Sei sulla pagina 1di 32

See discussions, stats, and author profiles for this publication at: https://www.researchgate.

net/publication/341726253

Antropologia e Archeologia. Un approccio bioculturale per la ricostruzione


delle popolazioni storiche

Article · May 2020

CITATIONS READS

2 1,209

1 author:

Elena Dellù
Ministry of Culture Italy
87 PUBLICATIONS 51 CITATIONS

SEE PROFILE

All content following this page was uploaded by Elena Dellù on 13 September 2020.

The user has requested enhancement of the downloaded file.


SUSSIDI ALLO STUDIO DELLE ANTICHITÀ CRISTIANE
PUBBLICATI A CURA DEL
PONTIFICIO ISTITUTO DI ARCHEOLOGIA CRISTIANA

XXIX

INSTRUMENTUM DOMESTICUM
Archeologia cristiana, temi,
metodologie e cultura materiale
della tarda antichità e dell’alto medioevo
a cura di
Gabriele Castiglia e Philippe Pergola

Volume I

2020
Città del Vaticano

Pontificio Istituto di Archeologia cristiana


Redazione editoriale:
Elena Turchi

ISBN 978-88-85991-67-5

© Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana 2020


I-00185 Roma, Via Napoleone III, 1
Tel. 064465574 - Fax 064469197
E-mail: piac@piac.it
Web: www.piac.it
INDICE

Danilo Mazzoleni
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Gabriele Castiglia, Philippe Pergola


Le ragioni di un ‘manuale’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

I grandi temi e le metodologie


Lucrezia Spera
Topografia (cristiana) della produzione / Archeologia della produzione (cristiana).
Tarda antichità e alto medioevo . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

Enrico Giannichedda
L’archeologia della produzione in campagna in età tardo antica e altomedievale 91
Alessandro Vella
Per una archeologia delle sepolture cristiane . . . . . . . . . . . . . 109

Danilo Mazzoleni
La produzione epigrafica: materiali e tecniche . . . . . . . . . . . . . 207

Elena Dellù
Antropologia e archeologia. Un approccio bioculturale per la ricostruzione
delle popolazioni storiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233

Fabrizio Bisconti
I sarcofagi cristiani antichi. La produzione, la diffusione, la decorazione . . 259

Fabrizio Bisconti
Pittura cristiana della tarda antichità. La tecnica, i programmi decorativi, la
diffusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309

Olof Brandt
Archeologia del costruito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345

5
Instrumentum domesticum

Elie Essa Kas Hanna


Aspetti e cronologia delle opere murarie nella regione centro-settentrionale del
massiccio calcareo siriano (II-VI secolo) . . . . . . . . . . . . . 365
Andrea Paribeni
Architettura, scultura e arredo liturgico nel mondo bizantino . . . . . . . 387

Giovanna Assunta Lanzetta, Priscilla Ralli


Il reimpiego nell’edilizia tardo antica . . . . . . . . . . . . . . . . 423

Federico Guidobaldi
I pavimenti in opus sectile (sectilia pavimenta) dalle origini al medioevo . . 447

Fabrizio Bisconti
Mosaici cristiani della tarda antichità. Orizzonti figurativi e programmi iconografici 483

Vittorio Fronza, Riccardo Santangeli Valenzani


Tecniche costruttive dell’edilizia residenziale tardo antica e altomedievale . 529

Franco Cambi
Geomorfologia e archeologia dei paesaggi. Il caso della Regio Maritima . . 565

Cristina Corsi
L’archeologia senza scavo. Ricognizione topografica, remote sensing, prospe-
zioni geofisiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 591

Giuliano Volpe
Archeologia subacquea e tarda antichità . . . . . . . . . . . . . . . 611

Jacopo De Grossi Mazzorin


L’archeozoologia dei contesti religiosi della tarda antichità e dell’alto medioevo 635

Michela Flavia Colella, Elie Essa Kas Hanna


Lo scavo archeologico. Storia degli studi e metodologia . . . . . . . . . 655

Giorgio Nestori
La fotografia archeologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 683

Federico Zoni
Il rilievo nel cantiere archeologico, dai metodi tradizionali ai più recenti sviluppi 699

6
Indice

Stefano Bertoldi, Angelo Castrorao Barba


Applicazioni di analisi spaziali GIS per lo studio della topografia cristiana . 729

Daniela Esposito
Conservazione e restauro. Materiali e siti . . . . . . . . . . . . . . . 747
Marco Valenti
Archeologia pubblica e comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . 769

7
Elena Dellù *
ANTROPOLOGIA E ARCHEOLOGIA.
UN APPROCCIO BIOCULTURALE PER LA RICOSTRUZIONE
DELLE POPOLAZIONI STORICHE.

“[...] il defunto si trova escluso da una valutazione globale della sepoltura:


i suoi resti sono così trattati come elementi ad essa estranei. [...]
Si tratta di una vera e propria aberrazione epistemologica:
il morto costituisce la ragion d’essere della tomba e l’elemento centrale,
attorno al quale, in funzione del quale, si sono susseguiti i gesti
che l’archeologia funeraria aspira a ricostruire”
(Duday 2006)

Introduzione**

Oggigiorno chi intenda approcciarsi a ricerche inerenti contesti tombali che


siano metodologicamente all’avanguardia ed eticamente corrette – non solo da
un punto di vista umano, ma anche professionale – non può esimersi dall’acco-
gliere come un vero e proprio monito le parole di Henry Duday.1
I depositi funerari, che riscuotono sempre un grande interesse tra il più vasto
pubblico e tra gli studenti che si approcciano per le prime volte al mondo archeo-
logico, sono stati a lungo scavati e documentati come dei veri e propri contenitori

* Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari.


** Si ringraziano i curatori del volume con cui negli anni 2014-2015 – nei progetti di ricerca in con-
cessione ministeriale svolti unitariamente sul campo e che hanno interessato il complesso pluristratificato di
San Calocero ad Albenga (SV) e la basilica di Capo Don a Riva Ligure (IM) – è stato possibile mettere in atto
l’approccio bioculturale che verrà preso in esame nelle prossime pagine. Il lavoro che qui si presenta prende
forma proprio nel momento in cui in Italia sembra aprirsi un nuovo spiraglio per la figura professionale – a ca-
rattere interdisciplinare – del funzionario Antropologo all’interno del Ministero per i beni e le attività culturali
e per il turismo che, attraverso una procedura concorsuale avviata nel 2016 e conclusasi nel 2018 ha dotato
alcuni Istituti Mibact dal nord al sud Italia, di nuove dieci unità di personale volte alla tutela, allo studio e alla
valorizzazione dei resti ossei umani. Benché le forze in campo siano ancora limitate, ci si auspica di poter
fornire un utile input alla tutela e alla ricerca partendo proprio dalle indagini sul campo.
1
Duday 2006, pp. 26-27.

233
Instrumentum domesticum

di corredi e di pratiche rituali, dove lo scheletro del defunto è stato troppo spesso
considerato – e in molti casi lo è tuttora – un’unità stratigrafica alla stregua di
uno strato limoso. La marginalizzazione e discriminazione del dato antropolo-
gico ha reso il potenziale informativo di tali resti (biologico e genetico, oltre
che culturale) una vera e propria appendice alla ricostruzione interpretativa dei
processi socio-culturali delle epoche passate, prodotta esclusivamente dalle ela-
borazioni teoriche ad opera del mondo umanistico.2
Quello che si è venuto a creare è un vero e proprio problema di approccio
metodologico alla documentazione e allo studio di tali contesti – sempre più di-
scusso in sedi accademiche, ma purtroppo quasi esclusivamente in ambito inter-
nazionale e per le epoche pre-protostoriche – che ha condotto ad un ribaltamento
di priorità e di prospettive, dove l’indagine parte dai prodotti delle azioni umane
escludendo (parzialmente o completamente) i corpi delle persone, che invece
registrano per primi e into the bones la storia personale e sociale del proprio
tempo.3
L’Archeologia funeraria, l’Archeoantropologia, la Bioarcheologia e tutte le
discipline connesse risultano quindi le facce di un poliedro, termini con cui i di-
versi ambiti disciplinari si mettono ciascuno in prima linea per portare avanti le
proprie prerogative di ricerca – sulla base degli specifici metodi sviluppati nel cor-
so degli anni – ma che evocano la necessità di un nuovo “biocultural approach”.4
Quello che si vuole proporre in questa sede e che, per molti aspetti, è frut-
to di riflessioni e necessità scaturite a seguito di una preparazione accademica
interdisciplinare che ha interessato entrambi i settori – quello archeologico e
antropologico – e che nel corso degli anni mi ha portata a lavorare sul campo in
contesti archeologici con vari professionisti e spesso a contatto con studenti in
formazione, vuole essere un utile strumento di analisi per comprendere quanto
una collaborazione fattiva tra le discipline – da considerarsi realmente alla pari e
auspicata ormai da molti decenni – possa portare a risultati inaspettati e metodo-
logicamente più corretti per ricostruire in una nuova ottica le dinamiche sociali e
culturali delle popolazioni passate.

