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ESEGESI DELLE CINQUE VOCI DI AMMONIO DI ERMIA necessario che noi, in procinto di cominciare dei discorsi filosofici, comprendiamo

o che cosa sia mai la filosofia. Occorre infatti che chi comincia qualcosa comprenda prima che cosa questa sia. Cos inoltre, coglier la cosa pi rigorosamente. E comprendiamo le cose dalle definizioni. E come sarebbe possibile comprendere una cosa ignorando cos' la definizione? La definizione una breve proposizione che mostra la natura della cosa. Viene detta definizione per metafora a partire dai confini dei terreni. Come infatti quelli delimitano il terreno e lo separano da quelli altrui, cos le definizioni delimitano la cosa e la separano da tutte le altre. Occorre dunque enunciare la definizione di filosofia, cos come apprestandoci allo studio della grammatica ne abbiamo appreso al definizione ovvero che la grammatica la cognizione [] di quanto stato detto per lo negli scritti dei poeti e degli scrittori; allo stesso modo accingendoci allo studio della retorica ne abbiamo appreso la definizione e cio che la retorica la capacit tecnica di costruire un discorso persuasivo in ambito politico e che ha come fine il parlar bene; occorre dunque apprendere anche la definizione di filosofia, essa infatti che fornisce le definizioni anche per le altre scienze e le altre arti. Dunque, ogni scienza e ogni arte ha un soggetto e un fine. Il soggetto ci di cui si occupa, mentre il fine ci a cui mira e che vuole disciplinare; ad esempio il medico ha come soggetti i corpi umani (infatti si occupa di questi), e come fine quello di guarirli (infatti mira a questo), allo stesso modo il falegname ha come soggetto il legno e come fine costruire un abaco. Le definizioni si ottengono dunque o a partire dal soggetto o dal fine o anche da entrambi; dal soggetto come nel caso in cui diciamo "la medicina un'arte che si occupa dei corpi umani", dal fine come nel caso in cui diciamo "che procura la salute", da entrambi "arte che si occupa dei corpi umani che procura la salute". Ugualmente anche l'astronomia che una scienza ha come soggetti i corpi celesti e come fine il conoscerne i movimenti. Cerchiamo di comprendere allora qual il soggetto della filosofia e quale il suo fine; e cos potremo darne la definizione. Bisogna sapere, dunque che le altre scienze e arti si occupano di alcuni oggetti particolari, ad esempio l'arte del falegname solo degli oggetti di legno, l'astronomia solo dei corpi celesti, solo la filosofia invece si occupa di tutti gli enti, ed ha come fine non fabbricarli ma conoscerli. Sono molte le definizioni di filosofia ammesse; infatti molti tra gli antichi l'hanno definita in molti modi. Al momento, per non dare ai pi litigiosi motivo di accusarci di un'ambizione inopportuna passando in rassegna le definizioni di ciascuno, baster prenderne in esame cinque o poco pi. Due sono ricavate dal soggetto, due dal fine e un'altra dalla supremazia che ha rispetto alle altre arti. La prima questa: "la filosofia la conoscenza degli enti in quanto sono enti". L'espressione "in quanto" sta in luogo di "nella misura in cui sono enti"; infatti il filosofo non si propone di conoscere tutti gli uomini nel mondo secondo il numero, ma di conoscere cosa sia mai la natura dell'uomo. Il filosofo infatti guarda all'essenza e all'essere di ciascuna cosa. Alcuni danno questa definizione: "la filosofia la conoscenza delle cose divine e umane". Ed chiaro che la stessa definizione della precedente, differisce soltanto per la maggiore o minore chiarezza; infatti divide gli enti in divini e umani, chiamando divini quelli eterni e umani quelli soggetti a generazione e corruzione. Questa definizione e la precedente dunque sono ottenute a partire dal soggetto e differiscono tra loro, come si detto, per la maggiore o minor chiarezza. Vi anche una tale definizione a partire dal fine che recita: "la filosofia l'assimilazione a Dio nella misura in cui possibile per l'uomo" cos infatti la defin Platone. Infatti Dio ha delle attivit [ ] duplici, le prime conoscitive, secondo le quali conosce tutte le cose, come anche i poeti intendono dire quando affermano "gli dei conoscono tutte le cose", le seconde provvidenziali rispetto agli esseri inferiori, secondo le quali provvede al mondo intero come affermano anche i poeti: "gli dei dispensatori di beni". Il filosofo vuol farsi simile a Dio secondo entrambe le accezioni; vuole infatti contemplare tutti gli enti (infatti li esamina tutti), e invero si d cura di provvedere a quanti sono inferiori (infatti il filosofo politico giudica e stabilisce le leggi); cosicch a buon diritto la filosofia assimilazione a Dio. L'espressione "nella misura in cui possibile per

l'uomo" stata aggiunta a ragione; infatti n la conoscenza simile n la provvidenza la stessa, "poich non si d il caso che sia simile la stirpe degli dei immortali e quella degli uomini che camminano sulla terra". Infatti delle cose le cui essenze sono differenti, sono differenti anche le perfezioni. E questo possibile osservarlo anche negli altri esseri viventi; l'uomo e il cavallo infatti, dato che hanno un'essenza differente, hanno anche una perfezione differente; la perfezione dell'uomo infatti vivere con ragione e assennatezza, quella del cavallo di correre velocemente e di essere utile nelle battaglie. Anche tra gli stessi animali irrazionali tanta la differenza delle perfezioni, poich tanta anche quella della loro essenza. Altra la perfezione del cane e altra quella del cavallo. Se dunque nel caso di tali esseri le perfezioni sono differenti a causa della differente essenza, tanto pi lo saranno nel caso dell'uomo e di Dio. Poich quindi differiscono tanto secondo l'essenza, a ragione avranno differenti le perfezioni. Giustamente allora viene aggiunta alla definizione la precisazione "nella misura in cui possibile per l'uomo". Ma occorre dire a partire da quale ragione si spinto a definire la filosofia in questo modo. Poich infatti, come ho detto, le facolt di Dio sono duplici, quelle conoscitive e quelle pratiche, e duplici sono anche quelle della nostra anima, le teoretiche e le pratiche, il filosofo vuole disciplinare ciascuna delle due parti dell'anima per rendersi simile a Dio, da un lato indagando quale sia la natura degli enti, dall'altro disciplinando le parti passionali dell'anima e prendendosi cura delle altre, a buon diritto Platone defin la filosofia assimilazione a Dio nella misura in cui , per l'uomo, possibile. Vi un'altra definizione, a partire dal fine, la quale afferma: "la filosofia allenamento alla morte ". E poich la definizione qui esposta definisce la filosofia come un allenamento alla morte, occorre dire in che modo si deve intendere l'allenamento alla morte. Un tale, infatti, di nome Cleombroto, aveva buttato uno sguardo al Fedone di Platone e venuto a sapere che il filosofo deve allenarsi a morire, ma ignorando in quale modo debba farlo, salito sulle mura si butt gi. A testimonianza di questo fatto c' il poeta che scrisse un epigramma proprio per questo ragazzo d'Ambracia; recita infatti: Dicendo "addio sole!" Cleombroto d'Ambracia salt nell'Ade da un alto muro pur non avendo conosciuto alcun male per cui valesse la pena morire, ma solo per aver letto uno scritto di Platone. A motivo del gesto compiuto dal giovane a seguito della sua ignoranza, sarebbe opportuno esaminare che cosa mai voglia significare l'allenamento alla morte di cui si detto. E infatti anche Platone raccomanda di non sottrarsi. Dice appunto cos: il racconto riferito riguardo a ci nei misteri, che noi uomini siamo in un carcere e che non dobbiamo sottrarci n evadere da esso, mi sembra importante e non facile da penetrare. Appunto, non bisogna sottrarsi. Come infatti chi si trova in carcere ed stato incatenato per una qualche colpa, se volesse evadere sovvertirebbe le leggi per quanto sta a lui, cos anche chi si d da fare per sciogliere il legame del corpo stretto dalla provvidenza, sovverte le leggi del creatore; non bisogna quindi desiderare la morte. Se dunque le cose stanno cos, in che senso diciamo che la filosofia un allenamento alla morte? Presta attenzione a quanto stato detto e la difficolt si risolver. Bisogna sapere che poich l'uomo un composto di anima e corpo, anche il legame duplice e duplice la liberazione dell'anima; vi infatti il cosiddetto legame fisico, per il quale il corpo legato all'anima ed da questa vivificato, e vi anche il legame deliberativi [ ] per il quale l'anima legata al corpo asservita ad esso e da esso dominata. Duplice quindi la liberazione, quella del corpo dall'anima e quella dell'anima dal corpo. Anche la morte duplice, una fisica, per la quale tutti noi uomini moriamo, per la quale cio il corpo si separa dall'anima, l'altra deliberativa, per la quale i filosofi si esercitano a separare l'anima dal corpo. E in questo senso si dice che si allenano a morire, cio a separare l'anima dal corpo. Bisogna sapere inoltre che l'anima non si separa del tutto dal corpo una volta che il corpo si sia separato dall'anima; infatti le anime affezionate al corpo stanno dietro all'amore per i corpi ancora dopo la morte, e a queste si dice appartengano i fantasmi che hanno aspetto di ombre nei pressi delle tombe. Ma neppure il corpo si separa completamente dall'anima una volta che l'anima si sia separata dal corpo; in fatti coloro che vivono filosoficamente

