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Duns Scoto

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Beato Giovanni Duns Scoto

Nascita 1265-1266
Morte 8 novembre 1308
Venerato da Chiesa cattolica
Beatificazione 1993
Ricorrenza 8 novembre

Giovanni Duns Scoto, conosciuto anche con l'epiteto di Doctor Subtilis (Duns, 1265 Colonia, 8
novembre 1308), stato unfilosofo e teologo scozzese.
stato beatificato da Giovanni Paolo II, il 20 marzo 1993.
Indice
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1 Biografia

2 Pensiero
o

2.1 Rapporto tra filosofia e teologia

2.2 Mariologia

3 Fortuna

4 Opere

5 La Commissione scotista internazionale

6 Note

7 Bibliografia

8 Voci correlate

9 Altri progetti

10 Collegamenti esterni

Biografia[modifica | modifica wikitesto]


Duns Scoto nasce tra il 23 dicembre 1265 e il 17 marzo 1266

[1]

nella cittadina scozzese di Maxton,

contea di Roxburg. Frequenta le prime scuole presso i frati minori di Haddington. Lo zio paterno, Elia
Duns, vicario generale dei francescani, lo educa alla vita religiosa presso il convento di Dumfries. A 15
anni viene ammesso al noviziato; nel 1291 consacrato sacerdote dal vescovo di Lincoln, Oliviero
Sutton.
Fra il 1283 e il 1290 soggiorna in Francia. A Parigi segue le lezioni di maestri prestigiosi: il
giurista Egidio Romano e il teologo Enrico di Gand. Approfonditi gli studi di filosofia, ritorna in patria e si
prepara alla carriera universitaria. Ad Oxford, nella qualit di baccelliere, commenta le Sentenze
di Pietro Lombardo; svolge l'attivit di docente anche aCambridge. Nel 1301 di nuovo a Parigi; due
anni dopo deve interrompere l'insegnamento per disposizione della corona.
Agli inizi del Trecento, il tema delle origini e della natura del potere alimenta un serrato confronto fra i
curialisti e i regalisti: gli uni difendono la teocrazia, gli altri l'avversano. Nella polemica tra i due indirizzi
si riflette l'aspra contesa che oppone Bonifacio VIII e Filippo IV il bello, re di Francia. Scoto coinvolto
nella vicenda. Un decreto reale gli ingiunge di lasciare Parigi, avendo egli manifestato la volont di
conservare buoni rapporti con Roma. Alla fine del 1304, per l'intervento di Gonsalvo Hispano, generale

dell'ordine francescano, torna nella capitale francese, dove col titolo di maestro insegna teologia
all'universit.
Anche il secondo soggiorno parigino ha durata breve. Al re non gradita la presenza di un intellettuale
che non si fa paladino della sua causa. Scoto si trasferisce a Colonia, ove nominato "lettore" presso
lo Studio francescano. Muore nel 1308, dopo un solo anno di insegnamento.

Pensiero[modifica | modifica wikitesto]


Rapporto tra filosofia e teologia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Duns Scoto - Roma - Biblioteca Pontificia Universit Antonianum

Il pensiero scotista si articola in una serie di punti fondamentali fra cui il rapporto tra filosofia e teologia.
La complessit del reale, divenendo oggetto di studio sistematico, d luogo inevitabilmente a tutta una
serie di scienze diverse. Gi Aristotele, dopo aver distinto tra scienza speculativa e scienza pratica,
aveva proceduto a un'ulteriore distinzione in seno alle scienze speculative. In questo senso, egli aveva
parlato di Fisica o filosofia della natura, di Matematica o scienza del numero, e di Filosofia prima
chiamata, pi tardi, Metafisica. L'oggetto di quest'ultima, considerata da Aristotele come la scienza
suprema, secondo lo Stagirita, ora l'insieme di principi e delle cause (cfr. Met. I, 2, 982b), ora l'essere
in quanto essere e le sue propriet essenziali (cfr. Met. IV, 1, 1003a), ora l'essere separato, immobile
ed eterno, nell'ipotesi che esista (cfr. Met. VI, 1, 1026a).

