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- Indossare gli occhiali di sicurezza in modo da cautelarsi anche dagli errori degli altri operatori
presenti in laboratorio. Le lenti a contatto possono essere pericolose perché possono reagire con diversi
fumi prodotti nel corso degli esperimenti.
- Evitare il contatto dei reagenti con la pelle. In caso di contatto lavare abbondantemente la parte
esposta con acqua. Se necessario, usare gli appositi guanti di protezione (nel caso di problemi
dermatologici conviene usare guanti di cotone a diretto contatto con la pelle e, su questi, guanti in
lattice o vinile usa e getta).
- Effettuare sotto cappa aspirante, e con il vetro frontale il più possibile chiuso, tutte le operazioni che
richiedono l'uso di acidi concentrati e solventi organici, o che implicano lo sviluppo di fumi nocivi.
- Avvisare immediatamente il personale responsabile del laboratorio nel caso si verifichi un incidente.
ATTREZZATURE DI LABORATORIO
BILANCIA → strumento di laboratorio per la misura delle masse. Le sue caratteristiche principali:
Portata: quantità massima misurabile;
Sensibilità: quantità minima misurabile;
Ripetibilità: grado di concordanza tra i risultati di successive misurazioni dello stesso oggetto nelle
stesse condizioni.
Bilancia tecnica → per molte operazioni di laboratorio è necessario pesare oggetti e materiali assai pià
pesanti del limite di peso superiore di una macrobilancia analitica, o piccole quantità di sostanza per cui
non sono richiesti limiti di sensibilità. Questo tipo di pesata viene spesso indicata come pesata
grossolana.
Un’ampia varietà di bilance elettroniche è disponibile a tale scopo con caratteristiche quali ad esempio:
Portata max 350 g → Lettura fino a 0,01 g;
Portata max 3500 g → Lettura fino a 0,1 g;
Portata max 6 kg → Lettura fino a 0,1 g.
La MISURA PRECISA DEL VOLUME → è importante per molti metodi di analisi quanto la misura
precisa della massa. L’unità di misura del volume è il litro. Il millilitro (mL) è 1/1000 L e viene usato
quando il litro è un’unità di misura sconvenientemente grande.
Una misura affidabile del volume viene eseguita con: la buretta (TD); la pipetta (TD); il matraccio
(TC).
I matracci tarati vengono usati per PREPARARE SOLUZIONI A CONCENTRAZIONE NOTA e per
la diluizione di campioni. Sono vetri a forma di pera provvisti sul collo lungo e stretto di una tacca
che indica dove deve arrivare il volume di riempimento. Vengono fabbricati con capacità che vanno da
5 mL a 5L e vengono di norma calibrati “per contenere” (TC).
Il matraccio tarato reca inciso sul vetro un unico segno di riferimento (tacca) per poter misurare un
determinato volume di liquido. La superficie superiore di un liquido costretto in un tubo sottile mostra
una marcata curvatura o menisco. E’ pratica comune usare il fondo del menisco come punto di
riferimento.
Le pipette e le burette sono progettate e calibrate normalmente PER DISPENSARE VOLUMI BEN
PRECISI.La pipetta Pasteur non serve per fare misure precise, ma solo per trasferire.I matracci sono
calibrati sulla base del contenere. La precisione ottenibile con una buretta è maggiore di quella
raggiungibile con una pipetta.
La buretta (TD) è un tubo di vetro calibrato di diametro interno uniforme, con GRADUAZIONI CHE
PERMETTONO di misurare il volume di liquido erogato leggendone il livello prima e dopo la
fuoriuscita dalla buretta.Sono munite di rubinetto e di beccuccio con foro di efflusso calibrato. Il
maschio del rubinetto è di vetro o teflon. Nel primo caso si lubrifica con un velo di grasso al silicone.
La buretta è uno strumento di laboratorio usato per l’erogazione della soluzione di titolante; costituito
da tubo di vetro graduato munito di valvola di vetro o teflon. Capacità variabile da 1 a 50 mL.
La superficie superiore di un liquido costretto in un tubo sottile mostra una marcata curvatura o
menisco. Per facilitare la lettura del volume di liquido si consiglia di portare l’occhio allo stesso livello
del menisco concavo PER EVITARE ERRORI DI PARALLASSE. E’ pratica comune USARE IL
FONDO DEL MENISCO come punto di riferimento nella calibrazione e nell’uso delle attrezzature
volumetriche. Nella mia misurazione il fondo del menisco deve coincidere con la tacca sul matraccio.
Fare attenzione al punto di osservazione! Evitare errore di parallasse!
Il parallasse è un fenomeno che fa sì che il volume appaia MINORE DEL SUO VALORE REALE se
il menisco viene VISTO DALL’ALTO, e MAGGIORE se il menisco viene VISTO DAL BASSO.
Il parallasse è l’apparente spostamento del livello di un liquido che si ha quando un osservatore cambia
posizione. Si verifica quando un oggetto viene VISTO DA UNA POSIZIONE CHE NON E’ AD
ANGOLO RETTO rispetto all’oggetto.
La burette di tipo SHELLBACH nella parte posteriore è inserita una striscia blu che in corrispondenza
del menisco appare rotta in 2 punti. Per misurare correttamente devo individuare il punto in cui la riga è
spaccata in due e le due punte coincidono. Per soluzioni non stabili alla luce, es. AgNO 3, si usano
burette di vetro scuro.
La titolazione deve essere eseguita da un unico operatore: regola il rubinetto ed agita la beuta.
Il titolante va erogato goccia a goccia! Soprattutto in vicinanza del punto equivalente è importante
avere un corretto controllo della velocità di erogazione, che deve essere rallentata per evitare di passare
oltre. Lavare periodicamente le pareti interne della beuta, usando la spruzzetta, per portare in soluzione
eventuali gocce schizzate via.Far scendere con la spruzzetta eventuali gocce restate aderenti al puntale
oppure, meglio, inclinare leggermente la beuta e toccare con la punta della buretta l’interno della beuta
stessa.
DOPO L’USO LA BURETTA DEVE ESSERE SCIACQUATA E RIEMPITA CON ACQUA
DISTILLATA E LASCIATA SUL SOSTEGNO VUOTA CON LA PUNTA VERSO L’ALTO
La titolazione va eseguita almeno due volte facendo la media dei volumi equivalenti se tra questi c’è
una differenza di max 0,1-0,2 mL!!
Come preparare una soluzione titolo noto con una sostanza che non è uno standard primario
Determinazione del titolo esatto da sostanza madre:
• Pesare una quantità esatta di sostanza madre (standard primario) in modo da consumare non più di 22
ml di soluzione da titolare
• Trasferire la sostanza in beuta da 250ml con un imbuto asciutto
• Lavare accuratamente l’imbuto e raccogliere le acque di lavaggio in beuta
• Sciogliere la sostanza madre e diluire fino a 50 – 100 ml
• Avvinare la buretta con tre porzioni da 5ml di soluzione da titolare
• Riempire e azzerare la buretta
• Aggiungere nella beuta 2-3 gocce di indicatore
• Titolare
• Entro 30” dal viraggio leggere il volume di soluzione usato
• Annotare tale volume vicino al valore di sostanza madre pesata
• Ripetere la procedura, dal punto 1, per almeno tre volte
• Il titolo della soluzione è il risultato della media
STANDARDIZZAZIONE DI NaOH
1 - avvinare una buretta da 25 mL pulita con circa 5-10 mL di NaOH da standardizzare, riempirla e
azzerarla (attenzione alle bolle nel beccuccio);
2 - aggiungere due gocce di fenolftaleina alla soluzione di ftalato (la soluzione ora è incolore) e titolare
con l‘NaOH sotto agitazione (lavare periodicamente le pareti della beuta, usando la spruzzetta, per
portare in soluzione eventuali goccioline di reattivo schizzate di esse) fino a che il colore della
soluzione vira al rosa ciclamino;
3 - per una più sicura identificazione del colore dell'indicatore durante la titolazione, appoggiare la
beuta su di un foglio di carta da filtro; eventualmente riempire due beacker da 50 mL con due soluzioni
di fenolftaleina in forma acida (20 mL di acqua deionizzata + 2 gocce di fenolftaleina) e basica (20 mL
di acqua deionizzata + qualche goccia di NaOH 0,1M 2 gocce di fenolftaleina) in modo che durante la
titolazione sia possibile confrontare il colore della soluzione in esame con quello delle due soluzioni di
riferimento;
4 - leggere il volume al punto di arresto a due cifre decimali (VHCl, mL); 5. ripetere la titolazione per
almeno tre volte;
n°moliftalato = n°moliNaOH
INTRODUZIONE
L’analisi degli alimenti richiede, generalmente, uno stadio preliminare che consiste nel portare il
campione nella forma più opportuna ai fini della determinazione dei suoi componeneti (analiti).
L’insieme di procedure richieste per avere l’analita mo gli analiti di interesse in forma determinabile
viene definito: PRETRATTAMENTO.
A seconda della natura chimica dell’alimento:
- organica o inorganica
- acida, basica o neutra
- solubile in solvente acquoso o in solventi organici
- della tecnica di analisi utilizzata.
Dovrà essere selezionato il “metodo più opportuno” allo scopo di separare I componenti da
determinare. La varietà delle matrici (alimenti) fa sì che sia difficile enunciare regole valide per ogni
tipo di alimento.
• DISTILLAZIONE FRAZIONATA
• CRISTALLIZZAZIONE
• FILTRAZIONE
• CENTRIFUGAZIONE
• ESTRAZIONE CON SOLVENTE, ECC…
GAS E SOLIDO
SEPARAZIONE CHIMICA BASATA SULL’ ESTRAZIONE → tecnica spesso utilizzata nella
preparazione di un campione per:
• RIMUOVERE (sostanze interferenti)
• TRASFERIRE (gli analiti in solventi alternativi; spesso la tecnica ci richiede l’utilizzo di un solvente
rispetto a un altro)
• AUMENTARE (la concentrazione di un analita prima dell’analisi)
Si tratta di una tecnica di pretrattamento molto comune, utilizzata in tutti i casi in cui non è necessaria o
è anzi controindicata la solubilizzazione totale del campione. Permette di portare in soluzione
selettivamente gli analiti di interesse, lasciando la matrice quasi intatta.
Estrazione Liquido-Liquido: la separazione si attua per distribuzione dei componenti della miscela
fra due fasil iquide immiscibili.
Estrazione Solido-Liquido: isolamento da una miscela solida dei composti più solubili per trattamento
unico o ripetuto con opportuno solvente.
ESTRAZIONE SOLIDO-LIQUIDO
Estrazione Solido-Liquido: isolamento da una miscela solida dei composti più solubili per trattamento
unico o ripetuto con opportuno solvente.
La spremitura si effettua quando si ha la droga fresca ad es. estrazione di olio dalle olive (di solito
per ottenere l’olio extravergine di oliva si utilizza la spremitura a freddo che è vantaggiosa poichè
l’eventuale cambiamento termico può provocare variazioni nei componenti dell’oliva e quindi
compromettere la qualità dell’olio).
SPREMITURA → La spremitura è la tecnica estrattiva più antica adottata dagli uomini primitivi che
hanno abitato il nostro pianeta, ed attualmente usata da popolazioni che vivono ancora in uno stato
tribale, le quali hanno intuito che dai vegetali era possibile estrarre sostanze importanti per la loro
sopravvivenza; colori, profumi, veleni e perfino sostanze con spiccate proprietà curative.
