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TRISKELES

COLLANA DI STUDI ARCHEOLOGICI


REGIONE SICILIANA
Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana
Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana
Soprintendenze Beni Culturali e Ambientali
di Caltanissetta e Ragusa

SiciliAntica Lions Club Libero Consorzio


Sedi di di Gela dei Comuni
Gela e Ragusa di Caltanissetta

Nel mondo di Ade


Ideologie, spazi e rituali funerari
per l’eterno banchetto
(secoli VIII-IV a.C.)

Atti del Convegno Internazionale


Ragusa-Gela, 6-7-8 Giugno 2010

a cura di
Rosalba Panvini
Lavinia Sole

SALVATORE SCIASCIA EDITORE


Ideazione e coordinamento scientifico-organizzativo: PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
ROSALBA PANVINI; LAVINIA SOLE. ©
Comitato scientifico: Copyright 2019 by Salvatore Sciascia Editore
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ROSARIO PATANÈ; DARIO PALERMO; ADAM www.sciasciaeditore.it
RABINOWITZ; GIOVANNA GRECO; BIANCA FERRARA; sciasciaeditore@virgilio.it
JULIETTE DE LA GENIÉRE; ROSALBA PANVINI;
LAVINIA SOLE; ROSARIA DI SALVO; ROSSANA DE
ISBN 978-88-8241-409-2
SIMONE.

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ANTONIO CATALANO; IRENE D’ATRI; ROSANNA FISCI;
CARMELO MOSCA.

Redazione scientifica: Ristampa aggiornata


ROSALBA PANVINI; LAVINIA SOLE.
Progetto grafico e impaginazione:
Con la collaborazione di: Splokay studio di grafica editoriale
ENI Raffineria di Antonio Talluto
di Gela

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Dipartimento di Studi Umanistici Finito di stampare


Corso di Laurea in Beni Culturali Agosto 2019

Il convegno è stato realizzato con il contributo di:


Caltacqua
Acque di Caltanissetta S.p.A.

Pasticceria, Gelateria, Gastronomia, Catering


di Catania Giuseppe
Corso S. Aldisio, 296 – Gela

Hotel Sole di Gela

Gli Atti del Convegno sono stati stampati grazie al


contributo di:
ASCOT INDUSTRIAL S.R.L., GELA,
di Luigi Greca

Si ringrazia:
Antonio Michele Speciale già Dirigente Scolastico
dell’Istituto “Luigi Pirandello”,
I Circolo Didattico di Gela.

In copertina:
PINAX IN TERRACOTTA CON IL RATTO DI PERSEFONE;
da Locri (460 a.C.; Museo Archeologico Nazionale
Reggio Calabria).

4
Primi risultati dalle indagini nella necropoli
alle pendici nord di Agira
di Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

Timoleon, according to authorities, issued an appeal for settlers from various parts of the
Greek world, in the name of defending hellenism. Let’s take a look at these newcomers, Diodorus
stated they were ten thousand; they were not exactly greeks. Ethnic identity was not that signifi-
cant as a motivational force. Some tombs, from the period immediately following the refoundation
in 339/338 B.C., shows an unusual typology; burials of punic type suggest the existence of a group
of population conscious of it’s identity whose dead were disposed of in that way.

La bibliografia locale agli inizi del XX secolo parla di necropoli, ovviamente indivi-
duate in scavi incontrollati: si parla di vasi “italo-greci ed etruschi, con eleganti dipintu-
re”; nel linguaggio dell’epoca, com’è noto, “vasi etruschi” indica la ceramica figurata gre-
ca1. Da queste scarne notizie si poteva dedurre che la zona che gravita su via Palazzo, il
ripido pendio tra il Castello e la SS 121, era sede di una necropoli di età greca, già am-
piamente depredata dalla lunga azione dei tombaroli. Eppure, la paziente insistenza e il
convergere di forze diverse stanno cominciando a produrre risultati.
Negli anni 1974 e 1979 la Soprintendenza Archeologica di Agrigento - all’epoca com-
petente per territorio - ebbe modo di esplorare, nell’area dello svincolo Nord della cir-
convallazione, un tratto di necropoli (Fig.1.1). Su una ventina di tombe esplorate, la mag-
gior parte erano deposizioni in fosse tagliate nel banco sabbioso, datate tra IV e III seco-
lo a.C. Qualche oggetto frammentario sporadico, non in strato, rimanda a produzione di
tipo siculo-geometrico e quindi lascia ipotizzare un utilizzo della necropoli già in epoca
ben precedente2.
Nel 2008, in collaborazione con Comune di Agira e Soprintendenza BB.CC.AA. di
Enna, si sono seguiti i lavori di consolidamento delle pendici a Sud di via Palazzo, con la
costante presenza di un archeologo: il dott. Mario Cottonaro. È stato possibile control-
lare che l’area di necropoli si allarga anche a questa parte a monte della strada. Sono sta-
ti individuati resti di tombe a fossa con controfossa scavate nel banco roccioso; specie
nella fascia più a monte sono stati individuati ingrottati che per la loro forma fanno pen-

Innanzi tutto vogliamo ringraziare gli organizzatori, Rosalba Panvini e Lavinia Sole, per l’invito a parteci-
pare al convegno; Beatrice Basile, Soprintendente per i BB.CC.AA. di Enna; Carmela Bonanno, responsabile del
Servizio per i Beni Archeologici della stessa Soprintendenza. La planimetria in fig. 1 e il rilievo in fig. 5 sono
stati realizzati grazie alla collaborazione di Enzo Castiglione.
1 Si indica tra l’altro S. Nicola e la strada per Regalbuto, si fa riferimento a un mulino oggi non più esisten-
te, che si trovava proprio nella zona in questione. FAVALORO 1922, pp. 60-61.
2 SCIBONA 1981. 131
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

Fig. 1. Planimetria generale della necropoli alle pendici N. 1 scavo 1979, 2 scavo 2009.

