Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
22
DISCENDI STUDIOSO
PER I SETTANT’ANNI
DI MARCELLO MARIN
L’autore ha il diritto di stampare o diffondere copie di questo PDF esclusivamente
per uso scientifico o didattico. Edipuglia si riserva di mettere in vendita il PDF, oltre
alla versione cartacea. L’autore ha diritto di pubblicare in internet il PDF originale allo
scadere di 24 mesi.
The author has the right to print or distribute copies of this PDF exclusively for
scientific or educational purposes. Edipuglia reserves the right to sell the PDF, in
addition to the paper version. The author has the right to publish the original PDF on
the internet at the end of 24 months.
Università degli Studi di Foggia
Cattedra di Letteratura Cristiana Antica
DISCENDI STUDIOSO
Per i settant’anni
di Marcello Marin
ESTRATTO
ISBN 978-88-7228-907-5
ISSN 2239-9852
DOI http://dx.doi.org/10.4475/907
Auctores Nostri, 22.2019, 253-268
De mulieribus illustribus:
agiografia al femminile nell’epistolario geronimiano
1. Premessa
1
Per l’edizione di riferimento cfr. Sancti Eusebii Hieronymi Epistulae. Pars I: Epistulae
I-LXX. Pars II: Epistulae LXXI-CXX. Pars III: Epistulae CXXI-CLIV, edidit Isidorus Hilberg
(CSEL 54-56/1). Pars IV: Epistularum indices et addenda, composuit Margit Kamptner
(CSEL 56/2), editio altera supplementis aucta, Vindobonae 1996. Alla recensio compiuta
da Hilberg per la prima stampa, apparsa in tre parti rispettivamente nel 1910, nel 1912 e
nel 1918 a Lipsia e Vienna, si rifà sostanzialmente anche l’edizione per Les Belles Lettres
(cfr. Saint Jérôme, Correspondance, texte établi et traduit par J. Labourt [Collection des
Universités de France. Série latine 126, 131, 140, 142, 148, 151, 162, 172], Tome I: Lettres
I-XXII, Paris 1949; Tome II: Lettres XXIII-LII, Paris 1951; Tome III: Lettres LIII-LXX, Paris
1953; Tome IV: Lettres LXXI-XCV, Paris 1954; Tome V: Lettres XCVI-CIX, Paris 1955; Tome
VI: Lettres CX-CXX, Paris 1958; Tome VII: Lettres CXXI-CXXX, Paris 1963; Tome VIII: Lettres
CXXXI-CLIV, Paris 1963), come ammette lo stesso Labourt nella sua utile introduzione
su storia e caratteristiche delle edizioni antiche e moderne dell’epistolario geronimiano
(cfr. ed. Labourt I, XLIII-XLVI).
2
Cfr. A. Cain, The Letters of Jerome. Asceticism, Biblical Exegesis, and the Construction
of Christian Authority in Late Antiquity (Oxford Early Christian Studies), Oxford 2009,
211-212: «Ep. 23 to Marcella: death of Lea (friend) / Ep. 39 to Paula: death of Blesilla
(daughter) / Ep. 60 to Heliodorus: death of Nepotian (nephew) / Ep. 66 to Pammachius:
death of Paulina (wife) / Ep. 68 to Castrician: Castrician’s blindness / Ep. 75 to Theodora:
death of Lucinus (husband) / Ep. 76 to Abigaus: Abigaus’ blindness / Ep. 77 to Oceanus:
death of Fabiola (friend) / Ep. 79 to Salvina: death of Nebridius (husband) / Ep. 108 to
Eustochium: death of Paula (mother) / Ep. 118 to Julian: death of several family members
/ Ep. 127 to Principia: death of Marcella (friend)». Cain elenca questi testi tra le lettere
«Consolatory (παραμυθητικός)» da intendersi lato sensu come «”written to people
who are grieving because something unpleasant has happened [to them]”», secondo
la definizione ripresa da A. Malherbe, Ancient Epistolary Theorists, Atlanta 1988, 35. Un
elenco di dieci consolatorie con l’esclusione delle epistole 68 e 76 era già presente in Ch.
Favez, La consolation latine chrétienne, Paris 1937, 23-32.
3
Cfr. CSEL 54, 211-214.
4
Cfr. CSEL 54, 293-308.
5
Cfr. CSEL 54, 647-665.
6
Cfr. CSEL 55, 37-49.
7
Cfr. CSEL 55, 306-351.
8
Cfr. CSEL 56/1, 145-156.