La tecnica è semplice in quanto consiste in una separazione meccanica solido–liquido basata sull’
applicazione di pressioni, generalmente elevate, mediante apparecchi che nel tempo sono diventati più
sofisticati come grosse pietre, o pestello e mortaio, molazze, presse, torchio ecc. sulla massa del
materiale vegetale.
Lo schiacciamento produce la fuoriuscita di tutto l’umore contenuto nel vegetale, che viene però
contaminato da una serie di composti indesiderati. Raramente il prodotto risultante da tale processo
viene impiegato tal quale, nella maggior parte dei casi bisogna ricorrere a sofisticati processi di
separazione per arrivare ad isolare I composti desiderati. Per tale motivo, pur essendo una tecnica
molto antica le sue applicazioni più importanti sono in numero molto limitato. La spremitura trova il
suo maggiore impiego nell’industria alimentare, in particolare nell’estrazione: di succhi freschi (ricchi
in vitamine), oli essenziali (da bucce di agrumi) e oli vegetali da semi e frutti oleaginosi. Il vantaggio
della spremitura è quello di non utilizzare alcun gradiente termico, cosa che potrebbe indurre, ad
esempio, la perossidazione degli oli estratti.
ESERCITAZIONE 1
La vitamina C è largamente diffusa negli alimenti di origine vegetale; particolarmente ricchi sono gli
agrumi, I kiwi, I peperoni, i pomodori e gli ortaggi a foglia verde.
E’anche presente nella carne di animali che sintetizzano la propria vitamina C.
Gli alimenti che vengono conservati per lungo tempo prima di essere consumati, subiscono però
ingenti perdite vitaminiche. Anche trattamenti che comportano lavaggi con grandi quantità di
acqua e successiva cottura possono portare a notevoli perdite (sino a raggiungere in alcuni casi il
75%). Sbollentando e congelando gli alimenti le perdite si riducono notevolmente; I surgelati
contengono spesso più vitamina C della verdura o frutta fresca conservata in frigorifero per alcuni
giorni.
La vitamina C è la vitamina che si degrada più facilmente, essendo sensibile al calore e all’ossigeno
dell’aria nonché idrosolubile, tanto che la misura della sua concentrazione viene spesso utilizzata
come indicatore di qualità del processo di lavorazione.
- e- - e-
1 – acido L-ascorbico
2 – acido semideidroascorbico
3 – acido deidroascorbico
L’acido L-ascorbico tende ad ossidarsi: ad esempio in presenza di ossigeno l'acido ascorbico tende
ad ossidarsi ed a formare acido deidroascorbico (metalli eventualmente presenti catalizzano la
reazione).
Per esempio, può reagire con i pericolosi radicali liberi bloccandone le reazioni a catena:
RO•− + ascorbato → ROH + (radicale) semideidroascorbato•
(Infatti il radicale semideidroascorbato è relativamente inattivo e non causa danno cellulare)
La spiccata azione antiossidante della vitamina C e la sua capacità di mantenere stabili le vitamine
A, E, l'acido folico e la tiamina, viene utilizzata dalle industrie che la usano come additivo nei cibi
(tal quale o sotto forma di sale sodico, potassico e calcico; nel caso di grassi si utilizzano i suoi esteri
liposolubilicon acidi grassi a lunga catena (ascorbil palmitato o stearato).
La ricerca della vitamina C con il metodo qualitativo consiste nel rilevare la presenza o meno di
vitamina C in un campione attraverso una variazione di colore.
Materiale:
• salda d’ amido (soluzione di amido di riso bollita);
• soluzione di I2 in KI diluita: qualche goccia
• provette;
• Qualche goccia di succo di frutta confezionato;
• Qualche goccia di succo di limone;
• Qualche goccia di succo di arancia;
• Qualche goccia di succo di kiwi.
Procedura:
1. Versare in ogni provetta 5 ml di soluzione di salda d’amido;
2. Aggiungere qualche goccia della soluzione di I2 in KI1;
3. Aggiungere in ogni provetta, tralasciandone una per il confronto, un po’ del liquido in esame
(esempio: succo di limone, arancia, kiwi,succo confezionato).
RISULTATI
Quando alla soluzione di amido e soluzione di iodio si aggiunge un campione contenente acido
ascorbico (vitamina C) la soluzione vira da blu/violetto a incolore/biancastro.
La soluzione ritorna incolore perchè lo I 2 reagisce con l’acido ascorbico in una reazione di
ossidoriduzione: l’acido ascorbico si ossida ad acido deidroascorbico; mentre I2 si riduce a I- e
scompare la colorazione blu-violacea.
In questo caso si procede alla determinazione quantitativa (quanta vitamina C è presente nel mio succo/
spremuta,ecc).
(NB → Lo iodio molecolare non è solubile in acqua se non in piccolissime quantità, ma lo si può
complessare come ione negativo per mezzo dello ioduro. In soluzione acquosa e in presenza di iodio
molecolare (I2) e dello ione ioduro (I−) si ha la formazione dello ione triioduro (I 3−) secondo la
reazione:I2 + I− → I3−. Questa reazione non è però stechiometrica per questione di stabilità dei
complessi quindi è necessario lavorare con forte eccesso di ioduro per ottenere una corretta
dissoluzione).
DETERMINAZIONE QUANTITATIVA ACIDO ASCORBICO “VITAMINA C “ NEGLI
AGRUMI
La fine della titolazione viene evidenziata aggiungendo,come indicatore, alla soluzione da titolare una
soluzione di salda d’amido, sensibile alla presenza di iodio libero. Quando tutto l’acido ascorbico è
stato ossidato dallo I2 in soluzione acquosa, la presenza di iodio molecolare (I 2) in eccesso in presenza
di ioduro (I−), porta alla formazione dello ione triioduro (I 3−) che viene adsorbito dalla frazione di
amilosio presente nella salda d'amido con la formazione di un complesso di colore blu-violaceo.
Al punto di equivalenza abbiamo la completa ossidazione dell’acido ascorbico.
Materiale:
• salda d’amido (amido sciolto in acqua e bollito per qualche minuto);
• Soluzione diluita di I2 in KI (nel nostro caso circa 0.01 N)
• Soluzione a concentrazione nota (0,5 mg/ml) di acido ascorbico in acqua
• H2SO4 2N
• Succhi di frutta vari: arancio, limone, kiwi ecc., filtrati con filtro di carta.
TITOLAZIONE
1. Riempire la buretta con la soluzione di iodio;
2. Iniziare la titolazione facendo cadere una goccia per volta fino a quando la soluzione nella beuta non
cambia colore per formazione di un complesso di colore blu-violaceo che deve permanere almeno 20
secondi.
Quanto più acido ascorbico è presente nel campione, tanto più iodio serve aggiungere per ottenere il
viraggio.
ESPRESSIONE RISULTATI
È possibile impostare una proporzione per calcolare la quantità di acido ascorbico presente in ogni
campione partendo dal dato della soluzione standard di acido ascorbico: A : B = C : X con:
• A = mL di iodio utilizzati per la titolazione soluzione standard di acido ascorbico in acqua;
• B = mg di acido ascorbico prelevati dalla soluzione standard (nel nostro caso 5 mg);
• C = mL di iodio necessari per far virare ogni soluzione di campione di succo in acqua;
• X = mg di acido ascorbico contenuti nel volume di ogni campione.
Da cui:
X = (BXC)
A
X : ml prelevati = Y : 100
(NB → la salda d’amido è l’indicatore specifico dell’iodio; lo iodio titola l’acido ascorbico, al p.to di
equivalenza (n iodio = n ac ascorbico) si presenta un colore blu-violaceo).
L’ESTRAZIONE SOLIDO-LIQUIDO: come si effettua la scelta dei metodi di estrazione dei principi
attivi?
Se in partenza ho la droga fresca effettuo la SPREMITURA, se invece in partenza ho la droga essicata
utilizzo le altre tecniche di estrazione.
ESTRAZIONE SOLIDO-LIQUIDO: DROGA ESSICATA
OPERAZIONI PRELIMINARI → preparazione della matrice estrattiva: una rottura o una modifica
fisica delle membrane cellulari attraverso l’impiego di mezzi meccanici (per esempio pestellando),
trattamenti chimici e, laddove le sostanze da estrarre non siano termolabili, trattamenti termici.
1 - fase di estrazione
FASE DI ESTRAZIONE
Modello fenomenologico dell’estrazione solido-liquido → quando un solvente viene aggiunto ad un
solido che contiene un soluto avvengono in sequenza questi fenomeni:
1 - Diffusione del solvente dalla massa della soluzione alla superficie del solido attraverso lo strato
limite (fase imbibente);
2 - Il solvente penetra nel solido bagnandolo e riempiendo tutte le microporosità in esso contenute e
finendo per costituire al suo interno una fase imbibente continua;
3 - Il soluto disperso nel solido si scioglie nel solvente creando così, all'interno del solido una soluzione
relativamente concentrata in soluto; all’interno del solido abbiamo un solvente più ricco di soluto;
4 - La differenza di concentrazione del soluto, che è all'interno del solido, e quella diluita, che è
all'esterno, genera una diffusione del soluto verso l'esterno (osmosi); il soluto da una zona a
concentrazione maggiore si trasferisce a una zona a concentrazione minore (il solvente arricchito del
soluto si trasferisce al di fuori del solido per osmosi);
5 - Diffusione del soluto attraverso lo strato limite nella massa della soluzione
La diffusione si arresta quando la concentrazione del soluto è la stessa nella soluzione che imbibisce il
solido e in quella che bagna esternamente il solido. Dopo aver raggiunto tale condizione di equilibrio
(che in teoria richiede un tempo infinito, ma in pratica tempi finiti e ragionevoli) si procede alla
separazione meccanica della soluzione dai solidi inerti.
Questa operazione può essere fatta con una semplice operazione di sgrondatura o per filtrazione
o centrifugazione o spremitura.
Se, in questa fase, fosse possibile separare tutta la soluzione dai solidi inerti, tutto il soluto risulterebbe
estratto e l'operazione sarebbe così conclusa con una resa di estrazione del 100% Invece, per quanto sia
efficace la separazione, ci sarà sempre una certa quantità di soluzione che rimane nel solidi (soluzione
imbibente) e dunque la resa di estrazione (quantità di soluto estratto rispetto alla quantità di soluto
presente inizialmente nei solidi) sarà inferiore al 100%. Si può intervenire allora con una seconda
operazione consistente nell'aggiungere al solido imbibito una nuova quantità di solvente. Questa nuova
aggiunta riproduce una nuova situazione di gradiente fra la soluzione più concentrata all'interno dei
solidi e la soluzione più diluita all'esterno. Inizia allora una nuova fase di diffusione fino a che la
concentrazione di soluto all'interno e all'esterno dei solidi è uguale. Ripetendo l'operazione di
separazione meccanica un'ulteriore frazione di soluto viene estratta e il solido risulta imbibito di una
soluzione più diluita della precedente.
v = D · A · Δc/l
Dove:
v = velocità di diffusione delle molecole di soluto fra due punti della soluzione;
A = area della superficie attraverso la quale avviene la diffusione; l’area superficiale deve essere
grande per aumentare la velocità di diffusione;
Δc = differenza di concentrazione fra i due punti;
l = distanza fra i due punti;
D = coefficiente di diffusività che dipende dal sistema solvente–soluto e dalla temperatura.
Rapporto Δc/l rappresenta il gradiente di concentrazione.
PARAMETRI CHE INFLUENZANO L’ESTRAZIONE:
La quantità di soluto estratto dipende da molti fattori chimico/fisici:
- concentrazione del soluto nel solido;
- tipo di solvente;
- quantità di solvente;
- temperatura e pressione;
- dimensioni delle particelle del solido (superficie di contatto);
- numero di stadi di estrazione;
- tempo di contatto solido/solvente e agitazione.
