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L'uomo e il cosmo nella storia

Paradigmi, miti, simboli

Atti del Convegno internazionale


Palermo, 18-20 settembre 2019

a cura di
Ignazio E. Buttitta e Antonino La Barbera

Fondazione Ignazio Buttitta


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REGIONE SICILIANA
Assessorato dei Beni culturali
e dell’Identità siciliana
Dipartimento dei Beni culturali
e dell’Identità siciliana

Uomo e cosmo nella storia: paradigmi, miti, simboli : atti del Convegno internazionale, Palermo, 18-20 settembre 2019 / a cura di
Ignazio E. Buttitta e Antonino La Barbera. - Palermo : Fondazione Ignazio Buttitta, 2020.
(Acta diurna ; 14)

1. Cosmologia – Atti di congressi.


113 CDD-23 SBN Pal0339603

CIP – Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

ISBN 978-88-98054-46-6

Questo volume è stato pubblicato con il contributo della “Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana” e del “Ministero dei beni e delle attività culturali e per il turismo.
Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali”.
Indice

Ignazio E. Buttitta e Antonino La Barbera, Introduzione 9

Helge Kragh, The cyclic universe: From ancient time to the modern era 13

Ileana Chinnici, Astronomia e visioni del mondo 25

Marcello Massenzio, Cosmogonia mitica e cosmologia 49

Massimo Cultraro, Cosmogonie silenti. Percezione e rappresentazione del cosmo


nelle culture preistoriche della Sicilia 57

Matteo Meschiari, Visioni della fine. Cosmologia Cosmopoiesi Cosmopolitica 77


7
Gioele Zisa, “In quel giorno, in quella notte, in quell’anno”. Cosmogonie e cosmologie
sumeriche e assiro-babilonesi 83

Lorenzo Verderame, Gli astri e il loro corso nella visione cosmologica dell’antica Mesopotamia 121

Marianna Ferrara, Il mondo a bocca aperta: il dominio del parlare e del mangiare nelle
narrazioni vediche 157

Giovanni Amelino-Camelia, L’Universo come laboratorio di gravità quantistica 175

Marco Bassi, Il calendario tradizionale degli Oromo e il suo recupero contemporaneo.


Nota su una cosmologia naturalistica dell’Africa orientale 181

Lia Zola, Un cosmo in divenire. Stratificazioni, mutamenti e adattamenti nello sciamanesimo


della Siberia orientale 203

Alessandro Mancuso, “Pensare con” i popoli indigeni dell’Amazzonia i rapporti tra


uomo e cosmo 219
Eduard Iricinschi, Desiring Demons: War and Eros in Late Antique Manichaean Cosmogony 251

Silvano Tagliagambe, Psicologia analitica e astronomia: l’incidenza dei miti e degli archetipi
nella ricerca di Keplero 269

José Antonio González Alcantud, El Salón del Trono en el Palacio de Comares en la


Alhambra de Granada. Cosmología, interpretación esotérica y triunfo estético 283

Antonino Pellitteri, E il buio albeggia da Oriente, e fluisce su tutta la sfera. Una nota sulla
visione islamica dell’Universo 311

Bernhard Zimmermann, L’uomo nel kosmos nella Grecia classica: modelli letterari da
Omero alla tragedia del V secolo 323

Francesco Paolo Bianchi, Il cosmo e l’ordine dell’uomo. Alcune riflessioni su cosmologia


e potere 331

Michele Cometa, Biopoetica del cosmo. L’antropocene di Alexander von Humboldt 349

Giuseppina Micela, Dal sistema solare alla scoperta dei pianeti extrasolari 367

8 Nicola Vittorio, Certezze ed incertezze della Cosmologia moderna 381


Gli astri e il loro corso nella visione cosmologica dell’antica
Mesopotamia

di Lorenzo Verderame

Le fonti iconografiche e archeoastronomiche1 pravendita e di prestito, sul cui lato si trovano


impronte di sigilli anepigrafi a stampo di metal-
Le fonti per la ricostruzione delle idee e teorie lo o pietra raffiguranti uno o più simboli o raf-
sui corpi celesti e il loro movimento, ma, più in figurazioni di costellazioni zodiacali (Wallenfells,
generale, sulla cosiddetta “scienza dei cieli” nel- 1993; fig. 4). Il sigillo è associato a una persona
le culture dell’antica Mesopotamia sono princi- che interviene in qualche modo nella transazione
palmente se non unicamente scritte. Le fonti ico- e quindi appone la sua “firma” mediante l’im-
nografiche e i dati funzionali a un’analisi di tipo pronta del sigillo. Questo è dunque direttamen-
archeoastronomico sono poche e presentano te vincolato al suo possessore, ma in assenza di
una serie di problematiche a vari livelli. ulteriori informazioni risulta difficile determinare
Per quanto riguarda l’iconografia, la tradizio- la relazione tra il segno o i segni zodiacali e il
ne scribale cuneiforme si mostra piuttosto restia proprietario del sigillo2.
I cippi di confine cassiti (kudurru) della fine 121
verso le rappresentazioni (Mander, 2017). Le ta-
volette di argilla su cui sono redatti i testi in cu- del II millennio sono decorati con simboli divini
neiforme presentano molto raramente delle im- (Seidl, 1989; Pizzimenti, 2014; Pizzimenti, 2016),
magini. Troviamo disegni fatti dagli studenti sulle molti dei quali corrispondono ai nomi delle co-
tavolette scolastiche, in cui, tuttavia, non vi è una stellazioni, in particolare quelle zodiacali (van
relazione diretta con il testo scritto. Disegni che der Waerden, 1952/53; Verderame, 2009a), noti
accompagnano la descrizione di un testo sono dalle fonti scritte (fig. 5). È tuttavia difficile stabi-
pochi e si trovano su tavolette che contengono lire se quelli riprodotti siano simboli divini di cui
letteratura specialistica. Si tratta di tipi di forma- un’espressione può essere il loro aspetto astra-
zioni del fegato o dell’intestino in testi mantici, di le o se in questi oggetti siano già rappresentate
figure geometriche in testi matematici, di imma- delle costellazioni. Per esempio, il centauro che
gini di demoni in scongiuri. Per quanto riguarda scaglia una freccia riprodotto con diverse va-
le rappresentazioni di costellazioni, l’esempio rianti (alato, con coda di scorpione, con una te-
più esplicito sono tre immagini su due tavolette sta felina sulla schiena) è identificato con il dio
provenienti da Uruk e datate al periodo seleucide Pabilsaĝ la cui proiezione astrale è la costella-
(Weidner, 1967). Su di esse sono rappresentati: zione che noi conosciamo come Sagittario. Allo
le Pleiadi, Orione e il Toro (fig. 1); Giove, l’Idra stesso modo, l’essere composito metà capra e
(Mušhuššu) e il Leone (fig. 2); Mercurio, la Vergi- metà carpa (suhurmašû) è uno degli esseri mi-
ne e il Corvo (fig. 3). tici della cerchia del dio delle acque dolci Enki /
Sempre dalla fase ellenistica dello scavo di Ea; il “carpa-capra” è il simbolo stesso del dio
Uruk provengono una serie di tavolette di com- e la sua proiezione astrale è la costellazione che
noi conosciamo come Capricorno. In questi due Le fonti scritte
esempi è chiaro come sia difficile sostenere con
sicurezza che quelle rappresentate sui cippi cas- Le fonti scritte, al contrario, sono numerose e
siti siano simboli divini o costellazioni. varie. Le culture che si sono avvicendate sul suo-
L’obiezione avanzata per quanto riguarda l’i- lo mesopotamico in epoca storica, grosso modo
conografia dei cippi vale anche per la glittica, dal III al I millennio a.C., si sono espresse sempre
ovvero possiamo interpretare i simboli che tro- e unicamente attraverso la scrittura cuneiforme.
viamo nelle decorazioni dei sigilli come rappre- Questa costituisce dunque un elemento di tra-
sentazioni astrali? Lo scorpione è un animale smissione e identificazione culturale che unisce
importante nella tradizione mesopotamica ed è in un continuo fluire elementi arcaici e innovati-
rappresentato sin dalle fasi più arcaiche (Pizzi- vi. Nell’arco di tre millenni abbiamo due lingue
menti, 2016), così come il toro o il leone, ma è in cui sono redatti i documenti ufficiali e i testi
lecito pensare a un’associazione con le costella- letterari, il sumerico per il III millennio e il babilo-
zioni per questi simboli così diffusi? I sette pallini nese per il II e I millennio4.
che si trovano su sigilli, così come su stele e cip- All’interno di questa lunga tradizione scritta e,
pi, possono essere associati con i Sette demoni e principalmente, scribale5, i tipi di fonti per lo stu-
a loro volta con le Pleiadi (Verderame, 2016b), ma dio dei corpi celesti sono differenti. In quei testi
si tratta solo di una delle possibili associazioni che classifichiamo come letteratura – miti, gesta
con le varie eptadi della tradizione mesopotami- dei re, inni, ma anche scongiuri e iscrizioni reali
ca (Verderame, 2017a: 288 e 295 n. 30). Lo stesso – troviamo menzione degli astri o meglio della
dubbio può essere avanzato anche per simboli forma astrale delle divinità. Espliciti sono i rife-
122 meno frequenti come il centauro e il carpa-capra rimenti alle tre divinità Nanna / Sîn (luna), Utu /
discussi più sopra. Non vi sono dubbi invece sui Šamaš (sole), Inanna / Ištar (Venere), per le quali
simboli associati alle tre divinità astrali principa- gli aspetti celesti si sovrappongono alle diverse
li, ovvero luna, sole e Venere (fig. 5)3. prerogative che ne caratterizzano la figura divina.
Per quanto riguarda i dati archeoastronomi- Se nel caso delle divinità astrali i passi che si
ci questi sono pochi o di difficile interpretazione riferiscono agli aspetti celesti sono abituali, non
(Verderame, 2010b). Abbiamo un solo riferimen- mancano, tuttavia, quelli di altre divinità. Al con-
to alla relazione tra architettura e corpi celesti in trario, l’abbondanza di riferimenti diretti e indi-
un mito sumerico dove si dice che il dio Enki eri- retti ad aspetti astrali delle divinità sumeriche e
ge il suo tempio in Eridu «la cui base era situata accadiche ha portato a considerare la religione
nella costellazione del Campo ([muliku] = α, β, γ mesopotamica come principalmente astrale. Tale
Pegasi + α Andromedae) e la parte alta in quella prospettiva ha trovato supporto nelle fonti clas-
del Carro ([mul ĝišgigir] = β+ζ Tauri; ζ, ο+ Persei?)» siche che associano Babilonesi e Caldei con l’a-
(Enki e l’ordine del mondo 288-289). Un’analisi strologia e il culto degli astri. Al principio del XX
dell’assetto dei templi e delle loro parti in relazio- secolo diversi studiosi (Jensen, Jeremias, Winck-
ne a coordinate celesti è frustrata dall’approssi- ler, Zimmern) hanno infatti sostenuto che quella
mazione dei dati per gli scavi anteriori alla metà babilonese fosse una “Astral Mythologie” in cui
del secolo scorso – e che riguardano le strutture tutto è interpretato in chiave astrale (Rogerson,
più interessanti in tal senso – e l’impossibilità di 1974: 45-48). La relazione delle divinità mesopo-
procedere a verifiche sul campo degli stessi (Ver- tamiche con il cielo e le stelle è palese (cf. n. 30),
derame, 2010b: 58). ma la lettura di tutti i miti in chiave astrale è una
chiara sovrainterpretazione. Sebbene la “Astral delle costellazioni non sono state propriamente
Mythologie” rimane confinata a quel periodo e studiate (Verderame, 2010a). A prescindere dalle
a quella cerchia di studiosi, non è raro trovare liste di corpi celesti (Koch-Westenholz, 1995: 187-
ancora oggi fantasiose interpretazioni in chiave 205) e dai riferimenti sparsi nei testi astrologici,
astrale di passi letterari e immagini che non han- due soli testi contengono una descrizione espli-
no alcuna diretta relazione con il moto dei corpi cita delle figure che si riflettevano nelle costel-
celesti, ma questo è un problema più generale lazioni. Il primo è un testo astrologico tardo-ba-
che non riguarda la sola assiriologia. bilonese proveniente da Uruk (von Weiher, 1983:
Di interesse specifico per la comprensione 178-179 nr. 43). Il recto è diviso in due parti, la
della visione del cielo presso i mesopotamici, prima delle quali ha una struttura a colonne con
sono i numerosi riferimenti nei testi astrologici o delle corrispondenze tra mesi e segni zodiacali.
astronomici alle singole parti delle costellazioni In particolare, abbiamo la relazione tra ciascuno
da cui si può desumere l’aspetto che queste ave- dei dodici mesi e una costellazione zodiacale6, la
vano agli occhi dell’osservatore mesopotamico, quale, tuttavia non è indicata in base al tradizio-
ma, se si prescinde dai cataloghi stellari (Göss- nale nome, ma tramite un termine che ne descri-
mann, 1950; Kurtik, 2007), le rappresentazioni ve la forma.