9
Nell’apparato dell’ed. Hilberg per l’intitolazione dell’epist. 108 l’aggettivo sanctae
(con le varianti sancte / sancta) compare in tutti i codici eccetto uno (CSEL 55, 306) e per
quella dell’epist. 127 l’attestazione di sanctae / sancte risulta unanime (CSEL 56/1, 145).
10
Per l’assoluto rilievo delle feminae clarissimae conosciute da Gerolamo durante
il suo soggiorno romano, come destinatarie e insieme protagoniste di tanta parte del
suo epistolario cfr. Chr. Krumeich, Hieronymus und die Christlichen feminae clarissimae,
Bonn 1993; B. Feichtinger, Apostolae apostolorum. Frauenaskese als Befreiung und Zwang bei
Hieronymus, Frankfurt 1995; L. Micalizzi, Figure femminili nell’Epistolario di San Girolamo,
in ‘Liber Scripturae’. Miscellanea in onore del Prof. P. Francesco Tudda ofm, a cura di V.
Lopasso-S. Parisi, Soveria Mannelli 2002, 183-199.
11
Cfr. CSEL 54, 214-217.
12
In Cain, The Letters of Jerome cit., 217 l’epist. 24 è compresa nel genere «Praising
(ἐπαινετικός)» usato «”to praise someone eminent in virtue”», secondo la definizione
dello Pseudo-Libanio tratta da Malherbe, Ancient Epistolary Theorists cit., 71.
ma anche dalla propaganda di virtù non meno rilevanti agli occhi di Ge-
rolamo, come il profondo interesse per gli studi biblici e l’intransigente
rifiuto di ogni suggestione eretica. Nel presente contributo, per sommi
capi, si cercherà di indagare per quali ragioni e, soprattutto, con quali
soluzioni espressive Gerolamo abbia trattato tali tematiche.
2. Temi
Non mancano certo studi sul perché Gerolamo in più luoghi del suo
epistolario abbia voluto esaltare la vita ascetica o proporre il modello
monastico o invitare allo studio della Scrittura in generale e, in partico-
lare, alla ricerca dell’Hebraica veritas. Già nel 1922 Ferdinand Cavallera
parlava di «propagande ascétique» 13 a proposito della corrispondenza
con la vedova Marcella che, insieme con la madre Albina, aveva tra-
sformato la sua dimora sull’Aventino in luogo di preghiera, penitenza,
carità e studio della Scrittura, coinvolgendo altre nobildonne romane
come Paola, Eustochio, Lea, Feliciana e Principia. Si trattava, insomma,
di un cenacolo ascetico, il cosiddetto Circolo dell’Aventino, di cui Gero-
lamo, negli anni del suo soggiorno romano (382-385), fu maestro e guida
spirituale 14.
A Marcella, cui era legato da sincera amicizia intellettuale e da pro-
fonda stima 15, tra varie altre lettere Gerolamo indirizzò l’epist. 23 e
l’epist. 24 16. Nella prima dell’ottobre del 384 per la morte di Lea, da una
parte esaltava la figura di questa vedova casta, che aveva guadagnato la
salvezza dell’anima, conducendo una vita apparentemente oscura nel
chiuso del monastero in cui era stata di guida e d’esempio alle conso-
relle 17, dall’altra coglieva l’occasione per sviluppare una feroce pole-
13
Cfr. F. Cavallera, Saint Jérôme. Sa vie et son oeuvre. Première partie. Tome I (Spicilegium
Sacrum Lovaniense. Études et documents. Fascicule 1), Louvain-Paris 1922, 100-104.
14
Cfr. M. Marcocchi, Motivi umani e cristiani nell’Epistolario di S. Girolamo, Milano 1967,
68-69.
15
Ibidem, 70-71.
16
A riprova del legame profondo sul piano umano e intellettuale tra Gerolamo e
Marcella sono sopravvissute diciannove lettere di Gerolamo a lei indirizzate: le prime
sedici (epistt. 23-29, 32, 34, 37-38, 40-44) scritte a Roma tra il 384 e il 385 dovevano
costituire il nucleo originario della raccolta nota come Ad Marcellam epistularum liber; le
altre tre (epistt. 46, 59, 97) furono, invece, scritte a Betlemme nei decenni successivi. A
riguardo cfr. Cain, The Letters of Jerome cit., 68-71.
