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Provincia
Agostiniana
d’Italia
Monografie
Storiche
Agostiniane
n.s. n. 10
Biblioteca Egidiana
Tolentino 2015
Provincia Agostiniana d’Italia
Nuova Serie, 10
Roberto Tollo
Prefazione
di Rocco Ronzani o.s.a.
Biblioteca Egidiana
Tolentino 2015
Coordinamento tecnico:
Orlando Ruffini
Redazione:
Andrea Raggi
Roberto Tollo
Caterina: icona della Teosofia
Nota introduttiva. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1. Santa Caterina d’Alessandria la Gran Martire. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2. Parallelismi fra Ekateríne ed Ypatia.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3. Genesi di una devozione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
4. Basilissa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
5. Patrona degli Studi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
6. Furta Sacra e Legenda Aurea. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
7. Nozze mistiche.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
8. Peregrinatio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
9. Reliquia corporis.Valenza di un’opzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
10. Opus Iocti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
11. Garço doctore e Buccio di Ranallo.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
12. Simon Senensis. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
13. La ruota e la stella. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
14. Ambrosius Laurentii. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
15. Tutrice delle claustrali e delle nobildonne. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
16. Virgo triumphans.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
17. Quintessenza del messaggio. Alcuni esempi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
18. Conclusioni?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
Personaggi e toponimi.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
7
Caterina di Alessandria
Tra leggenda agiografica e una lunga storia di effetti
dal (†1862), poetessa, musa e modella preferita dai preraffaelliti britannici. Tollo tocca anche
la produzione popolare delle compagnie di laudesi senesi, cortonesi, fiorentini e conclude la sua
ricerca dettagliatissima rilevando correttamente che il silenzio prolungato su Caterina nell’evo
cristiano tardo antico non può che essere una prova di inconsistenza storica della sua figura,
trasformata nel tempo in una icona della «teosofia» – così in Tollo – da contrapporre forse a
quella pagana di Ipazia, un confronto riproposto dall’autore nell’esame dell’ultima opera d’arte
presentata: il dittico Caterina e Ipazia (2010) della pittrice marchigiana Paola Folicaldi.
Di tutt’altro genere, come già ricordato, il saggio di padre Marziano Rondina, agostiniano,
grande cultore delle memorie di Caterina e degli effetti del suo culto nelle arti. Si tratta di una
suggestiva testimonianza della devozione alla santa alessandrina nell’Ordo Eremitarum Sancti
Augustini che nel corso dei suoi oltre settecentocinquanta anni di vita ha contribuito alla com-
mittenza di importanti opere d’arte a soggetto cateriniano. Tra i passaggi più interessanti del
contributo vi è senz’altro la rievocazione delle “accademie”, gli antichi dies academici, di ca-
rattere letterario e anche musicale, che docenti e studenti agostiniani organizzavano nei centri
di studio dell’Ordine in occasione della celebrazione liturgica di Caterina d’Alessandria il 25
novembre.
Il libro pubblicato dalla Biblioteca Egidiana è dunque una preziosa occasione per riandare
alla leggenda agiografica della megalomartire alessandrina e alla sua ampia e articolata storia
di effetti nella cultura cristiana.
Sin dall’opera dei Bollandisti1, come è noto, la critica ha messo in evidenza il carattere
leggendario della Passio di Caterina sulla quale non siamo ragguagliati da nessun documento
coevo. Per Victor Saxer (1918-2004), maestro degli studi storico religiosi e archeologici anti-
cocristiani, la Santa è entrata nella storia unicamente per mezzo della sua leggenda e la Passio
della martire2, il più antico documento in nostro possesso, è un racconto che non ha alcuna base
storica, ma è uscito interamente dall’immaginazione del suo autore3.
In uno dei migliori studi sulle fonti agiografiche cateriniane antiche, ancorché datato, Bron-
zini afferma che «la leggenda di santa Caterina è dunque un martirio a luoghi comuni, di fattura
non eccellente ma neppure spregevole, nel quale arduo e rischioso è voler individuare alcunché
di storico»4. Christine Louise Walsh, in modo molto più radicale, ha scritto che «Katherine is
unencumbered by memories of her as a living person, thus becoming a prime exemple of a con-
structed saint»5. È stata questa la ragione che, nella riforma del 1969, portò all’espunzione della
memoria della martire dal Calendarium Romanum e, incomprensibilmente, a un successivo rein-
serimento in tempi recenti, eloquente segno di prospettive mutate rispetto a quelle della stagione
conciliare e, ahimè, anche del mutamento delle prospettive storiche e critiche del miglior impe-
gno cattolico nell’ambito degli studi agiografici, dai Bollandisti in poi.
Le più antiche fonti letterarie latine e greche non risalgono che ai secoli IX-X e riportano in
maniera molto concisa il martirio, avvenuto sotto Massenzio o Massimino Daia (quindi entro il
primo decennio del IV secolo), di una tale Aikaterina, figlia dell’alessandrino pagano Kostos.
Più antica è invece una fugace menzione del suo nome – sempre che si tratti dello stesso perso-
naggio – in una litania siriaca datata al secondo decennio del VII secolo6.
9
La leggenda, a partire dal primo nucleo del martirio, si arricchisce nel tempo di particolari:
la disputa che la contrappone a una schiera di retori pagani e le modalità del supplizio. Nelle
versioni greche più antiche dei testi agiografici non compare mai nessun riferimento al Sinai,
dove sarebbe stata sepolta, né a Salamina di Cipro che ha rivendicato i natali di Kostos e della
figlia Aikaterina7.
Solo a partire dall’XI secolo, preceduta da alcune testimonianze di carattere iconografico
non irrilevanti8, si diffuse ampiamente nella letteratura occidentale la leggenda agiografica del-
la megalomartire alessandrina. Il dossier agiografico latino è molto complesso e non è possibile
in questa sede ripercorrerne le vicende; ricordiamo che andò arricchendosi progressivamente,
tra i secoli XIII e XIV, dei temi della conversione della Santa in gioventù e del suo sposalizio
mistico con Cristo9.
Ai numerosi studi sulla leggenda cateriniana, sul culto e sul riflesso nell’arte cristiana di due
millenni, si aggiunge ora questo prezioso volume per il quale ringraziamo gli autori, Roberto
Tollo e padre Marziano Rondina, ma anche gli animatori dell’inesausto impegno culturale della
Biblioteca Egidiana di Tolentino.
Note
1
Cf. Acta Santorum, maius I, pp. li-lii; L.-S. Lenain de Tillemont, Mémoires pour servir à l’histoire
ecclésiastique des six premiers siècles… 5, Paris 17022, p. 761.
2
Cf. Bibliotheca hagiografica Graeca, Bruxelles 1909, p. 5, num. 30; 31-32; J. Viteau, Passions des
saints ècatèrine et Pierre d’Alexandrie, Barbara et Anysia. Publiées d’après les manuscrits grecs de Pa-
ris et de Rome, avec un choix de variantes et une traduction latin , Paris 1897, pp. 5-23; 25-39 (il testo è
consultabile in linea: http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k22312p/f1.image).
3
Cf. V. Saxer, «Caterina di Alessandria», in Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane, 1, Casale
Monferrato 1983, p. 632.
4
G.B. Bronzini, «La leggenda di S. Caterina d’Alessandria», in Annali dell’Accademia Nazionale dei
Lincei. Rendiconti 8-9 (1960), pp. 256-416: 295.
5
C. Walsh, The Cult of St Katherine of Alexandria in Early Medieval Europe, Aldershot 2007, p. 3.
6
Si tratta della litania siriaca del manoscritto Syr. 77 della Biblioteca Apostolica Vaticana, datata all’an-
no 620 ca.; Caterina è in compagnia di Tecla, Barbara, Giuliana, Phitimia, Eupraxia, Melania, Maria e Sha-
munith. Cf. A. Baumstark, «Eine syrish-melchitische Alleheiligenlitanei», in Oriens Christianus, 4 (1904),
pp. 98-120; C. Walsh, The Cult of St Katherine cit., pp. 24-26.
7
Sull’origine cipriota della santa si veda L. Calvelli, Cipro e la memoria dell’antico fra Medioevo e Ri-
nascimento. La percezione del passato romano dell’isola nel mondo occidentale, Venezia 2009, pp. 157ss.
8
Cf. C. Walsh, The Cult of St Katherine cit., pp. 47-63.
9
Cf. G.B. Bronzini, «La leggenda di S. Caterina d’Alessandria» cit., p. 415. Sul tema si vedano anche
gli studi di A. Hilka, «Zur Katharinenlegende: Die Quelle der Jugendgeschichte Katharinas, insbesondere
in der mittelniederdeutschen Dichtung und in der mittelniederländischen Prosa», in Archiv für das Studium
der neueren Sprachen und Literaturen 140 (1920), pp. 171-184. Si vedano anche: Bibliotheca Hagio-
graphica Latina antiquae et mediae aetatis (Subsidia hagiographica 6), num. 1659-1661, Suppl. 1661b;
Clavis Scriptorum Latinorum Medii Aevi. Auctores Italiae (700-1000), Firenze 2006 (Edizione nazionale
dei testi mediolatini 17. Serie I,10), pp. 228-229; scheda sulla trasmissione manoscritta del dossier agio-
grafico di Caterina a cura di E. D’Angelo, in La trasmissione dei testi latini del Medioevo/Mediaeval Latin
Texts and their Transmission, I, Firenze 2004, pp. 356-357.
Caterina: icona della Teosofia
di Roberto Tollo
La figura di Caterina d’Alessandria ha ispirato nel corso dei secoli una produzione artistica
praticamente sterminata. In epoca tardo-gotica risulta ascritta alla mistica schiera delle Virgines
Capitales – vale a dire condannate ad essere uccise mediante damnatio capitis – assieme a
Barbara di Nicomedia, Margherita d’Antiochia e Dorotea di Cesarea, tutte martiri fra III e IV
sec. d.C.1; a partire almeno dal 1284, appartiene pure al gruppo dei quattordici Sancti Adiutores,
invocati con crescente fervore contro le calamità naturali e le malattie corporee, soprattutto dopo
il divampare della Peste Nera nel 1347-482.
Sebbene lo scopo che questa ricerca si prefigge non sia quello di pervenire a conclusioni de-
finitive nel dibattito sulla effettiva dimensione storica della Martire, né di scandagliare i processi
di creazione e divulgazione dell’agiografia come adiutrix, è tuttavia indispensabile in questa
sede riassumere le coordinate essenziali degli studi in materia, al fine di comprendere al meglio
le dinamiche di elaborazione e diffusione della relativa iconografia.
Una consolidata tradizione vuole che il nome di Caterina sia da collegare all’aggettivo ka-
thará, che vuol dire ‘pulita, monda’. Il verbo kathaíro nell’accezione religiosa vale come ‘pu-
rifico’. In un epigramma di Apollonides (Antologia Palatina IX,257) ricorre il termine Katharé
quale ‘sorgente pura’. Anche nel greco medioevale il verbo kathareúo (καθαρεύω) significa ‘mi
conservo puro’.
Ma secondo una diversa fonte etimologica, il nome Ekateríne (o Aikateríne) potrebbe prove-
nire dalla seguente formula: ekátera + íne con riferimento ai due supplizi ai quali fu sottoposta la
Martire (dunque traducibile come ‘ciascuna delle due forze’) e dove la trascrizione della E con
il dittongo improprio Ai non risulta affatto rara.
Altre radici etimologiche sembrano difficilmente ravvicinabili: un tentativo si potrebbe fare
con l’aoristo passivo katerréthen del verbo kateréo che significa ‘fui accusato/fui calunniato’,
che ben offrirebbe la base per la versione anglosassone del nome, vale a dire Katherine. Eppure
la fonte resta la lingua ellenica e in quell’ambito serve cercare la radice semantica per evitare
errori legati a ipotesi fuorvianti o troppo azzardate.
Si noti inoltre che nel greco classico il verbo katarrináo equivale ad ‘assottigliare’, ‘affilare
con lima’; mentre il verbo katarrégnumi dal significato di ‘squarciare’, ‘lacerare’, in età medio-
bizantina si ampliò a quello di ‘abbattere’.
Ciononostante, l’interpretazione del nome della Martire, fornita nel tardo XIII sec. da Iaco-
po da Varazze nel paragrafo introduttivo alla sua legenda CLXVII, suggerisce altre congetture
semantiche:
Catha, che vuol dire “universo”, e ruina, “rovina”, come a significare “rovina universale”.
Con lei infatti ogni edificio del diavolo cadde in rovina. In lei cadde l’edificio della superbia
attraverso l’umiltà che ebbe, quello della concupiscenza carnale attraverso la verginità che
conservò, quello dei desideri umani, perché disprezzò ogni umano desiderio. Oppure Caterina
suona come catenula, “catenella”: infatti con le sue buone opere aveva fatto come una catena,
attraverso la quale salì in cielo.
Roberto Tollo
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Infine, uno spunto tratto dal glossario tardolatino: nella Chronica di Guillelmus de Podio
Laurentii (metà del XIII sec.) al cap.XXX si descrive una cata, ossia una macchina lignea per
colmare i fossati3.
“Chi non brucerà l’incenso agli idoli, sarà punito!”. L’uomo di provincia sarebbe pronto ad
obbedire, se non ci fosse un’autorità superiore che ordinasse il contrario. Drizza pertanto gli
orecchi e ascolta le due voci: quella che viene dal tribunale e quella che viene dal cielo. Che
voce odi venire dal tribunale? “Chi non sacrificherà agli dèi, sarà punito”. E dal cielo cosa odi?
“Chi sacrifica agli dèi sarà sterminato”. Da’ in questo prova della tua obbedienza, o martire!
Distingui le voci, precisa l’ambito delle [due] autorità (Sant’Agostino, Sermo de Oboedientia
359/B,14).
In nessun passo della pur copiosa produzione teologico-letteraria di Agostino di Ippona (354-
430) si scorge menzione di due rinomate donne alessandrine del suo tempo: la nobile e colta
Caterina (287-305 d.C.) e l’astronoma nonché filosofa neoplatonica Ipazia (370-415 d.C.), figlia
del matematico Teone. È ragionevole supporre che non debba trattarsi di una persistente dimenti-
canza da parte del Dottore di Tagaste, bensì di una deliberata omissione. Non sembrerebbe consi-
stere in una preclusione verso le mulieres che coltivavano gli studi, se nel De Ordine (2,1,1) Ago-
stino poteva affermare a proposito della madre: “mi si manifestò la sua intelligenza in maniera
tale da farmi ritenere che non ve n’era altra più idonea al vero filosofare”. Ed altrove (1,11,31)
aggiungeva: “anche le donne, secondo la tradizione classica, hanno atteso alla filosofia”.
Tuttavia, nel De Beata Vita (2,10), commentando l’entusiasmo di Monica nello scalare le vet-
te del filosofare, il vescovo numida confessava che “dimentichi del suo sesso, la considerammo
un uomo illustre assiso in mezzo a noi”.
È altrettanto lecito ipotizzare che il santo non ignorasse alcuni innegabili parallelismi che le
rispettive, drammatiche vicende biografiche di Caterina ed Ipazia palesavano:
1. natali aristocratici ad Alessandria d’Egitto;
2. avvenenza fisica;
3. eminenza intellettuale;
4. maestria nella dialettica;
5. opzione per la purezza virginale;
6. strenua difesa della propria integrità morale a prezzo dell’annullamento fisico;
7. crudele supplizio inflitto mediante lame o schegge aguzze;
8. fine cruenta patita quale estrema rivalsa degli aguzzini contro la fedeltà delle due donne
al proprio credo.
Lo sfondo comune è la metropoli sul delta del Nilo, capitale della cultura ellenistica, ove fiorì
a partire dal 180 d.C. una scuola di speculazione teologica che si proponeva di saldare il pensiero
filosofico greco alla rivelazione cristiana4.
Da tali aspetti salienti emerge immediatamente un massimo comun divisore delle doti di
Bellezza, Sapienza, Castità: il trinomio della perfezione che rinvia alla concezione della kalo-
kagathía, cioè alla coincidenza di leggiadria e bontà morale. Scriveva Platone: “La potenza del
Bene si è rifugiata nella natura del Bello; infatti, la misura e la proporzione risultano essere,
dappertutto, bellezza e virtù” (Phílebos, 65a).
Caterina: icona della Teosofia
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Ma qui troviamo un valore aggiunto: l’astinenza sessuale della parthénos o virgo intacta
quale viatico di una personalità armoniosa. La vergine è dunque la perfetta filosofa che – come
scrive il teologo Metodio d’Olimpo († 311) nel Symposium – deve aspirare alle vette della con-
templazione, essere amante del bello; e la castità è la maniera per far crescere la conoscenza del
divino. Aggiunge sant’Agostino: “L’integrità verginale e l’astensione da ogni rapporto sessuale
praticata in virtù della continenza sono doti angeliche, testimonianza della incorruttibilità eterna
attuata in una carne corruttibile” (De Sancta Virginitate 13,12)5.
Questi significativi accostamenti appaiono tuttavia capovolti nella narrazione della causa
delle passiones delle due eroine, elaborate quasi in funzione dell’esaltazione di un’antitesi fra
teologia e filosofia, fra fedeltà al Vangelo e fedeltà al platonismo: Caterina viene mandata a mor-
te sotto Massimino Daia (eletto nel 305 governatore delle diocesi di Oriente e d’Egitto)6 dopo
aver coraggiosamente confutato le argomentazioni di cinquanta retori pagani e fatto proseliti,
finanche la consorte del rappresentante imperiale e il capo delle guardie Porfirio; Ipazia viene
straziata da una torma di fanatici monaci parabolani, intolleranti del suo amore per l’indagine
speculativa e dell’indefettibile coerenza a valori etici dissimili dai propri, come pure del fascino
esercitato sullo stesso prefetto romano. Il misfatto fu perpetrato sotto il patriarcato di Cirillo
(412-444, poi fra i protagonisti del Concilio di Efeso del 431), cioè negli anni successivi agli
editti dell’imperatore Teodosio I del 391-392 che sancirono la proibizione dei culti ellenico-
egizi, la demolizione di statue e templi pagani, e videro pure l’avvicendamento dal filosofo al
vescovo nel ruolo di consigliere dell’autorità statale7.
Una delle voci più schiette di questa stagione di scontro ideologico – detta anche ‘epoca
dell’angoscia’ – è quella del maestro di grammatica Pallada di Alessandria (IV-V sec. d.C.). I
suoi epigrammi esprimono l’amarezza del poeta dinanzi alla rovina degli ideali ellenici, la pre-
occupazione per il proliferare di monaci e per gli editti teodosiani contro i pagani, l’ammirazione
per l’eccellenza di Ipazia:
Quando ti vedo mi prostro davanti a te e al tuo verbo, vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti, verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza del verbo, astro incontaminato
della sapiente cultura.
[Pallada, Antologia Palatina IX, 400]8.
Le radici di tale dicotomia fra ‘scienza prima’ e ‘speculazione teologica’ affondano nei libri
vetero e neo-testamentari. Nell’economia della Storia della Salvezza, i testi biblici presentano
il prophètes come colui che è inviato da Dio ad esortare il popolo all’obbedienza ed alla fedeltà
verso la sua Parola. Nonostante san Paolo avesse goduto a Cesarea dell’ospitalità del diacono
Filippo coadiuvato dalle quattro figlie nubili “che avevano il dono della profezia” (At. XXI,8-9),
nel raccomandare ai fedeli la corretta disposizione interiore ed esteriore da assumere innalzando
preghiere al Signore, così l’Apostolo delle Genti si pronunciava nella I Lettera a Timoteo 2,9-15:
Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e riserva-
tezza, non di trecce e ornamenti d’oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come
conviene a donne che fanno professione di pietà. La donna impari in silenzio, con tutta sottomis-
sione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne
stia in atteggiamento tranquillo. (…) Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di
perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia.
Ed ancora, nella I Epistola ai Corinzi 14,34: Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne
nelle assemblee tacciano perché non è permesso loro parlare; stiano invece sottomesse, come
dice anche la legge. Il modello da seguire è semmai quello di Anna, vedova consacratasi al ser-
Roberto Tollo
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vizio nel Tempio di Gerusalemme praticando digiuni e preghiere, e che eleva lodi a Dio alla vista
del Bambino Gesù (Lc. 2,36-38). O ancora, Macrina († 379), la giovane aristocratica del Ponto
che si votò al nubilato, all’ascetismo domestico, alla condivisione con gli ultimi.
La latente rivendicazione femminile all’annuncio delle Sacre Scritture divamperà tuttavia in
Frigia con l’eresia di Montano, iniziatore nel terzo quarto del II secolo di un movimento rigorista
caratterizzato dal profetismo estatico delle seguaci Maximilla, Priscilla e Quintilla, nunzie della
fine dei tempi. I Catafrigi sostenevano che su di loro, piuttosto che sui discepoli riuniti nel Cena-
colo, fosse disceso il Paraclito: le loro dottrine attecchirono in Africa settentrionale, affascinando
anche l’apologeta Tertulliano, che intorno al 207 vi aderì in posizione critica verso le gerarchie
episcopali cattoliche. Sant’Agostino li biasimò ripetutamente nei suoi trattati (ad es., nel De Ago-
ne Christiano 28.30) e la Chiesa Romana si sforzò di domarli sul piano disciplinare: alle donne
beneficiarie di divina ispirazione spetta l’esercizio dell’elemosina caritatevole, il ministero del
diaconato (purché vedove o vergini) ed il coraggio di rendere testimonianza alla Luce (cfr. Gv.
1,7-9 e Ef. 5,8-9), ma non l’insegnamento. In fondo, questa è la simbologia insita anche nel rac-
conto dei patimenti inferti a Lucia, la giovane martire siracusana d’inizio IV secolo9.
La storia del Cristianesimo delle origini percorse altre strade nella coniugazione di un’e-
semplarità al femminile: più concretamente efficace l’operato premuroso della vedova Fabiola,
discepola di san Gerolamo, vissuta all’insegna dell’assistenza caritatevole a storpi ed invalidi nei
nosocomi fondati fra 390 e 400 d.C. nell’Urbe e nell’agro romano10. Si andava profilando una li-
nea di demarcazione fra l’esaltazione dell’apostolato delle opere di misericordia e la stigmatizza-
zione interiore della Parola di Dio, più consono alla santità muliebre a partire dall’età comunale.
Si perviene dunque ad un’analogia per contrapposizione fra le due insigni mulieres nord-afri-
cane del IV e V sec.: Caterina è la strenua testimone delle sette virtù cristiane fino al battesimo
di sangue; Ipazia, epigone di Claudio Tolomeo, si erge a maestra di conoscenza, a sacerdotessa
della sapienza che osa cingere il mantello da filosofo proprio degli alessandrini. Nell’ora della
prova estrema, Caterina incarna la figura del messaggero di verità del Salmo XXXVI,30-31: “La
bocca del giusto medita la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è
nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno”, versetti che Agostino commenterà nella Enarratio
in Psalmum XXXVI/3,12. O ancora, secondo l’auspicio paolino, è la “figlia adottiva di Dio”, cui
“il Padre della gloria” ha concesso “uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda
conoscenza di Lui” (Ef. 1,17).
Ma la chiave interpretativa di ciò che la critica ha spesso valutato come mera sovrapposizione
di due personalità muliebri, può forse risiedere in una più attenta lettura dei simboli stessi delle
torture perpetrate.
Ipazia viene uccisa per mezzo di ostraka, cocci acuminati e taglienti che rievocano i fram-
menti di terracotta su cui venivano incisi i nominativi dei condannati al bando.
Il supplizio delle ruote puntute è invece stato spesso posto in rapporto con le carde, cioè que-
gli strumenti costituiti da un tamburo rivestito di uncini per districare il lino, la canapa o la lana,
poiché Alessandria costituiva il principale emporio commerciale dei tessili affacciato sul mar
Mediterraneo, oltre che consueto serbatoio cerealicolo11. Nel repertorio agiografico, ad es. nella
Storia di S. Caterina (strofa XXXVIII) del 1250 ca., l’ordigno di tortura è descritto “a quattro
ruote con ferri taglienti ed aguti”; analogamente, nella Legenda Aurea CLXVII (del 1260-90 ca.)
“l’attrezzo orrendo” si compone di “quattro ruote cinte di seghe di ferro e di chiodi aguzzi”, a
doppio moto inverso; Buccio di Ranallo nel 1330 parla di “quatro rote” con “coltella affilate”
(XX, vv. 1247-1268).
Caterina: icona della Teosofia
17
Generalmente frainteso o
semplificato dai pittori, questo
crudo dato narrativo trova più
fedele raffigurazione solo in
alcuni casi, come ad esempio
nelle pitture murali del 1340
ca. della Chapelle du Cheylard
a Saint-Geniès (borgo nella
Dordogna che all’epoca era
sottoposto alla dominazione
inglese.)12 (fig. 1), ove l’epi-
sodio è affiancato sulla parete
meridionale a quello di San
Giorgio che debella il drago.
Oppure nella tela di Jacopo
01 - Supplizio delle ruote, 1340 ca, Saint Geniès (Francia), Chapelle du
Robusti detto il Tintoretto di- Cheylard, seconda campata meridionale, registro mediano
pinta nel 1582-85 per la chiesa
veneziana di S. Caterina (fig.
2)13. In entrambe le opere si
contano quattro ruote.
Tutto ciò fece della gio-
vane la protettrice di coloro i
quali, nell’esercizio del pro-
prio mestiere, si trovavano ad
adoperare lame o ruote: arro-
tini, barbieri, carradori, ma-
iolicari, sarte. Il passaggio da
utensile lavorativo ad atroce
mezzo persecutorio è però da
collegare anche agli attributi
simbolici che caratterizzano,
dall’età ellenistica, Némesis, la 02 - Tintoretto, Supplizio delle ruote, 1582-85, Venezia, Quadreria del
personificazione della vendet- Palazzo Patriarcale (cf. Tav. I)
ta divina che punisce i crimi-
ni, ma anche la presunzione e l’orgoglio dei mortali. Si tenga inoltre presente che l’ingegneria
meccanica ellenistica ebbe il suo fulcro nella Scuola di Alessandria, fondata da Ctesibio nel III
sec. a.C. Proprio qui dovette essere escogitato il dispositivo tecnologico della ruota dentata: in
frantumi ai piedi di Ekateríne, essa poteva divenire allegoria dell’ars mechanica sottomessa alla
sapienza delle cose di Dio14.
Lo strazio delle ruote acuminate venne riservato anche a Giorgio di Cappadocia († 303), l’al-
tro grande santo ‘ausiliatore’ declassato dal calendario liturgico nel 1969, dopo i pronunciamenti
del Concilio Vaticano II15. Tuttavia nel 2002 la commemorazione della vergine Caterina è stata
ripristinata con carattere facoltativo al 25 di novembre.
Parallelamente, nella confessione ortodossa la ‘Megalomartire’ venne prescelta quale patrona
dei bibliotecari: opzione che tradisce il ricordo della prestigiosa Biblioteca tolemaica d’Alessan-
Roberto Tollo
18
dria, la cui data di distruzione rimane assai controversa, svariando dalla guerra mossa dall’im-
peratore Aureliano nel 272 d.C. contro Zenobia di Palmyra, all’assedio del conquistatore arabo
Amr ibn al-Asi nel 642 d.C.16.
Quantunque mai confortata da prove incontrovertibili, suscita perciò qualche interesse la te-
stimonianza di Basilios Myrsilides, nel 1897 insegnante di francese nella scuola della comunità
ellenica di Denizli presso Laodicea (in Asia minore), a proposito dell’esistenza in quel villag-
gio di una chiesa dedicata alla memoria di Ypatia, le cui eventuali tracce dovettero però essere
obliterate dal tremendo sisma del 1899. Una tradizione locale voleva infatti che Sinesio († post
413), discepolo della filosofa e dall’anno 410 vescovo di Cirene e metropolita della Tolemaide,
affranto dal tragico assassinio, convocasse un sinodo il 25 novembre del 415, nel corso del quale
avrebbe mostrato una lettera in cui Ypatia dichiarava il proprio desiderio di ricevere il battesimo
dei cristiani il sabato santo successivo. Gli ecclesiastici convenuti decisero pertanto di onorare la
memoria della sapiente alessandrina con una liturgia ogni 25 di novembre, data poi sovrapposta
al dies natalis della martire Caterina17. Evidentemente imbastita da un’accorta ‘cabina di regia’,
la leggenda rivela l’intenzione di ricomporre a posteriori l’atavica dicotomia fra sophia e revela-
tio, operando una commistione fra due distinti personaggi.
Sembrerebbe di cogliere un’eco di quanto insegnava sant’Agostino nel De Doctrina Chri-
stiana II.40.60 (opera elaborata fra 397 e 427 d.C.): Riguardo ai cosiddetti filosofi, massima-
mente ai platonici, nell’ipotesi che abbiano detto cose vere e consone con la nostra fede, non
soltanto non le si deve temere ma le si deve loro sottrarre come da possessori abusivi e adibirle
all’uso nostro.
È la cosiddetta teoria del “furto sacro”: al sapere filosofico viene assegnato un ruolo subalter-
no rispetto alle Sacre Scritture, funzionale alla comprensione di un pensiero più alto. Non si tratta
di tagliare i ponti con la cultura pagana, bensì di riconvertirla a nuovi fini esegetici. Ma proprio
introducendo il valore di un accordo tra fede e ragione e della loro necessaria complementarietà,
il Dottore di Ippona spianava implicitamente la strada ad una fusione fra le due carismatiche
donne di Alessandria.
Tuttavia, il te-
sto basilare per ri-
costruire la storia
della venerazione a
lei tributata è una
Passione in lingua
greca (τα Πάθη) re-
datta tra VII e VIII
secolo, ma tradotta
in latino solo verso
il 960 dal suddiaco
no partenopeo Pie-
tro26.
La leggenda del
la miracolosa tra-
slazione delle spo-
glie sul massiccio 06 - Federico Zuccari, Decollazione di S. Caterina, 1572, Roma, Santa Caterina dei Funari,
Cappella Cesi
del Sinai (l’altura
di Gebel Katherin) per mano degli angeli do-
vrebbe risalire invece all’VIII secolo inoltra-
to, metafora del salvataggio concreto operato
sotto l’assillo dalla jihad islamica: Alessandria
venne definitivamente occupata dagli Arabi
nel 646. In realtà, la tomba dovette trovar po-
sto solo nel tardo XI secolo nella chiesa eretta
alla Theotokos dalla coppia imperiale Giusti-
niano / Teodora fra 548 e 565 27.
La miniatura relativa al 25 novembre nel
Menologion di Basilio II (Biblioteca Apostoli-
ca Vaticana, Cod. Vat. Gr.1613, fol.207), con-
fezionato verso l’anno 985 nell’ergasterion al
Palazzo delle Blacherne a Bisanzio, mostra la
decapitazione della giovane patrizia ed il rogo
dei filosofi convertiti (fig. 5)28. Nel Diritto
Romano, la capitis amputatio era il genere di
condanna a morte sentenziata per i profanatori
della civitas e veniva comminata in età impe-
riale tramite spada. Tuttavia nel 1572 Federi-
co Zuccari, in un affresco nel presbiterio di S.
