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Morgantina duemilaequindici.
La ricerca archeologica a sessant’anni dall’avvio
degli scavi
a cura di
Laura Maniscalco
REGIONE SICILIANA
Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana
Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana
PALERMO
2015
REGIONE SICILIANA
Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana
Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana
Museo Regionale di Aidone
Redazione
Laura Maniscalco
Questo volume è stato realizzato nell’ambito del progetto PO-FESR 2007/2013 – Asse III –
Linea d’intervento 3.1.1.1 - “Aidone- Area archeologica di Morgantina – dalla città di pietra
alla sua immagine virtuale”. Responsabile Unico del Procedimento e Direttore dell’Esecuzione
arch. Angelo Giunta
Da tempo è stato osservato che i Greci che dal 734 a.C. vennero a fondare le prime colonie in Sicilia
non erano pionieri all’avventura: dalla successione delle prime fondazioni1 si deduce chiaramente
che i coloni conoscevano la rotta tirrenica e la costa della Sicilia orientale, con i suoi porti. Prima
bloccano l’area dello Stretto, poi il primo porto a Sud della Piana di Catania; solo allora si dedicano
alla Piana2. Ma abbiamo ormai chiare tracce del fatto che i Greci che vennero a fondare le prime
colonie, oltre alla conoscenza delle aree più vicine alla costa, avevano già rapporti con le popolazioni
locali delle montagne dell’interno. La distribuzione di materiali importati di VIII secolo a.C.3 sembra
rispondere ad una logica geograica, indicando una conoscenza delle vie di accesso verso l’interno e
quindi dei contatti pregressi con le popolazioni che occupavano quelle aree.
Da Centuripe proviene una coppa tardo-geometrica euboica4; da Monte Castellaccio di Pietralunga,
in territorio di Paternò, vengono frammenti di coppe della stessa epoca5. Si tratta di un percorso
che segue la valle del Simeto, verso un passo obbligato per l’interno. Le coppe potrebbero essere
addirittura leggermente antecedenti alla fondazione delle prime colonie, ma non è questo il punto:
il percorso doveva essere già in uso
in un momento non successivo alle
prime fondazioni coloniali (ig.1)6.
Una brocca di tipo euboico, databile
nell’ultimo trentennio dell’VIII
secolo a.C.7, proviene dall’area di
Enna, dalle colline intorno al lago
di Pergusa, documentando contatti
molto precoci con le città calcidesi
della costa orientale, attraverso la
valle del Gornalunga e del Dittaino
(ig.1). La fondazione calcidese di
Leontinoi risponde al disegno di
assicurarsi il possesso della pianura
alluvionale solcata dai iumi
1 Thuc. VI 3.
2 Asheri 1980; Rizza 1981, p. 313; Van Compernolle 1984, 1985; Malkin 2004, pp. 29-34; Lombardo 2005, pp. 71-73; Veronese 2006,
p. 179.
3 Albanese 1997; Domínguez 2006, pp. 268-269.
4 Pelagatti 1982, pp. 162-163; Albanese Procelli 1997, p. 517; Albanese Procelli 2003, p. 133; Patané 2009, p. 67; Patané 2012b, p. 186.
5 McConnel 1997-1998, II,1, p. 121, tav. LVI 2-3; Patané 2009c, p. 67; Patané 2012b, p. 186.
6 Patané 2009c, pp. 67-68; Patané 2012b, p. 186.
7 Patané 2014, p. 36.
CULTI GRECI IN AREA SICULA: RIFLETTENDO SU ALCUNE TERRACOTTE AL DI LÀ DELLA PIANA DI CATANIA 205
Simeto, Dittaino, Gornalunga e dai loro afluenti, tò Leontînon pedíon, coincidente con la maggior
parte dell’attuale Piana di Catania, molto fertile e nella quale, a integrazione dell’agricoltura, doveva
realizzarsi l’allevamento: quei cavalli sui quali si basava il prestigio dell’aristocrazia e pecore e capre
che fornivano formaggi e lana8. Vasi greci della seconda metà dell’VIII secolo a.C. in necropoli
indigene documentano i precoci contatti tra gli abitanti di Leontinoi e i locali dell’interno9.