2
La bibliografia che tocca tale problematica è ormai molto ampia, si citano a titolo esempli-
ficativo Perry 2007; Earle 2008; Knüsel 2010; Šlaus, Petaros, Adamić 2015; Larsen 2017;
Passalacqua 2018.
3
Goldstein 1976; King 1976; Larson 1971; Peebles 1971; Saxe 1970; Tainter 1978;
Rothschild 1975; Rothschild 1979; Ubelaker, Guttenplan Grant 1989, pp. 250-252.
4
Goldstein 2006, pp. 375-387.

234
Elena Dellù

Etiche di gestione dei ‘beni sensili’


Quanti debbano intervenire su contesti tombali italiani di interesse archeologi-
co solo di rado sperimentano personalmente, sulla base di una propria sensibilità
o credenza, un senso di forzatura nell’interferire col mondo dei morti oppure può
capitare che abbiano avuto modo di imbattersi in limitazioni esterne di carattere
etico; ma se poniamo l’attenzione sulla valenza sacrale, religiosa ed emozionale
che i resti dei defunti hanno rivestito sia nei millenni passati che tuttora5 – senza
oltretutto dimenticare il loro essere stati uomini realmente vissuti, che costituisco-
no fisicamente un vero e proprio ‘archivio storico-biologico’6 – non possiamo non
riflettere sulle implicazioni in cui si va incontro nel momento in cui, anche se per
interesse scientifico, si interviene su un contesto tombale, disseppellendo con più
o meno cura il defunto, sottoponendolo a reiterate manipolazioni da parte degli
studiosi, selezionandone alcune parti per analisi di laboratorio semi o interamente
distruttive e, infine, esponendolo in alcuni casi alla visione pubblica.
Sul territorio nazionale la consapevolezza che questi siano in realtà dei “beni
sensibili”,7 sia da un punto di vista biologico che culturale, sta emergendo solo a
fatica, questo perché nel nostro territorio non si sono ancora manifestate, in ma-
niera significativa, recriminazioni etniche o provenienti da comunità religiose,
volte alla restituzione dei resti dei propri antenati o al totale diniego di dissot-
terrare gli stessi.8 A tal proposito si segnala, ad esempio, il caso degli Ebrei che,
come è avvenuto già a partire dagli scorsi decenni nello stato di Israele, stan-
no effettuando restrizioni crescenti circa le ricerche archeologiche da svolgersi
nei loro sepolcreti.9 Nel caso specifico della Chiesa Cattolica, benché nei secoli
passati l’apertura delle tombe (anche per riutilizzi) e la disgregazione dei corpi
fosse impedita,10 si sta oggi assistendo al superamento di molte limitazioni, tra

5
Ubelaker, Guttenplan Grant 1989, pp. 257-258.
6
Documento sulla questione della richiesta di restituzione di resti scheletrici umani provenienti dal
territorio Australiano 2011, p. 19,
7
Codice etico dell’ICOM per i musei 2009, nello specifico art. 2.5, 3.7, 4.3; Monza 2014, p. 242.
8
Per inquadramenti puntuali a carattere internazionale e nazionale di tale problematica vd. ad esempio
Biological Anthropology and Ethics 2005; White, Folkens 2005, pp. 21-28; Turner, Wagner, Cabana
2017; Monza 2014, p. 244.
9
White, Falkens 2005, p. 25.
10
Si cita ad esempio il concilio di Mâcon del 585 d.C. in cui veniva espressamente vietato di riaprire
le inumazioni per deporvi ulteriori corpi (Comperimus multos necdum marcidata mortuorum membra sepul-
chral reserare et mortuos suos seperimponere vel aliorum, quod nefas est, mortuis suis religiosa loca usur-
pare, sne voluntate scilicet domini sepulchrorum. Ideoque statuemus, ut nullus deinceps hoc peragat. Quod
si factum fuerit, secundum legum auctoritatem superimposta corpora de eisdem tumulis reiactentur, Can. 17,
Concilia Galliae [Corpus Christianorum, CXLVIII A, p. 246]).

235
Instrumentum domesticum

le quali la cremazione che, per via della sua ideologia spesso anticristiana legata
alla negazione dell’immortalità, veniva contenuta, pur non essendo condannata;11
analogamente, come testimoniano i numerosi scavi di ricerca condotti proprio
da istituti scientifici della Santa Sede, l’apertura delle sepolture, il loro scavo e
studio sono quotidianamente ammessi.12
Il dibattito internazionale, invece, è ormai piuttosto articolato, soprattutto in
paesi come Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Australia, dove già a partire
dagli anni ‘70 del Novecento le diverse comunità d’origine avevano iniziato a
richiedere la restituzione dei corpi degli avi e denunciavano – e denunciano tut-
tora – le attività di ricerca condotte dagli archeologi e dagli antropologi come
forme di razzismo e di violazione dei siti a carattere sacro in cui sono deposti i
loro antenati.13 Le forti pressioni portate avanti dai Nativi Americani, ad esem-
pio, condussero negli anni ‘90 all’approvazione da parte del Presidente Bush
della Public Law 101-601, Native American Graves Protection and Repatriation
Act (NAGPRA), protocollo che tutti i laboratori e i musei dovettero adottare (con
forte dissenso), portando ad un depauperamento delle collezioni biologiche e an-
tropologiche e alla restituzione – senza la previsione di particolari forme di tutela
o di reinterro – dei defunti.14
Tale genere di approccio al ‘bene antropologico’, vero e proprio documento
unico e irripetibile della variabilità biologica della nostra specie,15 risulta forte-
mente limitante, sia per la libertà di ricerca scientifica sia per il forte rischio in
cui si incorre nel momento in cui si vengono a smembrare delle collezioni, siano
queste di carattere biologico, ma anche costituite da oggetti anch’essi da consi-
derarsi ‘sensibili’, in quanto creati e utilizzati da gruppi etnici/comunità che ne

11
Codice di Diritto Canonico (can. 1176): “la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia
consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia
stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cattolica”.
12
Si ricordano i recenti scavi condotti dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana presso la Basilica
di Papa Marco a Roma, il complesso martiriale di San Calocero ad Albenga (SV) e la basilica paleocristiana
di Capo Don (IM) (vd. Fiocchi Nicolai, Vella 2017; Pergola, Garrisi, Roascio, Dellù, Castiglia 2015;
Pergola, Roascio, Spadea, Dellù, Castiglia, Svevo, Valente 2015; Pergola, Cagnana, Dellù, Gam-
baro, Garrisi 2015).
13
Ubelaker, Guttenplan Grant 1989; White, Falkens 2005, pp. 25-28; Documento sulla questione
della richiesta di restituzione di resti scheletrici umani provenienti dal territorio Australiano 2011, pp. 13-17;
Monza 2014, pp. 244-242; Monza 2015; Turner, Wagner, Cabana 2017.
14
Rose, Green, Green 1996, pp. 81-96; White, Falkens 2005, p. 28; Documento sulla questione della
richiesta di restituzione di resti scheletrici umani provenienti dal territorio Australiano 2011, p. 14; Turner,
Wagner, Cabana 2017, p. 942.
15
Peretto, Arzanello, Arnaud 2014.

