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Marco Deluca 81100268

Produzione
di
Profumi
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Indice

1-Introduzione pag.6

2-Storia dei Profumi pag.7

3-Caratteristiche dei Profumi e loro Percezione pag.8

4-Materie Prime Naturali pag.10

4.1-Oli essenziali pag.10

4.2-Estratti pag.12

4.3-Materie Prime Naturali per la Produzione di Profumi pag.13

4.4-Metodi per l’Ottenimento di Materie Prime Naturali pag.15

Distillazione pag.16

Estrazione con Solvente pag.19

Macerazione pag.20

Espressione pag.22

Estrazione Supercritica con CO2 pag.22

5-Aroma Chemicals e Materie Prime Sintetiche pag.26

5.1-Aroma Chemicals pag.26

Composti Alifatici pag.26

Terpeni pag.27

Composti Cicloalifatici pag.27

Composti Aromatici pag.28

Fenoli e Derivati pag.28

Composti Eterociclici pag.29


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5.2-Sintesi del Geraniolo pag.30

5.3-Sintesi del Feniletanolo pag.32

6-Produzione di Profumi pag.34

6.1-Creazione delle Fragranze pag.34

6.2-Blending dei Profumi pag.35

6.3-Controllo di Qualità e Sicurezza pag.36

7-Classificazione dei Profumi pag.37

Bibliografia pag.39
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1 Introduzione

Con la presente trattazione si darà un breve excursus sulla produzione dei profumi
moderni; un profumo moderno è costituito da alcol etilico, acqua e da una miscela di
componenti responsabili della fragranza; questi derivano da materie prime naturali (oli
essenziali, estratti…) oppure sono prodotti sinteticamente, ma in ogni caso i composti
chimici associati a un determinato odore sono sempre gli stessi. Spesso le materie prime
naturali sono preferite in quanto la loro composizione estremamente complessa permette
di donare al profumo maggior rotondità e persistenza pur avendo lo stesso odore del
corrispondente sintetico; per questo motivo grande spazio è stato dato all’ottenimento di
queste materie prime naturali, mentre un esame esauriente dei processi produttivi di tutte
le sostanze sintetiche usate per la produzione di profumi è al di là dello scopo di questa
trattazione. Dopo aver trattato le materie prime si passerà a una parte dedicata allo
sviluppo dei profumi e alla loro produzione su scala industriale, e infine si darà una breve
classificazione dei profumi esistenti. L’argomento è molto vasto e spesso coperto da
segreto industriale, comunque è stato possibile dare un’idea generale su come queste
produzioni vengono effettuate.
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2 Storia dei Profumi

La storia dei profumi si perde nella notte dei tempi… in Egitto sono stati rinvenuti
(soprattutto nelle antiche tombe) recipienti contenenti oli balsamici ancora in grado di
diffondere profumo, mentre si ha la notizia che prima di bruciare le carcasse degli animali
morti esse venivano riempite di sostanze aromatiche al fine di eliminare i cattivi odori
derivanti dalla cremazione. Inoltre sia gli egiziani sia gli antichi greci solevano aggiungere
fragranze all’acqua dei loro bagni. Notizie sull’uso dei profumi provengono anche dalle
antiche leggende, la Bibbia riferisce dell’uso di balsami speziati, mirra, galbanum; il
Corano di muschi e giacinto. Nella mitologia greca, Afrodite fu la prima donna ad usare
sostanze profumate, e le indiscrezioni di una delle sue ninfe permisero all’uomo di
condividere questo segreto, trasmesso da Paride ad Elena di Troia, che così conservò
intatta la sua bellezza…
A partire dagli scritti di Teofrasto, 370 A.C., iniziano le trattazioni riguardo alle attuali
tecniche di mescolamento (blending) dei profumi. Con lo sviluppo delle rotte commerciali
verso l’estremo oriente aumentò la disponibilità di materie prime ai profumieri occidentali,
in particolar modo si segnala l’introduzione del legno di sandalo, dei chiodi di garofano e
del patchouli dall’India grazie agli arabi, che furono tra l’altro i primi a sviluppare le
tecniche della distillazione.
Il primo profumo moderno (si intende un profumo a base di alcol etilico) fu l’Acqua
Ungherese, precursore dell’Acqua di Colonia, apparso alla fine del quattordicesimo secolo;
si trattava di un distillato dal rosmarino che fu in uso fino ai tempi dell’Inghilterra vittoriana.
La Duchessa di Neroli compose un profumo caratteristico dai fiori di arancio, ingrediente
fondamentale dell’Acqua di Colonia introdotta nel 1725 da Giovanni Maria Farina. Il
successo di questi prodotti, in uso presso le classi più agiate, portarono allo sviluppo di
colture floreali apposite alla produzione di profumi in particolar modo nella zona di Grasse,
nel sud-est della Francia. Tuttora i più pregiati estratti da fiori e frutti mediterranei (rosa,
gelsomino, lavanda, agrumi) provengono da quella zona geografica. A cavallo del
novecento lo sviluppo della chimica analitica diede un grande impulso alla produzione
sintetica di sostanze profumate; inizialmente solo i componenti presenti in concentrazione
maggiore potevano essere evidenziati nell’analisi, ad esempio, di un olio essenziale; le
moderne tecniche cromatografiche e spettroscopiche hanno permesso di esaminare
anche le sostanze presenti in tracce, portando in tal modo alla possibilità di sintetizzare
gran parte dei componenti che permettono ad un campione di possedere un ben definito
profumo. A titolo di esempio, negli anni ’20 la sintesi di aldeidi con più di dieci atomi di
carbonio, molto odorose, ha permesso l’introduzione (nel 1921) del celeberrimo Chanel
No. 5, una fragranza floreale tipicamente aldeidica. Oggigiorno sono centinaia le sostanze
sintetiche utilizzabili per la produzione dei profumi, ma ancora oggi le sostanze naturali
hanno un’importanza basilare, sia perché la composizione di una sostanza naturale è
spesso troppo complessa per essere ricreata da una combinazione di sostanze sintetiche,
sia perché è spesso troppo costoso produrre una determinata fragranza più facilmente
ottenibile trattando opportunamente dei prodotti naturali (se facilmente reperibili).
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3 Caratteristiche dei Profumi e loro Percezione


Nella fabbricazione di un profumo è determinante la scelta delle materie prime da inserire
e delle loro proporzioni, effettuata dal profumiere; egli sceglierà in base al suo obiettivo le
sostanze più indicate a creare un determinato accordo (nei termini di sensazione olfattiva),
che abbia la persistenza voluta, e sia il più possibile immutabile nel tempo. La percezione
di un profumo dipende infatti sia dalla volatilità delle sostanze in esso presenti sia dalla
loro concentrazione di soglia. L’odore percepito da un profumo varia durante
l’evaporazione dei suoi componenti, alcuni dei quali sono più volatili, altri meno; in
generale si divide la percezione in top note, che racchiude i componenti dalla tensione di
vapore più elevata, poi middle note e end o base note; siccome l’odore dipende anche
dall’intensità, non sono solo i componenti più volatili a conferirne le caratteristiche; la
middle note infatti è in genere responsabile della tonalità di fondo del profumo, mentre la
end note determina la persistenza; queste tre note si percepiscono insieme nel momento
in cui il profumo viene applicato, poi l’odore varia man mano si ha l’evaporazione dei suoi
componenti. È chiaro che un profumo deve mantenere il suo odore tipico il più a lungo
possibile ma soprattutto le variazioni dell’odore non devono essere repentine, per questo è
necessario che le sostanze siano scelte in modo da permettere al profumo di non variare
sensibilmente le sue caratteristiche a fronte del procedere dell’evaporazione dei suoi
componenti; all’uopo è anche comune l’utilizzo di fissativi per rallentare l’evaporazione di
certe sostanze. Fondamentale è inoltre conoscere la concentrazione di soglia, cioè la
concentrazione minima alla quale, in condizioni standard, l’odore tipico di uno dei
costituenti di una miscela profumata viene percepito; per molte sostanze infatti sono
sufficienti valori molto bassi di concentrazione per essere recepite dalle cellule olfattive. Il
contributo di un composto all’odore finale di una miscela può essere espresso come il
rapporto tra la sua concentrazione nella miscela e la sua concentrazione di soglia.
Gli odori non possono essere classificati sulla base dei composti presenti nelle miscele
che li hanno generati, sia perché nelle miscele spesso non vi è un componente
determinante, sia perché più composti diversi possono concorrere a formare risultati simili.
In generale un odore si classifica in base all’impressione che comporta, a esso cioè viene
conferito un aggettivo.
Di seguito si dà una lista di aggettivi comunemente usati, e la percezione associata. Si
tenga conto che questi possono essere usati sia per sostanze naturali che sintetiche.