Mese Rappresentazione Nome Identificazione


1. bara2 udu.nit[a2] “ariete” lu2 “Salariato” (= Ariete)
2. gu4 al-pi diš-i[n] “un toro” gu4 / mul2 Toro / “Stelle” (= Pleiadi)
123
3. sig4 a-me-lu “uomo” sipa (+) maš.maš “Pastore” (= Orione) e Gemelli
4. šu a.meš “acque” nagar “Gambero” (= Cancro)
5. ne ur.mah “leone” ur Leone
6. kin še.bar “spiga” ab.sin2 “Solco” (= Vergine)
7. du6 rin2 “bilancia” zi Bilancia
8. apin g[ir2.(tab)] “scorpione” gir2 Scorpione
9. gan DIR x x pa “Papsukkal” (= Sagittario)
10. ab ú-ri-ṣa “capra” maš2 “Capracarpa” (= Capricorno)
11. ziz2 ṣal-mu “immagine” gu “Gigante” (= Acquario)
12. še še-im? “…” kun “Code” (= Pesci)

Tabella 1 Corrispondenze tra rappresentazione e nome delle costellazioni zodiacali in una tavoletta da
Uruk del periodo seleucide (von Weiher, 1983: 178-179 nr. 43)
La seconda fonte è una composizione che de- mostrazione della circolazione dei testi divinatori
scrive l’aspetto di alcune costellazioni. Già nota in a seguito della diffusione del cuneiforme nelle
precedenza da alcuni frammenti (Weidner, 1927), aree vicine durante il II millennio. Testi di conte-
è stata di recente riedita grazie a nuovi testimo- nuto astrologico sono stati rinvenuti nella capi-
ni (Beaulieu et al., 2017). Ne è nota una versione tale ittita Hattuša e nella capitale elamita Susa, a
breve e una ampliata, oltre a un frammento iso- Ugarit sulla costa mediterranea, nei centri siria-
lato di difficile collocazione. Nonostante la lacu- ni di Alalakh, Emar e Qatna. Molti di questi testi
nosità e il ricorso a espressioni stereotipe, come sono in babilonese, ma a Hattuša troviamo anche
per esempio “una figura (umana) vestita” per traduzioni ittite e testi bilingui.
descrivere le costellazioni di forma umana, que-
sta composizione offre importanti informazioni
sulla forma delle costellazioni e la cornice mito- La raccolta di presagi celesti Enūma Anu Enlil
logica entro cui sono concepite. Così «il Vecchio
(Perseo) è una figura (umana) vestita, con una Nella seconda metà del II millennio a.C.,
barba … nella mano destra ha una frusta», men- forse più precisamente durante il regno di
tre il «Fedele Pastore di An (Orione) è Papsukkal, Adad-apla-iddina (1068–1047 a.C.; cf. Fincke,
ministro di An e Antu, una figura vestita, barbu- 2016: 116), i presagi celesti furono raccolti e or-
ta, in un kurkurru, che tiene un lucchetto e una dinati in una “serie” (iškaru), nota dal suo inci-
chiave» e, infine, per le costellazioni teriomorfe, pit con il nome di Enūma Anu Enlil “Quando An,
sappiamo che «il Cane (Hercules) è un cane rap- Enlil”9. La serie contiene migliaia di presagi cele-
presentato come un cane accosciato, con il muso sti e meteorologici raccolti in circa settanta tavo-
124 rivolto alla stella della dea Gula (Lyra?)» di cui è lette10 o capitoli, ordinati in base al contenuto e
l’animale simbolo. divisi in quattro parti: presagi lunari, solari, pia-
Per quanto riguarda i testi divinatori va pre- neti e stelle fisse, meteorologici. Le quattro par-
messo che prima dell’emergere dell’astrologia ti prendono i nomi delle divinità che hanno una
genetliaca a metà del I millennio a.C. (Rochberg, identificazione o relazione con i fenomeni trattati,
1998), l’osservazione e l’interpretazione dei pre- per cui abbiamo che il dio luna Sîn dà il nome
sagi celesti riguarda prettamente lo stato e il so- alla sezione dei presagi lunari, il dio sole Šamaš
vrano7. Non si può escludere che esistesse una a quella dei presagi solari, la dea Ištar (Venere) a
qualche forma di astrologia di natura “popolare”, quella dei presagi di pianeti e stelle fisse e, infi-
ma di questa non vi è nessuna traccia nelle fonti ne, il dio della tempesta Adad a quella dei presa-
scritte che sono principalmente di origine palati- gi meteorologici.
na. Non esiste neppure un operatore cultuale che La serie Enūma Anu Enlil si apre con una in-
fosse specificamente preposto all’interpretazio- troduzione mitologica. Si tratta di una cosa non
ne del moto celeste8 e non sembra neppure che comune nelle raccolte divinatorie, resa ancora
quest’ultima rientrasse tra le tecniche mantiche più eccezionale dal fatto che in realtà si tratta di
di qualche altro professionista della divinazione, due introduzioni in due lingue diverse, la prima
come per esempio l’aruspice (barû). in sumerico, la seconda in accadico (Verderame,
Pochi e isolati sono i testi astrologici per i 2002: 2, 13). Seppure simili nei tratti principali, le
periodi più antichi. Cosa più rilevante è che essi due introduzioni divergono in vari punti e in pri-
sono noti principalmente da biblioteche e archi- mis nel fatto che il protagonista della prima intro-
vi provenienti da fuori della Mesopotamia, a di- duzione in lingua sumerica è il dio luna Nanna /
Su’en (Sîn)11, mentre protagonista della seconda presagi celesti. Come per la luna / Su’en, anche
è il dio sole Šamaš. per il sole / Šamaš le funzioni sono cronografiche
e mantiche. Per entrambi si fa riferimento a due
(Sumerico) aspetti specifici, il crescente lunare e il sorgere
Quando An, Enlil ed Enki, i grandi dèi, per mezzo del
loro saldo consiglio,
del sole. L’antecedenza della prima introduzione,
hanno fissato i grandi ME del cielo e della terra e la cui è attribuita arcaicità e maggiore prestigio me-
falce di Su’en, diante la lingua sumerica, indica la priorità e pre-
hanno fissato il nascere del giorno, l’inizio del mese minenza della luna sul sole, cosa che ha un rifles-
e i “segni” del cielo e della terra,
hanno fatto apparire la falce lunare del cielo, che in
so diretto nel pantheon sumero-accadico dove il
mezzo al cielo, divenuta visibile, è sorta. dio luna è padre del dio sole e di Venere / Ištar.
(Accadico) Il calendario mesopotamico è di tipo luna-
Ovvero: quando An, Enlil ed Ea, i grandi dèi, nel loro re (Ben-Dov et al., 2012). Il mese inizia quando
consiglio stabile,
ebbero stabilito il progetto del cielo e della terra (e
è visibile il crescente e le fasi lunari dividono in
lo) assegnarono ai grandi dèi, quattro quarti il mese. All’inizio di ogni quarto (1,
la creazione del giorno, il rinnovamento del mese, 7, 14-15, (21)13) hanno luogo le principali offerte
le cose relative alle osservazioni (dei segni celesti), e celebrazioni religiose mensili. La discrepanza
- l’umanità vide Šamaš/il Sole alla porta dalla quale
esce –
con le stagioni14, legate al ciclo solare, è colmata
divennero visibili regolarmente tra il cielo e la terra. mediante l’inserimento di un tredicesimo mese,
(Enūma Anu Enlil I; Verderame, 2002: 13 §0a-b) definito in sumerico DIRI e in accadico (w)atru
“eccedente, in più”. Il ricorso a un tredicesimo
Lo stile in cui è scritta l’introduzione non è mese intercalare non è sistematico, ma occasio-
molto chiaro e a ciò si aggiunga che la parte su- nale. È prerogativa del solo re ricorrere a questo 125
merica è probabilmente tradotta da un’originale mese “in più” per riequilibrare l’assetto tra mesi
accadico; si tratterebbe in sostanza di pseudo-su- e stagioni quando lui lo ritiene opportuno (Verde-
merico. Qual è la necessità di questo artificio e, rame, 2017b). L’intercalazione sarà strutturata in
in generale, di due introduzioni discordanti, che modo fisso nel computo degli anni solo a partire
attribuiscono a due differenti divinità prerogative dal primo millennio a.C.
simili? Se la luna scandisce il ciclo calendariale e le
misure maggiori di tempo, al sole rimane quella
minore, ma fondamentale, dell’alternanza quoti-
La funzione cronografica e mantica della luna e diana di un periodo di luce (u4 / ūmu) e un perio-
del sole do di buio (ĝi6 / mūšu), che assieme formano il
giorno. A sua volta il giorno è composto da sei
Nella prima introduzione i grandi dèi riuniti in veglie (en-nun / maṣṣartu), tre diurne e tre not-
consiglio creano il crescente lunare e assegnano turne15.
al dio luna Su’en due compiti, quello cronografi-
co e quello mantico, ovvero segnare il tempo e stagione
palesare il volere divino tramite i segni celesti, 1 mese
anno = 364/5 calda 12 mesi (+ 1
due funzioni destinate specificamente all’uma- = 28/30
giorni stagione intercalare)
giorni
nità12. Nell’introduzione accadica il sorgere del fredda
sole è creato per segnare l’inizio del giorno e il
“rinnovamento” del mese e le “osservazioni” dei Tabella 2 Divisione dell’anno e del mese
notte tre veglie po e il mostrare i presagi. Lo ritroviamo in nume-
notturne rosi altri passi letterari e cosmogonie, tra le quali
giorno = 24 ore 12 doppie-ore la più ampia e dettagliata è quella dell’Enūma eliš
giorno tre veglie
diurne o Poema della creazione babilonese. Qui Marduk
crea la volta celeste e fissa le stelle, poi fa appari-
Tabella 3 Divisione del giorno re Nannaru, la luna, a cui affida la notte.

