Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
a cura di
Rosalba Panvini
Lavinia Sole
Si ringrazia:
Antonio Michele Speciale già Dirigente Scolastico
dell’Istituto “Luigi Pirandello”,
I Circolo Didattico di Gela.
In copertina:
PINAX IN TERRACOTTA CON IL RATTO DI PERSEFONE;
da Locri (460 a.C.; Museo Archeologico Nazionale
Reggio Calabria).
4
Primi risultati dalle indagini nella necropoli
alle pendici nord di Agira
di Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané
Timoleon, according to authorities, issued an appeal for settlers from various parts of the
Greek world, in the name of defending hellenism. Let’s take a look at these newcomers, Diodorus
stated they were ten thousand; they were not exactly greeks. Ethnic identity was not that signifi-
cant as a motivational force. Some tombs, from the period immediately following the refoundation
in 339/338 B.C., shows an unusual typology; burials of punic type suggest the existence of a group
of population conscious of it’s identity whose dead were disposed of in that way.
La bibliografia locale agli inizi del XX secolo parla di necropoli, ovviamente indivi-
duate in scavi incontrollati: si parla di vasi “italo-greci ed etruschi, con eleganti dipintu-
re”; nel linguaggio dell’epoca, com’è noto, “vasi etruschi” indica la ceramica figurata gre-
ca1. Da queste scarne notizie si poteva dedurre che la zona che gravita su via Palazzo, il
ripido pendio tra il Castello e la SS 121, era sede di una necropoli di età greca, già am-
piamente depredata dalla lunga azione dei tombaroli. Eppure, la paziente insistenza e il
convergere di forze diverse stanno cominciando a produrre risultati.
Negli anni 1974 e 1979 la Soprintendenza Archeologica di Agrigento - all’epoca com-
petente per territorio - ebbe modo di esplorare, nell’area dello svincolo Nord della cir-
convallazione, un tratto di necropoli (Fig.1.1). Su una ventina di tombe esplorate, la mag-
gior parte erano deposizioni in fosse tagliate nel banco sabbioso, datate tra IV e III seco-
lo a.C. Qualche oggetto frammentario sporadico, non in strato, rimanda a produzione di
tipo siculo-geometrico e quindi lascia ipotizzare un utilizzo della necropoli già in epoca
ben precedente2.
Nel 2008, in collaborazione con Comune di Agira e Soprintendenza BB.CC.AA. di
Enna, si sono seguiti i lavori di consolidamento delle pendici a Sud di via Palazzo, con la
costante presenza di un archeologo: il dott. Mario Cottonaro. È stato possibile control-
lare che l’area di necropoli si allarga anche a questa parte a monte della strada. Sono sta-
ti individuati resti di tombe a fossa con controfossa scavate nel banco roccioso; specie
nella fascia più a monte sono stati individuati ingrottati che per la loro forma fanno pen-
Innanzi tutto vogliamo ringraziare gli organizzatori, Rosalba Panvini e Lavinia Sole, per l’invito a parteci-
pare al convegno; Beatrice Basile, Soprintendente per i BB.CC.AA. di Enna; Carmela Bonanno, responsabile del
Servizio per i Beni Archeologici della stessa Soprintendenza. La planimetria in fig. 1 e il rilievo in fig. 5 sono
stati realizzati grazie alla collaborazione di Enzo Castiglione.
1 Si indica tra l’altro S. Nicola e la strada per Regalbuto, si fa riferimento a un mulino oggi non più esisten-
te, che si trovava proprio nella zona in questione. FAVALORO 1922, pp. 60-61.
2 SCIBONA 1981. 131
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané
Fig. 1. Planimetria generale della necropoli alle pendici N. 1 scavo 1979, 2 scavo 2009.
sare a tombe a camera sicule di età greca, successivamente riutilizzate in diverse epoche.
Con la campagna di scavi Agyrion 2009, nei mesi di luglio-agosto, è stata sistematica-
mente indagata la fascia immediatamente a monte di via Palazzo (Fig. 1.2). Per la conti-
nuità scientifica, è stato naturale continuare ad avvalersi della collaborazione del dott.
Mario Cottonaro3. Con la Soprintendenza, che istituzionalmente si occupa di archeolo-
gia, abbiamo avuto l’impegno dell’associazione SiciliAntica e il sostegno economico da-
to dal Comune; la collaborazione dei Carabinieri è andata ben al di là dei normali “do-
veri d’ufficio”. Può essere ridondante dire della capacità organizzativa di SiciliAntica, dei
volontari che con zelo e buona volontà si rimboccano le maniche. Credo sia il caso di sot-
tolineare, al di là dei pur consistenti aspetti economici, l’intervento diretto dei volontari:
rappresentanti della cosiddetta società civile si sporcano le mani (e mettono mano al por-
tafoglio) per contribuire a tutelare e valorizzare un patrimonio che sentono come pro-
prio. C’è una bella differenza da situazioni in cui gli organi di tutela si sono trovati a gio-
care la loro partita nella totale indifferenza, se non in un ambiente che esprime ammira-
zione per la genialità del tombarolo.