Caterina dei Funari a Roma (fig. 6), metterà
in mano al boia una scure, secondo la consue-
tudine seguita nell’epoca repubblicana: l’ascia
racchiusa da un fascio di verghe era il simbolo
07 - Girolamo Siciolante da Sermoneta, Decollazione
dei lictores che scortavano i magistrati di giu- di S. Caterina, 1567, Roma, Basilica di Santa Maria
stizia29. Maggiore, Cappella Cesi (cf. nota 29)
Roberto Tollo
22
09 - Madonna in trono col Bambino e sante, 1170-99 ca, 10 - Santa Caterina d’Alessandria, 1020-30 ca, Steiri
Montmorillon (Francia), Chiesa di Notre Dame, catino (Grecia), Chiesa del Monastero di Hosios Loukas, nartece
absidale (cf. Tav. IV)
Né mancano tracce della venerazione nell’entroterra dell’Impero d’Oriente. Nella chiesa mo-
nastica di Karabaş Kilise a Soğanli, in Cappadocia, decorata nel 1060-61 sotto il regno di Co-
stantino X Ducas (un decennio prima del dilagare in Anatolia dei Turchi Selgiuchidi), la coppia
dei donatori venne ritratta ai piedi dell’arcangelo Michele e s. Caterina30.
In dipendenza da un soggiorno di sei anni nel monastero sinaita del futuro abate cassinese
Giovanni III (998-1010), il culto conobbe una fioritura nell’XI secolo presso i cenobi dei Bene-
dettini, esaltata dagli eleganti versi dei carmi latini dell’arcivescovo Alfano di Salerno (1015/20-
1085); simultaneamente, l’Ordine ne irradiava la devozione in Normandia per esportarla poi in
Inghilterra. La reliquia di un dito della Santa approdò a La Sainte Trinité-du-Mont di Rouen fra
1033 e 1047 e fu poi mostrata al Concilio che si tenne a Caen nel 104731.
Nell’ultimo quarto del XII sec. Clemence of Barking, monaca di un’abbazia dell’Essex,
Caterina: icona della Teosofia
23
4. Basilissa
Mentre nell’Impero d’Oriente, all’epoca della dinastia macedone, il cronista nonché cattedra-
tico bizantino Michele Psellós (1018-1096), conciliatore del neoplatonismo col cristianesimo,
inseriva a pieno titolo Ipazia fra gli exempla muliebria del mondo antico42, Caterina diveniva
la personificazione allegorica del dibattito sull’abuso della dialettica che infiammò la cultura
Roberto Tollo
26
18 - S. Caterina, 1362, Pavia, Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, Arca di Sant’Agostino, dettaglio della volta
e cantano beati nel cielo del Sole della Comedia di Dante (Paradiso, X), ove svettano proprio i
Campioni degli Ordini Mendicanti che a lei si raccomandarono nella vita terrena.
Un dittico di lastre in marmo scolpite a bassorilievo ed attribuite alla bottega del senese Tino
di Camaino, databile al decennio 1320-30, propone la pia fanciulla sotto un arco a tutto sesto,
fornita, oltre che dei consueti distintivi della nobiltà e del supplizio, anche del testo della Parola46
(fig. 17). È implicita un’evocazione dei versetti del Salmo XL,8-9: “Sul libro di me è scritto, che
io faccia il tuo volere”. Da notare che la Martire indossa il cingulum, ovvero la cintura che le
donne maritate dell’antica Roma portavano sotto il seno: pertanto questo accessorio la qualifica
ulteriormente quale sponsa Christi.
Nel rilievo marmoreo di un pennacchio della volticella dell’Arca di sant’Agostino in S. Pie-
tro in Ciel d’Oro a Pavia (monumento commissionato nel 1362 ai Maestri Campionesi dal priore
eremitano Bonifazio Bottigella), Caterina – a pendant con s. Bibiana, martire dell’illibatezza nel
362 sotto Giuliano l’Apostata – volge lo sguardo verso la Vergine Maria, tenendo accostati al
corpo la ruota dentata, la palma ed un libro47 (fig. 18).
Si deve al mecenatismo di Jean de Valois, terzogenito del re di Francia, il codice miniato
de Les Belles Heures, confezionato fra il 1409 e il 1412, se non già fra 1405 e 1408. Il duca de
Berry, insaziabile e raffinato collezionista, ne affidò la realizzazione ai fratelli Pol, Hermant
e Jehannequin de Limbourg, i quali lo suddivisero in otto cicli di illustrazioni; quello relativo
alla Storia di S. Caterina, che segue immediatamente il Calendario, comprende undici episodi.
La miniatura raffigurante Caterina intenta alla lettura decora il f. 15r (fig. 19): la principessa
alessandrina, liberalium artium studiis erudita et incredibili pulcritudine omnium oculis admi-
rabilis, è assorta fra le navate di un solenne Tempio della Divina Sapienza nella lettura dei sacri
Roberto Tollo
28
Un campionario di oggetti pregni di valenze allusive alle arti liberali e meccaniche circonda
la Patrona degli Studi: uno specchio, una squadra, un compasso, dei libri, un fusto di colonna,
una piramide gradonata e, soprattutto, una sfera armillare accanto ad un globo terracqueo e ad
una sfera celeste. Ponendosi nel solco della tradizione allegorica codificata dalla Iconologia di
Cesare Ripa, ripubblicata a Roma nel 1603 con le xilografie del Cavalier d’Arpino, il pittore bo-
emo sembra voler quasi recuperare significati ulteriori per lo strumento del martirio: “la spada
è il rigore, che bisogna adoprare alla ragione, per mantener netto il campo delle virtù da vitij
predatori de beni dell’anima”.
Ma, soppesando l’economia generale della raffigurazione, destinata alla celebrazione
della Protettrice delle discipline impartite presso l‘Universitas Carolina Pragensis (fondata
nel 1348), non si può fare a meno di sospettare un criptico rimando anche ad Ipazia, per-
fezionatrice ad Alessandria d’Egitto di svariati strumenti scientifici: astrolabio, aerometro,
idroscopio49.
A Napoli, capitale del Viceregno di Spagna tragicamente spopolata dall’epidemia di peste e
conseguente carestia, il calabrese Mattia Preti realizzava fra 1657 e 1659 cinque tele con Storie
della Martire per il soffitto del transetto della chiesa di San Pietro a Majella. Commissionato dal
vescovo Fabrizio Campana, già abate dei Celestini, il ciclo celebra la compatrona della Congre-
gazione benedettina: Disputa coi sofisti, Prigionia, Decollazione, Nozze mistiche, Traslazione
sul Sinai50. Qui l’omaggio alla Santa, oltre a richiamare alla memoria il trasferimento quattro-
centesco dal cenobio di Santa Caterina a Formiello, rilanciava la rivendicazione di quei monaci
penitenti in chiave di fedeltà all’integrità evangelica.
Tuttavia, la narrazione delle gesta della Martire divenne davvero popolare fra i fedeli della
Chiesa d’Occidente solo dal XII secolo per effetto delle Crociate, e successivamente grazie alla
divulgazione della Legenda Aurea.
Nel 1214, dopo quasi un decennio di reggenza del Patriarcato Latino di Gerusalemme, veniva
assassinato a San Giovanni d’Acri il presule Alberto de Castro Gualterii. Questi, dopo un lungo
episcopato a Vercelli (1185-1204), era stato mediatore di pace in Galilea e liberatore dei cristiani
prigionieri degli Ayyubiti ad Alessandria. Nel 1205 Lotario da Cremona, insigne giurista e suo
successore quale vescovo di Vercelli dal 1205 al 1208, dedicava nel Duomo di Sant’Eusebio una
cappella a S. Caterina. Non è chiaro chi fosse effettivamente venuto in possesso di una reliquia
della Martire d’Alessandria, per serbare degnamente la quale il facoltoso cardinale e bibliofilo
Guala Bicchieri (1205-1227), legato pontificio di Innocenzo III, fece ricorso ad uno scrineum
operis lemovicensis: vale a dire una teca in rame dorato con coperchio a doppio spiovente, fi-
gurette en applique sulla fronte, adorna di smalti champlevé e 16 pietre en cabochon, prodotta a
Limoges ed acquistata dall’ecclesiastico fra 1208 e 1209 nel corso del suo viaggio di riforma del
clero francese. Sui due fianchi, contro uno sfondo a smalto blu traversato da due bande più chia-
re, si stagliano le slanciate immagini delle vergini Caterina e Barbara, mentre sul lato posteriore
si susseguono figure geometriche romboidali51.
Una pia tradizione vuole che a Lapío, borgo normanno dell’Irpinia, la chiesa di Santa Cate-
rina d’Alessandria custodisca da secoli un molare della Martire. Riccardo Filangieri, marescalco
di Federico II di Svevia, lo avrebbe asportato dal sepolcro sul Monte Sinai durante la VI Crociata
Roberto Tollo
30
21 - Niclaus Gerhaert di Leida, busto reliquiario 22 - S. Caterina si raccoglie in preghiera dinanzi all’impe-
di S. Caterina, 1465 ca, New York (USA), The ratore, 1290-99 ca, Città del Vaticano, Pinacoteca
Metropolitan Museum (cf. nota 52)
7. Nozze mistiche
solenne di castità, povertà ed obbedienza all’insegna dell’umiltà, indossavano solitamente il velo loro
imposto dalle mani dell’abbadessa: quello bianco del candore virginale per le converse, quello nero
delle figlie di santa Monica per le coriste. Le osservanze – non senza varianti provinciali – prescrive-
vano che le postulanti ricevessero dall’officiante anche l’anulus fidei, da portare all’anulare sinistro60.
8. Peregrinatio
Le ricerche di Jürgen Simon e Cornelia Herbers hanno consentito di ricostruire le tappe della
leggendaria acquisizione della reliquia cateriniana da parte del monastero femminile di Gräfrath
Roberto Tollo
34
(in Renania, a nord di Colonia), al principio del XIV secolo. Una pia
tradizione vuole che i protagonisti siano stati due esponenti del nobile
casato renano dei conti von Hückeswagen.
Dopo che nel 1308 l’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni
(ispirato alla Regola agostiniana ed approvato da papa Pasquale II
nel 1113, dal 1291 di stanza a Cipro)67 ebbe strappato l’isola di Rodi
ai musulmani, uno di quei cavalieri si recava in Terra Santa spin-
gendosi fino alla penisola del Sinai, dove riusciva ad ottenere – o a
trafugare? – un frammento osseo dal sepolcro della Martire68. La mi-
racolosa reliquia perveniva nel 1309 alla sorella Katharina, religiosa
nel chiostro di Gräfrath, ove dal 1312 fino al 1315 fu custode del
venerato scrigno argenteo vivendo un’ascetica penitenza in ossequio
al proprio nome69.
L’insediamento di forma vitae agostiniana, risalente al 1187, è
forse da legare a quella primigenia espansione del ramo femmini-
le eremitano in terra di Germania che contraddistinse il settimo e
l’ottavo decennio del Duecento70. Soppresso il monastero nel 1803,
le sacre suppellettili della chiesa sono pervenute solo in parte alla
parrocchiale di St. Mariä Himmelfahrt, ma un reliquiario tardotre-
29 - Reliquiario dell’osso di S. centesco della vergine alessandrina è attualmente in mostra presso il
Caterina, XIV sec., Solingen,
Gräfrather Kirchenschatz del Deutsches Klingenmuseum di Solingen
Deutsches Klingenmuseum,
Gräfrather Kirchenschatz assieme ad alcuni preziosi ostensori (fig. 29).
Fra 1305 e 1312 fu magister nello Studium di Parigi Heinrich von
Friemar (1245-1340/42), già provinciale degli agostiniani tedeschi nel 1290-99 e successiva-
mente del monastero di Erfurt. Come vedremo, non fu un caso se, nell’anno 1318, si decise di
trasformare la sagrestia di quella chiesa in una cappella consacrata a Caterina d’Alessandria, al
fine di ubicarla accanto al coro. Autore di vari trattati di contenuto mistico, che gli valsero l’ap-
pellativo di doctor seraphicus, compose nel 1334 una galleria di modelli di perfezione religiosa
da additare ai suoi confratelli, il De origine et progressu Ordinis Fratrum Heremitarum et vero
ac proprio titulo eiusdem. Ma, come ben evidenziato da Pierantonio Piatti, in nessuno dei cin-
que capitoli dell’opera il cronista si sofferma, eccezion fatta per Monica di Tagaste, su profili di
sanctae mulieres71.
Tuttavia, secondo la testimonianza dell’apologeta Giordano di Quedlinburg (1299-1380, più
volte priore provinciale di Sassonia-Turingia), riportata nel Liber Vitasfratrum di cui terminava
la stesura nel 1357, in un monastero della diocesi di Colonia, chiamato Grevenrode, si conserva
un piccolo osso di S. Caterina Vergine, che solitamente stilla in modo miracoloso alcuni liquidi,
ora latte ora olio ora un altro liquido; ma già da qualche tempo aveva cessato di dispensare quei
doni così meravigliosi. Un giorno dirigendosi in quel monastero, il suddetto uomo di Dio, Enrico
(von Friemar), mentre celebrava la messa sull’altare della beata Caterina, dove si custodivano
le sue reliquie – egli era molto devoto della beata Caterina –, trovandosi al momento del Cano-
ne nel pieno del suo fervore, ecco quel sacro piccolo osso incominciò visibilmente a stillare e a
diffondere con abbondanza i liquidi meravigliosi. Con quel miracolo la beata Vergine Caterina
si degnò di rivelare apertamente che quell’uomo era suo devoto e cappellano assai gradito72.
Questa memoria venne accolta nel 1644 da Tomás de Herrera (Monasterium Graverende, in
diocesi Cabinensi) e nel 1678 da Luigi Torelli (nella Provincia nostra di Sassonia un Monistero
Caterina: icona della Teosofia
35
vicino alla Città di Graveronde)73: le varianti riscontrabili tanto nel toponimo, quanto nella dio-
cesi o provincia di incardinazione, indurrebbero ad identificare il sito menzionato nell’odierna
Gräfenroda, località prossima all’insediamento eremitano di Gotha (fondato nel 1249, nel 1478
passato alla Congregazione di Osservanza), nella Provincia Saxoniae et Thuringiae. Il Torelli
aggiunge anche che il confratello germanico honorava, e riveriva la gloriosa Vergine, e Martire
S. Catterina gloriosa Protettrice de’ nostri Studj Agostiniani (…) E ben diede a conoscere questa
sua gran divotione speciale verso la detta Santa, all’hora che compose, e divolgò quel bellissimo
Libro de’ Sermoni de’ Santi, di tutto l’Anno…
Questo florilegio alla beata Catarina ci è pervenuto grazie ad una rara cinquecentina: Henri-
cus de Vrimaria, Opus sermonum exactissimorum de Sanctis, Hagenau 1513, CXCVIII-CCVI74.
Il dilemma topografico può essere ragionevolmente sciolto qualora si prendano in esame una se-
rie di deposizioni di frati e monaci di altre comunità mendicanti e benedettine i quali, fra 1312 e
1323, assistettero al ripetersi del miracolo della effusione presso il “monasterium sancte Marie in
Greuerode monialium ordinis sancti Augustini”, contemplando una “fialam vitream parvam, in
qua pendebat in filo cerico modicum fracmentum ossis virginis Katherine”. Il chiostro è proprio
quello di Gräfrath, nella Provincia e Diocesi di Colonia75.
Dunque, se ne evince che il sacrario di questo rapporto privilegiato fra i religiosi eremitani e
la loro “grande avvocata” parrebbe essere stato il “Monistero vicino alla città di Graveronde”:
questo cenobio vantava nel primo quarto del XIV secolo la custodia del summenzionato ossi-
culum della Martire, reliquia che fu contemplata dallo stesso frate Henricus de Vrimaria stillare
“pretiosi liquori”. Si tratta di due metafore neotestamentarie: il puro latte spirituale è la Parola di
Dio nutrimento di salvezza (I Pt. 2,2), mentre l’olio di letizia, datore di forza spirituale, è proprio
dell’unzione divina (Eb. 1,9). Nelle Sacre Scritture, l’elemento vitale del latte assurge a simbolo
messianico: insieme al miele, esso rappresenta fecondità, bellezza, libertà e benessere, come è
attestato dalla celebre definizione applicata alla Terra Promessa, “terra ove scorre latte e miele”.
Il latte è anche evocazione di candore e dolcezza, come si dice riguardo alle parole e ai baci della
donna amata nel Cantico dei Cantici, che ha “miele e latte sotto la sua bocca” (4,11), ed il suo
promesso baciandola dichiara di “suggerne il latte” (5,1).
Tale rimando alla prodigiosa trasudazione di latte ed olio conformava la venerazione che si
andava promuovendo in seno all’Ordine Mendicante alla secolare tradizione del culto sinaitico e
garantiva, in un certo senso, dell’autenticità di quei resti taumaturgici76.
Del resto, il confratello Jacopo da Verona (1290-1345 ca.), lector fratrum Eremitarum in
Sant’Eufemia, nel settembre del 1335 aveva visitato l’impervio monastero della Beata Caterina
sul Sinai, rendendo testimonianza di averne toccato il capo ed alcune ossa del corpo, ma anche
contemplato le miracolose essudazioni77.
A pochi anni di distanza dalla bolla di papa Giovanni XXII, che aveva concesso agli Ere-
mitani di risiedere in San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia presso le spoglie del Padre Legislatore
(Veneranda Sanctorum Patrum del 20 gennaio 1327), i suoi figli prendevano così a rivendicare
anche il possesso di una reliquia ex ossibus della Patrona dei loro studi. La commemorazione
della savia fanciulla, che disputò impavida con i filosofi pagani, esaltava il nesso profondo fra
vita eremitica e sapienza, fra ascesi ed eloquenza78.
Tutto ciò è ben sintetizzato nei rilievi scultorei della tomba di Lanfranco Settala il gio-
vane († 1355), magister Sacrae Paginae all’Università di Parigi e confessore dell’arcivescovo
Giovanni Visconti (figg. 30a-30b). L’arca, posta nel braccio destro del transetto della chiesa
agostiniana di San Marco a Milano, mostra sulla fronte il letterato eremitano in cattedra ed at-
Roberto Tollo
36
30a -30b - Scultore toscano, Tomba di Lanfranco Settala, 1360 ca, Milano, Chiesa di San Marco
torniato dai suoi allievi, intenti ad ascoltarlo; nelle due nicchie laterali, le sante fanciulle Agnese
e Caterina, i nomi delle quali evocano la virtù della purezza virginale ed il rifiuto di rendere
omaggio a falsi idoli, sottintendendo una raffinata esortazione al retto apprendimento. L’opera
viene attribuita ad un seguace del pisano Giovanni di Balduccio, chiamato a Milano nel 1334 da
Azzone Visconti79.
Questo appello carismatico ritorna in un affresco della chiesa di Sant’Agostino a Bergamo
(consacrata nel 1347), realizzato verso il 1370 dal cosiddetto ‘Maestro della Madonna del Parto’
e raffigurante Sant’Antonio abate accanto a S. Caterina d’Alessandria (fig. 31). La giustappo-
sizione dei due taumaturghi egizi sulle pareti di un’aula eremitana ribadisce il concetto della in-
dispensabile compresenza delle due anime vocazionali in seno all’Ordine mendicante: deserto e
città, ascetismo e cultura, preghiera e proclamazione. In sintesi: vita contemplativa e vita activa.
Il ‘Padre dei Monaci della Tebaide’, inoltre, si recò nel 311 proprio ad Alessandria per rincuorare
la comunità cristiana provata dalla nuova persecuzione di Massimino Daia; tuttavia nel suo epi-
stolario non si tributa alcun omaggio alla Martire (Migne, PG XL, coll. 977-1000)80.
Nel 1497 il munifico Guillaume De Perrier, prelato francese auditore di Rota, commissionava
alla bottega d’un valente scultore lombardo (presumibilmente Andrea Bregno o Luigi Capponi)
un dossale d’altare per la chiesa romana di Santa Maria del Popolo. Il trittico marmoreo – oggi
relegato nel corridoio della sacrestia – esaltava le devozioni dell’Osservanza di Lombardia mo-
strando la Madonna in preghiera a mani giunte fra i santi tutelari Agostino e Caterina.81
L’orgoglio di un simile discepolato conoscerà una diversa manifestazione figurativa in un
quadro di 120 anni dopo. La pala d’altar maggiore – commissionata ante 1618 a Leandro dal
Ponte dai frati del Monastero di Santa Cattarina a Bassano (insediamento fondato nel 1441, dal
1476 alla Congregazione Osservante di Lombardia) – propone infatti la variante dell’Incorona-
zione della sapiente fanciulla da parte del Bambino Gesù in braccio alla Madre (fig. 32): la solen-
ne cerimonia si svolge presso un baldacchino in cima alla scalinata di un tempio – traduzione ar-
Caterina: icona della Teosofia
37
berto da Padova (1269-1323/28), lector negli Studia di Padova (1316) e Bologna (1317), prima
di essere chiamato nel 1319 presso l’ateneo di Parigi. Il gesto del magister theologiae, ispiratore
dell’impalcatura dottrinaria dell’intero ciclo pittorico, sarebbe da interpretarsi in rapporto a quel-
lo della Martire alessandrina: sollevata da terra, la Taumaturga sta poggiando la mano sinistra sul
tetto dell’oratorio, quasi a voler approvare il programma approntato dal dotto agostiniano. Questi
espose nei propri Sermones il valore delle opere buone, la cui ricompensa sarà la felicità eterna,
ed Enrico Scrovegni intendeva con la sua impresa riscattare la propria famiglia dall’accusa di
esercitare l’usura: ciò si tradusse nell’oneroso cantiere della cappella destinata alle adunanze dei
Cavalieri Gaudenti, sotto la diffidente sorveglianza degli agostiniani.
Come è stato ribadito da Elsa Filosa, “Giotto attuò nella pittura ciò che Boccaccio attuò nella
letteratura”. Davvero la sue sante donne dipinte alla Cappella dell’Arena “da icone, ieratiche e
piatte, tornano ad avere spessore in un tutto tondo assai mobile; da simbolo di rinvio a qualcos’al-
tro tornano a essere se stesse”83. La prima figlia dell’artista del Mugello era stata battezzata intorno
al 1290 proprio col nome di Caterina. A Padova, a partire dal 1377, la Universitas Scholarum Iuri-
starum istituirà una solenne processione in onore della Santa ogni 25 di novembre.
Nel 1267, per impulso del vescovo Tommaso Fusconi e del frate Ambrogio Sansedoni, do-
menicani, veniva costituita a Siena la prima fraternita di Laudesi, ossia di laici esperti nell’e-
secuzione di laude in volgare, i quali si curavano anche di formare leve di giovani cantori. Per
una Compagnia dei Laudesi di Firenze – fondata dal predicatore Pietro da Verona verso il 1244
– Duccio di Buoninsegna dipinse nel 1285 la pala di S. Maria Novella, detta Madonna Rucellai84.
Nella Lauda XVII del ms. 91 della Biblioteca Comunale di Cortona, raccolta composta da 46
melodie spettanti a diversi rimatori e datate da Guido Mazzoni anteriormente al 1297, Katarina
martire beata è la Vergene donçella da Dio amata, fillia de re e de raina, vittima d’un crudel
tiranno pien d’errore85.
In tale contesto culturale – e forse proprio in terra senese – potrebbe aver operato il poeta
religioso Garço, in passato ritenuto bisavolo di Petrarca. Al rimatore toscano spetterebbe una
Storia di S. Caterina, in stanze di dieci versi, databile intorno al 1250. Come posto in evidenza
dal Mancini, le parole indirizzate dalla vergine beata al re Massenzio ci consegnano, nei versi
della strofa VII, l’identificazione fondamentale di Caterina = sapienza teologica:
bene m’iscuso ch’io non so’ profeta
né non ó scïenza di poeta:
ma a Cristo io sono più secreta.
Così, la pia donzella può bollare la scïenza delli savi per stoltezza perché senza la fede istà
la mente iscura (strofa XXIII)86.
Nel 1330 il cronista aquilano Buccio di Ranallo comporrà in distici di settenari baciati una
Ystoria in volgare abruzzese sulla virtuosa damiscella – forse destinata alla recitazione di una
compagnia religiosa – che costituisce il riflesso della convinta devozione popolare anche nel
Regno Angioino. Qui Catarina, vergene pura et fina, padrona d’omne lengua et septe arti, sprez-
zante delle bellizzi mundane, stordisce e svergogna quei docturi cechi della mente, muovendoli
a ravvedersi e a non temere la morte del corpo; il loro lavacro battesimale sarà proprio l’atroce
castigo inflitto dal tetrarca87.
Caterina: icona della Teosofia
39
fermaglio circolare, tempestato di pietre preziose a disegnare una croce. Sul capo – dai biondi
capelli raccolti in un’acconciatura a treccia, consoni alla ‘beltade’ di Lapo Gianni o Francesco
Petrarca – spicca un diadema aureo gemmato, allusivo alla regalità di stirpe, mentre la mano
destra impugna la ‘palma del giusto’ (Sal. XCII,13; Ap. VII,9), premio di vittoria, e la sinistra
sostiene un codice, consueto connotato sapienziale. Fra il libro ed il corpo della fanciulla si in-
travvede la sezione superiore dello strumento del suo supplizio, la ruota dentata che fu infranta
da un angelo simile a quello che dall’alto sta sorvegliando l’Eroina della Fede.
Inoltre, il pollice della mano sinistra della Santa tocca il dito mignolo della destra: si tratta di
un gesto del computo digitale e della mnemotecnica, atto ad enumerare argomenti e desunto dal-
le disputationes delle scuole di retorica medioevali. Esso cela forse anche un rimando al versetto
dell’Apocalisse I,17: “Io sono il primo e l’ultimo”91.
Caterina si accampa accanto alla Madonna quale protettrice invocata nell’ora della morte:
è lei che supplicherà la Vergine di difendere i peccatori dinanzi al tribunale del Giudizio, allor-
quando l’Arcangelo psicostata si accingerà a pesare le anime dei defunti con la bilancia di giu-
stizia. Prendendo le mosse dal passo del Libro di Giobbe XXXI,5-6, sant’Agostino si sofferma
ripetutamente nei suoi scritti sulla bilancia dell’equità, sui piatti della quale verranno valutate
le buone e le cattive azioni: ad. es. Enarratio in Psalmum LXXII,23.17; Contra Faustum Mani-
chaeum XXII,43.
‘Archistratega’, cioè primo soldato della milizia celeste, Michele impugna impassibile la
spada con cui ha sconfitto Satana, ed indossa una clamide purpurea sopra la dalmatica. L’arma
bianca richiama, per contrasto, il supplizio a fil di spada cui fu sottoposta la nobile diciottenne92
(fig. 34b).
Il Dottore di Tagaste, assorto e vestito del nero saio con cuculla sotto i paramenti episcopa-
li, compariva significativamente giustapposto proprio alla Martire alessandrina a rivendicare i
carismi della spiritualità agostiniana: conversione e castità, eremitismo e disputa, testimonianza
e studio. Inoltre, come san Michele è l’angelo vincitore del diavolo (Ap. XII,7-12), così sant’A-
gostino è il Padre della Chiesa debellatore degli eretici tramite i suoi scritti polemici, in primo
luogo il De haeresibus del 428-429. Anche il santo patrono Geminiano, episcopo modenese
vissuto fra 312 e 397, si prodigò nel contrastare le eresie di Ario e del monaco Gioviniano, oltre
ad essere rinomato esorcista. Guarda pertanto benigno alla Genitrice assisa alla sua sinistra, la
cui verginità aveva difeso al Concilio di Milano del 39193.
Svariati attributi iconografici accomunano i due sommi prelati: baculo pastorale; barba e
baffi; chiroteche (o guanti episcopali); codice rilegato; mitria di damasco bianco ricamata e gem-
mata; piviale ricamato94.
Simone Martini, nell’arco della propria carriera, affrontò nuovamente il soggetto della Pa-
trona degli Studi, dipingendo la Martire d’Alessandria in almeno altri tre polittici commissiona-
tigli dagli Ordini Mendicanti: Domenicani, Francescani, Serviti95. Questa ipotesi interpretativa
appare maggiormente plausibile se considerata in parallelo alla commissione allo stesso maestro
senese, da parte dell’Ordo Eremitarum, delle pitture sia per la bara del beato, sia per un polittico
promozionale del culto da tributare ad Agostino Novello da Terano (1235 ca.-1309), l’eremita
di San Leonardo al Lago campione di umiltà e taumaturgo dell’infanzia (verso il 1324-28, per
Sant’Agostino a Siena)96.
Proprio sull’intradosso dell’arco trionfale della chiesa del romitorio di San Leonardo, nella
selva di Lecceto, il senese Lippo Vanni dipinse, fra 1360 e 1370, le immagini a figura intera
delle sante Katherina e Monica: la prima incarnazione della sponsa Christi; la seconda, vedova
Caterina: icona della Teosofia
41
Una differente scelta semantica dettava ad Ambrogio Lorenzetti l’impianto compositivo del-
la Maestà affrescata fra 1335 e 1338 nella sala capitolare del cenobio di Sant’Agostino a Siena
(oggi lunetta della Cappella Piccolomini all’interno della chiesa) (fig. 38a).
Assisa su un seggio costituito dalle ali fiammeggianti dei serafini – il coro angelico dedito
all’adorazione e al servizio al trono celeste (cfr. Is. VI,1-3) – Maria sorregge in grembo il piccolo
Gesù, spaventato dal cinguettio di un passero che la Madre gli sta mostrando. Tanto il gesto di
stupore del Bimbo a braccia aperte, quanto le ali spalancate dell’uccellino sono da intendersi
come prefigurazione dell’olocausto della crocifissione. L’assenza della macchia color cremisi
nel piumaggio sconsiglia di identificarlo come uno dei passeriformi implicati nelle leggende
popolari fiorite intorno alla corona di spine della Passione di Cristo: cardellino, fringuello, pet-
tirosso101.
Fanno da corteggio alla Madonna un gruppo di otto santi genuflessi, che ostentano i loro at-
tributi iconografici come pegno di ricompensa eterna. Si riconoscono dunque Agata ed Agostino,
Caterina e Bartolomeo, Maria Maddalena e Michele arcangelo, Apollonia ed un eremita canuto
(variamente interpretato come Antonio Abate oppure Guglielmo di Malavalle). Il Numida sta
porgendo tre libri, allusivi alla sua immensa produzione teologica, i quali visivamente paiono
sfiorare il capo della Martire alessandrina, quasi ad omaggiare l’ispiratrice degli studi eremitani.
È da ricordare che a Siena si tenne nel 1338 quel Capitolo Generale dell’Ordine che, oltre a disci-
plinare il cursus studiorum dei novizi, sancì la conferma nella carica di priore di frate Guglielmo
de Villana, fautore, assieme al predecessore Alessandro da Sant’Elpidio, della cura ed implemen-
to dei codici all’interno delle biblioteche conventuali. A sessant’anni dalla sua formulazione, si
può pienamente convenire col giudizio di Enzo Carli: «L’opera tra l’altro presenta, nelle quattro
Caterina: icona della Teosofia
43
38a-38b - Ambrogio Lorenzetti, Maestà, 1335-38, Siena, Sant’Agostino, Cappella Piccolomini (cf. Tav. XIII)
La storia della venerazione alla Santa di Alessandria da parte delle moniales sub Regula Au-
gustini è feconda e plurisecolare.
Roberto Tollo
44
41 - Maestro dell’Incoronazione, Incoronazione della Vergine 42 - Cecco di Pietro, Pietà fra sei santi (part.), 1377,
e santi, 1340 ca, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche Pisa, Museo Nazionale di San Matteo
43 - Girolamo Cialdieri,, Gloria di S. 44 - Pittore attivo a Roma, secondo 45 - P.P. Rubens, S. Caterina d’A-
Caterina, 1635-40 ca, Urbino, Monastero quarto del XVII sec., S. Caterina, lessandria, 1620 ca, New York,
di Santa Caterina, oratorio, volta Urbino, Galleria Nazionale delle Metropolitan Museum
Marche (cf. Tav. XIV)
Questo particolare denota una committenza nell’ambito dell’Ordine Mendicante, che deside-
rava rivendicare la propria diretta discendenza dal Numida: si può ipotizzare la comunità del
convento pisano di San Nicola, entrato a far parte della Provincia Etruriae nel 1296, mentre
per il ramo femminile il monastero di maggiore richiamo spirituale fu quello di Santa Croce
sull’Arno, istituito nel 1294109.
