Sei sulla pagina 1di 296

Università di Pisa

ISSN 1124-156X
ISBN 978-88-867966-1-3

SOCIETÀ PER LA PREISTORIA E PROTOSTORIA


DELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA

QUADERNO - 15

Paolo Biagi e Elisabetta Starnini

GLI SCAVI ALL’ARMA DELL’AQUILA


(FINALE LIGURE, SAVONA):
LE RICERCHE E I MATERIALI DEGLI
SCAVI DEL NOVECENTO

CONTRIBUTI DI:
D. Arobba, P. Biagi, R. Cabella, C. Capelli, R. Caramiello, C. D’Amico,
A. De Pascale, P. de Vingo, I. Dori, M. Ghedini, A. Girod, G. Goude, S. Kacki,
M.A. Mannino, R. Nisbet, C. Panelli, C. Partiot, M. Piazza, M.P. Richards, S. Rossi,
V.S. Sparacello, E. Starnini, M. Stefani, S. Talamo, A. Varalli, B.A. Voytek

COEDIZIONE
ISTITUTO INTERNAZIONALE DI STUDI LIGURI
BORDIGHERA

Trieste 2018
SOCIETÀ PER LA PREISTORIA E PROTOSTORIA
DELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA

QUADERNO 15 - 2018

c/o Museo Civico di Storia Naturale


Via dei Tominz 4 - 34139 Trieste (Italia)

REDATTORE

Paolo Biagi

In copertina: immagine di vaso con decorazione impressa, scavi G.A. Silla (Archivio Fotografico del Museo Archeologico del Finale,
Finale Borgo, SV)
In retro-copertina: riproduzione del disegno originale autografo della stratigrafia dell’Arma dell’Aquila tratta dal diario di scavo di C.
Richard (Archivio dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, IM)

Print and Graph - Ronchi dei Legionari (GO) - printandgraph@gmail.com


In ricordo di Virginia “Ginetta” Chiappella, un’archeologa ligure troppo a lungo dimenticata,
nel trentennale della sua morte

Virginia Chiappella in una fotografia del 1935


(Struppa (GE), 14/06/1905 - Genova, 31/01/1988)
Indice

Prefazione (Giovanni Murialdo).......................................................................................................... pag. 9


Introduzione (Paolo Biagi)....................................................................................................................... » 11

1. Andrea De Pascale e Maura Stefani – Scoperte e ricerche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona):
dalla segnalazione di G.B. Amerano allo scavo del 1942.................................................................. » 13

2. Roberto Cabella e Michele Piazza – Breve introduzione alla geologia del Finalese (Savona)..... » 45

3. Elisabetta Starnini e Paolo Biagi – I reperti ceramici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure,
Savona) ............................................................................................................................................. » 49

4. Claudio Capelli, Elisabetta Starnini, Roberto Cabella e Michele Piazza – Analisi archeometriche
in microscopia ottica di ceramiche neolitiche dall’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) nel quadro
delle produzioni preistoriche del Finalese......................................................................................... » 95

5. Daniele Arobba e Rosanna Caramiello – Impronte d’intrecci su vasi neolitici rinvenuti in caverne del
Finalese.............................................................................................................................................. » 111

6. Paolo Biagi and Barbara A. Voytek – The chipped stone assemblages from Arma dell’Aquila (Finale
Ligure, Savona).................................................................................................................................. » 117

7. Elisabetta Starnini, Claudio D’Amico e Massimo Ghedini – L’industria in pietra levigata dell’Arma
dell’Aquila (Finale Ligure, Savona).................................................................................................. » 127

8. Mauro Bon, Maura Stefani e Elisabetta Starnini – I manufatti in materiale duro animale dell’Arma
dell’Aquila (Finale Ligure, Savona).................................................................................................. » 137

9. Vitale S. Sparacello, Chiara Panelli, Stefano Rossi, Irene Dori, Alessandra Varalli, Gwenaëlle
Goude, Sacha Kacki, Caroline Partiot, Charlotte A. Roberts and Jacopo Moggi-Cecchi –
Archaeothanathology and palaeopathology of the burials and “scattered human remains” from Arma
dell’Aquila (Finale Ligure, Savona).................................................................................................. » 143

10. Marcello A. Mannino, Sahra Talamo, Gwenaëlle Goude e Michael P. Richards – Analisi isotopiche
e datazioni sul collagene osseo degli inumati dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona)........ » 183

11. Mauro Bon e Maura Stefani – I resti faunistici di mammiferi dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure,
Savona): scavi di Camillo Richard (1938 e 1942)............................................................................. » 189

12. Alberto Girod – I molluschi terrestri e marini dei livelli neolitici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure,
Savona).............................................................................................................................................. » 243

13. Renato Nisbet – Indagini antracologiche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona)............... » 255

14. Daniele Arobba e Rosanna Caramiello – I resti archeobotanici di Vitis vinifera dell’Arma dell’Aquila
(Finale Ligure, Savona) nel quadro delle conoscenze della Liguria................................................. » 261

15. Paolo de Vingo – Dopo la preistoria: uso e frequentazione del riparo dell’Arma dell’Aquila (Finale
Ligure, Savona) tra età tardoromana e postmedioevo...................................................................... » 271

16. Paolo Biagi e Elisabetta Starnini – L’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) nel quadro delle conoscenze
dell’alto Tirreno tra Paleolitico superiore e medio Olocene: un bilancio a 70 anni dagli scavi..................» 283

Summary................................................................................................................................................... » 293

–7
Prefazione

Con grande piacere e, devo confessare, non senza un certo timore, nella mia attuale veste di Presidente
dell’ente gestore del Museo Archeologico del Finale, ho accolto la richiesta di scrivere la prefazione di questo
atteso volume dedicato alle ricerche ed ai materiali rinvenuti durante gli scavi succedutisi nel corso del Nove-
cento nell’Arma dell’Aquila nel Finale. Sono infatti pienamente consapevole di come molte figure di studiosi
impegnati nell’ambito della ricerca preistorica avrebbero meritato più del sottoscritto questo invito e svolto in
modo certamente migliore il compito che mi è stato assegnato. A maggior ragione in quanto questo volume è
inserito in una delle più prestigiose collane editoriali dedicate alla Preistoria italiana, come i “Quaderni della
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia”, in coedizione con il Museo Ar-
cheologico del Finale - Istituto Internazionale di Studi Liguri.
D’altro canto, sebbene intervallate da lunghe pause, le esplorazioni e le campagne di scavo che si sono
susseguite per oltre un secolo nell’Arma dell’Aquila costituiscono una vicenda paradigmatica delle problema-
tiche che occorre affrontare quando si cerca di ricomporre un quadro unitario partendo dalla ricostruzione di
contesti di scavo e di reperti provenienti da indagini condotte su un lungo periodo, da ricercatori diversi e con
modalità d’intervento molto differenziate.
Nella pubblicazione, introduce alla complessità del tema l’attenta ricostruzione della sequenza di indagini
archeologiche succedutesi a partire dalla fine del XIX secolo in questa cavità naturale posta nell’immediato
entroterra del Finale, sulla pendice orientale del Bric Scimarco nella Valle dell’Aquila. Le prime segnalazioni
di “rinvenimenti” di materiali preistorici risalgono infatti a fine Ottocento da parte di padre Giovanni Battista
Amerano, che nel 1891 vi condusse un primo saggio esplorativo. A questo pionieristico esordio, dopo una lun-
ga pausa, seguirono gli scavi effettuati a partire dal 1934 dallo storico locale Giovanni Andrea Silla, fondatore
e primo direttore del Museo Civico del Finale, inaugurato da pochi anni in Palazzo Ghiglieri a Finalmarina,
dove confluirono per la loro esposizione e conservazione i materiali provenienti dalla caverna.
Dopo le indagini condotte sempre negli anni Trenta del secolo scorso da Frederick H. Zambelli col Grup-
po Speleologico “Aldobrandino Mochi” di Imperia su incarico dell’Istituto di Paleontologia Umana, occorre
giungere alle due campagne di scavo, con dichiarati intenti prevalentemente indirizzati in senso paletnologico,
programmate dall’ingegnere torinese Camillo Richard nel 1938 e 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale,
quando fu affiancato da una attenta ricercatrice, quale era Virginia Chiappella, e sostenuto da un finanziamento
della “Azienda autonoma per la stazione di soggiorno di Finale Ligure”.
Basandosi su diari e documenti di scavo molto eterogenei e affrontando anche il problema della tutela del
sito archeologico di fronte all’avanzare di una delle più attive cave per l’estrazione di Pietra di Finale, che nella
progressione del suo fronte in parte ne compromise il contesto ambientale, viene così ricostruita un’articolata
sequenza di attività, che si svolge come un racconto descrivendo le ricerche e le campagne di scavo condotte
da parte dei molti studiosi che intervennero in un lungo passato nel sito, con metodologie di scavo consone ai
tempi ed ai personaggi che le condussero, adottando tecniche non sempre adeguate e sicuramente lontane da
quelle attuali.
Nonostante le inevitabili difficoltà incontrate per una definizione delle sequenze stratigrafiche e dei conte-
sti di provenienza dei reperti, il volume presenta i risultati di una serie di ricerche che riflettono la complessità
dell’attuale approccio scientifico e archeometrico col quale è necessario affrontare lo studio dei materiali di
vario tipo ed i reperti di diversa natura provenienti da un contesto complesso anche dal punto di vista geologi-
co, nel quale si susseguirono frequentazioni antropiche su un ampio arco cronologico. La sequenza esordisce
infatti nel Paleolitico superiore e, attraverso un’importante fase del Neolitico, giunge fino alla prima Età del
Bronzo con attestazioni, infine, di una sporadica frequentazione in età storiche nell’ambito di un’economia
agro-silvo-pastorale.
Gli studi presentati dai diversi ricercatori, che hanno apportato a questa edizione le loro specifiche compe-
tenze nei propri campi di ricerca, ci offrono una serie di risultati che sicuramente costituiscono e costituiranno
nell’immediato futuro un preciso punto di riferimento nell’archeologia preistorica non solo nazionale.
Ma in queste poche righe ritengo importante sottolineare anche il particolare significato di questa pubbli-
cazione per il Museo Archeologico del Finale, nei cui laboratori si sono svolte molte delle ricerche finalizzate
allo studio delle varie classi di materiali conservati nei depositi ad esso annessi. Infatti, è motivo di prestigio
per questa istituzione museale civica non solo la partecipazione dei suoi ricercatori più qualificati alle ricerche,
ma anche la possibilità che le è stata offerta di costituire il luogo destinato al loro studio ed alla loro documen-
tazione, in molti casi condotti con tecnologie avanzate.

–9
D’altro canto, il Museo Archeologico del Finale ha da sempre inteso il proprio ruolo non solo come un’en-
tità costituita da spazi deputati alla conservazione ed esposizione dei reperti archeologici, che segnano il sus-
seguirsi delle specie umane e delle loro culture nel territorio, ma anche come luogo per sua vocazione dedicato
all’attività di ricerca nei suoi vari aspetti. In questa visione, la ricerca scientifica non vuole essere unicamente
un fondamentale strumento di evoluzione e progresso delle conoscenze della cultura materiale e dei contesti
insediativi presenti sul territorio, ma anche un imprescindibile strumento preliminare e propedeutico alla tutela
del patrimonio archeologico e ad una corretta divulgazione culturale.
Siamo quindi molto grati a Paolo Biagi e Elisabetta Starnini, quali promotori e coordinatori del progetto
di ricerca incentrato sui materiali dell’Arma dell’Aquila, nonché curatori editoriali di questa pubblicazione,
per aver reso possibile la “restituzione” di un importante contesto archeologico finalese e per aver offerto la
possibilità al Museo Archeologico del Finale di perseguire un suo fondamentale scopo istituzionale nell’inte-
resse non solo della comunità scientifica, ma anche dei tanti visitatori, di ogni età e livello culturale, che tramite
un’adeguata comunicazione potranno fruire dei risultati ottenuti.

Giovanni Murialdo
Presidente della sezione finalese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri

Finale Ligure, 12 maggio 2018

10 –
Introduzione

Il presente volume, con il quale si intende commemorare l’importante lavoro di un’autrice troppo spesso
dimenticata nel panorama dell’archeologia nazionale e ligure in particolare, Virginia “Ginetta” Chiappella
(Struppa, 14 Giugno 1905 – Genova, 31 Gennaio 1988), nasce dalla necessità di pubblicare in modo
sistematico i materiali portati alla luce durante gli scavi condotti, nella prima metà dello scorso secolo, in una
delle più importanti cavità del Finalese, l’Arma dell’Aquila, attualmente conservati nelle collezioni del Museo
Archeologico del Finale a Finale Ligure (Savona).
Le ricerche portate avanti in quegli anni nella cavità da parte di F.H. Zambelli, G.A. Silla, C. Richard e
della stessa Virginia Chiappella, avevano portato all’individuazione di una serie di orizzonti di frequentazione
ed almeno una necropoli neolitica, che già a quei tempi avevano assunto dignità nazionale ed internazionale,
anche grazie alla diffusione delle prime informazioni pubblicate da P. Laviosa Zambotti nel suo importate
volume “Le più antiche culture agricole Europee”, in cui i reperti rinvenuti durante le ricerche all’Arma
dell’Aquila venivano inquadrati, per la prima volta, nel loro contesto europeo.
L’idea di riprendere in esame i materiali degli scavi dell’Arma dell’Aquila che, fatta eccezione per alcune
pubblicazioni parziali erano rimasti sostanzialmente inediti, nacque all’inizio degli anni Ottanta, in occasione
della mia attività di Ricercatore di Paletnologia presso l’Istituto di Archeologia dell’Università di Genova.
Anche grazie ad una certa conoscenza dei reperti ceramici e litici della Caverna delle Arene Candide, acquisita
durante la stesura della mia Tesi di Laurea in Paletnologia presso l’Università Statale di Milano, discussa nel
1972, ebbi la possibilità di riavvicinarmi allo studio dei materiali archeologici neolitici della Liguria e, di
conseguenza, di riconoscere come le collezioni dell’Aquila costituissero, indubbiamente, uno dei complessi
più importanti del Finalese, insieme a quelli certamente più famosi della Caverna delle Arene Candide.
Una prima disamina dei reperti venne quindi condotta presso il Museo Archeologico del Finale in quegli
anni, grazie all’autorizzazione dell’allora Soprintendenza Archeologica della Liguria, alla collaborazione
del Direttore, O. Giuggiola, e del Conservatore, G. Vicino, e degli studenti dell’Istituto di Archeologia
dell’Università di Genova, B. D’Ambrosio, E. Isetti e P. Garibaldi, ai quali si deve anche una parte degli
originali dei disegni dei manufatti ceramici, in osso ed in pietra levigata, oltre che la prima selezione dei
reperti della cultura materiale, archeozoologici ed archeobotanici sui quali sono stati elaborati alcuni dei lavori
presentati nel volume.
In seguito alle premesse di cui sopra, dopo aver coinvolto numerosi specialisti nello studio dei reperti, aver
consultato in modo analitico i giornali di scavo dell’epoca, redatti con dovizia di particolari da C. Richard e
V. Chiappella, aver riesumato le immagini originali degli scavi, ed aver proceduto all’esecuzione di numerose
datazioni radiocarboniche per impostare, per quanto possibile, un’attendibile cronologia assoluta degli
eventi succedutisi nella cavità, si è potuto finalmente dare alle stampe il lavoro; un contributo grazie al quale
l’archeologia della Liguria si arricchisce di nuove informazioni, e che riconsegna all’Arma dell’Aquila, e alla
sua necropoli neolitica, l’importante ruolo che hanno giocato nel Neolitico della regione più settentrionale del
Tirreno. Ed è anche per quest’ultimo motivo che, con grave rammarico, si deve segnalare come, nonostante il
vincolo di tutela posto dalla Soprintendenza competente nel 1941, gran parte della zona archeologica dell’Arma
dell’Aquila sia andata irrimediabilmente distrutta dai lavori di cava di Pietra di Finale in cui la stessa si apriva,
e come oggi solamente parte del riparo, o antro di destra, dove potrebbe essersi conservato un lembo del
deposito più profondo, sia ancora disponibile per un’eventuale ripresa delle ricerche.
La pubblicazione completa dell’archeologia dell’Arma dell’Aquila riguarda, quindi, non solo i reperti
della cultura materiale, la loro funzione e la provenienza dei materiali impiegati per la loro manifattura, ma
anche la cronologia radiometrica dei contesti del Paleolitico superiore e del Neolitico, oltre che lo studio e la
reinterpretazione della necropoli neolitica più antica della Liguria, dei reperti scheletrici umani e della dieta
alimentare seguita dagli abitanti. A questi capitoli si aggiungono quelli riguardanti la ricostruzione della storia
delle ricerche nella caverna e degli attori che in queste sono stati coinvolti, che sono seguiti, a loro volta, da una
discussione generale dei problemi che lo studio completo dei reperti ha sollevato, nel quadro più ampio della
preistoria Ligure e del Mediterraneo settentrionale, capitolo con cui il volume si chiude.

Paolo Biagi
Università Ca’ Foscari di Venezia

21 Marzo 2018

– 11
L’Arma dell’Aquila come si presenta oggi, ripresa dal fondovalle (fotografia di P. Biagi).

12 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 13–43

ANDREA DE PASCALE e MAURA STEFANI

SCOPERTE E RICERCHE ALL’ARMA DELL’AQUILA


(FINALE LIGURE, SAVONA):
DALLA SEGNALAZIONE DI G.B. AMERANO ALLO SCAVO DEL 1942

RIASSUNTO – Attraverso diari di scavo e fonti d’archivio, qui presentate per la prima volta, messe in relazione con le poche pubbli-
cazioni edite, viene ripercorsa la storia degli scavi condotti all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona), dalle prime segnalazioni av-
venute a fine Ottocento da parte di Giovanni Battista Amerano fino allo scavo diretto da Camillo Richard nel 1942. Oltre a ricostruire le
diverse attività di ricerca ad opera dei molti studiosi che lavorarono nel sito, sono qui proposti anche i documenti e le vicende connessi
ai problemi di tutela dovuti alla presenza di una cava d’estrazione di Pietra di Finale, che portò alla parziale distruzione del sito stesso.

ABSTRACT – The excavation diaries, and the archive sources presented here for the first time, together with the few available pu-
blications, allowed the authors to retrace the history of the excavations carried out at Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) from
the first 19th century reports written by Giovanni Battista Amerano to those of Camillo Richard in 1942. In addition to the various
researches conducted by many scholars who excavated the site, the authors present documents and events related to the problems of its
preservation due to the presence of a Finale Stone quarry that led to the partial destruction of the site.

Parole chiave – Storia delle ricerche, Giovanni Battista Amerano, Frederick Hosmer Zambelli, Camillo Richard, Virginia “Ginetta”
Chiappella
Keywords – History of research, Giovanni Battista Amerano, Frederick Hosmer Zambelli, Camillo Richard, Virginia “Ginetta”
Chiappella

1.  IL CONTESTO E I PRIMI RITROVAMENTI (A.D.P. e M.S.)

L’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) ricopre, non solo nel panorama della preistoria della Liguria,
una notevole importanza per i ritrovamenti effettuati sia attraverso ricerche programmate, sia per mezzo di
interventi di recupero occasionale, con un’attività di frequentazione documentata tra il Paleolitico superiore e
gli inizi dell’età del Bronzo. Il sito, costituito da diversi depositi archeologici, oggi profondamente alterato da
lavori di cava di Pietra di Finale ed in parte distrutto, nonostante l’esistenza di un vincolo di tutela (Vincolo
Archeologico n. 070362, decreto del 28/07/1941), si apre a 230 m di quota lungo il fianco occidentale del Bric
Spaventaggi, nella Valle dell’Aquila, percorsa dall’omonimo torrente (Fig. 1).
Come si evince dal vincolo a firma dell’allora Soprintendente alle Antichità della Liguria, Luigi Bernabò
Brea, l’area di “interesse particolarmente importante […] ai sensi e per gli effetti dell’art. 2-3 (b) della legge 1
giugno 1939-XVII, N° 1089” comprende “la caverna detta localmente Arma dell’Aquila o Arma d’Orco sulla
riva sinistra del torrente Aquila, composta di tre cavità, nonché il terreno antistante ad esse nei limiti segnati
nella pianta allegata” (Archivio SBAL - Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria)1. Anche dalle
notizie riportate dai primi scavatori (Silla, 1935: 85; 1937: 74; Richard, 1942: 51) emerge come, fino agli
anni Quaranta del Novecento, il sito fosse composto da due caverne, un riparo sottoroccia - quindi le tre cavità
citate nel vincolo - e da un talus esterno, costituito da un declivio di terreno nel quale erano immersi grossi
massi di calcare, reperti appartenenti a varie epoche e lenti di terreno scuro (Arobba et al., 1987: 541).
Il sito era noto per i suoi contenuti archeologici già nell’ultimo decennio del XIX secolo, quando il
Finalese fu una vera e propria fucina per la Paletnologia, allora in formazione e accreditamento disciplinare
——————————
Si è deciso di mantenere tale denominazione, riferita al momento in cui avvenne da parte degli autori la consultazione dei documenti
1 

dell’archivio storico, anche se a partire dal 23/01/2016, in base al DM 44, la Soprintendenza ha modificato il suo nome in Soprintendenza
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona.

– 13
(De Pascale, 2007; 2008).
Infatti, la sua scoperta si deve
a Padre Giovanni Battista
Amerano (1842-1919) che,
nel gennaio 1891, nell’am-
bito della propria intensa
attività di esplorazione e ri-
cerca (Boaro et al., 2009;
De Pascale et al., 2009;
De Pascale e Venturino,
2017), eseguì un sondaggio
di cui diede notizia nel 1892
nel Bullettino di Paletnologia
Italiana, chiamandolo Arma
di Orco. Nella sua breve se-
gnalazione Amerano sotto-
lineò la vicinanza con altri
depositi d’interesse palet-
nologico, quali la Caverna
degli Zerbi, La Fontana e la
Caverna Le Pile, affermando
che “l’uomo non vi fece che
brevissima dimora, come può
arguirsi dall’unico e sottile
straterello di cenere e carbo-
ni esistente entro il deposito.
Il mediocre scavo fattovi non
mi procurò che una valva di
pectunculus forata all’apice,
alcuni frammenti di terrecot-
te simili in tutto a quelle della
caverna Le Pile per impasto
e finezza di lavoro, ad ecce-
zione d’uno appartenente ad
un vaso a gola rovesciata.
Tal forma di vasi non si in-
contra che negli strati medi
e superiori della caverna
Fig. 1 – Valle dell’Aquila: il fianco occidentale del Bric Spaventaggi, dove si apre l’Arma
Pollera, riferibili alla civil-
dell’Aquila (da Richard, 1942).
tà del bronzo. Le ossa degli
animali rappresentano gli stessi generi di quelle dei Zerbi, coll’aggiunta però dell’orso bruno” (Amerano,
1892: 103). Forse anche per la disarmante nota dell’Amerano, che non lasciava presagire la reale consistenza
del sito, l’Arma di Orco per molto tempo non ricevette più alcun interesse da parte degli studiosi, compreso
Arturo Issel (1842-1922) che direttamente, o attraverso diversi collaboratori, tanto si dedicò al Finalese e che
nelle oltre settecento pagine della sua minuziosa “Liguria Preistorica”, opera magna del 1908, non le dedica
nemmeno un accenno.
La “riscoperta” dell’Arma di Orco si avrà solo alcuni decenni dopo, nel 1934 per l’esattezza, grazie a
quegli stessi lavori di cava della Pietra di Finale che saranno poi responsabili del parziale danneggiamento del
sito (Fig. 2). Fu proprio il ritrovamento fortuito di frammenti ceramici e ossa da parte degli operai della Ditta
Simonetti, concessionaria per l’estrazione, a portarvi nuovamente l’attenzione di autorità e ricercatori ed in
particolare, in prima battuta, di Giovanni Andrea Silla (1876-1954) (Fig. 3), maestro locale, direttore dell’al-
lora costituendo Museo Civico del Finale, Regio Ispettore “pei monumenti, gli scavi ed oggetti di antichità e
d’arte della provincia di Savona”, nonché allievo di Padre Amerano (De Pascale, 2008: 244–246).
Olinto Simonetti, proprietario dell’omonima Ditta, avvertì dei primi ritrovamenti, venuti alla luce durante
lo spostamento di alcuni massi, G.A. Silla il quale si recò sul posto accompagnato dal Cav. S. Ascenso, Podestà

14 –
di Finale, dall’Ingegner A. Gazzano e da G.B. Allegri.
I reperti erano stati rinvenuti dagli operai in quello
che poi venne chiamato talus esterno, ma durante
questa prima ispezione furono individuate anche le
due caverne soprastanti (Silla, 1935: 85; 1937: 73;
Richard, 1942: 43–44).
G.A. Silla presentò i risultati di tali sopralluoghi
il 10 marzo 1935, in occasione del III Congresso della
“Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria - se-
zione Ingauna e Intemelia”, svoltosi a Finale Ligure in
concomitanza con l’inaugurazione del Museo Civico
del quale, dal 1931, era stato nominato direttore. Dalle
parole di G.A. Silla si ebbero così le prime informazio-
ni su questa “nuova stazione umana a facies litica” che
secondo “l’appellativo comune a tutte le grotte finalesi
e liguri di Arma” fu battezzata da tale momento Arma
dell’Aquila (Silla, 1935: 82): durante i lavori di cava
“di mano in mano che si asportavano i massi appar-
ve uno strato di terriccio nero ed untuoso, in mezzo
al quale furono raccolti casualmente dagli operai un
certo numero di manufatti preistorici, prova sicura
che quel riparo aveva servito di domicilio ai primiti-
vi cavernicoli” (Silla, 1935: 85). Tali reperti, insieme
a quelli recuperati direttamente dal Silla, suddivisi in
“avanzi organici, conchiglie lavorate, manufatti litici,
pietre da macina, macinelli, vasi fittili” (Silla, 1935:
86-92), furono depositati presso il Museo Civico di
Fig. 2 – Lavori di cava per l’estrazione di Pietra di Finale presso Finale. Tra i materiali rinvenuti vi era anche il grande
l’Arma dell’Aquila alla fine degli anni ’30 del Novecento orcio quadriansato di Ceramica Impressa, oggi riferibi-
(Archivio dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera). le al Neolitico antico (Bernabò Brea, 1950), ma che
all’epoca, nonostante la parziale ricostruzione che ne
venne fatta, non fu utile a fornire il suo corretto inquadramento crono-tipologico all’insieme dei reperti “raccolti
in strato superficiale, [che] possono appartenere così al tardo
neolitico come ad un eneolitico anche più recente” e che por-
tarono il Silla ad affermare che “una precisa valutazione della
cronologia del deposito non è ancora possibile, mancando al
riguardo quegli elementi stratigrafici che non potrebbero risul-
tare che da uno scavo metodico e completo” (Silla, 1935: 92).

2.  1934-1937: LE RICERCHE DI F.H. ZAMBELLI E


DEL GRUPPO MOCHI (A.D.P.)

Le scoperte condotte all’Arma dell’Aquila costituirono,


di fatto, un notevole elemento d’interesse ed un impulso ad
avviare nuove indagini, poiché la ricerca paletnologica nel
Ponente ligure, e più specificamente nel Finalese, dopo la fe-
lice stagione di fine XIX - inizi XX secolo, aveva subito un
notevole rallentamento.
G.A. Silla, dalla primavera del 1929, conduceva ricerche
nei dintorni di Finale, con interessanti segnalazioni e ritrova-
menti, tra cui il recupero di resti ossei di Cervus elaphus e altre
faune da una caverna sul Bricco di San Bernardino (Archivio
SBAL, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo Fig. 3 – Ritratto di Giovanni Andrea Silla (Archivio del
D, anno 1929 - Finale Ligure - “Scoperta di nuova caverna”). Museo Archeologico del Finale, Finale Ligure Borgo).

– 15
A parte uno sporadico saggio di scavo, abbandonato immediatamente per gli scarsi risultati conseguiti, ad
opera di Aldobrandino Mochi nel 1930 presso la Grotta Mandurea di Borgio Verezzi, le ricerche nel Finalese
si limitarono negli Venti e Trenta del Novecento ad alcuni interventi dell’Ing. Camillo Richard (vedi oltre) e
nell’estremo Ponente ligure alle importanti indagini condotte dall’Istituto di Paleontologia Umana presso i
Balzi Rossi di Ventimiglia (Tarantini, 2008).
A tale quadro si può solo aggiungere, dal 1930 al 1932, l’attività di Carlo Gentile dell’Osservatorio
Meteoro-Sismico di Imperia, a Tana Bertrand (Imperia) con scavi su concessione del Ministero della Educazione
Nazionale - Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti (Archivio SBAL, nota del 26 novembre 1930 in
cartella 45 - Badalucco, ex Archivio 19, n. 1, fascicolo A, anno 1930-1935, “Scavi archeologici nella Tana
Bertrand”), non priva, tra l’altro, di problemi e tensioni con la Soprintendenza per danneggiamenti del depo-
sito archeologico e sparizioni di reperti. A tali ricerche partecipò anche Frederick Hosmer Zambelli, come si
apprende da una lettera di C. Gentile (Imperia, 24 novembre 1930) spedita alla Soprintendenza di Torino, nella
quale, tra i presenti alle indagini, è citato “il Dott. Hosmer Zambelli, che fa parte della commissione dell’osser-
vatorio” (Archivio SBAL, Cartella 45 - Badalucco, ex archivio 19, n. 1, fascicolo A, anno 1930-1935, “Scavi
archeologici nella Tana Bertrand”).
F.H. Zambelli (Fig. 4), laureatosi a Siena in Medicina e Scienze Naturali, si trasferì poi a Diano Marina
(IM) come medico delle Ferrovie dello Stato, continuando però a coltivare l’interesse per la paleontologia e
la paleoantropologia, svolgendo diverse ricerche nell’Imperiese e nel Savonese, attraverso un gruppo speleo-
logico da lui fondato ad Imperia, il 14 giugno 1931, denominato Istituto Scientifico Aldobrandino Mochi, del
quale assunse la direzione (Gandolfi, 2008: 24).
F.H. Zambelli, per mezzo di tale Istituto, condusse l’esplorazione e alcuni scavi nella Tana di Badalucco
nell’entroterra imperiese (Zambelli, 1934), dal 25 giugno al 5 luglio del 1933, dal 5 al 19 agosto 1934 e, in-
fine, dal 25 giugno al 5 luglio 1935 (Archivio SBAL, Cartella 44 - Pigna ex Archivio 19, n. 18, fascicolo A,
anno 1928-1934, “Richiesta di permesso di scavi nella caverna denominata Arma Cianella - Scavi Zambelli
nella caverna Tana di Badalucco o Arma Cianella”).

Fig. 4 – Frederick Hosmer Zambelli, terzo da sinistra con gli occhiali, durante uno scavo a San Bartolomeo al Mare (da Gandolfi,
2008).

16 –
Inoltre, per quanto maggiormente ci interessa in questa sede, F.H. Zambelli con “il gruppo speleologico
«Aldobrandino Mochi» di Imperia, per incarico dell’Istituto di Paleontologia Umana, ha eseguito nei primi
mesi del 1936 alcuni assaggi in diversi giacimenti preistorici della valle dell’Aquila e principalmente in
quello di recente identificato. Ha così compiuto in esso nuove osservazioni e raccolto nuovo interessante
materiale, che, accompagnato da accurata relazione, ha poi depositato nel Civico Museo di Finale” (Silla,
1937: 73).
Purtroppo la citata relazione non risulta oggi tra i documenti presenti nell’archivio del Museo Archeologico
del Finale, erede del Civico Museo del Finale, e non è chiaro se tale perduta nota dello Zambelli, citata da G.A.
Silla, coincida o meno con una memoria pubblicata dallo stesso direttore del Gruppo Mochi (Zambelli, 1937).
Resta pertanto aperta, oltre al problema di una probabile lacuna nella documentazione, l’esatta identificazione
del periodo nel quale vennero svolte tali ricerche. Infatti, se come visto Silla riporta che F.H. Zambelli le ese-
guì “nei primi mesi del 1936” (Silla, 1937: 73), nulla si apprende sull’inizio delle indagini attraverso la nota
a firma dello stesso Zambelli, ma solo che “in una ulteriore esplorazione condotta nella primavera del 1937,
in corrispondenza del quarto strato ed immediatamente sotto la corda dell’arco dell’ingresso del cunicolo
terminale dell’antro di destra, a metà ed al disotto di un grosso masso caduto dalla volta in epoche lontane, si
scoperse una tomba intatta” (Zambelli, 1937: 252).
Inoltre, un terzo documento apre un dubbio. Nell’archivio di Virginia Chiappella, che nel 1942 - come
vedremo - dovendo affiancare C. Richard in nuovi scavi pensò probabilmente di raccogliere tutta la documen-
tazione sulle ricerche precedentemente effettuate nel sito (Archivio SBAL, fondo Chiappella), si trova una
scheda (n. 34) del catalogo topografico del Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” (Fig. 5), dalla quale risulta
che un’indagine all’“Arma de l’Aquila o Arma Sanguineo”, come riportato alla voce “nome della cavità”, si
svolse il 25 novembre 1934 alla presenza, oltre che di F.H. Zambelli, dell’Ingegnere Riccardo De Marpillero,
che realizzò anche il rilievo poi pubblicato da Silla (Silla, 1937: 74), e del proprietario della cava Olinto
Simonetti.

Fig. 5 – Le schede topografiche del “Gruppo Speleologico Ligure A. Mochi” conservate nel “Fondo Chiappella” dell’Archivio della
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria.

– 17
Non avendo a disposizione fonti con indicazioni più precise, al momento, le ricerche condotte da F.H.
Zambelli e dal Gruppo Speleologico A. Mochi, si devono pertanto genericamente comprendere tra l’autunno
del 1934 e la primavera del 1937. Esse coinvolsero l’intera area della “cava Simonetti […] nettamente orien-
tata ad Owest e aperta in una vasta concavità della parete rocciosa a picco; ai piedi della quale avvi un cono
di deiezione formato di grossi blocchi di pietra e di terra vegetale, dove si notano tre caverne principali ed
una piccola cavernetta. A sinistra di chi guarda la pianta della località si presenta uno speco con direzione
Nord Est da noi denominato cunicolo di sinistra. Esso è certamente originato da una profonda spaccatura
della montagna ed uno scivolamento della parete ovest del cunicolo. La sua sezione è triangolare, fortemente
allungata. Nella parete di fondo, non ancora esplorata per la sua ristrettezza, si nota una forte corrente d’a-
ria. A destra di questo cunicolo, ancora ricoperto all’ingresso da un blocco di pietra in equilibrio, vi è una
piccola cavernetta non ancora da noi esplorata nel sottosuolo; poco più a Sud si apre la caverna centrale
che era chiusa da un muro a secco di non antica data; e dopo altri venti metri circa più a Sud si scorge un
antro ove sembra abbiano origine due cavità molto limitate in profondità, e divise da un diaframma di roccia”
(Zambelli, 1937: 249).
I reperti recuperati in tali scavi furono consegnati, come accennato, al Museo di Finale, compresa la già
citata sepoltura su cui Zambelli, per la sua formazione medica, si prodigò in un’accurata descrizione con
note paleopatologiche sull’usura dentaria e sull’affezione da rachitismo, diagnosi poi smentita da analisi più
recenti (Canci et al., 1996; Sparacello et al., 2016), sottolineando essere “questa la prima volta, forse, che
nel Finalese viene eseguito lo scavo di una tomba controllandone la posizione stratigrafica e paleontologica,
avvalendosi della tecnica insegnata dalla moderna Paletnologia” (Zambelli, 1937: 254). La sepoltura, sovra-
stata da un grande masso, probabilmente preesistente, era orientata in direzione est-ovest e racchiusa in una
cassetta litica. L’inumato coricato sul fianco sinistro, con gambe flesse e braccia piegate sul torace, presentava
le mani congiunte palmo a palmo, poste sotto il lato sinistro del capo. Nel terreno erano presenti tracce di ocra
e il corredo era composto da due frammenti fittili, un frammento di molare di cervide e una scheggia di selce
non ritoccata (Zambelli, 1937; Richard, 1942: 75–76).

Fig. 6 – Uno dei cartoni con i materiali degli scavi Zambelli effettuati presso l’Arma dell’Aquila (Museo Archeologico del Finale,
Finale Ligure Borgo).

18 –
I materiali degli scavi Zambelli sono ancora oggi conservati nelle collezioni del Museo Archeologico
del Finale, in parte nelle condizioni museografiche originali, ossia montati su cartoni di colore rosso, sui
quali vennero “cuciti” e numerati, accompagnati da cartellini indicanti il sito e la data di scavo (Fig. 6).
Proprio grazie a tale ulteriore documentazione, è possibile affermare che nell’estate e nell’inverno del 1935
il Gruppo Mochi effettuò scavi, recuperando diversi materiali ceramici, sia di età neolitica, sia di epoca sto-
rica, oltre a resti faunistici e frammenti ossei umani nell’“antro dell’orso”, nell’“antro centrale”, nell’“antro
sinistro” e nell’“antro di destra”. Il cartone con il numero più elevato ancora esistente riporta la cifra “XXV”,
ma in considerazione dei numerosi reperti conservati attualmente in scatole, del sommario elenco pubblica-
to da F.H. Zambelli (1937: 255–256) e dell’evidente mancanza di alcuni cartoni nella sequenza numerica,
non è possibile stabilire quanti essi fossero in origine.
Se, nelle quattro cavità, il Gruppo Mochi svolse veri e propri scavi, dalla documentazione disponibile
appare come il talus non fu oggetto diretto d’indagine, ma solo di osservazione grazie al fatto che “Il Simonetti
ha aperto nel Talus varie trincee per utilizzare i massi in esso contenuti, ed è appunto da queste trincee che
abbiamo potuto farci un concetto della stratificazione di questa massa di detriti” (Zambelli, 1937: 249–250).

3.  CAMILLO RICHARD (1890-1973) (A.D.P.)

Come accennato, l’attività di ricerca paletnologica nel Finalese, terminata la brillante stagione che vide
protagonisti A. Issel, N. Morelli e G.B. Amerano, tutti deceduti tra il 1919 e il 1922, si ridusse tra la fine degli
anni Venti e gli inizi degli anni Trenta alla sola attività di Camillo Richard (Fig. 7). A causa della dispersione
del suo archivio personale, dal quale furono recuperati dopo la sua morte solo alcune fotografie, microfilm e i
diari di scavo all’Arma dell’Aquila, oggi depositati presso l’Istituto Internazionale di Studi Liguri e il Museo
Archeologico del Finale, pochi sono i documenti personali utili a ricostruire nel dettaglio la biografia dello
studioso.
Presso l’Archivio di Stato di Torino si conserva la sua scheda d’iscrizione al Partito Nazionale Fascista,
non datata, ma considerato il tipo di documento riferibile alla fine degli anni Venti, dal quale risulta nato
a Torino il 24 agosto 1890 da Luigi Richard e Lucia
Adamo, di professione ‟ingegnere industriale mec-
canico in proprio” e, a seguito di un aggiornamen-
to del 1933, “ingegnere presso Università Istituto di
Geologia” (Archivio di Stato di Torino, Archivio del
Partito Nazionale Fascista - Federazione di Torino,
Busta n.: 1401; Fascicolo n.: 31985; Carte: 22; Numero
scheda: 80701).
La sua iscrizione alla “Società degli Ingegneri e
degli Architetti in Torino” avvenne, con voto unani-
me dell’assemblea, durante l’adunanza del 21 Maggio
1919 come risulta negli Atti della stessa società (anno
LIII, 1919: 29). I suoi esordi nella Paletnologia non
sembrano essere stati propriamente felici e dei più fa-
cili.  
Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Liguria si conserva una cartella
dell’allora “Regia Soprintendenza alle Antichità per il
Piemonte e la Liguria” contenente diversi documen-
ti riguardanti “Ricerche nelle grotte preistoriche del
Finalese: concessione all’ingegner Camillo Richard”
(Archivio SBAL - cartella 99 - Finale Ligure, ex ar-
chivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale
Ligure). Una lettera, del 3 novembre 1927, invia-
ta da G.A. Silla, in qualità di Ispettore Onorario dei
Monumenti di Savona, al Soprintendente Ernesto
Schiaparelli (1856-1928), fu chiaramente all’origine di Fig. 7 – Camillo Richard (Archivio del Museo Archeologico del
un intenso carteggio che portò Richard a chiedere una Finale, Finale Ligure Borgo).

– 19
regolare autorizzazione. Nella lettera del 1927 Silla denunciò, infatti, come “nei mesi di settembre e di ottobre
or ora già trascorsi, certo Ricar (sic) Camillo fu Luigi, d’anni 37, (residente in Torino, Via Monte di Pietà, 27),
si è spesse volte recato, in compagnia d’una signora e talvolta col proprietario della casa ove alloggiava, in
quel di Verezzi, nella caverna detta - da Carrubba -. Colà eseguì lavori di scavo e raccolse non poco materiale
preistorico, che avrebbe spedito a Torino. Questo sarebbe già il terzo o quarto anno che il prefatto signore
procede a simili lavori” (Archivio SBAL - prot. 9218, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo
C, anno 1927-1929, Finale Ligure). Solerte fu la risposta di E. Schiaparelli, datata 10 novembre 1927, ma non
altrettanto rapida l’azione di chiarimento nei confronti di C. Richard in quanto come scrisse il Soprintendente
“Mentre ringrazio della segnalazione contenuta nella di Lei lettera delli 3 corrente sono dolente significarle
che nella informazione a Lei data circa il recapito del Sig. Camillo Ricar (sic) deve esservi stato errore; poiché
nella Via Monte di Pietà qui a Torino non esiste il n. 27 e le ricerche fatte in altre case della medesima via non
hanno avuto alcun risultato. Feci anche domandare all’Ufficio di Anagrafe se si avesse il recapito di code-
sto Sig. Ricar (sic); ma anche presso l’Ufficio stesso egli è sconosciuto. Mi permetto quindi pregarla a voler
assumere in proposito nuove informazioni, mentre con cordiali saluti mi confermo” (Archivio SBAL - prot.
9220, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure). Silla assai
rapidamente mise risoluzione agli errori nella trascrizione del nome e dell’indirizzo di residenza di C. Richard,
scrivendo il 13 novembre 1927 a Schiapparelli la seguente missiva con l’esito delle sue indagini: “A seguito
della nota di codesta R. Soprintendenza n. 9220, in data 11 corr., oggi mi sono recato nuovamente a Borgio per
assumere più precise informazioni. Dal registro della Pensione Dernières ove era alloggiata la persona di cui
nella mia lettera del 3 corr., risulta la stessa chiamarsi Richard Camillo, d’anni 37, di professione Ingegnere,
residente a Torino, Via Monte di Pietà n. 24. Il proprietario di detta pensione, in presenza della guardia mu-
nicipale, ha ammesso che il detto Richard ha fatto scavi e portato via – qualche cosa – dalla caverna. Alla
stazione di Borgio risulta che il 31 ottobre u.s. il detto Richard spedì per Torino un bagaglio assicurato per
lire mille, senza pari indicare il contenuto. Un ferroviere addetto a questa stazione ha dichiarato che anche
l’anno scorso lo stesso Richard fece degli scavi nella Caverna di Verezzi. Sempre ai suoi ordini, gradisca On.le
Signore, i miei rispettosi ossequi ”(Archivio SBAL - prot. 9225, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n.
3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).
La malattia di E. Schiaparelli, che lo portò alla morte avvenuta il 14 febbraio 1928, produsse un rallenta-
mento nel dipanare la vicenda. Questa ricadde su Pietro Barocelli (1887-1981) in quanto egli era dal 1912 “il
solo funzionario direttivo da lui dipendente” che si trovò ad essere gravato “da nuove non indifferenti cure”
(Barocelli, 1972: 10): oltre a continuare ad occuparsi incessantemente di tutela e ricerca in un vasto territorio
comprendente Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, e dal 1924 a metà del 1927 anche la Lombardia, la scomparsa
di Schiaparelli lo obbligò infatti a seguire anche le vicende del Museo Egizio e delle missioni all’estero (Arcà
2012; Rubat Borel, 2014). Assunto il ruolo di “ispettore facente funzione di Soprintendente”, P. Barocelli,
riuscì a scrivere a C. Richard solo il 25 febbraio 1928: “Nell’interesse personale della S.V. e per adempimento
di un mio dovere d’ufficio debbo invitare la S.V. a voler conferire al sottoscritto presso questo R. Museo per
urgenti comunicazioni. Resto in attesa di cortese cenno di ricevimento della presente. Con ossequio” (Archivio
SBAL - Raccomandata 703, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929,
Finale Ligure). Lo stesso P. Barocelli informò il 7 marzo 1928 il “R. Ministero della Pubblica Istruzione -
Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti (div. II) Roma” che “Quest’ufficio è venuto casualmente a
conoscenza che l’ing. Camillo Richard, risiedente in questa città aveva eseguito piccole ricerche in una caver-
netta presso Borgio Verezzi. In seguito ad invito di questa Soprintendenza, egli si è presentato a questo ufficio,
ed ha assicurato che non avrebbe eseguito ulteriori ricerche senza il regolare permesso di scavo. Trattandosi
di persona colta e degna di riguardo, lo scrivente per il momento non ha insistito sugli scavi precedenti, riser-
vandosi di recarsi a visitare il materiale raccolto, che sembra scarso ed essenzialmente costituito da ossa di
animali” (Archivio SBAL - prot. 84, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-
1929, Finale Ligure).
A seguito del colloquio con P. Barocelli, C. Richard decise pertanto di avviare le necessarie pratiche
presso il Ministero e scrisse così, il 12 aprile 1928, su propria carta intestata alla “Onorevole Sovraintendenza
Generale agli Scavi ed ai Musei archeologici. Roma” che “Il sottoscritto, allo scopo di proseguire procedere
in a particolari suoi studi sull’uomo primitivo, e soprattutto sulla paletnografia, desidererebbe compiere degli
scavi sistematici e scientifici, secondo i moderni dettami dell’archeologia, in Piemonte ed in Liguria. All’uopo
chiede quindi a codesta Onorevole Sovraintendenza che gli venga concessa l’autorizzazione di compiere detti
scavi, sotto la sorveglianza delle competenti autorità addette a tali studi. Siccome, però, per compiere i lavori
di cui sopra, il sottoscritto, dovrà sopportare delle spese assai notevoli, e, d’altra parte, siccome il materiale,

20 –
frammentario, che da detti scavi viene estratto, ha valore scientifico solo in quanto si conserva insieme rag-
gruppato, e suddiviso a seconda delle successioni dei diversi strati geologici, così il sottoscritto fa vivissima
istanza a codesta On. Sovraintendenza affinché voglia compiacersi di concedergli di poterlo trattenere tutto
per sé, coll’impegno, però, da parte sua di ordinarlo e di esporlo convenientemente in apposite vetrine nel
proprio alloggio, ponendolo così a completa disposizione di tutte le persone competenti che desiderassero
esaminarlo a scopo di studio. Colla speranza che la presente domanda verrà favorevolmente accolta, il sotto-
scritto si professa Devotissimo Ing. Richard Camillo” (Archivio SBAL - cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio
26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure). Richard tradì nella sua richiesta il fatto di aver già com-
piuto ricerche non autorizzate non solo nelle parole cancellate e corrette, comunque leggibilissime, ma anche
affermando “il materiale, frammentario, che da detti scavi viene estratto” di cui poteva essere consapevole
solo se già avesse avviato, come era in effetti accaduto, indagini in merito. Tali asserzioni, oltre alla richiesta
di tenere completamente per sé tutti i reperti rinvenuti, quale risarcimento degli investimenti che avrebbe do-
vuto affrontare, non dovettero piacere per nulla alla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti di Roma
che, vista anche la storpiatura del proprio nome in una inesistente “Sovraintendenza Generale agli Scavi ed ai
Musei archeologici”, non risulta aver risposto a questa prima richiesta di Richard.
Nel frattempo l’ingegnere torinese doveva aver avviato una ulteriore richiesta, o inoltrato la stessa sopra
riportata, direttamente anche alla Soprintendenza piemontese, in quanto P. Barocelli, sempre nel suo ruolo
di “ispettore facente funzione di Soprintendente”, scrisse il 28 maggio 1928 una missiva con oggetto “Ing.
Camillo Richard. Domanda di autorizzazione a scavi in caverne preistoriche nel Finalese” indirizzata al “R.
Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti (div. II)”, nella quale
informa che C. Richard aveva presentato una domanda per eseguire ricerche “nelle caverne preistoriche del
Finalese, sotto la sorveglianza di questa Soprintendenza” ed affermando che “il Sig. Ing. Richard è persona
sufficientemente colta; la sua domanda perciò, in genere potrebbe essere favorevolmente accolta, qualora
però egli meglio determini dove intende far ricerche e non insista nel desiderio, espresso nella sua domanda,
di essere autorizzato a conservare presso di sé tutti i materiali che eventualmente vengano in luce. Questa
Soprintendenza, pertanto si asterrà dal dare ulteriore corso alla pratica finché non abbia avuto in proposito
istruzioni da codesto R. Ministero” (Archivio SBAL - prot. 196, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n.
3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).
Nell’archivio non sono state rintracciate risposte del Ministero a questa nota di P. Barocelli, per cui C.
Richard, probabilmente impaziente di avere riscontro alla sua domanda, il 9 giugno 1928, provvide ad inviare
un’ulteriore e più articolata missiva su carta da bollo da Lire 3, intestata alla “Onorevole Direzione Generale
Belle Arti e Antichità”, sbagliandone ancora il nome, che si riporta qui integralmente, poiché il suo contenuto
ben aiuta a comprendere il grande senso di autostima e l’approccio alla ricerca del nostro: “Il sottoscritto si
pregia far domanda a codesta On. Direzione Generale di Belle Arti e Antichità affinché voglia concedergli il
permesso di seguire degli scavi di antichità in Liguria ed in Piemonte, e più precisamente nella zona compre-
sa fra Savona e Ventimiglia, e nella Provincia di Cuneo. Lo scopo di detti scavi è il seguente. Dedicatosi lo
scrivente da parecchi anni allo studio della Paleontologia Umana, e soprattutto della Paleantropologia (sic),
ed esaminato tutto il più importante materiale preistorico fin qui scavato nell’Italia Settentrionale e Centrale,
nonché tutta la copiosa letteratura ad esso riferentesi, desidererebbe ora eseguire, per proprio conto, una serie
di scavi sistematici, sia nelle Caverne Liguri, laddove ancora trovandosi dei resti di giacimenti in posto, sia
nelle località in provincia di Cuneo nelle quali è stato trovato qualche indizio della permanenza dell’uomo
preistorico, al fine di studiare sul posto la successione degli strati antropozoici e le loro interrelazioni, nonché
di raccogliere il poco materiale ivi ancora eventualmente esistente, per collezionarlo e distribuirlo stratigrafi-
camente secondo come viene esumato dagli scavi. Come certamente risulta a codesta On. Direzione Generale,
detto materiale è un materiale frammentario, minuto, composto per lo più di relitti animali, il quale quindi
non ha alcun valore per lo studio se non in quanto venga considerato e conservato nel suo insieme integrale,
cioè collezionandolo in modo da conservargli esattamente la distribuzione stratigrafica riscontrata nel terre-
no che lo racchiudeva: e questo per l’appunto è quanto il sottoscritto intende di fare, allo scopo di vedere se
fosse possibile in tal modo, di risolvere alcuni problemi di paleantropologia (sic) tuttora insoluti. Il sistema di
scavi che il sottoscritto intende di adottare, è quello di un opportuno complesso di trincee attraversanti tutto
lo strato antropozoico, cioè approfondentisi dalla superficie del deposito fino alla roccia in posto della base
delle caverne, sistema questo reso necessario dal fatto che la maggior parte delle caverne si apre su terreni di
privati, per il che non è possibile gettare su tali terreni i rifiuti degli scavi. Ora tutto ciò richiede un faticoso
lavoro, una fortissima perdita di tempo, e soprattutto una notevolissima spesa. Per tali considerazioni quindi,
il sottoscritto si pregia di chiedere a codesta On. Direzione Generale di volergli concedere l’autorizzazione

– 21
non solo di eseguire gli scavi nelle località sopracitate, e cioè nella zona Savona-Ventimiglia, e nella Provincia
di Cuneo, ma di concedergli altresì di trattenere presso di sé tutto il materiale scavato. Il sottoscritto a sua
volta, si impegna di fare delle dettagliate relazioni intorno ai risultati degli scavi, sia alla società Italiana di
Geologia, sia alla Società Piemontese di Archeologia, presso le quali è Socio, nonché di provvedere, sempre a
sue spese, a collezionare, distribuire, ed esporre tutto il materiale scavato in apposite vetrine, allestite e dispo-
ste nel proprio alloggio, affinché detto materiale sia sempre a disposizione di chiunque desideri esaminarlo e
studiarlo. Colla speranza che la presente domanda abbia esito favorevole, il sottoscritto si professa Dev.mo
Ing. Richard Camillo”(Archivio SBAL - cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno
1927-1929, Finale Ligure).
Il 18 giugno 1928, la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione
inviò a seguito dell’ulteriore richiesta di C. Richard una nota al Soprintendente alle Antichità di Torino con
oggetto “Domanda di autorizzazione a scavi in caverne preistoriche nel Finalese” nella quale “si rimette l’ac-
clusa domanda che l’Ing. C. RICHARD ha avanzata direttamente a questo Centrale Ufficio allo scopo di cui
in oggetto e si resta in attesa che V.S. riferisca circa l’esito dell’azione svolta presso lo stesso Ing. RICHARD
in conformità di quanto venne concordato nella seduta del Comitato delle Grotte Liguri il 6 corrente a Firenze.
I criteri fondamentali = come V.S. rammenterà = sono questi: Il Ministro sarà molto grato delle indicazione
(sic) che l’Ing. RICHARD potrà fornire e che verranno comunicate all’Istituto di Paleontologia Umana di
Firenze, il quale assumerà la cura delle esplorazioni, che potranno, peraltro, essere condotte in collabora-
zione con lui, previ accordi con la persona di fiducia dell’Istituto stesso, che verrebbe inviato sui luoghi per i
debiti accertamenti. Tutto il materiale di scavo non potrà, però, essere che di pertinenza dello Stato e quindi
conservato a cura dei propri organi competenti” (Archivio SBAL - prot. 219, cartella 99 - Finale Ligure, ex
archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure). Da questo documento, dopo i silenzi iniziali,
appare esplicita la posizione del Ministero, con una mancanza di fiducia nei confronti di Richard e l’intenzione
di coinvolgere l’allora più importante ente di ricerca nel settore preistorico operante in Italia, ossia l’Istituto
Italiano di Paleontologia Umana (IIPU), fondato nel 1927 sull’eredità del precedente Comitato per le Ricerche
di Paleontologia Umana voluto nel 1913 da Aldobrandino Mochi (Tarantini, 2008). Proprio l’IIPU in Liguria
aveva, dal 15 febbraio 1928, ripreso gli scavi nei depositi paleolitici dei Balzi Rossi di Ventimiglia. La decisio-
ne in merito alla proposta di Richard, come appare chiaramente dalle date riportate nei documenti finora citati,
avvenne a Firenze durante la riunione del “Comitato delle Grotte Liguri” presso lo stesso IIPU al quale parte-
cipò P. Barocelli, tre giorni prima che Richard inviasse la sua ulteriore richiesta al Ministero, evidentemente
all’oscuro di quanto era nel frattempo già stato deciso nei suoi confronti. Il Ministero della Pubblica Istruzione
aveva costituito proprio nel 1928 tale commissione di cui facevano parte, oltre al già citato P. Barocelli, i Conti
Costantini e Pellati, i Professori G.A. Blanc, A. Mochi, U. Rellini e i Dottori Formichi e Agosti (Graziosi,
1939: 130).
P. Barocelli, il 21 giugno 1928, mandò un biglietto a C. Richard per informarlo che “il superiore Ministero
mi trasmette la sua delli 9 giugno corrente, con alcune osservazioni. Voglia avere la cortesia di passare da me
possibilmente oggi stesso. Io sono ora in ufficio fino alle ore 12; nel pomeriggio dalle 15 alle 19” (Archivio
SBAL - prot. 220, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).
L’incontro tra i due dovette avvenire effettivamente in quella giornata, come si evince dalla lettera spedita il 22
giugno 1928 da P. Barocelli al Ministero dove informò che “Richard si è presentato a questo Ufficio ed ha pre-
so visione della Nota Ministeriale a margine citata. Ha dichiarato egli che si riserva di mettersi direttamente
in comunicazione con l’Illustre Sig. Conte Costantini e che fino ad oggi non aveva ancora determinato un pia-
no preciso di eventuali scavi. Questa Soprintendenza non mancherà di attenersi strettamente alle disposizioni
emanate da codesto R. Ministero” (Archivio SBAL - prot. 228, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n.
3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).
Che il Richard ignorasse quanto il Ministero e l’IIPU avevano deciso in merito ai suoi progetti lo si evin-
ce anche dalla nota datata 2 luglio 1928 (Fig. 8) spedita da Lidio Cipriani segretario dell’Istituto stesso, da
Palazzo Nonfinito a Firenze, a P. Barocelli nella quale lo informò che “nell’adunanza del 6 giugno Ella ebbe
a leggere una lettera dell’Ingeg. Camillo Richard, alla quale fu stabilito di rispondere nei termini che le sono
noti. Questo facemmo e indirizzammo la lettera a Finale Ligure, ma la lettera ci è ritornata per l’insufficienza
dell’indirizzo. Mi rivolgo ora alla gentilezza della S.V. per avere quello esatto nel tempo più breve possibi-
le” (prot. 363, cartella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).
Richard, come abbiamo visto, era però nel frattempo venuto a sapere del non positivo riscontro avuto dalla sua
richiesta e Barocelli informa di ciò, il 4 luglio 1928, Cipriani (Archivio SBAL - prot. 364, cartella 99 - Finale
Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascicolo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).

22 –
Non è al momento possibile stabilire se vi fu ef-
fettivamente un contatto tra C. Richard e il Conte
David Augusto Costantini (1875-1936), Presidente
dell’IIPU, ma di certo l’ingegnere torinese non
avviò mai ricerche sotto il controllo di tale presti-
gioso ente, non volendo probabilmente accettare la
sottomissione scientifica che veniva richiesta dal
Ministero. Fu così che l’anno successivo C. Richard
chiese nuovamente a P. Barocelli informazioni in
merito alla possibilità di avviare autonomamente
ricerche, alle quali “il soprintendente incaricato” -
qualifica nel frattempo ottenuta da P. Barocelli - ri-
spose diplomaticamente, il 6 agosto 1929 (Fig. 9),
“facendo seguito al colloquio verbale avuto colla
S.V. mi pregio comunicarle che nulla osta da parte di
questa Soprintendenza a che Ella esplori le caverne
del Finale a scopo di studio. Qualora Ella deside-
ri praticare degli scavi sarà necessario farle avere
dal Superiore Ministero della Pubblica Istruzione il
regolare permesso” (Archivio SBAL - prot. 433, car-
tella 99 - Finale Ligure, ex archivio 26, n. 3, fascico-
lo C, anno 1927-1929, Finale Ligure).
A seguito della prima segnalazione nel novembre
1927 ad opera di G.A. Silla in merito agli scavi illeciti
Fig. 8 – Lettera del 2 luglio 1928 spedita dall’Istituto Italiano “nella caverna detta da Carrubba” ossia la Caverna
di Paleontologia Umana a P. Barocelli (Archivio della degli Armorari o Parmorari a Borgio Verezzi, trascor-
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria).
sero quindi per C. Richard quasi due anni di inattivi-
tà sul campo, tempo che si protrasse per la sua resi-
stenza ad accettare la vigilanza dell’Istituto Italiano
di Paleontologia Umana su quelli che considerava i
“suoi” scavi e soprattutto per l’impossibilità di accet-
tare quel diniego che gli venne più volte confermato
alla sua volontà di conservare presso di sé i reperti
rinvenuti e che, come vedremo, gli procurò comunque
in seguito ulteriori attriti con la Soprintendenza.
Solo con il suo avvicinamento e poi la pre-
sa in ruolo presso l’Istituto di Geologia della Regia
Università di Torino l’attività di Camillo Richard riu-
scì a vedere materializzarsi ricerche sul campo.
Tra il 1931 e il 1934 egli effettuò “dopo un periodo
di assaggi preliminari, in seguito a regolare autorizza-
zione da parte del superiore Ministero dell’Educazione
Nazionale” (Richard, 1932a: 3) imponenti scavi pres-
so la Caverna degli Armorari o Parmorari (Richard,
1938; 1939) descrivendo sei strati che attribuì in parte
al Paleolitico Superiore, altri ad una “facies neolitica
assai primitiva” e ad un livello “mesolitico” il quale
“diede una ricca messe di resti ossei umani ed anima-
li, nonché un’abbondante industria fittile e numerosi
oggetti litici fra cui alcuni macinelli” (Richard, 1939:
14), interpretazione che Luigi Bernabò Brea giudicò
immediatamente come “inaccettabile […] e purtrop-
Fig. 9 – Lettera del 6 agosto 1929 da P. Barocelli a C. Richard
po divulgato dal Lamboglia nella sua Liguria Antica (I
(Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della vol. della Storia di Genova, 1941) tanto pregevole sotto
Liguria). altri aspetti” (Bernabò Brea, 1942: 9).

– 23
Negli stessi anni, sempre grazie alle attività affidategli presso l’ateneo torinese, si occupò di diversi studi
su collezioni osteologiche e antropologiche di vari siti preistorici italiani, tra cui quelli sui resti provenienti
dalle palafitte del Lago di Ledro (Richard, 1931), su “di una curiosa forma di Gliride fossile rinvenuta in al-
cune caverne di Sicilia e di Malta cioè del Leithia melitensis Leith Adams” (Richard, 1932b) e su materiali del
Museo di Storia Naturale di Trento (Richard, 1936). Inoltre “la R. Soprintendenza ai Musei ed agli Scavi di
Antichità del Piemonte mi diede il gradito incarico di recarmi a Crissolo per compiere alcuni scavi di assaggio
sia nella caverna di Rio Martino, sia in quelle altre caverne della regione nelle quali avessi ritenuto probabile
di trovarvi tracce di preistoria” (Richard, 1932c).
Successivamente, tornò nuovamente sul ghiro pleistocenico di Sicilia (Richard, 1954), pubblicò uno
studio sulla “Storia geologica dello stambecco” (Richard, 1955) e compì i primi esami morfologici sui resti
fossili della balenottera pliocenica di Valmontasca, rinvenuta casualmente presso Vigliano d’Asti nel 1959.

3.1.  1938: La prima campagna di scavi di C. Richard all’Arma dell’Aquila (A.D.P. e M.S.)

Dopo l’ultimo intervento diretto da F.H. Zambelli nella primavera del 1937, le ricerche all’Arma dell’A-
quila passarono, nell’estate del 1938, all’Ing. Camillo Richard, dell’Istituto Geo-Paleontologico della Regia
Università di Torino, di cui si sono già accennate altre sue indagini in diversi siti del Finalese a partire dalla fine
degli anni Venti con modalità non pienamente in linea con le normative allora vigenti. In questo caso, su inte-
ressamento e sostegno di Nino Lamboglia, allora Segretario della Sezione Ingauna della Regia Deputazione
di Storia Patria, C. Richard, in occasione della seconda seduta del Convegno Paletnologico Ingauno svoltasi
a Finale il 30 agosto 1937 (Anonimo, 1937), propose “un ordine del giorno per promuovere l’esplorazione.
Il R. Soprintendente alle Antichità, Dott. Prof. G. Rosi, si interessò presso le competenti autorità. Il Ministero
dell’Ed. Naz. concesse l’autorizzazione affidandomi l’esplorazione” (Richard, 1942: 44).
C. Richard indagò così il talus e il riparo sotto roccia, in parte già scavati anni prima da G.A. Silla e F.H.
Zambelli, dando resoconto dei risultati in due lavori a stampa (Richard, 1940; 1942), che insieme al diario di
scavo (Fig. 10), corredato da 27 fotografie - redatto su appositi fogli protocolli prodotti dalla “Commissione
Archeologica - R. Deputazione di Storia Patria per
la Liguria, sezione Ingauna e Intemelia”, conservato
presso l’Istituto Internazionale di Studi Liguri e in co-
pia nell’archivio del Museo Archeologico del Finale
(MAF) - costituiscono la documentazione ad oggi di-
sponibile per ricostruire la storia di tale intervento.
Le indagini, sostenute dall’Azienda autonoma
per la stazione di soggiorno di Finale Ligure trami-
te il suo Presidente, B. Alonzo, che “fece concedere
dall’Azienda stessa un notevole contributo pecunario
a favore degli scavi”, furono dirette dal Richard av-
valendosi di una squadra di operai e del tecnico della
Soprintendenza “sig. Baglione [che] mi fu collabora-
tore particolarmente intelligente ed attivo nell’appre-
stamento del materiale iconografico e nel rilevamen-
to delle sezioni del giacimento” (Richard, 1942: 45).
C. Richard operò nel sito dal 18 luglio al 23 set-
tembre 1938 e “le ricerche vengono iniziate alla base
del talus estendentesi dinanzi alle tre caverne, talus
avente l’aspetto di un cono di deiezione formatosi
per effetto dell’accumularsi dei resti di rigetto dei
preistorici che abitavano all’esterno delle caverne.
Questo talus è ricoperto in parte da una fitta vegeta-
zione, incolta, di sterpi e di arbusti, in parte (la mag-
giore) da un enorme ammasso di grandi blocchi di
calcare, precipitati dalla soprastante strapiombante
alta parete di roccia che sovrasta alle tre caverne.
Fig. 10 – La pagina conclusiva del diario di scavo redatto nel
Tali massi vengono utilizzati dalla Ditta Simonetti, la 1938 da C. Richard sugli scavi nell’Arma dell’Aquila (Archivio
quale ne ricava dei blocchi squadrati di ottimo cal- del Museo Archeologico del Finale, Finale Ligure Borgo).

24 –
care bianco. Detto calcare è fossilifero ed appartiene al Miocene. Fu nel far rotolare in basso i massi suddetti,
o spostando quelli della parte inferiore del talus, che vennero in luce i primi oggetti preistorici (frammenti di
fittili, frammenti di ossa varie), che vennero portati nel Museo Civico di Finale Ligure. Il terreno contenente
tali resti ha colore nerastro, carbonioso, ed in alcuni punti assume aspetti di focolari, senza tuttavia presentare
caratteristica stratificazione dei focolari che si riscontra nei giacimenti in caverna” (Archivio MAF, Richard
C. 1938, Arma dell’Aquila - Campagna di scavi 1938 - Giornale dei Lavori, pp. 2–3).
Nel talus egli notò la presenza di colorazioni diverse del terreno, tra le zone contenenti manufatti e quel-
le sterili; in particolare, osservò come il materiale archeologico, che risulta dettagliatamente descritto nel
“Giornale dei Lavori” e che era raccolto in sacchetti numerati, si concentrasse ai lati e fosse assente nella parte
centrale. Le indagini interessarono alcuni punti tra i massi e sfruttarono le buche prodotte dal brillamento delle
mine dei cavatori, ma il 20 luglio 1938 “data la scarsità del materiale archeologico, dati i grandi massi che
ricoprono, o che si trovano annegati nello strato archeologico e la cui rimozione o distruzione richiederebbe
troppo tempo e denaro, ho deciso di lasciare alla Ditta Simonetti l’incarico di raccogliere tutti gli oggetti
archeologici e paleontologici che verranno alla luce man mano che la Ditta predetta demolirà i massi accu-
mulati sul talus. Io ho deciso di iniziare i lavori di scavo nelle caverne situate all’altezza del vertice del talus”
(Archivio MAF, Richard C. 1938, Arma dell’Aquila - Campagna di scavi 1938 - Giornale dei Lavori, p. 8)
Lo scavo del talus fu così interrotto in breve tempo, oltre che per la scarsità del materiale rinvenuto anche
per i problemi di sicurezza causati dalla presenza di massi poco stabili (Richard, 1942: 53) e mai più ripreso.
La maggior parte dei reperti in esso recuperati provengono pertanto dalle prime indagini di Silla e dai recuperi
occasionali effettuati dagli operai della cava. Pur nell’incertezza della provenienza stratigrafica sono comun-
que da segnalare diversi resti ossei e manufatti in osso che già all’epoca vennero riconosciuti come apparte-
nenti a bovini, suini, caprovini, cervidi, equidi e mustelidi, alcuni dei quali presentavano tracce di combustione
(Silla, 1935: 86; 1937: 73). Altre ossa vennero genericamente attribuite a ungulati di piccole dimensioni
(Silla, 1935: 86) e molti frammenti risultarono indeterminabili (Silla, 1935: 86; Richard, 1942: 53). Assai
interessanti i tre reperti in conchiglia appartenenti a Charonia sp, uno dei quali è un esemplare quasi integro con
“l’apice mozzato artificialmente e forato, al fine evidente di trasmettere segnali acustici a distanza” (Silla,
1935: 86). Sette i manufatti in pietra verde riconducibili a lame di asce e accette (Silla, 1935: 87–88; 1937:
73–76) oltre ad alcuni altri reperti in pietra levigata tra cui un ciottolo piatto di diaspro, interpretato come un
lisciatoio, un frammento di serpentino appuntito, commentato come una cuspide di freccia (Silla, 1937: 75),
due frammenti di pietra usati come macine e tre macinelli (Silla, 1935: 88–89; 1937: 75). Richard rinvenne
nel talus anche una lunga lama in selce, che interpretò come un elemento di falcetto, paragonabile a quelli della
Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (Arobba et al., 1987: 544). I materiali fittili costituiscono la frazione più
abbondante del materiale raccolto nel talus. Silla (1935: 91) stima che soltanto i frammenti più significativi
fra quelli trovati da lui potessero appartenere ad almeno quaranta vasi diversi, tra i quali emersero orli sia lisci
che carenati, alcuni ornati con un cordoncino parallelo al bordo, numerosi frammenti con anse, alcune a nastro,
altre a bugnette, o semicircolari e ornate di incisioni e pareti con decorazioni a impressioni digitali e incisioni
a unghiate o strumentali (Silla, 1935: 90-91; 1937: 75). Gli operai della cava consegnarono anche un piccolo
vaso a bocca quadrata con ansa a forma di tubo e un frammento di lampada dotata di ansa (Silla, 1937: 79).
Anche C. Richard rinvenne nel talus molta ceramica, seppure in soli tre giorni, ma non la descrisse nella
pubblicazione del 1942, rimandando un’analisi approfondita ad un futuro articolo, che non venne mai pubbli-
cato (Richard, 1942: 54). Scarsi, invece, sia tra i reperti recuperati dal Silla, sia tra quelli rinvenuti da Richard,
i resti umani: un neurocranio che comprendeva il parietale sinistro e buona parte dell’occipitale (Silla, 1937:
79) e altri due frammenti di cranio (Richard, 1942: 53).
Abbandonate le indagini nel talus, C. Richard il 21 luglio 1938 diede “inizio dell’esplorazione della
caverna sud del gruppo dell’Aquila, quella denominata dal De Marpillero Antro di destra” (Archivio MAF,
Richard C. 1938, Arma dell’Aquila - Campagna di scavi 1938 - Giornale dei Lavori, p. 10) che Silla aveva
precedentemente indicato sia come “anfratto sud” (Silla, 1935), sia come “caverna centrale” (Silla, 1937).
F.H. Zambelli riconobbe qui sei livelli di spessore variabile (Silla, 1937: 77; Richard, 1942: 51), ma
furono gli scavi del 1938, condotti da Camillo Richard fino a raggiungere una profondità di 9,70 metri (poi
aumentata a 10,6 metri con la campagna del 1942: vedi oltre), che misero in luce un’articolata sequenza
stratigrafica con livelli olocenici e pleistocenici. Egli individuò nel deposito alcuni orizzonti antropici che
denominò focolari, separati tra loro da strati considerati sterili (Richard, 1942). Nei depositi olocenici
enumerò sette focolari, che chiamò “focolari neolitici” e, dopo un tratto di deposito quasi del tutto sterile,
individuò tre focolari pleistocenici, denominati “focolari paleolitici” (poi divenuti cinque con l’approfon-
dimento del 1942).

– 25
Dopo esattamente due mesi di lavoro, il 21 settembre 1938, in previsione della chiusura dello scavo, vi
fu il “sopraluogo dell’Ispettore Dott. Carducci” che assistette al ritrovamento nel “3° focolare paleolitico” di
“una bellissima lametta di selce di tipo microlitico (La Gravette), ed un frammento di nucleo” (Archivio MAF,
Richard C. 1938, Arma dell’Aquila - Campagna di scavi 1938 - Giornale dei Lavori, p. 62). Due giorni dopo C.
Richard annotò nel diario di scavo “il giorno 23 si son dovuti sospendere i lavori perché la comparsa sul fondo
di alcuni grossi blocchi hanno impedito il proseguimento dello scavo. Finisce il giacimento, o si sta per pas-
sare ad un nuovo livello archeologico? La risposta verrà data dalla prossima campagna di scavi” (Archivio
MAF, Richard C. 1938, Arma dell’Aquila - Campagna di scavi 1938 - Giornale dei Lavori, pp. 62–63) che si
svolse solo nel 1942, pur nel precipitare degli eventi bellici (vedi oltre).
Gli scavi del 1938 si concentrarono inizialmente nell’estremo nord del riparo, per poi spostarsi a sud,
dove venne aperta una trincea larga circa 2 metri che attraversava longitudinalmente il deposito in direzione
sud-nord, a contatto con la parete est (Richard, 1942: 55–57). Questa trincea venne indagata almeno fino al
5° focolare Neolitico. Successivamente, per motivi logistici, le indagini vennero limitate a un breve tratto,
dove venne scavato un pozzo di esplorazione delle dimensioni di 2x3 metri che si interruppe a causa del rinve-
nimento della serie di grandi massi (Richard, 1942: 72). Durante questa indagine C. Richard portò alla luce
moltissimo materiale (Fig. 11 e 12).
Assai numerosi i reperti faunistici, presenti in tutti i livelli, con la presenza di bovidi, suidi, equidi, cervidi,
mustelidi, canidi, ursidi, roditori, uccelli, micromammiferi e molluschi (Richard, 1942). In particolare Richard
riconobbe nei primi cinque “focolari” e negli strati olocenici caprovini, bovini, suini, e tra i selvatici cervo, ca-
priolo, lupo, tasso e lepre. Nel 6° e nel 7° focolare Neolitico fu individuato lo stambecco (Richard, 1942: 89–
90). La parte pleistocenica del deposito
era invece caratterizzata dalla presenza
dell’Orso speleo (Richard, 1942: 73,
91, 92). Nel 2° focolare Paleolitico, e
negli strati tra questo e il 3°, molte ossa
di orso, tra cui tre crani e altri elementi
scheletrici in connessione, furono ritro-
vate in pessimo stato di conservazione
(Richard, 1942: 73, 91) tanto che C.
Richard li descrive “come infracidi-
ti dall’acqua” (Richard, 1942: 92), e
risultarono impossibili da recuperare
senza che si polverizzassero.
Diversi i manufatti in osso e con-
chiglia, tra cui alcuni pendagli ricavati
da zanne e denti forati e nove punteruoli
dai livelli olocenici. Da segnalare, nel
1° focolare Paleolitico tre strumenti
enigmatici, descritti come “frammenti
di zanne d’avorio […] appuntiti” e nel
2° focolare Paleolitico tre ossa lunghe
lavorate (Richard, 1942: 91).
Abbondanti le ceramiche, soprat-
tutto dai livelli denominati focolari
neolitici 4°, 5°, 6° e 7° (Richard,
1942: 86–89). Tali strati contenevano
tutti vasi a bocca quadrata, mentre il
V livello sotto il 5° focolare e il 6°
focolare restituirono anche vasi de-
corati a impressioni. Due vasetti in-
teri, uno dei quali aveva la forma e le
dimensioni di un uovo e dei fori per
Fig. 11 – Un momento della campagna di scavi del 1938 diretta da C. Richard la sospensione, oltre ad una pintade-
all’Arma dell’Aquila (Archivio dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, ra, furono rinvenuti nel 6° focolare
Bordighera). (Richard, 1942: 89).

26 –
Rari, invece, i manufatti in pietra levi-
gata e quelli in selce raccolti nella sequen-
za olocenica, soprattutto nel 5° focolare
Neolitico (Richard, 1942: 87). Al contra-
rio, l’industria scheggiata proveniente dal
1° focolare Paleolitico conta ben 16 reperti
(Richard, 1942: 91).
Proprio nei livelli paleolitici, scrive C.
Richard, “un particolare assai interessante
ebbi a constatare nel prosieguo degli sca-
vi: il presunto ingresso della caverna era
stato in antico parzialmente occluso da un
poderoso muro megalitico (m. 6 di spes-
sore)” (Richard, 1942: 54). Tale struttu-
ra “di altezza indeterminata, in quanto la
base di esso si perdeva nella parte ancora
inesplorata del giacimento” venne attribu-
ito da C. Richard “agli antichi trogloditi”
in quanto “contro la superficie interna di
detto muraglione si appoggiava tutta la
parte olocenica del riempimento” mentre
il “terriccio intruso tra i vacui dei massi
è del tipo ad «alterazione chimica» […]
pleistocenico” portando lo studioso ad
affermare che “il grande muro, quindi, è
miolitico” (Richard, 1942: 99).
Al di là dell’esatta interpretazione di
questo “muro” e della sua attribuzione cro-
nologica, lo scavo del 1938 consentì a C.
Richard, affrontando non poche difficoltà
tecniche nel recupero, come si evince dal
diario di scavo, di portare alla luce otto se- Fig. 12 – Sezioni e planimetria eseguiti su carta da lucido ed incollati alle
polture dai livelli neolitici. Esse andarono pagine del diario di scavo all’Arma dell’Aquila del 1938 di C. Richard
così ad aggiungersi a quella già preceden- (Archivio del Museo Archeologico del Finale, Finale Ligure Borgo).

Fig. 13 – La sepoltura I rinvenuta nel 1938 da C. Richard all’Arma dell’Aquila (Archivio dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Bordighera).

– 27
temente scoperta da Zambelli, nel 1937, nell’estremo
nord del riparo, e ai molti resti umani sparsi, appar-
tenenti sia ad adulti sia a bambini e neonati (Silla,
1937; Richard, 1942; diario di scavo). Le otto se-
polture comprendevano cinque adulti, un bambino
e due neonati (Fig. 13 e 14). Tutti gli inumati erano
sepolti nella terra nuda ed erano “situati tutti sullo
stesso piano orizzontale” tra il 6° e il 7° focolare (se-
polture I, II, III, IV, VI, VII, VIII), tranne la sepoltura
V che “era stata scavata nel 4° focolare ed attraver-
sava lo strato terrigeno sottostante giungendo fino ad
intaccare il 5° focolare” (Richard, 1942: 81–82); gli
adulti deposti sul fianco sinistro, ma con il viso rivol-
to alternativamente a est o a ovest, i neonati interrati
sul dorso (Richard, 1942: 73–82).

3.2.  1942: La seconda campagna di scavi di


C. Richard (A.D.P. e M.S.)

La seconda indagine diretta da Camillo Richard


nel deposito archeologico dell’Arma dell’Aquila si Fig. 14 – La sepoltura V, di un bambino, rinvenuta nel 1938 da C.
svolse nell’autunno 1942, concentrandosi solo nel ri- Richard all’Arma dell’Aquila prelevata con il suo blocco di terra
paro sottoroccia. e trasportata presso l’allora Museo Civico del Finale per essere
Come già accennato, queste ricerche non furono scavata in laboratorio (Archivio dell’Istituto Internazionale di
mai pubblicate, ma fortunatamente si è conservata, Studi Liguri, Bordighera).
presso gli archivi del Museo Archeologico del Finale
e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, la documentazione originale comprendente fo-
tografie e due diari di scavo, inediti, con infor-
mazioni relative allo svolgimento dei lavori e ai
reperti portati alla luce.
I diari furono redatti, uno dallo stesso Richard
tra il 23 settembre e il 12 ottobre 1942 (Archivio
MAF, Richard C., Campagna scavi 1942), l’altro
da Virginia “Ginetta” Chiappella - che, come ve-
dremo, operò in questa campagna di scavo - tra
il 17 settembre e il 7 novembre 1942 (Archivio
SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo
all’Arma dell’Aquila 1942).
Il primo dei due diari, quello a cura di
Richard, venne scritto su 48 facciate di un qua-
derno con fogli a righe e riporta meno dati rispetto
a quello stilato dalla Chiappella, seppure in modo
più ordinato, selezionando solo le informazioni
che riguardano strettamente la descrizione dello
scavo. Virginia Chiappella, la cui calligrafia è ben
distinguibile da quella di C. Richard, compilò co-
munque integralmente le pagine di questo diario
nei giorni 25-28 settembre e dall’8 al 12 ottobre,
ed intervenne con alcune note nei giorni 6 e 7 ot-
tobre.
Il “Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila”
steso direttamente dalla Chiappella, invece, occupa
Fig. 15 – Le prime pagine del diario di scavo redatto da V. Chiappella
114 facciate di un block-notes a quadretti, ricche di
nel 1942 sugli scavi condotti all’Arma dell’Aquila (Archivio della informazioni anche sulla logistica dello scavo oltre
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria). che sui ritrovamenti effettuati (Fig. 15). Come ve-

28 –
dremo, per l’atteggiamento che assunse C. Richard, il block-notes della Chiappella divenne una sorta di “brutta
copia” del diario “ufficiale” tenuto da Richard stesso, in quanto quest’ultimo selezionava le informazioni che lo
interessavano e di fatto copiava integralmente le frasi della studiosa. Tale comportamento, però, mutò in parte dal
1 ottobre in poi, quando i due diari divergono in molti punti e compaiono su ciascuno note sull’attribuzione a uno
o all’altro studioso delle osservazioni riportate.
Da una lettera del 2 agosto 1954, di C. Richard all’allora Soprintendente Carlo Ceschi, si apprende inoltre
che “le copie dei Giornali di scavo delle due Campagne da me compiute all’Arma dell’Aquila, furono eseguite
dalla Sign.na Chiappella per conto di codesta Soprintendenza” (Archivio SBAL - prot. 816, 5 agosto 1954).
Oltre al block-notes sopra citato riguardante lo scavo del 1942, dovrebbe quindi esistere una ulteriore copia
manoscritta dalla studiosa inerente lo scavo del 1938, per ora non rintracciata.
La documentazione disponibile per la campagna del 1942 permette di comprendere come venne in sostan-
za ripresa l’indagine nell’area scavata nel 1938, allargandone l’estensione, seguendo la suddivisione stratigra-
fica già identificata e mantenendo la denominazione degli strati.
Il primo giorno di lavori C. Richard verificò come “Dopo la precedente campagna, e più precisamente
nel 1940, la Ditta Simonetti aveva eseguito nel solito luogo vicino al sottoroccia alcuni lavori di avanzamento
della cava, mediante il brillamento di alcune mine di notevole effetto. La caduta di alcuni massi, avvenuta in
conseguenza di tali mine, colpì, in qualche punto, la parte superficiale del giacimento e demolì una parte del
muro paleolitico. In seguito alla caduta di tali massi è stato abraso un lieve tratto del riempimento superficiale
del giacimento, ed in tale punto sono comparse le tracce di un focolare di piccole dimensioni, focolare che
era sfuggito alle mie investigazioni precedenti. Prima di iniziare i lavori di scavo propriamente detti desidero
mettere allo scoperto il margine superiore della roccia incassante, onde poter determinare esattamente i limiti
del giacimento. All’uopo ho fatto iniziare i lavori di scoprimento di tale roccia” (Archivio MAF, Richard C.,
Campagna scavi 1942). Le stesse identiche annotazioni compaiono negli appunti stilati da Ginetta Chiappella,
rendendo chiaro come le prime giornate vennero passate a rimuovere detriti e terreno rimaneggiato sia per
ricondurre l’area di scavo allo stato in cui venne lasciata al termine della prima campagna di ricerca, sia per
identificare i limiti del deposito archeologico. Lo “scavo regolare del giacimento, dopo aver messo allo sco-
perto tutto il 3° focolare” (Archivio MAF, Richard C., Campagna scavi 1942) iniziò dal 25 settembre e permise
immediatamente di recuperare abbondanti materiali ceramici riferiti al Neolitico. La sequenza stratigrafica,
così come descritta, doveva presentarsi piuttosto articolata e con caratteristiche simili a quelle identificate da
L. Bernabò Brea dal 1940 nella Caverna delle Arene Candide (Bernabò Brea, 1946) ed in anni più recenti nel
Riparo di Pian del Ciliegio (Del Lucchese, 2009), ossia con un alternarsi di livelli caratterizzati da abbondan-
te presenza di carboni e cenere (focolari e fumiers) a strati con matrice argillosa comunque ricchi di materiali
ceramici e resti faunistici.
Per quanto riguarda la metodologia di scavo adottata all’Arma dell’Aquila è possibile apprendere come
gli strati, tra gli orizzonti antropici ricchi di carboni da C. Richard chiamati “focolari”, vennero scavati per
mezzo di tagli artificiali di spessore variabile di circa 20-25 cm ciascuno. Il 29 settembre egli, infatti, riporta
nel diario che “viene scavato il 2° strato del materiale di degradazione meteorica, bianco, sottostante il
5° focolare. Da notare che questi strati sono artificiali, in quanto chiamo strato ogni spessore di terreno
dell’altezza di circa 20 cm, che viene scavato nelle masse di terriccio compresi tra due strati culturali (fo-
colari). Ciò allo scopo di vedere se nel passaggio dall’alto al basso di tale zona interstratale si verificasse
qualche cambiamento nella fauna. Naturalmente non è possibile per il momento dire se effettivamente
esiste una mutazione vera e propria nelle faune, oppure no. Complessivamente la zona interstratale appare
omogenea, però è intersecata da sottilissimi veli carboniosi, costituiti da tracce di piccoli focolari sparsi in
altezza ed in superficie nella massa di riempimento. Qualcuno, come ad esempio, uno situato nella parete
Nord del giacimento (all’angolo ovest della roccia di testa) presenta lo spessore di circa 3 cm” (Archivio
MAF, Richard C., Campagna scavi 1942).
Come accennato, con il proseguire delle indagini, le interpretazioni sulla sequenza stratigrafica, e più in
generale sui rinvenimenti di materiali, iniziarono a divergere tra Camillo Richard e Ginetta Chiappella. Nei
diari di scavo di entrambi risulta, per esempio, che il 30 settembre Richard, a causa di una storta procuratasi
al piede sinistro la sera prima scendendo dalla caverna, non si recò sul cantiere. Egli compilò comunque per
quella giornata il resoconto “copiato dal giornale della sig.na Chiappella” che in effetti corrisponde integral-
mente. Dal giorno successivo, 1 ottobre, però, le informazioni appuntate da C. Richard nel suo diario di scavo
riportano molto curiosamente, essendo scritte di suo pugno, per più volte a conclusione di alcune frasi, la se-
guente dicitura annotata tra parentesi: “(osservazione mia di R. C.)” (Archivio MAF, Richard C., Campagna
scavi 1942).

– 29
La lettura di entrambi i diari, fino a tale data, permette però di comprendere questo desiderio di C. Richard
di auto-attribuirsi alcune notazioni. Infatti, quanto scritto da Richard dal 23 al 30 settembre combacia perfetta-
mente, spesso perfino nella punteggiatura, con gli appunti di Ginetta Chiappella. È quindi assai probabile che
il diario di scavo fosse materialmente redatto dalla studiosa giorno per giorno, in presa diretta pian piano che
lo scavo procedeva, mentre C. Richard, volendo avere una copia personale della stessa documentazione, decise
di redigere un proprio giornale di scavo di fatto copiando le note prese dalla Chiappella. Essendo quindi la gran
parte del testo e delle osservazioni riportate non sue, volle sottolineare il proprio intervento diretto in quei casi
nei quali scrisse asserzioni il cui contenuto era di sua autonoma elaborazione.
Dall’1 ottobre, però, le frasi riportate nei due diari divergono in più punti sia nella forma sia nella sostan-
za. Dopo quel 30 settembre durante il quale C. Richard fu assente dal cantiere di scavo e nel quale, come si
apprende da entrambi i diari, vi fu una visita da parte di Nino Lamboglia - che per forza di cose fu accolto
e accompagnato dalla Chiappella e da questa ricevette l’illustrazione dei lavori - la collaborazione tra i due
studiosi mutò sensibilmente.
Nei giorni successivi i due furono impegnati nello scavo di “tutto questo metro e più di riempimento di de-
gradazione meteorica fra il 5° e il 6° focolare, [dove] l’industria quasi non apparisce che con minime tracce”,
le ceramiche si rivelano essere abbondanti e “si notano vasetti sferoidali e orli lobati ed altri frammenti a pare-
ti molto spesse come già nei precedenti tagli”, livelli dai quali venne pure recuperato “un bellissimo cucchiaio
ricavato da una grossa conchiglia marina” (Archivio MAF, Richard C., Campagna scavi 1942). C. Richard
scrive di suo pugno nel proprio diario, ma sottolinea con sempre maggior frequenza quanto derivi da opera
della “sig.na Chiappella” e quanto sia invece di sua iniziativa, ad esempio quando “sabato 3 ottobre 1942”
annotò “In corrispondenza del 2° strato bianco al disotto del 6° focol. e a circa 1 m di distanza a S di questo
è stata raccolta (osservata, non raccolta) della terra carboniosa, nera, residuo dei precedenti scavi. Questo
residuo di foc. corrispondeva al 6° focol. visto ed esplorato nei prec. scavi, e passante, come ho già detto nella
relazione mia (di Rich.), al di sopra delle tombe scoperte nella prec. campagna. Perciò quello che noi oggi ab-
biamo chiamato 6° foc. è un focolare isolato che non avevo potuto vedere la volta prec. e che quindi, malgrado
la lieve differenza di livello, può ancora sempre essere iscritto al n° 6, in quanto si riattacca alla prosecuzione
del 6° focolare a contatto con la volta della roccia. (Ho l’impressione che la fauna stia cambiando. osservaz.
della Sig.na Chiappella)” (Archivio MAF, Richard C., Campagna scavi 1942). O ancora, “Martedì 6 ott. 1942”,
quando egli riportò “l’ing. Rich. nel ripulire la parete dove poggiava il suddetto masso, rinviene un grattatoio
su estremità di lama (?) di selce violaceo rossastra. Pezzo interessante perché di aspetto arcaico paleolitico
(osservaz. mia)” (Archivio MAF, Richard C., Campagna scavi 1942), dove curiosamente parla di sé in terza
persona perché, come si evince dalla lettura del diario della Chiappella redatto lo stesso giorno, ancora una
volta copiò la frase scritta dalla studiosa nei propri appunti, aggiungendovi però una sua nota che tenne ad
attribuirsi con evidenza sull’appartenenza al Paleolitico dell’oggetto descritto.
C. Richard parla di se stesso in terza persona anche in altre parti del diario, come il 5 ottobre 1942 quando
in apertura alla relazione di giornata riporta tra parentesi “(L’Ing. Rich. non sale alla grotta perché occupato
in Museo a riordinare il materiale nelle vetrine)” (Archivio MAF, Richard C., Campagna scavi 1942), di
fatto copiando ancora una volta, ma integrando con la motivazione dell’assenza, quanto più laconicamente
riportato dalla Chiappella nel suo block-notes: “L’ing. Richard non sale alla Grotta” (Archivio SBAL - fondo
Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
Come già accennato, nei giorni ancora successivi il diario steso da Richard porta numerose note con grafia
di Virginia Chiappella, la cui scrittura diviene l’unica dall’8 al 12 ottobre quando il diario si interrompe. Per
questo motivo illustreremo il proseguo dello scavo nei seguenti paragrafi dedicati alla studiosa.

4.  VIRGINIA “GINETTA” CHIAPPELLA (1905-1988) (A.D.P.)

Dopo qualche mese dalla conclusione della prima campagna di scavi condotta all’Arma dell’Aquila da
Richard nel 1938, l’1 luglio 1939 Luigi Bernabò Brea fu chiamato a reggere la Soprintendenza alle Antichità
della Liguria appena costituita ai sensi della Legge n. 1089/39 (Spadea, 2004), segnando una svolta fondamen-
tale nella storia delle ricerche per l’intera regione (De Pascale, 2014a). Seppur rimasto in tale posizione solo
fino al novembre del 1941, essendo stato trasferito alla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale,
con sede a Siracusa, nell’ambito di una operazione di riorganizzazione dei funzionari statali voluta dal gover-
no fascista, è con molta probabilità da identificare nello stesso Bernabò Brea l’artefice della collaborazione
svolta nel 1942 all’Arma dell’Aquila tra Camillo Richard e Virginia “Ginetta” Chiappella (Fig. 16). Bisogna

30 –
infatti tenere conto che l’idea di Richard
di praticare un nuovo scavo all’Arma
dell’Aquila, progetto caldeggiato an-
che da Nino Lamboglia, e l’avvio della
pratica per la relativa concessione mi-
nisteriale, maturarono quando Bernabò
Brea esercitava ancora la sua funzione in
Liguria e che, inoltre, Virginia Chiappella
godeva della massima fiducia da parte di
quest’ultimo (De Pascale, 2014b), men-
tre non risultano contatti precedenti tra la
studiosa e Giuseppe Cultrera, che sostituì
L. Bernabò Brea alla guida della soprin-
tendenza ligure dopo il 1941. Inoltre, è
noto come L. Bernabò Brea, nonostante
la sua partenza per la Sicilia, continuò a
seguire con attenzione le vicende ligu-
ri, in particolare lo scavo in corso alla
Caverna delle Arene Candide da egli ini-
ziato nel 1940 (Maggi, 2004), lasciato
proprio nelle mani dei fidi collaboratori
Luigi Cardini e Virginia Chiappella che
continuavano ad informarlo sul proseguo
di tali ricerche e più in generale su quanto Fig. 16 – Virginia “Ginetta” Chiappella in una foto del 1935 (Archivio della
accadeva in Liguria. È quindi assai poco Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria).
probabile la possibilità che Cultrera aves-
se direttamente scelto proprio la Chiappella per affiancare C. Richard nello scavo, anche perché occorre ri-
cordare come la studiosa all’epoca collaborasse con la Soprintendenza alle Antichità della Liguria, ma non ne
fosse ancora dipendente: solo dal 1 aprile 1946 entrerà, infatti, nei ranghi ministeriali (De Pascale, 2014b).
È la stessa Chiappella, in una lettera del 1956 inviata al giornalista Acone, che le chiedeva una intervista sul
suo operato, a ricordare come “Nell’avanzato autunno del 1942, come rappresentante della Soprintendenza
alle Antichità della Liguria, retta allora dal Prof. Giuseppe Cultrera, presi parte con l’Ing. Camillo Richard
che li aveva iniziati quattro anni prima, ad una campagna di scavo all’Arma dell’Aquila presso Finalmarina
(Savona). Di questa sistematica campagna di scavo nulla è stato pubblicato finora” (Archivio SBAL - Fondo
Chiappella).
La figura di Virginia Chiappella, fondamentale per l’archeologia non solo ligure, è rimasta finora in ombra
alle spalle di importanti studiosi con i quali collaborò e dai quali apprese le prime nozioni metodologiche, tra
cui L. Bernabò Brea, L. Cardini e A.C. Blanc. La rilettura dei suoi lavori a stampa, ma soprattutto l’analisi
delle migliaia di lettere, manoscritti, diari, disegni e fotografie, ad oggi inediti, conservati nel suo archivio,
recentemente acquisito dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria (Archivio SBAL - Fondo
Chiappella), consentono di meglio inquadrare il ruolo avuto dalla studiosa.
Nata a Struppa (Genova) il 14 giugno 1905, da Melchiorre Chiappella e Mariola Cordero di Montezemolo,
venne definita da Luigi Bernabò Brea come una “valorosa ed instancabile collaboratrice che da allora non cessò
un istante di dedicare la sua attività e le sue fatiche allo scavo e allo studio della preistoria Ligure” (Bernabò
Brea, 1942: 3). L’interesse per l’archeologia nella Chiappella nacque nell’aprile-giugno 1941 durante la seconda
campagna di scavi nella Caverna delle Arene Candide, dove “ero stata invitata dal Prof. Luigi Bernabò Brea,
mio amico d’infanzia, (erano già amiche le nostre rispettive famiglie) allora Soprintendente alle Antichità della
Liguria” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, lettera di V. Chiappella al Sig. Acone del 5 marzo 1956).
Attraverso lo stesso Luigi Bernabò Brea e l’incontro con Luigi Cardini - grazie al sodalizio nato tra i due
studiosi, finalizzato attraverso la collaborazione tra la neonata Soprintendenza alle Antichità della Liguria e
l’Istituto Italiano di Paleontologia Umana al rilancio della ricerca preistorica in Liguria - Virginia Chiappella
iniziò a partecipare ad iniziative promosse dall’IIPU in altre regioni italiane, ad esempio dal 12 al 25 luglio
1941, presso le cave di Grotte Santo Stefano (VT), dove con L. Trevisan, L. Cardini e G. Tavani lavorò al recu-
pero dello scheletro di un Elephas antiquus, per conto del Museo Civico di Storia Naturale di Genova e della
Soprintendenza alle Antichità della Liguria (IIPU 1955: 268–269).

– 31
Nonostante le difficoltà della guerra la sua attività rimase densa ed anzi sembra essersi intensificata, so-
stenuta certamente dalla forza di carattere e dalla tenacia di questa donna che ben si evince dalla lettura dei
suoi diari e lettere. Durante gli anni del secondo conflitto mondiale Virginia Chiappella fu, infatti, impegnata
sia in scavi archeologici, sia in azioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale, spesso esponendosi e
rischiando in prima persona. Tra i primi ricordiamo la terza campagna (novembre-dicembre 1941) e la quarta
campagna (marzo-maggio 1942) di scavi nella Caverna delle Arene Candide. In particolare condusse quest’ul-
tima insieme a L. Cardini, ma non a L. Bernabò Brea che nel frattempo come già ricordato era stato trasferito
a reggere la Soprintendenza di Siracusa; fu in tale occasione che la studiosa fu protagonista della sensazionale
scoperta, l’1 maggio 1942, della sepoltura paleolitica del “Giovane Principe” (Maggi, 1997; 2004). Fu pro-
prio V. Chiappella ad effettuare la documentazione fotografica alle Arene Candide dal novembre 1941 in poi.
Centinaia di immagini stampate e altrettanti negativi, comprendenti tutti i siti nei quali operò, sono integral-
mente conservati nel suo archivio a testimoniare la sua abilità come fotografa. Ella, inoltre, si occupò anche
delle gestione e dell’organizzazione tecnica e logistica del cantiere di scavo, come documentano diverse lettere
sue e del Comando Difesa Territoriale di Genova che dimostrano le richieste - andate a buon fine - per l’utiliz-
zo di manodopera militare per condurre le ricerche nella caverna (De Pascale, 2014b).
A lei si deve la stampa dell’opera di L. Bernabò Brea dedicata agli scavi nella Caverna delle Arene Candide.
Infatti, nell’ottobre 1942, dopo che il manoscritto di L. Bernabò Brea sugli strati neolitici della Caverna, pronto
per la tipografia, venne raccolto tra le macerie di un bombardamento dalla cugina D. Semorile, fu la Chiappella
a proseguire il lavoro come ricordò lo stesso autore: “delle bozze io non potei correggere altro che le prime
pagine, poiché dal 9 Luglio 1943 in seguito allo sbarco anglo-americano in Sicilia rimasi bloccato a Siracusa,
ove risiedevo per ragione del mio ufficio. Ma la stampa seguitò, nonostante il pericolo dei bombardamenti
che sfiorarono due volte la tipografia, grazie alla Sign.na Ginetta Chiappella che mi sostituì assumendosi la
responsabilità del lavoro” (Bernabò Brea, 1946: VI). Non a caso, tra i documenti nell’archivio della studiosa
(Archivio SBAL - fondo Chiappella), si trova ancora oggi il manoscritto originale redatto da L. Bernabò Brea,
con appunti della Chiappella, sue note e correzioni.
Nei non facili momenti della guerra, tra 1941 e 1943, durante i quali “me la sono sempre cavata quan-
tunque mi sia trovata in mezzo ai peggiori bombardamenti” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, lettera di V.
Chiappella al Sig. Acone del 5 marzo 1956), si recò più volte a Mentone e ai Balzi Rossi di Ventimiglia, sempre
munita dei necessari “Lasciapassare per entrare nei territori occupati dalle Forze Armate Italiane entro la
linea di Armistizio” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, fascicolo documenti personali), per seguire alcuni
interventi per la messa in sicurezza dei reperti. Sono gli stessi anni nei quali lavora “in principio sotto la guida
di Bernabò, e poi sola, al Museo Civico di Archeologia Ligure a Genova-Pegli. In riconoscenza dei meriti
acquistati col mio lavoro, fui nominata con Decreto del Comune di Genova, in data 21 luglio 1943, Ispettrice
Onoraria del Museo stesso” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, lettera di V. Chiappella al Sig. Acone del 5
marzo 1956) e redige i fogli 92-93-94-102 della Carta Archeologica d’Italia, già iniziati da P. Barocelli. Sono
gli anni in cui ella contribuì pure ad operazioni di salvaguardia del patrimonio, ad esempio attraverso l’opera
di trasferimento dei reperti dal Museo di Genova alla Badia di Tiglieto, dove il Comune decise di ricoverarli
durante il Secondo Conflitto Mondiale, e con la messa in salvo della biblioteca dell’Istituto di Archeologia
dell’Università di Genova (De Pascale, 2014b).
Nell’immediato dopoguerra partecipò a diversi convegni in Italia e all’estero e seguì i corsi promossi da N.
Lamboglia presso l’Istituto di Studi Liguri, oltre a riprendere con L. Bernabò Brea gli scavi nella Caverna delle
Arene Candide e a collaborare con Cardini al recupero dei materiali ai Balzi Rossi di Ventimiglia, danneggiati
dai bombardamenti della guerra.
Il 1950 rappresentò per la Chiappella un’ulteriore difficile sfida in merito alla tutela del patrimonio ar-
cheologico. Combatté contro l’inerzia di enti e studiosi, con i quali si dovette confrontare, scontrandosi anche
duramente, nel tentativo di spronarli ad intervenire a seguito della scoperta nella Grotta della Bàsura (Toirano,
SV) di alcune eccezionali tracce carboniose, palline d’argilla lanciate contro le pareti ed impronte di piedi, im-
presse nel fango concrezionato, risalenti al Paleolitico superiore (Maggi, 2008). Nella zona di Toirano, in Val
Pennavaira nell’entroterra di Albenga e nel Finalese condusse nei primi anni Cinquanta del Novecento diversi
scavi e ricerche, sia in autonomia, sia insieme ad altri studiosi tra cui A. Segre, O. Giuggiola, E. Tongiorgi e M.
Leale Anfossi (De Pascale, 2014b).
Sono gli stessi momenti nei quali il suo rapporto di collaborazione scientifica con A.C. Blanc si rafforzò
a tal punto che la Chiappella chiese un trasferimento dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria a Roma
presso l’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, dove operò fino al suo pensionamento conducendo indagini
nei più importanti giacimenti preistorici italiani (grotte del Fossellone e del Malpasso - LT; Palidoro e Torre

32 –
in Pietra - RO; grotte dello Zio Santoru e 1 di Cala Ilune - NU; Monte Peglia - TR, Marina di Camerota - SA,
Loreto-Notarchirico - PZ, Val Radice - FR, Villa Salvini - LT, Tuscania - VT) e in siti di epoca più recente come
le strutture di età romana della “Piscina di Lucullo” al Lago di Paola (De Pascale, 2014b).

4.1. Le ricerche di Virginia Chiappella all’Arma dell’Aquila (A.D.P.)

Come già accennato il sito dell’Arma dell’Aquila vide una non facile cooperazione tra Camillo Richard e
Virginia Chiappella, impegnati insieme sullo scavo nel 1942.
Le divergenze, già parzialmente esposte nei paragrafi precedenti su quanto appuntato nei diari di scavo redat-
ti da ciascuno dei due studiosi, ma soprattutto il fatto che gli appunti di C. Richard si interrompono al 12 ottobre e
presentano ampie parti copiate dalle note della Chiappella, oltre che porzioni direttamente redatte da quest’ultima,
porta a sostenere che - di fatto - la campagna di scavo condotta nel 1942 all’Arma dell’Aquila, seppure ufficialmen-
te diretta da Camillo Richard, sia da attribuirsi a Virginia Chiappella. Ad ulteriore supporto di tale affermazione
concorre il fatto che il giornale di scavo della studiosa non solo prosegue fino al 7 novembre, ma dalla sua lettura
emerge una notevole autonomia di questa nella conduzione dei lavori ed è evidente il diverso modo di predispor-
re la documentazione rispetto
a C. Richard. V. Chiappella,
infatti, accompagnò le sue
note scritte in 114 facciate di
un block-notes a quadretti con
numerosi e pregevoli disegni
di reperti, schizzi planimetrici
e della successione stratigra-
fica (Fig. 17), piuttosto rari
negli appunti di Richard, ed
inoltre curò integralmente la
realizzazione delle fotografie
sullo scavo ed eseguì su due
fogli protocollo lo “Schema in
corrispondenza della parete N
dello scavo” ossia delle sinte-
tiche sezioni stratigrafiche. Tra
le centinaia di immagini, su la-
stra di vetro e pellicola, appar-
tenenti all’archivio fotografico
di Richard, oggi conservate
presso il Museo Archeologico
del Finale, pochissime sono le
foto inerenti lo scavo all’Arma
dell’Aquila e, comunque, tutte
riconducibili alla campagna
del 1938. Nell’archivio della
studiosa, invece, si trovano
ancora all’interno dell’origi-
nale custodia in carta della
“Fotografia M. Sini & figli -
Via Umberto I - Finale Ligure”
(Fig. 18) 42 foto in bianco e
nero su carta Agfa del cantie-
re di scavo del 1942 (Archivio
SBAL - fondo Chiappella).
Le già precedentemen-
Fig. 17 – Alcune delle pagine con disegni del diario di scavo all’Arma dell’Aquila redatto da
te sottolineate divergenze di
Virginia “Ginetta” Chiappella nel 1942 (Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici opinione tra V. Chiappella e
della Liguria). C. Richard sull’interpreta-

– 33
zione dei rinvenimenti, spesso rimar-
cate dallo stesso C. Richard nel suo
diario, trovano una corrispondenza an-
che negli appunti della studiosa. Il 3
ottobre, per esempio, tra i diversi resti
osteologici recuperati secondo quanto
scrive C. Richard “vi sono metacarpa-
li e falangi, la testa di un omero (che
non paiono umani, ma che potrebbero
esserlo), molte ossicine di un neonato,
frammenti costole e diafisi di ossa lun-
ghe (di volatile?) vuote dentro e a pareti
molto sottili” (Archivio MAF, Richard
C., Campagna scavi 1942), mentre V.
Chiappella nel suo block-notes appuntò
la stessa identica frase con la sola diffe-
renza che nel testo tra parentesi riportò
“(che non paiono umani secondo l’ing.
R. ma che potrebbero anche esserlo)”
(Archivio SBAL - fondo Chiappella,
Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila
1942), a mettere in risalto evidentemen-
te il suo differente pensiero in merito.
La fermezza di carattere e la capa-
cità organizzativa della studiosa, con
la quale potevano quindi sorgere facil-
mente scontri, soprattutto in anni nei
quali non era consueto trovare donne
con tale piglio e competenza, oltre a
essere dote innata si forgiarono certa-
mente durante la sua partecipazione alle
campagne di scavo alla Caverna delle
Arene Candide. Qui, nell’autunno 1941 Fig. 18 – Le foto scattate da Virginia “Ginetta” Chiappella all’Arma dell’Aquila
nel 1942 (Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria).
e nella primavera 1942, la Chiappella
aveva richiesto, ed ottenuto, mano d’o-
pera militare da impiegare sul cantiere, affermando ella stessa che è “un vantaggio enorme poter scegliere
una diecina di soldati tra i tanti di un Reggimento. Quando uno non va, si rimanda in Caserma e si sostitui-
sce con un altro. Si ottengono così elementi scelti e di conseguenza ottimi risultati” (Archivio SBAL - fondo
Chiappella, lettera di V. Chiappella al Sig. Acone del 5 marzo 1956).
Tale curiosa opera d’impiego di militari sullo scavo venne da lei adottata anche tra il 17 settembre e il 7
novembre 1942 all’Arma dell’Aquila (Fig. 19). Nella prima pagina del diario di scavo della Chiappella, infatti,
si legge che “Dal giorno 17 sett. 1942 al giorno 23 sett. 1942 tempo occorso per organizzare e per ottenere
4 militari come mano d’opera e che ci vengono accordati dalla Divisione Piave. Sono del 57° fanteria “10
Reparto Complementi - 3° compagnia P.M. 66” - X° Divisione motorizzata Piave” (Archivio SBAL - fondo
Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942). Se nel diario di scavo di Richard non vi è alcuna
traccia della presenza di militari sullo scavo, nelle pagine redatte da V. Chiappella, ogni giorno le prime righe
sono loro dedicate, con l’elenco dei nomi dei presenti, in un vero e proprio appello tenuto dalla studiosa che poi
depennava i nomi stessi, e numerose sono le note sulle attività nelle quali essi vennero impiegati. Ad esempio,
“Mercoledì 23 settembre 1942. Soldati: Caporale Guglielmo Aldo, Zanetti Amedeo, Comini Luigi, Apollonio
Armizio. La mattina si impiega per organizzarci. Si costruisce un sentiero che sale alla grotta fra la scarpata
di pietrisco e di massi detritici della cava già ivi costruita. Si impianta una stufa per il rancio dei soldati” o il
giorno seguente quando V. Chiappella annotò la “Visita del Maggiore, il quale permette ai soldati di attendarsi
quassù cosa che fanno fino da stasera” o ancora “Sabato 26 settembre 1942. Piove a dirotto. Noi non si resta
all’albergo, mentre i soldati sul posto terminano la cernita del materiale scavato e sistemano l’impianto della
cucina-sala da pranzo”. Da tali dati si evince pure come gli uomini menzionati, tranne L. Comini, terminarono

34 –
il loro servizio domenica 4 ottobre 1942
e furono dal giorno seguente sostituiti da
“Forcato Mario, Lonati Eugenio e il Cap.
Sella Ettore”, a loro volta nuovamente
rimpiazzati dal precedente contingente
dal pomeriggio del 13 ottobre. Eventuali
loro spostamenti nell’arco della giornata
o assenze erano rigorosamente appuntati
dalla studiosa, che probabilmente doveva
relazionare al Comando ogni movimento
dei militari: per questo compaiono note
del tipo “Martedì 6 ottobre 1942 […] Il
Cap. Sella in caserma per la “fornitura”
ritorna un poco più tardi”, “Lunedì 19
ottobre 1942 […] manca Comini che ha
presa la sbornia” (Archivio SBAL - fon-
do Chiappella, Giornale di scavo all’Ar-
ma dell’Aquila 1942).
Il diario redatto dalla Chiappella
riporta oltre alle informazioni sui solda-
ti, con tanto d’indicazione dei giorni di
paga, anche annotazioni sulle condizioni
meteorologiche che aiutano a ben detta-
gliare quanto quotidianamente accadeva
sul cantiere, oltre a diversi conti sul-
le spese sostenute. Tra questi ultimi ne
compare uno che sembra essere il reso-
conto finale dell’intera campagna di sca-
vo, nel quale vennero annotati un “totale
£ 3257,10”, risultante da diverse somme
con totali parziali assegnati a diverse
date e una voce “al fotografo 249,20” da
Fig. 19 – Uno dei militari impiegati negli scavi del 1942 all’Arma dell’Aquila in
una foto scattata da Virginia “Ginetta” Chiappella (Archivio della Soprintendenza
ricondursi probabilmente allo studio fo-
per i Beni Archeologici della Liguria). tografico di Finale Ligure già citato per
lo sviluppo e la stampa della documen-
tazione realizzata in cantiere (Archivio
SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
In aggiunta a tali informazioni, V. Chiappella annotò pure la presenza di persone e studiosi che si recavano
a visitare lo scavo. Apprendiamo così che “Giovedì 15 ottobre 1942” vi fu la “visita del Prof. Cav. Cultrera,
del dott. Bernabò Brea e Signora e del Prof. Cardini” e che nella stessa giornata “io con B.B. e signora”, ossia
la Chiappella con Bernabò Brea e la moglie, effettuarono “nel pomeriggio visita alla Grotta delle A.C.”, chia-
ramente le Arene Candide, dove “diverse piccole frane sono avvenute tutt’attorno alle pareti del deposito” in-
tanto che “l’ing. R. rimane nel Museo, mentre il prof. Cultrera e Cardini proseguivano per Mentone” (Archivio
SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
In merito all’attività di indagine scientifica direttamente condotta dalla studiosa all’Arma dell’Aquila va
a lei riconosciuta l’investigazione dei livelli più profondi attribuiti al Paleolitico superiore. Infatti, come emer-
ge chiaramente dalle carte d’archivio, C. Richard, dopo il 26 ottobre 1942, non si recò quasi più sullo scavo,
neanche per seguire la chiusura del cantiere sabato 7 novembre. Negli ultimi 13 giorni risulta appuntato dalla
Chiappella “L’Ing. è assente” o “L’ing. non sale alla grotta” per ben 8 volte e pure nelle giornate precedenti si
evince a volte la sua parziale assenza da note come quella del 22 ottobre: “R. salito alla Grotta nel pom.”. Lo
scavo condotto da V. Chiappella permise così di portare alla luce, rispetto a quanto emerso con la campagna
del 1938, altri due focolari paleolitici e diversi strati intermedi tra essi. Come riportato nella documentazione
a disposizione, tra cui le informazioni ricavate dai cartellini che accompagnano i reperti faunistici recuperati,
seguendo l’impostazione data da C. Richard, V. Chiappella denominò i tre livelli sotto il 3° focolare Paleolitico
con numeri romani (I, II e III) e chiamò 4° e 5° focolare Paleolitico i sottostanti strati con resti antropici.

– 35
Secondo quanto riferito nel diario di Virginia Chiappella i primi materiali ascrivibili al Paleolitico inizia-
rono ad essere rinvenuti il 10 ottobre 1942, quando “nel 3° strato al di sotto del livello del 7° foc. compare
l’Ursus spelaeus insieme allo stambecco e al capriolo (vi sono denti di tutti) mentre quasi cessano i piccoli
roditori […] nel 2° strato al di sotto del liv. del 7° foc. è stato trovato un microlito insieme a resti di stambecco
(il quale ultimamente si era cominciato a rinvenire a circa 1 m al di sopra), il che prova in modo preciso la
presenza del mesolitico. Scendendo subito sotto qs. 2° strato si sono rinvenuti i resti di Ursus spelaeus e di
Megacerus il che sta a rappresentare l’inizio del paleolitico”. Tali livelli presentavano qualità assai diverse
rispetto alla parte soprastante della sequenza stratigrafica, nella quale ricordiamo vi era un’alternanza di strati
argillosi intervallati a lenti più o meno estese e profonde di ceneri e carboni, in quanto dalla lettura del diario di
scavo emerge la presenza di “terra rossa” che “comincia a circa 1 m. al di sopra del 7° foc. Detta terra è della
stessa composizione di quella precedentemente trovata nei livelli a stambecco e che poi man mano si trasfor-
ma negli strati inf. nell’argilla delle Cav. a Ursus spelaeus” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, Giornale di
scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
L’aver attribuito al Paleolitico un livello della successione stratigrafica già parzialmente indagata nel 1938
da C. Richard, ma da questo non riferito a tale periodo, portò la studiosa a ridenominare gli strati stessi, come
ella appunta il 12 ottobre, scrivendo “poiché nel 3° strato, come già si è detto, è comparso l’Ursus spelaeus
consideriamo qs. strato come 1° paleol. per cui il 4° strato dinanzi menzionato diventa il 2° paleol.” riferen-
dosi come meglio esplicita in seguito a “Il 4° strato sotto il livello del 7° foc., ossia il 2° strato paleolitico” che
apprendiamo avere restituito “molti minuscoli fram. di Ursus e 1 lametta appuntita in selce grigio-verde a dor-
so ribattuto” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942). Domenica
18 ottobre “nel pom. io parto per Grimaldi” appuntò V. Chiappella, dove rimase fino a mercoledì 21 ottobre,
quando sul diario annotò “tornata la sera da Grimaldi”. Nei tre giorni di sua assenza, probabilmente sulla base
di quanto le veniva riferito da C. Richard, che non è chiaro se fosse presente o meno, o da uno dei soldati, ri-
portò comunque seppur molto sinteticamente quanto era accaduto, ossia una serie di operazioni di demolizione
tramite mine di un grande lastrone in pietra comparso sul fondo dello scavo effettuato da “un operaio specializ-
zato della ditta Simonetti” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
Ulteriori modifiche alla denominazione degli strati vengono descritte dalla Chiappella a seguito di nuove
conferme sull’attribuzione cronologica di questi livelli, che arrivarono nei giorni consecutivi grazie ai mate-
riali recuperati e alla possibilità di estendere la superficie indagabile proprio a conclusione dell’intervento di
rimozione del grande lastrone che fino a quel momento obliterava l’area in corso di scavo. In particolare il
23 ottobre 1942 “si termina di asportare tutti i detriti provenienti dalla rottura del grande lastrone, quindi si
procede al taglio dello strato immed.te a contatto con la parte inf. del gr. lastrone ossia del 3° strato paleol.
Siccome però si è trovato un foc. nett.te individ. nella parte S dello scavo, perciò qs. strato si deve più prop.te
denomin. 1° foc. paleol. Da tenersi pres. che qs. foc. non era stato individ. negli scav. prec. perché nascosto
sotto il lastrone e quindi qs. si trova al di sopra di quello che negli scavi prec. era stato denom. 1° foc. paleol.
Dall’angolo SO, verso la stradina di accesso e precis.te vicino alla sponda del vecchio taglio dei prec. scavi,
si rinvenne una lama di selce rossastra a dorso centrale carenato con ritocco marginale, a sez. triangolare,
tipica dell’Aurignaz. sup.” di cui la studiosa effettuò un preciso disegno (Archivio SBAL - fondo Chiappella,
Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
Lo scavo e la “cernita” del terreno del nuovo “1° focolare paleolitico” permisero di recuperare altri 4 ele-
menti di industria litica disegnati e così descritti da Chiappella: “lametta di selce scura, piatta superiormente a
sez. trapezoidale con fianco ribattuto; altra piccola chiaro-ambrata con lieve ritocco marginale; brutta lamet-
ta atipica e non lavorata scura-violacea più una sola scheggia di selce grigio-ambra”, mentre nei giorni se-
guenti “dalla cernita del 1° strato sotto il livello del 1° foc. paleol.” oltre a molte ossa “minutissime” di Ursus
spelaeus “e di altri mammiferi” vennero recuperati “un grattatoio di brutta pietra non levigata violacea; una
lametta di selce appuntita con ritocco marginale sopra da un lato e sotto dall’altro di color marrone-violaceo;
altra selce grigio chiaro ambrata - opalina con ritocco da un lato; una lametta atipica di selce bruna; e una
picc. scheggia sottilissima di selce grigia” di cui ancora una volta sono presenti nel block-notes i disegni in
grandezza naturale (Archivio SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942). In più
occasioni la studiosa annotò riferimenti e confronti tra i manufatti qui rinvenuti con altri provenienti dai Balzi
Rossi e dalle Arene Candide, entrambi contesti a lei ben noti.
Nel procedere con l’approfondimento dello scavo vennero incontrati in diversi strati numerosi massi di
varia dimensione che non facilitarono i lavori, ma che vennero tutti “spezzati e rimossi” (Fig. 20). Ulteriori
difficoltà furono causate dal fatto che per tre giorni, tra il 26 e il 28 ottobre compresi, “continua a cadere una
pioggia torrenziale che ha intriso del tutto quel mucchietto di terra rimasto del 2° strato sotto il 1° foc. pale-

36 –
Fig. 20 – Lavori di rimozione di alcuni grandi blocchi di pietra durante lo scavo all’Arma dell’Aquila nel 1942 in una foto scattata da
Virginia “Ginetta” Chiappella (Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria).

ol. e in gran parte anche quello, ancora grande, del 2° foc. paleol. incominciato ad estrarre ieri e terminato
stamane […] si tratta del 2° foc. paleol. comparso dal lato S della trincea vicino alla vecchia buca e che cor-
risponde esattamente al 1° foc. paleol. dei vecchi scavi”. Le condizioni di lavoro, da quanto si legge, dovevano
essere piuttosto complesse, in quanto aumentava il numero di “massi e sassi, sassi e massi in quantità” ma
comunque tutta la terra di scavo venne accumulata tenendola divisa per strati per essere “crivellata e scelta”.
Giunti al “3° strato sotto il livello del 3° foc. paleol.” ossia “giunti al livello dei vecchi scavi”, considerate le
difficoltà arrecate dalla presenza di “enormi fram. del grande lastrone”, cioè di quel “muro paleolitico” sul
quale si arrestò l’indagine di Richard del 1938 (Richard, 1942: 99), fu deciso di abbandonare “lo scavo sui lati
O-NO”. La pulizia del fondo della trincea permise di capire che il “muro” consisteva in realtà in un insieme di
ampie porzioni di roccia provenienti dall’originaria volta della cavità: “ora che i massi sono scoperti si vede
benissimo che la roccia si è staccata a falde ed è qui infissa nel terreno a lastroni obliqui […] La terra che si
trovava nella vecchia buca fra i massi, terra precipitata durante i lavori, si cerne un po’ velocemente a scarico
di coscienza anziché eliminarla subito, e i framm. di osso che vi si trovano si etichettano come «Rimaneggiato
buca vecchi scavi»” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).
Nell’ultima settimana di lavoro si individuarono e scavarono il 4° e il 5° focolare Paleolitico nei quali “la
differenza di livello è relativamente poca” e, contestualmente, nelle parti più alte della sequenza stratigrafica,
“viene ultimata la raschiatura e ripulitura delle pareti così sono pronte per essere fotografate”. Sul fondo della
trincea si procedette a restringere ulteriormente lo scavo, mettendo in luce una sequenza di quattro strati sotto
il 5° focolare Paleolitico caratterizzati da argilla rossa, “sempre più umida e appiccicaticcia dove compaiono
sempre maggiori altre ossa di orso” (Fig. 21). Come più volte accennato lo scavo si concluse “Sabato - 7 - nov
- 1942”, così integralmente descritto da Virginia Chiappella nel suo diario “L’ing. assente fa solo una breve
visita nel pom. Si fotografano le varie pareti con le varie stratigrafie e il fondo poi si procede alle varie misu-
razioni per fare uno schema stratigrafico. Intanto si cerne la terra dei due strati rimasta da ieri sera. Nel 3°
strato sotto il 5° foc. paleol. abbondano di nuovo le ossa di Ursus spelaeus molte in minutissime scheggie (sic)
e alcune alterate dall’az. del fuoco. Non si notano ossa di altri animali all’infuori di qs. e di 2 o 3 ossicine e
una mand.la di (mus?) piccolo roditore uguale a quelli degli strati prec. e cioè più grossi rispetto agli altri
degli strati superiori. Nel 4° strato sotto il 5° foc. paleol. continuano le ossa di Ursus spelaeus anche qui una
buona quantità è assai trita ma vi si notano inoltre, però sempre in una misura scarsa, ossa di altri animali. Vi
è un dente di stambecco, due canini di volpe (?) e un altro dentino di carnivoro di più picc. dims. delle maglie,
di picc. orsacchiotto e 1 numero di felino (?) picc. ossicine di picc. roditori appena rappresentati e 1 dentino

– 37
Fig. 21 – Il pozzo di approfondimento per investigare i livelli del Paleolitico durante lo scavo del 1942 all’Arma dell’Aquila in una foto
scattata da Virginia “Ginetta” Chiappella (Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria).

di squalo. Al fondo della trincea nella sup. di assaggio continua la terra che pare anche molto meno rossosa,
ma non si va più innanzi perché occorre chiudere la campagna. Intanto si cerca di cernere la terra rimasta
sempre fuori dal «2° strato sotto il 1° foc. paleol. 24-26 e 27 ott.». ove non vi è più che qualche fram. di ossa di
Ursus e quelle più abbondanti del «2° foc. paleol. 26-27 ott. 1942» che anche adesso sia l’una che l’altra sono
ancora molto bagnate. In qs. ultimo moltissime ossa di Ursus e molti denti; dentini di volpe (?) spezzati come
di solito alla radice e ossa di mammiferi di medie e picc. dms., una falange umana e microfauna: arvicole e
mus. Si imballa quindi tutto il materiale per spedirlo in museo e si radunano tutti i ferri e gli arnesi da resti-
tuire ai vari proprietari” (Archivio SBAL - fondo Chiappella, Giornale di scavo all’Arma dell’Aquila 1942).