I problemi logistici sono stati notevoli: il costone ha una pendenza molto ripida e
quindi sopra alle stratificazioni archeologiche giace uno spessore notevole di terra di ri-
porto. La superficie esplorata è limitata, ma i risultati si cominciano a vedere: sia come
corredi recuperati, sia come raccolta di dati; quando sarà possibile allargare la superficie
esplorata, sarà anche il caso di sistemare un percorso di visita. Lo scavo accurato delle
tombe già violate ha consentito di raccogliere elementi per datare; ma ha anche consen-
tito di delimitare, di documentare archeologicamente, l’azione dei tombaroli. Gli ogget-
ti trafugati dai tombaroli, a volte ritornano (e forse vale tanto più per le cose di pregio)4.
I dati di scavo persi, sono persi per sempre. L’intenzione forse principale dell’azione che
si è anche concretizzata nella mostra Nostoi era proprio costituire un deterrente per lo
scavo clandestino, rendendo poco appetibile da parte dei grandi musei internazionali
l’acquisto di oggetti archeologici trafugati5. Il problema è appunto quello del metodo di
scavo: la differenza tra archeologo e tombarolo non comincia quando ci si indirizza ver-
so un museo pubblico o verso la casa d’aste. Quando l’oggetto della scoperta prende la
via del commercio clandestino, una pagina di storia è già stata bruciata prima di essere
letta: la differenza comincia già nel primo approccio allo scavo6.
Un esempio veloce: rivolgendosi ad addetti, certe cose non hanno bisogno di essere
dimostrate. Durante lo scavo è stato causa di grande emozione veder emergere dal cor-
redo di una tomba di bambino un guttus, un poppatoio. L’importanza non sta certo nel-
l’oggetto in sé; l’incremento dato al patrimonio è veramente prossimo allo zero; si tratta
di un oggetto molto diffuso. Il fatto importante è che lo scavo corretto della tomba intat-
ta ha fornito una serie di dati che consente di ricostruire tutta la scena della sepoltura,
con gli atti di pietà relativi alla deposizione. La lettura dei riti funebri è una buona fonte
per un’indagine sulle credenze, sui modi di vivere (mi si scusi il bisticcio). Il blocco di da-
ti relativi a tipologie funerarie, riti funebri, corredi può consentire una lettura delle tra-
sformazioni storiche in atto7.
Anche se lo studio è ancora in corso, possiamo cominciare a dare delle risposte. Il
lembo di necropoli scavato appartiene a un momento particolare della storia di Agira.
Siamo nel momento immediatamente successivo alla rifondazione di Timoleonte. Nel
339/338 a.C. Timoleonte, conquistata Agira, trasferisce in massa la popolazione e fa ri-
nascere la città con nuovi abitanti. Un’azione particolarmente violenta, ma ricorrente nel-
le tirannidi della Sicilia greca. In una vecchia pubblicazione, individuavo tracce archeo-
logiche dell’evento traumatico; individuavo monumenti citati da Diodoro: il teatro, che
sembra aver lasciato traccia nell’urbanistica successiva; le mura, i cui resti furono disegna-
ti alla fine del ’7008. Recentemente ho avuto modo di discutere della presenza o meno di
motivazioni etniche nelle trasformazioni politiche, storiche, avvenute in Sicilia nel IV se-
colo a.C.9. Ora cominciamo a vedere in faccia i nuovi venuti, diecimila dice Diodoro; non
erano esattamente greci.
Quando sarà completato lo studio dei corredi e dei resti scheletrici, sarà possibile
trarre delle conclusioni; ma alcuni elementi cominciano già a delinearsi10. Il numero li-
4 Nell’Ennese stiamo vedendo il nostos di diverse cose da Morgantina. BASILE 2010; MAMMINI 2010.
5 Nostoi 2007.
6 PELAGATTI - BELL 1995; GRAEPLER - MAZZEI 1996; PELAGATTI - GUZZO 1997; BRODIE - DOOLE - REN-
FREW 2001; ATWOOD 2004; WATSON - TODESCHINI 2006; ISMAN 2009.
7 BEZZERRA DE MENESES 1983; D’AGOSTINO 1985; BIETTI SESTIERI 1986; D’AGOSTINO 1990; HODDER
1992; MORRIS 1992; CUOZZO 1996; BARTOLONI 2003, pp. 13-19.
8 PATANÉ 1992.
9 PATANÉ 2011.
10 Dal punto di vista metodologico cfr. ad esempio, per lo stesso periodo e per ambienti paragonabili:
PONTRANDOLFO 1979; DEWAILLY 1982; HANNAH 1990. 133
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané
R. PATANÉ
11 Tombe puniche sono presenti, anche se talvolta passano inosservate, nella Sicilia orientale. Ringrazio
per le stimolanti chiacchierate il dott. Andrea Patané della Soprintendenza di Catania (l’omonimia ci persegui-
ta da diversi decenni).
12 PATANÉ 2002.
134 13 PATANÉ 2009; PATANÉ 2010; PATANÉ 2012.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira
14 Gli scavi hanno avuto come oggetto la particella n. 269, nella parte immediatamente a S dell’arteria che
collega la circonvallazione con la parte alta del paese (zone del castello), strada che, realizzata negli anni ’60 del
secolo scorso e denominata via Palazzo, ha tagliato in due parti la necropoli, modificando il paesaggio e deter-
minando la perdita di una grande mole di dati. Per un rapporto preliminare di questo scavo cfr. COTTONARO
2012.
15 La Soprintendenza di Enna e SiciliAntica hanno curato anche la campagna Agyrion 2008 nell’area del
castello (acropoli), coordinate dallo scrivente e dalla dott.ssa I. G. Contino tra i mesi di Luglio e Settembre
2008.
