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Le origini cristiane della scienza

Daniele Pietro Ercoli SDB - lunedì 17 dicembre 2007

Oggi è presente nella mentalità comune di molte persone il luogo comune di una Chiesa oscurantista e ostile al
progresso scientifico. Invece, dal punto di vista della storia delle idee la Chiesa ha proclamato un messaggio che ha
dato grande slancio alla scienza e alla tecnologia, e dal punto di vista pratico ha anche fornito alla scienza i presupposti
materiali per la sua nascita.
È un dato di fatto che la scienza moderna come noi la conosciamo ha le sue origini in Europa nel XVI e XVII
secolo. Ma perché proprio in Europa e proprio in quel periodo?
Alcuni autori (tra cui lo storico Fernand Braudel) hanno attribuito il successo dell’Occidente alla sua geografia.
Eppure quella stessa geografia aveva caratterizzato culture europee che un tempo erano arretrate rispetto alle culture
asiatiche. Altri lo attribuiscono alla nascita del capitalismo, fenomeno tipicamente europeo, che comporta un aumento
della produttività e del progresso grazie al reinvestimento di capitale, mirando ad una maggiore capacità produttiva,
sviluppando della tecnologia. Ma questo non fa che rimandare il problema al perché il capitalismo sia nato proprio in
Europa.
Max Weber pubblicò L’etica protestante e lo spirito del capitalismo all’inizio del XX secolo, con cui aveva
proposto una teoria secondo cui il successo del capitalismo è da accreditarsi all’etica protestante. Il suo studio non era
affatto documentato (gli unici dati erano riferiti ad una tesi di laurea sulla scolarizzazione nel Baden; in realtà nei
comuni italiani del XII secolo erano già nate le imprese individuali, un sistema di credito organizzato dalle banche,
l’idea di speculazione, cose peraltro già presenti nelle città ancora cattoliche della Lega Anseatica). In realtà l’opera di
Weber riflette il forte pregiudizio anticattolico tipico in Germania nel periodo del Kulturkampf bismarkiano. Anche se
L’etica protestate è stata respinta dagli storici dell’economia, continua a godere uno status quasi sacro fra i sociologi.
In realtà l’unica causa plausibile che possa spiegare la nascita del capitalismo, così come quella della scienza
moderna, risiede nella straordinaria fiducia nella ragione umana.

