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9 788815 076502
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ISBN 978-88-15-07650-2
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Introduzione: La storia antica oggi, di Lellia Cracco Ruggini p. 9
1 . Premessa 37
2. Paesaggio reale, paesaggio inunaginario: vicende e contrad
dizioni di una realtà da rileggere 38
2 . 1 . Pace d'Arcadia o sudore di schiavi? 38
2.2. Tirannia dd documento storico? 40
2.3 . Logiche del paesaggio antico 41
2.4. Visibilità del paesaggio antico 42
2.5. Selezione degli eventi: le calamità naturali 43
2.6. Selezione della realtà geografica: i paesaggi <<marginali>> 45
2.7. Selezione della realtà antropica: la demografia e le tec-
niche 46
2.8. Miti da sfatare 49
3. Discipline e tendenze di ricerca 51
3 . 1 . La geografia storica del mondo antico 51
3 .2. La topografia storica 52
3 .3 . Lessicografia e toponomastica 54
3 .4. Sismologia storica 55
4. Bibliografia 56
6 INDICE
1. Premessa 61
2. La nascita dell'archeologia 62
3. Dal tesoro al coccio. La ricerca delle certezze 66
4. Archeologia e storia nel mondo contemporaneo. La scuola
di <<Les Annales>> e la ricerca in Francia 70
5. La <<Nuova Archeologia>> 74
6. Archeologia come storia. L'esperienza italiana 78
7. Archeologia e storia: un nuovo rapporto 81
7 . 1 . Archeologia e storia istituzionale: la nascita di Roma 82
7 .2. Archeologia e storia economica: produzione, mercati e
scambi 84
7 .3. Archeologia e storia sociale: le arti figurative 86
8. Un caso particolare: dall'archeologia cristiana all' archeolo-
gia tardoantica 90
9. La pratica archeologica: ricognizione e scavo 91
9 . 1 . La ricognizione archeologica 91
9.2. Lo scavo stratigrafico 94
10. L'archeologia subacquea 105
11. L'archeometria: scienze applicate e archeologia 106
12. Archeologia e informatica 109
13. Conclusioni 109
14. Bibliografia 1 12
1 . Premessa 121
2 . Le origini della storia e i suoi primi sviluppi in Grecia 122
3 . I Romani e la loro storiografia 133
3 . 1 . Le origini 133
3 .2 . Dai Gracchi alla fine della repubblica 138
3.3. La storiografia latina e greca di età imperiale: dall'età
giulio-claudia ai Flavi 147
3 .4. Dall'impero illuminato all'età <<ferrea>> 154
3 .5. La storiografia tardoantica: pagani e cristiani fra Orien-
te e Occidente 160
4. Bibliografia 166
5 . Appendice 1 83
1. Introduzione 287
2. Il concetto di papirologia 288
3. Papirologia letteraria 290
4. Papiri storici 291
5. Tra storia e microstoria 293
6. L'Egitto dopo i faraoni 297
7. Economia e società 298
8. Archivi 300
9. Vita privata 301
ni di Paolo Orosio) .
Lo storico, oggi, non pretende di arrivare a una conoscenza
obiettiva, esauriente e definitiva del passato, ben conscio che l'indagi
ne conoscitiva è in continuo sviluppo, anche se <<Valida in quanto .
vera>> e <<criticamente elaborata sulla base delle testimonianze perve
nute>>. <<Lungi dal fideismo arbitrario, l'atto di fede dello storico è
razionalmente fondato, ha i suoi preambula fidei>> (così, nel 1962,
Cinzio Violante - grande medievista del nostro tempo - nell'intro
durre La conoscenza storica di Henri-Irenée Marrou - antichista no
tissimo -, pubblicata per la prima volta in francese nel 1954).
sica e cristiana -, che ravvisava nella vita degli stati (o dello stesso
mondo, come in Agostino) uno sviluppo organico attraverso un suc
cedersi d'infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia e morte, come negli
esseri 11111ani; o quella della <<eliminazione dei migliori>> (die Ausrot
tung der Besten), una formula divenuta celebre, che Otto Seeck ela
borò a cavallo fra Otto e Novecento nello spirito scientistico del Po
sitivismo, ritenendo di poter spiegare il progressivo cammino dell'im
pero romano verso il collasso grazie al trasferimento in a111bito socio
logico dei principi evoluzionistici affe1111 ati da Charles R. Darwin nel
la biologia (On the Origin o/ Species, 1858), ribaltati in un secolare
processo selettivo degli elementi più deboli e bastardi della società -
quelli che sanno salvarsi nelle circostanze difficili perché mai si sa
crificano -, fino alla catastrofe conclusiva e alla successiva inversione
di tendenza attraverso l'innesto vivificante dei popoli ger111 anici, vigo
rosi e giovani (un discorso foriero di sviluppi razzisti soprattutto nel
la Germania fra le due guerre).
Lasciati alle spalle il feticismo positivista per i <<fatti accertati>> ,
per il <<come sono andate realmente cose>> (was eigentlich gewesen ist,
secondo un'espressione celebre di Leopold von Ranke, grande stori
co tedesco del secolo XIX ), e quindi anche l'illusione di poter tra
sformare la storia in scienza, si assiste oggi da una parte a un avvici
namento della storia alle scienze esatte e sperimentali grazie ali' ado
zione di tecniche d'indagine e metodologie da queste mutuate: pro
cedimenti informatici complessi, assemblaggio di dati in serie quanti
tative e statistiche, analisi chimiche, petrografiche, polliniche e antro
pometriche (sui resti umani nelle sepolture) , profili climatologici,
prospezioni elettriche e magnetiche, formulazioni matematiche intese
a definire nuovi approcci demografici e modelli socioculturali e so
ciopolitici, archeoastronomia e astronomia culturale (alle importanti
connessioni fra ricerche archeologiche e astronomiche nel 1995 è sta
to dedicato un Convegno dell'Accademia Nazionale dei Lincei): in
somma, tutto il bagaglio messo a profitto soprattutto dalla tecno-ar
cheologia e dall'archeologia sperimentale (si veda infra, il paragrafo
2.2). Per converso, d'altra parte, le scienze si sono avvicinate alle
scienze sociali mettendo a partito la comparazione etnografica, stu
diando la relazione fra culture ed ecosistemi ecc.; e si sono avvicinate
anche alla storia con l'ammissione del principio d'incertezza e d'inde
terminazione: Einstein ha vanificato il culto ottocentesco per le <<leggi
di natura>> .
uno più difficile. E difficile averne uno più bello>> (La mia educazione
sentimentale, a cura di M. Hering Bianco, in <<Rivista storica italia-
na>>, 99, 1987, pp. 674-695 ).
·
3. Bibliografia
Id. , Écrits sur l'histoire, Paris, 1969, pp. 4 1 -83 (trad. it. Milano,
19803 , pp. 57-92).
P. Burke, New Perspectives on Historical Writing, Cambridge, 1991
(trad. it. Roma - Bari, 1993 ) .
A. Cameron, Storia dell'età tardoantica, Milano, 1992.
- The Mediterranean World in Late Antiquity A.D. 395-600, New
York - London, 1993 (trad. it. Genova, 1997).
- Il tardo impero romano, Bologna, 1995 (dall'ed. London, 1993 ).
E. Carr, Sei lezioni di storia, Torino, 1966, giunto alla 17a ristampa
(dall 'ed. London, 1961).
M. Casini, D. Musti, O. Capitani, G. Giarrizzo, voce Storiografia, in
Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. 1979-1992, Quin
ta Appendice (So-Z), Torino, 1975 , pp. 281-299.
M. de Certeau, I.:opération historique, in Faire de l'histoire. I: Nou
veaux problèmes, a cura di J. Le Goff e P. Nora, Paris, 1974, pp.
3-4 1 (trad. it. Torino, 19822).
- I.:invention du quotidien, Paris, 1980.
L. Cracco Ruggini, La storia locale nella storia dell'impero romano, in
La storia locale. Temi: fonti e metodi della ricerca, a cura di C.
Violante, Bologna, 1981, pp. 5 1 -70.
- La fine del/'impero e le trasmigrazioni dei popoli, in La Storia. I
grandi problemi dal Medioevo all'età contemporanea, a cura di N.
Tranfaglia e M. Firpo. II, 2: Il Medioevo. Popoli e strutture politi
che, Torino, 1986, 1988, pp. 1-52 = voi. ripubblicato con aggior
namenti bibliografici, Milano, 1993 . Sono reperibili in tale saggio
tutti i riferimenti bibliografici relativi alla storiografia sul Tardo
Impero, qui trattata al paragrafo 2 .3 .
- !.:insegnamento della Storia Antica, in <<Quale storia insegnare?>>.
Conv. dell'Ist. per le Ricerche di St. Soc. e di St. Rei. di Vicenza e
UCIIM (1 0 maggio 1985) , a cura di S. Alberti e A. Lazzaretto,
Roma, 1987, pp. 18-26.
Tardo Antico e Alto Medioevo: continuità e cesure, in Periodi e
contenuti del Medioevo, a cura di P. Delogu, Roma, 1988, pp.
13-37.
- Il Tardoantico: per una tipologia dei punti critici, in Storia di
Roma, III, 1 (I.:età tardoantica. Crisi e trasformazioni), a cura di
A. Carandini, L. Cracco Ruggini e A. Giardina, Torino, 1993 , pp.
XXX III-XLV.
P. Desideri, La prova nel/'oratoria giudiziaria e nella storiografia nel
mondo antico, in <<Quaderni Storici>>, 29 ( 1 994) , pp. 43 -57 .
A. D'Orsi, Alla ricerca della storia. Teoria, metodo e storiografia, Tori
no, 1996 (scolasticamente utile, con regesto finale - pp. 293-335
- degli storici moderni) .
R. Duncan-Jones, The Roman Economy. Quantitative Studies, Cam
bridge, 1974, 19822.
- Structure and Scale in the Roman Economy, Cambridge, 1990.
34 INTRODUZIONE
1 . Premessa
Si era ormai alla fine della primavera e cominciava l'estate, tutto era in
pieno rigoglio: gli alberi carichi di frutti, i campi ricchi di messi. Dolce il
canto delle cicale, soave il profumo della stagione dei frutti, piacevole il be
lar delle greggi. Era come un canto il placido scorrer dei fiumi, un suono di
flauto lo spirar dei venti tra i pini e pareva che i pomi cadessero a terra
innamorati, e che il sole amante invitasse tutti a spogliarsi (Longo I, xxiii, 1
s., trad. di L. Migotto) .
La poesia dei nomi di uomini e di luoghi è uno dei punti di forza della
poetica greco-romana; quando un poeta narra una leggenda, quando la rias
sume, quando semplicemente vi allude, c'è almeno un particolare che non
omette mai: il nome dei personaggi e del luogo dell'azione [ . . . ] Del resto,
la lettura di una qualsiasi carta geografica basta ad immergerci in una fanta
sticheria senza fondo, se si recitano come in una litania i nomi di paesi
sconosc1ut1.
• •
linsesto. Ma non sempre questi dati sono così leggibili; in alcuni casi
più recenti, grazie all'uso di sofisticate tecniche aerofotografiche, si
sono individuate presunte tracce di divisioni territoriali senza una
conferma effettiva sul ca111p o. La stessa ricognizione sul terreno, af
fidata alla casualità degli affioramenti, non pe1111ette sempre di rico
noscere la natura degli insediamenti. Quando il sito non è stato sca
vato, e non affiorano in superficie che fra111menti cera111ici e laterizi,
si rischia di contenere una situazione territoriale complessa entro
una tipologia ridotta: basandosi su simili tracce affioranti è arduo
distinguere una fattoria da un santuario rurale, o anche da un se
polcreto, né è sempre possibile distinguere la limitatio romana da
catastazioni più recenti. In definitiva, il dialogo tra storici e archeo
logi non può limitarsi alla sfera superficiale del confronto dei risul
tati finali, e necessita di continui stimoli sia sul piano generale che
nei particolari.
In quel tempo, sui territori della Venezia, della Liguria e di altre regioni
d'Italia si scatenò un diluvio di cui non si ritiene esserci stato l'eguale dai
tempi di Noè. Terrèni e fattorie diventarono sassosi magredi. Ci fu gran mo
ria sia di uomini sia di animali. Strade e sentieri vennero cancellati. E tanto
crebbe allora il livello dell'Adige che a Verona sfiorava le finestre superiori
della basilica del beato Zenone martire, fuori mura (Storia dei Longobardi
3 .23 , trad. di E. Bartolini).
attuali, senza però avere gli strumenti statistici per analizzarla con
moderni criteri.
In realtà, gli antichi erano diversi da noi, anche se alcuni aspetti
del loro mondo possono presentare in embrione caratteri analoghi.
L'approccio alle loro civiltà non può quindi essere del tutto <<moder
nista>>, attribuendo magari a Greci e Romani una mentalità economi
ca simile alla nostra, ma neanche <<primitivista>>: gli antichi non ave
vano una mentalità da <<capitalisti>>, ma non per questo vivevano in
un mondo stagnante, dove le ca111pagne non potevano far altro che
ali1nentare le città <<parassite>>.
L'economia antica è stata interpretata in vari modi, talora diver
genti. Da questa varietà di interpretazioni dipendono le analisi demo
grafiche, che dovrebbero aver tanto peso nella storia del paesaggio,
ma in realtà non possono fornire indicazioni precise, a causa della
mancanza di dati n11111erici analizzabili statisticamente. Di fatto, ab
bia111 0 a disposizione una serie di dati raccolti da vari autori, la cui
analisi è però falsata in partenza dal rischio ricorrente per le cifre
riportate dai manoscritti antichi: di fatto, non è mai possibile fidarsi
del tutto di questi dati.
Ma a prescindere dalla validità o meno di questi dati (il cui prin
cipale denigratore fu il <<primitivista>> M.I. Finley), il problema prin
cipale sta nella valutazione del popola111ento delle campagne. Nel
mondo greco, l'antitesi fra Greci e Barbari portava a ignorare la pre
senza di questi ultimi nelle descrizioni storiografiche e letterarie, e
questa mentalità si è perpetuata nei secoli, ben oltre i fasti delle p6-
leis; ancora in età bizantina, si è potuto ritenere che l'Anatolia me
dievale fosse <<spopolata>>, quando in realtà il dato si riferiva alle città
cristiane, e non certo agli invasori turchi, nomadi ma anche cittadini !
I Romani erano meno sciovinisti, ma la loro mentalità classista era
ancor più rigida: in un mondo spesso popolato da schiavi, considera
ti come <<non-persone>>, una campagna in realtà gremita di braccianti
poteva essere considerata come un deserto.
In precedenza, i sistemi <<archeologici>> di calcolo degli abitanti di
una città si limitavano ad accorgimenti arbitrari, quali il conteggio
dei posti a sedere in un edificio di spettacolo; in realtà, un teatro o
un anfiteatro richia111avano anche gli abitanti dei centri limitrofi, e, in
ogni caso, l'edilizia pubblica di una città non coincideva necessaria
mente con la sua densità demografica. Per quanto riguarda le campa
gne, i calcoli erano ancor più arbitrari, in quanto si tendeva a fare il
conteggio dei soli campi coltivabili: la varietà del tipo di insediamen
ti, e la presenza di elementi nomadi anche all'interno di territori
urbanizzati (come nel caso delle transumanze appenniniche, il cui
sviluppo in età imperiale è stato garantito proprio dall'urbanizzazio
ne) limitano fortemente il valore di questi tentativi di calcolo.
Vi sono, poi, altri fenomeni di popolamento o spopola111ento di
cui è difficile tracciare la storia. In territori meno fertili, come i Bal
cani, intere popolazioni migravano da una parte all'altra, spinte dalle
carestie. Altri fenomeni sono legati alle guerre, ma anche alle tecni-
48 GEOGRAFIA E TOPOGRAFIA STORICA
incolto>>, legata più agli sviluppi della moderna politica agraria che
alla riflessione storica sulle campagne antiche. Di questa suggestiva
immagine, nata dal dibattito ill111ninistico, sarebbe utile studiare la
storia, dal Muratori alla letteratura sulle bonifiche, fino alle sue attua
li propaggini, in campo archeologico e topografico. In ogni caso, allo
stato attuale si tratta di un'immagine superata, e uno dei suoi vi·zi
maggiori è quello di separare ulterior111ente il campo epistemologico
antichistico da quello medievistico.
Ora, anche alla luce della forte ripresa degli studi sulla tarda anti
chità, sembra che proprio per il paesaggio non si possa parlare di
taglio netto fra antichità e Medioevo, dato che le sopravvivenze non
sono poche, e spaziano dai resti materiali alla toponomastica alla
stessa mentalità; e tuttavia non si tratta di una continuità trainante
50 GEOGRAFIA E TOPOGRAFIA STORICA
contraddizioni interne.
Tra il 1920 e il 1950 alcuni pionieri, spesso ufficiali d'aviazione, si
interessarono alle tracce archeologiche riconoscibili dall'alto di aerei
o dirigibili. L'inglese John Bradford analizzò così gli insediamenti
protostorici della Puglia, i francesi Poidebard e Jean-Lucien Baradez
si occuparono rispettivamente del limes siriano e del /ossatum Afri
cae, mentre il nostro Giulio Schmiedt si dedicò allo studio genera
lizzato degli insediamenti antichi in Italia. Gli storici, invece, conti
nuarono a seguire le tendenze già tracciate in precedenza, con l'ecce
zione del singolare Emilio Sereni, che si dedicò anzitutto alla que
stione degli insediamenti preromani in Liguria, e successiva111ente ap
profondì le questioni di storia agraria fino a elaborare, nella sua Sto
ria del paesaggio agrario italiano, una sintesi fondamentale.
Rispetto a settori come la medievistica o la storia moderna, però,
gli antichisti giunsero agli studi di storia agraria con un certo ritardo;
la tradizione giuridica tendeva infatti a imporre loro un certo for111a
lismo legato ai testi (come nella Romische Agrargeschichte di Max
Weber) . Ancora oggi, gli storici antichi soffrono di questa difficoltà
di giungere a una sintesi tra gli aspetti archeologico-antiquari e quelli
economico-sociali. E del resto, è patente la difficoltà di collegare la
storiografia politico-istituzionale ai dati tangibili sul territorio.
Solo di recente le nuove metodologie archeologiche hanno per
messo agli storici di rivedere molti pregiudizi sui problemi territoria
li. I siti sono oggi registrati a migliaia, e datati in modo soddisfacente
grazie ai reperti ceramici, ciò che ancora trent'anni fa sarebbe stato
impossibile. Resta il problema di adeguare questi nuovi quadri topo
grafici ad alcune intuizioni forti: ad esempio, senza negare la gran
dezza di Sereni, la sua sintesi risulta oggi datata, in quanto si appog-
54 GEOGRAFIA E TOPOGRAFIA STORICA
ti a famiglie celtiche escono invece in -ago, -igo (ad es. Maniago, Lo
nigo): ma il nome della città di Rovigo deriva dal più tardo nome
germanico Hrodicus. Va da sé che la ricerca toponomastica non può
mai essere condotta su basi empiriche; è necessario disporre del mag
gior numero possibile di <<anelli>> della catena che si può definire par
tendo dal toponimo attuale e risalendo all'indietro, attraverso i docu
menti d'archivio, fino alla realtà antica. La scienza toponomastica va
studiata caso per caso, tenendo conto dell'evoluzione di ogni singolo
territorio: se i toponimi padani in -ano o -igo sono facilmente con
trollabili, la situazione è certamente già più complessa per una realtà
come quella siciliana, dove si è acc11111ulata nei secoli una vera e pro
pria stratificazione di culture. La ricerca toponomastica va quindi af
frontata con ogni possibile cautela, ma può rivelarsi un indicatore
importantissimo per la ricostruzione delle vicende di un territorio
sulla lunga durata.
4. Bibliografia
1 . Premessa
portante fonte documentaria per lo studio della storia antica può es
sere considerata per molti versi assiomatica, è allo stesso tempo vero
che tale assunto è stato, in tempi recenti, sottoposto a tutta una serie
di vagli e di critiche che hanno contribuito a modificare nella sostan
za i termini della questione: la ragione risiede essenzialmente nell' e
voluzione che, a partire dall'ultimo dopoguerra e soprattutto nel cor
so dell'ultimo trentennio, hanno subito le due discipline, ciascuna
delle quali, con tempi e con modalità diverse, ha sottoposto a revisio
ne i propri obiettivi, ridefinendo il campo di ricerca e, di conseguen
za, mettendo in discussione anche quello che sembrava un reciproco
rapporto consolidato e sicuro. Le nuove domande degli storici ri
guardavano essenzialmente il metodo storico e la definizione degli
oggetti della storia, con l'introduzione di nuove tematiche, sociali,
economiche e culturali, accanto alle tradizionali questioni di carattere
istituzionale e politico. D'altro lato l'archeologia, sia pure con un cer
to ritardo, ha attraversato un lungo periodo di travaglio, non scevro
da scissioni interne, da incomprensioni e da vere e proprie crisi d'i
dentità. Ancora oggi non tutti i problemi sono stati risolti e non a
tutti gli interrogativi è stata data una risposta esauriente. Come in un
matrimonio ben riuscito, la scossa si è rivelata però salutare e i due
partner possono ora guardarsi con nuovi occhi e gettare le basi per
un futuro più costruttivo.
2. La nascita dell'archeologia
nuovi dati di scavo. E necessario però aver ben presente che esso
rappresenta un <<evento>>, assai raro a verificarsi nella storia di una
disciplina, legato vuoi all'unicità del materiale, vuoi all'eccezionale
personalità dello studioso, nella cui ricerca risulta difficile scindere
l'apporto oggettivo da quello basato su criteri soggettivi e in larga
misura non teorizzabili: esso rimane quindi per molti versi irripetibile
e, soprattutto, non può costituire un metodo applicabile con i mede
simi risultati ad altre classi di materiale.
La cronologia è a lungo stata - e continua ad essere - uno dei
principali campi di esercizio dell'applicazione archeologica. Si esami
ni un vaso o una statua, si analizzi un monumento architettonico, si
perlustri un sito, si indaghi una sequenza stratigrafica o si ricostruisca
un contesto (vale a dire il quadro d'insieme in cui si inserisce ogni
singolo ritrovan1ento), il corretto inquadramento cronologico costitui
sce senza dubbio un momento del tutto indispensabile nel procedi
mento: in maniera estrema111ente semplificata si potrebbe dire che,
allo stesso modo dell'articolazione di un discorso, in archeologia le
classificazioni del materiale rappresentano la struttura verbale di
base, l'attribuzione cronologica quella grammaticale e la ricomposi-
,
una frequentazione, sia pure intensa, delle coste italiane alla ricerca
di materie prime, soprattutto metalli, ma non ha nulla a che vedere
con fondazioni di carattere coloniale. L'esame dei contesti delle ne
cropoli etrusche (ad esempio a Veio) e campane (a Cuma, a Capua e
a Pontecagnano) della fine del IX e degli inizi dell'VIII secolo a.C.
ha ugualmente rivelato nel corredo di tombe aristocratiche, insieme a
bronzi, armi e gioielli, la presenza di cera111iche greche di fabbrica
zione euboico-cicladica, e ha così dimostrato che, una volta crollato
il mondo miceneo, le medesime rotte erano state riprese da nuove
generazioni di cercatori e mercanti, i quali avevano anticipato e get
tato le basi per la successiva, autentica colonizzazione.
