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Archeologia Medievale

XXXVII, 2010, pp. 61-92

Andrea Augenti, Enrico Cirelli, Andrea Fiorini, Enrico Ravaioli

INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA


(SECOLI X-XIV)

1.1 L’INSEDIAMENTO MEDIEVALE monumentali – e trascurando le fasi più recenti2. A ben


IN ROMAGNA, FRA ARCHEOLOGIA vedere, se si allarga lo sguardo questo ragionamento si
E TRADIZIONE STORIOGRAFICA può applicare anche all’intero territorio ravennate, e
ancora oltre all’intera Romagna, a parte rare eccezioni.
Come accade anche per altre subregioni italiane, Le ricerche si sono infatti focalizzate a più riprese so-
la Romagna è un’area in cui la ricerca storica e quel- prattutto sugli elementi più monumentali del paesaggio
la archeologica fanno una certa fatica a trovare un di età tardoantica, ovvero le pievi, edifici che trovano
terreno comune, un punto d’incontro e di confronto un riscontro nella tradizione edilizia ravennate. Non
rispetto al tema dell’organizzazione territoriale. Sarei molto è stato fatto sui castelli, e in alcuni casi occorre
portato ad attribuire questo fenomeno perlomeno a dire che proprio in questo “pregiudizio tardoantico”
due motivi principali. si può individuare – a volte – un punto di contatto tra
Il primo è una certa ritrosia dei testi scritti, spesso indagine storica ed archeologica: non sono rari i tenta-
molto vaghi rispetto alle varie forme insediative di cui tivi di ricondurre all’età tardoantica l’origine di alcuni
riportano notizia, soprattutto per i secoli della tarda castelli, su base puramente induttiva e senza elementi
Antichità e dell’alto Medioevo. Ma, più in generale, probanti al riguardo3. Il che ovviamente non vuol dire
un certo tasso di laconicità investe anche il Medioevo che l’idea sia da scartare in partenza, ma evidentemente
inoltrato – come ha segnalato Gianfranco Pasquali deve essere sostanziata con dati eloquenti, altrimenti è
recentemente – e riguarda anche un tema altrove molto destinata a restare in forma di ipotesi.
meglio documentato come la nascita e la diffusione Un altro elemento che ha caratterizzato le ricerche
dell’incastellamento1. archeologiche nelle aree rurali della Romagna, almeno
Questa prima riflessione, dunque, riguarda la sfera fino a poco tempo fa, è una certa mancanza di sistema-
delle fonti scritte. Il secondo motivo è invece più legato ticità. E qui mi riferisco ad una tendenza che investe le
alle fonti archeologiche: alle scelte con cui sono state strategie di ricerca, per esempio riscontrabile nel fatto
finora raccolte, e alla narrativa verso la quale questo che le pievi, per quanto al centro dell’attenzione, sono
tipo di raccolta ha condotto. Partiamo dall’epicentro state spesso oggetto di schedature4 ma solo in pochi
del fenomeno. Come ho cercato di dimostrare in al- casi sono state affrontate mediante scavi estensivi, e
tre occasioni, l’archeologia della città di Ravenna ha solo da poco le loro murature sono al centro di una
risentito a lungo di un’impostazione particolare, di indagine metodologicamente avanzata5; nel fatto che
un atteggiamento scaturito dalla sua stessa vicenda anche ai castelli sono state dedicate poche indagini
storica e dal suo assetto monumentale. In poche parole, stratigrafiche in estensione; e che solo in tempi recenti
l’enorme importanza rivestita da questo luogo tra il V questi insediamenti sono divenuti oggetto di uno stu-
ed il VI secolo (ovvero da capitale prima dell’impero dio analitico, incentrato sui loro resti materiali e sulle
romano, poi del regno goto e quindi della provincia fonti scritte, poi raccolto in un atlante appositamente
bizantina d’Italia), una “età d’oro” che ha lasciato trac- concepito (fig. 1)6.
cia di sé soprattutto nelle numerose chiese e nei molti Ma alla fine, più in generale, direi che sono rari
mosaici, ha avuto un peso notevole nel creare un vero e i casi di indagine estensiva condotta nel territorio:
proprio “pregiudizio tardoantico” che ha molto pesato
nella pratica archeologica. L’archeologia di Ravenna
si è infatti a lungo concentrata in maniera selettiva
soprattutto su quell’orizzonte cronologico, ponendo-
2
Augenti 2003.
3
Benericetti 2007; Molducci 2009. Cfr. Settia 2007b.
lo in primo piano – soprattutto nei suoi aspetti più 4
Ad esempio Mazzotti 1975; Budriesi 1999.
5
Gelichi, Delogu, Gabrielli 2000; Gelichi, Gabrielli 2003;
Gelichi et al. 2005.
1
Pasquali 1997. 6
Augenti 2006a; Augenti et al. 2009.

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ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 1 – Le indagini sui


castelli in Romagna: scavi
e archeologia dell’archi-
tettura.

quelle ricognizioni che permettono di fare luce sul più 1.2 VILLE, FUNDI, MASSAE, VILLAGGI:
ampio contesto insediativo, sul tessuto connettivo nel UN PAESAGGIO DAVVERO INAFFERRABILE?
quale queste emergenze spiccatamente monumentali
trovavano posto; e sulle modalità e i ritmi delle sue Se iniziamo la nostra analisi dalla tarda Antichità,
trasformazioni nel corso del tempo. Ecco, la buona apparirà subito chiaro che la Romagna non vanta un
notizia è che su questo terreno l’archeologia sta gua- ampio numero di ville scavate in tempi recenti, e quin-
dagnando spazio in Romagna, come dimostrano le di con metodologia soddisfacente. Per questo motivo
indagini condotte recentemente nel Ravennate e nelle il dibattito sulla progressiva scomparsa del sistema
zone di Imola e Cesena7. Si stanno quindi creando i delle ville romane e sulle trasformazioni successive del
presupposti per la creazione di una nuova narrativa, paesaggio qui non ha ancora trovato terreno fertile,
diversa da quella che risolve la storia medievale di in termini di dati già disponibili8.
un territorio attraverso la ben nota, selettiva formula In base ad alcune indagini si può però intravedere
“pievi e castelli”. una situazione variata a seconda dei casi e delle zone,
In questo contributo tenterò di affrontare alcuni nell’ambito della quale alcune strutture mostrano una
nodi dell’evoluzione del paesaggio nell’area roma- presumibile continuità di occupazione più o meno
gnola, alla luce delle ricerche sulle fonti scritte ed prolungata. È il caso della fascia immediatamente a
archeologiche più e meno recenti. Sud di Ravenna, il “territorio Decimano”, dove le ri-

7
Sul territorio di Imola come parte integrante dell’area romagnola 8
Ouzoulias et al. 2001; Brogiolo, Chavarría Arnau, Valenti
fino a non molto tempo fa v. Balzani 2001, pp. 25-54. 2005; Brogiolo 2006.

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INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

cognizioni segnalano una lunga continuità topografica diversi rispetto ai loro antecedenti per l’estensione (più
proprio nei siti delle ville principali. Questa stessa ampia) e per la conformazione (non più compatta, ma
tendenza sembra riscontrabile in alcune aree appen- frazionata, articolata nello spazio); e per la qualità della
niniche, come ad esempio nella zona di Riolo9. In cultura materiale (prevalenza della pietra ollare). Tra il
entrambi i casi bisogna però recepire il dato con una X e l’XI secolo, invece, i siti già occupati si espandono
buona dose di cautela, perché trattandosi di risultati ulteriormente, raggiungendo superfici complessive non
di ricognizioni – e non di scavo – potremmo anche indifferenti. Permane quindi il dato della continuità
trovarci in presenza di fasi di rioccupazione del sito, topografica, alla quale va però affiancata una certa
dopo uno iato insediativo non apprezzabile mediante vitalità dell’insediamento sparso: questo si dimostra
la sola analisi di superficie. La cautela è resa ancor mobile e mutevole nel corso del tempo, con l’abban-
più necessaria dal confronto con altre zone, come il dono di siti precedenti e la nascita di altri, nuovi.
Cesenate, oppure con casi singoli, come una villa pres- Ne scaturisce, quindi, il quadro complessivo di un
so Forlimpopoli, dove invece si rilevano interruzioni habitat caratterizzato da un lato dalla presenza di siti
sostanziali già in pieno V secolo, e l’area ospita una “principali” (o “centri direzionali”, se si preferisce),
necropoli alla fine dello stesso secolo10. che in forme diverse e con estensioni ed articolazioni
Ci muoviamo così verso l’alto Medioevo, epoca interne differenti attraversano i secoli della tarda An-
durante la quale predomina un insediamento difficil- tichità e dell’alto Medioevo restando sostanzialmente
mente definibile a partire dalle fonti scritte, che nella al loro posto; e di siti “secondari”, che soprattutto tra
terminologia notarile si articola principalmente in loci, IX e XI secolo vedono un certo ricambio e si spostano,
fundi, massae, casalia. Secondo l’opinione più diffu- ma comunque sopravvivono.
sa e accreditata, in questo periodo la parola fundus La situazione nel Cesenate è in parte diversa. Qui,
indicherebbe l’elemento-base del sistema catastale; nell’area del Dismano (a Sud della omonima zona
più fundi costituirebbero una massa, l’azienda vera e ravennate) è stata individuata un’articolazione del ter-
propria, una sorta di corrispettivo della curtis in area ritorio con insediamenti che fino al VI-VII secolo si di-
romagnola11. Questo sistema, questo panorama termi- spongono in maniera selettiva nel tessuto preesistente.
nologico non è però semplice da decifrare dal punto Le cose sembrano invece cambiare in modo sensibile
di vista insediativo: una delle questioni centrali resta, dall’VIII secolo, quando prende forma «un territorio
ad esempio, la possibilità o meno dell’esistenza di vil- caratterizzato ancora da insediamenti di tipo sostan-
laggi in un quadro di tale genere, visto che non sono zialmente sparso, ma polarizzato su alcuni punti di
direttamente documentati ma la loro presenza non riferimento e collocati a distanze relativamente brevi,
sembra neanche escludibile in base al solo argomento in agevole collegamento sia con il centro urbano, sia
ex silentio. Una situazione complessa, quindi, e appa- con il punto di riferimento ecclesiastico posto quasi
rentemente ancora molto aperta; il che ha finora reso al centro di questo comprensorio»12.
i paesaggi altomedievali della Romagna delle entità D’altra parte, nella zona della corte (poi villa) di S.
quasi inafferrabili. Ma fino a che punto, in effetti? Su Giorgio, nel X secolo inclusa tra le proprietà del conte
questo tema l’archeologia sta finalmente iniziando a Pietro Duca, si assiste alla progressiva affermazione
fornire alcuni dati. Ora, in particolare, perlomeno due della struttura curtense su un paesaggio circostante
zone possono essere messe a confronto: il territorio contraddistinto da un «carattere fondamentalmente
Decimano e le campagne intorno a Cesena. polinucleato». Tale affermazione si verifica «in con-
Nel territorio Decimano, prossimo a Ravenna, comitanza con il nucleo della pieve di S. Pietro, fino a
si è finora registrato un certo tasso di continuità che, nel tardo Medioevo, non risulterà vincente anche
topografica tra l’insediamento tardoantico e quello rispetto a quest’ultimo, con conseguente scemare delle
altomedievale; a tale continuità – il dato di fondo – fa funzioni religiose a vantaggio della cappella dipenden-
riscontro una organizzazione insediativa mutevole. te da S. Giorgio»13.
Nell’VIII-IX secolo i siti insistono spesso in aree già In sostanza, anche nell’area cesenate si registra per
occupate in precedenza da siti direzionali, ma sono l’alto Medioevo un paesaggio caratterizzato da alcuni
nuclei più importanti, affiancati da piccoli siti (grup-
pi di case, forse piccoli villaggi). Un elemento, però,
differenzia questa zona da quella ravennate: quanto
9
Guarnieri 2007, pp. 129-130.
ad articolazione nello spazio, il quadro insediativo
10
La villa di Forlimpopoli risulta abbandonata nel pieno V secolo e
l’area è occupata da una necropoli alla fine del V; il tutto nel VI secolo dei secoli VIII-XI sembra risultare completamente
inizia a essere sepolto da alluvioni, esondazioni di un torrente vicino: svincolato da quello tardoantico.
Guarnieri 2004, pp. 24-25. I villaggi e le altre forme insediative di epoca al-
11
Pasquali 1985, 1990, 1997, p. 69; Sassi 2005, pp. 95-97; Man- tomedievale, ovvero i paesaggi precedenti alla prima
cassola 2009. Sui risvolti materiali di questo aspetto si è espresso
recentemente anche A.A. Settia: «C’è da domandarsi, inoltre, se nella
Romania del secolo X davvero prevalesse sempre e comunque l’in-
sediamento sparso e mancassero i villaggi; la vera natura, dal punto
di vista insediativo, di loci, fundi, masse e casalia… rimane in realtà
12
Negrelli 2008, p. 239.
problematica» (Settia 2007b, p. 18). 13
Ivi, p. 254.