236
Elena Dellù

vietano il contatto, lo studio o l’esposizione a causa della loro sacralità o valenza


sociale. Come di recente sottolineato dalla commissione congiunta tra Associa-
zione Nazionale Musei Scientifici e Museo di Storia Naturale dell’Università di
Firenze – riunita appositamente per la richiesta di restituzione dei resti scheletrici
umani provenienti dal territorio Australiano e conservati presso il Museo di Sto-
ria Naturale dell’Ateneo – lo smembramento di collezioni di beni antropologici,
oltre che essere vietato dalla legge e per il fatto che esse sono considerate patri-
monio inalienabile dello Stato (Dlgs. 42/2004), conduce ad un impoverimento
della ricerca scientifica e allo stesso tempo può portare ad una mancanza di tutela
dei beni stessi.16 Non esistono, infatti, vincoli che obblighino le comunità che
fanno richiesta di repatriation a tutelare con dovuti accorgimenti i loro presunti
resti, come ad esempio il monitoraggio ambientale che consentirebbe una salva-
guardia dell’integrità e delle potenzialità strutturali e genetiche dei reperti.
La frammentazione del patrimonio culturale, connesso con una mancanza di
tutela, conduce anche – senza rendersene conto – ad un impoverimento delle tradi-
zioni culturali immateriali che tanto si vogliono conservare, portando lentamente
alla disgregazione delle comunità. Il ‘senso comunitario’ viene quindi ad affievo-
lirsi e lentamente a perdersi proprio a causa della necessità psicologica di gestire
e controllare quei ‘beni sensibili’ che consentono il perpetuarsi delle tradizioni.
La creazione del Codice etico dell’ICOM per i musei, revisionato nel 2004,
sta di fatto consentendo di lavorare in tale direzione, tenendo in considerazione
sia la tutela dei “materiali culturalmente sensibili” – le cui condizioni devono
essere stabilizzate e controllate – sia il rispetto delle tradizioni o credenze delle
comunità;17 manca purtroppo, a tutt’oggi, un protocollo operativo che consenta
un’applicazione negli ambiti di lavoro.
L’attività sul campo condotta dagli archeologi, dagli archeoantropologi o dai
bioarcheologi deve quindi essere indirizzata verso una maggiore consapevolezza
del ‘bene bioculturale’ che si sta trattando, adottando modelli di gestione, docu-
mentazione, tutela e valorizzazione che, benché non ancora universalmente nor-
mati, devono essere rispettosi della tutela e delle necessità scientifiche, ma anche
delle tradizioni culturali delle comunità di appartenenza, adottando, laddove pos-
sibile, anche la figura degli antropologi culturali come veri e propri mediatori tra
mondo scientifico e pubblico.

16
Documento sulla questione della richiesta di restituzione di resti scheletrici umani provenienti dal
territorio Australiano 2011.
17
Codice etico dell’ICOM per i musei 2009, nello specifico art. 2.5, 3.7, 4.3.

237
Instrumentum domesticum

Ambiti disciplinari e modalità di approccio

Archeologia funeraria, Archeoantropologia/Archeotanatologia e Bioarcheo-


logia rappresentano i termini maggiormente in uso da parte del settore archeolo-
gico e antropologico per riferirsi allo studio dei contesti tombali.18
Benché sembrino rispecchiare punti di vista assai simili, in realtà costituisco-
no approcci metodologici notevolmente differenti per quanto riguarda non solo le
pratiche messe in atto nel momento dello scavo e della documentazione, ma an-
che le teorie e i metodi di analisi finalizzati alla ricostruzione storica dei contesti
funerari, come ad esempio la determinazione delle pratiche deposizionali, dello
status dei defunti, della stratificazione e delle dinamiche sociali.
Per quanto riguarda l’Archeologia funeraria questa iniziò ad assumere un
vero e proprio rigore metodologico a partire dagli anni ‘60 del Novecento quan-
do, grazie ad una crescente applicazione delle tecniche stratigrafiche, si oltre-
passarono i limiti di una mera classificazione tipologica e collezionistica degli
oggetti rinvenuti nelle tombe, per cercare di ‘far parlare’ il contesto materiale
nella sua globalità. La variabilità di tali depositi, in relazione sia alle epoche di
realizzazione sia alle pratiche rituali adottate a livello locale, veniva quindi inter-
pretata con nuove chiavi di lettura, che potevano essere sistemiche, come quelle
dell’archeologia processuale in voga negli anni ‘60-’7019 – ossia associavano ad
una data gestualità funeraria una precisa volontà ad opera della comunità che
veniva quindi connessa con lo status del defunto, andando a indicare la strut-
tura e l’organizzazione sociale –, simboliche e strutturali – in opposizione alle
precedenti, in quanto si contrapponevano ad una lettura univoca della pratica
deposizionale, riconoscendo una natura polimorfa e polisemica dei contesti so-
cio-culturali 20 – e, solo più di recente, legate alla pratica sociale – ossia “costruite
su peculiari pratiche sociali che si esplicano nelle specifiche condizioni storiche
e culturali che esse contribuiscono a mantenere”.21
Un grande passo in avanti volto ad una ricostruzione interdisciplinare dei
contesti funerari venne fatto a partire dagli anni ‘80, sulla scorta delle metodiche

18
Per un ampio affondo interdisciplinare a carattere storiografico e interpretativo, che prende in consi-
derazione anche l’Antropologia culturale, si veda il recente volume Nizzo 2015.
19
Saxe 1970; Binford 1971; Tainter 1978; Chapman, Kinnes, Randsborg 1981; Thomas 1991;
Lucy 2000.
20
Il dibattito nato a seguito dello sviluppo dell’archeologia processuale è assai ampio, si vd. Hodder
1982, p. 141; Parker Person 1982; Morris 1987, p. 38; Johnson 1989; Barrett 1990, p. 181.
21
Lucy 2000, p. 5 in riferimento a Barrett 1988; Barrett 1989.

238
Elena Dellù

di approccio formulate da Henri Duday, con la definizione di una “anthropologie


du terrain”, poi denominata Archeoantropologia e, più di recente, Archeotana-
tologia.22 Antropologia e Archeologia entravano finalmente in dialogo e il corpo
dei defunti, vera e propria ragion d’essere della tomba, diveniva quindi “the cen-
tral element around which, and in function of which, the acts were performed”.23
I corpi degli individui sepolti riacquisivano una loro dignità attraverso un’attenta
analisi – effettuata da parte di antropologi – dei depositi stratigrafici interni alla
tomba, che prendeva in esame anche le connessioni articolari, la disposizione
degli arti e, infine, le modificazioni prodotte a seguito dei fenomeni tafonomici e
diagenetici sui resti osteologici.
Questo approccio, molto innovativo per l’epoca, ma il cui utilizzo non è an-
cora entrato di routine negli scavi archeologici, venne ad affiancarsi, proprio ne-
gli stessi anni, alla nascita della cosiddetta Bioarcheologia che, così come per
l’Archeologia funeraria, ha visto, e vede tuttora, differenti linee di pensiero e ap-
plicazione. Il primo utilizzo del termine si deve a John Grahame Clark nel 1972
all’interno del suo articolo Star Carr: a Case Study in Bioarchaeology,24 dove si
osserva un vero e proprio incoraggiamento nell’applicare, con le moderne me-
todologie, un approccio interdisciplinare per creare una nuova forma di settore
di indagine. Mentre le prospettive di Clark si basavano sullo studio di resti ossei
animali provenienti da scavi archeologici – che quindi vedevano uno spiccato
orientamento verso la paleoecologia e paleoeconomia – Jane Buikstra nel 1977
introdusse per la prima volta il medesimo termine nella letteratura antropologica
americana, applicando un nuovo metodo nello studio del popolamento del pe-
riodo Woodland della Lower Illinois River Valley.25 Il suo orientamento, volto
ad una visione che andasse oltre i limiti dei settori scientifici per giungere ad un
dialogo proficuo con le scienze umanistiche e sociali – in contrapposizione con

22
Duday 2005; Duday 2006; Duday 2009; Duday, Courtaud, Crubezy, Sellier, Tillier 1990; Du-
day, Sellier 1990.
23
Duday 2009, p. 6.
24
Clark 1972.
25
“A new form of regionally-based, interdisciplinary research in mortuary site archaeology and human
osteology has been developed in the course of this study (of the lower Illinois River Valley, USA). With the
active participation of both archaeologists and physical anthropologists in all phases of research design,
members of our ‘bio-archaeological ’ research group made the initial decision to focus upon the investigation
of biocultural change within the Woodland period... on the Middle to Late Woodland ‘transition ’ (circa last
millennium B.C. to first millennium A.D.), popularly known as the ‘decline of Hopewell ’, which has been
variously explained in terms of migrations, climatic change, disease stress, and other factors ” (Buikstra
1977, p. 69; Buikstra 2006, pp. 7-25.).