Che tuttavia non si debba procedere con troppa facilità a genera
lizzazioni, in un senso o nell'altro, è dimostrato dall'opposto caso di
Marsiglia, l'antica Massalia, fondata alle bocche del Rodano dai Focei
dell'Asia Minore. Il ritrovamento nei primi scavi di una quantità, sia
pur ridotta, di ceramica greca e orientale, confermando al 600 a.C. la
cronologia tràdita dell'insediamento, aveva fornito lo spunto per
un'interpretazione in chiave <<emporica>>: che la città, cioè, fosse nata
con una netta vocazione commerciale, quale centro di ridistribuzione
delle preziose importazioni greche verso il retroterra celtico e quale
punto di arrivo per la via dello stagno, proveniente dalla lontana Bri
tannia. Gli scavi successivi hanno però modificato i ter111 ini della
questione: calcoli quantitativi effettuati su basi più ampie, relativi ai
primi cinquant'anni di vita della città, ridimensionano la portata del
flusso di ceramica orientale rispetto alle produzioni locali, evidenzia
no una notevole presenza di anfore vinarie etrusche, destinate al con
sumo interno e soprattutto non lasciano scorgere traccia di un parti
colare ruolo distributivo ricoperto in tale periodo da Marsiglia: que
sta sarebbe pertanto nata come colonia di tipo tradizionale, con fina
lità produttive di sussistenza, legate allo sfruttamento agricolo e, in
misura secondaria, alla pesca.
5. La ccNuova Archeologia>>
Nella storia del nostro secolo il 1968 sarà ricordato come l'anno
della grande contestazione. Un movimento di protesta, nato in seno
alle università americane e rapidamente propagatosi su scala mondia
le, sottoponeva a una critica impietosa il sistema globale dei valori
etici, politici ed economici che costituivano il fondamento del mondo
occidentale post-bellico. Anche l'archeologia non rimase immune da
tale terremoto culturale. Non sembra infatti una coincidenza che il
1968, con l'edizione contemporanea di due libri concepiti in forma
indipendente l'uno dall'altro, New Perspectives in Archaeology del
l'americano Lewis Binford e Analytical Archaeology dell'inglese Da
vid L. Clarke, rappresenti l'anno ufficiale di nascita di una corrente
di studi ribattezzata dagli stessi fondatori con il nome di <<New
Archaeology>>.
Il terreno in cui affondano le radici della New Archaeology è co
stituito essenzialmente dal diffuso senso di disagio venutosi a deter
minare nelle scienze umane a seguito dello sviluppo delle scienze
esatte e sperimentali e, più in particolare, dall'atteggiamento ambiva
lente di dipendenza e di rifiuto manifestato dall'archeologia nei con
fronti di tutte le tecnologie che ne costituivano il supporto. Ci si po
neva allora il problema di trasfor111are anche questa in una scienza
esatta, attribuendole un ca111po specifico della conoscenza e un meto
do adeguato, tale da consentirle di abbracciare il proprio ca111po in
forma precisa e rigorosa. L'attributo di <<nuova>>, con cui la disciplina
LE FONTI ARCHEOLOGICHE 75
gli strali più acuti furono indirizzati verso l'archeologia del mondo
classico. La principale accusa rivolta a quest'ultima era di aver dete
nuto un ingiustificato primato all'interno del complesso della disci
plina, monopolizzandone in modo immeritevole la maggior parte del
le energie, nonostante essa si occupasse di un'area alquanto ristretta
(il bacino del Mediterraneo) e di un periodo abbastanza limitato nel
quadro complessivo di uno sviluppo mondiale. In tale settore, più
che in ogni altro, si sarebbe verificato l'asservimento dei dati archeo
logici alla storia: la costante domanda di confern1e e di certezze, ri
volta dalla seconda ai primi, avrebbe fatto sì che le sintesi degli ar
cheologi si presentassero alla stregua di <<storie di imitazione>>, con
esposizioni che della narrazione storica assumevano il taglio e l' aspet
to esteriore e si i·isolvevano nel tentativo di spiegare sia il verificarsi
di un determinato avvenimento, sia il come e il quando ciò fosse av
venuto. In sintesi, per ricordare una citazione di David L. Clarke, di
recente ripresa e accettata anche da un archeologo <<tradizionale>>
come Antony Snodgrass,
il pericolo della narrazione storica come veicolo per risultati archeologici ri
siede nel fatto che essa risulta appagante grazie alla sua copertura scorrevole
e alla sua apparente finalità; viceversa i dati sui quali essa si basa non sono
mai completi, mai in grado di sostenere un'interpretazione univoca e pog
giano su probabilità complesse. I dati archeologici non sono dati storici e
pertanto l'archeologia non è storia.
del volume altro non sembra che una sorta di processo teleologico
preludente al vero della nuova scienza.
Chiunque non sia interessato solo a una difesa aprioristica delle
proprie posizioni potrà valutare la sostanziale sterilità di tale dissidio.
Lo stimolo intellettuale esercitato dalla Nuova Archeologia nei con
fronti di quella tradizionale è stato aperta111ente accolto da alcuni dei
più sensibili esponenti di quest'ultima. Anche quando ciò non è stato
dichiarato in forma esplicita, il lungo dibattito metodologico operato
in seno alla disciplina non ha mancato di far sentire i propri influssi
nell'ampliamento delle problematiche, soprattutto per quanto riguar
da l'approccio di carattere antropologico al materiale archeologico;
nella ricerca di procedimenti più rigorosi in sede teorica, con la riaf
fer111azione indiscussa della nozione di contesto; nell'applicazione più
attenta delle tecniche legate al reperimento dei materiali; nello spazio
sempre maggiore concesso alle scienze applicate, intese come non se
condario strumento di carattere conoscitivo. Dall'altro lato, è soprat
tutto per il suo atteggiamento nei confronti della storia che la Nuova
Archeologia ha mostrato i propri limiti di fondo e ha ricevuto le più
serie obiezioni, sia dall'esterno che all'interno del movimento, dove
non sono mancati richiami recenti (ad esempio da parte di Ian Hod
der) a che essa recuperasse il tradizionale rapporto con quella disci
plina. Chiusa nel suo universo, la Nuova Archeologia ha guardato
solo occasionalmente a quanto avveniva al di fuori e alle nuove espe
rienze che maturavano altrove.
Un esempio che, viceversa, dimostra a qual punto stimolanti e
proficui possano rivelarsi i contatti tra i due mondi è dato da una
serie di studi che hanno per oggetto le necropoli e l'ideologia funera
ria: il tema, com'è noto, costituisce uno dei principali ca111pi cui la
Nuova Archeologia ha rivolto il proprio interesse e nel quale ha svol
to le proprie riflessioni. In un volume dove si tratta della nascita del
lo stato greco, Ian Morris ha ricostruito il processo di formazione
della polis sulla base di un'analisi sistematica ed estremamente sofi
sticata delle necropoli attiche, dal periodo sub-miceneo (il cosiddetto
medioevo ellenico, iniziato intorno al 1 100 a.C.) sino a tutto il perio
do arcaico (fine del VI secolo a.C.) , seguendone le fasi cronologiche
scandite dall'evoluzione degli stili della cera111ica geometrica, protoat
tica e a figure nere e rosse, e registrando tutte le modificazioni strut
turali verificatesi in tale periodo nel costume funerario: la tipologia
della sepoltura, l'uso di segnacoli, l'ubicazione topografica dei cimite
ri e il loro rapporto con l'abitato, l'alternanza del rito dell'inumazio
ne e dell'incinerazione, la posizione del cadavere nella tomba e gli
elementi caratterizzanti del corredo. Il presupposto teorico di un sif
fatto tipo di ricerca risiede nella convinzione che esista una stretta
relazione tra società e sepoltura e che quest'ultima altro non sia se
non l'espressione a livello rituale della struttura sociale: per <<struttu
ra sociale>> si intende il modello ideale e mentale di riferimento se
condo il quale gli individui si collocano nel mondo, ben diverso dun
que dall'<<organizzazione sociale>> che rappresenta il livello, assai più
78 LE FONTI ARCHEOLOGICHE
tra la fine del VII e la fine del VI secolo a.e. , venne governata dai re
etruschi - Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo -
concordi in larga misura nelle linee generali con quanto ci rivela la
documentazione emersa nel corso della ricerca archeologica. Valga
per tutti l'esempio dell'area sacra ritrovata a S. Omobono, dove il
convergere dei dati topografici, epigrafici (n11111erosi documenti di
lingua etrusca) e figurativi (la ricca decorazione in terracotta) indica
l'esistenza di un complesso sacro con una fase databile al secondo
quarto del VI secolo a.e. e sicuramente identificabile con quello che
le fonti ci dicono dedicato a Fortuna (e a Mater Matuta) , una divini
tà strettamente associata alla politica religiosa di Servio Tullio.
Ad attestare la progressiva integrazione e l'aumentata coesione
del metodo di lavoro degli storici e degli archeologi è intervenuta in
questi ultimi anni un'impresa editoriale, la Storia di Roma pubblicata
dall'editore Einaudi e nata sotto l'egida di uno storico quale Arnaldo
Momigliano: erede esemplare di una tradizione storiografica di ma
trice strettamente filologica, per così dire <<avvolto>> in un progetto
all'interno del quale entrano a pieno titolo gli studiosi protagonisti
del rinnovamento nel metodo della ricerca archeologica, fondato sul
l'intrinseca interazione fra fonti narrative e materiali archeologici.
Per ammissione concorde, uno dei settori nel quale sia possibile
ricavare dalle fonti archeologiche illuminanti evidenze documentarie
è il campo della storia dell'economia antica: l'esperienza maturata
con il procedere degli scavi ha mostrato, al di là di ogni ragionevole
dubbio, la sterminata casistica delle possibili letture in chiave econo
mica di tutta una serie di dati che, in forma più immediata, sem
brerebbero prestarsi essenzialmente a valutazioni di ordine sociale e
ideologico, dalla composizione dei corredi in una necropoli all' accu
mulo di beni che si riflette nel materiale votivo recuperato dai san
tuari. Gli esempi potrebbero continuare all'infinito: basti pensare al
l'importante settore che riguarda il reperimento e la lavorazione delle
materie prime, legno, metalli, pietre e argilla, le indagini topografiche
nelle miniere antiche, le ricerche sulle tecniche e sugli strumenti di
lavorazione dei manufatti, per giungere all'individuazione, a livello
urbanistico, dello spazio riservato ai quartieri artigiani nell'ambito di
una cttta.
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menti registrati nelle fonti scritte, applicabili sia nel breve che nel
lungo periodo e per raggi di estensione molto diversi tra loro. Tali
considerazioni sono senz'altro valide tanto per la ceramica greca
quanto per quella romana, anche se la storia degli studi, almeno a
uno sguardo generale, registra una sorta di divaricazione tra i due
ca1npi: nel caso della ceramica greca vi è stata senza dubbio una
maggiore accentuazione delle implicazioni sociali insite nella produ
zione e nella diffusione del manufatto e, in ambito stretta111ente eco
nomico, una predilezione per l'analisi di fenomeni di vasto raggio;
nel caso di quella romana, come conseguenza della minor appetibilità
degli oggetti sotto il profilo artistico, l'indagine si è precocemente
estesa anche ai fenomeni di piccolo e medio raggio, alla produzione
domestica e a quella fondiaria, alle classi di uso comune, ai conteni
tori per derrate ali111entari, utilizzando con anticipo approcci di tipo
etnologico e interventi archeometrici: valga per tutti il caso della ce
ra111ica comune recuperata dalla missione britannica negli scavi di
Cartagine, ripartita in categorie e tipi, quindi sottoposta a raffinate
analisi petrografiche che ne definissero la provenienza in ambito re
gionale e valutata anche dal punto di vista quantitativo sulla base del
peso. Dal <<modernismo>> di Rostovtzev alla reazione drastica111ente
ridimensionatrice di Finley, sino alla <<nuova ortodossia>> impersonata
da studiosi come Keith Hopkins, la ceramica romana è divenuta
dunque un campo di dibattito privilegiato per la storia dell'economia
antica, la quale, sia pure con ottiche e posizioni spesso contrastanti
tra loro, ha potuto recuperare attraverso il suo studio un' a111pia gam
ma di situazioni non istituzionali, ignorate dalle fonti scritte.
Un posto particolare, nell'ambito della ceramica antica, è occupa
to dalla classe delle anfore, contraddistinte dalla caratteristica unica
di esistere solo in quanto predisposte a ricevere e a trasportare derra
te alimentari (come olio e vino) e quindi indissolubilmente legate alla
storia agraria e commerciale dei prodotti di cui erano il contenitore.
Al giorno d'oggi la conoscenza delle anfore è giunta a un livello di
definizione molto elaborato per quanto riguarda l'evoluzione tipolo
gica delle for111 e, la distinzione topografica e cronologica e la diffu
sione geografica. A ciò si aggiunga che l'analisi delle caratteristiche
fisiche delle argille consente ormai di determinare, con un' approssi
mazione assai attendibile, i luoghi medesimi della fabbricazione degli
esemplari in esame. Considerate inoltre nella loro valenza di fonte
storica inoltre, le anfore sono dotate di un'altra eccezionale preroga
tiva, quella di essere un doc11111ento archeologico parlante, nella mi
sura in cui ristÙtano spesso corredate da un bollo o da un'iscrizione
dipinta che fornisce date precise e nomi. Grazie al sommarsi di que
sti elementi, le anfore rappresentano un documento insostituibile: la
loro presenza nei contesti di scavo delle ville rustiche ci informa cir
ca la produzione agricola di un territorio, nel breve come nel lungo
periodo; il loro ritrova111ento nei relitti delle navi affondate testimo
nia le rotte seguite dai flussi commerciali; la complessa storia dell'im
ponente approvvigiona111ento alimentare di una città come Roma è
86 LE FONTI ARCIIEOLOGICHE
ritrovati nel vasto arco di tutto l'impero romano, tutti ispirati al me
desimo prototipo ufficiale. Non è probabilmente un caso se, dopo
l'enfatizzazione ricevuta a fini imperialistici sotto il fascismo e dopo
la svalutazione reattiva di uno storico dell'arte come Bianchi Bandi
nelli, l'arte augustea abbia nuovamente catturato l'interesse della no
stra epoca, così sensibile al problema della trasmissione dei modelli
culturali al grande pubblico e al potere delle immagini, qui per la
prima volta sapientemente utilizzate come media per esprimere tutta
la carica di suggestione di cui erano portatrici.
9 . 1 . La ricognizione archeologica
d.C. ) , dato questo che sembra essere in accordo con quanto sappia
mo da alcuni accenni di autori antichi come Polibio, Strabone e Pau
sania, i quali parlano del declino della produzione agricola in Grecia
nel II secolo a.C. e dello spopolarsi progressivo delle città nel corso
dell'epoca romana. L'interesse della ricognizione non si è però limita
to alla definizione dell'antico paesaggio agrario: essa ha interessato
anche alcune aree che anticamente corrispondevano a insedia111 enti
urbani, consentendo l'individuazione di almeno tre siti di proporzio
ni ben più rilevanti, identificabili con le tre città di Thespiai, di Ha
liartos e di Askra. Conosciuta soprattutto per essere stata la patria
del poeta Esiodo, quest'ultima è stata localizzata, grazie al ritrova
mento di un'epigrafe, nei pressi del colle di Pyrgaki, dove sono anco
ra visibili i resti di un'antica torre, forse la medesima vista nel II se
colo d.C. nel centro ormai deserto dallo scrittore e viaggiatore Pausa-
94 LE FONTI ARCHEOLOGICHE
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TAv. 2 . Pithekusa. Necropoli di San Montano. Tomba 168. La kotyle 9 ( nota come <<coppa di Nestore>> ) reca l'iscrizione riprodotta
al cap . IV, tav. 7 .
Fonte : D. Ridgway, L 'alba della Magna Grecia, Milano, Longanesi, 1 9922, fìg. 8.
T.\v. 3. Lékythos a figure nere: scene di tessitura. New York, Metropolitan Museum of Arts.
Fon(e: G. Duby, M. Perrot e P. Schmitt Pantel (a cura di), Storia delle donne. I: I.:Anti
d:Jità, Roma - Bari, Laterza, 1 99 1 , fig. 35.
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Fonte: Enciclopedia dell'arte antica. Atlante delle forme ceramiche, Roma, Ist. dell'Enciclope
dia Italiana, 1982, vol. II, tav. CXXVII.
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Fonte: E. Harris, Principles o/ Archaeological Stratigraphy, London, Academic Press, 1989, fìg. 21.
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LE FONTI ARCHEOLOGICHE 105
1 0. L'archeologia subacquea
1 2. Archeologia e informatica
1 3. Conclusioni
che i dati da essa tratti pongano a loro volta ulteriori quesiti, spesso
del tutto divergenti dai presupposti iniziali.
La crescente attenzione rivolta al contesto ha fatto sì che anche la
classificazione tipologica del materiale raggiungesse con il tempo alti
parametri di validità, trascinando con sé una definizione sempre più
articolata della cronologia.
Si sono venute in tal modo definendo nell' a111 bito della disciplina
alcune <<aree di oggettività>>, individuate, all 'esterno, nell'apporto del
le scienze esatte e, all'interno, nella metodologia dello scavo, nella ti
pologia e in alcune datazioni assolute, sulle quali appare opportuno
esercitare un'adeguata riflessione. Nessuna tecnica, per quanto raffi
nata, può infatti vantare un'oggettività assoluta: l'attendibilità dei dati
archeometrici dipende essenzialmente dalla serietà con cui l'analisi è
stata effettuata. La neutralità delle scienze è un'illusione, tanto più
forte nel ca111 po dell'archeologia, la quale resta, e deve sempre re
stare, una disciplina umana, senza permettere che il pur indispensa
bile aspetto tecnico, con le garanzie di scientificità che sembra pro
spettare, arrivi a condizionare gli indirizzi di fondo della ricerca. Non
si intende con ciò mettere in dubbio la validità né la sostanziale au
tonomia di queste aree disciplinari; ricorrendo a un gioco di parole,
è necessario trovare l'equilibrio volto a impedire di strumentalizzare
quelli che comunque devono rimanere solo strumenti di lavoro. Tali
cautele toccano anche il versante interno dell'archeologia. L'esperien
za ha dimostrato che una tipologia può essere continua111 ente modifi
cata e una cronologia, per quanto precisa, può essere continuamente
rimessa in discussione. Per quanto riguarda la stratificazione, è chiaro
che essa costituisce di per sé un dato oggettivo e rappresenta una
fonte primaria di informa?ione sull 'antichità, non inferiore per valore
a un documento scritto. E altrettanto vero però che essa non riflette
in maniera meccanica la società e le vicende che l'hanno prodotta.
Come nella lettura di un racconto, il letteralismo non va sostituito
all'interpretazione: con la fonte scritta la stratificazione condivide la
duplice ambiguità derivante da un lato dalle dinamiche della propria
formazione, dall'altro dalla soggettività dell'occhio di colui al quale
spetta il compito di leggerla e interpretarla.
In conclusione, tocca tornare alla questione di base, vale a dire
alla presa di coscienza delle ragioni per cui si pratica la disciplina
archeologica e i risultati che ci si attende da essa. Quando si parlava,
nelle pagine precedenti, di regole da instaurare nel rapporto tra ar
cheologia e discipline esterne, non si è fatta menzione della storia an
tica. L'omissione era voluta, nella misura in cui si ritiene che tale rap
porto costituisca un problema squisitamente interno all' ant!chistica, e
ne rappresenti sotto ogni aspetto il nucleo fondamentale. E pertanto
necessario liberarsi dalla pregiudiziale secondo cui esistono discipline
<<ausiliarie>> della storia antica e l'archeologia è tra queste. In realtà
esistono soltanto fonti diverse, letterarie, documentarie e materiali,
ciascuna delle quali deve essere utilizzata seguendo la metodologia
più congeniale, senza che nessuna debba vantare primati di tipo ago-
1 12 LE FONTI ARCHEOLOGICHE
1 4. Bibliografia
della Storia, trad. it. Torino, Einaudi, 198 1 , pp. 124- 148 (già apparso
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LE FONTI ARCHEOLOGICHE 1 13
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Contribution à l'étude de la société et de la colonisation eubéennes,
Napoli (Cahiers du Centre Jean Bérard, 2), 1975 , e Nouvelle contri
bution à l'étude de la société et de la colonisation eubéennes, Napoli
1 14 LE FONTI ARCHEOLOGICHE
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Atti del colloquio di Siena (22-24 Maggio 1986) , Roma (Coll. Ecole
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trad. it. Monumenti statali e pubblico, Roma, L'Erma di Bretschnei
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Le posizioni tradizionali per il concetto di archeologia cristiana
sono sintetizzate in F.W. Deichmann, Archeologia cristiana, Roma,
L'Erma di Bretschneider, 1993 . Per un approccio diverso, si vedano
essenzialmente K. Weitzmann (a cura di) , Age of Spirituality. Cata
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Princeton - New York, Princeton University Press, 1 979; P.R.L.
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Catalogo della Mostra, Milano, Pizzi, 1990; G. Sena Chiesa e E.A.
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stianizzazione dell'impero, in Storia di Roma. III, 1 : Uetà tardoantica.
Crisi e trasformazioni, Torino, Einaudi, 1993 , pp. 697-72 1 e 845-876.
Per le ricognizioni archeologiche un'ampia sintesi delle metodo
logie sperimentate è in M. Rendeli, Città aperte. Ambiente e pae
saggio rurale organizzato nell'Etruria meridionale costiera durante l'e
tà orientalizzante e arcaica, Roma, Gei, 1993 . Si vedano inoltre A.
Snodgrass, La prospection archéologique en Grèce et dans le monde
méditerranéen, in <<Annales ESC>>, 37 (1982), pp. 800-812; S. Ma
cready e F.H. Thompson, Archaeological Field Survey in Britain and
Abroad, London, Society of Antiquaries, 1985; J. Bintliff e A.
Snodgrass, Mediterranean Survey and the City, in <<Antiquity>>, 62
(1988), pp. 57-7 1 ; S. Coccia e G. Barker, La ricognizione archeolo
gica e la sua documentazione: recenti esperienze di ricerca della Bri
tish School at Rome, in M. Pasquinucci (a cura di) , La cartografia
archeologica, Pisa, Amministrazione Provinciale, 1989, pp. 3 9-52;
118 LE f()Nll ARCHEOLOGICHE
1 . Premessa
nel fatto che la storia era scritta in prosa e non in poesia, e perché il
suo fine, nella ricostruzione del passato, era quello di separare i fatti
dalla fantasia. In tale impostazione si collocano i problemi di fondo
della storiografia antica: il nesso causale fra passato e presente; la ri
cerca della verità o del verosimile come attività fondamentale dello
storico.