Poich si pu intravedere in quest'ultimo essere lo stesso Dio, i diversi commentatori d'Aristotele, di


formazione arabo-islamica o cristiana, si domandavano se il compito di dimostrare l'esistenza di Dio
spettasse alla metafisica, scienza esclusivamente razionale, o alla teologia, scienza elaborata a partire
dalla rivelazione. Scoto si pone lo stesso quesito. Per risolverlo egli esamina quanto avevano detto in
merito i due maggiori esponenti del pensiero arabo: Avicenna e Averro.
Avicenna, egli constata, mescola insieme filosofia e teologia e fa della teologia un semplice capitolo
della metafisica sostenendo che la ragione, da sola, pu condurre l'uomo alla felicit. Perci,
secondo Avicenna, la rivelazione praticamente inutile, giacch anche il compito di dimostrare
lesistenza di Dio rientra nella sfera della metafisica. Valutando questa posizione, Scoto dichiara che
Avicenna sbaglia quando ritiene inutile la Rivelazione, perch senza di essa gli uomini non erano
riusciti a conoscere il loro destino concreto, e sbaglia anche quando fa della teologia un semplice
capitolo della metafisica, giacch la teologia si fonda sulla rivelazione, mentre la metafisica si basa
esclusivamente sulla ragione. Egli ha ragione, invece, quando sostiene che l'esistenza di Dio sia
oggetto della metafisica perch, in effetti, spetta proprio a questa dimostrare l'esistenza dell'essere
infinito, come vedremo.
A differenza di Avicenna, Averro, considerato nel Medio Evo come il Commentatore d'Aristotele per
eccellenza, sostiene che filosofia e teologia sono due scienze distinte, ma nega alla teologia la dignit
di scienza vera e propria perch, a suo giudizio, la teologia non si serve del metodo scientifico e non
procede mediante il sillogismo apodittico che genera la certezza, ma mediante il sillogismo dialettico,
capace di produrre soltanto la probabilit.
Quanto all'esistenza di Dio, Averro pensa che essa sia oggetto della Fisica e non della Metafisica,
giacch nel contesto della Fisica che Aristotele dimostra l'esistenza del Primo Movente immobile.
vero che Aristotele prova l'esistenza del Primo Movente nella Fisica, osserva Scoto, ma vero anche
che Dio non Primo Movente, ma Primo Principio degli esseri e ]]Essere infinito]]. Perci, valutando la
posizione di Averro, egli riconosce la legittimit della distinzione tra filosofia e teologia, ma respinge il
modo averroista di concepire la teologia e contesta l'affermazione che l'esistenza di Dio sia oggetto
della Fisica o filosofia della natura. La teologia, egli afferma, una scienza superiore alla filosofia sia
perch poggia sulla rivelazione, che infallibile, sia perch abbraccia un campo pi vasto
raggiungendo anche l'ordine soprannaturale, e perch non scienza speculativa, ma scienza pratica.
Spiegando quest'ultimo carattere della teologia, egli rileva, anzitutto, che la distinzione tra scienze
speculative e scienze pratiche si deve, originariamente, ad Aristotele. Questi, per, pensa Scoto,
assegn alla scienza pratica soltanto una funzione estensiva e non gi una funzione direttiva. E ci,
egli spiega, perch lo Stagirita non ebbe n una precisa intuizione della libert umana n una chiara
visione del destino umano da raggiungere responsabilmente mediante l'esercizio della libert. Chi,
invece, come il cristiano, ha viva consapevolezza di tutto questo, si rende conto che la scienza pratica
tale perch orientata verso la prassi o l'agire della volont. L'atto della volont presuppone sempre

