il riferimento ad Atena e Eracle, titola-
ri del culto, le cui teste sono raffigurate sulle antefisse che decorano i lati
lunghi dell'edificio: mentre l'eroe è rappresentato imberbe e con la testa
ricoperta dalla pelle di leone (/eonte), la dea indossa un elmo di tipo frigio,
dotato di un alto cimiero ricurvo: si tratta di un tipo iconografico che
conosce alla fine del IV secolo un'ampia fortuna nel distretto costiero della
Campania meridionale, divenendo - come si vedrà in un paragrafo
successivo- una sorta di "logo" del processo di romanizzazione (FIG. 8.4).
124
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA METÀ IV-lii SEC. A.C.)
Atena ricorre anche in una metopa in tufo, unica superstite del fregio
dorico che ornava l'edificio sacro: secondo un'ipotesi recente, la dea è
raffigurata insieme a Efesto e a un terzo personaggio nudo accanto alla
nave Argo, alludendo alla costruzione della mitica imbarcazione degli
Argonauti (TAV. 8.2 online). Essa è, quindi, venerata nel suo aspetto di
protettrice delle attività artigiane e, soprattutto, della navigazione:
un' Atena marina del tutto congruente con la propensione marinara di
Pompei, che riprende vigore dopo l'inserimento nell'orbita di Roma.
Merita, infine, di ricordare una struttura dalla funzione ancora incer-
ta, rinvenuta sotto l'edificio delle Terme Stabiane: si tratta di un ambien-
te sotterraneo che termina in una camera quadrangolare orientata secon-
do i punti cardinali, come se fosse stata costruita secondo il rituale
religioso dell'inaugurazione. Si è supposto di riconoscere in essa un
templum sub te"is, vale a dire, un vano consacrato al culto ctonio, avver-
tito come un fulcro religioso della comunità, un luogo di comunicazione
tra la città e le sue radici sotterranee nell'Aldilà.
Come nei centri della piana del Volturno, anche a Pompei il riasset-
to urbano si riflette nel territorio: sia nei santuari del quartiere portuale,
dove a Fondo lozzino emerge il culto di Cerere-Ecate e Giove Meilichio
e a Sant'Abbondio quello di Dioniso, sia nell'avvio di un più accentua-
to sfruttamento del paesaggio agrario a nord della città, segnalato, ad
esempio, dalle tracce d'uso agricolo risalenti al IV-III secolo nel fondo in
cui in età repubblicana si inserisce la cosiddetta "Villa Regina" di
Boscoreale.
8.3
Le città alleate
125
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
126
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA METÀ IV-lii SEC. A.C.)
FIGURA 8.5
Teano: l'impianto urbano
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Legenda: 1. teatro; 2. anfiteatro; 3. rocca; 4. museo archeologico; 5. santuario in località
Loreto; 6. quanieri sulla "Trinitàn.
127
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
8.4
La pax romana: Atena Frigia
Nel riassetto monumentale che investe la rete dei santuari spicca la fortu-
na accordata al tipo iconografico di Atena con elmo frigio. Esso ricorre
con frequenza nel repertorio delle terrecotte architettoniche e, in modo
particolare, delle antefisse, secondo una distribuzione che interessa la
fascia costiera: oltre al contesto, già ricordato, del tempio di Foro trian-
golare a Pompei, l'Athenaion di Punta della Campanella, il santuario di
località Privati a Castellammare di Stabia, Fratte, il santuario di Apollo a
Pontecagnano (TAV. 8.4 online). Un esemplare rinvenuto in una fornace
a Pitecusa lascia supporre una mediazione napoletana nell'elaborazione
del prototipo. Atena Frigia è riprodotta anche in statuette votive dedica-
te a Punta della Campanella, e, a Pompei, nei santuari di Foro triangola-
re e in località Bottaro.
La selezione del tipo iconografico ne assicura una specifica pregnan-
za ideologica. Il particolare tipo di elmo denota la dea come un' Atena
troiana, evocando la tradizione mitica che la vede protettrice di Enea
durante il suo viaggio verso il Lazio: è in onore di Atena che l'eroe isti-
tuisce il sacrificio a capo coperto, tipico del mondo romano. L'immagine
della dea rimanda, quindi, alla tradizione delle origini troiane di Roma:
una tradizione che trova un'eco importante in Campania dove, come si è
visto (CAP. 2), sin dal VII secolo a.C. si ambienta una delle tappe della
navigazione di Enea in Occidente e, soprattutto, Capua vanta una fonda-
zione troiana.