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ondata dell’incastellamento, iniziano quindi finalmen- le mosse da una serie di edifici costruiti già in età
te a prendere corpo, anche e soprattutto grazie alle tardoantica, al momento della diffusione del cristiane-
ricognizioni archeologiche. A questo punto è piuttosto simo nelle campagne17. Ho già accennato al fatto che
evidente quanto sarà necessario in futuro lavorare con fino a poco tempo fa sono state soprattutto le fasi più
maggiore intensità su alcuni singoli siti selezionati ap- antiche di questi edifici ad attirare l’attenzione degli
positamente, ovvero sottoporli a scavo per verificare studiosi. Una serie di scavi recenti permette però di
in profondità la loro estensione, conformazione e con- affrontare il problema con uno sguardo più lungo,
sistenza nel corso del tempo. Solo in questa maniera che ci fa oltrepassare la barriera del “pregiudizio tar-
sarà possibile iniziare a farsi un’idea esaustiva delle doantico” di cui parlavo sopra. Disponiamo infatti dei
forme insediative altomedievali in Romagna. risultati di perlomeno quattro indagini di una certa
Un dato sembra comunque delinearsi fin da ora con consistenza in altrettanti monumenti: S. Giorgio di
sufficiente chiarezza: si tratta di paesaggi compositi, Argenta (FE), S. Bartolomeo a S. Zaccaria (RA), S.
habitat complessi, nell’ambito dei quali coesistono Reparata presso Terra del Sole (FC), Sant’Angelo in
forme di insediamento nucleato e sparso, probabil- Campiano (RA)18.
mente con variazioni di carattere zonale. Ma forse, Senza necessità di discutere nel dettaglio la sequen-
più in generale, è arrivato il momento di lasciarci za edilizia di ognuno di questi siti, vediamo insieme i
dietro le spalle la stanca impasse generata dal ricorso dati che sembrano accomunarli, e quali spiragli aprono
alla coppia binaria insediamento nucleato/sparso, che sul tema più ampio dell’organizzazione territoriale.
a lungo ha costituito per gli studi uno snodo quasi È infatti possibile utilizzare le pievi romagnole come
obbligato, poi rivelandosi in realtà un falso problema sensori di fenomeni insediativi di carattere generale.
(se non un vero e proprio binario morto) tanto quanto Innanzitutto sarà interessante rilevare che almeno
l’altra coppia ben nota, continuità/discontinuità14. Al- tre su quattro degli edifici risultano fondati in luoghi
cuni geografi (ma anche alcuni archeologi), questo, lo dove in età tardoantica si trovava un complesso pre-
hanno compreso da tempo15. Non resta che attrezzarsi cedente: S. Giorgio di Argenta, presso una probabile
per una analisi più disposta a riconoscere fino in fon- cappella con funzione funeraria di età gota (forse a
do la complessità, direi quasi la contraddittorietà di sua volta impiantata su un cimitero di età romana)19;
paesaggi così lontani dai nostri, pervenutici peraltro S. Bartolomeo e S. Reparata, sui resti di probabili ville
in maniera estremamente frammentaria. romane20. Da questo punto di vista i primi edifici ec-
clesiastici sembrano inserirsi nelle maglie di un tessuto
1.3 MONUMENTALIZZARE UN TERRITORIO: preesistente, probabilmente anche per utilizzarne al
NASCITA E SVILUPPO DELLE CHIESE RURALI meglio il sopravvissuto sistema stradale.
Poi, gli stessi edifici (ed anche altri, nella stessa
Come appena visto nel caso cesenate – ma è un zona) vengono spesso ristrutturati in età altomedie-
dato estendibile all’intera Romagna – perlomeno fin vale, se non altro mediante il rinnovo della decorazio-
dall’VIII secolo gli edifici ecclesiastici costituiscono un ne architettonica in pietra o in marmo. Siamo tra l’VIII
elemento polarizzatore del paesaggio rurale16. e il IX secolo, ovvero nel periodo di affermazione del
Si tratta innanzitutto delle pievi, una istituzione sistema delle pievi, e questi interventi accompagnano
sempre più consistente come punto di riferimento nel ed evidentemente sottolineano l’aumento di impor-
territorio a partire dall’VIII secolo, ma che prende tanza delle chiese interessate21.
Infine, l’epoca della grande crescita: tra il XII e il
XIII secolo le pievi in questione vanno incontro ad
14
Augenti 2006b. Per una analisi critica dell’uso delle coppie
binarie che a lungo hanno resa più difficile la comprensione della città
altomedievale v. La Rocca 2003. 17
Cfr. i vari contributi in Pergola 1999.
15
V. ad esempio Roberts 1996, p. 15-37 (in particolare p. 19: «in 18
Gli scavi di S. Giorgio ad Argenta e S. Angelo in Campiano sono
reality even essentially dispersed or nucleated patterns will include
pubblicati rispettivamente in Gelichi 1992 e 1982-83. Quelli di S.
mixtures of both nucleated clusters and dispersed isolated farmsteads
Bartolomeo a S. Zaccaria e S. Reparata, da me diretti e condotti negli
and dwellings»); O’Keeffe 2000 (ma in generale è interessante a questo
anni 2004-2007 (S. Bartolomeo) e 2006-2009 (S. Reparata), sono in
proposito tutto il volume che raccoglie gli atti del convegno Ruralia,
corso di pubblicazione. Per una prima notizia v. le schede contenute
III: Klapste 2000). Cfr. anche Lewis, Mitchell-Fox, Dyer 2001, pp.
nel sito dei Fasti on line, a cura del Ministero per Beni e le Attività
120-123; e p. 62, dove gli autori su soffermano anche sul fatto che gli
Culturali (www.fastionline.org).
insediamenti di tipo nucleato, così come quelli sparsi, possono essere
il prodotto di processi differenziati: «the division into ‘dispersed’ and
19
La prima attestazione di un monasterium dedicato a S. Giorgio
‘nucleated’, while representing a general truth, is inadequate to express presso Argenta, fondato dall’arcivescovo ravennate Agnello nel VI se-
the rich variety of the patterns. Applied too rigidly the antithesis of colo, è contenuta nel Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis di Andrea
‘dispersed’ versus ‘nucleated’ could be an obstacle to explaining the Agnello (IX secolo). La prima menzione dell’edificio come pieve risale
origins of evolution of this settlement pattern: all ‘nucleated’ settle- al 1022: Gelichi 1992, p. 31.
ments need not to be the end product of the same process, just as 20
La prima attestazione della pieve di S. Bartolomeo/S. Zaccaria
many ‘dispersed’ settlements are likely to have originated in different risale al 959/960: Benericetti 2002, n. 105, p. 45; quella della pieve
ways. The variety of settlements is clearly the product of complex di S. Reparata si data invece al 970: ivi, n. 147, p. 162. Cfr. anche
influences and forces». Vasina 1981.
16
Torricelli 1989. 21
Gelichi et al. 2005.

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INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

un notevole aumento di dimensioni, e più in generale gruppi signorili della zona25. I signori contendono
ad una maggiore consistenza monumentale. S. Gior- il potere e la gestione del territorio agli arcivescovi,
gio e S. Reparata, in particolare, da edifici a navata anche mediante la costruzione di castelli. È in questo
unica diventano chiese a tre navate; a S. Bartolomeo frangente che si stabilisce di puntare decisamente sul
vengono aggiunti dei pilastri, all’esterno; più difficile fattore monumentale degli edifici ecclesiastici, che fino
dettagliare la situazione a S. Angelo, dove pure la fase a quel momento erano rimasti dei fondamentali punti
a tre navate sembrerebbe risalire al XIII secolo. Altri di riferimento dal punto di vista topografico e organiz-
elementi di pregio accompagnano questa fase edilizia zativo26. Come hanno puntualizzato studi di carattere
bassomedievale, come nel caso di S. Giorgio, nuova- generale, l’uso dell’architettura monumentale si fa più
mente affrescata e dotata di un portale elegantemente intenso negli stadi formativi delle civiltà o nei momenti
scolpito22. E poi abbiamo l’aggiunta dei campanili, in cui un potere centralizzato tenta di consolidarsi.
anche se per questa categoria di strutture la datazione Questo perché «l’architettura monumentale esprime
è oggetto di discussione (sono tuttavia del parere che in maniera pubblica e duratura l’abilità di una data
perlomeno alcune torri campanarie delle pievi roma- autorità di controllare i materiali, i saperi specialistici
gnole siano databili al XII-XIII secolo)23. e la forza-lavoro necessari per realizzare e mantenere
Come interpretare questi dati? Esiste innanzitutto queste strutture»27. È anche alla luce di queste consi-
la possibilità di adottare un approccio molto empirico derazioni, che a mio parere si può comprendere fino
al riguardo. Mi spiego. Il XII secolo corrisponde ad in fondo il significato e la portata del fenomeno della
un momento di notevole espansione demografica, qui monumentalizzazione delle pievi rurali avvenuto in
come altrove. Gli interventi di ristrutturazione delle area romagnola nel corso del XII-XIII secolo.
pievi, volti prima di tutto ad ampliarne le superfici, Un ultimo aspetto interessante, che rinforza la
sono evidentemente funzionali anche a questa novità. spiegazione appena esposta, è che in alcuni casi già
Ma qui non si tratta solo di semplici ampliamenti, nel corso del XIII secolo e soprattutto dal XIV seco-
bensì di ristrutturazioni (spesso sostanziali) che riguar- lo in poi, il sistema insediativo che trova nelle pievi
dano anche gli impianti decorativi, e il tutto ad una uno dei suoi cardini riceve il colpo di grazia. Infatti,
scala territoriale ben più estesa che non i soli quattro il successo dei castelli conferisce nuova importanza
casi citati; una scala che sembra interessare in pratica alle chiese collocate al loro interno; questo si tradu-
l’intera subregione. A monte di queste iniziative si ce nella progressiva dismissione delle antiche pievi,
scorge, evidentemente, un impegno economico non inizialmente ridotte quanto a dimensioni (spesso tor-
indifferente. Se proseguissimo sulla falsariga dell’em- nando all’assetto a navata unica) e poi lasciate ad un
pirismo, alla luce di questi dati saremmo portati a pen- destino di edifici secondari, se non ad un abbandono
sare che il XII secolo costituisca anche un momento di definitivo. È il caso di S. Angelo in Campiano, ridotta
particolare prosperità economica per la Chiesa e per ad una navata unica nel corso del XIV secolo, e di S.
l’area ravennate in generale. Una prosperità di cui le Giorgio, che subirà la stessa sorte nel XVI, dopo che
ristrutturazioni delle pievi sarebbero traccia materia- verso la metà del XIII il suo ruolo di chiesa battesi-
le, come spesso accade. Stavolta, però, le cose sono male era già stato traslato alla cappella di S. Nicolò,
forse più complicate di così. In questo periodo, infatti, dentro il vicino castrum di Argenta28. Si tratta in un
l’economia di Ravenna non versa in condizioni molto certo senso della sconfitta del sistema plebano come
buone, per vari motivi di carattere politico (la fine forma prevalente di organizzazione del territorio, e
della dinastia degli Ottoni, i contrasti con la Chiesa della definitiva affermazione di una pluralità di poteri
romana), logistico-ambientale (la posizione marginale nelle campagne romagnole.
rispetto alle grandi vie di comunicazione) e anche per
la tendenza espansionistica del comune di Ferrara, e 1.4 CONTROLLARE UN TERRITORIO:
successivamente di Venezia24. A questo punto, accanto- L’INCASTELLAMENTO
nato un facile determinismo di natura economica, oc-
corre ipotizzare un’altra motivazione, che chiarisca in L’incastellamento in Romagna inizia ad essere un
maniera soddisfacente un investimento così cospicuo fenomeno meno nebuloso di quanto non fosse solo
nelle campagne da parte degli arcivescovi. La possibi- qualche anno fa. Uno sguardo sempre più approfondi-
lità più verosimile è che nel corso del XII-XIII secolo to da parte di storici ed archeologi sta mettendo in luce
si assista ad un generale sforzo di riorganizzazione
del territorio rurale da parte delle autorità ecclesiasti-
che, in concomitanza con una situazione di notevole
pressione e tensione creata dai sempre più potenti 25
Rabotti 1993; Pini 1993; Pasquali 1993.
26
Occorre tenere presente che nella documentazione scritta i luoghi
vengono abitualmente riferiti al territorio di una città, di una pieve o
di un fundus: Pasquali 1997, pp. 67-68.
22
Gelichi 1992. 27
Trigger 1990 (soprattutto le pp. 126-127 – traduz. mia).
23
Fabbri 2008. 28
È anche il caso della pieve di S. Pietro in Cerreto, nel Cesenate:
24
Pini 1993. Negrelli 2008, p. 253.

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ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

alcune delle sue caratteristiche principali, sgombrando magnoli, finora, sembrerebbero in parte da assegnare
contemporaneamente il campo da vecchie interpreta- ad una fase nuova e diversa, in cui l’habitat viene alme-
zioni erronee. Tre queste bisogna senz’altro inserire no parzialmente ridisegnato e nuove località entrano
la vulgata in base alla quale i castelli non trovarono in gioco. Il caso di Rontana (RA), un sito ancora in
qui una grande diffusione, e apparvero più tardi ri- corso di scavo che al momento non ha restituito tracce
spetto ad altre regioni della penisola. In realtà nuove di occupazione anteriori al X secolo, sembra andare
indagini di dettaglio sui castelli dell’intera subregione proprio in questa direzione34.
dimostrano che il fenomeno dell’incastellamento inizia Occorre inoltre rilevare che nel corso della prima
regolarmente nel X secolo (con qualche prima avvisa- fase il processo di incastellamento non va sempre a
glia alla fine del IX) e si intensifica notevolmente nei segno: alcune delle prime fondazioni a volte falliscono
secoli successivi, come del resto avviene altrove29. quasi subito, e si va quindi incontro ad un fenomeno
Altro elemento spesso invocato è una pesante, pre- di decastellamento precoce, il che dimostra ulterior-
sunta eredità tardoantica di fortificazioni, anche sul mente una spinta diffusa alla fortificazione nell’area.
piano numerico; in realtà non esistono dati sostanziali A questo proposito può valere da esempio il caso del
al riguardo, e recentemente anche Aldo Settia è inter- castrum costruito presso il fundus di Antugnano, nel
venuto sull’argomento, ridimensionandone la portata Cesenate: nel 983 risulta già abbandonato35.
e definendolo “improbabile”30. D’altra parte, per accennare – sia pur brevemente
La genesi dell’incastellamento è comunque un pri- – al discorso sull’affermazione dei poteri signorili,
mo tema importante su cui riflettere, ovviamente: a la documentazione scritta indica che i castelli si di-
partire da quali contesti insediativi precedenti si arriva mostrano luoghi centrali del ceto dirigente laico ed
alla fondazione di un castello? E come? ecclesiastico fin dalle origini36. L’aristocrazia locale
Conosciamo alcuni casi di castelli fondati non prima (i Traversari, i conti di Bertinoro, ed altri ancora) fin
del X secolo a monte di aree dove si trovavano ville dal X secolo incastella intensivamente il territorio
romane, poi sostituite da pievi: è il caso del castello di della Romagna e risulta risiedere – almeno in parte,
Castrocaro, nato a poca distanza dal nucleo insedia- probabilmente – all’interno dei propri castelli, o
tivo della pieve di S. Reparata. Vale la pena segnalare quantomeno appoggiarsi a queste strutture in maniera
che si tratta di una sequenza non molto dissimile da diffusa37. Poteva anche trattarsi di castelli costruiti
quella riscontrata nel Lazio settentrionale, ad esempio dall’arcivescovo, e dati in enfiteusi ai membri del-
tra la pieve presso Monte Gelato e il castello sovra- l’aristocrazia; in questo caso è interessante notare
stante: un insediamento aperto di pianura presente come le fortificazioni possano essere poi usate come
fin dall’Antichità – sia pure con alcune interruzioni capisaldi a partire dai quali esplicitare la resistenza o
– ospita successivamente un luogo di culto, la cui vita l’insubordinazione al potere dominante: è il caso, ad
prosegue fino ad oltre l’anno Mille; solo nell’XI seco- esempio, di Modigliana38.
lo la fondazione di un castello nelle vicinanze segna Anche gli arcivescovi ravennati incastellano, e fin
l’inizio dell’uscita di scena dell’insediamento/polo ec- dal X secolo; inoltre, ottengono progressivamente
clesiastico31. Dunque, proprio il confronto con il Lazio, il controllo di molti castelli, soprattutto mediante
parlando in termini più generali, sembra indicare una donazioni; e infine ricorrono all’incastellamento
certa continuità topografica dell’insediamento – sia anche come misura difensiva contro gli stessi gruppi
pure con progressivi aggiustamenti e trasformazioni aristocratici: nel XII secolo si dispiega ad esempio
– tra età imperiale/tardoantica e altomedievale (fino un’attività fortificatoria molto serrata, per difendere
al X-XI secolo), almeno per alcune zone della penisola i possedimenti e i diritti della Chiesa ravennate contro
(subregioni, ma anche aree più ristrette32; nel Decima-
no, come si è visto, il modello funziona). Tuttavia solo
lo scavo potrà dire se e in che misura la fondazione dei
castelli nel X secolo avvenne in aree completamente
34
Augenti et al. 2009; cfr. il contributo di Enrico Cirelli, infra.
Anche l’analisi delle fonti scritte non ha rilevato per la Romagna una
disabitate da tempo, oppure quanto fosse effettivamen- intensiva progressione massa-castrum analoga ad esempio a quella,
te diffuso il fenomeno della fortificazione di abitati ben nota, curtis-castrum della Toscana e di altri territori: Sassi 2005,
d’altura preesistenti (modalità ben nota attraverso i pp. 100-101. Ma il dato deve evidentemente essere ancora sottoposto
ad una verifica di carattere archeologico.
casi toscani di Montarrenti e Scarlino)33. I castelli ro- 35
Sassi 2005, p. 118; Negrelli 2008, p. 253.
36
Sassi 2005, pp. 51-75.
37
Ad esempio, nel castrum di Lusignano risulta risiedere, nel 915,
una Imma gloriosa comitissa, e vi si stipula un giudicato «sub arbore
29
Sassi 2005; Settia 2007a e 2007b; Augenti et al. 2009. ubi labio esse»: Benericetti 1999, n. 26, pp. 62-64. Cfr. anche Pa-
squali 1997, p. 75.
30
Settia 2007a, pp. 15-16. 38
Nel 963 alcuni membri della famiglia dei Duchi, nel corso di una
31
Potter, King 1997.
disputa con l’arcivescovo Pietro IV – al quale non intendono pagare i
32
Vanno in questa direzione anche i dati scaturiti dal recente riesame canoni di affitto di alcuni beni, tra cui il castello di Modigliana – cat-
del South Etruria Survey: Patterson, Di Giuseppe, Witcher 2004, turano e rinchiudono l’arcivescovo nella rocca della stessa Modigliana,
in part. alle pp. 24-28. dopo avere assaltato il palazzo di Ravenna nel quale risiedeva, e dopo
33
Francovich 1995; Cantini 2003. avere depredato il tesoro della Chiesa (Fasoli 1979, p. 116).