•
del ricordo degli eventi fu integrato con quello critico del vaglio del
le tradizioni. Rispetto alla poesia omerica o a quella arcaica del VII
secolo a.C., il valore attribuito all'indagine autoptica e la problemati
ca scaturita intorno al giudizio sulle testimonianze per valutarne la
qualità, come pure lo sforzo di costruire una cronologia unitaria che
fondesse in un unico quadro tradizioni <<nazionali>> diverse, provoca
rono una profonda cesura con il modo di ricostruire il passato o di
descrivere la realtà contemporanea proprio dell'epica o della poesia
esiodea. Peraltro, anche questo tipo di produzione letteraria si rivela
inesauribile miniera di dati utilizzabili a livello storico. Considerando
che già il filologo alessandrino Eratostene contestava la legittimità di
servirsi di Omero come fonte storica e che secoli di studi hanno per
suaso della necessità di accantonare la ricerca nei poemi omerici del
l'eventuale realtà storica degli accadimenti narrativi, dalla loro analisi
tuttavia lo storico può ricavare molte info1·111azioni su vari aspetti del
la vita sociale, politica e familiare, sulle istituzioni, le norme, il mon
do religioso della tarda età micenea e del periodo finale dell'VIII se
colo a.C. Ancor più si lascia individuare la società di Esiodo, con
contorni economici e culturali sufficientemente nitidi e ben differenti
da quella omerica, a una lettura in chiave sociale ed economica de Le
Opere e i giorni e della stessa Teogonia. Dal testo esiodeo tralucono,
infatti, complesse problematiche economiche e sociali: la compresen
za di una vasta proprietà aristocratica e di una più piccola proprietà
agraria, con la duplice spinta verso una prospettiva autarchica dell' a
gricoltura e insieme verso la commercializzazione dei surplus agricoli,
realizzata mediante il possesso di navi e di ciur111e.
Più in generale, il mondo della lirica greca (e lo stesso vale per
quella latina) , proprio perché caratterizzato da forti spinte individua
listiche e da una enorme ricchezza di riferimenti personali e ambien
tali, offre spesso buone possibilità allo storico moderno per ricostrui
re alcune situazioni storiche locali: così la poesia di Alceo per la Le
sbo del VI secolo, quella di Callino per la storia delle invasioni dei
Cimmeri in Asia Minore nel VII secolo a.C. (in tal senso fu utilizzata
già da Strabone) , quella di Tirteo per la storia spartana dello stesso
periodo. I carmi di Solone, poi, sono stati studiati come precisa te
stimonianza documentaria di storia costituzionale e socioeconomica
ateniese; gli stessi carmi furono la base per la biografia soloniana di
Plutarco e, in definitiva, anche per la ricostruzione storica moderna.
Pur mancando, dunque, opere storiche in senso stretto fino alla nar
razione tucididea della guerra del Peloponneso, lo studioso di storia
greca ha molto materiale letterario da utilizzare per la ricostruzione
di quei secoli.
Riducendo la storia a storia contemporanea, Tucidide favorì im
plicita1nente lo sviluppo parallelo della cosiddetta antiquaria, che co
minciò infatti a essere coltivata da alcuni circoli sofistici sotto forma
di analisi di specifici aspetti del passato attraverso la tradizione scrit
ta. Nacque, così, la lista dei vincitori di Olimpia preparata da Ippia,
la monografia sui nomi delle nazioni, lo studio delle varie costituzioni
LE FONTI LETTERARIE 127
3.1 . Le origini
il fatto che tale pessimismo non escluse mai, anzi s'integrò perfetta
mente, con la fede salda nei destini di Roma.
Le caratteristiche appena rilevate nella prima annalistica rimasero,
nelle linee generali, invariate anche quando, con la sconfitta di Antio
co III di Siria ( 1 90 a.C.) , essendo Roma divenuta la potenza egemo
ne del Mediterraneo, dovette essere molto meno forte l'esigenza di
natura propagandistica e diplomatica, così da far abbandonare il gre
co come lingua dell'opera storica e adottare il latino. Un modello si
gnificativo in tal senso fu Marco Porcio Catone (234- 149 a.C.), che
con le sue Origines rinnovò e rr1odificò l'iniziale schema annalistico.
Oltre all'uso del latino, altra novità dell'opera fu l' a111plia111ento del
l'orizzonte storiografico, per cui Catone ritenne necessario narrare
non solo le origini di Roma, ma anche delle altre città italiche entrate
in relazione con lei. Tale tipo di scelta, come pure quella di indicare i
protagonisti con i loro titoli ufficiali invece che con i loro nomi e di
dare risalto alle azioni di umili combattenti (comprese quelle di un
valoroso elefante) , suggeriscono nel loro complesso una cosciente po
lemica con la letteratura senatoria allora dominante e, forse, verso
quell'impostazione biografica che essa aveva derivato dalla storiogra
fia ellenistica. La sua storia, del resto, fu pressoché contemporanea a
quella di Polibio dove, con altri mezzi, erano egualmente criticati i
medesimi indirizzi storiografici. Il titolo dell'opera, in realtà, si addi
ceva solo ai primi tre dei sette libri di cui si componevano le Origi
nes, quelli in cui erano illustrate le origini di Roma (I) e la nascita
delle città d'Italia (II e III). I Greci, d'altra parte, avevano già offerto
esempi di opere intitolate dal tema iniziale (così l'Anabasi di Seno
fonte) e Catone si sarà sentito legittimato da tali esempi illustri. Dai
frammenti dei primi tre libri si ha qualche indizio dell'interesse di
Catone anche per caratteri e costumi di popoli diversi da quelli d'Ita
lia. L'attenzione fu probabilmente stimolata anche dalla lettura dello
storico siciliano Timeo, dal quale pare che Catone abbia attinto qual
che notizia.
Ma le Origines non erano un'opera di erudizione. Degli altri
quattro libri, il IV narrava la prima guerra punica e parte della se
conda almeno fino a Canne; il V andava dalla seconda guerra punica
fino al 167 circa; il VI e il VII cornprendevano gli altri eventi politici
sino alla campagna del pretore Servio Galba contro i Lusitani del
149 a.C. La disposizione del materiale nei singoli libri confer111 a che
pure Catone, come i primi annalisti, dava spazio maggiore alla storia
contemporanea, dove le sue accese convinzioni politiche potevano
esprimersi meglio. L'opera era stata scritta dopo decenni di lotte po
litiche in cui egli aveva cercato di eliminare il prestigio di personalità
carismatiche che rompevano la rel ativa uguaglianza della nobilitas al
suo interno, e di rendere innocua l'influenza della cultura greca che
minacciava di spezzare la tradizior1 e morale romana. Contro il fascino
di uomini come Scipione l' Africru io, egli fece valere una concezione
che è stata definita storicistica: l'idea cioè che la respublica romana, le
sue istituzioni, la sua grandezza nl1n erano frutto delle innovazioni di
138 LE f'ONTI LE I"I'ERARIE
zione dell'opera. Dai pochi frammenti sembra tuttavia che essa non
fosse faziosa, benché la storia contemporanea occupasse, al solito, il
posto p1u a111p10.
. ' .
Lucullo, l'amico fidato cui i 22 libri furono dedicati, anche dal pro
prio liberto greco Epicadio. Per l'importanza dell'autore e per la ric
chezza del materiale, essi dovettero avere ampia influenza sulla fortu
na di un genere autobiografico con caratteristiche nuove, che a Roma
sarà coltivato da personaggi come Lucullo e Augusto. Questa auto
biografia, nata probabilmente come estensione dei promemoria com
pilati dai magistrati (che di simili appunti si servivano poi per le loro
relazioni al senato) , ma stimolata da modelli greci - in particolare
dagli hypomnémata o libri di memorie redatti da politici come Pirro
o Arato di Sicione -, si era evoluta con caratteri tipica111ente romani
come biografia <<carismatica>>, tale da rispondere alle esigenze autoce
lebrative dei nuovi capi politici di Roma.
Quanto alla storiografia vera e propria, nel periodo immediata
mente precedente e successivo all'esperienza sillana non pare che
essa sia stata particolarmente fiorente. Due storici, tuttavia, vanno ri
cordati per il loro rilievo: Sempronio Asellione (che scrisse fra il 90 e
1'80 a.C. sugli avvenimenti contemporanei, fino al 9 1 o all'83 a.C.) e
Lucio Cornelio Sisenna (che fra il 70 e il 60 a.C. descrisse gli atroci
avvenimenti che colpirono l'Italia dallo scoppio del bellum sociale
alla morte di Silla) . Entrambi, quindi, scelsero di compiere una sele
zione, puntando decisa111ente sulla storia contemporanea e riservando
forse al passato solo rapidi cenni nell'introduzione. I propositi meto
dologici di Polibio sembrano aver influenzato Sempronio Asellione
non solo per il taglio cronologico: in alcuni frammenti del proemio,
egli rimprovera l'annalistica precedente di essere solo cronaca e trala
sciare quanto egli considerava invece più importante: ricercare nello
sviluppo degli avvenimenti la loro causa e il loro fine. Più delle ope
razioni militari o delle date precise e dei trionfi gli appariva quindi
importante render conto dei dibattiti e delle deliberazioni in senato,
delle leggi approvate o rifiutate dal popolo. Il diverso metodo corri
spondeva a una diversa funzione della storiografia, che era quella
esaltata da Tucidide e Polibio, di formare l'uomo politico. Anche l'o
pera di Lucio Cornelio Sisenna, in almeno 23 libri, era rivolta alla
storia contemporanea, con un'introduzione sull'archeologia degli av
venimenti recenti d'impianto tucidideo. Nuova dunque, per i latini,
questa organizzazione strutturale della storia; nuova doveva altresì
apparire la ricerca stilistica impiegata per arricchire le scene, che do
vevano essere numerose, patetiche e in generale denotanti il gusto
per la storiografia <<tragica>>. L'impostazione polibiana di Sempronio
Asellione rimase peraltro, nella storiografia dell'epoca, un fatto total
mente isolato, mentre s'avviava ad avere grande fortuna un tipo di
storia che poteva essere considerata, alla stregua della novellistica o
della poesia, letteratura d'intrattenimento.
L'annalistica di questo periodo, invece, conservò impianto com
positivo e stile tradizionali: furono nuovamente composte storie gene
rali di Roma dalle origini fino all'età contemporanea, in cui il raccon
to delle origini era trascurato o ridotto al minimo. Degli annalisti
Claudio Quadrigario e Valerio Anziate sappiamo pochissimo, né il
LE FONTI LETIERARIE 14 3
apportate all'opera prima della pubblicazione, nelle sue oltre 900 let
tere, che coprono il periodo dal 68 al 43 a.C., attraverso i riflessi
della crisi della repubblica si colgono tutti i temi più importanti della
vita politica e sociale del tempo: il suo epistolario fornisce perciò un
prezioso riscontro a opere d'impostazione differente quali quelle di
Cesare e di Sallustio. Altrettanto può dirsi del suo De o/ficiis, giudi
cato per secoli un modello di idealità 11111ane, civili e sociali, ma in
primo luogo leggibile come doc11111ento della polemica anticesariana
(fu scritto alla fine del 44 a.C.) e di propaganda per un tipo di stato
oligarchico-senatorio del quale si prospettano i fini e gli ideali attra
verso i comportamenti dei suoi cittadini politicamente impegnati.
Seppure utilizzabile come fonte storica, l'opera di Cicerone non
includeva tuttavia nessun testo di storia in senso proprio, benché nel
dialogo messo in scena nel De legibus (I, 5 ss. ) sia rappresentato Atti
co che fa pressioni su di lui perché si dedichi alla storia. Negli ultimi
anni della repubblica, infatti, nei circoli colti della capitale era pro
gredita la consapevolezza della forte inferiorità della storiografia ro
mana rispetto a quella in lingua greca. Il problema era posto in ter
mini letterari, tanto è vero che la prospettiva avanzata da Cicerone
era di estendere alla storiografia il livello raggiunto dall'oratoria (De
orat. II, 55 ) . Di fatto, si trattava non soltanto di un'immaturità stili
stico-letteraria, ma soprattutto di un mancato approfondimento della
metodologia storica, dei fini e degli intenti che la storiografia doveva
proporsi. A tutto ciò rispose Gaio Sallustio Crispo con le due mono
grafie Sulla congiura di Catilina e Sulla guerra contro Giugurta, com
poste nei torbidi anni che seguirono alla morte di Cesare. Concepen
do l'attività storiografica come frutto della virtus, dotata di un impor
tante compito politico in quanto contribuiva alla formazione morale
del cittadino, Sallustio considerò lo scrivere storia come l'unico im
pegno perseguibile dal cittadino allorché, per il deteriorarsi della si
tuazione politica, non pareva esistere più spazio per un'attività politi
ca onesta e utile allo stato. La scelta della storia si configura, dunque,
per Sallustio come una risposta alla crisi dello stato e della società, di
cui si vuole dare un'interpretazione. Tale, infatti, è l'impostazione del
racconto nelle sue opere, che scelgono due periodi peculiari della
storia della repubblica, corrispondenti a due fasi acute della degene
razione morale della nobilitas e in generale di tutto il corpo cittadino.
Esse selezionavano un tema specifico; ma questo era talmente con
nesso con una serie di problemi sociali, economici, politici, che ri
mandava costantemente a un'interpretazione generale della storia re
cente e passata. Tale funzione di raccordo era affidata specialmente
all'introduzione e agli excursus centrali, mentre nell'insieme entrambe
le opere mostra\rano un'organicità di riflessione che rappresentava
una novità rilevante nella storiografia latina. Il primo punto di riferi
mento per il pensiero e lo stile di Sallustio fu infatti Tucidide; con
forte consapevolezza Sallustio rifiutava invece l'impostazione e i ca
ratteri dell'opera di Sisenna: gravitas in luogo di grazia e raffinatezza
lessicali, perché la nuova storiografia non voleva essere un genere
146 LE FONTI LE'J"J'ERARJE
3.3. La storiografia latina e greca di età imperia le: dall 'età giulio-clau
dia ai Flavi
omnium annorum DCC) non è dunque del tutto esatto, anche perché
non soltanto Livio è usato, ma pure Sallustio, Cesare e altri; e allo
schema annalistico sono giustapposti modi di dividere e disporre la
materia diversi, come quello biologico di Seneca padre. Più vicine al
compendio sono le altre opere di storia, composte in ambiente latino
fra II e III secolo: un misto di riassunti e di excerpta è l'epitome di
Pompeo Trogo a opera di Marco Giuniano Giustino. Di dimensioni
analoghe dovevano essere le Historiae in 40 libri di Granio Liciniano,
basate essenzialmente su Livio, Sallustio e Posidonio, di cui sono sta
ti scoperti pochi frammenti in un palinsesto. Le Periochae di Livio
(brevi riassunti dei singoli libri) sono di epoca incerta e vennero rea
lizzate non direttamente su Livio, ma già su un compendio prece
dente più ampio: data la mole dell'opera liviana, era infatti inevitabi
le che ne circolassero subito riassunti abbreviati, e che essi avessero
una tradizione e una fortuna quasi più ricca dell'originale.
Sotto gli Antonini, i sovrani illuminati che seppero estendere
pace e benessere a gran parte dell'impero, fu il mondo di cultura
greca a dare i frutti migliori dal punto di vista storiografico. Ciò ha
un significato politico e sociale evidente: dal I secolo d.C., i ceti ele
vati municipali dell'Oriente romano si erano andati inserendo sempre
più nel governo dello stato; e con il regno degli Antonini loro espo
nenti erano già in senato e a corte. In questo clima di operante unità
imperiale i Greci seppero valorizzare l'antico ideale filosofico della
monarchia illuminata e riproporlo, secondo schemi maturati già in
età ellenistica, come ideologia fondante il potere imperiale romano.
Significativa in tal senso l'opera di Dione di Prusa, un retore che fu
coinvolto a Roma nella politica di repressione attuata da Domiziano.
Quell'esperienza cooperò ad articolare gli argomenti delle sue orazio
ni, per lo più centrate sui problemi locali di amministrazione e di
governo cittadini, suggerendogli il tema più generale del monarca
ideale. A Traiano egli indirizzò i discorsi Sulla regalità, nei quali il
sovrano ideale si configura come il migliore fra i migliori, capace di
ottenere l'adesione dei ceti elevati favorendone la partecipazione al
potere. Il tema non era privo di problematicità, perché nelle élites
greche la partecipazione diretta al governo dell'impero non fu mai
vissuta come fatto automatico, ma pur sempre come sofferta opzione
in contrasto con la dedizione alle magistrature locali cittadine: ancora
nel IV secolo d.C., in Libanio e Temistio, si possono registrare opi
nioni divergenti sull a liceità per un cittadino greco di adire a cariche
non solo municipali, che lo impegnassero nel servizio imperiale. In
torno alla metà del secolo degli Antonini prevalsero, tuttavia, la vo
lontà e l'entusiasmo di partecipare alla prosperità di un organismo
politico avvertito come fatto unitario. Nell'Encomio a Roma di Elio
Aristide trapela la coscienza, ormai matura presso i ceti colti elleniz
zati, di dover superare l'esclusiva fedeltà alle gloriose tradizioni locali
nella considerazione che l'impero è patria comune.
La partecipazione al governo dell'impero divenne dunque espe
rienza non soltanto culturale, ma reale, negli storici delle generazioni
LE FONTI LE'I"I'ERARIE 159
romana a tutto l'impero nel 2 12, che appare per molti versi un fatto
epocale, era per lui una disposizione così ovvia e naturale da apparir
gli un provvedimento di natura soltanto fiscale.
Problemi molto diversi, in un impero in difficoltà evidenti, riflette
l'opera di Erodiano, un Greco nativo forse dell'Asia Minore, autore
di una Storia dopo Marco Aurelio redatt'a intorno alla metà del III
secolo, probabilmente negli anni di Filippo l'Arabo. Le invasioni dei
barbari e la tensione sociale fra esercito, contadini, aristocrazia sena
toria e ceti urbani, messa in luce durante il regno di Massimino il
Trace, costituiscono i temi centrali intorno a cui ruota la sua narra
zione. Soluzione unica a tale scompaginamento politico e sociale è
per lo storico la supremazia dei migliori, garantita dal governo impe
riale. Quasi contemporanea111ente l'Ateniese Dexippo, negli Skythikd.
(dal 238 ad Aureliano), trattò il problema delle invasioni di stirpi
<<scite>> (ossia di Goti) nella fase centrale del III secolo: la sua opera,
di cui abbia1110 soltanto fra111menti, doveva conservare molto materia
le utile, dal momento che fu larga111ente utilizzata dagli storici bizan
tini, a cominciare da Zosimo.
3.5. La sto riografia tardoantica : pagani e cristiani fra Orie nte e Occi
dente
cise con la formulazione di una filosofia della storia sin allora estra
nea alle esigenze storiografiche pagane. Si deve ad I;:usebio, vescovo
di Cesarea dal 3 13 alla morte nel 340, una Cronaca che, nella for111a
attuale, comprende una sezione relativa ai sincronismi delle vicende
dei vari popoli. Una sua parte venne tradotta da Girolamo, il quale
la continuò fino al regno di Teodosio (379). Il genere ebbe fortuna
soprattutto nel mondo latino, dal Cronografo del 354 all'aquitano
Sulpicio Severo, autore, oltreché di una Cronaca, anche dell'impor
tante Vita di S. Martino. Le cronache cristiane comprendevano liste
di papi, di feste e altri dati importanti per le comunità cristiane;
quanto agli eventi della storia pagana, essi furono desunti per lo più
dai breviari pagani, il cui narrato, privo d'intendimenti polemici
espliciti, poteva essere facilmente assimilato anche dai cristiani.
I due principali elementi costitutivi della cronografia cristiana -
ossia la storia come continuum e la funzione apologetica - rappre
sentano altrettante componenti strutturali della storiografia ecclesia
stica, insieme ad alcune importanti novità. Sempre Eusebio fu il pri
mo a redigere una Storia ecclesiastica che comprendesse la vicenda
della Chiesa cristiana dalla sua fondazione alla vittoria del cristianesi
mo nell'impero. Svincolata dalle regole della storiografia pagana e
dalla sua impostazione retorica, essa sembrava rispondere a un pro
getto originale di ricerca attraverso un'ordinata successione cronolo
gica di testimonianze sia scritte sia orali, ricapitolando le vicende a
livello temporale ed extratemporale. La citazione per esteso di docu
menti, finalizzata agli scopi dell'opera e sua parte integrante, costitui
va una grande novità rispetto agli schemi consueti della storiografia
pagana, ma aveva un antecedente nelle Antichità Giudaiche di Flavio
Giuseppe, da cui Eusebio fu senza dubbio influenzato. Era dunque
un tipo di storia completa111ente nuova nell'oggetto (la Chiesa) , nel
tipo di materiali adoperati (documenti, excerpta di testi patristici,
elenchi, testimonianze orali) e anche nella metodologia, guidata dal
criterio provvidenzialistico. Nella nuova filosofia della storia che ne
trapelava era evidente anche una sorta di teologia politica, da Euse
bio espressa poi più piena111ente nelle opere in lode di Costantino.
Anche in queste, tuttavia, è assente quasi totalmente una dimensione
miracolistica che conferisse enfasi al potere carismatico dell'imperato
re. La sua Vita di Costantino, un tentativo di ridurre la biografia im
periale a un genere assimilabile ali' agiografia, non ebbe seguito.
Così, mentre la celebrazione imperiale continuò a essere persegui
ta nel tardo impero dalla panegiristica, i cristiani elaborarono una
propria biografia, che attraverso l'elogio di santi e martiri si propone
va di fornire ai fedeli modelli certi di comporta1nento. Atanasio , ve
scovo di Alessandria di poco più giovane di Eusebio, campione del-
1' ortodossia antiariana a partire dal concilio di Nicea del 325 , compo
se una Vita di Antonio che, tradotta in latino, ebbe una fortuna ecce
zionale nel mondo occidentale, suscitando grande entusiasmo presso
i ceti aristocratici convertiti al cristianesimo. La prima biografia cri
stiana fu la Vita di Cipriano (vescovo e martire a Cartagine a metà
LE FONTI LE'J"J'ERARIE 165
4. Bibliografia
na, Mobilità dei modelli etici e relativismo dei valori: da Cornelio Ne
pote a Valerio Massimo e alla laus Pisonis, in A. Giardina e A. Schia
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saggi su Nepote indicano il rinnovato interesse per la sua figura: J.
Geiger, Cornelius Nepos and Ancient Politica! Biography, Stuttgart,
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troduzione a Cornelio Nepote. Vite dei massimi condottieri, Milano,
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<<JRS>>, L III, 1988, pp. 35-49; F. Millar, Cornelius Nepos, <<Atti
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Nepote traduttore degli storici ateniesi, L. Canfora, Cornelio Nepote,
in Id., Studi di Storia della Storiografia, cit., pp. 159- 168. Per il con
tributo di Varrone alla produzione antiquaria di fine Repubblica, si
vedano le due opere miscellanee: Varron, in Entretiens de la Fonda
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1 97 6. Utili anche Studi su Varrone, sulla retorica, storiografia e poesia
latina. Scritti in onore di B. Riposati, I-II, Rieti - Milano, Centro di
studi varroniani-Università Cattolica, 1979 e J. Collart (a cura di),
Varron, grammaire antique et stylistique latine, Paris, Les Belles Let
tres, 1978. Nonostante l'importanza della sterminata produzione di
Cicerone come fonte storica, citeremo solo pochi degli innumerevoli
studi moderni su singoli aspetti del suo pensiero e alcune sue opere.