sare a tombe a camera sicule di età greca, successivamente riutilizzate in diverse epoche.
Con la campagna di scavi Agyrion 2009, nei mesi di luglio-agosto, è stata sistematica-
mente indagata la fascia immediatamente a monte di via Palazzo (Fig. 1.2). Per la conti-
nuità scientifica, è stato naturale continuare ad avvalersi della collaborazione del dott.
Mario Cottonaro3. Con la Soprintendenza, che istituzionalmente si occupa di archeolo-
gia, abbiamo avuto l’impegno dell’associazione SiciliAntica e il sostegno economico da-
to dal Comune; la collaborazione dei Carabinieri è andata ben al di là dei normali “do-
veri d’ufficio”. Può essere ridondante dire della capacità organizzativa di SiciliAntica, dei
volontari che con zelo e buona volontà si rimboccano le maniche. Credo sia il caso di sot-
tolineare, al di là dei pur consistenti aspetti economici, l’intervento diretto dei volontari:
rappresentanti della cosiddetta società civile si sporcano le mani (e mettono mano al por-
tafoglio) per contribuire a tutelare e valorizzare un patrimonio che sentono come pro-
prio. C’è una bella differenza da situazioni in cui gli organi di tutela si sono trovati a gio-
care la loro partita nella totale indifferenza, se non in un ambiente che esprime ammira-
zione per la genialità del tombarolo.
I problemi logistici sono stati notevoli: il costone ha una pendenza molto ripida e
quindi sopra alle stratificazioni archeologiche giace uno spessore notevole di terra di ri-
porto. La superficie esplorata è limitata, ma i risultati si cominciano a vedere: sia come
corredi recuperati, sia come raccolta di dati; quando sarà possibile allargare la superficie
esplorata, sarà anche il caso di sistemare un percorso di visita. Lo scavo accurato delle

132 3 COTTONARO 2012.


Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

tombe già violate ha consentito di raccogliere elementi per datare; ma ha anche consen-
tito di delimitare, di documentare archeologicamente, l’azione dei tombaroli. Gli ogget-
ti trafugati dai tombaroli, a volte ritornano (e forse vale tanto più per le cose di pregio)4.
I dati di scavo persi, sono persi per sempre. L’intenzione forse principale dell’azione che
si è anche concretizzata nella mostra Nostoi era proprio costituire un deterrente per lo
scavo clandestino, rendendo poco appetibile da parte dei grandi musei internazionali
l’acquisto di oggetti archeologici trafugati5. Il problema è appunto quello del metodo di
scavo: la differenza tra archeologo e tombarolo non comincia quando ci si indirizza ver-
so un museo pubblico o verso la casa d’aste. Quando l’oggetto della scoperta prende la
via del commercio clandestino, una pagina di storia è già stata bruciata prima di essere
letta: la differenza comincia già nel primo approccio allo scavo6.
Un esempio veloce: rivolgendosi ad addetti, certe cose non hanno bisogno di essere
dimostrate. Durante lo scavo è stato causa di grande emozione veder emergere dal cor-
redo di una tomba di bambino un guttus, un poppatoio. L’importanza non sta certo nel-
l’oggetto in sé; l’incremento dato al patrimonio è veramente prossimo allo zero; si tratta
di un oggetto molto diffuso. Il fatto importante è che lo scavo corretto della tomba intat-
ta ha fornito una serie di dati che consente di ricostruire tutta la scena della sepoltura,
con gli atti di pietà relativi alla deposizione. La lettura dei riti funebri è una buona fonte
per un’indagine sulle credenze, sui modi di vivere (mi si scusi il bisticcio). Il blocco di da-
ti relativi a tipologie funerarie, riti funebri, corredi può consentire una lettura delle tra-
sformazioni storiche in atto7.
Anche se lo studio è ancora in corso, possiamo cominciare a dare delle risposte. Il
lembo di necropoli scavato appartiene a un momento particolare della storia di Agira.
Siamo nel momento immediatamente successivo alla rifondazione di Timoleonte. Nel
339/338 a.C. Timoleonte, conquistata Agira, trasferisce in massa la popolazione e fa ri-
nascere la città con nuovi abitanti. Un’azione particolarmente violenta, ma ricorrente nel-
le tirannidi della Sicilia greca. In una vecchia pubblicazione, individuavo tracce archeo-
logiche dell’evento traumatico; individuavo monumenti citati da Diodoro: il teatro, che
sembra aver lasciato traccia nell’urbanistica successiva; le mura, i cui resti furono disegna-
ti alla fine del ’7008. Recentemente ho avuto modo di discutere della presenza o meno di
motivazioni etniche nelle trasformazioni politiche, storiche, avvenute in Sicilia nel IV se-
colo a.C.9. Ora cominciamo a vedere in faccia i nuovi venuti, diecimila dice Diodoro; non
erano esattamente greci.
Quando sarà completato lo studio dei corredi e dei resti scheletrici, sarà possibile
trarre delle conclusioni; ma alcuni elementi cominciano già a delinearsi10. Il numero li-

4 Nell’Ennese stiamo vedendo il nostos di diverse cose da Morgantina. BASILE 2010; MAMMINI 2010.
5 Nostoi 2007.
6 PELAGATTI - BELL 1995; GRAEPLER - MAZZEI 1996; PELAGATTI - GUZZO 1997; BRODIE - DOOLE - REN-
FREW 2001; ATWOOD 2004; WATSON - TODESCHINI 2006; ISMAN 2009.
7 BEZZERRA DE MENESES 1983; D’AGOSTINO 1985; BIETTI SESTIERI 1986; D’AGOSTINO 1990; HODDER
1992; MORRIS 1992; CUOZZO 1996; BARTOLONI 2003, pp. 13-19.
8 PATANÉ 1992.
9 PATANÉ 2011.
10 Dal punto di vista metodologico cfr. ad esempio, per lo stesso periodo e per ambienti paragonabili:
PONTRANDOLFO 1979; DEWAILLY 1982; HANNAH 1990. 133
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

mitato di tombe non consente ovviamente un’analisi statistica; ma il metodo archeologi-