si separano dal corpo persino quando sono ancora in vita. La filosofia dunque allenamento alla morte ovvero esercitarsi a separare l'anima dal corpo. Vale la pena di esaminare infine: se la filosofia ha per fine la conoscenza degli enti, in che senso la definizione che afferma la conoscenza degli enti in quanto enti e ancora conoscenza delle cose divine e umane noi sosteniamo che tragga origine dal soggetto e non dal fine? Come infatti sosteniamo che la scienza medica sia definita a partire dal soggetto come scienza che si occupa dei corpi umani, e a partire dal fine quando definita come scienza che procura la salute, poich a questa mira, cos anche nel caso della filosofia, se ha per fine la conoscenza degli enti, bisogner dire che le definizioni tramandate traggono origine dal fine. In primo luogo bisogna considerare che la filosofia avendo una parte teoretica ed una pratica ha anche un fine duplice; nel caso in cui diciamo infatti che la filosofia un allenamento alla morte, la definiamo a partire dalla sua parte pratica, e nel caso invece in cui la definiamo come conoscenza degli enti in quanto sono enti, a partire dalla parte conoscitiva, e quando ancora la definiamo come assimilazione a Dio a partire da entrambi. Quindi la scienza medica, quando si definisce solo la sua parte teoretica, viene detta scienza che si occupa dei corpi umani (e a buon diritto diciamo che questa definizione trae origine dal suo soggetto), quando invece viene definita rispetto al fine per cui ci si serve di questa teoria, viene detta scienza che procura la salute e diciamo che questa definizione trae origine dal fine. La filosofia invece avendo un aspetto teoretico non composto , (si d infatti per conoscere le cose e solo per questo) non potrebbe ammettere un'altra definizione a partire dal soggetto, mentre ne ammette un'altra a partire dal fine. Infatti la conoscenza conoscenza di alcune cose; quindi verr considerata contemporaneamente come cono e come conoscenza di alcune cose. E penso che non si sbaglierebbe sia dicendo che questa definizione ha origine dal soggetto sia che ha origine dal fine, piuttosto potrebbe aver origine da entrambi. Ma probabilmente abbiamo designato le suddette definizioni come aventi origine dal soggetto per distinguerle dalle altre, quella che dice assimilazione a Dio nella misura in cui possibile per l'uomo che non precisa in quali aspetti ci si assimila, e quella che recita allenamento alla morte. C' anche un'altra definizione di filosofia di Aristotele, che trae spunto dalla supremazia che essa ha rispetto alle altre scienze e alle altre arti, la quale afferma: la filosofia arte delle arti e scienza delle scienze. Aristotele perviene a tale affermazione pi o meno nel modo seguente. Alcune conoscenze si addicono alle arti, altre alle scienze. Queste arti e queste scienze non differiscono per nulla tra loro rispetto alle loro asserzioni (infatti le asserzioni di ciascuna sono di per s esenti da errori), ma son diverse rispetto alla materia; infatti le scienze si occupano delle cose che sono sempre allo stesso modo, come l'astronomia, la geometria, l'aritmetica, mentre le arti si occupano delle cose che sono per lo pi e che mutano. Per cui le asserzioni della geometria restano esenti da errori, come lo quella che afferma: di ogni cerchio, i raggi che fanno dal centro alla circonferenza sono tra loro uguali (ci infatti sta sempre allo stesso modo), le asserzioni della medicina invece sbagliano, come quella che afferma gli opposti sono rimedi degli opposti, per il fatto che si occupano di ci che non sta sempre allo stesso modo; in primo luogo, infatti, non vi sono neppure rimedi per tutte le malattie; quale rimedio ci sarebbe infatti se la malattia fosse mortale? D'altra parte a volte si usano come rimedio non gli opposti ma i simili, come nel caso dei rimedi accidentali; spesso infatti, dell'acqua fredda versata ha risvegliato il calore che si era gi affievolito. Dunque la filosofia fornisce i principi a tutte le scienze e a tutte le arti; alla geometria infatti fornisce le asserzioni universali (infatti compito dei filosofi ricercare l'universale), per il resto lo studioso di geometria assume il punto come indivisibile e divide la grandezza all'infinito e si avvale di questi principi senza dimostrazione, il filosofo invece questo lo dimostra quando, infatti, afferma che ogni figura delimitante inferiore per una dimensione da quella delimitata; infatti il solido che ha tre dimensioni delimitato dalla superficie, la quale ne ha due, la lunghezza e la larghezza (non ha infatti la profondit in ragione della quale inferiore al solido), la superficie che ha due dimensioni delimitata dalla linea, che ha solo una dimensione, la lunghezza soltanto, la linea delimitata dal punto, che chiaro che non ha dimensione alcuna, ma sar indivisibile se, come si detto, ogni limite inferiore a ci che limitato per una dimensione. Il fatto, invece, che ogni grandezza divisibile all'infinito, lo mostra assumendo che ogni divisione avviene secondo i punti i quali non

compongono n producono un solido. Sicch il solido ha tre dimensioni sebbene diviso secondo i punti, infatti la divisione, tranne la quantit della grandezza, non sottrae nulla al solido e infatti non gli sottrae il fatto di avere due dimensioni; per cui la definizione di solido ammette la divisione all'infinito; e se per noi impossibile portarla a termine a causa della nostra connaturata debolezza non per questo essa invalidata. Alla medicina [la filosofia] fornisce i quattro elementi; poich infatti i filosofi dimostrano che gli elementi dei corpi soggetti a generazione sono quattro, e sono quelli arcinoti, e non di pi o di meno, quelli [i medici], accogliendo ci come assodato dai primi, affermano che gli elementi corrispondenti generano i quattro umori, assumendoli per analogia con gli elementi di cui si detto prima. Inoltre la filosofia fornisce i principi anche alla retorica. Il retore infatti assume l'esempio e l'entimema per analogia con l'induzione e il sillogismo. Come infatti il sillogismo vero, poich ha forza di necessit, cos anche l'entimema vuol essere vero, purtuttavia manca di una premessa rispetto al sillogismo, ragion per cui viene anche chiamato sillogismo imperfetto. Il sillogismo un discorso in cui, posti alcuni oggetti, alcunch di diverso dagli oggetti stabiliti risulta necessariamente, per il fatto che questi oggetti sussistono. Allo stesso modo anche l'esempio analogo all'induzione. Come infatti quella ha le propriet di esser valida per lo pi e di esser verosimile, ma non quella di esser vera in ogni caso, cos anche l'esempio. Anche questi tuttavia differiscono tra loro per il fatto che mentre l'induzione un discorso che fornisce prove alle affermazioni universali a partire da quelle particolari, l'esempio fornisce prove alle affermazioni parziali a partire da quelle particolari. E anche le argomentazioni [il retore] le prende da l [scil. dalla filosofia]. Infatti Aristotele ha discusso dei luoghi nella logica e in generale si occupato delle arti retoriche. Per cui anche la retorica ha preso i principi dalla filosofia, del resto anche il retore si serve del concetto di buono di giusto e di conveniente sebbene non sappia dove mai si possa contemplare il giusto, n se questo si identifica col conveniente; infatti talvolta lo riconducono al conveniente, mentre talvolta lo distinguono e lo contrappongono ad esso; infatti mostra che le cose stanno cos e che si invertono nel loro opposto. E in modo simile anche alla grammatica; si occupa infatti dei toni e dei tempi, che appartengono alla musica e la musica parte della filosofia. E non solo le arti e le scienze logiche hanno bisogno della filosofia, ma anche le cosiddette arti manuali. Il costruttore di case, invero, si serve del filo a piombo per stabilire se il muro dritto o meno, ma di cosa sia il filo a piombo non ne sa di pi. Il filosofo invece ne conosce immediatamente la causa. Dir infatti che tutti i corpi pesanti tendono per propria natura verso il centro, per cui i corpi pesanti sono spinti da ogni luogo verso il basso proporzionalmente a degli angoli retti e gli angoli retti sono perfettamente dritti. Anche il falegname si serve della cordicella per rendere raddrizzare il legno; ma di quale sia la natura della linea retta non ne sa di pi. Invece la geometria, anch'essa parte della filosofia, dir: la retta quella figura che giace ???????. In modo simile possibile trovare che tutte le altre arti e scienze ottengono i propri principi dalla filosofia. Quindi la filosofia arte delle arti e scienza delle scienze. Pitagora afferma: la filosofia l'amore per la sapienza opponendosi per primo all'errore degli antichi. Poich infatti chiamavano sapiente chi avesse parte in una qualsiasi arte, e tra costoro figurava anche Archiloco che dice: ??? [Pitagora] trasferisce questo appellativo a Dio di modo che soltanto egli, cio Dio, sia chiamato sapiente, in quanto possiede la sapienza e la conoscenza degli enti eterni. Vedendo alcuni muoversi verso la retorica, altri verso la grammatica, altri verso l'indagine delle cose naturali, altri ancora verso altre discipline, chiam filosofi coloro che si cimentavano nello studio delle scienze naturali, quasi fossero amanti del sapiente, come riteneva opportuno chiamare Dio, e analogamente chiam la loro conoscenza filosofia, l'amore della sapienza. Questo per quanto riguarda Pitagora. Vi sono anche altre definizioni di filosofia, ma queste basteranno. Poich ogni cosa divisibile o indivisibile, necessario che noi diciamo se la filosofia sia divisibile o meno. Ma prima di questo giusto che diciamo che cos' la divisione, che cosa la suddivisione e che cosa la sottodivisione; bisogna infatti che chi discute della divisione dica prima che cosa sia mai ciascuna di esse. Dunque la divisione la partizione di una cosa in prima battuta, la suddivisione la partizione della stessa cosa in seconda battuta, ad esempio in prima battuta divido l'essere vivente

in razionale e irrazionale (questa la divisione), in seconda battuta lo divido in mortale e immortale (questa la suddivisione); differiscono l'una dall'altra solo per l'ordine. La sottodivisione la divisione della parte ovvero della specie (chiamo ora specie ci che subordinato) di ci che gi stato diviso, ad esempio, della sfera celeste una parte fissa, l'altra mobile; la sfera celeste infatti era specie dell'essere vivente e questa l'abbiamo sottodivisa in fissa e mobile. Dopo aver spiegato che cos' la divisione, che cosa la suddivisione e che cosa la sottodivisione, parliamo qui di seguito della divisione nella filosofia. [si divide infatti, nella maniera pi generale possibile, secondo alcuni in due, secondo altri in tre; alcuni infatti dividono la filosofia in tre parti, la teoretica, la pratica e la logica. Esaminiamo se le cose stanno cos oppure no. Bisogna sapere che in verit la teologia prima nella divisone; infatti le cose divine sono principi di tutte le cose. Perci, e opportunamente, gli antichi la collocarono prima delle altre. La fisica, invece, mentre prima rispetto a noi, ultima rispetto alla verit; infatti quella materiale la sostanza ultima, e per questo ha preso l'ultimo posto. Nel mezzo tra queste c' la matematica, dato che anche secondo la natura occupa una posizione intermedia. Alcuni tra gli antichi la collocarono davanti alla fisica, alcuni, seguendo Platone, affinch, affermano, possiamo riconoscere o ricordare le idee gi depositate nella nostra anima osservando le propriet nelle cose particolari, avvalendoci della matematica come di una via o di una scala; altri, seguendo Aristotele, perch desideravano avvezzarci a riconoscere partendo da quella materiale, la sostanza intellegibile, la quale s invisibile, ma possiede tuttavia una sussistenza [ ]??? maggiore e pi evidente rispetto a quella materiale; e infatti nella matematica studiamo la linea nella materia, non per conoscere la materia o la cera o il bronzo, ma perch dopo averla astratta la riponiamo nell'intelletto, dove possiamo vederne la pi solida sussistenza. di per s evidente che la figura geometrica come la linea o il triangolo nulla ha in comune con la cera: per esempio, appunto, se la figura del triangolo muta, perch stato eliminato un lato, la cera non muta al contempo, mentre, se avesse avuto qualcosa in comune secondo la sostanza, avrebbe dovuto mutare anch'essa]. Dunque la filosofia [come si gi detto] si divide in teoretica e pratica. Vale la pena esaminare per qual motivo si divide in numero di due e perch in questo numero e non in uno maggiore o minore. E sarebbe stato impossibile effettuare la divisione in un numero minore; neppure l'uno infatti potrebbe essere scisso in uno. Perch allora non in un numero maggiore ma in due? Due sono le cause di questo fatto. Poich infatti dicevamo che la filosofia assimilazione a Dio e Dio ha delle attivit duplici, le prime per conoscere tutti gli enti, le seconde per provvedere a noi esseri inferiori, a ragione la filosofia si divide in teoretica e pratica; con la teoretica conosciamo gli enti, con la pratica provvediamo agli esseri inferiori e in questo modo ci assimiliamo a Dio; a loro volta le attivit della nostra anima sono duplici, le prime conoscitive come l'intelletto, la ragione, l'opinione, la fantasia e la sensazione, le seconde sono vitali e appetitive come la volont, l'animosit??? il desiderio. Il filosofo quindi vuole disciplinare tutte le parti dell'anima e condurle verso la perfezione; tramite la filosofia teoretica perfeziona la parte conoscitiva che in noi, tramite la filosofia pratica la parte vitale. A buon diritto quindi la filosofia si divide in teoretica e pratica. La teoretica si divide a sua volta in teologia, matematica e fisica. Anche questo a buon diritto; dal momento, infatti, che il filosofo vuol osservare tutti gli enti, ci sono tre ordini di enti: alcune cose infatti sono separabili dalla materia sia per la sussistenza quanto per il concetto che le riguarda, quali sono le cose divine, altre sono del tutto inseparabili dalla materia sia per la sussistenza quanto per il concetto che le riguarda, quali sono le specie naturali e materiali, il legno, l'osso e la carne e in una parola tutti i corpi (questi li chiamiamo naturali in quanto prodotti direttamente dalla natura), gli enti intermedi tra questi sono in parte separabili, in parte inseparabili, quali sono gli enti matematici; infatti il cerchio, il triangolo e le figure simili non possono sussistere di per s senza una qualche materia e in questo senso sono inseparabili dalla materia, allorch invece dopo aver osservato un cerchio di legno, di bronzo, di pietra, riceviamo nella mente l'impressione della specie del cerchio stesso e la possediamo presso di noi senza la materia (come nel caso in cui la cera riceva l'impronta di un anello senza ricevere inoltre alcunch di materiale), in questo senso sono separabili dalla materia, nella misura in cui sono separati per mezzo del pensiero. Dunque alcuni enti sono del tutto separabili, altri del tutto inseparabili, altri in parte separabili in parte inseparabili; la filosofia