Viceversa, è nota la più tarda attività del pittore urbinate Girolamo Cialdieri (1593-1646) per
la clausura agostiniana della sua città natale, con la quale dovette instaurare un dialogo non di
mera natura professionale se la figlia del maestro venne battezzata proprio col nome di Caterina
Barbara. Allievo del veronese Claudio Ridolfi, gli sono state infatti attribuite da Marina Cellini
una pala con le sante Caterina e Teresa d’Avila in estasi, un ovato ad affresco posto al centro
della volta della cappella monastica con la Gloria della santa eponima (fig. 43) e una tela di
committenza Albani con una monumentale immagine della Martire.
Ispirata alla statuaria classica – quasi una Demetra a cui sia stato sostituito l’attributo delle
spighe di grano con la palma martiriale – la maestosa figura della Santa Principessa (fig. 44)
sembra in realtà improntata agli stessi criteri stilistici che orientarono, nella Roma del quinto
decennio del Seicento, il pennello di Francesco Cozza o di Gian Domenico Cerrini, seguaci del
Domenichino110. Uno dei modelli di riferimento può essere individuato in una celebre incisione
autografa di Pieter Paul Rubens del 1620 ca. (fig. 45), tratta dagli studi del maestro fiammingo
per la decorazione del soffitto della chiesa dei Gesuiti ad Anversa: ben 39 tele, sfortunatamente
distrutte da un incendio nel 1718. La figura della Martire – per la quale dovette posare la prima
moglie del pittore, Isabella Brant – svetta solenne su un tappeto di nuvole tra gli svolazzi del pan-
neggio gonfiato dal vento: munita di spada e palma, rivolge benevola lo sguardo all’assemblea
dei fedeli, calcando sicura col piede destro uno spezzone di ruota acuminata111.
Nell’ottavo decennio del Trecento si registrava viceversa la fondazione del chiostro di Co-
stanza, sulle sponde dell’omonimo lago nel Baden-Württemberg. Nel 1370, infatti, sotto il prio-
rato del generale Ugolino Malabranca da Orvieto (1368-1371), al locale cenobio maschile della
Roberto Tollo
46
50 - Bottega bavarese, 51 - Bottega di Nottin 52 - Atelier della Francia 53 - Maestro napoletano della
S. Caterina trionfatrice, gham, S. Caterina trion settentrionale, S. Caterina Cappella Pipino, S. Caterina,
1350 ca, Norimberga, fatrice, metà del XV sec., trionfatrice, metà del XIV 1350-58, Venosa, Abbazia del
Museo Nazionale Ger Philadelphia, Museum of sec., Lille, Palais des Beaux- la SS. Trinità, navata mediana
manico Art (cf. nota 117) Arts
In un bassorilievo in ter-
racotta dipinta modellato ad
Utrecht intorno al 1480 (fig. 54),
la Principessa, armata di spada e
ruota, calca fiera il crudele so-
vrano, ma la corona circolare
del suo nimbo reca un’iscrizione
che suggerisce una provenienza
della placca rettangolare: “Oh
Santa Caterina, prega per noi”.
È perciò plausibile che l’imma-
gine della vergine alessandrina
vegliasse i degenti dell’ampio
ospizio di Sant’Eligio nella cit-
tà dei Paesi Bassi settentrionali,
fondato nel 1440 dalla gilda dei
fabbri per l’assistenza caritate-
vole dei sodali infermi o anzia-
ni. Oppure, essa è giunta dalla
ridedicata Sint-Catharijnekerk,
il complesso conventuale in cui
si insediarono nel 1528 i Cava-
lieri Ospedalieri di San Giovan-
ni – combattenti per la fede e 56 - Maestro della Leggenda di Santa 57 - Pietro Bernini, S. Caterina
Lucia, S. Caterina trionfatrice, 1482 d’Alessandria, 1591 ca, Morano
soccorritori dei malati – rilevan- ca, Philadelphia, Museum of Art (cf. Calabro, Collegiata dei SS. Pietro e
do i Frati Carmelitani120. Tav. XVI) Paolo Apostoli
Più gracile ed aristocratica è
la S. Caterina (fig. 56) dipinta verso il 1482 dal cosiddetto ‘Maestro della Leggenda di santa
Lucia’, un seguace di Hans Memling. Avvolta in un lussuoso abito damascato foderato di pellic-
cia d’ermellino che lascia libertà di movimento alle braccia (detto surcot) e con i biondi capelli
sciolti da giovane nubile, la fanciulla riflette sulle Sacre Scritture, non turbata affatto dall’esigen-
za di mantenere l’equilibrio sulla schiena del suo aguzzino. Alle sue spalle una siepe di peonie,
fiore senza spine simbolo allusivo al fallito tormento delle ruote dentate, separa la Martire da una
veduta della città di Bruges lambita dai canali. Nello spazio intermedio svettano un sempreverde
ed uno scoglio, inserti naturalistici che rinviano ai versetti dei Salmi I,2-3 e XVII,3:
“Beato chi si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Sarà
come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non
cadranno mai”; “Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui
trovo riparo; mio scudo e mio baluardo, mia potente salvezza”121.
Il tema del despota ‘conculcato’ attraversa così varie latitudini ed espressioni culturali: nel
Meridione italico, alla fine del XVI secolo, lo scalpello giovanile di Pietro Bernini sbozza nella
sua bottega napoletana le due statue delle sante Lucia e Caterina (fig. 57) destinate alla colle-
giata dei Santi Pietro e Paolo Apostoli di Morano Calabro, feudo dei Sanseverino. Il trentenne
scultore manierista, alla data del 1591, era proteso in un eclettico innesto dei modi toscani sulla
tradizione locale della prolifica famiglia dei Gagini122.
Roberto Tollo
50
58 - Manifattura inglese, Storie di S. Caterina, XV sec., Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro (cf. Tav. XVII)
59 - Raffaello Sanzio, S. Caterina rapita in estasi (di- 60 - Guido Reni, S: Caterina rapita in estasi, 1603,
segno preparatorio), 1507, Parigi, Musée du Louvre, Madrid, Museo Nacional del Prado
Département des Arts Graphiques (cf. Tav. XVIII).
Merita pure dar conto di una produzione assai fiorente nell’Inghilterra del XV secolo e de-
stinata all’esportazione in quanto dai costi relativamente contenuti rispetto ai manufatti eburnei:
quella degli altaroli portatili in alabastro policromato. La roccia gessosa veniva estratta dalle
cave del Derbyshire e poi intagliata nei laboratori di Burton-on-Trent, Chellaston, York, Londra
e, soprattutto, Nottingham. Proviene dalla chiesa di Santa Caterina d’Alessandria nel sestie-
re di Cannaregio a Venezia un polittico entro custodia lignea dell’epoca, raffigurante cinque
Caterina: icona della Teosofia
51
65 - Antoon Van Dyck, La regina Henrietta Maria nelle 66 - Artemisia Gentileschi, Autoritratto nelle vesti di S.
sembianze di S. Caterina d’Alessandria, 1639, Londra, Caterina d’Alessandria, 1613-20 ca, Firenze, Galleria degli
Philip Mould & Company (cf. Tav. XXI) Uffizi (cf. Tav. XXII)
nobildonna di tre quarti, ingioiellata con collana di perle, spilla e corona sul capo, mentre rivolge
fiduciosa lo sguardo alla sua destra e nell’atto di sostenere una ruota acuminata allusiva ai pati-
menti per fedeltà alla propria confessione religiosa. Una perfetta sovrapposizione fra richiedente,
destinataria e personaggio raffigurato130.
Nella capitale britannica operò dal 1637 al 1641, sebbene godendovi di minor prestigio, anche
Artemisia Gentileschi. Messo in relazione con il suo soggiorno fiorentino del 1613-20, l’Autoritrat-
to nelle vesti di S. Caterina d’Alessandria (fig. 66) è stato in passato interpretato dalla critica come
omaggio della pittrice a Caterina de’ Medici, sorella del Granduca Cosimo II, andata in moglie a
Federico Gonzaga nel 1617. Pur escludendosi una lettura dell’immagine della nobildonna toscana
quale ‘martire’ della ragion di Stato, preferendosi un’interpretazione quale auspicio di un governo
pio, colto e saggio nel ducato mantovano, non può essere trascurata la palese rassomiglianza della
Santa con le fattezze della nota artista romana. Quest’ultima, orfana della madre a dodici anni e
vittima di uno stupro a diciotto da parte dello spregiudicato collega Agostino Tassi, potrebbe in
realtà aver concepito un transfert identificativo nella principessa alessandrina che seppe difendere
con fierezza la propria verginità ed integrità morale dinanzi a lusinghe, minacce e sottigliezze
dell’imperatore e dei suoi consiglieri; laddove Artemisia dovette subire prima il rinnegamento della
promessa di nozze da parte dell’amante, poi il disonore di un pubblico procedimento giudiziario
che le comportò pure un’umiliante visita ginecologica ed una deposizione sotto tortura. Alla fine
del processo il Tassi venne condannato al bando perpetuo da Roma e la pittrice si assoggettò ad
un matrimonio di convenienza131. La violenza patita fa comprendere come mai l’autrice si ritrasse
spesso nelle sembianze di intrepide eroine bibliche o di coraggiose vergini protocristiane.
Nel 1857 Dante Gabriel Rossetti firmava e datava una tela commissionatagli dall’amico John
Ruskin e raffigurante un artista tardogotico intento a ritrarre al cavalletto una fanciulla nelle sem-
Caterina: icona della Teosofia
55
bianze di S. Cate-
rina d’Alessandria
(fig. 67). Sullo
sfondo della botte-
ga alcuni giovani
apprendisti stanno
schizzando su un
cartone il martirio
di san Sebastiano;
un garzone sorreg
ge svogliatamente
lo strascico dell’a-
bito ricamato, con
solandosi con una
merenda. Il critico
londinese rifiu-
tò però il dipinto,
giudicando negati-
vamente la compo-
67 - Dante Gabriel Rossetti, S. Caterina, 1857, 68 - John Ruskin, S. Caterina d’Ales
sizione e “rigida ed Londra, Tate Gallery (cf. Tav. XXIII) sandria, 1862, Oxford, Ashmolean
insipida” l’imma- Museum
gine della Martire.
Si tratta, a ben vedere, di un quadro nel
quadro: Rossetti rappresentò se stes-
so mentre ritraeva Elizabeth Siddal, la
modella preferita dalla Confraternita dei
Preraffaelliti e donna amata dal pitto-
re in un misto di gelosia e protezione.
La ragazza sin dal 1853 ebbe la salute
minata dalla tisi ed accusò ricorrenti
disturbi psichici, aggravati dall’infedel-
tà di Rossetti: nonostante i soldi per le
cure terapeutiche sborsati dallo stesso
Ruskin, la perdurante malattia rese tri-
ste e tormentata la loro relazione affetti-
69 - Bernardino Luini, Le sante Caterina e Agata, 1521-23,
va, che un tardivo matrimonio nel 1860 Milano, Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, tra-
non riuscì a riscattare. Nel volto mesto mezzo (cf. Tav. XXIV)
della giovane in posa si cela pertanto un
riflesso delle vicende personali di Lizzy, che le roselline attorte alla ruota dentata traducono
quale supplizio delle pene d’amore. Il simbolismo rossettiano ha trasfigurato l’originario si-
gnificato del soggetto sacro132. Certamente nelle aspettative estetiche di Ruskin risiedevano
altri modelli di riferimento: il teorico britannico nel 1875 donerà alla School of Drawing (da
lui fondata ad Oxford nel 1871) un disegno (fig. 68) della Santa di sua mano dell’estate 1862,
frutto della profonda ammirazione per il tramezzo affrescato da Bernardino Luini (fig. 69)
nella chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore a Milano (del 1521-23). La giovanile
Roberto Tollo
56
bellezza, la corona, la palma, la ruota, il libro avevano consegnato tanto a quelle monache
benedettine, quanto a Ruskin, un’impeccabile ed esemplare effigie della vergine savia marti-
rizzata nel IV secolo, all’insegna di una compassata maestosità133.
18. Conclusioni?
Nel calendario giuliano era usanza celebrare ogni 24 novembre l’inizio dei brumalia, che in
età protobizantina duravano un mese sino ai saturnalia (17-23 dicembre), cioè fino al solstizio
d’inverno. Si trattava di festività di carattere ctonio, vale a dire legate al riposo della terra dopo
la semina: i contadini sacrificavano maiali, bestie molto prolifiche, a Saturno e Cerere, dei dell’a-
gricoltura, dell’abbondanza, della fecondità; i viticoltori immolavano capre in onore di Bacco,
ritenute pericolose perché ostacolavano la crescita della vite cibandosene.
Il Sinodo Trullano, tenutosi a Costantinopoli nel 692, minacciò di scomunica quei cristiani
che avessero perpetuato simili pratiche ed usanze pagane. Il canone 62 condannò, fra gli altri,
proprio i brumalia, sebbene questa pratica sopravvisse almeno fino al X secolo fra aristocrazia e
ceto popolare della società bizantina.
La coincidenza cronologica di tali orge dionisiache, che propiziavano i cicli della fertilità,
con il dies natalis della Martire egizia non può essere stato frutto di mera casualità. In contrappo-
sizione alle feste che celebravano l’istinto e i sensi, la Chiesa dovette promuovere l’esaltazione
della nobile fanciulla vergine, campionessa della Fede e della ragione, che aveva apertamente
biasimato il governatore imperiale per l’insensata mattanza di animali in onore delle divinità
pagane.
Oltretutto, l’attributo iconografico della ruota poteva alludere efficacemente alla ciclicità del
tempo e alla fine dei lavori rurali durante l’anno, al letargo della terra, così come alla prossimità
della fine dell’anno liturgico. L’Avvento di ‘rito romano’ infatti, della durata di quattro settima-
ne, è attestato nel Sacramentario Gregoriano del VII sec. d.C.134
Ad Agostino, appassionato ricercatore della Bellezza, certamente non rimasero ignote le pro-
ve di eroica perseveranza nelle virtù teologali fornite dalle comunità cristiane durante le feroci
persecuzioni scatenate in Africa da Diocleziano nel biennio 303-305: espropri, demolizioni, in-
carcerazioni, torture, esecuzioni. In una Chiesa ancora ferita dalle polemiche sui lapsi, l’assenza
di un pur minimo cenno di elogio ad Ekateríne suona pertanto o come una prudente attesa di
germogliazione di un culto ancora circoscritto al Patriarcato di Alessandria allo scorcio del IV
sec., oppure equivale ad una prova di inconsistenza storica ex silentio. Peraltro, il Vescovo di
Ippona tace anche della sua contemporanea Ipazia.
Laddove realmente cresciuta nell’ambiente cosmopolita nutrito dal patrimonio culturale
della Biblioteca tolemaica, ma discepola del Cristo fonte di acqua viva che estingue la sete
dell’anima (Gv. IV,13-14), Caterina poteva a buon diritto assurgere a icona della teosofia.
Ma è anche lecito domandarsi se nel mirabile sacrificio della colta fanciulla diciottenne non
si fosse voluto esprimere un florilegio dei sette doni dello Spirito Santo elargiti alle virgines
dell’età paleocristiana, da contrapporre all’encomio della sapienza intellettuale della filosofa
Ipazia. Nondimeno, la durevole ammirazione verso quest’ultima, vergine laica testimone della
cultura scientifica, avrebbe nel corso dei secoli condotto ad una compenetrazione fra le due
insigni ‘personalità’ alessandrine. Operazione sincretistica che certo non sminuisce il valore
degli alti ideali che ambedue vennero a rappresentare, ma che sovente è stata strumentalizzata
Caterina: icona della Teosofia
57
Note
Questa ricerca non sarebbe mai approdata in porto senza il fiducioso incoraggiamento di p. Marziano
Rondina O.S.A., fervente cultore degli studi cateriniani. Un pensiero riconoscente ai numerosi religiosi,
colleghi ed amici che mi hanno elargito consigli e sostegno: Suore del Monastero di Santa Caterina ad
Urbino, Albert Dietl, Filippo Gatti, Brian Heffernan, Antonio Manno, Mario Marubbi, p. Mario Mattei
O.S.A., Francesca Meneghetti, Sara Minelli, Paolo Moreno, Valentino Pace, Orlando Ruffini, Anna Sgobbi,
Silvia Silvestro, Lucinia Speciale, Anna Tambini, Alessandra Tessari, Anastasia Zourou.
1
Il luogo e la cronologia (fra 290 e 311) delle condanne a morte inflitte dai tetrarchi alle quattro fanciul-
le sembrerebbero suggerire un’origine orientale del raggruppamento, in cui non rientrarono le pur coeve
Roberto Tollo
58
Agnese e Lucia, martirizzate in Occidente. Nell’arte del medioevo bizantino Caterina appare spesso af-
fiancata a Barbara, a Marina, oppure ad Irene; fra le vite raccolte da Simeone Metafraste nel Menologio
di Basilio II (seconda metà del X sec.) figurano incluse Caterina e Barbara. La sola Dorotea risulta men-
zionata già nel Martyrologium Hieronymianum (il cui estensore visse tra Milano e Aquileia) del 431-450
ca.: datazione a ridosso della presunta traslazione delle ossa della santa da Cesarea alla Metropolia di
Aquileia. Va ricordato che, in base all’ordine gerarchico fissato dal canone XXVIII del Concilio di Cal-
cedonia del 451, la Chiesa Cristiana venne impostata su una struttura pentarchica: i patriarcati di Roma,
Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme. Al territorio canonico del patriarcato romano ap-
parteneva l’Europa centro-occidentale (quella orientale rimaneva pagana), l’Africa nord-occidentale,
l’Italia, l’Illirico e la Grecia fino a Tessalonica: l’arcivescovo di quest’ultima città era il legato pontificio
romano per l’Oriente. Il denominatore che accomuna queste sante vergini è quello di aver resistito alle
insidie portate alla loro deliberata castità dalla prepotenza maschile. Il diffuso culto popolare delle quat-
tro martiri in età medioevale era legato alle varie fasi della vita della donna e della famiglia, in quanto
implorate quali intermediarie fra l’essere umano afflitto dalle sue preoccupazioni quotidiane e un Dio
sentito come imperscrutabile ordinatore dell’universo. Cfr. E. Elba, “Culto e iconografia di Santa Barba-
ra in Italia meridionale (XI-XV secolo). Lineamenti di una ricerca”, in: I Santi venuti dal mare, Atti del
V Convegno Internazionale di Studio (Bari-Brindisi, 14-18 dicembre 2005), a cura di M.S. Calò Mariani,
Bari 2009, pp.415-446; R. Tortorelli, “Le fonti agiografiche su santa Marina di Antiochia e san Nicola
di Myra e il culto dei due santi nel Mezzogiorno d’Italia”, Storiadelmondo, LVI, 15 novembre 2008,
consultabile sul sito: http://www.storiadelmondo.com/56/tortorelli.fonti.pdf ; E. Colombi, “Le edizioni
delle Passiones aquileiesi e istriane”, Annali di Storia dell’Esegesi , 27/1(2010), pp. 333-355; S.E. Weed,
“Venerating the Virgin Martyrs: the Cult of the Virgines Capitales in Art, Literature, and Popular Piety”,
The Sixteenth Century Journal, vol. XLI, n°4, 2010, pp. 1065-1091: l’autore ha anche rilevato nel Mes-
sale di Colonia una specifica celebrazione dedicata alle martiri: “Missa de sanctis quatuor virginibus
capitalibus” (forse databile al tardo XIV sec.).
2
Barbara, Caterina e Margherita erano le uniche mulieres fra gli Ausiliatori. Cfr. M. Scaduto, “Au-
siliatori, santi”, in: Enciclopedia Cattolica, vol. II, Città del Vaticano 1949, coll.415-416; Bonaventura
da Arenzano, “Ausiliatori”, in: Bibliotheca Sanctorum, vol. II, Roma 1962, coll.618-623. Determinante
dovette essere la razzia di reliquie compiuta dalla Serenissima nei decenni dell’Impero Latino d’Oriente: le
spoglie di santa Marina furono prelevate nel 1213 da un monastero di Costantinopoli e deposte nella chiesa
di San Liberale a Venezia; quelle di santa Barbara furono traslate a S. Maria dei Crociferi di Rialto nel 1258.
Cfr. H.A. Klein, “Refashioning Byzantium in Venice, ca. 1200-1400”, in: San Marco, Byzantium, and the
Myths of Venice, edited by H. Maguire and R.S. Nelson, Washington 2010, pp. 220-221.
3
Cfr. C. Du Fresne Du Cange, Glossarium Mediae et Infimae Latinitatis. Editio Nova, tomus II, Niort
1883, p. 232; E.A. Sophocles, Greek Lexicon of the Roman and Byzantine Periods (from B.C. 146 to A.D.
1100), Cambridge University Press 1914; F. Arnaldi-P. Smiraglia, Latinitatis Italicae medii aevi inde ab a.
476 usque ad a. 1022 lexicon imperfectum, Torino 1970 (rist. anast.).
4
Cfr. J. Lortz, Storia della Chiesa considerata in prospettiva di storia delle idee. I. Antichità e Medio-
evo, Roma 1980, pp. 119-124; A. Franzen, Breve storia della Chiesa, nuova ediz. riv. e aum. a cura d R.
Bäumer, Brescia 1997, pp. 34-41.
5
Cfr. V. Caporale S.J., “Celibato e Verginità senza Cristo?”, La Civiltà Cattolica, a. 133, vol. III, 1982,
pp. 12-26; Sr. P. Allen, The Concept of Woman: the Aristotelian Revolution, 750 BC-AD 1250, Montreal
& London 1985; E. Prinzivalli, L’esegesi biblica di Metodio di Olimpo, Roma 1985 (Studia Ephemeridis
«Augustinianum», 21).
6
Sulle motivazioni della condotta anticristiana perseguita da Massimino Daia cfr. S. Magnani, “Le per-
secuzioni in età tetrarchica”, in: Studi Sancanzianesi in memoria di Mario Mirabella Roberti, Trieste 2004,
(Antichità Altoadriatiche, LVII), pp. 57-76; A. Marcone, “Persecuzioni e tolleranza cristiana e pagana”, in:
Enciclopedia Costantiniana, vol. I, Roma 2013, pp. 731-741.
7
Cfr. J. Rougé, “La politique de Cyrille d’Alexandrie et le meurtre d’Hypatie”, Cristianesimo nella
Storia, 11 (1990), 3, pp. 485-504; D. Roques, “La famille d’Hypatie (Synésios, epp. 5 et 16 G.)”, Revue
des Études Grecques, tome 108, Janvier-Juin 1995, pp. 128-149; S. Ronchey, “Filosofa e martire: Ipazia tra
storia della Chiesa e femminismo”, in: Vicende e figure femminili in Grecia e a Roma, (Atti del Convegno
di Pesaro, 28-30 aprile 1994), a cura di R. Raffaelli, Ancona 1995, pp. 449-465; P. Maraval, “Alessandria
e l’Egitto”, in: Storia del Cristianesimo. II. La nascita di una cristianità (250-430), a cura di C. e L. Pietri,
Caterina: icona della Teosofia
59
Roma 2000, pp. 834-838; S. Ronchey, Ipazia. La vera storia, Milano 2010; A. Giallongo, La donna ser-
pente. Storie di un enigma dall’antichità al XXI secolo, Bari 2012, pp. 47-54.
8
Cfr. A. Rodighiero, “Il vizio della poesia: Pallada fra tradizione e rovesciamento (con due proposte di
lettura)”, in: Incontri triestini di filologia classica, 3 (2003-2004), pp. 67-95.
9
Cfr. M. Adriani, “Montanismo”, in: Enciclopedia delle Religioni, vol. IV, Firenze 1972, coll. 677-679;
J. Gribomont, “Montanismo”, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. VI, Roma 1980, coll.75-76;
M. Alexandre, “Immagini di donne ai primi tempi della cristianità”, in: Storia delle donne in Occidente.
L’Antichità, a cura di P. Schmitt Pantel, Bari 1994, pp. 465-513.
10
Cfr. M.T. Bonadonna Russo, “Linee di sviluppo degli ospedali romani”, L’Urbe, n° 1-2, gennaio-
aprile 1984, pp. 35-49.
11
Cfr. M. Rostovtzeff, “The Foundations of Social and Economic Life in Egypt in Hellenistic Times”,
The Journal of Egyptian Archaeology, vol. VI, n° 3 (July 1920), pp. 161-178; D.G. Shepherd, “A Late
Hellenistic Tapestry from Egypt”, The Bulletin of the Cleveland Museum of Art, vol. 41, n° 1 (January
1954), pp. 4-6; R. Bianchi Bandinelli, Roma. La fine dell’arte antica, Milano 1981, pp. 277-295; H. Bresc,
“Les cendres et la rose: l’image de l’Alexandrie médiévale dans l’Occident Latin”, Mélanges de l’Ecole
française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes, t. 96, n°1, 1984, pp. 441-458; A. Cutler – J. Nesbitt,
L’arte bizantina e il suo pubblico, Torino 1986, pp. 16-21; C. Wickham, “The Mediterranean around 800:
on the Brink of the Second Trade Cycle”, Dumbarton Oaks Papers, vol. LVIII, 2004, pp. 161-174. Per una
panoramica sulla vicina Africa Proconsularis cfr. A. Di Berardino, “Ippona e l’Africa romana. Aspetti
socio-religiosi del presbiterato di Agostino”, Percorsi Agostiniani, V/9 (2012), pp. 222-251.
12
Dal cielo calano angeli armati a spezzare le ruote, mentre discende implacabile la dextera Domini, di
cui i Salmi nonché Es. XV,6 celebrano l’invincibile potenza. Si noti che il borgo dell’Aquitania era all’epo-
ca sottoposto alla dominazione inglese. Cfr. M. Gaborit, Des Hystoires et des couleurs. Peintures murales
médiévales en Aquitaine (XIIIe et XIVe siècles), Bourdeaux 2002, pp. 144-152.
13
La chiesa era compresa nel monastero di una comunità di religiose, istituita nel 1289, che professava
la Regola agostiniana: sin dal 1307, per decreto del doge Pietro Gradenigo, nel giorno memoriale del mar-
tirio dell’Alessandrina si celebrava nella Serenissima la Festa dei Dotti, data in cui si aprivano i luoghi di
pubblico insegnamento e le alte magistrature civiche si recavano in visita presso il suddetto oratorio. Cfr.
M.P. Pedani, “Monasteri di Agostiniane a Venezia”, Archivio Veneto, V serie, vol. CXXV (1985), pp. 35-
78, in part. p. 41; A. Niero, “Per il culto veneziano della megalomartire santa Caterina d’Alessandria”, in:
Tintoretto. Il ciclo di Santa Caterina e la quadreria del Palazzo Patriarcale, (Catalogo della mostra di Ve-
nezia, Museo Diocesano, Chiostro di Santa Apollonia, 6 ottobre 2005-30 luglio 2006), a cura di G. Caputo,
Milano 2005, pp. 33-37. L’intero ciclo di teleri, realizzato ad olio con il concorso della bottega, si compone
di sei scene; il quadro in oggetto misura cm. 160 x 244 ed è ora conservato presso la Quadreria del Palazzo
Patriarcale di Venezia. Cfr. P. L. De Vecchi, L’opera completa del Tintoretto, Milano 1970, p. 132-133; A.
Manno, Tintoretto: sacre rappresentazioni nelle chiese di Venezia, (Catalogo della mostra promossa dalla
Curia Patriarcale, 15 gennaio-1 maggio 1994), vol. II, Venezia 1994, scheda 6.5; F. Zennaro, “Jacopo Tin-
toretto e le Storie di santa Caterina”, in: Tintoretto. Il ciclo di Santa Caterina e la quadreria del Palazzo
Patriarcale, op. cit., pp. 27-31; G. Nepi Sciré – F. Zennaro, scheda n° 33, ibidem, pp. 104-107. Fu invece
strappata dalla sua originaria collocazione nella chiesa di San Geminiano (distrutta nel 1807) un’altra tela
del Tintoretto risalente al 1558 ca. raffigurante l’Angelo che preannuncia il supplizio della ruota a santa
Caterina; cfr. P. L. De Vecchi, L’opera completa del Tintoretto, Milano 1970, p. 100; P. Ticozzi, Immagini
dal Tintoretto. Stampe dal XVI al XIX secolo nelle collezioni del Gabinetto delle Stampe, (Catalogo della
mostra di Roma-Villa Farnesina alla Lungara, 23 marzo-30 maggio 1982), Roma 1982, pp. 54-55 n° 42.
14
Cfr. E. Paribeni, “Nemesi”, in: Enciclopedia dell’Arte Antica, vol. V, Roma 1963, pp. 404-406; S.
De Angeli, “Problemi di iconografia romana: dalle Moire alle Parche “, Mélanges de l’Ecole française de
Rome. Antiquité, t. 103, n°1, 1991, pp. 105-128; L. Biondetti, Dizionario di Mitologia Classica. Dèi, eroi,
feste, Milano 1999, p. 485; L. Russo, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e la scienza
moderna, Milano 2003 (III ediz.).
15
Il cardinale Jacopo Gaetano Stefaneschi, eletto nel 1296 titolare dell’antica diaconia di San Giorgio
in Velabro a Roma, compose una vita di san Giorgio che ci è pervenuta in un codice (BAV, Arch. Cap. di
San Pietro, C 129, ff. 16v-69v) con finissime miniature attribuite alla scuola di Simone Martini, realizzato
a ridosso della residenza dell’alto prelato ad Avignone (1309-1341). Cfr. M. Torquati, “Codice di San
Giorgio”, in: Bonifacio VIII e il suo tempo. Anno 1300 il primo Giubileo, (Catalogo della mostra di Roma-
Roberto Tollo
60
Palazzo di Venezia, 12 aprile-16 luglio 2000), a cura di M. Righetti Tosti-Croce, Milano 2000, pp. 146-
147; A. De Vincentiis, “Scrivere contro la storia. Il cardinale Iacopo Stefaneschi (1260 ca.-1341) e i suoi
opuscoli metrici”, in: Frammenti di memoria. Giotto, Roma e Bonifacio VIII, a cura di M. Andaloro – S.
Maddalo – M. Miglio, Roma 2008, pp. 7-15.
16
Cfr. L.X. Polastron, Libri al rogo, Milano 2006, pp. 20-33; M. Berti – V. Costa, La Biblioteca di
Alessandria. Storia di un paradiso perduto, Tivoli 2010.
17
Cfr. B.A. Μυρσλίδη, Βιογραφία της Φιλοσόφου Ελληνίδος Υπατίας, Αθήναι 1926. Mi sono avvalso della
traduzione e commento in lingua tedesca a cura di Annemarie Maeger, Biographie der hellenischen Phi-
losophin Hypatia, Hamburg 2002. Quell’epistola (cfr. Migne, PG LXXVII, coll.389-390, e PG LXXXIV,
col.848), nota a partire dalla fine del Seicento, si è poi rivelata un apocrifo. Di una scaltra “operazione di
invenzione” operata dal mondo cattolico a scapito della precisione storica è tornato a parlare di recente
L. Badini Confalonieri, “L’integralista e la storia: Ipazia tra il poema di Diodata Saluzzo e l’Atenaide di
Franceschinis”, in: Figure di Ipazia, a cura di G. Sertoli, Roma 2014, (Studi e Testi di Palazzo Serra, 3),
pp. 11-36.