co prevede anche i colpi di fortuna. Una tipologia funeraria “insolita” sembra proprio ri-
farsi a modelli punici. Due tombe allineate; sepolture multiple, riutilizzate: il gruppo do-
veva avere coscienza della propria identità e doveva comprendere non solo i morti, ma
anche chi li seppellì secondo il loro rito11.
Oppure il caso della Tomba 5, una sepoltura singola con un numeroso corredo. Un
paio di dati comincia già a saltare agli occhi. Lo scheletro appartiene ad una donna piut-
tosto robusta. Il corredo fa pensare ad una cronologia nella generazione dei coloni e con-
tiene elementi chiaramente siculi12. Pur nell’attesa che si definiscano i diversi aspetti del-
lo studio completo, pare già di vederla questa “donna del colono”, proveniente da una
comunità sicula ellenizzata, che accompagna il suo uomo nella trasferta. Alla fine di una
giornata di marcia, col suo bravo fardello, prepara la cena. Lui intanto, uno stratiôtés, un
soldato di mestiere sulle cui origini non abbiamo dati, si dedicava alla manutenzione del-
le armi. Ad Agira, sapevano, Timoleonte gli avrebbe assegnato un lotto di terra: uno dei
diecimila.
Non è il caso di dilungarci, ma accenniamo brevemente al fatto che ragionando sul-
la topografia delle necropoli (pur ampiamente depredate) si comincia a leggere in nega-
tivo la città. Possono essere definitivamente superate certe credenze, che in realtà appar-
tengono al momento della feconda ricerca del Settecento: il momento di Pietro Mineo,
di Ignazio Paternò Castello principe di Biscari, delle spedizioni scientifiche francesi; da
allora venivano acriticamente ripetute. Ne ho già dato notizia in un paio di convegni, i
cui atti non sono ancora apparsi. Il lago di Eracle e il relativo santuario extraurbano van-
no cercati altrove, probabilmente più a Ovest. La Porta Eraclea di cui parla Diodoro può
trovare collocazione lungo la cinta muraria dell’epoca13.

R. PATANÉ

11 Tombe puniche sono presenti, anche se talvolta passano inosservate, nella Sicilia orientale. Ringrazio
per le stimolanti chiacchierate il dott. Andrea Patané della Soprintendenza di Catania (l’omonimia ci persegui-
ta da diversi decenni).
12 PATANÉ 2002.
134 13 PATANÉ 2009; PATANÉ 2010; PATANÉ 2012.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

Le indagini archeologiche hanno interessato le pendici N del costone roccioso su cui


si adagia l’attuale paese moderno di Agira (EN)14, erede dell’antico centro indigeno Agy-
rion. La campagna di scavo è stata per questo motivo denominata Agyrion 200915, e, av-
valendosi del supporto scientifico del dott. R. Patané della Soprintendenza BB.CC.AA. di
Enna, è stata realizzata grazie all’infaticabile lavoro dei volontari dell’associazione Sici-
liAntica, sfruttando i dati che erano stati documentati durante le operazioni di una inda-
gine preliminare compiute in quest’area16.
Durante le indagini archeologiche sono state messe in luce sette sepolture17 con cin-
que tipologie differenti, riconducibili, però, allo stesso orizzonte cronologico da colloca-
re tra la fine del IV e il III secolo a.C.18. Differenziato, purtroppo, è risultato lo stato di
conservazione: dalle tre tombe violate, per le quali è stato comunque possibile trarre ele-
menti utili, alle quattro integre che hanno consentito, oltre al recupero dei corredi, so-
prattutto quello dei preziosi dati relativi a riti funerari, ai contesti associativi, e ad elemen-
ti di ordine culturale ed etnico.
Il numero sicuramente limitato di sepolture rinvenute, nonostante il brevissimo arco di
tempo in cui è stato realizzato lo scavo archeologico, non consente, certamente, di poter
trarre conclusioni precise e generalizzate - cosa che sarebbe metodologicamente errata - in
questo momento, ma concede, comunque, di poter ragionare in maniera preliminare.
Veniamo ai risultati delle indagini19. Le ricerche archeologiche hanno seguito un
orientamento E-O, prendendo inizio dal punto in cui era stata messa in luce nelle inda-
gini 2007-2008 una tomba (T. A) già violata, coperta da rovi e terra di riporto, e solo par-
zialmente conservata20, orientata N-S e caratterizzata da una profonda controfossa che
precedeva la fossa vera e propria, dalla quale risultava separata attraverso una risega, non
troppo larga, che doveva essere, presumibilmente, presente su tutti e quattro i lati.

14 Gli scavi hanno avuto come oggetto la particella n. 269, nella parte immediatamente a S dell’arteria che
collega la circonvallazione con la parte alta del paese (zone del castello), strada che, realizzata negli anni ’60 del
secolo scorso e denominata via Palazzo, ha tagliato in due parti la necropoli, modificando il paesaggio e deter-
minando la perdita di una grande mole di dati. Per un rapporto preliminare di questo scavo cfr. COTTONARO
2012.
15 La Soprintendenza di Enna e SiciliAntica hanno curato anche la campagna Agyrion 2008 nell’area del
castello (acropoli), coordinate dallo scrivente e dalla dott.ssa I. G. Contino tra i mesi di Luglio e Settembre
2008.
16 Queste indagini, compiute tra Dicembre 2007 e Giugno 2008, sono state condotte da chi scrive per
conto della Soprintendenza di Enna, in merito ai lavori di consolidamento e messa in sicurezza delle pendici
(Lavori di “consolidamento e messa in sicurezza di un versante situato a nord del centro abitato” nel comune di
Agira (En) - codice progetti 263-306 - diretti dall’ing. G. Gabriele).
17 Nel rapporto preliminare si fa riferimento a sei tombe, dal momento che la T. 7 è stata individuata al
momento della copertura dello scavo. È stata individuata un ulteriore sepoltura attraverso un passaggio prati-
cato nella parete meridionale della T. 3 da scavi clandestini. Per ragioni di sicurezza non è stato possibile inda-
garla: essa, orientata E-O, presenta una copertura a lastroni.
18 Sul problema della datazione delle tombe a camera ipogeica T.3 e T.4, cfr. infra.
19 Le operazioni di scavo sono state precedute dalla realizzazione, a O di una cava di pietra che occupa la
parte mediana di via Palazzo, di una trincea lunga m 21,5, praticata con l’ausilio del mezzo meccanico e neces-
saria per facilitare le indagini archeologiche, dal momento che era stata già documentata la consistente presen-
za di terra di riporto che in alcuni punti raggiungeva quasi i tre metri. Importante è risultato, inoltre, l’apporto
fornito dai dati dalle indagini geo-gnostiche compiute preliminarmente alla trincea da G. Moschella.
20 Lato breve S, quasi tutto il lato lungo O e un lacerto del lato lungo opposto. 135
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

