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religiosità
dell’ornamento
in Sardegna
GIOIELLI
Storia, linguaggio,
religiosità
dell’ornamento
in Sardegna
La pubblicazione di questo volume è stata resa possibile grazie
al sostegno del BANCO DI SARDEGNA S.p.A. Indice
e della FONDAZIONE BANCO DI SARDEGNA
Grafica copertina: Aurelio Candido 45 LA DIFFUSIONE DEL GIOIELLO NELLA SARDEGNA MEDIOEVALE E MODERNA.
Referenze fotografiche: le immagini, quando non diversamente specificato, so-
I CORREDI DELLE CLASSI DOMINANTI E I “TESORI” DELLE CHIESE
no state appositamente realizzate da Pietro Paolo Pinna e fanno parte dell’Ar- Marisa Porcu Gaias
chivio Ilisso.
Le immagini alle figg. 4, 7-9, 11, 14-15, 18-20, 22-31, 37-41, 46, 48-51, 54-58, 60-63,
sono state realizzate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali 81 I SEGNI DELLA RELIGIOSITÀ POPOLARE
– Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Sassari e Nuoro; quelle Ennio Dalmasso
alle figg. 2-3, 5-6, 10, 12-13, 16-17, 21, 32-36, 42-45, 47, 52-53, 59, 64, sono state
realizzate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprin-
tendenza per i Beni Archeologici delle Province di Cagliari e Oristano.
189 GLI ACCESSORI DELL’ABBIGLIAMENTO
È vietata ogni ulteriore riproduzione e duplicazione
Gerolama Carta Mantiglia
Si ringraziano quanti con il loro contributo a qualsiasi titolo hanno concorso alla 251 GLI ORNAMENTI DEL CORPO
migliore riuscita della pubblicazione. Un particolare ringraziamento è rivolto a
Graziella Contu, Cinzia Gungui, Claudio Mangoni, Franca Rosa Contu, Cristina e Antonio Tavera
Stefano Atzeni, Annapia e Stefano Demontis, Raimondo Pili, Lucia e Maria Teresa
Pinna, Donatella Mureddu, Daniela Rovina, Cristophe Thibaudeau, Rita Figus,
Eliana Natini, Maria Chiara Satta, Salvatore Stoccoro, Don Antonio Nughes, Don 317 MAGIA E ORNAMENTI PREZIOSI
Sebastiano Corrias, Don Giovanni Pietro Garau, Don Tonino Carta, Don Nino Po- Paolo Piquereddu
sadinu, Mariella Maxia per il prezioso supporto nella redazione delle didascalie
sui materiali conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Menzione a sé è rivolta a tutte le Istituzioni e gli Enti che con la loro insostituibile 371 IL GIOIELLO E L’ABITO. LA COLLEZIONE SARDA DEL 1911
collaborazione hanno consentito l’accesso alle collezioni e agli archivi, in partico-
lare: l’Istituto Superiore Regionale Etnografico, nella persona del Direttore Paolo Stefania Massari
Piquereddu; il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma, nella
persona del Direttore Stefania Massari; le Soprintendenze per i Beni Archeologici
delle Province di Sassari e Nuoro, e Cagliari e Oristano, nelle persone dei Soprin- 381 TRADIZIONE E INNOVAZIONE NEL GIOIELLO CONTEMPORANEO.
tendenti Francesco Nicosia e Vincenzo Santoni; l’Università degli Studi di Cagliari, DAL DESIGNER PER L’OREFICERIA ALL’ARTIGIANO-ARTISTA
Collezione Piloni; l’Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano; la Consulta
Diocesana Regionale d’Arte Sacra; l’Archivio Storico Diocesano e il Museo d’Arte Giuliana Altea
Sacra di Alghero; il Museo Diocesano e la Chiesa di San Pietro di Silki a Sassari; la
Parrocchia di San Nicola a Ottana; la Collegiata di Nulvi; la Chiesa di Nostra Si-
gnora di Loreto a Mamoiada; il Santuario della Vergine delle Grazie a Iglesias. 407 BIBLIOGRAFIA
Gioielli assenti che ricompaiono Le fonti ottocentesche, per la verità, in tutta l’Italia con-
Chi si è occupato di museografia a partire dagli anni tadino-mezzadrile segnalavano quello che i proprietari
’70 e quindi a partire dal movimento del collezioni- consideravano il “lusso” dei contadini, si parlava di vezzi
smo povero di cui sono stati protagonisti soprattutto di perle e di orecchini soprattutto. E si diceva che questi
ex contadini, sa che lo statuto della gioielleria si pre- oggetti venivano trasmessi per via femminile, e quindi
sentava fin da subito ambiguo. Le ideologie “pauperi- fuori eredità. Supponevamo dunque che la gioielleria
ste” che caratterizzavano l’impianto dei nostri studi e contadina fosse sia povera, sia “affettiva” e legata al rap-
il privilegiamento in essi del lavoro e della cultura ma- porto figlie-madri, ma ci fu anche fatto notare dagli
teriale facevano considerare l’argomento marginale, esperti che le perle (si parla di perle sapendo che il ter-
inoltre i nuovi collezionisti, che drenavano oggetti so- mine è generico e nasconde varie tipologie) hanno una
prattutto dagli sgomberi delle case di montagna e di durata relativamente limitata nel tempo.
campagna e da rigattieri e rottamai, trovavano arredi Da allora, soprattutto in contesti di fiere, di antiquaria-
semplici e corredi di lavoro abbandonati, non trovava- to non illustre, la presenza di una “bassa gioielleria” è
no e forse non cercavano gioielleria. Non c’erano rimasta, tanto da spingermi ed essere un moderatissi-
gioielli nel Museo della Civiltà Contadina di San Marino mo acquirente, in grado comunque di constatare che
di Bentivoglio, né – credo – nella Casa Museo di Palaz- non c’è grande concorrenza, e credo perché la gioiel-
zolo Acreide pensata da Antonino Uccello: i due musei leria artigiana di serie copre tutto il nuovo mercato del
capostipiti della nuova stagione di museografia dal bas- ciclo della vita e la bigiotteria americana del Novecen-
so. Non ci sono gioielli nella grande raccolta di Ettore to (nel cui solco tra l’altro la gioielleria povera è rie-
Guatelli a Ozzano Taro (Parma), né in quella di Don mersa) quello del collezionismo, e ovviamente il mer-
Pellegrini a San Pellegrino in Alpe (Lucca). I gioielli cato antiquario è dominato da gioielli con stili storici e
avrebbero, in un certo senso, alterato la natura di que- valore intrinseco ben marcati. Si tratta per lo più di
sti monumenti alle cose povere della vita quotidiana, anelli e spille di oro a bassa caratura, con molto rame,
forse avrebbero richiesto assicurazioni e custodi. Forse quell’“oro di Bologna” che in un filastrocca della mia
non si pensava in quegli anni che i gioielli avessero infanzia “si fa nero dalla vergogna” (si tratta forse di
un valore di mercato e quindi sfuggissero al commer- un blasone dei ceti borghesi e aristocratici verso la
cio povero, e che essi avessero inoltre un valore affet- gioielleria popolare?), spesso con l’indicazione di una
tivo perché spesso erano legati – più fortemente che lettera (A come amore, R come ricordo) o con dei no-
non gioghi o vanghe – alla “persona” in quanto indivi- di, l’oro è in genere tubolare e non pieno. Un tipo di
duo sociale, e quindi alla nascita, al fidanzamento, al anello con una sorta di rosa policroma di varie pietre
matrimonio e alla morte. Con la morte spesso veniva- dure è chiamato sul mercato “fede chianina”. Non si
no lasciati a specifici discendenti, non seguendo pure trovano facilmente oggetti in corallo che pure sono
regole patrimoniali. segnalati come oggetti che proteggono i bambini dal
A Siena è stato all’inizio degli anni ’80 che ci siamo malocchio e sono usati come doni di nascita. È vero
(noi promotori di musei del mondo contadino) imbat- che occorrerebbe una ricerca più puntuale sui contesti
tuti in una consistente comparsa di gioielleria povera del ciclo della vita, ma in linea generale, anche a par-
in un contesto antiquario, e da allora questo percorso si tire dalle prime ricognizioni su quelli di vendita-acqui-
è vieppiù stabilizzato. Una mostra ci portò a fare i con- sto (mercanti ambulanti, fiere, orologiai ambulanti),
ti con altre fonti, e in particolare la “gioielleria votiva”. sembra fondata l’impressione di una scarsa consisten-
za – pur nella tenace e ritualmente marcata presenza
– dei corredi di monili nel mondo contadino. Tuttavia
il quadro della oreficeria dell’Italia centrale ha dei forti
1 1. Costume di Oristano (foto Chiara Samugheo, 1985). limiti di rappresentatività, giacché ha quasi nulli tratti
7
“etnici” ovvero peculiarità culturali condivise dalle che tengono in conto le diversità delle culture locali. ideologie e conoscenze entrano in pericoloso e fecon- mondo tout court, così come sono recenti le analisi
classi alte e basse. Ogni poetica in un certo senso costruisce il suo ogget- do contatto. Quando in scena ci siamo noi, e non sia- della documentazione storica e notarile relativamente
Per quanto riguarda la cultura popolare del Sud italia- to, lo propone al mercato. mo altrove a “guardare da lontano”, si produce una ai gioielli e alla loro trasmissione, e infine lo studio più
no torna utile invece il punto che Ottavio Cavalcanti fa certa opacità antropologica, e può capitare che uno specificamente legato alla soggettività, o alla fenome-
nel suo Ori e argenti del Sud. Gioielli in Basilicata,1 Gioielli miei della mia generazione (ex marxista e ipercritico, for- nologia vissuta dei gioielli.8 Non ci sono ancora molti
dove da un lato segnala che il tipo di lavorazione in Personalmente ho condiviso una storia diversa, “sar- mato a separare personale e scientifico) condivida gu- studi su questi distinti argomenti e una vera e propria
oro basso con molto rame era un dato costante della da”, di accesso al gioiello popolare, ma, avendola vis- sti e stili con frammenti di generazioni ulteriori cresciu- “antropologia” della pratica di portare monili sembra
gioielleria documentata ma anche che nei manufatti vi suta in Toscana, ho anche condiviso altri scenari. Vi te in climi new age, zodiacali, neotarantiste, Nike e appena avviata. Inoltre la gioielleria popolare ha diffi-
era una certa «vistosità, finalizzata all’ornamento dei faccio cenno per sottolineare che la ricerca scientifica cartoni animati giapponesi. coltà di documentazione storica, di distinzioni di ceti
costumi tradizionali». Segnala inoltre che Annabella e gli orizzonti del gusto non sono cose opposte, spes- sociali, e tra poetiche e documentaristiche. Ad esempio,
Rossi considerava in genere “modesto” il patrimonio di so condividono ignaramente dei “paradigmi” d’epoca, Dubbi nonostante sia opinione diffusa che la base dell’orefice-
gioielleria raccolto per la Mostra di Etnografia Italiana e si prestano a politiche e poetiche inconsapevoli. In effetti già nella nozione di arti e tradizioni popolari ria popolare sia l’oro di lega bassa, la documentazione
del 1911, che riteneva fosse difficile parlare di tipicità Racconto sempre del mio disappunto in una lunga la gioielleria trovava posto con fatica. Paolo Toschi,6 corrente mostra tantissimo oro puro, pieno e non tubo-
regionale o areale e che nell’offerta antiquaria che ave- giornata palermitana in cui mi misi alla ricerca di qual- pone la gioielleria nel contesto “oreficeria, ricami, orna- lare, e monili di grande sfarzo, difficile lavorazione, con-
va riscontrato nelle sue ricerche tra «rigattieri e antiqua- che permanenza di gioielleria popolare: potei consta- menti del costume”, che è il contesto ereditato dalla nessi con i grandi stili epocali della storia dell’arte. Il
ri di Roma, Napoli, Palermo, Bari ecc. spesso ci siamo tare che a Palermo, senza una ordinazione mirata e Mostra Nazionale di Etnografia Italiana del 1911 (in oc- gioiello sembra ancora conteso tra la sua natura di pre-
trovati di fronte a piccole e grandi raccolte di ori po- tempestiva, si poteva acquistare solo gioielleria fatta casione del cinquantennale dell’Unità) che ebbe nel co- zioso, in cui rarità e diversità si uniscono, e quella di
polari, quasi sempre in vendita, che però non denun- ad Arezzo, a Valenza Po o in altri centri di qualificata stume uno dei principali strumenti di “identificazione” feticcio o amuleto, il cui valore venale può non esistere
ziavano mai una provenienza precisa». Un altro proble- produzione artigiano-industriale, e che comunque i della diversità. Egli mette in evidenza una particolare ma in cui il valore è simbolico,9 e sembra anche essere
ma: quello della identificazione delle provenienze e principali clienti, i gruppi coinvolti in matrimoni e na- eccellenza dell’Abruzzo, e quando dà notizie di attività conteso tra la documentaristica delle schede tecniche e
degli autori. Un’altra cosa importante che Cavalcanti scite, ricorrevano a quel tipo di gioielleria. Fui guarda- vitali di produzione in Italia è solo all’Abruzzo che fa ri- la poetica/politica che lo connette a storie, bellezze, ra-
segnala è che l’interesse per l’oreficeria si ripropone to come uno che dubita della professionalità, della ferimento. Toschi insiste, pur nella commistione della rità, valori mercantili. Sembra essere conteso tra popo-
attraverso mostre, cataloghi, nuove ricerche a partire qualità, del gusto dei moderni negozi di gioielli e di “oreficeria” con il costume, nel sottolineare che «le ore- lare ed etnico, e comunque stare a disagio dentro il
dalla metà degli anni ’80. Se si tiene conto di quanto oreficeria. In quella circostanza la scoperta antropolo- ficerie popolari non vanno osservate in se stesse ma in- “popolare” (anche se in Toscana sembra darsi una po-
siamo venuti dicendo sembra lecito dire in generale gica sugli usi attuali del gioiello passò in secondo pia- dosso alle persone che le portano».7 Sembra una idea polarità della gioielleria più forte di quella della “versifi-
che la gioielleria popolare era scomparsa e ricompariva no rispetto al mio disappunto di non riuscire a regala- di contesto, ma è anche una idea di subordinazione al cazione metrica”) tra uso quotidiano e uso festivo, tra
alla metà degli anni ’80. Annabella Rossi aveva organiz- re a mia moglie qualcosa di “diverso”, qualcosa che costume festivo che finì per essere uno dei problemi revival anni ’80 e storia profonda. L’utilizzo sempre più
zato una mostra al Museo di Arti e Tradizioni Popolari avevo visto in cataloghi storici e che, in fondo, sentivo della mostra del 1911. Non usa il termine gioielleria, sistematico di fonti fotografiche storiche e di fonti pitto-
di Roma al cui catalogo2 Cavalcanti fa riferimento, ma vicino ai gusti della mia formazione intellettuale di che invece prevale nelle pubblicazioni recenti, ma rico-artistiche, porta a risultati assai difformi, che – in
possiamo considerare quegli anni, come anche il volu- amatore del postimpressionismo e dell’arte “primitiva” quello di oreficeria. Si può dire dunque che questo un certo senso – legano il gioiello a mutevoli sguardi e
me di Paolo Toschi sull’Arte popolare italiana (1960) del nostro medioevo. Di Ottavio Cavalcanti avevo con- campo di cose e di pratiche non ha avuto autonomia intenzioni. E in ogni caso sembra prevalere una grande
sembra mostrare, riferibili a un’altra stagione, in parte diviso l’interesse di studio ma avevo anche ammirato negli studi novecenteschi né con la documentaristica di varietà. Per regioni sarebbe anche interessante analizza-
dipendente dalla raccolta per la Mostra del 1911, tem- l’attenzione e cura per i pochi ma qualificati produttori Lamberto Loria (la collezione ch’egli propiziò e orga- re il nesso categoriale arte-artigianato. La prevalenza
po che ancora non aveva definito una idea di patrimo- locali di gioielleria in Calabria, e nel rapporto amiche- nizzò per la mostra del 1911 resta peraltro la più gran- del secondo ci porta a fare i conti con botteghe, tradi-
nio, di bene culturale, di contesti di vita dei documenti vole, anche con le rispettive mogli, vi era stato un av- de documentazione nazionale anche per i gioielli) e zioni di famiglia, revival, leggi di tutela dell’artigianato,
della cultura popolare. vio di scambi donativi “alimentari” e “esornativi”, ben- neppure con la nuova museografia di base della cultura enti pubblici, condivisione di modelli operativo-estetici;
Il gioiello popolare dunque si segnala alla sensibilità ché un po’ troppo vantaggioso per me, a causa della materiale contadina. Emergendo a nuova attenzione al- la prevalenza del primo accompagnato dall’aggettivo
culturale dieci anni dopo l’emergere della cultura ma- maggiore disponibilità di risorse alimentari-artigianali la fine degli anni ’80, veniva in evidenza con un incerto popolare, porta invece verso tipologie, usi del ciclo
teriale (uso come data di riferimento il 1975 in cui fu in Calabria rispetto alla Toscana (io infatti talora sul statuto, tra abito da festa e amuleto, ma con un forte della vita, costumi festivi e loro storia. Forse la nozione
fatto il Convegno sui Musei Agricoli di Bologna)3 e co- piano alimentare ho risposto da Piemonte e Sardegna). dato di oggettualità, di gioielleria nel senso tradizionale di “arte” da sola andrebbe anche giocata.10
mincia a costruirsi un suo spazio di visibilità, un suo Ma la cosa più significativa è che, visto il volume di e suntuario del termine, pur attenuato dalle classiche
orizzonte di gusto, una sua poetica. In effetti la poetica Adriana Gandolfi e Ezio Mattiocco,5 chiesi alla Gandolfi scadenze del ciclo della vita e della difesa e protezione Il caso sardo
postbellica della cultura popolare, cui ancora negli anni di farmi riprodurre la “presentosa”, definita nel volume magica, ma senza una sottile cultura antropologica de- Credo che un tratto peculiare del caso sardo sia quel-
’70 prevalentemente ci ispiravamo, era quella del lavo- “classico dono nuziale”, documentata anche in opere gli individui portatori, senza il personalizzato rapporto lo di una precoce vocazione turistica del contesto ter-
ro e della disuguaglianza, mentre negli anni ’80 ne ma- di artisti dell’800, per un anniversario di matrimonio. tra uomini, donne e gioielli nei diversi contesti culturali, ritoriale e della sua gioielleria, un definirsi di forme e
turava una della diversità e della etnicità. Nel nostro Lo fece in forma di anello ed è venuto fuori un gioiel- senza un sapere indigeno e una terminologia indigena modelli della tradizione con l’aiuto di artisti legati so-
settore gli studi più sistematici sono quelli di Ottavio lo che trovo ancora molto pregevole. Come vedete i di questi oggetti categorialmente esterni ai vissuti. An- prattutto alle correnti del primo Novecento (da Biasi a
Cavalcanti e di Adriana Gandolfi, le cui date pendono gusti anni ’80 per la gioielleria popolare io li condivido che un certo conflitto tra le nozioni di arte popolare e Tavolara), la nascita e lo sviluppo di una rete di artigia-
piuttosto verso gli anni ’90.4 Negli studi critici e nei ca- e li pratico, anzi approfitto degli studi per occasioni di “artigianato” fa da quadro talora ai manufatti decorativi. ni dotata ormai di una storia quasi secolare, per cui
taloghi vi è una nuova sensibilità poetica verso il gioiel- apprezzamento personalizzato. Credo che perdano L’impostazione degli studi tende dunque a privilegiare non potrebbe mai succedere quel che a me è capitato
lo, che è una sorta di “valorizzazione” di una diversità molto i giovani che si sposano con la gioielleria valen- il nesso gioiello-costume. Il nesso ha una evidenza esi- a Palermo. È facile anche in Sardegna che un gioielliere
o “barbarica” o “neobarocca” o in altri casi invece Li- zana e aretina, trascurando le straordinarie risorse di bitiva, ma trascura la diversa trasmettibilità e valore, non abbia gioielleria sarda, ma vi manderà da un ven-
berty e Déco: le foto ingrandite, l’esibizione della mate- varietà e di bellezza che si trovano nelle gioiellerie tra- usura, affettività e destinazione simbolico-operativa tra ditore di oggetti artigiani e souvenir, e comunque po-
ricità, fanno parte di questa nuova poetica; tra anni ’80 dizionali. Credo che la possibilità di incrementare nel vestiti e “gioie” (si pensi alla intensità semantica del ter- trebbe mandarvi a un negozio dell’ISOLA, l’Istituto Sar-
e ’90 si è formata una nuova percezione, una nuova at- gusto la varietà delle forme sia uno dei temi della cul- mine appena usato). È più recente in effetti l’analisi dei do Organizzazione Lavoro Artigiano, che ha vari punti
tenzione, una cultura degli oggetti influenzata da etnici- tura antropologica che riguarda anche il mercato e non gioielli in quanto tali, portatori di valori propri di tipo vendita e difende – in modo spesso discusso – prezzi e
smi, neopaganesimi, new age, e comunque da mode solo la documentazione demo-antropologica. Qui gusti, simbolico e di connessione tra mondo del portatore e qualità. In un certo senso la poetica “barbarica” che già
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la Deledda aveva promosso, e che si colloca nel qua- dai prezzi medio-bassi, è in argento con una pietra ne- 1942-47, gli anni della mia infanzia meanese, c’erano nere, e che orinassero in piedi lungo i percorsi cam-
dro del regionalismo di fine Ottocento-primi Novecen- ra (onice), il nome e l’uso è considerato nuorese, lo anche sfollamento e miseria legati alla guerra. La fami- pestri, e che questo, che a me appariva uno stigma,
to, aveva avuto un effetto identitario significativo, an- vedo per la prima volta perché prima non faceva parte glia di mia nonna era oculata nelle risorse e severa nel- fosse invece anche occasione di scherzi e giochi nei
che con la nascita di grandi feste di carattere insulare o del “pacchetto” artigianale cagliaritano, esso, ai miei lo stile, dotata di un approccio parsimonioso alla vita momenti lavorativi cui potei assistere. Forse anche
la generalizzazione di esse: Sant’Efisio, i Candelieri e occhi, incorpora una “poetica” che oscilla tra il barbari- quotidiana che si potrebbe dire “spartano”, e che a me questo è un tema sul quale riflettere per “tornare a
infine la sagra nuorese del Redentore, sono feste-opere co e il barocco, non coincide esattamente con la mia, ricorda la nobiltà dei castelli “scozzesi” (tanto per fare pensare” all’abbigliamento e ai gioielli in un contesto
nate in un clima di valorizzazione dell’identità isolana ma per alcuni tratti (la pietra nera in specie) mi con- un po’ di ibridismo etnico). Lo zio di mia nonna, Gio- di “tassonomie indigene”, di “diversità culturale” e
sia per i suoi “indigeni” sia per l’esterno, dotate di va- quista e decido di adottarlo come regalo di nascita, vanni Mura Agus, aveva collaborato alla raccolta di og- non di arte “minore”.