Ancora significativo, di E. Lepore, Il princeps ciceroniano e gli ideali
politici della tarda repubblica, Napoli, Ist. it. di Studi Storici, 1954 e,
più recentemente, E. Narducci, Modelli etici e società: un'idea di Cice
rone, Pisa, Giardini, 1989. Sul significato dei suoi interventi come ora
tore, C.J. Classen, Recht-Rhetorik-Politik. Untersuchungen zu Ciceros
rhetorischer Strategie, Darmstadt, Wissensch. Buchgesellschaft, 1985 .
Sull'epistolario in generale mancano testi d'interpretazione complessi
va, ma si possono segnalare alcuni interventi sui tre principali corpora
dell'epistolario. Per la figura di Attico e le lettere a lui indirizzate, M.
Labate e E. Narducci, Mobilità dei modelli etici e relativismo dei valo
ri: il <<personaggio>> di Attico, in A. Giardina e A. Schiavone (a cura
di) , Società romana, cit., pp. 127- 182; per le lettere ad Q. Fratrem e ad
Brutum, P.B. Harvey, Cicero, <<Epistulae ad Q. fratrem et ad Brutum>>:
Content and Comment, in <<Athenaeum>>, L III ( 1 990) , pp.
3 1 9-350 e, nella stessa rivista, II: <<Epistulae ad Brutum et invicem>>,
L ( 1 991), pp. 17-29. Sulle questioni storiche sollevate dal De re
publica, oltre a A. Grilli, I proemi del <<De re publica>> di Cicerone,
Brescia, Paideia, 197 1 , si veda la rassegna bibliografica a cura di P.L.
Schmidt, Cicero <<De re publica>>. Die Forschung der letzen fiinf De
zennien, in <<ANRW>>, 1 , 4 ( 1 973 ), pp. 262-333 . Sul De legibus, E.
Rawson, The Interpretation o/ Cicero's <<de legibus>>, in <<ANRW>>, 1 , 4
( 1 973 ) , pp. 334-356.
LE FONTI LETIERARIE 175
della propaganda, Torino, Pubbl. Fac. Lettere e Fil. Un., 1952 e, foca
lizzato sulla questione della obiettività di Velleio, R. Syme, Mendacity
in Velleius, in <<A}Ph>>, XCIX (1978), pp. 45-63 . Più recentemente,
sul genere letterario, A.J. Woodman, Questions of Date, Genre, and
Style in Velleius: Some Literary Answers, in <<CQ>>, ( 1 975), pp.
272-306; e R.J. Starr, Velleius' Literary Techniques in the Organization
of His History, in <<TAPhA>>, CX ( 1 980) , pp. 287-3 0 1 .
Un contributo d'insieme su Valerio Massimo è quello di G. Ma
slakov, Valerius Maximus and Roman Historiography. A Study of the
exempla Tradition, in <<ANRW>>, II, 32/1 ( 1 984), pp. 437-496. Più
nello specifico il contributo di C. Santini, Echi di politica religiosa tz·
beriana z"n Valerio Massz"mo, in <<GIF>>, ( 1 987), pp. 1 83- 195 .
Si veda, inoltre, W.M. Bloomer, Valerius Maxz"mus and the Rhetorz·c of
the New Nobz"lz"ty, Chapel Hill, University of North Carolina Press,
1992 . Una sorta di rassegna bibliografica fino alla prima metà degli
anni Ottanta su Curzz"o Rufo è il saggio di W. Rutz, Zur Erzà"h lung
skunst des Q. Curtius Rufus, in <<ANRW>>, Il, 32/4 ( 1 986), pp.
2329-2357 e quello di J.E. Atkinson, Q. Curtius Rufus' Historiae Ale
xandri Magni·, nel Supplemento all'<<ANRW>>, Il, 32/4 pubblicato in
<<ANRW>> II, 34/4 ( 1997), pp. 3447-3483 . Altri contributi specifici:
W.S. Watt, Szx Notes on Q. Curtz"us, in <<Arctos>>, XXIII ( 1 989) , pp.
249-25 1 e la breve nota di T. Fisher, A proposito di Curzio Rufo 4, 3,
25, in <<RFIC>>, CXVIII ( 1 990), p. 56. Fra le traduzioni italiane com
mentate delle opere di Flavio . Gz"useppe, si ricordi L. Troiani, Com
mento storz"co al <<Contro Apzone>> di Gz"useppe, Pisa, Giardini, 1977 e
G. }ossa (a cura di) , Autobiografia , Napoli, D'Auria, 1992 . Fra i nu
merosi studi dedicati all'uomo e all'opera, L. Troiani, Gtz· Ebrei· e lo
stato pagano z"n Fz"lone e Giuseppe, in Ricerche di storia e storiografia
antica, cit., II, pp. 193 -2 1 8; P. Vidal-Naquet, Il buon uso del tradz·
mento. Flavio Giuseppe e la guerra giudaz·ca [ 1977], trad. it. (con in
troduzione di A. Momigliano, Ciò che Flavio Giuseppe non vide)
Roma, Editori Riuniti, 1980; L.H. Feldmann, Flavius ]osephus Revz"si
ted: the Man, His Writz"n gs and His Signzficance, in <<ANRW>>, II, 21/2
( 1 984 ), pp. 763 -862 ; P. Villalba e J. Vameda, The Historz"cal Method
of Flavius ]osephus, Leiden; Brill, 1986; M. Bohr111 ann, Flavz·us ]osè
phe, !es Zélotes et Yavné, pour une relecture de la <<Guerre des ]uz/s>>,
Bem, Lang, 1989; S. Schwartz, ]osephus and ]oudaean Polz"tics, Lei
den, Brill, 1990.
Essenzialmente su Plutarco biografo, B. Scardigli, Dz"e Romerbz"o
graphien Plutarchs. Ein Forschungsbericht, Miinchen, Beck, 1979 (con
aggiornamenti in Giorn. fil. ferrarese, 1986, pp. 7-59); R. Flacelière,
La pensée de Plutarque dans le Vz"es, in Bull. de l'Ass. G. Budé, 1979,
.
pp. 264-275 ; M. Van Der Valk, Notes on the Composz"tzon and A"an
gement of the Biographies of Plutarch, in Studi· z"n onore di A. Colon
na, Perugia, Edizioni Scientifiche italiane (Università di Perugia),
1982, pp. 301-337; A. Pennacini, Strutture retorz"che nelle biografie di
Plutarco e di Svetonio, in <<Sigma>> 17, 1-2 (1984), pp. 103 - 1 1 1 . Il vo
l11111e di <<ANRW>>, II, 33/6 ( 1 992 ) è monografico su Plutarco e i sag-
178 LE FONTI LE'J"J'ERARJE
VI/1, 1 883 , alcuni libri delle Epistulae sono stati editi da Les Belles
Lettres (voi. I: libri I-II, a cura di J.P. Callu, Paris, 1972 ; II, libri III
V, Paris, 1 982), le Orationes da A. Pabst (traduzione e commento
dopo ampia introduzione), Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesell
schaft, 1989. I molteplici problemi letterari e storico-istituzionali che
l'opera di Simmaco consente di affrontare sono largamente discussi
negli ampi volumi di testo, traduzione e commento, editi in Italia da
Giardini, Pisa: libro III (a cura di A. Pellizzari), 1998; IV (a cura di
A. Marcone) , 1987 ; V (a cura di P. Rivolta Tiberga) , 1992 ; VI (a cura
di A. Marcone), 1983 ; IX (a cura di S. Roda) , 198 1 ; Relationes (a
cura di D. Vera), 198 1 .
La produzione letteraria cristiana, nelle sue espressioni di età al
toimperiale e tardoantica, fino al VI-VII secolo bizantini è ben ana
lizzata in A. Ca111eron, Christianity and the Rhetoric, cit. Sulle Storie
Ecclesiastiche, inquadramento generale in G.F. Chesnut, The First
Christian Histories. Eusebius, Socrates, Sozomen, Theodoret and Eva
grius, Paris, Mercer, 19862 • L. Cracco Ruggini, The Ecclesiastica! His
tory and the Pagan Historiography: Providence and Miracles, in <<Athe
nae11111 >>, n.s. 55 ( 1 977 ) , pp. 107- 126; Ead., Universalità e campanili
smo, centro e periferia, città e deserto nelle Storie Ecclesiastiche, in La
storiografia nella tarda Antichità. Atti del Convegno di Erice del 1 9 78,
Messina, 1 980, pp. 161- 168. Si vedano anche i saggi dedicati al tema
da M. Mazza: Lo storico, la fede e il principe. Sulla teoria della storio
grafia ecclesiastica in Socrate e Sozomeno, ora in Le maschere del pote
re: cultura e politica nella tarda antichità, Napoli, Jovene, 1986, pp.
225-3 1 8; Id. , Costantino nella storiografia ecclesiastica (Dopo Eusebio),
in G. Bonamente e F. Fusco (a cura di) , Costantino il Grande dal
l'Antichità all'Umanesimo. Colloquio sul Cristianesimo nel mondo an
tico (Macerata 18-20 dic. 1990), II, Macerata, 1993 , pp. 559-692 . Su
Agostino, nonostante i molteplici studi pubblicati recentemente sul
l'uomo e le sue opere, ancora essenziali per un approccio generale i
volumi di P. Brown, Agostino d'Ippona [1967 ] , trad. it. , Torino, Ei
naudi, 197 1 e Id. , Religione e società nell'età di sant'Agostino [1972 ] ,
trad. it. Torino, Einaudi, 1975 e quello di R.A. Markus, Saeculum:
Hzstory and Society in the Theology of St Augustine, Cambridge,
Cambridge University Press, 19882 , e di J.J. O'Donnell, Augustine:
Confessions, Oxford, Clarendon Press, 1992 . Su Zosimo, una ricca bi
bliografia è citata nell'edizione dei libri I-II a cura di F. Paschoud
per Les Belles Lettres, Paris, 197 1 . Importante, dello stesso Autore, è
l'articolo Zosimos, in RE, X A ( 1 972), coll. 795-84 1 e Id. , Cinq étu
des sur Zosime, Paris, Les Belles Lettres, 1976. In rapporto con la
storiografia cristiana, vd. L. Cracco Ruggini, Pubblicistica e storiogra
fia bizantine di fronte alla crisi dell'Impero romano. (A proposito di un
libro recente), in <<Athenae11111>>, 5 1 ( 1973 ) , pp. 146- 1 83 ; Ead. , Zosi
mo, ossia il rovesciamento delle Storie Ecclesiastiche, in <<Augustinia
num>>, 16 ( 1 976) , pp. 23 -33 .
LE FONTI LE'J"J'ERARIE 183
5. Appendice
5. 1 . Erodoto
[5 , 1 ] Ou--rw µè:v ll é:pcrocl ÀÉ:youcrl ye:vé:cr6ocl, xoct ÙlÒt --r�v 'lÀ[ou &Àwcrlv e:u
;.iaxoucrl acJ>[al Èoùcrocv T�V ocpx�v T�c; éxOp"t)c; T�c; Èc; --roùc; 'Eì,ÀY)VOCc;. [2] 7tE:pL
1è: '�e; 'loùc; oùx oµoÀoyé:oucrl TI É:pG'!JO"l OUTW <l>o[vlxe:c;' où yocp &p7tocy'{j acJ>é:occ;
ZP'f)O"OCµÉ:vouc; ÀÉ:youcrl OC'(ocy e:'Lv ocÙT�V Èc; A'Cyu7tTOV, OCÀÀ1 wc; Èv --r0 ''Apye:·r: ȵ[
'T'(ETO --r0 vocuxÀfi pcr T�c; ve:oc;· È7te:L ÙÈ: ɵoc6e: Éyxuoc; Èoùcroc, oc�Ùe:oµÉ:v"fl --roùc;
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7:XO'Y)l\Oc; ye:V'Y)TOCl. [ 3 ] TOCUTOC µe:v vuv l 1 e:pcrocl TE XOCl 'VOlVlxe:c; l\e:youcrl. e:yw oe:
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\ \ I ti "I\ tl ì. Ì
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-:Òv ÙÈ: oìù:x ocù--ròc; 7tpw--rov U7t6:pç:xv--roc ocù[xwv Épywv Èc; --roùc; ''J<� ÀÀ"f)V:Xc;, TOUTOV
IJ"fi µfivocc; 7tpo�ficroµocl Èc; TÒ 7tp6crw TOU Àoyou, oµo[wc; crµlxpoc XOCL µe:y6:Àoc
icr--re:oc ocv 6pw7tWV È7te:çlWV (Storie, I, 5 , 1-3 ) .
5.2. Tucidide
crTOLç où TOCÙTOC 7te:pt TWV OCÙTWV EÀe:yov, OCÀÀ1 wç É:xocTÉpwv TLç e:Ùvolocç -1;
µv+iµr.ç EX.OL. [4] Koct Èç µè:v ocxp6occrLV 'lcrwç TÒ µ� µu6wòe:ç ocù-rwv oc-r e:p7tÉ
crTe:pov cjlocve:LTOCL0 OcrOL ÒÈ: �ouÀ+icroV"t"OCL "t"WV Te: ye:voµÉvwv -rÒ croccjlè:ç crX07tELV
XOCL TWV µe:ÀÀov-rwv 7tOTÈ: oc06Lç XOCTOC -rò ocv6pw7tLVOV TOLOUTWV XOCL 7t0CpOC7tÀ"f]-
I ' ' , I fl ?;:'
' ,, o. ' J. ' ì ' , ' ' "' '\
<1LWV e:cre:crvOCL, w't'e:/\Lµoc xpLVELV OCUTOC ocpxouv-rwç e:se:L. K -rr.µoc Te: e:ç OCLEL µoc/\-
....
ÀOV T, ocywvLcrµoc Èç TÒ 7tOCpocx_p�µoc ocxoue:LV ç1.J yxe:L'rOCL (La guerra del Pelopon
neso I, 22, 1-4 ) .
Dopo i capitoli dedicati all ' archeologia (I, 2-19) che, attraverso
una sintetica ricostruzione delle vicende greche dalle epoche mitiche
alle guerre persiane, hanno lo scopo di dimostrare l'assunto prelimi
nare, cioè l'incomparabile grandezza della guerra che costituisce l' og
getto della sua indagine, i capitoli I, 20-22 sono dedicati dallo storico
a delineare il metodo storiografico seguito nella ricerca della verità
sui fatti narrati. Si tratta di una delle pagine più lucide della storio
grafia antica, con l'esposizione di pochi, essenziali criteri di metodo.
All'assoluto rifiuto di ogni elemento non verificabile critica111ente, che
LE FONTI LE'J"J'ERARIE 1 85
[ 1 ,2] oùx. &.yvow ÒÈ: ÒLoTL cruµ�oc(ve:L T�v 7tpocyµocTe:locv fiµwv itx_e:Lv ocÙcrT'Y)
p6v TL x.ocì. 7tpÒç EV yÉvoç ocx. poOCTWV olx.e:LoucrElocL x.ocì. x.p(ve:crElocL ÒLOC TÒ µovoe:L
ÒÈ:ç T�c; cruvToc;e:wc;. [3] o i. µÈ:v yocp ocÀÀOL cruyypoccJ>e:!.'c; crx_e:òòv OC7tocvTe:c;, e:t ÒÈ:
µfi y', o i. 7tÀe:(ouc;, 7tiicrL To!.'c; T-Yjc; i.crToplocc; µÉpe:crL x_pwµe:voL 7tOÀÀoÙc; è:cJ>ÉÀx.ov-
' '' i;' _ ,
I
70CL 7tpoc; E:VTE:U�LV TWV U7toµv'Y)µOCTWV [ . . . ]
[2,4] o ÒÈ: 7tpocyµocTLxÒc; Tpo7toc; è:ve:xplEl1J 7tpWTOV µè: ÒLOC TÒ XOCLV07tOLe:!.'cr0ocL
cruve:x_wc; xocì. xocLv-Yjc; è:ç1Jy+icre:wc; òe:!.'crElocL T<'ì> µ� cruµ�ocTÒv e:ÌvocL To!.'ç &.px_ocloLc;
-rò Tocc; È:7tL'(LvoµÉvocc; 7tp&:çe:Lc; fiµ!.'v è:çocyye:ThocL, [5] Òe:uTe:pov ÒÈ: xocì. ÒLoc TÒ
'itOCVTWV wcJ>e:ÀLµWTOCTOV OCÙTÒV xocì. 7tpÒ TOU µÉv, µocÀLO'TOC ÒÈ: vuv U7tocpx_e:Lv, Tcl>
70Cç È:µ7te:Lp(ocç XOCL TÉx_vocc; È:7tÌ. TOO'OUTOV 7tpOX07t�V e:lÀlJcPÉVOCL x.ocEl' �µiic; WO'TE
7tOCV TÒ 7tocpoc7t!.'7tTOV è:x TWV X.OCLpwv wc; &v e:t µe:EloÒLx.wc; òuvoccrElocL x_e:Lpl�e:LV
-roùc; cPLÀoµocElouvTocc;. [6] ÒLo7te:p �µe:!.'c; oùx. ouTwc; T�c; TÉp�e:wc; crTox_oc�6µe:voL
7WV &.vocyvwcroµÉvwv wc; T-Yjc; wcJ>e:Àe:(occ; TWV 7tpocre:x.6vTwv, TOCÀÀOC 7tocpÉvTe:c; È:7tÌ.
-rouTo TÒ µÉpoc; XOCT1JVÉX.El1Jµe:v. [7] 7te:pì. µè:v o0v TOUTWV oi. cruve:cJ>LcrTiivovTe:c;
È:7tLµe:Àwc; �µwv To!.'c; u7toµvfiµoccrL �e:�ocLoTocToc µocpTup+icroucrL To!.'c; vuv Àe:yoµÉ
voLc; (Storie IX, Proemio 1,- 2-3; 2, 4-7 ) .
Trad. : [ 1 ,2]. So bene che la mia Storia, dato che è composta di fatti di
un unico tipo, presenta una certa secchezza di stile e riuscirà a conquistarsi
il favore e ad ottenere l'approvazione di una sola categoria di lettori.
[3] . Quasi tutti gli storici, infatti, o per lo meno la maggior parte di essi,
poiché trattano di tutti gli argomenti che rientrano nell'ambito della storia,
riescono ad invogliare molte categorie di persone alla lettura dei loro scritti
[ ... ]
[2,4] Ho invece deciso di scrivere una storia degli avvenimenti contem
poranei, in primo luogo perché in essi si verificano continuamente delle no
vità e queste richiedono una narrazione del tutto nuova (visto che gli scrit
tori antichi non possono raccontarci le vicende successive al loro tempo) ;
[5] secondariamente, perché un tale tipo di storia è stato in passato ed è
soprattutto ai nostri giorni quello che offre i maggiori vantaggi, dato che il
progresso fatto nelle scienze e nelle arti ha raggiunto un livello tale, che gli
studiosi di storia possono trattare si può dire in modo scientifico qualsiasi
186 LE FONTI LETI'ERARIE
avvenimento imprevisto possa capitare. [6] Perciò, dal momento che io non
miro tanto ad offrire svago ai lettori, quanto ad arrecare utilità a coloro che
vogliono seriamente riflettere, ho lasciato perdere tutti gli altri argomenti e
mi sono dedicato a questo tipo di storia. [7] E coloro che seguiranno con
seria attenzione questa mia opera storica saranno testimoni incontestabili
della verità di quanto ora sto dicendo (trad. di A. Vimercati).
5.4. Sallustio
5.5. Livio
Trad. : [4] La materia è poi d'immensa mole, poiché risale ad oltre sette
cento anni addietro, e partita da umili inizi Roma a tal punto è cresciuta,
che già è travagliata dalla sua stessa grandezza; e non dubito che alla mag
gior parte dei lettori offrirà scarso diletto il racconto delle prime origini e
dei fatti più vicini alle origini, per la fretta di giungere a questi ultimi eventi
in cui le forze del popolo, da lungo tempo dominante, si consumano da se
stesse; [5] per me invece proprio questo sarà il premio che chiedo alla mia
fatica, l'allontanarmi dalla vista dei mali di cui per tanti anni l'età nostra è
stata spettatrice, almeno fino a quando sarò immerso con tutto l'animo nel
ripercorrere quegli antichi tempi, libero da ogni preoccupazione che possa,
anche se non far deflettere dal vero la mente dello scrittore, renderla tutta
via turbata (trad. di L. Perelli) .
zione della città e dei costumi e delle istituzioni in virtù dei quali i loro
discendenti pervennero a così vasta egemonia; per quanto mi sarà possibile,
non ometterò nulla degno di essere registrato dalla storia affinché possa gui
dare coloro che conosceranno la verità verso una giusta valutazione di que
sta città, - a meno che essi non abbiano già concepito una forte ostilità
contro di essa - e far sì che essi non provino indignazione per la loro pre
sente soggezione al potere di Roma. Questa, infatti, è giustificata dalla ragio
ne, perché per una universale Legge di Natura, comune a tutti e che il tem
po non può cambiare, da sempre ai migliori è dato governare sugli inferiori.
Essi, dunque, non biasimeranno più la sorte per dover sopportare, soggetti
a una città dalle origini sconvenienti, una grande supremazia da così gran
tempo. [3 ] allorché impareranno dalla mia storia che Roma subito agli inizi,
immediatamente dopo la sua fondazione, produsse infiniti esempi di virtù e
che nessuna città né greca né barbara ha mai espresso uomini superiori a
quelli né per pietà, né per giustizia, né per saggezza mostrata lungo tutto il
corso della vita, né per valore in guerra. Questo è ciò che spero di realizza
re, se il mio lettore metterà da parte ogni risentimento.
5.7. Tacito
,,.� EVEX.IX x.ixt 'l)wµix[ouc; 7tiiVTIXç 't'OÙc; Èv T?j ocpx:n IX'j't'OU, Àoyy µè:v TLµwv,
"' �\ I ..., \ I � \ \ \ ?::' I
::;;-ry OE 07twc; 7t/\ELW IX'JTY X.IXL EX 't'O\J 't'OLO\JTO'J 7tpOcrL 7l OLIX '!O 't'O\Jc; c.., E VO\Jç '!IX
ti Ì ' ) ...., I \
Trad. : Questa fu la ragione per cui rese tutti gli abitanti del suo impero
cittadini romani; fo1111almente era per onorarli, ma di fatto era per incre
mentare le entrate dello stato con questo mezzo, dal momento che i pere
grini non erano tenuti a pagare la maggior parte di queste tasse (scii. le
imposte di successione e le tasse sugli affrancamenti di schiavi, di cui aveva
raddoppiato le quote) .