Vanno a questo punto rilette due notizie delle fonti. Stefano Bizantino dice Enna fondazione di
Siracusa, nel 663 a.C.10 Si tratta di una fonte parecchio tarda; tuttavia nel quadro che si va delineando,
il riferimento a precoci legami con una città greca della costa orientale diviene comprensibile.
Enna sembra essere nell’area di espansione calcidese; il passaggio all’orbita siracusana dev’essere
avvenuto più tardi11. Un frammento di Filisto, relativo alla ribellione di Camarina a Siracusa nel
553/552 a.C., dice che i Siculi si allearono con Camarina, mentre Megara ed Enna erano alleate di
Siracusa12. Camarina si ribella alla madrepatria alleandosi con i Siculi e viene sconitta; l’alleanza
di Siculi e Camarinesi contro Siracusa indica che tra gli indigeni doveva esserci un’élite guerriera
che interloquiva con i diversi gruppi greci13. Enna sembra essere una città greca, ormai nell’orbita
siracusana; qualche tempo dopo la Demeter Hennaia si conigura come la divinità di una città greca.
Nel I secolo due fonti letterarie d’eccezione, Cicerone14 e Diodoro15, un romano e un locale16, danno
grande importanza al santuario di Demetra e Kore a Enna. Cicerone parla del santuario di Enna, dove
Cerere “è nata e ha scoperto i cereali”17; e Cicerone parlava con cognizione di causa, dal momento
che egli stesso era stato iniziato ai misteri di Eleusi. Racconta diffusamente il ratto di Kore nei boschi
di Enna, il profondo antro rivolto a nord da dove balzò fuori Plutone sul suo cocchio, il lago che si
formò dove si inabissò nel sottosuolo. Nell’elencare i misfatti di Verre nel santuario, Cicerone dà una
descrizione dei luoghi e di opere d’arte ivi conservate18. Diodoro a sua volta dà un ampio racconto
del rapimento di Kore e dei luoghi del mito19. Il culto di Demetra e Kore a Enna ha trovato largo
spazio nella bibliograia20. Tra gli anni Trenta e Sessanta del XX secolo una tendenza della storia
delle religioni ha visto, dietro alla igura di Demetra, una ‘Grande Madre’ indigena della natura che
i Greci avrebbero identiicato con la loro divinità della cerealicoltura; ma normalmente nei processi
di interrelazione culturale i modelli passano dai gruppi egemoni ai gruppi subalterni21. La Demeter
Hennaia si propone come divinità simbolo di una città greca, in un luogo strategico tra la costa sud-
occidentale (Gela) e quella orientale (Siracusa), in un luogo che sarà deinito umbilicus Siciliae. Il
ruolo di Henna si inserisce nella politica espansionista di Gelone di Siracusa; la Sicilia e non l’Attica
viene indicata come luogo del rapimento di Kore. Un antenato di Gelone proveniente da Rodi, aveva
partecipato alla fondazione di Gela; i suoi discendenti erano diventati hierophantai delle divinità
ctonie22.