18
Cfr. L. Calvelli, “Il culto di Santa Caterina d’Alessandria e le antiche rovine di Salamina”, in: Cipro
e la memoria dell’Antico fra Medioevo e Rinascimento. La percezione del passato romano dell’isola nel
mondo occidentale, Venezia 2009, pp. 164-174; G. Bolis, “Elena e la santità”, in: Costantino 313 d.C., (Ca-
talogo della mostra di Milano-Roma, 25 ottobre 2012-15 settembre 2013), a cura di G. Sena Chiesa, Milano
2012, pp. 154-159; F. Ela Consolino, “Elena. De stercore ad regnum”, in: Enciclopedia Costantiniana, vol.
I, Roma 2013, pp. 117-132.
19
Cfr. P. Smiraglia, “Il testo di Egeria: problemi di struttura”, in: Atti del Convegno Internazionale sulla
‘Peregrinatio Egeriae’. Nel centenario della pubblicazione del Codex Aretinus 405 (già Aretinus VI, 3),
(Arezzo, 23-25 ottobre 1987), Arezzo 1990, pp. 93-108; Egeria. Diario di Viaggio, introduzione, traduzio-
ne e note di E. Giannarelli, Milano 1992; G. Palumbo, Giubileo Giubilei. Pellegrini e pellegrine, riti, santi,
immagini per una storia dei sacri itinerari, Roma 1999, pp. 349-365.
20
Cfr. I. Baldini Lippolis, “La Processione dei Martiri in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna”, in: Mar-
tiri, santi, patroni: per un’archeologia della devozione, Atti del X Congresso Nazionale di Archeologia
Cristiana, (Università della Calabria, 15-18 settembre 2010), a cura di A. Coscarella – P. De Santis, Reggio
Calabria 2012, pp. 383-397.
21
Cfr. V. Lanternari, Occidente e Terzo Mondo. Incontri di civiltà e religioni differenti, Bari 1972 (II
ediz.), pp. 353-360; P. Testini, Archeologia Cristiana, Bari 1980 (II ediz. agg.), pp. 130-139; R. Krauthei-
mer, Roma. Profilo di una città, 312-1308, Roma 1981, pp. 77-141; G. Cracco, “Dai Longobardi ai Caro-
lingi: i percorsi di una religione condizionata”, in: Storia dell’Italia religiosa. 1. L’Antichità e il Medioevo,
a cura di A. Vauchez, Roma-Bari 1993, pp. 117-142; C. Bertelli, “La pittura medievale a Roma e nel
Lazio”, in: La pittura in Italia. L’Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Milano 1994, pp. 206-214; D. Knipp,
“The Chapel of Physicians at Santa Maria Antiqua”, Dumbarton Oaks Papers, vol. LVI, 2002, pp. 1-23;
M. Dal Santo, Debating the Saints’ Cults in the Age of Gregory the Great, Oxford University Press 2012;
P. Bertolini, “Bonifacio IV, santo”, in: Enciclopedia dei Papi, vol. I, Roma 2000, pp. 579-581; S. Boesch
Gajano, “Gregorio I, santo”, in: I Papi da Pietro a Francesco, Roma 2014, pp. 546-574. Sulle direttive
gregoriane dettate in merito all’utilizzo dell’arte nella catechesi missionaria cfr. H.L. Kessler, “Pictorial
Narrative and Church Mission in Sixth-Century Gaul”, Studies in the History of Art, 16 (1985), pp. 75-91;
Idem, “Canonizzare per immagini narrative prima di san Nicola”, in: San Nicola da Tolentino nell’arte.
Corpus iconografico. I. Dalle origini al Concilio di Trento, a cura di V. Pace e R. Tollo, Biblioteca Egidia-
na, Tolentino 2005, pp. 123-134.
22
Cfr. C. Walsh, The early development of the cult of St. Katherine of Alexandria with particular re-
ference to England, Thesis submitted for the Ph.D., Queen Mary College, University of London 2003, pp.
11 e 75-78; T. Chronopoulos, The Passion of St. Katherine of Alexandria: studies in its texts and tradition,
Ph.D. thesis, King’s College-University of London, London 2006, pp. 55-56; C. Walsh, The Cult of St.
Katherine of Alexandria in Early Medieval Europe, Aldershot 2007, pp. 24-26.
23
Cfr. M. Andaloro, La pittura medievale a Roma 312-1431. Atlante – Percorsi visivi, vol. I, Viterbo-
Milano 2006, p. 81 e fig.35.Ciriaca è la dedicataria del sottostante cimitero sulla Via Tiburtina.
24
Cfr. G. Mackie, “The Zeno chapel: a prayer for salvation”, Papers of the British School at Rome,
vol. 57, November 1989, pp. 172-199. L’autore identifica le sante come Felicita, Perpetua, Agata, Lucia,
Agnese, Cecilia ed Anastasia, ma omette il nome dell’ottava. La mia ipotesi sembrerebbe confortata dalla
Caterina: icona della Teosofia
61
presenza di Catarina negli affreschi di quel Crescentius infelix pictor che, nella seconda metà dell’VIII sec.,
firmò i dipinti in una cappella della basilica pelagiana di San Lorenzo f.l.m. (fig. 4). Cfr. M. Andaloro, agg.
scient. a G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo. Secoli IV-X, Roma 1987, pp. 272-273.
25
Si tratta dell’absidiola di una nicchia del battistero del vescovo Paolo II (762-766), affrescata quale
ex-voto con le cinque sante Caterina, Agata, Eugenia, Giuliana e Margherita al di sotto di un catino col
busto del Pantokrator. Cfr. U.M. Fasola, Le Catacombe di S. Gennaro a Capodimonte, Roma 1975, p.
204 e tav. XV; M. Rotili, L’arte a Napoli dal VI al XIII secolo, Napoli 1978, pp. 39-40 e fig. 30 (che però
la anticipa alla metà dell’VIII sec.); C. Walsh, The Cult of St. Katherine of Alexandria in Early Medieval
Europe, Aldershot 2007, pp. 52-54.
26
Cfr. T. Chronopoulos, The Passion of St. Katherine of Alexandria: studies in its texts and tradition,
Ph.D. thesis, King’s College-University of London, London 2006, pp. 86-92.
27
Cfr. G.H. Forsyth, “The Monastery of St. Catherine at Mount Sinai: the Church and Fortress of
Justinian”, Dumbarton Oaks Papers, vol. XXII, 1968, pp. 1-19; A. Guiglia Guidobaldi, “Sinai”, in: Enci-
clopedia dell’Arte Medievale, vol. X, Roma 1999, pp. 691-698. Personalmente, non escluderei che la salma
venisse trasferita da Alessandria sul monastero sinaita proprio in virtù di un privilegio concesso da Mao-
metto nel 628: con tale documento il profeta accordava salvaguardia ai cristiani e ai loro luoghi di culto,
per ringraziare i monaci dell’accoglienza e protezione dai nemici riservatagli all’interno delle loro mura.
L’autografo di Maometto oggi non è più conservato nella biblioteca del monastero di Gebel Katherin, per-
ché durante la conquista dell’Egitto nel 1517 venne sequestrato dai miliziani ottomani e portato al palazzo
del sultano Selim I a Istanbul.
28
Il prezioso manoscritto, composto da 439 pagine, contiene il calendario dei santi secondo l’ordine
dell’anno liturgico (dal 1° settembre al 28 febbraio) con fino ad otto ricorrenze per ogni giorno. Ciascuna
pagina è divisa in due parti, una miniata e l’altra recante il commento all’illustrazione, distribuito su 16 ri-
ghe. Le 430 miniature si alternano tra parte alta e parte bassa dei fogli, con scene della Vita di Cristo, marti-
rii di santi o alcuni ritrovamenti di reliquie. È il più antico sinassario bizantino pervenuto e venne redatto da
Simeone Metafrastes, mentre il corredo di miniature fu eseguito da un’equipe di otto artisti guidata da Pan-
taleone: 79 spettano allo stesso maestro Pantaleone, 45 sono firmate da Gregorio, 61 da Michele Vlahernita,
67 da Michele il giovane, 32 da Simeone, 48 da Simeone Vlahernita, 27 da Miniere e 71 da Nestore. Cfr. V.
Lazarev, Storia della pittura bizantina, Torino 1967, pp. 140-142; S. Dufrenne, scheda n°19, in: Bibliote-
ca Apostolica Vaticana. Liturgie und Andacht im Mittelalter, (Erzbischöfliches Diözesanmuseum Köln, 9.
Oktober 1992 bis 10. Januar 1993), Köln 1992, pp. 114-119; D.G. Katsarelias, scheda n°55, in: The Glory
of Byzantium. Art and Culture of the Middle Byzantine Era A.D. 843-1261, edited by H.C. Evans and W.D.
Wixom, New York 1997, pp. 100-101.
29
Cfr. D. Fasolini, “Su un caso particolare di summum supplicium sotto Claudio (Svet. Claud. 25,3)”,
in: Analecta Brixiana II, a cura di A. Valvo – R. Gazich, Milano 2007, pp. 93-103. A partire dal 1542 le mo-
nache di S. Caterina dei Funari, di Regola agostiniana, si presero cura delle figlie delle prostitute dell’Urbe,
ospitandole nell’annesso Conservatorio: le bambine, di almeno nove anni di età, venivano educate alle virtù
cristiane, imparavano lavori di cucito, di ricamo ed economia domestica, tali da rendere ciascuna di loro
una donna onesta e timorata di Dio per essere avviata, a seconda delle attitudini, alla vita matrimoniale o
a quella claustrale. Cfr. A. Lirosi, I monasteri femminili a Roma tra XVI e XVII secolo, Roma 2012, pp.
39-40. Sui dipinti dello Zuccari nella Cappella Cesi della chiesa della ‘Compagnia delle Vergini Miserabili
Pericolanti’ cfr. S. Antellini, “Il restauro pittorico”, in: Santa Caterina dei Funari. La chiesa, l’isolato, il
restauro, Roma 1994, pp. 120-125; C. Acidini Luchinat, Taddeo e Federico Zuccari, fratelli pittori del Cin-
quecento, vol. II, Milano-Roma 1999, pp. 43-50 e figg.11-12; R. Luciani, Santa Caterina dei Funari, Roma
2011, pp. 80-95. Nel bel disegno preparatorio al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. n° 11182
F) si nota che era originariamente previsto uno spadone in mano allo sgherro, ma anche conferito maggior
risalto al Supplizio della ruota sullo sfondo della stessa scena. Nella Decollazione di santa Caterina dipinta
nel 1567 da Girolamo Siciolante da Sermoneta per la Cappella Cesi in Santa Maria Maggiore a Roma (olio
su tavola, cm. 259 x 153), una maggiore aderenza filologica al rigorismo tridentino aveva invece dettato
la presenza di una coppia di fasci lictores accanto al governatore, assiso dinanzi a un boia armato di spa-
da ‘turca’ a lama ricurva (fig. 7); cfr. J. Hunter, Girolamo Siciolante pittore da Sermoneta (1521-1575),
Roma 1996, pp. 174-178, 269-270 e figg. 76a, 77; H. Ecomonopoulos, “La tematica dei Christi Pauperes
nella pala di Siciolante da Sermoneta per l’Arciconfraternita di S. Eligio dei Ferrari”, in: Le Confraternite
Romane. Arte, Storia, Committenza, a cura di C. Crescentini e A. Martini, Roma 2000, pp. 137-161 e fig.4.
Roberto Tollo
62
30
Cfr. A. Cutler – J.W. Nesbitt, L’arte bizantina e il suo pubblico, Torino 1986, pp. 229-233; L.
Rodley, Cave Monasteries of Byzantine Cappadocia, Cambridge University Press 1985 (new edit. 2010,
pp. 193-202).
31
Cfr. T. Chronopoulos, The Passion of St. Katherine of Alexandria: studies in its texts and tradition,
Ph.D. thesis, King’s College-University of London, London 2006, pp. 83-86 e 95-102; C. Walsh, The Cult
of St. Katherine of Alexandria in Early Medieval Europe, Aldershot 2007, pp. 54-56; T. Chronopoulos,
“The date and place of composition of the Passion of St. Katherine of Alexandria (BHL 1663)”, Analecta
Bollandiana, 130 (2012), pp. 72-79; C. Stollhans, St. Catherine of Alexandria in Renaissance Roman Art:
case studies in patronage, Farnham 2014, pp. 1-17.
32
Cfr. A. MacDonald, “Triangles of the Sacred Sisterhood”, Florilegium, vol. 22 (2005), pp. 155-170;
J. Duncan Robertson, „Clemence of Barking“, in: Woman and Gender in Medieval Europe. An Encyclo-
pedia, edit. by M. Schaus, New York 2006, pp. 146-147; D. Auslander, „Clemence and Catherine: the
Life of St. Catherine in its Norman and Anglo-Norman Context“, in: Barking Abbey and Medieval Literary
Culture. Authorship and Authority in a Female Community, edited by J.N. Brown and D. Alfano Bussell,
York 2012, pp. 164-182.
33
Otto Demus nel 1949 aveva già fatto notare la perdita di due delle iscrizioni onomastiche ed i restauri
eseguiti sulla porzione inferiore dei panneggi delle sante; Ernst Kitzinger ha poi dimostrato che queste
figure subirono restauri nel 1838 e nel 1896. Cfr. O. Demus, The Mosaics of Norman Sicily, London 1949,
pp. 42-43, 65-66 note 140-142 e fig.24A (ove però li datava al 1154-1158, sotto Guglielmo I il Malo); E.
Kitzinger, “The Mosaics of the Cappella Palatina in Palermo: an essay on the choice and arrangement of
subjects”, The Art Bulletin, vol. XXXI, n° 4 (December 1949), pp. 269-292; V. Lazarev, Storia della pit-
tura bizantina, Torino 1967, pp. 236-239; R. Delogu – V. Scuderi, La Reggia dei Normanni e la Cappella
Palatina, Firenze 1969; G. Costantino, “La Cappella Palatina a Palermo”, in: La Sicilia, Milano 1986, (Ita-
lia Romanica, 7), pp. 50-60; W. Tronzo, “Byzantine Court Culture from the point of view of Norman Sicily:
the case of the Cappella Palatina in Palermo”, in: Byzantine Court Culture from 829 to 1204, edited by H.
Maguire, Washington 1997, pp. 101-114; B. Brenk, scheda n° 200, in: La Cappella Palatina a Palermo, a
cura di B. Brenk, Modena 2010, vol. I/2, p. 457; vol. II/1, p. 152 fig. 200.
34
O. Demus, The Mosaics of Norman Sicily, London 1949, pp. 118 e 163 note 319-321 non ne conside-
rava alterato il grado di fedeltà al prototipo dal restauro seguito all’incendio divampato l’11 novembre 1811
e dai successivi danni provocati dalle intemperie; tuttavia, nel 1968-69 furono staccate e poi riattaccate,
previo consolidamento dell’intonaco, parte della figura di s. Caterina dalla testa sino alle mani, e le zone
destra ed inferiore dell’immagine di s. Venera. Cfr. V. Scuderi, scheda n° 1, in: IX Mostra di Opere d’Ar-
te restaurate, a cura della Soprintendenza alle Gallerie ed Opere d’Arte della Sicilia–Palermo (dicembre
1974-gennaio 1975), Palermo 1974, pp. 21-28. Per i diversi orientamenti della critica sull’estrazione delle
maestranze e sulla datazione del vasto ciclo musivo, cfr. E. Kitzinger, I mosaici di Monreale, Palermo
1960; S. Bettini, I mosaici di Monreale, Milano-Ginevra 1965; V. Pace, “Pittura bizantina nell’Italia me-
ridionale (secoli XI-XIV)”, in: I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp. 431-436; B.M. Alfieri, Il Duomo di
Monreale, Novara 1983; V. Pace, “La pittura medievale in Sicilia”, in: La Pittura in Italia. L’Altomedioevo,
a cura di C. Bertelli, Milano 1994, pp. 304-320. In merito ai colori e all’abbigliamento costantinopolitani
cfr. G. Fauro, “Le vesti nel De Cerimoniis Aulae Byzantinae di Costantino VII Porfirogenito”, in: Arte
Profana e Arte Sacra a Bisanzio, (Atti del Convegno Internazionale di Studi, Roma 1990), a cura di A.
Iacobini – E. Zanini, Roma 1995, pp. 485-523; E. Piltz, “Middle Byzantine Court Costume”, in: Byzantine
Court Culture from 829 to 1204, edited by H. Maguire, Washington 1997, pp. 39-51; M.R. Marchionibus,
“I colori nell’arte sacra a Bisanzio”, Rivista di Studi Bizantini e Neollenici, n.s., 48 (2011), Roma 2012, pp.
3-31. Sull’adozione dei modelli figurativi costantinopolitani alla corte normanna cfr. M. Vagnoni, “Pro-
blemi di legittimazione regia: «Imitatio Byzantii»”, in: E. D’Angelo e C. Leonardi (a cura di), Il papato
e i Normanni. Temporale e spirituale in età normanna, (Atti del Convegno di Studi di Ariano Irpino, 6-7
dicembre 2007), Firenze 2011, pp. 175-190.
35
Cfr. O. Demus, Pittura murale romanica, Milano 1969, pp. 152-153 e figg. LXIII,142; W.M. Hinkle,
“The Iconography of the Apsidal Fresco at Montmorillon”, Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, t.
XXIII, 1972, pp. 37-62; D. Paris-Poulain, “Montmorillon”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol.
VIII, Roma 1997, pp. 545-546.
36
Cfr. N. Patterson Ševčenko, “The Monastery of Mount Sinai and the Cult of St. Catherine”, in:
Eadem, The Celebration of the Saints in Byzantine Art and Liturgy, Aldershot 2013, cap. XVII, pp. 1-27.
Caterina: icona della Teosofia
63
37
Cfr. V. Lazarev, Storia della pittura bizantina, Torino 1967, pp. 151-152; P. Lazarides, Osios
Loukas, Athènes 1978; A. Guiglia Guidobaldi, “Hosios Lukas”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol.
VII, Roma 1996, pp. 219-224; T. Velmans, L’arte monumentale bizantina, Milano 2006, p. 104 (ma con
datazione al 1040 ca.).
38
Cfr. O. Demus, Pittura murale romanica, Milano 1969, pp. 119-120 e fig.37; G. Matthiae, Pittura
romana del Medioevo. Secoli XI-XIV, agg. scient. e bibl. di F. Gandolfo, Roma 1988, pp. 34-40 e 257-259;
E. Parlato – S. Romano, Roma e il Lazio, Milano 1992, (Italia Romanica, 13), pp. 196-202 e tav. p. 277.
39
Oggi presso la Pinacoteca del Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai (Egitto), cm. 73,5 x 51,4.
Secondo W. Christopher, “An Iconographical Note”, Revue des études byzantines, tome 38, 1980, pp. 255-
260, qui farebbe la sua apparizione iconografica l’angelo che interviene a spezzare le ruote dei carnefici.
Cfr. P. Chatterjee, scheda in: Holy Image, Hallowed Ground: Icons from Sinai, edited by R.S. Nelson and
K.M. Collins, (Catalogue of the exhibition at the Getty Center, November 14, 2006–March 4, 2007), Los
Angeles 2006, pp. 264-265; M. Panayotidi, “Thirteenth-Century Icons and Frescoes at St. Catherine’s
Monastery on Mount Sinai. Some Observations”, in: Orient et Occident Méditerranées au XIIIe siécle. Les
programmes picturaix, sous la direction de J.-P. Caillet et F. Joubert, Paris 2012, pp. 87-102; P. Chatterjee,
The Living Icon in Byzantium and Italy. The Vita Image, Eleventh to Thirteenth Centuries, Cambridge
(Mass.) 2014, pp. 14-15. La stessa posa ricorreva nell’affresco, databile alla metà dell’XI sec., della chiesa
dei Santi Arcangeli a Zemo-Krikhi, in Georgia, regione purtroppo squassata dal terremoto caucasico del
1991 (fig. 13). Nell’abbigliamento della Principessa alessandrina, che qui si accompagnava nel presbiterio
alle sante Barbara, Irene ed Elena cingendo sul capo una corona ingioiellata, ritornava il thorákion con la
croce ortodossa. Cfr. E.C. Constantinides, “The Frescoes of the Church of the Holy Archangels at Zemo-
Krichi, Rača (Georgia) and the Contemporary Monuments on Mani in Southern Greece”, Δελτίον XAE
17 (1993-1994), pp. 181-192; D. Mourelatos, “The formation and evolution of Monumental Painting in
Georgia (6th-12th centuries). The role of Byzantine Art”, in: Medieval Painting in Georgia. Local styli-
stic expressions and participation to Byzantine Oecumenicity, (eds. M. Panayotidi and S. Kalopissi-Verti),
Athens 2014, pp. 107-121.
40
Ora ad Atene, Museo Bizantino e Cristiano, inv. n° 01068, cm. 209 x 95. Cfr. D. Mouriki, “The
Byzantine Frescoes in the Chapels of the Cave of Penteli”, Δελτίον XAE 7 (1973-1974), pp. 79-119 e tavv.
28-29 (in greco, ma con riassunto in inglese alle pp. 116-119). Sul soggetto iconografico cfr. I. Zervou To-
gnazzi, Déesis. Interpretazione del termine e sua presenza nell’iconografia bizantina, in: F. de’ Maffei – C.
Barsanti – A. Guiglia Guidobaldi (a cura di), Costantinopoli e l’arte delle province orientali, Roma 1990,
pp. 390-420.
41
Irene è la vergine messa al rogo nel 304 d.C. da Dulcezio, governatore di Salonicco. Cfr. V. Lazarev,
Storia della pittura bizantina, Torino 1967, pp. 384 e 425 nota 129; M. Emmanuel, “Hairstyles and Headdres-
ses of Empresses, Princesses, and Ladies of the Aristocracy in Byzantium”, Δελτίον XAE 17 (1993-1994),
pp. 113-120; D. Mouriki, Studies in Late Byzantine Painting, London 1995, pp. 4-7; M.G. Parani, Recon-
structing the Reality of Images. Byzantine Material Culture and Religious Iconography (11th-15th Centuries),
Leiden 2003, pp. 38-39 e fig.44; T. Velmans, L’arte monumentale bizantina, Milano 2006, pp. 248-249. La
pittura murale è sostanzialmente conforme a quella realizzata nel 1315 da Georgios Kalliergis nella Chiesa di
Agios Christos a Veroia (in Macedonia): cfr. W. Christopher, “Recensione al volume di Stylianos Pelekani-
des, Καλλιέργης, ὅλης Θετταλίας ἄριστος ζωγράφος, Athenai 1973”, Revue des études byzantines, année 1975,
vol.33, n° 1, pp. 333-334; E. Concina, Le arti di Bisanzio, Milano 2002, pp. 341-342.
42
Sull’ipatos dei filosofi, cfr. G. Fedalto, Le chiese d’Oriente da Giustiniano alla caduta di Costanti-
nopoli, Milano 1984, pp. 129-131.
43
Cfr. A. Maierù, “L’insegnamento nelle scuole e nelle università. Commenti biblici e teologia”, in:
Storia dell’Italia religiosa. 1. L’Antichità e il Medioevo, a cura di A. Vauchez, Roma-Bari 1993, pp. 375-
396; P. Castelli – R. Greci (a cura di), Santi Patroni e Università in Europa, Bologna 2013. Sulla prote-
zione accordata a coloro che esercitavano la professione medica cfr. R. Fiorillo, “Le immagini di Santa
Caterina d’Alessandria nell’ambiente ipogeo alla chiesa di San Pietro a Corte a Salerno e il loro legame con
la Scuola Medica”, in: Caterina d’Alessandria tra culto orientale e insediamenti italici, Atti del V Conve-
gno di Studi (Ravello, 24-25 luglio 2008), a cura di C. Caserta, Napoli 2012, pp. 303-310; A. Galdi, “La
fortuna del culto di Caterina d’Alessandria: agiografie e dedicazioni”, in: Agiografia e iconografia nelle
aree della civiltà rupestre, Atti del V Convegno Internazionale sulla civiltà rupestre (Savelletri di Fasano,
17-19 novembre 2011), a cura di E. Menestò, Spoleto 2013, pp. 149-165 (in part. pp. 160-164).
Roberto Tollo
64
44
Cfr. C. Stollhans, “Saint Catherine of Alexandria and her book in Italian Art”, Source: Notes in the
History of Art, vol. 26, n° 3 (Spring 2007), pp. 23-29.
45
Le pitture murali furono strappate dall’absidiola fra 1927 e 1933 per pervenire poi ai musei iberici
di Vic e Barcelona, e all’elvetica Abegg-Stiftung di Riggisberg. Cfr. E. Junyent, La Catalogna. 2, Milano
1981, (Europa Romanica, 6), pp. 33-45 e 256; M. Castiñeiras, “Santa Caterina retrobada: el programa de
la Catedral de la Seu d’Urgell i el seu context”, in: La princesa sàvia. Les pintures de santa Caterina de la
Seu d’Urgell, Catàleg de l’Exposició (MNAC de Barcelona-ME de Vic, 2 desembre 2009–5 juliol 2010),
direcció científica M. Castiñeiras y J. Verdaguer, Barcelona – Vic 2009, pp. 25-40.
46
Baltimora, Walters Art Museum, inv. n° 27.227, cm. 79 x 52; il secondo intaglio si ritiene rappresenti
Santa Reparata (inv. n° 27.226), ma la corona ed il vessillo crucigero non contraddicono una lettura quale
Sant’Orsola. I due pezzi provengono dalla Collezione romana di Don Marcello Massarenti, acquistata dal
magnate statunitense Henry Walters nel 1902; cfr. E. van Esbroeck, Catalogue du musée de peinture, sculp-
ture et archéologie au Palais Accoramboni, Rome 1897.
47
Cfr. R. Majocchi, L’Arca di Sant’Agostino in S. Pietro in Ciel d’Oro, Pavia 1900, pp. 18, 35 e tav.
IV; A. Cosma – V. Da Gai – G. Pittiglio, Iconografia agostiniana dalle origini al XIV secolo, Roma 2011,
scheda n° 123, pp. 320-329 (V. Da Gai); S. Dale, The Arca di Sant’Agostino and the Hermits of St. Augu-
stine in Fourteenth-Century Pavia, Turnhout 2015.
48
New York, The Metropolitan Museum, The Cloisters, acc. n° 54.1.1; tempera e foglia d’oro su per-
gamena, cm. 23,8 x 16,8. Cfr. H. Justin, I «libri d’ore» del duca di Berry, Legnano 1991, p. 12 e tav.2; M.
Di Fronzo, “Jean de Valois, Duca di Berry”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. VII, Roma 1996,
pp. 307-313; T.B. Husband, The Art of Illumination. The Limbourg Brothers and the Belles Heures of Jean
de France, Duc de Berry, (Catalogue of the exhibition held at the J. Paul Getty Museum-The Metropolitan
Museum of Art, 18 November 2008-3 January 2010), New York 2008, in part. le pp. 94-95. Nel trittico di-
pinto verso il 1510 da Goswijn van der Weyden (olio su tavola, cm. 108,6 x 36,5), la contrapposizione ai 50
retori diviene confronto fra l’autorevolezza dei rispettivi testi di fondamento morale; cfr. R. Billinge – L.
Campbell, “The Triptych of Saint Catherine and the Philosophers attributed to Goossen van der Weyden in
Southampton City Art Gallery”, National Gallery Technical Bulletin, vol.XXIV, 2003, pp. 64-74.
49
Santa Caterina d’Alessandria, olio su tela, cm. 233 x 143,5; Praga, Università Carolina, Ufficio del
Rettore, inv. n° 37. Cfr. M. Vondráčková, scheda V.16, in: Karel Škréta 1610-1674. His work and his era,
edited by L. Stolárová – V. Vlnas, Prague 2010, pp. 230-233.
50
Cfr. G. Molinaro, S. Pietro a Maiella, Napoli 1934; M. Utili, “Lo stile plasticoluminoso, eclettico,
di Mattia Preti“, in: Mattia Preti tra Roma, Napoli e Malta, (Catalogo della mostra Napoli-Museo di Capo-
dimonte, 28 marzo-6 giugno 1999), a cura di M. Utili, Napoli 1999, pp. 27-61.
51
Il cofanetto si trova a Vercelli, presso il Museo del Tesoro del Duomo: cm. 16,5 x 12,5 x 6,5. L’al-
to prelato nel 1215 diede vita a Vercelli ad una comunità di canonici regolari, mentre nel 1219 vi fondò
l’abbazia vittorina di Sant’Andrea, dotandola di tutti i propri beni. Cfr. C.D. Fonseca, “Bicchieri, Guala”,
in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. X, Roma 1968, pp. 314-324; M. Petrassi, Gli smalti in Italia,
Roma 1982, pp. 33-41; S. Castronovo, “Il tesoro di Guala Bicchieri cardinale di Vercelli”, in: Gotico in
Piemonte, a cura di G. Romano, Torino 1992, pp. 166-169 e 236-239; A. Paravicini Bagliani, La vita quo-
tidiana alla corte dei papi nel Duecento, Roma-Bari 1996, pp. 147-148.
52
Il dente venne fatto incastonare nel XVII sec. dalla baronessa Diana Tomacello in un busto ligneo indo-
rato. Cfr. S. Bella Bona, Raguagli della città d’Avellino, Trani 1656, p. 214; N. Kamp, “Filangieri, Riccardo”,
in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol.XLVII, Roma 1997, pp. 590-595. Per quanto concerne il fenome-
no delle traslazioni di reliquie e relative procedure di controllo in età medioevale, si rimanda a S. Silvestro,
Santi, reliquie e sacri furti. San Nicola di Bari fra Montecassino e Normanni, Napoli 2013, (Nuovo Medioevo,
93), pp. 65-85. Un ragguardevole esempio di reliquiario a busto della Martire è quello intagliato in legno di
tiglio e dipinto a Strasburgo nella bottega di Niclaus Gerhaert di Leida verso il 1465, destinato all’abbazia
benedettina di Wissembourg; oggi a New York, The Metropolitan Museum, inv. n° 17.190.1734 (cm. 47,3 x
44,8 x 25,7 cm) (fig. 21). Cfr. W.D. Wixom, “Late Medieval Sculpture in the Metropolitan, 1400–1530”, The
Metropolitan Museum of Art Bulletin, vol. LXIV, no. 4 (Spring 2007), pp. 24-25.
53
Cfr. Iacopo Da Varazze, Legenda Aurea, nuova ediz. a cura di A. e L. Vitale Brovarone, Torino 2007, pp. 968-
976; C. Casagrande, “Iacopo da Varazze”, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LXII, Roma 2004, pp. 92-102.
54
I sette pannelli sono stati trasferiti nei depositi della Pinacoteca Vaticana. Cfr. S. Romano, “I cicli a fresco di
Sant’Agnese fuori le mura”, in: Fragmenta Picta. Affreschi e mosaici staccati del Medioevo romano, (Catalogo
Caterina: icona della Teosofia
65
della mostra di Roma-Castel Sant’Angelo, 15 dicembre 1989-18 febbraio 1990), Roma 1989, pp. 245-258; V. Pace,
“Dieci secoli di affreschi e mosaici romani. Osservazioni sulla mostra ‘Fragmenta Picta’ e sul suo catalogo”, in:
Arte a Roma nel Medioevo. Committenza, ideologia e cultura figurativa in monumenti e libri, Napoli 2000, (Nuovo
Medioevo, 56), pp. 321-324; M. Andaloro, La pittura medievale a Roma 312-1431. Atlante – Percorsi visivi, vol.