L’estrazione è favorita dalla temperatura, dalla pressione, dall’agitazione, dalla natura del solvente e
dalle dimensioni piccole delle particelle di solido.
Generalmente i criteri di scelta sono basati sul criterio generale che simile scioglie simile. Così gli oli
vegetali, costituiti da trigliceridi degli acidi grassi, vengono abitualmente estratti con esano, mentre se
si vogliono estrarre acidi grassi si ricorre, a solventi più polari.
Tempo. All'aumentare del tempo di contatto aumenta la quantità di soluto estratto. Tempi di contatto
brevi porta ad estratti più diluiti.
ALCALOIDI: composti ciclici aromatici azotati, eterogenei per struttura chimica con attività
farmacologica. L’atomo di azoto conferisce a questi composti una particolare basicità. I sali degli
alcaloidi sono solubili in acqua mentre le basi sono solubili nei solventi organici per cui vengono
estratti in ambiente basico con solventi organici (etere, cloroformio, acetato di etile). Molecole
alcaloidee sono la caffeina (presente nel caffè, cacao, cola), la capsaicina presente nel peperoncino, la
teina nel tè;
caffeina/teina capsaicina
FLAVONOIDI: polifenoli C6 – C3 – C6, presentano due anelli benzenici legati da tre atomi di C. Sono
dei derivati del flavone a struttura C6–C3–C6. Le classi di interesse estrattivo sono i flavanoli, con
colori che vanno dal giallo all’arancione e le antocianidine con colori dal rosso all’ azzurro. In natura si
possono trovare anche sotto forma di glucosidi e molti di essi vengono usati come coloranti naturali e
sono dotati di proprietà antiossidanti. I flavonoidi glicosidici sono solubili in acqua, miscele
idroalcoliche ed insolubili in solventi organici; gli agliconi sono insolubili in acqua ma solubili in etere.
I flavonoidi sono presenti nell’albedo degli agrumi, nella paprica; gli antociani sono presenti nel vino
rosso, nella frutta, le clorofille sono presenti nella verdura, nel carciofo ecc;
apigenina la ritroviamo
nel sedano e prezzemolo
ZUCCHERI: I carboidrati, esosi e pentosi, hanno una diversa solubilità in acqua in dipendenza del
grado di polimerizzazione. Nelle forme semplici come mono–di– trisaccaridi sono solubili in acqua
mentre, sotto forma più complessa di polisaccaridi, sono poco solubili, formando gelatine. Di interesse
alimentare sono gl iamidi, maltodestrine, agar, gomme, alginati e pectine.
OLI: classe di composti, per lo più mono–di–triglicerididi con acidi grassi di tipo saturo e insaturo.
Sono composti liposolubili e vengono estratti con solventi apolari. L’estrazione comporta anche la
separazione di cere, essendo tali sostanze liposolubili. Oltre all’estrazione da semi e frutti oleaginosi, i
lipidi possono essere estratti anche da matrici di origine animale. Possono essere estratti dai frutti
oleaginosi come le olive oppure dai semi attraverso solventi organici.
TERPENI: Sono composti polimerici ottenuti per condensazione di unità isopenteniliche fra cui il più
importante è l’isoprene. Sono classificati in mono, sesqui e tetraterpeni (carotenoidi). Oltre al valore
noto dei carotenoidi, i monoterpeni sono particolarmente importanti perché sono altamente volatili e
aromatici e sono alla base dei costituenti degli oli essenziali nelle spezie. Possono essere formati da
monomeri idrocarburici come limonene e pinene, alcoli come geraniolo e mentolo, aldeidi come
citronellale, chetoni come canfora e mentone, eteri (eucaliptolo), fenoli (timolo).
citronellale (aldeide)
GLICOSIDI: categoria complessa di composti formati da una parte zuccherina (glicone) e una parte
non zuccherina (aglicone). La parte agliconica può essere uno steroide, antrachinone, tiocomposto,
saponina, alcol o fenolo, mentre la parte gliconica sono maggiormente pentosi e esosi a diversa
polimerizzazione. Gli agliconi vengono estratti per infusione dopo una macerazione con fermentazione
che libera l’aglicone dalla parte zuccherina. Un tipico estratto essiccato è la vanillina ottenuta dalla
vaniglia e le crocine dallo zafferano.
MACERAZIONE
Un’altra tecnica di separazione semplice ed economica è rappresentata dalla macerazione, che si
realizza in contenitori di acciaio che possono avere sia piccole che grandi capacità (1.000–10.000 litri)
o altro materiale inerte sia verso la matrice solida che il solvente estraente ad una T non superiore ai
30°C.
Il solido da estrarre (polvere essiccata e secca) viene introdotto nel contenitore e completamente
ricoperto dal solvente (generalmente alcool), al fine di ottenere l’estrazione più completa possibile. Il
processo di estrazione è in genere abbastanza lungo, la fase solida viene sottoposta numerose volte a
macerazione con solvente nuovo fino ad esaurimento e richiede dei giorni o anche delle settimane per
giungere a completezza. Al termine della estrazione il liquido viene filtrato. Viene impiegata per
principi attivi volatili o per estrazione selettiva di principi attivi solubili in alcool.
Maggior limite: Impossibilità ad estrarre con acqua, in quanto la maggior parte delle sostanze
vegetali va incontro a putrefazione più rapidamente rispetto al processo estrattivo.
INFUSIONE
Rappresentabile come una macerazione che avviene in tempi brevissimi. La fase solida viene immersa
in un contenitore opportuno di acqua bollente lasciando il tutto a contatto per un tempo di 10-15 minuti.
In questo caso l’estrazione risulta sicuramente più veloce ma diventa più rapido anche il fenomeno
degradativo a carico delle sostanze termicamente labili. Es. preparazione del tè o camomilla
DECOZIONE
La fase solida viene immersa in un contenitore opportuno d’acqua fredda e viene portata ad ebollizione
per un tempo variabile fino a 30 minuti o più. Il liquido viene filtrato e ad esso viene aggiunto il liquido
della matrice estratta impregnata disolvente. Tale tecnica è dunque riservata a materiali compatti che
hanno principi attivi termoresistenti, per la cui estrazione si richiede l’intervento del calore.
DIGESTIONE
La fase solida in contatto con il solvente è riscaldata ad una temperatura di 35-60°C. Viene usata
quando è permesso un calore moderato allo scopo di aumentare il potere estrattivo del solvente.
PERCOLAZIONE
Il solvente viene fatto passare in continuo attraverso uno strato uniforme di fase solida,
preventivamente umettata o macerata. Tempo di esercizio 24-48 h in apparecchi detti percolatori. Es.:
preparazione del caffè espresso.
Il Soxhlet è un sistema di estrazione chiuso, nel quale il solvente non viene disperso nell’ambiente
e la sequenza di eventi si ripete di continuo.
La temperatura di riscaldamento che permette l’evaporazione del solvente è minore della temperatura
di evaporazione del soluto; il solvente gassoso quindi passa prima pulito attraverso il solido e poi, dopo
esser stato ricondensato, il solvente gocciola nel ditale per procedere con l’estrazione solido-liquido.
Fino a poco tempo fa, il metodo Soxhlet era considerato il metodo di estrazione per eccellenza, grazie
al quale erano possibili estrazioni esaustive, e ci sono ancora molti che prediligono questa tecnica.
Tuttavia recenti lavori di molti ricercatori hanno dimostrato che spesso non è così e che la tendenza
attuale è rivolta allo studio di metodi alternativi che possano dare risultati paragonabili o migliori al
metodo Soxhlet.
Il metodo Soxhlet è vantaggioso perchè prevede un sistema chiuso e quindi I vapori di solvente non
vengono dispersi; inoltre utilizziamo sempre lo stesso solvente iniziale anche se in quantità
considerevoli.
Solitamente alla fase di estrazione segue la fase di separazione, ma nel caso del Soxhlet la seconda fase
non è necessaria perchè il solido è posto in un filtro poroso che fa sì che il solido non si disperda nel
liquido estraente.
Negli altri casi si usa la→ FILTRAZIONE
(il ROTAVAPOR è uno strumento che permette di recuperare il solvente usato per l’estrazione)
I diversi tipi di carta da filtro si distinguono principalmente per le dimensioni dei pori, che influiscono
sulla capacità del filtro di trattenere particelle di piccolo diametro. La velocità di filtrazione è
proporzionale alle dimensioni dei pori.
I filtri si distinguono anche per le dimensioni. Esistono filtri in fogli, che possono essere sagomati della
dimensione desiderata, o in dischi di diverso diametro. Si sceglierà il diametro del filtro in base alla
quantità di residuo da filtrare e alle dimensioni dell'imbuto a cui dovrà essere adattato. Le immagini
sulla sinistra illustrano come preparare un semplice filtro conico a partire da un disco di carta da filtro,
quelle a destra la preparazione di un filtro a pieghe, che consente un'efficienza di filtrazione
decisamente superiore poiché aumenta la superficie filtrante.
Filtrazione a pressione ridotta
Nella filtrazione a pressione ridotta si fa il vuoto nel recipiente di raccolta, in modo da creare un
gradiente pressorio ai due lati del filtro, in modo tale che la pressione atmosferica esterna, superiore
alla pressione all'interno della beuta da vuoto, spinga il miscuglio eterogeneo attraverso il filtro,
aumentando notevolmente la velocità di filtrazione.
Come sorgente di vuoto si utilizzerà una pompa da vuoto, che può essere una pompa elettrica
(tipicamente una pompa a membrana) o una pompa ad acqua.
imbuto Büchner
beuta caudata
collegata alla pompa
da vuoto
La pipetta Pasteur va impugnata con tutta la mano e la tettarella va stretta tra pollice e indice.
Decaffeinizzazione del caffè → la caffeina solitamente viene tolta dal caffè attraverso l’estrazione
solido-liquido con solventi organici, ma possiamo farlo anche con I fluidi supercritici.
COS’E’ UN FLUIDO SUPERCRITICO?
Il diagramma di stato del biossido di carbonio, visualizza le varie fasi (solido, liquido, vapore) in
funzione della pressione e della temperatura. Alla temperatura di 37,7 °C e pressione di 68 atm
corrisponde il punto critico del biossido di carbonio, in cui non c’è distinzione fra fase vapore e fase
liquida. Aumentando la temperatura a pressione costante (68 atm), o anche, aumentando la pressione a
temperatura costante (37,7 °C) si individuano due semirette, rispettivamente parallele all’asse delle
temperature ed a quello delle pressioni, che definiscono la zona in cui si ha lo stato supercritico.
All’interno di questo stato, le possibili combinazioni di pressione e temperatura variano il potere
solvente del biossido di carbonio.
Al punto triplo (caratterizzato da valori di pressione e di temperatura ben precisi) coesistono tutti e tre
gli stati: solido, liquido e gassoso. Al punto critico (caratterizzato da valori di pressione e di
temperatura ben precisi) non c’è distinzione tra fase vapore e fase liquida; le due semirette (una
parallela all’asse delle temperature e l’altra parallela all’asse delle pressioni) individuano una zona per
cui la CO2 si comporta come fluido supercritico. Tutte le possibili combinazioni di pressione e
temperatura all’interno di questa zona descritta dalle due semirette variano il potere solvente della CO 2.
Un fluido supercritico ha proprietà intermedie tra lo stato gassoso e quello liquido.