Alcune terracotte da diverse località della Sicilia centro-orientale, databili tra gli ultimi decenni del
VI e gli inizi del V secolo a.C., contribuiscono a capire i rapporti tra Greci e popolazioni locali, in un
momento in cui l’ambiente si andava trasformando. Già da tempo è stato osservato che, più che vedere
un astratto blocco di cultura greca cui si contrappone un mondo indigeno, è interessante indagare quali
elementi della cultura greca penetrano nel mondo indigeno, perché, in che ambiti23. Più di recente,
partendo da studi post-coloniali, per i rapporti tra coloni e locali si è parlato di middle ground, un’area
in cui entrambi giocano un ruolo in rapporto a ciò che ognuno sente essere la percezione che l’altro
ha di sé. Nel tempo, questo giocare un ruolo in una sorta di gioco di specchi, produce una civiltà che
non è puramente indigena né puramente di importazione coloniale; col variare delle circostanze, si
giungerà anche a enfatizzare certi aspetti dell’immagine che ognuno si è costruito dell’altro, a favore
della mediazione o come giustiicazione dell’ostilità. In questo contesto gruppi indigeni adottano
pratiche o prodotti culturali greci, ma contemporaneamente li adattano. In tutto ciò giocano un ruolo
importante le pratiche di commensalità ospitale tra élites che i Greci conoscevano come parte della
xenia, tutto il rituale del simposio. Il successo delle merci non è semplice questione di domanda e
offerta: la desiderabilità di un oggetto può dipendere da un condizionamento culturale; ad esempio il
vino, bevanda sociale che comporta tutta una serie di annessi e di indicatori di status. Le connessioni
tra le élites creavano le condizioni per la leadership; si va consolidando una stratiicazione sociale, su
base gentilizia, in cui emergono igure di capi militari che riescono a garantire bottino e a controllare
la divisione dei beni. I Greci offrivano alle popolazioni d’Occidente il mito, il ciclo troiano, adattabile
a un codice eroico aristocratico e atto ad esprimere genealogie locali e identità di gruppo. Importante
è pure il ruolo di ‘santuari di frontiera’ come luogo di scambio24.
L’altura di Centuripe e la catena di colline circostanti, nell’Età del Ferro dovevano essere occupate
da una rete di villaggi. La nuova situazione venutasi a creare in seguito alla colonizzazione greca
deve aver determinato un passaggio da un’economia essenzialmente agricola con limitata attività di
scambio, a un forte aumento del valore degli scambi, con un rafforzarsi delle élites indigene e con un
iorire di un nuovo modello urbano: proprio questa situazione deve aver determinato la nascita della
città sicula di Centuripe, in un’area di contatto tra la Piana di Catania e le montagne dell’interno. La
necropoli di Piano Capitano appartiene a un centro abitato che non ha più le dimensioni di villaggio25.
Un ruolo strategico dello stesso tipo doveva essere rivestito dalla città del Mendolito, che è posizionata
più a nord e che deve avere svolto una funzione diversa: si è parlato di resistenza alla permeabilità nei
confronti dell’ambiente greco coloniale26.
Negli ultimi decenni del VI secolo a.C. è presente materiale importato, ma anche materiale di
produzione coloniale; e inine alcune terracotte di chiara inluenza greco-orientale, ma che fanno
pensare a produzione sicula: il che ne fa un caso molto interessante27. Accanto alle ceramiche di tipo
22 Hdt. VII 153. Hinz 1998, pp. 19-30; Chirassi Colombo 2008; Schipporeit 2008; Sfameni Gasparro 2008.
23 Torelli 1977.
24 Antonaccio 2013; Patané 2014, pp. 32-39; ivi bibliograia precedente.
25 Patané 2009, 2012b.
26 Albanese Procelli 2003, p. 92, p. 95; Lamagna 2009, pp. 83-84.
27 Su tutto il problema: Patané 2012a.
CULTI GRECI IN AREA SICULA: RIFLETTENDO SU ALCUNE TERRACOTTE AL DI LÀ DELLA PIANA DI CATANIA 207
ionico di fabbrica siceliota, è probabilmente presente anche ceramica importata dalla costa dell’Asia
Minore. In ogni caso, questo rientra nel normale panorama siciliano. Sono evidenti importazioni
orientali: ad esempio imitazioni di scarabei egiziani28, o un amphoriskos di vetro, databile negli ultimi
decenni del VI secolo a.C.29
Già F. Ansaldi, erudito
locale del XIX secolo,
registrava la presenza
di terracotte che
descrive in maniera tale
da lasciarne dedurre
approssimativamente
una cronologia in età
arcaica30. Nel Museo P.
Orsi di Siracusa è una
igura femminile da
Centuripe, di fabbrica
greco-orientale,
databile nella seconda
metà del VI secolo a.C.