teoretica si divide quindi in teologia, matematica e fisica. Gli enti del tutto separabili sono assegnati alla parte teologica, quelli del tutto inseparabili a quella fisica, quelli in parte separabili e in parte inseparabili a quella matematica. Che le specie materiali siano del tutto inseparabili dalla materia mentre quelle matematiche siano separabili risulta chiaro anche dalle definizioni; nel definire un cerchio infatti non assumiamo nessuna materia quando affermiamo che "il cerchio una figura piana racchiusa da un'unica linea, rispetto alla quale da un unico punto, tra quelli che giacciono all'interno della figura, tutte le linee rette che che cadono sulla circonferenza del cerchio sono tra loro uguali". D'altro canto nel definire una casa siamo impossibilitati a farlo senza la materia; diciamo quindi "la casa un riparo che protegge dalla pioggia e dal caldo, fatto di pietra e di legno". Se infatti non avessimo aggiunto la materia, sarebbe stato possibile pensare anche a una tenda o a qualche altro riparo del genere. La matematica occupa una posizione intermedia, a ragione; poich infatti non possiamo risalire immediatamente dalle cose naturali a quelle divine e da quelle del tutto inseparabili a quelle del tutto separabili, procediamo attraverso gli insegnamenti matematici, atrraverso quelle cose che sono in parte separabili e in parte inseparabili. Per questo infatti vengono detti "insegnamenti", perch bisogna risalire alle cose divine dopo averli appresi ed essersi abituati a comprenderli astraendo dalla corporeit. Infatti anche il divino Plotino afferma: "bisogna trasmettere ai giovani gli insegnamenti matematici affinch si abituino alla natura incorporea". Qualora infatti volessimo sollevarci direttamente dalle scienze naturali alla teologia resteremmo accecati, come chi entrasse immediatamente in una stanza illuminata da una molto oscura; bisogna prima infatti trattenersi in una stanza che abbia una luce moderata e quindi cos entrare in quella molto illuminata. Cos, quindi, dopo le scienze fisiche bisogna risalire verso la teologia non prima di essersi dedicati alla matematica; gli enti matematici infatti sono una scala e un ponte poich sono affini a quelli fisici in quanto inseparabili, a quelli divini in quanto separabili. Dunque, sia la fisica che la teologia ammettono alcune suddivisioni, ma di queste non parleremo perch non confacenti a delle lezioni introduttive, la matematica invece, si divide in quattro: geometria, astronomia, musica e aritmetica. E l'aritmetica indaga i numeri (i teoremi matematici sono divini; infatti l'aritmetica non considera il numero che si intende presso le persone comuni, in base al quale essi fanno di conto, bens le specie del numero, quale rapporto hanno fra loro, ad esempio, il sei ha un rapporto di due a uno rispetto al tre e il nove rispetto al sei ha un rapporto di uno e mezzo. E inoltre indaga la generazione dei numeri, del pari, del dispari, del parimpari e molte altre cose del genere), la geometria le grandezze e le figure, la musica gli accordi delle note. Si occupa anche di quali melodie plachino le passioni dell'anima, sollecitandola verso la virt. Che le cose stiano cos lo mostrano le tracce della musica che, come dei ruderi, si sono ancora conservate; quando una tromba abbiamo una disposizione d'animo pi coraggiosa (e per questo motivo nelle battaglie si usa la tromba), quando invece ascoltiamo le melodie teatrali abbiamo una disposizione d'animo pi rilassata. Si tramanda anche un racconto siffatto: Pitagora, avendo visto un giovane seguire una flautista che suonava una melodia lasciva, le ordin di suonare rivoltando il flauto e, avvenuto ci, il desiderio del giovane cess; cosicch non bisogna essere increduli rispetto a ci che si dice della divina musica. Per questo anche il divino Platone raccomanda che i giovani procedano attraverso la musica e la ginnastica, cosoicch abbelliscano l'anima attraverso la musica e il corpo attraverso la ginnastica. L'astronomia invece si occupa delle posizioni degli astri. Diciamo ora perch la matematica si divide in quattro parti e non di pi o di meno. Bisogna sapere che la matematica si occupa della quantit. Una parte della quantit continua, l'altra discreta. . 14.5 ( ), ' . , . ,

14.10 . , . ' ' , ' , 14.15 , ( , ), ' ' . ' . , 14.20 , ' , . . ' . 14.25 , . Poich abbiamo menzionato anche la parte pratica della filosofia necessario suddiviedere anche questa. Dunque, la filosofia pratica si divide in etica, economia e politica. Infatti chi fa ( ) un qualche bene o lo fa riguardo a se stesso mettendo in ordine i propri costumi ()e la propria vita e viene detto etico, o riguardo alla propria casa e viene detto economico, oppure mette ordine in tutta la citt e viene detto politico. Alcuni invece affermano che il politico anche economico ed etico (infatti chi capace di mettere ordine in tutta la citt a maggior ragione pu farlo riguardo a s e alla propria casa) e identificano la politica con la filosofia pratica. A costoro replicheremo che molti, sopraffatti dalla vanagloria mettono ordine nella citt, trascurando tuttavia se stessi. Cosicch le tre specie suddette della filosofia pratica restano fra loro distinte. Ciascuna di queste si divide in legislativa e giudiziaria; infatti il filosofo politico tanto istituisce le leggi, in base alle quali i cittadini devono vivere, quanto amministra la giustizia stimando alcuni degni di doni e punendo altri allorch abbiano trasgredito qualcuna delle leggi vigenti. Bisogna sapere che anche nella parte economica si osserva no il legiferare e il giudicare; anche nella casa infatti istituiamo delle leggi e giudichiamo quanti tra i servi o i figli le trasgrediscono. E ci si pu osservare non solo nell'ambito economico ma anche in quello etico. Infatti anche l'uomo "etico" istittuisce delle leggi per se stesso, allorch afferma: ' 15.20 , , , . . ' ' ' , 15.25

16.1 ' ' , , .??? e riguardo all'economia e alla politica si dir al momento opportuno. Adesso occorre dire della divisione dell'etica e in primo luogo che cos' il comportamento. Il comportamento l'ordine dell'uomo, l'ordine la perfezione di ciascuno, che si ottiente tramite l'eliminazione degli estremi evitando cio l'eccesso e il difetto. La sovrabbondanza e la mancanza, infatti, costituiscono il disordine. E infatti si potrebbe dire disordinato l'uomo cui manchi una qualche parte come una mano o qualche altra parte, e si potrebbe dire a sua volta disordinato colui che abbia pi del necessario in alcune parti, per esempio sei dita o sei mani, come i giganti stando al poeta Apollonio. Dunque il disordine costituito dall'eccesso e dal difetto, i disordini sono imperfetti, l'opposto di quest'ultime infatti l'ordine; la perfezione quindi deriva dall'evitare l'eccesso e il difetto che sono delle imperfezioni; la perfezione infatti l'opposto dell'imperfezione; e le cose opposte si ottengono evitando quelle opposte. Abbaimo appreso quindi che cos' la filosofia e quali le sue parti. Invero essa divina e desiderabile e giustamente al suo riguardo stato detto che "ma giunse agli uomini un bene simile n mai arriver". E tanto si dica per quanto riguarda la filosofia in generale; in particolare, invece, riguardo al libro in oggetto diciamo quanto segue. Si detto che la filosofia conoscenza degli enti in quanto enti. I filosofi cercarono invero in qual modo diventare conoscitori degli enti. E poch osservavano che gli enti particolari erano generati e corruttibili, e inoltre infiniti, mentre la scienza conoscenza di degli enti eterni e limitati (infatti ci che conoscibile vuol essere abbracciato dalla conoscenza, ma l'infinito non pu essere abbracciato) si innalzarono dagli enti particolari a quelli universali che sono eterni e di numero limitato. Come infatti dice il divino Platone, "si dice scienza per il fatto di condurci ad una stabilit e ad una definizione delle cose". E questo ce lo procuriamo attraverso l'ascesa verso gli enti universali. Risalirono dunque dagli uomini particolari verso l'uomo universale; infatti i filosofi non si prefiggono di conoscere quanti siano gli uomini nel mondo, ma qual' la natura dell'uomo, ovvero che un vivente razionale e mortale. Infatti chi ha compreso ci conoscer anche tutti gli uomini nel mondo, sia quellli che sono gi stati che quelli che saranno in seguito. Cos, quindi, si elevarono dagli uomini particolari verso una concetto generale di uomo, e ancora dai cavalli in particolare verso una concetto generale di cavallo comprensivo di tutti quelli in particolare, dicendo che il cavallo un vivente quadrupede che nitrisce; infatti il filosofo non vuole conoscere i cavalli in particolare, ad esempio qual Xanto e quale Balio, ma quale il cavallo universale. Infatti gli enti universali stanno sempre allo stesso modo e non ora in un modo, ora in un altro come gli enti particolari. Altra infatti la natura del cavallo Balio e altra quella di Xanto, come altra la natura di Platone ed altra quella di Alcibiade, l'uomo universale e il cavallo universale, invece, stanno sempre allo stesso modo; ogni cavallo infatti un vivente quadrupede che nitrisce, e a sua volta ogni uomo un vivente, razionale, mortale. E in modo simile nel caso del cane e delle altre specie del vivente. Osservate quindi queste specie, sebbene di numero finito, ma invero la ragione umana non pu abbracciarle tutte (n infatti c' da meravigliarsi che ci siano molti animali a noi ignoti), si elevarono verso una concetto generale di vivente comprensivo dei viventi particolari. Anche l'uomo infatti un vivente e il cavallo, il cane e gli altri non differiscono in quanto animali. Tutti infatti sono "sostanza animata e sensibile". Quindi colui che ha compreso che cos' mai il vivente, avr compreso tutti i viventi. E ancora, da questo fico, da questa vite, da questo olivo, da questo platano si innalzarono al livello del fico, della vite, dell'olivo e del platano universali. E ancora ricondussero questi ultimi, il fico, la vite, l'olivo e gli altri ad un genere comune, il vegetale, che racchiude i vegetali particolari. Avevano dunque due concetti generali quello dell'animale e quello del vegetale. A sua volta ricondussero l'animale e il vegetale all'animato; anche il vegetale infatti animato; infatti cresce si nutre e genera alcunch di simile a s. Inoltre poich all'animato si contrappone l'inanimato, e l'inanimato ci che non partecipa dell'anima come la pietra il legno e quanti a questi sono affini (e questi sono molti tra gli enti particolari e di numero indefinito), per questo motivo si