lenze religiose ma anche di valori “semi-nazionali”, ed congeniale peraltro a uno studioso di storia delle tradi- getti e costumi per la mostra del 1911 e aveva inviato
è chiaro che queste grandi occasioni chiedono una vi- zioni popolari come ero e sono (ora lo sono “entro” a Loria tre costumi meanesi (cosa che ho scoperto so- Un’ ISOLA nell’isola
talizzazione della oreficeria per il costume, e sollecita- l’antropologia). Cerco dunque fonti di “accreditamen- lo da pochi anni, se ne era persa memoria, o risalto). Per me è stata una specie di rivelazione la mostra su
no una produzione artigiana, quest’ultima sarà poi ri- to” del dono, e le trovo in un libro di antropologia che Ho avuto quest’anno la possibilità e l’emozione di rive- Tavolara,17 l’artista sassarese che ha cominciato l’opera
qualificata istituzionalmente a partire dagli anni ’30 e avevo apprezzato per altri motivi, scritto da una docen- derli nella mostra Costumi ritrovati realizzata a Nuoro di recupero dei modelli dell’artigianato sardo, un arti-
poi di nuovo dai ’50 e si riconnetterà con lo sviluppo te della quale sono stato allievo e quindi collega e del- dall’ISRE (Istituto Superiore Regionale Etnografico) in sta di cultura déco, di una città (Sassari) ricca di arte
turistico di massa dopo gli anni ’60. Mia madre, napo- la cui amicizia sono stato anche onorato, si tratta di collaborazione con il Museo Nazionale Arti e Tradizioni della dissidenza e di poetiche neobarbariche post-de-
letana vissuta in Sardegna, regalava a mia moglie, pie- Dono e malocchio di Clara Gallini,11 quindi costruisco Popolari, e credo di poter dire che il corredo di monili leddiane ricche di fascino, ma attenta anche alle aper-
montese, la “stella di Dorgali”; la “fede sarda” circolava un dono “doc”, in cui accompagno su cocco con un è significativo, esso riguarda bottoni, catene, rosari, sia ture di uno specifico “realismo magico” e realismo
disponibile negli anni ’60, “nomi” di artigiani (che pro- brano tratto dal volume. Come vedete è uno studioso maschili che femminili, ma contrasta radicalmente con tout court che traversarono l’Italia del Fascismo. L’arti-
ducono oreficeria sarda) come “garanzia” di qualità dei che recupera il valore del ciclo della vita a un oggetto l’idea di gioielleria popolare o etnica, con i cataloghi sta fu anche collaboratore per l’arte mobiliera di Gavi-
manufatti mi risultano da più di 40 anni. In un certo entrato ormai in un mercato del gusto, senza limiti di sfarzosi delle edizioni post 1980. Si tratta di materiali no Clemente, a sua volta già collaboratore per la Sar-
senso la Sardegna avrebbe rinnovato nel Novecento un tempo d’uso e ritualità. per lo più in lega d’argento il cui tratto funzionale è degna di Lamberto Loria. Lungo il Novecento e per un
patrimonio materiale e simbolico capace di funzionare La mia iniziativa non si è diffusa, credo, ma essa mo- assai marcato e quello decorativo in subordine, e in principio attivo che operò a partire dalla mostra del
in un contesto fortemente laicizzato e modernizzato. Io stra in nuce una pratica di riuso della gioielleria nel cui prevale una immagine di modestia, l’esatto contra- 1911 ma che aveva alle spalle Grazia Deledda e la let-
ho avuto accesso a questo mondo di riferimenti e via contesto del mercato e nel contesto della persistenza rio dello sfarzo o della “vistosità”. Nel volume su Mea- teratura regionalista, la Sardegna ha visto attivo un
via ne sono venuto scoprendo storie precedenti. Posso di condizioni di diversità e di qualità che per lo più so- na, Maria Antonia Sanna14 argomenta sulla difficoltà di continuo lavoro di selezione e scelta, di invenzione
dire che la gioielleria sarda è per me legata al gusto no connesse ai contesti di eccellenza turistica. Anch’io accreditare le descrizioni storiche sui costumi, spesso della tradizione, non in senso spregiativo ma in senso
per l’arte preistorica, l’arte medievale, l’arte postimpres- sono un turista quando compro gioielli sardi, e spesso piene di omissioni e fraintendimenti, riferisce quindi la creativo e adattivo. Riferimento di queste operazioni
sionista, e che quindi vivo una poetica antiformalista, o i sardi non residenti in Sardegna sono turisti importanti descrizione dell’Angius, che parla, per il costume fem- sono stati enti come l’ENAPI18 e poi l’ISOLA, che han-
antiaccademica, e gradisco una certa “semplicità di for- per il mercato, regalare cose sarde a piemontesi, tosca- minile meanese, di una benda che avvolge la testa, riu- no fornito una storia di mostre nazionali e internazio-
me”, capace di comunicare però anche un senso di ni, romani, francesi è anch’essa una risorsa identitaria nita poi sulla fronte con una spilla. Ma due disegni, la nali, premi, acquisti per collezioni, a degli artigiani
originalità e differenza estetica. Sono vissuto, dal mo- per “noi emigrati”. prima documentazione iconografica del costume mea- che sempre più passavano dall’essere interpreti di una
mento in cui sono stato in grado di apprezzare e dona- nese, lo mostrano totalmente nudo di gioielli. Forse un tradizione collettiva all’essere “autori”, artisti-artigiani,
re oggetti, dentro la condivisione di quelle forme che Meana raro caso di privilegiamento del costume quotidiano su e spesso con significativi passaggi nelle scuole e negli
erano laicamente sopravvissute al loro uso nel ciclo Ma in questo nuovo accesso laico12 al mercato artigia- quello festivo. La Sanna nel proporre alcune foto attuali istituti d’arte o in corsi di formazione professionale, che
della vita. Fedi sarde (vere o false che siano), stelle di no operano varie tendenze del Novecento, e soprattut- di costume meanese segue questa linea “povera” di in- hanno arricchito la cultura artigiana sarda di humus
Dorgali, rose di non so dove, sono state da noi per lo to degli anni ’30, giacché nell’immediato la grande Mo- terpretazione e ci sono solo un rosario in argento con mediterranei e comunque dell’humus dei movimenti
più consumate e largamente impiegate come regali in stra di Etnografia Italiana del 1911 non lasciò tracce ma granati, un bottone della camicia in corallo e oro, e una artistici. Ne è una chiave di comprensione il volume
varianti dal prezzo medio-basso, spesso in filigrana solo sollecitazioni innescate in tempi più lunghi e do- spilla fermaglio sul copricapo a corredare il costume, ponderoso di Marco Marini,19 che passa in rassegna gli
d’argento o ricoperte di oro, ed abbiamo assistito al ri- cumenti preziosi.13 E quindi la domanda legittima è: ma queste tre cose sono tutte di ben maggiore “ric- effetti del lavoro di Tavolara, della tradizione sassare-
torno crescente nel tempo di forme originali, storica- quale è stata storicamente la consistenza dell’oreficeria chezza” di quelle che zio Giovanni documentò nel se, della lettura sarda di Arata e Biasi nella tradizione
mente più documentate (ma per lunghi tratti scompar- in Sardegna, il suo statuto, il modo di essere percepita 1911. Forse si può dire che è oggi che il costume e il artigiana, analizza i diversi criteri di ispirazione artigia-
se dal mercato), spesso sotto l’egida dell’ISOLA e con localmente? In effetti la gioielleria meriterebbe di essere gioiello sardo è giunto, ex post, per noi e per la Sarde- na che operarono nella stessa consulenza di Tavolara
prezzi inaccessibili. L’oreficeria e la gioielleria sarde indagata secondo criteri “etnometodologici” ad elabo- gna contemporanea, al suo massimo splendore. La so- per diversi settori (tappeto versus legno ad esempio) e
dunque esistono, hanno varia gamma di prezzi, vari rare qualche suggerimento di un uso multiplo e indige- rella di mio padre, del 1915, suggerisce che ci sia sem- il definirsi di una tradizione di artigiani artisti che si
miti di fondazione, e sono oggetto di una continua re- no, iuxta propria principia, che non sia riducibile al di- pre stata differenza tra il costume meanese, povero rapporta a questi orientamenti generali che emergono
visione e reinterpretazione. Sono comparse di recente scorso sulla magia (vecchio e frazeriano, per lo più, o come la vita della sua gente, e quello campidanese, più in mostre e iniziative di formazione. Dalle sue pagine
filigrane a imitazione dei cestini (corbule), varietà di in Italia legato al grande studioso e raccoglitore Giu- ricco come era per lei la gente di pianura. Ma penso appare chiaro che nel 1957, riprendendo un’onda che
ninnoli (ninnolos, forse new age come ispirazione di seppe Bellucci) o al costume e al valore simbolico di anche che i costumi di Quartu, quelli di Selargius, ab- veniva dagli anni ’20 e ’30 e che a sua volta aveva
mercato) legati ad astri e a forme diverse (ce ne sono esso nel ciclo della vita umana. Meana Sardo è il paese biano anch’essi ripreso vigore nel recente revival, con avuto sviluppi dal 1911, si ha già in Sardegna l’ossi-
serie legate alle culture indiane d’America, spesso in di mio padre e della mia infanzia e io non ho nessun la televisione e con il nuovo rito pubblico del matrimo- moro di “una nuova tradizione”, io sono poi cresciuto
negozi dello stesso tipo) e, per la mia gioia e la solu- ricordo di gioielli. La famiglia di mia nonna paterna era nio in costume. Ma in effetti alcune opere pittoriche dentro di questa, senza sentire conflitti tra puro, in-
zione di tanti problemi di regalo, sono comparse nei una famiglia benestante e in parte modernista, in cui antiche mostrano petti femminili sardi gloriosamente ventato, impuro e turistico, salvo che per alcune mo-
negozi di artigianato le spille antimalocchio dette su quasi tutti vestivano alla “civile” e non alla “sarda”. Ma ornati di gioielli, quasi “abruzzesi”,15 ma è più prudente dalità post anni ’70 che mi apparivano vicine al kitsch
cocco (e anche in altri modi). Il contesto sardo è un sono stato in mezzo a braccianti, pastori, bovari e “ser- su questo piano la fotografia.16 o all’arte turistica e da souvenir (da casa nuova di
contesto in cui può succedere quel che sto per raccon- ve” e “servi” domestici, sicuramente ho visto bottoni Nei miei primi ritorni a Meana, da Cagliari, negli anni coppia moderna sarda che fa case da geometra di
tare: vedo su cocco per la prima volta negli anni ’80 in (buttones, forse in filigrana d’oro o d’argento) per chiu- ’50 mi colpiva che molte donne non avessero, sotto la Gallarate e poi ci mette dentro due anfore e una bi-
un negozio specializzato in artigianato sardo a Cagliari, dere la camicia, ma non ricordo altro. Erano gli anni lunga gonna a pieghe, mutande o culottes di alcun ge- saccia di arte turistica sarda), non molti casi, lo dico
10 11
per sottolineare la qualità media importante anche che questo un interessante ossimoro). Egli analizza la gli studiosi che criticano questi concetti quando li ve- Note
della produzione artigiana turistica, e casi tuttavia che ricchezza di influenze e scambi che il lavoro del 1911 dono usati dalla Deledda o da Alziator. Semmai io ri-
oggi da antropologo dovrei ripensare. In questo qua- aprì anche in Sardegna, mostrando una influenza degli vendico la differenza tra gusto e conoscenza, ma lo
dro di innovazione artigiana talora audace si colloca interessi di stimatore e collezionista di Gavino Clemen- faccio mostrando confini così esili da trovarmi poi un
la produzione ceramica di Assemini, sia di forme ani- te sulla collezione di Pio Colombini acquisita dal Mu- po’ disorientato. Il rapporto tra costruzione dell’oggetto
mali totalmente inventate ma ispirate alle forme della seo di Nuoro. Tavera apre in effetti una prospettiva di e interpretazione di esso è diventato sempre più com-
tessitura e della cassapanca, a suo modo “picassiana”, storia filologica del collezionismo e delle collezioni co- plesso, e su questa scena finale, insieme ai miei zii
1. O. Cavalcanti 1996.
sia una produzione di piatti ispirati a colori e stili ispa- me processo di analisi “storiografica” delle forme: sia in meanesi, mia moglie e le mie figlie, gli amici che hanno
nico-mediterranei che è rimasta come una eredità del- quanto forme selezionate da paradigmi specifici (Cle- avuto dei figli dopo la mia scoperta de “su cocco”, e 2. A. Rossi 1964.
la polimorfa, composita e significativa stagione dei mente parla ad esempio di primitività dell’arte popola- quelli che mi hanno fatto regali dai mondi etnici visitati, 3. Cfr. A.M. Cirese 1977.
nuovi ceramisti di Assemini, tutti ormai impegnati in re sarda), sia in quanto forme prodotte da modelli epo- convoco anche James Clifford che nel suo magistrale 4. Facciamo qui riferimento soprattutto a O. Cavalcanti 1991; O. Ca-
una seconda generazione di operatori e tutti con un cali, sia in quanto alle origini di complessi processi di saggio sul collezionare23 mi ha di nuovo allenato al gu- valcanti 1996; A. Gandolfi, E. Mattiocco 1996; A. Gandolfi 2003. Rin-
vio per una bibliografia più generale a questi testi, tutti dotati anche
notevole mercato “occidentale” dei prodotti. Il caso costruzione della identità. Orecchini, collane, pendenti, sto della critica e della distinzione, e mi ha spiegato an- di schede e di ampio apparato iconografico e fotografico.
delle ceramiche di Assemini e anche dei suggerimenti anelli, puliscidenti, amuleti, rosari, presenti nel volume che che la mia passione per la pittura postimpressioni- 5. A. Gandolfi, E. Mattiocco 1996.
che esse hanno dato a nuovi ceramisti di tutta la re- Il museo etnografico di Nuoro, sono documenti ma an- sta non mi dà nessun titolo per conoscere l’arte africana
6. P. Toschi 1960.
gione è esemplare per leggere la tradizione, anche del che cose belle, potenziali oggetti di culto e di affezio- o oceaniana. Forse il discorso sulla gioielleria popolare
7. P. Toschi 1960, p. 173.
gioiello, come continua costruzione. Come persona ne, regalabili a mia moglie e alle mie figlie (se reperibi- è ancora da cominciare o da decostruire. La prima mos-
del mercato, come turista, come emigrato nostalgico, li a prezzi modici, o in varianti più modeste), ad amici sa che uno si attenderebbe da un antropologo postmo- 8. P. Ciambelli 2002.
come persona che ha una sua sfera estetica, sono un e conoscenti sardi e soprattutto non sardi, cose corri- derno è quella di dire che i gioielli non esistono, o che 9. In questa direzione posso suggerire che siano a loro modo “gioiel-
li” gli “oggetti di affezione” dei quali ho scritto in contesti di rifles-
buon cliente dei ceramisti asseminesi.20 spondenti a gusti entro i quali sono nato non perché sono “invenzioni”. Ma questo gioco è ormai troppo pra- sione museografica, vedi “Un fiore di pirite. Introduzione ai nostri
nato tra i primitivi ma perché nato in un mondo in cui ticato. Credo si possa dire, facendo appello a un più oggetti d’affezione”, in Il terzo principio della museografia, in colla-
ISOLA e ISRE c’erano anche scuole d’arte, enti di tutela delle attività largo orizzonte di antropologie non solo americane ma borazione con E. Rossi, Roma 1999. Quando nel gioco didattico e
Un saggio di Antonio Tavera illustra invece un proces- artigiane, artisti déco, e poi l’ISOLA e l’ISRE e i libri anche francesi, che abbiamo dato troppo per scontato museale degli “oggetti di affezione” abbiamo incontrato gioielli veri
e propri, essi avevano generalmente storie notevoli che ne mostrava-
so quasi in controtendenza rispetto a quanto si è cerca- d’arte a basso costo in cui ho imparato ad amare Cé- di sapere che cosa il gioiello fosse a partire da una no- no la capacità di incorporare e trasmettere affetti, valori familiari e di
to di identificare nella filigrana dei ricordi e delle zanne, Van Gogh, Picasso, il “fauvismo” e via ricor- stra pratica di esso, forse occorre fare un viaggio all’in- discendenza, “spirito del dono”.
esperienze di uno studioso come me, sardo, ma che dando. In effetti, nelle mie scritture sulla cultura sarda, dietro e sottoporre le nozioni di ornamenti, gioielli, 10. Anche in questa direzione si veda P. Ciambelli 2002.
non opera in Sardegna da molti anni, e non ne è spe- sono assai più critico ed esigente nella analisi delle amuleti, a una verifica “categoriale” a partire dal mon- 11. C. Gallini 1973.
cialista. In controtendenza perché mentre il mercato ar- fonti di quanto non lo sia nei gusti e nel piacere degli do dei portatori e non da quello degli antiquari, dalle 12. Laico nel senso di svincolato da valori religiosi e rituali ereditati,
tigiano si arricchisce, innova, fissa e disfa modelli e oggetti. Quando a Siena una signora nuorese aprì un pratiche d’uso e non dai cataloghi di mercato antiqua- ma nel mercato operano nuovi valori, identitari, rituali di nuovo tipo
pratiche, il Museo della Vita e delle Tradizioni popolari negozio di artigianato sardo gliene sono stato grato. rio. Ci facilita il ricordare che tra i portatori ci siamo (il regalo per nascita con tratti “etnici”), e affettivi che spingono sia al
di Nuoro, al suo nascere, cerca di costruire un corpus Regalare o acquistare oggetti sardi senza andare in Sar- anche noi. L’idea non è nuova, ma non è neppure tan- consumo e anche favoriscono nuovi “affetti” tra esseri umani e “gioiel-
li”, la costruzione di nuovi miti e di nuove storie (vedi P. Ciambelli
documentario che invece fissi una documentazione e degna era per me un raro privilegio. Ma non poteva to facile da praticare sistematicamente. 2002).
una storia del costume e dei gioielli, un paradigma del- essere così per la gran parte dei senesi o dei turisti, che
13. Ma come si vedrà più avanti l’impostazione di Loria influenzò il
la tradizione, quello del definirsi della collezione del forse solo in Sardegna avrebbero riconosciuto perti- collezionista sassarese Gavino Clemente che a sua volta influenzò
Museo.21 Tavera, storico e filologo delle fonti, esperto, nenza a quegli oggetti. Era un tentativo di proporre collezionisti le cui raccolte sono state museizzate, o comunque l’at-
da un lato segnala sul piano macrostorico la consisten- l’oggetto sardo (compresa la gioielleria) entro una og- tenzione o l’approccio di artisti, come quelli sassaresi, che ebbero
poi importanza nel definirsi della tradizione “futura”.
za di una storia locale della produzione e delle associa- gettistica di varietà nazionali e come oggetto dotato di
zioni di mestiere e dei commerci e mercati della gioiel- uno stile, per cui poteva essere europeo o mondiale e 14. M.A. Sanna, Meana. Radici e tradizioni, Amministrazione Comu-
nale di Meana Sardo, 1989.
leria in diversi momenti storici, dall’altro analizza, sul insieme riconoscibile e originale. Era una idea giusta, a
15. Sto pensando alla tela, effettivamente di contesto campidanese,
piano specificamente museale, il definirsi e l’acquisizio- mio avviso, anche se non ha funzionato. Questo esem- attribuita da M.G. Scano Naitza (Pittura e scultura dell’Ottocento in
ne delle collezioni del Museo nel quadro istituzionale pio, e più in generale questi discorsi hanno a che fare Sardegna, Nuoro, 1997, p. 115) a Raffaele Aruj, Ballo in fila con suo-
dell’Istituto Superiore Etnografico per la Sardegna. In con le nuove teorie antropologiche sulla deterritorializ- natore di launeddas, datata 1850 circa, riproposta da P. Piquereddu
un certo senso, mentre l’ISOLA andava verso la tradi- zazione, con le culture in transito e in moto. Hanno a 2003, un volume molto interessante anche per la prospettiva in cui
si pone, oltre il documentare.
zione per il mercato, l’ISRE incontrava il mercato della che fare con gli oggetti d’arte degli aborigeni australia-
16. Mi riferisco qui in particolare a Fratelli Alinari 2003.
tradizione, il collezionismo già formatosi, e comunque ni: a casa mia c’è una zagaglia australiana che non è
il dato di gioielli già costituiti in documenti o in cose molto lontana nello spazio da un pupo siciliano “sou- 17. G. Altea, M. Magnani 1994 (questo e altri lavori di rivisitazione han-
no aperto l’orizzonte nel quale oggi si ragiona, e si riflette in filigrana).
antiquarie, in valori, attraverso la selezione di criteri venir” e da alcune maschere del carnevale sardo acqui-
18. Molti anni fa Ubaldo Badas jr. mi introdusse al tema segnalando-
che non erano neutri e che in parte ascendevano all’in- state a Ottana e da un oggetto amerindiano che scaccia mi sia il lavoro di suo padre, sia il volume 50 anni di arte decorativa
fluenza dei raccoglitori per la mostra del 1911. Tavera i cattivi spiriti. In zona c’è anche uno scacciapensieri si- e artigianato in Italia 1976.
racconta che il Museo acquisì essenzialmente collezioni ciliano, e ci sono dei coltelli sardi, corsi, molisani, un 19. M. Marini 1997.
già formate e collezioni santuariali, in cui la provenien- libro di preghiere nepalesi e un oggetto turistico della 20. Mi riferisco a Farci e a Nioi, che sono ormai delle “firme”, ma nel-
za degli oggetti era problematica: le collezioni acquisite Thailandia. Possiamo parlare quindi dei nostri gusti e l’appendice del volume di Marini già citato c’è una buona base per
privilegiavano «il reperto in quanto “artistico” e raro», dei nostri amici come interessante oggetto antropologi- studiare la storia delle famiglie e delle firme artigiane in Sardegna, e
introducendo un criterio di scelta estraneo ai contesti co, in fondo con lo stesso senso per cui James Clifford anche per uno studio di orafi e gioiellieri.
d’uso, e a suo modo dotato di una “poetica” e politica parla dell’influenza su di lui del poeta Williams Carlos 21. A. Tavera 1987.
del collezionismo. Per cui egli considera che siano rari Williams.22 La seduzione (o il gusto modernista) del 22. J. Clifford, Ai margini dell’antropologia. Interviste, Roma 2004.
in queste collezioni gli oggetti preziosi “normali” (an- barbarico e del primitivo coinvolge sottilmente anche 23. J. Clifford 1993.
12 13
Breve storia dell’ornamento prezioso in Sardegna
dal Paleolitico all’Alto Medioevo
Paola Corrias
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La Civiltà Nuragica più prodigo di reperti significativi rispetto al Neolitico –
La Civiltà Nuragica si svolge nel lungo arco cronologi- non disponiamo nemmeno di un esempio di ornamento
co che va dall’Età del Bronzo Medio (1600-1300 a.C.) contestualizzato: nessun bronzetto antropomorfo, infatti,
all’Età del Ferro (900 a.C.), raggiunge il momento di ci ha tramandato in effige un gioiello indossato da un
massimo splendore tra il XIV e il XII secolo a.C., ed personaggio, maschile o femminile. Per spiegare questa
esaurisce il suo corso millenario nel momento in cui si assenza possiamo ipotizzare che la funzione – come so-
afferma l’incontrastato dominio cartaginese sull’isola, stengono i più – eminentemente votiva di tali manufatti
che convenzionalmente si fa coincidere con la data comportasse la necessità (potremmo dire ideologica) di
della battaglia navale di Alalia tra i Cartaginesi e i Fo- rinunciare ad ogni pretesa di rappresentazione realistica
cei (509 a.C.). o naturalistica, e di limitare le “informazioni” agli acces-
Le dimensioni di questa civiltà, che non conosceva la sori strettamente indispensabili per definire il ruolo del
scrittura e non utilizzava la moneta, sono veramente personaggio rappresentato (il copricapo, lo scudo, le ar-
ragguardevoli, come attestano circa ottomila nuraghi mi, il bastone del comando etc.). Ovviamente anche
distribuiti su tutto il territorio isolano, un migliaio di l’assenza costituisce a suo modo un’informazione, che ci
villaggi, cinquecento “tombe di giganti” e numerosi consente di ipotizzare che la funzione ornamentale dei
pozzi sacri; e il principale indicatore del livello tecno- gioielli fosse prevalente rispetto a quella di connotare il
logico che essa raggiunse è rappresentato, insieme al- ruolo sociale del possessore. Quanto alle tipologie e ai
la imponente capacità edificatoria, dalla perizia nella modelli, la produzione isolana di monili non si discosta
lavorazione dei metalli, documentata dalla copiosa granché da quella delle civiltà dell’Egeo e del Mediterra-
produzione di manufatti in bronzo. neo orientale. Tra gli oggetti più diffusi ritroviamo i
Alla posizione geografica, e ancor più alla ricchezza di bracciali in bronzo (figg. 48-49), realizzati in lamina o a
alcune materie prime che oggi sarebbero definite “stra- verga (quest’ultima con una notevole varietà di sezio-
tegiche”, anche in considerazione del loro impiego a ni), nei modelli a cerchio, a capi aperti, a capi sovrap-
fini bellici (l’ossidiana del Monte Arci, il rame, il piom- posti o a più giri. La maggior parte degli esemplari non
bo, il ferro e l’argento del Sulcis), si deve la varietà di presenta alcuna decorazione, ma non mancano oggetti
contatti e di scambi commerciali che l’isola ebbe in lavorati a punzone o a bulino, con motivi a cerchietti, a
quel periodo con altre civiltà dell’Egeo, del Mediterra- occhi di dado, a spina di pesce, a zig-zag, a treccia o a
neo orientale e dell’Italia tirrenica (Etruschi), come do- spirale. Gli anelli in bronzo o in rame, in lamina o (per
cumentano (per citare i fatti più noti) i numerosi ritro- la maggior parte) a verga piena, riprendono gli stessi
vamenti di materiali ceramici micenei, e i lingotti di modelli dei bracciali, e presentano una superficie liscia
rame a forma di pelle di bue provenienti da Cipro, ov- del tutto priva di segni. I bottoni in bronzo, probabil-
vero, nella direzione inversa, le ceramiche nuragiche mente utilizzati soltanto come elementi decorativi, sen-
ritrovate a Kommòs nell’isola di Creta. za alcuna funzione pratica connessa all’abbigliamento,
Rispetto ad altre civiltà coeve (ad esempio, quelle insu- sono di forma semisferica o conica, e presentano in al-
lari del mare Egeo), nella Sardegna nuragica si registra cuni esemplari decorazioni plastiche di non facile lettura
un certo ritardo cronologico nello sviluppo di alcune (probabilmente zoomorfe). Le collane offrono tipologie
tecniche di fabbricazione delle ceramiche (il tornio ve- abbastanza varie: le più diffuse sono quelle a vaghi (di
loce) e di lavorazione dei metalli (la fusione a cera per- forma sferica o fusiforme), probabilmente tenuti insieme
sa). La loro introduzione nell’isola avvenne nell’ambito da un cordoncino vegetale; altre sono costituite da sem-
degli scambi commerciali con popolazioni più evolute, plici catenelle, o da un filo semirigido con le estremità
probabilmente provenienti dall’Oriente mediterraneo, e ripiegate e guarnite da motivi decorativi a spirale o a
costituisce un caso da manuale (in piena preistoria!) di treccia (figg. 6-8). Accanto agli ornamenti in metallo
cessione di materie prime (ossidiana e metalli) in cam- continuano ad essere utilizzati manufatti sostanzialmente
bio di tecnologia. Per il tornio veloce è stata proposta identici a quelli delle epoche precedenti, come le colla-
l’acquisizione dai Fenici, e per la fusione a cera persa ne litiche o con zanne e denti di animali, e fanno la loro
l’isola di Cipro, in entrambi i casi facendo riferimento ai comparsa alcuni oggetti che segnano una evidente di-
reperti archeologici che documentano la tipologia e scontinuità sia sul piano delle tecniche che su quello del
l’intensità degli scambi con quelle popolazioni. gusto: i piccoli bottoni in osso, i grani di collana in cri-
Le indagini archeologiche negli innumerevoli siti nuragi- stallo di rocca, corniola e steatite; per le conchiglie la
ci hanno restituito una grande quantità di manufatti in novità è rappresentata sia dal tipo utilizzato (una collana
bronzo: dagli strumenti per lavorare la terra (picconi, ritrovata ad Usini, in località S’iscia ’e sas piras, è com-
falci) a quelli per lavorare il legno (asce, seghe, punte- posta da quasi duemila opercoli di Cyclostoma elegans),
ruoli) e i metalli (incudini, ceselli, martelli), alle armi
(punte di lancia, pugnali, spade) e, ovviamente, ad un
gran numero di ornamenti, realizzati per fusione con 2. Collana, sec. XVIII-XVII a.C. 2
conchiglie, zanne di cinghiale, dente di canide, h max della zanna
matrici litiche e procedimento a cera persa. Può sembra- 10,8 cm, Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
re paradossale che per il periodo nuragico – certamente Il monile proviene da Soleminis, tomba a fossa di Is Calitas.