I fluidi supercritici hanno densità, viscosità ed altre proprietà che sono intermedie tra quelle della
sostanza allo stato gassoso e allo stato liquido. In particolare il fluido supercritico ha proprietà solventi
simili a quelle di un liquido e proprietà di trasporto comuni ai gas che ne facilita la penetrazione nel
campione.
Le loro elevate densità è correlata alla notevole capacità di solvatare molecole grandi e non volatili. Per
esempio il biossido di carbonio supercritico scioglie facilmente n–alcani che contengono da 5 a più di
30 atomi di carbonio; vari idrocarburi policiclici aromatici costituiti da molti anelli condensati, ecc….
P = 68 atm
T = 37,7 °C
La velocità di estrazione e di separazione delle fasi con SCF sono significativamente maggiori rispetto
a quelle che si hanno con i comuni processi di estrazione.
VANTAGGI DELL’UTILIZZO DI CO2 COME FLUIDO SUPERCRITICO
L’estrazione con microonde è stata introdotta solo recentemente. I primi esempi di applicazione in
questo sistema appaiono nel 1986, con alcuni ricercatori americani che utilizzavano un forno a
microonde casalingo per aumentare l’efficacia di estrazione di sostanze organiche da matrici solide
quali suoli, sedimenti e alimenti.
Da allora si sono susseguite numerose pubblicazioni relative all’impiego delle microonde per
l’estrazione di contaminanti da matrici ambientali e di sostanze attive, ingredienti e nutrienti da
vegetali e piante medicinali; seppure in misura minore, la tecnica ha trovato applicazione anche per
l’analisi di campioni biologici (siero, tessuti, capelli) e alimenti (estrazione di grasso, contaminanti
organici, metalli, componenti bioattivi e nutrienti).
Diversi studi comparativi hanno dimostrato le ottime prestazioni, in termini di recupero e precisione,
ottenibili con la MAE rispetto ad altre tecniche di estrazione tradizionali (per esempio estrazione con
Soxhlet) e la sua superiorità in termini di riduzione del consumo di solventi e tempi di estrazione.
Percolazione Si basa anch’essa sul fenomeno Il processo può essere Non si raggiungono
della diffusione dell’osmosi, ma applicato su tonnellate di rese estrattive elevate
si differenzia dalla macerazione materiale, non richiede anche se il processo è
in quanto avviene in maniera personale addestrato impiegato
dinamica. industrialmente in
quanto si riducono i
tempi di estrazione.
Estrazione con fluidi Il processo estrattivo avviene Al termine del processo L’estrazione con CO2 è
supercritici mettendo sottopressione in un estrattivo la CO2 viene portata complessa e costosa,
sistema chiuso l’anidride a temperatura e a pressione richiede del personale
carbonica che ad una certa coppia ambiente, di conseguenza addestrato per il suo
di valori di pressione e di gassificata, lasciando le funzionamento.
temperatura assume lo stato di sostanze estratte dalla matrice
fluido supercritico. Il tale stato la solida. Di conseguenza la
CO2 assume caratteristice tecnica non utilizza un
chimicofisiche simili all’n-esano solvente vero e proprio.
Il sistema, dopo il riempimento, viene chiuso e messo sotto pressione dall’azione meccanica di due
pistoni spinti ad aria compressa. La pressione esercitata dai pistoni viene trasferita al liquido (Fig. 3)
poiché le due camere di estrazione sono collegate tramite un condotto.
Estrazione del licopene dalle bucce di pomodoro provenienti da lavorazioni industriali Le bucce
di pomodoro vengono trattate in acqua mediante il Naviglio estrattore ® e la componente organica
recuperata, in cui si trova anche il licopene, viene separata su SPE (Solid Phase Extraction) ed eluita
con una quantità minima di solvente. Le bucce risultanti dal processo vengono essiccate fino alla
perdita totale dell’acqua in esse contenuta; il materiale secco viene triturato ed impiegato come
mangime per animali.
Recupero degli oli essenziali dagli sfridi delle bucce di arancia provenienti dalla produzione
dicanditi Gli sfridi di bucce di arancia vengono estratti con acqua mediante il Naviglio estrattore; la
componente di olio essenziale viene recuperata per centrifugazione. Le bucce di arancia sono fatte
essiccare fino alla perdita completa dell’acqua; il materiale secco viene triturato finemente e la polvere
ottenuta è impiegata come mangime per gli animali.
ESERCITAZIONE 2
Preparazione infuso.
5 grammi di campione (fresco, liofilizzato ed essiccato) vengono posti in un becker da 250 ml ed
addizionati di 200 ml di acqua bollente. Si lascia in infuso per 15 minuti. Si filtra con colino e/o con
filtro di carta, in un pallone tarato da 200ml.
CAMPIONI
Foglie di olivo: Fresche, essiccate.
Reagenti:
- Acqua distillata
- Na2CO3 (20%)
- reattivo di Folin-Ciocalteau (2N)
- acido gallico soluzione madre da 1 mg / ml.
• Dalla soluzione madre si prelevano 2,5 ml e si portano a volume con acqua in un matraccio da 50 ml,
ottenendo così una soluzione da 0,05 mg/ml. Da questo matraccio si prelevano 0,5-1-1,5-2-4-5 ml che
vengono introdotti in 6 matracci o cilindri da 50 ml e si procede come segue:
• Aggiungere acqua (fino a circa la metà del palloncino) + 5 ml del reattivo di Folin (soluzione diluita
1:10), agitare e lasciare a riposo per 3 minuti;
• Aggiungere 4 ml di Na2CO3 20%, portare a volume, agitare e lasciare a riposo 1 ora, al buio e a
temperatura ambiente
• Leggere l’assorbanza a 750 nm con uno spettrofotometro.
L’olio si ottiene dalla spremitura della drupa. Sulla buccia sono presenti varie sostanze e una
microflora responsabile delle reazioni biochimiche col materiale della polpa nel caso di lacerazioni o
urti, che portano alla formazione di prodotti di decomposizione.
Epicarpo (Buccia): costituisce l’1,5-3,5% della drupa, di colore prima verde, poi con l’evolvere della
maturazione, assume colorazione verde paglierino, bruno rossastra e, infine, nella maggior parte delle
varietà, tende al viola intenso, quasi al nero. L’epicarpo è ricoperto da una sostanza protettiva cerosa.
Mesocarpo (polpa): costituisce l’75-85% della drupa, contiene acqua e olio. La maggior parte
dell’olio, si trova nei vacuoli delle cellule.
Endocarpo (nocciolo): costituisce il 13-24% della drupa. Ha una struttura diversa a seconda del tipo di
cultivar. E’ costituito da un guscio legnoso che racchiude il seme (mandorla).
Seme (mandorla): costituisce il 2-4% della drupa. E’ costituito da un involucro esterno detto
episperma e da uno interno detto endosperma, il quale racchiude l’embrione, che contiene una piccola
percentuale di olio, ma è difficilmente estraibile.
L'oliva matura, quindi pronta alla spremitura per la produzione dell'olio, possiede una composizione
chimica così sintetizzabile:
• Acqua 45-55%: è la componente più presente nel frutto
• Lipidi 13-28%: porzione utile alla composizione dell'olio
• Sostanze azotate 1,5-2%:
• Composti non azotati 18-24%
• Fibra grezza 5-8%
• Ceneri 1-2%
sistemi meccanici di estrazione:
Sistema classico
La pasta è preparata mediante l’uso di molazze a due o tre macelli mentre l’estrazione dell’olio avviene
a mezzo di presse idrauliche. La fase liquida ottenuta, detta “olio mosto”, è inviata ad una centrifuga
per la separazione dell’olio dalle acque di vegetazione. L’olio che si ottiene, se conforme a quanto
previsto dalla normativa, può essere avviato direttamente al consumo.
Il 3-6% di olio si ritrova nel sottoprodotto di estrazione che è la sansa dal quale viene estratto con un
sistema chimico.
Rettifica → processo che distrugge una buona parte delle sostanze naturalmente presenti nell’olio
Estrazione Meccanica → I semi oleaginosi, vengono dapprima sbriciolati o laminati, quindi sottoposti
a pressatura meccanica per estrarne gli olii.
Estrazione Chimica : solventi → Questa tecnica consente il prelievo quasi totale dell'olio presente nel
materiale lavorato (residuo circa 3/4 %), può essere assoluta nella sua applicazione oppureriservata
come trattamento successivo al materiale risultante dalla pressatura meccanica. I semi oleaginosi,
sbriciolati finemente, vengono messi in un bagno di sostanze chimiche che hanno la caratteristica di
sciogliere unicamente gli oli. Successivamente il composto olio-solvente viene distillato, rimuovendo
così per evaporazione la sostanza chimica estrattiva. L'olio così ottenuto e definito "grezzo" dovrà però
ancora essere raffinato tale da renderlo inidoneo alla vendita.
Nelle foglie di te o nel caffè si trovano anche i tannini, molecole del tipo rappresentato di fianco, che in
presenza di Sali di piombo, (acetato di piombo) forma dei complessi insolubili in acqua.
Alternativamente si possono deprotonare in ambiente basico gli ossidrili fenolici e quindi rendere i
tannini insolubili in ambiente organico. Quest’ultima procedura però rischia di provocare la
formazione di surfattanti anionici e quindi di portare alla formazione di emulsioni nella successiva
fase di estrazione.
Il liquido filtrato viene estratto con un imbuto separatore da 500 ml: si versa il filtrato nell’imbuto, si
aggiungono 50 ml di diclorometano (si nota che i due liquidi sono immiscibili e che il solvente
organico forma lo strato inferiore) e, dopo aver tappato l’imbuto, si agita energicamente per qualche
secondo, quindi si aspetta che le due fasi si separino di nuovo. Se l’imbuto separatore viene agitato
troppo violentemente si forma una brutta emulsione; per evitarla, si mescola cautamente il contenuto
agitando per 5 min. con movimento rotatorio. Terminata l’estrazione si raccoglie lo strato inferiore
(soluzione in diclorometano) in una beuta, e si riestrae lo strato acquoso con altri 50 ml di CH 2Cl2. Lo
strato inferiore viene riunito con il primo estratto; gli estratti riuniti si versano in un pallone e vi si
aggiunge il solfato di sodio (Na2SO4, sale disidratante) per allontanare l’acqua eventualmente presente.
Si allontana Na2SO4 per filtrazione su ovatta o filtro a pieghe , mentre il CH 2Cl2 viene eliminato
mediante distillazione sotto vuoto.
ESERCITAZIONE 3
ESTRAZIONE LIQUIDO-LIQUIDO
Scopo della esercitazione è quello di applicare la estrazione liquido-liquido all’olio di oliva per la
estrazione dei polifenoli totali e loro successiva determinazione spettrofotometrica dopo reazione con
reattivo di Folin-Ciocalteau.
POLIFENOLI
- I polifenoli sono sostanze antiossidanti e, se presenti in elevata concentrazione, costituiscono un
pregio per l’olio. Non sono previsti indici limiti di legge, ma il loro valore dà indicazioni sulla
qualità del prodotto. L’olio extra vergine di oliva è l’unico grasso vegetale che contiene quantità
apprezzabili di sostanze fenoliche oscillanti mediamente tra 60 e 400 mg/kg.
Maggiore è il contenuto di polifenoli nell’olio, migliore è la qualità dell’olio stesso. I polifenoli
servono a preservare olio dall’irrancidimento. I polifenoli sono metaboliti secondari dalle piante che
permettono a queste di difendersi dagli attacchi dei parassiti. Una pianta che cresce in condizioni
climatiche estreme produce un numero maggiore di polifenoli (per difendersi dai raggi uv, dalle
condizioni climatiche avverse e dai parassiti).
