LE SPOSE

E GLI EROI
OFFERTE IN BRONZO E IN FERRO
DAI SANTUARI E DALLE NECROPOLI
DELLA CALABRIA GRECA

a cura di
Maria Teresa Iannelli
Claudio Sabbione

sistema bibliotecario vibonese

LE SPOSE E GLI EROI
OFFERTE IN BRONZO E IN FERRO
DAI SANTUARI E DALLE NECROPOLI
DELLA CALABRIA GRECA

A CURA DI
MARIA TERESA IANNELLI • CLAUDIO SABBIONE

sistema bibliotecario vibonese

 Questo volume viene realizzato Mostra a cura di
all’interno del Progetto Maria Teresa Iannelli • Vincenzo Ammendolia
TropeaFestival Leggere&Scrivere Coordinamento
Simonetta Bonomi

Prestatori
Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria
Museo Archeologico Nazionale di Crotone
Museo Archeologico Nazionale di Sibari
Museo Archeologico di Rosarno
Museo Archeologico Nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia
Francesco ed Enrico Scaglione
Si esprime un particolare ringraziamento ai Direttori e al personale dei Musei per la collaborazione
e alla famiglia Scaglione di Locri per la generosa disponibilità

Fotografie
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria archivio fotografico: Demetrio Messineo
e Claudio Miggiano
Museo Archeologico Nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia: Vincenzo Giuliano
Università di Pisa: Maria Cecilia Parra, Emanuele Taccola
Laboratorio di Scienze dell’Antichità, Scuola Normale Superiore di Pisa: Cesare Cassanelli, Andrea Palla
Artetica di Franco Gioghà
SISTEMA BIBLIOTECARIO VIBONESE

Disegni
Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria: Giuseppe Pileggi
Museo Archeologico Nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia: Marianna De Nino
Massimo Cardosa

Restauri
Museo Archeologico Nazionale di Crotone: Rosanna Gerace, Maria G. Gerace, Gianfranco Sestito
SOPRINTENDENZA BENI ARCHEOLOGICI DELLA CALABRIA

Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide: Salvatore Gaetani, Pietro Salmena

Museo Archeologio Nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia: Nicolina Ferraro, Nicola Stillitano
Rosa Maria Valia
Museo Archeologico di Monasterace: Villalba Mazzà
Ditta Mantella Giuseppe Restauro Opere d’Arte, Isca sullo Jonio (CZ): Giuseppe Mantella
Elisabetta De Narda, Flavia Gazineo
Ditta Parviz Redjali Mostafavi
COMUNITÀ REGIONE REPUBBLICA

Organizzazione e realizzazione
EUROPEA CALABRIA ITALIANA

Progetto scientifico e allestimento: Maria Teresa Iannelli, Vincenzo Ammendolia

Realizzazione allestimento: personale Museo Archeologico Nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia:
POR CALABRIA FESR 2007/2013

Nicola Attisano, Gina Caprino, Franco Currao, Rocco De Masi, Saveria Di Masi
(CCI N. 2007 IT 161 PO 008)
Decisione della Commissione Europea C (2007) 6322 del 7 dicembre 2007

Giuseppe Di Masi, Vincenzo Ferraro, Gabriella Galati, Patrizia Grassia, Matteo Luzza
ASSE V - RISORSE NATURALI, CULTURALI E TURISMO SOSTENIBILE

Saverio Mirarchi, Costantino Panetta, Tonino Russo, Salvatore Vallone

Rosa Maria Valia, Giuseppe Verro
Collaboratori Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria: Massimo Cardosa, Francesco Cuteri
Eleonora Grillo, Bernarda Minniti, Anna Maria Rotella
Si esprime un particolare ringraziamento all’ufficio amministrativo
e a tutto il personale di custodia del Museo Archeologico Nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia
ai Sigg. Giuseppe Mantella e Salvatore Margiotta
ACCADEMIA DEGLI PROVINCIA DI COMUNE DI
AFFATICATI VIBO VALENTIA VIBO VALENTIA

Progetto grafico del catalogo: Adhoc Edizioni Vibo Valentia

Testi Pannelli didattici: Massimo Cardosa, Eleonora Grillo, Maria Teresa Iannelli
Bernarda Minniti, Anna Maria Rotella, Claudio Sabbione
Grafica e stampa dei pannelli didattici: Internet Media Center di Antonio Montesanti Vibo Marina
Traduzione dell’apparato didattico: John Howarth