Al tempo dell'alleanza sancita dalla civitas sine suffragio la città
campana elabora una propaganda che valorizza le comuni origini con
Roma: secondo la testimonianza di Dionigi di Alicarnasso (1, 73, 3) si
forma una tradizione secondo la quale le due città sono fondate da due
fratelli, Romolo per quando riguarda Roma e Romo per Capua, che
prende nome da Capys, padre di Anchise. Questa tradizione chiarisce le
condizioni politiche e ideologiche su cui si fonda l'elaborazione del tipo
di Atena Frigia in Campania: evocando il paradigma propizio di Enea
negli anni in cui Napoli è integrata tra gli alleati navali di Roma, esso
celebra la dea nel suo rapporto con il mare e la navigazione ed è adotta-
to nella rete dei santuari costieri che scandiscono la rotta verso sud, ora
ripristinata nel quadro di un nuovo ordine politico e militare.
In questa prospettiva acquista una cruciale centralità il culto cele-
brato sul promontorio di Punta della Campanella dove, come si è già
ricordato (PAR. 4.7-4), ancora nel 172 a.C. Roma adempie a un solenne
sacrificio di espiazione in onore di Minerva affinché protegga la flotta
militare.
128
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA METÀ IV-lii SEC. A.C.)
8.5
Dinamiche di destrutturazione: l'Agro Picentino
Il comparto meridionale dell'Agro Picentino reagisce in modo diverso
alle spinte della romanizzazione.
Anche i centri di Fratte e Pontecagnano sono coinvolti dalla ripresa
che si manifesta nella seconda metà del IV secolo: non diversamente dal
resto del territorio regionale la documentazione archeologica mostra un
riassetto delle strutture urbane, come pure la ricezione di modelli cultu-
rali provenienti dall'Italia centrale, esemplificati dalla presenza nei
santuari di entrambi i centri di votivi di tipo medio-italico.
Ciò che differenzia la vicenda insediativa di questo comparto è il
carattere effimero della ripresa: l'abitato di Fratte è abbandonato intor-
no alla metà del lii secolo in favore di una diversa strategia insediativa che
privilegia la zona dell'attuale centro storico di Salerno, presidiata prima
da un centro fortificato (castrum) e poi da una colonia fondata nel
194 a.C. (Livio XXXII, 29, 3-4 e XXXIV, 45, 1-2; Strabone v, 4, 13); a Ponteca-
gnano l'antico centro etrusco-sannitico è sostituito dall'insediamento di
Picentia fondato nel 268 per accogliere una parte della tribù adriatica dei
Picentini deportata dal Piceno ad opera dei Romani.
Le ragioni di questa discontinuità risiedono nella debolezza del
tessuto politico e istituzionale che caratterizza entrambi i centri e non
consente alle comunità locali di superare l'impatto dei processi di
trasformazione.
Il breve rifiorire di Fratte, dopo la prolungata stasi tra il ve il IV seco-
lo, si deve, come in passato, alla sua posizione strategica, a controllo
dello snodo di passaggio costituito dalla Valle dell'Imo, ora rivitalizzato
nel sistema dell'espansionismo romano per garantire le comunicazioni
verso sud e l'interno della Campania. L'importanza della via fluviale è
comprovata dalla ristrutturazione dell'area sacra nella città bassa, alla
confluenza del torrente Grancano con l'Imo, da cui provengono antefis-
se, un modellino di tempio e statue in terracotta riferibili al culto di
Atena.
Il centro è dominato da un ristretto ceto dominante che continua a
valorizzare il sito dell'acropoli, collocando alle sue pendici le proprie
sepolture monumentali. Il fulcro dell'identità culturale e politica del
gruppo è costituito da un edificio con funzioni sacre collocato sulla
sommità della collina, decorato con terrecotte architettoniche dedicate a
Eracle e alle sue imprese: l'elemento più rilevante è costituito da un disco
acroteriale di grandi dimensioni in cui l'eroe strangola il leone nemeo
(TAV. 8.5 online). L'esaltazione di Eracle rappresenta un motivo tradizio-
nale dell'ideologia aristocratica, ma è ulteriormente valorizzato nel
mondo sannitico dove l'eroe diviene oggetto di culto: attraverso le
imprese vittoriose egli funge da modello mitico di un'ideologia incentra-
ta sulle nozioni del valore e della vittoria militare.
129
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Intorno alla metà del III secolo l'abitato entra in una crisi irreversibi-
le: le case sono distrutte e i materiali di risulta gettati in fosse di scarico:
qualche decennio dopo è fondata Salernum, per domare definitivamen-
te un territorio che si era ribellato a Roma al tempo delle guerre di Anni-
bale (219-202 a.C.).
Una non dissimile traiettoria riflette la vicenda di Pontecagnano.
Nella seconda metà del IV secolo si assiste a una serie di interventi
pubblici nell'area dell'abitato dove si procede al rifacimento della forti-
ficazione ad aggere e alla sistemazione dei due santuari. Ma il modesto
livello della cultura materiale che trapela dalle strutture abitative, dalle
offerte e dalle strutture architettoniche all'interno dei santuari e dal tono
delle necropoli esprime l'avvenuto ripiegamento della comunità antica:
la piana costiera del Picentino appare ormai un'area marginale rispetto
alle più vitali correnti di sviluppo, legata a una produzione agricola di
sussistenza e destinata a costituire un serbatoio di manodopera che
alimenta la corrente del mercenariato italico.