66
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

una aristocrazia sempre più estesa e determinata, che struttura planimetrica a schema regolare incontrerà
proprio in quel periodo procede al passaggio da forme poi soprattutto nel territorio ravennate un notevole
di signoria fondiaria a signorie di tipo territoriale39. Da successo, e verrà infatti adottata in maniera diffusa
questo punto di vista restano ancora valide le consi- anche da svariati signori locali45.
derazioni di carattere più generale formulate qualche Un accenno è infine necessario al tema del de-
decennio fa da Gina Fasoli: «Non pare che l’autorità castellamento: la descrizione del cardinale Anglic,
territoriale conferita dagli imperatori agli arcivescovi, redatta nel corso del XIV secolo, segnala la presenza
e che sembra non essersi mai estesa a tutto l’antico di numerose ville nel territorio, ville che spesso com-
Esarcato, riuscisse mai a far convergere le formazio- paiono con lo stesso toponimo di precedenti castelli46.
ni locali in una struttura coerente e unitaria, avente Ora, nell’accezione comune il termine villa in questo
l’arcivescovo al vertice»40. periodo definisce un abitato nucleato ma aperto,
Assolutamente pochi, invece, i dati finora disponi- non fortificato. Un caso di decastellamento diffuso,
bili sulle forme insediative di altro tipo che potevano quindi? È probabile. Solo le indagini archeologiche
(dovevano?) coesistere con i castelli nelle aree rurali. potranno eventualmente aiutare a comprendere la
Tra il X e il XIII secolo la documentazione scritta conformazione dell’insediamento, per questa zona
indica la presenza di ville, ovvero abitati aperti, solo e in questo periodo; resta però aperta la possibilità
in alcune zone; nei territori cesenate e forlivese, ad che in quel momento il termine non indicasse veri e
esempio, ma non in quello ravennate41. propri abitati, bensì delle circoscrizioni territoriali di
Dalla documentazione scritta e dalla toponomasti- carattere amministrativo47.
ca sappiamo comunque dell’esistenza di altre fortifi-
cazioni, oltre ai castelli: si tratta di “torri”, “tombe”: * * *
fattorie fortificate, tipiche tra la metà del XIII e il
XV secolo. Strutture di questo tipo sono attestate Questi, in estrema sintesi, alcuni tra i dati più rile-
in Emilia, ma anche in Romagna: nelle campagne di vanti finora disponibili sull’organizzazione del terri-
Rimini e di Ravenna42. Al momento questi elementi torio in età medievale in Romagna, accompagnati da
si possono interpretare come traccia di un insedia- altrettanti spunti di riflessione per favorire l’indagine
mento del pieno Medioevo dal carattere sparso e al di una zona interessante quanto non particolarmente
tempo stesso fortificato. Mancano tuttavia ricerche esplorata.
archeologiche dedicate al problema, utili a verificare Ovviamente la ricerca archeologica dovrà prosegui-
l’effettiva cronologia e le tipologie di questi luoghi dal re prima di tutto moltiplicando gli interventi di scavo
punto di vista materiale; è sicuramente un fattore da sistematico nei siti rurali e nei castelli, ponendo loro le
considerare per il prosieguo delle ricerche. giuste domande attraverso strategie appositamente ca-
Verso la fine del periodo analizzato, una delle più librate. È quanto ci accingiamo a fare nell’immediato
consistenti novità è invece la comparsa dei borghi futuro. Qui di seguito, tuttavia, abbiamo voluto indi-
nuovi, nel XIV secolo: sono ben noti, ad esempio, i care altre possibili piste di ricerca soprattutto riguardo
casi di Castel Bolognese e Castel Franco43. Si tratta di all’incastellamento, un tema che negli ultimi anni ha
fondazioni comunali, in origine, inquadrabili nel ben svolto un ruolo centrale nelle nostre indagini.
noto fenomeno dei borghi franchi e delle terre nuove44. Il primo è l’analisi delle planimetrie, delle quali si
A questo proposito è però importante rilevare che la sta occupando Enrico Ravaioli. Si tratta di un aspetto
importante, che gli archeologi del Medioevo hanno
trascurato troppo a lungo. Indagini del genere, condot-
39
Pasquali 1997. Ad esempio al 1110 si data l’affermarsi sulla te ad esempio in Inghilterra, hanno apportato notevoli
scena dei conti di Cunio: Banzola 2006; nello stesso periodo si con- elementi di conoscenza rispetto alla cronologia degli
solida la dinastia dei conti di Castrocaro: Vasina 1981.
insediamenti, all’interazione tra questi e il territorio,
40
Fasoli 1979, p. 138.
all’organizzazione sociale, ai rapporti di forza tra le
41
Benericetti 2005, p. 9; Pasquali 1990, p. 80.
comunità e le classi dirigenti48. È un indirizzo di ricerca
42
Luoghi denominati da “Torre”: 15 a Piacenza, 7 ciascuno per
Modena e Ravenna, due Reggio, uno Parma e Rimini. Tumbe: a Rimi- fruttuoso, soprattutto se messo a confronto con il dato
nine sono attestate più di 75 (ma la superiorità numerica in questa zona archeologico; non può più essere trascurato o lasciato
potrebbe dipendere da ricerche specifiche). «Dalla seconda metà del esclusivamente in appannaggio agli storici dell’archi-
’200 si riscontra, in Romagna come altrove, una duplice e contraddit-
toria tendenza: da un lato la creazione di nuovi castelli, che raggiunse tettura, come è avvenuto negli ultimi decenni.
probabilmente la sua massima espansione nel corso del Trecento; Il secondo è lo studio delle murature. Nel suo con-
dall’altro l’impulso alla dispersione dell’habitat, che per attuarsi deve tributo Andrea Fiorini dimostra ancora una volta (ma
però ricorrere anch’essa alla fortificazione. Nel complesso si realizza,
quindi, sotto nuove forme, un vero e proprio nuovo incastellamento
che trova il suo “asse cronologico” negli ultimi due secoli del Medioevo,
e che conserva con il primo solo più un rapporto indiretto» (Settia
45
Lo dimostra, tra gli altri, il caso di Bagnara di Romagna: Lenzi,
2007b, p. 21). Cfr. anche Tosi Brandi 2007. Guarnieri, Augenti 2009. Cfr. il contributo di E. Ravaioli, infra.
43
Gelichi 1990.
46
Mascanzoni 1985, pp. 99-101.
44
Comba, Settia 1993; Friedman 1996; Comba, Panero, Pinto
47
Ivi, p. 100.
2002. 48
Roberts 1987.

67
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

per la prima volta rispetto alla Romagna) quanto sia spicca l’assenza di studi sulla formazione e sugli
possibile, partendo da un’indagine di dettaglio sulle sviluppi successivi dei castelli, o meglio di analisi di
strutture murarie, arrivare a conclusioni interessanti sintesi di tutte le fonti documentarie che possono
rispetto ai modi di esplicitazione della signoria terri- concorrere alla ricostruzione della storia materiale
toriale. La scelta dei materiali da costruzione, il loro degli insediamenti fortificati romagnoli.
conseguente trasporto da luoghi più o meno lontani, la L’analisi urbanistica dei centri fortificati esposta in
capacità di ricorrere a maestranze specializzate, sono questa sede ha interessato 25 castelli su un totale di
evidentemente parametri da prendere in considerazio- 398 censiti, compresi nel territorio provinciale di Ra-
ne, se si vuole valutare a pieno e quindi tentare di mi- venna e nel comprensorio di Forlì, ovvero in un’area
surare la portata dei poteri che sono in gioco di volta geografica che si estende dallo spartiacque appenninico
in volta; e la loro effettiva ricaduta nello sfruttamento fino al Mare Adriatico, rappresentando così tutti gli
delle risorse e nell’organizzazione del territorio. ambienti naturali tipici della Romagna. Il fatto che la
Infine, l’indagine sul castello di Rontana (Brisi- frazione esaminata sia pari al solo 6,3% del totale non
ghella, RA). Iniziato nel 2007, questo è il primo scavo deve essere considerato come un limite della ricerca, né
stratigrafico eseguito in estensione in un sito fortificato tantomeno trarre in inganno circa il valore di rappresen-
della Romagna. I risultati finora sono più che note- tatività del campione, in quanto è piuttosto necessario
voli, e stanno documentando la progressiva crescita notare che il restante 93,7% è costituito da rocche, torri
materiale di un insediamento fondato nel X secolo e fortificazioni minori che non vennero mai caratteriz-
e apparentemente consolidatosi mediante il ricorso zate da altre funzioni se non quelle spiccatamente di-
intensivo alla pietra solo molto più tardi, nel corso del fensive e militari, escludendo quindi qualsiasi rapporto
XIII secolo. Se verrà confermato dalle prossime cam- diretto con un insediamento civile dotato di apparati
pagne, resterà da riflettere su questo dato; anche per difensivi. Al contrario i casi presi in considerazione,
valutare quanto sia estendibile ad altri insediamenti accomunati dal fatto di essere centri di fondazione
fortificati. Enrico Cirelli ha poi colto l’occasione per medievale e di essere prevalentemente a continuità di
avviare un interessante studio sulle testimonianze della vita, sono caratterizzati dalla giustapposizione di una
cultura materiale dai castelli della Romagna. Il lavoro parte spiccatamente militare rappresentata dalla rocca
è ancora agli inizi, ma permette già di intravedere e di un annesso insediamento fortificato, castelli quindi
spunti di ricerca molto promettenti, ad esempio sul nella più ampia accezione del termine52.
rapporto tra città e castelli, e sull’uso (o meno) della La ricerca sugli insediamenti fortificati della Ro-
cultura materiale come segno di distinzione. magna si è avvalsa principalmente delle fonti scritte
A.A. e cartografiche, affiancate dai risultati di ricognizioni
mirate condotte nei centri abitati per documentare la
2. ANALISI URBANISTICA DEI CASTELLI reale consistenza delle strutture esistenti e per cogliere
ROMAGNOLI dettagli dell’impianto urbanistico medievale ancora
conservato. Una particolare importanza è rivestita
I castelli della Romagna sono stati oggetto a più dalla ricerca eseguita sulla cartografia storica, in par-
riprese di studi e trattazioni che ne hanno colto di volta ticolare sui catasti Napoleonico e Granducale della
in volta i tratti caratteristici, in modo sistematico ed prima metà del XIX secolo, preziosa testimonianza
organico, limitandosi tuttavia a stilare repertori delle di un Medioevo ormai scomparso. La storia urbana
vicende storiche49 oppure trattandone prevalentemen- della Romagna è essenzialmente rappresentata da
te i caratteri architettonici50. Il limite formale che da pochi centri (Faenza, Forlì, Ravenna, Cesena, Rimini)
più parti è stato riconosciuto a tali studi non è certo che hanno costituito il polo attrattivo dello sviluppo
di natura scientifica51, benchè limitata alle sole fonti economico e demografico fino al secondo dopoguerra
scritte, quanto piuttosto di metodo e soprattutto di ed oltre, lasciando i centri minori immobili nel loro
prospettiva, troppo spesso rivolta al singolo monu- passato rurale, spesso circondati ancora dalla cinta
mento ma priva dell’attenzione al contesto a cui esso muraria medievale. Le carte catastali ottocentesche re-
appartiene. Tra i vuoti lasciati da questa tradizione stituiscono tale panorama in misura ancora maggiore,
testimoniando un’immagine fedele dei castelli roma-
gnoli prima delle distruzioni imposte dal “progresso”,
49
Mancini, Vichi 1959; Berardi, Montevecchi, Fontana 1970- permettendo di ricostruire a ritroso impianti urbani,
1971; Tabanelli 1979; Trovabene 2000; Campanini, Muzzarelli direttrici urbanistiche di sviluppo e trasformazioni
2006. Tra le pubblicazioni più recenti si segnala Sassi 2005 e per dell’assetto difensivo. L’accuratezza di tali ipotesi rico-
l’accuratezza critica della ricerca documentaria e l’evidente volontà
di andare oltre al singolo evento storico, per cogliere e delineare al struttive è tuttavia variabile in funzione della quantità
contrario le dinamiche dell’incastellamento romagnolo. e soprattutto della qualità delle fonti scritte utilizzate
50
Perogalli 1972. per integrare ed interpretare tali trasformazioni.
51
Sassi 2005, p. 7: la prefazione di L. Mascanzoni sintetizza con
incisiva lucidità i limiti della “castellologia” romagnola, caratterizzata
da una «…dimensione prevalentemente, se non puramente, descrittiva
ed illustrativa o, tutt’al più, classificatoria…». 52
Settia 1993, p. 383.

68
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

fig. 2 – Schema delle tipologie degli insediamenti fortificati (in grigio i principali assi viari, in nero le fortificazioni; castelli alla
medesima scala).

