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collana diretta da
Daniele Parbuono, Francesca Sbardella, Mario Turci
Comitato scientifico
Denis Chevallier (MuCem - Musée de Civilisations de l’Europe e de la Méditerranée) -
Patrizia Cirino (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) - Zhuang
Liu (Chongqing University of Arts and Sciences) - Bogdan Iancu (Școala Națională de
Studii Politice și Administrative) - Ferdinando Felice Mirizzi (Università degli Studi della
Basilicata) - Emanuela Rossi (Università degli Studi di Firenze) - Federica Tamarozzi
(Musée d’Ethnographie de Genève) - Jean-Pierre Warnier (Université René Descartes Paris V)
Direzione
Daniele Parbuono (Università degli Studi di Perugia) - Francesca Sbardella (Università
degli Studi di Bologna) - Mario Turci (Museo Ettore Guatelli)
Comitato di Redazione
Cristiano Croci - Alessandro De Cola - Maria Elena Lopatriello - Lorenza Lullini -
Irene Picichè - Gregorio Serafino
a cura di
Katia Ballacchino - Letizia Bindi - Alessandra Broccolini
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Ristampa
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Introduzione p. 7
Letizia Bindi
Dell’inquieto ritornare…Posture, fraintendimenti e domande
dal campo........................................................................................... » 7
Alessandra Broccolini
La ricerca sul terreno tra restituzione, musei locali e condivisione............ » 14
Katia Ballacchino
Restituzioni e processi partecipativi. Problemi metodologici circa
il ri-tornare sul campo.......................................................................... » 29
Premessa.................................................................................................. » 45
Interventi
Emanuela Rossi, Costanza Lanzara, Marco D’Aureli
Condivisione di patrimoni. La sfida della partecipazione nel progetto
di Mappe di comunità di San Casciano Val di Pesa e Matassino................ » 51
Valeria Trupiano
Il bene di chi? Comunità e tutela del patrimonio demoetnoantropologico
e immateriale ........................................................................................ » 69
Simone Valitutto
PIC · Patrimonio in Comune. Le quattro azioni della restituzione
del patrimonio che unisce........................................................................ » 87
Monica Maria Giacomelli, Cinzia Marchesini, Daniele Parbuono
“TrasiMemo. Banca della memoria del Trasimeno”. Dialoghi ................... » 99
Curatrici................................................................................................. » 179
Autori..................................................................................................... » 180
Condivisione di patrimoni.
La sfida della partecipazione nel progetto di Mappe di comunità
di San Casciano Val di Pesa e Matassino1
Preambolo
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Il testo di questo contributo è frutto di elaborazione condivisa da parte dei tre autori.
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che si sono trasferiti dal contesto fiorentino o aretino e che ancora lavorano lì. Il
piano urbanistico è metafora del vissuto: non c’è una piazza di aggregazione e l’uso
di altri spazi (bar della parrocchia, campino sportivo) generano a volte lamentele
e screzi. Pur puntando sul desiderio di reti sociali, la preoccupazione di molti
ruota intorno al sistema viario: costruire un nuovo ponte sull’Arno e cambiare la
circolazione. Emerge in maniera abbastanza evidente la scarsa consapevolezza di
un patrimonio comune, tanto che gli interlocutori intercettati hanno restituito
l’immagine di un arcipelago di attività frammentate e isolate.
Il nostro incarico di ricerca è durato sei mesi, da giugno a novembre 2018. Ab-
biamo scelto di lavorare insieme su entrambi i teatri della ricerca consapevoli della
densità patrimoniale e sociale che essi incarnano, sfruttando la complementarietà
delle nostre attitudini professionali e di genere.
1. La Mappa-Archivio di comunità
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Ethnography today involves a critical and reflexive process whereby ethnographers and
their interlocutors regularly assess not only how their collaborative work engenders the
dialogic emergence of culture (and the verity of their shared understandings) but also
the goals and the audiences of the ethnographic products these collaborative relation-
ships produce. (Lassiter 2005: 93)
È interessante sottolineare come nel caso delle Mappe di comunità, ancor pri-
ma dell’avvio dei lavori, gli obiettivi siano potenzialmente definiti, poiché impliciti
nello strumento stesso che si tende a costruire. Vale la pena rileggere un estratto,
che rientra nella definizione canonica della Mappa, per focalizzare quanto la cor-
nice implichi la traiettoria e la meta:
La mappa di comunità è uno strumento con cui gli abitanti di un determinato luogo
hanno la possibilità di rappresentare il patrimonio, il paesaggio, i saperi in cui si
8
È possibile accedere alla Mappa dal sito del comune di San Casciano in Val Di Pesa.