All’inizio del mese brilla sopra il paese


La luna dunque marca la scansione dell’unità splenderai con le corna per segnare sei giorni;
di tempo più grande, l’anno e il mese, mentre il il settimo giorno, la corona deve essere a metà.
sole quella minore, il giorno. Entrambi gli astri Il quindicesimo giorno si troverà in opposizio-
poi “mostrano” i segni, ovvero i presagi agli uo- ne (al sole) a metà del mese e allora, quando il
sole ti guarderà dalla parte opposta del cielo,
mini. L’Enūma Anu Enlil è una raccolta di omina cala, diminuisci, con la stessa regolarità.
celesti e meteorologici e i presagi cui si riferisce Ma, il giorno della scomparsa, ricomincia e raggiun-
l’introduzione sono quelli astrali. Tuttavia, va gi il sentiero del sole, così che il quindicesimo giorno
precisato che il concetto di presagi va qui inte- sarai di nuovo in opposizione al sole.
(Enūma eliš V 15-22)
so anche in senso più ampio. Come vedremo più
avanti, il sole e la luna hanno rilevanza nella divi-
nazione. I due astri, infatti, si incontrano alla fine
Le forme della luna
di ogni mese (nel giorno della scomparsa della
luna) per stabilire il destino del paese per il mese
Il passo dell’Enūma eliš ben descrive le quat-
successivo e quindi comunicare il volere divino
126 tro fasi della luna. La sua forma iniziale è quella
mediante i presagi16. Nella visione mesopotami-
del “crescente” (u4-sakar / uskaru), di cui spic-
ca, infatti, gli dèi non comunicano direttamente
cano le corna (si / qarnu). Si tratta anche della
con gli uomini, ma palesano la loro volontà, ov-
forma principale del dio/astro, quella che ne
vero il “verdetto” dell’assemblea divina, median-
costituisce il simbolo e che è utilizzata in alcuni
te i presagi che gli uomini devono decifrare. Il dio
periodi per indicare anche le altre fasi lunari. Il
sole, inoltre, nella tradizione accadica è il patro-
crescente marca il primo quarto di sette giorni ed
no, assieme al dio della tempesta Iškur / Adad, di
è seguito dal secondo quarto, la luna crescente,
tutte le pratiche mantiche.
che nel passo dell’Enūma eliš è indicata dalla “co-
Un inno dedicato a entrambi gli dèi sintetizza
rona” (aga / agû) a metà. Il terzo quarto comin-
questi due aspetti fondamentali:
cia a metà del mese (14-15) ed è caratterizzato
dalla luna piena ovvero dall’equilibrio tra sole e
luna. L’ultimo quarto è vagamente descritto (cf. n.
O Sîn e Šamaš, entrambi dèi, 13) ma termina con un giorno cruciale e partico-
Sîn della notte, Šamaš di tutto il giorno, larmente infausto, quello della scomparsa della
vostri sono i verdetti (= presagi) del cielo e della terra. luna (u4-na2-am3 / ūm bubbuli).
Siete voi a marcare la durata del giorno, del mese Sono queste le forme e le corrispondenti fasi
e dell’anno.
(Inno a Sîn e Šamaš 1–4) della luna i cui elementi (crescente, corna, coro-
na) si ritrovano non solo nei testi divinatori (astro-
Non si tratta, tuttavia dell’unico riferimento logici e emerologici), ma anche nella letteratura,
alla relazione dei due astri con il marcare il tem- in particolare negli inni al dio luna (Stol, 1992). Il
crescente è il simbolo del dio luna (fig. 5). Si trova copricapo del monarca, una tiara o un berretto
rappresentato su sigilli e stele (Collon, 1992; Pizzi- a calotta del tipo di quelli con cui sono soven-
menti, 2013). Lo stendardo del dio così come altri te rappresentati i sovrani del III millennio. Infine,
oggetti legati al culto, tra cui forse dei pani o delle va sottolineata la relazione tra luna, regalità e
torte offerte al dio, hanno la forma del crescente. calendario (Verderame, 2017b). Il rinnovamento
Sappiamo che oggetti di vari materiali preziosi mensile della luna è associato nel suo ciclo com-
chiamati appunto “crescenti” (uskaru) venivano pleto (anno) al re. È infatti durante la festa del
offerti alla luna come doni votivi17. Capodanno che il re è destituito e poi re-introniz-
Le corna e la corona veicolano una serie di zato – e assieme a lui il dio cittadino o nazionale,
ulteriori associazioni della luna e del suo dio completando in questo modo il ciclo annuale.
con due aspetti caratteristici. Le corna stilizzano Una composizione dal carattere emerologico, il
l’aspetto del crescente e richiamano l’elemento cosiddetto Astrolabio B (Casaburi, 2003) rimarca
bovino con cui il dio è direttamente associato. per il primo mese dell’anno (ITI.BARA2 / nisan) la
Sebbene la metafora bovina sia diffusa nella tra- funzione rinnovatrice del Capodanno e l’associa-
dizione mesopotamica per esprimere bellezza e zione luna-sovrano (Verderame, 2017b). Il testo
potenza e per quanto altre divinità abbiano re- è bilingue (sumerico-accadico) e comincia con il
lazioni con i bovini18, il rapporto di Nanna-Su’en nome del mese: mese in cui «gli altari sono posti
con essi è univoco. Le stelle fisse sono equipa- fuori dal confine» in sumerico e “primo” o “pri-
rate a delle mandrie di cui il dio luna è il bovaro mizia” in accadico. Segue la costellazione prepo-
(vd. sotto). Nanna-Su’en interviene direttamente sta, il Campo (α, β, γ Pegasi + α Andromedae) in
nel ciclo riproduttivo dove la partoriente è as- entrambi e la specificazione “altare” (sum.) / “tro-
sociata alla vacca gravida (Verderame, 2020). Il no” (acc.) di An. Questa differenza altare / trono 127
più diffuso scongiuro per la nascita, noto come si ritrova nella successiva riga dove, riferendosi
“la serva della luna” o “la vacca di Sîn”, si centra all’interruzione e ripristino dell’ordine durante il
sulla relazione tra il dio luna e la vacca che sta Capodanno, la versione sumerica riporta «l’al-
per partorire: l’intervento divino per favorire un tare viene sollevato e poi ristabilito», mentre in
parto rapido e indolore alla vacca – il cui nome è quella accadica è il re a essere sollevato e ristabi-
Geme-Su’en “Serva di Sîn” – sarà invocato per la lito. Segue il riferimento in entrambe le versioni
donna per la quale lo scongiuro è recitato (Verde- al principio fausto dell’anno di An ed Enlil. Dopo-
rame, 2020). La relazione della luna con i bovini diché si specifica che il primo mese (Nisan) è del
non si limita al solo livello metaforico e simboli- dio luna (Nanna nella versione sumerica, Sîn in
co, ma si amplia logicamente anche a quello les- quella accadica), primogenito di Enlil.
sicale (Verderame, 2014a: 92-93), per cui per es. Il crescente, le corna e la corona sono gli
l’alone lunare è chiamato “recinto, stalla” (tur3 / aspetti principali della luna ma non le uniche for-
tarbaṣu). me in cui l’astro è immaginato. Tra le varie altre
La corona, d’altro canto, ricorda la stretta re- figure20 cui è associata la luna quelle più frequen-
lazione della luna con la regalità (Verderame, ti sono la barca e il carro o meglio la sua ruota.
2017b). Se da una parte l’epiteto di “primogeni- Definita “barca del cielo” (ma2-an-na) o barca
to di Enlil”19, capo del pantheon più arcaico, con makurru (ma2-gur8 / makurru), la luna è immagi-
cui è chiamato Nanna-Su’en, sancisce il principio nata come un battello che solca il cielo notturno.
ereditario su cui si fonda la regalità, d’altra parte, L’associazione, tuttavia, non solo richiamerebbe
la forma bombata della luna crescente ricorda il l’incedere celeste dell’astro, ma sarebbe raffor-
zata dal richiamo della forma del crescente a una Appena all’aurora la luce come fuoco s’accende, re-
sorta di gondola documentata fin dal terzo mil- stano coperte tutte le stelle del cielo;
tu solo sei magnifico, nessuno fra gli dèi può misu-
lennio e ancora in uso nell’area delle paludi del rarsi con te.
sud dell’Iraq (fig. 6), sebbene altre proposte in Con Sîn, tuo padre, prendi consiglio e fissi le
merito siano state avanzate (Stol, 1992: 249). ordinanze,
I documenti amministrativi neo-sumerici (XXI An ed Enlil senza di te non tengono consulto»
(Inno di Assurbanipal a Šamaš 3-8).
sec. a.C.) registrano uscite mensili nei giorni 1,
7, 15, definite come offerte (eš3-eš3) per il “carro”
(ĝišgigir). Non è nota un’associazione della luna Nell’Enūma eliš la preminenza della luna è
con un carro o l’idea dell’incedere del dio su di un ribadita dal suo precedere la creazione del sole
carro, come per il sole (vd. sotto), e il “crescente (suo figlio), cosa che conferma l’ordine gerar-
del carro” (u4-sakar-ĝišgigir), che si trova occasio- chico e generazionale. In linea generale, la pre-
nalmente in alcuni testi dalla città di Umma, ha minenza della luna è confermata anche dal fatto
fatto ipotizzare che l’espressione non si riferisca che i presagi legati al sole hanno poca impor-
al carro, ma piuttosto alle parti della ruota (Stol, tanza nella tradizione mesopotamica, in partico-
1992: 246-247). Le rappresentazioni dei carri del III lare se comparati con quelli lunari. Sebbene la
millennio, come per esempio quello sul cosiddet- serie astrologica Enūma Anu Enlil comprenda
to stendardo di Ur (fig. 7), mostrano una ruota pie- un’ampia sezione dedicata al sole, i presagi le-
na composta da due mezzelune. Le tre fasi della gati alle eclissi solari non hanno una particolare
luna (crescente, piena, calante) sarebbero dunque importanza, laddove al contrario le eclissi lunari
associate con l’intera ruota o una delle sue metà. preannunciano grandi calamità, tra cui la morte
128 del re21. Se dobbiamo dar credito alle parole di
una lettera inviata al sovrano assiro, non esiste-
Il ciclo del sole va neppure un rituale specifico per contrastare il
male preannunciato dall’eclisse di sole22.
Nel Poema della creazione babilonese, l’Enūma Tuttavia, nell’Enūma eliš la sezione relativa al
eliš, l’apparizione del crescente lunare è seguita sole è ben più ampia di quella della luna – tre vol-
da quella del sole. Il passo (Enūma eliš V 23-46?) è te – testimoniando una maggiore rilevanza del dio
molto frammentario e non è possibile, se non per Šamaš nella religione babilonese. A partire dal II
vaghi accenni, avere un’idea di come si strutturi millennio a.C. si rafforza e diviene più popolare la
e a cosa si riferisca specificamente la creazione figura del dio del sole in relazione alle sue funzioni
del sole e l’attribuzione delle sue funzioni da parte di giudice divino e, assieme al dio della tempesta
di Marduk. Se il passo relativo alla creazione del Adad, di patrono della divinazione. Quale giudice
sole nell’Enūma eliš è mutilo, troviamo la descri- onnipresente e la cui luce tutto illumina, Šamaš è
zione degli aspetti e funzioni celesti del dio in altre l’autorità suprema cui si appella chiunque abbia
composizioni, come per esempio l’inno a Šamaš subito un torto o un’ingiustizia. Šamaš compare
del re Assurbanipal che riassume in poche linee le dunque come protettore soprattutto dei più deboli
principali prerogative del dio sole. oppressi dai potenti. Ciò vale anche per le azioni
malevole di nemici, streghe e stregoni che attac-
(Come) una linea di scrittura tu scruti con la tua luce
cano la loro vittima mediante fatture. Infatti, Ša-
tutti quanti i paesi,
per chi non si stanca a interrogare gli oracoli, gior- maš è chiamato a giudicare anche i colpevoli,
nalmente tu decidi le questioni del cielo e della terra. umani o sovrumani, di azioni magiche nocive nel-
le contro-fatture, che assumono la tipica struttura il cielo e di notte passando sotto la terra. Punto
del processo: la vittima si appella al sole, giudice di passaggio tra le due regioni sono le montagne
divino, perché giudichi e punisca colui che lo ha af- gemelle Mašu, che il sole attraversa a occidente
fatturato. In generale, assistiamo al diffondersi di al tramonto per entrare negli Inferi e a oriente
una specifica teologia legata a Šamaš che ha una all’alba per tornare in cielo (fig. 8)23.
grande presa a livello sociale e che si diffonde tra È presso una di queste montagne, quella
gli strati più ampi della popolazione. Tale teologia orientale, che Gilgameš giunge al termine del suo
ha anche un aspetto misericordioso in quanto il viaggio alla ricerca dell’immortalità e incontra gli
dio sole soccorre tutti coloro che a lui si rivolgono, uomini-scorpione che sorvegliano il passaggio.
persino i criminali pentiti. Tracce della funzione di
soccorritore divino si trovano già nella precedente Giungendo (Gilgameš) alle montagne Mašu,
che vegliano quotidianamente il sorgere del sole,
tradizione sumerica. Il dio del sole Utu, infatti, in- – sopra di loro poggiano le fondamenta del cielo,
terviene in più di un’occasione in aiuto di Dumuzi, sotto la loro base raggiunge l’Arallu (Inferi) –
che all’astro si è rivolto per essere trasformato in uomini-scorpione sorvegliavano la porta,
animale e così poter sfuggire agli sbirri infernali il loro terrore era spaventoso, il loro sguardo di morte,
paurosa la loro aura (melammu), sovrastante le
che vogliono ucciderlo (Dumuzi e Ĝeštinanna, Il montagne,
sogno di Dumuzi). Tuttavia, la massima espres- al sorgere del sole e al calare del sole vegliavano
sione di questa teologia si ritrova in composizioni il sole.
come il Grande inno a Šamaš (Castellino, 1977: (Epopea di Gilgameš IX 38-45).
383-391), una composizione accadica ad anello
che ripercorrendo il ciclo completo del sole, de- Una volta attraversatele l’eroe si troverà di
scrive le competenze e l’azione del dio. fronte alle acque cosmiche che separano la terra 129
dei vivi da quella dei morti in mezzo alle quali
vive il sopravvissuto del diluvio, il Noè babilone-
Il viaggio infero del sole se, Utanapištim (Verderame, 2014b: 33-34).