Prima di esaminare nel dettaglio le tipologie degli un affioramento roccioso che possa fungere anche
insediamenti fortificati individuati nell’ambito della da cava per l’approvvigionamento di materiale da
ricerca (fig. 2), è opportuna una breve premessa circa i costruzione. Solo 2 casi si discostano da tale tenden-
fattori che hanno influito sull’origine e sullo sviluppo za e, sebbene in modo diverso, ci introducono ad un
dei castelli, imponendo di volta in volta scelte pratiche ulteriore fattore naturale determinante rappresentato
diverse. Tali fattori, individuati e ritenuti determinanti dall’idrografia: Castrum Cervie, sorto in prossimità
per la nascita di un castello, sono riconducibili essen- della scomparsa città di Ficocle, venne realizzato su
zialmente a due distinte tipologie, antropica e naturale. un’isola circondata da paludi e saline in una bassura
Nel primo caso la volontà umana di fortificare un a breve distanza dal Mare Adriatico; e Castrum Ba-
insediamento prevale sulle caratteristiche ambien- gnacavalli, costruito nell’ansa dello scomparso Fiume
tali, mentre nel secondo al contrario la morfologia Santerno-Senio, alla confluenza con un corso d’acqua
del territorio (oppure una dominante caratteristica minore. Sebbene nell’ambito della ricerca in oggetto
ambientale) prevale su altri eventuali elementi e in- appaia solo di secondario interesse, il ruolo sostenuto
fluisce non solo sulla scelta del sito di fondazione ma dall’idrografia risulta di fondamentale importanza
anche sulla fisionomia del castello e sulle successive nel più ampio contesto della descrizione dei paesaggi
direttrici di sviluppo. Nel caso di 15 castelli, pari della Romagna medievale, dove compare come un
al 60% di quelli considerati, si è potuto osservare elemento ricorrente e caratterizzante, tratto d’unione
come gli insediamenti fortificati siano stati fondati in tra le due distinte tipologie di fattori determinanti per
un luogo morfologicamente favorevole, sfruttando la nascita del castello.
cioè le naturali potenzialità del sito ed incremen- I fattori antropici, contrariamente a quelli naturali
tandole poi con apprestamenti difensivi artificiali. che risultano individuabili su scala macroscopica, si
In particolare pare che il requisito fondamentale sia manifestano in tempi e forme diverse, secondo dina-
rappresentato dalla presenza di un rilievo montuoso, miche che seguono una logica complessa, scandita
spesso isolato e scosceso, meglio se caratterizzato da dall’attività e dalla volontà umana. Tale manifestazio-

69
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

ne è ovviamente presente in misura variabile in tutti i


castelli presi in esame, ma tuttavia risulta più evidente
in quelli in cui si osserva l’assenza di fattori naturali
predominanti che vincolino scelte pratiche e direttrici
di sviluppo. In tale ottica l’area pianeggiante posta a
nord della Via Emilia è rappresentativa, in quanto il
rapporto tra tipologie insediative fortificate vincolate
da soli fattori antropici prevale nettamente su quelle
che al contrario subiscono l’influenza di morfologia
del terreno e idrografia in un rapporto 12 a 2.
La tipologia che numericamente prevale è rappresen-
tata dai castelli d’altura, caratterizzati dalla presenza di
un nucleo originario53 posto sulla sommità di un rilievo
e dal progressivo sviluppo lungo le pendici dello stesso.
I casi osservati, malgrado presentino numerose varianti
(dovute principalmente alla situazione morfologica
del sito che ha imposto scelte e direttrici di sviluppo
obbligate), sono comunque caratterizzati da alcuni
tratti comuni. In primo luogo la posizione dei castelli
in oggetto appare sempre dominante rispetto al terri-
torio circostante, posta generalmente su promontori,
affioramenti rocciosi e rilievi isolati, ovvero in luoghi
già particolarmente muniti di natura. Si tratta tuttavia
di siti tutt’altro che isolati, posti al contrario a breve
distanza dal fondovalle e dalla viabilità ad esso connes-
sa, spesso alla confluenza di tracciati viari intervallivi.
In virtù di tale posizione è possibile avanzare l’ipotesi
che i castelli d’altura, sorti come strumento di controllo
territoriale, divennero in seguito centri di attrazione
demica ed economica in quanto punti di transito com-
merciale e, sebbene non raggiunsero mai dimensioni
notevoli, svilupparono in breve una parte abitativa che
affiancava quella militare che rimaneva preminente.
L’esempio più significativo e compiuto di tale dina-
mica è di certo rappresentato da Castrocaro (fig. 3):
il castello, sviluppato su un isolato affioramento roc-
cioso, occupava un punto nodale della viabilità valliva
lungo la direttrice principale Firenze-Forlì, ponendosi
alla confluenza di percorsi minori con quest’ultima.
L’origine e lo sviluppo del castello di Castrocaro
sono stati condizionati in modo determinate dalla
morfologia del sito, in particolare dall’affioramento
roccioso posto tra il crinale ed il fondovalle, in una
strettoia naturale determinata da un’ansa del fiume
Montone che scorre a breve distanza. La presenza di
una famiglia comitale con sede a Castrocaro a partire
almeno dal 111854 è un elemento che nelle fasi più
precoci del castello può aver contribuito allo sviluppo
del centro abitato; in seguito la fortificazione venne a
trovarsi sul confine tra i territori pontifici, dal 1282,
e fiorentini, dal 140355, fattore che di certo ha incre-

53
La caratteristica comune, sebbene non vincolante a causa della scar-
sità di fonti scritte a riguardo, è rappresentata dalla prima attestazione
di questi castelli, compresa prevalentemente tra l’XI ed il XIII (79%) ma
con un significativo 21% di menzioni altomedievali (VIII-X secolo).
54
Mittarelli, Costadoni 1755-1773, III, pp. 40-41.
55
Verna, Zaccaria 1986, pp. 10 e 12. fig. 3 – Castrocaro: evoluzione urbanistica del castello.

70
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

mentato lo sviluppo dell’apparato difensivo ma che ha Appare significativo notare che i castelli appartenenti a
anche implicato una vivacità economica tale da creare tale tipologia si concentrano nell’area denominata Bassa
un polo demico attrattivo nei confronti del contado. Romagna, situata a nord della Via Emilia e compresa
Il nucleo difensivo originario, attestato a partire dal all’incirca tra Faenza ed il Fiume Reno, alcuni impostati
105956, è da individuare sulla sommità dello sperone su fortilizi preesistenti successivamente trasformati, altri
roccioso attualmente occupato dalla fortezza, benché di nuova fondazione da parte di autorità di diversa na-
le strutture conservate, per caratteristiche formali, tura, siano esse comunali, signorili o vescovili. Questi
siano ascrivibili indicativamente al XII-XIII secolo castelli, associabili per tipologia alle precedenti “terre
(Fase I). Successivamente la Fortezza venne ampliata nuove” fiorentine ed ai “castelli franchi” bolognesi,
con l’addizione del ridotto fortificato inferiore, detto rappresentano un modello che si consolida tra la fine
Rocca, ricordato nel 1371 ma con ogni probabilità del XIV e l’inizio del XV secolo, sostituendo i precedenti
ascrivibile ad un orizzonte cronologico precedente, insediamenti fortificati che in genere, ad esclusione di
data alla presenza all’interno della Rocca della chiesa alcuni casi noti dalle fonti scritte66, svolgevano in pre-
di Santa Maria de la Rocha nel 128257 ed il Palazzo dei valenza un ruolo di controllo territoriale ed in genere
Conti nel 131258, che attestano indirettamente l’esi- non avevano funzione abitativa. In realtà in Romagna
stenza del fortilizio almeno tra la fine del XIII e l’inizio il fenomeno dei “castelli franchi” come centri di nuova
del XIV secolo (Fase II). È probabile che la Rocca e fondazione pare essere stato estremamente limitato sia
la Murata, menzionata dal 137159 si siano sviluppate per numero67 sia per ambito territoriale, ed è ascrivi-
in maniera pressochè coerente e contemporanea, la bile alla volontà dei comuni di Bologna e di Imola di
prima con una connotazione spiccatamente militare, la rafforzare i confini orientali. A prescindere dal fatto
seconda con funzione abitativa; pare tuttavia evidente che si tratti di nuove fondazioni oppure di radicali tra-
che la la cinta difensiva della Murata sia andata a sformazioni di castelli e fortilizi già esistenti68, si assiste
cingere un borgo sviluppatosi in precedenza, ai piedi al consolidamento di una tipologia vincente69 che si
della Fortezza dei Conti di Castrocaro (Fase III). Nel diffonde largamente nella pianura faentina ed imolese,
medesimo periodo il terrazzo roccioso sottostante probabilmente grazie alla rapidità di realizzazione delle
alla Murata doveva essere occupato da un borgo60, strutture difensive, di natura semi-campale, costituite
privo di difese ma servito dalla chiesa di San Nicolò, in origine da semplici palancati e steccati infissi in un
attestata a partire dal 125661, successivamente inclusa terrapieno preceduto da una fossa acquea; le uniche
nel II circuito murario ascrivibile al primo quarto del strutture in muratura sono rappresentate dalla rocca e,
XIV secolo: nel 1324 è menzionata infatti la Porta dei a volte, dalle torri portaie. La ragione del successo di
Ciardi che ne rappresentava l’ingresso settentrionale62 questa tipologia di castelli è dovuta paradossalmente
(Fase IV). La III cinta muraria, la cui costruzione ha alla pressoché completa mancanza di difese naturali
avuto inizio nel 1404 per delibera comunale con la
costruzione di Porta del Leone63, andava ad includere
i borghi extramuranei già ricordati nella Descriptio 66
Si tratta di esigue ma significative eccezioni, rappresentate dai
Romandiole; la costruzione della III cinta muraria castelli scomparsi di Cunio e San Potito: il primo è noto per il notevole
sviluppo delle sue difese e per la presenza al suo interno di una tumba, di
tuttavia deve essersi protratta per circa un secolo se una torre e di un monastero francescano, oltre ad almeno due cappelle
nel 1504 è ricordata la realizzazione di Porta Franca64 (Banzola 2006). San Potito, attestato dal 1002 (Ronchini 2006, p.
(Fase V). 40) invece era caratterizzato da un abitato difeso da palizzata e fossa,
e da una chiesa posta all’esterno della cinta difensiva (Benericetti
La tipologia prevalente riscontrata nell’area pianeg- 2007, pp. 47-48). Si noti che i due castelli conobbero un decastella-
giante a sud della Via Emilia è quella rappresentata dal mento piuttosto precoce, in quanto Cunio venne distrutto e mai più
castello ad impianto regolare pianificato, caratterizzato insediato nel 1296, mentre San Potito venne abbandonato nel 1230 a
causa del dissesto idrologico dell’area.
da un perimetro quadrangolare e da una disposizione 67
In territorio romagnolo si contano tre soli casi: Castelbolognese,
degli isolati abitativi secondo assi ortogonali che ripren- Sant’Agata sul Santerno e Castel Franco Romagnolo; ma nel limitrofo
dono la maglia centuriata del circostante contado65. Imolese, Emilia per confini politici ma Romagna per tradizione e storia,
si ricordano Castel Guelfo, Mordano e Bubano (Berardi, Montevecchi,
Fontana 1970, I, pp. 220-222; 269-270; 163-164) solo per citare i casi
più noti. Di particolare interesse ma di dubbia attinenza è il castello di
56
Federici 1907, p. 42. Gatteo, forse ricetto difensivo o castello-recinto, di cui non si ha notizia
di abitato interno (Perogalli 1972, pp. 66-67). Per una visione più
57
Fantuzzi 1801-1804, IV, pp. 386-387. ampia su scala regionale si rimanda a Perogalli 1972.
58
Verna, Zaccaria 1986, p. 36. 68
In 6 casi su 9 si assiste ad una trasformazione oppure ad un
59
Descriptio, p. 190. ampliamento di un insediamento fortificato precedente, mentre solo
60
Descriptio, p. 190. in 3 casi è da segnalare una nuova fondazione; tra questi tuttavia è
61
Caruso, Caruso 2007, p. 69, nota 5. da ricordare Bagnara, castello costruito a partire dalla prima metà
del XIII secolo a seguito del trasferimento dal sito originario posto
62
Ibid., p. 65 nota 1.
pochi chilometri a est.
63
Ibid, p. 65 nota 2. 69
È tuttavia da segnalare un caso di fallimento, riferibile a Castello
64
Ibid, p. 77. Francho Romagnolo, realizzato dal Comune di Bologna sulla Via Emilia
65
A questa tipologia appartengono Castelbolognese, Cotignola, nei pressi del Ponte di San Procolo nel corso del XV secolo ed in seguito
Russi, Solarolo, Bagnara, Fusignano, Massalombarda, Granarolo scomparso, forse demolito dalla Santa Sede nel 1509 (Donati 2006;
Faentino e Sant’Agata sul Santerno. Donati 2008, p. 13).

71
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 4 – Castelbolognese:
evoluzione urbanistica
del castello.

nel territorio pianeggiante, dove solo la rete idrografica controllo della Via Emilia71, era cinto da una palizzata
costituisce un elemento di valore strategico, sia nell’ot- di cinta costruita su un terrapieno e circondato da una
tica della difesa, sia come motore dell’economia locale fossa alimentata dal Canale dei Mulini72. L’accesso
e territoriale. Il tratto comune ai “castelli franchi” della era garantito da una torre portaia anch’essa realiz-
Bassa Romagna è infatti costituito dalla presenza di corsi zata in legno come il resto delle difese, attestata nel
fluviali e di canali artificiali che da un lato alimentano 1388-8973. Una rocca in muratura, costruita nel 1392
le fosse difensive, mentre dall’altro assicurano la forza e posta in direzione di Bologna, completava il sistema
motrice per i mulini ed una rapida via commerciale con difensivo74. All’interno del castello il nucleo origina-
l’area padana e adriatica. rio dell’abitato è tuttora riconoscibile negli 8 isolati
L’esempio di Castelbolognese70 pare rappresentare del centro storico a sud della Via Emilia che, benché
al meglio tale tipologia insediativa, in quanto costi- interessati da alcune modifiche, hanno sostanzial-
tuisce il caso di un castello di nuova fondazione che mente mantenuto l’assetto della fine del XIV secolo.
conosce una notevole fortuna nell’arco di pochi anni, La griglia regolare dell’impianto urbano si basa sulla
superando i limiti delle difese originarie e conoscendo ripetizione di isolati con il fronte stradale porticato,
uno sviluppo senza precedenti. Il castello (fig. 4), co- distribuiti ai lati della direttrice principale ovest-est che
struito a partire dal 1388 dal Comune di Bologna a

71
Donati 2008, p. 11; Gelichi 1990, pp. 77-78.
70
Il caso di Castelbolognese è signifiativo anche perché qui per 72
Donati 2008, pp. 13-14.
la prima volta in Romagna è stato condotto uno studio parallelo di
archeologia, archeologia dell’architettura, topografia urbana e analisi
73
Ibid., pp. 17-18; Gelichi 1990, pp. 79-80.
delle fonti scritte (Gelichi 1990). 74
Donati 2008, pp. 21-23; Gelichi 1990, pp. 83-85.

72
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

fig. 5 – Bagnacavallo: evoluzione urbanistica del castello.