la conoscenza intellettiva. Ma non tutte le coscienze intellettive sono subordinate alla prassi o all'atto di
volont. Infatti, non sempre si cerca di conoscere per agire. Si cerca di conoscere anche
semplicemente per conoscere, per sapere come stanno le cose.
Ebbene, pensa Scoto, sono speculative le scienze che mirano a conoscere per conoscere; sono
pratiche, invece, le scienze che tendono a conoscere per agire. Rigorosamente parlando, la praticit
d'una scienza non deriva dal fatto che essa orientata all'azione della volont, ma dal fatto che essa
proclama la rettitudine o la conformit del suo contenuto come il bene di chi agisce. E poich la
conformit si esprime nel giudizio che unisce un predicato a un soggetto grammaticale, evidente che
la scienza pratica altro non che la verit che fonda l'azione. Per esempio, scienza pratica il giudizio
seguente: Dio degno d'amore o bisogna amare Dio. La verit della scienza pratica, osserva Scoto,
non dipende anzitutto dalla volont, n da quella divina n da quella umana, come non dipende affatto
dalla volont la verit del giudizio speculativo. Essa dipende essenzialmente dalla natura dell'oggetto:
se questo ontologicamente necessario o sommamente buono, giudizio pratico che esprime il dover
essere della volont nei suoi riguardi, sar moralmente necessario. Cos, il precetto che enuncia il
dovere di amare Dio moralmente necessario, anche se la volont come vedremo, rimane
psicologicamente libera di impegnarsi a realizzarlo o di rifiutarsi di attuarlo. Se, viceversa, l'oggetto
della conoscenza pratica ontologicamente contingente o relativamente buono come avviene nel
caso di tutte le creature , allora la verit del giudizio pratico non si impone come obbligatoria se non
dopo, che una volont quella divina, in primo luogo non l'abbia reso obbligante. Cos, per
esempio, il precetto: non uccidere, non si impone con la stessa assolutezza con cui si impone il
precetto dell'amore di Dio, avendo come contenuto qualcosa di contingente come l'esistenza umana.
Perci, la sua imperativit, pi che dalla natura delle cose, nasce dalla volont divina che impone a tutti
il rispetto assoluto della vita.
Cos concepita, la scienza pratica non si oppone alla scienza speculativa n meno certa di essa, ma
si compone con essa e la supera perch non si limita soltanto a mostrare la realt, ma intima all'uomo
patteggiamento che egli dovrebbe assumere rispetto alla realt quando egli vuole agire in rapporto ad
essa. Se ci vero, poich anche tra le scienze esiste una certa gerarchia fondata sulla loro rispettiva
eminenza, evidente che tra la filosofia, scienza speculativa, e teologia, scienza pratica, il primato
spetta alla teologia giacch, avendo come suo oggetto primo Dio stesso, essa proclama come l'uomo
deve comportarsi in concreto per essere in giusto rapporto con Lui e con tutti gli esseri da Lui creati.
Questo, pensa Scoto, il modo corretto di interpretare i rapporti tra filosofia e teologia. Ma il fatto che
Dio sia oggetto della teologia, non esclude che l'esistenza di Lui spetti precisamente alla Metafisica,
come pensa Avicenna, e non alla Fisica, come vorrebbe Averro. Non si potrebbe, infatti, accogliere la
rivelazione divina se non si fosse certi dell'esistenza di Dio in via, per cos dire, preliminare. Ma a Dio,
razionalmente, non si giunge fissando l'attenzione sull'essere mobile, oggetto della Fisica, bens
sull'essere stesso e sulle sue propriet, oggetto della Metafisica. Quindi, su questo punto, ha ragione
Avicenna e torto Averro.

In sintesi, i rapporti tra filosofia e teologia si possono cos riassumere: tutt'e due sono scienze o forme
di sapere che generano la certezza in chi le possiede; la teologia scienzache nasce dalla Rivelazione
ed ha come oggetto non la dimostrazione dell'esistenza di Dio, ma la natura di Dio uno e trino,
l'Incarnazione e tutte le altre verit inscindibilmente legate al fine ultimo dell'uomo; perci essa
scienza essenzialmente pratica.
La filosofia, in particolare la metafisica, nasce dalla riflessione della ragione sulla realt d'esperienza ed
ha come oggetto tutta la realt, ivi compresa la dimostrazione dell'esistenza di Dio. Nell'ambito
della filosofia speculativa, particolare attenzione meritano la Metafisica, la Fisica e la Logica che, sotto
aspetti diversi, studiano tutto l'essere.

Mariologia[modifica | modifica wikitesto]


Giovanni Paolo II nella Catechesi del 5 giugno 1996 lo definisce il "Dottore dell'Immacolata" perch con
la sua dottrina ha offerto alla Chiesa la chiave per superare le obiezioni circa l'Immacolata
Concezione di Maria. Per questo suo apporto alla dottrina cattolica, papa Paolo VI lo aveva chiamato il
Dottore Sottile e Mariano [2].
La dottrina sull'Immacolata Concezione non altro che una conseguenza di tutto il sistema teologico di
Scoto. la prova che conferma tutto quanto egli ha detto su Cristo, centro della creazione e
perfettissimo Mediatore nonch Redentore.

