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La Chiesa, vera amica della scienza

Sfatiamo il luogo comune sulla Chiesa oscurantista e ostile alla scienza. Il messaggio
cristiano ha dato uno slancio straordinario alla scienza e alla tecnica. E innumerevoli sono
stati gli scienziati credenti. Molti addirittura ecclesiastici.
 
Giacomo Samek Lodovici
 
Secondo uno dei più frequenti luoghi comuni, tra scienza e fede cristiana c’è opposizione e ostilità e la
Chiesa è stata nemica dello sviluppo scientifico. Per rettificare questa falsità ci vorrebbe ovviamente molto
spazio, ma qualche idea è comunque possibile fornirla.

Infatti, dal punto di vista della storia delle idee, la Chiesa ha proclamato un messaggio che ha dato grande
slancio alla scienza e alla tecnologia. Lo possiamo vedere mediante un inventario minimo e necessariamente
incompleto.
 
Le idee cristiane che hanno dato slancio alla scienza

1. Come ha sottolineato recentemente l’autorevole sociologo delle religioni Rodney Stark, la chiave di
volta della superiorità scientifico-tecnologica vantata dall’Europa per molti secoli risiede nella sua straordinaria
fiducia nella ragione, che ha comportato ogni sviluppo culturale, sociale e scientifico. E questa vittoria della
ragione è merito inestimabile del cristianesimo.
La valorizzazione cristiana della ragione è stata davvero innovativa, perché le altre religioni enfatizzavano
solo il senso del mistero e aspiravano ad una conoscenza non razionale e discorsiva, bensì ricevuta per
illuminazione divina e per intuizione. Per il cristianesimo la ragione ha un valore straordinario perché: a) è
un’immagine di quella divina; b) è un grande dono di Dio. Perciò la ragione deve applicarsi e progredire in ogni
ambito, anche in quello scientifico.

2. Le culture antiche sono quasi sempre pervase da una visione negativa del mondo o, almeno, della
materia (si pensi all’orfismo, ai presocratici, a Platone e, ancora nel III secolo d.C., a Plotino, ecc.; l’unica
eccezione rilevante è Aristotele). Questa malvagità del mondo (o della materia) comporta un atteggiamento di
disinteresse nei suoi riguardi, lo rende non meritevole di indagine e ricerca.
Viceversa, per la Chiesa, il mondo e tutta la materia sono buoni, quindi da indagare e studiare a fondo: a)
perché sono creati da Dio (l’idea della creazione non era mai stata guadagnata dai greci); b) perché Dio si è
incarnato nel mondo.

3. Visto che Dio si riflette nel mondo (pur essendo diverso) come un pittore si esprime nel quadro, studiare
il mondo significa scoprire la magnificenza di Dio e la sua potenza: «I cieli narrano la gloria di Dio e il
firmamento annunzia l'opera delle sue mani» (Salmo 18). Galileo diceva che la natura è uno dei due libri scritti da
Dio (l’altro è la Bibbia.

4. Visto che Dio è l’Autore del mondo, studiare il mondo equivale ad onorarne l’Autore.

5. Per molte culture antiche e per la filosofia greca (ad eccezione dei Pitagorici) la materia è irrazionale e
dunque non è intelligibile, cioè non è comprensibile per la mente umana e per la scienza. Invece, per la Chiesa
anche la materia è intelligibile, dunque potenzialmente conoscibile dal pensiero umano, perché è stata già pensata e
poi creata da un Pensiero Creatore, quello di Dio. Anzi, la razionalità delle strutture del mondo, la loro
conoscibilità da parte della mente umana, è un dato di fatto che rinvia a Dio come sua causa.