Aldehydic Caratteristico di aldeidi long-chain, ricorda biancheria stirata, acqua di


mare, fiori
Animal Tipico del regno animale: muschio, castoreum, scatolo, zibetto,
ambra grigia
Balsamic Odori decisi e dolci come cacao, vaniglia, cannella
Camphoraceous Che ricorda la canfora
Citrus Odore fresco e stimolante di agrumi come limone, arancio
Earthy Odore di terra, terra bagnata, humus
Fatty Tipico del grasso animale
Floral, flowery Floreale
Fruity Che ricorda l’odore di vari tipi di frutta
Green Tipico odore di erba o foglie appena tagliate
Herbaceous Odore che ricorda miscele complesse di erbe aromatiche come
salvia, menta, eucalipto
Medicinal Odore tipico di disinfettanti medicinali come fenolo o metil salicilato
Metallic Tipico odore che si riscontra in prossimità di superfici metalliche
come ottone o acciaio
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Minty Odore di menta


Mossy Odore che ricorda foreste, muschi o alghe marine
Powdery associato a prodotti da bagno come talco
Resinous Che ricorda la resina secreta dagli alberi
Spicy Odore di spezie in generale
Waxy Odore associato alla cera delle candele
Woody Termine generale per odori di legno come legno di cedro, legno di
sandalo

All’interno di queste famiglie si possono distinguere diverse fragranze che vi vengono


raggruppate, a definire una sorta di vocabolario comune a tutti i fabbricanti di profumi. A
titolo di esempio, nella famiglia fruity si possono trovare sostanze che odorano di mela,
albicocca, banana, ciliegia, fichi, uva, melone, pesca… si rimanda alle seguenti tabelle:
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4 Materie Prime Naturali

Le materie prime naturali vengono isolate ed estratte da diverse fonti, appartenenti sia al
regno vegetale che animale; in particolare vengono usati boccioli (chiodi di garofano),
corteccia (cannella), semi (cumino), frutti (agrumi), foglie (patchouli), legno (cedro,
sandalo), radici (zenzero), resina (pino) e spesso nell’ambito della stessa pianta diverse
sue parti conducono a prodotti diversi (è il caso ad esempio della cannella: dalla corteccia
dell’albero si ottiene, per distillazione con vapore, l’olio di corteccia di cannella che
contiene soprattutto cinnemaldehyde; dalle foglie si ottiene invece un olio contenente
eugenolo). Degli animali si trattano in genere alcune ghiandole che producono secrezioni
particolarmente odorose, è il caso del castoro o dello zibetto. La qualità dei prodotti
naturali (spec. vegetali) dipende in larga misura dalla zona geografica di produzione, cioè
dalla composizione del suolo e dal clima; inoltre le colture sono soggette alle variazioni
meteorologiche, e questo li rende spesso più costosi dei singoli prodotti sintetici. In ogni
caso sono più di 500 i prodotti utilizzabili nella produzione di profumi, inoltre si sono
riconosciute alcune zone dal clima particolarmente favorevole per certi tipi di colture, che
così vengono realizzate su larga, larghissima scala; è il caso della menta piperita negli
Stati Uniti e della lavanda in Francia.

4.1 Oli Essenziali


Gli oli essenziali sono sostanze in predominanza volatili che vengono ottenute da singole
varietà vegetali, sono in genere liquide alla temperatura ambiente, ma alcuni si trovano
allo stato semisolido o solido. Vengono in genere prodotti per distillazione con vapore o
con acqua; il distillato prodotto viene condensato e si ha poi la separazione dell’olio
dall’acqua. La resa in genere va dall’1,5% circa a valori inferiori; ciò dipende anche dalla
preparazione iniziale del materiale di partenza, che deve essere macinato o pressato al
fine di rompere le pareti delle celle in cui l’olio è trattenuto all’interno della struttura
cellulosica; in questo modo il vapore o l’acqua possono più efficacemente solubilizzarlo.
Altri metodi di produzione possono essere, tra l’altro, l’estrazione con solvente o, più
recentemente, l’estrazione supercritica.

In genere un olio essenziale è composto da più di duecento sostanze diverse, volatili e


lipofiliche, contenenti non più di quindici atomi di carbonio. I costituenti più numerosi sono i
terpeni (a dieci atomi di carbonio, prodotto della condensazione di due molecole di
isoprene), i quali possono essere alifatici, aliciclici o bi-, tri-aliciclici, di diverso numero di
insaturazioni in catena; vi sono poi i sesquiterpeni (tre molecole di isoprene), i diterpeni
(quattro molecole), i triterpeni (sei molecole). Si possono riscontrare anche composti
aromatici ed eterociclici.

Spesso sono proprio le sostanze presenti in tracce a conferire l’odore caratteristico a un


olio; per questo è indispensabile un’analisi completa ed esauriente per tentare di ricreare
sinteticamente una data fragranza.
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La differenza tra i due oli in tabella dipende soprattutto da condizioni climatiche e


geografiche, per quanto i due paesi di origine siano vicini.

La funzione degli oli essenziali nella pianta non è particolarmente chiara perché non è
unica; infatti fungono sia da attrazione per insetti impollinatori sia da fonte di energia per la
pianta e possono partecipare molto velocemente alle reazioni metaboliche dell’organismo;
inoltre hanno proprietà batteriostatiche e spesso battericide.

Molti oli essenziali vengono usati direttamente per la produzione di profumi, fragranze,
aromi; altri invece subiscono un ulteriore frazionamento o concentrazione mediante un
successivo processo di distillazione, rettifica o assorbimento. In questo modo è possibile
isolare un componente atto a definire un preciso odore, oppure separare componenti che
potrebbero essere indesiderati in certi prodotti (ad esempio: l’olio ottenuto dalla menta
piperita naturale viene rettificato per rimuovere il dimetilsolfuro, dall’odore di mentolo molto
forte e dall’elevato impatto, importante nella produzione di chewing gum o di dentifricio,
ma indesiderato in liquori alla crema di menta). Gli oli essenziali dunque non vengono
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usati solo nella produzione di profumi ma anche nell’industria alimentare, delle bevande,
cosmetica, della carta…
Spesso inoltre vengono ulteriormente trattati per produrre delle sostanze derivate, ad
esempio subiscono una separazione dei terpeni che permette così di eliminare le sostanze
meno stabili e dalle peggiori caratteristiche in termini di odore (in genere i terpeni
superiori); oppure alcuni costituenti, separati dal bulk dell’olio, subiscono trattamenti di
esterificazione in genere con anidride acetica per dare degli acetati dall’odore più intenso
e persistente.
Si rimanda alla sezione 4.3 per un breve elenco degli oli essenziali più usati.

4.2 Estratti
Gli estratti sono di diversi tipi, in dipendenza dal metodo di produzione; alcuni di questi
sono largamente usati nella produzione di profumi, altri per usi diversi, come la
preparazione di saponi o cosmetici. In generale si decide di produrre un estratto anziché
un olio quando la sostanza trattata potrebbe andar incontro a una degradazione se
sottoposta alle alte temperature necessarie alla distillazione. Tuttavia, potrebbe essere
desiderabile produrre una delle forme sotto indicate per far fronte ad una determinata
necessità, ad esempio l’uso di un fissativo.

Pomate: si tratta di sostanze grasse contenenti fragranze profumate prodotte con


l’enfleurage (macerazione) a caldo o a freddo di fiori o altre parti della pianta; nel metodo a
caldo, i fiori vengono immersi in un bagno di cera liquida che ne assorbe le sostanze
odorose; nel metodo a freddo i fiori freschi vengono lasciati a macerare inglobati in una
materia grassa derivata da lardo animale, che ne assorbe le sostanze più volatili. Il
prodotto è una sorta di “concentrato di fiori”; oggigiorno la pratica è quasi scomparsa e le
pomate vengono prodotte per estrazione con solvente.

Concretes: si ottengono da parti di piante mediante estrazione con solventi non polari
(toluene, esano); dopo l’evaporazione del solvente il residuo non contiene solo le
fragranze più volatili, ma anche componenti pesanti come le cere. Per questo motivo i
concretes (come le pomate) non sono completamente solubili in alcol e ciò fa di queste
una cattiva materia prima per la produzione di profumi; in genere vengono usati nelle
industrie di saponi, ma da essi si ottengono gli absolutes, che hanno sicuramente
un’importanza maggiore per la profumeria. I fiori più usati per produrre concretes sono il
gelsomino, la rosa, l’ylang-ylang, la mimosa; la resa è molto bassa, attorno allo 0.3%
rispetto ai fiori iniziali.

Absolutes: si preparano immergendo i concretes in alcol etilico; tutto ciò che si raccoglie
come precipitato viene separato per filtrazione, l’etanolo viene evaporato e ciò che rimane
è un residuo completamente libero da cere, solubile in alcol etilico e quindi assolutamente
indicato per la produzione di profumi; in genere la resa è attorno al 50% rispetto al
composto di partenza.

Resinoidi: si preparano mediante estrazione con solventi come metanolo, etanolo,


toluene a partire dagli essudati resinosi prodotti da diverse varietà arboree; sono molto
viscosi e di solito si usano in forma diluita (con ftalati); la resa è in genere dal 50 al 95%. Si
tratta di composti altamente non volatili, molto adatti all’utilizzo come fissativi nei profumi.
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Si differiscono dalle oleoresine, che vengono invece prodotte dalle spezie (pepe, zenzero,
vaniglia) mediante estrazione con solvente o estrazione supercritica.

Tinture: sono degli infusi preparati trattando il materiale di partenza con alcol o soluzioni
etanolo-acqua. Non sono molto importanti.

4.3 Materie Prime Naturali per la Produzione di Profumi


Di seguito si indicano, con alcune brevi notizie annesse, molte tra le sostanze naturali che
vengono maggiormente prodotte per un utilizzo nella composizione di profumi
commerciali:

Olio di Bay: classico ingrediente per i dopobarba, ha un odore molto forte e speziato, che
ricorda i chiodi di garofano. Si ottiene dalla distillazione con vapore delle foglie della
Pimenta racemosa, un albero diffuso nella Repubblica Dominicana e nei Caraibi in genere;
contiene soprattutto myrcene ed eugenolo, quest’ultimo apportatore di fenolo, da cui le
proprietà antisettiche sfruttate nei dopobarba.

Resinoide di Benzoe Sumatra: viene usato come fissativo con una nota balsamica, è un
liquido scuro e molto viscoso ottenuto per estrazione con solvente da un albero presente
soprattutto sull’isola di Sumatra.

Olio di foglie di Buchu: usato nei profumi della famiglia Chypre (vedi sez.7) e in alcune
Acque di Colonia, in piccole quantità in quanto molto forte. Gli oli, ottenuti per distillazione
da alcune selezionate varietà vegetali, hanno un odore fruity, simile al ribes nero.