Il sole di giorno attraversa la volta celeste gui-


dando un carro (Alaura – Bonechi, 2012), ma cosa Il sole che va a dormire
accade all’astro durante la notte? Due diverse
concezioni convivono nella tradizione mesopota- La seconda concezione, opposta alla prima,
mica. La prima è che il sole prosegua negli Inferi vede il sole riposare durante la notte. Il dio, ter-
il suo viaggio notturno portando luce e quindi minato il suo viaggio diurno, si ritira all’interno
una qualche forma di sollievo ai morti (Heimpel, del cielo nella sua stanza da letto (agrun / kum-
1986: 146-147). mu) e da questa ne esce solo al mattino (Heim-
pel, 1986: 128-130).
Negli inferi sorvegli i principi, Kubu, gli Anunnaki, in
alto dirigi tutti gli abitati. O Utu / Šamaš, quando entri all’interno del cielo
Pastore delle regioni inferne, custode delle superne, che le sacre chiusure del cielo ti dicano: “Salute!”,
rettore, luce dell’universo, Šamaš, tu sei. che le porte del cielo ti benedicano,
(Grande inno a Šamaš 31-34) che Giustizia, il tuo amato ministro, ti guidi,
che la tua grandezza si mostri al(la tua casa/tempio)
Ebabbar (lit. casa splendente),
Il sole, dunque, percorrerebbe ininterrotta- che Šerda, la tua amata sposa, gioiosamente ti venga
mente un viaggio ciclico attraversando di giorno incontro
… prescrive l’offerta di un crescente (uskaru) per la
(Preghiera bilingue dello scongiuratore al tramonto luna e un disco (šamšatu) per il sole il 28 (gior-
1-6; cf. Heimpel, 1986: 129-130)
no della scomparsa della luna) dell’ottavo mese
(CAD Š1 333).
Le porte del cielo con i paletti e le serrature
A fianco del diffuso šamšatu, troviamo un al-
svolgono la funzione che nella concezione del ci- tro termine che si riferisce al disco solare, niphu.
clo continuo del sole hanno le montagne gemel- Il termine, pur indicando un fenomeno luminoso
le Mašu. La differenza è che mentre le montagne utilizzato in relazione a diversi corpi celesti (CAD
Mašu sono solo le “porte” del sole, attraverso le N2 242-243) è specificamente impiegato per in-
porte del cielo entrano ed escono, ovvero sorgo- dicare un oggetto a forma di disco (CAD N2 245-
no e calano, tutti i corpi celesti (Heimpel, 1986: 246). In questa seconda accezione niphu si tro-
132-140). Abbiamo dunque un’opposizione tra un va solo in due testi. Uno è un cippo di confine
percorso ciclico continuo e uno lineare interrot- (kudurru) medio-babilonese. L’altro è la più tarda
to che riguarderebbe non solo il sole, ma anche Tavoletta del dio sole (fig. 9), particolarmente in-
tutti gli astri. Questa idea si ritrova nell’Enūma teressante perché il passaggio in cui compare il
eliš. Qui è Marduk che dopo aver creato le stel- termine descrive come il fondatore della secon-
le e averne segnato il cammino «apre ai due lati da Dinastia del Paese del Mare, Simbar-Šipak
(del cielo) delle grandi porte e assicura il paletto (1025-1008 a.C.), volendo ristabilire il culto del
(di chiusura) a destra e sinistra» (Enūma eliš V sole e in assenza di un’immagine e di una statua
9-10). È da queste porte che al tramonto escono del dio cui ispirarsi, installò nel tempio un disco
le stelle ed è da esse che, nelle linee successive, (niphu), simbolo del dio sole, presso il quale ve-
130 Marduk farà apparire anche la luna (vd. sopra). nivano presentate le offerte regolari per il culto
divino (Woods, 2004: 41, 51-52).