9
Si vedano le mappe digitali dell’Ecomuseo del Chianti www.ecomuseochianti.org di cui si accen-
nava nel preambolo.
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2. La comunità locale
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www.mappadicomunita.it (visualizzato in data 2 giugno 2019).
11
Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale 2003 e Dichiarazione di Faro
del 2005. Da notare che il modello riflessivo di auto-riconoscimento nazionale si esprime attra-
verso la compilazione di inventari che, proprio perché incoraggiano una rappresentazione più
aderente al territorio, possono essere più di uno. Per un resoconto sul caso italiano, vedi Broccolini
2011: 41-51.
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Leggiamo nel dettaglio: «Adottando l’ottica di Bauman, penso che un concetto come quello di
«habitat di significato» possa tornare utile nell’analisi sociale. La vena relativista seguita nell’analisi cul-
turale ci ha frequentemente indotti a perifrasi come «mondi di significato», ma ciò porta ancora un’idea
di autonomia e di chiusura. Invece gli habitat possono espandersi e contrarsi; possono combaciare del
tutto, parzialmente o per niente e quindi possono essere identificati in singoli individui o in collettività».
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3.1 Le interviste
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del mandato gli incontri personali è stata una scelta in certo qual modo obbligata.
Si è manifestata una notevole disponibilità ai colloqui grazie alla dinamica di fa-
scinazione che sempre investe l’intervista: la centralità dell’attore sociale e del suo
racconto è stata una chiave seduttiva che, più di altre attività, ci ha aperto spazi di
conoscenza. Ogni singola testimonianza lascia trapelare il gradiente di soggettività
e di appartenenza identitaria nella selezione del patrimonio, indicando traiettorie
di rappresentazione della “diversità locale”. Per questo troviamo riduttivo quanto
afferma Maggi (2008: 1-2) quando rimarca i limiti di una postura etnografica:
Non che l’autorialità paventata (qui espressa dal rigido filtro selettivo) non sia
latente e problematica, ma questo, attenzione, può valere anche nella conduzione di
attività dallo stampo più partecipativo, che spesso possono essere strumento per la
creazione di consenso piuttosto che di trasformazione (Grassi 2018:165). Va però
riconosciuta agli antropologi “esperti della diversità” (Hannerz 2012: 63-90) la vo-
cazione di ascoltare le voci del territorio e, non di meno, la natura critico-riflessiva
del sapere socioantropologico15. Un sapere che da troppo tempo ormai ha messo in
crisi sue forme di “ventriloquismo” (Geertz 1990)16 (so dire io la mappa che vuoi tu)
per spostarsi sul riconoscimento della coautorialità (non stiamo costruendo insieme
in un dialogo comunque a più voci?). Per i professionisti del patrimonio si parte,
insomma, da presupposti diametralmente opposti da quelli asseriti da Maggi: i pa-
trimoni non devono irrigidirsi in “unicità”, essenzialismi ed icone della comunità.
Non di meno, se non esiste “la mappa giusta” per tutti, fin dove deve spin-
gersi il gradiente di rappresentatività? Quanto grande dovrà essere il campione
di mappe e/o di soggetti mappanti? Considerazioni emerse durante i nostri in-
contri laboratoriali (di cui si parlerà nel prossimo paragrafo), in cui i partecipanti
esprimevano il disagio di un’elezione: la loro selezione patrimoniale chi e quanti
avrebbe rappresentato, se non loro stessi e l’adunanza lì raccolta? É evidente, dun-
que, che bisogna sfuggire al tranello che anche Bateson (1984) e Borges ci hanno
indicato: la mappa non è il territorio e il patrimonio nominato non è il patrimonio
designato. Né si tratta di avvicinarsi per approssimazione.
15
Non è questo lo spazio per affrontare tematiche così vaste e complesse, basti accennare alla
svolta riflessiva degli anni Ottanta del Novecento, che ha avuto il suo incipit con il convegno di Santa
Fé e il testo di Clifford-Marcus 2005.
16
Per un dialogo critico con Geertz e riflessioni sulla coautorialità si veda Clemente 2013.
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17
Sulla “crisi della ragione cartografica” si veda Farinelli 2009a, 2009b.
18
Il noto paradosso è contenuto nel frammento “Del rigore della scienza”, in Borges 2014.
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Una disposizione alla preparazione del terreno: «[…] possiamo aspirare a farci registi qualche
volta, ma qualche altra possiamo anche solo essere quelli che mettono a disposizione il palcoscenico o
che annunciano l’evento», 2015: 24.
20
Attività similari sono assai frequenti nella didattica museale. Si veda a titolo esemplificativo
Bodo-Mascheroni 2012; Bortolotto - Calidoni - Mascheroni - Mattozzi 2008.