Pochi metri a O di quello che restava della T. A, è stata rinvenuta una seconda sepol-
tura, anch’essa violata. Essa, denominata T. 1, ha costituito il vero punto di partenza del-
la campagna di scavi. La tomba, con orientamento E-O, presenta la stessa tipologia del-
la T. A con una profonda controfossa (m 1,36 in media) che precede la fossa sepolcrale
(Fig. 2). Sulla non larga risega che corre sui quattro lati, si conservava ancora parte della
copertura della fossa, costituita da tegole con sottile listello disposte orizzontalmente, an-
che se il maggior numero di tali reperti è stato recuperato all’interno della tomba, fram-
misti all’humus, a parecchi reperti ossei, frammenti ceramici di varie epoche, monete gre-
che e medievali e rottami metallici, segni evidenti della distruzione operata dall’interven-
to illegale degli scavatori di frodo e del successivo rimescolamento.
Un ulteriore elemento interessante che aiuta a ricostruire l’aspetto originario della se-
poltura è stato l’individuazione, lungo le pareti della controfossa, di uno strato di sabbia
che doveva costituirne il riempimento, con accumuli più consistenti in prossimità degli
angoli al di sopra delle tegole; tale strato non è stato rintracciato nelle pareti della fossa.
Il recupero di abbondanti reperti osteologici umani, nonché di due calotte craniche e di
due (o tre) mandibole fanno presumere che più individui dovevano essere inumati in
questa sepoltura, ma la mancanza dei dati precisi, desumibili da uno scavo non viziato
dall’azione dei clandestini, non consente di poterlo affermare.
La seconda sepoltura indagata (T. 2) si trovava appena a NO della precedente. Orien-
tata NNE-SSO, la tomba colpisce per le sue dimensioni monumentali (m 2,23 x 1,28).
La tipologia rimane sempre quella della fossa preceduta da una profonda controfossa (m
1,38), ma costituisce una variante rispetto al tipo delle due sepolture illustrate, dal mo-
mento che la risega è presente solo sui lati lunghi e che la copertura della fossa era realiz-
zata con quattro grandi lastroni, di spessore considerevole21 (Fig. 4). La controfossa,
adattandosi al digradare della roccia, assume la forma di uno spiovente nel perimetro su-
perficiale, con la parte più alta sul lato S22; la fossa dal canto proprio risultava molto pro-
fonda (m 1,32) e presentava una nicchia arcuata sul lato breve O. Nonostante la podero-
sità di questi ultimi, la sepoltura si presentava violata23.
A circa m 2,50 ad SO della T.2 è stata individuata la T.3. Essa presenta un’ulteriore
tipologia: si tratta di una tomba a camera ipogeica, orientata E-O e provvista di due ban-
chine-klinai sui lati lunghi N e S, con accesso al pozzo verticale di forma rettangolare.
Nonostante l’azione dei clandestini, è stata recuperata un’hydria integra acroma, databi-
le verso la fine del IV secolo a.C., collocata entro una nicchia praticata sul lato breve E
della tomba, poco al di sopra della banchina N, sfuggita alla razzia24.

21 Essi, orientati in senso N-S e ammorsati con una sorta di malta terrosa, misuravano in media m 1,16 x
51 x 0,32.
22 Anche in quella che potremmo definire “antifossa” di questa sepoltura, piuttosto che controfossa, si è
riscontrata la presenza di uno strato sabbioso, presumibilmente del tutto sterile, addossato alle pareti e sopra i
lastroni.
23 Si è riuscito anche a leggere, in negativo, l’azione dei clandestini che hanno operato due tentativi, pri-
ma di poter penetrare nella camera, all’interno della quale la situazione si presentava, al momento dello scavo
regolare, alquanto sconvolta.
24 La nicchia, con una certa probabilità, risultava essere in comunicazione con il piano roccioso superio-
re, visto che la cavità si protendeva in altezza, anche se non è stato possibile intercettarne l’eventuale apertura,
136
praticata sulla superficie rocciosa, dal momento che, molto vicino al lato E del pozzo, gravavano diversi metri
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

Fig. 2. Area delle tombe 1, 2, 3.

Fig. 3. Tomba 1. Fig. 4. Copertura in lastroni della Tomba 2


(con particolare dell’intervento clandestino). 137
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

Fig. 5. Restituzione grafica della Tomba 3.

Le considerazioni più interessanti sono, però, quelle offerte dall’analisi della tipolo-
gia: essa, come detto, è una tomba a camera ipogeica con le due banchine funerarie se-
parate da una fossa rettangolare, o canale; l’accesso alla camera era determinato attraver-
so un pozzo rettangolare che taglia verticalmente la roccia, garantendo, così, un ingresso
dall’alto; taglio che fa posto, successivamente, a due ali oblique, che partendo dai lati lun-
ghi del pozzo si dilungano esternamente al di sopra delle banchine (Fig. 5).
Elemento alquanto insolito, quello del pozzetto verticale, specialmente nell’entroter-
ra ereo-ennese25, per una tipologia sepolcrale che rimanda alla grande capacità acquisita
nel tempo nel mondo indigeno-siculo, cioè l’abilità di cavare la roccia per realizzare quel-
le che possono essere considerate “dimore per l’oltretomba”, nonché ad un ambito cro-
nologico più antico. Non mancano di certo confronti di tombe ipogeiche con accesso a