6. In buona parte delle culture arcaiche, nella filosofia greca (e tutt’ora in certe culture africane e asiatiche) il
tempo ha un andamento circolare, ciclico, in cui tutto si ripete per necessità.
È chiaro che questa concezione fatalista è frustrante per qualsiasi spirito di iniziativa, di intrapresa, scientifica
e non solo: se tutto è già avvenuto, ogni apparente iniziativa nuova in realtà è una ripetizione nell'ingranaggio
implacabile del tempo.
Invece, per la Chiesa il tempo ha un andamento rettilineo, ed ogni avvenimento è una novità (pur se ricorrono
delle somiglianze con il passato); tale visione dà slancio all'innovazione,-alla ricerca, alla scoperta.

7. Nello stesso tempo, Dio non è un despota arbitrario, che cambia in ogni momento le leggi della natura.
Così, le leggi che scopriamo un giorno restano vere anche il giorno dopo.
8. Per la Chiesa, la ricerca scientifica e la sua applicazione tecnologica sono una forma di obbedienza ad un
comando di Dio: a) perché nella parabola dei talenti (Matteo 25, 14-30) il Signore dice che ognuno deve far
fruttare tutte le abilità che ha ricevuto in dote, quindi anche quella di studiare scientificamente il mondo; b) perché,
più in generale, la ragione è un dono di Dio e va perciò esercitata quanto più possibile nella ricerca della verità.

9. Per i Greci e i Romani solo il lavoro intellettuale è stimabile e nobile; invece per la Chiesa ogni lavoro ha la
sua dignità, anche quello manuale-tecnologico che interviene sul mondo. Infatti il Dio cristiano: a) interviene nel
mondo; b) lavora per trent’anni come carpentiere a Nazareth.

10. Molte culture religiose antiche e moderne e alcuni filosofi greci (per es. Talete, Anassimandro, Senofane,
ecc.) sono panteisti (Dio coincide con il mondo), oppure animisti (il mondo ha un’anima). Perciò l’atteggiamento
più corretto nei riguardi del mondo è la venerazione, la contemplazione, ma non lo studio e l’intervento
trasformativo-tecnologico. Viceversa, la Chiesa ha desacralizzato il mondo, spiegando che esso non coincide con
Dio e non ha l’anima, perciò lo si può studiare a fondo e vi si può intervenire. Nello stesso tempo, il mondo è
creato da Dio, perciò non appartiene all'uomo, che lo deve custodire e coltivare e non lo può devastare.

11. In molte forme culturali antiche (per es. l’orfismo e lo gnosticismo) e per molti filosofi (Eraclito, Platone,
Aristotele) ci sono degli aspetti del sapere che vanno custoditi e non rivelati se non a pochi. Invece, per la Chiesa la
conoscenza dev’essere condivisa e messa in comune. Ed è chiaro che quanto più si mettono in comune le proprie
scoperte tanto più il sapere umano può progredire, perché, come dice il medievale Bernardo di Chartres, noi
«siamo nani sulle spalle di giganti». I giganti sono le grandi menti che ci hanno preceduto, sulle cui scoperte noi
possiamo appoggiarci e riuscire a vedere più lontano, cioè procedere oltre nella conoscenza.
 
Innumerevoli credenti hanno fatto numerose scoperte scientifiche
Ma non solo dal punto di vista teorico, bensì anche in concreto, i credenti e persino gli ecclesiastici hanno
fatto importanti e significative scoperte scientifico-tecnologiche. Per esempio, fin dall’inizio del medioevo i
monasteri furono centri di fervida innovazione tecnologica, dalla costruzione di edifici, all’agricoltura, al settore
tessile, all’orologeria, alla metallurgia, all’incisione. Lo documenta Torresani nell’articolo: Medioevo scientifico e
tecnologico. E l’esistenza, di cui parla Lanzilli (nell’articolo Dio non fa problema) di innumerevoli scienziati
credenti, spesso anche ecclesiastici, è la conferma più indiscutibile della piena compatibilità tra scienza e fede.
Certo, nella storia della Chiesa ci sono stati momenti di difficoltà nel rapporto con la scienza. Non è qui il luogo di
parlarne. La storiografia onesta ha però ormai documentato che se si ricostruiscono bene vicende come quella di
Galileo e consimili, si può restare sorpresi nello scoprire che forse la Chiesa non aveva tutti i torti come
continuamente si ripete. Ma, come detto, non è qui possibile dimostrarlo.
 
articolo tratto dalla rivista Il Timone, edizioni Art, n. 62 (2007), pp. 36-38.