(ig.2a)31. Sono presenti
a Centuripe protomi
femminili degli ultimi
decenni del VI secolo
a.C.: ad esempio se ne può citare una (ig.2b) , che trova confronto con tipi gelesi33, e soprattutto con
32
esemplari catanesi34 e della Sicilia orientale35. Al British Museum è una testina femminile in terracotta
da Centuripe (ig.2c), un frammento di balsamario plastico; è stata pubblicata come importazione
rodia36: ovviamente non è possibile esprimere un giudizio senza un esame diretto dell’oggetto, ma c’è
motivo di pensare a fabbrica siciliana37. La serie di riccioli a spirale sulla fronte richiama una statuetta
nel locale Museo Archeologico38, databile negli ultimi decenni del VI secolo a.C., imitazione siceliota
28 Orsi 1909, p. 97. Almeno un altro esemplare inedito da una tomba di Piano Capitano. Su questa classe di materiali, cfr. Hölbl 2001.
29 Spanò Giammellaro 2004, p. 30 cat.n° 32, p. 59, tav. VI.
30 “Non sono da verun atteggiamento, per così dire, animate, e tengono cadenti ed unite le braccia, e dritte ed unite similmente le
gambe”. Ansaldi 1981, p. 355.
31 (Inv.n° 35995) Libertini 1926, p. 101: “tipo rodioto del VI secolo”. Per il tipo: Pautasso 1996, p. 35, n° 35; Manenti 2012, pp. 72-73.
32 Museo Regionale Archeologico di Centuripe, KA672. Altri esemplari dello stesso tipo provengono da contesti di scavo.
33 Uhlenbrock 1988, pp. 82-85.
34 Rizza 1960, p. 255, p. 260 ig. 22,6; Pautasso 1996, cat.n° 15, pp. 26-27, pp. 31.32, pp. 115 ss.
35 Sulle protomi della Sicilia orientale e sulle inluenze ioniche cfr. Pautasso 1996, pp. 117-121; Pautasso 2012, pp. 115-122; ivi
bibliograia.
36 Higgins 1964, p. 42 n° 39.
37 L’osservazione sulla supericie verdastra, notata dall’editore (Higgins 1964, p. 42), più che all’assorbimento di una sostanza presente
nel suolo in cui l’oggetto era sepolto, fa pensare a un preciso procedimento tecnico, aggiunta all’argilla di sale: durante il processo di
essiccazione il sodio migrava in supericie; la cottura in atmosfera ossidante conferiva questa particolare colorazione; cfr. Uhlenbrock
1988, pp. 31-32; Pautasso 1996, p. 115.
38 La provenienza da Centuripe è almeno probabile. La statuetta è stata sequestrata, a Centuripe, dalla Polizia; accanto a materiale
chiaramente locale, il lotto comprendeva anche ceramiche di provenienza pugliese e falsi. L’argilla, tendente all’arancio e polverosa
in frattura, sembra uguale a quella della protome KA672 qui citata e a quella di altre terracotte dello stesso tipo rinvenute a Centuripe.
208 ROSARIO P.A. PATANÉ
rimanda a confronti sempre di ambiente greco-orientale53. Del rilievo rimane troppo poco per poter
dare un giudizio: è possibile suggerire un confronto tipologico con un noto rilievo da Siracusa, per il
quale è evidente l’inluenza cicladica54; ma lo stato gravemente frammentario non consente di andare
oltre. In Sicilia sculture che fanno vedere rapporti con l’ambiente greco orientale non costituiscono
certo una novità55. Si possono rapidamente indicare alcuni esempi direttamente confrontabili con i
nostri: la kore può trovare diversi confronti56. Più rari, ma comunque riscontrabili, i casi di igura
(maschile?) sdraiata57. Per la igura ad altorilievo si è già indicato un pinax da Siracusa58.