239
Instrumentum domesticum

quello prettamente inglese di Larsen che privilegiava un confronto intra-disci-


plinare, quindi solo tra settori scientifici26 – portava quindi l’antropologia non
solo già sul campo archeologico – e da qui Bioarcheologia – ma la proiettava nel
pieno del dibattito col mondo scientifico e umanistico per ricostruire i processi
socio-culturali che interessarono le popolazioni storiche, partendo da ipotesi ri-
costruttive intra-sito che conducevano a dinamiche inter-siti: profili biologici, at-
tività lavorative, patologie e diffusioni epidemiche, dinamiche di organizzazione
degli spazi cimiteriali, paleodemografia, movimenti migratori e definizione dei
rapporti tra gruppi popolazionistici, sono solo alcune delle prospettive di ricerca
che possono essere messe in atto con un tale tipo di approccio.
Il processo intra e interdisciplinare che sta quindi conducendo, solo negli
ultimi anni e in Italia particolarmente a fatica, verso una collaborazione sempre
più fattiva tra i due settori disciplinari, non può che arricchire – fornendo nuove
tipologie di dati – lo sviluppo di ipotesi innovative per la ricostruzione non solo
del popolamento delle epoche passate, ma anche delle dinamiche socio-culturali
correlate con le modificazioni ambientali. Dati che consentiranno sia di far luce
sul passato sia, come vedremo in seguito, di aprire nuove prospettive su una
maggiore consapevolezza del presente e una previsione di azione su analoghi
eventi futuri.

Per una ricostruzione dei processi intra e interdisciplinari:


dallo scavo alla valorizzazione

Metodologie da campo: Archeoantropologia e Bioarcheologia


Per quanto riguarda il territorio italiano – e in particolar modo per i contesti
di epoche storiche – negli ultimi decenni l’apporto fornito dall’Archeoantropolo-
gia sta aprendo il mondo archeologico verso nuove prospettive di scavo e docu-
mentazione, volte ad un recupero contestuale del dato biologico e archeologico:
i corpi dei defunti, vera e propria ‘componente materica’ della stratificazione
archeologica,27 iniziano a ritrovare il necessario spazio nella ricerca e ad essi
viene ridato modo ‘di raccontare’ non solo la propria vita di singoli individui e

26
Larsen 1997.
27
Nizzo 2015, p. 509.

240
Elena Dellù

il loro interagire con le comunità in cui si trovavano a vivere, ma anche il loro


inserimento nelle dinamiche sociali di breve e lungo periodo.
Nuove figure professionali stanno nascendo, le quali sono in grado di docu-
mentare già sul campo pratiche deposizionali e profili biologici, per evitare che
i dati utili ai fini di una loro definizione vengano persi per sempre a causa della
non ripetitività dello scavo archeologico.
I processi decompositivi, putrefattivi, tafonomici e diagenetici a cui va incon-
tro un corpo dal momento della sua morte e successiva deposizione, fino al suo
diseppellimento, possono oggi essere individuati attraverso un attento scavo stra-
tigrafico e microstratigrafico28 (Fig. 1). Sulla base della disposizione dei reperti
osteologici e delle connessioni articolari – osservate in rapporto agli eventuali
depositi di terreno presenti nel contesto tombale – è quindi possibile distingue-
re la tipologia delle sepolture per comprendere, in primis, se il defunto si trovi
in una giacitura primaria o secondaria (determinabile soprattutto attraverso il
riconoscimento delle connessioni labili o persistenti) e se questa sia intatta o
rimaneggiata, e successivamente se si tratti di una deposizione realizzata in uno
spazio vuoto o pieno (quindi in struttura/cassa o in nuda terra).29

Fig. 1- Raffigurazioni giapponesi del XIX secolo che mostrano le fasi della decomposizione
(da Duday 2009).

28
In questa sede si ripercorrono le osservazioni prevalenti da effettuarsi sul campo finalizzate alla defi-
nizione delle pratiche deposizionali; per un inquadramento di dettaglio di tali metodologie di scavo e studio
vd. Mallegni, Rubini 1994; Duday 2005; Duday 2006; Duday 2009; Duday, Courtaud, Crubezy, Sel-
lier, Tillier 1990; Duday, Guillon 2006; Duday, Lambach, Plouin 1990; Duday, Sellier 1990; Canci,
Minozzi 2007.
29
Canci, Minozzi 2007, pp. 71-85; Duday 2009, pp. 3-92.

241
Instrumentum domesticum

Le osservazioni da effettuare sul campo dovranno quindi basarsi principal-


mente su un’approfondita conoscenza dell’apparato muscolo-scheletrico che
consenta di valutare le rotazioni naturali o innaturali degli arti e quando que-
ste siano associabili a processi putrefattivi e decompositivi, quando piuttosto ad
azioni naturali e tafonomiche, quando ad eventi antropici volontari o involontari.
Tale tipo di approccio si rivela di particolare importanza per quanti si trovi-
no a documentare e studiare deposizioni collettive e quindi per determinare con
quali tempi e modalità sia avvenuta la collocazione dei corpi, ossia se essa risulti
simultanea o differita.30
La documentazione da realizzare dovrà pertanto essere specificamente in-
dirizzata verso la registrazione di tali dati, sia da un punto di vista grafico che
fotografico; non bisogna in alcun modo pensare che quanto non si è visto o do-
cumentato sullo scavo possa essere recuperato a posteriori. A quanti sarà capitato
di scavare sepolture torneranno sicuramente alla mente le problematiche di scavo
e recupero dei corpi: le ossa, a seconda della tipologia di terreno o di ambiente
in cui sono state in contatto negli anni, risulteranno più o meno fragili e la loro
rimozione provocherà fratture o, nei casi più gravi, polverizzazione o completa
disgregazione tra le parti che le costituiscono (come ad esempio le corticali ester-
ne e le spugnose interne).
Le procedure di scavo e documentazione dovranno essere il più simultanee
possibili e dovranno prevedere misurazioni antropometriche e osservazioni an-
tropologiche già sul campo, in modo da avere un quadro preliminare del profi-
lo biologico già alla fine dello scavo di ogni singola sepoltura. Tali operazioni
consentiranno agli specialisti che lavoreranno in laboratorio di disporre dei dati
e delle osservazioni non più verificabili, fondamentali per una ricostruzione più
completa possibile dei profili biologici dei corpi delle persone riportate alla luce.
Le tecniche di documentazione digitale (mi riferisco alla fotogrammetria e
all’impiego del laser scanner), sempre più all’avanguardia, stanno oggigiorno
consentendo di disporre di veri e propri strumenti utili ai fini di un riesame a
posteriori delle fasi di scavo e di una visione mirata di particolari dettagli delle
deposizione, osservabili a posteriori e anche da punti di vista inaccessibili diret-
tamente sul campo.31 Ciò sta quindi portando da un lato alla velocizzazione della

30
Canci, Minozzi 2007, pp. 85-92.
31
Per un inquadramento aggiornato sulle metodologie di documentazione digitale connesse con scavi
archeologici e sepolture vd. Barceló, M. Forte, D.H. Sanders 2000; Booms, Fuller 2003; Brzobohatá,
Prokop, Horák, Jančárek, Velemínská 2012; Cabo, Dirkmaat, Adovasio, Rozas 2012; Curci, Fiorini

242
Elena Dellù

documentazione sullo scavo e ad un certo quantitativo di informazioni recupera-


bili a posteriori, ma allo stesso tempo sta conducendo ad un’osservazione in situ
sempre meno accurata, rimandando al post scavo molto – e troppo – della fase
conoscitiva e interpretativa che invece dovrebbe essere direttamente verificata e
realizzata sul campo. Trattandosi, in questo caso, di corpi di persone il rimando al
post dovrebbe essere ridotto ai minimi termini, sia per le problematiche connesse
con la tutela dei reperti, sia per un approccio eticamente corretto al loro recupero.