5. IL VINCOLO ARCHEOLOGICO E I PROBLEMI DI TUTELA (A.D.P.)

Come visto, durante la breve permanenza di Luigi Bernabò Brea a direzione della Soprintendenza alle
Antichità della Liguria, egli fece apporre un vincolo archeologico (n. 070362, decreto del 28/07/1941), a tutela
del sito. Dopo la campagna di scavi del 1942 e il successivo precipitare degli eventi bellici, però, tale atto ven-
ne “dimenticato” dai proprietari e concessionari della cava di estrazione di Pietra di Finale, ossia la famiglia
Simonetti, che in precedenza aveva più volte collaborato e agevolato le ricerche fin dai primi ritrovamenti.
Infatti, dopo la fine della guerra, la cava venne riaperta e come contestato il 5 giugno 1952, dal Soprintendente
Carlo Ceschi alla Ditta Fratelli Simonetti, “in un sopraluogo compiuto da questa Soprintendenza è stato con-
statato che la caverna detta «Arma dell’Aquila», di proprietà di codesta Ditta, scavata in parte negli anni
anteguerra dal prof. Camillo Richard e nota come uno dei più importanti giacimenti paletnologici del Finale, è
stata parzialmente manomessa dai lavori di sfruttamento della cava adiacente, e che la zona sottoposta a vin-
colo di importante interesse archeologico in base alla legge 1 giugno 1939 n. 1089, per la distanza di m. 20 dal
limite esterno della grotta stessa, è ingombra di massi e detriti provenienti dalla cava sovrastante. La stessa
zona sottoposta a vincolo è stata attraversata dalla costruzione di una strada d’accesso per gli autocarri, che
ha intaccato parte del «talus» esterno della grotta, ricco di materiale archeologico. In base all’art.18 della
legge su citata, ed alla notifica di importante interesse avvenuta nelle forme di legge il 28.7.1941, nei confronti
dei fratelli Simonetti Ferdinando, Albino, Silvio e Vittorio e nella persona del sig. Simonetti Ferdinando, nulla
poteva essere innovato nella situazione della grotta senza il preventivo benestare del Ministero della Pubblica
Istruzione. Si invitano pertanto le SS.LL. a provvedere nel termine di 15 giorni dalla data della presente alla

38 –
rimessa in pristino della zona, liberandola da ogni accumulo di massi, e si diffida dall’eseguire ogni altro la-
voro non autorizzato nella zona sottoposta a vincolo” (Archivio SBAL - prot. 492, 5 giugno 1952). La lettera
provocò una risposta da parte della ditta “La Finalpietre”, di proprietà sempre della stessa famiglia, nella quale
si affermò che “ci ricordiamo gli scavi eseguiti negli anni anteguerra dal Prof. Camillo Richard con il ns. aiuto
e ci rammentiamo la fine degli stessi 13 anni or sono, dopo di che non è stato fatto alla ns. proprietà alcun so-
praluogo e nessuna diffida ai ns. lavori di cava proseguiti fino ad oggi” e ci si tentò di giustificarsi adducendo
che “essendo andato distrutto l’ufficio e l’archivio della ditta per azioni di guerra, non eravamo a conoscenza
del vincolo che ci menzionate”. Inoltre, la ditta sottolineò come “i massi e detriti che ingombrano l’ingres-
so e la caverna escavata, provengono non da ns. lavori di cava, ma da un muro di riparo costruito da noi
all’ingresso della caverna stessa, (anche dietro consiglio del Prof. Richard e Signora o Signorina di cui non
ricordiamo il nome, assistente agli scavi), e fatto crollare unitamente a parte di pietra sovrastante, per azione
di guerra verificatasi nella zona da truppe tedesche e repubblichine, dato che nella località operavano truppe
partigiane” così come venne negata la costruzione della strada a loro detta realizzata “immediatamente dopo
la guerra per il prelievo di scapoli e detriti occorrenti per la ricostruzione del grande muraglione di sostegno
della strada Finalborgo-Orco Feglino, nel tratto fatto saltare dalle truppe tedesche, nella vicinanza della ns.
cava. Tale strada è stata da noi, solamente dopo, sistemata per l’accesso degli autocarri anziché dei soli carri
a trazione animale”. Nella lettera “La Finalpietre” afferma di essere consapevole de “l’importanza degli scavi
eventualmente ancora da eseguire e saremmo ben lieti di poter essere utili a codesta Spett/le Soprintendenza”,
ma chiede di tenere conto de “l’importanza e la necessità dello sfruttamento della ns. cava, (preesistente alla
scoperta della caverna) e fonte assolutamente indispensabile alla vita della ns. azienda che attualmente oc-
cupa circa 35 capi famiglia, numero sempre in crescente aumento, dati i nuovi impianti di sfruttamento della
cava, testé ultimati. Per conciliare nel miglior modo le ns. necessità di lavoro e le esigenze di eventuali nuovi
scavi di codesta Spett. Soprintendenza, chiediamo un sopraluogo possibilmente in giorno festivo, pregando di
preavvisarci in tempo utile, per la ns. presenza” (Archivio SBAL - prot. 532, 14 giugno 1952).
Un sopralluogo venne effettivamente compiuto, il giorno dopo la ricezione della suddetta lettera, “in data
15 giugno 1952, alle ore 15” da parte di Nino Lamboglia, all’epoca funzionario della Soprintendenza, eviden-
temente senza informare la Ditta “La Finalpietre”, “per accertare se le disposizioni date dalla Soprintendenza
per la sospensione dei lavori nella zona vincolata erano state nel frattempo osservate”, constatando all’op-
posto che “l’imboccatura della caverna e in particolare l’area degli scavi Richard sono ancora ingombre di
detriti di lavorazione, di attrezzi e di altri impianti che rendono irriconoscibile la zona: i lavori di sterro per
la costruzione della strada camionale e del piazzale di scarico dei massi della zona vincolata non sono stati
sospesi, ma al contrario sono stati presumibilmente accelerati e condotti a termine, intaccando ulteriormente
il «talus» di interesse archeologico antistante alla grotta” (Archivio SBAL - prot. 539, 17 giugno 1952). Seguì
così un’ulteriore lettera della Soprintendenza a “La Finalpietre” - inviata anche al Ministero per conoscenza
- nella quale fu contestato che “le giustificazioni addotte non esimono minimamente codesta Ditta dall’osser-
vanza delle disposizioni della vigente legge sulla tutela delle antichità e belle arti” e nel quale venne riportato
quanto ulteriormente osservato da Lamboglia nel suo sopralluogo, diffidando il proseguo delle attività di cava
ed invitando la controparte “per accertare l’entità dei danni arrecati e venendo incontro alla proposta di code-
sta Ditta […] ad essere presenti ad un sopraluogo domenica prossima 22 giugno alle ore 11 antimeridiane. A
tale sopraluogo si spera possa intervenire anche il prof. Camillo Richard di Torino a suo tempo incaricato di
dirigere gli scavi nella caverna dell’Arma dell’Aquila” (Archivio SBAL - prot. 541, 17 giugno 1952). Il giorno
stesso venne inviata dal Ceschi a C. Richard una lettera nella quale gli venne esposta la situazione, invitandolo
ad essere presente a tale sopraluogo e a prendere accordi direttamente con Lamboglia per i dettagli (Archivio
SBAL - prot. 540, 17 giugno 1952). Richard rispose il giorno seguente, ringraziando per il coinvolgimento ed
informando Ceschi che però non avrebbe potuto partecipare all’incontro per altri impegni già fissati e che solo
“il 6 o 7 di luglio […] mi potrei recare a Finale”, dove avrebbe approfittato della situazione per esporre le sue
idee sulla ripresa degli scavi (vedi oltre) (Archivio SBAL - prot. 548, 23 giugno 1952). Ceschi espresse il suo
“rincrescimento” per l’impossibilità di Richard a partecipare (Archivio SBAL - prot. 560, 25 giugno 1952) e
così il sopralluogo del 22 giugno non venne effettuato e, da quanto si evince dalle carte d’archivio, fu rinviato
al pomeriggio del 3 luglio (Archivio SBAL - prot. 558, 24 giugno 1952). Due giorni dopo il sopralluogo “La
Finalpietre” inviò una lettera alla Soprintendenza, giustificandosi ancora per alcune situazioni, facendo pre-
sente “la ns. buona fede nell’esecuzione di alcuni lavori” e dimostrando comunque una certa disponibilità a
trovare un’intesa, come “verbalmente esposto all’Egr. Prof. Lamboglia”, chiedendo a certe condizioni di com-
pletare la strada di accesso e l’esecuzione di un nuovo piazzale di cava (Archivio SBAL - prot. 723, 5 luglio
1952). Nel frattempo la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione

– 39
rispose alla Soprintendenza in merito alla nota del 17 giugno, chiedendo se vi fossero novità sul contenzioso
in corso (Archivio SBAL - prot. 560, 1 agosto 1952).
La situazione sembrava volgere al meglio in quanto il Soprintendente Carlo Ceschi, il 20 agosto 1952,
scrisse a “La Finalpietre” e al Ministero che “questa Soprintendenza non è aliena del proporre al superiore
Ministero che venga consentita la ripresa e l’ultimazione dei lavori per il piazzale di cava da sistemarsi nella
zona vincolata antistante la grotta dell’Arma dell’Aquila”, a condizione però della rimozione di alcuni massi
dalla originaria zona di scavo, dall’impegno a “che non venga ostruito né impedito da massi o altri impianti
l’accesso alle altre due parti della caverna”, che pure il talus fosse “mantenuto libero da ogni ingombro di
massi, e rispettato nella sua consistenza attuale”, che fossero possibili sopralluoghi senza preavviso da parte
dei funzionari della Soprintendenza, e - infine - che la Ditta con i propri mezzi e la mano d’opera a disposizio-
ne si impegnasse a facilitare la ripresa degli scavi nel sito (Archivio SBAL - prot. 751, 20 agosto 1952). Una
missiva di pochi giorni dopo testimonia l’impegno de “La Finalpietre”: “Riferendoci alla nota 751 in data 20
agosto c.a., di codesta Spett. Soprintendenza, accettiamo le condizioni in essa contenute, ringraziando del-
la comprensione usataci” (Archivio SBAL - prot. 7770, 25 agosto 1952). Fu così, che con soddisfazione, il
Soprintendente Ceschi informò il Ministero e riconfermò a “La Finalpietre” gli accordi stilati (Archivio SBAL
- prot. 793 e prot. 794, 3 settembre 1952). Nei mesi successivi il Ministero sollecitò al Soprintendente “di voler
riferire se siano intervenuti in merito ulteriori sviluppi” (Archivio SBAL - prot. 841 del 2 ottobre 1952 e prot.
938 del 22 ottobre 1952), ma da quanto emerge dalle carte d’archivio la situazione si arenò in seguito alla ri-
chiesta, approvata dal Ministero, da parte di Carlo Ceschi di “stipulare con la Ditta Simonetti una convenzione
analoga a quella in corso di stipulazione con la Ditta Ghigliazza per la Caverna delle Arene Candide, allo
scopo di garantire maggiormente il rispetto della zona vincolata” (Archivio SBAL - prot. 979 del 10 novem-
bre 1952 e prot. 34 del 12 gennaio 1953). Purtroppo, però, nel maggio 1953, effettuato un ulteriore sopralluogo
presso il sito da parte della Soprintendenza, Ceschi dovette notificare a “La Finalpietre” che le condizioni che
erano state accettate nell’agosto 1952 dalla stessa Ditta risultavano disattese, in quanto “la zona dell’antro di
destra e scavi Richard è tuttora ingombra di massi e detriti, e sono in corso opere di estrazione fra l’antro di
destra e la cavernetta centrale che, se spinte in profondità, ne altereranno l’integrità e la consistenza. D’altra
parte l’accesso alla cavernetta centrale e al cunicolo di sinistra è reso precario dagli impianti del piazzale
di cava antistante, e la cavernetta centrale è ingombra di attrezzi e materiali” (Archivio SBAL - prot. 350, 5
maggio 1953). A quasi un ulteriore anno di distanza, il 18 marzo 1954, la Soprintendenza scrisse nuovamente
a “La Finalpietre” poiché “non ha finora ricevuto alcun riscontro alla lettera (racc. con ricevuta di ritorno)
n. 350 prot., del 5 maggio 1953”, sollecitando una risposta e allegando bozza della già citata convenzione,
chiedendo di “esprimere il proprio consenso al riguardo, allo scopo di tradurre la convenzione in atto formale
da firmarsi” da ambo le parti (Archivio SBAL - prot. 308, 18 marzo 1954). Fu così che il concessionario della
cava chiese di effettuare un nuovo sopralluogo nel cantiere “possibilmente di domenica mattina, preavvisando
con due o tre giorni di anticipo e ciò ad evitare un’eventuale ns. assenza dalla sede” (Archivio SBAL - prot.
331, 24 marzo 1954), che venne rifiutato dall’ente di tutela in quanto già “compiuto anche recentemente dai
funzionari di questa Soprintendenza” e poiché non ritenuto necessario alla firma della convenzione i cui con-
tenuti erano già stati accettati da “La Finalpietre”, che si sollecitava a dare un celere riscontro al proseguo della
pratica con la sua stipula (Archivio SBAL - prot. 447, 14 aprile 1954).
Come risulta dalla documentazione disponibile, però, il consenso a sottoscrivere ufficialmente l’accor-
do non giunse mai, e così, dopo decenni di estrazione mai bloccata, ed alcuni successivi altri di abbandono
che perdurano tuttoggi, il sito non ha più l’aspetto descritto da chi lo aveva frequentato negli anni Trenta e
Quaranta. Quel che resta del talus è completamente coperto da massi e vegetazione, delle due caverne non si
ha più traccia e soltanto il riparo sottoroccia sembra essere stato risparmiato e “protetto” da una serie di detriti
formanti la rampa di accesso al piazzale dell’ex cava.

6.  TRA IL SOGNO DI UN ULTERIORE SCAVO E NUOVE INCOMPRENSIONI (A.D.P.)

Nell’archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria si trova una lettera del 14 giugno
1951 inviata da C. Richard all’allora Soprintendente Carlo Ceschi, nella quale l’ingegnere torinese informa
che “dopo due campagne di scavi e dopo un lungo periodo di interruzione, dovuto dapprima agli avvenimenti
bellici e di poi ai miei molteplici impegni di docenza, ho deciso di riprendere nei prossimi mesi estivi gli scavi
nella Caverna dell’Aquila, di cui da tempo sono incaricato […] di quanto sopra mi faccio pertanto dovere di
informare la S.V. per due motivi: anzitutto perché Ella sia edotta dei miei lavori, ed in secondo luogo perché

40 –
spero che Ella vorrà concedermi il piacere e l’onore di frequenti visite ai lavori predetti” (Archivio SBAL -
prot. 421, 16-VI-1951). A differenza di quanto pensasse Richard, egli non era in possesso di una concessione
di scavo a vita, cosa ovviamente non prevista dalle norme vigenti.
Come si evince da una successiva nota del 18 giugno 1952 scritta da C. Richard a C. Ceschi, a seguito del
tentativo di quest’ultimo di coinvolgerlo in uno dei sopraluoghi volto alla tutela del sito (vedi paragrafo prece-
dente: Archivio SBAL - prot. 548, 23-VI-1952), non giunse mai risposta della Soprintendenza alla sua lettera
del giugno 1951. Camillo Richard, nella nuova missiva, ricordò a C. Ceschi il suo vivo interesse a riprendere
gli scavi, sia per l’importanza del giacimento archeologico, sia per evitare che il proseguire dell’attività estrat-
tiva potesse danneggiare il sito, affermando però che “per poter fare ciò occorrono dei fondi adeguati, ed un
adeguato numero di campagne”. Sulla copertura finanziaria l’ingegnere torinese non chiarisce chi avrebbe
dovuto contribuire, ma auspica che “anche il Municipio di Finale dovrebbe venire in aiuto, apprestando op-
portuni locali per il deposito e lo smistamento del materiale” (Archivio SBAL - prot. 548, 23-VI-1952).
C. Ceschi rispose qualche giorno dopo al Richard “quanto alla ripresa degli scavi che Ella mi prospetta,
questa Soprintendenza sarebbe ben lieta di favorirla, se fossero assicurati i mezzi finanziari indispensabili;
ma è ben difficile pensare che lo Stato possa erogarli, e quindi - a meno di un generoso intervento Suo o di
una sovvenzione del Comune di Finale - non vedo come tale ripresa possa aver luogo a breve scadenza”.
Nella stessa lettera, inoltre, il Soprintendente colse l’occasione “per rivolgere anche a Lei l’invito già ri-
volto agli altri studiosi di preistoria che hanno collaborato con la Soprintendenza negli scavi liguri, per la
restituzione del materiale in corso di studio da anni e rimasto a Sue mani. Tale materiale, secondo i dati in
possesso di questa Soprintendenza, concerne la caverna dei Parmorari di Verezzi e in parte anche l’Arma
dell’Aquila. Desidererei vivamente conoscere la data entro la quale Ella intenda effettuare la consegna di tale
materiale alla Soprintendenza, e di riceverne intanto, per regolarità amministrativa, un dettagliato inventa-
rio” (Archivio SBAL - prot. 560, 25 giugno 1952). C. Richard non rispose in merito, tanto che il novembre
successivo C. Ceschi inoltrò una nuova richiesta per sollecitare un chiarimento (Archivio SBAL - prot. 1005,
16 novembre 1952). Fu così che C. Richard comunicò come “il materiale della Caverna dell’Aquila, da me
descritto nella mia prima relazione, è stato subito restituito al Museo di Finale, e più nulla è a mie mani”,
mentre in merito ai reperti dalla Caverna dei Parmorari, sottolineando come essi fossero costituiti in “parte
minore da resti ceramici (nessun oggetto intero)” ed in grande maggioranza si trovassero “relitti paleontologici
e antropologici”, egli necessitasse di tenerli a sé per completarne lo studio anche attraverso il “materiale di
raffronto quale soltanto può trovarsi presso i Musei di Geologia e di Anatomia Comparata” dell’Università
di Torino. Egli, infine, sottolineò come, impegnato in molte altre attività, non avrebbe potuto in tempi brevi
redigerne nemmeno l’inventario, ricordando pure “che lo scavo dei Parmorari è stato eseguito a mie spese”
(Archivio SBAL - prot. 1099, 3 XII 1952).
Nei mesi successivi C. Ceschi sanò, dal punto di vista amministrativo, il deposito dei reperti provenienti
dagli scavi dell’Arma dell’Aquila con il Comune di Finale Ligure, procedendo a “un regolare verbale di conse-
gna” (Archivio SBAL - prot. 315, 21 aprile 1953), e nel frattempo ricordò a Richard in merito ai materiali della
Caverna dei Parmorari che “pur dando atto della benemerita opera svolta dalla S.V. nell’eseguire lo scavo a
sue spese, debbo far rilevare che, quale concessionario dello scavo, Ella ha diritto di proprietà su un quarto
del materiale o del valore di esso. Pur non avendo difficoltà ad autorizzarne il deposito presso la S.V. finché
non sia terminata la classificazione e lo studio, entro un ragionevole lasso di tempo che Ella vorrà approssi-
mativamente precisare, debbo rinnovare la preghiera di inviarne con sollecitudine un sommario elenco debi-
tamente firmato, affinché ne sia definita la condizione giuridica” (Archivio SBAL - prot. 314, 21 aprile 1953).
Il rapporto sempre più teso e formale, per quanto costantemente cordiale, tra C. Richard e C. Ceschi portò
di fatto alla non concessione di ulteriori autorizzazioni ad effettuare scavi nell’Arma dell’Aquila, a cui con-
corsero certamente anche la difficoltà a trovare le necessarie coperture finanziarie e la complicata situazione
che, come visto, si era venuta a creare tra la Soprintendenza ed i proprietari della cava, a causa del mancato
accordo tra le parti.

Ringraziamenti
A. De Pascale desidera ringraziare D. Gandolfi, per le informazioni fornite sui materiali d’archivio inerenti C. Richard conservati presso la
sede dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri a Bordighera, e la già Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, nelle persone
dei Soprintendenti F.M. Gambari e B. Massabò che si sono avvicendati durante il periodo di consultazione e ricerca presso l’archivio
storico ivi conservato, per la concessione di studio del “Fondo Chiappella”. Un debito di riconoscenza a E. Isetti, per avere evitato la di-
spersione dell’archivio di V. Chiappella prontamente segnalandolo a R. Maggi, allora funzionario della Soprintendenza, che avviò così la
procedura di recupero dei documenti. Entrambi gli autori desiderano inoltre esprimere gratitudine a E. Starnini (già Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Liguria) per il supporto e la collaborazione prestata nell’analisi e riordino del fondo archivistico.

– 41
BIBLIOGRAFIA

Amerano, G.B. 1892 – Caverne del Finalese (Liguria). Bullettino di Paletnologia Italiana, 7-8: 101–105.

Anonimo, 1937 – Verbale del Convegno. Rivista Ingauna e Intemelia, III (3-4): 5–11.

Arcà, A. 2012 – Piero Barocelli, l’archeologo delle Meraviglie. Un pioniere dell’archeologia rupestre alpina ed europea. Quaderni
della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 27: 77–100.

Bernabò Brea, L. 1942 – I recenti scavi nella Caverna delle Arene Candide di Finale Marina, Genova. Mensile del Comune, agosto: 1–9.

Bernabò Brea, L. 1946 – Gli scavi nella Caverna delle Arene Candide. Parte I. Gli strati con ceramiche. Collezione di Monografie
Preistoriche ed Archeologiche, I. Istituto di Studi Liguri, Bordighera.

Bernabò Brea, L. 1950 – Un vaso neolitico a decorazione impressa nel Museo del Finale. Rivista Ingauna e Intemelia, Nuova Serie
V (1): 17–20.

Boaro, S., De Pascale, A. e Venturino Gambari, M. 2009 – Giovanni Battista Amerano (1842-1919). In: Gandolfi, D. e Venturino
Gambari, M. (a cura di) Colligite fragmenta: aspetti e tendenze del collezionismo archeologico ottocentesco in Piemonte. Istituto
Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 451–456.

Canci, A., Minozzi, S. e Borgognini Tarli, S.M. 1996 – New Evidence of Tuberculous Spondylitis from Neolithic Liguria (Italy).
International Journal of Osteoarchaeology, 6: 497–501.

Del Lucchese, A. (a cura di) 2009 – Il Riparo di Pian del Ciliegio Un sito neolitico sull’altopiano delle Mànie. Quaderni del Museo
Archeologico del Finale, 5. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Finale Ligure.

De Pascale, A. 2007 – Spunti e riflessioni per una storia delle prime ricerche paletnologiche nel Finalese. Rivista di Scienze Preistoriche,
LVII: 379–398.

De Pascale, A. 2008 – Le prime esplorazioni nelle caverne ossifere del Finalese: tracce, ipotesi e scoperte ad opera di Issel, Perrando,
Morelli, Rovereto, Rossi, Amerano. In: De Pascale, A., Del Lucchese, A. e Raggio, O. (a cura di) La nascita della Paletnologia
in Liguria: personaggi, scoperte e collezioni tra XIX e XX secolo. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 233–248.

De Pascale, A. 2014a – La “rinascita” della Paletnologia ligure: ricerche e scavi tra anni ’40 e primi anni ’60 del Novecento sulla scia di
Luigi Bernabò Brea e Nino Lamboglia. 150 anni di Preistoria e Protostoria in Italia. Studi di Preistoria e Protostoria, 1: 417–424.

De Pascale, A. 2014b – Virginia “Ginetta” Chiappella e Milly Leale Anfossi: il contributo di due donne all’archeologia pre- e proto-
storica ligure. 150 anni di Preistoria e Protostoria in Italia. Studi di Preistoria e Protostoria, 1: 409–415.

De Pascale, A. e Venturino, M. 2017 – Giovanni Battista Amerano (1842-1919) e il suo archivio. In: Gandolfi, D. (a cura di)
Colligite Fragmenta 2. Aspetti e tendenze del collezionismo archeologico ottocentesco in Liguria. “Un altro modo di fare l’Ita-
lia”. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 307–312.

De Pascale, A., Venturino Gambari, M. e Boaro, S. 2009 – Giovanni Battista Amerano e la sua collezione. In: Gandolfi, D. e
Venturino Gambari, M. (a cura di) Colligite fragmenta: aspetti e tendenze del collezionismo archeologico ottocentesco in
Piemonte. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 217–228.

Gandolfi, D. 2008 – Museo Civico di Palazzo del Parco - sezione archeologica. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Diano Marina.

Graziosi, P. 1939 – Gli scavi dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana ai Balzi Rossi. Rivista Ingauna e Intemelia, 5: 129–140.

IIPU - Istituto Italiano di Paleontologia Umana 1955 – Relazioni sull’attività scientifica dell’Istituto dal 1940 al 1955. Quaternaria,
II: 265–316.

Maggi, R. 1997 – The excavation by Luigi Bernabò Brea and Luigi Cardini of the cave of Arene Candide within the historical con-
text of the study of Prehistory in Italy. In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (a cura di) Arene Candide: A Functional
and Environmental Assessment of the Holocene Sequence (Excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto
Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 11–28. Il Calamo, Roma.

Maggi, R. 2004 – Lo scavo di Luigi Bernabò Brea nella Caverna delle Arene Candide nel contesto storico degli studi di preistoria in
Italia. Bollettino d’Arte, Volume Speciale: 167–176.

Maggi, R. 2008 – La Grotta della Bàsura in chiaroscuro. In: Arobba, D., Maggi, R. e Vicino, G. (a cura di) Toirano e la Grotta della
Bàsura. Conoscere, conservare e gestire il patrimonio archeologico e paleontologico. Collezione di Monografie Preistoriche ed
Archeologiche, XIV: 139–151. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

42 –
Richard, C. 1931 – Paleontologia delle palafitte del Lago di Ledro. Memorie del Museo di Storia Naturale della Venezia Tridentina,
1 (1-2): 67–82.

Richard, C. 1932a – La Caverna degli “Armorari” presso Verezzi. Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti,
XVI (3-4): 3–8.

Richard, C. 1932b – Sul ghiro gigante del pleistocene di Sicilia (“Leithia melitensis Leith Adams”). Il Naturalista Siciliano, XXVIII:
1–12.

Richard, C. 1932c – La Caverna di Rio Martino e la regione di Crissolo in relazione alla preistoria. Bollettino della Società Piemontese
di Archeologia e Belle Arti, XVI (1-2): 3–8.

Richard, C. 1936 – Di una collezione osteologica di mammiferi fossili e viventi conservata nel Museo di Storia Naturale di Trento.
Studi Trentini di Scienze Naturali, XVII: 215–245.

Richard, C. 1938 – Gli scavi nella Caverna dei «Parmorari» (Verezzi) ed il loro contributo al problema del Paleolitico e del Neolitico
in Italia. Bollettino della Reale Deputazione di Storia Patria per la Liguria. Sezione Ingauna e Intemelia, III (3-4): 23–42.

Richard, C. 1939 – Nuovi scavi nella Caverna degli “Armorari” o “Parmorari” (Borgio Verezzi). Bulletino di Paletnologia Italiana,
Nuova Serie III: 11–24.

Richard, C. 1940 – La prima campagna di scavi all’Arma dell’Aquila (1938). Bollettino della Reale Deputazione di Storia Patria per
la Liguria. Sezione Ingauna e Intemelia, V (1-4): 140–146.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Richard, C. 1955 – Il Ghiro gigante del Pleistocene di Sicilia. Palaeontographia Italica, XLIV: 1–52.

Rubat Borel, F. 2014 – Pietro Barocelli (1887-1981) e la Regia Soprintendenza Archeologica del Piemonte (1912-1933). 150 anni di
Preistoria e Protostoria in Italia. Studi di Preistoria e Protostoria, 1: 885–890.

Silla, G.A. 1935 – La nuova stazione preistorica dell’Arma dell’Aquila. Bollettino della Reale Deputazione di Storia Patria per la
Liguria. Sezione Ingauna e Intemelia, II (1), XIV: 81–92.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila. Bollettino della Reale Deputazione di Storia Patria per la Liguria. Sezione
Ingauna e Intemelia, III (3-4), XV: 73–80.

Spadea, G. 2004 – Luigi Bernabò Brea e la Soprintendenza alle Antichità della Liguria: 1939-1941. Bollettino d’Arte, Volume Speciale:
XI–XVII.

Sparacello, V.S., Roberts, C.A., Canci, A., Moggi-Cecchi, J. e Marchi, D. 2016 – Insights on the paleoepidemiology of ancient
tuberculosis from the structural analysis of postcranial remains from the Ligurian Neolithic (northwestern Italy). International
Journal of Paleopathology, 15: 50–64. http://dx.doi.org/10.1016/j.ijpp.2016.08.003.

Tarantini, M. 2008 – Mecenatismo e archeologia. L’attività del Conte David Augusto Costantini (1926-1936). In: De Pascale, A., Del
Lucchese, A. e Raggio, O. (a cura di) La nascita della Paletnologia in Liguria: personaggi, scoperte e collezioni tra XIX e XX
secolo. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 359–362.

Zambelli, F.H. 1934 – La Tana di Badalucco nella Liguria Occidentale. Le Grotte d’Italia, VIII (1-4): 1–11.

Zambelli, F.H. 1937 – Gli scavi in Val dell’Aquila. Giornale storico e letterario della Liguria, XIII (XVI-IV): 249–256.

Indirizzi degli Autori:

ANDREA DE PASCALE, Museo Archeologico del Finale, Istituto Internazionale di Studi Liguri - sezione Finalese, Chiostri di Santa
Caterina, I-17024 FINALE LIGURE BORGO (SV)
E-mail: depascale@museoarcheofinale.it

MAURA STEFANI, via Cavour 3, I-31050 MIANE (TV)


E-mail: didattica.stefani@parcolivelet.it

– 43
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 45–48

ROBERTO CABELLA e MICHELE PIAZZA

BREVE INTRODUZIONE ALLA GEOLOGIA DEL FINALESE (SAVONA)

RIASSUNTO – Gli autori descrivono brevemente la geologia dell’area circostante la caverna dell’Arma dell’Aquila, ubicata
nell’omonima valle del Finalese. Queste informazioni sono utili alla conoscenza delle caratteristiche delle potenziali materie prime
disponibili in zona al fine di interpretare correttamente sia i dati archeometrici desunti dalle analisi delle ceramiche, sia l’utilizzo delle
risorse litiche per la produzione di strumenti in pietra.

ABSTRACT – The authors describe the geology of the Finalese area where the cave Arma dell’Aquila opens. The site location is of
key importance for the interpretation of the potential lithic raw material sources available to the prehistoric communities that settled in
the cave, and the correct interpretation of data achieved from pottery and stone tools archaeometric analyses.

Parole chiave – Geologia del Finalese, Pietra di Finale, Ubicazione dell’Arma dell’Aquila
Keywords – Finalese geology, Pietra di Finale, Arma dell’Aquila location

1.  LA GEOLOGIA DEL TERRITORIO

L’area del Finalese (Fig. 1) è caratterizzata dalle rocce carbonatiche prevalentemente bioclastiche note
come “Pietra di Finale” geneticamente correlate ad un evento deposizionale trasgressivo (Oligocene superiore
- Miocene medio) sul substrato pre-cenozoico pertinente al Brianzonese ligure (Issel, 1885; Boni et al., 1968;
1971; Vanossi et al., 1984; Cortesogno e Vanossi, 1985; Giammarino et al., 2002).
Le unità stratigraficamente sottostanti appartengono al Dominio Brianzonese Ligure Interno, suddivisibile
schematicamente in Unità di basamento cristallino, unità di “tegumento” e unità di coperture sedimentarie.
Nell’area considerata le rocce che costituiscono il basamento cristallino affiorano in modo estremamente li-
mitato in località Manie, dove sono osservabili gneiss riferibili al Massiccio cristallino di Calizzano-Savona.
Le principali masse di rocce granitoidi, gneiss e anfiboliti del basamento sono affioranti a ovest e a nord-est
(Massicci cristallini Calizzano e Savona: Gaggero et al., 2004). Le Unità di coperture sono presenti in zone
limitrofe all’area occupata dalla Pietra di Finale ma non affiorano nella valle dell’Aquila; al contrario, nell’a-
rea esaminata la presenza delle rocce del Tegumento Permo-Carbonifero (Vanossi et al., 1984; Decarlis et
al., 2013) stratigraficamente al di sotto della “Pietra di Finale” domina l’area a nord e ad ovest. Si tratta prin-
cipalmente di metavulcaniti acide più o meno scistose, generalmente riconducibili a prodotti piroclastici, di
metavulcaniti andesitiche e di scisti di varia natura, da quarzosi a filladici correlabili in gran parte ai prodotti
di erosione dei litotipi effusivi piroclastici. Si rinvengono in prossimità della zona dell’Arma dell’Aquila in
sponda sinistra orografica del torrente e si estendono ulteriormente nella parte più a nord.
La “Pietra di Finale” è stata distinta in unità litostratigrafiche (Boni et al., 1968) e rappresenta l’unico
esempio, in Liguria, di calcari miocenici. Si tratta di calcari conchigliari bioclastici più o meno arenacei
a cemento calcitico, massicci o in strati spessi o molto spessi (Miocene inferiore-medio) che giacciono in
trasgressione o su un complesso di base da conglomeratico a marnoso o direttamente sulle unità brianzonesi.
La Pietra di Finale affiora nelle placche di Verezzi, Rocca di Perti, Rocca Carpanca e Monte Cucco-Rocca degli
Uccelli ed è suddivisa in cinque Membri (Poggio, Torre Bastia, Verezzi, Rocce dell’Orera e Monte Cucco).
Recentemente Brandano (et al., 2015) propongono di riunire i Membri di Poggio e Torre di Bastia in una
unità informale che chiamano Terrigenous unit di età miocenica inferiore (conglomerati ed arenarie potenti
circa 60 m (Membro di Poggio) cui seguono marne ed arenarie) ed i Membri di Verezzi, Rocce dell’Orera
e Monte Cucco in un’altra unità informale che identificano come Calcareous unit datata al Miocene medio
(Langhiano-Serravalliano; calcari arenacei e bioclastici, calcari ad Halimeda).

– 45

Fig. 1 – Carta geologica schematica del Finalese con l’ubicazione dei siti dell’Arma dell’Aquila, Arene Candide, Pian del Ciliegio,
Grotta Pollera e San Sebastiano di Perti (ridisegnata e modificata da Giammarino et al., 2002).

A seguito della sua evoluzione tettonica (Marini, 1986) si è generata una scomposizione della regione
in blocchi (Boni et al., 1971; Vanossi et al., 1984; Cortesogno e Vanossi, 1985; Marini, 1986) che hanno
fortemente condizionato, unitamente alla natura geologica di coperture sedimentarie e substrato, l’evoluzione
geomorfologica dell’area, modellata in prevalenza da processi carsici, ma anche gravitativi e fluviali.
Nei litotipi carbonatici spiccano gli altipiani della Caprazoppa, di Rocca di Perti, di Bric dei Frati, di
Camporiundu, di Rocca degli Uccelli e delle Manie, che rappresentano le tracce relitte di un altipiano carsico
derivante dal sollevamento, erosione e successiva dissecazione di una più ampia superficie di erosione
postmiocenica, debolmente inclinata verso S, la cui esistenza è ipotizzabile dalla correlazione delle superfici
delle vette (Biancotti e Motta, 1989).
Questo altipiano, con un’estensione iniziale di oltre 10 km in direzione E-W e di circa 5 km in direzione
N-S, è stato interessato nel corso del Plio-Pleistocene dallo sviluppo del carsismo superficiale con la genesi
di depressioni chiuse e, conseguentemente al progressivo sollevamento tettonico dell’area con un sensibile
abbassamento del livello di base, anche dallo sviluppo di un carsismo ipogeo (Maifredi e Pastorino, 1969).
In seguito l’altipiano è stato dissezionato da valli fluviali allogeniche, quali la Val Ponci e la Val Sciusa, la cui
direzione del reticolo idrografico trae origine dall’impostazione assunta durante la formazione del suddetto
glacis d’erosione (Maifredi et al, 1972; Biancotti et al., 1991; Ajassa e Motta, 1991).

2.  LITOSTRATIGRAFIA DELLA REGIONE

Dal punto di vista litostratigrafico, nell’area esaminata nel dettaglio, sono stati distinti (Boni et al., 1971):
- Depositi alluvionali (Olocene). Depositi alluvionali da fini a grossolani, depositi eluviali e colluviali.
- Calcare di Finale Ligure (“Pietra di Finale” - Miocene inferiore?- Miocene medio). Questa formazione
è nel suo insieme trasgressiva o sul suo complesso di base o direttamente sul substrato costituito dalle Unità
Brianzonesi. La sua suddivisione in cinque membri (Boni et al., 1968), merita una descrizione più estesa,
in quanto le differenze esistenti dal punto di vista litologico tra i membri distinti consente di fare distinzioni
negli studi di provenienza. In posizione stratigraficamente più elevata si trova il Membro di M. Cucco (dove si

46 –
trova l’Arma dell’Aquila) principalmente costituito da calcari bioclastici a cemento calcitico, a grana grossa,
da bianchi a rosati, con lenti arenacee e conglomeratiche. Il membro di M. Cucco arealmente occupa la gran
parte degli affioramenti della Formazione con spessori che raggiungono i 200 m. In posizione eteropica o
soggiacente si trova il membro di Rocce dell’Orera costituito da calcari bioclastici massicci e vacuolari con
frequenti intercalazioni di conglomerati e arenarie poligeniche; questo membro affiora nelle placche di Verezzi
e Rocca di Perti; il membro di Verezzi, stratigraficamente soggiacente al precedente, affiora solo nella placca
omonima ed è caratterizzato da calcari conchigliari passanti a calcari bioclastici arenacei e arenarie calcaree
di colore rossiccio; il contenuto fossile è rappresentato da echinidi, lamellibranchi, brachiopodi, coralli e resti
di selaci. Il sottostante membro di Torre Bastia è individuabile esclusivamente nella placca di Verezzi ed è
costituito da marne con intercalazioni di arenarie fini e argille nella parte basale e passanti a marne da argillose
a calcaree compatte al tetto. Il membro di Poggio, il più basso dal punto di vista stratigrafico, presente nella
placca di Verezzi, è rappresentato da alternanze lenticolari di conglomerati massicci poligenici e arenarie con
abbondante cemento calcitico, caratterizzate da impronte e calchi di pettinidi.
- Complesso di base del Calcare di Finale Ligure (Oligocene - Miocene inferiore). Si trova alla base del
Calcare di Finale, è presente in piccoli affioramenti isolati, ed è rappresentato da sabbie quarzose grossolane,
marne argilloso-arenacee e ghiaie.
- Calcari di Val Tanarello (Giurassico superiore). Sono calcari marmorei compatti presenti in affioramenti
limitati nella parte sudoccidentale dell’area considerata. Fanno parte della copertura del Brianzonese Ligure.
- Porfiroidi del Melogno (Permiano inferiore). Si tratta di metavulcaniti acide prevalentemente derivate
da prodotti piroclastici e ignimbritici a composizione da riolitica a riodacitica, a pasta di fondo verde chiara,
scistosa, in cui si possono individuare fenoclasti di quarzo e feldspato; le facies più tufacee talvolta sono
difficilmente distinguibili dagli Scisti di Gorra. Nell’area considerata affiorano a nord e sud-ovest. Talvolta si
osserva la presenza di intercalazioni di metaandesiti, confrontabili con quelle della Formazione di Eze.
- Scisti di Gorra (Carbonifero superiore). Si tratta di metasedimenti eterogenei generalmente ricchi in
fillosilicati che comprendono scisti sericitici, cloritici, filladici e micascisti a grana fine, più raramente sono
presenti quarziti, quarzoscisti e metaarenarie e metaconglomerati quarzoso-feldspatici. Sono inoltre presenti
intercalazioni attribuibili ai Porfiroidi del Melogno e alla formazione di Eze.
- Formazione di Eze (Carbonifero superiore). Metaandesiti generalmente verdi, più o meno trasformate in
prasiniti e scisti prasinitici talvolta con abbondante clorite ed epidoto.

BIBLIOGRAFIA

Ajassa, R. e Motta, M. 1991 – Osservazioni sui suoli della zona dell'Altopiano delle Manie-Monte Capo Noli. Studi e Ricerche di
Geografia, XIV (2): 194–213.

Biancotti, A., Brancucci, G. e Motta, M. 1991 – Note illustrative alla carta geomorfologica dell’Altopiano delle Manie e dei bacini
idrografici limitrofi (Liguria occidentale). Studi e Ricerche di Geografia, XIV (2): 155–177.

Biancotti, A. e Motta, M. 1989 – Morfoneotettonica dell'Altopiano delle Manie e zone circostanti (Liguria occidentale). Supplemento
a Geografia Fisica e Dinamica del Quaternario, I: 45–68.

Boni, A., Cerro, A., Giannotti, R. e Vanossi, M. 1971 – Note illustrative della Carta Geologica d’Italia. Foglio 92-93 “Albenga-
Savona”. Servizio Geologico d'Italia, Roma: 142 pp.

Boni, P., Mosna, S. e Vanossi, M. 1968 – La “Pietra di Finale” (Liguria Occidentale). Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di
Pavia, 18: 102–150.

Brandano, M., Tomassetti, L. e Frezza, V. 2015 – Halimeda dominance in the coastal wedge of Pietra di Finale (Ligurian Alps,
Italy): The role of trophic conditions. Sedimentary Geology, 320: 30–37. doi: 10.1016/j.sedgeo.2015.02.001.

Cortesogno, L. e Vanossi, M. 1985 – Introduzione alla geologia delle Alpi Liguri. Lavori della Società Italiana di Biogeografia,
Nuova Serie 9: 1–48.

– 47
Decarlis, A., Dallagiovanna, G., Lualdi, A., Maino, M. e Seno, S. 2013 – Stratigraphic evolution in the Ligurian Alps between
Variscan heritages and the Alpine Tethys opening: A review. Earth-Science Reviews, 125: 43–68.

Gaggero, L., Cortesogno, L. e Bertrand, M. 2004 – The pre-Namurian basement of the Ligurian Alps: A review of the litostratig-
raphy, pre-Alpime metamorphic evolution, and regional comparisons. Periodico di Mineralogia, 73: 85–96.

Giammarino, S., Giglia, G., Capponi, G., Crispini, L. e Piazza, M. 2002 – Carta Geologica della Liguria - Scala 1:200.000.
Laboratorio di Cartografia digitale e GIS. Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena. Litografia Artistica
Cartografica, Firenze.

Issel, A. 1885 – La Pietra di Finale nella Riviera Ligure. Bollettino del Regio Comitato Geologico Italiano, 16: 340–362.

Maifredi, P., Cachia, M., De Marinis, R. e Pastorino, M.V. 1972 – Contributi allo studio dei rapporti tra carsismo ed idrogeologia
nel Finale: “La valle del Rio Ponci” (Finale Ligure - SV). Atti del XI Congresso Nazionale di Speleologia: 250–280. Genova.

Maifredi, P. e Pastorino, M.V. 1969 – Osservazioni idrogeologiche sulla sorgente dell’Acquaviva presso Finalpia (provincia di
Savona). Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova, VII (I): 59–69.

Marini, M. 1986 – Deformazioni fragili e semifragili della Pietra del Finale (Liguria Occidentale). Atti della Società Toscana di
Scienze Naturali, Memorie, Serie A, 93: 31–55.

Vanossi, M., Cortesogno, L., Galbiati, B., Messiga, B., Piccardo, G.B. e Vannucci, R. 1984 – Geologia delle Alpi Liguri: dati,
problemi, ipotesi. Memorie della Società Geologica Italiana, 28: 5–75.

Indirizzi degli Autori:

ROBERTO CABELLA e MICHELE PIAZZA, Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente
e della Vita (DISTAV), Corso Europa 26, I-16132 GENOVA
E-mail: cabella@dipteris.unige.it; mpiazza@dipteris.unige.it

48 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 49–94

ELISABETTA STARNINI e PAOLO BIAGI

I REPERTI CERAMICI DELL’ARMA DELL’AQUILA


(FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – Nel presente lavoro sono riassunti i risultati ottenuti dal riesame dei reperti ceramici provenienti dagli scavi dell’Arma
dell’Aquila depositati presso il Museo Archeologico del Finale. Si tratta, per la maggior parte, di materiali attribuibili alla Cultura della
Ceramica Impressa e dei Vasi a Bocca Quadrata e, in minor quantità, di elementi riferibili a frequentazioni posteriori, che testimoniano
l’uso del riparo anche in periodi successivi al Neolitico, sino all’età del Bronzo, in analogia con quanto noto per altre stazioni del
Finalese.

ABSTRACT – This paper presents the results of the study of the ceramic assemblages retrieved during the excavations carried out
at Arma dell’Aquila at present stored in the collections of Finale Archaeological Museum. They are represented mainly by vessels
attributable to the Impressed Ware and Square-Mouthed Pottery Cultures. Some fragments show that the rock shelter was utilised also
during later prehistoric period, up to the Bronze Age, similarly to what is known from other Finalese caves.

Parole chiave – Neolitico ligure, Reperti ceramici, Cultura della Ceramica Impressa, Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, Cronologia
radiocarbonica
Keywords – Ligurian Neolithic, Pottery assemblages, Impressed Ware Culture, Square-Mouthed Pottery Culture, Radiocarbon
chronology

1. INTRODUZIONE

Nel corso del riesame dei reperti ceramici provenienti dagli scavi dell’Arma dell’Aquila, depositati pres-
so il Museo Archeologico del Finale, sono stati studiati i materiali provenienti sia dagli scavi di C. Richard
del 1938 e 1942, sia quelli, numericamente inferiori, provenienti dai recuperi e saggi precedenti eseguiti nel
1934, 1936 e 1937 nel talus, nella caverna centrale, nell’“antro di destra” e nel cunicolo di sinistra (Fig. 1),
ad opera di G.A. Silla e F.H. Zambelli del Gruppo Aldobrandino Mochi di Imperia, per conto dell’Istituto di
Paleontologia Umana, pubblicati successivamente, in una breve nota, da G.A. Silla (1935; 1937; Richard,
1942: 43–44 e 50–52).
Purtroppo, c’è da sottolineare che, nonostante l’importante scoperta, i lavori di cava di Pietra di
Finale, che avevano messo in luce il deposito archeologico, continuarono ad interessare la zona fino alla
completa distruzione delle cavità in cui era articolata l’Arma dell’Aquila e del relativo complesso arche-
ologico. Oggi sopravvive solo il riparo, a sud delle due caverne, anche se completamente obliterato dal
detrito della Cava Simonetti che ha cessato l’attività solo da pochi anni, identificato grazie alla presenza
di un tratto di parete che compare nelle vecchie fotografie (Fig. 2) in corrispondenza dell’area indagata
da C. Richard, dove potrebbe ancora conservarsi qualche lembo di riempimento antropico, probabilmente
la parte più profonda.
Mentre i reperti oggetto di esposizione museale, soprattutto le forme interamente o parzialmente rico-
struite e i frammenti decorati, sono stati descritti ed inventariati nelle schede museali, alcuni dei frammenti
giacenti nei depositi del Museo del Finale conservano solo in parte le informazioni originali di provenienza.
Tuttavia, anche per molti di questi frammenti è stato possibile definire l’appartenenza culturale in base alle
loro caratteristiche tipologiche. Come accennato, la maggior parte dei reperti proviene dagli scavi condotti da
C. Richard, e solo una minima parte era già stata pubblicata dallo stesso autore (Richard, 1942: Tav. XI, nn. 1,
3, 9 e 18; Tav. XII, nn. 1-10), mentre la ceramica riferibile agli scavi di Zambelli è stata parzialmente illustrata
da parte di G.A. Silla (1935; 1937). Infine, una breve nota che presenta i dati preliminari, elaborati all’inizio

– 49
Fig. 1 – Arma dell’Aquila: planimetria dell’area vincolata dal Soprintendente L. Bernabò Brea nel 1941, che ricalca il rilievo dell’Ing.
R. De Marpillero pubblicato da G.A. Silla (1937: 74), in cui è indicata, sulla destra, la zona degli scavi di C. Richard nell’“antro di
destra”.

50 –
b

Fig. 2 – Arma dell’Aquila: la zona dell’“antro di destra” ripresa nell’inverno del 2007 (a) nella pagina precedente; sopra, la stessa du-
rante la campagna di scavo del 1938 di C. Richard (b) (fotografie di P. Biagi [a] e del giornale di scavo di C. Richard [b]).

del lavoro di revisione, è stata a suo tempo pubblicata


negli Atti della XXVI Riunione dell’Istituto Italiano
di Preistoria e Protostoria (Arobba et al., 1987).
Da osservare che, mentre i materiali del 1936
provengono da saggi eseguiti sia nella caverna cen-
trale, sia nell’antro di destra e nel cunicolo di sini-
stra, gli scavi condotti da C. Richard si concentrarono
invece nell’area del cosiddetto riparo, corrispondente
all’antro di destra, ubicato sotto la parete di calcare a
strapiombo (Fig. 3).
Molti reperti sono numerati a china o a matita, o
corredati di etichette cartacee originali con le indica-
zioni di provenienza e data di rinvenimento (Fig. 4,
n. 1). In alcuni casi, nei diari originali di C. Richard
del 1938 e 1942, e di V. Chiappella del 1942, sono
riconoscibili, grazie alle descrizioni ivi riportate, al-
cuni dei frammenti con particolari decorazioni che, a
volte, sono stati addirittura illustrati con un disegno
nel diario stesso (Fig. 4, nn. 2 e 3). Per lo studio si è
rispettata la suddivisione in “focolari” applicata da C.
Richard nei suoi scavi del 1938 e 1942, altrimenti da
lui ridefiniti strati culturali, indicati con numeri arabi
Fig. 3 – Arma dell’Aquila: la parete in cui si apre il riparo in cui (Richard, 1942), e in “strati” o tagli (in numeri ro-
vennero condotti gli scavi di C. Richard in un’immagine dell’e- mani) osservati al di sotto di questi focolari, conside-
poca (fotografia del giornale di scavo di C. Richard). rati quindi come unità stratigrafiche di analisi, ripor-

– 51
tando in catalogo, quando presenti, le indicazio-
ni originali leggibili sui pezzi (Fig. 28, nn. 5 e
6; Fig. 29, nn. 2 e 7). Questi focolari sono stati
poi meglio inquadrati cronologicamente grazie
all’esecuzione di numerose datazioni radiome-
triche (Tab. 1; Fig. 5).
Sono stati in tutto rintracciati ed esamina-
ti 3.814 frammenti ceramici, pari ad un peso di
79,82 kg (Tab. 2). Lo studio dei reperti fittili ha
consentito di riconoscere due orizzonti occu-
pazionali principali (Fig. 6), uno riferibile alla
Cultura della Ceramica Impressa tipologica-
mente e cronologicamente attribuibile alla pri-
ma fase del Cardiale (Guilaine e Manen, 2002:
44), l’altro alla fase antica della Cultura dei Vasi
a Bocca Quadrata (VBQ), di stile geometrico-li-
neare, che ha restituito il maggior quantitativo
di manufatti ceramici, prevalentemente inorna-
ti. Una scelta significativa di frammenti rappre-
sentativi degli impasti caratteristici delle produ-
zioni di questi due momenti di insediamento è
stata sottoposta ad indagini archeometriche (cfr.
Capelli et al., 2018).
Sono stati inoltre riconosciuti anche rari
elementi delle fasi successive del Neolitico, ol-
tre materiali attribuibili alle età dei Metalli, fino
almeno al Bronzo Finale. La presenza antropica
Fig. 4 – Arma dell’Aquila: una delle etichette originali che accompa-
durante l’età del Bronzo è indicata anche dalla
gnavano i materiali in deposito con la calligrafia originale di L. Bernabò datazione radiometrica GrA-45203 (3415±35
Brea (n. 1); particolari del giornale di scavo redatto da V. Chiappella e BP) che, seppur ottenuta da un campione rac-
C. Richard con gli schizzi di due frammenti ceramici (nn. 2 e 3). colto nel 6° focolare neolitico, documenta con
certezza un’occupazione della cavità anche du-
rante questo periodo.
Una breve descrizione sintetica di ogni sin-
golo frammento considerato “diagnostico” ai
fini di una sua attribuzione crono-culturale è ri-
portata nel Catalogo in Appendice 1. Gli impasti
sono stati suddivisi in tre categorie, rispettiva-
mente in fine, medio e grossolano, in base alla
dimensione e frequenza degli inclusi minerali o
di frammenti di rocce visibili ad occhio nudo,
utilizzando criteri analoghi a quanto già propo-
sto in studi di contesti simili del Finalese ai quali
si rimanda per maggiori dettagli (Del Lucchese
e Scotti, 2009). In linea di massima, gli impasti
fini sono quelli in cui non si osservano clasti mi-
Fig. 5 – Arma dell’Aquila: scatterplot delle datazioni cali-
brate ottenute da campioni provenienti dal complesso olo-
cenico secondo OxCal v4.3.2, indipendentemente dal loro
ordine stratigrafico (vedi Tab. 1). Le sigle riguardanti i resti
umani sono riprese da Sparacello et al., 2018: Fig. 3. I
punti neri indicano datazioni eseguite su campioni di resti
umani, quelli marroni, su resti vegetali carbonizzati. Il pun-
tino nero cerchiato in verde riguarda due datazioni ottenute
con due metodi diversi su di un campione di costa umana
trattata con Paraloid (van der Plicht com. pers., 2007).

52 –
N. laboratorio Sigla Provenienza Materiale Campagna scavo δ13C Datazione Data calibrata Bibliografia data/reperto
campione campione datato (uncal BP) cal BC Calpal
OLOCENE – ETA’ DEL RAME E DEL BRONZO
Corylus Inedita
GrA-45203 AQ7 6° focolare, -1,50 m luglio 1938 -25.14 3415±35 1718±41
carbone
Quercus Inedita
Bln-3449 A. Aquila1 5° focolare 29/09/1942 nd 4030±70 2612±120
carboni
OLOCENE – NEOLITICO MEDIO
Vitis vinifera Inedita
GrA-43066 AQ6 4° focolare 1938 -26.53 5515±45 4386±44
seme
Cranio umano Inedita
OxA-V-2365-51 11529 6° focolare _ -18.8 5738±33 4601±54
(RS2)
Inedita/ZAMBELLI, 1937: 253;
Sotto il 4° focolare, Costa umana
GrN-17730 AQ3 Primavera 1937 -20.62 5800±90 4658±104 RICHARD, 1942: 52; 75;
sepoltura Zambelli (Z1)
PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Inedita/ZAMBELLI, 1937: 253;
Sotto il 4° focolare, Costa umana
OxA-V-2365-37 11522 Primavera 1937 -20.2 5804±33 4658±44 RICHARD, 1942: 52; 75;
sepoltura Zambelli (Z1)
PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Sotto il 5° focolare, Costa umana Inedita/RICHARD, 1942: 61;
GrA-38328 AQ5 29/07/1938 -20.95 5985±35 4879±47
sepoltura Richard 4 (R3) PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Sotto il 5° focolare, Costa umana Inedita/RICHARD, 1942: 61;
OxA-V-2365-34 11525 28/07/1938 -20.1 6029±33 4924±52
sepoltura Richard 3 (R3) PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Sotto il 5° focolare, Costa umana Inedita/RICHARD, 1942: 61;
OxA-V-2365-33 11526 29/07/1938 -19.9 6114±32 5089±84
sepoltura Richard 4 (R3) PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Costa umana Inedita/RICHARD, 1942: 62;
OxA-V-2365-32 11527 sepoltura Richard 5 30/08/1938 -20.4 6118±33 5093±85
(R5) PARENTI e MESSERI, 1955: 4
Sotto il 5° focolare, Costa umana Inedita/RICHARD, 1942: 59;
GrA-38258 AQ4 26/07/1938 -20.26 6125±35 5098±83
sepoltura Richard 2 (R2) PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Sotto il 5° focolare, Costa umana Inedita/RICHARD, 1942: 59;
OxA-V-2365-35 11524 26/07/1938 -19.8 6155±34 5121±65
sepoltura Richard 2 (R2) PARENTI e MESSERI, 1955: 3
Quercus BAGOLINI e BIAGI, 1990: 11;
Bln-3450 A. Aquila2 III strato sotto il 5° focolare 29/09/1942 nd 6240±90 5199±111
carboni BIAGI e STARNINI, 2016: 38
BIAGI e STARNINI, 2016: 38/
Sotto il 5° focolare, Costa umana
GrA-38257 AQ5 29/07/1938 -20.74 6315±35 5286±42 RICHARD, 1942: 61;
sepoltura Richard 4 (R3)
PARENTI e MESSERI, 1955: 3
BIAGI e STARNINI, 2016: 38/
5° focolare, Costa umana
OxA-V-2365-36 11523 25/07/1938 -20.2 6318±33 5288±42 RICHARD, 1942: 57;
sepoltura Richard 1 (R1)
PARENTI e MESSERI, 1955: 3
OLOCENE – NEOLITICO ANTICO
BIAGI e STARNINI, 2016: 38/
Sotto il 6° focolare, Cranio umano
OxA-V-2365-31 11528 1/09/1938 -19.2 6678±33 5600±29 RICHARD,1942: 64;
sepoltura fanciullo (R6)
PARENTI e MESSERI, 1955: 4
Cranio umano
OxA-V-2365-50 11530 7° focolare 30/07/1938 -19.6 6669±34 5596±29 BIAGI e STARNINI, 2016: 38
(RS3)
PLEISTOCENE SUPERIORE
Pinus-Larix 20430+480
GrN-17485 AQ1 8° focolare, -5,50 m 23/10/1942 -24.12 22414±561 Inedita
carboni /-450
Panthera Leo Inedita
GrA-51010 AQ8 7° focolare 1942 -19.68 20460±80 22457±301
dente
39900+5100 Inedita
GrN-17486 AQ2 9° focolare, -6,40 m Pinus carboni 27/10/1942 -24.09 42054±4116
/-3100

Tab. 1 – Arma dell’Aquila: datazioni radiocarboniche disponibili per i diversi “focolari” e le sepolture. Tra parentesi, le sigle utilizzate
da Sparacello et al. (2018): Fig. 3.

nerali o frammenti di rocce, mentre quelli grossolani presentano numerosi inclusi superiori al millimetro, tal-
volta fino oltre i 5 mm. Gli impasti definiti “medi” sono quelli in cui gli inclusi minerali millimetrici sono rari,
sebbene presenti e ancora visibili ad occhio nudo. In frattura, i frammenti si presentano per la maggior parte
di colore scuro soprattutto per quanto riguarda la produzione della Ceramica Impressa. I colori delle superfici
esterne ed interne, molto spesso variabili sullo stesso frammento, sono stati definiti in base alla scala Munsell
Soil Color Charts (1992) e variano tra i seguenti toni:

rosso:
2.5YR 5/8 red = rosso
2.5YR 5/6 red = rosso mattone
5YR 4/6 yellowish red = rosso
5YR 5/6 yellowish red = rosso giallastro

arancio:
7.5YR 6/6 reddish yellow = arancio

– 53
bruno giallastro/chiaro:
10YR 5/6 yellowish brown = bruno giallastro
10YR 6/4 light yellowish brown = bruno giallastro, bruno chiaro
7.5YR 6/4 light brown = bruno chiaro
7.5YR 6/3 light brown = bruno chiaro

camoscio:
5YR 5/4 reddish brown = camoscio
5YR 6/4 light reddish brown = camoscio
5YR 6/6 reddish yellow = camoscio

bruno:
2.5 YR 4/2 weak red = bruno
7.5YR 4/2 brown = bruno
7.5YR 5/2 brown = bruno
7.5YR 5/3 brown = bruno
7.5YR 5/4 brown = bruno
10 YR 4/3 brown = bruno
10 YR 5/3 brown = bruno
10YR 5/4 yellowish brown = bruno
10 YR 6/3 pale brown = bruno

bruno rossastro:
5YR 4/4 reddish brown = bruno rossastro
5YR 4/3 reddish brown = bruno rossastro
5YR 5/3 reddish brown = bruno rossastro

bruno scuro:
5YR 4/2 dark reddish grey = bruno scuro
grigio rosato:
7.5YR 6/2 pinkish grey = grigio rosato
grigio rossastro:
10YR 6/2 light brownish grey = grigio rossastro
grigio bruno:
N4/1 dark reddish grey = grigio bruno
10YR 5/2 greyish brown = grigio, grigio bruno
10YR 4/2 dark greyish brown = grigio bruno scuro

grigio:
2.5Y 5/2 greyish brown = grigio
10YR 5/1 grey = grigio
grigio scuro:
5YR 3/1 very dark grey = grigio scuro
5YR 4/1 dark grey = grigio scuro
7.5YR 3/1 very dark grey = grigio nerastro, grigio scuro
7.5YR 4/1 dark grey = grigio scuro
10YR 4/1 dark grey = grigio scuro
nero:
2.5Y 4/1 dark grey = nero
10YR 3/1 very dark grey = nero, nero brunastro
N3 very dark grey = nero
N4 dark grey = nero

54 –
La variabilità degli impasti e del cromatismo delle superfici dei prodotti vascolari, osservata quest’ultima
in alcuni casi anche nello stesso recipiente, oltre ad essere indice di atmosfera di cottura non omogenea, fanno
ritenere che i recipienti siano il risultato di più cicli produttivi.

Fig. 6 – Arma dell’Aquila:


istogrammi del numero (si-
nistra) e del peso (destra) dei
frammenti fittili rinvenuti
nei diversi “focolari” neoli-
tici degli scavi di C. Richard
(modificato da Arobba et al.,
1987: Fig. 2A).

Tab. 2 – Arma dell’Aquila:


distribuzione numerica e
ponderale dei frammenti ce-
ramici raccolti negli scavi di
C. Richard del 1938 e 1942,
ai quali è stato possibile attri-
buire una collocazione strati-
grafica.

2.  I MATERIALI FITTILI DEI LIVELLI A CERAMICA IMPRESSA

Frammenti ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa sono stati raccolti sia nel talus ester-
no (16 frammenti diagnostici dai recuperi di Silla e 27 dalle indagini di Richard) e negli scavi pubblicati da
Silla (11 frammenti), sia nei focolari più profondi della serie olocenica, a partire dal 5° focolare degli scavi
Richard (7 frammenti) dove, tuttavia, sono in numero inferiore rispetto agli elementi VBQ, e nei focolari 6°
(6 frammenti) e 7° (2 frammenti) (Appendice 1). Da segnalare anche la presenza di 2 frammenti di ceramica
impressa rinvenuti nel contesto della Tomba 1 dello scavo Zambelli (Fig. 7, nn. 5 e 10), uno dei quali è stato
sottoposto ad analisi archeometriche (AQ7, Capelli et al., 2018: Fig. 2, n. 1). La loro presenza nel deposito
contenente la cosiddetta sepoltura Zambelli 1 (Zambelli, 1937: 252–254), l’unica tomba a cista litica rinve-
nuta, datata a 5804±33 BP (OxA-V-2365-37) e 5800±90 BP (GrA-17730), testimonia come l’occupazione del
riparo in momenti diversi del ciclo Neolitico abbia comportato inevitabilmente il rimaneggiamento di depositi
più antichi e lo spostamento di reperti negli orizzonti occupazionali più recenti, fenomeno già osservato in
contesti di altre cavità liguri (Del Lucchese e Starnini, 2010).

– 55
Fig. 7 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Zambelli, 1936 (nn. 5 e 10);
scavi Silla (nn. 1-4, 6-9 e 11).

Sono presenti decorazioni cardiali, eseguite col margine dentellato della valva della conchiglia, ed anche
decorazioni strumentali (con motivi a “C”, o a lunetta, ovali, a linee appaiate, ecc.) e digitali, organizzate a
pannelli, fasce o bande, che decorano prevalentemente contenitori globulari o emisferici aperti (Fig. 7-14, 27 e
28, nn. 3-6). I contenitori profondi, a pareti generalmente spesse, sono invece prevalentemente inornati, oppure
presentano cordoni plastici ed elementi da presa (Fig. 7, n. 8; Fig. 10).

56 –
Fig. 8 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Richard, dal talus (nn. 1-7,
9-12, 14, 15, 17, 18, 21 e 22); talus generico (nn. 8, 13, 19 e 20), scavi ignoti (n. 16).

– 57
Fig. 9 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Richard, V strato sotto il
5° focolare (n. 1), 6° focolare (n. 2), 5° focolare (nn. 3 e 4), senza indicazioni (n. 5), 6°+7° focolare (n. 6), 5°+6° focolare (n. 7), 7°
focolare (n. 8).

58 –
Fig. 10 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Richard, senza indicazioni
(n. 1), 5° focolare (n. 2), 6° focolare (n. 3).

– 59
Fig. 11 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Richard, 6° focolare (nn. 1
e 4), 7° focolare (n. 2), II strato sotto il 5° focolare (n. 3), 5° focolare (n. 5).

60 –
Fig. 12 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Richard, dal talus (nn. 1-3,
5-8 e 11-14), 6° focolare (n. 10); talus generico (nn. 4 e 9).

– 61
Fig. 13 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: talus generico (nn. 1, 5 e 7), scavi
Richard, V strato sotto il 6° focolare (n. 2), scavi Richard, talus (nn. 3, 6 e 10-13), 6° focolare (n. 8), 5° focolare (nn. 9, 14 e 15); scavi
ignoti (n. 4).

62 –
Fig. 14 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa: scavi Richard, talus (nn. 4 e 6);
frammenti ceramici attribuibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: Richard, talus (nn. 1-3), 5° focolare (n. 5).

3.  I MATERIALI FITTILI DEI LIVELLI DEL NEOLITICO MEDIO

Reperti tipologicamente riferibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata provengono sia dal talus (Fig.
16), sia dalla caverna centrale, strato inferiore (Silla, 1937: Fig. a pag. 76) degli scavi Zambelli (Fig. 15, n. 3)
e da vari recuperi precedenti gli scavi di C. Richard (Fig. 15, nn. 1, 2, 4, 6-9 e 11).
In generale si osserva che, oltre ai frammenti con elementi formali diagnostici (orli, fondi, anse, decora-
zioni), anche la maggior parte dei reperti ceramici è comunque attribuibile al Neolitico medio sulla base delle
caratteristiche dell’impasto e del trattamento delle superfici, in accordo con quanto già osservato in altre cavità
liguri, in cui lo spessore degli strati e la quantità dei materiali indicano che l’intensità dell’occupazione neoli-
tica coincide sempre con la Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata.
Tredici frammenti caratteristici della Cultura VBQ sono stati raccolti da C. Richard nel talus esterno alle
cavità (Fig. 16, nn. 1-7 e 9-11; Fig. 14, nn. 1-3), uno dei quali è stato sottoposto ad analisi archeometriche (cfr.
Capelli et al., 2018: Fig. 2, n. 4); un altro corrisponde al fondo di un contenitore che conserva le impronte
di un intreccio vegetale, oggetto di uno studio specifico (cfr. Arobba e Caramiello, 2018a: Fig. 1). Altri 16
frammenti di recipienti caratteristici della Cultura VBQ sono attribuibili agli scavi Richard, per quanto non
abbiano conservato indicazioni utili alla loro collocazione stratigrafica (Fig. 16, nn. 1, 2, 7 e 8; Fig. 18, nn.
1, 2, 4, 5 e 7; Fig. 21, n. 2; Fig. 22, nn. 3-5; Fig. 23, nn. 2, 3 e 5; Fig. 30, n. 1). Nei “focolari” dello scavo
Richard sono stati riconosciuti numerosi elementi fittili tipici della Cultura VBQ (Appendice 1), in particolare
2 frammenti provenienti dal 2° focolare (Fig. 18, n. 6; Fig. 19, n. 16), 9 dal 4° (Fig. 19, nn. 5, 6, 8 e 18; Fig.
21, n. 1; Fig. 22, nn. 6 e 7), di cui uno oggetto di una datazione diretta (GrA-43066: 5515±45 BP) eseguita su
di un seme carbonizzato di Vitis vinifera (Fig. 20, n. 2), accidentalmente inglobato nell’impasto (cfr. Arobba
e Caramiello, 2018b).
Più numerosi sono i frammenti VBQ raccolti nel 5° focolare (19 frammenti diagnostici), tra cui frammenti
di beccucci (Fig. 20, nn. 5 e 7), un frammento con sopraelevazioni a lobo sull’orlo (Fig. 20, n. 1) e qualche de-
corazione (Fig. 19, n. 9). Da segnalare in particolare, proveniente da un “focolare a buca” rinvenuto in questo
contesto, un frammento di fiasco ansato con una singolare decorazione a dischi plastici decorati ad incisioni,
descritto anche nel diario di scavo del 1942 (Fig. 30, n. 2) anch’esso sottoposto ad analisi archeometriche (cfr.
Capelli et al., 2018: Fig. 2, n. 7). La particolare decorazione costituisce un unicum nel panorama sia regionale,
sia extraregionale della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata.

– 63
Dal sottostante 6° focolare provengono ben 18 frammenti diagnostici riferibili al Neolitico medio, in
particolare frammenti di recipienti a bocca quadrata (Fig. 19, nn. 4, 7 e 19; Fig. 20, nn. 4 e 8) e scodelle emi-
sferiche con sopraelevazioni a lobo sull’orlo (Fig. 18, nn. 3, 8-10). Dal 7° focolare sottostante si annoverano
solo 4 frammenti tipologicamente attribuibili alla Cultura VBQ (Fig. 19, nn. 1-3 e 17). Gli elementi diagnostici
consentono di inquadrare la frequentazione del riparo in un momento piuttosto antico della Cultura VBQ, cor-
rispondente alla fase di stile geometrico-lineare (“Finale-Quinzano”), analogamente a quanto noto in altri con-
testi in grotta/riparo del Finalese (Caverna delle Arene Candide, Grotta Pollera e Riparo di Pian del Ciliegio:
Maggi e Starnini, 1997; Del Lucchese e Scotti, 2009; Del Lucchese e Starnini, 2010).
Da sottolineare, inoltre, l’assenza di decorazioni tipiche di questa fase (i motivi geometrici lineari graf-
fiti), nonché di recipienti su piede, elementi invece tutti presenti alle Arene Candide (Maggi e Starnini,
1997). I frammenti vascolari dell’Arma dell’Aquila appartengono a forme con imboccatura sia quadrilo-
bata, sia quadrata, e a scodelle e tazze con lobi soprelevati sull’orlo, prevalentemente inornate. Purtroppo
le informazioni stratigrafiche a disposizione non consentono di stabilire se questo aspetto del complesso
ceramico della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata sia indicativo di un particolare momento di occupazio-
ne non meglio inquadrabile da un punto di vista cronologico con le datazioni attualmente disponibili, che
comunque ricadono nella prima metà del VI millennio BP, oppure sia rappresentativo di specifiche attività
svolte all’interno del riparo.
È molto probabile che l'occupazione del Neolitico medio si sia interrotta intorno alla metà del VI millennio
BP, come indicherebbero la presenza di un frammento di recipiente di impasto fine con decorazione a triangoli
escissi (Fig. 19, n. 9; Bernabò Brea, 1946: Tav. XLIX, n. 6), la già menzionata datazione radiometrica otte-
nuta su di un seme di Vitis vinifera carbonizzato estratto dalla parete di un bicchiere a bocca quadrata (Fig. 20,
n. 2: GrA-43066: 5515±45 BP), oltre che l’assenza di reperti diagnostici caratteristici della Cultura di Chassey.

4.  I MATERIALI FITTILI PREISTORICI DEI LIVELLI POST-NEOLITICI

Dalla superficie del riparo proviene un frammento di ansa a gomito con leggera sopraelevazione, riferibile
all’antica età del Bronzo (Fig. 27, n. 4). Allo stesso periodo può essere attribuito un frammento di grande re-
cipiente cordonato, proveniente dallo stesso contesto superficiale (Fig. 27, n. 1). Questi reperti possono essere
messi in relazione alla datazione GrA-45203 (3415±35 BP) ottenuta su di un frammento di carbone di Corylus;
mentre una data che non trova riscontro nei reperti della cultura materiale rinvenuti durante gli scavi Richard
nel riparo, ricade nell’età del Rame (Bln-3449: 4030±70 BP) (cfr. Tab. 1).
Dal “I strato” degli scavi Zambelli, condotti nella ormai distrutta “caverna centrale”, proviene un piccolo
gruppo di reperti fittili, tra cui un frammento di carena decorata con motivo plastico a costolature a “fascia di
turbante”, riferibile ad un contenitore biconico di impasto nero-lucido, attribuibile, su base tipologica, all’età
del Bronzo Finale (Fig. 27, n. 5). Molto probabilmente anche gli altri reperti ceramici rinvenuti nel medesimo
contesto, costituiti rispettivamente da un frammento di piede ad anello (Fig. 27, n. 6), uno di scodella carenata
(Fig. 27, n. 3) ed uno di grande recipiente cordonato (Fig. 27, n. 2), sono da attribuire al medesimo orizzonte.
Altri 3 frammenti, forse attribuibili all’età del Bronzo in base alle loro caratteristiche tipologiche, proven-
gono dagli scavi Richard, 2 dei quali dal talus (Fig. 26, nn. 1, 2 e 4).

5. DISCUSSIONE

Il riesame delle collezioni fittili provenienti dai vari interventi del secolo scorso conferma quanto già
anticipato in una nota preliminare pubblicata ormai 30 anni or sono (Arobba et al., 1987). Il talus esterno ha
restituito materiali diagnostici prevalentemente riferibili alla Cultura della Ceramica Impressa, anche se non
mancano elementi riferibili alla Cultura VBQ. Per quanto riguarda lo scavo di C. Richard, il 4° focolare può
essere attribuito alla Cultura VBQ, sia in base ai reperti fittili diagnostici, come anche riportato da C. Richard
(1942: 86), sia grazie alla datazione rediometrica già menzionata (GrA-43066: 5515±45 BP).
Con il 5° focolare, che ha restituito di gran lunga il maggior numero di frammenti ceramici, ben più di
1500 (Fig. 6), inizia una commistione di elementi VBQ, preponderanti, con quelli della Cultura della Ceramica
Impressa (cfr. Richard, 1942: 87). Nel 6° e 7° focolare sembrano aumentare progressivamente gli elementi del
Neolitico antico. La loro ricorrenza con materiali della Cultura VBQ, tra i quali si nota una pintadera con motivi
a punti profondamente impressi, rinvenuta da C. Richard nello strato 6°, pubblicata più volte (Richard, 1942:

64 –
Fig. 15 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Silla (nn. 1, 2 e 4-10), scavi
Silla, caverna centrale, strato inferiore (n. 3).

– 65
Fig. 16 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, talus (nn. 1-6 e
8-11), 5° focolare (n. 12); talus generico (n. 7).

66 –
Fig. 17 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici probabilmente appartenenti ad uno stesso grande contenitore, con fori passanti eseguiti
prima della cottura, attribuibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, VI strato sotto il 5° focolare+7° focolare (n. 1),
5° focolare+V strato sotto il 2° focolare (n. 2).

Tav. XI, nn. 12A e 12B; Bernabò Brea, 1946: Tav. XLIX, nn. 1 e 2; De Pascale, 2014: Fig. 1, n. 1), è stata
determinata, con ogni probabilità, sia dalle condizioni del deposito (Fig. 32) e dalle tecniche impiegate nello
scavo, sia dalla presenza delle numerose sepolture che si concentravano in questa zona del riparo. Secondo
la descrizione di C. Richard, ed anche grazie ai dati acquisiti durante la revisione dei materiali ceramici, la
commistione continua anche nel sottostante focolare 7°, anche se l’autore sottolinea la povertà di reperti della
cultura materiale di questo strato, dal quale riconosce comunque sia frammenti di recipienti a bocca quadrata,
sia di ceramica impressa (Richard, 1942: 90).
Anche se le decorazioni cardiali di vario tipo sono nettamente prevalenti sulle altre (Fig. 7-9 e 13), fra le
sintassi decorative impresse se ne devono segnalare alcune altre peculiari. Fra queste figurano i pannelli a linee
incise ed impresse (Fig. 8, nn. 10 e 11), il motivo impresso ad alberello (Fig. 8, n. 21), che trova un risconto
molto puntuale a Pendimoun (Binder, 1990: Fig. 1, n. 2), le ornamentazioni a punti più o meno regolari (Fig.
7, n. 10) che hanno un confronto abbastanza preciso alle Arene Candide, strato 9b base degli scavi recenti
(Binder e Maggi, 2001: Fig. 5, n. 11), che gli autori fanno risalire al periodo di occupazione cardiale della
cavità con decorazioni a “impressions courtes au cardium disposte en bandes et en panneaux et décor marginé
pouvant peut-etre appartenir à un thème géométrique” (Binder e Maggi, 2001: 417), e quelli a pannelli di
brevi tratti impressi obliqui a stecca (Fig. 9, n. 7).
Dal punto di vista tecnologico, le ceramiche impresse presentano, quando ben conservate, finiture delle
superfici interne ed esterne consistenti in levigature/lisciature a stecca, talvolta molto accurate. Molte super-
fici, soprattutto quelle interne, sono annerite da cottura in ambiente riducente. Gran parte dei contenitori pre-
senta impasti medi (54,3% dei frammenti diagnostici), grossolani (33,7%) o medio-grossolani (3,2%), indizio
di scarsa preparazione delle materie prime. Frammenti diagnostici di impasto fine (6,5%) o medio-fine (2,2%)
sono comunque presenti, anche se in numero minore. Le provenienze delle terre, determinate per mezzo di
analisi archeometriche di campioni rappresentativi, questi ultimi individuati mediante osservazione dei singoli
frammenti con l’ausilio del microscopio stereoscopico, sono risultate eterogenee, benché in buona parte ricon-
ducibili ad ambito circumlocale (Finalese) o microregionale (Savonese) (Capelli et al., 2018). Questo fatto

– 67
Fig. 18 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici di scodelle con lobi sull’orlo caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata:
scavi Richard, senza indicazioni (nn. 1, 2, 4, 5 e 7), 6° focolare (nn. 3 e 8-10), 2° focolare (n. 6).

68 –
Fig. 19 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 7° focolare (nn.
1-3 e 16), 6° focolare (nn. 4, 7, 10-12, 17 e 19), 4° focolare (nn. 5, 6, 8, 13 e 18), 5° focolare (nn. 9 e 14), 2° focolare (n. 15).

– 69
Fig. 20 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 5° focolare (nn. 1,
3, 5-7 e 9), 4° focolare (n. 2, con resti carbonizzati di seme di Vitis vinifera nel cerchietto, vedi freccia), 6° focolare (nn. 4, 8, 10 e 11).

70 –
Fig. 21 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici attribuibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 4° focolare (n. 1),
senza indicazioni (n. 2), 5° focolare (nn. 3-6).

– 71
Fig. 22 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici attribuibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 5° focolare (n. 1),
2° focolare (n. 2), senza indicazioni (nn. 3-5), 4° focolare (nn. 6 e 7).

72 –
Fig. 23 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici attribuibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 5° focolare (nn. 1,
4, 5 e 9), 7° focolare (n. 2), senza indicazioni (nn. 7 e 8); frammenti ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa: scavi
Richard, IV strato sotto il 5° focolare (n. 3), V strato sotto il 5° focolare+6° focolare (n. 6).

– 73
Fig. 24 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi ignoti (nn. 1 e 7-9); scavi
Richard, senza indicazioni (nn. 2 e 4), 6° focolare (nn. 3 e 5), 5° focolare (nn. 6, 10 e 12), 7° focolare (n. 11).

74 –
Fig. 25 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 5° focolare (nn.
1-4).

– 75
testimonia l’esistenza di punti di prelievo delle materie prime diversificati, tutti indizi di una frequentazione
probabilmente intermittente del sito, da parte di gruppi mobili sul territorio circostante.
All’Arma dell’Aquila, sia le caratteristiche formali e stilistiche della produzione vascolare, sia le datazioni
radiometriche riferibili alla frequentazione del Neolitico antico, sembrano indicare che l’occupazione del sito,
probabilmente intermittente durante questo periodo, sia da riferire ad un momento relativamente avanzato del-
la Cultura della Ceramica Impressa, collocabile intorno alla metà del VI millennio cal BC (Biagi e Starnini,
2016: fig. 10), da ricondurre all’aspetto “Neolitico Cardiale a zonazioni orizzontali”, o Neolitico antico II
Cardiale (Binder e Maggi, 2001: Fig. 3), la cui attribuzione cronologica è stata proposta fra 5600 e 5400 cal
BC (Guilaine e Manen, 2002: 44), periodo in cui si assiste ad una espansione demografica strutturata indicata
anche anche dall’incremento del numero delle stazioni e dalla maggiore varietà di ambienti insediati (Garcia
Atiénzar, 2009: 95).
Mancano, infatti, nel complesso fittile dell’Aquila, le decorazioni a sequenza o a “sillon d’impressions”
(Manen, 2007; Guilaine et al., 2016: 28), che ricorrono invece sulle ceramiche più caratteristiche dei livelli
inferiori della sequenza stratigrafica delle Arene Candide (Binder et al., 2008: 53). Nella stratigrafia neolitica
di questa cavità, l’orizzonte a “sillon d’impressions”, quando presente, è di spessore notevolmente contenuto,
di 30-40 cm al massimo, rispetto all’intero deposito neolitico (Bernabò Brea, 1946: 519; Maggi e Chella,
1999: 104; Del Lucchese e Starnini, 2010: Fig. 8). Le ornamentazioni a sequenza si incontrano, oltre che
alle Arene Candide, anche in alcuni contesti della Francia meridionale, dove sono considerate manifestazioni
dello stile “Ligurien” (Roudil, 1988; Manen, 1998; Guilaine, 2003; Guilaine et al., 2016). Questi siti hanno
restituito le datazioni radiometriche più antiche, risalenti alla prima metà del VI millennio cal BC (Manen e
Sabatier, 2003: Fig. 6; Briois e Manen, 2009: 34; Pearce, 2013: Fig. 3.41 e 3.49; Biagi e Starnini, 2016:
Tab. 2; Binder et al., 2017: Fig. 6). Va inoltre notato che dall’Arma dell’Aquila non abbiamo indicazioni che
ci facciano pensare ad una sequenza dell’aspetto Cardiale come rilevato in altre cavità della Provenza (Binder
et al., 2008: 54).
Nella serie stratigrafica sovrastante l’aspetto propriamente Cardiale della stazione in esame si trova il 6°
focolare, più ricco di reperti ceramici rispetto al precedente (ca 1000), posto circa 1 m al di sopra del focolare
7° (Fig. 32) (Richard, 1942: 89). Fra il 6° ed il 5° focolare è stato rinvenuto un deposito dello spessore di ca
1,30, dal quale abbiamo una datazione radiocarbonica eseguita su carboni di quercia raccolti nel III strato sotto
il 5° focolare (Bln-3450: 6240±90 BP). È comunque importante annotare che, secondo quanto riportato da C.
Richard (1942: 87), “il periodo intercorso tra la formazione dell’uno e dell’altro focolare deve essere stato
notevolissimo: durante tale periodo, quindi, la caverna dovette rimanere disabitata”; affermazione che non
trova stranamente concorde P. Laviosa Zambotti (1943: 377, nota 48).
Al di sotto del focolare 6° è stato stato riconosciuto il gruppo più importante di sepolture del riparo, forse
riconducibile ad una necropoli (Sparacello et al., 2018), che le 8 datazioni radiometriche disponibili attri-
buiscono ad un periodo compreso fra 6318±33 BP (OxA-V-2365-36) e 6029±33 BP (OxA-V-2365-34) (cfr.
Tab. 1). Va notato che la dislocazione delle sepolture dell’Aquila, e il loro orientamento, differiscono alquanto
dal sistema deposizionale in uso presso le popolazioni del Neolitico medio della Valle Padana (cfr. Laviosa
Zambotti, 1943: Tav. 8; Bernabò Brea et al., 2006).
Questa parte della stratigrafia pone una serie di problemi che si possono sintetizzare come segue: 1) la
sequenza contiene focolari separati tra di loro da sedimenti “sterili” di almeno 1 m di spessore; gli stessi sedi-
menti definiti “sterili” sono stati asportati a tagli, nei quali sono stati raccolti, talvolta, materiali archeologici;
2) la serie di sepolture di cui sopra (Richard, 1942: 73–85 e 89; Sparacello et al., 2018) è stata scavata fra il
6° ed il 7° focolare; le fosse sepolcrali non sembrano, peraltro, aver intaccato lo stesso 7° focolare (Richard,
1942: 82). È probabile che l’escavo delle fosse di deposizione avesse in effetti interessato il 6° focolare, anche
se questo particolare non è riportato da Richard, il quale annota solo che “il 6° focolare, per il suo contenuto
archeologico, ha completa affinità col focolare n.° 7, mentre si differenzia dal 5° e successivi” (Richard,
1942: 84); 3) l’attribuzione culturale delle sepolture è comunque di difficile definizione. La loro datazione ra-
diometrica non le fa rientrare nel complesso Cardiale sottostante, bensì in un periodo più recente di 3-4 secoli,
che terminò intorno alla fine del VII millennio BP.
Durante il periodo in questione, che all’Aquila è rappresentato soprattutto dalla presenza delle sepolture
sopraccitate, le datazioni radiometriche testimoniano attività antropica sia alle Arene Candide, sia all’Arma
di Nasino in Val Pennavaira (Biagi e Starnini, 2016: Tab.1 e 2). Nel primo caso, le Arene Candide, la fre-
quentazione non è comunque in “continuità” con i momenti più antichi di occupazione neolitica della caverna,
caratterizzati da ceramiche impresse “a sequenza”; mentre, nel secondo, l’Arma di Nasino, costituisce il primo
periodo di frequentazione neolitica del riparo.

76 –
Fig. 26 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici di diversi periodi: scavi Richard, talus (nn. 1-3) senza indicazioni (n. 4: età del
Bronzo?; n. 5: Cultura di Chassey?).

Le sepolture dell’Arma dell’Aquila costituiscono, quindi, al momento attuale, il più antico complesso di
inumazioni neolitiche della Liguria. La loro posizione cronologica è stata stabilita in base alle datazioni radio-
metriche ottenute, mentre quella culturale, come già accennato, resta complessa da definire, anche a causa del-
la mancanza di suppellettili all’interno delle tombe, come altrettanto complesso da inquadrare culturalmente
rimane tutto il periodo che concerne la seconda metà del VII millenio BP della regione.
Al di sopra del complesso sepolcrale, il focolare 5° di Richard si presenta come il più ricco di reperti della
cultura materiale, oltre che il più esteso all’interno della sua sequenza, in quella porzione del riparo. Lo stes-
so autore nota inoltre come questo sia stato rinvenuto solamente 20 cm al di sotto del focolare 4° (Richard,
1942: 86), che la datazione AMS più volte citata (GrA-43066) attribuisce alla fase media della cultura dei Vasi
a Bocca Quadrata. Intorno alla metà del VI millennio BP il ciclo abitativo del Neolitico medio sembra essersi
concluso nella caverna dell’Aquila; lo stesso ebbe probabilmente inizio nei primi secoli dello stesso millennio,

– 77
Fig. 27 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici attribuibili all’età del Bronzo: superficie (nn. 1 e 4); scavi Zambelli, caverna centrale,
I strato, 1° focolare (nn 2, 3, 5 e 6).

come indicato dalle datazioni ottenute dalla sepoltura a cista dello scavo Zambelli (OxA-V-2365-37 e GrN-
17730) (cfr. Tab. 1).
I prodotti vascolari della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata presentano caratteristiche generali di notevole
omogeneità, con forme tipiche della fase antica, molto raramente ornate con motivi lineari graffiti o lieve-
mente incisi e puntini impressi. Una situazione simile è riportata da L. Bernabò Brea nella sua sequenza delle
Arene Candide dove, negli strati del Neolitico medio, egli rinvenne “una enorme abbondanza di materiali”
(Bernabò Brea, 1946: 66) che egli suddivise in due fasi principali, la più antica delle quali con forme vasco-
lari per lo più quadrilobate. Anche se questa suddivisione non è applicabile alla serie dell’Aquila, anche per i
motivi sopra descritti di probabile, parziale commistione dei reperti, possiamo comunque notare in quest’ul-
tima la mancanza di frammenti ceramici attribuibili ad un orizzonte culturale “di transizione” (Tiné, 1999:
142) fra i momenti occupazionali della Cultura della Ceramica Impressa e quella dei Vasi a Bocca Quadrata,
così come descritto con diverse modalità in numerosi lavori riguardanti alcune cavità Liguri (cfr. Tiné, 1974;
Maggi, 1977; Odetti, 1977; 1990; contra Del Lucchese e Starnini, 2015).
Per quanto riguarda la produzione vascolare attribuibile alla Cultura dei VBQ, all’Aquila prevalgono
gli impasti medi (60,2% dei frammenti diagnostici), fini (34,5%) e medio-fini (3,5%) rispetto ai grossolani
(1,8%), generalmente compatti e ben cotti. Le pareti dei recipienti sono di solito più sottili, e i trattamenti di
finitura consistono in levigatura, lisciatura, talvolta probabilmente con l’aggiunta di slip, come dimostrerebbe
il distacco di piccole scaglie dalle superfici osservato per un frammento di fiasco (Fig. 30, n. 2) (Capelli et
al., 2018).
In alcuni casi è stato possibile riscontrare tracce dei gesti tecnologici connessi alla realizzazione di partico-
lari motivi decorativi, quali, ad esempio, le sequenze di punti impressi lungo la carena di uno dei rari recipienti
decorati (Fig. 30, n. 1), che sono stati realizzati imprimendo l’argilla con uno strumento a punta arrotondata

78 –
Fig. 28 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa: scavi Silla, 1934 (n. 1), 1934 o
1936 (nn. 3 e 7); scavi Richard, senza indicazioni (n. 2), V strato sotto il 5° focolare (n. 5), 6° focolare (n. 6); scavi ignoti (n. 4) (foto-
grafie di E. Starnini).

– 79
Fig. 29 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa (nn. 1-5) e dei Vasi a Bocca
Quadrata (nn. 6 e 7): talus generico (n. 3); scavi Silla, 1934 (nn. 1 e 4); scavi Richard, 5° focolare (n. 2), 6° focolare (n. 5), 6° focolare
(n. 6), 5° focolare+V strato sotto il 5° focolare (n. 7) (fotografie di E. Starnini).

80 –
Fig. 30 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici caratteristici della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, senza indicazioni
(n. 1), 5° focolare, focolare a buca (n. 2) (fotografie di E. Starnini).

– 81
Fig. 31 – Arma dell’Aquila: frammenti ceramici attribuibili alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: scavi Richard, 5° focolare (nn. 1,
3 e 4), 6° focolare (n. 2) (fotografie di E. Starnini).

82 –
Fig. 32 – Arma dell’Aquila: parte della serie stratigrafica tratta dal giornale di scavo di C. Richard (a sinistra) e lo schema generale
della sequenza della caverna ripreso dal giornale di scavo e pubblicato sul Bullettino di Paletnologia Italiana (Richard, 1942: Fig. 2)
(a destra).

quando l’impasto era ancora piuttosto morbido e malleabile, mentre le linee incise sembrano essere state ese-
guite quando il recipiente aveva raggiunto almeno la “durezza cuoio”.
Per quanto concerne invece le materie prime, la produzione vascolare VBQ si presenta più diversificata
rispetto a quella del periodo precedente e la provenienza delle terre, secondo quanto è risultato dalle indagini
archeometriche (Capelli et al., 2018), è riconducibile principalmente ad un ambito circumlocale (Finalese),
senza importazioni da media e lunga distanza, forse ad indicare di un popolamento più stabile del territorio.

– 83
Appendice 1 - Catalogo dei reperti ceramici diagnostici in ordine di campagne di scavo e stratigrafia
Appendice 1

Provenienza scavo Descrizione Trattamento, colore Attribuzione Data di scavo Figura e numero Note e numeri
e bibliografia sup. esterne/interne, crono-culturale o raccolta inventari
reperto tipologia impasto
ZAMBELLI, 1937: 253 e Fr. di orlo a tacche di recipiente Lisciate, bruno/grigio, Impressa Zambelli 1936, Fig. 7, n. 10; Analisi AQ7,
255; caverna di destra profondo con attacco di presa e medio tomba 1, strato CAPELLI et al., ss-7998
decorazione impressa a punti IV 2018: Fig. 2, n. 1
ZAMBELLI, 1937: 253 e Fr. di parete
parete di
recipiente
recipientecon
con Lisciate, Impressa Zambelli 1936 Fig. 7, n. 5
255; caverna di destra decorazione cardiale
decorazione cardiale camoscio/nerastro, tomba 1, strato
medio IV
Zambelli, caverna 2 fr. ricongiunti di carena di Levigate, bruno/bruno, Età del Bronzo 1936, Fig. 27, n. 5
centrale, I strato, 1° recipiente biconico decorato a fine finale sacchetto n.
focolare fascia di turbante 15
Zambelli, caverna Fr. di piede ad anello Levigate, bruno/bruno, Età del Bronzo 1936, Fig. 27, n. 6
centrale, I strato, 1° fine finale sacchetto n.
focolare 15
Zambelli, caverna Fr. di orlo di grande recipiente Lisciate, camoscio- Età del Bronzo 1936, Fig. 27, n. 2
centrale, I strato, 1° con cordone impresso a grigio/camoscio-grigio, finale sacchetto n.
focolare polpastrello medio 15
Zambelli, caverna Fr. di parete di scodella Lisciate, grigio/grigio, Età del Bronzo 1936, Fig. 27, n. 3
centrale, I strato, 1° carenata medio finale sacchetto n.
focolare 15
Superficie Fr. di ansa a gomito Levigate, bruno- Età del Bronzo Fig. 27, n. 4
nerastro/bruno, medio antica
Superficie Fr. di parete di grande Lisciate, bruno- Età del Bronzo Fig. 27, n. 1 1778
recipiente con cordoni impressi camoscio/camoscio,
digitati medio
Talus Fr. di parete di recipiente con Lisciate, bruno Impressa Fig. 8, n. 8 Punto verde
impressioni a punti scuro/bruno scuro,
medio
Talus Piccolo fr. di parete di grande Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 13
recipiente con decorazione camoscio/camoscio,
impressa a lineette medio
Talus Fr. di parete di grande Lisciate, bruno- Impressa Fig. 8, n. 19 Punto verde
recipiente con 1 linea verticale rossastro/bruno-
di impressioni strumentali rossastro, medio
Talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 20
profondo con 1 linea orizzontale camoscio/camoscio,
di impressioni cardiali grossolano
Talus Fr. di grande recipiente con Lisciate, bruno- Impressa Fig. 12, n. 4 Punto verde
impressioni a pizzicato grigiastro/bruno-
orizzontali grigiastro, grossolano
Talus Frammento di orlo di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 12, n. 9 89-S
profondo con impressioni camoscio/camoscio,
ovalari esterne e cordone medio
orizzontale/verticale con
impressioni ovalari
Talus Fr. di orlo e parete di recipiente Lisciate, grigio/nero, Impressa Fig. 13, n. 1; 1375
profondo con leggere striature grossolano Fig. 29, n. 3
verticali
Talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, bruno- Impressa Fig. 13, n. 5 Punto verde
profondo con 4 linee di grigiastro/rosso, medio
impressioni subcircolari
Talus Fr. di parete di grande Lisciate, bruno/bruno, Impressa Fig. 13, n. 7 Punto verde
recipiente con linee impresse medio-grossolano
cardiali
Talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, grigio- Impressa CAPELLI et al., Punto verde
profondo con decorazione bruno/rossastro, 2018: Fig. 2, n. 2 Analisi AQ9,
cardiale grossolano ss-8051
Talus Fr. di recipiente profondo con Lisciate, Impressa CAPELLI et al., Punto verde,
presa a lingua forata grigio/rossastro, 2018: Fig. 1, n. 5 Analisi AQ6,
verticalmente medio-fine ss-7997
Talus Fr. di parete di fiasco con ansa Lisciate, bruno- VBQ Fig. 16, n. 7; Punto verde,
a nastro con bugna plastica rossastro/rosso, medio CAPELLI et al., Analisi AQ5,
ovale, orizzontale 2018: Fig. 2, n. 6 ss-7996
SILLA, 1935: 90 Ansa a maniglia con foro Lisciate, rosso/arancio, Impressa 1934 Fig. 7, n. 1 62-S,
verticale grossolano RCGE-434676
Silla Fr. di orlo di recipiente con Lisciate, grigio/grigio, Impressa 1934 o 1936? Fig. 7, n. 2; 102-S
decorazioni strumentali fine Fig. 28, n. 7
impresse a lunetta
Silla Fr. di parete di recipiente con Lisciate, Impressa 1934 Fig. 7, n. 3 77-S,
impressioni cardiali in bande bruno/bruno chiaro, RCGE-43491
orizzontali medio-grossolano
Silla Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa 1934 Non illustrato 80-S,
Arma dell’Aquila: catalogo
profondodeiconreperti
fascia ceramici
orizzontaleillustrati, elencati in ordine di campagne di scavo e stratigrafia. Alcuni dei
bruno chiaro/grigio, reperti erano
RCGE-43490
di decorazioni cardiali verticali medio
contraddistinti da punti colorati corrispondenti a: talus (punto verde), 5° focolare (punto arancio), 6° focolare (punto bianco), 7° (punto
SILLA, 1935: 90 Fr. di parete di recipiente con Erose, rosso/bruno Impressa 1934 Fig. 7, n. 4 78-S,
rosso). decorazione cardiale chiaro, grossolano RCGE-43492
SILLA, 1935: 90 Orlo a tacche con cordone Lisciate, Impressa 1934 Fig. 7, n. 6; 115-S,
impresso con strumento a due bruno/bruno, Fig. 29, n. 4 RCGE-43529
punte grossolano
SILLA, 1935: 90 Fr. di orlo di recipiente profondo Grezze, rosso Impressa 1934 Fig. 7, n. 7; 88-S,
con linguella e decorazione mattone/bruno- Fig. 29, n. 1 RCGE-43502
cardiale arancio, grossolano
SILLA, 1935: 90 Fr. di grande recipiente Lisciate, Impressa 1934 Fig. 7, n. 8 70-S,
ovoidale con orlo a tacche, camoscio/bruno, RCGE-43484
84 – cordone plastico liscio
orizzontale e linguella
grossolano

Silla Fr. di parete di recipiente con Erose/levigate, grigio Impressa 1934 o 1936? Fig. 7, n. 9; 103-S,
impressioni cardiali a zig-zag scuro/grigio scuro, Fig. 28, n. 3 1247
medio-grossolano
Silla Fr. di orlo di recipiente profondo Lisciate, bruno/bruno, Impressa 1934 o 1936? Fig. 7, n. 11 72-S
impressioni cardiali in bande bruno/bruno chiaro, RCGE-43491
orizzontali medio-grossolano
Silla Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa 1934 Non illustrato 80-S,
profondo con fascia orizzontale bruno chiaro/grigio, RCGE-43490
di decorazioni cardiali verticali medio
SILLA, 1935: 90 Fr. di parete di recipiente con Erose, rosso/bruno Impressa 1934 Fig. 7, n. 4 78-S,
decorazione cardiale chiaro, grossolano RCGE-43492
SILLA, 1935: 90 Orlo a tacche con cordone Lisciate, Impressa 1934 Fig. 7, n. 6; 115-S,
impresso con strumento a due bruno/bruno, Fig. 29, n. 4 RCGE-43529
punte grossolano
SILLA, 1935: 90 Fr. di orlo di recipiente profondo Grezze, rosso Impressa 1934 Fig. 7, n. 7; 88-S,
con linguella e decorazione mattone/bruno- Fig. 29, n. 1 RCGE-43502
cardiale arancio, grossolano
SILLA, 1935: 90 Fr. di grande recipiente Lisciate, Impressa 1934 Fig. 7, n. 8 70-S,
ovoidale con orlo a tacche, camoscio/bruno, RCGE-43484
cordone plastico liscio grossolano
orizzontale e linguella
Silla Fr. di parete di recipiente con Erose/levigate, grigio Impressa 1934 o 1936? Fig. 7, n. 9; 103-S,
impressioni cardiali a zig-zag scuro/grigio scuro, Fig. 28, n. 3 1247
medio-grossolano
Silla Fr. di orlo di recipiente profondo Lisciate, bruno/bruno, Impressa 1934 o 1936? Fig. 7, n. 11 72-S
con impressioni cardiali e foro medio
di riparazione
SILLA, 1935: 91; Recipiente ovoidale reintegrato Lisciate, Impressa 1934 Fig. 28, n. 1 57-S,
BERNABÒ BREA, 1946: con 4 prese a linguella verticali bruno scuro/bruno, RCGE-434671
Tav. XXXVIII, n. 1; e decorazione a 2 fasce di 4 grossolano
1950: 18 linee di impressioni strumentali
Silla Vasetto sferoidale a bocca Levigate, bruno- VBQ 1936 Fig. 15, n. 1 220-S,
ristretta con bugnetta forata rosato/bruno-rosato, RCGE-43634
medio
Silla Fr. di piccolo recipiente Lisciate, bruno/bruno, VBQ 1934 Fig. 15, n. 2 140-S,
profondo ansato medio RCGE-43554
SILLA, 1937: 76, Fr. di piccolo recipiente a Erose, VBQ 1936 Fig. 15, n. 3 217-S,
caverna centrale mestolo camoscio/camoscio, RCGE-43631
“strato inferiore” grossolano
Silla Fr. di fondo convesso di Levigato-eroso, VBQ 1934 Fig. 15, n. 4 213-S,
vasetto ovoidale bruno/bruno, fine RCGE-43627
Silla Fr. di orlo con leggere Lisciate, grigio VBQ 1934 o 1936? Fig. 15, n. 5 142-S,
impressioni a polpastrello di scuro/bruno-rossastro, RCGE-43556
recipiente quadrilobato ansato medio
Silla 6 fr. ricongiunti di vasetto a Lisciate, VBQ 1934 Fig. 15, n. 6 211-S,
bocca quadrilobata camoscio/camoscio, RCGE-43625
troncoconico monoansato medio
Silla Recipiente profondo a bocca Levigate, VBQ 1934 o 1936? Fig. 15, n. 7 128-S,
quadrilobata con ansa a nastro camoscio/camoscio, RCGE-43542
fine
Silla Fr. di beccuccio di recipiente Lisciate, bruno- VBQ 1934 Fig. 15, n. 8 127-S,
profondo a bocca quadrata rossastro/bruno, fine RCGE-43541
micromicaceo
Silla Parete di orciolo con cordone Erose, VBQ 1934 Fig. 15, n. 9 63-S,
multiforato grigio-bruno/bruno, RCGE-43477,
medio 1406
SILLA, 1935: 90 Fr. di collo di grande fiasco con Lisciate, bruno/nero, VBQ 1934 Fig. 15, n. 10 129-S,
impressioni sull’orlo medio RCGE-43543
Richard, talus; Fr. di tazza profonda con Lisciate, Impressa c 1938 Fig. 8, n. 1 Punto verde,
RICHARD, 1942: Tav. decorazione impressa camoscio/camoscio, 91-S,
XII, n. 10 strumentale a fasce orizzontali medio RCGE-43505
Richard, talus; Fr. di orlo di scodella con 2 Erose, Impressa Fig. 8, n. 2 Punto verde,
AROBBA et al., 1987: linee oblique di piccole rosso-giallastro/bruno, 106-S,
Fig. 3, n. 6 impressioni a lunetta grossolano RCGE-43520
Richard, talus, pacco Fr. di orlo di vaso profondo con Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 3 Punto verde,
b; RICHARD, 1942: decorazioni a zig-zag impresse camoscio-grigio/grigio, 94-S,
Tav. XI, n. 3; AROBBA in sequenza fine RCGE-43508
et al., 1987: Fig. 3, n.
7
Richard, talus Fr. di orlo di recipiente profondo Lisciate, nero/nero, Impressa Fig. 8, n. 4 Punto verde
con impressioni cardiali medio
Richard, talus Fr. di parete con decorazione Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 5 Punto verde
impressa strumentale camoscio/camoscio,
medio
Richard, talus, 2 fr. ricongiunti di orlo di Levigate, Impressa Fig. 8, n. 6 Punto verde
AROBBA et al., 1987: scodella con 3 linee di lunette nero/camoscio,
Fig. 3, n. 4 impresse fine
Richard, talus, pacco Fr. di orlo di grande recipiente Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 7 Punto verde,
a; RICHARD, 1942: con 4 5 linee di impressioni a nerastro/nero, 92-S,
Tav. XI, n. 1 lunetta medio RCGE-43506

– 85
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 9 Punto verde
profondo con 3 linee di lunette grigio/grigio,
impresse medio
Richard, talus Fr. di parete con segmenti di Erose, bruno Impressa? Fig. 8, n. 10 Punto verde
linee incise chiaro/grigio, medio
Richard, talus; Fr. di parete di recipiente Lisciate, grigio/grigio, Impressa 18 Luglio 1938 Fig. 8, n. 11 Punto verde,
RICHARD, 1942: Tav. profondo con impressioni a medio 96-S,
XII, n. 7 stecca delimitate da linee incise RCGE-43510
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 12 Punto verde,
profondo con attacco d’ansa e camoscio/camoscio, 74-S,
decorazione cardiale medio RCGE-43488
Richard, talus Fr. di parete con decorazioni a Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 14 Punto verde,
fasce di impressioni parallele camoscio/grigio, medio 76-S,
cardiali RCGE-43490
Richard, talus Fr. di orlo impresso di Lisciate, bruno- Impressa Fig. 8, n. 15 Punto verde,
recipiente con 1 fascia grigiastro/bruno- 113-S,
orizzontale di decorazioni grigiastro, medio RCGE-43527
cardiali
Richard, talus Fr. di parete con linea verticale Lisciate, Impressa Fig. 8, n. 17 Punto verde
di impressioni strumentali ovali camoscio/nero, medio
Richard, talus Fr. di parete di recipiente con Lisciate, bruno/bruno, Impressa Fig. 8, n. 18 Punto verde,
decorazione cardiale medio 79-S,
RCGE-43493
Richard, talus 2 fr. di parete di fiasco con Abrase, grigio-nero- Impressa Fig. 8, n. 21; Punto verde,
decorazioni impresse ad rossastro/grigiastro- CAPELLI et al., Analisi AQ10,
alberello rosso, medio-fine 2018: Fig. 1, n. 7 ss-8000
Richard, talus 2 fr. ricongiunti di parete + un Lisciate, grigio Impressa Fig. 8, n. 22 Punto verde,
terzo di grande recipiente con 3 scuro/bruno scuro, 101-S,
linee di decorazioni strumentali medio-grossolano RCGE-43515
a stecca
Richard, talus Fr. di orlo a tacche, grande Lisciate, bruno- Impressa Fig. 12, n. 3; Punto verde,
recipiente profondo con motivo grigiastro/nero, CAPELLI et al., 98-S,
verticale a pizzicato grossolano 2018: Fig. 1, n. 3 RCGE-43512,
Analisi AQ4,
ss-7995
Richard, talus Fr. di parete con cordone liscio Lisciate, Impressa? Fig. 12, n. 1 Punto verde
e impressioni digitali camoscio/camoscio,
medio
Richard, talus Fr. di parete di recipiente con Erose, rosso Impressa Fig. 12, n. 2 Punto verde,
cordone digitato mattone/bruno, 84-S,
orizzontale/verticale grossolano RCGE-43498
Richard, talus Fr. di orlo di recipiente profondo Erose, camoscio- Impressa Fig. 12, n. 5 Punto verde,
con decorazione a tacche grigio/grigio-camoscio, 112-S,
impresse grossolano RCGE-43526
Richard, talus Fr. di orlo di grande recipiente Lisciate, rosso Impressa Fig. 12, n. 6 Punto verde,
profondo con cordone verticale scuro/grigio, medio Analisi AQ8,
impresso ss-7999
Richard, talus Fr. di recipiente profondo con Lisciate, grigio/nero, Impressa? Fig. 12, n. 7 116-S,
orlo a tacche impresse grossolano RCGE-43530
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 12, n. 8 Punto verde
profondo con decorazione a camoscio/bruno-nero,
pizzicato lineare medio
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 12, n. 11 Punto verde
profondo con cordone impresso bruno/camoscio,
orizzontale medio
Richard, talus Fr. di ansa a linguella con foro Erose, Impressa Fig. 12, n. 12 Punto verde
verticale in cordone impresso camoscio/camoscio,
medio
Richard, talus Fr. di grande ansa a maniglia Lisciate, bruno- Impressa Fig. 12, n. 13 Punto verde
con foro verticale camoscio/bruno-
camoscio, medio
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 13, n. 3 Punto verde,
profondo con decorazione grigio/ bruno-giallastro, 75-S,
cardiale medio RCGE-43489
Richard, talus Fr. di parete con decorazioni Erose, Impressa 18 Luglio 1938 Fig. 13, n. 6
cardiali camoscio/camoscio,
fine
Richard, talus Fr. di parete di grande Lisciate, rosso- Impressa Fig. 13, n. 10 Punto verde,
recipiente con 3 linee di giallastro/grigio scuro, 95-S,
impressioni a lunetta medio RCGE-43509
Richard, talus Fr. di parete di grande Erose, bruno- Impressa Fig. 13, n. 11 Punto verde,
recipiente con decorazione grigiastro/bruno- 82-S,
impressa cardiale a fasce grigiastro, medio- RCGE-43496
orizzontali grossolano
Richard, talus Fr. di orlo distinto di olletta Erose, Impressa Fig. 13, n. 12 Punto verde
ovoidale con 1 linea obliqua di camoscio/camoscio,
impressioni a pizzicato e grossolano
attacco d’ansa
Richard, talus Fr. di collo di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 13, n. 13 Punto verde
ovoidale con impressioni camoscio/camoscio, 598?
strumentali, ovoidali medio
Richard, talus Fr. di orlo digitato di recipiente Lisciate, bruno/grigio Impressa Fig. 14, n. 4 Punto verde
profondo troncoconico scuro, grossolano
Richard, talus Fr. di orlo a unghiate di Lisciate, Impressa Fig. 14, n. 6 Punto verde
recipiente profondo ovoidale bruno/camoscio,
grossolano
Richard, talus Fr. di vaso profondo Lisciate, bruno/bruno, Impressa CAPELLI et al., Punto verde,
troncoconico con orlo a tacche, grossolano 2018: Fig. 1, n. 1 Analisi AQ3,
impressioni a pizzicato e ss-7994
86 – linguella
Richard, talus Fr. di recipiente profondo con Lisciate, bruno/bruno, Impressa CAPELLI et al., Punto verde,
decorazione cardiale grossolano 2018: Fig. 2, n. 3 Analisi AQ12,
ss-8053
Richard, talus Fr. di orlo a tacche di recipiente Erose, VBQ Fig. 12, n. 14 Punto verde,
profondo ovoidale bruno/bruno chiaro, 1192-S,
impressioni a pizzicato e grossolano
attacco d’ansa
Richard, talus Fr. di collo di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 13, n. 13 Punto verde
ovoidale con impressioni camoscio/camoscio, 598?
strumentali, ovoidali medio
Richard, talus Fr. di orlo digitato di recipiente
Lisciate, bruno/grigio Impressa Fig. 14, n. 4 Punto verde
profondo troncoconico scuro, grossolano
Richard, talus Fr. di orlo a unghiate di Lisciate, Impressa Fig. 14, n. 6 Punto verde
recipiente profondo ovoidale bruno/camoscio,
grossolano
Richard, talus Fr. di vaso profondo Lisciate, bruno/bruno, Impressa CAPELLI et al., Punto verde,
troncoconico con orlo a tacche, grossolano 2018: Fig. 1, n. 1 Analisi AQ3,
impressioni a pizzicato e ss-7994
linguella
Richard, talus Fr. di recipiente profondo con Lisciate, bruno/bruno, Impressa CAPELLI et al., Punto verde,
decorazione cardiale grossolano 2018: Fig. 2, n. 3 Analisi AQ12,
ss-8053
Richard, talus Fr. di orlo a tacche di recipiente Erose, VBQ Fig. 12, n. 14 Punto verde,
profondo ovoidale bruno/bruno chiaro, 1192-S,
medio RCGE-60710
Richard, talus Fr. di orlo con impressioni Lisciate, VBQ Fig. 14, n. 1 Punto verde
oblique di recipiente profondo bruno/bruno,
troncoconico medio
Richard, talus Fr. di orlo a tacche di tazza con Levigate, grigio/grigio, VBQ Fig. 14, n. 2 Punto verde
attacco d’ansa medio
Richard, talus Fr. di orlo digitato di recipiente Lisciate, grigio/bruno, VBQ Fig. 14, n. 3 Punto verde
profondo troncoconico medio
Richard, talus Fr. di scodella emisferica con Levigate, camoscio- VBQ Fig. 16, n. 1 Punto verde
orlo leggermente esoverso bruno/camoscio-bruno,
fine
Richard, talus Fr. di grande tazza con lobi Levigate, VBQ Fig, 16, n. 2 Punto verde
soprelevati camoscio/grigio, medio
Richard, talus Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, bruno/bruno VBQ Fig. 16, n. 3 Punto verde
a bocca quadrilobata scuro, fine
Richard, talus Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, grigio VBQ Fig. 16, n. 4
a bocca quadrata scuro/grigio scuro, fine
Richard, talus Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, grigio/grigio, VBQ Fig. 16, n. 5 Punto verde
a bocca quadrata fine
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Levigata, VBQ Fig. 16, n. 6 Punto verde,
globulare ansato decorato con grigio/nero, 139-S,
linee graffite verticali fine RCGE-43553
Richard, talus Fr. di ventre di probabile fiasco Erose, bruno- VBQ Fig. 16, n. 8 Punto verde,
ansato rossastro/bruno- 138-S,
rossastro, fine RCGE-43552
Richard, talus Fr. di orlo e beccuccio di vaso a Lisciate, VBQ Fig. 16, n. 9 Punto verde,
bocca quadrata bruno/grigio, 1115-S,
medio RCGE-60633
Richard, talus Fr. di beccuccio di recipiente Levigate, grigio/grigio- VBQ Fig. 16, n. 10 Punto verde
profondo a bocca quadrata bruno, fine
Richard, talus Fr. di parete di recipiente Levigate, bruno- VBQ Fig. 16, n. 11 Punto verde
profondo a bocca quadrata giallastro/bruno-
giallastro, fine
Richard, talus Fr. di parete di recipiente con Levigate, grigio- VBQ CAPELLI et al., Punto verde,
decorazione a linee incise e bruno/grigio-bruno, 2018: Fig. 2, n. 4 Analisi AQ2,
cordone impresso a tacche medio ss-7993
Richard, talus, Fondo di recipiente con Levigate, VBQ 18 Luglio AROBBA e Punto verde,
citato nel quaderno di impressioni di intreccio vegetale rosato-bruno/bruno, 1938, 3° CARAMIELLO, 59-S,
scavo medio sacchetto 2018a: Fig. 1, nn. RCGE-434673
n. 6 (416) 1e2
Richard, talus Fr. di orlo piatto a tesa di Erose, bruno/bruno- ? Fig. 26, n. 1 Punto verde
recipiente profondo con giallastro, medio
decorazioni a cordoni plastici
lisci verticali
RICHARD, 1942: Tav. Fr. di orlo diritto, piatto a tesa Lisciate, grigio- Età del Bronzo? 18 Luglio Fig. 26, n. 2 Punto verde,
XII, n. 8, talus introversa e cordoni plastici rosato/grigio-rosato, 1938, 118-S,
impressi verticali medio sacchetto RCGE-43532
n. 6
Richard, talus Fr. di scodella troncoconica con Lisciate, ? 18 Luglio 1938 Fig. 26, n. 3 Punto verde,
orlo esoverso camoscio/camoscio, 121-S,
medio RCGE-43535
Richard 2 fr. ricongiunti di orlo e parete Levigate, Impressa Fig. 9, n. 5; 99-S,
di scodella aperta con grigio-rossastro/nero, Fig. 28, n. 2; RCGE-43513,
decorazione a 4 linee di medio AROBBA e 1235
impressioni a lunetta CARAMIELLO, Impronta seme
2018b: Fig. 2d di Vitis
Richard Recipiente ovoidale con Levigate, Impressa Fig. 10, n. 1 71-S,
cordone a tacche e linguella nero-brunastro/nero- RCGE-43485,
brunastro, grossolano 1396-1397
Richard Fr. di scodella con orlo a lobi Lisciate, VBQ Fig. 18, n. 1 143-S,
soprelevati, linguella forata nero/nero, RCGE-43557,
verticalmente medio 1385
Richard Fr. di scodella con orlo a lobi Lisciate, bruno- VBQ Fig. 18, n. 2 134-S,
soprelevati rossastro/bruno- RCGE-43548,
rossastro, medio 1378
Richard Fr. di scodella con orlo a 2 lobi Lisciate, VBQ Fig. 18, n. 4 137-S,
soprelevati bruno/bruno, RCGE-43551,
medio 1380
Richard 3 fr. ricongiunti di scodella con Grezze, VBQ Fig. 18, n. 5 135-S,
orlo a lobi soprelevati bruno/bruno, RCGE-43549,
medio 1382
Richard Fr. di scodella con orlo a lobi Lisciate, grigio VBQ Fig. 18, n. 7 136-S,
soprelevati scuro/bruno scuro, – 87
RCGE-43550,
medio 1381
Richard Fr. di orlo liscio di recipiente Steccate e levigate, VBQ Fig. 21, n. 2 131-S,
profondo grigio scuro/bruno RCGE-43545,
scuro, fine 1373
Richard Fr. di recipiente profondo con Grezze/lisciate, bruno- VBQ Fig. 22, n. 3 145-S,
cordone a tacche e linguella nero-brunastro/nero- RCGE-43485,
brunastro, grossolano 1396-1397
Richard Fr. di scodella con orlo a lobi Lisciate, VBQ Fig. 18, n. 1 143-S,
soprelevati, linguella forata nero/nero, RCGE-43557,
verticalmente medio 1385
Richard Fr. di scodella con orlo a lobi Lisciate, bruno- VBQ Fig. 18, n. 2 134-S,
soprelevati rossastro/bruno- RCGE-43548,
rossastro, medio 1378
Richard Fr. di scodella con orlo a 2 lobi Lisciate, VBQ Fig. 18, n. 4 137-S,
soprelevati bruno/bruno, RCGE-43551,
medio 1380
Richard 3 fr. ricongiunti di scodella con Grezze, VBQ Fig. 18, n. 5 135-S,
orlo a lobi soprelevati bruno/bruno, RCGE-43549,
medio 1382
Richard Fr. di scodella con orlo a lobi Lisciate, grigio VBQ Fig. 18, n. 7 136-S,
soprelevati scuro/bruno scuro, RCGE-43550,
medio 1381
Richard Fr. di orlo liscio di recipiente Steccate e levigate, VBQ Fig. 21, n. 2 131-S,
profondo grigio scuro/bruno RCGE-43545,
scuro, fine 1373
Richard Fr. di recipiente profondo con Grezze/lisciate, bruno- VBQ Fig. 22, n. 3 145-S,
bugnetta allungata sul corpo grigiastro/bruno, medio RCGE-43559,
1374
Richard Fr. di scodella profonda con Levigate erose, rosso VBQ Fig. 22, n. 4 120-S,
orlo a lobi soprelevati dentellati mattone/rosso RCGE-43534,
mattone, medio 1388
Richard Fr. di recipiente troncoconico Lisciate, VBQ Fig. 22, n. 5 144-S,
con bugnetta impostata sotto il rosso/arancio, RCGE-43558,
labbro medio 1369
Richard Fr. di
orlo a tacche
orlo didirecipiente
a tacche recipiente Levigate, VBQ Fig. 23, n. 7 1195-S,
profondo ovoidale
profondo ovoidale bruno/grigio scuro, RCGE-60713,
medio-fine 1384
Richard Fr. di recipiente profondo Lisciate, bruno/grigio, VBQ Fig. 23, n. 8 1194-S,
ovoidale con orlo a tacche medio RCGE-60712
Richard Fr. di orlo di vaso a collo Levigate, bruno/grigio VBQ Fig. 24, n. 2 1371
scuro, medio
Richard Fr. di recipiente profondo a Levigate, bruno/grigio VBQ Fig. 24, n. 4 1370
bocca quadrata scuro, fine
RICHARD, 1942: Tav. Parte di recipiente globulare Levigate, VBQ 26 Luglio Fig. 30, n. 1; 219-S,
XI, n. 9, citato nel con decorazione a linee incise, nero/nero, 1938, CAPELLI et al., RCGE-46333,
quaderno di scavo; puntini impressi e bugnetta fine sacchetto n. 2018: Fig. 2, n. 5 Analisi AQ15,
BAGOLINI e BIAGI, 15 (976); 4-5-6 ss-8061
1973: Fig. 4 Agosto 1938
(1081)
Richard Fr. di orcio con bugnetta Lisciate-erose, Età del Bronzo? Fig. 26, n. 4 1288-S,
plastica e orlo piatto grigio scuro/camoscio, RCGE-60806,
medio 1373
Richard, 2° focolare Fr. di scodella con orlo a lobi Levigate, bruno/bruno, VBQ Fig. 18, n. 6 2°
soprelevati fine
Richard, 2° focolare Fr. di orlo di scodella Lisciate, camoscio VBQ Fig. 19, n. 15
troncoconica scuro/camoscio scuro,
medio
Richard, 2° focolare Fr. di olletta con labbro Erose, VBQ Fig. 22, n. 2 2°
leggermente esoverso e bruno/bruno-camoscio,
attacco d’ansa medio
Richard, 3° focolare Fr. di orlo e parete di recipiente Levigate, Chassey? 25 Settembre Fig. 26, n. 5
profondo troncoconico con bruno/bruno, 1942
bugnetta sotto l’orlo fine
Richard, 4° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, nero/nero, VBQ Fig. 19, n. 5
a bocca quadrata fine
Richard, 4° focolare Fr. di orlo di tazza a bocca Levigate, VBQ Fig. 19, n. 6
quadrata bruno/camoscio, fine
Richard, 4° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, bruno/bruno, VBQ Fig. 19, n. 8
a bocca quadrilobata fine
Richard, 4° focolare Fondo piano di piccolo Lisciate erose, VBQ Fig. 19, n. 13 209-S,
recipiente profondo a bocca rossastro/rossastro, RCGE-43623
quadrata medio
Richard, 4° focolare Fr. di olletta a collo distinto con Scabre, VBQ? Fig. 19, n. 18
foro di riparazione camoscio/camoscio,
fine
Richard, 4° focolare; Fr. di bicchiere a bocca Lisciate-scabre, VBQ datato GrA- 21 Luglio Fig. 20, n. 2; 210-S,
AROBBA et al., 1987: quadrata riutilizzato come camoscio/camoscio, 43066 da Vitis 1938, AROBBA e RCGE-43624,
Fig. 3, n. 2 cucchiaio? medio vinifera sacchetto CARAMIELLO, Seme di Vitis
n. 10 2018b: Fig. 2d e vinifera
2e
Richard, 4° focolare Fr. di orlo liscio di recipiente Lisciate, VBQ? Fig. 21, n. 1
profondo con cordone liscio bruno/bruno,
orizzontale medio
Richard, 4° focolare; Grande fr. di recipiente Lisciate erose, VBQ 21 Luglio Fig. 22, n. 6 216-S,
RICHARD, 1942: Fig. profondo troncoconico nero-brunastro/grigio- 1938, RCGE-43630
11, n. 3 rossastro, medio sacchetto
n. 10
Richard, 4° focolare Fr. di recipiente profondo Lisciate steccate, VBQ 21 Luglio Fig. 22, n. 7 152-S,
troncoconico con ansa a nastro grigio scuro/grigio 1938, RCGE-43566,
sull’orlo scuro, medio sacchetto 4°
n. 10
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente ovoidale con Erose, bruno- Impressa 26 Luglio 1938 Fig. 9, n. 3 100-S,
impressioni cardiali in linee rossastro/grigio-bruno RCGE-43514
verticali scuro, grossolano
Richard, 5° focolare; Recipiente ovoidale con Levigate, Impressa Fig. 9, n. 4 67-S,
Arobba et al., 1987: linguella forata e decorazione nero-rossastro/nero, RCGE-43481
88 –
Fig. 3, n. 5 cardiale verticale medio
Richard, 5° focolare, Fr. di recipiente profondo con Levigate, bruno Impressa 27 Luglio Fig. 10, n. 2;
citato nel diario orlo e cordone a tacche e scuro/bruno scuro, 1938, Fig. 29, n. 2
linguella grossolano n° 18
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo con Lisciate, Impressa Fig. 11, n. 5 Punto arancio,
orlo a tacche impresse nero/nero, 117-S,
profondo con cordone liscio bruno/bruno,
orizzontale medio
Richard, 4° focolare; Grande fr. di recipiente Lisciate erose, VBQ 21 Luglio Fig. 22, n. 6 216-S,
RICHARD, 1942: Fig. profondo troncoconico nero-brunastro/grigio- 1938, RCGE-43630
11, n. 3 rossastro, medio sacchetto
n. 10
Richard, 4° focolare Fr. di recipiente profondo Lisciate steccate, VBQ 21 Luglio Fig. 22, n. 7 152-S,
troncoconico con ansa a nastro grigio scuro/grigio 1938, RCGE-43566,
sull’orlo scuro, medio sacchetto 4°
n. 10
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente ovoidale con Erose, bruno- Impressa 26 Luglio 1938 Fig. 9, n. 3 100-S,
impressioni cardiali in linee rossastro/grigio-bruno RCGE-43514
verticali scuro, grossolano
Richard, 5° focolare; Recipiente ovoidale con Levigate, Impressa Fig. 9, n. 4 67-S,
Arobba et al., 1987: linguella forata e decorazione nero-rossastro/nero, RCGE-43481
Fig. 3, n. 5 cardiale verticale medio
Richard, 5° focolare, Fr. di recipiente profondo con Levigate, bruno Impressa 27 Luglio Fig. 10, n. 2;
citato nel diario orlo e cordone a tacche e scuro/bruno scuro, 1938, Fig. 29, n. 2
linguella grossolano n° 18
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo con Lisciate, Impressa Fig. 11, n. 5 Punto arancio,
orlo a tacche impresse nero/nero, 117-S,
grossolano RCGE-43531
Richard, 5° focolare Piccolo fr. di parete con Lisciate, Impressa Fig. 13, n. 9
decorazione cardiale: nero/nero,
cfr. Fig. 3,
9 n. 1 medio
Richard, 5° focolare Fr. di orlo digitato e parete di Levigate, bruno/bruno- Impressa Fig. 13, n. 14 Punto arancio
recipiente profondo con camoscio, medio
cordone plastico
Richard, 5° focolare Fr. di parete di recipiente Lisciate, nero/nero, Impressa? Fig. 13, n. 15
profondo con cordone plastico medio
con impressioni digitate
Richard, 5° focolare Fr. di orlo digitato di recipiente
Lisciate, rosso- VBQ Fig. 14, n. 5 Punto arancio
profondo troncoconico bruno/bruno, medio
Richard, 5° focolare Fr. di orlo di tazza profonda Levigate, VBQ Fig. 16, n. 12
troncoconica camoscio/grigio, medio
Richard, 5° focolare 2 fr. di parete con decorazione Levigate, VBQ Fig. 19, n. 9
a triangoli escissi camoscio/camoscio,
fine
Richard, 5° focolare Fr. di parete di recipiente Levigate, bruno- VBQ Fig. 19, n. 14 Punto arancio
carenato camoscio/bruno, fine
Richard, 5° focolare Fr. di scodella emisferica con Grezze, VBQ 28 Luglio 1938 Fig. 20, n. 1 133-S,
orlo a due lobi soprelevati nero/grigio scuro, RCGE-43547
medio micromicaceo
Richard, 5° focolare Fr. di scodella di recipiente Levigate, VBQ Fig. 20, n. 3
profondo troncoconico camoscio/camoscio,
fine
Richard, 5° focolare Fr. di beccuccio di tazza a Levigate, bruno/bruno, VBQ Fig. 20, n. 5 Punto arancio
bocca quadrata fine
Richard, 5° focolare Fr. di collo di recipiente Levigate, VBQ Fig. 20, n. 6 Punto arancio
profondo a bocca quadrata camoscio/bruno, fine
Richard, 5° focolare Fr. di beccuccio di recipiente Levigate, nero/nero, VBQ Fig. 20, n. 7 Punto arancio
profondo a bocca quadrata fine
Richard, 5° focolare Fr. di orlo di tazza a bocca Levigate, VBQ Fig. 20, n. 9
quadrata camoscio/camoscio,
fine
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo Lisciate, bruno- VBQ Fig. 21, n. 3
troncoconico camoscio/bruno,
medio
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo Lisciate, bruno/bruno, VBQ Fig. 21, n. 4
troncoconico medio
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo Lisciate, VBQ Fig. 21, n. 5
troncoconico camoscio/camoscio,
medio
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo Levigate, bruno VBQ Fig. 21, n. 6
troncoconico scuro/grigio, medio
Richard, 5° focolare Fr. di orlo di olla a corpo Erose, bruno- VBQ? Fig. 22, n. 1
globulare, orlo a tacche e rossastro/bruno-grigio,
bugnette sul corpo medio
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo forse Grezze lisciate, VBQ Fig. 23, n. 1 Punto arancio,
ovoidale con orlo impresso a bruno/nero, 1191-S,
polpastrello medio-fine RCGE-60709
Richard, 5° focolare Fr. di orlo dentellato di Lisciate, grigio/grigio, VBQ? Fig. 23, n. 4
recipiente profondo medio
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo Grezze, grigio VBQ Fig. 23, n. 5 Punto arancio,
troncoconico con orlo impresso scuro/grigio scuro, 1196-S,
medio RCGE-60714

– 89
Richard, 5° focolare Fr. di grande recipiente Grezze, VBQ? 26 Luglio 1938 Fig. 23, n. 9; 114-S,
profondo con leggere bruno-rossastro/grigio- Fig. 31, n. 4 RCGE-43528
impressioni a polpastrello rossastro, grossolano
subito sotto l’orlo
Richard, 5° focolare Fr. di tazza profonda a bocca Levigate, bruno- VBQ Fig. 24, n. 6 Punto arancio
quadrata rossastro/grigio scuro,
medio-fine
Richard, 5° focolare Fr. di recipiente profondo con Lisciate, VBQ Fig. 24, n. 10
orlo arrotondato camoscio/bruno,
medio
Richard, 5° focolare Fr. d’orlo di piccolo recipiente Levigate, VBQ Fig. 24, n. 12
profondo troncoconico camoscio/camoscio,
fine
Richard, 5° focolare Fr. di orlo liscio di recipiente Lisciate, bruno/bruno, VBQ Fig. 25, n. 1
profondo troncoconico medio
Richard, 5° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Lisciate, VBQ Fig. 25, n. 2
ovoidale camoscio/camoscio,
medio
Richard, 5° focolare Fr. di orlo digitato di recipiente Lisciate, nero- VBQ Fig. 25, n. 3
profondo troncoconico camoscio/camoscio,
medio
Richard, 5° focolare Fr. ricongiunti di recipiente Lisciate, VBQ Fig. 25, n. 4
profondo troncoconico con orlo camoscio/camoscio,
liscio medio
Richard, 5° focolare Fr. di fondo piano di grande Lisciate, VBQ Fig. 31, n. 1 Punto arancio
contenitore con incrostazione di bruno-rossastro/bruno,
ocra rossa all’interno medio
Richard, 5° focolare Fr. di fondo piano con Lisciate, bruno- VBQ Fig. 31, n. 3 Punto arancio
impressioni ovalari e resti grigio/bruno-grigio,
organici nerastri medio
Richard, 5° 2 fr. di orlo di grande Levigate, bruno- VBQ 26 Luglio Fig. 17, n. 2; Punto arancio,
focolare+V strato contenitore globulare a bocca rossastro/bruno- 1938; Fig. 29, n. 7 108-S,
sotto il 5° focolare ristretta con fori passanti sotto rossastro, medio 1 Ottobre 1942 1366
(vedi Fig. 17, n. 1) l’orlo
Richard, VI strato 2 fr. di orlo di grande Levigate, bruno- VBQ Fig. 17, n. 1 Più altri
sotto il 5° focolare+7° contenitore globulare a bocca rossastro/bruno- frammenti dello
focolare (vedi Fig. 17, ristretta con fori passanti sotto rossastro, medio stesso
n. 2) l’orlo recipiente,
1367
Richard, 5° focolare, Grande fiasco ansato con Levigate, VBQ 28 Settembre Fig. 30, n. 2; 214-S,
focolare a buca dischi plastici incisi sulla spalla arancio/arancio, 1942 CAPELLI et al., RCGE-43628,
fine 2018: Fig. 2, n. 7 Analisi AQ13,
ss-8054
Richard, II strato sotto Fr. di orlo a tacche di grande Lisciate, bruno Impressa 28 Settembre Fig. 11, n. 3; Analisi AQ11,
il 5° focolare recipiente ovoidale con linea scuro/bruno scuro, 1942 CAPELLI et al., ss-8052
verticale a pizzicato grossolano 2018: Fig. 1, n. 4
Richard, IV strato Fr. di orlo dentellato di Lisciate, camoscio- Impressa 30 Settembre Fig. 23, n. 3
sotto il 5° focolare recipiente profondo ovoidale bruno/bruno, 1942
grossolano
Richard, V strato sotto Fr. di parete con due fasce Lisciate, Impressa 1 Ottobre 1942 Fig. 9, n. 1; 83-S,
il 5° focolare orizzontali di impressioni nero/nero, Fig. 28, n. 5 RCGE-43497,
cardiali parallele: cfr. Fig.13
7, n. 9 medio 1234
Richard, V strato sotto 11 fr. ricongiunti di recipiente Lisciate, Impressa 1 e 2 Ottobre Fig. 23, n. 6 Punto bianco
il 5° focolare+6° profondo tronco
troncoconico
conico con
con orlo
orlo bruno/bruno, 1942 (3 fr.),
focolare a tacche e 4 prese a linguella medio 58-S,
contrapposte 1227
Richard, 5° e 6° 4 fr. ricongiunti di orlo di Lisciate, Impressa 27 Luglio Fig. 9, n. 7; 104-S+105-S,
focolare 2+2 fr. recipiente profondo ovoidale grigio/bruno, medio- 1938; CAPELLI et al., Analisi AQ14,
AROBBA et al., 1987: con decorazioni impresse a grossolano 30 Settembre- 2018: Fig. 1,n. 8 ss-8055
Fig. 3, n. 8; RICHARD, stecca, a pannelli? 1 Ottobre 1942
1942: Tav. XII, n. 6
Richard, 6° focolare; Fr. di parete con 2 fasce Levigate, Impressa 27 Luglio 1938 Fig. 9, n. 2 73-S,
RICHARD, 1942: Tav. orizzontali, parallele, di nero/camoscio, RCGE-43487
XII, n. 3 impressioni cardiali medio

Richard, 6° focolare 4 fr. ricongiunti di recipiente Lisciate, Impressa 2 Agosto 1938 Fig. 10, n. 3; 68-S,
profondo con linguella forata e bruno/grigio, Fig. 29, n. 5 RCGE-43482,
orlo dentellato medio 1396 o 1398?
Richard, 6° focolare Fr. di grande recipiente Erose, Impressa Fig. 11, n. 1
profondo con decorazione a grigio/grigio,
pizzicato verticale e orizzontale medio
Richard, 6° focolare Fr. di recipiente profondo con Lisciate, nero/nero, Impressa? Fig. 11, n. 4 110-S,
orlo a tacche impresse grossolano RCGE-43524
Richard, 6° focolare; Fr. di parete con cordone Lisciate, Impressa 27 Luglio Fig. 12, n. 10; 85-S,
RICHARD, 1942: Tav. plastico a croce con tacche bruno-rossastro/bruno, 1938, Fig. 28, n. 6 RCGE-43499
XII, n. 9 impresse medio sacchetto n.
18
Richard, 6° focolare Fr. di parete di recipiente con Lisciate, Impressa Fig. 16, n. 8; Punto bianco,
decorazione cardiale camoscio/bruno- CAPELLI et al., Analisi AQ1,
grigiastro, medio 2018: Fig. 1, n. 6 ss-7992
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Erose, VBQ Fig. 18, n. 3 Punto bianco,
orlo a lobi soprelevati camoscio/bruno, 1248
medio
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Erose, VBQ Fig. 18, n. 8 Punto bianco
orlo a lobi soprelevati camoscio/camoscio,
fine
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Lisciate, nero- VBQ Fig. 18, n. 9 Punto bianco
orlo a lobi soprelevati camoscio/nero, medio
micromicaceo
90 – 6° focolare
Richard, Scodella profonda con orlo a Lisciate erose, VBQ 9 Agosto 1938 Fig. 18, n. 10 132-S,
lobi soprelevati grigio scuro/bruno, RCGE-43546,
medio 1379
Richard, 6° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, camoscio VBQ Fig. 19, n. 4 Punto bianco,
a bocca quadrata chiaro/camoscio 1258
chiaro, fine
18
Richard, 6° focolare Fr. di parete di recipiente con Lisciate, Impressa Fig. 16,
13 n. 8; Punto bianco,
decorazione cardiale camoscio/bruno- CAPELLI et al., Analisi AQ1,
grigiastro, medio 2018: Fig. 1, n. 6 ss-7992
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Erose, VBQ Fig. 18, n. 3 Punto bianco,
orlo a lobi soprelevati camoscio/bruno, 1248
medio
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Erose, VBQ Fig. 18, n. 8 Punto bianco
orlo a lobi soprelevati camoscio/camoscio,
fine
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Lisciate, nero- VBQ Fig. 18, n. 9 Punto bianco
orlo a lobi soprelevati camoscio/nero, medio
micromicaceo
Richard, 6° focolare Scodella profonda con orlo a Lisciate erose, VBQ 9 Agosto 1938 Fig. 18, n. 10 132-S,
lobi soprelevati grigio scuro/bruno, RCGE-43546,
medio 1379
Richard, 6° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, camoscio VBQ Fig. 19, n. 4 Punto bianco,
a bocca quadrata chiaro/camoscio 1258
chiaro, fine
Richard, 6° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, grigio/grigio, VBQ Fig. 19, n. 7 Punto bianco
a bocca quadrata medio
Richard, 6° focolare; Vasetto ovoidale, fondo Levigate, VBQ Fig. 19, n. 10 208-S,
RICHARD, 1942: Fig. convesso integro, con 2 coppie bruno/bruno, RCGE-43622,
11, n. 1, citato nel di fori sotto l’orlo medio 1225
quaderno di scavo
Richard, 6° focolare; Vasetto profondo troncoconico Levigate, bruno-grigio VBQ 2 Agosto 1938 Fig. 19, n. 11 212-S,
RICHARD, 1942: Fig. integro chiaro/grigio chiaro, RCGE-43626,
11, n. 2, citato nel fine micromicaceo 1228
quaderno di scavo
Richard, 6° focolare; Fr. di vasetto emisferico a Lisciate, VBQ 9 Agosto 1938 Fig. 19, n. 12 218-S,
RICHARD, 1942: Fig. mestolo con lunga presa a camoscio/camoscio, RCGE-43632,
11, n. 5, citato nel linguella frammentata medio 1225
quaderno di scavo
Richard, 6° focolare; Piccolo recipiente a calotta, Levigate a stecca, VBQ 2 Agosto 1938 Fig. 19, n. 17 215-S,
RICHARD, 1942: Fig. integro camoscio/ nerastro, RCGE-43629,
11, n. 4, citato nel medio 1224
quaderno di scavo
Richard, 6° focolare; Fr. di bicchiere a bocca Lisciate, VBQ Fig. 19, n. 19 Punto bianco,
AROBBA et al. 1987: quadrata ansato bruno/bruno, 1267
Fig. 3, n. 1 fine
Richard, 6° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, nero/nero, VBQ Fig. 20, n. 4
a bocca quadrata fine
Richard, 6° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, nero/grigio, VBQ Fig. 20, n. 8 Punto bianco,
a bocca quadrata fine 1250
Richard, 6° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Levigate, nero- VBQ 27-2… Fig. 20, n. 10
a bocca quadrata marrone/nero, fine
Richard, 6° Focolare, Fr. di grande recipiente Lisciate, bruno/bruno VBQ 9 Agosto 1938 Fig. 20, n. 11 126-S,
citato nel quaderno di profondo ovoidale ansato chiaro, medio RCGE-43540,
scavo mancante del fondo 1385
Richard, 6° focolare Fr. di scodella emisferica con Lisciate, VBQ Fig. 24, n. 3 Punto bianco,
orlo dentellato mattone/mattone, fine 1245
Richard, 6° focolare Fr. di orlo dentellato di scodella Lisciate, nero/nero, VBQ Fig. 24, n. 5 Punto bianco
troncoconica medio
Richard, 6° focolare Fr. di orlo digitato di scodella Lisciate, bruno/bruno, VBQ Fig. 29, n. 6 Punto bianco
emisferica fine
Richard, 6° focolare Fr. di fondo piano con residui Lisciate, bruno- VBQ 9 Agosto 1938 Fig. 31, n. 2 1229
organici nerastri all’interno rossastro/bruno-
rossastro, medio-fine
Richard, V strato sotto 2 fr. ricongiunti di scodella Lisciate, grigio Impressa Fig. 13, n. 2
il 6° focolare emisferica chiaro/grigio chiaro,
medio
Richard, 6° e 7° 3 fr. ricongiunti di parete con Levigate, bruno/nero, Impressa 30 Luglio Fig. 9, n. 6 81-S,
focolare; RICHARD, decorazione a fasce orizzontali medio 1938; RCGE-43495,
1942: Tav. XII, nn. 4 e e pannelli di impressioni cardiali 2 Agosto 1938 1244-1383
5; AROBBA et al.,
1987: Fig. 3, n. 3
Richard, 7° focolare; 12 fr. ricongiunti di recipiente Lisciate, Impressa Fig. 9, n. 8 Punto bianco (5
RICHARD, 1942: Tav. profondo con 2 linguelle camoscio/bruno, fr.), punto rosso
XII, n. 2 orizzontali e 2 linee di grossolano (2 fr. ),
impressioni a polpastrello 56-S,
RCGE-434670
Richard, 7° focolare; Fr. di orlo a tacche di grande Lisciate, bruno Impressa 12 Settembre Fig. 11, n. 2 119-S,
RICHARD, 1942: Tav. vaso ovoidale con 2 linee chiaro/grigio scuro, 1938 RCGE-43533,
XII, n. 1 verticali a pizzicato e 1 grossolano 1384
orizzontale
Richard, 7° focolare Fr. di tazza a bocca quadrata Erose, nero/camoscio, VBQ Fig. 19, n. 1 Punto rosso
medio
Richard, 7° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Erose, VBQ Fig. 19, n. 2 Punto rosso
a bocca quadrata camoscio/camoscio,
medio
Richard, 7° focolare Fr. di orlo di recipiente Levigate, VBQ Fig. 19, n. 3 Punto rosso
profondo a bocca quadrata camoscio/camoscio,
fine
Richard, 7° focolare Fr. di orlo di olletta ovoidale Levigate, VBQ Fig. 19, n. 16 Punto rosso
camoscio/camoscio,
fine
Richard, 7° focolare Fr. di orlo diritto a tacche di Lisciate, VBQ Fig. 23, n. 2 Punto rosso,
recipiente profondo grigio/bruno, 1193-S,
medio RCGE-60711,
1387
Richard, 7° focolare Fr. di orlo digitato di recipiente Levigate, VBQ Fig. 24, n. 11 – 91
Punto rosso,
profondo camoscio/bruno, 1392
medio
Ignota Fr. di parete di recipiente Erose, rosso/rosso, Impressa Fig. 8, n. 16 97-S
profondo con linee impresse medio con fr. di
a conchiglia molluschi
medio
Richard, 7° focolare Fr. di orlo di recipiente profondo Erose, VBQ Fig. 19, n. 2 Punto rosso
a bocca quadrata camoscio/camoscio,
medio
Richard, 7° focolare Fr. di orlo di recipiente Levigate, VBQ Fig. 19, n. 3 Punto rosso
profondo a bocca quadrata camoscio/camoscio,
fine
Richard, 7° focolare Fr. di orlo di olletta ovoidale Levigate, VBQ Fig. 19, n. 16 Punto rosso
camoscio/camoscio,
fine
Richard, 7° focolare Fr. di orlo diritto a tacche di Lisciate, VBQ Fig. 23, n. 2 Punto rosso,
recipiente profondo grigio/bruno, 1193-S,
medio RCGE-60711,
1387
Richard, 7° focolare Fr. di orlo digitato di recipiente Levigate, VBQ Fig. 24, n. 11 Punto rosso,
profondo camoscio/bruno, 1392
medio
Ignota Fr. di parete di recipiente Erose, rosso/rosso, Impressa Fig. 8, n. 16 97-S
profondo con linee impresse medio con fr. di
a conchiglia molluschi
Ignota 2 fr. di parete ricongiunti di Levigate, Impressa Fig. 13, n. 4; 109-S,
recipiente profondo ansato bruno/bruno-grigio, Fig. 28, n. 4 1237
con pannelli di impressioni medio
strumentali
Ignota Fr. di orlo con impressioni Scabre, grigio-bruno VBQ Fig. 24, n. 1
digitali di recipiente ovoidale scuro/grigio scuro,
profondo a collo medio
Ignota Fr. di parete decorato con linee Levigate, bruno/bruno, VBQ Fig. 24, n. 7
graffite oblique intersecantesi medio
Ignota Fr. di recipiente profondo con Levigate, grigio-bruno VBQ Fig. 24, n. 8
ansa a nastro verticale scuro/grigio, medio
Ignota Fr. di recipiente profondo con Lisciate, bruno/bruno VBQ Fig. 24, n. 9
ansa a nastro verticale chiaro, medio

BIBLIOGRAFIA

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. e Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila (Finale Ligure -
Savona). Atti della XXVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 541–551.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2018a – Impronte d’intrecci su vasi neolitici rinvenuti in caverne del Finalese. In: Biagi, P. e Starnini, E.
(a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per
la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 111–115. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Arobba, D. e Caramiello, R. 2018b – I resti archeobotanici di Vitis vinifera dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) nel quadro
delle conoscenze della Liguria. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona):
Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia,
Quaderno 15: 261–270. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Bagolini, B. e Biagi, P. 1973 – Influssi della cultura di Fiorano nel Neolitico della Liguria. Preistoria Alpina, 9: 69–90.