16 Queste indagini, compiute tra Dicembre 2007 e Giugno 2008, sono state condotte da chi scrive per
conto della Soprintendenza di Enna, in merito ai lavori di consolidamento e messa in sicurezza delle pendici
(Lavori di “consolidamento e messa in sicurezza di un versante situato a nord del centro abitato” nel comune di
Agira (En) - codice progetti 263-306 - diretti dall’ing. G. Gabriele).
17 Nel rapporto preliminare si fa riferimento a sei tombe, dal momento che la T. 7 è stata individuata al
momento della copertura dello scavo. È stata individuata un ulteriore sepoltura attraverso un passaggio prati-
cato nella parete meridionale della T. 3 da scavi clandestini. Per ragioni di sicurezza non è stato possibile inda-
garla: essa, orientata E-O, presenta una copertura a lastroni.
18 Sul problema della datazione delle tombe a camera ipogeica T.3 e T.4, cfr. infra.
19 Le operazioni di scavo sono state precedute dalla realizzazione, a O di una cava di pietra che occupa la
parte mediana di via Palazzo, di una trincea lunga m 21,5, praticata con l’ausilio del mezzo meccanico e neces-
saria per facilitare le indagini archeologiche, dal momento che era stata già documentata la consistente presen-
za di terra di riporto che in alcuni punti raggiungeva quasi i tre metri. Importante è risultato, inoltre, l’apporto
fornito dai dati dalle indagini geo-gnostiche compiute preliminarmente alla trincea da G. Moschella.
20 Lato breve S, quasi tutto il lato lungo O e un lacerto del lato lungo opposto. 135
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané
Pochi metri a O di quello che restava della T. A, è stata rinvenuta una seconda sepol-
tura, anch’essa violata. Essa, denominata T. 1, ha costituito il vero punto di partenza del-
la campagna di scavi. La tomba, con orientamento E-O, presenta la stessa tipologia del-
la T. A con una profonda controfossa (m 1,36 in media) che precede la fossa sepolcrale
(Fig. 2). Sulla non larga risega che corre sui quattro lati, si conservava ancora parte della
copertura della fossa, costituita da tegole con sottile listello disposte orizzontalmente, an-
che se il maggior numero di tali reperti è stato recuperato all’interno della tomba, fram-
misti all’humus, a parecchi reperti ossei, frammenti ceramici di varie epoche, monete gre-
che e medievali e rottami metallici, segni evidenti della distruzione operata dall’interven-
to illegale degli scavatori di frodo e del successivo rimescolamento.
Un ulteriore elemento interessante che aiuta a ricostruire l’aspetto originario della se-
poltura è stato l’individuazione, lungo le pareti della controfossa, di uno strato di sabbia
che doveva costituirne il riempimento, con accumuli più consistenti in prossimità degli
angoli al di sopra delle tegole; tale strato non è stato rintracciato nelle pareti della fossa.
Il recupero di abbondanti reperti osteologici umani, nonché di due calotte craniche e di
due (o tre) mandibole fanno presumere che più individui dovevano essere inumati in
questa sepoltura, ma la mancanza dei dati precisi, desumibili da uno scavo non viziato
dall’azione dei clandestini, non consente di poterlo affermare.
La seconda sepoltura indagata (T. 2) si trovava appena a NO della precedente. Orien-
tata NNE-SSO, la tomba colpisce per le sue dimensioni monumentali (m 2,23 x 1,28).
La tipologia rimane sempre quella della fossa preceduta da una profonda controfossa (m
1,38), ma costituisce una variante rispetto al tipo delle due sepolture illustrate, dal mo-
mento che la risega è presente solo sui lati lunghi e che la copertura della fossa era realiz-
zata con quattro grandi lastroni, di spessore considerevole21 (Fig. 4). La controfossa,
adattandosi al digradare della roccia, assume la forma di uno spiovente nel perimetro su-
perficiale, con la parte più alta sul lato S22; la fossa dal canto proprio risultava molto pro-
fonda (m 1,32) e presentava una nicchia arcuata sul lato breve O. Nonostante la podero-
sità di questi ultimi, la sepoltura si presentava violata23.
A circa m 2,50 ad SO della T.2 è stata individuata la T.3. Essa presenta un’ulteriore
tipologia: si tratta di una tomba a camera ipogeica, orientata E-O e provvista di due ban-
chine-klinai sui lati lunghi N e S, con accesso al pozzo verticale di forma rettangolare.
Nonostante l’azione dei clandestini, è stata recuperata un’hydria integra acroma, databi-
le verso la fine del IV secolo a.C., collocata entro una nicchia praticata sul lato breve E
della tomba, poco al di sopra della banchina N, sfuggita alla razzia24.
21 Essi, orientati in senso N-S e ammorsati con una sorta di malta terrosa, misuravano in media m 1,16 x
51 x 0,32.
22 Anche in quella che potremmo definire “antifossa” di questa sepoltura, piuttosto che controfossa, si è
riscontrata la presenza di uno strato sabbioso, presumibilmente del tutto sterile, addossato alle pareti e sopra i
lastroni.
23 Si è riuscito anche a leggere, in negativo, l’azione dei clandestini che hanno operato due tentativi, pri-
ma di poter penetrare nella camera, all’interno della quale la situazione si presentava, al momento dello scavo
regolare, alquanto sconvolta.