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6. Collana, sec. XX-XVII a.C. 8. Collana, sec. XI-VIII a.C.
pietra verde e nera, h pendente 2,1 cm, bronzo, Ø max vaghi 1,5 cm,
Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
Collana proveniente da Alghero, necropoli di Anghelu Ruju, La collana, proveniente da Sassari, nuraghe Attentu,
composta da vaghi cilindrici in pietra nera, alternati ad altri è composta da 31 grani in bronzo fuso di forma sferica,
semiglobulari o allungati in pietra verde; sostiene un pendente discoidale, cilindrica e da 3 troncoconici in filo di bronzo.
a mandorla in pietra verde.
9. Collana, sec. XI-IX a.C.
7. Collana, sec. XX-XVIII a.C. ambra, osso, lunghezza max vaghi 3,6 cm,
pietra, h max vaghi 2,2 cm, Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
Collana proveniente da Arzachena, località La Macciunita, La collana, proveniente da Sassari, nuraghe Attentu,
composta da 72 vaghi in pietra: 17 conformati a dente di animale, è costituita da elementi in ambra di forma diversa, alcuni
i restanti a forma globulare decrescente. del tipo “ad astragalo” o “tesoro di Tirinto” e da un grano
discoidale in osso.
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17. Collana, sec. IV a.C.
oro laminato, stampato, inciso, granulato, lunghezza 24,8 cm,
h pendente 3 cm, Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
Proveniente da Senorbì, località Monte Luna, è composta da due
terminali a tubulo cavo con capo ingrossato da cui si origina una
maglia multipla. Il pendente ad anfora appuntita ha un anello di
sospensione decorato sul fronte con una rosetta doppia in lamina
con i bordi dei petali in filo cordulato.
18. Collana, sec. II d.C.
oro laminato, stampato, inciso, lunghezza 37 cm,
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
Collana romana proveniente da Alghero, località Porto Conte,
con robusta maglia multipla il cui fermaglio, assente, è ancorato
alle due teste di leone.
19. Collana, sec. II-III d.C.
oro, pasta vitrea, lunghezza 133 cm, Ø placca 1,9 cm,
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
Collana romana proveniente da Sorso, località Su Pidocciu,
costruita con un doppio filo alternato a vaghi globulari in pasta
vitrea blu. La placca circolare è traforata e filigranata.
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sia dalla complessità dei monili (alcune collane sono co-
stituite da valve di forme e dimensioni diverse, ovvero
intercalate da vaghi in pietra). Altri oggetti sono chiara-
mente d’importazione, come gli alamari e le piccole fa-
retre in avorio, i grani e i vaghi di collana in ambra (co-
me il superbo esemplare dal nuraghe Attentu presso
22 23 24 25 26 27 Sassari, fig. 9), e quasi certamente i numerosi vaghi a
forma di perla in materiale vetroso.
I Fenici
Grandi mercanti, grandi navigatori e, all’occorrenza,
grandi guerrieri, muovendo dalla madrepatria orientale
22. Amuleto, sec. IV-III a.C. di Tiro (nell’odierno Libano), già alla fine dell’VIII se-
osso intagliato, h 3,1 cm, Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
L’avambraccio destro con mano che fa le fiche è il soggetto di
colo i Fenici avevano fondato colonie lungo le coste di
questo amuleto fenicio-punico. tutto il Mediterraneo centro-occidentale, dalla Sicilia al-
23. Amuleto, sec. VII-IV a.C. la Sardegna, dall’Africa settentrionale alle isole Baleari
pasta di talco incisa, h cm 1,5, Sassari, Museo Nazionale e alla penisola iberica, anche oltre lo stretto di Gibilter-
“G.A. Sanna”. Amuleto fenicio-punico a forma di ghianda ra. Per uno dei tanti paradossi della storia, questa po-
con appiccagnolo di sospensione.
polazione mediorientale dal carattere spiccatamente
24. Pendente, sec. VII-VI a.C. aristocratico, che ha occupato la scena mediterranea
28 29 30 oro trafilato, corniola intagliata, h 1,3 cm,
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. Pendente a cuore per otto secoli lasciando un’orma profonda nella cultu-
proveniente da Tharros con sospensione ad anello e filo avvolto ra dell’Occidente, continua ad essere chiamata con il
a spirale. nome (Phoinikes, “quelli della porpora”) che le diedero
25. Pendente, sec. VII-VI a.C. i Greci, di volta in volta loro nemici nelle guerre di
oro laminato, radice di turchese intagliata, conquista o concorrenti in quelle commerciali. Della
h 1,7 cm, Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
Pendente a cuore proveniente da Tharros con sospensione loro scrittura ci sono rimasti pochi e brevi testi, nessu-
a staffa e appiccagnolo a nastro. no dei quali registra il nome con il quale essi si identi-
26. Amuleto, sec. IV-III a.C. ficavano. In Sardegna si erano affacciati fin dal periodo
oro, corniola intagliata, h 1,2 cm, compreso tra l’XI e il IX secolo a.C., verosimilmente
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. Pendente fenicio-punico per acquisire metalli, e, dopo aver aperto alcune basi
egittizzante, raffigurante il dio Horo in sembianza di falcone;
sospensione ad anello con filo avvolto a spirale. commerciali stabili all’interno di villaggi nuragici costie-
ri (come quello di Sant’Imbenia ad Alghero), a partire
27. Pendente, sec. VII-VI a.C.
oro laminato, cristallo di rocca intagliato, h 2,8 cm, dall’VIII secolo a.C. avevano avviato un processo di co-
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. lonizzazione con la fondazione di centri urbani lungo
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Guglia a sezione ottagonale fenicio-punica con sospensione a staffa la costa sud-occidentale dell’isola (Tharros, Othoca,
e appiccagnolo circolare.
Sulci, Nora, Bitia), cui seguirono nel secolo successivo
28. Astuccio, sec. VII-VI a.C. ulteriori insediamenti lungo la costa orientale (Cuccu-
oro laminato, sbalzato, inciso, godronato, h 3,3 cm,
Ø 0,8 cm, Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. reddus di Villasimius e Santa Maria di Villaputzu). Nella
Astuccio cilindrico portamuleti proveniente da Tharros, configurato seconda metà del VI secolo, infine, l’isola passò sotto il
superiormente con due protomi di leone contrapposte, su una un controllo diretto di Cartagine, la più potente tra le colo-
disco con serpente aureo, sull’altra l’anello di sospensione.
Manca la parte inferiore. In origine conteneva una striscia in lamina nie fenicie, per rimanervi fino al momento della defini-
con rappresentazioni magiche. tiva conquista da parte di Roma (215 a.C.).
29. Scarabeo, sec. VI-V a.C. Nei centri urbani fondati dai Fenici non sono stati tro-
oro, corniola intagliata, lunghezza 1,8 cm, vati resti di grandi costruzioni o di architetture partico-
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. larmente originali, ma per quanto riguarda l’artigiana-
Scarabeo fenicio-punico montato con appiccagnolo girevole
ritorto con estremità avvolte a spirale, sul verso è incisa la lotta to, e specificamente la gioielleria, gli archeologi hanno
fra un toro e un leone. riportato alla luce una quantità veramente notevole di
30. Scarabeo, sec. VII a.C. reperti, che documentano un alto grado di perizia nel-
oro, diaspro intagliato, lunghezza 2,3 cm, la lavorazione dei metalli, dei materiali vetrosi e delle
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. pietre dure (ametiste, corniole, diaspri, cristalli di roc-
Scarabeo fenicio-punico con appiccagnolo girevole ritorto
con estremità avvolte a spirale. La pietra, frammentata, ha ca, calcedoni etc.), e un gusto ispirato a canoni estetici
un’aragosta incisa. di notevole eleganza e raffinatezza. Gli oggetti preziosi
31. Scarabeo, sec. IV-II a.C. ritrovati a Tharros, ad esempio, presentano una straor-
oro fuso, corniola intagliata, lunghezza 2,6 cm, dinaria varietà tipologica e di forme: orecchini, colla-
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. ne, bracciali, pendagli, anelli digitali e crinali, orna-
Scarabeo fenicio-punico montato a staffa con distanziatori
tronco-conici, sospensione a nastro; la scena sul verso è menti per il capo a forma di foglia lanceolata, astucci
31a classicheggiante e raffigura il dio Poseidone/Nettuno. contenenti lamine con figurazioni religiose destinate a
28 29
32. Borchia, sec. IV a.C.
oro laminato, stampato, Ø 3,2 cm,
Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
Proveniente da Senorbì, località Monte Luna; ha una
sottile cornice a toro, raffigura il volto della Gorgone.
33. Fibula, sec. VI-VII d.C.
oro laminato, stampato, inciso, Ø 6,2 cm,
32 Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
Fibula altomedioevale a disco; proviene da Dolianova,
area cimiteriale bizantina di Bruncu ’e s’olia.
34. Fibula, sec. VI-VIII d.C.
elettro (lega naturale di oro e argento) laminato, 37
stampato, inciso, Ø 5,4 cm, Cagliari, Museo
35
Archeologico Nazionale.
Fibula altomedioevale a disco.
35. Orecchino, sec. IV-II a.C.
36
oro laminato, stampato, trafilato, h 5,2 cm,
Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
Orecchino fenicio-punico a croce ansata (il riferimento
è al pendente che riproduce la croce della dea Tanit),
costituito da un filo di forma ellittica assottigliantesi alle
estremità aperte, alla base è saldata una croce ansata
mancante del braccio superiore.
36. Orecchino, sec. VII-VI a.C.
oro laminato, inciso, granulato, h 6,7 cm,
Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
Orecchino fenicio-punico proveniente da Tharros, ha la
parte inferiore falciforme cava e pendente in forma di
falco dalle cui zampe pende una cesta a dado (modius)
da cui fuoriesce una piramide di piccoli granuli.
38
37. Orecchini, sec. VII-VI a.C.
oro laminato, granulato, h 4,8 cm,
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”.
Coppia di orecchini fenicio-punici proveniente da 40
30 31
43
43a
44 47
45
32
49
48
52
50 51
51a
52a
proteggere il defunto al suo ingresso nell’oltretomba. nali cilindrici e pendente ad anforetta (fig. 17), insieme
Assai vario anche il repertorio dei simboli e delle deco- a due borchie (anch’esse d’oro) con testa di Gorgone
razioni, di matrice chiaramente egizia: motivi antropo- realizzate a stampo (fig. 32), e a quattro anelli in ar-
morfi, come la figurina femminile che si stringe i seni gento per le dita dei piedi, con la figura di un volto
(simbolo di fecondità) del pendente in oro conservato maschile (fig. 53). I manufatti sono stati finora attribuiti
55
53
presso il Museo di Sassari; motivi zoomorfi, come sca- all’ambito fenicio, ma per tipologia e stile sono con
54
rabei, falconi, teste di sfingi, di leoni e di uccelli; motivi tutta evidenza di matrice ellenistica. Il ritrovamento
floreali, come le palmette, le rosette e i fiori di loto; in- conferma la circolazione di manufatti preziosi anche
fine motivi geometrici. Sotto il profilo della perizia tec- tra le civiltà che nel VI secolo si erano spartite il con-
nica il livello qualitativo medio degli esemplari è deci- trollo del Mediterraneo occidentale: i Greci nell’Italia
samente alto: gli artigiani fenici padroneggiavano con meridionale e nella Sicilia centro-orientale, gli Etruschi
eguale maestria le tecniche dello sbalzo, della fusione, nelle loro terre d’origine e in Corsica, i Cartaginesi nel-
della granulazione, della filigrana e dell’incisione. l’Africa settentrionale, in Sardegna, nella penisola iberi-
Gli esemplari ritrovati in Sardegna appartengono per ti- ca e nel corno occidentale della Sicilia; ma conferma
pologia, forme e materiali alla medesima matrice cultu- anche che i Fenici, con la flessibilità e l’apertura cultu-
rale di quelli ritrovati nella penisola iberica o nell’Afri- rale che contraddistingue tutte le civiltà mercantili, e
ca settentrionale, e ciò rende impossibile distinguere i con uno spiccato gusto per le cose belle, raccoglieva-
57 58
56
manufatti d’importazione da quelli probabilmente rea- no e riutilizzavano i manufatti di altre culture anche
lizzati in officine locali (il riferimento è a Tharros, dove molto diverse dalla loro.
sono state trovate tracce di ambienti destinati alla lavo- Tra gli esemplari di collana più noti anche al grande
razione dei metalli). pubblico vi è certamente quella a vaghi con pendenti
Proprio gli scavi condotti a Tharros hanno restituito a forma di testa in pasta vitrea policroma, ritrovata nel-
53. Anello, sec. IV a.C. numerosi orecchini in lamina sbalzata d’oro o d’argento la tomba 24 della necropoli di Funtana Noa di Olbia
argento laminato, stampato, inciso, Ø 2,1 cm, a sanguisuga con varie tipologie di pendente: a forma (IV-III secolo a.C.) (fig. 16). Pendenti di questo tipo,
Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. di falco Horo (fig. 36), di cestello (fig. 37), di ghianda, con la rappresentazione tridimensionale di una testa
Proviene da Senorbì, necropoli punica di Monte Luna; destinato
alle dita dei piedi, è a fascia liscia che si allarga a formare un ovale di goccia, di croce ansata (fig. 35). Nell’esemplare più umana (ma anche di demoni e di animali), e con una
inciso con un volto maschile. complesso e raffinato, conservato nel Museo Archeolo- valenza apotropaica abbastanza evidente, costituiscono
54. Anello, sec. I-II d.C. gico Nazionale di Cagliari (di qui in avanti indicato più uno dei prodotti fenici più diffusi in tutti i paesi che si
oro laminato, bulinato, pietra dura incisa, Ø 2,3 cm, brevemente come “Museo di Cagliari”), il corpo a san- affacciano sul Mediterraneo, insieme alle “perline” a
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. guisuga è modellato alle estremità a testa di uccello, forma di occhio anch’esse in pasta vitrea e con analo-
Anello romano proveniente da Alghero, località Porto Conte; presenta
una verga bifida desinente in 3 foglie aperte sulle quali si salda il ed è decorato con filigrana e granuli; il pendente mo- ga funzione magica.
castone contenente una pietra blu con un busto femminile inciso. bile è costituito da un falco in lamina lucida, seguito Dei numerosi anelli rinvenuti negli scavi la maggior
55. Anello, sec. I-II d.C. da due anelli e da una ghianda anch’essa decorata con parte è in argento o in argento dorato, ben pochi in
oro fuso, cesellato, granulato, pasta vitrea, Ø 2,2 cm, 59
filigrana e granuli. oro. Le tipologie (anche in questo caso prevalentemen-
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. Per quanto riguarda i bracciali, provengono da Tharros te di matrice orientale) sono assai varie: con scarabeo;
Anello romano, proveniente da Alghero, località Porto Conte;
presenta una verga massiccia; castone contenente una pasta vitrea anche alcuni preziosi esemplari in oro conservati al con castone di pietra dura; di solo metallo, talvolta fi-
azzurra convessa. British Museum di Londra, decorati con i tipici motivi liformi; con castone liscio; con castone decorato – per
56. Anello, sec. I-II d.C. orientali delle palmette e dei fiori di loto, e quello, incisione o a rilievo – con i consueti motivi del reperto-
oro fuso, granato inciso, Ø 2,1 cm, conservato al Museo di Cagliari, composto da cinque rio fenicio-egittizzante (falconi, grifoni, palmette, segno
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. lamine congiunte da cerniere, di cui quella centrale re- di Tanit, dedicatorie etc.). Un esemplare davvero singo-
Anello romano; presenta una verga massiccia che si allarga verso la
spalla arrotondata; castone ovale contenente un granato inciso che ca uno scarabeo a quattro ali con testa di sparviero, le lare (conservato nel Museo Archeologico di Sant’Antio-
raffigura un amorino alato a cavallo di un leone. due intermedie delle palmette a volute, le due estreme co) è l’anello digitale in oro con cerchio a fascia, casto-
57. Anello, sec. V d.C. dei fiori di loto, motivi tutti realizzati a sbalzo e sottoli- ne circolare con rosetta in filigrana e smalti bianchi e
oro fuso, inciso, Ø 2,9 cm, Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. neati da una finissima granulazione. blu inscritta in cerchi concentrici godronati, e fascia con
Anello sigillare paleocristiano composto da una verga massiccia Tra le collane, le più diffuse sono quelle composte da ovuli in filigrana anch’essi con smalti bianchi e blu.
con castone ovale su cui è incisa la dicitura ASTER affiancata
da una stella e una croce greca; dotato di un’appendice laterale vaghi di vetro o di pasta vitrea a occhi, di pietre dure, La glittica fenicia ha prodotto numerosi sigilli a stampo a
per rendere salda l’imprimitura. di corallo e di lamina d’oro (fusiformi, sferici, cilindrici forma di scarabeo, alcuni realizzati in pasta vitrea, altri in
58. Anello, sec. VI-VII d.C. etc.), questi ultimi talvolta alternati agli altri; i penden- pietre dure: cristallo di rocca, cornalina, steatite, e soprat-
bronzo fuso, Ø 1,9 cm, Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. ti sono nella gran parte in lamina d’oro, e presentano tutto diaspro verde presente nell’isola; il repertorio
Anello altomedioevale da Codrongianus, località Saccargia, le forme più svariate: a protome femminile, a goccia, simbolico e decorativo prevalente è quello di tipo egittiz-
con decorazione a occhio di dado.
ad anfora, a palmetta con fiore di loto, a medaglione zante, ma qualche esemplare in pietra dura presenta an-
59. Anello, sec. VI-VII d.C. umbonato, a crisalide; meno numerosi i pendenti in che motivi di tipo grecizzante, come ad esempio quello
oro laminato, godronato, inciso, granulato e topazio inciso (?),
Ø 2,1 cm, Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. pietra dura (cornalina, cristallo di rocca, radice di tur- (di fabbricazione probabilmente locale) in diaspro verde,
Anello digitale (con gemma di tarda età imperiale romana) chese e agata) a forma di cuore o di ghianda. che rappresenta una scena venatoria, ritrovato a Tharros
proveniente da Dolianova, area cimiteriale bizantina di Bruncu In una tomba sul colle di Monte Luna di Senorbì, nel e conservato nell’Antiquariun Arborense di Oristano.
’e s’olia. Sulla gemma è raffigurata la dea Minerva che protende
verso destra un ramo d’alloro e ha lo scudo appoggiato sulla sinistra. contesto di un insediamento di tipo agricolo, è stata ri- La frequenza con cui la figura dello scarabeo compare
Perduta la gemma dell’occhiello. 59a trovata una collana d’oro a maglia multipla con termi- non solo nei sigilli, ma anche negli anelli, nei bracciali
36 37
e nei pendenti di collana, è dovuta alla credenza che fissava un limite alla quantità d’oro che poteva essere
quell’insetto possedesse un potere magico (figg. 29- sotterrata con i defunti – e qui ci troviamo di fronte a
31); e oltre agli scarabei gli scavi ci hanno restituito motivazioni di tipo puramente economico, legate ad
numerosi amuleti di piccole dimensioni, riproducenti esigenze del bilancio statale appesantito da crescenti
divinità, animali e simboli tipici dell’iconografia egi- spese militari –; nella Lex Oppia (III secolo a.C.) si vie-
zia: l’occhio di Horo, l’ureo, Bes, le sfingi alate, il gat- tava alle donne di indossare in pubblico più di quindi-
to, il coccodrillo, il leone, il maiale, la lepre e l’ariete ci grammi d’oro – e qui sembrano prevalere motivazio-
60 (figg. 23-26); e non poteva mancare il simbolo della ni di tipo sociale, legate all’esigenza di contenere le
61 “mano che fa le fiche” (fig. 22), diffuso in tutta l’area manifestazioni eccessive del lusso, considerate segni di
mediterranea dalla preistoria fino al XIX secolo, e tut- diseguaglianza e potenziali fattori di conflitto all’interno
tora presente nei monili dei paesi dell’Africa settentrio- della comunità. Per effetto delle leggi suntuarie – ma
nale e dell’Oriente mediterraneo. I materiali utilizzati ancor più per effetto dei modi di vita e dell’universo di
per la realizzazione degli amuleti sono i più svariati: valori che esse sottendevano e che intendevano perpe-
l’oro, l’avorio, l’osso, il vetro policromo, la steatite, le tuare – per circa tre secoli la produzione di gioielleria
conchiglie, il talco e la pasta silicea smaltata (quest’ul- nel mondo romano è stata pressoché inesistente, o
tima lavorata con l’impiego di stampi). Della “mano quanto meno non ce ne sono pervenuti echi significati-
che fa le fiche”, solitamente riprodotta in osso o in pa- vi. Bisogna attendere l’inizio del periodo imperiale (se-
sta vitrea, è stato ritrovato anche un raffinato esempla- conda metà del I secolo a.C.) per trovare i documenti
re in lamina d’oro (Collezione Biggio di Sant’Antioco). materiali che attestano, sia per la quantità che per la
Appartengono alla categoria degli oggetti apotropaici varietà tipologica, una diffusione significativa dell’uso
anche i piccoli astucci metallici di forma cilindrica, di ornamenti preziosi.
dalla superficie liscia o scanalata, contenenti rotoli (ma Considerato il “ritardo” con cui si presentò sulla scena,
dovremmo dire “volumi”) anch’essi di metallo sottilis- non deve stupire che la produzione romana di gioiel-
simo, incisi con figurazioni o con piccole iscrizioni. Ad leria dei primi due secoli della nostra era sia stata de-
62 63 un’estremità degli astucci si trova solitamente la ripro- bitrice verso la civiltà ellenistica (soprattutto dell’Italia
duzione di una testa di animale (falco, leone), e in un meridionale) di tutto l’apparato tecnico e stilistico che
esemplare (conservato nel Museo di Sassari) una pro- sempre occorre per avviare una nuova attività; e ci vol-
tome leonina bifronte (fig. 28). Gli esemplari ritrovati a le del tempo prima che le due caratteristiche apparen-
Tharros sono in oro o in argento. temente antitetiche della civiltà romana, la grandezza e
la semplicità, prendessero il sopravvento sulla raffina-
I Romani tezza e sulla ricercata complessità dello stile greco. Nel-
60. Fibbia, sec. VI-VII d.C. 63. Fibbia, sec. VIII d.C.
Per la gioielleria di epoca romana disponiamo di una la fase di massima espansione dell’Impero, la moltepli-
bronzo fuso, stampato, inciso, 3,2 x 7,8 cm, bronzo fuso, stampato, inciso, 4,2 x 8,2 cm, grande quantità di informazioni, ricavabili sia da fonti cità di rapporti con altre civiltà facilitò il superamento
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. scritte, come leggi, iscrizioni e testi di autori classici del gusto ellenistico e insieme l’acquisizione di nuove
Affibbiaglio bizantino con placca a “U” sulla quale è impresso Affibbiaglio altomedioevale con placca trapezoidale a traforo
il motivo del pavone (?) che sormonta un serpente. (Livio, Plinio, Petronio etc.), sia da fonti iconografiche, tecniche: già nel II secolo gli orafi romani padroneggia-
tipo “Corinto”, con motivi e decori geometrici.