Metodologie da laboratorio: le analisi antropologiche


Fino a pochi decenni fa i reperti osteologici giungevano nei laboratori di ri-
cerca completamente decontestualizzati e posti tra le mani di specialisti che poco
avevano a che fare con la pratica quotidiana dello scavo archeologico e della
conoscenza dei depositi stratigrafici di provenienza. Oggi la loro presenza già
in fase di scavo, o quantomeno di professionalità che consentano un recupero di
dati utile ad una ricostruzione il più completa possibile degli individui, consente
di approcciarsi allo studio dei resti con una visione globale delle problematiche
dei depositi. Ciò porta sia all’eliminazione di una serie di interpretazioni antro-
pologiche e paleopatologiche connesse con gli eventi tafonomici e diagenetici
che possono aver inficiato la leggibilità delle ossa, sia ad una maggiore affidabi-
lità della ricostruzione dei singoli profili biologici.
Se fino al secondo dopoguerra l’Antropologia era principalmente volta allo
studio metrico dei reperti, quindi basato su misurazioni del cranio e del postcra-
nio per giungere a confronti popolazionistici e a determinazioni razziali32 (Fig.
2), a partire dagli anni ’60-’70 del Novecento – e soprattutto grazie all’introdu-
zione della Bioarcheologia e dell’Antropologia forense – vi fu un netto supera-
mento di tali obiettivi, che portò alla creazione di standards per le determinazio-
ne dei sessi, delle età, delle patologie, delle entesopatie e delle sindesmopatie che
caratterizzano le ossa dei defunti.33
Questi metodi consentono, in prima analisi, di determinare i singoli profili
biologici attraverso osservazioni macroscopiche dei caratteri diagnostici e, se-
condariamente, di connetterli con le misurazioni antropometriche di alcuni punti

2015; De Reu, De Smedt, Herremans, Van Meirvenne, Laloo, De Clercq 2014; Knüsel, Haddow, Sad-
vari, Dell’Unto 2013; Sachau-Carcel 2012.
32
Per un inquadramento degli sviluppi della disciplina vd. ad esempio Knüsel 2010 e Larsen 2017.
33
Si vd. i maggiori manuali in uso: Ortner, Putschar 1985; Cattaneo, Grandi 2004; White, Folkens
2005; Canci, Minozzi 2007; Rubini 2008; Fornaciari, Giuffra 2009; Roberts, Manchester 2012.

243
Instrumentum domesticum

Fig. 2 - Principali punti di repere per le misurazioni craniometriche (norma laterale, in alto,
norma frontale, in basso) (da Cattaneo, Grandi 2004).

244
Elena Dellù

discriminanti,34 per giungere alla ricostruzione di osteobiografie sempre più veri-


tiere e accurate35 (Figg.3-4).

Fig. 3 - Cranio femminile e maschile a confronto (da Cattaneo, Grandi 2004).

Cranio e bacino risultano a tutt’oggi i distretti prevalentemente osservati da-


gli specialisti, benché le più moderne metodologie stiano portando verso studi
mirati di particolari distretti corporei per consentire agli studiosi di formulare
ipotesi plausibili anche in assenza delle ossa suddette o di fornirne un’ulteriore
conferma.36

34
Per una sintesi dei maggiori punti di repere e degli indici antropometrici in uso vd. Canci, Minozzi
2007, pp. 143-159; Doro Garetto, Fulcheri, Gerbore, Prono 1985.
35
Canci, Minozzi 2007, pp. 117-141.
36
Cattaneo, Grandi 2004, pp. 163-176; White, Falkens 2005, pp. 385-397; Canci, Minozzi 2007,
pp. 133-141.

245
Instrumentum domesticum

Fig. 4 - Bacino femminile (a sinistra) e maschile (a destra) a confronto


(da Cattaneo, Grandi 2004).

Se per gli individui di età adulta la diagnosi di età risulta più difficoltosa37 a
causa della variabilità sia individuale, che sessuale e popolazionistica, quella dei
subadulti è più agevole grazie all’individuazione delle fasi di accrescimento e di
fusione delle singole ossa.38 Tuttavia, in entrambi i casi, è sempre necessaria una
certa cautela a causa della mancanza di corrispondenze tra le popolazioni attuali
– di cui è spesso noto il sesso, l’età e la causa di morte – usate come punti di par-
tenza per formulare modelli di studio da applicare su campioni popolazionistici
provenienti da scavi archeologici, e quelle delle epoche passate.39
L’analisi macroscopica consente anche di proporre diagnosi circa lo stato
di salute e lo stile di vita degli individui, giungendo quindi alla formulazione di
ipotesi – corroborate da analisi differenziali40 – circa patologie dento-alveolari,
articolari, infettive, sindromi metaboliche e disordini endocrini, neoplasie, pro-
blemi circolatori ed ematologici, anomalie osteoarticolari congenite e acquisite,
traumi.41 Grazie agli studi pioneristici di Lawrence Angel dei primi anni ’70 del
Novecento e all’affinamento sia dei metodi macroscopici che radiologici, tomo-
grafici, di microscopia elettronica a scansione, etc. degli ultimi anni, l’indivi-
duazione di alcuni specifici markers sta consentendo di formulare ipotesi anche
a riguardo delle attività svolte in vita dagli individui, elementi che consentono,

37
White, Falkens 2005, pp. 365-372, 374-384.
38
Cattaneo, Grandi 2004, pp. 151-163; White, Falkens 2005, pp. 364-365, 373-374; Canci, Minoz-
zi 2007, pp. 126-132.
39
Canci, Minozzi 2007, pp. 126-127.
40
Ortner 2012.
41
Ortner, Putschar 1985; Rubini 2008; Fornaciari, Giuffra 2009; Roberts, Manchester 2010.

246
Elena Dellù

quindi, di riconoscere artropatie, faccette articolari accessorie e sollecitazioni


reiterate a carico delle inserzioni muscolari, tendinee e legamentose sulle ossa,
riconducibili a stress biomeccanici e da sovraccarico.42
A tali tipi di indagine si sono aggiunte negli ultimi anni quelle a carattere
radiometrico, chimico-fisico, immunologico e genetico volte ad un miglior in-
quadramento sia cronologico dei reperti, sia alimentare, paleoecologico, pale-
oimmunologico, popolazionistico e filogenetico.43
Grazie ad un approccio metodologico che prenda in considerazione tali tipi
di analisi – commisurate sia alla tipologia e al grado di conservazione del cam-
pione, sia alle economie della ricerca – i resti osteologici riferibili alle epoche
passate possono restituirci un quantitativo di informazioni estremamente utile
che, partendo dal caso specifico, porta a definire quadri popolazionisti intra-sito
da poter confrontare – se effettuati con metodologie analoghe – con campioni
individuabili su più ampia scala.44

Metodologie per una valorizzazione bioculturale


La presentazione al pubblico dei risultati prodotti attraverso studi interdisci-
plinari condotti su contesti funerari in Italia risente delle problematiche espo-
ste nelle pagine precedenti, ossia di una subordinazione e marginalizzazione del
dato antropologico, che diventa una semplice appendice con l’indicazione dei
profili biologici delle persone individuate negli scavi.
Come già in precedenza osservato, un accurato e moderno approccio di stu-
dio bioculturale dovrebbe condurre sia a risultati scientifici – che facciano dialo-
gare tutti i settori disciplinari intervenuti nella ricerca – sia ad una conseguente
presentazione espositiva che valorizzi tutti i dati utili alla comprensione del de-
posito archeologico indagato e alle dinamiche socio-culturali individuate.
L’esposizione dei resti osteologici umani, inoltre, dovrebbe essere accurata-
mente valutata e calata nella realtà museale, tenendo innanzitutto in considerazio-
ne le problematiche etiche poc’anzi espresse. L’allestimento che si viene a creare
costituisce infatti un vero e proprio mezzo attraverso il quale il visitatore entra in

42
Per una bibliografia aggiornata vd. Canci, Minozzi 2007, pp. 187-199.
43
Per una bibliografia di riferimento vd. Canci, Minozzi 2007, pp. 225-240.
44
Per le problematiche connesse con la rappresentatività dei campioni e un confronto tra essi vd. Jackes
2011.