Olio di Calamus: usato nei profumi per donare note spicy-herbaceous, il suo uso è
soggetto a restrizioni in quanto tossico; deriva (distillazione con vapore) dalle radici
dell’Acorus calamus; i suoi costituenti principali sono dei chetoni sesquiterpenici, ma
l’odore è fornito da alcune aldeidi presenti in tracce.

Olio di foglie di cedro: usato per profumi dal sentore di agrumi e di legno, deriva dalla
distillazione con vapore delle foglie del cedro americano.

Olio di foglie di cannella: è prodotto nei paesi che si affacciano sull’oceano Indiano,
viene usato per conferire ai profumi note speziate ed orientaleggianti; è prodotto per
distillazione con vapore.

Olio di bergamotto: viene prodotto per spremitura della buccia del bergamotto; la
produzione è concentrata in Italia (Calabria), Brasile e Costa d’Avorio. È composto
soprattutto da acetato di linallile, linalolo e geraniale ed è l’ingrediente fondamentale
nell’Acqua di Colonia, nonché in molti altri profumi.

Olio di limone: anch’esso ottenuto per spremitura delle bucce, viene usato per
l’impressione di freschezza che l’odore trasmette; in particolare, è componente dell’Acqua
di Colonia.
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Olio di chiodi di garofano: l’olio può essere prodotto dalle foglie (maggiormente), dai
pistilli o dai boccioli della pianta. Ha elevato contenuto di eugenolo, viene usato soprattutto
per conferire al profumo carattere speziato.

Olio di coriandolo: dall’odore molto forte, dovuto alla presenza di aldeidi poliinsature; è
usato moltissimo nella creazione delle fragranze dei profumi.

Olio di Galbanum: prodotto dall’essudato gommoso di una pianta nativa dell’Iran,


mediante distillazione con vapore. Viene usato per produrre delle top notes di tipo green,
mentre esiste anche il resinoide che ha eccellenti proprietà fissative; in questo modo la
fragranza può essere mantenuta più a lungo sia rallentando l’evaporazione sia
contribuendo alla costruzione della end note.

Olio di legno di Guaiac: usato per le sue eccellenti proprietà fissative, deriva dalla
distillazione della segatura di un albero sudamericano; ha sentore di rose e violette.

Absolute di gelsomino: ottenuto per estrazione con solvente dal concrete prodotto a
partire dai fiori di gelsomino in Italia, Egitto, Marocco, India, Cina. Sia i componenti più
volatili che i meno volatili contribuiscono al tipico odore di gelsomino; viene usato per
conferire ai profumi reminiscenze di fiori appena sbocciati.

Olio di Labdanum: i virgulti del Cistus Labdaniferus se bolliti in acqua producono un


essudato gommoso che distillato fornisce l’olio di Labdanum. La produzione è concentrata
nella zona mediterranea, soprattutto in Spagna. Viene usato nella produzione di profumi
per dare alle composizioni una tonalità calda, balsamica con un sentore di ambra grigia. I
resinoidi ed absolutes che possono essere derivati hanno ottime proprietà fissative.

Oli di lavanda: prodotti soprattutto in Francia per distillazione, vengono usati nella
preparazione dell’Acqua di Colonia ed altri profumi.

Olio di Neroli: è ottenuto dai boccioli dell’albero dell’arancia amara, per distillazione, ma è
estremamente costoso perché prodotto in quantità molto limitate. È uno dei classici
ingredienti dell’Acqua di Colonia.

Oakmoss absolute, tree moss absolute: derivano da licheni; a una prima estrazione con
solventi non polari, per produrre un concrete, segue un trattamento con etanolo per
rimuovere le cere. Il prodotto ha un odore molto forte di terra bagnata, muschio e una
leggera nota fenolica (cuoio). Vengono usati in profumi di tipo chypre o come fissativi.

Olio e resinoide di Olibanum: da una varietà vegetale diffusa in Arabia e Somalia, si


ottengono oli per distillazione e resinoidi per estrazione. L’odore è balsamico, con una
punta di limone; vengono usati per profumi di stampo orientaleggiante.

Resinoide di Opopanax: deriva da una pianta nativa della Somalia e dell’Etiopia; il


profumo è simile alla mirra, viene usato per composizioni assieme a note floreali come
gelsomino, ylang-ylang e rosa.

Olio di Patchouli: è un olio molto tenace, usato per dare ai profumi note mascoline ed
orientaleggianti, è usato anche nella profumeria industriale (saponi, detersivi, etc.); deriva
dalle foglie essiccate di un arbusto indonesiano; deve la sua profumazione al
norpatchoulolo, presente in concentrazioni non superiori all’1%.
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Oli di Pimento: derivano dalle foglie e dai frutti del Pimento, presente nei Caraibi e in
America centrale. Vengono usati per conferire ai profumi note speziate, come chiodi di
garofano.

Olio di rosmarino: usato largamente nella preparazione di profumi, deriva dal rosmarino,
comune nei paesi mediterranei; viene usato anche nella produzione di cosmetici.

Olio di sandalo: derivante dal sandalo indiano, viene ottenuto per distillazione dal legno
vivo. Viene usato come fissativo.

Absolute di Tonka: derivante dai semi della Dipteryx odorata, viene estratto con solvente
e sa di caramello; è usato come fissativo e conferisce ai profumi da uomo una sorta di
freschezza asciutta.

Olio di Vetiver: ha l’aspetto di un liquido viscoso, rosso scuro, dall’odore persistente di


legno o radici. Si ottiene per distillazione dalle radici di un’erba caratteristica dei Caraibi,
dell’Indonesia, della Cina. È costituito da più tipi di alcol sesquiterpenici che
rappresentano, anche in forma di acetati, fragranze di prima qualità; viene usato per
impartire ai profumi un sentore di legno pregiato, ed è molto persistente.

Absolute di petali di Violetta: prodotto in Francia mediante estrazione con solvente,


viene usato in piccole dosi nella composizione dei profumi a causa del suo odore molto
intenso.

Olio di ylang-ylang: ottenuto per distillazione dai boccioli (raccolti freschi) della Cananga
odorata, in Madagascar e nelle Isole Comore; le frazioni più volatili sono le più pregiate,
con sentore floreale ed elevata intensità; viene usato per profumi e cosmetici di alto livello.

4.4 Metodi per l’Ottenimento di Materie Prime Naturali

Le tecniche per estrarre i componenti di interesse dal materiale naturale e ottenere delle
sostanze direttamente utilizzabili nel blending di un profumo sono molteplici, la maggior
parte delle quali derivate da metodi artigianali in uso sin dal medioevo, adattate alla
produzione su larga scala; per alcune, tuttavia, non è stato mai possibile effettuare uno
“scale-up”, e sono rimaste in disuso, o puramente artigianali. Per la produzione delle
materie prime di origine naturale si usa in genere:

- distillazione (idrodistillazione, distillazione con acqua e vapore, distillazione con


vapore)
- estrazione con solvente
- macerazione (enfleurage)
- espressione
- estrazione supercritica con CO2
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Distillazione: vi sono tre modalità di estrazione per distillazione dei componenti aromatici
di un materiale naturale; di questi solo la distillazione con vapore è applicata su larga
scala, le altre restano ancorate alla produzione artigianale. Questi sistemi si utilizzano per
la produzione degli oli essenziali, ma non possono essere impiegati su sostanze
termolabili che alle elevate temperature (maggiori di 100°C) subiscono una
decomposizione dei composti che conferiscono la fragranza.

Idrodistillazione: il materiale da trattare viene immerso completamente in acqua, il tutto


viene posto in ebollizione alla pressione atmosferica all’interno di un distillatore ad
alambicco. I vapori che si sprigionano contengono le sostanze profumate obiettivo della
separazione; essi vengono condensati e si ottiene una sorta di acqua profumata dalla
quale, dopo una lenta decantazione, si separa l’olio essenziale, in genere meno denso. È
il metodo meno costoso e più versatile, usato soprattutto nei paesi meno sviluppati;
tuttavia ha degli inconvenienti, innanzitutto è molto lento comparato agli altri due processi,
poi vi è sempre il rischio che l’acqua venga evaporata completamente dall’alambicco o
comunque riscaldata troppo a lungo, il che potrebbe portare a decomposizione alcune
delle sostanze presenti nell’olio che a quel punto potrebbe odorare di bruciato. In genere
la resa migliore si ha per cariche in forma polverizzata, a partire da materiali duri come
radici, semi, noci, legno, ecc…, ma comunque è bassa in quanto tutte le sostanze solubili
in acqua o altobollenti rimangono rispettivamente nell’acqua decantata e all’interno
dell’alambicco. Questo inconveniente può essere superato con alcune operazioni
successive: è possibile ridistillare il condensato ricircolandolo all’alambicco oppure
inviandolo a un alambicco apposito; ciò evita la perdita delle sostanze disciolte in acqua
inoltre altera la solubilità dell’olio nell’acqua e permette quindi una più veloce separazione
durante la decantazione (altrimenti molto lenta). In un altro metodo le acque prodotto di
fondo della prima distillazione vengono trattate con sale comune, riducendo così l’abilità
dell’acqua di dissolvere composti organici idrofili; altrimenti è sempre possibile estrarre
dall’acqua, con solvente non polare, la fase organica; l’evaporazione del solvente, molto
volatile, permetterà di recuperare i costituenti dell’olio che altrimenti sarebbero andati
perduti.