cubi di terra. La bocca dell’hydria recuperata risultava chiusa da una coppettina, frammentaria, rotta già in an-
tico. A questo ritrovamento entro la nicchia, vanno aggiunti la presenza di un’anfora greco-italica, rinvenuta sul
fondo del canale in condizioni frammentarie.
25 Nelle necropoli della Sicilia interna, tra i contesti editi, l’accesso alle camere funerarie ipogeiche è rea-
lizzato attraverso un’apertura praticata frontalmente sulla facciata delle pareti rocciose, con o senza dromos. Cfr.
per Assoro: MOREL 1966; per Calascibetta: ALBANESE PROCELLI 1989 (Valle Coniglio), GENTILI 1961 (contra-
da Quattrocchi); per Centuripe: LIBERTINI 1952, ORSI 1909, ID. 1913, RIZZA 1971; per Cozzo Matrice: CILIA
1980-81; per Gagliano: PATANÉ 1997; per Montagna di Marzo: MUSSINANO 1966, GENTILI 1969; per Monte
138
Navone: Ibidem; per Morgantina: LYONS 1996; per Troina: MILITELLO 1961.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

Fig. 6. Tomba 4. Fig. 7. Tomba 4.

Fig. 8. Tomba 5.

Fig. 9. Tomba 5. 139


Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

pozzetto, come dimostrano quelli puntualissimi dalle necropoli delle contrade Orto del-
la Signora e Perriera a Licodia Eubea, di cui l’editore, però, segnalava la “diversità”26.
Senza dimenticare che l’intervento clandestino limita il nostro approccio al contesto del-
la T. 327, è necessario evidenziare che la “relativa” distanza geografica dall’area iblea, cui
Licodia appartiene, e l’assenza dei pozzetti nelle necropoli edite dell’area ennese ci pon-
gono degli interrogativi, cui si proverà a rispondere più avanti, dopo aver preso in consi-
derazione i dati della T. 4.
È proprio la T. 4 (Figg. 6-7), infatti, a offrirci ulteriori spunti di analisi. Essa, infatti, ci
consente di poter meglio interpretare anche la violata T. 3, mostrando la medesima tipo-
logia (camera ipogeica con pozzo d’accesso dall’alto) e condividendone, quasi perfetta-
mente, l’orientamento. Posta immediatamente a O della T. 3, la tomba si presentava dan-
neggiata sul lato settentrionale28. I reperti osteologici sono stati recuperati esclusivamen-
te sulla banchina N, e testimoniano una deposizione multipla, nonché una riutilizzazio-
ne della stessa. All’interno della camera si sono recuperati ventiquattro reperti pertinen-
ti ai corredi29. Fatto insolito è apparso l’individuazione di uno strato compatto di pietre
e terra che riempiva l’intera camera a partire dal pozzetto.
La T. 5 (Figg. 8-9), individuata circa 9 metri ad O della T. 4, orientata NE-SO e non
violata, presenta una tipologia per cui non si trovano confronti: in una fossa dai contor-
ni irregolari, con pareti e fondo concavi, si apriva sul lato lungo sud una nicchia entro cui
era stato posto l’inumato. La cavità risultava protetta da un sistema di tegole e pietre piat-
te, disposte in modo leggermente obliquo, fermate sul fondo da un insieme di pietrame
misto a malta terrosa. La fossa era, invece, riempita da due strati completamente sterili,
ancora una volta di natura sabbiosa. Entro la cavità, l’inumato, che le ossa del bacino sug-
geriscono essere stato di sesso femminile, aveva il cranio girato a destra con una myke
poggiata sull’addome e un’anfora sul petto che avevano determinato l’effetto parete sul-
le ossa del tronco30. L’anfora, databile per morfologia alla seconda metà del IV secolo
a.C., presenta, una trama decorativa per nulla diversa della tradizione stilistica indigena
dello stile di Licodia Eubea31 (Fig. 10).

26 ORSI 1898, pp. 306-338. In particolare cfr. p. 308; p. 309, figg. 2-2 bis; p. 312, figg. 10-11; p. 313, figg.
12 e 14; p. 320, fig. 27; pp. 325-326. La presenza di pozzetti per l’accesso alle tombe è segnalata anche nella ne-
cropoli di Monte Casasia, ma si tratta di pozzetti completamente diversi, come caratteri formali diversi presen-
tano le tombe (piante irregolari, o tondeggianti, tetto piano o convesso, assenza quasi totale di banchine fune-
bri): cfr. Monte Casasia, pp. 482-485.
27 A tal proposito bisogna sottolineare come anche gran parte dei contesti licodiesi si fossero presentati al-
l’Orsi già depredati dagli scavatori di frodo, anche se l’archeologo, in molti casi, riuscì a recuperare i segni di
una frequentazione che risaliva all’età arcaica.
28 Essendo stata privata di questa parte, probabilmente a seguito dei lavori per la costruzione del muro
dell’attuale via Palazzo negli anni ’60. Nonostante ciò, la sepoltura si è presentata non violata al momento del-
lo scavo.
29 Costituivano il corredo ceramiche acrome e a vernice nera (anfore, boccaletti, brocche, coppette), mo-
nili in pasta vitrea e bronzo e una moneta bronzea siculo-punica. I reperti erano deposti per lo più entro la fos-
sa (nella metà occidentale), alcuni, invece, sulla banchina S. Una deposizione formata da tre vasi bruciati è sta-
ta rinvenuta nell’angolo SO del pozzetto.
30 Completavano il corredo una coppettina e due oinochoai deposte ai lati della testa.
31 Le anfore di tradizione indigena decorate con lo stile di Licodia presentano una morfologia comple-
140
tamente differente rispetto al reperto della T. 5: labbro espanso e, a volte, piatto; breve collo; corpo ovoidale
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

Fig. 10. Corredo Tomba 5.