Una concreta testimonianza di tale dinamica è offerta dalla tomba
8057, databile al terzo quarto del IV secolo: la sepoltura appartiene a un
adulto che presentava nel corredo due cinturoni di bronzo, uno indossa-
to e l'altro deposto come trofeo, e conservava in bocca, come un vero e
proprio "obolo di Caronte", una moneta d'argento battuta per la comu-
nità sannitica dei Pitanati, ricordata dalle fonti storiche (Strabone v,
4, 12) come una guarnigione mercenaria che presta servizio in favore di
Taranto.
Nella stessa prospettiva è stato ipotizzato che provenissero dall'Agro
Picentino i gruppi di mercenari trapiantati in Sicilia, che coniano mone-
te in bronzo con i nomi dei Tyrrhenoi e dei Sileraioi: il primo, più che
all'etnico degli Etruschi, rimanda alla nozione geografica di Tyrrhenia
che designa la fascia costiera sannitizzata tra il promontorio di Sorrento
e il Sele; il secondo si connette al nome greco del Sele, evocando l'area di
origine del gruppo militare.
Ai Sanniti "tirrenici" stanziati sul Sele può riferirsi, del resto, anche
un frammento del filosofo Aristosseno di Taranto (Fr. 124 Wehrli), ascri-
vibile a un orizzonte di seconda metà del IV secolo a.C., in cui i Tyrrhe-
noi sono considerati, insieme ai Romani, responsabili della "barbarizza-
zione" di Poseidonia: a questo livello cronologico è, infatti, impossibile
che l'etnico possa riferirsi agli Etruschi che, da tempo, non costituisco-
no più la componente culturalmente predominante del popolamento.
La comunità di Pontecagnano entra in crisi nei primi decenni del III
secolo: nell'abitato si registra un generalizzato fenomeno di abbandono
esteso anche al quartiere artigianale e ai santuari. Questi ultimi sono
intenzionalmente smantellati e la loro chiusura è sancita da rituali di
espiazione, segnalati dalla deposizione di offerte votive e dalle tracce delle
cerimonie di desacralizzazione (TAV. 8.6 online). Nel santuario di Apollo
questo passaggio prevede un rito di consacrazione al mondo ctonio che
130
8. L'ESPANSIONE DI ROMA (SECONDA METÀ IV-lii SEC. A.C.)
131
Fonti iconografiche
133
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Fonte: A. Comella, S. Mele (a cura di), Depositi votivi e culti dell'Italia anti-
ca dall'età arcaica a quella tardo-repubblicana, Bari 2005, p. 578.
FIGURA 3.4. Pontecagnano: necropoli di piazza Risorgimento. Fonte: C. Pellegri-
no, La scrittura e l'onomastica in una comunità etrusca di frontiera, in La
colonizzazione etrusca in Italia, Roma 2008, p. 459.
FIGURA 3.5. Pontecagnano: la tomba 926. Fonte: Italia omnium terrarum alumna,
Milano 1988, p. 584.
FIGURA 3.6. Pontecagnano: la tomba 2465. Fonte: M. Cuozzo, Reinventando la
tradizione. Immaginario sociale, ideologie e rappresentazione nelle necropoli
orientalizzanti di Pontecagnano, Paestum 2003, tav. IV.
FIGURA 3.7. Avella: estensione dell'abitato antico con distribuzione delle aree di
necropoli. Fonte: rielaborazione da T. Cinquantaquattro, Rituale funerario e
dinamiche di genere nel mondo indigeno della mesogeia campana: il caso di
Avella, in "AION ArchStAnt", n.s. 13-14, 2006-2007, p. 113.
FIGURA 3.8. Calatia: estensione dell'abitato antico con distribuzione delle aree di
necropoli. Fonte: rielaborazione da E. Laforgia (a cura di), Donne di età
orientalizzante. Dalla necropoli di Calatia, Napoli 1996, p. 21.
FIGURA 3.9. Calatia, tomba 194: il corredo ceramico di tipo greco. Fonte: E. Lafor-
gia (a cura di), Il Museo Archeologico di Calatia, Napoli 2003, p. 150.
FIGURA 3.10. San Marzano, tomba 928: la decorazione dell'olla. Fonte: G. Greco,
F. Mermati, Pitecusa, Cuma e la Valle del Sarno. Intorno ad un co"edo fune-
rario della necropoli di San Marzano sul Sarno, in Across frontiers. Etruscans,
Greeks, Phoenicians and Cypriots. Studies in honour ofDavid Ridgway and
Francesca Romana Se"a Ridgway, London 2006, p. 203.