Scioglimento delle sigle degli autori delle schede

P. A. = Pasquale Apolito
COMUNE DI COMUNE DI COMUNE DI
TROPEA SERRA S. BRUNO SORIANO CALABRO

G. A. = Gregorio Aversa
M. C. = Massimo Cardosa
D. E. = Diego Elia
N. G. = Nicola Giaccone
E. G. = Eleonora Grillo
V. Ma. = Valentina Malomo
Coedizione 2014
S. M. = Simone Marino
V. M. = Valeria Meirano
Sistema Bibliotecario Vibonese B. M. = Bernarda Minniti
Complesso Santa Chiara M. P. = Maurizio Paoletti
Via Ruggero il Normanno • 89900 Vibo Valentia M. C. P. = Maria Cecilia Parra
Tel. 0963 547557 • Fax 0963 471856 R. S. P. = Roberta Schenal Pileggi
E. R. = Emilio Rosamilia
Adhoc Edizioni s.n.c. C. S. = Claudio Sabbione
89900 Vibo Valentia • Via Michele Francica, 1 A. S. = Azzurra Scarci
0963 472220 • libriamo@alice.it R. S. = Roberto Spadea
ISBN 978-88-96087-66-4 Tutte le unità di misura quando non espresse sono da considerarsi in cm.
 Rosarno: l’area sacra di contrada Calderazzo
Scavi Orsi (1912-1913)
Maurizio Paoletti
oncluse le ricerche a Calderazzo, con la sua abi-
tuale rapidità Paolo Orsi consegnò alle “Notizie
C degli Scavi” dell’Accademia dei Lincei un‘am-
pia relazione sul “grande deposito di terrecotte ierati-
che” scoperto a Rosarno. Il rinvenimento era il frutto
delle attente indagini topografiche condotte sul Pian
delle Vigne per individuare il sito di Medma non più
con le speculazioni antiquarie, come era avvenuto in
passato, ma con un metodo prettamente archeologico.
Le ricerche avviate in tutta la contrada già nell’aprile
1909 si erano prolungate per anni:
“sin qui si è portata poca attenzione allo studio del
terreno. [...] Assieme a pattuglie di miei operai molto
pratici e bene istruiti la ho percorsa in ogni senso, os-
servando le tracce superstiti nel soprassuolo” 1.
Nonostante sia trascorso un secolo, quel rigoroso
rapporto di scavo pubblicato nel 1914 resta fondamen-
tale per le molte osservazioni sulla natura del deposito
votivo, per le acute riflessioni sul rituale e sulle prati-
che religiose, e ovviamente per la straordinaria docu-
mentazione offerta. Un catalogo ricchissimo di coro-
plastica illustrata e classificata per tipologie, ma anche
di ceramiche, vetri, oggetti preziosi e vasellame metal-
lico, perfino di armi in ferro, che oltrepassava i limiti
di una semplice relazione preliminare, sebbene in que-
sti termini piuttosto riduttivi la presentasse Orsi va-
gheggiando di dedicare a Medma un più copioso vo-
lume (che non scrisse mai) 2.
L‘esplorazione della grande favissa (m 33 x m 3,5 x
m 2 sino a raggiungere all’incirca m 3 nell’avvalla-
mento centrale) (fig. 1) attestava l’importanza cultuale
del santuario a Calderazzo, di cui sfuggivano però
molti degli aspetti essenziali: innanzitutto la sua strut-
tura e articolazione interna (dove il temenos e il tem-
pio?) e poi la sua posizione rispetto all’impianto urba-
nistico di Medma, che sicuramente mutò e si ampliò
dall’età arcaica al pieno V sec. a. C. (un santuario ri-
masto sempre ai margini della città o, invece, presto
inserito nel tessuto urbano?).
Gli interventi successivi, e in particolare gli scavi
condotti nel 1964 e 1966 che localizzarono parzialmen-
te altri depositi votivi alquanto piccoli e circoscritti, ne
confermarono il ruolo indiscutibile senza tuttavia dare
risposte certe e definitive 3. Si è dovuto attendere il
71
Parco Archeologico di Medma per dare corso - final-
mente - ad una ripresa estensiva degli scavi a Calde-
razzo i cui risultati - straordinari, ma non inattesi -
stanno mutando radicalmente la fisionomia del san-
tuario medmeo 4.
Come si è detto, Orsi aveva affrontato con chiarezza
le maggiori e più complesse questioni dell’area sacra di
Calderazzo; infatti oltre a dare una dettagliata tipologia
dei doni votivi aveva cercato di cogliere, laddove gli in-
dizi archeologici lo permettevano, anche la funzione
stessa del santuario attraverso quello che in termini
moderni si definisce il “sistema delle offerte” 5. Dopo
essersi richiamato alla madrepatria di Medma, perciò a
Locri, dove il celeberrimo Persephoneion aveva una po-
sizione di assoluta preminenza, egli suggerì di identifi-
care nell’area sacra di Calderazzo il culto di Demetra e
Kore, indiscutibilmente comprovato dalle terrecotte