247
Instrumentum domesticum

contatto con il corpo e il relativo contesto, contatto che può condurre a una sen-
sazione di avvicinamento o di discostamento/repulsione verso quanto osservato.45
La cosiddetta ‘cultura del morire’ è un sentimento innato che porta ogni uomo
ad una vera e propria ambivalenza cognitiva, ossia basata sulla consapevolezza
del proprio essere mortale e allo stesso tempo sulla creazione di strategie psi-
cosociali,46 come atteggiamenti di tabuizzazione o uso di gesti apotropaici, per
adattare la mente al proprio e all’altrui trapasso. In particolar modo nel momento
storico attuale il rapporto con la morte è divenuto un passaggio fortemente desta-
bilizzante più che per ogni altro periodo: se nelle diverse epoche pre-protostori-
che e storiche le società hanno sempre vissuto la morte come un elemento sociale
e di aggregazione – attraverso espedienti diversificati – oggigiorno la messa in
atto di processi analoghi risulta di estrema difficoltà poiché la morte è sempre
più solitaria e razionalizzata; l’evento che per secoli ha costituito un percorso
progressivo, naturale, controllabile e collettivo, diviene violento, innaturale e in-
controllabile dal punto di vista psicologico ed antropologico.47 Non si assiste più
nel quotidiano all’invecchiamento dei familiari e al progressivo avvicinamento
della morte; allo stesso tempo la mortalità infantile è sempre più ridotta anche per
la volontaria interruzione di gravidanza di feti le cui probabilità di sopravvivenza
sarebbero limitate.
E’ per questa ragione che proprio in relazione a tale momento conoscitivo
(tra visitatore e resto antropologico) lo specialista non sempre riesce a percepire
con una visione distaccata l’oggetto del proprio lavoro e spesso viene a man-
care un’attenta valutazione dell’impatto emotivo che si potrebbe creare con le
diverse tipologie di osservatori48. Ponendo il caso di interfacciarci con visitatori
senza particolari credenze o comunque interessati ad un’osservazione scientifica
del dato che gli viene mostrato, la proposta espositiva sarebbe sicuramente più
facilmente gestibile e in linea con gli standard museali utilizzati per i contesti
archeologici. Ma valutare a priori la tipologia di visitatori non è facilmente de-
terminabile e per tale ragione bisogna adottare metodologie espositive volte alla
difesa della sensibilità personale. In particolar modo sono da tenere in conside-
razione soluzioni che consentano innanzitutto di avvicinare lentamente l’osser-

45
Per le problematiche e le tipologie di esposizione di corpi umani e di resti biologici vd. Codice etico
dell’ICOM per i musei e Monza 2014; Monza 2015; Cimmuto, Fazio, Di Fabrizio, Sciubba, Paolucci,
Monza 2015; Turner, Wagner, Cabana 2018
46
Favole 2006, pp. 20-25.
47
Pardo 1985, pp. 36-41; Nizzo 2015; Dellù 2017.
48
Monza 2015.

248
Elena Dellù

vatore al defunto con strumenti atti alla comprensione del contesto, inoltre non
urtare la suscettibilità delle comunità e delle popolazioni che percepiscono i resti
osteologici esposti come ‘proprio patrimonio culturale’ o come ‘bene sensibile’
da rispettare sulla base di proprie credenze personali o culturali; analogamente
occorre prevedere accorgimenti per l’eventuale presenza di minori, la cui sensi-
bilità potrebbe essere maggiormente urtata.
Oltretutto, trattandosi di ‘beni sensibili’ che costituiscono veri e propri ar-
chivi biologici delle epoche passate – realmente vissuti – bisognerebbe attuare
una governance del reperto che tenga in conto la tutela materiale dei resti ossei,
in quanto testimonianza storica, ma allo stesso tempo sociale, in quanto persona
deceduta. La negazione di ogni forma di esposizione di defunti è ormai superata
nel dibattito accademico, ma dovrebbe essere valutata attentamente a seconda
della rilevanza scientifica e del valore comunicativo che esso riveste nei confron-
ti del pubblico, non rifiutando l’impiego di riproduzioni 1:1 o digitali laddove
necessario.

Verso il superamento di marginalizzazioni disciplinari:


lezioni dal passato

Gli approcci metodologici proposti hanno consentito di far luce su un’evo-


luzione intra e interdisciplinare che ha portato il mondo umanistico e scientifico
a lavorare e ad approcciarsi ad una stessa tipologia di contesti. Se fino a pochi
decenni fa ognuno di essi utilizzava metodiche tipiche del proprio settore di-
sciplinare, l’apertura verso sistemi contestuali di documentazione e analisi sta
lentamente portando, quantomeno in una prospettiva di ricerca possibile, verso
tipologie di risultati che siano realmente a carattere bioculturale.
Le potenzialità di un tale approccio non riguardano esclusivamente la cono-
scenza del nostro passato, ma costituiscono un vero e proprio sistema di previ-
sione delle problematiche bio-sociali e ambientali future.
La cooperazione tra i numerosi settori disciplinari che si sono presentati in
questa sede consente infatti di creare veri e propri paradigmi storici basati sugli
ambienti naturali e antropizzati, sull’interazione uomo-ambiente e su quella in-
dividuo-individuo, e sulla definizione di trends epidemici (di livello endemico
o diffusivo), che costituiscono dei veri e propri modelli basati su dati del nostro
passato da proiettare nel presente e nel futuro.

249
Instrumentum domesticum

Le parole che venivano espresse da Sergio Sergi proprio negli anni del secon-
do conflitto mondiale, con un mondo completamente in disfacimento, risuonano
oggi più che mai come una possibilità reale di collaborazione fattiva che ci deve
condurre a tutelare, conoscere e promuovere la nostra storia passata per preve-
dere e prevenire quella futura: “ogni tentativo di scindere la scienza dell’uomo,
che ha per fine la sua conoscenza integrale, non può assumere un valore assoluto
[…] perché si suole prendere a base della divisione una qualunque proprietà
umana per sé stante, come se questa coesista come elemento isolato. Ma l’uomo
quale organismo non si può concepire né rappresentare che unitariamente”.49

49
Sergi 1947, p. 73.

250
BIBLIOGRAFIA

Barbiera 2012 = I. Barbiera, Memorie sepolte. Tombe e identità nell’alto me-


dioevo (secoli V-VIII), Roma 2012.
Barceló, Forte, Sanders 2000 = J.A. Barceló, M. Forte, D.H. Sanders
(ed.), Virtual reality in archaeology, Oxford 2000.
Barrett 1988 = J. Barrett, The living, the dead, and the ancestors: Neolithic
and early Bronze Age mortuary practices, in J. Barrett, I. Kinnes (ed.),
The Archaeology of context in the Neolithic and Bronze Age, Sheffield
1988, pp. 30-41.
Barrett 1989 = J. Barrett, Food, Gender and Metal: Questions of Social
Reproduction, in M.L.S. Sørensen, R. Thomas (ed.), The Bronze-Age,
Oxford 1989, pp. 304-320.
Barrett 1990 = J. Barrett, The monumentality of Death: the character of early
Bronze Age mortuary mounds in Southern Britain, in World Archaeolo-
gy, 22/2 (1990), pp. 179-189.
Biological Anthropology and Ethics 2005 = T.R. Turner (ed.), Biological An-
thropology and Ethics: From Repatriation to Genetic Identity, 2005.
Binford 1971 = L.R. Binford, Mortuary practices: their study and potential,
in J.A. Brown (ed.), Approaches to the Social Dimensions of Mortuary
Practices. Memoires of the Society for American Archaeology, 25 (1971),
pp. 6-29.
Booms, Fuller 2003 = T.L. Booms, M.R. Fuller, Time-lapse video system
used to study nesting Gyrfalcons, in Journal of Field Ornithology, 74/4
(2003), pp. 416-422.
Brzobohatá, Prokop, Horák, Jančárek, Velemínská 2012 = H. Brzoboha-
tá, J. Prokop, M. Horák, A. Jančárek, J. Velemínská, Accuracy and
benefits of 3D bone surface modelling: a comparison of two methods of
surface data acquisition reconstructed by laser scanning and compu-
ted tomography outputs, in Collegium antropologicum, 36/3 (2012), pp.
801-806.