Bernabò Brea, L. 1946 – Gli scavi nella Caverna delle Arene Candide Parte I. Gli strati con ceramiche. Collezione di Monografie
Preistoriche ed Archeologiche, I. Istituto di Studi Liguri, Bordighera.

Bernabò Brea, L. 1950 – Un vaso neolitico a decorazione impressa nel Museo del Finale. Rivista Ingauna e Intemelia, V (1): 17–20.

Bernabò Brea, M., Salvadei, L., Maffi, M., Mazzieri, P. Mutti, A. e Sandias, M. 2005 – Le necropoli dei Vasi a Bocca Quadrata
dell’Emilia Occidentale: rapporti con gli abitati, rituali, corredi, dati antropologici. In: Pessina, A. e Visentini, P. (a cura di)
Preistoria dell’Italia Settentrionale. Studi in ricordo di Bernardino Bagolini. Museo Friulano di Storia Naturale, Udine: 169–186.

Biagi, P. e Starnini, E. 2016 – La cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): distribuzione, cronologia
e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Martí Oliver.
Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119: 35–49. València.

Binder, D., Brochier, J.- É., Duday, E., Helmer, D., Marinval, P., Thiétault,, S. e Wattez, J. 1993 – L’Abri Pendimoun à Castellar
(Alpes-Maritimes): Nouvelles données sur le complexe culturel de la céramique imprimée méditerranéenne dans son contexte
stratigraphique. Gallia préhistoire, 35: 177–251. doi:10.3406/galip.1993.2087.

92 –
Binder, D., Lanos, P., Angeli, L., Gomart, L., Guilaine, J., Manen, C., Maggi, R., Muntoni, I.M., Panelli, C., Radi, G., Tozzi,
C., Arobba, D., Battentier, J., Brandaglia, M., Bouby, L., Briois, F., Baccé, A., Delhon, C., Gourichon, L., Marinval, P.,
Nisbet, R., Rossi, S., Rowley-Conwy, P. e Thiébault, S. 2017 – Modelling the earliest north-western dispersal of Mediterranean
Impressed Wares: new dates and Bayesan chronological model. Documenta Praehistorica, XLIV: 54–77. doi:10.4312/dp.44.4.

Binder, D., Lepère, C. e Maggi, R. 2008 – Épipaléolithique et Néolithique dans l’arc Liguro-Provençal: Bilan et perspectives de
recherche. Bulletin du Musée d’Anthropolologie préhistorique de Monaco, supplement 1: 49–61.

Briois, F. e Manen, C. 2009 – L’habitat néolithique ancien de Peiro Signado à Portiragnes (Hérault). In: Beeching, A. e Senepart,
I. (eds.) De la maison au village. L’habitat néolithique dans le Sud de la France et le Nord-Ouest méditerranéen. Société
Préhistorique Française, Mémoire XLVIII: 31–37.

Capelli, C., Starnini, E., Cabella, R. e Piazza, M. 2018 – Analisi archeometriche in microscopia ottica di ceramiche neolitiche dall'Arma
dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) nel quadro delle produzioni preistoriche del Finalese. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli
Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e
Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 95–109. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Del Lucchese, A. e Scotti, G. 2009 – La ceramica neolitica del Riparo di Pian del Ciliegio. In: Del Lucchese, A. (a cura di) Il Riparo
di Pian del Ciliegio. Un sito neolitico sull’altopiano delle Mànie. Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 5: 37–58. Istituto
Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Del Lucchese, A. e Starnini, E. 2010 – Aggiornamenti sulla Cultura della Ceramica Impressa in Liguria. Nuovi dati dall’assemblaggio
della ceramica delle Arene Candide. Archeologia in Liguria, Nuova Serie II (2006-2007): 11–25.

Del Lucchese, A. e Starnini, E. 2015 – Aggiornamenti sulla fase antica della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata in Liguria, da una
revisione dei materiali ceramici in corso. Archeologia in Liguria, Nuova Serie V (2012-2013): 27–37.

De Pascale, A. 2014 – Le pintadere neolitiche nelle collezioni del Museo Archeologico del Finale. Rivista di Studi Liguri, LXVII-
LXXIX (2011-2013): 203–210.

Garcia Atiénzar, G. 2009 – Territorio Neolítico. Las primiera comunidades campisinas en la fachada orientall de la península
Ibérica (ca. 5600-2800 cal BC). BAR International Series, 2021. Archaeopress, Oxford.

Guilaine, J. 2003 – Aspects de la Néolithisation en Méditerranée et en France. In Ammerman, A.J. and Biagi, P. (eds.) The Widenig
Harvest. The Neolithic Transition in Europe: Looking Back, Looking Forward. Archaeological Institute of America, Colloquia
and Conference Papers, 6: 189–206. Boston.

Guilaine, J. e Manen, C. 2002 – La ceramica impressa della Francia meridionale. In: Fugazzola Delpino, M.A., Pessina, A. e Tiné,
V. (eds.) Le ceramiche impresse nel Neolitico antico. Italia e Mediterraneo. Studi di Paletnologia, I: 37–49. Collana del Bullettino
di Paletnologia Italiana, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

Guilaine, J., Metallinou, G. e Berger, J.-F. 2016 – La néolithisation de la Méditerranée occidentale: sur la piste des pionniers?
In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Martí Oliver. Servicio de
Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119: 27–34.

Maggi, R. 1977 – Lo strato a ceramiche graffite delle Arene Candide. Preistoria Alpina, 13: 212–216.

Maggi, R. e Chella, P. 1999 – Chronologie per le radiocarbon du Néolithique des Arene Candide (Fouilles Bernabò Brea). In:
Vaquer, J. (ed.) Le Néolithique du Nord-Ouest Méditerranéen. XXIVe Congrès Préhistorique de France. Carcassonne 26-30
Septembre 1994. La Samarre, Joué-Lès-Tours: 99–110.

Maggi, R. e Starnini, E. 1997 – Some aspects of the pottery production. In: Maggi, R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene
Candide: A Functional and Environmental Assessment of the Holocene Sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50).
Monografie dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 279–337. Il Calamo, Roma.

Manen, C. 2000 – Implantation de faciès d’origine Italienne au Néolithique ancien: l’exemples des sites «Liguriens» du Languedoc. In:
Rencontres méridionales de préhistoire récente. Troisième session, Toulouse, 1998. Éditions Archives d’Ecologie Préhistoriques,
2000: 35–42.

Manen, C. 2007 – La production céramique de Pont de Roque-Haute: synthèse et comparisons. In: Guilaine, J., Manen, C. e Vigne,
J.D. (eds.) Pont de Roque-Haute. Nouveaux regards sur la Néolithisation de la France méditerranéenne. Centre de Recherche sur
la Préhistoire et la Protohistoire de la Méditerranée, Toulouse: 152–166.

Manen, C. e Sabatier, P. 2003 – Chronique radiocarbone de la néolithisation en Méditerranée nord-occidentale. Bulletin de la Société
Préhistorique Française, 100 (3): 479–504.

Munsell Soil Color Charts 1992 – Revised Edition 1992. Macbeth, New York.

Odetti, G. 1977 – Le ceramiche graffite nella grotta della Pollera. Preistoria Alpina, 13: 212–216.

– 93
Odetti, G. 1990 – Saggio nei livelli neolitici della Grotta Pollera. Rivista Ingauna e Intemelia, XLV: 107–143.

Odetti, G. (a cura di) 2002 – La Grotta del Sanguineto o della Matta: scavi e scoperte tra ʼ800 e ʼ900. Quaderni del Museo Archeologico
del Finale, 4: 103–125. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Pearce, M. 2013 – Rethinking the North Italian Early Neolithic. Accordia Specialist Studies on Italy, 17. Accordia Research Institute,
University of London. 245 pp.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Roudil, D. 1988 – Cardial et Néolitique Ancien Ligure dans le sud-est de la France. In: Cahen, D. e Otte, M. (eds.) Rubané et Cardial.
ERAUL, 39: 383–391.

Silla, G.A. 1935 – Finale Ligure: la nuova stazione preistorica dellʼ«Arma dell'Aquila». Bollettino della Regia Deputazione di Storia
Patria per la Liguria, Sezione Ingauna e Intemelia, II (1), XIV: 81–92.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila. Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria, Sezione
Ingauna e Intemelia, III (3-4), XV: 73–80.

Sparacello, V.S., Panelli, C., Rossi, S., Dori, I., Varalli, A., Goude, G., Kacki, S., Partiot, C., Roberts, C.A. and Moggi-Cecchi,
J. 2018 – Archaeothanatology and palaeobiology of the burials and “scattered human remains” from Arma dell’Aquila (Finale
Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i
Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
143–181. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Tiné, S. 1974 – Il Neolitico e l’età del Bronzo della Liguria alla luce delle recenti scoperte. In: Atti della XVI Riunione Scientifica
dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 37–52.

Tiné, V. 1999 – Transizione tra Neolitico Antico e Neolitico Medio: le ceramiche dello stile Pollera. Strato 13. In: Tiné, S. (a cura di)
Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977). Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeolgiche, X:
142–180, 378–395.

Zambelli, F.H. 1937 – Gli scavi in Val dell’Aquila. Giornale Storico e Letterario della Liguria, XIII (XVI-IV): 249–256.

Indirizzi degli Autori:

ELISABETTA STARNINI, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Via dei Mille 19, I-56126 PISA;
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezia e Savona,
Via Balbi 10, I-16126 GENOVA
E-mail: elisabetta.starnini@unipi.it; elisabetta.starnini@beniculturali.it

PAOLO BIAGI, Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea, Università Ca’ Foscari di Venezia, Ca’ Cappello, San Polo
2035, I-30125 VENEZIA
E-mail: pavelius@unive.it

94 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 95–109

CLAUDIO CAPELLI, ELISABETTA STARNINI, ROBERTO CABELLA e MICHELE PIAZZA

ANALISI ARCHEOMETRICHE IN MICROSCOPIA OTTICA


DI CERAMICHE NEOLITICHE DALL’ARMA DELL’AQUILA
(FINALE LIGURE, SAVONA)
NEL QUADRO DELLE PRODUZIONI PREISTORICHE DEL FINALESE

RIASSUNTO – Lo studio petrografico ha permesso di ricondurre la maggioranza delle ceramiche dell’Arma dell’Aquila a
produzioni finalesi, benché la variabilità composizionale e tessiturale/tecnica evidenzi una molteplicità di siti di produzione o
di prelievo delle materie prime. In questi casi gli impasti sono infatti caratterizzati da inclusioni ben compatibili con le rocce
metamorfiche permo-carbonifere o con i calcari mesozoici affioranti localmente. Tuttavia, il rinvenimento di alcuni campioni
con inclusioni derivate da gneiss ed anfiboliti, assenti in area strettamente locale, ma affioranti nei vicini settori di basamento
ercinico, può invece testimoniare spostamenti in ambito regionale, sia per quanto riguarda il Neolitico antico, sia per il Neolitico
medio. Il confronto preliminare con i dati a disposizione per le prime produzioni ceramiche della Liguria in generale, e del
Finalese in particolare, sembra confermare il modello che dimostra l’esistenza, a fianco di una più consistente produzione di
ambito locale, di alcuni contenitori ceramici prodotti in aree alloctone, anche se in questo specifico caso non sono state finora
individuate importazioni da lunga distanza.

ABSTRACT – The petrographic study has allowed us to recognize the majority of the ceramics of the Aquila rock shelter as
productions of the Finale area, although the compositional and textural/technical variability highlights a variety of sites of production or
procurement of raw materials. In these cases, the pastes are characterised by inclusions well compatible with the Permo-Carboniferous
metamorphic rocks or with Mesozoic limestones outcropping locally. However, the discovery of some samples with inclusions derived
from gneiss and amphibolite, absent in strictly local area, though outcropping in the neighbouring territory of the Hercynian basement,
can testify instead human mobility within the region, both in the Early and Middle Neolithic. The preliminary comparison with the
data available for the first ceramic productions of Liguria in general, and the Finale in particular, seems to confirm the model that
demonstrates the existence, alongside a more consistent pottery production of local origin, of some ceramic containers produced in
allochthonous areas, even though in this specific case long-distance provenances are not represented.

Parole chiave – Analisi archeometriche, Microscopia ottica, Produzione ceramica neolitica, Cultura della Ceramica Impressa, Cultura
dei Vasi a Bocca Quadrata
Keywords – Archaeometric analyses, Optical microscopy, Neolithic pottery production, Impressed ware Culture, Square-Mouthed
Pottery Culture

1. INTRODUZIONE

Il contesto ceramico di età neolitica rinvenuto all’Arma dell’Aquila (Fig. 1 e 2) è stato sottoposto ad ana-
lisi archeometriche in microscopia ottica con gli scopi di fornire una descrizione composizionale e tecnica dei
manufatti, di distinguere raggruppamenti omogenei, riferibili a produzioni/siti produttivi differenti, e di ottene-
re informazioni utili alla localizzazione di tali siti. In particolare, questo studio consente di valutare l’eventuale
continuità/discontinuità nella tradizione produttiva locale al passaggio tra Neolitico antico e medio. Il lavoro
si inserisce nel quadro più ampio di una ricerca in corso sulla produzione ceramica dei contesti neolitici del
Finalese (Capelli et al., 2006a; 2007).
Seguendo la metodologia già proposta e utilizzata in passato dagli Autori nel più generale ambito
delle indagini sulle produzioni preistoriche della Liguria (Capelli et al., 2011), lo studio archeometrico
ha previsto un esame preliminare al microscopio stereoscopico di tutti i frammenti ceramici al fine di
selezionare i campioni effettivamente significativi, sia dal punto di vista archeologico, sia petrografico,
per le ulteriori indagini di laboratorio. Questo passaggio consente di scartare reperti ripetitivi o tipologie
di impasti già note dalle analisi di siti limitrofi e individuare invece la variabilità effettiva delle produ-

– 95
Fig. 1 – Frammenti di recipienti della Cultura della Ceramica Impressa analizzati (cfr. anche la Tab. 1 per la descrizione e la prove-
nienza stratigrafica).

96 –
Fig. 2 – Frammenti di recipienti della Cultura della Ceramica Impressa (nn. 1-3) e della fase antica della Cultura dei Vasi a Bocca
Quadrata (nn. 4-7) analizzati (cfr. anche la Tab. 1 per la descrizione e la provenienza stratigrafica).

– 97
zioni presenti in ogni sito. Lo studio delle ceramiche è abbinato a quello delle materie prime disponibili
nell’area circostante il sito.
Sono quindi stati selezionati per le analisi al microscopio polarizzatore su sezione sottile 15 campioni
(rappresentativi di gruppi di impasto più o meno numerosi o di esemplari particolari) di ceramiche neoliti-
che, appartenenti principalmente alla Cultura della Ceramica Impressa (in tutto 11) e, in minor misura, alla
prima fase di stile geometrico-lineare della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (VBQ, in tutto 4) (Tab. 1 e 2).
sigla gruppo n. sezione provenienza descrizione cronologia Figura
sigla gruppo n. sezione provenienza descrizione cronologia Figura
campione petrografico sottile
campione petrografico sottile
AQ1 6.1 7992 Scavo Richard fr. di vaso con decorazione Neolitico antico, 1, n. 6
AQ1 6.1 7992 Scavo Richard fr. di vaso con decorazione
decorazione Neolitico antico, 1, n. 6
6° focolare Neolitico impressa a sequenza di Cultura della
6° focolare Neolitico impressa a sequenza
di impressioni di di
con bordo Cultura della
impressioni con bordo di Ceramica Impressa
impressioni con bordo
conchiglia, impasto di
medio-fine, sp. Ceramica Impressa
conchiglia, impasto medio-fine, sp.
conchiglia,
7 mm, colore impasto medio-fine, sp.
rossastro/grigio
7 mm, colore rossastro/grigio
7 mm, colore rossastro/grigio
AQ2 1.2 7993 talus fr. di parete con decorazione a Neolitico medio, 2, n. 4
AQ2 1.2 7993 talus fr. di parete con decorazione a Neolitico medio, 2, n. 4
linee incise e cordoncino plastico Cultura dei Vasi a
linee incise e cordoncino plastico Cultura dei Vasi a
impresso, impasto medio-fine, sp. 7 Bocca Quadrata, I
impresso, impasto medio-fine, sp. 7 Bocca Quadrata, I
mm., colore bruno chiaro fase
mm., colore bruno chiaro fase
AQ3 2.1 7994 talus fr. di orlo impresso e presa a lingua Neolitico antico, 1, n. 1
AQ3 2.1 7994 talus fr. di orlo impresso e presa a lingua Neolitico antico, 1, n. 1
di olla, impasto grossolano, sp. 10 Cultura della
di olla, impasto grossolano, sp. 10 Cultura della
mm, colore bruno grigio/bruno Ceramica Impressa
mm, colore bruno grigio/bruno Ceramica Impressa
AQ4 2.1 7995 talus fr. di olla con orlo impresso e Neolitico antico, 1, n. 3
AQ4 2.1 7995 talus fr. di olla con orlo impresso e Neolitico antico, 1, n. 3
decorazione a cordone pizzicato Cultura della
decorazione a cordone pizzicato Cultura della
verticale, impasto medio, sp. 9 mm, Ceramica Impressa
verticale, impasto medio, sp. 9 mm, Ceramica Impressa
colore grigio bruno/grigio
colore grigio bruno/grigio
AQ5 4 7996 talus fr. di parete con ansa a nastro, Neolitico medio, 2, n. 6
AQ5 4 7996 talus fr. di parete con ansa a nastro, Neolitico medio, 2, n. 6
impasto medio, sp. 14 mm cm, colore Cultura dei Vasi a
impasto medio, sp. 14 cm, colore Cultura dei Vasi a
bruno rossastro/rosso Bocca Quadrata, I
bruno rossastro/rosso Bocca Quadrata, I
fase
fase
AQ6 6.2 7997 talus fr. di parete di olla con ansa a Neolitico antico, 1, n. 5
AQ6 6.2 7997 talus fr. di parete di olla con ansa a Neolitico antico, 1, n. 5
lingua con perforazione verticale, Cultura della
lingua con perforazione verticale, Cultura della
impasto medio, sp. 6 mm, colore Ceramica Impressa
impasto medio, sp. 6 mm, colore Ceramica Impressa
grigio/arancio
grigio/arancio
AQ7 9 7998 Scavi Zambelli, fr. di olla con orlo impresso e Neolitico antico, 2, n. 1
AQ7 9 7998 Scavi Zambelli, fr. di olla con orlo impresso e Neolitico antico, 2, n. 1
dalla Tomba Arma decorazione impressa a punzone, Cultura della
dalla Tomba Arma decorazione impressa a punzone, Cultura della
dell’Aquila 1 impasto medio, sp. 5 mm, colore Ceramica Impressa
dell’Aquila 1 impasto medio, sp. 5 mm, colore Ceramica Impressa
bruno/ grigio
bruno/ grigio
AQ8 1.1 7999 talus fr. di orlo con cordone verticale ad Neolitico antico, 1, n. 2
AQ8 1.1 7999 talus fr. di orlo con cordone verticale ad Neolitico antico, 1, n. 2
impressioni ad unghiate, impasto Cultura della
impressioni ad unghiate, impasto Cultura della
medio, sp. 8 mm, colore rosso Ceramica Impressa
medio, sp. 8 mm, colore rosso Ceramica Impressa
bruno/grigio
bruno/grigio
AQ9 2.1 8051 talus fr. di parete con decorazione Neolitico antico, 2, n. 2
AQ9 2.1 8051 talus fr. di parete con decorazione Neolitico antico, 2, n. 2
impressa cardiale, impasto Cultura della
impressa cardiale, impasto Cultura della
grossolano, sp. 6 mm., , colore Ceramica Impressa
grossolano, sp. 6 mm., colore Ceramica Impressa
grigio bruno/rossastro
grigio bruno/rossastro
AQ10 3 8000 talus fr. di
fr. di fiasco con
con decorazione
decorazione a linee Neolitico antico, 1, n. 7
AQ10 3 8000 talus fr. di fiasco
fiasco a linee Neolitico antico, 1, n. 7
impresse
linee formanti
impresse un motivo
formanti a
un motivo Cultura della
impresse formanti un motivo a Cultura della
spiga,
ad impasto
alberello, medio
impasto fine, sp. 6 Ceramica
spiga, impasto medio medio fine,
fine, sp. 6 Ceramica
mm,6 colore
sp. grigiogrigio
mm, colore bruno Impressa, fase
mm, colore grigio brunobruno Impressa, fase
finale/Epicardiale
finale/Epicardiale
AQ11 5 8052 Scavo Richard fr. di olla con orlo impresso e Neolitico antico, 1, n. 4
AQ11 5 8052 Scavo Richard fr. di olla con orlo impresso e Neolitico antico, 1, n. 4
II strato sotto il 5° decorazione a cordone pizzicato Cultura della
II strato sotto il 5° decorazione a cordone pizzicato Cultura della
focolare verticale, sp. 11 mm, impasto Ceramica Impressa
focolare verticale, sp. 11 mm, impasto Ceramica Impressa
grossolano, grigio bruno/grigio
grossolano, grigio bruno/grigio
AQ12 9 8053 talus fr. di parete con decorazione ad Neolitico antico, 2, n. 3
AQ12 9 8053 talus fr. di parete con decorazione ad Neolitico antico, 2, n. 3
impressioni cardiali, impasto Cultura della
impressioni cardiali, impasto Cultura della
medio, sp. 10 mm, colore bruno Ceramica Impressa
medio, sp. 10 mm, colore bruno Ceramica Impressa
rossastro
rossastro
AQ13 7 8054 Scavo Silla, n. inv. collo di grande fiasco ansato con Neolitico medio, 2, n. 7
AQ13 7 8054 Scavo Silla, n. inv. collo di grande fiasco ansato con Neolitico medio, 2, n. 7
Museo Finale 214-S decorazione a pastiglie incise sulla Cultura dei Vasi a
Museo Finale 214-S decorazione a pastiglie incise sulla Cultura dei Vasi a
spalla, sp. 6 mm, impasto fine, Bocca Quadrata
spalla, sp. 6 mm, impasto fine, Bocca Quadrata
colore rosso arancio
colore rosso arancio
AQ14 2.2 8055 Scavo Richard fr. di orlo con decorazione ad Neolitico antico, 1, n. 8
AQ14 2.2 8055 Scavo Richard fr. di orlo con decorazione ad Neolitico antico, 1, n. 8
5° focolare, 30 impressioni lineari parallele, Cultura della
5° focolare, 30 impressioni lineari parallele, Cultura della
settembre-1 ottobre impasto medio-grossolano, sp. 10 Ceramica Impressa
settembre-1 ottobre impasto medio-grossolano, sp. 10 Ceramica Impressa
1942+6° focolare mm, colore grigio/bruno
1942+6° focolare mm, colore grigio/bruno
27/7/1938, nn. inv.
27/7/1938, nn. inv.
Museo Finale 104-
Museo Finale 104-
S+105-S
S+105-S
AQ15 8 8061 n. inv. Museo di fr. di parete con decorazione a Neolitico medio 2, n. 5
AQ15 8 8061 n. inv. Museo di fr. di parete con decorazione a Neolitico medio 2, n. 5
Finale 219-S linee graffite e impressioni Cultura dei Vasi a
Finale 219-S linee graffite e impressioni Cultura dei Vasi a
puntiformi, piccola bugnetta Bocca Quadrata, I
puntiformi, piccola bugnetta Bocca Quadrata, I
plastica, impasto fine, sp. 4 mm, fase
plastica, impasto fine, sp. 4 mm, fase
colore bruno/nero
colore bruno/nero

Tab. 1 – Elenco dei campioni analizzati con provenienza stratigrafica e descrizione archeologica.

98 –
I campioni ceramici del Neolitico antico (Tab. 1) si riferiscono a frammenti di recipienti decorati con ca-
ratteristiche impressioni a conchiglia marina (AQ9 e AQ12: Fig. 2, nn. 2 e 3), uno con impressioni organizzate
in riquadri (AQ1: Fig. 1, n. 6), due con impressioni strumentali distribuite sotto l’orlo (AQ7 e AQ14: Fig. 1, n.
8 e Fig. 2, n. 1), tre con file di impressioni digitali (AQ3, AQ4 e AQ11: Fig. 1, nn. 1, 3 e 4), uno con cordone
plastico con tacche impresse (AQ8: Fig. 1, n. 2) e infine un frammento con un’ansa a maniglia orizzontale
(AQ6: Fig. 1, n. 5). Inoltre, un campione (AQ10: Fig. 1, n. 7) di piccolo fiasco con decorazione impressa or-
ganizzata a motivi a forma di alberello può essere datato alla fine del Cardiale o all’Epicardiale di tradizione
occidentale.
Per quanto riguarda i campioni del Neolitico medio, essi si possono tutti riferire agli inizi della prima
fase, di stile geometrico-lineare, della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, caratterizzata da reminescenze del
Neolitico antico padano (Bagolini e Biagi, 1973: 85; Del Lucchese e Starnini, 2015). Si tratta di un fram-
mento di grande recipiente con ansa con appendice che ricorda i tipi della Cultura di Fiorano (AQ5: Fig. 2, n.
6), un frammento decorato con linee incise (AQ2: Fig. 2, n. 4), un frammento di recipiente in ceramica fine con
decorazione a sottili linee a zig-zag incise e piccoli punti impressi (AQ15: Fig. 2, n. 5) e infine un frammento
di grande fiasco con una particolare decorazione a pastiglie in rilievo sulla spalla (AQ13: Fig. 2, n. 7).
Per uno studio comparativo preliminare, sono stati inoltre analizzati 19 campioni di sabbie prelevati
nel Finalese e in aree limitrofe, dove sono noti siti neolitici potenzialmente produttivi (Fig. 3 e Tab. 3).
Per quanto riguarda l’area savonese, le caratteristiche discriminanti delle materie prime sono meglio co-
nosciute grazie a numerosi studi effettuati sulle produzioni di età da protostorica a moderna (Capelli e
Cabella, 2013).

Fig. 3 – Carta schematica del tratto di costa tra Spotorno ed Albenga con la localizzazione dei punti di prelievo dei campioni di sabbie
analizzati per confronto. 1) Spotorno, spiaggia; 2) torrente Coreallo; 3) Noli, spiaggia; 4 e 5) Varigotti, spiagge; 6 e 7) Finale, torrente
Sciusa; 8) Feglino; 9, 10 e 13) Finale, torrente Pora; 11) Arma dell’Aquila, torrente Aquila; 12) Perti; 14) Gorra; 15) Pietra Ligure,
torrente Maremola; 16) Loano, torrente Nimbalto; 17) Toirano, torrente Varatella; 18) Albenga, fiume Centa; 19) Albenga, torrente
Arroscia.

– 99
2.  LE ANALISI MINERO-PETROGRAFICHE

2.1.  Le ceramiche

I campioni studiati (Tab. 2) sono tutti ricchi di scheletro angoloso o subangoloso, nella maggior parte dei
casi più o meno grossolano. Tranne rare eccezioni, la matrice argillosa è ricca di ferro; il grado di ossidazione/
colore macroscopico è spesso variabile anche nella sezione trasversale di uno stesso frammento. Essi mostrano
una discreta variabilità composizionale, anche se le inclusioni sono riferibili a un numero ristretto di compo-
nenti litologiche, di natura carbonatica o metamorfica.
Sulla base delle caratteristiche petrografiche e tecniche, senza tener conto delle distinzioni cronologi-
che o tipologiche, i campioni sono stati suddivisi in nove gruppi principali (alcuni gruppi sono costituiti da
un solo esemplare analizzato in sezione sottile, altri sono stati suddivisi ulteriormente in sottogruppi; vedi
anche Tab. 2).
sigla campione/ numero

componenti subordinati
colore macroscopico in

componenti accessori/
componenti principali
dimensioni massime/
gruppo/sottogruppo

sezione trasversale

area di produzione
grado classazione

dimensioni medie
(esterno/interno)

prevalenti (mm)
petrografico

% scheletro
descrizione

occasionali

ipotizzabile
cronologia
analisi

1.1 AQ8/7999 fr. di orlo NA ro/gi-br/gr-ne xxxxx xxxx xxx 1.5/<0.8 cc qz, qzs, qzt mi, fs, op, ep Finalese

1.2 AQ2/7993 fr. di vaso NM gi-br xxxxx xxxxx xx 1/<0.5 cc qz, fs, qzs ep, an Finalese

2.1 AQ3/7994 fr. di orlo NA ro-br/gr-ne xxxx xxx xxx 2 ca, qz, qzs qms, fs mi, ep, op, an, tm Finalese

2.1 AQ4/7995 fr. di orlo NA gr-br/gr-ne xxxx xxx xxx 2 ca, qz, qzs, qms fs, ms, qfs ep, op, mi, tm Finalese

2.1 AQ9/8051 fr. di vaso con dec. cardiale NA gr-ne/gr-br/ar xxxx xxx xxxx 2 ca, qz, qzs, qms fs, qfs ep, op, mi Finalese

2.2 AQ14/8055 fr. di orlo NA gr-ne xxxx xxxxx xxx 1.2 qz, qms, ms, qfs fs, qzs, ca ep, op, mi, cc Finalese

3 AQ10/8000 fr. di fiasco NA gr-br xxxxx xxxxx xxx 0.7 qz, qms, qs, ms fs, cc, ca, mi gn, ep, an, op, tt Finalese

4 AQ5/7996 fr. di ansa NM gr-br/gi-ar/ro-ar xxxx xxxx xxx 1.5 qz, qzs, qms fs, qfs, ms ep, tm, mi, op Finalese

5 AQ11/8052 fr. di orlo NA gr-ne xxxx xx xxxx 2.5 qz, qzs, qms fs, qzt, qfs, ms, fo mi, tm, tt Finalese

6.1 AQ1/7992 fr. di vaso con dec. impressa NA ar/gi-br/gr xxxx xxx xxx 2/<1 qz, qzt, qzs, qfs fs, qms ep, mi, an, op, tt Finalese

6.2 AQ6/7997 fr. di ansa NA gr-br/ar xxxx xxx xxx 2.5/<1 qz, qzt, qfs, qms fs, ch?, gn? ep, an, mi, tm, tt, op Finalese

7 AQ13/8054 fr. di fiasco NM ar xxx xxx x 0.5/<0.2 qz fs, mi, qs, qms tt, an, ep, tm, zr Finalese

8 AQ15/8061 fr. di vaso con dec. graffita NM br/gr-ne xxxx xxxx xx 0.5 fs, an qz, mi, mb ep, tt, op, pu, px Finalese

9 AQ7/7998 fr. di orlo NA gr-br/gr-ne xxxxx xxx xxx 3/<0.8 qz, mi, fs, gn anf an, tt, op Savonese?

9 AQ12/8053 fr. di vaso con dec. cardiale NA gi-br/gr-ne/ro xxxxx xx xxxx 4/<1 qz, mi, fs, gn anf an, tt, op Savonese?

Tab. 2 – Principali caratteristiche composizionali e tessiturali dei campioni ceramici analizzati; NA: Neolitico antico, NM: Neolitico
medio; ar: arancio: br: bruno, gi: giallo, gr: grigio, ne: nero, ro: rosso; an: anfibolo, anf: anfibolite, ca: calcare, cc: calcite spatica,
ch: chamotte, ep: epidoto, fo: rocce fossilifere silicizzate, fs: feldspato, gn: gneiss, mb: metabasite, mi: mica, ms: micascisto, mva:
metavulcanite acida, op: minerale opaco, pu: pumpellyite, px: clinopirosseno, qfs: metamorfite quarzo-feldspatica, qz: quarzo, qms:
quarzomicascisto, qzs: quarzoscisto, qzt: quarzite, tm: tormalina, tt: titanite, zr: zircone. Con le croci sono indicati valori relativi da
minimi (x) a massimi (xxxxx).

Gruppo 1 (AQ2 e AQ8). I due campioni, attribuibili a periodi differenti e con impasti non del tutto simili, sono
distinti dalla presenza di abbondanti individui angolosi di calcite spatica (Fig. 4, nn. 1 e 2). In AQ8 sono parti-
colarmente frequenti i frammenti riferibili a speleotemi (Fig. 4, n. 2). In entrambi i casi sono presenti elementi
subordinati di natura metamorfica acida (Fig. 4, nn. 1 e 2). La matrice argillosa evidenzia una componente
carbonatica non trascurabile, specie in AQ2.

Gruppo 2 (AQ3, AQ4, AQ9 e AQ14). Ceramica Impressa. Scheletro costituito da frammenti (anche molto
grossolani nei primi tre campioni) di calcari ricristallizzati, talora con fantasmi di bioclasti (tra cui bivalvi e
balanidi) e occasionali clasti silicatici, associati (in un unico sedimento sabbioso naturale) ad una componente

100 –
derivata da metamorfiti acide di diversa natura, tra cui metavulcaniti (Fig. 4, nn. 3 e 4). AQ14 si distingue dagli
altri per un maggior grado di classazione delle inclusioni e per una percentuale inferiore di elementi carbonatici
(Fig. 4, n. 4).

Gruppo 3 (AQ10). Ceramica Impressa. Scheletro molto abbondante e ben classato, costituito da elementi di
natura metamorfica acida (principalmente clasti di scisti a grana fine: Fig. 4, n. 5; da notare la presenza, seppur
accessoria, di miche di dimensioni relativamente grandi e di frammenti di gneiss) dominanti su elementi car-
bonatici (frammenti di calcare e individui di calcite).

Gruppo 4 (AQ5). VBQ. Scheletro anche grossolano, costituito esclusivamente da elementi metamorfici (prin-
cipalmente quarzo e scisti a grana fine: Fig. 4, n. 6).

Gruppo 5 (AQ11). Ceramica Impressa. Scheletro anche molto grossolano, costituito principalmente da clasti
di rocce metamorfiche acide (in particolare scisti a grana fine e meta-quarzoareniti a grana media). Da no-
tare la presenza accessoria di elementi derivati da peliti fossilifere (ricche in foraminiferi) silicizzate (Fig.
5, n. 1).

Gruppo 6 (AQ1 e AQ6). Ceramica Impressa. Scheletro principalmente costituito da individui di quarzo e
frammenti di rocce quarzose (meta-quarzoareniti) e quarzoso-feldspatiche a grana medio-grande (probabili
metavulcaniti: Fig. 5, n. 2; in AQ6, rari gneiss). AQ6 si distingue anche per la presenza di alcuni grandi
frammenti a matrice ferrica (più scura/bruna di quella dell'impasto), dubitativamente interpretabili come
chamotte.

Gruppo 7 (AQ13). VBQ. Scheletro piuttosto fine, di natura esclusivamente metamorfica e principalmente for-
mato da individui di quarzo (Fig. 5, n. 3).

Fig. 4 – Particolari in sezione sottile (Nx)


di alcuni dei campioni analizzati. 1) AQ8
(gruppo 1.1); 2) AQ2 (gruppo 1.2); 3)
AQ9 (gruppo 2.1); 4) AQ14 (gruppo 2.2);
5) AQ10 (gruppo 3); 6) AQ5 (gruppo 4);
abbreviazioni: ca=calcare, cc=calcite
spatica, qfs=metamorfite quarzo-feld-
spatica, qz=quarzo, qms=quarzomicasci-
sto, qzs=quarzoscisto.

– 101
Fig. 5 – Particolari in sezione sottile (Nx)
di alcuni dei campioni analizzati. 1) AQ11
(gruppo 5); 2) AQ1 (gruppo 6.1); 3) AQ13
(gruppo 7); 4) AQ15 (gruppo 8); 5) AQ12
(gruppo 9); 6) AQ12 (gruppo 9); abbrevia-
zioni: an=anfibolo, anf=anfibolite, fo=mi-
crofossile, gn=gneiss, mi=mica, plg=pla-
gioclasio, qfs=metamorfite quarzo-feld-
spatica, qz=quarzo, qzs=quarzoscisto.

Gruppo 8 (AQ15). VBQ. Scheletro di dimensioni medie, costituito quasi esclusivamente da elementi derivati
da metabasiti in facies scisti verdi (principalmente individui di plagioclasio fortemente torbidi e anfibolo su-
bordinato: Fig. 5, n. 4).

Gruppo 9 (AQ7 e AQ12). Ceramica Impressa. Scheletro anche molto grossolano, costituito da elementi deriva-
ti da gneiss (Fig. 5, n. 5) e subordinatamente anfiboliti ad orneblenda e plagioclasio (Fig. 5, n. 6).

2.2.  Le sabbie

Diciannove campioni di sabbie o sedimenti prevalentemente sabbiosi (privati della frazione argillosa)
prelevati nel Finalese e in aree limitrofe (Fig. 3; Botto, 1998-1999) sono stati studiati in sezione sottile con
gli scopi di ottenere una caratterizzazione preliminare delle fonti locali di possibili degrassanti e di integrare
i dati derivanti dalla cartografia geologica per le indagini di provenienza, ricercando in particolare eventuali
variazioni significative nei rapporti tra le varie componenti petrografiche, utilizzabili come precisi indicatori
di origine per le produzioni ceramiche finalesi. I campioni appartengono a sedimenti fluviali o litoranei attuali
e a livelli arenacei del Complesso di Base della Pietra di Finale (Fig. 3 e Tab. 3).
Relativamente alla morfologia dei granuli (Tab. 3), si osserva come nella maggior parte dei casi, anche in
sedimenti litoranei, il grado di arrotondamento sia raramente elevato. Nel Finalese, eccezioni sono le sabbie
prelevate alla foce del torrente Sciusa e sull’arenile di Varigotti.
Dal punto di vista petrografico, nei campioni prelevati nel Finalese e nelle aree limitrofe si nota la presen-
za di poche componenti principali, in percentuali variabili: calcari e calcite appartenenti alle formazioni della
copertura meso-cenozoica del Brianzonese Ligure e del Calcare di Finale, scisti quarzoso-micacei e metavul-
caniti acide o intermedie, relativi alle unità permo-carbonifere, quarziti riferibili alle unità di “tegumento” e
copertura brianzonesi e individui isolati di quarzo. Gli scisti quarzoso-micacei attribuibili essenzialmente alla
Formazione degli Scisti di Gorra o alle facies più scistose dei Porfiroidi del Melogno sono il litotipo prevalente
in tutti i campioni studiati (tranne che nel campione del Complesso di Base affiorante presso Feglino, dove

102 –
arrotondamento medio

componenti principali
riferimenti in Fig. 3
sigla campione/
inumero analisi

punto prelievo

iaccessori/e o
isubordinate
componenti

componenti

ioccasionali
5702/D Spotorno, spiaggia 1 xxxxx cc, qz, qzt, qzs qms, ar, gn, qfs cc, fs

5731/12 Spotorno, torrente Coreallo, ca 1 km dalla foce 2 xx qms, qzs qz, fs, ca, ms, mb op

5705/C Noli, spiaggia 3 xxx qz, qzt, qsc, qms fs, ca mb, gn, op, mi, tt, ep, cl

5703/B Varigotti, Spiaggia dei Saraceni 4 xx qz, qzs, qms, ca fs, cc, qzt, qfs ar, mb, cl, op

5708/A Varigotti, spiaggia 5 xxxx cc, qzs, qms, qz, op fs mb, cl, ep

5706/10 Finale, foce torrente Sciusa 6 xxxx qzs, qms, ca, qz fs, mb, qfs ar, op

5719/9 Finale, torrente Sciusa, ca. 2 km dalla foce 7 xxx qms qz, fs, ca, qzs, ms, qfs, mb op, cc, ep, gt

5704/Cb3 Feglino, Complesso di Base della Pietra di Finale 8 xx qz, fs qzt, qms, qfs mi, tt, gl

5709/11 Finale, foce torrente Pora 9 xxx qzs, qms, ca qz, fs, qfs, qzt, ms mb, ar, op, mi, tt

5717/7 Finale, dopo confluenza tra i torrenti Pora e Aquila 10 xx qms, qsc qz, fs, qzt, qfs, ms, mb ca, op, ep

5718/8 torrente Aquila, all'altezza dell'Arma dell'Aquila 11 xx qms, qzs, ca qz, fs, qfs, ms, mb cl, tt, op

5710/Cb2 Perti, Complesso di Base della Pietra di Finale 12 x qms, ms qz, ca, cc, fs, qfs ar, mi, tt

5716/6 Finale, torrente Pora, ca. 4 km da foce 13 xx qms, ms qz, fs, qfs, ca mb, cc, op, tt

5729/Cb1 Gorra, Complesso di Base della Pietra di Finale 14 xx qms, qsc qz, fs, qzt, qfs, ms mi, op

5715/5 Pietra Ligure, torrente Maremola, ca. 1 km dalla foce 15 xxx qms, qsc qz, fs, ca, qzt, qfs mb, op

5714/4 Loano, torrente Nimbalto, ca. 1 km dalla foce 16 xxx qzs, qms, qzt qz, ca, ms, qfs fs, mb, ar

5713/3 Toirano, torrente Varatella, ca. 1 km dalla foce 17 xx qz, qms, qsc, ca cc, fs, ms qfs, mb, mi

5711/1 Albenga, fiume Centa, ca. 1 km dalla foce 18 xxx ca, qzs, qms qz, fs, ar, ags, ms cc, qfs, qzt, mb

5712/2 Albenga, torrente Arroscia, dopo confl. con T. Lerrone 19 xxxx ca, ags, ar qz, fs, qms, qzs, qzt, ms cc

Tab. 3 – Siti di prelievo e principali caratteristiche petrografiche dei campioni di sabbie del Finalese e di aree limitrofe studiati per
confronto.

il quarzo è dominante), mentre sono subordinate o molto minoritarie le componenti chiaramente derivate da
metavulcaniti (Porfiroidi del Melogno, Formazione di Eze). Gli elementi carbonatici sono in quantità signifi-
cative solo nei campioni prelevati sul letto del torrente Aquila all’altezza dell’Arma, alla foce dei torrenti Pora
e Sciusa e sulla Spiaggia dei Saraceni.
Il dato principale che emerge dallo studio delle sabbie, seppur preliminare e da integrare con una carat-
terizzazione delle materie prime argillose, è l’assenza di differenze sostanziali nella petrografia dei sedimenti
alluvionali relativi ai differenti bacini dell’ampio territorio compreso tra Noli e Toirano. Delimitano tale terri-
torio i campioni della spiaggia di Spotorno, in cui alle metamorfiti permo-carbonifere sono associati i granuli
di gneiss metagranitoidi del Massiccio di Savona, portati verso ovest dalle correnti marine, e i campioni di
Albenga, caratterizzati dalla prevalenza di rocce sedimentarie meso-cenozoiche.

3.  DISCUSSIONE DEI DATI

La variabilità composizionale e tessiturale/tecnica riscontrata nel contesto fittile dell’Arma dell’Aquila


indica una molteplicità di siti di produzione e/o di prelievo delle materie prime per quanto riguarda sia il
Neolitico antico, sia il Neolitico medio.
Sulla base dei confronti tra le caratteristiche petrografiche delle inclusioni e i dati geologici regionali (con
l'integrazione dei risultati dello studio delle sabbie) è possibile ricondurre con buona probabilità tutte le cera-
miche analizzate ad un ambito da strettamente locale e circumlocale a regionale.
Gli unici campioni da considerare sicuramente alloctoni, cioè non prodotti nelle immediate vicinanze della
cavità, ma comunque in ambito regionale, sono quelli che costituiscono il Gruppo 9 (tutti riferibili a recipienti

– 103
Fig. 6 – Aree di affioramento della “Pietra di Finale” e dei “Massicci Cristallini” delle Unità Brianzonesi molto interne (modificata da
Vanossi et al., 1984).

della Cultura della Ceramica Impressa), con impasti caratterizzati da inclusioni di gneiss e anfiboliti. Tali rocce
possono comunque essere riferite con buon margine di probabilità ad alcuni dei vicini “Massicci cristallini”
del basamento ercinico brianzonese (pre-Carbonifero superiore), affioranti sia nell’entroterra, nelle aree di
Calizzano e Pallare, sia lungo la costa a ovest (“Massiccio di Loano”) e ad est di Finale, tra Vado ed Albisola
(“Massiccio di Savona”) e più oltre, presso Arenzano (Fig. 6).
Sulla base delle attuali conoscenze sul popolamento preistorico della Liguria occidentale e la distribuzione
preferenziale dei siti a ceramica impressa sembra più probabile localizzare l’area di produzione nella fascia
costiera sopra citata. L’ipotesi di una provenienza di tali inclusioni dal “Massiccio di Loano” risulta, tuttavia,
la meno probabile in quanto tale massiccio è costituito da rocce con forte sovrimpronta metamorfica alpina in
facies scisti blu (Unità di Bagnaschino: Messiga et al., 1981; Messiga, 1984), non riscontrabile negli impasti
esaminati.
Si ricorda che frammenti di Ceramica Impressa con inclusioni derivate da gneiss ed anfiboliti sono stati
rinvenuti nella grotta delle Arene Candide (Capelli et al., 2011). Tuttavia, essi non mostrano precisi confronti
con i due impasti del Gruppo 9, a testimonianza della relativa eterogeneità delle prime produzioni ceramiche
neolitiche, legata probabilmente alla dimensione domestica della produzione e alla pluralità di siti produttivi.
Per quanto riguarda i rimanenti gruppi, tutti presentano componenti, derivate da rocce carbonatiche e/o
metamorfiche, ben compatibili con le litologie affioranti in area locale (Fig. 7) o Finalese. Tuttavia, l’areale di
distribuzione di materie prime con caratteristiche simili, indicato anche dallo studio delle sabbie, si estende in
una fascia ben più ampia, compresa tra Albenga-Toirano e Spotorno-Vado (Fig. 3).
L’origine della calcite spatica che caratterizza il Gruppo 1 può essere attribuita alla macinazione di vene
o concrezioni carbonatiche ipogee (AQ8) presenti nelle formazioni mesozoiche brianzonesi o mioceniche
della Pietra di Finale. Questo è l’unico gruppo a cui appartengono campioni sia del Neolitico antico (AQ8),
sia medio (AQ2).
I clasti calcarei presenti nel Gruppo 2, a cui si riferiscono quattro campioni della Ceramica Impressa, sono
invece ben confrontabili con le biocalcareniti della Pietra di Finale.
Nei Gruppi 3-7 sono prevalenti i clasti riferibili alle metavulcaniti acide o intermedie e ai metasedimenti
(in proporzioni diverse nei differenti gruppi di impasto) del “tegumento” permo-carbonifero, con sovrimpronta

104 –
Fig. 7 – Schema geolo-
gico della valle dell’A-
quila con l’ubicazione
del riparo (stella).

– 105
metamorfica alpina in facies scisti verdi, diffusamente affioranti nelle vicinanze più o meno immediate (a se-
conda dei litotipi) dell’Arma dell’Aquila (Fig. 7), ma anche in tutto il Finalese (cfr. Cabella e Piazza, 2018:
Fig. 1), ovvero: frammenti di rocce quarzo-feldspatiche poco scistose a grana relativamente grande (occasio-
nalmente con grandi biotiti ricristallizzate), quarzoscisti e quarzomicascisti a grana fine (con frequenti fenocla-
sti relitti di quarzo che talora evidenziano golfi di riassorbimento), micascisti fini e più rare meta-quarzoareniti
a grana media o grande, attribuibili essenzialmente a: Porfiroidi del Melogno, Scisti di Gorra, Formazione
di Murialdo, Formazione di Monte Pianosa e Quarziti di Ponte di Nava. Discriminante è anche la presenza,
pur accessoria, di tormalina blu, talora in aggregati fibroso-raggiati, in clasti riconducibili ai Porfiroidi del
Melogno. Elementi riferibili al “tegumento” sono comunque presenti, seppur in percentuali ridotte, anche nei
Gruppi 1 e 2.
Le inclusioni del campione AQ15 (Gruppo 8), appartenente alla fase antica dei Vasi a Bocca Quadrata e
ben distinto da tutti gli altri, suggeriscono un’origine quasi certa dalle metaandesiti della Formazione di Eze,
affiorante anche per un tratto relativamente esteso nel fondovalle del torrente Aquila sottostante l’Arma (Fig.
7) e quindi di probabile produzione locale.
Gli elementi gneissici occasionalmente presenti negli impasti locali, il cui scheletro è dominato dalle rocce
attribuibili al “tegumento”, potrebbero derivare dalle rocce clastiche affioranti nel territorio in esame.
Per almeno due gruppi, tra quelli sopra citati, sembra forse possibile escludere una produzione strettamen-
te locale:
- i due campioni del Gruppo 6 mostrano infatti inclusioni caratterizzate da una netta prevalenza di frammenti
di rocce quarzo-feldspatiche correlabili ai Porfiroidi del Melogno e a quarziti poco scistose, non segnalate nella
cartografia di dettaglio dell’area circostante l’Arma e molto rare nel campione di sabbia prelevato nel letto del
torrente Aquila; i più vicini affioramenti segnalati di Porfiroidi del Melogno si trovano, lungo la valle, circa 2
km a nord dell’Arma (Fig. 7);
- i frammenti di rocce fossilifere osservati nel campione AQ11 (Gruppo 5) sono invece ben compatibili con i
livelli silicizzati del membro di Torre Bastia, al momento segnalato esclusivamente presso il rilievo a monte
dell’abitato di Verezzi (Boni et al., 1968) e afferente ai bacini idrografici dei torrenti Bottassano ad ovest e
Pora ad est.
Il frammento AQ13 (Gruppo 7, Cultura VBQ) infine, pur presentando uno scheletro costituito da
componenti metamorfiche acide compatibili con una provenienza locale, si distingue nettamente da tutti
gli altri sia per la buona qualità dell’impasto, ben ossidato e con inclusioni fini, sia per gli aspetti formali
e decorativi.
Per quanto riguarda i tipi di materie prime e le tecniche di fabbricazione, si può ritenere che le ceramiche
del Gruppo 1 siano state realizzate con argille almeno parzialmente carbonatiche (forse reperite in ambiente di
grotta), a cui è stato aggiunto un degrassante sicuramente intenzionale (calcite macinata), mentre per tutti gli
altri gruppi è probabile l’utilizzo di sedimenti alluvionali; almeno nei casi in cui la percentuale e il grado di
classazione delle inclusioni sono particolarmente elevate, non si esclude il mescolamento alle argille ferriche
di sabbie fluviali (sembra da escludere l’impiego di sabbie marine o prelevate nel Complesso di Base della
Pietra di Finale).
I contesti ceramici qui analizzati del Neolitico antico e medio dell’Arma dell’Aquila si inseriscono, al-
meno in linea generale, all’interno del quadro rappresentato dai rinvenimenti in altri siti di grotta Finalesi già
studiati in precedenza: Caverna delle Arene Candide (Ferraris e Ottomano, 1997; Capelli et al., 2007),
Riparo di Pian del Ciliegio (Capelli et al., 2008; 2009), e Grotta Pollera (Mannoni, 1990). Essi, infatti, sono
tutti caratterizzati dalla dominante presenza di impasti locali (comunque piuttosto variabili per composizione e
tessitura) realizzati con degrassanti costituiti sia da calcite spatica, sia da sabbie alluvionali.
L’unico sito all’aperto conosciuto (San Sebastiano di Perti: Capelli et al., 2006b) presenta invece impasti
esclusivamente realizzati con sedimenti alluvionali (strettamente) locali (peraltro non confrontabili, nella pe-
trografia di dettaglio, con quelli dell’Arma dell’Aquila).
Anche negli altri siti ipogei è evidente la variabilità degli impasti finalesi, che suggerisce una molteplicità
di luoghi di produzione e di prelievo delle materie prime locali, probabilmente anche relativamente distanti da
tali grotte e ne conferma il loro utilizzo come complementare a insediamenti principali probabilmente ubicati
nella fascia costiera o sui terrazzi fluviali. Un possibile esempio di “importazione” di ambito Finalese è costitu-
ito dalla presenza a Pian del Ciliegio di un impasto (campione n. 7984, Neolitico medio, Capelli et al., 2009)
contenente frammenti di rocce fossilifere silicizzate assenti dal bacino strettamente locale e probabilmente
riferibili, come quelle rinvenute nel campione AQ11 (Neolitico antico), al Membro di Torre Bastia affiorante
presso Verezzi.

106 –
Infine, per quanto riguarda le importazioni da aree esterne al Finalese, la presenza di impasti (Gruppo
9) con probabili elementi del basamento paleozoico delle Alpi Liguri (Savonese?) testimonia solamente una
circolazione a raggio relativamente ridotto nel Neolitico Antico verso l’Arma dell’Aquila, diversamente da
quanto attestato, seppur da scarsi frammenti, alle Arene Candide e a Pian del Ciliegio. Il rinvenimento, in
questi ultimi siti, di impasti caratterizzati da vulcaniti alcalino-potassiche, ofioliti di diverso tipo e di gneiss ha
permesso di ipotizzare un movimento di uomini e materiali via mare a partire almeno dall’area tosco-laziale
(Capelli et al., 2011; 2017). È possibile che il dato dell’Arma dell’Aquila possa essere viziato dall’esiguità
del campione esaminato. Tuttavia, la selezione delle ceramiche da sottoporre ad analisi petrografica è avvenuta
osservando al microscopio binoculare un quantitativo notevolmente maggiore di frammenti rispetto a quelli
poi studiati e, dunque, l’assenza di importazioni da aree lontane può essere probabilmente considerata come un
dato specifico di questo sito. Può essere citato come confronto il caso di Pian del Ciliegio, dove, su un totale di
soli 9 campioni analizzati in sezione sottile, due sono risultati importati da lunga distanza.

4.  CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’esiguità del campione analizzato non consente naturalmente valutazioni statistiche attendibili sulla
rappresentatività dei singoli gruppi petrografici individuati nell’ambito del complesso ceramico rinvenuto
all’Arma dell’Aquila. Tuttavia, emergono alcuni spunti che possono contribuire alla ricostruzione del quadro
produttivo delle prime ceramiche neolitiche del Finalese. Come già emerso da precedenti studi sulle Arene
Candide (Ferraris e Ottomano, 1997), anche i dati dell’Arma dell’Aquila suggeriscono che per le prime
produzioni neolitiche della Liguria venissero utilizzate terre di origine locale o circumlocale, anche se con pre-
lievi da bacini idrografici certamente diversi. Si tratta di materie prime riconducibili generalmente a sedimenti
alluvionali, probabilmente prelevati da punti diversificati di approvvigionamento, e distribuiti sul territorio in
zone non strettamente localizzabili nelle immediate prossimità del sito. È utile comunque ricordare che l’area
Finalese è caratterizzata da una geomorfologia accidentata, con un fitto reticolo idrografico formato da brevi
corsi d’acqua (cfr. Cabella e Piazza, 2018: Fig. 1). La variabilità produttiva testimonia quindi una discreta
mobilità dei gruppi umani sul territorio e conferma che le caverne costituivano uno dei vari luoghi utilizzati in
un più ampio sistema insediamentale del territorio.
Per quanto riguarda la Ceramica Impressa, nel particolare contesto dell’Arma dell’Aquila non è stato
individuato nessun campione con possibile provenienza da aree molto distanti, come invece riscontrato, per
esempio, alle Arene Candide o a Pian del Ciliegio (Capelli et al., 2011; 2017). In ogni caso, due frammenti
(Gruppo 9) risultano prodotti con terre non strettamente locali. Le aree di produzione si possono collocare, in-
fatti, in settori metamorfici pre-Carboniferi affioranti a media distanza rispetto alla Valle dell’Aquila, nell’area
savonese (a ovest, lungo la costa) oppure nelle vallate interne (verso nord, oltre lo spartiacque). Il confronto
preliminare con i dati a disposizione per le prime produzioni ceramiche della Liguria in generale, e del Finalese
in particolare (Capelli et al., 2011), sembra confermare il modello che dimostra l’esistenza, a fianco di una
più consistente produzione locale (realizzata con degrassanti derivati da metamorfiti e/o materiali carbonatici
prelevati sia in ambiente alluvionale, sia ipogeo), di alcuni contenitori ceramici prodotti in aree alloctone.
Tuttavia, nello specifico caso dell’Arma dell’Aquila non sono state finora individuate importazioni da lunga
distanza, caratterizzate sia da inclusioni ofiolitiche legate ai settori della Corsica, della Liguria orientale o della
Toscana settentrionale, sia vulcaniche, correlabili alle aree tirreniche tosco-laziali, come nel caso della Grotta
delle Arene Candide e del Riparo di Pian del Ciliegio (Capelli et al., 2008; 2009; 2011; 2017).
La produzione ceramica del Neolitico medio appare ancor più diversificata rispetto alla Ceramica Impressa
(i campioni selezionati per la analisi sono rappresentativi dei contenitori con impasti e motivi decorativi par-
ticolarmente singolari, come ad es. AQ13), con un modello che richiama aspetti produttivi già riconosciuti a
Pian del Ciliegio (Capelli et al., 2009) e che rispecchia una discreta mobilità sul territorio circumlocale, senza
indizi di importazioni da lunga o media distanza.

– 107
BIBLIOGRAFIA

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. e Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila (Finale Ligure -
Savona). Atti della XXVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Parenti, Firenze: 541–551.

Bagolini, B. e Biagi, P. 1973 – Influssi della cultura di Fiorano nel Neolitico della Liguria. Preistoria Alpina, 9: 69–90.

Boni, P., Mosna, S. e Vanossi, M. 1968 – La “Pietra di Finale” (Liguria Occidentale). Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di
Pavia, 18: 102–150.

Botto, E. 1998-1999 – Ricerche archeometriche su laterizi antichi (IV-VII sec. d.C.) della Liguria occidentale. Tesi di Laurea in
Scienze Geologiche discussa all’Università degli Studi di Genova (inedita).

Cabella, R. e Piazza, M. 2018 – Breve introduzione alla geologia del Finalese (Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli
Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria
e la Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 45–48. Print and Graph, Ronco dei Legionari (GO).

Capelli, C. e Cabella, R. 2013 – Le radici di una produzione a diffusione internazionale. La storia della ceramica di Savona e Albisola
dal punto di vista dell’archeometria. In: Sborgi, F. e Bochicchio, L. (a cura di) Ceramica contemporanea all’aperto. Studi sulla
conservazione e il restauro. Atti della Giornata Internazionale di Studi di Albissola Marina, 14 ottobre 2011: 45–62. Aracne, Roma.

Capelli, C., Cabella, R., Canta, R., Piazza, M., Ferraris, M.R. e Starnini, E. 2009 – Analisi in microscopia ottica di ceramiche
da Pian del Ciliegio. In: Del Lucchese, A. (a cura di) Il Riparo di Pian del Ciliegio. Un sito neolitico sull’altipiano delle Mànie.
Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 5: 141–153. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Capelli C., Cabella R., Del Lucchese A., Piazza M. e Starnini, E. 2008 – Archaeometric analyses of Early and Middle Neolithic
pottery from the Pian del Ciliegio rock shelter (Finale Ligure, NW Italy). ArcheoSciences (Revue d’Archéométrie), 32: 115–124.

Capelli, C., Mannoni, T., Starnini, E. e Cabella, R. 2006a – Le origini della produzione in Liguria: dati archeologici e mineralogi-
co-petrografici integrati sulla ceramica preistorica e protostorica. In: Atti del XXXVII Convegno Internazionale della Ceramica
(“Albisola”), Savona, 2004: 49–55. All’Insegna del Giglio, Firenze.

Capelli, C., Starnini, E. e Cabella, R. 2007 – Il contributo delle analisi minero-petrografiche allo studio della circolazione di cera-
miche nel Neolitico Antico: il caso della Caverna delle Arene Candide (Finale Ligure, SV). In: D’Amico, C. (a cura di) Atti del IV
Congresso Nazionale di Archeometria, Pisa, 1-3 febbraio 2006: 413–420. Pàtron Editore, Bologna.

Capelli, C., Starnini, E., Cabella, R., Del Lucchese, A. e Piazza, M. 2011 – La prima circolazione di ceramica nel Mediterraneo:
una sintesi dei nuovi dati archeometrici sulla Ceramica Impressa della Liguria. In: Gualtieri, S., Starnini, E., Cabella, R.,
Capelli, C. e Fabbri, B. (a cura di.) La ceramica e il Mare. Il contributo dell’archeometria allo studio della circolazione dei
prodotti ceramici nel Mediterraneo. Atti della XII Giornata di Archeometria della Ceramica, Genova, 10-11 aprile 2008: 15–28.
Aracne, Roma.

Capelli, C., Starnini, E., Cabella, R. e Piazza, M. 2006b – Archaeometric research on the Early Neolithic pottery production in Liguria
(Northern Italy): preliminary data from San Sebastiano di Perti (Savona). ArchéoSciences (Revue d’Archéométrie), 30: 89–94.

Capelli, C., Starnini, E., Cabella, R. e Piazza, M. 2017 – The circulation of Early Neolithic pottery in the Mediterranean: A synthe-
sis of new archaeometric data from the Impressed Ware culture of Liguria (north-west Italy). Journal of Archaeological Science:
Reports, 16: 532–541.

Del Lucchese, A. e Starnini, E. 2015 – Aggiornamenti sulla fase antica della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata in Liguria da una
revisione dei materiali ceramici in corso. Archeologia in Liguria, Nuova Serie V: 27–37.

Ferraris, M. e Ottomano, C. 1997 – Pottery analyses, In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek B.A. (eds.) Arene Candide: a functional
and environmental assessment of the Holocene sequence (Excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto
Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 339–348. Il Calamo, Roma.

Mannoni, T. 1990 – Caratterizzazioni petrografiche e tecniche delle ceramiche preistoriche della Pollera. Rivista Ingauna e Intemelia,
XLV: 144.

Messiga, B. 1984 – Il Metamorfismo alpino nelle Alpi Liguri: alcuni aspetti metrologici. Memorie della Società Geologica Italiana,
28: 151–179.

Messiga, B., Oxilia, M., Piccardo, G.B. e Vanossi, M. 1981 – Fasi metamorfiche e deformazioni alpine nel Brianzonese e nel pre-Pie-
montese - Piemontese esterno delle Alpi Liguri: un possibile modello evolutivo. Rendiconti della Società Italiana di Mineralogia
e Petrologia, 38: 261–281.

108 –
Richard, C. 1942 – Scavi nell'Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Relazione preliminare. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova
Serie V-VI: 43–100.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila. Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria, Sezione
Ingauna e Intemelia, III (3-4): 73–80.

Vanossi, M., Cortesogno, M., Galbiati, B., Messiga, B., Piccardo, G. e Vannucci, R. 1984 – Geologia delle Alpi Liguri: dati,
problemi, ipotesi. Memorie della Società Geologica Italiana, 28: 5–75.

Indirizzi degli Autori:

CLAUDIO CAPELLI; ROBERTO CABELLA; MICHELE PIAZZA, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della
Vita (DISTAV), Università degli Studi di Genova, Corso Europa 26, I-16132 GENOVA
E-mail: capelli@dipteris.unige.it; cabella@dipteris.unige.it; mpiazza@dipteris.unige.it

ELISABETTA STARNINI, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Via dei Mille 19, I-56126 PISA;
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezia e Savona,
Via Balbi 10, I-16126 GENOVA
E-mail: elisabetta.starnini@unipi.it; elisabetta.starnini@beniculturali.it

– 109
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 111–116

DANIELE AROBBA e ROSANNA CARAMIELLO

IMPRONTE D'INTRECCI SU VASI NEOLITICI


RINVENUTI IN CAVERNE DEL FINALESE

RIASSUNTO – Sono stati analizzati due reperti ceramici presenti nel Museo Archeologico del Finale costituiti da fondi di re-
cipienti del Neolitico medio (Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata) con impronte di intrecci. È stata riconosciuta la struttura della
lavorazione del supporto e il tipo di materiale impiegato costituito, in un caso, da fusti erbacei, nell’altro, da fibre liberiane ritorte
a conferma dell’uso differenziato dei materiali vegetali disponibili per la confezione di manufatti in vimine nel sesto millennio BP
nel territorio Finalese.

ABSTRACT – The authors describe two basketry impressed Middle Neolithic Square-Mouthed Pottery Culture bottom sherds from
Arma dell’Aquila and Fate Cave, at present in the collections of Finale Archaeological Museum. They have interpreted the technique
and the materials employed in their manufacture that consist in herbs and twisted fibers. The finds show the variability of vegetal ma-
terials employed in wicker basketry during the sixth millennium BP in the Finalese

Parole chiave – Impressioni ad intreccio, Neolitico medio, Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, Arma dell’Aquila e Caverna delle Fate,
Finalese
Keywords – Basketry impressions, Middle Neolithic, Square-Mouthed Pottery Culture, Aquila and Fate Caves, Finalese

1. INTRODUZIONE

Durante la prima campagna di scavo del 1938 all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure), Camillo Richard
riportava sul giornale di scavo, in data 18 luglio, le sue osservazioni su quanto aveva raccolto nel terreno tra i
grandi massi in calcare staccatisi dalla falesia e che occupavano il talus, una sorta di conoide di deiezione di
fronte all’apertura della caverna. In particolare, annotava a pagina 4: nel sacchetto n. 6 sono contenuti nume-
rosi frammenti di fittili: anse, orli, frammenti con disegni rossi. Interessantissimo ed importante un fondo di
vaso portante all’esterno l’impressione nitidissima di un intreccio di fibre vegetali, ossia di una stuoia, o del
fondo di un paniere.
Tale frammento recante impressioni venne pubblicato nella tavola XI con il n. 18 dallo stesso studioso
nella sua prima relazione scientifica sull’Arma dell’Aquila (Richard, 1942) e fu inventariato dapprima con il
n. 6 (416), ed in seguito con il n. 59-S, quando entrò definitivamente nelle collezioni del Museo Archeologico
del Finale. Il reperto, che fu rinvenuto tra i resti rimaneggiati, e quindi al di fuori di un contesto stratigrafico, fu
assegnato inizialmente al Neolitico antico e con questa attribuzione cronologica fu schedato, esposto in museo
e segnalato in un primo contributo (Arobba e Caramiello, 2006).
Negli ultimi anni, grazie alla revisione del complesso del materiale ceramico del sito da parte di E. Starnini
e P. Biagi (2018), il frammento in esame fu riconosciuto come appartenente tipologicamente ad un recipiente a
forma di situla del Neolitico medio (Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata), con fondo piano, a superficie esterna
brunita, ottenuto con un impasto ricco di degrassante di calcite (Fig. 1, n. 1).
Sulla base di questa nuova attribuzione il reperto è stato quindi ripreso in esame, tenuto conto della sua
rarità ed eccezionalità nel panorama della produzione ceramica Finalese, costituendo la prima testimonianza
sul territorio di una lavorazione ad intreccio realizzata in fibra vegetale nel sesto millennio BP.
Inoltre, per motivi di confronto, è stato considerato un secondo frammento delle collezioni del Museo
Archeologico del Finale (n. inv. 234-C) che presenta analogie con il precedente, essendo dello stesso periodo
culturale, caratterizzato da un’impronta sulla parete esterna del fondo, lasciata da un manufatto apparentemen-
te simile. Tale reperto fu recuperato da Giovanni Battista Amerano nella Caverna delle Fate (Finale Ligure) tra

– 111
Fig. 1 – 1) Profilo del frammento di recipiente in ceramica del Neolitico medio dell’Arma dell’Aquila e immagine dell'impronta sulla
parete esterna del fondo; 2) Calco dell’impronta del frammento di recipiente in ceramica dell’Arma dell’Aquila con dettaglio dell’in-
treccio vegetale e “messa in carta” dell’armatura; 3) Profilo del frammento di recipiente in ceramica del Neolitico medio della Caverna
delle Fate e immagine dell’impronta sulla parete esterna del fondo; 4) Calco dell’impronta del frammento di recipiente in ceramica
della Caverna delle Fate con dettaglio del tessuto e disegno degli elementi in rilievo (fotografie di D. Arobba).

112 –
il 1887 ed il 1889 (De Pascale, 2008), distante circa 3 km in linea d’aria dall’Arma dell’Aquila. Esso appar-
tiene ad un recipiente piuttosto profondo, riferibile ad un’olletta situliforme di impasto compatto e superficie
liscia di colore grigio bruno, parzialmente concrezionata e conservante parte del fondo piatto (Fig. 1, n. 3).

2.  METODO DI STUDIO

Dopo una prima documentazione grafica e fotografica, le due impronte sono state osservate in microsco-
pia stereoscopica 10x e disegnate con camera lucida. Successivamente sono state ricavate repliche in gomma
siliconica ad alta risoluzione per potere apprezzare i diversi particolari in positivo. I calchi sono stati ottenuti
attraverso le seguenti operazioni (Arobba e Caramiello, 2006; Sestier et al., 2011):
1. pulitura a pennello morbido della superficie ceramica con acqua distillata;
2. consolidamento e impermeabilizzazione della superficie con Paraloid al 3% in clorotene;
3. delimitazione della superficie con plastilina;
4. colata dell’elastomero siliconico liquido caratterizzato da bassa viscosità, debole ritiro e buona elastici-
tà (tipo Provil-L, Bayer); per migliorare il risalto dei particolari e la loro resa fotografica è stata aggiunta una
piccola quantità di polvere di nero-fumo alla miscela elastomero-catalizzatore;
5. distacco del calco dopo indurimento e pulitura della superficie ceramica in stereomicroscopia 10x per
la rimozione dei residui.

3.  RISULTATI E CONSIDERAZIONI

Nel Finalese, durante il Neolitico medio, potevano essere impiegati diversi tipi di materiali adatti per
confezionare tessuti o intrecci. Non sappiamo se la domesticazione dei caprovini, documentata sia a livello
archeozoologico, sia attraverso lo studio delle loro forme di allevamento (Rowley-Conwy, 1997; Riedel e
Tecchiati, 2003) potesse garantire già in questo periodo una certa produzione di lana tale da fornire fibra tes-
sile animale; potevano essere in uso sia fibre vegetali ricavate dal libro di diverse specie arboreo-arbustive (cfr.
Quercus sp., Tilia sp., Ulmus sp., Salix sp., Spartium junceum, Rubus ulmifolius, ecc.), sia interi fusticini di
specie erbacee, tra cui Poaceae, Cyperaceae e Juncaceae. Non risultano nel Ponente ligure, per questo periodo,
resti tessili e carpologici di lino, che compaiono più tardi in età romana, mentre sono ben documentati nel resto
della penisola italiana a partire dal Neolitico antico (Rottoli, 2003). Questo dato potrebbe essere legato anche
alla difficoltà di conservazione di tali reperti per l’assenza nel Neolitico della Liguria di siti antropici umidi,
maggiormente idonei alla loro conservazione rispetto ai depositi in caverna (Arobba et al., 2013; Arobba e
Caramiello, 2014).
I due frammenti di vaso sono stati analizzati tenendo conto delle premesse di cui sopra.
La superficie esterna del fondo del vaso dell’Arma dell’Aquila ha restituito un calco con impronta semi-
circolare di 87x46 mm. La replica mostra un’armatura semplice a stuoia e mette in luce con elevata risoluzione
la composizione delle parti costruttive. La lavorazione è stata ottenuta intrecciando fasci di diametro medio
di 2,29 mm costituiti a loro volta da 8-10 singoli elementi di diametro compreso tra 0,41 e 0,76 mm (in me-
dia 0,60±0,14 mm). L’armatura visibile è costituita da 11 fasci incurvati che sono stati attraversati in modo
alterno da materiale con analoga struttura per tenere legato assieme il manufatto. L’andamento della dispo-
sizione dei fasci portanti è indicativo di un intreccio lavorato a spirale (Fig. 1, n. 2). Il materiale, di evidente
origine vegetale, doveva essere costituito da fusticini interi e non da fibre liberiane di piante tessili. La forma
e le dimensioni dei singoli elementi permettono di ipotizzare l’uso di culmi di Poaceae, cereali compresi, che
risultavano abbastanza flessibili e adatti per questo tipo di prodotti artigianali, dopo opportuna macerazione
in acqua (Gale e Cutler, 2000). Anche altre piante si prestavano allo scopo e potevano essere facilmente rac-
colte nelle aree palustri lungo il fondovalle del torrente Aquila nei pressi della caverna (cfr. Juncus sp., Carex
sp., Scirpus sp., ecc.).
Il secondo reperto, rinvenuto nella Caverna delle Fate, ha sulla superficie esterna del fondo del vaso il
disegno in negativo dell’impronta su un’area semicircolare di 56x23 mm. Il tipo di lavorazione appare però
alquanto diverso rispetto al precedente: i segni lasciati sull’argilla non sono infatti disposti a spirale ma risul-
tano allineati, sebbene in modo irregolare, e l’aspetto complessivo sembra più compatibile con un intreccio
formato da elementi fissi paralleli sui quali si è sovrapposta una sorta di trama ritorta. I singoli solchi incisi
potrebbero pertanto coincidere con gli elementi attivi trasversali e alterni, che risultavano più rilevati e quindi

– 113
più facilmente penetrabili nell’argilla cruda rispetto a quelli passivi sottostanti. Le venti impressioni visibili,
per il loro contorno fusiforme ad andamento sinistrorso, sembrerebbero testimoniare la traccia di un cordino
ritorto probabilmente ad “S” (Fig. 1, n. 4). Le misure alquanto variabili delle impressioni (lunghezza tra 4,20 e
7,28 mm, media=5,70±0,89 mm; larghezza tra 1,40 e 2,24 mm, media=1,78±0,30 mm; profondità media=0,52
mm) e la loro disposizione, non permettono di ricostruire completamente lo schema costruttivo e quindi il tipo
di armatura del manufatto (Wendrich, 1994; 1999).
Anche per questo reperto si tenderebbe in ogni modo ad escludere che la traccia sulla ceramica sia dovuta
ad un tessuto dal momento che le impronte appaiono troppo nette e depongono per elementi vegetali piuttosto
grezzi e resistenti, in grado di penetrare facilmente nell’argilla molle.
In entrambi i casi si intuisce che i contenitori ceramici vennero appoggiati dai vasai neolitici su supporti
esterni quando l’argilla era ancora morbida per favorire la sua essiccazione all’aria e che l’immagine negativa
del supporto fu fissata durante la cottura.
Impronte di stuoie rinvenute su fondi di vasi attribuibili al Neolitico sono state riscontrate in diversi siti
europei e particolarmente numerosi risultano sia quelli dell’Italia meridionale, come a Favella (CS), Rendina
(PO) e Passo di Corvo (FG), sia dell’Italia centro-settentrionale con rinvenimenti a Rivoli-Rocca (VR), Fimon-
Molino Casarotto (VI), Quinzano Veronese (VR), Pescale (MO), Monte Covolo (BS) e Isolino di Varese
(Moser et al., 2003). A proposito della tipologia riscontrata sui fondi di vasi di quest’ultimo sito, Guerreschi
(1976-1977) riconobbe due disegni fondamentali che classificò schematicamente attribuendo i vimini realiz-
zati a spirale al Neolitico inferiore e le lavorazioni in diagonale al Neolitico medio. Tale assegnazione ha pro-
babilmente indotto in passato alla collocazione del frammento dell’Arma dell’Aquila nel periodo più antico.
Il riconoscimento di impressioni di intrecci sui fondi di vasi nel Neolitico sono in genere più frequenti ri-
spetto a quelle attribuibili a tessuti e tale fatto ha portato a ritenere che i recipienti venissero sistemati su stuoie
che fungevano da basi di appoggio per facilitare la loro rotazione, costituendo quindi una rudimentale “tour-
nette”. Altri suggeriscono che questo genere di reperti derivi dall’uso di un paniere per plasmare l’argilla al suo
interno, in modo da facilitare la modellazione del vaso stesso (Peche-Quilichini, 2014). Una volta modellato
il recipiente la levigatura finale avrebbe cancellato l’impressione del vimine dalle pareti ma non dal fondo, che
è quindi rimasta l’unica testimonianza dell’impiego di tale tecnica.
La segnalazione di questi due frammenti ceramici appare di un certo interesse in quanto sono le uniche
testimonianze di tale tipologia in contesti neolitici del Finalese.
I reperti tessili e i vimini sono del resto estremamente rari negli scavi archeologici di depositi di grotta per
le sfavorevoli condizioni di conservazione e per la loro fragilità, a cui sovente si sommano altre cause, come
la rimozione involontaria dei loro residui in fase di pulitura e restauro di materiali sui quali potevano aderire
sotto forma di incrostazioni o mineralizzazioni.
Il reperto dell’Arma dell’Aquila permette di confermare l’uso di fusticini interi per l’allestimento di stuoie
impiegate come supporto durante le lavorazioni ceramiche, mentre quella della Caverna delle Fate suggerisce
l’impiego di fibre liberiane estratte da vegetali e successivamente ritorte a formare elementi sufficientemente
resistenti ed intrecciabili.
Spesso anche pochi resti analizzati consentono dunque di ampliare le conoscenze su un settore artigianale
dell’antichità che doveva essere molto attivo e articolato ma di cui purtroppo sono rimaste solo tracce indi-
rette attraverso il ritrovamento di utensili e accessori funzionali, come fusaiole e pesi da telaio (Arobba e De
Pascale, 2008) e di suffragare con elementi oggettivi le ipotesi sull’impiego differenziato di materiali naturali
per realizzare manufatti in vimine.

114 –
BIBLIOGRAFIA

Arobba, D., Bulgarelli, F., Siniscalco, C. e Caramiello, R. 2013 – Roman landscape and agriculture on the Ligurian coast through
macro and microremains from a Vada Sabatia well (Vado Ligure, Italy). Journal of Environmental Archaeology, 18 (2): 114–131.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2006 – Rilievo e studio di impronte vegetali da materiali archeologici. Informatore Botanico Italiano,
38, Supplemento 1: 9–13.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2014 – Risorse vegetali e antichi paesaggi. In: Melli, P. (a cura di) Genova dalle origini all’anno Mille.
Studi di archeologia e storia. Cassa di Risparmio di Genova: 29–35.

Arobba, D. e De Pascale, A. 2008 – Intreccio e tessitura. Materie prime, strumenti e manufatti. In: De Pascale, A. e Arobba, D. (a
cura di) Il Neolitico. Le Guide del Museo Archeologico del Finale. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Finale Ligure: 105–109.

De Pascale, A. 2008 – Le prime esplorazioni nelle caverne ossifere del Finalese: tracce, ipotesi e scoperte ad opera di Issel, Perrando,
Morelli, Rovereto, Rossi, Amerano... In: De Pascale, A., Del Lucchese, A. e Raggio, O. (a cura di) La nascita della Paletnologia
in Liguria. Personaggi, scoperte e collezioni tra XIX e XX secolo. Collana di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, XV:
233–248. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Gale, R. and Cutler, D. 2000 – Plants in Archaeology. Westbury and Royal Botanic Gardens, Kew, London.

Guerreschi, G. 1976-1977 – La stratigrafia dell’Isolino di Varese dedotta dall’analisi della ceramica (scavi Bertolone, 1955-1959).
Sibrium, XIII: 29–528.

Moser, L., Natali, E. e Tiné, V. 2003 – Frammento di ceramica con impronta interna di intreccio a spirale dal sito Neolitico di Favella.
In: Bazzanella, M., Mayr, A., Moser, L. e Rast-Eicher, A. (a cura di) Textiles. Intrecci e tessuti dalla preistoria europea.
Catalogo della Mostra di Riva del Garda. Servizio Beni Culturali, Provincia Autonoma di Trento: 121–125.

Peche-Quilichini, K. 2014 – Crafting technologies (basketry and textile) and tools used by Sardinian and Corsican Bronze Age pot-
ters. Morphofunctional analysis of a technical discussion. European Association of Archaeologists, 20th Annual Meeting, 10-14
Sept. 2014, Istanbul, poster.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Riedel, A. e Tecchiati, U. 2003 – La capra e la pecora in tra il Neolitico e l’età del Bronzo. In: Bazzanella, M., Mayr, A., Moser,
L. e Rast-Eicher, A. (a cura di) Textiles. Intrecci e tessuti dalla preistoria europea. Catalogo della Mostra di Riva del Garda.
Servizio Beni Culturali, Provincia Autonoma di Trento: 73–78.

Rottoli, M. 2003 – Il lino. In: Bazzanella, M., Mayr, A., Moser, L. e Rast-Eicher, A. (a cura di) Textiles. Intrecci e tessuti dalla
preistoria europea. Catalogo della Mostra di Riva del Garda. Servizio Beni Culturali, Provincia Autonoma di Trento: 65–71.

Rowley-Conwy, P. 1997 – The animal bones from Arene Candide. Final report. In: Maggi, R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.)
Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-
50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 153–277. Il Calamo, Roma.

Sestier, C., Martineau, R., Percheron, A., Spohr, S., Frehel, D. et Couvercelle, J.-P. 2011 – Étude d’inclusions végétales
dans des tessons de poterie ou des matériaux de construction. Apport d’une nouvelle méthode d’étude. In: Carpologia. Articles
réunis à la mémoire de Karen Lundstrom-Baudais. Actes des rencontres d’archéobotanique organisées par Bibracte. Centre
archéologique européen et le Centre de Recherches Archéologiques de la Vallée de l’Oise, 9-12 juin 2005, Glux-en-Glenne,
220: 207–220.

Starnini, E. e Biagi, P. 2018 – I reperti ceramici dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi
nell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e
Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15, 49–94.Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Wendrich, W. 1994 – Who is afraid of basketry. A guide to recording basketry and cordage for archaeologists and ethnographers.
CNWS, Leiden University.

Wendrich, W. 1999 – The World According to Basketry. An Ethno-archaeological Interpretation of Basketry Production in Egypt.
CNWS, Leiden University.

– 115
Indirizzi degli Autori:

DANIELE AROBBA, Museo Archeologico del Finale, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Chiostri di Santa Caterina, I-17024
FINALE LIGURE BORGO (SV)
E-mail: arobba@museoarcheofinale.it

ROSANNA CARAMIELLO, Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università di Torino, Viale P.A. Mattioli 25,
I-10125 TORINO
E-mail: rosanna.caramiello@unito.it

116 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 117–126

PAOLO BIAGI and BARBARA A. VOYTEK

THE CHIPPED STONE ASSEMBLAGES FROM ARMA DELL’AQUILA


(FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – L’industria litica scheggiata raccolta durante gli scavi di C. Richard nell’Arma dell’Aquila consiste di un numero
molto limitato di reperti provenenti sia dagli orizzonti Neolitici sia da quelli Paleolitici dell’Epigravettiano antico e dell’Aurignaziano.
Gli stessi sono stati prodotti con materiali di diversa provenienza ad indicare una notevole variabilità dell’approvvigionamento litico a
seconda dei vari momenti di abitato. Sull’industria è stata condotta sia l’analisi tipologica, sia quella traceologica, anche per cercare di
riconoscere la produzione locale o meno dei prodotti e interpretare le attività svolte dagli abitanti nei diversi periodi.

ABSTRACT – The chipped stone assemblage from the excavations carried out by C. Richard at Arma dell’Aquila consists of a
small number of artefacts retrieved from both the Neolithic and Upper Palaeolithic (Early Epigravettian and Aurignacian) layers. The
artefacts were obtained from several raw material sources, which varied according to the different occupation periods. The industry
has been studied from both typological and traceological points of view, in order to interpret the local or non-local manufacture of the
chipped stone tools, and understand the activities carried out throughout the different periods during which the site was settled.

Parole chiave – Industrie litiche scheggiate, Provenienza della materia prima, Tipologia, Tracce d’uso, Funzione
Keywords – Chipped stone assemblages, Raw material provenance, Typology, Traceology, Function

1. INTRODUCTION

The chipped stone assemblage retrieved by C. Richard from the deposit of Arma dell’Aquila consists of
78 specimens, among which are 31 retouched tools, 1 rejuvenation blade, 1 plunging blade, 1 burin spall and 1
subconical core. They are obtained mainly from flint, though other raw materials were also employed to pro-
duce artefacts during both the Neolithic and Upper Palaeolithic periods (Table 1). Some of the chipped stone
implements are reported, and in some cases also drawn, in C. Richard’s fieldnote book. Just a few artefacts
described by the aforementioned author are no longer in the stores of Finale Museum, and their stratigraphic
location is uncertain.

2.  THE NEOLITHIC ASSEMBLAGES

The data available from the chipped stones recovered by C. Richard’s excavations are very limited.
However, they are of great interest (Table 1 and 2), like those regarding the provenance of the raw mate-
rials employed for making tools. For instance they show that Lessini Hills, Verona flint was already uti-
lised by the Aquila cave inhabitants of layer 6. This fact reinforces a view already expressed regarding the
circulation of this type of high-quality flint not only across the Po Plain (Barfield, 1993) but also toward
the north-westermost Apennine chain already around the end of the 7th millennium BP (Benedetti et al.,
1994-1995), while it rejects other opinions regarding the utilization of Lombard flint sources (Selcifero
Lombardo), the outcrops of which are not known to have ever been under Late Mesolithic hunter-gatherers
control as suggested in a recent paper (Binder et al., 2008: 53). It is nevertheless well known that resources
control does not fit at all into the economic strategy of hunter-gatherer societies (Rowley-Conwy, 2001:
40; Biagi et al., 2007: 140). The utilisation of both south French flint and hyaline quartz is also important to
widen the radius of the exogenous materials employed for making tools. In particular rock crystal (Leitner
et al., 2015) is known to have been imported during the Neolithic down to the Po Valley sites (Bagolini
and Biagi, 1985: 376).

– 117
Cultural aspect Flint generic Lessini flint Marche flint Ciotti flint French flint Radiolarite Rock crystal Quartzite Calcedony Limestone Total %

Bronze Age? 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1.28


SMP Culture 6 2 0 0 1 0 1 1 0 0 11 14.10
IW Culture 11 1 0 0 0 3 0 0 1 0 16 20.51
Epigravettian 21 0 1 1 3 5 0 0 0 2 33 42.31
Aurignacian 11 0 0 0 0 5 0 1 0 0 17 21.80
TOT 50 3 1 1 4 13 1 2 1 2 78 100.00

Table 1 – Arma dell’Aquila: lithic raw material types and their distribution in the main occupation units.

The middle Neolithic Square-Mouthed Pottery Culture assemblage consists of 11 artefacts obtained from
5 different raw materials. The presence of 2 sickle blades, with sickle gloss parallel to the side (Mazzucco et
al., 2017), shows that agriculture was practised in the surroundings of the cave during this period (Fig. 1, nn.
1 and 2; Fig. 2, n. 1; Fig. 3, n. 1).
The Impressed Ware assemblage is represented by 16 artefacts. During this period bladelet technology
was widely employed (Fig. 1, nn. 3, 5-8). Among the tools are 1 long end scraper with medium soft traces of
utilisation along the front (Fig. 1, n. 6), 1 characteristic straight perforator obtained from a bladelet by alternate
retouch at the working edge, used for boring hard material (Fig. 1, n. 3; Fig. 2, n. 5), 1 notched bladelet (Fig.
1, n. 7), 1 flakelet with cut medium hardness substance traces along one side (Fig. 1, n. 9), 1 notched flakelet
with cut hard traces (Fig. 1, n. 10), and 1 retouched burin spall used for cutting hard material (Richard, 1942:
Tav. XI, n. 10; Fig. 1, n. 5). Apart from the aforementioned tools, the Impressed Ware assemblage includes one
rejuvenation blade that shows that at least some of the artefacts were produced within the site, and 1 imported
flakelet obtained from Lessini Hills, Verona flint (Fig. 1, n. 9).
One rectangular long end scraper obtained from a 7 mm thick flake of pinkish grey colour comes from cut
II below layer 6. This raw material, whose source of provenance is unknown, finds a parallel only in another
side scraper from the Aurignacian layer 9 (Table 2: 27-S; RCGE-43441). This unique tool shows traces of
abrasion along both sides. It is reported and drawn in C. Richard’s daybook, who recovered it on October 6,
1942 during the cleaning of the excavation trench wall (Fig. 1, n. 33; Fig. 2, n. 9).

3.  THE PALAEOLITHIC ASSEMBLAGES

The assemblages are subdivided into two main groups: those from layer 8, attributed to the beginning of
the Epigravettian period (Brochier, 2016; Lengyel and Wilczyński, 2017) also on the basis of a radiocarbon
date (GrN-17485: 20,430+480/-450 BP), and those from layers 9, radiocarbon-dated to 39,900+5100/-3100 BP
(GrN-17486) and 10, to be referred to the beginning of the Aurignacian. The occupation of the cave during the
beginning of the Epigravettian is confirmed also by the AMS date obtained from a lion tooth from a Neolithic
context (Bon and Stefani, 2018: 196) that yielded an almost identical result (GrA-51010: 20,460±80 BP).
The Early Epigravettian assemblage from layer 8, otherwise called by C. Richard “1st Palaeolithic fire-
place”, is composed of 33 artefacts. The retouched implements are represented by 1 marginal backed point
used for boring medium hard material (Fig. 1, n. 22), 2 deep backed points, one of which shows a complemen-
tary retouch and a removed base, made from characteristic Ciotti flint (Fig. 1, n. 20; Fig. 2, n. 7) (Negrino et
al., 2006), the second, obtained by bilateral abrupt retouch, is hafted and used to bore medium soft material
(Richard, 1942: Tav. X, n. 11; Fig. 1, n. 16), 5 backed bladelets, all obtained by abrupt deep retouch (Richard,
1942: Tav. X, n. 5; Fig. 1, nn 13-15, 28: this latter from layer 10!), 1 of which with bore medium traces at the
proximal edge (Fig. 1, n. 12), 1 marginal side scraper (Fig. 1, n. 24), 3 deep side scrapers (Richard, 1942: Tav.
X, n. 8; Fig. 1, nn. 17 and 23), 1 of which hafted and employed for cutting wood (Richard, 1942: Tav X, n. 6;
Fig. 1, n. 19), and 1 deep side-transversal scraper with impact fracture at the distal edge (Fig. 1, n. 11; Fig. 2,
n. 3), 2 straight, deep bilateral points, 1 of which is made of red radiolarite (Richard, 1942: Tav. X, n. 1; Fig.
1, n. 25), the other of Marche flint (Fig. 1, n. 26), and 1 bilaterally retouched blade (Richard, 1942: Tav. X, n.
7; Fig. 1, n. 18; Fig. 2, n. 6). One unretouched flint flakelet was used for cutting wood (Fig. 1, n. 21; Fig. 3, n.
2). In addition, 1 plunging blade comes from Layer 8.
The Aurignacian Layers 9 and 10 yielded a very poor assemblage consisting of only 17 artefacts. The
retouched tools are represented by 2 retouched blades, one of which is crested (Richard, 1942: Tav. X, n. 9;
Fig. 1, n. 31; Fig. 1, n. 30), 2 marginal side scrapers, 1 of which made from red radiolarite, the other from flint

118 –
Layers Suggested Typology Dimensions Raw Colour Traceology Figure Notes/Bibliography Inventory
("fireplaces") attribution (Laplace, 1964) (mm) material numbers
Layer 3 Bronze Age? ee 11x11x3 flint 10YR5/3,
brown
Layer 5 Neolithic SMP L 52x18x7 flint (Lessini 2.5Y6/6, olive 2, n. 4 12 August 1938
Hills?) yellow with
white spots
Layer 5 Neolithic SMP e 18x20x6 flint burnt 1 October 1942
Layer 5 Neolithic SMP ll 22x11x2 flint 2.5YR3/1, 1942
very dark grey
Layer 5 Neolithic SMP fll (14)x7.5x2 flint 10YRY4/1, Sickle 1, n. 2
dark grey
Layer 5 Neolithic SMP L 73x12x2.5 flint (Lessini 10YR5/1, grey Sickle - haft 1, n. 1; 2, n. Richard, 1942: Tav. XI, n. 6 176-S;
Hills?) 1; 3, n. 1 RCGE-43590
Layer 5 Neolithic SMP L1 sen [Smd]/.Sma dext 33.5x11x5.5 flint 2.5Y2.5/1, 1, n. 4 Richard, 1942: Tav. XI, n. 4
black
Layer 5 Neolithic SMP ll 26.5x12x3 quartzite 10YR4/3, Richard, 1942: Tav. XI, n. 10 986?
brown
I cut below Layer 5 Neolithic SMP fl (8)x10x2 flint burnt
III-IV cut below Neolithic SMP e 23x23x3 French flint 10YR4/2, dark
Layer 5 greyish brown
IV cut below Layer Neolithic SMP ee 13x9x3 hyaline transparent 30 September 1942,
5 quartz daybook
III cut below Layer Neolithic SMP f LD2 med [Apd sen] (10)x7x3 flint 2.5YR4/3, 28 September 1942
5 reddish brown
Layer 6 Neolithic IW f LD2 [Apd dext] (22)x12x4 flint burnt 13 October 1942
Layer 6 Neolithic IW f D1 med [Amd dext] (29)x11x3.5 flint 10YR7/2, light 1, n. 7 2/3 October 1942, daybook
grey
Layer 6 Neolithic IW Burin spall/.Sma 26x8x3 flint 10YR4/6, dark Cut hard 1, n. 5 3 October 1942, Richard, 172-S;
yellowish 1942: Tav. XI, n. 13, RCGE-43586
brown daybook
Layer 6 Neolithic IW D1 lat [Amd dext] 27x30x4 flint 50% 10YR5/3, Cut hard 1, n.10 3 October 1942, daybook 173-S;
corticated brown RCGE-43587
Layer 6 Neolithic IW f L1 bil [Smd] (45.5)x13x3 flint burnt Richard, 1942: Tav. XI, n. 5 178-S;
RCGE-43592
Layer 6 Neolithic IW fl (57)x19x3.5 flint 2.5Y4/1, dark Richard, 1942: Tav. XI, n. 11 180-S;
grey RCGE-43594
Layer 6 Neolithic IW E 33x17x4 flint (Lessini 2.5Y7/3, pale Cut medium 1, n. 9 3 October 1942, daybook 170-S;
Hills) yellow RCGE-43584
Layer 6, Burial Neolithic IW Bc2 dist [Apd+Api] 31x12x3.5 flint N3/, very dark Bore 1, n. 3; 2, n. 9 August 1938
foetus 2 grey medium - 5
haft
II cut below Layer 6 Neolithic IW? G1/-SEd bil 26x18x7 flint 7.5YR6/2, Abraded 1, n. 33; 2, 6/13? October 1942, wall
pinkish grey long sides n. 9 cleaning, daybook
III cut below Layer Neolithic IW fE (38)x21x4 corticated 10YR7/3, very 5 October 1942
6 flint pale brown
III cut below Layer Neolithic IW fL (26)x8x6 flint 2.5Y7/3, pale rejuvenation 5 October 1942
6 yellow blade
III cut below Layer Neolithic IW ee 14x14x2 radiolarite 2.5YR2.5/4, 5 October 1942
6 dark reddish
brown
III cut below Layer Neolithic IW ee 9x11x1 radiolarite 2.5YR2.5/4, 5 October 1942
6 dark reddish
brown
V-VI cut below Neolithic IW f G1/-smd bil (19)x13x5 radiolarite N3/, very dark Scrape 1, n. 6 9 October 1942
Layer 6 grey medium soft
Layer 5-7 Neolithic IW Subconical bladelet 37x15x12 flint 2.5Y4/1, dark 1, n. 8 10 October 1942, daybook 1-S;
core grey RCGE-43415
Small hearth below Neolithic IW? fe (23)x13.5x6 corticated 10YR5/3,
Layer 7 calcedony brown
II cut below Layer 7 Palaeolithic PD2 dext [Apb/Smd sen 28x3.5x2 spotted flint 7.5YR5/1, 1, n. 20; 2, 10 October 1942, daybook
Epigravettian? dist]/=Smiprox (Ciotti) grey n. 7
I cut below Layer Palaeolithic R2 lat-tra [Spd] 36x21x10 flint 2.5Y4/1, dark Impact 1, n. 11; 2, 5 November 1942, daybook
7? Epigravettian? grey fracture dist n. 3
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f LD2 [Apd sen] (23)x7x3.5 flint 2.5Y3/1, very 1, n. 15 1938 26-S;
Fireplace) Epigravettian dark grey RCGE-43440
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f LD2 [Apd sen] (15)x5x2.5 flint 2.5Y5/4, light 1, n. 14 23 October 1942, daybook 25-S;
Fireplace) Epigravettian olive brown RCGE-43439
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f LD2 [Apd dext]/=Smi (26)x8x3.5 flint 5Y5/2, olive Bore 1, n. 12 12 October 1942, daybook 21-S;
Fireplace) Epigravettian prox grey medium RCGE-43435
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic R2 lat [Spd dext] 32x16x3.5 flint 7.5YR5/4, Cut wood - 1, n. 19 1938, Richard, 1942: Tav. X, 23-S;
Fireplace) Epigravettian brown haft n. 6, daybook RCGE-43437
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic LD2 [Apd sen] 50x13x5 flint 10YR3/2, very 1, n. 13 23 October 1942, daybook 22-S;
Fireplace) Epigravettian dark greyish RCGE-43436
brown
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f PD2 bil [Apd] (48)x11x6.5 flint 5Y4/1, dark Bore 1, n. 16; 3, 1938, Richard, 1942: Tav. X, 19-S;
Fireplace) Epigravettian grey medium soft n. 2 n. 11 RCGE-43433
- haft
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f L2 [Spd bil] (39)x16x4.5 flint 5Y6/3, pale 1, n. 18 1938, Richard, 1942: Tav. X, 33-S;
Fireplace) Epigravettian olive n. 7 RCGE-43447

Table 2 – Arma dell’Aquila: characteristics of the chipped stone artefacts, their cultural attribution and provenance.

– 119
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic P2 [Spd bil] 82x17x9 radiolarite 2.5YR3/2, 1, n. 25 Richard, 1942: Tav. X, n. 1 35-S;
Fireplace) Epigravettian dusky red RCGE-43449
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f P2 [Spd bil] (76)x23x11 flint (Marche 7.5YR5/4, 1, n. 26 23 October 1942, daybook 36-S;
Fireplace) Epigravettian scaglia) brown RCGE-43450
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic E 20x30x6.5 flint 2.5Y4/2, dark Cut wood 1, n. 21; 2, 1938? 38-S;
Fireplace) Epigravettian greyish brown n. 2, 3, n. 3 RCGE-43452
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic f R2 lat [Spd dext] (50)x20x5 radiolarite 5YR3/3, dark 1, n. 17 1938, Richard, 1942: Tav. X, 30-S;
Fireplace) Epigravettian reddish brown n. 8 RCGE-43444
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic E 24x37x4 flint 2.5Y4/4, olive 1938 7-S;
Fireplace) Epigravettian (French?) brown RCGE-43421
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic fL (36)x12x3 flint 10YR5/8, 2, n. 8 1938, Richard,1942: Tav. X, 6-S;
Fireplace) Epigravettian (French?) yellowish n. 2 RCGE-43420
brown
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic L 30x14x4.5 flint 10YR7/2, light 1938 5-S;
Fireplace) Epigravettian grey RCGE-43419
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic L 29x9x5 flint 2.5Y7/3, pale 1938, Richard, 1942: Tav. X, 2-S;
Fireplace) Epigravettian yellow n. 4 RCGE-43416
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic E 35x38x12 flint 10YR7/3, very 1938 13-S;
Fireplace) Epigravettian pale brown RCGE-43427
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic E 18x33x5 flint 10YR7/3, very
Fireplace) Epigravettian pale brown
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic fll (14)x12x2.5 flint 7.5YR5/1, 1938 14-S;
Fireplace) Epigravettian grey RCGE-43428
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic L 30x9x4.5 radiolarite 7.5YR3/, dark 23 October 1942 4-S;
Fireplace) Epigravettian brown RCGE-43418
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic L 41x20x6 siliceous 10YR7/2, light 1938, Richard, 1942: Tav. X, 8-S;
Fireplace) Epigravettian limestone grey n. 12 RCGE-43422
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic fe (19)x16x5 flint 10YR5/3, 1938 15-S;
Fireplace) Epigravettian corticated brown RCGE-43429
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic fee (16)x10x3 flint burnt 23-29 October 1942
Fireplace) Epigravettian
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic fe (19.5)x17x5.5 flint 10YR5/2, 1938 18-S;
Fireplace) Epigravettian greyish brown RCGE-43432
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic L 27x10x8 flint 10YR7/1, light Plunging 1938 40-S;
Fireplace) Epigravettian grey blade RCGE-43454
Layer 10 (3 Pal. Palaeolithic LD2 [Apd dext] 27x6x4 flint 10YR3/3, dark 1, n. 28 Richard, 1942: Tav. X, n. 5 24-S;
Fireplace ) Epigravettian? brown RCGE-43438
Layer 8 (1 Pal. Palaeolithic E 13x23x3 flint 10YR5/2,
Fireplace) Epigravettian greyish brown
I cut below Layer 8 Palaeolithic f PD1 [Amd dext]/.Ami (27)x10x3.5 radiolarite 2.5YR3/2, Bore 1, n. 22 23-24 October 1942, 20-S;
Epigravettian sen dark red medium daybook RCGE-43434
I cut below Layer 8 Palaeolithic f R2 lat [Spd dext] (36)x21x7 flint 2.5Y5/1, grey 1, n. 23 23-24 October 1942 28-S;
Epigravettian RCGE-43442
I cut below Layer 8 Palaeolithic L 30x10x9 flint N2.5/, black 23-24 October 1942 3-S;
Epigravettian RCGE-43417
I cut below Layer 8 Palaeolithic E 32x38x10 siliceous 7.5YR6/2, 23-24 October 1942, 11-S;
Epigravettian limestone pinkish grey daybook RCGE-43425
II cut below Layer 8 Palaeolithic R1 lat [Smd sen] 36x18x3 radiolarite 2.5YR3/2, 1, n. 24 26 October 1942 29-S;
Epigravettian? dusky red RCGE-43443
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic L1 prox [Smd dext] 60x10x9 flint 2.5YR4/3, 1, n. 31 1938, Richard, 1942: Tav. X, 16-S;
Fireplace) Aurignacian Crested blade reddish brown n. 9 RCGE-43430
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic f R2 lat [Spd dext prox] (51)x25x9 radiolarite 2.5YR3/3, 1, n. 32 1938, Richard, 1942: Tav. X, 37-S;
Fireplace) Aurignacian dark reddish n. 10 RCGE-43451
brown
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic f L1 [Smd bil] (29)x8x3 radiolarite 2.5Y2.5/1, 1, n. 30 Richard, 1942: Tav. X, n. 3 32-S;
Fireplace) Aurignacian black RCGE-43446
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic f R2 lat [Spd dext] (27)x16x6 radiolarite 2.5YR4/3, 1, n. 29
Fireplace) Aurignacian reddish brown
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic R1 tra [Smd] 25x42x6 radiolarite 2.5YR, dark 1938 27-S;
Fireplace) Aurignacian red RCGE-43441
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic f R1 lat [Smd sen] (30)x13x4 flint 5Y6/1, grey 1, n. 27 1938 31-S;
Fireplace) Aurignacian RCGE-43445
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic L 25.5x10x3 flint 10% 10YR7/1, light
Fireplace) Aurignacian corticated grey
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic E 39x35x9.5 quartzite 2.5Y5/1, grey 1938 9-S;
Fireplace) Aurignacian RCGE-43423
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic E 37x42x9 flint 5% 10YR5/3, 1938
Fireplace) Aurignacian corticated brown
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic fE (23)x13x5 flint SGY7/1, light 39-S;
Fireplace) Aurignacian greenish grey RCGE-43453
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic fe (23)x20x7 radiolarite 5YR3/3, dark 34-S;
Fireplace) Aurignacian reddish brown RCGE-43448
Layer 9 (2 Pal. Palaeolithic ee 15x22x4.5 flint SGY6/1, 13-S;
Fireplace) Aurignacian greenish grey RCGE-43427
Layer 10 (3 Pal. Palaeolithic fl prox (31)x15x5.5 flint 50% 10YR7/2, light 30 October 1942
Fireplace) Aurignacian corticated grey
Layer 10 (3 Pal. Palaeolithic ee 11.5x6.5x3 flint burnt
Fireplace) Aurignacian
Layer 10 (3 Pal. Palaeolithic fee (10)x11x2.5 flint 10YR7/2, light
Fireplace) Aurignacian grey
II cut below Layer Palaeolithc fe (26.5)x15x3 flint 10% 10YR4/1, dark 31 October/2 November
10 Aurignacian corticated grey 1942
III cut below Layer Palaeolithic E 35x20x12 flint 25% 2.5Y3/1, very 2 November 1942
10 Aurignacian corticated dark grey;
10YR5/4

120 –
Fig. 1 – Arma dell’Aquila: Sickle blades from layer 5 (nn. 1 and 2), Retouched bladelet from layer 5 (n. 4), Straight borer from layer 6
(n. 3), Burin spall from layer 6 (n. 5), Long end scraper from cut II below layer 6 (n. 6), Notched bladelet from layer 6 (n. 7), Subconical

– 121
bladelet core from layers 5-7 (n. 8), Flakelet from layer 6 (n. 9), Notched flakelet from layer 6 (n. 10), Side scraper from cut I below
layer 7 (n. 11), Backed bladelets from layer 8 (nn. 12-14 and 15), Backed point from layer 8 (n. 16), Side scrapers from layer 8 (nn.
17 and 19), Bilaterally retouched bladelet from layer 8 (n. 18), backed point from cut II below layer 7 (n. 20), Unretouched flakelet
from layer 8 (n. 21), Backed point from cut I below layer 8 (n. 22), Side scraper from cut I below layer 8 (n. 23), Side scraper from
cut II below layer 8 (n. 24), Straight points from layer 8 (nn. 25 and 26), Side scraper from layer 9 (n. 27), Backed bladelet from layer
10 (n. 28), Side scraper from layer 9 (n. 29), Retouched bladelet from layer 9 (n. 30), Crested blade from layer 9 (n. 31), Side scraper
from layer 9 (n. 32), End scraper from II cut below layer 6 (n. 33). Symbols: H = Hafting, S = Sickle, BM = Bore Medium, BMS =
Bore Medium Soft, BH = Bore Hard, CM = Cut Medium, CH = Cut Hard, CW = Cut Wood, SMS = Scrape Medium Soft, IF = Impact
Fracture, A = Abrasion, Dot = Percussion bulb, Small circle = Photographs of use-wears, see Fig. 3 (drawings by P. Biagi, inking by
G. Almerigogna).

5 6
1 4

9
7 8

Fig. 2 – Arma dell’Aquila: Sickle blade fom layer 5 (n. 1), Unretouched flakelet from layer 8 (n. 2), Side scraper from cut I below
layer 7 (n. 3), Unretouched bladelet from layer 5 (n. 4), Straight borer from layer 6 (n. 5), Retouched bladelet from layer 8 (n. 6),
Backed point from cut II below layer 7 (n. 7), Unretouched bladelet from layer 8 (n. 8), End scraper from cut II below layer 6 (n. 9)
(photographs by E. Starnini).

122 –
(Fig. 1, n. 27), and 2 deep side scrapers knapped both from red radiolarite (Fig. 1, nn. 29 and 32; Fig. 2, n. 10).
The presence of one crested blade suggests that also during this period some of the tools were produced inside
the cave.

4.  DISCUSSION

The Aquila Neolithic layers yielded an interesting assemblage represented by a few characteristic lithic
implements. Regarding the Square-Mouthed Pottery layers the presence of a long sickle blade with gloss all
along one side is remarkable (Fig. 1, n. 1; Fig. 2, n. 1). It shows close parallels with a few specimens retrieved
from the Square-Mouthed Pottery Culture horizons excavated by L. Bernabò Brea at the Arene Candide cave
(Starnini and Voytek, 1997: Fig. 18).
The Impressed Ware assemblage, though somewhat more rich in finds, yielded a few characteristic types
among which is 1 straight perforator obtained from a bladelet by alternate abrupt retouch (Fig. 1, n. 3; Fig.
2, n. 5). Though not identical to the specimens from the Impressed Ware layers from the Arene Candide
(see Starnini and Voytek, 1997: 354, 355: F28-F24) that are all obtained by abrupt direct bilateral retouch,
this tool characterises the earliest Neolithic assemblages of most central-eastern Europe (Kozłowski and
Kozłowski, 1987). Of major interest are a notched bladelet (Fig. 1, n. 7), once again similar to a specimen
from the Arene Candide Impressed Ware layers (Starnini and Voytek, 1997: 353, F15), and 1 subconical
bladelet core (Fig. 1, n. 8). This latter shows that the detachment of bladelet blanks took place inside the cave.
It is important to point out that during this period the relationships between the Po Valley and the north-east-
ern Alpine fringe were already active, as shown by the presence of flint artefacts from the Lessinian, Verona
sources at Aquila cave.
The richest assemblages from the cave come from the early Epigravettian layer 8. It has been radiocar-
bon-dated to the middle of the 21st millennium BP, a period of maximum cold of which little is known in the
region and northern Italy in general (Mussi, 2001: Fig. 2.1; Ruggeri and Whallon, 2010). In this respect we
have to point out that the neighbouring Arene Candide Cave was sporadically settled during the same period
(Cardini and Taschini, 1994: 73–76) as a radiocarbon date from layer 9 of P deposit, very similar to those
obtained from Arma dell’Aquila, shows (R-2541: 20,470±320 BP: Bietti e Molari, 1994: Table 1). However
we know that it undoubtedly was more intensively settled ca 3-5 millennia before, during milder climate
conditions (Rellini et al., 2013: 4). The same OIS2 cold period is represented at Mochi Rock Shelter Unit B,
though this complex, excavated many years ago and never radiocarbon dated, is very poor in lithics (Douka
et al., 2012: 289).
Arma dell’Aquila layers 9 and 10, the uppermost of which was dated to the beginning/first half of the 40th
millennium BP, yielded a very scarce lithic assemblage, probably suggesting that the early Upper Palaeolithic
Aurignacian hunters settled in the cave for short periods.

– 123
1

Fig. 3 – Arma dell’Aquila: traces of wear: Sickle blade from layer 5 (n. 1: Fig. 1, n. 1), Unretouched flakelet with cut wood traces (n.
2: Fig. 1, n. 21), Flakelet used to cut hard (n. 3: Fig. 1, n. 10) (photographs by B.A. Voytek).

124 –
REFERENCES

Bagolini, B. and Biagi, P. 1985 – Chronology and distribution of the Square Mouth Pottery Culture settlements of Northern Italy. Béri
Balogh Ádám Múzeum Évkönive, XIII: 373–387.

Barfield, L.H. 1993 – The Exploitation of Flint in the Monti Lessini, Northern Italy. In: Ashton, D. and David, A. (eds.) Stories in
Stone. Lithic Studies Occasional Paper, 4: 71–83. Lithic Studies Society, London.

Benedetti, R.M., D’Amico, C. and Nannetti, M.C. 1994-1995 – Studio petroarcheometrico preliminare di selci neolitiche alpino-pa-
dane a scopo di confronto tra siti di ricerca e di provenienza. Atti della Società per la Preistoria e Protostoria della Regione
Friuli-Venezia Giulia, IX: 171–179.

Biagi, P., Gratuze, B. and Boucetta, S. 2007 – New data on the archaeological obsidians from the Banat and Transylvnia. In:
Spataro, M. and Biagi, P. (eds.) A Short Walk through the Balkans: The First Farmers of the Carpathian Basin and Adjacent
Regions. Proceedings of the Conference held at the Institute of Archaeology UCL on June 20th – 22nd, 2005. Società per la
Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 12: 129–148. Centralgrafica, Trieste.

Bietti, A. and Molari, C. 1994 – The Upper Pleistocene deposit of the Arene Candide Cave (Savona. Italy): General introduction and
stratigraphy. Quaternaria Nova, IV: 9–27.

Binder, D., Lepère, C. and Maggi, R. 2008 – Épipaléolithique et Néolithique dans l’arc Liguro-Provençal: bilan et perspectives de
recherche. Bulletin du Musée d’Anthropologie Préhistorique de Monaco, supplement 1: 49–62.

Bon, M. and Stefani, M. 2018 – I resti faunistici di mammiferi dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Scavi di Camillo
Richard (1938-1942). In: Biagi, P. and Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le
Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia,
Quaderno 15: 189–242. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Brochier, J.E. 2016 – Radiocarbon dates for the early shouldered Tardigravettian from the rockshelter of Chinchon 1 at Saumane-
de-Vaucluse and the chronology of the recent Provençal Upper Palaeolithic. Gallia Préhistoire [En ligne], 56, mis en ligne le 30
octobre 2017, consulté le 14 janvier 2018. URL: http://journals.openedition.org/galliap/277.

Cardini, L. and Taschini, M. 1994 – Le industrie dei livelli Mesolitici e Paleolitici della Caverna delle Arene Candide (Savona).
Quaternaria Nova, IV: 29–78.

Douka, K., Grimaldi, S., Boschian, G., del Lucchese, A. and Higham, T.F.G. 2012 – A new chronostratigraphic framework for the
Upper Palaeolithic of Riparo Mochi (Italy). Journal of Human Evolution, 62: 286–299. doi:10.1016/j.jhevol.2011.11.009.

Kozłowski, J.K. and Kozłowski, S.K. (eds.) 1987 – Chipped Stone Industries of the Early Farmimg Cultures in Europe. Archaeologia
Interregionalis. Warsaw University, Jagiellonian University Cracow.

Laplace, G. 1964 – Essay de typologie sistématique. Annali dell’Università di Ferrara. Sezione XV, Paleontologia Umana e
Paletnologia. Supplemento II al volume 1.

Leitner, W., Brandl, M. and Bachnetzer, T. 2015 – Die Ostalpen als Abbaugebiet und Versorgungsregion für Silex und Bergkristall
in der Prähistorie. In: Stöllner, T. and Oeggl, K. (eds.) Bergauf Bergab 10.000 Jahre Bergbau in den Ostalpen. Verlag Marie
Leidorf, Bochum: 59–69.

Lengyel, L and Wilczyński, J. 2017 – The Gravettian and the Epigravettian chronology in eastern central Europe: A comment on
Bösken et al. (2017). Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology. doi:10.1016/j.palaeo.2017.11.017 (in press).

Mazzucco, N., Guilbeau, D., Petrinelli-Pannocchia, C., Gassin, B., Ibáñez, J.J. and Gibaja, J.F. 2017 – Harvest time: crop-reap-
ing technologies and the Neolithisation of the Central Mediterranean. Antiquity, 91 (356, e2): 1–5. doi:10.15184/aqy.2016.273.

Mussi, M. 2001 – Earliest Italy. An Overview of the Italian Paleolithic and Mesolithic. Interdisciplinary Contributions to Archaeology.
Kluwer Academic/Plenum Publishers, New York.

Negrino, F., Martini, S., Ottomano, C. and del Lucchese, A. 2006 – Palaeolithic evidence of quarrying activity at “I Ciotti” (Mortola
Superiore, Ventimiglia, Imperia, Italy). In: Körlin, G. and Weisgerber, G. (eds.) Stone Age - Mining Age. Der Anschnitt, 19: 153–162.

Rellini, I., Firpo, M., Martino, G., Riel-Salvatore, J. and Maggi, R. 2013 – Climate and environmental changes recognized by
micromorphology in Paleolithic deposits at Arene Candide (Liguria, Italy). Quaternary International, 315: 42–53. doi/10.1016/j.
quaint.2013.05.050.

– 125
Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Rowley-Conwy, P. 2001 – Time, change and the archaeology of hunter-gatherers: how original is the “Original Affluent Society”? In:
Panter-Brick, C., Layton, R.H. and Rowley-Conwy, P. (eds.) Hunter-Gatherers, An Interdisciplinary Perspective. Biosocial
Society Symposium Series, 13: 39-72. Cambridge University Press, Cambridge.

Ruggeri, D. and Whallon, R. 2010 – Sant’Angelo Cave - A Gravettian hunting and raw material procurement site in the Maiella
Mountains, Abruzzo (Italy). Human Evolution, 25 (1-2): 67–81.

Starnini, E. and Voytek, B.A. 1997 – The Neolithic Chipped Stone Artefacts from the Bernabò Brea-Cardini Excavations. In: Maggi,
R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: A Functional and Environmental Assessment of the Holocene Sequence
(Excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 348–426.
Il Calamo, Roma.

Authors’ addresses:

PAOLO BIAGI, Department of Asian and North African Studies, Ca’ Foscari Universiy of Venice, Ca’ Cappello, San Polo 2035,
I-30125 VENEZIA
E-mail: pavelius@unive.it

BARBARA A. VOYTEK, Archaeological Research Facility, 2251 College MC1076, University of California, BERKELEY CA
94720-1076, USA
E-mail: bvoytek@berkeley.edu

126 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 127–135

ELISABETTA STARNINI, CLAUDIO DʼAMICO e MASSIMO GHEDINI

L’INDUSTRIA IN PIETRA LEVIGATA DELL’ARMA DELL’AQUILA


(FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – L’industria in pietra levigata proveniente dalle vecchie esplorazioni condotte nel sito, rintracciata nelle collezioni
conservate al Museo Archeologico del Finale, consiste in un numero piuttosto esiguo di manufatti, tra cui si distinguono un abboz-
zo e sei lame d’ascia integre in pietra verde, alcune delle quali di forma abbastanza inconsueta. Sette reperti sono stati analizzati
con tecniche archeometriche (XRPD e sezione sottile) per la determinazione della loro materia prima. I risultati hanno rivelato la
presenza di alcuni litotipi inusuali al confronto con quelli solitamente impiegati per le industrie neolitiche dell’Italia settentrionale.
Un altro piccolo nucleo di strumenti su ciottolo è poi brevemente illustrato, mentre per tutti i manufatti viene discussa la possibile
attribuzione cronologica.