- Chimicamente sono composti con uno o più gruppi ossidrilici o fenolici, in grado di reagire con
ossigeno libero e con radicali liberi in modo da ridurne la capacità ossidante, che danneggerebbe, cioè
invecchierebbe, cellule e tessuti.
- I polifenoli sono soggetti a degradazione durante la conservazione sopratutto in presenza di luce,
ma la loro concentrazione assoluta dipende, non solo dal tempo di conservazione, ma soprattutto dalla
cultivar e dal periodo di raccolta, essi infatti si trovano in concentrazione maggiore nelle olive verdi,
ed il loro tenore cala con la maturazione.
- Nell'olio essi svolgono oltre al già citato ruolo di tutela dall'ossidazione, anche un importante ruolo
edonistico. Essi infatti influiscono sul gusto, contribuendo alla nota amara e piccante degli oli freschi.
La loro degradazione porta a consistenti cambiamenti nel gusto, che nel tempo perde le caratteristiche
di fruttato ed amaro per evidenziare la nota di dolce (per la diminuzione del numero di polifenoli).
idrossitirosolo
oleuropeina
I polifenoli reagiscono con I radicali liberi riducendoli e convertendosi a loro volta in radicali
perossidici. Questi però vengono bloccati dall’ortodifenolo, che si trasforma in una specie chinonica
inattiva.
Acido gallico
L’acido gallico viene preso come esempio rappresentativo perchè stabile e reperibile in commercio a
basso costo; esso viene utilizzato per eseguire la misura spettrofotometrica e costruire la curva di
taratura.
L’estrazione dei polifenoli dall’olio di oliva viene eseguita attraverso una miscela di metanolo-acqua; I
polifenoli presentano gruppi -OH e quindi si trasferiscono in fase acquosa perchè hanno maggiore
affinità per quest’ultima.
Le estrazioni di olio vengono ripetute con piccoli volumi di soluzione estraente (nel nostro caso 3 volte
con 15 ml di miscela metanolo-acqua)
L’olio è meno denso, quindi si stratifica sopra mentre la soluzione acquosa si stratifica sotto.
Sgoccioliamo la fase acquosa in un imbuto che contiene un filtro: usiamo il filtro perchè delle
goccioline di olio saranno sicuramente presenti nella fase acquosa e per evitare che vengano trasferite
nel matraccio poniamo un imbuto e un filtro (in questo caso usiamo un filtro in fibra di vetro che
permette una filtrazione molto veloce).
ESTRAZIONE LIQUIDO-LIQUIDO
Per esempio: immaginiamo di avere una miscela di zucchero in olio vegetale e di voler separare l’olio
dallo zucchero. Le particelle di zucchero non possono essere filtrate perché troppo sottili e perché lo
zucchero è parzialmente solubile in olio.
RISULTATO: si formano due fasi, una acquosa sul fondo della beuta e
quella oleosa sopra perché l’acqua è più densa dell’olio.
Però, se non agitiamo la miscela, lo zucchero è ancora nella fase oleosa.
Estrazione di un soluto
organico con due solventi
tra loro immiscibili
ESTRAZIONE
LIQUIDO-LIQUIDO Estrazione di un soluto
inorganico in campion
acquosi con solvente
organico
L’estrazione di un soluto S da una fase acquosa viene effettuata mettendo a stretto contatto la fase
acquosa con una seconda fase organica immiscibile con la fase acquosa. In queste condizioni si avrà
una distribuzione del soluto S tra le due fasi che, ad una definita temperatura, raggiungerà, in tempi più
o meno rapidi, un equilibrio.
Il soluto inizialmente presente nella fase acquosa, dopo l'estrazione è presente in entrambe le fasi.
L'efficienza di estrazione, cioè la percentuale di soluto che si muove da una fase all'altra, è
determinata da:
COSTANTE DI EQUILIBRIO DI RIPARTIZIONE del soluto tra le fasi
DA REAZIONI CHE COINVOLGONO IL SOLUTO:
IL SOLUTO E’ COINVOLTO IN REAZIONI SECONDARIE ES: EQUILIBRI ACIDO-BASE
Costante di equilibrio di ripartizione → La distribuzione del soluto S tra le due fasi ad una definita
temperatura, raggiungerà, in tempi più o meno rapidi, un equilibrio.
Un grande valore KD indica che il soluto ha grande affinità per la fase organica.
Maggiore è il valore della Kd, maggiore sarà il trasferimento del soluto dalla fase acquosa alla fase
organico.
Kd si usa quando il soluto si trova nella stessa forma in fase acquosa e in fase organica.
Se Kd =1 significa che ho lo stesso numero di particelle di soluto nel solvente acquoso e nel solvente
organico (stessa concentrazione in entrambe le fasi).
KD - LEGGE DI RIPARTIZIONE DI NERNST → E’ una legge limite, valida per soluzioni ideali e
quindi: coppie di solventi perfettamente immiscibili, soluzioni diluite e soluti non dissociati.
Il valore di KD è caratteristico per ciascun sistema. E’ legato alla solubilità del soluto nella coppia di
solventi usati ed è influenzato da:
➢ Temperatura
➢ Equilibri di dissociazione di acidi o basi deboli (influenza notevole del pH)
➢ Forza ionica (presenza di elettroliti: salting-out effect)
Se la KD>1 la sostanza è
maggiormente presente nel solvente
estraente.
Il coefficiente di ripartizione apparente si usa se il soluto si trova in forme differenti nel solvente
organico e/o nel solvente acuqoso e tiene conto di tutte le forme in cui si trova il soluto.
Se il soluto non subiscono reazioni secondarie, esso è presente nella stessa forma in entrambe le fasi, il
coefficiente di ripartizione apparente e quello di ripartizione sono uguali.
In un estrazione liquido-liquido senza reazioni secondarie il soluto è presente in un’ unica forma in ogni
fase e il valore del mio coefficiente di ripartizione apparente è uguale al valore del coefficiente di
ripartizione o di distribuzione.
ESTRAZIONE SINGOLA O ESTRAZIONI MULTIPLE?
Bilancio di massa
Concentrazione di soluto in
fase organica
Volume di
fase organica
org
aq
L'espressione della frazione di soluto che rimane in fase acquosa è la stessa ottenuta dopo la prima
estrazione.
Si ricava facilmente che dopo n estrazioni la quantità di soluto che rimane in fase acquosa è (Qaq)n.
example: A solute has a KD between water and chloroform of 5.00. Suppose we extract a 50.00-mL
sample of a 0.050 M aqueous solution of the solute with 15.00 mL of chloroform. (a) What is the
separation’s extraction efficiency?
SOLUTO COINVOLTO IN REAZIONI SECONDARIE: EQUILIBRIO ACIDO-BASE
Gli acidi e le basi deboli sottoposti a ripartizione tra due solventi non miscibili partecipano a due
equilibri simultanei :
1) quello di ripartizione della specie neutra tra la fase acquosa e la fase organica
2) quello acido-base che ha luogo esclusivamente nella fase acquosa.
Il primo equilibrio dipende dal coefficiente di ripartizione (KD) del soluto. Il secondo equilibrio dipende
dal pKa del soluto e dal pH della fase acquosa che influenza l'efficienza di estrazione, perché controlla
l'abbondanza relativa di HA in soluzione
A B
A B
INFLUENZA DEL pH SULLA ESTRAZIONE DI ACIDI E BASI → La maggior parte dei soluti di
interesse è costituita da acidi o basi deboli, che in fase acquosa possono essere ionizzati a seconda del
pH del mezzo. Se un soluto ha proprietà acide oppure basiche, a seconda del pH della soluzione
acquosa esso potrà trovarsi in forma deprotonata, neutra o protonata. Normalmente, la presenza di una
carica positiva oppure negativa su una sostanza organica ne aumenta l'idrofilia (affinità per la fase
acquosa), facilitandone la solvatazione in acqua e riducendo al contempo il coefficiente di ripartizione
tra fase organica e fase acquosa. Al contrario, le sostanze neutre rispetto a quelle cariche hanno una
maggiore lipofilia, ossia una maggiore affinità per la fase organica.
Le sostanze basiche più comuni in chimica organica sono le ammine. Volendo estrarre con acqua le
sostanze a carattere basico come le ammine da un solvente organico come l’etere etilico, si acidifica
l’acqua con acido cloridrico. L’ammina, appena passata nella soluzione acquosa forma il cloridrato
sottraendosi all’equilibrio di ripartizione secondo lo schema:
che è spostata molto a destra. R-NH3+ è una forma diversa rispetto a R-NH2 cosicché l’estrazione
procede finché in pratica non esiste più ammina nella soluzione eterea.
Lo ione R-COO– è una forma diversa da R-COOH che quindi viene estratto in maniera completa dalla
soluzione eterea. Il procedimento inverso si usa qualora si voglia portare in soluzione organica
un acido o una base sciolti in soluzione acquosa.
DIAGRAMMA DI DISTRIBUZIONE
In queste espressioni le frazioni di dissociazione sono funzione solo della concentrazione di ioni [H 3O+]
e della costante di equilibrio.
La frazione α, della quantità totale di una particolare specie viene plottata sull'asse y rispetto alla
variabile principale, pH, sull'asse x :
pH = pKa
Il punto di incrocio cade a 0.5 per entrambe le frazioni e coincide con il pKa dell’acido (Ka = ~10-5)
Quando abbiamo un acido monoprotico in soluzione acquosa, questo si può presentare in due forme
HA (forma associata) e A- (forma dissociata). Avrò quindi due valori di α: αHA e αA- .
αHA e αA- possono essere determinate anche conoscendo Ka e H3O+
Le curve presenti nel diagramma di distribuzione rappresentano la variazione di αHA e αA- al variare del
pH e ci permettono quindi di determinare la frazione di acido presente in soluzione acquosa sottoforma
di HA o sottoforma di A- in funzione del pH.
In che modo stabiliamo il pH a cui l’acido si trova tutto in forma HA o A- ? Facciamo riferimento alla
costante di dissociazione acida Ka.
La costante di dissociazione acida rappresentata dal simbolo Ka, è un valore che misura, a una data
temperatura, il grado di dissociazione di un acido in soluzione. Maggiore è il valore della costante,
maggiore è la tendenza dell'acido a dissociarsi, maggiore è la sua "forza".
[H3O+] [HA]
Da cui: =
Ka [A-]
E di conseguenza: quando [H3O+] = Ka allora anche [HA] = [A-]
E pH = pKa
α è la frazione di acido presente in soluzione acquosa è può assumere valori da 0 a 1. α HA e αA- variano
al variare del pH.
La frazione di acido presente in forma associata (HA) è massima a pH acidi e diminuisce quando il pH
tende a basicità.
La frazione di acido in forma dissociata (A-) è bassa a pH acidi e aumenta fino a diventare massima a
pH basici.
A B
[HA]org
KD =
[HA]aq
Poiché la posizione di un equilibrio acido-base dipende dal pH, il rapporto di distribuzione è
dipendente dal pH. Per derivare un'equazione per D che mostra questa dipendenza, cominciamo con la
costante di dissociazione acido per HA.
E sostituendo in D:
Quindi D = KD * αHA
La forma associata passa nel solvente organico; quella dissociata in soluzione acquosa.
La la costante di equilibrio e il pH giocano un ruolo fondamentale nel far prevalere una forma rispetto a
un’altra. Quando un acido non è tutto nella forma associata dobbiamo fare uso del D per descrivere la
distribuzione dell’acido in fase acquosa o in fase organica.
La Kd ha un unico valora che ritroviamo tabulato, mentre i valori di D sono diversi in funzione del pH
della soluzione.