Giovanni Duns Scoto - Santuario di Greccio

La dottrina dell'Immacolata evidenzia la somma bont di Dio che dona senza merito questo privilegio
alla Madre del suo Figlio; il dogma scotista fa risaltare il ruolo centrale e l'onnipotenza del Redentore

nella storia della salvezza, lazione santificante dello Spirito Santo e quindi l'efficacia salvifica dei
sacramenti della Chiesa. L'Immacolata di Scoto evidenzia altres la fiducia che Dio ha riposto nella
bont intrinseca della natura umana: il peccato non riuscito a distruggere o annientare lopera uscita
dalla sapienza del Dio creatore.
La predestinazione di Cristo e dell'umanit prima di ogni merito o demerito, base per comprendere la
dottrina scotista, rivela il volto di Dio Padre che progetta con amore ogni singola persona umana. Un
progetto che ha la sua origine prima della creazione del mondo e che rifiuta ogni possibile idea di
interruzione della gravidanza. Scoto, in effetti, risolve la problematica tomista della discesa dell'anima
nel feto umano, affermando che in ogni concezione vi immediatamente anche l'animazione. Ogni
essere umano sempre concepito come persona, senza ritardi di tempo, di materia o di forma.
Al centro di tutto il suo pensiero vi il Cristo, senso e significato di tutto ci che esiste, e a fianco del
Cristo vi Maria, la Madre, la collaboratrice affinch si realizzasse il progetto di amore di tutta la Trinit.
Cooperatice dello Spirito Santo nellevento dellincarnazione, Maria la pi grande opera di Dio
(summum opus Dei) nella storia dell'umanit dopo l'Incarnazione del Verbo.
Quanto Dio ha operato in lei garanzia della sua infinita e onnipotente misericordia, del suo amore per
le sue creature. Guardando al mistero mariano si scopre come l'agire di Dio rispettoso della libert
umana sia soprattutto un continuo dono gratuito della grazia. Come il peccato sia una realt
secondaria, perch quello che conta primariamente il rapporto di amore, di perdono, di liberazione dal
peccato, dal male e dalla morte. L'Immacolata Concezione l'icona del Sommo Bene che Dio vuole
realizzare per tutte le sue creature.
Il famoso detto De Maria numquam satis viene ridimensionato dalla fedelt che si deve verso la
Parola rivelata e la dottrina della Chiesa, attraverso uno studio sincero e sapiente.
Scoto ha aperto una via e ha saputo risolvere con sottigliezza di pensiero molte questioni della
mariologia medievale che ancor oggi sono di chiara attualit e in piena sintonia con il magistero della
Chiesa.

Fortuna[modifica | modifica wikitesto]


Il pensiero di Duns Scoto ebbe molto seguito nella scuola francescana, anche in Italia, dove va
ricordato il teologo Bartolomeo Mastri da Meldola, detto Scotistarum princeps, il principe degli scotisti [3].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Le "Quaestiones" di Giovanni Scoto (manoscritto del sec. XIV-XV): iniziale decorata

La cronologia delle opere controversa; le date sono solo indicative.

Prima del 1295:

Parva logicalia

Quaestiones super Porphyrii Isagogem

Quaestiones in librum Praedicamentorum

Quaestiones in I et II librum Perihermeneias

Octo quaestiones in duos libros Perihermeneias

Quaestiones in libros Elenchorum

Quaestiones super libros De anima (1295-1298?)

Quaestiones super libros Metaphysicorum Aristotelis (1298-1300? riveduto pi tardi)

Notabilia Scoti super Metaphysicam (una serie di note sui libri II-X e XII della Metafisica di
Aristotele, scoperte nel 1996 [4])

Lectura (Lezioni tenute ad Oxford Lectures sui quattro libri delle Sentenze di Pietro Lombardo)

Libri 1 e 2 (1300-1301)

Libro 3 (probabilmente scritto a Parigi, 1303-04)

Libro 4 (testo non conservato)

Ordinatio o Opus Oxoniense (testo rivisto da Duns Scoto della Lectura, libri 1 e 2 estate 13001302, libri 3 e 4 1303-1304)

Collationes oxonienses (1303-04 o 1305-08)

Collationes parisienses (1302-07)

Reportatio parisiensis (Letture tenute a Parigi, 1302-07)

Quaestiones Quodlibetales (edizione a cura di Felix Alluntis in Obras del Doctor Sutil, Juan
Duns Escoto, Madrid, Biblioteca de Autores Cristianos, 1963)

Tractatus de Primo Principio (1307-08)

Theoremata (data incerta)

OPERE SPURIE [5]

Grammatica speculativa, Opera Omnia ed. Vivs, vol.I, pp. 45-76 (composta prima del 1310 da
Tommaso di Erfurt come stato stabilito da Martin Grabmann nel 1922)

[6]

De Rerum Principio, in: Quaestiones disputatae De rerum principio, tractatus De primo rerum
omnium principio, novis curis edidit Marianus Fernandez Garcia, Quaracchi, 1910, pp. 1-624 (ora
attribuito a Vital du Four, OFM (c. 1260-1327) [7]