Tuttavia, nel nostro caso una serie di dettagli tecnici e stilistici consente confronti con la plastica locale,
sicula. Innanzi tutto, la costruzione per volumi giustapposti; l’attenzione rivolta al gioco decorativo
di supericie, mai alla struttura organica, come avverrebbe nella plastica greca59. Nella igura sdraiata
(K28)60, nonostante il cattivo stato della supericie, il modo di costruire la testa, l’acconciatura resa
con pastigliette applicate e un certo decorativismo di supericie, la bocca resa da un taglio netto,
richiamano stilemi che sono stati notati per la scultura sicula61. Può essere di particolare interesse
richiamare un paio di esempi ben noti. Per la dea da Poggio dell’Aquila, Terravecchia di Grammichele,
può essere ridondante osservare il modo in cui è costruito il corpo, ma limitiamoci alla testa, sommaria
nei volumi e segnata dal taglio orizzontale della bocca, dagli occhi a bulbo incorniciati dalle cavità
53 Si può richiamare lo stesso gruppo di Geneleos prima citato; ma anche altri esempi orientali.
54 Gentili 1973; Rizza 1985, p. 207, ig. 211.
55 Cfr. di recente Pautasso 1996, pp. 113-135; Pautasso 1997; ivi bibliograia precedente.
56 Ad esempio la nota kore-thymiaterion da Gela (Sole 2009, p. 223; ivi bibliograia), una kore da Caltagirone (Pautasso 1996, cat.
n° 50, pp. 42-46, pp. 115-116, tav. VI), terracotte di importazione orientale da Ragusa Ibla (Di Vita 1959 ig. 18) ; terracotte locali da
Grammichele (Manenti 2012, pp. 73-74).
57 Terracotte importate o di produzione locale si ritrovano in diverse località. Ad esempio Gela (Panvini 1998, p. 45), Camarina (Di
Stefano 2001, p. 25, ig. 29); Catania (Rizza 1960, p. 257, ig. 21,3); una terracotta di provenienza ignota nella Collezione Benedettini
a Catania (Pautasso 1996, cat.n° 165, pp. 103-104, tav. XVII).
58 Cfr. supra, nota 54.
59 Rizza 1965, p. 23 ss.; La Rosa 1966.
60 Per il tipo: Manenti 2012, p. 78 ig. 7.
61 Rizza 1965; La Rosa 1968; Spigo 1988-1989.
210 ROSARIO P.A. PATANÉ
orbitali pronunciate, ai lati di un naso che si staglia sul volto informe. Nel modellino di tempietto da
Sabucina, la statua acroteriale di cavaliere ha corpo e volto molto schematici; i capelli sono resi da
una calotta a rilievo, ittamente segnata da incisioni verticali; la testa del cavallo, molto sommaria,
è caratterizzata dai inimenti sovrapplicati, dagli occhi a bulbo, dal taglio della bocca; anche le
maschere nel triangolo frontonale rispondono agli stessi criteri: nessuna attenzione alla costruzione
della struttura e un certo gusto per il decorativismo di supericie; occhi a bulbo incorniciati dalle
cavità orbitali rilevate, ai lati della netta sporgenza del naso, orecchio reso con un cordoncino a “C”62.
Nella kore (K27) il volto manca quasi completamente, ma alla plastica sicula sembra rinviare il modo
di rendere mani, piedi, l’orecchio superstite e la piccola parte di chioma vicino ad esso. Un confronto
molto stringente è stato proposto con una kore di produzione sicula appartenente ad una collezione
privata messinese63. Interessante pure il confronto con una kore di produzione siceliota, ritrovata in
un contesto indigeno, a Monte Bubbonia64. Tipi analoghi (korai con colomba di ispirazione greco-
orientale, con un singolare schema di abbigliamento) sono stati trovati a Camarina e a Morgantina
(forse anche a Locri) e sono stati ricondotti a produzione camarinese65. Per il rilievo (K1241), si può
solo osservare l’analogia dell’argilla66; il modo di costruire il piede si confronta perfettamente con
la kore. Si può quindi pensare all’imitazione locale, sicula, dei prodotti che circolavano in ambito
coloniale.