FIGURA 4.1. Capua: il quartiere arcaico del Siepone. Fonte: V. Sampaolo, La peri-
metrazione di Capua e l'abitato arcaico. Nota preliminare, in La città murata
in Etruria, Pisa-Roma 2008, p. 475.
FIGURA 4.2. Minturno, santuario di Marica: ricostruzione del tetto della prima
fase del tempio. Fonte: C. Rescigno, L'edificio arcaico del santuario di Mari-
ca alle foci del Garigliano: le te"ecotte architettoniche, in "AION ArchStAnt",
XV, 1993, fig. II.
FIGURA 4.3. Calatia, tomba 22: il corredo ceramico in bucchero. Fonte: E. Lafor-
gia (a cura di), Il Museo Archeologico di Calatia, Napoli 2003, p. 171.
FIGURA 4.4. Capua, tomba in località Quattordici Ponti: ipotesi ricostruttiva del
carro. Fonte: V. Bellelli, La tomba principesca dei Quattordici Ponti nel
contesto di Capua arcaica, Roma 2006, tav. XXVII.
FIGURA 4.5. Cales: l'impianto urbano. Fonte: F. Sirano (a cura di), In Itinere.
Ricerche di archeologia in Campania, Cava de' Tirreni 2007, p. 327.
FIGURA 4.6. Pompei: l'impianto urbano con la distribuzione dei rinvenimenti
arcaici. Fonte: F. Pesando, M. P. Guidobaldi, Pompei, Oplontis, Ercolano,
Stabiae, Roma-Bari 2006, p. 19.
FIGURA 4.7. Pompei, tempio di Apollo: ricostruzione del sistema decorativo.
Fonte: S. De Caro, Saggi nell'area del tempio di Apollo a Pompei. Scavi stra-
tigrafici di A. Maiuri nel 1931-32 e 1942-43, Napoli 1986, tav. XXXII.
FIGURA 4.8. Pompei: pianta del tempio del Foro triangolare. Fonte:]. De Waele (a
cura di), Il tempio dorico del Foro tnangolare di Pompei, Roma 2001, p. 130.
FIGURA 4.9. Punta della Campanella: l'iscrizione rupestre. Fonte: M. BonghiJovi-
no, Mitici approdi e paesaggi culturali. La penisola so"entina prima di Roma,
Castellammare di Stabia 2008, p. 43.
134
FONTI ICONOGRAFICHE
135
Bibliografia
RIVISTE
FONTI ANTICHE
137
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
RACCOLTE DI FONTI
Opere generali
SINTESI STORICHE
SINTESI ARCHEOLOGICHE
ATTI DI CONVEGNO
La Campania tra il VI e il /Il sec. a. C., Atti del XIV Convegno di Studi Etruschi e
Italici (Benevento, 1981), Galatina 2002.
La presenza etrusca in Campania meridionale, Atti delle giornate di studio (Saler-
no-Pontecagnano, 1990), Firenze 1994.
Strategie di insediamento fra Lazio e Campania in età preistorica e protostorica,
Atti della XL riunione scientifica dell'Istituto Italiano di Preistoria e Proto-
storia (Roma-Napoli-Pompei, 2005), Firenze 2007.
Gli Etruschi e la Campania settentrionale, Atti del XXVI Convegno di Studi Etru-
schi e Italici (Caserta, Santa Maria Capua Vetere, Capua e Teano, 2007), in
corso di stampa.
BIBLIOGRAFIA
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nia, in Enciclopedia dell'Arte Antica, secondo supplemento, 111, 1995, pp. 291-97.
139
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Sulle più antiche ceramiche di importazione greca: BAILO MODESTI G., GASTALDI P.
(a cura di), Prima di Pithecusa. I più antichi materiali greci del Golfo di Salerno,
Napoli 1999; D'AGOSTINO B., I primi Greci in Etruria, in M. BonghiJovino (a cura
di), Tarquinia e le civiltà del Mediterraneo, Milano 2.006, pp. 335-46.
Su Pitecusa, dopo la monumentale edizione della necropoli di San Montano
di BUCHNER G. et al., Pithekoussai 1, in "MonAnt", serie monografica 4, 1993, è
fondamentale la raccolta di studi pubblicata in Apoikia. Scritti in onore di
G. Buchner, in "AION ArchStAnt", n.s., 1, 1994; per un quadro di sintesi: JANNEL-
LI L., Ischia e Cuma, in E. Greco (a cura di), La città greca antica. Istituzioni, socie-
tà e forme urbane, Roma 1999, pp. 303-2.8. Per alcune proposte di lettura delle
necropoli: CERCHW L., I vivi e i morti. I casi di Pitecusa e Posezdonia, in Confini e
frontiera nella Grecità d'Occidente, Atti del XXXVII Convegno di studi sulla
Magna Grecia (Taranto, 1997), Taranto 1999, pp. 658-70; NIZZO v., Ritorno ad
Ischia. Dalla stratigrafia della necropoli di Pithekoussai alla tipologia dei materia-
li, Napoli 2.007.