La forma del sole


Inanna/Ištar e il pianeta Venere maschio e fem-
Differentemente dalla luna, la forma del sole mina
non muta e rimane costante durante l’anno.
La rappresentazione del sole in forma di disco Il pianeta Venere è identificato con Inanna /
con iscritta una stella a quattro punte e quattro fa- Ištar, probabilmente la figura divina più longeva
sci di raggi (fig. 5 e 9) ha una sua corrispondenza e complessa del politeismo mesopotamico. At-
nel termine accadico šamšatu (AŠ.ME) “disco sola- traverso le fonti letterarie l’aspetto della dea che
re”, derivato da šamšu “sole”. Oggetti in materie emerge è quello di patrona dell’amore e della
preziose (oro, argento, pietre) nella forma del di- sessualità non riproduttiva nonché della batta-
sco solare e chiamati appunto šamšatu compaio- glia e della regalità. Tuttavia, Inanna / Ištar è an-
no sovente tra le offerte votive di un certo pregio. che la dea dell’inversione e degli opposti: molti
Il nome del settimo anno di regno di Samsu-di- inni ne celebrano la capacità di mutare la guerra
tana di Babilonia (ca. 1618 a.C.) celebra la fabbri- in pace, gli uomini in donne, e viceversa (Harris,
cazione di «un disco solare di agata, emblema 1991; Verderame, 2009b: 72-73). Il simbolo stes-
che scintilla come il giorno, magnificamente de- so della dea, il fuso (ĝišbal / pilaqqu), non è l’at-
corato con lapislazzuli, oro splendente e argento tributo femminile dell’attività domestica, ma al
puro». Un interessante passo di un’emerologia contrario con il suo ruotare continuo rappresenta
il costante mutamento, essenza stessa della dea Colei che scende dal cielo, colei che scende dal cielo
(Verderame, 2009b: 72-73). Il travestitismo e l’in- voglio lodare!
La matrona che scende dal cielo voglio lodare!
versione di genere contraddistingue gli operatori La grande signora del cielo, Inanna, voglio lodare!
cultuali connessi al suo culto. L’opposizione di La sacra torcia che riempie il cielo,
genere ha un riflesso diretto sull’aspetto astrale la luminaria, Inanna, che risplende come il giorno,
della dea. Il pianeta Venere infatti è considerato la grande signora del cielo, Inanna, voglio lodare!

maschile e nefasto alla sera e femminile e fasto (Voglio lodare di Inanna) alla sera il suo brillante
al mattino24. sorgere,
il suo illuminare (lit. riempire) il cielo come una sacra
La Stella dell’uomo è per la pestilenza. Venere è visi- torcia,
bile a occidente, è maschio. il suo stare in cielo come Nanna e Utu.
La Stella della donna è per prendere moglie e per ge- (Inno di Iddin-Dagān a Ninsianna (Iddin-Dagan A) 1-6,
nerare maschi. Venere è visibile a oriente, è femmina. 11-13)
(Enūma Anu Enlil L-LI 6-7 //; Reiner - Pingree 1981:
46-47) Normalmente il pianeta Venere non compa-
re nelle cosmogonie, dove il cielo così come il
giorno e la notte è diviso tra luna e sole. Un’in-
L’assalto di Inanna / Ištar alla regalità celeste teressante eccezione è una historiola conser-
vata nella tavola XVI della composizione scon-
Assieme al padre, il dio luna (Nanna / Sîn), e al giuratoria bilingue Gli spiriti maligni (Utukkū
fratello, il dio sole (Utu / Šamaš), compone la co- lemnūtu). Qui il capo del pantheon, Enlil, dopo
siddetta triade astrale, cha a sua volta fa parte del essersi consultato con il dio Enki / Ea, assegna
gruppo dei sette grandi dèi assieme alla triade l’amministrazione e, assieme al dio del cielo An, 131
creatrice (An, Enlil, Enki / Ea) e alla dea madre o, anche il governo della volta celeste ai tre astri
a seconda dei casi, alla dea degli Inferi, Ereškigal. (luna, sole, Venere).
Venere è l’astro più brillante del firmamento.
Il suo bagliore, che «rende la notte sicura come Nanna / Sîn, Utu / Šamaš, Inanna / Ištar furono posti
se fosse accesa una torcia a distanza» (Inno di (a capo) dell’amministrazione delle fondamenta del
Išme-Dagān a Inanna (Išme-Dagan K) 5), è com- cielo
e con An furono posti alla signoria dell’intero cielo.
parato a quello del padre Nanna e il suo incedere A loro tre, gli dèi suoi figli,
a quello del fratello Utu: (Enlil) ordinò loro di stare senza requie la notte e il
giorno.
Signora, la cui grandezza supera quella della monta- (Gli spiriti maligni XVI 25-28; Geller, 2016: 506-507)
gna (o degli Inferi),
che come An incede, che come Enlil incute terrore, Il passo prosegue con il tentativo di Inanna /
come suo padre (Nanna) è perfetta di notte e di
mattino, Ištar di conquistare la regalità celeste con l’aiuto
come Utu con giovanile (forza) compie il suo corso, del sole (Utu / Šamaš) a scapito del dio luna Nan-
ai quattro punti cardinali solo lei è eccelsa! na / Sîn:
(Lamentazione per Uruk fram. H 1-5)
A quel tempo i Sette dèi maligni (Sebettu) turbinava-
Il motivo di Venere quale luminaria o torcia no presso le fondamenta del cielo,
presero a girare attorno al crescente lunare.
del cielo si ritrova in altre occasioni, come nel se- Il giovane Utu / Šamaš e l’eroico Iškur/ Adad si schie-
guente passo dove torna anche la comparazione rarono al loro fianco
con il padre Nanna e il fratello Utu: e Inanna / Ištar con(tro) 25 An occupò la sacra
residenza e complottava contro la regalità del cielo. Le peregrinazioni di Inanna / Ištar e il moto di
(Gli spiriti maligni XVI 29-32; Geller, 2016: 507-508) Venere