ABSTRACT – The polished stone assemblage from the old explorations at the site is composed of a small number of artefacts.
However, among the artefacts are 6 complete axe blades of interesting shapes, one axe rough-out and one cutting edge fragment. The
7 complete pieces have been submitted to archaeometric analyses (XRPD and thin section) in order to identify the rocks. The results
show the exploitation of uncommon lithotypes in comparison to the raw material spectrum known for other sites in Northern Italy. A
small group of other stone implements is briefly described, and the chronological attribution of each artefact is discussed.

Parole chiave – Neolitico, Industria in pietra levigata, Pietra verde, Lame d’ascia, Provenienza della materia prima
Keywords – Neolithic, Polished stone tools, Greenstones, Axe blades, Raw material provenance

1.  LA PIETRA VERDE (E.S.)

L’industria in pietra verde levigata proveniente dagli scavi condotti nel secolo scorso all’Arma dellʼAquila,
conservata al Museo Archeologico del Finale e qui esaminata, consiste in 8 reperti, di cui 7 esemplari integri e
1 frammento, alcuni dei quali di tipologia piuttosto singolare. Uno di questi (Fig. 1, n. 4), una lama completa di
forma trapezoidale con il tagliente levigato e usurato (AQ5) è l’unica identificabile, con un certo margine di cer-
tezza, come proveniente dalle campagne di scavo di C. Richard da lui condotte nel “grande riparo sottoroccia”
nel 1938 e sembra corrispondere a quella da lui descritta alla pag. 87 (strato 5) della sua relazione pubblicata sul
Bullettino di Paletnologia Italiana (Richard, 1942).
Nella descrizione dello strato 7 (Richard, 1942: 89) viene inoltre menzionata “un’ascia in arenaria sili-
cea”, che però non è stato possibile individuare tra i materiali attualmente presenti nelle collezioni del Museo
di Finale, così come non è stato rintracciato il “frammento di ciottolo di serpentina chiara (viridite), presen-
tante qualche traccia di levigatura, dovuta, a quanto sembra, ad una azione di fluitazione” (Richard, 1942:
87–88). Tra questi è invece presente un frammento di tagliente (Fig. 1, n. 8) che reca la data del 19 luglio
1938 e che dunque è stato rinvenuto il secondo giorno della campagna di scavo diretta da C. Richard, durante
l’esplorazione del “talus” ed è identificabile con quello menzionato, ma non illustrato, nel diario di scavo
(Archivio ex Soprintendenza Archeologia della Liguria, Genova).
Si tratta di un piccolo frammento di tagliente di lama d’ascia/accetta finemente levigato, corrispondente
alla parte laterale del tagliente. Il profilo ne suggerisce l’appartenenza ad una lama di forma triangolare, tipi-
camente neolitica. Come sopra accennato il reperto è menzionato nel diario di scavo (dal sacchetto n. 7) come
raccolto dal Sig. Simonetti, titolare della cava all’interno della quale si trova tuttora la grotta, nella parte media
del talus, nel terreno tra i massi dopo il brillamento di una mina (misure: 35x9x14 mm; non inventariata e
inedita. Roccia metamorfica verde scuro, non analizzata).
Da quella che invece Richard chiama “caverna II”, che fu esplorata da F.H. Zambelli e il Gruppo
Speleologico Ligure “A. Mochi” nel 1936 (Zambelli, 1937), dovrebbe invece provenire “un’accetta levigata

– 127
di serpentina, col taglio semilunato” (Richard, 1942: 51); sempre lo Zambelli, dal “riparo sotto roccia”,
successivamente riscavato da C. Richard, rinvenne “un’ascia di serpentina a taglio semilunato” (Richard,
1942: 51).
Infine, come provenienti dai recuperi degli operai della cava e dalle varie esplorazioni nel “talus”, G.A.
Silla (1937: 79) menziona “un frammento di accetta in pietra verde”, mentre C. Richard (1942: 52), descri-
vendo i rinvenimenti degli scavi del scavi Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi”, fa cenno a “sette accette di
pietra verde, levigate nella zona del taglio, di varia grossezza e finitura, ed un frammento di un’ottava accetta
pure di pietra verde”, purtroppo non illustrate. Quattro di queste sembrano identificabili in quelle descritte
anche da G.A. Silla (1935: 87–88; figg. a-d) come rinvenute nel corso delle sue primissime esplorazioni del
1934 e ancora presenti nelle collezioni del Museo del Finale (AQ1, AQ2 e AQ7 e un frammento non analizza-
to), mentre altre tre, sempre rintracciate nelle collezioni a Finale (AQ3, AQ4 e AQ6), sono certamente quelle
rinvenute nel 1936 da F.H. Zambelli durante le esplorazioni effettuate dal Gruppo speleologico Ligure “A.
Mochi” e illustrate da G.A. Silla (1937: 75, nn. 1 e 2; 77, n. 1).
Il reperto illustrato da G.A. Silla (1935: 88, Fig. c) corrispondente ad un frammento di tagliente arcuato
con sezione simmetrica a V (misure: 66x49x31,5 mm; reca inv. n. 512) in pietra verde scistosa (Fig. 2, n. 1), e
un frammento di ascia/accetta levigata, di forma asimmetrica con tallone appiattito e tagliente scheggiato (mi-
sure: 80x27x16 mm), in pietra verde da chiaro a nerastro, indicato come proveniente dagli scavi di G.A. Silla
del 1934 (reca n. inv. 160-S, RCGE 43574) (Fig. 3, n. 4), sono stati purtroppo individuati nelle collezioni del
Museo Archeologico del Finale successivamente alle analisi archeometriche e pertanto la loro materia prima
non ha potuto essere identificata scientificamente.
I 7 manufatti integri ancora conservati al Museo Archeologico del Finale sono stati sottoposti ad analisi
minero-petrografiche presso i laboratori dell’Università di Bologna e della GeaDue s.r.l. di Zola Predosa (BO)
per la determinazione petrografica della loro materia prima, che ha comportato l'esecuzione di diffrattometria
a raggi X (XRD) su polveri per ognuno dei reperti e di sezione sottile per due di essi.

2.  DESCRIZIONE DEI REPERTI IN PIETRA VERDE E RISULTATI DELLE ANALISI


ARCHEOMETRICHE (E.S., C.D., M.G.)

AQ1 - Lama d’ascia/accetta integra, di forma quasi rettangolare, con tallone appuntito, levigata solo per la
parte del tagliente, arcuato, il quale presenta un profilo simmetrico, marcatamente a V. Ricavata da una lista
lavorata per scheggiatura (Fig. 1, n. 1). Misure: 161x71x38 mm (inv. Museo Finale 164-S, RCGE 43578).
Proviene dai recuperi effettuati da G.A. Silla nel 1934 nel “talus” (Silla, 1935: 88, fig. a). Il contesto
di provenienza non consente di individuarne l’appartenenza ad un preciso orizzonte cronologico. Tuttavia
la forma piuttosto inconsueta del tagliente potrebbe suggerire un’età posteriore al Neolitico, per la quale
però scarseggiano tra i reperti delle collezioni altre testimonianze materiali, come reperti ceramici. In via
alternativa questa tipologia potrebbe essere attribuita alla Cultura della Ceramica Impressa, la cui presenza
è ben testimoniata da numerosi reperti ceramici (Starnini e Biagi, 2018) dai vari scavi all’Aquila e di cui si
conosce poco per quanto riguarda, in generale, le industrie di pietra levigata. Nei contesti del Neolitico anti-
co della Liguria questi reperti infatti sono poco numerosi se confrontati con quelli del Neolitico medio (cfr.
Starnini e Voytek, 1997; Garibaldi et al., 1999); in particolare, un esemplare, seppur frammentario, dallo
strato 26 (Ceramica Impressa) degli scavi L. Bernabò Brea nella Caverna delle Arene Candide (Starnini
e Voytek, 1997: Fig. 34, n. 3), è avvicinabile nella forma, soprattutto del tagliente, al nostro qui discusso.
Analisi: solo XRD. Giadeitite albitica con prevalenti giadeite e albite e modeste quantità di omfacite,
clorite, pirite, nell’ordine. Senza esame di sezione sottile non si può concludere se si tratta di una giadeitite
ampiamente albitizzata o di una albitite giadeitizzata (rocce simili esistono nella formazione del Gruppo di
Voltri-Monte Beigua, in Liguria centro-occidentale).

AQ2 - Lama d’ascia/accetta di forma triangolare, con tallone arrotondato, levigata solo per la parte del taglien-
te, arcuato e con profilo simmetrico. Ricavata da un ciottolo ovaleggiante (Fig. 1, n. 2). Misure: 95x59x32 mm
(inv. Museo Finale 167-S, RCGE 43581).
Proviene dai recuperi effettuati da G.A. Silla nel 1934 nel “talus” (Silla, 1935: 88, Fig. b). Il contesto
di provenienza non consente di individuarne l’appartenenza ad un preciso orizzonte cronologico, tuttavia la
forma è compatibile con una generica datazione al Neolitico.
Analisi: solo XRD. Scisto verde cloritico-albitico-actinolitico privo di epidoti.

128 –
AQ3 - Lama d’accetta di forma ovaleggiante, irregolare, con tallone arrotondato, levigata solo per la parte
del tagliente, arcuato e con profilo simmetrico. Ricavata da un ciottolo ovaleggiante (Fig. 1, n. 3). Misure
86x47x29,5 mm, 155 gr (inv. Museo Finale 168-S, RCGE 43582).
Proviene dai saggi effettuati da Zambelli e il scavi Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” nel 1936
nella “caverna centrale” (Silla, 1937: 77, Fig. n. 1) e precisamente dal primo strato. Il contesto di prove-
nienza non consente di individuarne l’appartenenza ad un preciso orizzonte cronologico, tuttavia sia la gia-
citura nel “primo strato”, sia la forma piuttosto inconsueta del tagliente, simile a quella dell’esemplare AQ1,
potrebbe suggerire anche in questo caso un’età posteriore al Neolitico oppure l’attribuzione al Neolitico
antico (vedi AQ1).
Analisi: solo XRD. Scisto verde cloritico-albitico-epidotico-actinolitico con relitti dubbi di omfacite (?).
Sarebbe necessario approfondire il livello di analisi per una più puntuale identificazione.

AQ4 - Lama d’ascia/accetta di forma trapezoidale, con tallone arcuato, levigata solo per la parte del tagliente,
con andamento arcuato e profilo simmetrico, marcatamente a V. Ricavata da una lista lavorata per scheggiatura
(Fig. 1, n. 6). Misure: 105x70x25 mm (inv. Museo Finale 163-S, RCGE 43577).
Proviene dai saggi effettuati da Zambelli e il scavi Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” nel 1936 e
probabilmente fu recuperata nel “talus” (Silla, 1937: 75, Fig. n. 1). Il contesto di provenienza non consente
di individuarne l’appartenenza ad un preciso orizzonte cronologico. Tuttavia la forma piuttosto inconsueta del
tagliente, simile a quella dell’esemplare AQ1, potrebbe suggerire anche in questo caso un’età posteriore al
Neolitico oppure l’attribuzione al Neolitico antico.
Analisi: solo XRD. Scisto quarzo-albitico-cloritico con epidoti e minore muscovite.

AQ5 - Lama d’ascia/accetta di forma trapezoidale, con tallone appiattito, levigata solo per la parte del ta-
gliente, fortemente usurato, che aveva un andamento arcuato e profilo simmetrico (Fig. 1, n. 4). Ricavata da
un blocco, lavorato per scheggiatura. Misure: 97x49x22 mm, peso: 183 gr (inv. Museo Finale 165-S, RCGE
43579).
Identificata con quella descritta da C. Richard (1942: 87) come proveniente dal “grande riparo sotto-
roccia”, strato 5, nel quale il medesimo autore menziona la presenza di vasi a bocca quadrata e dunque pro-
babilmente attribuibile al Neolitico medio. È l’unica, in effetti, della collezione a presentare una morfologia
confrontabile con gli esemplari noti per la Cultura VBQ provenienti dalla serie stratigrafica della Caverna delle
Arene Candide (Starnini e Voytek, 1997).
Analisi: solo XRD. Eclogite probabilmente ferrifera, con prevalente omfacite, granati un poco cloritizzati,
ilmenite e forse quarzo (forse della crosta esterna?).

AQ6 - Lama d’ascia/accetta di forma ovale, con tallone arrotondato, levigata solo per la parte del tagliente,
arcuato e con profilo simmetrico (Fig. 1, n. 5; Fig. 3, n. 2). Ricavata da un ciottolo marino (M. Piazza, com.
pers. 2015). Misure: 94x57x28 mm, peso: 208 gr (inv. Museo Finale 162-S, RCGE 43576. Reca inoltre un
bollino di carta con la scritta: IV-2).
Proviene dai saggi effettuati da F.H. Zambelli ed il Gruppo Speleologico A. Mochi nel 1936 e probabil-
mente fu recuperata nel “talus” (Silla, 1937: 75, Fig. n. 2). Il contesto incerto di provenienza non consente di
individuarne l’appartenenza ad un preciso orizzonte cronologico. Tuttavia la forma piuttosto inconsueta del ta-
gliente, simile a quella degli esemplari AQ1 e AQ4, potrebbe suggerire anche in questo caso un’età posteriore
al Neolitico oppure l’attribuzione al Neolitico antico (vedi AQ1).
Analisi: XRD e sezione sottile. Scisto quarzo-albitico-cloritico-epidotico-muscovitico con titanite e un
singolo oloblasto di cloritoide nella sezione sottile. La clorite è chiazzata, o da ossidazione, o da minore pre-
senza di stilpnomelano.

AQ7- Abbozzo di lama d’ascia/accetta di forma quasi rettangolare, con tallone arrotondato, non finita. Ricavata
da un blocco lavorato per scheggiatura (Fig. 1, n. 7). Misure: 158x66x30 mm (inv. Museo Finale 166-S, RCGE
43580).
Proviene dai recuperi effettuati da G.A. Silla nel 1934 nel “talus” (Silla, 1935: 88, Fig. d). Il contesto di
provenienza non consente di individuarne l’appartenenza ad un preciso orizzonte cronologico.
Analisi: XRD e sezione sottile. Scisto glaucofanico-epidotico-albitico-cloritico con ilmenite e singole fasi
mal definibili, a tessitura cataclastica confusa. Forse merita controlli analitici più approfonditi.

– 129
130 –
Fig. 1 – 1) Lama d’ascia/accetta levigata solo per la parte del tagliente (scavi Silla 1934, “talus”, inv. 164-S, RCGE 43578); 2) lama
d’ascia/accetta levigata solo per la parte del tagliente, ricavata da un ciottolo ovaleggiante (scavi Silla 1934, “talus”, inv. 167-S, RCGE
43581); 3) lama d’accetta levigata solo per la parte del tagliente, ricavata da un ciottolo ovaleggiante (scavi Gruppo Speleologico
Ligure “A. Mochi” 1936, “caverna centrale”, inv. 168-S, RCGE 43582); 4) lama di ascia/accetta con tagliente levigato e usurato (scavi
Richard 1938, strato 5, inv. 165-S, RCGE 43579); 5) lama d’ascia/accetta levigata solo per la parte del tagliente, ricavata da un ciottolo
marino (cfr. Fig. 3, n. 2) (scavi Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi”, “talus”, IV-2, inv. 162-S, RCGE 43576); 6) lama d’ascia/
accetta levigata solo per la parte del tagliente, ricavata da una lista lavorata per scheggiatura (scavi Gruppo Speleologico Ligure “A.
Mochi” 1936, “talus”, inv. 163-S, RCGE 43577); 7) abbozzo di lama d’ascia/accetta non finita ricavata da un blocco lavorato per
scheggiatura (scavi Silla 1934, “talus”, inv. 166-S, RCGE 43580); 8) frammento di tagliente di lama d’ascia/accetta finemente levigato,
corrispondente alla parte laterale del tagliente (scavi Richard 1938, “talus”, senza n. inv.); 9) piccolo ciottolo con tracce di percussione
(scavi Richard, inv. 161-S, RCGE 43575); 10) brunitoio probabilmente per ceramica su ciottolo (scavi Gruppo Speleologico Ligure
“A. Mochi”, inv. 155-S, RCGE 43569) (fotografie e disegni di E. Starnini).

3.  CONSIDERAZIONI SULLE MATERIE PRIME (C.D., E.S.)

Si può affermare innanzitutto che l’associazione litologica che risulta dalle analisi di questo, seppur ri-
stretto, numero di manufatti è diversa da quella riscontrata usualmente nei complessi di manufatti neolitici in
pietra verde finora analizzati in Italia settentrionale (D’Amico e Starnini, 2007). Infatti solo tre reperti su sette
sono riconducibili ad HP-metaofioliti (AQ1, AQ5 e AQ7) ed eventualmente, ma in modo molto dubbioso, un
quarto (AQ3).
Due sono scisti verdi (AQ2 e AQ3), uno dei quali può lasciare il dubbio, in assenza di verifiche, di poter
essere derivato da intenso retro metamorfismo, da eclogite (AQ3).
Due infine (AQ4 e AQ6) sono scisti riccamente quarzosi a clorite, albite, epidoti, muscovite, forse geolo-
gicamente associabili agli scisti verdi di cui sopra.
Dal punto di vista della provenienza si possono distinguere nettamente alcuni gruppi:
- il primo che comprende due HP-metaofiolti vere e proprie, giadeitite e eclogite (AQ1 e AQ5), e uno scisto
glaucofanico (AQ7) legato a livelli geologici ofiolitici diversi da quelli delle prime due;
- non si può escludere che uno scisto verde (AQ3) con relitti omfacititici, da verificare in futuro con analisi
mirate, possa essere un prodotto retromorfico di HP-metaofiolite; se non fosse così, andrebbe allora aggiunto
al gruppo successivo;
- l’altro scisto verde (AQ2) pare più probabilmente uno scisto verde estraneo alle HP-metaofioliti e presumi-
bilmente accostabile geologicamente agli scisti quarzosi-albitici-cloritici-epidotici-muscovitici (AQ4 e AQ6);
La piccola lama AQ6, realizzata a partire da un ciottolo marino (M. Piazza, com. pers. 2015), per le sue
caratteristiche petrografiche è compatibile sia con la formazione della linea Sestri-Voltaggio, a N-E del Gruppo
di Voltri, dove sono presenti litologie similari (L. Federico e L. Crispini, com. pers. 2015) sia, comunque
con i metasedimenti del Gruppo di Voltri e dunque proveniente da una potenziale area di approvvigionamento
ubicata ad est rispetto alla Valle dell’Aquila.

4.  ALTRI STRUMENTI IN PIETRA NON SCHEGGIATA (E.S.)

Al Museo di Finale sono stati rintracciati i seguenti 13 reperti in pietra non scheggiata, provenienti dalle
varie campagne condotte nella cavità in oggetto:
- una piccola scheggia in arenaria grigio chiara (misure 35x22 mm) proveniente dallo Strato 6 degli scavi
Richard (vedi Richard, 1942: Tav. XI, n. 7) (reca inv. 177-S, RCGE 43591, 1305) (Fig. 2, n. 5);
- un ciottolino in quarzite (misure 49x28x20 mm) con tracce di percussione al centro di una delle due facce,
proveniente dagli scavi Richard (reca inv. 156-S, RCGE 43570, 1315) (Fig. 3, n. 6);
- un frammento di ciottolo-brunitoio in calcare (misure 67x27x14 mm) indicato come proveniente dagli scavi
Silla condotti dal Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” (IV-3, reca inv. 571) (Fig. 3, n. 3);
- un ciottolo in quarzite con tracce di percussione al centro delle due facce lungo le due estremità e tratti levi-
gati (misure: 89x71x41 mm), proveniente dagli scavi Silla nel “talus” (Silla, 1935: 89, primo oggetto nella
fila in basso della figura senza numero) (reca inv. 154-S, RCGE 43568, 577) (Fig. 3, n. 5);
- una placchetta di forma sub-triangolare di arenaria rinvenuta dal Richard il 10 agosto del 1938 (misure:
106x75x12 mm) (reca inv. 158-S, RCGE 43572, 1316) (Fig. 2, n. 7);
- un ciottolo faccettato (misure: 66x40x26 mm), probabilmente utilizzato come pestello-brunitoio rinvenuto da
C. Richard il 29 luglio (?) del 1938 (reca inv. 157-S, RCGE 43571) (Fig. 2, n. 2);

– 131
Fig. 2 – 1) Frammento di tagliente arcuato con sezione simmetrica a V in pietra verde scistosa (scavi Silla, inv. 512); 2) ciottolo faccet-
tato, probabile brunitoio/pestello (scavi Richard 1938, inv. 157-S, RCGE 43571); 3) frammento di macina, (scavi Gruppo Speleologico
Ligure “A. Mochi”); 4) ciottolo ovale in quarzite (scavi Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi”, inv. 575); 5) piccola scheggia in
arenaria (scavi Richard, strato 6, inv. 177-S, RCGE 43591, 1305); 6) ciottolo di forma ovaleggiante con tracce d’uso (scavi Gruppo
Speleologico Ligure “A. Mochi”, III-4, 159-S, RCGE 43573, 580); 7) placchetta di arenaria (scavi Richard 1938, inv. 158-S, RCGE
43572, 1316) (fotografie e disegni di E. Starnini).

132 –
Fig. 3 – 1) Frammento di macina (scavi Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi”, inv. n. 153-S, RCGE 43567); 2) foto di lama d’ascia/
accetta di forma ovale, levigata solo per la parte del tagliente, ricavata da un ciottolo marino (cfr. fig. 1, n. 5) (scavi Gruppo Speleologico
Ligure “A. Mochi”, “talus”, inv. 162-S, RCGE 43576, IV-2); 3) frammento di ciottolo-brunitoio (scavi Gruppo Speleologico Ligure
“A. Mochi”, IV-3, inv. 571); 4) frammento di ascia/accetta levigata, di forma asimmetrica con tallone appiattito e tagliente scheggiato
in pietra verde (scavi Silla 1934, inv. 160-S, RCGE 43574); 5) ciottolo in quarzite con tracce di percussione (scavi Silla, “talus”, 154-S,
RCGE 43568, 577); 6) ciottolino in quarzite con tracce di percussione al centro di una delle due facce (scavi Richard, inv. 156-S, RCGE
43570, 1315) (fotografie e disegni di E. Starnini).

– 133
- un brunitoio probabilmente per ceramica (misure 90x30x13 mm), ricavato da ciottolo di possibile origine da
spiaggia marina (pubblicato come diaspro: Silla, 1937: 75, Fig.4 a p. 76) e proveniente dagli scavi del Gruppo
Speleologico Ligure “A. Mochi” (reca inv. 155-S, RCGE 43569) (Fig. 1, n. 10);
- un piccolo ciottolo con tracce di percussione ai lati rinvenuto da C. Richard (1942: Tav. XI, 2A–2B) (reca
inv. 161-S, RCGE 43575) (Fig. 1, n. 9);
- un ciottolo ovale in quarzite (misure 110x84x43 mm) già illustrato da Silla, proveniente dagli scavi del
Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” (Silla, 1935: 89, secondo oggetto nella fila in basso della figura
senza numero) (reca inv. n. 575) (Fig. 2, n. 4);
- un frammento di macina, corrispondente probabilmente alla parte superiore mobile (contromacina) in porfi-
roide del Melogno (misure 130x80x50 mm) già illustrato da G.A. Silla e proveniente dagli scavi del Gruppo
Speleologico Ligure “A. Mochi” (Silla, 1935: 89, secondo oggetto nella fila in alto della figura senza numero)
(Fig. 2, n. 3);
- un frammento di macina, corrispondente probabilmente alla parte inferiore rilavorata, in roccia chiara scisto-
sa (arenaria metamorfizzata di Verezzi?) (misure 230x122x38 mm) già illustrato da Silla e proveniente dagli
scavi del Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” (Silla, 1935: 89, primo oggetto nella fila in alto della figura
senza numero) (reca inv. 153-S, RCGE 43567) (Fig. 3, n. 1);
- un ciottolo di forma ovaleggiante (misure: 105x65x37 mm) con tracce d’uso, proveniente dal III strato degli
scavi del Gruppo Speleologico Ligure “A. Mochi” (pubblicato come diaspro: Silla, 1937: 77, Fig. 2) (III-4,
reca inv. 159-S, RCGE 43573, 580) (Fig. 2, n. 6);
- un macinello su ciottolo ovaleggiante (misure 135x9x42 mm) in probabile quarzite pubblicato da Silla
(1937: 75–76, Fig. 3) e da lui descritto come “di forma sferoidale. Ha leggere tracce di fregamento, e si direb-
be che sia stato poco usato” (reca inv. n. 570) .
La composizione eterogenea del complesso, il numero esiguo dei reperti e la loro non chiara provenienza
stratigrafica permettono ben poche considerazioni. Tuttavia è possibile evincere dalla presenza di alcuni fram-
menti di macine il carattere non effimero dell’insediamento umano, almeno durante certe fasi in cui erano ese-
guite attività domestiche. I ciottoli-macinelli in quarzite trovano confronto con analoghi reperti molto frequenti
nei livelli del Neolitico medio delle Arene Candide (cfr. Starnini e Voytek, 1997: Fig. 2, n. 1). Le materie
prime indicano una provenienza di ambito regionale dei supporti.

BIBLIOGRAFIA

D’Amico, C. e Starnini, E. 2007 – La circolazione della pietra levigata in Italia Settentrionale desunta dalle associazioni di HP-
metaofioliti della pietra verde nei siti archeologici. Atti del IV Congresso Nazionale di Archeometria, Scienza e Beni Culturali,
Pisa – 1-3 febbraio 2006: 263–278. Pàtron Editore, Bologna.

Garibaldi, P., Isetti, E. e Rossi, G. 1999 – Industria litica non in selce. In: Tiné, S. (a cura di) Il Neolitico nella Caverna delle Arene
Candide (scavi 1972-1977). Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, X: 237–256. Istituto Internazionale di Studi
Liguri, Bordighera.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Silla, G.A. 1935 – FINALE LIGURE: la nuova stazione preistorica dell’«Arma dell’Aquila». Bollettino della Regia Deputazione di
Storia Patria per la Liguria, Sezione Ingauna e Intemelia, II (1), XIV: 81–92.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila. Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria, Sezione
Ingauna e Intemelia, III (3-4), XV: 73–80.

Starnini, E. e Biagi, P. 2018 – I reperti ceramici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura
di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la
Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 49–94. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Starnini, E. e Voytek, B. A. 1997 – New light on old stones: the ground stone assemblage from the Bernabò Brea excavation at Arene
Candide. In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: A Functional and Environmental Assessment of the
Holocene Sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Monografie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana,
Nuova Serie 5: 427–511. Il Calamo, Roma.

Zambelli, F.H. 1937 – Gli scavi in Val dell’Aquila. Giornale Storico e Letterario della Liguria, XIII (XVI-IV): 249–256.

134 –
Indirizzi degli Autori:

ELISABETTA STARNINI, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Via dei Mille 19, I-56126 PISA;
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezia e Savona,
Via Balbi 10, I-16126 GENOVA
E-mail: elisabetta.starnini@unipi.it; elisabetta.starnini@beniculturali.it

CLAUDIO DʼAMICO, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Università di Bologna, Piazza di Porta San
Donato 1, I-40126 BOLOGNA
E-mail: claudio.damico@unibo.it

MASSIMO GHEDINI, Laboratorio Analisi GeaDue S.r.l., Via Del Greto, 14, I-40069 ZOLA PREDOSA (BO)
E-mail: mghedini@geadue.it

– 135
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 137–142

MAURO BON, MAURA STEFANI e ELISABETTA STARNINI

I MANUFATTI IN MATERIALE DURO ANIMALE DELL’ARMA


DELL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – Nel corso del lavoro di revisione dei reperti provenienti dagli scavi dell’Arma dell’Aquila depositati presso il
Museo Archeologico del Finale sono stati rinvenuti diversi manufatti lavorati in materiale duro animale, provenienti dai livelli
olocenici. Si tratta di punteruoli, spatole e pendagli, alcuni con tracce che testimoniano l’uso e la produzione di questi oggetti nel
riparo, utilizzando supporti ricavati da ossa di animali sia domestici, sia selvatici, in analogia con quanto noto per altre stazioni
coeve del Finalese.

ABSTRACT – A few bone implements were found during the study of the assemblages from the excavations carried out at Arma
dell’Aquila at present in the collections of the Finale Museum. They are represented by points, spatulas and pendants. Some tools show
that they were produced in the cave from bones of both domesticated and wild animals, as is already known from the evidence provided
by other Finalese caves.

Parole chiave – Neolitico, Manufatti in materiale duro animale, Ornamenti, Scarti di lavorazione, Manifattura locale
Keywords – Neolithic, Bone tools, Pendants, Production wastes, Local production

1. INTRODUZIONE

Nel corso del lavoro di revisione dei reperti provenienti dagli scavi dell’Arma dell’Aquila, depositati
presso il Museo Archeologico del Finale, sono stati rintracciati in tutto 30 manufatti lavorati in materiale duro
animale, di cui 18 descritti ed inventariati nelle schede museali, alcuni dei quali attualmente esposti nelle ve-
trine tematiche del Museo. Solo per alcuni di essi è stato possibile definire la provenienza stratigrafica, mentre
gli altri sono generalmente stati attribuiti al Neolitico in base alle loro caratteristiche tipologiche (Maggi et al.,
1997; Giomi, 2002). La maggior parte dei reperti proviene dagli scavi condotti da C. Richard nel 1938. Alcuni
di questi sono già stati pubblicati dallo stesso autore (Richard, 1942: Tav. XI, nn. 8, 13, 14-16, 17-19), mentre
uno è riferibile agli scavi di F.H. Zambelli (cfr. Tab. 1 e Fig. 1, n. 19).
Nel rendiconto degli scavi pubblicato sul Bullettino di Paletnologia Italiana da C. Richard, l’autore illustra
e descrive come provenienti dallo “Strato n. 5” (corrispondente al 5° focolare Neolitico, NdR: Richard, 1942:
86-87) “.. interessante industria ossea [omissis] comprendente fra l’altro un bellissimo frammento lamellare di
dente di suide, con foro alla base…” (Fig. 1, n. 13). Dallo “Strato n. 6” viene invece menzionata “… una bella
spatola–lisciatoio in osso. Qualche ago crinale” (Richard, 1942: 89), purtroppo non illustrati e che non sono
stati individuati nelle collezioni durante il lavoro di revisione. Infine, dallo “Strato n. 7” è riportata “…. una
punta di ago crinale.” Anche nei livelli pleistocenici (Strato n. 9, 2° miolitico [sic] o paleolitico superiore) C.
Richard menziona la presenza di industria ossea (Richard, 1942: 92) costituita da “…due frammenti di ossa
lunghe appuntite ad una estremità con un rozza lavorazione e da un osso usurato intenzionalmente, rinvenuti
nel focolare.” che però non ci è stato possibile individuare.
Molti reperti sono numerati a china o a matita, anche se nei carteggi di C. Richard non è stata trovata
nessuna notizia utile ad una loro più precisa contestualizzazione. La rassegna qui presentata comprende so-
prattutto manufatti interpretati come punteruoli, lisciatoi e pendagli forati rinvenuti nei livelli olocenici che
solo in parte si sono potuti identificare con quelli già descritti e pubblicati da C. Richard nel lavoro succitato
(Tab. 1).

– 137
Tabella 1 – Arma dell’Aquila, industria in materiale duro animale
Provenienza, scavo Tipologia, misure Figura Data Note descrittive Bibliografia Nn. inventario
(mm) scavo
Zambelli, 1° strato caverna Spatola (110x19x4) 1, n. 19 1936 Scheggia di osso SILLA, 1937: 77, fig. 4, n. 4 206-S, RCGE-43620
centrale lungo
Richard Fr. spatola (40x17x4) 1, n. 18 1938 Scheggia di osso Inedito 207-S, RCGE-43621, 611
lungo arrotondata
Richard Fr. levigato (37,5x18,5x4) 1, n. 16 _– Zanna di cinghiale Inedito 184-S, RCGE-43598, 117
Richard Punteruolo (64x13x5) 1, n. 5 _ Fr. di scheggia di Inedito 196-S, RCGE-43610
costola di caprovino
Richard Punta con traccia di foro alla 1, n. 17 _ Fr. di scheggia piatta Inedito 205-S, RCGE-43619
base (45x19x3) di osso lungo
Richard Punta (65x9x4) 1, n. 4 _ Scheggia di osso Inedito 203-S, RCGE-43617, 1281
lungo
Richard Punta (54x9x5) 1, n. 6 _ Fr. di scheggia di Inedito 201-S, RCGE-43615, 1360
osso lungo
Richard Punteruolo (50x8x4) _ _ Fr. di osso lungo Inedito 202-S, RCGE-43616, 1282

Richard Punta (67x15,5x10,5) 1, n. 8 _ Fr. di metatarso di Inedito 194-S, RCGE-43608, 1280


caprovino bruciato
Richard Spatola (68x25x4) 1, n. 12 1938 Fr. di costa di bovino Inedito 204-S, RCGE-43618
Richard Punta (100x8x4) 1, n. 7 _– Osso lungo Inedito 197-S, RCGE-43611, 1278
Richard Punta (63x7x7) 1, n. 10 1938 Indeterminato RICHARD, 1942: Tav. XI, n. 15 _

Richard, 4° focolare Fr. abraso e raschiato di 2, n. 6 29 Agosto Fr. di osso lungo Inedito AQ1223
probabile punta a sezione 1938 indeterminato
quadrangolare con strie di
lavorazione (50x4x4)
Richard, 5° focolare Pendaglio forato (81x22x8; 1, n. 13 1938 Zanna di cinghiale RICHARD, 1942: Tav. XI, n. 17 182-S, RCGE-43596, 993
ø foro 4,5)
Richard, 5° focolare Pendaglio forato 1, n. 14 1938 Zanna di cinghiale RICHARD, 1942: Tav. XI, n. 14 183-S, RCGE-43597, 1286
(81,5x22x11,5; ø fori 2,5; 3) (pubblicato come 6° strato)
Richard, 5° focolare Fr. di spatola _ 27-28 Costa di bovino Inedito AQ31
Settembre
1942
Richard, 5° focolare Punta (90x14x3) 1, n. 2 26 Agosto Metapodio di RICHARD, 1942: Tav. XI, n. 19 198-S, RCGE-43612
1938 caprovino
Richard, 5° focolare F.
Fr.didipunteruolo
punteruolo _ 27-28 Agosto Condilo non fuso di Inedito AQ30
1942 metapodio di
caprovino
Richard, 5° focolare Punta (51x9x5) 2, n. 5 11 Agosto Scheggia di osso Inedito _
1938 lungo
Richard, 5° focolare Fr. di punteruolo con strie _ 27 Fr. di diafisi Inedito AQ142
sullo spessore Settembre combusto
1942
Richard, 5° focolare? Punta (80x13x3) 1, n. 3 29 Agosto Scheggia di osso Inedito 199-S, RCGE-43613
1938 lungo di ovicaprino
Richard, II strato sotto il 5° Punteruolo (55x15x6) _ 28 Ottobre Zanna di cinghiale Inedito 185-S, RCGE-43599
focolare 1942
Richard, V strato sotto il 5° Fr. di scarto di lavorazione? 1, n. 15 _ Fr. di osso lungo Inedito 1284
focolare (43x13x4) 2, n. 4 combusto con strie
Richard, V strato sotto il 5° Punteruolo (110x17x14) 1, n. 9 1-2 Ottobre Tibia di artiodattilo Inedito _
focolare 2, n. 3 1942
Richard, tra 5° e 7° focolare Punteruolo (17x7x4) 1, n. 1 1938? Scheggia di osso Inedito 200-S, RCGE-43614
lungo
Richard, 6° focolare Fr. levigato e forato 1, n. 11 1938 Fr. di zanna di RICHARD, 1942: Tav. XI, n. 8 186-S, RCGE-43600,
(31x13x5; ø foro 4) cinghiale 1287+1288
Richard, 6° focolare Pendente forato 2, n. 1 12 Agosto Canino di tasso RICHARD, 1942: Tav. XI, n. 16 _
1938 (pubblicato come 5° strato)
Richard, 6° focolare Punteruolo (66x11x11) 2, n. 2 5 Settembre Metapodio di Inedito 1050
1938 artiodattilo
Richard, 6° focolare Scarto di lavorazione? _ 1942 Porzione distale di Inedito AQ163
tibia di lepre
Richard, 6° focolare Scarto di lavorazione _ _ Palco di capriolo con Inedito AQ1044
strie

Tabella 1 – Arma dell’Aquila, industria in materiale duro animale.

2.  I MANUFATTI IN OSSO

Oltre ai manufatti già riconosciuti all’epoca degli scavi, nel corso dell’analisi dei resti faunistici (Bon e
Stefani, 2018) sono stati individuati 7 resti ossei con tracce di lavorazione (0,38% dei reperti faunistici ana-
lizzati, 4,57% di quelli con tracce antropiche).
In particolare, nel 6° focolare sono stati rinvenuti due manufatti. Il primo è un punteruolo integro (Fig. 2,
n. 2) ottenuto da una metà di metapodio appartenente ad un piccolo artiodattilo, probabilmente un caprovino
(Fiche 8, secondo l’interpretazione di Camps-Fabrer, et al., 1990). Il secondo è una porzione distale di tibia di
lepre, che presenta una frattura anomala e potrebbe essere un punteruolo non finito o uno scarto di lavorazione
prodotto durante la creazione di un punteruolo con la parte prossimale dell’osso (AQ163). Nello stesso foco-

138 –
lare è presente anche un frammento di palco di capriolo con delle strie, che potrebbe rappresentare uno scarto
di lavorazione (AQ1044). Dal 5° focolare provengono diversi reperti lavorati. Il primo è un lungo frammento
di costa di bovino impiegato come spatola (AQ31); l’oggetto è parzialmente rotto proprio nella porzione lavo-
rata, ma sono ben visibili le tracce di abrasione e lucidatura tipiche di questa categoria di oggetti. Il secondo
è un condilo non fuso di un metapodio di caprovino, completamente abraso, fino ad appiattirlo, sul lato dor-
sale (AQ30). Esso doveva essersi staccato da un punteruolo ottenuto per abrasione da un metapodio (Fiche
9, secondo la classificazione di Camps-Fabrer, et al., 1990). Il terzo è un frammento combusto di diafisi che
presenta abrasioni sullo spessore, in entrambi i lati lunghi (AQ142). Potrebbe trattarsi di parte di punteruolo.
Infine, dal 4° focolare proviene un frammento di osso lungo appartenente a un mammifero indeterminato di
piccola o media taglia, abraso e raschiato su tutte le superfici; le estremità mancano, perciò non è possibile
capire se questo oggetto in origine fosse appuntito (Fig. 2, n. 6).
Come accennato, oltre a quelli individuati e descritti nel corso dello studio delle faune, nel riparo sottoroc-
cia dell’Arma dell’Aquila sono stati raccolti altri manufatti in osso, conservati presso il Museo Archeologico
del Finale, in gran parte provenienti dagli scavi di C. Richard (1942: Tav. XI, nn. 8, 13, 14-16, 17-19).
Dal V strato sotto il 5° focolare provengono un frammento di osso indeterminato combusto che presenta
numerose strie e raschiature (Fig. 1, n. 15; Fig. 2, n. 4), che potrebbe rappresentare uno scarto di lavorazione,
e un punteruolo ottenuto dalla tibia di un artiodattilo di piccola taglia (Fig. 1, n. 9; Fig. 2, n. 3). Dal 5° focolare
proviene una punta ottenuta da una scheggia di osso lungo indeterminato (Fig. 2, n. 5). Dal 6° focolare pro-
vengono, oltre al punteruolo ottenuto da un metapodio di caprovino già menzionato (Fig. 2, n. 2), un canino
forato di tasso (Richard, 1942: Tav. XI, n. 16), che presenta anche lucidature riconducibili alla sospensione
(Fig. 2, n. 1).
In conclusione, le punte e i punteruoli dall’Arma dell’Aquila sono in tutto 18 (inv. Museo nn. 185-S,
194-S, 196-S, 197-S, 198-S, 199-S, 200-S, 201-S, 202-S, 203-S, 205-S): uno tratto da una costa di capro-
vino, 4 da metapodi di caprovino, 12 da ossa lunghe indeterminate (uno dei quali ritrovato fra 5° e 7° fo-
colare), tutti spezzati alla base o all’apice, e uno ricavato da una zanna di Sus scrofa, ritrovato nel II strato
sotto il 5° focolare (Tab. 1). Sono state inoltre riconosciute quattro spatole/lisciatoio (inv. Museo nn. 204-S,
206-S, 207-S, AQ31), una delle quali ricavata da una costa (Fig. 1, n. 12). I pendagli forati sono in tutto 4
(inv. Museo nn. 182-S, 183-S, 186-S), di cui uno ricavato da canino di tasso (Fig. 2, n. 1), e 3 da difese di Sus
scrofa (Fig. 1, nn. 11, 13-14); uno di questi presenta due fori (Fig. 1, n. 14) e tutti hanno i margini lavorati.
Inoltre è presente un frammento di un oggetto corto e appuntito ricavato da una costa con traccia di un foro
(Fig. 1, n. 17).

3.  CONSIDERAZIONI

La consistenza numerica e la mancanza di dati contestuali per molti reperti non consentono che generi-
che osservazioni su questo piccola raccolta di manufatti. È comunque interessante, ai fini dell’interpretazione
della frequentazione umana dell’Arma dell’Aquila, notare la presenza di industria in materiale duro animale
che comprende anche oggetti non terminati o scarti di lavorazione. Questi contribuiscono, insieme ad altre
categorie della cultura materiale (ceramiche, industrie litiche, ecc.), a definire la natura non effimera dell’oc-
cupazione umana che, certamente, almeno in alcune fasi del Neolitico, ha comportato varie attività domestiche
ed artigianali, compresa la lavorazione di materiali duri animali.
Quanto sopra riportato ricopre un certo interesse se consideriamo la particolare ubicazione della cavità,
che si apre in una zona piuttosto impervia, il cui raggiungimento comporta la risalita dallo stretto fondovalle in
cui scorre il torrente Aquila, lungo un versante piuttosto scosceso. Tuttavia, il sito doveva costituire un punto di
riferimento preciso nel territorio utilizzato dai gruppi umani che lo frequentavano. Purtroppo, le informazioni
desunte dai vecchi scavi, la cui estensione è stata limitata solo ad una parte del sito, non consentono di stabi-
lire con precisione se si potesse trattare di frequentazioni stagionali ripetute nel tempo, oppure di un piccolo
nucleo stabile di popolamento che utilizzava abitualmente il riparo nell’ambito delle attività di sfruttamento
del territorio.
Per quanto riguarda la tipologia dei manufatti e la loro tecnica di esecuzione, questi rientrano nel reper-
torio tradizionale conosciuto per il Neolitico della regione (Maggi et al., 1997; Giomi, 1999; 2002; Scotti,
2009). Anche gli oggetti non strettamente funzionali, ovvero gli ornamenti ricavati da canini forati e i pendagli
arciformi realizzati su supporti laminari tratti da zanne di Sus scrofa sono abbastanza comuni nei contesti liguri
del Neolitico (Giomi e Novati, 2002).

– 139
Fig. 1 – Industria in materiale duro animale: 1) Scavi Richard, tra 5° e 7° focolare; 2, 13-14) Scavi Richard 1938, 5° focolare; 3) Scavi
Richard 1938, 5° focolare?; 4-8, 10, 12 e 16-18) Scavi Richard; 9, 15) Scavi Richard 1938, V strato sotto il 5° focolare; 11) Scavi
Richard 1938, 6° focolare; 19) Scavi Zambelli (disegni di E. Starnini).

140 –
Fig. 2 – Industria in materiale duro animale: 1-2) Scavi Richard, 6° focolare; 3-4) Scavi Richard 1938, V strato sotto il 5° focolare; 5)
Scavi Richard 1938, 5° focolare; 6) Scavi Richard 1938, 4° focolare (fotografie di E. Starnini).

– 141
BIBLIOGRAFIA

Bon, M. e Stefani, M. 2018 – I resti faunistici di mammiferi dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Scavi di Camillo Richard
(1938 e 1942). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i
Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
189–242. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Camps-Fabrer, H., Ramseyer, D. e Stordeur, D. 1990 – Poinçons, pointes, poignads, aiguilles. Camps-Fabrer, H. (ed.) Fiches ty-
pologiques de l’industrie osseuse préhistorique, III. Publications de l’Université de Provence, Aix-en-Provence.

Giomi, F. 1999 – Industria ossea. In: Tiné, S. (a cura di) Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977). Collezione
di Monografie Preistoriche ed Archeologiche X, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 257–282, 484–517.

Giomi, F. 2002 – Industria su materie dure di origine animale nella Grotta del Sanguineto o della Matta. In: Odetti, G. (a cura di) La
Grotta del Sanguineto o della Matta: scavi e scoperte tra ’800 e ’900. Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 4: 103–125.
Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Giomi, F. e Novati, M. 2002 – Ornamenti su materie dure di origine animale nella Grotta del Sanguineto o della Matta. In: Odetti, G.
(a cura di) La Grotta del Sanguineto o della Matta: scavi e scoperte tra ’800 e ’900. Quaderni del Museo Archeologico del Finale,
4: 127–135. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Maggi R., Starnini, E. e Voytek, B.A. 1997 – The bone tools from Arene Candide: Bernabò Brea excavations. In: Maggi, R.,
Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: A Functional and Environmental Assessment of the Holocene Sequence
(excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Monografie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 513–
572. Il Calamo, Roma.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Scotti, G. 2009 – L’industria su osso e corno del Riparo di Pian del Ciliegio. In Del Lucchese, A. (a cura di) Il Riparo di Pian
del Ciliegio. Un sito neolitico sull’altopiano delle Mànie. Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 5: 97–99. Istituto
Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Silla, G.A. 1935 – Finale Ligure: la nuova stazione preistorica dell’«Arma dell’Aquila». Bollettino della Regia Deputazione di Storia
Patria per la Liguria, Sezione Ingauna e Intemelia, II (1), XIV: 81–92.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila. Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria, Sezione
Ingauna e Intemelia, III (3-4), XV: 73–80.

Indirizzi degli Autori:

MAURO BON, Museo di Storia Naturale di Venezia, Fontego dei Turchi, Santa Croce 1730, I-30135 VENEZIA
E-mail: mauro.bon@fmcvenezia.it

MAURA STEFANI, Via Cavour 3, I-31050 MIANE (TV)


E-mail: didattica.stefani@parcolivelet.it

ELISABETTA STARNINI, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Via dei Mille 19, I-56126 PISA;
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezia e Savona,
Via Balbi 10, I-16126 GENOVA
E-mail: elisabetta.starnini@unipi.it; elisabetta.starnini@beniculturali.it

142 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 143–181

VITALE S. SPARACELLO, CHIARA PANELLI, STEFANO ROSSI, IRENE DORI,


ALESSANDRA VARALLI, GWENAËLLE GOUDE, SACHA KACKI,
CAROLINE PARTIOT, CHARLOTTE A. ROBERTS and JACOPO MOGGI-CECCHI

ARCHAEOTHANATOLOGY AND PALAEOPATHOLOGY OF THE


BURIALS AND “SCATTERED HUMAN REMAINS” FROM
ARMA DELL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – In questo capitolo vengono riesaminati i resti scheletrici umani dell’Arma dell’Aquila rinvenuti da C. Richard e V.
Chiappella durante le campagne di scavo del 1938 e 1942. La revisione delle informazioni sulle sepolture viene integrata con quelle
desunte dallo studio dei numerosi “resti sparsi umani” rimasti sinora inediti. Sono stati registrati i dati osteologici e le note originali che
accompagnavano i materiali (con la data esatta del ritrovamento); questi dati sono stati successivamente incrociati con le informazioni
ricavate dai diari di scavo. Questo ha consentito di ricostruire la distribuzione spaziale e i contesti stratigrafici di deposizione dei resti
umani, permettendo una più completa descrizione dei comportamenti funerari in questo sito. L’analisi antropologica si è focalizzata
sulle evidenze paleopatologiche al fine di delineare lo stato di salute di questo gruppo umano neolitico.

ABSTRACT – This chapter reviews the available anthropological and archaeothanatological information on the Neolithic skeletal
series from Arma dell’Aquila, and adds data deriving from the study of the scattered human remains (“resti sparsi umani”) that were
retrieved during the 1938 and 1942 excavations by C. Richard and V. Chiappella, but were never studied until now. The osteological
information and the original notes accompanying the material (indicating the exact date of the finding) were catalogued and cross-ref-
erenced with the excavation diaries. This allowed for the recovery of some information on the spatial and stratigraphic depositional
context of the human remains, and led to a more complete description of funerary behaviours at the site. The anthropological analysis
focused on the palaeopathological evidence, in order to provide insights on the health status of this Neolithic group.

Parole chiave – Neolitico, Resti umani, Comportamenti funerari, Evidenze paleopatologiche, Stato di salute
Keywords – Neolithic, Human remains, Funerary behaviours, Palaeopathological evidence, Health status

1.  THE ARMA DELL’AQUILA BURIALS

After initial excavations in 1934 by Giovanni Andrea Silla, burials and scattered human remains from
the rock shelter of Arma dell’Aquila were unearthed under the direction of two excavators: Frederic Hosmer
Zambelli (1936) and Camillo Richard (1938 and 1942, with the fundamental contribution of Ms. Virginia
“Ginetta” Chiappella; De Pascale and Stefani, 2018). One burial of an adult woman was discovered by
Zambelli (Zambelli, 1937), while the seven burials (one of which was double) excavated by Richard (Richard,
1942; Arobba et al., 1987) contained four adults, two children, and two neonatal individuals. This is contra
Richard (1942: 76), who counted five adults and one child; the confusion is because he indicated that the child
in Tomba III was a “giovane”, i.e. a juvenile). The two neonatal individuals were given up for “lost” (Parenti
and Messeri, 1962), but we found them among the “scattered human remains”. Table 1 shows the denomina-
tions used for the Arma dell’Aquila burials in this paper (Z1 for the Zambelli burial, and R1-8 for Richard’s
burials), a disambiguation of the previous denominations, and some anthropological and chronological infor-
mation. The skeletal remains unearthed by Zambelli and Richard are curated in the Museo Archeologico del
Finale (Finale Ligure, Savona).

– 143
PARENTI and
Age
Individual1 MESSERI, 1962 RICHARD, 1942 Excavator Sex Skeletal composition Dentition2 AMS date cal BC 2σ 3
class
denomination
ULI1, ULI2, ULC, ULP1, ULP2, ULM1,
Neurocranium (f); splanchnocranium (f); clavicle (d/i); scapula (f/f); Combined
ULM3
sternum (i); humerus (i/i); radius (i/i); ulna (i/i); carpals (4i/3i); (OxA-V-2365-37; GrN-
URI1, URI2, URC, URP1, URP2, URM1,
4 metacarpals (4i/4i); hand phalanges (15i); ribs (>10ff); cervical 17730)
Z1 I Tomba V Zambelli F Adult URM2, URM3
vertebrae (2d); thoracic vertebrae (8d); lumbar vertebrae (5d); os coxa
LLI1, LLI2, LLC, LLP1, LLP2, LLM1,
(i/i); sacrum (d); femur (i/i); tibia (i/i) fibula (i/i); patella (i/i); tarsal 4720-4550 (95.4%)
LLM2, LLM3
(1f12i/1i); metatarsals (1d/-); foot phalanges (4i)
LRI1, LRI2, LRC, LRP1, LRP2, LRM1
Neurocranium (d); splanchnocranium (d); mandible (i); clavicle (i/-);
ULI2, ULC, ULP2, ULM1, ULM2, ULM3
scapula (f/f); humerus (f/d); radius (i/f); ulna (f/i); carpals (1i/1i); OxA-V-2365-36
Tomba I, URM1, URM2
R1 II Richard M Adult metacarpals (1i/4i); thoracic vertebrae (1i2f); lumbar vertebrae (5d); ribs
scheletro n. 1 LLI1, LLI2, LLC, LLP1, LLM2
(>10ff); os coxa (f/f); sacrum (d); femur (d/d); tibia (f/d); fibula (d/d); 5361-5220 (95.4%)
LRI1, LRC, LRP1, LRP2, LRM1, LRM2
patella (-/i); tarsals (3i/-); fragments (ff)
Neurocranium (d); splanchnocranium (d); mandible (d); clavicle (f/f); Combined
scapula (f/f); humerus (ff/f); ulna (d/d); radius (f/i); carpals (5d/5d); OxA-V-2365-35; GrA-
URI1, URC
Tomba II, metatarsals (5d/3d); hand phalanges (10d); thoracic vertebrae (>10ff); 38258
R2 III Richard M Adult LLI2, LLC, LLP1, LLP2, LLM1
scheletro n. 2 lumbar vertebrae (>5ff); ribs (ff); os coxa (-/ff); femur (ff/f); tibia (d/ff);
LRI1, LRI2, LRC, LRP1, LRP2, LRM1
fibula (-/ff); patella (f/f); tarsals (3f/3f); metatarsals (1d/5d); foot 5208-5003 (95.4%)
phalanges (4i1f)
Combined
(OxA-V-2365-34; OxA-
Neurocranium (ff); mandible (f); clavicle (d/-); scapula (f/f); sternum LL1, LLI2, LLC, LLP1, LLP2, LLM1, V-2365-33; GrA-38328;
Tomba III,
R3 IV Richard M? Adult (f); humerus (d/-); ulna (i/i); radius (d/f); metacarpals (4d/-); ribs (f); LLM2 GrA-38257)
scheletro n. 3
cervical vertebrae (1i); lumbar vertebrae (1f) LRI1, LRI2, LRP2, LRM1, LRM2, LRM3
5071-4962 (86.9%)
5202-5176 (8.5%)
ULdi1, ULdm1, ULdm2
Neurocranium (f); splanchnocranium (f); clavicle (f/-); scapula (f/f); (ULI1, ULI2, ULC, ULP1, ULP2, ULM2)
1 (Richard 4, Tomba III, Infans
R4 Richard IND humerus (f/-); radius (-/i); ribs (>10ff); thoracic vertebrae (ff); lumbar URdm2 _
Fin) scheletro n. 4 5-7 y.o.
vertebrae (ff); os coxa (ff/ff); tibia (i/-); fibula (i/-) LLdm1, LLdm2
(LLP1, LLM2)
Neurocranium (i); splanchnocranium (i); mandible (i); clavicle (i/i); ULC OxA-V-2365-32
scapula (d/d); sternum (d); humerus (i/i); radius (i/i); ulna (i/i); carpals URC, URM1, URM2
Tomba IV,
R5 V Richard F Adult (1i/1i); metacarpals (3i/4i); ribs (>10f); cervical vertebrae (7d); thoracic LLI2, LLC, LLP1, LLP2, LLM1, LLM2 5083-4956 (62.9%)
scheletro n. 5
vertebrae (12d); lumbar vertebrae (5d); os coxa (d/d); femur (i/i); tibia LRI2, LRC, LRP1, LRP25 5139-5091 (9.9%)
(i/i); fibula (i/i); tarsals (6i/5i); metatarsals (4i/4i); foot phalanges (8i) 5208-5144 (22.7%)
ULdc, ULdm1, ULdm2 (ULM1)
OxA-V-2365-31
URdm1, URdm2 (URM1)
"Sepoltura Infans
R6 Sepoltura n. 5 Richard IND Almost complete skeleton still partially to excavate LLdi1, LLdi2, LLdc, LLdm1, LLdm2
del Fanciullo" 2-4 y.o. 5646-5536 (94.1%)
(LLM1)
5658-5651 (1.3%)
LRdi1, LRdc, LRdm1, LRdm2 (LRM1)
“two skeletons (ULdm1)
Neurocranium (d); splanchnocranium (d); hemimandible (i/i); humerus
of newborns that Perinata (URdi2)
R7 “due neonati” Richard IND (i/i); ulna (i/i); radius (f/i); clavicle (i/-); scapula (-/i); ribs (>10if); ilium N/A
were mostly l (LLdi1, LLdi2, LLdm1)
(i/i); femur (i/i); tibia (i/i); fibula (i/i).
lost” 6 (LRdi1, LRdi2, LRdm1)
“two skeletons Neurocranium (d); splanchnocranium (d); hemimandible (i/-); humerus
of newborns that Perinata (i/i); ulna (-/i); radius (i/-); clavicle (i/-); scapula (-/i); ribs (>10if);
R8 “due neonati” Richard IND - N/A
were mostly l vertebral body (1i); vertebral arches (17i); ilium (i/i); ischium (-/i);
lost” femur (i/i); tibia (i/i); fibula (i/-); hand/foot bones (8i)

Table 1 – Catalogue of the burials reported in the literature for Arma1 dell’Aquila, with a disambiguation of the previous denominations.
1
Denomination of the burials used in this study. 2 Teeth legend: I: incisor; P: premolar; M: molar; U: upper; L: lower; R: right; L: left;
d: deciduous; capital letters: indicate the maxilla or mandible tooth and the permanent tooth (e.g. URI1: upper right first incisor), lower
case letters: indicate the deciduous tooth (e.g. URdi1: upper right first deciduous incisors); in parentheses non-erupted but visible teeth.
3
Radiocarbon determination are set out in Mannino et al. (2018); when multiple dates were available for one individual, they were
combined prior to calibration using R-combine function of the OxCal platform. Calibration was performed using the IntCal13 curve in
OxCal v. 4.3.2. 4 Zambelli 1 is indicated as Tomba V (Richard, 1942: 60, Fig. 2; 5 Formicola pers. comm., 2018). 6 The remains of the
perinatal individuals were found in the box of the commingled human remains.

2. THE “SCATTERED HUMAN REMAINS”

Both Zambelli and Richard collected a number of human remains at the site that were scattered and com-
mingled with animal bones and artefacts. Although their presence was reported (Parenti and Messeri, 1962),
they have never been the subject of a detailed study. In this chapter, we focus on the scattered remains found
by Richard, for which some information on the spatial/stratigraphic position is available from the diaries (De
Pascale and Stefani, 2018). Those remains, together with artefacts and faunal bones, were collected in num-
bered bags. Unfortunately, over the years the material was probably transferred in clean bags, and during this
process the original numeration reported in the diaries has been lost. However, some of the new bags included
the original labels indicating the date of the find, and in some cases the layer, or “focolare” (“hearth” sensu
Richard, see below), of the provenience. Through cross-referencing of the skeletal material with the observa-
tion provided in the excavation diaries, as well as with the surviving labels, it was possible to approximately
spatially and stratigraphically position some of these “scattered human remains” (see next section). The os-
teological analysis allowed for the attribution of some of the remains to Richard’s burials (Table 2), and for
the recognition of at least nine new individuals (labelled with the acronym “RS”, “resti sparsi”, i.e. “scattered
remains”, followed by a progressive numeration; Table 3).
The attribution of the remains to the same individual was based on age at death, size, and morphology of
the skeletal elements, articulating/conjoining fragments, and in some cases on pathology (e.g. the pathological-
ly thin bones of RS6, see below). The individuals in Table 3 should be considered nevertheless as a minimum
number of individuals when more than one skeletal element is present.

144 –
Bag and/or reference in Spatial Stratigraphic
Burial Skeletal elements1 Label (translated)
excavation diaries (translated) Position2 position (“hearth”)3
URM2 “5° hearth?” N/A unknown 5°?
“28/11/1942 - Second layer below 5°
Thoracic vertebrae (1f) N/A unknown below 5°
hearth”
Clavicle (-/i); hand phalanx POSSIBLE: 5-6 August 1938 bag N°38: “Material coming from the 5° hearth south of the first burial. Some
no information about provenience S1 5°
(6i) human element: 1 clavicle, 1 parietal fragment, some phalanges”
R1
Foot phalanx (1i) “Arma dell’Aquila 05-09-1942 - VI hearth” N/A unknown 6°
Metacarpals (2i/-); metatarsals
no information about provenience N/A unknown unknown
(2i/3i); tarsals (1i/1i)
Neurocranium (4f); cervical
vertebrae (7f); thoracic no information about provenience N/A unknown unknown
vertebrae (4f)
“29 August 1938”; “Human bones - burial
Neurocranium (>10ff); of the child (?)”; “burial of the child - these
Bag N° 54. “Material from the 6° hearth and from the soil immediately below. Complete skeleton of a child.
splanchnocranium (2f); URI2; bones were found isolated before the S3 6°
(...) Remains of adults and newborns.”
URC discovery of the child's skeleton and we
understood it was a burial”
Cervical vertebrae (1f); hand Bag N° 24. “5° hearth. Material from the area above tombs 2-3-4-5 and north from them, in correspondence
phalanx (1i); femur (ff); with the exploration pit. Found some human bones, i.e. a femur and a tibia belonging, possibly to a disturbed
S3-4 5°
metatarsals (2i/-); foot phalanx “29 July 1938 - 5° hearth” burial. Very interesting a fragment of child maxilla with canines very [worn?], similarly to the previous
R2 (2i) skeletons”
“There is (…) an ilium that seems human with a very big acetabulum, while the ischium is proportionally less
“Fourth layer below the 5° hearth” 30 developed; there are metacarpals and phalanges, a humeral head (which do not see human, but may be), many
Tarsals (1i/-) unknown below 5°
September 1942 bones of newborn, fragments of rib and long bone diaphyses (of a bird?) empty inside and with very thin
walls”
Splanchnocranium (1f);
cervical vertebrae (1i); rib
no information about provenience N/A unknown unknown
(>10ff); various fragments
(>10ff)
R34 Metacarpals (-/1i) N/A N/A unknown unknown
Bag N° 24. “5° hearth. Material from the area above tombs 2-3-4-5 and north from them, in correspondence
Clavicle (-/i); radius (-/f); “29 July human bones in relation with the with the exploration pit. Found some human bones, i.e. a femur and a tibia belonging, possibly to a disturbed
S3-4 5°?
fibula (-/f) 5° hearth (burial?)” burial. Very interesting a fragment of child maxilla with canines very [worn?], similarly to the previous
skeletons”.
Bag N° 46. “Material coming from the 5° hearth in correspondence with the second burial. (…) a crown of
ULM2 “11 August 1938 5° hearth tooth” S2 5°
human tooth statu nascendi”
“29 August 1938”; “Human bones - burial
of the child (?)”; “burial of the child - these
Bag N°54. “Material from the 6° hearth and from the soil immediately below. Complete skeleton of a child.
R4 URdm2 bones were found isolated before the S3 6°
(...) Remains of adults and newborns.”
discovery of the child’s skeleton and we
understood it was a burial”
LLM2 “9 August 1938 - 6° hearth” Bag N° 41. “Material coming from the 6° hearth in correspondence with the fourth burial.” S3-4 6°

Ulna (f/-) “5° hearth?” N/A unknown 5°?

Sacrum (f) no information about provenience N/A unknown unknown


Bags N° 60-61. “Material coming from the niche east of the pit. The darker bones were within the 7° hearth,
Metacarpals (1i/-); hand
“11 September 1938 6° hearth” the lighter ones from the sandy soil below. (...) Material from the 6° hearth in correspondence with the first S4 6°-7°
phalanx (1i); patella (-/i)
burial.”
R5 Metacarpals (-/1i); Foot
“6° hearth “ N/A unknown 6°
phalanx (1i)

Foot phalanx (1i) “7° hearth 1942” N/A unknown 7°


Neurocranium (1f); scapula (-
/i); cervical vertebrae (3f);
“Burial of the child - bones found inside the Bag N° 54. “Material from the 6° hearth and from the soil immediately below. Complete skeleton of a child.
thoracic vertebrae (5f); lumbar S3 6°
cranium of the child” (...) Remains of adults and newborns.”
vertebrae (6f); sacral vertebrae
(6f); ribs (>10f)
“In the mass of interstadial filling, some rare pottery shard and bone was found (...) North of hearth D a
human fibula was found, below the hearth and in contact with the whiteish soil. In the third white layer below
Metacarpal (1i) “29 September 1942 - 5° hearth” unknown below 5°
the 5° hearth a fragment of human tibia was found (proximal third) (...) a human atlas (...) a human
metacarpal.”
“human bones fetus n°2, between the 4°
R6 9 August 1938. “Two skeletons of newborns. The first was below one of the boulders of the fourth burial, the
Thoracic vertebrae (1f) and the 2° burial at the entrance of the S2-3 below 6°
second against a boulder below the vault at the entrance of the cave.”
cave”
Bag N° 52. “Material from the 6° hearth. Some remains of newborn (…) Continued the excavation in the pit
Metatarsal (1i) “1 September 1938 5° hearth?” S4 6°
of the burial [Tomba 4] east of the pit.”
Cervical vertebrae (1f);
“5° hearth” N/A unknown 5°
metatarsals (1i)
Tarsals (-/1i) no information about provenience POSSIBLE: bag N° 27. “one human calcaneus 30 July 1938 (…) 6° hearth first step” S3-4 6°-7°
Ilium (i/i); ischium (i/i); pubis
no information about provenience N/A unknown unknown
(i/i); metatarsals (2i); ribs (iff)
R7 Ulna (i/-) “6° hearth 13 October 1942” N/A unknown unknown
“In the mass of interstadial filling, some rare pottery shard and bone was found (...) North of hearth D a
human fibula was found, below the hearth and in contact with the whiteish soil. In the third white layer below
Humerus (-/i) “29 September 1942 - 5° hearth” unknown below 5°
the 5° hearth a fragment of human tibia was found (proximal third) (...) a human atlas (...) a human
metacarpal.”
R8 “All the strata from the 1° to the 6° hearth -
Ulna (1i/-) 9 October 1942” and “5-6 layer under the N/A unknown unknown
6° hearth - 9 October 1942”
Hemimandible (i/-); no indication of provenience unknown unknown unknown

Table 2 – Skeletal elements belonging to the burials in Table 1 found among the commingled human remains, their labels, and the
information
TABLE 2 available from the excavation diaries about their provenience. 1 Teeth legend: I: incisor; P: premolar; M: molar; U: upper;
L: lower; R: right; L: left; d: deciduous; capital letters: indicate the maxilla or mandible tooth and the permanent tooth (e.g. URI1: upper
right first incisor), lower case letters: indicate the deciduous tooth (e.g. URdi1: upper right first deciduous incisors); in parentheses non-
erupted but visible teeth. 2 Their approximate spatial colocation is based on the sections of the site (sections 1-6) from Richard (1942),
which are reported in Figure 1. 3 The approximate stratigraphic collocation is based on the stratigraphy drawn in Richard (1942), see
also Figure 2. 4 One metacarpal probably belonging to Richard Burial 3 was found in the burial reconstruction of Richard Burial 5,
probably due to an error during the assembling of the display.

– 145
Age/Sex/ Stratigraphic
Skeletal Label Bag and/or reference Spatial
Individual AMS date Position
Elements1 (translated) in excavation diaries (translated) Position3
cal BC 2σ 2 (“hearth”)4
Neurocranium (4f) no information about provenience N/A unknown unknown
“Human bones 5° hearth south of Bag N°38: “Material from the 5° hearth, south of the first burial. Some
Neurocranium (1f) S1 5°
the first burial 5-6- August 1938” human remains: a clavicle, a parietal fragment, some phalanges.”
29 August 1938; “Human bones - Either Bag N° 48. “Material from the soil below the first and second
burial of the child (?)”; “burial of burial (...) against the east rock wall, the 5° layer ends. Below it, a few
the child - these bones were found human bones were found (...) including bones belonging to a newborn
Neurocranium (3f) S1-2 or 3-4 6°
isolated before the discovery of cranium.” or Bag N°54. “Material from the 6° hearth and from the soil
Infans c. 0-6 mo; the child's skeleton and we immediately below. Complete skeleton of a child. (...) Remains of
RS1
IND understood it was a burial” adults and newborns.”
Thoracic vertebrae (1f) “5° hearth” N/A unknown 5°
Ulna (-/i) “2-3 October 1942 - 6° hearth” N/A unknown 6°
Humerus (i/-) “child bones” N/A (but bones found in box with Richard 1) unknown unknown
Hemimandible (i/-);
“child bones” N/A (but bones found in box with Richard 1) unknown unknown
(LLdi1, LLdi2, LLdc, LLdm1)
“Human bones 5° hearth 28 July Bag N°19-20 “The material in this bag comes from the 4° hearth, in the
Neurocranium (1f) S5 4°
1938” extreme north of the cave.”
Bag N°32. “Some human remains among which fragments of a
“Human bones 6° hearth 2 August cranium and a tibia (...) found sort of a niche east of the pit (...) it is a
Neurocranium (2f) S4 6°
1938” niche in the rock wall, in which the soil does not touch the rock, but left
a noticeable space.”
Bag N°33. “Material from the 6° hearth north of the exploration pit (...)
“Human bones 5° hearth 4 August Some human remains: fragment of right maxilla of a child, and
Neurocranium (2f); cervical vertebrae (f) S4-S5 5° or 6°
1938” fragments of human cranium. Fragments of burnt bones (...) some
neonatal remains.”
Infans c. 1-2 yo;
Bags N° 60-61. “Material coming from the niche east of the pit. The
RS2 IND;
“Human bones 6° or 7° hearth 12 darker bones were within the 7° hearth, the lighter ones from the sandy
Neurocranium (1f) (OxA-2365-51) S4 6° or 7°
September 1938” soil below. (...) Material from the 6° hearth in correspondence with the
4686-4501 (95.4%)
first burial.”
“There is (…) an ilium that seems human with a very big acetabulum,
while the ischium is proportionally less developed; there are
Ulna (-/f) “2-3 September 1942 - 6° hearth” metacarpals and phalanges, a humeral head (which do not see human, unknown 6°
but may be), many bones of newborn, fragments of rib and long bone
diaphyses (of a bird?) empty inside and with very thin walls”
Radius (f/-); URdi1 “6° hearth 13 October 1942” unknown unknown 6°
Cervical vertebrae (f) “7° hearth” unknown unknown 7°
Bag N°33. “Material from the 6° hearth north of the exploration pit (...)
Splanchnocranium (f); URdm1, URdm2 “Human bones 5° hearth 4 August Some human remains: fragment of right maxilla of a child, and
S4-S5 6°
(URI1, URI2, URC, URP1, URM1) 1938” fragments of human cranium. Fragments of burnt bones (...) some
neonatal remains.”
Hemimandible (-/i); LRdm1, LRdm2 “Fourth layer below the 5° hearth
“A fragment of a child mandible” unknown below 5°
(LLI1, LLC, LRI1, LRM1) 30 September 1942”
“29 August 1938”; “Human bones
- burial of the child (?)”; “burial
of the child - these bones were Bag N°54. “Material from the 6° hearth and from the soil immediately
Splanchnocranium (f) found isolated before the below. Complete skeleton of a child. (...) Remains of adults and S4-S5 6°
discovery of the child’s skeleton newborns.”
and we understood it was a
burial”
Bags N° 1-5. “All the material collected in the five bags comes from
Neurocranium (f) Infans c. 4-6 yo; “26 July 1938 5° hearth” S1-2 5°
the hearth above the [first] burial, i.e. N°5.”
IND; “In the mass of interstadial filling, some rare pottery shard and bone
RS3
(OxA-2365-50) was found (...) North of hearth D a human fibula was found, below the
Cervical vertebrae (2i); ribs (1i) 5644-5528 (95.4%) “29 September 1942 - 5° hearth” hearth and in contact with the whiteish soil. In the third white layer unknown below 5°
below the 5° hearth a fragment of human tibia was found (proximal
third) (...) a human atlas (...) a human metacarpal.”
“7° hearth (below the boulders Bag N° 50. “Material coming from the 7° hearth below the two
Neurocranium (>10f) S3-4 7°
delimiting the fourth burial)” boulders delimiting the fourth burial.”
“7° hearth below the fourth burial Bag N°28. “Material coming from the 7° hearth below the fourth burial
Neurocranium (2f) S3-4 7°
30 July 1938” (...) remains of neurocranium very white in color.”
RM1 “5° hearth human tooth” unknown unknown 5°
“All the strata from the 1° to the
6° hearth - 9 October 1942” and
Humerus (f/-); ulna (-/i); femur (-/d) unknown unknown unknown
“5-6 layer under the 6° hearth - 9
October 1942”
Radius (-/i) no information about provenience unknown unknown unknown
Neurocranium (>10f); splanchnocranium
(1ff); mandible (f); cervical vertebrae (1i);
ULdc, ULdm2, URdm2
LLdc, LLdm1, LLdm2, LRdm1 Bags N° 1-5. “All the material collected in the five bags comes from
“26 July 1938 5° hearth” S1 5°
(ULI1, ULP1, ULP2, ULM1, ULM2, URI1, the hearth above the [first] burial, i.e. N°5.”
URC)
(LLI1, LLI2, LLM1, LRC, LRP2, LRM1,
LRM2) Infans c. 5-7 yo;
RS45
IND 29 August 1938; “Human bones - Either Bag N° 48. “Material from the soil below the first and second
burial of the child (?)”; “burial of burial (...) against the east rock wall, the 5° layer ends. Below it, a few
the child - these bones were found human bones were found (...) including bones belonging to a newborn
ULC, URM1, URM2 S1-2 or 3-4 6°
isolated before the discovery of cranium.” or Bag N°54. “Material from the 6° hearth and from the soil
the child’s skeleton and we immediately below. Complete skeleton of a child. (...) Remains of
understood it was a burial” adults and newborns.”
Hand phalanx (1i); ilium (f/f); ribs (1f); tibia
no information about provenience unknown unknown unknown
(ff); metatarsals (1i).
“There is (…) an ilium that seems human with a very big acetabulum,
while the ischium is proportionally less developed; there are
“Second layer below the 5°
Metatarsals (-/1i1ff) metacarpals and phalanges, a humeral head (which do not see human, unknown below 5°
hearth”
but may be), many bones of newborn, fragments of rib and long bone
diaphyses (of a bird?) empty inside and with very thin walls”
“at the base of the 6° hearth - 5
Metatarsals (1i/-) unknown unknown 6°
November 1942”
Adult; “little hearth at the northern
RS5 Metatarsal (1i/-) extremity of the white layer” 27- “Second layer below the 5° hearth (…) a human metacarpal” unknown below 5°
IND
30 September 1942
“There is (…) an ilium that seems human with a very big acetabulum,
Carpals (1i/-); metacarpals (1i/-); hand while the ischium is proportionally less developed; there are
phalanx (1i); metatarsals (1f/1i); ribs “Sixth layer below the 5° hearth” metacarpals and phalanges, a humeral head (which do not see human, unknown below 5°
(>10ff); os coxa (-/6f) but may be), many bones of newborn, fragments of rib and long bone
diaphyses (of a bird?) empty inside and with very thin walls”
Tibia (f/f) no information about provenience unknown unknown unknown

continua
Table 3 

146 –
Humerus (f/f); ulna (f/f); radius (-/f);
"There is (…) an ilium that seems human with a very big acetabulum,
scapula (ff/ff); cervical vertebrae (3f);
while the ischium is proportionally less developed; there are
metacarpals (1i); hand phalanges (1i1f); ribs
"Sixth layer below the 5° hearth" metacarpals and phalanges, a humeral head (which do not see human, unknown below 5°
(>10ff); thoracic vertebrae (10ff); lumbar
but may be), many bones of newborn, fragments of rib and long bone
vertebrae (3f); ischium (-/d); pubis (f); Infans c. 2-3 yo;
RS6 diaphyses (of a bird?) empty inside and with very thin walls".
femur (f/f); tibia (f/f); fibula (f/f) IND
Bag N° 52. "Material from the 6° hearth. Some remains of newborn
Metatarsals (1i) "1 September 1938 5° hearth?" (…) Continued the excavation in the pit of the burial [Tomba 4] S4 5° or 6°
east of the pit."
Hand phalanx (3f) no information about provenience unknown unknown unknown
Either Bag N° 48. "Material from the soil below the first and second
burial (...) against the east rock wall, the 5° layer ends. Below it, a few
Mandible (f);
human bones were found (...) including bones belonging to a newborn
LLdm1, LLdm1, LLM1 "29 August 1938" S1-2 or 3-4 6°
cranium." or Bag N°54. "Material from the 6° hearth and from the soil
(LLI1, LRI1, LRI2)
immediately below. Complete skeleton of a child. (...) Remains of
RS75 Infans c. 5-7 yo; IND
adults and newborns."
"All the strata from the 1° to the
Humerus (f/-); femur (f/-); metatarsals (1i); 6° hearth - 9 October 1942" and
unknown unknown unknown
phalanx (1i) "V-VI layer under the 6° hearth -
9 October 1942"
Bags N° 60-61. "Material coming from the niche east of the pit. The
"Human bones 6° or 7° hearth 12 darker bones were within the 7° hearth, the lighter ones from the sandy
Neurocranium (1f) S4 6°-7°
September 1938" soil below. (...) Material from the 6° hearth in correspondence with the
RS8 Perinatal; IND first burial. "
Bag N° 41. "Material coming from the 6° hearth in correspondence
Ulna (i/-) "9 August 1938 - 6° hearth" S3-4 6°
with the fourth burial."
Radius (-/i) "6° hearth 13 October 1942" unknown unknown 6°
Bag N° 24. "5° hearth. Material from the area above tombs 2-3-4-5 and
north from them, in correspondence with the exploration pit. Found
"29 July human bones in relation
Femur (-/3f); tibia (-/f); tarsals (-/1i) some human bones, i.e. a femur and a tibia belonging, possibly to a S3-4 5°?
with the 5° hearth (burial?)"
disturbed burial. Very interesting a fragment of child maxilla with
canines very [worn?], similarly to the previous skeletons".
"Small hearth below the 5° hearth
Humerus (ff); small fragments unknown unknown below 5°
28 September 1942"
29 August 1938; "Human bones - Either Bag N° 48. "Material from the soil below the first and second
burial of the child (?)"; "burial of burial (...) against the east rock wall, the 5° layer ends. Below it, a few
the child - these bones were found human bones were found (...) including bones belonging to a newborn
Scapula (-/ff) S1-2 or 3-4 6°
isolated before the discovery of cranium." or Bag N°54. "Material from the 6° hearth and from the soil
RS9 Adult, IND the child's skeleton and we immediately below. Complete skeleton of a child. (...) Remains of
understood it was a burial" adults and newborns."
"There is (…) an ilium that seems human with a very big acetabulum,
while the ischium is proportionally less developed; there are
"Fourth layer below the 5°
Clavicle (-/i). metacarpals and phalanges, a humeral head (which do not see human, unknown below 5°
hearth" 30 September 1942
but may be), many bones of newborn, fragments of rib and long bone
diaphyses (of a bird?) empty inside and with very thin walls".
"All the strata from the 1° to the
Cervical vertebrae (1f); rib (1f); tarsals
6° hearth - 9 October 1942" and
(1i/1d1f); metatarsals (4i/1i); foot phalanges unknown unknown unknown
"V-VI layer under the 6° hearth -
(2i/-)
9 October 1942"
Humerus (ff/-); fibula (f/-) no indication of provenience unknown unknown unknown
Bag N° 43. "In the space between the second burial and the 7° hearth,
RS5 or RS9 "10 August 1938 between the 5°
LLI2 Adult, IND the soil contained pottery shards and bones. Some adult and newborn S2 Between 5° and7°
or RS- new6 and 7° hearth" 7
human remains. Between the 5° and the 7° hearth, but close to the 7°."
Z1 or RS3
Metatarsal (-/1i) Adult, IND "Sixth layer below the 5° hearth" unknown unknown below 5°
or RS-new6
Z1 or RS3 "First small hearth below the 5°
Metatarsal (1i/-) Adult, IND unknown unknown below 5°
or RS-new6 hearth 9 October 1942"
Uncertain6 Neurocranium (2f) IND "Arma dell'Aquila" not readable unknown unknown unknown
Uncertain7 Cervical vertebrae (ff) Adult, IND "under the first Paleolithic hearth" unknown unknown below 1° paleo?
"All the strata from the 1° to the
6° hearth - 9 October 1942" and
Uncertain7 Ulna (i/-) c. 3-4 yo unknown unknown unknown
"5-6 layer under the 6° hearth - 9
October 1942"
Uncertain8 Humerus (-/i); tibia (i/-) Perinatal, IND N/A unknown unknown unknown
Uncertain8 Tibia (d/-) 0-6 mo N/A unknown unknown unknown

Table
Table 3 3 – Individuals
– Individuals reconstructed
reconstructed fromhuman
from the commingled the skeletal
commingled human
remains (“Resti skeletal
Sparsi”). 1
remains
Teeth legend: (“Resti
I: incisor; Sparsi”).
P: premolar;
1
M: molar; U:Teeth
upper;legend:
L: lower; R:I:right;
incisor; P:
L: left; d:
premolar; M: molar;
deciduous; capital U: upper;
letters: indicate the maxillaL:orlower;
mandibleR: right;
tooth L:permanent
and the left; d:2 tooth
deciduous;
(e.g. URI1: capital
upper rightletters: indicate
first incisor), theletters:
lower case maxilla
indicateorthe
mandible tooth
deciduous tooth (e.g.and
URdi1:the
upper right first deciduous incisors); in parentheses non-erupted but visible teeth. Their approximate spatial collocation is based on the sections of the site (sections 1-6) from RICHARD
permanent tooth
(1942), which are (e.g.
reported URI1:
in Figure upper
1. 3 The right stratigraphic
approximate first incisor), lower
collocation case
is based letters:
on the indicate
stratigraphy drawn inthe deciduous
RICHARD (1942), seetooth (e.g.
Figure 2. 4 URdi1:determination
Radiocarbon upper right are setfirst
out
deciduous
in MANNINO et incisors); in parentheses
al. (2018). Calibration non-erupted
was performed but visible
using the IntCal13 teeth.v.24.3.2.
curve in OxCal Their 5
approximate
There are certainly atspatial
least twocollocation
individuals in the
6
is based
5-7 on
year old the
age sections
class, based onof the
teeth,
including their size/morphology. However, the neurocranial and postcranial elements attributed here to RS4 may belong, in part or totally, to RS7. These entries may belong to one burial or
site (sections 1-6) from Richard (1942), which are reported in Figure 1. 3 The approximate stratigraphic collocation is based on the
RS individual missing the skeletal element, or may belong to a new individual. 7 Uncertain stratigraphic collocation – possibly not Neolithic. 8 May not belong to the Arma dell’Aquila
stratigraphy
assemblage. drawn in Richard (1942), see Figure 2. 4 Radiocarbon determination are set out in Mannino et al. (2018). Calibration was
performed using the IntCal13 curve in OxCal v. 4.3.2.5 There are certainly at least two individuals in the 5-7 year old age class, based
on teeth, including their size/morphology. However, the neurocranial and postcranial elements attributed here to RS4 may belong, in
part or totally, to RS7. 6 These entries may belong to one burial or RS individual missing the skeletal element, or may belong to a new
individual. 7 Uncertain stratigraphic collocation – possibly not Neolithic. 8 May not belong to the Arma dell’Aquila assemblage.

3.  STRATIGRAPHIC/SPATIAL/THANATOLOGICAL INFORMATION

The map of the site presented in Fig. 1 is based on the original plan published in the Bullettino di
Paletnologia Italiana (Richard, 1942: 56) and on drawings from the excavation diaries. The position of indi-
viduals R1-5 is reported in Richard (1942: 56), while the location of Z1 and R6-8 is more tentative and based
on the original drawings from the excavation diaries. Richard also provided six sections drawn transversely to
8
the long axis of the site, indicated on the map by the number 1 to 6 (Fig. 1). Here it is used as a reference for an
approximate positioning of the scattered skeletal elements on the map (section 1 through 6 are indicated with
an “S” in Tables 2 and 3).
No photographic documentation or drawing of the burial found by Zambelli could be retrieved (De Pascale
and Stefani, 2018). However, Richard reports the position of the large boulder that was used as one of the walls
(the “headstone”) of Z1 stone cist (see below), which allowed for an approximate positioning of the burial in Fig. 1.
Richard reports that the “Sepoltura del Fanciullo” R6 was extracted with a block of soil from a niche
“east” of the exploration pit “H” located in the map (Fig. 1). Drawings also allow for an approximate position-
ing of the skeletons of the two perinatal individuals (R7-8).

– 147
Fig. 1 – Plan of the Richard 1938 and 1942 excavation area, indicating the position of the burials R1-5, and the approximate position
of Z1, and R6-8 (redrawn after Figure 1 in Richard, 1942: 56 and after sketches in the excavation diaries; the drawings of the burials
are based on excavation pictures).

148 –
In 1938, Richard explored a portion of the deposit at the extreme north-east of the excavation area that
was spared from Zambelli’s campaigns, and identified five dark carbonaceous layers rich with artefacts and
fauna, which were recognized as “hearths” (“focolari”) or “cultural layers”, alternated with “sterile”, white,
and powdery layers. During Richard’s excavations, a fifth, sixth, and seventh “hearth” were exposed. The fifth
and seventh of those layers extended over the entirety of the trench, while the sixth was interrupted above
burial R2. Richard suggests that the pit of Zambelli’s burial was cut into the fifth layer, while all the burials
he discovered were deposited at an earlier time, before the formation of the sixth layer, which was not cut by
burials, but was later partially eroded in the portion covering R1. Later, the fifth layer formed sloping towards
R1 (Starnini and Biagi, 2018: Fig. 32).
Burials R1-5 were found at the same level (Fig. 2), except for R6 which was found “slightly lower”
(Richard, 1942: 77). One of the burials of the perinatal individuals R7-8 (unfortunately it is impossible to
determine which) was found below one of the boulders enclosing R5, while for the other the field notes are not
clear. Richard’s interpretation about the emplacement of burials is substantiated by the direct dating performed
on the skeletons, which indicate that R1 is roughly contemporaneous – if not slightly older – than R2-5, while
Z1 belongs to a later phase, and R6 is the oldest burial (Table 1; Fig. 3).

Fig. 2 – A reworking of the “stereographic view” created by C. Richard (see Fig. 9 in Richard, 1942: 77). The image was obtained by
overlapping and redrawing all the available archaeological sections (Figures 3-8 in Richard, 1942). The horizontal positioning of the
burial along the NW-SE axis was obtained from the planimetric data (see Fig. 1), while the vertical position is an estimate based on the
published information (Richard, 1942) and the excavation diaries.

The scattered human remains were found throughout the trench, within and between the “cultural layers”
(Tables 2 and 3). The spatial and stratigraphic information available in the field notes is rather imprecise and
sometimes contradictory, and the terminology used is often not consistent. Considering the setting of the exca-
vation and the quality of the documentation, only very general inferences about the depositional and post-dep-
ositional processes regarding the human remains can be made. The scattered human remains belonging to
burials R1-6 were found in sediment covering the burials (fifth and sixth “hearth”) or deeper against the rock
wall (Table 2), and commingled with the remains belonging to other individuals (Tables 2 and 3).
Among the scattered human remains that were recognized as new individuals (RS1-9), two fragments
were dated, one belonging to RS2, and one belonging to RS3 (Table 3). The fragment of neurocranium belong-
ing to RS2 was labelled as indicating its provenience from the sixth layer, but its direct date (4690-4490 cal

– 149
Fig. 3 – Multiplot diagram of 2σ calibrated radiocarbon date ranges (cal BC) from human bone samples. Radiocarbon determina-
tion are set out in Mannino et al. (2018); when multiple dates were available for one individual (Table 1), they were combined
prior to calibration using R-combine function of the OxCal platform. Calibration was performed using the IntCal13 curve in
OxCal v. 4.3.2

BC) is more compatible with burial Z1 (4720-4550 cal BC), whose emplacement took place after the formation
of the fifth layer. In addition to this incongruence, some skeletal fragments from a residue of the fourth layer,
at the extreme north end of Richard’s excavation area, appear compatible with this individual.
However, when reading the field notes, it appears clear that the bone element that was directly dated was
found in a recessed niche against the wall of the exploration pit, where layers overlapped and material from
upper layers had probably slipped down. The other fragment of neurocranium that was dated (5650-5520 cal
BC) comes from the seventh layer below the boulders enclosing R5, and appear compatible with scattered
skeletal elements from the sixth layer.
Overall, the few taphonomic inferences that can be made suggest the movement of bones both horizon-
tally and vertically in the excavated deposit. While the movement upward of scattered skeletal elements can
be expected when the sediments and burials are disturbed by later activity (weathering and gnawing is present
in several skeletal elements), the finding of elements from upper layers in lower sediment is probably because
the excavation was performed alongside the rock shelter, in an area that in Neolithic times was presumably the
far end of a cave which later collapsed (Richard, 1942: 54). Here, the strata tend to slope and superimpose
towards the rock wall, and the sediment probably slipped and was commingled and re-deposited due to erosive
processes – possibly including water runoff (Richard, 1942: 59); this was especially so when recessed niches
were present in the rock, as testified by individual RS2. Finally, in the 1930s excavation methods were not
comparable with modern standards, and it is possible that layers – especially against the rock wall – were not
correctly identified, which would bias the results. As a result, even when the layer of provenience was record-
ed, the information is often not completely reliable.
In general, the disturbances that partially or completely disturbed the burials at Arma dell’Aquila appear
either due to the morphology present and erosive processes related to the deposit, or due to animal and anthrop-
ic activity at the site (but see discussion below about R3 and R4). Accordingly, the scattered human remains are
mostly representative of infants and children, which are more vulnerable to disturbances (Bello et al., 2006),
and the severity of the burial disturbances appears to be inversely correlated with the presence of boulders
protecting the inhumations (see below).

150 –
4.  FUNERARY CONTEXT INFORMATION

The burial excavated by Zambelli (Z1) consisted of a crouched inhumation of an adult woman lying
on her left side in a stone cist, which is considered a typical funerary treatment for the Square-Mouthed
Pottery Culture in Liguria (Del Lucchese, 1997). Accordingly, the direct AMS date performed on Z1 (Table
1; Mannino et al., 2018) falls within the period in which this culture was attested in Liguria (ca 5000-4300 cal
BC; Pearce, 2013; Branch et al., 2014).
The funerary structure was built with two long flat stone slabs along the sides, one shorter at the feet of the
person, and two slabs as a cover; a boulder closed the cist on the remaining side (Richard, 1942). The skeleton
was stained with red ochre, while it is uncertain whether any of the elements found in the filling of the grave –
two potsherds, a deer molar, and an unretouched flint flake – were intentionally placed (Richard, 1942 contra
Zambelli). The orientation of the burial was not reported, and no field picture is available.
The burials excavated by Richard were aligned NE-SW, and were generally oriented N-45°E, except for
one of the neonatal individuals, which was oriented E-W (Richard, 1942: 77). The aligned burials for which a
precise orientation is available (R1-5) were oriented in contraposition, i.e. head against head, and feet against
feet, including the presumed double burial Tomba III containing R3 and 4 (Fig. 4). As a result, although bur-
ials R1-4 lay on their left side, they faced alternatively east or west. Burial R5, although consistent with this
orientation pattern, did not lie on either left or right sides but was supine, and the post-depositional movement
of the skull makes it impossible to determine which direction it was facing (see below).

Fig. 4 – Portion of Richard 1938 and 1942 excavation area highlighting the orientation feet-against-feet, head-against-head of the R1-
R5 burials. The burials R1-R4 are all crouched on their left side, resulting in an alternation of burial facing NE and SW.

Individual R1 was an adult male, lying crouched on his left side (Fig. 5). The skeleton was well preserved
and almost complete. His head rested on a large boulder, while at his feet a flat slab emerged vertically from
the ground (Fig. 6). It is difficult to assess whether this slab was intentionally placed there, although Richard
claims that it predated the deposition of the individual (Richard, 1942: 58). While the body appears to have
decomposed in a filled space, post-depositional processes partially disturbed the superior portion of the skel-
eton: the right humerus, two fragments of ribs, and a thoracic vertebra were found close to the burial but not
articulated, as is clearly visible from the excavation picture. Additionally, the lumbar vertebrae appear rotated,
with their anterior aspects facing upwards (Fig. 5). Neither grave goods or ochre are reported for this burial
(Richard, 1942: 79), but residues of red ochre appeared to be present on several bones, especially on the parts
that were protected from weathering due to their anatomical position, and on the hands (Fig. 7).

– 151
Fig. 5 – The burial Richard 1 at the time of discovery.

Fig. 6 – Western portion of the Richard 1938 and 1942 excavation area, showing the relative position of Richard 1 and 2 at the time of
discovery, and the position of the vertical stone slab near Richard 1.

152 –
Fig. 7 – Proximal hand phalanx of Richard 1 showing residual staining with ochre.

The burial of R2 was unearthed ca 2 m NE of R1 (Fig. 6). Although the skeleton was fragmentary, incom-
plete and poorly preserved, it was possible to determine that the individual was lying crouched on his left side,
with the head resting on a small stone slab (Fig. 8; Richard, 1942: 59). The sex of this adult individual has
been estimated as male based on cranial features, given the incompleteness of the pelvic bones (Parenti and
Messeri, 1962). The skeleton showed traces of red ochre, especially on the right portion of the cranium, and
no grave goods were found, although Richard mentions that a large potsherd with a handle was found “caught”
below the stone where the head rested (Richard, 1942: 59 and 79).

Fig. 8 – a) The burial Richard 2 around the time of discovery; b) The burial Richard 6 around the time of discovery, after removal of
the block of soil.

– 153
The third burial found by Richard contained individuals R3 and R4, an adult and a child (ca 5-7 years old)
buried in contraposition, feet against feet. Although highly incomplete and fragmentary, it could be determined
based on the elements that appeared to be in place (e.g. the left arm and right forearm of R3) that they were
both lying on their left side and facing opposite directions, with R4 in a crouched position (Figs. 4 and 9).
According to Richard (1942: 79), the crania of both individuals were slightly raised, a circumstance that it is
difficult to confirm by analysing the field pictures (Fig. 9). Nevertheless, a stone is clearly visible north of R3’s
cranial fragments, being actually part of one of the boulders that enclosed R5 (see below).
Regarding the depositional and post-depositional events, R3-4 has been described as a “double burial”
(Richard, 1942), which apparently was later heavily disturbed: both R3 and R4 have missing or displaced
bones, and several bones belonging to R4 have been found among the “scattered remains” (Table 2). One de-
tail may suggest the possibility of a sequential burial: R3 is the most disturbed among the individuals found
in the primary deposit: only portions of the upper limbs appeared to be in the correct anatomical position, and
no bones from the pelvic girdle or lower limb are present. However, it is the only burial to which none of the
scattered skeletal elements could be attributed (but see below regarding one metacarpal). The lower limb bones
attributed to RS5 and RS9 (Table 3) appear incompatible with R3 in terms of size, robustness, and morphology,
and do not present evidence of degenerative joint disease present in R3 (see below). In addition, RS5 and RS9
included upper limb elements that overlapped with those present in R3 (Table 1 and 3). In contrast with R3, the
skeleton of R4 was more complete albeit fragmentary, being all the regions of the body represented (Table 1).
In addition, R4 lay where R3 limbs would have been if R3 was crouched, suggesting a sequential deposition
which completely disturbed the lower portion of R3. On the other hand, it should be noted that the exact orig-
inal position of R3’s lower limb could not be determined precisely based on the preserved elements in place.
Bone elements from the rest of the skeleton may still reside in the unexplored portion of the deposit (Figs. 1
and 9). Another argument against the sequential burial hypothesis would be the fact that R4’s tibia and fibula
appeared to lay below some of the filling of the grave left in place by the excavators, over which some bones
of R3’s left hand resided (Fig. 9). However, the hand phalanges do not seem to be in anatomical connection,
suggesting that the exact arrangement of the hand bones was possibly an artefact created by the excavators for
the picture. Examples of obviously reconstructed hands and feet are present for R1 (Fig. 5), where a metacarpal
can be seen in place of a phalanx, and for R5 (see below), where both feet were poorly reconstructed, and a
metacarpal was put in place of a metatarsal. This right metacarpal probably belongs R3, and it is unfortunate
that a precise spatial position of this bone cannot be reconstructed, because it would contribute to clarifying the
post-depositional processes at the site. The artefacts present in the field pictures do not completely invalidate
all the information on the deposition of the skeletons, but suggest caution when considering the finer details.
In the case of R3-4 burial, it is plausible that the sediment was left in place because R3’s hand bones resided
above R4’s legs. Overall, we favour the hypothesis of a double burial that was later heavily disturbed.

Fig. 9 – The double burial of Richard 3 and 4 at the time of discovery.

154 –
Individual R5 is an adult female and is the most complete and best preserved in the skeletal series. This
is due to the fact that it was the most protected from later disturbances, being wedged in a v-shaped niche
between two large boulders (Fig. 10). The position is different when compared to the other burials at Arma
dell’Aquila: the individual is lying on her back, the arms are crossed over the chest, and the lower limb is hy-
perflexed over the chest. It is difficult to judge by the only picture available, but it appears that the left lower
limb lays over the left humerus and right forearm. It cannot be determined whether the mandible – which
according to Richard was resting on its left side – resided in anatomical position. While the lumbar vertebrae
are severely displaced, several vertebrae, especially the thoracic and the lower cervical, are still articulated.
The cranium is rotated from its original position, as Richard described: “the position of the cranium, instead of
being concordant with the one of the mandible, was inverted; not only that, but the cranium was turned over,
at the point that the left parietal was in contact with the mandible” (Richard, 1942: 62). Richard suggested
that it is the result of later mortuary activity by people who removed and then re-placed the cranium (Richard,
1942: 62). Given the excavations methods of the time, possible disturbances of the filling of the grave directly
above the cranium were not recognized or recorded. However, an alternative explanation may be that the cra-
nium originally resided higher up, and some void or perishable material was present behind R5’s upper torso.
The body may have been bundled or constricted within a bag, and placed slightly erect. Given that ligaments
between cervical joints C3-C5 break down rapidly (Duday, 2009), the thoracic spine and the lower cervical
vertebrae may have reached their final position – still articulated in one piece – independently from the crani-
um. Unfortunately, as mentioned above, the position of smaller bone elements including those of the hands and
the feet visible in Fig. 10 is not reliable because it was clearly reconstructed by the excavators. The absence
of additional details on the original position of R5’s skeletal elements at the time of excavation prevents from
making further inferences.

Fig. 10 – The burial Richard 5 at the time of discovery.

The last burial for which the original photographic documentation is available is R6, an almost complete
child skeleton (2-4 years old) lying crouched on its left side, with the head residing in a slightly elevated posi-
tion (Fig. 8). The articulated thoracic and, partially, cervical spine, as well as the position of the ribs, suggest
decomposition in a filled space, although the skeleton was later partially disturbed. According to the excava-

– 155
tion diaries, the skeletal elements that “moved” consisted of some cervical vertebrae and ribs that were found
inside the cranium, and the long bones that were “straightened out”. Richard attributes these movements to
water runoff against the rock wall of the cave (Richard, 1942: 69).
Regarding the two neonatal individuals, Richard states that “they were buried crouched” (Richard, 1942:
64) but also that “they were lying on the back, despite the fact that there was sufficient space to put them on
their side” (Richard, 1942: 78). No structure was associated with the burials, but a flint flake was found with
one of the perinatal individuals.
It is not possible to chrono-culturally define the burials found by Richard on the basis of their funerary
characteristics. Single burials in a shallow pit, crouched and without grave goods, can be found in the Impressed
Ware cultures from southern France (Beyneix, 1997a; 2008) and central-southern Italy (Bagolini and Grifoni
Cremonesi, 1997), as well as in the Square-Mouthed Pottery culture burials from Northern Italy (e.g. Bernabò
Brea et al., 2010), and in the later Chassean in France (Beyneix, 1997b; Beeching and Crubézy, 1998) and
Italy (e.g. the Arene Candide 2 burial from Tiné excavations; Biagi and Starnini, 2016). Likewise, the posi-
tion of R5, which is an exception to the pattern shown by R1-4 and R6, is not unique: the hyperflexion of the
limbs and, more rarely, a supine position for the burial, are found in burials from both the Impresso-Cardial
chrono-cultural phase (review in Zemour, 2013) and the Square-Mouthed Pottery of the Po Plain (Bernabò
Brea, 2010; 2014). In fact, variability in funerary behaviour is present throughout the Neolithic of the western
Mediterranean. However, when considering the direct dates made on bones from Richard’s excavated burials
and scattered skeletal remains from Arma dell’Aquila (Tables 1 and 3), it appears clear that this assemblage
constitutes an important source of information for our understanding of biology and funerary behaviour during
and at the end of the sixth millennium BC, a period for which little data exist in northern Italy (Provost et
al., 2017; Zemour et al., 2017). The burials unearthed by Richard appear to belong to a phase preceding what
seems to be the “typical” Square-Mouthed Pottery adult burial in Liguria, i.e. the crouched inhumation in a
stone cist (Issel, 1908; Bernabò Brea, 1946; 1956; Del Lucchese, 1997), represented here by Z1.
In addition to the apparent organized alignment of the burials, the position of the body, and the lack of grave
goods, common elements among burials consist in the placing of the head of the individual on an elevated surface
(R1-6). The five burials placed in line and in contraposition (R1-5) seem to be “marked” by the proximity of the
head to a rock (R1, R2, and R4) or a boulder (R5). One of the two large boulders enclosing R5 is the rock over
which R3’s head rested. In addition, R1, which appears to have the oldest AMS date of the five burials (Table 1),
is deposited related to a large flat stone slab raised up at his feet. Given the presence of elements possibly used
to mark the location and position of the grave (e.g. Beyneix, 2008; Mafart et al., 2004), and the substantially
overlapping dates obtained for (at least) R2, R3, and R5, it could be suggested that this portion of the cave was
used as an organized funerary space towards the end of the sixth millennium BC. Burial R6 belonged to an earlier
phase dating to the mid-sixth millennium BC, while further direct dates will clarify the chronological timeframe
of the two neonatal individuals R7 and R8, which reportedly were found at a lower depth than R5.
Additional direct dates will also further clarify the nature of the skeletal remains in the secondary deposit.
At this stage, they appear to pertain to all the three funerary “phases” that can be identified at Arma dell’Aq-
uila: the osteological analysis attributed some of the commingled remains to the R1-5 burials, while the two
direct dates that were performed assign RS2 to the same “phase” as Z1, and RS3 was contemporary with R6.
Therefore, while all of the three “phases” experienced post-depositional disturbance, there is no evidence at
the moment of additional burials contemporary to R1-5 that were completely destroyed. This could potentially
alter the apparent organization of the five individuals found in a line and in contraposition; again, further direct
dating will contribute to clarifying this issue.

5  PHYSICAL ANTHROPOLOGY AT ARMA DELL’AQUILA

It is well known that the shift to a Neolithic lifestyle, in addition to bringing about changes in subsistence
behaviours and diet, dramatically changed human biological adaptations compared to earlier hunter-gather-
ers. The transition to a more sedentary lifestyle and to farming had an effect on diet and oral health which are
explored in a dedicated chapter in this volume (Mannino et al., 2018), and in a section below, respectively.
Genetic influences and changes in habitual activities related to the farming economy also had an influence on
body proportions and biomechanical parameters (e.g. Marchi et al., 2006; 2011; Ruff et al., 2006). However,
these themes will not be explored in this contribution. The measurements of the bones of the individuals from
Arma dell’Aquila are already published (Parenti and Messeri, 1962), and the few additional measurements

156 –
taken of the scattered human remains would not add more to a picture that is better explored at a more regional
than site-centered level.
There is clearly great potential of the skeletal remains from Arma dell’Aquila to be fruitfully studied by
biological anthropologists, particularly with respect to exploring health and well-being of a Neolithic group
within a well-defined and reasonably restricted chronological framework. Although other sites in the Finalese
area have yielded a greater number of burials than Arma dell’Aquila (e.g. Arene Candide and Pollera), the
lack of a precise chrono-cultural attribution for most of the human remains currently prevents palaeodemo-
graphic and palaeoepidemiological parameters to be considered. In fact, among the changes brought about
by the Neolithic diffusion, one of the most relevant is that of infectious disease becoming apparently more
prevalent, possibly due to a demographic increase and people living in close contact with each other (Cohen
and Armelagos, 1984; Larsen, 1995; Cohen and Crane-Kramer, 2007). In particular, there is increasing ev-
idence that tuberculosis may have been a serious health concern for Neolithic people (Formicola et al., 1987;
Canci et al., 1996; Masson et al., 2013; Sparacello et al., 2017). This should not be surprising, given that in
the recent past tuberculosis was one of the leading causes of death (Roberts and Buikstra, 2003) and, despite
the availability of antibiotic treatment, tuberculosis still causes millions of deaths every year (WHO, 2016). As
described below, Arma dell’Aquila brings an important contribution to the understanding of the prevalence of
the disease in the Neolithic of the western Mediterranean.

5.1.  The demographic/biological profile of Arma dell’Aquila

The osteological series of Arma dell’Aquila consists of a minimum number of 18 individuals. As is


often the case with skeletal series of this age from a single site, the sample size is still not adequate to per-
form a complete palaeodemographic analysis. Reconstruction of mortality parameters from the recorded
anthropological data are furthermore to been taken with caution given that burials cover a time span of
over 1,000 years, especially when considering Zambelli 1, and that the exact chronological attribution of
most individuals reconstructed from the commingled human skeletal remains is unknown at the moment
(Tables 1 and 3).
Despite these major limitations, a few general characteristics of the biological composition of the skel-
etal assemblage are worthy of consideration, and give important indications that will be further explored in
larger studies of the area. First, it is noteworthy that both non-adult and adult bones were recovered from the
rock shelter. Juveniles account for 61% (11/18) of the minimum number of individuals. This proportion is
compatible with the range of values expected for an attritional mortality profile in a pre-industrial population,
non-adult deaths accounting for about 54 to 74% of all deaths in populations where life expectancy at birth is
between 20 and 30 years (Ledermann, 1969). Of interest is also that all non-adult bones recovered from the
site are those of children less than 10 years of age. The total absence of individuals aged between 10 and 19
year-old could at a first sight appears as an anomaly, but it has to be interpreted as indicating a low death rate
in this age group. According to the data from Ledermann’s model life tables (Ledermann, 1969), only about
4% of individuals from a same birth cohort are expected to die between those ages, regardless of the life ex-
pectancy at birth of the population. Given the small sample size, the absence of adolescents can be viewed as
coincidental. Moreover, some of the scattered human remains that had attained maturity and have been attrib-
uted to adult individuals (RS5 and RS9) could actually belong to late adolescents.
In palaeodemographic practice, description of the biological composition of skeletal samples frequently
involve the calculation of the juvenile index, i.e. the ratio of the number of deaths between 5 and 14 years to the
number of adult deaths (Bocquet-Appel and Masset, 1977; Sellier, 1995; Séguy et al., 2008; Kacki, 2017).
In this case, the absence of skeletal remains from non-adult individuals over 10 years old makes the use of such
a demographic estimator inadequate. We propose rather to consider the ratio of individuals aged one to nine
years old to adult individuals, an index which is in our view better adapted to the analysis of small samples.
The numerical value of this ratio in the Arma dell’Aquila series (D_(1-9)/D_(20+) = 1.00) proves to be within
the range of expectation for a pre-industrial population, lying more precisely between the values expected for
a life expectancy at birth, i.e. between 20 and 25 years (i.e. 0.50 < D_(1-9)/D_ (20+) < 1.26 according data
from Ledermann’s model life tables). Such a low life expectancy is not surprising in a Neolithic population,
especially when considering a possible high prevalence of infectious disease in this period, which would be
particularly apparent at Arma dell’Aquila.
In view of the probable low life expectancy of the population from which the burials derive, the number of
individuals less than one year old appear to be small (N=4). They comprised two perinatal skeletons recovered

– 157
from primary burials (R7 and R8), as well as one perinatal individual (RS8) and one infant (RS1) reconstructed
from the commingled skeletal remains.
Their proportion in the sample (22%) is below the range of expected values for a 20-25 year life expec-
tancy at birth (i.e. 32–38% according data from Ledermann, 1969). This suggests that children under the age
of one year are slightly underrepresented, be it due to cultural selection or to taphonomic processes. The latter
is in our view likely to have contributed to this anomaly to some extent, considering the underrepresentation
of very young children in most ancient cemeteries and the previous evidence that physico-chemical properties
of infant bones make them prone to poor preservation (Guy et al., 1997; Bello et al., 2006; Djuric et al.,
2011). In this view, it is also noteworthy that most of the individuals reconstructed from the commingled skel-
etal remains are children (7 of 9), which suggests that graves of non-adults have been more frequently totally
disturbed by taphonomic processes than those of adults.
Regarding the sex composition of the skeletal assemblage, very little can be said. Five of the seven adult
skeletons recovered from the cave were well preserved enough to estimate sex, three of whom are males and
two are females. This demonstrates that individuals of both sexes were buried in the rock shelter, although the
exact proportion is unknown.
Overall, the Arma dell’Aquila skeletal series proves to have a biological composition reasonably rep-
resentative of the attritional mortality expected of a pre-industrial population with a low life expectancy.
Although such a conclusion should be viewed with caution owing to interpretative limitations previous un-
derlined, the results at the very least demonstrate the absence of obvious anomalies in the age at death and sex
composition of the sample. Thus, there is no clear evidence that this Neolithic population operated any age
or sex selection when burying their dead in the cave. If the selection of the individuals to be buried at the site
was based on pathological conditions – for example tuberculosis which appears to have had an exceptionally
high prevalence at Arma dell’Aquila (see below) – the results discussed above suggest that the disease did not
preferentially target a specific age class. A study of a larger sample of Neolithic individuals from this region
will contribute to further exploring these issues.
Finally, it is worth noting that interpretations regarding the age composition of the skeletal sample would
have been largely different considering the burials previously reported in the literature (e.g. lower proportion
of non-adults, lower value of D_(1-9)/D_(20+) ), showing how important it is to take into account the commin-
gled human remains in anthropological assessment of human skeletal assemblages.

5.2. Health and well-being: the palaeopathological evidence

5.2.1. Zambelli 1 (Z1)

This female individual (Z1) has been described by Zambelli as gracile and affected by rickets (Richard,
1942). However, more recent palaeopathological assessments, while confirming the short stature of this indi-
vidual (about 146 cm) relative to other females of this date (Sparacello et al., 2016), could not find any skele-
tal evidence compatible with rickets (Canci et al., 1996). In turn, the vertebral column of this individual shows
clear signs of tuberculous spondylitis (Fig. 11; Canci et al., 1996), a manifestation of skeletal tuberculosis
involving the progressive destruction of the trabecular bone in vertebral bodies by a pathogen belonging to the
Mycobacterium tuberculosis complex. This, and a generalized bone porosity and rarefaction of the trabeculae,
leads to the collapse of the spine under the normal weight bearing (Pott’s spine: Turgut, 2001). Evidence of
skeletal tuberculosis has been found in other skeletons belonging to the Square-Mouthed Pottery Neolithic in
this area (Arene Candide 5 excavations Bernabò Brea: Formicola et al., 1987; Pollera 21 excavations Rossi:
Sparacello et al., 2017). Regarding the purported gracility of the bones of the skeleton, recent biomechanical
investigations found that this individual, albeit not robust, is not an outlier in terms of robusticity, as described
by long bone diaphyseal cross-sectional geometry (Sparacello et al., 2016).

5.2.2. Richard 1 (R1)

The skeleton of R1 shows two obvious pathological changes, a small rounded depression (ca 2 cm of
diameter) on the left part of the frontal bone, next to the median line, and a swelling and remodelling of the
cortical bone of the distal left radius; the origin of both alterations has been interpreted as traumatic (Canci
and Formicola, 1997). Indeed, rounded or irregular depressions similar to the two defects of R1 have been
interpreted as the result of an injury with a sharp or blunt weapon, in some cases exhibiting surface remodelling

158 –
Fig. 11 – Skeletal lesions of probable tuberculous origin in Zambelli 1. a) Porosity of the vertebral body of the twelfth thoracic ver-
tebra is apparent from its inferior view; b) collapse and angular kyphosis of the vertebral column (Pott’s disease) due to the complete
destruction of vertebral body of the fourth lumbar, and compression of the vertebral body of the fifth lumbar; c) cyst-like lesion in the
sacrum (arrow); d) large circumferential area of bone resorption in the inferior face of the third lumbar vertebral body, exposing the
underlying altered trabecular structure. Bone deposition and resorption is apparent on the remaining surface of the vertebral body, as
well as porosity at the base of the transverse process.

due to the healing process (Bennike, 2003). The frontal bone thinning presented by individual R1 could also
be identified, according to several scholars, as a completely healed “punched out” craniectomy (Alt et al.,
1997; Lillie, 1998; 2003; Alt and Jeunesse, 2006) made by drilling (Broca, 1876; 1877; Lillie, 1998; 2003).
However, research on clinical cases and animal models cast doubts on the possibility that a gap in the cranial
vault could be completely closed by new bone formation in adults (Shang et al., 2001; Nerlich et al., 2003;
Thomas, 2011). Congenital and developmental defects can also produce unifocal or multifocal vault thinning
(Kaufman et al., 1997). A re-examination of the cranium evidenced another possible lesion in the occipital
bone (Fig. 12); however, this could be a pseudopathology due to the diffused weathering of the cranial surface
(c.f. Mann and Hunt, 2005: 62).
The left radius shows an alteration of the normal distal metaphyseal morphology, with an indication of
periosteal involvement leading to enlargement of the bone especially in its medial border (Fig. 13). The radio-
graph does not show a clear disruption of the cortical bone which may be indication of trauma (the radiolucent
diagonal line is most likely due to taphonomic damage), but a permeative bone destruction and an alteration
of the normal trabecular organization of the metaphysis, which is compatible with the early phases of pyo-
genic osteomyelitis, tuberculous osteomyelitis, and tuberculous arthritis (Palmer, 2002: 84; Vanhoenacker
et al., 2009). However, the progression of pyogenic arthritis is rapid with abundant bone formation, which is
not observed here (Resnick and Niwayama, 1995: 2484; Resnick and Kransdorf, 2005: 764). The medial
enlargement of the metaphysis seems to be more compatible with the relatively slower degenerative process
of tuberculosis arthritis of the wrist (Palmer, 2002: 114; Ortner, 2003: 245), than with a rapid and aggressive
“solid periosteal reaction”, a phenomenon that occurs in pyogenic osteomyelitis when pus elevates the peri-
osteal envelope (Wenaden et al., 2005).

– 159
Fig. 12 – Cranial lesions in Richard 1. a) Circular depression in the frontal bone (rectangle), characterized by pitting of the surface; b)
oval area of coarse pitting in the occipital bone (rectangle).

Fig. 13 – Radial lesions in Richard 1. a) The distal portion of the left radius of Richard 1 displays an enlargement of the metaphysis
and an alteration of the periosteal surface when compared to the right side (arrows); b) the radiograph shows the thinning and elevation
of the cortical bone in the medial aspect (arrows) and unorganized trabeculae suggesting an active osteomyelitis (radiograph courtesy
of Vincenzo Formicola). The oblique fracture resulting in a radiolucent line is due to taphonomic damage; c) close-up of the left radial
metaphysis, evidencing the enlargement of the metaphysis, and a lesion in the radio-ulnar articular facet (arrows).

160 –
The diagnosis of osteoarticular tuberculosis is supported by the bony changes observed in the vertebral col-
umn, which is the skeletal area most affected by the disease (Resnick and Niwayama, 1995: 2462; Ortner, 2003:
228). The thoracic and lumbar vertebral bodies of R1 show porosity, perforating lesions which appear to be of
granulomatous origin, and alterations in the organization of cancellous bone, with greater trabecular separation
and increased trabecular thickness than normal (Fig. 14; Coqueugniot et al., 2015; Sparacello et al., 2017).
One thoracic vertebra shows a fracture suggestive of an incipient compressive collapse of the vertebral body
under the normal weight bearing (cf. Sparacello et al., 2017), while there was evidence of kyphosis in the lum-
bar vertebrae in place of the (normal) lordosis expected in this part of the spine (Fig. 14). Overall, the pattern of
vertebral lesions is similar to what observed in the skeleton of Z1, and suggests incipient tuberculous spondylitis.

Fig. 14 – Vertebral lesions in Richard 1. a) Porosity of the vertebral body in mid-thoracic vertebra (T6-T8) is apparent from its superior
view. The right portion displays a compression fracture (rectangle) suggesting incipient collapse of the body; b) taphonomic damage in
the same vertebra as (a) exposed the underlying altered trabecular structure, with ample lacunae and thickened trabeculae (arrows); c) ky-
phosis of the lumbar tract in place of the normal lordosis; d) lytic lesions of possible granulomatous origin in the anterior aspect of another
mid-thoracic vertebral body (arrows); e) the superior surface of the fifth lumbar vertebra and its margin displays erosive lesions (arrow).

– 161
5.2.3.  Richard 2 (R2)

The skeleton of R2 is characterized by a sequela of pathological alterations. Several small (< 1 cm of


diameter) circular and oval, smooth-walled, lytic cysts-like lesions were present on the articular and juxta-ar-
ticular surfaces of the phalanges, carpo-metacarpal, tarso-metatarsal, knee and ankle joints, some of which
were partially affected by weathering. The most unequivocal lesion was observed in the medial distal condyle
of the left femur (Fig. 15). The maxilla displayed a circular area of resorption above the canine fossa, in the
absence of periapical abscesses, and a fistula (Fig. 16). The right ilium shows a large oval area of resorption,

Fig. 15 – Cyst-like lesions in Richard 2 (rectangles). a) Articular surface of the medial distal condyle of the left femur; b) juxta-articular
cyst in the proximal hand phalanx; c) lateral distal condyle of the right femur; d) articular surface of the medial condyle of the left tibia.

162 –
Fig. 16 – Other lesions in Richard 2. a) Circular area of bone resorption in the left maxilla (arrow), with possible fistula; anterior and
posterior views; b) alteration of the axillary margin of the right scapula, bilateral alteration of the scapular fossa (rectangle), and circular
cyst-like lesion in the left scapula (arrow); c) large oval area of resorption (rectangle), thinning and perforation of the flat bone, and
disappearance of the trabecular bone in favour of a thin lamina in the right ilium, possibly secondary to psoas abscess.

– 163
thinning and perforation of this flat bone, and disappearance of the trabecular bone in favour of a thin lamina
(Fig. 16). The scapulae present altered, roughened laminar surfaces, and an oval cyst-like lesion in the ventral
surface. Two cervical vertebrae were found among the scattered skeletal remains, but associated with a portion
of the maxilla, hand and feet bones which certainly belonged to R2. They present a cribriform and moth-eaten
appearance, with lesions of possible granulomatous origin, and extreme porosity (Fig. 17). Unfortunately, no
thoracic or lumbar vertebral bodies were preserved.

Fig. 17 – Cervical vertebrae C3 (a) and C4 (b) from the “scattered remains” attributed to Richard 2, showing osteoporosis, bone remod-
elling, and erosive lesions (arrow). The micro-CT scan of C4 shows altered trabecular structure with ample lacunae.

The appearance of R2’s cervical vertebrae could be due to osteoarthritis (cf. Ortner, 2003: 555), however
alterations appear to be mainly lytic, and the vertebral body is severely osteoporotic with thickened trabecular
structure (Fig. 17). In addition, there is no evidence of hyperostosis, eburnation, or marginal osteophytes in
other joints (except for the temporo-mandibular joint), suggesting lack of polyarticular osteoarthrosis.
Subchondral and juxta-articular cysts and geodes are common non-neoplastic lesions, which are due to
mucoid degeneration of connective tissue, and can be associated with osteoarthritis (Resinck et al., 1977;
Olvi et al., 2015). Lesions in the articular surfaces can be due to osteochondritis disseccans (Resnick et al.,
1995). Multiple cyst-like lesions in the joints can be due to sarcoidosis (Vardhanabhuti et al., 2012), mycosis

164 –
(Ortner, 2003: 330), and tuberculosis (Elmi et al., 2013). Cyst-like lesions in the scapula have been reported
in cases of tuberculosis (Tripathy et al., 2010). The oval lesion in the ventral surface of the ilium was most
likely due to a mass pressing against this bone, such as a large bladder stone (D’Alessio et al., 2005) or more
likely a psoas abscess (Shields et al., 2012).
Although each lesion could have been due to independent factors, the involvement of multiple skeletal
elements by lesions that are mostly lytic in nature – or apparently due to masses of soft tissue pressing on
bones (e.g. the maxillary and iliac lesions) – is compatible with a systemic disease such as metastatic cancer or
multifocal musculoskeletal tuberculosis (Santini-Araujo et al., 2015: 919; Ye et al., 2016; Sparacello et al.,
2017). The involvement of cervical vertebrae is not common in TB (Resnick and Niwayama, 1995: 2463), but
not unique in the archaeological record of the Neolithic of Liguria (Sparacello et al., 2017). In disseminated
tuberculosis (Wang et al., 2007), multiple cyst-like lesions are more common in children, but often present
in adults (Malik et al., 2009). Tuberculosis of the scapula is described as extremely rare in the clinical liter-
ature, although it is more common in areas where the disease is endemic, and is usually associated with other
forms of tuberculous osteomyelitis (Srivastava and Srivastava, 2006; Jain et al., 2009; Singh et al., 2009;
Jagtap et al., 2013). Involvement of the ilium and sacroiliac joint is usually considered as secondary to Pott’s
disease with a psoas abscess, or gastrointestinal tuberculosis (Kremer and Wiese, 1930; Sorrel and Sorrel-
Dejerine, 1932: 501; Aufderheide and Rodríguez Martin, 1998: 139; Roberts and Buikstra, 2003: 98). In
contrast, the paranasal sinuses are considered a rare, but mostly primary, site of tuberculous infection (Ortner,
2003: 228; Sanehi et al., 2008; Kant et al., 2013; Kim et al., 2014).
Another skeletal defect in R2 consists of a sagittal depression (ca 30 by 35 mm) that involves both parietal
bones (Fig. 18). As apparent from the section of the surface 3D scan, the depression corresponds to a thinning
of the diploe with preservation of the internal and external tables. The morphology of the depression is similar
to what Broca (1876; 1877) described historically as a “symbolic trepanation”, i.e. an interrupted craniectomy
preferentially made by scraping. However, no cut or scrape marks were observed, and no periosteal reaction is
present. In addition, the layering of the cranial vault appears normal, albeit thinner, in the areas where it can be
observed thanks to a taphonomic fracture. This would tend to exclude a recent attempt at trepanation or a trau-
matic origin. A very old and completely healed blunt force traumatic lesion could cause a similar depression,
but the regularity of the lesion and the perfectly centred position appear more suggestive of a developmental
defect such as a congenital thinning of the diploe (Camp and Nash, 1944; Kaufman et al., 1997; Yiu Luk et
al., 2010). Pathological conditions like parietal osteoporosis can produce a thinning of the diploe (Lisowski,
1967), but most of the cases reported are bilateral. Paget’s disease can also produce focal regions of bone re-
sorption during its initial phase, but the absence of other pathognomonic deformations does not support this
diagnosis (Roodman and Windle, 2005). Finally, it is unlikely that the lesion is due to tuberculosis, given
the absence of periosteal reaction (cf. Ortner, 2003: 247–253); however, there is a possible link between
developmental disturbances early in life and later susceptibility to tuberculosis infection (Mansukoski and
Sparacello, 2018), as well as cranial developmental defects and intrauterine infections (Kaufman et al.,
1997).

5.2.4.  Richard 3 (R3)

The adult individual in the presumably double burial is represented by few skeletal elements (Table 1).
The upper limb bones present a characteristic morphology, with relatively large articular surfaces and rugged
entheses. Porosity, marginal osteophytes and juxta-articular cyst-like lesions involve the articular surfaces of
the upper limb long bones, metacarpals and hand phalanges, and a fragment of the third lumbar vertebra, sug-
gesting polyarticular degenerative joint disease. This, coupled with a different preservation, prevented comple-
mentary elements belonging to the scattered human remains to be assigned to R3 (see above). The sternum has
a “lacy” or “wicker basket” appearance (Mann and Tuamsuk, 2013). Similar sternal lesions have been used in
the past to diagnose respiratory diseases, especially pulmonary tuberculosis (Tayles and Buckley, 2004), but
no significant association was recently found in a documented collection (Sanchez, 2014).

5.2.5.  Richard 5 (R5)

The pathological lesion apparent in R5 consists of a large oval depression (ca 8 by 6 cm) on the occipital
bone presenting two small crenulated perforations (Fig. 19). The margins of the defect are bevelled at the
expense of the external table, which has become extremely thin. The contours of the perforation are irregular

– 165
Fig. 18 – Cranial lesions in Richard 2. a) Semi-circular depression in the sagittal suture involving both parietals (rectangle); b) coronal
cross-section of the cranial vault at the level of the lesion, obtained by the surface-scan 3D model; c) lateral view of the lesion.

but defined, but possibly in part enlarged by taphonomic damage, and the layering of the cranial vault is not
visible.
As outlined above, the etiology of holes and depressions on the skull can be varied, including trauma and
surgical intervention. The lesion in R5 has been interpreted as resulting from trepanation by scarification or
scraping, the thin central surface being due to the operation not reaching the inner table (Canci and Formicola,
1997: 83). Indeed, it appears unlikely that the craniectomy was complete and occupied the whole space of the
lesion, with extensive new bone formation developing a “plate” out of the internal table post-operatively, as
proposed in several cases (Alt et al., 1997; Verano, 2003; Alt and Jeunesse, 2006; Han and Chen, 2007;
Nikita et al., 2013). Recent studies on trepanation healing cast doubts on the possibility of a new-bone plate
formation covering the entirety of perforations of this size (Nerlich et al., 2003; Thomas, 2011). In fact, the
osteogenic activity appears to be limited on the cranial vault on adult individuals, due to the reduced influence
of mechanical stimulation (Sevitt, 1981). A thinning due to a mass-occupying-lesion was proposed (Messeri,
1958; Arobba et al., 1987). In addition to the possibilities above, the irregular but defined contours of the
opening could be related to a seepage of cerebrospinal fluid resulting from a non-traumatic cause such an intra
cranial tumor or a congenital defect (Lyer, 1979; Kaufman et al., 1997; Partiot et al., 2017).

166 –
Fig. 19 – Cranial thinning in the occipital bone of Richard 5 (rectangle).

5.2.6.  Richard Scattered Remains 5 (RS5)

A few bones from the scattered human remains were assigned to an adult individual of undetermined sex,
both on the basis of compatible size, morphology, and a whitish appearance (Table 3). The bones, especially
the ribs, were commingled with the remains of RS6, which share a similar preservation condition (see below).
Two skeletal elements present pathological alterations. A fragment of the right os coxa displays diffuse
porosity and periosteal bone remodelling at the level of the inferior gluteal line, which suggests periostitis (Fig.
20). Similar lesions can be observed in cases of hip osteoarthritis (Ortner, 2003: 551), including tuberculous
arthritis (e.g. Aufderheide and Rodríguez Martin, 1998: 138; Ortner, 2003: 236). However, the acetab-
ulum does not show major bony changes: some porosity is present in its superior aspect, while the degree of
marginal osteophytosis cannot be fully assessed due to taphonomic damage (Fig. 20). Differential diagnoses
include Paget’s disease (osteitis deformans), pyogenic osteomyelitis (Resnick and Niwayama, 1995), rheuma-
toid arthritis (Aufderheide and Rodríguez Martin, 1998: 141), and metastatic cancer (Ortner, 2003: 543).
The other bony change observable in RS5 consists in an area of periosteal bone formation in the medial aspect
of the left tibial diaphysis (Fig. 20). The full extent of the lesion cannot be determined due to taphonomic
damage. Periostitis can be primary, due to trauma and infection, or part of a disease syndrome such as syphilis,
leprosy, chronic skin ulcer (Ortner, 2003: 208), and tuberculosis (Masson et al., 2013). Overall, the presence
of non-pathognomonic lesions does not allow for a more precise diagnosis.

5.2.7.  Richard Scattered Remains 6 (RS6)

The remains of RS6 were found commingled with the bones of RS5, and present a similar coloration. Age at
death was estimated to be 2-3 years based on the stage of fusion of the vertebral bodies and neural arches (Table 3).
This individual was affected by a systemic disease that disrupted normal development: the diaphysis of long bones
was abnormally narrowed, the cortices are extremely thin, and the trabecular structure is exceptionally rarefied

– 167
Fig. 20 – Skeletal alterations in the individual n° 5 from Richard’s “scattered remains”. a) Coarse porosity and periosteal bone reaction
in the anterolateral portion of the right ilium (rectangle); b) active periostitis in the left tibial diaphysis.