della favissa 6. Tuttavia accanto a quello che poteva dirsi
il culto principale cui intitolare il santuario, non mancò
di rilevare la marcata presenza di Afrodite rappresenta-
ta in numerose altre terrecotte votive, in specie busti e
figure in trono. La dea è accolta a Calderazzo con uno
status subordinato ma non per questo secondario, visto
che anche a Locri assume una valenza altamente sim-
bolica nei vari riti di fecondità e di passaggio, soprat-
tutto all’interno dell’ambito femminile 7.
Nelle sue conclusioni, prudentemente Orsi pose
l’accento proprio sulla possibile pluralità dei culti pra-
ticati nell’area santuariale, dal momento che tra le at-
testazioni della favissa non sono irrilevanti per numero
e per qualità artigianale le statuette di Hermes kriopho-
ros e quelle di Athena promachos.
L’importanza della dea è messa in evidenza pro-
prio dalle statue e statuette fittili di Athena “combat-
tente” - in posizione statica e frontale oppure pronta
all’attacco mentre brandisce la sua lancia - secondo
un’iconografia ancora tardoarcaica. La devozione nei
suoi confronti a Calderazzo trova ulteriori conferme
negli scudi votivi con Gorgoneion 8 e in una eccezionale
testa femminile, grande quasi al vero, realizzata a stec-
ca e non a matrice: un vero unicum coroplastico nel-
l’ampia produzione medmea sempre segnata da un
notevole vigore (fig. 2). Ernst Langlotz, per primo, ha
riconosciuto le sembianze di Athena in questo volto
femminile solo apparentemente anonimo, dai grandi
orecchini a disco, i capelli stilizzati e un lieve sorriso
che comunica una calma e, al tempo stesso, decisa for-
za interiore. All‘aspetto guerriero della dea contribui-
va poi il suo copricapo, un elmo ora perduto perché
forse metallico 9.
A Medma Athena dovette ricevere varie forme cul-
tuali - lo dimostra poco lontano da Calderazzo la stes-
sa “stipe dei cavallucci” di contrada Sant’Anna, dove
accanto ad Athena Hippia è presente anche Afrodite -,
ma è probabile che fosse integrata in santuari diversi
senza averne uno esclusivamente a lei dedicato.
La relazione dello scavo delle “terrecotte ieratiche”
di Calderazzo prende spunto e rielabora i celebri “tac-
cuini Orsi”, così denominati per lunga tradizione, ma
nel caso della favissa redatti in buona parte da Rosario
Carta, il disegnatore e fidatissimo assistente sul cam-
po, cui era affidata la “vigilanza” - oggi diremmo la
gestione e la completa responsabilità dello scavo -.
I “taccuini” dunque restituiscono fedelmente la
cronistoria delle due campagne di ricerche sul Pian
delle Vigne: il primo intervento fu condotto nell’estate
1912 (giugno), mentre la sua prosecuzione si ebbe per
altri due mesi nell’inverno 1913 (a partire da gennaio),
Fig. 1. Rosarno. Area sacra in località Calderazzo (scavi Orsi). Rilie-
vo del deposito votivo (disegno di R. Carta, 1913).
72
quando in caso di pioggia il terreno argilloso poteva
trasformarsi in una fanghiglia vischiosa. Orsi, con
grande correttezza, riferisce come le condizioni am-
bientali aumentassero le già notevoli difficoltà di sca-
vo e talora mettessero a rischio il recupero delle terre-
cotte e degli oggetti metallici.
Compilando il suo “giornale di scavo” Carta regi-
stra con notazioni rapide e sommarie le modalità dello
scavo, che avanzava gradualmente per trincee, e ogni
informazioni utile sulla natura e la composizione del
deposito. Ma forte della sua formazione ed esperienza
di disegnatore, egli traduce i dati oggettivi altrettanto
spesso in schizzi e in disegni corredati dalle misure:
preziosi e indispensabili gli uni e gli altri, perché al-
l’epoca le riprese fotografiche erano uno strumento co-
stoso, perciò raro e del tutto complementare.
Orsi invece corregge regolarmente e postilla di
proprio pugno (e con calligrafia riconoscibilissima) i
“taccuini” di scavo aggiungendo appunti e brevissimi
promemoria, in cui è facile intravvedere in nuce gli ele-
menti della successiva rielaborazione a stampa 10. In-
somma viene allo scoperto quel metodo di lavoro
“scientifico” minuzioso, quotidiano e fondato su soli-
Fig. 2. Rosarno. Area sacra in località Calderazzo (scavi Orsi). Testa
di Athena (500-480 a. C.).
Fig. 3. Rosarno. Area sacra in località Calderazzo (scavi Orsi). Statuette femminili (ca. fine VI sec. - 450 a. C.).