61. Fibbia, sec. VI-VII d.C.
come statue, affreschi e mosaici (in particolare quelli vano con maestria l’opus interassile (un effetto “a trafo-
64. Fibbia, sec. VI-VII d.C.
bronzo fuso, stampato, inciso, 3,4 x 8 cm, bronzo fuso, stampato, inciso, 3,4 x 8,6 cm,
di Pompei ed Ercolano per il I secolo), e i numerosi ro” ottenuto mediante l’intaglio di una lamina con uso
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale. ritratti di mummie realizzati ad encausto su legno o a di ceselli), probabilmente mutuato dall’ambiente siria-
Affibbiaglio altomedioevale con placca a “U” sulla quale è impresso Affibbiaglio altomedioevale con placca a “U” sulla quale è impresso tempera su tela, di un realismo quasi fotografico, risa- co, e il niello (riempimento con smalto nero di tratti in-
il motivo del leone; proviene da Borutta, dall’area cimiteriale il motivo dell’anatra. Sulla fronte dell’ardiglione (il gancio)
bizantina di San Pietro di Sorres. conformato a becco, è un monogramma bizantino di buon auspicio.
lenti al periodo compreso tra il I e il IV secolo, ritro- cisi a bulino sulla superficie metallica), che già i Greci
62. Fibbia, sec. VI-VII d.C. Proviene da Sestu, località Su padru. L’immagine mostra le modalità vati a El Fayyum (Egitto) e conservati per la maggior avevano usato per decorare le armi e che i Romani im-
bronzo fuso, stampato, inciso, 3,6 x 6,7 cm, d’impiego dell’oggetto e il suo ancoraggio alla cinghia. parte al British Museum di Londra, ma anche a Berli- piegarono anche nella decorazione di gioielli.
Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”. no, a New York e ad Edimburgo. Una caratteristica dominante della gioielleria romana fu
Affibbiaglio altomedioevale con placca a “U” sulla quale è impresso A differenza di altri popoli i Romani portavano assai di certamente la policromia, ottenuta con l’impiego di tutte
il motivo della croce latina; proviene da Siligo, dall’area cimiteriale
bizantina di Santa Maria de Mesumundu. rado i gioielli nelle tombe, e perciò i ritrovamenti non le pietre preziose e semipreziose disponibili (zaffiri, ru-
hanno la stessa fonte primaria di cui disponiamo per al- bini, smeraldi, granati, topazi e anche diamanti grezzi) e
tre culture e per altri periodi; di qui la frequente diffi- dei relativi surrogati (vetri colorati per le pietre prezio-
coltà di datare i reperti, e la necessità di procedere per se, madreperle al posto delle perle). Le pietre meno du-
confronti con altri oggetti di più sicura documentazione. re venivano tagliate a cabochon e levigate, mentre su
64 Per l’uomo civilizzato del XXI secolo il fenomeno del- quelle più dure era impossibile intervenire con le tecni-
l’ornamento prezioso appartiene quasi esclusivamente che allora conosciute, e ci si limitava a sbozzarle per
alla sfera privata e individuale; per i Romani del perio- rendere regolare la forma prismatica naturale, e a luci-
do repubblicano, invece, esso aveva una rilevante di- darle per esaltarne la luminosità cristallina.
mensione pubblica, sia sul piano economico che su Le collane più importanti (anche in termini di valore
quello della convivenza sociale, tant’è che si ritenne di venale), di probabile derivazione greca, erano costituite
doverlo regolamentare con apposite norme (leggi sun- semplicemente da pietre preziose incastonate in oro,
tuarie). Nella Legge delle XII Tavole (V secolo a.C.) si disposte con perfetta simmetria; altri esemplari erano
38 39
costituiti da prismi di pietre preziose e di pietre dure, dello, per l’assenza di pendenti, l’esemplare a disco con- e conservata nel Museo di Cagliari: rigida, a verga cava I Bizantini continuarono ad utilizzare tutti i procedi-
e da vaghi di pasta vitrea di forma sferica, ovoidale o vesso, traforato e inciso, con granato centrale incastona- di sezione semicircolare, con la parte interna piana in menti tecnici dell’oreficeria romana, come ad esempio
cilindrica, distanziati tra loro, uniti da maglie dal dise- to a notte, conservato nel Museo di Sassari (fig. 38). lamina lucida e la parte esterna in lamina sbalzata con l’opus interassile, che essi migliorarono fino a raggiun-
gno semplice e con elementari chiusure a gancio; nel- L’orecchino del tipo crotalia, costituito da una rigida baccellature delimitate da file di granuli e campite da gere risultati di grande efficacia nel gioco delle luci e
le varianti più elaborate, in luogo delle maglie si trova- barretta orizzontale alla quale sono sospesi due fili d’oro archetti sovrapposti; la cavità della verga era stata riem- delle ombre; ma andarono ben oltre, raggiungendo i
no articolati elementi realizzati a giorno, e talvolta con perla infilata, è documentato da un unico esempla- pita con zolfo per rinforzare la resistenza alle ammac- più alti livelli di maestria nell’uso degli smalti, caratte-
pendenti, piastre e chiusure in lamina traforata. Rien- re (mancante di una perla) donato da Antonio Cao al cature della lamina esterna (fig. 52). Esemplari simili, rizzati da una precisione senza precedenti. I materiali
trano in questa tipologia sia l’esemplare a vaghi in pa- Comune di Cagliari. La tipologia ha conosciuto una per le vistose dimensioni e per i motivi decorativi, si ri- erano gli stessi usati a Roma: oro, pietre preziose e se-
sta vitrea di colore blu, ritrovato in località Su Pidoc- grande diffusione in tutto il mondo romano per un lun- trovano nei ritratti di mummie africane del III secolo e mipreziose, vetri.
ciu di Sorso (fig. 19), sia quello ritrovato ad Olbia, con go arco cronologico che va dal I al IV secolo; l’esem- in qualche rilievo funerario del medesimo periodo (si Un’idea della quantità e della complessità della gioielle-
grandi vaghi ovoidali sfaccettati in pasta vitrea di colo- plare sardo è simile a quelli provenienti da Pompei e veda quello proveniente da Palmira, ora al Museum of ria di questo periodo, circoscritta all’ambito della corte
re viola, alternati a elementi romboidali a giorno con custoditi nel Museo Archeologico di Napoli, e a quello Fine Arts di Boston). Sono stati ritrovati anche bracciali imperiale, si può ricavare dai mosaici della chiesa di
pelte e volute in piattina d’oro (fig. 20) (entrambi con- con tre pendenti dipinto in un ritratto di mummia del di tipo più comune, in filo d’oro con chiusura a nodo, San Vitale a Ravenna, che rappresenta l’imperatore Giu-
servati nel Museo di Sassari). Lo stile ricercato ed ele- II-III secolo proveniente da Hawara (Egitto) e conserva- o a capi aperti, o a spirale con teste di serpente. stiniano, l’imperatrice Teodora e il loro seguito: Teodo-
gante della gioielleria ellenistica si ritrova nella lunga to presso il National Museum of Scotland di Edimburgo. ra indossa una voluminosa corona d’oro con pietre pre-
collana a maglia multipla con terminali a testa di leone Quanto agli anelli, se nella austera età repubblicana è L’Età Bizantina ziose, orecchini con pendenti d’oro, granati e zaffiri con
(i due anellini saldati sul muso erano forse agganciati documentato prevalentemente il tipo a sigillo (giustifi- Dopo una breve e discontinua parentesi vandalica (V-VI guarnizioni di perle e una complessa serie di collane; il
ad un elemento centrale a giorno) ritrovata a Porto cato dalla sua funzione pratica), in età imperiale essi secolo), nel 535 la Sardegna entrò a far parte dell’Im- suo mantello è tenuto alla gola da un grosso fermaglio
Conte (Alghero) (fig. 18), tipologicamente affine ad un ebbero una grande diffusione in tutte le classi sociali, pero Romano d’Oriente, rimanendovi fino alla fine del rettangolare e su ciascuna spalla da una fibbia ovale in
esemplare del III secolo con terminali a testa di ser- con una notevole varietà di funzioni simboliche: come primo millennio. In tempi abbastanza recenti le carat- oro intarsiato con pietre preziose; anche l’imperatore
pente, corredato di chiusura a medaglione circolare, segno di fedeltà (fidanzamento e matrimonio), come se- teristiche della presenza bizantina nell’isola sotto il porta una corona, orecchini e una grossa fibbia di for-
incorniciato da un filo ritorto, con una articolata deco- gno ufficiale di benemerenza per atti o comportamenti profilo istituzionale, economico, militare, religioso, lin- ma floreale su una spalla; analoghi ornamenti, seppu-
razione a giorno realizzata con fettucce curvate e sal- di rilevanza pubblica, come segno di incarichi di presti- guistico e lato sensu culturale, sono state oggetto di un re meno vistosi, sono indossati dal seguito. Tuttavia,
date, custodito alla Walters Art Gallery di Baltimora. gio (come ad esempio il governatorato di una provin- vivace dibattito storico, favorito da numerose campa- lasciando il più alto livello istituzionale, dove i gioielli
Per quanto riguarda gli orecchini, in Sardegna ne sono cia); e anche in Sardegna, vista la quantità di esemplari gne archeologiche in giacimenti altomedievali, ma reso rispondevano chiaramente ad esigenze solo in parte
stati ritrovati numerosi e di varia tipologia. Il modello ritrovati, gli anelli dovevano essere il monile più diffuso arduo dalla mancanza di una seria tradizione di studi. ornamentali, ed esaminando i manufatti restituiti dagli
più ricorrente è ovviamente quello più semplice a cer- e popolare. Sono documentate quasi tutte le forme e le I resoconti dell’epoca ci consentono di farci un’idea dei scavi archeologici (dunque pertinenti a contesti assai
chio, ma non mancano esemplari dal disegno più com- tipologie: a verga piena, di sezione convessa, circolare, lavori in oro presso la corte di Bisanzio, che con il de- periferici rispetto alla corte imperiale), si rileva che i ti-
plesso e articolato; non risulterebbero, tuttavia, rinveni- ovoidale, che si allarga per formare il castone inciso clino dell’Occidente era diventata una meta obbligatoria pi di ornamento prezioso maggiormente diffusi nei ter-
menti di una tipologia che era entrata a far parte del con figure umane, mitologiche o di divinità, di animali per i migliori artigiani orafi dell’Impero: la domanda di ritori dell’Impero d’Oriente erano praticamente gli stessi
corredo delle donne romane fin dal I secolo: una semi- e fiori, con iniziali e formule beneauguranti etc.; a verga manufatti preziosi era forte, sia per usi religiosi che per presenti nel mondo romano.
sfera d’oro, liscia, ovvero puntinata a sbalzo, ovvero de- piena e castoni di pietre preziose, pietre dure o vetri in- ornamento. Ma l’oreficeria bizantina – se la quantità e la Per quanto riguarda i ritrovamenti archeologici di gioiel-
corata con pietre preziose incastonate, da fissare diretta- tagliati, come l’anello a grossa verga che si allarga verso tipologia dei reperti ci autorizzano a trarre conclusioni leria del periodo altomedievale in Sardegna occorre fa-
mente all’orecchio con un semplice filo d’oro (dunque la spalla arrotondata e contiene sulla parte superiore un di carattere generale – fu impegnata principalmente a re una premessa: anche quando le caratteristiche del
senza cerchio); e mancherebbero anche quelli a grap- granato con amorino alato che cavalca un leone (con- soddisfare esigenze di carattere cerimoniale e rituale sito consentono di formulare una datazione sufficiente-
polo. A Porto Conte è stata ritrovata una coppia di servato nel Museo di Sassari) (fig. 56), o come l’esem- più che di ornamentazione personale. D’altra parte, mente attendibile, lo stato degli studi sul Medioevo sar-
orecchini di stile tipicamente romano, costituiti da un plare conservato nel Comune di Cagliari (donazione considerato il venir meno dell’uso di seppellire i morti do non consente – se non raramente – di qualificare
cerchio con pendente in lamina granulata di forma pira- Antonio Cao) con zaffiro ovale e aragosta incisa, simile con i loro gioielli, e l’incidenza della pratica – largamen- l’ambito culturale cui i reperti appartengono; per esem-
midale chiuso da un prisma di pietra verde (ora nel a quelli con corniola incisa del Museo sassarese (un’ape te diffusa nel Medioevo – della rifusione dei metalli pre- plificare, un gioiello ritrovato in una tomba dell’VIII se-
Museo di Sassari) (fig. 39). Reminiscenze greche, sia per che si posa su un fiore, una corona di foglie d’ulivo con ziosi, la possibilità di ritrovare i documenti di una pro- colo non può automaticamente essere qualificato come
la complessità del disegno che per la scelta dei motivi, una spiga al centro); in questa tipologia rientra l’anello duzione non cerimoniale si riduce drasticamente. “bizantino”.
si riscontrano invece in alcuni esemplari conservati nel- con verga piena di sezione semicircolare che si allarga La netta prevalenza della componente culturale greca Le tipologie di orecchini maggiormente diffuse nei ter-
lo stesso museo: l’orecchino d’oro ritrovato in località sulla spalla per contenere un castone ovale con vetro rispetto a quella romana (a dispetto del fatto che Co- ritori dell’Impero d’Oriente sono tre: a mezzaluna, a
Su Pidocciu in agro di Sorso, con gancio ricurvo saldato convesso di colore azzurro, chiuso da una cornice di stantinopoli si considerasse la nuova Roma) emerge ciondolo e a cerchio. Della prima – non molto dissimi-
a un piccolo disco con cornice lucida e granato centrale, granuli, conservato nel Museo di Sassari (fig. 55); se ne chiaramente sia dai reperti archeologici che dalle rap- le dal modello a forma di barca diffuso nella Grecia
cui è saldata una barretta modanata di forma trapezoida- discosta invece per la struttura del cerchio l’esemplare presentazioni di gioielli negli affreschi e nei mosaici. classica e nel mondo etrusco – si conoscono esemplari
le che regge, mediante anellini, due pendenti ad astic- ritrovato a Porto Conte, con verga bifida desinente in Semplificando al massimo – e prescindendo dalle que- in foglia d’oro con disegni geometrici in opus interas-
ciola con una ghianda e un vaso (fig. 41); e quelli ancor tre foglie che trattengono il castone a notte con busto di stioni relative al valore intrinseco dei manufatti in ter- sile, in filigrana e (numerosissimi) decorati con smalti
più elaborati con disco leggermente convesso decorato donna intagliato su pietra blu (fig. 54). Tutti gli esem- mini di quantità e qualità dei materiali impiegati – si cloisonné. Gli orecchini a ciondolo (o a pendente), ori-
a giorno con motivi vegetali (mancante dell’elemento plari fin qui descritti sono caratterizzati da una struttura può dire che alla linearità e alla semplificazione del di- ginariamente elaborati in ambito ellenistico e poi sem-
decorativo centrale in pietra o pasta vitrea), cui è salda- semplice ed elementare e dalla quasi totale assenza di segno, alla regolarità geometrica delle forme e allo plificati dai Romani, ritrovano presso i Bizantini l’antica
ta una barretta rigida alla quale stanno sospesi tre pen- decorazioni nella verga metallica. Assai comuni altrove, spiccato gusto per la policromia, che caratterizzano la complessità di volumi, linee e decorazioni. Quanto agli
denti modanati a rocchetto e castone mediano di vetro ma scarsamente documentati in Sardegna, sono gli produzione orafa romana ancora negli ultimi anni del- orecchini a cerchio, il modello più diffuso è quello
rossiccio, forse mancanti di prismi di vetro alle estremità anelli a verga piena con castoni di cammei o con mo- l’Impero d’Occidente, si contrappongono una comples- semplice, privo di qualsiasi elemento decorativo; in Sar-
(fig. 40). Esemplari abbastanza simili sono custoditi nel nete e medaglie commemorative. sità di forme, una dimostrazione esasperata di perizia degna ne sono stati ritrovati numerosi esemplari sia
Museo di Cagliari, con paste vitree verdi e con due pen- Tra i non molti bracciali di epoca romana rinvenuti nel- tecnica quasi fine a se stessa, e una ridondanza deco- nella versione minimale, sia nella configurazione detta
denti. Rappresenta una semplificazione di questo mo- l’isola si segnala l’armilla in oro ritrovata a Porto Torres rativa al limite dell’horror vaqui. “a globo mammellato”, costituita da un inadorno cerchio
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d’oro o d’argento (ma anche di bronzo) con un vago glione, a ciambella, ad olivella, ad anello e a goccia; di Tra le fibule, complementi usuali dell’abbigliamento Nota
generalmente sferico infilato nella parte inferiore e ad colori diversi: gialle (le più numerose), celesti, blu, mar- sia maschile che femminile già in età romana, la tipo-
esso saldato, che presenta quattro decorazioni simme- rone, verdi e nerastre; e non mancano le perline di pie- logia a disco è quella in cui la funzione ornamentale
triche a forma di sfera (figg. 44, 46) o di semisfera tal- tra dura, di bronzo, di conchiglia, di ambra. La quantità sembra prevalere su quella pratica: di forma circolare, Sui musei di Cagliari, Sassari e Oristano, in cui sono conservati ed
volta con calice (in questo caso la parte più larga ve- trovata nei singoli contesti è quasi sempre talmente concava o convessa nella parte centrale e con un luci- esposti al pubblico quasi tutti i gioielli cui si fa riferimento in que-
niva chiusa da una pietra dura o con pasta vitrea) grande da rendere impossibile la ricostruzione della do umbone semisferico, sono solitamente decorate a ste pagine, sono stati pubblicati, sotto gli auspici del Banco di Sar-
(figg. 43, 45), con piccoli collarini lucidi o godronati loro disposizione originale; quando il tentativo è reso fasce con motivi geometrici a zig-zag in rilievo. In Sar- degna, volumi monografici con contributi di vari autori, che citiamo
qui di seguito con le date delle prime edizioni fuori commercio:
nei punti di saldatura delle decorazioni; negli esempla- possibile dal numero limitato, come nel caso della col- degna ne sono stati ritrovati alcuni esemplari in conte-
ri di maggior pregio, in oro o in oro e argento, talvolta lana ritrovata nel nuraghe Domu Beccia di Uras, si rie- sti di età altomedievale, in oro a Dolianova (fig. 33), in - Il museo Sanna in Sassari, sotto la direzione scientifica di Fulvia
anche di notevoli dimensioni (fino a 10 centimetri di sce a ricreare l’effetto di contrasto determinato dall’ar- argento e oro a Norbello (fig. 34) e in argento a Cor- Lo Schiavo, Cinisello Balsamo 1986;
diametro), gli elementi decorativi applicati sul vago so- ticolazione degli abbinamenti tra le forme e i colori: nus. Alla stessa classe di manufatti appartiene anche - Il museo archeologico nazionale di Cagliari, a cura di Vincenzo
no talmente aggettanti e vistosi da nasconderlo quasi perline di pasta vitrea variegata a goccia di colore viola- l’interessante chiusura a placche d’argento, di forma Santoni, Cinisello Balsamo 1989;
completamente. Questo schema di orecchino era ab- ceo, a tortiglione giallognole e nerastre, a tubetto verdi semicircolare e decorata a sbalzo, ritrovata nel sepol-
bastanza comune in tutta l’area culturale mediterranea, e blu (l’esemplare è conservato nel Museo di Cagliari, creto di Santa Maria della Mercede di Norbello. - L’Antiquarium arborense e i civici musei archeologici della Sar-
degna, a cura di Giovanni Lilliu, Cinisello Balsamo 1988.
ma in una versione molto più semplice: con vago in insieme ad uno analogo proveniente da Gonnoscodi- Sono stati rinvenuti nell’isola oltre cento esemplari di
pasta vitrea, in lamina o in filigrana, e senza le decora- na). Infine si segnala per la sua preziosità la collana rin- fibbie da cinturone, prevalentemente in bronzo (pochi Per il Museo “G.A. Sanna” di Sassari sono disponibili delle ottime
zioni in risalto che si ritrovano solo in Sardegna. Altri venuta (incompleta) in località Bruncu ’e s’olia di Dolia- in osso), fabbricati in officine di ambito bizantino ma guide, pubblicate nel 2000, Piedimonte Matese, che contengono in-
troduzioni storiche, tabelle cronologiche e riproduzioni fotografiche
esemplari di orecchini a cerchio presentano un pen- nova, con vaghi in pietra dura (corniola e quarzo forse anche in botteghe locali, e conservati quasi tutti accompagnate da didascalie ricche di informazioni: la “Guida Ar-
dente fisso a calice in lamina e talvolta in filigrana, con ametista) e pasta vitrea di forme e misure diverse, alter- nei Musei di Cagliari e di Sassari. Costituite da una plac- cheologica” è curata da Fulvia Lo Schiavo, gli “Ornamenti nuragici”
vetro o sfera metallica al centro. nati a tre pendenti a goccia in oro con bordo godronato ca con anello cernierato per l’appoggio dell’ardiglione e da Antonella Fois, la “Sezione Fenicio-Punica” da Rubens D’Oriano
Alla tipologia degli orecchini a pendente appartengo- e granulo centrale (fig. 21). tre occhielli saldati sul retro per l’ancoraggio al cinturo- e Antonio Sanciu, e la “Sezione Medievale” da Daniela Rovina. Al
lavoro di Antonella Fois, che allo stato attuale rappresenta lo studio
no gli esemplari decisamente importanti (con riferi- Abbastanza rappresentativo è il repertorio degli anelli, ne, presentano una grande varietà tipologica: con plac- più documentato e aggiormato sui manufatti di epoca nuragica, si è
mento al lignaggio del loro probabile possessore) ritro- per la maggior parte in bronzo, ritrovati in contesti di ca traforata tipo Corinto, con placca a U anche allunga- fatto spesso riferimento in queste pagine: per la notizia delle cera-
vati a Dolianova in località Bruncu ’e s’olia, composti scavo di età bizantina. Generalmente a verga piena, di ta (figg. 60-62), con placca a scudetto, con placca tipo miche nuragiche ritrovate nell’isola di Creta, per le tematiche relati-
ve ai manufatti vetrosi di età nuragica, e per le informazioni sulla
da un cerchio di filo d’oro a cui è sospesa per mezzo sezione semiconvessa o triangolare, con castoni bassi Siracusa, con placca tipo lira. Le fibbie di tipo Corinto collana ad opercoli di Cyclostoma elegans ritrovata ad Usini.
di due maglie una pelta con un castone vitreo centrale di forma circolare o ovale, ovvero alti di forma tronco- (fig. 63), a placca trapezoidale con fori circolari, triango-
e bordi rimarcati da tre fili di filigrana, che a sua volta conica e tronco-piramidale, con iscrizioni, simboli, mo- lari e cuoriformi, spesso corredate da un’appendice cir- Per il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari è disponibile una
piccola “Guida” coordinata da Donatella Mureddu, pubblicata nel
sostiene cinque catenelle intervallate da perline di pa- nogrammi, motivi zoomorfi o decorazioni a occhio di colare talvolta incisa, presentano motivi decorativi a cer- 2000. Una fonte di aggiornamento sullo stato degli studi e delle ri-
sta vitrea (alcune mancanti), chiuse alla base da cam- dado talvolta presenti anche sulla verga ai lati del ca- chietti, a occhio di dado, a spirale, a palmetta, a spina cerche è rappresentata dai contributi specialistici pubblicati con
panelle e da sferette (fig. 47). Il medesimo schema si stone (come nell’esemplare rinvenuto in località Sac- di pesce, a zig-zag, e a cordulo; nelle placche a U e a cadenza annuale nei “Quaderni” curati fin dal 1984 dalla Soprin-
ritrova negli orecchini rinvenuti a Siligo nella chiesa di cargia di Codrongianus) (fig. 58). Da una tomba in lo- scudetto, oltre ai motivi decorativi presenti nel tipo Co- tendenza Archeologica di Cagliari e Oristano. Sui reperti della se-
zione fenicio-punica può essere utile la consultazione del volume
Santa Maria di Mesumundu, ma con alcune differenze: calità Bruncu ’e s’olia di Dolianova, appartenente ad rinto, ne troviamo numerosi di tipo zoomorfo (pavoni, di Giovanna Quattrocchi Pisano, I gioielli fenici di Tharros nel Mu-
la pelta è a giorno con i bordi rimarcati da godronatura un contesto socio-economico quasi certamente d’élite, anatre, aquile, leoni etc.), con scene di caccia, episodi seo Nazionale di Cagliari, Roma 1974, e per quella altomedioevale
e con castoni di pasta vitrea (mancanti), e i tre penden- proviene un prezioso esemplare in oro che spicca sia biblici (Daniele nella fossa dei leoni), santi (San Michele del volume di Letizia Pani Ermini e Mariangela Marinone, Catalo-
go dei materiali paleocristiani e altomedioevali, Roma 1981.