I, Viterbo-Milano 2006, p. 69 e figg.7-10. Sull’insediamento religioso benedettino, soppresso da papa Sisto IV della
Rovere nel 1480, cfr. A. Lirosi, I monasteri femminili a Roma nell’età della Controriforma: insediamenti urbani
e reti di potere (secc. XVI-XVII), Tesi di Dottorato di Ricerca in ‘Società, Politica e Culture dal Medioevo all’Età
Contemporanea’, XXIII ciclo, Università di Roma-La Sapienza, A.A. 2009-2010, pp. 24-25, 39-40, 42-43.
55
Staccati nel 1978, sebbene già deperiti, gli affreschi e relative sinopie sono esposti dal 1999 nella
sacrestia vecchia annessa al Museo di Santa Croce in Gerusalemme. Cfr. L. Cardilli Alloisi, “Affreschi
cavalliniani presso il Laterano”, in: Roma Anno 1300, Atti della IV Settimana di Studi di Storia dell’Arte
Medievale dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ (19-24 maggio 1980), a cura di A.M. Romanini, Roma
1983, pp. 449-456; E. Ceccaroni, scheda in: Esquilino e Castro Pretorio. Patrimonio storico-artistico e
architettonico del Comune di Roma, a cura di N. Cardano, Roma 2004, pp. 74-75. Le due Martiri assistono
affiancate anche all’Incoronazione della Vergine (fig. 23) nel mutilo affresco tardo-gotico nella dimora
abitata dal card. Battista Zen fra 1479 e 1492 presso Porta San Sebastiano, sull’Appia Antica, ma pertinente
alla fase in cui l’immobile accolse uno xenodochio dei Fratres Cruciferi (cioè nel XIV sec.); cfr. B. Jestaz,
“Il caso di un cardinale veneziano: le committenze di Battista Zen a Roma e nel Veneto”, in: Arte, commit-
tenza ed economia a Roma e nelle corti del Rinascimento (1420-1530), (Atti del Convegno Internazionale
di Roma, 24-27 ottobre 1990), a cura di A. Esch e C.L. Frommel, Torino 1995, pp. 331-352.
56
Cfr. L. Banfi, “Una nuova leggenda versificata di santa Caterina d’Alessandria”, in: Studi di lingua e lettera-
tura lombarda offerti a Maurizio Vitale, vol. I, Pisa 1983, pp. 45-78; V. Ribordy-Evéquoz, Le Mariage mystique de
Sainte Catherine d’Alexandrie: étude iconographique dans la peinture italienne, des origines du thème jusqu’au
Concile de Trente, Genève 1990; V.M. Schmidt, «Painting and Individual Devotion in Late Medieval Italy: the
Case of Saint Catherine of Alexandria», in: Visions of Holiness. Art and Devotion in Renaissance Italy, edited by
A. Ladis and S. Zuraw, Georgia Museum of Art, University of Georgia 2001, pp. 21-36. Per la variante delle Nozze
con il Cristo adulto, cfr. C. Diskant Muir, “Saint Catherine of Alexandria’s Marriage to the adult Christ in two
Burgundian manuscripts”, Source. Notes in the History of Art, vol. XXVIII, n° 4, 2009, pp. 1-7. Mi limito qui a
segnalare la tempera su tavola della bottega senese dei Memmi custodita al Museum of Fine Arts di Boston (inv.
n° 15.1145, cm. 139 x 111), (fig. 24) ove la Santa si presenta al cospetto di Gesù avvolta in un rosso mantello e
sorreggendo palma del martirio e libro sapienzale; cfr. L.B. Kanter, Italian Paintings in the Museum of Fine Arts
Boston. Vol. I 13th-15th century, Boston 1994, scheda n° 16, pp. 90-95; G. Shallcross Wohlauer, A guide to the
Collection of the Museum of Fine Arts, Boston, Boston 1999, p. 176. All’interno della cappella di Santa Caterina
d’Alessandria nel borgo sabino di Roccantica, un ciclo agiografico in otto riquadri firmato nel 1430 dal raro Pietro
Coleberti da Piperno – forse un aiutante dell’eugubino Ottaviano Nelli – mostra un’ambientazione dello Sposalizio
mistico col Cristo adulto (fig. 25) dietro le sbarre del carcere, quasi a premio della fustigazione patita dalla giova-
ne; cfr. A. Bertini Calosso, “Le origini della pittura del Quattrocento attorno a Roma”, Bollettino d’Arte, a.XIV,
fasc. 9-12, settembre-dicembre 1920, pp. 185-196; M. Ciai, “L’iconografia di S. Caterina d’Alessandria negli
affreschi di Pietro Coleberti da Piperno a Roccantica (1430)”, Alma Roma, a. XXX, n. 5-6, settembre-dicembre
1989, pp. 115-141; G. Trovato, La chiesa e gli affreschi di Santa Caterina d’Alessandria a Roccantica. Un patri-
monio in pericolo, Poggio Mirteto 2013. La scena della flagellazione della Martire non è certo sporadica: segnalo
gli esempi delle icastiche pitture murali in S. Maria della Croce a Casaranello (1250-60 ca) e ai SS. Pietro e Paolo
a Pickering (1450-60 ca). Cfr. rispettivamente: R. Tortorelli, “I cicli agiografici rupestri e le funzioni devozionali
comuni alle immagini sacre. Testimonianze pittoriche nell’area apulo-lucana”, Storiadelmondo, LXVI, 15 marzo
2012, pp. 1-35; C. Ellis, St. Peter & St. Paul Parish Church. Pickering, Derby 2004.
57
Cfr. Guida alla mostra della Pittura Bolognese del Trecento, (Bologna-Pinacoteca Nazionale, mag-
gio-luglio 1950), prefazione di R. Longhi, Bologna 1950 (ripubblicato in: Disegno della Pittura Italiana.
I. Da Cimabue a Giovanni Bellini, a cura di C. Volpe, Firenze 1979, pp. 81-91); L. Morozzi, “Illustratore”,
in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. VII, Roma 1996, pp. 326-328; M. Medica, “Illustratore”, in:
Dizionario Biografico dei Miniatori italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp. 361-363.
58
Monaco di Baviera, Alte Pinakothek, inv. n° 32; olio su tavola, cm. 71,3 x 91,2. Cfr. G. Mariani
Canova, L’opera completa del Lotto, Milano 1975, pp. 89-90 e tav.VIII; R. Kultzen, scheda in: Alte Pi-
nakothek Munich, Munich 1986, p. 306; P. Humfrey, Lorenzo Lotto, Bergamo 1998, pp. 23-25; V. Sgarbi,
Piene di grazia. I volti della donna nell’arte, Milano 2011, pp. 277-279.
Roberto Tollo
66
59
Londra, National Gallery, inv. n° 6427; olio su tavola, cm. 74,2 x 57,2. Cfr. P. Rossi, L’opera comple-
ta del Parmigianino, Milano 1980, p. 94 e tav. XXVIII; C. Gould, Parmigianino, Milano 1994, pp. 98-104
e 187 cat. A18; S.J. Freedberg, “Il Parmigianino”, in: La pittura in Emilia e in Romagna. Il Cinquecento, a
cura di V. Fortunati, tomo II, Milano 1996, pp. 69-87.
60
La traditio anuli all’interno della Consecratio Virginum è attestata a partire dal Pontificale di Magon-
za (o Romano-Germanico) del 950, e ripresa dal Pontificale Romano del canonista domenicano Guillaume
Durand del 1292-95. Cfr. E.L. Bolchi, La consacrazione nell’Ordo Virginum. Forma di vita e disciplina
canonica, Roma 2002, (Tesi Gregoriana–Serie Diritto Canonico, 56), pp. 13-28; V. Fortunati, “Ruolo e
funzione dell’immagine nei monasteri femminili”, in: Vita artistica nel monastero femminile. Exempla, a
cura di V. Fortunati, Bologna 2002, pp. 13-17; M. Papalini, “La questione femminile agostiniana nei primi
due secoli dell’Ordine”, Analecta Augustiniana, vol. LXX, 2007, pp. 409-472. Sulla fede nuziale cfr. R.
Corso, “L’anello nel folklore”, in: Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, vol. III, Milano 1929,
p. 243; V. Macca, “Anello”, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. I, Roma 1974, coll.627-629; F.
Guglielmi, “L’anello fra simbologia e storia”, in: Strenna dei Romanisti, LV, 18 aprile 1994, pp. 229-239.
61
Cfr. K. Weitzmann, “Icon Painting in the Crusader Kingdom”, Dumbarton Oaks Papers, vol. XX,
1966, pp. 49-83; Idem, “Crusader Icons and la ‘Maniera Greca’ “, in: Il Medio Oriente e l’Occidente
nell’arte del XIII secolo, a cura di H. Belting, (Atti del XXIV Congresso Internazionale di Storia dell’Arte
di Bologna, 10-18 settembre 1979), Bologna 1982, pp. 71-77; V. Pace, “Fra la maniera greca e la lingua
franca. Su alcuni aspetti e problemi delle relazioni fra la pittura umbro-toscana, la miniatura della Cilicia e
le icone di Cipro e della Terrasanta”, in: Il Classicismo: Medioevo, Rinascimento, Barocco, (Atti del Col-
loquio Cesare Gnudi, Bologna 1986), Bologna 1993, pp. 71-89; A. Weyl Carr, “Iconography and Identity:
Syrian Elements in the Art of Crusader Cyprus”, in: Religious Origins of Nations? The Christian Commu-
nities of the Middle East, a cura di R.B. ter Haar Romeny, Leiden 2010, pp. 127-151.
62
Cfr. A. Lubin, Orbis Augustinianus, siue Conuentuum Ordinis Eremitarum sancti Augustini cho-
rographica et topographica descriptio, Parisiis 1672, p. 102; P. Trélat, “L’ordre des Frères Ermites de
Saint-Augustin en Mediterranee Orientale et leur couvent nicosiate (XIIIe-XVIe siècles)”, Augustiniana,
62 (2012), 3-4, pp. 265-290.
63
Cfr. L. Calvelli, “Il culto di Santa Caterina d’Alessandria e le antiche rovine di Salamina”, in: Cipro
e la memoria dell’Antico fra Medioevo e Rinascimento. La percezione del passato romano dell’isola nel
mondo occidentale, Venezia 2009, cap.III, pp. 157-245 (nello specifico le pp. 179-180).
64
Cfr. L. Torelli, Secoli Agostiniani, tomo IV, Bologna 1675, pp. 701-702; J.F. Ossinger, Bibliotheca
Augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1768, p. 71; G. Fantuzzi, Notizie degli Scrittori Bolo-
gnesi, tomo I, Bologna 1781, p. 273.
65
Il religioso sarà priore della Provincia Angliae et Scotiae dal 1453 al 1457. Cfr. John Capgrave, The
Life of Saint Katherine of Alexandria, translated by K.A. Winstead, Kalamazoo 1999; M.M. Baker, Piety
and Politics: John Capgrave’s The Life of Saint Katherine as Yorkist Propaganda, Master’s Thesis, Uni-
versity of Tennessee 2005.
66
Cfr. D. Gutiérrez, Gli Agostiniani nel medioevo (1357-1517), Roma 1987, (Storia dell’Ordine di
Sant’Agostino I/2), pp. 316-318; A. Cassatt Verini, “Reading between the Lines: Female Friendship in
Osbern Bokenham’s Life of St. Katherine of Alexandria”, Magistra: Women’s Spirituality in History, vol.
17, n° 2, Winter 2011, pp. 53-70.
67
Cfr. K. Toomaspoeg, “Ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme”, in: Enciclopedia Fridericiana, II,
Roma 2005, pp. 433-436.
68
Questa vicenda palesa singolari consonanze con l’avventuroso pellegrinaggio in Oriente del principe
Raimondo Orsini del Balzo (1380-81), il quale, strappato furtivamente con i denti un dito alla salma della
Santa, avrebbe fatto erigere a Galatina una basilica in onore di Caterina d’Alessandria fra 1383 e 1391
(poi interamente affrescata entro il 1435 per volere della vedova Maria d’Enghien); cfr. A. Antonacci, Gli
affreschi di Galatina, Milano 1966; V. Pace, Kunstdenkmäler in Italien. Apulien, Basilicata, Calabrien,
Darmstadt 1994, pp. 413-414; A. Cucciniello, Dagl’intendenti ammirata. La decorazione pittorica della
chiesa di santa Caterina di Galatina d’Alessandria a Galatina, Tesi di Dottorato di Ricerca in Discipline
Storiche dell’Arte medioevale, moderna e contemporanea: storia e critica delle arti figurative nell’Italia me-
ridionale, Università degli Studi di Napoli, Facoltà di Lettere e Filosofia, XIII ciclo, a.a. 2000/01. Le con-
clusioni della studiosa sono poi confluite in un saggio del recente volume di S. Ortese, Pittura tardogotica
nel Salento, Galatina 2014. Presso il monastero al Monte Sinai lo stesso Duca di Lecce acquisiva un’icona
Caterina: icona della Teosofia
67
lignea di santa Caterina poi montata in Salento nel reliquiario donato nel 1386 ai Certosini dell’Abbazia di
Santa Croce in Gerusalemme a Roma; cfr. S. Antellini, scheda I.14, in: Tavole Miracolose. Le icone me-
dievali di Roma e del Lazio del Fondo Edifici di Culto, (Catalogo della mostra di Roma-Palazzo di Venezia,
13 novembre-15 dicembre 2012), Roma 2012, pp. 16 e 69-72. Il collega statunitense John Lansdowne,
che sta approntando uno studio monografico su quel trittico, concorda con me nel ritenere che l’immagine
della Martire sia il frutto di una rielaborazione di un precedente dipinto: il prodotto finale fu una sorta di
basilissa con corona, scettro e globo, discendente ideale delle epifanie di Ariadne intagliate sulle valve dei
dittici eburnei del 500 d.C. o, con maggiore pertinenza cronologica, rapportabile all’icona dell’Arcangelo
Gabriele del Tesoro di Dečani, del 1340 ca. Per queste opere cfr. rispettivamente: J. Beckwith, L’arte di
Costantinopoli. Introduzione all’arte bizantina (330-1453), Torino 1967 (II ediz.), pp. 29-30 e figg.55-56;
S. Ćirković, I Serbi nel Medioevo, Milano 1992, pp. 237-238 e fig.211.
69
Cfr. J. Simon, Monasterium S. Mariae in Greverode. Das Stift (Solingen-) Gräfrath von der Gründung
bis zum Ende des 15. Jahrhunderts, (Studien zur Kölner Kirchengeschichte 24), Siegburg 1990; C. Her-
bers, Die Mirakelberichte des monasterium S. Mariae in Gräfrath. Analyse und historische Einordnung,
Köln 2007, (Libelli Rhenani 18), spec. pp. 23-27 e 55-62. In merito alla tipologia del reliquiario in cristallo
di rocca, argento dorato e smalto, cfr. H.C. McCune Bruhn, Late Gothic Architectural Monstrances in the
Rhineland, ca. 1380-1480: Objects in Context, Ph.D. Dissertation, The Pennsylvania State University 2006.
70
Cfr. P. Piatti, “Augustinianae mulieres. Un problema storiografico: il movimento femminile ago-
stiniano nel Medioevo tra carisma ed istituzione”, Quaderni medievali, n. 58, dicembre 2004, pp. 43-61;
Idem, Il movimento femminile agostiniano nel Medioevo. Momenti di storia dell’Ordine eremitano, Roma
2007, pp. 112-115.
71
Cfr. R. Arbesmann, “Henry of Friemar’s ‘Treatise on the origin and development of the Order of
Hermit Friars and its true and real title’ ”, Augustiniana, VI (1956), nn.1-3, pp. 37-145; E.L. Saak, “The
Creation of Augustinian Identity in the Later Middle Ages”, Augustiniana, IL (1999), nn.1-2, pp. 150-164;
C. Andenna, “Nicola da Tolentino nelle fonti e nella storiografia del suo tempo”, in: Santità e società civile
nel Medioevo. Esperienze storiche della santità agostiniana, (Atti del Convegno di Tolentino, 27-29 otto-
bre 2004), Biblioteca Egidiana, Tolentino 2005, pp. 147-163; P. Piatti, Il movimento femminile agostiniano
nel Medioevo. Momenti di storia dell’Ordine eremitano, Roma 2007, pp. 38-47. Varrà la pena di sottoline-
are come proprio nel coro della chiesa conventuale di Sankt Augustin ad Erfurt, fra 1330 e 1334, venissero
installate le vetrate col primo ciclo dedicato in ambito eremitano al Pater et Praeceptor: cfr. A. Cosma – V.
Da Gai – G. Pittiglio, Iconografia agostiniana dalle origini al XIV secolo, Roma 2011, scheda n°114, pp.
281-293 (A. Cosma).
72
Cfr. Iordanus de Saxonia, Liber qui dicitur Vitasfratrum, Romae 1587, p. 146; Jordani de Saxonia
Liber Vitasfratrum, ed. R. Arbesmann-W. Hümpfner, New York 1943, pp. 205-206; E.L. Saak, “The Crea-
tion of Augustinian Identity in the Later Middle Ages”, Augustiniana, IL (1999), nn.3-4, pp. 269-286. Sugli
autori di scritti spirituali in seno all’Ordine cfr. D. Gutiérrez, Gli Agostiniani nel medioevo (1256-1356),
Roma 1986, (Storia dell’Ordine di Sant’Agostino I/1), pp. 268-280.
73
Cfr. T. de Herrera, Alphabetum Augustinianum, Matriti 1644, p. 329; L. Torelli, Secoli Agostiniani,
tomo V, Bologna 1678, pp. 526 e 530.
74
Cfr. pure L. Torelli, Ristretto delle Vite de gli Huomini, e delle Donne Illustri in Santità (…) dell’Or-
dine Agostiniano, Bologna 1647, pp. 210-211, ove già si ribadiva che il “B. Enrigo d’Vrimaria Confessore
fù gran devoto di S. Caterina Verg. e Mart. dalla quale in cambio della sua devotione fù molto favorito”.
75
Documenti pubblicati da H.J. Floss, Geschichtliche Nachrichten über die Aachener Heiligthümer,
Bonn 1855, pp. 156-164 e 390-405, che ubicava il monastero a Grefrath.
76
Per l’esegesi critica delle Passiones e la leggenda che dal corpo fosse sgorgato latte in luogo di sangue
cfr. T. Chronopoulos, “The date and place of composition of the Passion of St. Katherine of Alexandria
(BHL 1663)”, Analecta Bollandiana, 130 (2012), pp. 81-83. Vorrei sottolineare come questo sia ancora il
tema del mottetto finale “Virgo constans decollatur” della Missa Sanctae Caterine Virginis et Martiris a
quattro voci, composta intorno al 1490 dal lodigiano Franchino Gaffurio, maestro di cappella presso il Duo-
mo di Milano. La madre del musicista si chiamava Caterina Fissiraga. Cfr. A. Sardi de Letto, “Gaffurio,
Franchino”, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol.LI, Roma 1998, pp. 214-216; nonché il sito http://
www.examenapium.it/gaffurio/caterina.htm.
77
Cfr. Pellegrinaggio ai Luoghi Santi. Liber Peregrinationis di Jacopo da Verona, presentazione e
traduzione di V. Castagna, Verona 1990, pp. 95-103.
Roberto Tollo
68
78
Cfr. M. Rondina osa, Santa Caterina d’Alessandria: la venerazione dell’Ordine Agostiniano, il culto
in San Giacomo Maggiore di Bologna, Bologna 2004, (Quaderni della Comunità Agostiniana di San Gia-
como Maggiore, n° 2). È da tenere a mente che nel convento eremitano di Gubbio, consacrato nel 1292/94,
una mensa d’altare lapidea della primitiva aula di culto recava incisa l’iscrizione AD HONOREM BEATE
KATHERINE, attestando l’attaccamento dell’Ordine alla Martire a meno di quarant’anni dalla Magna Unio
di Alessandro IV; cfr. F. Cece – E.A. Sannipoli, La Chiesa e il Convento di Sant’Agostino a Gubbio, Perugia
2001, pp. 46.
79
Cfr. V. Ascani, “Giovanni di Balduccio (o Balducci)”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. VI,
Roma 1995, pp. 703-711; A. Spiriti, “Iconografia agostiniana nella chiesa di San Marco a Milano (secc.
13°-15°)”, in: Per corporalia ad incorporalia. Spiritualità, agiografia, iconografia e architettura nel me-
dioevo agostiniano, a cura del Centro Studi “A. Trapè”, (Atti del Convegno di Tolentino, 22-25 settembre
1999), Biblioteca Egidiana, Tolentino 2000, pp. 189-196; G. Kreytenberg, “Giovanni di Balduccio”, in:
Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LV, Roma 2001, pp. 690-694; M. Rossi, Disegno storico dell’arte
lombarda, Milano 2005, pp. 31-33. Sulle vicende storiche del cenobio lombardo cfr. F. Barile Toscano,
“Dalle origini al Quattrocento”, in: La Chiesa di San Marco in Milano, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano
1998, pp. 23-102.
80
Misure: cm. 155 x 90. Cfr. M. Lampertico, scheda n° 17, in: I pittori bergamaschi dal XIII al XIX
secolo. Le origini, Bergamo 1992, pp. 342-343; M.G. Recanati, “Bergamo”, in: La pittura in Lombardia.
Il Trecento, Milano 1993, pp. 204-236 e fig.289; R. Cassanelli (a cura di), “Bergamo e il suo territorio:
Sant’Agostino”, in: Arte gotica in Lombardia, Bergamo, 2007, pp. 114-116. Per un quadro delle vicende
storiche cfr. G.O. Bravi, “Riforma, spiritualità e cultura nel Convento S. Agostino di Bergamo nella se-
conda metà del Quattrocento”, pubblicato su: http://www.giuliooraziobravi.it/pdf/ConvSantAgostino.pdf.
Non si tratta, ovviamente, di una giustapposizione iconografica di prerogativa eremitana: si guardi ad es.
al brano di affresco proveniente dal pontile a cinque arcate della chiesa dei Domenicani di Bolzano, opera
di giotteschi riminesi intorno al 1330; cfr. N. Rasmo, Affreschi del Trentino e dell’Alto Adige, Milano 1971,
p. 127 e figg.140-141.
81
Cfr. F. Negri Arnoldi, La Scultura del Quattrocento, Torino 1994, pp. 116-117; A. Cosma – G. Pitti-
glio, Iconografia agostiniana. Il Quattrocento, tomo II, Roma 2015, n° 488, p. 208
82
Bassano del Grappa, Museo Civico, inv. n° 33; olio su tela, cm.326 x 172. Il figlio secondogenito di
Jacopo Bassano si era trasferito a Venezia nel 1584. Cfr. Il Museo civico di Bassano del Grappa. Dipinti
dal XIV al XX secolo, a cura di L. Magagnato e B. Passamani, Venezia 1978, n° 33; A. Scapin, scheda n°
95 in: Santa Chiara da Montefalco. Culto, storia e arte. Corpus iconografico, a cura di R. Tollo, Biblioteca
Egidiana, Tolentino 2009, pp. 267-268.
83
Cfr. E. Battisti, Giotto, Genéve 1960 (ediz. consult. Roma 1990, pp. 70-105); E. Baccheschi, L’ope-
ra completa di Giotto, Milano 1966, pp. 98-109; S. Settis, “Iconografia dell’arte italiana, 1100-1500: una
linea”, in: Storia dell’arte italiana. I/3. L’esperienza dell’antico, dell’Europa, della religiosità, a cura di G.
Previtali, Torino 1979, pp. 237-252; G. Basile, Giotto. La Cappella degli Scrovegni, Milano 1992; A.M.
Spiazzi, “Padova”, in: La Pittura nel Veneto. Il Trecento, a cura di M. Lucco, tomo I, Milano 1992, pp. 88-
103; G. Pisani, I volti segreti di Giotto. Le rivelazioni della Cappella degli Scrovegni, Milano 2008, pp. 194-
211. Mons. C. Bellinati propende invece per il protonotario apostolico Altegrado de’ Cattanei, forse confes-
sore d’Enrico Scrovegni: cfr. “L’estetica teologica nel ciclo di affreschi della Cappella di Giotto all’Arena di
Padova”, in: Giotto e il suo tempo, (Catalogo della mostra di Padova, 25 novembre 2000-29 aprile 2001), a
cura di V. Sgarbi, Milano 2000, pp. 87-96. Applicando tuttavia una metodologia affine a quella adoperata dal
Pisani, si potrebbe avanzare la candidatura alternativa di quel Iohannes magister, frate urbanista ed architet-
to, che nel 1306 fu autore proprio della copertura lignea carenata della chiesa del cenobio patavino; cfr. P. F.
Pistilli, “Gli inizi dell’architettura agostiniana nell’Italia settentrionale”, in: Per corporalia ad incorporalia.
Spiritualità, agiografia, iconografia e architettura nel medioevo agostiniano, a cura del Centro Studi “A.
Trapè”, (Atti del Convegno di Tolentino, 22-25 settembre 1999), Biblioteca Egidiana, Tolentino 2000, pp.
41-62; R. Monetti, Eremiti di Sant’Agostino nel Trecento veneto. Studia, vita religiosa e società nei conventi
di Treviso e Padova, Tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze Storiche e Antropologiche, XXIII ciclo (2008-
2010), Università degli Studi di Verona, pp. 276-282. Per il parallelo fra Giotto e Giovanni Boccaccio, cfr. E.
Filosa, Tre studi sul De Mulieribus Claris, Milano 2012 (citaz. da p. 14).
84
Cfr. F. Abbiati, Storia della Musica. I. Dalle origini al Cinquecento, Milano 1967, pp. 234-241; F.
Testi, La musica italiana nel Medioevo e nel Rinascimento, Milano 1969, pp. 109-129; F.A. D’Accone,
Caterina: icona della Teosofia
69
The Civic Muse: Music and Musicians in Siena during the Middle Ages and Renaissance, The University
of Chicago 1997, pp. 148-150; L. Leonardi – F. Santi, “La letteratura religiosa”, in: E. Malato (direz. di),
Storia della Letteratura Italiana. 1. Dalle Origini a Dante. I. Le Origini, Milano 2005, pp. 361-369.
85
Cfr. G. Mazzoni, Laude Cortonesi del secolo XIII, Bologna 1890 (trascriz. alle pp. 47-48). Tuttavia,
sulle lezioni musicali di questo codice, zeppe di scorrettezze filologiche, cfr. M. Gozzi, “Sulla necessità di
una nuova edizione del Laudario di Cortona”, Atti del VI Seminario Internazionale di Filologia Musicale
«La filologia musicale oggi: il retaggio storico e le nuove prospettive», pubblicato in: Philomusica on-
line, 9/2 (2010), pp. 114-174. Se ne riporta qui il testo, pervenutoci incompleto: Vergene donçella da Dio
amata, / Katarina martire bëata! / Tu fosti bëata da fantina, / perké fo ‘n te la gratïa divina. / Nata fosti in
terra alexandrina, / in omgni scïentïa collaudata. / Filia fo de re e de raina / la beata santa Katerina, / de
li erranti gram medicina: / disputando, da lor venerata. / Stando nel palaçço gratïosa, / tutta fosti de Dio
amorosa, / cum gran voluntà desiderosa, / a Iesù dilecto disponsata. / Quel amor te fece iocundare / lo qual
prendesti per amare: / per lui sapia spendar e donare, / ké de sé te fece renfiammata. / Un crudel tiranno
pien d’errore / per la terra mandò el banditore / ke ciascuno venisse a falli honore, / già non fosse in sì lon-
ga contrata: / ke venissar a da llo tributo / al suo dïo k’era sordo e muto: / a null’om per se’ pò dare aiuto:
/ e quest’è la vertà provata! / E lo ‘mperadore sacrificando, / tutta l’altra gente sequitando, / la Katerina
udio metter lo bando / e mantenente fo maravelliata.
86
Cfr. F. Mancini, Garzo, Storia di santa Caterina, Roma 1993 (ediz. crit. basata sulla priorità crono-
logica del ms. 1738 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, cc. 39v-47r. Alla c. 39v, iniziale figurata con
rappresentazione di s. Caterina; alla c. 70v, nel margine, edicola con ritratto a figura intera della Martire:
l’apparato figurativo rimanda a un miniatore fiorentino del Trecento dell’ambito di Pacino di Bonaguida);
R. Gigliucci, “Garzo”, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LII, Roma 1999, pp. 422-425.
87
Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», ms. XIII.D.59, ff. 57r-73v. Cfr. E. Percopo,
Poemetti Sacri dei secoli XIV e XV pubblicati per la prima volta ed illustrati, Bologna 1885, pp. XXIII-
XXXIX e 49-132; C. Mutini, “Buccio di Ranallo”, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XIV, Roma
1972, pp. 777-783; V. Formentin, “Sfortuna di Buccio di Ranallo”, Lingua e Stile, XLV, dicembre 2010,
pp. 185-221. Alessandro Tomei ha recentemente richiamato l’attenzione su un ciclo pittorico nella Valle
Roveto del 1240 ca., comprendente sei scene su doppio registro della vita di Katerina: Nascita, Traslazione
delle spoglie sul Sinai, Disputa coi retori, Supplizio dell’amputazione delle mammelle inflitto all’impera-
trice fedifraga, Rogo dei filosofi, Decapitazione della Martire. Cfr. “Affreschi medievali in Santa Maria
del Pertuso, presso Morino (AQ)”, in: L’Officina dello sguardo. Scritti in onore di Maria Andaloro. Vol. I.
I luoghi dell’arte, Roma 2014, pp. 541-546.
88
Cfr. G. Romalli, “Eremitani in città: strutture conventuali e contesti urbani. Indagini sull’area se-
nese”, in: Santità e Società civile nel Medioevo. Esperienze storiche della santità agostiniana, (Atti del
Convegno di Tolentino, 27-29 ottobre 2004), Biblioteca Egidiana, Tolentino 2005, pp. 83-102; R. Razzi,
Sant’Agostino a San Gimignano: le secolari vicende, Poggibonsi 2014.
89
Cfr. Bestiari Medievali, a cura di L. Morini, Torino 1996, pp. 450-451, cap. XXIV; A. Cattabiani,
Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Milano 1998, pp. 555-556.
90
Cfr. S. Lopez, Chartularium conventus Sancti Geminiani Ordinis Eremitarum S. Augustini, Romae
1930; R. Lazcano, Generales de la Orden da San Agustín. Biografías – Documentación – Retratos, Roma
1995, pp. 56-58; C. Casagrande, “Fassitelli, Alessandro”, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol.
XLV, Roma 1995, pp. 289-291; T. Zazzeri, Eremi agostiniani della Tuscia nel tredicesimo secolo: ricerca
topografico-storica, Biblioteca Egidiana, Tolentino 2008. Su un frate Giunta da San Gimignano vissuto
all’inizio del XIV sec., erudito e latinista, cfr. D. A. Perini, Bibliographia Augustiniana, vol. III, Firenze
1935, pp. 150-151.