73
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

terminava nei pressi della rocca75 (Fase I). Già nel 1419 fluviale dovette rappresentare un fattore traumatico per
le difese del castello non si dimostrarono più sufficienti il castello, solo in parte compensato dalla creazione di
ad accogliere l’abitato e vennero quindi ampliate a un canale artificiale. Venuto a mancare l’elemento che
comprendere il Borgo che si era sviluppato a cavaliere rappresentava sia la direttrice di sviluppo sia il principale
della Via Emilia, all’incrocio con la via d’accesso al vincolo allo stesso, il castello si estese in modo piuttosto
castello; anche in questo caso gli isolati presentano un omogeneo a partire dall’attuale Piazza della Libertà,
fronte porticato rivolto verso la viabilità principale76 secondo un modello concentrico. Tra l’ultimo quarto
(Fase II). Tra il 1431 ed il 1490 circa vennero realiz- del XII secolo e la prima metà del XIII secolo il castello
zate mura in mattoni77, scandite da torrioni angolari conobbe un notevole ampliamento oltre il perimetro
cilindrici con base a scarpa 78. La torre portaia, posta delimitato dalle fosse volute dai Malvicini, caratterizzato
ormai al centro del castello, rimase in uso forse con dalla costruzione di una nuova cinta difensiva in cui si
funzione di avvistamento. Nel 1481 la rocca venne aprivano quattro porte, la cui prima attestazione risale
ammodernata con l’aggiunta di bastioni semicircolari tuttavia solo al 126286; presso Porta Inferioris, posta a
posti a rinforzo delle cortine murarie tra le preesistenti nord del castello, tra il 1255 ed il 1274 il Comune di
torri79 (Fase III). Nel 1502 il castello venne assediato e Bologna costruì una fortificazione nota come Castrum
preso da Cesare Borgia che ne abbattè rocca e mura, Bononiensis87 (Fase III). La rocca maggiore di Bagnaca-
colmandone le fosse, risparmiando tuttavia la torre vallo venne ricostruita nel 131188 ma già nel 1334 venne
civica e le due porte sulla Via Emilia80. Tra il 1508 ed nuovamente demolita89. Tuttavia nel 1335 i Manfredi,
il 1516 la Santa Sede ricostruì le mura del castello81 nuovi signori di Bagnacavallo, ricostruirono la rocca nel-
ma non provvide alla ricostruzione della rocca, le cui la medesima posizione della precedente90 (Fase IV). Nel
fosse vennero colmate (Fase IV). 1470 gli Este promossero il rafforzamento delle difese di
Sebbene la tipologia del castello ad impianto regolare Bagnacavallo con l’ampliamento delle fosse e tra il 1471
pianificato sia quella prevalente nell’area pianeggiante ed il 1534 la costruzione della cinta muraria, difesa da
oggetto della ricerca e pare aver soppiantato i prece- torri angolari e rompitratta91 (Fase V). All’interno del
denti insediamenti fortificati, il caso di Bagnacavallo castello, in cui è tuttora leggibile il tortuoso tracciato
rappresenta tuttavia una significativa eccezione (fig. 5). del paleoalveo del Fiume Santerno-Senio, si individuano
Il castello (104182) e l’annesso borgo di Sant’Apolli- due principali tipologie abitative, peculiari delle diverse
nare (114283) in origine dovevano svilupparsi lungo il aree in cui sorgono. I lotti abitativi realizzati nelle aree
corso d’acqua noto come Santerno-Senio secondo un in precedenza occupate dalle fosse del XI secolo sono
asse lineare: il fiume assolveva alla duplice funzione di caratterizzati da una planimetria rettangolare, pressoché
elemento difensivo e di direttrice viaria, sia stradale sia omogenee per dimensione, con fronti diametralmente
fluviale. Il castello era situato in un meandro del fiume, opposti affacciati su due strade, con area cortilizia in
delimitato a nord da un secondo corso d’acqua che si comune. Al contrario gli isolati compresi tra le due cinte
diramava dal Santerno-Senio e si sviluppava in direzione sono generalmente caratterizzati da lotti di grandi di-
nord-ovest. L’abitato fortificato era dunque naturalmen- mensioni, spesso occupati da palazzi gentilizi e di super-
te difeso dal corso del fiume e, trovandosi nella parte ficie estremamente varia. Questo elemento è significativo
interna dell’ansa, anche dalle piene dello stesso (Fase I). in quanto pare testimoniare nel primo caso una volontà
Divenuto possesso dei Malvicini, il castello venne circon- pubblica di organizzare uno spazio resosi libero e quindi
dato da fosse tra il 1152 ed il 1171, e dotato inoltre di disponibile all’insediamento, mentre al contrario nel
ulteriori opere difensive84, tra cui forse una rocca la cui secondo caso si assiste ad una progressiva occupazione
attestazione risale al 1182, quando venne distrutta da dei lotti per iniziativa privata e religiosa92, testimoniando
Faentini e Ravennati85 (Fase II). Verso la metà del XII una frammentata situazione pregressa, esterna al castello
secolo il corso del fiume mutò a monte di Bagnacavallo ed in seguito assimilata in quest’ultimo.
e questo evento rappresentò una significativa altera- Allo stato attuale rimangono aperti alcuni inter-
zione del panorama urbano. La deviazione dell’alveo rogativi emersi nel corso della ricerca, tra i quali ad
esempio emerge in modo preponderante quello relati-
vo ad una possibile connessione tra tipologia dell’inse-
75
Gelichi 1990, pp. 91-94.
76
Donati 2008, pp. 14-15. 86
Donati, Galegati, Sabattini 1996, p. 50.
77
Ibid., pp. 29-31. 87
Mascanzoni 1994, p. 180.
78
Gelichi 1990, pp. 24; 88-90. 88
Ibid., p. 183.
79
Donati 2008, pp. 31-32. 89
Donati, Galegati, Sabattini 1996, p. 64.
80
Ibid., p. 37. 90
Donati, Galegati, Sabattini 1994, p. 213.
81
Gelichi 1990, p. 27. 91
Mascanzoni 1994, p. 189.
82
Benericetti 2005, p. 35. 92
Nel corso dell’espansione del castello vaste aree vennero occupate
83
Mascanzoni 1994, p. 184.
dai conventi di San Francesco nel 1273 (Donati, Galegati, Sabattini
84
Donati, Galegati, Sabattini 1996, p. 50. 1996, p. 74), Santa Chiara nel 1313 (Ibid., p. 75) e di San Giovanni
85
Ibid., p. 63. nel 1336 (Ibid., p. 74).

74
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

diamento fortificato e committenza. Appare evidente zioni architettoniche e le tecniche edilizie di 34 edifici
come i fattori naturali ed antropici già illustrati siano fortificati (fig. 6). La maggior parte dei castelli ricade
talmente determinanti da imporsi al di sopra di ogni nel basso Appennino (19) e nel medio Appennino
volontà. Alla luce di questo pare che la committenza (14). Solo un sito si trova in pianura (fig. 7). Grazie
non manifesti la propria volontà ed autorità attraverso all’analisi dei dati raccolti è stato possibile approfon-
una determinata tipologia insediativa, ma che al con- dire la conoscenza di determinati aspetti storici come
trario adatti le proprie necessità ai caratteri prevalenti gli spostamenti e le relazioni professionali delle mae-
del territorio quali morfologia, idrografia e viabilità93. stranze operanti in Romagna a partire dal XIII secolo.
Tuttavia emerge una significativa eccezione, rappre- Allo stato attuale della ricerca si sono rilevate ca. 200
sentata dai castelli a impianto regolare e pianificato, strutture, comprendenti angolate, porzioni intermedie
sul modello dei “castelli franchi” bolognesi. Come del prospetto, sezioni murarie, apparati decorativi
precedentemente ricordato, si tratta più dell’adozione (cordoli e fasce decorative) e aperture (“da tiro”,
di una tipologia insediativa che della diffusione di un finestre, porte e porte-finestre). Per quanto riguarda
fenomeno pianificato e strutturato, tanto da portare i criteri di registrazione dei caratteri costruttivi e lo
ad un nuovo incastellamento che prevede l’introdu- studio tipologico delle strutture si è fatto riferimento
zione, la diffusione e la trasmissione di una tipologia a una procedura oramai collaudata che conduce alla
insediativa fortificata di valore trasversale, ovvero distinzione dei manufatti sulla base delle diverse figure
riconosciuta comunemente come valida dalle diverse artigianali coinvolte nel ciclo produttivo (Mannoni
autorità che si contendevano il potere nell’area. Il 1976; Mannoni 1997; Mannoni 2005). Le indagini
modello del “castello franco” viene applicato al ter- hanno permesso di costruire un repertorio cronotipo-
ritorio non più solo in funzione del consolidamento logico delle murature e degli elementi architettonici
dei confini, ma sembra acquisire una serie di valori (apparati decorativi e aperture).
nuovi. La funzione militare appare sempre preminente
ma a questa si affianca quella relativa alla gestione 3.2 Le murature
di un territorio fisicamente in espansione grazie alla
progressiva bonifica delle valli palustri poste a sud- Il repertorio cronotipologico delle murature rac-
ovest di Ravenna e sviluppate fino al fiume Po, oltre coglie tre principali categorie di strutture: murature
che al controllo della rete viaria su strada e su acqua. costruite con elementi preparati dallo scalpellino (A);
Quella che inizialmente pare essere una prerogativa con elementi squadrati tramite sbozzatura sommaria
di un potere forte ed intraprendente come il Comune (B); con elementi non lavorati o al massimo spaccati
di Bologna, negli stessi anni diviene una strada per- (C). A queste si aggiungono altre tre categorie: strut-
corsa anche da autorità minori come i Da Polenta a ture in elementi diversi per tipo di lavorazione, cioè
Russi (1367), i Visconti a Bagnara (1350), gli Sforza squadrati tramite sbozzatura sommaria assieme ad
a Cotignola (1408), gli Este a Massalombarda (1445) altri non lavorati o al massimo spaccati (B-C); con ele-
e i Manfredi a Solarolo (1399). menti misti, vale a dire strutture composte da materiali
E.R. litici e laterizi (D); con il solo laterizio (E). In ciascuna
di queste categorie sono comprese più tipi di tecniche,
diverse fra loro per livello di lavorazione, dimensione
3. I CASTELLI DELLA ROMAGNA: e disposizione degli elementi. A titolo esemplificativo
LE TECNICHE EDILIZIE, LE MAESTRANZE, si descrivono alcuni tipi murari (fig. 8):
I COMMITTENTI
A1 – strutture costruite con elementi riquadrati e spia-
3.1 La ricerca nati, di grandi dimensioni, disposti in filari regolari
con sottili letti di calce. Questi muri sono il frutto del
Dal 2007 i castelli delle provincie di Ravenna, Forlì- lavoro sviluppato all’interno di un cantiere nel quale
Cesena e Rimini sono stati oggetto di una campagna la figura dello scalpellino doveva essere presente. Gli
di rilievo e analisi archeologica dell’elevato94. Le elementi sono ottenuti con l’impiego di squadre e
indagini hanno permesso di identificare le trasforma- rispettando un procedimento articolato in una pre-
liminare rifilatura dei bordi, realizzata a scalpello e
mazzuolo, e in una successiva spianatura delle facce.
93
Se non è quindi possibile assegnare una determinata tipologia di In molti conci è ancora visibile il “nastrino”, cioè l’in-
insediamento fortificato a singole e specifiche committenze, è tuttavia
vero che tale influenza si palesa piuttosto nelle scelte costruttive relative sieme delle tracce eseguite dallo scalpellino per definire
agli apparati difensivi dei castelli o almeno a parte degli stessi. Tale gli spigoli all’interno dei quali si forma la faccia;
prassi è nota per la casata dei Malatesta che ammodernano fortilizi
precedenti con apprestamenti difensivi ricorrenti (Palloni 2008), fe-
A2 – strutture costruite con elementi squadrati tramite
nomeno che interessa in modo trasversale i diversi rami della dinastia una attenta sbozzatura (ma non riquadrati secondo le
anche in aree geograficamente distanti tra loro. ben note regole dello scalpellino), spianati, di piccole
94
Per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei caratteri stratigrafici dimensioni, disposti in filari regolari con sottili letti
e costruttivi si sono applicati i metodi dell’archeologia dell’architettura
(Francovich, Parenti 1988), integrati dall’esame delle fonti scritte e di calce. Il processo produttivo è più semplice rispetto
figurate. Per ulteriori informazioni v. Fiorini 2009, p. 343. al caso precedente e riconducibile alla mancanza di

75
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 6 – I castelli della Ro-


magna esaminati: 1. Forte di
Monte Poggiolo; 2. Castel-
nuovo; 3. Torre Albicini; 4.
Castellaccio di Fornazzano;
5. Torre di Ceparano; 6. Torre
Bonini; 7. Castello di Pianet-
to; 8. Torre Mirone; 9. Rocca
d’Elmici; 10. Castellaccio di
Corniolino; 11. Giaggiolo;
12. Castello di Sorrivoli; 13.
Teodorano; 14. La Roccaccia
di Modigliana; 15. San Cas-
siano; 16. Torre Rondinaia;
17. Torre di Monte Erno;
18. Castello di Torriana;
19. Madonna di Saiano; 20.
San Giovanni in Galilea;
21. Rocca Malatestiana di
Montefiore Conca; 22. Rocca
Malatestiana di Verucchio;
23. Torre di Montalto; 24.
Monte Mauro; 25. Rocca di
Pondo; 26. Castello di Santa
Fiora; 27. Torre del Cerro;
28. Castellaccio della Pietra;
29. Predappio; 30. Rocca
Malatestiana di Spinello;
31. Rocca di Corzano; 32.
Castello di San Martino in
Gattara; 33. Dovadola; 34.
Monte Battaglia.

risorse economiche per finanziare il lungo processo regolari, su letti di calce di spessore variabile; gli altri,
di riquadratura: anche 6-8 ore per concio (Cagnana non lavorati o al massimo spaccati, privi di lavorazione
2000, p. 62; Mannoni 2003, p. 100); nelle facce esterne, di dimensioni eterogenee, disposti in
A3 – strutture in elementi squadrati tramite attenta filari regolari, su letti di calce di spessore variabile;
sbozzatura, di riutilizzo, spianati, di grandi dimensio- C3 – strutture costruite con elementi non lavorati o
ni, disposti in filari regolari, su sottili letti di calce. Il al massimo spaccati, privi di lavorazione nelle facce
reimpiego è provato da una serie di indizi che coesisto- esterne, di medie dimensioni, disposti in filari regolari
no in alcuni elementi: una consunzione disomogenea con letti di calce sottili. Si tratta di murature costruite
della superficie lapidea, la rottura parziale degli spigoli con il solo contributo del muratore, il quale sfrutta i
e tracce grossolane di strumenti a punta che “tagliano” piani naturali di sfaldatura delle rocce sedimentarie
una finitura già conclusa; per ottenere “quasi naturalmente” degli elementi già
B4 – strutture costruite con elementi squadrati tramite di per sé abbastanza regolari. Gli elementi litici così
sbozzatura sommaria, privi di lavorazione nelle facce ottenuti vengono messi in opera senza ulteriore lavo-
esterne, di medie dimensioni, disposti in filari regolari razione. La faccia superiore e quella inferiore sono
con sottili letti di calce. La forma regolare degli elementi naturalmente piane e parallele fra loro e lo spessore
e quindi dei corsi è ottenuta sbozzando materiale già dell’elemento corrisponde, pertanto, allo strato natu-
piuttosto squadrato, ricavato da rocce sedimentarie. In rale della formazione rocciosa;
molti casi lo spessore degli elementi ottenuti corrispon- C7 – strutture simili alle precedenti, ma gli elementi
de alla stratificazione naturale della roccia madre; (disposti in filari regolari) presentano dimensioni
B-C – strutture in elementi “da sbozzatore” e “da mura- eterogenee e letti di calce di spessore variabile;
tore”: i primi, squadrati tramite sbozzatura sommaria, C9 – strutture simili alle precedenti, ma i ciottoli di
spianati, di dimensioni eterogenee, disposti in filari fiume o il “pietrame di falda detritica” (elementi di

76
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

fig. 7 – I settori territoriali


e castelli della Romagna
esaminati: 1. Forte di Monte
Poggiolo; 2. Castelnuovo; 3.
Torre Albicini; 4. Castellaccio
di Fornazzano; 5. Torre di
Ceparano; 6. Torre Boni-
ni; 7. Castello di Pianetto;
8. Torre Mirone; 9. Rocca
d’Elmici; 10. Castellaccio di
Corniolino; 11. Giaggiolo;
12. Castello di Sorrivoli; 13.
Teodorano; 14. La Roccaccia
di Modigliana; 15. San Cas-
siano; 16. Torre Rondinaia;
17. Torre di Monte Erno;
18. Castello di Torriana;
19. Madonna di Saiano; 20.
San Giovanni in Galilea;
21. Rocca Malatestiana di
Montefiore Conca; 22. Rocca
Malatestiana di Verucchio;
23. Torre di Montalto; 24.
Monte Mauro; 25. Rocca di
Pondo; 26. Castello di Santa
Fiora; 27. Torre del Cerro;
28. Castellaccio della Pietra;
29. Predappio; 30. Rocca
Malatestiana di Spinello;
31. Rocca di Corzano; 32.
Castello di San Martino in
Gattara; 33. Dovadola; 34.
Monte Battaglia.

dimensioni eterogenee raccolti in superficie presso strutture di questo tipo i due paramenti circondano
gli accumuli naturali ai piedi dei versanti) vengono un nucleo in concrezione e la disposizione “in chiave”
disposti, generalmente, in corsi irregolari; degli elementi consente di ottenere la migliore ammor-
D1 – strutture costruite con elementi misti (“da scal- satura delle diverse parti (Zevi 2001, p. A 6).
pellino” e laterizi): i primi squadrati tramite attenta Le tipologie murarie che ricorrono con maggior
sbozzatura, spianati, di dimensioni eterogenee, di- frequenza nei castelli della Romagna sono tre: B4, C3
sposti in filari irregolari con letti di calce di spessore e C9. In 10 siti si sono osservate murature costruite
variabile; gli altri, ridotti in frammenti e impiegati, sbozzando materiale già piuttosto regolare, ricavato
spesso, con la funzione di “zeppa”. Queste murature dalla stratificazione naturale della roccia madre. In
sembrano realizzate “in economia”, usando cioè questo caso la regolarità dimensionale degli elementi
materiale di recupero selezionato e posto in opera (e quindi dei corsi) dipende, in buona misura, dalle
dal muratore. La figura dello scalpellino non doveva caratteristiche di partenza della roccia sedimentaria
essere presente all’interno del cantiere; (tipo B4). Quando gli elementi ottenuti da questi af-
D5 – strutture in elementi misti: “da muratore” e fioramenti rocciosi non sono ulteriormente lavorati (o
laterizi; i primi, non lavorati o al massimo spaccati, vengono al massimo sottoposti a semplice spaccatura)
privi di lavorazione nelle facce esterne, di dimensioni si ottiene un tipo di muratura altrettanto diffusa nei
eterogenee, disposti in modo “disordinato”, su letti di castelli della Romagna (tipo C3). Il muratore, al quale
calce di spessore variabile; gli altri, integri o ridotti si attribuiscono le conoscenze necessarie per realizzare
in frammenti; questa tipologia muraria, dispone gli elementi in filari
E1 – strutture in laterizi, integri, disposti in filari rego- regolari su sottili letti di calce. Altrettanto diffusa è la
lari, con giacitura di testa e di fascia, che genera una muratura costruita con ciottoli di fiume o pietrame di
tessitura “senese”, su sottili letti di calce; dimensioni eterogenee (elementi raccolti in superficie
E5 – strutture simili alle precedenti ma la giacitura è presso gli accumuli naturali ai piedi dei versanti),
prevalentemente di testa e la tessitura irregolare. Nelle disposti in filari irregolari su letti di calce di spessore

77
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 8 – Le tipologie murarie individuate nei castelli della Romagna: A. In elementi “da scalpellino”, riquadrati oppure squadrati
tramite attenta sbozzatura; B. In elementi “da sbozzatore”, squadrati tramite sbozzatura sommaria; B-C. In elementi “da sbozzato-
re” e “da muratore”, squadrati tramite sbozzatura sommaria e non lavorati o al massimo spaccati; C. In elementi “da muratore”,
non lavorati o al massimo spaccati; D. In elementi misti (litici e laterizi); E. In laterizi.