ti sono a goccia. Il disegno di questi esemplari trova ri- per la ricercatezza del disegno che per la presenza del- Arcangelo) e personaggi con insegne religiose. La fibbia
scontro in un esemplare particolarmente bello conser- la gemma incisa, che, tuttavia, potrebbe anche prove- in ottone con anatra, rinvenuta nella tomba in località Il volume I Fenici, pubblicato a Milano nel 1989 in occasione della
vato al Museo Archeologico di Istanbul, composto da nire da un altro monile di età romana: l’anello è com- Su padru di Sestu e conservata al Museo di Cagliari (fig. mostra tenutasi a Venezia sotto la direzione scientifica di Sabatino
un cerchio di filo d’oro riempito per metà con un dise- posto da una fascia, esternamente ricoperta da tre file 64), spicca su tutte per l’accuratezza della fusione e per Moscati, rappresenta ancora oggi la rassegna più ampia e docu-
mentata sul tema. Circoscritto al contesto locale indicato dal titolo è
gno in filigrana e granuli, a cui è sospeso con tre cate- parallele di grossi granuli, e da un castone ovale incor- il gusto naturalistico della rappresentazione figurativa, il volume di autori vari I gioielli di Tharros. Gli ori dei Fenici, Vero-
nelle un pezzo più grande di filigrana a forma di B, niciato da una fila di granuli, posto trasversalmente, resa con un modellato fine e ricco di particolari. na 1990.
che a sua volta sostiene sette catenelle con ciondoli di nel quale è incassata una pasta vitrea gialla (potrebbe
Su alcuni dei temi trattati in queste pagine si sono soffermati gli
pietre preziose e di perle barocche; l’intero orecchino trattarsi anche di un topazio, ma non è stato ancora Lo scavo di un sito altomedievale nella città di Cagliari autori del volume Gli ornamenti preziosi dei Sardi, a cura di Mario
è tempestato di perle più piccole, mentre la granula- sottoposto ad analisi) con la rappresentazione di Mi- ha recentemente restituito una matrice litica bivalve per Atzori, Sassari 2000.
zione è usata per gli spaziatori. nerva ad intaglio; ai lati vi erano due piccoli castoni metalli, perfettamente intatta, attribuita al VII-VIII seco-
Gli orecchini che abbiamo descritto non sono gli unici circolari: uno è andato perduto, e l’altro (ora vuoto) è lo. Con una copia in gesso morfologicamente identica Una fonte inesauribile di informazioni sull’arte bizantina resta anco-
ra oggi il Catalogue of the Byzantine and Early Mediaeval Antiqui-
manufatti di oreficeria altomedievale ritrovati nell’isola anch’esso incorniciato da una fila di granuli (fig. 59). all’originale, ottenuta grazie all’impiego delle moderne ties in the Dumbarton Oaks Collection, di Marvin C. Ross, in due vo-
che rimandino ad un possessore di alto lignaggio: si I bracciali ritrovati in Sardegna appartengono alle due ti- tecnologie digitali, sono stati quindi realizzati in argen- lumi entrambi pubblicati a Washington, D.C.: il primo (1962) passa
deve segnalare anche la medaglia in oro commemora- pologie più diffuse nell’oreficeria altomedievale dell’area to gli oggetti le cui forme erano state intagliate nella in rassegna “Metalwork, Ceramics, Glass, Glyptics, Painting”, il se-
condo (1965) “Jewelry, Enamels, and Art of the Migration Period”.
tiva di un matrimonio, forse della cerchia imperiale, ri- mediterranea: a fascia in lamina con decorazioni incise, pietra.
trovata in una località del Comune di Sorso e apparte- e a verga con capi aperti. Al secondo tipo appartengo- Ci si attendeva di ottenere oggetti di tipo comune, dal Il volume collettivo Ai confini dell’Impero. Storia, arte e archeologia
nente ad una collezione privata, che presenta su una no l’esemplare in bronzo con teste di serpente ritrovato momento che se si fosse trattato di esemplari unici si della Sardegna bizantina, a cura di Paola Corrias e Salvatore Co-
faccia la celebrazione del rito alla presenza di Cristo, e a San Pietro di Sorres di Borutta, quelli – sempre in sarebbe fatto ricorso al procedimento a cera persa. So- sentino, Cagliari 2002, oltre a contributi di taglio prettamente stori-
co e storico-artistico, offre una rassegna sullo stato delle ricerche ar-
sull’altra tre episodi della vita di Maria: l’Annunciazio- bronzo – a testa di clava del Museo di Sassari (fig. 50), no stati ricavati due orecchini e un ciondolo, di tipolo- cheologiche in contesti altomedievali; sul tema della gioielleria,
ne, la Visitazione e la Natività. e secondo alcuni anche un esemplare in argento, pro- gia assolutamente sconosciuta. oltre allo specifico contributo di Donatella Salvi riferito ai ritrova-
Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce una veniente da Irgoli, costituito da una verga a sezione L’episodio dovrebbe essere tenuto a mente dagli stu- menti nella parte centro-meridionale dell’isola, sono di grande inte-
resse le notizie e le considerazioni di Daniela Rovina riferite ai ritro-
grande quantità di perline di pasta vitrea di dimensioni concavo-convessa a capi aperti rastremati con decorazio- diosi della cultura materiale del passato, come monito vamenti nella parte settentrionale, di Paolo Benito Serra sulle fibbie,
e forme diverse: cilindriche, sferiche, a melone, a torti- ni a occhi di dado, a spina di pesce e a treccia (fig. 51). ad accettare la relatività delle proprie conoscenze. e di Donatella Mureddu sulla matrice litica ritrovata a Cagliari.
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La diffusione del gioiello nella Sardegna medioevale e moderna.
I corredi delle classi dominanti e i “tesori” delle chiese
Marisa Porcu Gaias
Con questo saggio ci si propone di delineare un qua- Dell’assedio portato dai Doria nel 1347 la città fu libe-
dro della diffusione dei gioielli in Sardegna nell’Età rata da Mariano d’Arborea e dal fratello Giovanni, ri-
medioevale e moderna, basandoci sulle descrizioni masti fedeli all’Aragona, e i beni dei ribelli, una trenti-
fornite dagli inventari notarili e sulla testimonianza na in tutto, fuggiti dalla città lasciandovi le famiglie,
materiale rappresentata soprattutto dai “tesori” delle furono sequestrati e consegnati al mercante barcello-
chiese, i corredi di venerati simulacri. nese residente a Cagliari Francesco Stoper, che ebbe
La ripresa dell’estrazione dell’argento e di alcune pietre l’incarico di venderli all’asta per conto dell’erario.
dure pregiate dalle miniere dell’Iglesiente e dell’Argen- Proprio dall’inventario di questi beni, confiscati ad al-
tiera nel XII secolo e l’intensificarsi della pesca del co- cuni componenti dell’oligarchia cittadina, come Dorgo-
rallo nei mari di Alghero, Castelsardo e Bosa, oltre ad dorio e Arzocco Puliga, Giovanni Bolleda e Giovanni
alimentare l’esportazione fornì probabilmente materia Camusay, ma anche a notai, artigiani, mercanti e mae-
prima agli argentieri ed orafi locali. Di doni in argento, stri di scuola, ricaviamo una conferma della diffusione
oro e pietre pregiate parlano infatti i rari documenti re- degli oggetti d’oro e soprattutto d’argento nell’uso quo-
lativi a donazioni del Millecento e Milleduecento.1 tidiano dei ceti dominanti, così come di raffinati tessuti
Le disposizioni relative agli argentieri, risalenti al perio- importati dalla Francia, dalle Fiandre e dalla Catalogna,
do della prima redazione degli Statuti Sassaresi, con le di oggetti d’arredo di pregio, come i cassoni dipinti pi-
quali si specificano i loro obblighi e si prescrive la mar- sani o toscani, e di svariati utensili, sia presso le fami-
catura dell’argento e dell’oro,2 ci informano dell’esisten- glie più in vista della città che fra gli artigiani e i mer-
za di una cospicua attività orafa a Sassari tra la fine del canti danarosi.
Duecento e il primo Trecento. Tale attività doveva pro- Esemplare, al riguardo, il corredo di gioielli e preziosi
curare notevoli guadagni agli artigiani se, a loro volta, di donna Orietta Puliga Morros, che comprendeva, ol-
essi erano tenuti a pagare una somma non irrilevante tre a svariate monete e suppellettili d’argento col mar-
per l’esercizio della professione e a garanzia dei clienti chio di Sassari e senza marchio: sette anelli d’oro, tra
che affidavano loro i preziosi metalli da lavorare. cui uno con sigillo raffigurante l’Agnus Dei, due con
Non abbiamo concrete testimonianze di queste produ- zaffiri, e tre rispettivamente con un granato, un turche-
zioni ma l’inventario dei beni confiscati ad alcuni cit- se e una cornalina; tre cinture in argento e pelle di
tadini sassaresi, che tra la fine del 1347 e i primi mesi vacchetta, di varie fogge, con smalti, placche in argen-
del 1348 si erano ribellati al potere aragonese, ce le to dorato e teste d’argento; quindici trecce di fili d’oro;
conferma.3 tre pezzi di corallo e un cristallo con argento; una pic-
Il ceto dirigente e mercantile locale, estremamente cola croce d’argento; una quarantina di fibbie d’argen-
composito anche dal punto di vista etnico (al ceppo to e due smaltate con catenella.
sassarese originario si aggiungevano i pisani, in qual- Di poco inferiore la quantità dei preziosi confiscati a
che modo tollerati, i nuovi “ripopolatori” catalani, i donna Caterina Bolleda, fra i quali: una corona sardi-
corsi e i sardi del distretto), oscillava tra l’alleanza con sca di foglia d’argento dorato; quattordici fibbie d’ar-
l’Aragona e i sotterranei accordi coi Doria e i Malaspi- gento; una testa di cintura in argento smaltato; sette
na, per cacciare gli aragonesi dalla città.4 malgranes d’argento dorato; granuli d’argento; sette
anelli d’oro con pietre, tre con zaffiri, due con granati
e due con perle vere; una ghirlanda con granuli d’ar-
65. Madonna del Carmine, sec. XVI gento e nove smalti; due ghirlande a treccia con in
statuetta in ceramica vestita, Cagliari, chiesa del Carmine mezzo granuli d’argento; un coltello col manico di co-
(foto Nicola Monari). rallo; diverse cinture con placche d’argento e le teste
Il simulacro è rivestito alla maniera seicentesca di tradizione ispanica
e ornato con preziosi gioielli in oro, argento dorato, smalti, perle e pure d’argento, smaltate e non, e trentadue medaglie
65 pietre preziose, databili in parte al Cinquecento e al Seicento. d’argento dorato.
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All’epoca, l’argento veniva adoperato per i bottoni e le parte dati in pegno dall’Amministrazione delle rendite europea, sulla coscienza della propria condizione di ce- del suo territorio, la Baronia della Nurra infeudata alla
fibbie, così come il corallo rosso e nero, e per legare i e diritti reali a feudatari e ricchi mercanti. Ne facevano to privilegiato e sulla necessità di conservare un’imma- stessa città, e demografica, che mantenne fino alla
grani di corallo, i padrenostres, che si portavano come parte collari d’oro smaltato con perle e pietre preziose, gine esterna adeguata. La casta dei feudatari contava grande peste del 1652.
collana. Ridotto in fili, così come l’oro, fungeva da pas- spille e pendenti d’oro con rubini, diamanti e perle, sulle rendite derivanti dal feudo, attraverso l’esazione A seguito della pacificazione con l’Aragona si potè
samaneria per gli abiti. della foggia ampiamente diffusa in Europa nel Quat- dei tributi, e dalle proprietà immobiliari, per incremen- quindi sviluppare una vera e propria civiltà urbana, a
Tra i beni sequestrati al calzolaio corso Pietro figurava trocento ma anche nei secoli seguenti e testimoniata tare le quali si impegnava in attività finanziarie e, talvol- fronte delle comunità di villaggio, caratterizzata da una
un supertunicale da donna di panno vermiglio di Mo- dalla pittura del tempo (come il leopardo in oro e ta, in affari ai margini della legalità, brigava per ottenere ricca articolazione sociale e, nel caso di Sassari, anche
lins con 62 bottoni d’argento; a Clara Camusay fu re- smalto bianco e nero con tre perle pendenti e due ru- incarichi nell’Amministrazione regia e nella gerarchia dal sostanziale equilibrio fra l’economia mercantile e
quisito un supertunicale di panno de colca con otto bini incastonati nel petto e nella schiena o i fermagli ecclesiastica, entrando così in concorrenza con le oli- quella rurale.
fibbie d’argento, rifinito in oro e foderato di mussolina, con pietra preziosa centrale contornata da perle).10 garchie cittadine, composte dai nobili non titolati, dal Anche Alghero visse nel corso del Cinquecento un pe-
e la tunica sardisca verde che apparteneva alla moglie In questo secolo Alghero divenne il centro di raccolta ceto burocratico togato e dalla borghesia mercantile. riodo di straordinaria floridezza, determinato dalla rile-
di Arzocco Puliga era rifinita con una treccia d’oro e 48 del corallo pescato nell’area nord-occidentale del Me- Tra le classi privilegiate c’era il clero secolare. L’autoriz- vanza del commercio che favorì l’emergere di una clas-
bottoni d’argento. diterraneo, che solo in piccola parte veniva lavorato in zazione data dal sovrano aragonese ai primi del Quat- se mercantile, composta in prevalenza da catalani ma
Niente di tutto questo ci è pervenuto; tuttavia, i mode- loco da manodopera ebraica e in prevalenza veniva trocento, prima al vescovo di Cagliari e poi estesa a anche da genovesi e da qualche sardo, che in breve
sti anelli d’argento con l’Agnus Dei o pietre in pasta vi- esportato e lavorato nelle botteghe di Barcellona e tutte le diocesi, alla riscossione delle decime sacramen- poté competere con la nobiltà di sangue, discendente
trea, i bottoni di metallo sferici e a coppella, le fibbie Marsiglia, ugualmente da artigiani di stirpe ebraica, tali, fatte salve le città privilegiate, consentì alla Chiesa delle famiglie catalane insediatesi dopo la conquista del
in metallo, provenienti da sepolture ed esposti nella specializzati in questa particolare arte. di assicurarsi quelle risorse finanziarie non più garanti- 1354, con la quale strinse legami di parentela.
sezione medioevale del Museo Sanna di Sassari, richia- Due distinti documenti, della metà e dell’ultimo venten- te dai territori andati perduti. Rispetto al periodo medioevale, nel Cinquecento è do-
mano per la foggia quelli assai più preziosi inventariati nio del ’400, illuminano, seppure parzialmente, sull’atti- All’inizio del Cinquecento le diocesi sarde si ridussero cumentata l’attività degli argentieri ed orafi attivi a Sas-
nel 1348.5 vità e lo status di due argentieri algheresi. Il primo, re- drasticamente da 18 a 7 e, grazie a questa politica di sari e nel Capo di Logudoro e a Cagliari. La qualità dei
L’unico nome di argentiere sassarese del Trecento fino- datto il 18 settembre 1449, è relativo all’aggiudicazione ridimensionamento, le rendite del clero secolare non prodotti delle botteghe orafe cagliaritane è attestata in-
ra individuato è quello di un Jordanus argentarius che per asta pubblica di una casa nella piazza del pozzo subirono danni eccessivi per quanto concerneva i ve- direttamente anche dalla presenza a Roma di alcuni ar-
nell’agosto 1335 partecipò nella chiesa di Santa Maria vecchio all’argentiere Antonio Ferret, come miglior offe- scovati e i canonicati delle diocesi soppresse, che pas- gentieri cagliaritani nella prima metà del Cinquecento.17
ad Alghero ad una riunione di 46 fuoriusciti sassaresi.6 rente.11 È un segno esplicito del benessere economico sarono in parte ai vescovi delle diocesi cui vennero Gli argentieri e orafi, organizzati in confraternite di me-
Raffaello Delogu riporta i nomi di due orefici di origine raggiunto dall’artigiano. Il secondo, del gennaio 1480, accorpati e, in parte, furono trasformati in rettorie e stiere, si occupavano della produzione dei preziosi ar-
pisana operanti a Cagliari nei primi anni del Trecento, riguarda il pagamento, da parte del procuratore regio parrocchie. redi liturgici e dei gioielli che ornavano i simulacri dei
«Puccio aurifice pisano e Vanne aurifice condam Gui- nel Regno di Sardegna Giovanni Fabra, di 159 lire e 15 Anche le maggiori abbazie e monasteri furono annessi Santi, commissionati dal clero o donati dai fedeli, ma
donis», per indicare la sicura dipendenza dell’attività soldi in moneta di Sassari al mercante algherese France- alle diocesi superstiti, per aumentarne i redditi e, in anche degli argenti d’uso domestico e dei gioielli per
degli argentieri isolani da quella degli immigrati toscani sco Delitala che, su sua richiesta, ha fatto forgiare dal- qualche modo, salvarne la proprietà fondiaria. Questa ornamento personale, riservati ai ceti abbienti.18
che perdura ancora per qualche decennio dopo la con- l’orefice algherese Nicola Elina i finimenti d’argento per procedura, più che nel resto d’Italia, rafforzò l’orga- Il numero stesso degli argentieri operanti nelle città di
quista aragonese.7 una sella sarda ed una patena di corallo guarnita d’oro nizzazione della Chiesa secolare e, di conseguenza, Sassari, Cagliari e Alghero è indice del benessere e del
Se per il tardo Duecento e il Trecento l’attività degli ar- per farne omaggio a Giovanni II re d’Aragona.12 anche il suo ruolo economico nella società sarda.15 lusso in cui viveva il ceto dominante.
gentieri sassaresi viene confermata dalle norme e da Un altro raro inventario quattrocentesco è quello citato Gli appartenenti alle classi medio-alte, professionisti, Della diffusione dei gioielli in Sardegna nel Cinquecen-
altre fonti documentarie, resta invece in ombra il Quat- dal Delogu e relativo agli ori, argenti e arredi di don proprietari di bestiame, farmacisti, negozianti e artigia- to testimoniano anche opere pittoriche, come i retabli
trocento, proprio il secolo in cui la città divenne la più Salvatore Alagon, redatto il 25 settembre 1480.13 Vi si fa ni affermati, conducevano una vita dignitosa e nei lo- del Maestro di Castelsardo o il retablo di Ardara, la cui
importante dell’Isola, per la quasi totale assenza di ma- una distinzione fra i pezzi antichi e quelli nuovi e si in- ro corredi, seppure in misura molto minore rispetto predella, opera di Giovanni Muru datata 1515, mostra
nufatti e di documentazione archivistica locale relativa dicano quelli di gusto locale. Vi figurano oggetti in ar- alle dotazioni principesche della nobiltà e dei ricchi la diffusione nell’abbigliamento maschile delle meda-
all’epoca. Possiamo quindi solo supporre che la ricca gento dorato e smaltato e in filigrana d’oro e gioielli in mercanti, compaiono oggetti e preziosi in oro e argen- glie da berretto, con pietra centrale o cammeo, e delle
oligarchia mercantile che controllava la città avesse un oro e pietre preziose. to. Anche all’interno delle comunità feudali del villag- catene d’oro, ritorte o con maglie piatte, dalle quali
tenore di vita adeguato alle caratteristiche degli edifici Su alcuni preziosi posseduti da Leonardo Alagon e Gio- gio permanevano le differenze di classe, rimarcate spesso pendono medaglie con cammeo, secondo una
sopravvissuti e altrettanto raffinati fossero i suoi gusti vanni De Sena, venduti all’incanto per ordine del viceré dall’esenzione dalle prestazioni feudali per i nobili moda allora diffusa in tutta Europa, o il retablo di
in fatto di arredi e accessori di lusso quali le suppel- Carroz, per pagare un debito contratto col mercante non feudatari, i cavalieri, gli ecclesiastici, i laureati, i Sant’Eligio a Sanluri, che propone l’interno di una bot-
lettili d’argento e i gioielli, che immaginiamo ormai Pietro Aymerich, ci informa un documento del 1478: si notai e i majores, ovvero i prescelti a rappresentarle. tega orafa del tempo. Del lusso delle classi abbienti nel
ispirati, così come le architetture e l’arte figurativa, alla tratta di una cintura di broccato guarnita d’oro, di una Progressivamente questi ceti costituirono una sorta di Capo di Logudoro e nel Capo di Cagliari alla fine del
tradizione catalana. In documenti quattrocenteschi è collana d’oro di 45 once e di una catena di 27 once, élite in grado di controllare la vita economica e ammi- XVI secolo e nei primi decenni del successivo sono an-
nominata la strada degli argentieri, l’Argentaria, l’at- due cucchiai, una patena, una catenella, un anello e sei nistrativa dei singoli paesi e di intere regioni all’inter- cora un’indiretta testimonianza la ricchezza delle vesti e
tuale via Rosello, che mantenne tale denominazione bottoni pure d’oro, del peso complessivo di 26 once, il no dei feudi.16 Il popolo minuto, nelle città come nei dei gioielli che ornano Sante e Santi nelle pale di Bac-
fin quasi a metà Ottocento.8 tutto di proprietà di don Salvatore Alagon, e di una taz- villaggi, viveva in condizioni miserabili. cio Gorini e dei pittori della sua cerchia, operanti nel
A Cagliari è documentata nel Quattrocento l’attività di za e un bacile appartenenti a Giovanni De Sena.14 Le principali città dell’Isola non erano state assogget- sassarese in quegli anni, o le Sante del cosiddetto Mae-
una ventina di argentieri, fra i quali sono numerosi In Sardegna il sistema feudale inaugurato dall’Aragona tate al regime feudale, ma erano dotate di un’ammini- stro del Capitolo del duomo di Cagliari, dalle vesti e dai
quelli dal cognome catalano, cui certamente si deve nel 1324 e rinnovato dal 1420 al 1490, con la concessio- strazione civica. Inserite nel patrimonio regio e poste gioielli altrettanto importanti.
l’importazione di modelli che avranno poi ampia diffu- ne della successione anche in via femminile, aveva pro- sotto la diretta giurisdizione reale, godevano di parti- La conferma documentale della diffusione nei ceti ab-
sione in tutto il territorio isolano.9 dotto la divisione del territorio dell’Isola fra una novan- colari privilegi, assimilabili a quelli delle istituzioni ca- bienti sassaresi, cagliaritani ed algheresi del Cinque-
Servirono certamente da modello per gli orefici sardi tina di feudi, maggiori e minori. L’ampiezza dei poteri talano-aragonesi. cento dei gioielli per uso sacro e profano ci viene so-
anche i gioielli di gusto europeo lasciati da Martino il esercitati dai feudatari li rendeva veri e propri signori, Fra le sette “città regie”, Cagliari, Sassari, Oristano, Igle- prattutto dagli inventari notarili.19
Giovane, re di Sicilia, morto a Cagliari il 25 luglio 1409. seppure vincolati dalla fedeltà al sovrano. Il loro model- sias, Bosa, Alghero, e Castellaragonese, Sassari aveva la Nel 1522, Giovanni Fontana, figlio del ricco mercante
Furono stimati del valore di 50.000 fiorini e in gran lo di vita era fondato sui valori comuni all’aristocrazia maggiore rilevanza economica, anche per l’ampiezza Ursone della Fontana, che vantava lo jus sepeliendi
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nella cappella di San Giorgio, posta nel transetto sini- così come fra i gioielli civili, in cui predomina l’aspetto
stro del duomo sassarese appena riedificato, lasciava ornamentale e di complemento del vestiario, e i gioielli
scritto nel testamento che i suoi beni andassero alla devozionali, subordinati cioè all’iconografia religiosa, in
chiesa cattedrale, in particolare per l’opera del retablo quanto il limite fra le due tipologie è estremamente labi-
dell’altare maggiore, ma concedeva alla moglie «i venti- le, soprattutto nelle aree di influenza spagnola, in cui
sei bracciali e le sue perle e tutti i suoi gioielli e le sue l’elemento religioso è intrinseco al quotidiano.