91
Cfr. I. Jucker, “Schemata”, in: Enciclopedia dell’Arte Antica, vol. VII, Roma 1966, pp. 96-107;
A. Quacquarelli, “Ai margini dell’actio: la loquela digitorum”, Vetera Christianorum, VII, 1970, 2,
pp. 199-224; Idem, “La loquela digitorm della resurrezione di Lazzaro in un bassorilievo di Aquileia”,
Romanobarbarica, 1978, 3, pp. 243-253; J.C. Schmitt, Il gesto nel Medioevo, Roma-Bari 1999, pp. 228-
236 e 253-258; G. Dalli Regoli, Il gesto e la mano. Convenzione e invenzione nel linguaggio figurativo
fra Medioevo e Rinascimento, Firenze 2000; B. Pasquinelli, Il gesto e l’espressione, Milano 2005, (I
Dizionari dell’Arte), pp. 136-140. A titolo di confronto, si guardi il dipinto del fiorentino Cenni di Fran-
cesco di Ser Cenni (1380 ca.) (fig. 35), ove Caterina, assisa in cattedra, sfiorando con l’indice della mano
destra il dito mignolo della sinistra, sta enumerando le tesi della sua disputa con due filosofi pagani, che
Roberto Tollo
70
il nimbo sembra rivelare già convertiti dal suo eloquio: New York, The Metropolitan Museum of Art, inv.
n° 1982.35.1; tempera su tavola a fondo oro, cm. 54 x 42,5. Cfr. L.B. Kanter, scheda n° 19, in: Painting
and Illumination in Early Renaissance Florence, 1300–1450, New York 1994, pp. 183-186. A mio parere
dovrebbe trattarsi di una sacra conversazione con i gemelli Cosma e Damiano, medici e benefattori,
martirizzati sotto Diocleziano.
92
Cfr. J. Le Goff – J. Baschet, “Anima”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. I, Roma 1991,
pp. 798-815; R. Lavatori, Gli Angeli, Roma 1996; E. Federico, “Michele Arcangelo, santo”, in: Enciclo-
pedia dell’Arte Medievale, vol. VIII, Roma 1997, pp. 364-369; M. D’Onofrio, “L’iconografia dell’angelo
nell’arte medievale”, in: Le ali di Dio. Messaggeri e guerrieri alati fra Oriente e Occidente, (Catalogo della
mostra di Bari-Caen, 6 maggio-31 dicembre 2000), a cura di M. Bussagli e M. D’Onofrio, Milano 2000,
pp. 79-82.
93
Cfr. G. Pistoni, San Geminiano: vescovo e protettore di Modena nella vita, nel culto, nell’arte, Mo-
dena 1983; P. F. Beatrice, “Verginità. IV”, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. IX, Roma 1997,
coll. 1884-1896.
94
I singoli scomparti andarono dispersi all’epoca delle soppressioni napoleoniche del 1810: il pannello
relativo a santa Caterina (cm. 110 x 38,5) pervenne a Firenze, Palazzo dei Frescobaldi. La proposta di da-
tazione alla produzione giovanile di Simone è stata sostenuta, fra gli altri, da C. De Benedictis, “Simone
Martini a San Gimignano e una postilla per il possibile Donato”, in: Simone Martini, (Atti del Convegno di
Siena, 27-29 maggio 1985), a cura di L. Bellosi, Firenze 1988, pp. 187-191; A. Martindale, Simone Marti-
ni, New York 1988, pp. 26-35 e 200-202 scheda n° 23; P. Leone de Castris, Simone Martini, Milano 2003,
pp. 162-165 e 348-349 scheda n° 9 (con riassunto delle oscillazioni critiche antecedenti e dei dati emersi
dal restauro); M. Tazartes, Simone Martini, Milano 2004, pp. 45-46 e 110-115. Viceversa, M.C. Gozzoli,
L’opera completa di Simone Martini, Milano 1970, p. 90, preferiva scalare l’opera al quinquennio 1320-25,
rigettando l’autografia della santa Caterina; propende invece per il decennio 1322-31 sulla base di conside-
razioni storico-religiose Valerio Da Gai in: A. Cosma – V. Da Gai – G. Pittiglio, Iconografia agostiniana
dalle origini al XIV secolo, Roma 2011, scheda n° 73, pp. 190-192; J. Polzer, “Some altarpieces executed
by Simone Martini’s workshop, and Lippo Vanni’s artistic origin”, Arte Cristiana, vol.C, fasc.870-872,
maggio-ottobre 2012, pp. 177-192, ritiene che la decorazione incisa e punzonata nel fondo oro non consenta
datazioni anteriori al 1325. Sull’abbigliamento in età medioevale cfr. L. Kybalová – O. Herbenová – M.
Lamarová, Enciclopedia illustrata della Moda, Milano 1969; R. Levi Pisetzky, Il costume e la moda nella
società italiana, Torino 1995, pp. 115-183. Sulla visione estetica di Francesco Petrarca, nutrita di letture
agostiniane e coltivata nell’amicizia avignonese con Simone Martini, cfr. M.C. Bertolani, “Dall’immagine
all’icona”, Quaderns d’Italià, 11, 2006, pp. 183-201; M. Ciccuto, “Petrarca e le arti: l’occhio della mente
fra i segni del mondo”, ibidem, pp. 203-221.
95
Cfr. J. Brink, “Simone Martini’s St. Catherine of Alexandria: an Orvietan Altarpiece and the Mystical
Theology of St. Bonaventure”, Annual Bulletin, 3, 1979-1980, pp. 37-56.
96
Cfr. M.C. Gozzoli, L’opera completa di Simone Martini, Milano 1970, pp. 96-97; M. Seidel, “Con-
dizionamento iconografico e scelta semantica: Simone Martini e la tavola del Beato Agostino Novello”, in:
Simone Martini, (Atti del Convegno di Siena, 27-29 maggio 1985), a cura di L. Bellosi, Firenze 1988, pp.
75-80; J. Gardner, “The Cappellone di San Nicola at Tolentino: some functions of a fourteenth-century
fresco cycle”, in: Italian Church Decoration of the Middle Ages and Early Renaissance. Functions, forms
and regional traditions, edited by W. Tronzo, Bologna 1989, pp. 101-117; C. Hoeniger, “Simone Martini’s
Panel of the Blessed Agostino Novello: the Creation of a local Saint”, in: Art and the Augustinian Order in
Early Renaissance Italy, edited by L. Bourdua and A. Dunlop, Aldershot 2007, pp. 51-78.
97
Cfr. A. Cornice, “San Leonardo al Lago. Gli affreschi di Lippo Vanni”, in: Lecceto e gli eremi ago-
stiniani in terra di Siena, Siena 1990, pp. 287-308 e figg.27-28; A. Cosma – V. Da Gai – G. Pittiglio, Ico-
nografia agostiniana dalle origini al XIV secolo, Roma 2011, scheda n° 92, pp. 228-230 (V. Da Gai). Nella
Bibbia, il coltello è per antonomasia l’utensile dell’olocausto di Abramo (cfr. Gn. XXII).
98
Cfr. E. Ypma, “Lo Studium di Parigi e l’organizzazione degli studi presso gli Agostiniani nel XIII e
XIV secolo”, in: Arte e Spiritualità negli Ordini Mendicanti. Gli Agostiniani e il Cappellone di San Nicola
a Tolentino, (Atti della prima sessione del Convegno di Tolentino, 2-4 settembre 1991), Biblioteca Egidia-
na, Tolentino-Roma 1992, pp. 45-51; B. Hackett, “Scuole agostiniane del Trecento in Italia”, ibidem, pp.
55-60; M. Rondina, “La Scuola Agostiniana”, in: Arte e Spiritualità dell’Ordine Agostiniano e il Convento
San Nicola a Tolentino, (Atti della seconda sessione del Convegno di Tolentino, 1-4 settembre 1992),
Caterina: icona della Teosofia
71
Biblioteca Egidiana, Tolentino-Roma 1994, pp. 23-30; Idem, “Lettura iconologica del Cappellone di San
Nicola a Tolentino”, ibidem, pp. 229-234.
99
Cfr. Migne, PG XVIII, coll. 127-130: “Virgines, ipsae martyres, inter Christi sodales, primae”.
100
Cfr. S. Romano, “Le storie intorno all’arca. Nicola da Tolentino e la Pax marchigiana”, in: Il Cap-
pellone di San Nicola a Tolentino, a cura del Centro Studi A. Trapè, Cinisello Balsamo 1992, pp. 23-40; A.
Dunlop, “Gli affreschi del Cappellone di San Nicola: un modello mancato?”, in: San Nicola da Tolentino
nell’arte. Corpus iconografico. I. Dalle origini al Concilio di Trento, a cura di V. Pace e R. Tollo, Tolentino
2005, pp. 47-63; D. Benati, “Gli affreschi del Cappellone di Tolentino all’origine dell’iconografia di san
Nicola”, in: Immagine e Mistero. Il sole, il libro, il giglio, Iconografia di san Nicola da Tolentino nell’arte
italiana dal XIV al XX secolo, a cura di M. Giannatiempo Lopez, (Catalogo della mostra alla Città del Vati-
cano, 8 giugno-9 ottobre 2005), Milano 2005, pp. 113-125; A. Cosma – V. Da Gai – G. Pittiglio, Iconogra-
fia agostiniana dalle origini al XIV secolo, Roma 2011, scheda n° 74, pp. 192-195 (V. Da Gai). Mi permetto
di rinviare pure a R. Tollo, “Confezione dell’iconografia nicoliana: codificazione, diffusione, tradizione,
variazione”, in: San Nicola da Tolentino nell’arte. Corpus iconografico. I. Dalle origini al Concilio di
Trento, a cura di V. Pace e R. Tollo, Tolentino 2005, pp. 21-45; Idem, “’Una stella lo precedeva con moto
lentissimo’. San Nicola da Tolentino fra scienza e fede”, Percorsi Agostiniani, II/3 (2009), pp. 94-108.
101
Cfr. M.P. Ciccarese, Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano. II (leone-zanzara), Bo-
logna 2007, pp. 125-145.
102
Il dipinto misura cm. 215 x 381. Cfr. E. Carli, La pittura senese, Milano 1955, pp. 138-140; E. Bor-
sook, Ambrogio Lorenzetti, Firenze 1966, pp. 10 e 33-34; M. Seidel, “Die Fresken des Ambrogio Lorenzetti
in S. Agostino”, in: Mitteilungen der Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXII (1978), pp. 185-252;
A. Cosma – V. Da Gai – G. Pittiglio, Iconografia agostiniana dalle origini al XIV secolo, Roma 2011,
scheda n° 77, pp. 198-199 (A. Cosma). Meritevole di ulteriori approfondimenti è il rapporto fra la bottega
dei Lorenzetti e la committenza agostiniana di quegli anni, come parrebbe suggerire l’attribuzione alla
scuola di Ambrogio dei frammentari affreschi in San Pietro all’Orto a Massa Marittima, forse il più antico
ciclo agiografico di Nicola da Tolentino, fatta eccezione per le storie nel Cappellone marchigiano; cfr. M.
Gianandrea, scheda n° 3, in: San Nicola da Tolentino nell’arte. Corpus iconografico. Vol. I. Dalle origini al
Concilio di Trento, a cura di V. Pace e R. Tollo, Tolentino 2005, pp. 231-232 e tav.II; L. Marshall, “Visua-
lizzare l’intercessione: san Nicola da Tolentino e il Purgatorio nell’arte italiana prima del Concilio di Tren-
to”, in: Escatologia, Aldilà, Purgatorio, Culto dei Morti. L’esperienza di san Nicola da Tolentino, Atti del
Convegno di Tolentino (26-28 ottobre 2005), a cura della Biblioteca Egidiana, Tolentino 2006, pp. 137-148.
103
Forse la corona venne adoperata già nel 983 per la consacrazione di Ottone III ad Aquisgrana. Cfr. J.
Taralon, “Arti suntuarie”, in: L. Grodecki–F. Mütherich–J. Taralon–F. Wormald, Il secolo dell’anno Mille,
Milano 1981, pp. 260-287 e 349; H. Drechsler, “Regalia”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. IX,
Roma 1998, pp. 863-868; T. Dawson, “The Monomachos Crown: Towards a Resolution”, BYZANTINA
ΣΥΜΜΕΙΚΤΑ, 19 (2009), pp. 183-193.
104
Cfr. M. Seidel, scheda n° 11, in: Mostra di opere d’arte restaurate nelle Province di Siena e Grosse-
to. II – 1981, Genova 1981, pp. 46-49.
105
Cfr. F. Santi, “Chiara da Montefalco, profetessa della clausura nella crisi del XIII secolo”, in: Santa
Chiara da Montefalco. Culto, storia e arte. Corpus iconografico, a cura di R. Tollo, Biblioteca Egidiana,
Tolentino 2009, pp. 19-32; R. Tollo, “Mulieres religiosae, moniales e sorores degli Ordini di vita consacra-
ta: parallelismi iconografici e prerogative di Chiara della Croce”, ibidem, pp. 33-50.
106
Cfr. B. Rano, “Agostiniane”, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. I, Roma 1974, coll.161-
162; D. Gutiérrez, Gli Agostiniani nel medioevo (1357-1517), Roma 1987, (Storia dell’Ordine di Sant’A-
gostino I/2), pp. 355-367; P. Piatti, Il movimento femminile agostiniano nel Medioevo. Momenti di storia
dell’Ordine eremitano, Roma 2007, pp. 139-143.
107
Cfr. A. Lazzari, Delle Chiese di Urbino e delle pitture in esso esistenti, Urbino 1801, pp. 64-65; G.
Cucco, “Un Monastero nella città, un Monastero per la città. Le monache agostiniane di Santa Caterina”,
in: Pregare con le mani. Monastero e città: cinque secoli di arte e artigianato femminile nelle opere delle
Agostiniane di Santa Caterina di Urbino, (Catalogo della mostra di Urbino-Palazzo Ducale, 16 dicembre
2000-15 febbraio 2001), Urbania 2000, pp. 19-29.
108
Misure: cm. 140 x 138 (inv. n° 1990 D 21). Cfr. L. Serra, Il Palazzo Ducale di Urbino e la Galleria
Nazionale delle Marche, Milano 1920, p. 33; F. Zeri, “Un affresco del Maestro dell’Incoronazione di Ur-
bino”, Propozioni, III, 1950, pp. 36-40; A. Bacchi, “Maestro dell’Incoronazione di Urbino”, in: La Pittura
Roberto Tollo
72
In Italia. Il Duecento e il Trecento, a cura di E. Castelnuovo, tomo II, Milano 1986, pp. 613-614; La pittura
fra Romagna e Marche nella prima metà del Trecento. Gli apporti di Rimini e Fabriano, Catalogo della
mostra fotografica di Mercatello sul Metauro (18-20 settembre 1987), a cura di R. Budassi e P. G. Pasini,
s.l. 1987, pp. 35-39; P. Dal Poggetto, La Galleria Nazionale delle Marche e le altre collezioni nel Palazzo
ducale di Urbino, Urbino-Roma 2003, p. 87.
109
Pisa, Museo Nazionale di San Matteo, inv. nn. 4911, 1621-1622. Tempera su tavola, cm. 121 x 248.
Cfr. M. Boskovits, “Cecco di Pietro”, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XXIII, Roma 1979, pp.
284-285; M. Burresi, “Il Polittico di Agnano nel percorso di Cecco di Pietro”, in: Il Polittico di Agnano.
Cecco di Pietro e la pittura pisana del ‘300, Pisa 1986, pp. 61-94.
110
Galleria Nazionale delle Marche (inv. n° 1990 D 91 – già in deposito alla Casa di Raffaello), misure:
cm. 181 x 109. Il quadro si deve forse alla munificenza di Orazio Albani (Urbino 1576-Roma 1653), amba-
sciatore del duca Della Rovere presso la Santa Sede e capostipite del nobile casato. Cfr. L. Serra, “Nuovi
acquisti della Galleria Nazionale di Urbino”, Bollettino d’Arte, s.II, n.5, dicembre 1921, pp. 273-281 (in
part. pp. 277-278, con attribuzione al Ridolfi); M. Baldelli, Claudio Ridolfi veronese, pittore nelle Marche,
Urbania 1977, pp. 131-132; P. Dal Poggetto, La Galleria Nazionale delle Marche e le altre collezioni nel
Palazzo ducale di Urbino, Urbino-Roma 2003, p. 229; M. Cellini, “Girolamo Cialdieri”, in: Nel segno
di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena, Jesi-Milano 2005, pp. 266-281; E. Schleier,
“Commenti al catalogo della mostra di Francesco Cozza. Alcune aggiunte e proposte e qualche nota criti-
ca”, in: Francesco Cozza e il suo tempo, (Atti del Convegno di Valmontone-Palazzo Doria Pamphilj, 2-3
aprile 2008), a cura di C. Strinati, R. Vodret, G. Leone, Soveria Mannelli 2009, pp. 19-35 (in part. p. 25 e
fig.18, ma con assegnazione a seguace romano del Cozza). La sentita venerazione della Martire nel Ducato
roveresco – attestata anche a Pesaro, Orciano, Urbania – si riverbera nella produzione di piatti e ciotole in
ceramica, databili a partire dalla seconda metà del XVI sec.; cfr. R. Gresta, “Marche: scheda n° 12”, in: La
maiolica italiana di stile compendiario. I bianchi, Catalogo della mostra a cura di V. De Pompeis, tomo II,
Torino 2010, pp. 172-173.
111
La mano del pittore è ravvisabile in una serie di correzioni a penna ed inchiostro marrone operate su
un esemplare ricavato in controprova dall’acquaforte, ora al Department of Drawings and Prints del Metro-
politan Museum of Art (acc. n° 22.67.3), cm. 29,5 x 19,7. Cfr. D. Bodart, Pietro Paolo Rubens (1577-1640),
(Catalogo della mostra di Padova-Roma-Milano, marzo-ottobre 1990), Roma 1990, p. 183 scheda n°82;
P. de Montebello, The Metropolitan Museum Art Guide, New York 1994 (2nd edition), p. 134 n°8; Peter
Paul Rubens. Impressions of a Master from the John and Mable Ringling Museum of Art, Catalogue of the
Exhibition at the Museum of Fine Arts (February 2-March 31, 2012), Florida State University 2012, p. 52.
112
Cfr. AA.VV., Dreifaltigkeitskirche Konstanz, Stuttgart 2007; V. Gebhard, “Gli affreschi quattro-
centeschi della Chiesa della Trinità a Costanza (Germania): memoria e identità nell’Ordine agostiniano”,
Percorsi Agostiniani, I/2 (2008), pp. 118-134.
113
Cfr. B.A.L. Van Luijk, Le Monde Augustinien du XIIIe au XIXe siècle, Assen 1972, pp. 68-70; B.
Rano, “Agostiniane”, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. I, Roma 1974, coll.157-159; H. Bau-
mann, “Einsiedelei–Klösterchen–Ausflugslokal–Ruine?”, Blättle, n° 50, 6/05/2012, pp. 58-60.
114
La Certosa venne devastata nel 1793 dai rivoluzionari e le cinque statue del portale gravemente
danneggiate. Cfr. F. Negri Arnoldi, Sluter e la scultura borgognona, Milano 1966; K. Morand, “Sluter,
Claus”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol. X, Roma 1999, pp. 727-732; S.C.M. Lindquist, “Ac-
counting of the Status of Artists at the Chartreuse de Champmol”, Gesta, vol. XLI, n° 1, 2002, pp. 15-28.
115
Cfr. A. Lugli, Naturalia et Mirabilia. Il collezionismo enciclopedico nelle Wunderkammern d’Eu-
ropa, Milano 1990 (II ediz.), pp. 32-36; M. Mihályi, “Carlo IV di Lussemburgo, imperatore”, in: Enciclo-
pedia dell’Arte Medievale, vol.IV, Roma 1993, pp. 273-278; B. Chropovský, “Karlštejn”, in: Enciclopedia
dell’Arte Medievale, vol.VII, Roma 1996, pp. 481-484; J. Fajt – J, Royt, “Splendor Regni – The Lesser
Tower”, in: Magister Theodoricus Court Painter to Emperor Charles IV, edited by J. Fajt, Prague 1998, pp.
134-152 e figg.28-30; B. Chropovský, “Teodorico da Praga”, in: Enciclopedia dell’Arte Medievale, vol.
XI, Roma 2000, pp. 125-126; B. Drake Boehm, “Charles IV. The Realm of Faith”, in: Prague. The Crown
of Bohemia 1347-1437, edited by B. Drake Boehm and J. Fajt, New York 2005, pp. 26-28.
116
La scultura marmorea si trova oggi al Museo Archeologico di Istanbul. Cfr. M. Cadario, “L’im-
magine militare di Adriano”, in: Adriano e la Grecia. Villa Adriana tra classicità ed ellenismo. Studi e
ricerche, (Catalogo della mostra di Tivoli-Villa Adriana, 9 aprile-2 novembre 2014), a cura di E. Calandra
– B. Adembri, Milano 2014, pp. 106-113. La tavola ogivale quattrocentesca, già in Collezione Watney a
Caterina: icona della Teosofia
73
Cornbury Park (Oxfordshire), risulta invece dispersa: cfr. A. Cosma – G. Pittiglio, Iconografia agostiniana
del XV secolo, I, Roma 2015, scheda n° 72, pp. 279-281 (G. Pittiglio). Vorrei tuttavia sottolineare come tale
codice figurativo risulti adoperato sin dall’epoca degli Achemenidi: si pensi al bassorilievo rupestre del VI
sec. a.C. a Behistun (nel Kermanshah, Iran), in cui il gran re Dario I calpesta l’usurpatore Gaumata.
117
Inv. n° Pl.O.2173; misure: h. 133 cm., su piedistallo scanalato. Cfr. H. Stafski, Kataloge des Ger-
manischen Nationalmuseums Nürnberg. Die Mittelalterlichen Bildwerke. I. Die Bildwerke in Stein, Holz,
Ton und Elfenbein bis um 1450, Nürnberg 1965, p. 156 n° 144; A. Simon, The Cult of Saint Katherine of
Alexandria in Late-Medieval Nuremberg. Saint and the city, Farnham 2012. L’opera fa il paio con una
statuina in alabastro con tracce di policromia (fig. 51) lavorata in una bottega di Nottingham un secolo più
tardi e presumibilmente destinata alla privata devozione: Philadelphia, Museum of Art, inv. n° 1986-26-
407; misura: h. 57,8 cm.
118
Lille, Palais des Beaux-Arts, inv. n° A 2827; misura: h. 71,5 cm. Caterina, trionfatrice su Massimino
Daia, veglia anche sul sonno eterno della principessa Margherita d’Austria e della suocera Margherita di
Borbone nelle rispettive tombe al Monastero reale di Brou (dipartimento dell’Ain), scolpite entro il 1522
da maestri brabantini; cfr. M.A. Sarda – M. Philippe, Le Monastère royal de Brou Bourg-en-Bresse, Paris
2005, pp. 24-34.
119
Cfr. F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli, 1266-1414, Roma 1969, pp. 317, 319 e fig.
VII-59,74; P. Leone de Castris, “Pittura del Duecento e del Trecento a Napoli e nel Meridione”, in: La
pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, a cura di E. Castelnuovo, vol. II, Milano 1986, pp. 499-500 e
fig.786 (che lo identifica nel giottesco Maestro di Giovanni Barrile); C. Garzya Romano, La Basilicata. La
Calabria, Milano 1988, (Italia Romanica, 9), pp. 68-69; G. Cirsone, “La basilica della SS. Trinità di Venosa
dalla Tarda Antichità all’Età Moderna. II parte”, La Capitanata, 27, giugno 2012, pp. 136-138 e fig.44.
120
Londra, Victoria and Albert Museum, inv. n° 7703-1861. Dimensioni: h. 40,5, la. 22,1, prof. 3,5 cm.
Cfr. P. Williamson, Netherlandish Sculpture 1450-1550, London 2002, pp. 113-114. La chiesa del borgo
olandese venne tuttavia chiusa nel 1580 in conseguenza della Riforma Protestante; la locale università fu
fondata solo nel 1636. Non è pertanto semplice accertare la committenza della splendida tavola (fig. 55)
dipinta dal caravaggesco Hendrick ter Brugghen verso il 1618-20 – e comunque dopo il soggiorno romano
conclusosi nel 1614 – raffigurante il Martirio della Santa ed oggi esposta al Crysler Museum of Art di Nor-
folk: inv. n° 71.2076, olio su quercia, cm. 99,1 x 73,3. Cfr. J.C. Harrison, The Chrysler Museum. Handbook
of the European and American Collections: Selected Paintings, Sculpture and Drawings, Norfolk (VA),
1991, p. 23, scheda 17; L.J. Slatkes – W. Franits, The Painting of Hendrick ter Brugghen 1588-1629,
Amsterdam 2007, p. 118 e tav.28. Per una panoramica generale del Caravaggismo olandese cfr. A. Von
Schneider, I seguaci del Caravaggio nei Paesi Bassi, Milano 1966; C. Limentani Virdis, Introduzione alla
Pittura Neerlandese (1400-1675), Padova 1978, pp. 230-237.
121
Il pittore fu attivo nelle Fiandre nell’ultimo quarto del XV secolo, ed il quadro è probabilmente lo
scomparto di un polittico smembrato. Philadelphia Museum of Art, John G. Johnson Collection, inv. n°
326; olio su tavola, cm. 66,7 x 27. Cfr. B. Sweeny, John G. Johnson Collection: Catalogue of Flemish and
Dutch Paintings, Philadelphia 1972, p. 32; Paintings from Europe and the Americas in the Philadelphia
Museum of Art, Philadelphia 1994, p. 74. Ann M. Roberts ha individuato un altro dipinto realizzato da
quest’anonimo Maestro per il Monastero di Santa Caterina d’Alessandria, ribattezzato ‘Sinai’, fondato nel
1469 per le Clarisse di Bruges; cfr. “The City and the Convent: ‘The Virgin of the Rose Garden’ by the
Master of the Legend of Saint Lucy”, Bulletin of the Detroit Institute of Arts, vol. 72, n° 1/2, Early Nether-
landish Painting (1998), pp. 56-65.
122
Cfr. I. Faldi, La scultura barocca in Italia, Milano 1958, pp. 10-12; F. Negri Arnoldi, Scultura del
Cinquecento in Italia Meridionale, Napoli 1997, pp. 187-188 e fig.198; A Migliorato, “Ipotesi sulla for-
mazione di Pietro Bernini e sul rapporto con l’antico”, in: La scultura meridionale in età moderna nei suoi
rapporti con la circolazione mediterranea, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Lecce, 9-11 giugno
2004), vol. II, a cura di L. Gaeta, Galatina 2007, pp. 37-53.
123
Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, portego, inv. Demanio sc. 21; misure: cm. 83 x 190. Cfr.
P. Biver, “Some examples of English Alabaster tables in France”, The Archaeological Journal, vol.67,
1910, pp. 66-87; S. Moschini Marconi, Galleria G. Franchetti alla Ca’ d’Oro Venezia, Roma 1992, p.
19 e fig.12; A. Augusti – F. Saccardo, Ca’ d’Oro. Galleria Giorgio Franchetti, Milano 2002, p. 17; C.K.
Keeble, “Medieval English Alabasters”, Rotunda (Toronto, Canada), vol. 38, n°2, Winter 2005, pp. 14-21.
Va sottolineato che la devozione alla domestica toscana ebbe forte incremento in Inghilterra quando l’ospi-
Roberto Tollo
74
taliere John Langstrother recò una reliquia della beata da Lucca ad Eagle, nel Lincolnshire, nell’anno 1446.
Il culto di Saint Citha è attestato, ad es., nell’Oxfordshire tramite pitture murali ad Horley e Shorthampton,
pure del XV sec. Cfr. D. Webb, Pilgrimage in Medieval England, London 2000, pp. 151-152.
124
Oggi all’Ashmolean Museum di Oxford (penna e inchiostro, inv. WA 1846.177) e al Département
des Arts Graphiques del Museo del Louvre (matita nera e biacca su carta grigia, inv. n° 393871): cfr. P.
Joannides, The Drawings of Raphael with a complete catalogue, Berkeley and Los Angeles 1983, pp. 60-61
n° 14; p. 172 nn. 159v e 160.
125
Londra, National Gallery, inv. n° NG 168; olio su tavola di pioppo, cm. 72,2 x 55,7. Cfr. P. Hendy,
The National Gallery London, London 1963 (2nd edit.), pp. 158-159; P. L. De Vecchi, L’opera completa
di Raffaello, Milano 1979, p. 99 n° 84; Idem, Raffaello: la pittura, Firenze 1981, pp. 20-31 e 65-66; A.
Forlani Tempesti, Capolavori del Rinascimento. Il primo Cinquecento toscano, Milano 1983, (I Disegni
dei Maestri – 1), tav. XXIV e figg.11-12; A. Roy – M. Spring – C. Plazzotta, “Raphael‘s Early Work in
the National Gallery: Paintings before Rome”, National Gallery Technical Bulletin, vol. 25, 2004, pp. 4-35.
126
Oggi rispettivamente a: Madrid, Museo Nacional del Prado, olio su tela, cm. 98 x 75; Albenga, Mu-
seo Diocesano di Arte Sacra (già a Conscente, Chiesa di Sant’Alessandro Papa), olio su tela, cm. 277 x 195.
Cfr. E. Baccheschi, L’opera completa di Guido Reni, Milano 1971, p. 88 n°27 e p. 90 n°38; F. Boggero,
scheda in: Tesori d’arte dei musei diocesani, a cura di P. Amato, (Catalogo della mostra di Roma-Castel
Sant’Angelo, 18 dicembre 1986-31 gennaio 1987), Torino 1986, pp. 60-61; M. Scolaro, „Guido Reni“, in:
La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, tomo I, a cura di A. Emiliani, Bologna 1994, pp. 157-169;
M.C. Terzaghi, Caravaggio, Annibale Carracci, Guido Reni tra le ricevute del banco Herrera & Costa,
Roma 2007, pp. 127-128 e tavv. LX-LXI. Proprio al cardinal Sfondrato, che nell‘ottobre 1599 aveva as-
sistito al rinvenimento delle spoglie mortali di santa Cecilia nella basilica trasteverina, Reni aveva fatto
giungere una copia dell’Estasi di Raffaello (poi trasferita nella cappella Polet in San Luigi dei Francesi).
127
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza, inv. n° 81 (1934.37); olio su tela, cm. 173 x 133. Cfr. A. Otti-
no Della Chiesa, L’opera completa del Caravaggio, Milano 1967, p. 90 n° 27; M. Marini, Io Michelangelo
da Caravaggio, Roma 1974, scheda n° 22, pp. 118-119 e 364-365; A. Pecchioli, Le armi bianche, Roma
1983, p. 253; M. Gregori, scheda n° 72, in: Caravaggio e il suo tempo, (Catalogo della mostra di Napoli-
Museo Nazionale di Capodimonte, 14 maggio-30 giugno 1985), Milano 1985, pp. 246-250; L. Sickel, “Gli
esordi del Caravaggio a Roma. Una ricostruzione del suo ambiente sociale nel primo periodo romano”,
Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana, 39, 2009/2010, pp. 225-265; A. Pampalone, scheda n°3, in:
Caravaggio a Roma. Una vita dal vero, (Catalogo della mostra di Roma-Archivio di Stato, 11 febbraio-15
maggio 2011), a cura di M. Di Sivo e O. Verdi, Roma 2011, pp. 188-192.
128
Olio su tela, cm. 291 x 190. Cfr. R. Roli, “I quadri e i dipinti murali degli altari dal Cinquecento
all’Ottocento”, in: Il Tempio di San Giacomo Maggiore in Bologna, sotto la direz. di C. Volpe, Bologna
1967, pp. 167-168 e fig.223; T. Montella, “Dionisio Calvart”, in: Pittura bolognese del ‘500, a cura di V.
Fortunati Pietrantonio, Bologna 1986, pp. 683-688 e fig. p. 706.