24 La nicchia, con una certa probabilità, risultava essere in comunicazione con il piano roccioso superio-
re, visto che la cavità si protendeva in altezza, anche se non è stato possibile intercettarne l’eventuale apertura,
136
praticata sulla superficie rocciosa, dal momento che, molto vicino al lato E del pozzo, gravavano diversi metri
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira
Le considerazioni più interessanti sono, però, quelle offerte dall’analisi della tipolo-
gia: essa, come detto, è una tomba a camera ipogeica con le due banchine funerarie se-
parate da una fossa rettangolare, o canale; l’accesso alla camera era determinato attraver-
so un pozzo rettangolare che taglia verticalmente la roccia, garantendo, così, un ingresso
dall’alto; taglio che fa posto, successivamente, a due ali oblique, che partendo dai lati lun-
ghi del pozzo si dilungano esternamente al di sopra delle banchine (Fig. 5).
Elemento alquanto insolito, quello del pozzetto verticale, specialmente nell’entroter-
ra ereo-ennese25, per una tipologia sepolcrale che rimanda alla grande capacità acquisita
nel tempo nel mondo indigeno-siculo, cioè l’abilità di cavare la roccia per realizzare quel-
le che possono essere considerate “dimore per l’oltretomba”, nonché ad un ambito cro-
nologico più antico. Non mancano di certo confronti di tombe ipogeiche con accesso a
cubi di terra. La bocca dell’hydria recuperata risultava chiusa da una coppettina, frammentaria, rotta già in an-
tico. A questo ritrovamento entro la nicchia, vanno aggiunti la presenza di un’anfora greco-italica, rinvenuta sul
fondo del canale in condizioni frammentarie.
25 Nelle necropoli della Sicilia interna, tra i contesti editi, l’accesso alle camere funerarie ipogeiche è rea-
lizzato attraverso un’apertura praticata frontalmente sulla facciata delle pareti rocciose, con o senza dromos. Cfr.
per Assoro: MOREL 1966; per Calascibetta: ALBANESE PROCELLI 1989 (Valle Coniglio), GENTILI 1961 (contra-
da Quattrocchi); per Centuripe: LIBERTINI 1952, ORSI 1909, ID. 1913, RIZZA 1971; per Cozzo Matrice: CILIA
1980-81; per Gagliano: PATANÉ 1997; per Montagna di Marzo: MUSSINANO 1966, GENTILI 1969; per Monte
138
Navone: Ibidem; per Morgantina: LYONS 1996; per Troina: MILITELLO 1961.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira
Fig. 8. Tomba 5.
pozzetto, come dimostrano quelli puntualissimi dalle necropoli delle contrade Orto del-
la Signora e Perriera a Licodia Eubea, di cui l’editore, però, segnalava la “diversità”26.
Senza dimenticare che l’intervento clandestino limita il nostro approccio al contesto del-
la T. 327, è necessario evidenziare che la “relativa” distanza geografica dall’area iblea, cui
Licodia appartiene, e l’assenza dei pozzetti nelle necropoli edite dell’area ennese ci pon-
gono degli interrogativi, cui si proverà a rispondere più avanti, dopo aver preso in consi-
derazione i dati della T. 4.
È proprio la T. 4 (Figg. 6-7), infatti, a offrirci ulteriori spunti di analisi. Essa, infatti, ci
consente di poter meglio interpretare anche la violata T. 3, mostrando la medesima tipo-
logia (camera ipogeica con pozzo d’accesso dall’alto) e condividendone, quasi perfetta-
mente, l’orientamento. Posta immediatamente a O della T. 3, la tomba si presentava dan-
neggiata sul lato settentrionale28. I reperti osteologici sono stati recuperati esclusivamen-
te sulla banchina N, e testimoniano una deposizione multipla, nonché una riutilizzazio-
ne della stessa. All’interno della camera si sono recuperati ventiquattro reperti pertinen-
ti ai corredi29. Fatto insolito è apparso l’individuazione di uno strato compatto di pietre
e terra che riempiva l’intera camera a partire dal pozzetto.
La T. 5 (Figg. 8-9), individuata circa 9 metri ad O della T. 4, orientata NE-SO e non
violata, presenta una tipologia per cui non si trovano confronti: in una fossa dai contor-
ni irregolari, con pareti e fondo concavi, si apriva sul lato lungo sud una nicchia entro cui
era stato posto l’inumato. La cavità risultava protetta da un sistema di tegole e pietre piat-
te, disposte in modo leggermente obliquo, fermate sul fondo da un insieme di pietrame
misto a malta terrosa. La fossa era, invece, riempita da due strati completamente sterili,
ancora una volta di natura sabbiosa. Entro la cavità, l’inumato, che le ossa del bacino sug-
geriscono essere stato di sesso femminile, aveva il cranio girato a destra con una myke
poggiata sull’addome e un’anfora sul petto che avevano determinato l’effetto parete sul-
le ossa del tronco30. L’anfora, databile per morfologia alla seconda metà del IV secolo
a.C., presenta, una trama decorativa per nulla diversa della tradizione stilistica indigena
dello stile di Licodia Eubea31 (Fig. 10).