[8, 1] �V ÒÉ: 't"lç Èv 1"0 cr't"p1X1"0 �fixE;tµ'ì:voc; ovoµix, 't"Ò µÈv yé:voc; 't"WV ÈvÒo-
' ,_, ' ?:' A ' I I I
7'.l7W \'.'Jpixxwv XIXl µtc.., O t-- IX P At-- IX PWV, IX7t0 't"tvoc; xwµ"fìc;, wc; EAE'(E't"O, 7tp07Epov '• '
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:i.tµ"Y)'t"IXc; T"fìc; EXElVOU ixvopEtlXc;. [ 3 ] E't"l 't"E XIXl owpotc; IXU't"ouc; XIXl 7tlXV1"00IX7tlXlc;
- > >
-:-tµix'ì:c; c{lxEtwcrix't"o. o3Ev oi vEixvlixt, Èv oTc; �v 't"Ò 7tOÀÙ 7tÀ�3oc; l lixt6vwv µoc),t-
- \ , � I - I ,, \ � \ ' ' I ?:' � ' I
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IJ"'":OC, TYì µEv ixvopEtq_ TOU M IXc.., t µtvou EX1Xtpov, 't"OV OE AAEc.., IX Vopov E7tEO'XW7tTOV
l
wc; U7tÒ '�e; [TE] µ"fì't"pÒc; ocpx6µEvov, XIXL Òtotxouµé:vwv 't"WV 7tpixyµocTWV U7t '
È;oucrlixc; 't"E XIXL yvwµ"fìc; yuvixtx6c;, pq.Suµwc; TE XIXL ocvocvòpwc; To'ì:c; 7tOÀEµtxo'ì:c;
:-:pocr<:pEpoµé:vou ÈxElvou (Erodiano, Storia dell'impero romano dopo Marc'A ure
!io, VI, 8, 1-3 ) .
5 . 1 1 . Simmaco e Ammiano
Trad. : [3] Altri avrebbero riservato questi doni ai loro trionfi: per anima
re, dopo la deposizione dell'alloro, le scene del teatro di Pompeo degli atto
ri più in voga, per fare precedere il carro trionfale da fiere indiane in so
stituzione dei re vinti e fare sfilare una lunga schiera di cavalli al posto delle
popolazioni sottomesse. Invece, il vostro trionfo esibirà gli Arsacidi con le
mani legate dietro la schiena e i tesori di Babilonia conquistata. Negli spiriti
LE FONTI LEITERARIE 197
magnanimi non v'è posto infatti per ignobili ostentazioni. Voi non siete ca
paci di fare attendere i vostri doni; tutto ciò che danno i popoli sottomessi
diventa subito proprietà comune (trad. di D. Vera) .
[10,1] Haec d111n per eoas partes et Gallias pro captu tempor11111
disponuntur, Constantius quasi eluso Iani templo stratisque hostibus
cunctis, Romam uisere gestiebat, post Magnenti exiti11111 absque no
mine ex sanguine Romano triumphaturus [ ... ]
[4] Vt igitur multa quaeque cons11111pta sunt in apparatu regio,
pro meritis cuilibet munera reddita, secunda Orfiti praefectura,
uanscurso Ocriculo, elatus honoribus magnis stipatusque agminibus
for111idandis, tamqua111 acie ducebatur instructa, omni11111 oculis in
e11111 contuitu pertinaci intentis. [5] Cumque urbi propinquaret, se
natus officia reuerendasque patriciae stirpis effigies ore sereno con
templans, non ut Cineas ille Pyrrhi legatus, in un11111 coactam multi
tudinem regum, sed asylum mundi totius adesse existimabat. [6]
Vnde cum se uertisset ad plebem, stupebat qua celebritate omne
quod ubique est hominum genus confluxerit Romam. Et ta111 qua111
Euphraten a1111orum specie territurus aut Rhen11111, altrinsecus
praeeuntibus signis, insidebat aureo solus ipse carpente, fulgenti cla
ritudine lapidum uariorum, quo micante lux quaeda111 misceri uide
batur alterna. [7] Eumque post antegressos multiplices alios, purpu
reis subtegminibus texti circ111ndedere dracones, hastarum aureis
gemmatisque s111nmitatibus inligati, hiatu uasto perflabiles, et ideo
uelut ira perciti sibilantes caudar11111que uol11111ina relinquentes in
uentum (Ammiano, Le Storie XVI , 10, 1 ; 4-7).
come in preda all'ira per l'aria che attraversava loro la gola e con le grandi
code ondeggianti al vento (trad. di M. Caltabiano).
'
E questo uno dei casi non rari in cui il testo di Ammiano chiari-
sce velati riferimenti di Simmaco, migliorandone la comprensione.
J;incipit della lettera del prefetto urbano all'imperatore Teodosio è
giocato su due motivi complementari: la generosità di Teodosio, che
ha offerto a Roma dei doni che altri imperatori avrebbero conservato
per i propri trionfi; la grandezza del trionfo che Teodosio potrà esibi
re dopo aver realmente sconfitto i Persiani, mentre molti imperatori
hanno celebrato falsi trionfi, facendo sfilare elefanti e cavalli al posto
dei re vinti e dei prigionieri incatenati. Il tema del falso trionfo, con
giunto qui a quello della magnanimità di Teodosio verso la c�pitale,
non è di per sé essenziale ai fini encomiastici della Relazione. E dun
que supponibile che Simmaco, mentre esaltava l'attuale imperatore,
volesse nel contempo colpire un sovrano che nella memoria dej citta
dini e del senato aveva lasciato un ricordo del tutto negativo. E stato
suggerito di trovare nella celebre descrizione dell'ingresso di Costan
zo II a Roma nel 357, così come trarnandata da Ammiano, la via per
comprendere l'oscuro riferimento di Simmaco. Lo storico antioche
no, che nel 357 si trovava in Gallia, per il racconto della venuta a
Roma di Costanzo II dovette basarsi su informazioni colte in loco,
presumibilmente fra i circoli dell'aristocrazia senatoria ancora pagani
e particolarmente ostili verso quell'imperatore cristiano che, per l' oc
casione, aveva fatto rimuovere l'ara della Vittoria dalla curia. Sono
due, infatti, le accuse che Ammiano rivolge a Costanzo: il trionfo che
egli aveva voluto celebrare a Roma era ingiustificato, non avendo ri
portato vittorie su nemici esterni; inoltre, il fasto eccessivo della
pompa trionfale, lo splendore degli stendardi e delle ar111 ature dei
soldati, l'atteggiamento ieratico dell'imperatore che sottolineava alcu
ne sue prese di posizione decisamente autocratiche, anziché impres
sionare il popolo lo avevano profonda111 ente infastidito. Sia Ammiano
sia Simmaco, tuttavia, sono ben lungi dal trasmettere l'impressione
�sercitata sul popolo dall'imperatore proveniente da Costantinopoli.
E viceversa sicuro che il tema di un certo esibizionismo dei trionfi
imperiali, offensivo delle tradizioni repubblicane di cui l'aristocrazia
senatoria del IV secolo si faceva strenua propugnatrice, fosse oggetto
di dibattito nei circoli senatori di Roma, come mostra anche il lungo
passo della Historia Augusta sull'istrionesco trionfo celebrato dal
malvagio Galliena (Vita di Galliena 8-9).
5. 12. Eusebio
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-;:cxpEcrxE•J cxcrµÉvotç 7toptE!:-rcxt -r�v è:v-:-Euçtv ( Vita di Costantino I, 10, 1 -2; 4 ) .
[2 ] del resto, non ci si dovrebbe vergognare del fatto che mentre Nero
ne e altri empì e sciagurati tiranni, anche di gran lunga peggiori dello stesso
Nerone, ebbero la ventura di essere ricordati da scrittori solerti, che abbelli
rono con l'eleganza dello stile una sostanza di fatti scellerati, affidandola ad
una quantità enorme di libri di storia, noi invece taciamo, proprio noi ai
quali Dio ha concesso l'onore di imbatterci in un imperatore tale, quale nes
suna altra epoca ne vantò mai uno simile, ed acconsentì di vederlo, di cono
scerlo e di frequentarlo? [ . . . ]
[4] Il mio stile, anche se è inadeguato di fronte alla grandezza della ma
teria di cui mi accingo a scrivere, tuttavia brillerebbe ugualmente anche gra
zie alla pura e semplice esposizione delle virtuose imprese, e non c'è dubbio
che il ricordo degli eventi cari a Dio renderà la lettura non già inutile, ma
di grande vantaggio a quanti hanno l'anima ben disposta (trad. di L. Tarta
glia) .
5. 1 3. Zos imo
[29' 1] n e:pLcrTiicr'Y]c; Sè: TY,c; 7tiicr"f]c; e:Lc; µ6vov KwvcrTOCV'TLVOV ocpx.Y,c;, oÙxÉ:TL
Ò \ \ \ ,I_ I ' - ' - I L\ >I ' ÒÒ \ ' 'i:' l 'i:' -
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xocT ' è:i;oucrlocv OC7tOCVTOC 7tpiiTTe:Lv · È:x_pY,To Sè: È'.TL xoct TOLç 7tOCT ploLc; [e:poLc;, o•J
TLµY,c; Éve:xoc µaÀÀOV � x.pe:locc; . � XOCL µiivTe:crLV È:7te:l0e:To, 7te:7te:Lpocµé:voc; wc; OCÀ
Y)OY, 7tpoe:L7tov È:7tL 7tiicrL ToLc; xocTwpOwµé:voLc; ocùT0 È:7te:L S' e:Lc; T"Ììv 'PwµY)v
·
XcPLXETO µe:crTÒc; 7tiicrYjc; ocÀoc�ove:(occ;, occr' ÉcrTLocç c{>+i0Yj Òe:LV ocp/;occr0ocL TY, c; occre:
�e:(ocç. [2] Kplcr7tOV yocp T.OCLàoc T-Yjc; 'TOU Koclcrocpoc;, wc; e:'C p'YJTOCL µoL 7tpOTe:pov.
oci;LwOé:vToc TLµ-Yjc;, e:Lc; U7tol.);locv È:À00VTOC 'TOU <l>ocucrT'fJ Tfi µY)TpuLq. cruve:LVOCL, 'TOU
TY,c; crucre:wc; Oe:crµou µY)ÒÉ:voc Àoyov 7t0L"f]criiµe:voc; ocve:The:v . T-Yj c; Sè: KwvcrTOCV'TLVfJ1J
µYjTpÒc; 'EÀé:vric; È:7tL T0 TYjÀLXOUTCf> 7t&.0e:L Òucrx_e:pocLVOUcr"fJ c; XOCL occrx_É:Twc; T'ÌjV
ocv oclpe:crLV TOU vé:ou cre:poucrric;. 7tocpocµu0ouµe:voc; Wcr7te:p oc•JTY,v o KwvcrTOCV'TLVOç
xocx0 TÒ xocxòv tiicrocTo µe:l�ovL �ocÀocve:Lov yocp 'J7tÈ:p TÒ µé:Tpov È:x7tupwO�vocL
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[3] T OCUTOC cruve:7tLcrTiiµe:voc; éocuTc{l, XOCL 7tpocrÉ:TL 1e: opxwv XOCTOCcPPOV+icre:Lc;,
7tpocrfle:L 'TOLç Le:pe:ucrL xocOiipcrLOC TWV � µapT"f]µÉ:vwv IXL'TWV . e:L7t0V'TWV Sè: wc; où
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LE FONTI LE'J"J'ERARIE 201
Trad. : [29 , 1 ] Tutto il potere era nelle mani del solo Costantino, che or
mai non poté più celare la sua natura malvagia, ma si abbandonò ad ogni
sorta di licenze.
Celebrava ancora le cerimonie tradizionali, non per ossequio, ma per
utilità; per lo stesso motivo dava ascolto anche agli indovini che (i fatti lo
hanno dimostrato) avevano previsto esattamente tutti i suoi successi.
Giunto a Roma pieno di arroganza, pensò di dover dare prova di empie
tà incominciando ad esercitarla sulla sua famiglia. [2] Sospettava infatti che
il figlio Crispo, elevato, come ho detto, alla dignità di Cesare, avesse una
relazione con la matrigna Fausta: perciò lo uccise, senza curarsi delle leggi
naturali.
Elena, la madre di Costantino, si indignò per un simile gesto e non tol
lerò l'assassinio del giovane; allora Costantino, quasi per consolarla, cercò di
rimediare al male commesso con un male più grande ancora. Infatti ordinò
di riscaldare un bagno oltre la temperatura normale, vi immerse Fausta e la
tirò fuori quando ormai era cadavere.
[3] Consapevole di avere commesso dei crimini e di non avere rispetta
to i giuramenti, si presentò ai sacerdoti, chiedendo loro sacrifici espiatori
per le sue colpe; ma essi risposero che nessuna purificazione avrebbe potuto
cancellare simili empietà.
Intanto un egiziano giunto a Roma dalla Spagna era entrato in familiari
tà con le donne di corte; incontratosi con Costantino gli assicurò che la reli
gione cristiana annullava qualsiasi colpa e prometteva agli empi che la prati
cavano di liberarli subito da ogni peccato.
[4] Costantino fu ben lieto di accogliere le sue parole: trascurò i riti
tradizionali per partecipare, invece, a quelli consigliati dall'egiziano (trad. di
F. Conca).
stata una filiazione della Lineare A (profonda111 ente variata), non sem
bra lecito applicare automatica111ente gli stessi valori fonetici ai segni
della Lineare A che si ritrovano nella Lineare B. I tentativi di decifra
zione, soprattutto per la Lineare B, sono stati molteplici. Decisiva fu la
proposta di una <<griglia sillabica>> presentata da Alice Kober e poi per
fezionata dall'architetto Michael Ventris, il geniale decifratore della Li
neare B: un'operazione <<medianica>> e quasi divinatrice, che si concretò
in un famoso articolo pubblicato da Ventris, insieme con il linguista J.
Chadwick, in <<]ournal of Hellenic Studies>>, 73 ( 1 953 ), pp. 84-103 .
Ventris morì prematuramente a soli 34 anni, nel 1956, poche settimane
avanti la pubblicazione del suo libro <<canonico>>, Documents in Myce
naean Greek, Cambridge, 1956 ( 1 9732).
Ventris, dopo vari tentativi sbagliati, come già l'antagonista di A.
Evans, Sir Alan Wace, si era convinto che la Lineare B fosse un silla
bario, nel quale era registrato un greco arcaico, del 1400 a.C. circa a
Creta, del 1200 in Grecia. Era così eliminata una incognita basilare:
bisognava stabilire il valore fonetico dei segni, che apparivano anche
a gruppi separati (salvo a fine di riga) da lineette verticali, talora da
puntini o da spazio vuoto, e che perciò indicavano <<parole>>. Con
frontando alcune <<parole>>, incise in senso destrorso, si rilevava l' ag
giunta di uno o due segni che ritornavano spesso identici, rivelando
che si trattava di una flessione, ora ad esempio al genitivo, ora al
plurale. Purtroppo mancò l'ausilio di qualche iscrizione bilingue,
come la celebre pietra di Rosetta, che presenta il testo greco accanto
a quello egiziano (in caratteri geroglifici) e a quello demotico, e che
consentì a Champollion di avviare la decifrazione della scrittura gero
glifica; o come la stele bilingue di Karatepe, che fu preziosa a Bossert
per la comprensione delle iscrizioni ittito-geroglifiche. Anche Ventris,
in ogni modo, arrivò a costruire una griglia, in cui dispose in alto, in
senso orizzontale, le cinque vocali del greco e in senso verticale le
consonanti, formando le sillabe corrispondenti. D'altra parte, nei
contesti in Lineare B, subito dopo le <<parole>> (composte di <<sillabo
grammi>>, che dovevano segnare una vocale isolata o una consonante
+ vocale, ovvero doppie consonanti iniziali con vocale) si notavano
molti ideogra111m i, alcuni <<naturalistici>> facilmente riconoscibili (tri
pode, vasi di varia forma, carro, ruota, cavallo, suino, uomo/donna),
altri convenzionali (di difficile identificazione) , oltre a segni che indi
cavano cifre, pesi e misure.
Ventris presentò - a conclusione d'una serie di tentativi, comuni
cati ad altri studiosi impegnati con la Lineare B, lavorando con si
stemi combinatori e comparativi e traslitterando le <<parole greche>>
intuite secondo il sistema di un sillabario - una tabella dei segni de
cifrati, che qui si riproduce a tav. 1 : per certi aspetti essa non poteva
non lasciare stupefatti e ingenerare dubbi. Ma una tavoletta in Linea
re B, scoperta a Pylos da C.W. Blegen nel 1953 e perciò non ancora
nota a Ventris e Chadwick, parve a tutti confermare la fondamentale
giustezza della decifrazione. Ne diamo l'apografo (ossia il disegno) a
tav. 2, qui di seguito con la traslitterazione in caratteri latini: (lin. 1)
LE FONTI EPIGRAFICHE GRECHE 205
re k-, g-, kh- e così pure t- vale per t- o th-; inoltre l- e r- sono rese
con un'unica serie sillabica. Queste e altre norme del sistema scritto
rio miceneo fanno sì che i nomi possano avere due o tre interpreta
zioni, come nel caso del supposto nome proprio Eu-po-ro = EiJJto
QOç, EiJcpoQoç, EiJJtwÀoç, ovvero di Ti-qa-10 = Ttcpatoç, E>to�atoç,
�'ttÀ�atoç. Comunque si è costituita una disciplina autonoma, la mi
cenologia, la quale annovera un'enorme bibliografia, lessici e studi
specialistici (anche italiani) . In Italia sono stati organizzati cong1·essi
internazionali per merito di Domenico Musti.
D'altra parte, anche se è vero che i testi di Cnosso e quelli di
Grecia, specie di Pylos, presentano sostanziali concordanze anche per
gli ideogrammi, sussistono tuttavia notevoli differenze paleografiche,
che hanno consentito di distinguere centinaia di mani di scribi.
In questo settore è emersa una eccezionale novità per Cnosso: J.
Driessen ha dimostrato che non esiste <<una unità degli archivi>>, in
quanto si debbono distinguere tavolette più antiche e altre più re
centi di almeno cento anni. Ancora nel 1990, a Chanià (Ku-do-ni-ja),
sono state scoperte tre tavolette in Lineare B databili con certezza
nel M(inoico) R(ecente) IIIB (tra 1250- 1200 a.C.) e incise dallo stes
so scriba (nr. 1 15), alla mano del quale vanno ascritte tavolette di
Cnosso. Ne discende che a Cnosso, ancora nel 1250- 1200 a.C., si
scriveva in Lineare B proprio come nel continente greco.
Il protogreco registrato dalla Lineare B è definibile anzitutto
come <<non-dorico>>, comunque connesso con l' <<arcado-ciprioto>>, e
affine a un protoionico/eolico.
Pertanto, l'annientamento dei palazzi micenei di Grecia, con i
loro archivi in Lineare B, va connesso con una fase della cosiddetta
<<invasione dorica>>, che non può concentrarsi ovunque in un anno
preciso, ma dovette procedere lenta, per inevitabili resistenze (altre
motivazioni, come lotte intestine o catastrofi naturali, sismi owero
siccità e carestie sembrano da escludere). Non diversa dovette essere
la causa che portò alla distruzione, in modo del tutto simile, del <<ter
zo palazzo>> di Cnosso e di quello (presunto) di Chanià. Invasori
206 LE FONTI EPIGRAFICHE GRECHE
vocale iniziale dei due nomi: ma esso non poteva che essere un aleph.
Un processo analogo comportò la trasformazione in vocali greche dei
segni fenici chet e ayin per eta e omicron, onde scrivere il gre.co
''Aòµflt'Oç. Anche se per approssimazione, il processo può essersi
realizzato in siffatto modo. Nacque così un sistema alfabetico greco,
convenzionale secondo il modello sillabico fenicio, ma anche armoni
co, in quanto un segno fenicio scelto per un suono greco escludeva
l'impiego degli altri segni fenici di analogo valore fonetico (il caso
della sibilante; vedi la tav. 5).
2 10 LE FONTI EPIGRAFICtlE GREClfE
modifica nella forma triskelés S (in Attica però quest'ultimo è più antico,
e solo intorno alla metà del V secolo diventa tetraskelés). Il koppa in alcu
ne isole (Creta, Tera, Rodi), in Beozia e a Sicione appare talora simile al
phi. Il rho oscilla tra la forma semplice P, talora con gambetta R , a quella
a delta panciuto (talora con gambetta in area siciliana) ovvero a punta I> ,
a Corinto e Megara. La ypsilon passa dalla forma del waw a forca Y
(anche con tratto obliquo sull'asta) a quella triangolare V. La vocale lunga
omega appare precocemente in area ionica, per poi affermarsi ovunque.
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TAv. 2 . La tavoletta dei <<tripodi>> di Pylos rinvenuta da C.W. Blegen (traslitterazione e tradu
zione, supra, p. 205 ) .
TAV. 3 . La tavoletta in cuneiforme (XIV secolo a. C. ) rinvenuta a Ras Samra da Cl.F .A.
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TAv. 7 . Apografo del graffito della coppa di Nestore rinvenuta a Pithecussa e relativa trascri
zione in caratteri greci . Si propone qui di seguito una possibile traduzione: <<La cop
pa di Nestore [era appunto] piacevole a bersi: ma colui che beva da questa coppa,
lui subito prenderà desiderio di Afrodite dalla bella corona>> .
(a)
(b)
(e )
TA v . 8. (a) L'iscrizione di Selinunte consetvata nel Museo archeologico di Palermo. (b) Apo
grafo corrispondente (JG XIV 268 ) . (e) Trascrizione in caratteri greci . Dell'iscrizione
si propone qui di seguito una possibile traduzione: <<Grazie ( alla protezione di) que
sti dei vincono in battaglia i Selinuntini . Noi vinciamo grazie a Zeus e a Phobos e a
Eracle e ad Apollo e a Poseidon e ai Tindaridi e ad Atena e a (Demetra) Malopho
ros e ad (Anemide) Pasicrateia e agli altri dei, ma soprattutto grazie a Zeus. Conclu
sa la pace, ( si decise che) in oro una cerva, incidendo (su essa) questi nomi, nel
santuario di Apollo fosse dedicata, inscrivendo anzitutto il (nome) di Zeus. L'oro
deve valere sessanta talenti (di argento ))> .
2 18 LE FONTI EPIGRAFICHE GRECHE
xenia (che non deve essere intesa come un puro titolo <<onorifico>>) ,
asylia e atéleia, su certi modi di vivere la politica (evergetismo, pre
stiti pubblici e sottoscrizioni per forniture di grano o di olio per i
ginnasi, per opere urbane) , sulla efebia e sui ginnasi.