L’attenzione è qui soprattutto rivolta ai contatti tra Greci di Sicilia e Siculi, alle modalità di
assimilazione di modelli greci in ambiente siculo. Un problema diverso è cercare di precisare quale
sia per i Sicelioti l’origine degli inlussi che abbiamo genericamente deinito “greco-orientali”67,
andando a leggere meglio le rotte, i contatti tra la Grecia propria e le diverse aree periferiche della
grecità. E’ stata ipotizzata nella Sicilia centro-orientale una presenza focea, da vedere nel contesto
della emigrazione ionica della metà del VI secolo a.C.68 Morgantina, Centuripe si trovano ai margini
di quella che oggi si chiama Piana di Catania, ma che per i Greci era tò Leontînon pedíon69, nella quale
questa presenza sarebbe dovuta al fatto che da lì doveva provenire in larga misura il grano consumato
a Zancle e a Reggio70, Si tratta in realtà di un’ipotesi suggestiva ma sostanzialmente non dimostrata:
i confronti addotti per terracotte architettoniche di Morgantina71, rimandano certo ad ambiente greco-
orientale ma non in maniera speciica a Focea72, Terracotte architettoniche con stringenti confronti
con quelle di Morgantina sono state recentemente rinvenute a Lentini, nel santuario extraurbano
di Scala Portazza73. L’esistenza di un sobborgo chiamato Phokea ha fatto pensare a un riferimento
62 Per la dea sicula da Terravecchia di Grammichele e per il modellino di tempio da Sabucina, cfr. La Rosa 1989, p. 58 ig. 70, p. 63
ig. 87; Palermo 2014; ivi bibliograia.
63 La Rosa 1989, pp. 58-59, ig. 71.
64 Pancucci 1976-1977, p. 474, tav. LVI,4; La Rosa 1989, pp. 58-59; Congiu 2006.
65 Pautasso 1997, pp. 53-54, pp. 57-58. Di recente sono state oggetto di studio igure femminili stanti da un santuario nella città sicula
ellenizzata di Morgantina; volatile o attributo non identiicato nella mano destra tenuta davanti al petto; braccio sinistro disteso, con la
mano che regge un lembo del vestito. Rafiotta 2007, cat.nn. 13-14, 21-22, 26-29; p. 118.
66 Soprattutto con la igura sdraiata; la kore dev’essere stata cotta a temperatura diversa, ma presenta caratteristiche molto simili.
67 La genericità di deinizioni come “greco-orienale” o “ionico”, applicata a realtà della grecità occidentale, rende pienamente la
dificoltà di deinire meglio le inluenze dall’area greco-orientale. Greco 2005a, pp. 93-94.
68 Gras 1991; Kenield 1993; Gras 1997, p. 67; Albanese Procelli 2003, p. 236.
69 Diod. IV 24; V 2; cfr. supra.
70 La presenza focea sullo Stretto di Messina è notevole; del resto è evidente che la rotta per Marsiglia presuppone il controllo dello
Stretto. Kenield 1993, pp. 261-269.
71 Kenield 1990, 1993.
72 Greco 2005a, pp. 96-100; Greco 2005b, pp. 263-269.
73 Basile 2004; Frasca 2006; Frasca 2008, pp. 33-35; Monterosso 2011, pp. 437-438. D’altra parte una piccola scultura in pietra da
CULTI GRECI IN AREA SICULA: RIFLETTENDO SU ALCUNE TERRACOTTE AL DI LÀ DELLA PIANA DI CATANIA 211
all’origine degli abitanti del quartiere; ma sono state avanzate diverse ipotesi su motivi e cronologia
di questa presenza74. In ogni caso, un forte inlusso greco-orientale interessa la Sicilia e la Magna
Grecia dalla ine del VII secolo a.C., anche per la ceramica e per l’architettura75. Si tratta di un periodo
in cui le fonti parlano di spostamenti di gruppi più o meno consistenti di persone dalle coste dell’Asia
Minore verso Occidente (Samî, Focei, Milesii, Rodii, Chii)76; il problema dell’origine degli inlussi
orientali sui Greci di Sicilia andrebbe certo ripreso, afinando l’esame stilistico e la rilessione storica.