innalzarono ancora dalle pietre particolari alla pietra universale e dai legni particolari al legno universale, (e dai restanti enti in maniera simile) e dalla pietra e dal legno universali ad un genere comune, l'inanimato che contiene tutti questi enti. Avevano, dunque, due concetti generali l'animato e l'inanimato. Questi ultimi li ricondussero a loro volta ad un genere comune, il corpo, che tridimensionale; sia la pietra che il legno che l'uomo e in generale tutti gli enti che sono corpi hanno le tre dimensioni. E ancora, a partire dall'anima, dall'angelo e dagli enti simili si innalzarono ad un concetto generale di incorporeo che ha caratteristiche opposte a quelle del corpo. L'uno infatti tridimensionale e completamente divisibile, l'altro assolutamente indivisibile e privo di dimensione. Cercarono quindi che cosa ci fosse di comune in entrambi e trovarono che ciascuno dei due sostanza. Sono infatti sostanza sia il il corpo sia l'incorporeo come l'anima, l'angelo, Dio. Poterono quindi innalzarsi ad un genere comune, la sostanza, e la parola sostanza mostra una cosa che sussiste di per s. Potremmo comprendere quanto si detto a partire dall'opposto: esistono alcune cose la bianchezza, la nerezza, la dolcezza e simili - che vengono chiamate accidenti - le quali non possono sussistere di per se stesse, ma hanno l'essere in altre cose; queste infatti non possono sussistere di per s, ma evidentemente la bianchezza sussiste nella biacca o nel latte che sono corpi, e in maniera simile le altre. Quindi tutte le cose che possono sussistere di per s e che non necessitano di qualcos'altro per sussistere, sono dette sostanze, come gli uomini, anime, pietre e tutte le cose del genere. Dunque, come si detto, risalirono ad un concetto generale, la sostanza. Allora la sostanza racchiude tutti gli enti, dal monento che il filosofo promette di essere conoscitore di tutti gli enti? In nessun modo. Infatti trovarono ancora qualcosa come il due il dieci il venti, che ricondussero ad un genere comune, il numero. E ancora trovarono qualcosa come il grande e li chiamarono grandezze continue. Poich dunque il numero e la grandezza continua sono accomunati tra loro, nella misura in cui sono quantit (entrambi infatti sono quantit), ricondussero questi ultimi alla quantit universale. Quindi avevano due caratteristiche comuni comprensive di molte cose, la sostanza e la quantit. Ancora, vi qualcosa di bianco e vi sono molte bianchezze particolari; il bianco infatti si trova nella biacca, nella neve e nel cigno; quindi ricondussero tutte queste sotto il bianco in s assoluto. Allo stesso modo anche il nero e il grigio. E le cose di questo tipo le ricondussero sotto il colore. E ancora vi il dolce, l'amaro, il caldo e il freddo. Quindi ricondussero tutte queste cose che sono state enumerate, il colore, il dolce, il caldo e tutte le cose affini, sotto un genere comune, la qualit. La qualit ci a partire da cui la cosa che ne partecipa prende il nome per paronimia. Bianco si dice infatti per derivazione dalla bianchezza e grammatico si dice per derivazione dalla grammatica. E ancora, sono qualcosa la destra, la sinistra, il doppio, la met, e tutte queste cose le ricondussero sotto un genere comune, la relazione, che il rapporto di una cosa rispetto ad un'altra. Ancora, sono qualcosa l'essere nel Liceo o in piazza e quant'altre del genere, che ricondussero sotto il "dove", che indicativo di luogo. Ancora, sono qualcosa ieri, l'anno scorso, domani e quant'altre del genere che ricondussero sotto il "quanto", che indicativo di tempo. Ancora, sono qualcosa lo stare distesi, lo stare in piedi, lo star seduti, che ricondussero sotto il "giacere"; giacere una siffatta posizione del corpo. Ancora: indossare calzari, esser armati, portare un anello; le cose del genere le ricondussero sotto l' "avere". Avere infatti l'indossare di una sostanza in una sostanza ??? (controllare trad ingl ammonio categorie). E ancora, sono qualcosa colpire, scaldare, raffreddare; le cose di questo genere le ricondussero sotto l'agire; agire il fare riguardo a qualcolsa. Ancora, avendo osservato che alcune cose vengono imbiancate, colpite, le ricondussero sotto il patire, che l'esser modificato da qualcos'altro. Anevano dunque dieci siffiatti concetti comuni: sostanza, quantit, qualit, relazione, dove, quando, giacere, avere, agire, patire. Ciascuno di tutti gli enti, dunque, ricade sotto uno di questi concetti comuni. E questi li chiamarono categorie in quanto si predicano e si dicono delle cose che ricadono sotto di esse. Su queste dieci categorie, dunque, Aristotele scrisse un libro e nella trattazione menzion cinque voci a noi ignote nel linguaggio comune: genere, differenza, specie, proprio e acidente. Ebbene il filosofo Porfirio, agendo con generosit e allo stesso tempo con amore per il sapere, scrisse questo libro spiegandoci che cosa significa ciascuna voce, affinch, una volta istruiti, potessimo pi agevolmente seguire quanto detto da Aristotele riguardo alle categorie. Lo scopo di Porifrio dunque questo. Intitol il libro Isagoge [introduzione] poich una via d'accesso a tutta la filosofia.

Infatti le Categorie precedono tutte le opere filosofiche e le Categorie sono precedute dall'Isagoge. [Ci che i filosofi fecero nel caso di tutti gli enti (ricondussero infatti tutti gli enti sotto i dieci concetti comuni e non ce n' nessuno che non sia riconducibile ad uno di tali concetti comuni), i grammatici lo hanno fatto nel caso delle voci; volendo infatti esaminarle e non potendo a causa dell'infinit del loro numero, ne ricondussero alcune di un certo tipo sotto il concetto comune di nome, altre sotto quello di verbo e crearono cos quelle che per loro sono le otto parti del discorso, sotto le quali si riconducono tutte le voci particolari dotate di significato.] Si detto quindi, in quante e quali parti si divide ciascuna parte della filosofia e quale sia la sua funzione. Ma dobbiamo anche parlare di quelli che dai filosofi sono stati denominati prolegomeni ovvero trattazioni preliminari riguardo a ciascun libro. E sono questi: lo scopo, l'utilit, l'autentiticit, l'ordine della lettura, la causa del titolo, la divisione in capitoli, e a quale parte si riconduce il presente scritto. I filosofi ritennero di premettere tali questioni, non per aggiungere qualcosa di superfluo rispetto alle altre arti, ma con l'intenzione di rendere i lettori pi zelanti. Infatti se chi legge ignora lo scopo del libro procede pigramente e abbandona nel bel mezzo, e subisce quello che subiscono coloro che viaggiano verso mete che non conoscono. Per questo quindi parlano dello scopo. Tuttavia neppure chi conosce lo scopo si mette zelantemente all'opera, prima di aver appreso anche l'utilit che ne deriva; cosicch ragionevolmente parlano anche dell'utilit. Ma ancora, anche una volta compresi questi punti diffidiamo della sua utilit, prima di sapere se il libro di autentica paternit dell'autore antico, che riconosciamo illustre come Aristotele o Platone; infatti riteniamo tutte utili che le cose dette da questi ultimi. Per questo quindi parliamo anche dell'autenticit. Dalla conoscenza di questi punti emerge anche la questione dell'ordine, se debba esser collocato prima o dopo; e perci parlano dell'ordine. Il titolo, perch contiene in breve lo scopo. E ancora sotto quale parte della filosofia si riconduce, per sapere dove arrechi il suo contributo. Dopo aver mostrato per qual motivo i filosofi premettono tali questioni, ormai il momento di parlare dei prolegomeni del libro. Lo scopo di Porfirio qui quello di parlare di cinque cose, che sono tutti gli enti ovvero, che si possono osservare in tutti gli enti. Questi sono: genere , specie, differenza, proprio e accidente. Il libro utile a tutta la filosofia; infatti ci istruisce sulle propriet che ineriscono di per s alle specie e che sono appunto le cause della loro costituzione; dalle cause della costituzione otteniamo le dimostrazioni. Cosicch istruisce sulla dimostrazione ed utile per tutta la filosofia; infatti tramite la dimostrazione ne conosciamo i fini. L'autenticit la dimostrano sia la chiarezza dell'esposzione sia il fatto che egli fa menzione negli altri libri delle teorie di questo libro. Inoltre anche il fatto che lo dedichi a Crisaorio; infatti avendo dedicato a costui alcuni altri libri, gli dedic anche questo, per il motivo seguente; era infatti maestro di Crisaorio facendogli da guida negli studi. Aveva necessit di compiere degli studi sul fuoco dell'Etna e part. In questo periodo Crisaorio trov le Categorie di Aristotele, e studiandole non riusciva a comprenderle del tutto. Scrive dunque a Porfirio, che si trovava l, di quanto accaduto e di tornare, se aveva completato gli studi sul fuoco, altrimenti di scrivergli un'introduzione, tramite la quale potesse comprendere il libro. Poich Porfirio non poteva frattanto tornare, scrisse per lui questo libro ???. e da questi fatti chiaro che il libro di mano autentica dell'autore antico. primo quanto all'ordine [di lettura]: se infatti introduce le Categorie di Aristotele, che trattano delle voci semplici, e queste sono i principi della logica, evidente che sia primo nell'ordine della logica. A ragione quindi anteposto alle Categorie. E questo per quanto riguarda l'ordine. stato intitolato Isagoge. Alcuni si chiedono perch lo abbia intitolato Isagoge [introduzione] senza specificare ulteriormente; non chiaro infatti se sia un'introduzione alla retorica, alla logica o alla grammatica. A costoro replichiamo che siamo soliti indicare le cose eccellenti senza specificare, come quando vogliamo indicare Omero diciamo "il poeta" per eccellenza. Che cosa impediva dunque, a chi voleva indicare la filosofia, di dirlo senza specificazioni e per eccellenza? Aggiungiamo di seguito anche questo: ogni introduzione incontestabilmente un'introduzione ad un'arte o ad una scienza, la filosofia arte delle arti e scienza delle scienze; se aveva dunque l'intenzione introdurci a questa, e tramite questa a tutte le arti, se la definizione vera, in che modo avrebbe potuto voler intitolare il libro come un'introduzione ad una singola arte? E queste osservazioni per quanto riguarda il titolo. Bisogna sapere che questo scritto si divide in tre parti e che nella prima spiega le suddette cinque