(Figs. 21 and 22). Interestingly, the possibility that the bones belonged to a bird was entertained in the excavation
diaries (Table 3). Despite the thin cortices and apparent osteoporotic bones, no clear evidence of bowing of limbs or
ante mortem fractures was present, including compression fractures of the vertebral bodies. This suggests that the
individual may have been on bed-rest for most of the time before his/her death. However, RS6 is not complete, and
fractures may have been present in elements that were not retrieved or did not preserve to be studied.
The differential diagnosis for this condition is problematic in absence of genetic testing, but the possi-
bility of “brittle bone disease”, i.e. osteogenesis imperfecta, should be considered. This congenital disease
causing a defective formation of type 1 collagen has been divided in various “types” (Marini, 2013), some
of which can be fatal, with an overall incidence of 1 in 20-50,000 births. Consequently, the disease has been
diagnosed rarely in the bioarchaeological record (Wells, 1964; 1965; Gray, 1969; Cope and Dupras, 2011).
Contrary to what can be seen in the available bone fragments belonging to RS6, these individuals display the
plethora of ante mortem fractures and long bone deformation which are typical of the disease. The only in-
dividual similar to RS6 that was questionably diagnosed as experiencing osteogenesis imperfecta, possibly
Type IV, is an adolescent from the late prehistoric site (ca 1400-1500 AD) of Juhle in Maryland (Ortner,
2003: 494). However, Brothwell and Browne (2002) point out the lack of fractures in that skeleton and
propose a form of muscular dystrophy, which has an incidence of ca 1/3,300 births. Other categories of
disease that lead to bone atrophy due to immobilization and disuse can be congenital (e.g. spinal muscular
atrophy; Vestergaard et al., 2001), neoplastic, traumatic, or infectious, such as poliomyelitis (infantile spi-
nal paralysis; Suzuki et al., 1984). However, few cases result in generalized and symmetrical paralysis, and
even Duchenne type muscular dystrophy leads to skeletal atrophy after many years (Emery, 2002). Indeed,
the youngest examples discussed by Brothwell and Browne (2002) are seen in early adolescents, and
therefore much older than RS6.
Tuberculosis can systemically affect bone growth and development via the hypothalamic–pituitary–ad-
renal (HPA) axis function, because it causes an immune response and thus promotes the release of cytokines
(Bozza et al., 2007; Etna et al., 2014). These in turn could lead to reduced bone growth due to cortisol se-
cretion (Walsh, 2015). In addition, tuberculosis interferes with protein absorption (Schwenk and Macallan,
2000). The effect of the systemic hindering of skeletal development in individuals affected by tuberculosis
has been little explored (Sparacello et al., 2016; Mansukoski and Sparacello, 2018). Further research is
necessary to untangle whether tuberculosis infection in early life may lead to similar cases of skeletal atrophy.

168 –
Fig. 21 – Extreme skeletal gracility in fragments of long bones of the individual n°6 from Richard’s “scattered remains”. a) Upper limb:
from left to right, the two paired humeri, the two paired ulnae, and the right radius; b) lower limb: from left to right, the two paired
femora, the two paired tibiae, and one fibula.

– 169
Fig. 22 – Extreme skeletal gracility in the individual n° 6 from Richard’s “scattered remains”. a) Vertebral column: from top to bottom,
thoracic vertebral bodies, thoracic neural arches, and lumbar neural arches; b) fragments of the left and right scapular neck, showing
the extremely sparse trabecular organization.

5.3. Dental-alveolar pathological conditions

In bioarchaeology, teeth are seminal due to the amount of information they can provide, and because they
are the skeletal elements that best preserve. Dental development, through mineralization and eruption, provides
the main method for the assessment of the age at death in subadult remains (Garn et al., 1960; Demirjian,
1986; Smith, 1991). Metabolic stress during development, due to dietary deficiencies or disease, can hinder
mineralization leading to defects in the enamel (hypoplasia) that are permanently recorded in teeth (El-Najjar
et al., 1978; Skinner and Goodman, 1992). In fact, contrary to the rest of the skeleton, teeth do not undergo
remodelling throughout life. Alterations on dental surfaces are permanent and may provide information on
the diet (e.g. dental wear: Molnar, 1972), health status, and culturally-mediated dental modifications of past
populations.
Dento-alveolar pathological conditions – such as caries, periodontal diseases, calculus, and ante mortem
tooth loss – provide a picture of oral health, which correlates with the changes in diet that occurred with the
Neolithic transition, with the passage to a diet rich in carbohydrates (Larsen et al., 1991; Hillson, 2000;
2001). Usually, they are associated with poor oral hygiene, high carbohydrate consumption, genetic factors,
and increase with age. In particular, tooth decay, or caries, is an oral infectious disease that involves the dem-
ineralization of the dental hard tissue (enamel, dentine, and cementum) by acids produced by bacterial fermen-
tation of dietary carbohydrates, especially sugars (Larsen, 2006). Caries are among the factors – including
traumatic events, severe wear, and other diseases – that can cause tooth loss during life, abscesses, and peria-
pical osteitis. These are inflammations of the periodontal tissues that surround and support the tooth. Calculus
consists in accumulations of both mineral salts and organic remains on the teeth surfaces, which is associated
with a basic pH of the saliva. Consequently, it occurs more frequently on teeth surfaces closest to the salivary
ducts (lingual surfaces for lower anterior teeth; buccal surfaces for upper posterior teeth) (Hillson, 2000).
To date, few studies have taken into account the dental remains from Neolithic Liguria (e.g. Formicola,
1986). In this study, teeth have been used to determine the age at death in the subadult sample both from the
burials and from the scattered human remains (Tables 1 and 3) using the schemes proposed by Ubelaker
(1989), Smith (1991) and AlQahtani et al. (2010). In addition, we recorded the presence/absence of teeth
affected by cavities, ante mortem tooth loss (AMTL), abscesses, and calculus. We reported the results by indi-
vidual, which have been considered affected if at least one tooth showed one of these pathological conditions.
Among the scattered remains, only one permanent lower incisor (LLI1) belonging to an adult was found. The
deciduous and permanent dentition belonging to subadults (R4, R6, R7 – Table 1; RS1, RS2, RS3, RS4, RS7

170 –
– Table 3) did not show any of the pathological condition described above. Therefore, only the results for the
burials excavated by Zambelli and Richard are reported in Table 4.
Results indicate that all individuals with preserved dentition (n=5) had caries, and in four individuals mul-
tiple caries were present in upper and lower posterior teeth, especially molars. All individuals lost at least one
tooth in life, with the exclusion of R3 for which only the mandible was preserved. Ante mortem tooth loss was
localized exclusively in the posterior dentition, suggesting that this pathological condition was associated with
cariogenic factors. Tooth decay could also have been the cause of the numerous abscesses and periapical ostei-
tis that were present in the posterior dentition of the entire sample, with the exception of R5. Only R1 presented
a periapical osteitis in the anterior dentition (buccal1 surface of the URI1). All adult individuals present small
calculus deposits covering less than half of the tooth surface. At the end of this section, we briefly describe the
dental pathological conditions for each individual.

Age Number of Number of


Individual Sex Caries AMTL Abscess Calculus
class upper teeth lower teeth
Z1 F Adult 15 14 Present Present Present Present
R1 M Adult 8 11 Present Present Present Present
R2 M Adult 2 11 Present Present Present Present
R3 M? Adult - 13 Present Absent Present Present
R5* F Adult 4 10 Present Present Absent Present

Table 4 – Arma dell’Aquila: Individuals affected by caries, ante mortem tooth loss (AMTL), abscesses, and calculus * (Formicola
pers. comm., 2018).
Individuals affected by caries, ante mortem tooth loss (AMTL), abscesses, and calculus * (FORMICOLA pers. comm., 2018).

A previous study on Neolithic samples from Liguria (Formicola, 1986), had shown differences in the fre-
quency of caries between males and females, with the latter being more affected. This suggested a differential
access to certain food items, possibly related to differences in subsistence activities between sexes. When ex-
trapolating from the Ligurian Neolithic sample used in that study the Arma dell’Aquila individuals, the sample
becomes too small to perform a statistical analysis of sex-based differences. However, in the Arma dell’Aquila
sample the frequency of dento-alveolar pathologies appears high, which is in agreement with a worsening of
oral health conditions with the transition to a diet based on cereals. Future analyses will include these results
in a larger comparative framework.

5.3.1.  Zambelli 1 (Z1)

This individual presented caries on molars of both jaws (URM22, URM3, ULM3, LLM2 and LLM3) and
only one tooth was lost in life (LRM3). A periapical osteitis was observed on LRM2. Calculus deposits cover
many of the lingual and buccal surfaces of the following teeth: URI1, URI2, URC, URP1, URM1, URM3,
ULC, ULP1, ULM1, ULM3, LRI2, LRC, LRP1, LRP2, LRM1, LLI1, LLI2, LLC, LLP1, LLM1, LLM2, and
LLM3. These deposits always cover less than half of the non-occlusal tooth surface (Fig. 23).

5.3.2.  Richard 1 (R1)

This individual presented two teeth affected by caries (URM2 and LLP1) and two abscesses (bucco-mesi-
al3 root of ULM1; root apex of URI1, buccal surface). URP2 and LLM1 were lost ante mortem. In the maxilla,
the calculus is present on URM1, URM2, ULC, ULP2, ULM1, ULM2 and the deposits are mostly located
on the buccal surfaces of the crown. In the mandible, the calculus is presents on LRI1, LRC, LRP1, LRP2,
LRM1, LRM2, LLI1, and LLM2. It is mostly concentrated on the buccal and lingual surfaces of the crowns.
——————————
1
Buccal: surface facing the cheeks and lips. Lingual: surface facing the tongue.
2
Teeth legend: I: incisor; P: premolar; M: molar; U: upper; L: lower; R: right; L: left; d: deciduous; capital letters: indicate the maxilla
or mandible tooth and the permanent tooth (e.g. URI1: upper right9 first incisor), lower case letters: indicate the deciduous tooth (e.g.
URdi1: upper right first deciduous incisors).
3
Mesial: surface of the tooth towards the median line that divided both jaws in two hemiarcates. Distal: the most posterior aspect of
the tooth opposite to the mesial.

– 171
Some roots of these teeth present deposits of calculus, which indicates a retraction of the alveolar margin. The
inner part of the mandible of this individual had a marked bone swelling extending from the canines to the first
molars of the both sides, which aetiology is uncertain but may be related to occlusal stress and poor oral health
(Leonard et al., 2014; Fig. 23).

5.3.3.  Richard 2 (R2)

This individual presented caries in most of the mandibular teeth (LRLI1, LRC, LRP1, LRM1, LLP1,
LLP2, and LLM1). On the left side, caries completely destroyed the crowns, leaving only the roots (Fig. 23).
The maxilla is broken and fragmentary but it was possible to notice the ante mortem tooth loss of several
teeth (URP1, URP2, ULP1, ULP2, ULM1, and ULM2). In the mandible, the AMTL was visible on LLM2.
Alveolar resorption was partial for LRM2 and LLM1, for which the space occupied by the mesial was still
visible. Abscesses and periapical osteitis were present on the root apex of URC, on the mesial roots of LM1
(both sides), and on LRM2 (all located on buccal surfaces). Few teeth presented calculus deposits, which were
located on the lingual surfaces of the crowns of LRP1, LLI2, and LLC.

5.3.4.  Richard 3 (R3)

This individual presented only the dentition of the mandible that is affected by caries (LRM2, LRM3,
LLP1, LLM1, and LLM2). A periapical osteitis is located on the root apex of the LLC, buccal surface. There
was no ante mortem teeth loss. Deposits of calculus are located on buccal and lingual surfaces of roots of LRI1,
LRI2, LRM2, LLI1, LLI2, LLC, LLP1, and LLP2.

5.3.5.  Richard 5 (R5)

This individual presented only LLM1 affected by a caries that destroyed the occlusal, mesial and buccal
surfaces of the crown. It was possible to notice the ante mortem tooth loss of several teeth, especially maxillary
(URP1, ULP1, ULP2, ULM1, ULM2, LRM1, LRM2). LLC presented deposit of calculus (Formicola pers.
comm., 2018).

6.  CONCLUDING REMARKS

The history of anthropological research in Liguria is almost as old as the discipline itself (De Pascale,
2008; Formicola and Holt, 2015). Although the discoveries of the 19th and early 20th century contributed to
giving Liguria a central place in the debate on the Upper Palaeolithic and Neolithic peopling of the western
Mediterranean (e.g. Formicola, 1987; 1995; Formicola et al., 1990; 2005), the methodology used to record
the findings cannot be compared with the recording standards used today, even in cases of exceptional fore-
sight (Maggi, 1997). In addition, attempts to create a complete anthropological/burial database (e.g. Parenti
and Messeri, 1962; Delfino, 1981) were hindered over the decades by the dispersion in various museums of
the collections, some of which were never retrieved, or have been recently re-discovered (Moggi-Cecchi,
2014; Panelli and Rossi, 2015).
The lack of complete knowledge regarding the effective number, and biological profile, of the Ligurian
human remains, as well as of their precise chrono-cultural attribution, has constantly prevented anthropologists
from making more than general inferences about the Neolithic lifestyle, diet and health, and the demograph-
ic profile of these people. This study is part of a renewed attempt towards collecting and organizing all the
available osteological data from the extant Neolithic skeletal series from Liguria, re-analysing the available
documentation from past excavations, and cross-referencing the resulting information with a refined chronolo-
gy obtained from new direct radiocarbon dates. Although the sample size from Arma dell’Aquila is very small
at the moment to make definitive conclusions on the micro-evolutionary processes involved with Neolithic
biocultural adaptation, some interesting initial results can be highlighted.
The previously unrecognized importance of the Arma dell’Aquila site in the context of the early Neolithic
peopling of northern Italy and the western Mediterranean has been highlighted by the results of direct dating
of the skeletons there (Mannino et al., 2018, and Table 1). The individual buried in a stone cist (Zambelli
1) was dated to 4730-4550 cal BC, well within the chronological boundaries of the Square-Mouthed Pottery

172 –
Fig. 23 – Examples of dental pathological conditions at Arma dell’Aquila. a) Zambelli 1: caries on the occlusal surfaces of LLM2,
LLM3, URM2, URM3 (rectangle); b) Richard 1: caries on the occlusal surface of LLP1 and on the distal surface of URM2. Antemortem
tooth loss of LLM1 (rectangle), and bone enlargement of the buccal side of the mandible (mandibular torus) from the canines to the
first molars of both sides (arrow). Deposits of calculus on the mesial surface of URM2 (arrow); c) Richard 2: caries on LLP1, LLP2,
LLM1, and LRM1. Alveolar resorption partial in LLM1 and LRM2 (rectangle). Fragment of upper right jaw with the AMTL of URP1,
and URP2 (arrow). Marked tooth wear in URI1 and URC.

– 173
chrono-cultural phase, providing further evidence that this type of funerary behaviour may have been “typical”
for this period in Ligurian caves.
In contrast, five of the burials discovered by Richard, Richard 1 through 5, appear to be chronologically
situated in an earlier phase (Fig. 3), and indeed display some consistent differences in funerary behaviour,
notably the absence of grave goods and a stone cist. Furthermore, they appear aligned in a line and oriented
feet-against-feet, head-against-head, and evidence points towards the presence of stone elements marking the
location and position of their graves. However, more research is necessary to understand whether it is possi-
ble to discern clear differences in funerary behaviour based on Neolithic chrono-cultural phases in Liguria:
crouched burials in a simple pit and without grave goods may also have been common in the Square-Mouthed
Pottery phase, as seen elsewhere in northern Italy (e.g. Bernabò Brea et al., 2010). Nevertheless, in addition
to contributing to untangling this issue, the five burials in the alignment currently constitute the earliest evi-
dence of an apparently organized funerary space in the Neolithic of northern Italy. Finally, the “Sepoltura del
Fanciullo” (Richard 6), dated to 5650-5540 cal BC, well within the Impresso-Cardial complex timeframe, is
presently the oldest burial from the Neolithic of Liguria, and therefore of northern Italy.
In addition to the burials, a box containing “scattered remains” from Richard’s excavations was analysed
for the first time. Through osteological analysis we were able to identify at least nine new individuals, as
well as attributing several scattered elements to the burials unearthed in the 1938 and 1942 excavations. The
cross-referencing of these data with the excavation diaries contributed to the reconstruction of the nature of
the deposit and of the post-depositional processes that occurred at the site. For example, it is clear that all the
burials were disturbed in various degrees by erosive processes and later human and animal activity at the site,
and that the archaeological layers against the rock wall at the site were commingled.
By recognizing new individuals, the study improved our understanding of the biological composition of
the assemblage, overturning the previously apparent observation that the assemblage was skewed towards
adults. Although the skeletal series still constitutes a small sample for making any definitive palaeodemo-
graphic reconstruction, the first preliminary remarks point towards an absence of selection of the individuals
to be buried, and suggest that the assemblage is compatible with an attritional profile representing a population
with low life expectancy. This result needs to be confirmed through further research, but it is particularly im-
portant considering the palaeopathological observations made at Arma dell’Aquila.
Two adults from Richard’s alignment of burials (R1 and R2) show lesions which are suggestive of oste-
oarticular tuberculosis, particularly vertebral involvement as well as other skeletal alterations (e.g. periostitis,
osteoarthritis, maxillary abscesses, and cranial lesions) that may contribute to our understanding of the Neolithic
manifestation of this disease. Another adult individual (RS5) shows lesions that are non-pathognomonic, but
compatible with tuberculous infection. The possibility that at least two individuals from the five belonging to
the alignment may have been affected by tuberculosis is particularly relevant for the palaeoepidemiology of this
disease. In fact, it should be taken into account that skeletal involvement occurs in only 2-5% of the cases of
untreated active tuberculosis (e.g. Resnick and Niwayama 1995; Holloway et al., 2011), and it is rarely seen in
the bioarchaeological record (Roberts and Buikstra, 2003). For example, at Neolithic Çatalhöyük (Turkey) no
clear case is documented despite the recovery of over 500 burials (Knüsel pers. comm., 2017). The prevalence
of this disease may therefore have been exceptionally high in the Neolithic of Liguria, although a better palae-
odemographic characterization is necessary in order to translate lesion frequency into estimates of prevalence.
Nevertheless, the results from Arma dell’Aquila expand the chronological range of potential cases of tuberculosis,
given that the previous published cases in the area date to the later Square-Mouthed Pottery chrono-cultural phase
(Formicola et al., 1987; Canci et al., 1996; Sparacello et al., 2017). Finally, in agreement with a scenario of a
highly infectious environment, three individuals display manifest or potential developmental disturbances. One
child displays a rare condition of extreme gracility of all bones, compatible with a severe congenital, neoplastic,
or infectious related systemic disturbance in the skeletal development. Two individuals show cranial vault thin-
ning of uncertain etiology, which may be related also to a developmental defect. Future research will explore the
palaeoepidemiology of tuberculosis in the Neolithic of Liguria, and will attempt to identify possible risk factors
for this population, for example proximity with livestock or dairy consumption.
Overall, the results of the anthropological and archaeothanathological studies performed at Arma
dell’Aquila constitute a significant improvement of our understanding of funerary practices and health
and well-being in the Neolithic, and contribute towards exploring biocultural adaptations and competitive
advantages/disadvantages of a Neolithic way of life. Results demonstrate that efforts towards a rigorous
re-analysis and a refining of the chronology of the skeletal remains from old excavations can be fruitful, and
encourages future studies following the same multidisciplinary approach.

174 –
Acknowledgements and funding statement
The authors thank the Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia,
La Spezia e Savona for the permission to conduct this work. For patient assistance during data collection and collaboration during the
analysis, we thank the Director Daniele Arobba, the Curator Andrea De Pascale, and all the staff of the Museo Archeologico del Finale.
Thanks to Christopher Knüsel, Sébastien Villotte, Giuseppe “Cisque” Vicino, Maria Tagliafico, and Vincenzo Formicola for their im-
portant scientific input. Vincenzo Formicola also kindly provided some data on dental anthropology and X-rays.
This study has received financial support from the French State in the framework of the “Investments for the future” Program, IdEx
Bordeaux, reference ANR-10-IDEX-03-02, and from the European Union’s Horizon 2020 research and innovation programme under
the Marie Skłodowska-Curie grant agreement No 752626.

REFERENCES

AlQahtani, S.J., Hector, M.P. and Liversidge, H.M. 2010 – The London atlas of human tooth and eruption. American Journal of
Physical Anthropology, 142: 481–490.

Alt, K.W. and Jeunesse, C. 2006 – Blutiges Ritual oder medizinische Indikation? Reflexionen über die älteste Schädeltrepanation
Mitteleuropas aus Ensisheim, Elsass (Frankreich). In: Piek, J. and Terberger, T. (eds.) Frühe Spuren der Gewalt -
Schädelverletzungen und Wundversorgung an prähistorischen Menschenresten aus interdisziplinärer Sicht. Beiträge zur Ur- und
Frügeschichte Mecklenburg-Vorpommerns. Landesamt für Kultur und Denkmalpflege, Schwerin: 51–60.

Alt, K.W., Jeunesse, C., Buitrago-Téllez, C.H., Wächter, R., Boës, E. and Pichler, SL. 1997 – Evidence for stone age cranial
surgery. Nature, 387: 360.

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. and Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila (Finale Ligure –
Savona). Atti della XXVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 541–551.

Aufderheide, A. and Rodríguez Martin, C. 1998 – The Cambridge encyclopedia of human paleopathology. Cambridge University
Press, Cambridge.

Bagolini, B. and Grifoni Cremonesi, R. 1994 – Il Neolitico italiano: facies culturali e manifestazioni funerarie. Bullettino di
Paletnologia Italiana, 85 (III): 139–170.

Barbian, L.T. and Sledzik, P.S. 2008 – Healing Following Cranial Trauma. Journal of Forensic Sciences, 53: 263–268.

Beeching, A. and Crubézy, E. 1998 – Les sépultures chasséennes de la vallée du Rhône. In: Guilaine, J. (ed.) Sépultures d’Occident
et genèses des mégalithismes (9000 – 3500 avant notre ère). Séminaire du Collège de France. Editions Errance: 147–164.

Bello, S.M., Thomann, A., Signoli, M., Dutour, O. and Andrews, P. 2006 – Age and sex bias in the reconstruction of past popula-
tion structures. American Journal of Physical Anthropology, 129: 24–38.

Bennike, P. 2003 – Ancient Trepanations and Differential Diagnoses: A Re-evaluation of Skeletal Remains from Denmark. In: Arnott,
R., Finger, S. and Smith, C.U.M. (eds.) Trepanation – History, Discovery, Theory. Swets & Zeitlinger Publishers, Lisse, The
Netherlands: 95–115.

Bernabò Brea, L. 1946 – Gli scavi nella Caverna delle Arene Candide Parte I. Gli strati con ceramiche. Collezione di Monografie
Preistoriche ed Archeologiche, I. Istituto di Studi Liguri, Bordighera.

Bernabò Brea, L. 1956 – Gli scavi nella caverna delle Arene Candide (Finale Ligure) Parte prima: gli strati con ceramiche. Vol 2°: Campagne
di scavo 1948-50. Istituto internazionale di Studi Liguri, Collezioni di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, Bordighera.

Bernabò Brea, M., Maffi, M., Mazzieri, P. and Salvadei, L. 2010 – Testimonianze funerarie della gente dei Vasi a Bocca Quadrata
in Emilia occidentale. Archeologia e antropologia. Rivista di Scienze Preistoriche, 60: 63–126.

Bernabò Brea, M., Maffi, M., Mazzieri, P., Salvadei, L. and Tirabassi, I. 2014 – Le necropoli VBQ in Emilia. In: Bernabò Brea,
M., MAggi, R. and Manfredini, A. (eds.) Atti del Convegno Il Pieno Neolitico in Italia. Finale Ligure (8–10 Giugno 2009).
Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 303–314.

Beyneix, A. 1997a – Les sépultures cardiales et épicardiales de France méridionale. Bulletin de la Société Préhistorique Française,
94: 191–196.

Beyneix, A. 1997b – Les sépultures Chasséennes du sud de la France. Zephyrus, 50: 125–178.

– 175
Beyneix, A. 2008 – Mourir au Néolithique ancien en France Méditerranée. L’anthropologie, 112: 641–660.

Biagi, P. and Starnini, E. 2016 – La cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): distribuzione, cron-
ologia e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Martí
Oliver. Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119: 35–49. València.

Bocquet, J.-P. and Masset, C. 1977 – Estimateurs en paléodémographie. L’Homme, 17 (4): 65–90.

Bozza, V.V., D’Attilio, L., Mahuad, C.V., Giri, A.A., Del Rey, A., Besedovsky, H., Bottasso, O. and Bay, M.L. 2007 – Altered cor-
tisol/DHEA ratio in tuberculosis patients and its relationship with abnormalities in the mycobacterial-driven cytokine production
by peripheral blood mononuclear cells. Scandinavian Journal of Immunology, 66: 97–103.

Branch, N.P., Black, S., Maggi, R. and Marini, N.A. 2014 – The neolithisation of Liguria (NW Italy): an environmental archaeolog-
ical and palaeoenvironmental perspective. Environmental Archaeology, 19 (3): 196–213.

Broca, P. 1876 – Sur les trépanations préhistoriques. Bulletins de la Société d’anthropologie de Paris, 11: 236–256.

Broca, P. 1877 – Sur la trépanation du crâne et les amulettes crâniennes à l’époque néolithique. Ernest Leroux Editeur, Paris.

Brothwell, D. and Browne, S. 2002 – Skeletal atrophy and the problem of the differential diagnosis of conditions causing paralysis.
Antropologia Portuguesa, 19: 5–17.

Camp, J.D. and Nash, L.A. 1944 – Developmental thinness of the parietal bones. Radiology, 42: 42–47.

Canci, A. and Formicola, V. 1997 – Una sintesi sui principali aspetti d’interesse paleopatologico nel materiale preistorico del Finalese.
In: Atti della Tavola rotonda Paleopatologia e ricostruzione delle condizioni di vita e di salute delle popolazioni del passato.
Finale Ligure, 25 maggio 1996. Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 3: 23–28.

Canci, A., Minozzi, S. and Borgognini Tarli, S. 1996 – New evidence of tuberculous spondylitis from Neolithic Liguria (Italy).
International Journal of Osteoarchaeology, 6: 497–501.

Cohen, M.N. and Armelagos, G.J. 1984 – Paleopathology at the origins of agriculture. Academic Press, Orlando.

Cohen, M.N. and Crane-Kramer, M.M. 2007 – Editor’s summation. In: Cohen, M.N. and Crane-Kramer, M.M. (eds.) Ancient
Health - skeletal indicators of agricultural and economic intensification. University Press of Florida, Gainesville.

Cope, D. and Dupras, T. 2011 – Osteogenesis imperfecta in the archaeological record: an example from Dakhleh Oasis, Egypt.
International Journal of Paleopathology, 1: 188–199.

Coqueugniot, H., Dutailly, B., Desbarats, P., Boulestin, B., Pap, I., Szikossy, I., Baker, O., Montaudon, M., Panuel, M.,
Karlinger, K., Kovacs, B., Kristof, L.A., Palfi, G. and Dutour, O. 2015 – Three–dimensional imaging of past skeletal TB:
From lesion to process. Tuberculosis, 95: S73–S79.

Delfino, E. 1981 – Liguria Preistorica – sepolture dal Paleolitico Superiore all’Età del Ferro in Liguria e nell’area ligure. Sabatelli
Editore, Savona.

Del Lucchese, A. 1997 – The Neolithic burials from Arene Candide: the Bernabò Brea-Cardini excavation. In: Maggi, R., Starnini, E.
and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: a functional and environmental assessment of the holocene sequence (excavations Bernabò
Brea-Cardini 1940-1950). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 605–609. Il Calamo, Roma.

Demirjian, A. 1986 – Dentition. In: Falkner, F. and Tanner, J.M. (eds.) Human growth - a comprehensive treatise. Plenum Press,
New York: 198–269.

De Pascale, A., 2008 – Le prime esplorazioni nelle caverne ossifere del Finalese: tracce, ipotesi e scoperte ad opera di Issel, Perrando,
Morelli, Rovereto, Rossi, Amerano. In: De Pascale, A., Del Lucchese, A. and Raggio, O. (eds.) La nascita della Paletnologia
in Liguria. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 223–248.

De Pascale, A. and Stefani, M. 2018 – Scoperte e ricerche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): dalla segnalazione di G.B.
Amerano allo scavo del 1942. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi nell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona):
Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia,
Quaderno 15: 13–43. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Djuric, M., Djukic, K., Milovanovic, P., Janovic, A. and Milenkovic, P. 2011 – Representing children in excavated cemeteries: the
intrinsic preservation factors. Antiquity, 85 (327): 250–262.

Duday, H. 2009 – The archaeology of the dead – lectures in archaeothanatology (translated by Cipriani, A.M. and Pearce, J.) Oxbow
Books, Oxford.

176 –
Elmi, A., Tabrizi, A. and Tolouei, F.M. 2013 – Skeletal tuberculosis presenting as small cystic lesion in the medial femoral condyle.
Archives of Bone Joint Surgery, 1 (2): 112–115.

El-Najjar, M.Y., DeSanti, M.V. and Ozebek, L. 1978 – Prevalence and possible etiology of dental enamel hypoplasia. American
Journal of Physical Anthropology, 48: 185–192.

Emery, A. E. 2002 – The muscular dystrophies. The Lancet, 359 (9307): 687–695.

Etna, M.P., Giacomini, E., Severa, M. and Coccia, E.M. 2014 – Pro-and anti-inflammatory cytokines in tuberculosis: A two-edged
sword in TB pathogenesis. Seminars in Immunology, 26: 543–551.

Formicola, V. 1986 – The dentition of the Neolithic sample from Western Liguria (Italy). Ossa, 13: 97–107.

Formicola, V. 1987 – Neolithic transition and dental changes: the case of an Italian site. Journal of Human Evolution, 16: 231–239.

Formicola, V. 1995 – X-linked hypophosphatemic rickets: a probable Upper Paleolithic case. American Journal of Physical
Anthropology, 98: 403–409.

Formicola, V., Frayer, D.W. and Heller, J.A. 1990 – Bilateral absence of the lesser trochanter in a Late Epigravettian skeleton from
Arene Candide. American Journal of Physical Anthropology, 83: 425–437.

Formicola, V. and Holt, B.M. 2015 – Tall guys and fat ladies: the Grimaldi’s Upper Paleolithic burials and figurines in an historical
perspective. Journal of Anthropological Sciences, 93: 71–88.

Formicola, V., Milanesi, Q. and Scarsini, C. 1987 – Evidence of spinal tuberculosis at the beginning of the fourth millennium BC
from Arene Candide cave (Liguria, Italy). American Journal of Physical Anthropology, 72: 1–6.

Formicola, V., Pettitt, P.B., Maggi, R. and Hedges, R. 2005 – Tempo and mode of formation of the Late Epigravettian necropolis of
Arene Candide cave (Italy): direct radiocarbon evidence. Journal of Archaeological Science, 32: 1598–1602.

Garn, S.M., Lewis, A.B. and Polacheck, D.L. 1960 – Interrelations in dental development. I. Interrelationships within the dentition.
Journal of Dental Research, 39: 1049–1055.

Gray, P. 1969 – A case of osteogenesis imperfecta, associated with dentinogenesis imperfecta, dating from antiquity. Clinical Radiology,
20: 106–108.

Guy, H., Masset, C. and Baud, C.-A. 1997 – Infant Taphonomy. International Journal of Osteoarchaeology, 7: 221–229.

Han, K. and Chen, X. 2007 – The archaeological evidence of trepanation in early China. Bulletin of the Indo-Pacific Prehistory
Association, 27: 22–27.

Hillson, S. 2000 – Dental pathology. In: Katzenberg, M. and Saunders, S. (eds.) Biological Anthropology of the Human Skeleton.
Wiley-Liss, New York: 249–286.

Hillson, S. 2001 – Recording dental caries in archaeological human remains. International Journal of Osteoarchaeology, 11:
249–289.

Holloway, K.L., Henneberg, R.J., de Barros Lopes, M. and Henneberg, M. 2011 – Evolution of human tuberculosis: A sys-
tematic review and meta-analysis of paleopathological evidence. HOMO - Journal of Comparative Human Biology, 62:
402–458.

Issel, A. 1908 – Liguria Preistorica. Atti della Società Ligure di Storia Patria, vol. XL. Genova.

Jagtap, S.A., Sonawane, D.V. and Saraogi, A.A. 2013 – Isolated tuberculosis of scapula in a young adult. International Journal of
Mycobacteriology, 2: 114–117.

Jain, D., Jain, V.K., Singh, Y., Kumar, S. and Mittal, D. 2009 – Cystic tuberculosis of the scapula in a young boy: a case report and
review of the literature. Journal of Medical Case Reports, 3: 7412.

Kacki, S. 2017 – Influence de l'état sanitaire des populations du passé sur la mortalité en temps de peste: contribution à la paléoépidé-
miologie. Bulletins et Mémoires de la Société d’Anthropologie de Paris, 29 (3-4): 202–212.

Kant, S., Srivastava, R., Verma, A.K., Singh, H.P., Singh, S., Ranganath, T.G. and Anand, S. 2013 – Maxillary sinus tuberculosis:
various presentation. The Indian Journal of Chest Diseases & Allied Sciences, 55 (3): 175–177.

Kaufman, M.H., Whitaker, D. and McTavish, J. 1997 – Differential diagnosis of holes in the calvarium: application of modern
clinical data to palaeopathology. Journal of Archaeological Science, 24: 193–218.

– 177
Kim, K.Y., Bae, J.H., Park, J.S. and Lee, S.-S. 2014 – Primary sinonasal tuberculosis confined to the unilateral maxillary sinus.
International Journal of Clinical and Experimental Pathology, 7 (2): 815–818.

Kremer, W. and Wiese, O. 1930 – Die Tuberkulose der Knochen und Gelenke des Beckens. Ihre Pathologie, Diagnostik, Therapie und
Ihre Soziale Bedeutung. In: Brauer, L. and Ulrici, H. (eds.) Die Tuberkulose und Ihre Grenzgebiele in Einzeldarstellungen.
Springer, Berlin, 8: 191–200.

Larsen, C.S. 1995 – Biological changes in human populations with agriculture. Annual Review of Anthropology, 24: 185–213.

Larsen, C.S. 2006 – The agricultural revolution as environmental catastrophe: implications for health and lifestyle in the Holocene.
Quaternary International, 150: 12–20.

Larsen, C.S., Shavit, R. and Griffin, M. 1991 – Dental caries evidence for dietary change: an archaeological context. In: Larsen, C.S.
and Kelley, M.A. (eds.) Advances in Dental Anthropology. Wiley-Liss, New York: 179–202.

Ledermann, S. 1969 – Nouvelles tables-types de mortalité. Institut National d'Études Démographiques, Travaux et documents n° 53.
Presses universitaires de France, Paris.

Léonard, A., Bayle, P., Murail, P. and Bruzek, J. 2014 – Oral exostoses: an assessment of two hundred years of research. Bulletins
et mémoires de la Société d’Anthropologie de Paris, 26: 1–22.

Lillie, M.C. 1998 – Mesolithic and Neolithic populations of Ukraine: indications of diet from dental pathology. Current Anthropology,
37: 135–142.

Lillie, M.C. 2003 – Cranial Surgery: The Epipalaeolithic to Neolithic Populations of Ukraine. In: Arnott, R., Finger, S. and Smith,
C.U.M. (eds.) Trepanation - History, Discovery, Theory. Swets & Zeitlinger Publishers, Lisse, The Netherlands: 175–188.

Lisowski, F.P. 1967 – Prehistoric and early historic trepanation. In: Brothwell, D. and Sandison, A.T. (eds.) Diseases in Antiquity. A
survey of the diseases, injuries and surgery of early populations. Thomas, Springfield: 651–672.

Lyer, G.V. 1979 – Cerebrospinal fluid rhinorrhoea from massive osteolysis of the skull. Journal of Neurology, Neurosurgery, and
Psychiatry, 42: 767.

Mafart, B., Baroni, I. and Onoratini, G. 2004 – Les restes humains de la grotte de l’Adaouste du Néolithique ancien final (Bouches
du Rhône, France): Cannibalisme ou rituel funéraire. BAR International Series, 1303. Archaeopress, Oxford: 289–294.

Maggi, R. 1997 – Summary: a modern excavation carried out fifty years ago. In: Maggi, R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (ed.).
Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene sequence (Bernabò Brea-Cardini 1940–50).
Memorie dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 635–642. Il Calamo, Roma.

Malik, S., Joshi, S. and Tank, J.S. 2009 – Cystic bone tuberculosis in children – a case series. Indian Journal of Tuberculosis, 56:
220–224.

Mann, R.W. and Hunt, D.R. 2005 – Photographic regional atlas of bone disease. Charles C Thomas Publisher LTD, Springfield (3rd
Edition).

Mann, R.W. and Tuamsuk, P. 2005 – Case report: Differential diagnosis of severe diffuse skeletal pathology in an adult Thai male. In:
Mann, R.W. and Hunt, D.R. (eds.). Photographic Regional Atlas of Bone Disease: A guide to Pathologic and Normal Variation
in the Human Skeleton. Thomas Publisher, Springfield: 213–221.

Mannino, M.A., Talamo, S., Goude, G. and Richards, M.P. 2018. Analisi isotopiche e datazioni sul collagene osseo degli inumati
dell’Arma dell’Aquila /Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale
Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-
Venezia Giulia, Quaderno 15: 183–188. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Mansukoski, L. and Sparacello, V.S. 2018 – Smaller long bone cross-sectional size in people who died of tuberculosis: insights on
frailty factors from a 19th and early 20th century Finnish population. International Journal of Paleopathology, 20: 38–44.

Marchi, D., Sparacello, V.S., Holt, B.M. and Formicola, V. 2006 – Biomechanical approach to the reconstruction of activity pat-
terns in Neolithic Western Liguria, Italy. American Journal of Physical Anthropology, 131: 447–455.

Marchi, D., Sparacello, V.S. and Shaw, C.N. 2011 – Mobility and lower limb robusticity of a pastoralist Neolithic population from
North-Western Italy. In: Pinhasi, R. and Stock, J. (eds.) Human bioarchaeology of the Transition to Agriculture. Wiley-Liss,
New York: 317–346.

Marini, J.C. 2013 – Osteogenesis imperfecta. In: Rosen, C.J. (ed.) Primer on the metabolic bone diseases and disorders of mineral
metabolism. Eight edition. Wiley & Sons, Inc., New York: 822–829.

178 –
Masson, M., Molnar, E., Donoghue, H.D., Besra, G.S., Minnikin, D.E., Wu, H.H.T., Lee, O.Y-C., Bull, I.D. and Plafi, G. 2013 –
Osteological and biomolecular evidence of a 7000 year old case of hypertrophic pulmonary osteopathy secondary to tuberculosis
from Neolithic Hungary. PLOS One, 8, e78252.

Messeri, P. 1958 – Note di paleopatologia sui neolitici della Liguria. Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia, 88: 221–230.

Moggi-Cecchi, J. 2014 – Le collezioni antropologiche. Firenze University Press, Firenze.

Molnar, S. 1972. Tooth wear and culture: a survey of tooth functions among some prehistoric population. Current Anthropology, 13:
511–526.

Nerlich, A., Peschel, O., Zink, A. and Rösing, F.W. 2003 – The pathology of trepanation: differential diagnosis, healing and dry
bone appearance in modern cases. In: Arnott, R., Finger, S. and Smith, C.U.M. (eds.) Trepanation - History, Discovery, Theory.
Swets & Zeitlinger Publishers, Lisse, The Netherlands: 43–51.

Nikita, E., Lahr, M.M. and Mattingly, D. 2013 – Evidence of Trephinations among the Garamantes, a Late Holocene Saharan
Population: Evidence of Trephinations in the Sahara Desert. International Journal of Osteoarchaeology, 23: 370–377.

Olvi, L.G., Lembo, G.M., Velan, O. and Santini-Araujo, E.S. 2015 – Juxta-articular bone cyst. In: Santini-Araujo, E. (ed.)
Tumors and tumor-like lesions of bone: for surgical pathologists, orthopedic surgeons and radiologists. Springer-Verlag,
London: 683–699.

Ortner, D.J. 2003 – Identification of pathological conditions in human skeletal remains. Academic Press, New York. (2nd Edition).

Palmer, P.E.S. 2002 – The imaging of tuberculosis. With epidemiological, pathological, and clinical correlation. Springer-Verlag,
Berlin.

Panelli, C. and Rossi, S. 2015 – Alfred J Wall, Medico inglese dell’esercito delle Indie Orientali, e gli scavi nella Caverna delle Arene
Candide e della Grotta Pollera (Finale Ligure). Archeologia in Liguria, Nuova Serie V (2012-2013): 300–302. Sagep Editori,
Genova.

Parenti, R. and Messeri, P. 1962 – I resti scheletrici umani del Neolitico Ligure. Palaeontographia Italica, 50: 5–165.

Partiot, C., Bessou, M., Chavent, M., Dodré, E., Maureille, B. and Thomas, A. 2017 – Identification des cas de trépanations dans
les populations anciennes: base de données et outil interactif de soutien au diagnostic différentiel. Bulletins et Mémoires de la
Société d'anthropologie de Paris, 29 (3-4): 185-194.

Pearce, M. 2013 – Radiocarbon chronology for the spread of the early Neolithic north through the Tyrrhenian and Ligurian Seas area. In:
Pearce, M. (ed.) Rethinking the North Italian Early Neolithic. Accordia Research Insititute, University of London, London: 21–84.

Provost, S., Binder, D., Duday, H., Durrenmath, G., Goude, G., Gourichon, L., Delhon, C., Gentile, I., Vuillen, M. and
Zemour, A. 2017 – Une sépulture collective à la transition des VIe et Ve millénaires BCE: Mougins – Les Bréguières (Alpes-
Maritimes, France). Gallia Préhistoire, 57: 289–338.

Resnick, D.L. and Kransdorf, M.J. 2005 – Bone and Joint Imaging. Elsevier, Amsterdam (3rd Edition).

Resnick, D.L. and Niwayama, G. 1995 – Osteomyelitis, septic arthritis, and soft tissue infection: Organisms. In: Resnick, D.L. (ed.)
Diagnosis of bone and joint disorders. Sounders, Philadelphia.

Resnick, D.L., Niwayama, G. and Coutssa, R.D. 1977 – Subchondral cysts (geodes) in arthritic disorders: pathologic and radiographic
appearance of the hip joint. American Journal of Roentgenology, 128: 799–806.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Roberts, C.A. and Buikstra, J.E. 2003 – The bioarchaeology of tuberculosis. University Press of Florida, Gainesville.

Roodman, G.D. and Windle, J.J. 2005 – Paget disease of bone. The Journal of Clinical Investigation, 115: 200–208.

Ruff, C.B., Holt, B.M., Sládek, V., Berner, M., Murphy, W., zur Nedden, D., Seidler, H. and Recheis, W. 2006 – Body size, body
proportions, and mobility in the Tyrolean ‘Iceman’. Journal of Human Evolution, 51: 91–101.

Sanchez, J. 2014 – In search of a cause: an etiological analysis of manubrial porosity. MA Thesis, University of Western Ontario.
Electronic Thesis and Dissertation Repository, 2462. http://ir.lib.uwo.ca/etd/2462.

Sanehi, S., Chandrashekhar, D., Chaudhary, N. and Venkatachalam, VP. 2008 – Tuberculosis of paranasal sinuses. Indian Journal
of Otolaryngology and Head & Neck Surgery, 60: 85–88.

– 179
Santini-Araujo, E., Kalil, R.K., Bertoni, F. and Park, Y.-K. 2015 – Tumors and tumor-like lesions of bone. Springer, New
York.

Schwenk, A. and Macallan, D.C. 2000 – Tuberculosis, malnutrition and wasting. Current Opinion in Clinical Nutrition & Metabolic
Care, 3: 285–291.

Séguy, I., Buchet, L., Bringe, A., Belaigues-Rossard, M., Beurnier, P., Couvert, N. and Perraut, C. 2008 – Model life ta-
bles for pre-industrial populations: first application in palaeodemography. In: Bocquet-Appel, J.P. (ed.) Recent advances in
Paleodemography. Springer, Dordrecht: 83–117.

Sellier, P. 1995 – Paléodémographie et archéologie funéraire: les cimetières de Mehrgarh, Pakistan. Paléorient, 21 (2): 123–143.

Sevitt, S. 1981 – Bone repair and fracture healing in man. Churchill Livingstone, Edinburgh.

Shang, Q., Wang, Z., Liu, W., Shi, Y., Cui, L. and Cao. Y. 2001 – Tissue-engineered bone repair of sheep cranial defects with autol-
ogous bone marrow stromal cells. Journal L. and Cao, of Craniofacial Surgery, 12: 586–593.

Shields, D., Robinson, P. and Crowley, T.P. 2012 – Iliopsoas abscess – a review and update on the literature. International Journal
of Surgery, 10: 466–469.

Singh, A., Chatterjee, P., Pai, M.C. and Chacko, R.T. 2009 – Tuberculous osteomyelitis of the scapula masquerading as metastasis.
Journal of Radiology Case Reports, 3: 27–31.

Skinner, M. and Goodman, A.H. 1992 – Anthropological uses of developmental defects of enamel. In: Saunders, S.R. and
Katzenberg, M.A. (eds.) Skeletal Biology of Past Peoples: Research Methods. Wiley-Liss, New York: 153–175.

Smith, B.H. 1991 – Standards of human tooth formation and dental age assessment. In: Kelley, M.A. and Spencer Larsen, C. (eds.)
Advances in dental anthropology. Wiley-Liss, New York: 143–168.

Sorrel, E., Sorrel-Dejerine, M. 1932 – Tuberculose Osseuse et Osteo-Articulaire. Masson, Paris.

Sparacello, V.S., Roberts, C.A., Canci, A., Moggi-Cecchi, J. and Marchi, D. 2016 – Insights on the paleoepidemiology of ancient
tuberculosis from the structural analysis of postcranial remains from the Ligurian Neolithic (northwestern Italy). International
Journal of Paleopathology, 15: 50–64.

Sparacello, V.S., Roberts, C.A., Kerudin, A. and Müller, R. 2017 – A 6,500-year-old Middle Neolithic child from Pollera
Cave (Liguria, Italy) with probable multifocal osteoarticular tuberculosis. International Journal of Paleopathology, 17:
67–74.

Srivastava, P. and Srivastava, S. 2006 – Tuberculosis of the scapula. Indian Journal of Surgery, 68: 27–29.

Suzuki, T., Mineyama, I. and Mitsuhaksi, K. 1984 – Paleopathological study on an adult skeleton of Jomon period from Irie shell
mound, Hokkaido. Journal of the Anthropological Society of Nippon, 92: 87–104.

Tayles, N. and Buckley, H.R. 2004 – Leprosy and tuberculosis in Iron Age southeast Asia? American Journal of Physical Anthropology,
125: 239–256.

Thomas, A. 2011 – Identités funéraires, variants biologiques et facteurs chronologiques : une nouvelle perception du contexte culturel
et social du Cerny (Bassin Parisien, 4700-4300 avant J.-C.). PhD Dissertation, University of Bordeaux (unpublished).

Tripathy, S.K., Sen, R.K., Sharma, A. and Tamuk, T. 2010 – Isolated cystic tuberculosis of the scapula; case report and review of
literature. Journal of Orthopaedic Surgery and Research, 5: 72.

Turgut, M. 2001 – Spinal tuberculosis (Pott’s disease): its clinical presentation, surgical management, and outcome. A survey study
on 694 patients. Neurosurgical Review, 24: 8–13.

Ubelaker, D.H. 1989 – Human skeletal remains: excavation, analysis, interpretation. Taraxacum, Washington.

Vanhoenacker, F.M., Sanghvi, D.A. and De Backer, A.I. 2009 – Imaging features of extraaxial musculoskeletal tuberculosis. The
Indian Journal of Radiology & Imaging, 19 (3): 176-186.

Vardhanabhuti, V., Venkatanarasimha, N., Bhatnagar, G., Maviki, M., Iyengar, S., Adams, W.M. and Suresh, P. 2012 – Extra-
pulmonary manifestations of sarcoidosis. Clinical Radiology, 67: 263–276.

Verano, J.W. 2003 – Trepanation in prehistoric South America: geographic and temporal trends over 2,000 years. In: Arnott, R.,
Finger, S. and Smith, C.U.M. (eds.) Trepanation - History, Discovery, Theory. Swets & Zeitlinger Publishers, Lisse, The
Netherlands: 223–236.

180 –
Vestergaard, P., Glerup, H., Steffensen, B.F., Rejnmark, L., Rahbek, J. and Mosekilde, L. 2013 – Fracture risk in patients with
muscular dystrophy and spinal muscular atrophy. Journal of Rehabilitation Medicine, 33: 150–155.

Walsh, J. 2015 – Normal bone physiology, remodelling and its hormonal regulation. Surgery, 33: 1–6.

Wang, J.Y., Hsueh, P.R., Wang, S.K., Jan, I.S., Lee, L.N., Liaw, Y.S., Yang, P.C. and Luh, K.T. 2007 – Disseminated tuberculosis: a
10-year experience in a medical center. Medicine, 86: 39–46.

Wells, C. 1964 – Bones, bodies and disease: Evidence of disease and abnormality in early man. Thames and Hudson, London.

Wells, C. 1965 – Osteogenesis imperfecta from an Anglo-Saxon burial ground at Burgh Castle, Suffolk. Medical History, 9: 88–89.

Wenaden, A.E.T., Szyszko, T.A. and Saifuddin, A. 2005 – Imaging of periosteal reactions associated with focal lesions of bone.
Clinical Radiology, 60: 439–456.

WHO 2016 – Global Tuberculosis Report 2016.

Ye, M., Huang, J., Wang, J., Ren, J., Tu, J., You, W. and Zhu, T. 2016 – Multifocal musculoskeletal tuberculosis mimicking multiple
bone metastases: a case report. BMC Infectious Diseases, 16: 34.

Yiu Luk, S., Sing Fai Shum, J., Kam Wai Chan, J. and Lai San Khoo, J. 2010 – Bilateral thinning of the parietal bones: a case report
and review of radiological features. Pan African Medical Journal, 4: 1–4.

Zambelli, F.H. 1937 – Relazione sugli scavi compiuti dal gruppo speleologico Mochi nell’Arma dell’Aquila. Letter to Prof. Graziosi
(14 May 1937).

Zemour, A. 2013 – Gestes, espaces et temps funéraires au début du Néolithique (6ème millénaire et 1ère moitié du 5ème millénaire
cal-BC) en Italie et en France méridionale: reconnaissance des témoins archéologiques de l’après-mort. PhD Dissertation,
University of Nice (unpublished).

Zemour, A., Binder, D., Coppa, A. and Duday, H. 2017 – La sépulture au début du Néolithique (VIe millénaire et première moitié du
Ve millénaire cal BC) en France méridionale et en Italie: de l’idée d’une «simple» fosse à une typologie architecturale. Bulletins
et mémoires de la Société d’Anthropologie de Paris, 29: 94–111.

Authors’ addresses:

VITALE S. SPARACELLO; ALESSANDRA VARALLI; CAROLINE PARTIOT, PACEA - UMR 5199, Université de Bordeaux,
Bâtiment B8, Allée Geoffroy Saint Hilaire, CS 50023 33615 PESSAC CEDEX, FRANCE
E-mails: vitale.sparacello@u-bordeaux.fr; alessandravaralli@gmail.com; caroline.partiot@u-bordeaux.fr

CHIARA PANELLI, CNRS-CEPAM UMR7264, Université Côte d'Azur, 24, avenue des Diables Bleus, F-06357 CEDEX 4 NICE;
LASA Laboratorio di Archeologia e Storia Ambientale, DAFIST, Università degli studi di Genova, via Balbi 6, I-16126 GENOVA
E-mail: chiara.panelli@gmail.com

STEFANO ROSSI, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia,
La Spezia e Savona, via Balbi 10, I-16126 GENOVA
E-mail: stefano.rossi@beniculturali.it

IRENE DORI, PACEA - UMR 5199, Université de Bordeaux, Bâtiment B8, Allée Geoffroy Saint Hilaire, CS 50023 33615 PESSAC
CEDEX, FRANCE; Department of Biology, Laboratory of Anthropology, Via del Proconsolo 12, I-50122 FIRENZE
E-mail: irene.dori@u-bordeaux.fr 

GWENAËLLE GOUDE, LAMPEA - UMR 7269 Université Aix Marseille MMSH BP 647, 5 rue du Château de l'Horloge, F-13094
AIX-EN-PROVENCE CEDEX 2
E-mail: goude@mmsh.univ-aix.fr

SACHA KACKI; CHARLOTTE A. ROBERTS, Department of Archaeology, Durham University, South Rd, GB-DH1 3LE,
DURHAM
E-mails: sacha.s.kacki@durham.ac.uk; c.a.roberts@durham.ac.uk

JACOPO MOGGI-CECCHI, Department of Biology, Laboratory of Anthropology, Via del Proconsolo 12, I-50122 FIRENZE
E-mail: iacopo.moggicecchi@unifi.it

– 181
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 183–188

MARCELLO A. MANNINO, SAHRA TALAMO, GWENAËLLE GOUDE


e MICHAEL P. RICHARDS

ANALISI ISOTOPICHE E DATAZIONI SUL COLLAGENE OSSEO


DEGLI INUMATI DELL’ARMA DELL’AQUILA
(FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – Gli scavi condotti all’Arma dell’Aquila hanno portato alla luce numerose sepolture neolitiche, oltre ad ossa umane
sparse, che non erano state precedentemente oggetto di datazione assoluta. In questo contributo vengono presentati i risultati della
datazione al radiocarbonio AMS e delle analisi isotopiche effettuate sul collagene estratto da un totale di 9 ossa umane. Le analisi ele-
mentali ed isotopiche, come anche le percentuali delle rese dell’estrazione, suggeriscono che gli estratti sono compatibili con collagene
ben preservato. Le datazioni radiocarboniche indicano che le sepolture risalgono a un arco temporale compreso fra 5660-4500 anni
calibrati BC, e risultano pertanto attribuibili, per quanto noto in Liguria, al Neolitico antico e medio. Le analisi degli isotopi stabili del
carbonio e dell’azoto attestano che gli individui sepolti all’Arma dell’Aquila consumavano regolarmente carne ed altri prodotti animali,
analogamente ad altri individui neolitici della Liguria e della Provenza.

ABSTRACT – Excavations at the prehistoric site of Arma dell’Aquila have unearthed numerous Neolithic burials, as well as loose
human bones that had not been dated directly. This paper presents the results of AMS radiocarbon dating and stable isotope analyses
undertaken on collagen extracted from a total of 9 human bones. Elemental and isotopic analyses, as well as collagen yields, indicate
that the extracts are well-preserved collagen. The radiocarbon dates show that the burials date to 5660-4500 years calibrated BC,
covering the Early and Middle Neolithic in Liguria. Carbon and nitroge isotope analyses testify that the individuals whose remains
were recovered from Arma dell’Aquila regularly consumed meat and other animal products, similarly to other Neolithic humans from
Liguria and Provence.

Parole chiave – Resti umani, Sepolture, Neolitico, Radiocarbonio, Isotopi


Keywords – Human remains, Burials, Neolithic, Radiocarbon, Isotopes

1. INTRODUZIONE

Nell’ambito del progetto finanziato dalla Comunità Economica Europea (Marie Curie Intra-European
Fellowship) ed intitolato “Stable Isotope Ecology of Hunter-Gatherers in Italy in the Late Pleistocene and the
Early Holocene”, uno degli autori (M.A.M.) ha effettuato campionamenti dei reperti ossei umani e faunistici
rinvenuti durante gli scavi condotti all’Arma dell’Aquila (Richard, 1942) e custoditi al Museo Archeologico
del Finale. Lo scopo di questi campionamenti era di studiare la dieta degli inumati della Liguria per mezzo
delle analisi degli isotopi stabili di carbonio ed azoto e di affinare la loro attribuzione cronologica per mezzo
di datazioni al radiocarbonio AMS su collagene osseo. Di seguito sono descritti i metodi, i risultati e le inter-
pretazioni preliminari delle analisi sin qui eseguite presso il Department of Human Evolution del Max Planck
Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania).
La composizione degli isotopi del carbonio (δ13C) varia nei tessuti degli organismi (vegetali o animali) in
base all’ambiente, sia esso terrestre, dulciacquicolo o marino, da cui provengono i cibi consumati (Lee-Thorp,
2008; Mannino, 2009). L’interpretazione dei valori degli isotopi del carbonio del collagene osseo è sempre sup-
portata da quella dei valori dei rapporti degli isotopi dell’azoto (15N/14N), che a sua volta fornisce dati sul livello
trofico di un organismo, ovvero sulla sua posizione nella catena alimentare, e sul suo tipo di dieta (erbivora, omni-
vora o carnivora). Queste ricostruzioni sono rese possibili dal fatto che i valori dei rapporti degli isotopi dell’azoto
(δ15N) risultano più elevati di circa 3-5‰ (‰ = parti per mille) nel consumatore rispetto al cibo consumato; per
esempio un carnivoro avrà una composizione isotopica arricchita di 3-5‰ rispetto alla sua preda (Bocherens e

– 183
Drucker, 2003). Le analisi degli isotopi del carbonio e dell’azoto sul collagene osseo nel loro insieme ci infor-
mano principalmente sulla componente proteica della dieta, dato che nel caso di diete caratterizzate anche da un
moderato consumo carneo, i valori isotopici derivati da carboidrati e lipidi risulterà isotopicamente non tracciabi-
le. A causa di questa ‘limitazione’, questo metodo di ricostruzione della paleodieta raramente fornisce indicazioni
utili sulla componente vegetale della sussistenza (Lee-Thorp, 2008; Mannino, 2009).

2.  MATERIALI E METODI

In totale 9 ossa umane dall’Arma dell’Aquila sono state campionate al fine di eseguire analisi isotopiche
e di ottenere datazioni al radiocarbonio AMS su collagene osseo (Tab. 1 e 2). Sei di queste provengono dalle
sepolture rinvenute durante gli scavi pubblicati da F.H. Zambelli (1937) (S-EVA 11522) e C. Richard (S-EVA
11523-11527), un individuo è l’infante dalla cosiddetta ‘sepoltura del fanciullo’ rinvenuta da Richard (S-EVA
11528) ed i rimanenti due esemplari campionati sono frammenti craniali rinvenuti rispettivamente nei focolari 6°
(S-EVA 11529) e 7° (S-EVA 11530 (vedi Sparacello et al., 2018). Sparacello in maiuscoletto, et al. in corsivo). I
metodi di estrazione del collagene per le datazioni al radiocarbonio AMS e le analisi degli isotopi sui resti umani
sono quelli proposti da Talamo e Richards (2011). Tutti gli estratti sono compatibili con collagene ben preser-
vato,
OxCal secondo
4.2 (Bi RONK
criteriRqualitativi
AMSEY e proposti da van
LEE, 2013), Klinken la
utilizzando (1999),
curvacome indicano i dati
di calibrazione presentati
IntCal13 nella Tabella
(REIMER
1.etLe datazioni
al., 2013). sono state effettuate presso il laboratorio di Oxford (OxA), come descritto in dettaglio nella
didascalia
OxCal 4.2 della TabellaR2.
(BRONK I metodi
AMSEY e Ldi
EEestrazione del collagene
, 2013), utilizzando la osseo
curva per le analisi isotopiche
di calibrazione IntCal13sulle
(Rfaune
EIMERsono
quelli del Department
et al., 2013). of Human Evolution presso il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (Lipsia,
Germania) ed includono l’ultrafiltrazione (Sealy et al., 2014).

lab. N. sepoltura sesso / età elemento δ13C δ15N %C %N C/N %


S-EVA (n. scheletro) (‰) (‰) coll.
11522 Zambelli (R1) femmina adulta costa -20,213 8,9 15 44,1 16,1 3,2 4,8
lab. N. sepoltura sesso / età elemento δ C δ N %C %N C/N %
11523 Richard 1 (R1) maschio adulto costa -20,2 8,7 39,3 13,5 3,4 1,6
S-EVA (n. scheletro) (‰) (‰) coll.
11524 Richard 2 (R2) maschio adulto costa -19,8 9,2 42,6 15,4 3,2 2,8
11522 Zambelli femmina adulta costa -20,2 8,9 44,1 16,1 3,2 4,8
11525 Richard 3 (R3)1 maschio adulto costa -20,1 9,8 45,5 16,5 3,2 4,5
11523 Richard 1 maschio adulto costa -20,2 8,7 39,3 13,5 3,4 1,6
11526 Richard 4 (R3)1 adultoIb
infans costa -19,9 9,6 46,2 16,8 3,2 4,9
11524
11527 Richard 2 maschio adulto
Richard 5 (R5) femmina adulta costa
costa -19,8
-20,4 8,5 9,2 29,442,610,015,43,4 3,21,1 2,8
11525 ‘sep. Richard
11528 3 (R6)maschio
del fanciullo’ infans Iadulto
b costa
costa -20,1 11,19,8 42,4
-19,2 45,515,416,53,2 3,21,8 4,5
11526
11529 Richard 4
6° focolare (RS2) adulto
infans Ia costa
cranio -19,9
-18,8 12,1 43,0 9,6 46,215,516,83,2 3,23,7 4,9
11527
11530 Richard 5
7° focolare (RS3) femmina
adulto adulta costa
cranio -20,4
-19,6 8,5 8,5 45,229,416,510,03,2 3,43,2 1,1
11528 ‘sep. del fanciullo’ infans I costa -19,2 11,1 42,4 15,4 3,2 1,8
11529
Tab. 6° focolare
1 – Dati degli isotopi infans
stabili del carbonio (δ13C) I (δ15N) cranio
e dell’azoto -18,8 dalle12,1
dal collagene estratto 43,0
ossa degli inumati 15,5 3,2 3,7
di Arma dell’Aquila
(incluso dalla cosiddetta ‘sepoltura del fanciullo’) e di altri umani i cui resti sono stati trovati alla base della sequenza neolitica nello
11530 7° focolare adulto cranio -19,6 8,5 45,2 16,5 3,2 3,2
stesso sito. Oltre ai dati isotopici, vengono riportati la composizione elementale di carbonio (%C) ed azoto (%N), i rapporti elementali
C/N e le percentuali di collagene estratto (% coll.) dai frammenti di osso sottocampionati. I valori isotopici, elementali e le percentuali
di n. lab. di tutti glin.
estratto lab. umani campionati
individui sepoltura
dall’Arma datazione
(n. dell’Aquila anni calendariali
sono compatibili anni calendariali
con quelli di collagene biogenico, secondo i
S-EVA qualitativiradiocarbonio scheletro) o contesto 14 sono ripresecalibrati BP (1σ) calibrati BP (2σ)
criteri stabiliti da van Klinken (1999). Le C (BP)
sigle tra parentesi da Sparacello et al., 2018.1

11522 OxA-V-2365-37 Zambelli 5804±33 6660-6560 6680-6490


n. lab.
11523 n. lab.
OxA-V-2365-36 sepoltura1 (n.
Richard datazione
6318±33 anni calendariali 7310-7170
7280-7170 anni calendariali
S-EVA radiocarbonio scheletro) o contesto 14 calibrati BP (1σ) calibrati BP (2σ)
11524 OxA-V-2365-35 Richard 2 C (BP)
6155±34 7160-6990 7170-6950
11522
11525 OxA-V-2365-37
OxA-V-2365-34 Zambelli
Richard 3 (Z1) 5804±33
6029±33 6660-6560
6940-6800 6680-6490
6970-6780
11523
11526 OxA-V-2365-36
OxA-V-2365-33 Richard4 1 (R1) 6114±32
Richard 6318±33 7280-7170
7160-6930 7310-7170
7160-6890
11524
11527 OxA-V-2365-35
OxA-V-2365-32 Richard5 2
Richard (R2) 6155±34
6118±33 7160-6990
7160-6930 7170-6950
7160-6900
11525
11528 OxA-V-2365-34 ‘sep. del
OxA-V-2365-31 Richard 3 (R3) 6678±33
fanciullo’ 6029±33 6940-6800
7590-7510 6970-6780
7610-7480
11529
11526 OxA-V-2365-51
OxA-V-2365-33 6°Richard
focolare4 (R3) 5738±33
6114±32 6620-6480
7160-6930 6640-6440
7160-6890
11530
11527 OxA-V-2365-50
OxA-V-2365-32 7°Richard
focolare5 (R5) 6669±34
6118±33 7580-7500
7160-6930 7600-7470
7160-6900
11528 OxA-V-2365-31 ‘sep. del fanciullo’(R6) 6678±33 7590-7510 7610-7480
11529 OxA-V-2365-51 6° focolare (RS2) 5738±33 6620-6480 6640-6440
11530 OxA-V-2365-50 7° focolare (RS3) 6669±34 7580-7500 7600-7470
Tab. 2 – Datazioni al radiocarbonio AMS sul collagene osseo degli inumati dell’Arma dell’Aquila eseguite presso l’Oxford Radiocarbon
Accelerator Unit (OxA), calibrate con il programma OxCal 4.2 (Bronk Ramsey e Lee, 2013), utilizzando la curva di calibrazione
IntCal13 (Reimer et al., 2013). Le sigle tra parentesi sono riprese da Sparacello et al., 2018.

184 –
Il fatto che la percentuale di estratto, oltreché le composizioni elementali ed isotopiche, siano compatibili
con collagene biogenico implica che i dati degli isotopi del carbonio e dell’azoto possono essere validamente
utilizzati per ricostruire la dieta dei neolitici dell’Arma dell’Aquila. Al fine di effettuare uno studio paleonu-
trizionale sulla base della composizione isotopica del collagene osseo umano è necessario analizzare faune
contemporanee agli umani di cui si vuole ricostruire la dieta, poiché soltanto tenendo conto della composizione
isotopica dei possibili cibi oggetto di consumo si possono interpretare con cognizione di causa i dati isotopici
ottenuti analizzando i tessuti di un animale omnivoro come l’uomo, collocandolo con precisione nella rete
trofica locale (Mannino, 2009). Ciò è stato fatto in uno studio specialistico (Mannino et al., in preparazione)
di cui qui riportiamo soltanto i risultati principali con le considerazioni che ne conseguono.

3.  RISULTATI

Le datazioni al radiocarbonio AMS sul collagene osseo estratto dai resti umani di Arma dell’Aquila,
elencate nella Tab. 2, ci consentono di stabilire la cronologia assoluta di ciascun inumato e l’intervallo cro-
nologico durante il quale il sito venne utilizzato a fini sepolcrali. Le date sulle ossa umane recuperate nei
focolari 6° e 7° fanno supporre che questa parte del deposito si accumulò all’incirca tra i 5660 ed i 4500
anni calibrati BC. Tutti gli individui rinvenuti in sepolture più o meno formali, compreso l’infante dalla
cosiddetta ‘sepoltura del fanciullo’, sono databili a questo intervallo temporale (equivalente ad un periodo
compreso all’incirca tra 7600 e 6440 anni calibrati BP). Tenendo conto della cronologia del Neolitico della
Liguria occidentale (Maggi et al., 1997; Pearce, 2013; Biagi e Starnini, 2016) possiamo ipotizzare che:
1) ‘del fanciullo’ (R6) e l’individuo adulto del 7° focolare (RS3), risalgano al Neolitico antico; 2) le sepol-
ture Richard 2, 3, 5 e probabilmente 4 risalgano al momento più antico del Neolitico medio; 3) mentre la
sepoltura scoperta da Zambelli e l’infante i cui resti sono stati recuperati nel 6° focolare (RS2), risalgano al
Neolitico medio (Starnini e Biagi, 2018).
La composizione isotopica degli individui adulti dall’Arma dell’Aquila è caratterizzata da valori degli
isotopi del carbonio (δ13C) e dell’azoto (δ15N) che in media sono rispettivamente di -20,0±0,3‰ e 9,0±0,5‰
(Tab. 1). La composizione isotopica del carbonio è tipica di quella di animali che vivono in ambienti temperati
(dominati da piante C3). Nonostante la distanza non elevata dal mare, possiamo escludere che le risorse ittiche,
o altre risorse acquatiche, siano state consumate. I valori degli isotopi dell’azoto sono arricchiti di circa 6,5‰
rispetto a quelli delle mucche (Bos taurus), 4,6‰ rispetto agli ovicaprini (Ovis vel Capra) e 4,3‰ rispetto ai
maiali (Sus scrofa). Dato che il cosiddetto step trofico (ovvero la differenza nella composizione isotopica tra
predatore e preda) si aggira intorno a 3-5‰ (Bocherens e Drucker, 2003), le differenze nella composizione
isotopica dell’azoto tra animali domestici ed umani analizzati indicano che questi ultimi abbiano ottenuto gran
parte delle proteine dal consumo di carne di mammiferi erbivori ed omnivori (che probabilmente includevano
anche animali cacciati), oltreché da prodotti secondari come i latticini. Queste ricostruzioni sono in accordo
con i risultati dello studio archeozoologico effettuato da M. Bon e M. Stefani (2018) sui resti faunistici
dall’Arma dell’Aquila, oltreché con l’interpretazione del campione faunistico della vicina Caverna delle Arene
Candide (Rowley-Conwy, 2000).
Il numero limitato di campioni analizzati non ci consente di avanzare ipotesi statisticamente rilevanti con i
dati in nostro possesso circa eventuali differenze nelle diete di uomini e donne. Possiamo, tuttavia, notare che i
maschi hanno valori δ15N superiori a quelli delle femmine (rispettivamente 9,2‰ e 8,7‰); questo potrebbe in-
dicare un maggiore consumo di carne da parte dei primi. Questa disparità nella dieta potrebbe essere attribuita
alle diverse attività svolte da maschi e femmine, con i primi dediti ad attività che prevedevano una maggiore
mobilità nel territorio (Marchi et al., 2006). Un’altra lieve tendenza osservata nei valori degli isotopi dell’a-
zoto è il loro arricchimento nel corso del tempo, fatto che potrebbe indicare un aumento del consumo carneo
e/o di latticini dal Neolitico antico al medio e, quindi, il maggiore contributo della pastorizia all’economia di
sussistenza già ipotizzato da altri studiosi (Maggi e Nisbet, 1991; Maggi et al., 1997).

4.  CONCLUSIONI

Le datazioni al radiocarbonio AMS sul collagene osseo umano dimostrano che l’Arma dell’Aquila fu
utilizzata a scopo sepolcrale a partire dal Neolitico antico sino al Neolitico medio (~5660-4500 anni calibrati
BC). In base ai dati attualmente disponibili, questo sito fu pertanto utilizzato per riti funebri prima di qualsiasi

– 185
altro sito neolitico ligure. Le datazioni degli inumati dell’Arma dell’Aquila sono contemporanee alla fine della
prima fase di frequentazione neolitica della Caverna delle Arene Candide (Biagi e Starnini, 2016), periodo al
quale non è attribuibile nessuna delle numerose sepolture ivi rinvenute.
I valori degli isotopi del carbonio e dell’azoto, ottenuti analizzando il collagene osseo degli inumati
dell’Arma dell’Aquila, sono molto simili a quelli di individui a loro contemporanei sepolti in grotte della
Liguria e della Provenza, come ad esempio la Caverna delle Arene Candide (Le Bras-Goude et al., 2006),
la Grotta della Pollera (Goude et al., 2011), la Grotta di Bergeggi (Goude et al., 2014), il Pian del Ciliegio
(Goude et al., 2014) e Fontbrégoua (Le Bras-Goude et al., 2010). Questo indicherebbe che, in regioni carat-
terizzate da limitate piane costiere e territori collinari e montani, il consumo di proteine di origine animale (ed
in particolare di carne) ebbe un ruolo più importante nella dieta dei gruppi neolitici di quanto ne abbia avuto
in altre aree del Mediterraneo, come ad esempio la Grecia o la Turchia. In queste ultime regioni, la neolitizza-
zione avvenne su più vasta scala, portando alla formazione di insediamenti i cui abitanti probabilmente fecero
più largo consumo di risorse vegetali rispetto ai primi gruppi neolitici liguri (Papathanasiou, 2003; Lösch et
al., 2006; Pearson et al., 2013). Questo implica che, in ambito Mediterraneo, il processo di neolitizzazione
ebbe traiettorie molto diverse a seconda della complessità socio-culturale dei gruppi coinvolti, della natura del
territorio e, almeno in parte, indipendentemente dall’eventuale contributo degli ultimi cacciatori-raccoglitori,
la cui presenza in Liguria è scarsamente attestata (Biagi e Maggi, 1984).

Ringraziamenti
Il presente lavoro è stato finanziato con fondi europei, che M.A.M. ha ottenuto per mezzo di una Marie Curie Intra-European
Fellowship (grant number: PIEF-GA-2008-219965). Questa ricerca ha beneficiato dal finanziamento ad opera della Max Planck
Society (Germania) e del sostegno del Prof. Jean-Jacques Hublin del Department of Human Evolution (Max Planck Institute for
Evolutionary Anthropology, Leipzig, Germania). I risultati qui presentati fanno parte di un progetto più ampio, che ha coinvolto nu-
merosi colleghi che saranno co-autori dello studio specialistico sopraccitato e che vorremmo ringraziare: Maura Stefani, Paolo Biagi,
Mauro Bon, Elisabetta Starnini, Angiolo Del Lucchese, Daniele Arobba ed Andrea De Pascale. Infine, un sentito ringraziamento va
anche a Vincenzo Formicola e Vitale Sparacello per le utili discussioni.

——————————
1 
I campioni Richard 3 (S-EVA 11525) e Richard 4 (S-EVA 11526) provengono dalla stessa sepoltura bisoma (Tomba III di Richard) e per questo
motivo sono stati custoditi nella stessa cassa del Museo del Finale, sebbene divisi per individuo. Avendo campionato dei minuti frammenti di coste non
possiamo essere certi di avere campionato entrambi gli individui. Durante il successivo studio antropologico dei materiali scheletrici (vedi Sparacello
et al., 2018). Elementi di costa dell'adulto R3 sono stati rinvenuti commisti a quelli del bambino R4. La verifica dei campioni suggerisce la possibilità
che anche il frammento analizzato attribuito a R4 appartenga a R3. Per i risultati di tutte le datazioni eseguite con diversi metodi, vedi la discussione in
Starnini e Biagi (2018). Va sottolineato che di tutte le date finora eseguite, quelle OxA qui presentate sono le uniche ottenute su collagene ultrafiltrato.

186 –
BIBLIOGRAFIA

Biagi, P. e Maggi, R. 1984 – Aspects of the Mesolithic age in Liguria. Preistoria Alpina, 19: 159–168.

Biagi, P. e Starnini, E. 2016 – La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): Distribuzione,
cronologia e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat
Martí Oliver. Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Valencia, Serie de Trabajos Varios,
119: 35–49.

Bocherens, H. e Drucker, D. 2003 – Trophic level isotopic enrichment of carbon and nitrogen in bone collagen: case studies from
recent and ancient terrestrial ecosystems. International Journal of Osteoarchaeology, 13: 46–53.

Bon, M. e Stefani, M. 2018 – I resti faunistici di mammiferi dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Scavi di Camillo Richard
(1938 e 1942). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i
Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
189–242. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Bronk Ramsey, C. e Lee, S. 2013 – Recent and planned developments of the program OxCal. Radiocarbon, 55: 720–730.

Goude, G., Binder, D. e Del Lucchese, A. 2014 – Alimentation et modes de vie néolithiques en Ligurie. Rivista di Studi Liguri, 77-
79: 371–381.

Goude, G., Müller, K., Buscaglia, F. e Reiche, I. 2011 – Détermination de l’état de conservation, du consolidant et dosages iso-
topiques (δ13C, δ15N) d’ossements d’anciennes collections anthropologiques. Le cas de la grotte La Pollera (Ligurie, Italie).
ArchéoSciences, Revue d’Archéométrie, 35: 223–233.

Le Bras-Goude, G., Binder, D., Formicola, V., Duday, H., Couture-Veschambre, C., Hublin, J.-J. e Richards, M. 2006 –
Stratégies de subsistence et analyse culturelle de populations néolithiques de Ligurie: approche par l’étude isotopique (δ13C et
δ15N) des restes osseux. Bulletins et Mémoires de la Société d’Anthropologie de Paris, 18: 45–55.

Le Bras-Goude, G., Binder, D., Zemour, A. e Richards, M.P. 2010 – New radiocarbon dates and isotope analysis of Neolithic human
and animal bone from the Fontbrégoua Cave (Salernes, Var, France). Journal of Anthropological Sciences, 88: 167–178.

Lee-Thorp, J.A. 2008 – On isotopes and old bones. Archaeometry, 50: 925–950.

Lösch, S., Gruppe, G. e Peters, J. 2006 – Stable isotopes and dietary adaptations in humans and animals at Pre-Pottery Neolithic
Nevalı Çori, Southeast Anatolia. American Journal of Physical Anthropology, 131: 181–193.

Maggi, R. e Nisbet, R. 1991 – Prehistoric pastoralism in Liguria. Rivista di Studi Liguri, 57: 265–296.

Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (eds.) 1997 – Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene
sequence (Excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Monografie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie
5. Il Calamo, Roma: 642 pp.

Mannino, M. 2009 – Le analisi isotopiche sui resti umani. In: Mallegni, F. e Lippi, B. (eds.) ‘Non omnis moriar’ – Manuale di antro-
pologia (dar voce ai resti umani del passato). Edizioni CISU, Roma: 395–424.

Mannino, M.A., Stefani, M., Talamo, S., Biagi, P., Bon, M., Guode, G., Starnini, E., del Lucchese, A., Arobba, D., De Pascale,
A. e Richards, M.P. in preparazione – Central Mediterranean diets in the aftermath of the spread of the Neolithic: the evidence
from Arma dell’Aquila (Liguria, NW Italy).

Marchi, D., Sparacello, V.S., Holt, B.M. e Formicola, V. 2006 – Biomechanical approach to the reconstruction of activity patterns
in Neolithic Western Liguria. American Journal of Physical Anthropology, 131: 447–455.

Papathanasiou, A. 2003 – Stable isotope analysis in Neolithic Greece and possible implications on human health. International
Journal of Osteoarchaeology, 13: 314–324.

Pearce, M. 2013 – Rethinking the North Italian Early Neolithic. Accordia Specialist Studies on Italy, 17. Accordia Research Institute,
University of London.

Pearson, J., Grove, M., Özbek, M. e Hongo, H. 2013 – Food and social complexity at Çayönü Tepesi, southeastern Anatolia: stable
isotope evidence of differentiation in diet according to burial practice and sex in the early Neolithic. Journal of Anthropological
Archaeology, 32: 180–189.

Reimer, P.J., Bard, E., Bayliss, A., Beck, J.W., Blackwell, P.G., Bronk Ramsey, C., Buck, C.E., Cheng, H., Edwards, R.L.,
Friedrich, M., Grootes, P.M., Guilderson, T.P., Haflidason, H., Hajdas, I., Hatté, C., Heaton, T.J., Hoffmann, D.L.,

– 187
Hogg, A.G., Hughen, K.A., Kaiser, K.F., Kromer, B., Manning, S.W., Niu, M., Reimer, R.W., Richards, D.A., Scott, E.M.,
Southon, J.R., Staff, R.A., Turney, C.S.M. e van der Plicht, J. 2013 – IntCal13 and Marine13 radiocarbon age calibration
curves 0-50,000 years cal BP. Radiocarbon, 55: 1869–1887.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Rowley-Conwy, P. 2000 – Milking caprines, hunting pigs: the Neolithic economy of Arene Candide in its West Mediterranean context.
In: Rowley-Conwy, P. (ed.) Animal Bones, Human Societies. Oxbow Books, Oxford: 124–132.

Sealy, J., Johnson, M., Richards, M. e Nehlich, O. 2014 – Comparison of two methods of extracting bone collagen for stable
carbon and nitrogen isotope analysis: comparing whole bone demineralization with gelatinization and ultrafiltration. Journal of
Archaeological Science, 47: 64–69.

Sparacello, V.S., Panelli, C., Rossi, S., Dori, I., Varalli, A., Goude, G., Kacki, S., Partiot, C., Roberts, C.A. e Moggi-Cecchi,
J. 2018 – Archaeothanatology and palaeobiology of the burials and “scattered human remains” from Arma dell’Aquila (Finale
Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i
Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
143–181. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Talamo, S. e Richards, M. 2011 – A comparison of bone pretreatment methods for AMS dating of samples >30,000 BP. Radiocarbon,
53: 443–449.

van Klinken, G.J. 1999 – Bone collagen quality indicators for paleodietary and radiocarbon measurement. Journal of Archaeological
Science, 26: 687–695.

Zambelli, F.H. 1937 – Gli scavi in Val dell’Aquila. Giornale Storico e Letterario della Liguria, XIII (XVI-4): 249–256.

Indirizzi degli Autori:

MARCELLO A. MANNINO, Department of Archaeology and Heritage Studies, School of Culture and Society, Aarhus University,
Moesgård Allé 20, building 4215, 228, DK-8270 HØJBJERG
E-mail: marcello.mannino@cas.au.dk

SARAH TALAMO, Department of Human Evolution, Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, Deutscher Platz 6,
D-04103 LEIPZIG
E-mail: sahra.talamo@eva.mpg.de

GWENAËLLE GOUDE, LAMPEA - UMR 7269 Université Aix Marseille MMSH BP 647, 5 rue du Château de l’Horloge, F-13094
AIX-EN-PROVENCE CEDEX 2
E-mail: goude@mmsh.univ-aix.fr

MICHAEL P. RICHARDS, Department of Archaeology, Simon Fraser University, 8888 University Drive BURNABY, B.C.
CANADA V5A 1S6
E-mail: michael_richards@sfu.ca

188 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 189–242

MAURO BON e MAURA STEFANI

I RESTI FAUNISTICI DI MAMMIFERI


DELL’ARMA DELL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA):
SCAVI DI CAMILLO RICHARD (1938 e 1942)

RIASSUNTO – Nel presente lavoro sono illustrati i risultati ottenuti dall’analisi di quasi 10.000 resti faunistici provenienti dall’Arma
dell’Aquila (Finale Ligure, SV). I reperti selezionati sono quelli raccolti da Camillo Richard nel riparo sottoroccia durante le campagne
di scavo del 1938 e del 1942 e provengono dai livelli pleistocenici e olocenici della stratigrafia. Lo scopo è quello di fornire nuovi dati
sulla gestione delle risorse animali da parte degli occupanti del sito, sulle modalità e intensità di frequentazione del riparo in diversi mo-
menti cronologici e sul paleoambiente. Il campione Paleolitico è di notevole interesse paleontologico, in quanto l’occupazione umana
risulta sporadica e i maggiori frequentatori della grotta erano gli Ursidi. L’uomo ha lasciato testimonianze della sua presenza soprattutto
alla base e alla sommità della sequenza pleistocenica, nei livelli datati all’Aurignaziano e all’inizio dell’Epigravettiano, sotto forma di
tracce di macellazione osservabili su ossa di artiodattili. L’occupazione umana si è intensificata nel Neolitico antico e medio, quando il
riparo era sfruttato a scopo abitativo, funerario e per la stabulazione degli animali domestici. In questi periodi l’economia di sussistenza
si basava principalmente sull’allevamento di caprovini, suini e bovini e sulla caccia di lepre, stambecco, cervo e capriolo.

ABSTRACT – This work presents the results obtained from the analysis of nearly 10,000 faunal remains uncovered from Arma
dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). The selected items were collected by Camillo Richard in the rock shelter during the excavation
campaigns of 1938 and 1942, coming from the Pleistocene and Holocene layers. The scope is to provide new information about the
management of animal resources by the occupants of the site, in terms and intensity of attendance of the shelter in different periods
and the palaeoenvironment. The Palaeolithic sample has mostly a palaeontological interest, since human occupation in this period was
sporadic, and the shelter was mainly inhabited by Ursids. Human settlers left evidences of their presence especially at the bottom and
the top of the Pleistocene sequence, in layers dated to the Aurignacian and early Epigravettian, in the form of tool marks on artiodactyls
bones. Human occupation becomes more intense in the Early and Middle Neolithic, when the site was used as a shelter, burial place
and the housing of domestic animals. In these periods, the subsistence was based on the herding of goat, sheep, pig and cattle and the
hunting of hare, ibex, red and roe deer.

Parole chiave – Liguria, Archeozoologia, Mammiferi, Paleolitico superiore, Economia di sussistenza del Neolitico antico e medio
Keywords – Liguria, Archaeozoology, Mammals, Upper Palaeolithic, Early and Middle Neolithic subsistence economy

1. INTRODUZIONE

Questo lavoro presenta i risultati dell’analisi condotta sui resti di mammiferi raccolti nel riparo sottoroc-
cia dell’Arma dell’Aquila da Camillo Richard. Gli scavi di questo ingegnere appassionato di archeologia, che
aveva lavorato anche nella Caverna degli Armorari o Parmorari (Richard, 1932), si svolsero dal 1938 al 1942.
Da allora, i reperti raccolti sono conservati presso il Museo Archeologico del Finale e, a parte una revisione
condotta su alcune categorie di materiali nella metà degli anni Ottanta (Arobba et al., 1987), non sono stati
fino ad ora oggetto di studio.
L’obiettivo dell’analisi archeozoologica è quello di fornire dati relativi alla gestione delle risorse animali,
al paleoambiente e alle modalità e all’intensità di utilizzo del riparo sottoroccia in vari momenti cronologici.
Una volta confrontati e uniti con il quadro emerso dallo studio di tutti gli altri materiali, questi risultati con-
tribuiranno alla formulazione nuove interpretazioni sullo sfruttamento del sito e dell’ambiente circostante da
parte dei gruppi umani che lo frequentarono.
L’Arma dell’Aquila si apre a 230 m di altezza s.l.m., lungo il fianco occidentale del Bric Spaventaggi,
nella Valle dell’Aquila, percorsa dall’omonimo torrente. Attualmente il sito dista 5 km dal mare.
Secondo le notizie riportate dai suoi scavatori (Silla, 1935; 1937; Richard, 1942), fino agli anni Quaranta
il sito era composto da due caverne, da un riparo sottoroccia e da un talus esterno (Arobba et al., 1987).

– 189
L’intero complesso fu interpretato da Silla come un’unica caverna, la cui volta doveva essere crollata in un
passato non meglio definito. Secondo questa ipotesi, il talus sarebbe interpretabile come l’atrio di questa cavità
e i massi che lo costellavano come i resti del crollo, mentre le due caverne e il riparo sotto roccia sarebbero
tutti appartenuti a un’unica grotta (Silla, 1935; 1937). Questa ipotesi non fu mai confermata con delle analisi
specifiche e quindi non venne più considerata durante gli studi successivi.
Il riparo sottoroccia, scoperto nel 1936, è quello da cui provengono i resti faunistici analizzati nel presente
lavoro. A Richard vennero affidate due campagne di scavo: la prima si svolse dal 18 luglio al 23 settembre
1938 e interessò il talus e il riparo sottoroccia (Richard, 1942); la seconda ebbe luogo dal 17 settembre al 7
novembre 1942 e si concentrò solo sul riparo sottoroccia. Solo i dati raccolti nella prima campagna furono pub-
blicati ma, fortunatamente, durante entrambe le campagne furono redatti dei dettagliati diari di scavo curati da
Camillo Richard (1938 e 1942) e dalla sua assistente Virginia “Ginetta” Chiappella (1942), che restituiscono
preziose informazioni relative allo svolgimento dei lavori e ai reperti portati alla luce.
Negli oltre 10 m di stratigrafia indagata, Richard riconobbe numerosi livelli antropizzati che chiamò “fo-
colari”, separati tra loro da strati considerati sterili e scavati in tagli convenzionali di 20-25 cm, come si deduce
dalla lettura dei diari di scavo. I primi sette focolari vennero attribuiti al Neolitico, gli ultimi tre al Paleolitico
(Richard, 1942). In base ai cartellini che accompagnavano i reperti e li contestualizzavano, sappiamo che
Richard nel 1942 approfondì gli scavi e individuò altri due focolari paleolitici (4° e 5°), ma non pubblicò mai
le informazioni relative a questa campagna (cfr. Starnini e Biagi, 2018: Fig. 32).
I livelli pleistocenici sono separati da quelli olocenici da una zona di transizione spessa oltre 3 m, costitui-
ta da una serie di livelli di limo alternati ad altri composti da fini detriti di calcare e di terriccio, che ha restituito
pochi reperti.

2.  MATERIALI

I materiali analizzati derivano da una selezione effettuata sui resti conservati presso il Museo Archeologico
del Finale. Sono stati scelti soltanto i materiali raccolti durante le campagne del 1938 e del 1942 condotte da
Camillo Richard nel riparo sottoroccia, escludendo quelli raccolti nel talus e nelle due caverne e quelli prove-
nienti da altri sondaggi.
Tutti i materiali privi di contesto, anche se rientravano nella categoria selezionata, sono stati esclusi dall’a-
nalisi. Alcuni reperti conservati a Finale, infatti, erano sicuramente stati raccolti da Richard, ma risultava im-
possibile risalire allo strato di appartenenza: si tratta di materiali prelevati probabilmente a scopo espositivo,
spesso accompagnati da targhette descrittive scritte a mano, ma che erano stati immagazzinati senza riportare
i dati di contestualizzazione.
Il campione selezionato comprende in tutto 9643 reperti; 7836 (81,3%) provengono dai livelli pleistoce-
nici e 1807 (18,7%) dai livelli olocenici (Tab. 5).
Gli strati del riparo sottoroccia in cui sono stati raccolti reperti faunistici sono in tutto 41, 20 riferibili
al Neolitico e 21 al Paleolitico. Fra quelli pleistocenici sono stati inclusi anche i cinque tagli effettuati sotto
al 7° focolare Neolitico. Il 7° focolare viene ritenuto Neolitico in quanto si trova al di sopra dello iato sterile
che lo separa dal 1° focolare Paleolitico ma, come si vedrà in seguito, ha senza dubbio subito rimescolamenti
con quelli sottostanti e ha restituito un reperto attribuibile con ogni probabilità all’inizio dell’Epigravettiano.
Anche lo stato di conservazione dei reperti ha fatto ipotizzare che alcuni resti fossero in posto, mentre altri
provenissero dai livelli sottostanti.
Non si hanno dati relativi alla distribuzione spaziale dei reperti ossei; si può solo calcolare il numero di
resti proveniente da ogni focolare o taglio scavato.
Tutto il materiale osseo era conservato in scatole di cartone, all’interno delle quali i singoli reperti o insiemi
di ossa erano contenuti in sacchetti di plastica, a volte chiusi da graffette metalliche, o avvolti in fogli di quoti-
diano, mentre alcuni erano custoditi in confezioni di sigarette, soluzione adottata per i reperti più piccoli e fragili.
L’indicazione del livello di appartenenza, spesso affiancata anche dalla data di raccolta, era scritta a mano su un
foglietto di carta velina contenuto nei sacchetti, o riportata sulla parte superiore delle scatole di sigarette.
Dalla lettura dei diari di scavo è emerso che una parte dei reperti raccolti fu lasciata fin da subito al Museo
del Finale mentre altri, apparentemente più significativi, furono spediti a Torino, dove Richard risiedeva. Dopo
la sua morte, molti reperti da lui raccolti in diverse grotte del Finalese furono recuperati e trasferiti al Museo
Archeologico del Finale, ma queste vicende portano a sospettare che parte del campione possa essere stato
disperso o abbia perso la sua contestualizzazione durante gli spostamenti.

190 –
3.  METODI

Dai diari di scavo si possono dedurre alcune informazioni relative alle modalità di raccolta e di conserva-
zione dei reperti.
Lo scavo doveva procedere velocemente: lo si intuisce dalla descrizione dei lavori eseguiti giorno per
giorno e dal fatto che molte ossa di dimensioni medie e grandi presentano segni di fratture fresche. In alcuni
casi le ossa rotte sono state incollate in loco, ma non conosciamo il tipo di collante utilizzato; in altri non è stato
fatto e talvolta il pezzo mancante non è stato rintracciato nemmeno in fase di studio. Si parla poi di “cernita”
dei materiali, anche se non viene descritta la metodologia utilizzata. Deve essersi trattato di un vaglio piuttosto
accurato, come si evince dalla presenza nel campione di numerosi frammenti di dimensioni anche inferiori a
1-2 cm e dal fatto che nelle rassegne dei materiali vengono elencati anche reperti di piccole dimensioni, diffi-
cili da individuare a vista durante lo scavo, come ossa di micromammiferi e di uccelli, malacofauna terrestre
e carboni. Non sono state trovate indicazioni circa il tipo di setacciatura, ma è molto probabile che sia stata
effettuata a secco.
Prima di procedere all’analisi dei materiali, i reperti sono stati tutti lavati con acqua. In caso di necessità,
l’asportazione del sedimento che li ricopriva è stata facilitata con l’aiuto di pennelli o spazzolini a setole mor-
bide. Nel caso si siano rintracciati tutti i frammenti appartenenti allo stesso osso con fratture recenti, quindi
provocate durante lo scavo o il trasporto, questi sono stati incollati con una colla solubile in acqua e contati
come un unico reperto.
I reperti ritenuti determinabili, quelli che presentavano tracce antropiche, da carnivori e da roditori e quelli
con particolari segni lasciati da eventi post-deposizionali, sono stati separati e siglati in modo reversibile con
un numero progressivo preceduto dalla sigla AQ. I reperti siglati sono in tutto 2774, 1610 per i livelli pleistoce-
nici (pari al 20,5% dei reperti appartenenti a questi livelli) e 1164 dei livelli olocenici (pari al 64,4% dei reperti
appartenenti a questi livelli). Tutti i materiali siglati sono stati inseriti in un foglio di lavoro Excel, mentre gli
altri sono stati solo conteggiati.
La determinazione dell’elemento anatomico e della specie di appartenenza è stata effettuata avvalendosi
delle collezioni di confronto del Museo di Storia Naturale di Venezia e del Laboratorio di Archeozoologia
dell’Università di Ferrara. Sono stati consultati anche alcuni atlanti osteologici (Pales et al., 1971; Schmid,
1972; Barone, 1980).
Per effettuare la distinzione fra capra (Capra hircus) e pecora (Ovis aries), oltre al confronto con elementi
scheletrici noti, è stato applicato il metodo morfologico proposto da Boessneck et al. (1964) e da Boessneck
(1969).
Non tutti i reperti sono stati determinati a livello di specie: per alcuni ci si è fermati al genere, alla famiglia
o all’ordine di appartenenza. Nel caso dei reperti determinati come artiodattili, è stata fatta una distinzione in
base alla taglia piccola, media o grande.
Le misurazioni sono state eseguite secondo la metodologia proposta da von den Driesch (1976) e nelle
tabelle relative alle misure delle singole specie vengono riportate le sigle fissate dall’Autrice (Tab. 1). Solo
per gli Ursidi è stato utilizzato un altro metodo: volendo confrontarsi con le misure ricavate da Torres Pérez-
Hidalgo (1988a; 1988b; 1988c; 1988d; 1988e; 1988f) dagli esemplari di Ursus spelaeus e Ursus arctos pro-
venienti dalle caverne spagnole, si è preferito utilizzare le misure e le sigle proposte da questo Autore (Tab. 2).
La stima dell’età è stata applicata agli animali domestici dei livelli neolitici e si è basata soprattutto sull’e-
ruzione e sull’usura dei denti e sul grado di fusione delle epifisi. L’età dei caprovini è stata determinata secondo
il metodo di Payne (1973) per i denti inferiori e quello di Bullock e Rackham (1982) per i denti superiori,
mentre il momento di fusione delle epifisi è stato dedotto dai lavori di Smith (1966), Schmid (1972), Noddle
(1974), Barone (1980), Amorosi (1989) e Silver (1969). I suini sono stati attribuiti a diverse fasce d’età
secondo le tabelle proposte da Barone (1980) e da Bull e Payne (1982), sia per quanto riguarda l’usura dei
denti, sia per il grado di fusione delle ossa. L’età dei bovini è stata ricavata dai pochi denti utili a questa analisi,
usando il metodo di Hingham (1967, da Grigson, 1982) e di Barone (1980).
Per quantificare i reperti è stato utilizzato il conteggio dei resti (NR) e il calcolo del numero minimo degli
individui (NMI). Il NMI è stato stimato a partire dall’elemento anatomico più rappresentato e, dove possibi-
le, il conteggio è stato ampliato utilizzando denti e altri elementi anatomici che potevano fornire indicazioni
sull’età degli individui.
I dati tassonomici sono stati confrontati con quelli provenienti dalle grotte contemporanee del Finalese in
cui sono stati effettuati studi archeozoologici, nel tentativo di inserire sin da subito i dati raccolti nel panorama
già noto. I confronti sono stati allargati anche ai siti coevi della vicina Val Pennavaira, che si trova ad ovest

– 191
della piana di Albenga, vicino al confine francese. Interpretata come una via di comunicazione tra la costa
Ligure e il Piemonte (Barker et al., 1990), la valle ha una altitudine che va da 500 m s.l.m. a sud e a 1000 m
s.l.m. a nord, mentre le colline della parte alta superano i 1500 m. In casi particolari sono stati citati anche altri
giacimenti italiani e della Francia meridionale.
Le abbreviazioni usate per indicare le unità stratigrafiche sono illustrate dalla Tabella 3, mentre la Tabella
4 raccoglie le principali abbreviazioni utilizzate.

4.  I REPERTI DEI LIVELLI PLEISTOCENICI

Di seguito verranno illustrati i dati emersi dall’analisi dei resti faunistici provenienti dai livelli plei-
stocenici del riparo sottoroccia. Lo scopo è quello di individuare i momenti di frequentazione umana
del sito, in modo da comprendere le modalità di sfruttamento del riparo da parte dei gruppi umani che
frequentavano il Finalese alla fine del Pleistocene e di raccogliere dati che, con i risultati delle analisi
antracologiche (Nisbet, 2018) e malacologiche (Girod, 2018), possano aiutare a delineare il quadro pa-
leoambientale.
Le singole specie saranno presentate seguendo la sequenza utilizzata da Cassoli e Tagliacozzo in diversi
lavori, tra i quali quello condotto sui materiali delle Arene Candide (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b), in quan-
to efficace e facilmente utilizzabile per confronti. Alla fine saranno riportati i risultati dell’analisi tafonomica
condotta su parte del campione.

4.1.  Analisi Faunistica

I reperti analizzati ammontano a 7836; quelli determinati a livello tassonomico sono 859, pari all’11%,
mentre l’89% del campione è rimasto indeterminato, a causa dell’alto grado di frammentazione. Il livello più
ricco di reperti faunistici è il 1° focolare, radiodatato all’inizio dell’Epigravettiano su carboni di pino e larice
(GrN-17485: 20430+480/-450 BP) e da cui proviene un quarto del materiale, seguito dal 3° e dal 2°, attribu-
iti all’Aurignaziano (Tab. 5), quest’ultimo datato, su carboni di pino, a 39900+5100/-3100 (GrN-17486). Le
Tabelle 6 e 7 illustrano la presenza delle specie e degli indeterminati nei singoli livelli, in numero di resti (NR)
e in numero minimo di individui (NMI).
In conclusione saranno presentati anche i risultati dell’analisi dei micromammiferi, per contribuire alla
delineazione del paleoambiente.

Mammalia
Insectivora
Erinaceidae
Riccio Erinaceus europaeus Linnaeus, 1758
A questo insettivoro è stato attribuito un solo resto: un’emimandibola sinistra proveniente dal II strato
sotto il 7° focolare (0,12% dei determinati, 0,01% del totale) (Tab. 8).

Lagomorpha
Leporidae
Lepre - Lepus sp.
Alla lepre sono stati attribuiti 10 resti (1,16% dei determinati, 0,13% del totale) (Tab. 8): dal V livello sotto
al 5° focolare provengono una scapola sinistra e un terzo metatarso sinistro, dal I livello sotto al 2° focolare la
diafisi di un radio destro e un calcagno destro, dal 2° focolare la porzione distale di un metacarpo, dal I strato
sotto il 1° focolare un frammento di coxale sinistro, dal 1° focolare una scapola sinistra e dal I strato sotto il 7°
focolare neolitico un atlante, un frammento di coxale sinistro e un astragalo destro. La specie quindi è presente
nel livello più antico del riparo, ma è assente nel resto della parte bassa e media per poi ricomparire dal I livello
sotto il 2° focolare.
Soltanto un calcagno si presenta non fuso, ma non è stato utile ad aumentare il NMI del I strato sotto il
2° focolare in quanto l’altro resto è la diafisi di un radio, in cui non si vede il grado di fusione. Tre elementi
scheletrici hanno consentito di ricavare alcune misure (Tab. 21).
È difficile stabilire se i resti appartengano a lepre comune (Lepus europaeus Pallas, 1778) o lepre variabile
(Lepus timidus Linnaeus, 1758), perché gli elementi scheletrici presenti sono poco diagnostici (Koby, 1958; 1959).

192 –
Attualmente L. timidus in Italia si incontra sopra i 1000 m di altitudine e frequenta praterie alpine
e boschi radi di quota, mentre la presenza di L. europaeus indicherebbe generalmente ambienti aperti e
steppici.
Entrambe sono comuni nei livelli pleistocenici della Caverna delle Arene Candide, sia in quelli non da-
tabili (P13-P9) sia in quelli attribuibili al Gravettiano finale e all’Epigravettiano antico (P8-P1), sia in quelli
dell’Epigravettiano finale (M5-M1). Anche in questo sito la lepre è meno frequente nei livelli basali e aumenta
in quelli più recenti, seppur con diverse variazioni intermedie, raggiungendo percentuali dal 3% al 14% dei
resti determinati (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b). L. europaeus si incontra anche nel livello Tardiglaciale (V)
dell’Arma dello Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990).

Carnivora
Canidae
Lupo - Canis lupus Linnaeus, 1758
Il lupo è rappresentato da 5 resti (0,6% dei determinati, 0,06% del totale), provenienti da diversi livelli
della stratigrafia (Tab. 9). Si tratta di un piramidale destro e della porzione distale di un femore sinistro dal V
strato sotto il 5° focolare; un epistrofeo dal IV strato sotto il 5° focolare; un frammento di ileo destro dal 3° fo-
colare; un frammento prossimale di falange nel I strato sotto il 1° focolare. Due elementi scheletrici si prestano
al rilevamento di alcune misure (Tab. 21) e tutti si riferiscono a individui adulti.
Nei livelli più antichi delle Arene Candide la specie è rappresentata da pochi resti, mentre è più comune
in quelli databili all’Epigravettiano Finale (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b). Insieme alla presenza di tracce
di macellazione su alcuni resti, questo ha fatto ipotizzare agli Autori che la sua presenza nella grotta fosse
imputabile soprattutto all’attività venatoria, ma il rinvenimento di un coprolite attribuibile a un grosso canide
potrebbe testimoniare anche una frequentazione alternata a quella umana (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b).
Pochi resti sono stati riconosciuti all’Arma dello Stefanin, dove la loro presenza è stata legata a una frequenta-
zione spontanea della cavità (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990).

Volpe - Vulpes vulpes (Linnaeus, 1758)


Un solo resto, la diafisi di una tibia sinistra dal 2° focolare, è stato attribuito a questa specie (0,12% dei
determinati, 0,01% del totale) (Tab. 9). Alle Arene Candide (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b) e allo Stefanin
(Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990) la specie risulta invece piuttosto comune.

Ursidae
Orso - Ursus sp.
Questa categoria comprende tutti i resti di Ursidi che non sono stati determinati con sicurezza. Si tratta di
218 elementi, pari al 25,54% dei determinati e al 2,79% del totale. La maggior parte dei resti di orso determi-
nati appartiene a U. spelaeus, ma la presenza di alcuni elementi scheletrici morfologicamente simili a quelli di
U. arctos, suggerisce la presenza anche di questa specie e quindi giustifica il dubbio nell’attribuzione di alcuni
frammenti.
I reperti attribuiti a Ursus sp. (Tab. 10), comprendono i denti decidui e le ossa degli individui giovanissimi
o neonati, impossibili da attribuire a una specie o all’altra, gli elementi molto frammentati, i denti con la corona
usurata al punto da non essere più leggibile e i resti con dimensioni che possono rientrare nella variabilità di
entrambe le specie (Torres Pérez-Hidalgo, 1988a;1988b; 1988c; 1988d; 1988e; 1988f).
In questa categoria rientrano quindi individui di età diverse, dai giovanissimi, a cui appartengono alcune
ossa lunghe e denti decidui, ai senili, la cui presenza è testimoniata da denti profondamente usurati.
Negli orsi il dimorfismo sessuale influisce molto sulle dimensioni, perciò i resti di piccole dimensioni, al
limite della variabilità di U. spelaeus, potrebbero appartenere a individui femminili. Durante il presente lavoro
non è stata approfondita l’analisi del dimorfismo sessuale, quindi gli elementi scheletrici di piccole dimensioni
sono stati inclusi nella categoria dello speleo solo quando la morfologia era ben leggibile e non c’erano dubbi
sull’identificazione; in tutti gli altri casi i resti sono stati attribuiti a Ursus sp.
I resti dei cuccioli suggeriscono l’uso del riparo da parte delle femmine con prole, mentre i denti consuma-
ti fino alla radice appartenevano a individui senili che forse, proprio per la dentatura compromessa, non erano
riusciti a nutrirsi a sufficienza durante l’estate ed erano periti durante il letargo. Il fenomeno dell’usura molto
accentuata sembra essere più frequente nell’U. spelaeus, a causa della sua dieta prevalentemente vegetariana,
che lo differenzia dalle altre specie di orso, ma nel nostro caso lo studio non è stato approfondito in questo
senso.

– 193
La presenza di ossa di orso speleo era stata già notata da C. Richard durante gli scavi: secondo il diario
di scavo, nel 2° focolare Paleolitico, e negli strati tra questo e il 3°, molte ossa di orso, tra cui tre crani e altri
elementi scheletrici in connessione, furono ritrovate in pessimo stato di conservazione. Essi vengono descritti
“come infraciditi dall’acqua” e risultarono impossibili da recuperare senza che si polverizzassero. Negli stessi
livelli fu notata anche l’assenza quasi totale delle ossa lunghe di orso, che contrastava con l’abbondanza di resti
relativi al cranio, ai metapodi e alle falangi (Richard, 1942: 92).
Questi dati confermano che lo stato di conservazione del materiale e il metodo di scavo possono aver por-
tato alla perdita di parte del campione, causando forse una alterazione nei rapporti fra le specie.
Le classi di età riscontrate sono riassunte nella Tab. 11. Sono state calcolate anche in questo gruppo,
sebbene non identificato a livello di specie, per poter integrare i dati con quelli ricavati dagli orsi determi-
nati.
Il NMI è stato ottenuto in base alla presenza di individui di età diverse nello stesso livello, quindi il con-
teggio è stato effettuato soprattutto in base ai denti, integrandolo in alcuni casi con i dati provenienti da altri
elementi scheletrici.
I dati non possono però essere sommati fra le due categorie, perché è possibile che resti appartenenti allo
stesso individuo siano presenti sia nel gruppo di Ursus sp. sia in quello di Ursus spelaeus o Ursus arctos.
Nella categoria dei giovanissimi, sono stati compresi i denti decidui interi, mentre quelli caduti spontanea-
mente non sono considerati, e le ossa non fuse di piccole dimensioni. Ai giovani sono stati attribuiti gli elemen-
ti non fusi di dimensioni maggiori e i canini in eruzione. I giovani-adulti sono rappresentati dai denti definitivi
su cui non è stata osservata usura, mentre fra gli adulti sono stati compresi i denti con usura limitata; le ossa
fuse, quando sono state usate per il NMI, sono state considerate come appartenenti a entrambe le categorie, che
quindi nel totale risultano conteggiate insieme. Gli individui senili sono rappresentati dai denti molto usurati e
frammentari, quindi non attribuibili con certezza a Ursus spelaeus o Ursus arctos.

Orso bruno - Ursus arctos Linnaeus, 1758


Il numero di resti attribuito a questa specie è limitato e gli esemplari sono distribuiti lungo tutta la sequen-
za stratigrafica (Tab. 12). Si tratta di 13 resti, pari al 1,51% dei determinati e allo 0,16% del totale. Soltanto
nel 2° focolare è stato rinvenuto un elemento scheletrico non fuso, una falange prossimale. Grazie alla sua
presenza e a quella di un’altra falange prossimale fusa, è stato possibile stabilire la presenza di minimo due
individui in questa unità stratigrafica.

Orso speleo - Ursus spelaeus Rosenmüller et Heinroth, 1794


Ben 484 resti, pari al 56,34% dei determinati e al 6,18% del totale, sono stati identificati come appartenen-
ti a questa specie (Tab. 13). In questa categoria sono compresi tutti gli elementi scheletrici morfologicamente
confrontabili con quelli di orso speleo e, in caso di dubbio, con misure che rientrano nella variabilità degli orsi
analizzati da Torres Pérez-Hidalgo (1988a; 1988b; 1988c; 1988d; 1988e; 1988f).
Il NMI è stato calcolato in base alle diverse classi d’età presenti nei singoli strati e ammonta a 49 (Tab.
14). Il criterio per la stima dell’età è lo stesso utilizzato per Ursus sp.. La maggior parte dei resti appartiene alla
categoria dei giovani e dei giovani adulti, ma questo è influenzato dal fatto che i giovanissimi e i senili sono
stati determinati solo a livello di famiglia.
I resti adatti alle misurazioni sono soprattutto denti e metapodi (Tab. 22-24). Nelle tabelle sono inclusi
anche i resti misurati di Ursus sp., in modo da evidenziare le differenze osteometriche che hanno portato a
dubitare sulla loro determinazione.
Alle Arene Candide la situazione si presenta molto diversa. I resti sono più numerosi nei livelli superiori,
rispetto a quelli basali, e in questi ultimi sono più concentrati negli strati con scarse testimonianze di frequen-
tazione umana, con alte percentuali di individui giovani e giovanissimi. I resti dei livelli “P” sono stati deter-
minati come Cfr. Ursus spelaeus, mentre quelli dei livelli superiori “M” sono stati attribuiti a Ursus arctos.
L’accumulo nei livelli “P” è stato imputato a morte naturale o a predazione dei cuccioli da parte di carnivori,
mentre gli orsi dei livelli superiori sono stati ritenuti frutto dell’attività venatoria, considerando anche i risultati
dell’analisi tafonomica (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b).

Mustelidae
Martora- Martes cfr. martes (Linnaeus, 1758)
Un canino superiore e un frammento distale di omero (Tab. 9), provenienti dal 3° focolare e da uno dei
livelli sottostanti, sono stati dubitativamente attribuiti alla martora (0,23% dei determinati, 0,02% del tota-

194 –
le); si tratta di un mustelide piuttosto frequente in tutti i livelli pleistocenici alle Arene Candide (Cassoli e
Tagliacozzo, 1994b), segnalato anche nel livello V dell’Arma dello Stefanin (Barker et al., 1990).
La sua presenza è legata ad un ambiente forestale maturo, caratterizzato da boschi di conifere o di la-
tifoglie.

Tasso - Meles meles (Linnaeus, 1758)


Il tasso è stato riconosciuto nel I livello sotto il 2° focolare, con una porzione distale di omero destro, e nel I
livello sotto il 1° focolare, con la porzione prossimale di un terzo metatarso (Tab. 9); costituisce lo 0,23% dei deter-
minati e lo 0,02% del totale dei reperti. Entrambi i resti sono frammentari e impossibili da misurare. Anche questa è
una specie tipicamente forestale e predilige le zone in cui il bosco fitto di latifoglie è alternato a spazi aperti.
Questo mustelide è scarsamente rappresentato nella caverna delle Arene Candide (Cassoli e Tagliacozzo,
1994b) e più presente nel livello V dell’Arma dello Stefanin (Barker et al., 1990).

Ienidae
Iena macchiata - Crocuta crocuta (Erxleben, 1777)
Alla iena appartiene un solo resto (0,12% dei determinati, 0,01% del totale): uno scafoide destro integro
che proviene dal III strato sotto il 3° focolare.
Si tratta di un elemento scheletrico di difficile determinazione e caratterizzato da una certa variabilità nella
conformazione delle faccette articolari, ma si può escludere che appartenga ad un altro carnivoro.
La iena era un frequentatore delle grotte del Nord Italia durante il Pleistocene Superiore e, vista la sua
ampia diffusione, non può essere considerata un buon indicatore paleoambientale (Cassoli e Tagliacozzo,
1994a; 1994b). Gli autori che citano questa specie non sono tutti d’accordo sulla sua identità tassonomica:
alcuni la considerano una specie a sé stante, Crocuta spelea (Goldfuss, 1823); altri una varietà di Crocuta cro-
cuta, l’attuale iena macchiata; altri ancora una sua sottospecie, Crocuta crocuta spelaea, sulla base di alcune
variazioni dimensionali e morfologiche riscontrate tra la iena macchiata moderna e le iene würmiane (Cassoli
e Tagliacozzo, 1994a; 1994b).
Anche alle Arene Candide è stato rinvenuto un solo resto: una emimanibola sinistra, con il terzo incisivo
e tutta la serie dentale dal canino al secondo molare, rinvenuta nel livello P11, uno dei più bassi della sequen-
za. In Liguria la specie è stata riconosciuta anche ai Balzi Rossi, in particolare nella Grotta del Principe, nella
Grotta dei Fanciulli e nella Grotta del Caviglione (Boule, 1910; Cassoli e Tagliacozzo, 1994b).

Felidae
Lince - Lynx lynx (Linnaeus, 1758)
Alla lince è stato attribuito un M1 inferiore destro, proveniente dal 3° focolare (0,12% dei determinati,
0,01% del totale). Confrontato con lo stesso dente appartenente a un individuo attuale, esso appare morfologi-
camente identico, ma leggermente più piccolo.
La rarità di questa specie all’Arma dell’Aquila contrasta con l’abbondanza di resti rinvenuti alla caverna
delle Arene Candide, da dove provengono 152 resti (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b).
Nel Sud-Est della Francia e ai Balzi Rossi è segnalata la presenza della più piccola Lynx spelaea Boule
(Boule, 1910; Bonifay, 1971) e alcuni elementi scheletrici di piccole dimensioni rinvenuti alle Arene Candide
hanno fatto ipotizzare la presenza di questa sottospecie anche nel Finalese (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b).
Dal punto di vista ambientale, la lince può indicare la presenza di foreste mature con formazioni miste di
conifere e latifoglie, ricche di affioramenti rocciosi.

Leopardo - Panthera pardus (Linnaeus, 1758)


La presenza del leopardo all’Arma dell’Aquila è testimoniata da due metapodiali (Tab. 9): un secondo
metacarpo destro proveniente dal IV strato sotto il 5° focolare e la porzione prossimale di un quarto metacarpo
sinistro dal I strato sotto il 1° focolare (0,23% dei determinati, 0,02% del totale). Si incontra quindi sia nella
parte basale che in quella medio-alta della sequenza stratigrafica pleistocenica. I reperti sono stati attribuiti a
questa specie attraverso il confronto con elementi scheletrici di un animale moderno, morfologicamente iden-
tici ma meno robusti.
In Liguria il leopardo è segnalato ai Balzi Rossi (Boule, 1910), alla Grotta del Pastore in Val Varatella
(Mochi, 1914) e alle Arene Candide (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b). In Veneto e in Lazio la specie è stata
rinvenuta in livelli datati al Pleistocene Medio e Superiore (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b), dove è stata as-
sociata a momenti con temperature molto rigide.

– 195
Leone - Panthera leo (Linnaeus, 1758)
Il reperto appartenente a leone è un quarto premolare superiore deciduo, probabilmente perso spontane-
amente. È stato rinvenuto nel 7° focolare Neolitico, quindi non è conteggiato numericamente fra i reperti dei
focolari paleolitici, ma la sua datazione, 20460±80 BP (GrA-51010: AQ-8), lo colloca all’inizio dell’Epigra-
vettiano e corrisponde a quella ottenuta dai carboni del 1° focolare Paleolitico (GrN-17458: 20430+480/-450
BP: AQ-1).

Arctiodactyla
Suidae
Cinghiale - Sus scrofa Linnaeus, 1758
I reperti attribuibili al cinghiale sono 4 (0,46% dei determinati, 0,05% del totale): la porzione prossimale
di un primo metacarpo destro dal V strato sotto il 5° focolare, un uncinato dal 3° focolare, la porzione non fusa
di un metapodio dal II strato sotto al 7° focolare e un canino inferiore destro dal I strato sotto il 7° focolare
(Tab. 15).
La presenza di questo animale nel 3° focolare è sicuramente imputabile all’attività venatoria, dato che
sull’uncinato sono presenti cinque strie di macellazione, provocate da uno strumento litico, probabilmente
durante la disarticolazione dell’arto anteriore destro.
Il metapodio non fuso è stato attribuito a un individuo di età inferiore ai due anni. L’unico reperto mi-
surato, un quarto metacarpo destro, ha proporzioni paragonabili a quelle degli esemplari misurati alle Arene
Candide (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b) (Tab. 21).
Solitamente il cinghiale è associato al cervo e al capriolo e indica un ambiente forestale e un clima più
temperato e umido, mentre è sempre raro nei momenti più freddi e aridi del Pleistocene Superiore.
Alle Arene Candide, infatti, la specie è poco rappresentata nei livelli Gravettiani e del primo Epigravettiano,
mentre diventa la seconda specie per abbondanza nei livelli dell’Epigravettiano finale (Cassoli e Tagliacozzo,
1994b). Il cinghiale è il secondo taxon più rappresentato anche nel livello Tardiglaciale dell’Arma dello
Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990).

Cervidae
Capriolo - Capreolus capreolus (Linnaeus, 1758)
Il capriolo si incontra con due resti (0,23% dei determinati, 0,02% del totale), un frammento di diafisi di
metatarso nel 3° focolare e una falange intermedia nel I strato sotto il 1° focolare (Tab. 15).
Come il cinghiale, anche il capriolo testimonia momenti di clima più temperato-umido e la presenza di
ambienti forestali chiusi. Alle Arene Candide, coerentemente con la presenza dei suini, il capriolo è più abbon-
dante nei livelli superiori, ma è presente fin dalla base della stratigrafia (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b) e si
riscontra in buona percentuale anche allo Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990).

Cervo - Cervus elaphus Linnaeus, 1758


Al cervo sono stati attribuiti 10 resti (0,16% dei determinati, 0,13% del totale) (Tab. 15) ai quali si aggiun-
gono altri 2 reperti determinati come cfr. Cervus elaphus. I reperti di dubbia attribuzione sono un sesamoide e
un frammento di diafisi prossimale di tibia, morfologicamente identico a quello di un cervo moderno ma che po-
trebbe appartenere anche a uno stambecco di grandi dimensioni. Si tratta infatti di un elemento che può cambiare
aspetto a seconda dell’individuo, in quanto può essere plasmato dalle numerosi inserzioni muscolari presenti.
Il cervo si incontra in diversi punti della stratigrafia, tranne nei livelli più recenti, e gli elementi scheletrici
determinati appartengono tutti a individui adulti.
Come il capriolo e il cinghiale, frequenta ambienti forestali, ma anche zone più aperte, e predilige un cli-
ma temperato e umido. All’Arma dell’Aquila però questa specie non è presente in modo così abbondante da
indicare dei cambiamenti climatici lungo la stratigrafia.
Il cervo è particolarmente abbondante alle Arene Candide, dove è presente lungo tutta la sequenza, ma nei li-
velli dell’Epigravettiano finale raggiunge percentuali dal 40% al 50% dei resti (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b).
All’Arma dello Stefanin rappresenta la terza specie più cacciata (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990).

Bovidae
Stambecco - Capra ibex Linnaeus, 1758
Lo stambecco è l’ungulato più presente nel campione e gli sono stati attribuiti 39 resti (4,5% dei determi-
nati, 0,49% del totale), distribuiti lungo tutta la stratigrafia (Tab. 16).

196 –
Soltanto nel I strato sotto il 7° focolare Neolitico sono presenti un calcagno e un metatarso non fusi, attri-
buibili a giovani individui.
A questi si aggiungono altri 3 elementi scheletrici attribuiti a Cfr. Capra ibex in quanto di dubbia inter-
pretazione (Tab. 16).
Le misure effettuate su alcuni elementi scheletrici sono confrontabili, o leggermente inferiori, a quelle
ricavate dal campione di stambecchi della Grotta di Fumane, sui monti Lessini, notoriamente di grandi di-
mensioni (Cassoli e Tagliacozzo, 1994a). Quindi, come gli stambecchi delle Arene Candide, anche quelli
dell’Arma dell’Aquila nel Pleistocene raggiungevano dimensioni superiori a quelli degli esemplari attuali
(Tab. 21).
Lo stambecco è il taxon più comune negli strati inferiori della Caverna delle Arene Candide, dove si ri-
scontra con percentuali tra il 10% e il 65% del complesso faunistico, ed è ben rappresentato anche negli strati
superiori (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b). All’Arma dello Stefanin l’abbondanza di resti di stambecco (80%
dei determinati) alimenta l’ipotesi che il sito rappresentasse una stazione per la caccia specializzata alla fine
del Paleolitico superiore (Barker et al., 1990).
La presenza di questo animale nei giacimenti Pleistocenici dell’Italia settentrionale, di solito viene asso-
ciata a momenti più aridi e freddi, alternati a quelli dove prevale l’associazione cervo/capriolo/cinghiale.

Uro - Bos primigenius Bojanus, 1827


A questo animale è attribuito un solo resto, un M1 superiore destro proveniente dalla sommità della stra-
tigrafia pleistocenica, dal I strato sotto il 7° focolare. La situazione non è confrontabile con quella delle Arene
Candide in cui i resti di Bos/Bison sono 59 e provengono in maggioranza dai livelli inferiori della stratigrafia
(Cassoli e Tagliacozzo, 1994b). Nel livello V dell’Arma dello Stefanin i resti di Bos sp. sono soltanto 3
(Barker et al., 1990).

4.2.  Analisi tafonomica

4.2.1.  Tracce di fenomeni post-deposizionali naturali, biologici e climatici

L’osservazione della superficie delle ossa per rintracciare segni lasciati da ossidi, radici, ife fungine
e variazioni climatiche è stata effettuata su 1607 reperti. Di questi, 1210 (il 75,3% del campione) sono
interessati da fenomeni post-deposizionali, che possono presentarsi anche multipli sullo stesso reperto
(Tab. 17).
Su 1152 ossa, pari al 71,7% del campione, sono visibili tracce di manganese. Il fenomeno si riscontra in
diversi gradi: si va da poche macchie a reperti con la superficie completamente annerita. Le variazioni di tem-
peratura e umidità hanno provocato l’esfoliazione di 90 frammenti (5,6% del campione) e weathering cracks
su 29 (1,8%). Le radici hanno lasciato tracce rossastre su 86 frammenti (5,3% del campione), mentre le ife
fungine hanno provocato solchi su 13 reperti (0,8%). Segni di fluitazione sono visibili su 19 resti (1,2%), su 8
(0,5%) si riscontrano delle concrezioni e su 28 (1,7%) tracce interpretabili come corrosione. Segni di calpe-
stio, provocati dal passaggio di animali di grandi dimensioni, sono attestati su 53 reperti (3,3% del campione).

4.2.2.  Tracce di carnivori e roditori

I carnivori, quando si nutrono, lasciano evidenti segni sulle ossa che possono essere raggruppati in quattro
categorie: furrows, pits, punctures e scores. Le prime si incontrano sulle epifisi e sono riconoscibili dalla tipica
forma a “forchetta” che gli conferiscono, essendo provocate dalla masticazione e dall’asportazione della parte
spugnosa dell’osso. Pits e punctures sono delle depressioni provocate dal contatto i denti; nel primo caso la
traccia è una depressione circolare limitata alla superficie dell’osso, nel secondo si assiste a un collasso della
superficie corticale dell’osso e alla formazione di un foro. Gli scores sono infine dei solchi allungati provocati
dallo scivolamento della dentatura sulla superficie (Cilli et al., 2000).
I roditori possono lasciare tracce delle loro rosicature sui bordi e sulle parti più sporgenti delle ossa, ben ri-
conoscibili perché si tratta una serie di ripetizione di doppi solchi, che corrispondono alla forma degli incisivi.
Questa analisi, condotta sull’intero campione faunistico, ha portato all’individuazione di 13 resti (0,16%
del totale) con tracce lasciate da roditori e 80 resti (1,02% del totale) con tracce di carnivori (Tab. 18). L’azione
di questi animali è attestata lungo tutta la sequenza. I carnivori hanno lasciato le loro tracce soprattutto fra il 3°
e il 2° focolare: quasi la metà dei resti con le tracce di denti si trova in questo intervallo.

– 197
4.2.3.  Tracce antropiche

Solo 62 reperti, pari allo 0,79% dei frammenti pleistocenici, presentano tracce lasciate dall’uomo durante
la macellazione delle prede e la frantumazione delle ossa (Tab. 19).
Per la maggior parte si tratta di strie da strumento litico prodotte durante la macellazione dell’animale,
visibili su 43 resti e ricollegabili ad azioni di depezzamento, distacco della carne o spellamento. Tracce di im-
patto sotto forma di incavi di percussione, punti di impatto e coni di percussione, sono state individuate su 18
frammenti. Gli impatti vengono praticati sulle ossa per frantumarle ed estrarre il midollo. I coni di percussione
sono i frammenti che si staccano conseguentemente ad un impatto e sono riconoscibili per la tipica forma a
tronco di cono, la cui base minore coincide con il punto di impatto, mentre la maggiore è costituita dalla su-
perficie midollare dell’osso. Su 4 resti ci sono delle raschiature. Queste tracce si differenziano dalle strie di
macellazione in quanto sono provocate da un gesto diverso, l’eliminazione del periostio, e si presentano come
solchi ripetuti e ravvicinati, tutti nella stessa direzione, provocati sfregando con il margine di una scheggia o
un con grattatoio di selce. La raschiatura solitamente veniva praticata prima della frantumazione, quando c’era
il rischio che il periostio intrappolasse delle schegge d’osso che avrebbero reso più difficile il consumo del
midollo.
L’azione dell’uomo risulta scarsamente rappresentata e le testimonianze si concentrano nella parte basale
e sommitale della sequenza stratigrafica. Dal 5° focolare e dai livelli sottostanti provengono infatti 13 reperti
con tracce antropiche (20,97%), fra il 1° focolare e la sommità dei livelli pleistocenici i resti con tracce sono
45 (72,58%), mentre dalla parte centrale della sequenza ne provengono solo 4 (6,45%).
Sebbene la combustione non possa essere considerata una vera e propria traccia antropica, in questa sezio-
ne sono stati riportati anche i resti bruciati, in quanto è molto probabile che la loro condizione dipenda dall’ac-
censione di focolari all’interno del riparo. I combusti sono solo 75 pari allo 0,98% dei resti provenienti dai
livelli pleistocenici (Tab. 20); sono distribuiti lungo la stratigrafia, ma più concentrati nel 5° e nel 1° focolare.
Quasi tutti appartengono a mammiferi indeterminati, ma un reperto dal I strato sotto il 1° focolare è di tasso.
Nessuno di essi presenta la tipica colorazione biancastra dei reperti calcinati, quindi nessuno di questi resti è
stato a sottoposto a temperature molto elevate o è rimasto per lungo tempo a contatto con il fuoco.

4.3.  Discussione

Analizzando i 7836 resti ossei di macromammiferi provenienti dai livelli pleistocenici del riparo sottoroc-
cia sono state riconosciute 15 specie di mammiferi, appartenenti a diversi ordini. Molte di queste sono rappre-
sentate da pochi resti, mentre altre appaiono nettamente dominanti.
La lepre, che potrebbe comprendere sia L. europaeus sia L. timidus, è rappresentata da 10 resti, rinvenuti
soprattutto nella parte medio-alta della sequenza. I canidi sono rappresentati dal lupo, nella parte bassa e me-
dia della stratigrafia, e dalla volpe, presente con un solo resto nel 2° focolare. I mustelidi sono presenti con
pochissimi resti di tasso e di Martes cfr. martes. L’unico resto attribuito a iena è stato rinvenuto nel III strato
sotto il 3° focolare. I felini comprendono la lince, rappresentata da un solo resto nel 3° focolare, il leopardo,
presente nel IV strato sotto il 5° focolare e nel I strato sotto il 1° focolare e il leone, attestato da un resto datato
all’inizio dell’Epigravetiano (GrA-51010). Le piccole dimensioni del dente di lince potrebbero far pensare alla
presenza della specie L. spelaea, come è stato ipotizzato per alcuni resti rinvenuti alla Caverna delle Arene
Candide (Cassoli e Tagliacozzo, 1994b). I canidi e i felini potrebbero aver utilizzato la cavità come tana,
ipotesi incoraggiata anche dalla presenza di ossa con tracce di denti di carnivori, presenti soprattutto fra 3° e
2° focolare, o essere stati cacciati dall’uomo per ricavarne la pelliccia, ipotesi che però non è confermata dal
riconoscimento di tracce antropiche durante l’analisi tafonomica.
L’artiodattilo più comune è lo stambecco, i cui resti si incontrano lungo tutta la stratigrafia, tranne nei livelli sot-
tostanti il 5° focolare. Il cervo, il cinghiale e il capriolo sono rappresentati da pochissimi resti e, ad esclusione pochi
frammenti raccolti alla base del deposito, questi animali sono presenti solo nella parte medio alta della stratigrafia.
L’uro è attestato solo al tetto della sequenza pleistocenica e la sua presenza è testimoniata da un solo resto.
I principali frequentatori della grotta erano gli orsi, presenti con U. spelaeus e dubitativamente con U. ar-
ctos, le cui ossa costituiscono rispettivamente l’80% dei determinati e il 9% del totale dei resti. Questi animali
sono presenti lungo tutta la stratigrafia e risultano particolarmente abbondanti nella parte centrale. La cavità
veniva usata sia dalle femmine con prole, come testimoniano i denti decidui e le ossa giovanili, sia da indi-
vidui adulti e senili per il letargo invernale. Le ossa rinvenute appartengono a esemplari probabilmente morti
per cause naturali durante queste fasi del loro ciclo vitale in cui sono molto vulnerabili. Già durante gli scavi,

198 –
C. Richard (1942) aveva notato la rarità delle ossa lunghe di orso, rispetto all’abbondanza di denti, falangi e
metapodi. Questo fenomeno potrebbe essere causato proprio dall’utilizzo della grotta da parte dei plantigradi,
i cui movimenti forse costituiscono la principale causa della frammentazione delle ossa e della presenza di
tracce di calpestio su molti resti.
La presenza di stambecco lungo tutta la stratigrafia indica condizioni climatiche fredde e aride, favorevoli
alla discesa di questi animali verso quote più basse. Anche la lepre conferma la stessa situazione climatica e un
ambiente con presenza di aree aperte.
Il lieve aumento di cervidi e cinghiali a partire dal III strato sotto il 3° focolare potrebbe indicare un momento
più temperato e umido in corrispondenza dei livelli centrali della stratigrafia, ma non è stato notato un contempo-
raneo calo nello stambecco. La presenza di lince, tasso e martora nella parte media della stratigrafia indica inoltre
l’esistenza di ambienti forestali ben strutturati nelle vicinanze del sito, in accordo con le analisi antracologiche
(Nisbet, 2018) e polliniche che riportano la prevalenza di boschi di conifere (Arobba et al., 1987).
Dal punto di vista micro-ambientale, l’alta percentuale di resti intaccati da ossidi di manganese potrebbe
testimoniare costanti fenomeni di percolazione all’interno del riparo. In assenza di distribuzioni spaziali è dif-
ficile stabilire la validità di questa ipotesi, ma si ricorda che anche Richard aveva notato alcuni indicatori che
potrebbero confermare la presenza di acqua nel giacimento, come inghiottitoi lungo la parete Est, il pessimo
stato di conservazione di alcuni resti di orso, soprattutto fra 3° e 2° focolare (Richard, 1942) e la presenza di
lenti di terreno verdastro (descritte nel diario di scavo del 1942).
La frequentazione umana del riparo è stata sporadica durante il Pleistocene, ma è confermata da pochi
reperti di cultura materiale (Biagi e Voytek, 2018) e dalla presenza di tracce di macellazione su alcune ossa.
In base a queste testimonianze, la presenza dell’uomo è limitata alla base e al tetto delle stratigrafia, dove si
assiste ad una coerente diminuzione dei resti di orso.
Gli ungulati potrebbero costituire il frutto dell’attività venatoria, anche se sono stati determinati solo due
resti con strie da strumento litico, appartenenti a cinghiale e stambecco, fra gli animali più cacciati anche in
altri siti coevi della Liguria e dell’Italia settentrionale.
La presenza di animali indicatori di ambienti diversi in questi livelli potrebbe quindi dipendere anche dalla
selezione da parte dell’uomo e dallo sfruttamento di territori di caccia diversi.