dissime basi storiche, che Orsi esercitò sempre con tuali, che ancora restano molto nell’ombra. Se finora
straordinaria capacità 11. tutta l’attenzione si è indirizzata inevitabilmente a
Soltanto l’edizione completa dei “taccuini Orsi”, meglio definire le caratteristiche e la tipologia delle
che si auspica prossima per le ricerche e gli scavi a offerte spesso eccezionali - come i tempietti, i pinakes,
Rosarno, permetterà di verificare con maggiore preci- le ceramiche figurate, le armi in ferro - oppure più
sione le diverse associazioni tra i materiali votivi di economiche e seriali - come i busti e le statuette - 12
cui si ha saltuariamente notizia. Ma già da ora sono (figg. 3-6), è giunto il momento di sottoporre ad
possibili almeno due osservazioni che integrano i ri- un’indagine serrata le cerimonie che accompagnaro-
sultati raggiunti con la nuova campagna di scavo no il riempimento della favissa 13.
(2014) e confermano pienamente l’affidabilità dei dati Orsi accenna ripetutamente alle modalità di depo-
sinora disponibili. sizione nella fossa che presuppongono pratiche devo-
La prima è che il deposito votivo fu identificato al zionali accompagnate da sacrifici e da offerte di derrate
termine di “una breve campagna di orientamento” in-
trapresa a Calderazzo (giugno 1912). A queste ricerche
preliminari che interessarono sul Pian delle Vigne zo-
ne adiacenti, ma comunque relative sempre all’area
santuariale nonostante le diverse denominazioni topo-
nomastiche o catastali (come la proprietà Venuti occu-
pata oggi dall’Istituto Professionale Agrario), è possi-
bile attribuire i materiali che per cronologia e tipologia
appaiono senz’altro estranei alla favissa vera e propria:
come è il caso di alcune ceramiche a vernice nera di IV
sec. a. C. e di un askos con decorazione a tenda di pro-
duzione enotria.
Ma ancora più importante è, a mio avviso, il nu-
mero notevolissimo di indizi - o meglio ancora di da-
ti obiettivi - sulla forma della fossa, sulla composizio-
ne del deposito e sulla sua stratigrafia interna, sem- Fig. 4. Rosarno. Area sacra in località Calderazzo (scavi Orsi). Pinax
plice ma intenzionale. Si intuiscono infatti rituali e ricomposto: Athena Ergane (?) seduta su trono con il fuso e la conoc-
procedure certamente soggette a rigide norme cul- chia (ca. 470-460 a. C.).