I Sette demoni dunque oscurano la luna pro- Dea dei cambiamenti, irosa e irrequieta, Inan-
vocando un’eclisse26. È questo un presagio ne- na / Ištar è rappresentata sempre in movimento.
fasto per la regalità, strettamente associata alla È l’unica divinità che viaggia attraverso le
luna (vd. sopra). È infatti lo stesso testo ad as- regioni cosmiche precluse agli altri dèi (Verde-
sociare l’oscuramento dell’astro con l’oscura- rame, 2009b). Dal cielo scende nell’abzu, la re-
mento della regalità: «(È) il re, figlio del suo dio gione delle acque dolci sotterranee, dominio del
(personale), che tiene in mano la vita del pae- dio Enki / Ea e ritorna portando in dono qualità
se come la luce (lit. crescente) della luna e por- e invenzioni alla sua città Uruk e ai suoi cittadi-
ta il lucore sul suo capo come la luna nuova» ni (Inanna e i ME). Scende sulla terra (Inanna e
(Gli spiriti maligni XVI 83-84; Geller, 2016: 22). Šukaletuda, Inanna ed Ebih) e financo agli Inferi
La historiola de Gli spiriti maligni è la premessa (Discesa di Inanna / Ištar agli Inferi), riuscendo
mitica per un rituale regale contro le eclissi di anche a tornare a dispetto delle “ferree e immu-
luna. Il mitologema dell’assalto di Inanna / Ištar tabili” leggi che regolano l’Oltretomba. I suoi
alla regalità celeste ha, tuttavia, un precedente miti cominciano o si incentrano sul viaggio. Il
in un mito sumerico noto come Inanna e An. La girovagare (niĝin) della dea in cielo e in terra, il
composizione, purtroppo frammentaria, descri- suo attraversare l’Elam (altopiano iranico) e Su-
ve come Inanna, aiutata dal fratello Utu (sole) e bir (la Mesopotamia settentrionale) si trovano
per mezzo di venti malefici, riesce a conquistare al principio di ben due miti sumerici (Inanna e
132 il governo del cielo e dell’Eanna (lit. casa del cie- Šukaletuda 112-114 // 160-162; Inanna ed Ebih 25-
lo / di An) celeste, prerogativa, la prima, e sede, 27). Questo motivo si riferisce al procedere del
la seconda, del dio del cielo. An si dichiara scon- pianeta Venere, aspetto astrale della dea, come
fitto e nella dossologia finale in favore di Inanna emerge chiaramente dalla linea successiva del
stabilisce anche che passo di Inanna e Šukaletuda (l. 115 / 163), dove
si dice che Inanna «ha girovagato per l’intreccia-
“Ora la durata della luce (diurna) diminuisce e il gior- to orizzonte celeste»27. I due passi delle compo-
no diviene notte.
sizioni sumeriche evidenziano un altro aspetto
Da oggi, quando la veglia è di tre (unità), il giorno e
la notte sono uguali”. centrale di Inanna / Ištar e del pianeta Venere, ov-
Ora al sorgere del sole è proprio così! vero l’associazione con l’Oriente mesopotamico:
(Inanna e An 43-45) l’Elam e l’altopiano iranico28.
Esiste, tuttavia, anche un termine specifico per
indicare il pianeta Venere, Dilbat o Delebat, reso
La comprensione del passo non è così sempli- nelle fonti greche come Δελέφατ. Questo termine
ce come potrebbe apparire. Il linguaggio poetico si trova impiegato soprattutto nelle fonti astrolo-
suggerisce un riferimento al solstizio.Tuttavia, l’ul- giche, ma non solo. In un inno sumerico del re
tima linea con la menzione del sorgere del sole, Iddin-Dagān di Isin (XX sec. a.C.) alla dea della
può indicare, invece, che nelle parole di An vi sia città, Ninisina (“Signora di Isin”), quest’ultima,
la fondazione del ruolo di Venere quale astro mat- associata alla dea Inanna, è chiamata Delebat nei
tutino e serale (vd. sopra) che segna il passaggio passaggi che si riferiscono al suo aspetto astrale:
tra le tre veglie notturne e le tre veglie mattutine.
Alla sera, la stella che sorge brillante, Delebat, la la funzione del pianeta Venere sovente equipara-
grande luminaria che illumina (lit. riempie) il puro to a sole e luna. Non sorprende dunque l’atten-
cielo,
la signora della sera, come un guerriero sorge in zione prestata al suo sorgere e calare, così come
cielo ai suoi movimenti. La tavola LXIII dell’Enūma
e le genti di tutti i paesi levano lo sguardo a lei. Anu Enlil contiene presagi relativi a Venere, tra
… cui il sorgere durante i diversi momenti dell’an-
Signora, stupore del paese, stella solitaria, Delebat,
la signora che incede in cielo, come un guerriero
no (Reiner – Pingree, 1975). Il testo è noto anche
sorge in cielo, come Tavoletta di Ammi-ṣaduqa per il riferimen-
tutti i paesi tremano di fronte a lei. to all’omonimo re della I dinastia di Babilonia
(Inno di Iddin-Dagān a Ninsianna (Iddin-Dagan A) 89- (1646-1626 a.C.) e per la possibilità che il nucleo
91, 135-137)
del testo sia stato composto proprio nel XVII sec.,
costituendo di fatto una delle sezioni più antiche
Durante i sacrifici notturni che accompagna- dell’Enūma Anu Enlil (fig. 10).
no rituali tesi a contrastare un male causato da
agenti umani o extra-umani sono chiamati a te-
stimoni e soccorritori gli astri. In queste invoca- I pianeti e le pecore pazze
zioni, note come “preghiere agli dèi della notte”,
è frequente trovare invocata Delebat. Discutendo di Venere è emerso un fenomeno
che diviene ancora più macroscopico con gli altri
Assistetemi, o dèi della notte!
Attendete alle mie parole, o dèi dei destini! pianeti: questi sono chiamati con diversi nomi o,
An, Enlil, Ea, e tutti i grandi dèi! più raramente, uno stesso nome può indicare di-
Ti invoco, Delebat, signora delle battaglie (var.: del versi pianeti (Brown, 2000: 53-81). 133
silenzio), Infatti, non esiste un unico termine per Giove,
Ti invoco o notte, sposa velata di An.
Marte, Saturno, Mercurio, ma differenti. Si trat-
Setole (Pleiadi), state alla mia destra, Rene (ζ+ Pup-
pis?), sta alla mia sinistra! ta di nomi descrittivi, che si concentrano su un
(Preghiera agli dèi della notte; Castellino, 1977: 650; aspetto, come per esempio il colore (Verderame,
Reiner, 1995: 16) 2004b), per cui la Stella Rossa (MUL.SA5) è Marte,
la stella Stella Bianca (MUL.BABBAR)29 è Giove, men-
Delebat è il principale, ma non l’unico nome tre la Stella Nera (MUL.MI) è Saturno. Possono es-
con cui è noto il pianeta Venere. Altre dee asso- sere nomi che affondano le radici nella teologia
ciate o identificate con Inanna / Ištar ne assumo- o nella mitologia. Così Marte è la stella del dio
no anche i ruoli astrali, per es. Ninisina, la signo- della guerra e degli Inferi Nergal / Erra, Giove del
ra di Isin, o Nanāja, dea inizialmente intesa come capo del pantheon Marduk, Mercurio di Nabû e
un aspetto di Inanna o una dea del suo circolo, anche di Ninurta. Altre associazioni, tuttavia, ri-
divenuta poi indipendente. Particolarmente in- sultano più oscure per cui non sempre è possibi-
teressante è il nome Ninsianna (nin-si(4)-an-na), le chiarire la relazione tra il pianeta e il suo nome.
letteralmente “signora brillante del cielo”. Nono- In tal senso Saturno mostra dei tratti interes-
stante il nome sia composto con l’elemento nin santi. Non è identificato con una specifica divini-
“signora”, Ninsianna è un dio e, più specifica- tà ma è noto come “Stella nera” e sole notturno
mente, rappresenterebbe l’aspetto maschile del o “l’astro del sole”, perché sembra proprio svol-
pianeta Venere (Reiner, 1995: 68). gere un ruolo quasi sostitutivo del sole in relazio-
Dai passi su citati ben si comprende il ruolo e ne alla notte e alla luna (Koch-Westenholz, 1995:
123). È inoltre associato con la costellazione della - Nēberu “il traghetto”, creata da Marduk, secon-
Bilancia, per cui nei commentari e nelle esegesi do l’Enūma eliš (tav. V l. 6), “per far conoscere
se il presagio menziona la Bilancia, questo può (alle stelle) i loro legami”;
essere interpretato come un sinonimo di Saturno - SAG.ME.GAR, uno dei più comuni nomi di Gio-
(Verderame, 2002: 105-106 n. 325). Il nome princi- ve per quanto la sua interpretazione rimanga
pale del pianeta, tuttavia, è vincolato al suo lento oscura e la resa accadica ignota;
corso celeste. Infatti, Saturno è chiamato “stabi- - Šulpa’e, antica divinità sumerica, forse perso-
le, fisso” (SAG.UŠ / kaiamānu). Allo stesso concetto nificazione dello stesso Giove;
risale il nome principale del pianeta Mercurio, - UD.AL.TAR / dāpinu, “luce che abbatte”, da colle-
che opposto al lento Saturno, è chiamato il “Sal- gare a Šulpa’e, quale trasposizione dell’aspet-
tante” (GU4.UD / šihṭu) per il suo corso veloce e ir- to luminoso del dio e del suo carattere guer-
regolare. riero;
Di tutti i pianeti quello che mostra una più am- - MUL.BABBAR “stella bianca”.
pia gamma e varietà di nomi e associazioni è il pia- Nonostante sia possibile tracciare una rela-
neta Marte (Reynolds, 1998; Brown, 2000: 70-72). zione tra i diversi nomi di Giove, per esempio
È un pianeta di grande forza e potenza distruttiva, l’associazione con la regalità e il capo del pan-
dannosa se rivolta verso la Mesopotamia, ma, al theon, non è chiaro quando venga usato l’uno o
contrario, utile se rivolta contro il nemico. Marte l’altro nome. In un rapporto astrologico neo-as-
è la forma astrale del dio della guerra e della pe- siro del VII secolo, il mittente, Nabû-mušēṣi, spie-
stilenza Nergal / Erra, temuto, ma anche invocato ga i diversi nomi che Giove ha a seconda della
dai re assiri e babilonesi quale alleato in guerra. posizione: «La stella di Marduk quando appare
134 A fianco del nome principale del pianeta, Ṣalbatā- è Šulpa’e; dopo che si è levata per 1 ‘doppia ora’
nu, di incerta etimologia, abbiamo il riferimento è Sagmegar; quando è stabile in mezzo al cielo è
al suo colore (Stella Rossa); l’identificazione con Nēberu» (Hunger, 1992: 89 n. 147 ll. 7-v. 1). Que-
stelle e costellazioni associate ad animali come sta interpretazione è tanto affascinante quanto
la Volpe, il Lupo, il Corvo e l’aquila leontocefala incerta. Non abbiamo altre fonti che suffraghino
Anzû (Verderame, in stampa (b)); nomi che richia- le identificazioni di Nabû-mušēṣi la cui origine è
mano la natura infida dell’astro come il Falso e forse da ricollegare a una personale esegesi o
il Nemico; associazioni con stelle e costellazioni una specifica scuola. Infatti, in tutti gli altri casi
implicite, come quella con il Demone dalla boc- non è possibile ricollegare un nome di un piane-
ca spalancata / Pašittu (β Andromedae), o oscure, ta a una sua specifica caratteristica o posizione
come quella con il Giogo (Bootes). nello spazio o nel tempo.
Non è possibile stabilire quanto questi nomi L’esegesi dei presagi prevede l’interpretazio-
dei pianeti e le loro associazioni con stelle e co- ne del nome, ma anche dei singoli segni che lo
stellazioni siano vincolati a una tradizione scri- compongono, da una parte, e le associazioni con
bale ed esegetica o quanto riflettano reali con- altri nomi o astri in base a una relazione concet-
cezioni circa il differente nome di un pianeta in tuale, mitologica o teologica (Brown, 2000: 53-
relazione a una specifica coordinata spazio-tem- 81). Il sumerogramma, ovvero la resa ideografica
porale. Così, per esempio, tra i principali nomi del nome, è scomposta nei suoi elementi costi-
di Giove (Brown, 2000: 64-66; Verderame, 2010a: tuenti, che possono essere interpretati indipen-
443-444) vi sono: dentemente alla luce della polifonia e polisemia
- stella di Marduk, capo del pantheon; caratteristica del sistema cuneiforme. Dall’altra