Le idee cristiane che hanno permesso la nascita della scienza


La più grande innovazione venne dal cristianesimo. Mentre le altre religioni enfatizzavano il mistero e
l’illuminazione, il cristianesimo fu l’unica ad accogliere l’utilizzo della ragione e della logica come guida principale
verso la verità religiosa. In questo, fu influenzato dalla filosofia greca, la quale però non aveva lasciato grande
influenza nelle religioni dell’antica Grecia (nei culti misterici, le contraddizioni logiche e le ambiguità erano
considerate segni distintivi di origine sacra).
I Padri della Chiesa insegnarono invece che la ragione era il dono più grande che Dio aveva fatto agli uomini e lo
strumento con cui accrescere progressivamente nella comprensione della Sacra Scrittura e della Rivelazione. La
teologia, intesa come ragionamento formale su Dio, è una disciplina razionale sviluppatasi appieno solamente con il
cristianesimo. L’utilizzo della ragione porta ad una conoscenza sempre più precisa di Dio. La dedizione cristiana al
progresso tramite la razionalità raggiunse l’apice con la Summa Teologica di san Tommaso d’Aquino, pubblicata a
Parigi alla fine del XIII secolo.
Per molte culture antiche la materia è irrazionale e dunque non intelligibile. La visione cristiana invece parte dal
presupposto che l’universo non sia frutto del caso, ma di un piano prestabilito da parte del Creatore. Quelle leggi e
quelle costanti che governano il cosmo sono dunque il frutto e il riflesso della bontà e della potenza del Signore.
Pertanto, lo sforzo della mente umana, volta a cercare le costanti e le leggi che governano l’universo, è non solo lecito,
ma meritorio ed utile alla fede, poiché aiuta a comprendere quanto diano meravigliosi i piani del Signore.
La razionalità delle strutture del mondo, la loro conoscibilità da parte della mente umana, è un dato di fatto che
rinvia a Dio come sua causa. Se è vero che in molte culture esistevano alchimia ed astrologia, bisogna considerare che
solo nell’Europa cristiana si sono evolute in chimica ed astronomia. Alfred Whitehead (co-autore assieme a Betrand
Russel dei Principia Mathematica) nel 1925 aveva affermato che la scienza è nata in Europa a causa della diffusa fede
nelle sue possibilità, e che la scienza è «un derivato […] della teologia medioevale». È la razionalità di Dio a fondare
la razionalità della natura, e la possibilità dell’uomo di accedere a tale sapere. Le altre culture avevano un’idea di Dio
troppo impersonale o irrazionale per poter incoraggiare la scienza.
Inoltre molte culture antiche erano pervase da una visione negativa del mondo o, almeno, della materia (l’unica
eccezione rilevante è Aristotele). Questa malvagità del mondo (o della materia) comporta un atteggiamento di
disinteresse nei suoi riguardi, lo rende non meritevole di indagine e ricerca. Viceversa, per la Chiesa, il mondo e tutta
la materia sono buoni, quindi da indagare e studiare a fondo perché sono creati da Dio e perché Dio si è incarnato nel
mondo. Dio si riflette nel mondo che ha creato come un pittore si esprime nel quadro, quindi studiare il mondo
significa scoprire la magnificenza di Dio e la sua potenza. Lo stesso Galileo aveva affermato che la natura è uno dei
due libri scritti da Dio (l’altro è la Bibbia). Se Dio è l’Autore del mondo, studiare il mondo equivale ad onorarne
l’Autore.
Perché la scienza non è sorta altrove?
Cina: Nel grande Impero cinese, nonostante non ci fosse nessun pregiudizio teorico nei confronti della scienza,
essa, semplicemente non si sviluppò. Ci fu saggezza, tecnololgia, ma non scienza: le osservazioni rimangono semplici
fatti fino a che non vengono collegati a teorie verificabili. Il soprannaturale, il Tao, è un’essenza impersonale, distante,
presente in un universo che è sempre stato così come noi lo conosciamo. Piuttosto che cercare spiegazioni razionali,
gli intellettuali cinesi cercavano illuminazioni mistiche: la razionalità era una caratteristica esclusivamente umana.
Antica Grecia: Nel pensiero greco era presente una concezione del tempo come ciclico. Considerare il tempo con
un andamento circolare porta ad affermare che tutto si ripeta per necessità, ripetendosi in continuazione. Nel
cristianesimo invece è assente qualsiasi mito dell’“età dell’oro”, che focalizza l’attenzione verso il passato; è invece
una religione escatologica, orientata verso il futuro.
L’osservazione del mondo, inoltre, era pura speculazione, non un era una ricerca empirica. Siccome poi alcuni
filosofi erano panteisti (Dio coincide con il mondo), oppure animisti (il mondo ha un’anima), per loro l’atteggiamento
più corretto nei riguardi del mondo era la venerazione, la contemplazione, ma non lo studio e l’intervento
trasformativo. Viceversa, il cristianesimo ha desacralizzato il mondo, perciò lo si può studiare a fondo e vi si può
intervenire. Nello stesso tempo, il mondo, in quanto creato da Dio, non appartiene all’uomo, che lo deve custodire e
rispettare.
Bisogna qui ricordare che anche le concezioni religiose più avanzate, come il “motore immobile” aristotelico o il
Demiurgo platonico non erano entità personali, ma pure essenze.
Islam: Il Dio islamico non è un creatore giusto, ma una divinità estremamente attiva, volontarista, che si impone
al mondo come ritiene opportuno. Stabilire una legge che predica il comportamento di alcuni fenomeni è un’offesa a
Dio, perché ne limita la sua assoluta libertà: potrebbe in ogni momento cambiare le leggi che ha stabilito.
Si tramanda una frase di Maometto in cui afferma: «La miglior generazione è la mia, poi la successiva, poi quelle
ancora successive». Questa concezione fatalista è frustrante per qualsiasi spirito di iniziativa, scientifica e non solo.
Mentre San Paolo afferma: «La nostra conoscenza è imperfetta, ed imperfetta la nostra profezia» (1Cor 13,9), il
secondo libro del Corano afferma: «Questo è il libro su cui non vi sono dubbi», tagliando la strada a qualsiasi sforzo di
ricerca umana (rimane un testo sacro da applicare, in cui credere, ma non da studiare).