voci, nella seconda le associa a due a due e spiega che cosa c' di comune in loro e cosa di proprio di ciascuna, ad esempio cosa c' di comune al genere e alla specie e cosa di proprio, e cosa al genere e alla differenza e allostesso modo riguardo a tutte. Nella terza parte spiega quali propriet sono comuni a tutte. Prima di ci, nel proemio, tratta dello scopo del libro e spiega l'utilt e il modo dell'esposizione ovvero che sar di carattere molto semplice ed introduttivo. Riconduce inoltre il libro in questione allo strumento logico della filosofia. Esso espone infatti gli elementi che contribuiscono ai principi dlla dimostrazione, che per genere sillogismo, il quale specie del discorso complesso , che a sua volta per genere discorso. Inoltre introduce alle Categorie di Aristotele le quali appartengono alla logica. E la logica non parte, bens strumento della filosofia, come mostreremo in altro luogo. <Essendo necessario o Crisaorio> Tutti gli enti desiderano per propria natura il bene, dal momento che uno il principio di tutti gli enti, il bene. Dunque, tutti tendono al bene come al proprio bene e ciascuno degli enti trova la sua perfezione partecipando ad esso secondo i propri criteri. Nessuno desidera il male, ma anche quelli che lo desiderano aspirano ad esso come se fosse il bene, seguendo l'opinione irrazionale. Allorch, quindi, si vuol esortare qualcuno verso qualcosa, si mostra il bene che ne deriva, cos da attirarlo a partire da esso. questo dunque quello che fa il filosofo Porfirio; volendo infatti esortare i principianti alla lettura del libro, rivela dall'inizio il bene che ne deriver. Inoltre poich il bene ha un duplice senso, uno in quanto fine,l'altro in quanto diretto al fine; e in quanto fine come nel caso in cui diciamo che la salute bene, in quanto diretto al fine come nel caso in cui diciamo che il salasso bene, non per se stesso ma per la salute; il necessario non detto bene in senso proprio, ma in quanto riferito ad un bene maggiore; diciamo infatti "se ha intenzione di guarire necessario che subisca un salasso". Perci ha detto "necessario" in questo senso, poich il libro si riferisce ad un altro fine, ovvero le Categorie, e non un bene in quanto fine ma in quanto riferito a qualcos'altro. Per dirla in breve, qui descrive il libro come necessario poich esso riconduce ad un bene maggiore. E inoltre come utile, ovvero come necessario di per s, in quanto senza di esso non possibile leggere gli altri scritti dei filosofi; bisogna sapere infatti che i filosofi parlano di necessario in due sensi: chiamano necessario o l'utile o l'opposto del possibile. E chiamano utile ci che d'aiuto in qualcosa, come ad esempio il portare calzature o l'abbigliarsi; infatti sono d'aiuto affinch i corpi si logorino di meno e possano resistere pi a lungo. Ma, come ho detto, viene chiamato necessario anche l'opposto del possibile, nel senso di qualcosa senza la quale impossibile essere. Per esempio assolutamente necessario che gli animali dotati di polmoni respirino per vivere; quindi la respirazione una funzione necessaria; infatti impossibile che gli animali dotati di polmoni vivano senza di essa. Dunque si dice che questo libro necessario o per il primo o per il secondo significato. E noi lo diciamo non per il secondo ma per il primo; infatti va da s che anche prima di Porfirio le opere dei filosofi venissero comprese. chiaro quindi che lo si dice necessario in quanto utile ed in quanto rende agevole la loro comprensione. Non possibile invece che venga detto necessario anche nel secondo significato, come se senza di esso fosse impossibile comprendere quelle opere, e la necessit sta nella nostra comprensione non di questo stesso scritto ma dell'analisi delle suddette cinque voci; infatti senza la conoscenza di queste impossibile comprendere con precisione il resto. Per cui anche Porfirio non ha detto "essendo necessario questo scritto" ma "essendo necessaria l'analisi di questi argomenti" e infatti prima che Porfirio ne scrivesse, la loro analisi era necessaria per comprendere le dottrine dei filosofi e senza di essa la loro comprensione era impossibile. Senza dubbio derivata tanta utilit dal libro in esame, poich ha raccolto quanto detto qua e l dagli autori pi antichi e ha reso pi agevole e breve l'analisi di questi argomenti. Per cui nemmeno Porfirio non ascrive a s il merito di aver per primo condotto l'analisi di questi argomenti, ma afferma: "cercher di ripercorrere quanto si trova scritto presso i pi antichi". Bisogna sapere che immediatamente, nel proemio, parla delle tre questioni seguenti: dice infatti qual l'argomento di questo scritto (cio che vengono discusse quelle cinque voci) e quale l'utilit (che utile non solo per le Categorie di Aristotele ma per dirla in breve per

ogni metodo filosofico finalizzato alla scoperta???), e quale il modo utilzzato nella spiegazione, che sar chiaro ed adeguato alle orecchie dei principianti; infatti non spiega teorie troppo impegnative per loro, n si dilunga nello scritto, n si avvale di uno stile oscuro, cos da spingere, in tal modo, i giovani alla lettura(???) del libro. [anche la raccolta ??? ci indica , che il libro non d'aiuto solo per le Categorie di Aristotele, ma anche per tutta la filosofia. D'altronde ???] Alcuni sollevano sin dall'inizio un'aporia riguardo all'"essendo necessario", aporia illogica e inconsistente, tuttavia bene esporla perch la dottrina che fornisce le soluzioni molto raffinata ed utile. Pongono l'aporia in questi termini: sono [modalit] dell'essere la necessit, la possibilit, l'esistenza. Necessario ci che sta sempre allo stesso modo e che per necessit, ad esempio se c' il sole sulla terra, giorno. Possibile ci che ha in potenza l'esistenza dei due opposti, come ad esempio il leggere o il non leggere, che non ancora nessuno dei due ma considerato come essere solo in potenza. Esistente il possibile condotto all'atto e alla presenza. L'essere, dunque, non coestensivo ad essi. Infatti non si converte reciprocamente, secondo la consequenzialit dell'essere, come il proprio e la definizione, predicati o soggetti l'uno dell'altro. Queste due cose, infatti, il proprio e la definizione si uguagliano per estensione, in quanto predicati rispetto ai soggetti e in quanto soggetti rispetto ai predicati. Qual predicato e quale soggetto? Soggetto ci cui si aggiunge l'articolo, predicato, invece, ci a cui si unisce l"" in atto o in potenza. Poich i predicati infatti sono o nomi o verbi, la voce "" si unisce in atto ai nomi e in potenza ai verbi; ad esempio se dico "l'uomo", esprimo un soggetto, se invece aggiungo " animale" esprimo un predicato. L'essere, quindi, non ha pari estensione, sia come predicato che come soggetto, al necessario e al possibile, ma ha estensione maggiore secondo la consequenzialit dell'essere; infatti se qualcosa necessario, possibile o sufficiente anche essere, invece se qualcosa essere non ad ogni modo sia necessario, sia possibile che esistente, ma ci che si trova in uno di questi casi, non si trova negli altri, per esempio se possibile non n necessario n esistente. Se dunque non si converte reciprocamente secondo la consequenzialit dell'essere, avr quindi estensione maggiore del necessario, del possibile e dell'esistente. Perch mai allora, bench ogni categoria richieda di essere di estensione pari o maggiore, e in nessun caso minore, rispetto al soggetto, Porfirio, dicendo "essendo necessario", ha predicato il necessario, che di estensione minore, di ci che ha estensione maggiore, ovvero dell'essere? Rispondiamo allora che vero che ci che ha estensione minore non si predica di ci che ha estensione maggiore, tuttavia l'essere non ha estensione maggiore del necessario; in senso proprio infatti, i nomi con estensione maggiore sono quelli che si predicano di molte cose, che hanno sussistenza in molte cose e sono una cosa avente sussistenza propria considerata di per s, come l'animale; si predica infatti del cane, dell'uomo, del cavallo, ed ha sussistenza in essi, ma a sua volta ha sostanza propria considerato ed inteso di per s (definiamo l'animale dicendo che una sostanza animata e sensibile); di conseguenza quelle entit che non hanno sussistenza propria, ma sono voci omonime, come il cane, Aiace e quant'altre di questo tipo, non hanno un'estensione maggiore; infatti sono mere voci e non cose. L'essere di estensione maggiore di qualcosa, deve prima essere qualcosa di per s, e poi essere di estensione maggiore di qualcos'altro. Quindi l'essere poich non ha sussistenza propria, laddove tra il necessario il possibile e l'esistente vi una comunanza solo di nome, non ha estensione maggiore di nessuno di essi; infatti una mera voce. Inoltre se sostengono che l'essere abbia un'estensione maggiore, lo ritengono ad ogni modo di estensione maggiore in quanto genere; ma il genere se viene diviso fa sussistere nello stesso tempo le specie e ad ogni modo nessuna di esse anteriore o posteriore; necessario allora che ammettano che si producono allo stesso tempo il necessario, il possibile e l'esistente, il che assurdo; infatti il necessario ha la carateristica del sempre, mentre il possibile e l'esistente quella del quando; quindi l'essere non un genere delle modalit suddette e per necessaria conseguenza non ha un'estensione maggiore. L'essere infatti una voce omonima non un genere e neppure una natura definita che appartiene a ciascuna delle cose particolari, come sono invece i generi. In altro modo, nominiamo tutte le cose o indeterminatamente o con determinazione. Le determinazioni sono quattro: ogni, qualche, non ogni, nessuno. E si dice si chiamino determinazioni perch tramite essi chi parla determina se parla di qualcosa di universale o di particolare; quando dice "ogni", infatti, indica qualcosa di universale e