17
Gerolamo definisce Lea monasterii princeps (cfr. epist. 23, 2, 2 [CSEL 54, 212, l. 17]),
mica contro la vanagloria del console designato per l’anno 385, morto
in quegli stessi giorni, il pagano Vettio Agorio Pretestato, la cui sorte
ultraterrena sarebbe stata, invece, la dannazione eterna 18. Una polemica
che va inquadrata nella dinamica dei diversi orientamenti religiosi pre-
senti a quell’epoca nell’alta aristocrazia romana, all’interno della quale
la componente femminile si stava aprendo in maniera convincente non
solo alla religione cristiana, ma addirittura all’interpretazione ascetica
di essa, mentre la componente maschile restava spesso legata ai vecchi
culti o a un’interpretazione meno rigorosa del nuovo credo 19. Non a
caso alla morte di papa Damaso, nel dicembre del 384, una coalizione
di «païens, chrétiens et clercs» si sarebbe schierata contro il Gerolamo
direttore spirituale e maestro di Scrittura delle nobildonne del Circolo
dell’Aventino, spingendolo a ritornare in Oriente 20. Nell’epist. 24, dedi-
cata all’elogio della vita della casta Asella, «Jérôme ne cache pas son in-
tention: une si séduisante peinture est faite pour la propagande. Sa lettre
est destinée aux jeunes filles qui fréquentent Marcella» 21. Certo sarebbe
stato difficile trovare un esempio migliore di Asella che, consacratasi
a soli dodici anni a una vita di ascesi totale nel chiuso di una stanza,
ai tempi della lettera di Gerolamo, aveva superato in buona salute la
cinquantina e, vent’anni più tardi, sarebbe ancora apparsa bella di spiri-
tuale bellezza a Palladio 22.
L’epist. 39 per la morte di Blesilla del 384 e l’epist. 66 per la morte di
ma forse qui l’espressione, come altrove per Marcella e Paola, deve essere presa «in
senso lato», in quanto le tre nobildonne, «qualificate dalla loro santità, erano unicamente
dei perni attorno a cui si radunavano vergini e vedove che si consacravano ad una vita
ascetica» (cfr. San Girolamo, Le Lettere. Volume Primo. Lettere I-LII, traduzione e note di S.
Cola, Roma 1961, 231 nota 4).
18
Cfr. Hier., epist. 23, 3 (CSEL 54, 213, ll. 3-18).
19
Cfr. M. Alexandre, Immagini di donne ai primi tempi della cristianità, in G. Duby-M.
Perrot, Storia delle donne in Occidente. L’Antichità, a cura di P. Schmitt Pantel, trad. it. di F.
Cataldi Villari et alii, Bari 1990, 465-513 (501-504).
20
Cfr. M. Testard, Saint Jérôme. L’apôtre savant et pauvre du patriciat romain (Collection
d’Études anciennes), Paris 1969, 34-35.
21
Cfr. Cavallera, Saint Jérôme. Sa vie et son oeuvre. Première partie. Tome I cit., 101 che
richiama Hier., epist. 24, 1, 2 (CSEL 54, 214, ll. 13-17): igitur Asellae nostrae uita breuiter
explicanda est, cui quaeso ne hanc epistulam legas – grauatur quippe laudibus suis –, sed his potius,
quae adulescentulae sunt, legere dignare, ut ad exemplum eius se instituentes conuersationem
illius perfectae uitae normam arbitrentur.
22
Cfr. Pallad., hist. mon. 41 (The Lausiac History of Palladius. II. The Greek Text edited
with Introduction and Notes by Dom C. Butler M.A. [Texts and Studies. Contributions
to Biblical and Patristic Literature 6/2], Cambridge 1904, 129, ll. 6-8): εἶδον δὲ καὶ ἐν
Paolina del 397 sono accomunate dal dolore per la perdita di due del-
le figlie di Paola, l’amica prediletta di Gerolamo, e per la preminenza
nel testo dei destinatari (la stessa Paola per la prima e il marito della
defunta, Pammachio, per la seconda) rispetto alle figure delle compian-
te. Infatti, nell’epist. 39 degli otto capitoli che la compongono Gerolamo
dedica propriamente a Blesilla solo tre paragrafi del primo capitolo, che
sottolineano l’ascetismo della giovane vedova e la sua passione per lo
studio della Scrittura addirittura in ebraico 23, e due paragrafi del terzo
capitolo, che esaltano l’irreversibilità della sua conversione dopo una
grave malattia 24. Si può, dunque, rilevare una fusione del tema della
propaganda ascetica con quello dell’Hebraica veritas, anche se è indub-
biamente il primo a pesare di più, visto che Gerolamo fu costretto a
difendersi dall’accusa non solo da parte dei pagani, ma anche di alcuni
parenti cristiani di Blesilla di averla indotta a un tale grado di ascesi da
causarne la morte 25.