I presupposti materiali per la nascita della scienza


Il cristianesimo ha permesso l’origine della scienza non solo dal punto di vista teorico, bensì anche in concreto.
La scienza moderna non è che il culmine di molti secoli di progressi sistematici portati avanti dagli scolastici
medioevali e sorretti dall’istituzione dell’università.
Scienza non è solamente tecnologia, ma è un metodo che viene utilizzato in tentativi organizzati di formulare
spiegazioni della natura attraverso osservazioni sistematiche. È uno sforzo organizzato, non è frutto di scoperte casuali
ottenute in solitudine: anche gli scienziati che operano da soli si basano sugli insegnamenti e le scoperte di chi li ha
preceduti. In molte forme culturali antiche (per es. l’orfismo e la gnosi) ci sono degli aspetti del sapere che vanno
custoditi e non rivelati se non a pochi; nel cristianesimo invece la conoscenza viene condivisa e messa in comune; ed è
chiaro che quanto più si mettono in comune le proprie scoperte tanto più il sapere umano può progredire, perché, come
affermava Bernardo di Chartres, noi «siamo nani sulle spalle di giganti». I giganti sono le grandi menti che ci hanno
preceduto, sulle cui scoperte noi possiamo appoggiarci e riuscire a vedere più lontano, cioè procedere oltre nella
conoscenza.
Fin dall’inizio del medioevo i monasteri furono centri di fervida innovazione tecnologica, dalla costruzione di
edifici, all’agricoltura, al settore tessile, all’orologeria, alla metallurgia, all’incisione. Invenzioni tipiche della
cristianità medioevale sono l’aratro pesante con vomere di ferro, la rotazione delle colture, la sella con arcione, il
morso dei cavalli, il collare rigido, i mulini ad acqua, le bonifiche dei terreni paludosi, l’organo a canne, la notazione
musicale, gli occhiali, i camini,
Un altro prerequisito per la nascita della scienza moderna deve la sua esistenza ai monasteri e alle università
cattoliche medioevali: la traduzione in lingua latina della scienza e della filosofia naturale greco-araba. Alcuni secoli
prima gli studiosi islamici avevano tradotto in arabo gran parte della scienza greca, vi avevano aggiunto qualcosa di
originale, ma in buona sostanza si erano fermati ad una ripetizione dogmatica e sine glossa delle opere di Aristotele.
Tutto questo patrimonio venne trasferito all’Occidente tramite la mediazione dei monasteri e delle università.
Molti credenti e persino gli ecclesiastici erano anche scienziati, che hanno fatto importanti e significative scoperte
scientifico-tecnologiche. Basti pensare a sant’Alberto Magno (domenicano, provinciale della Germania poi vescovo di
Ratisbona, era una vera enciclopedia: fisico, geografo, astronomo, botanico, chimico, zoologo... fu il primo ad aver
isolato l’arsenico), mons. Nicola di Oresme (vescovo di Lisieux, matematico, fisico, astronomo, musicologo,
economista e linguista), santa Ildegarda di Bingen (badessa benedettina, fisica, studiosa di medicina, geologia,
musicologia, botanica, ma anche linguista), mons. Robert Grosseteste (Cacelliere di Oxford e vescovo di Lincoln,
epistemologo, fisico, astronomo), padre Roger Bacon (francescano, fisico e matematico, con le sue lezioni di ottica
anticipò invenzioni successive come il microscopio, il telescopio, gli occhiali), mons. Nicolò Copernico (canonico
della cattedrale di Frombork, scoprì l’eliocentrismo dei pianeti), don Heinrich di Langenstein (sacerdote, matematico
ed astronomo), mons. John Peckam (francescano Primate di Canterbury, studioso di ottica), padre Teodorico di
Freiberg (domenicano, spiegò il fenomeno dell’arcobaleno), mons. Thomas Bradwardine (arcivescovo di Canterbury,
matematico, scopritore della legge esponenziale), beato Niels Stensen (vescovo danese, fondatore della stratigrafia,
padre della geologia moderna, nonché medico, scopritore del “dotto di Stesone”), padre Gregor Johann Mendel
(monaco agostiniano, biologo e padre della genetica). La congregazione dei gesuiti vanta tra i suoi membri gli
inventori di orologi a pendolo, pantografi, barometri, telescopi, microscopi a riflessione…

I rapporti scienza e Chiesa oggi


«Quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita,
corrisponde alle intenzioni di Dio […] essi prolungano l’opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano
un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia. I cristiani, dunque, non si
sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell’ingegno e del coraggio dell’uomo alla potenza di Dio, quasi che la
creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi piuttosto che le vittorie dell’umanità sono segno
della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno». (Gaudium et Spes 34)
«Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri,
che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d’autonomia legittima: non
solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore. Infatti è dalla
stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi
proprie e il loro ordine; e tutto ciò l’uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni
singola scienza o tecnica. Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e
secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede
hanno origine dal medesimo Dio». (Gaudium et Spes 36)
«L’odierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime
ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione di cui fanno
uso queste scienze viene a torto innalzato a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che
l’uomo, fidandosi troppo delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e non cerchi più valori superiori. Questi
fatti deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di
non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: il gusto per le scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella
indagine scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il senso della solidarietà
internazionale, la coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell’aiutare e proteggere gli uomini, la
volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della
responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutti questi valori possono essere in qualche modo una
preparazione a ricevere l’annunzio del Vangelo; preparazione che potrà essere portata a compimento dalla divina carità
di colui che è venuto a salvare il mondo». (Gaudium et Spes 57)
«La ricerca scientifica di base come la ricerca applicata costituiscono una espressione significativa della signoria
dell’uomo sulla creazione. La scienza e la tecnica sono preziose risorse quando vengono messe al servizio dell’uomo e
ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti; non possono tuttavia, da sole, indicare il senso dell’esistenza e
del progresso umano. La scienza e la tecnica sono ordinate all’uomo, dal quale traggono origine e sviluppo; esse,
quindi, trovano nella persona e nei suoi valori morali l’indicazione del loro fine e la coscienza dei loro limiti».
(Catechismo della Chiesa Cattolica 2293)
«È illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni. D’altra parte, i criteri
orientativi non possono essere dedotti né dalla semplice efficacia tecnica, né dall’utilità che può derivarne per gli uni a
scapito degli altri, né, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. La scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso
significato intrinseco, l’incondizionato rispetto dei criteri fonda mentali della moralità; devono essere al servizio della
persona umana, dei suoi inalienabili diritti, del suo bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di
Dio». (Catechismo della Chiesa Cattolica 2294)

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