251
Instrumentum domesticum

Buikstra 1977 = J.E. Buikstra, Biocultural dimensions of archaeological stu-


dy: a regional perspective, in R.L. Blakely (ed), Biocultural adapta-
tion in prehistoric America, Athens (GA) 1977, pp. 67-84.
Buikstra 2006 = J.E. Buikstra, A historical introduction, in J.E. Buikstra, L.A.
Beck (ed.), Bioarchaeology: the contextual analysis of human remains,
Amsterdam 2006, pp. 7-25.
Cabo, Dirkmaat, Adovasio, Rozas 2012 = L.L. Cabo, D.C. Dirkmaat, J.M.
Adovasio, V.C. Rozas, Archaeology, mass graves, and resolving com-
mingling issues through spatial analysis,in A Companion to Forensic
Anthropology, 2012, pp. 175-196.
Canci, Minozzi 2007 = A. Canci, S. Minozzi 2005, Archeologia dei resti uma-
ni, Urbino 2007.
Cattaneo, Grandi 2004 = C. Cattaneo, M. Grandi, Antropologia e Odonto-
logia forense. Guida allo studio dei resti umani. Testo atlante, Bologna
2004.
Chapman, Kinnes, Randsborg 1981 = R. Chapman, I. Kinnes, K. Randsborg
(ed.), The Archaeology of Death, Cambridge 1981.
Clark 1972 = J.D.G Clark, Star Carr: a case study in bioarchaeology, New
York 1972.
Codice etico dell’ICOM per i musei, Milano 2009.
Cuozzo 2000 = M. Cuozzo, Orizzonti teorici e interpretativi, tra percorsi di
matrice francese, archeologia post-processuale e tendenze italiane: con-
siderazioni e indirizzi di ricerca per lo studio delle necropoli, in N. Ter-
renato (ed.), Archeologia Teorica, X Ciclo di lezioni sulla ricerca appli-
cata in archeologia (Certosa di Pontignano-Siena, 9-14 agosto 1999),
Firenze 2000, pp. 323-360.
Curci, Fiorini 2015 = A. Curci, A. Fiorini (ed.), Documentare l’Archeologia
4.0. Atti del Workshop (Bologna, Alma Mater Studiorum Università di
Bologna, 5 maggio 2014), in Archeologia e Calcolatori, XXVI, 2015.
Del Cimmuto, Fazio, Di Fabrizio, Sciubba, Paolucci, Monza 2015 = M. Del
Cimmuto, A. Fazio, A. Di Fabrizio, M. Sciubba, A. Paolucci, F. Mon-
za 2015, L’esposizione delle mummie al Museo Universitario di Chieti:
una scelta consapevole, Poster presentato al XXI Congresso degli Antro-
pologi Italiani (Bologna/Ravenna, 3-5 settembre 2015).

252
Elena Dellù

Dellù 2017 = E. Dellù, Le tipologie di deposizione bassomedievali: una rilet-


tura archeoantropologica, in S. Lusuardi Siena, F. Matteoni (ed.), Lo
scavo nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Nosedo. Archeologia
e Antropologia in dialogo. Atti dell’incontro di studio (Milano, 17 dicem-
bre 2014), Milano 2017, pp. 83-96.
De Reu, De Smedt, Herremans, Van Meirvenne, Laloo, De Clercq 2014 =
J.De Reu, P. De Smedt, D. Herremans, M. Van Meirvenne, P. Laloo,
W. De Clercq, On introducing an image-based 3D reconstruction
method in archaeological excavation practice, in Journal of Archaeo-
logical Science, 41 (2014), pp. 251-262.
Documento sulla questione della richiesta, presentata dal Governo Australia-
no, di restituzione di resti scheletrici umani provenienti dal territorio
Australiano conservati presso la Sezione di Antropologia ed Etnologia
del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, in Museologia
Scientifica. Nuova serie, 5 (2011), pp. 11-21.
Doro Garetto, Fulcheri, Gerbore, Prono 1985 = T. Doro Garetto, E. Ful-
cheri, R. Gerbore, G. Prono, Manuale di Archeologia Archeologica,
Alba 1985.
Duday 2005 = H. Duday, L’Archaeotanatologie ou l’Archéologie de la Mort, in
O. Dutour, J.J. Vendermeersch, B. Vendermeersch (ed.), Objects et
Méthodes en Paléoanthropologie, Paris 2005, pp. 153-215.
Duday 2006 = H. Duday, Lezioni di Archeotanatologia. Archeologia funeraria e
antropologia sul campo, Roma 2006.
Duday 2009 = H. Duday, The Archaeology of the Dead. Lectures in Archaeotha-
natology, Oxford 2009.
Duday, Courtaud, Crubezy, Sellier, Tillier 1990 = H. Duday, P. Courtaud,
E. Crubezy, P. Sellier, A.M. Tillier, L’anthropologie «de terrain»:
reconnaisance et intérpretation des gestes funéraires, in Bull. Mém. Soc.
Anthrop. de Paris, 2/3-4 (1990), pp. 29-50.
Duday, Guillon 2006 = H. Duday, M. Guillon M., Understanding the circu-
mstances of decomposition when the body is skeletonized, in A. Sch-
mitt, E. Cunha, J. Pinheiro (ed.), Forensic anthropology and medicine:
Complementary sciences from recovery to cause of death, Totowa 2006,
pp. 117-158.

253
Instrumentum domesticum

Duday, Lambach, Plouin 1990 = H. Duday, F. Lambach, S. Plouin, Contribu-


tion de l’anthropologie de terrain a l’interprétation architecturale d’un
ensemble funéraire: la tombe 12 du tumulus 2A à Nordhouse (Bas-Rhin),
in Les Nouvelles de l’Archéologie, 40 (1990), pp. 15-18.
Duday, Sellier 1990 = H. Duday, P. Sellier, L’archéologie des gestes funéraires
et la taphonomie, in Les Nouvelles de l’Archéologie, 40 (1990), pp. 15-18.
Earle 2008 = T. Earle, Anthropology Must Have Archaeology, in Archaeologi-
cal Papers of the American Anthropological association, 2003, pp. 17-26.
Favole 2006 = A. Favole, La nuda morte e le culture del morire. Una riflessione
antropologica, in F. Martini (ed.), La cultura del morire nelle società
preistoriche e protostoriche italiane, Firenze 2006, pp. 19-25,
Fiocchi Nicolai, Vella = V. Fiocchi Nicolai, A. Vella, Nuove ricerche nella
basilica di papa Marco sulla via Ardeatina: la tomba “dei gioielli” e il riu-
so di un acquedotto romano, in Rendiconti PARA, 89 (2017), pp. 299-366.
Fornaciari, Giuffra 2009 = G. Fornaciari, V. Giuffra, Lezioni di paleopato-
logia, Pisa 2009.
Goldstein1976 = L.G. Goldstein, Spatial Structure and Social Organization:
Regional Manifestations of Mississippian Society, Unpublished Ph.D.
Dissertation, Northwestern University 1976.
Goldstein 2006 = L. Goldstein, Mortuary analysis and bioarchaeology, in J.E.
Buikstra, L.A. Beck (ed.), Bioarchaeology: the contextual analysis of
human remains, Amsterdam 2006, pp 375-87.
Hodder 1982 = I. Hodder, Symbols in Action: ethnoarchaeological studies of
material culture, Cambridge 1982.
Jackes 2011 = Jackes M., Representativeness and bias in skeletal samples, in S.C.
Agarwall, B.A.Glencross (ed.), Social Bioarchaeology, pp. 107-146.
Johnson 1989 = M.H. Johnson, Conceptions of Agency in Archaeological In-
terpretation, in Journal of Anthropological Archaeology, 8 (1989), pp.
189-211.
King 1976 = T.F. King, Political Differentiation Among Hunter-Gatherers: An
Archaeological Test Case. Ph.D. Dissertation, University of California,
Riverside 1976.