73
Fig. 5. Rosarno. Area sacra in località Calderazzo (scavi Orsi). Oinochoe
attica configurata a testa femminile (500-475 a. C.).
alimentari deposte nel vasellame metallico. Si tratta,
dunque, di una sorta di thysiai come nell’esempio che,
in forma di conclusione provvisoria, vorrei ricordare
sulla scorta di quanto Rosario Carta - non solo un bra-
vissimo collaboratore di Orsi quale lo si considera, ma
nella realtà un vero “archeologo autodidatta” - aveva
osservato sul terreno, direttamente in fase di recupero:
“Stamani si sono trovati due patere ombelicate in
bronzo una dentro l’altra del diam. di 0,15 e accanto
altri vasetti grezzi minuscoli o grandetti su (??) una
piccola tazzolina e una pateretta a vernice nera. Il re-
sto, tazzoline, orcioletti, boccaletti, piattelli, anforette
[era] la maggiore parte in frantumi.
Levata la terra dalle due patere di bronzo sud(d)ette
ho trovato in quella che stava di sotto un mucchietto
di ossa appartenenti alla mandibola di un piccolo ru-
minante. Una delle due patere essendo di lamina più
fina non si è salvata“ (Taccuino 86, p. 113 recto).
NOTE
1
ORSI 1913a, p. 56.
2
Come è stato riconosciuto in tutti gli studi successivi: cfr.
PAOLETTI 1981, pp. 47-92 e tavv. 8-48, in ptc. pp. 79-86 nn. 3.2.13-
16: Località Calderazzo; Istituto Professionale Agrario; Località Carne-
vale-Greci; Campo Sportivo; AGOSTINO 1993-1995, pp. 29-87; AGO-
STINO 1996, pp. 112-115; PAOLETTI 1996a, pp. 99-111; PAOLETTI 2001,
pp. 1-51 e tav. f.t., in ptc. 8-9 e 12 con bibl.; IANNELLI 2005a, pp.
236-245 (con schede di A. M. Rotella); DÖPNER 2007, pp. 311-347.
74
Fig. 6. Rosarno. Area sacra in località Calderazzo (scavi Orsi). Figura
maschile con ariete (kriophoros) (ca. fine VI - primi decenni V sec. a. C.).
I materiali dello scavo Orsi sono oggetto di un riesame ap-
profondito e di un restauro particolarmente complesso e delica-
to, come quello condotto sugli oggetti metallici, in seguito all’al-
lestimento del Museo Archeologico di Rosarno (inaugurato
nell’aprile 2014). I risultati sin qui raggiunti saranno editi pros-
simamente; il progetto di studio sulla coroplastica, gli altri ma-
teriali votivi dell’area santuariale di Calderazzo nonché la docu-
mentazione d’archivio è programmato e coordinato dalla So-
printendenza per i Beni Archeologici della Calabria.
3
Sui saggi allora diretti da Salvatore Settis v. AGOSTINO 1993-
1995, pp. 29-87; AGOSTINO 1996, pp. 112-115.
4
V. infra GRILLO.
5
Cfr. BRULÉ 2012; PATERA 2012; ma anche i vari e importanti
contributi raccolti in Doni agli dei 2008.
6
V. supra CARDOSA.
7
Cfr. per un breve commento PAOLETTI 1996a, pp. 99-100.
ORSI 1913b, pp. 103-106 e figg. 120-121: oltre ai due scudi
8
con Gorgoneia già ricordati, in un altro caso lo scudo è liscio al-
l’esterno ma visto con ogni dettaglio interno.
9
ORSI 1913b, pp. 78-79 e fig. 87; cfr. LANGLOTZ 1968, p. 276
nn. 60-61 e figg. 60-61; La forza del bello 2008, pp. 126 fig. 17 e 319
n. 17 (scheda di L. Franchi Viceré) con bibl. completa. Secondo
Langlotz l’elmo di bronzo era applicato e fermato sulla calotta
liscia della testa mediante perni, di cui resta la traccia nei due
fori sopra le orecchie.
10
PAOLETTI 1996a, pp. 99-100.
11
PAOLETTI 1990, pp. 133-161; PAOLETTI 2005a, pp. 192-197;
GRECO 2010, pp. 91-93.
12 Cfr. PAOLETTI 1996a, pp. 106-111, nn. 2.11-2.34; IANNELLI
2005a, pp. 242-245, nn. II. 73-82 e II. 85-86; per i pinakes SCHENAL
PILEGGI 2005, pp. 246-247; PARRA 2013a, pp. 323-332.
13
PAOLETTI 1996a, pp. 99-100.
e una sub circolare; foro circolare alla
sommità della testa.
Bibl. ORSI 1913b, pp. 101-102 e fig. 116;
MILLER 1983, p. 216; Cerzoso in PAO-
LETTI 1996b, p. 109, n. 2.24
M. C.
224. Testa di Athena
Terracotta realizzata a matrice
Alt. 12,3; largh. 6
Rosarno, loc. Calderazzo, scavi Orsi
Museo Archeologico Nazionale
di Reggio Calabria
Inv. 1111
Prima metà V sec. a. C.
La testa, pertinente a una figura pre-
sumibilmente alta più di 40, è riferibi-
le ad Athena per l’elmo di forma sin-
golare, con alto cimiero (lacunoso) e
con parte frontale molto rialzata al
centro del contorno appuntito a metà
della fronte. Grosse ciocche ondulate
di capelli escono dall’elmo ai lati del
volto, dal taglio ovoidale molto allun-
gato; arcate sopracciliari ben rilevate,
occhi con palpebre a forte rilievo, zi-
gomi dal risalto appena accennato,
bocca abbastanza stretta con labbra
carnose dal contorno sinuoso.
Bibl. ORSI 1913 b, p. 105 e fig. 122; MIL-
LER 1983, p. 216.
M. C.
PICCOLA PLASTICA
225. Cavallino
Bronzo, fusione piena
Integro, ma privo della coda
che è spezzata; patina consunta
e superficie largamente corrosa
Alt. 6,9; lungh. 7,2
Rosarno, loc. Calderazzo
ex proprietà Naso (ora compresa
nel Parco Archeologico di Medma)
Scavi 1964-1966
Museo Archeologico Nazionale
di Reggio Calabria
Inv. 21060
Ultimo quarto del VI - inizi del V sec. a. C.
Il cavallino è fermo e rigidamente stan-