Le iscrizioni hanno rivelato il ruolo riconosciuto agli stranieri nel
le città greche, specie dall'età ellenistica in poi; l'impiego degli schia
vi e la maniera di concedere loro la libertà attraverso la manomissio
ne; la tendenza all'associazionismo; la diffusione di certi culti con le
relative prescrizioni e dediche sia pubbliche sia private; certe prati
che magiche larga111ente diffuse, tenacemente resistenti anche quando
si impose come religione ufficiale il cristianesimo. Le <<generosità
pubbliche>> (<<euergesiai>>) e il gusto esagerato per le onoranze tribu
tate da parte dei cittadini ai <<benefattori>> anche dopo la morte ca
ratterizzano lunghe iscrizioni dall'epoca ellenistica in poi. Le epigrafi
funerarie spesso sono autentici epigrammi stilati con sapienza lettera
ria, che talora si accompagnarono a rilievi scultori di pregio.
Anche la vita sportiva trova eco e attestazione in lunghe iscrizio
ni; e da iscrizioni si sono apprese denominazioni usuali per emissioni
monetali, come nel caso della Stephanoph6ros (drachm�) della Atene
del II secolo a.C . , e la varietà dei calendari e delle <<ère>>. La civiltà
greca e romana può definirsi una civiltà che, priva di ,<<giornali>>, con
cretizza il rapporto con il pubblico nelle iscrizioni. E solo grazie ad
esse che noi moderni possia111 0 ottenere la vivificazione delle <<realtà>>
antiche e può rafforzarsi in noi la consapevolezza che la storia del
passato (del mondo greco e romano) si fa meglio sulle <<cose>>, impri
gionate il meno possibile nelle griglie di ideologie e di f11111osi pro
blemi, che talora possono essere produttivi solo per la storia mo
derna.
Per quanto ricca, la . documentazione epigrafica richiede quasi
sempre il supporto e l'integrazione della tradizione letteraria, specie
della storiografia antica, anche se talora può modificarne alcuni parti
colari o indurre a una diversa interpretazione degli eventi. Non deve
essere dimenticato che una massa di iscrizioni, per quanto cospicua e
proveniente dallo stesso sito, non costituisce mai un archivio, alla
stregua di quelli di cui dispone un medievista o uno storico moder
no: neppure, ad esempio, nel caso della agorti di Atene, dove sono
stati rinvenuti soprattutto n11111erosi frammenti di decreti, che solo la
raffinata perizia degli epigrafisti della Scuola Americana ha potuto in
parte integrare, trattandosi spessissimo di iscrizioni stoiched6n (ossia
con le lettere di ogni rigo collocate esatta111ente l'una sotto l'altra per
ragioni estetiche, senza tenere conto delle divisioni di parole e silla
be) . I docu111enti d'archivio scritti su papiro o su pergamena si ri
trovano soltanto in Egitto o a Doura-Europos sull'Eufrate, mentre le
iscrizioni anche <<pubbliche>> sono piuttosto copie o meglio estratti
dei documenti dell'archivio, che la città greca, specie Atene, possede
va (nel Metr6on o nel Bouleuthérion). Talora dei decreti o di altri
provvedimenti pubblici veniva redatto - per <<essere visto da chiun
que>>, esponendolo in qualche portico o sulla parete di un santuario
222 LE FONTI EPIGRAFICHE GRECHE
Nell'ultima sezione del CJG IV, pp. 277 ss., fu presentata in ordi
ne sparso una messe d'iscrizioni <<cristiane>>, alcune di età tardo-bi
zantina (dalle funerarie alle magiche, all ' instrumentum); G. Kaibel, in
IG XIV ( 1 890) , per Italia e Sicilia incluse tra le altre anche iscrizioni
cristiane. Con l'allargarsi dell'orizzonte epigrafico - ad esempio nella
serie dei M(onumenta) A(siae) M(inoris) A(ntiqua), fin dal voi. I del
1928 dedicato alla Frigia - le iscrizioni <<cristiane>> risultavano preva-
LE FONTI EPIGRAFICHE GRECHE 227
6. Bibliografia
Lille, 1 988, pp. 130- 155; vd. pure J. Svenbro, Storia della lettura nel
la Grecia antica, Bari, 1991.
Per il sillabario di Ugarit, cfr. G. Garbini, Gli <<alfabeti>> semitici
settentrionali, in <<La Parola del Passato>>, 3 1 (1976), pp. 66-81 . Per
l'origine cretese dell'alfabeto, M. Guarducci, !.:epigrafia greca dalle
origini al tardo impero, Roma, 1987 , pp. 17 ss. Per opinioni divergen
ti, cfr. ad esempio A.G. Woodhead, The Study o/ Greek Inscriptions,
Cambridge, 19812; L.H. Jeffery, The Loca! Scripts o/ Archaic Greece.
A Study o/ the Origins o/ the Greek Alphabet and Its Development
/rom the Eighth to the Fzfth Century B. C. , Oxford, 19902. Sull'iscri
zione di Gabii voi. A.M. Bietti Sestieri, A. De Sanctis e A. La Regi
na, Elementi di tipo culturale e doni personali nella necropoli laziale di
Osteria dell'Osa, in <<Scienze dell'Antichità. Storia Archeologia Antro
pologia>>, 3-4 ( 1 989- 1990), pp. 65-88. Per una recente discussione
sull'origine dell'alfabeto vd. J. Naveh, Early History o/ the Alphabet,
Leiden, 19872; R. Wachter, Zur Vorgeschichte des Griechischen Alpha
bets, in <<Kadmos>>, 18 ( 1 989) , pp. 19-78; Phoinikeia Grammata: lire
et écrire en Mediterranée. Actes du Colloque de Liège. 15- 1 8 novembre
1 989, a cura di C. Baurain, C. Bonnet e V. Krings, Namur, 199 1 .
Per un'origine mercantile dell'alfabeto greco, cfr. M. Lombardo,
Mercanti: transazioni economiche, scrittura, in Sapere e scrittura in
Grecia, a cura di M. Detienne, Bari, 1989 ( Lille, 1 988) , pp.
=
85-108.
Fondamentale tuttora la classificazione degli alfabeti in A. Kirch
hoff, Studien zur Geschichte des griechischen Alphabets, Giitersloh,
18874, tav. 1 , ripresa da M. Guarducci, !.:epigrafia greca, cit., pp. 22
ss. Utilissime ed eseguite con acribia le carte degli alfabeti dei vari
centri greci, ibidem, Allegato I-II.
Per l'evoluzione formale della scrittura greca, ricche osservazioni
in M. Guarducci, I.:epigrafia greca, cit., pp. 81 ss. e specialmente Epi
grafia greca, Roma, voi. I, 1967, pp. 368 ss. Sullo stile stoiched6n, ri
gorosa111 ente applicato dal V al IV secolo a.C., che ha pe1·111esso inte
grazioni a 1nmirevoli da parte degli epigrafisti della Scuola Americana,
cfr. St. V. Tracy, The Lettering o/ an Atheni'an Mason, in <<Hesperia>>,
Suppi. 15 , Princeton, 1975. Esiste anche una scrittura <<a pilastro>>
(xtov11è)6v ) : cfr. Guarducci, I.:epigrafia greca, cit., voi. I, pp.
4 15-4 16.
Per le abbreviazioni, fonda111 entale M. Avi-Yonah, Abbreviations
in Greek Inscriptions, in <<Quart. of the Depart. of Antiq. in Pale
stine>>, London, 1940 e Ares Pubi. , Chicago, 1974, pp. 1 - 125 .
Per le scoperte greche a Af Khanoum, cfr. L. Robert, in <<Com
ptes Rendus de l' Academie des Inscriptiones et Belles Lettres>>_; 1968,
pp. 416-457 ; per la identificazione di centri antichi, Id. , in <<BE>>, 154
(1954), 179 ( 1 962 ) , ecc.; per Diogene di Enoanda e gli oracoli della
Theosophia, cfr. Id. , in <<BÉ>>, 448 ( 1 973 ) , 655 ( 1 976), 482 ( 1 977), e
ora L. Canfora, Diogene di Enoanda e Lucrezio, in <<Rivista di Filolo
gia e d'Istruzione Classica>>, 120 ( 1 992 ), pp. 39-66.
LE FONTI EPIGRAFICHE GRECHE 23 3
1 . La civiltà dell'epigrafe
2. La storia dell'epigrafia
L'utilizzo delle iscrizioni come fonte storica è noto fin dai tempi
antichi e il ricorso alla docl1111entazione epigrafica fa parte del baga
glio metodologico anche di scrittori dell'antichità romana come Poli
bio, Dionigi di Alicamasso o Svetonio: si tratta però di un uso occa
sionale ed eccezionale, che nemmeno in epoche successive si tradusse
in prassi sistematica e diffusa. Nel corso dei secoli, periodica111ente,
vennero prodotte raccolte di testi epigrafici latini, così come ciclica
mente l'interesse per le iscrizioni di Roma si ravvivò in coincidenza
con fenomeni ben più generali e complessivi di rinnovata attenzione
verso ogni prodotto o espressione dell'antichità classica. Non è un
caso, ad esempio, che la più antica collazione manoscritta di epigrafi
a noi nota (e conservata nel monastero svizzero di Einsiedeln) risalga
al tempo della cosiddetta rinascita carolingia.
In seguito, dopo un periodo piuttosto lungo di disinteresse e di
incomprensione (che in genere viene imputata alla diffusione nella
scrittura dei caratteri gotici e alla conseguente disabitudine alla lettu
ra dei caratteri latini) , nuova attenzione fu riservata alle epigrafi ro
mane nel XIV secolo, con una raccolta di iscrizioni che va sotto il
nome di Cola di Rienzo e con l'esposizione al popolo di Roma, da
parte del medesimo tribuno, della tavola bronzea della !ex de imperio
Vespasiani (la legge, cioè, con cui il fondatore della dinastia flavia fis
sava per iscritto le prerogative del principe augusteo) . In epoca uma
nistico-rinascimentale l'attenzione verso le epigrafi, concretatasi nella
produzione di numerose sillogi e raccolte, nella scoperta di nuovi e
fonda111entali testi epigrafici (come i Fasti consulares o come il co
siddetto Monumentum Ancyranum, rinvenuto appunto ad Ankara e
che contiene inciso il testamento politico-progra111matico - le fa111ose
Res gestae - di Augusto) e nella creazione delle prime collezioni, si
inserisce nel quadro più generale della rivalutazione postmedievale
dell'antichità classica e della venerazione dei modelli artistico-cultura
li greco-romani. Si tratta di un'impostazione di pensiero che ovvia
mente portò a privilegiare - nelle sillogi - i doc11111enti epigrafici di
buona qualità estetica e di alto valore ideologico attualizzato (come
nel caso di Cola di Rienzo), più che non quelli di particolare valore
storico-documentario, e che determinò anche una cospicua produzio
ne di falsi epigrafici, costruiti appunto sotto lo stimolo della sfida
imitativa che opponeva gli l1111anisti ai maestri del passato greco e
romano. Soltanto nel XVII secolo si registrano i primi tentativi di
produrre raccolte sistematiche di iscrizioni latine al fine di mettere a
disposizione degli studiosi strl1111enti di consultazione ordinati (va in
questa direzione il famoso Corpus del Gruter, reso particolar111ente
funzionale dagli indici dello Scaligero) : la vera svolta, che porta a
244 LE FONTI EPIGRAFICf1E LATINE
4. Alfabeto e scritture
zione di dedica sacra alle divinità dei defunti; col passare del tempo
la sua funzione primaria scomparve quasi del tutto, e la sigla - tra
sformata in una sorta di marchio o di simbolo grafico stereotipo,
comprensibile anche a chi non sapeva leggere - consentì a chiunque,
al primo colpo d'occhio, di qualificare l'iscrizione, davanti alla quale
stava transitando, come sepolcrale (le si ritrova infatti anche in iscri
zioni cristiane) . Le sigle epigrafiche, come si può evincere dai reper
tori contenuti in qualsiasi manuale di epigrafia latina, sono n11111ero
sissime, ma la loro ricorrenza costante nella medesima collocazione e
con il medesimo valore, la loro stretta correlazione con le diverse ti
pologie epigrafiche, la loro pregnanza di significante e di simbolo si
traduceva in una diffusa e universale comprensione da parte del pub
blico lettore e fruitore di epigrafi e cioè da parte della stragrande
maggioranza dei cittadini dell'impero.
Chiarezza, perspicuità, rigidità nella scansione degli elementi (so
prattutto nei cursus, cioè nelle carriere incise, ove quasi mai viene al
terata la successione gerarchico-cronologica delle funzioni e delle ca
riche), maggior brevità possibile procedono verso il medesimo obiet
tivo di rendere il testo epigrafico leggibile e fruibile dal maggior nu
mero possibile di persone, anche indipendentemente dalla loro vo
lontà e dalla loro attenzione. La brevità, ottenuta anche attraverso
espedienti come la congiunzione di più lettere in un unico carattere
(nessi: per esempio, lE per AE, A per AT, ecc.), rispondeva pure alla
necessità di contenere i costi elevati della produzione epigrafica. Per
le stesse ragioni economiche si evitò talvolta la correzione degli even
tuali errori del lapicida o si a111mise l'incisione di lettere anche fuori
del campo epigrafico (ad esempio sulle comici laterali) , oppure anco
ra l'aggiunta, a incisione conclusa, di lettere dimenticate fra le linee
del testo iscritto.
re, è pur vero che la struttura rigida e stereotipa della maggior parte
delle epigrafi e le possibilità di confronto con testi analoghi dello
stesso a111bito cronologico, contenutistico e geografico permettono
spesso di integrare lacune anche consistenti e di proporre letture
plausibili pure di epigrafi gravemente fra111mentarie. Naturalmente un
intervento modificatore rispetto alla realtà esistente, quale è quello di
un'integrazione puranco sicura, va denunciato in sede di pubblicazio
ne critica: trascrivendo il testo, tutte le parti integrate vanno dunque
comprese entro i segni diacritici - convenzionalmente da tutti accet
tati - delle parentesi quadre, così come gli scioglimenti di abbrevia
zioni presenti nella pietra vanno chiusi fra parentesi tonde. Un punto
sottostante a una lettera indica invece una lettura incerta.
Se l'integrazione è uno dei compiti più difficili dell'epigrafista, al
trettanto ardua risulta, per lo più, l'impresa di datare un'iscrizione in
assenza di riscontri sicuri interni (date consolari, tribunicia potestas
imperiale, riferimenti espliciti a fatti o personaggi storici altrimenti
noti e datati, ecc.) o esterni (una stratigrafia archeologica, la com
presenza e contemporaneità accertata con altri oggetti databili) . Ab
biamo già osservato come il criterio di datazione paleografico appaia
quanto mai fallace o impreciso. Occorre quindi procedere di caso in
caso, raccogliendo indizi di ogni genere, dalla ricorrenza nel testo di
certe formule o di certe sigle, che sappiamo comparire soltanto pri
ma o dopo una dete1111inata epoca, alla presenza di cariche o funzio
ni di cui conosciamo la data di nascita; dallo studio dei materiali im
piegati all'analisi delle tipologie decorative e iconografiche; dalla
struttura del testo alla scrittura e alla for111a delle lettere. Rara111ente
l'indagine offre comunque elementi di certezza: nella maggior parte
dei casi si può pervenire soltanto a una cronologia approssimativa e a
fissare termini ante quem o post quem di datazione.
7. L'onomastica latina
9. I cccursuS>> epigrafici
1 O. Epigrafia cristiana
1 1 . Bibliografia
1 2. Appendice
Minervae
memori.
•
Coelia Iuliana
indulgentia
medecinarum
eius infir111itati •
Minervae
memori.
•
Tullia
Superiana
restitutione
facta
sibi
capillorum
v(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito)
Trad. : A Minerva memore. Tullia Superiana per la grazia fattale della ricre
scita dei capelli, sciolse il voto di buon grado come era doveroso.
Minervae
medicae
Cabardiac(ensi)
Valeria
Sammonia
Vercellen(sis)
v(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito)
lmp(eratori) Caesari
Divi Nervae f(ilio)
Nervae Traian[o]
Aug(usto) Germanic[o]
Dacico,
pont(ifìci) max(imo), tr(ibunicia) pot(estate) VII,
imperatori XII, co(n)s(uli) V, p(atri) p(atriae),
d(ecreto) d(ecurionum)
Trad. : All'Imperatore Cesare, figlio del dio Nerva, Nerva Traiano Augusto
Germanico Dacico, pontefice massimo, insignito della tribunicia potestas per
la settima volta, acclamato imperatore per la dodicesima volta, console per
la quinta volta, padre della patria, per decreto dei decurioni.
gurale e allusivo alla venerazione del popolo nei confronti dell' autori
tà (augurium e auctoritas hanno appunto la medesima matrice eti1110-
logica di Augustus) . Germanicus e Dacicus sono cognomina ex virtute,
soprannomi etnici attribuiti a partire dalla tarda epoca flavia agli im
peratori a seguito di una campagna militare vittoriosa sui popoli cui
fanno riferimento. Nel caso specifico, ad esempio, il cognomen di
Germanicus fu attribuito contemporaneamente a Nerva e a Traiano,
già associati al trono, nel 97 d.C., dopo la vittoria sull'etnia ge1111 ani
ca dei Suebi. Dacicus venne assegnato invece a Traiano alla fine del
102 d.C., dopo la conquista della Dacia. I cognomina ex virtute all'in
terno delle epigrafi con titolatura imperiale costituiscono evidente
mente un preciso termine post quem di datazione e consentono di
ordinare cronologica111ente il complesso dell'epigrafia di ogni singolo
imperatore.
•
simae et de se
benemerenti
4.
CIL VIII, 1 1824 = IIS 7457
------
ve[ . . . ]sp [---]on [ . . ] fui
paupere progenitus lare sum parvoq. parente
cuius nec census neque domus fuerat.
Ex quo sum genitus, ruri mea vixi colendo;
nec ruri pausa nec mihi semper erat.
Et cum maturas segetes produxerat annus,
demessor calami tunc ego primus eram.
Falcifera cum tu1111a virum processerat arvis,
seu Cirtae Nomados seu Iovis arva petens,
demessor cunctos anteibam primus in arvis,
pos tergus linquens densa meum gremia.
Bis senas messes rabido sub sole totondi,
ductor ex opere postea factus eram.
Undecim et turmas messorum duximus annis,
et N11111idiae campos nostra manus secuit.
Hic labor et vita parvo con(ten)ta valere
et dominum fecere domus et villa paratast,
et nullis opibus indiget ipsa domus.
Et nostra vita fructus percepit honorum;
inter conscriptos scribtus et ipse fui.
Ordinis in templo delectus ab ordine sedi,
et de rustictÙo censor et ipse fui.
Et genui et vidi iuvenes carosq. nepotes.
Vitae pro meritis claros transegimus annos
quos nullo lingua crimine laedit atrox.
Discite mortales sine crimine degere vitam.
Sic meruit, vixit qui sine fraude, mori.
Trad. : Sono nato da una famiglia povera: mio padre non aveva risorse eco
nomiche e non aveva neppure una casa di sua proprietà. Da quando sono
nato ho vissuto coltivando il mio campo. Né la mia terra né io abbiamo mai
conosciuto momenti di riposo. E quando veniva la stagione dell'anno in cui
le messi erano mature, io ero il primo a tagliare le spighe; e quando compa
rivano nelle campagne squadre di contadini che andavano a lavorare come
braccianti salariati vicino a Cirta, capitale della provincia di Numidia, o nel
le pianure che dominano la montagna di Giove, io li precedevo tutti nel
compiere il lavoro di mietitura dei campi. In seguito ho lasciato il mio paese
e per dodici anni ho lavorato per altri, mietendo sotto un sole di fuoco.
Sono diventato poi capo di una squadra di mietitori e per undici anni ho
comandato gruppi di braccianti e le mie mani hanno falciato il grano nei
campi di Numidia. A forza di lavorare e poiché ho sempre saputo acconten
ta1·111i di poco, ho risparmiato fino a poter diventare proprietario di una casa
e di un podere: oggi io vivo nell'agiatezza e non mi manca nulla. E racco-
LE FONTI EPIGRAFICHE LATINE 27 1
gliendo i frutti del mio modo di vivere ho fatto anche carriera nell'ammini
strazione pubblica: sono stato chiamato a far parte dell'assemblea che go
verna la mia città e da contadinucolo sono arrivato ad essere magistrato su
premo con poteri censori della mia città. I-lo visto nascere e crescere attor
no a me i miei figli e i miei nipoti. Ho trascorso la mia vita onorato da tutti
per i miei meriti. Nessuno ha potuto trovare da dire sulla mia vita irrepren
sibile. Imparate, o uomini, a vivere una vita onesta. Così merita di morire
chi visse senza ingannare nessuno.
5.
CIL XI, 366 = ILS 133
C(aius) C(aesar)
August(i) f(ilius)
co(n)s( uli)
vtas omnes
•
6.
A. Audollent, Defixionum tabellae quotquot innotuerunt tam in graecis
orientis quam in totius occidentibus partibus praeter Atticas in Corpore Inscri
ptionum Atticarum editas, Luteciae Parisiorum, 1904, pp. 198-201, n. 140 =
Aselle, il fornaio Preseticio, che abita nella regione nona dove pure esercitò
la sua attività; consegnalo a Plutone signore dei morti e se si prenderà per
caso gioco di te, sia tormentato dalla febbre, dal freddo, dalla paura che fa
sudare e tremare le membra, e questo avvenga di mattino, di pomeriggio, di
sera, di notte, a partire da quest'ora, da questo giorno, da questa notte;
sconvolgilo al punto che non possa riprendersi, e se per caso te ne capita
l'occasione soffocalo nelle terme, nel bagno, in qualsiasi luogo; lega, fa a
pezzi Preseticio, figlio di Aselle, e se per caso ti distrae con qualche pratica
magica e ride di te e ti insulta, lega, ammazza il fornaio Preseticio, figlio di
Aselle, che abita nella regione nona. Fallo subito, subito, presto, presto.
TAv. 2. CIL Xl, 366 -
7.
CIL Xl, 1 147 = ILS 6675
summa HS LIICC
quae fit usura (quincunx) sortis supra scribtae
(!.) C.Volumnius Memor et Vol11111nia Alce per Volum. Diadumenum liber
tum suum professi sunt fundum Quintiacum Aurelianum, collem Muletatem
cum silvis, qui est in Veleiate pago Ambitrebio, adfinibus M. Mommeio Per
sico, Satrio Severo et pop(ulo), HS cv111; acciper(e) debe(n)t HS
v111DCL I n(ummos) et fundum s(upra) s(criptum) obligare.
(I) Caio Vol11111nio Memore e Volumnia Alce, attraverso il loro liberto Vo
lumnio Diadumeno dichiarano la proprietà immobiliare detta Quinziaco
Aureliano, la collina Muletas con i boschi relativi, che si trova nel territorio
di Veleia, nel pagus Ambitrebio, confinante con le terre di Marco Mommeio
Persico, di Satrio Severo e con le terre demaniali; il suo valore è stimato in
108.000 sesterzi; egli dovrà ricevere 8.692 sesterzi e ipotecare i fondi sopra
descritti.