5.  I REPERTI DEI LIVELLI NEOLITICI

In questo capitolo sono illustrati i risultati dell’analisi condotta sui resti faunistici provenienti dai livelli
olocenici. Lo scopo è quello di delineare la gestione delle risorse animali da parte dei gruppi umani che ave-
vano frequentato il riparo a partire dalla prima metà del VII millennio BP (OxA-V-2365-32: 6678±33 BP;
OxA-V-2365-50: 6669±34 BP).
Ogni taxon verrà esaminato singolarmente, partendo dalle specie domestiche e proseguendo con quelle
selvatiche e, quando possibile, saranno riportati i dati osteometrici e l’età di morte, al fine di mettere in luce
eventuali tendenze.
I dati saranno sempre confrontati con quelli provenienti da altri siti coevi del Finalese e delle zone limi-
trofe. Un breve capitolo sarà infine dedicato all’analisi tafonomica e alla segnalazione della presenza alcuni
manufatti in osso.

5.1.  Analisi Faunistica

I reperti analizzati sono 1807. Il 30,27% dei resti è stato determinato a livello tassonomico, mentre il
gruppo degli indeterminati costituisce il 69,73%. I livelli più ricchi di reperti sono, nell’ordine, il 6° focolare
(23,57%), il 7° focolare (21,36%), il 5° focolare (17,65%) e il I strato sotto il 6° focolare (11,34%) (Tab. 5).
Nella Tabella 25 sono rappresentati i rapporti fra le specie in ogni livello, in base al numero dei resti, nella
Tabella 26 il conteggio è presentato in base al NMI.

5.1.1.  Specie domestiche

Carnivora
Canidae
Cane - Canis familiaris Linnaeus, 1758

– 199
Un solo resto (0,18% dei determinati, 0,05% del totale dei reperti) è stato attribuito a Canis familiaris. Si
tratta di un M1 inferiore sinistro, che proviene da uno dei livelli sottostanti al 5° focolare Neolitico. È stato
attribuito al cane in quanto, pur essendo morfologicamente identico a quello del lupo, ha dimensioni molto
inferiori.
Il cane è stato identificato anche nei livelli neolitici delle Arene Candide, ma sempre con pochissimi reper-
ti (Sorrentino, 1999). A questo animale sono state imputate le tracce di rosicatura osservate su numerose ossa
provenienti dai livelli neolitici della stessa cavità, con un picco del fenomeno nel Neolitico medio (Rowley-
Conwy, 1997). Pochi resti sono stati riconosciuti anche nei livelli del Neolitico antico e medio del Riparo di
Pian del Ciliegio (Sorrentino, 2009), a testimonianza che questo animale era presente negli insediamenti
neolitici del Finalese.

Artiodactyla
Bovidae
Capra/pecora - Capra hircus Linnaeus, 1758 e Ovis aries Linnaeus, 1758
Al gruppo dei caprovini appartengono in tutto 232 reperti (42,41% dei determinati, 12,83% del totale dei
reperti), compresi i resti attribuiti con certezza a capra o a pecora (Tab. 27).
La distinzione è stata possibile solo su pochi reperti e si è basata sulle differenze morfologiche evidenziate
da Boessneck et al. (1964) e da Boessneck (1969) e sul confronto con elementi scheletrici di attribuzione
certa, appartenenti ad animali moderni (Tab. 28).
Tutti questi elementi scheletrici sono stati ritrovati fra il 7° e il 5° focolare Neolitico e, nonostante il loro
numero esiguo, sono significativi perché testimoniano la presenza di entrambe le specie fin dai livelli più an-
tichi della sequenza olocenica.
Le misure sono state effettuate su tutte le ossa in cui è stato possibile, quindi quelle in buono stato di
conservazione e completamente fuse. Nella Tab. 40 i reperti bruciati sono segnalati con un asterisco (*), in
quanto la combustione può provocare una leggera diminuzione delle dimensioni. Le misurazioni sono parago-
nabili a quelle effettuate sugli stessi elementi scheletrici dei livelli neolitici della Caverna delle Arene Candide
(Rowley-Conwy, 1997) ma non sono abbastanza numerose da mettere in luce eventuali variazioni nella ta-
glia degli animali a seconda dei periodi. Soltanto alcuni reperti si distinguono per la loro dimensione, di poco
superiore alla media, ma la differenza non è così decisiva da dubitare che si tratti di stambecco. Non si può
escludere completamente la possibilità che alcuni dei reperti attribuiti a caprovini possano in realtà appartenere
a stambecco, ma il rischio esiste soprattutto fra i resti di individui giovani e i denti decidui.
Le classi di età sono state stimate in base all’eruzione e all’usura dentaria. Per i denti inferiori è stato uti-
lizzato il metodo proposto da Payne (1973) e per quelli superiori le tabelle riportate da Bullock e Rackham
(1982) (Tab. 29). Tutte le età sono state espresse in mesi per facilitare il confronto dei dati. Dai denti emerge
che la maggior parte degli animali è stata macellata prima di uno o due anni di età.
Per ampliare ulteriormente la panoramica, nella Tab. 30 sono stati elencati tutti gli elementi scheletrici non
fusi, che sono 24 e costituiscono il 10,3% delle ossa dei caprovini. Secondo le età medie di fusione delle epifisi
fornite da Barone (1980), tutte questi reperti si riferirebbero a individui di età inferiore ai sei anni e l’80% di
essi sarebbe riferibile a esemplari più giovani di tre anni, coerentemente con quanto emerso dallo studio dei
denti. A questi vanno aggiunti altri 18 frammenti di mandibole e ossa lunghe che presentano un tessuto asso-
ciabile a individui di giovane età.
Secondo Payne (1973), l’età di morte dei caprovini può far ipotizzare i diversi prodotti che da essi si ri-
cavavano. I gruppi umani che sfruttano il latte tendono infatti a macellare molti individui giovani, fra zero e
sei mesi (fasi A e B, in Payne, 1973), perché eliminare gli agnelli significa mettere a disposizione il latte per il
consumo umano. La strategia per il consumo della carne prevede invece l’uccisione di animali, di solito ma-
schi, fra uno e tre anni (fasi D ed E, in Payne, 1973), età in cui raggiungono buone dimensioni. Lo sfruttamento
della lana infine prevede che gli animali, di entrambi i sessi, siano mantenuti in vita il più possibile. In tutti i
livelli dell’Arma dell’Aquila, la maggior parte degli individui macellati ha un’età compresa fra quella stimata
per lo sfruttamento del latte e della carne.
I caprovini sono il gruppo di animali domestici più rappresentato anche nei siti coevi del Finalese e
della Val Pennavaira. Alle Arene Candide, questi animali rappresentano già più del 50% dei determinati nel
Neolitico antico, per arrivare a superare l’80% nei livelli del Neolitico recente, sempre con prevalenza di peco-
re sulle capre (Rowley-Conwy, 1997; Sorrentino, 1999). Al Pian del Ciliegio costituiscono dal 37% al 60%
(Sorrentino, 2009), alla Grotta del Sanguineto, nei livelli tra il Neolitico antico all’età del Ferro, raggiungono
il 52% (Sorrentino, 2002) e sono molto abbondanti anche nell’Arma delle Anime (Giuggiola et al., 1966).

200 –
In val Pennavaira, all’Arma dello Stefanin, sono la terza specie più rappresentata, dopo stambecco e suini, e
costituiscono il 10% dei determinati, mentre al Pertusello toccano il 45% (Barker et al., 1990).

Bue domestico – Bos taurus Linnaeus, 1758


Soltanto 26 elementi scheletrici sono stati attribuiti a bovini (4,75% dei determinati, 1,44% del totale) e
sono distribuiti lungo tutta la stratigrafia (Tab. 31).
Entrambi i reperti rinvenuti nel 7° focolare, datato a 6669±34 BP (OxA-V-2365-50), sembrano appar-
tenere a individui di grande taglia, ma non è stato possibile misurarli perché troppo frammentari. Si tratta di
un terzo premolare superiore e di un frammento di diafisi prossimale di radio con l’epifisi mancante perché
non fusa, ma di dimensioni notevoli. Anche una falange intermedia rinvenuta nel II strato sotto il 5° foco-
lare spicca per la sua robustezza. I tre reperti potrebbero testimoniare la presenza di uro (Bos primigenius
Bojanus, 1827) all’interno del campione, ma questa ipotesi purtroppo non è sostenuta dall’identificazione
di altri elementi scheletrici attribuibili con sicurezza al bovino selvatico (Tab. 41). Tutte le altre ossa mi-
surate rientrano nella variabilità riscontrata in quelle provenienti dai livelli neolitici delle Arene Candide
(Rowley-Conwy, 1997).
L’età è stata stimata solo su pochi resti (Tab. 32). Questo non ha consentito di effettuare dei confronti, ma
si può notare che nel 5° focolare sono presenti un individuo di circa un anno e mezzo e uno di età compresa
fra i tre e i cinque anni.
I bovini sono sempre presenti, ma poco rappresentati, anche nei livelli neolitici dei giacimenti vicini all’Ar-
ma dell’Aquila. Alla Caverna delle Arene Candide (Rowley-Conwy, 1997; Sorrentino, 1999) non superano
mai l’8% dei determinati e nel Riparo di Pian del Ciliegio toccano il 3% (Sorrentino, 2009). Al Sanguineto
arrivano al 14% dei determinati, ma considerando tutti i livelli dal Neolitico all’età del Ferro (Sorrentino,
2002) e sono pochissimi all’Arma delle Anime (Giuggiola et al., 1966). All’Arma dello Stefanin costituisco-
no il 4% dei determinati, mentre al Pertusello raggiungono il 14% (Barker et al., 1990).

Suidae
Maiale - Sus scrofa Linnaeus, 1758
A questa specie appartengono 72 reperti (13,16% dei determinati, 3,98% del totale), distribuiti in tutti i
livelli (Tab. 33).
Le ossa sulle quali è stato possibile prendere misure sono elencate nella Tab. 42. Confrontando questi
dati con quelli acquisiti dai materiali delle Arene Candide (Rowley-Conwy, 1997), è emerso che quasi tutti i
reperti misurati dell’Arma dell’Aquila sono confrontabili con i più piccoli presenti alle Arene Candide, dove i
maiali sono ritenuti selvatici almeno fino al Neolitico recente (Rowley-Conwy, 1997). Fanno eccezione una
porzione distale di omero destro e un frammento di coxale sinistro provenienti dal 5° focolare, che presentano
dimensioni notevoli.
Anche per i suini, le classi di età sono state calcolate in base grado di eruzione e di usura dei denti (Tab.
34), basandosi rispettivamente sulle stime fatte da Barone (1980) e da Bull e Payne (1982). Le classi di età
sono piuttosto varie, da poche settimane a oltre i tre anni. Anche solo osservando il contenuto del focolare 6°,
il più ricco di reperti, da cui proviene una datazione di 5738±33BP (OxA-V-2365-51) su frammento di cranio
umano, si nota come siano presenti elementi attribuibili a individui inferiori ad un anno, intorno all’anno di età,
ma anche con trentacinque mesi o più. Dall’osservazione del grado di fusione delle epifisi, non completo su 12
reperti, sembra che alcuni animali fossero morti in un’età inferiore ai due anni (Tab. 35).
I suini sono la seconda specie domestica anche nei livelli coevi dei siti vicini. Alle Arene Candide costi-
tuiscono dall’11% al 35% dei determinati (Rowley-Conwy, 1997; Sorrentino, 1999), nel Riparo di Pian
del Ciliegio dal 22% al 48% (Sorrentino, 2009), al Sanguineto il 20% (Sorrentino, 2002) e sono attestati
anche all’Arma delle Anime, dove, nel focolare G, è stato trovato un cranio completo di un giovane individuo
(Giuggiola et al., 1966). All’Arma dello Stefanin sono la seconda specie in ordine di importanza, con il 20%,
e alla Grotta Pertusello costituiscono il 16% del campione (Barker et al., 1990).

5.1.2.  Specie selvatiche

Mammalia
Insectivora
Erinaceidae
Riccio Erinaceus europaeus Linnaeus, 1758

– 201
A questo insettivoro sono stati attribuite 4 emimandibole (Tab. 37), pari allo 0,73% dei determinati e allo
0,22% del totale.
La specie è presente, seppur con pochi resti, anche alle Arene Candide (Bartolomei, 1997; Sorrentino,
1999), e in Val Pennavaira, nei livelli neolitici dell’Arma dello Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al.,
1990) e della Grotta Pertusello (Leale Anfossi, 1961; Barker et al., 1990).

Lagomorpha
Leporidae
Lepre europea - Lepus europaeus Pallas, 1778
Alla lepre appartengono in tutto 67 resti (12,24% dei determinati, 3,70% del totale), distribuiti in tutti i
livelli, dove rappresenta quasi sempre l’animale selvatico più comune (Tab. 36). Gli elementi ossei compren-
dono sia lo scheletro assile che appendicolare.
La presenza di questa specie all’Arma dell’Aquila potrebbe essere almeno in parte imputabile all’attività
venatoria, come dimostrano un’ulna con tracce di macellazione e una tibia con tracce di lavorazione prove-
nienti dal 6° e dal 5° focolare.
La maggior parte dei resti in cui può essere osservato il grado di fusione delle epifisi appartiene a indi-
vidui adulti, mentre solo un’ulna e un quarto metacarpo destri provenienti dal VI strato sotto il 5° focolare
appartengono a giovani esemplari. Due frammenti di coxale, provenienti dal 6° focolare e da un livello
sottostante, che potrebbero appartenere allo stesso individuo, si distinguono per le loro dimensioni ridotte
(Tab. 43).
Un elemento scheletrico presenta tracce di patologia: si tratta di un secondo metatarso destro proveniente
dal 5° focolare, in cui è visibile un’esostosi sulla diafisi, probabilmente causata da un’infezione o da una frat-
tura. La ferita potrebbe aver compromesso la crescita dell’osso, dato che appartiene a un individuo adulto ma
risulta più corto di quelli con cui è stato confrontato.
Questa specie è presente anche in tutti i livelli neolitici delle Arene Candide, in particolare in quelli databi-
li al Neolitico antico (Bartolomei, 1997; Sorrentino, 1999). Pochi reperti invece provengono dai livelli del
Neolitico antico e medio del Riparo del Pian del Ciliegio (Sorrentino: 2009), da quelli del Neolitico antico
(Liv. III) all’Arma dello Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990) e solo da quelli del Neolitico
recente (Liv. III) nella Grotta Pertusello (Leale Anfossi, 1961; Barker et al., 1990).
La lepre comune può indicare la presenza di ambienti aperti o di boschi radi con ampie radure.

Carnivora
Canidae
Lupo - Canis lupus Linnaeus, 1758
Dai livelli neolitici dell’Arma dell’Aquila provengono 3 elementi scheletrici appartenenti a lupo (0,55%
dei determinati, 0,16% del totale). Un astragalo destro e una falange prossimale sono stati rinvenuti nel 6° fo-
colare, mentre un calcagno destro è stato riconosciuto nel 5° focolare. Tutti gli elementi scheletrici sono integri
e appartengono a individui adulti (Tab. 37).
Il lupo è presente anche nei livelli del Neolitico antico e medio delle Arene Candide (Rowley-Conwy,
1997; Sorrentino, 1999) e all’Arma dello Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990), ma non
rappresenta un buon indicatore ambientale, soprattutto per una elevata capacità di spostamento in risposta alle
stagioni e alla presenza di prede.

Volpe - Vulpes vulpes (Linnaeus, 1758)


I resti di volpe sono 5 (0,91% dei determinati, 0,28% del totale). Dal 7° focolare proviene un terzo meta-
tarso sinistro, dal 5° un quinto metacarpo destro e una falange prossimale, dal 4° una mandibola destra e dal 3°
un M2 inferiore destro (Tab. 37).
Tutti gli elementi sono integri e appartenenti a individui adulti, tranne la mandibola, che è attribuibile
ad un individuo molto giovane: dall’arcata mancano tutti i denti, ma nell’ultimo alveolo si può intravedere la
piccola gemma di un molare.
La volpe è presente con scarsissimi resti anche nei livelli del Neolitico antico e medio delle Arene
Candide (Bartolomei, 1997; Rowley-Conwy, 1997; Sorrentino, 1999) e del Riparo di Pian del Ciliegio
(Sorrentino, 2009), mentre non è stata rinvenuta nei giacimenti coevi della Val Pennavaira.
Anche questo canide si adatta a diversi ambienti e frequenta diverse altitudini, ma sembra preferire i bo-
schi fitti alternati a radure.

202 –
Ursidae
Orso bruno - Ursus arctos Linnaeus, 1758
I reperti attribuiti agli ursidi sono in tutto 15 (2,74% dei determinati, 0,83% del totale). Soltanto un
astragalo sinistro, un frammento longitudinale di canino e una falange intermedia provenienti rispettivamen-
te dal I strato sotto il 6° focolare, dal 6° e dal 5° focolare, sono stati attribuiti con certezza all’orso bruno
(Tab. 38).
Gli altri reperti sono stati determinati come Ursus sp., in quanto potrebbero potenzialmente appartenere
ad esemplari di U. spelaeus. Alcuni di essi infatti appartengono a individui giovani (una fibula, diversi denti
decidui e una falange distale) o sono frammentari (incisivi) e sono stati tutti rinvenuti nei livelli inferiori della
stratigrafia, che risultano ad alto rischio di contaminazione con quelli pleistocenici, come testimonia il dente
deciduo di leone trovato nel 7° focolare che ha fornito una datazione assoluta (GrA-51010: AQ-8) corrispon-
dente a quella del 1° focolare Paleolitico (GrN-17485: AQ-1).
Se questi reperti fossero effettivamente in posto, potrebbero indicare un momento di minor frequentazione
della grotta da parte dei gruppi umani, durante il quale gli orsi avrebbero utilizzato il riparo sottoroccia come
rifugio invernale o per l’allevamento dei cuccioli. I denti decidui sono quasi tutti dotati delle radici e, insieme
alla fibula e alla falange distale, potevano appartenere a individui giovani morti durante l’inverno. Uno dei
canini decidui invece è caduto spontaneamente a seguito dell’eruzione del dente definitivo e quindi potrebbe
appartenere a un giovane che utilizzava la grotta come rifugio insieme alla madre, durante il periodo di svez-
zamento.
I resti rinvenuti nei livelli più alti, invece, potrebbero essere di apporto umano e conseguenti all’attività
venatoria.
Il NMI del 7° focolare è stato stimato a tre per la presenza di cuccioli appartenenti a due diverse classi di
età, dato che la fibula e la falange distale sembrano appartenere a un individuo più giovane rispetto a quello
che aveva perso il canino spontaneamente e alla presenza di almeno un adulto.
Resti di orso bruno sono stati rinvenuti anche nei livelli olocenici della Caverna delle Arene Candide
(Sorrentino, 1999) e sono segnalati anche all’Arma dello Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al.,
1990) in Val Pennavaira.

Mustelidae
Martora/Faina - Martes martes (Linnaeus, 1758) e Martes foina (Erxleben, 1777)
In questa categoria rientrano 5 reperti (0,91% dei determinati, 0,28% del totale). I caratteri distintivi tra
martora e faina si trovano soprattutto nella mandibola e nel dente ferino superiore, mentre gli elementi sche-
letrici post-craniali risultano difficili da attribuire a una specie piuttosto che all’altra. Per questo, soltanto una
mandibola sinistra con il canino ancora in posto è stata attribuita con certezza alla martora.
Gli altri 4 elementi scheletrici potrebbero invece appartenere sia a una specie che all’altra, e sono stati
determinati come Martes sp. (Tab. 37): un radio sinistro dal I strato sotto il 6° focolare, un astragalo destro
dal 6° focolare, un canino superiore destro dal 5° focolare e un frammento prossimale di omero sinistro dal 4°
focolare.
La mandibola di martora testimonia lo sfruttamento da parte dell’uomo di questa specie. Sulla superficie
sono state riconosciute diverse strie da strumento litico, molto ravvicinate, che indicano con molta probabilità
un’azione di spellamento.
Alle Arene Candide, la maggior parte dei resti degli scavi di Tiné è stata attribuita a martora, ma si segnala
la presenza di faina, anche se con qualche dubbio perché l’identificazione è stata effettuata sulla base di ossa
lunghe (Sorrentino, 1999). Tra i reperti provenienti dagli scavi di Bernabò-Brea e Cardini, invece, è presente
solo la martora, accompagnata da puzzola (Mustela putorius Linnaeus, 1758) (Bartolomei, 1997; Rowley-
Conwy, 1997). All’Arma dello Stefanin è attestata la martora, insieme a resti di Mustela sp. (Leale Anfossi,
1972; Barker et al., 1990), mentre il Riparo del Pian del Ciliegio ha restituito solo una mandibola appartenen-
te a questo taxon, dai livelli del Neolitico medio (Sorrentino, 2009).
Dal punto di vista ambientale, la martora risulta una specie tipicamente forestale e vive sia in boschi di
conifere che di latifoglie.

Tasso - Meles meles (Linnaeus, 1758)


I reperti appartenenti a tasso sono 15 (2,74% dei determinati, 0,83% del totale). Si trovano tutti nei livelli
inferiori, fino al 5° focolare. Soltanto nel 6° focolare è stato possibile individuare la presenza di almeno due
individui, in base a due terzi metacarpi sinistri appartenenti ad esemplari adulti (Tab. 37).

– 203
Tre elementi scheletrici presentano tracce di patologia, probabilmente artrosi. Si tratta del quarto metatar-
so e del frammento prossimale di radio provenienti dal 7° focolare e della porzione prossimale di ulna ritrovata
nel 6° focolare. L’animale a cui apparteneva l’ulna doveva aver convissuto a lungo con la malattia, perché
l’omero era riuscito a scavare una nuova superficie articolare nel tessuto osseo proliferato nella zona dell’o-
lecrano, su cui sono visibili dei solchi molto marcati. Potrebbe quindi trattarsi di un individuo senile, diverso
da quelli a cui appartenevano gli altri elementi scheletrici, quindi il NMI nel 6° focolare potrebbe ammontare
a tre.
Il tasso è stato identificato anche nei livelli neolitici dell’Arma dello Stefanin, dove rappresenta il più comu-
ne dei piccoli carnivori, insieme al gatto selvatico (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990), e in misura minore
al Pertusello (Leale Anfossi, 1961; Barker et al., 1990), alle Arene Candide (Bartolomei, 1997; Rowley-
Conwy, 1997; Sorrentino, 1999) e solo nel Neolitico medio al Pian del Ciliegio (Sorrentino, 2009).

Arctiodactyla
Cervidae
Capriolo - Capreolus capreolus (Linnaeus, 1758)
Dalla parte inferiore della sequenza neolitica provengono 8 resti di questo piccolo cervide (1,46% dei
determinati, 0,44% del totale) (Tab. 39). La sua presenza è imputabile all’attività venatoria, come testimoniano
le numerose strie da disarticolazione individuate sotto la testa del femore e sulla scapola provenienti dal 7°
focolare, e i segni di lavorazione riscontrati sul frammento di palco dal 6° focolare. Si tratta di una specie tipi-
camente forestale e all’Arma dell’Aquila risulta assente nei livelli databili alla Cultura VBQ.
Il capriolo è sempre presente nei siti coevi del Finalese e della Val Pennavaira, dove rappresenta la specie
selvatica più cacciata dopo il cervo. Alle Arene Candide è presente in tutti gli strati neolitici, ma in partico-
lare quelli del Neolitico medio (Rowley-Conwy, 1997; Sorrentino, 2009); al Riparo di Pian del Ciliegio
è presente solo nei livelli con ceramiche VBQ (Sorrentino: 2009). In Val Pennavaira si incontra nei livelli
del Neolitico antico dell’Arma dello Stefanin (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990) e della Grotta del
Pertusello (Leale Anfossi, 1961; Barker et al., 1990).

Cervo - Cervus elaphus Linnaeus, 1758


I resti di cervo sono 6 (1,09% dei determinati, 0,33% del totale) e, come nel caso del capriolo, sono stati
rinvenuti tutti nella prima metà della sequenza stratigrafica (Tab. 39).
La sua presenza nel riparo è sicuramente imputabile alla caccia, dato che su quattro di questi reperti si
notano tracce di macellazione.
In tutti gli altri siti coevi del Finalese il cervo è la specie selvatica più cacciata dall’uomo che si incontra in
tutti i livelli delle Arene Candide (Rowley-Conwy, 1997; Sorrentino, 2009) e del Riparo di Pian del Ciliegio
(Sorrentino, 2009), in particolare nel Neolitico antico e medio. Il cervo fa parte anche dei pochi reperti deter-
minati all’Arma del Sanguineto (Sorrentino, 2002) e all’Arma delle Anime (Giuggiola et al., 1966). In Val
Pennavaira è molto abbondante nella Grotta del Pertusello (Leale Anfossi, 1961; Barker et al., 1990) e allo
Stefanin è la specie selvatica più rappresentata dopo lo stambecco (Leale Anfossi, 1972; Barker et al., 1990).
Il cervo è associato al capriolo come indicatore di foreste, alternate a radure aperte.

Bovidae
Stambecco - Capra ibex Linnaeus, 1758
8 reperti sono stati attribuiti con certezza a questo bovide (1,46% dei determinati, 0,44% del totale), men-
tre per altri 10 (1,83% dei determinati, 0,55% del totale) l’identificazione è più dubbia e sono stati determinati
come cfr. Capra ibex, in quanto frammentari e quindi con morfologia poco leggibile (Tab. 39). In questi casi
l’attribuzione si è basata soprattutto sulle dimensioni, che portavano a escludere a capra domestica e altri un-
gulati (Tab. 45).
Le ossa in cui è possibile osservare il grado di fusione delle epifisi appartengono tutte a individui adulti,
mentre i denti attribuiti con certezza potrebbero essere inseriti fra i giovani adulti e gli adulti I, secondo le ca-
tegorie delineate da Fiore e Tagliacozzo (2006) per gli stambecchi di Riparo Dalmeri.
La responsabilità dell’uomo nell’accumulo di almeno una parte di questi resti è testimoniata dalle tracce di
macellazione osservate su due elementi scheletrici attribuiti a Capra ibex e su tre dubitativamente attribuiti a
questa specie. In particolare si tratta di una porzione distale di tibia proveniente dai tagli sottostanti il 5° foco-
lare, di una porzione distale di omero dal V-VI strato sotto il 6° focolare, di una diafisi di femore proveniente
dallo stesso livello e di due falangi trovate nel III strato sotto il 6° focolare datato a 6240±90 BP (Bln-3450).

204 –
Lo stambecco scompare oltre i livelli intermedi tra 6° e 5° focolare, quindi la sua presenza si colloca prin-
cipalmente nel Neolitico antico. È sempre accompagnato anche da cervo e capriolo, seppur con pochi resti,
e questo potrebbe indicare lo sfruttamento di diversi territori di caccia, in quanto normalmente lo stambecco
frequenta pascoli in zone più aperte ed elevate.
Questa specie è presente con un buon numero di resti nei livelli del Neolitico antico della Caverna delle
Arene Candide, ma in questo giacimento lo si ritrova fino agli strati delle età dei Metalli (Rowley-Conwy,
1997; Sorrentino, 1999). È scarsamente rappresentata al Pertusello, dove costituisce l’1% della fauna del
livello del Neolitico antico (IV) (Leale Anfossi, 1961; Barker et al., 1990) mentre l’Arma dello Stefanin,
con il 50% di resti di Stambecco (Livello III), potrebbe rappresentare una stazione specializzata per la caccia
di questo animale (Barker et al., 1990).

5.2.  Analisi tafonomica

5.2.1.  Tracce di fenomeni post-deposizionali naturali, biologici e climatici

In questa sezione vengono prese in esame le tracce leggibili sulle ossa provocate da variazioni di umidità
e temperatura, dal passaggio di acqua, dalle radici e dalle ife dei funghi.
Questa analisi ha un valore indicativo, perché è stata fatta in base alle tracce osservate solo sulla superfi-
cie delle 1164 ossa siglate, e non sui frammenti indeterminati. In questo contesto, infatti, un’analisi più ampia
avrebbe avuto poco valore, perché in mancanza di distribuzioni spaziali dei reperti e di una stratigrafia ben
delineata le informazioni raccolte non sarebbero state contestualizzabili (Tab. 46).
I reperti con evidenti alterazioni dovute a fenomeni biologici, climatici ed edafici sono 373, pari al 32%
del campione usato per questa analisi. A volte su un reperto sono presenti più tipologie di alterazioni.
Le tracce da ossidi di manganese, sotto forma di macchie nerastre, sono quelle presenti su più ossa, 157 in
tutto. Su 126 reperti sono visibili le tracce rossastre lasciate dal contatto con radici. Diversi stadi di corrosione
sono visibili su 87 resti: si va da una leggera alterazione, al distacco di coppelle dalla superficie, a un visibile
assottigliamento dell’osso, fino alla formazione di fori arrotondati, spesso limitati alla parte corticale dell’osso.
47 frammenti risultano interessati da concrezioni e su 39 sono visibili i solchi a sezione arrotondata lasciati
dalle ife fungine. Gli sbalzi termici e di umidità hanno provocato l’esfoliazione di 27 reperti e la formazione
di weathering cracks su 24. Soltanto 2 frammenti presentano i bordi arrotondati, tipici della fluitazione, e altri
due sono interessati da calpestio, un tipo di traccia provocato dallo sfregamento delle particelle del sedimento
inglobante sulla superficie delle ossa, a causa della pressione provocata dal passaggio di uomini o animali.

5.2.2.  Tracce da carnivori e roditori

Questo tipo di analisi è stato effettuato sull’intero campione dei livelli neolitici. Le ossa interessate da
tracce di carnivori sono 37, pari al 2,04 %, mentre quelle incise dai roditori sono 59, pari al 3,26% (Tab. 47).
Dalla distribuzione dei reperti nella stratigrafia non emergono particolari tendenze e sembra che gli ani-
mali abbiano agito in quasi tutti i livelli. Osservando le specie su cui sono state rinvenute le alterazioni, si nota
che sono presenti sia animali selvatici che domestici. È interessante che alcune delle ossa presentino anche
delle tracce di macellazione: questo potrebbe significare che l’azione di questi animali, in particolare dei car-
nivori, sia avvenuta contemporaneamente o subito dopo la frequentazione umana. Alla Caverna delle Arene
Candide molte ossa, soprattutto nei livelli del Neolitico medio, presentano i segni dei denti dei carnivori e
questa situazione è stata imputata alla presenza di cani nell’abitato (Rowley-Conwy, 1997). Nel nostro caso
le testimonianze non sono così numerose da giustificare la formulazione di un’ipotesi simile, e rimane anche
aperta la possibilità che le ossa siano state rosicchiate da piccoli carnivori attirati dai resti di pasto dell’uomo
in un momento di abbandono del riparo.

5.2.3.  Tracce antropiche

I segni lasciati dall’uomo durante la macellazione degli animali e la lavorazione delle ossa (per l’industria
in materiale duro animale cfr. Bon et al., 2018) sono stati riconosciuti su 175 reperti pari al 9,68% dei reperti
dei livelli neolitici.
Strie di macellazione, imputabili ad azioni di spellamento, deprezzamento, disarticolazione e distacco
di carne effettuate con uno strumento litico, sono state riscontrate su 87 reperti. A questi si aggiungono i 18

– 205
frammenti che presentano sia strie che impatti (Tab. 49), per un totale di 105 resti (5,81% del totale dei reperti,
53,83% dei reperti con tracce antropiche).
Queste tracce si incontrano soprattutto sulle ossa degli ungulati domestici e selvatici e su molti frammenti
appartenenti a mammiferi indeterminati, per la maggior parte di piccola e media taglia. Nel 5° focolare sono
state osservate sull’ulna di una lepre, che presenta ripetute strie da disarticolazione sul margine caudale dell’o-
lecrano. Dal 6° focolare proviene la mandibola di una martora con tracce da strumento litico sulla porzione
molare e incisiva. Strie collocate in questa posizione e su questa specie fanno pensare ad una operazione di
scuoiamento per lo sfruttamento della pelliccia.
I reperti con tracce di impatti, praticati per frantumare le ossa ed estrarre il midollo, sono in tutto 70
(3,87% dei reperti, 35,88% di quelli con tracce). In particolare, i resti che presentano punti di impatto, incavi
di percussione e fratture a spirale sono 46, quelli che presentano sia tracce di impatto che strie sono 18 e quelli
sotto forma di cono di percussione sono 6 (Tab. 49). I segni provocati dagli impatti sono presenti sulle ossa
degli ungulati domestici e selvatici.
Solo 10 reperti presentano segni di raschiature (0,55% del campione, 5,71% dei resti con tracce antropi-
che) (Tab. 49).
I resti combusti sono 293, pari al 16,21% dei reperti. La maggior parte si trova nel 5°, nel 6° e nel 7° fo-
colare e nel I strato sotto il 6° focolare. I livelli che contengono in percentuale più combusti rispetto al totale
dei resti rinvenuti al loro interno, sono il I strato sotto il 6° focolare e il 5° focolare (Tab. 50). La maggior parte
dei resti bruciati appartiene a mammiferi indeterminati, a causa del loro stato frammentario, e nessuno risulta
calcinato.

5.3.  Discussione

L’uomo si è rivelato il principale agente di accumulo delle ossa negli orizzonti neolitici del riparo sotto-
roccia dell’Arma dell’Aquila. Il suo intervento è testimoniato dalla presenza di animali domestici e dalle tracce
di macellazione individuate su molte delle ossa degli animali selvatici riconosciuti all’interno del campione.
I livelli olocenici più ricchi di materiali sono il 5°, il 6° e il 7° focolare, in cui sono presenti manufatti della
Cultura della Ceramica Impressa e dei Vasi a Bocca Quadrata in quantità variabili (per il problema relativo alla
commistione dei reperti, vedansi Starnini e Biagi, 2018: Fig. 6 e Tab. 2).
Gli animali domestici sono presenti in tutti i livelli, fin dall’inizio della sequenza, e da subito sono più
rappresentati dei selvatici, escludendo la possibilità di una graduale introduzione. Una situazione simile è stata
riconosciuta anche alle Arene Candide (Rowley-Conwy, 1997). I caprovini sono gli animali più allevati. Essi
sono presenti in tutte le unità stratigrafiche, in percentuali comprese tra il 16% e il 53%, ma queste potrebbero
anche aumentare, se si considera che alcuni dei resti determinati come artiodattili di piccola/media taglia po-
trebbero appartenere a questo gruppo.
I resti determinati come capra o pecora non sono così numerosi da mettere in luce eventuali tendenze
nel loro sfruttamento, ma son sufficienti a testimoniare la presenza di entrambe le specie dalla base della
sequenza neolitica. Nella Caverna delle Arene Candide, invece, la situazione è più ambigua. Secondo
Rowley-Conwy (1997), che ha studiato le faune provenienti dagli scavi di Bernabò Brea, le capre com-
paiono con sicurezza solo dal Neolitico medio (dal livello 24), e la situazione è stata messa in relazione
alla comparsa di influssi padani nella cultura materiale. Sorrentino (1999), che ha studiato le ossa
degli scavi Tiné, ha invece riconosciuto delle capre anche negli strati con Ceramica Impressa (15 e 14).
L’allevamento di questi animali all’Arma dell’Aquila potrebbe essere stato finalizzato all’ottenimento di
carne, ma anche di latte.
I secondi per abbondanza sono i maiali, la cui presenza va dal 7% al 33% all’interno dei singoli stra-
ti. Questa specie è la seconda per abbondanza anche negli altri giacimenti coevi del Finalese e della Val
Pennavaira; soltanto all’Arma dello Stefanin sono più attestati dei caprovini. Non è certo se si tratta di animali
domestici o selvatici, anche se delle classificazioni così nette nel Neolitico sono difficili da applicare. È infatti
impossibile individuare con certezza una cesura fra un allevamento del maiale parzialmente allo stato brado
e uno completamente dipendente dall’uomo, poiché tra queste due situazioni ci possono essere molteplici op-
zioni intermedie, come quella tuttora adottata in Nuova Guinea (Rowey-Conwy, 2003). Risulta quindi sempre
difficile stabilire se i maiali rappresentino una specie allevata o un prodotto dell’attività venatoria. Un metodo
è stato proposto da Payne e Bull (1988), ed basato sulla distinzione di due gruppi in base alla divergenza
delle misure rispetto a uno standard ricavato dallo studio di un gruppo di cinghiali turchi. Nel nostro caso però
questo metodo è poco applicabile, vista la scarsità del campione; solo due reperti si distinguono per la loro

206 –
robustezza, mentre gli altri sono quasi tutti paragonabili agli esemplari più piccoli presenti alla Caverna delle
Arene Candide, dove i suini sono ritenuti selvatici almeno fino al Neolitico recente (Rowley-Conwy, 1997).
Negli strati dell’Arma dell’Aquila è stata provata la presenza sia di animali giovanissimi che di età superiore
ai tre anni.
I bovini costituivano una risorsa meno importante; probabilmente l’ambiente circostante non era parti-
colarmente adatto al pascolo di questi ungulati. Essi sono comunque presenti in tutti i livelli, tranne in quelli
compresi fra il 3° e il 4° focolare, ma sempre in percentuali ridotte. La stessa situazione è stata riscontrata
anche nei siti coevi del Finalese e della Val Pennavaira.
Gli animali selvatici sono più abbondanti all’inizio della sequenza, per poi diminuire verso gli strati più
recenti. Fra di essi il più rappresentato è la lepre. Le tracce di macellazione su un’ulna confermano che almeno
in parte questa specie potrebbe essere stata introdotta nel riparo dall’uomo. Se tutti i resti di lepre fossero impu-
tabili all’attività venatoria, essa rappresenterebbe l’animale selvatico più cacciato. Anche i mustelidi venivano
sfruttati, come dimostrano le tracce di spellamento presenti su una mandibola di martora.
Molto probabilmente i resti di orso rinvenuti nel 7° focolare non sono di apporto umano, ma la loro pre-
senza è utile a evidenziare eventuali periodi di abbandono o di frequentazione umana più sporadica, sempre
che questi reperti non siano frutto di rimescolamenti con i livelli inferiori. I resti rinvenuti nei focolari superio-
ri, invece potrebbero testimoniare la caccia di questo plantigrado.
Gli ungulati venivano catturati occasionalmente e solo nelle fasi più antiche, fino al 5° focolare.
Dall’associazione faunistica di micro e macro-mammiferi emerge un quadro ambientale tipicamente olo-
cenico, in accordo con le analisi antracologiche. Le specie sono indicatori di un clima temperato e della pre-
senza di ambienti forestali chiusi, alternati ad aree più aperte che potevano rispondere alle esigenze di cervi e
lepri. La presenza di stambecco in alcuni livelli potrebbe testimoniare lo sfruttamento di territori di caccia più
elevati. La vicina Val Pennavaira costituiva, infatti, l’ambiente ideale per questa specie e l’Arma dello Stefanin
è stata interpretata come una stazione frequentata proprio per la caccia allo stambecco (Barker et al., 1990).

6.  MICROMAMMIFERI

Un consistente lotto di denti, piccole ossa e frammenti vari, frutto di operazioni di setacciatura, era con-
servato in sacchetti e scatole, con indicazioni autografe di Richard sulla loro provenienza stratigrafica. Dopo
un’operazione di vaglio e determinazione è stato possibile attribuire 69 reperti agli strati del Paleolitico e 843
a quelli del Neolitico; di questi ultimi, 740 resti provengono dagli strati 5°, 6°, 7° e tagli intermedi in cui sono
stati raccolti materiali riferibili alla Cultura della Ceramica Impressa e dei VBQ (Tab. 51).
L’abbondanza dei resti neolitici permette di formulare alcune considerazioni faunistiche ai fini della ri-
costruzione ambientale. Sono 14 i taxon di piccoli mammiferi determinati: risultano tre specie di insettivori
(Talpa europaea, T. caeca, Crocidura leucodon), nove roditori (Eliomys quercinus, Glis glis, Apodemus grup-
po sylvaticus/flavicollis, Arvicola amphibius, Terricola gruppo savii/duodecimcostatus, T. gruppo multiplex/
subterraneus, Microtus arvalis, Chionomys nivalis e Myodes glareolus), un piccolo carnivoro (Mustela nivalis)
e due chirotteri (Eptesicus serotinus e Plecotus sp.). L’abbondanza e la tipologia dei reperti fa presumere che
questi siano i resti dell’attività trofica di uccelli rapaci, soprattutto strigiformi, che verosimilmente utilizzavano
la grotta come posatoio o come sito per la nidificazione. Solo in piccola parte alcuni reperti potrebbero essere
frutto dell’attività di caccia/raccolta dell’uomo, come alcuni roditori di taglia maggiore (ghiro).
Dal punto di vista quantitativo spicca l’elevatissima percentuale dei reperti di Glis (45% del totale) e di
Apodemus (35%). Da un lato la presenza del ghiro porterebbe a pensare ad una parziale frequentazione della
grotta di questo roditore. D’altra parte una spiccata selezione dei predatori per queste due specie (80% del tota-
le) consente di ipotizzare la dominanza di copertura arboreo-arbustiva nei dintorni della grotta. Per una analisi
più efficace della microfauna può risultare utile riformulare le percentuali relative, togliendo dal totale il ghiro.
La percentuale di presenza di Apodemus sale quindi al 64,7%; un’altra specie che indica ambienti cespugliati
densi è Eliomys quercinus (2,1%) mentre la scarsa presenza dell’arvicola rossastra Myodes glareolus (1,4%),
principale indicatore boschivo, rafforzerebbe l’ipotesi di una scarsezza di ambienti forestali maturi. Ambienti
aperti sono invece testimoniati dai campagnoli, tipici di ambiente prativo aperto, come le varie specie di
Microtus e Terricola, mai presenti in percentuali rilevanti, e da Talpa europaea. Tra i microtini è fortemente si-
gnificativa la presenza dell’arvicola delle nevi Chionomys nivalis (3,7%) che indica un substrato sassoso, come
probabilmente anche Talpa caeca (0,5%); soprattutto il quercino (2,1%), e in misura minore lo stesso ghiro,
possono suggerire la presenza di rocce emergenti. Arvicola amphibius (10,7%) testimonia ambienti umidi con

– 207
acque superficiali, molto probabilmente a regime torrentizio o comunque a medio-veloce scorrimento, data
anche la presenza di reperti attribuibili al gambero di fiume.
Nel complesso l’ambiente dominante si prefigura come una boscaglia comparabile all’attuale macchia
mediterranea, con vegetazione fitta, a carattere soprattutto arbustivo e suolo sassoso, con presenza anche di
radure prative e acque correnti; una descrizione che ben si sposa con il risultato delle indagini antracologiche
recenti (Nisbet, 2018).
Scarsissime le possibilità di confronto con altre faune locali coeve. Una fauna comparabile è quella nota
per le Arene Candide (Bartolomei, 1997) che però ha restituito una modesta quantità di reperti.

7.  CONCLUSIONI

L’analisi ha preso in considerazione 9638 resti di macromammiferi, raccolti da C. Richard nei due com-
plessi stratigrafici riconosciuti nel riparo sottoroccia dell’Arma dell’Aquila: 7836 provengono dai livelli
pleistocenici, 1807 da quelli olocenici. Ad essi si aggiungono 912 resti di micromammiferi, 69 pleistocenici
e 843 olocenici. Il 1° focolare Paleolitico è stato datato all’inizio del periodo Epigravettiano (GrN-17486:
20430+480/-450 BP), collocabile nel 2 stadio isotopico (OIS2), mentre quelli sottostanti risultano attribuibili
all’Aurignaziano e allo stadio isotopico 3 (OIS3) (2° focolare Paleolitico: GrN-17498: 39900+5100/-3100
BP). L’occupazione olocenica è riferibile al Neolitico antico e Neolitico medio almeno fino al 5° focolare,
mentre il focolare 4°, datato a 5515±45 BP (GrA-43066) è indubbiamente riferibile alla fine dell’occupazio-
ne della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata nella caverna (Starnini e Biagi, 2018: Tab. 1). Come negli altri
giacimenti del Finalese (Baissas, 1974; Biagi et al., 1989; 1993), il Mesolitico corrisponde ad un’assenza di
attività antropica anche all’interno di questo riparo, rappresentata da una serie di livelli sterili di apporto idrico
(Richard, 1942: 65).
L’analisi archeozoologica conferma le fasi climatiche identificate nella stratigrafia e fornisce interessanti
spunti sulle modalità di utilizzo della caverna, sia da parte degli animali che da parte dei gruppi umani nei
differenti periodi.
Nel Pleistocene Superiore, la grotta era sfruttata soprattutto dagli orsi, in maggioranza Ursus spelaeus, che
utilizzavano la grotta per il letargo invernale o come nursery. A questi animali appartiene oltre l’80% dei resti
determinati. L’alto grado di frammentazione delle ossa, a causa del quale è stato determinato solo l’11% del
campione, potrebbe dipendere proprio dal calpestio dei plantigradi. Rispetto agli ursidi, gli altri animali sono
presenti in percentuali molto ridotte.
Fra i carnivori sono attestati lupo, volpe, tasso, martora, lince, leopardo, leone e iena. Le ultime tre
sono specie tipicamente pleistoceniche che, come l’orso speleo, si sono estinte in Europa nella seconda
parte dell’ultimo glaciale (Masseti e Salari, 2009). Gli unici che possono fornire valide indicazioni paleo-
ambientali sono i mustelidi e la lince. Queste specie suggeriscono la presenza di boschi maturi e strutturati,
che ben corrispondono alla dominanza di conifere, rilevata grazie alle analisi polliniche e antracologiche
(Arobba et al., 1987; Nisbet, 2018) e si incontrano nella parte centrale della stratigrafia, attribuibile allo
stadio isotopico 3.
L’ungulato più attestato è lo stambecco, seguito da cervo, cinghiale e capriolo, mentre l’uro è rappresenta-
to da un solo resto al tetto della sequenza pleistocenica. I lagomorfi sono presenti con resti di Lepus sp.. Questi
animali potrebbero essere frutto dell’attività venatoria o rappresentare le prede dei carnivori che frequentavano
la grotta. Sono sempre presenti in piccole quantità e la classe dei reperti classificati come artiodattili indetermi-
nati contribuisce di poco ad alzare la percentuale. Si incontrano solo a partire dal 5° focolare verso la parte su-
periore della sequenza, mentre nei livelli sottostanti sono stati individuati solo due resti di lepre e uno di cervo.
Vista la dominanza dello stambecco sulle altre specie, i dintorni del sito dovevano essere caratterizzati da
un ambiente steppico, adatto anche alla lepre, coerentemente con quanto emerso anche dall’analisi dei carboni
(Nisbet, 2018). I cervidi e il cinghiale potrebbero invece suggerire l’alternanza di momenti più temperati e
umidi e lo sviluppo di foreste miste.
Nel campione faunistico pleistocenico è stata notata l’assenza di alcune grandi specie come il mammut
(Mammuthus primigenius), il megacero (Megaloceros giganteus), l’alce (Alces alces), il bisonte (Bison pri-
scus) e gli equidi, riconosciuti in altri siti del Finalese. Questo potrebbe dipendere da motivi ambientali o dalla
limitatezza del campione, ma potrebbe essere imputabile anche al fatto che all’Arma dell’Aquila la frequen-
tazione antropica nel Paleolitico è stata meno intensa rispetto ad altri giacimenti, in cui queste specie spesso
rappresentano delle prede dell’uomo.

208 –
La frequentazione umana era dunque sporadica, come era già stato intuito dalla scarsità di manufatti litici
rinvenuti (Biagi et al., 1993). Le tracce antropiche sulle ossa sono molto limitate e si concentrano soprattutto
su frammenti rinvenuti alla base della stratigrafia e nella parte alta della stessa, dal 1° focolare Paleolitico verso
l’alto.
Nei livelli neolitici la situazione è completamente ribaltata e l’intenso sfruttamento umano del sito è
suggerito dall’alta percentuale di animali domestici e dalla maggior frequenza con cui si presentano le tracce
antropiche sulle ossa.
La presenza di orso bruno nel 7° focolare potrebbe indicare un periodo di frequentazione umana inizial-
mente più sporadica, in cui il riparo veniva usato alternativamente anche dalle orse con prole.
Il riparo sarebbe quindi stato utilizzato con più assiduità nel Neolitico antico e medio sia per scopi funerari
che abitativi e per la stabulazione degli animali, considerata la presenza di alcuni denti decidui di caprovini
caduti spontaneamente. Dal punto di vista del record faunistico, la frequentazione sembra essere stata più in-
tensa nella sequenza compresa fra il 6° ed il 7° focolare (Tab. 25) attribuibile principalmente alla Cultura della
Ceramica Impressa, in base al progressivo aumento di reperti fittili caratteristici di questo aspetto in questi due
focolari (Starnini e Biagi, 2018).
Gli animali domestici sono presenti in tutti i livelli e predominano sui selvatici fin dalla base della se-
quenza olocenica, come nella Caverna delle Arene Candide, in contrasto con quanto riscontrato in alcuni siti
contemporanei della Francia meridionale, in cui il passaggio a una piena economia produttiva sembra essere
stato più graduale (Rowley Conwy, 1997).
Come in molti altri siti del Finalese, l’economia di sussistenza si basava soprattutto sull’allevamento dei
caprovini, tra i quali sono state riconosciuti sia capre sia pecore sin dai livelli più bassi. Questo sembrerebbe
in contrasto con quanto emerso dagli studi effettuati da P. Rowley-Conwy (1997) alle Arene Candide, dove
le capre compaiono con certezza solo a partire dal Neolitico medio. Tuttavia, come si evince dallo studio com-
plessivo dei materiali dell’Arma dell’Aquila, la sequenza scavata da C. Richard non consente di ricostruire
una seriazione stratigrafica precisa di questi momenti di occupazione. Ne consegue che solamente la datazione
radiocarbonica dei resti di capra potrà consentire in futuro di chiarire questo problema.
In base all’età di macellazione, questi animali erano sfruttati per la carne, ed è possibile che venisse uti-
lizzato anche il latte.
I secondi per abbondanza sono i suini, ma non è certo se si tratta di animali domestici o selvatici. Tranne
in due casi, le dimensioni degli esemplari dell’Arma dell’Aquila sono paragonabili a quelle degli esemplari
più piccoli rinvenuti alle Arene Candide (Rowley Conwy, 1997). Questi animali venivano sfruttati per la loro
carne e sono rappresentati sia da individui giovanissimi sia di età superiore ai tre anni.
I bovini costituivano una risorsa minore ma sono presenti in tutti i livelli, coerentemente con quanto os-
servato anche nei siti coevi del Finalese e della Val Pennavaira.
Gli animali selvatici sono più abbondanti all’inizio della sequenza e diminuiscono verso la sommità. Il più
comune è la lepre, che può essere considerata frutto dell’attività venatoria, per la presenza di tracce di macel-
lazione su un reperto. Anche i Mustelidi venivano sfruttati ed è testimoniata l’attività di spellamento al fine di
ottenerne la pelliccia.
Gli ungulati erano cacciati occasionalmente e solo nelle fasi più antiche della stratigrafia, fino al 5° focola-
re. Il più attestato è lo stambecco, seguito da capriolo e cervo. I dati antracologici (Nisbet, 2018) forniscono un
quadro dominato dal querceto, quindi è probabile che gli occupanti dell’Arma dell’Aquila sfruttassero diversi
territori di caccia: alcuni più aperti ed elevati, popolati da stambecchi, altri più vicini alla costa e con maggiore
copertura arborea. Questo potrebbe suggerire che la grotta fosse frequentata proprio per la sua posizione stra-
tegica, a metà fra la zona costiera e la più elevata Val Pennavaira. Quest’ultima, infatti, poteva essere utilizzata,
oltre che per cacciare stambecchi, come dimostra la situazione emersa allo Stefanin (Barker et al., 1990),
anche come via d’accesso per alcuni pascoli più elevati, se si accetta l’ipotesi di un sistema di transumanza su
piccola scala come quello proposto da Maggi e Nisbet (1991) per questa zona della Liguria.

Ringraziamenti
Desideriamo ringraziare P. Biagi per averci coinvolto nello studio dei reperti faunistici dell’Arma dell’Aquila, per gli utili consigli e la
revisione del testo; E. Starnini per la cortesia, la disponibilità e per le numerose informazioni e materiali forniti durante la preparazione
della tesi da cui è stato tratto questo articolo; D. Arobba, Direttore del Museo Archeologico del Finale, per aver concesso il prestito
dei materiali e la consultazione dei diari di scavo e A. De Pascale, Curatore dello stesso Museo, per la sua disponibilità in occasione
del recupero dei materiali nei depositi. Grazie a tutto il personale del Museo di Storia Naturale di Venezia per non aver mai negato il
loro aiuto, i loro consigli e il loro tempo. Si ringraziano infine B. Sala e C. Berto per la determinazione di alcuni reperti pleistocenici.

– 209
Tabelle

MANDIBOLA LEPORIDI MANDIBOLA CANIDI E MUSTELIDI


2: lunghezza serie dentaria P2-M2 1: lunghezza totale condilo-infradentale
3: lunghezza bordo aborale dell’alveolo di M3-infradentale 7: lunghezza tra bordo posteriore dell’alveolo del canino e bordo
4: lunghezza del diastema posteriore dell’alveolo di M3
DENTI 18: altezza della branca mandibolare tra il processo angolare e il
L: lunghezza massima processo coronoideo
B: larghezza massima Tabelle
SCAPOLA
OMERO, RADIO, FEMORE, TIBIA, FIBULA, METAPODIALI, FALANGI GLP: diametro massimo del processo articolare
PROSSIMALI E INTERMEDIE LG: lunghezza cavità glenoidea
MANDIBOLA LEPORIDI MANDIBOLA CANIDI E MUSTELIDI
GL: lunghezza massima BG: larghezza cavità glenoidea
2: lunghezza serie dentaria P2-M2 1: lunghezza totale condilo-infradentale
GLpe: lunghezza massima laterale ULNA
3: lunghezza bordo aborale dell’alveolo di M3-infradentale 7: lunghezza tra bordo posteriore dell’alveolo del canino e bordo
GLC: lunghezza massima della testa del femore DPA: distanza minima del processo anconeo e il margine caudale
4: lunghezza del diastema posteriore dell’alveolo di M3
DC: larghezza della testa del femore SDO: larghezza minima dell’olecrano
DENTI 18: altezza della branca mandibolare tra il processo angolare e il
Bp: larghezza prossimale BPC: larghezza del processo coronoideo
L: lunghezza massima processo coronoideo
SD: diametro minimo trasverso della diafisi COXALE
B: larghezza massima SCAPOLA
Bd: larghezza distale LA: lunghezza dell’acetabolo
OMERO, RADIO, FEMORE, TIBIA, FIBULA, METAPODIALI, FALANGI GLP: diametro massimo del processo articolare
BT: larghezza della troclea LAR: lunghezza dell’acetabolo ai margini
PROSSIMALI E INTERMEDIE LG: lunghezza cavità glenoidea
Dd: diametro antero-posteriore distale ASTRAGALO
GL: lunghezza massima BG: larghezza cavità glenoidea
CALCAGNO GLl: lunghezza massima laterale
GLpe: lunghezza massima laterale ULNA
GL: lunghezza massima GLm: lunghezza massima mediale
GLC: lunghezza massima della testa del femore DPA: distanza minima del processo anconeo e il margine caudale
GB: larghezza massima Dl: diametro antero-posteriore laterale
DC: larghezza della testa del femore SDO: larghezza minima dell’olecrano
FALANGE DISTALE Dm: diametro antero-posteriore mediale
Bp: larghezza prossimale BPC: larghezza del processo coronoideo
DLS: lunghezza diagonale della suola Bd: larghezza distale della troclea
SD: diametro minimo trasverso della diafisi COXALE
Ld: lunghezza della superficie dorsale
Bd: larghezza distale LA: lunghezza dell’acetabolo
SCAFOCUBOIDE
BT: larghezza della troclea LAR: lunghezza dell’acetabolo ai margini
GB: larghezza massima
Dd: diametro antero-posteriore distale ASTRAGALO
CALCAGNO GLl: lunghezza massima laterale
Tab.Tab.
1 1 – Legenda delle sigle usate nelle tabelle relative alle misure di tutti i mammiferi, tranne gli Ursidi (da von den Driesch, 1976).
GL: lunghezza massima GLm: lunghezza massima mediale
GB: larghezza massima Dl: diametro antero-posteriore laterale
FALANGE DISTALE Dm: diametro antero-posteriore mediale
ATLANTE EPISTROFEO
DLS: lunghezza diagonale della suola Bd: larghezza distale della troclea
3: lunghezza dell’arco ventrale 2: lunghezza della vertebra tra l’apofisi del dente e la superficie
Ld: lunghezza della superficie dorsale
4: larghezza massima della superficie articolare posteriore articolare posteriore
SCAFOCUBOIDE
5: diametro dorsoventrale del corpo 3: larghezza massima delle apofisi articolari anteriori
GB: larghezza massima
DENTI: INCISIVI DENTI: PREMOLARI E MOLARI

Tab. 11: diametro trasversale della corona 1: lunghezza assoluta


2: diametro anteroposteriore 2: larghezza assoluta (applicata anche a M1 e M2 superiori e inferiori,
METAPODIALI diversamente da TORRES (1966))
1: lunghezza assoluta RADIO
ATLANTE EPISTROFEO
2: diametro trasversale massimo dell’epifisi prossimale 2: diametro anteroposteriore dell’epifisi prossimale
3: lunghezza dell’arco ventrale 2: lunghezza della vertebra tra l’apofisi del dente e la superficie
3: diametro anteroposteriore massimo epifisi prossimale 3: diametro anteroposteriore del collo
4: larghezza massima della superficie articolare posteriore articolare posteriore
6: diametro trasversale massimo dell’epifisi distale 4: diametro trasversale dell’epifisi prossimale
5: diametro dorsoventrale del corpo 3: larghezza massima delle apofisi articolari anteriori
DENTI: INCISIVI DENTI: PREMOLARI E MOLARI
Tab. 21: diametro trasversale della corona 1: lunghezza assoluta
2: diametro anteroposteriore 2: larghezza assoluta (applicata anche a M1 e M2 superiori e inferiori,
METAPODIALI diversamente da TTorres
ORRES (1966))
Pérez-Hidalgo (1988e))
1: lunghezza assoluta RADIO
2: diametro trasversale massimo dell’epifisi prossimale 2: diametro anteroposteriore dell’epifisi prossimale
3: diametro anteroposteriore massimo epifisi prossimale 3: diametro anteroposteriore del collo
6: diametro trasversale massimo dell’epifisi distale 4: diametro trasversale dell’epifisi prossimale

Tab. 2 – Legenda dei numeri relativi alle misurazioni effettuate sugli Ursidi (da Torres Pérez-Hidalgo, 1988a; 1988b; 1988c; 1988d;
Tab.1988e;
2 1988f).

210 –
3° focolare neolitico 3 II strato sotto il 7° focolare II sotto 7
Focolaretto tra 3° e 4° focolare fra 3 e 4 III strato sotto il 7° focolare III sotto 7
Unità stratigrafiche neolitiche Sigla Unità stratigrafiche paleolitiche Sigla
4° focolare neolitico 4 IV strato sotto il 7° focolare IV sotto 7
1° focolare (superficie) 1 I strato sotto il 7° focolare I sotto 7
3° focolare 5° focolare neolitico
neolitico 3 5II strato sotto ilV7°strato sotto il 7° focolare
focolare II sotto 7 V sotto 7
Unità stratigrafiche neolitiche Sigla Unità stratigrafiche paleolitiche Sigla
Focolaretto sotto
tra 3° ile 5°
4° focolare *
focolare fra 3 e 4 sotto
III 5 sotto il1°7°focolare
strato focolare paleolitico
III sotto 7 1
1° focolare (superficie) 1 I strato sotto il 7° focolare I sotto 7
4°neolitico I, II, III strato sotto il 5° focolare
focolare neolitico 4 * sotto
IV strato5 sotto ilI strato sotto il 1° focolare
7° focolare I sotto 1
3° focolare 3 II strato sotto il 7° focolare II sotto 7 IV sotto 7
Focolaretto 5° tra
focolare IIfocolare
strato sotto il 5°
3° e 4°neolitico frafocolare
3e4 5 III strato II
Vsotto
sottostrato 5sotto
il 7° ilII7°strato
focolare sotto
focolare il 1° focolare
III sotto 7V sotto 7 II sotto 1
4° focolare sotto III strato
il 5° focolare *
neolitico sotto il 45° focolaresotto IV III
5 strato sotto sotto
1° focolare 5 2° focolare
paleolitico
il 7° focolare paleolitico
IV sotto 71 2
5° focolare I, II, III,sotto
III strato
neolitico IV, ilV5° strato sotto
5 * il 5°sotto
focolare focolare * sotto
5 strato
V sotto
I stratoil57°sotto I strato
il 1°
focolare sotto
focolare il 2° focolare
V sotto 7 I sotto 1 I sotto 2
II strato
sotto il 5° focolare * IV
sotto il strato
5° sotto
focolare il 5° focolare
sotto 5 II sotto 5 IV
II sotto
strato
1° focolare paleolitico 5
sotto ilII
1° strato sotto
focolare1 il 2° focolare
II sotto 1 II sotto 2
III strato sotto
VI il 5°
strato
I, II, III strato sotto il 5° focolare * focolare
sotto il 5° focolare
sotto 5 III sotto 5 2°
VI focolare
sotto 5
I strato sotto il 1° focolare paleolitico
3° focolare I sotto 1 2
paleolitico 3
III, IV,
II strato sotto il 5°Vfocolare
strato sotto il 5°
6° focolare focolare
II sotto* 5 sotto II
neolitico 5 strato sotto
6I stratoil 1°sotto il 2°
focolare focolare
II strato sotto I sotto 2
il 3°1focolare
II sotto II sotto 3
IV strato
III strato sotto il 5°sotto
sotto
focolareil 5°
il focolare
6° focolare III sotto 5IV sotto 5
2° focolare II paleolitico
sottostrato
6 sotto ilIII 2° strato
focolare
sotto II sotto 2
2 il 3° focolare III sotto 3
III, IV, V VI strato
strato sotto
sotto il 5°
Iilstrato
5° focolare
focolare * 6°sotto
sotto il 5 VI sotto
focolare 5 sotto
I strato I3° focolare paleolitico
il 2°6 focolare
sotto sotto 2 3
4° focolareI paleolitico 4
6° focolare
IV strato sotto neolitico
il 5° focolare
II strato sotto il 6° sotto 56
IV focolare IIII sotto
II strato sotto strato
il 2°6sotto il5°
focolare3°focolare
focolareIIpaleolitico
sotto 2 II sotto 3 5
sotto il 6° focolare
VI strato sotto il 5° focolare sotto 6 III strato sotto il 3° focolare III sotto 3
III strato sotto il VI 6° sotto 5
focolare 3° focolareIII paleolitico
sotto 6 I strato sotto3 il 5° focolare I sotto 5
I strato sotto il 6° focolare I
6° focolare neolitico IV strato sotto il 66° focolare II strato sotto sotto 6 4° focolare paleolitico
il 3°6focolare II sotto 4
IV sotto II strato sotto il 5°3focolare II sotto 5
sotto il 6°IIfocolare
strato sotto il 6° focolare sotto 6 II sotto
V-VI strato sotto il 6° focolareIII strato V-VI
6 5° focolare
sotto ilsotto paleolitico
3° focolare
6 III strato sotto III sotto 5
il 5°3focolare III sotto 5
III strato
I strato sotto sotto il 6° focolare I sotto 6 III sotto
il 6° focolare 6
4° focolare I strato sotto il 5° focolare 4
paleolitico I sotto 5
VI strato sotto il 6° focolare VI sotto 6 IV strato sotto il 5° focolare IV sotto 5
IV strato
II strato sotto il 6° sotto
focolareil 6° focolare II sotto 6 IV sotto 6
5° focolare II paleolitico
strato sotto il 5° focolare5 II sotto 5
V-VIilstrato
fra 5° e 7° focolare
sotto il 6° focolare
fra 5 e 7 V strato sotto il 5° focolare V sotto 5
III strato sotto 6° focolare III sotto 6V-VIIsotto
strato6 sotto
III strato sotto il 5° focolare
il 5° focolare I sotto 5 III sotto 5
VI strato sotto 7° il focolare
6° focolareneolitico VI sotto 6 7IV strato sotto il 5° focolare IV sotto 5
IV strato sotto il 6° focolare IV sotto 6 II strato sotto il 5° focolare II sotto 5
frasotto
V-VI strato 5° e 7° focolare
il 6° focolare V-VI sottofra6 5 eIII7 strato sotto
V strato
il 5°sotto il 5° focolareIII sotto 5V sotto 5
focolare
Tab. 3 – Abbreviazioni usate per indica-
7° focolare neolitico VI sotto 67
Tab. 3 VI strato sotto il 6° focolare IV strato sotto il 5° focolare IV sotto 5 re le unitàstratigrafiche del riparo sotto-
fra 5° e 7° focolare fra 5 e 7 V strato sotto il 5° focolare V sotto 5 roccia. I livelli accorpati sono segnalati
b. 3 7° focolare neolitico 7 con *.
a adulto ga giovane-adulto
determ. determinazione gg giovanissimo
a adulto
d diafisi ga giovane-adulto
i intero
determ. determinazione
Dist/ dd porzione distale della disfisi gg giovanissimo
indet. indeterminato
a dadulto diafisi porzione prossimale della diafisi ga i intero
giovane-adulto lateralità
dp Lat.
determ. Dist/ dd porzione distale della disfisi
determinazione gg indeterminato
indet.giovanissimo
DX/dx destro nf non fuso
d diafisi porzione prossimale della diafisi
dp i Lat. intero lateralità
e epifisi NR numero dei resti
Dist/ dd DX/dx destro della disfisi
porzione distale indet. nf indeterminato non fuso
ed epifisi distale NMI numero minimo degli individui
dp epifisi
eporzione prossimale della diafisi Lat. NR lateralità numero dei resti
ep epifisi prossimale Pross/p porzione prossimale di un osso
DX/dx ed destro epifisi distale nf NMI non fuso numero minimo degli individui
f fuso qi quasi integro
e epifisi epifisi prossimale
ep NR Pross/p
numero deiporzione
resti prossimale di un osso
fg epifisi e diafisi non separate ma con linea di fusione visibile s senile Tab. 4 – Legenda del-
ed fuso
f epifisi distale NMI quasi integro
qi numero minimo degli individui
fr frammento le principali abbre-
ep epifisi
fgepifisi prossimale e diafisi non separate ma con linea di fusione visibile
Pross/p s SX/sx
senile
porzione prossimale di un sinistro
osso
f frfuso Fus.
frammento grado di fusione delle epifisi qi ti
sinistro
SX/sxquasi integro tuberosità ischiaticaviazioni usate nelle
tabelle. I livelli ac-
fg Fus. g non
grado
epifisi e diafisi giovane
di fusione delle
separate ma epifisi
con linea di fusione visibile s ti senile tuberosità gr) taglia (piccola, media, grande)
tg (p, m, ischiatica
corpati sono segnalati
fr gframmento giovane m, gr) taglia (piccola, media, grande)
SX/sx tg (p,sinistro con *.
Fus. grado di fusione delle epifisi ti tuberosità ischiatica
Tab. 4
g giovane tg (p, m, gr) taglia (piccola, media, grande)
b. 4
Livelli olocenici NR % su 1807 % su 9643 Livelli pleistocenici NR % su 7836 % su 9643
1
Livelli olocenici NR % su 1 1807 0,05
% su 9643 0,01 pleistocenici
Livelli I sotto 7 NR 41
% su 7836 % 0,52
su 9643 0,42
1 3 1 36
0,05 1,99 0,01 0,37 7
I sotto II sotto 7 41 0,5221 0,27
0,42 0,22
3 fra 3 e 4 36 4
1,99 0,22 0,37 II 0,04
sotto 7 III sotto 7 21 0,2795 1,21
0,22 0,98
Livelli olocenici
fra 3 e 4 4 NR % 4 su 1807 20 0,22 % su 9643 Livelli pleistocenici
1,11 0,04 III0,21
sotto 7 NR 7
IV sotto %95su 7836 1,21125 % su 9643 1,6
0,98 1,3
4 1 20 0,05 1,11 0,01 I sotto 7 IV sotto 7 41 1250,52 1,6252 0,42
5 319 17,650,21 3,31 V sotto 7 1,3
3,22 2,61
5 36 3191,99 17,65 0,37 II sotto 7 V sotto 7 21 2520,27 0,22
sotto 5 20 1,11 3,31 0,21 1 3,22
1975 2,61
25,2 20,48
ra 3 e 4 sotto 5 4 20 0,22 1,11 0,04 III sotto 71
0,21 95 19751,21 25,2148 0,98 20,48
II sotto205 1,11 33 0,211,83 0,34 0,34
IV sotto 7I sotto I sotto
1251 1,6 1,88 1,53
II sotto 5 III sotto 5 33 1,83
42 2,32 V sotto 7 0,44 1 II sotto 1 148 1,88726 1,3 1,53
9,27 7,53
319
III sotto 5 IV sotto 5 42 17,65 2,32 3,31 0,44 II 0,81
sotto 1 252 726 3,22 9,27 2,61 7,53
otto 5 IV sotto 5 20 79 4,37 2 1091 13,92 11,31
79 1,11 4,37 0,21 1
0,81 2 1975 109125,2 13,92 20,48 11,31
I sotto 5 VI sotto 5 VI sotto 33 5 43 1,83
43
2,38 0,342,38 0,44 0,44
I sotto 1 I sotto 2
I sotto
1482
4151,88 5,3
415 1,53 5,3
4,3
4,3
II sotto 56 6 42 426 0,4423,6 4,43II sotto 1 II 4,43 II sotto
7262 202 7,53 2,58 2,09
4262,32 23,6 sotto 2 2029,27 2,58 2,09
V sotto 5sotto 6 sotto 679 11 4,37 11
0,61 0,81 0,61 2
0,11 3 0,11 3 1091 121013,92 1210
15,44 11,31 15,44
12,55 12,55
VI sotto 5I sotto 6 I sotto43 6 2052,38 205
11,34 0,4411,342,13 I sotto 2 II 2,13
sotto 3 II sotto
4153 438 5,3 5,59438 4,3 5,59
4,54 4,54
II sotto 6 II sotto 4266 29 23,6 29
1,6 4,43 1,6 0,3II sotto 2 III0,3
sotto 3 III sotto
202 3 99 2,58 1,2699 2,09 1,26
1,03 1,03
otto 6 III sotto 6 III sotto 11 6 25 0,61 25
1,38 0,111,38 0,263 4 0,26 4 1210 1415,44 0,1814 12,55 0,18
0,14 0,14
sotto 6 IV sotto 6 IV sotto 2056 3511,34 35
1,94 2,131,94 0,36II sotto 3 5 0,36 5 438 2765,59 3,52276 4,54 3,52
2,86 2,86
I sotto 6 V-VI sottoV-VI
6 29 6 93 1,6
sotto 93
5,15 0,3 5,15 0,96
III sotto 3I sotto
0,96 5 I sotto995 39 1,26 0,5 39 1,03 0,5
0,45 0,45
II sotto 67 7 25 3861,38 21,35 0,2621,35 44
386 4 5
II sotto 145
II sotto 53 0,18 0,6853 0,14 0,68
0,55 0,55
V sotto 6TOT TOT 35 18071,94 100% 0,36100%
1807 5
18,73% 18,73%
III sotto 5 276 5
III sotto 17 3,52 0,2217 2,86 0,22
0,17 0,17
V-VI sotto   6 93    5,15     
      0,96   I sotto 5 IV sotto 5
   39
IV sotto 5 500 0,5 6,38500 0,45 5,18
6,38 5,18
386 21,35 4 II sotto 5 53 0,68 0,55
                        V sotto 5 V sotto 5 99 1,2699 1,03
1,26 1,03
TOT 1807 100% 18,73% III sotto 5 17 0,22 0,17
                        5TOT 7836 100%7836 5,18 81,27%
         IV sotto TOT500 6,38 100% 81,27%
         V sotto 5 99 1,26 1,03
Tab.   5 – Numero
   dei resti (NR)
   e percentualeTOT (%) per unità stratigrafica7836 del riparo100%
sottoroccia. 81,27%
b. 5 Tab. 5

– 211
III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 5

II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

1
Erinaceus europaeus 1 1

III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 5

II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
Lepus sp. 2 2 1 1 1 3
10

1
Carnivora indet. 1 1 1 4 1 1 5 1 15
Canis lupus 2 1 1 1 5
Erinaceus europaeus 1 1
1
3 1 10
Vulpes vulpes
Lepus sp. 2 2 1 1 1
Ursus arctos
Carnivora indet. 1 1 1 2 4 1 2 1 2 4 1 5 1 1 1 13 15
Ursus Canis
spelaeus
lupus 2 4 1 6 1 6 1 6 8 149 1 7 18 143 30 31 1 52 16 1 5 484
5
sp.
Ursusvulpes 5 7 2 2 13 35 4 10 65 1 14 34 9 1 3 2 2 10 218
Vulpes 1
Martes cfr martes 1 1 2
Ursus arctos 2 2 2 4 1 1 1 13
1 1
5 2 484
Meles meles
Ursus spelaeus 4 6 1 6 1 6 8 149 7 18 143 30 31 52 16 1
1
2 10 1 218
Crocuta crocuta
Ursus sp. 5 7 2 2 13 35 4 10 65 14 34 9 1 3 2
Martes Lynx
cfr lynx
martes 1 1 1 1 2
Panthera pardus
Meles meles 1 1 1 1 2 2
crocuta 1
Sus scrofa
Crocuta 1 1 1 1 4 1
Cervidae indet. 1 1
Lynx lynx 1 1
Capreolus capreolus 1 1 2
Panthera pardus 1 1 2
1 1 1 6 1
1 10 4
Cervus elaphus
Sus scrofa 1 1 1
Cfr. Cervus indet. 1
elaphus
Cervidae 1 1 2 1
Capra ibex
Capreolus capreolus 1 3 1 1 2 1 1 7 1 10 1 6 1 1 4 39 2
Cfr.Cervus
Capraelaphus
ibex 1 1 1 1 1 1 6 1 3 10
Artiodctyla gr tg 1 1 2
Cfr. Cervus elaphus 1 1 2
Artiodactyla p/m tg 7 2 1 1 1 1 7 1 5 6 2 2 5 41
Capra ibex 1 3 1 1 2 1 7 1 10 6 1 1 4 39
0
Cfr.TOT
Capra detibex 13 15 7 2 18 3 11 25 198 1 13 1 40 222 50 1 95 81 18 8 7 4 29 859
3
Mammalia gr tg
Artiodctyla gr tg 1 6 3 2 3 1 35 1 9 1 44 14 7 15 1 5 3 4 1 154 2
Mammalia mp/m
Artiodactyla tg tg 7 2 1 1 1 1 1 2 1 7 6 1 2 5 6 2 2 5 12 41
Mammalia TOTp tgdet 3 13 15 7 0 2 18 3 11 25 198 13 1 40 222 50 95 81 18 8 7 1 4 29 5 859
Mammalia indet.
Mammalia gr tg 1 82 479 6 7 3 51 2 37 255 3 11 86 1 413 975 35 188 1 364 9 81944 662 14 44 7 1879
15 229 5 114 3 84 4 16 11 1 6806
154
TOT indet
Mammalia m tg 86 485 10 53 37 258 11 88 1 413 1012 2 189 375 1 869 6 676 53 2 1894 234 117 88 17 12 697712
NR TOT
Mammalia p tg 3 99 500 17 53 39 276 14 99 438 1210 202 415 1 1091 726 148 1975 252 125 95 21 1 41 78365
Mammalia indet. 82 479 7 51 37 255 11 86 413 975 188 364 819 662 44 1879 229 114 84 16 11 6806
Tab. 6 – Taxa presenti nei livelli pleistocenici, espressi in numero di resti.
TOT indet 86 485 10 53 37 258 11 88 413 1012 189 375 869 676 53 1894 234 117 88 17 12 6977
Tab. 6
NR TOT 99 500 17 53 39 276 14 99 438 1210 202 415 1091 726 148 1975 252 125 95 21 41 7836

Tab. 6
III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

Erinaceus europaeus 1 1
III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
Lepus sp. 1 1 1 1 1 1 6
5

Canis lupus 1 1 1 1 4
Vulpes vulpes 1 1
Erinaceus europaeus 1 1
1 2 1 1 1 1 1
1 8 6
Ursus arctos
Lepus sp. 1 1 1 1 1
Ursus spelaeus 1 1 1 1 1 2 2 7 2 4 12 3 3 5 2 1 1 49
Canis lupus 1 1 1 1 4
cfr martes
MartesVulpes vulpes 1 1 1 2 1
Meles
Ursusmeles
arctos 1 1 2 1 1 1 1 1 1 2 8
Crocuta
Ursuscrocuta
spelaeus 1 1 1 1 1 1 2 2 7 2 4 12 3 3 5 2 1 1 1 49
Lynx lynx 1 1
Martes cfr martes 1 1 2
Panthera pardus 1 1 2
Meles meles 1 1 2
Sus scrofa 1 1 1 1 4
Crocuta crocuta 1 1
Capreolus capreolus
Lynx lynx 1 1 1 2 1
Cervus
Pantheraelaphus
pardus 1 1 1 1 1 1 1 5 2
Cfr. Cervus elaphus
Sus scrofa 1 1 1 1 1 1 4
Capra ibex 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 14
Capreolus capreolus 1 1 2
Cfr. Capra ibex 1
Cervus elaphus 1 1 1 1 1 1 5
NMI TOT
Cfr. Cervus elaphus 4 1 4 1 1 2 1 4 5 14 3 7 18 6 11 9 2 3 2 2 5 104 1
Capra ibex 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 14
Tab. 7 Cfr. Capra ibex 1 1
NMI TOT 4 4 1 1 2 1 4 5 14 3 7 18 6 11 9 2 3 2 2 5 104

Tab.77 – Taxa presenti nei livelli pleistocenici, espressi per numero minimo di individui. I dati di cfr. Cervus elafus e cfr. Capra ibex
Tab.
sono stati inseriti solo nei livelli in cui la specie non è rappresentata dalla presenza di elementi scheletrici determinati con certezza.

212 –
7
5

7
II sotto
V sotto

TOT TOT
I sottoI sotto

I sottoI sotto

I sottoI sotto
2

7
5

7
II sotto
V sotto

1
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S
Erinaceus europaeus
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S
Emimandibola 1 1
Erinaceus europaeus
Lepus sp.
Emimandibola 1 1
Atlante 1 1
Scapola 1
Lepus sp. 1 2
Atlante 1 1
Radio diafisi 1 1
Scapola 1 1 2
Metacarpo distale 1 1
Radio diafisi 1 1
Coxale 1 1 2
Metacarpo distale 1 1
Astragalo 1 1
Coxale 1 1 2
Calcagno 1 1
Astragalo 1 1
Metatarso III 1 1
Calcagno 1 1
TOT 2 2 1 1 1 3 10
Metatarso III 1 1
TOTscheletrici
Tab. 8 – Elementi 2 di riccio
2 e lepre nei
1 livelli pleistocenici.
1 1 3 10
Tab. 8
Tab. 8
3
5

2
5

1
III sotto
IV sotto

II sotto

II sotto
V sotto

TOT TOT
I sottoI sotto

I sottoI sotto
 

2
3
5

2
5

1
III sotto
IV sotto

II sotto

II sotto
V sotto
 

2
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Canis lupus
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Epistrofeo 1 1
Piramidale 1
Canis lupus 1
Epistrofeo 1 1
Coxale 1 1
Piramidale 1 1
Femore distale 1 1
Coxale 1 1
Falange I prossimale 1 1
Femore distale 1 1
TOT 2 1 1 1 5
Falange I prossimale 1 1
Vulpes vulpes
TOT 2 1 1 1 5
Tibia diafisi 1 1
Vulpes vulpes
Martes cfr. martes
Tibia diafisi 1 1
Canino superiore 1 1
Omero distale
Martes cfr. martes1 1
Canino superiore 1 1
TOT 1 1 2
Omero distale 1 1
Meles meles
TOT 1 1 2
Omero distale 1 1
Metatarso III pross.
Meles meles 1 1
Omero distale 1 1
TOT 1 1 2
Metatarso III pross. 1 1
Crocuta crocuta
TOT 1 1 2
Scafoide 1 1
Crocuta crocuta
Lynx lynx
Scafoide 1 1
M1 inferiore 1 1
Lynx lynx
Panthera pardus
M1 inferiore 1 1
Metacarpo II 1 1
Metacarpo IV pross.
Panthera pardus 1 1
Metacarpo II 1 1
TOT 1 1 2
Metacarpo IV pross. 1 1
TOT 1 1 2
Tab. 9
Tab. 9 – Elementi scheletrici di lupo, volpe, martora, tasso, iena, lince e leopardo nei livelli plei-
Tab. 9 stocenici.

– 213
Ursus sp.

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 7
II sotto I
I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

1
Craniali 6 1 1 8
I 1/2 sup 1 1
Ioide 5 5
P4 sup 1 1
d4 sup 1 1
M2 sup 1 1
Molare indet 2 3 2 1 8
Canino deciduo 1 5 2 6 4 2 4 7 15 2 1 5 54
Canino in eruzione 2 2
Canino 5 2 20 2 1 30
Incisivo indet 3 3
Dente indet 1 3 1 5
Atlante 1 1
Epistrofeo 1 1
Vertebra cervicale 1 1
Vertebra toracica 8 8
Vertebra caudale 1 1
Osso penico 1 1
Fibula 2 2 4
Metapodio indet 1 1 4 1 1 8
Falange I 1 1 2
Falange II 1 1 2
Falange III 1 1 1 3 6
Grande sesamoide 1 2 1 1 1 1 7
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
I3 sup 1 2 3
i3 sup 1 2 1 1 1 1 7
Emiandibola 3 4 1 1 1 1 1 12
I1 inf 1 1 1 1 2 6
I2 inf 1 1
I3inf 1 1
P4 inf 1 1 1 3
M1 inf 1 1 1 1 4
M2 inf 1 1
M3 inf 1 1
m3 inf 1 1
Omero 1 1 1 1 1 5
Radio 1 1 2
Coxale 1 1
Femore 1 1 1 1 1 5
Tibia 1 1
Astragalo 1 1
Metatarso III 1 1
Metatarso V 1 1
TOT 5 7 2 2 13 38 4 9 63 14 34 9 1 3 2 2 10 218

Tab. 10 – Elementi scheletrici di Ursus sp. nei livelli pleistocenici.


Tab. 10

Ursus sp.: classi di età


III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 7
II sotto I
I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

gg 1 1 1    3
g 1 1 1 1 2 1 2 1 2 2 4 1       1    2 22
ga 1          2                         1
a 1 1    1 1 1    1 3 1 2 1 1 1    1    20
s                1                         1       2
NMI 2 3 1 2 3 6 2 2 6 3 7 2 1 1 2 1 3 47

Tab. 11

214 –
Ursus sp.: classi di età

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 7
II sotto I

I sotto 1
I sotto 2

I sotto 7

TOT
5

1
3

2
gg 1 1 1    3
g 1 1 1 1 2 1 2 1 2 2 4 1       1    2 22
ga 11          2                         1
a 1 11    1 1 1    1 3 1 2 1 1 1    1    20
s                1                         1       2
NMI 2 3 1 2 3 6 2 2 6 3 7 2 1 1 2 1 3 47
Tab. 11 – Classi di età di Ursus sp. dei livelli pleistocenici.

Ursus arctos III sotto 7


IV sotto 7
II sotto I

I sotto 1

TOT
3

Lateralità D S D S D S D S D S D S D S
Canino 1 1
I1 inf. 1 1
I1 inf. 1 1
P1 inf. 1 1
M3 inf 1 1
Falange I 1 1 2 1 1 6
Falange I 1 1
Metatarso III 1 1
                       
TOT 2 2 2 4 1 1 1 13
Tab. 12 – Elementi scheletrici di Ursus arctos nei livelli pleistocenici.

– 215
Tab. 12

Ursus spelaeus

III sotto 5

III sotto 3
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

1
Craniali 20 7 4 1 32
I I/II inf 1 1
P 4 sup 1 1
Mandibola 1 1
Molare 1 2 1 4
Canino 1 16 11 1 2 5 36
Incisivi indet 1 1 2 1 5
Epistrofeo 1 1 2
Vertebra cervicale 1 1 2
Vertebra toracica 1 2 3
Vertebra lombare 1 1 2
Coxale 5 5
Osso penico 1 1
Metapodio 1 5 1 1 1 1 10
Falange I 1 6 2 2 7 1 3 22
Falange II 1 4 2 1 3 1 12
Falange III 2 1 3 1 6 3 3 1 20
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Scapola 1 1 2
Canino superiore 1 1 1 3
I 1 sup 1 1 2
I 1/2 sup 1 4 3 1 2 4 1 2 1 3 1 23
I 3 sup 1 1 1 1 3 2 2 1 1 1 2 1 17
P 4 sup 2 1 1 3 1 1 2 11
M 1 sup 1 2 4 1 1 5 3 1 2 1 2 23
M 2 sup 3 3 3 7 1 1 18
Mandibola 2 1 1 1 2 3 1 11
I 1 inf 1 1 2 1 1 6
I 2 inf 1 1 2 1 2 1 1 5 1 1 1 17
I 3inf 1 2 3 4 3 1 3 1 1 19
P4 inf 1 1 1 2 1 3 9
M 1 inf 1 5 2 2 3 2 2 2 2 1 3 1 26
M 2 inf 1 7 1 1 2 2 2 1 1 18
M 3 inf 3 2 2 1 8
Omero 1 2 2 1 1 1 1 9
Radio 1 3 1 5
Ulna 1 1 1 3
Terzo osso carpale 1 1 2
Trapezoide 1 1
Uncinato 1 1 2
Metacarpo I 1 1 2 1 5
Metacarpo II 2 1 1 4
Metacarpo III 1 2 1 1 5
Metacerpo IV 2 1 3
Metacarpo V 1 1 1 1 1 5
Coxale 2 2
Femore 1 1 5 1 2 10
Tibia 1 3 1 1 6
Fibula 1 1 2
Cuboide 1 1
Primo cuneiforme 3 3
Sec. cuneiforme 1 1 2
Terzo cuneiforme 1 2 3
Astragalo 1 1 1 1 4
Calcagno 1 2 3
Metatarso I 1 2 1 1 2 1 8
Metatarso II 3 2 5
Metatarso III 2 2 1 5
Metatarso IV 1 2 2 1 1 7
Metatarso V 1 2 1 1 1 1 7
TOT 4 6 1 6 1 6 8 149 7 18 143 30 31 52 16 1 5 484

Tab. 13 – Elementi scheletrici di Ursus spealeus.


Tab. 13

216 – Ursus spelaeus


III sotto 5

III sotto 3
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

1
Ursus spelaeus

III sotto 5

III sotto 3
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 7
I sotto 2

I sotto 1

TOT
5

1
g 1 2 1 4
ga 1 1 2 4 2 7 1 2 3 1
37
a 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1
s 1 2 2 1 1 1 8
NMI 1 1 1 1 1 2 2 7 2 4 12 3 3 5 2 1 1 49
Tab. 14 – Classi d’età e NMI di Ursus spelaeus.

II sotto 3

II sotto 7
V sotto 5

II sotto I

I sotto 1

I sotto 7

TOT
3

Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S
Sus scrofa
Canino inferiore 1 1
Uncinato 1 1
Metacarpo I pross 1 1
Metapodio distale 1 1
TOT 1 1 1 1 4
Capreolus capreolus
Metatarso diafisi 1 1
Falange I 1 1
TOT 1 1 2
Cervus elaphus
Incisivo 1 22 3
Incisivo deciduo 1 1
M1 superiore 1 1
Scafoide 11 1
Pisiforme 11 1
Falange I 1 1
Falange II distale 1 1
Falange III 1 1
TOT 1 1 1 6 1 10
Cfr. Cervus elaphus
Tibia diafisi 1 1
Grande sesamoide 1 1
TOT 1 1 2

Tab. 15 – Elementi scheletrici di cinghiale, capriolo e cervo nei livelli pleistocenici. 

– 217
Capra ibex

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 1
I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

1
Capra ibex
Molare 1 1 2

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 1
I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7
Metacarpo 1 2 3

TOT
Metatarso 1 1

1
Metapodio rudim. 1 1
MolareI
Falange 1 1 1 22
Metacarpo
Falange II 1 1 2 31
LateralitàMetatarso D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S 1D S 1
MetapodioM1/2 rudim.
sup. 1 11 12
Falange
M2 sup.I 1 1 1 21
Falange
M3 sup.II 1 11 1 13
Lateralità
Emimandibola D S D S D S D S D S D S D S D S1 D S D S D S D S D S D S 1
M1/2 sup.
Incisivi 1 1 1 1 1 1 1 26
M2 sup.
P4 inf. deciduo 1 1 11
M3
M2 sup.
inf. 1 1 1 1 31
Emimandibola
M3 inf. 1 1 1 12
Incisivi
Scapola 1 1 1 1 1 1 1 61
P4 inf. deciduo
Pradio e ulna fusi 1 1 11
M2 inf.
Ulna prossimale 1 1 11
M3 inf.
Capitato trapezoide 1 1 1 21
FemoreScapola
diafisi 1 1 11
Pradio e ulnaTibia
fusi 1 1 12
Ulna prossimale
Calcagno 1 1 11
Capitato trapezoide
Astragalo 1 1 1 12
Femore diafisi 1
Metatarso 1 1 12
Tibia
TOT 1 3 1 1 2 11 7 1 10 16 1 1 4 2
39
Calcagno 1 1
Cfr. Capra ibex
Astragalo 1 1 2
Capitato trapezoide 1
Metatarso 1 1 2
Falange intermedia 1
TOT 1 3 1 1 2 1 7 1 10 6 1 1 4 39
Falange distale 1
TOT 1Cfr. Capra
1 ibex 1 3
Capitato trapezoide 1
Tab. 16 – Elementi
Falange scheletrici di stambecco nei livelli 1pleistocenici.
intermedia
Tab. 16
Falange distale 1
TOT 1 1 1 3
III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 5

II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT

Tab. 16
5

Calpestio 1 2 1 16 711 1 1
10 2 1 53
III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 5

IV sotto 7
II sotto 5

II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

Concrezioni 1 1 22 2 8
TOT
5

Corrosione 6 2 1 5 3 7 1 1 2 28
Esfoliazione 3 3 2 4 2 16 2 12 5 11 17 6 4 3 90
Calpestio
Fluitazione 1 12 11 16 71 11
6 11 11 10
5 2 12 1 53
19
Concrezioni
Ife 2 3 11 16 21 2 2 8
13
Corrosione 6
Manganese 8 35 14 10 2 2
27 1 1
26 5
35 209 19 3
85 288 68 7 1
89 142 32 29 17 14 2 28
12 1152
Esfoliazione 3 11
Radici 11 3 42 4 2 16
6 1 21 12
5 5 11 17
11 6 174 12
3 3 4 90
86
Fluitazione
Weathering 1 1 1 1 67 11 13 10
5 1 2 1 4 1 1 19
29
Ife 2 3 1 6 1 13
Manganese 8 35 14 10 2 27 1 26 35 209 19 85 288 68 89 142 32 29 17 4 12 1152
Tab. 17 Radici 11 11 4 6 1 1 5 11 17 12 3 4 86
Weathering 1 7 1 3 10 1 1 4 1 29
III sotto 5 III sotto 5

III sotto 3 III sotto 3

III sotto 7 III sotto 7


IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT

Tab. 17 – Distribuzione dei reperti interessati da fenomeni post-deposizionali nei livelli pleistocenici.
5

Tab. 17
Rosicature da roditori 1 1    1 2    5    1 1          1             13
218 –
IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT

Pits          1 1          1 3 1 1       1       3 12
5

Scores    3 4 2 2 1 6    4 12    1 3 2 5 3       48
Pits e scores 1       1       2 3    4       1    1 2 1    16
Rosicature da roditori 1 1    1 2    5    1 1          1             13
. 17

III sotto 5

III sotto 3

III sotto 7
IV sotto 7
II sotto 3

II sotto 2

II sotto 7
V sotto 5

V sotto 7
II sotto I
I sotto 5

I sotto 2

I sotto 1

I sotto 7

TOT
5

1
Rosicature da roditori 1 1    1 2    5    1 1          1             13
Pits          1 1          1 3 1 1       1       3 12
Scores    3 4 2 2 1 6    4 12    1 3 2 5 3       48
Pits e scores 1       1       2 3    4       1    1 2 1    16
Furrows e scores                         2 2                      4
TOT Carnivori 1 3 4 4 3 1 8 3 7 21 1 2 4 2 7 5 1 3 80
Tab. 18 – Reperti con tracce di roditori e carnivori nei livelli pleistocenici.
. 18
sotto5 5

sotto3 3

sotto7 7
sotto5 5

sotto7 7
sotto5 5

sotto3 3

sotto2 2

sotto7 7
sotto5 5

sotto7 7
sottoI I
sotto5 5

sotto2 2

sotto1 1

sotto7 7

TOT
IIIsotto

IIIsotto

IIIsotto
IVIVsotto

IVIVsotto
IIIIsotto
IIIIsotto

IIIIsotto

IIIIsotto

IIIIsotto
VVsotto

VVsotto

TOT
I Isotto

I Isotto

I Isotto

I Isotto
55

44

33

22

11
III

III

III
Reperti con strie di macellazione
Reperti con strie di macellazione
Cinghiale 1 1
Cinghiale 1 1
Artiodattilo p/m tg 1 1 1 3
Artiodattilo p/m tg 1 1 1 3
Mammifero gr tg 1 3 1 5
Mammifero gr tg 1 3 1 5
Mammifero indet 3 3 1 1 8 8 6 1 31
Mammifero indet 3 3 1 1 8 8 6 1 31
TOT 4 2 3 1 1 1 11 8 6 1 2 40
TOT 4 2 3 1 1 1 11 8 6 1 2 40
Reperti con strie e tracce di impatto
Reperti con strie e tracce di impatto
Mammifero gr tg 1 1
Mammifero gr tg 1 1
Mammifero indet 1 1 2
Mammifero indet 1 1 2
TOT 1 1 1 3
TOT 1 1 1 3
Reperti con impatti
Reperti con impatti
Artiodattilo p/m tg 1 1 2
Artiodattilo p/m tg 1 1 2
Mammifero gr tg 1 2 3
Mammifero gr tg 1 2 3
Mammifero indet 1 1 1 1 4
Mammifero indet 1 1 1 1 4
TOT 1 1 1 2 3 1 9
TOT 1 1 1 2 3 1 9
Coni di percussione
Coni di percussione
Mammifero gr tg 1 1
Mammifero gr tg 1 1
Mammifero indet 1 3 1 5
Mammifero indet 1 3 1 5
TOT 1 3 2 6
TOT 1 3 2 6
Reperti con raschiature
Reperti con raschiature
Stambecco 1 1
Stambecco 1 1
Mammifero indet 2 1 3
Mammifero indet 2 1 3
TOT 2 1 1 4
TOT 2 1 1 4
TOT 5 3 2 3 1 1 2 16 15 10 2 2 62
TOT 5 3 2 3 1 1 2 16 15 10 2 2 62
Tab. 19 – Reperti con tracce antropiche nei livelli pleistocenici.
Tab. 19
Tab. 19
55

33

77
55

77
55

33

22

77
55

77
I I
55

22

11

77
sotto

sotto

sotto
sotto

sotto
sotto
sotto

sotto

sotto

sotto
sotto

sotto

TOT
I sotto

I sotto

I sotto

I sotto
sotto

sotto

sotto
sotto

sotto
sotto
sotto

sotto

sotto

sotto
sotto

sotto
55

44

33

22

11

TOT
I sotto

I sotto

I sotto

I sotto
IIIIII

IIIIII

IIIIII
IVIV

IVIV
II II
II II

II II

II II

II II
VV

VV

Tasso 1 1
Tasso 1 1
Artiodattili p/m tg 1 1 1 3
Artiodattili p/m tg 1 1 1 3
Mammiferi indet. 8 19 8 4 3 2 1 1 19 5 1 71
Mammiferi indet. 8 19 8 4 3 2 1 1 19 5 1 71
TOT 8 1 19 8 4 3 2 1 3 20 5 1 75
TOT 8 1 19 8 4 3 2 1 3 20 5 1 75

Tab. 20 Tab. 20 – Reperti combusti nei livelli pleistocenici. 


Tab. 20

– 219
Leepus sp Leepus sp Canis lupus Canis lupus
Scapola Scapola Femore Femore
Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello GLP BGPorzione
Livello GLP Lateralità
BG Livello Porzione Lateralità
Bd Porzione Bd
1 sx 1 fr 12,1
sx 10,6 V fr sotto 512,1 10,6sx V sotto 5d 39,3
sx d 39,3
I sotto 5 sx I sotto 5fr 10
sx Falange
fr I
10 Falange I
Metatarso III Metatarso III Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello Bd Porzione Bd
Livello LateralitàLivello
Porzione Lateralità
GL BdPorzioneI sotto 1 GL Bd I sotto 1 d 12 d 12
V sotto 5 sx V sotto i5 56,9
sx 5,7 i 56,9 Sus scrofa
5,7 Sus scrofa
Panthera pardus Metacarpo IV
Panthera pardus Metacarpo IV
Metacarpo II Metacarpo II Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello Bp Porzione Bp
Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello GL V sotto 5GL
BdPorzione Bddx V sotto 5p 18,6
dx p 18,6
IV sotto 5 dx IV sottoi 5 73,5
dx 17,4 i 73,5 Cervus
17,4 elaphus Cervus elaphus
Falange III Falange III
Livello Porzione
Livello DLS Ld
Porzione DLS Ld
II sotto 1 i II sotto 56,4
1 50,3
i 56,4 50,3
Capra ibex Capra ibex
Scapola Scapola
Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello GLP BGPorzione GLP BG
III sotto 3 dx III sottofr3 41,6
dx 30 fr 41,6 30
Ulna Ulna
Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello BCP Porzione BCP
III sotto 3 sx III sottofr p3 34,7
sx fr p 34,7
Astragalo Astragalo
Livello Lateralità Porzione Lateralità
Livello GLl GLpPorzione Dm GLl GLpDl Dm Bd Dl Bd
I sotto 1 sx I sotto 1i 38,2
sx 35,8 i 20,638,2 35,8 20,1 20,624,2 20,1 24,2
3 dx 3 i 41,3
dx 37,8 i 22,441,3 37,8 22,3 22,425,6 22,3 25,6
Falange I Falange I
Livello PorzioneLivelloGL Porzione
Bp SD GL Bd Bp SD Bd
1 p 1 18,7
p 18,7
I sotto 1 i I sotto47,41 18,4
i 16,1 47,4 19,218,4 16,1 19,2

Tab. 21 – Misure dei resti di lepre, lupo, leopardo, cinghiale, cervo e stambecco dei
1 Tab. 21 livelli pleistocenici.

Terzo incisivo superiore


Terzo incisivo superiore Quarto premolare superiore
Quarto premolare superiore
Livello Determinazione
Livello Lateralità 1
Determinazione 2Lateralità
Livello 1Determinazione
2 Livello Lateralità 1
Determinazione 2Lateralità 1 2
III sotto 5 Ursus spelaeus dx
III sotto 5 Ursus 16,3 15,9 dx
spelaeus 3 Ursus
16,3 15,9spelaeus
3 sx
Ursus 18 13,4 sx
spelaeus 18 13,4
III sotto 3 Ursus spelaeus dx
III sotto 3 Ursus 15,5 17,2 dx
spelaeus 3 Ursus
15,5 17,2spelaeus
3 dx
Ursus 18,5 13,4 dx
spelaeus 18,5 13,4
II sotto 3 Ursus spelaeus dx
II sotto 3 Ursus 15,3 14,4 dx
spelaeus 3 Ursus
15,3 14,4spelaeus
3 dx
Ursus 16,9 11,8 dx
spelaeus 16,9 11,8
3 Ursus spelaeus
3 dx
Ursus 14,8 14,1 dx
spelaeus II sotto I14,8
Ursus
14,1spelaeus sx
II sotto I Ursus spelaeus 9,6 sx 9,6
2 Ursus spelaeus
2 dx
Ursus spelaeus 16 dx1 Ursus
16spelaeus
1 dx
Ursus 17,9 13,1 dx
spelaeus 17,9 13,1
2 Ursus spelaeus
2 dx
Ursus 15,3
spelaeus Secondo15,3
dx molare superiore
Secondo molare superiore
2 Ursus spelaeus
2 sx
Ursus 16,1 16,3 sx
spelaeus Livello 16,1 Determinazione
16,3 Livello Lateralità 1
Determinazione 2Lateralità 1 2
II sotto 1 Ursus spelaeus dx
II sotto 1 Ursus 14,1 13,1 dx
spelaeus 3 Ursus
14,1 13,1spelaeus
3 sx
Ursus 42,2 23,8 sx
spelaeus 42,2 23,8
I sotto 1 Ursus spelaeus
I sotto 1 sx
Ursus 12,4 14,8 sx
spelaeus 3 Ursus
12,4 14,8spelaeus
3 sx
Ursus 43,4 22 sx
spelaeus 43,4 22
1 Ursus spelaeus
1 dx
Ursus 16,8 15,5 dx
spelaeus 3 Ursus
16,8 15,5spelaeus
3 sx
Ursus 42,4 21,9 sx
spelaeus 42,4 21,9
1 Ursus spelaeus
1 dx
Ursus 14,9
spelaeus 3
dx Ursus spelaeus
14,9 3 dx
Ursus 43,9 23,2 dx
spelaeus 43,9 23,2
Primo molare superiore
Primo molare superiore 3 Ursus spelaeus
3 dx
Ursus 41,5 22,3 dx
spelaeus 41,5 22,3
Livello Determinazione
Livello Lateralità 1
Determinazione 3
2Lateralità 1 Ursus2 spelaeus
3 dx
Ursus 34,5 18,5 dx
spelaeus 34,5 18,5
3 Ursus spelaeus
3 sx
Ursus 27 19,9 sx
spelaeus 3 27Ursus
19,9spelaeus
3 dx
Ursus 35,3 18 dx
spelaeus 35,3 18
3 Ursus spelaeus
3 sx
Ursus 22,7 16,5 sx
spelaeus 2 Ursus
22,7 16,5spelaeus
2 sx
Ursus 41,5 22,8 sx
spelaeus 41,5 22,8
3 Ursus spelaeus
3 sx
Ursus 27,2 19,9 sx
spelaeus 2 Ursus
27,2 19,9spelaeus
2 dx
Ursus 40,3 21,5 dx
spelaeus 40,3 21,5
3 Ursus spelaeus
3 dx
Ursus 27,1 19,7 dx
spelaeus 1 Ursus
27,1 19,7spelaeus
1 dx
Ursus 45,1 22,8 dx
spelaeus 45,1 22,8
3 Ursus spelaeus
3 dx
Ursus 25
spelaeus dx 25
2 Ursus spelaeus
2 sx
Ursus 24,3 18,4 sx
spelaeus 24,3 18,4
2 Ursus spelaeus
2 sx
Ursus 24,2 17,9 sx
spelaeus 24,2 17,9
2 Ursus spelaeus
2 sx
Ursus 26
spelaeus 20 sx 26 20
2 Ursus spelaeus
2 sx
Ursus 24,5 19,2 sx
spelaeus 24,5 19,2
2 Ursus spelaeus
2 dx
Ursus 24,5 19,2 dx
spelaeus 24,5 19,2
2 Ursus spelaeus
2 dx
Ursus 24,1 18,8 dx
spelaeus 24,1 18,8
2 Ursus spelaeus
2 dx
Ursus 28,5 20,2 dx
spelaeus 28,5 20,2 Tab. 22 – Misure dei denti supe-
1 Ursus spelaeus
1 dx
Ursus 26,6 19,9 dx
spelaeus 26,6 19,9 riori di Ursus spelaeus.

2. Tab. 22 .
220 –
Primo incisivo inferiore Secondo incisivo inferiore
Livello Determinazione Lateralità 1 2 Livello Determinazione Lateralità 1 2
3 Ursus spelaeus dx 5,7 9,6 II sotto 3 Ursus spelaeus dx 6,2 11
2 Ursus sp. sx 4,9 8 II sotto 3 Ursus spelaeus sx 7,2 12
2 Ursus spelaeus sx 5,9 9,9 3 Ursus spelaeus sx 7,1 12
1 Ursus spelaeus sx 10 3 Ursus spelaeus sx 6,5 11
II sotto 1 Ursus spelaeus sx 5,7 9,5 3 Ursus sp. sx 6,4 8,8
I sotto 1 Ursus cfr. arctos dx 3,9 6,5 3 Ursus spelaeus dx 6,6 11
I sotto 1 Ursus cfr. arctos sx 3,9 6,4 2 Ursus spelaeus sx 7,6 12
I sotto 1 Ursus sp. dx 5,4 9,1 2 Ursus spelaeus sx 6,7 10
Terzo incisivo inferiore 2 Ursus spelaeus sx 6,5 11
Livello Determinazione Lateralità 1 2 2 Ursus spelaeus sx 6,7 10
II sotto 3 Ursus spelaeus dx 10,2 10,9 2 Ursus spelaeus sx 6,6 8,1
3 Ursus spelaeus sx 9,8 10 1 Ursus spelaeus dx 6,8 12
2 Ursus spelaeus dx 9 10,9 Quarto premolare inferiore
2 Ursus spelaeus dx 10,1 11,5 Livello Determinazione Lateralità 1 2
2 Ursus spelaeus dx 11,1 13,2 3 Ursus spelaeus dx 14 8
2 Ursus spelaeus sx 8,9 9,8 I sotto 2 Ursus spelaeus sx 13 9,2
I sotto 1 Ursus spelaeus sx 11,8 13,7 2 Ursus sp. sx 13 8,7
I sotto 1 Ursus spelaeus sx 19,3 11 I sotto 1 Ursus spelaeus sx 15 10
I sotto 1 Ursus spelaeus dx 10,2 12,1 I sotto 1 Ursus sp. dx 14 8,2
Primo molare inferiore 1 Ursus spelaeus sx 14 9,5
Livello Determinazione Lateralità 1 2 1 Ursus spelaeus dx 13 8,3
II sotto 3 Ursus sp. sx 25,7 12 1 Ursus spelaeus sx 15 8,5
3 Ursus spelaeus sx 29,7 13,8 Secondo molare inferiore
3 Ursus spelaeus sx 26,9 13 Livello Determinazione Lateralità 1 2
3 Ursus spelaeus sx 28 13 II sotto 3 Ursus spelaeus dx 24 15
3 Ursus spelaeus sx 27,8 13,1 3 Ursus spelaeus sx 28 16
3 Ursus spelaeus dx 28,8 12,9 3 Ursus spelaeus dx 28 17
I sotto 2 Ursus sp. sx 26,6 12 3 Ursus spelaeus dx 30 17
I sotto 2 Ursus spelaeus dx 29,1 13,8 I sotto 2 Ursus spelaeus sx 26 15
2 Ursus spelaeus sx 28,3 12 I sotto 2 Ursus spelaeus sx 31 17
2 Ursus spelaeus dx 30,6 13,9 2 Ursus spelaeus sx 29 18
II sotto 1 Ursus spelaeus dx 29,3 13,3 2 Ursus spelaeus sx 31 17
I sotto 1 Ursus sp. dx 26,5 12,1 2 Ursus spelaeus dx 29 18
I sotto 1 Ursus spelaeus dx 28 12,7 I sotto 1 Ursus spelaeus dx 27 16
I sotto 1 Ursus spelaeus sx 28,5 13 I sotto 1 Ursus spelaeus sx 26
1 Ursus spelaeus dx 29,3 12,9 I sotto 1 Ursus spelaeus dx 31 17
1 Ursus spelaeus sx 26,5 12,8 I sotto 7 Ursus spelaeus sx 29 17
1 Ursus spelaeus dx 28,5 12,7
Terzo molare inferiore
Livello Determinazione Lateralità 1 2
3 Ursus spelaeus sx 26,2 17,7
3 Ursus spelaeus sx 24,9 17,1
3 Ursus spelaeus dx 26,1 18,7
3 Ursus spelaeus dx 24,5 16,4
2 Ursus spelaeus sx 25,7 17,7
2 Ursus spelaeus sx 26,3 16,8
V sotto 7 Ursus spelaeus sx 23,1 16,3
III sotto 7 Ursus arctos dx 22,1 15,9
I sotto 7 Ursus spelaeus sx 25,4 17 (da emimandibola)

Tab. 23 – Misure dei denti inferiori di Ursus spelaeus, Ursus sp. e Ursus arctos.
b. 23

– 221
Atlante
Livello Determinazione Porzione 3 4 5
2 Ursus sp. qi 25,5 66,7 29,6
Epistrofeo
Livello Determinazione Porzione 2 3
2 Ursus sp. fr 67,9
I sotto VII Ursus spelaeus fr 75,8
Radio
Livello Determinazione Lateralità Porzione 2 3 4
2 Ursus spelaeus dx p 58,1 34,9 39,3
Metacarpo I
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
3 Ursus spelaeus sx p 31,6
3 Ursus spelaeus dx p 27,5
2 Ursus spelaeus sx i 70,1 29,3 25,9 22,5
2 Ursus spelaeus sx i 59,2 23,5 20,2 17,4
Metacarpo II
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
3 Ursus spelaeus sx i 60,2 13 21,7 18,6
3 Ursus spelaeus dx i 71,4 15,4 26,8 22,8
Metacarpo III
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
III sotto 3 Ursus spelaeus dx i 86,3 23,1 34,8 28,1
I sotto 2 Ursus spelaeus sx i 72,8 19,1 24,4
2 Ursus spelaeus sx i 88,6 25 35,4 30,2
2 Ursus spelaeus dx i 85,4 24,1 34,9 29,5
Metacarpo V
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
3 Ursus spelaeus sx i 95,4 35,1 38,8 34,4
3 Ursus spelaeus dx i 78,3 26,8 31 26,1
2 Ursus spelaeus sx i 85,3 30,4 34,3 31,7
2 Ursus spelaeus dx i 79 27,4 32,5 28,4
V sotto 7 Ursus spelaeus dx i 87,5 31,9 33,3 32,2
Metatarso I
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
III sotto 3 Ursus spelaeus sx qi 54,5 22,2 18,7
3 Ursus spelaeus dx p 18,9 23,8
3 Ursus spelaeus dx i 42,2 21 23,9 15,7
2 Ursus spelaeus sx i 59,1 25,2 30,2 18,5
2 Ursus spelaeus dx i 57,2 24,7 30,1 18,5
I sotto 1 Ursus spelaeus sx i 66,7 27 24,8 19,6
Metatarso II
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
3 Ursus spelaeus sx qi 76,5 31 26,3
Metatarso III
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
3 Ursus sp. sx i 68,3 15 27,5 19,6
3 Ursus spelaeus dx i 71,5 17,6 29 20,8
3 Ursus spelaeus dx i 86,9 19,5 36,1 25
Metatarso IV
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
3 Ursus spelaeus sx i 98,3 25,3 35 30,2
3 Ursus spelaeus dx i 79,2 19 27,1 21,3
2 Ursus spelaeus sx i 93,2 24,5 35,3 27,7
Metatarso V
Livello Determinazione Lateralità Porzione 1 2 3 6
I sotto 1 Ursus spelaeus sx i 80,5 31,4 31,6

Tab. 24 – Misure degli elementi scheletrici di Ursus spelaeus e Ursus sp.

222 –
sotto 6

III sotto 6 III sotto 6

III sotto 5 III sotto 5


IV sotto 6 IV sotto 6

VI sotto 5 VI sotto 5

IV sotto 5 IV sotto 5
II sotto 6 II sotto 6

II sotto 5 II sotto 5

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
7

1
V-VI sotto V-VI
6

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5
Canis familiars 1 1

TOT
7

1
Bos taurus 2 2 1 13 1 1 5 1 26
Ovis vel Capra 17 9 2 3 7 3 87 16 8 1 2 3 44 8 1 1 212
CanisOvis aries
familiars 1 8 1 91
Capra hircus
Bos taurus 12 12 1 813 1 1 15 1 1126
OvisSus
velscrofa
Capra 16
17 9 2 3 67 3 22
87 316 18 11 12 23 16
44 18 11 21 72
212
Erinaceus europaeus
Ovis aries 1 1 18 1 1 49
LepusCapra
europaeus
hircus 81 6 1 41 188 6 4 1 131 4 1 1 6711
Canis
Sus lupus
scrofa 16 6 222 3 1 1 1 2 116 1 1 2 372
Vulpes
Erinaceus vulpes
europaeus 1 1 1 21 11 1 54
Ursus arctos
Lepus europaeus 8 6 1 14 118 6 4 1 113 4 1 1 367
Ursus sp.
Canis lupus 12 2 1 123
Martes martes
Vulpes vulpes 1 1 2 1 1 15
Martes
Ursus sp.
arctos 11 11 11 1 43
Meles meles
Ursus sp. 212 1 7 5 1512
Panthera
Martes leo
martes 1 1 11
Carnivora
Martes sp. 1 1 1 21 1 34
CapreolusMeles
capreolus
meles 22 2 11 27 1 5 815
Cervus elaphus
Panthera leo 31 1 2 61
Capra ibex
Carnivora 1 2 2 3 1 2 83
Cfr Capra
Capreolus ibex
capreolus 22 1 3 3 1 2 2 1 1 108
Artiodactyla m/g tg
Cervus elaphus 13 1 1 1 1 1 2 56
Artiodactyla
Caprap/mibex
tg 6 52 2 2 3 21 5 7 2 1 21 8 1 1 618
TOTCfrdeterminati
Capra ibex 752 251 53 63 6 30 11 193 331 15 5 5 9 102 16 4 6 1 547 10
Mammifero g tgtg 1
Artiodactyla m/g 11 1 1 21 1 3 1 1 3 2 145
Mammifero
Artiodactyla p/mtgtg 356
p/m 365 19 15 162 285 108
21 107 402 151 17 82 1158 1 1 241 48761
Mammifero indet 276
TOT determinati 75 31
25 115 46 76 147
30 11 123
193 33 23
15 185 105 29 100
102 316 4 46 1 759
547
TOTMammifero
indeterminati
g tg 311 681 30 19 23 175 233
2 10 641 363 281 111 218
3 4 302 1260
14
TOTtg 386
Mammifero p/m 35 93
36 35
19 25
15 29
16 205
28 11 426
108 43
10 79
40 41
15 33
17 208 320
115 201 4 36
24 1 1807
487
Mammifero indet 276 31 11 4 7 147 123 23 18 10 2 100 3 4 759
TOT indeterminati 311 68 30 19 23 175 233 10 64 36 28 11 218 4 30 1260
Tab. 25
TOT 386 93 35 25 29 205 11 426 43 79 41 33 20 320 20 4 36 1 1807

Tab. 25 – Taxa presenti nei livelli olocenici, espressi in numero di resti.


Tab. 25
sotto 6

III sotto 6 III sotto 6

III sotto 5 III sotto 5


IV sotto 6 IV sotto 6

VI sotto 5 VI sotto 5

IV sotto 5 IV sotto 5
II sotto 6 II sotto 6

II sotto 5 II sotto 5

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
7

1
V-VI sotto V-VI
6

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

Canis familiars 1 1
TOT
7

Bos taurus 1 1 1 2 1 1 2 1 10
Ovis vel Capra 2 1 1 1 1 1 5 2 1 1 1 2 4 2 1 1 27
Susfamiliars
Canis scrofa 3 3 7 2 1 1 1 11 2 1 1 2 251
Erinaceus europaeus
Bos taurus 1 1 1 1 12 1 1 12 1 1 410
Lepus
Oviseuropaeus
vel Capra 22 21 1 11 11 1 25 22 11 1 11 2 24 12 11 1 1 17
27
Canis
Sus lupus
scrofa 3 3 17 2 1 1 1 1 12 1 1 2 225
Vulpes
Erinaceus vulpes
europaeus 1 1 1 11 11 1 44
Ursus sp e U.
Lepus arctos
europaeus 32 2 1 11 12 2 1 1 12 1 1 1 617
Martes sp. e Martes martes
Canis lupus 1 11 11 1 42
Meles meles
Vulpes vulpes 11 1 2 11 1 1 54
Ursus Panthera leo
sp e U. arctos 13 1 1 1 16
Capreolus capreolus
Martes sp. e Martes martes 1 11 1 11 1 1 1 54
Cervus elaphus
Meles meles 11 11 2 11 35
Capra ibex e CfrPanthera
Capra ibexleo 11 1 1 1 1 1 61
TOT 171 5
Capreolus capreolus 1 1 2 91 61 231 7 3 41 4 5 17 7 3 5 1 120
5
Cervus elaphus 1 1 1 3
Tab. 26 – Taxa presenti nei livelli olocenici, espressi in numero minimo di individui.
Capra ibex e Cfr Capra ibex 1 1 1 1 1 1 6
Tab. 26
TOT 17 5 1 1 2 9 6 23 7 3 4 4 5 17 7 3 5 1 120
– 223
Tab. 26
Ovis vel Capra

V-VI sotto 6

III sotto 6

III sotto 5
VI sotto 5

IV sotto 5
II sotto 6

II sotto 5

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
7

3
Craniale 3 1 1 5
Premolare 1 1
Molare 1 2 1 4
Molare in eruzione 1 1
Dente 5 5
Dente deciduo 1 1
Ioide 1 1
Metacarpo distale 2 2
Metapodio 1 1 2 4
Falange prossimale 2 5 1 5 1 14
Falange intermedia 2 5 1 8
Falange distale 1 3 1 1 6
Falange 1 1 2
Piccolo sesamoide 1 1
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Mascellare 2 1 1 1 1 6
P2 sup 1 1
P2/P3 sup 1 1
M1/M2 sup 1 1 2 4
M3 sup 1 1
p2 sup 1 1 2
p3 sup 1 1
p4 sup 1 1 1 3
Emimandibola 2 3 1 1 3 1 2 2 3 18
Incisivo 1 2 2 3 8
P3 inf 1 1
M1/M2 inf 1 2 2 1 6
M2 inf 1 1
M3 inf 1 1
Incisivo deciduo 1 1
p2 inf 1 1
p3 inf 1 1 2
p4 inf 1 2 2 1 1 2 1 1 1 12
M1/M2 in eruzione 1 1
Scapola 2 1 1 1 5
Omero diafisi 1 1 2
Omero distale 1 3 1 1 6
Radio prossimale 1 2 2 1 6
Radio diafisi 1 1 2
Radio distale 1 1 1 1 4
Radio e ulna fusi 1 1 2
Ulna prossimale 1 1 2
Capitato trapezoide 1 1 2 4
Scafoide 2 1 1 1 5
Piramidale 1 1
Semilunare 1 1
Metacarpo prossimale 1 1 3 1 6
Metacarpo diafisi 1 1 2
Coxale 1 1 2
Femore prossimale 1 2 3
Femore diafisi 4 4
Femore distale 1 1
Tibia prossimale 1 3 1 5
Tibia diafisi 1 1 2
Tibia distale 1 3 2 1 1 8
Osso malleolare 1 1
Astragalo 1 2 1 1 2 1 8
Calcagno 5 2 4 2 13
Scafo-cuboide 1 1 2
Cuneiforme laterale 1 1
Metatarso prossimale 1 1 1 3
Metatarso diafisi 1 1 1 1 4
Metatarso distale 1 1
TOT 18 9 2 3 8 4 103 8 16 1 2 3 45 8 1 1 232

Tab. 27 – Elementi scheletrici di Caprovini.


Tab. 27

224 –
sotto 6

TOT
I sotto
7

5
Lateralità D S D S D S D S D S

I sotto 6

sotto 6

TOT
Ovis aries

5
M3 inf 1 1
Ulna prossimale
Lateralità D S D S D1 S D S D S 1
Metacarpo distale Ovis aries 2 2
Metatarso prossimale
M3 inf 1 1 11
Tibia
Ulnaprossimale
prossimale 1 1 11
Metacarpo distale
Falange II 21 21
MetatarsoFalange
prossimale
III 21 12
Tibia prossimale
TOT 1 1 8 19
Falange II 1 1
Capra hircus
Falange III 2 2
Craniale: frontale 1 1
TOT 1 8 9
Omero distale 1 1 2
Capra hircus
Ulna e radio pross 1 1
Craniale: frontale 1 1
Tibia prossimale 1 1
Omero distale 1 1 2
Capitato trapezoide 2 2
Ulna e radio pross 1 1
Falange II
Tibia prossimale
1 3 1 1
4
TOT
Capitato trapezoide 1 1 82 1 2 11
Falange II 1 3 4
TOT 1 1 8 1 11
Tab. 28 – Dettaglio degli elementi scheletrici attribuiti a capra e a pecora.

28
Classi d’età: grado di fusione delle epifisi
Livello Elem. anat. Porzione Lat. NR BARONE (1980) SCHMID (1972) SILVER (1969) Smith SMITH(1966)
(1966)
Radio Classi
ed nf d’età:
dx 1 grado di fusione
< 40/60 mesi delle epifisi
< 42 mesi < 36 mesi < 21 mesi
7 Livello Elem.
Tibia anat. ed
Porzione
nf Lat. NR
dx 1 B<ARONE25/35(1980)
mesi SCHMID
< 15/20(1972)
mesi SILVER (1969)
< 18/24 mesi SMITH
<15(1966)
mesi
Radio
Falange I ed
nf nf dx 11 < 40/60 mesi
< 10/16 mesi < 42 mesi < 36 mesi < 21 mesi
< 9 mesi
7
Tibia ed nf dx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi <15 mesi
Falange II nf 1 < 12/18 mesi < 9 mesi
Falange I nf 1 < 10/16 mesi < 9 mesi
Tibia ed nf sx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
Falange II nf 1 < 12/18 mesi < 9 mesi
6 Tibia dd nf dx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
Tibia ed nf sx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
Tibia dd fg dx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
6 Tibia dd nf dx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
Metapodio ed nf 1 < 30/36 mesi
Tibia dd fg dx 1 < 25/35 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
Calcagno
Metapodio nf nf sx
ed 11 <<30/36
36 mesi
mesi < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi
Calcagno
Calcagno nfnf dx
sx 31 <
< 36 mesi
36 mesi <<36
36mesi
mesi <<3636 mesi < 36
mesi < 36 mesi
mesi
Tibia
Calcagno ep nf nf sx
dx 13 < <50/55 mesi
36 mesi < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi
VI sotto 5 Tibia
Tibia edepnfnf dx
sx 11 < 25/35 mesi
50/55 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
VI sotto 5
Radio
Tibia ed nf
ed nf sx
dx 11 < 40/60 mesi
25/35 mesi < 42 mesi < 36
< 15/20 mesi < 18/24 mesi mesi < 15 21
< mesi
mesi
Sotto 5 Radio
Radio edednfnf sx
sx 11 < 40/60 mesi
mesi <<42
42mesi
mesi <<3636 mesi < 21
mesi < 21 mesi
mesi
Sotto 5 Radio
Tibia ddednfnf sx
sx 11 <<a40/6025/35mesi
mesi <<15/20
42 mesi
mesi << 36 mesimesi < 21
18/24 mesi
< 15 mesi
Tibia
Metapodio dd
ed nf nf sx 21 < a 25/35 mesi
< a 30/36 mesi < 15/20 mesi < 18/24 mesi < 15 mesi
Metapodio
Calcagno ed
nf nf dx 12 < a<30/36 mesi
36 mesi < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi
5 Calcagno
Calcagno nfnf dx 11
dx < 36
< 36 mesi
mesi <<36
36mesi
mesi <<3636
mesi
mesi < 36 mesi
< 36 mesi
5 Calcagno
Calcagno nfnf dx
sx 11 < 36 mesi
< 36 mesi < 36 mesi
< 36 mesi < 36 mesi
< 36 mesi < 36 mesi
< 36 mesi
Calcagno nf sx 1 < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi
Calcagno nf dx 1 < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi
Calcagno nf dx 1 < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi < 36 mesi
Radio ed nf dx 1 < 40/60 mesi < 42 mesi < 36 mesi < 21 mesi
Radio ed nf dx 1 < 40/60 mesi < 42 mesi < 36 mesi < 21 mesi
Tab. 29 – Classi d’età dei caprovini in base al grado di fusione delle epifisi.