Nella parte più occidentale della trincea è stata recuperata, invece, una tomba di
bambino (T. 6): orientata S-N essa è un sarcofago costituito da due coppi di terracotta
tra i quali era stato inumato un infante, con cranio a S schiacciato in tre parti, inferiore
ad un anno, viste le caratteristiche fisiche e le dimensioni dei reperti osteologici, scarsa-
mente conservati. Il sarcofago era posizionato entro una fossetta praticata nel banco roc-
cioso, priva del lato settentrionale e con quello meridionale di forma arcuata. Due scaglie
di terracotta fungevano da testata del lato meridionale del sarcofago e da separatore dal
lato meridionale della fossetta, in cui erano deposto il corredo32.
Relativamente all’ultima sepoltura (T. 7)33, in questa sede mi limiterò ad accennare
solo alla tipologia, dal momento che la cronologia porta ad un orizzonte che esula dal te-
ma oggetto del convegno: la presenza di due unguentari piriformi colloca, infatti, la tom-

allungato, anse a cordone impostate nel punto di massima espansione. I motivi decorativi con bande, linee on-
dulate e linguette è invece tipico delle trame decorative indigene. Simili repertori decorativi di tradizione
“sub-geometrica” si riscontrano anche nella ceramica di produzione siceliota in età tardo-classica: cfr., ad
esempio, una lekane dalla fornace Provide di Camarina (PISANI 2008, p.106, tavv. XVIII, a; XXVII, a) e due
crateri dalla necropoli di Lipari (Meligunìs Lipára II, p. 89, tav. LV, 1 e 7, tt. 264-265). Un puntuale confron-
to morfologico, decorativo, e cronologico per il reperto della T. 5 è offerto da un’anforetta da una casa di Cen-
turipe, distrutta da un incendio intorno alla fine del IV secolo a.C. (cfr. PATANÉ 2002, p. 113, figg. 11-12).
32 Esso era formato da una anforetta acroma, un guttus parzialmente verniciato e una brocchetta, colloca-
bili tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C.
33 Nella parte superiore della fossa è stata rinvenuta una brocca distesa orizzontalmente, con la bocca chiu-
sa da pietrame di piccole dimensioni in parte scivolato, entro cui si sono rinvenute ossa incinerate. Tale depo-
141
sizione è stata definita T. 7 bis.
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

ba al primo quarto del III secolo a.C.34. Si tratta di una fossa rettangolare profonda m 2,
orientata SSO-NNE, priva di copertura.
Come precedentemente sottolineato, cercare di trarre osservazioni specifiche dai da-
ti desunti dallo scavo sarebbe metodologicamente errato, trattandosi solo di un campio-
ne di una necropoli ben più vasta. È possibile, però, esprimere delle valutazioni attraver-
so l’analisi di tipologie tombali e riti.
Alla luce di quanto documentato, la T. 4 è quella che ci propone le riflessioni più in-
teressanti, anche perché è quella che ci ha restituito il maggior numero di dati. Associan-
dola necessariamente alla gemella e violata T. 3, non possiamo non collocare questa tom-
ba come esempio di architettura funeraria indigena, nonostante l’anomalia dell’accesso
mediante pozzetto verticale. Ma la sepoltura non ha restituito nulla che non si possa ri-
ferire alla fine del IV secolo, o comunque alla seconda metà, a differenza delle tombe di
Licodia Eubea, che costituiscono il nostro confronto, il cui uso iniziale risalirebbe all’ar-
caismo. Se la presenza di materiale più antico non può essere esclusa - ma neanche pro-
vata - per la violata T. 3, può, invece, esserlo completamente per la T.4. Questo fattore
stride fortemente con quanto conosciamo del mondo funerario indigeno, laddove nelle
sepolture multiple, a carattere familiare, si faceva spazio ai nuovi defunti, senza toglierne
a quelli precedenti35. Eppure i dati osteologici, desumibili dalla situazione documentata,
della banchina N ci indicano, se non un riuso che si protende nel tempo, almeno la de-
posizione multipla di almeno quattro individui.
È, però, la situazione di riempimento della camera con uno strato molto compatto di
pietre e terra ad offrirci altri spunti problematici. Né nel mondo indigeno, né tantomeno
in quello greco si conoscono casi di riempimento di camerette ipogeiche. Che quello del-
la T. 4 sia un riempimento intenzionale e non frutto di elementi esterni, come i lavori che
hanno privato la sepoltura di parte del lato N, lo documenta la sequenza stratigrafica, a
partire dalla deposizione dei tre vasetti bruciati nell’angolo SW del pozzetto, che si appog-
gia allo strato di terra e pietre.
Per ragioni di carattere geografico, ma soprattutto di ordine storico36, senza dimen-
ticare, il precipuo carattere dell’architettura funeraria, sorprende il constatare che la mo-
dalità di riempire il pozzetto verticale d’accesso alle camerette ipogeiche trovi singolari
confronti nel mondo punico37: se nelle necropoli di Lilybaeum, tale pratica rituale non
risulta attestata - ma non viene esclusa38 - essa è presente a Cartagine (dove i pozzetti so-

34 Completano il corredo un bombylios nello stile di Gnathia, una coppettina acroma, una patera a v.n.,
un lopas con coperchio e una lucerna. Ad una quota superiore al cranio e immediatamente sotto la T. 2 bis si è
rinvenuta un myke frammentaria con la bocca chiusa da una brocchetta; cfr. SCIBONA 1981, pp. 347-349, fig. 9
(ustrinum databile nel corso del III secolo a.C.).
35 Il dislocamento parziale delle ossa è un aspetto antropologico che rientra in una delle finalità più im-
portanti relative alle pratiche funerarie: favorire il passaggio dei defunti dal mondo dei vivi a quello dei morti,
preservando i superstiti dai rischi del periodo liminare (BIETTI SESTIERI 1992, pp. 43-44). Non mancano esem-
pi di tombe indigene frequentate sino all’età ellenistica: a Montagna di Marzo, ad esempio, sono documentate
tombe a camera frequentate dal VI al III secolo a.C. (cfr. MUSSINANO 1966, p. 65).
36 Diodoro parla di un contingente di 10.000 coloni greci nella nuova Agira timoleontea: cfr. DIOD. XVI,
82, 4-5.
37 Desidero ringraziare, a questo proposito, la dott.ssa A. Pace per il proficuo scambio di idee.
142 38 BECHTOLD 1999, p. 23.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

no riempiti di sabbia)39 e, soprattutto, a Ibiza (con pozzetti riempiti da pietre e terra)40.