cose, che le lascio per i buoni servigi da lei avuti».20 Sul capo le dame nobili e le ricche borghesi portavano
Nel 1544, Grazia Ximenes lasciava cinque anelli d’oro, la escofia, la cuffia rinascimentale intessuta con fili d’oro
con granati, turchesi e lisci, e un’immagine di corallo e d’argento, ornata da ricami e applicazioni in oro e
incorniciata in oro.21 spesso col prezioso sottogola, e il vel detto anche bea-
Ma sono soprattutto gli inventari di cittadini residenti tilla, di tessuto ugualmente prezioso e spesso traspa-
ad Alghero, redatti fra il 1575 e il 1604, e quelli di al- rente, la glasa, intessuto o ornato di fili d’oro e d’argen-
cuni nobili e mercanti cagliaritani a rivelare la quantità to e, talvolta, arricchito da perle e granati. Per fermare i
e la qualità dei preziosi in possesso del ceto feudale e capelli nelle elaborate acconciature rinascimentali, oltre
mercantile e a confermare quanto la presenza dei nu- ai cordoni, detti vora e cordo, in filo d’oro ma anche di
merosi argentieri e orafi nella Sassari del Cinquecento, aljofares, le piccole perle di fiume, le dame algheresi
rivelata dai documenti, lascia intuire. usavano i più preziosi apretaderos de cap, i fermaca-
Nonostante la Pragmatica del 1563 imponesse severe pelli in oro, composti da pesses d’oro in prevalenza
restrizioni sull’ornamentazione del corpo coi gioielli, smaltate, tempestate di perle e granati e collegate fra 66
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riproponendo le leggi suntuarie dei secoli passati, nel- loro, che sembrano il corrispettivo del diadema, men-
la ricca Alghero, e certamente anche a Sassari e a Ca- zionato negli inventari cagliaritani, e l’equivalente delle
gliari, tali prescrizioni venivano ignorate, al pari di bendas de mig cap, una sorta di fascia composta da
quanto accadeva in Spagna e nei territori soggetti al svariate pesses d’oro, prevalentemente smaltate o in fili-
suo dominio.22 grana e ornate da perle e granati, talvolta con medaglie
Dalle descrizioni fornite dagli inventari, spesso assai det- con granati al centro e perle pendenti, spesso cucite
tagliate, si desume che i gioielli in auge sono simili a sopra strisce di seta colorata. Le bendas, dette anche
quelli della Spagna del tempo e delle aree italiane di in- vetas (fasce o strisce), formavano collane, bracciali, cin-
flusso spagnolo, ma anche rientrano nella più vasta ti- ture e guarnizioni per abito, con la stessa funzione dei
pologia italiana ed europea tardorinascimentale. Al pari botons, i bottoni in oro o argento, o in corallo e oro,
dei tessuti d’abbigliamento e d’arredo, adoperati dai ceti che venivano cuciti al vestito e che compaiono in buon
abbienti, assai pregiati e importati dall’Italia, dall’Olanda, numero negli inventari più tardi.
dalla Francia e dalla Catalogna, dell’arredamento ricerca- Al collo, frequente il collar o filar di perle, caratteristi-
to e delle ricche suppellettili d’argento, ceramica e vetro co dei ritratti femminili del Rinascimento, sole o, più di
decorato che impreziosivano le mense, i gioielli sono la frequente, alternate a grani, senjalets, bastoncini, cano-
testimonianza di una civiltà urbana caratterizzata dal lus- tilles, bottoncini, botonets, d’oro, anche lavorati a fili-
so e dal gusto raffinato e aperta alle novità del Rinasci- grana con granati o a punta di diamante, con appese
mento europeo e alle importazioni dalle Indie. medaglie con cammei o granati e una grossa perla
Come si è detto, la ricchezza di Alghero derivava in pendente oppure con un pendente di filigrana d’oro in
buona parte dalla pesca e dal commercio del corallo e forma di libriccino, gioiello di gusto tardogotico che
anche dall’esportazione del prodotto lavorato in loco, compare anche isolato.
almeno fino ai primi decenni del Cinquecento, quan- Doveva essere nella moda del tempo anche il collare
do, a seguito della cacciata degli ebrei che ne detene- formato da stelle o bottoni d’oro alternati a bastoncini
vano il monopolio, la produzione del corallo lavorato oppure in oro e corallo o, ancora, costituito da un mi- 68
subì una forte flessione.23 Di questa produzione locale scuglio di grani d’oro e giaietto e piccole perle orienta-
danno testimonianza alcuni inventari di mercanti del li, o da bottoni o grani d’oro cuciti su un nastro di vel-
66. Pendente con pellicano, prima metà sec. XVII
tempo i quali, oltre alle casse e ai cassetti pieni di co- luto, con al centro un pendente formato da un cuore o oro in lamina, traforato e smaltato, con cristalli e perle, lunghezza 9 cm,
rallo in rami e pezzi avevano anche croci, rosari, col- una Veronica di corallo. Sassari, Museo Diocesano, sezione ori, argenti e paramenti.
lane e piccole sculture di carattere religioso e profano. Altrettanto diffuse le collane, rastros e padrenostres, in Orefice sassarese. La foggia è quella dei pendenti spagnoli e di area ispanica
tardorinascimentali di soggetto devozionale. Il pellicano simboleggia la carità divina.
Il corallo rappresenta quindi una costante nei gioielli oro massiccio o in filigrana, pietre dure, giaietto, coral-
che compongono i corredi maschili e femminili alghe- lo, osso bianco, con pendenti Agnus Dei, piccole croci 67. Pendente con angelo alato, prima metà sec. XVII
oro in lamina, traforato e smaltato, con corallo, pietre bianche e perle, lunghezza
resi e, in misura minore, cagliaritani. e medaglie, corrispondenti forse a lansados e cadenas 9,3 cm, Sassari, Museo Diocesano, sezione ori, argenti e paramenti.
Sono circa una quarantina le diverse denominazioni di con padrenostres di cristallo o di corallo, alternati a Orefice sassarese. Tipico gioiello tardorinascimentale in auge nel centro Europa
gioielli e oggetti di complemento menzionati negli in- bottoni d’oro a filigrana. Frequenti le cinture o fasce, le dalla metà del Cinquecento, caratterizzato in area ispanica dal soggetto religioso.
ventari, classificabili in relazione al loro uso, a seconda sintes, in tessuto intrecciato di fili d’oro o tempestato di 68. Pendente con aquila bicipite, prima metà sec. XVII
che si portino sul corpo o sugli indumenti, e al tipo di grani di corallo, bianco, rosa carne o rosso vermiglio, oro in lamina, traforato e smaltato, con cristalli e perle, lunghezza 10 cm,
persona, uomo, donna o bambino che li indossa. di diverse dimensioni e di produzione locale, ma anche Sassari, Museo Diocesano, sezione ori, argenti e paramenti.
Orefice sassarese. Gioiello di foggia tardorinascimentale. L’aquila bicipite coronata,
A questo proposito va detto che non è facile distinguere con grani e bastoncini d’oro o con appeso un Agnus simbolo della dinastia degli Asburgo, è un soggetto assai diffuso nella gioielleria
fra i gioielli di uso femminile e quelli di uso maschile, Dei o un cammeo, oppure interamente d’argento. spagnola aulica e popolare.
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68a
Meno diffuse le gargantillas, i collari aderenti compo- devozionale, in oro e smalto traforato, col monogram- il soggetto sacro rappresentato, riconducono all’area
sti dalle pessas d’oro smaltato, di maggiori e minori di- ma IHS libero o dentro una medaglia, è diffuso in Ita- ispanica.30
mensioni, talvolta con perle pendenti e con classicisti- lia dalla fine del Quattrocento e in Germania, Spagna e Sono piuttosto rare le rosas, spille di forma rotondeg-
ci cammei, usati anche in funzione di pendente, che quindi Danimarca nel XVI secolo.26 La sua presenza in giante da portare sul petto, e i joyels, ciondoli da ap-
diverranno molto più frequenti nei secoli successivi. Sardegna dall’ultimo quarto del ’500 è probabilmente pendere a nastri di velluto o seta: quello del ligure na-
Le catene d’oro, cadenas, che pure abbiamo visto raffi- da porre in relazione alla venuta dei Gesuiti. turalizzato algherese Jacobo Lercaro era di filigrana
gurate quale caratteristico ornamento maschile nei re- Il gioiello portaprofumo di forma sferica, in filigrana smaltata con la croce di San Giorgio, appeso ad una
tabli sardi del primo Cinquecento, sono meno presenti d’oro, smalti, perle o pietre, detto pom in catalano, treccia di velluto, mentre il pendente del collare di
negli inventari dell’ultimo quarto del secolo, forse so- pomander nella tradizione europea, come gran parte velluto ornato da grani d’oro, posseduto da Antoni de
stituite dai collares d’oro o dai più sottili junquillos for- dei gioielli indossati dalle dame algheresi e sassaresi Tola, aveva la foggia di un cuore con un granato al
mati da catenelle ad anelli, anche a diversi fili, d’oro del Cinquecento ebbe ampia diffusione in tutta Euro- centro e tre perle pendenti. Il joyell della moglie di
semplice o smaltato, con o senza perle e ornati da pa dal secondo decennio del XVI secolo e fino alla fi- Salvatore Aymerich, signore di Mara Arbarey, era a
pendenti di vario tipo. Compaiono, invece, i cordoni ne del Cinquecento. Nel Seicento rimase solo quale forma di ruota di Santa Caterina con un’ambra al cen-
d’oro da berretto, cordo de barreta, anche con meda- ornamento scaramantico infantile.27 tro e intorno dodici perle.
glie pendenti, i ganci e le fermature prensas de som- Negli inventari algheresi della fine del secolo XVI e del Quale ornamento dei polsi troviamo le manillas, da
brero, stanca sanch e clauxadors. principio del successivo compare la profana higa, la portarsi appaiate, in oro massiccio, ritorto, liscio oppu-
Negli inventari dei beni del “donzello” Jacobo Lercaro, mano chiusa a pugno con il pollice che sporge fra l’in- re smaltato, dette anche brasellets.
mercante genovese residente ad Alghero, e dell’alghe- dice e il medio. In corallo, cristallo o giaietto, da appen- Gli orecchini vengono indicati con quattro diverse de-
rese Pere Gujò Duran figurano anche insolite catene dere ai junquillos, agli orecchini, e soprattutto da desti- nominazioni: arras, probabilmente cerchi d’oro con o
d’acciaio, probabile ornamento maschile. nare alla protezione dei bambini, poiché considerata in senza smalto, le più vistose arrecades, in filigrana d’oro
I pendenti sono prevalentemente di carattere sacro, co- tutta l’area mediterranea una efficace protezione dal ma- o in oro smaltato con perle e, talvolta, con smeraldi e
me la Veronica, medaglia col volto del Cristo morto in- locchio, la manufica è l’amuleto più diffuso in area spa- perle pendenti, in corallo, di foggia italiana (“al Ro-
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tagliato nel corallo o, raramente, nel giaietto, spesso gnola in tutti gli strati sociali, fin dal Medioevo, e veniva mano”), o a forma di piccola anfora con perle, simili
con l’effigie della Vergine nel verso; gli Agnus Dei, i realizzato in diversi materiali, per rafforzare l’azione di- alle orellas e orels, che sono anche di cristallo o vetro
Nom de Jesus, le medaglie, medallas, in oro e smalto, fensiva esercitata dalla disposizione della mano con le rigato d’argento e guarnito di fili d’oro ritorti.31
con cammei o corniole. Talvolta le medaglie e i pen- virtù proprie del materiale usato. Nel cagliaritano ha in- Diffusissimi, nei vari ceti, gli anelli, dai più semplici, in
denti, detti anche penjadors, hanno figurazioni religiose vece ampia diffusione il rametto di corallo con guarni- oro senza pietre, detti diamantet, quelli con una tavo-
in corallo e oro, come San Sebastiano o Sant’Elena, o zione d’argento, dalla simile funzione apotropaica. letta d’oro, smaltato o meno, a quelli con pietre di vario
profane, come i pomi portaprofumo in filigrana, poma, È noto come anche la scelta del minerale o della so- pregio e colore: turchesi, granati, perle, pietre bianche,
i cuori, i Cupidi. stanza organica adoperati come gemma avesse un corniole e, seppure rari, diamanti, rubini e smeraldi. Vi
La croce, usata come pendente, assieme alle medaglie preciso significato nell’oreficeria rinascimentale italia- sono poi gli anelli di significato simbolico come quelli
e ai medaglioni di soggetto sacro, è fra i più diffusi na ed europea più in generale. L’uso del corallo, assai denominati man y fe, i tipici anelli di fidanzamento o
gioielli devozionali. Ne troviamo di corallo, col Cristo abbondante nei mari della Sardegna settentrionale, e matrimonio, diffusi in tutta l’Europa occidentale, raffigu-
in oro, con o senza le estremità guarnite d’oro, in fili- risorsa principale degli scambi commerciali algheresi, ranti due mani in atto di stringersi, o quelli, di simile si-
grana d’oro smaltato, o in oro semplice o smaltato con era legato all’immagine magica del sangue pietrificato gnificato, detti recorts costituiti da due o tre anelli, spes-
perle pendenti, o con pietre preziose e perle pendenti. della Gorgone, mentre al cristallo di rocca, ritenuto so collegati fra loro da una pietra lavorata a forma di
L’Agnus, rotondo, ovale o quadrato, d’argento o d’oro, ghiaccio pietrificato, si attribuiva un valore purificante. cuore. Altri sono a forma di serpe oppure nel castone
semplice o smaltato, col vetro di cristallo guarnito d’oro Il nero e lucido atzebeje, il giaietto forse proveniente hanno un Agnus di cristallo o un gosset, un cagnolino.
e miniato o, più semplicemente, di vetro, di pasteta o dalle miniere asturiane, era considerato un mezzo effi- Infine, di uso prettamente maschile, l’anello d’oro con
di cera, è uno dei simboli più diffusi. Era presente nel cace contro i poteri malefici, secondo una tradizione castone d’acciaio che reca incisa l’arma del proprietario.
castone di un anello posseduto da uno dei fuoriusciti ereditata dall’Islam. Il rosario, detto anche saltiri, è ampiamente diffuso an-
sassaresi del 1347 e sappiamo che ebbe ampia diffusio- Erano invece legati al gusto tardorinascimentale o ma- che prima della battaglia di Lepanto del 1578. In coral-
ne nell’oreficeria rinascimentale italiana del XV secolo. nieristico di derivazione italiana i due Cupidi smaltati di lo, giaietto e cristallo, intervallato da bottoncini d’oro e
Lo troviamo isolato o adoperato come pendente di col- bianco dell’inventario di Gaspar Gujo y Duran, adopera- con Agnus Dei come pendente, è prezioso nei ceti ab-
lana o, più spesso, di rosario e perfino come arma di ti forse come pendenti di catena o di orecchini,28 a rap- bienti: la sassarese Caterina de sa Rocha, moglie del fu-
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un sigillo d’argento. L’immagine sacramentale e scara- presentare l’amor sacro, se bendati, e quello profano, se ster (falegname) mastro Angelino, possedeva nel 1584
mantica dell’Agnus Dei qui tollit peccata mundi esorciz- raffigurati senza benda, come l’esemplare seicentesco un modesto rosario di corallo terrallu, con sette piccole
za il male e protegge chi lo porta.24 In epoca più tarda custodito nel tesoro del duomo di Sassari (fig. 67),29 e poste d’argento, mentre Margherita Gujo y Duran, mo-
e nell’oreficeria popolare il termine Agnus Dei indi- forse venivano dalla Spagna le due piccole tartarughe glie del ricco mercante algherese Pere Tibau, nel 1575
69. Orecchini, 1684 cherà i reliquiari da portare appesi, d’argento o d’oro in di giaietto guarnite d’oro con tre piccole perle, men- ne possedeva quattro, tutti preziosi: il primo coi coralli
oro e granati incastonati “a notte”, lunghezza 11,4 cm,
collezione privata. lamina e filigrana, di forma cilindrica o rotondeggiante, zionate nell’inventario di Pere Nofre De Ferrera, signo- a mo’ di olivetta, con dodici senyals d’oro intervallati da
Questi orecchini a pendeloque, provenienti da area iberica, con cavità centrale e vetri che lasciano intravedere la re di Bonvehì. granelli di corallo; il secondo di corallo rosa carne, con
recano la punzonatura con la data. sagoma dell’Agnello mistico o, più semplicemente, A questa stessa categoria afferiscono due gioielli ap- padrenostres dello stesso corallo e un teschio; il terzo
70. Fiocco alla Sévigné, fine sec. XVII frammenti di tessuto proveniente da paramenti sacri, partenenti a facoltosi cagliaritani dello stesso periodo, di grani e padrenostri di corallo rosa con una testa di
oro e rosette di diamanti incastonate “a notte”, lunghezza 9 cm, frammenti di cera o iscrizioni di carattere religioso.25 realizzati in oro e smalti, con perle pendenti: si tratta morto; il quarto di giaietto nero con due senyals d’oro.
collezione privata.
Questo monile, che prende il nome dalla scrittrice francese Negli inventari dei ricchi algheresi e cagliaritani trovia- di una piccola aquila in oro e smalti, con perle, e di Maria Margens, moglie di Salvatore Aymerich ne posse-
Madame de Sévigné, è uno dei più diffusi in epoca barocca. mo diversi Nom de Jesus. Questo tipo di ornamento un’edicoletta con San Francesco e il Cristo i quali, per deva uno tutto d’oro e tre di giaietto e oro.
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71. Portaprofumi, sec. XVIII Il rosario descritto nell’inventario di Pere Gujò Duran, (non descritti), acquistati con le 500 doblas (equivalen-
argento, cm 31,5, Cagliari,
collezione privata.
del 1599, era composto da 103 grani di corallo e 32 te di 5.050 lire sarde) che le aveva donato all’atto del
Si tratta di un esemplare di d’oro e ornato da una Veronica di corallo guarnita matrimonio.33 È questo il corredo più ricco fra quelli
esenciero spagnolo: il corpo d’oro. Fra i ricchi algheresi sono diffusi anche i più menzionati, che raggiungono il valore di 4.181 lire so-
del leone funge da contenitore, economici rosari fatti con conchiglie marine (nacara lo nel caso di Pedro Moros y Molinos, governatore del
dalle sue zampe pendono
quattro campanelli “a bottone” e mongetes) o con pasta vitrea. Capo di Logudoro, defunto nel 164534 mentre si atte-
in lamina d’argento. Altrettanto preziose, e di sicura provenienza italiana, le stano a 1.671 lire per Gavino Deliperi Paliacho35 e a
piccole immagini devozionali di cui Geronimo de Led- 1.201 lire per don Gaspare Navarro.36
da, signore dell’incontrada di Costa Vall, faceva proba- Per contro, nel ceto medio il corredo di gioielli è spes-
bilmente collezione: sono angioletti dorati, quadretti in so ridotto all’essenziale: quello di Baingia Muçiga, in-
forma di Agnus Dei, con guarnizioni d’ebano e il piede ventariato nel 1618, ammonta a tre soli anelli d’oro e
e la crocetta apicale d’argento che contengono figure due Agnus Dei d’argento usati,37 mentre Juan Baptista
di soggetto religioso (San Gerolamo, il Salvatore, l’Ecce Guilardo, residente nel popolare rione sassarese del
Homo), analoghi piccoli (xichs) quadri d’argento di cir- pozzo di Villa, nel 1635 possedeva, oltre ai consueti
ca un palmo, con raffigurata la Pietà, che farebbero monili-talismano, un Agnus Dei d’argento, una conchi-
pensare alle “paci” tardorinascimentali, peraltro descrit- glia d’argento con tre sonaglini, una higa d’argento, un
te come «quadret de dar la pau de aram», nell’inventa- corno piccolo, un cogargiu e uno spillone d’argento,
rio di Pere Nofre de Ferrera, il quale possedeva anche un paio d’orecchini pendenti a gancio con la mezzalu-
due piccoli quadri con cornice d’ebano, di provenien- na d’oro, undici anelli d’oro, una collana di diciassette
za romana, con le figure del Cristo e della Vergine. padrenostres d’oro e altri diciassette curados con un
Dovevano essere di produzione locale, e destinati al gioiello d’oro pendente.38
culto domestico come le “paci”, i crocifissi in corallo e L’inventario dei beni della “devota” Maria Baffigo di Al-
oro su basamento in forma di roccia, ornato con ramet- ghero, del 1680, che prestava denaro e prendeva in pe-
ti di corallo. gno gioielli, e quello del farmacista sassarese Agustin
Parrebbero, invece, di uso profano i «trozos de coral Sassu, redatto nel 1698, il quale riceveva gioielli in pe-
obrats» (pezzi di corallo lavorato), in forma di drago e gno come pagamento dei farmaci dai clienti, ci infor-
di capriolo, trovati nel 1597 nella casa di Antonio Sa- mano sulla tipologia dei monili più diffusi all’epoca
buchs, il quale aveva anche un cassetto pieno di rami nella classe media e nella piccola nobiltà sarde.39 Il raf-
di corallo grezzo, a dimostrazione della sua attività fronto con inventari di cittadini cagliaritani appartenenti 72
mercantile. Fra i suoi beni figuravano anche un picco- alla piccola borghesia, defunti durante la pestilenza del
lo ventaglio di palma guarnito d’oro e pelle, nuovo, e 1652-56, lo conferma.40 72. Madonna di Valverde, sec. XV
un orologio da sole, di vetro bianco con la cassetta.32 Gli orecchini sono a pendente in filigrana d’argento o statuetta in ceramica vestita, Alghero, Santuario di Valverde.
Il ventaglio proveniva quasi certamente da Barcellona, d’oro, smaltata in azzurro, bianco e nero, o solo in az- Nella fotografia, risalente al primo Novecento, il simulacro, rivestito
dato che ben 12 grandi ventagli di palma guarniti d’oro zurro, con incastonate pietre azzurre (turchesi?) e pen- alla maniera spagnola, è interamente ricoperto di gioielli di varie
epoche e ornato della preziosa corona in oro, smeraldi e pietre
e pelle sono inventariati alla dogana di Sassari nel denti a zucchetta (calabessita) o perette di cristallo e preziose realizzata a Cagliari nel 1698 dall’orefice Mauro Pontis e
1576, assieme ai tessuti portati dalla Catalogna per con- oro, o con turchesi, o a mezzaluna, oppure in sempli- trafugata nel 1960.
to del mercante Joan Merzer, residente ad Alghero. ce filigrana smaltata o in oro e cristallo. Vi sono poi le
La moglie del Sabuchs possedeva anche diversi rosari orellas col corpo ad anello con bocca di serpente e
portati da Roma dalla sorella, assieme a «dos libres de piccole figas di corallo pendenti. Gli anelli hanno pietre colorate, rosse, azzurre, bianche
mostres», termine che potrebbe indicare i capricci e le Un paio, detti “di fattura antica”, hanno il pendente a e verdi, il cui numero varia da tre a nove. Frequente
chimere di gusto manierista. forma d’aquila con una pietra rossa e una verde e perle, anche il modello manu e fedi, il tradizionale anello di
Negli inventari di questo periodo sono elencati anche di un modello assai diffuso in area ispanica e in tutto il fidanzamento, già conosciuto nel secolo precedente.45
quei ninnoli di poco valore che costituiranno nel secolo centro Europa fin dalla metà del XVI secolo. Sono, infat- Numerose le collane di corallo, con o senza elementi
successivo il corredino scaramantico dei bambini. Sono ti, tipicamente spagnoli i pendenti col cagnolino su un d’oro, spesso con la Veronica pendente, ma anche d’am-
i cosiddetti giochini per bambini, juquetes de xichs, co- cuscino, il pappagallo, il pesce mostruoso, spesso con bra o di cristallo o vetro colorato, oppure d’argento. Nu-
stituiti da fischietti, cornetti in argento o corallo, denti sopra un cavaliere, l’aquila su tronco, l’aquila bicipite, il merose anche le croci, d’argento, di filigrana d’oro, spes-
di pesce, manine che “fanno le fiche”, pietre di valore pellicano e la sirena. Nel Codice di Guadalupe troviamo so con pietre colorate, di cristallo con le estremità in
scaramantico, cipree (porcellane), grani d’ambra, legati numerosi disegni di questo tipo, tutti con figure d’anima- oro, spesso smaltato. Di cristallo di rocca (e di probabile
in argento, spesso con campanellini, questi ultimi retag- li, databili fra il 1575 e il 1610.41 Il pendente con l’aquila manifattura lombarda) sono anche dei piccoli ciondoli a
gio di una moda tardomedioevale che perdurerà nel ha una notevole diffusione anche in Sicilia, dove, rispet- forma di mela, pera e cuore, piccole figurette di Santi e
gioiello tradizionale sardo. to al modello spagnolo con due catenelle e un piccolo la parte centrale delle joyas di poco pregio.
Sono ancora soprattutto gli inventari ad informarci sulla pendente centrale con una perla, compare la variante Diffusissimi i pendenti apotropaici dei bambini, Agnus,
quantità e la qualità dei gioielli posseduti dal ceto ab- con tre catene.42 Un gioiello con catenella, un’aquila in campanelle, porcellane (cipree), figas di corallo, lingue
biente del Capo di Logudoro nel corso del Seicento, così mezzo e cinque pendenti, tutti di corallo, figura anche di serpe, pietre scaramantiche come la pedra de mi-
come sulla dotazione tipica delle donne del ceto medio. nell’inventario di don Andres Sequi Pilo, redatto nel graña o la estanja sanch.
Francisco de Ledda y Carrillo, conte di Bonorva, nel 176443 e due pendenti con aquile furono donati al tesoro Possiamo supporre che questi ninnoli facessero parte
1632 lasciava alla moglie una ricca dotazione di gioielli dell’Assunta nel duomo di Sassari nel 1844.44 del cosiddetto cinturone da lattante, diffuso in tutti i
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Il mercante cagliaritano Giovanni Battista Nuxi, morto doveva pesare circa 45 doblas.53 Don Gavino Deliperi
nel 1692, possedeva tra l’altro un santico de corona in- Paliacho ne possedeva tre, di foggia differente, rispetti-
terpretabile come una piccola effigie di Santo sormon- vamente del valore di 59 e mezza, 31 e 21 e mezza do-
tata da una corona, con Nostra Signora guarnita d’oro blas, e la cadena di don Gaspare Navarro, del peso di
e pietre bianche e un simile gioiello era posseduto an- 71 doblas e mezza, era composta da settantatré elemen-
che dal cagliaritano Antonio Cauli, defunto nel 1693.49 ti, fra grandi e piccoli.