Conoscendo il valore numerico di Kd e αHA possiamo consocere il valore di D a qualsiasi valore di pH.
MISCIBILITÀ’ SOLVENTI : Due solventi sono considerati miscibili se i due componenti possono
essere mescolati insieme in tutte le proporzioni senza formare due fasi separate.
SOLUBILITÀ’ → Anche se i solventi possono formare due fasi visibilmente distinte quando si
mescolano insieme, essi sono spesso un po' solubili l'uno nell'altro e diventeranno, infatti, saturi
reciprocamente quando si mescolano tra loro. Dovrebbero essere consultati dati sulla solubilità di vari
solventi in acqua (Tabella 2.2) e sulla solubilità dell'acqua in altri solventi (Tabella 2.3) quando si
seleziona una coppia di solventi di estrazione
FATTORE DI SEPARABILITÀ’
• In una situazione ideale, due sostanze si ripartiscono tra le due fasi liquide l’una indipendentemente
dall’altra.
• Nel caso si vogliano separare due sostanze a carattere neutro contenute in una fase acquosa tramite un
processo di estrazione, è necessario che i valori dei coefficienti di ripartizione (K1, K2) siano molto
diversi tra loro. Ad esempio un soluto deve avere afffinità molto grande per il solvente organico, mentre
l’altro deve averla bassa per poterli separare.
β = K1/ K2
TECNICHE DI SEPARAZIONE
A seconda del valore del coefficiente di ripartizione l’estrazione avviene in modo diverso:
- Se K È ELEVATO, l'estrazione si effettua con un procedimento discontinuo che consiste nel trattare la
soluzione o la sospensione da estrarre, due o tre volte, con piccole porzioni di solvente estraente
- Se K È BASSO, si ricorre di solito a processi continui che consentono di evitare I'uso di grandi
quantità di solvente. Se K è basso il soluto ha una scarsa affinità con il solvente estraente e se
utilizzassi l’imbuto sepratore dovrei fare tante estrazioni che mi causerebbero un consumo esagerato di
solvente → quindi utilizzo l’estrazione liquido-liquido in continuo.
Dopo aver dibattuto in un imbuto separatore una fase acquosa e una fase
organica immiscibile, si attende che le fasi si separino nuovamente.
A seconda della densità del solvente organico rispetto all’acqua, la fase
organica potrà trovarsi nello strato superiore (densità minore dell’acqua,
es. etere etilico, etile acetato) oppure nello strato inferiore (densità
superiore all’acqua, es. dicloro metano, cloroformio).
La forma conica dell’imbuto separatore consente di visualizzare
facilmentel’interfaccia tra le fasi, anche quando le fasi non sono colorate.
POSSIBILI INCONVENIENTI:
- Difficoltà nell’identificare con esattezza l’interfaccia fra le due fasi (miscela troppo scura oppure
troppo chiara).
- Non si ottengono le due fasi aspettate.
- Formazione di emulsioni → l’emulsione è la sospensione colloidale di un liquido in un altro, sotto
forma di minutissime goccioline, cosicchè non è possibile separarli.
Come si elimina una emulsione?
1) Non agitare troppo violentemente (previene l’instaurarsi di un’emulsione)
2) Lasciare riposare a lungo (lento e poco efficace)
3) Aggiungere elettroliti (sali) alla fase acquosa
4) Aggiunta di alcoli (pochi mL) alla fase acquosa
In questo tipo di estrazione, si adopera un apparecchio di vetro che fa in modo che la soluzione venga
ripetutamente a contatto con porzioni fresche di solvente (sistema chiuso come il soxhlet).
Considerando il caso in cui le sostanze da estrarre sono contenute in acqua. Si possono verificare due
casi:
1- Estrazione liquido/liquido in continuo con un solvente più denso dell’acqua
2- Estrazione liquido/liquido in continuo con un solvente meno denso dell’acqua
Sia all’interno del Soxhlet che in questi estrattori liquido-liquido in continuo avvengono due processi→
estrazione liquido-liquido e distillazione.
ESERCITAZIONE N. 4
Determinazione dell’acidità libera di un olio di oliva per titolazione con soluzione standard di KOH.
Lo scopo della esercitazione è quello della determinazione della acidità libera di un olio di oliva
ottenuto per spremitura che ne permetta la classificazione merceologica.
I trigliceridi vanno a costituire la frazione saponificabile dell’olio. I trigliceridi sono esteri del
glicerolo con acidi carbossilici a lunga catena sia saturi che insaturi.
Gli esteri si ottengono per reazione fra un acido carbossilico e alcol ad alta temperatura.
ACIDI GRASSI NELL’OLIO DI OLIVA → GLI ACIDI GRASSI SONO CLASSIFICATI IN BASE
ALLA STRUTTURA DELLA CATENA IDROCARBURICA in:
SATURI - senza doppi legami catena satura in H, completamente ridotta
MONOINSATURI - un doppio legame
POLINSATURI - almeno due doppi legami
L’ acido grasso viene identificato da due numeri che indicano il numero di atomi di carbonio ed il
numero dei doppi legami, separati dal simbolo : .
La posizione doppio legame viene indicata con il simbolo Δ (delta maiuscolo) seguito dai numeri
soprascritti. Per esempio l’acido oleico è indicato con C18:1cΔ9
D = gli acidi grassi insaturi occupano di preferenza la posizione 2 della molecola di glicerolo. La
presenza di saturi in posizione 2 è indice di taglio con prodotti sintetici.
In particolare, la posizione degli acidi grassi nel glicerolo rispettano le seguenti regole:
-Palmitico e stearico normalmente in posizione 1,3;
-Gli acidi da C 20 in su si trovano esclusivamente in 1,3;
-Oleico e linoleico prevalentemente in 2;
-Linolenico variabile;
-Negli oli sintetici la distribuzione è casuale.
Gli acidi grassi si trovano soprattutto nella forma di trigliceridi; tra i trigliceridi le molecole: OOO,
POO, OLO, LOO; PLO; SOO; POP rappresentano circa il 90% del totale. Fra i gliceridi parziali i
1,2-digliceridi sono circa il 2-3% e I monogliceridi circa 0.1-0.2 %.
OOO = glicerolo esterificato con tre molecole di acido oleico.
POO = glicerolo esterificato con due molecole di acido oleico in posizione 2 e 3 e una di acido
palmitico in posizione 1.
OLO = glicerolo esterificato con due molecole di acido oleico in posizione 1 e 3 e una di acido
linoleico in posizione 2.
LOO = glicerolo esterificato con due molecole di acido oleico in posizione 2 e 3 e una di acido
linoleico in posizione 1.
PLO = glicerolo esterificato con una molecola di acido oleico in posizione 3, una di acido linoleico in
posizione 2 e una di acido palmitico in posizione 1.
SOO = glicerolo esterificato con due molecole di acido oleico in posizione 2 e 3 e una di acido stearico
in posizione 1.
POP = glicerolo esterificato con una molecola di acido oleico in posizione 2 e due di acido palmitico in
posizione 1 e 3.
Schema delle diverse forme che possono assumere gli acidi grassi
ACIDI GRASSI LIBERI → L'olio dal momento della fuoriuscita dal vacuolo della cellula oleifera va
incontro a fenomeni di lipolisi sia di tipo enzimatico che chimico. Questa alterazione porta come
conseguenza l'aumento della acidità libera, parametro fondamentale su cui si basa la classificazione
dell'olio nelle diverse categorie.
Acidità libera → Gli acidi liberi si riscontrano soltanto dopo l'estrazione dell'olio dal frutto, poiché
all'interno del frutto sono neutri. Essi derivano come prodotto di alcune reazioni innescate da enzimi
lipolitici, durante la maturazione del frutto o a causa di una cattiva conservazione del frutto. Proprio per
questo motivo l'analisi dell'acidità viene considerata come parametro per stabilire la qualità di un olio
di oliva. Dal punto di vista analitico si tratta di una titolazione acido-base effettuata in soluzione
organica con idrossido di potassio come titolante e fenolftaleina come indicatore. Convenzionalmente,
l’acidità è espressa come percentuale di acido oleico anche se è dovuta a numerosi composti.
La reazione di neutralizzazione che avviene, riferita all'acido oleico può essere così schematizzata:
Valori massimi di acidità (% di acido oleico) consentiti per le diverse classi di olio
Oli d’oliva vergini: ottenuti dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi
fisici, in condizioni che non causano alterazioni dell'olio, e che non hanno subito alcun trattamento
diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli
ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica o con processi di
riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.
Essi sono soggetto della classificazione e delle denominazioni seguenti:
- Olio extra vergine di oliva, con acidità libera massima 0.8 %
- Olio di oliva vergine, con acidità libera massima 2.0 %
- Olio di oliva lampante, con acidità libera superiore al 2.0 % → Non può essere utilizzato per il
consumo diretto, ma deve essere avviato ad un processo di rettifica che ne corregga l'acidità ed il gusto.
Non sono oli di oliva vergini gli oli derivanti dall’olio vergine lampante:
- olio di oliva raffinato (olio di oliva ottenuto per raffinazione dell’olio di oliva vergine, la cui acidità
libera, espressa in acido oleico non supera gli 0,3 g per 100 g di olio).
- olio di oliva (olio di oliva ottenuto dal taglio dell’olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine
diverso dal lampante, la cui acidità libera, espressa in acido oleico non supera gli 1,0 g per 100 g di
olio).
(Sansa → sottoprodotto del processo di estrazione dell’olio di oliva composto dalle buccette, dai
residui della polpa e dai frammenti di nocciolino)
Gli oli estratti con solvente dalle sanse presentano modificazioni indotte da più fattori: fermentazioni di
natura enzimatica a carico della sansa umida durante lo stoccaggio, processi ossidativi in fase di
essiccazione delle sanse, modificazioni indotte dal solvente impiegato per l’estrazione.
Tipo di olio % ac. grassi % ac. oleico % ac. linoleico % ac. linolenico
saturi
Olio di arachide 15 55-73 25-30 0.2
Olio di girasole 7.5 34 55-60 0.5
Olio di mais 31.3 20.7 47.2 0.0
Olio di vinaccioli 10 18 70 0.5
Nell’alcalimetria si determina mediante una soluzione basica a titolo noto, l’acidità contenuta nel
campione incognito.
La base comunemente impiegata è una base forte (NaOHo KOH ) e, dato che non possiede i requisiti di
sostanza madre, si prepara in concentrazione approssimata che viene poi standardizzata con ftalato
acido di potassio (indicatore fenolftaleina).
- Ftalato acido di potassio (KHC8H4O4): esiste in commercio con purezza al 99.97% e può essere
ulteriormente purificato per cristallizzazione in acqua (i cristalli si seccano in stufa a 120°C).
Per il controllo del titolo è necessario usare una quantità di reattivo (sostanza madre o soluzione a
concentrazione nota) tale da reagire con un volume di soluzione da titolare inferiore al contenuto di una
buretta. D'altra parte questo volume non deve essere troppo piccolo (ad es. inferiore a 10 ml) altrimenti
è più sensibile l'errore relativo alla lettura della buretta.
Scopo
La determinazione dell’acidità nell’olio di oliva evidenzia lo stato di conservazione dell’olio.
Campioni di sostanze a disposizione
Oli di oliva diversi
Reattivi:
Soluzione di KOH o NaOH 1/10 N
Solvente: miscela di alcool a 95° ed etere (1-3 V/V)
Indicatore fenolftaleina sol. etanolica 1%.