Distillazione con acqua e vapore: il materiale di partenza viene posizionato su una


griglia all’interno dell’alambicco e viene esposto al passaggio di vapore saturo introdotto
dall’esterno, oppure al vapore di acqua bollente sul fondo dell’alambicco. Parte del vapore
condenserà all’interno della carica, e per evitare un eccessivo bagnamento è previsto l’uso
di una sorgente di calore esterna ad innalzare la temperatura dell’apparato. Questo è il
metodo più usato perché poco costoso ma più veloce dell’idrodistillazione; tuttavia non
può lavorare su sostanze altobollenti e in genere non viene usato su radici e legno, ma
solo su foglie e petali. La resa è più elevata rispetto al primo sistema, purché la carica non
diventi fradicia; la qualità dell’olio è sempre buona perché la condensazione del vapore
che sempre avviene previene la possibilità di “bruciare” le sostanze di interesse presenti
nell’olio.

Distillazione con vapore: anche in questo caso si posiziona la carica su una griglia
all’interno dell’alambicco, ma non vi è acqua presente, in quanto il vapore inserito
dall’esterno viene mantenuto surriscaldato dalla camicia esterna di riscaldamento del
distillatore. In questa operazione è indispensabile evitare (per i problemi di bruciatura già
menzionati) la formazione di canalizzazioni del vapore all’interno della carica e dunque di
hot-spots; per questo motivo gli alambicchi che devono operare con vapore surriscaldato
sono in genere equipaggiati con un agitatore interno. Questo metodo consente di operare
anche su sostanze altobollenti (presenti ad esempio nello zenzero e nel legno di sandalo),
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inoltre le condizioni di pressione e temperatura possono essere scelte in base al materiale


da trattare; il processo è il più veloce, la resa è buona e l’olio di ottima qualità; tuttavia non
può operare su polveri fini (canalizzazione), ed è il processo più costoso.
Per permettere il trattamento di sostanze anche termolabili sarebbe sempre possibile
lavorare sottovuoto, ma non è conveniente sul materiale di partenza (grandi quantità
d’acqua); piuttosto un’operazione del genere si applica a una rettifica dell’olio, utile per
migliorarne qualche caratteristica, o separare un componente che può essere più
efficacemente usato in altro modo.
Si danno ora alcune brevi notizie sulle apparecchiature che in genere si ritrovano nelle
operazioni sopra descritte:

Generatore di vapore: deve essere incluso nell’impianto di distillazione per produrre il


vapor acqueo necessario, a meno che questo non sia già disponibile se l’impianto è
inserito in un contesto più grande. In genere si tratta di classici generatori di vapore che
come combustibile utilizzano gas o nafta, ma nei paesi meno sviluppati si trovano ancora
apparecchiature che funzionano con legno o carbone di legna.

Distillatore ad alambicco: la sua forma, le sue dimensioni e il materiale da costruzione


usato dipendono dal processo che vi si vuole realizzare; l’alambicco è un recipiente alto
dai due ai quattro metri e largo circa due, dove viene posizionata la carica, poi ha in testa
un “collo d’anitra” dal quale il vapore uscente passa al condensatore. Possono lavorare a
pressione atmosferica ma anche fino a cinque o sei bar, e da ciò dipende il materiale: si va
dal rame (non più usato) all’acciaio inossidabile. Al loro interno possono ospitare dei
cestelli, delle griglie o dei piatti forati su cui il materiale di carica va posizionato, attraverso
un passo d’uomo. L’operazione è condotta in maniera discontinua.

Condensatore: dipende dalla capacità dell’impianto, in genere si tratta di scambiatori di


calore a fascio tubiero o raffreddati ad aria, o tubazioni immerse in canali alimentati da
acque fluviali. In certi impianti localizzati in zone disagiate si sono visti utilizzati anche
radiatori di camion (sic!); in ogni caso dipende dal clima e dalla disponibilità di risorse
idriche, nonché dallo spazio a disposizione nell’impianto.

Separatore - decantatore: in esso è indispensabile che la separazione nel condensato


dell’olio essenziale dall’acqua sia completa. Questa è governata dalla differenza di densità
tra acqua e olio nonché dalla viscosità, dalla solubilità dell’olio in acqua, da effetti di
coalescenza ed emulsione, dalla polarità dell’olio. In genere dipende dal tipo di processo
scelto; come detto, nell’idrodistillazione è indispensabile trattare ulteriormente il
condensato, nelle altre due la separazione è più veloce e completa, e ovviamente il
recipiente in questione deve essere dimensionato per le capacità dell’impianto.
18

Di seguito, alcune immagini di distillazione industriale (impianti dislocati in Messico)

Di seguito, lo schema di un tipico impianto di distillazione ad acqua e vapore (per oli


essenziali):
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Prima di poter procedere con la distillazione, è indispensabile porre il materiale di carica


nelle condizioni migliori possibili per il prosieguo dell’operazione. Infatti le pareti delle celle
in cui è racchiuso l’olio essenziale in molte piante sono permeabili all’acqua, al vapore o al
solvente che deve estrarlo, ma altri devono subire un’adeguata macinazione, è il caso di
semi, radici e materiale legnoso in genere. In questo modo inoltre la carica può offrire la
maggior superficie specifica al mezzo solvente. È tuttavia necessario condurre questa
operazione in modo da impedire che lo stesso processo di macinazione a causa
dell’elevato calore sprigionato vada a decomporre le sostanze presenti nell’olio.

Estrazione con solvente: si applica a materie prime naturali termolabili (in genere fiori
molto delicati, come Gelsomino o Tiglio), che rischierebbero di perdere le loro qualità se
sottoposte a distillazione. I prodotti che si ottengono sono i concretes, gli absolutes molto
preziosi per la produzione di profumi e le cere floreali, molto usate nella fabbricazione di
candele profumate, creme e lozioni. L’impianto completo si compone di una unità di
estrazione (o più d’una operanti in controcorrente), un recipiente agitato ed eventualmente
un’unità di cristallizzazione. La carica viene posizionata su piatti perforati ed inserita
nell’estrattore dove subisce un lavaggio con il solvente, che può essere esano o pentano
nel caso dei fiori, ma anche toluene se l’olio contiene molti aromatici – l’importante è che il
solvente sia volatile, puro e inerte rispetto alla carica. Il solvente porta con sé le cere non
aromatiche, i pigmenti e le molecole aromatiche volatili; a questo punto si filtra e il filtrato,
ricco di solvente, viene sottoposto a distillazione per recuperare il solvente e permetterne il
riutilizzo; la torta è il cosiddetto concrete, libero da solvente, dove sono concentrate le cere
e i composti volatili che caratterizzano l’olio essenziale. A questo punto parte o tutto il
concrete ottenuto viene processato in una seguente apparecchiatura al fine di rimuovere
tutti i componenti cerosi: viene sottoposto a riscaldamento e agitazione con alcol etilico, si
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disperde in una moltitudine di goccioline minute e siccome le molecole aromatiche sono


molto più solubili in alcol etilico rispetto alle cere, si avrà una separazione molto efficace.
Si ottiene a questo punto un absolute, cioè una soluzione dei costituenti l’olio essenziale in
alcol etilico; spesso questo prodotto necessita di essere purificato, in quanto potrebbe
contenere ancora una certa percentuale di cere; subisce allora un’ulteriore agitazione e
raffreddamento a –34°C circa, in modo da favorire la precipitazione delle cere. Un ulteriore
step di filtrazione consente di ottenere un prodotto assolutamente puro, direttamente
utilizzabile nel blending di un profumo.

Negli ultimi anni si sta sviluppando una tecnica di estrazione rivolta soprattutto a sostanze
che devono essere usate in ambito farmaceutico o che in generale non devono presentare
componenti tossici in tracce, che si è rivelata essere più vantaggiosa della normale
estrazione con solvente o dell’idrodistillazione e un’alternativa all’estrazione supercritica
con CO2: si tratta dell’estrazione subcritica con acqua. Questa operazione viene
condotta a temperature tra i 100°C e i 374°C, a pressioni sufficientemente alte a
mantenere la presenza di una fase liquida, e si basa sull’uso di acqua come solvente. La
carica viene posta a contatto dell’acqua in quelle condizioni termofisiche e viene effettuato
un lavaggio in tempi minori rispetto alla normale estrazione o all’idrodistillazione; l’estratto
acquoso viene poi sottoposto a uno step di estrazione liquido-liquido con esano in
presenza di NaCl per facilitare la rottura dell’emulsione; il solvente a questo punto può
essere allontanato per evaporazione, e si ottiene l’olio essenziale. I vantaggi sono
molteplici, innanzitutto il prodotto è più puro rispetto a un’estrazione normale perché la
quantità di esano utilizzata è di gran lunga minore, poi un’analisi gas-cromatografica rivela
come l’estrazione subcritica con acqua permetta di ottenere un prodotto più ricco nei
costituenti l’olio essenziale, inoltre il processo è molto più veloce (almeno un ordine di
grandezza in meno) e meno costoso.

Macerazione (enfleurage): esistono due tipi di macerazione, entrambi metodi molto


antichi, di cui peraltro solo la macerazione a caldo viene ancora utilizzata. Inventata a
Grasse, in Francia, consiste nell’immergere i fiori freschi in una miscela di grassi molto
puri alla temperatura di circa 60°C; il tutto viene mescolato per due ore consecutive; ogni
giorno si va a sostituire nello stesso grasso i fiori con fiori freschi e si ripete l’agitazione,
questo finché le sostanze profumate non sono ben concentrate nella materia grassa; si
ottiene in questo modo una pomata, che può essere successivamente trattata per dare un
absolute.