Nell’epist. 66, a parte un cenno nel secondo capitolo in riferimento
alla parabola del seminatore, per cui alla defunta, come moglie devota,
spetterebbe di fruttare il trenta a fronte del cento riservato alla sorella
Eustochio, in quanto vergine, e del sessanta alla madre Paola, come ve-
dova casta 26, la figura di Paolina ritorna solo in due paragrafi del ter-
zo capitolo, che descrivono i suoi sfortunati tentativi di avere figli e la
successiva scelta della castità coniugale 27. Né deve meravigliare una
certa freddezza di Gerolamo nel delineare la figura di Paolina, la cui
28
Cfr. Cavallera, Saint Jérôme. Sa vie et son oeuvre. Première partie. Tome I cit., 181; Favez,
La consolation latine chrétienne cit., 27.
29
Potrebbe essere proprio l’imbarazzo di Gerolamo piuttosto che «les habitudes de
rhétorique» a motivare le «phrases dures à l’excès» rivolte alla dolente Paola, di cui
si legge in Cavallera, Saint Jérôme. Sa vie et son oeuvre. Première partie. Tome I cit., 112.
Puntuale ricostruzione degli eventi e della natura dell’epist. 39 in Cain, The Letters of
Jerome cit., 102-103, che sottolinea come la lettera rappresentasse per Gerolamo tanto «a
traditional consolatio» quanto «a passionate defence of his spiritual authority» di fronte
alle critiche mosse dall’ambiente aristocratico vicino a Paola contro «”those detestable
monks”».
30
Cfr. Hier., epist. 66, 4, 2 (CSEL, 54, 651, ll. 6-9): nobis post dormitionem somnumque
Paulinae Pammachium monachum ecclesia peperit postumum et patris et coniugis nobilitate
patricium, elemosynis diuitem, humilitate sublimem.
31
Cfr. Hier., epist. 77, 7, 1 (CSEL 55, 44, ll. 13-18): Iesu bone, quo illa feruore, quo studio
intenta erat diuinis uoluminibus et ueluti quandam famem satiare desiderans per prophetas,
euangelia psalmosque currebat quaestiones proponens et solutas recondens in scriniolo pectoris
sui! nec uero satiabatur audiendi cupidine, sed addens scientiam addebat dolorem et, quasi oleum
flammae adiceres, maioris ardoris fomenta capiebat.
32
Cfr. CSEL 54, 586-615.
33
Cfr. CSEL 55, 49-87.
34
Per un primo e utile approccio all’epist. 108 cfr. Chr. Mohrmann, Introduzione. IV
L’«Epitaphium sanctae Paulae», in Vita di Martino. Vita di Ilarione. In Memoria di Paola,
introduzione di Chr. Mohrmann, testo critico e commento a cura di A.A.R. Bastiaensen
e J.W. Smit, traduzioni di L. Canali e C. Moreschini, Milano 1975, LI-LXI.
35
Cfr. Hier., epist. 108, 26, 3-4 (CSEL 55, 344, l. 24-345, l. 5): loquar et aliud, quod forsitan
aemulis uideatur incredulum: Hebraeam linguam, quam ego ab adulescentia multo labore ac
sudore ex parte didici et infatigabili meditatione non desero, ne ipse ab ea deserar, discere uoluit
et consecuta est ita, ut psalmos Hebraeice caneret et sermonem absque ulla Latinae linguae
proprietate resonaret. quod quidem usque hodie in sancta filia eius Eustochio cernimus.
36
Ibidem, 8-14 (CSEL 55, 313, l. 6-325, l. 11): si tratta di 7 capitoli su 34, più di un quinto
dell’intero testo.
37
Ibidem, 21, 1-5 (CSEL 55, 336, l. 24-338, l. 14): Nulla iuuenum puellarum sano et uegeto
corpore tantae dederat continentiae, quam ipsa fracto et senili debilitatoque corpusculo. fateor, in hac
re pertinacior fuit, ut sibi non parceret, ut nulli cederet admonenti. [...] dicat prudens lector pro lau-
dibus me uituperationem scribere. testor Iesum, cui illa seruiuit et ego seruire cupio, me in utraque
parte nihil fingere, sed quasi Christianum de Christiana, quae sunt uera, proferre, id est historiam
scribere, non panegyricum, et illius uitia aliorum esse uirtutes. uitia loquor secundum animum
meum et omnium sororum ac fratrum desiderium, qui illam diligimus et absentem qaerimus.