26 ORSI 1898, pp. 306-338. In particolare cfr. p. 308; p. 309, figg. 2-2 bis; p. 312, figg. 10-11; p. 313, figg.
12 e 14; p. 320, fig. 27; pp. 325-326. La presenza di pozzetti per l’accesso alle tombe è segnalata anche nella ne-
cropoli di Monte Casasia, ma si tratta di pozzetti completamente diversi, come caratteri formali diversi presen-
tano le tombe (piante irregolari, o tondeggianti, tetto piano o convesso, assenza quasi totale di banchine fune-
bri): cfr. Monte Casasia, pp. 482-485.
27 A tal proposito bisogna sottolineare come anche gran parte dei contesti licodiesi si fossero presentati al-
l’Orsi già depredati dagli scavatori di frodo, anche se l’archeologo, in molti casi, riuscì a recuperare i segni di
una frequentazione che risaliva all’età arcaica.
28 Essendo stata privata di questa parte, probabilmente a seguito dei lavori per la costruzione del muro
dell’attuale via Palazzo negli anni ’60. Nonostante ciò, la sepoltura si è presentata non violata al momento del-
lo scavo.
29 Costituivano il corredo ceramiche acrome e a vernice nera (anfore, boccaletti, brocche, coppette), mo-
nili in pasta vitrea e bronzo e una moneta bronzea siculo-punica. I reperti erano deposti per lo più entro la fos-
sa (nella metà occidentale), alcuni, invece, sulla banchina S. Una deposizione formata da tre vasi bruciati è sta-
ta rinvenuta nell’angolo SO del pozzetto.
30 Completavano il corredo una coppettina e due oinochoai deposte ai lati della testa.
31 Le anfore di tradizione indigena decorate con lo stile di Licodia presentano una morfologia comple-
140
tamente differente rispetto al reperto della T. 5: labbro espanso e, a volte, piatto; breve collo; corpo ovoidale
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira
Nella parte più occidentale della trincea è stata recuperata, invece, una tomba di
bambino (T. 6): orientata S-N essa è un sarcofago costituito da due coppi di terracotta
tra i quali era stato inumato un infante, con cranio a S schiacciato in tre parti, inferiore
ad un anno, viste le caratteristiche fisiche e le dimensioni dei reperti osteologici, scarsa-
mente conservati. Il sarcofago era posizionato entro una fossetta praticata nel banco roc-
cioso, priva del lato settentrionale e con quello meridionale di forma arcuata. Due scaglie
di terracotta fungevano da testata del lato meridionale del sarcofago e da separatore dal
lato meridionale della fossetta, in cui erano deposto il corredo32.
Relativamente all’ultima sepoltura (T. 7)33, in questa sede mi limiterò ad accennare
solo alla tipologia, dal momento che la cronologia porta ad un orizzonte che esula dal te-
ma oggetto del convegno: la presenza di due unguentari piriformi colloca, infatti, la tom-
allungato, anse a cordone impostate nel punto di massima espansione. I motivi decorativi con bande, linee on-
dulate e linguette è invece tipico delle trame decorative indigene. Simili repertori decorativi di tradizione
“sub-geometrica” si riscontrano anche nella ceramica di produzione siceliota in età tardo-classica: cfr., ad
esempio, una lekane dalla fornace Provide di Camarina (PISANI 2008, p.106, tavv. XVIII, a; XXVII, a) e due
crateri dalla necropoli di Lipari (Meligunìs Lipára II, p. 89, tav. LV, 1 e 7, tt. 264-265). Un puntuale confron-
to morfologico, decorativo, e cronologico per il reperto della T. 5 è offerto da un’anforetta da una casa di Cen-
turipe, distrutta da un incendio intorno alla fine del IV secolo a.C. (cfr. PATANÉ 2002, p. 113, figg. 11-12).
32 Esso era formato da una anforetta acroma, un guttus parzialmente verniciato e una brocchetta, colloca-
bili tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C.
33 Nella parte superiore della fossa è stata rinvenuta una brocca distesa orizzontalmente, con la bocca chiu-
sa da pietrame di piccole dimensioni in parte scivolato, entro cui si sono rinvenute ossa incinerate. Tale depo-
141
sizione è stata definita T. 7 bis.
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané
ba al primo quarto del III secolo a.C.34. Si tratta di una fossa rettangolare profonda m 2,
orientata SSO-NNE, priva di copertura.
Come precedentemente sottolineato, cercare di trarre osservazioni specifiche dai da-
ti desunti dallo scavo sarebbe metodologicamente errato, trattandosi solo di un campio-
ne di una necropoli ben più vasta. È possibile, però, esprimere delle valutazioni attraver-
so l’analisi di tipologie tombali e riti.
Alla luce di quanto documentato, la T. 4 è quella che ci propone le riflessioni più in-
teressanti, anche perché è quella che ci ha restituito il maggior numero di dati. Associan-
dola necessariamente alla gemella e violata T. 3, non possiamo non collocare questa tom-
ba come esempio di architettura funeraria indigena, nonostante l’anomalia dell’accesso
mediante pozzetto verticale. Ma la sepoltura non ha restituito nulla che non si possa ri-
ferire alla fine del IV secolo, o comunque alla seconda metà, a differenza delle tombe di
Licodia Eubea, che costituiscono il nostro confronto, il cui uso iniziale risalirebbe all’ar-
caismo. Se la presenza di materiale più antico non può essere esclusa - ma neanche pro-
vata - per la violata T. 3, può, invece, esserlo completamente per la T.4. Questo fattore
stride fortemente con quanto conosciamo del mondo funerario indigeno, laddove nelle
sepolture multiple, a carattere familiare, si faceva spazio ai nuovi defunti, senza toglierne
a quelli precedenti35. Eppure i dati osteologici, desumibili dalla situazione documentata,
della banchina N ci indicano, se non un riuso che si protende nel tempo, almeno la de-
posizione multipla di almeno quattro individui.