Procedura:
- SOTTO CAPPA Preparare 100 ml di soluzione alcool- etere (1:3) in un cilindro da 100 ml e versarli
in una beuta da 250 ml. Neutralizzare con una soluzione di KOH 0.1 M in presenza di fenolftaleina.
- Disciogliere 10 grammi di olio in 80 ml di una miscela di etanolo:etere etilico neutralizzata in
precedenza. Quando l’olio è tutto sciolto, titolare con idrossido di potassio 0,1 M fino a che il colore
rosa persiste per almeno 15 secondi.
Elaborazione dati
Calcolare l’acidità, come % di acido oleico libero (MM 282), utilizzando la seguente formula:
% acido oleico = V * N * 282 *100/ grammi pesati* 1000 = V * N * 28,2/grammi pesati
MM acido oleico = 282 g/mol
V= volume in ml di KOH
N= normalità di KOH
ESERCITAZIONE N.5
L’ acidità libera dell’olio di oliva dipende dalla presenza di acidi grassi liberi che si liberano in seguito
alla lipolisi da parte degli enzimi lipolitici presenti sulla buccia della drupa; questi enzimi vanno a
scindere i legami estere dei trigliceridi.
Determinazione della assorbività molare specifica dell’olio di oliva alle lunghezze d’onda 232 nm e
270 nm
Scopo della esercitazione è quello di mettere in evidenza la presenza di oli rettificati.
Spettrofotometro UV-visibile Uno strumento che effettua analisi con tecniche spettroscopiche si
chiama genericamente spettrofotometro ed è composto dalle seguenti parti:
Sorgente di emissione → Comparto del campione → Monocromatore → Rivelatore al PC
Il monocromatore è un sistema che permette di selezionare o filtrare le λ che arrivano dopo il campione
L'esame UV viene condotto sull'olio disciolto in opportuno solvente nell'intervallo compreso tra 220 e
280 nm. Le lunghezze d'onda più significative sono 232, 262, 268 e 274 nm.
K λ = A λ / (c x b)
Dove:
A rappresenta l’assorbanza alla lunghezza d’onda λ ,
C è la concentrazione della soluzione (gr/100 ml di solvente)
b è la lunghezza del cammino ottico (1 cm).
Negli oli di oliva vergini ed in buon stato di conservazione, sono presenti soltanto doppi legami isolati,
e sistemi di due o tre doppi legami non coniugati, relativi agli acidi oleico (un doppio legame in
posizione 9), linoleico (2 doppi legami in posizione 9, 12) e linolenico (3 doppi legami in posizione
9,12,15). In genere, i doppi legami degli acidi insaturi presenti nelle sostanze grasse di origine naturale
manifestano un generico assorbimento intorno a 210 nm fino a 300 nm dovuta alle transizioni π → π *
dei cromofori etilenici isolati ed alle transizioni n → π * dei cromofori carbonilici.
Ne consegue che gli oli rettificati presentano valori di assorbimento nell'UV differenti dai valori tipici
di assorbimento dell’olio vergine:
Massimi di assorbimento 175-210 nm tipico dei doppi legami isolati → OLIO NON MANIPOLATO
Massimo assorbimento a 232 nm tipico di due doppi legami coniugati e di prodotti di ossidazione
secondaria → OLIO RETTIFICATO O OSSIDATO
Massimo assorbimento a 270 nm tipico di tre doppi legami coniugati e di prodotti di ossidazione →
OLIO RETTIFICATO O OSSIDATO
L'esame spettrofotometrico dell'olio di oliva secondo il metodo ufficiale dei Regolamentidella CEE
prevede anche la determinazione delta ∆K inteso come:
∆K= Km – (Km-4 + Km+4)/2
Km= l'estinzione specifica alla lunghezza d'onda m, lunghezza d'onda di massimo assorbimento intorno
a 270nm.
I parametri di K e ∆K sono parametri significativi, utili alla classificazione merceologica degli oli di oliva
Diversi sono i fattori che favoriscono la serie di reazioni che caratterizzano l‘autossidazione:
- presenza di ossigeno
- presenza di metalli che agiscono da catalizzatori (principalmente rame e ferro)
- luce solare (radiazioni ultraviolette)
- calore
- numerosi doppi legami nella catena degli acidi grassi
- presenza di radicali liberi
In presenza di luce la clorofilla ha effetto dannoso sugli acidi grassi, poiché portano l’ossigeno allo
stato di massima reattività, pronto a scatenare fenomeni ossidativi. In assenza di luce tale azione è
inibita e i pigmenti suddetti lavorano in sinergia con le sostanze polifenoliche al fine di bloccare i
fenomeni ossidativi.
L’ irrancidimento ossidativo è un processo radicalico (che coinvolge cioè molecole che contengono
elettroni spaiati) che avviene in tre fasi:
1) Iniziazione o introduzione
2) Propagazione
3) Terminazione
1) Iniziazione o introduzione
Durante la fase di introduzione da un acido grasso insaturo si forma un radicale per estrazione di un
atomo di idrogeno legato ad un atomo di carbonio adiacente a quelli impegnati nel doppio legame:
2) Propagazione
Durante la fase di propagazione il radicale libero addiziona ossigeno formando un radicale perossidico.
Questo radicale può reagire con un altra molecola di acido grasso insaturo formando un idroperossido,
ma generando contemporaneamente un altro radicale libero che può reagire con ossigeno, innescando
una reazione radicalica a catena.
3) Terminazione
La reazione a catena ha termine quando si incontrano due radicali. Nel caso di acidi grassi polinsaturi,
l‘autossidazione avverrà con più facilità perché più numerosi sono i Carboni in posizion allilica. Per
esempio nel caso dell‘acido linoleico I siti reattivi sono 4.
Formazione di chetoni → I perossidi sono inodori e insapori, per cui non percepibili a livello
organolettico ma, essendo molto instabili, si decompongono facilmente dando luogo alla formazione di
aldeidi e chetoni, responsabili del difetto di rancido (prodotti dell’ossidazione secondaria). Quindi è
necessario accompagnare l’analisi dei perossidi con l’esame spettrofotometrico e con il saggio
organolettico.
Per la maggior parte, le sostanze tossiche o potenzialmente pericolose presenti nell’ambiente o negli
alimenti sono state studiate ed analizzate, per cercare di caratterizzarne il comportamento e/o ridurne la
concentrazione a livello ambientale.
È da tener presente che, in una determinazione quantitativa, il problema di queste sostanze è la loro
bassissima concentrazione, infatti si parla molto spesso di ppm, ppb o addirittura ppt: concentrazioni
molto piccole anche per strumenti attuali molto costosi. Nasce, quindi, l’esigenza di preconcentrare
queste sostanze in modo da renderle determinabili anche con strumenti poco costosi o presenti nella
maggior parte dei laboratori.
La estrazione in fase solida è una tecnica disponibile, molto popolare, per la preparazione del
campione.
SPE può fornire campioni, in soluzione, liberi da componenti interferenti della matrice e concentrati
sufficientemente per il rilevamento.
Il principio di SPE è simile a quella di estrazione liquido-liquido (LLE), che coinvolge una ripartizione
dei soluti tra due fasi. Invece di due fasi liquide immiscibili, come in LLE, SPE comporta
partizionamento tra un liquido (matrice del campione o del solvente con analiti) e una fase solida
(assorbente).
Le procedure di ricerca di nuovi tipi di materiali assorbenti , dalla fine degli anni 1960 fino agli inizi
degli anni 1980 hanno permesso lo sviluppo della metodologia SPE , che si identifica nella tecnica di
separazione più ampiamente usata, che ha segnato una svolta nei metodi di preconcentrazione e
arricchimento.
La fase solida viene in contatto diretto con la fase liquida e con i soluti in essa
contenuti, in modo che i diversi composti in esso presenti possano interagire con la
superficie adsorbente ed essere trattenuti o meno a seconda della loro capacità di
stabilire interazioni.
Una tipica estrazione in fase solida può essere suddivisa in quattro passaggi:
Passaggio del
Attivazione del Lavaggio per Desorbimento
campione contenente
materiale eliminare le specie (eluizione) degli
gli analiti di interesse
assorbente (la indesiderate analiti trattenuti
sulla colonnina con
fase solida viene con un solvente
trattenimento
bagnata con un opportuno
selettivo degli analiti
opportuna fase
e di eventuali
liquida)
interferenti
Se si desidera eliminare gli interferenti, anzichè trattenere gli analiti, è sufficiente usare una fase solida
con affinità per i composti che si vuole eliminare dal campione.
L’estrazione per adsorbimento è un processo fisico tra una fase solida e una fase liquida in cui la fase
solida ha una affinità maggiore per il composto da isolare rispetto al solvente in cui lo stesso
composto è sciolto.
Quando il campione passa attraverso la fase solida gli analiti di interesse vengono concentrati sulla
superficie del materiale adsorbente mentre gli altri composti presenti nel campione eluiscono senza
interagire. Il risultato è la purificazione e la concentrazione delle sostanze isolate dal materiale
adsorbente. Ciò può essere ottenuto grazie ad interazioni specifiche tra i gruppi funzionali dei composti
e il substrato della fase solida. Si ha ritenzione quando la fase solida riesce ad immobilizzare alcuni dei
composti presenti nel campione; la ritenzione cambia in funzione del tipo di adsorbente o del solvente
utilizzato.
Affinché si verifichi la separazione dell’analita dalla fase liquida, occorre che l’analita si leghi alla fase
solida, o meglio al sito attivo della fase solida, occorre quindi che la forza di legame fra analita (A) e
sito dell’adsorbente (F) sia più elevato di quello esistente fra analita (A) e fase liquida (S).
Legame sito attivo-analita > Legame fase liquida-analita.
Legame idrogeno
E’ un tipo di interazione che si instaura quando un atomo di idrogeno è legato chimicamente ad un
atomo molto elettronegativo. In queste condizioni, si sviluppa una frazione di carica positiva
sull'idrogeno che si polarizza (δ+ ) ed una frazione negativa sull'altro atomo (δ- ). Inoltre è necessario
che sul secondo atomo sia presente almeno una coppia di elettroni di non legame. Quando una seconda
molecola si avvicina, il lone pair si orienta in modo da esporre la propria coppia di elettroni liberi verso
l'idrogeno ed in questo modo si genera una grande forza di attrazione elettrostatica. Tipici atomi molto
elettronegativi sono Ossigeno, Azoto, Fluoro, ecc. Il legame idrogeno è la più forte delle interazioni tra
molecole in termini di energia. L 'intensità della forza di legame dipende dall'atomo legato all'idrogeno
e dalla coppia di elettroni libera. Il legame idrogeno può risultare una forza di legame importante e
discriminante rispetto ad altre forze di legame che si verificano sulle superfici dei solidi adsorbenti.
Interazione dipolo-dipolo
Quando due atomi generici differenti (X,Y) sono legati chimicamente, a causa della loro differente
capacità di attrarre gli elettroni, si instaura tra loro una differenza di posizione tra il baricentro delle
cariche positive (+) e negative (-) generando un dipolo elettrico e la molecola si dice polare. Due dipoli
elettrici vicini tendono ad orientarsi in modo che il baricentro del primo dipolo (+) sia vicino a quello
(-) del secondo dipolo e ad attrarsi elettrostaticamente. L'effetto è simile al precedente, difatti il legame
idrogeno non è che un tipo particolare di interazione dipolo-dipolo, ma in questo caso l'attrazione non è
potenziata dalla presenza di elettroni liberi. Dopo il legame idrogeno, le interazioni dipolo sono le forze
di attrazione intermolecolare maggiori. La loro intensità dipende dall'intensità del dipolo elettrico.