Gli studi sulla viabilità di età greca nella Sicilia centro-orientale sono stati brillantemente condotti
combinando i risultati dell’indagine sulla fotograia aerea con le fonti greche relative agli spostamenti
degli eserciti77. Risalendo il Simeto, il controllo del passo obbligato tra Centuripe e Mendolito/
Adrano78 è indispensabile per le comunicazioni con l’interno; tra l’altro è qui che il Salso conluisce
nel Simeto e quindi da qui ci si può indirizzare a Ovest lungo la valle del Salso, il Kyamosoros delle
fonti greche, verso Agira79. “Superata la Piana, ammirò la bellezza del territorio”: sono le parole con
cui Diodoro introduce il mito di Eracle ad Agira; lo storico agirino era perfettamente consapevole
del ruolo della geograia80. Agira non fu colonia greca ino alla rifondazione di Timoleonte (339/338
a.C.)81; ma presenta chiari segni di contatti con l’ambiente coloniale almeno dal VI secolo a.C.82 Il
rinvenimento di terracotte architettoniche documenta l’esistenza di un ediicio monumentale di tipo
greco nel VI secolo a.C. , nell’area del castello svevo. Un disegno di R. Carta documenta un coppo
con decorazione dipinta: sul bordo corre una banda di
triangoli, alla quale è contrapposta nella fascia superiore
una banda di linguette (ig.6)83; il kalypter hegemon, il
coppo che chiudeva il culmine del tetto, trova confronto
in Sicilia in diversi casi, sia in città greche, sia in città
sicule ellenizzate84. Doveva appartenere a un ediicio
monumentale, non necessariamente a un tempio85.
Nello stesso senso vanno letti i dati di alcuni frammenti di
terracotte dall’area del castello86. Per una testa a rilievo in
terracotta, frammentaria87, la posizione delle arcate orbitali
Lentini aveva già fatto richiamare confronti con l’ambiente greco-orientale, e con Marsiglia: Rizza 1949.
74 Già i primi scavatori di Morgantina pensavano che i primi greci fossero arrivati nella città indigena da Catania o da Lentini, nel
secondo venticinquennio del VI secolo a.C. Thuc. V 4,4; Gras 1991, p. 275; Gras 1997, p. 67; Albanese Procelli 2003 pp. 236-237;
Frasca 2006 p. 405 con bibliograia ivi citata.
75 Cfr. di recente Pautasso 1996, pp. 113 ss.; Pautasso 1997; Greco 2005b; Frasca 2009, pp. 92-93.
76 Di recente, Greco 2005a, pp. 93-94, con bibliograia precedente.
77 Adamesteanu 1962a, 1962b; Bejor 1973. Ovviamente rispecchiano lo stato della ricerca archeologica dell’epoca; una ripresa
potrebbe portare a ulteriori precisazioni.
78 Adamesteanu 1962a, tav. LXXXIV; Bejor 1973, p. 744.
79 Bejor 1973, pp. 747-748.
80 Patané 2009c, 2012b, 2012c.
81 Patané 1992; Patané 2011.
82 Bernabò Brea 1947; Procelli 1989, p. 687; Veronese 2006, p. 226.
83 Bernabò Brea 1947, p. 250; Scibona 1981, p. 333.
84 Orsi 1906, tav. XXIV.2; Orsi 1911, col. 63; Orsi 1923, p. 424; Pelagatti 1977, tav. II 4; Kenield 1990, tav. 45b; Winter 1993, pp.
280-281; Ciurcina 1998, p. 21, ig. 36.
85 Cfr. Pelagatti 1977, pp. 55-61; Kenield 1990.
86 Enna, Museo Regionale Interdisciplinare. Si tratta di un recupero degli anni ’80 del XX secolo, non abbiamo dati sul contesto di
provenienza: si può presumere che si trattasse di un contesto unico, ma nulla ovviamente si può dire sui motivi dell’associazione tra
oggetti che potevano anche non essere in giacitura primaria. Le caratteristiche tecniche inducono ad associarli, come frammenti di
decorazione architettonica dello stesso tipo.