Sul caso di Sulcis: RENDELI M., Condivisioni tirreniche, 2, in Aequora, jam,
mare ... Mare, uomini e merci nel Mediterraneo antico, Atti del convegno inter-
nazionale (Genova, 2.004), Borgo San Lorenzo 2.006, pp. 2.38-45.
Sui rapporti tra Cuma e Pitecusa: D'AGOSTINO B., Pitecusa e Cuma tra Greci
e indigeni, in La colonisation grecque en Méditerranée occidentale, Actes de la
rencontre scientifique (Rome-Naples, 1995), Roma 1999, pp. 51-62.; ID., Pithecusae
e Cuma all'alba della colonizzazione, in Cuma, Atti del XLVIII Convegno di studi
sulla Magna Grecia (Taranto, 2.008), in corso di stampa.
Sulla necropoli di Gricignano: DE CARO s., L'Orientalizzante a Gricignano
d'Aversa, in Gli Etruschi e la Campania settentrionale (cit. in CAP. I); una prima
presentazione si trova in LAFORGIA E., Il museo archeologico dell'Agro Atellana,
Napoli 2.007.
Sul territorio di Pontecagnano e, in particolare, sui siti in località Casella e
sul colle di Monte Vetrano: CINQUANTAQUATTRO T., Pontecagnano, II. 6. L'Agro
Picentino e la necropoli di loc. Casella, Napoli 2.001; CERCHIAI L., NAVA M. L., Uno
BIBLIOGRAFIA
scarabeo del Lyre-Player Group da Monte Vetrano, in "AION ArchStAnt", n.s., 15-
16, 2008-09, pp. 97-104.
Sulle fibule da parata campane: CERCHW L., Le fibule da parata di Capua e
Suessula, in L. Pietropaolo, Sformate immagini di bronzo. Il carrello di Lucera tra
VIII e VII sec. a.C., Foggia 2002, pp. 143-7.
Sulla necropoli di Campomarino: DE BENEDITIIS G., Prima dei Sanniti? La
Piana di Bojano dall'Età del Ferro alla Guerre sannitiche attraverso i materiali
archeologici, Campobasso 2005.
3. 2. Le città tirreniche:
Pontecagnano e Capua
Sull'iscrizione della tomba 3509: PELLEGRINO c., COLONNA G., Pontecagnano.
Tomba 3509, scavo del 5/rolr979, in "StEtr", LXV-LXVIII 2002, pp. 384-8 n. 84; DE
SIMONE c., La nuova iscrizione etrusca di Pontecagnano. Quali "atlanti del dono",
e in che senso la più antica menzione (Rasunie) del nome degli Etruschi, in "L'In-
cidenza dell'Antico", 2, 2004, pp. 73-96; sulle iscrizioni etrusche di età orienta-
lizzante: CINQUANTAQUATTRO T., Un nuovo alfabetario dall'Etruria campana:
testimonianze di uso della scrittura a Pontecagnano nel periodo orientalizzante, in
"AION ArchStAnt", n.s., u-12, 2004-05, pp. 155-65.
Sul processo di ristrutturazione dell'abitato di Pontecagnano e delle necro-
poli: Contesto ambientale e dinamiche insediative tra l'Età del Ferro e l'Età
Arcaica (cit. ai PARR. 1.1 e 1.2); PELLEGRINO c., Continuità e discontinuità nelle
necropoli di Pontecagnano, in "AION ArchStAnt", n.s., 6, 1999, pp. 35-49; cuoz-
zo M., D'ANDREA A., PELLEGRINO c., L'insediamento etrusco-campano di Ponteca-
gnano. Metodi di indagine ed elementi di topografia della necropoli e dell'abitato
di età orientalizzante, in Papers o/ Italian Archaeology, 6. Communities and
settlement /rom the neolithic to early medieval period. Proceedings o/ the &h
Con/erence of the Italian archaeology held at the university of Groningen, 2003,
Oxford 2005, pp. 78-85; sull'area di mercato di età orientalizzante: BAILO MODE-
STI G. et al., I santuari di Pontecagnano, in COMELLA A., MELE s. (a cura di), Depo-
siti votivi e culti dell'Italia antica dal'età arcaica a quella tardo-repubblicana, Atti
del convegno (Perugia, 2000), Bari 2005, pp. 575-95 (in part., p. 576: contributo
di A. Lupia).
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
4. I. Il processo di urbanizzazione:
pianificazione degli spazi e nuovi assetti edilizi
Sugli scavi nelle aree del "Siepone" e dell'Alveo Marotta: SAMPAOLO v., La peri-
metrazione di Capua e l'abitato arcaico. Nota preliminare, in La città murata in
Etruria, Atti del xxv Convegno di Studi Etruschi e Italici (Chianciano Terme-
Sarteano-Chiusi 2005), Pisa-Roma 2008, pp. 471-80; REGIS c., L'abitato arcaico di
Capua: Santa Maria Capua Vetere, loc. "Siepone", scavi 2003-05, in Gli Etruschi e
la Campania settentrionale (cit. in CAP. 1); ALLEGRO N., Insediamento arcaico e
necropoli sannitica presso l'Alveo Marotta in Santa Maria Capua Vetere, in
"StEtr", LII, 1986, pp. 514-7.