Consociando la particolare architettura con accesso verticale dall’alto, con il riempimen-
to della camera ipogeica, senza dimenticare il rinvenimento di un bronzetto della zecca
siculo-punica, databile nella seconda metà del IV secolo a.C., e due perline di pasta vi-
trea puniche, quelli che sembrano elementi stridenti, forniscono dati interpretativi im-
portanti per una seria e, non solo, suggestiva ipotesi di lavoro.
A elementi punici potrebbero rimandare anche le tipologie delle TT. A, 1 e 2. Non
mancano sicuramente, nel mondo greco e indigeno, tombe a fossa precedute da contro-
fossa, ma la profondità di quest’ultima nelle sepolture di Agira fa pensare ad una antifos-
sa, o meglio, ad un pozzo che precede la fossa vera e propria, secondo modalità e carat-
teristiche che ricordano il tipo III della necropoli di Lilibeo, distinto da B. Bechtold41. In
questo senso, potrebbe non essere contraddittorio l’abbondante recupero di ossa uma-
ne nelle tombe agirine in questione, viziato dallo sconvolgimento operato dallo scavo
clandestino, dal momento che a Marsala questa tipologia di tombe ospitava più inuma-
ti42. Naturalmente, solo la continuazione dello scavo e un attento censimento e studio
delle necropoli siceliote, potrà fornire ulteriori dati per confermare o smentire queste
ipotesi di lavoro. Quello che appare certo, però, è che il quadro etnico dell’Agira post-ti-
molontea sembra arricchirsi di nuovi elementi: al di là di un’eventuale presenza cartagi-
nese, da confermare, gli elementi siculi sono tutt’altro che estinti, come mostrerebbero la
tipologie delle TT. 3 e 4 e, soprattutto, la T. 5.
Quest’ultima, a parte la singolare forma che non trova confronti puntuali43, ha resti-
tuito, come detto, degli interessanti dati materiali che testimoniano, da un lato, una per-
sistenza dei motivi decorativi di tradizione geometrica, caratteristici della facies di Lico-
dia Eubea, associati a vasi di IV secolo, nonché la predilezione per alcune forme cerami-
che tipiche della tradizione indigena arcaica e classica, come l’oinochoe trilobata, che do-
veva essere connessa, certamente, alle pratiche del rituale funerario. Elementi, questi, che
denunciano sì un “attardamento culturale”, ma anche la sopravvivenza di un ethnos, quel-
lo siculo, che sembrava ormai scomparso o, comunque, indistinguibile, dopo il periodo
connesso alle imprese di Ducezio44.
La deposizione di infante entro sarcofago formato da coppi di terracotta appare, in-
vece, una caratteristica dei centri interni della valle del Chrysas (attuale Dittaino): nono-

39 BENICHOU-SAFAR 1982, p. 281.


40 FERNÁNDEZ 1992, p. 262.
41 BECHTOLD 1999, p. 30; p. 32; in particolare, cfr. T. 109 (p. 29, fig. 14) e T. 95 (p. 29, fig. 16). Per Lili-
beo si fa riferimento a tombe con copertura litica, poggiante su risega presente sui soli lati lunghi (come nella
T. 2 di Agira), nonché alla presenza di tacche sulle pareti per facilitare la discesa nel pozzo. La studiosa, riferi-
sce della sporadica attestazione di questo tipo di sepoltura anche in ambiente siceliota, a Leontinoi e Agrigen-
to, ma senza dare riferimento bibliografico specifico. Per Leontinoi si riscontra un solo caso (T. 50) in cui la co-
pertura della fossa risulta ad una quota più bassa (m 0,60), raggiungendo una profondità complessiva di m 1,82
(cfr. FRASCA - PALERMO 1982, p. 45, fig. 4; p. 51). Per Agrigento manca nella bibliografia di riferimento forni-
ta dalla studiosa lo scioglimento della sigla da lei scelta per riferirsi alla necropoli akragantina.
42 BECHTOLD 1999, p. 30.
43 Generici confronti posso trarsi dalle TT. 8, 9, 10 di Assoro, databili al III secolo a.C., che documenta-
no la presenza di nicchie che coprono solo in parte l’inumato. Cfr. MOREL 1966, pp. 240-241; fig. 13.
44 ALBANESE PROCELLI 2003, pp. 242-243. 143
Mario Cottonaro, Rosario P.A. Patané

stante non manchino recenti - se pur numericamente esigui - rinvenimenti anche in ne-
cropoli coloniali45, essa risulta infatti attestata, oltre che nella stessa Agira in un contesto
non precisamente definibile nella cronologia, ma che non dovrebbe scendere oltre la me-
tà del III secolo a.C.46, soprattutto ad Assoro in cui arco di tempo che l’editore colloca
tra l’età timolontea e il periodo post-agatogleo e ieroniano47. Sfugge, purtroppo, e non è
possibile dire se questo rito di deposizione debba essere considerato un retaggio di co-
stumi indigeni locali che si andarono evolvendo sino alla seconda metà del IV secolo, dal
momento che non conosciamo tale pratica in altri siti dell’entroterra ennese (Calascibet-
ta, Centuripe, Cozzo Matrice, Montagna di Marzo, Morgantina, Troina)48, sia nell’arco
cronologico indicato che in un fase precedente, oppure se esso debba riferirsi all’appor-
to di elementi allogeni, nel quadro di spostamento di popolazione e di rifondazioni, an-
che se quest’ultima ipotesi mi sembra meno perseguibile scientificamente, non fosse al-
tro che per il venir meno recentissimo delle certezze cronologiche legate all’età timoleon-
tea.
Quanto alla T. 7, infine, essa si inserisce perfettamente nel quadro tipologico relativo
alle sepolture che occuparono la necropoli settentrionale di Agira nel corso del III seco-
lo: il tipo a fossa rettangolare piuttosto profonda e senza copertura trova, infatti, puntua-
le confronto nelle tombe messe in luce da G. Scibona negli anni ’70 del secolo scorso e
che al momento costituiscono gli unici e preziosi dati editi per la necropoli agirina49.
Alla luce di questa variegata analisi preliminare, che sarà supportata e arricchita, nel-
l’immediato futuro, dallo studio sistematico dei corredi funerari, si deve evitare, in que-
sta fase, la tentazione di leggere l’eterogeneità e la complessità degli elementi fin qui rica-
vati, come sintomo di una sensibile variabilità funeraria50, in quella che rimane una por-
zione della necropoli.
Senza eccedere in facili entusiasmi possiamo constatare come i dati ricavati dallo sca-
vo di via Palazzo appaiano di una certa importanza, soprattutto perché ottenuti in una
situazione di “deserto archeologico” e di non sempre facile collaborazione con l’ambien-
te locale. Essi offrono molteplici spunti interpretativi e di approfondimento per la discus-
sione scientifica, e spingono a continuare le indagini sul campo. Per questo motivo, le os-
servazioni sin qui delineate, sia sulla base dei dati di scavo che sulla loro interpretazione,
servono a fornirci uno spaccato importante dell’Agira dello scorcio del IV secolo a.C., di
cui si dovrà tenere conto nella prosecuzione dello studio, ma sono e devono rimanere un
punto di partenza, non un arrivo.
M. COTTONARO