38
Cfr. Hier., epist. 127, 7, 2 (CSEL 56/1, 151, ll. 9-13): hoc solum dicam, quod, quicquid
in nobis longo fuit studio congregatum et meditatione diuturna quasi in natura uersum, hoc
illa libauit, hoc didicit atque possedit, ita ut post profectionem nostram, si aliquo testimonio
scripturarum esset oborta contentio, ad illam iudicem pergeretur.
39
Ibidem, 10, 4 (CSEL 56/1, 153, l. 23): huius tam gloriosae uictoriae origo Marcella est.
40
Ibidem, 13, 1 (CSEL 56/1, 155, ll. 15-18): intrepido uultu excepisse dicitur introgressos;
cumque posceretur aurum et defossas opes uili excusaret tunica, non tamen fecit fidem uoluntariae
paupertatis. caesam fustibus flagellisque aiunt non sensisse tormenta.
41
Cfr. CSEL 54, 143-211.
42
Cfr. Cain, The Letters of Jerome cit., 72.
43
Cfr. CSEL 54, 289-293.
44
Cfr. Cain, The Letters of Jerome cit., 71-78.
45
Cfr. E.R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, a cura di R. Antonelli, trad.
it. di A. Luzzatto et alii, Firenze 1995 (ed. orig. Bern 1948), 180-182.
rea uox) e di Aen. 6, 625-627 (non, mihi si linguae centum sint oraque centum,
/ ferrea uox, omnis scelerum comprendere formas, / omnia poenarum percurrere
nomina possim) 46 è messa in rapporto alla totale dedizione al prossimo di
Pammachio e Fabiola e alle mirabili virtù di Paola:
epist. 66, 5, 2: alius tumenti aqualiculo mortem parturit; alius elinguis et mutus
et ne hoc quidem habens, unde roget, magis rogat, quia rogare non potest; hic
debilitatus a paruo non sibi mendicam stipem; ille putrefactus morbo regio
superuiuit cadaueri suo:
non, mihi si linguae centum sint oraque centum,
omnia poenarum percurrere nomina possim.
hoc exercitu comitatus incedit, in his Christum confouet, horum sordibus
dealbatur 47;
epist. 77, 6, 2-4: describam nunc ego diuersas hominum calamitates, truncas
nares, effossos oculos, semiustos pedes, luridas manus, tumentes aluos, exile
femur, crura turgentia et de exesis ac putridis carnibus uermiculos bullientes?
quotiens morbo regio et paedore confectos humeris suis ipsa portauit? quotiens
lauit purulentam uulnerum saniem, quam alius aspicere non audebat? praebebat
cibos propria manu et spirans cadauer sorbitiunculis inrigabat. [...]
non, mihi si linguae centum sint oraque centum,
ferrea vox,
omnia morborum percurrere nomina possim,
quae Fabiola in tanta miserorum refrigeria commutauit, ut multi pauperum
sani languentibus inuiderent 48;
46
Cfr. Vergili P. Maronis Opera, recognovit brevique adnotatione critica instruxit R.A.B.
Mynors, Oxonii 1969, 47, 246. Per le numerose occorrenze della citazione nell’epistolario
geronimiano cfr. J.W. Smit, Commento all’«Epitaphium Sanctae Paulae», in Vita di Martino.
Vita di Ilarione. In Memoria di Paola cit., 319-366 (319).
47
Cfr. CSEL 54, 652, l. 13-653, l. 4.
48
Cfr. CSEL 55, 43, l. 3-44, l. 1.
49
Cfr. CSEL 55, 306, ll. 3-5.
50
Cfr. Hier., epist. 60, 16, 5 (CSEL 54, 571, ll. 13-20): obsessa Antiochia et urbes reliquae,
quas Halys, Cydnus, Orontes Eufratesque praeterfluunt. tracti greges captiuorum; Arabia,
Phoenix, Palaestina, Aegyptus timore captiuae. non, mihi si linguae centum sint oraque centum,
/ ferrea uox, / omnia poenarum percurrere nomina possim. neque enim historiam proposui
scribere, sed nostras breuiter flere miserias. Per la datazione dell’epistola all’estate del 396 e
i riferimenti storici cfr. F. Cavallera, Saint Jérôme. Sa vie et son oeuvre. Première partie. Tome II
(Spicilegium Sacrum Lovaniense. Études et documents. Fascicule 2), Louvain-Paris 1922,
44, 158; P. Healther, La caduta dell’Impero romano: una nuova storia, trad. it. di S. Cherchi,
Milano 2006 (ed. orig. London 2005), 252.