parte, mediante le corrispondenze tra pianeti e Le stelle fisse e le mandrie celesti
stelle è possibile aggiungere un ulteriore livello
di interpretazione del presagio. Nuove associa- Opposto all’irregolare moto dei pianeti, che
zioni sono sempre possibili sulla base di relazio- come “pecore pazze” corrono qua e là nel cielo,
ni che il singolo interprete può creare risponden- quello di stelle e costellazioni30 è fisso e regola-
do alla specifica necessità del momento. Questo re. Nei miti è associato all’incedere di vacche e
“gioco” esegetico, che ha dato vita a una nutrita buoi nel cielo, un’immagine che potrebbe far ri-
letteratura di commentari, è anche la prima for- salire un’idea della Via Lattea già alla tradizione
ma di diversione del male preannunciato dal pre- sumerica del III millennio a.C. (Heimpel, 1989).
sagio. Mediante un’analisi fondata su tradizione Nella composizione bilingue sumero-accadica
e interpretazione lo scriba può “riscrivere” il pre- nota come l’Esaltazione di Inanna / Ištar, An, Enlil
sagio nella sua esegesi e quindi produrne una ed Enki / Ea, gli dèi creatori, dopo aver fissato i
nuova interpretazione che allontani la minaccia «fondamenti eterni del cielo e della terra» e le
del presagio. Del resto, vi è una relazione univo- costellazioni fisse degli dèi, assegnano la notte
ca tra scrittura e divinazione in Mesopotamia. I a Nanna / Sîn e il giorno a Utu / Šamaš: nel loro
presagi non sono altro che messaggi degli dèi corso la luna e il sole devono mostrare e guidare
da interpretare. In diversi casi i segni sono veri il moto delle stelle fisse.
e propri messaggi scritti. Il dio sole “incide” sul
fegato della vittima sacrificale i segni che saran- Dalla base del cielo fino allo zenit, fu loro assegnato
il corso giornaliero.
no interpretati dall’aruspice. La stessa interpreta- Come in solchi si stringono tutte quante le stelle,
zione del moto degli astri a Babilonia è chiamata come a giovenchi, insegnano loro la via gli dèi che
“scrittura celeste” (šiṭir šamê) e sarà appannag- precedono. 135
gio dell’ambiente scribale. (Esaltazione di Inanna / Ištar 55-60)
Per quanto raro, esiste il caso di un nome che
può indicare più pianeti. Il termine bibbu, infatti, In questo passo luna e sole sono associati in
è usato per indicare specificamente Mercurio e, quella che è una prerogativa del dio luna Nanna
occasionalmente, Saturno, ma è anche il termi- / Sîn, che per un fenomeno di sovrapposizione
ne generale per pianeta (cf. n. 30). Il significato e di titoli e aspetti tra i due astri, è stata ampliata
l’etimologia del termine accadico (bibbu) è igno- anche al dio sole Utu / Šamaš (Verderame, 2003:
ta, ma la sua resa ideografica (UDU.IDIM) permette 27-28). Il titolo di “pastore” è comune per de-
di avanzare una qualche ipotesi. Il primo segno scrivere il dio sole, ma non in riferimento al suo
(UDU) è l’ideogramma per pecora e ovini, mentre aspetto astrale, quanto piuttosto in relazione alla
tra i differenti valori del secondo segno (BAD) vi sua azione di giudice e soccorritore dei bisognosi
è quello di “pazzo” (IDIM). Sebbene criticata (Rei- (vd. sopra). Nella stessa accezione il titolo di pa-
ner, 1995: 7 n. 22), l’interpretazione tradizionale store è usato dal sovrano in relazione alla cura e
vede nel termine bibbu e nella sua resa ideo- guida del suo gregge, il popolo.
grafica un termine per delle pecore selvatiche o Il pastore delle stelle, il bovaro che guida le
pazze, un’immagine che esprimerebbe il moto mandrie celeste è il dio luna Nanna / Sîn. La sua
irregolare dei pianeti, soprattutto se considerato associazione con l’elemento bovino è infatti cosa
in opposizione a quello regolare e costante delle ben nota (vd. sopra). Tuttavia, il dio Nanna / Sîn
stelle fisse. non è l’unico a conoscere il numero delle stelle e
guidarne il corso. Nella tradizione sumerica que-
sta è una prerogativa che condividono altre due L a z a p p a d ov r à l a vo r a r e ogni punto.
divinità, il dio delle acque dolci, della saggezza e (Istruzioni dell’agricoltore 38–40)
della magia Enki e la dea dei cereali, della scrittura
e del computo Nisaba (Verderame, 2003: 28-31). Allo stesso modo l’intervento della dea Nisa-
ba nei Cilindri di Gudea è legato proprio all’appa-
Tu che mediti [ordi]ni e decisioni, che fissi consape- rizione di una determinata stella che indicherà al
volmente i destini! sovrano quando iniziare la costruzione del tem-
Tu che fermi [...] giorn(i); che metti a posto i mesi,
pio del dio cittadino Ninĝirsu (Verderame, 2021).
che fai misurare il cielo alle stelle, di cui conosci il
numero! La funzione cronografica del movimento stel-
(Enki e l’ordine del mondo 43-45) lare si ritrova nella principale composizione babi-
lonese, l’Enūma eliš. La creazione del mondo da
(A Nisaba,) alla donna, alla stella che nell’Apsu ac-
parte di Marduk dopo la sconfitta di Tiamat co-
contentò a meraviglia il principe
… mincia proprio dalle stelle e dal tempo, le prime
colei alla cui presenza, sulla corda dei nodi che non funzionali a marcare il secondo.
si sciolgono, si contano i giorni, al ritmo della luna.
(Lugale 712, 721) (Marduk) fece apparire le stazioni dei grandi dèi,
pose le immagini delle stelle, le costellazioni,
Come il dio luna, anche Enki e Nisaba cono- fissò l’anno e ne tracciò il quadro,
pose tre stelle per ognuno dei dodici mesi.
scono il numero e il corso delle stelle. Questa Dopo aver tracciato il disegno dell’anno,
prerogativa, tuttavia, non deriva dalla loro natura fissò subito la stazione di Nēberu per far conoscere i
celeste, ma dalla loro relazione con la conoscen- loro (delle stelle) “legami” e affinché nessuna (stella)
za e il computo. Infatti, i passi relativi alle stelle in potesse mai commettere errori o disattenzioni,
136 stabilì con essa (Nēberu) i sentieri di Enlil ed Ea.
cui compaiono Enki e Nisaba si riferiscono a una
(Enūma eliš V 1-8)
specifica funzione, quella del computo del tem-
po. Nei due passi è chiaramente menzionata la
L’“immagine” delle stelle è vincolata all’anno.
relazione del moto stellare con il conto dei giorni,
Per ogni mese sono fissate tre stelle il cui sorge-
ovvero con il calendario. Successivamente, que-
re marca l’esatto momento dell’anno, un sistema
sto aspetto sarà condiviso dal solo dio luna e dio
che ritroviamo anche nelle fonti astrologiche e
sole (Verderame, 2017b).
astronomiche (Walker – Hunger, 1977; Casaburi,
2003). Il ruolo di indicare il corso alle stelle in que-
sto passo è incaricato a un altro astro, il Traghetto
La funzione cronografica delle stelle
(Nēberu). Sebbene Nēberu sia noto come nome di
Giove (vd. sopra), nel passo dell’Enūma eliš qui
La funzione delle stelle di marcare il tempo
citato è generalmente inteso come riferentesi a
e indicare il momento propizio per le attività
una stella, forse quella polare. Pianeta o stella che
stagionali o l’inizio del mese si trova tanto nel-
sia, Nēberu è comunque associato al dio Marduk
le fonti letterarie che in quelle divinatorie. Nella
protagonista dell’Enūma eliš, una composizione
composizione sumerica nota come le Istruzioni
che veniva recitata durante il Capodanno babilo-
dell’agricoltore l’inizio della semina è indicato
dal sorgere di una specifica stella. nese e che costituisce l’esaltazione del dio quale
capo del pantheon. La composizione è la reifica-
Quando le stelle nel cielo saranno giuste, zione e il punto conclusivo del lungo processo di
non indugiare a portare i buoi nel campo ogni volta. ascesa di un dio secondario a capo del pantheon
mediante una cosciente opera di assimilazione e l’osservazione celeste nelle culture mesopotami-
sincretismo con altre divinità. Le imprese, i pote- che.
ri e gli epiteti attribuiti a Marduk nell’Enūma eliš La poetica astrale celebra i tre astri principa-
sono quelli di altri dèi del pantheon, che sono li (luna, sole, Venere) in queste funzioni. Signore
presentati in quest’opera quali identificazioni o della volta celeste, il dio luna Nanna / Sîn, con-
aspetti del dio di Babilonia. Nel caso specifico trolla il tempo, segnando il calendario lunare e
qui discusso Marduk si sta appropriando del con- guidando gli astri. Riflesso della sua preminenza
trollo del calendario. Se l’alternanza giorno-notte è anche la rilevanza tributata ai presagi lunari su
nonché il ciclo mensile e stagionale rimangono tutti gli altri. Nanna / Sîn condivide la sovranità
legati al corso della luna e del sole e quindi agli celeste con suo figlio e correggente, il dio sole Utu
dèi Nanna / Sîn e Utu / Šamaš, il controllo del / Šamaš, mentre l’altra figlia, la dea Inanna / Ištar,
corso delle stelle e il loro ancoraggio al computo ovvero la “torcia” celeste, il pianeta Venere, com-
dell’anno divengono prerogative di Marduk per pete per luminosità e attenta al primato paterno.
mezzo della sua forma astrale Nēberu. Le due principali funzioni degli astri nell’an-
tica Mesopotamia sono il segnare il tempo e il
mostrare i segni divini (astrologia). Il moto del-
Conclusioni la luna, del sole e delle stelle fisse scandisce il
tempo, marcando il giorno, il mese, l’anno e le
La conoscenza di come gli antichi abitanti stagioni. L’aspetto, la posizione nel tempo e nello
della Mesopotamia immaginassero l’aspetto e spazio e la combinazione degli astri visibili nella
il moto degli astri è forzatamente vincolata alla volta celeste configurano un messaggio divino
natura delle fonti a nostra disposizione. Queste da decifrare. Entrambi gli aspetti – cronografi- 137
sono prevalentemente scritte e trasmettono una co e divinatorio – sono fondati quali atti primari
visione limitata. Si tratta di composizioni “tec- nelle cosmogonie. Gli astri sono dunque creati
niche”, come raccolte di presagi, almanacchi o a beneficio degli uomini, essendo il tempo e la
tabelle in cui ricorrono espressioni stereotipe e divinazione due dimensioni umane. Nell’antica
dati numerici circa la visibilità di stelle e pianeti. Mesopotamia, tuttavia, se il moto degli astri nel
La ricchezza e complessità della visione celeste cielo rende manifesto a tutti gli uomini il trascor-
mesopotamica emerge, invece, dalle fonti indi- rere del tempo e i “messaggi” degli dèi, l’inter-
rette. Nonostante l’assenza di testi divinatori o pretazione di queste due funzioni sono limitate a
descrittivi in lingua sumerica, i passi letterari of- pochi. Il controllo sul tempo, ovvero sul calenda-
frono un’abbondanza di immagini che richiama- rio, è prerogativa del re, che in questa funzione è
no gli aspetti celesti delle divinità, primi fra tutti i strettamente identificato e associato con la luna.
tre astri (luna, sole, Venere) e le divinità con essi I messaggi degli dèi attraverso le stelle, in quan-
identificate di cui si celebra il brillare e l’incedere to vera e propria forma di comunicazione scrit-
celeste. Nella successiva tradizione assira e ba- ta (šiṭir šamê “scrittura celeste”), sono soggetti
bilonese, alle testimonianze letterarie, si aggiun- a un’esegesi “filologica” che vincola l’astrolo-
gono i riferimenti in testi documentari e cultuali, gia babilonese delle fonti scritte all’ambito della
che mostrano quanto duratura e radicata fosse scrittura e all’ambiente scribale.
Note