78
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

plementi di lavorazione. La distribuzione territoriale


delle categorie murarie B e C corrisponde, infatti, a
quella della suddetta formazione (fig. 9, FMA).
Lo stretto rapporto tra i caratteri litologici della
roccia madre e la lavorazione scelta per ottenere gli ele-
menti da costruzione è stato ulteriormente approfon-
dito tramite specifiche analisi geologiche96. La roccia
scelta per lavorazioni raffinate (es.: la riquadratura)
è quasi sempre massiva, ovvero priva di suddivisioni
laminari. La roccia non lavorata o al massimo spac-
cata è invece nella maggior parte dei casi laminata,
una caratteristica che favorisce la tecnica “a spacco”.
Tutti gli elementi delle strutture militari (torri e cinte
murarie) sono sempre ottenuti, a prescindere dal tipo
di lavorazione, da rocce con grado di cementazione
media o forte (vale a dire compatte).
Le murature sono costruite con elementi ottenuti da
quattro principali categorie di rocce: Rudite (A), Arenite
fig. 9 – Tabella che descrive le relazioni tra la categoria muraria (B), Siltite (C) e Gesso (D)97. In ciascuna di queste cate-
e la formazione geologica sopra alla quale si trovano i castelli
medievali della Romagna: A. In elementi “da scalpellino”, riqua- gorie sono compresi più tipi di roccia, diverse fra loro
drati oppure squadrati tramite attenta sbozzatura; B. In elementi per livello di laminazione e cementazione. Il repertorio
“da sbozzatore”, squadrati tramite sbozzatura sommaria; B-C. delle rocce da costruzione è composto da 14 tipologie.
In elementi “da sbozzatore” e “da muratore”, squadrati tramite Il materiale più frequente è l’arenaria mediamente
sbozzatura sommaria e non lavorati o al massimo spaccati; C. In cementata (tipi B7, B10), ma spesso si utilizzano più
elementi “da muratore”, non lavorati o al massimo spaccati; D. In
elementi misti (litici e laterizi); E. In laterizi. I castelli: 1. Forte di bacini di approvvigionamento e questo determina una
Monte Poggiolo; 2. Castelnuovo; 3. Torre Albicini; 4. Castellaccio sostanziale disomogeneità litologica dei paramenti98.
di Fornazzano; 5. Torre di Ceparano; 6. Torre Bonini; 7. Castello Quando le condizioni economiche lo permettono, si
di Pianetto; 8. Torre Mirone; 9. Rocca d’Elmici; 10. Castellaccio di cerca il materiale migliore in luoghi anche molto lon-
Corniolino; 11. Giaggiolo; 12. Castello di Sorrivoli; 13. Teodora- tani dall’insediamento. In genere, però, i castelli della
no; 14. La Roccaccia di Modigliana; 15. San Cassiano; 16. Torre
Rondinaia; 17. Torre di Monte Erno; 18. Castello di Torriana; Romagna sono costruiti con materiali litici locali.
19. Madonna di Saiano; 20. San Giovanni in Galilea; 21. Rocca Interessante il caso di Castelnuovo: nel XII secolo
Malatestiana di Montefiore Conca; 22. Rocca Malatestiana di la famiglia comitale dei Lamberti promuove la ricerca
Verucchio; 23. Torre di Montalto; 24. Monte Mauro; 25. Rocca nelle aree marginali del territorio di materiale ideneo
di Pondo; 26. Castello di Santa Fiora; 27. Torre del Cerro; 28. alla preparazione di elementi squadrati dallo scalpel-
Castellaccio della Pietra; 29. Predappio; 30. Rocca Malatestiana
di Spinello; 31. Rocca di Corzano; 32. Castello di San Martino lino (fig. 10, B)99. In occasione dei lavori di restauro
in Gattara; 33. Dovadola; 34. Monte Battaglia. finanziati dall’Arcivescovo di Ravenna, una parte
degli elementi ottenuti con questo materiale viene
reimpiegato per riedificare la torre (secoli XIII-XIV)100.
variabile (tipo C9). Lo sbozzatore e il muratore svol-
gono, pertanto, un ruolo fondamentale nel cantiere 96
Le indagini sono state condotte dal dott. geol. Fabio Zaffagnini.
edilizio, mentre certamente secondaria è la figura dello 97
Il riconoscimento dei litotipi è stato operato su 24 campioni di
scalpellino, il quale è evidentemente troppo costoso muratura, relativi ai seguenti castelli: Sorrivoli, Castelnuovo, Giaggiolo,
e lento (anche 6-8 ore per concio)95. D’altra parte, Monte Battaglia, Monte Mauro, Teodorano e Ceparano (Zaffagnini
la relativa assenza di figure altamente specializzate 2009, pp. 68-71).
nella lavorazione di materiale litico si può spiegare
98
Su 24 campioni esaminati, 18 mostrano una situazione litolo-
gica eterogenea, mentre solo 6 rivelano una sostanziale omogeneità
anche considerando le caratteristiche della forma- dei materiali.
zione rocciosa più estesa del territorio romagnolo (la 99
Si tratta di calcarenite massiva mediamente cementata.
marnoso-arenacea). La natura stratiforme di questa 100
La prima attestazione del castello è del 943 (Sassi 2005, p. 48; Be-
roccia permette di ottenere “quasi naturalmente” degli nericetti 1999, p. 113), ma informazioni sulle strutture che compongono
il castello si ricavano da due atti notarili del XII secolo (Ravaglia 1957, p.
elementi già abbastanza regolari senza particolari sup- 22, n. 43; Tarlazzi, Appendice, I.1, p. 38). Pochi anni dopo (1158) l’intero
castello viene donato alla Chiesa di Ravenna (Fantuzzi, Monumenti, IV,
p. 287), la quale decide di acquistarlo nel 1234 (Fantuzzi, Monumenti,
95
La costruzione o la ricostruzione di un luogo fortificato doveva III, p. 303). I risultati delle analisi stratigrafiche, tipologiche (murature e
avvenire, in genere, in tempi brevissimi. In età tardomedievale (secc. aperture) e metrologiche (studio dei canoni mensori utilizzati per proget-
XIV-XV) per la costruzione di edifici fortificati si impiegavano dai 3 a tare la torre), convergono sui secoli XIII-XIV come possibile periodo di
10 anni: al massimo 3 anni per il “maschio” della rocca nuova di Cesena fondazione dell’attuale torre e della cinta muraria. I consoli che detengono
(Abati, Fabbri, Montalti 2006, pp. 48-49, 55, 58, 271, 300-301); per l’Arcivescovo di Ravenna il comune di Castelnuovo decidono, pro-
almeno 4 ma meno di 10 per la rocca di Monte Poggiolo (Lamberini babilmente, di rinnovare le strutture del castello comitale dei Lamberti
1994, pp. 25, 27; Palloni 1986, p. 35) e la torre di Monte Battaglia reimpiegando il materiale costruttivo disponibile nel sito e sfruttando gli
(Fiorini 2009, p. 343). affioramenti rocciosi posti nelle zone di confine territoriale.

79
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 10 – Castelnuovo e i siti medievali di approvvigionamento del materiale costruttivo. I confini territoriali di Castelnuovo sono
tratti da un disegno realizzato dopo il 1527, e probabilmente entro il XVII secolo (Anonimo, Castelnuovo; Zattini 2009, p. 24).

Il nuovo edificio (ora in stato di progressivo degrado rone roccioso i Malatesti promuovono la costruzione
strutturale) è realizzato in buona parte con materiale di una torre quadrata con funzione abitativa e di
litico squadrato (dallo sbozzatore) del tutto simile, controllo del territorio102. In questo periodo Cesena
nelle caratteristiche litologiche, al precedente e pre- e il suo contado sono controllati da questa facoltosa
sumibilmente ricavato dallo stesso bacino geologico famiglia, la quale è in grado di finanziare la raccolta
di approvvigionamento (fig. 10, B). Esiste, pertanto, del materiale da costruzione più idoneo (facilmente
una continuità di sfruttamento delle risorse più van-
taggiose del territorio a prescindere dal possessore del
castello. Oltre a questo materiale vengono raccolti 102
La prima attestazione del castello è del 991 (Benericetti 2002,
dall’alveo fluviale del Bidente e dalle immediate vici- p. 149), ma le strutture conservate rimandano a una prassi fortificatoria
nanze ciottoli e pietrame non lavorato (fig. 10, A e C). tardomedievale (secc. XIV-XV). Le strutture del mastio sono realiz-
zate in buona parte con laterizi interi e materiali litici “da muratore”
Questa fornitura, che si differenzia dalle precedenti (non lavorati o al massimo spaccati). L’unità di misura utilizzata per
anche nelle caratteristiche litologiche (presenza di progettare l’edificio è il braccio quattrocentesco in uso a Cesena e
laminazione, cementazione da media a forte), viene nei suoi territori al tempo della dominazione malatestiana (55,8 cm).
L’equivalenza in centimetri è ricavata dal rilievo diretto di una lapide
impiegata per la realizzazione delle porzioni centrali conservata nella biblioteca Malatestiana di Cesena e proveniente dalle
del paramento (fig. 11, A e C), mentre al materiale logge del palazzo comunale. Nel manufatto sono scolpite le sagome
squadrato (fig. 11, B) è assegnato un ruolo differen- dei materiali costruttivi e le misure lineari regolamentate dal comune
nel XV secolo (Pasini 2002, pp. 129-130; Montalti 1986, p. 112,
te: garantire la statica e la “scatolarità” dell’edificio fig. 101). A questo periodo rimandano anche i risultati delle analisi
(cantonali e basamento)101. tipologiche condotte sulle aperture (tutte archivoltate con estradosso
Altrettanto interessante è il caso di Sorrivoli: negli decorato da una fila di mattoni disposti “in chiave”). La porta-finestra,
in particolare, appare del tutto simile a quella della torre Vanga di
ultimi decenni del XIV secolo sulla cima di uno spe- Trento (sec. XIV metà: Giovannini, Parenti 2006, p. 75). Nel 1981
dal deposito ancora intatto di un vano della torre (forse una latrina)
viene recuperato, tramite uno scavo “non controllato”, materiale ce-
ramico frammentario. Il contesto si sarebbe formato a cavallo tra XIV
101
Sui principali caratteri formali e costruttivi della torri medievali e XV secolo dal progressivo accumulo di recipienti non più utilizzabili
v. Mannoni 2005, p. 62. (Gelichi 1997, pp. 83-100).

80
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

fig. 11 – Porzione angolare della torre (CF1) di Castelnuovo, con indicazione dei tipi di roccia, della provenienza e della lavora-
zione di ogni elemento (analisi: dott. geol. Fabio Zaffagnini).

lavorabile e resistente) anche da zone molto lontane filari regolari (tipo B4). I committenti sono gli enti ec-
dal cantiere edilizio (fig. 12, A). La capacità di “dre- clesiastici, come ad esempio il monastero di Sant’Ilario
naggio” delle risorse territoriali di questa signoria (S. Ellero) di Galeata, e gli esponenti di alcune famiglie
può essere ulteriormente soppesata considerando la in forte ascesa (in particolare i Fantolini, i Guidi e i
distanza tra Cesena e le cave a Sud-Ovest di Sorrivoli Malatesti). Per realizzare le torri e le cinte murarie di
(fig. 12, C) sfruttate per realizzare alcuni edifici cit- queste fortezze i diversi possessori sembrano affidarsi
tadini (Veggiani 1968, pp. 343-367). allo stesso gruppo di maestranze (fig. 15). Il fenomeno
Allo stato attuale della ricerca la distribuzione può essere spiegato se si considerano almeno due ele-
cronologica dei tipi murari descrive alcuni fenomeni menti: 1. dal 1278 la Romagna passa sotto il diretto
documentati anche in altre zone italiane, come la dif- dominio della Santa Sede (Vasina 1986, pp. 136-139);
fusione di pietra riquadrata dagli scalpellini dal XII 2. il monastero di Galeata, i Fantolini e i Malatesti sono
secolo e, successivamente, la progressiva affermazione accomunati da forti legami con la Chiesa di Roma104.
delle murature in elementi non lavorati o al massimo La trasversalità delle maestranze che si ipotizza per
spaccati, spesso combinati a materiale di reimpiego il XIII secolo è invece ben documentata in età tardo
litico e laterizio (Bianchi 2005, pp. 56-57; Cagnana medievale (secc. XIV-XV). A Fano e a Cesena nella
2005, p. 26; Gelichi, Delogu, Gabrielli 2000). Il prima metà del XV secolo l’architetto Matteo Nuti, ad
lavoro di maestranze specializzate nella sbozzatura di esempio, lavora per le corti malatestiane e per l’ordine
materiale litico è documentato prevalentemente nel dei Frati Francescani, una situazione favorita agli stretti
XIII secolo (fig. 13). rapporti che esistono tra i due committenti (Volpe
Nel XII secolo i castelli che presentano corpi di 1989, pp. 12-13). La presenza delle stesse maestranze
fabbrica realizzati in elementi “da scalpellino” occu- nei castelli appartenenti a famiglie in competizione
pano gli speroni rocciosi del basso Appennino: Monte (Guidi, Malatesti) può essere, invece, spiegato ipo-
Mauro (RA) e Verucchio (RN). Nel territorio provin- tizzando una precisa scelta di saltuarietà dei rapporti
ciale di Rimini si trovano strutture simili nella pieve professionali oppure all’abbandono del committente
di San Michele in Acervulis (campanile, secoli XI-XII:
Battistini, Bissi, Rocchi 2008, p. 369; Gelichi et
al. 2005, p. 245) e nel duomo di San Leo (1150-1173: 104
Nel primo ventennio del XIII secolo la S. Sede concede la sua
Cerioni 1999, p. 141, figg. 17-20, tipi murari 1-2). protezione al monastero di Galeata e ne riconosce la dipendenza
Nel XIII secolo si registra una prima accelerazione del giurisdizionale dalla Chiesa di Ravenna (Cencetti 1959, p. 93).
Dalla seconda metà dello stesso secolo i pontefici collocano a capo
processo di incastellamento della Romagna (fig. 14)103. della Chiesa ravennate uomini di fiducia attraverso i quali esercitare il
Il medio Appennino si popola di una nuova generazio- potere effettivo sui castelli dell’abate di S. Ellero (Zaghini 1988, pp.
ne di edifici fortificati costruiti in economia, cioè con 241-243). All’inizio del XIII secolo il papato intraprende una serie di
iniziative diplomatiche e militari allo scopo di ampliare il territorio
materiale litico sommariamente sbozzato e disposto in dello stato pontificio (Larner 2008, p. 47; Montanari 2003, p.
221; Piccinni 1999, p. 275). Tra le famiglie che aderiscono a questo
progetto, ci sono i Fantolini, proprietari di molti castelli del Faentino,
e i Malatesti, dalla seconda metà del XIII secolo al servizio del papa
103
Anche l’esame quantitativo delle fonti scritte sembra confermare per conquistare i territori ghibellini del Forlivese (Frison, Ugolino de’
questo dato. La maggiore attestazione di castelli si registra nel XIII Fantolini; Saletti, Comentario, pp. 148-153, 363-374; Pari 1998,
secolo (Augenti 2006, p. 77, fig. 2). pp. 58, 66-69).