te; solo il collo è appena piegato a sini-
stra mentre la zampa anteriore sinistra
di poco avanzata e la posteriore destra,
che è appena arretrata, suggeriscono
una parvenza di movimento. Il corpo è
massiccio e quasi tozzo, anche le gam-
be dell’animale sono corte e robuste,
senza alcuna resa plastica della musco-
latura. La coda, verosimilmente lunga,
è ora spezzata. Del muso diritto si di-
stinguono gli occhi incisi a cerchiello, la
bocca semiaperta e appena le froge,
mentre le orecchie a punta sono piccole
cuspidi sommariamente accennate. Sol-
tanto la criniera è sottolineata da fitte
incisioni parallele, praticate a freddo, e
da un ciuffetto tra le orecchie. Non si
può escludere che il cavallino avesse in
origine il morso e le briglie realizzate a
parte, di cui sembra indizio il foro lar-
go al lato della bocca. L’estrema sem-
plicità di esecuzione e la resa artistica
piuttosto elementare sono i tratti distin-
tivi della statuetta (prodotta localmen-
te?), cui nonostante le ridotte dimensio-
ni - visibilmente minori rispetto ai più
noti “cavallucci” fittili della stipe voti-
va in contrada Sant’Anna -, si può as-
segnare un’analoga destinazione di ex
voto e di dedica nell’area santuariale
di contrada Calderazzo.
Bibl. AGOSTINO 1993-1995, pp. 48-49 e
fig. 25; AGOSTINO 1996, pp. 112, 114-115
n. 2.38 Cavallino; PAOLETTI 2001, p. 12;
LACQUANITI 2003, pp. 54, 179, 200, 203
e figg.; Magna Graecia Archeologia di un
sapere, p. 244 n. II.84 Cavallino (A. M.
R[otella]); L ACQUANITI 2014, p. 173,
193, 238 e figg.
M. P.
APPLIQUES
226. Applique con figura di Perseo
Bronzo, fusione
Alt. 12
Rosarno, lascito Marchesa Gagliardi, 1966
Museo Archeologico Nazionale
di Reggio Calabria
Inv. 123024
Prima metà del V sec. a. C.
Figura maschile nuda, in atto di rapi-
do movimento verso destra, che le
piccole ali ricurve applicate alle cavi-
glie indicano come volo. Il peso del
corpo è caricato sulla gamba sinistra,
che ha lieve torsione verso sinistra e il
ginocchio appena flesso all’indietro,
con piede in posizione orizzontale, co-
me in appoggio. La gamba destra è
fortemente divaricata lateralmente,
con piede allungato verso il basso a
80
sfiorare appena di punta la linea del
suolo; la muscolatura è assai più tesa
e allungata che nell’altra gamba. Il
torso snello ha una lieve inclinazione
che sottolinea la tensione dell’intera
figura verso il gesto del braccio sini-
stro fortemente proteso lateralmente e
in avanti, con mano chiusa a pugno, a
tenere un oggetto probabilmente so-
speso, mancante. Il braccio destro è
portato all’indietro, con l’avambraccio
(spezzato) rivolto in basso. La testa, in
forte torsione verso sinistra, segue con
lo sguardo il gesto del braccio sinistro
disteso; ha forma tondeggiante, con
tratti piccoli e acconciatura rigonfia in
massa unitaria protesa a punta all’in-
dietro, a evidenziare lo slancio in dire-
zione opposta. A metà della schiena è
applicato un lungo e robusto perno a
sezione circolare, leggermente piegato
verso l’estremità, destinato a tenere la
figura sospesa e applicata a un ogget-
to o a una superficie non determinata,
per funzioni che restano ipotetiche.
Le ali ai piedi, il movimento veloce
sottolineato dalla tensione della figura
e dalle torsioni bene coordinate delle
sue parti, il gesto come di ostensione
del braccio sinistro (quasi innatural-
mente allungato come la gamba de-
stra, a enfatizzare lo slancio della figu-
ra), probabilmente accompagnato nel
destro da un’arma impugnata, hanno
fatto proporre l’identificazione con
Perseo trionfante che mostra la testa
recisa di Medusa.
Bibl. FOTI 1972, p. 68, fig. 6; Le Arti di
Efesto, n. 29, p. 194 (M. Rubinich).
VASELLAME
E INSTRUMENTUM METALLICO
227. Phiale mesomphalos
Bronzo, lamina martellata
Alt. 5,1-5,5; diam. orlo 17,8-18,3
Rosarno, loc. Calderazzo, scavi Orsi
Museo Archeologico di Rosarno
Inv. 3352
Seconda metà VI-V sec. a. C.
Vasca profonda con pareti curvilinee;
orlo appiattito e fortemente ispessito,
a sezione triangolare; largo umbone
centrale di forma emisferica.
Bibl. MEIRANO 2001, Phm46, pp. 113,
138-139.
V. M.
228. Phiale mesomphalos
Bronzo, lamina martellata
Alt. 3; diam. orlo 16,2
Rosarno, loc. Calderazzo, scavi Orsi
Museo Archeologico di Rosarno
322. Strigile
Bronzo, fusione, martellatura con punzoni
Lungh. 19,4; largh. 11,2
Manico (capulus): lungh. totale 27,8
cucchiaio (ligula): lungh. totale 20,6
largh. max 4,8
Rosarno, Petto di Nolio, dalla necropoli
Rinvenimento occasionale
Consegnato da Giovanni Gangemi
Museo Archeologico di Rosarno
Inv. 142049
Ultimo quarto del V - inizi del IV sec. a. C.
Le due componenti dello strigile sono
ottenute ripiegando un’unica lamina
di bronzo. Il cucchiao ricurvo (ligula),
lungo e stretto, si assottiglia verso la
parte terminale che è quasi piatta,
mentre in prossimità del manico ha i
bordi piuttosto sollevati.
Il passaggio al manico (capulus) è se-