LXII. Ilviri quicumque erunt, ii Ilviri in eos singulos lictores binos, accen
sos sing. scribas binos, viatores binos, libarium, praeconem, haruspicem, ti
bicinem habere ius potestasque esto. Quique in ea colonia aedil(es) erunt,
iis aedil. in eos aedil. sing. scribas sing. , publicos cum cincto limo 1111, prae-
2 80 LE FONTI EPIGRAFICHE LATINE
Trad. : (62) Inservienti dei magistrati e loro stipendi. Tutti i duoviri avranno
diritto e potere di avere ciascuno due littori 1, un garzone di ordinanza, due
segretari, due messi, un copista, un banditore, un aruspice, un flautista 2 .
Tutti gli edili avranno diritto e potere di avere ciascuno un segretario, quat
tro schiavi pubblici che indossano il grembiule, un banditore, un aruspice,
un flautista. (Ciascuno) li prenda fra coloro che saranno coloni di questa
colonia. I duoviri e gli edili, finché saranno in carica, avranno il diritto e il
potere di avere toghe preteste, torce, ceri 3 . Tutti i segretari, i littori, i garzo
ni di ordinanza, i messi, i flautisti, gli aruspici, i banditori che ciascuno di
essi avrà, nell'anno in cui ciascuno presterà servizio, sarà esente dal servizio
militare e nessuno in quell'anno, in cui (ciascuno) presterà servizio ai magi
strati, lo arruoli o lo faccia arruolare contro la sua volontà né lo costringa
né lo induca o lo faccia indurre (da altri) al giuramento di disciplina milita
re né gli chieda o gli faccia chiedere (da altri) il giuramento stretto del sol
dato 4 , tranne che in caso di tumulto italico o gallico 5 . Gli inservienti dei
duoviri ricevano ciascuno una paga in questa misura: ciascun segretario
1.200 sesterzi, ciascun garzone di ordinanza 700, ciascun littore 600, ciascun
messo 400, ciascun copista 3 00, ciascun aruspice 500, ciascun banditore
3 00. Gli inservienti degli edili; ciascun segretario 800 sesterzi, ciascun aru
spice 100, ciascun flautista 300, ciascun banditore 300. Essi potranno perce
pire questa paga senza esporsi a nessuna penale.
strati.
3 I principali magistrati della città, duoviri ed edili, hanno diritto di indossare
una toga analoga a quella indossata dai senatori romani. Torce e ceri servivano per
illuminare di notte la strada al magistrato.
4 Il giuramento di cui la legge ha parlato poco prima, ius iurandum, è un giura
mento generico che impegna alla disciplina da rispettare nell'accampamento; il giu
ramento di cui si parla a questo punto è invece il sacramentum, cioè il giuramento
più particolare e impegnativo del soldato.
5 La fo1111ula tumultus Italicus Gallicusve indicava in origine lo stato di emer
genza creato da una guerra nella penisola o da un'invasione dei Galli ; poi venne
mantenuto per indicare genericamente guerra interna o ai confini.
LE FONTI EPIGRAFICHE LATINE 281
chiunque dei coloni voglia, abbia in virtù di questa legge diritto e potere di
richiedere e reclamare con azione legale, mediante lo speciale processo rela
tivo a tali questioni 6 , presso un duoviro o un prefetto.
via sono venuti alla luce importanti testi di leggi municipali, relativi
tutti a città della provincia spagnola del Betica e tutti di epoca flavia:
si tratta delle leggi di Salpensa, di Malaca e, soprattutto, di Irni (que
st'ultima pubblicata nel 1986) , che hanno consentito di dare nuovo
9.
CIL III, 352 =ILS 609 1
Parte del testo
[et p] opulum comm [a] nentium adeo celebre[m ........ ] ali ibidem sunt, [fa]cile
compleantur pr[oui]sa ex decursibus praeterfluentium [aq]uarum, . . . . . rum
numerum copiosum. Quibus cum omnibus memoratus locus abundare dica-
284 LE FONTI EPIGRAFICHE LA1.INE
Trad. : Essi hanno asserito infatti che il loro vicus aveva goduto per un perio
do nel passato dello splendore di un oppidum in modo tale che essi si orna
vano dei fasci annuali dei magistrati, avevano una quantità di curiali ed era
no pieni di un popolo di cittadini. Inoltre, grazie alla sua natura e confor
mazione, il sito si rivela vantaggioso, poiché, provenendo da quattro direzio
ni diverse, vi si ricongiungono quattro strade per le quali una stazione di
posta è, secondo quel che si dice, utile e adeguata a tutte le pubbliche esi
genze; [lo stesso sito] presenta una grande abbondanza di acqua che vi af
fluisce, così come bagni pubblici e privati, un foro adorno delle statue degli
antichi principi, una popolazione così n11111erosa di abitanti che i posti a se
dere che ivi si trovano vengono facilmente occupati e, inoltre, grazie all'in
clinazione delle acque che vi confluiscono, una grande quantità di mulini ad
acqua. Ora, benché si dica che il luogo succitato abbondi di tutte queste
cose, è capitato - così come essi hanno detto - che gli abitanti di N acolia
richiedessero prima d'ora di essere loro riuniti. Ma non è degno della nostra
era che un luogo così privilegiato perda il nome di città ed è pregiudizievole
per coloro che vi risiedono l'essere privati di tutti i loro vantaggi e diritti
per la spoliazione operata da gente più potente.
1 . Introduzione
2. Il concetto di papirologia
li nel 1983 (atti editi a Napoli, nel 1984, dal Centro internazionale
per lo studio dei papiri ercolanesi) significativa111 ente si intitolava Per
l'unità della scienza papirologica e concludeva (p. 27): <<I papiri di Er
colano, non meno degli egiziani, ci riserbano novità e ci forniscono
misure più esatte per intendere la civiltà del passato e, non meno
degli egiziani, ci pongono ''in immediato contatto con l'antichità'' ,
per usare un'espressione cara al compianto Turner>>.
D'altra parte si insiste tuttavia a sottolineare il fatto che la papi
rologia è propriamente quella documentaria 3 •
Indiscutibilmente unico è il materiale scrittorio, diverse le tecni
che paleografiche e la tipologia dei documenti. Ma questo non basta
a definire rigide differenze disciplinari, se unico è lo scopo cui quelle
tecniche si finalizzano.
Certo, quando nel 1788 il danese Schow pubblicava il primo pa
piro egiziano - la Charta borgiana di proprietà del cardinal Borgia -
l'a111biente intellettuale ne fu quasi deluso: quel lungo elenco di con
tadini che avevano eseguito le loro corvées alle dighe sembrava avesse
poco da dire alla cultura storico-letteraria, e semmai epigrafico-numi
smatica del tempo. Soprattutto in Italia il processo di elaborazione di
una tecnica papirologica e di utilizzazione storiografica del documen
to fu lento e pigro 4•
Ma in un ambiente culturale mutato, in un orizzonte da rivolu
zione documentaria in cui diviene predominante il segno opposto del
documento <<autentico>>, non soggettivo, i progressi sono stati rapidi:
i volumi dei papiri di Ossirinco sono giunti al LIX e nuove collezioni
di papiri sono sorte (nel Michigan, a Colonia, ecc.). Anche fuori dal
l'Egitto sono stati trovati papiri: i papiri orfici greci di Derveni; i pa
piri delle coste del Mar Morto; le tracce di papiro da Ai Kanhoum;
le tavolette britanniche di Vindolanda.
Così, dopo il solitario, arido papiro pubblicato da un erudito da-
studio dei papiri orfici di Derveni vedi A. Laks e G.W. Most (a cura di), Studies on
the Derveni Papyrus, Oxford, Clarendon Press, 1997. Ampie bibliografie appaiono
P,eriodicarnente su le riviste <<Aegyptus>>, <<Revue Historique de Droit Français et
Etranger>> e, dal 1990, sul polacco <<]oumal of Juristic Papyrology>>. Una bibliografia
completa, articolata e numerata secondo i diversi temi, è prodotta, su fiches e su
supporto elettronico per PC e MAC, dalla Fondation Reine Elisabeth di Bruxelles e
gli anni 1976- 1990 sono stati computerizzati col programma Pro-Cite BP (ad Ann
Arbor, Mich.), che pe1111ette aggiornamenti bibliografici su ogni tema o incrocio e
intreccio di temi, mentre si continua ad aggiornare un Co RoM con tutti i papiri, a
cura della Duke University. Circa 500 volumi sono già presenti sul Co e, comunque,
è già possibile consultare tutti i papiri editi sul sito internet: http://www.perseus.tuft
s.edu/Texts/papyri.html.
3 O. Montevecchi, La papirologia. Bilancio di un cinquantennio e prospettive per
l'avvenire, in <<Aevum>>, LXI ( 1987), p. 8.
4 D. Foraboschi e A. Gara, La papirologia e la cultura italiana dell'Ottocento, in
L. Polverini (a cura di), Lo studio storico del mondo antico nella cultura italiana del
l'Ottocento, Napoli, ESI, 1994, pp. 253-264.
290 LE FONTI PAPIROLOGICHE
3. Papirologia letteraria
Nel 1965 la seconda edizione di R.A. Pack, The Greek and Latin
Texts /rom Greco-Roman Egypt (Ann Arbor, University of Michigan
Press) , registrava 3 .026 testi, ma in quest'ultimo ventennio il n11111ero
si è notevolmente arricchito, come sarà evidente nella terza edizione.
Si tratta prevalentemente di testi già noti attraverso la tradizione
medievale. Ma il loro contributo alla storia del libro antico, alla criti
ca testuale, alla cronologia di alcuni autori, alla sociologia della lette
ratura, alla storia del gusto del pubblico dei lettori, appare enorme.
Indubbiamente il contributo più entusiasmante è quello di opere
altrimenti ignote. Tra le più importanti Turner segnalava gli Epinici e
i Ditirambi di Bacchilide, i Mimi di Eroda, dieci commedie di Me
nandro, le Elleniche di Ossirinco, tre orazioni di Iperide, la Costitu
zione degli Ateniesi di Aristotele.
Ma già le novità sono aumentate: mentre a Milano stanno per es
sere edite centinaia di nuovi versi del poeta ellenistico Posidippo, nel
LIX volume dei papiri di Ossirinco sono stati pubblicati nuovi fra111 -
menti delle Elegie di Simonide. Preziosi sono i frammenti relativi alla
battaglia di Platea nel racconto di un contemporaneo come Simonide
(morto una dozzina di anni dopo, nel 468-467), di una generazione
più vecchio di Erodoto, che finora era il nostro più antico testimone.
La narrazione poetica della marcia degli Spartani, dello scontro con i
Persiani nella piana, della valorosa battaglia dei Corinzi appare un
contributo di non poco conto alla nostra conoscenza storica.
Nel 1979 è stato pubblicato un nuovo frammento di elegie di
Cornelio Gallo 7 , trovato tra quelle che dovevano essere le carte di
un militare romano che nella sperduta fortezza di Qasr Ibrim (Pri
mis) , all'estremo sud dell'Egitto, sul confine etiopico, si dilettava di
letture poetiche come questi versi di Gallo in cui si invoca l' a111 ata
Lycoris assieme a Cesare Augusto:
4. Papiri storici
gare la natura. E il caso di P. Mii. Vogl. II, 47 , già ben noto agli
studiosi. Purtroppo è in discussione se datarlo al 1 15 d.C. (come è
molto più probabile) o al 135 d.C. E la cosa non è di scarso inte
resse: nel primo caso sapremmo che una serie di pogrom antisemiti
precedette la grande rivolta degli Ebrei nel 1 15 - 1 17 , nel secondo sa
premmo che stÙ finire della rivolta giudaica in Palestina, guidata dal
leggendario Bar Kochba, sanguinosi tumtÙti antiebraici si sarebbero
scatenati anche in Egitto.
Si tratta di tre colonne frammentarie di testo in cui sembra venga
citato un editto di un prefetto d'Egitto che cerca di por fine alle in
discriminate azioni antigiudaiche perché <<non è possibile uccidere
persone senza processo, ma anche il giudizio ha il proprio tempo e il
castigo un proprio modo e un proprio tipo>> e, comunque, <<alcuni
errori potevano forse trovare una scusa prima della guerra dei Roma
ni contro i Giudei>> (col. III, 17 ss.). Testo che, dopo quasi un seco
lo, sembra ripresentare la stessa situazione della lettera dell'imperato
re Claudio agli Alessandrini, scritta nel 4 1 d.C. (CPJ 153 ) dove si ,
1 0 J.D. Ray, The Archive o/ Hor, London, Egypt Exploration Society, 1976, pp.
126 ss.
294 LE FONTI PAPIROLOGICHE
•
alcuni momenti di una battaglia vengono raccontati con passione e
•
1
1 A. Gara, Due papiri della collezione Michigan, in <<ZPE>>, 50 (1983 ) , p. 68
(r. 2).
LE FONTI PAPIROLOGICHE 295
12
Corpus des Ordonnances des Ptolémées, Bruxelles, Memoirs de l'Academie de
Belgi�ue, 19802.
1
D . Rathbone, Economie Rationalism and Rural Society in Third Century A.D.
Egypt: Heroninos Archive and the Appianus Estate, Cambridge, Cambridge Universi
ty Press, 1992.
296 LE FONTI PAPIROLOGICHE
'
] .to a. [
] e kaì to [
] nnes[
]thes [
17 Egypt a/ter the Pharaohs, London, British Museum Publications, 1986, trad.
it. /;Egitto
18
dei faraoni, Firenze, Giunti-Barbera, 1 988.
R.S. Bagnali in <<AJA>>, 91 (1987), p. 623 .
298 LE FONTI PAPIROLOGICHE
7. Economia e società
e se in un papiro coevo (P. Ryl. IV, 607) leggiamo che una moneta
del valore di 12 e 1/2 denari (italikòn n6misma) è la metà del noum
mos, possiamo così attendibilmente integrare l'editto epigrafico:
8. Archivi
9. Vita privata
2 5 R.S. Bagnall, A Trick a Day lo Keep the Tax Man at Bay? The Prostitute 'fax
in Roman Egypt, in <<BASP>>, 28 ( 1 99 1 ) , pp. 5-12.
3 02 LE FONTI PAPIROLOGICHE
In una lettera che nel V-VI secolo una monaca inviò a un abate
(P. Koln 2 , 1 1 1 ) si intravvedono, attraverso i cenni fra111mentari che
ci sono rimasti, le immutabili storie dei conflitti che insorgono anche
all'interno di un monastero di donne votate alla santità cristiana:
<< . . . la sua santità, quali castighi . . . la badessa, poiché sono molto
afflitta: gli occhi dei malvagi non per111ettono di alzare lo sguardo.
Perciò esorto: prega per me affinché per il resto Dio mi liberi e io
possa liberarmi dai complotti dei malvagi>>. Ma infine anche questo
dramma claustrale si conclude con un cenno di gentilezza: <<Comuni
co alla sua santità che avendo pronto un piccolo fo1111aggio l'ho in
viato . . . e anche un piccolo dolce . . . >>.
N11111erosissime sono queste lettere private. Si tratta per lo più di
poche righe relative ad affari minimi. Spesso, però, il testo si intensi
fica e amplia fino a permettere di cogliere personalità e mentalità,
proprio perché scritto senza ambizione di travalicare i secoli, in un
raggio di comunicazione tutto privato che solo l'archeologia e la sab
bia del deserto ci hanno conservato, impreziosito dalla patina dei
millenni.
Un florilegio tematico può bastare a fornire un'idea di questi
documenti.
Famiglia
Gli affari vanno male e litigo con la madre (P. Mii. Vogl. 24) .
Non maltrattate mio figlio (P. Col. Zen. 6).
Cara moglie se ti nasce un maschio tienilo, se una femmina esponila
(P. Oxy. 744).
Porta111i in città e mandami regali (J. Hengstl, Griechische Papyri aus
Aegypten, Miinchen, Artemis, 1978, p. 83 ).
Studia e ti manderò i soldi (P. Oxy. 53 1 ) .
Felicitazioni per il matrimonio (BGU 1080) .
Impara i geroglifici e farai carriera (UPZ 148).
Ho spedito la m11111mia della mamma (Hengstl, Griechische Papyri,
cit., p. 59).
Amicizia
Ho sognato di risalire il Nilo (P. Sarap . 101).
Contro la morte non si può nulla (A. Deissmann, Light /rom the An-
cient East, trad. ingl. London, Hodder-Soughton, 1927, p. 176).
Cosa sono ricchezza e giovinezza? (P. Oxy. 3069)
Sei ricco e disprezzi gli a•Bici (P. Fior. 367).
L'eccesso di generosità porta al disastro (P. Oxy. 3208).
Amore
Amore matrimoniale (P. Oxy. 528).
LE FONTI PAPIROLOGICHE 3 03
Feste
Invito a pranzo (SB X, 10496).
Invito a nozze (M. Vandoni, Feste pubbliche e private nei documenti
greci, Milano, Cisalpino, 1964, p. 132).
Manda111i suonatori, cibo e bevande (P. Hib. 54).
Mi hanno costretto a fare il lottatore (Vandoni, Feste pubbliche, cit.,
p. 8 1 ) . .
Prepara il bagno caldo e la festa (P. Fior. 127 ).
Malattie
Invio di un a111uleto contro la tonsillite (P. Oxy. 3068) .
Sono in ansia perché hai male ai piedi (W. Chrest. 93 ).
Ho male agli occhi e al corpo (SP 158).
Cibi delicati per un ammalato (SP 170).
Miliari
Sono arrivato a Ostia (W. Chrest. 40).
Non preoccuparti, il posto è bello (W. Chrest. 4 1 ) .
Ti mando un mio piccolo ritratto (Deissmann, Light, cit., p . 179).
Saluti alla sorella (ibid., p. 1 84).
Stia1110 partendo per la Mauritania (P. Coll. Youtie 53 ) .
C'è in vista un trasferimento vicino a casa (SP 149).
Conflitti sociali
Fuggo in Siria per non morire di fame (P. Col. Zen. 66).
Antisemitismo (CPJ 437).
Tumulti e cannibalismo (P. Oxy. 3065 ) .
I lavoratori hanno scioperato e fatto una manifestazione (P. Brem.
63 ).
Risse tra paesi (SP 429).
Lo sciopero fa morire i maiali (P. Lond. VII, 2007).
Denunce pubbliche
Un'Egiziana mi versò addosso urina (P. Ent. 79).
Un furto (P. Oxy. 2730).
Mi ha irretito la figlia (P. Lond. VII, 1976) .
Atti osceni in luogo sacro (P. Narm. 2).
Affari
La burocrazia intralcia la riforma monetaria (PCZ 5902 1 ) .
Sta crollando il prezzo dell'oro (P. Sarap. 90).
304 LE FON1'1 PAPIROLOGIC�IE
Personaggi di rango
Lo sceicco ebreo al ministro greco (CPJ 4).
Mappa di una tenuta del ministro e preventivi di spesa (P. Ludg. Bat.
20, 255 ) .
Sto accompagnando la principessa alle nozze, tu segui le mie faccen-
de private (PCZ 5925 1 ) .
Arriva il re, nascondi le scorte (PSI 354).
Disposizioni ufficiali per la visita di un senatore (SP 4 16).
Tra l'altro, ho visto l'imperatore Tito (P. Oxy. 2725).
Cristianesimo
Prima lettera cristiana? (P. Oxy. 3057).
L'anacoreta si degni di pagare le tasse (M. Naldini, Il cristianesimo in
Egitto, Firenze, Le Monnier, 1968, p. 86).
Gli affari di Didima e le sorelle (ibid. , p. 36).
Ospitalità per un fratello (ibid. , p. 50) .
Sono solo con Dio (ibid. , p. 72).
TAV. 2 . P. Oxy. (Oxford; Coles) 55.3809 (11-111 secolo d.C . ) . Il papiro è una lettera in cui il
giovane apprendista-barbiere Agathangelos racconta al suo maestro, Panares, del suo
successo professionale.
Fonte: Banfi e Foraboschi, Giovanissimi e giovani scrivani nell'Egitto greco-romano, cit. , fig. 3.
LE FONTI PAPIROLOGICHE 307
27 J. Mélèze-Modrzejewski, Les Jui/s d'Égypte, Paris, Errance, 199 1 , pp. 150 ss.
308 LE FONTI PAPIROLOGICHE
riazioni anche vistose nei pesi individuali, dalle quali l'utenza si tu
telava.
L'analisi dei pesi porta a ipotesi circa i pesi standard (peso teorico
dell'unità della quale i vari nominali sono multipli o sottomultipli) e
quindi all'individuazione dei sistemi ponderali adottati nei vari luoghi
e nelle varie epoche. Le fonti letterarie o epigrafiche relative alle mi
sure e ai pesi antichi sono rare, per certe aree e certi periodi del
tutto assenti, sempre frammentarie e di difficile interpretazione. Ci si
basa quindi sul calcolo delle medie, raccolte pesando il maggior nu
mero di esemplari disponibile di ciascun nominale.
Si deve però tenere conto delle modalità di trasmissione delle
monete fino a noi, considerando le possibilità di alterazione e di per
dita di peso, sia per cons111110 in circolazione, che per interventi mec
canici (<<tosatura>>), che per la conservazione nel terreno. L'alterazio
ne può essere anche in positivo, per la naturale tendenza a tesau
rizzare solo i materiali di peso più alto, lasciando in circolazione
quelli di peso più basso. Il dato può essere influente, in quanto i ri
postigli forniscono la percentuale maggiore dei materiali disponibili
per la ricerca. In altri termini, è necessario verificare l'affidabilità del
campione statistico sul quale si lavora, caratterizzato dalla casualità
nella conservazione e nella raccolta.
La caduta del peso della moneta in circolazione, che in età mo
derna avrebbe condotto al ritiro della moneta in oro qualora si supe
rassero determinate soglie, era in rapporto con la natura della lega e
con la velocità di circolazione.
Se la definizione del peso standard, e quindi del sistema pondera
le corrispondente, è facile in certe situazioni (ad esempio ovunque
venne adottato lo standard attico, con la dracma di gr. 4,37), in altre
non lo è. Non sempre infatti si riesce a collegare i dati di altre fonti
storiche (talora imprecise) con l'evidenza monumentale delle monete.
Così l'asse librale fuso romano non permette di definire con sicurez
za il peso della libra.
L'analisi del metallo è indispensabile e preliminare a qualsiasi ri
cerca riferita ai problemi storico-economici della moneta. Essa viene
realizzata grazie a tecniche sia tradizionali sia recentissime. Tra le pri
me, si ricordino l'esame del peso specifico e la <<pietra di paragone>>,
una tecnica conosciuta fin dal VI secolo a.C. e basata sul confronto
fra la traccia lasciata su di una superficie abrasiva dall'oggetto da esa
minare e quella di un campione di composizione nota; essa è stata
oggi abbandonata perché poco utile e di carattere distruttivo. Tra le
tecniche più recenti vanno annoverate quelle che prevedono l'utilizzo
di metodi atomici e nucleari: fluorescenza e bombardamento neutro
nico (o PIXE: Proton Induced X-Ray Emission).
In genere i risultati non appaiono però del tutto affidabili (ad ec
cezione che per l'oro sufficientemente puro), sia per l'alterazione su
perficiale, sia per la disomogeneità del corpo stesso della moneta,
prodotta con metodi di grande imprecisione. Si cerca di ovviare a ciò
impiegando metodi statistici, con campioni resi affidabili dal numero
3 16 LA NUMISMATICA
3. Aspetti giuridici
4. Zecche
tina) .