ESEMPIO DI ASSORBIMENTO
I gruppi silanolici possono dar luogo a legami idrogeno con molecole opportune come, ad esempio, la
benzilammina:
La benzilammina è solubilizzata in una miscela binaria esano/dietiletere (3:1) → Interazione
benzilammina-gel di silice è più forte dell’interazione solvente-gel di silice → Quindi la benzilammina
si trattiene sulla fase stazionaria ed il solvente fluisce attraverso il gel di silice.
L’eluizione dei soluti trattenuti (in questo caso benzilammina) è effettuata con solventi che hanno la
capacità di instaurare interazioni più forti con la fase fissa rispetto ai soluti stessi:
Nel caso dell’esempio riportato, l’eluizione del soluto sarà effettuata con metanolo poiché esso formerà
legami idrogeno più forti con il gruppo silanolico rispetto a quelli stabiliti dagli stessi con la
benzilammina.
La silice porosa è usata direttamente come sorbente stesso e per la preparazione di un'importante
FAMIGLIA DI ADSORBENTI NOTA COME SILICE LEGATA o modificata.
I gruppi di silanoli (Si-OH ) presenti in superficie forniscono un punto di attacco per la fase legata che
si ottiene: derivatizzando i gruppi silanolici con un reagente silanico X-Si(CH3)2-R, dove X è un
gruppo cloro o etossi reattivo e R è un gruppo polare. Il GRUPPO R è il responsabile
dell’adsorbimento ed è solitamente meno polare del gruppo -OH. Non tutti i gruppi -OH vengono
sostituiti.
Il gruppo R è costituito da un gruppo ciano (-CN), da un gruppo ammino (-NH2) o da un gruppo diolo
(-OH -OH).
La fase solida di silice offre una diversa forza di ritenzione nei confronti degli analiti e consente una
maggiore duttilità. I carboidrati, ad esempio, si legano troppo fortemente alla silice tal quale e perciò
non ne sarebbe possibile la successiva eluizione.
gruppo –SO3- → forte scambiatore cationico gruppo -N+(CH3)3 → forte scambiatore anionico
altri assorbenti:
ADSORBENTI POLIMERICI → La estrazione in fase solida viene eseguita utilizzando sia sorbenti a
base di silice che a base di resine organiche. Le resine organiche sono composti polimerici porosi,
generalmente copolimeri di stirene e divinylbenzene. I polimeri porosi hanno superfici moderate (< 600
m2 / g) o altamente reticolati con superfici di 700 -1200 m 2 / g. Le superfici maggiori dei polimeri
altamente reticolati producono una ritenzione superiore. Gli adsorbenti polimerici più usati sono i
copolimeri stirene-divinilbenzene (DVB-PS).
CARBONE ATTIVO → Le impurezze sono adsorbite sul carbone, precedentemente attivato. La natura
porosa di questo materiale è, in gran parte, la causa delle sue caratteristiche adsorbenti. (E’ utilizzato
per la decolorazione del vino).
I composti volatili presenti nel vino sono responsabili del suo profumo. Essi hanno tendenza ad
evaporare e chimicamente appartengono, tra le altre, alle famiglie dei terpeni, alcoli, aldeidi, chetoni,
acidi ed esteri. Sono stati identificati circa 500 composti diversi che influenzano il profumo del vino; di
questi, soltanto un centinaio è stato quantificato.
I composti volatili sono suddivisibili in tre classi, a seconda della loro origine:
- Composti primari, detti anche varietali perchè caratteristici da varietà a varietà di Vitis vinifera; tipici
composti varietali sono ad esempio i terpeni.
- Composti secondari, che si sprigionano durante i processi di vinificazione, in particolare al momento
della pigiatura (prefermentativi) e durante le fermentazioni (fermentativi).
- Composti terziari, che si generano durante la maturazione e l’invecchiamento, in relazione anche alle
condizioni di conservazione che possono essere ossidanti (a contatto con l’aria) o riducenti (in assenza
di aria).
La Microestrazione in fase solida (SPME), sviluppata da Pawliszyn e collaboratori nel 1990, è una
nuova tecnica di preparazione del campione che utilizza una fibra in silice fusa rivestita esternamente
con una fase stazionaria appropriata.
L’ analita nel campione è direttamente estratto e concentrato dal rivestimento della fibra. Il metodo
consente di risparmiare costi di tempo di preparazione, acquisto solvente e di smaltimento, e in grado di
migliorare I limiti di rilevabilità. E 'stato utilizzato di routine in combinazione con GC e GC-MS, e
applicato con successo ad un'ampia varietà di composti, in particolare per l'estrazione di composti
organici volatili e semi-volatili da campioni ambientali, biologici e alimentari.
La tecnica più diffusa di campionamento con microestrazione in fase solida consiste nell‘immergere
una fibra con una piccola quantità di fase estraente nel campione per un periodo di tempo
predeterminato.
Tipicamente, il processo microestrazione viene considerata completo quando la concentrazione
dell‘analita ha raggiunto l'equilibrio di distribuzione tra la matrice del campione e il rivestimento della
fibra.
A cosa serve l’ago? Serve a preservare la fibra di silice fusa ricoperta di fase stazionaria dal contatto
con l’esterno. Nel momento in cui l’ago perfora il contenitore del campione, la fibra viene esposta e
viene a contatto con il campione.
Nel caso dell’HPLC la fibra viene esposta alla fase mobile cromatografica per un certo tempo,
necessario alla ridissoluzione dell’analita estratto in precedenza
APPLICAZIONI IN ANALISI DEGLI ALIMENTI → I metodi SPME applicati alle analisi dei vari
componenti e contaminanti in diversi campioni alimentari.
I metodi HS-SPME in combinazione con GC o GC-MS sono ampiamente utilizzati per l'analisi di vari
alimenti.
I metodi SPME accoppiato con HPLC o LC-MS sono utilizzate per l'analisi di composti meno volatili o
termicamente labili.
Dal 1992, sono state sviluppate una serie di metodi SPME per estrarre i sapori, off-sapori, pesticidi e
altri contaminanti da vari campioni alimentari come verdura, frutta, bevande, prodotti lattiero-caseari e
carne.
AROMI E SAPORI : ORIGINE DELL’ AROMA NEGLI ALIMENTI → I componenti principali degli
alimenti (proteine, amminoacidi, carboidrati, lipidi e acidi grassi) subiscono processi degradativi in
seguito a processi di conservazione (ad es. stagionatura) o a causa di trattamenti tecnologici (ad es.
cottura), dando così origine ad un’ampia gamma di composti quali idrocarburi, esteri, aldeidi, chetoni,
alcoli, composti azotati e solforati, che impartiscono l’aroma caratteristico all’alimento. Aroma e
sapore sono uno dei criteri di qualità più importanti di alimenti freschi e trasformati, e sono necessarie
informazioni sia qualitative che quantitative per la caratterizzazione di composti aromatici che li
producono. I composti che generano aroma e sapore di solito sono presenti a concentrazioni
estremamente basse in matrici alimentari complesse.
- COMPOSTI VOLATILI IN FRUTTA E VERDURA: Questo metodo può essere utilizzato per la
frutta di caratterizzazione e analisi dei cambiamenti di composti aromatici principali durante la
lavorazione o la conservazione di frutti diversi.
I metodi SPME combinati con rilevazione GC-ionizzazione di fiamma (FID) e GC-MS sono riportate
per l'analisi di vari composti volatili in frutta e verdura. Questo metodo può essere utilizzato per la
frutta per la caratterizzazione e l’analisi dei cambiamenti di composti aromatici principali durante la
lavorazione o la conservazione di frutti diversi.
- SAPORI E COMPOSTI VOLATILI AROMATICI NELLE BEVANDE ANALCOLICHE: per
l'analisi di altri sapori di frutta e composti volatili aromatici nelle bevande analcoliche.
- MONITORAGGIO USO DI INGREDIENTI DI SAPORE : Es. Mentolo, il componente principale di
olio essenziale di menta piperita, viene utilizzato in pasticceria, profumi, sigarette, inalatori nasali.
- COSTITUENTI DELLA BIRRA: comprendono > 800 composti e molti di loro contribuiscono al suo
caratteristico sapore, come amarezza, la dolcezza, l'acidità, il carattere hop, carbonatazione, sapore
alcolico e fruttato.
- LATTICINI oltre 200 composti sono presenti nel formaggio come il risultato di reazioni enzimatiche
e chimiche che portano alla formazione di peptidi, amminoacidi e composti volatili attraverso percorsi
diversi.
- MONITORAGGIO SOSTANZE CHE IMPARTISCONO UN ODORE SGRADEVOLE : La
determinazione delle sostanze volatili negli alimenti riveste un ruolo di notevole importanza: tali
sostanze sono infatti responsabili dell’odore del prodotto, che può rientrare nei canoni di normalità ed
accettabilità ed essere addirittura una caratteristica peculiare del prodotto o presentare anomalie dovute
alla presenza di sostanze che impartiscono un odore sgradevole, i cosiddetti “off-flavours”. Risulta
importante individuare i composti responsabili di alterazioni organolettiche e determinarne il
contenuto, in modo da poterne ipotizzare l’origine e rimuovere le cause che ne hanno determinato la
presenza.
OLIO VEGETALE: Gli oli polinsaturi sono suscettibili di autossidazione nel tempo per formare
idroperossidi. L'aumento dei livelli di questi prodotti volatili ossidati sono indicatori di irrancidimento
in campioni di olio.
- COMPOSTI INDESIDERATI nel vino → Nel vino sono a volte presenti sostanze che si formano in
condizioni particolari e che danno al vino note organolettiche negative. Alcuni esempi di composti
indesiderati sono i seguenti:
• 2,4,6-tricloroanisolo (TCA): è il composto responsabile del famoso gusto di tappo, avente una soglia
olfattiva di ~ 5 ng/l; si forma nei tappi di sughero a seguito del trattamento di sbiancamento con
ipoclorito, come il suo analogo 2,3,4,6tetraclorofenolo
• etilfenoli (4-etilfenolo e 4-etilguaiacolo) e vinilfenoli (4-vinifenolo e 4-vinilguaiacolo) si originano
dagli acidi cinnamici trans-ferulico e trans-p-cumarico, con il contributo di lieviti del genere
Brettanomyces; questi composti sono responsabili delle note fenoliche e medicinali dei vini deteriorati.
DETERMINAZIONE DI 2,4,6-TCA
La determinazione del 2,4,6-tricloroanisolo nel vino si può effettuare per GC, impiegando la tecnica
SPME o altre tecniche di estrazione. Nella figura, l’analisi è effettuata per GC-MS dopo trattamento
SPME con una fibra di polidimetilsilossano, un materiale sorbente avente affinità per i composti
organici volatili. Nel cromatogramma A è riportata l’analisi di un campione di vino addizionato con 40
ng/l di TCA (picco 1) e 50 ng/l di triclorotoluene (picco 2, standard interno); il TCA non sembra
presente nel campione tal quale (cromatogramma B).
- Se facciamo passare tutte le lunghezze d’onda che vanno da 200 a 400 nm attraverso la cuvetta,
otteniamo lo spettro di assorbimento dell’olio.
- Gli elettroni in pi greco dei cromofori o dei gruppi carbonilici o anche I doppietti elettronici non
condivisi del gruppo carbonilico possono, in seguito ad assorbimento di energia, subire delle transizioni
e occupare l’orbitale pi greco*.
- La coniugazione porta ad un assorbimento a lunghezze d’onda ben precise; gli elettroni richiedono
meno energia per passare allo stato eccitato e transitare nel orbitale antilegame → meno energia e
quindi la lunghezza d’onda aumenta.