29
– 225
Classi di età: eruzione/usura denti
Livello Elemento anatomico Lat NR PAYNE (1973) BULLOK e RACKHAM (1982) Stima
Mandibola con p3 e p4 dx 1 2/6 mesi
Mascellare con p2 e p3 dx 1 < 24 mesi (no usura)
7 Mascellare con p2, p3 e p4 dx 1 < 24 mesi (lieve usura)
Mascellare con P3, P4 e M1 sx 1 36-72 mesi
Molare superiore in eruzione 1 giovane
V-VI sotto 6 P3 inf dx 1 24/48 mesi
p4 inf dx 1 12/24 mesi
I sotto 6 p3 inf dx 1 < 24 mesi
Mascellare con p3 dx 1 < 24 mesi
II sotto 6 P2 sup dx 1 > 48 mesi
p4 inf sx 2 2/12 mesi
p4 inf dx 1 2/12 mesi
p4 inf dx 1 2/12 mesi
p2 inf sx 1 < 24 mesi
Mandibola con p2 dx 1 < 24 mesi
p4 sup sx 1 < 24 mesi
6 p4 sup dx 1 < 24 mesi
p2 inf sx 1 < 24 mesi
p2 sup sx 1 < 24 mesi
p2 sup dx 1 < 24 mesi
Mandibola con M1 e M2 dx 1 36/72 mesi
Mascellare con P2 dx 1 > 47 mesi
M3 sup dx 1 > 48 mesi
p4 inf sx 2 2/12 mesi
p4 inf dx 1 2/12 mesi
VI sotto 5 Mandibola con p2 e p3 dx 1 2/12 mesi
p4 inf f. sx 1 < 12 mesi
p4 inf sx 1 2/12 mesi
IV sotto 5 Mascellare con p3 sx 1 < 24 mesi
p4 sup sx 1 < 24 mesi
sotto 5 Mandibola con p2, p3 e p4 sx 1 2/12 mesi
p4 inf sx 1 2/12 mesi
Mandibola con p2, p3 e p4 sx 1 2/12 mesi
Mandibola con p2, p3 e p5 dx 1 2/12 mesi
Mandibola con p2, p3, p4 e M1 sx 1 6/12 mesi
5
p3 inf sx 1 <12 mesi
Mandibola con p3, p4, M1 dx 1 6/24 mesi
p4 inf sx 1 12/24 mesi
Mandibola con P4 e M1 sx 1 12/48 mesi
4e5 p3 sup sx 1 < 24 mesi
tra 3 e 4 p4 inf sx 1 12/24 mesi
Tab. 30 – Classi di età dei caprovini in base all’eruzione e all’usura dentaria.
0

226 –
u
Bos tauros

III sotto 5

II sotto 5
I sotto 6

sotto 6

TOT
7

TOT
Metapodio 2 2
Falange I 1 1
Falange I pross 1 1
Falange II 1 1 1* 1 4
Falange III 1 1 2
Grande sesamoide 1 2 3
Coste Bos tauros 1 1
Bos tauros
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S

sotto5 5

sotto5 5
I sotto6 6

sotto6 6

IIIIIIsotto

IIIIsotto
P3 sup 1* 1
I sotto
77

66

55

33
sotto

TOT
TOT
I2 inf 1 1
Metapodio 2 2
M2Metapodio
inf 12 1 2 2
Falange I 1 1
Falange I
M3 inf 111 1 1
Falange I pross 1
Falange I pross 1 1
Radio pross
Falange II 11 1 1* 1 4 1
Falange II 1 1 1* 1 4
Falange
Radio distale III 1* 1 1 2 1
Falange III 1 1 2
Grande sesamoide 1
Scafoide
Grande sesamoide 1 122 3
3 1
Coste 1 1
Semilunare Coste 1 1 1 1
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S
Lateralità
Tibia distaleP3 sup D S D S D S D
1 S D S D S D S D S 1
1* 1
P3 sup 1* 1
Astragalo I2 inf 1 1 1 1 2
I2 inf 1 1
TOTM2 inf2*
M2 inf 2 1 1 13
1 1 1* 5 21
2 26 1
1
M3 inf 1 1
M3 inf 1 1
Tab. 31 – ElementiRadio
scheletrici
pross di bovino domestico. Con l’asterisco
1 sono indicati resti di taglia particolarmente
1
grande. Radio pross 1 1
Radio distale 1* 1
Radio distale 1* 1
Scafoide 1 1
Scafoide 1 1
Semilunare 1 1
Semilunare 1 1
Tibia distale 1 1
Tibia distale 1 1
Astragalo 1 1 2
Astragalo 1 1 2
TOT 2* 2 1 13 1 1* 5 1 26
TOT 2* 2 1 13 1 1* 5 1 26
Classi di età: grado di fusione delle epifisi
Livello Elemento anatomico Porzione Lateralità NR BARONE (1980)
b. 31
b. 31
7 Radio* d nf sx 1 < a 40/48 mesi
6 Metapodiale ed nf 2 < 24-30 mesi
Classi di età: eruzione/usura denti
Livello Elemento anatomico Porzione Lateralità NR BARONE (1980) HIGHAM (1967)
6 M2 inf Classi di età:
i grado di fusione delle
1 epifisi >18 mesi
Livello Elemento
Classi di Porzione
età: grado Lateralità
di fusione NR
delle epifisi
5 Livello M2 inf anatomico
Elemento anatomico i
Porzione sx
Lateralità
BARONE (1980)
NR 1 BARONE (1980) 15/18 mesi
7 Radio* d nf sx 1 < a 40/48 mesi
5 7 I2 Radio* i d nf sx
sx 1 1 40/60
< a 40/48 mesimesi
6 Metapodiale ed nf 2 < 24-30 mesi
6 Metapodiale ed nf 2 < 24-30 mesi
Classi
Classi di età:
di dietà: eruzione/usura denti
Livello Elemento anatomico Classi
Porzione età:eruzione/usura
eruzione/usura
Lateralità NR
denti
denti BARONE (1980) HIGHAM (1967)
Livello Elemento anatomico Porzione Lateralità NR BARONE (1980) HIGHAM (1967)
6 M2 inf i 1 >18 mesi
6 M2 inf i 1 >18 mesi
5 M2 inf i sx 1 15/18 mesi
5 M2 inf i sx 1 15/18 mesi
5 I2 i sx 1 40/60 mesi
5 I2 i sx 1 40/60 mesi
Tab. 32 – Stima dell’età dei bovini. Con l’asterisco (*) è stato indicato un elemento scheletrico di grandi dimensioni.
b. 32
b. 32
– 227
Sus scrofa

III sotto 5
VI sotto 5

IV sotto 5

II sotto 5
I sotto 6

sotto 5

sotto 3

TOT
7

3
Denti indeterminati 1 1
Metapodio assiale distale 1 1 1 3
Metapodio laterale distale 2 2
Falange I 1 1 2
Falange II 2 1 2 5
Falange II laterale 1 1 2
Falange III 1 1 1 3
Pisiforme 1 1
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Craniale: temporale 1 1
Mascellare 1 1 1 3
Denti superiori 1 2 1 4
Denti superiori decidui 1 1 1 3
Denti inferiori 1 1 1 3
Denti inferiori decidui 1 2 1 4
Scapola 1 1 2
Omero distale 1 1 1 2 5
Radio prossimale 1 1
Radio distale 1 1
Ulna prossimale 1 1
Ulna corpo 1 1
Ulna distale 1 1
Semilunare 1 1 2
Metacarpo II 1 1
Metacarpo III prossimale 1 2 1 1 5
Metacarpo IV prossimale 1 2 1 1 5
Metacarpo V 1 1
Coxale 1 1 2
Tibia prossimale 1 1
Tibia distale 1 1 2
Astragalo 1 1
Metatarso IV prossimale 1 1 2
Metatarso IV distale 1 1
TOT 16 6 22 3 1 1 1 2 16 1 1 2 72

Tab. 33 – Elementi scheletrici di maiale nei livelli olocenici.


Tab. 33
Classi di età: eruzione/usura denti
Livello Elemento anatomico Lateralità NR BULL e PAYNE (1982) BARONE (1980)
7 M2 sup sx 1 > 35 mesi
I sotto 6 p3 sup (in eruzione) dx 1 1/2 settimane
D4 inf sx 2 < 7 mesi
D4 inf dx 1 7/11 mesi
M2 sup (poco usurato) dx 1 11/19 mesi
Incisivo II inf dx 1 31/35 mesi
M2 sup dx 1 31/35 mesi
6
Mascellare con fr P4, M1 e fr M2 dx 1 > 35 mesi
Sotto 5 Mascellare con p3 sup (non usurato) dx 1 < 7 mesi
5 Mascellare con fr P2 e P3 sx 1 31/35 mesi
4 p3 sup (in eruzione) dx 1 1/2 settimane
p3 sup (gemma) dx 1 < 1/2 settimane
3
I2 sup sx 1 > 35 mesi

Tab. 34 – Classi d’età dei maiali dedotte dall’usura e dal grado di eruzione dei denti.
Tab. 34

228 –
Classi di
Classi di età:
età: grado
grado di
di fusione
fusione delle
delle epifisi
epifisi
Livello Elemento anatomico Porzione Lateralità NR BULL e PAYNE (1982) BARONE (1980)
Livello Elemento anatomico Porzione Lateralità NR BULL e PAYNE (1982) BARONE (1980)
7 Metacarpo II dd nf sx 1 < 31 mesi < 24 mesi
7 Metacarpo II dd nf sx 1 < 31 mesi < 24 mesi
7 Metapodio laterale dd nf 1 31/35 mesi < 24 mesi
7 Metapodio laterale dd nf 1 31/35 mesi < 24 mesi
7 Radio ed nf sx 1 < 35 mesi < 42 mesi
7 Radio ed nf sx 1 < 35 mesi < 42 mesi
I sotto 6 Coxale ti nf dx 1 < 36/84 mesi
I sotto 6 Coxale ti nf dx 1 < 36/84 mesi
6 Falange II d nf 1 < 19 mesi < 12 mesi
6 Falange II d nf 1 < 19 mesi < 12 mesi
6 Falange II d nf 1 19-23 mesi < 12 mesi
6 Falange II d nf 1 19-23 mesi < 12 mesi
6 Metapodio assiale dd nf 1 < 23/31 mesi < 24 mesi
6 Metapodio assiale dd nf 1 < 23/31 mesi < 24 mesi
Metacarpo V dd+ed nf sx 1 < 31 mesi < 24 mesi
VI sotto 5 Metacarpo V dd+ed nf sx 1 < 31 mesi < 24 mesi
VI sotto 5 Tibia ep nf dx 1 < 42 mesi
Tibia ep nf dx 1 < 42 mesi
III sotto 5 Ulna ed nf dx 1 <36 mesi
III sotto 5 Ulna ed nf dx 1 <36 mesi
5 Falange II i 1 <19 mesi < 12 mesi
5 Falange II i 1 <19 mesi < 12 mesi
sotto 3 Tibia ed nf dx 1 < 31 mesi < 24 mesi
sotto 3 Tibia ed nf dx 1 < 31 mesi < 24 mesi
Tab. 35 – Classi di età dei maiali dedotte dagli elementi scheletrici non fusi.
Tab. 35
Tab. 35

Lepus europaeus
Lepus europaeus
  

sotto6 6

sotto5 5

sotto5 5
sotto6 6

sotto5 5

fra3 3e e4 4
sotto6 6
V-VIsotto

TOT
VIsotto

IVsotto
IIIIsotto

IIIIsotto

TOT
I Isotto
77

66

55

44

11
V-VI

fra
VI

IV
Epistrofeo 1 1 2
Epistrofeo 1 1 2
Vertebre 1 2 3
Vertebre 1 2 3
Metapodio distale 2 2
Metapodio distale 2 2
Falange I 2 1 1 4
Falange I 2 1 1 4
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Mascellare 1 1 1 1 4
Mascellare 1 1 1 1 4
Denti superiori 1 2 1 4
Denti superiori 1 2 1 4
Mandibola 1 1 1 1 2 6
Mandibola 1 1 1 1 2 6
Denti inferiori 1 1
Denti inferiori 1 1
Omero prossimale 1 1
Omero prossimale 1 1
Omero diafisi 1 1
Omero diafisi 1 1
Omero distale 1 1 1 1 4
Omero distale 1 1 1 1 4
Radio 1 1
Radio 1 1
Radio prossimale 1 1
Radio prossimale 1 1
Ulna prossimale 2 1 2 5
Ulna prossimale 2 1 2 5
Ulna corpo 1 1 2
Ulna corpo 1 1 2
Metacarpo II 1 1 2
Metacarpo II 1 1 2
Metacarpo III 1 1
Metacarpo III 1 1
Coxale 1 1 1 1 4
Coxale 1 1 1 1 4
Femore pross 1 1 2
Femore pross 1 1 2
Tibia distale 1 1 2
Tibia distale 1 1 2
Metatarso II 2 1 1 4
Metatarso II 2 1 1 4
Metatarso III pross. 1 1 2
Metatarso III pross. 1 1 2
Metatarso III 1 1
Metatarso III 1 1
Metatarso IV 1 1 2
Metatarso IV 1 1 2
Metatarso V pross. 1 1
Metatarso V pross. 1 1
Metatarso V 1 1
Metatarso V 1 1
Astragalo 1 1
Astragalo 1 1
Calcagno 1 1 2
Calcagno 1 1 2
Scafo-cuboide 1 1
Scafo-cuboide 1 1
TOT 8 6 1 4 18 6 4 1 13 4 1 1 67
TOT 8 6 1 4 18 6 4 1 13 4 1 1 67

Tab. 36 – Elementi scheletrici di lepre nei livelli olocenici.


Tab. 36
Tab. 36

– 229
V-VI sotto 6
V-VI sotto 6

I sotto 6

sotto 6
I sotto 6

TOT
sotto 6

TOT

3
7

3
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D Lateralità
S D S D S D S D S D S D S D S D S

Erinaceus europaeus Erinaceus europaeus


Emimandibola 1 1 1 1 Emimandibola
4 1 1 1 1 4

Canis lupus Canis lupus


Astragalo 1 1 Astragalo 1 1
Calcagno 1 1 Calcagno 1 1
Falange I 1 1 Falange I 1 1
TOT 2 1 3 TOT 2 1 3

Vulpes vulpes Vulpes vulpes


Mandibola    1 1 Mandibola    1 1
M2 inf 1 1 M2 inf 1 1
Metacarpo V 1 Metacarpo
1 V 1 1
Metatarso III 1 Metatarso
1 III 1 1
Falange I 1 1 Falange I 1 1
TOT 1 2 1 1 5 TOT 1 2 1 1 5

Martes martes Martes martes


Emimandibola 1 Emimandibola
1 1 1

Martes sp. Martes sp.


Canino superiore 1 Canino
1 superiore 1 1
Omero prossimale 1 Omero1 prossimale 1 1
Radio 1 1 Radio 1 1
Astragalo 1 1 Astragalo 1 1
TOT 1 1 1 1 4 TOT 1 1 1 1 4

Meles meles Meles meles


Scapola 1 1 Scapola 1 1
Omero distale 1 Omero
1 distale 1 1
Radio prossimale 1* Radio1 prossimale 1* 1
Ulna prossimale 1* Ulna1 prossimale 1* 1
Coxale 1 1 Coxale 1 1
Metacarpo III 1 1 2 1 Metacarpo
5 III 1 1 2 1 5
Metatarso I 1 1Metatarso I 1 1
Metatarso III 1 Metatarso
1 III 1 1
Metatarso IV 1* Metatarso
1 IV 1* 1
Metatarso V 1 1
Tab.
Metatarso V 37 – Elementi scheletrici di riccio, lupo, volpe,
1 1
martora
Falange II e tasso nei livelli olocenici;1 con l’asteri- 1
Falange II 1 1
sco sono2stati indicati i resti con
TOT 1 segni
7 di patologie
5 15
TOT 2 1 7 5 15
ossee.
Tab. 37

Ursus sp. Ursus sp.


  
  

I sotto 6
I sotto 6

TOT
TOT

5
7

Lateralità D S D S D S D S Lateralità D S D S D S D S
Incisivo 1/2 sup. 1       1 Incisivo 1/2 sup. 1       1
Incisivo 3 sup. 1       1 Incisivo 3 sup. 1       1
p4 sup. deciduo 1       1 p4 sup. deciduo 1       1
I1/2 inf. 2       2 I1/2 inf. 2       2
p4 inf. deciduo 1       1 p4 inf. deciduo 1       1
Canino    1*    1 Canino    1*    1
Canino deciduo 3       3 Canino deciduo 3       3
Atlante 1       1 Atlante 1       1
Fibula 1       1 Fibula 1       1
Astragalo    1*    1 Astragalo    1*    1
Falange II    1* 1 Falange II    1* 1
Falange III 1       1
Tab. 38 – Elementi scheletrici
Falange IIIdi orso
1 nei livelli
   olocenici.   L’asterisco
1 (*) indica i
resti attribuiti con certezzaTOT
all’orso12bruno.1 1 1 15 TOT 12 1 1 1 15
Tab. 38

230 –
V-VI sotto 6

III sotto 6

III sotto 5
IV sotto 6

VI sotto 5
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
7

5
Lateralità D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S D S
Capreolus capreolus
Erinaceus europaeus
Palco 1 1
Scapola 1 1
Capitato trapezoide 1 1
Femore prossimale 1 1
Femore distale 1 1
Osso malleolare 1 1
Falange III 1 1
Falange rudimentale 1 1
TOT 2 2 1 2 1 8
Cervus elaphus
Incisivo I 1 1
Omero prossimale 1 1 2
Omero distale 1 1 2
Ulna prossimale 1 1
TOT 3 1 2 6
Capra ibex
P4 sup. 1 1
M2 sup. 1 1
M3 sup. 1 1
M2 inf. 1 1
M3 inf. 1 1
Omero distale 1 1
Tibia distale 1 1
Falange I distale 1 1
TOT 2 2 3 1 8
Cfr. Capra ibex
M3 sup. 1 1
P4 inf. 1 1 2
M1/2 inf. 1 1
Omero pross. 1 1
Metacarpo diafisi 1 1
Femore diafisi 1 1
Falange III pross. 2 2
Falange II 1 1
TOT 2 1 3 3 1 10

Tab. 39 – Elementi scheletrici di capriolo, cervo e stambecco nei livelli olocenici.

– 231
Caprovini
M3 inferiore   
Livello Determ. Lat. Porzione L B   
6 O dx qi 22 8   
Scapola   
Livello Determ. Lat. Porzione GLP LG BG
7 C/O sx fr 30,5 23,2 19,3
7 C/O sx fr 30,6 24 18,8
5 C/O dx fr 28,5 18,5
Omero Radio
Livello Determ. Lat. Porzione Bd BT Livello Determ. Lat. Porzione Bp
I sotto 6 C dx d 35* 6 C/O dx p 26,2
6 C/O dx d 28,8 26,7 6 C/O sx p 26,6
5 C sx d 24,5 6 C dx p 33,6**
Ulna Capitato trapezoide
Livello Determ. Lat. Porzione BPC Livello Determ. Lat. Porzione GB
sotto 6 O dx p 15,5 sotto 6 C/O dx i 15
6 C dx p 24,5** 6 C/O sx i 18,1
6 C/O sx i 18,5   
Metacarpo Tibia
Livello Determ. Lat. Porzione Bp Livello Determ. Lat. Porzione Bp Bd
I sotto 6 C/O dx p 20,2 6 C/O dx d 30,2
6 C/O dx p 20,1 6 C/O dx d 28,4
6 C/O sx p 19,7* 6 O dx p 43
5 C/O dx p 21,8
Femore
Livello Determ. Lat. Porzione Bp DC Bd   
6 C/O dx d 34,7   
5 C/O dx p 40 19,4
5 C/O dx p 20
Astragalo
Livello Determ. Lat. Porzione GLl GLm Dl Dm Bd
6 C/O sx i 30,2 27,4 15,3 18 20,6
6 C/O dx i 28,7 27,2 14,4 16 17,8
sotto 6 C/O dx i 26,8 26,2 14,9 16 16,8
5 C/O sx qi 26,2 24,6 14,4 14,8 16,9
5 C/O dx qi 29,6 16,9
5 C/O sx qi 32,2 16,5 20,3
4 C/O sx i 27 25,2 15,3 15,6 16,6
Osso malleolare Calcagno
Livello Determ. Lat. Porzione GD Livello Determ. Lat. Porzione GL GB
6 C/O sx i 16,3 5 C/O sx qi 52,1 19,5
Scafo-cuboide Metatarso   
Livello Determ. Lat. Porzione GB Livello Determ. Lat. Porzione Bp   
6 O/C sx i 20,3 6 O sx p 20,2   
4 O/C sx i 19,1 4 C/O sx p 18,6   
Falange I   
Livello Determ. Porzione GLpe Bp SD Bd   
7 C/O i 42,1 14,8 10,3 13,6   
6 C/O qi 38,3 10,8 12,6*   
6 C/O qi 36,1 12,7 11 12   
6 C/O qi 33 10,8 8,8 10,3   
II sotto 5 C/O i 31,8 11,5 9 11,7   
5 C/O qi 13 11 12,8   
5 C/O qi 34,8 10,2   
5 C/O p 10,8 11   
5 C/O d 10,9   
3 C/O i 42,3 13,6 11 12,9   
Falange II   
Livello Determ. Porzione GLpe Bp SD Bd   
7 C i 22,1 12,2 8,5 9,4   
6 C/O i 18,9 10,4 7,9 8,1   
6 C i 19,9 11,2 8 8,8   
6 C i 22,9 13 9,6 9,9   
6 C i 22,7 13 9,5 10,1   
5 C/O d 10   
Falange III   
Livello Determ. Porzione DLS Ld   
6 O/C i 27,8 21,7   

Tab. 40 Tab. 40 – Misure dei resti di caprovini. Con un asterisco (*) sono segnalati i reperti combusti, con due
(**) i reperti appartenenti allo stesso individuo e fusi tra loro. C = capra; O = pecora; C/O = caprovini.

232 –
Caniscfr.
Canis
Canis cfr. familiaris
cfr. familiaris
familiaris
M1
M1
M1 inf
infinf       
Livello Lateralità
Livello
Livello Lateralità Porzione
Lateralità Porzione
Porzione LL
L B
B       
fra
fra 5 5
e e
7
fra 5 e 7 7 sx
sxsx i
i i 19,8
19,8
19,8 7,7
7,7                   
BosBostaurus
Bos
Bos taurus
taurus
taurus
Tibia
Tibia     
  
    
  
      
Tibia
Livello Lateralità
Livello Lateralità Porzione
Porzione Bd
Bd Dd
Dd       
Livello Lateralità Porzione Bd Dd
66 6 dx ddd 57 46,8               
dx
dx 57
57 46,8     
46,8   
Astragalo
Astragalo
Astragalo
Livello LateralitàLateralità Porzione GLl GLl GLm Dl Dm Bd
Livello
Livello Lateralità Porzione
Porzione GLl GLm
GLm Dl
Dl Dm Bd
Dm 38,7
Bd
5 dx i 65,3 60 35,7 36,2
55 dx
dxdx ii 65,3 60 35,7 36,2 38,7
3 qi   65,3 60
55,9 35,7
34,6 36,2 38,7
34,9 38,2
33 dx
dx qi
qi   
   55,9
55,9 34,6
34,6 34,9
34,9 38,2
38,2
Falange I     
Falange
Falange I I   
Livello Lateralità Porzione GLpe Bp SD Bd   
Livello
Livello Lateralità
Lateralità Porzione
Porzione GLpe
GLpe Bp
Bp SD
SD Bd
Bd     
6    i 56,3 27,2 23,8 26,4   
66      ii 56,3
56,3 27,2
27,2 23,8
23,8 26,4
26,4     
Falange II   
  
Falange
Falange II
Livello II Lateralità Porzione GL Bp SD Bd     
  
Livello
Livello Lateralità
III sotto 5 Lateralità
Porzione
Porzione
i
GL
GL
32,2
Bp
Bp SD
SD
25,8 19,8
Bd
Bd     
III
IIIIIsotto
sotto 5 ii 32,2 25,8 19,8   
    
sotto55 qi 32,2
46,3* 25,8 25,9*
19,8 27,3*
II
II 5sotto
sotto 55   
qi
qiqi 46,3*
46,3*
  
25,9*
26,1 25,9*
19,6
27,3*
  27,3*       
55
Falange III
     qi
qi      26,1
26,1 19,6
19,6     
      
Falange
Livello III
Falange III Lateralità Porzione DLS       
Livello
I sotto 6 Lateralità
Livello Lateralità
   Porzione
Porzione
qi DLS
DLS   
51,2**             
II sotto
sotto 66      qi
qi 51,2**     
51,2**               
Tab. 41
Tab. 41 – Misure dei resti di cane e bovini domestici. Con l’asterisco (*) è stato
ab.
ab. 41
41 indicato un elemento scheletrico di grandi dimensioni, con due (**), un reperto
combusto.

Sus scrofa
Scapola Sus Metacarpo III
Livello Lateralità Porzione GLP Sus scrofa
scrofa
BG Livello Lateralità Porzione Bp
Scapola
Scapola
7 dx fr 40,2
Metacarpo
29,3 Metacarpo
7
III
III
sx p 19
Livello
Livello Lateralità Porzione GLP BG Livello Lateralità Porzione Bp
Omero Lateralità Porzione GLP BG Livello
7 Lateralità
sx Porzione
p Bp
18,4
77 Livello dx
dx fr
fr
Lateralità Porzione
40,2
40,2
Bd
29,3
29,3
BT 5
77 sx
sx
dx p
pp 19
19
21,8
Omero
Omero
7 dx d 47 77
34,3 Metacarpo IV sx
sx pp 18,4
18,4
Livello
I sotto 6 Lateralità
Livello Lateralità
dx Porzione
Porzione d Bd
Bd
51 BT 55Livello Lateralità
BT
35,1 dx
dx pp
Porzione 21,8
21,8
Bp
77 5 dx
dxdx ddd 47
47
40,5 34,3
34,3 Metacarpo
30,4 Metacarpo
7 IV
IV
dx p 18,3
II sotto
5 6
sotto 6 dx
dxdx ddd 51
54,4
51 35,1
35,1 Livello
39,2* 6
Livello Lateralità
dx
Lateralità Porzione
p
Porzione Bp
16,4
Bp
55 Radio dx
dx dd 40,5
40,5 30,4
30,4 77Coxale dx
dx pp 18,3
18,3
55 Livello dx
Lateralità
dx dd
Porzione 54,4
Bp 39,2*
54,4 39,2* 66Livello Lateralità
dx
dx pp
Porzione 16,4
LAR
16,4
Radio
6
Radio sx p 27,8** Coxale
5
Coxale sx fr 38,6*
Livello
Ulna
Livello Lateralità
Lateralità Porzione
Porzione Bp
Bp Livello
Tibia Lateralità
Livello Lateralità Porzione
Porzione LAR LAR
66 Livello sx
Lateralità
sx pp
Porzione 27,8**
BCP
27,8** 55Livello Lateralità
sx
sx fr
Porzione
fr 38,6*
Bd
38,6*
Ulna6
Ulna sx p 21** Tibia
5
Tibia sx d 28,3
Livello
AstragaloLateralità
Livello Lateralità Porzione
Porzione BCP BCP Livello
Metatarso
Livello Lateralità
IV
Lateralità Porzione
Porzione Bd Bd
66 Livello Lateralità
sx
sx Porzione
pp GLl
21**
21** GLm 5 5Livello Lateralità
sx
sx Porzione
dd Bp
28,3
28,3
5
Astragalo sx i 45,8 40,4 Metatarso
7 IVdx p 17,8
Astragalo Metatarso IV
Falange distale
Livello
Livello Lateralità
Lateralità Porzione
Porzione GLl GLl GLm 6
GLm Livello
Livello dx
Lateralità
Lateralità p
Porzione
Porzione 16,2
Bp
Bp
55 Livello Lateralità
sx
sx Porzione
ii DLS 40,4
45,8
45,8 Ld 7
40,4 7Falange prossimale
dx
dx pp 17,8
17,8
7
Falange i 34,1 31,4 6Livello Lateralitàdx Porzione
pp Bp
16,2
Falange distale
distale 6 dx 16,2
5
Livello Lateralità Porzione i 36,1
DLS 34,7
Ld 6
Falange prossimale d 20,8
Livello Lateralità Porzione DLS Ld Falange prossimale
77 Falange intermedia ii 34,1
34,1 31,4
31,4 Livello
Livello Lateralità
Lateralità Porzione
Porzione Bp Bp
55 Livello Lateralità Porzione ii GLpe 34,7
36,1
36,1
Bp 6
34,7 6
SD Bd dd 20,8
20,8
IV sotto 5 i 25,7 17,3 14,2 15,3 **
Falange
Falange intermedia
intermedia
5 i 29,7 22,9 19,4 20,5
Livello
Livello Lateralità
Lateralità Porzione
Porzione GLpe GLpe Bp
Bp SD
SD Bd
Bd
IV sotto
Tab. 42
IV sotto 5 5
– Misure dei resti di i
i 25,7
maiale. Con
25,7 17,3
l’asterisco
17,3 (*)14,2
sono
14,2 15,3
stati
15,3 **
evidenziati
** gli elementi di
Tab. 42 55grandi dimensioni, con due (**) ii i reperti
29,7 22,9
combusti.
29,7 22,9 19,4
19,4 20,5
20,5

ab.
ab. 42
42
– 233
Lepus europaeus
Mandibola
Livello Lateralità Porzione 1 2 3 4 5a
VI sotto 5 dx fr
5 dx qi 67,2 18,6 41,5 22,9 41,1
5 dx fr 17,9 39,9 22
Omero Ulna
Livello Lateralità Porzione Bd Livello Lateralità Porzione BCP
7 dx d 12,4 6 sx p 8,3
7 sx d 10,3 6 sx p 8,8
6 sx d 11,9 VI sotto 5 dx p 7
5 sx d 11,6 5 sx i 8,1
5 dx p 7,8
Radio
Livello Lateralità Porzione GL Bp SD Bd
7 sx i 109,4 8,6 5,1 9,3
Metacarpo II Metatarso II
Livello Lateralità Porzione GL Bd Livello Lateralità Porzione GL Bd
7 sx i 30,9 4,3 6 sx i 56 6,2
4 sx i 30,3 4,4 5 dx i 53** 6,1
Coxale 1 dx i 55,9 6,2
Livello Lateralità Porzione LA Metatarso III
4 dx fr 10,5 Livello Lateralità Porzione Gl Bd
II sotto 6 dx fr 9,3* 5 dx i 54,9 5,6
6 dx fr 10,7 Metatarso V
6 sx fr 9,3* Livello Lateralità Porzione GL Bd
7 dx i 47,6 4,9
Femore Astragalo
Livello Lateralità Porzione DC Livello Lateralità Porzione GL
6 dx qi 9,5 6 sx qi 16
Tibia
Livello Lateralità Porzione Bd Dd
6 dx d 15
tra 3 e 4 dx d 15,7 9,1
Falange prossimale
Livello Porzione GL Bp SD Bd
6 i 24,1 5,5 3,5
6 i 22,3 5,4 3,3 4,3
5 i 26,6 6 3,4 4,4
4 i 25,7 6,1 3,3 4,3
Tab. 43 – Misure dei resti di lepre nei livelli olocenici. Con un asterisco (*) sono stati evidenziati i due coxali di piccole dimensioni,
mentre con due (**) è stato segnalato il secondo metacarpo affetto da patologia.

234 –
Canis lupus
Calcagno Astragalo
Livello Lateralità Porzione GL Livello Lateralità Porzione GL
5 dx i 58,3 6 dx i 35,1
Falange prossimale
Livello Porzione GL Bp SD Bd
6 i 23,8 9,7 7,2 9,6
Vulpes vulpes
Metacarpo V   
Livello Lateralità Porzione GL Bd   
5 dx i 45,9 6,8   
Metatarso III   
Livello Lateralità Porzione GL Bd   
7 sx i 48,7 6,2   
Falange prossimale   
Livello Lateralità Porzione GL Bp SD Bd   
5 i 16,3 6,5 4,2 4,7   
Ursus arctos
Astragalo   
Livello Lateralità Porzione GL
I sotto 6 sx i 46,1         
Falange II
Livello Porzione GL Bp SD Bd
5 i 32,8 18 12,9 16
Martes martes
Mandibola   
Livello Lateralità Porzione 1 18 7   
6 sx i 53,3 25,6 31,3   
Martes sp.
Omero         
Livello Lateralità Porzione Bp Dp   
4 sx p 11 12         
Radio   
Livello Lateralità Porzione GL Bp   
I sotto 6 sx i 50,5 6   
Meles meles
Scapola      
Livello Lateralità Porzione GLP LG BG   
5 sx fr 20 18 11,3      
Omero      
Livello Lateralità Porzione Bd   
5 dx d 29,4      
Metacarpo III      
Livello Lateralità Porzione GL Bd   
sotto 6 sx i 27,9 7,2   
6 dx i 29,2 7,3   
6 sx i 29,1 7,8   
5 dx i 28,8 7      
Metatarso I      
Livello Lateralità Porzione GL Bd   
6 sx i 27,3 8      
Metatarso IV      
Livello Lateralità Porzione GL   
7 sx qi 34      
Metatarso V   
Livello Lateralità Porzione GL Bd   
5 sx i 32,4 6,2      

Tab. 44 – Misure dei resti di lupo, volpe, orso bruno, martora e tasso dai livelli
ab. 44 olocenici.

– 235
Capreolus capreolus
Capreolus capreolus Scapola
Scapola Livello Lateralità Porzione GLP LG BG
Livello 7
Lateralità Porzione GLP LG BG sx fr 29,8 22,7 22,8
7 sx Femore
29,8 fr
22,7 22,8
Femore Livello Lateralità Porzione Bp DC Bd
Livello 7
Lateralità Porzione Bp DC Bd dx p 47,2 20,9
7 dx p sotto 620,9
47,2 sx d 37,1
sotto 6 sx d Falange III 37,1
Falange III Livello Lateralità Porzione DLS Ld
Livello I sotto Ld
Lateralità Porzione DLS 6 i 25 24,8
I sotto 6 i 25 24,8 Cervus elaphus
Cervus elaphus Omero
Omero Livello Lateralità Porzione Dp BT Bd
Livello 7
Lateralità Porzione Dp BT Bd sx d 57,5 48,6
7 sx d 5
57,5 48,6 sx p 69
5 sx p 5 69 sx d 55,2 47,5
5 sx Ulna 47,5
55,2 d
Ulna Livello Lateralità Porzione DPA SDO BCP
Livello Lateralità Porzione DPA SDO BCP sx
sotto 6 p 48 43,1 30,8
sotto 6 sx p 48 43,1 30,8 Capra ibex
Capra ibex M3 inf   
M3 inf Livello    Lateralità Porzione L B   
Livello Lateralità Porzione IV
L sotto
B 6    dx i 24,5 8,6   
IV sotto 6 Omero8,6   
24,5 dx i   
Omero Livello    Lateralità Porzione Bd BT   
Livello V-VI
Lateralità Porzione Bd sotto
BT   6 dx d 43,5 40,1   
V-VI sotto 6 dx d Tibia 40,1   
43,5
Tibia Livello Lateralità Porzione Bd   
Livello sotto
Lateralità Porzione Bd 5    dx d 36,7
sotto 5 dx d Falange
36,7 prossimale      
Falange prossimale Livello
      Porzione Bd
Livello Porzione Bd V sotto 6 fr 6,1
V sotto 6 fr 6,1 Falange intermedia
Falange intermedia Livello Porzione Glpe Bp SD Bd
Livello Porzione Glpe III sotto
Bp SD6 Bd i 30,6 17,4 14 14,2
Tab. 45 – Misure dei resti di capriolo, cervo e stambecco dai livelli olo-
III sotto 6 i 30,6 17,4 14 14,2 cenici.
Tab. 45
V-VI sotto 6

III sotto 6

III sotto 5
IV sotto 6

VI sotto 5

IV sotto 5
II sotto 6

II sotto 5

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
V-VI sotto 6

III sotto 6

III sotto 5
IV sotto 6

VI sotto 5

IV sotto 5
7

1
II sotto 6

II sotto 5

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
7

Calpestio 2 2
tio 2 Concrezioni 2 1 2 1 14 2 2 1 18 2 4 47
oni 2 1 2 1 14 4
Corrosione 23 2 10 5 8 1 2 18 1 2 10 54 2 3 47 1 8 3 1 1 87
ne 4 23 10 5 8 Esfoliazione
2 1 10 2 5 2 13 2 11 48 3 5 31 1 87 1 7 1 27
ne 2 1 2 1 4
Fluitazione5 13 1 1 7 1 27 2
ne 1 1 Ife 5 5 17 2 12 39
Ife 5 5 17 19
Manganese 7 7 3 7 1 12 18 9 21 1639 4 4 34 7 157
ese 19 7 7 3 7 1 Radici18 6 9 2421 5 16 1 4 1 4 2 34 23 14 7 9 7157 4 3 25 1 125
ici 6 24 5 1 1 2 23 4 14
Weathering 9 7 4 3 1 25 8 1 1 125 1 8 1 24
ng 4 1 8 1 1 8 1 24
Tab. 46 – Distribuzione dei reperti interessati da tracce provocate da fenomeni post–deposizional nei livelli
olocenici.
Tab. 46

236 –
V-VI sotto 6

III sotto 5
IV sotto 5
IV sotto 6

II sotto 6

fra 3 e 4
I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
6

3
7
Rosicature da roditori 7 1 6 1 15 1 19 5 1 2 58
Pits 1 1 1 1 1 1 1 3 10
Furrows 1 1
Scores 4 1 1 2 2 3 1 14

V-VI sotto 6

III sotto 5
IV sotto 6

IV sotto 5
II sotto 6

fra 3 e 4
I sotto 6
Pits, punctures e scores 1 1

sotto 6

sotto 5

TOT
Pits e furrows 1 1 2
7

3
Pits e scores 1 1 1 1 1 1 6
Furrows e scores 2 1 3
Rosicature da roditoriTOT7 6 1 1 11 63 21 615 3 2 1 1 5 1
19 5 5 1 37 2 58
1 interessati
Pitsdei reperti
Tab. 47 – Distribuzione 1 da1 tracce da carnivori e roditori nei
1 livelli1 olocenici.
1 1 3 10
Furrows 1 1
Scores 4 1 1 2 2 3 1 14
Pits, punctures e scores 1 1
Pits e furrows 1 Roditori1 Carnivori 2
Pits e scores 1 Bos taurus 15 1 1 1 1 6
Furrows e scores Caprovini 2 24 1 11 3
Sus scrofa 8 3
TOT 6 1 1 3 1 2 6 3 2 1 5 1 5 37
Lepus cfr. europaeus 3 3
Canis lupus 1
Ursus sp. 2 1
Meles meles 4
Artiodattili p/m tg 4 3
Mammiferi indet 7 16
TOT 58 37
Roditori Carnivori
Bos taurus 5
Caprovini 24 11
Sus scrofa 8 3
Lepus cfr. europaeus 3 3
Canis lupus 1
Ursus sp. 2 1
Meles meles 4
Artiodattili p/m tg 4 3
Mammiferi indet 7 16
TOT 58 37
Tab. 48 – Dettaglio dei taxa interessati da tracce dell’attività di carnivori
e roditori nei livelli olocenici.

– 237
V-VI sotto 6

III sotto 5
III sotto 6

VI sotto 5

IV sotto 5
IV sotto 6

II sotto 5
II sotto 6

I sotto 6

sotto 6

sotto 5

TOT
6

3
7
Strie di macellazione
Bos taurus 1 1 1 3
Caprovini 2 10 1 1 1 1 16
Sus scrofa 3 1 3 7
Lepus europaeus 1 1
Martes martes 1 1
Capreolus capreolus 2 2
Cervus elaphus 1 2 3
Capra ibex 1 1
Cfr. Capra ibex 2 2
Artiodattili m/g tg 1 1
Artiodattili p/m tg 1 2 2 5
Mammiferi g tg 1 1
Mammiferi p/m tg 3 11 6 1 1 8 1 3 1 5 4 44
TOT 10 12 6 3 2 1 25 3 4 1 3 12 5 87
Strie di macellazione e impatti
Caprovini 1 1
Capra hircus 1 1
Sus scrofa 1 1
Capra ibex 1 1
Artiodattili p/m tg 1 2 3
Mammiferi g tg 1 1
Mammiferi p/m tg 2 2 2 4 10
TOT 2 3 2 2 1 4 4 18
Impatti
Bos taurus 2 2
Caprovini 1 5 3 9
Ovis aries 1 1
Capra hircus 1 1 2
Sus scrofa 4 4
Cervus elaphus 1 1
Artiodattili m/g tg 1 1 2
Mammiferi g tg 3 2 10 15
Mammiferi p/m tg 1 1 4 1 1 1 1 10
TOT 2 5 1 1 16 1 1 18 1 46
Coni di percussione
Mammiferi p/m tg 1 1 1 1 1 1 6
Raschiature
Caprovini 1 1 2
Cfr. Capra ibex 1 1
Mammiferi p/m tg 4 1 1 1 7
TOT 6 1 1 1 1 10
TOT 14 26 8 4 1 3 1 44 5 4 2 2 5 36 12 167

Tab. 49 – Resti con tracce antropiche nei livelli olocenici.


9

238 –
Ovis aries 1
Capra hircus 1
Sus scrofa 2 1 . 3 1 1
pus Cfr.. europaeus 1

V-VI sotto 6

III sotto 6

III sotto 5
IV sotto 6

VI sotto 5

IV sotto 5
II sotto 6

II sotto 5
I sotto 6

sotto 5

TOT
apreolus capreolus 1

3
Artiodactyla p/m tg 1 3
Uccelli Bos taurus1 1 1 2
Caprovini 1 6 5 12
Crostacei Ovis aries 1 1
1
Mammifero p/m tg Capra
3 hircus2 1 41 16 1 6 1 133 14
Mammiferi indet. Sus
13 scrofa 2 1 2 611 330 1 8 5 3 1 2 851 4 1
Lepus Cfr.. europaeus 1 1
NR 18
Capreolus capreolus
3 1 1 3 701 57 1 15 5 3 3 95
1
18 2
% 4,18p/m3,06
Artiodactyla tg 2,85 4,00 10,341 33,98 12,31 2,27 18,51 11,90 9,09 3 13,04 29,05
4 47,36
Uccelli 1 1
Crostacei 1 1
Mammifero p/m tg 3 2 1 4 16 1 6 1 33 14 81
Mammiferi indet. 13 1 2 61 30 8 5 3 2 51 4 180
NR 18 3 1 1 3 70 57 1 15 5 3 3 95 18 293
% 4,18 3,06 2,85 4,00 10,34 33,98 12,31 2,27 18,51 11,90 9,09 13,04 29,05 47,36

Tab. 50 – Resti combusti nei livelli neolitici; la percentuale (%) si riferisce ai resti contenuti in ogni singolo livello.
Tab. 50

Livelli pleistocenici Livelli olocenici


%
NR % NR %
senza ghiro
Livelli pleistocenici Livelli olocenici
Talpa sp. 11 1,4 % 2,6
NR % NR %
Talpa europaea 22 senza
2,8 ghiro 5,1
Talpa sp. 11 1,4 2,6
Talpa caeca
Talpa europaea
1 1,4 22
2 2,8
0,3 5,1 0,5
Crocidura leucodon Talpa caeca 1 1,4 2 1 0,3 0,1 0,5 0,2
Crocidura
Glis glisleucodon 31 44,9 1 357 0,1 45,3 0,2
Glis glis 31 44,9 357 45,3
Eliomys quercinus
Eliomys quercinus
2 2
2,9
2,9 9
9 1,1
1,1 2,1 2,1
Apodemus gruppo
Apodemus s/fgruppo s/f 12 12 17,4
17,4 279279 35,4 35,4 64,7 64,7
Arvicola terrestristerrestris 7
Arvicola 7 10,1
10,1 46 46 5,8 5,8 10,7 10,7
Terricola savii 0,0 1 0,1 0,2
Terricola savii
Terricola gruppo m/s 1
0,0
1,4 13
1 1,6
0,1 3,0 0,2
Terricola gruppo m/s arvalis 1
Microtus 5 1,4
7,2 4 13 0,5 1,6 0,9 3,0
Microtus Chionomys
arvalis nivalis 5 1 1,4
7,2 16 4 2,0 0,5 3,7 0,9
Myodes glareolus 5 7,2 6 0,8 1,4
nivalis indet.. 1
Chionomys Microtidae 3
1,4
4,3 11
16 1,4
2,0 2,6 3,7
Mustela nivalis 5
Myodes glareolus 7,2 2 6 0,3 0,8 0,5 1,4
MicrotidaeEptesicus
indet. serotinus 3
indet.. 4,3 2 11 0,3 1,4 0,5 2,6
Plecotus sp. 1 0,1 0,2
Mustela nivalis Chirottero 1 1,4 5
2 0,6
0,3 1,2 0,5
Eptesicus serotinus TOT 69 100,0 788 2 100 0,3 100,0 0,5
Plecotus sp. 1 0,1 0,2
Tab. 51 Chirottero 1 1,4 5 0,6 1,2
TOT 69 100,0 788 100 100,0
Tab. 51 – Resti di micromammiferi nei livelli pleistocenici e olocenici.

– 239
BIBLIOGRAFIA

Amorosi, T. 1989 – A postcranial guide to domestic neo-natal and juvenile mammals. BAR International Series, 533. Archaeopress,
Oxford.

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. e Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila (Finale Ligure-
Savona). Il Neolitico in Italia, Atti della XXVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, 2 Parenti,
Firenze: 541–551.

Baissas, P. 1974 – Les conditions sédimentologiques du passage Würm final-Holocène d’aprèsle données de la grotte des Arene
Candide. Atti della XVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Parenti, Firenze: 111–120.

Barker, G., Biagi, P., Clark, G., Maggi, R. e Nisbet, R. 1990 – From hunting to herding in the Val Pennavaira. In: Biagi, P. (ed.) The
Neolithisation of the Alpine Region. Monografie di Natura Bresciana, 13: 99–122. Museo Civico di Scienze Naturali, Brescia.

Barone, R. 1980 – Anatomia comparata dei mammiferi domestici, (I) Osteologia e (3) Splancnologia. Edagricole, Bologna.

Bartolomei, G. 1997 – The paleoecology of the Holocene levels of the Cave of Arene Candide on the basis of the small vertebrates.
In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (ed.) Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene
sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5:
143–152. Il Calamo, Roma.

Biagi, P., Maggi, R. e Nisbet, R. 1989 – Liguria: 11,000 - 7000 BP. In:  Bonsall, C. (ed.) The Mesolithic in Europe. Papers presented
at the third International  Symposium: 533–540. J. Donald, Edinburgh.

Biagi, P., Starnini, E. e Voytek, B. 1993 – The late Mesolithic and Early Neolithic settlement of Northern Italy: recent consideration.
Poročilo o raziskovanju paleolita, neolita in eneolita v Sloveniji, 21: 45–67.

Biagi, P. e Voytek, B.A. 2018 – The chipped stone assemblage from Arma dell’Aquila (Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura
di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per
la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 117–125. Print and Graph, Ronchi dei Legionari
(GO).

Boessneck, J. 1969 – Osteological Differences between Sheep (Ovis aries Linné) and Goat (Capra Hircus Linné). In: Brothwell, D.
e Higgs, E. (eds.) Science in Archaeology, A Survey of Progress and Research. Revised and Enlarged Edition: 331–358. Thames
and Hudson, London.

Boessneck, J., Müller, H-H. e Teichert, M. 1964 – Osteologische underscheidungs Zwischen Schaft (Ovis aries, Linné) und Ziege
(Capra hircus Linné). Kühn-Archiv, 78: 1–129.

Boitani, L., Lavari, S. e Vigna Taglianti, A. 2003 – Fauna d’Italia, Mammalia III, Carnivora-Artiodactyla. Calderini, Bologna.

Bon, M., Stefani, M. e Starnini, E. 2018 - I manufatti in materiale duro animale dell'Arma dell'Aquila (Finale Ligure, Savona). In:
Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del
Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 137-142. Print and Graph,
Ronchi dei Legionari (GO).

Bonifay, M.-F. 1971 – Carnivores quaternaires du Sud-Est de la France. Memoirs du Muséum d'Histoire Naturelle, n.s., série C,
Sciences de la Terre, 21 (2).

Boule, M. 1910 – Les Grottes de Grimaldi (Baouseé-Roussé). Géologie et Paleontologie, t.1, ff. II-III, 1906-1919. Principato di Monaco.

Bull, G. e Payne, S. 1982 – Tooth eruption and epiphyseal fusion in Pigs and Wild Boar. In: Wilson, B., Grigson, C. e Payne, S. (eds.)
Ageing and sexing animal bones from archaeological sites. BAR British Series, 109: 55–71. Archaeopress, Oxford.

Bullock, D. e Rackham, J. 1982 – Epiphyseal fusion and tooth eruption of feral Goats from Moffatdale, Dumfries and Gelloway,
Scotland. In: Wilson, B., Grigson, C. e Payne, S. (eds.) Ageing and sexing animal bones from archaeological sites. BAR British
Series, 109: 73–80. Archaeopress, Oxford.

Cassoli, P.F. e Tagliacozzo, A. 1994a – Considerazioni paleontologiche, paleoecologiche e archeozoologiche sui macromammiferi
e gli uccelli dei livelli del Pleistocene superiore del Riparo di Fumane (Verona) (Scavi 1988-91). Bollettino del Museo Civico di
Storia Naturale di Verona, 18: 349–445.

Cassoli, P.F. e Tagliacozzo, A. 1994b – I macromammiferi dei livelli tardo pleistocenici delle Arene Candide (Savona, Italia): consi-
derazioni paleontologiche e archeozoologiche. Quaternaria nova, 4: 101–262.

240 –
Cilli, C., Malerba, G. e Giacobini, G. 2000 – Le modificazioni di superficie dei reperti in materia dura animale provenienti da siti ar-
cheologici. Aspetti metodologici e considerazioni tafologiche. Bollettino del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, 24: 73–98.

Driesch (von den), A. 1976 – A guide to the measurement of animal bones from archaeological sites. Peabody Museum Bulletin, 1.
Cambridge, Massachusetts.

Fiore, I. e Tagliacozzo, A. 2006 – Lo sfruttamento dello stambecco nel Tardiglaciale di Riparo Dalmeri (TN): il livello 26c. In:
Tecchiati, U. e Sala, B. (eds.) Archeozoological studies in honour of Alfredo Riedel: 56–76. Bolzano.

Girod, A. 2018 – I molluschi terrestri e marini dei livelli neolitici dell’Arma dell’Aquila. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli
Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria
e la Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 143–154. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Giuggiola, O., Imperiale, G., Lamberti, A., Piacentino, G. e Vicino, G. 1966 – Un rifugio del Neolitico medio nel Finalese: l’Arma
delle Anime. Rivista di Studi Liguri, XXXII (1-2): 106–242.

Grigson, C. 1982 – Sex and age determination of some bones and teeth of domestic cattle: a review of the literature. In: Wilson, B., Grigson,
C. and Payne, S. (eds.) Ageing and sexing animal bones from archaeological sites. BAR British Series, 109: 7–24. Archaeopress,
Oxford.

Koby, F.-Ed. 1958 – Les Léporides Magdaléniens de la Grotte de la Vache. Bullettin de la Societé Préhistorique de l’Ariège, 13: 1–8.

Koby, F.-Ed. 1959 – Contribution au diagnostic ostéologique differentiel de Lepus timidus Linné et L. europaeus Pallas. Verhandlungen
der Naturforschenden Gesellschaft in Basel, 70: 19–44.

Leale Anfossi, M. 1961 – Revisione dei materiali fittili e faunistici provenienti dagli scavi nella Grotta del Pertusello (Val Pennavaira
- Albenga). Quaternaria, 5: 318–320.

Leale Anfossi, M. 1972 – Il giacimento dell’Arma dello Stefanin (Val Pennavaira - Albenga), scavi 1952-1962. Rivista di Scienze
Preistoriche, 27 (2): 249–321.

Maggi, R. e Nisbet, R. 1991 – Prehistoric pastoralism in Liguria. In Maggi, R., Nisbet, R. e Barker, G. (eds.) Atti della Tavola
Rotonda Interna­zionale “Archeologia della Pastorizia nell’Europa Meridionale”, I. Rivista di Studi Liguri, 56: 265–296.

Masseti, M. e Salari, L. 2009 – La scomparsa dei grandi carnivori toscani nel tardo Quaternario. Atti del VI Convegno Nazionale di
Archeozoologia: 41–46.

Mochi, A. 1914 – Ricerche nella Grotta del Pastore presso Toirano in Val Varatella (Liguria). Archivio per l'Antropologia e l'Etnologia,
44: 46–60.

Nisbet, R. 2018 – Indagini antracologiche all’Arma dell’Aquila, (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli
Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria
e la Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 255–260. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Noddle, B. 1974 – Age on epiphyseal closure in feral and domestic Goats and ages of dental eruption. Journal of Archaeological
Science, 1: 195–204.

Pales, L., Lambert, C. e Garcia, M-A. 1971 – Atlas ostéologique pour servir à l'identification des mammifères du quaternaire. Les
membres : carnivores, home, herbivores (2); Tête, rachis, ceintures scapulaire et pelvienne, membres : carnivores, homme, her-
bivores (2). Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, Parigi.

Payne, S. 1973 – Kill-off patterns in Sheep and Goats: the mandibles from Asvan Kole. Anatolian Studies, 23: 281–303.

Richard, C. 1932 – La Caverna degli “Armorari” presso Verezzi. Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, XVI
(3-4): 3–8.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Rowley-Conwy, P. 1997 – The animal bones from Arene Candide. Final report. In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (eds.)
Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene sequence (Excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-
50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 153-277. Il Calamo, Roma.

Rowley-Conwy, P. 2003 – Early domestic animals in Europe: imported or locally domesticated? In: Ammerman, A.J. e Biagi, P.
(eds.) The Widening Harvest. The Neolithic Transition in Europe: Looking Back, Looking Forward. Colloquia and Conference
Papers, 6: 99–117. Archaeological Institute of America, Boston.

– 241
Schmid, E. 1972 – Atlas of animal bones. Publishing Company, Amsterdam.

Silla, G.A. 1935 – FINALE LIGURE: La nuova stazione neolitica dell’«Arma dell’Aquila». Bollettino della Reale Deputazione di
Storia Patria per la Liguria, Sezione Ingauna e Intemelia, II (1), XIV: 81–92.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure). Bollettino della Reale Deputazione di Storia Patria per la
Liguria, Sezione Ingauna e Intemelia, III (3-4), XV: 73–80.

Silver, I.A. 1969 – The Ageing of Domestic Animals. In: Brothwell, D. e Higgs, E. (eds.) Science in Archaeology. A Survey of
Progress and Research. Revised and Enlarged Edition. Thames and Hudson, London: 283–302.

Smith, R.N. 1966 – Observation on the ossification of the appendicular skeleton of Sheep. Thesis submitted for Ph.D. Degree,
University of Bristol (inedita).

Sorrentino, C. 1999 – Faune terrestri. In: Tiné, S. (a cura di) Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977).
Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, X: 66–108. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Sorrentino, C. 2002 – Il materiale osteologico animale. In: Odetti, G. (a cura di) La grotta del Sanguineto o della Matta: scavi e
scoperte tra ’800 e ’900. Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 4: 147–150. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Finale
Ligure.

Sorrentino, C. 2009 – Il materiale osteologico animale del Riparo di Pian del Ciliegio. In: Del Lucchese, A. (a cura di) Il Riparo di
Pian del Ciliegio. Un sito neolitico sull’altopiano delle Mànie. Quaderni del Museo Archeologico del Finale, 5: 107–115. Istituto
Internazionale di Studi Liguri, Finale Ligure.

Starnini, E. e Biagi, P. 2018 – I reperti ceramici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura
di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la
Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 49–94. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Torres Pérez-Hidalgo, T.J. 1988a – Osos (Mammalia, Carnivora, Ursidae) del Pleistoceno Ibérico: I. Filogenia, distribución estrati-
gráfica y geográfica. Estudio anatómico y métrico del cráneo. Boletín del Instituto Geológico y minero de España, 99 (1): 3–46.

Torres Pérez-Hidalgo, T.J. 1988b – Osos (Mammalia, Carnivora, Ursidae) del Pleistoceno Ibérico: II. Estudio anatómico y métrico
de la mandíbula, hioides atlas y axis. Boletín del Instituto Geológico y minero de España, 99 (2): 220–249.

Torres Pérez-Hidalgo, T.J. 1988c – Osos (Mammalia, Carnivora, Ursidae) del Pleistoceno Ibérico: III. Estudio anatómico y métrico
del miembro torácico, carpo y metacarpo. Boletín del Instituto Geológico y minero de España, 99 (3): 356–412.

Torres Pérez-Hidalgo, T.J. 1988d – Osos (Mammalia, Carnivora, Ursidae) del Pleistoceno Ibérico (U. deningeri Von Reichenau, U.
spelaeus Rosenmüller-Heinroth, U. arctos Linneo): IV. Estudio anatómico y métrico del miembro pelviano, tarso, metatarso y
dedos. Boletín del Instituto Geológico y minero de España, 99 (4): 516–577.

Torres Pérez-Hidalgo, T.J. 1988e – Osos (Mammalia, Carnivora, Ursidae) del Pleistoceno Ibérico (U. deningeri Von Reichenau,
U. spelaeus Rosenmüller-Heinroth, U. arctos Linneo): V. Dentición decidual, fórmula dentaria y dentición superior. Boletín del
Instituto Geológico y minero de España, 99 (5): 660–714.

Torres Pérez-Hidalgo, T.J. 1988f – Osos (Mammalia, Carnivora, Ursidae) del Pleistoceno Ibérico (U. deningeri Von Reichenau, U.
spelaeus Rosenmüller-Heinroth, U. arctos Linneo): VI. Dentición inferior. Boletín del Instituto Geológico y minero de España,
99 (6): 886–940.

Indirizzi degli Autori:

MAURO BON, Museo di Storia Naturale di Venezia, Fontego dei Turchi, Santa Croce 1730, I-30135 VENEZIA
E-mail: mauro.bon@fmcvenezia.it

MAURA STEFANI, Via Carmine 77, I-31050 MIANE (TV)


E-mail: didattica.stefani@parcolivelet.it

242 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 243–254

ALBERTO GIROD

I MOLLUSCHI TERRESTRI E MARINI DEI LIVELLI NEOLITICI


DELL’ARMA DELL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – In questo lavoro viene ripreso e ampliato lo studio delle specie terrestri e marine provenienti dagli scavi Richard del
1938 e 1942 nell’Arma dell’Aquila. Oxychilus cf. draparnaudi, Cepaea nemoralis etrusca, Pomatias. elegans e Chilostoma cingu-
latum sono presenti in modo stabile ed omogeneo nella parte del deposito attribuita al Neolitico a Ceramica Impressa. Fanno seguito
delle fasi con specie di suoli più esposti. Durante il Neolitico medio, Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (VBQ), si nota una modesta
riconquista del territorio da parte di specie di bosco e di suoli rocciosi più ombreggiati e freschi che coincide con l’improvvisa concen-
trazione di limacelle (Limax sp.) probabili avanzi di pasto di piccoli roditori. Si verificano infine il calo di O. draparnaudi, la scomparsa
di Heliconta obvoluta, Chondrina megacheilos, Charpentieria itala, Chilostoma cingulatum e l’arrivo di elementi mesofili e xerofili
mediterranei. Gli elementi marini sono sporadici. Cerithium vulgatum e Columbella rustica hanno fori con segni di usura per uso come
pendenti. Dai diari di scavo si apprende dell’esistenza di un frammento di braccialetto in Spondylus gaederopus e di un cucchiaio rica-
vato da Charonia lampas nella pubblicazione di G.A. Silla del 1935 oltre che dagli scavi Richard.

ABSTRACT – The land and marine molluscs retrieved during the excavations carried out by C. Richard in 1938 and 1942 at Arma
dell’Aquila, have been reanalysed following a long-term experience of the malacofauna of Ligurian caves. Oxychilus cf. draparnau-
di, Cepaea nemoralis etrusca, Pomatias elegans and Chilostoma cingulatum have a stable and homogeneous presence during the
Neolithic Impressed Ware period. This community is followed by more open-country species. During the Middle Neolithic Square-
Mouthed Pottery Culture we observe the presence of woodland and shaded stony-soils elements. In the same period there is a sudden
heap of slug plates (Limax sp.) to relate with the food remains of small rodents. We observe lastly the drop of Oxychilus cf. draparnau-
di, the disappearance of Heliconta obvoluta, Chondrina megacheilos, Charpentieria itala, Chilostoma cingulatum and the incoming
of Mediterranean mesophilous and xerophilous species. There are few records of marine shells. Cerithium vulgatum and Columbella
rustica are worn on the dorsal hole’s lip and have been used like pendants. One spoon obtained from a marine shell and one fragment
of a bracelet of Spondylus gaederopus is reported in the 1942 notebook, while a spoon made from Charonia lampas is illustrated by
G.A. Silla in his 1935 paper.

Parole chiave – Molluschi, Neolitico, Grotte liguri, Paleoambiente, Ornamenti


Keywords – Molluscs, Neolithic, Ligurian caves, Palaeoenvironment, Ornaments

1.  NOTIZIE STORICHE

Le malacofaune quaternarie delle brecce, delle grotte e dei ripari ubicati nelle Alpi Marittime e nell’intero
arco appenninico ligure sono state considerate in varie pubblicazioni dell’800 (Issel, 1867; 1878; 1894; Clerici
e Squinabol, 1888; Morelli, 1891a; 1891b; Caziot e Maury, 1909). Ciò che purtroppo manca in questi vecchi
studi è l’attribuzione delle specie a singoli livelli o a fasi cronologico-culturali. Intorno alla metà del secolo scor-
so, altri lavori sulle faune “cavernicole” viventi della Liguria ci forniscono ulteriori elementi conoscitivi (Conci,
1952; Conci e Franceschi, 1953; Franciscolo, 1955) ai quali si aggiungono gli elenchi delle località di raccolta
pubblicati da Boato et al. (1982). Da tali elenchi faunistici si può ricavare la frequenza con cui un centinaio di
specie è segnalato nelle varie grotte, capire quali elementi sono da considerare come normali frequentatori di
questi ambienti, oltre ad individuare le specie il cui areale si è modificato nel corso del tempo.
A partire dagli anni ’80 si è proceduto al recupero di materiali scavati molti anni prima e allo studio mirato
delle malacofaune terrestri per ricavare informazioni paleoambientali. Venivano studiati i siti dell’Arma dello
Stefanin, Grotta del Pertusello, Arma dell’Aquila, Caverna delle Arene Candide, Arma di Nasino (Girod,
1987; 1988; 1997; 2000). La complementarità di questi studi con i dati archeobotanici relativi all’Appennino
ligure ha infine consentito una revisione dei precedenti dati ed una interpretazione sull’evoluzione delle ma-

– 243
lacofaune liguri dal Tardoglaciale all’Olocene e sull’uso del territorio nel Neolitico (Girod e Maggi, 2005;
Girod, 2011; 2013).
Sono queste le premesse che consentono un riesame della malacofauna dell’Arma dell’Aquila (Fig. 1).

1.1. Provenienza e studio dei


campioni

Al materiale esaminato nel 1988


si è aggiunto, nel 2009, qualche ul-
teriore campione riscoperto nei de-
positi museali. Tutto proviene dagli
scavi di Richard del 1938 e 1942
(Richard, 1942). Nella prima fase
di determinazione delle specie e con-
teggio degli individui è stata mante-
nuta la suddivisione in “focolari”,
così come indicato sui cartellini
originari che accompagnavano ogni
campione. Ne è derivato un elenco
dal quale emerge che una tale sud-
divisione non è suscettibile di anali-
si statistica per le poche conchiglie
presenti in alcuni punti del deposito.
Da ciò la necessità di raggrup-
pare alcuni “focolari” e relativi strati
sottostanti ed ottenere un quadro più
omogeneo delle fasi dei due prin-
cipali periodi neolitici: quello della
Cultura della Ceramica Impressa
e della Cultura dei Vasi a Bocca
Quadrata (VBQ) (Tab. 1). La dispo-
nibilità di un numero relativamen-
Fig. 1 – L’ambiente in cui si apre l’Arma dell’Aquila (fotografia di D. Arobba).
te limitato di date radiocarboniche
(Starnini e Biagi, 2018: Fig. 4 e Tab. 1) non ha consentito una valutazione certa dei tempi di modifica delle
componenti faunistiche. Nessun campione di malacofauna proviene dagli strati sottostanti il Neolitico, a diffe-
renza dei campioni antracologici che riguardano anche il Paleolitico superiore.

Tab. 1 – Arma dell’Aquila: specie terrestri e marine (NMI) negli orizzonti neolitici.

244 –
2.  LE SPECIE TERRESTRI

I molluschi terrestri appartengono a 13 specie per un totale di 287 individui. Nel deposito si osservano va-
riazioni nel numero di specie e nell’abbondanza di individui (Fig. 2). In corrispondenza dei focolari 4° e 6°, il

Fig. 2 – Arma dell’Aquila: numero delle specie terrestri, degli individui e linee di tendenza negli orizzonti neolitici. In ordinata i foco-
lari e i relativi tagli.

numero di specie è modesto. Pomatias elegans è sempre presente nel deposito oltre ad essere la più abbondan-
te. Si tratta di una specie calciofila, euriecia ed ubiquitaria. Oxychilus cf. draparnaudi è un elemento abbastan-
za costante nel deposito e la sua assenza in alcuni strati va giudicata nell’insieme delle malacocenosi poiché il
suo nicchio fragile, sottile e trasparente è soggetto a facile frammentazione. Le forme globose come quella di
Eobania sp., Cornu sp., Cepaea sp. sono sensibili alla pressione del terreno inglobante e quindi maggiormen-
te soggette alla frantumazione; il loro mancato ritrovamento in alcuni punti della stratigrafia non sempre va
giudicato come assenza nella malacocenosi. Le specie più abbondanti sono Pomatias elegans, Oxychilus cf.
draparnaudi e Limax sp. (Fig. 3).
Esiste la possibilità di rinvenire nei depositi accumulati in grotte e ripari moltissime specie di taglia anche
inferiore ai 4 mm (Girod, 1996), come risulta dai dati faunistici a disposizione dalle grotte liguri e lombarde

Fig. 3 – Arma dell’Aquila: frequenza numerica delle specie terrestri negli orizzonti neolitici.

– 245
(Toffoletto, 1962). Ciò a condizione che il vaglio del terreno scavato sia effettuato ad acqua e con mezzi
adatti, come una macchina da flottazione. Nel caso dell’Arma dell’Aquila i molluschi terrestri sono costituiti
solo da elementi di taglia medio-grande (Fig. 4) per cui si pensa ad un loro recupero con setacciatura a secco
ed una sorta di visual sampling, con i limiti che questa comporta.

2. 1.  Le malacocenosi terre-


stri

A causa del numero ridotto


di specie si è evitato di suddivi-
dere la malacofauna tra troppe
associazioni per evitare una di-
spersione dei dati. Le malaco-
cenosi riconosciute sono sostan-
zialmente tre, fiticola, mesofila
e xerofila benché al loro interno
esistano delle differenze collega-
bili a microhabitat specifici di cui
si è tenuto conto nelle valutazioni
sull’ambiente (Tab. 2). Inoltre si
è dato maggior risalto alla fre-
quenza delle singole specie illu-
strandole di preferenza in modo
separato nella parte grafica.
All’associazione fiticola di
bosco a latifoglie ombreggiato,
umido e con lettiera sono attri-
buite Oxychilus cf. draparnaudi,
Limax sp., Helicodonta obvolu-
ta. La prima di queste specie è
definita come eutroglofila, fre-
quentatrice facoltativa con pos-
sibilità di riproduzione in cavità
Fig. 4 – Arma dell’Aquila: specie terrestri. Dimensione massima in mm di ogni specie: naturali nella parte semioscura e
H = altezza, D = diametro. 1) Pomatias elegans H 16; 2) Chondrina avenacea H 8; 3) più umida dell’ingresso (Cotti,
Oxychilus draparnaudi D 16; 4) limacelle di Limax sp. H 5) Charpentieria itala H 22; 6) 1957). Oxychilus draparnaudi
Cernuella virgata D 25; 7) Monacha cartusiana D 17; 8) Helicodonta obvoluta D 15; 9)
è la specie citata il maggior nu-
Chilostoma cingulatum D 27; 10) Eobania vermiculata D 30; 11) Cornu aspersum D 40;
12) Cepaea nemoralis etrusca D 34 (iconografia tratta da Cossignani e Cossignani, 1995; mero di volte nelle cavità liguri.
Kerney et al., 1999). Per capirne appieno il potenziale
come indicatore paleoambien-
tale, si ricorda che alla Caverna
delle Arene Candide, in un saggio di scavo condotto nel 2002 (settori A4, A5, B4, B5), era stata recuperata una
quantità enorme di individui neonati e giovanissimi (NMI 2385), tanto da considerare l’area semioscura ad-
dossata alla parete interna, come una vera nursery per Oxychilus draparnaudi oltre che per Discus rotundatus
(NMI 20252), specie troglossena filetica che si riproduce anche in grotta (Girod, 2003 e dati inediti).
All’associazione fiticola di bosco aperto, più asciutto, con radure e nel presente caso con lecci e querce a
foglie caduche (Nisbet, 2018) appartengono Eobania vermiculata e Cornu aspersum (genere noto in passato
come Cantareus opp. Cryptomphalus), due specie a geonemia olomediterranea che vivono pure in duna ce-
spugliosa e retroduna alberata (Giusti e Castagnolo, 1982). Alla medesima malacocenosi appartiene Cepaea
nemoralis con la forma geografica etrusca, di grande taglia, la cui ripartizione appenninica si estende fino al
Monferrato e alla bassa pianura lombardo-emiliana (Forni e Sacchi, 2004).
La malacocenosi mesofila presenta molte sfaccettature: accanto alla già citata Pomatias elegans, vi sono
elementi di habitat petricolo, Chondrina megacheilos e Charpentieria itala. Poi Chilostoma cingulatum, spe-
cie legata al mezzo rupicolo, cioè alle ampie e ininterrotte pareti calcaree nonché agli affioramenti rocciosi. In
alcuni livelli essa è presente nella forma più piccola, Chilostoma c. liguricum. Questi ecofenotipi di diametro

246 –
Tab. 2 – Arma dell’A-
quila: elenco delle
specie terrestri, as-
sociazioni malacolo-
giche e habitat delle
singole specie.

inferiore sono stati raccolti anche in passato in varie cavità liguri e citati come forme estinte (remoriniana,
montana, moureliana) (Issel,1878; Morelli, 1891a; 1891b; Caziot e Maury, 1909). Individui di taglia infe-
riore esistono anche in popolazioni alpine ed appenniniche di Chilostoma sp. Come nel caso di altre Elicidae
(ad es. Arianta arbustorum forma alpicola A. Férussac 1821) essi sono presenti in situazioni di stress am-
bientale o di isolamento genetico (Sacchi, 1955; Girod e Mariani, 1981; Gosteli, 2005). I pochi individui
provenienti dall’Arma dell’Aquila non consentono tuttavia alcun approfondimento biometrico.
La malacocenosi xerofila comprende Cernuella cf. virgata e Monacha cartusiana, entrambe a geonemia
euromediterranea.
La descrizione delle malacocenosi
procede dal basso del deposito verso l’al-
to (Fig. 5). Si nota una certa omogeneità
durante il Neolitico a Ceramica Impressa
(tagli sotto il 6° focolare) ove Oxychilus
cf. draparnaudi, Cepaea nemoralis etru-
sca, Pomatias elegans e Chilostoma cin-
gulatum hanno presenze abbastanza sta-
bili. Negli tagli VI e V sotto il 5° foco-
lare la malacofauna esprime un ambiente
meno ombreggiato per cui si ha il calo di
Oxychilus cf. draparnaudi, della rupicola
Chilostoma cingulatum e un apparente in-
cremento di Pomatias elegans.

Fig. 5 – Arma dell’Aquila: evoluzione della malacofau-


na terrestre durante il Neolitico. In ordinata il numeri di
reperti nei diversi focolari e relativi tagli. a) Oxychilus
cf. draparnaudi, b) Limax sp., c) Helicodonta obvo-
luta, d) Eobania vermiculata, e) Cornu cf. aspersum,
f) Cepaea nemoralis etrusca, g) Pomatias elegans,
h) Condrina megacheilos, Charpentieria itala, i)
Chilostoma cingulatum, C.c. liguricum, l) Cernuella cf.
virgata, Monacha cartusiana.

– 247
Nei tagli sovrastanti (IV e III sotto il 5° focolare) si ha un ulteriore calo nella popolazione di Chilostoma
cingulatum mentre la malacofauna si arricchisce con Limax sp., Helicodonta obvoluta. Si nota un’effimera
diffusione di un elemento petricolo Chondrina megacheilos. Sono modesti segnali di un ambiente ove la ve-
getazione arborea intorno alla cavità, e al suo seguito la malacofauna, si sta arricchendo, aspetto collegabile ad
un diverso tipo di frequentazione antropica oppure di uso del territorio. Nei medesimi tagli si nota l’improv-
visa quanto cospicua presenza di limacelle attribuite alla specie nuda Limax sp. che è stata spesso collegata
all’esistenza nelle cavità di nidi di uccelli predatori e alle loro borre. Su tale interpretazione gli ornitologi
interpellati sono prudenti (S. Di Martino, N. Zambelli, M. Abderhalden com. pers., 2013; 2014) dato che
non è nota la presenza di limacelle nelle borre dei rapaci che nidificano in grotta. Certo è che piccoli roditori
come le arvicole Myodes sp., Microtus arvalis, Microtus agrestis si cibano di gasteropodi nudi, quali Limax
sp., Deroceras sp., Agriolimax sp. Pertanto le limacelle rappresenterebbero i resti di pasto di micromammiferi
che, non disturbati dalla presenza umana, si sono insediati nelle cavità.
I dati antracologici, pur se influenzati da una raccolta mirata del legname, evidenziano per i tagli IV e III
sotto il 5° focolare, la comparsa di Juniperus, Acer e Hedera con una riduzione di Quercus ilex (Nisbet, 2018).
Nei tagli II e I sotto il 5° focolare si ritorna alla situazione preesistente; in particolare si nota un’ulteriore
riduzione della rupicola Ch. cingulatum che preferisce rocce meglio ombreggiate e fresche. Poi il riaffermarsi
di P. elegans. In seguito l’ambiente cambia in direzione di maggior siccità con la diminuzione di O. drapar-
naudi, e di Chilostoma cingulatum, la scomparsa di Heliconta obvoluta e Charpentieria itala legate ad aree più
boscate. Si verifica per contro e a conferma di suoli più esposti, l’introduzione di specie mediterranee Eobania
vermiculata, Cornu aspersum e xerofile Cernuella cf. virgata e Monacha cartusiana, tutte parzialmente antro-
pofile e frequentatrici di ambienti anche ruderali.

3. DISCUSSIONE

La malacofauna dell’Arma dell’Aquila mostra alcuni tratti comuni ad altre cavità della Liguria di Ponente
(Girod e Maggi, 2005). Alla Grotta del Pertusello, nell’alta Val Pennavaira alla quota di 550 m, le fasi relative
al Neolitico Ceramica Impressa (strato 4) e Neolitico medio VBQ (strato 3) mostrano un calo della rupicola
Chilostoma cingulatum e l’espandersi della popolazione di Pomatias elegans.
All’Arma di Nasino, nella bassa Val Pennavaira, all’altezza di ca 150 m, negli strati IX (R-267: 6470±120
BP) e VIII (R-313: 6420±65 BP e R-313a: 6400±105 BP) (Alessio et al., 1968; Biagi e Starnini, 2016:
Tab. 1) queste due specie presentano andamenti simili (Girod, 2000; Girod e Maggi, 2005).
Alla Caverna delle Arene Candide, durante l’Atlantico medio, si hanno situazioni molto variabili, rese
più complesse dalla vicinanza alla costa, dalla presenza della duna eolica, dall’uso residenziale antropico
intenso forse anche per lunghi periodi. Le presenze molto oscillanti degli elementi fiticoli sono un indice
di precarietà ambientale che durante il Neolitico medio VBQ porta anche qui alla crisi di Chilostoma cin-
gulatum e al successo di Pomatias elegans. La notevole robustezza della conchiglia di P. elegans favorisce
inoltre una sua buona e duratura conservazione nel terreno che comporta, anche se non necessariamente,
una sopravalutazione della sua presenza. Recenti osservazioni in fondivalle dell’entroterra ligure dimostra-
no che a fronte di pochi individui di specie tipiche di bosco o comunque di ambienti ombreggiati e umidi
(Retinella olivetorum, Hygromia cinctella, Helicodonta obvoluta), si trovano fino ad una trentina di indi-
vidui vivi di Pomatias elegans (Girod, dati inediti). Ciò conferma quanto la specie, che a differenza dei
Polmonati terrestri è un Prosobranco dotato di opercolo, possa facilmente sottrarsi a episodi di stress e avere
vantaggi biologici in una pluralità di ambienti.
In tutte le cavità liguri studiate in precedenza esiste un comune denominatore costituito dagli ampi affiora-
menti di estese pareti rocciose calcaree, molto evidenti nel caso dell’Arma dell’Aquila (Fig. 1). Una situazione
edafica che avrebbe dovuto favorire le popolazioni della specie rupicola per eccellenza, Chilostoma cingula-
tum, che non si è verificata a causa dell’alterazione dei suoli e della diversa e diminuita copertura arborea nel
corso dell’Olocene. La crisi osservata nelle popolazioni insediate a bassa quota risente inoltre, nel caso della
Liguria, della maggior mediterraneità del territorio.
All’Arma dell’Aquila l’unica vera specie fiticola e antropofuga, Helicodonta obvoluta, è presente solo
nei tagli dal IV al I sotto il 5° focolare. Helicodonta obvoluta è elencata spesso tra le entità cavernicole liguri
viventi e fossili ma la sua diffusione nel corso dell’Olocene, resa possibile dall’espandersi delle latifoglie
termofile, non è omogenea, come dimostra la sua presenza con frequenze alterne nei depositi dell’Italia setten-
trionale, molto condizionata dai diversi usi del territorio (Girod e Maggi, 2005; Girod, 2013).

248 –
4.  OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SULLA MALACOFAUNA TERRESTRE

In Liguria i cambiamenti che intervengono in momenti diversi del Neolitico nell’utilizzo delle grotte
(frequentazione intensa, destinazione funeraria, frequentazione saltuaria) e nella gestione del territorio (di-
radamento del bosco, pastorizia, presenza della lecceta e di querceti a foglie caduche, successo delle piante
pirofile come Erica arborea), influenzano con modalità e in tempi diversi la malacofauna, dando origine a
condizioni che a lungo termine si rivelano dannose alle specie di bosco, alla rupicola Chilostoma cingulatum
e alle piccole specie petricole non strettamente mediterranee. Queste componenti richiedono degli ambienti in
vario modo ombreggiati e freschi. La trasformazione degli habitat verso una maggior aridità e la formazione di
ambienti ruderali favoriscono l’incremento di specie xerofile e delle popolazioni di Pomatias elegans che qui
come altrove in siti Neolitici dell’Italia settentrionale, si rivela specie opportunista. Nella malacofauna terrestre
dell’Arma dell’Aquila sono assenti le specie tipicamente igrofile e lucifughe che nelle cavità dimorano nelle
aree interne più umide, con debole illuminazione e accumulo di residui vegetali. Questo fatto potrebbe essere
collegato alla posizione dello scavo.

5.  LE SPECIE MARINE

Si tratta di 10 specie determinate di Gasteropodi e 5 di Bivalvi (Tab. 1). Questi dati comprendono gli
elementi elencati anni fa da F. Ghisotti (in litteris 28 giugno 1991), quelli già pubblicati (Girod, 2000) oltre
ai materiali esaminati nel 2009. Va segnalata l’impossibilità di una corretta attribuzione stratigrafica di alcu-
ni reperti per mancanza di dati all’interno dei sacchetti inviati per studio a Ghisotti; si tratta di una Patella
ulyssiponensis (pacco B, talus), quattro P. rustica, tre P. caerulea, una valva di Glycymeris glycymeris. Nel
frattempo sono avvenute alcune modifiche nella posizione sistematica di tre specie. Pectunculus violacescens
e Glycymeris insubrica sono caduti in sinonimia di Glycymeris nummaria. Patella lusitanica è caduta in si-
nonimia di Patella rustica. Oltre alle specie riportate in Tab. 1 vi è Charonia lampas (citato in passato come
Triton nodiferum) che proviene dallo scavo di G.A. Silla del 1935 (Silla, 1935: 86). Anche questo reperto è
privo di collocazione stratigrafica (Fig. 6). Presenta apice tagliato, con ogni probabilità una tromba (Richard,
1942: 52; Skeates, 1991; Del Lucchese e Olcese, 2015).

Fig. 6 – Arma dell’Aquila: Charonia lampas pro-


veniente dagli scavi di G.A. Silla con apice taglia-
to (frecce), probabilmente impiegata come tromba
(fotografie di E. Starnini).

– 249
Gli altri reperti, episodici e costituiti da individui spesso incompleti sono: Patella caerulea (Linnaeus,
1758), un frammento del labbro dentellato inferiore sinistro di Luria lurida (Linnaeus, 1758), le ultime due
spire con peristoma di Monoplex parthenopeus (von Salis, 1793), un Muricidae fortemente abraso attribuibile
in forma dubitativa a Hexaplex trunculus (Linnaeus, 1758), quattro frammenti anneriti appartenenti ad una
medesima valva di Glycymeris sp., un frammento della valva sinistra (superiore) di Spondylus gaederopus
(Linnaeus, 1758, Biagi e Starnini, 2018: Fig. 1).
Si è potuto tener conto solo in parte delle note riportate nei quaderni di scavo che riguardano diversi foco-
lari, in particolare il 5° e il 6°. I reperti sono andati perduti col tempo. Nel quaderno di scavo del 1938 vengono
riportate i seguenti:
18 Luglio. Alcune patelle base del talus
28 Luglio. 3 patelle dal 5° focolare
29 Luglio. Valve di Patella dal 6° focolare
4 Agosto. Valve di Patella dal 6° focolare
11 Agosto. 1 valva di Ostrea dal 5° focolare
30 Agosto. 1 Patella dal 7° focolare
Dal quaderno di scavo del 1942 si annota:
28 Settembre. Nel 5° focolare frammento di braccialetto di Spondylus gaederopus e 1 Patella
29 Settembre. 2 patelle dal III strato sotto il 5° focolare
1 Ottobre. 1 Columbella forata annerita dal fuoco dal IV strato sotto il 5° focolare
2 Ottobre. 1 Columbella forata annerita dal fuoco dal V strato sotto il 5° focolare
3 Ottobre. VI strato sotto il 5° focolare: Columbella forata annerita dal fuoco e grande cucchiaio in conchiglia.
13 Ottobre. 6° focolare, 1 Patella; I strato sotto il 6° focolare, 1 Patella.
Va notato che per Patella trattasi di conchiglie, erroneamente citate come valve.
Tutte le specie sono abituali sulle coste liguri che presentano tratti rocciosi e fondali di sabbia e limo. La
malacofauna marina è tuttavia esigua e molto banale; vi è apparentemente un interesse solo marginale per
questo materiale rovinato e raccolto spiaggiato, ad eccezione dei pochi elementi ornamentali. Si nota la man-
canza di Phorcus sp. (noto pure come Osilinus oppure Monodonta) così come non si verifica l’abbondanza di
conchiglie di Patella, elementi maggioritari ed abbondanti nella malacofauna marina durante il Neolitico della
Caverna delle Arene Candide. Per quanto riguarda questa cavità c’è da chiedersi il motivo della presenza di
una quarantina di specie tra gasteropodi e bivalvi che, ad eccezione dei generi Patella, Phorcus Glycymeris,
Spondylus e poche altre, avevano scarso o nullo interesse come fonte alimentare o materia prima (Ghisotti,
1997; Cade, 1999).
Alcune conchiglie come quelle di Glycymeris e Acanthocardia e quelle prive di apice di Columbella
rustica venivano usate nel periodo della Ceramica Impressa per decorare le superfici dei recipienti prima
della cottura (Nonza, 1997-1999). Quanto ad un uso edule all’Arma dell’Aquila, solo Patella sarebbe da
considerare, ma il numero talmente ridotto di individui fa escludere tale impiego, perlomeno nella cavità. Non
pensiamo che siano la quota e la posizione appartata dell’Arma dell’Aquila la causa di tali modeste presenze.
Rimarrebbero due alternative: l’esclusione di molluschi marini dalle diete, oppure un consumo alimentare
delle carni fresche direttamente sui luoghi di raccolta.
Le specie più interessanti rimangono Cerithium vulgatum, Columbella rustica (Fig. 7) e Spondylus gaede-
ropus. Riguardo a quest’ultimo si ha notizia, nel quaderno di scavo del 28 Settembre 1942, di un frammento di
bracciale proveniente dal 5° focolare, mentre il frammento di valva prima menzionato proviene dal 6° focolare
dello scavo Richard del 5 Settembre 1938. Questi reperti incrementano il quadro conoscitivo dei siti della
Liguria da cui provengono elementi di Spondylus (Borrello e Micheli, 2006). La conchiglia di C. vulgatum
proviene dal 6° focolare Neolitico; sono evidenti le tracce di annerimento tra i leggeri solchi spirali e sui noduli
assiali, provocate dall’esposizione al calore di focolari, un fenomeno noto anche su frammenti di gasteropodi
terrestri (Bonizzoni et al., 2009). L’usura della conchiglia sui bordi del foro dell’ultima spira in posizione
dorsale lascia intendere un uso ornamentale come pendente singolo o come elemento di parure. Il reperto ri-
sulta comunque molto abraso su tutta la superficie rispetto a delle conchiglie integre ed è stato probabilmente
raccolto spiaggiato e già consunto dall’azione delle onde sul litorale.
Di Columbella rustica, oltre ad un frammento, sono presenti sei individui privi di apice. Di questi, tre sono
forati dorsalmente nell’ultima spira (Fig. 7a-7c), mentre per un quarto (III strato sotto il 5° focolare) è impos-
sibile stabilire se la parte anteriore mancante sia in corrispondenza di un foro (Fig. 7d). I tre elementi con foro
hanno segni di abrasione intorno al medesimo e si pensa ad un loro uso come pendenti. Vi sono tracce di anne-
rimento sui due individui che provengono dai tagli I e VI sotto il 5° focolare. Per questi vale quanto scritto per

250 –
Cerithium vulgatum. Molto interessante infine è il rinvenimento di un cucchiaio ricavato da una conchiglia di
Charonia lampas proveniente dal VI strato sotto il 5° focolare, menzionato nel giornale di scavo del 3 Ottobre
del 1942, al pari di quello riportato da G.A. Silla (Silla, 1935: 87; Richard, 1942: 52).

Fig. 7 – Arma dell’Aquila: conchiglie marine impiegate come elementi di parure: 1) Cerithium vulgatum; 2) Columbella rustica: a) I
strato sotto il 5° focolare; b) II strato sotto il 5° focolare; c) VI strato sotto il 5° focolare; d) 6° focolare (fotografia di A. Girod).

BIBLIOGRAFIA

Alessio, M., Bella, F., Cortesi, C. e Graziadei, B. 1968 – University of Rome Carbon-14 dates VI. Radiocarbon, 10 (2):
350–364.

Biagi, P. e Starnini, E. 2016 – La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): Distribuzione,
cronologia e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat
Martí Oliver. Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119:
35–49.

Biagi, P. e Starnini, E. 2018 – L’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) nel quadro delle conoscenze dell’alto Tirreno tra Paleolitico
superiore e medio Olocene: un bilancio a 70 anni dagli scavi. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila
(Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione
Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 287–294. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Boato, A., Bodon, M. e Giusti, F. 1982 – Molluschi terrestri e d’acqua dolce delle Alpi Liguri. Lavori della Società italiana di
Biogeografia, Nuova Serie 9: 237–371.

Bonizzoni, L., Bruni, S., Girod, A. e Guglielmi, V. 2009 – Archaeometric study of shells of Helicidae from the Edera Cave
(Northeastern Italy). Archaeometry, 51: 151–173.

Borrello, M.A. e Micheli, R. 2006 – Ritrovamenti di ornamenti in Spondylus gaederopus nei siti italiani del Neolitico e dell’età del
Rame. Atti della XXXIX Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, II Latini, Firenze: 873–887.

– 251
Cade, C. 1999 – La malacofaune marine. In: Tiné, S. (ed.) Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977). Istituto
Internazionale Studi Liguri, Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, X: 51–65.

Caziot, E. e Maury, E. 1909 – Tableau récapitulatif et raisonné des Mollusques terrestres du Pleistocène de la Ligurie occidentale et
du département des Alpes Maritimes. Journal de Conchyliologie, 57: 317–341.

Clerici, E. e Squinabol, S. 1888 – La duna quaternaria al Capo delle Mele in Liguria. Bollettino della Società Geologica Italiana, 7
(3): 319–323.

Conci, C. 1952 – Le Arene Candide N.34 LI; morfologia e fauna. «Res Ligusticae 58», Doriana. Supplemento Annali del Museo Civico
di Storia Naturale «G. Doria», 1: 1–12.

Conci, C. e Franceschi, Y. 1953 – Le Grotte di Pignone e la loro fauna (La Spezia). Rassegna Speleologica Italiana, 5 (2): 43–49.

Cossignani, T. e Cossignani, V. 1995 – Atlante delle conchiglie terrestri e dulciacquicole italiane. L’Informatore Piceno, Ancona.

Cotti, G. 1957 – Guida alla ricerca della flora e fauna delle caverne. Rassegna Speleologica Italiana, Guide didattiche, 1: 5–54.

Del Lucchese, A. e Olcese, M. 2015 – La buccina di Tritone. Le trombe di conchiglia tra indagine archeologica ed etnografia. In:
Girod, A. (a cura di) Appunti di Archeomalacologia. Futuro Anteriore, 3: 159–166. All’Insegna del Giglio, Firenze.

Forni, G. e Sacchi, C.F. 2004 – Ricerche sulle variazioni di Cepaea nemoralis (L.) (Gastropoda Pulmonata) nell’Italia settentrionale.
Studi Trentini di Scienze Naturali, Acta Biologica, 80: 261–266.

Franciscolo, M.E. 1955 – Fauna cavernicola del Savonese. Annali del Museo Civico di Storia Naturale “G. Doria”, 57: 1–223.

Ghisotti, F. 1997 – Shells of sea molluscs in the Cave of Arene Candide. In Maggi, R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene
Candide. A functional and environmental assessment of the Holocene sequence (Excavation Bernabò Brea-Cardini 1940-50).
Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 137–142. Il Calamo, Roma.

Girod, A. 1987 – L’Arma dello Stefanin in Val Pennavaira (Aquila d’Arroscia-Imperia). La malacofauna dei livelli epigravettiani e
neolitici. Natura Bresciana, 24: 189–202.

Girod, A. 1988 – La malacofauna olocenica dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). Natura Bresciana, 25: 311–318.

Girod, A. 1996 – L’uso dei Molluschi continentali come indicatori paleoambientali: problemi collegati all’ambiente «grotta». Atti della
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, 10: 213–219.

Girod, A. 1997 – Arene Candide: Holocene Land-snails. In Maggi, R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide. A fun-
ctional and environmental assessment of the Holocene sequence. (Excavation Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’I-
stituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 125–135. Il Calamo, Roma.

Girod, A. 2000 – Arma di Nasino (Albenga, SV), scavi Anfossi 1961-1974. La malacofauna terrestre, dall’Epigravettiano al Bronzo
Finale. Rivista di Studi Liguri, 56: 67–87.

Girod, A. 2003 – Arene Candide: scavi 2002. Le malacofaune. Relazione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria,
5 giugno 2003 (inedita).

Girod, A. 2011 – Struttura ed evoluzione delle malacofaune terrestri in Italia settentrionale dal Tardoglaciale all’Olocene Iniziale.
Preistoria Alpina, 45: 159–171.

Girod, A. 2013 – La malacofauna del sito VBQ di Riva del Garda (Trento) e considerazioni su altre malacofaune del V millennio a. C.
dell’Italia settentrionale. Preistoria Alpina, 47: 285–297.

Girod, A. e Maggi, R. 2005 – Le malacofaune terrestri oloceniche come indicatori del paleoambiente e dell’uso delle grotte in Liguria.
In Malerba, G. e Visentini, P. (eds.) Atti del IV Convegno Nazionale di Archeozoologia, Pordenone, 13-15 novembre 2003.
Quaderni del Museo Archeologico del Friuli Occidentale, 6: 139–148.

Girod, A. e Mariani, M. 1981 – Il problema di Helicigona cingulata gobanzi (Frauenfeld). 3° - Biometrie delle popolazioni e iden-
tificazione dei caratteri “nanismo” e “conchiglia appiattita”. Nota preliminare. Atti del Quinto Convegno della Società Italiana di
Malacologia, Salice Terme, 9-11 maggio 1981. Aurora Edizioni, Pavia: 35–48.

252 –
Giusti, F. e Castagnolo, L., 1982 – I molluschi terrestri delle dune italiane: brevi cenni di ecologia, elenco delle specie e chiavi per il
loro riconoscimento. Quaderni sulla Struttura delle zoocenosi terrestri, 3. Ambienti mediterranei. 1° Le coste. «Promozione della
qualità dell’ambiente». CNR AQ/1/174: 51–102.

Gosteli, M. 2005 – Environmental influence on shell characters in alpine Arianta arbustorum (Gastropoda: Helicidae). Contributions
to Natural History, Naturhistorisches Museum Bern, 6: 1–13.

Issel, A. 1867 – Delle conchiglie raccolte nelle brecce e nelle caverne ossifere della Liguria occidentale. Atti dell’Accademia Reale
delle Scienze di Torino, Serie II, 24: 306–316.

Issel, A. 1878 – Nuove ricerche sulle caverne ossifere della Liguria. Atti della Regia Accademia dei Lincei, Serie III, 2: 51–116.

Issel, A. 1894 – Cenni di nuove raccolte nelle caverne ossifere della Liguria. Atti della Società Ligustica di Scienze Naturali
Geografiche, 5: 329–359.

Kerney, M.P., Cameron, R.A.D. e Bertrand, A. 1999 – Guide des escargots et limaces d’Europe. Delachaux et Niestlé S.A., Lausanne.

Morelli, N. 1891a – Resti organici rinvenuti nella caverna delle Arene Candide. Atti della Società Ligustica di Scienze Naturali
Geografiche, 2: 171–205.

Morelli, N. 1891b – Di una stazione litica a Pietraligure. Atti della Società Ligustica di Scienze Naturali Geografiche, 2: 362–384.

Nisbet, R. 2018 – Analisi antracologiche all’Arma dell’Aquila. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila
(Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione
Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 255–260. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Nonza, A., 1997-1999 – Les techniques décoratives de la céramique du Néolithique ancien du site de Cala Giovanna Piano et de l’ilot
de La Scola (Pianosa): traveaux experimentaux. In Tozzi, C. e Weiss, M.C. (eds.) Il primo popolamento olocenico dell’area
corso-toscana. Cultura Uomo Società. ETS, Pisa: 167–176.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Sacchi, C.F. 1955 – Fattori ecologici e fenomeni microevolutivi nei Molluschi della montagna mediterranea. Bollettino di Zoologia,
22: 563–652, 3 Tavv.

Silla, G.A. 1935 – Finale Ligure: La nuova stazione preistorica dell’«Arma dell’Aquila». Bollettino della Reale Deputazione di Storia
Patria, Sezione Ingauna e Intemelia, II (1), XIV: 81–92.

Skeates, R. 1991 – Triton’s Trumpet: A Neolithic Symbol in Italy. Oxford Journal of Archaeology, 10 (1): 17–31.

Starnini, E. e Biagi, P. 2018 – I reperti ceramici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura
di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la
Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 49–94. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Toffoletto, F. 1962 – Catalogo dei molluschi rinvenuti nella cavità lombarde. Atti della Società di Scienze Naturali e del Museo
Civico di Storia Naturale di Milano, 51: 117–146.

Indirizzo dell’Autore:

ALBERTO GIROD, Laboratorio di Malacologia Applicata, Via Ponte Tresa 7, CH-6924 SORENGO
E-mail: fraberto.girod@gmail.com

– 253
254 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 255–260

RENATO NISBET

INDAGINI ANTRACOLOGICHE ALL’ARMA DELL’AQUILA


(FINALE LIGURE, SAVONA)

RIASSUNTO – L’analisi dei carboni provenienti da una serie di “focolari” dell’Arma dell’Aquila ha dimostrato la presenza di due
fasi vegetazionali nettamente distinte. I due livelli paleolitici (Aurignaziano e Epigravettiano iniziale) sono caratterizzati da conifere
e Ginepro, a testimonianza di due fasi molto fredde dell’ultimo glaciale. I livelli neolitici (antico e medio) mostrano una situazione di
foresta a latifoglie, dominata dalle querce e da altre piante termofile con un incremento di Erica nella fase finale dell’occupazione, forse
da collegare all’apertura del bosco col fuoco.

ABSTRACT – Charcoal analysis from a series of “fireplaces” at Arma dell’Aquila has shown the presence of two different floral
associations. The two Palaeolithic levels (Aurignacian and early Epigravettian) are dominated by conifers and juniper, pointing to two
cold phases of the last glacial period. The early and middle Neolithic layers show the spread of the broad leaved forest, particularly
oaks and thermophilous trees with an increase of Erica arborea at the end of the series, possibly to be connected to the opening of the
woodland by fire.

Parole chiave – Carboni, Focolari, Paleolitico superiore, Neolitico antico e medio, Foreste
Keywords – Charcoals, Fireplaces, Late Palaeolithic, Early and Middle Neolithic, Woodland

1. INTRODUZIONE

Oggetto di questa relazione sono i carboni che provengono dagli scavi eseguiti all’Arma dell’Aquila da C.
Richard (1938 e 1942: Richard, 1942). Essi furono raccolti a vista nei diversi livelli, e conservati in contenitori di
fortuna riportanti le indicazioni stratigrafiche principali (numero del “focolare”, relazione del campione rispetto al
“focolare” sovra- o sottostante ecc.). Normalmente i campioni contenevano un ridotto numero di frustoli (raramente
poche decine, generalmente poche unità), comunque in un buon stato di conservazione.
Un’analisi dei materiali fu eseguita sulla quasi totalità dei reperti in occasione di una precedente pubbli-
cazione (Arobba et al., 1987). Per il presente studio si è potuto completare l’analisi di alcuni pochi altri cam-
pioni, portando così il totale del materiale studiato a 253 resti.
Riprendere in esame materiali che si riferiscono all’archeologia ambientale e scavati molti decenni fa, ha
naturalmente un limite intrinseco, quello di doversi interamente basare sulla precisione e correttezza dell’infor-
mazione stratigrafica contenuta in appunti, diari di scavo a più mani e schizzi talvolta schematici, oltre a quello
della metodologia della campionatura, il cui protocollo era interamente soggettivo e spesso legato a fatti con-
tingenti. Nonostante ciò, la competenza e l’elevato livello scientifico degli archeologi del tempo ha permesso
di ottenere dati significativi dallo studio dei reperti, come dimostrano i numerosi lavori analitici contenuti nella
pubblicazione degli scavi di Bernabò Brea alle Arene Candide (Maggi et al., 1997).
Nell’Arma dell’Aquila i carboni di legna erano soprattutto concentrati in “focolari”, numerati da Richard
in ordine crescente verso il basso; altri carboni furono raccolti nei livelli compresi tra un “focolare” e l’altro, in
tagli convenzionali (dall’autore chiamati strati) di 20-25 cm (Bon e Stefani, 2018). L’intera campionatura co-
pre i focolari neolitici antichi e medi (da 3° a 7°; nei campioni non sono rappresentati i focolari superiori, 2° e
1°, riferibili probabilmente all’età del Bronzo), e quelli del Paleolitico superiore, 1° (Epigravettiano iniziale) e
2°, 3° e 5° (Aurignaziano). I focolari neolitici da 5° a 7° presentano un certo grado di commistione nei materiali
ceramici e litici tra la Cultura della Ceramica Impressa e dei Vasi a Bocca Quadrata, per cui i dati antracologici
vanno interpretati anche alla luce di probabili contaminazioni.

– 255
2.  LA SEQUENZA PALEOLITICA

La vegetazione arborea dei livelli del Paleolitico superiore è rappresentata da 4 taxa (in totale 55 frustoli,
20 epigravettiani, 35 aurignaziani) ed appare omogenea in tutta la sequenza (Fig. 1). Il genere Pinus, che pre-
senta tracheidi orizzontali con dentature appartiene al sottogenere Diploxylon, ed è determinato come Pinus
sylvestris. Il taxon Picea/Larix non ha potuto essere risolto e viene mantenuto come tale. La presenza di car-
boni di questo taxon nel deposito pleistocenico è in qualche misura sorprendente, data la rarità in ambito ligu-
re-provenzale delle segnalazioni di età würmiana di entrambi i generi, anche nella documentazione pollinica.
D’altra parte, cenni alla presenza tardiglaciale di polline di Picea abies anche nella pianura padana sono fatti
nel diagramma di Biarzo (Udine) (Cattani, 1985), al lago d’Iseo (Bertoldi e Consolini, 1989) e nell’alta
pianura piemontese a Viverone (Schneider, 1978) o ancora precedenti (datati intorno al 30000-35000 BP) a
Legnago (Verona) (Accorsi et al., 1991). Più a sud “questa specie, durante la glaciazione würmiana, si è dif-
fusa abbondantemente nell’Appennino centrale giungendo fino a quello meridionale” (Braggio Morucchio
e Guido, 1975: 62). Al contrario, le determinazioni di Larix/Picea fatte su carboni di età würmiana in Italia
settentrionale (Castelletti e Maspero, 1992), in ambito prealpino o anche decisamente padano, sono ge-
neralmente assegnate al genere Larix. I due siti campani presentati in tabella dai due autori non contengono
carboni di Larix/Picea.
I carboni del riparo dell’Aquila mostrano, in entrambe le fasi di occupazioni, la presenza di un ambiente
aperto, probabilmente di tipo steppico, appartenente alle ultime fasi fredde del Würm. Tale ambiente sembra
coerente con quanto rilevato dalle ricerche polliniche nel deposito aurignaziano del Riparo Mochi ai Balzi
Rossi (Renault-Miskovsky, 1972) e in quello riferibile allo stadio isotopico 3 descritto nella Grotta di Santa
Lucia superiore (Toirano, Savona), a pochi chilometri di distanza dall’Arma dell’Aquila (Karatsori, 2003).

Fig. 1 – Arma dell’Aquila: diagramma antracologico relativo al Paleolitico. Il taxon Pinus si riferisce con ogni probabilità a Pinus
sylvestris.

3.  LA SEQUENZA NEOLITICA

Tutta la serie antracologica olocenica si sviluppa lungo il Neolitico antico e Neolitico medio, tra i “foco-
lari” 4° e 7° (e alcuni tagli intermedi) su un arco di oltre dieci secoli con datazioni radiometriche che coprono
buona parte del VII millennio BP per quanto riguarda il Neolitico più antico (Biagi e Starnini, 2016: Tab. 1).
In totale si sono riconosciuti 14 taxa (Fig. 2).

256 –
Nei livelli più profondi, con probabili
parziali rimaneggiamenti di materiali VBQ
e Ceramica Impressa (5°, 6°, 7° e tagli in-
termedi) ai taxa precedenti si aggiungono
numerose nuove essenze del bosco “clima-
cico” mediterraneo. Nei due orizzonti di
base, attribuibili alla Cultura della Ceramica
Impressa (6° e 7°) sono anche presenti sia
taxa di ambiente umido (salici/pioppi), pro-
babilmente raccolti lungo il non lontano
torrente, sia di foresta come il corbezzolo,
l’acero e il viburno (quest’ultimo partecipa
frequentemente alle associazioni termofile
dei querceti a roverella) sia, infine, di mar-
gini forestali come il nocciolo.
Questo tipo di associazione antraco-
logica si riscontra lungo tutta la serie in-
termedia (focolare 5°- I taglio sotto il 5°
focolare), con la possibile presenza dell’e-
dera, una liana che trova facilmente posto
nel Quercetum ilicis del suborizzonte eu-
mediterraneo, assieme all’acero trilobo e al
corbezzolo. All’interno di questo ambiente
forestale, o ai suoi margini su zone a suolo
più povero e sottile, erano presenti cespugli
di ginepro, i cui carboni sono presenti sal-
tuariamente ma in quantità non trascurabili.
Nei focolari superiori (5°-3°), di cui
il 4° è attribuibile alla Cultura dei Vasi a
Bocca Quadrata (VBQ), l’ambiente foresta-
le del querceto continua ad essere il meglio
rappresentato. Esso si arricchisce ora anche
di nuovi taxa, grazie all’identificazione di
un vinacciolo carbonizzato di vitis vinife-
ra contenuto nell’impasto di un bicchiere
a bocca quadrata (Arobba e Caramiello,
2018), datato a 5515±45 BP (GrA-43066);
mentre il 3° è certamente dell’età del
Bronzo o del Rame in base ai dati forniti,
ha restituito corniolo/sanguinello (Cornus
mas/sanguinea), pruno e orniello. Tuttavia
Fig. 2 – Arma dell’Aquila: diagramma antracologico relativo al Neolitico. la persistenza del ginepro e la curva dell’e-
È indicato in percentuale il numero di frustoli di carbone per ogni taxon per rica arborea, che diventa continua in questi
strato e (taglio). Quercus indica una quercia a foglie decidue, Quercus ilex/ livelli, induce a ritenere che si sia in presen-
cocc. indica una quercia sempreverde. za di qualche forma di disturbo nella vege-
tazione primitiva.
Purtroppo non è possibile stabilire l’incidenza reale dell’erica nel contesto vegetale rappresentato in que-
sta parte superiore della serie stratigrafica, anche se si può escludere, dato l’apparente prevalere dell’ambiente
del querceto, che si siano già impostate ovunque ampie condizioni favorevoli alla formazione di una vera
macchia ad erica, con progressivo impoverimento e acidificazione del suolo. È tuttavia possibile che ciò si
sia verificato almeno localmente; l’erica arborea, assieme ad altre specie assenti nel contesto antracologico
dell’Aquila, è positivamente favorita dagli incendi, o per la ridotta competizione o a causa dell’aumentata
germogliabilità dovuta al rapido passaggio del fuoco sul suolo.
La parte superiore della serie, che si riferisce all’occupazione VBQ rappresenta un ambiente dominato dal
querceto, con la presenza contemporanea di una specie di quercia a foglie caduche (come in tutta la serie, questa

– 257
è numericamente prevalente) e della quercia sem-
preverde. I due tipi di querce sono rappresentati in
quasi tutta la sequenza stratigrafica, con l’eccezione
di alcuni livelli inferiori, in particolare in 7° e I ta-
glio sotto il 6° focolare, nei quali l’assenza è quasi
certamente da imputare alla minima quantità di ma-
teriale carbonizzato presente (Tab. 1).
Un secondo aspetto interessante che emerge
dai dati antracologici, che si riferiscono a 7 taxa,
è l’assenza di molte piante legnose caratteristiche
dell’ambiente di macchia mediterranea, quali il
lentisco e il terebinto, le filliree e pini, presenti
invece nei diagrammi antracologici coevi dei siti
costieri.
Il quadro che sembra emergere dai dati sue-
sposti sembra dunque documentare la continua
presenza di una principale struttura forestale, la
lecceta (o sughereta) termoxerofila con roverel-
la, che tuttavia si alterna o si associa all’ornieto
termofilo. Di questo, in effetti, compaiono quasi
tutti gli elementi rappresentativi con l’eccezio-
ne del carpino nero (Fraxinus ornus, Quercus
pubescens, Cornus sanguinea, Arbutus unedo,
Juniperus communis, Corylus avellana, tutti pre-
senti nel diagramma antracologico). Questa asso-
ciazione, caratteristica di suoli profondi e freschi,
ha probabilmente subito, nel corso del Neolitico,
delle mutilazioni a favore di aree più aperte,
come mostra la presenza continua dell’Erica ar-
borea nella parte superiore del diagramma, ed in
accordo con quanto rilevato dalle analisi malaco-
logiche (Girod, 2018). Anche il ginepro, la cui
presenza si segnala sia pure in modo intermitten-
te lungo tutta la sequenza, sembra indicare spa-
zi aperti, oppure essa è da collegare alle nicchie
xerotermo file delle falesie entro cui le cavità si
sono formate.

4.  CONCLUSIONI

All’Arma dell’Aquila sono documentate due


fasi fredde dell’ultimo glaciale, che potrebbero
riferirsi agli stadi isotopici 3 (“focolari” 2°, 3°
e 5°, di probabile età aurignaziana: il 2° è certa-
mente Aurignaziano, datato a 39900+5100/-3100
BP [GrN-17486]) e 2 (il “focolare” 1° all’inizio
dell’Epigravettiano, radiodatato a 20430+480/-
450 BP [GrN-17485]). In ambiente mediterraneo
la prima di queste fasi potrebbe trovare confronti
con la serie pollinica della grotta di Santa Lucia
Superiore, ove la vegetazione è di tipo general-
mente steppico (Poaceae, Asteraceae, Artemisia)
Tab. 1 – Arma dell’Aquila: diagramma antracologico dei carboni (Kaniewski, 2008), mentre all’Aquila sono pre-
identificati nella sequenza stratigrafica senti le conifere.

258 –
La fase successiva, dell’inizio dell’Epigravettiano, trova un possibile riscontro al riparo Mochi, il cui
diagramma pollinico presenta, nella parte superiore (forse coeva con l’Aquila), una brusca diminuzione della
componente arborea a favore di quella erbacea (Cichorioideae, Anthemideae, Artemisia, Centaurea). Altri siti
costieri francesi mostrano con evidenza l’espansione di una steppa a graminacee con scarsa vegetazione arbo-
rea durante lo stesso periodo. Le analisi polliniche condotte su un campione del primo “focolare” paleolitico
di C. Richard (Arobba et al., 1987; Arobba, 1990), pur mostrando una presenza non trascurabile di piante
meso- o termofile, confermano senz’altro l’assoluta prevalenza del pino.
Il Neolitico antico del riparo, tenendo presente la possibilità di contaminazioni con materiali VBQ, pare
rappresentare almeno due ambienti, il principale dei quali comunque dominato dalle querce (sia a foglie ca-
duche, sia sempreverde). Si registra la scomparsa delle conifere, fatto questo già osservato in val Pennavaira
all’Arma dello Stefanin (Vernet, 1974; Nisbet, 1987; Biagi et al., 1989). Alle Arene Candide (Nisbet, 1997)
i due tipi di querce sono presenti anch’esse nei livelli più profondi della serie analizzata, attribuiti al Neolitico
antico; ma in questo sito la posizione più costiera ha favorito la presenza di arbusti nettamente termofili, come
Pistacia e Phillyrea, assenti all’Aquila.
Nel Neolitico medio l’ambiente vegetale non è sostanzialmente dissimile da quello di altri siti coevi del
Finalese, come le già citate Arene Candide e il Riparo di Pian del Ciliegio (Arobba e Caramiello, 2009).

BIBLIOGRAFIA

Accorsi, C.A., Bandini, M., Forlani, L., Marchesini, M. e Sorbini, L. 1991 – Stratigrafia e palinologia della sequenza pleistoceni-
co-olocenica di Legnago (Verona - Nord Italia). Giornale Botanico Italiano, 125 (3): 285–286.

Arobba, D. 1990 – Osservazioni palinologiche sui sedimenti dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). Natura Bresciana, 25:
305–309.

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. e Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila (Finale Ligure -
Savona). Atti della XXVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 541–551.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2009 – Indagini archeobotaniche sul deposito neolitico del Riparo di Pian del Ciliegio. In: Del Lucchese,
A. (a cura di) Il Riparo di Pian del Ciliegio. Un sito neolitico sull’altopiano delle Mànie. Quaderni del Museo Archeologico del
Finale, 5: 117–130.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2018 – I resti archeobotanici di Vitis vinifera dell'Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) nel quadro
delle conoscenze della Liguria. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona):
Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia,
Quaderno 15: 261–270. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Bertoldi, R. e Consolini, M. 1989 – Deglaciazione e sviluppo vegetazionale Tardi-Postglaciale nella regione del Lago d’Iseo attra-
verso analisi polliniche e datazione 14C. Memorie della Società Geologica Italiana, 42: 139–145.

Biagi, P., Maggi, R. e Nisbet, R. 1989 – Liguria: 11,000-7000 BP. In: Bonsall, C. (ed.) The Mesolithic in Europe. Papers presented
at the third International Symposium. John Donald, London: 533–540.

Biagi, P. e Starnini, E. 2016 – La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): Distribuzione, cro-
nologia e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Martí
Oliver. Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Valencia, Serie de Trabajos Varios, 119: 35–49.

Bon, M. e Stefani, M. 2018 – I resti faunistici di mammiferi dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Scavi di Camillo Richard
(1938 e 1942). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i
Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
189-242. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Braggio Morucchio, G. e Guido, M.A. 1975 – Analisi palinologica dei depositi lacustri postglaciali del Lago delle Agoraie di
Mezzo. Archivio Botanico e Biogeografico Italiano, 51, quinta Serie, XX (I-II): 48–73.

Castelletti, L. e Maspero, A. 1992 – Antracologia degli insediamenti paleolitici nella Penisola Italiana. Nuovi dati per la ricostruzio-
ne del paleo ambiente durante il Würm. Bulletin de la Société Botanique Française, 139, Actualités botaniques (2/3/4): 297–309.

– 259
Cattani, L. 1985 – Ricerche palinologiche nell’insediamento preistorico del Riparo di Biarzo (S. Pietro al Natisone, Udine). Gortania
- Atti del Museo Friulano di Storia Naturale, 7: 137–146.

Girod, A. 2018 – I molluschi terrestri e marini dei livelli neolitici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In Biagi, P. e
Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del
Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 243–254. Print and Graph,
Ronchi dei Legionari (GO).

Kaniewski, D. 2008 – La Grotte de Santa Lucia Superiore (Toirano, Ligurie Italienne): èvolution du paysage pendant le Pléistocene
Superiéur ancien. In: Arobba, D., Maggi, R. e Vicino, G. (a cura di) Toirano e la Grotta della Bàsura. Conoscere, conservare e
gestire il patrimonio archeologico e paleontologico. Atti del Convegno Toirano, 26-28 Ottobre 2000. Collezione di Monografie
Preistoriche ed Archeologiche XIV: 155–158. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Karatsori, E. 2003 – Environnement végétal de l’Homme Fossile et Climats en Ligurie pendant le Dernier Cycle Climatique et le
Postglaciaire. BAR International Series, 1159. Archaeopress, Oxford.

Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (eds.) 1997 – Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene
sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5.
Il Calamo, Roma.

Nisbet, R. 1987 – I resti antracologici. Archeologia in Liguria III.1. Scavi e scoperte 1982-86: 163–164. Soprintendenza Archeologica
della Liguria, Genova.

Nisbet, R. 1997 – Arene Candide: charcoal remains and prehistoric woodland use. In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (eds.)
Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-
50). Memorie dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 103–112. Il Calamo, Roma.

Renault-Miskovsky, J. 1972 – Contribution à la paléoclimatologie du Midi méditerranéen pendant la dernière glaciation et le post-gla-
ciaire, d’après l’étude palynologique du remplissage des grotte set abris sous roche. Bulletin du Musée d’anthropologie préhis-
torique de Monaco, 18: 145–210.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Schneider, R.E. 1978 – Pollenanalytische Untersuchungen zur Kenntnis der spät- und postglazialen Vegetationsgeschichte am Südrand
der Alpen zwischen Turin und Varese (Italien). Botanische Jahrbücher, Systematik, 100 (1): 26–109.

Vernet, J.-L. 1974 – Précisions sur l’évolution de la végétation depuis le Tardiglaciaire dans la région méditerranéenne, d’après les
charbons de bois de l’Arma du Nasino (Savone-Italie). Bulletin de l’Association Française pour l’Etude du Quaternaire, 39 (2):
65–72.

Indirizzo dell’Autore: 

RENATO NISBET, Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea, Università Ca’ Foscari, Ca’ Cappello, San Polo 2035,
I-30125 VENEZIA

260 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 261–270

DANIELE AROBBA e ROSANNA CARAMIELLO

I RESTI ARCHEOBOTANICI DI VITIS VINIFERA


DELL’ARMA DELL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA)
NEL QUADRO DELLE CONOSCENZE DELLA LIGURIA

RIASSUNTO – Nel presente lavoro sono stati analizzati reperti provenienti dall’Arma dell’Aquila (Finale Ligure) nell’ambito di una
revisione dei materiali scavati in anni passati e conservati prevalentemente in collezioni museali. Lo studio dettagliato di un seme in
frammento ceramico ha permesso di correggere una precedente determinazione attribuendolo a Vitis vinifera ssp. sylvestris, radiodatato
a 5515±45 BP (GrA-43066). Viene inoltre riportato l’elenco dei ritrovamenti neolitici di macro- e microresti di Vitis ad oggi disponibili
per il territorio ligure con le relative datazioni. Dei macroresti sono stati calcolati i principali valori biometrici caratterizzanti. I dati
disponibili permettono di suggerire ipotesi sulle tappe della domesticazione e della coltivazione della specie in Liguria tra VII e VI
secolo BC.

ABSTRACT – This paper considers the archaeobotanical remains from Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona) and other Ligurian
caves, at present stored in museum collections. The detailed study of a seed remain from a Middle Neolithic vessel has allowed the
authors to attribute it to Vitis vinifera ssp. sylvestris, AMS-dated to 5515±45 BP (GrA-43066). The paper presents a list of the macro-
and micro-remains of Vitis vinifera so far recovered from Ligurian sites, and their absolute dates. The characterizing biometric data
have been calculated. The available data suggest some hypotheses regarding the different stages of domestication and cultivation of the
species in Liguria between the VII and VI centuries BC.

Parole chiave – Liguria, Archeobotanica, Macro- e microresti di Vitis vinifera, Domesticazione, Datazioni AMS
Keywords – Liguria, archaeobotany, Vitis vinifera, Macro- and microremains, Domestication, AMS radiocarbon dates

1. INTRODUZIONE

Il presente studio prende in esame i reperti di macro- e microresti di Vitis vinifera rinvenuti lungo la costa
ligure, sia in contesti archeologici, sia nel corso di sondaggi in aree non insediate, per definire lo stato delle
conoscenze sulla presenza e diffusione di questa pianta sul territorio durante il Neolitico.
Nell’area centro-asiatica e mediterranea sono oggi presenti due principali sottospecie di Vitis vini-
fera: l’entità selvatica Vitis vinifera L. ssp. sylvestris e quella domestica Vitis vinifera L. ssp. vinifera.
Il patrimonio genetico di quest’ultima è stato modificato nel tempo per intervento colturale a partire
dal VII millennio BP presso società agricole stanziate tra l’Europa meridionale e il Vicino Oriente che,
già in grado di coltivare cereali e legumi, appresero le conoscenze necessarie alla propagazione per
via vegetativa di piante arboreo-arbustive d'interesse alimentare (McGovern et al., 1996; Zohary
et al., 2012). Tali interventi colturali e di selezione sono stati punto di partenza per la realizzazione
dell’elevato numero di cultivar di vite successivamente domesticate e introdotte anche nei territori del
Mediterraneo nord-occidentale nel I millennio BC.
L’importanza della vite selvatica, pianta spontanea sul territorio ligure già dal Plio-Pleistocene con atte-
stazioni palinologiche registrate durante fasi climatiche temperate (Zheng, 1990), risulta chiara anche lungo
le coste del sud della Francia, dove sono stati ritrovati in livelli paleolitici e mesolitici i più antichi vinaccioli,
conservati grazie a processi di mineralizzazione o carbonizzazione, che testimoniano una raccolta di frutta sel-
vatica da tempi remoti come apporto significativo della dieta umana (Marinval, 1988; Renault-Miskovsky
et al., 2011).
A questi primi rinvenimenti fanno seguito nel Neolitico attestazioni più frequenti, che si intensificano
lungo tutto l’arco ligure fino alle coste iberiche, sia per un accresciuto interesse alimentare verso il frutto, sia

– 261
grazie ad una raccolta di dati progressivamente più sistematica e mirata (Buxó i Capdevila, 1997; Marinval,
1997; Antolín e Buxó, 2011).
Nel periodo Atlantico, in cui si è sviluppata in questo settore geografico la cultura neolitica, le condizioni
climatiche, caratterizzate dal massimo termico olocenico e da elevata umidità, determinarono la formazione
di boschi planiziali e di aree marginali paludose: la vite selvatica era quindi favorita insieme alla generale
diffusione del Querceto caducifoglio su aree di fondovalle e ai margini di zone acquitrinose e del bosco misto
collinare. Tali modificazioni floristico-vegetazionali sono, infatti, registrate nei diagrammi palinologici ed an-
tracologici a partire dalla prima neolitizzazione del territorio ligure (Vernet, 1974; Nisbet, 1997; Castelletti
e Castiglioni, 1999; Thiébaul, 2001; Arobba e Vicino, 2003; Bellini et al., 2009; Arobba e Caramiello,
2014b; Branch et al., 2014).
L’aumento progressivo delle testimonianze di presenza della vite selvatica nei siti neolitici dell’Italia cen-
tro-settentrionale non permette tuttavia di accertare l’acquisizione di una vera viticoltura, sebbene alcuni autori
non escludano la possibilità dell’impiego del frutto per ricavare, già in questo periodo, bevande fermentate
(Maggi, 1997; Fugazzola Delpino, 1998).
L’indagine archeobotanica ad oggi non chiarisce in modo esauriente quando e come in Liguria Vitis vi-
nifera ssp. sylvestris sia stata pressoché soppiantata da Vitis vinifera ssp. vinifera, rimanendo solo più come
specie spontanea sporadica del sottobosco mesofilo. Ciò è dovuto alle caratteristiche sia del granulo pollinico,
sovrapponibili nelle due sottospecie, sia alla presenza di vinaccioli con caratteristiche morfologiche e morfo-
metriche tali da individuare un continuum tra le due entità. È quindi necessario ampliare le indagini per creare
una banca dati utile per valutazioni statistiche idonee alla soluzione del quesito.

2.  MATERIALI E METODI

Nel territorio ligure sono stati censiti tredici siti che hanno fornito testimonianze di Vitis vinifera nel corso
dell’età neolitica: sei da aree archeologiche e sette da zone non insediate.
La cartina della Fig. 1 mette in evidenza la loro localizzazione, mentre la Tab. 1 fornisce informazioni
su datazioni e tipologia dei resti paleobotanici, individuati prevalentemente nel settore centrale della regione.

Fig. 1 – Localizzazione geografica dei siti liguri che hanno restituito reperti archeobotanici di Vitis vinifera di età neolitica (asterisco:
siti archeologici, quadrato: aree non insediate). 1) San Sebastiano di Perti (Finale Ligure), 2) Riparo di Pian del Ciliegio (Finale Ligure),
3) Caverna delle Arene Candide (Finale Ligure), 4) Arma dell’Aquila (Finale Ligure), 5) Grotta marina di Bergeggi, 6) Riparo di Rocca
Due Teste - Alpicella (Varazze), 7) Albenga - area costiera, 8) Albisola - area costiera, 9) Genova - Piazza della Vittoria, 10) Pian del
Lago - Bargone (Casarza Ligure), 11) Casanova - Alpepiana (Rezzoaglio), 12) Rapallo, 13) Sestri Levante.

Sono stati esaminati in totale dieci semi, due del Neolitico antico e otto del Neolitico medio, più due
impronte di vinaccioli rinvenute in frammenti ceramici di un vaso del Neolitico antico e di uno della Cultura
VBQ. Altri macroresti riguardano due pedicelli recuperati in siti umidi privi di contesto archeologico. Le da-
tazioni al radiocarbonio sono state calibrate utilizzando il software Calpal aggiornato al Settembre del 2017.
L’esame dei semi ed annessi fiorali è stato condotto in stereomicroscopia a 10-60x per ricavare informa-
zioni sulla morfologia, misure ed indici biometrici, mentre lo studio delle impronte sui frammenti ceramici

262 –
Coordinate Quota Datazioni BP Datazioni BP
Sito
geografiche (m) (Neolitico antico) (Neolitico medio e recente)
44°11'09”N
1. San Sebastiano di Perti 50 sc -
08°18'31”E
sc (Beta-109796: 6000±60)
2. Riparo di Pian del Ciliegio 44°12’12”N 220 - po (Beta-77356: 5810±70
08°22’31”E e Beta-77355: 5560±130)
44°09’40”N
Siti 3. Caverna delle Arene Candide 89 sc (LTL-15946a: 6750±45) sc (VBQ1)
08°19’35”E
archeologici
44°12’19”N
4. Arma dell’Aquila 230 im sc-im (GrA-43066: 5515±45)
08°19’46”E
44°14’33”N
5. Grotta marina di Bergeggi 2 - im (VBQ2)
08°26’43”E
44°23’41”N
6. Riparo di Rocca Due Teste - Alpicella 350 - sc (VBQ2)
08°32’14”E
44°02’50”N
7. Albenga - area costiera 5 - po (Beta-91169: ante 5940±50)
08°12’50”E
44°20’03”N sa-po (Beta-120380: post
8. Albisola - area costiera 9 po (Beta-120380: 7190±60)
08°30’42”E 7190±60)
44°24’12”N po (LTL-14047A: 6599±45 sa-po (LTL-14047A: post 6599±45
9. Genova - Piazza della Vittoria 14
Aree 08°56’47”E e LTL-14046A: ante 5837±45) e LTL-14045A: ante 5541±45)
non 44°19’17”N
10. Pian del Lago - Bargone 831 po (GrN-14434: post 7330±70) po (SRR-3815: post 6075±45)
insediate 09°29’08”E
44°33’07”N
11. Casanova 1056 - po (GrN-14432: 5040±100)
09°23’48”E
44°21’00”N
12. Rapallo 16 po (LTL-2272A: 7175±45) po (ante LTL-2273A: 4563±50)
09°13’00”E
44°21’00”N
13. Sestri Levante 11 po (LTL-1007A: post 7213±65) po (LTL-1009A: 5894±45)
09°24’00”E

Tab. 1 – Provenienza delle datazioni radiocaboniche in anni uncal BP, tipologia e stato di conservazione dei resti paleobotanici neolitici
di Vitis vinifera in Liguria (po=polline; sc=seme carbonizzato; sa=seme/annesso fiorale non carbonizzato; im=impronta di seme su
frammento ceramico).

ha previsto la preparazione di calchi endocavitari con gomma siliconica fluida di uso odontotecnico (Provil
Novo) secondo la procedura segnalata in precedenza (Arobba e Caramiello, 2006a). I dati sulle attestazioni
palinologiche sono stati ricavati da indagini originali degli scriventi o da altri autori di cui viene riportata la
fonte bibliografica.

3.  RISULTATI E CONSIDERAZIONI

Oltre ad alcune segnalazioni sulla presenza di Vitis su base palinologica, determinabile solo a livello di
genere, sono di maggiore interesse i rinvenimenti di vinaccioli, che permettono di caratterizzare il taxon con
maggiore dettaglio. La sottospecie individuata a livello carpologico risulta, in tutti i casi esaminati, Vitis vini-
fera ssp. sylvestris.
Vengono di seguito presi in rassegna i ritrovamenti dei due periodi: Neolitico antico (ca 6900-6100 BP) e
Neolitico medio-recente (ca 6100-4800 BP).

3.1  Neolitico antico

Dal sito all’aperto di San Sebastiano di Perti (Starnini e Vicino, 1993) provengono due vinaccioli car-
bonizzati, di cui uno frammentato (Fig. 2a). Tre datazioni AMS collocano questo insediamento agricolo tra i
più antichi della regione (OxA-21359: 6767±39 BP [5677±29 BC], GrA-25715: 6760±45 BP [5674±32 BC] e
OxA-19734: 6675±33 BP [5599±39 BC]: Biagi e Starnini, 2016: Tab. 1). Dal punto di vista archeobotanico
il deposito è caratterizzato dalla presenza di resti cerealicoli, quali Hordeum vulgare var. nudum, Triticum di-
coccum e Triticum cfr. monococcum e da frutti di arboreo-arbustive, quali Corylus avellana, Rubus fruticosus
aggr., Sambucus cfr. S. racemosa (Arobba e Vicino, 2003; Arobba e Caramiello, 2006b).
Un secondo reperto è costituito da un’impronta su frammento di ceramica impressa strumentale (sigla di
scavo n. 1235; n. inv. 99-S, RCGE-43513) rinvenuto nel corso degli scavi di Camillo Richard condotti tra il
1938 ed il 1942 all’Arma dell’Aquila, un riparo sotto roccia situato a circa 2,5 km in linea d’aria rispetto al sito
di San Sebastiano di Perti, segnalato durante i recenti lavori di riordino e studio condotti da E. Starnini e P.
Biagi (2018: Fig. 9, n. 5). La cavità lasciata dal vinacciolo si è conservata sulla superficie esterna del coccio,

– 263
Fig. 2 – Resti archeobotanici di Vitis vinifera in Liguria: a, b, c, e) semi carbonizzati, d, f) impronte su frammenti ceramici, g-k) semi
non carbonizzati, l-m) pedicelli non carbonizzati. a) San Sebastiano di Perti, b) Riparo di Pian del Ciliegio, c) Caverna delle Arene
Candide, d-e) Arma dell’Aquila, f) Grotta marina di Bergeggi, g) Riparo di Rocca Due Teste - Alpicella, h-l) Albisola - area costiera,
m) Genova - Piazza della Vittoria.

264 –
in prossimità dell’orlo del vaso - probabilmente una scodella - e misura 4,34x3,50 mm (Fig. 2d). Il calco ha
restituito la copia della faccia ventrale del seme e non è quindi possibile individuare la calaza, elemento che
permette di valutare parametri morfometrici discriminanti: è possibile quindi solo la sua determinazione a
livello di specie.
Un ulteriore seme di Vitis vinifera ssp. sylvestris è stato raccolto durante gli scavi condotti nel 2012 nella
Caverna delle Arene Candide e datato a 6750±45 BP, 5668±33 BC (LTL-15946A) (Binder et al., 2017: Tab. 1).
La presenza di Vitis nell’area è coerente con quanto riconosciuto dalle analisi antracologiche sugli stessi
livelli della seconda metà del VI millennio BP eseguite da R. Nisbet (2018) che hanno permesso di definire
prelievi di legname da querceti caducifogli e da formazioni forestali di ambienti umidi.
Polline di Vitis è stato riconosciuto, per quanto a nostra conoscenza, in sei siti: nei sedimenti torbosi pre-
levati nei pressi della villa mansio di Alba Docilia nell’area costiera di Albisola (Arobba et al., 2001a) tra
-16,42 (Beta-120380: 7190±60 BP [6088±68 BC]) e -11,50 m di profondità; nella sequenza di Lago Bargone
(De Pascale et al., 2006; Cruise et al., 2009) in cui sono individuate le prime attestazioni già negli ultimi
secoli del VII millennio BC (GrN-14434: post 7330±70 BP [6205±94 BC]); in una prima sequenza a Sestri
Levante tra -24,90 m (LTL-1007A) post 7213±65 BP [6107±74 BC]) e -21,50 m di profondità; in una seconda,
nella stessa area costiera a circa 700 m di distanza dalla precedente, tra -15,70 e -10,70 m; a Rapallo lungo
un profilo compreso tra -17,30 e -9,20 m di profondità (LTL-2272A: 7175±45 BP [6045±28 BC] a -16,60 m).
Nelle sequenze delle ultime due località i granuli di Vitis sono stati rilevati in tutti i livelli analizzati (Bellini
et al., 2009). Infine, polline di Vitis è stato individuato lungo l’intera sequenza del sondaggio di Piazza della
Vittoria a Genova (Arobba e Caramiello, 2014b) ed in particolare in livelli associabili per buona parte al
Neolitico antico, datati tra LTL-14047A a -24,95 m: 6599±45 BP [5555±44 BC] e LTL-14046A a -20,47 m:
5837±45 BP [4697±65 BC].