Delle tre joyas descritte nell’inventario di Agustin Sassu Si diffondono contemporaneamente anche i junquillos,
la prima rientra nella tipologia più diffusa nella secon- i cabestrillos e i sintillos, le catene e catenelle d’oro più
da metà del XVII secolo: in filigrana d’oro, ha quattro leggere e di varie dimensioni, spesso ornate da pen-
piccole perle pendenti e, al centro, un vetro dipinto denti, più frequentemente di soggetto sacro, uguali a
con l’effigie di San Giovanni Battista; parrebbe più an- quelli adoperati dal ceto borghese. Vanno ancora di
tica la seconda, in oro smaltato d’azzurro, con al cen- moda i caratteristici pinjantes tardorinascimentali, i
tro l’immagine di Sant’Anna, mentre la terza, in filigra- pendenti in oro, smalto, pietre colorate e perline, con
na d’oro, con pietra rossa al centro e perle pendenti, figure di Santi o animali dal significato religioso come
mostra l’influsso della bigiotteria francese. Vi sono poi il pellicano o l’aquila, di cui si è già detto, o mitologi-
le manillas, i braccialetti da polso di granati oppure di co, come Orfeo che suona l’arpa o il guerriero che ca-
cristalli bianchi e coralli o di coralli fini. valca un mostro marino.
La diffusione dei gioielli con smalto, in filigrana d’oro, Anche fra le joyas dei ceti agiati sono assai frequenti
o del più economico argento, che consente un minore quelle con immagini di Santi su vetro, talvolta racchiu-
consumo di metallo a parità di dimensioni, è attestata se entro preziose cornici d’oro o sormontate da una
in Spagna dalla seconda metà del Seicento e la moda corona, spesso con pietre e piccole perle, e quelle di
delle pietre false, giunta dalla Francia, raggiunge il cul- corallo con figurazioni, egualmente incorniciate d’oro,
mine attorno al 1680.50 come le due joyas di don Pedro Moros y Molinos, una
La presenza di gioielli in filigrana e cristallo documen- di cristallo, guarnita d’oro, con un San Giovanni Batti-
tati nello stesso periodo nel sassarese come nel caglia- sta dipinto, e l’altra di corallo incorniciata d’oro.
ritano dimostra l’aggiornamento costante del gusto, L’inventario di don Angelo Martinez Puliga, del 1692,
secondo i dettami della moda. fra i diversi gioielli caratteristici della metà del secolo
Gli inventari dei ceti privilegiati confermano il quadro descrive tre diverse joyas: la prima con l’immagine del-
già delineato della diffusione dei gioielli e delle loro la Vergine del Pilar con la corona sulla testa, smaltata
prevalenti tipologie nel corso del XVII secolo. in azzurro con alcune stelle e con due angeli, uno per
Nella prima metà del Seicento le signore portano anco- lato, smaltati di rosso e con cinque pietre, ai piedi del-
ra le apretaderas, i fermacapelli a fascia già adoperati la Vergine, ai piedi degli angeli e sulla loro testa; la se-
nell’ultimo quarto del Cinquecento, assieme alle bendas conda d’oro con perle e l’immagine di Sant’Antonio, e
de mig cap, composte da piessas d’oro, talvolta ornate la terza di corallo e oro con un Ecce Homo e tre perle
da perle, e le bandillas, collane da portare sul petto, da pendenti.54
spalla a spalla o per traverso, anch’esse composte da Dall’inventario di don Gaspare Navarro, redatto il 12
piessas di filigrana d’oro, smaltato e non, fino a 50 di nu- maggio 1700, ricaviamo la descrizione di un’altra joya
mero, ma anche di vetro nero e smalto, secondo la nuo- d’oro, con smalto nero e guarnita di perle, con al cen-
va moda francese, portate forse come gioielli da lutto. tro l’immagine devozionale di Sant’Anna con la Vergi-
La bandilla può anche formare un insieme con l’anel- ne e il Bambino.55
lo, il girocollo gli orecchini e la collana. Compare, Quanto agli orecchini, ritroviamo le già note arracades,
inoltre, un nuovo ornamento per i capelli, che avrà in voga dal secolo precedente, che mostrano però ag-
ampia fortuna nel secolo successivo: il clavo o clauer, giornamenti nel modello, come quelle di don Gaspare
detto anche rosa, lo spillone d’oro o d’argento, in fili- Navarro, d’oro con smalto nero e bianco, con tre rosas
grana, spesso smaltato e con una o più pietre colorate, ciascuna, un fiocco e una zucchetta pendente, il tutto
adoperato per fermare il velo o il fazzoletto e incluso tempestato di minuscole perle, oppure quelle di Ange-
fra i doni di fidanzamento o i gioielli dotali.51 lo Martinez Puliga, d’oro a forma di campana e ornate
Le gargantillas del primo Seicento sono d’oro con pie- di perle; troviamo diffusi i çerullos, grandi cerchi d’oro,
80. Gioia da corsetto, primo trentennio sec. XVIII
tre e perle e con le più piccole perle di fiume, le aljo- con o senza smalto, spesso con piccole perle pendenti. oro in lamina, traforato, sbalzato e cesellato con turchesi e
fares, con intervallati bottoncini d’oro, ma anche di Dall’inventario di Angelo Martinez Puliga abbiamo an- cristalli bianchi, lunghezza 25 cm, Sassari, Museo Diocesano,
giaietto con bottoni d’oro. Dalla metà del secolo, anche che la conferma dell’usuale procedimento di rifusione sezione ori, argenti e paramenti.
80
fra l’aristocrazia si adopera il vetro colorato, semplice o dei gioielli per adeguare il corredo ai cambiamenti del- Orefice spagnolo. Si tratta di un bell’esempio di peto, il più
importante dei gioielli che caratterizzano la moda spagnola e
alternato a padrenostres d’oro, e il corallo per più sem- la moda: vi si dice, infatti, che un paio di orecchini di francese nel primo Settecento, di forma triangolare e
plici fili (hilos).52 filigrana d’oro smaltato, composti da tre fiocchi grandi dimensioni tali da coprire il davanti del corsetto delle signore.
La pesante cadena d’oro è ancora l’ornamento privile- e tre piccoli e dal pendente, del peso di sette doblas, È formato da tre elementi a forma di fiocco, degradanti, con
un pendente inferiore e un’aquiletta superiore posata su un
giato d’uso maschile: quella del famoso medico Andrea che appaiono in linea con la moda vigente in Francia ramo floreale. Le caratteristiche della lavorazione rimandano
Vico Guidoni, venduta all’incanto per 425 lire nel 1648, e Spagna a quel tempo, provengono dalla fusione di all’oreficeria castigliana.
58 59
un paio di orecchini, un arricordo e un nombre de Je- Cinquecento, troviamo ampia testimonianza nella Sassa-
sus, che la sua vedova possedeva prima del matrimo- ri seicentesca.
nio, assieme ad un anello con dieci pietre e all’anello Accanto agli Agnus Dei d’argento di grandi dimensioni,
di fidanzamento. nella dimora del governatore Pedro Moros y Molinos
I bottoni, d’oro o d’argento, e, talvolta, anche le cinture troviamo le statuette di San Lorenzo e Santa Tecla, 82 83
di stoffa con cucite piessas d’oro grandi e piccole, ma d’argento, del peso di due quarti di dobla, un crocifis-
anche cammei, sono un ornamento delle vesti sia ma- so d’oro del peso di tre doblas e mezza, uno più pic-
schili che femminili. L’inventario di don Pedro Moros y colo di una dobla e mezza, e una lamina con guarni-
Molinos ne elenca ben trecentodue, d’oro smaltato, del zione d’ebano con l’effigie della Pietà. Donna Vittoria 81. Fiore con foglie, fine sec. XVIII-inizi XIX
peso complessivo di novanta doblas (909 lire), che, per Martinez possedeva un quadretto della Vergine incor- oro in lamina traforata e incisa, smeraldo e diamanti, lunghezza
quanto leggeri, rappresentano una dotazione davvero niciata di tartaruga con incrostazioni d’oro e il farmaci- 9 cm, Sassari, Museo Diocesano, sezione ori, argenti e paramenti.
principesca. Don Gavino Deliperi Paliacho ne possede- sta Sassu un Sant’Antonio da Padova di corallo entro Orefice napoletano. Il fiore d’elicriso o girasole, con il cuore
prezioso, costituito da uno smeraldo contornato da diamanti,
va trentasei, in oro e smalto, la sua vedova trentadue, una nicchia d’argento. oscillante sullo stelo e circondato da quattro foglie, fu donato
in argento dorato; ventidue bottoni d’argento liscio, Sono, ancora una volta, le stime dei beni dotali e gli nel 1823 all’Assunta del duomo sassarese dalla marchesa di
mediani, erano nel corredo di don Gaspare Navarro e inventari redatti nell’arco del XVIII secolo a informarci San Saturnino, moglie dell’inviato del sovrano piemontese presso
la Corte di Napoli, dove probabilmente il gioiello fu acquistato.
ventuno in quello di Domingo Genuyo mentre don An- sulla consistenza dei corredi dei cittadini e delle citta-
gel Virde Meloni ne aveva dodici di argento dorato e dine sassaresi e cagliaritane, più o meno facoltosi e, 82. Anello prelatizio, terzo quarto sec. XVIII
oro a fusione e cesello, zaffiro, Ø 2,4 cm ca.,
cinque di argento liscio. Quale ornamento dei cappelli talvolta, anche sulla loro provenienza. Sassari, Museo Diocesano, sezione ori, argenti e paramenti.
maschili, vi erano le ammorsature d’oro, mentre le cin- Il primo posto nel corredo della sposa è occupato da- 81 Orefice romano. Marchio pontificio. L’anello, di elegante foggia
ture erano ornate da borchie e placche d’argento. gli anelli, sempre in numero superiore ad uno: d’oro, e lavorazione, ha un marchio simile a quelli adoperati nello
Stato Pontificio tra il 1761 e il 1765.
Nella seconda metà del Seicento, cambia soprattutto la prevalentemente con pietre colorate di scarso valore
tecnica di esecuzione dei gioielli e ne compaiono altri disposte a rosetta, ma anche con pietre bianche, del 83. Anello, secondo quarto sec. XVIII
oro a fusione, sbalzato e cesellato e argento con pietre bianche
di nuovo modello. Troviamo descritta la moderna cate- modello detto “alla francese”, oppure del tradizionale (diamanti?), Ø 2 cm ca., Sassari, Museo Diocesano, sezione ori,
na d’oro brillante con la lassada o laso, detto anche ro- modello manu e fedi o recordo, con tre cerchi e una argenti e paramenti.
sa, il grande fiocco d’oro, che può essere brillante, con gemma a forma di cuore, oppure a laso, fiocco. Nel- Orefice sassarese. Di questo anello è interessante la foggia della
montatura, in oro con castoni d’argento e cinque pietre bianche
sei foglie, o satinato (lassada sautiné), e pendere dal l’ultimo quarto del secolo gli anelli “alla moda” sono degradanti, maggiore la centrale, montate “a notte” su fondo scurito,
collare d’oro brillante; oppure il fiocco d’oro in quattro quelli coi granati, pietra adoperata anche per collane, caratteristica del secondo quarto del Settecento.
foglie con sette pietre smaltate di nero e bianco, che bracciali e orecchini, spesso in parure. Gli anelli delle 84. Bracciale, ultimo quarto sec. XIX
troviamo abbinato all’anello a sei petali con un piccolo fanciulle più abbienti sono impreziositi da gemme più oro a fusione e coralli, Ø 7,5 cm, Sassari, Museo Diocesano,
diamante al centro, o, ancora, il fiocco con pietre rosse, costose quali smeraldi o diamanti. sezione ori, argenti e paramenti.
Orefice napoletano. I coralli, lavorati a foglie ovali e piccole sfere,
presumibilmente abbinato a due paia di braccialetti da Numerosi anche gli orecchini: dai diffusissimi cerchi si dispongono sull’intelaiatura in oro a formare una sorta di ovale
polso di granati fini, due dei quali impreziositi d’oro, o d’oro con il pendente formato da higas di corallo o di con un disegno di foglie e grappoli d’uva. È un gioiello caratteristico
il fiocco d’oro con pietre verdi. Compaiono anche le cristallo a quelli in oro e smalto con fiocco superiore e 84 della produzione napoletana della seconda metà dell’Ottocento.
catene d’oro di fattura portoghese (sinquillo de oro he- pendenti a forma di secchiello, di navicella o di cam-
chura de Portugal) che avranno più ampia diffusione pana, ornati da perle, oppure da pietre bianche, o, an-
nel corso del Settecento. cora, con pendenti piriformi o a cuore.
Nel corredo di donna Vittoria Martinez Paliacho, oltre Ancora presenti le gargantillas, i junquillos, soprattutto
ai gioielli ereditati dal marito, don Gavino Deliperi Pa- nella seconda metà del secolo, e almeno un paio di
liacho, figura un prestigioso reloje de muestra, l’orolo- manillas abbinate, ovvero le collane a girocollo e i
gio da portare in vista, presumibilmente appeso alla braccialetti, prevalentemente di corallo, ambra o granati,
cintura56 e, tra gli status symbol dell’epoca, la tabac- ma anche di cristallo bianco o colorato e, in alcuni casi,
chiera d’argento, posseduta anche da don Pedro Mo- composte da grani d’oro o dalle piessas d’oro smaltato
ros y Molinos nel 1645 e da don Gavino Fundoni nel con pietre preziose e perle, eredità del passato. Ai jun-
1686, mentre il canonico Juan Esquinto nel 1705 ne quillos si appendono croci d’oro con pietre colorate, pre-
possiede due,57 così come, per gli uomini, è frequente valentemente rosse, o perle, ma anche croci d’argento.
lo spadino, d’acciaio o d’argento, e in taluni casi perfi- Le joyas, come nel secolo precedente, sono spesso di
no l’alabarda d’argento, nel corredo delle signore figu- carattere devozionale; ancora frequenti quelle con un
rano aghi e ditali d’argento. corallo inciso con l’effigie della Vergine o di San Gio-
Fra gli oggetti “di complemento”, destinati all’uso reli- vanni Battista, nella cui produzione erano specializzate
gioso, al primo posto ci sono i rosari, in grande nume- le botteghe trapanesi, oppure con un’immagine devo-
ro, come nel Cinquecento in corallo e oro, con la Ve- zionale entro cornice d’oro con gemme e perle, o in
ronica in corallo guarnita d’oro, ma anche in giaietto e forma di cuore o, semplicemente, d’oro, con una pie-
oro oppure di più modesti materiali, come il cachum- tra colorata al centro e pendenti di perle. La versione
bo, il guscio di cocco, con medaglie in oro e argento. più preziosa di questo modello, detta solitaria, ha un
Di notevole importanza, perché denotano probabilmen- diamante al posto di una pietra ordinaria.58
te la diffusione di prodotti di importazione, le immagini Un accessorio spesso presente sono i clavos, gli spilloni
devozionali di cui, come già ad Alghero alla fine del per capelli, con lo stelo d’argento e la testa d’oro ornata
60 84a
da pietre prevalentemente bianche o verdi, azzurre e
rosse. Infine i bottoni, d’argento o d’oro, a filigrana o
martellati, a stampo o a traforo, cavi o lisci, con o senza
la pietra colorata in cima, sono il complemento indi-
spensabile dell’abbigliamento settecentesco, sia ma-
schile che femminile, assieme alle fibbie, le evillas
d’argento che divengono più frequenti verso la metà
del secolo, e sono impreziosite da pietre bianche, dia-
manti o più economici strass, e adoperate per le scar-
pe, le cinture e i nastri di cui si ornano le dame e per
la corbata, la cravatta maschile, che si diffonde dalla
seconda metà del secolo.
Il corredo dotale prevede anche un piccolo insieme di
argenti, costituito in genere da un certo numero di po-
sate, un’acquasantiera, a spalliera o a secchiello, un
bicchiere o tazza d’argento, spesso a forma di navicella
(barquillo), uno smoccolatoio. Frequenti anche i rosari
85 legati in argento, con medaglie pure d’argento a filigra-
na, e i gingilli infantili d’argento, anch’essi già cono-
85. Diadema a raggiera e corona, con gioielli applicati, sciuti nei secoli precedenti.
primo quarto sec. XVII Ecco alcuni esempi fra i tanti possibili, a partire dal ce-
argento sbalzato e inciso, Nulvi, Collegiata (foto d’archivio). to presumibilmente più basso. I gioielli dotali conse-
Orefice sassarese. Il diadema a raggiera, con fascia sbalzata
e incisa e raggi fiammati e lanceolati alternati, con stelline terminali, gnati nel 1728 a Margherita Scarsa y Pinna, criada, ov-
è il caratteristico ornamento dei simulacri dell’Assunta dormiente, vero domestica allevata in casa, da don Nicola Pilo
ampiamente diffusi nelle chiese dell’isola. Spesso è innestato a Zampello e donna Juana Pilo y Artea, sono solo quat-
baionetta su una corona, in questo caso seicentesca, in argento
sbalzato e traforato. Il diadema è impreziosito da pietre colorate
tro: un girocollo con dodici padrenostres d’oro, un
bianche e celesti, incastonate nelle stelline terminali, e da gioielli anello d’oro con sette pietre, un paio di orecchini con
applicati: tipiche joyas di carattere devozionale, croci e orecchini pendenti e due dozzine di bottoni d’argento.59
a pendente sei-settecenteschi. Più munifico, tre anni dopo, il fabbro Juan Fancellu,
che consegna alla sua criada Juanna Sanna un paio di
orecchini d’oro coi pendenti di corallo legati in oro, al-
tri due pendenti di corallo del tipo higa, legati in oro,
un anello d’oro “alla francese” con sette pietre bianche,
un altro anello d’oro a ruota con cinque pietre, verde la
centrale, rosse e bianche le altre, otto bottoni d’argento,
tre paia di bottoni d’argento “a finestrella”, un reliquia-
rio d’argento, altre due paia di bottoni d’argento, uno
con pietre bianche l’altro con pietre azzurre, un gingillo
di cristallo con le catenelle, i bottoni e la legatura d’ar-
gento, due girocollo d’ambra, sette fili di corallo.60
Nel 1717 Maddalena Pinna portava in dote all’ortolano
Gerolamo Brandino un corredo di gioielli del valore
di 85 lire e 3 soldi, stimato dall’orefice Gavino Cossu
Escardacho, composto da un girocollo d’oro con dodi-
ci grani rotondi d’oro e dodici a punta di diamante, un
paio di piccoli orecchini in filigrana d’oro con penden-
ti di cristallo bianco, un paio di bottoni d’oro cavi con
62 63
una pietra azzurra in ciascuno, una joya di corallo col forma di navicella guarniti di perle. Vi è poi una joya quale, come in molte case nobiliari, secondo l’usanza in cima, pietre bianche e perle pendenti; una venera, o
volto del Salvatore da un lato e l’effigie della Vergine d’oro a forma di stella con al centro un crocifisso d’oro spagnola era la cappella privata con altare, statue, arre- insegna di ordine gentilizio, in oro smaltato.
dall’altro, incorniciata d’oro e con tre coralli e tre perle affiancato da due angeli con pietre bianche, un giro- di e ben ventiquattro quadri dei circa duecento che Ben più preziose erano le due veneras d’oro, forse
pendenti, un anello d’oro con quattro pietre bianche, collo a forma di mezzaluna col pendente a cuore, componevano la sua raccolta. Poteva accadere, del re- dell’ordine di Santiago, requisite dal fisco a don Fran-
un altro anello d’oro con tre pietre, una verde e due composto da quarantacinque piessas in oro smaltato, sto, che in annate magre la nobiltà, che viveva delle cesco Manca y Zonza nel 1728, entrambe di forma ro-
bianche, due paia di bottoni d’argento cavi, un rosario un’altra joya con la Immacolata Concezione in corallo, rendite fondiarie e dell’affitto degli immobili, impe- tonda e appese ad un fiocco. La prima aveva ventisei
di cachumbo con catena e medaglia d’argento, trenta- guarnita con pietre bianche e con pendenti di perle, gnasse o vendesse i gioielli o l’argenteria di famiglia. diamanti di differente qualità e dodici rubini, con una
sei bottoni d’argento liscio.61 tre paia di bottoni d’oro e una rosetta d’oro, un paio di Ne abbiamo testimonianza dagli inventari dei mercanti croce colorata in campo bianco di smalto; l’altra, di
Quello stesso anno, Maria Teresa Marqueto, moglie del orecchini d’oro “alla francese”, un completo costituito che annotavano puntualmente i loro crediti e anche le foggia simile, ugualmente con croce colorata in campo
calzolaio Domingo Cossu, e Maria Baingia Piras Vacca, da due bracciali, un girocollo e un rosario d’ambra. In prendas impegnate. Qualche volta, poi, ed è il caso di bianco di smalto, aveva sessantaquattro diamanti di di-
moglie del sarto Juan Maria Pany, portavano in dote un aggiunta al corredo di gioielli la sposa porta in dote al- don Francesco Manca y Zonza, i preziosi potevano es- verse dimensioni. A don Francesco appartenevano an-
simile corredo, del valore di 64 lire e 15 soldi la prima, cuni argenti: sei cucchiai e sei forchette, una saliera e sere confiscati dall’erario per i debiti contratti.69 Nel che due orologi da tasca, con cassa e catene d’argento
di 63 lire, 1 soldo e 6 denari la seconda.62 una pepiera e una tazza a forma di xignon, una sotto- cassetto di un mobile di don Antonio erano conservati e chiave d’ottone, e un elegante completo da scrivania
I gioielli di Maria Teresa Marqueto, stimati da Francisco coppa e un boccale. i gioielli, stimati dall’orefice Bartolo Sique, e prevalen- in argento.