 
BIBLIOGRAFIA
 
RODNEY STARK, La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà progresso
e ricchezza, Lindau, 2006.
PETER HODGSON, «Scienza, origini cristiane», in Dizionario di scienza e fede, Urbaniana -
Città Nuova 2002, 1262-1272 (anche in: http://www.disf.org/Voci/106.asp).
STANLEY JAKI, Cristo e la scienza,Fede & Cultura, 2006.
Medioevo scientifico e tecnologico
Medioevo buio e oscurantista? E falso.
Fu un’epoca ricca di scoperte scientifiche e di straordinari progressi tecnologici.
Spesso realizzati da ecclesiastici. Era il cristianesimo a dare lo slancio.

Alberto Torresani

 
Gli storici del Medioevo, attivi nel primo dopoguerra, avevano a loro
disposizione documenti relativamente abbondanti per quanto riguarda i temi
religiosi, filosofici e teologici, ma avvertivano una carenza pressoché assoluta
di documenti relativi alla vita quotidiana le macchine e gli attrezzi di lavoro, la
tecnica di fusione dei metalli ecc. Furono gli storici francesi che dettero vita
alla rivista «Annales», per esempio Lucier Febvre e Marc Bloch, a scoprire una
fonte inedita di notizie di prima mano, le miniature che ornavano i codici
medievali. La lettera che formava l’incipit di ogni capitolo veniva ornata con
una miniatura che, con mirabile verismo, illustrava l’aratura, la potatura, la
ferratura dei cavalli, l’officina del fabbro, l'acqua del fiume che muove le pale
di un mulino galleggiante o quello azionato da un piccolo canale di legno che
cade direttamente sulle pale della ruota di un mulino di terraferma ecc.
Poiché l’artista aveva sotto i suoi occhi le varie officine presenti nel convento,
non aveva bisogno di inventare nulla di ciò che disegnava e così ci ha fornito
l’indicazione dei congegni impiegati dalla tecnologia medievale. Occorre dire
subito che questa tecnologia è molto importante ancor oggi: alle popolazioni
primitive dei paesi più poveri non si possono consegnare motori elettrici o
meccanici e altri manufatti ai quali non possono assicurare la manutenzione:
è meglio insegnare la tecnologia medievale che sfrutta la forza motrice
dell’acqua, la carrucola, l’impiego delle leve, la fucinatura del ferro con forni a
carbone gli ingranaggi di legno, ossia tutto ciò che con un minimo di diligenza
è possibile apprendere in breve. In seguito, forti di quelle esperienze, si
possono affrontare i congegni più complicati.
 
La polemica sul Medioevo ormai dura da tre secoli, ossia da quando gli
illuministi definirono la loro epoca come moderna e illuminata, bollando di
oscurantismo il cosiddetto Medioevo. Il tentativo di negare la presenza di
radici cristiane all’Europa ha indotto il sociologo americano Rodney Stark a
scrivere un bel volume intitolato La vittoria della ragione. Come il
cristianesimo ha prodotto libertà progresso e ricchezza, chiarendo che i
risultati dell’illuminismo furono possibili perché in precedenza c’era stato il
Medioevo, un’epoca che ebbe solamente la Chiesa come sorgente di cultura.
 