È, però, la situazione di riempimento della camera con uno strato molto compatto di
pietre e terra ad offrirci altri spunti problematici. Né nel mondo indigeno, né tantomeno
in quello greco si conoscono casi di riempimento di camerette ipogeiche. Che quello del-
la T. 4 sia un riempimento intenzionale e non frutto di elementi esterni, come i lavori che
hanno privato la sepoltura di parte del lato N, lo documenta la sequenza stratigrafica, a
partire dalla deposizione dei tre vasetti bruciati nell’angolo SW del pozzetto, che si appog-
gia allo strato di terra e pietre.
Per ragioni di carattere geografico, ma soprattutto di ordine storico36, senza dimen-
ticare, il precipuo carattere dell’architettura funeraria, sorprende il constatare che la mo-
dalità di riempire il pozzetto verticale d’accesso alle camerette ipogeiche trovi singolari
confronti nel mondo punico37: se nelle necropoli di Lilybaeum, tale pratica rituale non
risulta attestata - ma non viene esclusa38 - essa è presente a Cartagine (dove i pozzetti so-
34 Completano il corredo un bombylios nello stile di Gnathia, una coppettina acroma, una patera a v.n.,
un lopas con coperchio e una lucerna. Ad una quota superiore al cranio e immediatamente sotto la T. 2 bis si è
rinvenuta un myke frammentaria con la bocca chiusa da una brocchetta; cfr. SCIBONA 1981, pp. 347-349, fig. 9
(ustrinum databile nel corso del III secolo a.C.).
35 Il dislocamento parziale delle ossa è un aspetto antropologico che rientra in una delle finalità più im-
portanti relative alle pratiche funerarie: favorire il passaggio dei defunti dal mondo dei vivi a quello dei morti,
preservando i superstiti dai rischi del periodo liminare (BIETTI SESTIERI 1992, pp. 43-44). Non mancano esem-
pi di tombe indigene frequentate sino all’età ellenistica: a Montagna di Marzo, ad esempio, sono documentate
tombe a camera frequentate dal VI al III secolo a.C. (cfr. MUSSINANO 1966, p. 65).
36 Diodoro parla di un contingente di 10.000 coloni greci nella nuova Agira timoleontea: cfr. DIOD. XVI,
82, 4-5.
37 Desidero ringraziare, a questo proposito, la dott.ssa A. Pace per il proficuo scambio di idee.
142 38 BECHTOLD 1999, p. 23.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira
stante non manchino recenti - se pur numericamente esigui - rinvenimenti anche in ne-
cropoli coloniali45, essa risulta infatti attestata, oltre che nella stessa Agira in un contesto
non precisamente definibile nella cronologia, ma che non dovrebbe scendere oltre la me-
tà del III secolo a.C.46, soprattutto ad Assoro in cui arco di tempo che l’editore colloca
tra l’età timolontea e il periodo post-agatogleo e ieroniano47. Sfugge, purtroppo, e non è
possibile dire se questo rito di deposizione debba essere considerato un retaggio di co-
stumi indigeni locali che si andarono evolvendo sino alla seconda metà del IV secolo, dal
momento che non conosciamo tale pratica in altri siti dell’entroterra ennese (Calascibet-
ta, Centuripe, Cozzo Matrice, Montagna di Marzo, Morgantina, Troina)48, sia nell’arco
cronologico indicato che in un fase precedente, oppure se esso debba riferirsi all’appor-
to di elementi allogeni, nel quadro di spostamento di popolazione e di rifondazioni, an-
che se quest’ultima ipotesi mi sembra meno perseguibile scientificamente, non fosse al-
tro che per il venir meno recentissimo delle certezze cronologiche legate all’età timoleon-
tea.
Quanto alla T. 7, infine, essa si inserisce perfettamente nel quadro tipologico relativo
alle sepolture che occuparono la necropoli settentrionale di Agira nel corso del III seco-
lo: il tipo a fossa rettangolare piuttosto profonda e senza copertura trova, infatti, puntua-
le confronto nelle tombe messe in luce da G. Scibona negli anni ’70 del secolo scorso e
che al momento costituiscono gli unici e preziosi dati editi per la necropoli agirina49.
Alla luce di questa variegata analisi preliminare, che sarà supportata e arricchita, nel-
l’immediato futuro, dallo studio sistematico dei corredi funerari, si deve evitare, in que-
sta fase, la tentazione di leggere l’eterogeneità e la complessità degli elementi fin qui rica-
vati, come sintomo di una sensibile variabilità funeraria50, in quella che rimane una por-
zione della necropoli.
Senza eccedere in facili entusiasmi possiamo constatare come i dati ricavati dallo sca-
vo di via Palazzo appaiano di una certa importanza, soprattutto perché ottenuti in una
situazione di “deserto archeologico” e di non sempre facile collaborazione con l’ambien-
te locale. Essi offrono molteplici spunti interpretativi e di approfondimento per la discus-
sione scientifica, e spingono a continuare le indagini sul campo. Per questo motivo, le os-
servazioni sin qui delineate, sia sulla base dei dati di scavo che sulla loro interpretazione,
servono a fornirci uno spaccato importante dell’Agira dello scorcio del IV secolo a.C., di
cui si dovrà tenere conto nella prosecuzione dello studio, ma sono e devono rimanere un
punto di partenza, non un arrivo.