La Commissione scotista internazionale[modifica | modifica wikitesto]


La Commissione scotista internazionale una quipe di specialisti impegnata nell'edizione critica delle
opere del beato Giovanni Duns Scoto. Le opere di Duns Scoto, pi volte ristampate nei secoli
precedenti, avevano bisogno di una grande revisione, per essere liberate dai molti errori degli
amanuensi e dalle interpolazioni fatte dai discepoli. Non era pi possibile studiare Scoto in quelle
edizioni. Si imponeva un'edizione critica seria, basata sui manoscritti. Era la stessa esigenza che si era
avvertita per le opere di san Bonaventura e di san Tommaso. Questo onere fu affidato dal ministro
generale dell'Ordine dei frati minori e dal suo Definitorio ad un'apposita quipe di studiosi.

Beato Giovanni Duns Scoto scrivente mentre i frati editano le sue opere sotto la protezione dell'Immacolata e
di san Francesco d'Assisi stigmatizzato - Roma - Commissione Scotista - quadro sec. XX.jpg

Nel 1927 venne istituita nel collegio di S. Bonaventura a Quaracchi, la sezione scotistica. Nel 1938 fu
trasferita nel collegio di SantAntonioa Roma, prendendo la denominazione Commissione per ledizione
critica delle opere di Giovanni Duns Scoto. Nel 1970 essa fu aggregata alla Pontificia universit
Antonianum.
Attualmente la Commissione scotista ha completato l'edizione del Commento alle sentenze di Pietro
Lombardo detto Ordinatio, in 14 volumi pi gli indici. Sono state pubblicate le opere filosofiche, in 5
volumi e un'altra redazione del Commento alle sentenze di Pietro Lombardo detta Lectura, in 6 volumi.
Con grande impegno sono state in essi individuate e indicate le fonti dirette ed indirette, di cui si
servito Scoto nella sua stesura; sono date in nota tutte le informazioni e le indicazioni utili.

Note[modifica | modifica wikitesto]


1. ^ Thomas Williams (a cura di), The Cambridge Companion to Duns Scotus, Cambridge University Press,
2003, p. 1.
2. ^ Paolo VI, Alma Parens, AAS 58 (1966), p. 612
3. ^ Sulla Scuola Scotista vedere A. Ghisalberti, Giovanni Duns Scoto e la scuola scotista, 1996 e Jacob
Schmutz, L'hritage des subtils. Cartographie du scotisme de l'ge classique, Les Etudes
Philosophiques, 2002, pp. 51-81.
4. ^ Giorgio Pini, Duns Scotus' Literal Commentary on the Metaphysics and the Notabilia Scoti super
Metaphysicam (Milan, Biblioteca Ambrosiana, C 62 Sup, ff.51r-98r), Bulletin de philosophie mdivale,
38 (1996) 141-142.
5. ^ Per una discussione approfondita degli scritti erronamente attribuiti a Duns Scoto vedere Antonie
Vos, The Philosophy of John Duns Scotus, Edinburgh University Press, 2006, Capitolo 3.Two critical text
revolutions, pp. 103-147.
6. ^ De Thoma Erfordiensi auctore Grammaticae quae Ioanni Duns Scoto adscribitur speculativae, Archivum
Franciscanum Historicum, vol. 15, pp.273277.
7. ^ Ferdinand Delorme, Autour dun apocryphe scotiste, "La France Franciscaine", 8, 1925, pp. 279-295 e
Palmon Glorieux, Pour en finir avec le De rerum principio, "Archivum franciscanum historicum", 31,
1938), pp. 225-234.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Alliney, Guido. Giovanni Duns Scoto. Introduzione al pensiero filosofico, Bari: Edizioni di
Pagina, 2012.

Bianco, Carmela. Ultima solitudo. La nascita del concetto moderno di persona in Duns Scoto,
Milano: Franco Angeli, 2012.

Bonansea, Bernardino. L'uomo e Dio nel pensiero di Duns Scoto, Milano: Jaca Book, 1991.

Ghisalberti, Alessandro. Giovanni Duns Scoto e la scuola scotista, in Giulio dOnofrio (a cura
di), Storia della teologia nel Medioevo. III: La teologia delle scuole, Casale Monferrato: Piemme
edizioni, 1996, pp. 325-374.

Gilson, tienne. Giovanni Duns Scoto, (1952) Milano: Jaca Book, 2008.

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