L’istituzione più significativa del Medioevo è certamente il monastero che
ha lontane origini in Egitto e Siria, ma che solamente in Occidente, con san
Benedetto, assunse la funzione di oasi di razionalità, di famiglia bene
ordinata, aperta a viandanti e pellegrini, asilo dei poveri e dei perseguitati.
Per far fronte a tutte queste necessità, il lavoro dei monaci doveva assicurare
eccedenze di viveri e altri manufatti, messi in vendita nei più vicini mercati.
Un monastero alto medievale, come San Vincenzo al Volturno in Molise,
riportato alla luce dagli archeologi dell’Istituto Suor Orsola Benincasa di
Napoli, assomigliava a una piccola città circondante una chiesa accanto alla
quale si affacciano una cinquantina di botteghe dedicate a specifiche attività.
Perciò è ingenuo pensare che i monaci provvedessero unicamente a miniare e
trascrivere vecchi codici. In realtà dovevano provvedere alle necessità di una
comunità operosa che poteva arrivare ad alcune centinaia di persone che si
erano assoggettate volontariamente alla disciplina del monastero e perciò
lavoravano alacremente. Tuttavia erano una comunità di persone libere, che
si consideravano fratelli tra loro e perciò nessuno poteva essere sfruttato.
Perciò occorreva trovare congegni in grado di alleviare la fatica dell’uomo che
lavora.
 
Il mondo antico, pur avendo creato una scienza piuttosto sviluppata, non
elaborò una tecnologia che pure era permessa dal livello raggiunto dalle
scienze. Il motivo va cercato nella prassi del lavoro affidato agli schiavi. Il
mondo antico fu inventivo solamente per quanto riguarda la tecnologia
militare, le macchine per assedio, la costruzione di ponti e strade, utilizzando
il lavoro dei soldati. Invece, dalle miniature veniamo a sapere che nel
Medioevo, fin dall’XI secolo, era in uso l’aratro pesante con vomere di ferro
poggiante su un affusto con due ruote, trascinato da una o più coppie di buoi.
L’aratura perciò era profonda e il raccolto successivo risultava più
abbondante. L’esperienza insegnò ad alternare il tipo di coltivazioni perché,
come sappiamo ora, alcune piante consumano certi sali del terreno che
vengono ripristinati dalle radici di altre piante, per esempio le papilionacee
(fave e fagioli). Ciò significa che si tenevano accurate misure del lavoro e dei
risultati del lavoro.
 
L’accrescimento di terre destinate a coltura e il trasporto su terreno duro
dei prodotti agricoli esigeva che zoccoli e unghie degli animali da traino
fossero protette dall’eccessiva usura. Fin dall’VIII secolo compaiono la sella
con arcione, le staffe lunghe, il morso dei cavalli, ma soprattutto il collare
rigido per cavalli e muli che ha il compito di scaricare il carico trainato sugli
omeri dell’animale, senza comprimere i polmoni, come facevano le fasce
pettorali impiegate dagli antichi.
 
Il problema di gran lunga più importante di quei secoli fu il regolare
drenaggio dei terreni. Tutte le piante hanno bisogno d’acqua, ma molte ne
soffrono il ristagno. Il mulino a vento fu probabilmente inventato in Oriente e
portato in Spagna dagli arabi, ma da lì raggiunse il resto d’Europa, divenendo
simbolo dell’Olanda che deve migliaia di ettari di terra alle idrovore mosse dai
mulini a vento con ingranaggi di legno. Il mulino ad acqua permetteva la
macinazione dei cereali in misura crescente con risparmio di energia umana,
semplicemente sfruttando la corrente del fiume mediante una ruota a pale
che azionava una macina. Ci sono miniature che mostrano mulini acqua
costruiti in serie sul fiume.
 
Per l’uso liturgico fu perfezionato l’organo a canne, già presente nell’epoca
di Carlo Magno, e poco dopo l’XI secolo comparve una notazione musicale
pienamente affidabile.
 