Di seguito, alcune immagini della macerazione a caldo su scala industriale:


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Il procedimento a freddo ora è stato rimpiazzato dall’estrazione con solvente; serviva infatti
per estrarre il profumo da fiori fragili come il Gelsomino. Uno strato di grasso veniva
spalmato da ambo i lati di una cornice di vetro, e su di esso venivano applicati i fiori. Essi
venivano poi sostituiti da fiori freschi una volta al giorno finché non si aveva una completa
saturazione del grasso con il profumo (circa 30-40 giorni). A questo punto il grasso veniva
sciolto e colato in tinozze che venivano poste a raffreddarsi in fresche cantine.
Successivamente, il grasso veniva lavato con alcol, che assorbiva le sostanze profumate;
dopo evaporazione dell’alcol, si otteneva un absolute.

Alcune immagini dell’antica macerazione a freddo:


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Espressione: si applica agli oli essenziali provenienti dagli agrumi, ed avviene come fase
del processo produttivo nelle industrie di succhi di frutta. Vi sono due processi attualmente
in uso: il primo ad essere utilizzato è stato il metodo detto “sfumatrice” o anche “pressatura
a freddo”, dove come primo step avviene il taglio del frutto in due metà e la spremitura del
succo; a questo punto le bucce subiscono un’ulteriore pressatura al fine di estrarre l’olio. Il
secondo processo è detto “pelatrice”, in cui prima dell’espressione la buccia esterna del
frutto intero viene graffiata o forata superficialmente per favorire l’uscita dell’olio, il quale
viene lavato via dal frutto con un getto d’acqua; l’olio si ottiene dall’acqua di lavaggio
esausta, per centrifugazione.

Di seguito, un’immagine riguardante l’espressione:

Estrazione supercritica con CO2: l’estrazione supercritica sfrutta l’abilità di certi gas di
comportarsi da solvente non polare in determinate condizioni di temperatura e pressione,
superiori ai rispettivi punti critici. Il gas maggiormente utilizzato per questi scopi è l’anidride
carbonica, perché è abbondante e poco costosa, non è infiammabile, è chimicamente
inerte, ha temperatura e pressione critiche non molto elevate, ha la polarità dell’esano, è
facilmente rimovibile dall’estratto – anche se presenta alcuni inconvenienti come il
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possibile rilascio nell’atmosfera di gas serra (si stanno cercando infatti nuovi solventi e
processi, si ricordi l’estrazione con acqua subcritica). La densità di un fluido supercritico è
pari a quella di un liquido, ma la sua viscosità è solo leggermente superiore a quella del
gas, e nettamente inferiore a quella dei liquidi generalmente usati come solventi. Inoltre, la
diffusività di un fluido supercritico è intermedia tra quella dei gas a bassa pressione e
quella dei comuni solventi liquidi. Di conseguenza, il potere solvente di un fluido
supercritico è assolutamente buono, e dipende dalle condizioni di lavoro; un aumento di
pressione a temperatura costante infatti favorisce la solubilità, mentre per quanto riguarda
la variazione di temperatura, si osservano due comportamenti: a fronte di un aumento di T,
la densità diminuisce e dunque dovrebbe diminuire la solubilità, ma un aumento di T
comporta un aumento di solubilità. Generalmente, a basse pressioni si osserva un calo di
solubilità, viceversa per le alte pressioni.
L’estrazione viene perfezionata in un’apparecchiatura apposita, ma prima il gas deve
essere portato allo stato supercritico, si userà una pompa e uno scambiatore di calore; ad
estrazione avvenuta, l’estratto si recupera completamente libero da solvente facendo
passare l’anidride carbonica allo stato gassoso, variandone la temperatura e la pressione,
o una delle due.

Siccome a temperatura costante un aumento di pressione aumenta il potere solvente del


fluido, è possibile conducendo delle operazioni a pressioni diverse ma a T costante
ottenere un estratto dalle diverse caratteristiche. A basse pressioni (60 bar) si ottengono
oli essenziali di alta qualità, ad alte pressioni (300 bar) estratti simili ai concretes; per
pressioni intermedie tutti i componenti responsabili delle middle notes nei profumi, cioè né
molto volatili né altobollenti.
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Nell’anidride carbonica supercritica composti organici ossigenati con basso peso


molecolare (chetoni, esteri, alcoli, aldeidi) hanno una solubilità elevata; composti non
polari come alcani, alcheni e terpeni dimostrano buona solubilità. Sostanze organiche
polari dall’elevato peso molecolare sono difficili da estrarre, ma è possibile modificare la
polarità del fluido supercritico con l’utilizzo di co-solventi; infatti l’aggiunta di solventi polari
come acqua, alcol etilico o acetone ne aumenta il potere solvente nei confronti delle
molecole ossigenate, mentre con l’aggiunta di alcani si ottiene l’effetto inverso.

Le apparecchiature industriali per l’estrazione solido-liquido con fluidi supercritici operano


sempre in maniera discontinua. Si utilizzano in genere delle autoclavi, mantenute alla
pressione scelta per l’estrazione, che possono avere capacità fino oltre 300l, equipaggiate
con sistemi che permettano di posizionare la carica al meglio (piatti forati), circondate da
camicie termiche che permettano di mantenere all’interno la temperatura desiderata
(fondamentale la scelta del sistema di controllo); annesse alle autoclavi si usano le pompe
per l’anidride carbonica (per portate minori di 500 kg/h si possono usare pompe
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volumetriche a membrana, altrimenti pompe a pistoni) e gli scambiatori di calore (a


doppio tubo controcorrente per portate minori di 500 kg/h, altrimenti a fascio tubiero).
Per quanto riguarda i separatori, nei procedimenti industriali si cerca in genere di usarli a
più stadi di decompressione per poter effettuare un frazionamento dell’estratto in base alla
variazione del potere solvente con la pressione; ve ne sono di due tipi: i separatori
gravitazionali sono delle autoclavi di grande volume in cui la velocità di passaggio del gas
densificato esausto è molto bassa e per esso non è possibile trattenere le goccioline di
estratto che ha in sé, le quali si separano per gravità. Data la bassa efficienza rispetto al
grande volume, questi separatori vengono usati solo come stadio preliminare nel caso in
cui la concentrazione dell’estratto sia elevata o si utilizzi un co-solvente; in questo modo si
va a separare dalla corrente la maggior parte dell’estratto ed eventualmente del co-
solvente. I separatori a ciclone presentano invece il vantaggio di essere molto compatti
(elevate velocità di passaggio) e molto efficaci, ma hanno un volume esiguo e non
permettono la presenza di un hold-up notevole; per questo motivo sono poco indicati per
estratti solidi o quasi solidi, mentre per estratti liquidi necessitano di un dispositivo di
raccolta in quanto devono essere spurgati molto di frequente.
In genere questi impianti si usano in serie, con al minimo due stati di depressurizzazione
(uno gravitazionale e uno a ciclone). Siccome l’estratto viene separato dal solvente nei
separatori ma non si troverà necessariamente alla pressione atmosferica, sarà
indispensabile un sistema di ulteriore depressurizzazione atto a recuperare l’estratto
senza alterarne la composizione.
In figura, un impianto industriale per l’estrazione supercritica di oli essenziali:
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5 Aroma Chemicals e Materie Prime Sintetiche


Nella seconda metà del Novecento lo sviluppo di tecniche analitiche come la gas
cromatografia in colonna capillare accoppiata allo spettrometro di massa ha permesso di
investigare anche i componenti presenti in tracce in una sostanza naturale profumata. Ciò
ha reso possibile lo sviluppo di tecniche di sintetizzazione che sempre più efficacemente
possono ricreare le qualità di materie naturali; vengono sintetizzati infatti gli aroma
chemicals, sostanze chimiche responsabili del profumo associato ad esempio ad oli
essenziali estratti da materiale vegetale. L’industria delle materie prime sintetiche per la
produzione di profumi si sviluppa su tre versanti: duplicazione di composti già presenti in
natura (è il caso del feniletanolo – nell’olio di rose), modificazione chimica di sostanze
esistenti ed abbondanti in natura (come l’acetato di olio di Vetiver), sintesi basata su
prodotti organici industriali (come i nitromuschi sottoprodotto dell’industria degli esplosivi).
Gran parte degli aroma chemicals è sintetizzabile a costi contenuti, ma alcuni di questi
sono molto costosi e fondamentali per certi tipi di profumo; inoltre la possibilità di ricreare
profumi di sostanze naturali passa in genere attraverso al mescolamento di una gran
varietà di sostanze sintetiche e spesso non è possibile in quanto la materia prima naturale
è troppo complessa e sarebbe troppo costoso ricrearla. In genere i profumi commerciali di
basso costo vengono prodotti soprattutto con sostanze sintetiche, mentre (specie di
recente) le fragranze più costose hanno un’elevata percentuale di sostanze naturali; la
possibilità di usare l’estrazione supercritica ha infatti dato nuovo impulso all’uso di estratti
naturali in quanto è possibile ottenere sostanze molto volatili fondamentali per le top notes.
Gli aroma chemicals, sintetici e non, che vengono usati nella produzione di profumi sono
moltissimi ed è al di là dello scopo di questa trattazione esaminarli tutti nonché parlare per
ciascuno di questi del processo di sintetizzazione. Per questo motivo si è scelto di parlare
brevemente delle più importanti classi di composti che rientrano negli aroma chemicals e
citare in seguito due esempi di sintetizzazione applicabili su scala industriale.

5.1 Aroma Chemicals

Composti Alifatici:

Idrocarburi ed Alcoli hanno un’importanza marginale nella produzione di profumi; tuttavia


questi ultimi vengono sintetizzati per essere composti di partenza per la produzione di
Aldeidi ed Esteri, sostanze che hanno un’importanza molto elevata in questo campo.