1 Diverse opere presentano un’introduzione all’astrologia e astronomia mesopotamica (Koch-We-


stenholz, 1995; Pettinato, 1998; Hunger – Pingree, 1999; Rochberg, 2004), cui si affiancano i cataloghi
stellari (Gössmann, 1950; Kurtik, 2007) con i nomi dei corpi celesti nelle fonti cuneiformi cui si riman-
da per ulteriori riferimenti testuali. Per le letterature sumerica e accadica con riferimenti bibliografici
dettagliati vd. Verderame (2016). Diverse sono le antologie di testi sumerici e accadici (vd. bibliogra-
fia in Verderame, 2016), per comodità qui i rimandi saranno fatti a quelle in italiano (Castellino, 1977;
Bottéro – Kramer, 1992). Si adottano qui le norme vigenti nella trascrizione del sumerico e dell’acca-
dico, riportando il primo in carattere normale e il secondo in corsivo; i sumerogrammi utilizzati in te-
sti accadici sono trascritti in maiuscoletto e i determinativi sono posti in apice. Il dizionario accadico
di riferimento, il Chicago Assyrian Dictionary, è abbreviato CAD.
2 Per l’uso dello zodiaco in relazione agli oroscopi nell’antica Mesopotamia vd. Rochberg (1998).
3 Per le più antiche rappresentazioni della famiglia astrale vd. Pizzimenti (2014). Per i tre astri sulla
138 Stele della Vittoria di Narām-Sîn e la loro interpretazione come tre fasi di un’eclisse solare vd. Winter
(2004).
4 Si tratta di una necessaria, quanto forzata semplificazione, che non tiene conto, per esempio,
dell’assiro impiegato a partire dal II millennio nel nord della Mesopotamia, il quale, tuttavia, non
divenne mai lingua letteraria. La letteratura e le stesse iscrizioni reali assire furono redatte infatti in
babilonese.
5 Per la questione dell’alfabetizzazione e della circolazione della letteratura rimando alla trattazione
generale da me fatta sulla questione (Verderame, 2017: 6-7).
6 Per una più dettagliata discussione dello zodiaco e del microzodiaco, così come della loro origine
e del loro impiego vd. van der Waerden (1953), Brack-Bernsen – Hunger (1999), Verderame (2009a),
Monroe (2016).
7 Unica eccezione a tutt’oggi nota è un testo iatromantico in cui il moto delle stelle cadenti è interpre-
tato per prevedere la guarigione o meno del paziente (Reiner, 1960).
8 L’uso che si trova spesso anche in opere scientifiche di grandi studiosi del termine “astrologo”
è scorretto, perché l’unico termine che può essere associato inequivocabilmente e specificamente
all’interpretazione celeste, ovvero “scriba dell’Enūma Anu Enlil” (ṭupšar Enūma Anu Enlil), inizia a
comparire sporadicamente a partire dal VII secolo a.C. Nelle numerose lettere e rapporti di argo-
mento astrologico inviate in questo periodo ai re neo-assiri (Hunger, 1992; Parpola, 1993) nessuno
dei mittenti si qualifica come “scriba dell’Enūma Anu Enlil”, ma al contrario l’interpretazione celeste è
materia di discussione da parte di aruspici, esorcisti, medici, scribi e sacerdoti.
9 Per l’incipit e l’introduzione mitologica della serie vd. sotto. I materiali confluiti nella serie Enūma
Anu Enlil dovevano essere stati necessariamente redatti nei secoli precedenti, ma una pallida traccia
del processo di formazione del corpus astrologico è documentato solo dalle fonti extra-mesopo-
tamiche. Per il processo di “canonizzazione”, termine improprio, ma ormai invalso nella letteratura
assiriologica, e l’esistenza di materiali esclusi dalla serie Enūma Anu Enlil vd. Rochberg-Halton (1987).
10 Esistono minime varianti nel numero totale delle tavolette/capitoli attribuibili a differenti tradizioni
scribali (Koch-Westenholz, 1995: 78-79; Fincke, 2001).
11 Nelle fonti sumeriche e per tutto il III millennio il dio luna è noto mediante due nomi, oltre a una
serie di epiteti. Il più diffuso è Nanna(r), che, nonostante la sua rilevanza nel contesto sumerico, è un
nome di origine semitica derivante dalla radice *nwr e significante “lo splendente” (nannaru); l’altro
è Su’en (sempre scritto EN.ZU e da leggere mediante inversione della sequenza ZU.EN, da cui Su’en)
che diverrà il Sîn della tradizione posteriore.
12 Per la relazione tra luna e calendario e su vari aspetti del tempo vd. Ben-Dov et al. (2012) e Verde-
rame (2017b).
13 Nei periodi più arcaici i riti mensili hanno luogo solo al principio dei primi tre quarti. Ciò è dovu-
to al fatto che l’ultimo quarto terminante con il giorno della scomparsa della luna è considerato un
periodo infausto. Nelle epoche più recenti, per quanto questa visione negativa dell’ultimo quarto
permanga, sono documentati riti periodici anche al principio del quarto quarto (Stol, 1992: 246-247).
14 La tradizione mesopotamica distingue due stagioni, una calda (e2-me-eš / ummu, ummātu) e una
fredda ((en-)te-en / kūṣu, kuṣṣu), il cui principio è scandito dagli equinozi (mu-an-na).
15 Le unità di tempo inferiori sono misure lineari; in particolare la doppia ora (danna / bēru) di 120
minuti corrisponde all’incirca al tempo che ci vuole per percorrere 10,8 Km.
16 Quest’assemblea mensile in cui si stabiliscono i destini ha un punto culminante nella festa del 139
Capodanno (a2-ki-ti / akītu) durante l’equinozio di primavera quando viene chiuso il ciclo annuale.
17 Vd. CAD U 279; cf. il passaggio delle emerologie citato più sotto nella discussione sui doni votivi a
forma di disco solare. Un crescente lunare con iscrizione cuneiforme proveniente da Nippur e data-
bile al XIII secolo a.C. è stato trovato nel sito di Tas-Silg a Malta (Recchia – Cazzella, 2011)
18 Le divinità atmosferiche del Vicino Oriente, comprese quelle mesopotamiche (Iškur / Adad), sono
associate al toro, che ne è anche il simbolo. Il termine sumerico amar “cucciolo, vitello” è frequente
nell’onomastica in nomi del tipo “vitello del dio …” (amar-d…), come per esempio il re della III dina-
stia di Ur (XXI sec. a.C.) Amar-Su’ena “il vitello di Su’en”. Il dio Marduk è scritto sempre mediante gli
ideogrammi AMAR.UTU, letteralmente “vitello di Utu” o “vitello del sole”.
19 È questo un titolo che il dio luna condivide con l’altro figlio di Enlil, Ninurta.
20 La luna è associata anche a una vasca o trogolo (bugīnu) e al rene (kalītu); si veda in generale Stol
(1992).
21 Per l’eclisse lunare e il rituale assiro del “re sostituto” (šar pūhi) a esso connessa vd. Verderame
(in stampa, b).
22 «Un certo Akkullānu ha scritto: “si è verficata un’eclisse solare di due dita all’alba. Non esiste un
rituale namburbi contro di ciò, questo non è come un’eclisse di luna”» (Parpola, 1993: 113 nr. 148 rg.
3- 10; Verderame, 2004a: 20, 205-206). Sulla possibile eclisse di sole rappresentata sulla Stele della
Vittoria di Narām-Sîn vd. n. 3.
23 Per i diversi aspetti spazio-temporali legati al sorgere e calare del sole, tra cui lo stabilire i destini,
vd. Polonsky (2000).
24 La tradizione è mutevole e troviamo anche una Venere femminile alla sera e maschile al mattino
(Reiner, 1995: 6; Koch-Westenholz, 1995: 125-126).
25 Il passo può essere inteso nei due sensi opposti, ovvero che An supporta l’azione di Inanna / Ištar
o, al contrario, ne è la vittima. L’ultima interpretazione trova una sua consistenza nel mito sumerico
di Inanna e An discusso di seguito.
26 Per i Sette (Sebettu) vd. Verderame, 2017a; Verderame, 2017c.
27 L’uso del termine “girovagare” (niĝin) sottolinea il carattere “irregolare” del moto dei pianeti ri-
spetto a quello delle stelle fisse, come è discusso più sotto.
28 L’epiteto comune di Ištar l’“elamita” (elammatu) ricollega la dea all’altopiano iranico, nemesi del-
la piana mesopotamica e identificato con gli Inferi nelle fonti sumeriche (Verderame, 2014b: 37-39),
quale espressione di un’alterità elemento caratterizzante la natura e funzione della dea.
29 MUL.BABBAR nella trascrizione greca si trova in Esichio quale nome dell’astro di Giove presso i Caldei
(μολοβόβαρ· ὁ τοῦ Διὸϛ ἀστήρ, παρὰ Χαλδαίοις).
30 Il termine per stella è mul in sumerico e kakkabu; in accadico il termine è impiegato anche per
alcuni dei nomi che indicano i pianeti. In generale il segno MUL è usato come determinativo prima
dei nomi di corpi celesti (mul). Il nome dei pianeti e, occasionalmente, di alcune stelle identificate con
divinità, può essere preceduto dal determinativo divino (d). Il segno MUL è composto da tre stelle.
La singola stella in sumerico è l’ideogramma per “cielo” (an) e il suo dio An; ha anche la lettura diĝir
“dio” ed è impiegato come determinativo per le divinità (d). È difficile non vedere nella doppia lettura
cielo/dio dell’ideogramma della stella una relazione, se non un’origine, delle divinità mesopotamiche
con gli astri.
140
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Figure
146

Fig. 1 - Tavoletta seleucide con rappresentazione delle Pleiadi (come sette stelle e come setole sulla gobba del toro), di Orione e del
Toro (VAT 7851, Vorderasiatisches Museum, Berlino)
147

Fig. 2 - Tavoletta seleucide con rappresentazione di una stella identificata come Giove (Sagmegar), dell’Idra (Mušhuššu) e del Leone
(VAT 7847 recto, Vorderasiatisches Museum, Berlino)
148

Fig. 3 - Tavoletta seleucide con rappresentazione di una stella identificata come Mercurio (dgu4.ud “Saltante”), la Vergine e il Corvo
(VAT 7847 verso, Vorderasiatisches Museum, Berlino)
149

Fig. 4 - Impronte di sigilli con motivi zodiacali del periodo el-


lenistico da Uruk (Wallenfells, 1993)
150

Fig. 5 - Cippo di confine (kudurru) del tempo di Nabuco-


donosor I (1126-1104 a.C.) con simboli divini, tra cui, nel
primo registro, la stella a sei punte di Venere, il crescente
lunare, il cerchio con iscritta una stella a quattro punte e
quattro fasci di raggi simbolo del sole (BM 90858, British
Museum, Londra)
151

Fig. 6 - Modellino di barca in argento dalla tomba PG 789 del Cimitero Reale di Ur (XXVI sec. a.C.)
152

Fig. 7 - Particolare del cosiddetto Stendardo di Ur (BM 121201, British Museum, Londra)
153

Fig. 8 - Particolare dell’impronta di un sigillo raffigurante il sole che emerge dalla montagna con in mano una sega (BM 89115, British
Museum, Londra)
154

Fig. 9 - La cosiddetta Tavoletta del dio sole (BM 91000, British Mu-
seum, Londra)
155

Fig. 10 - La cosiddetta Tavoletta di Ammi-ṣaduqa con i presagi di Venere (K.


160, British Museum, Londra)

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