21
La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società,
firmata dagli Stati membri nel 2005 a Faro, in Italia è in corso di ratifica (ad oggi manca il passaggio
alla Camera dei deputati).
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Altri tipi di proposte sono stati quelli più prossimi a una dinamica di concer-
tazione e dibattito. “Nel cantiere delle Mappe”, ad esempio, è stata un’occasione
per visionare una selezione del materiale prodotto e ragionare su come procedere
alla restituzione finale della documentazione raccolta. Sono stati questi i momenti
in cui, grazie all’ulteriore torsione riflessiva, abbiamo ricevuto commenti al nostro
operare, che specularmente indicavano elementi importanti dell’autorappresenta-
zione desiderata. Ad esempio, durante i laboratori, abbiamo registrato la richiesta
di “un’estetica del prodotto finale” che si può ricondurre a un elemento chiave,
molto presente nelle interviste: il valore della dimensione estetica del paesaggio
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ciare questo tipo di proposte riposa nel futuro, in sviluppi che sarebbe interessante
poter registrare anche più avanti nel tempo24. A ridosso della fine del mandato, per
esempio, ci ha contattato Benedetta Maggini, una professoressa di storia dell’arte
appena arrivata nella sede di Matassino, che ha voluto visionare il materiale raccol-
to e ha espresso l’intenzione di mettere in connessione la nostra iniziativa con un
progetto legato al territorio in collaborazione con l’artista Michele Bernardini25.
Per l’intercettazione delle fasce giovanili abbiamo cercato di attivare degli in-
contri in setting “strutturati”, dove era già presente la dimensione di gruppo, come
le sedi parrocchiali, di volontariato e sportivo. Abbiamo individuato una formula
che si concentrasse sulle loro esperienze in quel contesto, affinché potessimo in-
travedere tutti insieme alcuni nodi tematici patrimoniali, importanti e utili per la
loro auto rappresentazione di attori creativi del contesto culturale. I resoconti rice-
vuti sono narrazioni fotografiche o per immagini che svelano piccoli patrimoni di
effervescenza relazionale, di solidarietà o di spirito sportivo. Le mancate risposte di
alcuni di loro aiutano a comprendere, seguendo le suggestioni di Pietro Clemente
(2018: 12), quanto la comunità non sia data da «un insieme di pratiche o da una
immaginazione collettiva», semmai da «una soggettività plurale in formazione».
Si mette così in luce che le singole soggettività plurali possono declinare l’invito a
un processo meta-formativo, rivendicando la propria singolarità progettuale e che,
dunque, non sempre il valore di riconoscimento identitario che le Mappe di co-
munità sottendono, sia tenuto in considerazione e legittimato dagli attori sociali.
La metafora del caleidoscopio ci dice che le riflessioni multiple “delle autorap-
presentazioni patrimoniali” vanno a formare immagini a volte simmetriche, ma
come nel ‘magico tubo’, mutano in modo variabile rispetto alla conformazione
dei gruppi per età, interessi, capitale culturale, impegno, desideri e così via. Così
come, naturalmente, cambieranno nel corso del tempo.
Verso la fine del progetto è stata nostra cura organizzare degli incontri di
restituzione del lavoro svolto a San Casciano, in linea con un interesse e un’at-
24
Un aspetto sempre ben puntualizzato, anche in incontri personali, dal direttore dell’ecomuseo
del Casentino, Andrea Rossi, 2011, 2016.
25
Uno dei lavori più noti del giovane artista umbro è Opera Mondo, che mostra una ricerca sulla
natura degli oggetti e l’antropocene. http://www.twentycentgroup.com/michele-bernardini/ (visualizzato
in data 27 maggio 2019).
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tenzione espressa in tal senso dagli amministratori locali, mentre, per quanto
riguarda Matassino, devono ad oggi26 configurarsi i termini della presa in carico
della Mappa e della sua eventuale presentazione e valorizzazione da parte degli
enti committenti27.
Una prima interessante immagine dell’archivio-mappa da noi raccolto ci vie-
ne restituita da Lizzy Sainsbury28. Artista inglese che da anni vive nell’empolese,
ha frequentato assiduamente San Casciano per varie iniziative, tra cui “Linee
temporanee” da noi documentata. Lizzy, che negli anni ha sviluppato un proprio
percorso artistico sulle mappe, ha frequentato il nostro laboratorio con entu-
siasmo e in lei abbiamo colto un’affinità di postura nell’ascoltare i racconti, nel
rintracciare dettagli, nello snidare patrimoni oltre il senso comune dei “beni arti-
stici”. La sua presenza assidua ci ha permesso di chiederle una sua Mappa: l’opera
è un patchwork doubleface di 10 quadrati di carta pesta, che complessivamente
misura 2,50 per 2,50 metri. È un disegno maestoso, denso di colori, che ritrae
luoghi intrecciati a frasi e nomi di persona. La scelta dei quadrati, come nelle
coperte fatte a mano, è inscritta nel codice aperto e fluido della Mappa di comu-
nità: altri quadrati potranno aggiungersi, fatti da mani diverse. Fortunatamente
questo non è solo un auspicio, perché Lizzy Sainsbury ha ideato il laboratorio
“La mappa delle memorie e dei desideri”29, rivolto ad adulti e bambini. Il titolo,
analogo a quello del nostro laboratorio pomeridiano, evidenzia la continuità del
percorso e questo, per noi, è uno dei successi del progetto.