Sull'architettura sacra: RESCIGNO c., Tetti campani. Età arcaica. Cuma, Pitecusa e
gli altri contesti, Roma 1998; D'AGOSTINO B., CERCHIAI L., I Greci nell'Etruria
campana, in G. M. Della Fina (a cura di), I Greci in Etruria. La colonizzazione
etrusca in Italia, Atti del XI Convegno internazionale di Studi sulla Storia e l'Ar-
cheologia dell'Etruria. (Orvieto, 2003), Roma 2004, pp. 272-7.
Sulla produzione del bucchero: cuozzo M., D'ANDREA A., Proposta di periodiv.a-
zione del repertorio locale di Pontecagnano tra la fine del VII e la metà del v sec. a. C.
alla luce della stratigrafia delle necropoli, in "AION ArchStAnt", XIII, 1991, pp. 47-
114; MINOJA M., Il bucchero del Museo provinciale campano. Ricezione, produzione
e commercio del bucchero a Capua, Pisa 2000; per un inquadramento metodologi-
co allo studio della ceramica comune: CERCHIAI L., Introduzione, in D. Frère (a
cura di), Ceramiche fini a decoro subgeometrico del VI secolo a.C. in Etruria meri-
dionale e in Campania, Atti del seminario (Roma, 2003), Roma 2007, pp. 1-5.
Sulla bonifica di Aristodemo: CERCHIAI L., Il cerchio di Aristodemo, in "AION
ArchStAnt", n.s., 7, 2000, pp. 115-6; sui paesaggi agrari di Suessula, Calatia e
Pontecagnano: GIAMPAOLA D., Appunti per la storia del paesaggio agrario di Acer-
ra, in S. Quilici Gigli (a cura di), Uomo, acqua e paesaggio, Atti dell'Incontro di
studio (Santa Maria Capua Vetere, 1996), Roma 1997, pp. 225-38; Il Museo
Archeologico di Calatia (citato al PAR. 3.3), pp. 11-25 (contributi di S. Quilici Gigli,
C. Rescigno et al.); SANTORIELLO A., ROSSI A., Aspetti e problemi delle trasforma-
zioni agrarie nella piana di Pontecagnano (Salerno): una prima riflessione, in
"AION ArchStAnt", n.s., 11-12, 2004-05, pp. 245-57.
Sui rapporti tra Cuma e i centri etruschi della Campania: D'AGOSTINO B.,
Appunti su Cuma. L'Etruria e l'etruscità campana, in Etruria e Italia preromana.
Studi in onore di Giovannangelo Camporeale, Pisa-Roma 2009, pp. 281-4; sulle dina-
miche del commercio: CERCHW L., Stili e tendenze del commercio corinzio nel basso
Tirreno, in Corinto e l'Occidente, Atti del XXXIV Convegno di Studi sulla Magna
Grecia (Taranto, 1994), Taranto 1995, pp. 614-22; sulla tomba in località Quattordi-
ci Ponti: BELLELLI v., La tomba principesca dei Quattordici Ponti nel contesto di
143
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Capua arcaica, Roma 2006; sul concetto di cultura "meticcia": D'AGOSTINO B., La
Campania e gli Etruschi, in Magna Grecia, Etruschi e Fenici, Atti del XXXIII Conve-
gno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto, 1993), Taranto 1994, pp. 431-48.
Sui nomi di Marcina e Volcei: DE SIMONE c., in "Glotta", LIII, 1975, p. 178; COLON-
NA G., L'Etruscità della Campania meridionale alla luce delle iscrizioni, in La
presenza etrusca in Campania meridionale (cit. in CAP. 1), p. 360; sull'iscrizione
della t. 26 di Fratte: PONTRANDOLFO A., Un'iscrizione poseidoniate in una tomba
di Fratte di Salerno, in "AION ArchStAnt", IX, 1987, pp. 55-63.
Sulla Tabula Capuana: CRISTOFANI M., Tabula Capuana. Un calendario /esti-
vo di età arcaica, Firenze 1995.
Sull'alfabeto paleoitalico di Nocera e l'iscrizione della t. 107: COLONNA G., Le
iscrizioni di Nocera e il popolamento pre- e paleosannitico della Valle del Sarno, in
Italia ante romanum imperium. Scritti di antichità etrusche, italiche e romane (19y8-
1998), III, Pisa-Roma 2005, pp. 1753-72; RUSSO M., Sorrento. Una nuova iscrizione pale-
oitalica in alfabeto "nucerino" e altre iscrizioni dalla Collezione Fluss, Capri 2005.