51
Cfr. Hier., epist. 123, 16, 4 (CSEL 56/1, 94, ll. 7-10): non, mihi si linguae centum sint
oraque centum, / ferrea uox, omnes captorum dicere poenas, / omnia caesorum percurrere nomina
possim. Per la datazione dell’epistola al 409 e i riferimenti storici cfr. Cavallera, Saint
Jérôme. Sa vie et son oeuvre. Première partie. Tome II cit., 52, 164; P. Brown, Per la cruna di un
ago. La ricchezza, la caduta di Roma e lo sviluppo del cristianesimo, 350-550 d.C., trad. it. di L.
Giacone, Torino 2019 (ed. orig. Princeton 2012), 409.
52
Cfr. CSEL 55, 38, ll. 10-19. Si noti la citazione adattata di Verg., Aen. 6, 846 (ed.
Mynors, 254): unus qui nobis cunctando restituis rem forse per influsso di Enn., ann.
360 (Remains of Old Latin I: ENNIUS and CAECILIUS, edited and translated by E.H.
Warmington [The Loeb Classical Library 54], London-Cambridge [MA] 1967, 132): Unus
homo nobis cunctando restituit rem.
ibidem, 4, 1: Tali igitur stirpe generata iunctaque uiro Toxotio, qui Aeneae
et Iuliorum altissimum sanguinem trahit. unde etiam Christi uirgo, filia
eius, Eustochium Iulia nuncupatur et ipse
Iulius, a magno demissum nomen Iulo.
et haec dicimus, non quo habentibus grandia sint, sed quo contemnentibus
mirabilia. saeculi homines suspiciunt eos, qui his pollent priuilegiis; nos
laudamus, qui pro saluatore ista despexerint. et mirum in modum, quos habentes
parui pendimus, si habere noluerint, praedicamus 55;
epist. 127, 1, 3: neque uero Marcellam tuam, immo meam et, ut uerius
loquar, nostram, omniumque sanctorum et proprie Romanae urbis inclitum
decus, institutis rhetorum praedicabo, ut exponam inlustrem familiam,
alti sanguinis decus et stemmata per consules et praefectos praetorio
decurrentia. nihil in illa laudabo, nisi quod proprium est et in eo nobilius,
quod opibus et nobilitate contempta facta est paupertate et humilitate
nobilior 56.
53
Cfr. CSEL 55, 306, ll. 5-10.
54
Cfr. CSEL 55, 308, ll. 9-16.
55
Cfr. CSEL 55, 309, ll. 12-20. Si noti la citazione ad verbum di Aen. 1, 288 (ed. Mynors,
112).
56
Cfr. CSEL 56/1, 145, l. 20-146, l. 3.
57
Cfr. CSEL 54, 654, ll. 1-4.
epist. 39, 5, 2: recens uulnus est et adtactus iste, quo blandior, non tam curat,
quam exasperat 58;
epist. 77, 1, 1: Plures anni sunt, quod super dormitione Blesillae Paulam,
uenerabilem feminam, recenti adhuc uulnere consolatus sum 59.
58
Cfr. CSEL 54, 304, ll. 16-17.
59
Cfr. CSEL 55, 37, ll. 3-4.
60
Cfr. Cain, The Letters of Jerome cit., 71-76 (72). In realtà il motivo della rinuncia
all’eleganza del vestire e, in generale, alla cura dell’aspetto esteriore ricorre anche in
epist. 77, 2, 1 (CSEL, 55, 38, ll. 2-3): dicam adpetitas sordes et in condemnationem uestium
sericarum plebeium cultum et seruilia indumenta quaesita?, dove compare in una serie
di interrogazioni retoriche che sottolineano le virtù di Fabiola, mentre in epist. 66 prima
è riferito a Paolina (cfr. 5, 1 [CSEL 54, 652, ll. 5-8]: Ardentes gemmae, quibus ante collum et
facies ornabatur, egentium uentres saturant; uestes sericae et aurum in fila lentescens in mollia
lanarum uestimenta mutata sunt, quibus repellatur frigus, non quibus nudetur ambitio),
poi a Pammachio, ormai monaco (cfr. 6, 1 [CSEL 54, 654, l. 2]: furua tunica pullatus; 13, 1
[CSEL 54, 664, l. 1]: fusca tunica uestiaris), infine, a Paola ed Eustochio (cfr. 13, 2 [CSEL
54, 664, ll. 12-13]: nunc sordidatae et lugubres). Per brevi cenni lo ritroviamo ancora in
lode di Paola in epist. 108, 15, 2 (CSEL 55, 325, ll. 19-21): et cum frequentibus choris uirginum
cingeretur, et ueste et uoce et habitu et incessu minima omnium erat e di Marcella in epist.