129
Trasferito nel 1691 alla Galleria Palatina e malamente ampliato, fu rimpiazzato in situ da una copia
di Francesco Petrucci; olio su tavola, cm. 250 x 210. Cfr. E. Borea, Rosso Fiorentino, Milano 1965, tav.XII;
R.P. Ciardi, Rosso Fiorentino, Firenze 1991, pp. 90-93; E. Capretti, “La pinacoteca sacra”, in: La Chiesa e
il Convento di Santo Spirito a Firenze, a cura di C. Acidini Luchinat, Firenze 1996, pp. 285-288; M. Ciatti
– S. Padovani, La Pala Dei di Rosso Fiorentino a Pitti. Storia e restauro, Firenze 2005.
130
Londra, Philip Mould Ltd., olio su tela, cm. 76 x 64. Cfr. S.J. Barnes – N. De Poorter – O. Mil-
lar – H. Vey, Van Dyck. A complete catalogue of the paintings, New Haven & London 2004, p. 636, n°
IV.A21; L.K. Henry, Saint Catherine of Alexandria: understanding an ancient Saint through Medieval
Popular Thought, Bachelor’s Degree thesis, Messiah College, Mechanicsburg 2014, pp. 23-24 e fig.20.
Una dettagliata scheda dell’opera è stata pubblicata sul web-site del suo scopritore, Philip Mould: http://
www.historicalportraits.com/Gallery.asp? Page=Item&ItemID=1543&Desc=Queen-Henrietta-Maria-
%7C-Sir-Anthony-Van-Dyck. Una replica di pennello più debole si trova ad Oxford, The Queen’s College:
olio su tela, cm. 73,7 x 62,3.
131
Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. n° 8032; olio su tela, cm. 77 x 63. Cfr. R. Contini, scheda n° 18,
in: Artemisia, (Catalogo della mostra di Firenze-Casa Buonarroti, 18 giugno-4 novembre 1991), a cura di R.
Contini e G. Papi, Roma 1991, pp. 147-149; J.W. Mann, scheda n° 59, in: Orazio e Artemisia Gentileschi,
a cura di K. Christiansen – J.W. Mann, (Catalogo della mostra di Roma-New York-Saint Louis, 20 ottobre
2001-15 settembre 2002), Ginevra-Milano 2001, pp. 328-330.
Caterina: icona della Teosofia
75
132
Londra, Tate Gallery, inv. n° 04603; olio su tela, cm. 49,5 x 34,3. Cfr. T. Hilton, I Preraffaelliti, Mi-
lano 1981, pp. 98-102 e 178-185; M.T. Benedetti, Dante Gabriel Rossetti, Firenze 1984, pp. 13-14, 60-63
e 199 schede nn.98-99.
133
Oxford, Ashmolean Museum, inv. n° WA.RS.WAL.01; acquerello su carta, cm. 188 x 97. Cfr. The
Correspondence of John Ruskin and Charles Eliot Norton, edited by J. Lewis Bradley and I. Ousby, Cam-
bridge University Press 1987, pp. 71-73, lettera n° 32 del 28/VIII/1862. La figura della martire alessan-
drina dipinta da Luini e copiata da Ruskin si trova sul lato destro della parete divisoria, rivolta verso la
cappella claustrale; cfr. F. Frangi, “Una traccia per la storia della pittura a Milano dal 1499 al 1535”, in:
Pittura a Milano. Rinascimento e Manierismo, a cura di M. Gregori, Milano 1998, pp. 35-36; P. C. Marani,
“Gli affreschi di Bernardino Luini in San Maurizio fra circoli letterari, tradizione lombarda e classicismo
centro-italiano”, in: S. Bandera – M.T. Fiorio, Bernardino Luini e la pittura del Rinascimento a Milano.
Gli affreschi di San Maurizio al Monastero Maggiore, Milano 2000, pp. 53-73 e 170-171 fig.16. Meno
consueto l’attributo iconografico della collana aurea portata al collo dalla Santa, altro simbolo di vincolo
matrimoniale col Cristo; sull’oreficeria rinascimentale cfr. E. Steingräber, L‘arte del gioiello in Europa dal
Medioevo al Liberty, Firenze 1965, pp. 71-83.
134
Cfr. V. Makrides, Hellenic Temples and Christian Churches, New York-London 2009, pp.202-209; E.
Nonveiller, “Un esempio di ‘utilizzo’ del paganesimo greco e romano a Bisanzio: il caso dei Broumália”,
in: “Bisanzio e le Crociate, incontro e scontro tra Oriente e Occidente”, (Atti del convegno di Venezia, 10-
11 dicembre 2011), Porphyra, a. IX, n° 17, giugno 2012, pp.106 -114.
135
Cfr. R. Scanu, “Ipazia, eroina tragica o vittima melò? Un viaggio estetico nel mito letterario dell’a-
lessandrina”, Itinera, n° 4, 2012, pp.114-132.
136
Cfr. R. Salvini, Stanze e Logge di Raffaello, Novara 1983; K. Smith Abbott – S. Abbott, “Conjecture
and Proof: A Case of Shifting Identities in Raphael’s School of Athens”, in: Bridges Coimbra 2011: Mathe-
matics, Music, Art, Architecture, Culture, Conference Proceedings, Phoenix 2011, pp.527-530. Sulla statura
culturale e sull’apporto dell’Antonini, cfr. H.W. Pfeiffer S.J., La Sistina svelata. Iconografia di un capolavo-
ro, Milano 2007; M.J. Gill, “Egidio da Viterbo, his Augustine, and the Reformation of the Arts”, in: Egidio da
Viterbo cardinale agostiniano tra Roma e l’Europa del Rinascimento, (Atti del Convegno di Viterbo-Roma,
22-28 settembre 2012), a cura di M. Chiabò – R. Ronzani – A.M. Vitale, Roma 2014, pp.415-423.
137
Ancona, Collezione privata: coppia di tele ad olio, cm. 200 x 80 cadauna. Cfr. When the saints go
marchin’ in, ovvero L’Officina dei Santi: figure di santi dipinte su tavola da Paola Folicaldi, (Catalogo del-
la Mostra di Fermo, 24 settembre-19 ottobre 2008), Fermo 2008. In una comunicazione del maggio 2015,
l’artista marchigiana ha dichiarato:«Sono affascinata dall’appartenenza di queste figure al mondo divino
e contemporaneamente all’umano; anzi, è come se la loro forte connotazione umana le possa far accedere
al divino. Santa Caterina mi piace come immagine di ragazza colta e intelligente che usa il pensiero; ancor
più Ipazia, ai miei occhi portatrice di un sapere grande e profondo e libero. Entrambe si contrappongono a
un mondo gretto e violento. Mi piace questo specchio che le diverse culture creano della medesima figura,
ma Ipazia-Caterina appartiene solo a chi vede il mondo come lei. Caterina d’Alessandria è la mia santa
preferita e quella su cui ho lavorato di più. Nel 2007 operavo come responsabile delle maschere del Teatro
di Fermo (di pittura non si vive…) e così c’era una specie di vita molto comunitaria. Tutti hanno partecipato
a questa costruzione - “io vorrei essere san Cristoforo, io Madre Teresa…” – ma ovviamente la regia è
stata solo mia. Elisa è stata Caterina: ci assomigliamo moltissimo nel carattere, ed è anche la mia preferita
come modella poiché sente quello che io vorrei esprimere. E cosi sono venuti fuori questi quadri. Con un
copriletto drappeggiato a gonna e una spada usata a teatro…»
Bibliografia Generale
Essendo pressoché vano l’intento di fornire una bibliografia esaustiva sull’argomento, mi limito ad
indicare alcuni contributi di inquadramento della letteratura specialistica pubblicati negli ultimi cento
anni, a complemento di quanto già indicato nelle singole note al testo:
Pietro Aretino, La Vita di Catherina Vergine, Vinegia 1540 (ediz. crit. a cura di P. Marini, in: Edizione
Nazionale delle Opere di Pietro Aretino – VII, Opere Religiose, tomo II, Roma 2012)
Roberto Tollo
76
“Leggenda di Santa Caterina (dal Cod. Magliab. Cl. XXXV, num. 173)”, in: Collezione di Leggende inedi-
te, a cura di F. Zambrini, vol.II, Bologna 1855, pp. 141-158
P. Carus, “St. Catharine of Alexandria”, The Open Court, vol. XXI, Chicago 1907, I, pp. 664-677; II, pp.
727-744
A. Calderara Braschi, “S. Caterina d’Alessandria nella storia e nell’arte”, Arte Cristiana, III, 1915, n°11,
pp. 327-338
E. Ricci, Mille Santi nell’Arte, Milano 1931
M. Salinger, “A Baroque Painting of Saint Catherine”, Metropolitan Museum of Art Bulletin, I, 10 (June
1943), pp. 296-299
A.P. Frutaz – G. Carandente – P. Toschi, “Caterina d’Alessandria”, in: Enciclopedia Cattolica, vol. III,
Città del Vaticano 1949, coll. 1137-1142
G. Kaftal, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in Tuscan Painting, Firenze 1952, coll.
225-234
L. Réau, Iconographie de l’art chrétien. III/1. Iconographie des saints: A-F, Paris 1958, pp. 262-272
G.B. Bronzini, “La leggenda di S. Caterina d’Alessandria: passioni greche e latine”, Atti della Accademia
Nazionale dei Lincei. Memorie. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, serie 8, vol. IX, fasc.
2 (1960), pp. 255-416
D. Balboni – G.B. Bronzini – M.V. Brandi, “Caterina di Alessandria”, in: Bibliotheca Sanctorum, vol. III,
Roma 1963, coll.954-978
G. Kaftal, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in Central and South Italian Painting, Firenze
1965, coll.254-268
E. Silvi, “Affreschi del XV secolo a Stazzano di Palombara”, Rassegna del Lazio, settembre-ottobre 1965, pp. 3-16
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(June 1966), pp. 316-324
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G. Kaftal, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in the Painting of North East Italy, with the
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G. Heinz-Mohr, Lessico di Iconografia Cristiana, Milano 1984
G. Kaftal, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in the Painting of North West Italy, with the
collaboration of F. Bisogni, Firenze 1985, coll. 183-190
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nite Romane. Arte, Storia, Committenza, a cura di C. Crescentini e A. Martini, Roma 2000, pp. 300-328
S. Capelli, “Marcello Venusti: un pittore valtellinese della Controriforma”, Archivio Storico della Diocesi
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98 e 220
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schen darstellungen aus der Katharinenlegende, (Inaugural-Dissertation zur Erlangung des Doktorgra-
des der Philosophie an der Ludwig-Maximilians-Universität München), München 2005
Caterina: icona della Teosofia
77
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dipinti romani”, in: Roma e la riforma gregoriana. Tradizioni e innovazioni artistiche (XI - XII secolo),
a cura di S. Romano, Roma 2007, pp. 213-246
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Caterina de la Seu d’Urgell, Catàleg de l’Exposició (MNAC de Barcelona-ME de Vic, 2 desembre
2009–5 juliol 2010), direcció científica M. Castiñeiras y J. Verdaguer, Barcelona-Vic 2009, pp. 49-56
S. Piussi, “Il culto di Santa Caterina di Alessandria”, in: La chiesa di Santa Caterina a Pasian di Prato nella
parrocchia di Basaldella. Storia, indagine archeologica e restauro, a cura di P. Casadio e R. Fabiani,
Udine 2009, pp. 13-29
P. Tosini, “La Cappella Alicorni Theodoli e la decorazione di Giulio Mazzoni da Piacenza”, in: Santa Maria
del Popolo: storia e restauri, a cura di I. Miarelli Mariani e M. Richiello, Roma 2009, pp. 491-507
L’Oratorio di Santa Caterina all’Antella e i suoi pittori, (Catalogo della mostra di Ponte a Ema, Bagno a
Ripoli, Oratorio di Santa Caterina, 19 settembre-31 dicembre 2009), a cura di A. Tartuferi, Firenze 2009
G. Campobasso, “Testimonianze di culto iacopeo e cateriniano in Albania ed una poco nota direttrice di pel-
legrinaggio: la chiesa di Shën Barbullës (S. Barbara) a Pllanë”, Ad Limina, vol. III, n°3, 2012, pp. 43-71
I. González Hernando, “Santa Catalina de Alejandría”, Revista Digital de Iconografía Medieval, vol. IV,
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M. Sensi, “Santa Caterina d’Alessandria. Transfert di sacralità dal Monte Sinai all’Italia mediana”, in: Ha-
giologica. Studi per Réginald Grégoire, a cura di A. Bartolomei Romagnoli – U. Paoli – P. Piatti, tomo
I, Fabriano-Monastero San Silvestro Abate 2012, (Bibliotheca Montisfani, 31), pp. 939-976
R. Cicone, La figura di santa Caterina d’Alessandria. L’agiografia tra storia e leggenda. Diffusione dell’i-
conografia in Sabina, Poggio Mirteto 2013
G. Pesenti, Santa Caterina d’Alessandria Vergine e Martire egiziana, Gorle 2014
S. Capelli, “La Santa Caterina d’Alessandria di Marcello Venusti: diffusione del modello iconografico nel-
la cerchia agostiniana, tra repliche e copie. Considerazioni e nuove proposte”, Studi di Storia dell’Arte,
in corso di pubblicazione
Santa Caterina e l’Ordine Agostiniano
memoria storica - collegamenti culturali
Ora trovo, con soddisfazione e gratitudine, che la mia riflessione e la mia ricerca vengono ar-
ricchite dalla puntuale e articolata trattazione di Tollo; la vedo, infatti, come una esposizione pro-
pedeutica e diacronica, tenendo conto della vastità del materiale letterario, artistico e tradizionale
che riguarda la Santa. Ritengo che questo studio, data la competenza e versatilità dell’autore, si
aggiunga molto utilmente all’abbondante bibliografia esistente con la particolarità e la novità di
Marziano Rondina O.S.A.
82
una ricerca aggiornata e attenta non solo ai prodotti più significativi della letteratura preesistente,
ma anche alle nuove acquisizioni offerte dai recenti studi agiografici e iconografici.
Per me, più sensibile e introdotto agli elementi che riguardano e motivano il versante spe-
cifico del rapporto tra S. Caterina e l’Ordine Agostiniano, il contributo di Tollo costituisce una
introduzione indispensabile per poi capire e valutare meglio come gli agostiniani, nel contesto
del fenomeno più ampio degli Ordini Mendicanti, hanno potuto cogliere nuovi elementi di rifles-
sione nel messaggio della Santa e nel culto che la riguarda fin dall’ottavo secolo.
Questo non solo consente di meglio comprendere e presentare la diffusa venerazione alla
santa vergine e martire ma anche, attraverso di lei, di riconoscere, validamente affermati, valori
fondamentali della cultura teologica e della sapienza cristiana, pienamente confermati dalla tra-
dizione agostiniana e, prima ancora, dalla sensibilità spirituale di S. Agostino, Padre e Maestro
dell’Ordine Eremitano.
È ben noto che la pratica del cattolicesimo si impone anche per la devozione ai santi; questo
soprattutto per il fatto, in sé facilmente documentabile e motivato dalla teologia e dalla prassi
pastorale, che si dispiega in parte rilevante con le varie espressioni di devozione e di culto. Cer-
tamente, attraverso le manifestazioni esterne della sensibilità popolare, la Chiesa professa quella
correttezza dottrinale, per la quale i santi sono riconosciuti amici, modelli e protettori.
Una prassi popolare molto diffusa mostra con evidenza che certe figure di santi e di sante
riscuotono un culto particolarmente intenso e diffuso, tanto da sembrare che la teologia o la
spiritualità di molta parte del popolo cristiano quasi sorvoli i misteri principali della fede per
esprimersi, più spontaneamente, nella devozione verso i santi. Ma la Chiesa, con la sua saggezza
pedagogica e strategia pastorale, riesce a riportare questo fenomeno ai più corretti contenuti della
fede nella giusta gerarchia dei valori. Presso un’ampia parte di popolo la pratica religiosa sembra
sostenuta e testimoniata dal Santorale; ma di fatto anche chi, pur nelle migliori intenzioni, vede
prima la figura di un santo che il Mistero salvifico del Cristo, in realtà viene poi aiutato a risalire
ai più ortodossi contenuti teologici.
Figure come S. Rita da Cascia, S. Antonio da Padova, lo stesso San Pio da Pietralcina e altri
riscuotono una tale simpatia e suscitano un tale fascino che impressiona e sorprende. Certo,
si può provare a giustificare questo fatto con delle motivazioni cercate nel livello emotivo dei
devoti, in certa sensibilità spirituale o, se si vuole, nelle ragioni più remote mutuate dalla antro-
pologia o dalla sociologia, ma senza raggiungere però la spiegazione completa e pienamente
convincente. In questi casi bisogna riconoscere che, attraverso il popolo credente, normalmente
sprovveduto di consistenti supporti teologici, Dio costruisce qualcosa che noi non sapremo mai
spiegare e questo ci conferma che il suo Mistero di Salvezza è veramente Mistero, nel quale
siamo senz’altro introdotti, ma senza poterne esaurire la piena conoscenza.
Quanto detto, in qualche modo, è riscontrabile anche nel caso di S. Caterina d’Alessandria
che, in altri tempi e in altri contesti socio-culturali, ha riscosso, per circa un millennio, una forte
attrattiva o simpatia, prima negli ambienti colti e poi, come ricaduta, anche nella sensibilità po-
polare con tutte le manifestazioni caratteristiche di questo livello.
Da S. Caterina emerge subito un segno o un messaggio: la bellezza. Lei infatti si è affermata
come bella, giovane, nobile, colta, cristiana; sopratutto però bella, e questo non tanto – o, alme-
no, non soltanto – per una evidente costatazione emergente dall’iconografia che normalmente ce
la presenta con tutte le caratteristiche dello splendore e del fascino femminile. Considerando il
culto nelle varie espressioni, ci accorgiamo che il ben convincente motivo estetico della sua bel-
Santa Caterina e l’Ordine Agostiniano
83
lezza non è solo quello che appare immediatamente al nostro sguardo, ma è qualcosa di più del
semplice concetto di bellezza: va oltre gli spazi e le manifestazioni dell’estetica per farci gustare
il bello e la bellezza in tutte le perfezioni di Dio e delle loro manifestazioni nella realtà umana e
nel creato. Il bello di Caterina ci fa esprimere anche il meglio di quello che lei rappresenta per la
cultura e in particolare la cultura cristiana che comprende la filosofia, la teologia, la spiritualità
con le migliori espressioni dell’antropologia, insomma dell’uomo redento, frutto della bellezza
unica del nuovo uomo Cristo Salvatore, “il più bello tra i figli dell’uomo” (cfr. Sal 44,3).
Quindi la pura testimonianza iconografica, che si distingue per la bellezza estetica di questa
donna, diviene ingresso per accedere a un orizzonte di bellezza che comprende tutto quello che è
l’uomo in quanto capolavoro della creazione e in quanto redento. Si può parlare allora, in questo
caso, dell’iconografia di Caterina come celebrazione simbolica che esprime e concentra la bel-
lezza, e quindi i valori, del messaggio cristiano.
Ritengo si possa affermare che questo concetto della bellezza sia da estendere ad altri aspetti che
hanno fatto la fortuna culturale e popolare della Santa. La vicenda di Caterina si colloca nei primi
secoli cristiani, in un periodo di lotte e contrasti nei confronti della novità dell’annuncio e dei seguaci
di Cristo, con la conseguenza delle ben note persecuzioni e quindi della testimonianza del martirio.
La Chiesa viveva la necessità di affermarsi, di diffondersi e di difendersi contro una serie di oppo-
sizioni che portarono a ripetuti tentativi di bloccarla e di renderla inefficace se non di estinguerla.
Le tematiche di valenza apologetica che si riscontrano nella storia di S. Caterina e nelle sot-
tolineature del culto e della devozione, fanno sì che, nella lettura successiva di quel tempo, la
sua figura ben si adattava a sostenere la Chiesa nella sua missione evangelizzatrice, nel mostrare
il trionfo di Cristo e nella proposta di nuovi orizzonti culturali sulla base dell’Incarnazione del
Figlio di Dio e del Mistero Pasquale.
Per queste ragioni i valori che caratterizzano la figura della Santa acquistano un rilievo partico-
lare componendo una ben mirata argomentazione anche apologetica attraverso la sua testimonianza
di donna credente, nobile e colta. Questo a cominciare dalla conversione come segno della forza
e del fascino del cristianesimo nei confronti del diffuso e radicato paganesimo. La conversione
portava come primo frutto al battesimo e agli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana, segno di
adesione piena a Cristo e di appartenenza alla sua Chiesa. Sulla testimonianza di Cristo, di Maria e
di Giuseppe i cristiani propongono i valori della castità e della verginità, non solo come reazione a
una sessualità senza ordine e dominata dalle categorie della fruizione materiale e del piacere, come
era presso i pagani, ma anche come pienezza di vita con nuove e simboliche espressioni affettive,
rese possibili dalla Grazia di Dio, e con l’indicazione della novità cristiana portata da Cristo anche
nella dimensione antropologica. Questa nuova cultura rivela un rapporto nuovo e inedito tra il
credente e Cristo e dei credenti tra loro. Ecco allora che il matrimonio mistico non è tanto, per una
vergine consacrata, la sostituzione del più naturale dei beni, quale è il matrimonio tra l’uomo e la
donna, ma un modo alternativo e complementare di mostrare le capacità dell’amore umano: non
semplice sostituzione o in alternativa delle nozze, ma come un bene aggiuntivo ad un altro bene.
Tutto questo mostrava i nuovi spazi e segni della sapienza cristiana a superamento della sapienza e
mentalità pagana. La nuova condizione di vivere la fede e l’esperienza cristiana rendeva capaci di
quella novità con cui il cristianesimo disarmò il paganesimo nella testimonianza di una fedeltà e di
una coerenza fino ad affrontare vittoriosamente il martirio, sull’esempio di Cristo, primo martire,
che si offre al Padre per la fedeltà al suo amore e per la salvezza dell’umanità. Per cui i martiri,
come precisa Sant’Agostino (cfr Discorso 329), sono la risposta più piena che la Chiesa dà a Cristo,
il quale per la nostra salvezza ha dato (primo martire) la sua vita per noi.
Marziano Rondina O.S.A.
84
Questi aspetti non sono solo elementi della esemplarità cristiana di una santa come Caterina,
ma sono anche la presentazione della Chiesa e della novità del cristianesimo di cui la Santa di-
viene modello e simbolo.
Gli agostiniani, con la cultura e la spiritualità propria del loro Ordine, del loro carisma e del loro
Padre e Maestro Agostino, si sono trovati particolarmente in sintonia con il messaggio di Caterina:
eredita dall’Ipponense la Regola monastica che ne fissa lo stile di vita comunitaria ma riceve anche,
insieme alla sua profonda esperienza di conversione e di maturazione fino al livello mistico, la
grande eredità di tutti i suoi scritti che trasmettono la sua teologia e la sua spiritualità. Il patrimonio
dottrinale di S. Agostino è riconducibile ad alcuni termini il cui valore e la cui estensione sono ben
noti ormai anche come patrimonio della dottrina cristiana.
S. Agostino è anzitutto il teologo della Trinità, quindi della Cristologia, del Mistero dell’Incar-
nazione e della Salvezza realizzatasi nella Pasqua; è il teologo della Grazia e dell’antropologia cri-
stiana, è il maestro dell’interiorità, della vita contemplativa e mistica. Questi valori sono altrettanti
aspetti fondanti della formazione religiosa e culturale degli agostiniani. Tutto questo trova confer-
ma nella Scuola Teologica agostiniana e nella tradizione mistica maschile e femminile dell’Ordine.
Lo spessore della formazione culturale degli agostiniani è ben tracciato dalle prime Costituzione
dell’Ordine, le “Ratisbonenses” (1290), dove il capitolo XXXVI (De forma circa Studentes et Lec-
tores et Praedicatores nostros servandas) si presentava come una vera e propria Ratio studiorum.
S. Agostino forma i suoi monaci al fascino della bellezza: Tamquam spiritalis pulchritudinis
amatores (Reg. VIII, 48). La sua filosofia e teologia sono tese alla ricerca della Verità, sulla base
di concetti quali l’ordine e la bellezza per giungere alle gioie della sapienza e della beatitudine. La
bellezza è coniugata in rapporto alla sapienza, la sapienza ha il fascino della bellezza, l’amore della
bellezza intellettuale orienta e risolve positivamente la naturale istintività. Bellezza e sapienza si
esprimono anche nell’altro fondamentale concetto di ordine su cui si basa la bontà e la bellezza del
creato uscito dal caos per stabilirsi nel cosmos.
L’ordine fonda e conserva il retto rapporto con le cose che sono da godere e quelle da usare; in
ogni cosa ci fa cogliere la connessione delle cause precedenti con quelle seguenti, come è anche l’e-
videnza dell’armoniosa unità di quanto esiste; tutto il creato si manifesta con la bellezza dell’ordine
che gli è proprio nei rispettivi gradi, tutto il creato esprime quell’ordine che manifesta la sapienza di
Dio; lo stesso sommo bene della pace del mondo si fonda sulla tranquillità dell’ordine.
L’esperienza, la riflessione e lo studio sono stati percorsi con i quali Agostino ha maturato la
sua formazione, la sua conversione e la sua opera di ministero e di insegnamento nella prospettiva
di onorare Dio e servire l’uomo. Si può ragionevolmente concludere che la gloria di Dio, il servizio
alla Chiesa e il dialogo con l’umanità passano attraverso questa visione di valori.
Ora, accostando tutto questo a quello che è Caterina – convertita e testimone eroica di fedeltà a
Cristo nell’entusiasmo della Verità rivelata e della sapienza cristiana, valori sentiti e proposti anche
come espressione di bellezza e di fascino estetico e spirituale -, è facile capire come gli agostiniani,
incoraggiati da un clima che si respirava sia nella Chiesa che negli Ordini Mendicanti, abbiano
trovato e riconosciuto nella Santa l’esaltazione di tutti quei beni e l’incoraggiamento a viverli e a
proporli come scelta prioritaria dell’essere cristiani e religiosi.
Questo aspetto è ben documentato dalla Liturgia propria dell’Ordine, dall’agiografia, dalle
testimonianze letterarie e dall’iconografia, e va visto come collocato tra due fatti ben evidenti: gli
Santa Caterina e l’Ordine Agostiniano
85
agostiniani, insieme agli altri Ordini Mendicanti, venerano S. Caterina partendo dall’esperienza
degli Ordini Monastici precedenti; ed inoltre il fatto, culturalmente molto significativo in epoca
medievale, che il fascino della Santa era avvertito e coltivato anche dagli ambienti culturali, in
particolare dalle Università, come segnatamente avveniva a Parigi. Il timbro dell’Università del-
la Sorbona porta la sua effigie e la sua festa era ritenuta un’occasione particolare per la difesa di
tesi di laurea che, proprio in onore alla Santa, venivano chiamate “catherinettes”.
Gli agostiniani, grazie alla testimonianza e all’insegnamento di S. Agostino e alla sensibilità
che proveniva loro dalle Costituzione e dai grandi Maestri della Scuola Teologica Agostiniana,
avevano una particolare propensione ad assorbire il messaggio e il carisma di S. Caterina con
tutto quello che ciò significava nella missione della Chiesa e, prima ancora, nell’opera di Cristo.
Propagandarono infatti il culto della Santa, ne diffusero la conoscenza e la devozione attraverso
la titolazione di chiese, conventi, monasteri, cappelle e altari, produssero testi letterari, ne pro-
mossero abbondante iconografia e ne solennizzarono la festa liturgica creando un forte coinvol-
gimento delle case di studio e degli studenti.
Quasi tutti i grandi conventi agostiniani disseminati in Italia e in Europa portano segni evi-
denti del culto reso dall’Ordine a S. Caterina come patrona degli studi. In particolare alla Santa è
dedicato il convento agostiniano di Cracovia in Polonia; così anche diversi monasteri agostiniani
come quello di Urbino (PU) e di Radicondoli (SI), i monasteri di Locarno in Svizzera e quello
de La Valletta a Malta.
Dal punto di vista storico all’interno dell’Ordine Agostiniano merita attenzione la testimo-
nianza della devozione alla Santa del noto e venerato storico Enrico di Friemar. In proposito
abbiamo un duplice riferimento: il primo lo troviamo nel Liber Vitasfratrum (II, XVIII, 230 ss.)
di Giordano di Sassonia che lo qualifica con il titolo di beato e del quale ricorda succintamente
la particolare devozione e il miracolo con il quale la Santa lo aveva gratificato mentre celebrava
sull’altare di fronte a una sua reliquia.
La notizia viene riportata più ampiamente dal Torelli (tomo V, p. 526 nn. 16-17), con aggiunte
che sottolineano il particolare rapporto tra la Santa e gli studi nell’Ordine:…con speciale devozione
onorava e riveriva la gloriosa Vergine e Martire S. Caterina, gloriosa protettrice dei nostri studi
agostiniani. E ben diede a conoscere questa sua gran devozione speciale verso la Santa allora che
compose e divulgò quel bellissimo libro dei Sermoni dei Santi di tutto l’Anno nel quale si vede che
la dove egli degli altri Santi fece due o tre sermoni, di questa Santa Martire poi ne fece dieci. Ma
questa sua particolare devozione dimostrata verso la suddetta Vergine benedetta gli fu abbondan-
temente contraccambiata da lei con molte grazie e favori che gli fece ottenere dal Signore in vari
tempi e occasioni e fra gli altri uno qui mi giova di narrare che fu in vero singolarissimo. Eravi
nella Provincia nostra di Sassonia un Monastero vicino alla città di Graneronde nella chiesa del
cui convento vi era una cappella o altare in cui si conservava con molta reverenza un piccolo osso
di S. Caterina, il quale già molto tempo prima soleva stillare ora latte, ora olio e ora preziosi licuo-
ri; ma erano già passati molti anni che non aveva prodotto la suddetta miracolosa meraviglia. Ora
essendo una volta andato il B. Enrico nel mentovato Convento e volendo celebrare la S. Messa, il
Santo Sacerdote nel maggior colmo della sua fervorosa devozione, cominciò quell’osso benedetto
a stillare come già fatto aveva nei tempi antichi, uno dei sopraddetti preziosi licuori con il quale
Miracolo volle dimostrare che il B. Enrico era suo caro e amato Cappellano.
Ecco poi l’interessante conclusione del Torelli che viene a dare sostegno a quanto si va dicen-
do del rapporto tra la Santa e gli studi nell’Ordine: E da questo nobile prodigio devono imparare
tutti i Reggenti e Studenti dell’Ordine a proseguire generosamente nella devozione di questa loro
Protettrice attesoché possono stare certi e sicuri che come il B. Enrico, che ne fu così sincera-
mente devoto, ottenere per mezzo suo dal datore di ogni bene, grazie così singolari e segnalate;
così essi otterranno per mezzo della medesima quanto sapranno bramare e specialmente l’ac-
quisto delle virtù, se ne saranno veri devoti come fu questo glorioso Beato.
Marziano Rondina O.S.A.
86
Un altro elemento indicativo lo troviamo nelle Costituzioni dell’Ordine Agostiniano del 1926
e che furono in auge fino al Capitolo Generale Straordinario del 1968, richiesto dal Concilio Va-
ticano Secondo per i dovuti aggiornamenti; nella parte quarta, al capitolo quarto, intitolato “De
ordine in Studiis servando”, il n° 354 è dedicato alle norme delle lezioni che devono esserci tutti
i giorni dell’anno scolastico, eccetto alcune ricorrenze particolari tra le quali appunto “la Festa…
di S. Caterina Vergine e Martire, Protettrice degli Studi”.
Lo studio iconografico della Santa rivela anzitutto la quantità della committenza agostiniana
ma ci fa capire anche che nei nostri centri più significativi il richiamo e la venerazione alla Santa
era già segno di una evidente sensibilità spirituale e culturale.
Possiamo prendere in considerazione alcuni esempi, come il caso di Tolentino o il caso di S.