4. 6. Il processo di etruschizzazione
4.7.1. Su Capua e il territorio, oltre alla bibliografia cit. al PAR. 4.1: SAMPAOLO v.,
Osservazioni sul sistema viario a nord di Capua, in "eA", 39-40, 1996, pp. 1-6; ID.,
Organizzazione dello spazio urbano e di quello extra-urbano di Capua, in La
Forma della città e del territorio, Roma 1999, pp. 139-46; sul santuario di Fondo
Patturelli: GRASSI B., SAMPAOLO v., Terrecotte arcaiche dai nuovi scavi di Fondo
Patturelli a Capua. Una prima proposta interpretativa, in I. Edlund-Berry, G.
Greco,]. Kenfield (eds.), Deliciae Fictiles 3. Architectural Terracottas in Ancient
Italy. New Discoveries and Interpretations. Proceedings o/ the International
Con/erence held at the American Academy o/ Rome, Novembre 2002, Oxford
2006, pp. 321-30; sulle più antiche statue di "madre": M.W., Matres Matutae dal
Museo di Capua, Milano 1989, in part. pp. 107-8; sui culti a Fondo Patturelli e
presso i santuari di Diana Tifatina e Hamae: CERCHIAI L., I santuari, in Gli Etru-
schi e la Campania settentrionale (cit. in CAP. I).
4. 7.2. Su Suessula: Suessula e i nuovi rinvenimenti (cit. ai PARR. 1.1 e 1.2); su Cala-
tia: Il Museo Archeologico di Calatia (cit. al PAR. 3.3); su Cales: I Santuari (cit. al
PAR. 4.7. 1).
144
BIBLIOGRAFIA
archeologiche nell'area vesuviana (cit. ai PARR. 2.1 e 2.2); sulla laguna portuale
CURTI E., Il tempio di Venere Fisica e il porto di Pompei, in Nuove ricerche archeo-
logiche nell'area vesuviana, pp. 47 -60; Io., Spazio sacro e politico nella Pompei
preromana, in M. Osanna (a cura di), Verso la città. Forme insediative in Lucania
e nel mondo italico tra IV e III sec. a. C., Atti delle Giornate di studio (Venosa
2006), Venosa 2009, pp. 49 7 -511.
Sul tempio di Apollo: DE CARO s., Saggi nell'area del tempio di Apollo a
Pompei. Scavi stratigrafici di A. Maiuri nel 1931-32 e 1942-43, Napoli 1986; sul
tempio del Foro triangolare: DE WAELE J. (a cura di), Il tempio dorico del Foro
triangolare di Pompei, Roma 2001 (in particolare: D'AGOSTINO B., Le terrecotte
architettoniche arcaiche, pp. 133-96, per quanto riguarda la ricostruzione dei tetti
delle prime due fasi); sulla documentazione da località Bottaro: o'AMBROSIO A.,
La stipe votiva in !oc. Bottaro (Pompei), Napoli 1984.
145
Gli ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
ZEVI F., Da Dicearchia a Puteoli: la «città del governo giusto», in F. Zevi, Puteoli,
Napoli 1993, pp. n-2, FIG. p. 149; per i confronti cumani: Museo archeologico dei
Campi Flegrei. Catalogo generale I. Cuma (cit. ai PARR. 2.1 e 2.2), pp. 163-7 (contri-
buto di C. Rescigno); sui santuari in area ausone: I santuari (cit. al PAR. 4.7.1); su
Literno: GARGIULO P., Liternum. Materiali dall'abitato, in P. Miniero, F. Zevi (a
cura di), Museo archeologico dei Campi Flegrei. Catalogo generale 3. Liternum,
Baia, Miseno, Napoli 2008, p. 29.
5. I. La tradizione storica
Sul sistema di propaganda del tiranno: I Greci nell'Etruria campana (cit. al PAR.
4.3), pp. 277-9; sul paradigma trionfale di Apollo ed Eracle: D'AGOSTINO B.,
CERCHIAI L., Aspetti della funzione politica di Apollo in area ti"enica, in I culti
della Campania antica, Atti del Convegno internazionale di studi in ricordo di
Nazarena Valenza Mele (Napoli, 1995), Roma 1988, pp. n9-28.
Sulla ceramica a figure nere di Capua: FALCONE L., !BELLI v., La ceramica
campana a figure nere. Tipologia, sistema decorativo, organizzazione delle botte-
ghe, Pisa-Roma 2007.
Sul concetto di crisi come "involuzione" oligarchica: TORELLI M., Storia degli
Etruschi, Roma-Bari 1990, pp. 183-214.