Poiché occorreva conoscere con precisione la misura del tempo furono
compiuti notevoli progressi nella costruzione degli orologi da torre collegati a
una campana, una macchina abbastanza affidabile fin dal XIII secolo. Un
indizio importante di progresso umano è l’invenzione degli occhiali che
permettono la lettura a coloro che sono tenuti alla liturgia delle ore: ciò
significa che la levigatura delle lenti aveva raggiunto un buon livello di
affidabilità.
 
Il telaio è invenzione antichissima: filatura e tessitura si facevano da
millenni. Nuova fu l’invenzione di martelli idraulici per follare e infeltrire le
pezze di panno mediante gualchiere che sollevavano i martelli con la forza dei
mulini a vento. La qualità dei tessuti prodotti con questi congegni risultava
eccellente e conquistava mercati sempre più lontani. Le pitture medievali
mostrano uomini e donne abbigliati con abiti eleganti e colorati, con cappelli
dalle fogge più strane che contraddicono l’idea corrente di un Medioevo
popolato da gente triste in attesa della fine del mondo.
Nel Medioevo furono inventati anche i camini: i contadini romani si
riunivano intorno al fuoco e il fumo saliva attraverso un buco praticato nel
tetto, mentre in città non c’era il buco nei tetti e il fumo circolava dentro le
abitazioni; perciò grazie ai camini si respirò meglio e si stava più al caldo
durante l’inverno.
 
Secondo una tradizione molto antica la bussola fu inventata da Flavio
Gioia, un amalfitano, ma forse ancora più importante fu la tecnica di
costruzione delle navi tonde, con timone centrale a ruota e stiva capiente,
mosse solamente da vele e non più da rematori. Nel Mediterraneo, un mare
sempre infestato dai pirati, quella nave non ebbe il successo che meritava,
contrariamente a ciò che avvenne nel Baltico, dove fiorì la Lega della Hansa,
raggruppante tutti i porti del nord con un codice commerciale unico, con pesi
e misure standard e con monete unificate.
 
Se i testi scritti del Medioevo appaiono compassati e seri, dedicati
solamente ad argomenti solenni come il diritto, la teologia e la filosofia, le
miniature dei codici della stessa epoca ci rivelano un mondo del lavoro
piuttosto evoluto, con l’impiego di strumenti di lavoro e macchine molto
avanzate rispetto al mondo antico. Ciò significa che la tecnologia era molto
progredita, anche se si trasmetteva da artigiano ad apprendista senza
passare attraverso la comunicazione scritta.
 
Le gilde di mercanti avevano statuti molto rigorosi in grado di controllare
qualità e quantità di ciò che si produceva a difesa degli interessi comuni. Le
corporazioni di arti e mestieri a loro volta si organizzavano come società di
mutuo soccorso, con una cassa comune per far fronte a incidenti sul lavoro e
per provvedere al funerale del socio defunto, i cui figli erano accolti come
garzoni di bottega a preferenza degli estranei. I viaggi delle merci erano
organizzati in modo da suddividere i rischi di perdita del carico, ricorrendo a
sistemi di assicurazione che configurano le società di commercio medievali
come molto simili a quelle moderne. Armando Sapori, un grande maestro di
storia dell’economia della passata generazione, affermava di sentirsi più
solidale con i mercanti del XIII secolo che con i banchieri del XVI secolo, ai
quali suole attribuire lo sviluppo del capitalismo moderno.
 
Insomma è proprio vero quello che la Chiesa e gli ecclesiastici hanno dato
grandi contributi e slancio alla scienza e alla tecnica. Già a partire dal
tutt’altro che «buio» Medioevo.

articolo tratto dalla rivista Il Timone, edizioni Art, n. 62 (2007), pp. 39-41.

 
BIBLIOGRAFIA
 
RODNEY STARK, La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà progresso e
ricchezza, Lindau, 2006.
REGINE PERNOUD, Luce nel Medioevo, Gribaudi, 2002.
MARC BLOCK, Lavoro e tecnica nel Medioevo,, Laterza, 1990.

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