87 Volto maschile con resti di barba e bafi spioventi; occhi a mandorla rilevati; la fronte è incorniciata da una capigliatura a ile di
212 ROSARIO P.A. PATANÉ
ricciolini a spirale sovrapposti. Resti della barba che incorniciava le guance e di bafi spioventi. Gli occhi, allungati, hanno le palpebre
malamente rese a stecca; nel sinistro si vede appena il sacco lacrimale. Rotto lungo l’attacco della barba; manca il naso. Nella parte
superiore è rotto lungo una linea di attacco, mascherata dai capelli. H. m. 0,135; largh. m. 0,14. Argilla nocciola, con inclusi di pietra
lavica anche di grossa volumetria.
88 I confronti più stringenti possono essere con il cosiddetto Ulisse dal tempio C di Selinunte e con una testa in terracotta sempre da
Selinunte: Rizza 1985, nn. 193, 202, 205; Siracusano 1988; Marconi 2007, pp. 136-137, 182-183, 243. Ma cfr. anche il Teseo che
rapisce Antiope dal tempio di Apollo a Eretria: Fuchs 1982, p. 293, ig. 371-372; La Rocca 1985, pp. 76-82; ivi bibliograia precedente.
Per scultura in terracotta di grande modulo nella Sicilia arcaica: Holloway 1975, pp. 12-15.
89 Palermo 2014; ivi bibliograia precedente.
90 Colonnina in terracotta. Alla sommità di ogni scanalatura è una pastiglia applicata; una fascia zigrinata segna lo stacco tra il fusto e
il capitello dorico. Rimane parte del capitello e la parte superiore del fusto. H m. 0,14; largh. m. 0,15. Argilla nocciola, grigia in frattura,
con inclusi di pietra lavica.
91 Cfr. nota 89. Cfr. anche, per i caratteri della scultura sicula: Rizza 1965, pp. 23 ss. La Rosa 1966.
92 Sarebbe qui ridondante richiamare i confronti con i reali acroteri con cavaliere e con rilievi frontonali con Gorgoneion, nei templi
delle città greche di Sicilia.
93 Diod. XIV 95, 4-5.
CULTI GRECI IN AREA SICULA: RIFLETTENDO SU ALCUNE TERRACOTTE AL DI LÀ DELLA PIANA DI CATANIA 213
94 Le notizie su Agyris sono state talvolta relegate tra i motivi di lokalpatriotismus di Diodoro; ma in effetti si inquadrano nella politica
di Dionisio nei confronti delle città sicule nel 404-399 a.C. e risultano coerenti con la geograia: Herbita, Centuripe, Agira, Assoro,
Enna coronano il versante nord-occidentale della Piana di Catania. Diod. XIV 9,2-3; XIV 78,7; XIV 95,4-7. Caven 1992, pp. 174-175;
Braccesi, Millino 2000, pp. 131-136; Miccichè 2008, pp. 105-112; Burgio 2012, p. 225.
95 Adamesteanu 1962a; Bejor 1973, pp. 749-750, p. 756 ss.; Patané 1992, p. 68.
96 Scibona 1981, p. 338; Patané 1992, pp. 75-76.
97 Uggeri 2004, pp. 242-243.
98 Amico 1858; Nicotra 1907, p. 146; Bejor 1984, p. 63; Patané 1992, p. 76.
99 Le indagini condotte negli anni ’80 dalla Soprintendenza di Agrigento, all’epoca competente per territorio, attendono la pubblicazione:
Alberti 1995, p. 530. Ricerche sistematiche sono state avviate dal 2008 dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Enna sotto la guida del
Soprintendente dott. Beatrice Basile.
100 Bell 2010.
214 ROSARIO P.A. PATANÉ
Ringrazio la dott. L. Maniscalco, Direttrice responsabile del Museo Regionale di Aidone, per avermi voluto
invitare ad anticipare in questa sede alcune rilessioni sull’area ai margini del Leontînon pedíon, quell’area di
cui Morgantina è senz’altro uno dei centri meglio indagati; si tratta di parte di un lavoro di più ampio respiro
sui rapporti tra Greci e locali nella Sicilia centro-orientale.
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