6.3- Napoli
Sulla fondazione di Napoli: GIAMPAOLA D., D'AGOSTINO B., Osservazioni storiche e
archeologiche sulla fondazione di Neapolis, in W. H. Harris, E. Lo Cascio (a cura
di), Noctes Campanae. Studi di storia antica ed archeologia dell'Italia preromana e
romana in memoria di Martin. W. Frederiksen, Napoli 2005, pp. 49-80; sulla
tradizione storica neapolitana: MELE A., Atene e la Magna Grecia, in E. Greco,
M. Lombardo (a cura di), Atene e l'Occidente. I grandi temi, Atti del convegno
internazionale (Atene, 2006), pp. 239-67; ID., Tra subcolonia ed epozkia: il caso di
Neapolis, in M. Lombardo e F. Frisone (a cura di), Colonie di colonie, Atti del
convegno internazionale (Lecce, 2006), pp. 183-201; sugli edifici sacri di Punta
della Campanella e Pitecusa: RESCIGNO c., Tetti campani di età classica, in I culti
della Campania antica (cit. al PAR. 5-2), pp. 129-41.
Sul pr~cesso di sannitizzazione di Nola e Nocera: Le iscrizioni di Nocera e il
popolamento pre- e paleosannitico della Valle del Sarno (cit. al PAR. 4.5).
Sulla crisi delle città etrusche: La Campania: i fenomeni di colonizzazione
(cit. al PAR. 4.7. 5).
7. LA CONQUISTA ITALICA
(SECONDA METÀ V-IV SEC. A.C.)
Sulla formazione del popolo dei Campani: MUSTI D., Per una valutazione delle
fonti classiche sulla storia della Campania tra il VI e il III secolo, e D'AGOSTINO B.,
Greci, Campani e Sanniti: città e campagna nella regione campana, in La Campa-
nia tra il VI e il III sec. a.C. (cit. in CAP. 1), rispettivamente pp. 31-46 e pp. 73-83;
LEPORE E., La tradizione storica delle entità regionali in Italia meridionale, in E.
Campanile (a cura di), Lingua e cultura degli Oschi, Atti del convegno (Pisa,
1984), Pisa 1985, pp. 55-65.
Sulla tomba dipinta di Cuma, con la possibile raffigurazione della legio
linteata: VALENZA MELE N., Una nuova tomba dipinta a Cuma e la Legio Linteata,
in L. Breglia Pulci Doria (a cura di), L'incidenza dell'antico. Studi in memona di
Ettore Lepore, 2, Napoli 1996, pp. 325-60.
Per il livello di distruzione nell'abitato di Cuma: RESCIGNO c., La città prero-
mana, in Museo archeologico dei Campi Flegrei. Catalogo generale 1. Cuma (cit. ai
PARR. 2.1 e 2.2), pp. 157-64.
Sulle emissioni monetali delle comunità campano-sannitiche: CANTILENAR.,
La moneta tra Campani e Sanniti nel IV e III sec. a. C., in Studi sull'Italia dei Sanni-
ti, Roma 2000, pp. 82-9; CRISTOFANI M., Sulla origine della scrittura osco-greca, in
147
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
"StEtr", LXII, 1996, pp. 275-9; PARISE N., Era LAcinia in Campania, in I culti della
Campania antica (cit. al PAR. p), pp. 87-96.
gnano, II. 3. Le nuove aree di necropoli del IV e lii sec. a.C., Napoli 1995;
VISCIONE M., Percorsi stradali e nuclei di sepolture lungo il tracciato autostradale,
in "AJON ArchStAnt", n.s., 11-12, 2004-05, pp. 263-72 (Pontecagnano).
8. 1. Le guerre sannitiche
Per una messa a punto delle coordinate storiche e archeologiche del processo di
romanizzazione: RESCIGNO c., SENATORE F., Le città della piana campana tra IV e fil
sec. a.C., in Verso la città. Forme insediative in Lucania e nel mondo italico tra IV
e m sec. a.C. (cit. al PAR. 4.7.3), pp. 415-62.
Sulla produzione votiva di tipo medio-italico: COMELLA A., Il messaggio delle
offerte dei santuari etrusco-italici di periodo medio- e tardo-repubblicano, in Depo-
siti votivi e culti dell'Italia antica dal!' età arcaica a quella tardo-repubblicana (cit.
al PAR. 3. 2), pp. 47-59.
Sulla ristrutturazione urbana di Cuma, il Foro e il Capitolium: ZEVI F., RESCI-
GNO c., La città di età sannitica: un grande tempio dall'area del futuro foro, in
Museo archeologico dei Campi Flegrei. Catalogo generale 1. Cuma (cit. ai PARR. 2.1
e 2.2), pp. 247-8 con schede alle pp. 249-63.
149
GLI ANTICHI POPOLI DELLA CAMPANIA
Sul tipo di Atena Frigia: CERCHW L. (a cura di), L'iconogra/za di Atena con elmo
frigio in Italia men"dionale, Atti della Giornata di studi (Fisciano, 1998), Napoli
2002.
BIBLIOGRAFIA
151