Conclusioni
Nelle riflessioni che ci accompagnano, giunti alla fine del nostro incarico, par-
liamo di “sfida della partecipazione” come uno degli elementi chiave della nostra
esperienza di ricerca, in cui si evince la densità e la complessità di un mandato che,
fin dall’origine, si presentava ambivalente. Poiché una cosa è mappare un patrimo-
nio, altro è fare in modo che sia la comunità stessa a immaginare e costruire una
propria autorappresentazione patrimoniale.
26
Il presente articolo è stato redatto nel novembre 2019.
27
Sul tema della restituzione etnografica, in merito al quale è in corso un ricco dibattito, si ritiene
utile segnalare, fra tutti, il numero monografico della rivista L’Uomo Società Tradizione Sviluppo sul
tema a cura di Minicuci-Lupo 2015.
28
https://www.lizzysainsbury.it/ (visualizzato in data 29 maggio 2019).
29
Progetto in collaborazione con il Sistema museale del Chianti e Valdarno fiorentino e con il
Comune di San Casciano.
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È fin troppo evidente, infatti, che nel momento in cui si delinea una Mappa
di comunità la restituzione del processo è implicito nell’oggetto, nel senso che la
mappa è l’immagine realizzata per disseminare e rendere comunicabile, in maniera
sintetica ed esemplificativa, la selezione e l’elaborazione di una propria immagine
patrimoniale. Nel nostro caso, lo iato tra ricercatori e interlocutori locali ha in-
dotto l’esigenza di programmare e produrre forme di restituzione secondo varie
modalità. Da un lato si è trattato di redigere un report di ricerca accademico;
dall’altro di consegnare alle istituzioni locali un prodotto che racchiudesse l’artico-
lata mappatura patrimoniale. Cosa per noi più importante, infine, è stata la pratica
di restituzione rivolta ai nostri informatori, affinché potessero riconoscersi attori
protagonisti del processo e, soprattutto, creatori in futuro di eventuali mappe di
comunità.
Quest’ultimo auspicio è stato sistematicamente proposto nel corso degli in-
contri individuali e collettivi sul campo, consapevoli del fatto che, come asserisce
Maria Minicuci, «La restituzione […] non è disincarnata dallo spazio studiato e
non è dunque senza legami con le logiche sociali e simboliche che animano questo
spazio». La nostra esperienza ci ha portato a convalidare che si debba pensare alla
«restituzione non a partire dagli effetti che produce, ma da prima, dal momento in
cui si fa la ricerca, in quanto la restituzione non si può considerare solo come una
tappa che interviene dopo la ricerca» (Minicuci 2015: 23-24).
Riferimenti bibliografici
A.A. V. V., 2004, Mappe di comunità, «Signum La rivista dell’ecomuseo del biellese», 1:
1-64.
Allovio, Stefano, 2011, Etnografie e patrimoni che scombinano, «La Ricerca Folklorica», 64:
27-36.
Bateson, Gregory, 1984, Mente e natura, Adelphi, Milano, (ed. orig. 1979).
Bodo, Simona - Mascheroni, Silvia, 2012, Educare al patrimonio in chiave interculturale,
Fondazione Ismu, Milano.
Borges, Jorge Luis, 2014, Storia universale dell’infamia, Adelphi, Milano, (ed. orig. 1935).
Bortolotti, Adriana - Calidoni, Mario - Mascheroni, Silvia - Mattozzi, Ivo, 2008, Per l’edu-
cazione al patrimonio culturale. 22 tesi, Franco Angeli, Milano.
Broccolini, Alessandra - Padiglione, Vincenzo, 2017 (a cura di) Ripensare I margini. L’eco-
museo Casilino per la periferia di Roma. Aracne, Roma.
Clemente, Pietro, 2013, Le parole degli altri. Gli antropologi e le storie della vita. Pacini, Pisa.
Clemente, Pietro, 2015, Antropologo giardiniere, «AM, Antropologia museale», 34/36:
23-25.
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