45 L’ultima città, p. 96 (t. W977).


46 SCIBONA 1981, p. 340, fig. 10 (t. 2).
47 MOREL 1966, p. 286: TT. 15, 19, 21, 63 (fase timoleontea e agatoclea); TT. 14, 16 (fase post-agatoclea e
ieroniana). Vanno segnalate anche due sepolture di cronologia incerta (TT. 22; 64), mentre nessuna figura du-
rante il periodo arcaico e nel V secolo.
48 Cfr. nt. 25.
49 SCIBONA 1981, p. 356; p. 358, fig. 19 (in particolare).
50 L’interpretazione della variabilità funeraria è un fattore complesso, dal momento che riguarda l’indivi-
duazione di gerarchie comunitarie e sociali che, però, possono essere più o meno enfatizzate, specie in ambito
144
funerario (cfr. D’AGOSTINO 1990, pp. 402-403). Sul concetto di variabilità funeraria: O’SHEA 1984.
Primi risultati dalle indagini nella necropoli alle pendici nord di Agira

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147
Indice

Presentazione di Salvatore Migliore 5

Introduzione di Rosalba Panvini, Lavinia Sole 9

Giovanni Distefano Suoli funerari e generazioni nella Sicilia Greca: 11


il caso di Camarina

Massimo Cultraro Dalla parte dei soggetti più piccoli: 27


per un’archeologia dell’infanzia
nella Sicilia orientale tra Bronzo finale
e prima età del Ferro

Eleonora Pappalardo Onorare i morti per celebrare i vivi: 45


rhyta e libagioni tra Oriente e Occidente

Madeleine Cavalier, Lipari: ideologia e rituali funerari 61


Concetta Giuffrè Scibona, tra Demetra e Dionysos
Assunta Sardella,
Maria Grazia Vanaria

Giovanna Maria Bacci, La Necropoli di Abakainon 79


Piero Coppolino

Carmela Bonanno Nuove indagini nelle 97


necropoli del territorio ennese

Maria Amalia Mastelloni Materiali e sepolture: variazioni nei gruppi umani 111
e nei rituali funerari a Messana tra VI e IV sec. a.C.

Mario Cottonarto, Primi risultati dalle indagini nella necropoli 131


Rosario P.A. Patané alle pendici nord di Agira

Marco Camera La necropoli di Casa Cantoniera 149


a Terravecchia di Grammichele.
Una proposta di analisi funzionale dei corredi funerari 421
Alba Maria G. Calascibetta Solunto: 165
nuovi rinvenimenti nella necropoli arcaica

Rosa Not, Necropoli arcaica di Solunto (VI – V sec. a.C.). 183


Arcangela Valenti Analisi dei resti vegetali

Rosaria Di Salvo, Il gruppo umano della necropoli arcaica 189


Vittoria Schimmenti di Solunto

Amedeo Tullio La necropoli ellenistica di Cefalù 197


(scavi 2007-2008): un “caso” stratigrafico

Santa Aloisio Necropoli di Cefalù, scavi 2007-2008 211


i reperti ceramici

Adam Rabinowitz Il bere Graeco more tra vivi e morti: 223


simposio e tomba in Sicilia e Magna Grecia

Giovanna Greco Roscigno - Monte Pruno. 249


Seppellire una principessa

Bianca Ferrara, Morire da bambini a Gela 263


Stefania Visco

Juliette de La Genière Amendolara. 279


Le lezioni di storia di una piccola necropoli

Rosalba Panvini Élite e società in un centro 291


dell’entroterra siciliano.
Proposta di rilettura di alcuni corredi della
necropoli di Monte Castellazzo presso Marianopoli

Lavinia Sole Una tomba di bambini 309


dalla necropoli orientale di Polizzello

Rosaria Di Salvo, La paleobiologia degli infanti 337


Vittoria Schimmenti della Tomba 2 di Polizzello
Marcello A. Mannino

Daniela Paternostro Analisi delle cause di morte degli infanti 345


della Tomba 2 di Polizzello

Marina Congiu Le necropoli di Gela: 349


considerazioni sulla topografia e sugli spazi rituali

Stefano Vassallo La necropoli occidentale di Himera: 361


un contributo alla conoscenza della città dei vivi
422 attraverso lo studio delle città dei morti
Monica Chiovaro Note su alcuni vasi attici a figure nere 375
dalla necropoli orientale di Himera

Rossana De Simone L‘LM. Ricerche di escatologia fenicia e punica 387

Maria Luisa Famà †, La necropoli di Birgi: 395


Maria Pamela Toti un esempio d’interazione culturale
tra Fenici e Greci nell’eterno banchetto

Gianluca Calà Le necropoli di Gela: 411


aggiornamenti dalle nuove indagini

423
Progetto grafico e impaginazione
Splokay di Antonio Talluto
splokay@gmail.com

Finito di stampare
per conto dell’Editore Salvatore Sciascia
nel mese di Agosto 2019

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