81
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 12 – Sorrivoli e i siti medievali di approvvigionamento del materiale costruttivo. Nella carta sono individuate anche le cave
malatestiane sfruttate per la costruzione di alcuni edifici di Cesena (Veggiani 1968, pp. 343-367).

fig. 13 – Distribuzione cronologica dei tipi murari: A. In elementi “da scalpellino”, riquadrati oppure squadrati tramite attenta
sbozzatura; B. In elementi “da sbozzatore”, squadrati tramite sbozzatura sommaria; B-C. In elementi “da sbozzatore” e “da mu-
ratore”, squadrati tramite sbozzatura sommaria e non lavorati o al massimo spaccati; C. In elementi “da muratore”, non lavorati
o al massimo spaccati; D. In elementi misti (litici e laterizi); E. In laterizi.

82
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

fig. 14 – Carta di distribuzione territoriale dei tipi murari (XIII secolo): B4. Strutture in elementi “da sbozzatore”, squadrati tramite
sbozzatura sommaria, privi di lavorazione nelle facce esterne, di medie dimensioni, disposti in filari regolari con sottili letti di calce;
C10. Strutture in elementi “da muratore”, non lavorati o al massimo spaccati, privi di lavorazione nelle facce esterne, di dimensioni
eterogenee, disposti in modo “disordinato”, su letti di calce di spessore variabile. I castelli: 4. Castellaccio di Fornazzano; 6. Torre
Bonini; 7. Castello di Pianetto; 11. Giaggiolo; 13. Teodorano; 15. San Cassiano; 16. Torre Rondinaia; 22. Rocca Malatestiana di
Verucchio; 23. Torre di Montalto; 24. Monte Mauro; 26. Castello di Santa Fiora; 32. Castello di San Martino in Gattara.

soprintendente alle fortezze pontificie quando Fano


e Cesena tornano sotto il dominio della Santa Sede
(Volpe 1989, pp. 16, 18).

3.3 Le porte-finestre
Lo studio delle aperture è stato operato su 36 esem-
plari, diversi nel materiale, nella tecnica costruttiva e
nella funzione: aperture “da tiro” (19), finestre (5),
porte (5), porte-finestre (7). Nelle torri esaminate le
fig. 15 – Tabella che descrive le relazioni tra la tecnica muraria
porte-finestre presentano un’apertura alta non più di
e il possessore dei castelli medievali della Romagna nel XIII se- 2 m, si trovano generalmente a non meno di 5 m dal
colo: 4. Castellaccio di Fornazzano; 6. Torre Bonini; 7. Castello suolo e garantivano l’accesso al primo piano.
di Pianetto; 11. Giaggiolo; 13. Teodorano; 15. San Cassiano; Il repertorio cronotipologico delle porte-finestre
16. Torre Rondinaia; 22. Rocca Malatestiana di Verucchio; 23. raccoglie cinque categorie di strutture: aperture ret-
Torre di Montalto; 24. Monte Mauro; 26. Castello di Santa
Fiora; 32. Castello di San Martino in Gattara. tangolari ad architrave (A); rettangolari ad arco (B);
triangolari ad arco (C); rettangolari a piattabanda (D);
rettangolari a mensole (E). Solo nella seconda catego-
in difficoltà per quello in ascesa. Matteo Nuti, ad ria (B) sono compresi più tipi di aperture, diverse fra
esempio, nell’arco della sua vita (circa 70 anni), passa loro per forma, materiale e lavorazione degli elementi
da capofila tra gli esperti di cui si serve Sigismondo costruttivi. Il repertorio cronotipologico delle porte-
Malatesta per l’allestimento di numerosi cantieri a finestre è composto dalle seguenti tipologie (fig. 16):

83
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 16 – Porte-finestre individuate nei castelli


della Romagna: A. Rettangolari ad architrave,
squadrato tramite attenta sbozzatura, con sti-
piti compositi, costituiti da elementi lavorati
allo stesso modo, concluse da arco di scarico, a
sesto acuto, costituito da 11 elementi, sagomati
a forma di trapezio; B1. Rettangolari ad arco, a
tutto sesto, costituito da 5 elementi, sagomati a
forma di trapezio, con stipiti compositi, costituiti
da elementi squadrati tramite attenta sbozzatura;
B2. Rettangolari ad arco, a tutto sesto, costituito
da 8 elementi, sagomati a forma di trapezio, con
stipiti compositi, costituiti da elementi squadrati
tramite attenta sbozzatura; B3. Rettangolari ad
arco, a tutto sesto, costituito da laterizi, con
estradosso a risalto, stipiti compositi, costituiti
da laterizi; D. Rettangolari a piattabanda, costi-
tuita da laterizi, con stipiti compositi, costituiti
da elementi dello stesso materiale.

fig. 17 – Distribuzione cronologica delle porte-finestre: A. Rettangolari ad architrave, squadrato tramite attenta sbozzatura, con
stipiti compositi, costituiti da elementi lavorati allo stesso modo, concluse da arco di scarico, a sesto acuto, costituito da 11 elementi,
sagomati a forma di trapezio; B1. Rettangolari ad arco, a tutto sesto, costituito da 5 elementi, sagomati a forma di trapezio, con stipiti
compositi, costituiti da elementi squadrati tramite attenta sbozzatura; B2. Rettangolari ad arco, a tutto sesto, costituito da 8 elementi,
sagomati a forma di trapezio, con stipiti compositi, costituiti da elementi squadrati tramite attenta sbozzatura; B3. Rettangolari ad
arco, a tutto sesto, costituito da laterizi, con estradosso a risalto, stipiti compositi, costituiti da laterizi; D. Rettangolari a piattabanda,
costituita da laterizi, con stipiti compositi, costituiti da elementi dello stesso materiale; E. Rettangolari a mensole, con profilo a guscio,
sormontate da un architrave, riquadrato, con stipiti compositi, in elementi lavorati allo stesso modo, concluse da un arco di scarico,
a sesto acuto, costituito da 15 elementi, sagomati a forma di cuneo dentato e chiave a risalto (rilievo non disponibile).

84
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

A – apertura rettangolare ad architrave squadrato zione del suo deposito, è adatto per una verifica della
tramite attenta sbozzatura, con stipiti costituiti da stratificazione archeologica delle prime fasi di occupa-
elementi lavorati allo stesso modo, conclusa da arco zione e per conoscere eventuali fasi di frequentazione
di scarico a sesto acuto e formato da 11 elementi dell’altura anteriori a quelle riportate dalle fonti scritte
sagomati a forma di trapezio; di X secolo. La prima menzione del castello di Rontana
B1 – apertura rettangolare ad arco a tutto sesto e risale infatti al 960, quando il sito viene indicato in un
costituito da 5 elementi sagomati a forma di trapezio, contratto di enfiteusi107. Risale invece ad un periodo
con stipiti costituiti da elementi squadrati tramite anteriore la prima menzione della pieve di Santa Maria
attenta sbozzatura; di Rontana (a. 891)108, che si trova all’interno del sito
B2 – apertura simile alla precedente ma l’arco è co- fortificato nella seconda metà del X secolo, sempre
stituito da 8 elementi; secondo le testimonianze scritte109. Non conosciamo
la sede dell’edificio di IX secolo, spostato all’esterno
B3 – apertura rettangolare ad arco a tutto sesto e
del castello perché colpito duramente dal terremoto
costituito da laterizi, con estradosso a risalto e stipiti
del 1279110. Il castello fu distrutto verso la fine del
costituiti da laterizi;
’500 e in seguito abbandonato111.
C – apertura triangolare ad arco a sesto acuto formato Il sito si trova sulla sommità di uno dei più impor-
da elementi squadrati tramite sbozzatura sommaria tanti rilievi della riva settentrionale del Lamone, a
e stipiti costituiti da elementi lavorati allo stesso controllo dell’asse viario che collegava Ravenna con
modo; Firenze e Lucca e che interseca la via Emilia, passando
D – apertura rettangolare a piattabanda formata da per Faenza (fig. 18)112. In questa zona è concentrato
laterizi, con stipiti costituiti da elementi dello stesso un gran numero di siti fortificati databili al X seco-
materiale; lo. Vi sono attestati infatti anche i siti di Ceparano,
E – apertura rettangolare a mensole, con profilo a Vezzano, Tebano e Monte Mauro113, secondo alcuni
guscio, sormontata da un architrave riquadrato, con fortificati anche nel corso della tarda Antichità114, ma
stipiti in elementi lavorati allo stesso modo, conclusa per il momento questa ipotesi non trova un adeguato
da un arco di scarico a sesto acuto e costituito da 15 riscontro di carattere archeologico.
elementi sagomati a forma di cuneo dentato e chiave Le prime indagini si sono concentrate nell’area
a risalto. sommitale115, dove sono state rinvenute in molti casi
La distribuzione cronologica delle porte-finestre le tracce più antiche degli insediamenti fortificati116
conferma un fenomeno già riscontrato nelle murature, (fig. 19). Anche nel caso di Rontana, l’area signorile
cioè l’ingresso del laterizio nel XIV secolo e l’afferma- si trova in una posizione più facilmente difendibile e
zione di questo materiale nel XV secolo (fig. 17). rialzata rispetto al resto del pianoro. La stratificazione
A.F. più antica di questo settore del castello si trova a
circa 2,5 m di profondità rispetto al piano attuale di
frequentazione. Si tratta di un deposito considerevole,
4. IL CASTELLO DI RONTANA soprattutto associato agli strati di distruzione dell’edi-
ficio tardo-medievale e rinascimentale.
4.1 Le indagini archeologiche Al di sotto dei piani di occupazione della rocca
Gli scavi nel castello di Rontana (Brisighella, RA) è stata identificata un’area funeraria, tagliata in
costituiscono una buona opportunità per verificare le gran parte nel banco gessoso. Di particolare rilievo
dinamiche dell’incastellamento in Romagna, attraver- una sepoltura, probabilmente di carattere familiare,
so l’analisi delle testimonianze materiali105. Si tratta rinvenuta sul margine ovest dell’area di scavo. Al
di una delle rare occasioni di insediamento fortificato suo interno è stato identificato il corpo di un adulto
scavato in maniera programmatica con l’obiettivo di
analizzare le forme del primo castello e le caratteristi-
che del sito dalla sua origine al definitivo abbandono. 107
Benericetti 2002, pp. 38-42.
Altri castelli sono stati infatti scavati in occasione di 108
Benericetti 2006, p. 112.
restauri o lavori di emergenza, ma in nessuno di questi 109
«…pl(ebe) S(an)c(t)e Marie Castro q(ui) v(ocatur) Ronta|no»
le attività erano mirate a risolvere le questioni relative Benericetti 2002, p. 40 (doc. 103, a. 960).
alla nascita e alla formazione dei siti fortificati106. 110
Per le aree coinvolte nel terremoto si veda Castelli et al. 1996.
Queste domande hanno per altro guidato la ricerca Nell’area di Faenza il terremoto del 30-04-2010, con magnitudo 6-7
(Studio DOM Postpischl 1990).
del sito. Il castello, grazie alla straordinaria conserva- 111
Lega 1886, p. 106.
112
Mosca 1992, p. 180, fig. 1.
113
Augenti, Cirelli c.s.
105
Lo scavo è diretto dal prof. Augenti e da chi scrive, con la
collaborazione di Debora Ferreri, Elvira Lo Mele, Cecilia Malaguti,
114
Molducci 2003, p. 321.
Massimo Sericola ed Elisa Tabanelli. 115
Augenti et al. 2009a, 2009b, pp. 177-178.
106
Sul problema della scarsità di dati sulle forme materiali dei 116
Francovich 1985, pp. 14-16; Augenti 2000, pp. 49-52; Va-
castelli della Romània si veda ad esempio Settia 2007b, p. 18. lenti 2008, p. 78; Bianchi, Fichera, Paris 2009, p. 416.

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ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 18 – Localizzazione del castello di Rontana (Brisighella, RA).

in connessione insieme a 3 individui in riduzione.


La sepoltura è ospitata da una cassa costituita da
blocchetti di arenaria. La cronologia non è ancora
chiara e sarà determinata dalle analisi al 14C com-
piute sulle ossa dell’ultimo individuo sepolto. Alcune
ossa degli strati successivi sono state già analizzate e
fig. 19 – Pianta complessiva del castello di Rontana (Brisighella,
hanno indicato una cronologia compresa tra il X e
RA).
l’XI secolo117. È possibile che l’area sommitale fosse
quindi occupata nelle prime fasi di vita del sito da una
piccola necropoli. L’unica struttura associata a questa
frequentazione è un lungo e solido muro, realizzato
Montefeltro120. Torri con questo profilo appartengono
in piccoli blocchi lapidei, caratterizzato da piccole
a un nuovo sistema di fortificazione, necessario per
lesene sul lato est. Il muro fu rialzato in più momenti
rispondere alle tecniche di assedio condotte con armi
e riutilizzato come fondazione nella rocca.
da fuoco. Nel caso di Rontana, la forma ogivale è un
Sulle due estremità di questa piccola altura naturale
adattamento di una precedente torre a base circola-
si trovavano due torri di forma circolare, di cui non
re, databile tra la fine del ’400 e la prima metà del
conosciamo la data di costruzione, inglobate succes-
’500.
sivamente nella rocca rinascimentale. Una di queste,
Nello stesso periodo tutta l’area sommitale del
visibile fino alla fine del XIX secolo, è stata utilizzata
villaggio fortificato venne inserita all’interno di una
come basamento della croce che domina attualmente
rocca di stile rinascimentale, di cui rimangono tracce
il sito. La seconda, posta invece sul lato nord-ovest è
nella muratura, sul lato settentrionale del pianoro e
ancora parzialmente conservata in alzato. Si tratta di
di cui sono state identificate molte tracce nell’area
un torrione a pianta ogivale simile a quello del vicino
cortilizia.
castello di Ceparano118, a una torre della Rocca di
Gli scavi hanno infatti riportato alla luce la pavi-
Cesena e più a sud nella Seconda Torre del Castello
mentazione e i muri perimetrali del cortile interno alla
di Monte Titano119 e nella Rocca di Fossombrone nel
rocca, costruito con ciottoli di fiume legati da sabbia e
gesso. Al centro del cortile è stato rinvenuto un pozzo
circolare, alimentato da due vaste cisterne voltate e
117
Analisi al 14C sono state condotte dal Prof. Lucio Calcagnile
nel Laboratorio CEDAD dell’Università del Salento, nell’ambito del
affiancato da due pozzi verticali. Il pozzo principale,
progetto ‘Caravaggio cold case’, a cura di Elisabetta Cilli e Giorgio esplorato interamente, raggiunge una profondità di
Gruppioni . La cronologia proposta per il campione analizzato è 970-
1165 (95% di probabilità).
118
Carrea 1999, p. 120.
119
Bottazzi, Bigi 2008, p. 48, fig. 1. 120
Mauro 1992, p. 41.