Porru, erano costituiti da un girocollo composto da tre- I preziosi di donna Angela Deliperi Cardona sono an- temente ancora di foggia spagnola: una gargantilla Particolarmente significativo, per valutare le persisten-
dici grani d’oro, due anelli d’oro, ordinari, una testa di cora più raffinati: la sua gargantilla è composta da di- d’oro composta da piessas con pietre bianche piccole e ze e le innovazioni, il corredo di donna Caterina Amat
San Giovanni di corallo e una pietra bianca, incastona- ciannove maglie o piessas d’oro, delle quali dieci con perle pendenti, un paio di orecchini d’oro a forma di y Tola, marchesa di Villarios, inventariato nel 1742.71
te in oro, ventiquattro bottoni d’argento, tre spadette, sei perle e una pietra turchese al centro, alternate alle secchiello, smaltati in azzurro e con un cristallo dentro, Sappiamo che la nobildonna, già contessa di Bonorva,
un clavo, un cilindretto per contenere mercurio, tutti altre, ornate da quattro turchesi con una perla al cen- una joya devozionale, in filigrana d’oro con un’imma- aveva portato al marito Gavino Amat Manca, nel 1691,
d’argento, due rosari di “pastiglia”, con legatura e tre tro. Abbinati al girocollo sono la croce d’oro, ornata gine della Vergine col Bambino, un cuore di cristallo una dote di ben 18.000 lire, compresi i gioielli, fra cui
medaglie d’argento, un paio di orecchini in filigrana da quattordici perle e sei pietre turchesi, con relativa bianco montato in oro con quattro perle pendenti, orecchini d’oro e perle, un anello d’oro con undici dia-
d’oro, un paio di braccialetti di corallo fino. catena, e gli orecchini a secchiello in oro e turchesi, una higa grande di cristallo montata in argento dora- manti e uno smeraldo, e 72 bottoni d’oro e smalto72
Oltre ai soliti gioielli del corredo base, in quello di ciascuno pendente da due fiocchi tempestati di perle to, quattro once di granati sferici, forati, per braccialet- che ritroviamo solo in parte nell’inventario redatto post
Maria Baingia Piras Vacca, stimato da Gavino Cossu, e turchesi. Il clavo d’oro per i capelli è a quattro gra- ti, una partita di grani d’oro per braccialetti, quattro mortem. Dal 1732 la marchesa era subentrata al padre,
troviamo dei caratteristici gioiellini apotropaici quali la dini, ornato da pietre verdi e bianche e con la parte in- paia di orecchini di fogge diverse: uno di oro lucido, don Juan Baptista Tola, nella obreria di San Gavino di
sirena d’argento con quattro campanellini pendenti e il feriore d’argento. Altre due paia di orecchini sono, ri- a specchio, con due pietre azzurre e il pendente di Torres, il che comportava anche l’amministrazione del-
ramo di corallo con agganci e catenella d’argento, e spettivamente, d’oro con due fiocchi e un pendente a cristallo azzurro, l’altro in forma di secchiello pendente l’ingente patrimonio della basilica, curato, dopo la sua
due gioielli “alla moda”: il clavo di filigrana con sette forma di pera, con due pietre bianche grandi in ciascu- da un fiocco, un altro a forma di navicella, un altro an- morte, dal figlio don Vicente Amat.73 Alcuni gioielli e
pietre, una verde e sei bianche, e una joya formata da no. Vi sono poi due bottoni d’oro cavi, tre anelli d’oro, cora di foggia più antica, tardorinascimentale, con un argenti della nobildonna erano stati emprendados, ov-
una pietra grande rossa incorniciata d’oro con quattro due “alla francese”, uno con pietre bianche e l’altro Cupido e cinque perle pendenti. Possedeva, assieme a vero dati in pegno o investiti per ricavarne denaro
perle pendenti. con una pietra verde in mezzo e bianche intorno, e un quattro anelli di foggia tradizionale, con pietre verdi e contante. Ad esempio, presso le monache di Santa Isa-
Anche nell’ambito della stessa classe sociale troviamo caratteristico manu e fedi; una vara d’oro e la higa, bianche, anche altri quattro “alla francese” in argento e bella erano stati messi a frutto ori e argenti, per un va-
differenze di valore nella composizione dei preziosi grande, di corallo, con guarnizione d’oro smaltato in piccole pietre bianche, tre d’oro con sei pietre, uno lore di duecento scudi, all’interesse del sei per cento.
dotali, segno di una diversità di censo, pur nell’ambito verde e bianco. con uno smeraldo e schegge di diamante e sette paia I gioielli inventariati erano custoditi entro un cofanetto
della stessa professione: ad esempio, il corredo di Ma- La predominanza delle pietre colorate, incastonate in di braccialetti, alcuni dei quali, per le loro caratteristi- di conchiglia tartarugata, concha tortugada, con bor-
ria Rosa Cano, figlia del notaio Gavino e promessa oro e la sopravvivenza dello smalto rivelano l’ancora che, fanno pensare alla bigiotteria di gusto francese.70 chie, piedi, serratura e chiave d’argento. L’insieme com-
sposa del ricco mercante Juan Antonio Rosso, ammon- stretto rapporto con l’oreficeria spagnola, anche se Tre erano del tradizionale corallo, due a piccoli grani e prendeva una bandilla d’oro smaltato in azzurro e ros-
ta a 624 lire e 17 soldi, secondo la stima del solito Ga- compaiono le prime novità introdotte dalla Francia. uno con grani più grandi, uno d’ambra in grani grossi, so su fondo bianco, composta da centocinquantadue
vino Cossu Escardacho,63 e non sfigura accanto a quel- Ma la vera novità, rispetto ai corredi fin qui esaminati, è uno di cristallo bianco sfaccettato, uno di cristallo az- piessas, che donna Angela, figlia della defunta, dichia-
lo della nobildonna Angela Deliperi Cardona, andata costituita dalla presenza dell’orologio de faldiquera, da zurro a tortiglione, e uno di doradillas francesi. Nel rava essere di sua proprietà e di averla prestata alla
in sposa a don Joseph Navarro y Petreto, che ammon- tasca, di ottone dorato, ovale, con coperchio d’argento corredo figuravano anche due clavos, detti anche ma- madre perché la impegnasse per supplire così alle ne-
ta a 817 lire e 15 soldi ed è stimato da Domingo Agne- inciso a bulino e le guarnizioni di metallo dorato. ranetas, in filigrana d’oro e pietre rosse, verdi e bian- cessità in cui si trovava, con la promessa di riscattarla
sa,64 mentre Isabella Delogu, figlia del notaio Antonio, Come per le figlie dei notai, anche la dote delle mogli che, e ben nove lasos, i fiocchi d’oro a forma di farfal- quanto prima e restituirgliela, una statuetta di San Ge-
deve accontentarsi di un corredo di gioielli di 153 lire, dei mercanti può variare di consistenza. I gioielli di Ma- la, con pietre bianche, adoperati anche per guarnire il rolamo con un leone in oro e smalto rosso, trenta bot-
7 soldi e 6 denari, secondo la stima del medesimo ria Angela Pais, che ha sposato il tendero, bottegaio, davanti del corsetto femminile. Vi erano poi quattro ra- toni d’oro con smalto nero, bianco e rosso, due joyas
Agnesa e di Juan Mauro Pinna.65 Angel Giuganti, vengono stimati 91 lire dal solito Gavi- mi di corallo con montatura e catenelle d’argento e tre di perle fini a forma di piuma, una più grande dell’al-
Se il corredo dei ceti medio-bassi è probabilmente no Cossu Escardacho,66 mentre quelli di Margherita Pe- rami di corallo ancora grezzo e, infine, un piccolo sca- tra, un’altra joya con varie figurette in mezzo e smalto
opera di orafi e argentieri locali, in quello dei ceti ab- ralta, moglie del più facoltoso Lazzaro Tealdi, valgono, polare d’oro con l’effigie della Madonna del Carmelo e bianco, un piccolo braciere d’argento.
bienti si inseriscono elementi di novità desunti dalla per lo stesso orefice, 281 lire, sei soldi e sei denari.67 una partita di bottoni d’argento. Nella casa della defunta si trovavano altri oggetti parti-
moda francese ed europea e, in molti casi, e ancor più Due inventari del primo decennio del Settecento testi- Il corredo di gioielli di donna Emerenziana Navarro era colarmente preziosi e significativi del gusto del tempo,
nella seconda metà del secolo, si tratta di gioielli di im- moniano la composizione media del corredo di prezio- composto da pezzi prevalentemente di foggia tradizio- come la statuetta del Bambino Gesù, su una pedana
portazione. si del ceto nobiliare cittadino: si tratta di quello di don nale seicentesca. Ne facevano parte, fra l’altro, due ca- nera con fiori dorati, ornata da quattro fiocchi di orec-
I gioielli di Maria Rosa Cano mostrano una stretta affi- Antonio Quesada y Passamar e di donna Emerenziana tene d’oro, una costituita da cinquantaquattro piessas chini antichi, d’oro con pietre bianche, tre vasetti d’ar-
nità con quelli in auge, nello stesso periodo, in Spagna Navarro, redatti, rispettivamente, il 3 dicembre 1707 e grandi, a forma di rosa, e l’altra da centosei piessas pic- gento con fiori di smalto azzurro e altri tre simili fiori e
e nelle regioni di influenza spagnola, come la Sicilia e il 30 gennaio 1708.68 cole; novantasei bottoni d’oro, piccoli; un piccolo cro- una collezione di ninnoli costituita da una decina di
il napoletano: sono i caratteristici orecchini d’oro col Il corredo di don Antonio Quesada sembra, in verità, po- cifisso d’oro e una croce di cristallo con le estremità piccoli pezzi d’argento fra cui diversi piattini, vassoi e
pendente di corallo in forma di secchiello e quelli a co adeguato al suo rango e al fasto dell’abitazione, nella d’oro smaltato; una joya d’oro smaltato con un’aquiletta una piccola fruttiera di corredo, «todo muy chico», tutto
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molto piccolo, come per una casa di bambola. Il gusto mantite attorno e l’altro con due smeraldi e due punti-
dei piccoli oggetti è rivelato anche dalla presenza di ne di diamantite, una beata (presumibilmente l’equiva-
due presepi di corallo, di probabile origine trapanese, lente della devota) ovvero una collana di perle fini,
custoditi dentro due nicchie piccole di legno ordinario 1495 fra piccole e grandi, con altre 48 perle grandi e 11
con sportello. piccole nel tratto pendente in verticale con all’estremità
Tra i gioielli figuravano due paia di bottoni in filigrana una perla grande; numerose perle di fiume, o aljofares,
d’oro, un paio di pendenti d’oro con rubini e una perla e altre perle da conto, 150 fra piccole e mediane. Ap-
in ciascuno (forse quelli della dote), una catena d’oro, partenevano al defunto le mostrine con catenella d’oro
portoghese, lunga tre palmi e mezzo quarto, con ap- e la croce piccola in oro e smalto dell’Ordine di San
peso un reliquiario d’oro, rotondo, col suo cristallo, un Maurizio e la croce grande di Cavaliere della Gran Cro-
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anello d’oro “alla francese”, con sei pietre bianche e ce, con smalto e corona grande d’oro e, in un’altra sca-
una grande quadrata al centro, che apparteneva alla tola, due anelli, uno d’oro con cammeo e 17 diamanti
Vergine Assunta della basilica di San Gavino di Torres; piccoli e l’altro con 7 pietre, 6 bianche piccole e una
due braccialetti di cristallo, uno verde e l’altro azzurro, verde in mezzo. Inoltre, non potevano mancare nel suo
tre anelli “alla francese” d’argento, due col ritratto della corredo la tabacchiera, elemento fondamentale dell’ab-
marchesa e due pietre bianche e uno con nove pietre. bigliamento aristocratico, in questo caso di tartaruga e
Dentro una cassetta d’argento dorato e decorata a fio- oro, probabilmente lavorata in Francia col metodo del
rami erano conservati due orecchini d’oro smaltato a piqué, e l’orologio da tasca in princisbecco75 con due
cerchio col pendente e due pietre verdi in ciascuno e casse, di probabile provenienza inglese. Il Conte pos-
tre paia di bottoni d’oro con pietre verdi e bianche. sedeva anche un orologio in oro e smalto (caja de re-
Le novità sono rappresentate, ancora una volta, dagli peticion) con la chatelaine, una sorta di fibbia fissata
anelli “alla francese” e, in particolare, dai due con la alla cintura, con seta verde profilata in princisbecco,
miniatura della marchesa, che sono probabilmente fra catenina in lamine di princisbecco e smalto, con appe-
le ultime acquisizioni del suo corredo. si, oltre all’orologio, due sigilli incastonati in oro coi
Le innovazioni introdotte dal Piemonte in Sardegna sostegni in corniola e cammeo, una chiave e un reli-
nell’agricoltura e nell’allevamento, con l’incremento quiario d’oro con il lignum crucis e una reliquia di San 88
nelle rese della produzione vinicola, olearia e cereali- Francesco d’Assisi. Immancabili poi le evillas, le fibbie
cola, determinarono un aumento dei redditi delle classi alla moda, d’argento con pietre bianche (strass) per le
proprietarie dei terreni dati in affitto e della classe mer- scarpe e per le cinture femminili.
cantile in generale. Lo confermano, indirettamente, sia Anche fra i gioielli di don Stefano Manca y Pilo, mar-
il netto aumento dell’attività edilizia nelle città che le chese di Mores, di cui dà testimonianza l’inventario
descrizioni degli arredi delle abitazioni gentilizie e bor- redatto nel 1761,76 ve ne sono di antichi e di moderni.
ghesi e dei preziosi contenute negli inventari. L’influs-
so piemontese, e quindi francese, appare ormai perva-
sivo, anche se non scompaiono del tutto alcuni aspetti
dell’arredo legati alla plurisecolare tradizione ispanica.
Esemplare, al riguardo, l’inventario redatto il 25 settem- 88. Vergine delle Grazie, ultimo quarto sec. XV
bre 1758 dei beni di don Antonio Manca, conte di San simulacro ceramico vestito, Sassari, Santuario della Vergine
delle Grazie, San Pietro di Silki.
Giorgio, Capitano Generale della fanteria miliziana nel La piccola Madonna ceramica, la cui fisionomia rimanda alle
1739, Reggente del Supremo Consiglio di Sardegna nel “belle Madonne” dell’area boema, è più conosciuta con le vesti
1749, Gentiluomo di Camera di Sua Maestà nel 1755, e la parrucca di foggia ispanica seicentesca e con il capo ornato
Reggente Giubilato nel 1756, Cavaliere dell’Ordine di della preziosa corona d’oro.
San Maurizio e Cavaliere dell’Ordine della Gran Croce, 89. Corona per statua, sec. XX
oro sbalzato e cesellato con rubini e perle, 4 x 3 cm,
che abitava nella dimora gentilizia che va sotto il no- Sassari, Santuario della Vergine delle Grazie, San Pietro di Silki.
me di palazzetto d’Usini, in piazza Tola.74 Fra i nume- Orefice sassarese. Ornamento del simulacro ceramico della Vergine
rosi e raffinati arredi, un astuccio da scrivania portatile delle Grazie. La minuscola corona del Bambino riproduce
in argento figurava nella stanza in cui era anche una fedelmente l’originale tardogotico di impronta catalana, realizzato
probabilmente nella seconda metà del Cinquecento e
piccola cassaforte di noce nella quale erano custoditi i successivamente trafugato.
gioielli, anch’essi di gusto aggiornato. Vi erano, fra gli 90. Corona per statua, prima metà sec. XVIII
altri, una lasada in argento col pendente, più vicina al- oro sbalzato e cesellato con gioielli, pietre preziose e perle
la francese Sévigné che al tipico laso spagnolo in oro e applicati, 13,5 x 8,5 cm, Sassari, Santuario della Vergine delle
pietre colorate, nella quale erano incastonati 183 dia- Grazie, San Pietro di Silki.
Orefice sassarese. Ornamento del simulacro ceramico della Vergine
manti, fra piccoli e grandi. Ad essa erano abbinati i due delle Grazie. Sulla corona di foggia tardoseicentesca, sbalzata a
pendenti per orecchini, con tre pendoni ciascuno in fogliame e simile ad analoghi modelli napoletani e siciliani, sono
forma di mandorla, le caratteristiche girandoles, con applicati, secondo l’usanza spagnola, alcuni gioielli di gusto
tardorinascimentale: due tipici pinjantes, una lucertola in oro e 90a
118 diamanti fra grandi e piccoli; c’erano anche due smeraldi cabochon e un’aquila in oro, smalti e pietre preziose, due
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anelli d’oro, uno con smeraldo e dieci astine di dia- joyas ovali, oltre a perle, quarzi e piccoli fiori in oro, smalto e rubini.
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Al primo gruppo appartiene un prezioso pendente compuestos a roseta», stimati 162 lire e 10, contro le la metà del XVIII secolo e predomina nell’ultimo quar- con smeraldi e diamanti e da un anello d’oro con un
con catene, di foggia seicentesca, accuratamente de- 250 lire piemontesi dell’acquisto. Da Serafino de Can- to. Ce lo conferma anche il corredo dotale della figlia diamante affiancato da tre piccoli diamanti per lato,
scritto come joya d’oro raffigurante un cagnolino di dia acquistò un gioco di perle piccole, non rintracciabi- del farmacista Salvador Mundula che, nel 1747, è com- figura anche nel ricco corredo di don Simone Farina,
smalto bianco con uno smeraldo in mezzo e due rubi- le nell’inventario, e dal gioielliere Giacomo Pio Giava, posto da una croce d’oro “alla moda” con sedici pietre signore di Monti,81 discendente di quel Gavino Farina,
ni ai lati e un altro rubino nel collare e altri nove rubi- preziosi per 160 lire piemontesi. verdi e due bianche, un anello “alla francese” con sei medico di camera di Sua Maestà cattolica, che aveva
ni nel piedestallo, con quattro smeraldi e tre perle Fra le ricevute relative all’acquisto di preziosi, elencate pietre bianche fini, rotonde, attorno a un granato, due donato alla cattedrale la statua reliquiario del San Ga-
pendenti, fini e grandi, e in cima uno smeraldo e una nell’inventario, figurano anche quelle per quattro pez- orecchini d’oro “alla francese” con quindici pietre, al- vino de plata e di cui il discendente conservava gelo-
perla pendente e nelle catenelle due rubini per lato, zi di perle fini, del valore complessivo di 395 lire, 16 tre due paia di orecchini “alla francese”, uno con di- samente fra le carte il testamento redatto a Madrid nel
che potrebbe essere un gioiello ereditato oppure una soldi e 4 denari, difficilmente identificabili con la gar- ciotto pietre bianche e l’altro con quattordici pietre 1698 dal notaio Juan de Cordova. Anche fra i preziosi
copia settecentesca ed è probabilmente lo stesso che gantilla di 340 perle piccole e granati con pendente verdi, un paio di bracciali con fibbie d’argento, uno di don Simone ne troviamo diversi di modello rinasci-
troviamo inventariato nel 1805 tra i preziosi del Duca d’oro e con la coppia di bracciali di ventiquattro fili di spadino d’argento per capelli, un rosario di granati le- mentale, non sappiamo se autentici o rifatti nel Sette-
dell’Asinara, suo diretto discendente, come «un cagno- perle con sessanta perle ciascuno e la fermatura dora- gato in argento, un rosario di cachumbo con due me- cento, come era consuetudine, accanto ad altri alla
lino con perle e smeraldi».77 Sembrerebbero invece ta con due cammei falsi, menzionati dall’inventario. daglie d’argento. Il tutto viene stimato 68 lire dagli ar- moda. Si tratta di due joyas d’oro, la prima in forma
contemporanei la negretta d’argento con ventuno dia- Fra gli acquisti figurano anche un anello con diaman- gentieri Francisco Pinna e Antonio Dais.79 di graticola con fiori, in cima alla quale è una statuet-
manti piccoli e due grandi e trenta rubini, probabil- te, una muestra (insegna) d’oro, e un paio di evillas e Nei numerosi inventari del Settecento esaminati figura- ta di corallo rosso che rappresenta la Concezione,
mente abbinata alla lasada, il fiocco d’oro e argento di pendientes. no numerosi i lasos, i fiocchi di vario genere e dimen- con sette pendenti di corallo, simile ai retablitos di
con cento diamanti, e ottanta rubini, da portare appe- Di anelli con diamante l’inventario ne elenca tre: uno sione, mentre è rara la descrizione dei petos o petillos, fattura spagnola o siciliana del primo Seicento; la se-
so al collo col nastro di seta nera, cui erano abbinati i con tredici diamanti, del valore di 150 lire, uno con che pure dovevano avere una certa diffusione, come conda, in oro con sei perle, tre pietre rosse e un dia-
pendenti, montati in argento dorato, con trentaquattro cinque altri piccoli e quattro rubini, del valore di 35 li- testimoniano gli esemplari custoditi presso il Museo mante in mezzo, reca in cima un animale con sopra
diamanti e altri sei diamanti grandi e trenta rubini in re, uno con un diamante de fondo contornato con dia- del tesoro del duomo di Sassari, il Museo di Bonaria e una divinità, secondo il modello tardomanieristico dif-
ciascun pendente e gli anelli, rispettivamente con tre manti piccoli brillantados, del valore di 625 lire. Nel- il tesoro della Vergine delle Grazie di Iglesias. Dal pro- fuso in tutta Europa.
diamanti, di cui maggiore il centrale, e quattro dia- l’inventario sono elencati anche altri gioielli: si tratta di filo triangolare, in oro traforato e cesellato, con inca- Sono probabilmente originali del Seicento le due joyas,
manti e tre rubini, uno dei quali maggiore degli altri, e due bracciali composti ciascuno da undici fili di grana- stonati “a notte” turchesi cabochon e cristalli bianchi una smaltata con perle e rubini e l’altra smaltata con
l’insieme composto da gargantilla, manillas e pen- ti con i fermagli d’argento nei quali sono incastonate lavorati a diamante, questo gioiello da corpetto è com- pietre bianche e undici pietre rosse e in mezzo una
dientes di perle fini. sessantotto perle piccole e dieci piccoli granati, un posto da tre corpi in forma di farfalla, uniti da ganci, pietra più grande, custodite assieme ad un orologio di
L’inventario dei beni di donna Stefania Manca y Amat, paio di orecchini a rosetta con pietre bianche montate con un fiore centrale in ogni corpo e in cima una pic- cristallo in una scatola ugualmente di cristallo con la
contessa di Ittiri, fornisce un quadro esaustivo dei pre- in argento, un girocollo (gargantilla) composto da di- cola aquila mobile. Anche nel petillo di perle incasto- cerniera d’oro. A marcare la modernità sono anche
ziosi caratteristici dell’alta nobiltà cittadina del tempo e ciannove piessas di marcassite e acquamarina, cui si nate in oro, inventariato nel 1784 fra i preziosi di don una pluma d’oro guarnita di perle grandi e piccole e
la conferma della diffusione delle novità della moda, accompagnava un paio di pendenti del medesimo ge- Joseph, c’era un’aquila in cima. tredici pietre preziose rosse e i consueti bracciali com-
seguite dalle dame sassaresi al pari delle torinesi o pari- nere, una scatola d’oro del peso di tre once e una di Il corredo di argenti di don Joseph Manca dell’Arca, posti da due fili di perle, un fiocco di corallo, con la
gine. Possiamo anche conoscere i nomi degli argentieri origuela foderata d’oro, un rosario di vetro azzurro con stimato da Giuseppe Giganti, pesava 27 libbre e 2 on- sommità in forma di serpente appeso ad una catena
ed orafi torinesi e genovesi suoi fornitori, con l’indica- sedici incastri di filigrana d’oro, un Crocifisso di madre- ce ma sono i gioielli l’elemento più notevole: vi com- d’oro, i braccialetti di perle e granati mescolati, un col-
zione degli oggetti acquistati, prevalentemente dal 1758 perla e due medaglie d’oro e filigrana con l’effigie della paiono tutte le tipologie già conosciute nei corredi lare di madreperla e granati, probabilmente del tipo
al 1766, e della spesa sostenuta in lire di Piemonte.78 Vergine e del Salvatore, un paio di orecchini a cerchio gentilizi del tempo, dagli orecchini d’oro con pendenti detto devota, col filo pendente di granati e madreperla
Dal negociante de joyas Giovanni Angelo Grandi la d’oro, due paia di orecchini da lutto, neri, con smalto e piriformi di corallo appesi ad un fiore di perle montate che reca appeso un cuore di corallo rosso con al cen-
contessa aveva acquistato un fiocco di perle con abbi- giaietto e montatura in oro e a rosetta con montatura in oro, alle rosette di perle, ai pendenti di granati, alla tro una pietra bianca incorniciata d’oro con cinque
nati due bottoni, un paio di bottoni con 30 diamanti a in argento, fibbie d’argento con file di brillanti ma an- classica gargantilla composta da quattro fili di perle. perle; una collana di grani d’ambra col nastro passante
fassetta (il 18 settembre 1759), un altro laso e due che con pietre di cristallo montate in argento, diversi Vi sono poi alcuni gioielli di foggia tardorinascimenta- di seta nera, in voga nell’ultimo terzo del secolo, e un
pendientes, 9 fiori da portare sui capelli e una gargan- ganci d’argento con e senza pietre. le, come quello in oro e pietre con una figurina d’oro altro collare di piedra de asero, marcassite, cui è abbi-
tilla di perle e granati. Quest’ultima coincide probabil- I gioielli della contessa rivelano, ancor più di quelli che suona l’arpa, l’aquila montata in oro con pietre e il nato un paio di braccialetti dello stesso materiale.
mente con la gargantilla composta da 322 perle fra esaminati in precedenza, la supremazia della moda di vaso di corallo appeso a catenelle con fiori d’oro e
grandi e medie, con 42 rubini grandi, medi e piccoli e influsso francese, nella prevalenza delle montature in perle, che potrebbero anche essere rifacimenti sette- I tesori delle chiese
sei granati, con dodici castoni d’argento che viene ini- argento e diamanti “di fondo”, con una lamina colorata centeschi, data l’assenza dello smalto. Sono elencati Della notevole diffusione dei gioielli nelle classi medio-
zialmente valutata 550 lire sarde e successivamente sotto il castone, per accrescerne la luminosità, tagliati anelli di corniola, liscia e lavorata, ma anche con rubi- alte della Sardegna moderna, quelli dai quali discesero
248, declassando rubini e granati come pietre doublé. “a faccette perfette”, “a rosetta” e “a brillante”; nell’ab- ni e smeraldi: quello con soli smeraldi e una testa di le più comuni tipologie del cosiddetto gioiello popola-
La stessa svalutazione subiscono i pendenti, del mede- bondanza delle perle, nell’uso delle paste di vetro co- moro accompagnava probabilmente il gioiello d’oro re, oggi restano ben poche testimonianze e, fra queste,
simo gusto, i fiocchi (alasadas) e le rosette abbinate. lorate al posto delle pietre preziose (le pietre doublé, con perle e uno smeraldo grande nel mezzo e i qua- le più rilevanti sono rappresentate da alcuni “tesori”, o
Nell’inventario, in luogo dei flores, troviamo un paio di ovvero doppiate con lamina colorata per imitare le rantacinque smeraldi di media grandezza montati in raccolte di preziosi ex voto donati in varie epoche dai
orecchini di diamanti a roseta che servono anche da pietre preziose), della marcassite e dell’acquamarina, oro. Non potevano mancare le insegne: ben tre croci fedeli a venerati simulacri, in prevalenza della Vergine
flores de cabessa e sette agujas, l’equivalente dei clavos, considerate al pari delle pietre più pregiate, e dei gra- dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, di differente Assunta o piccole Madonne col Bambino, di fama mira-
a forma di piccolo fiore con diamanti e rubini, che cor- nati, che nel Settecento ebbero un’ampia diffusione; grandezza, tutte montate in oro, ma anche un’insegna colosa e oggetto di particolare devozione.
rispondono ai residui sette flores, mentre non com- nell’u