M. COTTONARO
BIBLIOGRAFIA
ALBANESE PROCELLI, R.M. 1988-1989, Sicilia. II. Calascibetta (Enna). Le necropoli di Malpas-
so, Calcarella e Valle Coniglio, in NSc, Suppl. I, pp. 161-398
ALBANESE PROCELLI, R.M. 2003, Sicani, Siculi, Elimi. Forme di identità, modi di contatto e pro-
cessi di trasformazione, Milano.
ATWOOD, R. 2004, Stealing History. Tomb Raiders, Smugglers, and the Looting of the Ancient
World, New York.
BARTOLONI, G. 2003, Le società dell’Italia primitiva. Lo studio delle necropoli e la nascita delle
aristocrazie, Roma.
BASILE, B. 2010, Morgantina e il ritorno delle dee, in Archeologia Viva, XXIX, 139,
gennaio/febbraio, pp. 66-67.
BEZZERRA DE MENESES, U. 1983, La “New Archaeology”: l’archeologia come scienza sociale, in
DialA, I, pp. 11-19.
BECHTOLD, B. 1999, La necropoli di Lilybaeum, Trapani.
BENICHOU SAFAR, H. 1982, Les tombes puniques de Carthage, Paris.
BERNABÒ BREA, L., CAVALIER, M. 1965, Meligunìs Lipára II. La necropoli greca e romana nel-
la contrada Diana, Palermo.
BIETTI SESTIERI, A.M. 1986, I dati archeologici davanti alla teoria, in DialA, 4, pp. 249-263.
BIETTI SESTIERI, A.M. 1992 (a cura di), La necropoli Laziale di Osteria dell’Osa 1, Roma.
BRODIE, N., DOOLE, J., RENFREW, C. 2001 (a cura di), Trade in illicit antiquities: the destruc-
tion of the world’s archaeological heritage, Cambridge.
CILIA, E. 1980-1981, Cozzo Matrice, scavi 1979, in Kokalos, XXVI-XXVII, pp. 613-619.
COTTONARO, M. 2012, Agira: ricerche archeologiche nella necropoli di via Palazzo, in S. LO PIN-
ZINO (ed.), Studi. Ricerche. Restauri per la Tutala del Patrimonio Culturale (I Quaderni del
Patrimonio Culturale Ennese, Collana Interdisciplinare del Servizio Soprintendenza per i Be-
ni Culturali e Ambientali di Enna, 1), Palermo, pp. 255-258.
CUOZZO, M. 1996, Prospettive teoriche e metodologiche nell’interpretazione delle necropoli: la
Post-Processual Archaeology, in AION. Archeologia e storia antica, n.s. 3, pp. 1-37.
D’AGOSTINO, B. 1985, Società dei vivi, comunità dei morti: un rapporto difficile, in DialA, 3,
pp. 47-58.
D’AGOSTINO, B. 1990, Problemi d’interpretazione delle necropoli, in R. FRANCOVICH, D. MA-
NACORDA (a cura di), Lo scavo archeologico: dalla diagnosi all’edizione, Firenze, pp. 401-
420.
DEWAILLY, M. 1982, Les femmes des guerriers indigènes dans les scénes de libation représentées
sur les vases à figures rouges d’Italie du Sud au IVe siècle, in MEFRA, 94, pp. 581-623.
FAVALORO, G. 1922, Agyrion. Memorie storiche e archeologiche, Palermo.
FERNÁNDEZ, J.H. 1992, Excavaciones en la necrópolis del Puig des Molins (Eivissa). Las cam-
145
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané
pañas de D. Carlos Román Ferrer: 1921-1929, I-III, in Trabajos del Museo Arqueológico de
Ibiza, 28-29, Eivissa.
FOUILLAND, F., FRASCA, M., PELAGATTI, P. 1994-1995, M. Casasia (Ragusa). Campagne di sca-
vo 1966, 1972-73 nella necropoli indigena, in NSc, pp. 323-560.
FRASCA, M., PALERMO, D. 1982, Scavi nella necropoli di Leontinoi (1977-82), in CronA, 21.
GENTILI, G. V. 1961, Calascibetta (contrada Quattrocchi). Tombe sicule a camera del tipo «Li-
codia», in NSc, pp. 201-216.
GENTILI, G. V. 1969, Piazza Armerina (Enna). Le anonime città di Montagna di Marzo e Mon-
te Navone. Testimonianze archeologiche, in NSc, II Suppl., pp. 17-22.
GRAEPLER, D., MAZZEI, M. 1996 (a cura di), Provenienza: Sconosciuta! Tombaroli, mercanti e
collezionisti: l’Italia archeologica allo sbaraglio, Bari.
HANNAH, P. & R. 1990, Athens – Sicily – Campania: Warriors and Painters, in J.-P. DESCŒU-
DRES (a cura di), Greek Colonists and Native Populations, Camberra – Oxford, pp. 267-
279.
HODDER, I. 1992, Leggere il passato, Torino.
ISMAN, F. 2009, I predatori dell’arte perduta, Milano.