Comunque, il potenziamento delle emissioni sul lungo periodo
poteva dipendere da manovre monetarie programmate, o da accre
sciute disponibilità di metallo (come per Atene con l'argento del
Laurion), o da bottini, o da necessità militari straordinarie, come du
rante le guerre civili della tarda repubblica romana.
La riduzione delle emissioni può pure dipendere da manovre
programmate, come da fenomeni di crisi: collassi militari o economi
ci, esportazione del metallo, esaurimento delle miniere, tesaurizzazio
ne, uso non monetario prioritario di determinati metalli in situazioni
di emergenza. Le necessità militari durante la guerra annibalica pos
sono aver fatto lievitare il prezzo del ra111e, influendo sulla caduta del
peso dell'asse (in rame, appunto).
L'immissione sul mercato avveniva seguendo diversi canali: sem
pre molto importante fu l'utilizzo della nuova moneta per la paga dei
dipendenti dello stato e per servizi o merci forniti allo stato. Caratte
ristico fu il pagamento dei mercenari, che spesso diede luogo a note
voli spostamenti della moneta nello spazio, viaggiando di conserva
con i suoi fruitori.
Si interveniva sulla circolazione anche ritirando monete proprie o
altrui e reimmettendole sul mercato con contromarche, solitamente
impresse con punzoni, o più raramente realizzate a incisione. Il pun
zone, con la valenza legale di un nuovo conio, apponeva tipi molto
vari, :figurati e/o epigrafici, di piccole dimensioni, in rapporto talvolta
di complementarietà con i tipi della moneta contromarcata. La con
tromarca modificava il nominale (con segni di valore) , o definiva a111-
biti di circolazione limitata, o dava corso legale a monete estere o per
qualche ragione demonetizzate, o modificava l'autorità emittente. Tal
volta appare come fatto privato: si trattava allora di marchi di con
trollo, o indicazioni di proprietà, o tracce di operazioni contabili.
tra le tre categorie sono labili e non sempre esse compaiono sulla
moneta, sarà utile ordinare il discorso su questo schema.
Uno dei caratteri individuanti la moneta metallica occidentale è il
tipo, letteralmente <<l'impronta>> sulla moneta, al D/ e al R/ o su una
sola delle facce, come in parte della monetazione etrusca. Il tipo ap
pare, nel tempo, variabile come forma e significato; fu comunque
sempre finalizzato a una comunicazione all'utente.
Certamente anche la forma della moneta appare pertinente al
concetto di tipo, quando assume (rara111ente) caratteri diversi da
quelli usuali a tondello circolare. Tra i tipi non usuali, le monete a
forma di chela di granchio di Akragas/Agrigento; o quelle a silhouet
te di pesce di Olbia, o i doni votivi monetari a gamba di cinghiale di
Areiate/Arles (I secolo a.C.).
Sin dall'inizio il tipo è inserito in un sistema di comunicazione
d'informazioni: nella monetazione delle origini il numero e la forma
dei punzoni indicavano la denominazione e il sistema ponderale cui
si adeguava la moneta (informazioni fondamentali per la valutazione
del valore e per eventuali meccanismi di cambio) . Più tardi la comu
nicazione di questi dati scomparve o divenne caratteristica di am
bienti determinati, il sistema essendosi assestato su denominazioni e
valori ponderali universalmente noti.
Superata la fase dell'utilizzo solo di punzoni, vennero proposti,
sull'altra faccia della moneta, tipi in rilievo. Questi furono caratteri
stici per ogni comunità e presupponevano la loro riconoscibilità,
come veri e propri stemmi, da parte dell'utenza. Forse, all'inizio, cor
risposero proprio all'impronta sigillare di chi garantiva l'autenticità
della moneta. Essi potevano quindi fare a meno di legenda, come gli
stemmi e i sigilli.
I tipi tendono infine a immobilizzarsi in formulazioni precise ed
essenziali, con uno stretto rapporto, nel mondo greco, con il com
plesso delle tradizioni cultuali (divinità e miti) di ogni comunità, sia
urbica sia territoriale. La moneta diviene il luogo ideale per immagini
emblematiche in rapporto quasi totemico con la comunità, spesso
portatrici anche di un lega111e etimologico con il suo nome (i <<tipi
parlanti>>: la foca per Focea, la rosa per Rodi, il leone per Leontini,
la tavola trdpeza a Trapezunte, ecc.).
- -
Con la crisi del III secolo e con l'età tetrarchica il sistema di per
sonificazioni e di simboli cedette, per le modifiche non tanto dell' or
ganizzazione dello stato quanto del rapporto tra potere e cittadino.
L'interesse si spostò su alcune - poche - divinità, messe in stretto,
personale rapporto con i detentori del potere o significative per i
gruppi influenti ai quali ci si rivolgeva.
Esemplare è la monetazione di Costantino, figura cardine nella
definizione dell'ideologia dell'impero nel IV-V secolo: prima con
Marte o Ercole, poi, dopo la visione con la promessa della vittoria
(nel 3 10), con tipi con il Sol Invictus, per sollecitare il lealismo specie
delle truppe. Infine, dal 3 15 su un multiplo di Ticinum!Pavia, e poi
regolarmente a partire dal 3 17-3 18, con il chrism6n cristiano. Le scel
te, di natura squisita111ente politica e mai personale, appaiono di tale
lucidità e stabilità da non poter essere casuali: ne è prova la notizia
di Eusebio (Vita Constantini 4, 15) sull'imperatore che sceglieva per
sonalmente i soggetti delle emissioni.
Successiva111ente (IV-V secolo) l'interesse si spostò sempre più
sulle persone stesse degli imperatori, proposti a1111ati o impegnati in
azioni emblematiche e simboliche (specie a carattere militare).
Della simbologia precedente resistette, come presupposto neces
sario per la sopravvivenza dello stato (connotato soprattutto militar
mente) , solo la Vittoria (o le Vittorie). I simboli nuovi sono rarissimi:
la fenice e, con estrema parsimonia, quelli religiosi come il chrism6n,
quasi sempre su labaro o nel campo e poche volte a occupare l'inte
ro tipo. Si rispettava così la complessità della situazione religiosa nel
l'impero del IV secolo d.C., nel quale l'interdizione ufficiale del pa
ganesimo prese il via solo dal 392 d.C. In questa fase le categorie
astratte resistono solo nelle leggende con virtus, spes, renovatio, ecc.
330 LA NUMISMATICA
di Akanthos con la lotta del toro e del leone, o di Kos con il di-
,
LA NUMISMATIC.� ))
-
rico.
Quasi sempre pare mantenuta in essi la finzione della circolazione
legale, rispettando il sistema metrologico ufficiale (ma non nei meda
glioni imperiali) , al contrario della medaglia moderna. Tali <<monete>>
erano però destinate a essere impiegate come donativi (i multipli di
solidi per i capi germanici, ad esempio) o comunque a divenire ri
cordo di particolari accadimenti. La loro funzione appare quindi ana
loga a quella delle moderne medaglie.
Del tutto particolare è la natura dei pesi monetali, in rapporto
con la normativa ufficiale di tutela di pesi e misure. Ciò portò, in età
moderna, a campioni legali dai quali derivavano i pesi, che a loro
volta servivano alla verifica del peso, e quindi del valore intrinseco,
della moneta. Furono uno dei più importanti str11111enti dello stato
per il controllo della circolazione. La funzione, ben precisa, esclude
va qualsiasi for111 a di attribuzione di valore. In età classica i pesi (exa
gia) sono rari, almeno fino alla costituzione di Costantino relativa alla
verifica dei pesi delle monete in oro. Erano in rame, circolari o qua
drati, con semplici indicazioni epigrafiche (N = n6misma o SOL =
Mentre dagli scavi delle città della Magna Grecia emerge una cir
colazione composita, specie per il ra111e , nelle grandi realtà statali il
controllo era certo più facile, con concrete barriere doganali e quindi
con una circolazione più omogenea. Ciò vale sia per i regni elleni
stici, sia per il mondo romano, soprattutto imperiale. In questo si eb
bero anche ambiti interni di circolazione, integrando dunque le espe
rienze di età e di culture precedenti, specializzati per livello di circo
lazione e quindi per metallo. In età romana, infatti, l'emissione della
moneta in rame venne delegata talvolta a realtà periferiche coloniali
o municipali (all'inizio quasi ovunque, anche in Italia e in Occidente;
poi, solo nell'Oriente di tradizione ellenistica); più raramente (solo in
pochi centri asiatici e in Egitto) ciò avvenne per quella in argento;
mai per quella in oro.
Questa delega - che non sembra comportasse grandi spostamenti
delle monete nello spazio (episodicamente presenti però anche lonta
no e quindi circolanti legalmente) - aveva precisi vantaggi: non inter
feriva nelle politiche economiche del governo centrale, cui era riser
vato l'uso della moneta aurea o argentea (emessa a Roma) ; semplifi
cava i problemi dell'approvvigionamento dei mercati lontani con ma
teriali monetari bronzei, di scarso valore e di grande volume e peso;
lusingava, attraverso la parziale tutela del diritto a battere moneta,
comunità connotate culturalmente in termini talvolta molto specifici.
Era una dimostrazione della capacità di Roma di comporre nell'unità
dell'impero le diversità presenti sul territorio, con strumenti prima
giuridici che culturali. La delega alle realtà periferiche venne cancel
lata solo sotto Aureliano, con la sua radicale riorganizzazione delle
emissioni, che predispose coniazioni nei tre metalli identiche (tranne
che nei segni di zecca), in una serie di sedi che servivano bacini di
utenza delimitati. Sul territorio dell'impero ebbe allora corso legale
tutta la moneta emessa. Simili scelte sono significative delle trasfor
mazioni subite dall 'impero nel senso del livellamento e dell' omoge
neizzazione, che toglievano significato alle autonomie.
La moneta impiegava tempi talvolta lunghi, dopo l'emissione, per
raggiungere il mercato. Si tratta di una variabile di difficile valutazio
ne, dipendente da fattori molteplici e sfuggenti. Qualche aiuto giun
ge dall'esa1ne della consunzione e dalla caduta ponderale della mone
ta nei ripostigli, che dipendono però soprattutto dalla maggiore o
minore velocità di circolazione.
La circolazione si modificava nel tempo sia attraverso l'immissio
ne di nuova moneta (del paese o esterna} sia per l'uscita (progressiva
o improvvisa) della moneta presente. Ciò condizionò la formazione
dei depositi (ripostigli e monete isolate) dai quali ricaviamo la docu
mentazione a nostra disposizione.
L'uscita dalla circolazione avveniva anche in termini molto diffe
renziati: per ritiro coatto (anche attraverso il prelievo fiscale) , per
esportazione, per consunzione (che porta, alla fine, al rifiuto della
moneta) , per abbandono o occultamento per qualsiasi ragione, per
tesaurizzazione (spesso quindi fusione) , per smarrimento. Ognuna di
LA NUMISMATICA 343
(d)
(e)
(e)
TAv. 1 . (a) Statere in elettro della Lidia con quadrato incuso ( metà VI sec. a.C.; gr. 10,76; n.
inv. M .987.7 . 1 8 1 ) .
(b) Tetradracma in argento di Atene ( dal 480 a . C . ; gr. 17, 10; n . inv. B. 174 1 ) .
(e) Statere incuso in argento di Caulonia ( seconda metà VI sec. a . C . ; gr. 7.,93 ; n . inv.
B.5 195 ) .
(d) Didracma in argento di Rodi, con la rosa ( IV sec. a.C.; gr. 6,67; n. inv. B.2889 ) .
(e) Tetradracma in argento incuso di Kos con il discobolo (seconda metà VI sec.
a . C . ; gr. 16,48; n . inv. B.2870) ..
(/) Moneta in bronzo di Olbia (Chersoneso Tracico) a forma di delfino (V sec. a.C.
o successivo; gr. 1 ,69; n. inv. B.614 ) .
Nota : Tutte le monete riprodotte qui e in seguito sono conservate presso le Civiche Rac
colte Numismatiche di Milano.
(h)
(a)
(d)
(e)
(e)
TAv . 2 . (a) Tetradracma in argento di Seleuco IV di Siria ( 188/7- 175 a.C. ; gr. 16,98; n. inv.
M.O. 9 . 19864) . •
(b )
(e)
(d)
TAv . 3 . (a) Medaglione bimetallico ( rame e oricalco) cli Commodo ( 1 80-192 d . C . ; gr. 5 1 ,69;
n. inv. B.4782 ) .
(b) Sesterzio in oricalco per Antonino Pio divinizzato, con la pira ( 161 d . C . ; gr.
24,92 ; n . inv. C .684 ) .
(e) Antoniniano di Aureliano in rame argentato (270-275 d . C . ; gr. 3 ,79; n. inv.
M .0.9 . 12246 ) .
(d) Sesterzio in oricalco di Faustina II ( 1 6 1 - 176 d.C. ; gr. 22,23; n. inv. B. 4437 ) .
(a)
(e)
(b )
TAv . 4. (a) Contorniato con effigie di Vespasiano ( IV sec. d . C . ; gr. 2 8,29; n . inv. C . 0003 ) .
(b ) Sesterzio in oricalco di Claudio ( 4 1 -54 d . C . ) con contromarca PROB (gr. 24,49;
n . inv. M.0.9. 153 1 1 ) .
(e) Quarto di Siliqua in argento con monogramma di Teodorico (489-5 1 8 ; gr. 0,70;
n . inv. M. O . 9. 1 8 . 408) .
2
5 4
TAV. 5. Diagramma a blocchi del numero dei pezzi in funzione del peso; emissioni di Aureliano
nelle zecche di Milano e Ticinum (da S. Estiot, Ripostiglio della Venera. 11. 1 : Aureliano,
Roma, 1 995 , p. 1 15 ) .
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Roma Aq Sis Tes Her Con Nic Cyz Ant Ale
TAV. 6. Grafico prospettico dei ritrovamenti monetari in scavo con segni di zecca ad Antiochia.
Secoli IV e V, per zecca e fase (Arslan).
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TAV. 7 . Grafico prospettico a nastro dei pesi e dei tipi delle monete In
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bronzo di Leone I
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TAV. 8. Grafico con proiezione sui due assi principali dei risultati delle analisi dei componenti
metallici principali della moneta bronzea di Marsiglia (da C. Brenot e J. Barrandon, Les
émissions de bronze à Marseille: apport des analyses. I: Les bronzes lourds, in <<Revue
Numismatique>>, XXX , 1988, p. 106) .
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TAV. 9. Grafico di comparazione della frequenza dei ritrovamenti monetari in età romana in area
danubiana (da P. Kos, The monetary circulation in the southeastern alpine region ca. 300
B. C.-A.D. 1000, Ljubljana, 1986).
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.
3 )9
mauco.
Della moneta vengono indicate l'area ctÙturale di appartenenza,
lo stato o la città che la emette, i responsabili dell'emissione e l'auto
rità garante, la zecca, il nominale (se noto). Se non lo è, in alcuni
casi la critica ha adottato sistemi di classificazione convenzionale. Per
il ra111e di IV e V secolo ci si basa stÙ dia111etro: AES I-II-III-IV (in
ordine decrescente) .
La moneta viene poi individuata nei suoi caratteri fisici (composi
zione del metallo, peso, dia111etro [come larghezza del D/ o, meno
corretta111ente, come diametro massimo, o massimo e minimo] , posi
zione relativa dell'asse del D/ sull'asse di R/) , nei tipi di D/ (di incu
dine; meno corretta111ente il tipo con l'immagine o la leggenda prin
cipali) e di R/ (di martello) , con precisa indicazione (oggi secondo le
convenzioni in uso per l'epigrafia greca e latina, un tempo in caratte
ri maiuscoli) della leggenda (indicandone la collocazione e la direzio
ne e rispettando segni d'interpunzione, connessioni di lettere e spazi)
e descrizione sintetica dei tipi.
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z1one.
Si prevede, con i medesimi criteri, la descrizione dei tipi della
moneta eventualmente riconiata, di eventuali contromarche, dei segni
lasciati sulla moneta dalla circolazione (spezzatura, usura, tacche,
ecc.) .
La descrizione dello stato di conservazione, secondo indicazioni
abbreviate (come ad esempio FDC = fior di conio) , è costantemente
utilizzata in sede mercantile, ma appare troppo soggettiva per essere
utile in sede scientifica. Solitamente si utilizzano indicazioni a caratte
re descrittivo: moneta consunta, illeggibile, graffiata, lucidata, bucata
(senza perdita di metallo) , forata (con perdita di metallo) , lacunosa,
martellata, montata (come gioiello) , dorata, ecc. Fino a <<rilavorata>> o
<<bulinata>>, solita111ente a opera di truffatori moderni o per rendere
visibili particolari di difficile lettura. L'indicazione della rarità, un
tempo affidata alla maggiore o minore presenza della classe sul mer
cato, ancora oggi viene utilizzata per definire le quotazioni ( C = Co
mune; R8 = nota da due o tre esemplari), non ha rilevanza scientifi
ca se non è riferita a calcoli statistici rigorosi sia sulla totalità del ma
teriale tràdito, sia sui volumi di produzione originari.
La citazione bibliografica viene sempre sdoppiata, con la biblio
grafia di riferimento (che pern1ette la classificazione anche in assenza
'
1 O. Cronologia essenziale
V sec. a.C.
• • • • • • •
339 ca. a.C. ss. data tradizionale inizio aes signatum in Roma.
332 a.e. ss. inizio monetazione ellenistica.
Ulti1110 quarto IV sec.
a.C. ss. (o 269 a.C.) monetazione romano-campana.
•
rzna.
3 83 d.C. demonetizzazione della maiorina.
1 1 . Bibliografia
RIC, London, 1923 ss. : fino al recente voi. IX, di J.P.C. Kent, che
giunge fino alle emissioni di Zenone), dei BMCRE (H. Mattingly,
Coins o/ the Roman Empire in the British Museum, London, 1923 ss. :
fino a Balbino e Pupieno) e del LRBC (Ph.V. Hill, J.P.C. Kent e
R.A.G. Carson, Late Roman Bronze Coinage, London, 1960) .
Per i problemi generali di metodo circa la moneta come docu
mento archeologico appare ancora utilissimo Ph. Grierson, in <<Nu
mismatic Chronicle>>, 1965 , Proceedings, pp. I ss. ; e 1966, Proceed-
366 LA NUMISMATICA
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Abbagnano, N., 32 Andreau, J., 1 13
Abbott, F. , 259 Angeli Bernardini, P. , 239
Accame, S., 2 1 1 Angeli Bertinelli, M.G., 175
Achille Tazio, 295 Annibale, 135, 139, 343
Acilio, Gaio, 1 3 5 Anonimo su Tucidide, 176
Adcock, F.E., 173 Antioco III il Grande, re di Siria, 137
Adriano, Publio Elio, imperatore, 154, Antioco IV Epifane, re cli Siria, 293,
156, 157 , 159, 1 6 1 , 226, 294, 295, 294, 336
301 Antipatro di Tessalonica, 48
Africa, Th.W., 1 7 1 Antonelli, Q., 3 05
Agathias, 1 6 Antonini (gens ) , 158, 159
Agatocle di Siracusa, 132 Antonino Pio, imperatore, 159, 25 1 ,
Agesilao di Sparta, 127 354
Agirreazkuenaga, J., 32 Antonio, 40
Agnello, S.L., 227, 230 Antonio Agostino (Augustinus), 2 1
Agostino, Aurelio, 16, 17, 1 66, 1 82, 193 , Antonio, Marco, 148, 353
1 94 Anziate, Valerio, 142, 143 , 173
Agricola, Gneo Giulio, 155, 156 Appiano di Alessandria, 159, 179, 1 90
Agrippa, Marco Vipsanio, 153, 1 80, 292 Aquilio Regolo, Marco, 153
Agrippina Minore, 153
Arangio Rliiz, V. , 239
Alarico I, re dei Visigoti, 166, 202, 347
Arato di Sicione, 142
Alberti, S., 33
Archiloco di Paro, 127
Alceo di Mitilene, 126, 127
Archinos, 2 1 1
Alessandro Balas, 293
Aristio Optato, 293
Alessandro III Magno, re di Macedonia,
Aristogitone, 2 1 0
19, 1 3 1 , 140, 15 1 , 159, 1 92, 2 19, 325,
Aristotele, 130, 13 1 , 140, 290, 309-3 1 1,
330, 332, 333 , 336, 340
3 17
Alfoldi, A. , 3 66
Armodio, 2 1 O
Alfoldi, E., 3 66
Arriano di Nicomedia, Flavio, 159, 179,
Alfoldi, M.R. , 3 64, 3 66
Alfoldy, G., 1 80, 258 190
Aline, 304, 307 Arrighetti, G., 291
Alonso Nufiez, J.M., 175 Arsinoe, 338
Altaner, B., 169 Arslan, E.A. , 1 17, 357, 366
Ambaglio, D., 176 Aruleno Rustico, Giunio, 153
Ameinolas, 222 Ashby, T. , 92
Amelotti, M., 32 Asinio Palliane, Gaio, 146, 147, 159
Amyx, D.A., 1 13 Assorodobraj, N., 32
Anastasio I, imperatore d'Oriente, 166 Atanasio di Alessandria, 1 64
Anderson, R.D., 290 Ateius, 1 08
Andreae, B., 1 13 Atkinson, J .E., 177
3 72 INDICE DEI NOMI
Clistene, 78, 87
d'Occidente, 161 Clodius Culcianus, 296
Carletti, C., 227, 228, 260 Cluverio, F., 52
Carlo I Magno, imperatore dd Sacro Coarelli, F., 1 0 1 , 1 16
Romano Impero, 3 1 Coccia, S., 1 17
Carlyle, T. , 16 Cockle, W.E.H., 288
Carpenter, R, 2 1 2 Cohen, H., 359
Carr, E.H., 14, 33 Cola di Rienzo (Nicola di Lorenzo),
Carson, R.A.G., 365 2 19 , 243
Carter, G.F., 3 65
Collart, J., 174
Casaubon, I., 1 6 1
Collitz, H., 240
Casini, M., 33
Columba, G.M., 52
Cassio Dione, Cocceiano, 43 , 159, 179,
1 80, 190, 193 , 194
Columella, Lucio Giunio Moderato, 10
Cassiodoro Senatore, Flavio Magno Au- Comba, R., 58
relio, 165 Commodo, Marco Aurelio, imperatore,
Cassio Emina, Lucio, 138, 172 264, 354
Cassio Severo, 147 , 149, 153 Consolino, F.E., 1 80
Cassola, F., 172, 175, 180, 1 95 Conte, G.B., 57
Castagnoli, F., 58 Corbier, M., 258
Catilina, Lucio Sergio, 188 Corbulone, Gneo Domizio, 153
Catone il Censore, Marco Porcio, 10, Cordano, F., 57
134, 136-139, 14 1, 144, 172 Cordo, Elio o Giunio, 161
Catone l'Uticense, Marco Porcio, 153 Co1111 ack, J.M.R., 237
3 74 INDICE DEI NOMI