127, 3, 4 (CSEL 56/1, 147, ll. 24-26): nostra uidua talibus usa est uestibus, quibus obstaret
frigus, non membra nudaret; 6, 3 (CSEL 56/1, 150, ll. 20-21): sic induta est uestibus, ut
meminisset sepulchri; 13, 1 (CSEL 56/1, 155, ll. 16-18): cumque posceretur aurum et defossas
opes uili excusaret tunica, non tamen fecit fidem uoluntariae paupertatis.
61
Cfr. CSEL 54, 212, l. 20-213, l. 1.
epist. 108, 15, 2: quae prima Christianorum uirtus est, tanta se humilitate
deiecit, ut, qui eam uidisset et pro celebritate nominis uidere gestisset, ipsam
esse non crederet, sed ancillarum ultimam 63.
epist. 77, 9, 1: Nos hoc tantum dolemus, quod pretiosissimum de sanctis locis
monile perdidimus 66;
62
Cfr. CSEL 54, 294, ll. 13-17.
63
Cfr. CSEL 55, 325, ll. 17-19.
64
Affine è l’uso metaforico del termine decus per esempio in epist. 127, 1, 3 (CSEL 56/1,
145, ll. 20-22): Marcellam [...] omniumque sanctorum et proprie Romanae urbis inclitum decus;
ibidem, 5, 2 (CSEL 56/1, 149, ll. 16-17): Eustochium uirginitatis decus.
65
Cfr. CSEL 54, 648, ll. 9-10.
66
Cfr. CSEL 55, 46, ll. 16-17.
67
Cfr. CSEL 55, 309, ll. 2-3.
68
Cfr. CSEL 55, 310, ll. 2-3.
epist. 108, 15, 4: si inter tales tantasque uirtutes castitatem in illa uoluero
praedicare, superfluus uidear. in qua etiam, cum saecularis esset, omnium
Romae matronarum exemplum fuit; quae ita se gessit, ut numquam de illa
etiam maledicorum quicquam auderet fama confingere 70;
epist. 127, 3, 1-2: Difficile est in maledica ciuitate et in urbe, in qua orbis
quondam populus fuit palmaque uitiorum, si honestis detraherent et pura ac
munda macularent, non aliquam sinistri rumoris fabulam trahere. [...] quis
umquam de hac muliere, quod displiceret, audiuit, ut crederet? quis credidit, ut
non magis se ipsum malignitatis et infamiae condemnaret? ab hac primum
confusa gentilitas est, dum omnibus patuit, quae esset uiduitatis Christiana,
quam et conscientia et habitu promittebat 71.
epist. 77, 4, 1: quis hoc crederet, ut post mortem secundi uiri in semet reuersa, quo
tempore solent uiduae neglegentes iugo seruitutis excusso agere se liberius,
adire balneas, uolitare per plateas, uultus circumferre meretricios, saccum
indueret, errorem publice fateretur et tota urbe spectante Romana ante diem
paschae in basilica quondam Laterani, qui Caesariano truncatus est gladio, staret
in ordine paenitentum, episcopo et presbyteris et omni populo conlacrimanti
sparsum crinem, ora lurida, squalidas manus, sordida colla submitteret? 72;
69
Cfr. CSEL 55, 46, ll. 17-18.
70
Cfr. CSEL 55, 326, ll. 14-18.
71
Cfr. CSEL 56/1, 147, ll. 3-17.
72
Cfr. CSEL 55, 40, ll. 9-17. In realtà il motivo è anticipato nel capitolo precedente (cfr.
epist. 77, 3, 4 [CSEL 55, 39, l. 24-40, l. 1]: melius arbitrata est aperte confiteri inbecillitatem
suam et umbram quandam miserabilis subire coniugii quam sub gloria uniuirae exercere
meretricium).
epist. 127, 3, 3: illae enim solent purpurisso et cerussa ora depingere, sericis
nitere uestibus, splendere gemmis, aurum portare ceruicibus et auribus
perforatis Rubri Maris pretiosissima grana suspendere, flagrare mure, ut
tandem dominatu uirorum se caruisse laetentur quaerantque alios, non
quibus iuxta dei sententiam seruiant, sed quibus imperent 73.
epist. 108, 2, 1: Testor Iesum et sanctos angelos eius ipsumque proprie angelum,
qui custos fuit et comes admirabilis feminae, me nihil in gratia, nihil more
laudantium, sed, quidquid dicturus sum, pro testimonio dicere et minus eius
esse meritis, quam totus orbis canit, sacerdotes mirantur, uirginum chori
desiderant, monachorum et pauperum turba deplangit 76.