Giacomo Maggiore di Bologna, ma si potrebbe continuare anche con Santo Spirito di Firenze,
S. Maria del Popolo a Roma e altri luoghi. In Tolentino, ad esempio, S. Caterina la troviamo
nel Cappellone e in una collocazione di evidente rilievo, essendo collocata nel quadro centrale
dal quale si dipana tutta il programma iconografico e tutta la trattazione iconologica. A parte il
fatto, certamente di rilevante importanza, dell’antichità della testimonianza, considerando che il
programma pittorico del cappellone è una vera summa teologica, ben caratterizzata di cultura
agostiniana, dove i diversi registri propongono cristologia, ecclesiologia, mariologia, tradizione
della Chiesa, carisma dell’Ordine e vari riferimenti alla devozione verso i santi e alla pietà popo-
lare, la collocazione di S. Caterina insieme a S. Nicola, alla Madonna e a S. Giovanni Evange-
lista, distribuiti attorno al Crocefisso, appare una collocazione privilegiata come sarebbe quella
dell’immagine scelta per la copertina di un libro. Per il caso di S. Giacomo Maggiore colpisce,
oltre l’altare dedicato alla Santa con pala originale, nella drammaticità della narrazione del mar-
tirio, la ripetitività del soggetto che si trova riprodotto in almeno altre sei cappelle. Allo studioso
di oggi l’osservazione dell’iconografia di committenza agostiniana fa necessariamente parlare
dell’Ordine agostiniano e del suo spessore carismatico e culturale.
Un altro aspetto proviene dalla letteratura agostiniana, cioè gli scrittori agostiniani che hanno
parlato di S. Caterina d’Alessandria. Oltre a quanto detto dello storico Enrico da Friemar, molti
sono gli autori del nostro Ordine che hanno trattato di questa figura. Solo il nostro Perini, nella
sua nota rassegna bibliografica, ne cita oltre una ventina. Generalmente sono opere elogiative e
celebrative della Santa, scritti agiografici o anche discorsi panegirici pronunciati in occasione
della sua festa o anche per farne conoscere la vita al popolo. Nella celebre Biblioteca romana,
l’Angelica, grande patrimonio culturale prodotto dagli agostiniani, si trova una Storia in ottave
(Cod. ms. XV n° 2273), un testo pregevole sia nella forma che nel contenuto.
Spesso l’elogio alla Santa Vergine Martire era occasione per celebrare la fede o la sapienza
cristiana che, attraverso di lei, trionfava sul paganesimo e sull’idolatria, divenendo così un effi-
cace argomento apologetico a difesa della fede e a diffusione del culto della Santa stimolandone
la devozione e la fiducia nell’invocarla come efficace patrona e taumaturga.
la celebrazione comportava e la zelante partecipazione degli studenti agostiniani per i quali era
anche occasione di mostrare le proprie capacità culturali o artistiche.
Tolentino, Solenne Accademia, 25 novembre 1925. “La festa di S. Caterina V. e M., protet-
trice degli studi nel nostro Ordine, fu celebrata con festa tutta singolare dai giovani studenti del
Collegio di San Nicola. Essi vollero così solennizzare la riapertura di quello studio soppresso
nel 1866. Ancora poco tempo fa sarebbe stato un sogno il pensare al lieto e confortante evento
tante erano le difficoltà che vi si opponevano, principale l’occupazione di tutto l’antico e glorio-
so convento da parte del comune che l’aveva adibito a pubbliche scuole. Appassionato interes-
samento dell’attuale Provinciale P. Lett. Fusconi e buona volontà delle autorità governative co-
munali compirono il miracolo. Il vecchio convento di San Nicola è ora riconsacrato all’uso per
il quale fu edificato dai nostri maggiori, le antiche tradizioni si sono riallacciate. Come attorno
alle preziose reliquie del S. Padre a Pavia, così intorno a quelle del nostro grande taumaturgo
San Nicola sono tornati a crescere i nostri giovani, le future speranze dell’Ordine. È una benedi-
zione e un auspicio. La bella festa fu coronata da una solenne accademia musico-letteraria alla
quale furono invitati, e vi presero parte, le autorità ecclesiastiche e civili. Congratulandoci con
il M.R.P. Provinciale Fusconi, col Regg. degli Studi P. Petrelli e col ch.mo Prof. Renzi, maestro
della Cappella Musicale, per l’ottima riuscita della medesima, ne riportiamo qui sotto l’im-
portante programma”. Segue programma del quale faceva parte: Discorso d’introduzione – S.
Caterina (fr. Mario Pietra), La lotta e il trionfo di S. Caterina (coro) (Fr. Giuseppe Michetti). (Da
Bollettino Storico Agostiniano. Anno II, Firenze 13 gennaio 1926, fascicolo 2)
Tolentino 25 novembre 1927. “Accademia in onore di S. Caterina Ver. M.re Protettrice degli
studi nell’Ordine”. La relazione viene presa dal “Corriere d’Italia” del 29 novembre. “I RR.
PP. Agostiniani hanno, come di solito, festeggiato S. Caterina Protettrice degli Studi svolgendo
ricco programma letterario musicale in mezzo agli applausi rinnovati di una fioritura d’invitati
Marziano Rondina O.S.A.
88
con a capo il nostro amatissimo vescovo Mons. Luigi Ferretti. Rallegramenti vivissimi con i RR.
PP. Agostiniani e particolarmente con i bravi professori: P. Reg degli Studi Nazzareno Petrelli
e P. Raffaele Bracco, come pure con il Cav. Renzi che hanno saputo così ben preparare gli stu-
denti ai quali auguriamo felicissimo avvenire”. Segue il programma nel quale sono anche questi
significativi numeri: “Ordinamento degli studi” (Fr. Cherubino Carlini) “S. Caterina”, Poesia
(Fr. Giuseppe Michetti) e Inno a S. Caterina del M° C. Dobici.
Tolentino 25 novembre 1928 (Dal Bollettino Storico Agostiniano, Anno V, 2, p.61). “In. oc-
casione della festa di S. Caterina nel nostro Collegio di S. Nicola ebbe luogo un ben riuscito trat-
tenimento al quale intervennero molti invitati”. Segue il programma simile a quello precedente.
Tolentino 25 novembre 1933 (Dal Bollettino di S. Nicola dello stesso anno): “La Patrona
degli Studi venne ricordata con particolare solennità dagli studenti professi del Collegio Agosti-
niano i quali con una splendida accademia musico-letteraria vollero rendere più sentita e pub-
blica la loro festa e la loro devozione alla grande Santa Vergine e Martire che la Chiesa e la tra-
dizione hanno scelto come Patrona degli studi e specialmente degli Studi filosofici e teologici”.
Infine una testimonianza da fuori Italia. 25 novembre 1934 Convento Notabile a Malta:
La festa di S. Caterina V. e M. “Con grande solennità fu celebrata quest’anno la festa di S.
Caterina, patrona dei nostri studi nel Convento della Notabile, casa di studio da più di trecento
anni. Solennissima l’Ufficiatura dei Primi e Secondi Vespri. Celebrò la Messa della comunione
il M.R.P. Lett. E. Bonnici pro Reggente degli Studi pronunciando un commovente fervorino. Alle
10,00 a.m. ebbe luogo un’accademia ben organizzata e meglio riuscita alla quale presero parte
molti invitati. L’Accademia fu coronata con la solenne premiazione dei frequentatori delle nostre
scuole. Il discorso d’occasione sul tema: “Il Beato Egidio Colonna” fu letto dal R.P. Saliba il
quale seppe fare una lucida esposizione del dottorato scolastico del Colonna. Fiori letterari fu-
rono colti per ornamento della festa dal R.P. Micallef, da Fr. Sladden nella lingua di suoi avi e da
Fr. T. Vassallo S.S.P. che con una saffica armoniosa “Laus S. Catherinae” seppe circondare la
figura della Santa di eletti fiori colti nel parnaso latino. All’arte letteraria si associò la bellezza
dell’arte musicale con canti e suoni sotto la direzione del P. C. Aquilina, sedendo al pianoforte il
P. A. Tonna. La festa scolastica ebbe suggello in fine nella sua duplice parte liturgica e accade-
mica con apposite parole del P. Provinciale P. M° L. Agius”. (Dal Bollettino Storico Agostiniano,
di Firenze Anno XI n° 1 13 novembre 1934 p.32). Questa è una testimonianza che mostra come
la Festa di S. Caterina gli agostiniani la celebravano non solo negli studi interni dell’Ordine ma
anche, come in questo caso, nelle scuole che l’Ordine organizzava per alunni esterni.
Per gli anni 1961-1964, durante il corso dei miei studi umanistici e filosofici, sono stato
testimone della Festa di S. Caterina d’Alessandria con Accademia e premiazione degli studenti
meritevoli che si faceva il 25 novembre nel Collegio Filosofico delle Provincie Agostiniane
d’Italia SS. Trinità di Viterbo.
Se molti sono i motivi per i quali possiamo parlare di un significativo rapporto tra l’Ordine
Agostiniano e S. Caterina d’Alessandria, nel Convento di S. Giacomo Maggiore troviamo una
confluenza straordinaria di motivi che confermano questo fatto, tanto da poter affermare che il
Convento possa, a buon motivo, ritenersi un esempio particolare e per certi aspetti unico, almeno
per quel che si conosce fino ad ora.
San Giacomo Maggiore è testimone, fin dalla sua fondazione nel 1267, di una interessante e
feconda storia che narra insieme diversi aspetti: anzitutto il forte attaccamento delle autorità e del
popolo di Bologna agli agostiniani, il coinvolgimento del Convento nella storia della comunità
Santa Caterina e l’Ordine Agostiniano
89
In Bologna, nella Stamperia delli Peri negli Orefici all’ANGIOLO CUSTODE. 1734
Con Licenza de’ Superiori.
A mostrare che ancora oggi c’è un interesse per S. Caterina, oltre la memoria festiva che vie-
ne ricordata ogni anno dalla nostra Comunità, è indicativo segnalare come la Cappella Musicale
San Giacomo Maggiore, sorta un decennio fa, e che al suo primo compito di recuperare musicisti
agostiniani rinascimentale aggiunge anche attività teatrale soprattutto di testi sacri, si sta dedi-
cando attualmente a un lavoro che riguarda proprio S. Caterina d’Alessandria. È stato recuperato
infatti un testo di A. Spezzani per il quale si sta studiando la sceneggiatura. Si tratta dell’opera:
“Rappresentatione di santa Catherina, di Antonio Spezzani, Recitata in Bologna, l’anno 1587. E
poi in Verona nella Chiesa di Santa Maria della Scala. Dalla devota compagnia delli servi della
Madonna. In Serravalle di Venetia, MDCV. Per Marco Claseri. Con licenza de’ Superiori”. Un
testo molto ampio che si sviluppa in cinque atti, alternati da composizioni madrigali, narrando
la Vita e sopratutto la disputa sapienziale e il glorioso martirio della Santa. La narrazione, che
coinvolge venti personaggi, è molto vivace dando il dovuto risalto alla finezza letteraria, alla
drammaticità della scena e al messaggio religioso dell’esaltata eroina cristiana.
Sembra significativo e utile riportare due passi fondamentali del quinto atto, scena quarta.
L’Imperatore Massenzio, impaziente che non si sia passati al previsto martirio, così dice agli
esecutori che dovevano muovere le fatali due ruote:
La narrazione che segue sembra dettare o commentare l’originale pala d’altare di Tiburzio
Passarotti:
“Subito finita la parola ‘ruote’ si ode un gran terremoto, e insieme si vede un gran splendore,
e un istesso tempo si rompono le ruote, e di quà e di là veggonsi volare membri d’uomini tagliati
in diverse maniere: et pezzi di scheggie di dette ruote, e ferri quinci, e quindi appariscono in
Scena tratti; onde levatosi l’imperatore dal seggio tutto pauroso, per l’improvviso caso avvenu-
to, così comincia a dire:”
Santa Caterina e l’Ordine Agostiniano
93
Passaggi questi che ci consentono di avere un saggio molto significativo della tanta letteratu-
ra, soprattutto dal XVI° al XIX° secolo, e dei testi di molti autori dedicati a S. Caterina d’Ales-
sandria per celebrarne l’estesa fama e per offrire efficaci rappresentazioni teatrali atte a fissarne
la figura nel popolo e tra i devoti.
Il fatto che si possa parlare di questo tema è perché la Santa, solitamente e principalmente
celebrata negli ambienti teologici e comunque colti, fu notissima anche a livello popolare, tanto
che la sensibilità e la creatività della gente più semplice ha creato simpatiche e interessanti rela-
zioni della sua figura con il calendario, i ritmi delle stagioni, le feste e anche con forme diverse
di detti proverbiali. La sua storia, alcune caratteristiche della sua testimonianza e del culto che
le veniva tributato, come anche la data della festa – come avveniva per altre celebrazioni di santi
che in qualche modo davano inizio alle feste natalizie – sono state occasioni per celebrarla e nar-
rarla nei poemi, nelle rappresentazioni teatrali, nei laudari, nelle canzoni o filastrocche popolari.
Anzitutto la sua vicenda storica, così singolare e arricchita di significati e messaggi religiosi,
culturali e sociali, è stata tramandata in diverse versioni, spesso segnate da esigenze dei luoghi di
culto o da finalità più immediate ma sempre con mire a risultati didattici o di catechesi religiosa.
Si conoscono diversi testi in lingua o in vernacolo provenienti da diverse regioni d’Italia.
Il 25 novembre era celebrata anche come data che inaugurava la stagione invernale e, trovan-
dosi esattamente ad un mese di distanza dal Natale, dalla condizione meteorologica di quel gior-
no si facevano pronostici per il clima che si sarebbe avuto lo stesso giorno del mese successivo.
Il livello popolare, ovviamente, mentre conservava il valore della sua esemplarità di testimone
della fede cristiana, aveva perso l’aspetto più specifico del riferimento agli studi e alla cultura,
guadagnando invece diversi motivi di simpatia e di protezione per le più diverse categorie, tanto
che si contano a decine le corporazioni, soprattutto artigianali (es. i costruttori di ruote), che la
invocavano come loro patrona.
La sua immagine di giovane, bella e prestante, la faceva riconoscere come speciale patrona
delle ragazze in cerca di marito o anche delle giovani apprendiste sarte e modiste, con evidente
riferimento alla tradizione iconografica che la presenta sempre riccamente ed elegantemente ag-
ghindata e vestita. In Italia è patrona di diversi paesi ove spesso la sua festa era ravvivata anche
da importanti fiere che in passato erano occasione di grande aggregazione popolare; molti sono
anche i toponimi che si trovano pure in località della campagna.
Certamente i paesi, le parrocchie, le chiese, i conventi e monasteri che l’hanno come tito-
lare la festeggiano con la solennità consueta dei santi patroni. In alcuni ambienti culturali o
Marziano Rondina O.S.A.
94
accademici è ancora ricordata ma la grande stagione della nota popolarità è ormai una memo-
ria storica.
Nell’Editio Typica del Martyrologium Romanum promulgato da Papa San Giovanni Paolo
II nel 2001 troviamo: “Die 25 novembris, Sanctae Catherinae de qua virginem fuisse Alexan-
drinam et martyr narratur, ingenii acumine et sapientia non minus quam animi robore refertam.
Eius corpus in celebri coenobio in monte Sina pia colitur veneratione”.
Nelle ultime edizioni del Calendario Liturgico Agostiniano, dopo che è stata sostituita, con
la riforma postconciliare delle Costituzioni dell’Ordine, nella protezione degli studi con S. Tom-
maso da Villanova, il giorno 25 novembre si ha ancora questa dicitura che, per lo meno, salva
la memoria storica: “Santa Caterina d’Alessandria, patrona degli studi nell’antica tradizione
dell’Ordine Agostiniano”.
Ma si è perso il ricordo della santa degli studi, che non ha aiutato, penso, le nuove genera-
zioni di agostiniani a mantenere la coscienza e la comprensione di ciò che la migliore tradizione
dell’Ordine aveva fruttosamente consolidato, e cioè il significato culturale e religioso della figu-
ra di S. Caterina d’Alessandria e del culto a lei tributato con solennità dalla Chiesa per quasi un
millennio e dall’Ordine per otto secoli.
Purtroppo, la sostituzione fatta con S. Tommaso da Villanova – certamente un santo eminente
per cultura e spirito pastorale – fu una scelta affrettata e non ha suscitato grande coinvolgimento.
Così, da qualche decennio, anche se inizialmente la festa di S. Tommaso da Villanova, come
patrono degli Studi nell’Ordine, rimase fissata al 25 novembre perché il Santo in quel giorno
emise la sua Professione solenne (poi è stata ancora spostata e oggi è celebrata il 10 ottobre, festa
liturgica del Santo), abbiamo perso il tradizionale e motivato rapporto con la santa alessandrina
in riferimento alla sapienza cristiana e agli studi dell’Ordine e, d’altra parte, non si è riusciti,
nella sostituzione, a ottenere quanto si voleva aggiungere ai meriti di S. Tommaso e alla onorata
tradizione della Festa degli Studi nell’Ordine.
Conclusione
Non è improbabile, al punto in cui sono oggi le cose, che una ricerca su S. Caterina d’Ales-
sandria, in particolare nella sua qualifica di patrona degli studi nell’Ordine, sia ritenuta per molti,
anche agostiniani, semplicemente ricordo di un passato che non ha nessun riscontro nella vita e
nella coscienza di oggi.
Effettivamente, se dovessimo ragionare in termini di statistica, va riconosciuto che S. Cate-
rina oggi non conta devoti come ne ebbe in passato, per tutte le motivazioni culturali e popolari
che sappiamo, e neanche meraviglia che molti non sanno più perché in tutte le nostre chiese
antiche c’era un altare o una immagine dedicati alla Santa.
Comunque, per chiunque si sente coinvolto in certi tipi di indagine storica o nella ricerca dei
significati profondi di certi fenomeni di grande rilievo, rimane la sicurezza e la convinzione che
se un fenomeno è esistito, affermandosi con tanta ricchezza di manifestazioni, è perché si era
rivelato adatto e rispondente a valori e urgenze ampiamente riconosciuti e motivati. Quindi, se
dobbiamo rimanere solo al ricordo storico, diciamo pure che, se vogliamo che i valori significati
rimangano vivi e attuali, si dovrà trovare nuove forme per continuare a esprimerli, a meno che
non si decida, umilmente, di andare a cercare nel passato per imparare qualcosa di utile e vero,
così per noi oggi come per il futuro.
tavole a colori
Tavole
97
I -Tintoretto, Supplizio delle ruote, 1582-85. Venezia, Quadreria del Palazzo Patriarcale
(cf. fig. 2)
II - Crescentius, Quattro santi, seconda metà dell’VIII sec., Roma, San Lorenzo f.l.m.,
navata laterale destra (cf. fig. 4)
Santa Caterina d’Alessandria
98
III - Le sante Agata, Caterina e Venera, 1143-50, Palermo, Cappella Palatina, braccio settentrionale del transetto (cf.
fig. 8)
Tavole
99
IV - Madonna in trono col Bambino e sante, 1170-99 ca, Montmorillon (Francia), Chiesa di Notre Dame, catino absidale
(cf. fig. 9)
V - Giovanni, Stefano e Nicola, Teoria di Sante, 1110 ca, Castel Sant’Elia, Abbaziale di Sant’Anastasio, emiciclo absi-
dale (cf. fig. 11)
Santa Caterina d’Alessandria
100
VI - Disputa coi sapienti, Arresto, 1250 ca, Barcelona (Spagna), Museu Nacional d’Art de Catalunya (cf. fig. 16a)
Tavole
101
VII - F.lli de Limbourg, S. Caterina nel suo studio, 1409-12, New York (USA), The Metropolitan Museum, The Cloisters,
Les Belles Heures du Duc de Berry, f. 15r (cf. fig. 19)
Santa Caterina d’Alessandria
102
VIII - Lorenzo Lotto, Nozze mistiche di S. Caterina, 1505-08 ca, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek (cf. fig. 27)
Tavole
103
IX - Parmigianino, Nozze mistiche di S. Caterina, 1526 ca, Londra, National Gallery (cf. fig. 28)
Santa Caterina d’Alessandria
104
XII - Pietro da Rimini, Cristo in croce e santi, 1325 ca, Tolentino, Convento San Nicola, Cappellone (cf. fig. 37)
XIII - Ambrogio Lorenzetti, Maestà, 1335-38, Siena, Sant’Agostino, Cappella Piccolomini (cf. fig. 38a)
Tavole
107
XIV - Pittore attivo a Roma, secondo quarto del XVII sec., S. Caterina, Urbino, Galleria Nazionale
delle Marche (cf. fig. 44)
Santa Caterina d’Alessandria
108
XV - Hendrick ter Brugghen, Decapitazione di S. Caterina, 1618-20, Norfolk (USA), Crysler Museum of Art (cf. fig. 55)
Tavole
109
XVII - Manifattura inglese, Storie di S. Caterina, XV sec., Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro (cf. fig. 58)
XIX - Guido Reni, Decapitazione di S. Caterina, 1606, Albenga, Museo Diocesano di Arte Sacra (cf. fig. 61)
Santa Caterina d’Alessandria
112
XX - Denjs Calvaert, Visione mistica della Madonna col Bambino, 1598, Bologna, Chiesa di San Giacomo
Maggiore, Cappella Malvezzi (cf. fig. 63)
Tavole
113
XXIII - Dante Gabriel Rossetti, S. Caterina, 1857, Londra, Tate Gallery (cf. fig. 67)
Tavole
115
XXIV - Bernardino Luini, Le sante Caterina e Agata, 1521-23, Milano, Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore,
tramezzo (cf. fig. 69)
Santa Caterina d’Alessandria
116
XXVI - Tiburzio Passarotti, Martirio di S. Caterina d’Alessandria (1577), Bologna, San Giacomo Maggiore,
Cappella Loiani (cf. fig. 71)
Santa Caterina d’Alessandria
118
XXVII - 72. Innocenzo Francucci da Imola, Sposalizio mistico di S. Caterina e altri santi (1536), Bologna, San Giacomo
Maggiore, Cappella dei Malavolta (cf. fig. 72)
Tavole
119
Tav. XXVIII - Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, ambito di, Sanguigna su carta vergata e fi-
ligranata raffigurante S. Caterina d’Alessandria (seconda metà del XVII secolo), Bologna, San Giacomo
Maggiore, Archivio (cf. fig. 74)
personaggi e toponimi
(La voce ‘Caterina’ non è stata inclusa)
Personaggi e toponimi
123
Piatti Pierantonio: 34, 67, 71 – Pantheon (Chiesa di Sancta Sinai Monte – Monastero di
Pickering (North Yorkshire) - Saints Maria ad Martyres): 19 Santa Caterina: 24, 63, 73
Peter and Paul Church: 65 – San Giorgio in Velabro: 59 Sinesio: 18
Pier Damiani (s.): 26 – San Lorenzo f.l.m.: 20, 61, 97 Sisto IV: 65
Pier Matteo d’Amelia: 47 – San Luigi dei Francesi: 74 Škréta Karel: 28, 64
Pietro apostolo (s.): 49, 53 – Sant’Agnese f.l.m.: 26, 30, 65 Sladden o.s.a.: 88
Pietro da Rimini: 41 s. – Sant’Agostino in Campo Mar Sluter Claus: 46, 72
Pietro da Verona (s.): 38 zio: 52 Soğanli (Cappadocia) – Karabaş
Pietro di Giovanni d’Ambrogio: 12 – Santa Caterina dei Funari: 21, 61 Kilise: 22
Pietro suddiacono partenopeo: 21 – Santa Croce in Gerusalemme: Solingen – Deutsches Klingen
Pio da Pietralcina (s.): 82 65, 67 museum: 34, 67
Pisa – convento San Nicola: 45 – Santa Maria del Popolo: 36, 86 Spezzani Antonio o.s.a.: 92
– Museo Nazionale di San Mat – Santa Maria Maggiore: 21, 61 Spilia Penteli (Attica) – San Ni
teo: 44, 72 – Santa Prassede: 19 s. cola: 25
Pisani Giuliano: 37, 68 – Santo Stefano Rotondo: 20 Stainreuter Leopold o.s.a.: 33
Platone: 14 Rossetti Dante Gabriel: 7, 54 s., Stefaneschi Jacopo Gaetano: 59 s.
Porfirio: 15 75, 114 Stefano protomartire (s.): 23
Praga – Monastero agostiniano: 46 Rosso Fiorentino (Giovan Batti Steiri (Focide) – Hosios Loukas: 22
– Università Carolina: 28, 64 sta di Jacopo, detto): 53, 74 Suffolk: 33
Preti Mattia: 29, 64 Rouen – Sainte Trinité-du- Taddeo di Santa Fiora o.s.a.: 39
Priscilla: 16 Mont: 22 Tassi Agostino: 54
Psellós Michele: 25 Rubens Pieter Paul: 45, 72 Teodora: 21
Quintilla: 16 Ruggero II d’Altavilla: 23 Teodoro I: 20
Radicondoli (SI) – Convento San Ruskin John: 54 ss., 75 Teodosio I: 15
ta Caterina: 85 Saint-Geniès – Chapelle du Chey Teone: 14
Raffaello Sanzio: 50 s., 57, 74 lard: 17 Ter Brugghen Hendrick: 48, 73, 108
s., 110 Saliba P. o.s.a.: 88 Teresa d’Avila (s.): 45
Ravenna – Sant’Apollinare Nuo San Felice sul Panaro (MO): 46 Tertulliano: 16
vo: 19, 60 San Gimignano (SI) – Sant’Ago Tessalonica – Agíos Nikolaos
Reni Guido: 50 s., 74, 111 stino: 39, 69, 105 Orphanos: 25
Renzi Luigi: 87 s. San Giovanni d’Acri: 29, 33 Theodora Episcopa: 20
Reparata (s.): 64 San Leonardo al Lago (SI) – Theodorik: 47
Riccardo Cuor di Leone: 33 eremo: 40, 70 Tino di Camaino: 26 s.
Ridolfi Claudio: 45, 72 Sancti Adiutores: 13 Tintoretto (Jacopo Robusti, detto
Riggisberg (Svizzera) – Abegg– Sansedoni Ambrogio: 38 il): 17, 59, 97
Stiftung: 26, 64 Sanseverino famiglia: 49 Tiziano Vecellio: 53
Rinieri (b.): 52 Santa Croce sull’Arno (PI) – Tolemaide: 18
Ripa Cesare: 29 Monastero agostiniano: 45 Tolentino – Cappellone di San Ni
Rita da Cascia (s.): 82 Saturno: 56 cola: 41 s., 44, 70 s., 86, 106
Roccantica (RI) – Santa Cateri Saxer Victor: 8 s. – Professorio o.s.a.: 87
na: 31, 65 Scrovegni Enrico: 37 s., 68 Tolomeo Claudio: 16
Rodi: 34 Scuola Medica Salernitana: 26 Tomacello Diana: 64
Roma – Amphiteatrum Castren Sebastiano (s.): 55 Tommaso da Villanova (s.): 7, 94
se: 31 Selim I: 61 Tommaso di Strasburgo o.s.a.: 44
– Biblioteca Angelica: 87 Settala Lanfranco jr. o.s.a.: 35 s. Tonna-Barthet Antonio o.s.a.: 88
– Casina del cardinale Battista Seu d’Urgell (Catalogna) – Cat Torelli Luigi o.s.a.: 34 s., 66 s.,
Zen: 30 tedrale: 26, 64 85, 89
– Collezione Borghese: 32 Sfondrato Paolo Emilio: 51, 74 Urbino – Galleria Nazionale
– Conservatorio di Santa Siciolante Girolamo: 21, 61 delle Marche: 45, 71 s., 107
Caterina della Rota: 52 Siddal Elisabeth: 55 – Monastero delle Sante Caterina
– Mura di Aureliano/Onorio: 31 Siena: 38, 69 e Barbara: 44 s., 71, 85
– Oratorio di Santa Margherita: 31 – Sant’Agostino: 40, 42 s., 106 Utrecht – bottega di: 48 s.
– Ospedale di Santa Caterina – Università: 26 – Ospizio di Sant’Eligio: 49
extra Portam Asinariam: 31 Simon Jürgen: 33 – Sint–Catharijnekerk: 49
Personaggi e toponimi
127
Valois Jean de, duca di Berry: – Santa Caterina: 50 von Friemar Heinrich o.s.a.: 34,
27, 46, 64 – S. Maria dei Crociferi a Rialto: 58 67, 85 s.
van der Weyden Goswijn: 64 Venosa – Abbazia della SS. von Hückeswagen: 34
Van Dyck Antoon: 7, 53 s., 74, 113 Trinità: 48, 73 Walsh Christine Louise: 8 s., 60 ss.
Vanni Lippo: 40 s., 70 Vercelli – Duomo di Sant’Euse Walters Henry: 64
Vassallo T.: 88 bio: 29 Weitzmann Kurt: 33, 66
Venera v. Parasceve (s.): 22 s., – Museo del Tesoro del Duomo: 64 Wisniowiecki Michal: 38
62, 98 Veroia (Macedonia) – Agios Chri Wissembourg (Alsazia) – Abba
Venezia – Cannaregio (sestie stos: 63 zia benedettina: 64
re): 50 Verona – Sant’Eufemia: 35 Zanetti Caterina ved. Bianchetti: 52
– Galleria Giorgio Franchetti alla – Santa Maria della Scala: 92 Zemo-Krikhi (Georgia) – Santi
Ca’ d’Oro: 50, 73, 110 Vienna – Università: 26 Arcangeli: 24, 43, 63
– Quadreria del Palazzo Patriar Virgines Capitales: 13, 31, 58 Zen Battista: 30, 65
cale: 17, 59, 97 Visconti Azzone: 36 Zenobia di Palmyra: 18
– San Geminiano: 59 Visconti Giovanni: 35 Zita (s.): 51
– San Liberale: 58 Viterbo – SS. Trinità: 88 Zuccari Federico: 21, 61
Questo volume
è stato impresso
a Camerino
da Artelito s.p.a.
per conto
dellaBiblioteca Egidiana
di Tolentino
nell’anno 2015
Provincia Agostiniana d’Italia
Monografie storiche agostiniane
Nuova Serie
Questa nuova serie di monografie storiche agostiniane si riallaccia alla prima serie del
BOLLETTINO Storico Agostiniano, edito a Firenze nel 1924 nel glorioso convento
agostiniano di Santo Spirito ad opera del mitico padre Stanislao Bellandi. Allora con pochi
mezzi, ma con tanta passione, i nostri confratelli agostiniani fiorentini diedero vita a una lunga
serie di pubblicazioni per diffondere il pensiero agostiniano e far conoscere la storia passata e
recente dell’Ordine.
Da più parti oggi, soprattutto dal mondo universitario, ci è giunta la richiesta di iniziare
una Collana aperta ai contributi di ricerca storica nel mondo agostiniano in Italia. Sentiamo la
doverosa necessità di muoverci in tal senso, per promuovere la pubblicazione di una ragionata
bibliografia storica agostiniana e di diverse monografie su personaggi e presenze agostiniane,
che hanno segnato contemporaneamente la storia dell’Ordine e della Chiesa in Italia.
Vorremmo con questa Collana ricucire un rapporto con la nostra storia, ma anche offrire
ai nostri giovani un nuovo motivo di studio e di ricerca. Va bene l’impegno pastorale che
ha caratterizzato prevalentemente la storia agostiniana in Italia in quest’ultimo secolo, ma la
nostra tradizione più autentica non ha mai trascurato l’impegno dello studio e della cultura,
anzi, sulle orme di Agostino ne ha fatto sempre un genuino motivo di apostolato.