quando dice "qualche" indica qualcosa di particolare. Stando cos le cose, poich stato mostrato da tutti i filosofi che il nominare indeterminatamente qualcosa equivale a nominarlo con una determinazione particolare come "qualche" (infatti "un uomo and" lostesso di "qualche uomo and"), se le cose stanno cos, anche Porfirio, allora, nominando indeterminatamente l' "essere" e aggiungendo "necessario" ha inteso l'essere come particolare, come se avesse detto qualche essere necessario"; e l'essere particolare ha estensione uguale al necessario, come loro stessi ammettono. Cosicch anche se l'essere non fosse una mera voce, ma una cosa avente sostanza propria come il genere "animale", non avrebbe predicato a torto il necessario dell'essere, predicandolo indeterminatamente. Inoltre quando vogliamo indicare le cose, ciascuna nel suo complesso, la indichiamo al caso nominativo, l'uomo, il cavallo, il bue, quando invece volgliamo indicare qualche parte delle cose o qualcosa che le riguardi, le indichiamo col genitivo; ad esempio se diciamo "di Socrate", indichiamo o una delle sue parti come la mano o la testa, oppure qualcosa che lo riguarda come la casa o il libro. Dunque se Porifirio avesse detto "l'essere necessario", al nominativo, avrebbe voluto indicare la cosa stessa, e cos forse poteva sembrare che predicasse la parte dell'intero; ma dal momento che ha detto "essendo necessario" al genitivo???, di necessit si tratta o di una parte della cosa o di alcunch che mostra qualcosa che la riguarda. E il necessario ha estensione uguale a una parte, a qualcosa che che riguarda l'essere, come uomo ha estensione uguale a qualche animale e la mano ha estensione uguale a qualche parte dell'uomo. E secondo questo ragionamento, anche se si sostenesse che l'essere ha sussistenza propria, Porfirio non avrebbe predicato a torto il necessario dell'essere, dal momento che abbiamo spiegato anche questo: ha predicato l'uguale dell'uguale. Inoltre si pu mostrare con un altro ragionamento che l'essere non genere n delle tre modalit suddette n della sostanza, n dell'accidente n delle restanti categorie. Infatti non esiste il genere predicato in comune delle cose in cui vi un primo e un secondo; il genere infatti genere delle specie, le specie sussistono rispetto allo stesso tempo e ciascuna ha l'essere in s e non in altro. Inoltre se l'accidente secondo rispetto alla sostanza e in questa ha l'essere, e l'esistente secondo rispetto al possibile e in questo ha l'essere, allora l'essere si predicher di essi in senso ononimo e non sinonimo. Non vi infatti un genere, in quanto in essi vi sono degli aspetti primi e secondi. Da dove evidente che l'accidente ha l'essere nella sostanza e l'esistente nel possibile, ma non in se stessi? Dal fatto che, eliminata la sostanza e il possibile, vengono eliminati anche l'accidente e l'esistente. Se questi ultimi avessero come opposte delle specie derivate dall'essere e in esse non avessero l'essere, una volta che queste venissero eliminate, al modo della sostanza e del possibile, non verrebbe eliminato il resto. Se infatti una specie dell'animale, per esempio il cavallo, cessasse di esistere, non eliminerebbe al contempo anche le altre specie, come l'uomo, il cavallo, il bue, il cammello o qualcun'altra delle restanti specie. In cos tanti modi dunque, si mostrata l'irragionevolezza dell'aporia nonch la raffinatezza delle soluzioni. Essendo necessario, Crisiaorio, comprendere che cos' il genere e che cosa la differenza, anche per la dottrina delle Categorie di Aristotele.??? Aristotele infatti, nelle Categorie parla delle espressioni generalissime e le divide in differenze e propri. Dunque se Aristotele l parla di generi, differenze e propri, giustamente utile per una loro pi agevole comprensione, sapere che cosa siano il genere, la differenza e il proprio. Adopera la congiunzione 'anche' perch non solo utile per le Categorie di Aristotele, ma anche per quelle opere che menziona in seguito. Alcuni affermano che lui abbia detto 'anche per le categorie di Aristotele' nel senso che la conoscenza di queste cinque voci sia utile anche per le Categorie di Archita; infatti anch'egli scrisse le Categorie. Ma sostenere ci assurdo, dal momento che lo stesso Porfirio chiarisce in seguito per quali altre opere utile la conoscenza del genere, della differenza e delle restanti voci. Ha anteposto la differenza alla specie perch l'una precede l'altra per natura. E questo lo mostreremo in seguito nel luogo opportuno. E ora la trattazione verter su quanto Porfirio si propone di trattare (cio sul genere, la differenza, la specie, il proprio e l'accidente). Vale la pena qui di esaminare perch mai il filosofo abbia disposto le voci in quest'ordine. Non

aveva infatti necessit di farlo senza ragione. Ma se vogliamo capirlo cominciamo da un po' pi su. Bisogna sapere che, tra le cose, ve ne sono di particolari e di universali. Poich quelle particolari erano destinate a corrompersi e per cos dire a svanire, la natura escogit qualcosa di pi generale di loro, che le comprendesse tutte e preservasse la forma di ciascuna, e questo qualcosa si chiama genere o specie. Per esserne edotti e per comprendere la ragione del loro ordine, diciamo che cosa ciascuno facendo degli esempi. I filosofi chiamano particolari e individui Socrate, Platone, Alcibiade e gli uomini particolari, e in modo simile Xanto Balias e questo cavallo. Chiamano invece specie ci che comprende in maniera prossima le cose particolari, come l'uomo universale (l'uomo universale comprende infatti gli uomini particolari) e in modo simile le altre, chiamano genere ci che a sua volta comprende le specie ad esempio l'animale: infatti comprende il cavallo e l'uomo. In posizione intermedia tra questi ci sono le differenze. La differenza , come sir in seguito Porfirio, ci per cui una cosa differisce da un'altra; in base ad essa infatti che si rivela la differenza tra le cose, poich evidente che secondo il genere non risulta alcuna differenza; ad esempio animale un genere, secondo il quale nessuna cosa differisce da un'altra (infatti cavallo, cane, bue sono tutti chiamati animali), ma se dico che dell'animale l'uno razionale e l'altro irrazionale, operando una suddivisione ho ottenuto la differenza, secondo la quale evidente che l'uomo differisce dal cavallo , dal bue e dagli altri animali irrazionali; si dice razionale infatti ci che vive con ragione e giudizio, come l'uomo e l'angelo, mentre si dice irrazionale ci che vive senza ragione e giudizio come il cavallo, il bue e gli altri animali irrazionali. Cosicch quindi la differenza pi particolare dei generi ma pi universale delle specie, come per esempio 'razionale' e 'mortale'; 'mortale' infatti, pi paticolare di 'animale' (infatti 'animale' comprende 'razionale' e 'irrazionale'), ma pi universale delle specie; infatti 'razionale' comprende molte specie: 'angelo' e 'uomo'. In altro modo, la differenza pi particolare del genere, cosicch cade sotto il genere, ma pi universale della specie, in tanto che comprensiva di due elementi 'razionale' e 'irrazionale', sotto i quali cadono tutti gli animali. La specie invece comprensiva di una cosa sola come 'uomo' 'cavallo' o altro1. Il proprio appartiene ad una sola specie, per esempio si dice che la capacit di ridere sia proprio dell'uomo; infatti appartiene solo all'uomo e ad ogni uomo. Accidente ci che pu venir meno senza danno da ci in cui , per esempio bianco, nero, star seduto, stare in piedi. Delle voci esaminate, alcune sono costitutive della sostanza ovvero dell'esistenza, cio il genere, la specie e, in mezzo ad esse, la differenza e che vengono chiamate essenziali; infatti sono costitutive di ogni animale; ciascuna cosa infatti partecipa di queste tre voci, ad esempio Socrate, in quanto animale ha il genere, in quanto razionale e mortale, ha la differenza e in quanto uomo, la specie; in maniera simile anche Platone e Alcibiade. Le altre due voci vengono dette accessorie, voglio dire il proprio e l'accidente, in quanto non concorrono affatto alla definizione della sostanza del soggetto. Tra queste il proprio pi prossimo alle voci essenziali, poich appartiene sempre ad una data cosa, mentre l'accidente pi distante, poich a volte le appartiene e volte no. Ed esse sono anche dette separabili, in quanto se vengono separate con un atto del pensiero, non danneggiano affatto la sostanza del soggetto, dato che, se cos fosse, non dovrebbero esistere uomini dalla pelle nera, il che assurdo, inoltre se perdessimo la capacit di ridere, nondimeno saremmo uomini in possesso di tutte le facolt umane. Dunque, stando cos le cose, osserva in che modo Porfirio ha proceduto secondo ordine: ha collocato infatti prima le voci essenziali e costitutive della sostanza e dopo quelle accessorie. E ancora, tra quelle essenziali ha collocato prima il genere in quanto pi universale, dopo la differenza in quanto pi particolare del primo e quindi la specie in quanto pi particolare rispetto ad essa. Tra le accessorie, dato che il proprio pi prossimo alla sostanza, lo ha collocato prima, in quanto anche pi affine alle voci gi menzionate, mentre all'accidente toccato l'ultimo posto considerato che non ha affinit con le voci predette ed che esso solo pu essere presente o assente senza che il soggetto si dissolva. Vale la pena di esaminare in che modo l'accidente si contrappone al genere e alla specie, sebbene lo stesso accidente sia suddiviso in specie e generi. Voglio dire che diverso osservare ciascuna delle categorie in quanto ha l'essere a prescindere da una relazione e diverso considerarla in relazione con un'altra; allorch infatti esaminiamo che cosa sia ciascuna per s, diciamo che una una certa
1 interpolazione.