3.2  Neolitico medio e recente

Per questo periodo è disponibile un maggior numero di resti carpologici e di reperti pollinici. Vinaccioli
carbonizzati sono stati rinvenuti pressoché in tutti i siti con livelli del Neolitico medio su cui è stata avviata la
ricerca di macroresti vegetali. Dal Finalese hanno fornito vinaccioli carbonizzati il Riparo di Pian del Ciliegio,
da cui l’unico esemplare è stato datato ed ha fornito il risultato di 6000±60 BP, 4898±75 BC (Beta-109796)
(Arobba e Caramiello, 2009a). A questa recentemente si è aggiunta la segnalazione ancora inedita relativa
all’US-217 della Caverna delle Arene Candide (Fig. 2b e 2c), attribuita alla fase antica della Cultura dei Vasi
a Bocca Quadrata (VBQ-1).
Dall’Arma dell’Aquila proviene un utensile, forse una sorta di cucchiaio per la sua forma arrotondata, ri-
cavato da un bicchiere a bocca quadrata, raccolto nel 4° focolare degli scavi Richard, sul quale è stata osservata
una piccola cavità nella quale si è individuato in un primo tempo una cariosside carbonizzata di Hordeum vul-
gare (Arobba et al., 1987; Arobba e Caramiello, 2006a). Recentemente il reperto carpologico è stato estratto
per essere datato e dalla sua osservazione integrale la determinazione è stata corretta in vinacciolo di Vitis vini-
fera ssp. sylvestris (Fig. 2e). La sua datazione, coerente con un momento dell’aspetto meandro-spiralico della
Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (VBQ-2), ha fornito il risultato di GrA-43066: 5515±45 BP (4386±44 BC).
Altri due siti archeologici in provincia di Savona, la Grotta marina di Bergeggi ed il Riparo di Rocca Due
Teste di Alpicella (Varazze), hanno restituito rispettivamente un’impronta di seme su frammento ceramico
(Fig. 2f) segnalato da G. Odetti (Arobba e Caramiello, 2006a) e tre resti carpologici carbonizzati (Fig. 2g)
da livelli VBQ2 (Arobba e Caramiello, 2014a; Martino e Odetti, 2014).
Di particolare interesse sono i ritrovamenti di macroresti di vite selvatica conservati allo stato umido in
anaerobiosi nel sito costiero di Albisola; si tratta di quattro semi (Fig. 2h e 2k) e di due pedicelli (Fig. 2l). Il
materiale proviene dalla parte superiore (-12,35 m) di un livello torboso di circa 4,5 m di potenza, compreso
tra -16,0 e -11,5 m di profondità dalla superficie (Arobba et al., 2001a). La datazione radiocarbonica eseguita
su uno dei livelli più profondi (-16,42 m) ha restituito il risultato di Beta-120380: 7190±60 BP (6088±68 BC).
In attesa di disporre di un riscontro cronologico puntuale relativo ai vinaccioli, essi risultano ovviamente più
recenti rispetto a tale data, anche se abbastanza vicini, poiché la torba si sarebbe formata anche qui in una
fase relativamente breve del periodo Atlantico medio, come registrato in depositi costieri limitrofi (Cruise,
1990; Arobba e Caramiello, 2014b). In questo intervallo temporale, denominato nel diagramma pollinico di
Albisola “Zona II”, si registra un rapido incremento del Querceto mesofilo planiziale in parallelo ad una forte
espansione di piante idrofile ripariali (Alnus t. glutinosa) e di erbacee igrofile di palude (Lythrum t. portula,
Potamogeton, Lemna, Callitriche, Sparganium/Typha).

– 265
Dal sondaggio effettuato a Genova in Piazza della Vittoria (Bonci et al., 2014) si segnala, inoltre, il ri-
trovamento di pedicelli non carbonizzati di Vitis vinifera in limi ricchi di materia organica posti a -21,93 m
e a -16,95 m di profondità (Fig. 2m). Tali reperti si collocano tra due campioni radiodatati a LTL-14047A:
6599±45 BP (5555±44 BC) e LTL-14045A: 5541±45 BP (4399±40 BC).
Per quanto concerne il dato palinologico in aree non antropizzate, sono note attestazioni continue di Vitis
da sondaggi realizzati nellʼarea costiera di Albenga tra -12,0 e -10,7 m di profondità, da cui proviene un cam-
pione di torba prelevato a -11,85 m che ha fornito la datazione di Beta-91169: 5940±50 BP (4827±66 BC); da
Genova - Piazza della Vittoria tra -20,47 e -15,17 m di profondità, nell’intervallo compreso tra VI e V millen-
nio BP, ed ancora dall’area litoranea di Albisola tra -11,5 e -9,5 m di profondità (Arobba et al., 2001a; 2001b;
Arobba e Caramiello, 2014b).
Due siti umidi del Levante ligure, Pian del Lago e Casanova, hanno evidenziato nei loro diagrammi la pre-
senza di Vitis a partire da -2,9 m in livelli anteriori al 6100 BP nel primo caso (Cruise e Maggi, 2000; Cruise
et al., 2009), e da circa -4,5 m di profondità (GrN-14432: 5040±100 BP [3837±105 BC]) fino alla superficie
del deposito, nel secondo (Cruise, 1990). In entrambe le situazioni, a causa della loro quota altimetrica com-
presa tra 831 e 1056 m che rende estremamente difficile la presenza di Vitis in loco, si dovrebbe ipotizzare un
trasporto del polline da media distanza a seguito di correnti ascensionali dal fondovalle o dai primi rilievi, con
deposizione extra-locale. Anche i sondaggi già citati di Sestri Levante e Rapallo hanno restituito polline di vite
dai livelli del Neolitico medio-recente (LTL-1009a: 5894±45 BP [4774±47 BC] e LTL-2273A: 4563±50 BP
[3258±109 BC]).
Inoltre, la sequenza stratigrafica del Riparo di Pian del Ciliegio, a 220 m di altezza (Arobba e Caramiello,
2009a), ha restituito polline di vite sedimentato nell’anfratto, a seguito di esondazioni del vicino torrente, in
un contesto ambientale caratterizzato da querceti caducifogli e formazioni riparie, documentato anche a li-
vello antracologico, in livelli datati tra Beta-77356: 5810±70 BP (4665±86 BC) e Beta-77355: 5560±130 BP
(4413±136 BC).

4.  CONCLUSIONI

Nell’insieme i macroresti vegetali di Vitis individuati e studiati sono ancora in numero limitato, sebbene il
materiale disponibile vada incrementandosi con il procedere delle indagini.
La differenziazione tra la forma selvatica e quella domestica su base morfologica e biometrica non è affat-
to risolta, tanto che, a titolo d’esempio, vinaccioli di età romana e altomedievale da siti liguri possono risultare
molto simili a quelli protostorici (Arobba, 2001; Arobba et al., 2013), fatto che porta ad accettare la presenza
di un’ampia variabilità legata a scambi e tentativi di messa a coltura di diversi vitigni con caratteristiche tipiche
della sottospecie sylvestris (Di Vora e Castelletti, 1995; Korenčič et al., 2008; Orrù et al., 2013).
Nella Tab. 2 sono riassunti i valori relativi ai parametri morfologici dei vinaccioli analizzati e quelli degli
indici relativi (Stummer, 1911; Mangafa e Kotsakis, 1996): i risultati mostrano in tutti i campioni valori
compatibili con Vitis vinifera ssp. sylvestris. Solo nel campione di Albisola un vinacciolo presenta alcuni indici
con valore intermedio che lo avvicinano alla forma di quelli della ssp. vinifera.
Nel Neolitico, e per gran parte della protostoria ligure, la vite selvatica, che cresceva spontanea o al mas-
simo protetta dalle popolazioni locali, doveva fornire un contingente relativamente modesto di prodotto com-
mestibile, a costituire una piccola parte della raccolta di frutta spontanea composta prevalentemente da Rubus
sp. pl., Corylus avellana, Sambucus sp. pl., Quercus sp. pl. e Prunus sp. pl., restando ancora ben lontana da
una vera e propria domesticazione.
Allo stato attuale delle indagini sui rari siti della prima e seconda età del Ferro della Liguria di Ponente
indagati sotto l’aspetto archeobotanico, le popolazioni locali non risulta avessero ancora messo a coltura Vitis
vinifera ssp. vinifera, dal momento che i resti carpologici individuati per tale periodo appartengono tutti alla
forma selvatica e deriverebbero, anche per le esigue quantità, unicamente dal prelievo nel bosco (Arobba et
al., 2003; Arobba e Caramiello, 2009b). La produzione di bevande alcoliche in questi periodi sembra dipen-
dere maggiormente dalla fermentazione di cereali, in primo luogo di orzo, piuttosto che dalla vite, indipenden-
temente dal progressivo diffondersi del consumo e del commercio del vino registrato in prevalenza nei centri
marittimi (Gambari, 1994; 2001).
Taluni autori ritengono probabile un passaggio alla coltivazione di Vitis, da parte di popolazioni indigene
paleoliguri, nel periodo compreso tra X e VIII secolo BC, antecedente quindi la colonizzazione greca e coeren-
te con i primi tentativi di messa a coltura della pianta autoctona da parte degli Etruschi (Buono e Vallariello,

266 –
Tab. 2 – Dimensioni (mm) ed indici biometrici dei vinaccioli neolitici liguri (ca=carbonizzato; nc=non carbonizzato; im=impronta su
frammento ceramico).

2002; Terral et al., 2010), condizione necessaria per la produzione di mosti e vini (Strabone, Geografia, IV,
6, 2; Marziale, Epigrammi, III, 82, 22).
Sulla base di analisi carpologiche e della documentazione archeologica, la domesticazione della vite ri-
sulta affermarsi lungo le coste del bacino nord-occidentale del Mediterraneo tra VII e VI secolo BC grazie
all’introduzione di varietà selezionate e di specifiche tecniche agrarie da parte di popolazioni provenienti
dall’Egeo, per ciò che riguarda l’area provenzale (Buxó i Capdevila, 1996; 1997; Bouby e Marinval, 2001)
e dall’Etruria per il settore ligure centro orientale e tirrenico (Buono e Valariello, 2002; Arobba et al. 2005;
Arobba e Caramiello, 2014b).
È quindi verosimile ritenere che la viticoltura sul territorio ligure sia una pratica totalmente acquisita solo
agli inizi della Romanità in parallelo a quella di altri fruttiferi, come il castagno, l’olivo ed il noce.
Presso i depositi dell’ex Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria ed il Museo Archeologico
del Finale sono conservate collezioni di vinaccioli non carbonizzati di età neolitica (Albisola-Savona) e da siti
più tardi, di età etrusca (Porto antico-Genova) e romana (Porto antico-Genova, Vada Sabatia e Legino-Savona)
sulle quali sarà possibile realizzare analisi del DNA per chiarire eventuali rapporti tra la vite selvatica autocto-
na e cultivar attestate sul territorio per produzioni destinate sia al consumo interno sia al commercio.

– 267
BIB LIOGRAFIA

Antolín, F. e Buxó, R. 2011 – L’explotació de les plantes al jaciment de la Draga: contribució a la història de l’agricultura i de l’ali-
mentació vegetal del Neolític a Catalunya. In: Bosch, J., Chinchilla, J. e Tarrús, J. (a cura di) El poblat lacustre del Neolític
antic de La Draga: Excavacions de 2000-2005. Monografies del CASC, 9: 147–174. Girona.

Arobba, D. 2001 – Macroresti botanici rinvenuti nei livelli tardoantichi e medievali del battistero della cattedrale di Ventimiglia.
Rivista di Studi Liguri, LXVI: 197–212.

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. e Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila. Atti della XXVI
Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 541–551.

Arobba, D., Bulgarelli, F., Siniscalco, C. e Caramiello, R. 2013 – Roman landscape and agriculture on the Ligurian coast
through macro and microremains from a Vada Sabatia well (Vado Ligure, Italy). Journal of Environmental Archaeology, 18
(2): 114–131.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2006a – Rilievo e studio di impronte vegetali da materiali archeologici. Informatore Botanico Italiano,
38, Supplemento 1: 9–13.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2006b – Rassegna dei ritrovamenti paleobotanici d’interesse alimentare in Liguria tra Neolitico ed età
del Ferro e variazioni d’uso del territorio. Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, 137: 255–273.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2009a – Indagini archeobotaniche sul deposito neolitico del Riparo di Pian del Ciliegio. In: Del
Lucchese, A. (a cura di) Il Riparo del Pian del Ciliegio. Un sito neolitico sull’altopiano delle Mànie. Quaderni del Museo
Archeologico del Finale, 5: 117–130. Istituto Internazionale di Studi Liguri.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2009b – Analisi archeobotaniche nel Castellaro di Bergeggi: primo contributo su semi e frutti carboniz-
zati. In: Giannattasio, B.M. e Odetti, G. (a cura di) Monte S. Elena (Bergeggi-SV). Un sito ligure d’altura affacciato sul mare.
Scavi 1999-2006. All’Insegna del Giglio, Firenze: 188–194.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2014a – Indagine archeobotanica sui livelli del Riparo di Rocca Due Teste presso Alpicella (Varazze,
Savona). Rivista di Studi Liguri, LXXVII-LXXIX: 157–166.

Arobba, D. e Caramiello, R. 2014b – Risorse vegetali e antichi paesaggi. In: Melli, P. (a cura di) Genova dalle origini all’anno
Mille. Archeologia e Storia. Cassa di Risparmio di Genova: 29–35.

Arobba, D., Caramiello, R. e Del Lucchese, A. 2003 – Archaeological investigations in Liguria: preliminary data on the early Iron
Age at Monte Trabocchetto (Pietra Ligure, Italy). Vegetation History and Archaeobotany, 12: 253–262.

Arobba, D., Caramiello, R. e Firpo, M. 2001b – Studio paleobotanico e sedimentologico di un sondaggio alla foce del Fiume Centa
(Albenga, Liguria occidentale). Allionia, 38: 147–158.

Arobba, D., Caramiello, R., Firpo, M., Piccazzo, M. e Bulgarelli, F. 2001a – Geoarchaeology and palaeobotanical investigation
from coastal area of Albisola (Liguria, Northern Italy). 3rd International Congress on “Science and Technology for the Safeguard
of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin”, Alcalà de Henares, I: 348–356.

Arobba, D., Caramiello, R. e Martino, G.P. 2005 – Vitis vinifera in Liguria. Dati archeobotanici. In: Cibi e sapori nell’Italia an-
tica. Per un’archeologia del cibo. Produzione, consumo, abitudini alimentari, pratiche cultuali e offerte nella Liguria antica.
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, Genova: 10–11.

Arobba, D. e Vicino, G. 2003 – Segnalazione di macroresti botanici nel sito neolitico di S. Sebastiano di Perti (SV). Bollettino dei
Musei Civici Genovesi, XIX-XXI (55-63): 29–37.

Bellini, C., Mariotti-Lippi, M. e Montanari, C. 2009 – The Holocene landscape history of the NW Italian coasts. The Holocene,
19: 1161–1172.

Biagi, P. e Starnini, E. 2016 – La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): Distribuzione,
cronologia e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat
Martí Oliver. Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Valencia, Serie de Trabajos Varios,
119: 35–49.

Binder, D., Lanos, P., Angeli, L., Gomart, L., Guilaine, J., Manen, C., Maggi, R., Muntoni, I., Panelli, C., Radi, G., Tozzi,
C., Arobba, D., Battentier, J., Brandaglia, M., Bouby, L., Briois, E., Carré, A., Delhon, C., Gourichon, L., Marinval,
P., Nisbet, R., Rossi, S., Rowley-Conwy, P. e Thiébault, S. 2017 – Modelling the earliest north-western dispersal of the
Mediterranean Impressed Wares: new dates and Bayesian chronological model. Documenta Praehistorica, XLIV: 54–77.
doi:10.4312/dp.44.4.

268 –
Bonci, M.C., Firpo, M. e Ottomano, C. 2014 – Geoarcheologia dell’area urbana di Genova. In: Melli, P. (a cura di) Genova dalle
Origini all’Anno Mille. SAGEP, Genova: 31–38.

Bouby, L. e Marinval, P. 2001 – La vigne et les débuts de la viticulture en France: apports de l’Archéobotanique. Gallia, 58: 13–28.

Branch, N.P., Black, S., Maggi, R. e Marini, N.A.F. 2014 – The Neolithisation of Liguria (NW Italy): An environmental archaeolo-
gical and palaeoenvironmental perspective. Environmental Archaeology, 19: 196–213.

Buono, R. e Vallariello, G. 2002 – Introduzione e diffusione della vite (Vitis vinifera L.) in Italia. Delpinoa, Nuova Serie 44:
39–51.

Buxó i Capdevila, R. 1996 – Evidence for vines and ancient cultivation from an urban area, Lattes (Hérault), southern France.
Antiquity, 70: 393–407.

Buxó i Capdevila, R. 1997 – Arqueología de las Plantas. La explotación económica de las semillas y los frutos en el marco mediter-
ráneo de la Península Ibérica. Critica, Barcelona, Grijalbo Mondadori.

Campana, N., De Stefanis, A., De Stefanis, P.G., Girod, A., Guido, M.A., Menozzi, B.I., Montanari, C. e Ottomano, C. 2004-
2005 – Area Ex Fit (Sestri Levante). Archeologia in Liguria, Nuova Serie I: 328–331.

Castelletti, L. e Castiglioni, E. 1999 – Resti antracologici. In: Tiné, S. (a cura di) Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi
1972-1977). Collezioni di Monografie Preistoriche ed Archeologiche. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, X: 18–24.

Cruise, G.M. 1990 – Holocene peat initiation in the Ligurian Apennines, northern Italy. Review of Palaeobotany and Palynology, 63
(3-4): 173–182.

Cruise, G.M., Macphail, R.I., Linderholm, J., Maggi, R. e Marshall, P.D. 2009 – Lago di Bargone, Liguria, N Italy: a recon-
struction of Holocene environmental and land-use history. The Holocene, 19 (7): 987–1003.

Cruise, G.M. e Maggi, R. 2000 – Pian del Lago (Bargone), paesaggio costruito e paesaggio naturale tra la fine della glaciazione ed
il medioevo. In: Figone, F., Franceschini, F. e Stagnaro, A. (a cura di) Vent’anni di Attività Culturale e di Ricerche. Recco:
Comunità Montana Val Petronio. Museo Parma Gemma: 10–13.

De Pascale, A., Maggi, R., Montanari, C. e Moreno, D. 2006 – Pollen, herds, jasper and copper mines: economic and environmental
changes during the 4th and 3rd millennia BC in Liguria (NW Italy). Environmental Archaeology, 11 (1): 115–124.

Di Vora, A. e Castelletti, L. 1995 – Indagine preliminare sull'archeologia della vite (Vitis vinifera L.) in base ai caratteri diagnostici
del vinacciolo. Rivista Archeologica dell’Antica Provincia e Diocesi di Como, 176: 333–358.

Fugazzola Delpino, M.A. 1998 – La vita quotidiana nel Neolitico. Il sito della Marmotta sul Lago di Bracciano. In: Pessina, A.
e Muscio, G. (a cura di) Settemila anni fa il primo pane. Ambienti e culture delle società neolitiche. Museo Friulano di Storia
Naturale, Udine: 185-191.

Gambari, M.F. 1994 – Le origini della viticoltura in Piemonte: la Protostoria. In: Comba, R. (a cura di) Vigne e vini nel Piemonte antico.
Società per gli studi storici archeologici e artistici della provincia di Cuneo, Alba: 17–41.

Gambari, M.F. 2001 – La birra e il fiume. Pombia e le vie dell’Ovest Ticino tra VI e V secolo a.C. Celid, Torino.

Korenčič, T.T., Jakše, J. e Korošec-Koruza, Z. 2008 – The oldest macroremains of Vitis from Slovenia. Vegetation History and
Archaeobotany, 17, supplemento 1: 93–102.

Maggi, R. 1997 – Aspetti di archeologia del territorio in Liguria: la formazione del paesaggio dal Neolitico all’Età del Bronzo. Annali
dell’Istituto“Alcide Cervi”, 19: 143–162.

Mangafa, M. e Kotsakis, K. 1996 – A new method for the identification of wild and cultivated charred grape seeds. Journal of
Archaeological Science, 23: 409–418.

Marinval, P. 1988 – L’alimentation végétal en France du Mésolithique à l’âge du Fer. CNRS, Paris.

Marinval, P. 1997 – Vigne sauvage et Vigne cultivée dans le Bassin méditerranéen. Emergence de la viticolture. Contribution ar-
chéo-botanique. In: Frissant, P. (a cura di). L’Histoire du vin. Une histoire de rites. Office International de la vigne et du vin,
Paris: 137–172.

Martino, G.P. e Odetti, G. 2014 – Il Riparo di Rocca Due Teste all’Alpicella di Varazze (SV) nel contesto del Neolitico medio e
superiore della Liguria. Rivista di Studi Liguri, LXXVII-LXXVIII: 413–418.

McGovern, P.E., Glusker, D.L., Exner, L.J. e Voigt, M.M. 1996 – Neolithic resinated wine. Nature, 381 (6582): 480–481.

– 269
Nisbet, R. 1997 – Arene Candide: Charcoal remains and prehistoric woodland use. In: Maggi, R., Starnini, E. e Voytek, B.A. (a cura
di) Arene Candide: A functional and environmental assessment of the Holocene sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini
1940-50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 103–112. Il Calamo, Roma.

Nisbet, R. 2018 – Analisi antracologiche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi
all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e
Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 255–260. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Orrù, M., Grillo, O., Lovicu, G., Venora, G. e Bacchetta, G. 2013 – Morphological characterisation of Vitis vinifera L. seeds by
image analysis and comparison with archaeological remains. Vegetation History and Archaeobotany, 22: 231–242.

Renault-Miskovsky, J., De Beaulieu, J.L., Vernet, J.L., Behre, K.-E. e Lartigot, A.-S. 2011 – Étude palynologique, anthracologi-
que et des macrorestes végétaux des formations pliocènes et pléistocènes du site de Terra Amata. In: Lumley de, H. (ed.) Terra
Amata. Nice, Alpes-Maritimes, France, II: 13–40. CNRS, Paris.

Starnini, E. e Biagi, P. 2018 – I reperti ceramici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura
di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la
Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 49–94. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Starnini, E. e Vicino, G. 1993 – Segnalazione di un sito Neolitico in località San Sebastiano di Perti (Finale Ligure). Rassegna di
Archeologia, 11: 37–43.

Stummer, A. 1911 – Zur Urgeschichte der Rebe und des Weinbans. Mitteilungen der Anthropologischen Gesellschaft in Wien, 41:
283–296.

Terral, J., Tabard, E., Bouby, L., Ivorra, S., Pastor, T., Figueiral, I., Picq, S., Chevance, J.B., Jung, C., Fabre, L., Tardy, C.,
Compan, M., Bacilieri, R., Lacombe, T. e This, P. 2010 – Evolution and history of grapevine (Vitis vinifera L.) under dome-
stication: new morphometric perspectives to understand seed domestication syndrome and reveal origins of ancient European
cultivars. Annals of Botany, 105 (3): 443–455.

Thiébaul, S. 2001 – Anthracoanalyse des établissements néolithiques de la région liguro-provençale. Bulletin de la Société Préhistorique
Française, 98 (3): 399–409.

Vernet, J.-L. 1974 – Précision sur l’évolution de la végétation depuis le Tardiglaciaire dans la région méditerranéenne d’après les
charbons de bois de l’Arma du Nasino (Savone-Italie). Bulletin de l’Association Française pour l’Etude du Quaternaire, 39 (2):
65–72.

Zheng, Z. 1990 – Végétation et climats néogènes des Alpes maritimes franco-italiennes d’après les données de l’analyse palynologi-
que. Paléobiologie continentale, XVII: 217–244.

Zohary, D., Hopf, M. e Weiss, E. 2012 – Domestication of Plants in the Old World. Oxford University Press, Oxford.

Indirizzi degli Autori:

DANIELE AROBBA, Museo Archeologico del Finale, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Chiostri di Santa Caterina, I-17024
FINALE LIGURE BORGO (SV)
E-mail: arobba@museoarcheofinale.it

ROSANNA CARAMIELLO, Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università di Torino, Viale P.A. Mattioli 25,
I-10125 TORINO
E-mail: rosanna.caramiello@unito.it

270 –
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 271–281

PAOLO de VINGO

DOPO LA PREISTORIA: USO E FREQUENTAZIONE DEL RIPARO


DELL’ARMA DEL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA)
TRA ETÀ TARDOROMANA E POSTMEDIOEVO

RIASSUNTO – La rioccupazione delle caverne, un fenomeno sviluppatosi nelle aree europee meridionali in età tardoantica, è molto
interessante in termini di distribuzione degli insediamenti e di modalità di utilizzo del territorio. Il riutilizzo di spazi naturali chiusi è
documentato in molte aree italiane ed anche in ambito ligure sono attestati esempi analoghi sia nella Liguria orientale, sia in quella
occidentale, anche se il territorio finalese corrisponde a quello in cui compaiono i casi più numerosi. La posizione sopraelevata di que-
ste caverne, in genere si tratta di cavità situate lungo le pareti di colline piuttosto ripide, è stata messa in relazione con la possibilità di
assolvere a esigenze difensive per mettere in sicurezza i componenti delle comunità locali, di fronte a un immediato pericolo, oppure
come ambito di utilizzo temporaneo ed occasionale in relazione ad un quadro economico che fra tardoantico e altomedioevo favorì la
crescita della copertura boschiva naturale come riserva di legname per i villaggi e fonte di importanti risorse alimentari per le comunità
ma anche come ambito di pascolo per capre, pecore e suini semiselvatici.

ABSTRACT – The reoccupation of caves, a phenomenon which developed in southern European areas in Late Antiquity, is very
interesting in terms of the distribution of settlements and land use patterns. The reuse of enclosed natural spaces is documented in
many Italian regions as well as in Liguria. Similar examples have been revealed in both eastern and western Liguria, even though the
territory of Finale Ligure presents the highest number of cases. The elevated position of these caves, usually located along the slopes of
rather steep hills, has been interpreted as a response to defensive needs in order to protect members of local communities when faced
with an immediate danger. An alternative suggestion is that the location was related to temporary and occasional use in relation to an
economic framework which, between Late Antiquity and the Early Middle Ages, encouraged the growth of natural woodland cover as
a timber reserve for villages and a source of important food resources for the communities, but also as a grazing area for goats, sheep
and semi-wild pigs.

Parole chiave – Caverne, Pericolo, Colline, Comunità, Economia locale


Keywords – Caves, Danger, Hills, Communities, Local economy

1.  DOPO LA PREISTORIA: USO E RIUSO DELLE CAVERNE IN ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE

Il problema del riutilizzo delle caverne in età storica è fenomeno noto, generalmente posto in rela-
zione con un clima di generale instabilità politica, diffusosi specialmente con il IV secolo AD quando
buona parte del territorio centro-settentrionale della penisola italiana perse, per le reiterate incursioni di
Visigoti e Alamanni, quel senso di protezione e di inviolabilità che le autorità romane avevano garantito,
spingendo la popolazione a trovare rifugio in contesti appartati e facilmente difendibili. Queste scel-
te insediative sono state confermate dal rinvenimento, in ambiti analoghi, di depositi archeologici con
materiale datato tra i secoli romani e la prima età moderna in Toscana (Vaccaro, 2007: 229–236), nel
Bresciano (Brogiolo et al., 2002: 75; Brogiolo e Ibsen, 2003: 144–160), in Friuli (Magrini, 1997: 164)
ma anche in Provenza (Demians d’Archimbaud, 1972: 635–657; Boyer et al., 1978), nella regione del
Giura meridionale e nella Savoia (Gagnière e Granier, 1963; Paunier, 1978: 306; Conges et al., 1983;
Buisson, 1991).
Nel caso specifico del settore padano si tratta di reperti con una cronologia compresa tra la fine del III e
gli inizi del V secolo AD, periodo nel quale le fonti collocano le primi penetrazioni di “barbari” in questo am-
bito territoriale (Maselli Scotti, 1992: 370). Queste incursioni segnarono la perdita della inviolabilità di un
territorio che Roma considerava mai violato nel corso della sua lunga storia – in realtà Annibale era riuscito a
superare le Alpi e a penetrare nella Pianura Padana molti secoli prima – determinando uno stato di paura nella

– 271
popolazione che avrebbe scelto di spostarsi, ove possibile, in zone naturalmente protette che meglio risponde-
vano al clima di instabilità e di insicurezza politica di quegli anni (de Vingo, 2010: 19–21).
Nel Piemonte centro-settentrionale, un caso molto interessante per la fase tardoantica ed altomedieva-
le, è quello della Ciota Ciara, nel Monfenera, in Valsesia (Fedele, 1975: 231–244; Gambari, 1994: 345;
Brecciaroli Taborelli, 1995: 79–105; Micheletto, 1998: 63); mentre nel territorio ligure il fenomeno è
documentato sia nella Liguria orientale (Val Frascarese), sia in quella occidentale (Val Maremola e Finalese)
dove il caso delle Arene Candide costituisce il parallelo a quello piemontese per dimensioni ed estensione
del contesto (Gardini, 1987: 149; Gardini e Murialdo, 1994: 177–178; Christie 1995: 315–316; 2006:
473–484; Pastorino, 1997: 623; Murialdo et al., 2001: 64; de Vingo, 2011: 197; 2018: 169–173).
Una riesamina dei casi liguri – di cui quello delle Arene Candide è in corso da parte di chi scrive in modo
completo – indica che si tratta di esempi non sempre assimilabili l’uno all'altro, con differenze molto evidenti
in relazione a diverse variabili quali la superficie calpestabile dei contesti, la loro posizione sulla viabilità an-
tica, quantità e tipologia dei materiali ritrovati. A questo proposito è opportuno ricordare che il continuo riuso
delle grotte attraverso i secoli ha in molti casi alterato il deposito archeologico originale con la conseguenza
che le fasi di utilizzo, quando non violate in antico, possono essere studiate solo sulla base delle relazioni ot-
tocentesche e novecentesche spesso imprecise e quindi inquadrate in modo generico tra i secoli tardoantichi
e quelli moderni. Fino a quando non sarà possibile scavare, con metodo e tecnica stratigrafica, un deposito
postromano in una qualsiasi caverna, tutte le opzioni non potranno mai essere confutate, lasciando il campo
libero ad ogni ipotesi.
Nel passato, ma ribadito anche recentemente, era stato ipotizzato che il riutilizzo delle grotte liguri fosse
inseribile in un quadro economico postclassico che – prediligendo lo sfruttamento delle aree boschive e un tipo
di allevamento di capro-ovini e di suini senza stabulazione – trovava, nelle cavità naturali, un riparo tempora-
neo ed occasionale (Castiglioni et al., 1992: 296–297; Murialdo, 1996: 72; Murialdo et al., 2001: 64; De
Pascale e Mordeglia, 2017: 165), mentre per quelle piemontesi è stato proposto che fossero abitate da una
comunità eremitica (Micheletto, 1998: 63). Le due ipotesi non prive di fondamento, non possono essere però
applicate, in modo pedissequo, a tutti i contesti liguri, e a quelli finalesi in modo particolare, visto le differenze
che impongono di esaminare questi ambiti uno ad uno senza facili generalizzazioni.

2.  LA RIOCCUPAZIONE POSTPREISTORICA DELLE CAVERNE NELLA LIGURIA


COSTIERA

Nel territorio Finalese, occorre anzitutto chiarire che caverne con significativi giacimenti archeologici
preistorici e protostorici da cui provengono reperti indicativi della loro continuità di frequentazione in età
romana e postclassica – attraverso tutto il medioevo per giungere in età moderna – sono di diverso tipo per
conformazione e superficie interna (Issel, 1908: 375–376; Bernabò Brea, 1947; Murialdo et al., 1987: 237).
Sulla base della consistente quantità del materiale raccolto è possibile ipotizzare fasi di intensa frequentazione
tardoantica per la caverna delle Arene Candide mentre, nella zona di Perti e nella vicina Valle Aquila, si trova
un altro gruppo di anfratti con evidenze archeologiche di utilizzo nei secoli tardoantichi ed altomedievali, quali
la Grotta Pollera e le caverne Matta, Aquila e Pipistrelli anche se con percentuali di distribuzione dei reperti
molto diverse (Silla, 1935: 81–92; 1937: 73–80; Zambelli, 1937: 255–256; Richard, 1942: 42–50; Bernabò
Brea, 1947: 43–49, 52–54, 61–63; Almagro et al., 1957: 220–222; Biagini, 2002: 157–161; De Pascale e
Mordeglia, 2017: 166) (Fig. 1).
Nella caverna dell’Aquila – situata lungo la parte orientale della valle omonima a 230 m di altezza slm sul
fianco orientale del Bric Spaventaggi, a circa 5 km dalla linea di costa, e articolata in due grotte principali, un
riparo sotto roccia e il suo talus esterno – le esplorazioni del Gruppo Speleologico Aldobrandino Mochi (1932
e 1935), gli scavi di Giovanni Silla (1935 e 1937), Federico Hosmer Zambelli (1937) e Camillo Richard (1938
e 1942) oltre ad avere portato alla luce un’importante sequenza stratigrafica con la presenza umana attestata
dal Paleolitico superiore (Aurignaziano) all’età del Bronzo (Biagi e Starnini, 2016: 41) hanno restituito anche
materiali tardoromani, medievali e postmedievali, che confermano come il sito fu in uso/frequentato anche nel
tardoantico, medioevo e età moderna.
La rilettura dei resoconti delle ricerche compiute da Arturo Issel (1885) nella Pollera, da Luigi Bernabò
Brea (1939-1950) nelle Arene Candide e da Federico Hosmer Zambelli (1937) nell’Aquila indicano, sotto
massi di crollo staccatisi dalla volta delle sale di ingresso, frammenti ceramici romani la cui presenza fu giu-
stificata sia da Bernabò Brea che dallo Zambelli come il risultato di un evento sismico o franoso che avrebbe

272 –
Fig. 1 – Carta di distribuzione ed elenco delle cavità con tracce di utilizzo tardoantiche e altomedievali nel
territorio Finalese (composizione di R. Managlia).

– 273
colpito il territorio finalese nei secoli romani (De Pascale e Mordeglia, 2017: 168–169). Lo Zambelli però,
oltre ad essere il solo, fra gli studiosi che si occuparono dell’Aquila – non sono disponibili resoconti scritti
del Gruppo Speleologico “Aldobrandino Mochi” che esplorarono per primi la caverna nel 1932 e nel 1935 – a
distinguere tre gruppi di materiali postpreistorici (romani, medievali e moderni) specificò che quelli più antichi
provenivano dal talus “... frammenti di vasellame romano ...” mentre quelli più recenti dalla caverna centrale
“... Strato I: frammenti di fittili moderni. Frammenti di fittili medievali (ʼ400, ʼ500) ...” come se la frana avesse
determinato e condizionato un diverso uso dello spazio interno rispetto a quello esterno (Zambelli, 1937: 255–
256). Inoltre, secondo lo Zambelli, le strutture murarie a secco che chiudevano settori distinti della caverna “...
poco più a Sud si apre la caverna centrale che era chiusa da un muro a secco ...” oppure del cunicolo di sinistra
“... Questa caverna si presentava chiusa da un muro a secco con uno stretto passaggio ...” o quello di destra
“... In corrispondenza dell’arco dell’antro e degli strati II, III, IV, V è stato trovato un muretto a secco che chiu-
deva il fondo della caverna ...” non sembrerebbero essere “... di antica data ...” (Zambelli, 1937: 251–252).
Nonostante non esistano dati che possano indicare quando queste chiusure furono realizzate è verosi-
mile ipotizzare che nella fase storica il settore esterno della caverna fosse utilizzato come spazio aperto di
vita quotidiana e le parti interne della caverna come ricovero temporaneo dei capro-ovini che necessitano
di una stabulazione nelle ore serali e notturne. La frana della volta, verificatasi in età postromana, in parte
rese inservibile il talus, obbligò a suddividere i settori interni della caverna con muri a secco per renderli
funzionali alla coesistenza di uomini ed animali. La ceramica di età storica ritrovata non ha un riferimento
stratigrafico preciso perché proviene da strati interessati da scavi realizzati negli anni ʼ30 dello scorso se-
colo, finalizzati ad individuare le evidenze preistoriche, per cui risulta impossibile ricostruire e associare
la sequenza stratigrafica con la ceramica rinvenuta. Lo studio del vasellame sembra indicare una costante
frequentazione occasionale a partire dai secoli tardoantichi fino a quelli postmedievali. Questi materiali
sono rappresentati da frammenti di anfore e da ceramiche grezze senza la presenza di pietra ollare che in-
vece caratterizza analoghi contesti nel Finalese e che potrebbe essere indicativa di una frequentazione non
permanente. Frammenti di pietra ollare tardoantica o altomedievale risultano provenire dalla caverna della
Matta o del Sanguineto, associati a olle a bordo estroflesso in ceramica grezza lavorata al tornio lento e ad
alcuni frammenti di anfore Keay LXII A, oltre a ceramiche invetriate e moderne (Murialdo et al., 1987:
241; 1998: 248; Biagini, 2002: 157).
Il materiale dell’Aquila qui esaminato comprende un solo puntale anforaceo (Fig. 2, n. 1), verosimilmente
pertinente ad un contenitore cilindrico africano di grandi dimensioni (tipo Keay LVI = Bonifay 43), indicativo
della capacità produttiva ed economica della Byzacena tardoromana (V- seconda metà del VI secolo) di convo-
gliare verso la Liguria costiera bizantina consistenti quantitativi di olio tunisino (Pastorino, 1997: 625–629;
Murialdo, 2001a: 261–269; Murialdo e Palazzi, 2001: 70; Bonifay, 2004: 135–137; 2016: 515; de Vingo,
2005: 348–349).
Un nucleo di reperti particolarmente interessante è costituito da forme chiuse in ceramica grezza riferibili
a olle, ciotole e/o coppette modellate al tornio lento con un impasto duro a frattura irregolare, di colore da
arancio a bruno, riconducibile a due tipi macroscopicamente determinati, il primo poco micromicaceo abbi-
nato a scisti cristallini mentre il secondo con una maggiore frequenza di inclusi micromicacei. Tutti i reperti
tardoantichi presentano profonde solcature sulla parete interna e più sottili su quella esterna e tracce di esposi-
zione al fuoco sulla superficie esterna. Nessuna delle olle è conservata integralmente ma la restituzione grafica
consente di ipotizzare un corpo a profilo globulare con orli estroflessi, appiattito in un caso (tipo 1), distinto e
con la gola segnata da una evidente scanalatura nel secondo (tipo 2). Olle globulari (tipo 1) con orlo a profilo
superiore appiattito (Fig. 2, n. 4), sezione triangolare, svasato verso l’interno e attacco della parete in curva
continua, sono attestate nello scavo del complesso monumentale del Priamàr a Savona (tipo A6) in contesti
datati tra la seconda metà del VI secolo e la prima metà di quello successivo (Lavagna, 1998: 589).
Altri confronti morfologici possono essere istituiti con olle di produzione intemelia (Olcese, 1993: 210–
211, fig. 40.80: 212; 1998: 232–236), con contenitori simili presenti nella caverna finalese della Matta o del
Sanguineto (Murialdo et al., 1998: 248, fig. 8.18; Biagini, 2002: 157) e con esemplari attestati a Luni (Ward
Perkins, 1977: 649). Olle contraddistinte da orli ottenuti ripiegando l’impasto sopra una stecca (tonda o piat-
ta), passata a caratterizzare la gola del recipiente mentre questo ruotava ancora sul tornio (tipo 2), sono la forma
quantitativamente più attestata in molti contesti tardoromani e altomedievali extraregionali come nel caso di
Filattiera-Sorano (MC) (Giannichedda, 1998: 118–123; Giannichedda e Riccobono, 2010: 128–130) o
negli scavi della MM3 a Milano (Guglielmetti, 1991: 215–217). Una delle olle (tipo 2) presenta un decoro a
“festone ondato” su singolo registro (Fig. 2, n. 5), la cui sintassi decorativa è attestata in Italia settentrionale in
un ampio arco cronologico compreso tra I e VI secolo inoltrato (de Vingo, 2001: 54). È interessante constatare

274 –
Fig. 2 – Arma dell’Aquila: materiali fittili tardoantichi, altomedievali e postmedievali (disegni di R. Managlia; fotografia di E. Starnini).

– 275
che motivi decorativi analoghi compaiono sulla ceramica vacuolare o semivacuolare di Filattiera-Sorano della
fase IV attribuita al V-VI secolo (Giannichedda, 1998: 121–123).
Nello studio del vasellame dell’Aquila la ricomposizione delle manifatture tardoantiche può essere com-
pletata inserendo una parete fittile (Fig. 2, n. 2) e un fondo piano riconducibili a ciotole e/o coppette (Fig. 2, n.
3) caratterizzate da un impasto molto grossolano, marcate solcature del tornio sulla parete interna ed esterna,
annerimento omogeneo della fascia esterna superiore, una eccellente qualità produttiva con levigatura delle
superfici e, soprattutto, una fase finale di cottura in atmosfera ossidante che la consente di distinguere da quelle
prive di rivestimento postmedievali.
Nella ceramica bassomedievale le olle continuano a essere presenti, anche se in quantità meno consistente,
connesse al loro triplice impiego per preparare, conservare e cuocere gli alimenti. La loro standardizzazione
non riflette solo la qualità della manifattura ma risponde alla necessità di diminuire i costi di produzione di
contenitori soggetti ad un uso continuo e diversificato e, conseguentemente, ad un tempo di vita piuttosto breve
(Palazzi, 2001: 121).
Forma del fondo piano e le pareti rastremate e poco svasate (Fig. 2, n. 6) lo rendono compatibile con
i modelli di olle di XIII-XIV secolo individuati nello scavo del Palazzo della Loggia sul Priamàr a Savona
(Palazzi, 2001: 123–124). Il tipo di impasto duro con tonalità brune per cottura in ambiente riducente, la su-
perficie esterna completamente annerita, consente di ipotizzare un utilizzo quotidiano tra ceneri molto calde
per preparare/riscaldare zuppe che dovevano essere pronte in tempi rapidi e non necessitavano di una cottura
prolungata. Ad un periodo di poco successivo può essere attribuito un fondo di forma aperta, piede ad anello
e cavità appiattita di graffita monocroma (Fig. 2, n. 7), manifattura molto diffusa in tutto il territorio savonese
dove, a partire dal XV secolo fino a quello successivo, rappresenta la ceramica da mensa più diffusa nei centri
urbani o costieri e nelle aree rurali (Benente e Piombo, 2001: 242).
Una frequentazione della grotta è ancora attestata in età moderna, periodo al quale sono riconducibili un fon-
do piano di forma aperta (Fig. 2, n. 8), la cui forma e dimensioni lo rendono compatibile con un catino attribuibile
alle ceramiche prive di rivestimento postmedievali (Vinai e Porro, 2001: 370–371), e un orlo di pentola (Fig. 2,
n. 9). Quest’ultimo presenta tutte le caratteristiche funzionali delle ceramiche invetriate da fuoco postmedievali:
impasto duro e ricco di dimagrante, presenza di annerimento uniforme sul lato esterno, vetrina solo interna con
due piccole colature sulla superficie esterna. Le caratteristiche minero-petrografiche dell’argilla lo rendono assi-
milabile alle pentole provenienti dallo scavo del Palazzo della Loggia a Savona (Priamàr tipo D) datate al XVII
secolo (Deferrari, 2001: 310–315). La mancanza delle forme vascolari caratterizzanti il XVIII secolo potrebbe
suggerire la conclusione della frequentazione della caverna alla fine del secolo precedente.
Nel Museo Archeologico del Finale – erede del Civico Museo del Finale realizzato da Giovanni Andrea
Silla nel 1931 a Palazzo Ghiglieri a Finalmarina (Finale Ligure) per presentare le prime eterogenee raccolte
zoologiche ed archeologiche del materiale recuperato nelle caverne del Finalese – è stata mantenuta una vetri-
na in legno che esemplifica le scelte espositive realizzate negli anni ’30 dello scorso secolo per gli allestimenti
museali e le diversifica rispetto a quelle attuali. Nella parte superiore è conservato il ‛Cartone XXII’ sul quale
compaiono quattordici frammenti di ceramica medievale e postmedievale, recuperati dal Gruppo Speleologico
“Aldobrandino Mochi” nel “I Antro Centrale” della caverna dell’Aquila il 9 marzo 1935, che comprendono
una graffita policroma, due graffite monocrome e undici ceramiche prive di rivestimento. Sul cartone, rivestito
di un panno rosso, erano stati fissati con doppi passaggi di un sottile cordino, un frammento di tesa decorato
da tratti graffiti obliqui con pennellate verdi e giallo-marroni (graffita policroma savonese), un orlo e cavetto
di ciotola carenata con decorazione graffita formata da una croce centrale asimmetrica con segmenti ondulati
nei quarti entro doppio centro graffito, una parete decorata da una linea graffita ondulata (graffita monocroma)
e undici frammenti di ceramica priva di rivestimento con superfici di colore molto vario risultato della cottura
sia in atmosfera ossidante e sia riducente (Fig. 3). È infine interessante constatare che il Gruppo Speleologico
“Aldobrandino Mochi” ritrovò solo ceramiche rivestite medievali e prive di rivestimento postmedievali nelle
esplorazioni delle parti interne della caverna (I Antro Centrale: 1932 e 1935) come poi avrebbero confermato
gli scavi dello Zambelli qualche anno più tardi (1937).

3.  I MATERIALI

1. Puntale di anfora, pareti svasate con parte finale arrotondata di forma globulare. Impasto rosso (2.5YR
6/6), semidepurato, duro, inclusi di piccole e dimensioni, quarzo eolico, vacuoli con aloni di calce, rarissime
lamelle di mica di piccole dimensioni. Provenienza: scavo Richard 1942 (Fig. 2, n. 1).

276 –
Fig. 3 – Arma dell’Aquila: cartone XXII con i materiali dal “I Antro Centrale” recuperati dal Gruppo Speleologico “Aldobrandino
Mochi” ed esposto al Museo Archeologico del Finale (fotografia di R. Managlia).

2. Parete fittile, sottile, superficie esterna pressoché annerita con profonde e regolari rigature della tor-
nitura. Impasto grigio-bruno pallido (2.5Y 6/2), duro, a struttura lamellare stratificata, frattura regolare; ma-
trice poco depurata con inclusi di piccole dimensioni. Provenienza: scavo Silla 1934; Scheda Museo n. 237,
Inventario Museo n. 147-S, RCGE-43561 (Fig. 2, n. 2).

3. Fondo e parete di ciotola, pareti interne profonde segnate da profonde rigature della tornitura, superficie
esterna lisciata a stecca. Impasto grigio-bruno pallido (2.5Y 6/2), duro, a struttura lamellare stratificata, frattura
irregolare; matrice poco depurata con inclusi di piccole e medie dimensioni. Provenienza: scavo Silla 1934;
Scheda Museo n. 238, Inventario Museo n. 148-S, RCGE-43562 (Fig. 2, n. 3).

4. Orlo di olla leggermente estroflesso, ispessito e appiattito nella parte superiore, due frammenti integrati
e ricomposti. Forma globulare con solcature della tornitura su entrambe le superfici, tracce di nerofumo sulla
superficie esterna. Impasto bruno molto pallido (7.5YR 6/4), duro, a struttura lamellare stratificato, frattura
irregolare; matrice poco depurata con inclusi di piccole, medie e grandi dimensioni. Provenienza: scavo Silla
1934; Scheda Museo n. 240, Inventario Museo n. 150-S, 151-S, RCGE-43565 (Fig. 2, n. 4).

5. Orlo di olla leggermente estroflesso, ricurvo, con ampia curvatura mediana che accentua molto il pro-
filo globulare del contenitore. Impasto giallo rossastro (7.5YR 6/8), duro, liscio a frattura irregolare; matrice
abbastanza fine con inclusi di piccole e medie dimensioni (quarzite, calcite). Sulla superficie compare un de-
coro a festone e onde inciso a spatola su singolo registro, superficie interna con evidenti sottili solcature della
tornitura (Fig. 2, n. 5).

6. Piede piatto di forma vascolare aperta. Impasto rosso chiaro (2.5YR 6/6), nucleo grigio (10YR 6/1)
duro, compatto a frattura irregolare; matrice abbastanza fine con inclusi di piccole e medie dimensioni (mu-
scovite, quarzo bianco), distribuiti in modo omogeneo, tracce della modellazione e finitura manuale sulla
superficie esterna. Provenienza: scavo Richard 1942; Inventario Museo 226-S (Fig. 2, n. 6).

– 277
7. Piede ad anello di forma vascolare aperta. Impasto arancio (5YR 7/8), duro, ingobbio bianco rosato,
spesso, poco aderente, vetrina di colore giallo, lucida e uniforme. Nel cavetto compare una debole traccia della
decorazione graffita senza possibilità di identificarla in modo più preciso. Provenienza: Gruppo Speleologico
Mochi 1932 (Fig. 2, n. 7).

8. Piede piatto di forma vascolare aperta. Impasto di colore giallo-rossastro (5YR 6/8), duro, compatto a
frattura irregolare; matrice abbastanza fine con inclusi di piccole e medie dimensioni (mica, calcari, chamotte),
distribuiti in modo omogeneo. Provenienza: Gruppo Speleologico Mochi 1932 (Fig. 2, n. 8).

9. Breve orlo estroflesso, corpo a profilo globulare, vetrina ruvida, abbastanza uniforme, lucida e spessa.
Impasto grigio (10YR 6/1), duro, compatto a frattura netta; matrice abbastanza depurata con molti piccoli in-
clusi di piccole dimensioni, distribuiti in modo omogeneo (Fig. 2, n. 9).

4.  CONCLUSIONI

Questo esiguo nucleo di materiali, nonostante non sia possibile metterli in relazione con una sequenza
stratigrafica affidabile, sembrano complessivamente indicare una frequentazione sporadica, del contesto esa-
minato, dalla tardoantichità fino ad età moderna. La presenza di un puntale di uno dei contenitori cilindrici
nordafricani, più diffusi nelle aree mediterranee settentrionali nei secoli tardoantichi, attesta la frequentazione
della caverna a partire da questa fase. La diminuzione della richiesta delle manifatture collegate al commercio
mediterraneo ad ampio raggio, i cambiamenti nello stile di vita, consequenziali alla scomparsa della organizza-
zione socio-politica romana, determinarono un progressivo ripiegamento verso un sistema economico sempre
più autarchico. La mancanza di affidabili indicatori ceramici ha sicuramente rallentato la conoscenza delle
reali capacità produttive degli insediamenti rurali e solo recentemente è stata richiamata la possibilità di otte-
nere informazioni anche dalle classi di materiali tradizionalmente ritenute poco diagnostiche quali la ceramica
grezza (Murialdo et al., 1998: 244–250; Murialdo, 2001b: 359–361).
Le assenze di ceramica fine da mensa quale la Sigillata Chiara Africana, e di contenitori in pietra ollare,
che caratterizzano molti contesti analoghi nel medesimo ambito territoriale, potrebbero non dipendere dal sito
stesso, caratterizzato da una cultura materiale molto semplice, ma essere testimonianza di una frequentazione
sporadica della grotta forse legata ad attività pastorali o di sfruttamento delle risorse boschive che non impli-
cava un insediamento continuativo e di quello di cui una comunità stabile aveva bisogno.
È anche interessante constatare che tutte le olle, le ciotole e/o le coppette esaminate oltre ad essere più
vicine alla tecnologia produttiva tardoromana sono caratterizzate dalla presenza, sul lato esterno, di uno strato
di nerofumo che non può essere casuale ma potrebbe essere la conseguenza di una cottura a riverbero, oppure
di un lungo e prolungato contatto entro uno strato di ceneri molto calde. Questa possibilità è in linea con la
necessità di riscaldare zuppe di cereali che, almeno nei secoli romani, rappresentano la base della cucina lo-
cale. Solo nell’altomedioevo si determinerà una crescita esponenziale del vasellame in pietra ollare, indice di
un nuovo modo di cucinare e di nuove scelte alimentari per le popolazioni autoctone (Panetta, 1987: 37–38;
Gelichi, 2001: 727; Soro, 2017: 91–119).

278 –
BIB LIOGRAFIA

Almagro, M., Ripoll, E. e Muñoz, A.M. 1957 – Excavaciones en la Caverna dei Pipistrelli (Finale Ligure, Italia). Cuadernos de
Trabajos de la Escuela Espanola de Historia y Arqueologia en Roma, 9 (1): 159–222.

Benente, F. e Piombo, N. 2001 – Graffita monocroma. In: Varaldo, C. (a cura di) Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel
complesso monumentale del Priamàr. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989). Istituto Internazionale di Studi Liguri, Collezione
di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, XI: 242–251. Bordighera-Savona.

Bernabò Brea, L. 1947 – Le caverne del Finale. Istituto di Studi Liguri, Bordighera.

Biagi, P. e Starnini, E., 2016 – La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): Distribuzione,
cronologia e aspetti culturali. In: Del neolitic a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat
Martí Oliver. Servicio de Investigacion Prehistorica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119: 35–49.

Biagini, M. 2002 – Frequentazioni di età storica della grotta del Sanguineto o della Matta (Finale Ligure). In: Odetti, G. (a cura di)
La grotta del Sanguineto o della Matta: scavi e scoperte tra ’800 e ’900. Quaderni del Civico Museo del Finale, 4: 157–161.

Bonifay, M. 2004 – Etudes sur la céramique romaine tardive d’Afrique. BAR International Series, 1301. Archaeopress, Oxford.

Bonifay, M. 2016 – Élements de typologie des Céramiques de lʼAfrique romaine. In: Malfitana, D. e Bonifay, M. (a cura di) La
ceramica africana nella Sicilia romana. Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Catania: 507–574.

Boyer, R., Lagrand, Ch. e Michel, J.-M., 1978 – Dérivées-des-Sigillées Paléochretiennes du Var. Documents d’Archéologie
Méridionale, 1: 189–223.

Brecciaroli Taborelli, L. 1995 – Un insediamento temporaneo della tarda antichità nella grotta ‘Ciota Ciara’ (Monfenera, Valsesia).
Quaderni di Archeologia del Piemonte, 13: 73–135.

Brogiolo, G.P., Gheroldi, V. e Ibsen, M. 2002 – Insediamenti rupestri nell’alto Garda bresciano. Archeologia Medievale, XXIX:
75–96.

Brogiolo, G.P. e Ibsen, M. 2003 – Chiese e insediamenti rupestri altomedievali a Tignale. In: Brogiolo, G.P., Ibsen, M., Gheroldi,
V. e Colecchia, A. (a cura di) Chiese dell’Alto Garda Bresciano. Vescovi, Eremiti, Monasteri, Territorio tra tardoantico e roma-
nico. Documenti di Archeologia, 31: 133–171. Società Archeologica Padana, Mantova.

Buisson, A. 1991 – Les grottes refuges de l’époque romaine dans le Jura méridional et les Alpes du Nord françaises (Aine, Isère,
Savoie, Haute-Savoie). In: Peuplement et exploitation du milieu Alpin (Antiquité et Haut Moyen Âge). Actes du colloque de
Belley (2-4 juin 1989). Caesarodunum, 25: 51–66.

Castiglioni, E., Cupelli, G., Falcetti, C., Ferretti, F., Fossati, A., Giovinazzo, R., Mannoni, T., Murialdo, G., Palazzi, P.,
Panizza, M., Parodi, L., Ricci, R. e Vicino, G. 1992 – Il castrum tardo-antico di S. Antonino di Perti, Finale Ligure (SV). Terze
notizie preliminari sulle campagne di scavo 1982-1991. Archeologia Medievale, XIX: 279–368.

Christie, N. 1995 – Late Antique cavemen in Northern and Central Italy. In: Christie, N. (ed.) Settlement and economy in Italy 1500
BC to AD 1500. Papers of the Fifth Conference of Italian Archaeology, Oxbow Monograph, 41: 311–316. Oxbow Books, Oxford.

Christie, N. (ed.) 2006 – From Constantine to Charlemagne. An Archaeology of Italy AD 300-800. Ashgate, Cornwall.

Conges, G., Bonifay, M., Brun, J.-P. e Pasqualini, M. 1983 – Un dépotoir de la fin de l’Antiquité dans la grotte de la Fourbine, St.
Martin-de-Crou (Bouches-du-Rhône). Revue Archéologique de Narbonnaise, XVI: 347–364.

Deferrari, G. 2001 – Invetriata da fuoco. In: Varaldo, C. (a cura di) Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel complesso
monumentale del Priamàr. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989). Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera-Savona:
310–340.

Dèmians d’Archimbaud, G. 1972 – Le matériel paléocretien de la Grotte de lʼHortus. Etudes Quaternaires, 1: 635–657.

De Pascale, A. e Mordeglia, S. 2017 – L’uso delle caverne in età romana. Tra leggenda e dati scientifici. In: Arobba, D., Bulgarelli,
F. e De Pascale, A. (a cura di) Le Guide del Museo Archeologico del Finale. L’età romana e bizantina. Istituto Internazionale di
Studi Liguri Editore, Finale Ligure: 165–169.

de Vingo, P. 2001 – Ceramica comune di età romana. In: Varaldo, C. (a cura di) Archeologia urbana a Savona: scavi e ricer-
che nel complesso monumentale del Priamàr. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989). Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Bordighera-Savona: 52–60.

– 279
de Vingo, P. 2005 – Liguria in Late Antiquity and in the early Middle Ages: its trade relations with western and eastern Mediterranean
sea through transport amphorae. In: Esparraguera, i., Gurt, J. Ma., Buxeda i Garrigós, J. e Cau Ontiveros, M.A. (eds.) LRCW
I. Late Roman Coarse Wares. Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean. BAR International Series, 1340: 341–353.
Hadrian Books, Oxford.

de Vingo, P. 2010 – From Tribe to Province to State. BAR International Series 2117. Hadrian Books, Oxford.

de Vingo, P. 2011 – Late antique mountain settlements in the Savona area and central-western Liguria. In: Catteddu, I., de Vingo, P.
and Nissen Jaubert, A. (eds.) On the Road Again. L’Europe en mouvement. Archaeology and Rural landscape: rural settlements
in their natural, economical and social environment. 4th International Congress of Medieval and Modern Archaeology, Paris, 3-8
septembre 2007. De Ferrari, Genova: 193–212.

de Vingo, P. 2018 – The occupation and use of natural caves in the Ligurian-Piedmontese region between Late Antiquity and the Early
Middle Ages (fifth to late seventh century AD). In: Bergsvik, K.A. and Dowd, M. (eds.) Caves & Ritual in Medieval Europe, AD
500-1500. Oxbow Books, Oxford: 165–184.

Fedele, F. 1975 – Scoperte e ricerche di archeologia medievale sul Monfenera (Valsesia). Bollettino storico bibliografico subalpino,
LXXIII: 269–280.

Gagnière, S. e Granier, J. 1963 – L’occupation des grottes du IIIe au Ve siècle et les invasions germaniques dans la basse vallée du
Rhône. Provence Historique, XIII: 225–239.

Gambari, F.M. 1994 – Borgosesia. Scavi nella grotta Ciota Ciara (campagne 1992-1993). Quaderni della Soprintendenza Archeologica
del Piemonte, 12: 345.

Gardini, A. 1987 – Reperti medievali della Grotta Nera. Archeologia in Liguria. Scavi e scoperte 1982-1986, III (2): 149.

Gardini, A. e Murialdo, G. 1994 – La Liguria. In: Francovich, R. e Noyé, G. (a cura di). La Storia dell’alto medioevo italiano (VI-X se-
colo) alla luce dell’archeologia. Atti del convegno internazionale, Siena, 2-6 dicembre 1992. All’Insegna Del Giglio, Firenze: 159–182.

Gelichi, S. 2001 – Il consumo e i regimi alimentari. Periodo tardoantico e medievale. In Enciclopedia Archeologica. Il Mondo dell’Ar-
cheologia. Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma: 727–728.

Giannichedda, E. 1998 – Le ceramiche da cucina e da dispensa. La ceramica grezza di produzione regionale. In: Giannichedda, E. (a
cura di) Filattiera Sorano: l’insediamento di età romana e tardo antica. Scavi 1986-1995. AllʼInsegna Del Giglio, Firenze: 114–129.

Giannichedda, E. e Riccobono, D. 2010 – I manufatti. In: Giannichedda, E. (a cura di) Filattiera-Sorano: gli insediamenti sul dosso
della Pieve e altre ricerche. All’Insegna Del Giglio, Firenze: 124–133.

Guglielmetti, A. 1991 – La ceramica comune di età tardoromana e altomedievale. In Caporusso, D. (a cura di) I reperti. Scavi MM3.
Ricerche di Archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea della metropolitana 1982-1900. Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali, Soprintendenza Archeologica della Lombardia. ET, Milano: 211–257.

Issel, A. 1908 – Liguria Preistorica. Atti della Società Ligure di Storia Patria, vol. XL. Genova.

Lavagna, R. 1998 – Savona, complesso monumentale del Priamàr. La ceramica comune. In: Saguì, L. (a cura di) Ceramica in Italia: VI-
VII secolo. Atti del Convegno in onore di John W. Hayes. Relazioni. 11-13 maggio 1995. All’Insegna Del Giglio, Firenze: 585–590.

Magrini, C. 1997 – Il territorio di Aquileia tra tardoantico e altomedioevo. Archeologia Medievale, XXIV: 155–171.

Maselli Scotti, F. 1992 – Due fortificazioni tardoantiche ad oriente di Aquileia. In: Sena Chiesa, G. e Arslan, E.A. (a cura di) Felix
Temporis Reparatio. Atti del Convegno Archeologico Internazionale, Milano capitale dell’impero romano. Milano, 8-11 marzo
1990. ET, Milano: 369–373.

Micheletto, E. 1998 – Forme di insediamento tra V e XIII secolo: il contributo dell’archeologia. In: Mercando, L. e Micheletto,
E. (a cura di) Archeologia in Piemonte. Il Medioevo. Umberto Allemandi, Torino: 51–80.

Murialdo, G., 1996 – Il vicus romano e gli insediamenti altomedievali. In: Murialdo, G. (a cura di). Perti. Un territorio rurale nel
Finale tra la preistoria e l’età moderna. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera: 53–72.

Murialdo, G. 2001a – Le anfore da trasporto. In: Mannoni, T. e Murialdo, G. (a cura di). S. Antonino. Un insediamento fortificato
nella Liguria bizantina. Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, XII: 255–296. Istituto Internazionale di Studi
Liguri, Bordighera.

Murialdo, G. 2001b – La ceramica comune. In: Mannoni, T. e Murialdo, G. (a cura di). S. Antonino. Un insediamento fortificato
nella Liguria bizantina. Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche, XII: 339–361. Istituto Internazionale di Studi
Liguri, Bordighera.

280 –
Murialdo, G., Fossati, A., Bonora, E. e Falcetti, C. 1987 – La pietra ollare nel Finale. Rivista di Studi Liguri, LII: 217–242.

Murialdo, G., Olcese, G., Palazzi, P. Parodi, L. 1998 – La ceramica comune in Liguria nel VI e VII secolo. In: Saguì, L. (a cura
di) Ceramica in Italia: VI-VII secolo. Atti del Convegno in onore di John W. Hayes. Relazioni. 11-13 maggio 1995. All’Insegna
Del Giglio, Firenze: 227–252.

Murialdo, G., e Palazzi, P. 2001 – Anfore tardoantiche. In: Varaldo, C. (a cura di) Archeologia urbana a Savona: scavi e ricer-
che nel complesso monumentale del Priamàr. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989). Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Bordighera-Savona: 66–76.

Murialdo, G. Palazzi, P., Arobba, D. 2001 – Archeologia del paesaggio finalese nell’antichità. In: Mannoni, T. e Murialdo,
G. (a cura di). S. Antonino. Un insediamento fortificato nella Liguria bizantina. Collezione di Monografie Preistoriche ed
Archeologiche, XII: 39–64. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera

Olcese, G. 1993 – Le ceramiche comuni di Albintimilium. Indagine archeologica e archeometrica sui materiali dell’area del Cardine.
All’Insegna Del Giglio, Firenze.

Olcese, G. 1998 – La ceramica comune in Liguria nel VI e VII secolo. In: Saguì, L. (a cura di) Ceramica in Italia: VI-VII secolo. Atti
del Convegno in onore di John W. Hayes. Relazioni. 11-13 maggio 1995. AllʼInsegna Del Giglio, Firenze: 227–239.

Palazzi, P. 2001 – Ceramica comune (secc. XI-XIV). In: Varaldo, C. (a cura di) Archeologia urbana a Savona: scavi e ricer-
che nel complesso monumentale del Priamàr. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989). Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Bordighera-Savona: 121–130.

Panetta, M. 1987 – Il Medioevo. I secoli bui e gli anni del benessere. In: L’alimentazione nel mondo antico. Giornata mondiale della
alimentazione, 16 ottobre 1987. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma: 37–40.

Pastorino, A.M. 1997 – Roman and Late Roman Layers in the cave of Arene Candide. In: Maggi, R., Starnini, E. and Voytek,
B.A. (eds.) Arene Candide: A Functional and Environmental Assessment of the Holocene Sequence (excavations Bernabò Brea-
Cardini 1940-50). Monografie dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 623–634. Il Calamo, Roma.

Paunier, D. 1978 – Un refuge du Bas-Empire au Mont-Musiège (Haute Savoie). Museum Helveticum, 35: 295–306.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

Silla, G.A. 1935 – La nuova stazione neolitica dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure). Bollettino della Regia Deputazione di Storia
Patria della Liguria. Sezione Ingauna e Intemelia, II (1): 81–92.

Silla, G.A. 1937 – Nuove ricerche all’Arma dell’Aquila. Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria della Liguria. Sezione
Ingauna e Intemelia, III (3-4): 73–80.

Soro, L. 2017 – Un contributo allo studio delle derrate alimentari nella Sardegna tardoantica e bizantina offerto dall’archeologia subac-
quea. In: Martorelli, R. e Muresu, M. (a cura di) L’alimentazione nel Mediterraneo dalla Tarda antichità al Medioevo. Dalla
Sardegna alla Spagna. Morlacchi Editore, Perugia: 91–132.

Vaccaro, E. 2007 – L’occupazione tardoantica delle grotte dello scoglietto e di Spaccasasso nei Monti dell’Uccellina (GR). In:
Cavanna, C. (a cura di) La Preistoria nelle grotte del Parco Naturale della Maremma. Atti del Museo di Storia Naturale della
Maremma, Supplemento al numero 22: 227–242.

Vinai, A. e Porro, C. 2001 – Priva di coperta postmedievale. In: Varaldo, C. (a cura di) Archeologia urbana a Savona: scavi e ri-
cerche nel complesso monumentale del Priamàr. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989). Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Bordighera-Savona: 359–373.

Ward Perkins, B. 1977 – Ricerche su Luni medievale. Le Classi del materiale. In: Frova, A. (a cura di) Scavi di Luni. Relazione delle
campagne di scavo 1972-1973-1974. Giorgio Bretschneider, Roma: 639–662.

Zambelli, F.H. 1937 – Gli scavi in Val d’Aquila. Giornale Storico e Letterario della Liguria. Regia Deputazione di Storia Patria per
la Liguria, XIII (4): 249–256.

Indirizzo dell’Autore:

PAOLO DE VINGO, Dipartimento di Studi Storici, Università di Torino, Via Sant’Ottavio, 20, I-10124 TORINO
E-mail: paolo.devingo@unito.it

– 281
Paolo Biagi e Elisabetta Starnini (a cura di)
Gli scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): le ricerche e i materiali degli scavi del Novecento
Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Quaderno 15, 2018: 283–292

PAOLO BIAGI e ELISABETTA STARNINI

L’ARMA DELL’AQUILA (FINALE LIGURE, SAVONA)


NEL QUADRO DELLE CONOSCENZE DELL’ALTO TIRRENO
TRA PALEOLITICO SUPERIORE E MEDIO OLOCENE:
UN BILANCIO A 70 ANNI DAGLI SCAVI

RIASSUNTO – Gli autori sintetizzano i risultati conseguiti dello studio interdisciplinare delle testimonianze materiali restituite
dagli scavi della prima metà del ’900 all’Arma dell’Aquila. Come già intuito da alcuni illustri archeologi dell’epoca, questo sito
costituisce uno dei punti di riferimento per comprendere tempi e modi dell’insediamento umano preistorico nell’arco costiero che si
affaccia sull’alto Tirreno. Una serie di datazioni radiometriche ha consentito di attribuire la più antica frequentazione messa in luce
dagli scavi Richard-Chiappella al Protoaurignaziano, confermando che anche il Finalese è stato coinvolto nella prima migrazione di
uomini anatomicamente moderni, e di attribuire ad un momento dell’Epigravettiano antico un utilizzo successivo del riparo durante il
Pleistocene superiore. La frequentazione del sito è continuata anche nell’Olocene, con periodi di occupazione ed abbandono alternati
ad utilizzi anche sepolcrali del riparo in età neolitica.

ABSTRACT – The authors summarize the results of the interdisciplinary approach to the study of the material remains from the first
half of the 1900s excavations at Arma dell’Aquila. As already emphasized by famous archaeologists of that époque, this site represents
one of the focal points to understand the pace and modes of the prehistoric human settlement along the coast of the northern part of
the Tyrrhenian Sea. A series of radiocarbon measurements allowed to date to the Protoaurignacian the most ancient human presence in
the rock shelter unearthed by Richard-Chiappella, confirming that also the Finalese was involved in the arrival of the first AMH, and
attributing to an early phase of the Epigravettian the subsequent Upper Pleistocene frequentation of the site. The cave was later and
intermittently settled during the Holocene, with alternate periods of frequentations, abandonments and burial use of the space during
the Neolithic.

Parole chiave: Aurignaziano, Epigravettiano, Ceramica Impressa, Neolitico Medio, Liguria


Keywords: Aurignacian, Epigravettian, Impressed Ware, Middle Neolithic, Liguria

1. INTRODUZIONE

L’importanza delle scoperte effettuate all’Arma dell’Aquila nella prima metà del Novecento da parte di
Camillo Richard venne immediatamente riconosciuta da Pia Laviosa Zambotti che, nella sua opera Le più
antiche culture agricole europee, pubblicata a Milano nel 1943, le dedicò un intero paragrafo all’interno del
capitolo sulle grotte liguri (Laviosa Zambotti, 1943: 103–105).
Anche Luigi Bernabò Brea, nell’inquadrare i suoi rinvenimenti effettuati alle Arene Candide nel
panorama generale delle conoscenze del Neolitico del Mediterraneo occidentale, menziona come primo
contesto di riferimento per le ceramiche impresse quello rinvenuto da C. Richard e V. Chiappella all’Arma
dell’Aquila (Bernabò Brea, 1956: 169–170).
Tuttavia, mentre le più note caverne liguri, principalmente le Arene Candide e la Grotta Pollera, furono poi
oggetto di nuove indagini stratigrafiche a partire degli anni ’70 (Odetti, 1990; Tiné, 1999), e altri complessi
minori vennero rivisitati e ristudiati (Del Lucchese, 1984a; 1984b; 1987; Odetti, 2002), l’Arma dell’Aquila,
la cui conservazione era stata purtroppo pesantemente compromessa già ai tempi degli scavi di C. Richard
nonostante il vincolo di tutela posto da L. Bernabò Brea (De Pascale e Stefani, 2018), fu invece completamente
dimenticata e lasciata andare incontro al suo triste destino all’interno della cava di Pietra di Finale.
Bisognerà quindi attendere i primi anni ’80 per assistere ad un rinnovato interesse per questo sito
archeologico, e all’inizio di una lunga attività di studio interdisciplinare, analisi, restauro, documentazione

– 283
e revisione dei materiali e dei resti recuperati durante i vecchi scavi (Arobba et al., 1987; Girod, 1988). La
lunga durata dell’impresa, che vede finalmente in questo volume il suo compimento con la presentazione dei
risultati conseguiti, è stata determinata, da una parte, dalla crescita della complessità delle questioni che si
aprivano via via che si procedeva nello studio e, dall’altra, dalla sempre crescente disponibilità di nuovi metodi
scientifici per tentare di darvi una risposta. Come esempio si possono indicare le diverse nuove metodiche di
datazione assoluta che si sono avvicendate negli ultimi decenni, con l’introduzione del sistema AMS prima
(Gottdang et al., 2001; Bronk Ramsey et al., 2004a) e ora del più recente MICADAS (MIni-CArbon-DAting-
System: Synal et al., 2007; Wacker et al., 2010), che hanno indotto la necessità di eseguire nuove misure più
precise; oppure, l’impiego dell’approccio archeometrico allo studio delle provenienze delle diverse materie
prime costitutive dei manufatti.
Inoltre, è doveroso menzionare che questo studio non ha mai beneficiato di finanziamenti specifici, ed
è stato condotto da tutto il gruppo di lavoro, che si ringrazia per la pazienza, professionalità, disponibilità ed
entusiasmo dimostrati, con puro spirito di interesse scientifico per questo importante complesso. Se da una parte
la mancanza di fondi di ricerca specifici ha rallentato l’impresa, dall’altra ne ha consentito la sua realizzazione
in piena libertà, svincolando i singoli studiosi da pressanti scadenze temporali che a volte impediscono di
andare a fondo nelle problematiche.
Anche se oggi la morfologia originaria del riparo, e delle grotte che costituivano il sistema di cavità
denominato oggi Arma dell’Aquila, è stata completamente distrutta e stravolta dai lavori della cava di Pietra
di Finale, e alcuni autori avevano già ipotizzato che durante la preistoria si trattasse di un’unica grande cavità
a cui collassò la volta (Zambelli, 1937: 249), tuttavia si può intuire come essa non abbia mai avuto uno
sviluppo ipogeo consistente e probabilmente si trattava, almeno nell’Olocene antico, di un ampio camerone
poco profondo affacciato direttamente sulla vallata del torrente Aquila.

2.  L’OCCUPAZIONE PALEOLITICA

Uno dei risultati, tra quelli senz’altro più interessanti ottenuti da questo studio, è di aver riconosciuto
una frequentazione del riparo in età Aurignaziana (Biagi e Voytek, 2018). A questo periodo sono da
ricondurre, infatti, una data radiometrica e alcuni manufatti litici scheggiati provenienti dal 9° focolare (2°
focolare Paleolitico), rinvenuto ad oltre 6 metri di profondità dal piano di calpestio originale (Richard, 1942:
Fig. 2). La datazione assoluta disponibile per l’Aurignaziano, anche se ottenuta a suo tempo con metodi
tradizionali, con una deviazione standard molto alta, indica un momento di frequentazione certamente antico
(Protoaurignaziano), intorno ai 40ky anni cal BC, che corrisponde ai risultati recentemente disponibili per
le occupazioni di questo aspetto culturale ai Balzi Rossi (Ventimiglia, IM) per il Riparo Mochi ed il Riparo
Bombrini (Douka et al., 2012; Benazzi et al., 2015; Grimaldi et al., 2017). Questo dato conferma che l’areale
di presenza del primo popolamento umano di AMH (Anatomically Modern Humans), che probabilmente
riguardò parte di un’oscillazione relativamente più temperata dell’OIS3, si estendeva almeno fino al Finalese
(Arobba e Vicino, 2013: 54; Bertola et al., 2013: 125). Segue poi, nella sequenza stratigrafica della cavità,
uno iato di frequentazione, che riprende solo in concomitanza con un momento attribuibile all’inizio del periodo
Epigravettiano, con il 1° focolare Paleolitico di C. Richard, altrimenti da lui definito strato n. 8 (Richard,
1942: 90).
Le datazioni radiometriche di quest’ultimo, che ricadono intorno a 23000-22000 anni cal BC (Starnini
e Biagi, 2018: Tab. 1), e i dati ambientali ricavabili da faune e carboni (Bon e Stefani, 2018; Girod, 2018;
Nisbet, 2018), indicano che il riparo fu riutilizzato da gruppi di cacciatori che vi si insediarono all’inizio
dell’Epigravettiano, probabilmente durante i primi millenni dello stadio climatico OIS2.

3.  LA FREQUENTAZIONE OLOCENICA

Come per le altre sequenze finora indagate in diverse cavità della Liguria, anche all’Aquila non sono
documentate tracce di frequentazione attribuibili al periodo Mesolitico (Biagi et al., 1989). I potenti depositi
sterili che caratterizzano l’orizzonte compreso fra i momenti occupazionali del Paleolitico superiore e quelli
del Neolitico, sono descritti con cura da C. Richard come costituiti “da una serie assai numerosa di sottili
strati di limo alternati con altri di fini detriti calcarei, e di terriccio” che egli ritenne essere stati depositati “da
correnti idriche” (Richard, 1942: 65).

284 –
Le datazioni radiocarboniche, e i complessi di materiali riferibili alla prima frequentazione neolitica
(Starnini e Biagi, 2018), attribuiscono la più antica presenza umana olocenica ad un momento non propriamente
iniziale della Cultura della Ceramica Impressa, bensì ad uno successivo, da ricondurre al cosiddetto “Neolitico
Cardiale a zonazioni orizzontali”, o Neolitico antico II, Cardiale (Binder e Maggi, 2001: Fig. 3). Complessi
di questo aspetto sono noti, in Liguria, all’Arma dello Stefanin in Val Pennavaira (Leale Anfossi, 1972),
dove lo strato 2, che ha restituito reperti vascolari cardiali, è stato datato, su carbone vegetale, a 6610±60 BP
(Bln-3276) (Biagi et al., 1987), e a San Sebastiano di Perti, l’unico sito cardiale all’aperto della Liguria di
Ponente (Starnini e Vicino, 1993), da cui sono disponibili tre datazioni che ricadono fra 6767±39 BP (OxA-
21359) e 6675±33 BP (OxA-19734) (Biagi e Starnini, 2016: Tab. 1). Inoltre, la produzione ceramica cardiale
dell’Aquila è stilisticamente e cronologicamente comparabile a quella di alcuni ben noti contesti della Francia
meridionale, quali Pont de Roque-Haute (Manen, 2007), dove la Fossa 1 ha restituito una datazione AMS
(Lyon-245 (OxA): 6745±70 BP: Manen e Guilaine, 2007: 47) paragonabile a quelle neolitiche più antiche
dell’Aquila (Starnini e Biagi, 2018: Tab. 1) e a parte della sequenza di Pendimoun (Binder, 1990; Binder et
al., 1993; Binder e Sénépart, 2010; Binder et al., 2017: 64).
Un secondo risultato importante consiste nell’aver individuato, attraverso un attento studio tafonomico e
la datazione sistematica delle sepolture (Mannino et al., 2018; Sparacello et. al., 2018), una serie di episodi
sepolcrali che si distribuiscono dal Neolitico antico a quello medio, con un momento che vede probabilmente
l’organizzazione di una piccola necropoli con diverse sepolture da inquadrare negli ultimi tre secoli del VI
millennio BC, la cui attribuzione culturale rimane a tutt’oggi discutibile per l’assenza di reperti della cultura
materiale caratteristici depositati come corredo all’interno delle strutture sepolcrali stesse. Alcuni resti umani
sparsi hanno invece fornito datazioni più antiche, corrispondenti ad un momento del Neolitico antico (fine prima
metà VI millennio cal BC). Questi ultimi si possono considerare, per la Liguria, gli unici resti umani sicuramente
riferibili al periodo in oggetto, soprattutto alla luce della datazione al Neolitico recente della sepoltura ACT2 delle
Arene Candide (Biagi e Starnini, 2016), a lungo considerata da attribuire alla cultura della Ceramica Impressa a
causa dell’assenza di cista litica (Tiné, 1986: 99; Fig. 9; Canci et al., 1999: 307; Traverso, 2002: 299).
A questo proposito è importante ricordare che la datazione di 6570±35 BP (KIA-28340) ottenuta una
decina di anni fa per l’individuo immaturo della sepoltura V dagli scavi L. Bernabò Brea alle Arene Candide
(sepoltura 5BB: Le Bras-Goude, et al., 2006: nota 10), non può essere ritenuta attendibile a causa della
posizione stratigrafica della sepoltura stessa (cfr. la descrizione dettagliata in Bernabò Brea, 1946: 27 e 28,
Tavv. IV e V), sovrapposta alla VI, a sua volta datata a 5260±135 BP (GX-16962 G: Del Lucchese, 1997:
607). Il risultato anomalo ottenuto dalla sepoltura V degli scavi di L. Bernabò Brea alle Arene Candide, è
quindi da imputarsi molto probabilmente a problemi di contaminazione post-scavo del campione (Bronk
Ramsey et al., 2004b; Brock et al., 2007; Hüls et al., 2007). Anche in seguito ai dati di cui sopra, ne consegue
che restano ancora ignoti gli aspetti del rituale funebre e sepolcrale in uso durante i momenti più antichi del
Neolitico a Ceramica Impressa della Liguria.
Informazioni interessanti sullo stato di salute delle popolazioni neolitiche sono state ricavate dall’esame
paleopatologico dei resti scheletrici rinvenuti all’Aquila, dal quale emerge un quadro piuttosto inconsueto,
con un’alta incidenza di tubercolosi e presenza di alterazioni patologiche (Sparacello et al., 2018) che
mostrerebbero le conseguenze di un modo di vita insalubre. È probabile che questo fatto sia da mettere in
relazione con la stretta convivenza di esseri umani e animali domestici che inevitabilmente determina
l’instaurarsi di un ambiente altamente infetto per l’uomo.
Per quanto riguarda le industrie litiche scheggiate e le materie prime impiegate (Biagi e Voytek, 2018)
è da sottolineare che, diversamente da quanto è noto da altri contesti liguri, le Arene Candide, la Grotta
Pollera e l’Arma dello Stefanin, ad esempio, l’Arma dell’Aquila non ha restituito reperti di ossidiana, che,
tuttavia, laddove è presente, lo è sempre con un numero molto limitato di reperti (Odetti, 1990; Ammerman
e Polglase, 1997). È dunque possibile che sia il numero ristretto di manufatti in pietra scheggiata recuperati,
sia l’estensione relativamente limitata dell’area scavata all’Arma dell’Aquila, non consentano di avere una
visione completa delle materie prime utilizzate dalle comunità che hanno frequentato il riparo. Al momento,
non è quindi possibile verificare se l’apporto di ossidiana dalle fonti del Mediterraneo occidentale (Sardegna
e Isole Pontine) durante il Neolitico antico, abbia avuto luogo nello stesso periodo o se, direttrici diverse di
approvvigionamento, corrispondano a momenti ben definiti del Neolitico antico. Anche la risoluzione di questa
incognita sarebbe di grande importanza per comprendere meglio direttrici e modalità della neolitizzazione
dell’alto Tirreno.
In generale, come accennato precedentemente, l’industria litica rinvenuta all’Arma dell’Aquila è
numericamente assai povera (Biagi e Voytek, 2018), come osservato anche per le altre stazioni in grotta

– 285
indagate della Liguria (Starnini, 1999: 232). Tuttavia, come dato interessante, anch’esso in linea con quanto
noto per le Arene Candide (Starnini, 1999: 234–235; Starnini e Voytek, 1997: 401), è da sottolineare la
presenza, anche all’Aquila, di alcuni manufatti realizzati in selce Alpina proveniente da alcune delle fonti di
approvvigionamento molto probabilmente dei Monti Lessini (Barfield, 1993).
Per quanto riguarda il piccolo gruppo di manufatti in pietra non scheggiata (Starnini et al., 2018), è
interessante notare la presenza sia di strumenti da taglio (accette/asce), sia di macine, macinelli e percussori,
indizio di attività diversificate svolte nel sito da parte dei gruppi umani che lo hanno utilizzato. Le analisi delle
materie prime delle lame di asce/accette, alcune di forma peculiare, hanno individuato in distretti geologici
situati ad est del Finalese (Gruppo di Voltri, linea Sestri-Voltaggio) le possibili fonti di approvvigionamento
dei litotipi, che sono stati raccolti, in alcuni casi, sotto forma di ciottoli spiaggiati.
L’analisi archeobotanica ha riguardato un numero esiguo di campioni antracologici rinvenuti nelle
collezioni museali, principalmente costituiti da resti carbonizzati di piante arboree, comunque rappresentativi
dell’intera sequenza scavata (Nisbet, 2018: Tab. 1), da cui però si può solo ricavare un’idea dell’ambiente
vegetazionale nei diversi periodi di occupazione.
Gli aspetti riguardanti l’economia di sussistenza, in assenza di macroresti archeobotanici adeguati,
sono unicamente ricavabili dall’abbondante collezione di resti faunistici (Bon e Stefani, 2018), pur da
interpretare con le dovute cautele determinate dalle più volte menzionate condizioni della stratigrafia
indagata. Il quadro che emerge dallo studio archeozoologico è la presenza, a partire dai più antichi
“focolari” neolitici (6° e 7°), di specie domestiche, tra le quali anche caprovini. La natura e cronologia di
questi ultimi all’Aquila sarà da precisare meglio per mezzo di datazioni radiometriche mirate, e analizzate
anche in rapporto alle conoscenze finora acquisite riguardo all’introduzione di capre e pecore in Liguria e
all’esistenza, durante il Neolitico, di due diverse tipologie di pecore (una di grande taglia e l’altra molto
più piccola) individuate grazie a recenti studi morfometrici (Rowley-Conwy, 1997; Rowley-Conwy et
al., 2013: 181–182). È comunque interessante rilevare che, quantitativamente, il numero di resti faunistici
nei “focolari” neolitici non è in accordo con i dati forniti dai frammenti ceramici, più numerosi nel 5°
focolare che, al contrario, ha restituito una minore quantità di reperti faunistici rispetto al 7° e, soprattutto,
al 6° (Bon e Stefani, 2018: Tab. 25). Questa apparente discrepanza tra il quantitativo di reperti faunistici
e ceramici contenuti nei vari strati è forse da mettere in relazione alla diversa natura dell’occupazione
antropica e delle attività di sussistenza svolte dai gruppi umani nel corso dei vari momenti del Neolitico
documentati all’Aquila.
Lo studio della malacofauna, in particolare quella marina, ha confermato la raccolta (Fig. 1) e l’utilizzo
di valve di Spondylus gaederopus per confezionare bracciali durante il Neolitico (Girod, 2018), aggiungendo
l’Arma dell’Aquila alle località dell’Italia settentrionale dove sono documentati reperti di questo bivalve
(Borrello e Micheli, 2006: Fig. 1).
Infine, per quanto riguarda il Neolitico medio, oltre alla frequentazione collegata agli episodi funerari
sopra menzionati, un’abbondante presenza di ceramica raccolta in diversi contesti dello scavo testimonia la
presenza umana e un utilizzo del riparo dell’Aquila anche per attività di sussistenza. Il contesto ceramico
della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (VBQ) si connota per una prevalenza di recipienti inornati, le forme
dei quali tuttavia sono assai diversificate e attestano la presenza di quasi tutto il repertorio noto per questa
cultura (Del Lucchese e Starnini, 2015), comprese sia le forme miniaturistiche (inclusi i vasetti “a pipa” e
i vasetti sferoidali: Starnini e Biagi, 2018: Fig. 15, n. 1, 3 e 4), sia i grandi contenitori e il vasellame di uso
quotidiano, ad eccezione dei vasi su peduccio. Alcuni frammenti appartenenti a fondi di contenitori profondi
conservano al loro interno tracce di ocra rossa e di materiale organico combusto (Starnini e Biagi, 2018:
Fig. 31).
È da sottolineare all’Aquila la rarità di motivi decorativi VBQ, e i pochi rinvenuti, presentano aspetti
peculiari (Starnini e Biagi, 2018: Fig. 30), privi di confronti puntuali nelle serie liguri. Tuttavia, uno di questi,
che presenta le superfici trattate a spazzolatura (Starnini e Biagi, 2018: Fig. 31, n. 4), trova confronto per
questa particolare tecnica di finitura in alcuni contesti dell’Emilia (Mazzieri e Grignano, 2014).
Le datazioni radiometriche, e gli elementi della cultura materiale VBQ, fanno ritenere che le diverse
frequentazioni umane siano state indirizzate verso un utilizzo diversificato, e probabilmente alternato, dello
spazio del riparo (sepolcrale e di sussistenza) a partire dagli inizi del VI millennio BP o già dalla fine del
VII, che si concludono intorno alla metà del VI millennio BP. Restano pertanto ancora da meglio precisare
in futuro le caratteristiche della cultura materiale di questi quasi cinque secoli di durata delle prime fasi
della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata con serie sistematiche di datazioni mirate su contesti stratigrafici
adeguati.

286 –
Fig. 1 – Frammento di valva sinistra (superiore) di Spondylus gaederopus dal 6° focolare Neolitico (fotografia di E. Starnini).

4.  CONCLUSIONI

Le datazioni radiometriche e la tipologia dei materiali recuperati dagli scavi del ’900, indicano una
frequentazione discontinua nel tempo e diversificata del riparo dell’Aquila, almeno nella zona in cui sono state
condotte le ricerche, nella quale si sono alternati momenti di abitazione più o meno intensi a utilizzi sepolcrali
e a periodi di probabile abbandono, durante tutta la sequenza, a partire dal Pleistocene Superiore sino all’epoca
moderna (de Vingo, 2018).
A questo proposito è utile ricordare che le poche caverne dalle quali si possono trarre informazioni utili per
il popolamento neolitico della Liguria (Biagi e Nisbet, 1986), presentano sequenze notevolmente diverse tra di
loro, sempre incomplete, che non documentano necessariamente periodi di antropizzazione cronologicamente
comparabili e culturalmente coevi tra di loro (Biagi e Starnini, 2016: Tab. 1 e 2; Fig. 10), la cui dislocazione
ricade inoltre in ambienti diversificati (Branch et al., 2014). Il problema della cronologia è documentato
anche all’Aquila, dove l’aspetto più antico della cultura della Ceramica Impressa di questa regione, altrimenti
noto alle Arene Candide ed alla Grotta Pollera, è invece assente. I pochissimi dati a disposizione ci consentono
comunque di affermare che la prima occupazione da parte di diversi gruppi in possesso dell’aspetto a “sillon
d’impressions” della Cultura della Ceramica Impressa interessò località del territorio e ambienti differenziati,
in accordo con quanto è noto ormai da tempo non solo per la Liguria (Biagi e Starnini, 2016: 44) ma anche per
la Provenza e la Linguadoca, grazie principalmente ai ritrovamenti e agli scavi condotti in Francia meridionale

– 287
(Guilaine et al., 2016: 29). Questi ultimi hanno permesso di impostare una sequenza attendibile dei primi
processi di neolitizzazione dell’alto Tirreno (Guilaine, 2003: 194; 2013: 58), processi di cui ancora poco
sappiamo, e ancor meno comprendiamo, a causa della frammentarietà dei dati a disposizione.
Questo problema è particolarmente sentito proprio in Liguria, dove le località attualmente disponibili per
tentarne la soluzione corrispondono, di fatto, a quelle stesse cavità che già si conoscevano più di 70 anni or
sono (Bernabò Brea, 1947), fatta eccezione per i ritrovamenti di superficie di San Sebastiano di Perti, l’unico
sito all’aperto del Neolitico antico finora individuato nel Finalese (Biagi e Starnini, 2016: 44).
In questo quadro generale rientra l’Arma dell’Aquila, una cavità oggetto di scavi condotti più di 70 anni
or sono, finora mai pubblicati in modo completo, poco menzionata, se non nei vecchi lavori già citati, e per
certo mai ritenuta la seconda sequenza per importanza del Finalese, dopo le ben più famose Arene Candide.
Ma è proprio grazie agli studi interdisciplinari condotti sull’Aquila, raccolti in questo volume, che sono stati
rimessi in discussione problemi poco o mai affrontati della preistoria del Neolitico ligure. Tra questi, 1) la
variabilità della cronologia dell’antropizzazione così come indicata nelle sequenze più importanti (Rowley-
Conwy et al., 2013), 2) l’alternanza spaziale dei modelli di popolamento locale e l’espansione demografica
(Atiénzar e Maestre, 2011), 3) la cronologia delle necropoli più antiche e le modalità di seppellimento, 4)
la circolazione dei materiali, della quale alcune informazioni sono state acquisite nella Francia sudoccidentale
(Barnett, 2000: 4.3), per altro un’area che sappiamo presentare similarità stringenti, almeno per quanto
riguarda la produzione vascolare, con aspetti antichi della Ceramica Impressa ligure, anche se le modalità
di queste eventuali relazioni ci restano ignote (Manen, 2000) e, infine, 5) lo stato di salute conseguente alle
condizioni di vita dei più antichi abitanti del Neolitico dell’alto Tirreno sinora portati alla luce.
Altri problemi ancora aperti riguardano la genesi e lo sviluppo della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata con
cui, in buona parte dell’Italia settentrionale, si identifica il Neolitico medio. Quando e dove questo fenomeno
ebbe luogo e quanto durò nel territorio in oggetto? Le testimonianze fornite dall’Arma dell’Aquila purtroppo
non consentono certo di risolvere questo problema. Il complesso fittile restituito dagli scavi è indubbiamente
coerente con l’aspetto iniziale di questa cultura, e le poche date radiometriche lo attribuiscono alla prima metà
del VI millennio BP, dopo la metà del quale l’esperienza della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata sembra
concludersi come alle Arene Candide e in altre cavità liguri. Ma quali furono i rapporti con la Valle Padana
durante questo periodo? Perché motivi ornamentali molto comuni in Val Padana sulle ceramiche grossolane
durante la prima fase VBQ (Mazzieri e Grignano, 2014), quali le decorazioni lineari incise su recipienti a
bocca quadrata a forma di situla e a “stab and drag” sui vasi profondi a bocca rotonda non ricorrono nelle
caverne del Finalese, se non con rari ed unici esemplari, come alle Arene Candide, ad esempio? (Bernabò
Brea, 1946: Tav. XLII, n. 2; Biagi, 1973: 102). Per quali ragioni le decorazioni a impressioni a scorrimento
(“stab and drag”) sono invece presenti nel Savonese occidentale al riparo dell’Alpicella (Varazze: Martino,
1987; Martino e Odetti, 2014), dove queste indicano chiaramente l’esistenza di rapporti tuttora poco
conosciuti con i territori padani, situati al di là dello spartiacque Alpino-Appenninico? I reperti dell’Aquila
non hanno potuto fornire risposte a queste domande, se non ribadire un’omogeneità generica della produzione
ceramica VBQ del Finalese durante questo periodo di occupazione del riparo.

288 –
BIBLIOGRAFIA

Ammerman, A. e Polglase, C. 1997 – Analyses and descriptions of the obsidian collections from Arene Candide. In: Maggi, R.,
Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene sequence
(excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-1950). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 573–
592. Il Calamo, Roma.

Arobba, D., Biagi, P., Formicola, V., Isetti, E. e Nisbet, R. 1987 – Nuove osservazioni sull’Arma dell’Aquila (Finale Ligure -
Savona). Atti della XXVI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 541–551.

Arobba, D. e Vicino, G. 2013 – Il Paleolitico Superiore in Liguria. Una sequenza di culture. In: Arobba, D., De Pascale, A. e Vicino,
G. (a cura di) Le guide del Museo Archeologico del Finale. Il Paleolitico. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Finale Ligure:
53–55 (2a edizione).

Atiénzar, G.G. e Maestre, F.J.J. 2011 – The introduction of the first farming communities in the Western Mediterranean: the Valencian
region in Spain as example. Arqueología Iberoamericana, 10: 17–29.

Barfield, L.H. 1993 – The Exploitation of Flint in the Monti Lessini, Northern Italy. In: Ashton, D. and David, A. (eds.) Stories in
Stone. Lithic Studies Occasional Paper, 4: 71–83. Lithic Studies Society, London.

Barnett, W.K. 2000 – Cardial pottery and the agricultural transition in Mediterranean Europe. In: Price, T.D. (ed.) Europe’s First
Farmers. Cambridge University Press, Cambridge: 93–116.

Benazzi, S., Slon, V., Talamo, S., Peresani, M., Negrino, F., Bailey, S.E., Sawyer, S., Panetta, D., Starnini, E., Salvadori, P.A.,
Meyer, M., Pääbo, S. e Hublin, J.-J. 2015 – The makers of the Protoaurignacian and implications for Neandertal extinction.
Science, Published: 2015-05-15. doi:10.1126/science.aaa2773.

Bernabò Brea, L. 1946 – Gli scavi nella Caverna delle Arene Candide Parte I. Gli strati con ceramiche. Collezione di Monografie
Preistoriche ed Archeologiche, I. Istituto di Studi Liguri, Bordighera.

Bernabò Brea, L. 1947 – Le Caverne del Finale. Istituto di Studi Liguri, Bordighera.

Bernabò Brea, L. 1956 – Gli scavi nella caverna delle Arene Candide (Finale Ligure) Parte prima: gli strati con ceramiche. Vol 2°:
Campagne di scavo 1948-50. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Collezioni di Monografie Preistoriche ed Archeologiche,
Bordighera.

Bertola, S., Broglio, A., Cristiani, E., De Stefani, M., Gurioli, F., Negrino, F., Romandini, M. e Vanhaerens, M. 2013 – La
diffusione del primo Aurignaziano a sud dell’arco alpino. Preistoria Alpina, 47: 123–152.

Biagi, P. 1973 – Raffronti tra l’aspetto ligure e quello padano della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Atti della XV Riunione Scientifica
dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Parenti, Firenze: 95–110.

Biagi, P., Maggi, R. e Nisbet, R. 1987 – Excavations at Arma dello Stefanin (Val Pennavaira, Albenga, Northern Italy): 1982-1986.
Mesolithic Miscellany, 8 (1): 10–11.

Biagi, P., Maggi, R. e Nisbet, R. 1989 – Liguria: 11,000 - 7000 BP. In:  Bonsall, C. (ed.) The Mesolithic in Europe. Papers presented
at the third International Symposium: 533–540. John Donald, Edinburgh.

Biagi, P. e Nisbet, R. 1986 – Popolazione e territorio in Liguria tra il XII e il IV millennio b.c. In: Arslan, E. (a cura di) Scritti in onore
di G. Massari Taballo e U. Tocchetti Pollini: 19–27. ET, Milano.

Biagi, P. e Starnini, E. 2016 – La cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): distribuzione, cronolo-
gia e aspetti culturali. In: Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Martí Oliver.
Servicio de Investigación Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119: 35–49. València.

Biagi, P. e Voytek, B.A. 2018 – The chipped stone assemblages from Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e
Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del
Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 117–125. Print and Graph,
Ronchi dei Legionari (GO).

Binder, D. 1990 – Données nouvelles sur le Néolithique a Céramique Imprimée dans l’aire Liguro-Provençale. In: Cahen, D. e Otte,
M. (eds.) Rubané & Cardial. ERAUL, 39: 393–400.

Binder D., Brochier, J.-E., Duday, H., Helmer, D., Marinval, P., Thiebault, S. e Wattez, J. 1993 – L’abri Pendimoun (Castellar,
Alpes-Maritimes): nouvelles données sur le complexe culturel de la Céramique Imprimée méditerranéenne dans son contexte
stratigraphique. Gallia préhistoire, 35: 177–251. doi:10.3406/galip.1993.2087.

– 289
Binder, D., Lanos, P., Angeli, L., Gomart, L., Guilaine, J., Manen, C., Maggi, R., Muntoni, I.M., Panelli, C., Radi, G., Tozzi,
C., Arobba, D., Battentier, J., Brandaglia, M., Bouby, L., Briois, F., Baccé, A., Delhon, C., Gourichon, L., Marinval, P.,
Nisbet, R., Rossi, S., Rowley-Conwy, P. e Thiébault, S. 2017 – Modelling the earliest north-western dispersal of Mediterranean
Impressed Wares: new dates and Bayesan chronological model. Documenta Praehistorica, XLIV: 54–77. doi:10.4312/dp.44.4.

Binder, D. e Maggi, R. 2001 – Le Néolithique ancien de l’arc liguro-provençal. Bulletin de la Société Préhistorique Française, 98
(3): 411–422.

Binder, D. e Sénépart, I. 2010 – La séquence de l’Impresso-Cardial de l’abri Pendimoun et l’évolution des assemblages céramiques
en Provence. Mémoire de la Société Préhistorique Française, LI: 149–167.

Bon, M. e Stefani, M. 2018 – I resti faunistici di mammiferi dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Scavi di Camillo Richard
(1938 e 1942). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i
Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
189–242. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Borrello, M.A. e Micheli, R. 2006 – Ritrovamenti di ornamenti in Spondylus gaederopus nei siti italiani del Neolitico e dell’età del
Rame. Atti della XXXIX Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, II Latini, Firenze: 873–887.

Branch, N.P., Black, S., Maggi, R. e Marini, N.A.F. 2014 - The Neolithisation of Liguria (NW Italy): An environmental archa-
eological and palaeoenvironmental perspective. Environmental Archaeology, 19 (3): 196–213. doi:10.1179/1749631414Y.196
0000000024.

Brock, F., Bronk Ramsey, C. e Higham, T.F.G. 2007 – Quality assurance of ultrafiltered bone dating. Radiocarbon, Radiocarbon, 49
(2): 187–192. doi:10.1017/S0033822200042107.

Bronk Ramsey, C., Higham, T. e Leach, P. 2004a – Towards High-Precision AMS: Progress and Limitations. In: Beavan Athfield, N.
and Sparks, R.J. (eds.) Proceedings of the 18th International Radiocarbon Conference. Radiocarbon, 46 (1): 17–24.

Bronk Ramsey, C., Higham, T.F.G., Bowles, A. e Hedges, R.E.M. 2004b – Improvements to the pretreatment of bone at Oxford. In:
Beavan Athfield, N. and Sparks, R.J. (eds.) Proceedings of the 18th International Radiocarbon Conference. Radiocarbon, 46
(1): 155–163.

Canci, A., Minozzi, S. e Borgognini Tarli, S.M. 1999 – Resti scheletrici umani. In: Tiné, S. (a cura di) Il Neolitico nella Caverna del-
le Arene Candide (scavi 1972-1977). Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche X: 304–312. Istituto Internazionale
di Studi Liguri, Bordighera.

Del Lucchese, 1984a – Saggio di scavo nella Caverna del Frate a Finale Ligure. Rivista Ingauna e Intemelia, 1984 (1-2): 61–67.

Del Lucchese, 1984b – Caverne del Finalese. Archeologia in Liguria II. Scavi e scoperte 1976-81: 175–179. Tormena, Genova.

Del Lucchese, 1987 – Caverne del Finalese. Archeologia in Liguria III.1. Scavi e scoperte 1982-86: 117–121. Tormena, Genova.

Del Lucchese, A. 1997 – The Neolithic burials from Arene Candide: the Bernabò Brea-Cardini excavation. In: Maggi, R., Starnini,
E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: a functional and environmental assessment of the Holocene sequence (excavations
Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 605–609. Il Calamo, Roma.

Del Lucchese, A. e Starnini, E. 2015 – Aggiornamenti sulla fase antica della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata in Liguria da una
revisione dei materiali ceramici in corso. Archeologia in Liguria, Nuova Serie V, 2012-2013: 27–37.

De Pascale, A. e Stefani, M. 2018 – Scoperte e ricerche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): dalla segnalazione di G.B.
Amerano allo scavo del 1942. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona):
Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia,
Quaderno 15: 13–43. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

de Vingo, P. 2018 – Dopo la preistoria: uso e frequentazione del riparo dell’Arma del’Aquila (Finale Ligure, Savona) tra età tardoro-
mana e postmedioevo. In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche
e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
271-281. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Douka, K., Grimaldi, S., Boschian, G., del Lucchese, A. e Higham, T.F.G. 2012 – A new chronostratigraphic framework for the
Upper Palaeolithic of Riparo Mochi (Italy). Journal of Human Evolution, 62: 286–299. doi:10.1016/j.jhevol.2011.11.009.

Girod, A. 1988 – La malacofauna olocenica dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). Natura Bresciana, 25: 311–318.

Girod, A. 2018 – I molluschi terrestri e marini dei livelli neolitici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e
Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del

290 –
Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 243–254. Print and Graph,
Ronchi dei Legionari (GO).

Gottdang, A., Klein, M. e Mous, D.J.W. 2001 – Accelerator mass spectrometry at High Voltage Engeneering Europa (HVEE).
Radiocarbon, 43 (2A): 149–156.

Grimaldi, S., Santaniello, F. e Starnini, E. 2017 – Le Riparo Mochi (Balzi Rossi,Ventimiglia, Italie): les nouvelles fouilles. Bulletin
de la Société Préhistorique Française, 114 (1): 169–172.

Guilaine, J. 2003 – Aspects de la Néolithisation en Méditerranée et en France. In: Ammerman, A.J. and Biagi, P. (eds.) The Widenig
Harvest. The Neolithic Transition in Europe: Looking Back, Looking Forward. Archaeological Institute of America, Colloquia
and Conference Papers, 6: 189–206. Boston.

Guilaine, J. 2013 – The Neolithic Transition in Europe: some comments on gaps, contacts, arhytmic model, genetics. In: Starnini, E.
(ed.) Unconformist Archaeology. Papers in honour of Paolo Biagi. BAR International Series, 2528: 55–64. Hadrian Books, Oxford.

Guilaine, J., Metallinou, G. e Berger, J.-F. 2016 – La néolithisation de la Méditerranée occidentale: sur la piste des pionniers? In: Del
neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Martí Oliver. Servicio de Investigación
Prehistórica del Museo de Prehistoria de Valencia. Serie de Trabajos Varios, 119: 27–34.

Hüls, M.C., Grootes, P.M. e Nadeau, M.-J. 2007 – How clean is ultrafiltration cleaning of bone collagen? Radiocarbon, 49 (2): 193–200.

Laviosa Zambotti, P. 1943 – Le più antiche culture agricole europee. L’Italia, i Balcani e l’Europa Centrale durante il neo-Eneolitico.
Principato, Milano.

Leale Anfossi, M. 1972 – Il giacimento dell’Arma dello Stefanin (Val Pennavaira – Albenga). Scavi 1952-1962. Rivista di Scienze
Preistoriche, XXVII (2): 249–321.

Le Bras-Goude, G., Binder, D., Formicola, V., Duday, H., Couture-Veschambre, C., Hublin, J.-J. e Richads, M. 2006 – Stratégies
de subsistance et analyse culturelle de populations néolithiques de Ligurie: approche par l’étude isotopique (13C et 15N) des
restes osseux. Bulletins et Mémoires de la Société d’Anthropologie de Paris, n.s.18 (1–2): 45–55.

Manen, C. 2000 – Implantation de faciès d’origine italienne au Néolithique ancien: l’exemple des sites «liguriens» du Languedoc.
Rencontre s méridionales de Préhistoire récente, troisième session, Toulouse 1998. Archives d’Ecologie Préhistorique, 2000: 35–42.

Manen, C. 2007 – La production céramique de Pont de Roque-Haute: synthèse et comparaisons. In: Guilaine, J., Manen, C. e Vigne,
J.-D. (eds.) Pont de Roque-Haute. Nouveaux regards sur la néolithisation de la France méditerranéenne. Centre de Recherche
sur la Préhistoire et la Protohistoire de la Méditerranée, Toulouse: 151–166.

Manen, C. e Guilaine, J. 2007 – Pont de Roque-Haute et la cadre chronologique du Néolithique ancien du Sud de la France. In:
Guilaine, J., Manen, C. e Vigne, J.-D. (eds.) Pont de Roque-Haute. Nouveaux regards sur la néolithisation de la France médit-
erranéenne. Centre de Recherche sur la Préhistoire et la Protohistoire de la Méditerranée, Toulouse: 47–49.

Mannino, M.A., Talamo, S., Goude, G. e Richards, M.P. 2018 – Analisi isotopiche e datazioni sul collagene osseo degli inumati
dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale
Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-
Venezia Giulia, Quaderno 15: 183-188. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Martino, G.P. 1987 – Alpicella. Archeologia in Liguria, III (1). Scavi e scoperte 1982-86: 101–105.

Martino, G.P. e Odetti, G. 2014 – Il Riparo di Rocca Due Teste all’Alpicella di Varazze (SV) nel contesto del Neolitico medio e
superiore della Liguria. Rivista di Studi Liguri, LXXVII-LXXIX (2011-2013): 413–418.

Mazzieri, P. e Grignano, M. 2014 – L’insediamento di VBQ I di Benefizio (Parma). Rivista di Studi Liguri, LXXVII-LXXIX (2011-
2013): 457–464.

Nisbet, R. 2018 – Analisi antracologiche all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli
Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria
e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 255-260. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Odetti, G. 1990 – Saggio nei livelli neolitici della Grotta Pollera. Rivista Ingauna e Intemelia, XLV: 107–147.

Odetti, G. (a cura di) 2002 – La Grotta del Sanguineto o della Matta: scavi e scoperte tra ’800 e ’900. Quaderni del Museo
Archeologico del Finale, 4: 103–125. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Richard, C. 1942 – Scavi nell’Arma dell’Aquila a Finale Ligure. Prima Relazione. Bullettino di Paletnologia Italiana, Nuova Serie
V-VI: 43–100.

– 291
Rowley-Conwy, P. 1997 – The animal bones from Arene Candide (Holocene sequence): final report. In: Maggi, R., Starnini, E. and
Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: A Functional and Environmental Assessment of the Holocene Sequence (Excavations Bernabò
Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 153–279. Il Calamo, Roma.

Rowley-Conwy, P., Gourichon, L., Helmer, D. e Vigne, J.-D. 2013 – Early domestic animals in Italy, Istria, the Tyrrhenian Islands
and Southern France. In: Colledge, S., Conolly, J., Dobney, K., Manning, K. and Shennan, S. (eds.) The origins and spread
of domestic animals in southwest Asia and Europe. Publications of the Institute of Archaeology, University College, London, 59:
161–194. Left Coast Press, Walnut Creek.

Sparacello, V.S., Panelli, C., Rossi, S., Dori, I., Varalli, A., Goude, G., Kacki, S., Partiot, C., Roberts, C.A. e Moggi-Cecchi,
J. 2018 – Archaeothanatology and palaeobiology of the burials and “scattered human remains” from Arma dell’Aquila (Finale
ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e
i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15:
143–181. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Starnini, E. 1999 – Industria litica scheggiata. In: Tiné, S. (a cura di) Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977).
Collezione di Monografie Preistoriche ed Archeologiche X: 219–236, 450–471. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Starnini, E. e Biagi, P. 2018 – I reperti ceramici dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In: Biagi, P. e Starnini, E. (a cura
di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi del Novecento. Società per la
Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 49–94. Print and Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Starnini, E., D’Amico, C. e Ghedini, M. 2018 – L’industria in pietra levigata dell’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona). In:
Biagi, P. e Starnini, E. (a cura di) Gli Scavi all’Arma dell’Aquila (Finale Ligure, Savona): Le Ricerche e i Materiali degli Scavi
del Novecento. Società per la Preistoria e Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, Quaderno 15: 127–135. Print and
Graph, Ronchi dei Legionari (GO).

Starnini, E. e Vicino, G. 1993 – Segnalazione di un sito neolitico in località S. Sebastiano di Perti (Finale Ligure - SV). Rassegna di
Archeologia, 11: 37–43.

Starnini, E. e Voytek, B.A. 1997 – The Neolithic Chipped Stone Artefacts from the Bernabò Brea-Cardini Excavations. In: Maggi,
R., Starnini, E. and Voytek, B.A. (eds.) Arene Candide: A Functional and Environmental Assessment of the Holocene Sequence
(Excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50). Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova Serie 5: 348–426.
Il Calamo, Roma.

Synal, H.-A., Stocker, M. e Suter, M. 2007 – MICADAS: a new compact radiocarbon AMS system. Nuclear Instruments and
Methods in Physics Research B, 259 (1): 7–13.

Tiné, S. 1986 – Nuovi scavi nella caverna delle Arene Candide. In: Demoule, J.-P. e Guilaine, J. (eds.) Le Néolithique de la France.
Picard, Paris: 95–110.

Tiné, S. (a cura di) 1999 – Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977). Collezione di Monografie Preistoriche
ed Archeologiche, X. Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera.

Traverso, A. 2002 – Arene Candide. Liguria. In: Fugazzola Delpino, M.A., Pessina, A. e Tiné, V. (eds.) Le ceramiche impresse nel
Neolitico antico. Italia e Mediterraneo. Studi di Paletnologia, I: 291–301. Collana del Bullettino di Paletnologia Italiana, Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

Wacker, L., Bonani, G., Friedrich, M., Hajdas, I., Kromer, B., Nïmec, M., Ruff, M., Suter, M., Synal, H.-A. e Vockenhuber, C.
2010 – MICADAS: Routine and High-Precision Radiocarbon Dating. In: Jull, A.J.T. (ed.) Proceedings of the 20th International
Radiocarbon Conference. Radiocarbon, 52 (2-3): 252–262.

Indirizzi degli Autori:

PAOLO BIAGI, Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea, Università Ca’ Foscari di Venezia, Ca’ Cappello, San Polo
2035, I-30125 VENEZIA
E-mail: pavelius@unive.it

ELISABETTA STARNINI, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Via dei Mille 19, I-56126 PISA;
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le Province di Imperia, La Spezia e Savona,
Via Balbi 10, I-16126 GENOVA
E-mail: elisabetta.starnini@unipi.it; elisabetta.starnini@beniculturali.it

292 –
Summary

In the last century, the prehistorian Pia Laviosa Zambotti was the first to point out the importance of the
discoveries made by Camillo Richard at the Arma dell’Aquila rock-shelter (Finale Ligure, Savona) in 1938
and 1942. This author wrote an entire paragraph of her chapter on the archaeology of the Ligurian caves of her
seminal volume entitled “Le più antiche culture agricole europee”, published in Milan in 1943, on the Arma
dell’Aquila discoveries. Also the famous Ligurian archaeologist Luigi Bernabò Brea, mentioned the Neolithic
Impressed Wares from the Aquila rock-shelter as first referring context, framing the assemblages recovered
from his excavations at the Arene Candide Cave into the general picture of the Mediterranean Neolithic.
However, while other important Ligurian caves were excavated starting from the 1970s, among which
are the Arene Candide and Pollera caves, and other less important complexes were reanalysed and studied,
the Arma dell’Aquila was almost definitively forgotten. Moreover, its preservation was unfortunately heavily
compromised already in the 1940s, despite the fact that it had been formerly protected by an official Italian
state act signed by L. Bernabò Brea, because the site was located inside an active Finale Stone quarry.
The study of the site was resumed only in the 1980s. During the same years a long-lasting interdisciplinary
work encompassing analysis, revision, restoration, and documentation of the assemblages recovered during the
1940s and the preceding excavations finally took place. The very long enterprise that culminated in the pub-
lication of the present volume, was caused by the growing complexity of the questions to be answered during
the writing of the different texts, and the increasing number of new scientific methods at disposal. For example
we can mention first the radiocarbon method that has greatly improved during the last decades thanks to the
introduction first of AMS and later MICADAS counters, and the consequent necessity of obtaining more and
more precise results, and second the archaeometric methods of analysis to try to interpret the provenance of
raw materials employed for the manufacture of different types of artefacts.
It is important to remark that the publication of the present volume has never been supported by any funds.
The researchers’ team that we thank for patience, professional work and enthusiasm, has worked on the different
assemblages exclusively because of the great interest and scientific importance of the site. From one side the
absence of any specific research grant has slowed the publication progress, while from another it has freed each
author from any pressing deadline that might have prevented deepening into the problems to solve and develop.
Though the original morphology of the rock-shelter, and the caves that originally constituted the system
at present called Arma dell’Aquila, have been completely destroyed and dismantled by progressive Finale
Stone quarrying, a few authors, among whom is Federico Hosmer Zambelli, had already suggested that during
prehistory the archaeological site was just one large cave. We can also suggest that at least during the early and
middle Holocene, the cave never had a deep hypogeal development. In those times it most probably looked like
a cavern, facing the Aquila River Valley.
One of the most interesting results achieved by the study of the finds is represented by the identification
of an early Upper Palaeolithic occupation of the shelter that took place during the Aurignacian period. This is
shown by the presence of a few chipped stone artefacts recovered by C. Richard from his 9th “fireplace” (or 2nd
Palaeolithic “fireplace”), uncovered at ca 6 m of depth, and by a radiocarbon date (GrN-17486: 39,900+5100/-
3100 BP). The date, obtained at the beginning of this study by traditional method has a high standard devia-
tion. Nevertheless, it shows that the site was first settled during the so-called Proto-Aurignacian, around 40 ky
cal BC. The assay fits well into our present knowledge, and a few results obtained from other Ligurian sites,
among which are Riparo Mochi and Riparo Bombrini at the Balzi Rossi. It confirms that also the Finalese
saw the first peopling of Anatomically Modern Humans that took place most probably during a warm oscilla-
tion of the OIS3. The Late Pleistocene sequence of the cave is followed by a sterile layer, which is followed
again by another “fireplace” (Richard’s 1st Palaeolithic “fireplace”) radiocarbon-dated to the beginning of the
Epigravettian period around 23-22,000 ky cal BC (GrN-17485: 20,430+480/-450 BP). It shows that another
Late Palaeolithic occupation occurred at the cave, most probably around the beginning of the OIS2.
As for other Ligurian caves, we do not have any trace of human frequentation at the Aquila Rock-shelter
during the Mesolithic. The thick sterile deposits corresponding to this period, stratified between the Late
Palaeolithic Epigravettian occupation and the Early Neolithic Impressed Ware Culture layer, are described by
C. Richard as “a series of many thin levels of marl alternated to others of thin limestone detritus and soil”,
which he thought had been deposited by “hydraulic currents”.
According to the radiocarbon chronology, and the characteristics of the material culture assemblages,
the earliest Holocene human presence of Arma dell’Aquila corresponds to the Neolithic occupation that took

– 293
place in a rather advanced moment of the Impressed Ware Culture period, attributable to the “Cardial Neolithic
with horizontal zonations”, otherwise called II Cardial Neolithic. In Liguria, assemblages of this aspect have
been recovered from layer 2 of Arma dello Stefanin in the Val Pennavaira, radiocarbon-dated to 6610±60 BP
(Bln-3276), as well as from San Sebastiano di Perti in the Finalese, the only Impressed Ware open-air site so
far known in Liguria, from which three AMS dates are available that span from 6767±39 BP (OxA-21359) to
6675±33 BP (OxA-19734). Moreover the Impressed Ware pottery assemblage from the Arma dell’Aquila can
be compared to those from other famous sites of southern France, among which is Pont de Roque-Haute. Pit
1 of this site has been dated to 6745±70 BP (Lyon-245 (OxA), a result that can be compared to those obtained
from Aquila, and part of the Pendimoun sequence in Provence.
Other important results have been achieved thanks to the taphonomic study and radiocarbon dating of the
Neolithic burials. They show that different periods of inhumation took place inside the cave between the early
and middle Neolithic. Of major importance is the presence of a small cemetery, at present the oldest so far
discovered in the upper Tyrrhenian region, radiocarbon-dated to the last three centuries of the sixth millennium
BC. At present its cultural attribution is difficult to assess because of the absence of cultural remains depos-
ited inside the tombs as grave goods. In contrast, other human remains yielded earlier dates corresponding to
an Early Neolithic period of settlement. These latter are undoubtedly the only human bones of this period so
far discovered in Liguria. In effect, the Arene Candide grave ACT2, formerly ascribed to the Early Neolithic
Impressed Ware Culture because of the absence of any cist slab, has been recently radiocarbon-dated to the
Late Neolithic.
In this respect it is important to point out that the date 6570±35 BP (KIA-28340) obtained ca ten years ago
from the immature individual of burial V excavated by L. Bernabò Brea at the Arene Candide, is not reliable be-
cause of its stratigraphic location above burial VI, radiocarbon-dated to 5260±135 BP (GX-16962). The result is
most probably due to a post-excavation contamination of the sample. To sum up, the data presented above show
that our knowledge regarding the Impressed Ware Culture burial customs and rituals in Liguria is still very poor.
Very interesting information has been obtained from the anthropological and palaeopathological analysis
of the human bones. They show quite a high incidence of tuberculosis and pathological alterations due to un-
healthy living conditions probably related to the close coexistence of humans and domestic animals, which led
to the establishment of a high infective environment for humans.
Regarding the chipped stone assemblages, and the raw material exploited for their manufacture, it is inter-
esting to pinpoint that the Arma dell’Aquila did not yield any obsidian tool. This fact contrasts with the evidence
available from other Neolithic sites of Liguria, among which are Cave Pollera, the Arene Candide, and Arma del-
lo Stefanin, from whose sequences a few obsidian artefacts have been recovered. However, we can suggest that
the small assemblage of knapped stones retrieved from the Arma dell’Aquila, and the limited area covered by the
excavations carried out at the site, are not enough to provide us with a reliable picture of the raw material variety
employed by the prehistoric communities who inhabited the shelter throughout the different ages.
At present, due to the limited dataset at our disposal for Liguria, it is difficult to establish with certainty
whether the presence of obsidian artefacts from different central Mediterranean sources (Sardinia, Lipari and
the Pontine Islands) is to be referred to specific periods of the Neolithic, or they show different procurement
routes and sources corresponding to well-defined Neolithic periods. It would be very important to clarify this
point in order to understand trajectories and modes of Neolithization in the upper Tyrrhenian Sea.
As reported above, the chipped stone assemblage from the Arma dell’Aquila is numerically very poor as
are most of the Holocene lithic complexes yielded by the Ligurian caves. However, as already remarked for
the lithics from the Arene Candide Cave, also a few artefacts from Arma dell’Aquila have been obtained from
Alpine raw material, most probably of Lessini Hills (Verona) provenance.
Regarding the small polished and ground stone assemblage, we can notice the presence of axes/adzes,
some of which of a unique shape, upper and lower querns as well as pestles, which show that different ac-
tivities were performed in the shelter. The analysis of the raw material employed for the production of the
cutting-edged tools shows that they most probably come from beach and river pebbles, and consist of rocks
available from a region located just east of the Finalese (Gruppo di Voltri, Sestri-Voltaggio line). It is important
to note that the aforementioned eastward trajectory coincides with that indicated by the archaeometric study
of some ceramic potsherds, showing a certain degree of mobility and territorial interactions of the Neolithic
human groups settled along the coasts of Liguria.
The archaeobotanical analysis regards a small number of anthracological remains, mainly charred pieces
of arboreal plants, recovered by C. Richard throughout the entire cave sequence. They provided us with a rea-
sonable view of the vegetation exploited by humans during different periods of habitation.

294 –
The faunal remains consist of a rich assemblage from both the Palaeolithic and the Neolithic deposits.
Although their study has been partly conditioned by the nature of the deposits from which they have been
retrieved, and the complexity of the rock-shelter sequence, we have to note the presence of caprovids since
the earliest Neolithic layers (7th and 6th “fireplaces”). Their precise chronology remains to be defined by radi-
ocarbon dating in the future, in order to compare them with our current knowledge regarding the introduction
of sheep and goats in Liguria at the beginning of the Neolithic, as well as to contribute to the problem of the
occurrence of two different species of sheep (one large and one small) in the region recently defined thanks to
morphometric criteria. However, it is interesting to point out that the number of animal bones retrieved from
the Neolithic “fireplaces” cannot be compared to that of the potsherds. For examples these latter are more nu-
merous in the 5th “fireplace” which, in contrast, has yielded a lower number of bones if compared with the 7th
and 6th “fireplaces”. The remarkable differences between quantity and percentage of animal bones versus ce-
ramic potsherds within the different layers might be related to the different activities and subsistence economy
practised by the human groups during the Neolithic periods of occupation of the Arma dell’Aquila.
The study of the malacological remains has confirmed the collection and exploitation of Spondylus
gaederopus valves for the production of bracelets during the Neolithic in Liguria, adding Arma dell’Aquila as
a new locality to the distribution map of the Italian sites, from which artefacts made from this marine bivalve
have been found.
Regarding the Middle Neolithic Square-Mouthed Pottery Culture, apart from the aforementioned funerary
aspects, the presence of a rich ceramic assemblage shows that the shelter was most probably more intensively
settled during this period. The pottery is represented mainly by undecorated sherds with dark or brown, well-pol-
ished outer surfaces that represent the entire variety of vessel shapes known for this cultural aspect. Among them
are miniature spherical and pipe-vessels, and more mundane vessel shapes for food consumption, among which
deep bowls and necked flasks are the most common, with squared or rounded opening, and large storage con-
tainers. Pedestalled vessels are absent. A few bottom fragments of large vessels show traces of either red ochre
or burnt organic material (food remains?) whose composition would be interesting to analyse with appropriate
methods. We have to remark the scarcity of decorated sherds. Among them are a few scratched and incised pat-
terns that do not find matching parallels from any other Ligurian Middle Neolithic site.
Both the radiocarbon dates and the presence of characteristic Square-Mouthed Pottery vessel shapes sug-
gest a diversified and most probably alternated phases of exploitation of the rock-shelter, represented by burial
and domestic activities that most probably began since the last centuries of the 7th millennium and continued
up to the middle of the 6th millennium BP. The nature of human activity and the characteristics of the material
culture remains of these 5/6 centuries of Middle Neolithic exploitation are to be better defined in the future
with the help of more radiocarbon dates from well-defined stratified regional contexts.
The radiocarbon dates and the typology of the material culture remains retrieved from the excavations car-
ried out at the Aquila rock-shelter in the 1900s show that habitation was discontinuous and its use diversified
through the time, at least in the area where the research was conducted. Here we witness more or less intense
periods of settling, funerary utilisation, and probable abandonments, throughout the entire sequence, starting
from the Late Palaeolithic to post-medieval times.
We have to remember that the few caves of Liguria from which useful data can be achieved for the
reconstruction of the Neolithic peopling of the region show very different stratigraphic sequences that are
always incomplete. Moreover they do not necessarily show chronologically comparable and culturally coeval
periods of anthropization, and their environmental location is varied. Problems related with internal chrono-
logical sequences are evident also at Arma dell’Aquila, where the oldest Neolithic Impressed Ware period is
not represented, while it is known from two neighbouring caves, namely the Arene Candide and Pollera. The
few data at our disposal show that the territory was first inhabited by Neolithic communities belonging to the
“sillon d’impressions” Impressed Ware group, otherwise known in France as “Ligurien” style. They settled
in different sites and environmental locations as they did in the Provence and Languedoc, as we know from
the excavations carried out in south France. The results produced by the aforementioned researches favoured
the construction of a reliable sequence of the earliest Neolithic events that took place in this part of the north
Tyrrhenian region, though our knowledge and comprehension of the problems are still limited by the scarcity
and fragmentation of available data.
This problem is even more complex in Liguria where the sites at our disposal from which we can try to
build up a reliable sequence of the events are in effect those known already ca 70 years ago, with the exception
of San Sebastiano di Perti, the only Early Neolithic open-air site so far discovered in the Finalese, though never
excavated.

– 295
Arma dell’Aquila fits into the above-described general picture. Though the site was excavated more than
70 years ago, the finds had never been properly studied and the results had never been published in detail.
Moreover, the site has been rarely mentioned in the recent literature, with the exception of a few short notes
reported mainly from last century’s papers. For sure it has never been considered to be the second most
important sequence of the Finalese, following that of the more famous Arene Candide Cave. Thanks to the
interdisciplinary studies presented in this volume, some of the important problems of the Ligurian Neolithic
have been re-discussed and, whenever possible, updated. Among them are 1) questions regarding the variable
periods of Neolithic occupation as they are shown by the chronology of the most important archaeological
sequences, 2) the spatial distribution of the local peopling and its demographic expansion, 3) the chronology
of the oldest Neolithic graveyards and the different ways people were buried, 4) the circulation of the material
culture assemblages. Regarding this aspect at present a few data are available from south-western France. This
territory shows indeed close similarities with Liguria at least as regards the earliest pottery production, though
the details of the eventual relationships are badly known, 5) the living condition and health problems of the
earliest Neolithic inhabitants of the upper Tyrrhenian Sea.
Other open problems regard the origin and development of the Square-Mouthed Pottery Culture that char-
acterises the Middle Neolithic period in most of northern Italy. When and where this cultural aspect started to
appear and developed, and how long did it last in the territory under study? Unfortunately the data retrieved
from Arma dell’Aquila are not sufficient to answer the question and therefore we cannot solve the problem.
The ceramic assemblage excavated from the cave undoubtedly belongs to the early phase of development of
the culture that the available radiocarbon dates attribute to the first half of the 6th millennium BP.
Just around the middle of the same millennium this aspect is no longer represented at Aquila. The same ev-
idence is known from the Arene Candide and other Ligurian caves. What kind of relationships was entertained
with the Po Plain during the first half of the 6th millennium BP? Why pottery decorative patterns that charac-
terise the coarse wares of the early phases of the culture in the Po Valley, namely the linear incised patterns
on necked square-mouthed deep vessels, and “stab and drag” decorations impressed on the surfaces of deep
storage containers, are not present in the Middle Neolithic sequences of the Finalese, apart from just a few pot-
sherds, recovered from the Arene Candide for example? Why “stab and drag” ornamented pots are otherwise
known from the Alpicella rock-shelter (Varazze, Savona), showing evident, though badly known relationships
with the plain that opens north of the Alpine-Apennine watershed? Unfortunately the Arma dell’Aquila finds
are unsuited to reply to these questions, though they confirmed a generic homogeneity in the square-mouthed
pottery production in comparison to that of the Po Valley during this period of occupation of the site.
The Arma dell’Aquila continued to be settled, though very sporadically, also during the Bronze Ages,
as shown by the presence of very few characteristic potsherds. Moreover, the recovery of ceramic fragments
attributed to Late Roman and post-Medieval times might be related to pastoral activities or woodland cleaning
of the territory around the cave that took place during this long historic period.

(translated by P. Biagi, E. Starnini and B.A. Voytek)

296 –

Potrebbero piacerti anche