Le Aldeidi alifatiche sono infatti tra i componenti più importanti delle fragranze floreali; in
genere vengono usate solo nel range da otto a tredici atomi di carbonio, in quanto le
aldeidi a basso peso molecolare sono più indicate come aromi, mentre al di sopra della
C13 crescendo col numero di atomi di carbonio l’odore diventa sempre più debole. Tra
esse si ricordano l’Ottanale, ingrediente dell’Acqua di Colonia, dall’odore di agrumi e il
Docecanale, usato per impartire ai profumi note dal sentore di conifera.

I Chetoni alifatici vengono usati solamente per accentuare nei profumi la fragranza di
lavanda; per questo scopo in genere si impiega l’Ottanone.

Gli Esteri alifatici (in genere acetati) in natura sono i responsabili dei profumi della frutta;
in profumeria vengono usati per impartire note diverse, in dipendenza dalla loro struttura:
esteri di acidi grassi a catena lunga conferiscono note animali, acetati da alcoli fino a sei
atomi di carbonio sono usati principalmente per note fruttate, mentre acetati da otto a
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dodici atomi di C conferiscono al profumo una fragranza floreale; ad esempio, il Butirato di


Etile sa di ananas.

Terpeni:

I terpeni sono delle sostanze la cui molecola è il prodotto dell’addizione o della


condensazione di due o più molecole di isoprene, generalmente secondo il sistema testa-
coda; i terpeni veri e propri derivano da due molecole, i sesquiterpeni da tre molecole di
partenza. Ne deriva una gran varietà di composti, riscontrabili in tutti gli oli essenziali
naturali: composti ciclici, aciclici, aldeidi, esteri, chetoni, alcoli.

Gli Alcoli terpenici e sesquiterpenici sono tra le sostanze più usate in profumeria; il
Geraniolo, di cui si discuterà la fabbricazione, viene usato in molte composizioni dal
sentore floreale, di rosa; il Linalolo oltre che base per la produzione di altre sostanze
profumate viene usato in composizioni fruttate e floreali e grazie alla sua elevata volatilità
impartisce naturalezza alle top notes di un profumo; il Nerolidolo, sesquiterpenico, è
impiegato come tonalità di base in profumi floreali delicati.

Aldeidi e Chetoni terpenici non sono molto usati nella produzione di profumi ma i primi
hanno elevata importanza nell’industria cosmetica per profumare saponi, deodoranti, ecc.

Gli Esteri terpenici, in particolar modo gli acetati, prodotti a partire dai rispettivi alcoli, si
ritrovano come principali costituenti di alcuni oli essenziali e vengono dunque usati per
ricreare quelle fragranze. L’Acetato di geranile impartisce ai profumi note floreali, di agrumi
e di lavanda; l’Acetato di linallile, principale componente dell’olio essenziale di lavanda, è
fondamentale per la produzione di profumi al bergamotto, alla lavanda, al giglio, al neroli,
all’ylang ylang nonché per creare fantasie (come la famiglia cyphre).

I Terpeni ciclici raramente vengono usati direttamente per la creazione di profumi, e se


ciò avviene, solo in piccole quantità (a parte alcuni esteri – usati per middle e end notes in
base al loro costo irrisorio di produzione); in genere fungono da materiale di partenza per
la produzione di altri composti; per questo motivo qui non vengono discussi, ma si cita
solamente il Pinene, molto usato per la sintesi dei terpeni suddetti.

Composti Cicloalifatici:

Tra essi i più importanti sono i Chetoni, soprattutto il ciclopentanone responsabile della
fragranza del gelsomino, mentre i composti a più atomi di carbonio tendono a profumi
animali, come muschio e zibetto. I più usati sono:
2-Pentilciclopentanone, 2-Eptilciclopentanone: per composizioni al gelsomino, alla
lavanda, herbaceous. Diidrojasmone: usato in profumi al gelsomino per dare la base, cioè
la end note. 3-Metilciclopentanone (nome commerciale: Muscone): è molto stabile e dà ai
profumi una tonalità elegante, calda, animale. È essenziale nel ricostruire la fragranza dei
muschi naturali. Dinascone 10 (nome commerciale): molto stabile, serve a conferire
eccellenti effetti floreali e fruttati.

Gli Alcoli aliciclici sono importanti per profumi volti a ricreare la fragranza del legno di
sandalo. Tra essi l’Ebanolo(nome commerciale), il Polisantolo(nome commerciale)
vengono usati in profumi costosi, mentre il 3-trans-Isocanfilcicloesanolo, responsabile
principale dell’aroma di legno di sandalo, viene usato in grandi quantità in profumeria, al
posto del relativo olio essenziale.
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Le Aldeidi invece trovano molto più spazio nella cosmetica e nella produzione di saponi.

Lo stesso si può dire degli Esteri aliciclici, ma alcuni di questi vengono molto usati anche
nella creazione di profumi, ad esempio il Metil jasmonate(nome commerciale), che
conferisce effetti delicatamente floreali dalle reminiscenze di mughetto e gelsomino.

Composti Aromatici:

Si tratta per la maggior parte di sostanze non esistenti in natura, che vengono sintetizzate
ad hoc per la produzione di profumi.

Tra questi hanno elevata importanza gli Alcoli e gli Eteri, come l’alcol Feniletilico, di cui si
vedrà la fabbricazione, dal sentore di rosa, o l’etere Fenetil-isoamilico, con un dolcissimo
odore di fiori di camomilla. Si citano inoltre l’alcol Idrocinnamico, usato per note
balsamiche ed orientaleggianti, e l’alcol Cinnamico, fissativo molto usato in composizioni
floreali (giacinto, giglio).
Solo alcune delle Aldeidi aralifatiche hanno trovato un utilizzo su larga scala
nell’industria dei profumi, tra esse la Fenilacetaldeide, usata per il suo aroma floreale
(rosa, giacinto), la Ciclaminaldeide, nota per il suo aroma di ciclamino, la Cinnamaldeide
usata per note speziate ed orientaleggianti (è il componente principale dell’olio artificiale di
cannella); altre invece (spesso come acetali)servono per conferire note green ai profumi.
I Chetoni sono per lo più adatti a profumare saponi, ma sono degli ottimi fissativi e
possono dunque trovare spazio anche nella fabbricazione di profumi; tra essi, il
Benzofenone e il Tetralide (nome commerciale), quest’ultimo dal sentore di muschio.
Molti Esteri di alcoli aralifatici e loro derivati vengono usati nella composizione di
profumi, in quanto hanno eccellenti proprietà aromatiche e preziosi odori floreali. Si cita il
Benzil acetato, dall’odore molto forte, simile al gelsomino, e i suoi derivati, tutti usati per
impartire note fruttate; inoltre vi sono i derivati dell’alcol Feniletilico, dal profumo floreale-
esotico, e il Cinnamil acetato, usato per note fruttate, di cannella.
Gli Esteri di acidi aromatici ed aralifatici sono usati moltissimo in profumeria soprattutto
per le fragranze di base, le end notes. Il Metil Benzoato viene usato per l’ylang-ylang, il
fenilacetato di Geranile come fissativo in profumi alla rosa, il Cinnamato di metile per
profumi dalle note orientaleggianti.

Fenoli e Derivati:

Non molti di questi sono usati per la creazione di profumi, sono più diffusi nell’industria dei
cosmetici. Il Timolo è usato come una top note alla lavanda in profumi da uomo, il 2-
Fenossietil-Isobutirato(un estere) non esiste in natura ed è usato come fissativo in profumi
alla rosa o alla lavanda, o per tonalità fruttate; l’Isoeugenolo(fenolo) – al pari dell’Eugenolo
- viene usato moltissimo in misture floreali (chiodi di garofano, garofano), ma anche in
profumi orientaleggianti; il suo etere metilico è invece un fissativo molto diffuso in
composizioni speziate-floreali.
Tra le aldeidi, le più diffuse sono l’Anisaldeide (note floreali), l’Etilvanillina (aggiunge note
balsamiche a profumi fruttati o floreali), l’Eliotropina (profumi speziati).
Tra i carbossilici, molti salicilati sono usati come fissativi, ma soprattutto nell’industria dei
saponi. Gli esteri di acidi resorciclici sono usati per impartire ai profumi note marine, ma in
dosi molto basse.
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Composti Eterociclici:

Sono usati per lo più nell’industria alimentare e cosmetica, solo alcuni vengono usati per la
produzione di profumi; essi sono, tra gli esteri: l’ossido di Rosa, dal pirano, usato in
profumi alla rosa o al geranio, l’ossido di Linalolo, dal sentore di eucalipto, il
Tetrametildodecaidronaftofurano, in profumi all’ambra grigia; il Florol(nome commerciale)
usato in quasi tutti i profumi floreali per una profumazione floreale elegante che non varia
le sue caratteristiche col tempo; il Jasmal(nome commerciale) per profumi al gelsomino. I
lattoni (esteri ciclici) invece ricreano efficacemente le fragranze muschiate e sono spesso
usati in certi tipi di profumi come fissativi o come note selvagge meno durevoli: ad
esempio l’Ottalattone per fragranze floreali molto intense, il Decalattone per profumi
fruttati, il Ciclopentadecanolide(nome commerciale) e l’Ambrettolide(nome commerciale)
come fissativi in profumi muschiati. Ad essi appartiene il Coumarin, uno degli ingredienti
più usati nella produzione di profumi, molto prezioso per il suo odore di spezie.

Schema riassuntivo dei principali aroma chemicals:


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Infine, tutte le aldeidi in ambiente acido anidro possono formare acetali per addizione (con
formazione di acqua) di due molecole di alcol al carbonio del gruppo carbonilico (ad
esempio l’acetale derivante da acetaldeide, alcol etilico e alcol feniletilico è una delle più
usate). Molti di questi hanno un odore gradevole ma in ambiente acido anche diluito si
dissociano molto facilmente ritornando all’aldeide e all’alcol. Vengono usati soprattutto per
le top notes dei profumi (note green) e grazie all’elevata stabilità agli alcali sono
fondamentali per la profumazione dei saponi.