sostanza, l'altra quantit, l'altra qualit eccetera; quando invece guardiamo alle categorie che vengono dopo la sostanza in tanto che non sussistono di per s ma hanno bisogno di quest'ultima per esistere, diciamo che esse accadono alla sostanza. Ed ancora, quando in ciascuna delle categorie osserviamo qualcosa di pi universale, qualcosa di pi specifico e qualcosa tramite cui dividiamo ci che pi specifico da ci che pi universale, chiamiamo l'uno genere, l'altra specie e l'altra ancora differenza; cosicch la stessa cosa considerata in un modo si chiama genere, specie o differenza (in quanto non differiscono in niente secondo le categorie), considerata in un altro si chiama sostanza o accidente2. Essendo lo studio di queste utile per la formulazione delle definizioni e in generale per le questioni inerenti la divisione e la dimostrazione. Bisogna innanzitutto sapere che la dialettica secondo Aristotele una cosa e secondo Platone un'altra; la dialettica di Aristotele infatti, segue le opinioni secondo cinque modi, come ha disposto nei Topici, la dialettica di Platone invece si sviluppa secondo quattro fasi, divisione, definizione, dimostrazione e analisi ???. chiaro dunque che l'utilit per la formulazione delle definizioni e per le questioni inerenti la divisione e la dimostrazione varr anche per tutta la filosofia. Ci sono, come si detto, la diairetica, l'oristica, l'apodittica e l'analitica. Cos,quindi, bisogna intendere il significato del passo, come se Porfirio avesse detto che questo libro d'aiuto non soltanto per i libri dei filosofi, ma pure, se anche questi libri non ci fossero, per gli stessi metodi dei filosofi, per mezzo dei quali essi possono scoprire ciascuna cosa. Diciamo secondo oridine qual il compito di ciascuna di queste discipline. Compito della diairetica quello di dividere il genere preso in esame nelle sue differenze appropriate secondo un ordine corretto, ad esempio l'animale in razionale ed irrazionale, in mortale e immortale, e non dire che del genere animale una parte uomo, un'altra cavallo ed un'altra ancora qualche altra cosa; costoro assomigliano, come dice il divino Platone, ai macellai che tagliano male le carni senza segurne le articolazioni, ovvero da persone inesperte e prive di metodo. Compito dell'oristica quello di fornire in maniera appropriata la definizione di ciascuna cosa. Quest'ultima segue la diairetica, che viene prima, perch ha bisogno di essa; le definizioni sono composte infatti dal genere e dalle differenze costitutive; chi sa definire, quindi, sceglie dal genere gi suddiviso gli elementi utili alla definizione, ad esempio una volta che l''animato' sia stato suddiviso in 'animale' e 'vegetale' e l''animale' in 'razionale' e 'irrazionale', in 'mortale' e 'immortale', chi sa definire, volendo dare la definizione di uomo, sceglie 'animale', 'razionale' e 'mortale'. Compito dell'apodittica produrre la dimostrazione delle cose a partire dalla loro stessa propria sostanza; la dimostrazione infatti non un affare da retori, che forniscono le prove a partire da opinioni comuni e premesse verosimili, ma procede piuttosto nel modo in cui fece Platone quando, volendo dimostrare la tesi dell'immortalit dell'anima, si avvalse della definizione della sua stessa sostanza, dicendo che l'anima si muove da s, ci che si muove da s si muove sempre, ci che si muove sempre immortale, quindi l'anima immortale. E cos deve fare anche chi voglia produrre una dimostrazione; infatti le vere dimostrazioni si sviluppano a partire dalle definizioni; le definizioni infatti mostrano la natura della cosa e bisogna che le dimostrazioni si sviluppino a partire dalla natura stessa delle cose e non da conseguenze estrinseche e non necessarie. Cosicch la dimostrazione occupa il terzo posto, dato che si avvale della definizione e la definizione della divisione. Compito dell'analitica quello di analizzare le cose composte in quelle semplici, dalle quali sono formate, ad esempio la parola in nomi e verbi, e questi nelle sillabe e queste ultime nelle lettere. E questo per quanto riguarda i grammatici. I filosofi invece, si occupano delle cose, ad esempio scompongono l'uomo in testa, mani e piedi, e questi in ossa, carne e nervi, e questi nei quattro elementi, e questi in materia e forma. Usiamo l'analitica anche per i sillogismi scomponendoli in protasi e queste nelle definizioni, come [Aristotele] spiega negli Analitici. Quindi tra tutte prima viene la diairetica, seconda l'oristica, terza l'apodittica, quarta l'analitica. [Porfirio] ha
2 Spurio?

menzionato solo le prime tre perch a queste che il libro utile: infatti fornisce spiegazioni riguardo ai generi e alle differenze. La diairetica divide secondo un ordine corretto i generi nelle specie per mezzo delle differenze appropriate, l'oristica formula le definizioni a partire da generi e differenze, l'apodittica produce le dimostrazioni a partire dalle definizioni e le definizioni, come si detto, sono formate da genere e differenza costitutiva. [e in altro modo, per il fatto che queste tre discipline hanno bisogno ciascuna delle altre; l'oristica infatti ha bisogno della diairetica, l'apodittica di entrambe, dato che chi compie una dimostrazione assume le definizioni delle cose per conoscere la sostanza della cosa, l'oristica ha bisogno della diairetica. L'analitica non ha bisogno di nessuna; si oppone infatti alla diairetica, in quanto mentre quest'ultima assume una cosa sola e ne produce molte, l'analitica termina invece con una sola; quando assume e analizza l'uomo, infatti, lo scompone in parti, e questi in umori, e gli umori in elementi, e questi in materia e forma; infatti gli elmenti sono composti da materia e forma. E in altro modo perch, mentre la diairetica procede dalle cose semplici a quelle composte, l'analitica da quelle composte verso le pi semplici. Si oppone all'oristica in quanto mentre quest'ultima congiunge la sostanza, essa la scompone. In altro modo: se si oppone alla diairetica, senza la quale l'oristica non pu formulare definizioni, evidente che si oppone anche all'oristica. Ma si oppone anche all'apodittica; se infatti la dimostrazione ha bisogno dell'oristica e della diairetica, e l'analitica si oppone a queste, si opporr di conseguenza anche all'apodittica. E perch ha menzionato per primo l'oristica e non la diairetica che per giunta occupa il primo posto? Perch si proponeva di dare le definizioni degli oggetti in esame. La sintesi non differisce in nulla dall'analisi rispetto al soggetto; come infatti la salita indubbiamente anche discesa, cos l'analisi senza dubbio anche sintesi. Differisce invece per il rapporto (quando infatti procede dai primi principi verso gli ultimi, sintesi, quando invece risale dagli ultimi verso i principi primi analsi) e per il fatto che mentre la sintesi termina nel composto, l'analisi termina nel semplice. chiaro infatti che chi compie un'analisi analizza qualcosa di composto, per lo meno se non ha intenzione di affannarsi e di darsi pena per qualcosa di impossibile cercando di analizzare ci che semplice. Il composto costituito da pi elementi; quindi chi compie un'analisi effettua una scomposizione in pi elementi. falso quindi che l'analisi scompone il composto in qualcosa di semplice. E questo all'incirca vero, salvo precisare, che scompone in pi elementi prossimi, ma non scompone l'elemento ultimo. Bisognerebbe sapere, per far chiarezza, che il semplice si compone in molti, ma non si scompone in nessuno, il composto ultimo si scompone in pi elementi, ma non si compone pi ulteriormente. Alcuni si chiedono perch abbia collocato prima la definizione sebbene questa sia successiva alla divisione. Rispondiamo che, mentre in un primo momento, nel presentare l'argomento???, indifferente in quale modo si stabilisce l'ordine, non lo invece in seguito, dato che per noi vengono prima le cose composte che ci sono note per mezzo della definizione; cosicch, anche se non avesse stabilito l'ordine a caso, ha anteposto giustamente la definizione. Forse ha tralasciato di menzionare l'analisi perch per il soggetto essa identica alla sintesi e si differenzia, come si detto, solo per il rapporto.] Essendo utile lo studio di queste cose Invece di ''la conoscenza di queste cose''; infatti i filosofi chiamano ''studio'' la conoscenza. Presentare a modo d'introduzione le dottrine dei pi antichi Poich tra l'altro un'esposizione breve e sommaria avente funzione di commentario, molto sintetica e che si svolge assai brevemente, per questo ha detto ''breve ed a mo' di introduzione''.??? Astenendomi dalle questioni pi profonde??? Sono tre i fattori che rendono i giovani riluttanti ad accostarsi ai testi degli antichi, la lunghezza di quanto esposto, come per gli scritti di Galeno???, l'oscurit dello stile come per il De

Interpretatione, la profondit dei concetti come per l'Apodittica???. Quindi nell'esortare il discepolo promette che il libro si astiene da tutto ci e che non prolisso, non presenta oscurit quanto allo stile, come mostra l'espressione ''a mo' d'introduzione'', e non contiene questioni troppo profonde. Invero col dire ''astenendomi dalle questioni pi profonde'' rivela che il libro si astiene dalla profondit dei concetti, col dire ''le cose pi semplici''??? rivela che esso si astiene dall'oscurit delle espressioni, col dire ''avendo riguardo convenientemente'' rivela che si astiene dalla prolissit verbale. ''avendo riguardo convenientemente dei pi semplici" non l'ha detto in riferimento alle cose (non proprio del filosofo infatti il congetturare3, ma il mostrare tutto scientificamente; il congetturare da retori) ma riferendosi al discepolo Crisaorio, significa ''avendo riguardo per la tua intelligenza''. Infatti il filosofo espone scientificamente ci che si proposto di esporre. Adesso riguardo ai generi e alle specie Porfirio ha promesso di fare una trattazione breve, dallo stile chiaro e di astenersi dalle questioni pi profonde. Affinch qualcuno non dicesse che riguardo a tali argomenti non c'era nessuna questione profonda, il filosofo ci ha voluto mostrare in questo modo, che, intorno ad essi, c'era s qualche questione piuttosto profonda, ma l'ha tralasciata di proposito. Per chiarire quanto detto diciamo cos. Degli enti alcuni sussistono, altri sono nei meri pensieri come l'ippocentauro e l'ircocervo, i quali quando vengono pensati sussistono e quando non vengono pensati non sussistono, ma cessato il pensiero cessano anch'essi; infatti l'ippocentauro non in uno stato di sussistenza, ma, osservando noi l'uomo e il cavallo, costruiamo col pensiero qualcosa di composto ossia l'ippocentauro. In modo simile, la natura ha creato la capra ed il cervo e noi, costruendolo per noi stessi col pensiero, produciamo qualcosa di composto ossia l'ircocervo che in questo modo ha l'essere. Ebbene, Antistene sosteneva che i generi e le specie fossero nei meri pensieri dicendo: ''vedo il cavallo ma non vedo la cavallinit'' e ancora ''vedo l'uomo ma non vedo l'umanit''. Egli sosteneva ci perch viveva solo nella sensazione e non era capace di innalzarsi ad un'indagine pi elevata. Dunque, delle cose che sussistono alcune sono corporee, altre incorporee. In generale tra gli antichi alcuni sostenevano che queste cose ci sono altri che non ci sono. Tra quanti sostenevano che ci sono, alcuni intendevano le cose corporee altri le incorporee. Coloro che sotenevano che ci sono le cose corporee rimasero tutti della stessa opinione, invece tra quelli che sostenevano che ci sono le cose incorporee -- poich, come si stabilito, alcune sussistono in s come l'angelo e Dio, e altre sussistono in altro come la bianchezza e le figure alcuni sostenevano che sussistono in s altri che sussistono nelle cose sensibili. E ancora, poich le cose incorporeee che sussistono in quelle sensibili o sussistono in esse interamente, come la bianchezza nella biacca, o limitatamente alla superficie, come la figura sferica, tra coloro che sostenevano che sussitono nelle cose sensibili, alcuni affermavano che lo sono interamente, altri limitatamente alla superficie. Altri ancora sostenevano che sussistono 'attorno alle cose sussistenti'. Ma che cosa significa 'attorno alle cose susstenti'? Ad esempio lo spazio (infatti questo contiene le cose sensibili) e il tempo. Quindi egli afferma che, essendoci cos tante scuole di pensiero riguardo alla questione se esse esistano o meno, sarebbe stato possibile indagare riguardo ai generi e alle specie se esistono o si trovano nel mero pensiero; in quest'ultimo senso infatti la pensava Antistene. E una volta appurato che esistono, sarebbe stato a sua volta possibile esaminare se sono corporei o incorporei; infatti ci sono stati sostenitori di ciascuna delle due fazioni. E ancora, una volta appurato che sono, facciamo il caso, incorporei sarebbe stato possibile esaminare se sono nelle cose molteplici e inseparabili dalla materia o prima di esse e separate. Per chiarire quanto detto illustriamo il discorso con un esempio. Infatti quanti sostengono che sono corporei e quanti che sono incorporei non lo fanno cos, semplicemente e come capita ma con un certo ragionamento, e neppure si contrappongono a vicenda: ciascuno di loro infatti sostiene delle tesi ragionevoli. Si pensi a un anello con in rilievo l'immagine, poniamo, di Achille e a dei pezzi di cera vicino; e l'anello marchi tutti pezzi di cera. Poniamo che in seguito qualcuno entri, osservi i pezzi di cera e, compreso che provengono tutti da
3 Gioco di parole con tener conto aver riguardo ma anche congetturare