254
Elena Dellù

Knüsel 2010 = C.J. Knüsel, Bioarchaeology: a syntethic approach, in Bull.


Mém. Soc. Anthropol. Paris, 22 (2010), pp. 62-73.
Knüsel, Haddow, Sadvari, Dell’Unto 2013 = C.J. Knüsel, S. Haddow, J.W.
Sadvari, N. Dell’Unto, Bioarchaeology in 3D: 3D modeling of human
burials at Neolithic Çatalhöyük, in American Association of Physical
Anthropologists (AAPA) Annual Meeting. Knoxville, TN, 2013.
Laneri 2011 = N. Laneri, Archeologia della morte, Roma 2011.
Larsen 1997 = C.S. Larsen, Bioarchaeology: interpreting behaviour from the
human skeleton, Cambridge 1997.
Larsen 2017 = C.S. Larsen, Bioarchaeology in perspective: from classifications
of the dead to conditions of the living, in American Journal of Physical
Anthropology, 165 (2017), pp. 865-878.
Larson 1971 = L.H. Jr. Larson LH, Archaeological implications of social stra-
tification at the Etowah Site, Georgia, in J.A. Brown (ed.): Approaches
to the Social Dimensions of Mortuary Practices, in Am. Antiquit., 36
(1971), pp. 58-67.
Lucy 2000 = S.J. Lucy, Sviluppi dell’archeologia funeraria negli ultimi 50 anni,
in N. Terrenato (ed.), Archeologia Teorica, X Ciclo di lezioni sulla ri-
cerca applicata in archeologia (Certosa di Pontignano-Siena, 9-14 ago-
sto 1999), Firenze 2000, pp. 311-322.
Monza 2014 = F. Monza, Esporre i resti umani: un problema tra ricerca, etica
e comunicazione. Il caso britannico, in Museologica Scientifica Memo-
rie, 11 (2014), pp. 241-244.
Monza 2015 = F. Monza, Un approccio multidisciplinare alla gestione dei resti
umani nei musei, Poster presentato al XXI Congresso degli Antropologi
Italiani (Bologna/Ravenna, 3-5 settembre 2015).
Morris 1987 = I. Morris, Burial and Ancient Society - The rise of the Greek
city-state, Cambridge 1987.
Nizzo 2015 = V. Nizzo, Archeologia e Antropologia della morte. Storia di un’i-
dea, Bari 2015.
Ortner 2012 = D.J. Ortner, Differential diagnosis and issues in disease clas-
sification, in A.L. Grauer (ed.), A companion to paleopathology, Cam-
bridge 2012, pp. 250-67.

255
Instrumentum domesticum

Ortner, Putschar 1985 = D.J. Ortner, W.G.J. Putschar, Identification of Pa-


thological Conditions In Human Skeletal Remains, Washington 1985.
Pardo 1985 = I. Pardo, Sullo studio antropologico della morte. Linee metodolo-
giche, in R. Huntington, P. Metcalf (ed.), Celebrazione della morte,
Urbino 1985, pp. 5-41.
Parker Pearson 1982 = M. Parker Pearson, Mortuary practices, society and
ideology: an ethnoarchaeological study, in I. Hodder (ed.), Symbolic
and Structural Archaeology, Cambridge 1982, pp. 99-114.
Passalacqua 2018 = N. Passalacqua, Are careers in biological anthropolo-
gy sustainable?, in American Journal of Physical Anthropology, 166
(2018), pp. 772-776.
Peebles1971 = C.S. Peebles, Moundville and surrounding sites: Some structural
considerations of mortuary practices,in J.A. Brown (ed.), Approaches
to the Social Dimensions of Mortuary Practices, in Am. Antiquit., 36
(1971), pp. 68-91.
Peretto, M. Arzanello, Arnaud 2014 = C. Peretto, M. Arzanello, J. Ar-
naud, Variabilità umana tra passato e presente, Atti del XX Congresso
dell’AAI (Ferrara, 11-13 settembre 2013), Museologia Scientifica e Na-
turalistica Volume 10/2, Ferrara 2014.
Pergola, Garrisi, Roascio, Dellù, Castiglia, 2015 = Ph. Pergola, A. Garri-
si, S. Roascio, E. Dellù, G. Castiglia, Presenze cristiane nella Liguria
di ponente: I casi di Capo Don (Riva Ligure) e San Calocero (Albenga),
in Ph. Arthur, M. Leo Imperiale (ed.), Atti del VII Congresso Naziona-
le di Archeologia Medievale, Firenze 2015, pp. 158-163.
Perry 2007 = M.A. Perry, Is bioarchaeology a handmaiden to history? Develo-
ping a historical bioarchaeology, in Journal of Anthropological Archae-
ology, 26 (2007), pp. 486-515,
Roberts, Manchester 2010 = C. Roberts, A.K. Manchester, The Archaeolo-
gy of Disease, Ithaca 2010.
Rose, Green, Green1996 = J.C. Rose, T.J. Green, V.D. Green, Nagpra is fo-
rever: Osteology and the Repatriation of Skeletons, in Annual Review of
Anthropology, 25 (1996), pp. 81-103.

256
Elena Dellù

Rothschild 1975 = N.A. Rothschild, Age and Sex, Status and Role, in Prehi-
storic Societies of Eastern North America, Ph.D. Dissertation, Universi-
ty of New York 1975.
Rothschild 1979 = N.A. Rothschild, Mortuary behavior and social organi-
zation at Indian Knoll and Dickson Mounds, in Am. Antiquit., 44 (1979),
pp. 658-675.
Rubini 2008 = M. Rubini, Elementi di paleopatologia. Atlante, Roma 2008.
Sachau-Carcel 2012 = G. Sachau-Carcel, Apport de la modélisation tri-
dimensionnelle à la compréhension du fonctionnement des sépultur-
es multiples: l’exemple du secteur central de la catacombe des Saints
Pierre-et-Marcellin (Rome, Italie)(Ier-milieu IIIe s. ap. J.-C.),PhD. Dis-
sertation, Université Michel de Montaigne-Bordeaux III, 2012.
Saxe 1970 = A.A. Saxe, Social Dimensions of Mortuary Practices, Ph.D. Disser-
tation, University of Michigan 1970.
Sergi 1947 = Terminologia e divisione delle scienze dell’uomo. I risultati di
un’inchiesta internazionale, in Rivista di Antropologia, XXXV (1944-
47), pp. 5-83.
Šlaus, Petaros, Adamić 2015 = M. Šlaus, A. Petaros, A. Adamić, Bioar-
chaeology. A discipline that encompasses the past, present and future of
mankind, in Periodicum Biologorum, 117/1 (2015), pp. 27-34.
Tainter 1978 = J.A. Tainter, Mortuary practices and the study of prehistoric
social systems, in M. Schiffer (ed.), Archaeological Advances in Method
and Theory, 1 (1978), pp.105-141.
Thomas 1991 = J. Thomas, Rethinking the neolithic, Cambridge 1991.
Turner, Wagner, Cabana 2017 = T.R. Turner, J.K. Wagner, G.S. Cabana,
Ethics in biological anthropology, in American Journal of Physical An-
thropology, 165 (2018), pp. 939-951.
Ubelaker, Guttenplan Grant 1989 = D.H. Ubelaker, L. Guttenplan
Grant, Human Skeletal Remains: Preservation or Reburial?, in Yearbo-
ok of Physical Anthropology, 32 (1989), pp. 249-287.
White, Falkens 2005 = T.D. White, P.A. Falkens, The Human Bone manual,
USA 2005.

257
View publication stats

Potrebbero piacerti anche