5.2 Sintesi del Geraniolo

Il Geraniolo, o 3,7-dimetil-trans-2,6-octadien-1-ol, si ritrova in quasi tutti gli oli essenziali


contenenti sostanze terpeniche, soprattutto nell’olio di Palmarosa, ma anche nell’olio di
rosa e di geranio. È un liquido incolore, di odore floreale simile alla rosa. In alcuni casi,
specie per la produzione di profumi pregiati, il Geraniolo viene ancora estratto dagli oli
essenziali; tuttavia la gran maggioranza della sua produzione avviene per vie sintetiche.
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Sintesi dal β-Pinene: la pirolisi del β-pinene fornisce mircene, da cui per addizione di
acido cloridrico in presenza di una modesta quantità di catalizzatore (cloruro di rame e un
sale organico di ammonio) si ottiene una miscela di cloruro di linallile, nerile e soprattutto
geranile. Il catalizzatore viene rimosso e la miscela viene fatta reagire con acetato di sodio
in presenza di una base azotata (ad esempio tretilammina), e convertita così ad acetato di
geranile, di nerile e un piccolo ammontare di acetato di linallile.

Dopo una successiva saponificazione (idrolisi degli esteri suddetti) gli alcoli così ottenuti
vengono sottoposti a una distillazione frazionata, da cui sarà possibile ottenere una
frazione contenente fino al 98% in geraniolo.

Sintesi dal Linalolo: è il processo più recente, e si avvale di un’isomerizzazione catalitica


del linalolo. Si usano ossidi di vanadio come catalizzatori, e dal reagente si ottiene una
resa superiore al 90% in una miscela di geraniolo e nerolidolo; a questo punto una
distillazione frazionata fornisce un prodotto puro al 96% in geraniolo.
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Esiste anche un processo modificato: linalolo ottenuto puro al 65% dall’α-pinene viene
convertito in borati di linallile, che in presenza di vanadati come catalizzatori si riarrangiano
a dare borati di geranile e nerile. Gli alcoli corrispondenti si ottengono da idrolisi degli
esteri, poi si procede con una distillazione.

5.3 Sintesi del Feniletanolo

L’alcol feniletilico è il principale componente degli oli ottenuti dai fiori della rosa; si ritrova in
quantità minori nell’olio di Neroli, nell’olio di ylang-ylang, negli oli di garofano e geranio.

È un liquido incolore, poco solubile in acqua, con un mite odore di rosa. Sono due i
processi industriali applicati alla sua sintesi:

Addizione Friedel-Crafts di Ossido di Etilene al Benzene: in presenza di cloruro di


alluminio, l’ossido di etilene reagisce con il benzene (sostituzione elettrofila aromatica) per
dare un prodotto di addizione che viene successivamente idrolizzato ad alcol feniletilico:

La formazione di sottoprodotti come l’1,2-difeniletano, viene evitata per la massima parte


utilizzando un eccesso di benzene e basse temperature. È necessario per poter utilizzare
il prodotto in ambito profumiero che esso sia libero da cloro, dunque sono usate come
ultimo step delle procedure speciali di purificazione.

Idrogenazione dell’Ossido di Stirene: da questo processo si ottengono rese eccellenti in


alcol feniletilico; l’ossido di stirene viene idrogenato a bassa temperatura, in presenza di
catalizzatore (nichel Raney) e di piccole quantità di soda caustica.
33

Inoltre da questo epossido si può ottenere anche fenilacetaldeide (effetti dal sentore di
narciso nei profumi floreali). Di seguito si indica lo schema completo di entrambe le
reazioni.

Oltre che nella creazione di profumi, data la sua elevata stabilità agli alcali, il feniletanolo è
ideale come fragranza per saponi.

Entrambi questi due processi sono consolidati su scala industriale, tuttavia la loro
realizzazione ed ottimizzazione sono diverse a seconda della compagnia, e nella maggior
parte coperte da segreto industriale.
34

6 Produzione dei Profumi:

Un profumo viene prodotto costituendo una miscela di materie prime naturali e sintetiche
come quelle citate nelle sezioni 3 e 4, in modo che il prodotto finito abbia le caratteristiche
desiderate di profumo, persistenza, colore; la sua costituzione dipende dunque dal lavoro
del profumiere che dapprima creerà il profumo nel suo laboratorio, poi fornirà la formula
all’azienda affinché la produzione avvenga su larga scala, in un impianto opportuno.

6.1 Creazione delle Fragranze:


Ogni nuovo profumo dipende dalla fantasia del profumiere, ma può essere riferito a
fragranze già esistenti in natura o in prodotti della stessa industria; sull’ispirazione iniziale
viene costruito un accordo, una composizione che può essere usata come nuovo profumo
o sovraimposta su una fragranza già esistente. Il profumiere deve anche considerare il
modo in cui il profumo si mescolerà all’odore corporeo e che il tutto dovrà risultare
persistente, gradevole, dovrà diffondersi in maniera adeguata, dovrà possedere le qualità
di freschezza, bellezza, genuinità, ma anche distinguersi da qualunque altra fragranza. Il
profumiere deve avere perfetta conoscenza delle materie prime e delle combinazioni che
con esse si possono creare, in che proporzioni (si ricordi la già citata concentrazione di
soglia), per ottenere un determinato effetto; creare profumi è dunque un’arte, e il
profumiere può essere comparato a un pittore, un poeta, un musicista.
Un profumo è costituito da top note, middle note, end (o base) note; la percezione di
queste dipende dalla volatilità dei componenti disciolti nella miscela profumata, e il
profumiere deve fare in modo che il passaggio da una all’altra di queste tre note sia privo
di discontinuità, inoltre spesso si mescolano sostanze dal profumo analogo ma di diversa
volatilità al fine di far conservare al prodotto il suo profumo tipico il più a lungo possibile
(ad esempio mescolando olio essenziale e resinoide dalla stessa varietà vegetale).

La top note è formata da componenti molto volatili ed evapora entro due ore
dall’applicazione del profumo; è basata in genere su una scelta dei seguenti accordi, nei
quali il profumiere trova ampio spazio di lavoro:

Aldheydic accord: si riferisce a una miscela delle aldeidi dalla C8 alla C10, più altre aldeidi
non alifatiche, purché il tutto possa mescolarsi con oli essenziali leggeri come bergamotto,
arancio, mandarino, limone, o note floreali come l’ylang-ylang.
Citrus top note: creata dal blending di oli essenziali di bergamotto, pompelmo, arancio,
limone, e dall’eventuale aggiunta di esteri leggeri dall’aroma fruttato.
Green top note: i materiali usati devono avere sentore di foglie verdi e teneri virgulti
appena spezzati; in genere si usa fenilacetaldeide, estratti di mimosa e violetta, su base di
giacinto, e un gran numero di acetali.
Light floral top note: dal sentore di mughetto; si usano sostanze sintetiche opportunamente
scelte come l’acetato di benzile.
Heavier floral top note: ha profumo di fiori d’arancio, lilla, rosa; si usano derivati del
gelsomino, aldeidi varie.
Linalool-lavender top note: alla lavanda, prodotta dai relativi oli essenziali con l’aggiunta di
linalolo e acetato di linallile.
Herbal top note: è uno degli accordi più diffusi, utilizza prodotti naturali come timo, basilico
e camomilla.
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La middle note è responsabile della caratteristica tipica, basilare del profumo; la sua
fragranza infatti persiste fino a quattro ore dall’applicazione. È composta in genere da
estratti floreali, da oli essenziali come garofano, gelsomino, mughetto, lilla, neroli, nonché
da sostanze sintetiche come l’alcol feniletilico.

La end o base note deve essere calda e tenace, resiste in genere fino a ventiquattr’ore
dall’applicazione, ed è composta da fissativi e resinoidi non volatili come patchouli, vetiver
e oli di legno di sandalo.

Si noti come la costruzione dei profumi avvenga con l’utilizzo sia di materie prime naturali
che sintetiche; le prime servono infatti a creare una fragranza rotonda, piena, duratura; le
seconde per esaltarne alcune caratteristiche o creare fantasie non esistenti in natura.

Una volta creata in laboratorio la formula della fragranza il profumiere ha a disposizione un


concentrato che in dipendenza dalla concentrazione di alcol etilico e acqua usati per la
sua diluizione fornisce i seguenti prodotti finiti:
Profumo: fino al 20% di concentrato
Eau de Toilette: fino al 10% di concentrato
Eau de Cologne: fino al 5-6% di concentrato

Il campione costruito dal profumiere va stoccato per un successivo utilizzo nei controlli di
qualità, la formula dei prodotti invece va nel reparto produzione dove il profumo verrà
fabbricato su larga scala.

6.2 Blending dei Profumi:


Il laboratorio del profumiere ha a disposizione tutte le materie prime che vengono
utilizzate, un set di bilance, agitatori magnetici, riscaldatori e filtri; l’impianto di produzione
è uno scale-up di questo laboratorio, ma in genere gli agitatori sono meccanici e tutte le
unità vengono costruite in acciaio inossidabile. La formula del profumo, con tutte le
proporzioni, viene riscritta per l’uso su scala industriale; nell’agitatore vengono introdotti
dapprima i componenti che si trovano sotto forma di cristalli, quindi il materiale altamente
viscoso, quindi parte dei liquidi, e questo agitando continuamente finché la miscela non
risulta omogenea. A questo punto vengono introdotti i restanti componenti liquidi e i
componenti più volatili. Il tempo richiesto per questa operazione è in genere elevato, molte
ore, in quanto i cristalli devono sciogliersi senza apporto di calore; questo perché il
riscaldamento potrebbe aumentare la perdita della top note e causare il deterioramento
del materiale termosensibile. Solamente le sostanze molto viscose possono essere
eventualmente poste in una stanza riscaldata prima di essere versate, in modo da
abbassarne la viscosità. Lo step finale è la filtrazione della miscela, usualmente in un filtro
pressa.