un unico sigillo, con la mente trattenga presso di s il marchio ovvero il sigillo. Dunque si dice che il sigillo nell'anello prima delle cose molteplici, quello nei pezzi di cera nelle cose molteplici, mentre quello nella mente di chi ha rilevato le impressioni dopo le cose molteplici e posteriore. Cos dunque si pensi anche riguardo ai generi e alle specie; il demiurgo ha infatti presso di s tutti i modelli di tutte le cose, ad esempio creando l'uomo ha presso di s la specie dell'uomo, guardando alla quale li crea tutti. Se qualcuno obiettasse che che le specie non sono nel demiurgo, presti attenzione a quanto segue: il demiurgo produce o sapendo o ignorando ci che da lui prodotto; ma se fosse vera la prima ipotesi, non potrebbe produrre; chi infatti produrrebbe qualcosa ignorando che cosa sta per produrre? Infatti non produce in forza di una potenza irrazionale come fa la natura; ragion per cui la natura produce senza dedicarsi con cognizione a quanto viene prodotto. Se invece produce con un'attitudine razionale, conosce in un certo senso completamente quanto prodotto. Se dunque Dio non produce in modo peggiore dell'uomo, allora conosce quanto viene da lui prodotto. E se conosce quello che produce risulta perci chiaro che le specie sono nel demiurgo4. La specie nel demiurgo come l'impronta nell'anello e viene detta: prima delle cose molteplici e separabile dalla materia. La specie dell'uomo anche negli uomini individuali, come le impronte nei pezzi di cera, e si dice che queste sono nelle cose molteplici ed inseparabili dalla materia. Quando invece, analogamente al caso di chi sopraggiunge e osserva i pezzi di cera, osserviamo che gli uomini particolari hanno tutti la stessa specie, assumiamo quest'ultima nella mente e viene detta: dopo le cose molteplici o successiva ad esse e posteriore. E le specie intese in quest'ultimo modo sono separabili dai corpi (non sussistono infatti nel corpo ma nell'anima) ma non del tutto separabili; infatti non possibile conoscerle in s e per s, come le specie che sono prima delle cose molteplici che presuppone Platone. Infatti lui non le intende semplicemente come intellezioni del demiurgo, ma, in senso assoluto, come delle sostanze intellegibili, guardando alle quali come a delle immagini archetipiche, il demiurgo produce le cose di quaggi. Quindi Porfirio dice che sarebbe stato possibile esaminare questo: se le specie, essendo incorporee, sono separabili, come quelle che sono presso il demiurgo, o inseparabili, come quelle nelle cose molteplici o successive alle cose sensibili ovvero dopo le cose molteplici. Tutte queste questioni Porfirio rinuncia ad affrontarle. Bisogna sapere che riguardo a questi punti Aristotele e Platone sembrano in disaccordo; Aristotele infatti afferma che [i generi e le specie] sono inseparabili dalla materia, Platone, invece, che sono separabili. Ma non questo il momento opportuno per esaminare se i filosofi siano o meno in disaccordo tra loro (pare infatti che Aristotele sostenesse queste argomentazioni a livello di fisica). Il come riguardo ad essi ??? Il filosofo aveva promesso di rendere il libro utile anche per la comprensione delle Categorie che costituiscono la strada e l'ingresso per tutta la dottrina logica dei filosofi. Molte sono le parti del discorso: categorica, ottativa, vocativa, imperativa, interrogativa; e, guardando minuziosamente, ce ne sono ancora altre. Ma nelle Categorie non si discute di tutte ma soltanto di quella categorica; questa infatti anche la messaggera dell'anima conoscitiva; le altre lo sono dell'anima desiderativa; chi prega, infatti, prega desiderando qualcosa, e chi chiama qualcuno lo fa desiderando qualcosa e similmente si comporta chi impartisce un ordine a qualcuno. Solo il discorso categorico contiene il vero e il falso; gli altri discorsi non sono n veri n falsi; qualora si chiami qualcuno infatti non si afferma n il vero n il falso e in modo simile se si prega o si saluta qualcuno. Il discorso categorico , invece, o vero o falso, come risulta evidente nel caso dell'anima che mortale o immortale, e in ogni modo o vero o falso. Il discorso categorico infatti quello che mostra che qualcosa appartiene o non appartiene a qualcos'altro. Esso contiene in s due elementi, il predicato e il soggetto. Affinch l'esposizione ci risulti chiara, diciamo cos; bisogna sapere che si dice soggetto ci intorno a cui verte il discorso(???proposizione?) e predicato ci che viene detto di esso. Per esmpio, l'uomo animale; l'uomo funge da soggetto, l'animale da predicato. In modo simile anche per l'anima; l'anima funge da soggetto mentre l'immortalit viene predicata di essa. Cosicch si
4 Interpolazione?

detto giustamente che il discorso categorico ha un soggetto ed un predicato. Dunque possibile discutere teologicamente dei generi e delle specie, allorch indaghiamo se Dio ha in s le impressioni dei generi e delle specie o non le ha, se vera l'opinione di Platone, per cui le idee sono intellegibili e sussistenti di per s, e che egli chiama sotanze vere e prime, oppure no come ritiene Aristotele. Fisicamente, quando esaminiamo se la natura ha in s le ragioni dei generi e delle specie oppure non le ha; infatti la natura non fa come la neve che raffredda o il fuoco che brucia senza una ragione, ma chiaro che fa tutto con una qualche ragione anche se non conosce quello che fa. Diversamente, si pu indagare sui generi e le specie anche in questo modo: se se esse siano nelle cose molteplici, se l'animale e l'uomo in senso assoluto siano in quelli particolari, oppure no (e qual' la sostanza comune contemplata in tutti gli enti particolari) e al contrario tutto ci che si contempla nelle cose particolari sia un individuo. possibile indagare su questi argomenti anche a livello logico ovvero in modo categorico e conveniente alla dottrina logica. E ad essa si addice esaminare quali tra questi elementi sono soggetti a quali, quali si predicano di quali, che i generi si predicano delle differenze e delle specie, ma non il contrario. Abbiamo detto infatti che il genere, la differenza e la specie rispettano un certo ordine fra loro e che il genere occupa il primo posto, la specie un posto subordinato e la differenza uno intermedio e che occorre che ci che occupa una posizione superiore si predichi di ci che occupa una posizione inferiore e non il contrario. Per esempio se diciamo 'ogni uomo animale' affermiamo il vero, se invece affermassimo inversamente 'ogni animale uomo' affermeremmo il falso. E ancora se diciamo 'ogni cavallo irrazionale' diciamo il vero, se invece dicessimo inversamente 'ogni irrazionale un cavallo' diremmo il falso. Non possibile infatti porre come soggetto il primo elemento a caso; non possibile affermare 'l'animale uomo' come gi si detto. Occorre dunque dire quali elementi bisogna porre come soggetti, quali come predicati, ed quanto il filosofo s'impegna a spiegare. E per questo ha scritto '' in modo pi logico???'' invece di in modo conveniente alla dottrina logica. gli antichi discussero in modo pi logico riguardo ad esse ed alle questioni in esame??? Con ''discutere in modo pi logico'' si intende propriamente l'esaminare gli accidenti delle cose, a livello fisico invece, l'esaminare le sostanze, a livello teologico l'esaminare la provenienza di tutte le cose e il principio della sussistenza di ciascuna. Poich dunque, come abbiamo appena detto, possibile discutere dei generi, delle specie e delle restanti voci sia a livello fisico (come quando indaghiamo su ci che nelle cose sensibili, come ne discusse anche Aristotele) sia a livello teologico (come quando indaghiamo su ci che nel demiurgo, come fece Platone nel Parmenide)5 possibile discuterne in modo pi logico, dal momento che nella dottrina logica abbiamo bisogno delle proposizioni categoriche, e nelle proposizioni categoriche alcuni elementi fungono da soggetto altri da predicato e il soggetto e il predicato sono costituiti o dal genere o dalla specie o dalla differenza o dal proprio o dall'accidente. L'espressione '' il come riguardo ad essi???'' sta per 'riguardo ai generi e alle specie'; e infatti immediatamente dopo affrontava la loro discussione. Aggiungendo ''riguardo alle questioni in esame'' ha inteso indicare anche le altre tre voci, ovvero la differenza, il proprio e l'accidente. O al contrario bisogna affermare che dicendo ''il come riguardo ad essi'''??? ha indicato il genere, la differenza e la specie e dicendo ''e riguardo alle questioni in esame''??? ha indicato le questioni inerenti agli altri due, il proprio e l'accidente. E tra costoro, soprattutto i Peripatetici. Il filosofo Porfirio non si attribuisce la scoperta e la dottrina, ma sostiene che tra quanti trattarono questi argomenti, furono soprattutto i Peripatetici ad affrontare questa parte con precisione. La denominazione di Peripatetici ebbe origine dal motivo seguente. Si dice che il divino Platone discorresse con i suoi compagni passeggiando nell'Accademia, perch l'esercizio rendeva il corpo adeguato all'illuminazione dell'anima; infatti uno strumento in buone condizioni manifesta la bravura dell'artigiano. E per questo motivo venivano chiamati Peripatetici. Dopo la morte di
5 Pi giusto sarebbe nel Timeo. Perch il Parmenide?

Platone, dunque, succedettero al suo insegnamento Aristotele e Senocrate, Aristotele nel Liceo e Senocrate nell'Accademia. E i discepoli di Aristotele erano chiamati Peripatetici del Liceo, quelli di Senocrate Peripatetici dell'Accademia. (46,13).

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