gnato da un pronunciato scalino inter-
no e da due dentelli marginali. Altri
due più piccoli marcano il limite supe-
riore, dove esso piega all’indietro per
creare l’impugnatura, proseguendo
poi stretto e spesso fino a terminare in
una foglia lanceolata con nervatura
centrale.
Il manico è decorato da tre punzoni
impressi. Si tratta di un duplice bollo
circolare (diam. 0,7) con la stella a 16
raggi sovrapposti che si dipartono dal
bottoncino centrale e, poi, di un bollo
figurato (0,9 x 0,7) con la silhouette di
un’erma posta sopra un basamento di
tre gradini, ai lati della quale sono il
kerykeion e una protome animale (di
ariete o di vitello).
Le connessioni tra Hermes e la pratica
ginnica sono note e trovano conferma
nei simulacri del dio eretti nelle pale-
stre e nei ginnasi nonché nella stessa
espressione di theòs palaistrítes che gli
è attribuita in alcune iscrizioni (ad es.
IG, XII, 5, 911, r. 22: erma a Tenos nelle
Cicladi). Nella necropoli di Medma al-
tri strigili, inediti, recano punzoni con
figure o marchi onomastici.
La morfologia dello strigile, identica a
quella di numerosi esemplari rinvenu-
ti in necropoli siciliane, non permette
di stabilire - essa sola - un’eventuale
provenienza da officine bronzistiche
dell’isola.
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M. P.
OGGETTI PER LA KOSMESIS
323. Specchio con manico figurato
(foto)
Bronzo, fusione a matrice
e incisioni a punta e cesello
Lungh. 39,2; disco: diam. 23; spess. 0,9
Rosarno, loc. Grizzoso
dal corredo di una tomba a incinerazione
Rinvenimento occasionale
(cfr. Archivio Soprintendenza
Beni Archeologici Calabria
Pos. 87, prat. 7: Rosarno)
Museo Archeologico Nazionale
di Reggio Calabria
Inv. 5762
Fine del V - primo quarto del IV sec. a. C.
Lo specchio fu rinvenuto a breve di-
stanza dall’abitato di Rosarno, sul
margine del Pian delle Vigne (nella
proprietà Giuseppe Mercuri), durante
i lavori di scavo per l’acquedotto. La
tomba a incinerazione utilizzava un
dolio o una grossa olla (?) di ceramica
grezza rossastra; al suo interno insie-
me ai resti combusti della cremazione
(di una defunta?) era deposto un mo-
desto corredo, purtroppo disperso ad
eccezione dello specchio. In loc. Griz-
zoso non si conoscono altre attestazio-
ni di necropoli. Lo specchio è realizza-
to in due parti separate (disco e mani-
co) poi saldate. Il disco, liscio e lieve-
mente convesso, ha una cornice con
duplice modanatura a bassissimo ri-
lievo distinta da sottili costolature
concentriche; il bordo esterno a sua
volta è rilevato. Il disco è forato e dan-
neggiato intenzionalmente al centro;
invece un secondo forellino forse era
funzionale per il bloccaggio sulla base
di appoggio. Il manico ha, in alto, una
fascetta arcuata di appoggio per il di-
sco, decorata da baccellatura e desi-
nente in una placchetta cuoriforme
per il fissaggio e la saldatura; poi pro-
segue, al centro, con la placchetta fi-
gurata che è intagliata à jour; e termi-
na nel corto codolo piatto che s’inne-
stava nell’impugnatura ora perduta
(per la ricostruzione cfr. OBERLÄNDER
1967, p. 191). La scena centrale raffi-
gura un vecchio sileno, o Papposileno,
dinanzi a un giovane nudo e seduto
su un rialzo del terreno. Il Papposile-
no, quasi calvo ma con la barba folta,
dall’aspetto selvatico e dal corpo villo-
so, con una pelle ferina (nebride) allac-
ciata al collo e svolazzante, è inginoc-
chiato e si protende a risvegliare un
giovane (Dioniso o un’anonima figura
del mondo dionisiaco) che è seduto su
un’asperità del terreno. Con la mano
destra gli afferra un polso, mentre con
138
la sinistra levata ne accarezza i lunghi
capelli. Si tratta di una scena alquanto
generica, priva di ogni valenza escato-
logica (contra Langlotz), dove il gesto
tende a sottolineare la curiosità del si-
leno dinanzi al giovane semiaddor-
mentato che sta aprendo gli occhi. Il
terreno e la roccia che funge da sedile
sono decorati da ciuffi di fiori e da
ciottoli. Ancora con la tecnica dell’in-
cisione a cesello sono aggiunti tutti i
dettagli delle figure (i pochi capelli e il
fitto pelame del sileno; la capigliatura,
le pieghe della pelle e i capezzoli del
giovane). Allo scopo di rinforzare la
placchetta intagliata à jour, di lato è
aggiunta una palmetta. Lo specchio
ha molti punti di contatto con le pro-
duzioni bronzistiche di questa classe
di oggetti da toeletta femminile realiz-
zate da officine locresi, sì da essere
spesso considerato tout court un’im-
portazione da Locri. È probabile che
sia stato fabbricato a Medma da una
bottega locale perché le analogie stili-
stiche possono essere dovute alla koiné
artistica, che univa la madrepatria alla
sua antica subcolonia, e indicare piut-
tosto l’ampia circolazione di esperien-
ze artigianali diffuse, in grado di
esprimersi anche con prodotti di ele-
vata e raffinata qualità.
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 Indice