Conclusioni
73
Cfr. CSEL 56/1, 147, ll. 17-22.
74
Per l’espressione apostolae apostolorum riferita alle nobildonne romane della cerchia
di Gerolamo si rinvia al titolo dello studio di B. Feichtinger (cfr. supra, nota 10).
75
Cfr. CSEL 55, 37, ll. 16-18.
76
Cfr. CSEL 55, 307, l. 23-308, l. 3.
77
Si tratta di ben trentasette epistole così ripartite: diciotto indirizzate a Marcella
Ancor più si dovrebbe forse analizzare il nesso tra questi e altri testi
consimili e la rivoluzione della mentalità e del costume che le pratiche
ascetiche cristiane introdussero, a partire dal IV secolo, nell’universo
femminile della civiltà greco-romana. Infatti, le immagini di donna che
ci trasmettono lasciano intendere un protagonismo femminile affatto
inedito per spessore morale, culturale e sociale, un protagonismo che,
nonostante i limiti ben presto imposti da una società a struttura emi-
nentemente patriarcale, seppe guadagnarsi nuovi spazi e un duraturo
prestigio 78.
(epistt. 23-29, 32, 34, 37-38, 40-44, 46, 59); quattro a Pammachio (epistt. 48-49, 57, 66); tre a
Paola (epistt. 30, 33, 39); tre a Eustochio (epistt. 22, 31, 108); due a Fabiola (epistt. 64, 78);
due a Principia (epistt. 65, 127); due a Oceano (epistt. 69, 77); una ad Asella (epist. 45); una
a Pammachio e Oceano (epist. 84); una a Pammachio e Marcella (epist. 97).
78
Per un primo orientamento sulle varie opinioni degli studiosi a riguardo cfr. E.
Cantarella, L’ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e
romana, Milano 20113 (ed. orig. Roma 1981), 230-248; P. Brown, Tarda antichità, in Ph.
Ariès-G. Duby, La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille, trad. it. di M. Garin et alii,
Bari 19872 (ed. orig. Paris 1985), 173-232 (206-207); Alexandre, Immagini di donne ai primi
tempi della cristianità cit., 496-504.
Maria Veronese, Istae litterae nostrae. Gli studi cristianistici all’Università di Foggia
II
Gilda Sansone, Nigra sum sed formosa (Ct 1, 5). Ambivalenza della Bellezza
Renzo Infante, Il παρακαλεῖν nei discorsi degli Atti degli Apostoli tra esegesi midra-
shica e retorica ellenistica
III
Maria Veronese, Non eloquentiae uiribus… sed rebus. Lo stile cristiano secondo Cipriano
Remo Cacitti, Lustrans inferna. La tradizione del descensus nel cristianesimo aquileiese
delle origini
Antonio Piras, L’influsso di Aquila sulla versione geronimiana del Cantico dei cantici
Giovanni Antonio Nigro, Retorica ed esegesi nell’omelia Dio non è autore dei mali di
Basilio di Cesarea
Marinella Corsano, Gregorio Nazianzeno: Ἀμφήκη μῦθον ἔδωκε Λόγος (Carm. II, 1,
93, v. 4 = Anth. Pal. 8, 79, 4)
Roberto Palla, Anfilochio e famiglia (Greg. Naz., epitaph. 25-36. 103- 109 = Anth. Pal. 8,
118-138)
Maria Grazia Moroni, Anfilochio, Gregorio e la retorica (Greg. Naz., epitaph. 103-109 =
Anth. Pal. 8, 131-138)
Sergio Zincone, Il linguaggio delle parabole evangeliche nelle omelie di Giovanni Cri-
sostomo sul Vangelo secondo Matteo
V
Francesca Maria Catarinella, La polemica antipagana nell’Epistolario di Agostino.
Note sul lessico
Emanuela Colombi, Nonnulli codices habent... Agostino di fronte alle varianti di Ps 118
Vincenzo Lomiento, La scrittura per immagini nell’esordio del secondo libro delle Con-
fessioni di Agostino
Teresa Piscitelli, Otium e lavoro in Agostino: una lettura del de opere monachorum
VI
Valerio Ugenti, La cultura patristica di don Tonino Bello: un primo sondaggio su Ago-
stino