Di seguito, l’immagine di un agitatore meccanico in un moderno impianto per la


produzione di profumi (Max Profumi – Milano)
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6.3 Controllo di Qualità e Sicurezza


Il controllo di qualità è essenziale sia sulle materie prime naturali, soprattutto, che sono
soggette ad alterazioni imprevedibili, sia sul prodotto finito, perché il processo potrebbe
non essere efficiente (elevato riscaldamento, agitazione non buona).
Un’analisi chimica, di densità, di indice di rifrazione, gas cromatografica può aiutare senza
dubbio a mantenere la purezza delle materie prime conforme alle specifiche stabilite,
inoltre altre analisi legate al colore sono utili per sostanze come gomme, resine, absolutes,
in quanto il loro colore determina quello del prodotto finito. Tuttavia le impurezze presenti
in tracce sono molto difficili da individuare (specie per quanto riguarda il loro peso
sull’odore finale) e per questo motivo solo un’attenta valutazione olfattiva può determinare
se la materia prima può essere usata o se il prodotto è conforme. In entrambi i casi vi sono
degli standard, rappresentativi della qualità stabilita dal profumiere; sono conservati in
bottiglie di vetro chiuse ermeticamente e stoccate in ambiente refrigerato e al riparo dalla
luce. Vengono sostituite periodicamente per evitare problemi di invecchiamento degli
standard.
Il controllo di qualità dei prodotti finiti segue un iter ben preciso: due tamponi di carta
uguali vengono bagnati uno nel profumo prodotto e uno nello standard, entrambi fino alla
stessa altezza in modo che la quantità di profumo rimasta sulla carta sia la stessa. Lo
standard refrigerato inoltre prima dell’esame deve essere riportato a temperatura
ambiente. I due tamponi vengono esaminati immediatamente per confrontare le due top
notes, per due minuti; vengono confrontati ancora 10-15 minuti dopo e ancora il mattino
seguente per vedere se anche le altre due note coincidono. Questo metodo è tuttora il più
usato.

Siccome i profumi devono essere utilizzati sul corpo umano, devono rispondere a certi
criteri di sicurezza che devono essere sempre verificati per ogni nuovo prodotto o nuova
materia prima usata. Nel 1973 si è costituita la International Fragrance Association,
composta dai produttori di profumi di Belgio, Francia, Germania, Italia, Giappone, Paesi
Bassi, Spagna, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti d’America, la quale ha proposto un
codice in uso tuttora, che prevede lo svolgimento dei seguenti test minimi prima della
commercializzazione di un prodotto: test di tossicità orale, test di irritabilità cutanea e di
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potenziale di sensitizzazione (per le allergie) e se necessari test di irritabilità oculare,


fototossicità, fotosensitizzazione.

7 Classificazione dei Profumi


Anche le fragranze più fantasiose possono essere ricondotte a reminiscenze del mondo
floreale, naturale in genere; molti profumi sono classificati proprio in questo modo, altri
vengono raggruppati sotto a un prodotto che per primo ha proposto una certa fragranza
particolare.

Profumi femminili:
Straight floral: profumi che ricordano fiori, molto riconoscibili: garofano, violetta,
gelsomino (Dior Dior - Dior), lilla (Lilac - Avon), gardenia, pera, rosa (Roses Roses -
Avon), mughetto (Lily of the Valley – Avon), narciso

Floral Bouquet: si tratta di accordi floreali fantasiosi che si distinguono chiaramente tra
loro, pur non essendo riconducibili a nessun fiore in particolare: White Shoulders (White
Shoulders – Evyan, Jontue – Revlon…), Estee (Estee – Lauder), Joy alla rosa (Ode –
Guerlain), Blue Grass speziato (Blue Grass – Arden, Aquamarine – Revlon)…

Aldehydic Floral: derivano dall’odore tipicamente floreale leggermente fruttato delle


aldeidi: Chanel No.5 (Chanel No.5, Liu – Guerlain), Arpege (Arpege – Lanvin, Gucci)

Oriental: in questi profumi, un accordo speziato, dal sentore di legno e muschio si


combina con la dolcezza della vaniglia e viene accentuato da note tipicamente animali
come ambra, zibetto e muschio; si accompagna ad accordi floreali di rosa e gelsomino:
Oriental (Ultima – revlon, Opium – Yves de Saint Laurent), Orange flower spice (Private
Collection – Lauder, Tigress – Fabergè)

Cyphre: si tratta di fragranze calde e persistenti con note di rosa, gelsomino ed animali;
mescolando diversi accordi nella nota base cyphre (dal sentore di muschio), si ottengono
profumi dal carattere fruttato, aldeidico e cuoioso: Cyphre (Cyphre – Coty), Zibeline cyphre
aldehyde (Zibeline – Weil), Bandit woody amber (Bandit – Piquet, Ungaro – Ungaro),
Mitsouko cyphre peach (Mitsouko – Guerlain, Azzaro – Azzaro)

Woody: ottenuta in genere da fragranze naturali come sandalo, vetiver, cedro, patchouli:
Orris (Calvin Klein)

Citrus: profumi di agrumi: Eau de Guerlain, O de Lancome

Tra le famiglie minori si ricordano: Green, Fougere, Canoe, Musk, Animal, Leather

Profumi maschili
Citrus: comprendente agrumi come limone, arancia, bergamotto, è usata spesso nei
dopobarba per la sensazione di freschezza che accompagna queste fragranze: Drakkar
(Drakkar – Laroche), Bouqueted (Aqua Velva – Williams), Pine (Pino Silvestre – Vidal)
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Woody: molto apprezzata dagli uomini, deriva da vetiver e patchouli soprattutto, ma


anche da sostanze sintetiche: Amber (Deep Woods – Avon), Sandalwood (YSL – YSL),
Patchouli, Vetiver

Herbal: combina note herbal con un carattere woody (tipo patchouli): Polo (Ralph Lauren)

Musk: molto popolare, usato con gli accordi già citati: Aqua Velva Musk (Williams)

Inoltre sono molto diffusi profumi del tipo Green, Fougere (muschio), Canoe (unisex),
Spice (molto speziato), Leather (cuoio, tabacco), Oriental, Cyphre.

Come esempio, si indica la composizione di un tipico profumo da uomo, il Davidoff Cool


Water: per la top note si utilizza un accordo tra lavanda e rosmarino che contrastano
menta, coriandolo e fiori di arancio; la middle note è composta da legno di sandalo
aromatico e muschio su cui si innestano i più volatili gelsomino e geranio. La base note è
invece composta dal vetiver; il risultato è un profumo dal timbro finale molto mascolino e
sensuale, mentre le sostanze più volatili donano alla composizione una freschezza che
ricorda l’acqua marina, l’oceano. Purtroppo non è possibile ottenere la composizione
esatta con l’elenco degli oli essenziali, degli absolutes e delle sostanze sintetiche usate (a
detta della Davidoff, queste ultime si trovano in percentuali molto esigue) in quanto
coperta da segreto industriale; in ogni caso, è possibile riconoscere agevolmente queste
fragranze nel profumo commerciale, diffusissimo, apprezzatissimo, tanto che vi sono degli
uomini che lo indicano come indispensabile per il successo nella sfera sentimentale…

Davidoff Cool Water


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Bibliografia:

• Perfumes – Kirk-Othmer Encyclopedia of Chemical Technology, III edition, vol. 16


• Essential Oils - Kirk-Othmer Encyclopedia of Chemical Technology, III edition, vol. 16
• K. Bauer, D. Garbe, H. Surburg – Common Fragrance and Flavor Materials, IV
edition, Wiley-VCH
• R. T. Morrison, R. N. Boyd – Chimica Organica – Ed. Ambrosiana, MI
• P. Pellerin – Mise en Ouvre de l’Extraction au Moyen du Gaz Carbonique a l’Etat
Supercritique et Exemples d’Application a Quelques Plantes Aromatiques, III
Colloque sur les Fluides Supercritiques – Applications aux Produits Naturels – Grasse,
29-30/01/1996
• M. Perrut, D. Pistolesi – Conception des Unites Industrielles d’Extraction par CO2
Supercritique, III Colloque sur les Fluides Supercritiques – Applications aux Produits
Naturels – Grasse, 29-30/01/1996
• M. M. Jiménez-Carmona, J. L. Ubera, M. D. Luque de Castro – Comparison of
Continuous Subcritical Water Extraction and Hydrodistillation of Marjoram
Essential Oil – Journal of Chromatography A, Issue 8, 1999
• N. L. Rozzi, W. Phippen, J. E. Simon, R. K. Singh – Supercritical Fluid Extraction of
Essential Oil Components from Lemon-Scented Botanicals – Lebensm. Wiss. U.
Technol., Issue 3, 2002
• L. Gámiz-Gracia, M. D. Luque de Castro – Continuous Subcritical Water Extraction
of Medicinal Plant Essential Oil: Comparison with Conventional Techniques –
Talanta, Issue 5, 2000
• Mustafa Z. Ozel, Fahrettin Gogus, Alistair C. Lewis – Subcritical Water Extraction of
Essential Oils from Thymbra Spicata
• T. Gamse – Liquid-liquid and Solid-liquid Extraction – Conferenza presso il
DICAMP, Università di Trieste, Maggio 2002
• www.fragonard.com
• www.chemsoc.org
• www.naturesgift.com
• www.osmoz.it
• www.davidoff.com
• www.max.it
• www.essentialoils.co.za

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