86
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

7,70 m e la stessa quota è raggiunta probabilmente rimane interamente conservato il piano inferiore, con
dai condotti laterali. Si tratta di un pozzo ‘alla vene- murature in blocchi alte ca. 3,5 m, rivestite da intonaco
ziana’, un sistema di conservazione e depurazione delle sui paramenti esterni. Il piano inferiore, coperto da
acque che si afferma in Romagna nel tardo Medioevo, una volta a botte, era utilizzato come cisterna, come
piuttosto diffuso in area alto adriatica già a partire testimonia la presenza di intonaco idraulico anche
dalla fine del X secolo121. All’interno delle due cister- sulla pavimentazione. Anche questa struttura fu pro-
ne, l’acqua piovana veniva depurata da un deposito babilmente realizzata alla fine del XIII secolo. Presenta
di sabbia fluviale, spesso quasi 8 m e raccolta quindi tuttavia restauri consistenti databili probabilmente
in un pozzo centrale. Le aperture dei 4 condotti che alla metà del secolo successivo. La base della torre
raccoglievano l’acqua fluviale sono coperte da macine venne interamente rivestita da un contrafforte con
in arenaria di reimpiego122. paramento obliquo, realizzato in pietra e legato da
Sul lato nord dell’area sommitale, si sviluppa un malta tenace. Sul lato nord dell’edificio è stata infine
vasto pianoro di forma trapezoidale, situato ad una identificata la soglia di ingresso, posta al primo piano
quota di circa 6 m al di sotto del piano di calpestio della torre, sul lato opposto al muro di cinta.
della rocca rinascimentale. Gli scavi degli ultimi due Dalle evidenze archeologiche risulta quindi che
anni hanno riportato alla luce un ampio tratto delle l’insediamento inizia ad essere intensamente caratte-
mura che circondavano questo settore del castello, rizzato dall’uso di strutture in pietra, sia nell’area del
soprattutto sui lati est e ovest. Sono mura in blocchi borgo sia nelle aree di pertinenza signorile, solo verso
di gesso legati in malta tenace, realizzati alla fine del la fine del XIII secolo, così come avviene in altre aree
XIII secolo, come testimoniano alcuni frammenti ce- in cui si manifesta l’esigenza di manifestazione del
ramici identificati all’interno della fossa di fondazione. potere signorile124. Prima di questo momento forse
Si tratta di fortificazioni legate probabilmente alla solo sull’area sommitale, dove si trovavano le due
committenza di Maghinardo Pagani, che conquistò il torri circolari, furono costruite strutture in pietra. Il
castello nel 1292 e secondo le testimonianze scritte lo resto dell’insediamento sembra invece caratterizzato,
riedificò in pietra123. Il pianoro era inoltre interamente in tutti i settori finora scavati, da edilizia in legno, così
munito di fortificazioni in blocchi della stessa tipologia come è stato per altro accertato per molti siti dell’Italia
edilizia. La sua superficie, che misura complessiva- centro-settentrionale sia dalle testimonianze scritte125,
mente ca. 5474 m², è divisa in diversi ridotti difensivi. che da quelle archeologiche126. Non è chiaro ancora
L’area sommitale, difesa da un circuito autonomo se l’area sommitale fosse già inizialmente difesa da
forse già a partire dal XII secolo, è ampia ca. 1000 un circuito autonomo anche nelle prime fasi di occu-
m². Il lato nord del sito, che si trova a 6 m di dislivel- pazione, quando invece all’interno della stessa area
lo, è invece diviso a metà da un imponente muro in si trova una piccola area cimiteriale, con sepolture
blocchi. Nel quartiere nord-ovest, con una superficie privilegiate riconducibili ad un nucleo familiare. Un
di 770 m², sono state rinvenute tracce di un atelier di caso simile è stato documentato nel Montefeltro, nel
produzione del ferro e diverse installazioni in legno, castello di Monte Copiolo, dove è stato identificato
direttamente tagliate nel banco roccioso. I muri che un vasto sepolcreto associato alle strutture di una
lo difendono sono contraffortati nella parte interna piccola chiesa, costruita sulle spoglie di un precedente
e probabilmente sorreggevano ballatoi lignei per la torrione e che successivamente fu inglobata all’interno
circolazione degli armati. ll quartiere orientale risulta della rocca tardo-medievale127. Non abbiamo evidenze
invece occupato da diversi nuclei abitativi, realizzati in materiali al momento che dimostrino che all’interno
varie tecniche costruttive, a ridosso del muro di cinta. dell’area sommitale del castello di Rontana vi sia stata
I materiali associati a queste strutture confermano la una chiesa già nelle prime fasi di occupazione, sebbene
datazione alla fine del XIII secolo. Sullo stesso lato la presenza di una così vasta area funeraria induca a
sono state inoltre identificate buche di palo di grandi riflettere su questa possibilità, di cui si hanno alcune
dimensioni, utilizzate probabilmente per contenere un testimonianze in Toscana128, ad esempio nel castello
recinto difensivo di epoca anteriore. Associati a questi di Donoratico129, di Rocchette Pannocchieschi130 e di
livelli si trovano soprattutto materiali databili tra X Montemassi131.
e XI secolo. Queste strutture risultano però rialzate
più volte anche nei secoli successivi fino alla seconda
metà del XIII secolo.
Sul lato meridionale del sito è stato identificato infi- 124
Bianchi, Fichera, Paris 2009, pp. 415-416.
ne un torrione a base rettangolare ampio ca. 30 m² di 125
Settia 1984, pp. 195-199.
questo edificio, posto nelle vicinanze del muro di cinta, 126
Francovich, Hodges 2006, pp. 68-70.
127
Ermeti, Sacco 2006, pp. 61-63.
128
Francovich, Tronti, Causarano 2003, p. 296; Francovich,
Tronti, Valenti 2004.
121
Montevecchi, Morico 1992, p. 170. 129
Bianchi 2003, p. 234.
122
Augenti et al. 2009c, p. 73, fig. 5. 130
Alberti et al. 1997, pp. 80-85.
123
Cant. Chron., p. 71. 131
Bruttini 2008, 2009, p. 325.

87
ANDREA AUGENTI – ENRICO CIRELLI – ANDREA FIORINI – ENRICO RAVAIOLI

fig. 20 – Carta di distribuzione dei siti in cui


è attestata la presenza di maiolica arcaica
nel XIV secolo. 1) Ravenna; 2) Imola; 3)
Faenza; 4) Forlì; 5) Cesena; 6) Rimini; 7)
castello di Fusignano; 8) Rocca di Lugo; 9)
castello di Rontana; 10) Rocca di Bagnara
di Romagna; 11) Rocca di Solarolo; 12)
Castelbolognese; 13) castello di Sassatello;
14) Rocca di Cotignola; 15) Bagnacavallo;
16) Russi; 17) monastero di San Severo,
Classe; 18) pieve di San Zaccaria; 19)
Forlimpopoli; 20) Bertinoro; 21) Rocca di
Meldola; 22) pieve di Santa Reparata in
Terra del Sole; 23) castello di Castrocaro;
24) Rocca di Modigliana; 25) Castellina di
Fognano; 26) pieve del Thò; 27) Brisighel-
la; 28) castello di Monte Mauro (castrum
tiberiaci); 29) Casola Valsenio; 30) Rocca
di Riolo Terme; 31) Tredozio; 32) Galeata;
33) castello di Pianetto; 34) castello di
Sorrivoli; 35) pieve di Santarcangelo di
Romagna; 36) castello di Coriano; 37)
Rocca di Montefiore Conca; 38) Mondai-
no; 39) Tebano.

4.2 La ceramica a Rontana e nei castelli con anse laterali. Vi sono anche associati alcuni esem-
della Romagna plari di pietra ollare. È inoltre attestata una classe di ma-
teriali semi-fine, secondo la definizione di Wickham133.
Il materiale ceramico rinvenuto nel castello di Ron- Si tratta di brocche con versatoio tubolare realizzate con
tana consente alcune riflessioni sulla distribuzione del argilla depurata e decorati con motivi incisi sulle spalle.
vasellame e sulla cultura materiale dei siti fortificati Questa classe di materiali è presente anche a Ravenna
della regione. Al momento non sono purtroppo dispo- e Comacchio e lungo la costa Adriatica134.
nibili studi quantitativi utili per un confronto con il Il materiale relativo a queste fasi è numericamente
nostro sito. Possiamo tuttavia indicare alcune tendenze scarso. Complessivamente ne sono stati identificati 25
prendendo in considerazione le numerose informazioni esemplari (3 pentole, 8 testi da pane, 10 pentole in pietra
pubblicate in varie edizioni dei lavori di restauro e di ollare, 4 brocche in acroma depurata, calcolati con il
scavo di emergenza finora condotti nella Romagna. sistema EVE). È probabile che ciò dipenda dai pochi
Dal quadro che emerge si denota all’interno degli contesti ancora analizzati e certamente con le prossime
insediamenti una scarsa quantità di vasellame fine campagne il numero di esemplari aumenterà di misura.
da mensa, in tutte le aree finora indagate, anche in Risulta però chiaro che la disponibilità di vasellame ce-
quelle di carattere privilegiato. Non sono presenti ad ramico in queste prime fasi di vita del castello risponde
esempio ceramiche di tipo Sant’Alberto, diffuse so- esclusivamente alle esigenze domestiche primarie, senza
prattutto nelle zone dell’area costiera, nel territorio a grandi distinzioni tra le varie zone dell’insediamento.
nord di Ravenna, ma di cui è stato rinvenuto qualche Le prime attestazioni di ceramica fine da mensa
sporadico esemplare anche verso l’hinterland. Questo risalgono invece alla fine del XIII secolo135. Si tratta
vasellame risulta essere distribuito solo in contesti
urbani e in contesti rurali che si trovano su grandi vie
di comunicazione, fluviali e terrestri132. 133
Wickham 2005, p. 703.
La cultura materiale che caratterizza il castello di 134
Negrelli 2007, pp. 448-449.
Rontana nelle sue prime fasi di vita è soprattutto va- 135
Diverso il caso del castello di Coriano, nel Riminese, dove alcuni
sellame da cucina. Vi sono attestate soprattutto pentole esemplari di ceramica a vetrina sparsa sono stati identificati nell’area
con prese forate, rialzate rispetto all’orlo, e testi da pane della Rocca. La cultura materiale di questa zona della Romagna è
comunque lievemente diversa, con l’attestazione ad esempio di pentole
a canestro e altre forme che appartengono più da vicino al repertorio
132
Gelichi, Sbarra 2003, p. 124; Gelichi 2007, p. 637. marchigiano. Si veda in proposito Librenti 2004, p. 84.

88
INSEDIAMENTI E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN ROMAGNA (SECOLI X-XIV)

di alcuni frammenti di maiolica arcaica. La sua dif- Augenti A., 2003, Ravenna: problemi di archeologia urbana, in
fusione in ambito rurale, in questo periodo, è scarsa L’archeologia dell’Adriatico dalla preistoria al medioevo, a
cura di F. Lenzi, Atti del Convegno Internazionale (Ravenna
(fig. 20). Alcuni esemplari di maiolica arcaica databili 2001), Firenze, pp. 537-551.
al terzo quarto del XIII secolo sono state infatti rinve-
Augenti et al. 2005 = Augenti A., De Brasi G., Ficara M.,
nute in pochi centri urbani della Romagna: Imola136, Mancassola N., L’Italia senza corti? L’insediamento ru-
Faenza137, Forlì138, Rimini139 e Ravenna140. L’unico rale in Emilia-Romagna tra VI e IX secolo, in Brogiolo,
centro in cui sia accertata la sua produzione sembra Chavarría Arnau, Valenti 2005, pp. 17-52.
tuttavia essere Ravenna141, dove sono presenti anche Augenti A., 2006a, Archeologia dei castelli della Romagna:
alcuni esemplari del secondo quarto del XIII secolo, di linee programmatiche di un’indagine in corso, in IV Con-
probabile importazione. La maiolica arcaica nel corso gresso Nazionale di Archeologia Medievale (Chiusdino
2006), a cura di R. Francovich, M. Valenti, Firenze, pp.
del XIV secolo è invece attestata in tutte le forme di 225-232.
insediamento del territorio romagnolo142. I centri di Augenti A., 2006b, Introduzione, in Le città italiane tra la
produzione si moltiplicano, ma per il momento sono tarda Antichità e l’alto Medioevo, a cura di A. Augenti, Atti
stati identificati solo all’interno di centri urbani. In del convegno (Ravenna 2004), Firenze 2006, pp. 9-13.
questo periodo il castello di Rontana viene ampia- Augenti et al. 2009a = Augenti A., Fiorini A., Montanari
mente fortificato e la qualità della cultura materiale M., Sericola M., Urcia A., Zaffagnini F., Archeologia
aumenta considerevolmente. Sono presenti forme che dell’architettura in Emilia-Romagna: primi passi verso un
progetto organico, «Ocnus», 17, pp. 65-76.
appartengono ai repertori romagnoli, probabilmente
di produzione faentina, ma sono anche stati rinvenuti Augenti A. et al. 2009b = Augenti A., Cirelli E., Fiorini
A., Ravaioli E., L’incastellamento in Romagna: indagini
esemplari di importazione dalla Toscana. Anche in 2006-2008, in V Congresso di Archeologia Medievale, a
questo caso ceramiche fini da mensa sono diffuse sia cura di G. Volpe, P. Favia (Manfredonia-Foggia 2009),
nell’area sommitale che nel resto dell’insediamento, Firenze, pp. 341-348.
a dimostrazione di una scarsa gerarchizzazione mate- Augenti A. et al. 2009c = Augenti A., Bondi M., Cirelli E.,
riale degli spazi occupati nel castello, tra XIII e XIV Mancassola N., Musina G., Ravaioli E., Emilia-Romagna,
secolo. È possibile quindi che le ceramiche non siano scavi di archeologia medievale, «Ocnus», 17, pp. 162-179.
un elemento distintivo per l’identificazione sociale Augenti A., Cirelli E., 2010, Il castello di Rontana e il si-
stema insediativo della Valle del Lamone nel Medioevo, in,
degli spazi abitativi e che si debba ricorrere ad altri Villaggi, comunità, paesaggi medioevali, a cura di P. Galetti,
indicatori archeologici, come è stato tentato in altri Atti del Convegno (Bologna 2010), c.s.
insediamenti, con successo. Gli scavi dei prossimi anni Balzani R., 2001, La Romagna, Bologna.
consentiranno di analizzare alcuni depositi più antichi Banzola M., 2006, Il castello di Cunio: storia degli studi e
e indicare con maggiore chiarezza le caratteristiche stato delle conoscenze, in Cotignola tra archeologia e sto-
materiali del primo insediamento fortificato e se al di ria. Le vicende di un territorio, a cura di C. Guarnieri, G.
sotto di esso esistano altre evidenze di occupazione, Montevecchi, Fusignano, pp. 65-71.
riferibili a un precedente tipo di insediamento accen- Benericetti R., 1999, Le Carte ravennati del decimo secolo
trato, tracce di cui non abbiamo al momento prove nell’archivio arcivescovile di Ravenna (aa. 900-957), I,
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