Prefazione 5
Gilberto Floriani
Presentazione 7
Simonetta Bonomi
Premessa 9
Carmine Gesualdo
Introduzione 11
Maria Teresa Iannelli • Claudio Sabbione
Tra le residenze di Efesto. Note sulla metallurgia di età greca in Calabria 13
Francesco A. Cuteri
L’offerta di armi nei santuari di Kore-Persefone di area locrese 23
Massimo Cardosa
Vasi, strumenti e altri oggetti. Offerte in metallo e pratiche rituali
nei santuari greci della Calabria meridionale 32
Valeria Meirano
Il Persephoneion locrese della Mannella 39
Claudio Sabbione
L’area sacra di Scrimbia a Hipponion 48
Claudio Sabbione
Rosarno: l’area sacra di contrada Calderazzo. Scavi Orsi (1912-1913) 71
Maurizio Paoletti
Medma-Rosarno. L’area sacra in località Calderazzo. Scavi 2014 83
Eleonora Grillo
L’acropoli di Timpone della Motta a Francavilla Marittima 89
Pasquale Apolito
Il santuario in località “Area delle Fate” a Rose 95
Alessandro D’Alessio • Armando Taliano Grasso
Dediche in bronzo e ferro dal santuario di “Vigna Nuova” a Crotone 100
Roberto Spadea
Il santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna di Crotone 104
Gregorio Aversa • Roberto Spadea
Da Clete a Pitocrito: bronzi votivi dal santuario di Punta Stilo a Kaulonia 110
Maria Cecilia Parra
Zeus a Kaulonia: la Tabula Cauloniensis, un elmo con dedica
e il loro significato storico 123
Carmine Ampolo
Tra specchio e strigile
Ideologia funeraria e indicatori di genere nelle necropoli di Locri Epizefiri 125
Diego Elia
Kaulonia. La necropoli in contrada Santa Croce 132
Maria Teresa Iannelli
Medma. La necropoli 137
Maria Teresa Iannelli
La tomba di Marcellina 139
Gregorio Aversa

Appendice
Vito Capialbi: quando una collezione di famiglia diventa patrimonio pubblico 145
Anna Maria Rotella
Note sui bronzetti della collezione Capialbi 149
Roberto Spadea
La collezione Scaglione di Locri 156
Claudio Sabbione

Bibliografia 157
adhoc • vibo valentia
ottobre 2014