LIBERTINI, G. 1952, Centuripe. Rinvenimento di una tomba arcaica, in NSc, pp. 332-334.
LYONS, C. 1996, Morgantina. The Archaic Cemeteries (Morgantina Studies, V), Princeton.
MAMMINI, S. 2010, 100 lire per un tesoro, in Archeo, XXVI, 302, aprile, pp. 40-49.
MILITELLO, E. 1961, Troina. Scavi effettuati dall’Istituto di Archeologia dell’Università di Cata-
nia negli anni 1958 e 1960, in NSc, pp. 322-404.
MOREL, J. 1966, Assoro (Enna). Scavi nella necropoli, in NSc, pp. 232-287.
MORRIS, I. 1992, Death-ritual and Social Structure in Classical Antiquity, Cambridge.
MUSSINANO, L. 1966, Montagna di Marzo. Relazione preliminare, in CronA, 5, pp. 55-66.
Nostoi 2007, Capolavori ritrovati, Roma.
ORSI, P. 1898, Le necropoli di Licodia Eubea ed i vasi geometrici del quarto periodo siculo, in
RM, XIII, pp. 305-366.
ORSI, P. 1909, Centuripe II-III. Campagne nelle necropoli al Casino, in NSc, pp. 382-383.
ORSI, P. 1913, Sepolcri siculi in Centuripe (Catania), in BPI, XXXIX, pp. 92-98.
O’SHEA, O. 1984, Mortuary Variability, New York.
PATANÉ, R.P.A. 1992, Timoleonte a Centuripe e ad Agira, in CronA, 31, pp. 67-82.
PATANÉ, R.P.A. 1997, “Il Castello della Principessa”. Un centro indigeno ellenizzato nella cam-
pagna di Gagliano Castelferrato, in CronA, 36, pp. 9-33.
PATANÉ, R.P.A. 2002, Una casa del IV secolo a.C. a Centuripe, in G. RIZZA (a cura di), Scavi e
ricerche a Centuripe (Studi e Materiali di Archeologia Mediterranea, 1), Catania, pp. 105-
114.
PATANÉ, R.P.A. 2009, Meta. de.ctau×ta dieltw.n to. Leonti×non pedi,on ... Storie di incontri tra Gre-
ci e Siculi, in Traffici, commerci e vie di distribuzione nel Mediterraneo tra protostoria e V
secolo a.C. (Gela, 27-29 maggio 2009), Palermo, pp. 67-77.
PATANÉ, R.P.A. 2010, Il moscato di Dominique Vivant Denon. Il XVIII secolo e l’antico: archeo-
logia e identità, in S. LO PINZINO - G. D’URSO (a cura di), Atti delle giornate di storia lo-
cale, Nicosia, Assoro, pp. 287-332.
PATANÉ, R.P.A. 2011, Liberazioni, rifondazioni, fazioni. Aspetti politici ed etnici nella Sicilia cen-
trale nel IV secolo a.C., in M. CONGIU, C. MICCICHÉ, S. MODEO (edd.), Timoleonte e la Si-
cilia della seconda metà del IV secolo a.C. (Caltanissetta, 22-23 maggio 2010), Caltanisset-
146 ta, pp. 21-44.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira
PATANÉ, R.P.A. 2012, Leggendo Diodoro. Contatti egei nella Sicilia centrale?, in Dai Ciclopi agli
Ecisti. Società e territorio nella Sicilia preistorica e protostorica (XLI Riunione Scientifica
dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. San Cipirello 16-19 novembre 2006), Fi-
renze, pp. 1015-1027.
PELAGATTI, P., BELL, M. 1995 (a cura di), Antichità senza provenienza. Atti della tavola roton-
da, American Academy in Rome (18 febbraio 1995), allegato a BA 89-90, gennaio-aprile.
PELAGATTI, P., GUZZO, P.G. 1997 (a cura di), Antichità senza provenienza II. Atti del colloquio
internazionale (17-18 ottobre 1997), in BA, Suppl. al n. 101-102.
PISANI, M. 2008, Camarina: le terrecotte figurate e la ceramica da una fornace di V e IV secolo
a.C., Roma.
RIZZA, G. 1971, Scavi e ricerche dell’Istituto e della Scuola di Archeologia negli anni 1958-1971,
in SicGymn, XXIV, pp. 218-238.
PONTRANDOLFO, A. 1979, Segni di trasformazioni sociali a Poseidonia tra la fine del V e gli ini-
zi del III sec. a.C., in DialA, pp. 27-50.
SCIBONA, G. 1981, Agira 1, in Arch.St.Messinese, 39, III s., XXXII, pp. 333-359.
SPATAFORA, F., VASSALLO, S. 2010 (a cura di), L’ultima città: rituali e spazi funebri nella Sicilia
nord-occidentale di età arcaica e classica. Catalogo, Palermo.
WATSON, P., TODESCHINI, C. 2006, The Medici Conspiracy. The Illicit Journey of Looted An-
tiquities, from Italy’s Tomb Raiders to the World’s Greatest Museums, New York.
147
Indice
Maria Amalia Mastelloni Materiali e sepolture: variazioni nei gruppi umani 111
e nei rituali funerari a Messana tra VI e IV sec. a.C.
423
Progetto grafico e impaginazione
Splokay di Antonio Talluto
splokay@gmail.com
Finito di stampare
per conto dell’Editore Salvatore Sciascia
nel mese di Agosto 2019